DOCUMENTI ESAMINATI NEL CORSO DELLA SEDUTA
COMUNICAZIONI ALL'ASSEMBLEA

Seduta n. 468 di venerdì 24 luglio 2015

INDICE


Comunicazioni ... 3
Missioni valevoli nella seduta del 24 luglio 2015 ... 3
Progetti di legge (Annunzio) ... 3
Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri (Trasmissione di un documento) ... 3
Corte dei conti (Trasmissioni di documenti) ... 3
Comitato interministeriale per la programmazione economica (Trasmissione di un documento) ... 4
Progetti di atti dell'Unione europea (Annunzio) ... 4
Atti di controllo e di indirizzo ... 5

ERRATA CORRIGE ... 5

Disegno di legge di conversione n. 3201-A/R ... 6
Ordini del giorno ... 6

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 24 luglio 2015.

 Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Casero, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 23 luglio 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   MURER ed altri: «Disposizioni per il riordino e la promozione delle attività nel settore dei beni usati e del riuso dei prodotti» (3250);
   ROSTELLATO: «Modifiche all'articolo 842 del codice civile e alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di attività venatoria» (3251);
   BORGHESE e MERLO: «Modifiche alla legge 4 luglio 2005, n. 123, in materia di prevenzione, diagnosi e cura della celiachia» (3252).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 16 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, lettera a-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, la relazione sullo stato di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato italiano, riferita all'anno 2014 (Doc. LXXXIV, n. 3).

  Questa relazione è trasmessa alle Commissioni I (Affari costituzionali), II (Giustizia), III (Affari esteri), VIII (Ambiente), XI (Lavoro) e XII (Affari sociali).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 21 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Consorzio per l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste, per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 306).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 21 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM), per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 307).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 21 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Fondo di previdenza per il personale del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 308).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione di una delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 22 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la delibera CIPE n. 19/2015 del 20 febbraio 2015, concernente «Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443 del 2001). Nuova linea ferroviaria Torino-Lione (NLTL) sezione internazionale – Parte comune italo-francese sezione transfrontaliera – Parte in territorio italiano – Approvazione progetto definitivo».

  Questa delibera è trasmessa alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 23 luglio 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare a nome dell'Unione europea in seno al consiglio per gli scambi di servizi dell'Organizzazione mondiale del commercio per quanto concerne l'accettazione di preferenze notificate dai membri dell'OMC riguardo a servizi e fornitori di servizi di Paesi meno sviluppati diverse da quelle di cui all'articolo XVI del GATS (COM(2015) 356 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla mobilitazione del Fondo di solidarietà dell'Unione europea (COM(2015) 370 final), che è assegnato in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'andamento delle spese del FEAGA – Sistema di allarme n. 6-7/2015 (COM(2015) 371 final), corredata dal relativo allegato (COM(2015) 371 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 23 luglio 2015, a pagina 4, seconda colonna, ventottesima riga, deve leggersi: «XI» e non: «XII» come stampato.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 27 GIUGNO 2015, N. 83, RECANTE MISURE URGENTI IN MATERIA FALLIMENTARE, CIVILE E PROCESSUALE CIVILE E DI ORGANIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO DELL'AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA (A.C. 3201-A/R)

A.C. 3201-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

(Non sono ricompresi gli ordini del giorno esaminati nella seduta del 23 luglio 2015).

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame si muoveva inizialmente, nelle intenzioni del Governo, nell'ambito di una «messa a punto» delle più recenti numerose riforme del settore delle procedure concorsuali, nonché esecutive e fiscali a queste connesse, tali da «contenere» i danni che un'azienda in crisi o in situazione di insolvenza può arrecare ai suoi creditori, siano essi fornitori di beni e servizi ovvero intermediari finanziari, quali banche ed assicurazioni;
    al fine di realizzare questo obiettivo, sono modificati in maniera disorganica alcuni segmenti delle norme che regolamentano la gestione di aziende in stato di crisi ed insolvenza: dalle procedure concorsuali fino a quelle esecutive, modificando la legge fallimentare, civile e processuale civile, con misure, anche di tipo fiscale, volte anzitutto alla tutela dei diritti del creditore di tipo finanziario ed assicurativo, nonché intervenendo sulla figura professionale del curatore;
    in particolare, relativamente alle misure principali, il provvedimento d'urgenza reca nei primi due Titoli, interventi in materia di procedure concorsuali e procedure esecutive; il Titolo III tratta di misure fiscali, mentre il Titolo IV include numerosi interventi in materia di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria particolarmente eterogenei, questi ultimi, rispetto alla ratio complessiva del decreto-legge;
    nel corso dell'esame in sede referente in Commissione giustizia del provvedimento in titolo, tramite emendamenti a firma del Relatore e del Governo, l'articolato è stato ulteriormente ampliato di dieci nuovi articoli legati, in via generale, ai temi dell'amministrazione giudiziaria, fatta peculiare eccezione per la trasposizione integrale dell'articolo 3 del decreto-legge n. 92, già all'esame in sede referente presso le Commissioni ambiente ed attività produttive;
    a proposito dei primi due Titoli, si rileva che non appaiono sussistere le caratteristiche di necessità e urgenza relativamente al tema principale del provvedimento, poiché proprio la materia concorsuale ed una più ampia revisione del diritto fallimentare ed esecutivo sono oggetto del lavoro di un'apposita commissione insediata presso il Ministero di giustizia sin dal 28 gennaio scorso;

    i motivi che, invero, appaiono decisivi per l'emanazione di un decreto-legge risiedono in una serie di misure a favore di banche ed assicurazioni (nel ruolo di creditori finanziari), mascherate dall'intento di introdurre una maggiore «competitività» e «concorrenzialità» nel sistema concorsuale e fallimentare;
    tra tutti, appaiono emblematici in tal senso l'articolo 9, che rafforza i poteri del creditore finanziario nei confronti dell'impresa debitrice, consegnando alle banche la capacità di orientare la ristrutturazione dei crediti con la facoltà di imporre le proprie condizioni ai creditori finanziari minori e, in prospettiva, al complesso degli creditori; nonché l'articolo 16, che consente agli enti creditizi, finanziari ed assicurativi di poter portare in deduzione in un solo anno fiscale l'intero ammontare delle perdite sui crediti in luogo del 20 per cento annuo consentito fino ad oggi;
    l'articolo 21-octies, recante «misure urgenti per l'esercizio dell'attività di impresa di stabilimenti oggetto di sequestro giudiziario», introduce infine elementi di ulteriore eterogeneità in un atto già di per sé ampiamente disorganico e disomogeneo, laddove, nel merito, esso non reca alcuna misura in materia fallimentare, civile, processuale civile, né di organizzazione ovvero di funzionamento dell'amministrazione giudiziaria – così come elenca il titolo del decreto n. 83 –, intervenendo altresì in capo ad un'attività produttiva posta sotto sequestro, per disporre un'esplicita deroga ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori al fine di consentire la prosecuzione dell'attività industriale,

impegna il Governo

a prevedere l'adozione di ogni misura utile a rafforzare la tutela dei lavoratori dipendenti di aziende sottoposte a procedure fallimentari.
9/3201-AR/92
Tripiedi.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame si muoveva inizialmente, nelle intenzioni del Governo, nell'ambito di una «messa a punto» delle più recenti numerose riforme del settore delle procedure concorsuali, nonché esecutive e fiscali a queste connesse, tali da «contenere» i danni che un'azienda in crisi o in situazione di insolvenza può arrecare ai suoi creditori, siano essi fornitori di beni e servizi ovvero intermediari finanziari, quali banche ed assicurazioni;
    al fine di realizzare questo obiettivo, sono modificati in maniera disorganica alcuni segmenti delle norme che regolamentano la gestione di aziende in stato di crisi ed insolvenza: dalle procedure concorsuali fino a quelle esecutive, modificando la legge fallimentare, civile e processuale civile, con misure, anche di tipo fiscale, volte anzitutto alla tutela dei diritti del creditore di tipo finanziario ed assicurativo, nonché intervenendo sulla figura professionale del curatore;
    in particolare, relativamente alle misure principali, il provvedimento d'urgenza reca nei primi due Titoli, interventi in materia di procedure concorsuali e procedure esecutive; il Titolo III tratta di misure fiscali, mentre il Titolo IV include numerosi interventi in materia di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria particolarmente eterogenei, questi ultimi, rispetto alla ratio complessiva del decreto-legge;
    nel corso dell'esame in sede referente in Commissione giustizia del provvedimento in titolo, tramite emendamenti a firma del Relatore e del Governo, l'articolato è stato ulteriormente ampliato di dieci nuovi articoli legati, in via generale, ai temi dell'amministrazione giudiziaria, fatta peculiare eccezione per la trasposizione integrale dell'articolo 3 del decreto-legge n. 92, già all'esame in sede referente presso le Commissioni ambiente ed attività produttive:
    l'articolo 21-octies, recante «misure urgenti per l'esercizio dell'attività di impresa di stabilimenti oggetto di sequestro giudiziario», introduce infine elementi di ulteriore eterogeneità in un atto già di per sé ampiamente disorganico e disomogeneo, laddove, nel merito, esso non reca alcuna misura in materia fallimentare, civile, processuale civile, né di organizzazione ovvero di funzionamento dell'amministrazione giudiziaria – così come elenca il titolo del decreto n. 83 –, intervenendo altresì in capo ad un'attività produttiva posta sotto sequestro, per disporre un'esplicita deroga ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori al fine di consentire la prosecuzione dell'attività industriale,

impegna il Governo

a comunicare ogni anno l'esito delle attività di vigilanza e controllo, nonché il numero di eventuali sopralluoghi, da parte del Comando dei Vigili del Fuoco, degli uffici dell'azienda sanitaria, nonché dell'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro al fine di valutare se gli stabilimenti già destinatari di provvedimenti di sequestro da parte della magistratura siano sottoposti ad un effettivo controllo e con quali risultati per tutelare la salute dei lavoratori.
9/3201-AR/93
Terzoni.

   La Camera,
   considerato che:
    il comma 1-bis dell'articolo 18, nel fare salvi i trattenimenti in servizio dei magistrati della Corte dei conti «fino al completamento della procedura di reclutamento in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto e in ogni caso fino al 30 giugno 2016», non sembra individuare un termine certo entro il quale tali trattenimenti in servizio debbano in ogni caso cessare,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa utile, anche nell'ambito di futuri interventi normativi, al fine di chiarire che i trattenimenti in servizio dei magistrati della Corte dei conti non possono comunque protrarsi oltre il termine del 30 giugno 2016.
9/3201-AR/94Vazio.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame si muoveva inizialmente, nelle intenzioni del Governo, nell'ambito di una «messa a punto» delle più recenti numerose riforme del settore delle procedure concorsuali, nonché esecutive e fiscali a queste connesse, tali da «contenere» i danni che un'azienda in crisi o in situazione di insolvenza può arrecare ai suoi creditori, siano essi fornitori di beni e servizi ovvero intermediari finanziari, quali banche ed assicurazioni;
    al fine di realizzare questo obiettivo, sono modificati in maniera disorganica alcuni segmenti delle norme che regolamentano la gestione di aziende in stato di crisi ed insolvenza: dalle procedure concorsuali fino a quelle esecutive, modificando la legge fallimentare, civile e processuale civile, con misure, anche di tipo fiscale, volte anzitutto alla tutela dei diritti del creditore di tipo finanziario ed assicurativo, nonché intervenendo sulla figura professionale del curatore;
    in particolare, relativamente alle misure principali, il provvedimento d'urgenza reca nei primi due Titoli, interventi in materia di procedure concorsuali e procedure esecutive; il Titolo III tratta di misure fiscali, mentre il Titolo IV include numerosi interventi in materia di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria particolarmente eterogenei, questi ultimi, rispetto alla ratio complessiva del decreto-legge;
    nel corso dell'esame in sede referente in Commissione giustizia del provvedimento in titolo, tramite emendamenti a firma del Relatore e del Governo, l'articolato è stato ulteriormente ampliato di dieci nuovi articoli legati, in via generale, ai temi dell'amministrazione giudiziaria, fatta peculiare eccezione per la trasposizione integrale dell'articolo 3 del decreto-legge n. 92, già all'esame in sede referente presso le Commissioni ambiente ed attività produttive;
    a proposito dei primi due Titoli, si rileva che non appaiono sussistere le caratteristiche di necessità e urgenza relativamente al tema principale del provvedimento, poiché proprio la materia concorsuale ed una più ampia revisione del diritto fallimentare ed esecutivo sono oggetto del lavoro di un'apposita commissione insediata presso il Ministero di giustizia sin dal 28 gennaio scorso;
    i motivi che, invero, appaiono decisivi per l'emanazione di un decreto-legge risiedono in una serie di misure a favore di banche ed assicurazioni (nel ruolo di creditori finanziari), mascherate dall'intento di introdurre una maggiore «competitività» e «concorrenzialità» nel sistema concorsuale e fallimentare;
    tra tutti, appaiono emblematici in tal senso l'articolo 9, che rafforza i poteri del creditore finanziario nei confronti dell'impresa debitrice, consegnando alle banche la capacità di orientare la ristrutturazione dei crediti con la facoltà di imporre le proprie condizioni ai creditori finanziari minori e, in prospettiva, al complesso degli creditori; nonché l'articolo 16, che consente agli enti creditizi, finanziari ed assicurativi di poter portare in deduzione in un solo anno fiscale l'intero ammontare delle perdite sui crediti in luogo del 20 per cento annuo consentito fino ad oggi;
    l'articolo 21-octies, recante «misure urgenti per l'esercizio dell'attività di impresa di stabilimenti oggetto di sequestro giudiziario», introduce infine elementi di ulteriore eterogeneità in un atto già di per sé ampiamente disorganico e disomogeneo, laddove, nel merito, esso non reca alcuna misura in materia fallimentare, civile, processuale civile, né di organizzazione ovvero di funzionamento dell'amministrazione giudiziaria – così come elenca il titolo del decreto n. 83 –, intervenendo altresì in capo ad un'attività produttiva posta sotto sequestro, per disporre un'esplicita deroga ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori al fine di consentire la prosecuzione dell'attività industriale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre misure volte a disciplinare gli effetti dell'inosservanza del piano di rateazione del prezzo di cui all'articolo 11.
9/3201-AR/95
Simone Valente.

