Intervengono nella discussione sulle linee generali i deputati IGNAZIO ABRIGNANI (PdL) (Vedi RS), STEFANO ALLASIA (LNA) (Vedi RS), GEA SCHIRÒ PLANETA (SCpI) (Vedi RS), FABIO LAVAGNO (SEL) (Vedi RS), LUIGI TARANTO (PD) (Vedi RS), DANIELE PESCO (M5S) (Vedi RS), ERMETE REALACCI (PD) (Vedi RS), GIANLUCA BUONANNO (LNA) (Vedi RS), ROGER DE MENECH (PD) (Vedi RS), ALBERTO ZOLEZZI (M5S) (Vedi RS), FILIPPO BUSIN (LNA) (Vedi RS), SERENA PELLEGRINO (SEL) (Vedi RS) e MARCELLO TAGLIALATELA (FdI) (Vedi RS).
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IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, gentile sottosegretario Vicari, oggi iniziamo la discussione sulle linee generali di questo provvedimento, che ritengo assolutamente importante per dare un po’ di respiro a un'economia, la nostra, sicuramente in crisi.
Oggi in effetti noi siamo qui, come recita il titolo, per convertire in legge questo decreto-legge per un recepimento di una direttiva europea, direttiva che già doveva essere recepita e che ci porta oggi in una procedura di infrazione. Questo è il motivo dell'urgenza del decreto-legge; ma ritengo che oggi dobbiamo prendere spunto da esso per ragionare un po’ su quello che è il problema grosso dell'energia in Italia: l'energia intesa come costo e intesa come ambiente. Non a caso vedo anche qui, seduto tra i banchi, il presidente della Commissione ambiente della Camera.
Il problema grosso, che avevamo provato a risolvere in altri modi, è relativo alle fonti. Le aziende italiane, sappiamo, pagano circa un 30 per cento in più rispetto alle altre: un gap di competitività incredibile, un costo per la bolletta del Paese assolutamente non più sostenibile da parte dell'Italia. Senza neppure citare il percorso che era iniziato verso il nucleare, ossia cercare di far risparmiare un costo eccessivo del petrolio al nostro Paese, e che non è più oggi neanche ipotizzabile, bisogna allora rivolgersi ad un altro aspetto, all'altra faccia della medaglia: proviamo a pagare di meno risparmiando.
Visto che non abbiamo fonti alternative molto importanti, abbiamo iniziato una serie di attività sulle fonti rinnovabili, che indubbiamente hanno portato degli incentivi di natura ambientale, hanno portato degli aumenti rispetto a quella che dovrebbe essere la parte sostenibile dell'energia che noi dobbiamo rispettare entro il 2020 (il famoso Protocollo di Kyoto); hanno però indubbiamente anche portato una serie di costi in bolletta, sui quali bisogna riflettere. Sembra che oggi il contributo delle rinnovabili in generale al nostro Paese è di circa un 25-28 per cento, quando il costo in bolletta, cioè la parte fatto 100 della bolletta su cui incidono i costi di tali rinnovabili, è il 65 per cento. Dall'altra parte abbiamo chi invece produce energia per il 65 per cento, mentre il costo in bolletta è il 30: su ciò forse a mio parere andrebbe svolta una riflessione.
Ben venga oggi allora il risparmio energetico, per provare a far pagare meno al Paese, far pagar meno alle famiglie, far pagare meno alle aziende. Questo decreto-legge, sicuramente molto importante, consta di 21 articoli, di cui 18 collegati realmente al finanziamento energetico e 3 legati alla parte di coesione sociale, così come indicata, ossia 1 sul finanziamento degli ammortizzatori sociali e 2 sugli aumenti dell'IVA; ma su questo dirò qualcosa dopo. Questi 18 articoli iniziali, che riguardano espressamente l'intervento sull'efficientemente energetico, sono tra l'altro molto tecnici; per cui una valutazione di essi è stata già data in sede di Commissioni riunite, attività produttive, e finanze, che hanno lavorato in maniera molto coesa, cercando di fare apparire, più che dividere, le motivazioni relative ai contenuti del decreto-legge.
