PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (Vedi RS)

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 13,15.

  PRESIDENTE (Vedi RS). Ricordato che nella seduta di ieri si è assistito ad episodi gravissimi estranei ad ogni cultura istituzionale e ad ogni prassi democratica, chiede a tutti di tenere un comportamento consono ad un'Aula parlamentare e di non ostacolare i lavori attraverso azioni che si pongono al di fuori delle regole del confronto parlamentare.

  PRESIDENTE. Colleghi, ieri si è assistito in quest'Aula a comportamenti ed episodi gravissimi, che sono del tutto estranei ad ogni cultura istituzionale e ad ogni prassi democratica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Sinistra Ecologia Libertà, Nuovo Centrodestra, Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia, Misto).
  Chiedo a tutti, cari colleghi, di tenere un comportamento consono, consono ad un'Aula parlamentare, e di non ostacolare lo svolgimento dei lavori attraverso azioni che si pongono al di fuori delle regole del confronto parlamentare così come sono stabilite dal nostro ordinamento. Quindi, confido veramente nella collaborazione di tutti.
  E a questo punto, invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  CATERINA PES (PD) (Vedi RS), Segretario. Legge il processo verbale della seduta di ieri.

  CATERINA PES, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

Sul processo verbale. (Vedi RS)

Sul processo verbale (ore 13,20).

  Intervengono sul processo verbale i deputati DANILO TONINELLI (M5S) (Vedi RS) e LOREDANA LUPO (M5S) (Vedi RS), ai quali rende precisazioni il PRESIDENTE (Vedi RS), nonché i deputati GIROLAMO PISANO (M5S) (Vedi RS), GIANNI FARINA (PD) (Vedi RS) e MARCO DI LELLO (Misto-PSI-PLI) (Vedi RS).

  DANILO TONINELLI. Signor Presidente, intendevo fare una rettifica sul processo verbale a norma dell'articolo 32 del Regolamento, su un fatto che ieri non sono riuscito ad indicare, in quanto al rientro della Conferenza dei presidenti di gruppo, poco prima del voto, del blitz che c’è stato in questa Aula in pochi secondi con la «ghigliottina» – che, ricordo a tutti, farà male anche a voi del Partito Democratico che l'avete voluta, farà male quando sarete all'opposizione ovviamente –, io per circa 30-40 secondi, lo dicono i resoconti video, avevo entrambe le mani alzate con il Regolamento e avevo depositato – e lei non poteva non saperlo, perché parlai con il responsabile d'Aula – una mozione che intendeva applicare le due proposte fatte, ovverosia lo scorporo del decreto IMU rispetto alla parte della Banca d'Italia, oppure una legge sanatoria ex articolo 77, ultimo comma, della Costituzione.
  Lei, Presidente, non mi ha permesso di fare questo, di conseguenza le chiedo una rettifica per il fatto che il voto non possa considerarsi valido, in quanto l'intervento sul Regolamento, lei mi insegna, Presidente, deve precedere qualsiasi altra fase procedurale. Il mio intervento era un intervento ex articolo 27, comma 2, ovverosia di inserimento, perché accanto alla mozione procedurale – e le ricordo che è stata fatta anche sull'articolo 138 – c’è stata, e lei l'avrà letto, una richiesta scritta ex articolo 27, comma 2, di inserimento di una materia che in quel caso era una mozione, all'ordine del giorno dei lavori che si stavano svolgendo ieri. Lei non ha tenuto conto del nostro scritto e non ha tenuto conto del fatto che un deputato della Repubblica che rappresenta i cittadini, che dovrebbe portare la voce dei cittadini, e che, purtroppo, grazie alla sua scelta scellerata di ieri con la «ghigliottina», non farà più il proprio mestiere, perché io, data la sua scelta di ieri, non posso più rappresentare le voci dei cittadini, perché sarà zittito nel momento stesso in cui lei, o chi le succederà – e speriamo che le succedano e la sostituiscano prima possibile –, metterà la «ghigliottina» togliendo la parola non solo alle opposizioni, la cui tutela rappresenta la libertà di questo Parlamento, rappresenta la forma di Governo che fino ad oggi la Costituzione dice essere di natura parlamentare. Di conseguenza prenda atto di questo richiamo, convochi immediatamente la Giunta per il Regolamento, perché si esprima su quel passaggio procedurale.

  LOREDANA LUPO. Signor Presidente, ringrazio tutti i colleghi presenti in Aula. Io intervengo, appunto, sul processo verbale per rettificare e chiarire la mia posizione avvenuta ieri per un fatto proprio personale.
  Purtroppo, come è noto a quest'Aula, ieri io mi sono vista costretta, da opposizione quale sono, a scendere in maniera del tutto pacifica verso i banchi del Governo anche perché, di natura, per chi non mi conoscesse, sono una persona molto moderata e pacata, infatti in quest'Aula non ho mai preteso di offendere nessuno, e, nell'atto in cui sono scesa, il Questore Dambruoso ha pensato bene che questo mio atteggiamento potesse ledere la sua persona, che non era ivi presente in quell'istante e ha pensato bene di usarmi violenza fisica perché, nell'atto in cui una persona decide di fare un gesto come quello del deputato Dambruoso, quanto meno, se fatto con istinto – qualsiasi uomo qui dentro me lo può confermare – avrebbe chiesto immediatamente scusa, ma dalle immagini che sono circolate, fortunatamente, grazie ai telegiornali, è stato possibile verificare che mi ha spinto ulteriormente e che, nell'atto in cui gli ho spiegato che quest'atto non gli era concesso poiché c'erano già delle persone deputate a fare questa misura di contenimento all'interno dell'Aula, lui non ha minimamente mostrato scuse nei miei confronti.
  Ora, io chiedo a questa Presidenza, che penso deciderà di aiutarmi, visto che è stata lesa una persona nella sua carica istituzionale qui dentro, fisicamente, e non è condivisibile da nessuno – mi auguro –, come da articolo 60, comma 3, del Regolamento, di interdire la partecipazione ai lavori parlamentari intanto fino alla dimissione del Questore Dambruoso, che abbiamo chiesto attraverso atto ufficiale a questa Camera. All'interno della Commissione giustizia questa mattina mi è stato detto – ero lì presente – che il PD dava sostegno al Questore Dambruoso. Io sono stata colpita fisicamente e in maniera ingiusta quando c'erano delle persone qui dentro che erano deputate a contenere quella situazione, e inoltre non ho avuto la solidarietà da parte di quest'Aula nella mia persona.
  Questo non è corretto, e voglio che venga messo agli atti, come cittadina e come parlamentare della Repubblica italiana.

  PRESIDENTE. Allora, lei deve sapere che si è appena svolto un Ufficio di Presidenza in cui i Questori Fontanelli e Fontana hanno avuto l'incarico di fare un'istruttoria su quanto accaduto ieri in quest'Aula, compresa anche questa vicenda, che non c’è sfuggita.
  Quindi, i Questori adesso faranno i dovuti accertamenti e quanto prima l'Ufficio di Presidenza si pronuncerà su quanto accaduto ieri in quest'Aula.

  GIROLAMO PISANO. Signor Presidente, io devo prendere la parola per chiedere una rettifica della mia votazione di ieri, in quanto si è attivata la postazione della mia seduta e risulta alla Camera che io abbia votato favorevole sul decreto-legge Banca d'Italia. Vorrei ovviamente mettere agli atti che non è la mia posizione, quindi chiedo di mettere agli atti che il mio parere su questa cosa è contrario.

  GIANNI FARINA. Signor Presidente, ieri naturalmente la votazione finale si è svolta in pochi attimi e io non ho fatto a tempo. Ho votato, ma si è accesa la luce rossa. Quindi, chiedo di rettificare e di esprimere un voto a favore nella votazione finale di ieri.

  MARCO DI LELLO. Signor Presidente, intervengo sul verbale perché la sintesi che ci è stata letta ovviamente non riesce a dare conto della gravità dei fatti che si sono svolti ieri in quest'Aula. Io voglio esprimere, a nome della componente Socialista, solidarietà a lei e a quanti sono stati aggrediti da ogni schieramento ma anche, in questa sede, esprimere la mia condivisione per la scelta dolorosa che lei ha dovuto assumere ieri.
  Noi socialisti, come sa, siamo laici, libertari, voltairiani. Facciamo della libertà di espressione un mantra, ma fino a quando...

Per richiami al Regolamento e sull'ordine dei lavori. (Vedi RS)

Per richiami al Regolamento e sull'ordine dei lavori (ore 13,30).

  Intervengono per richiami al Regolamento i deputati ROCCO BUTTIGLIONE (PI) (Vedi RS), cui rende precisazioni il PRESIDENTE (Vedi RS), e FABIO RAMPELLI (FdI) (Vedi RS). Dopo un intervento sull'ordine dei lavori del deputato DANILO TONINELLI (M5S) (Vedi RS) e un richiamo al Regolamento del deputato TITTI DI SALVO (SEL) (Vedi RS), intervengono altresì sull'ordine dei lavori i deputati CRISTIAN INVERNIZZI (LNA) (Vedi RS) e MARIANO RABINO (SCpI) (Vedi RS). Dopo un richiamo al Regolamento del deputato MASSIMO ENRICO CORSARO (FdI) (Vedi RS), intervengono sull'ordine dei lavori i deputati ROBERTO SPERANZA (PD) (Vedi RS), ANTONIO LEONE (NCD) (Vedi RS), RENATO BRUNETTA (FI-PdL) (Vedi RS), ANGELO CERA (PI) (Vedi RS), ROCCO BUTTIGLIONE (PI) (Vedi RS), PINO PISICCHIO (Misto-CD) (Vedi RS), MARIO MARAZZITI (PI) (Vedi RS), LELLO DI GIOIA (Misto-PSI-PLI) (Vedi RS), PIA ELDA LOCATELLI (Misto-PSI-PLI) (Vedi RS), GEA SCHIRÒ (PI) (Vedi RS) e MASSIMILIANO FEDRIGA (LNA) (Vedi RS).

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, mi consenta in primo luogo di reiterare la mia convinzione che le domande di presa di parola per osservazioni sull'applicazione del Regolamento hanno la priorità su tutte le altre, anche quando è in corso l'approvazione del verbale, per la semplice ragione che possono riguardare, come nel mio caso, il modo in cui si sta applicando il Regolamento relativamente al verbale. Quindi, dare la parola dopo l'approvazione del verbale significa dare la parola quando un'eventuale correzione del procedimento in atto è diventata impossibile. Reitero questa mia convinzione, perché non vorrei che questo diventasse un precedente, perché la mia cortesia nei suoi confronti è incondizionata e non ho nessuna protesta da fare ma non vorrei che questo diventasse un precedente, perché violerebbe un principio fondamentale della corretta conduzione dei lavori d'Aula.
  Come osservazione più sostanziale, mi consenta di esprimere un dubbio: io non credo che la corretta applicazione dell'articolo 32 del Regolamento implichi una ripetizione della discussione che ha già avuto luogo, oppure la possibilità di intervenire, esprimendo posizioni politiche o valutazioni su ciò che è avvenuto il giorno prima. Credo che qualunque interpretazione ictu oculi dell'articolo 32 del Regolamento dica che si deve intervenire, come ha fatto prima l'onorevole Gianni Farina, per dire «io ho votato così, ma mi sono sbagliato e volevo votare colà», oppure «mi si attribuisce il fatto di avere detto una cosa rilevante, rilevante – non un aggettivo, una cosa rilevante, politicamente rilevante – o di avere fatto un discorso a favore della «tagliola» e invece io ero contro». Un eccesso di longanimità, lungi dal creare un clima più amichevole e in cui procede meglio la conduzione dei lavori, rischia di dare l'impressione che non esiste più la certezza del diritto all'interno di quest'Aula, e la certezza del diritto in quest'Aula è la certezza dell'applicazione del Regolamento.

  PRESIDENTE. Sì, infatti lei ha ragione, e anche questo sarà oggetto di modifica del nostro Regolamento. Ci sono interventi e ci sono stati anche ieri più di 40 interventi sul verbale, e diciamo che nel merito del verbale ce n'erano veramente pochi.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, io potrei fare diversi richiami al Regolamento – articolo 44, articolo 154 ed altri che le ometto –, quindi le chiedo un po’ di tolleranza sui tempi. Io penso che ieri sia accaduto qualcosa di particolarmente significativo e, dal nostro punto di vista, particolarmente grave, non solo e non tanto rispetto alle iniziative che i parlamentari hanno preso nel corso della chiusura e della votazione finale su questo provvedimento, ma anche in ordine all'inserimento di questo nuovo meccanismo, che è stato ribattezzato «ghigliottina» piuttosto che «tagliola», che peraltro ha nell'altra Camera, al Senato, una sua regolamentazione, che noi avremmo potuto quantomeno per analogia, visto che nel nostro Regolamento non vi è traccia di tagliole e ghigliottine, applicare.
  Però, se si stabilisce – questa è la questione su cui ogni collega dovrebbe avere un po’ di attenzione e di sensibilità – di scrivere un pezzo del Regolamento che non esiste, piuttosto che cambiare una parte rilevante, perché attiene ai diritti individuali e dei gruppi, del Regolamento, lo si deve fare in Aula. Non si può fare nella Conferenza dei presidenti di gruppo, la quale ha viceversa delle sue indicazioni, delle procedure, delle competenze, delle funzioni, e non è consentito alla Conferenza dei presidenti di gruppo di prendere decisioni che coinvolgono l'intera Aula.
  Non c’è da nessuna parte del Regolamento quello che lei ha applicato ieri. Avremmo potuto applicare, viceversa, in analogia sempre l'articolo 44 sulla discussione generale, nel qual caso lei avrebbe potuto, venendo in Aula, dare la parola, proponendo la votazione immediata, ad un oratore a favore e uno contro e dare la possibilità ai capigruppo, che volessero parlare e lasciare testimonianza da un punto di vista politico della sua iniziativa, di riferire. Non lo ha fatto, eppure l'articolo 154 del nostro Regolamento dice chiaramente che non è possibile comunque contingentare quando si parla di decreti-legge e della loro conversione.
  Quindi io penso, Presidente, che se lei ieri non fosse giunta qui in questa Aula con eccessiva arroganza... Lo dico, guardi, con grande dispiacere, intanto perché conosco la sua storia, secondariamente perché ogni volta che c’è stata la possibilità di discutere si è sempre trovata comunque una quadra e lei ha dimostrato sempre grandissima capacità, grandissima armonia e grandissime qualità dal punto di vista della possibilità di portare a sintesi le diverse posizioni, ma ieri davvero era irriconoscibile. Forse è stata consigliata male, forse c’è stato qualcuno della maggioranza che le ha chiesto di compiere atti perentori, andando contro qualunque norma, qualunque articolo, qualunque comma del nostro Regolamento, e persino modificando il Regolamento, aggiungendo un pezzo non scritto, facendolo arbitrariamente – la parola è chiara ed inequivocabile – o da sola o in compagnia di una Conferenza dei presidenti di gruppo che si sarebbe e si sarà espressa in tale maniera.
  Quindi, Presidente, lei giustamente ha aperto questa seduta stigmatizzando il comportamento che c’è stato, la gazzarra, le iniziative di alcuni gruppi politici, tra cui anche noi di Fratelli d'Italia. Fratelli d'Italia non ha fatto ostruzionismo a questo provvedimento. È agli atti: abbiamo presentato un solo ordine del giorno, abbiamo parlato esclusivamente su quell'ordine del giorno, abbiamo fatto una dichiarazione di voto, perché le altre sono state spazzate via da altri accordi misteriosi, un intervento nella discussione generale.
  Quindi, Presidente, lei non può, per punire chi decide di fare ostruzionismo a oltranza, mettere sotto le scarpe i diritti individuali di un parlamentare della Repubblica italiana, di un cittadino italiano, di una persona che comunque rappresenta un gruppo di persone che comunque hanno dato fiducia, stima, considerazione, hanno dato un mandato. Lei non può arrivare qui e mortificare il ruolo di gruppi politici e partiti politici senza avere uno straccio di pezza d'appoggio rispetto ai codici e alle norme regolamentari. Quindi, Presidente, dal nostro punto di vista, la votazione che vi è stata ieri, proprio perché si fonda, da un punto di vista del Regolamento, su un presupposto assolutamente non conciliabile con il Regolamento stesso, non è valida.
  Noi chiederemo l'invalidazione di quella votazione. Chiederemo alla Giunta per il Regolamento di riunirsi e di capire quale norma è stata applicata – se vi è una norma, perché lei non l'ha citata – e se non è stata applicata la norma, quale norma si è inventata, perché con questa norma noi dobbiamo fare i conti da qui alla fine dei tempi, o comunque fino a
quando verrà fatto un nuovo Regolamento. Quindi, quello che è accaduto ieri, Presidente...

  DANILO TONINELLI. Signora Presidente, parlo a nome del mio gruppo parlamentare che oggi ha deciso di non partecipare all'Assemblea su una legge tanto importante che – ricordiamo a tutti voi che dite che noi non vogliamo partecipare alle discussioni – è stata trasferita dal Senato alla Camera perché l'abbiamo chiesto noi, perché abbiamo alzato noi i toni e l'attenzione dell'opinione pubblica e abbiamo fatto capire a Grasso che il Senato stava fallendo sull’iter.
  Non parteciperemo, signora Presidente, a questa Assemblea e ai lavori di oggi, perché le violazioni procedurali che sono avvenute ieri, ma non solo ieri con la sua «ghigliottina» alla libertà e alla democrazia, ma negli ultimi giorni, sono troppo violente e i cittadini, Presidente, sanno che non siamo stati violenti noi ad essere scesi davanti ai banchi del Governo a mani alzate e imbavagliati, ma che siete violenti voi, perché state togliendo ai cittadini la possibilità di esprimersi.
  E sa perfettamente, Presidente, che questo si chiama il «luogo del pluralismo», ovverosia il luogo in cui voci differenti si devono confrontare per trovare un'opinione comune, quell'opinione che deve rappresentare i cittadini e che lei, Presidente, ieri ha ghigliottinato.
  Mi dia il tempo, Presidente, perché le violazioni procedurali sono avvenute ad ogni livello. Sono stati violati gli articoli 71 e 72 della Costituzione, in quanto sono stati tolti la funzione e il potere legislativo al Parlamento, sia nella legge elettorale che ieri con la «ghigliottina», e sono state violate, anche adesso e questa mattina in Commissione, tutte le norme procedurali, perché il presidente Sisto ha votato il mandato ai relatori senza la presenza del numero legale.
  Lei deve prendere atto del bavaglio che voi state mettendo non alle opposizioni, ma a tutti i cittadini.

  TITTI DI SALVO. Signora Presidente, ieri si è consumato in quest'Aula un fatto gravissimo che dovrebbe preoccupare tutti, il Governo, la maggioranza, l'opposizione, perché naturalmente i diritti dell'opposizione sono il sale della democrazia, ma quando la lotta politica e l'opposizione, invece che nelle istituzioni, si esprime contro le istituzioni, questo determina un indebolimento forte della democrazia, fortissimo.
  Io chiedo ai parlamentari del MoVimento 5 Stelle di cogliere la differenza che c’è tra la lotta nelle istituzioni, in tutti i modi che le istituzioni prevedono, e la lotta contro le istituzioni (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Partito Democratico, Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia, Nuovo Centrodestra, Per l'Italia e Misto). Quando il richiamo continuo, l'attacco continuo è fatto nei confronti della Presidente della Camera che rappresenta lo Stato, la Repubblica italiana, le istituzioni, in modo ossessivo – in modo ossessivo – dall'inizio della legislatura, e quando è rivolto contro il Presidente della Repubblica, ma che servizio si dà alla democrazia e ai cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia) ? Non è così, non è così. E mentre dico questo, dico che il mio gruppo ed io abbiamo dato immediata solidarietà all'onorevole Lupo, perché noi pensiamo che con gli schiaffi non si risolvono i problemi neanche degli assalti alla Presidenza, e abbiamo anche chiesto le dimissioni del questore Dambruoso. Ma questo è un conto e un altro è confondere i piani della lotta nelle istituzioni e della lotta contro le istituzioni.
  I provvedimenti non li cambiamo così. C’è un'occasione, che è quella della pregiudiziale di costituzionalità che noi abbiamo presentato e che verrà votata domani mattina sulla legge elettorale. Chi vuole fare la battaglia sulla legge elettorale, voti quella pregiudiziale di costituzionalità, dando un esempio di cultura democratica ! Questo noi chiediamo, e mentre chiediamo questo, Presidente, le rinnoviamo totale solidarietà per il suo ruolo e per come lei ha gestito una situazione di cui non aveva responsabilità. Perché anche questo va detto: lei si è trovata addosso, Presidente, la responsabilità di tutti, del Governo, della maggioranza, di tutti quanti, forse anche nostra, e lei ha dovuto gestirla e l'ha fatto nel modo migliore e la ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Partito Democratico, Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia. Nuovo Centrodestra e Misto).

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signora Presidente, intervengo semplicemente per segnalare quello che è avvenuto stamattina in Commissione Affari costituzionali, che era convocata in sede referente per la legge elettorale, seduta della Commissione alla quale io purtroppo non ho potuto partecipare, non per mia volontà, ma perché mi è stato fisicamente impedito l'accesso all'aula e, quindi, non ho potuto prendere parte alla votazione.
  Io adesso non ho intenzione qui di puntare il dito contro alcuno e dire chi o i motivi per i quali ad un parlamentare è stato impedito di entrare nell'aula della Commissione, alla quale appartiene, per partecipare ad una votazione su un provvedimento, tra l'altro non di secondo piano, ma assolutamente fondamentale. Però segnalo che è avvenuto questo, e poi tra l'altro non vi erano neanche altri esponenti della Lega Nord che abbiano potuto accedere alla Commissione.
  Segnalo, pertanto, innanzitutto questo che è successo e che gradirei che appunto rimanesse agli atti. Prima di iniziare, pertanto, la discussione diciamo anche che se avessi potuto accedere, avrei ovviamente votato contro – e quindi che questo rimanga agli atti – voto contrario che rappresenta anche la posizione della Lega Nord circa la discussione della legge elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  MARIANO RABINO. Signor Presidente, innanzitutto prendiamo atto come gruppo di Scelta Civica per l'Italia – e siamo felici di questo – che l'Ufficio di Presidenza abbia voluto adottare l'iter di un'istruttoria in capo ai due questori su quanto avvenuto ieri sera.
  Crediamo che l'istruttoria sia dovuta. L'istruttoria è chiamata a fare piena luce su quanto avvenuto e ci auguriamo che venga fatta piena luce e che vengano superate tante mistificazioni e tanti pregiudizi, frutto anche di una vertigine mediatica sempre più inaccettabile. Naturalmente prendiamo anche atto che il questore Dambruoso ha chiesto scusa alla deputata Lupo, riconoscendo in qualche misura di aver probabilmente ecceduto nelle sue reazioni. Vogliamo però ricordare anche a tutti il contesto in cui sono avvenuti i fatti, un contesto di assoluta concitazione e drammatizzazione traumatica, e respingiamo l'idea – davvero respingiamo l'idea, perché bisogna finirla – che i deputati del MoVimento 5 Stelle siano scesi pacificamente verso i banchi del Governo. È una cosa inaccettabile (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Partito Democratico) e non si può continuare a mistificare in questo modo i lavori del nostro Parlamento.
  Le immagini testimonieranno come la deputata Lupo fosse tutta protesa in modo aggressivo per salire sui banchi del Governo. Quindi, sentire dire che lei è scesa pacificamente verso i banchi del Governo è qualcosa davvero di inaccettabile. Ma più in generale io credo che dobbiamo fare un invito alla Presidente, a cui esprimiamo piena solidarietà per la scelta dolorosa, sofferta che ha dovuto adottare ieri sera, una scelta estrema, una scelta sicuramente non cercata. Noi però dobbiamo davvero impegnarci tutti perché questo luogo sia il luogo della sovranità popolare, dove si esprimono le opinioni, dove le maggioranze fanno il loro mestiere e le minoranze fanno il loro mestiere.
  È inaccettabile che si confonda la bontà dei fini con il disastro dei mezzi, con la drammatizzazione dei mezzi, come autorevolmente sostenuto dall'onorevole professor Balduzzi. Bisogna finirla con un ostruzionismo che diventa distruzionismo, distruzionismo permanente, che non consente a queste aule di esprimere orientamenti. E, soprattutto, basta con la mistificazione della realtà.
  Ieri si è addivenuti ad una decisione dopo tre giorni di dibattito, di ostruzionismo, dove ognuno ha potuto esprimere il proprio punto di vista. È diritto-dovere di una maggioranza parlamentare di arrivare a decidere, di arrivare ad una definizione di un provvedimento.
  Il gruppo del MoVimento 5 Stelle, tutti i gruppi di opposizione e anche noi, che oggi siamo maggioranza e un giorno saremo opposizione, dobbiamo imparare che a un certo punto ci si ferma e che non si può far diventare l'ostruzionismo, distruzionismo permanente (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia e Partito Democratico).

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Onorevole Presidente, io volevo fare un intervento per un richiamo al Regolamento, anche se ho sentito, negli interventi che hanno preceduto il mio, che si è aperta una fase dibattimentale oggettivamente priva di alcun riferimento. E, quindi, potrei parlare a braccio anche delle circostanze meteorologiche che colpiscono l'Italia.
  Ma, vede, onorevole Presidente, per fare un po’ di chiarezza sugli accadimenti di ieri, che lei ha giustamente richiamato in apertura di seduta, lei ha legittimamente – almeno il gruppo di Fratelli d'Italia non discute la legittimità della sua scelta – voluto applicare la cosiddetta «tagliola» per la prima volta nella storia del Parlamento. Ha fatto una scelta – lo ripeto – legittima, che noi consideriamo politicamente ingiusta, in quanto lesiva, dal nostro punto di vista, della possibilità e della opportunità che dev'essere data, in termini di Regolamento, anche all'opposizione di fare il suo mestiere.
  Se la legge prevede che al Governo sia data la possibilità di emanare un decreto-legge, ma prevede anche che ci sia una tempistica data e certa, all'interno della quale il Governo e la sua maggioranza hanno l'impegno e l'obbligo di vedere approvato quel decreto-legge, prima in un ramo del Parlamento e successivamente nell'altro, con la stessa conformazione letterale, allora, da un lato, c’è il compito politico della maggioranza di cercare di arrivare alla conversione di quel decreto-legge nei tempi dovuti, dall'altro, se l'opposizione ritiene che quel decreto-legge sia davvero pieno di cose inaccettabili – come noi ritenevamo che fossero contenute all'interno del decreto-legge, che fa il regalo alle banche, anche se la comunicazione prezzolata parla solo del decreto-legge dell'IMU –, avevamo l'altrettanto piena legittimità di usare gli strumenti parlamentari che ci sono messi a disposizione per fare il nostro di compito, che era quello di cercare di non arrivare all'approvazione di quel decreto-legge.
  Quello che è accaduto è che lei, assumendosi politicamente una responsabilità priva di precedenti, ha cambiato le carte in tavola, ha cambiato le regole del gioco. Ha stabilito che una squadra dovesse entrare in campo con le mani legate dietro la schiena, con il portiere espulso e che quell'altra potesse continuare a lavorare anche giocando in fuori gioco. Infatti, lei, consentendo alla maggioranza di arrivare ad approvare il decreto-legge, anche se non era stata capace di farlo entro i termini, perché, alla vigilia della decorrenza di quel termine, lei ha tolto all'opposizione la possibilità di fare il suo mestiere, ha fatto una scelta – ripeto – legittima, ma politicamente grave, non solo per quello che è successo ieri, ma perché lei ha aperto una strada, in termini di possibilità di riferirsi al suo precedente, che consentirà a lei, nel proseguo del suo mandato, e a chi il suo mandato lo assolverà dopo il suo, di continuare a ripetere questa conculcazione delle libertà nei confronti di qualsivoglia forma di minoranza.
  Ma, vede, Presidente, siccome non c'erano precedenti, è di tutta evidenza che quando accade una cosa che non ha precedenti e che, quindi, non è nemmeno prevista nel Regolamento – e qui sta il mio richiamo al Regolamento, onorevole Presidente, all'articolo 44 –, si cerca di norma di fare riferimento a qualche cosa di simile per capire come comportarsi.
  E, allora, l'articolo 44, comma 2, del Regolamento dice che dopo che è stata deliberata la chiusura ha ancora facoltà di parlare un deputato per ciascuno dei gruppi che ne facciano richiesta. Lei ieri è arrivata, assumendosi anche la responsabilità di creare quel clima dal quale poi è nata tutta quella serie di episodi che si sono svolti, a stabilire che in quel momento era troncata la possibilità di parlare a 167 parlamentari che ancora avevano legittimamente diritto ad esprimere, dieci minuti ciascuno, il loro pensiero; ha fatto votare l'Aula nel giro di pochi secondi con una brevità che non ha precedenti nemmeno nelle sue fasi di Presidenza; ha determinato l'esito della votazione e ha considerato e ha chiamato chiusa la votazione.

