| Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
|
|---|---|
| Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Affari Sociali |
| Titolo: | Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia |
| Riferimenti: | AC N.2561/XVIII |
| Serie: | Progetti di legge Numero: 323/1 |
| Data: | 15/07/2021 |
| Organi della Camera: | Assemblea |
|
|
| Camera dei deputati |
| XVIII LEGISLATURA |
|
|
|
|
|
|
| Documentazione per l’esame di |
| Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia A.C. 2561-A |
| Schede di lettura |
|
|
|
|
|
|
| n. 323/1 |
|
|
|
|
|
|
| 15 luglio 2021 |
| Servizio responsabile: |
||
| Servizio Studi – Dipartimento Affari sociali ( 066760-3266 – * st_affarisociali@camera.it - - |
||
|
|
||
|
||
| La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte. |
||
| File: AS0163a.docx |
INDICE
Schede di lettura
§ Sintesi del contenuto del disegno di legge
§ Articolo 1 (Deleghe al Governo: oggetto, princìpi e criteri
direttivi generali)
§ Articolo 2 (Delega al Governo per il riordino delle misure di
sostegno all’educazione dei figli)
§ Articolo 3 (Delega al Governo per la disciplina dei congedi
parentali, di paternità e di maternità)
§ Articolo 6 (Delega al Governo per sostenere e
promuovere le responsabilità familiari)
§ Articolo 7 (Procedimento per l’adozione dei decreti legislativi)
§ Articolo 8 (Disposizioni finanziarie)
§ Articolo 9 (Clausola di salvaguardia)
Sintesi del contenuto del disegno di legge
Il disegno di legge in esame reca deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, incidendo su materie e ambiti diversi. Il calendario delle deleghe viene esercitato con scadenze temporali differenti, a seconda dell’oggetto della delega.
Nel corso dell’esame in sede referente presso la XII Commissione sono state approvate modifiche al contenuto originario del provvedimento delle quali si darà conto nell’esposizione che segue.
Il provvedimento è composto da 9 articoli.
L’articolo 1 enuncia, in primo luogo, la finalità dell'intervento normativo, che contiene disposizioni di delega al Governo per l'adozione, il riordino e il potenziamento di norme dirette a sostenere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, per contrastare la denatalità, per valorizzare la crescita armoniosa e inclusiva dei bambini e dei giovani, per sostenere l'indipendenza e l'autonomia finanziaria di questi ultimi nonché per favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro di entrambi i genitori e sostenere, in particolare, quello femminile. Esso inoltre (comma 2) reca i princìpi e i criteri direttivi generali, ai quali il Governo deve attenersi nell'esercizio delle deleghe, poi precisati da ulteriori princìpi e criteri direttivi specifici stabiliti dai successivi articoli 2, 3, 4, 5 e 8.
Il primo fra i criteri generali previsti (comma 2, lettera a) intende assicurare l’applicazione universale di benefìci economici ai nuclei familiari con figli a carico, secondo criteri di progressività basati sull’applicazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), tenendo altresì conto del numero dei figli a carico.
Nel corso dell’esame referente, in conseguenza dell’approvazione della legge n. 46 del 2021 Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale, è stato soppresso l’articolo 2 del testo originario del disegno di legge che disciplinava appunto la delega al Governo per l’istituzione dell’assegno universale.
La legge 1 aprile 2021, n. 46 ha disciplinato la Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale. Le relative proposte di legge di iniziativa parlamentare (A.C. 687 ed abb.) sono state approvate in via definitiva dall’Assemblea del Senato, all’unanimità, il 30 marzo 2021 (qui l'iter e il testo dell'A.S. 1892, nonché il Dossier del Servizio studi del Senato con le schede di lettura, utili per un approfondimento della legge n. 46 del 2021).
La delega impegna il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, uno o più decreti legislativi volti a riordinare, semplificare e potenziare, anche in via progressiva, le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale. Il provvedimento intende pertanto superare l'attuale polverizzazione delle misure a sostegno della genitorialità (prestazioni sociali agevolate, assegni familiari, detrazioni fiscali) mediante una complessiva razionalizzazione e una parziale soppressione degli istituti vigenti, finalizzando le risorse così reperite per l'istituzione dell'assegno unico.
Considerata inoltre la necessità di introdurre, in via temporanea e in attesa dell'adozione dei decreti legislativi attuativi della suindicata legge delega n. 46 del 2021, misure immediate volte a sostenere la genitorialità e a favorire la natalità, il decreto legge n. 79 del 2021 (Misure urgenti in materia di assegno temporaneo per figli minori), già approvato dal Senato ed all’esame della Camera dei deputati, ha poi autorizzato l'erogazione su base mensile di un assegno temporaneo per figli minori per il semestre luglio-dicembre 2021, per i nuclei familiari che non abbiano già diritto all'assegno per il nucleo familiare di cui all'art. 2 del decreto legge. n. 69 del 1988 spettante ai lavoratori dipendenti e assimilati, sulla base di determinati requisiti e per importi determinati in base alle diverse soglie ISEE, fino ad un livello ISEE pari a 50.000 euro, secondo gli importi per ciascun figlio minore stabiliti nell' Allegato 1 al medesimo decreto legge n. 79[1].
Si ricorda poi che le risorse finalizzate al riordino e alla semplificazione delle misure di sostegno economico per i figli nonché all'attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia, sono state già previste dalla legge di bilancio 2020 (legge 160/2019), che all'art. 1, comma 339, ha istituito il "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia" con una dotazione inizialmente pari a 1.044 milioni di euro per il 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Dal 2021, nel Fondo sono trasferite le risorse dedicate all'erogazione dell'assegno di natalità, c.d. bonus bebè (410 milioni per il 2021) e del Bonus asilo nido (200 milioni per il 2021). Per il 2021 anche il rifinanziamento del congedo di paternità (106,1 milioni di euro) è a valere sul Fondo. Inoltre, sempre per il 2021, la legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 7, della legge n. 178 del 2020) ha incrementato il Fondo di 3.012,1 milioni di euro. Per gli anni successivi, la manovra di bilancio 2021 ha inoltre destinato all'assegno universale e servizi alla famiglia una quota di risorse comprese tra un minimo di 5.000 e un massimo di 6.000 milioni del Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di dare attuazione a interventi in materia di riforma del sistema fiscale, con una dotazione di 8.000 milioni di euro per l'anno 2022 e 7.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2023 (art. 1, comma 2 della legge n. 178 del 2020).
Il princìpio e criterio direttivo generale di cui all’art. 1, comma 2, lettera b) intende promuovere la genitorialità e la parità tra i sessi all’interno dei nuclei familiari, favorendo l’occupazione femminile. A tal fine gli articoli 3 e 4 dettagliano gli interventi specifici a cui il Governo deve attenersi nell’esercizio della delega (entro ventiquattro mesi). In particolare, si prevede, tra l’altro, di estendere la possibilità di fruire del congedo parentale sino al compimento del quattordicesimo anno di età del figlio (in luogo del dodicesimo attualmente previsto), di stabilire un periodo minimo (non inferiore ai due mesi) di congedo parentale non cedibile all’altro genitore, di introdurre modalità flessibili nella gestione dei congedi parentali nonché di estendere la possibilità di usufruire, previo preavviso, di un permesso retribuito di durata non inferiore alle cinque ore per anno, per ciascun figlio, per consentire ai genitori lavoratori di partecipare ai colloqui scolastici. Con riferimento ai congedi di paternità, si intende stabilire il princìpio che tale diritto sia concesso a prescindere dallo stato civile o di famiglia del padre lavoratore e che non sia subordinato ad una determinata anzianità lavorativa (princìpi enunciati nell’art. 4 della direttiva(UE) 1158/2019 relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare), che sia garantito a parità di condizioni anche per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni e che la durata del congedo obbligatorio di paternità sia superiore rispetto a quanto disposto dalla legislazione vigente e progressivamente incrementata fino a novanta giorni lavorativi. Si prevede inoltre un aumento progressivo dell'indennità di maternità fino al raggiungimento della copertura totale da parte dello Stato. L’articolo 4 specifica invece criteri e princìpi direttivi per incentivare il lavoro femminile, la condivisione della cura e l’armonizzazione dei tempi vita/lavoro. A tal fine, si intende prevedere, tenendo conto dell’ISEE del nucleo familiare, una percentuale di detraibilità o la deducibilità delle spese sostenute dal contribuente per addetti ai servizi domestici e all’assistenza di familiari, nonché una modulazione graduale della retribuzione percepita dal lavoratore nei giorni di assenza dal lavoro nel caso di malattia dei figli. Al fine di sostenere l’applicazione di modalità flessibili di lavoro, si prevede l’introduzione di incentivi per i datori di lavoro che applicano le clausole dei contratti nazionali in materia. Infine, per sostenere l’occupazione femminile si riserva una quota del Fondo di garanzia per le piccole e le medie imprese all’avvio di nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per due anni. Per sostenere l’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno non sono indicati interventi specifici, bensì il rafforzamento delle misure già a tal fine previste.
Il principìo e criterio direttivo di cui all’art. 1, comma 2, lettera c) - affermare il valore sociale delle attività educative e di apprendimento formale e non formale dei figli - viene declinato dall’articolo 2 (delega da esercitare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge) tramite il riconoscimento di agevolazioni fiscali, esenzioni, deduzioni dalla base imponibile o detrazioni dall’imposta sul reddito delle spese sostenute dalle famiglie, ovvero attraverso la messa a disposizione di un credito o di una somma di denaro vincolata allo scopo. A tal fine, si intende razionalizzare il sistema dei benefìci fiscali relativi ai figli a carico, introducendo anche nuove agevolazioni inerenti alle spese per la crescita, per il mantenimento e per l’educazione formale (acquisto dei libri scolastici, di beni e servizi informatici per i figli a carico che non beneficiano di altre forme di sostegno) e l’educazione non formale dei figli (iscrizione/abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine nonché alla frequenza di corsi di lingua straniera, di arte, di teatro – specifica introdotta in sede referente - e di musica; biglietti di ingresso a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali).
D’altra parte, si intende intervenire per garantire in tutto il territorio nazionale, in forma progressiva, l’istituzione e il sostegno dei servizi socio-educativi e dei servizi educativi per l’infanzia e per l’adolescenza[2], oltre che il rafforzamento dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia (quest’ultimo obiettivo esplicitamente aggiunto durante l’esame in Commissione).
Al fine di assicurare alle famiglie parità nelle condizioni di accesso e pari opportunità per la crescita dei figli, si prevedono contributi destinati a coprire, anche per l’intero ammontare, il costo delle rette relative alla frequenza dei servizi educativi per l’infanzia, secondo requisiti di accreditamento previsti dalla normativa vigente[3], e delle scuole per l’infanzia. Per i figli affetti da patologie fisiche e psichiche invalidanti, come specificato durante l’esame in Commissione, il criterio di delega indica la necessità di introdurre ulteriori misure di sostegno e contributi vincolati alle famiglie, con riferimento anche ai disturbi del comportamento alimentare o a disturbi specifici dell'apprendimento ovvero in relazione a bisogni educativi speciali fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado, comprese le spese di cura e riabilitazione e per attività terapeutiche e ricreative svolte da soggetti accreditati.
L’ulteriore criterio generale, di cui all’art.1, comma 2, lettera d), che il Governo è chiamato ad esercitare è la messa a punto di misure organizzative, di comunicazione e di semplificazione che favoriscano l’accesso delle famiglie ai servizi offerti e l’individuazione dei medesimi.
A tutela dei componenti del nucleo familiare in condizione di disabilità, nel corso dell’esame referente, è stata inserito un ulteriore criterio generale (lettera e), diretto a prevedere esplicitamente che le misure di cui alle lettere da a) a d) del presente comma siano configurate tenendo conto dell'eventuale condizione di disabilità delle persone presenti all'interno del nucleo familiare.
Il successivo criterio generale, di cui all’art.1, comma 2, lettera f), intende abolire o modificare le misure a sostegno delle famiglie e della genitorialità vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge al fine di garantire il finanziamento degli interventi necessari per l'attuazione delle deleghe. A tal fine, l’articolo 8 individua le risorse finanziarie necessarie qualificandole come limite massimo di spesa. Tali risorse corrispondono a capitoli di spesa già stanziati ed attualmente destinati ad una serie di benefici, che, nel corso dell’attuazione della delega, si intende abolire o modificare. Più precisamente, all’attuazione delle deleghe si provvede nei limiti del complesso delle seguenti risorse:
· autorizzazione di spesa del “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia" istituito dalla legge di bilancio 2020;
· risorse derivanti dalla modificazione o abolizione di: assegno per il nucleo familiare dei Comuni, assegno di natalità; premio alla nascita; bonus asilo nido; fondo di sostegno alla natalità;
· risorse derivanti dalla modificazione o dall’abolizione, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, di: detrazioni fiscali per minori a carico; assegno per il nucleo familiare; detrazione delle spese documentabili per contratti di locazione stipulati da studenti universitari.
Qualora tali risorse non siano sufficienti all’esercizio delle deleghe, i decreti delegati che determinano nuovi o maggiori oneri privi di compensazione al loro interno o mediante l’utilizzo delle risorse sopra esposte, possono essere adottati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi recanti le necessarie coperture finanziarie.
Nel corso dell’esame in Commissione, quale ulteriore principio di carattere generale (art. 1, comma 2, lettera g), sono stati previsti il monitoraggio e la verifica dell'impatto degli interventi previsti dal provvedimento in esame. Tale compito è stato ricondotto all'organismo, istituito dalla legge n. 46 del 2021[4], per monitorare l'attuazione e verificare l'impatto dell'assegno unico e universale.
L’articolo 5 reca la delega (da esercitare entro 24 mesi) per sostenere la spesa delle famiglie per la formazione dei figli ed il conseguimento dell’autonomia finanziaria dei giovani attraverso una serie di misure tra le quali la previsione di detrazioni fiscali per le spese documentate sostenute dalle famiglie, ovvero misure di sostegno diretto, anche in forma di bonus direttamente spendibile per l’acquisto di libri di testo universitari, anche su supporto digitale per i figli maggiorenni a carico, iscritti a corsi universitari, qualora non beneficino di altre forme di sostegno per l’acquisto di testi universitari, nonché di detrazioni fiscali per le spese documentate sostenute dalle famiglie relativamente al contratto di locazione di abitazioni per i figli maggiorenni iscritti a corsi universitari, con particolare riferimento agli studenti fuori sede;
Sono inoltre previste agevolazioni fiscali per la locazione dell’immobile adibito ad abitazione principale o per l’acquisto della prima casa (come aggiunto in sede referente) in favore delle giovani coppie composte da soggetti aventi ambedue età non superiore a trentacinque anni alla data di presentazione della domanda ovvero delle famiglie con un solo genitore di età non superiore a trentacinque anni (anche questa ultima precisazione inserita in sede referente).
Nel corso dell’esame referente, è stato inoltre aggiunto l’art. 6 che impegna il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, uno o più decreti legislativi per sostenere e promuovere le responsabilità familiari e favorire una diffusione capillare di centri e servizi di supporto nelle diverse fasi della vita familiare e di sostegno alle scelte dei genitori, anche tramite attività di mediazione familiare, prevedendo altresì modalità di integrazione di tali misure con le competenze dei consultori familiari in materia.
Il procedimento per l’adozione dei decreti legislativi delegati è regolamentato dall’articolo 7.
Infine, l’articolo 9, inserito nel corso dell’esame referente, reca la clausola di salvaguardia.
Articolo 1
(Deleghe al Governo: oggetto, princìpi e criteri direttivi generali)
L’articolo 1, modificato in sede referente, reca i princìpi e i criteri direttivi generali, ai quali il Governo deve attenersi nell’esercizio delle deleghe, poi precisati da ulteriori princìpi e criteri direttivi specifici stabiliti dai successivi articoli 2, 3, 4, 5 e 8.
Il comma 1, enuncia la finalità del disegno di legge in esame[5], recante deleghe al Governo per l’adozione, il riordino e il potenziamento (come specificato nel corso dell’esame referente) di disposizioni volte a sostenere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, per contrastare la denatalità, per valorizzare la crescita armoniosa e inclusiva (come aggiunto in Commissione) dei bambini e dei giovani, per sostenere l'indipendenza e l'autonomia finanziaria di questi ultimi (così aggiunto in sede referente), nonché per favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro di entrambi i genitori e sostenere, in particolare, quello femminile (tale ultima finalità è stata riformulata in sede referente evidenziando il valore dei tempi di conciliazione vita-lavoro per entrambi i genitori e la necessità di sostenere prevalentemente l’occupazione femminile).
