ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO
Seduta n. 752 di venerdì 3 marzo 2017
INDICE
ATTI DI INDIRIZZO:
Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):
Caso 1-01528 46203
(Presentata il 2 marzo 2017)
Mozioni:
Sarro 1-01526 46204
Caparini 1-01527 46205
Risoluzioni in Commissione:
II e XIII Commissione:
Fedriga 7-01207 46206
VI Commissione:
Alberti 7-01209 46208
X Commissione:
Della Valle 7-01210 46209
XIII Commissione:
Benedetti 7-01206 46211
XIII Commissione:
Romanini 7-01208 46212
ATTI DI CONTROLLO:
Presidenza del Consiglio dei ministri.
Interrogazioni a risposta orale:
Caparini 3-02845 46214
Gelmini 3-02846 46215
Rubinato 3-02848 46216
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Capezzone 5-10732 46217
Pili 5-10741 46218
Interrogazioni a risposta scritta:
D'Agostino 4-15773 46218
Gallinella 4-15774 46219
Terzoni 4-15784 46220
Distaso 4-15787 46221
Nuti 4-15796 46222
D'Uva 4-15800 46223
Mannino 4-15805 46224
Fedriga 4-15806 46225
Meloni Giorgia 4-15807 46226
Pagano 4-15810 46227
Affari esteri e cooperazione internazionale.
Interrogazioni a risposta scritta:
Dieni 4-15789 46228
Scagliusi 4-15802 46229
Ambiente e tutela del territorio e del mare.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Gallo Luigi 5-10750 46230
Interrogazione a risposta scritta:
Taglialatela 4-15809 46231
Beni e attività culturali e turismo.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Vignali 5-10738 46232
Interrogazioni a risposta scritta:
Caparini 4-15778 46233
Secco 4-15782 46234
Murgia 4-15783 46235
Palmizio 4-15790 46236
Difesa.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Rizzo 5-10748 46237
Interrogazione a risposta scritta:
Rizzo 4-15793 46238
Economia e finanze.
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
Zanetti 2-01688 46239
Interrogazione a risposta scritta:
Cozzolino 4-15799 46240
Giustizia.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Rostan 5-10747 46240
Morani 5-10751 46241
Infrastrutture e trasporti.
Interpellanza:
Occhiuto 2-01687 46242
Interrogazione a risposta orale:
Burtone 3-02847 46243
Interrogazioni a risposta scritta:
Di Maio Luigi 4-15791 46244
Locatelli 4-15794 46245
Fedriga 4-15798 46245
Interno.
Interpellanza:
Palmizio 2-01690 46246
Interrogazione a risposta in Commissione:
Capezzone 5-10731 46248
Interrogazioni a risposta scritta:
Bordo Michele 4-15775 46248
Russo 4-15777 46249
Cera 4-15788 46250
Minardo 4-15792 46251
Fanucci 4-15801 46251
Valente Simone 4-15808 46252
Istruzione, università e ricerca.
Interrogazioni a risposta scritta:
Capelli 4-15779 46253
Porta 4-15795 46254
Lavoro e politiche sociali.
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
Burtone 2-01689 46255
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Tripiedi 5-10736 46256
Allasia 5-10739 46257
Dall'Osso 5-10744 46257
Fedriga 5-10746 46258
Politiche agricole alimentari e forestali.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Gallinella 5-10734 46258
Pili 5-10737 46259
Carra 5-10740 46260
Salute.
Interpellanza:
Lorefice 2-01691 46261
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Ferraresi 5-10735 46262
Moretto 5-10742 46264
Interrogazioni a risposta scritta:
Borghese 4-15776 46265
Placido 4-15780 46265
Lorefice 4-15786 46266
Vallascas 4-15797 46267
Meloni Giorgia 4-15803 46268
D'Incà 4-15804 46268
Sviluppo economico.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Vico 5-10733 46269
Cancelleri 5-10743 46270
Taricco 5-10745 46270
Fregolent 5-10749 46271
Interrogazioni a risposta scritta:
Caparini 4-15781 46272
Rampi 4-15785 46274
Apposizione di una firma ad una mozione 46274
Apposizione di firme ad interrogazioni 46274
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo 46275
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento) 46275
ERRATA CORRIGE 46275
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):
La Camera,
premesso che:
con il decreto del Presidente della Repubblica del 12 dicembre 2016, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, Luca Lotti è stato nominato Ministro per lo sport e con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 gennaio 2017 gli sono state delegate ulteriori importanti funzioni;
attualmente risulta indagato dalla magistratura nell'ambito di una inchiesta riguardante la corruzione nella Concessionaria Servizi Informativi Pubblici (CONSIP);
l'inchiesta CONSIP è partita da un'indagine della procura antimafia di Napoli sui presunti legami con la camorra di alcuni dipendenti di Romeo impiegati nell'ospedale Cardarelli, uno dei più grandi del sud Italia;
l'inchiesta ha due filoni principali: nel primo l'imprenditore napoletano Alfredo Romeo, già arrestato, è accusato di aver corrotto un funzionario di CONSIP e aver promesso denaro a Tiziano Renzi. Nel secondo filone l'attuale Ministro dello Sport Lotti è indagato con il comandante generale dell'Arma dei carabinieri Tullio Del Sette e il comandante della Legione Toscana dei carabinieri, generale Emanuele Saltalamacchia, per i reati di rivelazione di segreti d'ufficio e favoreggiamento, per aver informato alcuni dirigenti CONSIP di un'indagine in corso nei loro confronti;
in particolare, secondo gli inquirenti Romeo avrebbe corrotto un dirigente di CONSIP, Marco Gasparri, per facilitare la redazione dei bandi e agevolarne l’iter, ricevendo in cambio cinquemila euro in contanti nel 2012, mentre nei due anni successivi avrebbe ricevuto in tutto altri centomila euro. Uno degli appalti, definito «l'appalto più ricco d'Europa»: il cosiddetto «Facility Management 4», che vale circa 2,7 miliardi di euro, è diviso in diversi «lotti», tre dei quali prossimi ad essere assegnati proprio alle società di Romeo;
inoltre, secondo quanto risulta dalle indagini per come riportate dagli organi di stampa, Romeo avrebbe promesso del denaro anche a Tiziano Renzi, padre dell'ex Presidente del Consiglio, in cambio di un aiuto a incontrare Luca Lotti e Luigi Marroni, amministratore delegato di CONSIP;
il fascicolo contenente le ipotesi di reato sulle fughe di notizie contestate al Ministro è stato stralciato dal filone principale sulla corruzione ed è giunto a Roma per competenza territoriale;
il Ministro è indagato in seguito alle dichiarazioni rese alla magistratura dal suo amico Luigi Marroni – ex assessore alla sanità della Regione Toscana, nominato dal Governo Renzi amministratore delegato di CONSIP;
il Ministro risulta accusato di aver avvertito i vertici CONSIP dell'esistenza della suddetta inchiesta, rivelazione che avrebbe portato alla decisione da parte dei medesimi vertici CONSIP di far «bonificare» gli uffici, al fine di verificare l'esistenza di microspie – effettivamente rinvenute;
giova ricordare che, nel 2013, lo stesso Alfredo Romeo fece una donazione da sessantamila euro, tramite la società Isfavim, alla fondazione Open, che ha finanziato la campagna elettorale di Matteo Renzi alle primarie del Partito democratico di quell'anno;
ferme restando le eventuali responsabilità che dovranno essere accertate in sede giudiziaria, i fatti indicati minano fortemente la credibilità del Ministro e a parere dei firmatari del presente atto pongono un grave pregiudizio sulle sue capacità di svolgere liberamente le delicate funzioni a cui è chiamato, nonché sull'opportunità della sua permanenza a ricoprire una carica governativa di primo piano e di piena rappresentanza politica;
per i motivi esposti:
visto l'articolo 94 della Costituzione,
visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati,
esprime la sfiducia al Ministro per lo sport, Luca Lotti, e lo impegna a rassegnare immediatamente le dimissioni.
(1-01528) «Caso, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».
(Presentata il 2 marzo 2017)
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
da diversi anni, sempre più numerosi sono i docenti che denunciano le vistose carenze ortografiche, grammaticali e linguistiche che affliggono gli studenti italiani, riscontrabili finanche al momento della stesura della tesi di laurea;
numerose testate giornalistiche hanno reso pubbliche le notevoli preoccupazioni espresse da autorevoli ambienti accademici che, in diverse occasioni, hanno sollecitato il mondo istituzionale e politico ad occuparsi attivamente del problema;
nei giorni scorsi il Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità – con l'adesione di esponenti dell'Accademia della Crusca e di un nutrito gruppo di storici, filosofi, costituzionalisti ed economisti – ha lanciato un accorato appello diretto al Parlamento ed al Governo in cui si segnala la preoccupante situazione nella quale versano molti studenti ma, soprattutto, è stato proposto un piano d'emergenza per contrastare il fenomeno del declino della lingua italiana;
tale piano di emergenza, partendo dall'esigenza di sviluppare una scuola maggiormente esigente nel controllo degli apprendimenti, oltre che più efficace nella didattica, si pone l'obiettivo di raggiungere, al termine del primo ciclo, un sufficiente possesso degli strumenti linguistici di base da parte della grande maggioranza degli studenti, proponendo le seguenti linee di intervento:
una revisione delle indicazioni nazionali che dia grande rilievo all'acquisizione delle competenze di base, fondamentali per tutti gli ambiti disciplinari. Tali indicazioni dovrebbero contenere i traguardi intermedi imprescindibili da raggiungere e le più importanti tipologie di esercitazioni;
l'introduzione di verifiche nazionali periodiche durante gli otto a del primo ciclo: dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano;
la partecipazione di docenti delle medie e delle superiori rispettivamente alla verifica in uscita dalla primaria e all'esame di terza media, anche per stimolare su questi temi il confronto professionale tra insegnanti dei vari ordini di scuola;
secondo il Gruppo di Firenze l'introduzione di momenti di seria verifica durante l’iter scolastico rappresenta una condizione indispensabile per l'acquisizione ed il consolidamento delle competenze di base, nonché una proficua occasione di confronto tra gli insegnati che, in questo caso, avrebbero chiari obiettivi comuni a tutte le scuole cui finalizzare una parte significativa del loro lavoro;
secondo i dati dell'ultimo rapporto Ocse-Pisa, che analizza il livello nelle tre competenze esaminate (matematica, scienze e lettura) degli studenti quindicenni residenti nei sessantaquattro Paesi partecipanti all'analisi, l'Italia, pur avendo registrato alcuni significativi progressi in matematica, non ha guadagnato alcuna posizione nella graduatoria del livello di lettura, ma il dato rimane, al contrario, stabilmente posizionato al di sotto della media Ocse;
l'esigenza di diffondere la corretta conoscenza della lingua italiana si pone anche per una più ampia platea, extrascolastica, dovendosi constatare, ormai da tempo, in significativi settori della società, carenze linguistiche e perfino preoccupanti livelli di semianalfabetismo;
si reputa, quindi, necessario riservare, nell'ambito del servizio pubblico radiotelevisivo, un monte di ore da dedicare a programmi di insegnamento che, come storiche esperienze del passato hanno dimostrato, sono in grado di contribuire, in misura determinante, al rafforzamento della conoscenza della lingua italiana,
impegna il Governo:
1) ad assumere ogni opportuna iniziativa volta a rilanciare ed implementare lo studio ed il corretto utilizzo della lingua italiana da parte dei discenti sin dalla scuola primaria, anche alla luce delle linee di intervento proposte dal Gruppo di Firenze, che pone una particolare attenzione all'ipotesi dell'introduzione di strumenti periodici di verifica e controllo degli apprendimenti di base durante gli otto anni del primo ciclo scolastico;
2) ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta a sostenere l'attivazione di programmi radiotelevisivi – nell'ambito del servizio pubblico – dedicati all'insegnamento della lingua italiana.
(1-01526) «Sarro, Brunetta».
La Camera,
premesso che:
l'Assemblea nazionale dei presidenti delle province che si è svolta a Roma il 16 febbraio 2017 ha approvato la richiesta al Governo di emanare con urgenza un decreto-legge per sanare la grave crisi finanziaria in cui versano le province a causa dei tagli iniqui e insostenibili imposti dalla legge n. 190 del 2014;
la Corte dei conti, il 23 febbraio 2017, chiamata in audizione dalla commissione bicamerale per il federalismo fiscale sulla drammatica situazione finanziaria delle province, nella sua relazione, non ha esitato a parlare di tagli manifestamente irragionevoli, tali da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni istituzionali delle province;
la Corte dei conti nel documento depositato in commissione scrive che «per le funzioni fondamentali rimane la necessità di rivedere la coerenza e la congruità delle misure finanziarie adottate ... con riguardo al grave deterioramento delle condizioni di equilibrio strutturale dei relativi bilanci, determinatosi negli ultimi due esercizi conclusi ed a quale non hanno posto rimedio organico gli interventi di natura emergenziale succedutisi»;
secondo l'analisi dell'Unione delle province italiane, lo squilibrio strutturale tra le entrate e i tagli imposti che attesta la Corte dei conti ammonta a quasi 700 milioni di euro, cifra che è considerata al netto dell'azzeramento del prelievo di ulteriori 650 milioni di euro, che, ovviamente, non consente a nessuna provincia di approvare il bilancio di previsione entro il termine previsto del 31 marzo, oltre che l'erogazione dei servizi essenziali che risulta definitivamente compromessa;
i servizi erogati dalle province per la sicurezza dei territori e lo sviluppo locale, gli oltre 130.000 chilometri di strade di competenza, la gestione e manutenzione delle oltre 5.100 scuole superiori italiane, sono solo alcune delle priorità,
impegna il Governo
1) ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, per restituire dignità finanziaria ad un livello di governo garantito dalla Costituzione, prevedendo l'erogazione delle risorse aggiuntive indispensabili ad impedire il blocco dei servizi, sia per quanto riguarda gli interventi ordinari che per quelli straordinari.
(1-01527) «Caparini, Borghesi, Simonetti, Guidesi, Invernizzi, Allasia, Saltamartini, Molteni».
Risoluzioni in Commissione:
Le Commissioni II e XIII,
premesso che:
l'articolo 39, comma 1, lettera a), della legge 28 luglio 2016 n. 154 (cosiddetto «collegato agricoltura»), ha modificato il sistema sanzionatorio del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, di riordino, coordinamento ed integrazione della normativa nazionale in materia di pesca e acquacoltura;
il suddetto articolo 39, pur operando una depenalizzazione, derubricando ad illecito amministrativo una serie di condotte qualificate precedentemente come illeciti contravvenzionali – si tratta, in particolare, della violazione del divieto di detenzione, sbarco, trasbordo, trasporto, commercializzazione di esemplari di specie ittiche di taglia inferiore a quella minima – introduce sanzioni amministrative che risultano, in fase applicativa, sproporzionate in relazione alle violazioni commesse;
il comma 5 dell'articolo 11 del suddetto decreto legislativo n. 4 del 2012 (come modificato dal «collegato agricoltura»), prevede che gli operatori del settore ittico siano passibili di sanzioni amministrative che si applicano per la violazione delle disposizioni contenute nei commi 2, 3 e 4 dell'articolo 10, sempre del suddetto decreto legislativo n. 4 del 2012, relativamente alla cattura, accidentale o accessoria, delle specie ittiche la cui taglia è inferiore alla taglia minima. Le sanzioni vanno da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 75.000 euro, in proporzione al peso del pescato, che raddoppiano nel caso in cui le specie ittiche siano il tonno rosso o il pesce spada, nonché viene prevista la sospensione dell'esercizio commerciale da cinque a dieci giorni;
quasi sempre gli operatori ittici catturano accidentalmente alcune specie sotto-misura e, quindi, la cattura involontaria non dovrebbe comportare sanzioni così ingenti come quelle esposte sopra, in quanto la misura di dette sanzioni potrebbe compromettere la continuazione dell'esercizio dell'attività;
i regolamenti CE n. 1005/2008 e 1224/2009 contengono una specifica raccomandazione che le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive. Infatti, il regolamento CE 1224/2009 del Consiglio del 20 novembre 2009, che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, al comma 2 dell'articolo 89 stabilisce che «il livello globale delle sanzioni e delle sanzioni accessorie è calcolato in modo da garantire che i trasgressori siano effettivamente privati dei vantaggi economici derivanti dalle infrazioni da essi commesse, fatto salvo il diritto legittimo di esercitare la loro professione. Tali sanzioni sono altresì atte a produrre effetti proporzionati alla gravità dell'infrazione stessa», nonché all'articolo 90, stabilisce che «la gravità di un'infrazione è determinata dall'Autorità competente dello Stato membro, tenendo conto della natura del danno arrecato e del suo valore, della situazione economica del trasgressore e della portata dell'infrazione o della sua reiterazione»;
inoltre, il comma 2 dell'articolo 42 del regolamento CE n. 1005 del 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, prevede che il carattere grave di violazione sia stabilito dall'autorità competente di uno Stato membro e al comma 2 dell'articolo 3 che le infrazioni gravi debbano tenere conto di criteri quali il danno arrecato, il suo valore, la portata dell'infrazione o il suo ripetersi;
le nuove sanzioni stabilite dalla legge n. 154 del 2016 appaiono non proporzionate, ingiuste ed oltremodo onerose rispetto a quelle che possono essere le violazioni compiute dalla impresa di pesca; in special modo quelle riguardanti la detenzione a bordo di prodotto ittico considerato di taglia inferiore al minimo previsto per legge, in totale spregio al principio di proporzionalità invocato nei suddetti regolamenti comunitari;
anche una singola sanzione seppur di minore entità tra quelle previste – per fare un esempio, detenere a bordo soltanto 5,7 chilogrammi di prodotto ittico sottomisura di una determinata specie, anche in presenza della prevista tolleranza del 10 per cento, comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pari a 5.000 euro che viene raddoppiata nel caso in cui la specie sia del tonno rosso o del pesce spada – è in grado di causare difficoltà finanziarie per le imprese di pesca che spesso sono di piccole dimensioni, a conduzione familiare, composte da poche persone di equipaggio, e che soprattutto in periodi come quello attuale si trovano in enorme difficoltà;
i numerosi e onerosi obblighi imposti alle imprese di pesca e l'applicazione del sistema sanzionatorio così come previsto dal decreto legislativo n. 4 del 2012 (così come modificato dal «collegato agricoltura») rischiano di dare un ulteriore colpo al comparto della pesca e di conseguenza a tutta la filiera del pesce fresco italiano, a tutto vantaggio dell'importazione del prodotto ittico da Paesi terzi;
è risaputo che il prodotto italiano è fresco, di ottima qualità, tracciato e controllato in ogni fase della commercializzazione, viceversa il prodotto proveniente dall'estero non offre le dovute garanzie,
impegnano il Governo
ad adottare iniziative urgenti che conducano alla revisione completa o quantomeno alla riduzione delle suddette sanzioni amministrative, rendendole, come stabiliscono gli articoli dei regolamenti CE 1005/2008 e 1224/2009, produttive di effetti proporzionati alla gravità dell'infrazione, nonché che tengano conto della natura del danno arrecato e del suo valore, così da tutelare maggiormente gli operatori del settore ittico riguardo al fenomeno della cattura accidentale.
(7-01207) «Fedriga, Molteni, Pagano, Attaguile, Guidesi».
La VI Commissione,
premesso che:
con la sentenza n. 238 del 2009, pubblicata il 27 luglio 2009, la Corte costituzionale ha riconosciuto la natura tributaria della tariffa di igiene ambientale di cui all'articolo 49 del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22 (cosiddetto TIA 1). Secondo la Corte, sussistono tutti i requisiti necessari per configurare il prelievo come tributo: l'obbligatorietà del pagamento, dovuto per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, nelle zone del territorio comunale, da «chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale»; la struttura autoritativa e non sinallagmatica, «che emerge sotto svariati e concorrenti profili: a) i servizi concernenti lo smaltimento dei rifiuti devono essere obbligatoriamente istituiti dai Comuni, che li gestiscono, in regime, appunto, di privativa, sulla base di una disciplina regolamentare da essi stessi unilateralmente fissata; b) i soggetti tenuti al pagamento dei relativi prelievi (salve tassative ipotesi di esclusione o di agevolazione) non possono sottrarsi a tale obbligo adducendo di non volersi avvalere dei suddetti servizi; c) la legge non da alcun sostanziale rilievo, genetico o funzionale, alla volontà delle parti nel rapporto tra gestore ed utente del servizio»; mentre i criteri di commisurazione del prelievo sono analoghi a quelli previsti per la tariffa sui rifiuti, la cui natura tributaria non è mai stata posta in dubbio né dalla dottrina né dalla giurisprudenza;
la sentenza della Corte ha trovato successiva conferma nelle pronunce della giurisprudenza di legittimità. Da ultimo, nella recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, n. 5078 del 2016, depositata il 15 marzo 2016, che ha ulteriormente confermato che la TIA 1 non debba essere assoggettata all'IVA. Anche le Sezioni Unite hanno riconosciuto la presenza di «elementi autoritativi» tra cui l'assenza di volontarietà nel rapporto, la predeterminazione dei costi da parte del soggetto pubblico e l'assenza della corrispettività tra le prestazioni;
i principi affermati dalla Consulta e dalla giurisprudenza di legittimità in materia di TIA 1 possono essere estesi anche alla tariffa integrata ambientale di cui all'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (cosiddetta TIA 2), successivamente qualificata come entrata di natura patrimoniale con norma di interpretazione autentica (articolo 14, comma 33, del decreto-legge n. 78 del 2010). Con la circolare 3/DF/2010 dell'11 novembre 2010, infatti, il dipartimento delle Politiche fiscali ha evidenziato che la TIA 2 si applica sulla base degli stessi criteri stabiliti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999 su cui si fonda la TIA1: «La circostanza che la TIA2 – si legge nella circolare – possa in definitiva essere regolata dalle disposizioni inerenti la TIA1, conduce a concludere che i prelievi presentano analoghe caratteristiche ... discende, quindi, che i comuni che applicano attualmente la TIA1 in concreto adottano già il regime TIA2, grazie all'anello di congiunzione operato dal legislatore con il comma 2-quater, dell'articolo 5 e, pertanto, non appare necessaria alcuna innovazione regolamentare, a meno che i comuni non ritengano opportuno esplicitare maniera formale, attraverso riferimenti normativi, l'adozione della TIA2»;
da tali considerazioni discende che TIA 1 e TIA 2 debbono considerarsi entrambe entrate di natura tributaria alla luce della qualificazione data in tal senso dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, a nulla rilevando il nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina i prelievi e la natura patrimoniale attribuita per legge (vedere ex plurimis: Corte costituzionale, sentenze n. 238 del 2009; n. 141 del 2009; n. 335 e n. 64 del 2008; n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005);
molti cittadini si sono attivati inoltrando richieste di rimborso, sostenuti anche dalle associazioni dei consumatori;
tuttavia, ancora oggi la gran parte dei concessionari incaricati della riscossione non si sono adeguati agli orientamenti giurisprudenziali. Allarmante è la risposta ricevuta in data 18 luglio 2016 dal servizio clienti della società ETA Spa (la multiutility che si occupa della gestione del servizio idrico integrato e la gestione dei rifiuti nei territori tra Altopiano di Asiago fino ai Colli Euganei, comprendendo l'area del Bassanese, l'Alta Padovana e la cintura urbana di Padova): facendo seguito ad una richiesta di restituzione dell'IVA da parte di un cittadino, il concessionario ha risposto che in attesa di un intervento chiarificatore del legislatore o dell'emanazione di linee guida da parte degli apparati statali competenti, «ha presentato all'Agenzia delle entrate, in via prudenziale, istanza di rimborso dell'IVA versata negli anni pregressi 2006-2015. Pertanto non appena ETRA Spa avrà comunicazione da parte dell'Agenzia delle entrate provvederà ad informare tempestivamente tutti i suoi clienti». Si protrae quindi lo stato di incertezza applicativa per cui le società di gestione dei servizi continuano ad applicare l'IVA sulla tariffa ambientale e contemporaneamente presentano istanza di rimborso all'Agenzia delle entrate;
sul fronte ministeriale, le circolari del Ministero dell'economia e delle finanze (n. 111 del 1999, n. 3/DF/2010) e le risoluzioni dell'Agenzia delle entrate (nn. 25/2003 e 250/2008) propendono per l'applicazione dell'IVA alla Tia, in totale contrasto con l'orientamento giurisprudenziale;
tuttavia, in risposta all'interrogazione 5-09697, svolta presso la VI Commissione Finanze della Camera dei deputati, il Ministero dell'economia e delle finanze ha evidenziato che la questione è all'attenzione delle competenti strutture dell'amministrazione finanziaria che hanno avviato gli approfondimenti istruttori volti ad individuare una soluzione idonea a contemperare le istanze dei cittadini utenti del servizio con le esigenze connesse al rispetto dei saldi di finanza pubblica;
è stato accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/4127-bis-A/46 con il quale si chiedeva al Governo di impegnarsi ad individuare una soluzione alla questione,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative normative al fine di definire la controversa applicazione dell'IVA alla tariffa di igiene ambientale di cui all'articolo 49 comma 3, del decreto legislativo n. 22 del 1997 (TIA 1) e alla tariffa integrata ambientale di cui all'articolo 238 del decreto legislativo del 3 aprile 2006 n. 152 (TIA 2) dichiarando la natura tributaria delle tariffe ed escludendo pertanto l'applicazione dell'IVA, in armonia con i princìpi sanciti dalla Corte costituzionale con la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 5078 del 2016, depositata il 15 marzo 2016;
a prevedere, compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, misure volte a garantire il rimborso di eventuali somme illegittimamente versate dai cittadini in conseguenza dell'applicazione dell'IVA sulla TIA 1 e TIA 2 da parte dei comuni e dei concessionari del servizio di riscossione.
(7-01209) «Alberti, Brugnerotto, Pesco, Sibilia, Ruocco, Villarosa, Fico, Pisano».
La X Commissione,
premesso che:
l'articolo 6 comma 8 del decreto-legge 30 dicembre 2016 n. 244 convertito, con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017 n. 19, proroga al 31 dicembre 2018 il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche. La proroga ora riguarda le concessioni in essere alla data di entrata in vigore della disposizione in esame, al fine di allineare le scadenze delle concessioni medesime garantendo omogeneità di gestione delle procedure di assegnazione; essa prevede anche che, nelle more degli adempimenti da parte dei comuni, siano comunque salvaguardati i diritti degli operatori uscenti. Resta definito che le amministrazioni interessate, che non vi abbiano già provveduto, devono pertanto avviare le procedure di selezione pubblica, nel rispetto della vigente normativa dello Stato e delle regioni, al fine del rilascio delle nuove concessioni entro la suddetta data;
con la disposizione suddetta il Governo finalmente ha preso atto delle difficoltà applicative della direttiva Bolkestein tant’è vero che lo stesso ex Premier Renzi ha dichiarato: «A un passo dall'applicazione pratica delle nuove regole in materia, emergono forti criticità. Il Governo ha deciso di prendersi carico di queste criticità, ritenendo doveroso quantomeno un momento di approfondimento e riflessione»;
lo stesso presidente dell'ANCI De Caro ha dichiarato: «I comuni stanno lavorando per non arrivare sprovvisti alla scadenza di luglio 2017, ma è evidente la necessità di un prolungamento adeguato dei tempi, in ragione dell'elevato numero di concessioni da assegnare tramite gara e della conseguente mole di verifiche e incombenze in carico agli uffici comunali ancora prima dell'indizione delle gare stesse»;
inoltre si fa presente che la regione Piemonte ha approvato all'unanimità una proposta di legge presentata alle Camere per escludere il commercio ambulante dagli effetti della direttiva Bolkestein così come la regione Puglia ha approvato una mozione del gruppo consiliare M5S sulla medesima linea e le amministrazioni comunali di Roma e Torino hanno deliberato di sospendere la pubblicazione dei bandi per i singoli posteggi;
sul punto infine è intervenuta anche l'Autorità garante della concorrenza che ha dato parere contrario e contestato i criteri e le procedure stabiliti dell'intesa Stato-regioni con i quali i comuni stavano provvedendo alla pubblicazione dei bandi per l'assegnazione delle concessioni nei mercati; si ricorda che il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, ha recepito la direttiva – Bolkestein e si configura come una legge-quadro, che dispone norme di portata generale nonché princìpi operativi, riconoscendo ai singoli Stati membri le modalità nonché i tempi di applicazione degli stessi; in particolare, le disposizioni in questione con l'obiettivo di salvaguardare l'impatto del commercio ambulante sulle aree pubbliche, introducono significativi limiti all'eccesso e all'operatività nel settore, basato sul principio della disponibilità di suolo pubblico destinata dagli strumenti urbanistici all'esercizio dell'attività stessa;
all'articolo 16 il provvedimento irrigidisce il sistema autorizzatorio, in particolare al comma 4 non viene riconosciuta la dinamica di proroga automatica ai titoli autorizzatori scaduti, creando delle oggettive difficoltà operative agli oltre 160.000 operatori ambulanti e microimprese operanti nel settore l'articolo suindicato; esso però interviene su una disciplina già ampiamente regolamentata, introducendo un ulteriore limite al numero delle concessioni di posteggio utilizzabili sullo stesso mercato o fiera;
in particolare, emergerebbero criticità conseguenti all'equiparazione tra la nozione di «risorse naturali», citata dal suindicato articolo, e «posteggi in aree di mercato», tali da compromettere le possibilità e l'operatività degli operatori del commercio ambulante. Infatti il decreto interpreta il suolo pubblico concesso per l'esercizio dell'attività di commercio su aree pubbliche, come rientrante nella nozione di «risorse naturali»;
alle suindicate criticità se ne aggiungono di ulteriori relative al portato dell'articolo 70, comma 1, del medesimo provvedimento, in materia di riconoscimento di titoli autorizzatori alle società di capitali operanti nel settore del commercio ambulante;
fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010, la normativa italiana in materia riconosceva specifiche forme di tutela alle piccole imprese a conduzione familiare, riservando il settore del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche, alle imprese individuali e alle società di persone, evitando in tal modo una oggettiva quanto deprecabile sperequazione – finanziaria, fiscale ed operativa – tra operatori del medesimo settore;
le disposizioni in materia di regolamentazione del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche introdotte dalla direttiva suindicate creano un’impasse normativa rispetto a quanto già sancito dalla normativa nazionale e regionale in materia segnatamente sul versante della tutela delle piccole imprese, della chiarezza delle procedure operative e autorizzative e del rapporto con gli enti locali,
impegna il Governo:
ad adottare in sede di Unione europea tutte le iniziative idonee al fine di escludere dalla «direttiva Bolkestein» gli operatori ambulanti e le microimprese operanti nel settore che rappresentano il tessuto tradizionale socio-economico dell'Italia;
ad assumere le necessarie iniziative dirette a modificare l'articolo 70 del decreto legislativo n. 59 del 2010 al fine di prevedere che l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche sia riservata esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone.
(7-01210) «Della Valle».
La XIII Commissione,
premesso che:
le innovazioni apportate dalla legge n. 154 del 2016 relativamente alle sanzioni in materia di pesca illegale, in attuazione dell'articolo 42 del regolamento dell'Unione europea n. 1005/2008 che assegna alle competenti autorità degli Stati membri il compito di definire il carattere grave della violazione, appaiono sproporzionate, ingiuste ed estremamente onerose;
la revisione del sistema sanzionatorio apportata dalla suddetta legge di fatto non si concilia assolutamente, secondo l'interrogante, con la raccomandazione della Commissione europea affinché le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive;
alla luce delle nuove disposizioni, ad esempio, la detenzione a bordo di un pescato di taglia inferiore al minimo previsto per legge, di valore pari a 50 euro può comportare l'applicazione di una sanzione pari a 5.000 euro, con un aumento di 100 volte il valore del pescato;
l'articolo 89 del regolamento (CE) n. 1224 del 2009, che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, dispone, tra l'altro, che il livello globale delle sanzioni e delle sanzioni accessorie è calcolato, conformemente alle corrispondenti disposizioni del diritto nazionale, in modo tale da garantire che i trasgressori siano effettivamente privati dei vantaggi economici derivanti dalle infrazioni da essi commesse, fatto salvo il diritto legittimo di esercitare la loro professione. Tali sanzioni sono altresì atte a produrre effetti proporzionati alla gravità della medesima, tali da fungere da deterrente per ulteriori infrazioni dello stesso tipo;
le sanzioni previste dalla legge n. 154 del 2016 se applicate nella loro misura massima possono anche compromettere il proseguimento delle attività di pesca da parte dei titolari delle licenze violando il principio del diritto alla professione,
impegna il Governo
ad assumere iniziative per rivedere il sistema sanzionatorio disposto dalla legge n. 154 del 2016 al fine di stabilire per tutte le fattispecie di infrazioni, in particolare per quelle relative alla pesca sotto misura, sanzioni più eque e comunque non superiori al livello massimo disposto dall'articolo 44 del regolamento (CE) n. 1005/2008, ovvero di un importo pari a cinque volte il valore dei prodotti della pesca ottenuti commettendo una infrazione grave.
(7-01206) «Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Lupo, Parentela».