  ROBERTO SPERANZA. Signor Presidente, voglio in pochissimi minuti esprimere l'opinione del gruppo del Partito Democratico su quanto accaduto ieri e su quanto sta accadendo in queste ore difficili. Mi permetta prima di tutto di esprimerle sostegno, solidarietà e vicinanza per le accuse tremende che le sono state rivolte. Dal nostro punto di vista, Presidente, il suo atto e la sua scelta di ieri, per quanto grave e complicata, è una scelta ineccepibile, a difesa della Costituzione e a difesa della sovranità di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Voglio ricordare che si trattava di un decreto-legge che aveva già avuto la fiducia di entrambe le Camere. Sarebbe stata una violazione della sovranità parlamentare aver fatto decadere questo decreto-legge.
  Io voglio esprimerle, Presidente, oltre alla fortissima vicinanza e al sostegno del Partito Democratico, grande preoccupazione per i fatti delle ultime ore, la violenza fisica e verbale che abbiamo visto ieri, ed io sono convinto che l'Ufficio di Presidenza saprà punire in ogni sua forma senza distinguere. Infatti, quando c’è violenza, da qualsiasi parte essa venga, si ha la negazione della democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Ma noi in queste ore vogliamo batterci con grande forza per la difesa delle istituzioni democratiche. Peso con grande attenzione queste parole: è in gioco la difesa delle istituzioni democratiche (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Sinistra Ecologia Libertà, Nuovo Centrodestra, Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia e del gruppo Misto).
  Non saprei come altro descrivere quanto sta avvenendo in queste ore, la violenza fisica, l'impedimento all'accesso alle Commissioni per i parlamentari. Io penso che si è al limite, Presidente. Cos'altro deve accadere ? Cos'altro deve accadere per dire che noi siamo di fronte al grande tema della difesa delle istituzioni democratiche ? Siamo ad un passaggio difficile e io penso che da questo nostro gruppo debba arrivare un messaggio forte: non tentenneremo neanche un istante, difenderemo con orgoglio e con forza le nostre istituzioni, a partire da quel Presidente della Repubblica che per noi è il cardine più forte delle istituzioni democratiche di questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Sinistra Ecologia Libertà, Nuovo Centrodestra, Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia e del gruppo Misto). E ogni attacco, ogni singolo attacco a Giorgio Napolitano, non è un attacco alla persona, ma è un attacco alla nostra democrazia. E noi non ci fermeremo, non passerà quella linea dello sfascio ! (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Sinistra Ecologia Libertà, Nuovo Centrodestra, Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia e del gruppo Misto). E, permettetemi di dirlo, non passerà in questo tempo, nel tempo in cui finalmente la politica dimostra di avere il coraggio delle riforme.
  Quelle riforme che gli italiani aspettano e quelle riforme a cui tutti chiediamo di contribuire per renderle migliori. Non è bello vedere banchi vuoti, lo dico con rammarico, perché la democrazia è parlare, incontrarsi, scontrarsi anche avere pareri radicalmente opposti ma mai forza, forza contro: è forza contro – io penso – quella che, purtroppo, abbiamo visto in questi giorni. E allora, Presidente, concludo: difendiamo con forza e orgoglio le nostre istituzioni e tutti insieme proviamo a capire come si può scrivere una pagina nuova per aprire una stagione diversa che il nostro Paese ci chiede con grande forza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Sinistra Ecologia Libertà, Nuovo Centrodestra, Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia e del gruppo Misto).

  ANTONIO LEONE. Signor Presidente, le ragioni per cui ritengo di intervenire sono duplici ma farò di tutto per racchiuderle in pochissimo tempo. Prima c’è stata una «spinta» da parte del collega Invernizzi, per la verità, lei si troverà sul suo tavolo, una lettera fatta da me e dalla collega Bianchi, che siamo componenti della Commissione affari costituzionali, proprio perché, stamane non siamo riusciti ad entrare in Commissione, non abbiamo potuto esprimere quel voto sul testo base che, per la verità, è stato di pochissimi secondi. Bisogna dirlo, è stata chiusa in maniera frettolosa come seduta e noi, per un assembramento che c'era fuori – non dico blocco, non parlo di impedimento ma di un assembramento molto, ma molto consistente – non siamo riusciti ad accedere come altri colleghi – è la dimostrazione anche di quello che ha detto il collega Invernizzi prima – nell'aula della Commissione.
  Io, però, intervengo anche per un altro motivo. Non solo per darle la solidarietà per quello che ha fatto sul finire, proprio in tempo, in limine litis, nel momento in cui lei ha deciso di adottare il sistema della «ghigliottina». Bene ha fatto, i tempi erano oramai scaduti, tempi supplementari non ce ne potevano essere perché la Costituzione ce lo vieta e l'unico sistema evidentemente per portare a compimento un atto dovuto da questo Parlamento era quello, anche se con rammarico – ritengo – vista che è stata presa la decisione, come dicevo prima, in limine e lei ha dovuto prenderla. Per cui, rimostranze o non rimostranze, era l'unica strada che, a tutela di quest'istituzione, lei poteva prendere.
  L'ultimo punto, su cui concludo di qui a breve, è quello di farle un appello, Presidente, farle un appello perché condivido tutto quello che è stato detto dalla collega Lupo, da altri che sono intervenuti, dalla collega Titti Di Salvo. Violenza è da bandire, ma della violenza ci sono varie sfaccettature: c’è una violenza fisica, quella che è stata lamentata dalla collega Lupo; c’è la violenza fisica che ha costretto qualche commesso, a cui va tutta la nostra solidarietà, ad andare a finire in infermeria (Applausi); c’è la violenza psicologica e non ritengo che possa colpire nessuno di noi che siamo adulti e vaccinati in quest'Aula, ma c’è anche la violenza privata.
  C’è la violenza privata che genericamente indica il voler impedire a qualcun altro di fare una cosa che vuole fare, che è quella di lavorare, che è quella di andare in Commissione, che è quella di votare, che è quella di parlare, di discutere. E questa violenza, signor Presidente, lei la deve equilibrare con il tentativo di violenza fisica o di violenza psicologica che dir si voglia. La deve equilibrare adottando tutti gli elementi e tutti gli strumenti per impedire che a me, deputato Leone, venga impedito di svolgere il mio lavoro: lavoro per cui sono stato mandato qui e vengo anche pagato, come vengono anche pagati i colleghi che vogliono impedire di svolgere questo lavoro.
  Presidente, mi scusi la foga, ma ritengo che il momento sia piuttosto delicato. Il collega Speranza prima lo ha ricordato: non interessa, né la Presidente Boldrini, né, singolarmente, i deputati che siedono qui stamani e negli altri giorni, interessa l'istituzione ed interessa, direi, se apriamo bene gli occhi tutti e siamo compatti nel voler arginare questo attentato, interessa la democrazia. Questo è l'appello che le facciamo, Presidente (Applausi).

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, dolore e amarezza per i fatti di ieri, ma non solo per i fatti di ieri. È ormai dall'inizio di questa legislatura che noi ci ritroviamo costantemente, periodicamente, di fronte a queste violenze verbali, insulti e violenze fisiche. Così non può andare avanti, signora Presidente. Ieri in Conferenza dei presidenti di gruppo ho avuto modo di darle la mia solidarietà parlando al plurale, cioè dicendo «noi», non «lei», di fronte a una decisione difficile, dando anche le responsabilità al Governo per quello che il Governo non era riuscito a fare, al Governo e alla maggioranza, di fronte al tanto discusso provvedimento, decreto-legge, IMU-Banca d'Italia. E la nostra responsabilità, la responsabilità del gruppo che ho l'onore di presiedere, è arrivata al punto in cui noi potevamo far decadere quel provvedimento non votando e, quindi, facendo mancare il numero legale. Abbiamo votato contro, consentendo il numero legale e consentendo a milioni di famiglie italiane di avere quella cancellazione della seconda rata IMU per cui tanto si era discusso e parlato nell'anno 2013. Noi abbiamo votato contro perché eravamo contrari a quel provvedimento, ma abbiamo garantito che la maggioranza potesse esprimere la propria volontà.
  Ciò detto, signora Presidente, mi corre l'obbligo di sottolineare un punto che è centrale: niente può giustificare la violenza fisica, niente (Applausi) ! Niente può giustificare l'impedimento fisico dell'attività parlamentare, della libertà parlamentare, come della libertà individuale del resto, però qui siamo in Parlamento, niente ! Ci sono delle regole che consentono alla maggioranza e al Governo di governare, ci sono delle regole che consentono all'opposizione di esprimere pienamente le proprie prerogative. Però su questo, signora Presidente, dobbiamo fare anche un'autocritica, tutti noi: l'autocritica di non aver cambiato tempestivamente il nostro Regolamento, che evidentemente non mette maggioranza e opposizione sullo stesso piano nell'esprimere le proprie prerogative.
  Lei è stata, in qualche maniera, indotta, costretta a porre la cosiddetta «ghigliottina», poteva anche non farlo e su questo non le faccio alcuna critica. Però, questo ha nascosto la responsabilità del Governo. Io ieri ho detto che la «ghigliottina», che è stata applicata per la prima volta ieri dai tempi del Presidente Violante, non deve essere un precedente, perché se fosse un precedente, sarebbe una ferita grave ed insanabile alla vita di questa Assemblea. Non può essere un precedente ! Sono intervenuto e intervengo oggi perché non sia un precedente !
  E proprio per questo la prego, signora Presidente, di procedere al più presto alla modifica dei Regolamenti parlamentari, che consentano al Governo, con le corsie preferenziali, con il contingentamento dei tempi dei decreti-legge, di avere tutti gli strumenti per portare a termine le proprie volontà e di Esecutivo, ma che consentano alle opposizioni di fare altrettanto e, se sono in grado, di far decadere i decreti. Non è detto da nessuna parte che i decreti non possono decadere: i decreti possono decadere, e lo abbiamo visto anche recentemente, non solo perché lo dice il Presidente della Repubblica, ma anche perché lo dice questa Assemblea che si oppone. E nulla può coartare la volontà di questa Assemblea.

  ANGELO CERA. Signor Presidente, io debbo riconoscerle che ieri lei ha ritagliato per sé un momento importante di storia della nostra Repubblica: una donna che si è assunta l'onere di non consentire che una minoranza potesse raggiungere uno scopo che era l'esatto contrario di ciò che una maggioranza democraticamente eletta aveva portato in Aula. Però, mi consenta, Presidente, qualche volta mi sente anche gridare, e lo faccio da solo, perché non è possibile quello che accade: si danno cinque minuti e si concede successivamente un bonus; ma questo lo si fa a tutti.
  Il gruppo, da un po’ di tempo sono abituato a chiamarli «branco»: purtroppo, vanno a gruppi, lei vede come agiscono, e stanno misurando anche la nostra capacità di tolleranza. Pur tuttavia, noi, Presidente, dobbiamo fare qualcosa, ed è apparso evidente che questi stanno misurando anche la nostra reazione e la reazione della Presidenza e delle istituzioni. La settimana scorsa, si sono seduti all'ingresso dell'Aula; ieri sono andati sui banchi, hanno tenuto bloccato il sottosegretario Baretta; abbiamo visto, come dire, delle esagitate: consiglio a loro ritrovarsi evidentemente un fidanzato, perché, se il livello di (Commenti)... e no, perché, purtroppo, è così: perché non è violenza solo sentirle, come dire, spingere determinate frasi contro di noi, contro chi sta vicino e, poi, volere il rispetto. Il rispetto lo si dà a chi, in qualche maniera, pensa di essere donna in tutte le sue funzioni, perché non è sempre il maschio (Commenti)... perdonami...

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, prima di tutto, devo darle atto di un fatto: la «ghigliottina» – mi spiace che non ci siano i colleghi «grillini» – non l'ha inventata il Presidente Boldrini: non è mai stata usata ? Non è mai stata usata, ma è stata «sanzionata». Ora, io non ricordo quale sia esattamente il documento, mi pare fosse il Presidente Violante che ha fatto approvare il principio per cui si può procedere in tal modo qualora fosse necessario. E ieri è stato necessario.
  Vedo che esistono una valanga di accuse le quali non tengono minimamente conto di questo dato di fatto: all'interno dell'ordinamento giuridico consuetudinario di questa Assemblea la «ghigliottina» già esisteva. C’è la responsabilità politica del Presidente di aver deciso di applicarla ? Certo, c’è sempre responsabilità politica, ma questa non è priva di un preciso riferimento nell'ordinamento che deve guidare i nostri lavori.
  La seconda osservazione, signora Presidente, riguarda un clima che si è determinato. Noi viviamo in uno strano Paese in cui gli avvocati non tentano di ottenere una sentenza positiva da parte degli giudici, no, tentano di tirare in lungo il processo in modo da arrivare alla prescrizione. E l'opposizione in questo Parlamento che fa ? Vuole convincere la maggioranza e costruire, in questo modo, una nuova maggioranza che bocci il provvedimento ? Ma neanche un po’, vuole tirare in lungo i tempi in modo da arrivare a che il provvedimento decada. Questo non corrisponde né alla lettera né allo spirito di questa Costituzione. Disse allora il Presidente Violante che è uno che ha una notevole saggezza in materia di istituzioni: la minoranza ha il diritto di partecipare ai processi decisionali e di far sentire la sua voce, ma la maggioranza ha il diritto di arrivare alla decisione e arrivare alla decisione significa arrivare al voto.
  Io quindi non posso non approvare e sostenere quanto lei, ieri, responsabilmente, ha deciso (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PINO PISICCHIO. Signora Presidente, la ringrazio, già ieri le avevo manifestato la mia considerazione e la mia solidarietà che riconfermo, voglio riconfermare in quest'Aula. Mi permetterà di esprimere la mia considerazione e la mia solidarietà anche nei confronti degli assistenti parlamentari che sono coloro i quali impediscono a questa Aula di accendersi più del dovuto e di trascendere e a tutte le parti lese in questa incresciosa vicenda di ieri (Applausi). C’è un clima brutto; linguaggio e gesti fuori da ogni canone e da ogni misura e fuori anche dalla civiltà della dialettica parlamentare, diciamocelo con molta franchezza. Si è rotto un patto, lo ripeto, si è rotto un patto, una convenzione sulle regole che ha storicamente retto i rapporti tra maggioranza e opposizione, anche nei momenti di maggiore criticità e di maggiore conflitto. C’è una parte dell'opposizione che evidentemente, l'ha detto fin da quando è venuta a Montecitorio, persegue l'obiettivo del superamento del sistema rappresentativo, forzando le regole che sono predisposte dal nostro Regolamento.

  MARIO MARAZZITI. Signora Presidente, abbiamo assistito e stiamo assistendo da mesi ad una escalation di interpretazioni della democrazia, una che blocca la democrazia, una che cerca di compiere il suo dovere costituzionale. La sensazione che si è avuta ieri e che si continua ad avere oggi con il tentativo di bloccare il lavoro dentro le Commissioni è molto simile a quella che abbiamo avuto quando in quest'Aula noi abbiamo eletto il Presidente della Repubblica. Noi stavamo lavorando per il nostro Paese, abbiamo eletto un grande Presidente della Repubblica, siamo usciti ed eravamo trattati come criminali. Questa è l'Italia che non vogliamo. Per questo, piena solidarietà al suo lavoro, Presidente della Camera, ineccepibile, piena solidarietà al Presidente Napolitano indegnamente fatto centro di attacchi.
  Piena solidarietà anche ai commessi, i quali debbono rischiare violenza fisica solo per fare il loro dovere. Cattivi quei tempi in cui solo per fare il proprio dovere è necessaria una dose successiva di coraggio. Allora io credo che noi dobbiamo dire due cose: siamo stati profondamente umiliati, abbiamo ascoltato per tre giorni favole; siamo stati insultati, perché c’è un tentativo di rappresentazione non corrispondente alla realtà. Chi è qui a seguire i lavori deve sapere che noi abbiamo ascoltato favole e insulti per tre giorni, perché noi crediamo nella democrazia e nei diritti dell'opposizione, ma a questo punto noi dobbiamo dire che dobbiamo fare quadrato intorno alle istituzioni; dobbiamo cominciare a far sapere all'Italia che ci sono due idee della democrazia...

  LELLO DI GIOIA. Signora Presidente, le esprimo a nome personale – quindi parlo a nome personale –, la mia più profonda solidarietà, come altre volte, perché ritengo che lei gestisca bene questa Camera e quest'Aula. Esprimo grande solidarietà nei riguardi del nostro Presidente della Repubblica, però credo che abbiamo il dovere morale, tutti, di fare una riflessione: quante volte, con i nostri atti, onorevole Brunetta, abbiamo ovviamente determinato condizioni di offesa alla istituzione in generale ? Abbiamo quindi il dovere di fare un nostro mea culpa per dire che dobbiamo comportarci in modo diverso.
  Abbiamo il dovere di rispettare questa istituzione, sia qui, sia fuori, sia sui mezzi d'informazione, come io credo che abbiamo il dovere di stigmatizzare ciò che è accaduto ieri – perché è giusto che si stigmatizzi –, ciò che hanno fatto i colleghi del MoVimento 5 Stelle, ciò che hanno determinato per fare in modo che non si potessero effettuare discussioni in Commissione e in Aula, ma bisogna anche stigmatizzare con forza, perché dobbiamo avere il coraggio della verità, quello che è accaduto, cioè l'alzata delle mani nei riguardi di un deputato, di una deputata; perché questo è vero. E fa bene lei, Presidente, a verificare i fatti. Non è possibile che si alzino le mani soltanto a far segno o addirittura a dare uno schiaffo.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, avevo concordato con i miei colleghi di gruppo che, su quanto è successo ieri, intervenissero loro, perché mi sembrava particolarmente efficace che fossero gli uomini ad intervenire sui temi di atteggiamento non rispettoso nei confronti delle donne; mi pareva che valesse doppio. Ma dopo l'intervento del collega Cera io non riesco a stare zitta.
  Alle donne si chiede sempre di più, gli sbagli delle donne sono sempre più censurati rispetto a quelli degli uomini (Applausi).
  Ci sono abituata, ma quello a cui non riesco proprio ad abituarmi è che quando le donne si esprimono con foga, anche quando perdono la bussola, ecco, questo è attribuito al bisogno di fidanzati, a bisogni sessuali non soddisfatti, alla fame sessuale delle donne: basta, basta, non se ne può più (Applausi) ! Non posso accettare questo: è machismo, è sessismo ! E se questo succede qui, ma cosa succede fuori, cosa può succedere fuori (Applausi) ?
  Guardate, è mancanza di rispetto nei confronti delle donne profonda, radicata nel sentire di tanti uomini; e noi dobbiamo stare particolarmente attenti, e fermiamoci e meditiamo. Basta, per favore ! Questo non significa che non dobbiamo confrontarci, ma il rispetto è fondamentale. Per favore, basta (Applausi) !

  GEA SCHIRÒ. Signor Presidente, avevo chiesto la parola a ridosso dell'intervento del collega Cera; per fortuna posso parlare dopo la collega Locatelli.
  Intanto ho provato profondo imbarazzo e vergogna per l'intervento del collega Cera, e mi scuso io, a nome del mio gruppo. Detto questo, vorrei anche ringraziare lei (Applausi). .. grazie, colleghi. Perché è uno dei carichi, dei compiti che discendono dall'autorevolezza che viene dall'autorità, o viceversa, è quello di scegliere e decidere; ed è una cosa dura e difficile se esercitata con onestà e trasparenza, e lei ieri l'ha fatto: perché esercitare il suo diritto di scegliere e decidere come salvare un decreto-legge in quest'Aula, con questo clima, in una legislatura difficile, è stato un atto di coraggio e di senso di responsabilità verso le istituzioni. E di questo la ringrazio.
  Inoltre vorrei dire che qualsiasi voce di dissenso, questo non è il momento di mettere paletti: ho sentito qualcuno che poneva dei paletti sia alla «tagliola» che per le differenze sulla violenza. Due genitori amabili che picchiano un figlio non sono meno colpevoli di due genitori recidivi: davvero stigmatizzo fortemente quello che è successo da tutte le parti, e voglio esprimere la nostra forte solidarietà alle istituzioni, a lei e ai dipendenti di questa Camera.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, se permette non interverrò sulle affermazioni che hanno fatto i colleghi, ma rimarcherei un fatto che oggi non si è ricordato in modo sufficientemente approfondito, ovvero l'utilizzo che lei in qualità di Presidente ha fatto ieri della cosiddetta «ghigliottina». E le chiedo attenzione, Presidente, perché non è banale, e chiedo anche l'attenzione dei colleghi.
  Ricordo che quando fu introdotta, ma mai utilizzata, la «ghigliottina», era stata introdotta soltanto se bilanciata dal minore utilizzo della decretazione da parte del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Lei, Presidente, si è assunta la responsabilità: perché non si può ricordare soltanto una parte, ovvero che la maggioranza ha diritto di votare, ma bisogna ricordare anche che la minoranza e l'opposizione hanno il diritto di non avere come tempi di discussione solamente sei giorni per un decreto-legge, e utilizzare tutti gli spazi disponibili per potere discutere, e non interrompere l'Aula per fare una I Commissione sotto dettatura di Renzi che non fa un voto che sia uno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Noi avevamo chiesto la «seduta fiume»: ci è stata negata !
  E, Presidente, cosa ancora più grave, la «ghigliottina» è stata messa su un decreto-legge omnibus che non aveva sicuramente tutti i presupposti costituzionali della decretazione d'urgenza: non si può mistificare la realtà !

Missioni. (Vedi RS)

Missioni.

  PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica che i deputati in missione sono settantanove.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Michele Bordo, Brambilla, Brunetta, Caparini, Cirielli, Dambruoso, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, La Russa, Giorgia Meloni, Ravetto, Realacci, Sisto, Speranza, Tabacci, Valeria Valente, Vargiu e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori. (Vedi RS)

Sull'ordine dei lavori (ore 14,30).

  Interviene sull'ordine dei lavori il deputato IGNAZIO LA RUSSA (FdI) (Vedi RS), che chiede il rinvio in Commissione del provvedimento in materia di elezioni di Camera e Senato. Intervengono quindi i deputati FRANCESCO PAOLO SISTO (FI-PdL) (Vedi RS), presidente della I Commissione, MATTEO BRAGANTINI (LNA) (Vedi RS) e NAZZARENO PILOZZI (SEL) (Vedi RS). Intervengono nuovamente il deputato FRANCESCO PAOLO SISTO (FI-PdL) (Vedi RS), nonché, dopo precisazioni del PRESIDENTE (Vedi RS), i deputati GIANCARLO GIORGETTI (LNA) (Vedi RS), ARCANGELO SANNICANDRO (SEL) (Vedi RS), ETTORE ROSATO (PD) (Vedi RS), GREGORIO GITTI (PI) (Vedi RS) e GUIDO GUIDESI (LNA) (Vedi RS), cui rende precisazioni il PRESIDENTE (Vedi RS), MASSIMO ENRICO CORSARO (FdI) (Vedi RS), che svolge anche un richiamo al Regolamento, cui rende precisazioni il PRESIDENTE (Vedi RS). Interviene per un richiamo al Regolamento, il deputato IGNAZIO LA RUSSA (FdI) (Vedi RS), cui rende precisazioni il PRESIDENTE (Vedi RS); intervengono infine sull'ordine dei lavori i deputati FLORIAN KRONBICHLER (SEL) (Vedi RS), GIORGIO AIRAUDO (SEL) (Vedi RS), MATTEO BRAGANTINI (LNA) (Vedi RS) e ANTONIO LEONE (NCD) (Vedi RS).

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, io non faccio nessuna coda agli interventi di prima, anche se mi consentirà di dire che ho apprezzato l'intervento dell'onorevole Di Salvo quando dice che è stato il Governo, la maggioranza, a metterla in questa brutta condizione e che mi sono stupito dell'applauso della maggioranza, espressione del Governo, alle parole dell'onorevole Di Salvo. Questo perché capisco il suo problema, il suo dramma ieri, non capisco l'applauso da parte di chi l'ha messa nella condizione, a nostro avviso, di assumere una decisione per noi sbagliata.
  Ma non è su questo che voglio parlare. Noi fra poco avvieremo la discussione generale sulla legge elettorale. Come hanno ricordato alcuni colleghi, oggi nella riunione della I Commissione (Affari costituzionali) si è creata una situazione, non certo per volere del presidente della Commissione, che ha reso impossibile la partecipazione da parte di numerosi componenti della Commissione, tra cui me stesso, che per le condizioni ambientali non sono potuti entrare in Aula. Ma, contrariamente a quello che avviene normalmente, anziché favorire la possibilità di partecipare da parte di tutti alla riunione, la presidenza della Commissione – e ne capisco le ragioni – ha scelto di far durare 30 secondi la I Commissione, di votare il testo, di non accedere alla richiesta di computo dei voti in una seconda occasione e di andare via sostanzialmente senza consentire neanche la possibilità di chiedere in quella sede che ci fossero dei relatori di minoranza, cosa che abbiamo dovuto fare irritualmente, fuori dalla Commissione, e la ringrazio per avere lei comunque detto che avrebbe accolto questa richiesta.
  Vede, Presidente, se tutto fosse spiegabile con l'alibi della protesta del gruppo MoVimento 5 Stelle, io avrei potuto soprassedere a questo intervento; la verità è che noi nei giorni precedenti abbiamo operato in Commissione in maniera da rendere, anche nei giorni precedenti, prima dell'ostruzionismo, prima dell'atteggiamento del MoVimento 5 Stelle, assolutamente impossibile la discussione anche di un solo emendamento.
  La sera prima ci siamo dilungati in interventi, solo praticamente quelli lunghi, della maggioranza sul complesso degli emendamenti; c'era una notturna che è finita in ora non troppo notturna per chi è abituato a lavorare anche alle 4, alle 5, fino alle 6 del mattino, all'indomani mattina...
  È importante, Presidente.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, io credo che quanto narra il presidente La Russa abbia un addentellato di verità storica, perché è vero che la Commissione questa mattina, pur curando – credo – con una certa attenzione, per quanto possibile, l'ordine di accesso nei locali della I Commissione, ha un fondamento di verità perché è stata occupata dai colleghi del MoVimento 5 Stelle, in prosecuzione di una protesta iniziata ieri. Devo dire che io ho fatto una scelta estremamente netta ieri sera stessa: nonostante la Sala del Mappamondo fosse rumorosa – ma la protesta qualche volta presuppone rumore, finché c’è solo quello, non c’è problema –, io sono andato nella Sala del Mappamondo, benché la Presidenza fosse occupata, ho preso una sedia e sono andato al centro insieme ai colleghi del MoVimento 5 Stelle chiedendo loro le ragioni del perché fossero in quella sala. Ho avuto la spiegazione ancorata all'episodio di cui abbiamo parlato nelle scorse ore e ho chiesto se intendessero impedire che i lavori della Commissione avessero luogo. Alla risposta affermativa, ho cercato di ragionare e di capire, devo dire che ho ricevuto delle risposte anche garbate dal punto di vista del merito. Ho cercato di comprendere se anche successivamente avessero intenzione di proseguire questa protesta di blocco dei lavori delle Commissioni, che io trovo, probabilmente con una sensibilità comune a tutti, di un'assoluta gravità, perché si può protestare, si può anche essere particolarmente effervescenti, ma non si possono bloccare i lavori delle Commissioni del Parlamento.
  Questo non deve essere consentito a nessuno, a nessuno. Io dissi ieri in Ufficio di Presidenza, come immediatamente convocato, che avrei posto in essere tutte le cautele nel rispetto delle regole perché le Commissioni, o la mia Commissione potesse votare il mandato al relatore e il testo unificato. Bene, nell'ordine del giorno era fissato il voto del mandato al relatore sul testo unificato alle 10,30, dopo aver atteso che i colleghi del MoVimento 5 Stelle entrassero – poi non so se ci sono stati degli ingorghi che possono aver ritardato l'accesso, diceva bene qualcuno che non era un impedimento, ma un assembramento, ma questo non rientra assolutamente nella disponibilità del Presidente –, certo è che alle 10,29, Presidente, ho fatto prima entrare tutti i componenti della Commissione e solo successivamente i colleghi del Movimento 5 Stelle.
  Quindi chi della Commissione alle 10,29 era entrato...

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, facciamo un po’ di chiarezza. Abbiamo chiuso la Commissione ancora martedì notte, quando non abbiamo fatto la «seduta fiume» perché dovevamo lavorare, alle 2 di notte, dunque presto, mentre avevamo ancora a disposizione sei ore per poter lavorare, per avere i pareri del relatore di maggioranza sugli emendamenti. Ci siamo fermati alle 2.
  Il giorno dopo, vi è stata un'occupazione della Sala del Mappamondo e non si poteva lavorare; l'aula della I Commissione era invece a disposizione, tanto è vero che abbiamo fatto l'Ufficio di Presidenza, dunque si poteva lavorare in I Commissione. In ogni caso, stamattina la Commissione è stata convocata alle 10,30 e nessuno ci ha detto che bisognava arrivare prima per poter entrare.
  Dunque, i colleghi che sono arrivati alle 10,30 non sono riusciti ad entrare; non essendo riusciti ad entrare non hanno potuto votare.
   Dunque, non vogliamo rimandare il testo in Commissione per fare tutto l’iter, almeno si richieda che la Commissione venga riunita per fare almeno questo voto, perché altrimenti si creerebbe un precedente. Infatti, so – mi hanno detto – che si erano messi d'accordo gli esponenti della maggioranza, del PD e di Forza Italia ad arrivare prima, in modo che si potesse votare. Ma la Commissione non è accordo tra partiti, è un organismo istituzionale. Se si fosse saputo che si doveva arrivare ad un orario antecedente per poter accedere, anche gli altri deputati avrebbero potuto partecipare, contando un altro piccolo particolare: nel nostro Regolamento tutti i deputati possono partecipare a tutte le Commissioni. Se un deputato impedisce i lavori della Commissione o dell'Aula, ci sono gli strumenti del Regolamento per farlo allontanare dall'Aula e prendere provvedimenti.
  Non vorrei che con questi precedenti ci sia qualcuno che voglia cambiare il Regolamento e rendere le norme ancora più rigide, tali che potrebbero portare nel tempo a qualcos'altro. Abbiamo visto cos’è successo nella storia. Ci sono già i Regolamenti che lo prevedono.
  Se un deputato impedisce i lavori della Commissione, cosa gravissima, può essere allontanato dai commessi e si possono prendere sanzioni. Usiamo il Regolamento e non nascondiamoci dentro l'ipotesi che bisogna farlo più rigido. Non facciamo venire l'esercito dentro la Camera perché la maggioranza possa portare avanti i suoi provvedimenti. Penso che nessuno lo voglia, non è mai successo e penso che si possa veramente lavorare con buon senso e senza questo clima. Capisco che quello che è successo è gravissimo, capisco che qualcuno si sia un po’ agitato, anche da parte della maggioranza, ma stiamo attenti di quello che succede.
  Dunque, io chiedo che almeno venga rifatta la votazione per il mandato al relatore.

  NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, io pure credo che noi dobbiamo fare un po’ di chiarezza per come è stata trattata questa materia elettorale in questo Parlamento. Io credo che sia da stigmatizzare e, soprattutto, che dobbiamo trovare le modalità affinché non avvenga più quello che è avvenuto ieri sera e questa mattina in I Commissione da parte dei colleghi del MoVimento 5 Stelle.
  Però, Presidente, io credo che noi dobbiamo anche prendere atto di quello che è successo su questa proposta di legge elettorale. Io ricordo a tutta l'Aula che in occasione dell'approvazione da parte di questo Parlamento della legge Acerbo la Commissione si riunì 11 volte. Quello che, invece, è avvenuto questa volta è che noi ci siamo riuniti qualche ora in notturna e qualche altro giorno, in attesa che qualcun altro ci dicesse che cosa stava avvenendo al di fuori di quest'Aula, e che noi abbiamo discusso e siamo oggi in Aula con un testo che sui giornali è già stato cambiato, con delle soglie e con delle percentuali che sono diverse da un accordo che sembrerebbe essere stato fatto al di fuori di qui.
  Quindi, io volevo dire al collega Speranza, del Partito Democratico, che è giusto difendere le istituzioni democratiche e lui ha fatto benissimo ad essere intransigente su questo; che noi riteniamo un baluardo della democrazia, della Repubblica e delle istituzioni sia il Presidente della Repubblica sia il Presidente della Camera. Però, difendere le istituzioni democratiche significa pure non trasformare la legge più importante, che noi dobbiamo andare ad approvare, che è la legge elettorale, in una specie di mercato, dove le soglie di accesso al Parlamento non sono e non debbono essere proprietà di chi comunque in questo Parlamento non potrà entrare, perché una legge dello Stato glielo impedisce. Non sono proprietà di chi non potrà essere neanche candidato. Ebbene, io penso che noi dobbiamo veramente fare la discussione in Commissione sulla legge elettorale, che verrà poi presentata a questo Parlamento.
  Noi oggi stiamo lavorando e discutendo – e lei vedrà, Presidente, sia nella mia relazione sia nella eccezione di incostituzionalità – di un provvedimento che è diverso da quello che verrà poi presentato definitivamente in quest'Aula e che già c’è stato annunciato per via breve, diciamo così, per le vie della stampa.
  Quindi, io credo che il Partito Democratico debba fare uno sforzo importante in questo momento. Debba fare lo sforzo di chi finora è stato sempre a difesa e a tutela delle istituzioni democratiche e delle prerogative del Governo, ma deve fare lo sforzo anche di chi ora diventa un baluardo a difesa delle prerogative delle minoranze di quest'Aula.

  FRANCESCO PAOLO SISTO. Ma sono trenta secondi. Intervengo soltanto per ribadire che mi sembra che gli interventi che ho testé ascoltato, per la verità non sono sufficientemente ricognitivi delle situazioni in cui abbiamo operato, perché per chi c'era l'accesso è stato garantito praticamente a tanti. Se qualcuno poi non ha potuto (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie)... no, no, no, l'accesso è stato garantito. Per carità, io vi pregherei poi di verificare e, quindi, potrete vederlo.
  Ma ciò che conta è che le condizioni in cui abbiamo operato vengono confuse con la regolarità della procedura. Sono due cose molto diverse. È evidente che abbiamo operato in condizioni difficili, con colleghi del MoVimento 5 Stelle che si sedevano sui banchi della Presidenza allontanati dai commessi che erano schierati davanti. Queste sono condizioni difficili, Presidente, ma confondere e sovrapporre la difficoltà logistica con la regolarità del procedimento a me sembra un'operazione non consentita. I voti sono stati raccolti dal segretario, sono stati puntualizzati, io ritengo che, da questo punto di vista, la regolarità del modo di procedere della Commissione sia percepibile ictu oculi.

  PRESIDENTE. Riguardo al fatto di voler rimandare in Commissione questa proposta di legge, l'Aula è sovrana. Quindi, oggi non ci sono votazioni, eventualmente, onorevole La Russa, questa proposta può essere avanzata domani. Sarà l'Aula a deciderlo. Quindi, io per il momento direi di andare avanti e di...

  GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, io credo che di forzature in queste ore e in questi giorni se ne siano fatte tante, però c’è una forzatura a cui noi non possiamo accedere, cioè l'impedimento ad un deputato della Repubblica di poter esprimere il proprio voto. Questa mattina questo impedimento è stato operato nei confronti di un deputato del mio gruppo, onorevole Cristian Invernizzi. È un dato di fatto. Noi non chiediamo che si ritorni in Commissione a discutere quando non si è potuto discutere, ma chiediamo che si ritorni in Commissione per votare quando non si è potuto votare. Se l'Aula, lei, non so chi, in qualche modo non è in grado di garantire questo, francamente noi non capiamo dove siano e dove resistano i presidi di democrazia in quest'Aula. Questo non lo possiamo accettare. Questo non lo possiamo accettare. Questo non lo possiamo accettare (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie e Sinistra Ecologia Libertà).

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, io sono rimasto stupito dalle argomentazioni del presidente Sisto. Praticamente dice: può darsi che ci sia stato un impedimento, io non me ne sono accorto, ho votato, c'era qualcuno sui banchi, un po’ di confusione e via discorrendo. Due sono le cose: o è vero quello che hanno denunciato i colleghi, che è stato loro impedito l'accesso all'Aula, o non è vero, e questo il presidente Sisto lo deve sapere. E se lui è convinto che è stato impedito l'accesso all'aula dei colleghi, di un solo collega della Commissione, di un solo collega, lui aveva un dovere, di sospendere e di attendere che la situazione e la tranquillità fosse ripristinata. Questo è il punto. Se qua succede qualcosa, la Presidente, come sempre fa, e fa molto bene, sa che ci sono gli strumenti regolamentari e arriva anche a sospendere la seduta, quando la seduta non è praticabile. Nella Commissione si applica lo stesso Regolamento che si applica nell'Aula. Allora, la cosa è talmente seria da non potere essere trattata in questo modo così superficiale o addirittura offendere la nostra intelligenza.
  Si sta chiedendo una cosa semplice, che si completi l'iter, per così dire, già compiuto, anche se – ripeto – una legge di tal genere trattata nel modo in cui ho ascoltato che è stata trattata è veramente una cosa che fa rizzare i capelli e si bada soltanto a consentire di votare e di registrare il proprio voto. Tra l'altro, come è stato già ricordato dal collega Pilozzi, io non so oggi su che cosa dobbiamo parlare, considerato che fuori di quest'Aula si sono raggiunti degli accordi da salumiere, per cui mezz'etto hanno tolto sulla soglia di sbarramento, o cose di questo tipo. E noi oggi dobbiamo continuare ipocritamente a discutere di una legge che non sarà quella che poi andrà sulla Gazzetta Ufficiale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Ma stiamo a scherzare ? Abbiamo fatto già sta tragicommedia per quanto riguarda le province: mentre avevamo un'altra legge sull'abolizione delle province, noi stavamo votando per la sussistenza delle province. E poi c’è anche la modifica del Titolo V, che riguarda sempre le province. E lo stesso è qui. Ma stiamo a scherzare ? Dobbiamo dare esempi di serietà, li chiediamo ai giovani, comincino a darli gli adulti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie e Sinistra Ecologia Libertà).

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, io mi rifaccio alle parole sagge che ha detto il presidente Sisto. Io ho vissuto nella Commissione la difficoltà per la Commissione stessa di provare a lavorare ieri sera, cosa che non è riuscita, nonostante i tentativi del presidente Sisto e gli interventi del collega Fiano che hanno cercato di far ragionare tutti i gruppi parlamentari, – in particolare il gruppo del MoVimento 5 Stelle che ha impedito i lavori della Commissione –, per tentare di entrare nel merito e di fare un passo avanti.
  Ho vissuto questa mattina la difficoltà di lavoro che ha avuto la Commissione, in particolare per potere svolgere con serenità un compito che richiedeva certo maggior tempo. Devo però anche dire che c’è stata una regolarità dei fatti. Quello che si è impedito dopo, è stato l'uscire dalla Commissione. É stato impedito, nei fatti, ai colleghi del nostro gruppo, di uscire dalla Commissione (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Io devo dire che in Commissione ci sono entrato alle 9,27 senza nessun problema, se non l'assembramento che c'era davanti: Ho chiesto «Permesso», sono passato e sono entrato.

  GREGORIO GITTI. Signor Presidente, il gruppo che rappresento nella Commissione affari costituzionali, Popolari per l'Italia, aveva accettato di confrontarsi in Commissione e di partecipare alla discussione sul testo base, dichiarato dal presidente emendabile, anticipando, in quell'occasione, che avrebbe fatto alcune proposte per migliorare un testo che avevo dichiarato, in Ufficio di presidenza e in Commissione, non essere equilibrato e non essere soprattutto costituzionalmente legittimo, alla luce della motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014.
  Ebbene, nell'Ufficio di presidenza che si è tenuto dopo il tumulto di ieri sera nell'ambito della Commissione affari costituzionali (un tumulto che dovrà essere, a mio avviso, oggetto di una attenta istruttoria e ho appreso con piacere dalle sue parole, Presidente, la decisione di oggi, dell'Ufficio di Presidenza di incaricare due dei tre questori a riguardo), io avevo annunciato al presidente e a tutti gli altri gruppi parlamentari la posizione negativa e contraria dei Popolari per l'Italia rispetto al testo base, proprio per l'impossibilità di procedere, nei giorni scorsi, a quel confronto che noi avevamo auspicato, un confronto prima politico, che evidentemente l'accordo, l'asse fra il Partito Democratico e Forza Italia aveva impedito, ripeto – e concludo subito Presidente – nella sua dimensione politica, e poi distinguendo evidentemente, come dire, responsabilità diverse, legate, appunto, alla impossibilità dell'altra notte.
  Oggi, dunque, anticipo la posizione dei Popolari Per l'Italia, visto che stamattina non ho potuto farlo perché impedito di entrare, fisicamente impedito di entrare, da una duplice catena umana, che peraltro mi ha sospinto contro una colonna, e ringrazio il commesso che ha fatto scudo con il suo corpo per consentirmi di uscire, per così dire, da una pressione e da uno spintonamento. Non ho potuto esprimermi in Commissione e, quindi, da questo punto di vista, sottolineo la gravità del fatto istituzionale – ripeto – che il gruppo a cui appartengo, in Commissione, non ha potuto esprimere il proprio voto contrario al testo base.
  Oggi noi non facciamo la richiesta, sia pure informale come il presidente La Russa dichiarava a nome del suo gruppo, di chiedere la nomina di un relatore di minoranza, perché auspico – auspico – soprattutto da parte dei gruppi parlamentari maggioritari in quest'Aula, che ci sia un'attenzione al miglioramento, al dibattito e al recupero di un confronto in quest'Aula. Ma sottolineo la gravità del fatto che siano state calpestate le regole e le procedure di questa Camera per quanto concerne la sede referente.
  Dobbiamo essere sinceri e oggettivi: la sede referente non si è tenuta sia per motivi politici, sia per motivi legati alla sicurezza dei lavori di questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Per l'Italia e Lega Nord e Autonomie).

  GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, due chiarimenti velocissimamente.
  Il primo è che guarderemo le rilevazioni in Commissione di quanti hanno timbrato, a questo punto. Qua ci sono più deputati della Commissione che oggi, per vari motivi, dichiarano di essere stati impediti stamane alla partecipazione al voto.
  Qua non si tratta di discutere o non discutere in due ore o due notti la legge elettorale: qua si tratta del fatto che la legge elettorale non ha urgenza. Qualcuno fuori da qua ha deciso che ha un'urgenza, ha determinato una scadenza, scadenza che non è urgente, lo ripeto. Ma oggi alcuni deputati in quest'Aula dichiarano di essere stati impediti alla partecipazione alla seduta della Commissione. In base alla richiesta, ai dati ed alle parole che vengono fuori oggi, ognuno si assume la propria responsabilità. Se la Presidenza decide che non si torna in Commissione, la Presidenza si assume la responsabilità di questo atto. Ma noi a questa mistificazione non ci stiamo assolutamente e andremo fino in fondo a questa cosa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Questa non è una decisione della Presidenza. L'Assemblea è sovrana: se domani ci sarà la richiesta la porremo in votazione.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, intanto voglio ringraziare l'onestà intellettuale del collega onorevole Gitti, – non me ne vogliano l'onorevole Invernizzi e l'onorevole La Russa – perché, in quanto rappresentante di una forza politica che esprime la maggioranza, la sua dichiarazione di non essere egli stesso stato in grado di partecipare questa mattina alla riunione di Commissione, come dire, vale addirittura di più in termini di testimonianza di quello che è accaduto. E, peraltro, lo stesso presidente Sisto non ha confutato nel suo dire la circostanza che è stata denunciata dai colleghi, che hanno comunicato di non essere stati messi nella possibilità di partecipare.
  Segnalo, peraltro, onorevole Presidente, che la mancata presenza in aula di Commissione dell'onorevole La Russa, per quello che riguarda il mio gruppo, Fratelli d'Italia, che come sa rappresenta la sua forza nelle Commissioni parlamentari con la presenza di un solo deputato, ha di fatto espunto completamente dalla possibilità di interagire, di discutere, di intervenire e di votare una forza politica rappresentata in Parlamento. Allora io credo che oggettivamente non ci siano temi e modi per far prevalere un'urgenza dissennata, un'altra volta in spregio alle procedure regolamentari.
  Innanzitutto io la invito, come già è stato fatto da un collega prima di me, a volere prendere atto, visto che da questa legislatura la presenza dei deputati in Commissione è certificata dall'apposizione del tesserino, di poter rilevare quanti fossero e quali fossero i deputati presenti questa mattina nella riunione della I Commissione.
  In seconda battuta, la invito a voler prendere atto che certamente qualche cosa di non regolamentare è avvenuto e che è necessario che questa fase di discussione sia postergata rispetto alla possibilità di riattribuire alla Commissione il momento celebrativo della decisione di portare questo testo all'Aula.
  La invito seriamente a voler prendere in considerazione questo aspetto e questa richiesta, perché sarebbe davvero un fuor d'opera se oggi cominciasse a lavorare l'Aula in discussione generale per poi magari...

  PRESIDENTE. Mi scusi, allora lei ha fatto questo intervento, è scaduto il tempo...

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, non c’è intento dilatorio e tanto meno ostruzionistico, semmai c’è l'intento di contrastare la scelta che oggi, cascasse il mondo, questo provvedimento doveva arrivare in Aula. Questo stiamo cercando di contrastare, questa scelta politica.

  PRESIDENTE. Le ricordo che questa decisione di arrivare oggi qui in discussione sulle linee generali è stata presa dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. Il presidente Sisto ha esposto all'Aula, all'Assemblea come si sono svolti i lavori. Adesso io prendo atto della sua richiesta, prendo atto anche dell'ipotesi di convocare la Giunta per il Regolamento. A questo punto, però, direi veramente di andare avanti.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, intervengo brevemente, solo per ribattere a quello che ha detto il collega Rosato, che quasi ci voleva far passare almeno come dei furbi, se non come degli imbroglioni. A me pure è stato impedito di entrare in orario. Sono arrivato in orario e mi è successo quello che... stavo accanto al collega Gitti e non si entrava. E noi siamo commissari di quella Commissione.

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, a me sembra molto chiaro. Abbiamo diversi deputati commissari che dicono che non sono riusciti e gli è stato impedito di entrare in aula e, quindi, delle due l'una: o diciamo che questi deputati sono dei bugiardi, oppure, se non sono dei bugiardi, io credo che si debba almeno procedere a rivotare. Almeno, perché, per quel che riguarda la discussione, si tranquillizzi l'onorevole Rosato, ce ne sarà molta in quest'Aula e ce ne sarà sulla proposta che verrà presentata quando finalmente la conosceremo. Devo dire, sommessamente, Presidente, che io penso che questa decisione tocchi a lei.

  MATTEO BRAGANTINI. Chiedo di parlare come relatore di minoranza.

  ANTONIO LEONE. Avevo chiesto di parlare. Io non sono relatore, ma posso parlare anch'io ?

Discussione della proposta di legge n. 3 ed abbinate, in materia elettorale. (Vedi RS)

Discussione della proposta di legge: D'iniziativa popolare: Modifiche alle norme per l'elezione della Camera dei deputati e reintroduzione del voto di preferenza (A.C. 3); e delle abbinate proposte di legge: Cirielli; Pisicchio; Bersani ed altri; Francesco Saverio Romano; Migliore ed altri; Lenzi; Zampa e Marzano; Zampa e Ghizzoni; Martella; Francesco Sanna; Bobba ed altri; Giachetti ed altri; Giorgia Meloni ed altri; Rigoni ed altri; Rigoni e Rubinato; Nicoletti ed altri; Martella ed altri; Vargiu; Burtone ed altri; Balduzzi ed altri; Vargiu; Toninelli ed altri; Zaccagnini ed altri; Valiante ed altri; Lauricella (A.C. 35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1514-1657-1794-1914-1946) (ore 15,12).

  PRESIDENTE (Vedi RS). Dichiara aperta la discussione sulle linee generali, di cui è stato chiesto l'ampliamento.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge: D'iniziativa popolare: Modifiche alle norme per l'elezione della Camera dei deputati e reintroduzione del voto di preferenza (A.C. 3); e delle abbinate proposte di legge: Cirielli; Pisicchio; Bersani ed altri; Francesco Saverio Romano; Migliore ed altri; Lenzi; Zampa e Marzano; Zampa e Ghizzoni; Martella; Francesco Sanna; Bobba ed altri; Giachetti ed altri; Giorgia Meloni ed altri; Rigoni ed altri; Rigoni e Rubinato; Nicoletti ed altri; Martella ed altri; Vargiu; Burtone ed altri; Balduzzi ed altri; Vargiu; Toninelli ed altri; Zaccagnini ed altri; Valiante ed altri; Lauricella (A.C. 35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1514-1657-1794-1914-1946), in materia elettorale.

  FRANCESCO PAOLO SISTO (FI-PdL) (Vedi RS), Relatore per la maggioranza. Svolge la relazione di maggioranza sul provvedimento in discussione.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. Onorevoli colleghi, la presente proposta di legge introduce modifiche sostanziali dei testi unici delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (Vedi RS)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 15,15)

  MATTEO BRAGANTINI (LNA) (Vedi RS), NAZZARENO PILOZZI (SEL) (Vedi RS), IGNAZIO LA RUSSA (FdI) (Vedi RS), Relatori di minoranza. Svolgono le relazioni di competenza.

  MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Onorevole Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, premesso che la Corte costituzionale ha cassato alcune norme della legge elettorale con cui siamo stati eletti, ma in questo momento vige una legge elettorale che può essere utilizzata immediatamente, ci fa specie vedere che per sopperire a queste parti incostituzionali, secondo la Corte costituzionale, si faccia una legge che aumenta il premio di maggioranza, aumenta la distorsione del voto; dunque, a nostro avviso, se sarà impugnata, probabilmente, anzi, dal nostro punto di vista, sicuramente, verrà cassata anche questa proposta.
  Il testo approvato dalla maggioranza nella Commissione non può ritenersi in alcun modo soddisfacente. La proposta di legge che stiamo esaminando, in tempi e modi lesivi delle prerogative del Parlamento e dei parlamentari, rappresenta metaforicamente il manico del coltello che si contendono le due principali correnti del Partito Democratico, quella filogovernativa, che tende a stabilizzare l'operato dell'Esecutivo, e quella che rappresenta l'area critica e mira alle elezioni anticipate.
  Tempi così accelerati da far pensare male, fosse un interesse a giungere ad una buona riforma elettorale ma soltanto a creare la struttura portante per far cadere l'attuale Governo e tornare alle elezioni, in contemporanea con le competizioni elettorali per le elezioni dei membri del Parlamento europeo. Se così fosse potremmo anche passare sopra le modalità con le quali si sta operando, modalità che sottintendono un mancato rispetto nei confronti delle forze politiche di minoranza e soprattutto dei cittadini che ben altra cosa avevano auspicato immaginando la riforma elettorale.
  Spiegheremo agli elettori che il prezzo che hanno dovuto pagare gli verrà restituito con gli interessi se finalmente saranno nuovamente loro a decidere se al Governo del Paese vi devono essere gli esecutori di una politica decisa in Europa e finalizzata ad uccidere il nostro popolo, incapace di fornire risposte ai problemi della disoccupazione, degli esodati o meglio di coloro che sono stati rapinati dei frutti del sacrificio del proprio lavoro, della crescente indigenza delle famiglie, delle crisi disarmanti che colpiscono le imprese, dell'aumento esponenziale della criminalità, della gestione preoccupante del fenomeno dell'immigrazione incontrollata e massiccia, o delle persone serie che si rendono conto dei problemi reali del Paese e sono disposte a sfidare anche il mostro europeo per mettere al primo posto l'interesse comune.
  Purtroppo temiamo che non sia questo il reale motivo di questa corsa ingiustificata; pensiamo, infatti, che tutto ciò sia il frutto di una attenta e ponderata strategia di marketing orchestrata dall'ambizioso amministratore del comune di Firenze per ingannare i cittadini, per poter dire che lui è riuscito nell'impresa impossibile di far approvare la riforma elettorale, accreditandosi nell'opinione pubblica come colui che fa.
  Caro sindaco di Firenze, Presidente del Consiglio in pectore, se veramente è così bravo, metta le mani sui reali problemi del Paese e dimostri di essere capace di risolverli con la stessa celerità, abbandoni la fuffa, il riconoscimento dei matrimoni omosessuali, il riconoscimento dello ius soli, e si concentri su interventi strutturali che nel breve periodo diano una boccata di ossigeno ad un Paese che annaspa.
  È paradossale, ma in questa legge elettorale non si è trovato neanche lo spazio per eliminare quelle storture presenti nel vigente testo modificato che si presenta così anacronisticamente a ricordare, anche nella terminologia, il ventennio fascista. Mi riferisco ad esempio a quando nell'articolato si fa ancora riferimento alla figura del pretore, ad esempio andrebbe cancellato l'articolo che prevede che nelle sezioni elettorali si allestisca un ingresso separato per le donne e stralciata quella norma che prevede che le schede elettorali siano numerate con una parte gommata per essere chiusa con la saliva da parte degli elettori. Non so da quanti decenni non si fa... Andrebbe soppressa la previsione che permette ai dipendenti pubblici in aspettativa per mandato parlamentare di beneficiare delle progressioni retributive automatiche e si dovrebbe rivedere la disciplina in materia di incompatibilità e ineleggibilità ai fini di prevedere, in forza del principio della separazione dei poteri, l'ineleggibilità assoluta dei magistrati. Riteniamo che se uno è un magistrato, non possa entrare nell'agone politico e se non viene eletto ritornare, solo dopo cinque anni, a rifare il magistrato, perché vuol dire che non c’è separazione delle carriere. Il dibattito parlamentare sulla necessità di rivedere la legge elettorale ha interessato le ultime legislature.
  Le principali critiche che vengono mosse nei confronti della normativa vigente sono fondate, da un lato, sulla incapacità di garantire un sistema di Governo stabile, dall'altro lato in ordine alla libera scelta dei propri rappresentanti da parte dei cittadini elettori attraverso un sistema fondato sulla possibilità di eleggere i candidati attraverso l'espressione chiara di una preferenza e, non ultimo, sulla sproporzionata attribuzione del premio di maggioranza per quanto concerne la Camera dei deputati.
  Argomenti, questi, che, dopo aver occupato per lungo tempo il dibattito politico, sono stati oggetto della nota recente sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale. La Consulta ha dichiarato l'illegittimità della vigente legge elettorale in merito al premio di maggioranza per la Camera dei deputati, che determina, a suo giudizio, un'eccessiva soprarappresentazione che produce un'evidente distorsione, perché non impone il raggiungimento di una soglia minima di voti della lista; mancato rispetto del principio di collegamento tra elettore ed eletto, violato dal sistema delle cosiddette liste bloccate lunghe; premio di maggioranza per il Senato, considerato inidoneo al raggiungimento dell'obiettivo perseguito, stabilendo che l'attribuzione del premio di maggioranza su scala regionale produce l'effetto che la maggioranza in seno all'Assemblea del Senato sia il risultato casuale di una somma di premi regionali, che può finire per rovesciare il risultato ottenuto dalle liste e coalizioni divisi su base nazionale, favorendo la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento.
  Tutto ciò questo provvedimento non va a sanare, perché finché avremo Camera e Senato con due basi elettorali differenti potrà sempre succedere che alla Camera ci sia una maggioranza e al Senato un'altra, soprattutto col doppio turno, perché se al Senato va al ballottaggio la coalizione di Forza Italia con la coalizione del PD e magari alla Camera la coalizione del PD con il MoVimento 5 Stelle, vuol dire che non avremo una maggioranza omogenea. E poi, non riusciamo a capire perché si faccia una legge elettorale sul Senato quando, nel momento in cui è stato fatto questo provvedimento, è stato fatto l'accordo tra PD e Forza Italia che, insieme a questo provvedimento, prevede la fine del bicameralismo perfetto. Se vogliamo essere coerenti, si faceva una legge per l'elezione della Camera e contestualmente si faceva la riforma costituzionale per abolire il Senato, sennò vuol dire semplicemente che si vuole andare al voto a maggio con questa legge elettorale e non la fine del bicameralismo perfetto.
  Se da un lato, anche e soprattutto a seguito della sentenza della Corte costituzionale, si rende improcrastinabile l'intervento legislativo volto a modificare l'attuale legge elettorale, dall'altro lato la ragione vorrebbe che le modifiche normative, oltre ad essere frutto di una larga condivisione da parte di tutti gli schieramenti politici, fossero in grado di superare in modo incontestabile quei profili di incostituzionalità che chiaramente sono stati delineati dal dispositivo della Consulta.

  Il testo del provvedimento esaminato dalla Commissione è molto lontano dal fornire risposte idonee a superare i rilievi della Corte costituzionale, di conseguenza non è adeguato a sgombrare il campo da futuri rilievi di incostituzionalità.
  Le soglie di sbarramento e i premi di maggioranza previsti da questa proposta di legge ledono il principio di rappresentanza e il principio che tutti debbano avere peso uguale; invoca la governabilità, che è un trucco usato per uccidere la rappresentanza. Se il sistema democratico non funziona, nel senso che non si riesce a governare, la colpa non è delle regole, ma dei giocatori. Molto spesso si formavano delle grandi maggioranze, ma dopo queste maggioranze non riuscivano a funzionare perché c'erano delle dinamiche interne agli stessi partiti che facevano saltare gli accordi. Non è la legge elettorale che va a risolvere ciò.
  A parte altri punti, che do per letti, vorrei illustrare la nostra proposta. La nostra riforma alternativa del sistema elettorale per l'elezione della Camera dei deputati – e solo per l'elezione della Camera dei deputati – si tiene secondo i seguenti principi: i seggi sono assegnati su base nazionale con metodo proporzionale; concorrono alla ripartizione dei seggi le liste che superano la soglia di sbarramento nazionale che è fissata al 4 per cento; concorrono inoltre le liste che abbiano conseguito il 6 per cento in almeno cinque circoscrizioni; concorrono anche le coalizioni di cui almeno una lista raggiunga la soglia di sbarramento; conseguono seggi solo le liste non collegate o in coalizione che hanno superato la soglia. Dunque, non si va a fare, come succede con questo provvedimento, che, se c’è una coalizione dove c’è un partito che supera la soglia e cinque o sei che non superano la soglia, questo unico partito, se vince, ha il 55 per cento dei seggi anche se ha il 7 per cento, ed ha superato la soglia perché vi è una sommatoria degli altri. E non è così incredibile; non con sette, ma magari con dieci o quindici.
  In ciascuna circoscrizione ogni partito presenta una lista nel cui ambito l'elettore può esprimere una preferenza; il numero dei candidati previsto non può superare il numero dei seggi della circoscrizione; viene mantenuta come oggi la presentazione del programma di Governo; il premio di governabilità è attribuito, su modelli del sistema elettorale regionale del 1995, alla coalizione o lista che abbia conseguito il maggior numero di voti superando il 45 per cento del totale dei voti. In tal caso, alla coalizione o lista spetta non meno del 55 per cento dei seggi da attribuire. Come capite, se uno arriva al 45 per cento, arriva vicino alla maggioranza e gli si dà un piccolo premio per la governabilità, non se uno ha il 30 o 20 per cento ed è in coalizione con altri partiti.
  Una volta determinato il numero dei seggi spettanti ad ogni partito o gruppo di candidati, in ciascuna circoscrizione si procede all'assegnazione dei seggi spettanti, che sono distribuiti secondo le preferenze espresse e secondo l'ordine di graduatoria del medesimo partito, in misura funzionale alle scelte degli elettori.
  Per tutte queste considerazioni non possiamo assolutamente sostenere il disegno di legge così come arriva all'esame dell'Assemblea, e intendiamo batterci in quest'Aula per arrivare ad un testo più adeguato, più utile e più lungimirante. Anche perché se avessimo almeno fatto una piccola discussione in Commissione, per vedere se c'era la possibilità... tutti stanno dicendo che la legge elettorale sono le regole del gioco democratico: dovrebbe essere condivisa dal maggior numero dei partiti.