Un lavoro ottimo svolto anche dai relatori, che personalmente ringrazio, cercando di recepire le indicazioni che arrivavano dai vari membri delle Commissioni, per cui una valutazione di natura politica complessiva parzialmente positiva. Ripeto, ci sono articoli molto tecnici, tra gli altri l'articolo 6 che ha modificato il famoso attestato di certificazione energetica con l'attestato di prestazione energetica, cambiando anche questo un po’ il rapporto che c'era tra i cittadini e lo Stato rispetto a questo tipo di attestati che ormai in maniera assoluta e direi definitiva vanno a integrare il rapporto che c’è tra cittadino e cittadino, tra utente e altro utente, nel momento in cui si esprimono.
Però io voglio concentrarmi su un paio di articoli in particolare. Perché ? Abbiamo detto dell'importanza degli articoli relativi all'aumento delle detrazioni, è stato anche fatto un battage mediatico su questo e si è arrivati al 65 per cento rispetto al 55 che era stato dato. Bene, abbiamo detto che poteva anche essere un costo di circa 200 milioni che poteva in parte essere diluito; per altro, i cittadini si accontentano già del 55 – come ha appena detto la relatrice, si era cominciato a operare su questo – e la conferma di questa detrazione era importante; il Governo ha voluto aumentarla proprio per dare un ulteriore stimolo agli incentivi e forse anche – perché no ? – per fare emergere quella parte sommersa di lavori che, a causa di un'eccessiva tassazione, molto spesso viene effettuata in nero. Qualcuno in Commissione ha fatto la battuta che sulla base dei redditometri, se così restano, continuerà ad esserci il nero perché le ristrutturazioni vanno inserite lì dentro, magari con aumenti indiscriminati rispetto alla tassazione, per cui su questo c’è una riflessione da fare.
Ripeto, due sono fondamentalmente gli argomenti sui quali io mi volevo concentrare, uno – che mi sembra che oggi sia stato affrontato in maniera chiara con l'articolo 15-bis – è quello relativo alla banca dati degli incentivi, cioè cercare di capire, rispetto a quello che il mondo del GSE dà ai nostri utenti che si sono rivolti alle varie rinnovabili – ripeto, l’off-shore piuttosto che il fotovoltaico piuttosto che le biomasse –, e, quindi, cercare di avere un indicatore preciso dei soggetti a cui si rivolgono questi incentivi, questo sicuramente è un altro dato positivo.
L'altro articolo sicuramente importante è l'articolo 5, quello dell'energia a costo zero. Molto interessante è questo articolo 5 che introduce questi due nuovi articoli al decreto legislativo n. 192 del 2005, il primo in merito agli edifici ad energia quasi zero e il secondo volto ad aumentare l'efficacia dei meccanismi incentivanti presenti nella normativa nazionale. Bene, questo concetto degli edifici ad energia quasi zero sicuramente è interessante perché riguarda gli edifici di nuova costruzione, di proprietà della pubblica amministrazione o occupati da pubblica amministrazione, tra l'altro è stato anche anticipato al 30 giugno 2014, ciò vuol dire che si dà molta importanza a questo tipo di intervento. Come dicevo, il secondo articolo, il 4-ter, riguarda gli strumenti finanziari per incentivare l'efficienza energetica. Il comma 1 dispone che gli incentivi pubblici per l'efficienza energetica degli edifici siano concessi nel rispetto dei requisiti di efficienza commisurati alla tipologia e al tipo di utilizzo e il comma 2 si focalizza sugli edifici di proprietà pubblica, ponendo particolare attenzione agli edifici scolastici e, come diceva prima il relatore, ora anche agli ospedali, questo attraverso delle forme ESCO, che sono le società che intervengono in materia, a cui sono state aggiunte anche società pubblico-private che potrebbe costituirsi ad hoc o società private. Questa norma prevede l'utilizzo del Fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di riscaldamento.
Perché mi sono soffermato su questo articolo ? Perché ritengo questo: in un momento in cui comunque l'economia soffre sia di liquidità, sia di quei problemi che dicevamo prima sulle ristrutturazioni, dare delle detrazioni sulle incentivazioni è importante.