La XIII Commissione,
premesso che:
la bilancia commerciale di cereali e semi oleosi, alla base cella produzione alimentare nazionale, è fortemente deficitaria ed in Italia si consumano grano, mais e soia in quantità molto maggiore rispetto alle quantità prodotte localmente. Il tasso di approvvigionamento ammonta al 45 per cento per il frumento tenero, al 73 per cento per il frumento duro, al 67 per cento per il mais, al 59 per cento per l'orzo, al 32 per cento per la soia e al 54 per cento per il girasole (fonte ISMEA 2013);
le sementi rappresentano il primo anello della filiera produttiva che porta a prodotti di qualità. La produzione nazionale di sementi, con l'attuale legislazione che prevede uno scrupoloso piano di controllo di mais e soia per la presenza di organismi geneticamente modificati (decreto ministeriale 27 novembre 2003) è garanzia di tutela dei prodotti alimentari tipici nazionali in quanto fondamento dell'intero processo produttivo Made in Italy;
l'intero processo produttivo, a partire dall'ambiente di campo aperto dove le sementi vengono riprodotte, trae sicuro beneficio dall'assenza di colture OGM su tutto il territorio nazionale; lo stesso non si può affermare per numerosi Paesi da cui le sementi vengono importate, sia interni all'Unione europea (Romania, Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia) che extra Unione europea. È un dato di fatto che la grande maggioranza dei campioni trovati positivi alla presenza di OGM nel monitoraggio annuale, regolarmente effettuato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sulle sementi di mais e sola, sia di origine extranazionale;
la tracciabilità «dal seme al piatto» riveste un'importanza fondamentale nella tutela delle eccellenze nazionali ed i consumatori richiedono sempre più chiarezza di informazione sulla provenienza delle materie prime utilizzate negli alimenti trasformati o nei mangimi utilizzati per le produzioni zootecniche;
parimenti a quanto accade per le principali commodities quali cereali e semi oleosi, l'Italia è anche fortemente deficitaria delle sementi necessarie per la produzione locale. Infatti, nonostante l'Italia sia il maggior consumatore europeo di mais, la produzione nazionale di sementi di mais corrisponde solo al 4 per cento della produzione europea a fronte del 45 per cento della Francia, del 20 per cento dell'Ungheria, del 15 per cento della Romania e del 5 per cento dell'Austria;
alcune aziende di primaria importanza hanno valorizzato negli ultimi anni la produzione sementiera nazionale attraverso investimenti e progetti di tracciabilità di filiera certificati in conformità alla norma ISO 22005. Gli ibridi di mais e varietà di soia che fanno parte di queste filiere sono identificabili dalla dicitura «coltivato in Italia», che compare sul cartellino di ogni confezione;
nonostante l'importanza di queste filiere, baluardo per la tutela e la sostenibilità delle filiere nazionali e OGM free, la produzione sementiera nazionale che ne sta alla base, già fortemente deficitaria, è ulteriormente minacciata da un irrigidimento burocratico che penalizza il settore in Italia, molto più che in altri Paesi dell'Unione europea, e dai vincoli strutturali quali il costo elevato delle materie prime e della manodopera, che stanno rendendo, l'attività di produzione delle sementi in Italia sempre meno competitiva rispetto alle opportunità offerte da altri Paesi comunitari più attivi nella difesa degli investimenti locali e alla promozione delle esportazioni;
alcune aziende hanno già lasciato l'Italia ed altre, anche molto importanti, temono di dover ridimensionare o cessare l'attività a causa delle molteplici difficoltà incontrate nello svolgimento dell'attività in Italia rispetto ad altri Paesi dell'Unione europea. Prova di questa dinamica è la progressiva riduzione delle superfici agricole ufficialmente controllate per la produzione di sementi di mais in Italia, passate dai 8.252 ettari del 2012 ai 5.703 ettari del 2015 (fonte CREA-SCS);
una limitazione tipica dell'industria nazionale è data dall'impossibilità di trattare le sementi con prodotti fitosanitari registrati in Italia per la «concia» del seme, ma su specie diversa da quella per cui il trattamento era richiesto. Ad esempio negli ultimi anni le industrie nazionali e CREA-SCS, per la parte relativa a certificazione ed analisi, hanno subito ingenti perdite di opportunità di export di seme di girasole, coltivato in Emilia-Romagna e Marche, a causa della forte richiesta di seme trattato anche con Fludioxonil proveniente dai Paesi dell'Europa dell'Est: in Italia Fludioxonil è largamente diffuso per la concia di sementi di grano, orzo, riso, segale, avena, triticale, mais, ma non era registrato fino al 2016 per il trattamento del seme di girasole;
si consideri che l'articolo 49 del regolamento CE 1107/2009 prevede la libera circolazione delle sementi trattate coi i prodotti fitosanitari all'interno del territorio dell'Unione europea, a condizione che il prodotto sia registrato in almeno uno Stato membro;
nei principali Paesi produttori dell'Unione le aziende trattano le sementi, al fine di garantire la protezione del seme e della plantula nelle prime fasi di sviluppo, con prodotti fitosanitari non registrati in Italia per poi introdurle in piena legalità sul mercato nazionale dove vengono regolarmente utilizzate dai nostri agricoltori;
questa situazione paradossale determina che ingenti quantità di sementi coltivate sul territorio nazionale siano esportate in altri Paesi dell'Unione europea in cui il prodotto fitosanitario è autorizzato per il trattamento, confezionamento e successiva re-importazione in Italia. Il passaggio successivo, già evidente negli ultimi anni, potrebbe consistere nella delocalizzazione anche della coltivazione delle sementi nei Paesi in cui le sementi saranno trattate, senza per questo poter impedire che vengano successivamente esportate Italia;
per favorire le produzioni nazionali le autorità francesi, rumene o ungheresi, ad esempio, hanno anche adottato provvedimenti che consentono alle aziende sementiere locali di trattare sementi con prodotti fitosanitari non registrati nei rispettivi Paesi, purché tali prodotti siano registrati nei Paesi di destinazione del prodotto, a condizione di esportare tutto il quantitativo. Analoga flessibilità non è attualmente consentita in Italia, determinando un ulteriore evidente svantaggio competitivo per le aziende nazionali;
il perdurare di questi vincoli sta determinando una perdita di competitività dell'industria sementiera nazionale, il drastico calo della produzione nazionale di sementi e delle sue potenzialità per il futuro, la graduale perdita del primo fondamentale passaggio (le sementi nazionali) a tutela delle filiere produttive alimentari OGM free che generano i prodotti Made in Italy;
in altri Paesi europei nei quali vige, come in Italia, il regolamento CE 1107/2009 del 21 ottobre 2099, è prassi consentire alle società di trattare le sementi destinate all'esportazione con prodotti sanitari non registrati applicando gli articoli 28 (autorizzazione d'immissione sul mercato e uso) e 52 (situazioni di emergenza fitosanitaria);
applicando l'articolo 28, ad esempio, la Francia ha ammesso la possibilità di deroga per il trattamento delle sementi con prodotti fitosanitari non registrati, ai sensi dell'articolo 28 paragrafo 2 c) e d) dello stesso regolamento, considerando il trattamento delle sementi come un «processo industriale di fabbricazione di un prodotto fitosanitario destinato ad un altro Stato membro o Paese terzo di cui la semente non è che un supporto». Tra le condizioni poste il fatto che le sementi trattate con prodotti fitosanitari non registrati nel loro Paese siano effettivamente ed esclusivamente destinate all'esportazione verso Paesi in cui quei prodotti siano autorizzati. La Francia tuttora utilizza ampiamente detta deroga per non perdere l'opportunità di mantenere, a costo 0 per lo Stato, la propria leadership nel settore sementiero dell'Unione europea;
l'articolo 53 ha consentito ad alcuni Stati (ad esempio Ungheria e Romania), dietro richiesta delle società sementiere, di autorizzare in tempi brevi una deroga di centoventi giorni per l'utilizzo di prodotti fitosanitari non registrati localmente, ma solo nel Paese di destinazione delle sementi, a causa di un «pericolo fitosanitario»;
la richiesta che arriva dall'industria sementiera per continuare ad investire in Italia non è di sostegni economici o finanziamenti, ma la possibilità di competere con le stesse regole applicate negli altri Paesi dell'Unione Europea. La sopravvivenza dell'industria sementiera nazionale, infatti, significherebbe continuazione delle coltivazioni in Italia, opportunità di reddito per gli agricoltori coinvolti nella coltivazione sementiera, reddito per l'indotto e tutela delle filiere nazionali «dal seme al piatto»;
la Commissione europea, nel 2016, ha avviato l'iniziativa REFIT che prevede di procedere ad una valutazione con eventuale revisione del regolamento (CE) n. 1107/2009. Nella seduta del 15 febbraio 2017 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che, tra le altre cose, invita la Commissione a presentare, entro a fine del 2018, una proposta legislativa specifica recante modifica del regolamento (CE) n. 1107/2009,
impegna il Governo:
ad avviare la costituzione di un tavolo di confronto tra le rappresentanze dell'industria e le istituzioni competenti in capo sementiero e sanitario al fine di addivenire alla definizione di proposte concrete per sostenere le produzioni sementiere nazionali certificate e di qualità fornendo i chiarimenti e le semplificazioni operative invocati dal settore e che consentano allo stesso di competere, a parità di condizioni, con le altre aziende europee;
a farsi parte attiva nei confronti della Commissione europea, nell'ambito dell'iniziativa di revisione del regolamento (CE) n. 1107/2009 al fine di sostenere le istanze del comparto sementiero nazionale e superare le condizioni di disparità con le quali operano le imprese del settore a livello europeo con l'obiettivo di addivenire ad una normativa di settore comune e condivisa.
(7-01208) «Romanini, Lavagno, Prina, Capozzolo, Fiorio, Carra, Bargero, Paolo Rossi, Patrizia Maestri, Taricco, Terrosi, Oliverio, Antezza, Falcone, Luciano Agostini».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta orale:
CAPARINI, BORGHESI, SIMONETTI, ALLASIA, RONDINI, INVERNIZZI, SALTAMARTINI, GUIDESI e MOLTENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'Assemblea nazionale dei presidenti delle province che si è svolta a Roma il 16 febbraio 2017 ha approvato la richiesta al Governo di adottare, con urgenza, un decreto-legge per sanare la grave crisi finanziaria in cui versano le province a causa dei tagli iniqui e insostenibili imposti dalla legge n. 190 del 2014;
la Corte dei conti, il 23 febbraio 2017, chiamata in audizione dalla Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale sulla drammatica situazione finanziaria delle province, nella sua relazione, non ha esitato a parlare di tagli manifestamente irragionevoli, tali da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni istituzionali delle province;
la Corte dei conti, nel documento depositato presso la suddetta commissione scrive che, «per le funzioni fondamentali rimane la necessità di rivedere la coerenza e la congruità delle misure finanziarie adottate (...) con riguardo al grave deterioramento delle condizioni di equilibrio strutturale dei relativi bilanci, determinatosi negli ultimi due esercizi conclusi ed al quale non hanno posto rimedio organico gli interventi di natura emergenziale succedutisi»;
secondo l'analisi dell'Upi lo squilibrio strutturale tra le entrate e i tagli imposti che attesta la Corte dei conti ammonta a quasi 700 milioni di euro, cifra che è considerata al netto dell'azzeramento del prelievo di ulteriori 650 milioni di euro, che ovviamente non consente a nessuna provincia di approvare il bilancio di previsione entro il termine previsto del 31 marzo, oltre che di procedere con l'erogazione dei servizi essenziali che risulta definitivamente compromessa;
i servizi erogati dalle province per la sicurezza dei territori e lo sviluppo locale, gli oltre 130.000 chilometri di strada di competenze, la gestione e manutenzione delle oltre 5.100 scuole superiori italiane sono solo alcune delle priorità –:
se il Governo intenda assumere iniziative, anche normative, per restituire dignità finanziaria ad un livello di governo garantito dalla Costituzione, prevedendo l'erogazione delle risorse aggiuntive indispensabili ad impedire il blocco dei servizi, sia per quanto riguarda gli interventi ordinari che straordinari. (3-02845)
GELMINI, BRUNETTA, BERGAMINI, PALMIERI, RUSSO e GARNERO SANTANCHÈ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
da un comunicato della Federazione Nazionale della Stampa Italiana si è appreso che nei giorni scorsi il Ministro dello Sport, con delega all'editoria, avrebbe definito i criteri del bando di gara europea per l'assegnazione dei contratti di servizio con le Agenzie di Stampa Nazionali per l'informazione giornalistica primaria italiana;
il 6 marzo 2017 saranno resi noti i dettagli del bando che, dal 1o luglio 2017, regolamenterà la fornitura di notizie e i conseguenti contributi che lo Stato riconoscerà ai soggetti aventi diritto e vincitori della gara;
per la prima volta potranno concorrere a che agenzie straniere, facendo sorgere non poche preoccupazioni sull'opportunità politica e strategica per gli interessi nazionali di un'apertura che vedrebbe accesso nel nostro Paese di attori non comparabili per dimensioni societarie e organizzative alle agenzie di stampa italiane;
soggetti esteri di diritto privato, già destinatari di contratti di servizio con i rispettivi Governi (come la France Press); agenzie inglesi (come la Reuters) con sede legale in un Paese che a breve formalizzerà l'avvio delle procedure per uscire dall'Unione Europea, ma che, alla data del bando di gara, sarebbero titolati a partecipare al bando stesso; società estere di diritto pubblico (come la spagnola EFE di proprietà del governo spagnolo) potranno accedere ad un settore nevralgico dell'informazione giornalistica primaria;
ad una tale apertura del mercato italiano non corrisponde una reciprocità di trattamento per le nostre Agenzie di stampa a livello degli altri stati europei, in quanto nessun Paese dell'Unione europea consente l'accesso di agenzie straniere ai contratti di fornitura di servizi ai propri Governi a tutela degli interessi politici, strategici e economici nazionali;
la notizia giunge a pochi giorni dalla decisione del Tar del Lazio che, il 25 gennaio 2017, ha annullato la direttiva del giugno 2015 con la quale era stata disciplinata la materia;
il settore, che attualmente occupa 830 giornalisti con CCNL giornalistico, più di 1.400 giornalisti collaboratori e circa 800 lavoratori del settore poligrafico, si trova in uno stato di grave sofferenza economica e alle prese con una difficile stagione di mercato;
l'Anac, con un parere emesso su richiesta del dipartimento dell'editoria, dopo l'approvazione della legge sull'editoria, aveva consigliato l'Esecutivo, nell'estate 2016, di predisporre un regolamento che prevedesse lotti separati di aggiudicazione e assegnazione a più soggetti per ciascun lotto, in nome del pluralismo dell'informazione citato dalla legge vigente e dai giudici del Tar nella citata decisione di fine gennaio 2017;
il nuovo codice degli appalti pubblici lascia discrezionalità al decisore pubblico circa l'assegnazione in licitazione privata di quei contratti di servizio relativi ai prodotti dell'ingegno e al copyright che sono tipica espressione dei servizi di produzione intellettuale riconducibili all'attività giornalistica d'informazione primaria –:
quali motivazioni abbiano indotto il dipartimento dell'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri a tale scelta e se il Governo abbia valutato le possibili ripercussioni occupazionali e industriali di una gara europea che potrebbe consegnare ad agenzie straniere la fetta più grande del finanziamento pubblico all'editoria e un settore strategico del Paese;
se il Governo non ritenga fondamentale assumere le iniziative di competenza perché, con riguardo ai contratti di servizio con le agenzie di stampa, nell'ambito dei criteri che presiedono alle procedure di gare internazionali sia richiesto il diritto di reciprocità per le agenzie italiane, con specifico riferimento alla salvaguardia degli interessi nazionali e in difesa dell'occupazione e della professionalità dei lavoratori giornalisti e poligrafici, della democraticità e del pluralismo dell'informazione sancito dalla Costituzione italiana e ribadito di recente dal Legislatore e dalla giurisprudenza;
se non ritenga, quantomeno, di dover prevedere paletti e requisiti volti a non penalizzare le agenzie italiane di fronte a possibili offerte straniere, valutando concretamente il lavoro anche di ammodernamento industriale prodotto negli ultimi anni. (3-02846)
RUBINATO e ROSTELLATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
dopo il via libera da parte della Corte costituzionale con la sentenza n. 118 del 2015 e la recente approvazione da parte del Consiglio regionale Veneto di modifiche alla legge regionale del 19 giugno 2014 n. 15 concernente l'indizione del referendum consultivo sull'autonomia del Veneto, gli elettori residenti nella predetta regione saranno chiamati ad esprimersi in merito al seguente quesito: «Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ?»;
per lo svolgimento della suddetta consultazione, che il presidente della regione Veneto ha detto di voler indire entro l'anno, sono stati stanziati nel bilancio regionale circa 14 milioni di euro, che tuttavia potrebbero essere ridotti in casi di svolgimento della stessa in concomitanza con altre consultazioni elettorali;
negli ultimi giorni emerge dalla stampa che sarebbe in corso un dialogo istituzionale ai massimi livelli tra Governo nazionale e governo regionale in merito alla eventualità di svolgere tale consultazione referendaria con le prossime elezioni amministrative;
ancora non è stata individuata dal Governo la data di indizione della prossima tornata elettorale amministrativa e questo potrebbe favorire la decisione di concordare con la regione la fissazione di un cosiddetto «election day», dando attuazione al principio costituzionale di leale collaborazione tra istituzioni, nulla ostando sul piano tecnico a tale soluzione che, anzi, permetterebbe un significativo risparmio di risorse pubbliche –:
se il Governo intenda valutare l'opportunità di consentire lo svolgimento della consultazione referendaria regionale di cui in premessa, ammessa dalla Corte costituzionale, in concomitanza con le prossime elezioni amministrative, anche per conseguire un risparmio di risorse pubbliche. (3-02848)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CAPEZZONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il Consorzio nazionale servizi (CNS) di Bologna (coinvolto nell'inchiesta di Mafia Capitale a causa degli illeciti di alcune sue associate), Manutencoop, Roma Multiservizi e Kuadra spa (posta sotto sequestro nell'ambito dell'operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e condotta dalla squadra mobile della questura di Napoli per infiltrazioni camorristiche negli appalti ospedalieri, secondo quanto si apprende da fonti giornalistiche), nel 2015 sono state multate dall'Antitrust per 110 milioni di euro per aver creato un «cartello» volto ad aggiudicarsi una gara comunitaria da 1,63 miliardi di euro, bandita da Consip nel 2012, per i servizi di pulizia degli istituti scolastici nell'ambito del progetto «Scuole belle»;
nello specifico, l’Authority dopo aver aperto un'indagine ha scoperto scambi di informazioni, incontri e documenti che dimostrano inequivocabilmente come le gare siano state manipolate attraverso una divisione dei lotti su tutto il territorio nazionale con uno «schema a scacchiere» volto solo a simulare un confronto competitivo tra le parti;
nonostante le sanzioni, le cooperative si sono comunque divise i lotti con le altre società, hanno fatto ricorso al Tar contro il provvedimento dell’Authority e nel 2014 hanno anche partecipato ad una seconda gara Consip da 2,7 miliardi di euro, la Fm4 avente ad oggetto la pulizia, gestione e manutenzione degli uffici pubblici;
anche in questa seconda gara, Manutencoop e CNS sono risultate ancora una volta vincitrici, confermando il solito «schema a scacchiera» per la spartizione dei lotti (successivamente, a seguito anche di solleciti informativi della Consip, il CNS ha deciso di ritirarsi dall'appalto in esame, lasciando i 18 lotti alla Manutencoop e agli altri player del settore);
con sentenza pubblicata il 14 ottobre 2016, il Tar del Lazio ha confermato l'impianto accusatorio dell’Antitrust sancendo che l'intesa anticoncorrenziale delle cooperative ha violato le procedure europee in materia di antitrust, ex articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE);
l'articolo 80 del nuovo codice degli appalti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, prevede, in analoghi casi, l'esclusione dalla procedura d'appalto delle imprese (a tal riguardo, si segnala che, nelle scorse settimane in via di autotutela l'azienda ospedaliera della provincia di Salerno dopo la pronuncia della giustizia amministrativa ha escluso il CNS da una procedura di appalto);
il 24 agosto 2016 a seguito del sisma avvenuto nel centro Italia, il CNS si è aggiudicato il bando di gara da circa 1 2 miliardi di euro per la fornitura e posa in opera di 18.000 MAP (moduli abitativi provvisori);
ad oggi, né Consip né il commissario per la ricostruzione, Vasco Errani, hanno agito in via di autotutela nei confronti delle cooperative e società sopra indicate;
quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di valutare se sussistano i presupposti per escludere i soggetti sopra indicati dagli appalti segnalati con il preciso intento di ripristinare procedure corrette e trasparenti, garantendo legalità e un utilizzo corretto delle risorse pubbliche. (5-10732)
PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Delrio il 7 settembre del 2016 aveva dichiarato in una pubblica conferenza stampa nella sede del ministero: «sono convinto che su Alghero ci vorranno ancora alcune settimane di lavoro, si potrà raggiungere un buon accordo. Stiamo seguendo da vicino» la vicenda, «perché la chiusura di un aeroporto regionale significa una caduta dell'economia territoriale»;
gli ha fatto eco il presidente dell'Enac Vito Riggio: «Mi auguro che dopo Pescara venga risolta anche la questione Alghero»;
l'aeroporto di Alghero nel 2016 ha perso 340 mila passeggeri ed oltre il 90 per cento di quelli internazionali nel dicembre 2016;
crollo anche per i cargo: –26 per cento;
l'ultimo report di Assaeroporti relativo a gennaio 2017 nel contempo registra per Cagliari un decremento del 4,1 per cento del numero di voli (1.676) e un incremento del numero dei passeggeri (210.943) pari al 6 per cento;
nello scalo di Elmas passano meno merci: il dato per i cargo segna –29,2 per cento;
lo scalo Costa Smeralda di Olbia registra un +3,3 per cento nei movimenti (526) e un +15,2 per cento di passeggeri (45.328), diminuiscono le merci in transito: –9,6 per cento;
in 13 mesi l'aeroporto di Alghero ha perso 363.726 passeggeri –:
se non si intenda spiegare le ragioni di affermazioni, poi rivelatesi prive di fondamento, nel bel mezzo di una trattativa d'acquisto dell'aeroporto di Alghero;
se non si ritenga di dover esaminare le ragioni di tale tracollo di un aeroporto strategico come quello di Alghero e se non si siano verificate azioni tese a favorire altra interessi a scapito dello stesso scalo e dell'intero territorio;
se non si intenda chiedere conto a Ryanair delle ragioni di tali mancato rilancio dell'aeroporto di Alghero nonostante la stipula di un'intesa con lo stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per sviluppare importanti investimenti in Italia. (5-10741)
Interrogazioni a risposta scritta:
D'AGOSTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
salvo rare eccezioni, i cittadini residenti nella provincia di Avellino stanno dimostrando con i fatti e senza grandi clamori di essere solidali con chi versa in condizione di difficoltà;
si tratta di un'apertura dimostrata in primis dalle autorità locali, nonostante le disposizioni ad avviso dell'interrogante spesso i sufficienti e contraddittorie adottate da chi ha responsabilità di Governo;
a giudizio dell'interrogante, occorrono provvedimenti che servano ad evitare problemi a quei gruppi numerosi di rifugiati che, senza alcun criterio di ragionevolezza, vengono destinati a piccoli comuni con un numero bassissimo di residenti;
in alcuni casi, in Irpinia, comuni con meno di 1.500 abitanti, sono stati chiamati ad ospitare anche più di 30 richiedenti asilo;
il dovere di accogliere coloro che fuggono da guerre e carestia non va messo in discussione. Ma è evidente, tuttavia, che qualcosa non sta funzionando nella dislocazione sul territorio di queste persone che vivono condizioni di grande difficoltà;
non è pensabile che ci siano piccoli centri di 700-1.000 abitanti che sono chiamati ad accogliere un numero significativo di richiedenti asilo, mentre nei grossi centri arrivano numeri di gran lunga inferiori;
è chiaro a chiunque che l'obbiettivo di un'accoglienza dignitosa e di una facile integrazione si ottiene anche e soprattutto se si rispetta il criterio di proporzionalità;
è altrettanto chiaro che gli amministratori locali non possono essere estromessi dalla gestione dell'accoglienza, che attualmente è affidata a cooperative che non sempre sono nelle condizioni di assicurare l'integrazione dei migranti nelle comunità;
nessuno più di chi amministra i comuni italiani conosce la realtà e sa quali siano i posti più adeguati per ospitare i richiedenti asilo;
nessuno più dei sindaci italiani conosce le comunità, le associazioni di volontariato operanti sul territorio e in che misura si possano accogliere e integrare i migranti;
a giudizio dell'interrogante, il Ministero dell'interno dovrebbe spiegare, al di là del progetto delle disposizioni normative recentemente presentato alla Camera, quali provvedimenti intenda promuovere per far sì che i migranti e i richiedenti asilo possano essere meglio integrati nelle nostre comunità in ragione di una distribuzione che avvenga secondo il criterio della proporzionalità;
a giudizio dell'interrogante il Governo dovrebbe assumere posizioni di maggiore intransigenza affinché le istituzioni europee diano un segnale vero di apertura verso chi scappa dal dolore e cerca un avvenire migliore;
è intollerabile che sia la sola Italia a doversi far carico dell'accoglienza dei migranti e dei profughi che provengono da ogni parte del mondo –:
quali iniziative il Ministro dell'interno intenda assumere per determinare una distribuzione dei migranti e dei richiedenti asilo che sia il più possibile rispondente al criterio della proporzionalità;
se il Governo non intenda assumere iniziative in sede europea per far sì che altri Paesi dell'Unione europea contribuiscano alla gestione dell'emergenza migranti, considerato che, per l'interrogante, va ribadito quanto sia inaccettabile la posizione delle istituzioni comunitarie che, sostanzialmente, lasciano il peso dell'accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo alla sola Italia. (4-15773)
GALLINELLA e CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la città di Bettona, in provincia di Perugia, è uno dei borghi più belli d'Italia, fortemente influenzato dalla cultura etrusca di cui conserva ancora parte delle mura (incastonata tra la cinta muraria medievale) e numerosi reperti archeologici; il suo centro storico è particolarmente tutelato, con attenzione alla piazza principale e al palazzo Biancalana, che ospita la pinacoteca comunale;
con l'ordinanza n. 16/2007 il comune di Bettona ha stabilito l'annullamento in autotutela del condono edilizio rilasciato nel 1989 ad un immobile abusivo posto nella piazza principale del paese, proprio a ridosso del suddetto palazzo, e ha ordinato il ripristino dello stato dei luoghi;
detta ordinanza, impugnata dai proprietari dell'immobile, è stata ritenuta legittima dal Tar Umbria con sentenza n. 511/2009 e successivamente confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 427/2014;
a seguito di tale sentenza, il comune di Bettona ha emanato due ordinanze fortemente penalizzanti per la proprietà, tanto che gli stessi hanno presentato un nuovo ricorso al Tar dell'Umbria;
il Tar, con sentenza n. 400/2015, ha annullato le due ordinanze comunali e sollevato dubbi sulla fattibilità della demolizione, facendo proprie le indicazioni della perizia di parte, e annullando nei fatti anche i due pronunciamenti su menzionati (Tar e Consiglio di Stato) o quantomeno rallentandone l'effettiva applicazione; su tale sentenza, il comune di Bettona in data 30 novembre 2015 ha presentato allo stesso Tar un ricorso di ottemperanza per conoscere nel dettaglio i contenuti;
il Tar Umbria ha convocato la prima udienza per il 20 aprile 2016, ma essa non ha mai avuto luogo a causa della mancata convocazione di una delle due parti ed è stata rinviata a data da destinarsi;
successivamente la società Castello di Rosciano S.r.l., società che si occupa di recupero e restauro di immobili di interesse pubblico e culturale e molto attiva a Bettona, ha presentato un nuovo ricorso in ottemperanza alla sentenza n. 400/2015, contro il quale il comune di Bettona, con delibera n. 5 del 5 luglio 2016, si è costituito in giudizio;
il 5 agosto 2016 lo stesso comune ha convocato un tavolo tecnico, coinvolgendo tutte le parti interessate alla vicenda per una verifica sulla fattibilità della demolizione dei manufatti. Tale tavolo tecnico è richiesto anche dall'Avvocatura di Stato, che esplicita altresì la necessità che al tavolo siedano tecnici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo; ad oggi, la Soprintendenza dei beni culturali dell'Umbria ha preso parte però ad una sola riunione;
la stessa Soprintendenza, in una nota (prot. n. 282/2008) aveva dichiarato che il manufatto abusivo risulta compromissorio sia degli aspetti storico urbanistici del centro storico di Bettona, sia della configurazione architettonica del palazzo Biancalana, facendo emergere i presupposti per l'applicazione dell'articolo 160 del codice dei beni culturali;
quali siano le ragioni per le quali la soprintendenza dei beni culturali dell'Umbria non sieda in maniera permanente al tavolo tecnico deputato a risolvere la vicenda di cui in premessa e se non intenda assumere iniziative per assicurare la presenza, al fine di tutelare il patrimonio culturale e architettonico della città di Bettona. (4-15774)
TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
in data 8 febbraio 2017 si è appreso da fonti stampa (Corriere Adriatico e Il Resto del Carlino) che la regione Marche ha annullato il contratto con la ditta Lmv Spa, aggiudicatrice del bando gestito dalla regione Lazio, per la realizzazione delle stalle temporanee destinate agli allevatori colpiti dai terremoti del 2016, per «troppi ritardi e gravi inadempienze»;
attualmente delle 69 strutture, solo 5 risultano funzionanti e, per questo, sarebbe stata anche avviata, dai carabinieri e carabinieri forestali, una indagine per individuare i motivi dei ritardi visto che sarebbero dovute essere tutte operative già dal 9 gennaio 2017;
i lavori ora saranno affidati alla seconda ditta in graduatoria della gara di appalto e verrà fissato un nuovo crono programma per l'ultimazione delle strutture, con un inevitabile ulteriore allungamento dei tempi di consegna e senza alcuna garanzia rispetto all'effettiva capacità della ditta di ottemperare all'impegno;
la questione dell'andamento della consegna delle stalle provvisorie era già stata sottoposta all'attenzione della Presidenza del Consiglio dei ministri con l'interrogazione 3-02716 presentata dall'interrogante in seguito ai crolli provocati dalle abbondanti nevicate di gennaio 2017;
in quella occasione, si evidenziava come, in alcuni casi, le stalle provvisorie risultavano assegnate dalla regione Marche ma mai consegnate, nonostante gli imprenditori avessero approntato le piattaforme necessarie come richiesto;
durante l'incontro tenutosi il 10 gennaio 2017 in regione Marche, con la Protezione civile e il commissario straordinario Vasco Errani fu stimato che mancavano all'appello ancora 700 strutture mobili, tra stalle provvisorie, moduli abitativi e fienili –:
se, il Governo, alla luce di quanto accaduto e riportato in premessa, non ritenga di dover valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa di competenza affinché sia affidato l'incarico per la realizzazione delle strutture provvisorie di cui in premessa a un numero maggiore di ditte, in modo tale da garantire la certa realizzazione delle strutture mancanti e accelerare i tempi di consegna;
se non ritenga di dover verificare, per quanto di competenza, quali siano i motivi che hanno determinato così considerevoli ritardi nella consegna dei moduli temporanei nella regione Marche;
se sia in grado di chiarire in maniera dettagliata, per ogni regione coinvolta dal sisma, quale sia lo stato di realizzazione delle strutture provvisorie, casette per allevatori, stalle e fienili, rispetto al numero di quelle assegnate. (4-15784)
DISTASO, ALTIERI, CIRACÌ, FUCCI e MARTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
le sale cinematografiche svolgono un ruolo culturale, sociale e aggregativo nel nostro Paese con una presenza capillare su tutto il territorio;
in ragione di tale funzione, lo Stato sostiene (o dovrebbe sostenere) la permanenza in attività di tali presidi culturali, con particolare riguardo alle sale tradizionali ubicate nei centri urbani;
le sale cinematografiche sono state di recente oggetto di una iniziativa denominata «Cinema2Day» che ha portato un notevole numero di cittadini ad un costo di biglietto scontato di circa il 75 per cento e cioè ad euro 2, con il coinvolgimento di circa sei milioni di persone;
al di là degli annunci, che si rivelano a parere dell'interrogante, di carattere propagandistico, sull'entrata in vigore della legge n. 220 del 2016 («Disciplina del cinema e dell'audiovisivo»), un provvedimento atteso da oltre 50 anni, ma nei fatti privo di qualsiasi effetto concreto di sostegno al settore del cinema, se non quello di aver abrogato la previgente normativa e le relative forme di sostegno, rinviando la stessa legge a numerosi successivi decreti attuativi e del Governo;
la legge n. 220 del 2016 prevede, all'articolo 28, un piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali della durata di 5 anni, a far data dall'anno 2017, con dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, di 20 milioni di euro per l'anno 2020 e di 10 milioni di euro per l'anno 2021. In particolare, per l'attuazione del piano straordinario è prevista la successiva emanazione di decreti, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge –:
quando verranno emanati i decreti attuativi di cui all'articolo 28 della legge n. 220 del 2016 per assicurare il sostegno necessario all'industria cinematografica e alle sale cinematografiche;
per quale motivo – a distanza di oltre un anno dall'approvazione della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016) che all'articolo 1, comma 333, ha abrogato i contributi in conto capitale per gli investimenti nelle sale cinematografiche previsti dalle leggi di settore e in ultimo dal decreto legislativo n. 28 del 2004 (cosiddetto «decreto Urbani») poi abrogato, trasformandoli in crediti di imposta allo Stato non fruibili – non siano stati ancora emanati i regolamenti attuativi per consentire alle sale di percepire le relative agevolazioni fiscali;
per quale motivo non sia stato ancora adottato – a distanza di oltre tre anni dalla decisione positiva C (2014) 7888 del 29 ottobre 2014 della Commissione europea per l'abolizione dei tetti di aiuti in de minimis, dei crediti di imposta previsti per la digitalizzazione delle sale cinematografiche – il decreto di cui all'articolo 28, comma 2, della legge n. 220 del 2016;