  NAZZARENO PILOZZI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, intanto resta difficile per noi preparare una relazione di minoranza su una legge che ancora non conosciamo, o che comunque è assolutamente diversa rispetto al testo che poi verrà realmente discusso in quest'Aula, visto che noi stiamo discutendo su un testo presentato oggi e votato in Commissione con le modalità che abbiamo tentato di spiegare qualche minuto fa, con numerosi colleghi che sono stati impediti di partecipare e di votare in Commissione. Questo ovviamente per un atteggiamento squadrista e sbagliato di un gruppo parlamentare, ma un atteggiamento che la Presidenza di quella Commissione avrebbe dovuto comunque, oltre che stigmatizzare, prenderne atto e magari riconvocare la Commissione quando c'erano le condizioni per votare.
  Quindi noi abbiamo preparato una relazione di minoranza su un testo che, come detto, già sappiamo, perché lo leggiamo sui giornali e lo vediamo dalle dichiarazioni che si fanno in televisione, è stato cambiato di nuovo con un accordo extraparlamentare, e soprattutto in cui uno dei contraenti è un personaggio che non potrà partecipare alle prossime elezioni, perché una legge dello Stato, la legge cosiddetta Severino, gli impedisce di farlo. Quindi chi siede qui dentro, e che è abilitato a discutere di legge elettorale, viene espropriato da chi dal Parlamento è stato espulso non più di qualche mese fa.
  È quindi questa proposta di riforma elettorale, che noi abbiamo in esame, adottata, come ho detto prima, in un testo unificato in Commissione affari costituzionali, a nostro avviso in violazione di qualsiasi regolamento e della prassi che disciplinano le procedure di formazione degli atti e le deliberazioni su di essi e il loro contenuto. E questo progetto di legge, che ci viene presentato, consiste sostanzialmente in una riformulazione della vecchia legge elettorale, il cosiddetto «Porcellum». Dopo di che in questi giorni ne abbiamo visti molti, di nomi: c’è stato chi l'ha chiamato «Porcellinum», chi l'ha chiamato «Caimanum», chi l'ha chiamato «Italicum», e chi forse, indovinando il titolo più giusto, l'ha chiamato «Forzaitalicum».
  È di tutta evidenza che il testo presenta vizi di incostituzionalità analoghi a quelli sollevati nella recente sentenza della Corte costituzionale, la n. 1 del 2014, e non risolve dunque le questioni sollevate dalla Consulta. Tale rilievo vale sia rispetto alla lesione dell'uguaglianza del voto e della rappresentanza politica, determinata dall'enorme premio di maggioranza assegnato, pur in assenza di una soglia minima di suffragi, alla lista che raggiunge la maggioranza relativa, sia rispetto alla mancata previsione delle preferenze.
  Ma quest'aspetto della incostituzionalità di questa norma noi lo affrontiamo meglio, lo affronteremo meglio domani nella nostra pregiudiziale di costituzionalità che abbiamo appunto presentato.
  In relazione al primo aspetto va sollevato che la proposta di riforma in esame introduce una soglia minima, stabilendola nella misura del 35 per cento, almeno stando al testo di cui noi parliamo oggi, poi sui giornali sembra che anche questa soglia stia cambiando. Dicevo, al 35 per cento dei votanti, e attribuendo alla lista che la raggiunge il premio del 53 per cento dei seggi, con ciò rendendo particolarmente marcata la lesione dell'eguaglianza dei voti e del principio della rappresentanza.
  Il voto del 35 per cento degli elettori, traducendosi nel 53 per cento dei seggi, verrebbe infatti a valere più del doppio del voto del restante 65 per cento degli elettori alterando, profondamente, la composizione della rappresentanza democratica del Paese sulla quale si fonda l'intera architettura dell'ordinamento costituzionale vigente e compromettendo la funzione rappresentativa dell'Assemblea.
  Io su questo punto vorrei dire due parole a molti colleghi che anche hanno avuto modo di parlare in questi giorni sui giornali e anche in Commissione, quel poco tempo che abbiamo avuto per discutere. Io lo ricordavo prima nel mio intervento, che nella Commissione dei diciotto che discuteva della legge Acerbo vi furono soprattutto alcuni parlamentari che osteggiarono ferocemente quella legge, e io parlo di tutti i parlamentari della tradizione socialista, della tradizione comunista, e vi furono alcuni parlamentari, soprattutto quelli dell'area popolare, che ebbero invece un atteggiamento meno marcato. Infine vi furono parlamentari invece dell'area liberale che in un certo senso avallarono quella idea che il fascismo aveva di legge elettorale, e io mi auguro che qua dentro i parlamentari che si rifanno a quegli importanti filoni culturali del nostro Paese abbiano il coraggio – perché poi si vada a vedere i resoconti della Camera di quei famosi anni –, di prendere posizioni secondo coscienza e non posizioni frutto di imposizioni altrui, perché poi magari può finire anche l'esperienza parlamentare, anche esperienze parlamentari di colleghi che sono qui da molto tempo, ma poi ognuno di noi verrà ricordato per alcuni momenti cruciali della sua esperienza parlamentare.
  Credo che parlamentari come Turati, come Matteotti, vengono ricordati riguardo anche alla battaglia sulla legge Acerbo e vengono ricordati in un certo modo da tutta la storia, la storiografia e la cultura italiana. Altri parlamentari che invece hanno avuto all'epoca meno coraggio non vengono ricordati allo stesso modo e magari per quella scelta fatta tutta la loro storia politica precedente è stata in un certo senso rivista alla luce di un singolo voto.
  Quindi, io credo che questo sia un aspetto fondamentale di questa legge che noi andiamo ad approvare, e non si cerchi di banalizzarla in questioni di soglie, 0,5, +1, chi compra l'etto di mortadella, quell'altro glielo vende... Io credo che c’è invece un punto fondamentale: noi dobbiamo capire che la legge elettorale deve avere la capacità di essere un effetto della società e del Paese e non di provare ad essere una causa della società e del Paese.
  Quindi io credo veramente che noi su questo dobbiamo essere molto attenti.
  Il secondo aspetto, invece, quello relativo alla mancata previsione delle preferenze, si traduce nello svilire il voto a nostro avviso, rendendolo sostanzialmente indiretto, con la conseguenza di privare i cittadini del diritto di incidere sulla elezione dei propri rappresentati. È veramente incredibile, diciamo così, che oggi sempre per accordi sui giornali si sente dire che forse ci sarà la possibilità di candidare tutti in tutti i collegi. Io credo che a quel punto veramente saremo oltre il «Porcellum». Credo che un partito potrà candidare 60 o 70 persone ed essere sicuro di averle elette tutte quante.
  Credo veramente che se questo è l'impianto, non prevedere la preferenza per i cittadini vuol dire arrogarsi anche il diritto di scegliere per i cittadini e in merito a chi ci racconta ogni giorno che la sua forza politica è data dal consenso, scusatemi, ma questo è uno degli esempi con cui si cerca il plebiscito e non il consenso, che sono due cose completamente diverse. Inoltre nella proposta in esame – vado a concludere, signor Presidente – l'uguaglianza del voto e la rappresentatività nel sistema politico risultano ulteriormente compromessi a causa dell'innalzamento a più del doppio delle soglie di sbarramento previste, richiedendosi per l'accesso alla rappresentanza parlamentare almeno il 5 per cento alle liste coalizzate – che rasenta il quattro e mezzo secondo l'ultimo, non so come chiamarlo, secondo gli ultimi titoli di qualche giornale online – l'8 per cento alle liste non coalizzate e il 12 per cento alle coalizioni.
  Io qui lascio perdere gli esempi di scuola, cose che potrebbero addirittura portare, se continua la frammentazione del voto nel nostro Paese, a non avere rappresentanza parlamentare. Questo è uno dei rischi che potrebbero esserci da questa legge proprio perché, dicevo, non bisogna mai cambiare l'effetto con la causa. Quindi, soprattutto c’è un punto a nostro avviso che è veramente non solo
incostituzionale, ma è un punto irragionevole di questa legge, ovvero l'8 per cento alle liste non coalizzate. Noi rischieremmo di avere liste con il 7,5 per cento, il 7,8 per cento, quindi con 3 milioni di voti probabilmente o giù di lì, che non vengono rappresentate nel Parlamento della Repubblica. Guardate che se non si dà la giusta, legittima, ragionevole rappresentanza ai cittadini attraverso il voto e attraverso i seggi in Parlamento, quei tre milioni di cittadini il modo per farsi rappresentare anche al di fuori delle istituzioni lo troveranno, quindi noi dobbiamo assolutamente far sì che questa soglia, che non è una soglia di sbarramento, che ricorda invece più che altro la volontà di tener fuori importanti pezzi di società da questo Parlamento e ridurre il Parlamento solamente all'incontro di alcune élite, perché è chiaro che non saranno gli esodati, non saranno i lavoratori, non saranno i precari, non saranno gli studenti a non sedere in questo Parlamento e io scommetto che tutti coloro che hanno tre, quattro, cinque pensioni d'oro in quel Parlamento, dove con l'8 per cento non si entra, saranno lautamente rappresentati. Questo è quello che avverrà...

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, gentilissimo nel darmi la parola, anche se speravo proprio che il Presidente della Camera adempisse ai propri doveri e rimandasse in Commissione, dove certamente non c’è stato un procedimento corretto, il provvedimento, prima che si aprisse questa discussione. Purtroppo così non è stato ed è la prima volta che io vedo coprire un'assoluta irregolarità come quella che è avvenuta nei lavori della Commissione da un Presidente che deve essere super partes, ma è la prima volta che lo vedo essere di parte contro il proprio partito. È un mistero che cercheremo di capire meglio nel prosieguo dei lavori, forse saremo illuminati da qualche spiegazione. Ma questa è una relazione di minoranza su questo provvedimento. Quali sono le critiche che noi muoviamo al testo licenziato – si fa per dire – dalla Commissione, o meglio, licenziato dal presidente della Commissione.
  La critica, che svilupperemo anche in una eccezione di incostituzionalità, la critica prevalente è quella di essere molto più incostituzionale del Porcellum, che abbiamo visto avere avuto una sentenza di incostituzionalità da parte della Corte.
  Quali sono gli elementi ? Innanzitutto, le liste bloccate. Lo dicono in molti oggi, lo dicono in tanti. Ho visto che Renzi ha detto: «È Berlusconi che non vuole le preferenze, mentre io le vorrei»; ho visto il mio amico Angelino Alfano dire che vuole le preferenze e anche altri. Eppure, c'era un disegno di legge nella scorsa legislatura, a prima firma Giorgia Meloni, a cui mi ero associato, che prevedeva di correggere il testo del Porcellum esattamente come ha detto poi la Corte costituzionale, inserendo le preferenze e modificando il livello di soglia per ottenere il premio di maggioranza, che fu contrastato, prima di tutto, dal Partito Democratico insieme a Berlusconi, quindi su questo tema c’è un'alleanza che viene da lontano. Bugia, quindi, quella che il Partito Democratico vorrebbe le preferenze e solo Berlusconi no; se così fosse, penso a quei milioni di cittadini di sinistra che sono andati a votare spendendo due euro perché finalmente Renzi interpretasse le loro attese e che oggi si sentono dire: «Non posso, Berlusconi non vuole». Bella figura, bella figura verso gli elettori di sinistra ! Complimenti veramente, grandi complimenti !
  Noi riteniamo che le liste bloccate non siano la soluzione. Io vorrei le preferenze per tutti i candidati. Avrei capito se avessero trovato un meccanismo parziale, per esempio: i primi della lista bloccati, gli altri con le preferenze o con i collegi, che a me non piacciono, ma comunque almeno si sarebbe detto che non c’è la lista bloccata. No, i segretari dei grossi partiti preferiscono – e Berlusconi lo ha sempre detto almeno: ha il dono della trasparenza in questo caso – che siano loro a scegliere chi entra in Parlamento e chi «no». Questo è, oltre che sbagliato, incostituzionale e non lo può sanare la finta che ci sono i sei nomi sulla scheda perché tutti sanno che è il primo, o forse chissà il secondo, di quella lista, ma solo in rari casi che ha la possibilità concreta di essere eletto e quello è scelto dal partito.
  Poi l'altra soglia di costituzionalità separata riguarda proprio le soglie. Voi pensate che io mi lamenti per il 4, 5 o per il 5 per cento ? No, appartiene alla dinamica di ogni partito valutare quale peso possa avere e io ho la presunzione di dire che il mio partito supererà qualunque soglia, ma ciò che è incostituzionale è l'immaginare – attenti, colleghi, perché forse non tutti ci avete riflettuto – che, senza bisogno di arrivare al ballottaggio, senza che un partito raggiunga il 35, il 36 o il 37 per cento (al momento nel testo c’è il 35 per cento, ma fosse il 37 non cambierebbe niente), se lo raggiunge la coalizione, quella coalizione prende il 53 per cento dei seggi. I sondaggi di questi giorni, Presidente, ipotizzano una cosa possibilissima, cioè che una coalizione abbia un partito che supera il 20 per cento e tutti gli altri che non arrivino al 5 o allo spezzatino del 4,5 per cento. In quel caso, secondo questa legge, il partito che ha avuto poco più magari del 20 per cento prende il 53 per cento dei seggi. E ci lamentavamo del Porcellum che almeno consentiva ai partiti della coalizione anche sotto il 2 per cento di avere una rappresentanza !
  Io non la voglio la rappresentanza «bassa». Proporremo che chi non è buono per il re non sia buono neanche per la regina; chi non può andare in Parlamento, perché non supera la soglia del 4,5-5 per cento, non possa essere conteggiato nel numero della coalizione. Faccio un esempio a sinistra: se Rifondazione non supera il 5 o 4,5 per cento immagino che non ci tenga molto a far sì che Renzi prenda i seggi che sarebbero spettati a loro. Lo stesso vale nel centrodestra. È una soglia di costituzionalità ampiamente superata, senza pensare al ridicolo di questo 4,5. Io me lo immagino Verdini che dice a Renzi, che gli aveva chiesto il 4 per cento: «Ho messo del prosciutto in più. Che faccio ? Lascio ? È 4,5». E Renzi dice: «Va bene, incarta che me lo porto a casa» e se ne va via con il 4,5. Siamo veramente in una drogheria, in una salumeria o in una macelleria, decidete voi che tipo di negozio immaginate che ci possa essere.
  Ma, c’è un altro livello di possibilissima incostituzionalità o quasi: il problema della rappresentanza. Si dice che ci vuole il 12 per cento perché una coalizione possa accedere alla distribuzione dei seggi. Quattro partiti, quattro per quattro sedici, tre per quattro dodici. Quindi, se quattro partiti o anche tre si mettono insieme e nessuno arriva al 5 o al 4,5 per cento, che sia, superano il 12 per cento, ma neanche un seggio va a quella coalizione. Ragazzi, prendete nota, prendete nota. Lo so che sembrano numeri da lotto...

  Interviene nella discussione sulle linee generali il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri SESA AMICI (Vedi RS).

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, prenderò pochissimi minuti perché i colleghi sanno che questa è una materia esclusivamente parlamentare, di cui il Governo, come dire, seguirà con attenzione i lavori. Purtuttavia, pur essendo una materia esclusivamente elettorale, è del tutto evidente che sin dal primo insediamento del Governo Letta, ma ancora prima, dopo l'elezione del Presidente Giorgio Napolitano, il suo intervento in quest'Aula richiamò tutti ad una responsabilità politica, quindi maggioranza e opposizione, affinché si determinassero le condizioni per lavorare intorno ad una legge elettorale che fosse la risposta più concreta da dare ad una serie di problemi che sono sotto gli occhi di tutti, all'intero Paese.
  A quegli appelli – ed era anche una priorità dello stesso Governo Letta – c’è stata una risposta, avvenuta in questi ultimi mesi, che è stata la «sentenza», e sarebbe, come dire, un richiamo ad una responsabilità politica, dentro la quale, quando si ragiona della legge più importante, che mette insieme le regole del gioco della democrazia, io credo che il Governo non possa che auspicare che la discussione in Parlamento avvenga con il consenso maggiore possibile intorno ai principi che sono stati stabiliti, anche per ovviare ai rilievi di incostituzionalità della Corte, ma si possa anche sviluppare in quest'Aula un dibattito, una capacità di ascolto reciproco, e dentro la discussione, trovare le condizioni migliori perché questa legge, che – ripeto – è la legge massima che un Parlamento si dà per determinare le regole della democrazia, avvenga nel rispetto, nella reciproca capacità di ascolto, senza farla diventare uno strumento di una sola maggioranza.
  Credo che questo sia l'auspicio, che il Governo ha sempre detto in tutte le sue sedi, ed ha approvato anche la richiesta di parte del partito maggiore della coalizione e dell'attuale Governo di richiederne l'urgenza, che è l'urgenza non tanto di procedure, ma di un richiamo al Paese e al ruolo che questo Paese deve avere dentro uno dei momenti più difficili della sua storia politica, e dove la legge elettorale può effettivamente rappresentare un punto saliente di un nuovo avvio di un processo democratico e responsabile nel ricostruire il rapporto fondamentale tra gli eletti, la democrazia, i cittadini e le istituzioni. È con questo auspicio che il Governo seguirà attentamente tutti i lavori della discussione parlamentare.

  PRESIDENTE (Vedi RS). Avverte che, prima dell'inizio della discussione sulle linee generali, sono state presentate le questioni pregiudiziali per motivi di costituzionalità Migliore n. 1, Gitti n. 2, Dadone n. 3 e Meloni n. 4, nonché la questione pregiudiziale per motivi di merito Dadone n. 1, che, non essendo state preannunciate in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, saranno esaminate e poste in votazione prima di passare all'esame degli articoli.

  PRESIDENTE. Avverto che, prima dell'inizio della discussione sulle linee generali, sono state presentate le questioni pregiudiziali di costituzionalità Migliore ed altri n. 1, Gitti ed altri n. 2, Dadone ed altri n. 3 e Giorgia Meloni ed altri n. 4, nonché la questione pregiudiziale di merito Dadone ed altri n. 1, che, non essendo state preannunciate in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, saranno esaminate e poste in votazione, prima di passare all'esame degli articoli.
  È iscritto a parlare l'onorevole Matteo Richetti. Ne ha facoltà.

  Intervengono altresì nella discussione sulle linee generali i deputati MATTEO RICHETTI (PD) (Vedi RS), MARIASTELLA GELMINI (FI-PdL) (Vedi RS), PIERPAOLO VARGIU (SCpI) (Vedi RS), ALESSANDRO NACCARATO (PD) (Vedi RS), GREGORIO GITTI (PI) (Vedi RS) e CRISTIAN INVERNIZZI (LNA) (Vedi RS).

  MATTEO RICHETTI. Signor Presidente, vorrei «investire» i pochissimi minuti che ho a disposizione. Il primo per una premessa, perché non sfugge che questa Assemblea, quest'Aula, oggi è ferita, però, siccome più volte, affiancato all'idea economica, finanziaria, abbiamo usato il termine crisi sottolineando il fatto che può anche essere foriera di grandi opportunità, ecco quest'Aula, questa Assemblea, forse oggi un po’ ferita e un po’ in crisi, vorrei che fosse consapevole che ha di fronte una grande opportunità, ed è quella di non vivere tutta la discussione sulla legge elettorale dentro la contraddizione del fatto che nasce, si sviluppa e si chiude con accordi e con discussioni fuori da questo Parlamento, ma di svolgere pienamente questa discussione nella consapevolezza di un protagonismo parlamentare che è più forte di ogni contraddizione tra di noi, in cui vorrei ricordare che l'elemento di forza non è la capacità di imporre le proprie ragioni, ma la capacità di comprendere quelle degli altri. Forse non siamo stati bravissimi in queste ore.
  Questa per me è anche una grande opportunità che ci viene offerta. Lo dico perché ci siamo spellati le mani – l'ho recuperato molto velocemente e ne vorrei riprendere solo qualche passaggio – di fronte al Capo dello Stato qualche mese fa. Gli applausi più forti si registrano – inizio della citazione – quando Napolitano dice: «Imperdonabile resta la mancata riforma della legge elettorale del 2005. Ancora pochi giorni fa il Presidente Gallo ha dovuto ricordare come sia rimasta ignorata la raccomandazione della Corte costituzionale». Ancora il Presidente ricorda:«Non meno imperdonabile resta il nulla di fatto in materia di sia pur limitate e mirate riforme della seconda parte della Costituzione, faticosamente concordate e poi affossate, e peraltro mai giunte a infrangere il tabù del bicameralismo perfetto.»
  Vorrei che non sottovalutassimo il fatto che noi oggi non cominciamo una discussione generale striminzita sulla legge elettorale, ma proviamo a fare, io credo per l'ultima volta, decollare il processo di riforme che in questo Paese non ha preso piede.
  E allora, mi faccia dire alcune brevissime cose sul tema della legge elettorale, perché è andato via il collega La Russa e con lui se n’è andata anche la raccomandazione, ai ragazzi che ci hanno salutato, di prendere nota dei numeri.

  MARIASTELLA GELMINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in queste giornate difficili e concitate, credo che sia dovere di ciascuno di noi ritrovare la serenità, la calma e lo spazio per un confronto che deve essere proficuo e costruttivo, vista la delicatezza e l'importanza del provvedimento in questione, appunto la legge elettorale, un provvedimento molto atteso e di grande rilievo.
  E allora, come è stato sottolineato poc'anzi, l'intesa politica raggiunta tra il Partito Democratico e Forza Italia ha impresso certamente un'accelerazione e direi una svolta, positiva, una svolta da tanto tempo attesa nella società italiana, spesso smarrita e incredula di fronte alle ripetute manifestazioni di inconcludenza della politica. Quella intesa – che mi auguro si possa allargare alla maggioranza dei gruppi presenti in Parlamento, se non a tutti – rappresenta l'ultima occasione che la politica ha per recuperare efficacia nella sua azione, credibilità e fiducia agli occhi dei cittadini. La stagione in cui si vuole declinare al futuro la volontà di fare le riforme è ampiamente terminata. Ora tocca a ciascuno di noi essere parte attiva per approvare quanto prima un testo di legge che rimetta in moto le riforme che servono da tantissimo tempo a questo Paese. E oggi è finalmente a portata di mano un obiettivo importante, ovvero quello di affidare alla libera scelta degli elettori non solo l'elezione del Parlamento, ma anche del Governo. Si tratta di un passaggio epocale: dalla democrazia della mera rappresentanza alla democrazia capace di decidere.
  Questo Paese, lo sappiamo, ha bisogno di scelte forti e coraggiose e chi ha la responsabilità di governare deve essere nelle condizioni di poterle assumere. La capacità di decidere del potere esecutivo è una conquista preziosa in ogni democrazia, ma in tempo di crisi, in un momento come quello che noi stiamo attraversando, direi che è vitale. Solo attraverso una democrazia decidente l'Italia può infatti rialzarsi e colmare il gap competitivo accumulato in questi anni e poi ritrovare la fiducia per ritornare a crescere.
  E il confronto politico per troppo tempo si è anche arenato attorno al tema della stabilità, ma il problema non è quanto dura un Governo, non è la durata di un Governo: è la sua capacità di incidere, di fare, di progettare, di assumere scelte coraggiose. Un Governo non sta in piedi solo per garantire la stabilità, ma sta in piedi per fare.
  Ma oggi voglio anche dire che non è all'ordine del giorno il tema della qualità o meno dei risultati conseguiti dal Governo Letta, che pure ha un'attenuante, ovvero quella di operare in quelle condizioni parlamentari che oggi noi vogliamo modificare. Il tema di oggi è come affrontare il cambiamento e il riformismo, che sono nel nostro DNA ed è per questo che Forza Italia ha anche accettato alcune modifiche all'impianto della nostra proposta, perché è chiaro che ci deve essere anche la disponibilità e l'umiltà di un confronto e di un'attenzione alle ragioni dell'altro.
  Però è indispensabile che la sera delle elezioni ci sia un vincitore, che sia affermata la logica dell'alternanza, che non ci sia più il bisogno di ricorrere alle larghe intese, che hanno ampiamente fallito e non hanno dato i risultati sperati. E per fare questo, affrontare il tema della legge elettorale è fondamentale e credo che non lo si debba fare appassionandosi troppo ai tecnicismi o alle percentuali, anche se le soglie di accesso per l'attribuzione dei seggi vanno proprio nella direzione di confermare la logica dell'alternanza, il bipolarismo e quindi un meccanismo non diverso da quello di altre democrazie.
  Il mio partito, dicevo, ha accettato per senso di responsabilità alcune modifiche che, a nostro giudizio, rischiano di appannare l'impianto normativo. Mi riferisco in particolare all'innalzamento della soglia al 35 per cento per avere l'accesso al premio di maggioranza.
  Ci sono Paesi nei quali il Presidente viene eletto con meno di un terzo dei voti e quel Presidente poi rappresenta tutta la popolazione e tutti gli elettori. E allora il tema non è la percentuale, ma è come collegarla alla percentuale dell'affluenza. E credo che su questo ricada la sfida che noi dobbiamo raccogliere, tutte le forze politiche presenti in quest'Aula. Ovvero, la capacità della politica deve essere quella di sapersi riprendere il ruolo che le è proprio, ovvero suscitare la passione civile dei cittadini, il gusto della partecipazione alla vita politica, saper riaccendere, rianimare la speranza in un Paese che sia più libero e più competitivo.
  Ma non voglio nemmeno eludere il tema delle preferenze. Dico con chiarezza che è illusorio pensare che si raggiunga, solo con l'introduzione delle preferenze, il collegamento tra il Parlamento, gli eletti e il territorio. Ricordo che le preferenze furono bocciate da un referendum e che, in tempi di riduzione dei costi della politica, le preferenze, dove applicate, dimostrano che fanno lievitare i costi delle elezioni politiche e che rappresentano il trionfo spesso delle lobby della capacità di incidere sulla volontà e la libertà dei parlamentari e anche, purtroppo, diventano terreno fertile per il clientelismo. Viceversa, come ancora una volta è stato ricordato, la Corte costituzionale consente il meccanismo delle liste corte, che, insieme ai collegi piccoli, creano davvero le condizioni e sono garanzia di un forte legame tra il territorio e gli eletti.
  Bene, certamente, il lavoro e la discussione in Parlamento. Prendiamoci il tempo necessario per affrontare ogni problema, per sviscerare tutte le questioni. Attenzione, però, ad indebolire l'impianto di una legge che non deve servire a chi siede in quest'Aula ma deve servire a chi sta fuori da quest'Aula. A vincere non deve essere questo o quel partito, ma deve essere una sfida vinta per l'Italia e per il Paese, che oggi soffre non solo i costi della politica, ma anche la incapacità di decidere della politica stessa.
  E, accanto alla legge elettorale, credo che dobbiamo ricordare come sia importante l'accordo riferito al superamento del bicameralismo perfetto, alla creazione di una Camera delle autonomie a costo zero, ancora una volta con un risparmio di 1 miliardo di euro, e anche alla rivisitazione del Titolo V della Costituzione. Infatti, se il centrodestra ha sbagliato approvando da solo il «Porcellum», voglio ricordare ai colleghi del Partito Democratico che la riforma del Titolo V della Costituzione è targata centrosinistra (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). Se in Italia oggi abbiamo un contenzioso straordinario tra lo Stato centrale, le regioni e le autonomie, è perché quella riforma non è meno sbagliata del «Porcellum».
  E voglio anche dire che l'anomalia italiana è stata per lunghi decenni l'anomalia di una democrazia in cui ha prevalso la frammentazione sulla capacità di incidere sulle scelte. Ad ogni idea si pensava di legare un partito politico, un gruppo parlamentare. Era sufficiente una qualsiasi sfumatura perché un piccolo gruppo di persone desse vita ad un partito nuovo o ne generasse uno piccolo da uno
più grande. Non è certamente vietato in democrazia e potrà ancora ripetersi. Però, una buona legge elettorale non deve più essere lo strumento per soddisfare il capriccio o l'ambizione di pochi, in danno dell'interesse generale. Il governo dell'Italia viene prima di tutto questo e Forza Italia auspica che da quest'Aula esca una buona legge, frutto del lavoro di affinamento del testo, se però tutti sapremo rispettare la ratio, la necessità di avere non la proliferazione dei partiti, ma una grande capacità di incidere sui problemi del Paese.
  Mi auguro, pertanto, che il lavoro del Parlamento sia impostato in direzione, sì, di migliorare, ma non di annacquare e ferire l'impalcatura dell'intesa raggiunta su un tema così importante. Attenuare la spinta maggioritaria di queste norme, violare l'accordo raggiunto, significherebbe rimettere in bilico la conquista di una democrazia governante e riportare indietro le lancette della politica. Diciamo subito che Forza Italia non potrebbe accettare alcuno stravolgimento del testo presentato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
  Rimane viva, invece, la mia convinzione e la convinzione del gruppo di Forza italia che quest'Aula saprà essere all'altezza della sfida, perché tutti siamo chiamati a scrivere una pagina nuova nella biografia della nostra nazione e della nostra Italia. Questo si aspetta da noi il Paese, questo dobbiamo ai cittadini, ai giovani e a tutti coloro che soffrono la crisi economica e che si aspettano risposte concrete adesso. Siamo già in ritardo, teniamolo presente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PIERPAOLO VARGIU. Signor Presidente, colleghi deputati, chi parla, parla con piacere dell'argomento che oggi è in discussione. Ho contribuito, insieme al mio partito, alla raccolta di oltre 100 mila firme di sardi per il referendum contro il «Porcellum»; ho aderito – anche in parziale dissenso a quanto il mio partito, Scelta Civica per l'Italia, mi suggeriva – alla mozione Giachetti, presentata in quest'Aula contro il «Porcellum»; sono presentatore, con altri colleghi parlamentari del mio gruppo, di una proposta di legge sui collegi uninominali, ma soprattutto sull'introduzione delle primarie obbligatorie in Costituzione. Credo, quindi, che non ci sia nessun tipo di infingimento nei miei ragionamenti se dico che Scelta Civica per l'Italia oggi ha una posizione precisa in quest'Aula sulla legge elettorale. Noi vogliamo una legge elettorale che sia intanto rispettosa della Costituzione, perché siamo consapevoli che il «Porcellum» non lo era, ed esiste una pronuncia della Corte costituzionale in questo senso. Ma, soprattutto, vogliamo una legge elettorale che sia rispettosa del principio che siano i cittadini a eleggere i propri deputati e che non ci sia un Parlamento di nominati. Non crediamo che sia una cosa buona se ai deputati nominati del «Porcellum» si dovessero sostituire un'orda di «renzuscones» che comunque vengono eletti per accordi che hanno come punto di riferimento i capibastone di partito e non il corpo elettorale. Chi deve sedere in quest'Aula, per essere legittimato deve per forza essere eletto dai cittadini. Esistono dei metodi che non ricadono nello scempio delle preferenze della Prima Repubblica, che ha prodotto tanto danno alla classe dirigente di questo Paese, e che possono essere adottati per avere la certezza che i parlamentari che siedono in quest'Aula abbiano un rapporto con il collegio che li elegge e con i cittadini che li eleggono.
  Voglio dire un'ultima cosa: non si dica, e nessuno dica mai, che Scelta Civica per l'Italia si interessa delle virgole e delle percentuali di chi verrà eletto in Parlamento, che Scelta Civica per l'Italia si occupa di soglie di sbarramento per i piccoli partiti, perché così non è. Scelta Civica per l'Italia non è in Parlamento per occupare sedie. Scelta Civica per l'Italia è convinta di essere qui a rappresentare un pezzo di società che sta in Italia, che è il pezzo di società che crede nell'innovazione, che crede nel cambiamento, che crede nella meritocrazia, che crede nella competizione, che crede nella valorizzazione dei talenti. Se noi tradissimo questi nostri valori, di noi in Parlamento non ci sarebbe bisogno. Ma se sapremo interpretare l'immenso bisogno di un nuovo che costruisce, non di un nuovo che distrugge, come qualche volta abbiamo visto in quest'Aula, allora io credo che nessuna soglia elettorale potrà mai impedire ai valori di Scelta Civica per l'Italia di essere presenti in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, la proposta di legge e questo dibattito si inseriscono in un processo di riforme necessario che comprende...

