Obbligo di contrarre e recesso della banca nei rapporti di conto corrente 19 luglio 2024 |
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ContenutoLa proposta di legge A.C. 1091, avente ad oggetto introduzione dell'articolo 1857-bis del codice civile e modifica all'articolo 33 del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, in materia di obbligo di contrarre e recesso della banca nei rapporti di conto corrente è composta di un unico articolo. L'articolo 1 reca disposizioni volte all'introduzione dell'obbligo in capo alla banca di stipulare contratti di conto corrente e del divieto di recedere dai contratti in essere in presenza di saldi attivi, salvo che per gravi e documentate ragioni.
Il comma 1 dispone l'abrogazione dell'articolo 33, comma 3, lettera a), del decreto legislativo, 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo).
In merito, si evidenzia che il suddetto articolo 33 disciplina le
clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore. La disposizione, statuendo in generale la
presunzione di vessatorietà per le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, provvede a indicare espressamente le clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria.
Tuttavia, la lettera
a) del terzo comma dell'articolo predetto, in deroga alla presunzione di vessatorietà delle clausole che disciplinano il recesso senza preavviso da un contratto a tempo indeterminato tra un professionista e il cliente consumatore, ammette, per i soli rapporti relativi ai servizi finanziari,
la facoltà per il professionista di recedere senza preavviso, in caso di giustificato motivo, dandone immediata comunicazione al consumatore.
Il comma 2 reca l'introduzione nel Codice civile del nuovo articolo 1857-bis, il quale prescrive in capo alla banca, da un lato, l'obbligo di stipulazione di un contratto di conto corrente con chiunque lo richieda e, dall'altro, l'impossibilità di recedere dal contratto, sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato, in caso di saldi attivi, se non per motivi gravi e documentati.
La relazione illustrativa che accompagna la proposta di legge segnala come l'obiettivo delle disposizioni in questione sia quello di rispondere alle esigenze di numerosi cittadini che, negli ultimi anni, hanno visto chiudere, unilateralmente e senza motivo, il rapporto di conto corrente dalla propria banca, pur in presenza di saldi attivi, costringendo tali soggetti, per effetto delle segnalazioni interbancarie, a non poter più disporre delle proprie provviste. La banca infatti a seguito del recesso dal contratto di conto corrente consegna al correntista unicamente un assegno circolare, il quale per sua natura presuppone un conto corrente e un rapporto bancario per essere convertito in liquidità disponibile alla spesa o utilizzato per il pagamento di spese e utenze, e il correntista stesso a sua volta si trova impossibilitato a stipulare un nuovo contratto di conto corrente presso altre banche a causa della segnalazione interbancaria. Nel quadro normativo vigente, infatti, anche se il correntista ha saldi attivi del conto corrente, qualora questo venisse chiuso, si troverebbe nella paradossale situazione di non poter usufruire del proprio denaro per effetto della normativa sulle limitazioni all'uso del contante.
L'abbinata proposta di legge A.C. 1240 presenta contenuto
sostanzialmente identico alla proposta di legge
A.S. 1712 presentata nella XVIII Legislatura su cui si veda
infra.