   La Camera,
   premesso che:
    con le modifiche introdotte dal decreto-legge si viene incontro all'esigenza di alleggerire i costi delle procedure esecutive che vengono messi in prededuzione sul ricavato delle vendite, in modo da soddisfare al contempo i creditori che ottengono un ricavo netto più alto e i debitori estinguono somme maggiori;
    tuttavia, al contempo, la massima pubblicità possibile degli avvisi sugli incanti giudiziari è garanzia di trasparenza e di libera partecipazione agli incanti medesimi e tale maggiore apertura e partecipazione alle procedure consente di limitare l'influenza di interessi opachi e talora illeciti;
    le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b), al numero 1, concernenti l'istituzione del «portale delle vendite pubbliche» – mediante una modifica del primo comma dell'articolo 490 del codice di procedura civile – divengono efficaci trascorsi 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle relative specifiche tecniche, a norma dell'articolo 23, comma 2 del provvedimento in esame;
    le nuove disposizioni, di cui al numero 2 della suddetta lettera b), che riscrivono il terzo comma dell'articolo 490 del medesimo codice di procedura civile – in materia di pubblicità sui quotidiani degli avvisi degli atti esecutivi dei quali, per legge, deve essere data notizia – risultano essere già vigenti dall'entrata in vigore del decreto-legge,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad intervenire affinché coincida temporalmente l'applicabilità delle disposizioni citate in premessa e dunque del numero 1) e del numero 2) della lettera b) del comma 1 dell'articolo 13 del provvedimento all'esame.
9/3201-AR/96
Vacca.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21-octies del provvedimento in esame si attaglia perfettamente all'attuale situazione dell'ILVA di Taranto, recentemente sottoposta ad un (nuovo) sequestro preventivo, questa volta come già riportato, non già rispetto a violazioni della normativa ambientale bensì ad un incidente sul lavoro sfociato nella morte di un operaio. Come è noto, infatti, l'ILVA rientra tra gli stabilimenti di interesse strategico nazionale per effetto dell'articolo 3 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207 (decreto cosiddetto «salva ILVA»). La previsione di una disciplina transitoria per i casi in cui il sequestro sia già stato adottato al momento di entrata in vigore del decreto, non fa che confermare l'intento del legislatore di riaprire lo stabilimento tarantino scavalcando il provvedimento giudiziario;
    il decreto «salva ILVA» consentiva la prosecuzione dell'attività siderurgica in quanto, parallelamente ad essa, i gestori avrebbero dovuto adeguare l'impianto alle previsioni dettate dalla nuova Autorizzazione Integrata Ambientale, ossia da un provvedimento adottato all'esito di un regolare procedimento amministrativo, assistito da una serie di garanzie in termini di trasparenza, partecipazione e – soprattutto – sindacabilità da parte del giudice amministrativo. Era stata proprio la valorizzazione di questi aspetti a consentire alla Corte costituzionale, nella più volte richiamata sent. n. 85 del 2013, di ritenere la norma immune da censure di legittimità sotto il profilo del sacrificio di interessi di rilievo costituzionale quali la salute umana e la salubrità dell'ambiente: «Il procedimento che culmina nel rilascio dell'AIA, con le sue caratteristiche di partecipazione e di pubblicità, rappresenta lo strumento attraverso il quale si perviene, nella previsione del legislatore, all'individuazione del punto di equilibrio in ordine all'accettabilità e alla gestione dei rischi, che derivano dall'attività oggetto dell'autorizzazione»;
    in altre parole, come evidenziato dalla Consulta, lo schema dell'intervento del 2012 prevedeva la combinazione tra un provvedimento legislativo (il decreto 207/2012) e un atto amministrativo (l'AIA), collocando nella sede del procedimento amministrativo la fase del bilanciamento tra gli interessi contrapposti in gioco (occupazione 15 salute umana e salubrità dell'ambiente), ferma restando la sindacabilità di bilanciamenti illegittimi tramite gli strumenti della giustizia amministrativa;
    la descritta combinazione tra norma di legge ed atto amministrativo scompare, invece, nell'intervento odierno. Da un lato ciò appare del tutto normale, avendosi a che tare con la sicurezza sul lavoro, ossia con un settore che, a differenza di quello ambientale, non prevede un intervento autorizzativo della Pubblica amministrazione, ma affida i relativi poteri e responsabilità alle figure di garanti individuate nel decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modifiche. Dall'altro lato, peraltro, viene da interrogarsi in merito all'opportunità di delegare agli stessi garanti che hanno dato origine alla situazione da cui è scaturito il procedimento penale il compito – non solo di attuare bensì anche – di elaborare un piano di adeguamento dell'impresa alla normativa vigente, oltretutto senza chiarire fino in fondo quali siano le forme e le sedi del controllo sul loro operato,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile al fine di prevedere che la predisposizione del piano di risanamento avvenga con l'ausilio degli ispettori del lavoro della Direzioni regionali e provinciali, gli uffici delle ASL, Inail e Comando provinciale dei vigili del fuoco.
9/3201-AR/97
Vallascas.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 83 del 2015 si muoveva inizialmente, nelle intenzioni del Governo, nell'ambito di una «messa a punto» delle più recenti numerose riforme del settore delle procedure concorsuali, nonché esecutive e fiscali a queste connesse, tali da «contenere» i danni che un'azienda in crisi o in situazione di insolvenza può arrecare ai suoi creditori, siano essi fornitori di beni e servizi ovvero intermediari finanziari, quali banche ed assicurazioni;
    al fine di realizzare questo obiettivo, sono modificati in maniera disorganica alcuni segmenti delle norme che regolamentano la gestione di aziende in stato di crisi ed insolvenza: dalle procedure concorsuali fino a quelle esecutive, modificando la legge fallimentare, civile e processuale civile, con misure, anche di tipo fiscale, volte anzitutto alla tutela dei diritti del creditore di tipo finanziario ed assicurativo, nonché intervenendo sulla figura professionale del curatore;
    in particolare, relativamente alle misure principali, il provvedimento d'urgenza reca nei primi due Titoli, interventi in materia di procedure concorsuali e procedure esecutive; il Titolo III tratta di misure fiscali, mentre il Titolo IV include numerosi interventi in materia di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria particolarmente eterogenei, questi ultimi, rispetto alla ratio complessiva del decreto-legge;
    nel corso dell'esame in sede referente in Commissione giustizia del provvedimento in titolo, tramite emendamenti a firma del Relatore e del Governo, l'articolato è stato ulteriormente ampliato di dieci nuovi articoli legati, in via generale, ai temi dell'amministrazione giudiziaria, fatta peculiare eccezione per la trasposizione integrale dell'articolo 3 del decreto-legge n. 92, già all'esame in sede referente presso le Commissioni ambiente ed attività produttive;
    a proposito dei primi due Titoli, si rileva che non appaiono sussistere le caratteristiche di necessità e urgenza relativamente al tema principale del provvedimento, poiché proprio la materia concorsuale ed una più ampia revisione del diritto fallimentare ed esecutivo sono oggetto del lavoro di un'apposita commissione insediata presso il Ministero di giustizia sin dal 28 gennaio scorso;
    i motivi che, invero, appaiono decisivi per l'emanazione di un decreto-legge risiedono in una serie di misure a favore di banche ed assicurazioni (nel ruolo di creditori finanziari), mascherate dall'intento di introdurre una maggiore «competitività» e «concorrenzialità» nel sistema concorsuale e fallimentare;
    tra tutti, appaiono emblematici in tal senso l'articolo 9, che rafforza i poteri del creditore finanziario nei confronti dell'impresa debitrice, consegnando alle banche la capacità di orientare la ristrutturazione dei crediti con la facoltà di imporre le proprie condizioni ai creditori finanziari minori e, in prospettiva, al complesso degli creditori; nonché l'articolo 16, che consente agli enti creditizi, finanziari ed assicurativi di poter portare in deduzione in un solo anno fiscale l'intero ammontare delle perdite sui crediti in luogo del 20 per cento annuo consentito fino ad oggi;
    l'articolo 21-octies, recante «misure urgenti per l'esercizio dell'attività di impresa di stabilimenti oggetto di sequestro giudiziario», introduce infine elementi di ulteriore eterogeneità in un atto già di per sé ampiamente disorganico e disomogeneo, laddove, nel merito, esso non reca alcuna misura in materia fallimentare, civile, processuale civile, né di organizzazione ovvero di funzionamento dell'amministrazione giudiziaria – così come elenca il titolo del decreto n. 83 –, intervenendo altresì in capo ad un'attività produttiva posta sotto sequestro, per disporre un'esplicita deroga ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori al fine di consentire la prosecuzione dell'attività industriale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a definire la platea dei beneficiari delle deposizioni di cui all'articolo del decreto in esame prevedendo misure di maggior favore per gli istituti bancari e finanziari che, nell'erogazione dei crediti, privilegino le imprese con maggiore difficoltà di accesso alle forme di finanziamento alternativo e che, seppure operative, si trovano in stato di temporanea difficoltà economica finanziaria.
9/3201-AR/98
Villarosa.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame si muoveva inizialmente, nelle intenzioni del Governo, nell'ambito di una «messa a punto» delle più recenti numerose riforme del settore delle procedure concorsuali, nonché esecutive e fiscali a queste connesse, tali da «contenere» i danni che un'azienda in crisi o in situazione di insolvenza può arrecare ai suoi creditori, siano essi fornitori di beni e servizi ovvero intermediari finanziari, quali banche ed assicurazioni;
    al fine di realizzare questo obiettivo, sono modificati in maniera disorganica alcuni segmenti delle norme che regolamentano la gestione di aziende in stato di crisi ed insolvenza: dalle procedure concorsuali fino a quelle esecutive, modificando la legge fallimentare, civile e processuale civile, con misure, anche di tipo fiscale, volte anzitutto alla tutela dei diritti del creditore di tipo finanziario ed assicurativo, nonché intervenendo sulla figura professionale del curatore;
    in particolare, relativamente alle misure principali, il provvedimento d'urgenza reca nei primi due Titoli, interventi in materia di procedure concorsuali e procedure esecutive; il Titolo III tratta di misure fiscali, mentre il Titolo IV include numerosi interventi in materia di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria particolarmente eterogenei, questi ultimi, rispetto alla ratio complessiva del decreto-legge;
    nel corso dell'esame in sede referente in Commissione giustizia del provvedimento in titolo, tramite emendamenti a firma del Relatore e del Governo, l'articolato è stato ulteriormente ampliato di dieci nuovi articoli legati, in via generale, ai temi dell'amministrazione giudiziaria, fatta peculiare eccezione per la trasposizione integrale dell'articolo 3 del decreto-legge n. 92, già all'esame in sede referente presso le Commissioni ambiente ed attività produttive;
    a proposito dei primi due Titoli, si rileva che non appaiono sussistere le caratteristiche di necessità e urgenza relativamente al tema principale del provvedimento, poiché proprio la materia concorsuale ed una più ampia revisione del diritto fallimentare ed esecutivo sono oggetto del lavoro di un'apposita commissione insediata presso il Ministero di giustizia sin dal 28 gennaio scorso;
    i motivi che, invero, appaiono decisivi per l'emanazione di un decreto-legge risiedono in una serie di misure a favore di banche ed assicurazioni (nel ruolo di creditori finanziari), mascherate dall'intento di introdurre una maggiore «competitività» e «concorrenzialità» nel sistema concorsuale e fallimentare;
    tra tutti, appaiono emblematici in tal senso l'articolo 9, che rafforza i poteri del creditore finanziario nei confronti dell'impresa debitrice, consegnando alle banche la capacità di orientare la ristrutturazione dei crediti con la facoltà di imporre le proprie condizioni ai creditori finanziari minori e, in prospettiva, al complesso degli creditori; nonché l'articolo 16, che consente agli enti creditizi, finanziari ed assicurativi di poter portare in deduzione in un solo anno fiscale l'intero ammontare delle perdite sui crediti in luogo del 20 per cento annuo consentito fino ad oggi;
    l'articolo 21-octies, recante «misure urgenti per l'esercizio dell'attività di impresa di stabilimenti oggetto di sequestro giudiziario», introduce infine elementi di ulteriore eterogeneità in un atto già di per sé ampiamente disorganico e disomogeneo, laddove, nel merito, esso non reca alcuna misura in materia fallimentare, civile, processuale civile, né di organizzazione ovvero di funzionamento dell'amministrazione giudiziaria – così come elenca il titolo del decreto n. 83 –, intervenendo altresì in capo ad un'attività produttiva posta sotto sequestro, per disporre un'esplicita deroga ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori al fine di consentire la prosecuzione dell'attività industriale;
    non sono note le cause dell'incidente dell'8 giugno scorso che ha portato alla morte di Alessandro Morricella durante la misurazione della temperatura all'interno dell'AFO2, un incidente anomalo mai verificatosi in 50 anni di attività degli altoforni più grandi d'Europa;
    non è possibile escludere l'utilizzo di componenti anomali nella miscela sottoposta a fusione;
    nel provvedimento si dispone che non possa avvenire il sequestro di parti dello stabilimento nell'ambito di un'impresa di interesse nazionale neppure quando, come nel caso dell'incidente che ha portato alla morte di Morricella, non è nota la causa dell'incidente e non si può escludere che si ripeta un incidente analogo; si dispone che l'impresa debba predisporre un piano di sicurezza da comunicare all'autorità giudiziaria,