Devo dire che i dieci anni allungati forse hanno creato qualche piccolo problema.
Ma noi dobbiamo capire se il mercato è in grado di finanziare e di erogare queste somme perché io posso dare tutte le detrazioni che voglio, ma se poi nessuno ha i soldi per fare i lavori o per far muovere l'economia quelle detrazione non so a che servono. Allora, questo articolo 5, collegato poi all'articolo 16-bis di cui dirò dopo, introduce questo concetto del Fondo di garanzia, ossia dobbiamo immaginare che un soggetto privato, come un soggetto pubblico, voglia ad un certo punto incentivate ed efficientare il proprio immobile per risparmiare e per renderlo più adeguato alle normative. Tra l'altro, noi stessi abbiamo introdotto l'attestato di prestazione energetica, noi stessi vogliamo andare verso gli edifici a costo zero, allora dobbiamo pensare che questo tipo di interventi ci saranno. Allora, questo soggetto si rivolge ad un mercato in grado di fare questo lavoro. E noi cosa abbiamo fatto, giustamente ? Oltre alle ESCO, abbiamo pensato che in un mercato pubblico potessero crearsi soggetti pubblici-privati, potessero crearsi anche soggetti privati ad hoc, i quali possono intervenire a fare questo tipo di lavoro. Quel soggetto potrebbe rimborsare il tipo di lavoro – così come normalmente avviene –, e su questo l'ENEA sta lavorando, perché l'ENEA dovrebbe creare un contratto-tipo del genere, magari continuando a pagare la stessa bolletta negli anni, cinque, sei o sette, e all'ottavo anno pagherebbe questo 30 per cento in meno della parte incentivata e avrebbe, a questo punto, l'immobile efficientato nel giro di sei mesi, un pagamento per lui non aggravante perché pagherebbe quello che è in bolletta, che pagava fino al minuto prima, per altri cinque o sei anni e, dopo sei anni, tutto ciò, invece, per lui andrebbe ridotto al 30 per cento.
Questo tipo di meccanismo metterebbe sicuramente in moto l'economia. Si ferma sull'aspetto finanziario perché poi bisogna che questi lavori qualcuno li garantisca perché io te li pago, ma tu li devi garantire. Allora, noi abbiamo introdotto un piccolo concetto, che è questo Fondo di garanzia, di cui parlavo prima, all'articolo 5, allargando la materia agli ospedali e alle scuole. Ma ritengo molto più importante un'altra cosa, se vogliamo far funzionare questo meccanismo, perché è lì che si blocca. Allora, cosa vuol dire ? Vuol dire che ci dovranno essere degli istituti di credito che garantiranno, con dei prodotti ad hoc, questo tipo di lavoro e lo Stato che, in qualche modo, come ha fatto per i fondi di garanzia per le imprese, può supplire.
Allora, io ho trovato molto importante come concetto – e mi rivolgo qui al Governo affinché su questo lavori – quando questa Camera ha introdotto l'articolo 16-bis, che dice: «Il Ministero dell'economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, promuove con l'Associazione bancaria italiana una verifica sulle condizioni per offrire credito agevolato ai soggetti che intendono avvalersi delle detrazioni previste per gli interventi di efficienza energetica e di ristrutturazione edilizia»; cioè, se veramente lo Stato vuol far partire questo tipo di lavori, vuol veramente spingere l'efficientamento energetico, secondo me è qui la chiave: dare detrazioni è importante, ma è ancora più importante dare garanzie di credito a chi questo tipo di lavoro vuol fare, perché è nello stesso mercato che – come sempre – in Italia poi si trovano le soluzioni, ma è chiaro che lo Stato deve fare la sua parte.
Allora, io su questo – lo ripeto – su cui noi abbiamo messo una piccola pietra, ritengo che dobbiamo continuare ad insistere, dobbiamo continuare a portare avanti questo tipo di lavoro perché – lo ripeto – l'efficientamento energetico è sicuramente fondamentale per il nostro Paese perché dobbiamo risparmiare sulla bolletta, sulla «bolletta Paese» e dobbiamo far risparmiare le nostre imprese per renderle competitive. Allora, su questo, lo Stato deve, secondo me, perlomeno appostare delle somme che devono servire da garanzia a questo.