Il comma 2, reca i princìpi e i criteri direttivi generali, alcuni dei quali specificati o introdotti in sede referente, ai quali il Governo deve attenersi nell’emanazione dei decreti legislativi, specificati nelle lettere a seguire:
a) assicurare l’applicazione universale di benefìci economici ai nuclei familiari con figli a carico, secondo criteri di progressività basati sull’applicazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), tenendo altresì conto del numero dei figli a carico;
ISEE
L'ISEE è l'indicatore utilizzato per valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari che intendono richiedere, ai diversi livelli di governo, una prestazione sociale agevolata (in moneta o servizi). In tal modo, possono essere applicate tariffe differenziate per la compartecipazione al costo di alcune prestazioni oppure per la fissazione di soglie oltre le quali non e? ammesso l’accesso alle prestazioni. La situazione economica e? valutata tenendo conto del reddito di tutti i componenti, del loro patrimonio (valorizzato al 20%) e, attraverso una scala di equivalenza, della composizione del nucleo familiare (numero dei componenti e loro caratteristiche). Il parametro della scala di equivalenza e? maggiorato in presenza di alcune caratteristiche del nucleo che assumono rilievo in tale contesto: presenza nel nucleo familiare di più di due figli a carico; genitori lavoratori e figli minorenni, in particolare se con meno di tre anni; nuclei monogenitoriali e presenza di disabili.
L’ISEE, utilizzato dal 1998, è stato ridisciplinato dal D.p.c.m. 159/2013 che ha introdotto varie tipologie di ISEE (ISEE universitario, ISEE sociosanitario, ISEE socio sanitario per residenze, ISEE minorenni) e l’ISEE corrente, ovvero un ISEE aggiornato ai redditi e trattamenti degli ultimi 12 mesi qualora si siano verificate rilevanti variazioni del reddito o criticità quali la perdita del lavoro o l' interruzione dei trattamenti.
Il nuovo ISEE è entrato in vigore nel 2015, dopo l’emanazione del decreto 7 novembre 2014, di approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE (DSU).
Successivamente, sono intervenute ulteriori modifiche, prima fra tutte quella introdotta dall’art. 10, comma 1, del D.Lgs. 147/2017[6], che, al fine di agevolare l’utente nell’inserimento dei dati utili al calcolo dell’ISEE, ha introdotto la Dichiarazione Sostitutiva Unica precompilata, caratterizzata dalla coesistenza di dati autodichiarati da parte del cittadino con dati forniti dall’Agenzia delle Entrate e dall’INPS (c.d. dati precompilati). Resta fermo che e? comunque sempre possibile, a scelta del dichiarante, presentare la DSU nella modalità già in uso non precompilata.
In seguito, l’art. 28-bis del decreto legge 34/2019 (c.d. decreto Crescita), ha modificato l’art. 10 del D.Lgs 147/2017, estendendo il periodo di validità dell’ISEE corrente e ampliando le fattispecie in cui può essere richiesto. Attualmente, per poter richiedere l’ISEE corrente, è sufficiente che si sia verificata una delle due seguenti:
- una variazione della situazione lavorativa, per almeno un componente del nucleo;
- una variazione della situazione reddituale complessiva del nucleo superiore al 25% rispetto alla situazione reddituale individuata nell’ISEE calcolato ordinariamente.
Viene inoltre introdotta la possibilità di presentare l’ISEE corrente nel caso in cui per almeno un componente si verifichi un’interruzione dei trattamenti previdenziali, assistenziali e indennitari, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini IRPEF (in quest’ultimo caso, l’ISEE corrente può essere aggiornato a 2 mesi).
Dal 1° gennaio 2020, il messaggio 20 settembre 2019, n. 3418 dell’INPS ha specificato che la validità delle DSU coincide con l’anno solare (quindi fino al 31 dicembre) e che i redditi e i patrimoni della DSU “sono aggiornati prendendo a riferimento il secondo anno precedente (quindi, nel 2020 il riferimento è al 2018 sia per redditi che per patrimoni). Inoltre, dal 2020 la validità dell’ISEE corrente è di 6 mesi, ma con l’obbligo del cittadino di aggiornarlo prima della scadenza se qualcuno del nucleo cambia la situazione occupazionale o se inizia a ricevere prestazioni assistenziali/previdenziali/indennitarie.
b) promuovere la genitorialità (come precisato in sede referente) e la parità tra i sessi all’interno dei nuclei familiari, favorendo l’occupazione femminile (nel corso dell’esame referente è stato soppresso il riferimento, per tale finalità, “anche attraverso la predisposizione di modelli di lavoro agile o flessibile”), e agevolando l'armonizzazione dei tempi familiari e di lavoro e la equa condivisione dei carichi di cura tra i genitori (si osserva che il riferimento alla condivisione dei carichi di cura è stato inserito nell’esame referente. Sul punto si veda inoltre quanto illustrato nella scheda relativa all’art. 5), incentivando il lavoro del secondo percettore di reddito. Nel corso dell’esame referente è stata inserita l’ulteriore finalità di favorire con strumenti fiscali il rientro delle donne nel mercato del lavoro, in particolare dopo la maternità, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato;
Si ricorda che per aiuto di Stato si considera qualsiasi trasferimento di risorse pubbliche a favore di alcune imprese o produzioni che, attribuendo un vantaggio economico selettivo, falsa o minaccia di falsare la concorrenza. In linea di principio, gli aiuti di Stato sono vietati dalla normativa europea. Tuttavia, lo stesso diritto europeo prevede tipologie di aiuti che sono o possono considerarsi compatibili con il mercato interno. Per una panoramica completa della disciplina si rinvia alla lettura della scheda del Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.
La legislazione fiscale italiana attualmente non contempla la figura del "secondo percettore di reddito" che, di conseguenza, andrebbe puntualmente definito.
La locuzione sembra comunemente riferirsi al soggetto che all'interno del nucleo familiare percepisce il secondo reddito più alto (ovvero, nel caso di due soli percettori di reddito, il membro della famiglia con reddito inferiore). La nozione di secondary earner è infatti utilizzata in dottrina e, comunque, in numerosi studi condotti a livello internazionale (cfr. Commissione UE, Secondary earners and fiscal policies in Europe, 2015). Essa si riferisce a uno specifico gruppo di individui: coloro che percepiscono reddito da lavoro e, tuttavia, guadagnano meno dei propri partner. Si tratta, secondo il citato studio della Commissione UE, della maggior parte delle donne che lavorano all'interno di coppie sposate o conviventi. Nello studio OCSE del 2019 dal titolo Under pressure: the squeezed middle class, si sottolinea che la differenza tra l'aliquota media della tassazione del primo e del secondo percettore di reddito è particolarmente alta nei paesi che adottano un sistema di tassazione del reddito basato sull'unità familiare (Francia, Germania, Lussemburgo e Svizzera). Al contrario, nei sistemi fiscali in cui l'unità impositiva è l'individuo, come in Italia, la tassazione diretta del secondo percettore di reddito che inizia a lavorare o incrementa le ore lavorate può risultare elevata, se le detrazioni e le agevolazioni fiscali sono assegnate o revocate sulla base del reddito familiare.
Nel tempo sono state numerose le proposte di modifica dell'imposizione diretta orientate a sostituire l'attuale sistema, di tipo individuale (ove l'unità impositiva è appunto l'individuo) con un sistema basato sulla tassazione del nucleo familiare (cd. quoziente familiare, in cui l'aliquota è applicata sulla somma dei redditi familiari e poi suddivisa per il numero dei suoi componenti). Le proposte di legge in tal senso si sono succedute nel corso delle ultime legislature (in particolare, per la XVIII Legislatura si segnalano le seguenti proposte: A.A.S.S. 465, 547, 1678; A.C. 706).
Per quanto riguarda l’equa ripartizione dei carichi familiari, l’Istat, nel Rapporto BES 2020 del marzo 2021, sottolinea le difficoltà, nel nostro Paese, per raggiungere un equilibrio nella conciliazione lavoro e tempi di vita. Tra le ragioni che complicano il raggiungimento di questo obiettivo vi è una ripartizione del lavoro domestico e di cura all’interno della famiglia ancora squilibrata a sfavore delle donne, che le costringe più spesso a rimodulare le attività extradomestiche in funzione del lavoro di cura. Nel periodo 2018/19, la percentuale del carico di lavoro familiare svolto dalle donne tra i 25 e i 44 anni sul totale del tempo di lavoro familiare svolto da coppie in cui entrambi sono occupati (indice di asimmetria) si attesta ancora al 63%, anche se tendenzialmente l’indice è in diminuzione rispetto al biennio precedente. La percentuale è più alta nel Mezzogiorno (69,7%) rispetto al Nord (60,9%) e al Centro (62,4%).
c) affermare il valore sociale delle attività educative e di apprendimento, anche non formale, dei figli, attraverso il riconoscimento di agevolazioni fiscali, esenzioni, deduzioni dalla base imponibile o detrazioni dall’imposta sul reddito delle spese sostenute dalle famiglie, ovvero attraverso la messa a disposizione di un credito o di una somma di denaro vincolata allo scopo;
L’articolo 4, commi da 52 a 54, della legge 92/2012[7] fornisce le definizioni di “apprendimento formale”, “apprendimento non formale” e “apprendimento informale”. Rispettivamente, l’apprendimento formale si attua nel sistema di istruzione e formazione statale, nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, conseguiti anche in apprendistato, o di una certificazione riconosciuta.
L’apprendimento non formale è caratterizzato da una scelta intenzionale della persona (e si realizza al di fuori dei sistemi di istruzione e formazione, delle università e istituzioni di alta formazione) e si attua in ogni organismo che persegue scopi educativi e formativi, quali il volontariato, il servizio civile nazionale, il privato sociale e il mondo delle imprese.
Infine, l’apprendimento informale si realizza, anche a prescindere da una scelta intenzionale, nello svolgimento, da parte di ogni persona, delle attività quotidiane e nelle interazioni che in esse hanno luogo, nell'ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.
d) prevedere l’introduzione di misure organizzative, di comunicazione e semplificazione che favoriscano l’accesso delle famiglie ai servizi offerti e l’individuazione dei medesimi. Nel corso dell’esame referente, è stato chiarito che tale previsione è efficace anche con riguardo ai servizi offerti da enti del Terzo settore (di cui al D.Lgs. n. 117 del 2017[8] c.d. Codice del Terzo settore) rendendo altresì effettivo quanto previsto dalla legge n. 124 del 2015[9];
Si valuti l'opportunità di specificare le previsioni della legge n. 124 del 2015 a cui si intende fare riferimento, considerato che tale legge prevede il riordino di diversi settori ed ambiti di carattere generale ed ha previsto una serie di deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
Il decreto-legge 76/2020, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale”[10] ha introdotto numerose misure urgenti per l’innovazione digitale, tra cui alcune finalizzate a favorire la diffusione di servizi in rete e ad agevolare l'accesso agli stessi da parte di cittadini e imprese.
Tra queste, per quanto qui interessa, si ricordano le seguenti:
· l’estensione della possibilità per i cittadini di fruire dei servizi attraverso la propria identità digitale, ampliandola a quelli erogati dai concessionari di pubblici servizi e dalle società a controllo pubblico, precisando che l’accesso al domicilio digitale avvenga tramite dispositivi mobili anche attraverso l’applicazione AppIO;
· l’obbligo per le p.a, di utilizzare esclusivamente il Sistema pubblico di identità digitale - SPID e la Carta di identità - CIE per l’accesso dei cittadini ai propri servizi on line:
· la presentazione di autocertificazioni, istanze e dichiarazioni direttamente da cellulare tramite AppIO;
· il sostegno per l’accesso delle persone con disabilità agli strumenti informatici;
· la semplificazione della disciplina anagrafica.
Va inoltre ricordato che l’articolo 38 del D.L. 77/2021[11], all’esame della Camera dei deputati, interviene su alcuni aspetti della notifica digitale degli atti della pubblica amministrazione, e favorisce l’utilizzo del domicilio e delle identità digitali principalmente mediante l’introduzione del Sistema di gestione deleghe (SGD) che consente a coloro che non possiedono una identità digitale di delegare ad un altro soggetto l’accesso per proprio conto a servizi on-line.
e) la lettera, inserita nel corso dell’esame referente, prevede che le misure di cui alle lettere da a) a d) siano configurate tenendo conto dell'eventuale condizione di disabilità delle persone presenti all'interno del nucleo familiare;
f) abolire o modificare le misure a sostegno delle famiglie e della genitorialità vigenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, al fine di garantire il finanziamento degli interventi previsti per l’attuazione delle deleghe nel loro complesso secondo quanto previsto dall’articolo 8 (alla cui scheda si rinvia);
g) la lettera in commento, inserita nel corso dell’esame referente, impegna
l'organismo istituito dall'art. 1, comma 2, lettera i), della legge n. 46 del 2021[12] per monitorare l'attuazione e verificare l'impatto dell'assegno unico e universale ad assicurare anche il monitoraggio e la verifica dell'impatto degli interventi previsti dal disegno di legge in esame. Sul punto si ricorda che l’organismo a cui si rinvia viene definito, dalla legge n. 46 del 2021, un organismo aperto alla partecipazione delle associazioni familiari maggiormente rappresentative (formula ripresa dalla norma in commento), dalla cui istituzione e funzionamento non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e ai cui componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
Articolo 2
(Delega al Governo per il riordino delle misure di
sostegno all’educazione dei figli)
L’articolo 2 conferisce al Governo la delega ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riordino e il rafforzamento (come aggiunto in sede referente) delle misure di sostegno all’educazione dei figli a carico, prevedendo contestualmente l’introduzione di nuovi benefici da erogare alle famiglie.
I decreti sono adottati, su proposta del Ministro per le pari opportunità e per la famiglia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, con i Ministri della cultura, dell'università e della ricerca, per le disabilità (come specificato in sede referente) e con il Ministro per le politiche giovanili.
Si ricorda inoltre che, come previsto dal procedimento per l’adozione dei decreti ai sensi dell’articolo 7, prima della loro trasmissione alle Camere, è prevista l’acquisizione di Intesa in sede di Conferenza unificata.
Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo deve attenersi ad ulteriori principi e criteri direttivi, oltre a quelli generali disposti all’articolo 1, come previsto dalle seguenti lettere:
a) razionalizzare il sistema dei benefìci fiscali relativi ai figli a carico, introducendo nuove agevolazioni inerenti alle spese per la crescita, per il mantenimento e per l’educazione, anche non formale, per la formazione e l’istruzione (come indicato in sede referente) dei figli;
Si ricorda che, in base all’articolo 12 commi 1, lettera c), e 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917- Testo unico delle imposte di redditi (TUIR), il contribuente che ha figli fiscalmente a carico ha diritto a una detrazione dall'Irpef il cui importo varia in funzione del suo reddito complessivo; l'importo effettivamente spettante diminuisce con l'aumentare del reddito, fino ad annullarsi quando il reddito complessivo arriva a 95.000 euro. Una persona si considera fiscalmente a carico di un familiare quando dispone di un reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Solo per i figli di età non superiore a 24 anni, dal 1° gennaio 2019 questo limite è aumentato a 4.000 euro.
La detrazione di base per i figli a carico è attualmente pari a:
· 1.220 euro, per il figlio di età inferiore a tre anni
· 950 euro, se il figlio ha un'età pari o superiore a tre anni.
Se in famiglia ci sono più di tre figli a carico, questi importi aumentano di 200 euro per ciascun figlio, a partire dal primo. In presenza di almeno quattro figli a carico, ai genitori è riconosciuta un’ulteriore detrazione di importo pari a 1.200 euro.
È prevista un maggiore detrazione per il figlio disabile, riconosciuto tale ai sensi della legge n. 104 del 1992: si ha diritto all'ulteriore importo di 400 euro.
La detrazione per i figli va ripartita al 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati. In alternativa, e se c'è accordo tra le parti, si può scegliere di attribuire tutta la detrazione al genitore che possiede il reddito più elevato. Questa facoltà consente a quest'ultimo, come per esempio nel caso di incapienza dell'imposta del genitore con reddito più basso, il godimento per intero delle detrazioni. Per una panoramica dettagliata delle detrazioni previste i figli a carico si rinvia all’area tematica dell’Agenzia delle entrate.
Tra le altre principali agevolazioni fiscali, si ricorda che per le spese sostenute dai genitori per pagare le rette relative alla frequenza di asili nido, pubblici o privati, è possibile usufruire di una detrazione (articolo 1, comma 335, della legge n. 266 del 2005 e articolo 2, comma 6, della legge n. 203 del 2008 che ha disposto l'applicazione della misura a regime), per un importo complessivamente non superiore a 632 euro annui per ogni figlio. Inoltre, l’articolo 1, comma 355, legge 11 dicembre 2016, n. 232 ha disposto che ai figli nati dal 1° gennaio 2016 spetta un contributo di massimo 1.000 euro, per il pagamento di rette per la frequenza di asili nido pubblici e privati e di forme di assistenza domiciliare in favore di bambini con meno di tre anni affetti da gravi patologie croniche (la legge di bilancio 2020 ha elevato l’importo del buono fino a un massimo di 3.000 euro sulla base dell’ ISEE minorenni, in corso di validità, riferito al minore per cui è richiesta la prestazione).