impegna il Governo

a disporre nell'ambito delle proprie competenze accertamenti per stabilire quali siano i componenti della matrice attualmente utilizzata per la produzione di acciaio all'interno dell'ILVA e per la caratterizzazione e tracciabilità dei relativi rifiuti presenti all'interno dello stabilimento.
9/3201-AR/99
Vignaroli.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame si muoveva inizialmente, nelle intenzioni del Governo, nell'ambito di una «messa a punto» delle più recenti numerose riforme del settore delle procedure concorsuali, nonché esecutive e fiscali a queste connesse, tali da «contenere» i danni che un'azienda in crisi o in situazione di insolvenza può arrecare ai suoi creditori, siano essi fornitori di beni e servizi ovvero intermediari finanziari, quali banche ed assicurazioni;
    al fine di realizzare questo obiettivo, sono modificati in maniera disorganica alcuni segmenti delle norme che regolamentano la gestione di aziende in stato di crisi ed insolvenza: dalle procedure concorsuali fino a quelle esecutive, modificando la legge fallimentare, civile e processuale civile, con misure, anche di tipo fiscale, volte anzitutto alla tutela dei diritti del creditore di tipo finanziano ed assicurativo, nonché intervenendo sulla figura professionale del curatore;
    in particolare, relativamente alle misure principali, il provvedimento d'urgenza reca nei primi due Titoli, interventi in materia di procedure concorsuali e procedure esecutive; il Titolo III tratta di misure fiscali, mentre il Titolo IV include numerosi interventi in materia di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria particolarmente eterogenei, questi ultimi, rispetto alla ratio complessiva del decreto-legge;
    nel corso dell'esame in sede referente in Commissione giustizia del provvedimento in titolo, tramite emendamenti a firma del Relatore e del Governo, l'articolato è stato ulteriormente ampliato di dieci nuovi articoli legati, in via generale, ai temi dell'amministrazione giudiziaria, fatta peculiare eccezione per la trasposizione integrale dell'articolo 3 del decreto-legge n. 92, già all'esame in sede referente presso le Commissioni ambiente ed attività produttive;
    a proposito dei primi due Titoli, si rileva che non appaiono sussistere le caratteristiche di necessità e urgenza relativamente al tema principale del provvedimento, poiché proprio la materia concorsuale ed una più ampia revisione del diritto fallimentare ed esecutivo sono oggetto del lavoro di un'apposita commissione insediata presso il Ministero di giustizia sin dal 28 gennaio scorso;
    i motivi che, invero, appaiono decisivi per l'emanazione di un decreto-legge risiedono in una serie di misure a favore di banche ed assicurazioni (nel ruolo di creditori finanziari), mascherate dall'intento di introdurre una maggiore «competitività» e «concorrenzialità» nel sistema concorsuale e fallimentare;
    tra tutti, appaiono emblematici in tal senso l'articolo 9, che rafforza i poteri del creditore finanziario nei confronti dell'impresa debitrice, consegnando alle banche la capacità di orientare la ristrutturazione dei crediti con la facoltà di imporre le proprie condizioni ai creditori finanziari minori e, in prospettiva, al complesso degli creditori; nonché l'articolo 16, che consente agli enti creditizi, finanziari ed assicurativi di poter portare in deduzione in un solo anno fiscale l'intero ammontare delle perdite sui crediti in luogo del 20 per cento annuo consentito fino ad oggi;
    l'articolo 21-octies, recante «misure urgenti per l'esercizio dell'attività di impresa di stabilimenti oggetto di sequestro giudiziario», introduce infine elementi di ulteriore eterogeneità in un atto già di per sé ampiamente disorganico e disomogeneo, laddove, nel merito, esso non reca alcuna misura in materia fallimentare, civile, processuale civile, né di organizzazione ovvero di funzionamento dell'amministrazione giudiziaria – così come elenca il titolo del decreto n. 83 –, intervenendo altresì in capo ad un'attività produttiva posta sotto sequestro, per disporre un'esplicita deroga ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori al fine di consentire la prosecuzione dell'attività industriale;
    non sono note le cause dell'incidente dell'8 giugno scorso che ha portato alla morte di Alessandro Morricella durante la misurazione della temperatura all'interno dell'AFO2, un incidente anomalo mai verificatosi in 50 anni di attività degli altoforni più grandi d'Europa;
    non è possibile escludere l'utilizzo di componenti anomali nella miscela sottoposta a fusione;
    nel provvedimento si dispone che non possa avvenire il sequestro di parti dello stabilimento nell'ambito di un'impresa di interesse nazionale neppure quando, come nel caso dell'incidente che ha portato alla morte di Morricella, non è nota la causa dell'incidente e non si può escludere che si ripeta un incidente analogo; si dispone che l'impresa debba predisporre un piano di sicurezza da comunicare all'autorità giudiziaria,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad assumere iniziative normative affinché si eviti che per gli stabilimenti di interesse nazionale sottoposti a sequestro, il piano per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro sia predisposto unilateralmente dalla impresa stessa, anziché dall'autorità statale competente.
9/3201-AR/100
Zolezzi.

   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera 3201-A, oltre alle misure urgenti in materia fallimentare e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria contiene anche misure urgenti sia in materia di rifiuti e di autorizzazioni integrata ambientale, sia per l'esercizio dell'attività di impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale;
    l'articolo 21-octies prevede, tra l'altro, che l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non sia impedito dal sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento, quando la misura cautelare sia stata adottata in relazione ad ipotesi di reato inerenti la sicurezza sul luogo di lavoro;
    tali disposizioni troverebbero applicazione per gli stabilimenti di interesse strategico nazionale, quale l'Ilva di Taranto, riguardo al quale sono state adottate nel corso degli ultimi anni numerosi provvedimenti d'urgenza, volti tra l'altro a impedire l'ottemperanza di provvedimenti giudiziari che avrebbero potuto determinare la chiusura almeno di una parte degli impianti, quelli a maggior impatto sanitario ed ambientale, la cosiddetta «area a caldo»;
    più volte il Governo si è impegnato – ultimo provvedimento tra tanti il decreto-legge n. 1 del 2015 – ad avviare l'improcrastinabile risanamento ambientale della città di Taranto e il rilancio del polo siderurgico ivi insistente anche attraverso ingenti finanziamenti e dichiarazioni pubbliche di buona volontà,

impegna il Governo

a predisporre tutti gli atti necessari ed improcrastinabili anche al fine di dare seguito alle promesse già fatte alla comunità e alle istituzioni locali e avviare nel contempo una riconversione del polo siderurgico dell'Ilva di Taranto con lavorazioni a basso impatto ambientale.
9/3201-AR/101Labriola.

   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria;
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari;
    la magistratura onoraria, se opportunamente inquadrata, sicuramente sarebbe il volano di un nuovo andamento dell'amministrazione della giustizia, avvicinando la giustizia ai cittadini e assicurando la celerità del servizio, in attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, oltre ad uniformarsi ai paesi più civili in tema di celerità dei procedimenti giudiziari;
    occorre una soluzione a regime che preveda nuove modalità di accesso e di retribuzione oltre che di stabilizzazione degli incarichi e che tenga conto anche della previdenza;
    è assolutamente indilazionabile un intervento immediato in materia di giudici onorari, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 106, secondo comma, della Costituzione,

impegna il Governo

a procedere con celerità alla proposta organica di riforma della magistratura onoraria, tale da consentire al Parlamento di approvarla entro la data del 31 dicembre 2015, astenendosi dal ricorrere ad ulteriori provvedimenti emergenziali, temporanei o tesi a proroghe dell'esistente, salvo le misure necessarie al fine di garantire la continuità dell'azione giudiziaria della magistratura onoraria nelle more della proposta organica di riforma in parola.
9/3201-AR/102
Allasia.

   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tali da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, attraverso l'assegnazione dei giudizi civili pendenti dinanzi ai Tribunali alla data di entrata in vigore della presente legge di conversione, che questi siano attribuiti al giudice di pace territorialmente competente, con esclusione delle cause già assunte in decisione e che non rimesse in istruttoria.
9/3201-AR/103Attaguile.

   La Camera,
   premesso che:
    la politica di revisione della geografia giudiziaria adottata dai precedenti Governi con l'esercizio della delega contenuta nell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, – soppressione di tutte le sezioni distaccate dei tribunali, di quasi tutti i tribunali non capoluogo di provincia e degli uffici dei giudici di pace –, in un contesto di grave crisi del settore giustizia, ha ulteriormente aggravato la situazione del sistema. Ed, infatti, facendo solo «cassa» nell'immediato per importi modesti – senza peraltro che vengano tenuti in debita considerazione i costi del trasferimento del personale e delle risorse materiali – e producendo nel breve delle diseconomie di scala, dovute alla creazione di macro strutture di tribunali che risulteranno dei veri e propri «carrozzoni», tali da compromettere ulteriormente il già carente servizio della giustizia, causerà che molti cittadini saranno indotti, di fatto, a rinunciare alla tutela costituzionalmente garantita dei propri diritti in una sede accentrata e molte volte lontana, a discapito di una giustizia di prossimità, che, come dimostrano i dati statistici, è efficiente e oltremodo la più conforme ai parametri europei;
    rilevato che i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148» e 7 settembre 2012, n. 156 «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», disattendono le indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni Giustizia della Camera dei deputati e del Senato, che rilevavano come i principi e i criteri direttivi contenuti nell'articolo 1, comma 2, della delega prevista dalla legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, fossero stati recepiti solo in parte, poiché non si teneva conto, tra l'altro, dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, oltre a non preservare nuove strutture recentemente finanziate,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza un provvedimento normativo correttivo dei decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 7 settembre 2012, n. 156, al fine di dare puntuale attuazione ai contenuti dei pareri approvati dalla Commissione Giustizia della Camera dei deputati del 1o agosto 2012 e dall'altro ramo del Parlamento, e conseguentemente procedere al riordino organico dei Tribunali ed in particolare, alla riviviscenza degli uffici giudiziari soppressi in difformità ai citati pareri.
9/3201-AR/104
Borghesi.

   La Camera,
   premesso che:
    la politica di revisione della geografia giudiziaria adottata dai precedenti Governi con l'esercizio della delega contenuta nell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, – soppressione di tutte le sezioni distaccate dei tribunali, di quasi tutti i tribunali non capoluogo di provincia e degli uffici dei giudici di pace –, in un contesto di grave crisi del settore giustizia, ha ulteriormente aggravato la situazione del sistema. Ed, infatti, facendo solo «cassa» nell'immediato per importi modesti – senza peraltro che vengano tenuti in debita considerazione i costi del trasferimento del personale e delle risorse materiali – e producendo nel breve delle diseconomie di scala, dovute alla creazione di macro strutture di tribunali che risulteranno dei veri e propri «carrozzoni», tali da compromettere ulteriormente il già carente servizio della giustizia, causerà che molti cittadini saranno indotti, di fatto, a rinunciare alla tutela costituzionalmente garantita dei propri diritti in una sede accentrata e molte volte lontana, a discapito di una giustizia di prossimità, che, come dimostrano i dati statistici, è efficiente e oltremodo la più conforme ai parametri europei;
    rilevato che i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148» e 7 settembre 2012, n. 156 «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», disattendono le indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni Giustizia della Camera dei deputati e del Senato, che rilevavano come i principi e i criteri direttivi contenuti nell'articolo 1, comma 2, della delega prevista dalla legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, fossero stati recepiti solo in parte, poiché non si teneva conto, tra l'altro, dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, oltre a non preservare nuove strutture recentemente finanziate,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza un provvedimento normativo correttivo dei decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 7 settembre 2012, n. 156, ed in particolare prevedere che presso le sedi dei 30 Tribunali ordinari soppressi, siano istituite Sezioni Distaccate dei Tribunali accorpanti, con un'articolazione minima delle loro funzioni comprendente competenze riferite all'ex circondario e con distacco di strutture delle Procure accorpanti che eviti eccessive difficoltà di accesso al servizio giustizia per le popolazioni insediate.
9/3201-AR/105
Busin.