  GREGORIO GITTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dedicare queste riflessioni non ad aspetti numerici, a profili tattici, a calcoli di convenienze di grandi, medi e piccoli partiti.
  Vorrei concentrarmi su quello che è il contesto culturale in cui avviene questo passaggio istituzionale, e credo che dovremmo tornare a questa consapevolezza per poter cercare di affrontare con qualche certezza o, meglio, consapevolezza in più, questo tempo. Lo abbiamo già detto in sede di esame degli ordini del giorno, lo abbiamo detto nell'ambito della Commissione: siamo di fronte ad una violazione patente, evidente delle regole, di un percorso istituzionale. Siamo di fronte ad episodi di violenza, che hanno il sapore già di una pressione quasi extraparlamentare, extraistituzionale, rispetto a questi approdi riformistici che stiamo per discutere per la prima volta in modo approfondito e, probabilmente, per votare.
  Il tema è grave perché oggi ci troviamo di fronte in modo oggettivo ad un testo che non si può neppure definire un testo base, perché non condiviso, non discusso, non votato; ci troviamo a dover rincorrere nell'Aula, che sancisce, che cristallizza dal punto di vista simbolico la sovranità popolare, a parlare di accordi, di deviazioni tattiche, di successive maggioranze nell'altro ramo del Parlamento, senza avere un riferimento stabile.
  Ecco qual è il contesto culturale che ci parla di una Costituzione materiale ormai superata. Noi ci apprestiamo a modificare la Carta costituzionale senza avere approfondito, senza avere minimamente elaborato un disegno strategico per il nostro Paese. E questo è, da un punto di vista personale, ma anche politico e per il nostro gruppo, un grosso problema.
  Qual è la realtà politica del nostro Paese in questo momento ? È una realtà dominata da due forze politiche, guidate in modo carismatico da due leader molto diversi tra di loro; due leader che hanno, in tempi diversi, inteso disegnare e promettere di disegnare – meglio, perché ancora non ci siamo arrivati, non ci siamo giunti – un cambiamento, che non voglio definire con aggettivi, perché sono stati, come dire, esercizi di retorica. Questi due leader, oggi, si sono incontrati; due leader che entrano nella scena politica con esperienze, con tempi e con idee apparentemente diversi, ma oggi impongono alle forze politiche e alle istituzioni un accordo. Un accordo che sta reggendo, un accordo che è più che politico, un accordo che disegna degli interessi e una prospettiva: l'idea di superare un retorico bipolarismo, che mai è esistito nel nostro Paese, in una sorta di bipartitismo.
  Ecco, se la prospettiva culturale è questa, io credo che, con lungimiranza, dovremmo immaginare di ricreare delle condizioni di maggiore realismo. La condizione di un bipartitismo oggi non c’è, perché certamente non ci sono partiti in grado di rappresentare in modo democratico le istanze di elaborazione culturale e di decisione al loro interno.
  È inutile parlare anche di primarie interne, è inutile parlare di processi decisionali, di raccordi tra gruppi parlamentari e segreterie di partito, perché oggi non esistono; in Forza Italia non sono mai esistiti, perché è un partito che non ha mai celebrato un congresso, e dico con chiarezza che, nell'ambito della legge sul finanziamento dei partiti, è il partito che con tutto il cuore e la passione di cui è capace si è battuto perché non ci fossero statuti democratici.
  Dal punto di vista della sinistra, il Partito Democratico ha fatto delle primarie lo strumento, per quanto concerne l'aggregazione del consenso, che non tutela più, diluisce in un unico momento, in un momento come dire carismatico, lo ribadisco, il consenso dato una volta, non dico per sempre, ma almeno per tre anni, per quanto dovrebbe durare il segretario in carica. Ebbene, sono questi i presupposti, lo ripeto per la terza volta, culturali che devono farci riflettere sul tema della legge elettorale, per cui il nostro gruppo, al di là di qualunque interesse, vuole interpretare l'interesse generale dei cittadini che si astengono dal voto, che hanno votato altre formazioni politiche, facendo anche del voto un'espressione di identità culturale e politica. Chiedo che ci sia una attenzione, non dico una resipiscenza, perché chiederei troppo, che il dato più positivo – e lo dico, ripeto, con molte perplessità su aspetti tecnici che qui non voglio minimamente richiamare, l'ho già fatto in più occasioni e non voglio ripetermi, non voglio mai ripetermi rispetto a interventi che ho fatto in Commissione o in altri organismi –, il dato più importante è quello del doppio turno.
  Il doppio turno oggi non è tale perché il testo che arriva in Aula è un testo che declina una soglia del tutto incostituzionale ed impraticabile. Il doppio turno disegna, nell'ambito di un sistema maggioritario qual è quello che l'accordo Renzi-Berlusconi ci consegna, una mitigazione, va data ai cittadini la possibilità di scegliere e quindi chiediamo con forza che il doppio turno sia la regola e non l'eccezione e che quindi la soglia sia portata ad un livello che possa tener conto dell'esigenza di governabilità, ma anche di rappresentanza democratica.
  Questo è un punto su cui chiedo anche un'elaborazione a medio termine, chiedo un'elaborazione che tenga conto dei tempi in cui, finalmente, la zavorra costituita da Berlusconi per questo Paese non ci sarà più, per l'evidenza anagrafica oltre che giudiziaria; io immagino che noi dovremo consegnare al Paese una legge che durerà, che potrà durare nel tempo. Ebbene, lo dico convintamente, rivolgendomi soprattutto al gruppo parlamentare del Partito Democratico per chiedere attenzione alla
nostra richiesta di porre al 40 per cento la soglia per ottenere il premio di maggioranza, in mancanza della quale ci sia la possibilità per i cittadini di decidere; i cittadini intervengono in modo democratico, lo avete in modo sano, a volte anche esasperatamente retorico, declinato più volte con riferimento allo strumento delle primarie, che peraltro non avete inventato voi, lo dico ai democratici, ma che voi per primi avete (Commenti della deputata Centemero)...

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, sicuramente siamo all'interno di una situazione paradossale, in un clima surreale. Pertanto, iniziare la discussione su un tema così importante per tutti, non soltanto per noi che sediamo in quest'Aula, ma per tutti i cittadini, quale la legge elettorale, dopo tutto quello che è avvenuto, è un po’ paradossale.
  Questo penso di poterlo sottolineare: soprattutto è paradossale il fatto che si arrivi in Aula senza avere adeguatamente sviscerato nella sede opportuna, e cioè in sede di Commissione affari costituzionali, il provvedimento. Ciò non ci fa ben sperare sull'esito finale di questa legge elettorale, che tutti dichiarano di voler portare finalmente a compimento, ma che stando ai comportamenti soprattutto di coloro che si intestano innanzitutto la paternità – mi riferisco quindi ai due partiti, al Partito Democratico innanzitutto col suo nuovo segretario, e Forza Italia – ci fa ritenere che probabilmente l'iter di questo provvedimento sarà alquanto difficile, frastagliato e foriero di tutta una serie di conseguenze probabilmente oggi non immaginabili.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI
INDI
DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  Intervengono inoltre nella discussione sulle linee generali i deputati PINO PISICCHIO (Misto-CD) (Vedi RS), FABIO RAMPELLI (FdI) (Vedi RS) e FLORIAN KRONBICHLER (SEL) (Vedi RS).

  PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non mi meraviglia il fatto che in tema di legge elettorale le sensibilità della politica siano così affilate. A ben vedere la riforma elettorale condiziona la dialettica politica ed istituzionale d'Italia da quando venne celebrato il primo referendum sulla preferenza unica (siamo nel 1991). Fino ad allora il sistema proporzionale con preferenza plurima aveva garantito lo svolgimento di una politica coerente con l'impianto della Costituzione, capace di generare una rappresentanza collegata con il consenso popolare e di produrre governo. Quell'impianto, per essere chiari, è richiamato dalla Corte costituzionale nella sua sentenza di dicembre, quando mette in guardia dalle distorsioni della funzione rappresentativa dell'Assemblea parlamentare.
  Dopo il referendum del 1993, che coincise con il crollo della Repubblica dei partiti, attraversata da noti e molteplici fattori di crisi, si affermò il ventennio cosiddetto «berlusconiano», caratterizzato dalla fede incrollabile nelle virtù salvifiche del maggioritario. Che cosa accadde nell'ordinamento costituzionale italiano ? L'irrompere del maggioritario o, meglio, del semimaggioritario andava ad impattare con un sistema costituzionale che con il maggioritario non si rendeva coerente dal punto di vista dei principi e della sua concreta declinazione (si pensi, solo per fare un esempio, ai Regolamenti parlamentari concepiti nel 1970, in piena stagione consociativa).
  Insomma, non fu solo una questione accademica quella che rilevava l'asimmetria creata dalla presenza di un maggioritario all'interno di un ordinamento pensato in chiave proporzionalistica. L'Italia ha vissuto una vera e propria crisi di sistema causata dalla mancanza di adeguamento della Costituzione di fronte all'irrompere della legge maggioritaria, che ne stravolgeva i connotati ed anche l'intero meccanismo dei check and balance. È in questa chiave, dunque, che va anche interpretato un certo presidenzialismo strisciante, che ha accompagnato l'evoluzione della scena istituzionale nell'ultimo ventennio, producendo esiti paradossali sul piano del rapporto con il Parlamento.
  L'eterna incompiutezza del processo di riforma costituzionale, dunque, oltre che pessime leggi elettorali, prodotte a ritmi compulsivi, ci ha consegnato il poco glorioso orizzonte che la Consulta ha dovuto assumere in carico, restituendoci uno strumento che smentisce l'intera legislazione elettorale dell'ultimo ventennio e ponendo nelle sue motivazioni tre grandi questioni, riferite alla misura della soglia per l'ottenimento del premio di maggioranza, alla soglia per l'accesso e alla possibilità di una scelta chiara e consapevole da parte degli elettori e il voto dal basso.
  La sentenza della Corte, come si sa, ha efficacia autoapplicativa, per cui nell'ipotesi di elezioni politiche a breve sarebbe agibile da subito un sistema proporzionale con sbarramenti e voto di preferenza. Ma, viene detto e non senza argomenti: la sentenza della Corte deve avere il valore di stimolo per legiferare e non di alibi per rinunciare. Condivido, ma alla condizione che sia soddisfatta l'esigenza di consentire un dibattito vero e non soffocato da urgenze diverse da quelle di fare bene e portare a termine un risultato che venga condiviso.
  Certamente non si può immaginare che questo confronto possa essere condensato in una sola seduta notturna in Commissione affari costituzionali.
  Vi è poi una seconda condizione, e riguarda l'intero impianto delle riforme. Chi si è fatto protagonista della proposta – i due capi dei partiti maggiori al Governo e all'opposizione – ha detto correttamente che, con la riforma elettorale, deve essere varata anche quella del bicameralismo perfetto, che prevede l'abolizione dell'attuale Senato e la riforma del Titolo V della Costituzione.
  Più volte, inoltre, ci si è esercitati sull'opportunità di riduzione del numero dei deputati. Bene, ma come mai allora stiamo discutendo su un testo che prevede la riforma della legge elettorale anche al Senato e per la Camera si continua a prevedere lo stesso numero di deputati di sempre ? Perché delle due l'una: o già sappiamo che delle riforme costituzionali non se ne farà niente, perché qualcuno ha deciso che si deve votare nei prossimi due-tre mesi – no, diciamo a maggio – e allora mettiamo tutte le carte in tavola evitando di declamare il mantra del superamento del bicameralismo e del beneficio per l'erario dell'abolizione dell'indennità dei senatori e di un buon numero di deputati, oppure, se davvero queste parole sono dette in buona fede, dobbiamo mettere mano alla riforma del bicameralismo perfetto.
  Di quale legge elettorale stiamo allora parlando ? Quali approdi questa bozza, che arriva in Aula con una velocità che è inusitata, vuole disegnare per la democrazia italiana ? La costruzione delle soglie di accesso così alte, il meccanismo del doppio turno, il premio del 18 per cento assegnato a partiti che potrebbero rappresentare meno di un quarto del corpo elettorale, la mancanza di un plausibile meccanismo di scelta dei candidati (e non mi si venga a dire che il sottile velabro delle primarie di partito, facoltative, rappresenti la soluzione alla prosecuzione dell'esperienza autoritaria delle liste bloccate; peraltro, se alcuni colleghi vogliono le primarie, le possono inserire nel procedimento elettorale con il voto di preferenza) sono tutti elementi che, oltre a non reggere ad una prova di resistenza all'obiezione di incostituzionalità (come hanno osservato anche autorevoli giuristi, contrastati solo dall'opinione di Adriano Celentano), puntano ad un unico risultato: creare per legge il bipartitismo, costruendo addirittura la cancellazione di partiti di media entità dalla scena politica e la «vampirizzazione» di quelli minori.
  Beninteso, io e i miei amici sosteniamo da tempo il sistema tedesco, che ha uno sbarramento al 5 per cento, e non condividiamo meccanismi elettorali che incentivano la parcellizzazione, ma non possiamo accettare che la normalizzazione della politica italiana sia fatta attorno al totem del bipartitismo.
  Il paradosso di questa frettolosa riforma elettorale, che sembra voler liquidare come un fastidio burocratico il dibattito parlamentare, è che non riesce a convincerci di essere stata concepita per durare nel tempo. E questo, non solo per le macroscopiche imperfezioni che fanno strame della logica (si pensi all'ipotesi di due maggioranze, stante la diversità anche anagrafica della platea elettorale tra Camera e Senato), non solo perché non resisterebbe ad un nuovo vaglio della Consulta (perché riproduce e peggiora i mali del famigerato Porcellum), ma anche perché continua a non dare segni di volere veramente essere parte di un disegno riformatore complessivo.
  Arrivo a conclusione. Insomma, in un modo o nell'altro, si torna sempre al tema di apertura: se vogliamo liquidare questa stagione fragile della politica con una legge elettorale che metta davvero nelle mani dei cittadini l'avvenire del Paese, dobbiamo cambiare qualcosa nella Costituzione. Se non lo facciamo, continuiamo a lanciare effimeri spot pubblicitari senza verità.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, penso che questa discussione non sia iniziata benissimo.
  Sono anni che ci auguriamo, dalle diverse posizioni politiche, appartenenti a gruppi e partiti diversi, che si possa superare una legge elettorale, pur voluta con una maggioranza ampia, compresi gli astenuti, salvo poi essere stata qualificata come «Porcellum», quindi con un nomignolo che in qualche maniera è già un giudizio. E pure in assenza di una particolare fretta: non ci sono elezioni alle porte, sembra che non ci sia comunque nell'aria nessun desiderio di far coincidere le elezioni europee del 25 maggio con eventuali elezioni politiche nazionali anticipate, quindi avremmo tutto il tempo, non un quinquennio ulteriore, ma qualche decina di giorni, per poter affrontare la questione con la giusta dose di autenticità e con la giusta attenzione rispetto a quei cittadini – a cui unicamente dovremo rispondere – che al Parlamento italiano chiedono la possibilità di avere il cento per cento di democrazia. Chiedono la possibilità di eleggere direttamente il Capo dello Stato, come tutti sanno, ma tutti fanno finta di nulla. Chiedono di poter eleggere direttamente il Presidente del Consiglio. Tutti lo sanno. Sono dati scientifici, facilmente riscontrabili andando a consultare i focus piuttosto che i sondaggi di tutti gli istituti demoscopici. Chiedono certamente la governabilità, la stabilità, la chiedono anche a coloro i quali l'hanno impedita, la stabilità, quando imposero una diversa ripartizione del premio di maggioranza al Senato, di fatto indebolendo il sistema politico italiano, l'istituzione parlamentare e rischiando, come poi regolarmente è accaduto, che ci fosse una maggioranza di un tipo nella Camera dei deputati e una maggioranza diversa a palazzo Madama, nel Senato della Repubblica.
  Chiedono, i cittadini italiani, la possibilità di scegliersi i parlamentari. Non vogliono fare finta, non si vogliono affidare alle segreterie dei partiti, non vogliono che 8 persone – come è accaduto soprattutto da che vige il «Porcellum», ma anche con il «Mattarellum» sappiamo che le cose non andavano in maniera molto diversa – si chiudano in una stanza e decidano i mille attuali, o poco più, parlamentari italiani o i 600, quando, caso mai, riusciremo a varare questa o altre riforme elettorali e riforme istituzionali.
  Io penso che sia indispensabile corrispondere a questo desiderio di partecipazione e di democrazia in maniera adamantina, una decisione che eviti di ingrossare le fila dell'antipolitica, che sappia spogliare, in una fase in cui le istituzioni repubblicane hanno un gradiente di rispettabilità e di fiducia da parte dei cittadini che oscilla tra lo zero e i numeri negativi, penso che sia indispensabile che i partiti cedano la loro sovranità al popolo, accedano a questa richiesta di democrazia, non facciano finta, per l'ennesima volta.
  È qui che si sta nuovamente rischiando di rompere tutte le uova nel paniere, portando al di fuori del Parlamento prima, in quella che è stata giustamente definita una discussione extraparlamentare, una bozza di accordo, con comportamenti anche atipici. Io stesso ne sono sinceramente stupito: a poche settimane di distanza dalla decadenza dell'ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, votata dal Senato della Repubblica e ovviamente per giudizio e decisione suprema presa dalla sinistra, Partito Democratico in testa, si va ad ospitare al Nazareno un incontro, dopo che davvero è stato detto peste e corna di questa persona.
  Allora, viene il sospetto che ci sia, per l'ennesima volta, per l'aria qualche tentativo di consegnare l'Italia a qualche furbetto, i «furbetti del quartierino»: non persone profonde che abbiano il senso delle istituzioni e che intendono, una volta per tutte, finalmente offrire anche un sistema elettorale, oltre che nuove riforme costituzionali che vadano a tutelare gli interessi generali, gli interessi di una comunità intera, a difenderla rispetto agli attacchi internazionali, rispetto ai tentativi di espropriazione autentica perpetrati da alcune lobby. E mi riferisco in particolare al mondo della finanza, che è per definizione apolide.
  Avremmo bisogno di qualche leader – non è importante se sia di destra o di sinistra, o di centrodestra o di centrosinistra – che metta al centro del proprio agire questo senso di responsabilità. Invece, ci troviamo il furbastro. Mi riferisco al sindaco di Firenze, Matteo Renzi. E mi dispiace anche per i colleghi. Io so che c’è un dibattito aperto all'interno della sinistra, lo rispetto e ovviamente faccio il tifo per le posizioni che sono più vicine alla mia sensibilità. Però, non posso non ricordare che questo signor Renzi già ha fatto un accordo con Forza Italia qualche anno fa. Era l'accordo con Verdini per la nuova legge elettorale, prima in Italia, che anticipava il «Porcellum» nella regione Toscana. Tutti i consiglieri regionali toscani sono nominati: è un «Porcellum regionale». E chi ha voluto costruire questa sorta di esperimento è stato esattamente lui.
  Ora, da questa posizione Renzi che fa ? È normale, cioè è normale... è legittimo, se uno pensasse, anche quando fa le riforme, a se stesso, se uno pensasse quando fa le riforme al proprio partito, alla propria parte... invece, non sembrerebbe così. Invece, io ho apprezzato il desiderio – perché questo noi abbiamo potuto leggere e ascoltare – da parte del Partito Democratico a trazione renziana di aprire un dialogo con l'opposizione. Ma poi va fatto cum grano salis. Non è possibile aprire un dialogo fittizio con l'opposizione, affinché l'opposizione rimanga tale per il resto dei propri giorni. Infatti, se si stabilisce, lo dico, guardate, con tutta l'amicizia possibile, con tutto il rispetto... io vengo dal Popolo della Libertà, ho avuto Forza Italia per alleata quando ero con Alleanza Nazionale e, quindi, ho lavorato fortemente per garantire che il Presidente Berlusconi potesse vincere le elezioni, potesse governare l'Italia, potesse modernizzarla, potesse abbassare la pressione fiscale e tutto il resto e ancora spero, anzi sono sicuro, che potrà dare in questo senso il proprio contributo qualunque cosa accada. Però... chiedo scusa, c’è qualcosa che non va ?

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, cari colleghi, sul generale resta poco da dire, ma penso a quello che dirà il mio collega che mi segue qui, Sannicandro. È stato detto tutto e quasi da tutti. Rappresentanza, governabilità. I calcoli li abbiamo già fatti tutti. La proposta di legge elettorale che ci fate votare, ci passa tutto: non solo ci prescrive come dovremo votare, ma soprattutto e anche chi voteremo. È una presunzione insopportabile, far leggi che condizionino tanto pesantemente il risultato.
  Le leggi devono sì tener conto della situazione reale del Paese, ma da questo a voler imporre, anticipare il risultato, ce ne passa tanto.
  La proposta di legge al nostro esame, ovvero è nostro dovere di prendere atto, con il nostro convinto voto contrario, ovviamente, è espressione di una logica, di una visione tutta interna al Palazzo, alla classe politica, sì, purtroppo, bisogna dire alla casta. I suoi artefici si sono molto occupati di come dividere la torta, torta presunta, ma non si sono per niente occupati di come produrre quello che poi si possa dividere. Perché prima che ci si chieda sul come votare, ci si dovrebbe chiedere se qualcuno vada ancora a votare.
  La domanda, qui certo provocatoria, non è affatto teorica. Il progetto di legge trascura in modo imperdonabile la vera piaga della democrazia, non solo italiana, ma di tutte le democrazie evolute, e non è né la rappresentanza né la governabilità. È la partecipazione al voto, che non solo cala, che crolla.
  A questo male della democrazia, questa legge non dà alcuna risposta. Anzi, non si pone nemmeno la domanda. Fa come se niente fosse. Si occupa esclusivamente di quanto un problema non è. C’è invece chi crede che il problema vero, primario, quasi unico non sia quello della partecipazione, anzi, della non-partecipazione ? E perché allora non si è speso più, dico più cervello, sulla questione del voto di preferenza ? Che paure si hanno delle preferenze personali ? Si sono sentite delle cose fra l'orrendo e il pittoresco sul voto di preferenza. Come se fossero la vera causa di tutti i malanni della malapolitica di questo Paese. Ho ritenuto sempre discriminatori, razzisti, certi discorsi, sentiti e letti in Aula e fuori, sulle preferenze come un male specifico del Sud, uno dei tanti mali da estirpare, da superare come altre arretratezze di quelle parti.
  Tanto, il Nord moderno ed evoluto, delle preferenze si infischierebbe. Sento percentuali sui 15 massimo 20. Io non ho le prove. Io provengo dal profondo Nord, Bolzano, e lì – sarà per una cultura diversa – il vero voto è solo esclusivamente quello di preferenza, quello ad personam. Sarà perché a far la crocetta sul simbolo di quel partito di raccolta, per decenni e tuttora, da tanti è considerato non già il voto vero e proprio, ma una prerogativa, obbligata, affinché il voto sia valido.
  Scherzi a parte, riavere il voto di preferenza è la volontà dei cittadini, ed è la volontà, almeno nello spirito, se non nella lettera, della Corte costituzionale espressa nella sentenza, nel pronunciamento sul «Porcellum».
  Già che ci sono, mi fermerò un po’ sul voto nella mia regione, che è un po’ speciale: intendo la normativa elettorale, non solo l'autonomia delle nostre due province, che, come sappiamo, è pure tanto speciale. Denuncio una cosa insostenibile: ho ottenuto la versione, suppongo definitiva, della proposta di legge elettorale, per quanto riguarda le province autonome, al momento che il presidente Sisto stava leggendo la sua relazione. E così sarà stato pure per altre parti. È stata cambiata due o tre volte in ancor meno giorni. La dice tutta sulle condizioni in cui il Governo ci fa lavorare.
  Da noi – parlo delle province di Bolzano e di Trento – cambia il sistema elettorale, la realtà rimane la stessa. Per dirla in modo più chiaro: si cambia il sistema elettorale tanto quanto indispensabile o utile per far restare la realtà così come è da sempre. Torniamo sostanzialmente al «Mattarellum», ad un «Mattarellum» corretto, ad un sistema maggioritario. Nella provincia, dove non c’è mai stato bisogno di correggere la rappresentanza a favore della governabilità, perché governi più stabili dei nostri non esistono – abbiamo consumato due presidenti di giunta provinciale in mezzo secolo (non dovete prendere questi come esempio) – ora la si corregge. Appunto si corregge tanto per far star tutto così come era. Si cementa lo status quo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (Vedi RS)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 17,35)

  Intervengono quindi nella discussione sulle linee generali i deputati MARIANO RABINO (SCpI) (Vedi RS), ARCANGELO SANNICANDRO (SEL) (Vedi RS), MASSIMO PARISI (FI-PdL) (Vedi RS), PAOLA BINETTI (PI) (Vedi RS), MARCO MELONI (PD) (Vedi RS), ENRICO ZANETTI (SCpI) (Vedi RS), PIA ELDA LOCATELLI (Misto-PSI-PLI) (Vedi RS), DORINA BIANCHI (NCD) (Vedi RS), ROSY BINDI (PD) (Vedi RS), e GIOVANNI MONCHIERO (SCpI) (Vedi RS).