se il Ministro interrogato intenda prorogare favorendo la distribuzione e l'esercizio cinematografico, l'iniziativa «Cinema2Day», per consentire alla popolazione l'accesso nelle sale cinematografiche. (4-15787)
NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO e MANNINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 giugno 2016 è stata istituita, presso il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, la struttura di missione «delegazione per l'organizzazione della Presidenza italiana del Gruppo dei Paesi più industrializzati», per la preparazione e l'organizzazione della Presidenza del G7 che si terrà il 26 e 27 maggio 2017 a Taormina;
nonostante l'ampia struttura di missione, i lavori di allestimento e preparazione all'evento ancora non sarebbero partiti: infatti, secondo quanto riportano organi di stampa «dove atterreranno i grandi del mondo per adesso ci sono sterpaglie, calcinacci, qualche rifiuto, [...] La strada che percorreranno i ministri dell'economia delle sette nazioni più ricche del pianeta, invece, è strettissima, piena di buche, con l'erba e il terreno che qua e là invadono le carreggiate» [...] «gli scali per accogliere gli elicotteri con a bordo le personalità più potenti del mondo, per momento si vedono solo due piazzali in aperta campagna»;
l'articolo 1, comma 381 legge 232 del 2016 prevede la creazione di un fondo di 45 milioni di euro «per l'attuazione degli interventi relativi all'organizzazione e allo svolgimento del vertice tra i sette maggiori Paesi industrializzati (G7), anche per adegua enti di natura infrastrutturale e per le esigenze di sicurezza»;
il 16 settembre 2016 la Consip ha indetto un bando di gara a procedura, aperta dal valore di 25 milioni di euro, suddivisa in quattro lotti, «per la conclusione di quattro accordi quadro aventi a oggetto l'erogazione dei servizi di progettazione, organizzazione, allestimento e gestione chiavi in mano del vertice dei Capi di Stato e di Governo, degli eventi ministeriali, di altri eventi tecnico/politici connessi all'anno di Presidenza Italiana del G7 per il 2017 nonché della gestione delle attività di registrazione, accreditamento e controllo accessi a detti eventi»;
in questo caso, tuttavia, solo una parte dell'appalto è stato assegnato, in quanto, secondo quanto si legge sul sito della Consip, ad oggi risultano assegnati solo lotto 3 e il lotto 4, per un valore complessivo inferiore a 2,5 milioni di euro, meno del 10 per cento del valore dell'intero bando;
inoltre, la struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, come si evince dal sito istituzionale, è ricorsa a diverse consulenze che comunque graveranno sui conti pubblici;
davanti a tali oggettivi ritardi, il Governo ha stabilito, all'articolo 7 legge 243 del 2016 una norma che stabilisce che «gli interventi funzionali alla presidenza italiana del G7 nel 2017, in quanto imprevedibili in relazione a consistenza e durata dei procedimenti, costituiscono presupposto per l'applicazione motivata della procedura di cui all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50» e dunque «le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare appalti pubblici mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, dando conto con adeguata motivazione, nel primo atto della procedura, della sussistenza dei relativi presupposti» –:
per quali motivi si siano accumulati ritardi in capo alla struttura di missione facente capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
per quali ragioni non sia avvenuta l'aggiudicazione dei due lotti del bando di gara Consip di cui in premessa;
quanti e quali siano i consulenti di cui si avvale la suddetta struttura di missione;
se non intenda intraprendere iniziative al fine di impedire l'aggiudicazione tramite procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara degli appalti di cui ai due lotti del bando Consip non assegnati esposti in premessa;
a quanto ammontino complessivamente le risorse pubbliche, a livello centrale e decentrato, direttamente o indirettamente destinate al G7 di Taormina. (4-15796)
D'UVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
con la legge n. 440 del 1985, denominata «legge Bacchelli» è stato istituito un Fondo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in favore dei cittadini che abbiano illustrato la Patria e che versino in stato di particolare necessità;
ai sensi dell'articolo 1 della disposizione citata, il Presidente del Consiglio dei ministri può disporre che venga erogato «un assegno straordinario vitalizio a favore dei cittadini, italiani di chiara fama, che abbiano illustrato la Patria con i meriti acquisiti nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell'economia, del lavoro, dello sport e nel disimpegno di pubblici uffici o di attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari e che versino in stato di particolare necessità»;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 febbraio 2010 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 8 aprile 2010 n. 81, è stato previsto, a titolo esemplificativo, che indici idonei ai fini della concessione del beneficio siano «giudizi positivi formulati dalla critica e dalla stampa specializzata, apprezzamenti e segnalazioni da parte di personalità riconosciute a livello nazionale, attestazioni di merito da parte di esperti, di accademici, di enti, organismi, istituzioni di varia natura, pubblici e privati. La fama ed i meriti acquisiti e come sopra documentati, devono essere estesi a livello nazionale e/o internazionale, accrescendo e onorando l'immagine dell'Italia»;
il sostegno viene accordato a fronte di una situazione economica che evidenzi una condizione di particolare necessità, tra cui lo stato di malattia che richieda cure ed assistenza materiale, tale da fare emergere l'esigenza di restituire all'interessato un'esistenza dignitosa;
tra i cittadini illustri ai quali lo Stato non deve far mancare il suo sostegno, vi è senza alcun dubbio Riccardo Orioles, giornalista italiano di fama internazionale, dedito alla lotta contro la mafia e la corruzione, riferimento nel panorama giornalistico siciliano e autore di preziose inchieste riguardanti rapporti tra mafia e massoneria;
questi, con Giuseppe Fava, ucciso in un agguato mafioso il 5 gennaio 1984, ha fondato e sostenuto, anche a seguito del tragico evento, la stampa del mensile «I Siciliani», periodico simbolo della coraggiosa ed esemplare battaglia a Cosa Nostra da parte del giornalismo siciliano;
come riportato dal sito de Il Fatto Quotidiano, con articolo pubblicato il 26 dicembre 2016, si dà notizia che il giornalista, oggi 67enne, «attualmente riceve una pensione di anzianità che non gli consente di continuare le cure per le sue patologie cardiache e gli acciacchi dovuti all'età»;
la procedura per la concessione del beneficio sarebbe già stata avviata, come riportato dall'articolo consultabile sul sito internet www.ansa.it del 23 gennaio 2017, anche in base ad una petizione, indirizzata ai Presidenti di Camera e Senato, sostenuta da oltre 30 mila firme, a dimostrazione dell'interesse che tale campagna ha suscitato nel Paese e della stima che la collettività nutre nei confronti di Orioles;
il presidente dell'Ordine dei Giornalisti, Dr. Enzo Iacopino, ha sostenuto la petizione in occasione della conferenza di fine anno del Presidente del Consiglio dei ministri tenutasi il 29 dicembre 2016, dichiarando che Orioles «ha reso onore non solo al giornalismo ma a questo nostro tormentato Paese», aggiungendo che «sarebbe giusto che il Paese lo ringrazi per quello che è stato e ha fatto»;
in ossequio alla ratio della legge Bacchelli, si reputa giunto il tempo in cui lo Stato debba garantire la propria vicinanza, concreta, oltre che simbolica, a Riccardo Orioles, illustre e coraggioso italiano oggi malato ed in stato di necessità –:
se non intenda adottare le iniziative di competenza per la rapida concessione del beneficio previsto dalla legge Bacchelli in favore del giornalista «antimafia» Riccardo Orioles. (4-15800)
MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1, comma 8, della legge 28 gennaio 2016, n. 11, dispone che il Governo, entro un anno dall'entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici – recato dal decreto legislativo n. 50 del 2016 – può emanare disposizioni integrative e correttive al codice stesso, con la medesima procedura prevista per l'adozione del provvedimento principale;
in attuazione del comma 2 del richiamato articolo 1, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha avviato una consultazione, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentita l'Autorità nazionale anticorruzione (Anac), delle principali categorie di soggetti destinatari del provvedimento correttivo, di prossima adozione;
i soggetti coinvolti sono stati invitati a fornire i propri contributi in relazione al testo coordinato degli articoli modificati o integrati dal provvedimento correttivo, con la possibilità di proporre modifiche riferite anche ad altri articoli; la suddetta fase di consultazione si è conclusa in data 22 febbraio 2017;
l'articolo 213, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 stabilisce che l'Anac si dota, per l'emanazione delle linee guida attuative del nuovo codice dei contratti pubblici, nei modi previsti dal proprio ordinamento, di forme e metodi di consultazione, di analisi e di verifica dell'impatto della regolazione, di consolidamento delle linee guida in testi unici integrati, organici e omogenei per materia, di adeguata pubblicità, anche sulla Gazzetta Ufficiale, in modo che siano rispettati la qualità della regolazione e il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalla legge delega e dal codice stesso;
le VIII commissioni riunite di Camera e Senato, nell'ambito delle attività connesse all'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione e sulle ipotesi di modifica della nuova disciplina sui contratti pubblici, hanno, parallelamente, provveduto allo svolgimento di diverse audizioni di alcuni stakeholder e soggetti interessati con lo scopo di risolvere le criticità che sono sorte in ordine a questa prima fase di applicazione ed attuazione della nuova disciplina;
si evidenzia come tutti i contributi, le osservazioni ed i documenti presentati dai soggetti coinvolti dall'Anac e dal Parlamento sono stati pubblicati e resi disponibili in apposita sezione sul sito dell'Anac e su quello della Camera dei deputati;
l'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 50 del 2016 istituisce, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una cabina di regia con il compito di effettuare una ricognizione sullo stato di attuazione del codice e sulle difficoltà riscontrate dalle stazioni appaltanti nella fase di applicazione anche al fine di proporre eventuali soluzioni correttive e di miglioramento ed, altresì, di esaminare eventuali proposte di modifiche normative nella materia disciplinata dal codice al fine di valutarne l'impatto sulla legislazione vigente, garantire omogeneità e certezza giuridica;
a tale scopo, la cabina di regia ha avviato una consultazione – che prevede il ricorso ad un questionario – rivolta ai responsabili unici dei procedimenti (RUP) delle stazioni appaltanti tesa a rilevare le principali difficoltà attuative e a raccogliere proposte di riformulazione normativa in vista della predisposizione del provvedimento correttivo del codice;
tuttavia, appare opportuno sottolineare come la Presidenza del Consiglio dei ministri non abbia ritenuto di disporre la pubblicazione dei contributi pervenuti dai responsabili unici dei procedimenti, né tantomeno di procedere all'elaborazione di una nota di sintesi dei relativi contenuti –:
se il Governo non ritenga opportuno, nell'ottica di favorire un concreto ed efficace percorso di collaborazione istituzionale ed assicurare maggiore trasparenza, pubblicare e rendere disponibili tutti i contributi che sono stati presentati dai responsabili unici dei procedimenti alla cabina di regia di cui in premessa relativamente alla consultazione sopra richiamata, nonché tutte le osservazioni comunque pervenute inerenti alle ipotesi di modifica della nuova disciplina dei contratti pubblici. (4-15805)
FEDRIGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
è notizia pubblicata su La Verità del 3 marzo 2017, quella di un corso di aggiornamento obbligatorio per le maestre della scuola dell'infanzia affidato dal comune di Roma agli attivisti del movimento (lesbiche, gay, omosessuali, transgender) legati all'Anddos, l'associazione contro le discriminazioni di orientamento sessuale;
educatrici dei nidi e delle materne hanno dovuto subire ore e ore di lezioni sulla necessità di abolire i grembiuli azzurri e rosa, con proiezione di diapositive del tipo «il genere, dall'inglese gender, consente di scoprire in che modo l'organizzazione sociale delle relazioni tra sessi abbia dato una rigida attribuzione dei ruoli sessuali», «attraverso il genere si possono decostruire o modelli e stereotipi basati su pregiudizi derivanti da una considerazione rigidamente binario e basata sul sesso biologico di ruoli, comportamenti e capacità»;
sul programma di formazione del comune di Roma c’è anche la firma di Vittorio Ligiardi, docente di rilievo della cattedra di psicologia dell'università La Sapienza di Roma, che già nel 2014 aveva curato un controverso progetto contro l'omofobia nelle scuole superiori, rivolto quindi a ragazzi sopra i 14 anni;
nonostante si continui a negare l'esistenza e la volontà di diffusione della cultura gender, nei fatti si assiste a ripetuti tentativi, in ogni scuola di ordine e grado, di decostruzione dei riferimenti antropologici maschili e femminili e di rieducazione culturale ed ideologica al limite di un vero e proprio lavaggio del cervello;
l'Anddos, si ricorda, è l'associazione che conta decine di circoli ricreativi affiliati nei quali sono avvenuti orge e prostituzione omosessuale, vincitrice del recente bando dell'Unar per l'attività 2017 – quello alla luce delle cronache nei giorni scorsi – partecipando con il progetto Accompagnamoci per l'inclusione delle identità sessuali e il contrasto delle discriminazioni multiple, che ha un costo di 74.680 euro;
sfugge all'interrogante come sia possibile che il M5S, dinanzi alle polemiche sull'uso improprio dei fondi di palazzo Chigi per finanziare un'associazione Lgbt, abbia gridato allo scandalo e si sia scagliato contro l'Unar (in linea con la posizione della Lega e di tutto il centrodestra) e poi consenta che il comune di Roma, la cui prima cittadina è un loro esponente, faccia tenere a spese dei contribuenti corsi di aggiornamento professionale obbligatorio da associazioni dell'orbita Unar –:
se e quali iniziative di propria competenza il Governo intenda urgentemente adottare in merito a quanto esposto in premessa, per porre fine ai continui scandali che ruotano intorno all'Unar ed alle reiterate e malcelate manovre di diffusione della teoria gender. (4-15806)
GIORGIA MELONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
in attuazione della delega contenuta nella legge comunitaria 2001, con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, è stato istituito presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri «un ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, con funzioni di controllo e garanzia delle parità di trattamento e dell'operatività degli strumenti di tutela, avente il compito di svolgere, in modo autonomo e imparziale, attività di promozione della parità e di rimozione di qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla razza o sull'origine etnica»;
ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2003 che ne ha disposto la costituzione e l'organizzazione interna, l'ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o all'origine etnica (Unar) «ha la funzione di garantire, in piena autonomia di giudizio ed in condizioni di imparzialità, l'effettività del principio di parità di trattamento fra le persone, di vigilare sull'operatività degli strumenti di tutela vigenti contro le discriminazioni nonché di contribuire a rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica analizzando il diverso impatto che le stesse hanno sul genere ed il loro rapporto con le altre forme di razzismo di carattere culturale e religioso»;
negli anni, tuttavia, l'attività dell'Unar ha spesso travalicato, secondo l'interrogante, i compiti istituzionali ad esso assegnati, ed è stato numerose volte al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica e del confronto politico;
nel 2014, l'Unar ha promosso la distribuzione negli istituti scolastici di ogni ordine e grado di alcuni opuscoli, la cui realizzazione era stata finanziata con dieci milioni di euro di denaro pubblico, atti a insegnare la teoria del «gender» nelle scuole italiane sin dalla più tenera età;
in risposta a un atto di sindacato ispettivo, il 4 giugno 2014, l'allora Ministro dell'istruzione, in merito, ebbe a dichiarare che «l'episodio di Unar di “Educare alla diversità” è stato un progetto che non ha coinvolto in nessuna fase il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, né nella sua ideazione e, tanto meno, nella sua realizzazione»;
l'Unar è poi balzata agli onori delle cronache anche per il tentativo di imporre ai giornalisti un codice di comportamento dei linguaggi, attraverso la redazione di una «Guida pratica per i professionisti dei Media» che essi avrebbero dovuto osservare nella redazione dei propri articoli;
il 19 febbraio 2017 il programma televisivo «Le Iene» ha trasmesso un servizio che ha denunciato l'erogazione indiscriminata di finanziamenti ad associazioni da parte dell'Unar, illustrando, in particolare, il caso di un'associazione alla quale sarebbero da ricondurre alcuni circoli, saune e centri massaggi dedicati al mondo omosessuale, che alcuna settimane fa si sarebbe aggiudicata un finanziamento di cinquantacinquemila euro tramite un bando dell'Unar;
stando a quanto affermato nell'ambito del servizio giornalistico, i fondi pubblici erogati dall'Unar all'associazione in questione, invece di essere destinati alla realizzazione di progetti di promozione sociale, sarebbero stati impiegati per finanziare un giro di prostituzione omosessuale;
si tratterebbe, quindi, di un vero e proprio business illecito, messo in atto da un'associazione che, approfittando delle agevolazioni fiscali e commerciali riconosciute in suo favore a causa della sua forma giuridica si dedicherebbe in realtà ad attività di tutt'altra natura, perlopiù finanziate con denaro pubblico;
stando a quanto rivelato dalla trasmissione televisiva, lo stesso ex direttore dell'Unar sarebbe socio della contestata associazione, e la gravità della situazione, ad avviso dell'interrogante, sembra confermata proprio dalle dimissioni che lo stesso si è trovato a dover rassegnare dopo la messa in onda del programma;
in merito all'episodio riportato da «Le Iene», il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha smentito l'erogazione dei contributi e asserendo al tempo stesso che «il bando citato prevedeva il finanziamento di singoli progetti e non della generalità delle attività della suddetta associazione» e che «è già stata predisposta, in via di autotutela cautelare, la sospensione provvisoria di ogni effetto del decreto direttoriale del 23 dicembre 2016 di approvazione della graduatoria relativa all'avviso pubblico del 18 ottobre 2016», di fatto confermando, secondo l'interrogante, che nessuno sa con chiarezza a chi o a quale progetto siano stati destinati i finanziamenti –:
se il Governo non ritenga di disporre l'immediata cessazione delle attività dell'Ufficio di cui in premessa, o quantomeno quali urgenti iniziative intenda assumere affinché lo stesso operi secondo criteri di trasparenza e, soprattutto, in conformità al proprio mandato istituzionale. (4-15807)
PAGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
i cristiani copti d'Egitto stanno vivendo l'ennesima drammatica persecuzione. Una minoranza religiosa, quella cristiano-copta, che costituisce il dieci per cento degli abitanti del più popolato paese arabo, a maggioranza musulmana;
da quanto si apprende dalle notizie pubblicate sugli organi d'informazione, dopo l'uccisione di sette cristiani copti e l'attentato rivendicato dall'ISIS compiuto nella chiesa di San Pietro e Paolo, vicino alla cattedrale copta del Cairo, in dicembre, che provocò 29 morti, un centinaio di famiglie sono state costrette a fuggire da Al Arish, nel nord del Sinai, abbandonando le proprie case e accusando il governo di non riuscire a proteggerli;
il presidente egiziano, Abdel Fattah El Sisi, ha convocato una riunione d'urgenza con il primo ministro, Sherif Ismail, ed i ministri della difesa, degli esteri, dell'interno, della giustizia e delle finanze, nonché il governatore delle Banca Centrale, per ordinare la massima accoglienza e assistenza alle famiglie allontanatesi da El Arish, oltre a disporre l'intensificazione delle operazioni antiterrorismo nel nord del Sinai;
più di una settimana fa fonti dell'Isis hanno fatto circolare in web un video di 20 minuti che, facendo riferimento all'attentato di dicembre, ha minacciato i copti: «Voi, crociati d'Egitto, questa operazione che vi ha colpito nel vostro tempio, è solo la prima – dice nel filmato un uomo mascherato – e sarà seguita da operazioni, se Dio lo permette. Voi siete il nostro primo obiettivo e la nostra pesca preferita». Qualche giorno dopo tre copti sono stati uccisi ad Al Arish: un uomo di 60 anni è stato ucciso in una scuola a colpi d'arma da fuoco e il cadavere di suo figlio di 40 è stato trovato bruciato. Sul terzo non sono stati precisati dettagli;
contrariamente a quanto comunemente si pensa, il Novecento è stato di gran lunga il secolo del più grande massacro di cristiani. Nel periodo che va dalla rivoluzione francese a oggi, ma in particolare nel XX secolo, sono state scatenate persecuzioni mai viste in 2.000 anni per ferocia vastità, durata e quantità di vittime;
è necessario prendere atto che le comunità cristiane locali possono essere considerate come fattori eversivi da parte di alcuni sistemi politici con base democratiche deboli proprio perché per la loro stesse esistenza diffondono una religione, una cultura e un sistema di vita fondati sul valore assoluto della persona umana, quindi sulla libertà, l'eguaglianza di tutti di fronte allo Stato, il riconoscimento alla donna degli stessi diritti dell'uomo, la democrazia e la giustizia sociale;
si constata purtroppo tristemente come la cronaca più recente continui a testimoniare la tragica condizione di paura e di pericolo in cui vive in molte parti del mondo chi professa e testimonia la fede cristiana, in particolar modo in quei paesi dove vige la sharia (complesso di norme religiose, giuridiche e sociali direttamente fondate sulla legge coranica) –:
come intenda adoperarsi, direttamente e attraverso l'Unione europea, per verificare e monitorare la condizione dei cristiani nei Paesi in cui essi costituiscono una minoranza, anche istituendo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un «Osservatorio sulla condizione dei cristiani nel mondo», che avrà, tra le altre, funzioni di consulenza al Governo come quella di valutare il prosieguo delle relazioni diplomatiche, in particolare quelle relative alla cooperazione allo sviluppo, che implicano l'erogazione di fondi da parte del bilancio statale, con i Paesi che non garantiscono il rispetto dei diritti delle minoranze cristiane e/o non hanno sottoscritto la Convenzione dei Diritti dell'Uomo. (4-15810)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazioni a risposta scritta:
DIENI, MANLIO DI STEFANO, DADONE, COZZOLINO, TONINELLI, CECCONI e D'AMBROSIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
più volte il Governo ha dichiarato il proprio impegno per l'accoglienza dei profughi provenienti da zone di conflitto, combattendo contro i soggetti che lucrano nel traffico di esseri umani;
in un'epoca storica in cui si è fatta evidente la minaccia terroristica di soggetti radicalizzati, la cautela esige però che questo fenomeno vada gestito con tutte le accortezze del caso, attraverso un serio monitoraggio del fenomeno dei profughi provenienti da zone in cui sono attivi gruppi armati estremisti e che possono pertanto aver ricevuto una specifica formazione all'utilizzo di armi ed esplosivi;
da quanto emerge, tuttavia, dall'articolo «Iraq, scandalo al consolato italiano «Visti venduti per 10 mila euro», apparso sul Corriere della sera del 28 febbraio 2017, sarebbero state compiute gravi irregolarità preso il consolato italiano nella regione curda con sede ad Ebril tanto da Visametric, l'agenzia incaricata di preparare le domande ufficiali per l'ottenimento del visto, quanto da funzionari della stessa amministrazione dello Stato;
secondo quanto scritto dal giornalista Lorenzo Cremonesi, infatti, «è ormai quasi un anno che dalla sede della rappresentanza italiana a Erbil giungono voci di bustarelle e soprattutto operazioni poco pulite per ottenere l'agognato visto che permette l'accesso all'area Schengen»;
il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale avrebbe aperto un'inchiesta su 152 visti ottenuti pagando cifre esorbitanti e comunque molto più alte delle tariffe ordinarie, rilasciati in modo irregolare;
tra le persone che avrebbero ricorso a questo strumento vi sarebbero curdi, ma anche arabi iracheni e persino profughi siriani;
il nuovo portavoce del Ministro degli affari esteri avrebbe dichiarato che il Ministero è «ben al corrente dei problema» e ha sostenuto che nel caso in cui i sospetti venissero provati, se ne dovrebbe occupare la Procura di Roma;
a quanto si apprende dal sito della società Visametric, quest'ultima deriva dall'unione, avvenuta nel 2013, tra iDATA Consulting inc. (iDATA) e Visa management service (VMS), che aveva lo scopo di espandere ulteriormente l'offerta di servizi di supporto per la gestione in outsourcing delle pratiche di richiesta visto;
appaiono incomprensibili agli interroganti, i motivi per cui il Ministero degli affari esteri, vista l'inaffidabilità del partner privato, continui ad avvalersi dei suoi servizi, dato che sul sito del Ministero (http://vistoperitalia.esteri.it) continua a comparire l'indicazione del sito di Visametric «al fine di facilitare la presentazione delle domande di visto» nei consolati italiani in Iraq –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro degli affari sociali e della cooperazione internazionale per ripristinare la corretta gestione nel rilascio dei visti nel consolato italiano con sede ad Ebril e se non intenda sospendere in via cautelativa i propri rapporti con la società Visametric;
se siano state predisposte verifiche sulle 152 persone, che hanno ottenuto il visto tramite procedure di dubbia legittimità e se sia stato accertato che queste non rappresentino minacce sul fronte della sicurezza. (4-15789)
SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO, SPADONI, DI BATTISTA, GRANDE e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 5 agosto 2016 l'interrogante ha depositato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-14066, cui peraltro non ha fatto seguito alcun riscontro, nella quale viene evidenziata la questione riguardante lo sconfinamento di pescherecci appartenenti alla marineria di Molfetta in acque straniere (Croazia per la precisione), a 9 miglia nautiche dall'Isola di Pelagosa, posta dalla consigliera della regione Puglia, Rosa Barone, alla Capitaneria di porto di Molfetta che aveva risposto il 27 luglio 2016 in maniera circostanziata nelle forme già riportate nella citata interrogazione;
tuttavia, il 23 febbraio 2017 la consiglieri regionale Rosa Barone riceveva dalla stessa Capitaneria di porto una comunicazione con la quale, informandola riassuntivamente di alcune vicende correlate allo sconfinamento di pescherecci appartenenti alla marineria di Molfetta in acque straniere, rettificava quanto scritto nella citata precedente relazione, affermando che: «Da successivi atti pervenuti presso la Capitaneria di porto di Molfetta risulta che, a seguito della confisca da parte delle autorità croate, il peschereccio fu messo all'asta e acquistato da parte dello stesso Murolo Giuseppe per una somma di 750.000 kune. Effettuato il pagamento del 5 per cento di tale importo (37.500 kune), a titolo di acconto in data 21 settembre 2000, fu autorizzata la partenza del M/p in data 22 settembre 2000 per lasciare le acque territoriali croate –:
quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo affinché la Croazia rispetti gli accordi internazionali in materia ed in particolare permetta alle imbarcazioni italiane di agire in sicurezza, e per tutelare i diritti dei cittadini italiani coinvolti. (4-15802)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
LUIGI GALLO, MICILLO, LUIGI DI MAIO, FICO, BUSTO, DE ROSA e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la società Kuwait Petroleum Italia s.p.a., sita in Via Nuova Delle Brecce n. 254, Napoli, risulta essere oggetto di indagine da parte del procuratore aggiunto di Napoli, Filippo Beatrice e dai pubblici ministeri Antonella Fratello e Salvatore Prisco per numerosi reati, tra cui disastro ambientale, traffico illecito di rifiuti, scarico al suolo di acque industriali, oltre alla violazione delle norme di sicurezza per i lavoratori;
dall'analisi del video e delle informazioni pubblicate online sul sito video.corriere.it in data 22 febbraio 2017, si evince che, nell'avviso di conclusione indagini che traccia la storia dell'area industriale di Napoli est (quartiere di San Giovanni a Teduccio), alla succitata società petrolifera vengono contestate, inter alia, la gestione e l'illecito smaltimento di ingenti volumi di rifiuti pericolosi identificati con codice CER 13.5.07 tramite riversamento nell'impianto di depurazione WWT a servizio del deposito fiscale di Napoli della Kuwait Petroleum s.p.a. al fine di trarne profitto e, in particolare, di non sostenere le spese per il corretto smaltimento, che secondo gli inquirenti ammonterebbero a euro 240 milioni;
oltracciò, secondo i rapporti di prova effettuati dall'ARPAC e allegati all'inchiesta, a causa dello stato di degrado dei serbatoi, si sarebbero verificate perdite di tali rifiuti che avrebbero compromesso la salubrità dell'ambiente circostante, causando la contaminazione dei terreni circostanti, con l'inevitabile conseguenza dell'inquinamento della falda;
dunque, le criticità evidenziate dai consulenti tecnici della procura riguarderebbero principalmente lo stato delle strutture dei depositi, indicando, oltre alle perdite nei serbatoi, anche canalette di raccolta dei reflui prive di argini, cedimenti e buchi nel terreno per le infiltrazioni delle acque oleose, nonché la presenza di rifiuti e amianto nelle varie zone del deposito;
sebbene secondo la procura gli indagati sarebbero sempre stati a conoscenza della situazione, come emergerebbe da conversazioni ed email intercettate, la Kuwait s.p.a. ha sempre respinto le accuse, avvalorando la piena legittimità del proprio operato in accordo con la normativa vigente;
l'avviso di garanzia indirizzato ai 29 indagati ha accresciuto il timore dei 120.000 abitanti che vivono sul territorio che comprende l'area in concessione alla Kuwait s.p.a. che, secondo uno studio dell'associazione giovani ricercatori, sono stati colpiti da un aumento dell'incidenza dei tumori alla vescica e all'utero e, solo grazie all'intervento del comitato civico San Giovanni a Teduccio, è stata avviata una procedura di screening tra gli stessi per avere un dato scientifico sull'incidenza delle malattie e poterlo correlare con il problema dell'inquinamento da idrocarburi:
l'attenzione rispetto a tutta questa situazione parte da altre circostanze simili, come la questione della società Tirreno Power s.p.a., per la quale l'interrogante, mediante interrogazione a risposta orale n. 3-01278, dimostrava il concentrato di eccessivi insediamenti industriali con ricaduta ambientali per l'area –:
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare stia monitorando con estrema attenzione la presente vicenda e quali iniziative di competenza intenda assumere anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per verificare lo stato dei luoghi;
se il Ministro della salute non intenda assumere iniziative, con estrema urgenza, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, per verificare quali tipi di conseguenze le vicende incresciose come quella descritta abbiano per la salute dei cittadini. (5-10750)
Interrogazione a risposta scritta:
TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
l'area dell'ex-discarica di via Le Lame, sita a Frosinone, insiste sulla piana del fiume Sacco, dove copre una superficie di circa 37.500 metri quadrati, e si articola in più bacini: il primo è del 1967 anche se i conferimenti sono iniziati prima, il secondo è stato operativo dal 1992 al 1994, e il terzo è stato coltivato dal 1994 al 2001 e poi riattivato per la ricezione di balle contenti sovvalli;
nel 2014, a seguito delle indagini svolte dalla polizia giudiziaria e soprattutto in considerazione degli esiti delle analisi svolte dall'ARPA del Lazio e degli approfonditi accertamenti tecnici svolti dai consulenti nominati dalla procura, era strato disposto il sequestro preventivo dell'area e notificato a quattro persone un provvedimento di avvio d'indagine a loro carico per avvelenamento colposo delle falde acquifere;
l'inchiesta si era concentrata, in particolare, sulla mancata bonifica dell'area dopo la chiusura della discarica, con la conseguente penetrazione nel terreno del percolato che è giunto fino ad inquinare le falde acquifere sottostanti;
stando al comunicato stampa all'epoca rilasciato dagli inquirenti «in dipendenza della gestione della discarica in difetto di adeguate soluzioni e cautele di ordine tecnico, dell'attuazione di interventi di messa in sicurezza insufficienti e comunque non collaudati e dell'omessa attivazione delle indispensabili operazioni di bonifica del sito, è stato consentito e comunque non impedito che il percolato della discarica raggiungesse la falda acquifera sottostante inquinandola con l'apporto di minerali pesanti (in particolare alluminio, ferro, manganese, bario, nichel e piombo) in quantità notevolmente superiori ai valori definiti nelle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) normativamente previsti per le acque sotterranee, così determinando l'avvelenamento delle predette acque, potenzialmente destinabili in via diretta od indiretta al consumo umano»;
successivamente, un'ordinanza del comune di Frosinone aveva «interdetto il prelievo e l'uso delle acque sotterranee per un raggio di 200 metri rispetto al piezometro denominato “S6” nella fascia di terreno potenzialmente contaminata compresa fra la discarica di via Le Lame e il fiume Sacco che ricade nel territorio comunale»;
nell'ottobre del 2016 a conclusione della delicata inchiesta ambientale i magistrati hanno affermato che l'inquinamento delle falde acquifere e dei terreni circostanti la discarica di via Le Lame sarebbe stato provocato da una mancata attuazione della normativa ambientale e dalla scarsa messa in sicurezza ed impermeabilizzazione del sito, e che «seppur lo stato di inquinamento si è verificato nel 2006, lo stato dei luoghi ancora oggi risulta essere fortemente compromesso» dato che i rifiuti non sono mai stati rimossi e il percolato continua ad inquinare il sottosuolo;
le associazioni a tutela dei consumatori che operano sul territorio, e in primo luogo il «Movimento Difesa del Cittadino» hanno in questi anni sempre agito nel senso di mantenere viva l'attenzione delle istituzioni sulla questione dell'inquinamento dell'area e dei conseguenti rischi per la popolazione residente;
nel 2015 l'area dell'ex discarica è stata subperimetrata nell'ambito del sito di interesse nazionale «bacino del fiume Sacco» –:
quali siano lo stato attuale dei luoghi e le procedure attivate per la bonifica dell'area di cui in premessa, e quali iniziative di competenza si intendano adottare per fronteggiare l'emergenza ambientale e sanitaria determinate dalle 625 mila tonnellate di rifiuti ancora presenti in quel territorio. (4-15809)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