   La Camera,
   premesso che:
    rilevato come ancora una volta per ottenere efficienza e speditezza con riforme del processo, è necessario procedere con interventi di organizzazione e di redistribuzione di risorse umane e materiali che sono le uniche misure idonee a garantire l'accelerazione dei processi, mentre procedere solo a modificazioni normative tese all'introduzione o modificazione o integrazione di istituti esistenti, non consente alcun aumento di efficace ed effettivo aumento dell'efficienza del sistema giudiziario,

impegna il Governo

nell'ambito dell'attuazione della nuova dislocazione sul territorio degli Uffici Giudiziari, ad esaminare, analizzare e valutare il territorio nazionale, ed in particolare il territorio del nord, sia sotto il profilo geografico, sia sotto quello produttivo, sia sotto quello delle strutture e dell'organizzazione giudiziaria esistente, al fine di introdurre o potenziare competenze specializzate della magistratura al fine di un maggiore affidamento da parte delle imprese e degli investitori e soprattutto tenendo in imprescindibile considerazione il diritto del cittadino e del lavoratore ad un facile accesso ed una giustizia qualitativamente soddisfacente.
9/3201-AR/106Fedriga.

   La Camera,
   premesso che:
    l'informatizzazione degli uffici giudiziari rappresenti una condizione indispensabile per assicurare un servizio giustizia realmente efficace e sottolineata l'esigenza di finanziare in maniera adeguata un maggior sviluppo del programma di informatizzazione del servizio giustizia,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure necessarie, anche di natura normativa ed emergenziale, per realizzare investimenti volti a completare l'informatizzazione della giustizia di almeno 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2015, anche al fine di ottimizzare i servizi della giustizia in una ottica di maggiore efficienza della relativa organizzazione si informatica che telematica.
9/3201-AR/107Guidesi.

   La Camera,
    rilevato, altresì, che il provvedimento legislativo in parola, anche indirettamente, tende a porre norme che varino ad incidere sull'attuale politica dell'immigrazione, tenuto conto che vengono stabilite disposizioni (articolo 18-ter) afferenti l'applicazione straordinaria di magistrati per l'emergenza connessa con i procedimenti di riconoscimento dello status di persona internazionalmente protetta e altri procedimenti giudiziari connessi ai fenomeni dell'immigrazione;
   premesso che:
    il 15 settembre 2014 il Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione del Ministero dell'Interno in audizione in Commissioni riunite I e II ha dichiarato che dei 125.876 arrivi in Italia dall'inizio dell'anno le richieste di protezione sono state invece 38.000;
    i centri di identificazione ed espulsione, così denominati con decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, e previsti dall'articolo 14 del testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), come modificato dall'articolo 12 della legge n. 189 del 2002, sono strutture destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all'espulsione e si propongono di evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio e di consentire la materiale esecuzione, da parte delle forze dell'ordine, dei provvedimenti di espulsione emessi nei confronti degli irregolari;
    l'istituzione e l'operatività di tali centri sono del tutto in linea con quanto dispone e richiede l'Unione europea, poiché è la stessa direttiva 2008/115/CE («direttiva rimpatri») a prevede, agli articoli 15 e 16, il «trattenimento» «in appositi centri di permanenza temporanea» «per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio» e ad imporre agli Stati membri, tra cui l'Italia, l'adozione di «norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace quale elemento necessario di una politica d'immigrazione correttamente gestita»;
    oltre al «trattenimento» nei centri di identificazione ed espulsione, necessario per procedere all'effettiva espulsione dei clandestini, sempre la direttiva cosiddetta rimpatri (direttiva 2008/115/CE) dispone altresì che «al fine di agevolare la procedura di rimpatrio si sottolinea la necessità di accordi comunitari e bilaterali di riammissione con i Paesi terzi»;
    dopo l'entrata in vigore del reato di ingresso e soggiorno illegale ex articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nell'anno 2010 gli sbarchi sono diminuiti dell'88 per cento, secondo i dati del Ministero dell'interno pubblicati a suo tempo, ma ora però non più disponibili sul sito, salvando così numerose vite umane e dando un duro colpo ai trafficanti di esseri umani che gestiscono, come è noto ormai a tutti, l'organizzazione di tali viaggi illegali;
    attualmente degli 11 centri di identificazione ed espulsione presenti in Italia (Bari, Bologna, Brindisi, Caltanissetta, Crotone, Gorizia, Milano, Roma, Torino, Trapani e Trapani Milo) meno di 5 sono in funzione, come risulta dal Rapporto sui Centri di Identificazione ed Espulsione del luglio 2014 approvato dalla Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani il 24 settembre 2014;
    sempre dal medesimo Rapporto si evince che i CIE di Bologna e Milano sono stati convertiti in centri di prima accoglienza ed è in via di riconversione anche il CIE di Trapani Vulpitta e che «tutti i centri visitati dalla Commissione ospitavano un numero di immigrati ben inferiore alla loro effettiva capienza»;
    il numero dei clandestini rimpatriati nel 2013 è stato di soli 2.749 rispetto ai 4.015 del 2012 e che vi è da attendersi un numero ancora inferiore per l'anno in corso alla luce della chiusura e riconversione in atto dei Centri di Identificazione ed Espulsione,

impegna il Governo

ad assumere ogni più opportuna iniziativa al fine di potenziare e rafforzare, anche con provvedimenti emergenziali, l'attuale sistema di detenzione amministrativa, legittimo ed in linea con le normative europee e con quelle di altri Stati dell'Unione, rendendo immediatamente operativo in ogni regione un Centro di Identificazione ed Espulsione.
9/3201-AR/108
Invernizzi.

   La Camera,
    rilevato, altresì, che il provvedimento legislativo in parola, anche indirettamente, tende a porre norme che varino ad incidere sull'attuale politica dell'immigrazione, tenuto conto che vengono stabilite disposizioni (articolo 18-ter) afferenti l'applicazione straordinaria di magistrati per l'emergenza connessa con i procedimenti di riconoscimento dello status di persona internazionalmente protetta e altri procedimenti giudiziari connessi ai fenomeni dell'immigrazione;
   premesso che:
    il 15 settembre 2014 il Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione del Ministero dell'Interno in audizione in Commissioni riunite I e II ha dichiarato che dei 125.876 arrivi in Italia dall'inizio dell'anno le richieste di protezione sono state invece 38.000;
    i centri di identificazione ed espulsione, così denominati con decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, e previsti dall'articolo 14 del testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), come modificato dall'articolo 12 della legge n. 189 del 2002, sono strutture destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all'espulsione e si propongono di evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio e di consentire la materiale esecuzione, da parte delle forze dell'ordine, dei provvedimenti di espulsione emessi nei confronti degli irregolari;
    l'istituzione e l'operatività di tali centri sono del tutto in linea con quanto dispone e richiede l'Unione europea, poiché è la stessa direttiva 2008/115/CE («direttiva rimpatri») a prevede, agli articoli 15 e 16, il «trattenimento» «in appositi centri di permanenza temporanea» «per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio» e ad imporre agli Stati membri, tra cui l'Italia, l'adozione di «norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace quale elemento necessario di una politica d'immigrazione correttamente gestita»;
    oltre al «trattenimento» nei centri di identificazione ed espulsione, necessario per procedere all'effettiva espulsione dei clandestini, sempre la direttiva cosiddetta rimpatri (direttiva 2008/115/CE) dispone altresì che «al fine di agevolare la procedura di rimpatrio si sottolinea la necessità di accordi comunitari e bilaterali di riammissione con i Paesi terzi»;
    dopo l'entrata in vigore del reato di ingresso e soggiorno illegale ex articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nell'anno 2010 gli sbarchi sono diminuiti dell'88 per cento, secondo i dati del Ministero dell'interno pubblicati a suo tempo, ma ora però non più disponibili sul sito, salvando così numerose vite umane e dando un duro colpo ai trafficanti di esseri umani che gestiscono, come è noto ormai a tutti, l'organizzazione di tali viaggi illegali;
    attualmente degli 11 centri di identificazione ed espulsione presenti in Italia (Bari, Bologna, Brindisi, Caltanissetta, Crotone, Gorizia, Milano, Roma, Torino, Trapani e Trapani Milo) meno di 5 sono in funzione, come risulta dal Rapporto sui Centri di Identificazione ed Espulsione del luglio 2014 approvato dalla Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani il 24 settembre 2014;
    sempre dal medesimo Rapporto si evince che i CIE di Bologna e Milano sono stati convertiti in centri di prima accoglienza ed è in via di riconversione anche il CIE di Trapani Vulpitta e che «tutti i centri visitati dalla Commissione ospitavano un numero di immigrati ben inferiore alla loro effettiva capienza»;
    il numero dei clandestini rimpatriati nel 2013 è stato di soli 2.749 rispetto ai 4.015 del 2012 e che vi è da attendersi un numero ancora inferiore per l'anno in corso alla luce della chiusura e riconversione in atto dei Centri di Identificazione ed Espulsione,

impegna il Governo

ad assumere ogni più opportuna iniziativa al fine di potenziare e rafforzare, anche con provvedimenti emergenziali, l'attuale sistema di detenzione amministrativa, legittimo ed in linea con le normative europee e con quelle di altri Stati dell'Unione, rendendo, previo reperimento di adeguate risorse finanziarie, immediatamente operativo in ogni regione un Centro di Identificazione ed Espulsione.
9/3201-AR/108. (Testo modificato nel corso della seduta) 
Invernizzi.

   La Camera,
   rilevato, altresì, che il provvedimento legislativo in parola, anche indirettamente, tende a porre norme che vanno ad incidere sull'attuale politica dell'immigrazione, tenuto conto che vengono stabilite disposizioni (articolo 18-ter) afferenti l'applicazione straordinaria di magistrati per l'emergenza connessa con i procedimenti di riconoscimento dello status di persona internazionalmente protetta e altri procedimenti giudiziari connessi ai fenomeni dell'immigrazione;
   premesso che:
    il 15 settembre 2014 il Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione del Ministero dell'Interno in audizione in Commissioni riunite I e II ha dichiarato che dei 125.876 arrivi in Italia dall'inizio dell'anno le richieste di protezione sono state 38.000;
    i centri di identificazione ed espulsione, sono strutture destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all'espulsione e si propongono di evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio e di consentire la materiale esecuzione, da parte delle forze dell'ordine, dei provvedimenti di espulsione emessi nei confronti degli irregolari;
    l'istituzione e l'operatività di tali centri sono del tutto in linea con quanto dispone e richiede l'Unione europea, poiché è la stessa direttiva 2008/115/CE («direttiva rimpatri») a prevede, agli articoli 15 e 16, il «trattenimento» «in appositi centri di permanenza temporanea» «per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio» e ad imporre agli Stati membri, tra cui l'Italia, l'adozione di «norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace quale elemento necessario di una politica d'immigrazione correttamente gestita»;
    oltre al «trattenimento» nei centri di identificazione ed espulsione, necessario per procedere all'effettiva espulsione dei clandestini, sempre la direttiva cosiddetta rimpatri (direttiva 2008/115/CE) dispone altresì che «al fine di agevolare la procedura di rimpatrio si sottolinea la necessità di accordi comunitari e bilaterali di riammissione con i Paesi terzi»;
    secondo i dati del Rapporto sui CIE del luglio 2014 approvato dalla Commissione Straordinaria per la Tutela e Promozione dei Diritti Umani, il numero dei clandestini rimpatriati nel 2013 è stato di soli 2.749 rispetto ai 4.015 del 2012;
    vi è da attendersi un numero ancora inferiore per l'anno in corso alla luce della chiusura e riconversione in atto dei Centri di Identificazione ed Espulsione;
    invece, secondo quanto riportato dall'allora rappresentante del Governo pro-tempore nella seduta della I Commissione del 5 luglio 2011 le espulsioni sono state, dal 2008 al 2010, circa 60 mila;
    la Direttiva c.d. Rimpatri dispone il trattenimento in appositi centri fino a 18 mesi ai fini non solo dell'identificazione ma soprattutto dell'allontanamento effettivo del clandestino,

impegna il Governo

a rendere effettivo il recepimento della direttiva 2008/115/CE («Direttiva Rimpatri»), in particolare dell'articolo 15, comma 6, mantenendo i tempi di trattenimento nei CIE a 18 mesi e procedendo in modo celere all'identificazione e al rimpatrio dei clandestini presenti sul territorio italiano, mediante anche il rinnovo e la stipula di accordi con i Paesi di origine.
9/3201-AR/109
Marcolin.