Questo riguarda la parte, a mio parere, sicuramente positiva di questo decreto-legge, la parte in cui lo Stato interviene rispetto al cittadino per dargli concretamente qualche cosa. La parte sulla quale, ancora, ritengo che il giudizio rimane leggermente sospeso, è quella seconda parte relativa alla coesione sociale perché, al di là dell'articolo 21, che parla del finanziamento degli ammortizzatori sociali, abbiamo un paio di articoli sugli aumenti dell'IVA, sui quali francamente ci auguriamo che il dibattito possa, in qualche modo, essere portato avanti. Già è stato fatto molto – ringraziamo il Governo –, così come diceva prima il relatore, per la parte relativa agli allegati ai testi scolastici.
Ma penso che qualcosa ancora in più si possa fare, insomma. Ci auguriamo che questa giornata di lavoro, insomma, sia ancora de iure condendo e che si possa ancora iniziare a fare qualcosa, approvando un provvedimento nel quale possiamo dire qualcosa ai cittadini e alle imprese rispetto alla parte di efficientemente energetico, dandogli magari speranze di ottenere o detrazioni o crediti (cioè, uno Stato che si fa vicino al cittadino); immaginare invece che, a fronte di alcune coperture o di alcune azioni possa, comunque, uscire il messaggio di un ulteriore aumento di tasse dovremmo fare il possibile per evitarlo.
Allora, signor Presidente, signor sottosegretario, io concludo il mio intervento, dopo aver precisato in generale un giudizio politicamente positivo rispetto al decreto, con un augurio. Mi auguro che questo giudizio, oggi parzialmente positivo, al termine della discussione sulle linee generali, si trasformi, invece, in positivo e che questo avvenga prima della fine di questo iter in Aula. È per questo che io chiedo al Governo, qui da lei rappresentato, un piccolo ulteriore sforzo. STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membro del Governo, il decreto-legge in titolo promuove il miglioramento dell'efficienza energetica del patrimonio immobiliare italiano, sia pubblico sia privato, attraverso il recepimento della direttiva del 2010 che abroga la direttiva del 2002, quest'ultima recepita dall'Italia con il decreto legislativo n. 192 del 2005.
In riferimento agli articoli da 1 a 13, il decreto-legge interviene, seppure in modo discutibile da un punto di vista tecnico-normativo, con delle modifiche puntuali al citato decreto legislativo del 2005. Sono condivisibili gli articoli 14, 15 e 16 che prorogano al 31 dicembre 2013 il regime di detrazione fiscale, sia per gli interventi di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici, innalzando la percentuale dal 55 per cento al 65 per cento, sia per gli interventi di ristrutturazione edilizia, sia per l'acquisto di mobili. Si ritiene importante l'introduzione dell'articolo 5 e il concetto di edificio ad energia quasi zero, soprattutto in riferimento agli edifici di nuova costruzione occupati dalle pubbliche amministrazioni o di proprietà delle stesse. L'articolo 6 disciplina il rilascio dell'attestato di prestazione energetica degli edifici nel caso di vendita o di nuova locazione degli edifici stessi. Si evidenzia che l'introduzione dell'obbligo di rilascio di tale attestato potrebbe generare possibili costi a carico degli affittuari. Durante l'esame del provvedimento al Senato l'obbligo di rilascio dell'attestato è stato esteso anche agli edifici trasferiti a titolo gratuito. È favorevole il parere sull'articolo 17 che consente la qualificazione e l'operatività degli installatori di impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Entrando nel merito del decreto, nello specifico gli articoli da 1 a 13 recepiscono le direttive con modifiche puntuali al decreto legislativo n. 192 del 2005 fino ad evitare che la Corte di giustizia dell'Unione europea applichi le sanzioni economiche connesse alla procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per il mancato recepimento della suddetta direttiva. Gli interventi relativi al miglioramento dell'efficienza energetica negli edifici presentano una natura molto tecnica e, pertanto, si considera discutibile la scelta di intervenire in materia con decreto-legge che ha, invece, un carattere di necessità ed urgenza. Tuttavia, una particolare ragione di necessità, a detta del Governo, deriverebbe proprio dall'esistenza della procedura di infrazione per l'Italia. Sarebbe stato in ogni caso più giusto intervenire in materia con un decreto legislativo.