VIGNALI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo n. 68 del 2003 ha innovato la normativa nazionale, contenuta nella legge n. 633 del 1941, riguardante la tutela del diritto d'autore relativa agli spartiti musicali;
il comma 3 dell'articolo 68 della citata legge 633, afferma in modo inequivocabile «il divieto di riproduzione di spartiti e partiture musicali (...) nei limiti del 15 per cento di ciascun volume o fascicolo di periodico...»;
il comma 4 recita: «I responsabili dei punti o centri di riproduzione, i quali utilizzino nel proprio ambito o mettano a disposizione di terzi, anche gratuitamente, apparecchi per fotocopia, xerocopia o analogo sistema di riproduzione, devono corrispondere un compenso agli autori ed agli editori delle opere dell'ingegno pubblicate per le stampe che, mediante tali apparecchi, vengono riprodotte per gli usi previsti nel comma 3...»;
il comma 6 infine, afferma che «È vietato lo spaccio al pubblico delle copie di cui ai commi precedenti e, in genere, ogni utilizzazione in concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore.»;
il primo comma dell'articolo 69, afferma che il prestito eseguito dalle biblioteche e discoteche, ai fini esclusivi di promozione culturale e studio personale, non è soggetto ad autorizzazione da parte del titolare del relativo diritto, al quale non è dovuta alcuna remunerazione: tale prestito può avere ad oggetto gli esemplari a stampa delle opere e i fonogrammi e videogrammi contenenti opere cinematografiche o audiovisive ma sono esclusi dal prestito gli spartiti e le partiture musicali; e si sottolinea che trattasi ad ogni modo di prestito, non di autorizzazione alla copia;
tale divieto assoluto di riproduzione di spartiti musicali, eccetto che nei limiti consentiti dalla legge del 15 per cento, viene spesso ignorato dalle strutture scolastiche (conservatori musicali e ISSM, Licei musicali, SMIM), oltre che dagli, stessi docenti e studenti;
questo comporta un danno economico e culturale considerevole con ricadute nel settore sia a livello occupazionale che di mercato: secondo la ICMP, International Confederation of Music Publisher, a seguito di una ricerca del 2008 ad opera della TERA, società di consulenza francese, le perdite relative alla pirateria on line del settore musicale in Europa ammontano a circa 160 milioni di euro annui. All'interno di tale cifra, il dato relativo agli spartiti musicali si aggira intorno ai 27 milioni di euro, con particolare calo, 25 per cento, delle vendite legate al settore chitarra;
secondo la AIDRO, Associazione italiana che tutela i diritti di riproduzione delle Opere libraie e periodiche, collegata all'AIE, associazione italiana editori, la dimensione del danno si aggira 320 milioni di euro annui, escludendo i danni derivanti dalla violazione delle norme tributarie;
ciò comporta maggiori presidi di vendita al pubblico, oltre che limitare gli investimenti per la pubblicazione di nuovi autori;
tantissimi rivenditori di musica hanno chiuso il reparto edizioni musicali, avendo perso quella redditività necessaria a giustificarne i costi: la difficoltà nella reperibilità del prodotto alimenta la diffusione della copia illegale;
intere sezioni di cataloghi musicali non sono più sviluppate a causa della mancanza di redditività necessaria a permetterne quel minimo di ricavo economico, e tutto a svantaggio della creatività collettiva e dei posti di lavoro di un settore, pertanto, in continua contrazione –:
quali iniziative, anche normative, i Ministri interrogati intendano adottare al fine di vietare ogni forma di riproduzione illecita, anche on line, delle edizioni musicali;
se il Ministro dell'interno non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per il contrasto alla pirateria on-line, tramite l'utilizzo della polizia postale;
se non si ritenga opportuno assumere iniziative al fine di demandare alla SIAE la quantificazione dei mancati introiti derivanti dalle copie illegali delle edizioni musicali. (5-10738)
Interrogazioni a risposta scritta:
CAPARINI e BORGHESI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
l'Italia è un Paese ricco di patrimonio culturale diffuso tra privato e pubblico e al settore pubblico spetta la prerogativa di valorizzare i beni e promuovere la politica culturale. Attività che non sono svolte solo dallo Stato. Anche i comuni contribuiscono a rendere accessibile la cultura e a diffonderla: mantenendo biblioteche, musei e teatri di loro proprietà, oppure organizzando eventi e manifestazioni;
i beni culturali sono un giacimento identitario e, dopo, anche una risorsa economica. Possono e devono essere considerati uno strumento per aiutare il turismo e dunque la nostra economia. Ma non possono essere valutati solo per questo. Al compito di migliorare la fruizione e la valorizzazione del nostro patrimonio culturale devono partecipare anche gli enti locali e i privati. La conservazione è compito principale dello Stato;
come riportato da openbilanci.it e blog.openpolis.it dal 2005 la spesa media in cultura delle città con più di 200 mila abitanti era di 71,5 euro per ogni abitante; poi, dopo due anni di flessione, risale fino ai 77 euro pro capite del 2009. Dal 2010 c’è un declino inarrestabile con il record negativo nel 2014 di 61 euro per abitante;
dopo il miliardo di euro per la cultura assegnato dal Cipe – che, tuttavia, sarà destinato ad un numero limitato di siti mentre gli altri dovranno continuare a arrabattarsi con le risibili risorse che il Ministero destina alla tutela – il bilancio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo registra 2.128.366.723 euro per il 2016, 1.754.738.237 per il 2017 e 1.654.456.618 per il 2018 tornando ai livelli del Governo Monti;
il tanto vantato (dal Ministro interrogato) concorso per i 500 nuovi funzionari in realtà si è rivelato un misero palliativo che sarà a malapena sufficiente per coprire il turn over, mentre soprintendenze, musei, archivi e biblioteche continueranno a lavorare in situazioni di carenze di personale. Sul numero di febbraio di Art e Dossier; un articolo di Fabio Isman ha illustrato efficacemente la situazione delle Gallerie nazionali di Palazzo Barberini e Palazzo Corsini: quaranta custodi per i due musei, divisi su quarantaquattro sale (trentasei a Palazzo Barberini, otto a Palazzo Corsini), dei quali quattro non sarebbero tuttavia disponibili, e i restanti trentasei sono insufficienti per garantire l'apertura continua di tutte le sale delle due gallerie (i problemi di Palazzo Barberini, in particolare, sono annosi: ormai è quasi un privilegio poterlo visitare interamente);
l'acquisita autonomia da parte di una trentina d'istituti e l'organizzazione dei restanti in poli museali regionali ha creato una serie di criticità: i musei, scisso il legame con le loro soprintendenze, sono stati scollegati dal loro territorio, e l'autonomia ha portato, per il momento, a riorganizzazioni discutibili (l'esempio della Galleria nazionale d'arte moderna di Roma è particolarmente significativo), a iniziative scriteriate (come l'addio al celibato nel cortile di Palazzo Pitti o il prestito di tredici opere della Galleria Borghese al TEFAF di Maastricht) e, in generale, ad azioni ben poco incisive, perché i problemi che stanno affrontando i nuovi «super direttori» sono gli stessi di sempre. E non si vedono significativi cambiamenti rispetto alle gestioni precedenti. Biblioteche e archivi, invece, sono semplicemente abbandonati a se stessi (come segnalato da Federico Gianni su www.finestresullarte.info);
l'accorpamento delle soprintendenze, secondo la nefasta logica della «visione olistica», in realtà ha prodotto solo una grande confusione: competenze riunite, un minor numero di uffici, soprintendenti e funzionari depotenziati. E di questi problemi si è parlato diffusamente –:
quali iniziative, anche normative, il Ministro interrogato intenda adottare per migliorare la tutela e la valorizzazione del paesaggio e dei beni culturali;
quali iniziative intenda adottare al fine di proteggere e sviluppare il marchio Italia e il turismo di qualità. (4-15778)
SECCO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
poco a nord dello storico Ponte Vecchio di Bassano del Grappa, a sinistra del fiume Brenta, è stata progettata una centrale per la produzione di energia elettrica ad iniziativa di una ditta privata (Belfiore ’90 del signor Bortoli di Nove);
dopo un travagliato iter, il progetto è stato approvato dalla direzione difesa del suolo (decreto giunta regionale del Veneto n. 189 del 27 novembre 2016), con il voto contrario del comune di Bassano del Grappa e con l'assenza della Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio competente, dovuta a tempi strettissimi di convocazione;
lo stesso giorno erano stati convocati il Comitato Via alle ore 11.30 e la conferenza dei servizi decisoria alle ore 12;
questa fretta decisoria ha impedito un'adeguata valutazione dell'intervento, a fronte di tutta una serie di qualificate riserve di tipo scientifico e storico-monumentale;
in questo senso va intesa anche la precisazione della Soprintendenza di Verona che, con nota nella stessa data del 26 ottobre 2016, dichiarava l'impossibilità a partecipare alla commissione, evidenziando che detta assenza non poteva considerarsi ai fini del silenzio assenso e chiedeva una successiva convocazione ai sensi dell'articolo 14-ter del decreto legislativo n. 127 del 2016;
si rileva che l'inserimento di questo impianto di produzione altera pesantemente l'equilibrio del contesto fluviale e del paesaggio storico, architettonico e monumentale, a ridosso del famoso ponte che, come noto, fu progettato da Andrea Palladio, qualche decennio dopo la metà del ’500;
ciò è in sostanziale contrasto con il vincolo dell'area, decretato in data 4 dicembre 1954 dal Ministro Jervolino della pubblica istruzione, in cui si prescriveva esplicitamente l'intangibilità della zona vecchi Mulini, immediatamente contigua all'area del progettato impianto;
tra i contrari alla costruzione del nuovo impianto sono state raccolte ben 13.000 firme di bassanesi o residenti nel territorio;
autorevoli studiosi hanno giudicato pericoloso l'inserimento dell'opera prevista, dal punto di vista statico, geologico ed idrogeologico che potrebbe compromettere la stabilità degli edifici storici e dell'edificato immediatamente confinante a sud e ad est;
tra questi si segnala la «Villa Priuli – ora Caregnato Vettori», decorata di significativi affreschi ed architettonicamente pregevole, che insiste sul canale della centrale di cui si prevede in prossimità del fabbricato una notevole modifica del fondale e delle sponde a ridosso;
all'attenzione della ricerca storica e della conservazione dei beni culturali è prepotentemente emersa negli ultimi anni l'esistenza a poche decine di metri dal progettato impianto di un poderoso torrione tardo medioevale, che costituiva la testata orientale di un ponte-diga realizzato nel 1402, funzionale alla deviazione del Brenta, in caso di guerra, con un canale immediatamente a monte del bacino e ancora riconoscibile per circa 16 chilometri nel territorio vicentino;
il Castello insiste su una zona del colle geologicamente fragile il cui movimento franoso è già stato monitorato negli anni novanta dal Consiglio nazionale delle ricerche. Ancora oggi il pendio del colle, sopra la progettata centrale, reca i segni di un vistoso crollo di un settore della cinta esterna del castello, avvenuto nel 1928;
l'alterazione complessiva del fragile sistema, provocata dalla centrale, costituisce un rischio per la tenuta dell'intero contesto monumentale: castello, torrione, Via Pustrela e Villa Priuli;
questo nucleo del paesaggio storico bassanese, incentrato sulla ricchezza di civiltà e di opere sulle rive del Brenta, deve essere perciò mantenuto e valorizzato per evitare inoltre che esso costituisca un dannoso precedente per la manomissione del contesto e con il rischio di ulteriori gravi smottamenti –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Ministro interrogato a difesa del luogo e della sua irripetibile qualità paesaggistica, ambientale storico e monumentale. (4-15782)
MURGIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nel 1998 è stato definitivamente chiuso l'Ospedale psichiatrico provinciale Villa Clara di Cagliari, ed è stato creato un fondo che raccoglie, le sedicimila cartelle cliniche dei pazienti approdati nella struttura nei cento anni sua attività;
ciascun fascicolo reca sul frontespizio il numero di matricola corrispondente al paziente ricoverato e contiene tutti i documenti relativi alla sua permanenza nella struttura, non solo quelli strettamente medici ma anche le lettere dell'ammalato che non sono mai state spedite, come anche quelle rivolte dai familiari alla direzione dell'ospedale;
in origine i faldoni contenenti le cartelle erano collocati negli uffici dell'ospedale, ma nel 2010 sono stati trasferiti all'Archivio di Stato di Cagliari, contestualmente incaricato di provvedere alla loro conservazione e inventariazione, dopo che nel 2004 la soprintendenza archivistica per la Sardegna aveva effettuato un primo censimento generale con la schedatura di settecento cartelle cliniche, e nel 2007 era stato avviato un nuovo censimento coi l'obiettivo di digitalizzare i dati, progetto poi sospeso a causa dell'inagibilità dei locali della Asl;
il trasferimento del fondo era stato disposto proprio perché la competente azienda sanitaria locale di Cagliari non era in possesso degli strumenti e delle tecniche necessarie per evitare il rischio della dispersione di un patrimonio documentario di così grande interesse storico, ma ad oggi il fondo è abbandonato e l'inventario non è neppure iniziato per mancanza di personale;
le persone che desiderano ricevere delle informazioni sui pazienti dell'ospedale Villa Clara possono solo rivolgersi alla competente azienda sanitaria locale la quale rilascia esclusivamente dei dati amministrativi relativi alla permanenza presso la struttura;
gli anni trascorsi potrebbero aver già danneggiato il contenuto di alcuni fascicoli ed è urgente intervenire affinché questo enorme patrimonio di umanità, rappresentato dalle storie dei pazienti di Villa Clara non sia disperso e per restituire legittimamente ai parenti, dopo tanti anni, un pezzo della loro storia familiare –:
se siano a conoscenza dei fatti riportati in premesse e quali iniziative intendano assumere in merito, garantendo la conservazione, la classificazione e l'accessibilità dei citati documenti. (4-15783)
PALMIZIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
l'Anfiteatro romano di Rimini fu eretto tra il 119 e il 138 d.C per ospitare spettacoli gladiatori;
di forma ellittica (come la maggioranza degli anfiteatri che Roma costruì in tutto il suo Impero), conteneva fino a 14.000 spettatori in uno spazio originario di 118 x 88 metri;
per queste caratteristiche risulta essere uno dei più grandi in Italia, con il triste primato di essere anche quello conservato in maniera peggiore;
nel corso del Medioevo l'area fu usata come terreno dedicato a orti, e i documenti raccontano che nel 1600 vi fu ricavato persino un lazzaretto, collegato a un monastero;
il celebre storico riminese Luigi Tonini riscoprì il valore storico dell'area e nel 1843 diede inizio agli scavi e disegnò la prima mappa ufficiale della zona archeologica, ma, nonostante il rinvenimento, l'anfiteatro è rimasto lì, abbandonato a sé stesso, per oltre un secolo;
sull'area archeologica dell'anfiteatro fu posto un vincolo nel 1913; in base a tale vincolo è «proibito fare qualsiasi costruzione» nell'area in questione;
nonostante ciò, nel 1946, il Soccorso operaio Svizzero dona alla popolazione riminese, fiaccata dai bombardamenti, 13 baracche in legno con i relativi arredi smontabili, che inizialmente dovevano essere temporanee, ma che oggi, dopo vari ampliamenti, costituiscono il Ceis (Centro educativo italo svizzero), situato nell'area archeologica dell'anfiteatro;
nel 1969 l'allora sindaco di Rimini, Walter Ceccaroni, scrisse alla Soprintendenza regionale assumendo un impegno formale (mai onorato), inteso a «trasferire, allorché necessario, la sede del Centro Educativo Italo-Svizzero in altra ubicazione diversa dall'attuale»;
negli anni ’70, senza che, a quanto consta all'interrogante, fosse stata informata la Soprintendenza nell'area vengono addirittura eretti i primi edifici in muratura, con fondamenta in calcestruzzo, che vengono ampliati negli anni e sono tuttora esistenti;
la coesistenza tra Ceis e zona archeologica non può persistere, se si vuole valorizzare l'anfiteatro romano, ma l'attuale presidente del Ceis, Giovanna Filippini, ha spesso ribadito il seguente concetto: «il Comune ci deve mettere a disposizione un'altra area e una struttura che sia adeguata alle nostre esigenze. Non abbiamo mai preso in considerazione l'idea di spostarci, se lo faremo dovremo avere in cambio delle garanzie. Anzi ho intenzione di fare la richiesta perché il sito diventi patrimonio mondiale dell'Unesco»;
negli anni, sono giunte innumerevoli esortazioni al comune di Rimini per valorizzare l'antica arena di epoca romana, oggi «soffocata» da una delle strade di maggiore traffico della città (via Roma), dalle case costruite intorno e dallo stesso Ceis;
si ricorda che il Ceis è un'associazione privata e i membri del suo consiglio di amministrazione sono nominati su proposta del comune di Rimini, che, ogni anno contribuisce cospicuamente con denaro pubblico alle sue attività;
in 70 anni per salvaguardare l'area dell'anfiteatro è stato solo realizzato un percorso verde tra i resti dell'anfiteatro, negli anni ’90, e, dopo un lungo braccio di ferro, la rimozione del distributore di benzina che occupava una parte dell'area;
è veramente troppo poco, a giudizio dell'interrogante, se si considerano il valore e il potenziale di un'area collocabile tra le più importanti della regione Emilia-Romagna e del nostro Paese per importanza storica, simbolica ed archeologica –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa, davvero incomprensibile per un'area di tale valore simbolico, storico e archeologico e se intenda assumere, per quanto di competenza, per risolvere le criticità sopra evidenziate, esortando le parti interessate (Ceis compreso) a collaborare affinché venga data priorità alla riqualificazione dell'area e alla valorizzazione dell'area in cui è ubicato l'anfiteatro romano.
(4-15790)
DIFESA
Interrogazione a risposta in Commissione:
RIZZO, GRILLO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
i «master media messages», ovvero le note di linguaggio, sono metodologie di comunicazione applicate al personale militare per affrontare le richieste della stampa su temi per cui si intende ottenere l'effetto di una informazione univoca;
nel programma di comunicazione 2016 emanato dall'ufficio di pubblica informazione e comunicazione del gabinetto del Ministero della difesa, al punto 6.2.6, si riferisce che, per le attività di impegno in teatri fuori area e di attività addestrative ed esercitazioni internazionali, è necessaria la predisposizione (pre, durante e post evento) di appropriate norme di linguaggio ad uso degli organi di pubblica informazione, da rendere note, semplificandole, anche a tutto il personale delle Forze armate, attraverso i consueti canali di comunicazione interna (area community sito web, mail no-reply, magazine AM-News, e altro);
nel report «mass media e forze armate» pubblicato sul sito del Ministero della difesa, redatto nel 2010, si legge anche il seguente periodo: «Su ogni base erano rischierati degli Ufficiali Addetti Stampa dell'Aeronautica Militare Italiana ed ogni distaccamento straniero aveva il suo punto e contatto. In coordinamento costante con il centro di Vicenza venivano autorizzate le visite e disseminate le «note di linguaggio», gli orientamenti per la comunicazione approvati al massimo livello politico-militare che dovevano uniformare l'attività di comunicazione dell'Alleanza»;
un ulteriore esempio dell'utilizzo delle «note di linguaggio» è dato dal documento protocollo 9671 del 9 novembre 2012, avente per oggetto: «elementi per la comunicazione» riguardante, il tema dell'uranio impoverito ed elaborati dal servizio pubblica informazione e diramati dal gabinetto del Ministro della difesa in data 9 novembre 2012, con cui si dà mandato alle Forze armate di seguire le linee guida per la comunicazione dei vertici del dicastero e dei rispettivi uffici stampa in occasione di eventi pubblici; in pratica, vengono date notizie di background e note di linguaggio utili a rispondere, in maniera univoca, alle richieste di notizia che negli anni sono state sollecitate dalla stampa;
tale prassi appare evidente dall'esame testimoniale dei responsabili del poligono di Foce Reno, svoltosi il 13 gennaio 2017 in seno alla commissione d'inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito;
in tale sede il responsabile della sicurezza protezione e prevenzione, su richiesta di un documento sulla sicurezza del sito da parte del presidente, onorevole Scanu, risponde di non potere fornire informazioni, per via delle «note di linguaggio», salvo subito dopo rettificare la propria dichiarazione ed ammettere la possibilità di reperire detti documenti immediatamente –:
come ritenga che le «note di linguaggio» o gli «elementi per la comunicazione» di cui in premessa che, per gli interroganti, privano il militare della facoltà di poter esprimere il proprio pensiero si concilino con i diritti fondamentali dettati dall'articolo 21 della Costituzione;
se nella predisposizione dei prossimi programmi di comunicazione redatti a cura del gabinetto del Ministro della difesa, si intenda meglio specificare l'ambito di applicazione degli «elementi per la comunicazione» per il personale chiamato a testimoniare di fronte ad autorità giudiziarie o organi parlamentari. (5-10748)
Interrogazione a risposta scritta:
RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE, TOFALO, VIGNAROLI, ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO e TERZONI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'articolo n. 92, comma 1, e comma 2, lettera p), del decreto legislativo n. 66 del 2010 recante il codice dell'ordinamento militare dispone che le Forze armate forniscano «il proprio contributo nei campi della pubblica utilità e della tutela ambientale» prevedendo, in particolare, «interventi sull'ambiente marino a tutela della fauna, della flora e del monitoraggio delle acque nonché attività di ricerca ambientale marina...»;
le tecnologie e i mezzi della Marina militare sono impiegabili sia per scopi militari che civili. È una caratteristica intrinseca di tutte le unità della marina, da sempre impegnata in compiti che, per loro natura, sono strettamente connessi anche al mondo civile nell'articolato e complesso contesto dell'ambiente marittimo;
il quadro normativo vigente impone la necessità di assicurare la sinergia tra le attività di competenza dello Stato, anche al fine di poter accedere alle risorse specificatamente stanziate in ambito comunitario per l'espletamento dei progetti inerenti al traffico marittimo, alla salvaguardia dell'ambiente marino, e, più in generale, alla tutela della sicurezza della navigazione, nonché al fine di garantire un omogeneo e coerente svolgimento di attività di interesse comune in attuazione del principio di leale collaborazione nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, efficacia ed economicità;
la marina militare ed il Cnr, Consiglio nazionale delle ricerche, hanno siglato un accordo di collaborazione, in data 23 luglio 2015, con cui si è deciso che, tra i compiti congiunti, vi sia quello di ricercare e sviluppare progetti per attività connesse alla tutela dell'ambiente marino e marittimo, la tolleranza del sistema marino alle perturbazioni naturali e antropiche, prevenzione e pianificazione degli interventi in caso di inquinamento marino, prevedendo la collaborazione nelle attività di monitoraggio ambientale, campionamento e controllo dei parametri chimico-fisici e delle correnti nelle acque marine, nonché degli impatti sui medesimi parametri delle attività antropiche, supporto a progetti di recupero relitti e studio per il successivo smaltimento;
recentemente, il presidente della commissione d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, onorevole Alessandro Bratti, ha provveduto a desecretare circa sessanta documenti provenienti dall'ex Sismi, oggi Aise, il Servizio informazioni e sicurezza militare;
tra i fascicoli consultabili risalta quello relativo alle cosiddette «navi fantasma» affondate nel Mediterraneo i cui relitti potrebbero contenere rifiuti pericolosi o radioattivi. Un documento del Sismi datato 5 settembre 1995, indirizzato alla Presidenza del Consiglio dei ministri — Cesis e al Ministro della difesa, infatti, riportava il risultato di una analisi degli affondamenti di mercantili nel Mediterraneo dal 14 aprile 1989 al 22 luglio 1995;
sono ben 90 gli affondamenti riscontrati con relative coordinate, con dati sul carico, dati dell'armatore, percorso e motivi apparenti del naufragio che, dopo la declassificazione, verranno analizzati e confrontati con gli altri atti già acquisiti dalla suddetta commissione –:
se siano stati avviati dal Governo tavoli di lavoro al fine di definire progetti, programmi e risorse finanziarie da impegnare immediatamente alla verifica precisa e puntuale di quanto emerso ultimamente dalla desecretazione dei documenti del Sismi;
se il Governo intenda chiarire quali iniziative di competenza intenda assumere per salvaguardare la salute delle popolazioni limitrofe alle aree individuate con probabili affondamenti di «battelli inquinanti», nonché a garanzia delle attività di pesca o qualsiasi altra iniziativa volta a salvaguardare l'ambiente marino potenzialmente contaminato. (4-15793)
ECONOMIA E FINANZE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
con riferimento ai contenziosi tributari esistono statistiche ufficiali curate e pubblicate trimestralmente dal dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, relativamente agli esiti dei giudizi di primo e secondo grado davanti alle commissioni tributarie provinciali e regionali; non esistono invece statistiche ufficiali relativamente ai giudizi aventi per oggetto la materia fiscale resi dalla Corte di cassazione;
nelle richiamate statistiche ufficiali del Ministero dell'economia e delle finanze si evince che, anche relativamente all'ultimo trimestre considerato (luglio-settembre 2016), la percentuale di vittorie piene dell'Agenzia delle entrate continua stabilmente a mantenersi al di sotto del 50 per cento (44,6 per cento in primo grado e 43,8 per cento in secondo grado), mentre per il resto, gli esiti dei contenziosi si suddividono tra vittorie piene dei contribuenti, giudizi intermedi (ossia «pareggi» in cui viene data parzialmente ragione entrambe le parti) e altri esiti (quali conciliazioni e estinzioni del processo per sopravvenuto venire meno della materia del contendere);
in assenza di statistiche ufficiali sugli esiti dei giudizi presso la Corte di cassazione, l'Agenzia delle entrate afferma, unilateralmente, sempre cercando la massima diffusione e visibilità mediatica del dato, di vincere in media 74,76 per cento delle volte: addirittura il 90,9 per cento sulle controversie dove è il contribuente a ricorrere, perché in secondo grado ha già perso; «solo» il 65,1 per cento delle volte sulle controversie in Cassazione dove è l'Agenzia a ricorrere, avendo vinto contribuente in secondo grado;
la discrepanza rispetto ai dati ufficiali, agevolmente rinvenibili per i primi due gradi di giudizio, è evidente e suscita, secondi gli interpellanti, non poche perplessità, nel senso che: o le commissioni tributarie sono pro contribuente; oppure la Corte di cassazione è pro Erario; oppure l'Agenzia delle entrate produce, proprio uso e consumo, statistiche con criteri diversi d quelli usati nelle statistiche ufficiali;
dei tre scenari, parrebbe più probabile l'ultimo, se è vero, come sembra, che l'Agenzia delle entrate, nel calcolare le proprie formidabili percentuali di vittorie in Cassazione non tiene conto dei giudizi in cui la Corte di Cassazione decide per il rinvio della controversia alle commissioni di merito e contempla tra le vittorie piene anche i giudizi in cui la Cassazione accoglie solo in parte le ragioni dell'Agenzia delle entrate e, in parte, quelle del contribuente (i cosiddetti «giudizi intermedi», cioè i «pareggi» che, opportunamente, le statistiche del Ministero dell'economia e delle finanze evidenziano a parte, senza ascriverli né alle vittorie piene dei contribuenti, né alle vittorie piene degli enti impositori) –:
quale sia il dato statistico degli esiti dei contenziosi tributari avanti la Corte di Cassazione, e se intenda comunicare le percentuali con modalità conformi a quelle utilizzate per i primi due gradi di giudizio, ossia distinguendo tra vittorie piene del contribuente, giudizi intermedi, vittorie piene dell'Agenzia delle entrate ed altri esiti (quale ad esempio il rinvio della controversia alla commissione di merito).
(2-01688) «Zanetti, Francesco Saverio Romano».
Interrogazione a risposta scritta:
COZZOLINO, BRUGNEROTTO, D'INCÀ, DA VILLA, SPESSOTTO, VILLAROSA, ALBERTI e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la legge 208 del 2015, legge di stabilità per l'anno 2016, ai commi da 422 a 428 dell'articolo 1 prevedeva un sistema di finanziamenti agevolati, garantiti dallo Stato, fino ad un massimo di 1.500 milioni di euro da erogare a sostegno di chi ha subito danni a seguito di calamità naturale a seguito della quale sia stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5, comma 2 della legge 225 del 1992;
tali finanziamenti agevolati dovevano essere erogati per il tramite di istituti di credito sulla base di un'apposita convenzione stipulata tra l'ABI e la Cassa depositi e prestiti;
detta convenzione è stata sottoscritta in data 17 novembre 2016. Ad oggi, come risulta da apposita comunicazione comunicata sul sito dell'ABI, sono soltanto due gli istituti di credito ad aver aderito alla convenzione e, conseguentemente sono solo gli stessi istituti a poter erogare i finanziamenti previsti dalla legge 208 del 2015;
il numero estremamente limitato di istituti di credito, tra i quali uno neppure italiano, aderenti alla convenzione rischia di rendere estremamente critico, se non inattuabile, il sistema di erogazione di finanziamenti agevolati, sui quali il governo riconoscerebbe anche un credito di imposta, nei confronti della potenziale platea degli aventi diritto, mettendo a rischio il piano ideato dal Governo per intervenire a sostegno di chi ha subito danno a seguito di calamità naturali;
sconcerta in particolare gli interroganti il fatto che tra gli istituti non aderenti vi siano anche quelli per i quali il Governo ha disposto interventi di sostegno e salvataggio con appositi provvedimenti legislativi di urgenza, ed in generale i principali istituti di credito italiano, ai quali è sostanzialmente destinato un fondo di euro 20 miliardi previsto dal Decreto-legge 237 del 2016 –:
quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo al fine di garantire la piena attuazione del sistema di finanziamento agevolato previsto dai commi 422 a 428 della legge 208 del 2015 tutelando pienamente l'accesso ai finanziamenti agevolati di tutti gli aventi diritto. (4-15799)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
ROSTAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la delega di cui alla legge n. 57 del 2016, relativa alla riforma della magistratura onoraria e di pace, nella parte riguardante la magistratura onoraria e di pace in servizio, deve essere ancora esercitata attraverso l'emanazione di decreti legislativi;
con sentenza pubblicata il 16 novembre 2016, il Comitato europeo dei diritti e delle uguaglianze sociali (CEDS), organo giurisdizionale del Consiglio d'Europa, ha accolte il reclamo n. 103 del 2013 accertando la discriminazione nei confronti dei giudici di pace e la violazione da parte dell'Italia del combinato disposto dell'articolo 12, paragrafo 1, con l'allegato E della Carta sociale europea;
il Comitato ha sancito il diritto al riconoscimento della sicurezza sociale (previdenza) a questa magistratura, oltre al fatto che le funzioni di giudice di pace sono funzionalmente equivalenti ai magistrati di ruolo, con ogni conseguenza (§ 81 e 82 della sentenza);
è in corso un'istruttoria per procedura di infrazione nei confronti dell'Italia da parte della Commissione europea, che ha già rigettato varie proposte avanzate dal Ministero della giustizia, in quanto non contemplavano l'ipotesi della stabilizzazione della magistratura onoraria e di pace in servizio, anche in considerazione della funzione giurisdizionale svolta per vari anni;
il Parlamento europeo nella seduta del 28 febbraio 2017 ha delle varie petizioni presentate da magistrati onorari e di pace che denunciano la continua violazione dell'Italia in tema di diritti sociali e di lavoro, nonché del principio di non discriminazione, con conseguente stato di permanente precarietà, senza alcuna protezione sociale;
lo status giuridico del giudice di pace in Italia contrasta pertanto con la sentenza della Corte di giustizia (causa C-212/ 04), con l'articolo 5 del decreto legislativo n. 368 del 2001, con le direttive 97/81/CE e 1999/70/CE, nonché con i principi di diritto dalla Corte di giustizia (C-393/10) –:
se il Ministro interrogato ritenga di assumere iniziative per uniformarsi alle pronunce della Corte di giustizia e del Comitato europeo dei diritti e delle uguaglianze sociali, trasformando il rapporto di lavoro dei giudici di pace a tempo indeterminato, con tutte le garanzie conseguenti di protezione sociale ed adeguamento stipendiale, attraverso l'adozione urgente di iniziative normative che esulino dall'esercizio della legge delega n. 57 del 2016, limitatamente al regime transitorio, ovvero quali provvedimenti intenda adottare per rispettare e ripristinare i principi europei, provvedendo in particolare all'esercizio della delega citata, così come approvata dal Parlamento. (5-10747)
MORANI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da un articolo pubblicato sul Tirreno lo scorso 26 febbraio 2017, a firma di Ilaria Bonuccelli, si apprende di una notizia che ha destato molto scalpore e altrettanta preoccupazione su quanto avvenuto in provincia di Venezia;
una donna di nome Debora, vittima delle violenze del suo ex marito, accusato di picchiarla e perseguitarla vive da mesi nel terrore di una nuova aggressione;
la situazione per la donna si è ulteriormente aggravata a seguito della decisione del Tribunale di Venezia in base alla quale, perché giudicato troppo invasivo, il suo ex marito non deve più indossare il braccialetto elettronico anti-stalker;
con la revoca del dispositivo non vi è più alcun allarme a tutelare la donna ove l'ex marito si avvicinasse infrangendo il divieto dei 250 metri disposto dall'autorità giudiziaria;
questo in attesa della sentenza del processo in corso attesa entro il prossimo 30 marzo, dove per l'ex marito è stata chiesta una condanna per maltrattamenti di un anno e mezzo;
su 20 braccialetti anti-stalker a disposizione del Ministero dell'interno, solo uno, fino a due giorni fa era stato attivato e si trattava proprio del caso oggetto del presente atto di sindacato ispettivo;
in questo lasso di tempo la donna non è più nelle condizioni di sapere se l'ex marito dovesse trovarsi nei pressi di luoghi da lei frequentati, non avendo più attivo il dispositivo che fa scattare l'allarme;
la sorveglianza è stata affidata ai carabinieri che sono chiamati ad intervenire nel caso in cui dovesse essere segnalata una violazione dalla distanza minima di sicurezza stabilita dal giudice ma se la donna dovesse trovarsi fuori dalla propria abitazione in luoghi pubblici, negozi, resterebbe sempre il dubbio che la violazione non sia stata volontaria –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritenga opportuno approfondire il caso in questione, anche in considerazione del fatto che si trattava del primo esperimento in Italia di braccialetto elettronico anti stalker nonché se non ritenga di valutare l'opportunità di un nuovo intervento di carattere normativo, in conseguenza delle criticità emerse in questa vicenda, al fine di rafforzare le misure di protezione in favore delle vittime e quindi nell'ottica di una reale ed effettiva prevenzione.