Si segnala infine l'articolo 15, comma 1, lettera i-quinquies) del TUIR consente di detrarre da IRPEF il 19 per cento delle spese sostenute per l'iscrizione annuale e l'abbonamento, per i ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni, ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture e impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica, mentre la lettera e-bis) dello stesso articolo riconosce la stessa detrazione in merito alle spese per la frequenza di scuole dell'infanzia del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione per un importo annuo non superiore a 800 euro a decorrere dall'anno 2019 per alunno o studente.
b) garantire, in tutto il territorio nazionale, in forma progressiva, l’istituzione e il sostegno, nonché il rafforzamento (come aggiunto in sede referente) dei servizi “socio-educativi” per l’infanzia. In sede di esame in Commissione XII sono stati inseriti anche i servizi “socio-educativi” per l'adolescenza[13], i servizi educativi per l'infanzia e le scuole dell'infanzia. Tali servizi devono essere orientati, rispetto ai servizi più strettamente “educativi” (v. successiva lett. c)), alla promozione e allo sviluppo delle potenzialità di crescita personale, di autonomia e integrazione sociale dei minori iscritti, anche disabili, qualora esprimano disagio personale, sociale, familiare, al fine di assicurare alle famiglie parità nelle condizioni di accesso e pari opportunità per la crescita dei figli.
Nel corso dell’esame referente è stato inoltre inserito il riferimento alla necessità di garantire misure di contrasto alla povertà educativa minorile, in particolar modo nelle zone ad alto rischio, come le periferie urbane e le aree interne.
In materia, si ricorda che, allo scopo di superare la frammentazione fra servizi socio-educativi per la prima infanzia (da 0 a 3 anni), afferenti al sistema dei servizi sociali, e scuola dell'infanzia (da 3 a 6 anni), afferente al Sistema nazionale di istruzione, il D.Lgs. 65/2017 – emanato sulla base della delega recata dalla L. 107/2015 (art. 1, co. 180 e 181, lett. e) – ha previsto la progressiva istituzione del Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai 6 anni, costituito dai servizi educativi per l’infanzia[14] e dalle scuole dell’infanzia statali e paritarie, alla cui realizzazione compartecipano finanziariamente Stato, regioni, province autonome di Trento e di Bolzano ed enti locali.
Tra gli obiettivi strategici del Sistema integrato rientrano il progressivo ampliamento e la progressiva accessibilità dei servizi educativi per l'infanzia – anche attraverso un loro riequilibrio territoriale – con l'obiettivo tendenziale di raggiungere almeno il 33% di copertura della popolazione sotto i 3 anni di età, a livello nazionale; la graduale diffusione della presenza dei servizi educativi per l'infanzia, con l'obiettivo tendenziale di giungere al 75% nei Comuni; la qualificazione universitaria del personale dei servizi educativi per l'infanzia; la generalizzazione progressiva della scuola dell'infanzia; la formazione in servizio di tutto il personale del Sistema integrato; il coordinamento pedagogico territoriale.
Per l’estensione del Sistema integrato, il d.lgs. ha previsto l’adozione di un Piano di azione nazionale pluriennale[15] che definisce anche la destinazione delle risorse del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e istruzione, contestualmente istituito[16].
Tra gli obiettivi del Piano rientra, in particolare, il superamento della fase sperimentale delle sezioni primavera, mediante graduale stabilizzazione e potenziamento, al fine di escludere i servizi educativi per l'infanzia dai servizi pubblici a domanda individuale.
Ogni due anni, il Ministro deve presentare una relazione sullo stato di attuazione del Piano.
La Legge di Stabilità per il 2016 (Legge n. 208 del 2015) ha previsto, ai commi 392-395, l'istituzione del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, con l'obiettivo di sostenere l'infanzia svantaggiata. Il Fondo è alimentato dai versamenti delle Fondazioni di origine bancaria, alle quali è stato riconosciuto un contributo, pari a 100 milioni di euro, per ciascun anno del triennio 2016-2018, sotto forma di credito d'imposta, pari al 75 per cento dei versamenti effettuati al medesimo Fondo. Successivamente, la legge di bilancio 2019 (Legge n.145 del 2018, art. 1, commi 478-480) ha confermato il Fondo per il successivo triennio 2019-2021, mettendo a disposizione 55 milioni di euro annui di credito di imposta a favore delle Fondazioni di origine bancaria che possono usufruirne per il 65% degli importi versati. L'operatività del Fondo è stata prorogata per il 2022 dall'art. 63, comma 5, del decreto legge n. 73 del 2021 (c.d. Sostegno bis). Pertanto, per il 2022 viene rifinanziato il contributo riconosciuto alle Fondazioni bancarie sotto forma di credito di imposta, nella misura del 65 per cento dei versamenti effettuati dalle stesse Fondazioni al Fondo. Inoltre si incrementa l'ammontare del contributo nella misura di ulteriori 45 milioni di euro nel 2021 (passando così da 55 a 100 milioni) mentre si conferma il contributo di 55 milioni di euro nel 2022. Nel triennio 2016-2018 le Fondazioni hanno alimentato il Fondo con circa 360 milioni di euro.
Il Fondo è disciplinato dal Protocollo d'Intesa siglato da Acri, Presidenza del Consiglio dei Ministri, MEF e Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il soggetto attuatore è stato individuato nella Fondazione con il Sud, attraverso l'impresa sociale "Con i Bambini", appositamente costituita per lo scopo, al fine di garantire maggiore trasparenza e tracciabilità nella gestione del Fondo. Le risorse vengono assegnate tramite bandi, mentre le scelte di indirizzo strategico vengono definite da un apposito Comitato di indirizzo composto pariteticamente da Fondazioni di origine bancaria, Governo, organizzazioni del Terzo Settore e rappresentanti di ISFOL e EIEF – Istituto Einaudi per l'economia e la finanza.
La legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), all'art. 1, co. 230, ha poi attribuito all'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) il compito di definire i parametri e gli indicatori misurabili al fine dell'individuazione di zone di intervento prioritario per la realizzazione di specifici interventi educativi urgenti per il contrasto della povertà educativa minorile sul territorio nazionale. E' stato così definito l'IPE – Indice di Povertà Educativa (riferito ad un target di giovani tra i 15 e i 29 anni) attraverso quattro dimensioni riferibili a: Partecipazione, Resilienza, Capacità di intessere relazioni e Standard di vita. Con i Bambini ha pubblicato ad oggi undici bandi ( Prima Infanzia (0-6 anni), Adolescenza (11-17 anni), Nuove Generazioni 5-14 anni, Un passo avanti, Ricucire i sogni, Cambio rotta, A braccia aperte, Un domani possibile , Non uno di meno, Comincio da zero, Bando per le comunità educanti). Nella gestione dei bandi, è stato introdotto l'elemento della valutazione di impatto.
Nel periodo emergenziale, l'art. 105 del decreto legge n. 34 del 2020 (c.d. Decreto rilancio) ha stanziato 150 milioni di euro, di cui 135 milioni destinati ai comuni per le iniziative dei centri estivi e 15 milioni destinati a progetti di contrasto della povertà educativa. Lo stesso decreto, all'art. 246, ha autorizzato contributi volti al sostegno degli enti del terzo settore nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Lombardia e Veneto nell'importo di 100 milioni per l'anno 2020, di cui 20 milioni riservati ad interventi per il contrasto alla povertà educativa, e di 20 milioni per l'anno 2021, con la finalità di rafforzare l'azione a tutela delle fasce più deboli della popolazione a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. La concessione dei contributi è a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020. In proposito, l'Agenzia per la coesione territoriale ha reso nota - con un avviso pubblicato in Gazzetta ufficiale del 16 novembre 2020 sul propro sito istituzionale (www.agenziacoesione.gov.it) - la pubblicazione dei testi integrali di due avvisi pubblici rivolti ad enti del Terzo settore riservati, rispettivamente, alle regioni del Mezzogiorno ed alle Regioni Lombardia e Veneto, con i relativi allegati (qui un approfondimento).
c) prevedere misure di sostegno alle famiglie mediante contributi destinati a coprire, anche per l’intero ammontare, il costo delle rette relative alla frequenza dei servizi educativi per l’infanzia, di cui all’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 (v. ante), secondo requisiti di accreditamento previsti dalla normativa vigente[17] (quest’ultima specifica introdotta in sede referente), e delle scuole dell’infanzia, oltre che mediante l’introduzione di servizi di supporto presso le rispettive abitazioni per le famiglie con figli di età inferiore a sei anni. Tali servizi di supporto - a seguito di una specifica introdotta durante l’esame in Commissione XII - possono essere anche a carattere individuale.
In sede referente è stata inoltre aggiunta la disposizione che detti servizi di supporto possono essere svolti, in alternativa, anche mediante il ricorso a personale direttamente incaricato dalla famiglia per l'erogazione di servizi quali gli asili familiari o servizi analoghi[18].
Con riferimento a questi ultimi servizi, si ricorda che l’articolo 1, comma 355, della legge di bilancio per il 2017 (L. 232/2016) ha disposto che ai figli nati dal 1° gennaio 2016 spetta un contributo, su richiesta del genitore, di massimo 1.000 euro, per il pagamento di rette per la frequenza di asili nido pubblici e privati e di forme di assistenza domiciliare in favore di bambini con meno di tre anni affetti da gravi patologie croniche. Successivamente, l’articolo 1, comma 343, della legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019) ha elevato l’importo del buono fino a un massimo di 3.000 euro sulla base dell’ISEE riferito al minore per cui è richiesta la prestazione
Le misure di sostegno, mediante contributi alle famiglie finalizzati a coprire, anche per l’intero ammontare, il costo delle rette per la frequenza dei servizi educativi per l’infanzia rientrano nella competenza amministrativa degli enti locali, ai sensi dell’articolo 12 della L. 241/1990, anche per il tramite di enti privati, mediante specifici provvedimenti volti a regolamentare la concessione dei benefici in parola. Tali servizi rientrano nei cd. “servizi a domanda individuale”[19] per la cui copertura tariffaria, in relazione al costo di gestione, il Comune ha riserva discrezionale, applicabile agli utenti in base ad indicatori ISEE[20].
Con riferimento alle spese sostenute per la frequenza delle scuole dell’infanzia, si ricorda che attualmente è prevista la detrazione delle spese sostenute per la frequenza di scuole di ogni ordine e grado del sistema nazionale di istruzione, che comprende le scuole statali e le scuole paritarie private e degli enti locali. In particolare, l’art. 1, co. 151, della L. 107/2015 – inserendo la sopra accennata lett. e-bis) nel co. 1 dell’art. 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al DPR 917/1986 - ha previsto la possibilità di detrarre dall’IRPEF le spese sostenute per la frequenza fino a un importo annuo originariamente di € 400 per studente, elevati a € 564 per il 2016, € 717 per il 2017, € 786 per il 2018 e € 800 dal 2019 dall’art. 1, co. 617, della L. di bilancio 2017 (L. 232/2016).
Al riguardo, con Risoluzione 68/E del 4 agosto 2016 l’Agenzia delle entrate aveva anzitutto ricordato che, in base alla circolare n. 3/E del 2 marzo 2016, rientrano in tale previsione le tasse, i contributi obbligatori, nonché i contributi volontari e le altre erogazioni liberali, deliberati dagli istituti scolastici o dai loro organi e sostenuti per la frequenza scolastica, quali, a titolo di esempio, la tassa di iscrizione, la tassa di frequenza e le spese per la mensa scolastica. Aveva poi chiarito che anche le spese sostenute per i servizi scolastici integrativi, quali l’assistenza al pasto e il pre- e post-scuola sono detraibili, in quanto tali servizi, pur se forniti in orario extracurricolare, sono di fatto strettamente collegati alla frequenza scolastica[21].
Per ulteriori informazioni si rinvia alla già menzionata Circolare n. 19/2020 dell’Agenzia delle entrate.
Nel corso dell’esame referente sono state aggiunte le seguenti lettere che, rispettivamente, dispongono i seguenti criteri di attuazione della delega in esame:
d) prevedere che i servizi per l'infanzia di cui al presente comma possano essere erogati anche con modelli gestionali e strutturali flessibili, in grado di considerare le varie esigenze dei genitori, ottimizzare i costi e coinvolgere attivamente i fruitori e la comunità locale;
e) prevedere benefici fiscali in favore delle famiglie per le spese per la frequenza di scuole dell'infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione.
f) il criterio di delega contenuto in questa lettera è stato modificato nel corso dell’esame referente, per tenere conto della normativa già vigente, anche a fini fiscali. L’attuazione dovrà infatti prevedere ulteriori misure di sostegno e contributi vincolati alle famiglie (questi ultimi non previsti nella disposizione originaria) per le spese sostenute per i figli con disabilità, con patologie fisiche e psichiche invalidanti inclusi i disturbi del comportamento alimentare ovvero con disturbi specifici dell'apprendimento o con bisogni educativi speciali, comprese le spese di cura e riabilitazione per attività terapeutiche e ricreative svolte da soggetti accreditati, fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado;
Si valuti l’opportunità di chiarire se la specifica “invalidanti” sia riferita anche alle patologie fisiche e se i benefici fiscali siano riconosciuti anche per le spese di diagnosi, come previsto dalla disposizione originaria, e non solo per la cura e la riabilitazione svolte dai soggetti accreditati.
Il nuovo criterio, da una parte, restringe a quelle invalidanti l’arco delle patologie le cui spese possono essere riconosciute e, dall’altra, vi include esplicitamente i disturbi del comportamento alimentare e i bisogni educativi speciali, mentre precedentemente figuravano diagnosi e cura dei soli disturbi specifici dell’apprendimento. Inoltre, estende i benefici fiscali che possono essere riconosciuti anche alle spese di riabilitazione per le attività terapeutiche e ricreative svolte da soggetti accreditati. In questo modo la norma chiarisce che i soggetti che svolgono le prestazioni oggetto di beneficio fiscale devono rispettare il requisito dell’accreditamento.
Tali soggetti, a legislazione vigente, possono beneficiare di una prestazione economica assistenziale erogata, su domanda, dall’INPS, denominata “indennità di frequenza” prevista per i minori fino al compimento del 18° anno di età, a sostegno dell’inserimento scolastico e sociale degli alunni con disabilità, ai sensi della L. n. 289 del 1990.
L’indennità è equiparata alla pensione corrisposta agli invalidi civili (242,84 per tredici mensilità) ed è finalizzata all'iscrizione o all'eventuale frequenza del minore a trattamenti terapeutici o riabilitativi, a corsi scolastici o a centri di formazione o di addestramento professionale.
Riguardo ai disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) riconosciuti dalla L. n. 170 del 2010 (dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia) si rinvia alle linee guida del 2011 e alla pagina dedicata del Ministero dell’istruzione.
g) prevedere misure di sostegno alle famiglie per le spese sostenute per i figli in relazione a viaggi di istruzione, per l’iscrizione annuale o l’abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine e altre strutture e impianti destinati alla pratica sportiva, nonché alla frequenza di corsi di lingua straniera, di arte e di musica.
h) razionalizzare (così modificato in sede referente) le misure di sostegno alle famiglie per le spese sostenute per i figli in relazione all’acquisto di libri, diversi dai libri di testo, e di biglietti di ingresso a rappresentazioni teatrali e cinematografiche e altri spettacoli dal vivo, musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali, anche (tale previsione è stata inserita in sede referente) in raccordo con altre misure di sostegno alla diffusione della cultura già adottate, quali la Card cultura destinata ai giovani che compiono 18 anni e la Carta della cultura destinata ai soggetti meno abbienti.
Con riferimento a quanto previsto dalle lett.g) ed h), si ricorda, infatti, che le forme di sostegno per i consumi culturali dei giovani sono varie.
Tra esse si ricordano:
- la c.d. Card cultura per i giovani che compiono 18 anni, attivata per gli anni dal 2016 al 2021. In particolare, per i giovani che compiono 18 anni nel 2021, la Card è utilizzabile per l’acquisto di biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche e spettacoli dal vivo, libri, abbonamenti a quotidiani e periodici, anche in formato digitale, musica registrata, prodotti dell’editoria audiovisiva, titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali, corsi di musica, di teatro o di lingua straniera.
Le risorse disponibili – a seguito dell’incremento di € 70 mln previsto dall’art. 65, co. 9, del D.L. 73/2021 - sono pari a € 220 mln, ossia lo stesso importo previsto per i giovani che hanno compiuto 18 anni nel 2020.
Gli importi nominali da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili per il 2021, nonché i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta, devono essere definiti con decreto del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;
- la Carta della cultura istituita dall’art. 6 della L. 15/2020, di importo nominale pari a € 100, con la quale lo Stato contribuisce alle spese per l'acquisto di libri, anche digitali, muniti di codice ISBN, nonché di prodotti e servizi culturali, da parte di cittadini italiani e stranieri residenti nel territorio nazionale appartenenti a nuclei familiari economicamente svantaggiati.
Ai fini dell’assegnazione della Carta, nello stato di previsione dell’allora Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è stato istituito il Fondo “Carta della cultura”, con una dotazione di € 1 mln annui a decorrere dal 2020, integrabile con proventi derivanti da donazioni, lasciti o disposizioni testamentarie di soggetti privati, destinati allo Stato per il conseguimento delle finalità del Fondo, nonché con proventi elargiti dalle imprese.
Successivamente, l’art. 183, co. 10-bis, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha incrementato la disponibilità del Fondo di € 15 mln per il 2020.
Le modalità applicative sono state definite con decreto interministeriale 10 febbraio 2021, n. 73.