Passo poi all'esame dell'articolo 5 in particolare, dove si introduce il concetto di edifici ad energia quasi zero, per gli edifici occupati dalla pubblica amministrazione a decorrere dal 31 dicembre 2018 e per tutti gli edifici di nuova costruzione a decorrere dal 2021.
Per realizzare misure di incremento di efficienza energetica negli edifici di proprietà pubblica è previsto l'utilizzo delle risorse del Fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento. Le risorse di tale fondo sono implementate con una quota dei proventi derivanti dalle vendite all'asta delle quote di anidride carbonica già destinate a progetti energetico-ambientali. Per sostenere gli investimenti degli enti locali negli interventi finalizzati all'incremento dell'efficienza energetica degli edifici pubblici si potrebbe valutare un'eventuale esclusione di tale spesa dal computo del patto di stabilità interno. L'articolo 6, che dà completa attuazione agli articoli 11 e 13 della direttiva, introduce l'obbligo per i proprietari di immobili di produrre l'attestato di prestazione energetica degli edifici nel caso di vendita o di nuova locazione. L'indice di prestazione energetica dell'immobile deve essere poi riportato in tutti gli annunci commerciali di offerta di vendita e di affitto. L'attestato di prestazione energetica è richiesto per gli edifici di nuova costruzione e per quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti al termine dei lavori. Per gli edifici utilizzati dalla pubblica amministrazione con superficie superiore a 500 metri quadri il suddetto obbligo deve essere adempiuto entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto da parte dei proprietari dell'immobile o dal soggetto responsabile della gestione, i quali sono altresì obbligati ad affiggere l'attestato all'ingresso dell'edificio o in altro luogo visibile al pubblico. La soglia dei 500 metri quadri è abbassata a 250 metti a partire dal 9 luglio 2015. Per gli edifici scolastici gli obblighi ricadono sui comuni e le province. L'attestato ha una validità temporale massima di dieci anni, la quale è subordinata al rispetto della prescrizione per le operazioni di controllo di efficienza energetica degli impianti termici. In caso di non conformità alle prescritte disposizioni l'attestato di prestazione energetica decade il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui è prevista la prima scadenza non rispettata dei controlli degli impianti. L'attestato, oltre ad avere una validità decennale, deve essere anche aggiornato ad ogni intervento di ristrutturazione o di riqualificazione che modifichi la classe energetica dell'edificio. Anche in questo caso va detto che la norma potrebbe creare nuove incombenze per i proprietari degli immobili, che sarebbero comunque costretti a dover rinnovare l'attestato allo scadere dei dieci anni, anche in assenza di interventi importanti sull'appartamento. Bisogna tuttavia tener presente che la normativa in questione riproduce il dettato della direttiva europea. Un'eventuale modifica della disciplina che regola il rilascio del certificato di prestazione energetica degli edifici potrebbe quindi comportare un nuovo e ulteriore richiamo da parte delle istituzioni europee nei confronti dell'Italia. In generale appare condivisibile la scelta di dotare gli edifici dell'attestato di prestazione energetica specie se si tratta di edifici pubblici, anche se i termini di adeguamento alle nuove disposizioni proprio in riferimento a edifici pubblici appaiono molto ristretti e rischiano di non essere rispettati. Durante l'esame al Senato è stato introdotto un nuovo comma che prevede l'utilizzo delle risorse del Fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento anche per la copertura delle spese relative alle certificazioni energetiche e agli adeguamenti degli edifici utilizzati dalla pubblica amministrazione aperti al pubblico. Per quanto concerne l'obbligo di dotare gli immobili del certificato di prestazione energetica, si ricorda che questo era già prevista nel decreto del 2006 che reca disposizioni correttive ed integrative del decreto citato del 2005. L'articolo 35 del decreto-legge n. 112 del 2008, al comma 2-bis, ha abrogato alcune disposizioni del citato decreto legislativo del 2005 relative all'obbligo di allegare l'attestazione di certificazione energetica. In particolare, le norme abrogate stabilivano che, nel caso di vendita di immobile l'attestato di certificazione energetica doveva essere allegato all'atto di trasferimento e che, in caso di nuova locazione, lo stesso doveva essere messo a disposizione dell'affittuario o, in caso, consegnato in copia conforme all'originale. Conseguentemente, sono state abrogate le norme che disciplinano la nullità del contratto nel caso di violazione dei suddetti obblighi e conseguente applicazione di sanzioni. Con il citato decreto-legge del 2008 è quindi venuto meno l'obbligo di allegare l'attestato di certificazione energetica degli edifici agli atti di compravendita e quello di consegnarlo al nuovo affittuario nel caso di nuova locazione, ma non l'obbligo di redigerlo. Tuttavia, nel momento in cui si era in presenza di un obbligo non più sanzionabile l'attestato non era più prodotto sia nei casi di compravendita che in quelli di nuova locazione.