(5-10751)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
il tratto dall'innesto con la strada statale n. 534 (chilometro 365+150) a Roseto Capo Spulico (chilometro 400+000), per uno sviluppo complessivo di circa 38 chilometri, meglio noto come Megalotto 3o della strada statale 106 in Calabria, è un intervento inserito nel 1o Programma delle infrastrutture strategiche (delibera del Cipe n. 121 del 2001) e ricade nell'ambito di applicazione della legge obiettivo n. 443 del 2001;
l'intervento è inoltre previsto nell’«Intesa Generale Quadro – Accordo di programma per il sistema delle infrastrutture di trasporto nella regione Calabria», stipulato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e dalla regione Calabria in data 16 maggio 2002, laddove indica, al punto «Corridoi autostradali e stradali», il completamento della autostrada Jonica E90 Lecce-Taranto-Sibari-Reggio Calabria. L'intervento è stato quindi inserito nel piano Decennale Anas 2003-2012, e previsto nel piano degli investimenti Anas 2007-2011 – legge obiettivo;
il bando Anas è del dicembre 2008 (base d'asta 961,9 milioni di euro), e l'aggiudicazione provvisoria ad Astaldi-Impregilo per 791 milioni risale al dicembre 2010, ma rimane bloccata per un anno a causa di una clausola della delibera del Cipe n. 103 del 2007 che, nello stanziare i primi 154 milioni di euro a carico della legge obiettivo, ne subordinava l'efficacia all'assegnazione di tutte le altre coperture, fino a un costo totale di 1.234 milioni di euro (oggi quantificato in 1.165 milioni di euro). Nel 2008 arrivarono altri 535 milioni di euro dalla legge obiettivo, ma gli altri 536 milioni di euro a carico di Fas e dei fondi ex Fintecna sono via via nel tempo «evaporati», bloccando così l'aggiudicazione della gara;
una delibera del Cipe del dicembre 2011 ha eliminato tale clausola (Cipe 2007) consentendo all'Anas di aggiudicare definitivamente l'appalto, nel febbraio 2012, ad Astaldi (capogruppo con il 60 per cento) e Impregilo (40 per cento), anche senza la copertura complessiva (oggi la copertura è di 969,4 milioni di euro su 1.165 di costo complessivo);
il contratto è stato firmato il 12 marzo 2012. Si trattava però di una gara a general contractor, con bando su progetto preliminare, dunque, dopo il contratto, le imprese dovevano completare la progettazione prima di avviare i lavori. La durata complessiva delle attività era prevista in 7 anni e 8 mesi, di cui quindici mesi per lo sviluppo della progettazione (definitiva ed esecutiva) e per le attività propedeutiche all'avvio dei lavori (dunque entro giugno 2013), ed i restanti 6 anni e 5 mesi per la fase di costruzione (dunque entro fine 2019);
il 14 giugno 2013 il contraente generale ha consegnato il progetto definitivo, su cui Anas ha svolto le proprie attività di verifica e controllo, concluse in data 27 novembre 2013, con l'approvazione del progetto definitivo ai fini dell'avvio delle procedure autorizzative di legge obiettivo;
eppure, il progetto risulta inviato da Anas al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'approvazione del Cipe (dati da Silos Camera dei deputati, dati Anac) solo il 6 febbraio 2014, e il 10 febbraio parte la procedura di Valutazione di impatto ambientale; tale procedura si chiude solo nei primi mesi del 2016, e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti porta l'approvazione del progetto definitivo al Cipe per la seduta del 10 agosto 2016;
il 10 agosto 2016 il Cipe ha però approvato solo una parte (per 276 milioni di euro) del progetto definitivo del macrolotto, impegnandosi però, come indicato nel comunicato ufficiale, ad approvare anche l'altro (842 milioni di euro) «in tempi brevi». Questa seconda approvazione non è però mai arrivata, e anche sulla prima tutto si è fermato: la Corte dei conti ha sollevato pesanti rilievi, tali da determinare, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il ritiro della delibera –:
quali siano le ragioni degli insostenibili ritardi che hanno riguardato l'implementazione del progetto del terzo macrolotto della strada statale 106;
quali siano le ragioni che hanno portato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a presentare al Cipe una delibera le cui carenze rilevate dalla Corte dei conti sono state così evidenti da imporne il ritiro, e quali siano ora tempi e quali le procedure previste per il nuovo invio al Cipe del progetto, per la sua approvazione e per l'avvio dei lavori.
(2-01687) «Occhiuto».
Interrogazione a risposta orale:
BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
a seguito della realizzazione dei lavori di ammodernamento della strada A2 Salerno-Reggio Calabria nel tratto lucano si è aperta una questione relativa al futuro dei lavoratori delle aree Galdo di Lauria;
le stazioni di servizio in oggetto occupano circa 40 lavoratori che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro in quanto con il nuovo tracciato sono divenute distanti dall'autostrada e quindi frequentate dai viaggiatori;
le nuove aree di servizio previste non saranno pronte prima di un periodo di tempo non inferiore ai due anni;
sarebbe paradossale che un necessario intervento di ammodernamento infrastrutturale atteso per anni si traducesse nella perdita di posti di lavoro per i dipendenti delle stazioni di servizio;
i lavoratori attraverso le organizzazioni sindacali hanno chiesto di trovare una soluzione tecnica ad Anas e alle istituzioni, chiedendo il rispetto degli impegni già assunti minacciando azioni di protesta forti, compreso il blocco del tratto autostradale –:
se il Governo sia a conoscenza di tale criticità e se non ritenga opportuno intervenire, per quanto di competenza, al fine di promuovere un tavolo istituzionale in grado di trovare una soluzione, come avvenuto anche per altre realtà, per i lavoratori delle aree di servizio di Galdo di Lauria scongiurando la perdita di posti di lavoro. (3-02847)
Interrogazioni a risposta scritta:
LUIGI DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nel 1992 è avvenuta la riforma più importante della storia dei nautici, con la quale sono stati rivoluzionati i programmi del percorso di studio. In particolare, è stato istituzionalizzato il progetto cosiddetto «nautilus» secondo alcuni lavoratori del settore, che hanno contattato l'interrogante, tali variazioni hanno indebolito la preparazione fornita agli allievi nautici;
pertanto, prima della riforma il titolo dei diplomi era «aspirante al comando di navi mercantili» e «aspirante alla direzione di navi mercantili», Successivamente, la denominazione della loro, qualifica è cambiata rispettivamente, per i due indirizzi, in «perito per il trasporto marittimo (TM)» con l'indirizzo Orione e «perito per gli apparati e impianti marittimi (AIM)» con l'indirizzo Nautilus;
così facendo, coloro che erano già in possesso delle posizioni professionali a cui si è fatto riferimento, risultavano non avere un'adeguata preparazione scolastica e professionale. Quindi, sono nate le cosiddette «accademie del mare», istituti che compensavano la mancata preparazione fornita dagli istituti nautici prima delle riforme citate;
prima delle citate riforme, pertanto, chi conseguiva il diploma, dopo esser stato esaurito da una commissione ministeriale, aveva due alternative: a) intraprendere l'attività professionale marittima (avendo comunque conseguito le competenze necessarie); b) proseguire gli studi accademici, aggiungendo così alla scolarizzazione nautica altre competenze;
chi intraprendeva la strada professionale marittima, navigava con il ruolo di allievo ufficiale di coperta per un periodo di addestramento pari a 18 mesi, trascorsi i quali – previo superamento di un esame dinanzi ad una commissione con sede in una direzione marittima – potevano conseguire titolo di «capitano di navi mercantili inferiore a 1600 tonnellate di stazza lorda». Invece, chi navigava per quattro anni, di cui uno fuori dagli stretti di Suez e di Gibilterra, poteva sostenere l'esame per conseguire il titolo di «capitano di lungo corso senza limiti di tonnellaggio». Tali soggetti, nel corso della loro carriera, svolgevano numerosi corsi addestramento, per quel che concerne le varie strumentazioni di ausilio navigazione (radar X, radar S, radar ARPA, ECDIS, GMDSS) e per quel che concerne le problematiche in cui si incorre vivendo su di una nave (formazione in materia di medical care, antincendio, sicurezza contro gli attentati ed altri);
con decreto ministeriale 25 luglio 2016, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha disposto l'obbligatorietà dei corsi per il livello direttivo (settore coperta e macchina) per loro che intendono acquisire o rinnovare i titoli;
pertanto, chi aveva conseguito titoli prima del luglio 2016 deve partecipare ad un corso direttivo per «comandanti», «direttori e primi Ufficiali di coperta e di macchina», di durata pari a 300 ore di preparazione scolastica per la sezione di coperta (comandante e I ufficiale) e di durata pari a 570 ore per la sezione macchina (direttore e I ufficiale);
in questo modo, però, non vengono considerati, secondo l'interrogante, le competenze acquisite negli anni da lavoratori con molti anni di esperienza sul campo che vengono paragonati a chi sta iniziando gli studi;
peraltro, sempre secondo quanto disposto dal decreto ministeriale 25 luglio 2016, i marittimi di «vecchia preparazione» si debbono adeguare alla normativa entro dicembre 2018 previa perdita dei propri titoli, si parla, quindi, di un numero molto considerevole di posti di lavoro a rischio –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno valutare se sussistano i presupposti per disporre, che coloro i quali hanno fino ad ora esercitato le professioni marittime, perché in possesso dei precedenti requisiti, possano continuare ad esercitare tali professioni senza alcuna interruzione. (4-15791)
LOCATELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
domenica 26 febbraio 2017, nel territorio del comune di Foppolo (Bergamo), pochi minuti prima delle ore 15.00, un elicottero R22 con due persone a bordo, mentre cercava di atterrare sulla piazzola posta pochi metri a monte del rifugio «Terrazza Salomon Montebello» a 2.100 metri di quota, dalla quale era decollato una decina di minuti prima, è precipitato a 2-3 metri di distanza dalla terrazza dello stesso rifugio, sulla breve discesa di neve battuta che fa da raccordo con l'arrivo della seggiovia sita leggermente più a valle, lungo la quale corre il tapis roulant utilizzato dagli avventori;
a quell'ora lo spazio esterno del locale era gremito di persone, ben oltre 200, che si godevano la giornata di sole e parecchi bambini stavano giocando a pochi metri di distanza da dove è precipitato il velivolo;
solo il caso ha scongiurato una tragedia, infatti il velivolo è passato a un metro e mezzo da un primo gruppo di bambini, ne ha sorvolato un altro a circa 50 centimetri e, per fortuna senza gravi conseguenze, ha toccato con i pattini e/o la carlinga altre tre bambine buttandole a terra –:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover approfondire e chiarire le modalità dell'accaduto, anche tramite il coinvolgimento degli enti preposti alla regolamentazione, al controllo e alla sicurezza dei voli civili e, in particolare, che vengano accertati: la proprietà dell'elicottero, le manutenzioni, revisioni, collaudi e omologazioni dello stesso; il soggetto alla guida, il conseguimento e il mantenimento delle idonee abilitazioni al volo da parte di quest'ultimo; il rispetto delle prescritte comunicazioni apertura elisuperficie temporanee, nonché delle norme comportamentali in materia di volo di simili velivoli da considerarsi di aviazione generale o ultra leggeri da diporto/sportivo in presenza di assembramenti di persone e in situazioni di emergenza; le caratteristiche del velivolo, la sua immatricolabilità come ultraleggero e la veridicità dell'autocertificazione rilasciata a tal fine dal proprietario, la conformità, le ore di volo, lo stato di usura, la conservazione e l'idoneità al volo stesso nell'ambiente montano; la rispondenza della piazzola di decollo e atterraggio alle previsioni legislative e regolamentari in materia;
se non ritenga, oltremodo, di avviare una riflessione sulla necessità di modificare la normativa vigente in materia, che consente l'immatricolazione di un velivolo quale ultraleggero unicamente a fronte dell'autocertificazione rilasciata dal proprietario circa il non superamento di 450 chilogrammi di peso del velivolo a pieno carico, al decollo, con 2 persone a bordo e con un'autonomia di almeno un'ora. (4-15794)
FEDRIGA, MOLTENI e GIANLUCA PINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nell'ottobre 2016 il dirigente del compartimento della polizia ferroviaria dell'Emilia Romagna, dottor Grazioso Fusco, ha ufficialmente reso noto il progetto di Trenitalia concernente il ricollocamento del personale in servizio alla polizia ferroviaria di Bologna presso una nuova caserma nello scalo ferroviario di San Donato, la cui ristrutturazione è terminata a gennaio;
il trasferimento di tutti gli alloggiati nella caserma San Donato con il contestuale abbandono della caserma Casarini dovrebbe essere ormai imminente;
la decisione di basare un presidio di polizia nella zona di via Casarini a Bologna fu determinata dieci anni fa dalla situazione di illegalità e degrado in cui era sprofondata l'area e venne assunta subito dopo lo sgombero degli occupanti abusivi dello stabile prescelto. La caserma delle forze dell'ordine avrebbe contribuito a riqualificare il quartiere e aumentare il livello di sicurezza;
per una serie di scelte, l'onere economico dell'affitto dello stabile finì in capo all'ente ferroviario, e nacque la caserma della polizia ferroviaria;
per dieci anni il quartiere ha ospitato un presidio di polizia con cinquanta uomini e donne in divisa, con evidente vantaggio per la sicurezza dei residenti;
sulla base di motivi apparentemente economici, si pensa adesso di impedire ai poliziotti di continuare ad utilizzare lo stabile di via Casarini, trasferendoli nell'estrema periferia della città, all'interno di uno scalo ferroviario chiuso al pubblico, in uno stabile che si trova a diversi chilometri dalle strade più trafficate e da fermate di mezzi pubblici;
dal 1956, per legge, le Ferrovie dello Stato hanno l'onere di provvedere d'intesa con il Ministero dell'interno all'accasermamento del personale assegnato ai servizi di polizia ferroviaria;
alcune organizzazioni sindacali della polizia, in particolare il Sap, contestano l'opportunità della decisione di ricollocamento, in quanto comporterebbe un netto deterioramento delle condizioni di vita dei poliziotti;
anche le autorità locali sembrano convenire sull'inopportunità dello spostamento dei poliziotti dalla caserma Casarini, come risulta anche dall'impegno del prefetto a convocare un tavolo tecnico allo scopo di evitarlo –:
quali iniziative il Governo intenda assumere per risolvere la questione evidenziata in premessa, considerando il fatto che, a quanto consta agli interroganti, a Bologna esistono diversi luoghi nella disponibilità di Trenitalia idonei ad ospitare i poliziotti e tenendo conto, dell'interesse a tutelare il benessere degli appartamenti alla polizia di Stato. (4-15798)
INTERNO
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
nell'ottobre 2016 il compartimento della polizia ferroviaria dell'Emilia Romagna ha comunicato il progetto di Trenitalia che prevede il ricollocamento del personale in servizio alla polizia ferroviaria di Bologna presso la nuova caserma nello scalo ferroviario di San Donato;
nel gennaio successivo sono terminati i lavori di ristrutturazione di questo nuovo plesso ed è stata fissata al 28 febbraio la data per il trasferimento di tutti gli alloggiati nella caserma San Donato con l'abbandono della caserma Casarini;
nel 2004, con atto ispettivo presentato al Senato, indirizzato al Ministro dell'interno, emerse che: «Il 10 agosto 2004, con prot. n. 58755/04, il servizio sanitario regionale, dipartimento di sanità pubblica dell'Ausl di Bologna, sosteneva che «la situazione dell'edificio di via Casarini 23 è stata relazionata alle competenti autorità già in data 19 febbraio 2003 evidenziando un grave rischio igienico, sanitario e di sicurezza. Da un sopralluogo eseguito in data 9 agosto 2004 s’è constatato il perdurare della situazione di degrado interno/esterno allo stabile e quindi s’è nuovamente provveduto ad informare gli organi competenti»;
considerata la situazione di sostanziale illegalità e degrado evidenziata oltre dieci anni fa e successivamente allo sgombero degli occupanti abusivi dello stabile s'era inteso aprire una caserma delle forze dell'ordine per riqualificare il quartiere e aumentare il livello di sicurezza;
l'ente ferroviario si sobbarcò l'onere economico dell'affitto dello stabile, così nacque la caserma della polizia ferroviaria; per dieci anni il quartiere ha ospitato un presidio di polizia con 50 uomini e donne in divisa che transitavano h24 nella via, a vantaggio della sicurezza;
dieci anni dopo, per ragioni di ordine economico, viene certificata l'impossibilità per i poliziotti di continuare ad utilizzare lo stabile;
i 50 poliziotti si ritroveranno a vivere nella periferia della città, dentro uno scalo ferroviario chiuso al pubblico, in uno stabile che si trova a diversi chilometri da strade e da fermate di mezzi pubblici;
la scelta dell'ente ferroviario è volta solo al contenimento delle spese e pare essere stata avallata dai vertici della polizia ferroviaria;
dal 1956, per legge, le Ferrovie dello Stato hanno l'onere di provvedere, d'intesa con il Ministero dell'interno, all'accasermamento del personale dei servizi di polizia ferroviaria;
il Sindacato autonomo di polizia (Sap) non ha accettato la scelta imposta e ha chiesto ad autorità e soggetti responsabili di poter concertare un'altra soluzione alloggiativa («La decisione unilaterale di Trenitalia è stata effettuata per scelte puramente economiche come peraltro già annunciato da una circolare di un anno fa e di cui tutte le Sigle sindacali sono pienamente a conoscenza. Non è certo dovuta a delle segnalazioni riservate che questa organizzazione sindacale preoccupata della salute e del benessere dei colleghi (ai quali, lo ricordiamo ai più smemorati, mancava lo scorso inverno l'acqua calda ed il riscaldamento), in qualità di RSU, ha inviato al dg del Compartimento, in qualità di datore di lavoro (...). A noi del Sap questo non piace. Siamo certi che, con un impegno (finalmente) concreto della dirigenza del Compartimento, con l'interessamento della comunità e delle istituzioni bolognesi e con un serio e deciso cambio di rotta da parte del cartello sindacale sicuramente sarà possibile trovare delle valide alternative sulle quali, comunque, stiamo già lavorando»);
le massime autorità felsinee hanno sposato la tesi del Sap assumendo l'impegno di trovare soluzione alternativa (dal sindaco Merola, con tutto il consiglio comunale, nel mese di ottobre, al Prefetto Sodano, impegnatosi il 25 gennaio ad indire un tavolo tecnico con sindaco e vertici ferroviari per evitare lo spostamento della caserma;
il 28 febbraio 2017 il Sap (insieme ad altri sindacati) è stato convocato per un incontro dal prefetto, ma l'incontro, per stessa ammissione del Sap, si è concluso con un nulla di fatto –:
se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per risolvere la questione, considerando che a Bologna sussistono diversi luoghi nella disponibilità di Trenitalia per ospitare i poliziotti;
se il Ministro interpellato, anche in considerazione dei delicati risvolti della vicenda, in particolare dell'esigenza di salvaguardare la dignità ed il decoro dei lavoratori e la sicurezza dei luoghi di transito ferroviario, intenda esaminare, per quanto di competenza, la ragionevolezza e l'opportunità dell'attuale determinazione in fase di adozione, che appare agli interpellanti di mero stampo aziendalistico, e che di fatto tratta i lavoratori alla stregua di una sorta di merce di scambio.
(2-01690) «Palmizio, Vito».
Interrogazione a risposta in Commissione:
CAPEZZONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il comma 251 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sostituendo il comma 1 dell'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito con modificazione dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, ha stabilito una nuova articolazione delle aree, manufatti, pertinenze, e specchi acquei in due categorie, rispetto alle precedenti quattro: la categoria A ad alta valenza turistica e la categoria B a valenza turistica normale. L'accertamento dei requisiti di alta e normale valenza turistica è riservato alle regioni competenti per territorio con proprio provvedimento. Nelle more dell'emanazione di detto provvedimento, la norma stabilisce che la categoria di riferimento sia la B. Appare quindi palese che la competenza relativa alla individuazione dei criteri di determinazione dei canoni concessori in categoria turistica A o B appartiene alla sola regione;
la regione Lazio con legge regionale 14 luglio 2015, n. 7, all'articolo 2, comma 54, lettera d), inserisce dopo l'articolo 46 della legge regionale 6 agosto 2007, n. 13, l'articolo 46-bis, in cui, al comma 1, si prevede che al sopra citato accertamento dei requisiti provvedono i singoli comuni, senza disporre l'emanazione di un proprio provvedimento organico. Tale previsione appare in contrasto con quanto disposto dalla legge n. 296 del 2006;
il municipio di Ostia, ovvero il X municipio del comune di Roma, nella persona del commissario straordinario pro tempore dottor Vulpiani, ha disposto con determinazione dirigenziale n. 5 del 26 novembre 2015 il passaggio dell'intero territorio di Ostia da classe turistica B a classe turistica A sul presupposto del presunto livello medio di erosione del litorale, della presunta presenza di forte ricettività alberghiera e della presunta presenza di uno scalo ferroviario conforme ai criteri di Trenitalia adibito a trasporto passeggeri –:
quale fosse la competenza del X municipio del comune di Roma, peraltro commissariato, nell'individuazione dei criteri di determinazione di valenza turistica e nella conseguente determinazione dei canoni demaniali;
se fosse possibile il passaggio di competenze alla individuazione dei criteri di determinazione di valenza turistica direttamente al municipio X del comune di Roma senza passaggi preventivi al comune di Roma;
se risulti che anche in altre regioni siano state attuate medesime procedure;
se e come i criteri di individuazione menzionati nella determinazione dirigenziale n. 5 del 26 novembre 2015 del commissario straordinario del X municipio del comune di Roma siano corrispondenti a criteri di obiettività e realtà con specifico riguardo alla situazione di erosione del litorale, della ricettività alberghiera e della presenza di scali ferroviari rispondenti ai criteri di Trenitalia;
se il Governo sia a conoscenza dell'avvenuta convocazione delle varie associazioni di categoria presenti sul territorio del X municipio, presupposto indefettibile per la esatta conclusione del procedimento di individuazione dei criteri di valenza turistica. (5-10731)
Interrogazioni a risposta scritta:
MICHELE BORDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da notizie di stampa si apprende che i Vigili del fuoco di Foggia hanno attivato forme di mobilizzazione in segno di protesa per la mancata applicazione dell'articolo 28 del C.C.N.L.I. relativamente alla retribuzione delle ore di lavoro straordinario;
a tale proposito, l'organizzazione sindacale Uil Pa Vigili del Fuoco Foggia fa rilevare che il Comandante, provinciale di Foggia non intende applicare quanto indicato nella circolare del capo dipartimento vigili del fuoco soccorso pubblico e difesa civile n. 16928 del 28 dicembre 2016 con cui si chiarisce che, nel caso in cui il personale sia inviato a prestare servizio in una sede diversa da quella abituale, il tempo occorrente per il viaggio, qualora reso al di fuori dell'orario ordinario, è da considerarsi come lavoro straordinario;
il tentativo obbligatorio di conciliazione è fallito a causa della mancata interlocuzione del Comandante provinciale di Foggia e del direttore regionale dei vigili del fuoco Puglia circa le motivazioni che hanno determinato la mancata applicazione sia del contratto collettivo di lavoro che della circolare emanata dal capo del dipartimento;
la mancata applicazione della cosiddetta «circolare Frattasi», contenente l'esplicito richiamo alla collaborazione ed alla condivisione degli obbiettivi indicati ed alla scrupolosa osservanza al fine di favorirne l'assoluta uniformità applicativa in tutto il territorio nazionale, rischia di determinare un grave pregiudizio ai danni dei vigili del fuoco foggiani, impegnati, come tutti i colleghi, sul territorio nazionale, a svolgere l'encomiabile e preziosa attività a tutela della sicurezza dei cittadini e del territorio –:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di garantire il puntuale rispetto delle disposizioni emanate dal Dipartimento dei vigili del fuoco soccorso pubblico e difesa civile, ovvero al fine di ovviare alla penalizzazione subita dai vigili del fuoco di Foggia che, ancora oggi, non vedono riconosciuto il tempo occorrente per il viaggio, qualora reso al di fuori dell'orario ordinario, come lavoro straordinario. (4-15775)
RUSSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
l'aeroporto internazionale di Napoli – Capodichino è l'aeroporto più grande dell'Italia meridionale e il secondo per numero di passeggeri complessivi (dopo quello di Catania-Fontanarossa);
nel 2016 ha registrato un numero complessivo di passeggeri pari a 6.775.988 unità, confermando il trend di crescita degli ultimi anni in termini di accessi;
in questi primi 2 mesi del 2017 c’è stato un ulteriore incremento del 10,9 per cento rispetto al numero di passeggeri dello scorso anno nello stesso arco di tempo;
è ubicato a circa 4 chilometri dalla stazione centrale di Napoli, tra i quartieri San Pietro a Patierno, Secondigliano e Poggioreale in una zona denominata appunto Capodichino, interessando anche, in minima parte, il comune di Casoria;
un aeroporto che, per quanto esposto e per importanza, dovrebbe offrire servizi di qualità ed efficienza massimi. Dovrebbe, perché i disagi per chi si reca all'aeroporto sono innumerevoli e all'ordine del giorno;
per esperienza dell'interrogante, in particolare in riferimento ad un viaggio di ritorno dalla Turchia, i disagi iniziano non appena scesi dall'aereo, con un'attesa della rampa per scendere dalla fusoliera compresa tra i 10 ed i 15 minuti;
le navette che si occupano di accompagnare i passeggeri all'aerostazione sono sovente molto sporche, sia sui sedili che sul vano bagagli;
in aerostazione i passeggeri attendono ammassati in poco spazio gli uni sugli altri, senza la possibilità di comporre una fila, in attesa del controllo dei bagagli a mano e dei passaporti riservato a chi arriva dalla Turchia;
passeggeri provenienti da altre città si uniscono e si confondono ai passeggeri giunti dalla Turchia, senza monitoraggio alcuno;
solo due le postazioni di controllo per centinaia di passeggeri (300 nell'episodio in questione), in piedi, in una sorta di «mucchio» selvaggio, anziani e bimbi compresi;
la prassi prevede che i passeggeri vengano raggiunti da un addetto/a dell'aeroporto che esorta, solo in italiano, a spostarsi al di qua o al di là di un nastro in base alla città di provenienza, ma senza verifica alcuna;
decine di passeggeri provenienti da Istanbul riescono a spostarsi nella fila riservata a passeggeri provenienti da altre città e, ripeto, senza verifica alcuna;
così, accade che da un volo proveniente dalla Turchia di decine e decine di passeggeri, i controlli vengo o effettuati su una manciata di persone, evidentemente a parere dell'interrogante a totale discapito della sicurezza dei cittadini;
alle clamorose lacune sulla sicurezza, fanno da sfondo gli ulteriori disagi riscontrati dall'interrogante: oltre un'ora di attesa per l'arrivo dei bagagli, senza apparente spiegazione;
inoltre, nell'attesa vengono proiettate diverse pubblicità negli schermi dell'aeroporto: ebbene, nessun cenno alla Napoli straordinaria dei Caravaggio e del Museo Nazionale, a Pompei o alla Reggia di Caserta. La pubblicità è totalmente riservata a Salerno, definita «città dell'accoglienza» –:
se i Ministri interrogati siano conoscenza dell'indecorosa situazione, in termini di qualità dei servizi e di standard di sicurezza, in cui versa l'aeroporto internazionale di Napoli-Capodichino;
se i Ministri interrogati intendano agire al più presto e con tutti gli strumenti di competenza per ripristinare una situazione che si addica all'importanza del più grande aeroporto del sud Italia, di concerto con la regione Campania e con città e comuni interessati, in primis per garantire gli standard minimi di sicurezza e in un secondo momento risolvendo tutti i disagi e i problemi esposti in premessa.