   La Camera,
   rilevato, altresì, che il provvedimento legislativo in parola, anche indirettamente, tende a porre norme che vanno ad incidere sull'attuale politica dell'immigrazione e protezione internazionale, tenuto conto che vengono stabilite disposizioni (articolo 18-ter) afferenti l'applicazione straordinaria di magistrati per l'emergenza connessa con i procedimenti di riconoscimento dello status di persona internazionalmente protetta e altri procedimenti giudiziari connessi ai fenomeni dell'immigrazione;
   premesso che:
    la protezione umanitaria è una forma di protezione (non internazionale) diversa rispetto allo status di rifugiato e allo status di protezione sussidiaria, e infatti è disciplinata dal Testo Unico sull'immigrazione e dal decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;
    detta forma di protezione è riconosciuta al richiedente protezione internazionale quando la Commissione Territoriale, pur non accertando la sussistenza di esigenze di protezione internazionale, ritiene che esistano seri motivi di carattere umanitario che giustificano la permanenza del richiedente sul territorio nazionale;
    la disposizione normativa non enuncia in via esemplificativa quali debbano essere considerati i seri motivi, pertanto, è suscettibile di ampia interpretazione e pertanto si presti a maggior utilizzo, costituendo la forma di protezione più riconosciuta ai richiedenti asilo;
    la normativa italiana non definisce in termini univoci quali siano le esigenze di protezione umanitaria di un individuo: l'articolo 5, comma 6 del decreto legislativo n. 286 del 1998 adotta una previsione di carattere generale che consente la tutela di una vasta categoria di fattispecie soggettive, non riconducibili alla protezione internazionale;
    la mancanza assoluta di una disciplina normativa che definisca il contenuto del titolo di soggiorno per motivi umanitari, i diritti a esso connessi e le modalità di rilascio e rinnovo del titolo stesso, ha causato l'adozione di prassi del tutto difformi da territorio a territorio;
    valutato che la protezione umanitaria non rientra nella nozione di protezione internazionale ed altresì va ad aggiungersi ad altre forme di protezione già previste dal nostro ordinamento,

impegna il Governo

ad assumere le più opportune iniziative, anche di natura emergenziale, al fine di razionalizzare i sistemi di protezione già disposti dal nostro ordinamento, mediante l'abrogazione dell'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo n. 286 del 1998 e successive modificazioni ed integrazioni.
9/3201-AR/110Molteni.

   La Camera,
   preso atto che il provvedimento in esame, seppur in modo alquanto limitato, prevede ulteriori risorse finanziarie per lo sviluppo del processo telematico;
   rilevato che per consentire la modifica dell'attuale sistema processuale occorre stanziare risorse finanziarie al fine di consentire la definitiva implementazione del processo cosiddetto telematico, anche, ed in particolar modo, oltre al settore civile, nel settore contabile, amministrativo e penale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziare atte a consentire un la definitiva implementazione all'utilizzo del processo telematico, anche, ed in particolar modo, nel settore contabile, amministrativo e penale.
9/3201-AR/111. (Testo modificato nel corso della seduta) Gianluca Pini.

   La Camera,
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad una proroga dell'incarico dei magistrati onorari in esercizio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, anche con provvedimenti di natura emergenziale, in attesa della complessiva riforma dell'ordinamento dei magistrati onorari, che il magistrato che esercita le funzioni di giudice di pace, vice procuratore onorario o giudice onorario di tribunale alla scadenza del mandato, ovvero che sia stato prorogato, venga rinnovato nell'incarico per una durata pari a quella, subordinatamente al giudizio di idoneità, mancante alla cessazione dalle funzioni al settantacinquesimo anno di età.
9/3201-AR/112Rondini.

   La Camera,
   premesso che:
    preso atto che il solo procedere a modificazioni normative tese all'introduzione o modificazione o integrazione di istituti esistenti, non consente alcun aumento di efficace ed effettivo aumento dell'efficienza del sistema giudiziario;
    rilevato, pertanto, come ancora una volta per ottenere efficienza e speditezza con riforme del processo, nonché al fine di procedere anche allo smaltimento dell'arretrato giudiziario, è necessario incidere con interventi che effettivamente consentano un aumento dell'efficienza del sistema giudiziario, in particolare, attraverso l'aumento dell'organico della magistratura ordinaria ovvero con l'indizione di uno o più bandi di concorso straordinario per l'accesso alla magistratura ordinaria,

impegna il Governo

a prevedere provvedimenti, anche di natura emergenziale, al fine aumentare l'efficienza del sistema giudiziario attraverso in primo luogo l'aumento dell'organico della magistratura ordinaria e l'indizione per l'anno 2015 e per l'anno 2016 di uno o più bandi di concorso straordinario per l'accesso alla magistratura ordinaria, e ciò per rendere maggiore l'affidamento da parte delle imprese e degli investitori e soprattutto tenendo in imprescindibile considerazione il diritto del cittadino e del lavoratore ad un facile accesso ed una giustizia qualitativamente soddisfacente, nonché al fine di smaltire l'arretrato giudiziario.
9/3201-AR/114Saltamartini.

   La Camera,
   l'articolo 21-octies, permette l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale anche a seguito di un provvedimento di sequestro, quando lo stesso di riferisca ad ipotesi di reato inerente alla sicurezza dei lavoratori e a condizione che sia predisposto un piano recante misure e attività aggiuntive, anche di tipo provvisorio, per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro;
   lo scopo della norma è quello della continuità produttiva degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, garantendo contestualmente la tutela dell'ambiente e la sicurezza dei lavoratori, con lo scopo di salvaguardare l'occupazione;
   le misure adottate dall'articolo 21-octies impediscono il blocco dell'altoforno 2 dell'Uva di Taranto, che avrebbe comportato di fatto la chiusura dell'intero stabilimento, con ripercussioni negative su tutti gli stabilimenti industriali della lavorazione dell'acciaio del gruppo ILVA e sulle imprese dell'indotto di forniture e servizi del territorio nazionale,

impegna il Governo

a garantire che vengano mantenuti gli attuali livelli occupazionali di tutte le imprese del gruppo ILVA e delle imprese dell'indotto di forniture e servizi sul territorio nazionale.
9/3201-AR/115
Grimoldi, Caparini.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21-octies, permette l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale anche a seguito di un provvedimento di sequestro, quando lo stesso di riferisca ad ipotesi di reato inerente alla sicurezza dei lavoratori e a condizione che sia predisposto un piano recante misure e attività aggiuntive, anche di tipo provvisorio, per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro;
    le misure adottate dall'articolo 21-octies impediscono il blocco dell'altoforno 2 dell'Uva di Taranto, permettendo nel contempo anche la prosecuzione delle attività di disinquinamento del SIN di Taranto;
    situazioni simili a quella di Taranto esistono su tutto il territorio nazionale; a Brescia esiste da anni un'emergenza sanitaria e ambientale proveniente dallo stabilimento Caffaro, ora società Chimica Fedeli s.p.a., che nonostante sia in disuso, continua ad emettere policlorobifenili (PCB) e altri pericolosi inquinanti;
    la fabbrica, dagli anni trenta fino a metà degli anni ’80, ha prodotto migliaia di tonnellate di pcb e, pertanto, dal 2002, il sito Caffaro è entrato a far parte ufficialmente dei siti di interesse nazionale individuati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare come sito fortemente contaminato dal pcb e quindi da bonificare;
    occorre intraprendere urgenti misure economiche e ambientali per completare gli interventi di bonifica del SIN di Caffaro e fermare lo sversamento di inquinanti che rischia di contaminare la falda idrica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere idonee iniziative, anche legislative, dirette a reperire le necessarie risorse per la bonifica e la messa in sicurezza del SIN bresciano dello stabilimento della ex Caffaro.
9/3201-AR/116Giancarlo Giorgetti, Caparini, Borghesi.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21-octies, permette l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale anche a seguito di un provvedimento di sequestro, quando lo stesso di riferisca ad ipotesi di reato inerente alla sicurezza dei lavoratori e a condizione che sia predisposto un piano recante misure e attività aggiuntive, anche di tipo provvisorio, per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro;
    le misure adottate dall'articolo 21-octies impediscono il blocco dell'altoforno 2 dell'Uva di Taranto, permettendo nel contempo la prosecuzione delle attività di disinquinamento del SIN di Taranto;
    situazioni simili a quella di Taranto esistono su tutto il territorio nazionale; nel Comune di Berzo Demo (Brescia), in Valle Camonica, in località Forno Allione, ove svolgeva l'attività industriale l'Union Carbide, alla quale erano subentrate la Graphtec e la Selea, si è in presenza di un'emergenza ambientale a causa dell'inquinamento del terreno che minaccia la salute pubblica;
    nel 2004 la Procura della Repubblica di Brescia ha operato un ingente sequestro a cui è seguito il fallimento e la conseguente necessità di mettere in sicurezza e bonificare l'intero sito;
    l'operato di SELCA Spa è stato oggetto di attenzione degli organi giudiziari ed è citata nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti approvata dalla Commissione il 12 dicembre 2012 quale azienda soggetta ad infiltrazioni malavitose;
    il Sindaco di Berzo Demo, si trova nella evidente impossibilità economica di affrontare le spese connesse alla messa in sicurezza e alla successiva bonifica non disponendo nemmeno di una struttura tecnico-amministrativa adeguata per affrontare un intervento di tale portata;
    per evitare altri rischi all'ambiente e alla salute delle persone, occorrono tuttavia interventi urgenti, anche individuando le risorse occorrenti nell'ambito del procedimento fallimentare che disporrebbe di risorse sufficienti a provvedere alla messa in sicurezza e alla bonifica del sito;
    l'area avrebbe dovuto essere inserita nei siti di interesse nazionale da bonificare al fine di avere l'opportuno riconoscimento e sostegno economico per affrontare il completamento di una bonifica che, a suo tempo e con grande sottovalutazione, è stata dichiarata ultimata, ma nei fatti non completata;
    i cittadini si sono costituiti in Comitato per formalizzare le proprie proposte agli organi istituzionali e alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati;
    il sito ex Selea di Berzo Demo, oggi sotto inchiesta della magistratura per traffico internazionale di rifiuti, è stato visitato il 16 giugno dalla Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati; il 17 giugno tale Commissione ha anche sentito tutte le realtà che fanno parte della vicenda per poter adottare le iniziative di propria competenza, per valutare la gravità della situazione, controllare i terreni, verificare il danno e sollecitare la bonifica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di un urgente intervento, in collaborazione con le strutture regionali, per proseguire e completare le operazioni di bonifica del sito ex SELCA SpA di Berzo Demo, nel territorio bresciano, anche prendendo in considerazione la possibilità di inserire l'area nei siti di interesse nazionale da bonificare.
9/3201-AR/117
Caparini.