Da ultimo, l’art. 36, co. 4-quater, del D.L. 41/2021 (L. 69/2021) ha incrementato di € 1 mln per il 2021 la dotazione del Fondo;
- “IoStudio-La Carta dello studente”, che è una tessera nominativa cui sono associate funzionalità volte ad agevolare, fra l’altro, l'accesso degli studenti a beni e servizi di natura culturale (fra gli altri, cinema, teatri, musica, sport, corsi di lingua, corsi di informatica, materiale scolastico, libri, film, viaggi studio, parchi, mostre, monumenti).
Da ultimo, l’art. 10 del d.lgs. 63/2017 ha previsto un potenziamento della Carta, disponendo che il Ministero dell'istruzione la attribuisce agli studenti censiti nell'Anagrafe nazionale degli studenti e frequentanti una scuola primaria o secondaria di primo e secondo grado. Alla Carta attribuita agli studenti delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado può essere associato un borsellino elettronico attivabile, a richiesta, dallo studente o da chi ne esercita la responsabilità genitoriale. Inoltre, la Carta è attribuita, a richiesta, agli studenti frequentanti le Università, gli Istituti per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica e i Centri regionali per la formazione professionale[22];
Le funzionalità, i processi di produzione e distribuzione ed il trattamento dei dati personali del servizio istituzionale “La Carta dello Studente – IoStudio” sono stati definiti con DM 16 ottobre 2015, n. 838;
Con specifico riferimento alla frequenza di corsi di musica, si ricorda, inoltre, che l’art. 1, co. 346 e 347, della stessa L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) – novellando l'art. 15 del testo unico delle imposte sui redditi (DPR 917/1986) – ha previsto, a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2021, la detraibilità del 19%, su un importo massimo di € 1.000, delle spese sostenute da contribuenti con reddito complessivo non superiore a € 36.000 per l'iscrizione annuale e l'abbonamento di ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni a conservatori di musica, a istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica (AFAM) legalmente riconosciute, a scuole di musica iscritte nei registri regionali, nonché a cori, bande, e scuole di musica “riconosciute da una pubblica amministrazione”.
A sua volta, l'art. 105-ter del già citato D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha riconosciuto per il 2020 un contributo per le spese sostenute per la frequenza di cori, bande e scuole di musica, nel limite di spesa di € 10 mln.
Le modalità applicative sono state definite con D.I. 518 del 13 novembre 2020.
Va poi ricordato che attualmente l’ordinamento fiscale prevede specifiche misure di sostegno alle famiglie per alcune attività culturali e sportive svolte dai familiari a carico. Anche in tal caso si tratta principalmente di detrazioni IRPEF.
Con particolare riferimento ai viaggi di istruzione, la già menzionata Circolare n. 19/2020 dell’Agenzia delle entrate chiarisce che si tratta di spese detraibili al 19 per cento, in quanto ricomprese nel novero delle spese di istruzione non universitaria.
L’articolo 15, comma 1, lettera i-quinquies) del TUIR riconosce una detrazione pari al 19 per cento delle spese per l’iscrizione annuale e l’abbonamento, per i ragazzi di eta? compresa tra 5 e 18 anni (anche se compiuti nel corso del 2019 la detrazione spetta per l’intero anno d’imposta – circolare n. 34/E del 4 aprile 2008), ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture e impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica. La detrazione spetta anche se le spese sono state sostenute per i familiari fiscalmente a carico (ad esempio figli), per un importo non superiore per ciascun ragazzo a 210,00 euro.
Inoltre è detraibile il 19 per cento delle spese, per un importo non superiore a 1.000 euro, sostenute da contribuenti con reddito complessivo non superiore a 36.000 euro, per l'iscrizione annuale e l'abbonamento di ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni a conservatori di musica, a istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) legalmente riconosciute, a scuole di musica iscritte nei registri regionali nonché a cori, bande e scuole di musica riconosciuti da una pubblica amministrazione, per lo studio e la pratica della musica (articolo 15, comma 1, lettera e-quater del TUIR).
i) prevedere, nel rispetto del riparto delle competenze legislative dello Stato, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, il potenziamento delle misure di sostegno alle famiglie meno abbienti per le spese relative all’acquisto dei libri di testo per la scuola secondaria di primo e di secondo grado (lettera così modificata nel corso dell’esame referente).
Il potenziamento delle misure di sostegno può avvenire anche attraverso l'utilizzo della piattaforma telematica dell'assegno unico universale, per un efficace e tempestivo accesso ai benefici da parte di tutti i nuclei familiari aventi diritto (anche tale riferimento è stato aggiunto in sede referente).
La piattaforma in questione è prevista dalla legge che ha istituito l’assegno unico universale (Legge 1° aprile 2021, n. 46) e rappresenta il principale canale di raccolta delle richieste di pagamento all’INPS in modalità telematica, oltre alle domande presentate per il tramite degli Istituti di patronato.
A partire dal 1° luglio 2021, grazie alle modalità operative comunicate dall’INPS con la Circolare n. 93 del 30 giugno 2021, è entrata in funzione, a seguito dell’attivazione dell’erogazione dell’assegno temporaneo ai figli minori, ai sensi dell’articolo 1 del DL. n. 79/2021.
Prevedere inoltre meccanismi idonei a consentire alle famiglie meno abbienti l'accesso unitario e integrato alle misure statali e regionali per il diritto allo studio, sulla base di appositi atti convenzionali con gli enti territoriali interessati (previsione inserita in sede referente);
l) prevedere ulteriori misure di sostegno alle famiglie per le spese relative all’acquisto di beni e servizi informatici per i figli a carico che frequentano la scuola primaria e secondaria di primo e di secondo grado e che non beneficiano di altre forme di sostegno per l’acquisto di materiale didattico;
Con riferimento a quanto previsto dalle lettere i ed l, si ricorda, anzitutto, che l’art. 23, co. 5, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) ha autorizzato, a decorrere dal 2013, la spesa di € 103 mln annui affinché i comuni provvedano, ai sensi dell’art. 27, co. 1, della L. 448/1998, a garantire la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l'obbligo scolastico (dunque, fino al secondo anno dell’istruzione secondaria di secondo grado compreso)[23], in possesso dei requisiti richiesti, e la fornitura in comodato agli studenti della scuola secondaria superiore, in possesso dei requisiti richiesti[24].
Inoltre, l’art. 1, co. 258, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) aveva istituito nello stato di previsione dell’allora MIUR un Fondo, con una dotazione di € 10 mln per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018, finalizzato a concorrere alle spese sostenute e non coperte da altri contributi pubblici per l’acquisto di libri di testo e di altri materiali didattici, anche digitali, relativi ai corsi di istruzione scolastica fino all’assolvimento dell’obbligo[25].
Successivamente, pari stanziamento è stato previsto dall’art. 7, co. 4, del d.lgs. 63/2017, per ciascuno degli anni 2019 e 2020.
A sua volta, l’art. 9 dello stesso d.lgs. 63/2017 ha istituito nello stato di previsione dell’allora MIUR il Fondo unico per il welfare dello studente e per il diritto allo studio, per l'erogazione di borse di studio, da parte degli enti locali, a favore degli studenti iscritti alle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado, per l'acquisto, fra l’altro, di libri di testo, nonché per l'accesso a beni e servizi di natura culturale.
A tale finalità, ha destinato € 30 mln per il 2017, € 33,4 mln per il 2018 ed € 39,7 mln annui a decorrere dal 2019[26].
Con decreto del Ministro dell'istruzione, adottato previa intesa in sede di Conferenza Unificata, è determinato annualmente l'ammontare degli importi erogabili per la singola borsa di studio, le modalità per la richiesta del beneficio e per l'erogazione delle borse di studio, nonché il valore dell'ISEE per l'accesso alla borsa di studio;
m) prevedere (lettera così modificata in sede referente) specifici benefici fiscali aggiuntivi per le forme di welfare aziendale individuate dalla contrattazione collettiva aziendale, aventi ad oggetto misure di sostegno all'educazione e alla formazione dei figli nonché alla protezione della relativa salute, anche mediante appositi strumenti assicurativi;
Sul punto, si ricorda che la normativa vigente prevede la possibilità, introdotta dalla legge di stabilità 2016, di convertire i premi di produttività in denaro in prestazioni di welfare aziendale - possibilità che deve essere contemplata dal contratto collettivo aziendale o territoriale - escluse dall'imposizione IRPEF, come, in particolare: servizi di assistenza a familiari anziani o non autosufficienti; frequenza di asili nido; servizi di educazione ed istruzione (compresi i servizi integrativi e di mensa connessi con le prestazioni educative) non necessariamente inerenti alla frequenza di asili nido; frequenza di ludoteche, centri estivi e invernali.
Si segnala, inoltre, che la medesima legge di stabilità 2016 ha introdotto anche un regime tributario specifico per le somme ed i valori corrisposti in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria. Tale regime tributario consiste in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali pari al 10%. L'ambito dei soggetti ammessi al regime in esame è costituito dai titolari di reddito da lavoro dipendente privato di importo non superiore, nell'anno precedente quello di percezione, a 80.000 euro.
n) prevedere che i benefìci e le prestazioni di cui al presente comma siano corrisposte nella forma di agevolazioni fiscali ovvero mediante l’erogazione di una somma di denaro allo scopo vincolata e nell’ambito di limiti di spesa programmati compatibilmente con le risorse disponibili ai sensi dell’articolo 8.
Criterio direttivo di natura generale è la previsione che tutte le misure per il sostegno alle famiglie siano corrisposte mediante la concessione di agevolazioni fiscali ovvero la corresponsione di somme di denaro (trasferimenti monetari) con vincolo di scopo, erogate per un ammontare complessivo quale limite di spesa programmata compatibilmente con le risorse disponibili ai sensi dell’articolo 8, che definisce la copertura del presente provvedimento (v. infra).
l) lettera inserita nel corso dell’esame referente, con la finalità di prevedere che le misure di cui alle lettere da a) a e) e da g) a m) del comma in esame siano configurate tenendo conto delle esigenze specifiche nel caso di condizione di disabilità di una o più persone presenti all'interno del nucleo familiare e considerando tra le spese rilevanti ai fini delle predette misure anche quelle legate a servizi, attività e prestazioni di accompagnatori, assistenti personali, educatori o altri operatori in favore della persona con disabilità.
Si valuti l’opportunità di individuare in modo più preciso le categorie di soggetti operanti in favore delle persone con disabilità indicati dalla lettera in esame.
Articolo 3
(Delega al Governo per la disciplina dei congedi parentali, di
paternità e di maternità)
L’articolo 3, modificato in sede referente, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino della disciplina relativa al congedo parentale e a quello di paternità.
I decreti devono essere adottati, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, su proposta del Ministro per le pari opportunità e per la famiglia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro per la pubblica amministrazione e il Ministro per gli affari europei. In sede referente è stato specificato che viene fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di congedi e permessi riconosciuti ai lavoratori che assistono figli minori o parenti con handicap in situazione di gravità (di cui agli artt. 33 della legge n. 104 del 1992[27] e 42 del D.Lgs. n. 151 del 2001[28]) (comma 1).
Come specificato nella RI al provvedimento, tale riforma recepisce, in anticipo, quanto previsto dalla Direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare (che costituisce uno dei risultati principali del pilastro europeo dei diritti sociali) la quale:
- stabilisce una disposizione minima europea che prevede 10 giorni di congedo di paternità dopo la nascita di un figlio, da retribuirsi al livello del congedo per malattia;
- rafforza l’attuale diritto a un congedo parentale di 4 mesi, imponendo la non trasferibilità di 2 mesi tra i genitori e introducendo un indennizzo per questo periodo di 2 mesi a un livello che sarà stabilito dagli Stati membri;
- in materia di congedo per i prestatori di assistenza, prevede 5 giorni di congedo all’anno per lavoratore;
- estende il diritto esistente di richiedere accordi di lavoro flessibile a tutti i lavoratori genitori di bambini fino ad almeno 8 anni e a tutti gli accompagnatori.
Con riferimento alla disciplina dei congedi parentali, nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi – alcuni dei quali aggiunti o specificati in sede referente - che si aggiungono a quelli generali di cui all’articolo 1 (comma 2):
a) prevedere per i genitori lavoratori la possibilità di usufruire dei congedi parentali fino al compimento del quattordicesimo anno di età del figlio (lettera aggiunta in sede referente);
b) introdurre modalità flessibili nella gestione dei congedi parentali, compatibilmente con le forme stabilite dai contratti collettivi di lavoro applicati al settore, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, tenendo conto, come precisato in sede referente, della specificità dei nuclei familiari monogenitoriali. In sede referente è stata altresì eliminata la previsione secondo cui le suddette modalità flessibili dovessero essere compatibili anche con le esigenze del datore di lavoro;
c) prevedere per i genitori lavoratori la possibilità di usufruire, previo preavviso al datore di lavoro, di un permesso retribuito, di durata non inferiore a cinque ore nel corso dell’anno e, come specificato in sede referente, per ciascun figlio, per i colloqui con gli insegnanti e per la partecipazione attiva al percorso di crescita dei figli;
d) prevedere (lettera inserita in sede referente) che possano essere riconosciuti, al coniuge, al convivente ovvero ad un parente entro il secondo grado, i permessi per l'effettuazione delle prestazioni specialistiche per la tutela della maternità, eseguite durante l'orario di lavoro, e rientranti nei livelli essenziali di assistenza (ai sensi dell’art. 1, comma 7, del D. Lgs. n. 502 del 1992[29]). La lettera chiarisce che tali permessi sono riconosciuti ai soggetti sopra elencati al fine di accompagnare la donna in stato di gravidanza;
Riguardo al rinvio al D. Lgs. n. 502 del 1992 si osserva che, per maggior chiarezza, il medesimo dovrebbe essere integrato con il rinvio all’Allegato 10B del DPCM 12 gennaio 2017, c.d. Nuovi LEA, che elenca le prestazioni da eseguire gratuitamente, senza partecipazione al costo (ticket), nel corso della gravidanza fisiologica.
Si ricorda inoltre che gli allegati 10A, e 10C al DPCM Nuovi LEA, elencano, rispettivamente, in modo esaustivo: le prestazioni specialistiche per la tutela della maternità responsabile, escluse dalla partecipazione al costo in funzione preconcezionale e le condizioni di accesso alla diagnosi prenatale invasiva, in esclusione dalla quota di partecipazione al costo.
Inoltre si ricorda che attualmente sono previste esenzioni al costo, indipendentemente dal reddito degli assistiti, sia in funzione preconcezionale che nel corso della gravidanza.
Più precisamente, in funzione preconcezionale si ha diritto:
- alle prestazioni indicate nell’allegato 10A al DPCM 12 gennaio 2017 di aggiornamento dei LEA;
- alle prestazioni necessarie e appropriate per accertare un rischio procreativo correlato a una malattia o a un rischio genetico in uno o entrambi i genitori, come evidenziati dalla storia clinica o familiare della coppia.
Nel corso della gravidanza si ha diritto:
- alle visite periodiche ostetrico-ginecologiche;
- ai corsi di accompagnamento alla nascita (training prenatale);
- all’assistenza al puerperio;
- alle prestazioni indicate nell’allegato 10B al DPCM 12 gennaio 2017.
In caso di minaccia d’aborto si ha diritto:
- a tutte le prestazioni specialistiche ambulatoriali necessarie per il monitoraggio della gravidanza e, in caso di condizioni patologiche che comportano un rischio per la madre o per il feto sono gratuite, altresì, tutte le prestazioni specialistiche necessarie al monitoraggio della condizione patologica;
- alle prestazioni necessarie ed appropriate per la diagnosi prenatale invasiva in gravidanza, nelle specifiche condizioni di rischio per il feto indicate nell’allegato 10C al DPCM 12 gennaio 2017.
e) stabilire un periodo minimo, non inferiore a due mesi, di congedo parentale non cedibile all’altro genitore per ciascun figlio, prevedendo altresì – come disposto in sede referente - forme di premialità nel caso in cui tali congedi siano distribuiti equamente fra entrambi i genitori;
f) prevedere misure che favoriscano l’estensione della disciplina relativa ai congedi parentali anche ai lavoratori autonomi e, come specificato in sede referente, ai liberi professionisti (in sede referente è stato eliminato il riferimento alla specificità delle singole professioni).