(4-15777)
CERA, BUTTIGLIONE, BINETTI e DE MITA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il proliferare della criminalità in provincia di Foggia sfocia nella consumazione di reati contro il patrimonio e, soprattutto, contro la persona;
non trascorre giorno che sulla stampa non si legga di atti criminali per reati vari (traffico di stupefacenti, rapine, furti, violenze private, estorsioni);
dall'inizio dell'anno in alcune città della provincia di Foggia si sono registrati picchi di episodi di micro e macro criminalità, accompagnati da diversi attentati incendiari;
solo negli ultimi giorni si sono consumate rapine e furti che hanno seminato panico tra i passanti;
il 22 febbraio 2017 nella città di San Severo sono state realizzate tre rapine in pochi minuti ai da di una farmacia, un, supermercato e una rivendita di tabacchi;
il 24 febbraio 2017 a Foggia è andato a fuoco, per causa in corso di accertamento, un noto ristorante giapponese e prima ancora a Monte sant'Angelo era stata rapinata, in pieno giorno e in una zona trafficata, una gioielleria e, qualche giorno prima, erano andate incendiate numerose auto nella città di Mattinata;
gli atti criminali riguardano anche l'area protetta del Parco del Gargano, con ripetuti e indiscriminati furti di legna che danneggiano il patrimonio ambientale;
gli episodi richiamati, per la loro gravità e ampiezza, stanno destando forte preoccupazione tra le popolazioni delle città della provincia di Foggia;
le forze dell'ordine registrano una carenza numerica nella dotazione organica che rende difficile anche l'espletamento dell'attività ordinaria;
la criminalità organizzata pare essersi ripresa il controllo di zone di un territorio vasto, ampio e complesso come quello della Capitanata, dove consumare i propri traffici illeciti;
attività mafiose si sono impadronite dell'economia e delle istituzioni locali, tanto che il Ministero è dovuto intervenire per sciogliere il comune di Monte Sant'Angelo;
nonostante i numerosi successi delle forze dell'ordine e della magistratura, la criminalità organizzata pare rafforzarsi sul territorio in forme sempre più violente;
l'aumento dilagante della criminalità in Capitanata necessita di risposte immediate da parte del Governo –:
quali iniziative il Governo intenda porre in essere per arginare gli episodi criminosi consumati nel territorio della Capitanata e se, per un maggiore contrasto alla criminalità organizzata, non ritenga utile un potenziamento organico delle forze dell'ordine, così da garantire un maggiore controllo del territorio e aumentare la percezione di sicurezza nei cittadini della provincia di Foggia. Se possa essere assicurata maggiore tempestività nelle indagini, garantendo il corretto e pieno funzionamento degli uffici della procura di Foggia, mettendo a disposizione i mezzi e il personale necessari a dare tempestiva risposta all'emergenza criminale. (4-15788)
MINARDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
sono gravissimi gli episodi avvenuti contro la sede della Caritas di Marina di Acate la trasmissione di Radio Uno concernente le agromafie. Inoltre, si sottolinea come un giornalista della città di Modica sia oggetto di continue minacce ed atti intimidatori per il suo lavoro di denuncia di infiltrazioni criminali che continuano a turbare l'ordine pubblico del territorio; vi sono stati anche messaggi intimidatori nei confronti del sindaco di Vittoria, Giovanni Moscato, sempre in prima linea a difesa della città e delle forze sane di essa;
è una situazione difficile che danneggia oltretutto il tessuto economico produttivo di questa bellissima zona;
è necessario che gli operatori delle forze dell'ordine, pur in un limitato numero di organico, continuino a presidiare il territorio, ed è altresì opportuno aumentare la dotazione di personale in modo da garantire un servizio efficiente ed efficace per proteggere le persone e controllare il territorio dove avvengono molti atti criminosi –:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per aumentare i presidi ed il personale delle forze dell'ordine nel territorio della citata zona e per proteggere i cittadini dai continui episodi di criminalità organizzata che si ripercuotono anche negativamente sul suo tessuto economico produttivo. (4-15792)
FANUCCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la recente rideterminazione degli organici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha avuto pesanti riflessi sul dispositivo di soccorso della provincia di Pistoia, in particolare in Valdinievole, a causa del declassamento del distaccamento di Montecatini Terme;
la minore dotazione organica ha avuto come conseguenza la perdita di unità operative fondamentali per la costituzione della cosiddetta «squadra di appoggio», cioè quella formata da due vigili del fuoco che forniva un supporto determinante alla squadra ordinaria nell'affrontare tempestivamente interventi delicati grazie al tempestivo arrivo di mezzi speciali dislocati presso la sede termale (es: autoscala per soccorsi oltre i dieci metri di altezza, autobotte con ottomila litri di acqua per incendi rilevanti o mezzi 4X4 per incendi e soccorsi in zone impervie);
attualmente i mezzi ci sono ancora ma non c’è più il personale dedicato e questi rinforzi arrivano da Pistoia o Lucca (se, ovviamente, disponibili);
oltre al distaccamento di Montecatini anche quello di Pescia subisce le medesime difficoltà dovendo attendere per tempi, viste le percorrenze, ancora maggiori;
il decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2016, n. 113 permette di usufruire di 400 vigili del fuoco da destinare proprio all'aumento di livello dei distaccamenti –:
se, al fine di garantire gli standard operativi e i livelli di efficienza e di efficacia del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in relazione alla crescente richiesta di sicurezza proveniente dal territorio della Valdinievole, non ritenga necessario destinare al predetto Corpo parte del personale previsto dalla legge 7 agosto 2016, n. 113 al fine di riportare nella sede di Montecatini Terme le unità necessarie al ripristino delle precedenti capacità operative. (4-15801)
SIMONE VALENTE, BATTELLI e MANTERO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
con decreto del Presidente della Repubblica 20 luglio 2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 183 del 6 agosto 2016, è stabilito lo scioglimento del consiglio comunale di Lavagna (comune appartenente alla Città Metropolitana di Genova) e la conseguente nomina del commissario straordinario;
sul provvedimento si legge testualmente che «nel consiglio comunale, rinnovato nelle consultazioni elettorali del 25 maggio 2014 e composto dal sindaco e da sedici consiglieri, si è venuta a determinare una grave situazione di crisi a causa delle dimissioni rassegnate da dieci componenti del corpo consiliare, con atto unico acquisito al protocollo dell'ente in data 24 giugno 2016. Le citate dimissioni (...) hanno determinato l'ipotesi dissolutoria dell'organo elettivo disciplinata dall'articolo 141, comma 1, lettera b), n. 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL)».
a causa, quindi, della mancata integrità strutturale minima del consiglio comunale che di norma mantiene in vita l'organo consiliare non è stato possibile assicurare il normale e ordinario funzionamento degli organi e dei servizi e, ai sensi dell'articolo 143 del sopracitato Tuel, in data 6 luglio 2016 si è provveduto a sospendere il consiglio comunale nominando un commissario straordinario, nella persona del dottor Paolo D'Attilio, col compito di provvedere alla temporanea gestione dell'ente fino all'insediamento degli organi ordinari;
contestualmente, il prefetto nomina anche una commissione d'indagine allo scopo di analizzare le anomalie riscontrate e rimuovere tempestivamente gli effetti pregiudizievoli per l'interesse pubblico;
successivamente, in data 10 agosto 2016, il commissario D'Attilio viene anche nominato prefetto, su proposta del Ministro dell'interno, e chiamato a svolgere le funzioni di direttore centrale dei servizi demografici presso il dipartimento degli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno;
ciò che emerge negli ultimi mesi a Lavagna è una situazione di generale abbandono della città e di una spiccata problematicità legata al sistema di smaltimento dei rifiuti e più in generale alla gestione amministrativa dell'ente, tutto aggravato da un tessuto di microcriminalità molto accentuato;
ad oggi l'ex sindaco risulta coinvolto nell'inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nel comune poiché avrebbe favorito clan mafiosi in cambio di appoggi elettorali, consentendo la gestione illecita della raccolta dei rifiuti e coprendo l'attività abusiva di alcuni stabilimenti balneari. Le accuse, a vario titolo sono di associazione a delinquere di stampo mafioso, abuso d'ufficio, voto di scambio;
considerato che allo stato attuale non si conosce l'esito degli accertamenti eseguiti dalla commissione d'indagine e non è oltretutto chiaro se le conclusioni di tali rilievi siano state rassegnate al prefetto o addirittura siano state già inviate al Ministero, si ritiene opportuno fornire notizie in merito agli sviluppi procedurali e alle relative tempistiche. Avere contezza dei tempi procedurali appare prioritario in quanto da essi dipenderà la fissazione di una nuova data per le elezioni amministrative del sindaco e del consiglio comunale e saranno rese note in modo analitico le anomalie riscontrate –:
in che modo il dottor D'Attilio stia conciliando la gestione straordinaria commissariale dell'ente con il sopravvenuto incarico di direttore centrale dei servizi demografici presso il dipartimento degli affari interni e territoriali del ministero dell'interno;
quale sia lo stato attuale dell’iter di cui all'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e quando sarà reso noto l'esito, fermo restando il rispetto dei tempi previsti dalla legge. (4-15808)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta scritta:
CAPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il regolamento di organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stato fissato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 98 del 2014; in particolare, l'articolo 8 del citato regolamento definisce le caratteristiche e i compiti degli uffici scolastici regionali (Usr);
questi compiti sono estremamente importanti e numerosi e certamente richiedono la presenza attiva di molte unità lavorative;
al contrario, la situazione per quel che riguarda in particolare la Sardegna evidenzia una carenza di organico estremamente preoccupante;
appare evidente, infatti, che gli uffici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in Sardegna viaggiano con una carenza di organico superiore al 50 per cento, del personale, sulla dotazione organica complessiva, con punta di circa il 60 per cento per le qualifica professionale di funzionario;
dati dell'agosto 2016, infatti, informano che, a fronte delle unità previste dalla dotazione organica decreto ministeriale n. 773 del 2015, 69 unità destinate all'area III in Sardegna, sono effettivamente presenti solo 27, per l'area II invece che 96 sono a disposizione 49 unità, ed infine per l'area I invece delle 11 previste dal citato decreto ministeriale, sono presenti solo 5 unità. In totale, quindi, delle 176 unità previste dal decreto ministeriale ne sono effettivamente presenti solo 81;
la situazione è peggiorata dalla distribuzione attuale dei funzionari titolari del procedimento amministrativo. Infatti, dei 27 sopra ricordati ben 20 sono a Cagliari, mentre solo 7 sono negli altri tre uffici territoriali sardi (3 a Sassari, 2 a Nuoro, 2 a Oristano);
tenuto conto, inoltre, dell'alta anzianità del personale in servizio è facile prefigurare, nei prossimi anni, ulteriori carenze di unità lavorative negli uffici suddetti;
davanti a questi numeri drammatici, la riorganizzazione adottata dalla direzione regionale è stata quella di avocare a sé la definizione degli organici di tutta a Sardegna per il personale ATA, le scuole dell'infanzia, gli insegnanti di religione e per gli educatori degli istituti professionali. Si tratta di una decisione che prelude il totale accentramento di tutti gli organici presso la citata direzione;
la soluzione adottata, pur se momentanea, non affronta alla radice il tema dell'evidente squilibrio territoriale determinato dalla carenza di organico sopra ricordata, il che pone un grave problema politico ed organizzativo che non tarderà ad emergere;
infatti, non può essere dimenticato il legame che intercorre nei territori in particolare tra ambiti territoriali, dirigenti scolastici e sindaci, che ha portato a risultati positivi nella gestione degli organici, ora messi a rischio dall'accentramento a Cagliari di tutte le decisioni;
le soluzioni sinora progettate sembrano, inoltre, poter dare una risposta solo parziale a quanto sopra esposto. Il canale aperto con la Difesa, infatti, che ha attivato l'istituto del Comando per circa 20 unità operative in tutta la Sardegna, è certo utile, anche perché consente a giovani sardi di riavvicinarsi a casa, ma non può essere una risposta definitiva, visto che le citate unità devono prima essere formate al loro nuovo compito, rischiando poi di essere richiamati ai Comandi di appartenenza dopo solo due anni;
sarebbe opportuno, inoltre, che lo stesso personale amministrativo della scuola, utilizzato da anni presso gli ambiti territoriali, venisse stabilizzato con le procedure previste dal comma 133, della legge n. 107 del 2015, (cosiddetta Buona scuola);
sarebbe, invece, auspicabile che, anche per la Sardegna, si aprisse la possibilità della mobilità intercompartimentale già presente altrove, in modo da consentire a personale di altre pubbliche amministrazioni di far domanda per gli uffici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per affrontare la situazione sopra esposta che, se non risolta, rischia di portare ben presto alla paralisi di tutti gli Uffici scolastici regionali sardi, con l'esclusione (per ora) di quello di Cagliari. (4-15779)
PORTA e FEDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
nel maggio 2016 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha bandito un concorso per la progettazione di nuove scuole (52 in 16 regioni), anche grazie al reperimento di risorse per 350 milioni di euro contenute nella legge sulla 107/2015 – Buona Scuola;
l'obiettivo del concorso, secondo il bando, era di «acquisire idee progettuali per la realizzazione di scuole innovative da un punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, dell'efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzate dalla presenza di nuovi ambienti di apprendimento e dall'apertura al territorio»;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dopo avere rinviato la data ultima per la consegna degli elaborati dal 31 agosto al 12 ottobre, ha fatto ulteriormente slittare questa scadenza al 31 ottobre;
sono state presentate 1.238 proposte progettuali, testimonianza di un grandissimo impegno anche sul piano economico, di migliaia di architetti e ingegneri, considerando che la partecipazione ad un concorso di architettura costa mediamente ad uno studio – in termini di spese, ore di lavoro, collaboratori e altro – 3.000 euro e che, dunque, i progettisti hanno investito complessiva ente in questa vicenda oltre 3.500.000 euro;
nel settembre 2016 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha comunicato che la prima riunione della giuria si sarebbe svolta l'8 novembre 2016, mentre il 7 novembre sul sito ufficiale del concorso si informa che la prima riunione della giuria è rinviata a data da destinarsi;
dopo quasi quattro mesi non si ha più alcuna notizia sugli sviluppi del concorso in ordine all'eventuale nomina della giuria, alla sua composizione e alla proclamazione dei vincitori –:
quale sia lo stato reale della questione e quanto tempo possa ancora decorrere per il compimento delle procedure previste, considerando che la commissione giudicatrice, che dovrà esaminare 1.238 progetti, non ha ancora iniziato il suo lavoro. (4-15795)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
con circolare n. 11 del 2017 l'Inps ha chiarito i requisiti per la domanda di accesso all'ottava salvaguardia, di cui ai sensi dei commi 214-216 della legge n. 232 del 2016 da presentare entro il 2 marzo 2017;
per poter accedere a suddetta tutela i lavoratori interessati devono essere in possesso di alcuni requisiti come: essere in mobilità o in trattamento speciale edile in base ad accordi stipulati entro il 31 dicembre 2011; essere in mobilità o in trattamento speciale edile per aziende cessate o che abbiano subito procedure concorsuali; essere cessati dall'attività lavorativa entro il 31 dicembre 2014; perfezionare entro 36 mesi, anche attraverso il versamento di contributi volontari, dalla fine di fruizione di indennità, i contributi richiesti dalla normativa in vigore prima della «riforma Fornero»;
si pone una questione di necessario chiarimento per quanto concerne lavoratori attualmente in mobilità in deroga o la cui mobilità risulta essere scaduta nel dopo il 1o agosto 2014 a seguito delle disposizioni intervenute con il decreto ministeriale n. 83473 del 1o agosto 2014;
poi gli interessati devono presentare domanda entro il 2 marzo 2017 è assolutamente necessario che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali chiarisca le modalità di accesso anche per i lavoratori in mobilità in deroga compresi quelli per i quali sono subentrati accordi regionali di ulteriore proroga;
inoltre, su tutto il territorio nazionale, si pone la questione del futuro di suddetti lavoratori in quanto ciascuna regione in questi mesi ha dato o sta dando risposte parziali e non del tutto efficace in termini di tutela;
se è vero che il decreto legislativo 24 settembre 2016 n. 185, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2016, ha aggiunto all'articolo 44 del decreto legislativo n. 148 del 2015, dopo il comma 6, il comma 6-bis, con il quale è stata ampliata, sotto diversi profili rispetto alla previgente disciplina, la possibilità per le regioni e le province autonome di derogare ai criteri di cui agli articoli 2 e 3 del decreto interministeriale n. 83473 del 1o agosto 2014, in particolare derogando ai criteri del decreto interministeriale n. 83473 nella misura del 50 per cento delle risorse ad esse assegnate e non più solo nella misura del 5 per cento;
nei mesi passati, secondo notizie di stampa, si era ipotizzata anche una misura una tantum di 12 mesi con un importo tra i 400 e i 500 euro a supporto dei lavoratori in mobilità in deroga, misura di cui però non si è avuta più notizia;
per molti lavoratori appartenenti a questa platea l'ottava salvaguardia rappresenta una opportunità per poter andare in pensione in molti casi avendo già subito penalizzazioni dalle previsioni della «legge Fornero»;
la mancanza di chiarezza della declinazione delle norme previste in legge di stabilità la cui ratio e volontà del legislatore era sicuramente quella di voler includere anche suddetti soggetti rischia di determinare ulteriori tensioni e allarmi già sollevati dalle organizzazioni sindacali –:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative al fine di chiarire se le citate disposizioni previste dalla legge n. 232 del 2016 si applicano anche ai lavoratori in mobilità in deroga, prevedendo, campagne informative circa l'applicazione delle disposizioni di accesso i benefici dell'ottava salvaguardia anche per questi lavoratori;
se, a fronte delle difficoltà in cui si trovano gli appartenenti in questa platea, non ritenga di valutare l'opportunità di assumere le iniziative di competenza, anche di concerto con l'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, per promuovere, su tutto il territorio nazionale, progetti di riqualificazione professionale e di supporto nella ricerca di nuova occupazione.
(2-01689) «Burtone, Cardinale, Albanella, Censore, Battaglia, Cuomo, Marco Di Stefano, Raciti, Salvatore Piccolo, Magorno, Giovanna Sanna, Cassano, Pierdomenico Martino, Simoni, Covello, Ginefra, Vecchio, Moscatt, Anzaldi, Rotta, Ventricelli, Iacono, Culotta, Malpezzi, Gitti, Rigoni, Piepoli, Garavini, Pes, Marrocu, Galperti, Capone, Martella».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
TRIPIEDI, CIPRINI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, DE ROSA, BUSTO, ALBERTI, VILLAROSA, PESCO e GAGNARLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in data 18 febbraio 2017, sul sito di informazione « fattoquotidiano.it», veniva pubblicata la notizia riguardante la decisione della Consulmarketing S.p.a., società italiana di rilevazione dati e committente quasi esclusiva della Nielsen Italy, di licenziare 350 dipendenti per riassumerli con contratti di tipo co.co.co.;
secondo Andrea Montagni, della Filcams Cgil Nazionale, Consulmarketing intende costringere i lavoratori a rinunciare al rapporto di lavoro dipendente per riproporre loro un contratto di collaborazione allo scopo di continuare ad avere addetti alla rilevazione prezzi eliminando tutele, diritti e riducendo i costi del lavoro nonostante non vi sia nessun calo significativo del lavoro tale da giustificare la riduzione di personale ma, al contrario, esiste un'incapacità dell'azienda di gestire i picchi e i carichi di lavoro;
in data 22 marzo 2016, la Consulmarketing ha avviato la procedura di licenziamento per 465 dei 1134 dipendenti dell'azienda. Dopo tale procedura, la società aveva offerto ai dipendenti contratti di lavoro autonomo con conseguente rinuncia a malattia, ferie e Tfr, motivandola come scelta necessaria dovuta ad una forte flessione del mercato e ad una perdita di fatturato. A seguito di proposte avanzate dalla Consulmarketing ritenute inaccettabili dai sindacati, a giugno 2016 si è giunti ad un accordo sindacale che prevedeva licenziamenti su base volontaria e contratti di solidarietà dal 28 giugno al 5 dicembre 2016. Alla solidarietà erano interessati 388 dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Prima di procedere alla riduzione dell'orario, i lavoratori hanno dovuto usufruire di tutte le ferie maturate, permessi, rol e banca ore;
come spiega Gianni Duca, rsa Uiltucs Uil, di fatto sono stati smaltiti gli ammortizzatori interni ma il contratto di solidarietà non è mai stato attuato per mancanza del decreto da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. La Consulmarketing ha continuato a sostituire i contratti a tempo determinato con scadenza a giugno con quelli co.co.co. Ciò ha portato, il 19 gennaio 2017, a riaprire un'ulteriore procedura di licenziamento per 350 dei 981 dipendenti rimasti;
la Consulmarketing attribuisce l'origine del problema alla stabilizzazione inadeguata per via della nuova modalità retributiva ad ore lavorate e non più a volume dei contratti di lavoro da co.co. pro. a volumi in dipendenti subordinati ad ore stabiliti dalla legge Fornero. Ciò ha portato nel 2015 alle perdite di fatturato di 1,5 milioni di euro nel 2015 e di 1,4 milioni di euro nel 2016. L'azienda ha fatto sapere che non vuole rinunciare alla commessa e ai suoi collaboratori, ma che intende sostituire l'attuale modello da loro adottato, con l'esternalizzazione dell'attività di rete;
Filcams Cgil e Uiltucs hanno scritto alla Nielsen perché arrivi ad assumersi le proprie responsabilità sulla vicenda ma anche al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per non aver vigilato sull'operato dell'azienda che, a detta dei sindacati, mentre dichiarava esuberi strutturali affidava a collaboratori assunti ad hoc il lavoro di rilevamento e proponeva al personale che accedeva al licenziamento su base volontaria di continuare la propria attività con contratti di collaborazione. In risposta a tale accusa, la Nielsen ha affermato che Consulmarketing gestisce le proprie attività e i propri lavoratori in piena autonomia e che non è responsabile delle decisioni prese da quest'ultima –:
visto il perdurare delle difficoltà contrattuali ed occupazionali dei lavoratori dello sopraindicata azienda, se i Ministri interrogati, ognuno per le proprie competenze, non intendano istituire un tavolo nazionale di confronto con la società Consulmarketing e le rappresentanze sindacali, affinché sia modificata l'attuale impostazione organizzativa della direzione aziendale e sia garantita piena occupazione e le adeguate tutele lavorative di tutti i dipendenti. (5-10736)
ALLASIA e GUIDESI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
desta preoccupazione la vertenza Artoni-Fercam, dopo che la Fercam, azienda di Bolzano, ha prospettato 170 esuberi nel riassorbimento delle maestranze Artoni;
il 16 febbraio 2017 si è tenuto uno sciopero nazionale di 24 ore, cui hanno preso parte anche gli addetti allo stabilimento Artoni di Campogalliano, con presidio davanti allo stabilimento Fercam di Parma;
il gruppo Artoni addossa la colpa dello stallo al gruppo Fercam, ritenendolo reo di aver inaspettatamente, quanto illegittimamente, interrotto un processo di trasferimento del principale ramo d'azienda Artoni in capo ad una società neo costituita dal citato gruppo bolzanino (FercamArtoni s.r.l.) e, dall'altro, ha provveduto a perpetrare una diffusa campagna allarmista in danno del Gruppo Artoni, rilasciando informazioni destabilizzanti per il mercato («il Gruppo Artoni non esiste più») e provocando un'incontrollata diaspora di clienti e dipendenti;
il gruppo Fercam, dal canto suo, replica alle accuse mosse dai sindacati, sottolinenando che «Il procrastinarsi delle trattative, anche per la mancanza di un accordo sindacale condiviso, oltre i termini utili per un subentro prospettico nelle attività aziendali, ha fatto venire meno i presupposti per una positiva conclusione dell'operazione perseguita»;
ciò che più preoccupa in questo passaggio di colpe e di responsabilità sulla trattativa al momento ferma è il concreto rischio occupazionale per circa 3 mila lavoratori tra diretti ed indiretti –:
se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda urgentemente adottare per facilitare la sottoscrizione di accordi già presi e, di conseguenza, salvaguardare i livelli occupazionali. (5-10739)
DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il lavoro notturno deve godere di particolari tutele come espresso a norma di legge;
i servizi espletati per la tutela di terzi durante la notte sono fondamentali anche a garantirne l'incolumità e la risposta a necessità assistenziali di diversa natura;
il trasporto passeggeri notturno è un servizio fondamentale per numerosa utenza che si sposta lungo l'Italia per lavoro;
il servizio passeggeri su rotaia è effettuato di notte solamente da Trenitalia con i vari ICN (Intercity Notte), che offre un numero limitato di posti a sedere, circa poco più di un centinaio, e alcune carrozze dedicate alle cosiddette cuccette nell'ordine di un minimo di quattro a scompartimento;
il servizio a bordo delle stesse è espletato da personale appaltato da Trenitalia a cooperative di servizi;
il personale in servizio indossa divise ben confondibili con quelle di Trenitalia pur non essendone dipendente e quindi non percependo le stesse indennità dei lavoratori ex Ferrovie dello Stato;
i turni del personale in servizio sono spesso estenuanti –:
quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, affinché sia garantita una migliore condizione di lavoro ai lavoratori delle cooperative appaltate da Trenitalia per il servizio notturno. (5-10744)
FEDRIGA, SIMONETTI e ALLASIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la crisi dell'editoria continua a colpire: la proprietà ha deciso di avviare la procedura di licenziamento collettivo per il 60 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori di Telecity-Telestar-Italia 8, la contestuale chiusura delle sedi di Torino e Genova ed il ridimensionamento delle sedi di Alessandria, Castelletto d'Orba e Milano;
Telecity, storica emittente televisiva locale, fondata nel 1976 a Castelletto d'Orba ha ufficializzato, infatti, lo scorso 27 febbraio, la richiesta di 69 esuberi tra le cinque sedi del circuito televisivo;
in segno di protesta e «per fermare le procedure di licenziamento collettivo, per riaprire il confronto sul rilancio editoriale, per ripristinare il rispetto delle norme contrattuali, per il pagamento della tredicesima e del restante 50 per cento della mensilità di gennaio» i lavoratori e le lavoratrici interessati hanno proclamato uno sciopero di 48 ore, che coinvolgerà anche i dipendenti in distacco da aziende terze –:
se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda urgentemente adottare per scongiurare i preannunciati licenziamenti e la perdita di ulteriore occupazione nel campo dell'editoria;
se il gruppo abbia presentato un piano di rinnovamento editoriale prima dell'avvio delle procedure di licenziamento collettivo;
se non ritenga di procedere all'apertura di un tavolo ministeriale per la valutazione di percorsi alternativi al licenziamento come, ad esempio, il ricorso ad ammortizzatori sociali conservativi.
(5-10746)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GALLINELLA, GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
le criticità relative alla Misura «promozione sui mercati dei Paesi terzi» dell'Organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli Vino per la campagna 2016/2017 sembrano ancora irrisolte alla luce dell'ulteriore ricorso presentato dall'Istituto Grandi Marchi a seguito dell'esclusione del progetto di cui è il capofila di un'associazione temporanea di oltre 50 imprese;
l'esclusione sarebbe dovuta al mancato rispetto della condizione di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto ministeriale n. 32072 del 18 aprile 2016, per cui il beneficiario non ottiene il sostegno a più di un progetto per lo stesso mercato del Paese terzo e per la stessa annualità, anche nel caso di partecipazione del beneficiario a progetti presentati da raggruppamenti temporanei;
la fattispecie che ha determinato l'esclusione del progetto presentato dall'Istituto è quindi la sovrapposizione della partita IVA di un'azienda partecipante all'associazione temporanea all'interno di più programmi proposti a livello regionale e multi regionale;
secondo i proponenti vi sarebbe stata mancanza di uniformità nella valutazione delle proposte con riferimento al criterio che vieta la «sovrapposizione di aziende» sugli stessi mercati con progetti diversi, per cui, per alcuni è bastato un semplice atto notorio escludente tale sovrapposizione, mentre per altri è stata richiesta l'applicazione del criterio, della partita IVA, così come disposto per la definizione di nuovo beneficiario, per cui se un'azienda partecipante al raggruppamento risulta già beneficiaria di un contributo a valere sul medesimo programma nello stesso Paese terzo, l'intero raggruppamento non è ammesso a finanziamento –:
di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato, in relazione a quanto espresso in premessa e premessa e quali iniziative intenda assumere per chiarire la corrente interpretazione della norma di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto ministeriale n. 32072 del 18 aprile 2016, anche al fine di procedere all'assegnazione nei tempi previsti delle risorse comunitarie disponibili per la promozione di un settore fondamentale del made in Italy. (5-10734)
PILI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
l'ISMEA – Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, è un ente pubblico economico vigilato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
fa parte del SISTAN (sistema statistico nazionale) e del SIAN (sistema informativo agricolo nazionale);
gli obiettivi dei servizi di mercato dell'ISMEA sono:
favorire la trasparenza dei mercati, riducendo le asimmetrie informative, e tutelare gli interessi dei consumatori;
accrescere il livello di competitività delle imprese, monitorando la funzionalità e l'efficienza dei mercati in un'ottica di filiera, attraverso analisi – della congiuntura/struttura/strategia – autorevoli e indipendenti in relazione ai diversi comparti/prodotti;
agevolare il rapporto degli operatori dell'agro-alimentare con le banche e le assicurazioni, attraverso la valutazione del profilo di rischio economico-finanziario delle imprese;
l'ISMEA dispone, o dovrebbe disporre, di un set completo di strumenti quali-quantitativi;
una rete di rilevazione dei prezzi (certificata UNI EN ISO 9001:2008) dei prodotti agricoli e dei relativi mezzi di produzione, dei prodotti agro-alimentari all'ingrosso e al dettaglio;
un sistema di panel di imprese per il monitoraggio del settore agricolo, ittico, industriale e della distribuzione moderna;
un osservatorio dei consumi domestici (attraverso un campione rappresentativo di consumatori);
un set di strumenti di previsione, di BP e di M-LP, costituiti da modelli quantitativi costruiti per il settore agroalimentare, in grado di rappresentare scenari e valutare gli impatti delle politiche economiche;
l'ISMEA opera attraverso partnership di elevato profilo, quali:
a) Istituzioni nazionali, quali Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, AGCM, mr. prezzi, Nas, e altro;
b) Istituzioni internazionali, quali DG agri, Eurostat, e altro;
c) il settore del Credito e delle Assicurazioni (ABI, ANIA);
d) associazioni delle imprese agricole e dell'industria alimentare;
la mission di Ismea è: supportare la competitività del settore agricolo-alimentare italiano attraverso la fornitura di servizi interconnessi di natura informativa e di mercato, fondiaria, finanziaria e assicurativa e attraverso la costituzione di forme di garanzia creditizia e finanziaria per le imprese agricole e le loro forme associative;
ISMEA opera anche per conto della regione Sardegna e dell'agenzia Laore Sardegna con la predisposizione di un report dedicato;
in particolar modo risulta oggetto di studio il prezzo del latte ovicaprino secondo le piazze commerciali;
l'ultimo rilevamento sulla piazza Sardegna risale al 24 febbraio 2017 con il latte di pecora quotato 65,00 euro/Hl, ovvero 0,65 euro a litro;
sulla rilevazione dei prezzi puntuali sempre del 24 febbraio 2017 il latte di pecora in Sardegna sarebbe quotato al minimo 60,00 euro/Hl e al massimo 70,00 euro/Hl;
si tratterebbe di prezzi rilevati sui mercati all'origine più rappresentativi rilevati dalla Rete di rilevazione Ismea;
tutti i prezzi rilevati da Ismea sono IVA esclusa ad eccezione di quelli del latte ovino che sono invece IVA inclusa;
appare evidente che tali rilevazioni appaiono non solo poco attendibili ma in contrasto con affermazioni rese a vario titolo da esponenti del Governo sia nazionale che regionale sardo;
è noto ai più che il prezzo del latte in Sardegna sia sempre più tendente ad una quotazione abbondantemente sotto i 60 centesimi a litro;
la soglia economicamente sostenibile, seppur con gravi difficoltà, è quella del costo reale di produzione, ovvero 0,70 euro a litro;
si tratta di una soglia di sostenibilità ormai superata da tempo –:
se non intenda valutare la veridicità del report pubblicato da Ismea e se non intenda adoperarsi, per quanto di competenza, per evitare processi di disinformazione concorrano a sviluppare quello che appare all'interrogante un piano di destabilizzazione del mercato del prezzo del latte e dello stesso pecorino romano;
se non intenda accertare e riscontrare i metodi scientifici delle quotazioni Ismea e adottare conseguenti provvedimenti. (5-10737)
CARRA, GUIDESI, FERRARESI e TRIPIEDI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 40 della legge n. 154 del 2016 prevede disposizioni in materia di contrasti al bracconaggio ittico nelle acque interne;
si tratta di un importante misura che fornisce gli strumenti normativi in grado di fronteggiare un fenomeno purtroppo crescente e sempre più diffuso;
La Fipss (federazione italiana pesca sportiva) ha lanciato una proposta di rafforzamento e di coordinamento delle politiche di contrasto del fenomeno in oggetto con la richiesta di istituire un Osservatorio nazionale sul bracconaggio in acque interne;
suddetto organismo avrebbe come obiettivo quello di essere un organismo di prevenzione, vigilanza e controllo, nonché quale strumento di consulenza con il coinvolgimento di tutte le istituzioni e delle associazioni che si occupano della pesca nelle acque interne;
la proposta è stata invita all'attenzione di tutte le istituzioni competenti –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non intenda valutare favorevolmente la proposta, avanzata dalla Fipss, di istituire un Osservatorio nazionale sul bracconaggio nelle acque interne, con l'obiettivo di dare maggiore forza all'azione di contrasto del fenomeno. (5-10740)
SALUTE
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
la legge 7 agosto 2015, n. 124, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, all'articolo 11, comma 1, la lettera p) detta principi e criteri direttivi riguardo agli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale e ai sensi di tale delega è stato emanato il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171;
la sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016 ha dichiarato l'illegittimità della legge n. 124 del 2015 e, tra gli altri, anche dell'articolo 11, comma 1, lettera p), nella parte in cui prevede che il decreto legislativo sia adottato previa acquisizione del parere della Conferenza Unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni;
per recepire la sentenza citata, il Governo ha predisposto uno schema di decreti, integrativo e correttivo, utilizzando la delega di cui all'articolo 11, comma 3, della citata legge n. 124 del 2015 che consente di adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive;
la relazione tecnica allo schema di decreto chiarisce di recepire il suggerimento della Corte costituzionale, nel pieno rispetto del principio di leale collaborazione, e corregge il testo vigente, oltre che nelle premesse, anche all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 171 del 2016, eliminando la previsione che la «rosa di candidati» proposta dalla commissione regionale al Presidente della regione, sia «non inferiore a tre e non superiore a cinque» e a riguardo si esprimono perplessità riguardo la soppressione della disposizione che, auspicata anche dal Consiglio di Stato, poneva un primo argine alla discrezionalità del Presidente della regione e all'inaccettabile meccanismo che lega le nomine della dirigenza sanitaria agli interessi della politica;
l'ANAC, con delibera n.1388 del 14 dicembre 2016, ha adottato un atto di segnalazione al Governo e Parlamento chiedendo modificazioni alla nuova disciplina in tema di trasparenza, introdotta dal decreto legislativo n. 97 del 2016 (attuativo della medesima delega di cui alla legge 7 agosto 2015, n. 124) con particolare riguardo al diverso regime di trasparenza previsto per la dirigenza amministrativa in generale rispetto a quella sanitaria;
l'articolo 14 del decreto legislativo n. 33 del 2013 disciplina gli obblighi di pubblicazione dei titolari di incarichi dirigenziali e al comma 1 elenca i dati da pubblicare, comprese le dichiarazioni patrimoniali; mentre tale disciplina trova applicazione per la generalità degli incarichi dirigenziali, incredibilmente non trova applicazione per la dirigenza sanitaria (e cioè per gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo, nonché per gli incarichi di responsabile di dipartimento e di strutture semplici e complesse) poiché l'articolo n. 41 del decreto n. 33 del 2013 (in tema di trasparenza del servizio sanitario nazionale) espressamente richiama, al comma 3, l'articolo 15 (invece riferito ai consulenti e collaboratori);
nel medesimo atto l'ANAC segnala altresì che l'articolo 47 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in tema di sanzioni, per come modificato dal decreto legislativo n. 97 del 2016, non consente alla medesima ANAC di irrogare le diverse sanzioni previste, anche per la mancata indicazione del soggetto competente ad introitare le somme incassate a titolo di sanzioni;
gli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171 in riferimento alla dirigenza sanitaria, richiamano gli obiettivi di trasparenza e a riguardo in occasione dell'esame da parte delle competenti Commissioni parlamentari, il gruppo M5S ebbe a rilevare nel proprio parere alternativo proprio la necessità di fare un esplicito riferimento a tutti gli obblighi previsti dalla legge n. 190 del 2012, dal decreto legislativo n. 33 del 2013 e dal decreto legislativo n. 39 del 2013;
appare inaccettabile quindi che le disposizioni sulla trasparenza della dirigenza pubblica non trovino invece applicazione per la dirigenza sanitaria che si trova a gestire importanti risorse economiche del paese destinate alla salute dei cittadini e che per contiguità alla politica è, più di ogni altra dirigenza, collocata in un contesto a forte rischio di corruzione;
il Governo, nel recepire il suggerimento della Corte costituzionale, dichiara di soddisfare il principio di leale collaborazione tra istituzioni, ma dimentica e ignora che lo stesso principio dovrebbe puntare a integrare e rettificare il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171 anche con i rilevi segnalati dall'Anac, che hanno fatto luce su una gravissima incoerenza della norme sulla trasparenza in ambito sanitario e con riferimento alla dirigenza sanitaria –:
se intenda apportare i correttivi necessari e indispensabili per rendere trasparente il sistema della dirigenza sanitaria, come richiesto dall'ANAC, con specifico riferimento agli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo, nonché per gli incarichi di responsabile di dipartimento e di strutture semplici e complesse, cogliendo la contingenza offerta dalla necessità di adeguare il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171 alla sentenza costituzionale, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra tutte le istituzioni.