   La Camera,
   premesso che:
    il concordato preventivo, introdotto con il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, è spesso utilizzato con finalità differenti e strumentali, anche ai fini elusivi e di concorrenza;
    la procedura ha offerto, purtroppo ampi spazi ad abusi diventando anche un mezzo di concorrenza sleale a scapito della maggioranza delle imprese sane ed oneste e, soprattutto in alcune zone d'Italia, il concordato così detto in bianco, viene richiesto solo a fini dilatori;
    per questi motivi il decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, qui in fase di conversione, introduce dei correttivi all'utilizzo del concordato con continuità aziendale;
    l'articolo 4 modifica la disciplina del concordato preventivo nella legge fallimentare, precisando i requisiti della proposta di concordato, gli obblighi del commissario giudiziale e le modalità di adesione alla proposta, ma con riferimento agli appalti pubblici, continua ad essere consentita la partecipazione alle gare di appalto all'impresa ammessa alla procedura di concordato preventivo, purché presenti due requisiti: la relazione di un professionista che attesti la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto e la garanzia di un'impresa terza, avente i requisiti di carattere generale, di capacità tecnica, finanziaria, economica che garantisca per l'impresa in concordato tramite l'istituto dell'avvalimento;
    tale ultima particolarità mal si concilia con la natura fiduciaria che sta, invece, alla base di alcune tipologie di affidamento di appalti pubblici (cottimi e procedure negoziate), per le quali la pubblica amministrazione seleziona i concorrenti da invitare in base a criteri e requisiti del concorrente stesso che sono strettamente connessi alla natura fiduciaria;
    sarebbe quindi opportuno precludere alle imprese ammesse a concordato la partecipazione alle gare d'appalto, quantomeno a quelle con procedura ristretta, dove c’è l'invito diretto da parte della stazione appaltante;
    in questa direzione era andata anche la Provincia autonoma di Trento, con la circolare n. 452836/d330/1 gennaio 2010-70 del 20 agosto 2013, ma il TAR di Trento, con la sentenza n. 58/2014, ha annullato parte della circolare, vanificando gli sforzi fatti a livello locale e liberalizzando la partecipazione alle gare di appalto per le imprese ammesse al concordato con continuità,

impegna il Governo

a intervenire ulteriormente sulla normativa attualmente vigente in materia di concordato preventivo, per evitare che le impresse ammesse al concordato preventivo possano partecipare alle gare d'appalto con la pubblica amministrazione, quantomeno a quelle che consentono la procedura ristretta con invito diretto da parte della stazione appaltante.
9/3201-AR/118
Ottobre.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, qui in fase di conversione, introduce nuove disposizioni in materia fallimentare;
    la procedura di sovraindebitamento, meglio nota come fallimento del consumatore, introdotta nel nostro Ordinamento con la legge 27 gennaio 2012, n. 3, può essere utilizzata dal consumatore, ovvero il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, per estinguere ogni tipo di debito, compreso quello derivante dalle cartelle esattoriali di Equitalia;
    la legge n. 3 del 2012, infatti, attraverso la presentazione di un piano di rientro in tribunale, consente ai consumatori di liberarsi dei propri debiti e, attraverso la supervisione di organismi di gestione della crisi, pagare in percentuale i propri creditori;
    i creditori in tal modo, sebbene riceveranno somme inferiori rispetto a quelle a cui avrebbero avuto diritto, potranno tuttavia almeno contare su un pagamento certo da parte dell'impresa che, altrimenti, difficilmente riuscirebbe a coprire l'intera esposizione debitoria;
    possono accedere a tale procedura solo coloro che si trovano in situazione di sovraindebitamento, ovvero in squilibrio economico tra i pagamenti da effettuare e il patrimonio posseduto; in alternativa tutti gli altri debitori devono accedere al concordato preventivo o al fallimento, senza possibilità di «esdebitarsi», rimanendo sotto il torchio di Equitalia e non potendo più avviare una nuova attività imprenditoriale,

impegna il Governo

a prevedere, in un prossimo provvedimento legislativo, una procedura di «esdebitazione» anche per i debitori che non rientrino nella previsione della legge n. 3/2012 non riuscendo a pagare integralmente i creditori privilegiati.
9/3201-AR/119
Plangger.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del provvedimento in esame introduce, nel codice civile, una nuova sezione inerente l'espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito;
    con la normativa previgente, la costituzione di fondo patrimoniale, le donazioni, i trust, costituivano negozi giuridici veri e validi, con piena efficacia tra le parti;
    nel caso di simulazione dei negozi, i terzi creditori danneggiati dalla simulazione erano ammessi a provare la volontà maliziosa del loro debitore di sottrarre la sua garanzia patrimoniale alla successiva pretesa del creditore; si instaurava, dunque, un procedimento giudiziario ordinario nel quale entrambe le parti erano ammesse a provare le loro ragioni, e che, in caso di prova della tesi del creditore danneggiato, poteva concludersi con una sentenza del Giudice che dichiarava la inefficacia del trasferimento nei confronti del creditore precedente;
    solo a conclusione del processo il creditore poteva soddisfarsi sul bene del debitore;
    l'articolo 12 del provvedimento in esame, invece, fa sì che il creditore, per il solo fatto che ritenga di essere pregiudicato da una donazione, da un fondo patrimoniale, da un trust o da un vincolo, possa iniziare l'esecuzione forzata senza alcun permesso del Giudice, e quindi indipendentemente dalla sentenza dichiarativa di inefficacia;
    è ben possibile, dunque, che il giudice emetterà sentenza di rigetto delle ragioni del creditore, quando ormai, ad esempio, la casa del debitore è stata già venduta all'asta;
    quel che si introduce nella norma de qua, di fatto, è una specie di presunzione che gli atti citati siano stipulati in frode al creditore, con una lesione gravissima del diritto alla difesa del debitore, ma anche del terzo che ha ricevuto i beni;
    tale norma, inoltre, limita grandemente la difesa del debitore e del terzo che ha ricevuto il bene, in quanto essi sono ammessi non alla causa ordinaria – con tutte le garanzie di legge conseguenti – ma solo alla opposizione alla esecuzione, processo più semplice e rapido, con una palese inversione dell'onere della prova, quale principio cardine del nostro ordinamento giuridico, ed anche perché la nuova norma limita i motivi di opposizione. Essi possono infatti consistere nella sola contestazione dei motivi relativi all'esistenza del pregiudizio, e la conoscenza del debitore del pregiudizio medesimo. Motivi evidentemente labilissimi, e oltretutto difficilissimi da provare. La conseguenza è, dunque, la perdita di efficacia degli atti di costituzione di fondo patrimoniale, di donazione, di trust e di vincoli in genere, che sono pertanto ormai da considerarsi come «sospesi» fino al termine dell'anno dalla loro trascrizione,

impegna il Governo

valutare gli effetti applicativi dell'articolo 2929-bis (Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito), introdotto nel codice civile con l'articolo 12 del provvedimento in esame anche al fine dell'adozione di iniziative normative idonee ad eliminare al più presto gli effetti illegittimi di una norma che lede il diritto alla difesa del debitore, nonché del terzo che ha ricevuto i beni.
9/3201-AR/120Sannicandro, Paglia, Daniele Farina, Scotto.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 del provvedimento modifica l'attuale regime di deducibilità ai fini di IRES ed IRAP delle svalutazioni e delle perdite sui crediti di enti creditizi, enti finanziari ed imprese di assicurazione, concentrandolo in un solo anno piuttosto che in cinque anni, come invece previsto dal regime introdotto dalla legge di stabilità per l'anno 2014 dall'allora governo Letta;
    obiettivo dichiarato del governo sarebbe quello d'incentivare le banche a dismettere e disincagliare i crediti in sofferenza, ed alimentare, così, il loro margine patrimoniale per la concessione di nuovo credito al mercato dei prestiti, stretto da quasi sette anni nella morsa del c.d. credit crunch;
    con il nuovo regime fiscale si interviene su quella duplice correlazione che lega le sofferenze al regime fiscale delle banche ed ai tempi di recupero dei crediti: per un verso viene rimosso il disincentivo tributario alla cessione dei crediti in sofferenza ad operatori specializzati nel loro recupero, che ovviamente avviene a sconto sul valore risultante nei bilanci bancari dopo la svalutazione, e dall'altra la più celere procedura giudiziaria di esecuzione dovrebbe elevare il prezzo a cui viene ceduto il credito in sofferenza;
    secondo il ragionamento del governo, le perdite sui crediti e le svalutazioni sui cespiti messi a garanzia, rappresenterebbero la continua emersione dei danni subiti dal sistema economico nel suo complesso e venendo meno il disincentivo fiscale a disfarsi dei crediti ammalorati, le banche saranno indotte ad accelerare la cessione degli stessi in un solo anno, insieme alle garanzie che li accompagnano;
    in particolare, secondo quanto previsto dal comma 1 del suddetto articolo 16, le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio e le perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso diventano deducibili integralmente nell'esercizio in cui sono rilevate in bilancio, per cui, a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015, i crediti di banche ed assicurazioni possono essere goduti nell'anno in cui emergono, consentendo alle stesse di procedere celermente ad un aggiustamento dei propri bilanci;
    il comma 11 dell'articolo 16 stima che la disposizione sia capace di garantire maggiori entrate erariali pari a 137 milioni di euro per il 2016, in 107 milioni di euro per il 2017, in 505 milioni di euro per il 2018, in 130 milioni di euro per il 2020, in 451 milioni di euro per il 2021, in 360 milioni di euro per il 2022, in 245 milioni di euro per il 2023, in 230 milioni di euro per il 2024 e in 189 milioni di euro annui a decorrere dal 2025,

impegna il Governo

a presentare annualmente al Parlamento una relazione che dia conto degli effetti e dell'andamento in termini di entrate per lo Stato del regime fiscale agevolativo in premessa.
9/3201-AR/121
Marcon, Paglia.

   La Camera,
   premesso che:
    la perdurante crisi economica ha messo a dura prova le capacità di rimborso di crediti da parte di famiglie e imprese, producendo un esponenziale aumento d'insolvenze, e quindi di procedure coatte di esecuzione su immobili intraprese dal sistema bancario, tanto che la cronaca consegna casi drammatici di episodi consequenziali alle espropriazione della casa di abitazione ed al suo pignoramento, azioni che spesso vengono avviate senza preliminarmente valutare, anche in caso di indigenza comprovata, le reali condizioni personali e finanziarie del debitore;
    il sistema bancario, dal canto suo, sentitosi spinto, sotto la scure del progressivo e costante aumento dei cc.dd. non-performing loans, verso livelli di esposizione non più sostenibili, avendo registrato nell'aprile del 2015 sofferenze lorde per 191,5 miliardi di euro per crediti deteriorati complessivi superiori ai 350 miliardi di euro, ha chiesto al governo l'emanazione di nuove e più stringenti regole finalizzate all'accorciamento dei tempi necessari per il completo recupero delle somme prestate, disposizioni che oggi integrano gran parte del provvedimento all'esame dell'aula;
    il provvedimento, che reca tra l'altro una serie di disposizioni che modificano il codice di procedura civile con riferimento al pignoramento dei beni immobili, sembra aver trascurato il dato che dietro ad ogni ipoteca può celarsi una famiglia temporaneamente in affanno che non meriterebbe di dover subire dal suo creditore privato, come un istituto di credito, un trattamento diverso da quello che gli riserverebbe lo Stato. A tal ultimo proposito, infatti, grazie all'articolo 76, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, come novellato dall'articolo 52, comma 1, lettera g) del decreto-legge n. 69 del 2013, meglio conosciuto come «Decreto del fare», il debitore esecutato da Equitalia, attraverso la dichiarazione d'impignorabilità della casa (non di lusso) di abitazione, oltre a vedersi salvaguardato un bene primario, può vantare il diritto a continuare a fruire della propria abitazione, diritto che arriva a superare quello dello Stato di rientrare di un proprio credito fiscale o contributivo;
    di più. La 111o Sezione civile della Corte di Cassazione, con una magistrale interpretazione, ha inoltre sciolto definitivamente ogni dubbio in relazione al profilo di efficacia temporale del suddetto principio derivante dal novellato articolo 76, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, fornendo anche talune istruzioni di carattere operativo, stabilendo che quando l'espropriazione immobiliare abbia ad oggetto l'unico bene di proprietà, non di lusso, ove il contribuente abbia stabilito la propria residenza, «l'azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell'esecuzione o per iniziativa dell'agente di riscossione» (cfr. sentenza n. 19270 del 12 settembre 2014);
    in uno scenario nel quale anche l'emergenza abitativa, accanto alla disoccupazione, risulta essere uno dei fattori di maggiore e crescente tensione sociale del Paese, avendo assunto dimensioni allarmanti, soprattutto, come si è visto, nelle grandi aree urbane ove le percentuali di sfratti per morosità incolpevole, riferibili spesso a locazioni di alloggi popolari, arrivano a superare il 90 per cento, il tema della tutela del diritto di abitazione non ha ancora pervaso tutti gli ambiti del diritto;
    eppure è sin dagli anni ’80 che dottrina e giurisprudenza si affannano ad affermare che il diritto a godere della disponibilità di un'abitazione è meritevole di protezione legislativa in quanto strumentale rispetto al godimento di altri diritti costituzionali, primo fra tutti quello dello sviluppo della persona umana di cui all'articolo 2 della Costituzione diverrebbe così compito dell'intera collettività tutelare il diritto sociale all'abitazione, quale diritto primario insopprimibilmente legato alla dignità personale, impedendo che delle persone ne possano rimanere prive;
    probabilmente anche sulla scia di tale orientamento, con una recente modifica introdotta dal parlamento al decreto-legge n. 132 del 2014 sulla riforma della giustizia civile, come convertito nella legge 10 novembre 2014, n. 162, è stata soppressa l'originaria previsione governativa che era diretta ad introdurre l'obbligo per il giudice dell'esecuzione immobiliare di ordinare la liberazione dell'immobile pignorato nel momento in cui autorizza la vendita, intervento che, essendo volto a conseguire la massima efficacia delle vendite forzate, avrebbe dovuto porre l'immobile pignorato nella situazione di fatto
e di diritto il più possibile analoga a quella di un immobile posto in vendita sul libero mercato, liberando in tal modo l'acquirente dalle incertezze legate ai tempi ed ai costi del procedimento di esecuzione per rilascio dell'immobile. Grazie alla soppressione della norma intervenuta in sede di esame parlamentare, il proprietario dell'immobile pignorato potrà pertanto continuare ad occuparlo fino alla data di effettivo perfezionamento della vendita coatta;
    ma nonostante il suddetto quadro normativo, molta strada deve ancora farsi sul piano delle tutele di coloro che, a causa della sopravvenuta incapacità economica ad onorare le loro esposizioni debitorie nei confronti di soggetti privati (banche o terzi), si sono visti pignorare un bene primario quale è la casa di abitazione. Anzi si deve rimarcare che si tratta di una tutela abrogata dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, che ha soppresso il terzo comma dell'articolo 560 del c.p.c. (Modo della custodia) che testualmente stabiliva: «Con l'autorizzazione del giudice il debitore può continuare ad abitare nell'immobile pignorato, occupando i locali strettamente necessari a lui ed alla sua famiglia», tutela che oggi è semplicemente rimessa alla valutazione del giudice,