Sul punto, si ricorda che l’art. 8, co. 4, della L. 81/2017 riconosce alle lavoratrici ed ai lavoratori iscritti alla Gestione separata il diritto ad un trattamento economico per congedo parentale per un periodo massimo pari a sei mesi entro i primi tre anni di vita del bambino (o entro tre anni dall’entrata in famiglia del minore), per un periodo complessivo, tra entrambi ii genitori, pari ad un massimo di 6 mesi. Inoltre, l’art. 69 del D.Lgs. 151/2001 estende la disciplina del congedo parentale - limitatamente ad un periodo di tre mesi ed entro il primo anno di vita del bambino (o dall’entrata in famiglia del minore) - alle lavoratrici autonome, coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane, esercenti attività commerciali e pescatrici autonome
Con riferimento alla disciplina del congedo di paternità e, come specificato in sede referente, di quello di maternità (con conseguente integrazione della rubrica dell’articolo in commento), nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi – alcuni dei quali aggiunti o specificati in sede referente -, che si aggiungono a quelli generali di cui all’articolo 1 (comma 3):
a) prevedere un periodo di congedo obbligatorio per il padre lavoratore nei primi mesi dalla nascita del figlio, di durata superiore rispetto a quanto disposto dalla legislazione vigente e prevedendone il progressivo incremento fino a novanta giorni lavorativi (lettera modificata in sede referente, precedentemente la durata minima del periodo di congedo obbligatorio non doveva essere inferiore a dieci giorni lavorativi);
b) prevedere l'aumento progressivo dell'indennità di maternità fino al raggiungimento della copertura totale da parte dello Stato (lettera aggiunta in sede referente);
c) prevedere che il diritto al congedo di paternità sia concesso a prescindere dallo stato civile o di famiglia del padre lavoratore, come previsto anche dall’art. 4, co. 3, della richiamata direttiva(UE) 2019/1158;
d) prevedere che il diritto al congedo di paternità non sia subordinato ad una determinata anzianità lavorativa e di servizio, come previsto anche dall’art. 4, co. 2, della richiamata direttiva(UE) 2019/1158;
e) prevedere un ragionevole periodo di preavviso al datore di lavoro per l’esercizio del diritto al congedo di paternità, sulla base dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
f) prevedere che il diritto al congedo di paternità sia garantito a parità di condizioni anche per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni con misure eguali rispetto a quelle garantite per i lavoratori del settore privato;
g) prevedere misure che favoriscano l'estensione della disciplina relativa al congedo di paternità anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti (lettera aggiunta in sede referente).
Viene infine specificato che i suddetti benefìci sono riconosciuti nell’ambito delle risorse disponibili ai sensi dell’articolo 8 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda), anche prevedendone l’attuazione in forma progressiva (comma 4).
CONGEDO PARENTALE, CONGEDO DI PATERNITÀ E CONGEDO DI MATERNITÀ: NORMATIVA VIGENTE
Congedo parentale
I congedi parentali (disciplinati dagli artt. 32 e ss. del D.Lgs. 151/2001, come modificati da successivi interventi normativi) si traducono nell'astensione facoltativa dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore. In particolare, trascorso il periodo di congedo di maternità, ciascun genitore, ha diritto di astenersi dal lavoro nei primi 12 anni di vita del bambino, con un limite complessivo massimo di 10 mesi (lo stesso termine si applica anche in caso di adozione e affidamento).
Tale diritto spetta:
- alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità (astensione obbligatoria), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
- al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 mesi qualora usufruisca dell'astensione facoltativa per un periodo continuativo non inferiore a 3 mesi (in quest'ultimo caso, il periodo massimo utilizzabile da entrambi i genitori viene elevato a 11 mesi);
- nel caso in cui vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.
Salvi casi di oggettiva impossibilità, il congedo parentale deve essere richiesto con un preavviso non inferiore a 5 giorni (2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria), con l'indicazione dell'inizio e della fine del periodo di congedo.
La contrattazione collettiva di settore può stabilire le modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa.
Inoltre, per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata, la lavoratrice madre (o, in alternativa, il lavoratore padre) ha diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei suddetti periodi, non superiore a tre anni, (a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, la presenza del genitore sia richiesta dai sanitari). In alternativa al prolungamento del congedo, fino al compimento del terzo anno di vita del bambino, possono essere fruiti i riposi giornalieri retribuiti di due ore (ex art. 42, c. 1, D.Lgs. 151/2001).
Alle lavoratrici e ai lavoratori è riconosciuta, fino al sesto anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi. Per i periodi di congedo parentale ulteriori è dovuta, fino all’ottavo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30% della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria.
Per quanto concerne specificamente, la disciplina del congedo parentale per le lavoratrici ed i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata I.N.P.S., non iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria né titolari di trattamento pensionistico, estendendone la durata e l'arco temporale entro il quale esso può essere fruito, la L. 81/2017 (cd. Jobs act per gli autonomi) prevede, in particolare:
- il prolungamento della durata del congedo parentale da 3 mesi (come precedentemente previsto) a 6 mesi;
- la possibilità di fruire del congedo parentale non solo entro il primo anno di vita del bambino (come precedentemente previsto), ma fino al terzo anno di vita del bambino;
- l'introduzione di un tetto massimo di 6 mesi di congedo complessivamente fruibile dai genitori (anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza);
- l'applicazione della nuova disciplina anche ai casi di adozione e affidamento preadottivo.
Congedo di paternità
Il congedo di paternità (disciplinato dagli artt. 28 e ss. del D.Lgs. 151/2001, come modificati da successivi interventi normativi) è il diritto riconosciuto al padre lavoratore di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, o di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Per quanto riguarda il trattamento economico e normativo, si applicano al padre lavoratore le stesse disposizioni previste per il congedo di maternità in materia di trattamento normativo, economico e previdenziale. In particolare, si ricorda che l’anzianità di servizio rileva ai fini dell’accreditamento dei contributi figurativi relativi ai periodi di congedo di paternità e di maternità per il diritto alla pensione e per la determinazione della misura stessa: in caso di costanza di rapporto di lavoro non è richiesta alcuna anzianità contributiva pregressa ai fini dell'accreditamento dei predetti contributi figurativi, mentre i periodi corrispondenti al congedo di maternità verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, sono considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che il soggetto possa far valere, all'atto della domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro in periodi precedenti o successivi all'evento. L’INPS, con circ. 40/2013, ha specificato che tale previsione si applica anche riguardo al congedo obbligatorio del padre.
Il congedo di paternità è riconosciuto anche se la madre è una lavoratrice autonoma avente diritto all’indennità; in tali casi, al padre lavoratore autonomo è riconosciuta l’indennità di maternità spettante alle lavoratrici autonome, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. Inoltre, in caso di morte o di grave infermità della madre, di abbandono, nonché di affidamento esclusivo del bambino al padre, al padre lavoratore autonomo o libero professionista è riconosciuta l'indennità cui hanno diritto le lavoratrici autonome e le libere professioniste, per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre o per la parte residua.
Congedo di paternità obbligatorio e facoltativo
Il congedo obbligatorio e facoltativo del padre lavoratore dipendente (già previsto in via sperimentale per gli anni 2013-2015 dall’articolo 2, comma 24, della L. 92/2012, cd. Legge Fornero) è stato oggetto di successive proroghe, da ultimo ad opera della legge di bilancio n. 178 del 2020 che, per il 2021, ha elevato a 10 giorni la durata del congedo obbligatorio di paternità (che deve essere goduto entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, in aggiunta al periodo di astensione obbligatoria della madre) e ha disposto che, nel medesimo anno, il padre possa astenersi per un ulteriore giorno (in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima).
La medesima legge di bilancio 2021 ha esteso il congedo di paternità obbligatorio e facoltativo anche ai casi di morte perinatale.
Congedo di maternità
Congedo obbligatorio e retribuito della durata complessiva di cinque mesi (due mesi prima del parto e tre mesi dopo il parto, oppure, a scelta della lavoratrice e se le condizioni mediche lo consentono, un mese prima del parto e quattro mesi dopo il parto). Si prevede una estensione temporale in caso di parto prematuro o ricovero del neonato.
Di seguito la disciplina di tale congedo con riferimento a particolari categorie di lavoratrici:
- per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata, l’indennità di maternità è riconosciuta anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente e, in caso di adozione o affidamento, per i 5 mesi successivi dall’ingresso del minore in famiglia. Inoltre, non è più necessaria l’effettiva astensione dall'attività lavorativa (come già previsto per le lavoratrici autonome);
- per le lavoratrici autonome in stato di gravidanza si prevede che il rapporto di lavoro non si estingue e che il lavoratore può chiedere la sospensione (senza corrispettivo) del rapporto di lavoro per un periodo non superiore a 150 giorni per anno solare. Inoltre, previo consenso del committente, la lavoratrice autonoma in maternità può essere sostituita, totalmente o parzialmente, dai suoi familiari. Infine, il congedo di maternità è riconosciuto anche nel caso di adozione o affidamento, alle stesse condizioni previste per le altre lavoratrici;
- per le donne che esercitano la professione forense si prevede il legittimo impedimento del difensore nel periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto;
- per le ricercatrici si dispone che i contratti di ricerca a tempo determinato stipulati dalle università sono sospesi nel periodo di astensione obbligatoria per maternità e il termine di scadenza è prorogato per un periodo pari a quello di astensione obbligatoria
Articolo 4
(Delega al Governo per incentivare il lavoro femminile, la condivisione della cura e
l’armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro)
L’articolo 4 – modificato in sede referente - delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino ed il rafforzamento delle misure volte ad incentivare il lavoro femminile e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
I decreti devono essere adottati, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, su proposta del Ministro per le pari opportunità e per la famiglia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e con il Ministro per gli affari europei (comma 1).
Nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli generali di cui all’articolo 1, volti a prevedere (comma 2):
a) prevedere, come specificato in sede referente, un aumento della percentuale di detraibilità o la deducibilità delle spese sostenute dal contribuente per dipendenti, assunti con contratto di lavoro subordinato, addetti ai servizi domestici, all'assistenza di familiari, anche fino all'intero ammontare delle spese sostenute, ovvero per l'acquisto servizi di cura alla persona, tenendo conto dell'ISEE del nucleo familiare, della presenza di figli minorenni e della condizione di disabilità di uno o più membri del nucleo familiare;
In materia di assistenza domestica o familiare si ricorda che attualmente l’articolo 10, comma 2, ultimo periodo, del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) dispone la deducibilità dal reddito complessivo, dei contributi previdenziali ed assistenziali versati per gli addetti ai servizi domestici (autisti, giardinieri, etc.) nonché per gli addetti all’assistenza personale o familiare (colf, baby-sitter, assistenti delle persone anziane, etc.), per la parte rimasta a carico del datore di lavoro. Tuttavia, non è deducibile l’intero importo ma solo la quota rimasta a carico del datore di lavoro dichiarante, al netto della quota contributiva a carico del collaboratore domestico/familiare. I contributi sono deducibili, per la parte rimasta a carico del datore di lavoro, fino ad un importo massimo di 1.549,37 euro.
Sono invece detraibili dall’Irpef, nella misura del 19%, le spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale nei casi di non autosufficienza del disabile nel compimento degli atti della vita quotidiana. La detrazione deve essere calcolata su un ammontare di spesa non superiore a 2.100 euro e spetta solo quando il reddito complessivo del contribuente non è superiore a 40.000 euro. Nella determinazione del reddito complessivo va compreso anche il reddito dei fabbricati locati assoggettato al regime della cedolare secca. La non autosufficienza deve risultare da certificazione medica. Sono considerate non autosufficienti, per esempio, le persone non in grado di assumere alimenti, espletare le funzioni fisiologiche o provvedere all’igiene personale, deambulare, indossare gli indumenti. Deve essere considerata non autosufficiente, inoltre, la persona che necessita di sorveglianza continuativa.
Sulla materia si consiglia la lettura della Circolare 7/E del 25 giugno 2021 dell'Agenzia delle entrate.
b) prevedere la possibilità di corrispondere la predetta agevolazione anche sotto forma di incentivo diretto, mediante l'erogazione di una somma di denaro allo scopo vincolata (lettera introdotta in sede referente);
c) prevedere una modulazione graduale della retribuzione percepita dal lavoratore nei giorni di assenza dal lavoro nel caso di malattia dei figli, fatte salve – come specificato in sede referente - le condizioni di maggior favore stabilite dai contratti collettivi di lavoro;
Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni. Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni. Ai sensi degli artt. 47 e ss. del D.Lgs. 151/2001, si tratta di un congedo coperto da contribuzione figurativa, ma non retribuito. Tuttavia, per quanto concerne il settore pubblico impiego, si fa presente che l’aspetto retributivo del congedo per malattia del figlio è regolato contrattualmente e molti CCNL riconoscono l’intera retribuzione per i primi trenta giorni di congedo per la malattia del figlio fino ai tre anni di età del bambino.
d) prevedere un'indennità integrativa per le madri lavoratrici erogata dall'INPS, per il periodo in cui rientrano al lavoro dopo il congedo obbligatorio (lettera aggiunta in sede referente);
e) introdurre incentivi per i datori di lavoro che applicano le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro (stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale), che prevedono modalità di lavoro flessibile, ai fini della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, con il riconoscimento ai lavoratori della facoltà di chiedere, secondo le previsioni dei medesimi contratti, il ripristino dell’originario regime contrattuale;
f) prevedere strumenti agevolati per la disciplina delle prestazioni di lavoro accessorio riferite ad attività di supporto alle famiglie in ambito domestico e di cura e assistenza alla persona, a tal fine anche introducendo carnet di buoni orari, numerati progressivamente e datati, acquistabili telematicamente o presso le rivendite autorizzate, con valore nominale fissato tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali (lettera aggiunta in sede referente);
g) prevedere forme di decontribuzione per le imprese per le sostituzioni di maternità, per gli incentivi volti al rientro al lavoro delle donne e per le attività di formazione ad esse destinate (lettera aggiunta in sede referente);
Sul punto si ricorda che la legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 23, L. 178/2020) ha disposto un incremento di 50 mln di euro per il 2021 del Fondo per le politiche della famiglia da destinare al sostegno delle misure organizzative adottate dalle imprese per favorire il rientro al lavoro delle madri lavoratrici dopo il parto.
h) prevedere che una quota della dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all’articolo 2, comma 100, lett. a), della legge 662/1996, sia riservata all’avvio delle nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per i primi due anni;
Si evidenzia, rinviando più diffusamente all’apposita ricostruzione normativa (vedi infra) che, per le imprese femminili (startup e non) opera, secondo la disciplina vigente, una Sezione speciale del Fondo di garanzia PMI, istituita con atto normativo secondario attuativo della disciplina primaria del Fondo stesso[30].
L’operatività della Sezione speciale è condizionata alla presenza di disponibilità finanziarie a valere su di essa. In caso di interruzione dell’operatività, è possibile ripristinare la predetta operatività in presenza di disponibilità finanziarie rinvenienti da nuovi versamenti, ovvero dallo svincolo di precedenti impegni, in ragione di una valutazione della rischiosità delle operazioni in essere e della stima delle sofferenze che da esse potranno derivare.
Si valuti l’opportunità di chiarire, sulla base della disciplina attualmente vigente del Fondo di garanzia PMI, se il criterio di delega intenda fare riferimento al riconoscimento in favore delle sole startup femminili di una riserva in senso tecnico, a valere sulle dotazioni generali del Fondo, ovvero se la riserva faccia riferimento alla previsione, in questo caso ex lege, di una Sezione speciale del Fondo operante per le sole startup femminili.
IMPRENDITORIA FEMMINILE
Il Fondo di garanzia per le PMI costituisce uno dei principali strumenti finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, garantendone la liquidità attraverso un sostegno in garanzia per la contrazione di finanziamenti. Con l'intervento del Fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative) sugli importi garantiti dal Fondo stesso.
La Sezione Speciale "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità" (cd. Sezione Speciale "imprenditoria femminile") è stata istituita ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, D.M. 26 gennaio 2012 e dell'Atto di Convenzione del 14 marzo 2013 tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari opportunità, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze. L'atto di convenzione ha fissato il plafond iniziale della Sezione in 10 milioni di euro, provenienti dai contributi versati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari opportunità.
I contributi della Presidenza del Consiglio per la Sezione speciale sono stati versati sull’apposito conto corrente infruttifero n. 22034 intestato al Medio Credito Centrale S.p.A. rubricato Fondo di Garanzia PMI, aperto presso la Tesoreria Centrale dello Stato. L'atto di convenzione è stato successivamente integrato da un Atto aggiuntivo, sottoscritto in data 2 dicembre 2014 e approvato con decreto della Presidenza del Consiglio - Dipartimento per le Pari Opportunità, del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'economia e finanze del 20 aprile 2015.
La Sezione è finalizzata a interventi del Fondo in favore delle Imprese femminili, mediante la concessione di agevolazioni nella forma di garanzia diretta, di cogaranzia e di controgaranzia del Fondo stesso, a copertura di operazioni finanziarie finalizzate all'attività di impresa. Le imprese femminili beneficiarie dell'intervento in garanzia (ai sensi di quanto stabilito dall'art. 53, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 198/2006) sono le micro, piccole e medie imprese con le seguenti caratteristiche:
- società cooperative e società di persone costituite in misura non inferiore al 60% da donne;
- società di capitali le cui quote di partecipazione spettano in misura non inferiore ai due terzi a donne e i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi da donne; imprese individuali gestite da donne.
In favore delle imprese Start up femminili è riservata una quota pari al 50 per cento della dotazione della Sezione speciale "Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari opportunità". Tale riserva può subire modifiche in aumento o in diminuzione sulla base di opportune valutazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Sono start up femminili, ai sensi della Convenzione, le PMI aventi i requisiti sopra indicati che sono state costituite o hanno iniziato la propria attività da meno di tre anni rispetto alla data di presentazione della richiesta di ammissione alla garanzia del Fondo, come risultanti dalle ultime due dichiarazioni fiscali presentate dall'impresa.