  MARIANO RABINO. Signor Presidente, certamente la prossima volta, chi sa in quale legislatura, sarà bene che tutte le forze politiche si organizzino in modo da avere un percorso legislativo un po’ più rispettoso delle forme, dei riti di una democrazia parlamentare e soprattutto di una democrazia che si ispira ai principi importanti contenuti nella Costituzione. Obiettivamente per questo provvedimento legislativo, che è uno dei principali se non il principale delle leggi, al punto da avere in qualche misura rango di legge costituzionale, francamente siamo arrivati in Aula un po’ rapidamente; forse sarebbe stato opportuno un approfondimento nella Commissione competente, la Commissione affari costituzionali; un approfondimento maggiore, un approfondimento più analitico e più oculato.
  Mi auguro che nelle giornate che verranno, in attesa che il provvedimento incominci l'esame dettagliato, articolo per articolo, emendamento per emendamento, in quest'Aula, ci sia un ravvedimento operoso da parte delle forze politiche. Mi rivolgo soprattutto alle forze politiche principali, quindi Partito Democratico e Forza Italia. Non c’è dubbio – questo è stato, sin dall'inizio, l'atteggiamento di Scelta Civica – che siamo di fronte comunque ad una grande opportunità, ad un'accelerazione, ad un innesco positivo in termini di processo riformatore. È una grande occasione per il nostro Paese, non la dobbiamo perdere; non dobbiamo perdere questa opportunità.
  Però – è stato detto, ma forse giova ripeterlo –, è bene che tutti gli ingredienti del processo riformatore, dell'oggetto della riforma, camminino insieme, procedano insieme. Quindi siamo chiamati tutti a giocare a carte scoperte. Non si può fare la legge elettorale e soltanto la legge elettorale dimenticandosi degli aspetti e delle ricadute costituzionali ed istituzionali. È stato detto che va superato il bicameralismo paritario, e allora occorre da subito che al Senato – al Senato ! – incominci un'analisi dettagliata e si arrivi ad un provvedimento di revisione costituzionale delle competenze del Senato, immaginando magari una sua definizione e fondamento non più elettivi, così come – è stato prospettato, utilmente, virtuosamente – la necessità di riformare in profondità i rapporti fra Stato e regioni, le competenze esclusive, le competenze concorrenti, la riforma del Titolo V. Ebbene, tutte queste riforme devono procedere insieme, perché se no siamo di fronte a un bluff, siamo di fronte a una grande illusione e soprattutto a un possibile potenziale e negativo inganno nei confronti del Paese.
  Ecco perché Scelta Civica è stata la prima – la prima – ad alzare l'attenzione, il livello di guardia sulla necessità di riflettere adeguatamente sull'importanza eventualmente di stralciare la normativa, la nuova disciplina elettorale per il Senato, con ciò prendendo sul serio gli intenti riformatori e di modernizzazioni dei capi dei due partiti principali, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. È stato detto che si vuole superare il bicameralismo paritario, il bicameralismo perfetto, e allora non si vede perché andiamo ad approvare una normativa nuova per una nuova legge elettorale per il Senato, se abbiamo promesso davanti agli italiani che si va verso la sua abolizione. Ecco, io credo che noi dovremmo concentrarci, nelle prossime settimane, soprattutto sulla modalità di elezione dei parlamentari, dei deputati. Dovremmo fare una riflessione attenta ricordandoci che il «Porcellum», prima di tutto, è entrato negativamente nella mente degli italiani, degli elettori, per le liste bloccate.
  Facciamo una riflessione tutti insieme, al di là degli steccati, degli interessi di bottega, per arrivare ad una possibilità per i cittadini di essere più partecipi nella selezione dei loro eletti, dei loro parlamentari. C’è una citazione che viene spesso utilizzata e abusata: gli statistici, i politici, le future generazioni, le elezioni. Io mi auguro – e concludo –, ed è in qualche modo una sorta di avviso ai naviganti, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, che sappiano davvero mettere innanzi l'interesse del Paese all'interesse dei loro partiti (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signora Presidente ed egregi colleghi, sono appena 15 giorni che la Corte costituzionale ci ha fatto conoscere le motivazioni con le quali ha dichiarato illegittimo il cosiddetto Porcellum; ma in questi 15 giorni a quanto pare alcuni hanno impiegato il loro tempo per eludere il dettato della Corte costituzionale, che è un dettato chiarissimo ! Così come è chiaro al popolo italiano che non è più possibile vivere, convivere con una legge elettorale che espropria i cittadini del sacrosanto diritto di voto.
  La Corte ha detto due cose molto semplici, che si insegnavano a scuola, sino dalle scuole elementari, nei corsi di educazione civica: che la sovranità appartiene al popolo, e che deve manifestarsi attraverso libere elezioni con un voto uguale; per cui il Parlamento deve rispecchiare la società, deve rispecchiare il popolo nella sua composizione, e non è giusto, non è legittimo costituzionalmente che alcuni abbiano un risultato elettorale di gran lunga superiore al consenso che raccolgono tra i cittadini elettori.
  L'altra lezione elementare agli smemorati politici, che viene dalla Corte, è che il cittadino deve poter eleggere il proprio rappresentante. Tutto ciò per ben tre volte con il Porcellum non è stato rispettato, per ben tre elezioni, e oggi noi leggiamo una proposta che viene dalla maggioranza che non fa che riproporre gli stessi difetti del Porcellum aggravati, come è stato già dai colleghi ampiamente illustrato, e non mi voglio ripetere.
  Non ci troviamo di fronte ad una cosa di poco conto: praticamente il Parlamento italiano dovrebbe fare finta che non esiste la sentenza della Corte costituzionale ! Cioè, senza voler usare una parola grossa, è come se noi avessimo deciso, approvando questa legge, di annullare la Corte costituzionale: perché se le sue sentenze non hanno alcun valore, e non hanno alcun valore soprattutto rispetto al ceto politico, noi ci rendiamo conto di quale vulnus è reso alla legalità e alla democrazia.
  E badate bene che facciamo questo, che dovremmo fare questo, nel momento in cui la Corte ha detto qualcosa che non è stato affatto ricordato su nessun giornale e in nessun dibattito. La Corte ha detto: guardate che neanche le leggi elettorali sono sottratte al vaglio di costituzionalità. Qual è il vero problema giuridico che si poneva ? Non certo quello di valutare se la lista bloccata fosse costituzionale o meno: ormai l'avevano capito tutti ! Oppure se il premio di maggioranza così sproporzionato e così slegato da alcuna soglia fosse illegittimo: questo ormai fa parte della cultura comune, l'hanno imparato tutti.
  Il vero problema giuridico che si poneva è se la Corte costituzionale poteva praticamente intervenire su questa area e la Corte ha detto e ha sancito che anche la classe politica nella manifestazione massima, e cioè nella elaborazione di una legge elettorale, può essere giudicata. Ecco perché è stato ritenuto ammissibile il quesito che nel passato invece non è mai stato ritenuto tale.
  Per cui voglio ricordare all'Aula che la porta della Consulta è stata aperta e resterà aperta, per cui anche questa legge potrebbe, sarà certamente, se dovesse passare così, impugnata davanti alla Corte Costituzionale e non dovremo attendere certamente il lungo calvario che i promotori hanno dovuto percorrere per arrivare a quel risultato nella precedente stagione.
  Questa, ripeto, è una ipotesi di niente affatto fantascientifica, improbabile, è un'ipotesi che sta dietro l'angolo perché questa legge non fa altro che rinnovare il porcellum; ed è patetico quanto si è letto in giro e quanto si è ascoltato da più parti secondo cui la Corte costituzionale ha reso possibili le liste corte. Ma l'avete letta la sentenza ? Allora, la leggo io su questo passaggio.
  Alla quattordicesima pagina su diciassette, la Corte en passant polemizzando con eventuali obiezioni scrive: In definitiva, è la circostanza che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione. Simili condizioni di voto, che impongono al cittadino, scegliendo una lista, di scegliere in blocco anche tutti i numerosi candidati in essa elencati, che non ha avuto modo di conoscere e valutare e che sono automaticamente destinati, in ragione della posizione in lista, a diventare deputati o senatori, rendono la disciplina in esame non comparabile con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l'effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l'effettività della scelta e la libertà del voto, al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali. Vedi il caso delle elezioni provinciali.
  Allora su queste due righe di preventiva polemica da parte del relatore del testo della sentenza rispetto ad eventuali obiezioni si è costruita tutta una teoria secondo la quale la Corte dice «purché le liste siano corte, non fa niente se sono ugualmente bloccate». È stato già ricordato da parecchi: la verità è che con questo sistema, liste corte rispetto a liste non corte, lunghe, ampie, è evidente che alla fine tutto il Parlamento sarà ancora una volta un Parlamento di nominati.
  Badate, io personalmente sono per le preferenze, lo sono sempre stato e continuo ad esserlo però capisco anche che ci sono altri metodi e la Corte lo ricorda – per esempio, i collegi uninominali – per poter raccordare il votante con l'eletto.
  Ora, a fronte di queste 4 righe poi ci sono 17 pagine in cui la Corte si diffonde ampiamente per dire quanto questo sistema sia illegittimo. Ora non tenere conto di quello che la Corte ha detto non è soltanto una questione, ripeto, di correre il rischio di incorrere un'altra volta in un giudizio di incostituzionalità. No, qua viene chiamata in causa la dignità e la serietà del Parlamento, non possono non tenere conto i Parlamenti delle Corti supreme. Ma voi immaginate, non so, in America, una cosa di questo tipo ? Annullare una sentenza. Ma se lo facesse un cittadino qualsiasi che si ribellasse ad una sentenza di un giudice, cosa direste ?
  E noi dovremmo dare questo cattivo esempio. Ora io non entro nel merito di tutti gli aspetti di incostituzionalità e di tutte le incongruenze che questa proposta di legge ha perché lo faremo domani sull'eccezione di incostituzionalità ed in seguito quando parleremo dei singoli articoli, ma voglio invece soffermarmi su una questione preliminare ancora.
  Ormai è noto a tutti che questo è un passaggio indispensabile e urgente, l'ha detto la collega Gelmini poc'anzi nel suo intervento, è stata chiara e trasparente, ci serve questa legge, cioè ci serve praticamente avere un Parlamento di questo tipo che verrà fuori da questa legge, per poter fare le riforme, ma certamente poi dobbiamo chiederle a quali riforme si riferisce ? Non si riferisce certamente – presumo – o soltanto alla modifica della seconda parte della Costituzione, perché per modificare la seconda parte della
Costituzione qui sono quasi tutti d'accordo, qui c’è un'ampia maggioranza a stravolgere la seconda parte della Costituzione.
  Il motivo è un altro, il motivo è che Berlusconi ha vinto e vuole stravincere, vuole completare l'opera per cui è sceso in campo ed è quella di abbattere anche la prima parte della Costituzione. Questo è il punto. È oggi io non appartengo a coloro i quali hanno dimostrato disgusto per il fatto che lui fosse stato accolto al Nazareno, non vi appartengo per niente, perché è stata una visita di una perfidia e di una intelligenza unica, è andato lì, lo hanno confessato i colleghi del PD, ha portato il suo pacchetto e ha detto: questo è, e tu lo devi osservare. Non è un successo di Renzi, è un successo di Berlusconi, cari colleghi del PD, parliamoci chiaro, anche se la propaganda lo porta così perché io in questa proposta di legge della tradizione di don Sturzo, di De Gasperi, di Prodi non ci trovo nulla.
  Questo è il punto, non ci trovo nulla. C'era un porcellum, adesso avremo forse un «porcellino» perché le liste sono più corte. Ma dove si vuole arrivare ? Ma vogliamo veramente trascurare che ci è stato detto che c’è perfetta sintonia, anzi, scusate, «profonda sintonia» ha dichiarato il segretario del PD Renzi, non il popolo del PD. Ha detto: ho scoperto una profonda sintonia. Io non avevo dubbi che ci fosse questa profonda sintonia. Quando lui dice: io sono per il sindaco d'Italia, ma prima di lui l'ha detto Berlusconi, prima di Berlusconi l'ha detto Fini, il presidenzialismo, il «super porcellum» presidenziale esiste praticamente in tutti i comuni italiani sotto i 15 mila abitanti. Non c’è la soglia, sotto i 15 mila abitanti – è la maggior parte dei comuni italiani quelli sotto i 15 mila abitanti – uno vince con il 20 per cento, posso fare qualche esempio della mia zona, e ha un super premio. Quindi sono cose che abbiamo ascoltato. Il fatto che i piccoli partiti danno fastidio mica l'ha inventato Renzi ! Questa calunnia viene da lontano, ma quando, come ha detto il collega La Russa, i piccoli partiti, se non in rarissime occasioni, hanno infastidito i Governi ? Vediamo quando c'era appunto il proporzionale, il Partito Liberale ha fatto mai una crisi di Governo ? Il Partito Repubblicano con i suoi cinque-sei deputati ha creato mai una crisi di Governo, ha provocato una crisi di Governo ? Il Partito Socialdemocratico, la sua pattuglia di una quindicina di deputati, se non ricordo male, ha mai creato una crisi di Governo ? Questa è la questione, e poi ma vogliamo forse nascondere che il proporzionale non è sinonimo di instabilità, lo ha così egregiamente descritto il collega poc'anzi, prima di me ? Ha fatto un'efficace esemplificazione: nella sua regione in cinquant'anni hanno avuto un paio di presidenti. Perché ? Perché c’è un consenso vero intorno a un partito e intorno alle scelte di un partito.
  Sarà per motivi etnici, o per altri motivi, ma la verità è che c’è il consenso e che questo consenso ha portato ampiamente alla stabilità. Se il consenso non lo avete, ve lo dovete guadagnare e non potete trovare una scorciatoia. Il collega Florian – non dico Kronbichler perché ogni volta mi imbroglio e non lo so mai pronunciare bene – ci ha ricordato una cosa: che stanno introducendo il Mattarellum. Ce l'ha spiegato, ha detto il motivo: perché, per la prima volta, il partito della Südtiroler Volkspartei ha perso la maggioranza assoluta e ora corre ai ripari e vorrebbe un meccanismo artificioso che consenta a quel partito di mantenere la sua maggioranza e il suo potere, come si sta facendo qui perché quando i partiti vedono che non hanno più consenso – dalla gente tra l'altro abbiamo contribuito a farci ripudiare – e allora si ricorre agli ormoni, agli omogeneizzati e alle droghe per poter avere quel consenso che non esiste.
  Perché Alcide De Gasperi si inventò la «legge truffa», che è una legge santa rispetto a questa porcheria ? Perché se la inventò ? Per lo stesso motivo, perché sapeva che non poteva ripetere il successo che aveva avuto nel 1948 nelle elezioni precedenti e allora anche in quel caso ricorse all'espediente che gli costò caro, a lui personalmente perché la sua carriera
politica finì sostanzialmente con elezioni svolte con la «legge truffa». Ma la pagò cara anche la Democrazia Cristiana, che perse il 10 per cento circa dei voti; la pagarono cara anche tutti i partiti che si coalizzarono nel pactum sceleris – questa è la questione – e votava il 93,8 per cento dei cittadini, il 93,8 per cento dei cittadini andarono alle urne, altro che il 40 o 50 per cento che auspicate qui, come ha detto qualcuno poc'anzi, un collega con molta disinvoltura.
  Comunque, l'argomento è giustamente ampio, lo si può prendere da tanti punti di vista, ma ne approfitteremo per farlo con i singoli articoli (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  MASSIMO PARISI. Signora Presidente, rappresentante del Governo, colleghi deputati, al netto delle valutazioni su queste giornate concitate, noi oggi abbiamo una speranza e un auspicio: riteniamo infatti che se il senso di responsabilità delle forze politiche e anche della forza politica a cui appartengo si tradurrà in una continua ricerca di soluzioni fra le reciproche istanze, questa nostra discussione e le nostre votazioni successive potrebbero in qualche modo entrare nella storia della Repubblica.
  Mai, in oltre sessant'anni, una legge elettorale è stata approvata con una maggioranza diversa e più ampia di quella pro tempore al Governo. Se gli accordi, che sono alla base di questo testo, con le migliorie che arriveranno nella fase emendativa, terranno potremo dunque scrivere una bella pagina di storia politica civile.
  Né la legge del 1953, né il Mattarellum, né la legge elettorale vigente prima della sentenza della Consulta ebbero questo destino. Abbiamo dunque una responsabilità grande di fronte al Paese e questa responsabilità Forza Italia se l’è assunta fino in fondo, con molte rinunce e con molti compromessi.
  Voglio dire sommessamente ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che, se alla base di ciò di cui stiamo discutendo ci sono accordi tra partiti, movimenti politici e leader, non è uno scandalo, fa parte della fisiologia della storia della Repubblica perché quei partiti e quei leader sono anch'essi espressione del consenso e dei voti degli italiani. Non ha il MoVimento 5 Stelle l'esclusiva della rappresentanza degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) e gli italiani che votano 5 Stelle non sono migliori di quelli che votano Forza Italia, Partito Democratico, Scelta Civica o gli altri partiti.
  Questa nostra Assemblea dunque è chiamata a un'assunzione di responsabilità: Forza Italia è pronta. Lo siamo perché siamo convinti che questa sia la migliore legge elettorale possibile ? No. Lo siamo perché sappiamo che non esiste una legge elettorale perfetta. Sappiamo che non esiste la Bibbia dei sistemi elettorali, non è dato in natura un metodo perfetto per la traduzione dei voti in seggi. Lo siamo perché questa, tra le molte e variegate soluzioni possibili, è quella che più accontenta le nostre istanze ? No, questa legge non è probabilmente la legge che avremmo voluto, ma abbiamo scelto nell'interesse del Paese, e non della nostra parte politica, di addivenire ad un possibile compromesso.
  E anche qui lo voglio dire, in modo se possibile pacato, a chi ha optato in modo, sia chiaro, assolutamente legittimo, di non partecipare a questo processo, che altre potevano essere le soluzioni. Se anche il MoVimento 5 Stelle avesse avuto la determinazione di partecipare a questo percorso forse l'esito, certamente l'esito di questo processo sarebbe stato diverso, perché magari si sarebbe potuto registrare un consenso larghissimo su quella proposta che oggi il MoVimento 5 Stelle ha presentato nella fase emendativa in Commissione, cioè sul cosiddetto modello spagnolo. Avremmo visto un altro film, avremmo scritto un'altra storia.
  Non hanno potuto o voluto i colleghi del MoVimento 5 Stelle. Fa niente, ma bisogna che gli italiani sappiano che se qualcuno sostiene che l'unica legge possibile è il «Consultellum» vuol dire che non vuole candidarsi per vincere ma vuole, invece, presentarsi per perpetuare la situazione attuale, cioè quella di un Governo di piccole intese, non legittimato dal voto degli italiani. È una scelta politica legittima e rispettabile e noi la rispettiamo, ma gli italiani devono sapere che poteva andare in onda un altro film, una storia che avrebbe potuto legittimamente candidare anche il MoVimento 5 Stelle a governare questo Paese, cosa che in realtà il MoVimento 5 Stelle non vuole.
  Veniamo ai contenuti di questa proposta di legge, a quelli, in particolare, che ci piacciono, che riteniamo una nostra conquista. Questa proposta di legge ha il pregio di assicurare un vincitore il giorno delle elezioni. Ha il pregio, cioè, di istituzionalizzare quella che è stata una delle ragioni storiche della nostra discesa in campo. Eravamo in pochi a dirlo e a sostenerlo venti anni fa: chi si candida alle elezioni lo fa proponendo agli italiani una possibile maggioranza, un programma e magari, nei limiti di quelle che sono le previsioni della Costituzione, un leader politico, un capo della coalizione, naturalmente candidato, se vincente, ad assumersi la responsabilità di governare il Paese.
  Ecco perché abbiamo accettato magari soluzioni che non ci soddisfano o accetteremo forse soluzioni che non ci soddisfano, per esempio sulle soglie. Perché si può scrivere qualsiasi numero, si può sostenere, con riferimenti costituzionali un po’ singolari e altalenanti per la verità, che 35 è incostituzionale e 37 invece lo è. Si può sostenere che l'assenza di soglia per un premio di maggioranza possa essere incostituzionale per la Camera e per il Senato e, allo stesso tempo, consentire che si eleggano sindaci nei comuni sotto i 15 mila abitanti anche con meno del 30 per cento dei consensi oppure che si eleggano consigli regionali, che sono comunque assemblee legislative al pari di questa, senza alcuna soglia per il premio di maggioranza che c’è, ed è previsto, seppure all'interno di una «legislazione arlecchino» per cui ogni regione si fa la sua legge.
  Va bene, ci stiamo e ci stiamo perché qualsiasi numero scriveremo nessun numero potrà cancellare il fatto che se oggi ci poniamo il problema della governabilità, se oggi possiamo pensare di uscire dalla palude degli accordi parlamentari che confezionano Governi a prescindere dalla volontà degli italiani e, magari, anche con congiure e tradimenti di palazzo, se oggi anche il segretario del principale partito della sinistra italiana può sostenere questa stessa tesi lo dobbiamo ad una storia di venti anni, lo dobbiamo alla nostra discesa in campo, alla scelta di allora di Silvio Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
  Questo provvedimento corregge anche un elemento (e anche qui mi sia consentito dirlo perché resti agli atti): corregge la stortura del premio regionale al Senato, perché il premio nazionale è univoco. Si tratta di quello che ha dato origine al nome con cui viene etichettata spesso la «legge Calderoli». Quella non fu una scelta politica dei partiti di maggioranza, dell'allora maggioranza. Fu una scelta dettata da altre ragioni e chi ha orecchie per intendere intende. Quelle ragioni sono venute meno e oggi possiamo proporre un premio di maggioranza univoco tra Camera e Senato. È vero, è vero: può darsi che si verifichi la situazione estrema di maggioranze diverse fra l'una e l'altra Camera. Segnalo che non esiste in natura una legge che possa dare lo stesso risultato con due corpi elettorali diversi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà -Berlusconi Presidente). Questo problema lo risolveremo solo con la riforma costituzionale.
  Per venire ad un altro punto qualificante di questo provvedimento, siamo stati irrisi quando dicevamo che con questo sistema istituzionale eravamo impossibilitati a governare e ad attuare i programmi con i quali ci eravamo presentati davanti ai cittadini. Oggi si afferma, però, un altro principio, che corrisponde ad una nostra richiesta: la riduzione della frammentazione partitica, il fatto, cioè, che per avere una democrazia matura e compiuta, efficiente
e decidente, occorre introdurre dei correttivi al sistema meramente proporzionale. Questo non è democratico ? Allora, dovremmo dirci che non è democratico un sistema come quello spagnolo, che lascia privi di rappresentanza partiti che non raggiungono non già la soglia legale ma quella reale, che è una soglia a due cifre. O che magari non lo è quello francese, che destina, come è accaduto nelle ultime elezioni, ad un partito come il Fronte Nazionale solo due parlamentari, pur avendo ottenuto il 13,6 per cento dei consensi. E non è democratico il sistema tedesco, che pure è tornato spesso nel dibattito di questi giorni e anche negli emendamenti in Commissione, che prevede una soglia del 5 per cento. E la Gran Bretagna, dove le terze forze magari conseguono il 23 per cento dei consensi ma devono accontentarsi di pochi seggi.
  Mi si dirà che sono formule diverse, che non si possono mischiare le mele con le pere. Ma la democrazia è una, e non è che, perché si adotta un sistema diverso, gli spagnoli e i francesi sono meno cittadini dei cittadini italiani.
  Abbiamo dunque, in questa ipotesi di testo base che ci troviamo a valutare, più che raddoppiato le soglie di sbarramento, che restano comunque fra le più basse tra le democrazie moderne. Ciò forse ci farà correre il rischio di lasciare fuori da queste Aule forze politiche che raccolgono non milioni di voti, come è stato detto, ma, a stare ai risultati delle ultime tre elezioni politiche, forze comprese tra un milione e mezzo e un milione e settecentomila voti. È un delitto ? No, è un prezzo da pagare alla governabilità, perché non possiamo consentire che un milione e settecentomila voti impediscano a chi di voti ne rappresenta magari oltre tredici milioni di assumersi la responsabilità di governare il Paese.
  Possiamo dunque far rientrare l'Italia nel novero delle democrazie mature. Dipenderà anche dalle scelte politiche dei partiti, che potranno valutare se perseguire il modello del partito a vocazione maggioritaria oppure quello delle coalizioni. A noi piace la prima soluzione, e questa legge può renderla almeno possibile. Abbiamo previsto un ballottaggio per questo. Va bene. Non temiamo la sfida, perché sappiamo che gli italiani sono migliori di come li dipingiamo. Non un doppio turno, ma un ballottaggio fra le due coalizioni, una scelta tra due leader, fra due proposte di Governo. Noi non abbiamo paura, perché un leader ce l'abbiamo e perché siamo convinti delle nostre ragioni. Certo, anche qui: non era la nostra formula preferita, ma volevamo e vogliamo dare agli italiani la possibilità di giudicarci e di sceglierci, agli italiani e non ad altri, al popolo sovrano e solo al popolo sovrano.
  Altro tema molto dibattuto nel corso di questi giorni è quello delle preferenze. Nel testo base non ci sono. Molte proposte emendative, immagino, proporranno di reintrodurle, come già è accaduto in Commissione. Ognuno legittimamente può avere la sua opinione, ma anche qui ogni tanto non farebbe male guardare a cosa succede negli altri Paesi, nelle altre democrazie. Ebbene, la formula della lista aperta, sperimentata durante la Prima Repubblica in l'Italia, è stata utilizzata solo in un altro Paese europeo: la Grecia. Forse questo vorrà dire qualcosa, o forse no. È vero però, per esempio, che in quel periodo le leggi finanziarie si facevano contrattando con ogni singolo parlamentare quale prebenda, qualche contentino per ottenere un voto favorevole e consentire al singolo deputato di sbandierare questo come un successo nel proprio collegio per anticipare la propria campagna elettorale. Sappiamo come è andata a finire. Sappiamo che anche questo ha prodotto uno fra i debiti pubblici più alti del mondo e sappiamo che, singolare coincidenza, anche i conti pubblici della Grecia non stanno messi molto bene.
  Ma non dobbiamo limitarci a guardare fuori dai nostri confini, perché nel novero dei sette sistemi elettorali con i quali periodicamente gli italiani sono chiamati ad esprimersi, le preferenze esistono. Vogliamo per un attimo riflettere con quale esito finale ? Ebbene, le preferenze si esprimono per il consiglio comunale, per
le regioni, per le elezioni europee. Se andiamo a guardare il tasso di preferenze espresso in queste elezioni, dobbiamo registrare che in tutto il Centro-nord questo tasso difficilmente supera il 30 per cento, e questo dopo campagne elettorali costose, e dopo i mille sforzi che si fanno per ottenerle. Non è, cioè, un tasso di preferenze spontaneo, ma – mi si passi il termine – è un tasso di preferenze «spintaneo». Con le preferenze sono una minoranza di cittadini ad alterare le scelte dei partiti, ed è per questo motivo che in quei Paesi in cui pure le preferenze esistono, si sono studiate formule alternative di liste flessibili o semiflessibili. E non dobbiamo forse riflettere che, comunque la si pensi sulle preferenze, non c’è una sola elezione con preferenze in cui il tasso di partecipazione al voto superi quello delle elezioni politiche, elezioni in cui dal 1993 in avanti le preferenze non ci sono ?
  Si dice che senza le preferenze i parlamentari dipendano dal capo. Mi fa sorridere, Presidente, perché io sono entrato in Parlamento nel 2008. Anche in quella legislatura i candidati erano «nominati dal capo». Ebbene, forse abbiamo avuto il più alto numero di transfughi nella storia della Repubblica e un grande partito ha subito una scissione che ha prodotto gli esiti che ha prodotto. Ci sono molte leggende metropolitane sulla questione delle preferenze. È stata citata la legge toscana ed è stato detto che fu il frutto di un accordo che coinvolse anche Matteo Renzi. Non so se qualcuno si alzerà dai banchi del PD a specificare questa cosa, ma essendo toscano mi corre l'obbligo, per onestà intellettuale, di dirla: Matteo Renzi, quando si è fatta la legge elettorale toscana, era ancora giovane e non era ancora presidente della provincia di Firenze (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). E quell'accordo, quella legge elettorale, nacque per spinta – guardate i paradossi della storia – di quello che allora erano i DS, i Democratici di Sinistra, di, come dire, corrente opposta a quella che oggi rappresenta Matteo Renzi, che vollero l'abolizione delle preferenze in Toscana, a seguito di alcuni incidenti giudiziari che coinvolsero loro esponenti.
  Ebbene, il paradosso è che oggi ci sono emendamenti di quella stessa ala del Partito Democratico che propongono la reintroduzione delle preferenze. Pazienza, è la storia che ci regala questi fenomeni.
  Ma tutto ciò al netto del ragionamento, che sarebbe persino troppo facile – lo ha ricordato prima la collega Gelmini –, che con riferimento alle preferenze c’è stato un referendum popolare in questo Paese. Le preferenze dunque non ci sono in questo testo base, ci sono invece le liste corte, che assicurano la conoscibilità dei candidati. Ci sono collegi di dimensioni ridotte, che assicurano la riduzione dei costi della campagna elettorale. Sì, perché forse anche dei costi bisognerebbe parlare, perché è troppo facile, troppo demagogico dire che bisogna ridurre i costi della politica e poi andare ad aumentare i costi per entrare in politica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). Troppo facile.
  Sulle preferenze ormai c’è una letteratura scientifica già copiosa ed alcune considerazioni dovremmo farle: le preferenze penalizzano donne e giovani, rendono più facile la campagna elettorale per l'uscente che per l'entrante, sono un sistema che si presta al condizionamento delle lobby, quando non della criminalità organizzata.
  Allora, lo dico anche qui con riferimento al ragionamento dei costi, senza spirito e stimolo polemico, ma riflettendo su alcuni punti che sono emersi nel dibattito politico di questi giorni, sfociati anche in proposte emendative in Commissione del Partito Democratico.
  Mi riferisco all'idea di primarie facoltative previste dalla legge. Ora, al netto di come la si pensi sulla formula delle primarie, mi sarà consentito dire una cosa che certamente è sbagliata, perché nessun costituzionalista l'ha ancora detta, ma prevedere primarie facoltative per legge è un ossimoro giuridico. Lo è tanto più in un Paese dove è carente – ma lo è non per caso – una legge sui partiti. Il tema è vasto ed appassionante e non riguarda soltanto
la politica. La selezione delle classi dirigenti è certamente uno dei nodi gordiani di questo Paese.
  Ma il fatto che forse su questo aspetto il testo base abbia proposto una formula, quella dei collegi piccoli con candidati da tre a sei – così dice la legge –, potrà dare un risultato positivo, che assegnerà ai partiti una grande responsabilità, a cui ognuno risponderà con la formula che preferisce. Perché, vedete, io sono distante anni luce dall'idea di fare bislacche primarie sul web, ma non si può negare ad un partito la facoltà di fare quelle primarie, perché se si comprime la libertà dei partiti si comprime la democrazia, ed è per questo che i padri costituenti non vollero una legislazione pubblica sui partiti.
  Allora la dimensione del collegio ci renderà possibile sapere chi sono i candidati. I nomi saranno stampati sulle schede. I cittadini potranno valutare le liste che vengono proposte.
  È la soluzione migliore ? Non lo so; è una soluzione che potrebbe trovare d'accordo larga parte di questo Parlamento: vale la pena provarci.
  Vorrei toccare un altro argomento: il fatto, che è stato sollevato in questo dibattito, riguardo alla partecipazione dei voti dei partiti che non ottengono il quorum necessario all'ottenimento dei seggi, nel computo del premio.
  Ebbene, vorrei ricordare anche qui che con questa legge elettorale si esprime sì un solo voto di lista, ma che votando qualsivoglia lista all'interno della coalizione, si sceglie anche la coalizione, che prevede ancora il capo della coalizione. Ecco perché è giusto conteggiare nel premio anche i voti dei partiti che non raggiungono la soglia.
  E vedete, noi abbiamo acconsentito a questo percorso anche per la seconda parte, con onestà e trasparenza.
  Non ci è difficile, perché le riforme costituzionali che sono previste, al netto degli spot che ogni tanto servono ad oscurare l'azione del Governo – che si è perso: un giorno chiederemo a «Chi l'ha visto» dov’è finito –, la riforma del Senato, l'abolizione del bicameralismo perfetto, la riforma del Titolo V sono nostri cavalli di battaglia. Non abbiamo nessuna difficoltà a prenderci l'impegno che porteremo avanti questo percorso di riforme, perché sono riforme – mi sia consentito dirlo – che avevamo già fatto.
  E dobbiamo anche dirci con onestà, anche a chi appunto lancia ogni tanto degli spot, che non bastano queste riforme, non bastano se non agiremo sui regolamenti parlamentari, non bastano se non agissimo sulla forma di Governo.
  Però intanto facciamo queste, va bene, noi ci siamo, iniziamo un percorso, facciamolo con senso di responsabilità, facciamolo rinunciando a qualcosa ognuno e forse – forse – daremo finalmente una legge elettorale a questo Paese, frutto di una scelta più larga, più condivisa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PAOLA BINETTI. Signora Presidente, Governo e colleghi, la legge elettorale era necessaria, ma questa legge elettorale, con cui ci confrontiamo in questo momento, non è per noi una legge soddisfacente, e questa è la delusione. Per questo, però, c’è anche tutto l'impegno, da parte nostra, per migliorarla con determinazione e con convinzione. Non è un caso se tre nodi cruciali della legge sono stati in qualche modo evocati da tutti i colleghi che hanno parlato finora.
  Il collega di Forza Italia...