impegna il Governo:

ad adottare, con riferimento a situazioni di involontaria esposizione debitoria nei confronti di creditori privati da parte di soggetti che versino in condizioni di obiettivo disagio economico, disposizioni normative volte a prevedere:

  a) una sospensione di 12 mesi dei procedimenti di esecuzione immobiliare esecutivi a carico degli immobili adibiti ad abitazione principale, con particolare riguardo a coloro che sono maggiormente esposti a difficoltà economiche e finanziarie ed ai nuclei familiari privi di collocazione abitativa alternativa;

  b) in sede di asta giudiziaria relativa al pignoramento del bene immobile del debitore adibito ad abitazione principale, l'attribuzione per legge allo Stato del diritto di prelazione, anche al fine di garantire alla famiglia vittima del provvedimento esecutivo il diritto a continuare ad abitare, dietro corresponsione di un canone sociale, nell'immobile acquisito dallo Stato, o al fine di destinarlo, se libero, all'edilizia popolare;

ad introdurre nel codice di procedura civile una norma che stabilisca che in caso di pignoramento di un bene primario quale è un'abitazione principale, sia del debitore che di terzi, questi ultimi hanno il diritto ad abitarla fino al completamento della vendita.
9/3201-AR/122
Paglia, Sannicandro, Daniele Farina.

   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli da 12 a 15 del procedimento in esame, intervengono in materia di procedure esecutive, apportando modifiche al Codice civile anche con riferimento alla disciplina dell'espropriazione immobiliare;
    il protrarsi della crisi economica sta mettendo migliaia di persone in condizioni di difficoltà economica e le conseguenti inadempienze in materia di pagamenti costituiscono un fenomeno in rapida espansione che sta causando un aumento esponenziale delle procedure di pignoramento immobiliare, anche delle prime case di abitazione;
    il decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69 ha disposto l'impignorabilità sulla prima ed unica casa di abitazione a fronte di debiti contratti con la pubblica amministrazione, qualora l'immobile in oggetto sia l'unico immobile posseduto dal debitore, abbia destinazione catastale abitativa non di lusso, e qualora il debitore abbia presso di esso la sua residenza anagrafica;
    la prima casa di proprietà è il principale patrimonio delle famiglie italiane, primo passo per la sicurezza e la crescita economica e sociale, ed esercita altresì una fondamentale funzione di garanzia per permettere al debitore di contrarre un prestito per onorare il proprio insoluto,

impegna il Governo

a valutare l'adozione delle necessarie modifiche normative al fine di estendere l'impignorabilità della prima casa di proprietà, al ricorrere delle citate condizioni, a tutte le procedure di esecuzione immobiliare.
9/3201-AR/123
Rampelli, Giorgia Meloni.

   La Camera,
   premesso che:
    l'Agenzia delle entrate interpreta costantemente l'articolo 26, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972 nel senso che la nota di variazione IVA in caso di procedure concorsuali può essere emessa solo dopo la chiusura della procedura;
    in particolare, con la circolare 77/E/2000 l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che l'infruttuosità si verifica, per il fallimento, alla data in cui il piano di riparto diviene esecutivo per mancata opposizione dei creditori; mentre, per il concordato preventivo, l'infruttuosità si verifica alla data della sua omologazione e va valutata solo in relazione ai creditori chirografari che vedono falcidiato in tutto o in parte il credito; al riguardo, le disposizioni comunitarie precisano che la rettifica deve essere eseguita «in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo» e «quando, successivamente alla dichiarazione dell'IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l'importo delle detrazioni»;
    il riferimento temporale è, dunque, determinato dall'insorgenza di un accadimento che estingue totalmente o parzialmente il fatto generatore, ovvero l'originaria operazione economica; in assenza di specifiche indicazioni nell'ambito del citato articolo 26, comma 2, del decreto IVA, rileva la Norma di comportamento n. 192 dell'Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili, ai sensi della quale il momento nel quale emettere la nota di variazione deve essere individuato in coerenza con le indicazioni delle norme comunitarie e, quindi, in concomitanza temporale all'accadimento che genera la variazione, ovvero in un momento temporalmente coincidente con l'accertamento della irrecuperabilità del credito;
    ciò è, peraltro, coerente con quanto riconosciuto dall'Amministrazione finanziaria ai fini delle imposte sul reddito: l'interpretazione dell'articolo 26, comma 2, con riferimento ai principi comunitari consente quindi l'allineamento del momento di emissione della nota di variazione ai fini IVA con la rilevazione della perdita ai fini delle imposte dirette, determinando la precisa quantificazione della perdita per il solo imponibile, al netto dell'IVA addebitata in fattura;
    d'altronde, una diversa interpretazione, che posticipi l'emissione della nota di credito dopo la chiusura della procedura concorsuale, genererebbe uno squilibrio del principio di neutralità dell'IVA, considerato che l'Amministrazione a quel punto non può più insinuarsi come creditore al passivo fallimentare, essendo la procedura conclusa, determinando, così, la rinuncia al recupero dell'imposta da parte dell'Erario, che comporta un doppio riconoscimento del credito IVA, a danno degli interessi erariali: una prima volta, a favore del cliente con l'esercizio della detrazione, nel momento di registrazione della fattura e una seconda volta, all'atto del recupero dell'imposta da parte del fornitore non soddisfatto dal riparto; la legittimità del riferimento alla disciplina delle imposte dirette trova una indiretta conferma anche nella circolare Agenzia entrate n. 31/E del 30 dicembre 2014 (paragrafo 22), a commento del decreto-legge n. 175/2014, che ha esteso la facoltà di emissione delle note di credito anche nell'ambito di procedure non concorsuali, quali l'accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, ai sensi dell'articolo 182-bis del R.D. n. 267/1942, ovvero un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del R.D. n. 267/1942, pubblicato nel registro delle imprese;
    la recente modifica dell'articolo 26 introdotta dal decreto legislativo 175 2014 articolo 31 OMETTE di precisare che nel fallimento la nota di variazione può essere emessa già con la dichiarazione di fallimento; il rinvio tuttavia alla chiusura del fallimento dell'emissione della nota di accredito ai fini IVA (mentre nel caso di concordato preventivo essa può essere, secondo l'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate, emessa quantomeno all'omologa) penalizza proprio i creditori che sono coinvolti nella procedura concorsuale (il fallimento) che per sua natura presenta una maggiore lunghezza e minori prospettive di recupero, con un trattamento ingiustificatamente deteriore rispetto a quello riservato ai creditori di procedure non concorsuali (quali l'accordo di ristrutturazione dei debiti, etc.);
    il testo dell'articolo 26 decreto del Presidente della Repubblica 633 1972 come modificato dal decreto legislativo 175 2014 articolo 31 nulla dispone inoltre per le nuove procedure disciplinate dalla L. n. 3 /2012 (all'articolo 12 il piano per la composizione della crisi da sovraindebitamento e all'articolo 14-novies il piano di liquidazione) applicabili a tutti coloro che non sono soggetti a procedure concorsuali pur essendo soggetti IVA (crediti verso piccoli imprenditori, aziende agricole, enti non soggetti alla legge fallimentare etc.), né di nuovo articolo 182-septies introdotto dal decreto legge n. 83/2015 in esame, trattando quindi in modo ingiustificatamente difforme procedure sostanzialmente identiche tra loro.
    Il testo dell'articolo 26 decreto del Presidente della Repubblica 633 del 1972 così come modificato dal decreto legislativo 175 2014 articolo 31 omette infine di precisare il momento rilevante (data del decreto di ammissione al concordato preventivo o momento dell'omologa) ai fini dell'emissione della nota di variazione IVA. Infatti, mantenendo il riferimento alla data di «chiusura» della procedura concorsuale, nel caso di concordato preventivo rinvia il momento di emissione della nota di variazione al momento dell'omologa, mentre ai fini delle imposte sui redditi la perdita può essere rilevata sin dal decreto di ammissione alla procedura ex articolo 101, 5 comma TUIR,

impegna il Governo

   a) interpretare l'articolo 26, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972 nel senso che, anche nel caso di dichiarazione di fallimento del cessionario o di sua ammissione ad altra procedura concorsuale, ivi compresa la procedura di concordato preventivo, il momento di emissione della nota di variazione ai fini IVA da parte del cedente coincide con il momento di rilevazione della perdita da parte del soggetto cedente ai fini delle imposte dirette;

   b) valutare altresì l'opportunità di estendere tale interpretazione anche ai casi di omologazione di accordo per la composizione della crisi da sovraindebitamento ai sensi dell'articolo 12 L. n. 3/2012, di apertura del procedimento di liquidazione ai sensi dell'articolo 14-quinquies L. n. 3/2012, di accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari ai sensi dell'articolo 14-quinquies L. n. 3/2012, nonché di accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria ex articolo 182-septies della legge fallimentare introdotto dal decreto-legge n. 83/2015 in esame.
9/3201-AR/124
Rubinato, Ginato.

   La Camera,
   premesso che:
    la disposizione approvata prevede che l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non sia impedito dal sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento, quando la misura cautelare sia stata adottata in relazione ad ipotesi di reato inerenti la sicurezza dei lavoratori e debba garantirsi il necessario bilanciamento tra la continuità dell'attività produttiva, la salvaguardia dell'occupazione, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro;
    la salute è un bene giuridico che non può essere messo in pericolo per garantire produzione e lavoro, poiché sono beni non comparabili tra loro e la primazia del bene giuridico salute è garantita dalla carta fondante la nostra Repubblica,

impegna il Governo

a operare per la trasmissione immediata del piano oltre che alla magistratura procedente anche agli uffici ed istituzioni che si dovranno occupare delle verifiche e del monitoraggio perché si possa assicurare una più stringente verifica delle previsioni del piano sin da subito, anche in considerazione del fatto che a seguito del sequestro l'attuazione dei primi interventi volti alla messa in sicurezza dell'impianto ancora funzionante potrebbero evitare il ripetersi di eventuali ulteriori incidenti a danno dei lavoratori.
9/3201-AR/125. (Testo modificato nel corso della seduta) Turco, Artini, Barbanti, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni.

   La Camera,
   premesso che:
    la disposizione approvata prevede che l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non sia impedito dal sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento, quando la misura cautelare sia stata adottata in relazione ad ipotesi di reato inerenti la sicurezza dei lavoratori e debba garantirsi il necessario bilanciamento tra la continuità dell'attività produttiva, la salvaguardia dell'occupazione, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro;
    la salute è un bene giuridico che non può essere messo in pericolo per garantire produzione e lavoro, poiché sono beni non comparabili tra loro e la primazia del bene giuridico salute è garantita dalla carta fondante la nostra Repubblica,

impegna il Governo

a prevedere l'emanazione di norme che attribuiscano la vigilanza sull'efficacia del piano predisposto per il ripristino delle condizioni di sicurezza dei lavoratori anche all'agenzia regionale di protezione ambientale, ARPA, al fine di garantire che le verifiche siano effettuate tenendo anche in considerazione le normative ambientali di modo da garantire un più ampio spettro di valutazioni delle modalità di raggiungimento degli obbiettivi prefissati nel piano stesso.
9/3201-AR/126
Segoni, Artini, Barbanti, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

   La Camera,
   premesso che:
    la disposizione approvata prevede che l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non sia impedito dal sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento, quando la misura cautelare sia stata adottata in relazione ad ipotesi di reato inerenti la sicurezza dei lavoratori e debba garantirsi il necessario bilanciamento tra la continuità dell'attività produttiva, la salvaguardia dell'occupazione, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro;
    la salute è un bene giuridico che non può essere messo in pericolo per garantire produzione e lavoro, poiché sono beni non comparabili tra loro e la primazia del bene giuridico salute è garantita dalla carta fondante la nostra Repubblica,

impegna il Governo

a prevedere l'emanazione di norme che attribuiscano la vigilanza sull'efficacia del piano predisposto per il ripristino delle condizioni di sicurezza dei lavoratori in modo congiunto all'autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento di sequestro dell'impianto stesso oltre che al corpo dei Vigili del Fuoco, all'ASL e all'INAIL garantendo così le migliori garanzie per il raggiungimento degli obbiettivi di messa in sicurezza dell'impianto già sequestrato.
9/3201-AR/127Bechis, Artini, Barbanti, Baldassarre, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.