La circolare n. 11/2015 del Mediocredito Centrale, che ha reso operativa l'estensione degli interventi della Sezione speciale alle donne professioniste, definisce tale categoria. Le donne professioniste sono quelle iscritte agli ordini professionali o aderenti alle associazioni professionali iscritte nell'elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi della L. n. 4/2013 e in possesso dell'attestazione rilasciata ai sensi della medesima legge.
Alle imprese femminili e alle donne professioniste sono riservate condizioni speciali vantaggiose per la concessione dell'intervento in garanzia del Fondo, e, in particolare:
- possibilità di prenotare direttamente la garanzia;
- priorità di istruttoria e di delibera;
- esenzione dal versamento della commissione una tantum al Fondo.
Per tutto ciò che non è esplicitamente previsto dalla specifica regolamentazione della Sezione Speciale per le Pari Opportunità, vale la normativa ordinaria del Fondo contenuta nelle Disposizioni operative in vigore (approvate con D.M. 13 febbraio 2019).
Si rinvia, per ciò che attiene agli interventi di sostegno vigenti per l’imprenditoria femminile, all’apposito tema dell’attività parlamentare “Sostegno all'imprenditoria femminile”.
i) prevedere un aumento della quota delle risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, di cui all’art. 25 del D.Lgs. 80/2015, destinata a favorire la promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata (lettera aggiunta in sede referente);
Sul punto si ricorda che il richiamato art. 25 prevedeva, in via sperimentale per il triennio 2016-2018, che parte delle risorse del Fondo per la contrattazione di secondo livello sia destinato alla promozione della conciliazione tra lavoro e vita privata. Al riguardo è stato adottato il Decreto 12 settembre 2017 per l'applicazione di sgravi contributivi (in via sperimentale per il 2017-2018) per aziende che adottano misure conciliazione vita-lavoro.
l) prevedere specifiche agevolazioni fiscali per le lavoratrici residenti nei territori con minore capacità fiscale, per sostenere il lavoro femminile anche nelle realtà più svantaggiate dal punto di vista economico e sociale, dove il divario occupazionale tra i sessi è maggiore (lettera aggiunta in sede referente);
m) prevedere ulteriori interventi di rafforzamento delle misure volte ad incentivare il lavoro femminile nelle regioni del Mezzogiorno;
n) prevedere ulteriori incentivi per favorire l'emersione del lavoro sommerso in ambito domestico, con particolare riferimento alla condizione delle lavoratrici del settore (lettera aggiunta in sede referente);
o) promuovere il sostegno alla formazione in materia finanziaria delle imprenditrici e alla digitalizzazione delle imprese (lettera aggiunta in sede referente).
Viene infine specificato che i suddetti benefìci sono riconosciuti nell’ambito delle risorse disponibili ai sensi dell’articolo 8 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda), anche prevedendone l’attuazione in forma progressiva (comma 3).
PANORAMICA SULLE MISURE DI CONCILIAZIONE VITA-LAVORO VIGENTI
Congedi
Per quanto concerne il potenziamento delle misure di conciliazione vita-lavoro, vengono in considerazione, in primo luogo, quelle in materia di congedi parentali realizzate negli ultimi anni che hanno determinato, in particolare:
- l’ampliamento dell'ambito temporale di applicazione del congedo di maternità in caso di parto anticipato e di ricovero del neonato;
- il riconoscimento del congedo di paternità anche se la madre è una lavoratrice autonoma e, in caso di adozione internazionale, il congedo previsto per la lavoratrice per il periodo di permanenza all'estero può essere utilizzato dal padre anche se la madre non è una lavoratrice;
- l’estensione del congedo parentale dall'ottavo al dodicesimo anno di vita del bambino, con fruizione anche su base oraria. L'indennizzo (nella misura del 30% per un periodo massimo complessivo di 6 mesi) viene esteso dal terzo al sesto anno di vita del bambino.
- il riconoscimento in favore delle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS: dell'indennità di maternità anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente (cd. automaticità delle prestazioni) e anche in caso di adozione o affidamento (per i 5 mesi successivi all'ingresso del minore in famiglia); della possibilità di fruire del trattamento di maternità a prescindere (per quanto concerne l'indennità di maternità spettante per i 2 mesi antecedenti la data del parto e per i 3 mesi successivi) dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa (come già previsto per le lavoratrici autonome); del prolungamento della durata del congedo parentale da 3 a 6 mesi, prevedendo che se ne possa fruire fino al terzo anno di vita del bambino per un periodo complessivo pari ad un massimo di 6 mesi (anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza); dell'applicazione della nuova disciplina anche ai casi di adozione e affidamento preadottivo
- per le lavoratrici autonome, l’estensione dell'indennità di maternità ai casi di adozione e affidamento (alle stesse condizioni previste per le altre lavoratrici);
- l’inserimento, tra le lavoratrici che non possono essere obbligate a svolgere lavoro notturno, della lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore;
- per le donne che esercitano la professione forense, la previsione del legittimo impedimento del difensore nel periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto;
- la sospensione, dal 2018, dei contratti di ricerca a tempo determinato stipulati dalle università nel periodo di astensione obbligatoria per maternità e il termine di scadenza è prorogato per un periodo pari a quello di astensione obbligatoria;
- per le donne vittime di violenza di genere, il riconoscimento di un congedo retribuito per un periodo massimo di tre mesi;
- la proroga per il 2021 del congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, elevandone la durata a dieci giorni e disponendo che anche per il 2021 (così come previsto anche per il 2020) il padre possa astenersi per un ulteriore giorno (in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima);
- il riconoscimento alle lavoratrici della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico competente attesti che tale opzione non porti pregiudizio alla salute della donna e del bambino.
Trasformazione del rapporto di lavoro
Nelle misure volte a favorire la conciliazione vita-lavoro rientrano anche le disposizioni che prevedono, in determinati casi, la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale (D.Lgs. 81/2015). Più precisamente:
- in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale;
- il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.
Si ricorda che anche la lavoratrice che usufruisce del congedo per violenza di genere ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.
Passaggio di personale tra amministrazioni
Tra le suddette misure vengono in considerazione anche le disposizioni in tema di passaggio di personale tra amministrazioni diverse (L. 124/2015), che prevedono, in particolare, che il genitore, dipendente di amministrazioni pubbliche, con figli minori fino a tre anni di età può chiedere di essere assegnato (a determinate condizioni e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni) ad una sede presente nella stessa provincia o regione nella quale lavora l'altro genitore. L'eventuale dissenso deve essere motivato.
Anche la dipendente vittima di violenza di genere, inserita in specifici percorsi di protezione debitamente certificati, può chiedere il trasferimento ad altra amministrazione pubblica presente in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza che, entro quindici giorni, dispone il trasferimento presso l'amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica professionale.
In tema di cure parentali, la medesima legge dispone che le amministrazioni pubbliche adottino misure organizzative per l'attuazione del telelavoro e stipulino convenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia e organizzino servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica (sul punto, con direttiva del Presidente del consiglio del 1° giugno 2017, sono state definite le linee guida per l'organizzazione del lavoro
Rientro al lavoro delle madri lavoratrici
La legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 23, L. 178/2020) ha disposto un incremento di 50 mln di euro per il 2021 del Fondo per le politiche della famiglia da destinare al sostegno delle misure organizzative adottate dalle imprese per favorire il rientro al lavoro delle madri lavoratrici dopo il parto.
Fondo parità salariale
?La legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 276, L. 178/2020) ha istituto, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per il sostegno della parità salariale di genere, con una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022, per interventi finalizzati al sostegno e al riconoscimento del valore sociale ed economico della parità salariale di genere e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro.
Lavoro agile
In materia di disposizioni volte a favorire il telelavoro, si ricorda che anche la L. 81/2017 (relativa al lavoro autonomo) contiene una disciplina dettagliata (applicabile, fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni) del lavoro agile e dei suoi elementi costitutivi, proprio al fine di agevolare la conciliazione vita-lavoro.
La legge di bilancio 2019 ha inoltre previsto l’obbligo, per i datori di lavoro, pubblici e privati, che stipulano accordi per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile (smart working), di dare priorità alle richieste di esecuzione del lavoro secondo la suddetta modalità fatte dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità, ovvero ai lavoratori con figli disabili che necessitino di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale. Per quanto concerne lo svolgimento del lavoro agile conseguente all’emergenza da COVID-19, sia nel settore pubblico che in quello privato - sia pur con talune differenze (cfr. artt. 87, 90 e 263 del D.L. 34/2020) -, sono state semplificate le relative modalità di attuazione, prevedendo la possibilità di ricorrere al lavoro agile anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente e l'assolvimento in via telematica degli obblighi di informativa previsti finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti).
Ulteriori disposizioni
A tutela della maternità di specifiche categorie di lavoratrici la legge di bilancio per il 2018 (L. 205/2017) in particolare:
- interviene a tutela della gravidanza e della maternità delle donne che esercitano la professione forense. A tal fine viene introdotta (nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile e nel codice di procedura penale) la previsione del legittimo impedimento del difensore nel periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto (articolo 1, c. 465-466);
- prevede che, dal 2018, i contratti di ricerca a tempo determinato stipulati dalle università sono sospesi nel periodo di astensione obbligatoria per maternità e il termine di scadenza è prorogato per un periodo pari a quello di astensione obbligatoria (articolo 1, comma 635).
La legge di bilancio 2019 (L. 145/2018) ha introdotto ulteriori misure volte alla conciliazione vita - lavoro. In particolare:
- l'articolo 1, c. 485 riconosce alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico competente attesti che tale opzione non porti pregiudizio alla salute della donna e del bambino;
- l'articolo 1, c. 486 pone a carico dei datori di lavoro, pubblici e privati, che stipulano accordi per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile (smart working), l'obbligo di dare priorità alle richieste di esecuzione del lavoro secondo la suddetta modalità fatte dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità, ovvero ai lavoratori con figli disabili che necessitino di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale.
Infine, la legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 365, L. 178/2020) ha introdotto un contributo mensile, fino ad un massimo di 500 euro netti, per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, in favore (come disposto dall'art. 13-bis del D.L 41/2021) di uno dei genitori disoccupato o monoreddito che fa parte di nuclei familiari monoparentali con figli a carico con una disabilità riconosciuta in misura non inferiore al 60 per cento.
INCENTIVI ALL’OCCUPAZIONE FEMMINILE NELLA NORMATIVA VIGENTE
La L. 92/2012 ha riconosciuto un incentivo per le assunzioni di donne che si trovano in condizioni svantaggiate, intendendosi per tali le donne:
· con almeno cinquant'anni di età e disoccupate da oltre dodici mesi;
· di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
· di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un'accentuata disparità occupazionale di genere e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
· di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti.
Per tali assunzioni è riconosciuta la riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro per la durata di dodici mesi (diciotto se la suddetta assunzione è a tempo indeterminato o se vi è una trasformazione del contratto da tempo determinato a indeterminato).
La legge di bilancio 2021 ha previsto che in via sperimentale per il biennio 2021-2022 il suddetto esonero contributivo si applichi nella misura del 100 per cento e nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui.
Inoltre, la legge di bilancio per il 2018 (l. 205/2017) ha riconosciuto un contributo alle cooperative sociali che assumono donne vittime di violenza di genere, inserite in appositi percorsi di protezione debitamente certificati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati nel 2018. Il contributo è riconosciuto per un periodo massimo di trentasei mesi, entro il limite di spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 a titolo di sgravio delle aliquote per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale dovute (Per la misura del suddetto sgravio, riconosciuto nel limite massimo di importo pari a 350 euro su base mensile, e per le relative modalità di attuazione è stato adottato il Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 11 maggio 2018).
Al fine di promuovere il professionismo nello sport femminile ed estendere alle atlete le condizioni di tutela previste dalla normativa sulle prestazioni di lavoro sportivo, la legge di bilancio 2020 (art. 1, c. 181, L. 160/2019) riconosce alle società sportive femminili che stipulano con le atlete contratti di lavoro sportivo, per gli anni 2020, 2021 e 2022, l'esonero dal versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali e assistenziali (con esclusione dei premi per l'assicurazione obbligatoria infortunistica) entro il limite massimo di 8.000 euro su base annua.
Articolo 5
(Delega al Governo per sostenere la spesa delle famiglie per la formazione dei figli e l’autonomia finanziaria dei giovani)
L’articolo 5, modificato in sede referente, prevede e disciplina l’adozione di uno o più decreti legislativi diretti a sostenere la spesa delle famiglie per la formazione dei figli e l’autonomia finanziaria dei giovani.
Ai sensi del comma 1, il Governo e? delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, su proposta del Ministro per le pari opportunità e per la famiglia e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le politiche giovanili e lo sport e con il Ministro dell’università e della ricerca, uno o più decreti legislativi per il riordino e il rafforzamento delle misure volte a sostenere la spesa delle famiglie per la formazione dei figli e il conseguimento dell’autonomia finanziaria da parte dei giovani.
Nell’esercizio della delega, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all’art. 1, il Governo si attiene ai seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere detrazioni fiscali per le spese documentate sostenute dalle famiglie, ovvero (come aggiunto in sede referente) misure di sostegno diretto, anche in forma di bonus direttamente spendibile per l’acquisto di libri di testo universitari, anche su supporto digitale (come specificato in sede referente) per i figli maggiorenni a carico, iscritti a corsi universitari, qualora non beneficino di altre forme di sostegno per l’acquisto di testi universitari;
b) prevedere detrazioni fiscali per le spese documentate sostenute dalle famiglie relativamente al contratto di locazione di abitazioni per i figli maggiorenni iscritti a corsi universitari, con particolare riferimento agli studenti fuori sede (come indicato in sede referente);
Si segnala che il successivo articolo 8, comma 1, lettera b), n 3, del provvedimento in esame prevede la modifica o l’abolizione della misura della detrazione delle spese documentabili per i contratti di locazione stipulati da studenti universitari fuori sede disposta dal sopra citato articolo 15, comma 1, lettera i-sexies) del TUIR.
Occorre pertanto valutare l’opportunità di coordinare le due disposizioni.
A tale proposito si ricorda che l'articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del TUIR stabilisce che dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento i canoni di locazione derivanti dai contratti di locazione stipulati o rinnovati, i canoni relativi ai contratti di ospitalità, nonché agli atti di assegnazione in godimento o locazione, stipulati con enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari legalmente riconosciuti, enti senza fine di lucro e cooperative, dagli studenti iscritti ad un corso di laurea presso una università ubicata in un comune diverso da quello di residenza, distante da quest'ultimo almeno 100 chilometri e comunque in una provincia diversa, per unità immobiliari situate nello stesso comune in cui ha sede l'università o in comuni limitrofi, per un importo non superiore a 2.633 euro. Alle medesime condizioni ed entro lo stesso limite, la detrazione spetta per i canoni derivanti da contratti di locazione e di ospitalità ovvero da atti di assegnazione in godimento stipulati, ai sensi della normativa vigente nello Stato in cui l'immobile è situato, dagli studenti iscritti a un corso di laurea presso un'università ubicata nel territorio di uno Stato membro dell'Unione europea o in uno degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo.
Per una dettagliata ricostruzione in materia di detrazione dei canoni di locazione sostenuti da studenti universitari fuori sede si rinvia alla lettura della Circolare 19/E dell’Agenzia delle entrate dell’8 luglio 2020.
Con riferimento agli incentivi fiscali per l’acquisto della prima casa, si ricorda che l’articolo 64 del decreto-legge n. 73 del 2021 (Sostegni-bis) ha introdotto forme di esenzione dall'imposta di registro e dalle imposte ipotecaria e catastale in relazione ad atti traslativi della proprietà - nonché atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione - riferiti alle "prime case", a favore di soggetti che non abbiano compiuto trentasei anni di età e con un ISEE non superiore a 40.000 euro annui (commi da 6 a 11).
