Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Modifica dell'articolo 67 della Costituzione, concernente l'introduzione del vincolo di mandato parlamentare
Riferimenti: AC N.3297/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 513
Data: 24/11/2021
Organi della Camera: I Affari costituzionali


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Modifica dell'articolo 67 della Costituzione, concernente l'introduzione del vincolo di mandato parlamentare

24 novembre 2021
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Lavori preparatori dell'art. 67 Cost.|Precedenti iniziative|Riferimenti comparati|


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La proposta di legge costituzionale A.C. 3297 (on. Fascina) modifica l'art. 67 della Costituzione al fine di introdurre il vincolo di mandato dei membri del Parlamento. La proposta prevede la sostituzione del vigente art. 67 Cost., costituito da un unico comma, con un articolo formato da due commi.

Il primo comma che recita: "I membri del Parlamento rappresentano la Nazione" mantiene sostanzialmente la prima parte del vigente articolo 67: "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione". Mentre la seconda parte ("ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato") che vieta il mandato imperativo, viene soppressa e sostituita con un nuovo secondo comma che prevede la decadenza del parlamentare che si iscrive ad un gruppo parlamentare "che non rappresenta il partito per il quale è stato eletto".

In via preliminare, si ricorda che la Corte costituzionale ha evidenziato come l'art. 67 della Costituzione «non spiega efficacia ai fini della validità delle deliberazioni; ma é rivolto ad assicurare la libertà dei membri del Parlamento. Il divieto del mandato imperativo importa che il parlamentare é libero di votare secondo gli indirizzi del suo partito ma é anche libero di sottrarsene; nessuna norma potrebbe legittimamente disporre che derivino conseguenze a carico del parlamentare per il fatto che egli abbia votato contro le direttive del partito" (sent. 14/1964).

Inoltre, secondo la Costituzione (art. 68, primo comma) "i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni".

La costituzione dei Gruppi parlamentari è uno dei primi adempimenti nella formazione delle nuove Camere all'inizio della legislatura. Infatti, entro due giorni dalla prima seduta (tre al Senato), i deputati e i senatori devono dichiarare al Segretario generale della relativa camera a quale Gruppo appartengono. Coloro che non hanno fatto tale dichiarazione confluiscono nel Gruppo misto (art. 14, Reg. CD, art. 14 Reg. SR).

Il Regolamento della Camera (articolo 14) prevede che per costituire un Gruppo occorrono almeno venti deputati; per formare un Gruppo con un numero minore di deputati occorre una specifica autorizzazione dell'Ufficio di Presidenza. I deputati che non appartengano ad alcun Gruppo costituiscono un unico Gruppo misto; i deputati che ne fanno parte possono in ogni caso chiedere al Presidente della Camera di formare componenti politiche in seno ad esso, a condizione che ciascuna consista di almeno dieci deputati. Possono essere altresì formate componenti di consistenza inferiore, purché vi aderiscano deputati, in numero non minore di tre, i quali rappresentino un partito o movimento politico la cui esistenza, alla data di svolgimento delle elezioni per la Camera dei deputati, risulti in forza di elementi certi e inequivoci, e che abbia presentato, anche congiuntamente con altri, liste di candidati ovvero candidature nei collegi uninominali. Un'unica componente politica all'interno del Gruppo misto può essere inoltre costituita da deputati, in numero non inferiore a tre, appartenenti a minoranze linguistiche tutelate dalla Costituzione e individuate dalla legge, i quali siano stati eletti, sulla base o in collegamento con liste che di esse siano espressione, nelle zone in cui tali minoranze sono tutelate.
Il Regolamento del Senato (articolo 14) dispone che c iascun Gruppo dev'essere composto da almeno dieci senatori e deve rappresentare un partito o movimento politico, anche risultante dall'aggregazione di più partiti o movimenti politici, che abbia presentato alle elezioni del Senato propri candidati con lo stesso contrassegno, conseguendo l'elezione di Senatori. Ove più partiti o movimenti politici abbiano presentato alle elezioni congiuntamente liste di candidati con il medesimo contrassegno, con riferimento a tali liste, può essere costituito un solo Gruppo, che rappresenta complessivamente tutti i medesimi partiti o movimenti politici.  I Senatori che non abbiano dichiarato di voler appartenere ad un Gruppo formano il Gruppo misto.
Con le modifiche al regolamento approvate nella seduta di mercoledì 20 dicembre 2017 ( Doc. II, n. 38), si è intervenuti sulla parte riguardante i Gruppi parlamentari sulla base del principio della loro tendenziale corrispondenza con i partiti politici. 
I cambiamenti introdotti agli articoli 5, 13, 14, 15, 16-bis, 18 e 27  del Regolamento introducono il principio in base al quale ciascun Gruppo deve rappresentare un partito o un movimento politico che abbia presentato alle elezioni del Senato propri candidati con lo stesso contrassegno. Sono previste, inoltre, misure volte a disincentivare i mutamenti di Gruppo da parte dei singoli senatori. Tra queste ultime la previsione che i Vice Presidenti e i Segretari che entrano a far parte di un Gruppo parlamentare diverso da quello al quale appartenevano al momento dell'elezione decadono dall'incarico, e quella che dispone la restituzione al bilancio del Senato gli eventuali avanzi di gestione dei Gruppi che non vengono più costituiti nella legislatura successiva.  Dispone inoltre che i Senatori che non abbiano dichiarato di voler appartenere ad un Gruppo formano il Gruppo misto. I Senatori appartenenti alle minoranze linguistiche riconosciute dalla legge, eletti nelle Regioni di insediamento di tali minoranze, e i Senatori eletti nelle Regioni a Statuto speciale, il cui Statuto preveda la tutela di minoranze linguistiche possono costituire un Gruppo composto da almeno cinque iscritti.
Inoltre, nella seduta dell'11 maggio 2021, la Giunta per il Regolamento del Senato ha espresso un parere con il quale, tenuto conto della disciplina prevista dal Regolamento per i Gruppi parlamentari, "è consentita la costituzione di componenti politiche all'interno del Gruppo misto purché rappresentino partiti o movimenti politici che abbiano presentato con il proprio contrassegno, da soli o collegati, candidati alle ultime elezioni nazionali. I senatori che intendono costituire una componente politica all'interno del Gruppo misto devono essere autorizzati a rappresentare il partito o movimento politico detentore del contrassegno presentato alle elezioni, mediante dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante di tale formazione politica".