  MARCO MELONI. Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la legge elettorale è decisiva per la qualità della democrazia e l'efficienza del sistema istituzionale. Del resto, è stata una legge elettorale profondamente sbagliata a condannare le nostre istituzioni a un equilibrio instabile e a produrre un vulnus della rappresentanza democratica che ha giocato un ruolo rilevantissimo nel distacco tra cittadini e Parlamento. Questa legislatura ha preso avvio proprio quando si è trovata una strada, certo assai impervia, per cogliere due obiettivi: dare al Paese un Governo capace di far ripartire l'economia che un anno fa segnava un dato drammaticamente negativo, e superare la crisi istituzionale e democratica con un processo di riforme costituzionali. Non è certo questa la sede per affrontare il primo argomento sul quale le opinioni tra noi sono certamente e legittimamente differenti. Certo è che dopo che le scelte di uno dei partiti che componevano la maggioranza, Forza Italia, connesse alle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi, hanno, oltre che condizionato l'azione del Governo, interrotto il processo di riforme, siamo ora finalmente nelle condizioni per ripartire. È un impegno, adottare le riforme istituzionali più urgenti, che le forze di maggioranza hanno assunto l'11 dicembre con il voto di fiducia al Governo e che può ripartire grazie al forte impulso del Partito Democratico e del suo segretario eletto alle primarie dell'8 dicembre.
  Il nostro compito ora è realizzare un trittico di riforme: quella elettorale, resa ancora più urgente dalla sentenza della Corte costituzionale, e quelle costituzionali, finalizzate a superare il bicameralismo paritario e, dunque, della funzione legislativa e della natura elettiva del Senato, e di ridefinire la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni con la riforma del Titolo V della Costituzione. Il PD ha deciso di realizzare queste riforme evitando un errore capitale compiuto anche dal centrosinistra nel 2001 e replicato in termini ben peggiori dal centrodestra nel 2005. Riforme di questa natura si adottano con ampie maggioranze e devono essere aperte alla partecipazione di tutte le forze parlamentari.
  Ora passo ad alcune osservazioni sulla legge elettorale. Di fronte a noi abbiamo due necessità ineludibili: far fronte alle censure della Corte costituzionale e adottare scelte finalizzate, da un lato, a rendere più forte e legittimato il Parlamento, e, dall'altro, più stabile, e dunque capace di definire un orizzonte di legislatura, il Governo. Qui non posso entrare nel merito di tali questioni, però mi pare che esse vertano intorno a una domanda prioritaria: è possibile ampliare gli spazi di partecipazione democratica e riattivare il meccanismo della rappresentanza senza minare, ma anzi rafforzando, la stabilità del Governo ? Mi pongo dal punto di vista che considero più importante, quello del cittadino. Questa legge riconsegna al cittadino lo scettro, ovvero il potere di determinare chi lo rappresenta e chi è investito della responsabilità del Governo senza che sia alterata in modo irragionevole la rappresentanza democratica ? Sono queste, del resto, le censure di fondo che ha rivolto la stessa Corte costituzionale alla legge cosiddetta «Porcellum», la legge del 2005.
  Parto da quest'ultimo aspetto. La legge offre un buon punto di partenza all'esame parlamentare. La concessione del premio di maggioranza al primo turno è ancorata a una soglia minima. Il premio potrà essere determinato in misura ragionevole e contenuta e comunque con un effetto disproporzionalizzante e comparabile con quelli generalmente presenti nei sistemi elettorali dei Paesi democratici. Infine, qualora non sia raggiunta la soglia per l'assegnazione del premio, viene affidata ai cittadini, in un secondo turno, la scelta della maggioranza. Il lavoro parlamentare potrà perfezionare una serie di aspetti legati alle soglie e alla rappresentanza, ma l'obiettivo è chiaro: assicurare un Governo stabile, favorire l'evoluzione del sistema politico italiano in direzione di una democrazia decidente e aperta all'alternanza e garantire comunque lo spazio per le forze che si collocano al di fuori dell'assetto bipolare contingente. Con questa legge potrà finalmente operare in modo più trasparente il circuito delega-responsabilità-sanzione che sta alla base delle democrazie liberali.
  Quanto alla scelta dei parlamentari, le liste corte, con i nomi dei candidati affiancati ai simboli dei partiti, rendono certo il cittadino più consapevole. Rimane aperto, però, un punto: come vengono scelti quei candidati ? La Corte costituzionale, sulla legge precedente, afferma che essa privava l'elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti rimettendola totalmente ai partiti e negava l'effettività della scelta e la libertà del voto, alterando per l'intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza tra elettori ed eletti, contraddicendo così il principio democratico. L'elemento che unito alle liste bloccate rendeva la norma incostituzionale è certamente legato anche alla ridotta conoscibilità delle liste da parte degli elettori.
  Però, al di là della legittimità costituzionale delle liste bloccate corte per la totalità dei parlamentari, è necessario cogliere un punto essenziale: il «Porcellum» è divenuto così odioso e inviso ai cittadini soprattutto per le liste bloccate, e noi dobbiamo fare qualcosa di più per restituire loro il potere, oltre che di conoscere, di decidere direttamente chi li rappresenta in Parlamento. I metodi sono diversi: primarie, preferenze, liste modificabili o flessibili. Ma il punto deve essere affrontato. Noi del PD un punto, le primarie, lo abbiamo già adottato e lo adottiamo, però deve essere perfezionato e reso pubblico, perché riguarda l'intero Parlamento.
  Chi è stato eletto, come me, in Assemblee legislative sia con il voto dei cittadini sia in liste bloccate conosce bene la differenza, in termini di forza, derivante dalla rappresentanza popolare nelle due situazioni differenti. Tra l'altro, meccanismi di questo genere consentono di affrontare un altro tema su cui siamo ancora indietro e sul quale comunque è necessario intervenire: la parità di genere per l'accesso alle cariche elettive prevista dalla Costituzione.

  ENRICO ZANETTI. Signor Presidente, premesso che non ritengo quello delle preferenze un sistema migliore o peggiore in assoluto, trovo stupefacente che questo sistema non costituisca il punto di partenza del dibattito nell'istante in cui si va a modificare una legge elettorale in un contesto dove, per anni, si è spregiativamente parlato dei parlamentari come squallidi nominati invece che come nobili eletti.
  Un atteggiamento sprezzante e certamente non privo di fondamento che ha accomunato la quasi totalità dei cittadini e che è anche stato strumentalmente utilizzato dai capipartito per chiudere la bocca a quei parlamentari che, nonostante tutto, hanno cercato di interpretare il proprio ruolo con la coscienza critica dell'uomo leale ma libero. Cosa vuoi tu, chi ti crede di essere, sei solo un nominato mica un eletto, vota che Ruby è nipote di Mubarak e non rompere. Adesso basta ! Lo ripeto: le preferenze non sono affatto il sistema migliore, sono solo un sistema possibile. Se però in questo Paese è rimasto un briciolo di coerenza, dopo anni di screditamento populistico dal basso e screditamento cinico e interessato dall'alto della figura del parlamentare, si opterà allora per il sistema delle preferenze, con quanto di buono e di cattivo esso comporta. In alternativa, si troverà una mediazione accettabile e condivisibile sui collegi uninominali. Ma di certo, mi auguro, non si avrà la sfrontatezza di far passare come riforma o, come piace dire oggi, come cambiamento diverso, il comico passaggio da un sistema in cui vieni eletto perché sei primo in lista invece che ventesimo ad un sistema in cui vieni eletto perché sei il primo in lista invece che il sesto. Per favore.
  Detto questo, veniamo poi a due dettagli ulteriori non da poco: primo, la soglia che fa scattare il premio di maggioranza al primo turno va alzata dal 35 per cento perlomeno fino al 40 per cento, altrimenti si crea il presupposto di rischio di un premio di maggioranza più del 50 per cento dei voti effettivamente presi dalla lista vincente. Ricordiamoci poi che alzare questa soglia non significa rendere meno facile la governabilità, ma solo rendere meno facile prendere il premio di maggioranza senza vincerlo, come in verità sarebbe giusto che fosse sempre, in un ballottaggio al secondo turno. Per cui mi pare chiaro che non stiamo parlando di ostacoli frapposti dalla nobile esigenza di garantire governabilità al Paese, ma dalla gretta necessità per qualcuno di costruirsi una legge elettorale a suo uso e consumo.
  Secondo, vanno rese più ragionevoli le soglie di sbarramento per le liste in coalizione e le liste singole, soprattutto la soglia dell'8 per cento per le liste non in coalizione è semplicemente vergognosa. Per le liste che vanno in coalizione, invece, prima ancora di entrare nel merito dell'adeguatezza della soglia, ritengo debba valere il principio che il risultato di coalizione si calcoli computando esclusivamente i voti presi dalle liste che superano lo sbarramento. Perché è escludendo le liste che non superano lo sbarramento dal computo del risultato di coalizione che si elimina realmente il problema della proliferazione delle microliste, che è una cosa diversa dai partiti più piccoli. Altrimenti, si arriva all'assurdo che i voti dei cittadini ai partiti minori sono rese inutili quando si tratta di consentire ai cittadini di avere una rappresentanza che hanno liberamente scelto di votare, mentre sono magicamente mantenuti utili quando si tratta di consentire al capocoalizione di vincere e portarsi a casa il premio di maggioranza. Ma ri-perfavore.
  L'insieme di questi fattori – liste bloccate, premi di maggioranza prêt-à-porter, soglie di sbarramento per la rappresentanza dei cittadini, ma non per l'utilità dei leader – disegna un testo, a mio avviso, buono solo per cominciare finalmente a fare sul serio, ma da modificare in profondità.
  Concludo con tre considerazioni rivolte, rispettivamente, a ciascuno dei due promotori dell'accordo da cui è scaturita questa «meraviglia» di testo base ed alla mia area politica di naturale appartenenza.
  A Silvio Berlusconi dico che questo Parlamento non è quello del 2005 e se lo può scordare che voti con bovina placidità un testo palesemente concepito per continuare ad avere parlamentari deboli e per rendere quasi impossibile rappresentare ideali diversi da quelle che già trovano rappresentanza nelle forze di centrosinistra, se non al prezzo di essere suoi
vassalli e, tanto meglio, suoi servi sciocchi, che contribuiscono al risultato di coalizione e, poi, nemmeno entrano in Parlamento, a dare fastidio.
  A Matteo Renzi dico che, se, in astratto, riuscire a chiudere un accordo laddove nessun altro prima è riuscito costituisce giustamente motivo di orgoglio e di meritato consenso, quando però, in concreto, l'accordo lo si chiude perché il 95 per cento del suo contenuto è tarato su misura delle esigenze della propria controparte, allora ci si candida autorevolmente quale prossimo testimonial degli spot pubblicitari con il divertente slogan: «Ti piace vincere facile». Della serie, così sono capaci tutti.
  Alla mia area politica di naturale appartenenza, infine – quella dei cittadini più attenti alla sostanza delle proposte che non ai decibel dei toni, quella dei cittadini che vogliono provare a dare un contributo al rinnovamento della politica del Paese in spazi liberi, dove non sia per forza necessario mettersi in fila dietro ad altri che pretendono precedenza solo perché c'erano prima, quella delle persone genuinamente liberali, senza essere assolutamente liberiste – dico che la nostra agibilità politica non è, comunque, appesa a soglie di sbarramento che, alte o basse, è giusto e doveroso prevedere, ma la capacità di riunire e mettere insieme i mille rivoli in cui oggi è dispersa la nostra straordinaria forza e passione civica. E a questo da oggi, anzi da ieri, bisogna lavorare (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, mi hanno detto che ho sette minuti, perché si è ritirato e ha passato i suoi quattro minuti l'onorevole Di Lello. Quindi, ho preparato un intervento di sette minuti a nome di tutto il gruppo.

  DORINA BIANCHI. Signora Presidente, il Nuovo Centrodestra, vorrei essere chiara, si è schierato con nettezza a favore del bipolarismo e ritiene la governabilità un bene imprescindibile.
  Di conseguenza, ritiene che il sistema istituzionale nel suo complesso, e non solo la legge elettorale, devono essere riformati a questo fine, ed è per questo che abbiamo chiesto per primi e più volte che alla riforma elettorale seguisse anche la riforma del Senato e del Titolo V. Il Nuovo Centrodestra non vuole, nel modo più assoluto, sistemi istituzionali ed elettorali che impongano le larghe intese, le quali sono sempre un modo per rispondere a delle eccezionalità e che non devono sicuramente essere una normalità né una costrizione dettata da un sistema elettorale. Per questa ragione il Nuovo Centrodestra si è dichiarato subito a favore del sistema basato sul doppio turno di coalizione, l'unico sistema, oltre quello francese basato sull'elezione diretta del Presidente della Repubblica con il doppio turno, in grado di poter assicurare la governabilità a fronte di un sistema politico divenuto tripolare – perché vorrei ricordare a tutti noi che non siamo di fronte a un sistema bipolare, ma abbiamo oggi tre partiti che hanno su per giù la stessa percentuale –, grazie a un eventuale ballottaggio tra le prime due liste o coalizioni di liste.
  Con il sistema dei sindaci, invero, si vince al primo turno superando il 50 per cento dei voti oppure si vince nel ballottaggio superando il 50 per cento dei voti. In questo sistema, come si vede, non esiste alcun premio di maggioranza perché comunque è la maggioranza degli elettori a decidere l'assegnazione della maggioranza dei seggi. Non è una legge elettorale che decide il premio, ma sono gli elettori che decidono chi vince. Si può ammettere che al primo turno si vinca ponendo l'asticella più in basso del 50 per cento dei voti e quindi prevedendo un premio di maggioranza da assegnare al primo turno, ma occorre fare molta attenzione: non si può scendere troppo al di sotto con questa asticella. La soglia per accedere al premio, ma anche le diverse soglie di sbarramento che lo caratterizzano non possono produrre nel loro complesso eccessive disproporzionalità tra voti e seggi, altrimenti non si rispetta la sentenza della Corte, che ha bocciato la legge Calderoli proprio per l'eccessiva divaricazione tra rappresentanza, cioè il numero dei seggi, e il consenso elettorale che essa ha prodotto.
  La legge Calderoli, va ricordato, fu scritta quando il sistema politico era nettamente bipolare. Vi erano due coalizioni poco al di sotto del 50 per cento dei voti (nel 2006 furono entrambe sopra il 49,5 per cento) e le disproporzionalità erano pertanto estremamente contenute. Nel 2008 il centrodestra vinse con il 47,5 per cento dei voti e in conseguenza delle liste che rimasero sotto la soglia di sbarramento avrebbe ottenuto 320 seggi senza premio di maggioranza; il premio per giungere a 346 fu pertanto soltanto di 20 seggi. Questa legge è stata bocciata dalla Corte per l'assenza di una soglia minima per conseguire il premio che, a fronte di un sistema tripolare in cui nessuno dei tre poli ha superato il 30 per cento alle elezioni del 2013, ha determinato un'abnorme disproporzionalità tra voti (29 per cento) e seggi (cioè il 55 per cento).
  Occorre ora fare molta attenzione – come dicevo – per non ricadere nuovamente nello stesso vizio di costituzionalità. Nel sistema proposto dal relatore, che ora è all'esame dell'Aula, ancorché migliorato con modifiche annunciate, si possono infatti determinare delle assurdità – come specificherò tra breve – che si potrebbero produrre in eccessi di sproporzionalità ancora maggiori della legge Calderoli. Quali sono queste assurdità. Esaminiamole. Ne abbiamo individuate almeno sette e con sette esempi le portiamo all'attenzione della Camera affinché si adottino le correzioni del caso. Noi riteniamo necessaria, in particolare, una clausola di salvaguardia che può porre il sistema al riparo di vizi di costituzionalità. Però vorrei prima porre alla vostra attenzione questi sette esempi. Faccio il primo. Alle elezioni si presenta una coalizione composta da cinque liste; la coalizione ottiene complessivamente il 37 per cento dei voti.
  Arriva prima e conquista con il premio di maggioranza il 53 per cento dei seggi.
La prima lista ottiene il 21 per cento dei voti, mentre le altre 4 ottengono insieme il 16 per cento dei voti ma si fermano tutte sotto la soglia del 4,5 per cento. Tutti i seggi della coalizione vanno alla prima lista, con il 21 per cento dei voti, e si porterà a casa il 53 per cento dei seggi, con un premio di maggioranza del 32 cento, superiore a quello attribuito alle ultime elezioni, che ha innescato poi la sentenza della Corte.
  Secondo esempio. Alle elezioni si presenta una coalizione di due liste, che ottiene complessivamente l'11,5 per cento dei voti, che sono quasi 4 milioni di voti. Le due liste superano entrambe la soglia del 4,5 per cento; ma poiché la coalizione non ha superato quella del 12 per cento, a loro non spetta alcun seggio.
  Terzo esempio. Alle elezioni si presenta una coalizione di quattro liste che ottiene il 17 per cento dei voti: oltre 5,5 milioni di voti. Ma poiché nessuna delle liste supera la soglia del 4,5 per cento, non ottiene alcun seggio.
  Quarto esempio. Alle elezioni una lista si presenta senza coalizzarsi con altre liste. Ottiene più di 2,5 milioni di voti; ma, non superando la soglia dell'8 per cento, non ottiene alcun seggio. Alle stesse elezioni una lista si presenta solo in 3 regioni ed ottiene 300.000 voti. Avendo superato la soglia dell'8 per cento in solo tre regioni, una molto grande e semmai due regioni più piccole, ottiene seggi in proporzione ai voti.
  Quinto esempio. Alle elezioni alla Camera la coalizione A supera il 37 per cento, arriva prima, mentre al Senato è la coalizione B a conquistare il premio. E questo può accadere, perché le due Camere hanno elettorato attivo diverso: per la Camera votano i diciottenni, e per il Senato solo gli elettori al di sopra dei 25 anni. La corrispondenza tra voti e seggi è stata alterata in nome della governabilità, ma il Paese è ingovernabile. L'attribuzione di due premi di maggioranza a diverse coalizioni rende anche più difficile realizzare dopo le elezioni un'ampia intesa di Governo.
  Sesto esempio. Alle elezioni nessuna coalizione supera, alla Camera e al Senato, la soglia del 37 per cento dei voti necessaria per ottenere il premio di maggioranza. Si procede al secondo turno di ballottaggio, ma alla Camera le prime due coalizioni ammesse al ballottaggio sono A e B, mentre al Senato sono B e C. Ma anche se fossero le stesse due coalizioni in entrambe le Camere, occorrerebbe comunque consegnare agli elettori due schede diverse, perché sono diversi gli elettorati. Pertanto nei due ballottaggi, alla Camera può vincere la coalizione A, che ottiene il 55 per cento dei seggi, mentre al Senato vince la coalizione B, che otterrebbe l'altro 55 per cento.

  ROSY BINDI. Signor Presidente, colleghi, io credo che tutti noi avvertiamo la serietà e la gravità del momento e tutti noi sentiamo quale grave responsabilità pesa sulle nostre spalle. Anche la giornata di ieri e gli sviluppi che ha avuto oggi e che magari avrà anche nei prossimi giorni sono un ulteriore imperativo a cogliere, in questo percorso che inizia con la discussione generale sulla legge elettorale, una possibilità di rispondere ad una necessità, forse la prima necessità di questo momento, per restituire credibilità alla politica, alle istituzioni, e soprattutto per riallacciare quei legami con i cittadini e con il nostro Paese.
  Allora credo che se tutto ciò è vero ed è da noi condiviso, dovremmo muoverci stabilendo tra di noi un punto d'incontro fondamentale. Tutti noi vogliamo portare a termine questo processo riformatore che finalmente ha avuto un nuovo inizio e tutti noi però ci muoviamo nell'intento di migliorare il punto di partenza e possibilmente anche quello che auspichiamo essere il punto di arrivo. Allora, la prima sottolineatura che vorrei fare è questa: la legge elettorale è la prima riforma, vogliamo che il processo riformatore che ci siamo reciprocamente dichiarati si compia nella sua pienezza, che si proceda oltre che a una nuova legge elettorale, alla riforma del bicameralismo e alla riforma del Titolo V. Quindi io ritengo che il primo impegno che dovremmo assumere nell'approvare questa legge elettorale, questo nuovo sistema elettorale, è quello di prevedere una clausola di salvaguardia: questa legge elettorale entrerà in vigore nel momento in cui avremo completato il processo riformatore della nostra Carta costituzionale, perché penso che in questa visione complessiva noi diamo inizio a questo percorso.
  L'altra sottolineatura che vorrei fare è la seguente: sappiamo bene che questo inizio di percorso è frutto di un accordo che è stato siglato fuori da questo Parlamento da due leader che peraltro non sono presenti in questo Parlamento; noi l'abbiamo ritenuto un'avvio possibile, ritengo però che nessun accordo sia immodificabile, tantomeno può essere considerato immodificabile un accordo che è stato siglato fuori delle Aule parlamentari (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Per l'Italia). Questo è un accordo che può essere migliorato, e i segnali che abbiamo avuto nella giornata di ieri ci dicono che è caduto il principio della immodificabilità, si può migliorare ancora. Io sono fra coloro che ritiene che il ballottaggio o doppio turno, come lo si voglia chiamare, di coalizione è sicuramente una garanzia e lo è diventata ancora di più nella prospettiva dell'innalzamento della soglia che si deve raggiungere al primo turno, pena appunto il ricorso al ballottaggio.
  Il doppio turno deve essere vero, il ballottaggio deve essere davvero prevedibile e possibile, pena il formarsi al primo turno di coalizioni disomogenee, pena, ancora una volta, la messa a rischio della governabilità, che è forse uno dei primi, o forse il primo obiettivo che ci poniamo con questa legge scegliendo il ballottaggio. Quindi, l'innalzamento che ci è stato annunciato è considerato un dato positivo e penso che lo si possa considerare soddisfacente, ma ci sono altri miglioramenti da apportare e credo anch'io che noi dobbiamo approvare questa legge elettorale stando molto attenti alla sentenza della Corte costituzionale e quindi, nel momento in cui ci poniamo l'obiettivo di superare il ricatto che i piccoli partiti spesso hanno rappresentato in questi anni, non possiamo neppure pensare ad un sistema che dal bipolarismo improvvisamente ci porta al bipartitismo cannibalizzando i piccoli partiti.
  Questo è un Paese a vocazione coalizionale ed io credo che si debbano rivedere le soglie, sia quelle dei partiti in coalizione, sia soprattutto quella delle forze politiche fuori coalizione. Anch'io sono interessato a dare rappresentanza alla Lega in Parlamento, ma sarebbe davvero assurdo che ci si preoccupi di dare rappresentanza a un partito che si presenta in tre regioni, ignorando una forza politica che si presenta in tutto il Paese.
  L'ultima cosa riguarda le liste bloccate: guardate, la sentenza della Corte dice anche un'altra cosa, che le preferenze sono costituzionali e che lo sono soprattutto se rispettano la differenza di genere. Io non sono tra coloro che le ha mai particolarmente amate, ma non le ha mai neanche demonizzate. Una cosa la so per certo: che non possiamo ripresentarci agli italiani con le liste bloccate perché, se è vero, come ha detto l'onorevole Parisi, che in nessun Paese europeo salvo la Grecia ci sono le preferenze, è anche vero che in nessun Paese europeo è stata vigente per tre consultazioni elettorali una legge come il Porcellum. E le leggi elettorali si fanno per il luogo e per il tempo – ho terminato, Presidente –, e questo tempo è il tempo nel quale va restituita ai cittadini italiani la possibilità di scegliere i Governi, ma anche la possibilità di scegliere i parlamentari, pena una definitiva rottura tra le istituzioni e il Paese (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia).

  GIOVANNI MONCHIERO. Signora Presidente, io quasi quasi potrei dire che sottoscrivo l'intervento della collega Bindi, ma, dato che due appunti li avevo scritti, vorrei riprendere alcuni concetti, restando un pochettino a livello di principi e un po’ meno su quello delle tecnicalità.
  In quest'Aula, troppo spesso, noi celebriamo riti antichi che comportano un uso distorto della parola, la parola diventa vana: qui tutti hanno diritto di parlare e nessuno sente il dovere di ascoltare. Sarebbe bello che, per una volta, uscissimo da questo copione e usassimo la parola in modo consono alla solennità del momento, perché, in questo momento, noi stiamo per scrivere una nuova legge elettorale.
  Nel dibattito pubblico, anche da parte di illustri politologi e di autorevolissimi maestri di pensiero, la legge elettorale è stata trattata alla stregua di un corollario tecnico, il cui scopo primario sarebbe quello di garantire la governabilità. Ebbene, noi siamo in un regime parlamentare ed è ovvio che il Parlamento abbia anche questa funzione, però la legge elettorale è molto di più: è il fondamento della democrazia. Di questi tempi, anche la parola «democrazia» è stata spesso svilita, ma dovremmo per una volta riportarla al centro del nostro dibattito e, anziché perseguire l'interesse della nostra forza politica – ognuno la propria, ovviamente – secondo alchimie contorte, rispondere in primo luogo all'esigenza di dare corretta rappresentanza ai cittadini.
  Abbiamo letto sui giornali e ascoltato anche ad inizio di seduta trattative da venditori di tappeti: «se accetti il 37 ti do uno 0,5 in meno e dal 5 si passa al 4,5». Io su questo terreno non ho niente da dire e non voglio dire niente. Esporrò, invece, un concetto elementare ed ineludibile: o vogliamo un Parlamento di eletti o vogliamo un Parlamento di nominati.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (Vedi RS)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 19,15)

  Intervengono altresì nella discussione sulle linee generali i deputati ANDREA GIORGIS (PD) (Vedi RS), ROCCO BUTTIGLIONE (PI) (Vedi RS), BARBARA POLLASTRINI (PD) (Vedi RS), ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI) (Vedi RS) e GIANCLAUDIO BRESSA (PD) (Vedi RS).