(2-01691) «Lorefice, Nesci, Grillo, Mantero, Di Vita, Silvia Giordano, Colonnese, Baroni».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FERRARESI, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, GRILLO, PESCO e LOMBARDI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'ospedale di Cona (Ferrara) è stato inaugurato nel 2012, dopo 21 anni di lavori, senza le certificazioni di vulnerabilità sismica e prevenzioni incendi (decreto legislativo n. 81 del 2008) e con un'autorizzazione sanitaria parziale;
secondo il maresciallo dei carabinieri di Ferrara Buccheri, al momento dell'inaugurazione lo stabile non era conforme alla normativa;
l'inaugurazione dell'ospedale, prevista per ottobre 2011, è stata rimandata di 5 mesi, con una significativa lievitazione dei costi;
dodici persone sono state imputate, durante il processo per la «maxitruffa» legata alla costruzione dell'edificio, di reati come falso ideologico, omissione e abuso d'ufficio per aver gonfiato le spese e risparmiato sui materiali;
durante la costruzione dell'ospedale i costi sarebbero lievitati di 25 milioni di euro, rispetto ai 137 preventivati inizialmente;
lo stabile, per la cui costruzione sarebbe stato utilizzato calcestruzzo depotenziato, garantirebbe una durata di 50, rispetto ai 100 previsti per le opere pubbliche, cosa per la quale sono stati imputati, con l'accusa di abuso d'ufficio, il direttore dei lavori Carlo Melchiorri e tre componenti della commissione collaudo;
l'utilizzo del calcestruzzo depotenziato avrebbe fatto risparmiare 117.000 euro e sarebbe stato possibile grazie a Mario Colombini, amministratore delegato di Calcestruzzi Spa, impresa che ha fornito al Consorzio Cona 1.300 tonnellate di calcestruzzo;
grazie all'indagine è emersa la restituzione indebita di 2,3 milioni di euro, frutto di richieste di rimborsi illegittimi;
i dati sulla mobilità sanitaria passiva parlano di un esodo dei pazienti verso il Veneto e verso la provincia di Bologna;
nonostante la bassa performance economica e dei servizi dell'azienda ospedaliera universitaria ferrarese abbia imposto un pesante programma di riorganizzazione, non si è mai proceduto a una riforma delle nomine dei direttori generali, ancora designati dai partiti e privi di un controllo da parte del consiglio di amministrazione;
il blocco del turnover del personale rappresenta una problematica grave e strutturale per l'efficienza del nosocomio e per la sua possibilità di erogare i servizi sanitari previsti;
il numero dei posti letto, nell'ottica della razionalizzazione delle risorse, è passato dai 1807 del 2012 ai 1363 del 2017, con conseguente intasamento;
nel 2015 l'ospedale di Cona ha pagato a Progeste 34,3 milioni di euro (4,4 per l'ammortamento e 29,8 per i servizi). Rispetto al 2014 c’è stato un aumento di 1,3 milioni di euro (+4,21 per cento con un aumento scorporato del 4,53 per cento per il corrispettivo per i servizi e del 2,16 per cento per l'ammortamento. Ritornando all'offerta base del 2006, l'Aou ha pagato 10,7 milioni di euro in più (+45,63 per cento, con un incremento del 51,49 per cento per i soli servizi e del 15,53 per cento per l'ammortamento;
uno scostamento tra costi e ricavi di 13,138 milioni di euro nel 2015 rispetto alla media delle altre strutture regionali, oltre dieci in più rispetto a quanto consentito, grazie soprattutto alla spropositata lievitazione del contratto di concessione dei servizi stipulato con Progeste nel 2006;
l'Irpef sostenuta dai cittadini ferraresi è una delle più alte della regione;
la direzione strategica ha stabilito il blocco degli interventi chirurgici non prioritari;
il personale riesce a garantire 15 ricoveri a notte, cui si aggiungono altri 16 posti letto internistici ad alta rotazione;
la presenza di diverse unità operative all'interno di uno stesso spazio aumenta il rischio di infezioni, come nel caso della vicinanza di pazienti internistici e pazienti sottoposti a interventi chirurgici, e l'assenza di dati di letteratura in materia impone il monitoraggio del rischio infettivo dall'avvio di ogni pratica sanitaria;
Cona è diventato una macchina da spreco ormai insostenibile per la comunità –:
se i Ministri interrogati non ritengano, alla luce di quanto esposto in premessa, indispensabile e urgente assumere iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, per assicurare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e una gestione corretta e trasparente delle risorse pubbliche;
se non ritengano di dover attivare iniziative anche in sede di conferenza Stato-regioni, per migliorare la qualità dei servizi sanitari rivolti al territorio;
quali iniziative di competenza si intendano adottare per ovviare al blocco del turn over di fronte ad uno spopolamento di risorse interne nei vari reparti;
se il Governo non ritenga opportuno promuovere una verifica, anche attraverso il comando dei carabinieri per la tutela della salute (Nas), per accertare le condizioni igienico-sanitarie nei reparti del nosocomio di cui in premessa. (5-10735)
MORETTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
organi di stampa riportano la notizia della vicenda di una donna padovana che ha dovuto rivolgersi a buona parte degli ospedali del Veneto e del Trentino Alto Adige — per la precisione 23 — prima di trovare una struttura che praticasse l'interruzione della gravidanza entro i 90 giorni previsti dalla legge 194 del 1978. Una situazione paradossale in una realtà sanitaria come quella veneta che è ai vertici delle classifiche nazionali, ma su cui evidentemente pesa il numero dei medici obiettori che raggiunge percentuali altissime;
come si evince dagli articoli la signora ha chiesto di poter interrompere la gravidanza prima all'ospedale della sua città, Padova, e dopo il diniego si è rivolta a quello Camposampiero, Cittadella, Piove di Sacco e di Este, per poi estendere la sua richiesta oltre la provincia di Padova agli ospedali del Vicentino, del Veneziano nonché delle provincie di Trento e Bolzano;
con motivazioni diverse ha sempre ricevuto diniego all'intervento;
solo con l'aiuto della Cgil padovana a cui si è rivolta ormai quasi al limite del tempo massimo è riuscita a sbloccare la situazione, proprio a Padova dove si era recata fin dall'inizio;
alla fine l'interruzione della gravidanza è poi avvenuta nei termini di legge. Ma il commento della donna è severo: «Non dimenticherò mai la mancanza di professionalità e di umanità che ho vissuto sulla mia pelle. (...) Mi domando che senso abbia promuovere una legge per dare diritto di scelta e poi non si mette nessuno nelle condizioni di farlo. Lo trovo offensivo, inutilmente doloroso. Io il colloquio con lo psicologo l'avevo già fatto, avevo chiarito le mie motivazioni, i conti con me stessa li avevo già chiusi, la struttura pubblica doveva garantire l'applicazione della normativa»;
nell'ultimo rapporto 2016 sullo stato di attuazione della legge 194 presentata al Parlamento dal Ministro alla Salute Lorenzin si evince che la percentuale degli obiettori di coscienza specie fra ginecologi, mantiene livelli elevati in tutte le regioni (più di due su tre) e, in particolare nel Veneto tale percentuale sfiora il 77 per cento;
secondo tale relazione, nel 2014 le interruzioni di gravidanza in Italia sono state 96.578, furono 233 mila nel 1983, 132 mila nel 2001, 111 mila nel 2011. I ginecologi non obiettori sono stati 1.408 nel 2014, erano 1607 nel 1983, 1903 nel 2001, 1507 nel 2011. Il numero di interruzioni di gravidanza nell'arco di un anno è stato di 68,6 aborti per medico, in media 1,6 aborti per ogni settimana di lavoro. «Nel 2014 si conferma la tendenza alla stabilizzazione delle quote di obiettori e non obiettori, dopo un notevole aumento negli anni: a livello nazionale. Si è passati dal 58.7 per cento di obiettori del 2005, al 69.2 per cento del 2006, al 70.5 per cento del 2007, al 71.5 per cento del 2008, al 70.7 per cento nel 2009, al 69.3 per cento nel 2010 e 2011, al 69.6 per cento nel 2012, al 70.0 per cento nel 2013 e al 70.7 per cento nel 2014» –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e, se pur nel rispetto delle competenze regionali in materia sanitaria, non ritenga doveroso adottare le iniziative di competenza affinché sia fatta chiarezza sulla vicenda;
quali iniziative urgenti intenda adottare, pur nel rispetto del diritto all'obiezione di coscienza, affinché in ogni struttura sanitaria il diritto all'interruzione di gravidanza sia garantito. (5-10742)
Interrogazioni a risposta scritta:
BORGHESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in Italia da diversi anni gli antidepressivi specialmente quelli che riguardano la fluoxetina, come ad esempio il «Prozac», e tutti i farmaci psicotropi possono essere somministrati ai bambini ed adolescenti a partire dall'età adolescenziale;
questi farmaci al momento vengono autorizzati dal Sistema sanitario nazionale;
in Italia, si stima che almeno 40 mila adolescenti facciano uso di psicofarmaci; infatti nelle forme di depressione grave tra bambini piccoli tra 4 e 8 anni vengono curati con questi rimedi;
l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), definì in passato che l'uso di tali medicinali era limitato alla definizione di un piano diagnostico-terapeutico da parte di specialisti in neuropsichiatria o psichiatria infantile in presenza di episodi di depressione maggiore di grado da moderato a grave, se la depressione non rispondeva alla psicoterapia dopo 4-6 sedute;
in Europa, l'Agenzia europea di valutazione dei farmaci (Emea), aveva esteso il trattamento ai maggiori di 8 anni già nel giugno 2006, dopo che il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) aveva affermato che i benefici della sua somministrazione ai bambini erano superiori ai potenziali rischi;
in America questa tipologia di farmaco si somministrava già ai più giovani dagli anni 2000, ma dal 2004 le case produttrici di tali medicinali erano obbligate a indicare sulla confezione degli antidepressivi il rischio di induzione a suicidio nel trattamento di bambini e adolescenti;
unica precauzione che si chiedeva ai genitori era quella di vigilare con attenzione nelle prime settimane di terapia di erogazione del farmaco;
negli ultimi anni sono stati osservati con maggiore frequenza negli studi clinici effettuati su bambini, comportamenti relazionati al suicidio e ostilità, aggressività, comportamento di opposizione e collera, verso la famiglia e sulle situazioni relazionali con il mondo esterno in quanto specialmente nei bambini e negli adolescenti sono solo disponibili dati limitati per quanto concerne gli effetti a lungo termine sulla sicurezza, per non parlare poi degli effetti sulla crescita, sulla maturazione sessuale e sullo sviluppo cognitivo, emotivo e comportamentale degli stessi –:
si intenda promuovere ulteriori indagini riguardo alle controindicazioni e agli effetti collaterali di questi tipi di farmaci-psicotropi;
se esistano iniziative e programmi volti a un rapporto approfondito sui diritti alla salute degli adolescenti, e dei minori in particolare;
se si intenda promuovere la definizione di un nuovo quadro generale della situazione attuali predisponendo adeguate ricerche che evidenziano i rischi legati alla smodatezza dell'uso;
se le istituzioni comunitarie si stiano occupando delle problematiche in questione relative al diritto alla salute dei minori, se predispongano piani di informazione, sensibilizzazione e sostegno per affrontare questa problematica che riguarda migliaia di «juniores» in tutta Europa. (4-15776)
PLACIDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
già le interrogazioni a risposta scritta la n. 4-06381 del 13 ottobre 2014 e la n. 4-12421 del 9 marzo 2016 ponevano il Ministro interrogato a conoscenza della vicenda che vede il dottor Minelli (ex dirigente del Centro Imid di Campi Salentina) al centro degli atteggiamenti intimidatori e vessatori posti in essere dal presidente dell'ordine dei medici della provincia di Lecce, dottor Pepe, in un esercizio assolutamente arbitrario delle sue funzioni –:
se il Ministro interrogato, non ritenga doveroso ed indilazionabile assumere iniziative di vigilanza nei confronti dell'ordine dei medici della provincia di Lecce, al fine di verificare la regolarità con cui lo stesso ha affrontato il caso del dottore Minelli;
se in particolare il Ministro interrogato non intenda verificare se nella condotta del suddetto ordine dei medici non si ravvisino gli estremi di abusi nell'esercizio delle funzioni disciplinari. (4-15780)
LOREFICE, VACCA, SILVIA GIORDANO, DI VITA, GRILLO, MANTERO, NESCI e COLONNESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'allergologia è quella branca della medicina che cura patologie che colpiscono circa il 30 per cento della popolazione generale; questi numeri, secondo tutte le previsioni, sono destinati a crescere;
più di 150 milioni di europei soffrono di malattie allergiche croniche. La metà di esse sono sotto-diagnosticate o trattate in modo errato a causa del mancato riconoscimento e della carenza di medici specialisti; 100 milioni di europei soffrono di allergia ai pollini; 70 milioni soffrono di asma; 17 milioni vivono con una allergia alimentare e l'8 per cento sono a rischio di una reazione allergica acuta, anche mortale, chiamata anafilassi. Ci sono circa 3,5 milioni di bambini con allergie alimentari. Il 45 per cento dei pazienti non ha mai ricevuto una diagnosi di allergia. Entro il 2025 si stima che oltre il 50 per cento di tutti gli europei soffrirà di almeno un tipo di allergia;
le allergie causano un'ampia gamma di sintomi che vanno da problemi comuni come la congestione nasale, la respirazione rumorosa, gli occhi arrossati, pruriginosi e con lacrimazione abbondante, a problemi meno ovvi e più seri, come ad esempio il senso di costrizione alla gola, la tosse, l'asma, il respiro sibilante, l'orticaria, l'eczema, le reazioni alle punture di insetti, da alimenti e farmaci che possono portare fino a condizioni potenzialmente fatali come l'anafilassi;
secondo dati forniti dall'Accademia europea di allergologia ed immunologia clinica – Eaaci, circa il 20 per cento dei pazienti con allergie vive con una grave forma debilitante della propria condizione e lotta ogni giorno con la paura di un possibile attacco d'asma, shock anafilattico o addirittura la morte a causa di una reazione allergica;
è diffusa la convinzione che le allergie siano disturbi benigni a risoluzione spontanea. Al contrario, studi medici dimostrano che le alterazioni del sistema immunitario, alla base delle allergopatie, possono avere una evoluzione potenzialmente fatale e sono croniche;
in Italia si accede all'esercizio della professione di allergologo attraverso la scuola di specializzazione in allergologia ed immunologia clinica post-lauream;
a fronte di una domanda di prestazioni sanitarie da parte dei pazienti molto elevata ed una offerta di personale formato da parte delle università molto bassa (ogni anno accedono alla specializzazione circa 30-50 medici in tutto il territorio nazionale), si assiste ad una carenza di tutela dei pazienti;
nei nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) sono attualmente escluse tutte le prestazioni diagnostico-terapeutiche a favore dei pazienti allergopatici, compresi quelli a rischio di condizioni potenzialmente fatali come l'anafilassi;
le più recenti linee guida internazionali sulla gestione dell'anafilassi raccomandano, oltre che di evitare l'esposizione agli allergeni, trattamenti immunoterapici specifici, mediante visite specialistiche allergologiche;
progressivamente si sta assistendo alla chiusura delle strutture pubbliche del settore a causa della mancata considerazione delle patologie di loro pertinenza come essenziali per la salute pubblica (allo stato attuale, la permanenza delle strutture pubbliche allergologiche è affidata alla sola sensibilità dei singoli direttori generali delle Asl in relazione alle loro possibilità di spesa) –:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative volte a inserire, in vista di un futuro aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con specifici codici identificativi DRG tutte le prestazioni sanitarie allergologiche relative ai casi inquadrabili come anafilassi per sospetta ipersensibilità a veleno di insetti, a farmaci ed alimenti al fine di un più rapido accesso alla diagnosi eziologica delle allergopatie, e della riduzione del numero di decessi per tali condizioni, nonché dell'ottimizzazione delle risorse allergologiche presenti sul territorio nazionale. (4-15786)
VALLASCAS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
con la deliberazione n. 46/13 del 10 agosto 2016, la giunta regionale della Sardegna ha approva le «Linee di indirizzo regionali per la prescrizione e la gestione della terapia con sistema (Continuous Subcutaneous insulin Infusion), sistema integrato CSII-CGM stand-alone nei pazienti diabetici adulti (≥ 18 anni) e pediatrici (< 18 anni) della regione Sardegna» (allegato 1 alla deliberazione);
alla sezione B (pazienti pediatrici) delle citate linee di indirizzo, vengono riportate le procedure per la prescrizione di sistema integrato microinfusore-monitoraggio continuo della glicemia (CSII-CGM oppure Saptherapy);
nella medesima sezione, per quanto concerne l'ottimizzazione metabolica mediante utilizzo del sistema microinfusione sensore, viene indicato il numero massimo di sensori, necessari al funzionamento della terapia, prescrivibili nel corso dell'anno, in misura diversa a seconda della fascia d'età del paziente;
nel dettaglio, secondo le linee guida, ai pazienti di età inferiore ai sei anni, possono essere prescritti 50 sensori all'anno (in grado di garantire un monitoraggio da 275 a 365 giorni all'anno, dal 75 al 100 per cento del tempo), mentre al compimento dei sei anni possono essere prescritti solo 18 sensori all'anno (in grado di garantire dal 40 al 60 per cento del tempo);
è il caso di rilevare che la prescrizione indicata dalle Linee guida indica il numero dei presidi sanitari che possono essere erogati dal Sistema sanitario nazionale gratuitamente ovvero senza alcun esborso da parte dei cittadini;
ed è sempre il caso di rilevare che, secondo quanto riferito dalle famiglie dei piccoli pazienti diabetici, un sensore costa circa 90 euro e ha una durata di circa sette giorni, per una spesa mensile di circa 360 euro;
aver pertanto ridotto il numero dei sensori erogati dal sistema sanitario significherebbe sottoporre le famiglie della Sardegna, regione già fortemente colpita dalla crisi economica e dove si registrano elevati tassi di disoccupazione, a un esborso di denaro obiettivamente insostenibile con il rischio di una riduzione del ricorso al sistema integrato microinfusore-monitoraggio;
è necessario sottolineare che la terapia consente di monitorare 24 ora su 24 i livelli di glicemia anche a distanza, ricevendo con immediatezza gli allarmi per le ipoglicemie e le iperglicemie;
questa terapia rappresenterebbe, pertanto, una sicurezza per familiari, tenuto anche conto che si tratta di pazienti troppo piccoli per poter gestire le diverse operazioni di monitoraggio e somministrazione con sistemi diversi dal CGM;
alcuni familiari di pazienti avrebbero rivelato che, in assenza di un numero sufficiente di sensori, sarebbero andati avanti grazie ai sensori donati da genitori di altre regioni;
è opportuno ricordare che la Sardegna presenta il più alto numero di nuovi casi di diabete di tipo 1 all'anno, con un'incidenza del diabete infarto-giovanile di oltre 50 casi per 100 mila abitanti (fascia d'età 0-30 anni), a fronte di un dato del resto d'Italia di 6-7 casi all'anno per 100 mila abitanti. Nel resto del mondo questi numeri vengono raggiunti solo dalla Finlandia;
sono oltre 50 mila i diabetici (tipo 1 e tipo 2) in Sardegna;
da quanto esposto risulterebbero sottodimensionate ovvero insufficienti le misure approntate dalla regione Sardegna a sostegno della salute dei pazienti diabetici con particolare riguardo per diabete in pazienti pediatrici –:
quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per verificare che siano osservati i livelli essenziali di assistenza in Sardegna, alla luce delle linee di indirizzo citate in premessa e del Piano nazionale sulla malattia diabetica;
quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, affinché i presidi per l'assistenza dei pazienti diabetici siano erogati nei quantitativi sufficienti alle necessità dei pazienti e all'incidenza della patologia nell'isola. (4-15797)
GIORGIA MELONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in data 1o marzo 2017 hanno preso servizio all'ospedale San Camillo di Roma i due nuovi medici assunti presso l'unità semplice dipartimentale che si occupa delle interruzioni volontarie di gravidanze secondo la legge 194;
la sezione per l'assunzione dei due professionisti è stata disposta in seguito all'indizione di un bando per lavorare nella struttura riservato esclusivamente ai medici che praticano l'interruzione di gravidanza, escludendo i cosiddetti obiettori di coscienza;
ad avviso dell'interrogante riservare l'assunzione ai soli medici non obiettori di coscienza viola in primissimo luogo proprio la legge n. 194 del 1978 che nasce per dissuadere donne dall'aborto e non per promuovere tale pratica, oltre a porsi in contrasto con le norme costituzionali;
l'obiezione di coscienza è un diritto fondamentale riconosciuto a ciascun medico a tutela della propria libertà individuale, e non può in alcun caso essere utilizzato come requisito per la partecipazione a pubblici concorsi;
in risposta alle proteste dei medici formalizzate in seguito alla notizia del bando, la regione Lazio ha risposto che non era stata riscontrata alcuna iniquità nelle selezione, perché nel testo del decreto non si fa riferimento, tra i requisiti previsti, all'obiezione di coscienza, «ma a una specifica indicazione delle funzioni da svolgere per le prestazioni assistenziali legate all'erogazione del servizio»;
pur limitandosi a tipizzare le funzioni da svolgere appare evidente come si sia creata la discriminazione nei confronti dei medici che non praticano le interruzioni volontarie di gravidanza –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato con riferimento al caso di cui in premessa, e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire la corretta applicazione della legge n. 194 del 1978, sull'interruzione volontaria di gravidanza. (4-15803)
D'INCÀ e BRUGNEROTTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel territorio alpino, in particolare della provincia di Belluno, è nota da anni la grande diffusione della presenza delle zecche che pone serie problematiche in merito alle malattie che questi parassiti possono trasmettere all'uomo;
lo scorso anno, in modo particolare, così come comunicato dalla ULSS1, nella provincia di Belluno si è registrata una ripresa allarmante dell'encefalite a morso di zecca (TBE). Infatti già ad inizio dell'estate il numero delle persone ricoverate per tale patologia, presso l'ospedale San Martino, risultava essere pari a quelli registrati complessivamente negli anni 2014 e 2015;
i casi segnalati nella provincia di Belluno, dal 1994 ad oggi sono 194, ovvero poco meno della metà di quelli registrati sull'intero territorio nazionale;
la meningoencefalite da zecche, o meningoencefalite primaverile-estiva, è una malattia virale acuta del sistema nervoso centrale, si manifesta nel 70 per cento dei casi con meningite o meningoencefalite con esiti anche gravi e permanenti mentre, nei restanti casi, appare come un'influenza ma di grave entità;
la gravità della presenza di tale malattia è rimarcata dalle dichiarazioni del dottor Ermenegildo Francavilla, direttore unità operative di malattie infettive, all'ospedale di Belluno e membro Simit, Società italiana malattie infettive e tropicali «Non abbiamo ancora avuto decessi, nonostante i circa 200 casi registrati dal 1994 ad oggi, ma la mortalità può arrivare sino al 2 per cento» sottolineando che questa malattia esiste e non va sottovalutata, ma può essere prevenuta con il relativo vaccino e ribadendo la necessità di sensibilizzare non soltanto le persone, ma anche il mondo medico;
attualmente è soprattutto il Nord-Est italiano ad essere interessato ed infatti, risulta che in Friuli le vaccinazioni contro la TBE sono gratuite già dal 2013 mentre, nella provincia di Belluno le stesse vaccinazioni sono a pagamento. Il ciclo necessario per la relativa vaccinazione è composto da tre dosi al costo unitario di 47 euro comportando così un costo totale di 141 euro per la vaccinazione completa. Inoltre nel territorio della provincia si rileva una scarsa propensione dei bellunesi alla vaccinazione contro la TBE. Infatti dati USLL1 rilevano come la somministrazione di dosi di vaccino sia sensibilmente ridotta passando dalle 1.900 dosi nel 2009 alle 1.300 degli ultimi anni;
considerato che non esiste una cura per la Tbe, ed il modo migliore per prevenirla è la vaccinazione, e vista la gravità delle conseguenze associate alla salute dei cittadini, si rende necessaria una campagna di sensibilizzazione e prevenzione per la popolazione; anche in considerazione dell'approssimarsi del periodo primaverile ed estivo, nel quale è più diffusa la presenza delle zecche –:
se i Ministri interrogati intendano, ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze, adoperarsi per incentivare un'opera di disinfestazione preventiva dei territori della provincia di Belluno interessati a tale fenomeno, nonché promuovere una campagna di informazione e sensibilizzazione, prevedendo a tal fine l'erogazione gratuita del vaccino anti TBE. (4-15804)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
VICO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
i dipendenti del call center «Smart Voice» di Taranto risultano essere pagati 2,50 euro lordi all'ora che tradotti al netto diventano 1,80 euro;
si tratta di 50 dipendenti, 25 su turno, con contratto co.co.pro. e attualmente lavorano su commessa Telecom per vendita di pacchetti per conto dell'azienda telefonica;
il 1o agosto 2013 venne firmato un accordo nazionale vincolante per tutte le aziende di TLC sottoscritto da Cgil-Cisl-Uil e Confindustria per i LAP (lavoratori a progetto) dei call center;
nel luglio 2014 in Puglia, a Bisceglie, è stato sottoscritto un accordo, tra ASSOCALL e UGL commercio, che contravvenendo quello nazionale autorizza il pagamento di 2,50 euro l'ora;
tale deroga contrattuale sta creando condizioni di concorrenza sleale a danno delle lavoratrici e dei lavoratori a progetto delle aziende che si sono attenute all'accordo nazionale del 2013 –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto richiamato in premessa; se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non ritenga quanto mai opportuno inviare i competenti ispettori del lavoro per verificare l'osservanza delle normative in materia di tutela dei lavoratori in relazione al trattamento riservato ai dipendenti del call center «Smart Voice» di Taranto e, nel contempo, quali iniziative di competenza intenda assumere per contrastare il fenomeno dei cosiddetti «contratti pirata» al fine di ripristinare il vincolo elementare della paga oraria per le lavoratrici e lavoratori dei call center sanciti nell'accordo del 1o agosto 2013 di cui in premessa. (5-10733)
CANCELLERI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
Invitalia è l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, di proprietà del Ministero dell'economia;
come si evince dal sito di Invitalia: nell'ambito dell'elaborazione del progetto di riconversione e riqualificazione industriale dell'area di crisi di Gela (costituita dai territori dei comuni appartenenti ai sistemi locali del lavoro di Gela, Mazzarino, Vittoria, Caltagirone, Riesi, Caltanissetta e Piazza Armerina) la stessa promuove una chiamata a progetto (call) di manifestazioni di interesse ad investire, con l'obiettivo di definire i fabbisogni di sviluppo dell'area;
in data 15 febbraio 2017 a Gela è stato organizzato un convegno dove sono stati illustrati l’iter e la finalità del progetto;
si evidenzia l'importante scopo della presente call e la scadenza troppo breve del 15 marzo 2017, per presentare la manifestazione di interesse:
se il Governo, per quanto di competenza, intenda promuovere al più presto incontri simili a quello avvenuto in data 15 febbraio 2017 a Gela;
se il Governo intenda prorogare di almeno 30 giorni la scadenza della manifestazione di interesse, per dare modo a chi non fosse a conoscenza dell'iniziativa di attivarsi per prenderne parte. (5-10743)
TARICCO, AMATO, FREGOLENT, BRUNO BOSSIO, D'OTTAVIO, DE MENECH, GNECCHI, LAVAGNO, BERGONZI, GRASSI, RUBINATO, GRIBAUDO, SENALDI e IACONO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la Rai – Radiotelevisione Italiana S.p.A è una delle più grandi aziende di comunicazione d'Europa, quinto gruppo televisivo del continente, concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo che esercita in Italia, secondo quanto previsto dalla legge 3 maggio 2004, n. 112;
tra i compiti del servizio pubblico generale radiotelevisivo e quelli di un pubblico servizio in ambito regionale e provinciale c’è l'obbligo di garantire la copertura integrale del territorio nazionale;
Rai Way è una società per azioni del gruppo Rai, proprietaria della rete di diffusione del segnale radiotelevisivo Rai, con il compito di gestire e mantenere efficienti gli impianti di diffusione; Rai Way è presente su tutti il territorio nazionale con sede centrale a Roma, 23 sedi territoriali e oltre 2.300 siti sul territorio;
la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Stabilità 2016) stabilisce che, da luglio 2016, l'imposta sul possesso della tv, il «canone Rai», sia inserita nella bolletta elettrica e versata ratealmente;
numerosi sindaci e amministratori di comuni delle cosiddette «Terre Alte», aree montane, alpine e appenniniche, segnalano da tempo, dopo l'introduzione del digitale terrestre, crescenti difficoltà di accesso al servizio televisivo, in particolare nei borghi più difficilmente raggiungibili;
nel 2015 il CoReCom, il Comitato regionale che vigila sulle comunicazioni in Piemonte, ha diffuso gli esiti di un sondaggio svolto tra i Comuni: i problemi di ricezione del segnale Rai sono riconducibili a più macroaree, in alcune aree di confine per problemi di interferenza e quelle montane per assenza del segnale;
la copertura viene meno in molti comuni montani e collinari italiani, sia sull'arco alpino che sulla dorsale appenninica, ma disagi si evidenziano anche in altre aree del paese;
molti sindaci hanno espresso il disappunto delle comunità attraverso comunicazioni scritte a Rai, Regioni, Agcom, Governo; migliaia di comuni hanno approvato un ordine del giorno per ottenere un tavolo di monitoraggio nazionale, affinché vengano individuate le aree alpine e appenniniche dove il segnale è inadeguato;
per assicurare la trasmissione anche nelle valli più interne e nelle zone d'ombra o raggiunte dal segnale delle torri gestite da Rai Way, negli ultimi dieci anni numerosi Enti territoriali, tra molte Comunità montane e Unioni montane, hanno acquistato e gestiscono impianti di diverse dimensioni e potenza;
Uncem, a livello nazionale ha svolto negli anni, e ancora di recente, numerose azioni a difesa degli utenti residenti nelle «Terre Alte»;
si stima che un totale di quasi seicentomila piemontesi che vivono nella valli alpine e appenniniche non vedano la Rai e altrettanti abbiano difficoltà a ricevere le tv private, subendo così una lesione dei diritti di cittadinanza;
in data 27 gennaio 2016 è stata presentata una mozione, a prima firma dell'onorevole Mino Taricco, per attivare una modalità di soluzione dei problemi di ricezione del segnale Rai nei territori montani –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza e abbia dati di monitoraggio recenti sulle problematiche esposte e quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per risolvere i problemi di ricezione dei canali Rai e garantire il servizio pubblico radiotelevisivo;
se, considerato l'inserimento del canone nella bolletta elettrica, non ritenga di dover avviare un completo monitoraggio sul territorio italiano riguardo ai livelli di effettiva ricezione del segnale televisivo, coinvolgendo eventualmente anche le Regioni, le Unioni di Comuni e le associazioni di Enti locali quali Anci e Uncem;
se non valuti necessario che Rai Way si impegni nel potenziamento delle infrastrutture per la trasmissione del segnale tv, in particolare nelle aree montane e più interne del Paese;
se infine non ritenga urgente attivare un tavolo interministeriale relativo alle strategie per risolvere il problema dell'elevato divario digitale nelle aree montane, alpine e appenniniche, secondo quanto previsto dall'Agenda digitale nazionale.