All'epoca la Lega Nord era stata favorevole all'abrogazione dell'obbligo di dotare gli immobili di certificato di prestazione energetica nel caso di vendita o di nuova locazione. La reintroduzione di tale obbligo comporterebbe, inevitabilmente, un aumento dei prezzi degli immobili e, soprattutto, degli affitti, che ultimamente sono tornati a crescere, anche in seguito all'introduzione di nuove imposte sulla casa, come l'IMU.
Tuttavia, bisogna tener conto, come già detto in precedenza, che le norme in questione riproducono il dettato della direttiva europea; pertanto, i margini di modifica delle stesse appaiono molto limitati. Durante l'iter al Senato è stato approvato un emendamento che introduce l'obbligo di produrre il certificato di prestazione energetica anche per gli edifici trasferiti a titolo gratuito. Si evidenzia che la direttiva europea 2010 non prevede un simile obbligo, limitandosi a prescrivere il rilascio dei certificati di prestazione energetica per i soli casi di vendita o di nuova locazione di immobili.
Gli articoli 14, 15 e 16 introducono proroghe al regime di agevolazione fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica e ristrutturazione degli immobili, con estensione anche agli arredi. Tali interventi ci trovano assolutamente favorevoli, anche in considerazione dell'incremento dal 55 per cento al 65 per cento della quota da detrarre delle spese destinate agli interventi di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici.
Tali agevolazioni rappresentano un valido strumento di supporto agli investimenti delle imprese a sostegno della loro crescita e del loro sviluppo. I positivi effetti di tali misure ricadranno su tutto il sistema economico del Paese, in quanto le stesse non solo contribuiscono all'emersione del sommerso in settori ritenuti strategici per la ripresa economica, come quello edile, ma rappresentano anche un importante sostegno al rilancio dei consumi.
Secondo l'indagine del Cresme-Enea, lo scorso anno il volume complessivo degli interventi connessi all'agevolazione fiscale per la riqualificazione energetica degli edifici è stato pari a un milione e 400 mila euro, per un totale di 17 miliardi di investimenti complessivi, e ha interessato soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e dell'indotto.
Dal punto di vista occupazionale, il regime di detrazione fiscale del 55 per cento ha contribuito a creare ogni anno 55 mila posti di lavoro nei settori interessati, con particolare riferimento a quello dell'edilizia. L'Aula del Senato ha approvato un emendamento del Governo che ammette alle detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica anche le spese relative ad interventi per la sostituzione degli impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza energetica ed impianti geotermici a bassa entalpia, nonché le spese per la sostituzione di scaldabagni tradizionali con scaldaacqua a pompa di calore.
Anche la Lega Nord ha presentato una serie di emendamenti di uguale tenore; pertanto, la norma non può che essere giudicata favorevolmente. Una riflessione va, invece, fatta per il settore dei mobili. La norma riconosce ai contribuenti che fruiscono della detrazione del 50 per cento delle spese destinate alla ristrutturazione degli immobili un'ulteriore detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese documentate per l'acquisto di mobili finalizzati all'arredo dell'immobile ristrutturato.