La proposta di legge costituzionale introduce inoltre in Costituzione il riferimento al gruppo parlamentare che rappresenta il "partito per il quale è stato eletto".

Il riferimento al "partito" andrebbe in ogni caso valutato tenendo conto delle previsioni dei sistemi elettorali che - come in quello vigente - prevedono la presentazione di candidature unitarie nei collegi uninominali da parte delle liste che si sono presentate in coalizione. 


Lavori preparatori dell'art. 67 Cost.

L'art. 67 Cost. è stato discusso dalla Seconda sottocommissione dell'Assemblea costituente nella seduta del 19 settembre 1946.

Mentre la prima parte dell'articolo venne approvata senza sostanziali opposizioni, la seconda parte, riguardante il divieto di mandato imperativo, suscitò qualche contrasto.

La questione fu posta all'inizio dal relatore, on. Mortati, che aveva proposto un articolo che recitava: "I deputati sono i rappresentanti della Nazione". Egli osservò "che qui si dovrebbe affrontare la questione del divieto del mandato imperativo", in quanto "Sottrarre il deputato alla rappresentanza di interessi particolari significa che  esso non rappresenta il suo partito o la sua categoria, ma la Nazione nel suo insieme". Il Presidente Terracini, riferendosi all'articolo nel suo complesso, dichiarò che la disposizione si potesse omettere, in quanto poteva avere ragion d'essere nel passato quando il deputato si sentiva vincolato al partito che ne aveva proposta e sostenuta la candidatura e quando la rappresentanza era circoscritta la collegio elettorale.  In ogni caso, osservò, "qualsiasi disposizione, inserita nella Costituzione, non varrebbe a rallentare i legami tra l'eletto ed il partito che esso rappresenta". L'on. Grieco si dichiarò contrario al divieto del vincolo di mandato in quanto "i deputati sono tutti vincolati ad un mandato: si presentano infatti alle elezioni sostenendo in programma, un orientamento politico particolare". La Sottocommissione approvò la seconda parte dell'articolo nella seguente formulazione: "i deputati esercitano liberamente la loro funzione e senza vincoli di mandato; nessun mandato imperativo può loro darsi dagli elettori". Il divieto esplicito del divieto di mandato imperativo fu eliminato in sede di coordinamento finale.


Precedenti iniziative

Nella XIII legislatura sono state esaminate dalla I Commissione della Camera alcune proposte di legge di riforma dell'art. 67 Cost., senza pervenire alla approvazione di un testo.

Il 22 giugno 1999, è iniziato l'esame della pdl AC 5963 (Armaroli) che intendeva sopprimere la disposizione che esclude il vincolo di mandato per i parlamentari ed introdurre una specifica decadenza a carico dei deputati che modifichino nel corso della legislatura la propria collocazione politica.

L'articolo unico della proposta, sostitutivo dell'art. 67 della costituzione, ne riproduceva solo il primo periodo, confermando il principio per il quale ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione.