  ANDREA GIORGIS. Signor Presidente, riscrivere la legge elettorale attualmente in vigore dopo la sentenza della Corte costituzionale, modificare il Titolo V e superare il bicameralismo perfetto sono tre riforme necessarie e tra loro strettamente collegate, tre riforme che occorre approvare al più presto per cercare di ricostruire un rapporto di fiducia nelle istituzioni rappresentative e, per questa via, rafforzarne la capacità di governo.
  Che la nostra democrazia sia una democrazia debole, che vi sia, insomma, un problema di governabilità, è noto. Ma la democrazia italiana è anche un altro problema, altrettanto grave, che con il passare del tempo si è venuto sempre più aggravando e che, per certi versi, è all'origine dello stesso problema della governabilità e della decisione: è il problema della rappresentatività, della fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche e, soprattutto, nella mediazione politica e nei corpi intermedi.
  Non è qui necessario soffermarsi a spiegare come l'effettivo esercizio dei diritti politici necessiti di corpi intermedi, capaci di promuovere partecipazione e di elaborare, attraverso la partecipazione, proposte e soluzioni adeguate. Il punto sul quale vorrei soffermare l'attenzione è che anche la decisione, anche la capacità di governo delle istituzioni rappresentative e, in particolare, la capacità di politiche redistributive e inclusive, ha bisogno di partecipazione organizzata e meditata, ha bisogno di partiti politici e di sintesi politica. La forza delle istituzioni e la loro capacità decisionale dipende, infatti, dalla loro legittimazione democratica, dalla loro capacità di interpretare attese e domande sociali, dal loro radicamento, dalla loro capacità di promuovere processi di integrazione politica reali, sostanziali.
  L'idea che alle difficoltà della mediazione politica e della sintesi programmatica si possa rimediare attraverso l'ingegneria elettorale e costituzionale, l'idea, cioè, che alla crisi dei partiti si possa rispondere con l'introduzione di norme giuridiche che prescrivono accordi di coalizione ed impongono semplificazioni elettorali, è un'idea che l'esperienza di questi anni ci ha dimostrato essere priva di fondamento. Coalizioni ampie e molto eterogenee possono vincere le elezioni, ma non governare.
  Altrettanto infondata e pericolosa rischia di essere l'ipotesi, che alcuni continuano a sostenere, di semplificare il quadro politico drasticamente, per legge, extraparlamentarizzando le forze politiche minori, anche di una certa consistenza. La semplificazione del sistema politico e la costruzione di una democrazia dell'alternanza sono esigenze reali, ma una eccessiva e astratta semplificazione priva di sostanza programmatica rischia di tradursi esattamente nel suo contrario, nella polverizzazione dell'intero sistema rappresentativo e, di conseguenza, nella sua ulteriore perdita di capacità regolativa.
  In questa prospettiva, il Parlamento potrà e dovrà dare un contributo significativo nell'intervenire sul testo base che è stato adottato questa mattina in Commissione, e dovrà intervenire concentrando la propria attenzione soprattutto su tre questioni che sono già state ricordate ed evidenziate da molti colleghi che mi hanno preceduto.
  Vi è innanzitutto la questione del riconoscere ai cittadini una qualche possibilità di scelta dei candidati. Il problema delle liste bloccate è un problema che va affrontato e risolto nell'ambito del problema del come ricostruire una maggiore vicinanza tra elettori ed eletti, come ricostruire un rapporto di fiducia nel Parlamento e nei parlamentari.
  Ma nella stessa prospettiva, quella, appunto, di ricostruire un rapporto di fiducia e, in questo modo, di rafforzare la capacità decisionale del Parlamento, occorre affrontare il problema delle soglie e degli sbarramenti. La Corte costituzionale lo ha ricordato. Sono ammissibili dei correttivi, sono ammissibili dei premi, è possibile introdurre degli istituti che premiano i soggetti che conseguono un numero di voti più consistenti, ma occorre rispettare un principio di ragionevolezza, occorre cioè che il premio rispetti quel principio di uguaglianza del voto in entrata e uscita e che le soglie di sbarramento non giungano fino al punto di escludere dal Parlamento la rappresentanza di soggetti e di cittadini numerosi e consistenti. Ecco allora che la discussione qui in Parlamento sarà – e io di questo sono sicuro – il momento e il luogo nel quale l'esigenza della rappresentatività e, di conseguenza, l'esigenza della governabilità, troveranno soddisfazione, e il Parlamento dimostrerà ai cittadini di essere capace di corrispondere a quel monito che la Corte costituzionale ha lanciato nell'approvare la recente sentenza n. 1 del 2014 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, io non sono uno di quelli che si stracciano le vesti perché Berlusconi e Renzi si sono incontrati e hanno anche aperto un dialogo, per fare che ? Per facilitare un accordo da raggiungere in Parlamento o per sostituire il Parlamento con un accordo raggiunto fuori del Parlamento e ratificato in sede parlamentare ? Ecco, io ho un dubbio e vorrei che qualcuno mi spiegasse qual è il senso politico della vicenda che stiamo vivendo. Perché, quando io vedo poi che un progetto di legge passa di corsa per la Commissione, senza essere discusso, come se fosse vitale che venga incardinato, magari anche approvato, prima della fine del mese di gennaio, mi nasce qualche dubbio che non sia stata la giusta azione di facilitazione dell'attività parlamentare per raggiungere un accordo, ma sia stata una sostituzione del Parlamento e un cambiamento della funzione del Parlamento. Su questo, credo che tutti quanti noi dobbiamo fare una riflessione, ma credo che soprattutto i colleghi di Forza Italia e i colleghi del Partito Democratico siano debitori di qualche spiegazione più convincente a quest'Aula parlamentare.
  Seconda osservazione: io sono contento che si arrivi ad una nuova legge elettorale, perché il Paese la chiede, perché se n’è parlato per tanto tempo e perché quindi anche una brutta riforma è meglio che nessuna riforma al punto al quale siamo arrivati; tuttavia anche qui ho qualche perplessità. Mi domando: siamo consapevoli del fatto che stiamo vivendo un tempo di crisi della democrazia (non crisi della democrazia italiana – non siamo provinciali –, crisi delle democrazie occidentali; quella italiana forse un filo più grave di quella di altre, ma insomma...), di crisi della democrazia occidentale, per la difficoltà di mettere insieme rappresentanza e governabilità ?
  Forse questo ha a che fare con un allentamento della tensione morale nella politica, forse ha a che fare con la deideologizzazione, forse ha a che fare con la crisi dei tre grandi partiti storici, che erano partiti fortemente ideologizzati.
  Questo mette in libertà enormi energie, che non si coaugolano da nessuna parte.
  Qual è la risposta alla crisi della democrazia ?
  Una risposta certamente è ridurre la rappresentanza: facciamo in modo, visto che nessuno riesce più a mettere insieme il 51 per cento, che si possa governare con il 45 per cento... con il 40... con il 35... Con meno ? Io non mi scandalizzo, capisco che esistano reali problemi di governabilità che impongono di seguire questo percorso. E tuttavia questa non può essere la risposta definitiva, questo è un palliativo.
  La risposta definitiva è che nascano o che si ravvivino antiche tradizioni culturali o che nascano nuove caratterizzazioni culturali capaci di aggregare una vera maggioranza politica nel Paese. Altrimenti su questa china non c’è punto di arrivo. Io credo che dobbiamo attaccare due miti dominanti: uno è quello del decisionismo.
  C’è una leggenda, che corre in Germania, che racconta che nel 1920, a Monaco, si incontrarono Max Weber e il generale Ludendorff, che è stato un grande esponente del militarismo prussiano ed anche un precursore del nazismo. E Weber spiega a Ludendorff un'idea di democrazia: si elegge un capo, quel capo sta lì per cinque anni, poi dopo se non ha funzionato lo fuciliamo e mettiamo al suo posto un altro.
  Non è un'idea che funziona: dopo 5 anni è difficile toglierlo di lì; poi noi siamo contrari alla pena di morte, quindi non lo vorremmo neanche fucilare.
  C’è un'idea: mettiamo tutto il potere nelle mani di uno solo. Questa è un'idea che noi dobbiamo combattere. C’è una deriva plebiscitaria che rischia di travolgere la nostra democrazia, portata dai giornali, portata da tutti quelli che si lamentano per i ritardi e le inefficienze del parlamentarismo.
  Dobbiamo dare un sistema parlamentare efficiente, ma non dobbiamo cedere a questa deriva. C’è un'ondata antiparlamentare che ricorda il clima «diciannovista», quel clima di disprezzo per il Parlamento, di disprezzo per la democrazia, di disprezzo per le regole, di volontà della decisione ad ogni costo che sfocia nella volontà di prepotenza che abbiamo sentito di recente anche in queste Aule. A questo bisogna opporre un sentimento forte delle istituzioni, una difesa della democrazia.
  E allora: dobbiamo digerire una riduzione della rappresentanza in nome della governabilità ? Stiamo attenti. Sì, io dico di sì. Fin dove ? Ci rendiamo conto che dare un premio di maggioranza che porta al 55 per cento chi nel Paese ha avuto il 37 per cento, significa fare in modo che il voto di quelli vale una volta e mezzo il voto degli altri ? Siamo consapevoli di questo ? E siamo contenti ? Ci va bene ?
  E se andiamo al secondo turno ? Se andiamo al secondo turno, e si va al secondo turno con due blocchi che hanno avuto ognuno metti il 30 per cento, il 27 e mezzo per cento ? Invece di una volta e mezzo, varrà due volte il voto degli altri ?
  Ci avviciniamo pericolosamente ai livelli della legge Acerbo, che già qualcuno in quest'Aula ha citato. Allora, il valutare qual è il premio di maggioranza ragionevole non è una cosa da poco. Certo, questa obiezione potrebbe essere abbattuta se tra il primo e il secondo turno si formassero le coalizioni e se il premio di maggioranza fosse dato alla coalizione che si è formata tra il primo e il secondo turno.
  Allora sì, allora c’è lo spazio per formare le coalizioni, quella cultura della coalizione a cui faceva riferimento prima Rosy Bindi e prima di lei Aldo Moro, per fare soltanto un nome fra i molti possibili. Allora sì, allora il secondo turno è vera legittimazione a maggioranza di una formula di Governo.
  Però questo io nella proposta di legge elettorale non l'ho letto, anzi, ho letto un divieto – non nella proposta di legge elettorale, in alcuni commenti di stampa – un divieto a formare le coalizioni tra i due turni. Allora questo cosa vuol dire ? Che alla fine prende il 55 per cento del Parlamento chi ha avuto il 25 o il 30 per cento dell'elettorato ?

  Perché questo è il punto a cui saremmo arrivati, con questa legge, nelle passate elezioni. Questo è il punto a cui saremmo arrivati. Aggiungiamo il fatto che i partiti minori in coalizione non vengono rappresentati e la loro rappresentanza è data dal partito più grande; noi potremmo arrivare tranquillamente ad un partito che, con il 25 per cento del voto reale, o forse anche meno, ha il 55 per cento dei seggi in Parlamento.
  Io inviterei a stare attenti. Inviterei anche a valutare un altro elemento. Abbiamo la soglia di sbarramento e abbiamo il premio di maggioranza. Non sono molti i Paesi che hanno la soglia di sbarramento e il premio di maggioranza; uno dei due sì – magari –, ma tutti e due, tutti e due... non stiamo andando un po’ troppo oltre ? Invece di sacrificare parzialmente le ragioni della rappresentanza a quelle della governabilità, non rischiamo di sacrificare la rappresentanza ? Per costruire una democrazia senza rappresentanza ? Mi sembra difficile.
  Un'altra osservazione, ovviamente ogni osservazione avrebbe bisogno di essere spiegata molto più ampiamente, ma non abbiamo avuto molti tempi per discutere questa legge. Ci rendiamo conto che non è scritto da nessuna parte – no, è scritto in molti manuali, ma non è scritto nella Costituzione –, ma la Costituzione italiana ha un impianto proporzionalistico, nel senso che definisce una figura di Presidente della Repubblica, il quale è lì non come rappresentante di una parte, ma di tutti, e proprio per questo deve essere eletto con una maggioranza più ampia di quella che sostiene un Governo ? Ci rendiamo conto che noi potremmo dare a una forza politica che ha il 25-30 per cento abbastanza voti da eleggere il Presidente della Repubblica ? E da eleggere il Consiglio superiore della magistratura ? E da eleggere la Corte costituzionale, o almeno una gran parte della Corte costituzionale, i rappresentanti del Parlamento nella Corte costituzionale ?
  Non sentiamo il bisogno di ricalibrare la Costituzione per riadattarla ad una situazione nella quale, bon gré mal gré, noi stiamo attribuendo un enorme vantaggio a una parte politica, quella che riesca ad avere un voto in più rispetto a quelli degli altri ? Io credo che noi dovremmo tornare – chiudo, signor Presidente – a riflettere sul compito della politica, che è di aggregare, non di governare senza avere aggregato. E questo naturalmente investe le singole forze politiche: partitini che dovrebbero mettersi assieme e sono tenuti divisi da personalismi non spiegabili, antiche forze le quali, invece di aprirsi veramente per essere capaci di costruire autentiche maggioranze, puntano sul premio di maggioranza per sostituire la carenza di rappresentatività.
  Ma qui io mi fermo perché non ho più tempo e perché ci vorrebbe un lungo dialogo, un lungo discorso, per affrontare questo, che è il vero problema della democrazia italiana (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  BARBARA POLLASTRINI. Signor Presidente, abbiamo vissuto poche ore fa episodi estranei a ogni cultura democratica e un'offesa imperdonabile alle colleghe. Distinguere tra l'opposizione più dura e aspra e l'agibilità politica nelle istituzioni è un principio scolpito nella Carta. Noi questa distinzione la difendiamo.
  Anche per questo l'allarme – sì, l'allarme – verso uno stile paraeversivo e l’escalation verso il Capo dello Stato non ci indurrà, lo voglio sottolineare, non ci indurrà – lo diceva Rosy Bindi –, a ridurre lo spazio del confronto democratico, qui, limpidamente in Aula anche con chi nutre riserve o contrarietà su questa proposta di legge.
  Ascolto, dunque, e confronto per migliorare la proposta. Ma certo poi una decisione. Quando, come mostrano alcuni studi, tanti, troppi italiani ritengono inutile la democrazia e non sono ostili al ritorno dell'uomo forte e in Europa soffiano spinte nazionaliste, ci sono due modi per reagire. Ecco, noi vogliamo scegliere la strada per cui quella parola, «democrazia», recuperi senso per i giovani e non sia amara per chi, negli anni alle spalle, l'ha saputa difendere. Per questo la legge elettorale va discussa anche come parte di un trittico di riforme altrettanto decisive: il Senato delle autonomie, delle regioni; la fine del bicameralismo; la riforma Titolo V della Costituzione.
  Ora poche parole, nel minuto che mi resta, sul testo. Ci sono punti fermi: bipolarismo, per favorire l'alternanza; governabilità e rappresentatività.
  Ma se è così, alcuni capitoli secondo me vanno corretti e migliorati proprio a favore della rappresentatività e dell'aggregazione coalizionale. Mi riferisco alla soglia da alzare per il premio di maggioranza e, viceversa, alle soglie di sbarramento da abbassare e, ancora, al nodo delle liste bloccate, risolvibile, come ricordavano altri colleghe e colleghi, in più modi: primarie, collegi uninominali o con la doppia preferenza. E mi riferisco all'utilità – lo voglio sottolineare – di marcare il collegamento con una norma di salvaguardia al superamento del Senato in tempi che siano altrettanto certi e non rinviabili. Ma, Presidente, c’è una responsabilità costituzionale che vivo come un imperativo morale perché questo Parlamento, più giovane e femminile, sia da esempio e lasci qualcosa di positivo. Mi riferisco alla rappresentanza di genere e alle norme che derivano dal rispetto pieno degli articoli 3 e 51 della Costituzione. Il testo attuale da questo punto di vista è persino offensivo. Se rimanesse questo modello di liste plurinominali, va prevista l'alternanza di genere e il 50 per cento fra i capilista. Non stiamo parlando di una cosa secondaria, ma di qualità, efficacia e, posso aggiungere, di prestigio da recuperare verso la democrazia.
  Il mio partito ha un bel nome, credo il nome più bello, si chiama Partito Democratico, e devo dire che ha un certo pluralismo al suo interno e una vivacità evidente nel confronto delle idee. Ma su una cosa credo di poter dire che siamo uniti: siamo impegnati a tagliare il traguardo. Votare una buona legge è vitale per la credibilità della politica, farla bene, però, è una necessità per la democrazia italiana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, colleghi, in questi giorni si è parlato moltissimo di una riforma epocale parlando di questa proposta di legge. Sicuramente è un passaggio importante per una politica che negli ultimi anni ha perso di credibilità di fronte ai cittadini e, soprattutto, per la crisi di rappresentanza alla quale molti colleghi hanno fatto riferimento. Io vorrei parlare brevemente, riassumendo le cose che a me sembra siano positive, uguali a prima e negative. Quelle positive sono sicuramente il fatto che siamo qui e, cioè, che si è arrivati in Aula dopo moltissimo tempo, dopo che i partiti per parecchi anni hanno parlato malissimo di questa legge per poi non fare nulla per diversi veti incrociati e anche per un certo interesse che credo tutti abbiano avuto a mantenere il «Porcellum» finché la Corte costituzionale non ci ha costretti a muoverci. L'altro elemento positivo è sicuramente il passaggio dalle famose liste bloccate lunghissime a queste un pochino più corte, anche se in termini di riconoscibilità ed effettiva scelta del cittadino siamo ancora abbastanza lontani da una situazione ideale. L'altro aspetto ancora, che è sicuramente un dato positivo in relazione alla sentenza della Consulta, è l'inserimento di una soglia per il premio di maggioranza, per quanto al momento insufficiente.
  Alcune cose sono rimaste identiche perché è rimasto un sistema proporzionale, sono rimaste le liste bloccate, per tornare al tema di prima, e, quindi, è rimasto un controllo sostanzialmente assoluto dei partiti sui candidati. Ed è rimasta la possibilità di un premio di maggioranza elevatissimo in rapporto a quelle che sono le soglie previste per ottenere il premio di maggioranza, sia in termini di dimensione del premio, sia in termini di sbarramento. Infatti, il combinato disposto, come vedremo e come è stato detto, determina una serie di squilibri. Io credo che uno degli aspetti fondamentali in questa riforma sia proprio il problema del difetto di rappresentatività che nasce dalla combinazione tra il premio di maggioranza al 35 o al 37 per cento – adesso apprendiamo che sarà al 37 – e la soglia di sbarramento, perché si determina un meccanismo, come è stato già più volte detto, che consente ai partiti maggiori di utilizzare i voti dei partiti minori per ottenere il premio, con potenziale raddoppio addirittura dei seggi relativi ai voti. Ma a parte questo, credo sia importante che questo meccanismo determina una forma di scarsissima informazione per l'elettore.
  Infatti, chi va a votare vota un partito sapendo che fa parte di una coalizione. Dopodiché rischia di non solo far vincere la sua coalizione e portare il premio esclusivamente ad un altro partito. Paradossalmente rischia anche di fare eleggere candidati in una circoscrizione diversa dalla sua di un altro partito. Se poi ci aggiungiamo anche il possibile, come alcuni propongono, apparentamento in coalizione tra un turno e l'altro, il livello di conoscenza dei risultati del proprio voto del cittadino è sostanzialmente inesistente, a meno che non vada a votare con il libro sotto il braccio. Per cui credo che la complicazione del sistema sia tale per cui sia difficilissimo poi pensare ad un voto realmente informato.
  L'altro aspetto che credo sia molto negativo in questa proposta, almeno l'aspetto che credo che in questi giorni è comparso soltanto sui giornali come parte del negoziato, è la famosa ipotesi dell'emendamento «salva Lega». Ora, lasciando perdere ogni considerazione di tipo localistico, prevedere, come ho letto sul giornale, che un partito possa beneficiare di una soglia più favorevole perché non si è presentato alle elezioni in più di tot regioni, bene, questa è una cosa semplicemente assurda. Noi abbiamo il Regolamento del Senato che consente, ad esempio, la deroga sui gruppi per chi si è presentato in almeno quindici regioni. Non ha alcun senso premiare in una elezione nazionale a collegio nazionale, qualcuno che si è presentato solo in alcuni posti. O meglio ce l'ha un pregio: conviene agli altri partiti della sua coalizione, ma questo tipo di accordo, per usare un termine caro a chi in questi giorni sta partecipando alle trattative direttamente, è il risultato di un inciucio, perché è risultato di un accordo e di una trattativa che non ha nessuna logica, perché non si parla di minoranze linguistiche o di altro ma solo di chi ha scelto determinate regioni che potrebbero essere anche sparse in giro per l'Italia, non ha nessun radicamento locale ed è una completa assurdità.
  È il frutto di una trattativa. È giusto che ci siano trattative. Come è stato detto più volte, è del tutto normale che ci siano trattative di questo tipo fuori dal Parlamento. Però dovrebbero essere trattative in alcuni aspetti un po’ più alte. Leggere ancora una volta sui giornali che la soglia di sbarramento sarà il 4-4,5 per certo, come ho detto sembra più un tasso di interesse che non una soglia per uno sbarramento elettorale, e credo che raccontarla a qualcuno che ci guarda fuori sia impossibile.
  Credo sia molto positivo che noi siamo qui, il fatto che ci sia una proposta di legge all'esame del Parlamento in questo momento sia fondamentale. Credo che sia stato utile anche l'accordo, credo che un accordo con la minoranza di Governo, diciamo così, e con il principale partito non abbia nulla di scandaloso. Però si deve considerare questo lavoro, questa trattativa come un passaggio verso il lavoro finito e non come il lavoro finito, perché il lavoro finito lo deve fare il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, Max Weber ha scritto che si può odiare o amare l'istituzione parlamentare. Abolirla non sì può. La si può soltanto rendere politicamente impotente. E questo è il vizio assurdo che la legge Calderoli ha portato con sé: tre volte è stata usata, tre volte ha prodotto ingovernabilità e con l'ingovernabilità ha indebolito la rappresentatività e la forza del Parlamento.
  Da questo nascono i reiterati appelli del Presidente Napolitano, non ultimo quello che ha fatto in questa Aula il giorno del suo insediamento. Da questo nascono i reiterati appelli che ha fatto la Corte costituzionale fino alla sentenza n. 1 di qualche settimana fa.
  E oggi siamo in Aula per rispondere a questo, ad un percorso lungo dieci anni, non a una discussione di poche settimane. Dobbiamo non tradire questo dato di onestà intellettuale. È con quale obiettivo ci accingiamo a modificare la legge elettorale ? Quelli stessi della Corte sulla base del principio di ragionevolezza che deve dare certezza, garanzia di certezza alla rappresentatività e alla governabilità.
  La proposta che è in Aula e che il Parlamento ha il dovere non solo di valutare ma di modificare va in questa direzione, assumendo nel sistema proposto il principio maggioritario, legando però il principio maggioritario al premio, a una soglia e al ballottaggio.
  E questo è importante, perché il principio maggioritario non ha in sé la sua ragione d'essere: la può acquistare, o non, a seconda del dove e del come si applica questo principio maggioritario. Questa ragione d'essere c’è ed è chiara nella proposta che abbiamo sotto i nostri occhi: la si applica per garantire certezza di governabilità, che ha anche a che fare non solo con il potere del Governo, ma anche con il potere del Parlamento.
  Nessun istituto giuridico, nessuna legge può essere compresa se non viene posta in relazione con il contesto che è chiamato a disciplinare e dal quale trae la sua origine. Questa è la grande lezione personale che io ho appreso da Leopoldo Elia. E la legge elettorale trae origine da questo: questa legge elettorale deve servire a perseguire la legittimazione democratica, la responsabilità delle scelte, la stabilità del Governo; deve servire a restituire forza al Parlamento, al Governo, ma io direi deve restituire forza al modello della democrazia parlamentare rappresentativa, che continua, a noi del Partito Democratico, a piacere molto e che vogliamo preservare.
  Cerchiamo di fare questo con una maggioranza parlamentare più larga di quella che sostiene il Governo, una maggioranza che non si produce fuori dal Parlamento, ma con il voto del Parlamento, per migliorare questa proposta di legge. Aldo Moro ci ha insegnato che la politica è un fatto di consapevolezza, di fiducia nel proprio compito, ma ci deve essere più in fondo un fondamento ideale per il quale ci si costituisce in potere e il potere si esercita. A questo siamo chiamati oggi come Parlamento: siamo costituiti in potere e lo esercitiamo perché crediamo nel Parlamento. E il nostro fondamento ideale è credere fortemente nella democrazia parlamentare, che in questi giorni è stata duramente – passatemi il termine, direi, eversivamente – attaccata dal MoVimento 5 Stelle. Ma sia chiaro: non solo non ci spaventiamo, ma aumenta in noi la determinazione a garantire il Parlamento, i suoi poteri, la sua funzione democratica costituzionale, contro ogni tentazione totalitaria, che è il tentativo di possedere la certezza una volta per tutte. E questo, sia chiaro, noi non lo consentiremo mai (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE (Vedi RS). Dichiara chiusa la discussione sulle linee generali e prende atto che i relatori di minoranza rinunziano alla replica.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

  Interviene in replica il relatore per la maggioranza FRANCESCO PAOLO SISTO (FI-PdL) (Vedi RS).

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, impiegherò assolutamente molto meno, perché riservo poi le ulteriori valutazioni nel seguito dei lavori. Volevo soltanto segnalare, con riferimento ad una osservazione che è stata mossa sulle presenze in Commissione questa mattina, che, con la deliberazione n. 181 del 2012, l'Ufficio di Presidenza – questo per tranquillizzare, ovviamente, coloro che hanno richiesto la rilevazione delle presenze alle sedute in Commissione – ha stabilito la rilevazione delle presenze nelle sedute delle Commissioni ai fini dell'applicazione di eventuali ritenute sull'importo mensile della diaria conseguenti all'assenza ai lavori delle Commissioni.
  È evidente che il Collegio dei Questori, nel definire le questioni applicative e interpretative della disciplina della rilevazione delle presenze, ha precisato che le presenze registrate sono utilizzate esclusivamente ai fini del calcolo delle trattenute da effettuarsi sulla diaria, non sono utilizzabili ai fini del calcolo del numero legale, per la verifica del quale il Regolamento prevede apposite procedure. Lettera dei deputati Questori dell'8 novembre 2011 ai presidenti delle Commissioni e dei gruppi.
  Quindi, nel caso in cui non sia possibile per qualsiasi motivo utilizzare il dispositivo elettronico, la presenza del deputato può, comunque, come è stata, essere registrata manualmente a cura della presidenza dell'organo parlamentare. Questo perché vi sia chiarezza sulla differenza fra le presenze in Commissione registrate e quelle comunque effettive, che, però, hanno come registrazione quella manuale da parte della presidenza dell'organo parlamentare. Per il resto, il relatore si riserva di intervenire in seguito.

  PRESIDENTE (Vedi RS). Prende atto che il rappresentante del Governo rinunzia alla replica e rinvia il seguito del dibattito ad altra seduta.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel proseguo del dibattito.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente. (Vedi RS)

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 19,45).

  PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica che il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza il disegno di legge n. 2012, di conversione del decreto-legge n. 4 del 2014, recante disposizioni urgenti in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero.
  Il disegno di legge è stato assegnato alla VI Commissione in sede referente ed al Comitato per la legislazione, per il parere di cui all'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento.

  PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza, con lettera in data 29 gennaio 2014, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VI Commissione (Finanze):
  «Conversione in legge del decreto-legge 28 gennaio 2014, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia dì emersione e rientro di capitali detenuti all'estero, nonché altre disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi» (2012) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV, V, VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Modifica nella costituzione della Giunta per le autorizzazioni. (Vedi RS)

Modifica nella costituzione della Giunta per le autorizzazioni.

  PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica che la Giunta per le autorizzazioni ha eletto vicepresidente il deputato Antonio Leone.

  PRESIDENTE. Comunico che la Giunta per le autorizzazioni, nella seduta di ieri, ha eletto vicepresidente il deputato Antonio Leone.

Approvazione in Commissione. (Vedi RS)

Approvazione in Commissione.

  PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica che nella riunione odierna la VII Commissione ha approvato, in sede legislativa, la proposta di legge n. 1363, recante dichiarazione di monumento nazionale della Basilica Palladiana di Vicenza.

  PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, giovedì 30 gennaio 2014, la VII Commissione permanente (Cultura) ha approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge: Galan: «Dichiarazione di monumento nazionale della Basilica Palladiana di Vicenza» (A.C. 1363).

Sull'ordine dei lavori. (Vedi RS)

Sull'ordine dei lavori (ore 19,50).

  Intervengono sull'ordine dei lavori i deputati SABRINA CAPOZZOLO (PD) (Vedi RS) e GIANNI FARINA (PD) (Vedi RS).

  SABRINA CAPOZZOLO. Desidero portare a conoscenza di quest'Aula la grave situazione che in queste ore sta mettendo in serio pericolo il territorio della provincia di Salerno e l'incolumità dei suoi cittadini. Il maltempo e le piogge torrenziali degli ultimi giorni hanno provocato frane e smottamenti che stanno creando un grave disagio alla viabilità e ai collegamenti, ma soprattutto è imminente il rischio di qualche grave disastro naturale, causato dalla mancanza di manutenzione delle strade che in questa zona del nostro Paese si protrae ormai da anni. Intere zone sono isolate, ma la cosa attualmente più grave è l'impossibilità di raggiungere l'unico presidio ospedaliero della zona, sito a Vallo della Lucania, dopo la chiusura della struttura di Agropoli.
  Qualche giorno fa, inoltre, l'esondazione del fiume Sele ha causato non pochi danni alle colture ed alle abitazioni. Una tragedia già annunciata, vista la cattiva manutenzione del fiume Sele.
  È necessario che il Governo invii, laddove è necessario, anche l'Esercito a monitorare la situazione e a rendersi conto delle ore di drammaticità che la popolazione della provincia di Salerno sta vivendo in questo momento. Soprattutto che prenda atto del fatto che si parla molto, forse anche troppo, di interventi per prevenire il dissesto idrogeologico dei nostri territori, ma che poi poco o niente viene fatto. È necessario quindi che questi interventi di cui tanto si parla arrivino prima che il peggio si realizzi, perché solo agendo in maniera preventiva si possono evitare tali sciagure.

  GIANNI FARINA. Signor Presidente, venerdì 24 gennaio ero a San Gallo, invitato, unitamente al senatore Claudio Micheloni, alla manifestazione di protesta organizzata dai locali rappresentanti della collettività italiana Comites S.A. associazioni italiane per l'annunziata chiusura del consolato italiano. Ieri e oggi centinaia di cittadine e cittadini italiani hanno affermato il fermo dissenso dell'atto amministrativo di chiusura, occupando simbolicamente e pacificamente il consolato e riaffermando il loro diritto a godere di un moderno servizio di prossimità che il nostro Paese ha il dovere di riservare ai suoi cittadini in Svizzera, in Europa e nel mondo. Ovunque i nostri italiani protestano, non solo a San Gallo, ma a Manchester, a Charleroi, a Saarbrucken, a Chambery, per citarne solo alcuni, vengono spesso accusati di pressioni inaudite sui nostri diplomatici, com’è accaduto recentemente a Bedford nei confronti del comitato di protesta lì costituito.
  Abbiamo sempre affermato di non essere contrari alla riorganizzazione della nostra struttura diplomatica consolare all'estero. Al contrario, meno diplomazia, meno consolati generali, soprattutto in Europa, piena valorizzazione dei nostri giovani in moderni uffici consolari all'altezza di assicurare un vero servizio di prossimità. Io credo che la proposta sia quella di un blocco per ripensare l'insieme della struttura consolare.
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento, visto che il tempo, naturalmente, è tiranno e non mi consente di sviluppare il ragionamento che intendo qui fare. La ringrazio.

Ordine del giorno della seduta di domani. (Vedi RS)

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica l'ordine del giorno della seduta di domani:

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  La seduta termina alle 19,55.