La disciplina del conto corrente di baseCon riferimento all'obbligo a contrarre in capo agli istituti bancari, a Poste italiane s.p.a. e agli altri prestatori di servizi di pagamento, si ricorda che il decreto legislativo n. 37 del 2017, recependo la direttiva 2014/92/UE, ha introdotto al Titolo VI del Testo unico delle leggi bancarie e creditizie, avente ad oggetto la trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti, Capo II-ter, la sezione III concernente la disciplina del Conto di base. Tale strumento è stato previsto dal Capo IV dalla direttiva 2014/92/UE, sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull'accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base. In dettaglio le disposizioni della Sezione III recepiscono il Capo IV della direttiva, il quale prevede il diritto per tutti i consumatori legalmente soggiornanti di aprire un conto di pagamento con caratteristiche di base senza discriminazioni fondate sulla nazionalità o sul luogo dì residenza. A tal fine l'articolo 126-noviesdecies impone a banche, Poste italiane s.p.a. e altri prestatori di servizi di pagamento di offrire un conto di pagamento di base a tutti i consumatori soggiornanti legalmente in UE, senza discriminazioni e a prescindere dal luogo di residenza: per legalmente soggiornanti si intendono tutti i soggetti aventi il diritto di soggiornare in uno Stato membro in virtù del diritto dell'Unione o del diritto italiano, compresi i consumatori senza fissa dimora e i richiedenti asilo ai sensi delle convenzioni internazionali. Si riprende così, sostanzialmente, il contenuto dell'articolo 16 della direttiva 2014/92/UE; tale articolo, tuttavia, al comma 2 fa riferimento anche ai consumatori "a cui non è rilasciato il permesso di soggiorno ma che non possono essere espulsi per motivi di fatto o di diritto". L'articolo 126-vicies disciplina dettagliatamente i casi in cui il prestatore di servizi di pagamento può rifiutare la richiesta di apertura di un conto di base, coerentemente a quanto richiede la direttiva. La comunicazione delle motivazioni del rifiuto è dovuta salvo il caso in cui tale comunicazione sia in contrasto con obiettivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, individuati ai sensi dell'articolo 126 del Testo unico, o ricorrano altri giustificati motivi ostativi in base alle disposizioni in materia di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Fermo restando l'obbligo di osservare le disposizioni in materia di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, il rifiuto del prestatore di servizi di pagamento è legittimo in mancanza dei requisiti previsti dalla legge, ovvero qualora il consumatore sia già titolare in Italia di un conto di pagamento che gli consente di utilizzare i servizi minimi previsti ex lege, salvo il caso di trasferimento del conto o salvo che il consumatore dichiari di aver ricevuto comunicazione dal proprio prestatore di servizi di pagamento che il conto verrà chiuso. Sono disciplinate le modalità di comunicazione del rifiuto e il contenuto delle informazioni da dare al consumatore in tale ipotesi. Si chiarisce inoltre che l'apertura del conto di base non può essere condizionata all'acquisto di servizi accessori o di azioni del prestatore di servizi di pagamento, salvo che questa condizione si applichi in modo uniforme a tutta la clientela. Il conto di base deve essere offerto da tutti i prestatori di servizi di pagamento che offrono alla propria clientela conti di pagamento. Esso deve includere un numero predefinito di operazioni annue individuate da un decreto del MEF, adottato sentita la Banca d'Italia (articolo 126-vicies-semel).
Il Regolamento attuativo sopra indicato è il decreto 3 maggio 2018 n. 70 (
qui il testo).
Nell'adozione delle norme secondarie, si consente la distinzione tra più profili di clientela, tenendo conto del fatto che il tipo e il numero di operazioni adeguate a coprire le esigenze "di base" del consumatore possono variare in funzione delle caratteristiche delle diverse fasce di utenza. Si consente al titolare del conto di richiedere, senza tuttavia che il prestatore di servizi di pagamento possa imporli, l'effettuazione di operazioni aggiuntive o in numero superiore a quello individuato in relazione al conto di base; si supera così un divieto presente nella vigente convenzione. I servizi del conto di base devono includere obbligatoriamente quelli minimi stabiliti dalla direttiva, riportati nell'allegato A del Testo Unico delle leggi bancarie e creditizie inserito dal citato decreto legislativo n. 37 del 2017. Coerentemente all'articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2014/92/UE, le operazioni e i servizi da includere obbligatoriamente sono i seguenti: - apertura, gestione e chiusura del conto di pagamento; - accreditamento di fondi sui conto di pagamento (es. deposito di contante, ricezione di bonifici); - prelievo di contante nei confini UE europea, presso le dipendenze del prestatore di servizi di pagamento o gli sportelli ATM, anche al di fuori degli orari di apertura del