(5-10745)
FREGOLENT. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
Telecity è una storica emittente televisiva del Piemonte fondata nel 1976, con sedi anche in Liguria e Lombardia. Attualmente fa parte del circuito 7 Gold, alternando trasmissioni a carattere regionale con quelle di interesse nazionale; le redazioni di Telecity sono 5: Castelletto d'Orba (in provincia di Alessandria), Alessandria, Assago, Torino e Genova;
nel corso degli anni tale emittente è divenuta un punto di riferimento per l'informazione locale di un territorio vasto, con telegiornali, inchieste, trasmissioni di servizio, sportive e di intrattenimento;
la proprietà dell'emittente ha recentemente annunciato il taglio di 69 posti di lavoro, sui 97 complessivi, che comporterebbero la chiusura delle sedi di Torino e Genova ed il ridimensionamento delle altre. Gli esuberi riguardano tutte le figure professionali: giornalisti, operatori, tecnici, amministrativi. È stata aperta di fatto la procedura di licenziamento collettivo senza rivelare i nominativi interessati;
le associazioni sindacali hanno indetto manifestazioni di protesta tra cui uno sciopero che si è tenuto il 27 febbraio 2017 scorsoie che ha riscontrato il 95 per cento di adesioni;
i dipendenti lamentano inoltre il mancato pagamento della tredicesima 2016 e della mensilità del mese di gennaio 2017;
tali criticità, secondo la proprietà, sarebbe da addebitarsi agli ingenti investimenti fatti per trasferire le trasmissioni sul digitale terrestre tra il 2011 ed il 2012, dalla crisi di introiti pubblicitari e dai ritardi del contributo statale del 2015;
le associazioni sindacali hanno criticato a mezzo stampa la proprietà colpevole di aver «ripetutamente lasciato cadere la disponibilità offerta nel corso degli anni di condividere un progetto di rinnovamento editoriale del gruppo. È incomprensibile che l'azienda rinunci persino agli ammortizzatori sociali conservativi, disponibili all'inizio del nuovo anni»;
i sindacati hanno infatti ricordato che dal 2012 i lavoratori di Telecity sono interessati da contratti di solidarietà e cassa integrazione ed hanno quindi chiesto all'azienda di continuare a ricorrere ancora a tali ammortizzatori sociali per tutelare e garantire i dipendenti in questa delicata fase di transizione;
le associazioni sindacali hanno quindi chiesto «di fermare le procedure per il licenziamento collettivo, riaprire il confronto sul rilancio editoriale e ripristinare il rispetto delle norme contrattuali»;
solidarietà e sostegno sono stati espressi ai lavoratori di Telecity dalla Federazione nazionale della stampa e dalle istituzioni territoriali;
il gruppo editoriale che detiene la proprietà di Telecity possiede anche Telestar (10 dipendenti), Italia 8 (5 dipendenti), Radio 5 (5 dipendenti) e Radiosity (2 dipendenti);
quali iniziative urgenti intendano intraprendere al fine di garantire la continuità lavorativa ed i livelli professionali dei lavoratori di Telecity, evitando al tempo stesso la chiusura delle sedi di Torino e Genova;
se non intendano promuovere in particolare un tavolo istituzionale di concertazione tra associazioni sindacali ed azienda al fine di garantire al personale in esubero almeno gli ammortizzatori sociali previsti dalla legge;
quali iniziative urgenti intendano inoltre programmare al fine di evitare che le criticità attuali possano riguardare anche le altre emittenti del gruppo editoriale interessato. (5-10749)
Interrogazioni a risposta scritta:
CAPARINI, BORGHESI, SIMONETTI, INVERNIZZI, ALLASIA e MOLTENI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la disciplina per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, è stata modificata negli ultimi anni, prima dal comma 483 dell'articolo 1, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, successivamente modificato dall'articolo 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ed infine ulteriormente modificata dall'articolo 37, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, come sostituito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134;
il comma 1 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 stabilisce i criteri sulla base dei quali deve essere scelto il nuovo concessionario che, nell'ambito della gara ad evidenza pubblica, deve avvenire avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata;
l'ultima modifica del testo di cui al comma 4 dell'articolo 37 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, come sostituito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134, che ha modificato il testo dell'articolo 15 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, prevedendo «particolare riguardo ad un'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza e di aumento dell'energia prodotta o della potenza installata, nonché di idonee misure di compensazione territoriale», sembra dare maggiore importanza all'offerta economica facendo venire meno la portata delle misure del decreto legislativo n. 79 del 1999 che al comma 2 dell'articolo 12 prevede che il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Conferenza unificata, «determina, con proprio provvedimento ed entro il 30 aprile 2012 i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara in conformità a quanto previsto al comma 1, tenendo conto dell'interesse strategico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del contributo degli impianti idroelettrici alla copertura della domanda e dei picchi di consumo»;
nonostante le ultime modifiche del testo, occorre dare adeguata importanza ai fattori di offerta volti a beneficiare le comunità locali e il territorio, poiché sono le comunità locali che subiscono i disagi dallo sfruttamento della risorsa idrica come recentemente ribadito dalla Federbim;
«Il principio fondamentale è che vengano attribuite le concessioni idroelettriche in sede di rinnovo – dichiara il presidente Mottinelli – tra i criteri per la selezione va inserita la compensazione ambientale a favore dei territori montani e dei loro enti locali, come richiamato più volte dalle Comunità europea. In attesa di una chiara presa di posizione del Ministero dello sviluppo economico, valutiamo positivamente le iniziative, come quella della regione Lombardia e del sottosegretario Parolo, per fissare canoni aggiuntivi per gli anni decorsi dalla scadenza della concessione»;
l'attuale decreto ministeriale rischia di danneggiare le comunità locali non attribuendo la dovuta importanza alle misure, di compensazione territoriale in favore dei territori interessati dalle concessioni idroelettriche –:
se intenda intraprendere le opportune iniziative, anche di carattere normativo, affinché il decreto ministeriale, di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 79 del 1999, che dovrà, stabilire i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione d'acqua ad uso idroelettrico, attribuisca la giusta importanza alle misure di compensazione territoriale per non penalizzare le comunità locali e i territori disagiati dallo sfruttamento della risorsa idrica. (4-15781)
RAMPI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
a fine gennaio 2017 è stata preannunciata la delocalizzazione della produzione dello stabilimento di Roncello (Monza e Brianza) della K-Flex, azienda leader nel settore degli isolanti in gomma, nel corso del 2017;
in data 8 febbraio 2017, 187 lavoratori hanno ricevuto la lettera di licenziamento, in maggioranza over 40 e quindi con possibilità ancora minori di essere ricollocati;
K-Flex è una multinazionale italiana a conduzione famigliare, nata nel 1989 e ora presente in 60 Paesi nel mondo con 11 impianti e più di 2.000 dipendenti totali, ha il bilancio in attivo ma nonostante ciò già nel 2014 ha licenziato 46 lavoratori;
nel corso degli anni, l'azienda ha aperto diversi stabilimenti produttivi all'estero: in Europa, in Germania (dicembre 2000), in Scandinavia (luglio 2005), in Polonia (dicembre 2005), nel Regno Unito (aprile 2006) e, a luglio del 2008, in Romania. Nel resto del mondo, con 4 stabilimenti aperti in Cina, tra il 1998 e il 2009, negli Stati Uniti d'America, in Russia, in India e in Malesia;
K-Flex è stata sollecitata ad una sospensione della procedura di delocalizzazione della produzione dallo stabilimento di Roncello (Monza e Brianza), sede da cui è iniziata l'attività e da cui ha avuto poi inizio il florido sviluppo successivo, e dove oggi gli operai sono in sciopero permanente da una settimana;
è necessario mantenere produttiva quell'area e riportare il management dell'azienda alle sue responsabilità verso i dipendenti e alla consapevolezza di cosa rappresenta per il territorio l'eccellenza italiana dei loro prodotti; occorre dunque un intervento che non verta sugli ammortizzatori sociali –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda assumere, anche in collaborazione con gli enti territoriali, a tutela dell'occupazione nell'area;
se si intendano fornire urgentemente ulteriori elementi in merito alla vicenda, e se si intenda rassicurare la popolazione rispetto al fatto che il Governo adotterà ogni utile iniziativa di competenza affinché lo stabilimento non sia dismesso, ma sia invece valorizzato come elemento strategico per la qualità del prodotto, della tecnologia e della ricerca portati avanti negli anni. (4-15785)
Apposizione di una firma ad una mozione.
La mozione Sandra Savino e altri n. 1-01509, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gigli.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Valiante n. 5-10019, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 novembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piccoli Nardelli.
L'interrogazione a risposta in Commissione Pes n. 5-10270, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piccoli Nardelli.
L'interrogazione a risposta in Commissione Boccuzzi n. 5-10630, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Damiano.
L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Lenzi n. 5-10704 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piazzoni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Incerti e altri n. 5-10726, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gribaudo.
L'interrogazione a risposta scritta Paglia n. 4-15769, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pellegrino.
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Burtone n. 3-02779 dell'8 febbraio 2017.
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Capezzone n. 4-14842 del 23 novembre 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10732;
interrogazione a risposta scritta Capezzone n. 4-14888 del 25 novembre 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10731.
ERRATA CORRIGE
Interrogazione a risposta in Commissione Scagliusi e altri n. 5-10639 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 745 del 21 febbraio 2017.
Alla pagina 44886, seconda colonna, dalla riga trentacinquesima alla riga trentaseiesima deve leggersi: «la città di Bari, vanta 31 consoli onorari, 32 se si somma il consolato di», e non come stampato.
Interrogazione a risposta in Commissione Cristian Iannuzzi 5-10718 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 751 del 1o marzo 2017.
Alla pagina 45153, prima colonna, dalla riga quattordicesima alla riga quindicesima, deve leggersi: «e della contribuzione» ha abrogato il finanziamento pubblico diretto dei partiti», e non come stampato.
La Camera,
premesso che:
l'Allegato XIV, al punto 9, 3o comma, del Trattato di pace di Parigi del 1947 prevede che i beni, diritti e interessi degli italiani residenti in modo permanente nei territori ceduti alla Jugoslavia al momento dell'entrata in vigore del Trattato non potranno essere incamerati, ai sensi dell'articolo 79 del Trattato. Prevede, inoltre, che saranno restituiti ai loro proprietari liberati dagli effetti di tutte le misure di tale natura e di qualsiasi altra misura di trasferimento, di amministrazione forzata o di sequestro presa nel corso del periodo che si estende fra il 3 settembre 1943 e la data di entrata in vigore del presente Trattato;
tale disposizione avrebbe dovuto portare a superare tutte le misure illegali, e quindi considerate nulle dalle potenze vincitrici, di appropriazione da parte slava dei beni italiani operati durante l'occupazione militare ante trattato; interpretazione che è stata testualmente condivisa dalla Corte di Cassazione sezioni unite civili, sentenza 28 aprile 1964, n. 1017, che ha statuito che, ai sensi della ricordata normativa internazionale, «i privati conservano il loro diritto di proprietà». Similmente, si sono espresse le sezioni unite civili con la sentenza 18 settembre 1970, n. 1549;
la questione dei beni espropriati è stata solo in parte regolata da accordi bilaterali;
il Parlamento ha provveduto nel tempo a decidere l'indennizzo delle proprietà perdute nei territori ceduti, attraverso una legislazione che è stata più volte modificata, col proposito di venire incontro alle aspettative degli esuli, ma è sempre stata valutata come del tutto insoddisfacente quanto ai valori riconosciuti;
lo Stato non ha riconosciuto ai vecchi proprietari di immobili un ristoro integrale, bensì soltanto un indennizzo condizionato dalle possibilità della finanza pubblica e stabilito dal Parlamento con piena discrezionalità;
la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8055 del 25 marzo 2014, ha stabilito che è ravvisabile un diritto all'indennizzo in favore dei cittadini italiani per i beni localizzati nei territori ceduti alla Jugoslavia in base al Trattato di pace del 10 febbraio 1947 ed ivi sottoposti, dal Governo jugoslavo, a misure di nazionalizzazione o di esproprio, ma spetta comunque sempre al Parlamento determinarne in concreto l'importo. Non è diversa la prospettiva per il regime concernente i beni localizzati nella zona B, in base al Trattato cosiddetto di Osimo del 1975;
nulla di favorevole c’è da aspettarsi da parte slovena e croata per riesaminare alcune situazioni non chiuse dai precedenti trattati fra Italia e Jugoslavia. Ma, da parte sua, l'Italia non ha dato cenni per un impegno politico attivo a tutela anche di quelle situazioni, che non sono state pregiudicate dagli accordi intervenuti a suo tempo con la Jugoslavia, dante causa dei nuovi Stati che mantengono legislazioni non particolarmente liberali;
la legge 16 marzo 2001, n. 72, recante «Interventi a tutela del patrimonio storico e culturale delle comunità degli esuli italiani dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia» e successive proroghe ed integrazioni, stabilisce la stipula di una convenzione pluriannuale con la Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati (FederEsuli), avente come obiettivo l'applicazione dell'articolo 9 della Costituzione e il conseguente finanziamento di attività volte alla salvaguardia «delle tradizioni storiche, culturali e linguistiche italiane delle comunità istriane, fiumane e dalmate residenti in Italia, con riferimento agli usi, ai costumi ed alle espressioni artistiche, letterarie e musicali che ne costituiscono il patrimonio culturale popolare ed il legame storico con le terre di origine»;
la normativa è incredibilmente farraginosa e complessa, a causa del coinvolgimento di una pluralità di istituzioni pubbliche e private, a partire dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ed il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Inoltre, la procedura ad oggi vigente per l'erogazione dei fondi è talmente complicata da rendere le tempistiche fisiologicamente lunghe;
l'attuazione pratica della legge n. 72 del 2001 prevede un iter che non è configurabile come un finanziamento, bensì come rimborso di attività concordate in precedenza e finanziate con anticipazioni da parte delle associazioni. A ciò si deve aggiungere come, fino a circa 5/6 anni or sono, le banche erano disposte a concedere dei «fidi», in quanto coperti dalla legge; questo, oggi, non accade più, vista la crisi economica in cui versano gli istituti di credito. Se a questo si somma il favor utilizzato dalla Commissione tecnica mista nel prediligere progetti molto grandi e di ampio respiro, la difficoltà risulta essere ancora più palese;
la direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, su sollecitazione del tavolo di Governo «Esuli istriani, fiumani e dalmati» presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha costituito dall'anno scolastico 2009-2010 un gruppo di lavoro composto da rappresentanti delle diverse direzioni generali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e da rappresentanti delle associazioni degli esuli;
tra gli scopi del gruppo di lavoro vi è quello di ottemperare all'articolo 1 della legge n. 92 del 2004, laddove prevede che «La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo”, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale»;
come è noto, i trattati di pace che sono seguiti ai conflitti bellici europei hanno ridisegnato nel corso dei secoli le aree geografiche delle nazioni e dell'intero continente, determinando gli assetti geopolitici dell'Europa a favore o sfavore delle diverse potenze con conseguenze importanti sullo sviluppo socio-culturale dei suoi abitanti. I manuali di storia hanno sempre riportato quelli determinanti spesso con dovizia di particolari, inserendoli nella cornice più generale delle linee guida ministeriali. Non è accaduto ciò per le conseguenze del trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, in particolare per le sue conseguenze negative per l'Italia;
il decreto del Presidente della Repubblica n. 1457 del 1960 introdusse lo studio dell'età contemporanea nei programmi di storia del quinto anno degli istituti superiori per i seguenti argomenti: «Le guerre mondiali, la lotta di liberazione, la Costituzione della Repubblica Italiana, ideali e realizzazioni della democrazia, tramonto del colonialismo, istituzioni e organizzazioni per la cooperazione tra i popoli. Comunità europea», omettendo ogni riferimento al trattato del 1947 e alle sue conseguenze per l'Italia;
da tale impostazione, sono conseguite trattazioni minime e spesso inesatte o fuorvianti della questione Venezia Giulia nei libri di testo di ogni ordine e grado;
il decreto ministeriale n. 682 del 4 novembre 1996 («Luigi Berlinguer») pone come programma di storia del quinto anno della scuola secondaria il ’900, ma non specifica gli argomenti;
il decreto ministeriale n. 26 dell'11 marzo 2010 dettaglia le linee guida di storia del quinto anno per tutti i licei, dividendo il primo ’900 dal secondo ’900. In quest'ultima parte si legge: «L'Italia dal Fascismo alla Resistenza e le tappe della democrazia repubblicana»;
la legge n. 54 del 1989 stabilisce le modalità di comportamento per «tutte le amministrazioni dello Stato, del parastato, degli enti locali e qualsiasi altro ufficio o ente, nel rilasciare attestazioni, certificazioni, dichiarazioni, documenti in genere, a cittadini italiani nati in comuni già sotto la sovranità italiana ed oggi compresi nei territori ceduti ad altri Stati»;
in estrema sintesi, per questo insieme di cittadini, le amministrazioni nella compilazione dei documenti «hanno l'obbligo di riportare unicamente il nome italiano del comune, senza alcun riferimento allo Stato cui attualmente appartiene». Tale obbligo deve essere rispettato anche su richiesta orale dell'interessato;
la legge n. 124 del 2006, recante «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, concernente il riconoscimento della cittadinanza italiana ai connazionali dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia e ai loro discendenti» ha consentito l'acquisto della cittadinanza agli italiani che risiedevano nel 1940 nei territori della Venezia-Giulia e della Dalmazia (Zara e Lagosta), già appartenenti all'Italia e ceduti alla Jugoslavia con il Trattato di pace del 1947 ed ai loro figli e discendenti in linea retta;
il 21 settembre 2001, il Presidente della Repubblica pro tempore conferiva motu proprio al gonfalone della città di Zara la Medaglia d'oro al valor militare. Concessione e motivazione dell'onorificenza, secondo quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, venivano pubblicati sul sito della Presidenza della Repubblica, ove rimanevano per oltre un mese. Tra la concessione dell'onorificenza e la consegna solenne dell'onorificenza stessa, fissata per il 13 novembre 2001, la cerimonia annunciata venne disdetta per «impegni» del Presidente della Repubblica e mai più programmata,
impegna il Governo:
1) ad assumere iniziative per fare in modo che le somme eventualmente incassate in base all'impegno a suo tempo assunto dall'ex Jugoslavia rimangano destinate all'ambito degli interessi delle comunità degli esuli, riducendo al minimo la discrezionalità del Governo nell'utilizzo delle somme stesse;
2) a porre in essere un percorso che arrivi ad un giusto ed equo indennizzo per i beni perduti all'estero degli esuli giuliano-dalmati, anche in considerazione degli indennizzi attribuiti per altre drammatiche circostanze storiche ed in ottemperanza all'articolo 3 della Costituzione;
3) a monitorare l'effettiva e solerte fissazione da parte dei competenti organi di governo croati, dei criteri di attuazione della sentenza della Corte suprema croata dell'agosto 2010, che estende ai cittadini stranieri i benefici della legge del 1996 sulle denazionalizzazioni;
4) a prevedere che, nelle linee guida ministeriali ufficiali, relative all'insegnamento della storia, sia inserito lo specifico argomento «Il trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947 e le sue conseguenze per l'Italia», data la rilevanza storica inoppugnabile dell'argomento sotto il profilo della conoscenza storica e della consapevolezza istituzionale a tutti i livelli;
5) ad assumere iniziative per risolvere definitivamente la questione relativa alla malevola interpretazione dei codici fiscali delle persone nate nei comuni passati all'ex Jugoslavia da parte di alcuni sistemi anagrafici informatizzati sviluppati privatamente, rendendo obbligatorio l'utilizzo del servizio online messo a disposizione dall'Agenzia delle entrate per la lettura dei codici fiscali e introducendo una sanzione specifica per i trasgressori;
6) ad assumere iniziative per preservare sui documenti la toponomastica in italiano dei luoghi di nascita o di residenza per tutte le città delle aree della ex Jugoslavia tradizionalmente abitate dalla minoranza di lingua italiana e dai suoi membri;
7) ad adottare iniziative per estendere l'applicazione della legge n. 124 del 2006 ai territori della Dalmazia non annessi all'Italia nel 1920;
8) ad assumere le iniziative di competenza, affinché sia solennemente consegnata la medaglia d'oro alla città di Zara.
(1-01509) «Sandra Savino, Vito, Brunetta, Gelmini, Archi, Bergamini, Biancofiore, Calabria, Carfagna, Centemero, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Gregorio Fontana, Garnero Santanchè, Alberto Giorgetti, Gullo, Laffranco, Longo, Milanato, Palmizio, Polverini, Russo, Santelli, Secco, Vella, Prataviera, Fitzgerald Nissoli, Gigli».
VALIANTE, PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
a seguito dei tragici eventi sismici a cui si è assistito nell'ultimo periodo e che hanno coinvolto il territorio dell'Italia centrale in data 2 settembre 2016, l'interrogante ha inviato una lettera al sindaco Antonio Aloia, del comune di Vallo della Lucania per chiedere un doveroso e necessario sopralluogo da parte dell'UTC presso edifici scolastici presenti sul territorio comunale di Vallo della Lucania e predisporre le verifiche sismiche e strutturali, il tutto a garanzia della sicurezza degli studenti, dei docenti e di tutto il personale che vi lavora;
nonostante l'importanza dell'argomento, ad oggi l'interrogante non ha avuto nessun riscontro;
pur comprendendo le difficoltà economiche dei comuni l'interrogante ritiene assolutamente indispensabile da uomo delle istituzioni e soprattutto da genitore, conoscere la condizione reale di sicurezza delle scuole di Vallo, alcune delle quali come la scuola Aldo Moro, interessate nel recente passato da episodi inusuali anche di piccoli cedimenti –:
quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano assumere per acquisire un quadro aggiornato sullo stato di adeguamento antisismico degli edifici scolastici di cui in premessa. (5-10019)
PES, PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
dal 1o settembre 2016 è stato soppresso il servizio di trasporto scolastico per gli alunni della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, residenti nelle borgate di Santa Sofia, Crastu e Su Lau del comune di Laconi, in provincia di Oristano;
le risorse stanziate dalla regione trasferite al comune di Laconi, circa 10 mila euro, sono insufficienti per garantire il servizio scuolabus alle borgate agricole;
l'amministrazione comunale, per sopperire alla mancanza di servizio del trasporto scolastico, ha proposto un contributo mensile alle famiglie per provvedere autonomamente ad accompagnare i figli a scuola; alcuni genitori hanno rifiutato il sostegno mensile (voucher), a causa delle quotidiane difficoltà di percorrenza, circa quarantacinque chilometri giornalieri da casa a scuola, ma anche per mancanza di conciliazione di orario di lavoro con quello scolastico; altri, invece, hanno rifiutato il sostegno comunale, poiché non hanno le possibilità economiche per possedere una macchina;
per alcune precarietà esposte, alcuni alunni non possono regolarmente frequentare le lezioni scolastiche;
sarebbe opportuno, che fosse valutata, di concerto con la regione Sardegna, una soluzione alternativa, magari considerando la possibilità di sostituire il servizio scuolabus, con l'incremento delle corse dei trasporti già attivi nel territorio –:
se il Governo sia a conoscenza della situazione esposta;
se, nell'immediato, si possano prevedere soluzioni per garantire a tutti la fruizione del diritto all'istruzione, nel rispetto dell'articolo 34 della Costituzione, che, al primo comma, stabilisce che occorre «garantire il libero accesso all'istruzione scolastica senza alcuna discriminazione» e al secondo comma prevede l'obbligatorietà e gratuità dell'istruzione dell'obbligo. (5-10270)
BOCCUZZI, DAMIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Carrefour, il gruppo francese che opera nella grande distribuzione, il 5 febbraio 2017 ha aperto la procedura di mobilità per 500 lavoratori di 32 dei 57 ipermercati italiani e la chiusura di tre ipermercati in Italia: Trofarello (Torino), Borgomanero (Novara) e Pontecagnano (Salerno);
da notizie di stampa si legge che sono 160 gli esuberi previsti solo nel Piemonte, 54 a Trofarello dove è prevista la chiusura di un ipermercato, 14 alla Gru di Grugliasco, 10 a Collegno, 8 a Pinerolo, 57 a Borgomanero, dove sarà chiuso un secondo ipermercato, 6 a Borgo Sesia e 11 a Novara, mentre gli altri esuberi sono previsti in Lombardia, Campania e Sardegna;
tale decisione da parte del gruppo francese arriva un anno dopo le trattative sui punti vendita aperti 24 ore al giorno e quelli aperti nei festivi, quando erano state promesse delle assunzioni;
al momento il contratto nazionale risulta scaduto e il 20 gennaio 2017 si è svolto a Bologna un incontro tra il gruppo Carrefour e le organizzazioni sindacali, cui è seguito il 28 gennaio uno sciopero nazionale –:
quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e le economie territoriali coinvolte dagli esuberi annunciati da Carrefour. (5-10630)
LENZI, PIAZZONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'8 febbraio 2017 la Camera ha approvato il disegno di legge di conversione del cosiddetto «decreto per il Mezzogiorno», stanziando 50 milioni di euro in più per il Fondo nazionale per le non autosufficienze istituito dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296;
il 14 febbraio al Tavolo Non Autosufficienza è emersa la possibilità che il Ministero dell'economia e delle finanze stia valutando la possibilità di disporre tagli sia per il Fondo per le Non Autosufficienze (500 milioni di euro per il 2017) quanto per il Fondo nazionale per le politiche sociali (poco più di 300 milioni di euro) di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000;
nello specifico, i 311 milioni di euro del Fondo per le politiche sociali, potrebbero scendere a 99 milioni di euro e i 500 milioni di euro del Fondo per le non autosufficienze potrebbero scendere a 450 milioni di euro, mettendo a rischio i servizi alla persona e le prestazioni a domicilio per disabili e anziani;
il Fondo nazionale per le politiche sociali e la fonte nazionale di finanziamento specifico degli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie, così come previsto dalla legge n. 328 del 2000, la legge quadro di riforma dell'assistenza, finanziando un sistema articolato di piani sociali regionali e piani sociali di zona che descrivono, per ciascun territorio, una rete integrata di servizi alla persona rivolti all'inclusione dei soggetti in difficoltà, o comunque all'innalzamento del livello di qualità della vita;
il Fondo nazionale per le non autosufficienze è fondamentale per dare un aiuto alle famiglie che devono assistere a domicilio un malato non autosufficiente come le persone colpite da SLA; ad esempio, è necessario alle famiglie per potersi permettere una o più «badanti» per l'assistenza 24, ore su 24, oppure per l'acquisto di ausili come i comunicatori o i letti attrezzati. Senza un'adeguata assistenza domiciliare, molti malati sarebbero costretti a rivolgersi alla rete ospedaliera e assistenziale con un conseguente aumento dei costi a carico del Sistema sanitario nazionale –:
se corrispondano al vero le affermazioni su possibili tagli di risorse ai due Fondi richiamati in premessa e quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di scongiurare tale evenienza che colpirebbe proprio i cittadini più vulnerabili, e avrebbe come conseguenza che la manovra finanziaria produrrebbe effetti negativi sulla parte più debole della nostra società. (5-10704)
INCERTI, ALBANELLA, GNECCHI, GIACOBBE, FABBRI, PATRIZIA MAESTRI, CASELLATO, DI SALVO, GRIBAUDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 25 del decreto legislativo n. 80 del 2015 prevede, in via sperimentale per il triennio 2016-2018, che una quota pari al 10 per cento delle risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, di cui all'articolo 1, comma 68, ultimo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e successive modificazioni, sia destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata;
il suddetto articolo prevede, altresì, una cabina di regia che definisca modalità e monitoraggio e di cui fanno parte tre rappresentanti designati dal Presidente del Consiglio dei ministri o, rispettivamente, ove nominati, dal Ministro delegato per le politiche della famiglia, dal Ministro delegato per le pari opportunità e dal Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da un rappresentante designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, e da un rappresentante designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali che la presiede –:
se il suddetto Fondo sia stato impiegato e in quale misura per l'anno 2016 e se la cabina di regia sia stata attivata e in caso affermativo, quali modalità di utilizzo di risorse umane, strumentali e finanziarie sono state approntate. (5-10726)
PAGLIA, PELLEGRINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la regione Emilia Romagna si è dotata in conformità all'articolo 7 della direttiva n. 60 del 2007 recepita in Italia con il decreto legislativo n. 49 del 2010, dei piani di gestione del rischio di alluvioni;
i piani di gestione del rischio di alluvioni (adottati il 17 dicembre 2015) sono stati approvati il 3 marzo 2016 dai comitati istituzionali delle autorità di bacino nazionali. Il territorio della regione Emilia-Romagna è interessato da tre nuovi Piani: il P.G.R.A. del distretto padano, del distretto dell'Appennino Settentrionale e del distretto dell'Appennino Centrale;
nei piani le aree di pianura sono tutte classificate a rischio di alluvione;
la classificazione avviene tramite tre livelli di pericolosità, basso, medio, alto; e quattro livelli di rischio (da moderato o nullo a molto elevato): ad esempio tutto il territorio della bassa romagna è classificato con pericolosità compresa tra medio e alto (due livelli superiori) e rischio moderato e medio con punte di elevato a ridosso dei principali centri urbani;
uno degli obiettivi del piano è quello di prevenire il fenomeno della subsidenza che accentua i rischi di allagamenti a seguito di eventi meteorologici importanti e ridotta capacità di dilavamento della rete della bonifica a causa della riduzione delle pendenze;
il territorio in oggetto è caratterizzato da subsidenza di origine naturale, trattandosi di una piana alluvionale in cui i sedimenti che la formano sono naturalmente soggetti ad abbassamento per compattazione e da subsidenza di origine antropica prodotta dall'estrazione di risorse quali gas naturale e acqua da pozzi artesiani, dal sottosuolo;
concedere nuovi pozzi di metano nella bassa romagna appare estremamente insensato e pericoloso;
quel territorio ha infatti già subito notevoli danni da subsidenza, da estrazione metano e acqua, con abbassamento di circa 2 cm/anno per 30 anni, nel periodo di attività dei pozzi;
successivamente la subsidenza (periodo 2001-2012), a seguito dell'interruzione delle estrazioni ha rallentato assestandosi tra 0,5 e 1,5 cm/anno;
ciò ha comunque creato notevoli scompensi alla gestione della rete di bonifica che va in emergenza più volte nel corso dell'anno, non ultimo il 22 settembre 2016;
questo a causa del cambiamento del regime delle piogge, ma anche degli impatti che la subsidenza ha generato sulla capacità di drenaggio della rete di bonifica;
appare difficilmente comprensibile perché, a fronte dell'approvazione del Piano di gestione del rischio di alluvioni (P.G.R.A.) il 3 di marzo 2016 da parte della regione, non si soprassieda all'autorizzazione di nuove concessioni per la ricerca e l'estrazione di gas, che certamente non gioveranno al miglioramento del rischio alluvioni;
nel piano di bacino dell'autorità del fiume Reno, d'altra parte, tutto il territorio del comune di Bagnacavallo e di quello di Alfonsine sono a rischio alluvione, un rischio medio su tre livelli, quindi non di poco conto;
la richiesta di concessione per la ricerca e coltivazione di idrocarburi effettuata dalla società Padana Energia spa, denominata progetto di sviluppo unitario del giacimento Longanesi, insiste su un territorio caratterizzato da subsidenza e quindi a rischio alluvionale, già provato da anni di estrazioni di gas;
gli stessi studi effettuati da Arpa Emilia Romagna parlano di un effetto subsidenza certo, quantificato fra i 2 e gli 8 centimetri di maggior abbassamento del suolo;
il locale consorzio di bonifica ammette la necessità di forti interventi compensativi, che a comunque in caso si verificassero condizioni leggermente peggiori di quelle previste non sarebbero sufficienti, con il rischio di compromettere l'intero equilibrio idrogeologico dell'area, con danni ingentissimi –:
se, alla luce di tutte le considerazioni sovraesposte, non ritenga di dover negare, nell'ambito delle proprie competenze, l'autorizzazione di cui in premessa a Padana Energia spa. (4-15769)
SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO, SPADONI, GRANDE, DEL GROSSO e DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
la nomina di console onorario presuppone la concessione dell’exequatur ai sensi della Convenzione di Vienna del 1963, ratificata dall'Italia con la legge 9 agosto 1967, n. 804;
al titolo di console onorario, a cui corrispondono una serie di privilegi quali il titolo stesso, una lettera patente (firmata dal Capo dello Stato del Paese di invio e ratificata dall’exequatur, emesso dalla Farnesina), una carta di identità speciale che riconosce le funzioni consolari, una targa corpo consolare e un posto auto riservato, dovrebbe corrispondere un impegno concreto del diplomatico che dovrebbe assicurare un servizio alla comunità che rappresenta;
la città di Bari, vanta 31 consoli onorari, 32 se si somma il consolato di Malta, nella vicinissima città di Barletta. Insieme con Napoli e Palermo, Bari, è tra le città del sud Italia, con il maggior numero di consolati;
agli interroganti questo risulta un dato degno di nota, dal momento che, come definito dalla circolare del Ministero degli affari esteri n. 3 del 16 luglio 2010 adottata a livello interno, uno dei requisiti che lo Stato italiano deve verificare ai fini dell’exequatur è quello dell'onorabilità della persona del candidato, al fine di tutelare la sicurezza dello Stato –:
quali siano le ragioni per cui la città di Bari abbia così tanti consoli onorari, e, dettagliatamente, quali relazioni economiche e culturali i consoli onorari di Bari promuovano sul territorio, quali siano i risultati, economici e non, raggiunti grazie al loro lavoro e con quali azioni il console onorario tuteli gli interessi dei cittadini del Paese che rappresenta. (5-10639)
CRISTIAN IANNUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, recante «abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione» ha abrogato il finanziamento pubblico diretto dei partiti politici e lo ha sostituito con un sistema di finanziamento basato sulle detrazioni fiscali delle donazioni private e sulla destinazione volontaria del 2 per mille dell'imposta sui reddito delle persone fisiche;
il completamento del processo di riforma della disciplina del finanziamento pubblico ai partiti risulta, tuttavia, subordinato all'approvazione ed alla successiva emanazione di sette provvedimenti attuativi (decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e decreti ministeriali), previsti dal citato decreto;
al riguardo, si evidenzia come il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'economia e delle finanze non abbia ancora provveduto all'adozione, nei termini previsti dalla legge, di alcuni provvedimenti attuativi inerenti a determinate materie specificamente indicate;
più precisamente, non sono stati emanate le disposizioni che limitavano il contributo dei privati oltre il tetto dei 100 mila euro (articolo 10, comma 8), così come quelle sui controlli dei mezzi di pagamento diversi dal contante (articolo 5, comma 3) –:
sulla base di quali specifiche motivazioni non si sia ancora provveduto in ordine all'adozione dei sopra richiamati provvedimenti attuativi;
se intendano adoperarsi per favorire in tempi rapidi, e per quanto di propria competenza, l'adozione dei decreti attuativi relativi ai limiti da applicare al contributo dei privati e ai controlli dei mezzi di pagamento diversi dal contante.
(5-10718)