La seconda parte dell'articolo disponeva che i parlamentari i quali alterino i rapporti di forza tra maggioranza e opposizione espressi dal corpo elettorale sono dichiarati decaduti dal Presidente della Camera di appartenenza. I comportamenti che concretizzano tale fattispecie sono individuati nel passaggio ad altro gruppo parlamentare, e nella modifica del voto di fiducia inizialmente espresso nei confronti del Governo.

La norma indicava poi le modalità di sostituzione del parlamentare del quale sia stata dichiarata la decadenza: per quelli risultati vincitori di collegio, si sarebbe proceduto ad elezioni suppletive; per gli altri, si sarebbe fatto luogo al subentro dei primi dei non eletti nelle circoscrizioni di elezione. Se ciò non fosse risultato possibile, si sarebbe provveduto a ridurre il numero dei membri del Parlamento indicato dagli articoli 56 e 57.

Il 28 marzo 2000 furono abbinate due ulteriori proposte di legge anch'esse volte a introdurre il vincolo di mandato: A.C. 6663 (Chiappori) e A.C. 6718 (Scalia). La prima prevedeva l'impossibilità di dichiarare l'appartenenza ad un gruppo parlamentare diverso da quello scelto ad inizio legislatura. La seconda recava una riserva di legge in ordine all'introduzione di vincoli specifici dei parlamentari nei confronti dei propri elettori.

Successivamente, fu abbinata anche la pdl A.C. 6694 (Pisapia) che, oltre ad introdurre il divieto di terzo mandato dei parlamentari, stabiliva che "La legge puo` prevedere la decadenza dal mandato dei membri del Parlamento che, tenuto conto della legge elettorale vigente, aderiscono a uno schieramento o ad una coalizione diversa da quella nell'ambito della quale sono stati eletti".


Riferimenti comparati

L'art. 67 della Costituzione italiana stabilisce che i membri del Parlamento rappresentano la Nazione senza vincolo di mandato.

Tale principio, già elaborato nell'esperienza inglese, ha trovato formulazione positiva nelle Costituzioni francesi del periodo rivoluzionario e repubblicano, e quindi nello stesso Statuto albertino del 1848 (art. 41). La non vincolatività del mandato è strettamente connessa all'attribuzione della sovranità al popolo, del quale i parlamentari sono espressione diretta.

In coerenza con tali principi, molti dei Paesi europei a regime liberal-democratico hanno previsto norme intese a garantire l'indipendenza dei parlamentari, non solo sotto il profilo della tutela nei confronti dell'autorità giudiziaria (immunità parlamentare per i voti e le opinioni), ma anche con la finalità di assicurare il libero svolgimento del mandato, e delle attività che ad esso sono collegate.

Disposizioni di divieto del mandato imperativo sono presenti, ad esempio, nelle Costituzioni di Spagna (art. 67), Francia (art. 27), Belgio (art. 42), Germania (art. 38), Grecia (art. 60), Danimarca (art. 56).

Pur nella parziale diversità delle formulazioni utilizzate, queste norme recano tutte, in modo esplicito, tale principio. L'enunciazione forse più articolata è quella contenuta nella Costituzione della Repubblica Federale Tedesca, secondo la quale i deputati del Bundestag sono rappresentanti di tutto il popolo, non sono vincolati da mandati o da istruzioni e sono soggetti soltanto alla loro coscienza. Il riferimento alle istruzioni sembra escludere in modo espresso la legittimità di direttive di partito limitative dell'autonomia del parlamentare.

L'art. 27 della Costituzione francese presenta una formulazione più sintetica, disponendo che ogni mandato imperativo è nullo.

Diversamente impostata, e in parte assimilabile a quella italiana, è la norma di cui all'art. 42 della Costituzione del Belgio, secondo cui i membri delle due Camere rappresentano la Nazione e non unicamente coloro che li hanno eletti.

Anche per gli eletti al Parlamento europeo è prevista una disposizione analoga (art. 4 dell'Atto relativo all'elezione dei rappresentanti nell'assemblea, firmato a Bruxelles il 20 settembre 1976): "I rappresentanti votano in modo individuale e personale. Essi non possono essere vincolati da istruzioni, né ricevere mandati imperativi".

La Costituzione del Portogallo prevede la perdita del mandato parlamentare a seguito all'iscrizione del deputato ad un partito diverso da quello che lo ha candidato alle elezioni (art. 160); al contempo si prevede anche che "I deputati rappresentano l'intero Paese e non le circoscrizioni nelle quali sono stati eletti" (art. 152, comma 2) e che essi esercitano liberamente il proprio mandato (art. 155, comma 1).