prestatore di servizi di pagamento; - alcune operazioni di pagamento nell'ambito dell'Unione europea, ovvero gli addebiti diretti, le operazioni di pagamento con carta. di pagamento, utilizzabile anche online; bonifici e ordini permanenti di bonifico presso le dipendenze del prestatore di servizi di pagamento e attraverso gli altri canali eventualmente disponibili, ivi compreso il canale online. In ordine alle spese applicabili, l'articolo 126-vicies-bis consente di applicare solo un canone annuo onnicomprensivo e gli oneri fiscali previsti per legge. Nessun'altra spesa può essere addebitata al titolare del conto, per il numero annuo di operazioni effettuabili e le relative eventuali scritturazioni contabili. Si chiarisce che il canone annuo onnicomprensivo e il costo delle operazioni aggiuntive o in numero superiore rispetto al conto di base devono essere ragionevoli e coerenti con finalità di inclusione finanziaria, avendo riguardo al livello di reddito nazionale e ai costi mediamente addebitati dai prestatori di servizi di pagamento a livello nazionale per i servizi collegati al conto di pagamento, secondo quanto stabilito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, tenendo anche conto delle condizioni dei soggetti socialmente svantaggiati. L'articolo 126-vicies-ter disciplina, conformemente alla direttiva 2014/92/UE, i casi di esercizio del diritto di recesso. In particolare, il prestatore di servizi di pagamento può recedere dal contratto relativo al conto di base solo al ricorrere di una o più delle condizioni singolarmente individuate dalla norma, ovvero: - uso intenzionale del conto per fini illeciti; - incapienza del conto o mancata movimentazione per un certo periodo di tempo; - accesso al conto di base sulla base di informazioni errate e determinanti per ottenerlo; - consumatore che non soggiorna più legalmente nell'Unione europea; - consumatore che, successivamente al conto di base, ha aperto in Italia un altro conto di pagamento che gli consente di utilizzare i servizi minimi. Viene anche disciplinata l'informativa resa dal prestatore di servizi di pagamento nel caso di recesso e sono predisposte tutele specifiche per il consumatore, che deve essere informato delle procedure di reclamo disponibili, della facoltà di inviare un esposto alla Banca d'Italia o adire i vigenti sistemi di risoluzione 9 stragiudiziale delle controversie. L'articolo 126-vicies-quater demanda a un decreto del MEF, sentita la Banca d'Italia, l'individuazione delle fasce di clientela socialmente svantaggiate e i titolari di trattamenti pensionistici a cui il conto di base è offerto senza spese, con esenzione dall'imposta di bollo.
Anche in tal caso l'attuazione della presente norma è stata effettuata con il decreto 3 maggio 2018 n. 70 (
qui
il testo).
L'articolo 126-vicies-quinquies affida alla Banca d'Italia il compito di definire le modalità con cui i prestatori di servizi di pagamento forniscono chiarimenti e informazioni sul conto di base.
La disposizione attuativa della presente norma è il
provvedimento della Banca d'Italia 3 agosto 2017.
L'art. 126-vicies-sexies, prevede iniziative di educazione finanziaria in favore dei consumatori, con particolare riguardo a quelli più vulnerabili; si attribuisce la promozione di tali iniziative alla Banca d'Italia. L'analoga proposta di legge A.S. n. 1712 e i rilievi di ABI e Banca d'ItaliaNel corso della XVIII Legislatura è stata presentata al Senato, senza tuttavia aver concluso il proprio iter parlamentare, la proposta di legge A.S. n. 1712 recante un contenuto analogo a quello oggetto della proposta di legge A.C. 1091 e sostanzialmente identico alla proposta di legge A.C. 1240. Nel corso dell'esame in sede referente sono state presentate, in sede di audizione, memorie da parte, tra le altre, della Banca d'Italia e dell'ABI, le quali hanno rilevato alcuni profili di criticità della proposta di legge di cui sopra.
Specificamente, nell'
audizione del 7 luglio 2020, la
Banca d'Italia, con riferimento all'intervento normativo, ha evidenziato che:
-
la soppressione del diritto di recesso in capo alla banca di cui all'articolo 33, comma 3, lettera
a), del Codice del consumo
finirebbe per estendersi, oltre che ai rapporti di conto corrente, a tutte le tipologie di contratti aventi ad oggetto la
prestazione di servizi finanziari conclusi con consumatori;
-
il tenore letterale del nuovo articolo 1857-bis del Codice civile
non consente di individuare in modo esatto la portata applicativa della norma, la quale impone, invece, solo l'obbligo di apertura di un rapporto di conto corrente. Peraltro, sempre con riguardo all'articolo 1857-
bis, nonostante la formulazione letterale del testo contenuto nella proposta di legge presentata al Senato, diversamente dall'A.C. 1091, non prevedesse il
divieto di recesso anche per i contratti di conto corrente a tempo indeterminato, la Banca d'Italia aveva rappresentato che siffatto divieto
pone problemi di compatibilità con il principio del nostro ordinamento di inammissibilità di vincoli obbligatori perpetui.