Accanto alla menzionata agevolazione fiscale, l’ordinamento contempla attualmente forme di agevolazione finanziaria per l’acquisto della prima casa:
- il cd. Fondo Gasparrini, Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze (istituito dall’articolo 2 della legge finanziaria 2008, legge n. 244 del 2007, commi 475 e seguenti), che consente ai titolari di un mutuo per l'acquisto della prima casa di beneficiare della sospensione del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà, destinate ad incidere negativamente sul reddito complessivo del nucleo familiare. Tale misura è stata potenziata ed estesa dai provvedimenti emergenziali anti-Covid 19 (da ultimo, per effetto dell’articolo 64 del decreto-legge Sostegni-bis sopra menzionato);
- il Fondo di garanzia per la prima casa ("Fondo prima casa", ai sensi dell'articolo 1, comma 48, lettera c) della legge di stabilità per il 2014, legge 27 dicembre 2013, n. 147) istituito presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze e gestito da Consap s.p.a,, che consente la concessione di garanzie a prima richiesta per l'acquisto - ovvero per l'acquisto anche con interventi di ristrutturazione purché con accrescimento dell'efficienza energetica - di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale del mutuatario. La garanzia del Fondo è assegnata con priorità alle giovani coppie o ai nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché ai giovani che non hanno compiuto trentasei anni di età. Fino al 30 giugno 2022, la garanzia concedibile è elevata ove l’ISEE dei beneficiari “prioritari” non superi i 40 mila euro.
c) prevedere agevolazioni fiscali per la locazione dell’immobile adibito ad abitazione principale o per l’acquisto della prima casa (come aggiunto in sede referente) in favore delle giovani coppie composte da soggetti aventi ambedue età non superiore a trentacinque anni alla data di presentazione della domanda ovvero delle famiglie con un solo genitore di età non superiore a trentacinque anni (anche questa ultima precisazione inserita in sede referente);
Si ricorda che il vigente articolo 16, comma 1-ter), del TUIR prevede che ai giovani di età compresa tra i 20 ed i 30 anni che hanno stipulato un contratto di locazione ai sensi della legge n. 431 del 1998, per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, spetta una detrazione stabilita in misura forfetaria, rapportata al numero dei giorni nei quali la medesima è stata adibita ad abitazione principale, di euro 991,60. La detrazione spetta solo se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) non è superiore a euro 15.493,71. La detrazione compete per i primi tre anni dalla stipula del contratto.
Per una dettagliata ricostruzione in materia di detrazione per canoni di locazione spettanti ai giovani per abitazione principale si rinvia alla lettura della Circolare 19/E dell’Agenzia delle entrate dell’8 luglio 2020.
d) prevedere agevolazioni fiscali e incentivi per l’attuazione del diritto alla vita indipendente e all’autonomia abitativa per persone con disabilità, senza limiti di età (lettera aggiunta in sede referente);
Tale previsione prende atto della centralità del tema della vita indipendente, considerato una priorità già dal Primo programma d'azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, adottato con D.P.R. del 4 ottobre 2013, che, vi si riferiva con la linea di intervento 3 "Vita indipendente e inclusione nella società", dedicata proprio alle politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l'inclusione nella società per le persone con disabilità, al fine di definire linee comuni per l'applicazione dell'art. 19 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, che promuove e auspica lo sviluppo dei Progetti di vita Indipendente per le persone con disabilità intellettiva, riconoscendo a loro il diritto ad abitare in autonomia e scegliere “dove e con chi vivere”. Per dare seguito a tali indicazioni progettuali, in seguito sono state finanziate iniziative sperimentali, proposte da Regioni e Provincie Autonome, per l'adozione di un modello di intervento uniforme su tutto il territorio nazionale. Già nel 2013 sono state pubblicate le prime Linee Guida per la presentazione di progetti sperimentali in materia di vita indipendente e inclusione nella società delle persone con disabilità, al fine di orientare il lavoro delle istituzioni verso modelli di intervento condivisi in materia, in collaborazione con le associazioni rappresentative delle persone con disabilità. La seconda edizione delle Linee Guida per il 2014 ha visto l'impiego di ulteriori 10 milioni di euro, a carico del Fondo Nazionale per le non autosufficienze , a favore di 129 ambiti territoriali. Analoga iniziativa è stata implementata per il 2015, a favore di almeno 128 ambiti ( Bando Linee Guida per il 2015);
e) prevedere detrazioni fiscali e altre misure di sostegno per le spese documentate sostenute dalle famiglie per la frequenza di corsi di studio universitari, di corsi di specializzazione o di altri percorsi formativi, anche volti all’inclusione lavorativa, dei figli con disabilità, incluse le spese necessarie per accompagnatori, assistenti personal o altri operatori (lettera inserita in sede referente);
Per quanto riguarda la normativa tributaria vigente per le persone con disabilità e per i loro familiari, si rinvia alla Guida per le agevolazioni fiscali per le persone con disabilità, predisposta dall’Agenzia delle Entrate.
f) prevedere ulteriori interventi di rafforzamento delle misure volte a promuovere l’autonomia, anche abitativa, dei figli maggiorenni dalla famiglia di origine, ive incluse quelle destinate ad agevolare l’affitto di abitazioni o l’acquisto della prima casa, tenuto conto dell’anticipo richiesto per l’accesso ai mutui ipotecari (lettera aggiunta in sede referente);
g) prevedere forme di accesso gratuite a rappresentazioni teatrali e cinematografiche e altri spettacoli dal vivo, musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali ai nuclei familiari costituiti da genitori di età non superiore a 35 anni con figli a carico (lettera aggiunta in sede referente);
h) prevedere agevolazioni fiscali per la frequenza di corsi di formazione per le nuove professioni legate all'innovazione, alla digitalizzazione e all'autoimprenditoria in favore di giovani di età inferiore ai diciotto anni alla data di presentazione della domanda (lettera aggiunta in sede referente).
I benefìci sopra elencati sono riconosciuti nell’ambito delle risorse disponibili ai sensi dell’articolo 8, anche prevedendone l’attuazione in forma progressiva (comma 3).
Articolo 6
(Delega al Governo per sostenere e promuovere le responsabilità familiari)
L’articolo 6, inserito nel corso dell’esame referente, impegna il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione, della salute e della giustizia, uno o più decreti legislativi per sostenere e promuovere le responsabilità familiari.
Ai sensi del comma 2, nell’esercizio della delega, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 1, il Governo si attiene ai seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi:
a) promuovere la diffusione di attività? informative e formative volte a fornire la conoscenza dei diritti e doveri dei genitori, nonché di quelli inerenti la vita familiare;
b) favorire una diffusione capillare di centri e servizi di supporto nelle diverse fasi della vita familiare e di sostegno alle scelte dei genitori, anche tramite attività di mediazione familiare, prevedendo altresì modalità di integrazione di tali misure con le competenze dei consultori familiari in materia.
I Consultori Familiari, servizi ad integrazione sociosanitaria istituiti dalla legge n. 405 del 1975, sono rivolti principalmente all'assistenza e alla tutela della donna, al sostegno della procreazione libera e consapevole nonché all'educazione alla maternità e paternità responsabili. Le prestazioni erogate sono gratuite e ne possono usufruire tutti i cittadini, anche stranieri, domiciliati nel territorio di riferimento del consultorio. I servizi offerti si strutturano in: interventi di consulenza alla persona, alla coppia e alla famiglia in difficoltà e interventi di prevenzione nell'ambito della vita di relazione, della sessualità e delle problematiche inerenti la vita sessuale, la fertilità, la gravidanza e le problematiche minorili. La legge n. 194 del 1978 per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza ha assegnato un ruolo centrale ai consultori familiari nella tutela della salute e dei diritti, anche in campo lavorativo, della donna in gravidanza. La legge n. 34 del 1996 ha poi previsto un consultorio familiare ogni 20.000 abitanti. Le finalità dei Consultori sono state ulteriormente precisate dal Progetto Obiettivo Materno Infantile-POMI (decreto ministeriale 24 aprile 2000), previsto dal Piano sanitario nazionale 1998-2000). L’indagine I Consultori Familiari a 40 anni dalla loro nascita tra passato, presente e futuro, evidenzia una rilevante variabilità interregionale, con bacini di utenza per CF tendenzialmente più ampi al Nord rispetto al Centro e al Sud, si evidenzia inoltre che in media sul territorio nazionale è presente un CF ogni 35.000 abitanti. Solo in 5 Regioni e una P.A. il numero medio di abitanti per CF è compreso entro 25.000, mentre in 7 Regioni il numero medio è superiore a 40.000 abitanti per CF, con un bacino di utenza per sede consultoriale più che doppio rispetto a quanto previsto dal legislatore. Oltre il 98% dei consultori partecipanti all’indagine (1535 su 1800, di cui 622 al Nord, 382 al Centro e 531 al Sud) lavorano nell’ambito della salute della donna. Più del 75% si occupano di sessualità, contraccezione, percorso IVG, salute preconcezionale, percorso nascita, malattie sessualmente trasmissibili, screening oncologici e menopausa e postmenopausa. L’81% dei consultori (1226, di cui 504 al Nord, 224 al Centro e 498 al Sud) offrono servizi nell’area coppia, famiglia e giovani e gli argomenti più trattati sono la contraccezione, la sessualità e la salute riproduttiva, le infezioni/malattie sessualmente trasmissibili e il disagio relazionale. Tra i consultori che hanno svolto attività nelle scuole il tema più frequentemente trattato è l’educazione affettiva e sessuale (il 94%), seguito dagli stili di vita, dal bullismo e dal cyberbullismo (qui la pagina di Epicentro dedicata all’Indagine).
Articolo 7
(Procedimento per l’adozione dei decreti legislativi)
L’articolo 7 disciplina il procedimento per l’adozione dei decreti legislativi.
Gli schemi dei decreti legislativi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l’espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
Le Commissioni parlamentari si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Se il termine per l’espressione del parere scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto per l’adozione dei decreti legislativi, quest’ultimo termine e? prorogato di novanta giorni.
Sugli schemi dei decreti legislativi di cui agli articoli 2 (riordino delle misure di sostegno all’educazione dei figli – materia di competenza concorrente), e 6 ( sostegno e promozione delle responsabilità familiari) prima della loro trasmissione alle Camere, e? acquisita l’intesa in sede di Conferenza unificata.
Al riguardo la Conferenza delle regioni, nel documento di posizione sul disegno di legge in esame del 9 luglio 2020, ha espresso, fra l’altro, la raccomandazione di prevedere l'intesa della Conferenza Unificata su tutti gli schemi di decreti legislativi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6.
Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi delegati, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura prevista dall’articolo in esame, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti legislativi.
Articolo 8
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 8 individua le risorse finanziarie da impiegare per l’attuazione delle deleghe di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 qualificandole come limite massimo di spesa. Tali risorse, che non vengono quantificate nel loro complesso (nemmeno dalle Relazioni al provvedimento, che non forniscono indicazioni neanche sulla platea dei destinatari), corrispondono a risorse già stanziate ed attualmente destinate ad una serie di benefici, che, nel corso dell’attuazione della delega, si intende abolire o modificare.
In prima istanza si provvede nei limiti delle risorse dell’autorizzazione di spesa del “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia" istituito dall’art. 1, comma 339, della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per il 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono indirizzate all'attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. La norma non specifica quali siano i provvedimenti normativi attuativi degli interventi a valere sulle risorse del Fondo, ma indica che, dal 2021, nel Fondo sono trasferite le risorse dedicate alla copertura finanziaria dell'assegno di natalità (c.d. bonus bebè) e del Bonus asilo nido.
Per il 2022 la previsione iniziale del Fondo è pari a 1.033 milioni di euro (1244 milioni di euro ai quali devono essere sottratti gli oneri per il finanziamento del Bonus asilo nido pari a 211 milioni nel 2022), che a causa di un definanziamento di 400 milioni (relativi al finanziamento del Bonus bebè per il 2022), scende nella dotazione finale a 633 milioni. Per il 2023 previsione iniziale e finale coincidono, e si attestano alla cifra di 1.022 milioni di euro.
Concorrono inoltre al finanziamento degli interventi previsti dalle deleghe, le risorse rivenienti:
a) dalla modificazione o dall’abolizione delle seguenti misure:
1) assegno al nucleo familiare con almeno tre figli minori;
L'assegno per il nucleo familiare dei Comuni (di cui all'art. 65 della legge 448/1998) e? concesso in via esclusiva dai Comuni ed erogato dall'INPS. Il beneficio e? rivolto alle famiglie che hanno figli minori e che dispongono di patrimoni e redditi limitati (per il 2021 pari a 8.788,99 euro). Per il 2021, l’importo dell’assegno, se spettante in misura intera, e? pari a 1.886,82, corrispondenti a 145,14 euro per 13 mensilità (cfr. Circ. INPS 36/2021).
2) assegno di natalità, (c.d. Bonus bebe?) di cui alla legge di stabilita? 2015 (art. 1, comma 125, della legge 190/2014,e successive modificazioni);
Si rileva, come detto supra, che le risorse per il riconoscimento del beneficio, dal 2021, sono trasferite nel "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia".
La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 362, della legge n. 178 del 2020) ha rinnovato l'assegno di natalità (c.d. Bonus bebè) per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021 con le modalità previste dal comma 340 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019), ovvero esclusivamente fino al compimento del primo anno di età o del primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione.
La prestazione è stata rimodulata dalla legge di bilancio 2020 con nuove soglie di ISEE e spetta, in applicazione del principio dell'accesso universale, nei limiti di un importo minimo, anche per ISEE superiori alla soglia di 40.000 euro o anche in assenza dell'indicatore ISEE. Più precisamente, l'importo dell'assegno annuo è così modulato:
a) 1.920 euro (160 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni non superiore a 7.000 euro annui;
b) 1.440 euro (120 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni compreso fra le soglie ISEE di 7.000 e 40.000 euro;
c) 960 euro (80 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni superiore a 40.000 euro;
d) in caso di figlio successivo al primo, nato o adottato tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2021, l'importo dell'assegno di cui alle lettere a), b) e c) è aumentato del 20 per cento.
La legge di bilancio 2020 ha quantificato l'onere derivante dal riconoscimento dell'assegno di natalità in 790 milioni di euro per l'anno 2020 e in 410 milioni di euro per l'anno 2021. In seguito, la legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) ha stanziato per il beneficio, per il 2022, 400 milioni di euro.
La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 353, della legge 232/2016) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad 800 euro. Si tratta di un assegno una tantum, il cui maggior onere e? stato stimato, al momento della sua istituzione, in 392 milioni di euro annui. Il beneficio e? corrisposto in unica soluzione dall'INPS a domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione. Il premio non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all'articolo 8 del Testo Unico delle imposte sui redditi. Il beneficio e? concesso in un'unica soluzione per ogni evento (gravidanza, parto, adozione o affidamento) e in relazione a ogni figlio nato, adottato o affidato.
Dal febbraio 2018, come reso noto dall'INPS con il Messaggio n. 661 del 13 febbraio 2018, il beneficio e? stato esteso alle donne straniere titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornante di lungo periodo (di cui all'art. 9 del D. Lgs. 286/1998), della carta di soggiorno o carta di soggiorno permanente (di cui agli articoli 10 e 17 del D. Lgs. 30/2007).
4) buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido e altri servizi per l’infanzia (c.d. Bonus asilo nido);
Si rileva, come detto supra, che le risorse per il riconoscimento del beneficio, dal 2021, sono trasferite nel "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia".
La legge di bilancio 2020 (art. 1, commi 343 e 344, della legge 160/2019) ha modificato la normativa relativa al Bonus asilo nido e forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni, affetti da gravi patologie croniche (di cui all’art. 1, comma 355, della legge 232/2016). A decorrere dal 2020, il Bonus di 1.500 euro è stato rimodulato e incrementato in base a soglie ISEE differenziate: rimane pari a 1.500 euro per i nuclei familiari con ISEE minorenni superiore a 40.000 euro; è incrementato di 1.000 euro per i nuclei familiari con un ISEE minorenni da 25.001 euro a 40.000 euro (raggiungendo l'importo di 2.500 euro); è incrementato di ulteriori 1.500 euro per i nuclei familiari con un valore ISEE minorenni fino a 25.000 euro, (raggiungendo così l'importo di 3.000 euro). Il buono è corrisposto dall'INPS al genitore richiedente, previa presentazione di idonea documentazione attestante l'iscrizione e il pagamento della retta a strutture pubbliche o private. Il bonus asilo nido è stato rifinanziato dalla legge di Bilancio 2021 per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021 e potrà essere erogato nel limite di spesa pari a euro 530 milioni di euro.. Superato il limite di spesa non sono prese in considerazione ulteriori domande.
5) Fondo di sostegno alla natalità;
La legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 348-349 della legge 232/2016) ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il "Fondo di sostegno alla natalità", con una dotazione di 13 milioni di euro per il 2020 e 6 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. Il decreto legge 86/2018, di riordino delle competenze dei ministeri, ha attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro per la famiglia e le disabilita?, la gestione delle risorse del Fondo. Il fondo e? diretto a favorire l'accesso al credito delle famiglie con uno o piu? figli, nati o adottati a decorrere dal 1° gennaio 2017, fino al compimento del terzo anno di eta? ovvero entro tre anni dall'adozione, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari. La platea e? individuata fra i nuclei familiari residenti in Italia con cittadinanza italiana, o cittadini di uno Stato membro dell'UE o, se cittadini extracomunitari, in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Il decreto 8 giugno 2017 ha definito i criteri e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo, nonché le modalità di rilascio e di operatività delle garanzie.
b) dalla modificazione o dall’abolizione, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, delle seguenti misure:
1) detrazioni fiscali per minori, previste dall’articolo 12, commi 1, lettera c), e i-bis del Testo unico delle imposte di redditi;
Come già ricordato nel commento all’articolo 3 del provvedimento in esame, in base all’articolo 12 commi 1, lettera c), e 1-bis, del TUIR, il contribuente che ha figli fiscalmente a carico ha diritto a una detrazione dall'Irpef il cui importo varia in funzione del suo reddito complessivo; l'importo effettivamente spettante diminuisce con l'aumentare del reddito, fino ad annullarsi quando il reddito complessivo arriva a 95.000 euro. Una persona si considera fiscalmente a carico di un suo familiare quando dispone di un reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Solo per i figli di età non superiore a 24 anni, dal 1° gennaio 2019 questo limite è aumentato a 4.000 euro.