La detrazione è da ripartire in dieci quote annuali ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore ai 10 mila euro; per un maggiore beneficio dei contribuenti, la detrazione potrebbe essere ripartita in un numero minore di quote, ad esempio 5 o 3 anni. Durante l’iter al Senato, la detrazione prevista per l'acquisto di mobili è stata estesa anche all'acquisto di elettrodomestici di classe energetica A+, nonché A per i forni e per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica. Anche in questo caso, la disposizione trova il parere favorevole del gruppo della Lega Nord.
L'Aula del Senato ha poi approvato alcuni articoli aggiuntivi al testo. Si segnala, in particolare, l'articolo 15-bis, che istituisce presso il Gestore dei servizi energetici Spa una banca dati nazionale degli incentivi erogati dal GSE in materia di efficienza energetica e di produzione di energia da fonti rinnovabili, al fine di prevenire eventuali fenomeni fraudolenti nelle richieste di incentivi.
Da ultimo, ma non per ultimo, l'articolo 17 consente la qualificazione e l'operatività degli installatori di impianti alimentati da fonti rinnovabili attraverso il riconoscimento del requisito della prestazione lavorativa svolta alle dipendenze dell'impresa di settore. È una norma che ci trova assolutamente favorevoli.
Bisogna ricordare che, sia nella scorsa legislatura che nella presente, il gruppo della Lega Nord ha presentato diversi atti di sindacato ispettivo per il riconoscimento della qualifica di installatore professionale attraverso il riconoscimento della prestazione lavorativa alle dipendenze di un'impresa di settore.
L'articolo 21, nell'ambito del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, incrementa le risorse destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali per l'anno 2013 per 47 milioni di euro e per l'anno 2014 per 121 milioni di euro. Tale intervento, seppur necessario per affrontare la grave crisi occupazionale che ha investito il Paese, si ritiene in ogni caso estraneo agli argomenti trattati dal presente decreto-legge.
Preannunciando che la Lega Nord ha dato un parere assolutamente favorevole al Senato, il gruppo della Lega Nord alla Camera valuterà, nella discussione, gli interventi emendativi che saranno discussi nelle prossime ore e nelle prossime giornate e l’iter del decreto, valutazione che, per adesso, è assolutamente positiva e anche successivamente, se nulla si toccherà, soprattutto evitando il voto di fiducia, come tanti hanno preannunciato, e potendo discutere con largo respiro in Aula da parte di tutti i gruppi parlamentari nel prosieguo dei lavori, per migliorare il testo sull'efficienza energetica, il cosiddetto ecobonus. GEA SCHIRÒ PLANETA. Signora Presidente, signora sottosegretario, innanzitutto il decreto-legge, il cui testo ha subito una serie di modifiche al Senato, adegua le finalità del decreto legislativo n. 192 del 2005 a quanto previsto dalla direttiva n. 31 del 2010 dell'Unione europea. In particolare, rispetto al testo del decreto legislativo n. 192 del 2005, le novità più rilevanti sotto il profilo dell'individuazione delle finalità, in linea con la direttiva n. 31 del 2010, sono quelle relative: al miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici; alla valorizzazione delle fonti rinnovabili sempre negli edifici; all'incentivazione della diversificazione energetica; al sostegno della competitività tecnologica dell'industria nazionale; al conseguimento degli obiettivi nazionali in materia energetica e ambientale.
Altre finalità sono state introdotte nel corso dell'esame al Senato e riguardano: l'adozione dei criteri generali per l'attestazione della prestazione energetica degli edifici e per le relative informazioni in sede di transazioni immobiliari; l'effettuazione di ispezioni periodiche degli impianti per la climatizzazione al fine di ridurre il consumo energetico e le emissioni inquinanti; l'attuazione e la vigilanza sulle norme in materia di prestazione energetica degli edifici, anche attraverso la raccolta e l'elaborazione di dati e informazioni; la promozione dell'uso razionale di energia anche attraverso informazione e sensibilizzazione degli utenti finali.