La Banca d'Italia ha rilevato, altresì, che
l'obbligo legale a contrarre e il divieto di recesso potrebbero risultare in
contrasto sia con alcuni principi dell'ordinamento europeo e costituzion
ale (libertà di iniziativa economica, di cui agli
articoli 16 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e 41 della Costituzione repubblicana, nonché le libertà di stabilimento e di prestazione di servizi previste dagli articoli
49 e
56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea)
sia con la normativa antiriciclaggio, precisamente con gli obblighi di astensione e di interruzione del rapporto, determinando una potenziale violazione delle normative unionale e domestica. Peraltro, la Banca d'Italia, citando la
Corte costituzionale, ha osservato come una
limitazione dell'autonomia contrattuale (inclusa quella negativa di non contrarre) possa trovare giustificazione
al solo scopo di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti.
Infine, la Banca d'Italia, richiamando gli
articoli 126-noviesdecies e seguenti del decreto legislativo, 1° settembre 1993, n. 385 (TUB), recanti disposizioni in materia di obbligo in capo alle banche e ai prestatori di servizi di pagamento di consentire ai consumatori l'apertura di un "conto base" destinato a svolgere servizi essenziali, ha osservato che il diritto al conto potrebbe essere, pertanto, regolato facendo leva sull'impianto della vigente disciplina del conto di base.
In senso analogo, nel corso dell'
audizione dell'8 luglio 2020, l'
ABI ha evidenziato che
l'obbligo di apertura di un conto corrente in capo alla banca evocherebbe una funzione pubblicistica o para-pubblicistica dell'attività bancaria, la quale, anche ad avviso della giurisprudenza costituzionale,
non è più rinvenibile, atteso che, diversamente dalla previgente normativa del 1936, l'attuale compendio normativo risulta privo di qualsivoglia riferimento alla
funzione di interesse pubblico dell'attività bancaria.
Secondo l'ABI, dalla natura privatistica dell'attività della banca discende
l'impossibilità di immaginare in capo all'intermediario un "obbligo a contrarre" che, non solo non è desumibile dai principi generali, ma finirebbe con porsi addirittura
in contrasto con essi, ledendo la libertà di iniziativa economica costituzionalmente garantita (articolo 41 della Costituzione). Ne consegue che la banca ha il diritto di valutare sempre le singole richieste di apertura di conti correnti, applicando i criteri di diligenza professionale, buona fede e correttezza e in assoluta aderenza al dettato della disciplina antiriciclaggio europea e nazionale, ciò in quanto le banche debbono essere un avamposto della legalità sempre.
Con riferimento, invece, all'
esclusione del diritto di recesso dal contratto in essere, l'ABI ha osservato che ciò appare
rimedio sovrabbondante e probabilmente eccessivo.
Invero, lettera
a) dell'articolo 33, comma 3, del Codice del consumo costituisce, di fatto, la trasposizione nell'ordinamento interno delle disposizioni contenute nella Direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993 concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. La formulazione della lettera
a) dell'articolo predetto non fa altro che ripetere i contenuti espressi nella normativa unionale, consentendo al fornitore di servizi finanziari di porre fine unilateralmente, e senza preavviso, a un contratto di durata indeterminata in presenza di un valido motivo, informandone immediatamente le altre parti contraenti. Tale previsione costituisce uno "standard minimo" che può essere esteso, ma non ridotto. L'ABI, conseguentemente, ha ritenuto la
proposta di abrogazione dell'articolo 33, comma 3, lettera
a), del Codice del Consumo
in contrasto con l'
articolo 288, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e, in particolare,
con l'obbligo di conformarsi alle prescrizioni delle direttive come fonti obbligatorie di diritto secondario dell'Unione europea.
Inoltre, l'ABI ha rilevato come il
diritto di recesso si sostanzi in un istituto strumentale alla tutela dell'intermediario in presenza di fenomeni di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. Pertanto, l'eliminazione
tout court di questo diritto priverebbe l'intermediario di uno strumento per impedire abusi nell‘utilizzo del conto corrente quali appunto l'uso con finalità di riciclaggio, riducendo l'efficacia dell'apparato normativo europeo e nazionale posto a presidio della legalità.
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