   La Camera,
   premesso che:
    la disposizione approvata prevede che l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non sia impedito dal sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento, quando la misura cautelare sia stata adottata in relazione ad ipotesi di reato inerenti la sicurezza dei lavoratori e debba garantirsi il necessario bilanciamento tra la continuità dell'attività produttiva, la salvaguardia dell'occupazione, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro;
    la salute è un bene giuridico che non può essere messo in pericolo per garantire produzione e lavoro, poiché sono beni non comparabili tra loro e la primazia del bene giuridico salute è garantita dalla carta fondante la nostra Repubblica,

impegna il Governo

a prevedere, facendo ricorso a successivi interventi normativi, l'emanazione di norme che garantiscano prioritariamente ed effettivamente la salute dei cittadini in particolare nei casi in cui il reato abbia natura dolosa in modo tale che la deterrenza dei precetti penali in materia di sicurezza sul lavoro sia rispettata dagli imprenditori con la diligenza del buon padre di famiglia quindi ad adottare scrupolosamente le prescrizioni a tutela della sicurezza dei lavoratori previste dalla legge.
9/3201-AR/128
Barbanti, Artini, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.

   La Camera,
   premesso che:
    la disposizione approvata prevede che l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non sia impedito dal sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento, quando la misura cautelare sia stata adottata in relazione ad ipotesi di reato inerenti la sicurezza dei lavoratori e debba garantirsi il necessario bilanciamento tra la continuità dell'attività produttiva, la salvaguardia dell'occupazione, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro;
    la salute è un bene giuridico che non può essere messo in pericolo per garantire produzione e lavoro, poiché sono beni non comparabili tra loro e la primazia del bene giuridico salute è garantita dalla carta fondante la nostra Repubblica,

impegna il Governo

a prevedere interventi anche di tipo legislativo che garantiscano prioritariamente ed effettivamente la salute dei cittadini in particolare nei casi in cui il reato abbia natura dolosa in modo tale che la deterrenza dei precetti penali in materia di sicurezza sul lavoro sia rispettata dagli imprenditori con la diligenza del buon padre di famiglia quindi ad adottare scrupolosamente le prescrizioni a tutela della sicurezza dei lavoratori previste dalla legge.
9/3201-AR/128. (Testo modificato nel corso della seduta) Barbanti, Artini, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.

   La Camera,
   premesso che:
    l'8 gennaio 2015 è stato siglato presso il MISE Accordo di Programma per la Riconversione e Riqualificazione Industriale dell'Area di Porto Marghera, uno tra i principali siti industriali strategici del Paese;
    suddetto accordo prevede un investimento di circa 153 milioni di euro per oltre 20 progetti finalizzati alla creazione e alla rivitalizzazione di infrastrutture materiali e immateriali entro i prossimi 3 anni nonché a nuovi progetti industriali legati al settore della chimica verde;
    è una grande opportunità per il rilancio del settore industriale nonché per il processo di bonifiche e ripristino ambientale;
    è un accordo che si muove su più fronti in chiave strategica per il rilancio del un sito attraverso il segmento produttivo della chimica verde salvaguardando livelli occupazionali e ponendo le condizioni per una rinnovata attrattività;
    non mancano gli ostacoli di natura burocratica che rischiano di rallentare il processo faticosamente avviato dal Governo;
    se non si raggiungerà in tempi rapidi ad un accordo tra Regione, Comune ed Eni sul rilancio delle aree della Prima zona industriale (Si tratta di 107 ettari, compresi i depositi che andranno dismessi) ben 38 milioni di euro rischiano di andare perduti;
    si tratterebbe di un duro colpo al processo di attuazione del citato Accordo di Programma,

impegna il Governo

ad intervenire in tempi rapidi per sollecitare i soggetti istituzionali ed Eni al pieno rispetto degli impegni assunti con il suddetto Accordo scongiurando il rischio di perdere nell'immediato risorse strategiche per il territorio e per il rilancio del sito di Marghera nonché di monitorare con la massima attenzione sull'attuazione complessiva dell'Accordo di programma considerata la sua rilevanza per il territorio e per il Paese.
9/3201-AR/129
Martella.

   La Camera,
   premesso che:
    tra i siti industriali strategici di questo Paese vi è quello di Gela;
    nel novembre 2014 è stato siglato presso il MISE un accordo per il definitivo rilancio della raffineria di Gela;
    suddetto accordo prevede il mantenimento dei livelli occupazionali sia diretti che nell'indotto attraverso la creazione di quella che viene definita green Refinery, le bonifiche ambientali, il rilancio dell'upstream con Enimed, la creazione del polo logistico, un progetto per la produzione di lattici naturali e investimenti in formazione per un investimento complessivo da parte di Eni di 2 miliardi e 200 milioni;
    l'accordo prevedeva anche la costituzione di due tavoli di lavoro, uno per l'occupazione e l'altro per la verifica dell'accordo;
    in considerazione delle lentezze e dei ritardi che si registrano sulla tabella di marcia in data 20 luglio le organizzazioni sindacali hanno chiesto al governo la convocazione di un tavolo di verifica dell'accordo alla presenza di tutti i soggetti firmatari;
    si tratta del più importante investimento nella chimica verde in Italia,

impegna il Governo

a convocare in tempi rapidi il tavolo di verifica e a dare per quanto di sua competenza nuovo impulso al rilancio del sito industriale di Gela, prevedendo un monitoraggio costante su base bimestrale in merito all'avanzamento dei punti previsti dall'accordo del novembre 2014 al fine di dare risposte certe ai lavoratori e al territorio.
9/3201-AR/130Burtone.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21-octies, introdotto nel corso dell'esame parlamentare, è finalizzato alla prosecuzione dell'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti oggetto di sequestro giudiziario, contemperando il necessario bilanciamento tra le esigenze di continuità produttiva, di salvaguardia dell'occupazione, della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute, dell'ambiente salubre, nonché delle finalità di giustizia;
    per tale bilanciamento, si prescrive l'obbligo di predisporre, nel termine perentorio di trenta giorni dall'adozione del provvedimento di sequestro, un apposito piano recante misure e attività aggiuntive, anche di tipo provvisorio, per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, riferite al medesimo impianto;
    ai sensi del comma 4, del medesimo articolo 21-octies, è disposto che il citato piano sia trasmesso al Comando provinciale dei Vigili del fuoco, agli uffici della ASL e dell'INAIL competenti per territorio al fine di verificare l'attuazione delle misure ed attività aggiuntive previste nel piano;
    la successione temporale di tali atti formali e delle conseguenti concrete misure attuative potrebbe comportare un indesiderato, seppure limitato, protrarsi delle condizioni di rischio che hanno portato all'adozione del provvedimento di sequestro,

impegna il Governo

per quanto di propria competenza, ad adottare gli opportuni indirizzi affinché i citati uffici competenti in materia di salute, sicurezza e salubrità nei luoghi di lavoro, nelle more della presentazione e dell'attuazione del citato piano, adottino immediatamente ogni misura utile, anche predisponendo appositi presidi permanenti negli stabilimenti oggetto di sequestro, al fine di assicurare la massima tutela dell'integrità dei lavoratori.
9/3201-AR/131
Boccuzzi, Damiano, Gnecchi, Baruffi, Albanella, Giacobbe, Patrizia Maestri, Di Salvo, Zappulla, Giorgio Piccolo, Romanini, Gribaudo, Paris.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del testo in esame introduce nel codice civile l'articolo 2929-bis, finalizzato a prevedere una forma semplificata di tutela esecutiva del creditore pregiudicato da atti dispositivi del debitore, compiuti a titolo non oneroso. In particolare, il titolare di un credito sorto prima dell'atto pregiudizievole, munito di titolo esecutivo (atto di pignoramento), procede ad esecuzione forzata sui bene anche in assenza di una sentenza definitiva di revocatoria che abbia dichiarato l'inefficacia di tale allo;
    tale azione esecutiva sarà possibile in presenza di due condizioni: che con l'atto pregiudizievole il debitore abbia costituito un vincolo di indisponibilità o ceduto a titolo gratuito un bene immobile o un bene mobile registrato; che il creditore abbia trascritto il pignoramento entro un anno dalla data di trascrizione dell'atto pregiudizievole;
    il successivo articolo 23, al comma 6, specifica che dette disposizioni si applicano esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge;
    sarebbe opportuno specificare la valenza dell'irretroattività della disposizione, e chiarire non solo che le nuove norme non si applichino alle procedure esecutive già avviate, ma che la costituzione di vincoli di indisponibilità o alienazioni a titolo gratuito di beni immobili o di beni mobili registrati effettuate prima dell'entrata in vigore del decreto non siano in alcun modo oggetto di espropriazione ai sensi del nuovo articolo 2929-bis del codice civile,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa normativa al fine di chiarire l'irretroattività della disposizione di cui al nuovo articolo 2929-bis del codice civile, introdotta dall'articolo 12 del provvedimento in esame, nel senso esposto in premessa.
9/3201-AR/132Bergamini.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 83 del 2015, si muoveva inizialmente, nelle intenzioni del Governo, nell'ambito di una «messa a punto» delle più recenti numerose riforme del settore delle procedure concorsuali, nonché esecutive e fiscali a queste connesse, tali da «contenere» i danni che un'azienda in crisi o in situazione di insolvenza può arrecare ai suoi creditori, siano essi fornitori di beni e servizi ovvero intermediari finanziari, quali banche ed assicurazioni;
    al fine di realizzare questo obiettivo, sono modificati in maniera disorganica alcuni segmenti delle norme che regolamentano la gestione di aziende in stato di crisi ed insolvenza: dalle procedure concorsuali fino a quelle esecutive, modificando la legge fallimentare, civile e processuale civile, con misure, anche di tipo fiscale, volte anzitutto alla tutela dei diritti del creditore di tipo finanziario ed assicurativo, nonché intervenendo sulla figura professionale del curatore;
    in particolare, relativamente alle misure principali, il provvedimento d'urgenza reca nei primi due Titoli, interventi in materia di procedure concorsuali e procedure esecutive; il Titolo III tratta di misure fiscali, mentre il Titolo IV include numerosi interventi in materia di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria particolarmente eterogenei, questi ultimi, rispetto alla ratio complessiva del decreto-legge;
    nel corso dell'esame in sede referente in Commissione giustizia del provvedimento in titolo, tramite emendamenti a firma del Relatore e del Governo, l'articolato è stato ulteriormente ampliato di dieci nuovi articoli legati, in via generale, ai temi dell'amministrazione giudiziaria, fatta peculiare eccezione per la trasposizione integrale dell'articolo 3 del decreto-legge n. 92, già all'esame in sede referente presso le Commissioni ambiente ed attività produttive;
    a proposito dei primi due Titoli, si rileva che non appaiono sussistere le caratteristiche di necessità e urgenza relativamente al tema principale del provvedimento, poiché proprio la materia concorsuale ed una più ampia revisione del diritto fallimentare ed esecutivo sono oggetto del lavoro di un'apposita commissione insediata presso il Ministero di giustizia sin dal 28 gennaio scorso;
    i motivi che, invero, appaiono decisivi per l'emanazione di un decreto-legge risiedono in una serie di misure a favore di banche ed assicurazioni (nel ruolo di creditori finanziari), mascherate dall'intento di introdurre una maggiore «competitività» e «concorrenzialità» nel sistema concorsuale e fallimentare;
    tra tutti, appaiono emblematici in tal senso l'articolo 9, che rafforza i poteri del creditore finanziario nei confronti dell'impresa debitrice, consegnando alle banche la capacità di orientare la ristrutturazione dei crediti con la facoltà di imporre le proprie condizioni ai creditori finanziari minori e, in prospettiva, al complesso dei creditori; nonché l'articolo 16, che consente agli enti creditizi, finanziari ed assicurativi di poter portare in deduzione in un solo anno fiscale l'intero ammontare delle perdite sui crediti in luogo del 20 per cento annuo consentito fino ad oggi;
    l'articolo 21-octies, recante «misure urgenti per l'esercizio dell'attività di impresa di stabilimenti oggetto di sequestro giudiziario», introduce infine elementi di ulteriore eterogeneità in un atto già di per sé ampiamente disorganico e disomogeneo, laddove, nel merito, esso non reca alcuna misura in materia fallimentare, civile, processuale civile, né di organizzazione ovvero di funzionamento dell'amministrazione giudiziaria – così come elenca il titolo del decreto n. 83 – , intervenendo altresì in capo ad un'attività produttiva posta sotto sequestro, per disporre un'esplicita deroga ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori al fine di consentire la prosecuzione dell'attività industriale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre misure volte ad escludere la decadenza della rateazione del prezzo in caso di giustificati motivi, debitamente comprovati dal debitore in sede di attuazione delle modifiche al codice di procedura civile di cui all'articolo 13.
9/3201-AR/133
Tofalo.