La detrazione di base per i figli a carico è attualmente pari a:
- 1.220 euro, per il figlio di età inferiore a tre anni
- 950 euro, se il figlio ha un'età pari o superiore a tre anni.
Se in famiglia ci sono più di tre figli a carico, questi importi aumentano di 200 euro per ciascun figlio, a partire dal primo. In presenza di almeno quattro figli a carico, ai genitori è riconosciuta un’ulteriore detrazione di importo pari a 1.200 euro.
È prevista un maggiore detrazione per il figlio disabile, riconosciuto tale ai sensi della legge n. 104 del 1992: si ha diritto all'ulteriore importo di 400 euro.
La detrazione per i figli va ripartita al 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati. In alternativa, e se c'è accordo tra le parti, si può scegliere di attribuire tutta la detrazione al genitore che possiede il reddito più elevato. Questa facoltà consente a quest'ultimo, come per esempio nel caso di incapienza dell'imposta del genitore con reddito più basso, il godimento per intero delle detrazioni. Per una panoramica dettagliata delle detrazioni previste i figli a carico si rinvia all’area tematica dell’Agenzia delle entrate.
2) assegno per il nucleo familiare;
L’assegno per il nucleo familiare di cui all’art. 2 del decreto legge n. 69 del 1988, è corrisposto alle seguenti categorie: lavoratori dipendenti, lavoratori iscritti alla Gestione separata, lavoratori agricoli, lavoratori domestici e domestici somministrati, lavoratori di ditte cessate, fallite e inadempienti, lavoratori in aspettativa sindacale, lavoratori marittimi sbarcati, soggetti titolari di prestazioni sostitutive della retribuzione, quali i titolari di NASpI o di disoccupazione agricola, lavoratori titolari di trattamenti di integrazione salariale, lavoratori assistiti da assicurazione TBC e ai soggetti titolari di prestazioni pensionistiche da lavoro dipendente.
Come già detto, l’art. 1 del decreto legge n. 79 del 2021, ha introdotto, all’art. 1, l’Assegno temporaneo per i figli minori per il periodo dal 1° luglio 2021 e fino al 31 dicembre 2021, prevedendo che tale prestazione sia destinata ai nuclei familiari che non abbiano diritto ai trattamenti al nucleo familiare di cui all’art. 2 del decreto legge n. 69 del1988. Tale misura transitoria - prevista nelle more dell'attuazione della disciplina di delega di cui alla legge n. 46 del 2021 e dunque in attesa dell’attuazione dell’assegno unico e universale che dovrà riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli- spetta ai nuclei familiari con figli minori a carico che non hanno diritto all’Assegno per il Nucleo Familiare (ANF): lavoratori autonomi; disoccupati; coltivatori diretti, coloni e mezzadri; titolari di pensione da lavoro autonomo; nuclei che non hanno uno o più requisiti per godere dell’ANF.
L’assegno viene erogato in funzione del numero dei figli e in misura decrescente all’aumentare del livello di ISEE (fino ad azzerarsi a 50.000 euro di ISEE). In particolare:
· l’importo mensile spettante al nucleo familiare è differente a seconda che nel nucleo siano presenti uno o due figli minori oppure almeno tre figli minori. In quest’ultimo caso l’importo è maggiorato del 30%;
· l’importo spetta in misura piena per ISEE fino a 7.000 (167,5 euro per ciascun figlio, che diventano 217,8 in caso di nuclei numerosi) per decrescere fino alla soglia massima di 50.000 euro di ISEE.
Gli importi dell’assegno sono inoltre maggiorati di 50 euro per ciascun figlio minore con disabilità presente nel nucleo, così come classificata ai fini ISEE (medio, grave e non autosufficiente).
L’art. 5 del medesimo decreto legge riconosce poi agli aventi diritto all’assegno per il nucleo familiare (ANF), a decorrere dal 1° luglio 2021 e fino al 31 dicembre 2021, una maggiorazione di 37,5 euro per ciascun figlio, per i nuclei familiari fino a due figli, e di 55 euro per ciascun figlio, per i nuclei familiari di almeno tre figli.
Ai sensi del decreto legge n. 79 del 2021, agli oneri derivanti dall’erogazione dell’assegno temporaneo per i figli minori e dal rifinanziamento dei Centri di assistenza fiscale per il 2021 (pari a 1.610 milioni di euro) e agli oneri derivanti dalla maggiorazione degli importi degli Assegni per il nucleo familiare (valutati in 1.390 milioni di euro per l'anno 2021), si provvede mediante corrispondente riduzione per 3 miliardi di euro del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia.
3) detrazione delle spese documentabili per i contratti di locazione stipulati da studenti universitari fuori sede, prevista dall’articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del testo unico delle imposte sui redditi.
Si segnala che l’articolo 5, comma 2, lettera b), del provvedimento in esame prevede detrazioni delle spese documentabili per i contratti di locazione stipulati da studenti universitari fuori sede disposta dal sopra citato articolo 15, comma 1, lettera i-sexies) del TUIR.
Occorre pertanto valutare l’opportunità di coordinare le due disposizioni.
La norma in commento indirizza all’attuazione degli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 il limite di spesa derivante dal complesso delle risorse sopra esposte, ma allo stesso tempo considera la possibilità che tali risorse non siano sufficienti all’esercizio delle deleghe; conseguentemente stabilisce che i decreti delegati che determinano nuovi o maggiori oneri privi di compensazione al loro interno o mediante l’utilizzo delle risorse sopra esposte, possono essere adottati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi recanti le necessarie coperture finanziarie.
Al proposito, la norma in commento richiama espressamente l'art. 17, comma 2, della legge 196/2009, ai sensi del quale le leggi di delega comportanti oneri finanziari devono recare le coperture necessarie per l'adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi e? effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi. I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto legislativo e? allegata una relazione tecnica, che da? conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
Articolo 9
(Clausola di salvaguardia)
L’articolo 9, inserito nel corso dell’esame referente, reca la clausola di salvaguardia, conseguentemente le disposizioni del provvedimento in esame e quelle dei decreti legislativi emanati in attuazione della stessa sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3[31].
[1] Individuazione delle soglie ISEE e determinazione dei corrispondenti importi mensili dell'assegno temporaneo per ciascun figlio minore, in relazione al numero dei figli minori.
[2] Previsione introdotta durante l’esame referente.
[3] Specifica introdotta in sede referente.
[4] Legge 1° aprile 2021, n. 46, Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale.
[5] Il disegno di legge delega, collegato alla legge di bilancio 2020, è stato approvato dal Consiglio dei Ministri n. 51 dell’11 giugno 2020, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (comunicato stampa).
[6] Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà
[7] Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita.
[8] Codice del Terzo settore, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106.
[9] Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
[10] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120/2020.
[11] Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure.
[12] Legge 1° aprile 2021, n. 46, Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale.
[13] Sui servizi socio-educativi per l’adolescenza si veda quanto riportato dal Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale Presidenza del Consiglio dei Ministri con riferimento al supporto all’animazione socio-educativa per i giovani, in quanto tali pratiche sono riconosciute a livello legislativo dalle Regioni, limitatamente alle Regioni che si sono dotate di una specifica legge nel campo delle politiche giovanili.
[14] In particolare, i servizi educativi per l’infanzia sono articolati in: nidi e micronidi, che accolgono bambini fra 3 e 36 mesi; sezioni primavera, che accolgono bambini fra 24 e 36 mesi; servizi integrativi, che concorrono all’educazione e alla cura dei bambini in modo flessibile e diversificato, e si distinguono in: spazi gioco, che accolgono bambini fra 12 e 36 mesi; centri per bambini e famiglie, che accolgono bambini dai primi mesi di vita insieme con un adulto accompagnatore; servizi educativi in contesto domiciliare, che accolgono bambini fra 3 e 36 mesi.
I servizi educativi per l’infanzia sono gestiti dagli enti locali in forma diretta o indiretta, da altri enti pubblici o da soggetti privati. Le sezioni primavera possono essere gestite anche dallo Stato.
[15] Il primo Piano di azione nazionale (triennale) è stato adottato con Delibera del Consiglio dei Ministri 11 dicembre 2017, previa intesa in Conferenza unificata del 2 novembre 2017. In particolare, l’art. 3, co. 4, della Delibera ha previsto che l'assegnazione di risorse finanziarie per la realizzazione degli interventi individuati dal Piano si realizza esclusivamente come cofinanziamento della programmazione regionale dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia e che le regioni dovevano assicurare un finanziamento pari almeno al 20% per l'anno 2018 e, a partire dall'anno 2019, pari al 30% delle risorse assicurate dallo Stato.
[16] In particolare, il d.lgs. 65/2017 ha previsto una dotazione del Fondo di € 209 mln per il 2017, € 224 mln per il 2018 e € 239 mln annui dal 2019. Successivamente, l’art. 1, co. 741, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha incrementato di € 10 mln annui, a decorrere dal 2019, il medesimo Fondo. Da ultimo, l’art. 233, co. 1, 2 e 5, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha incrementato, per il 2020, di € 15 mln lo stesso Fondo, disponendo la ripartizione dello stesso anche nelle more dell’adozione del nuovo Piano di azione nazionale. Nella seduta della Conferenza unificata in cui è stato adottato il Piano di azione nazionale 2017-2019 è stata raggiunta anche l’intesa per il riparto del Fondo per il 2017, operato per il 40% sulla popolazione 0-6 anni, per il 50% sul numero degli iscritti ai servizi educativi al 31 dicembre 2015 e per il 10% sulla popolazione da 3 a 6 anni non iscritta alla scuola dell’infanzia statale. Il riparto delle risorse fra le regioni è stato operato con DM 22 dicembre 2017, n. 1012. L’intesa per il riparto del Fondo per il 2018 è stata raggiunta nella seduta della Conferenza unificata del 18 ottobre 2018. Il riparto delle risorse fra le regioni è stato operato con DM 26 ottobre 2018, n. 687, che, in particolare, ha ripartito € 209 mln secondo i criteri di cui al DM 1012/2017 ed € 15 mln tra le regioni che si collocano al di sotto della media nazionale della percentuale di iscritti ai servizi educativi rispetto alla popolazione di età compresa tra 0 e 3 anni, pari al 26,13%, e in proporzione all’incremento della medesima popolazione da servire per raggiungere la media nazionale (qui la tabella di riparto 2018).
L’intesa per il riparto del Fondo per il 2019 è stata raggiunta nella seduta della Conferenza unificata del 18 dicembre 2019. Il riparto delle risorse fra le regioni è stato operato con DM 19 dicembre 2019, n. 1160, che, in particolare, ha ripartito € 209 mln secondo i criteri di cui al DM 1012/2017, € 30 mln tra le regioni che si collocano al di sotto della media nazionale della percentuale di iscritti ai servizi educativi rispetto alla popolazione di età compresa tra 0 e 3 anni, pari al 24%, e in proporzione all’incremento della medesima popolazione da servire per raggiungere la media nazionale, e € 10 mln in proporzione alla popolazione residente di età compresa tra 0 e 3 anni (per il riparto 2019 si v. la tabella A allegata al DM).
L’intesa per il riparto del Fondo per il 2020 è stata raggiunta nella seduta della Conferenza unificata del 18 giugno 2020. Il riparto delle risorse è stato operato con DM 53 del 30 giugno 2020 che, in particolare, ha ripartito € 249 mln secondo la distribuzione di cui al DM 1160/2019 ed € 15 mln al fine di perseguire il riequilibrio dei servizi educativi per l’infanzia nei territori in cui sussiste un maggior divario negativo rispetto alla media nazionale, pari al 24,7%, dei posti dei servizi educativi disponibili rispetto alla popolazione di età compresa tra zero e tre anni secondo i dati dell’ISTAT.
[17] Le disposizioni che definiscono la disciplina dei servizi educativi per l’infanzia sono previste da atti normativi regionali. L’Istat ha effettuato una raccolta commentata di tali atti nel Rapporto del maggio 2020 dal titolo “La normativa regionale sui servizi educativi per l’infanzia, nidi e servizi educativi per l’infanzia: stato dell’arte, criticità e sviluppi del sistema educativo integrato 0-6” (qui il link al Rapporto ISTAT)
[18] La disposizione introdotta è volta a tenere in considerazione nuove realtà di assistenza alla prima infanzia, comprendendo nei servizi resi alle famiglie anche gli asili familiari o “nido famiglia”, molto diffusi soprattutto nelle regioni settentrionali dove sono noti anche come Tagesmutter. Si tratta di nidi o asili organizzati a domicilio presso l’abitazione familiare, anche dello stesso prestatore del servizio, svolti da associazioni o gruppi di mamme auto-associate che prestano assistenza all’infanzia in casa.
[19] Tali servizi trovano classificazione nel DM 31 dicembre 1983, emanato in attuazione del D.L. 28 febbraio 1983 n. 55 (L. n. 131/1983) con cui si prevede che gli enti locali sono tenuti a definire, non oltre la data della deliberazione del bilancio, la misura percentuale dei costi complessivi di tutti i servizi pubblici a domanda individuale che saranno definiti con apposito decreto. Per tali servizi pubblici i Comuni e i loro consorzi, le province, e le comunità montane sono tenuti a richiedere la contribuzione degli utenti, anche a carattere non generalizzato. Si tratta di attività gestite direttamente dall’ente, anche per il tramite di enti privati convenzionati, che siano poste in essere non per obbligo istituzionale e che possono essere utilizzate a richiesta dell’utente, anche verso la contribuzione di apposite tariffe.
[20] La tariffa pagata dall’utente all’Amministrazione a fronte della fruizione del servizio a domanda individuale non costituisce il prezzo della singola prestazione, e, in particolare, non è composta dalle sole voci di spesa sostenute dall’Amministrazione per erogare il singolo servizio ma rappresenta la misura della contribuzione dell’utente al costo complessivo sostenuto dall’Amministrazione per l’erogazione del servizio, determinato annualmente dall’Amministrazione, per obbligo di legge, tenendo conto dei costi diretti e indiretti. Una volta determinato il costo complessivo del servizio (su base necessariamente previsionale) l’Amministrazione valuta, in relazione alle disponibilità di bilancio, la quota parte di esso finanziabile con risorse comunali e quella residua da porre direttamente a carico dell’utenza.
[21] Non sono, invece, detraibili le spese relative al servizio di trasporto scolastico, anche se fornito per sopperire ad un servizio pubblico di linea inadeguato per il collegamento abitazione-scuola, in quanto ciò risulterebbe discriminatorio rispetto a chi, avvalendosi dei mezzi pubblici, non avrebbe diritto ad alcuna agevolazione.
[23] L’estensione della gratuità parziale dei libri di testo agli studenti dei primi due anni dell'istruzione secondaria di secondo grado – fino a quel momento prevista solo fino al completamento dell’istruzione secondaria di primo grado – era stata disposta dall’art. 1, co. 628, della L. 296/2006 (L. finanziaria 2007), in relazione all’elevazione dell'obbligo scolastico ad almeno dieci anni, disposto dal co. 622 dello stesso art. 1. Fino alla stabilizzazione prevista dal D.L. 95/2012, si era proceduto a finanziare l’intervento per annualità. Le risorse sono allocate sul cap. 2043 dello stato di previsione del Ministero dell’istruzione.
[24] I requisiti per l’accesso al beneficio sono stati individuati con DPCM 320/1999, che in particolare, aveva indicato in 30 mln di lire (pari a € 15.493,71) il reddito annuale massimo del nucleo familiare necessario per l'accesso ai benefici per la scuola secondaria di I e di II grado.
Il DPCM 320/1999 è stato modificato prima con DPCM 226/2000 e poi con DPCM 211/2006, ma l’importo massimo del reddito annuale è rimasto invariato.
[25] Le risorse erano state allocate sul cap. 1501 dello stato di previsione dell’allora MIUR.
[26] Le risorse sono appostate sul cap. 1527 dello stato di previsione del Ministero dell’istruzione.
[27] Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
[28] Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53.
[29] L’art. 1, comma 7, del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, chiarisce che sono posti a carico del SSN le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate.
[30] Il Fondo di garanzia per le PMI è alimentato prevalentemente, anche se non in via esclusiva, attraverso risorse statali. La dotazione del Fondo è incrementata anche attraverso le risorse provenienti dai Fondi strutturali e di investimento europei (PON imprese e competitività) e non solo. Nel dettaglio, l’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, come da ultimo modificato dal D.L. n. 23/2020 (articolo 13, comma 6) dispone che la dotazione del Fondo può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte di altri enti e organismi pubblici, delle banche, delle Regioni ovvero con l'intervento della SACE S.p.a. e della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e con l’intervento di privati, secondo modalità stabilite con decreto interministeriale (cfr. D.M. 26 gennaio 2012, come da ultimo modificato dal D.M. 1 giugno 2019). Il D.M ha previsto, a tal fine, che siano istituite apposite Sezioni speciali del Fondo.
[31] Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.