Il provvedimento, modificando l'articolo 2 del decreto legislativo n. 192 del 2005, introduce le definizioni di attestato di prestazione energetica di edificio (APE), e di attestato di qualificazione energetica, di cogenerazione, di edificio a energia «quasi zero», di ristrutturazione importante di un edificio, di sistema tecnico per l'edilizia, di energia esportata, di energia primaria, di livello ottimale in funzione dei costi, di impianto tecnico e del fabbisogno annuale globale di energia primaria.
Nel corso dell'esame presso il Senato è stata inserita una definizione di «impianto termico» che modifica quella attualmente prevista dal decreto legislativo n. 192. Le modifiche rispetto all'attuale definizione riguardano le specificazioni che nella definizione sono compresi eventuali sistemi di produzione, distribuzione e utilizzazione del calore, nonché degli organi di regolarizzazione e controllo. È stata, inoltre, aggiunta la specificazione che sono compresi negli impianti termici gli impianti individuali di riscaldamento.
Il decreto-legge apporta anche modifiche all'articolo 3 del citato decreto legislativo n. 192 al fine di adeguare l'ambito di intervento a quanto previsto dalla direttiva europea, precisando che il decreto si applica sia all'edilizia pubblica che privata, senza alcuna esclusione.
Sono però esclusi dall'ambito di applicazione del decreto-legge gli edifici vincolati, ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, fatto salvo l'obbligo di dotarsi dell'attestazione della prestazione energetica degli edifici e di uniformarsi alle norme sull'esercizio, la manutenzione e le ispezioni degli impianti tecnici.
Per quanto concerne gli immobili vincolati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, con una modifica apportata al Senato, si prevede che tali edifici siano esclusi dall'applicazione del decreto-legge solo nei casi in cui il rispetto della prescrizione implichi un'alterazione sostanziale del loro carattere e aspetto con particolare riferimento ai profili storici e artistici.
Il provvedimento interviene altresì: sulla metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche negli edifici, sulle prescrizioni e i requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche negli edifici di nuova costruzione, oggetto di ristrutturazioni importanti o di riqualificazione energetica; sulla disciplina degli edifici ed energia quasi zero; sullo sviluppo di strumenti finanziari e sulla rimozione di barriere di mercato per la promozione dell'efficienza energetica degli edifici; sull'introduzione dell'attestato di prestazione energetica (APE, di cui sopra) al posto dell'attestato di certificazione energetica (ACE); sulla fase di progettazione delle costruzioni e della ristrutturazione degli edifici; sull'impianto sanzionatorio in materia di certificazione energetica degli edifici; sui programmi di informazione, educazione e formazione al risparmio energetico del Ministero dello sviluppo economico rivolti ai cittadini, agli operatori del settore tecnico e del mercato immobiliare nonché alle scuole.
Accanto alle norme sulla prestazione energetica nell'edilizia, il decreto-legge reca disposizioni sulla proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica e di ristrutturazione degli edifici, al fine di sostenere alcuni settori particolarmente colpiti dalla crisi e fare riprendere i consumi.
Il testo originario del decreto escludeva dalla detrazione le spese per gli interventi di sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore e di sostituzione di scaldaacqua tradizionali con scaldaacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria.
L'importante modifica introdotta nel corso dell'esame al Senato, a seguito dell'approvazione di un emendamento governativo, è l'eliminazione di queste esclusioni. Pertanto la detrazione al 65 per cento può essere utilizzata anche per tali interventi solo dopo la conversione del decreto-legge, mentre fino al 30 giugno questi apparecchi hanno potuto usufruire della vecchia detrazione del 55 per cento.
Questa misura contribuirà a sviluppare tutta la filiera collegata alla produzione e all'installazione delle pompe di calore, producendo effetti positivi su tutto l'indotto.
La detrazione per le spese di riqualificazione energetica, originariamente fissata nella misura del 55 per cento, è stata reintrodotta dai commi da 344 a 349 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 ed è stata più volte oggetto di modifiche normative, da ultimo dall'articolo 11, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012, che ne ha previsto l'applicazione sino al 30 giugno 2013, di cui parlava il collega Abrignani.
L'agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici consiste nel riconoscimento di detrazioni dall'imposta sui redditi (IRPEF o IRES) nella misura del 65 per cento delle spese sostenute, da ripartire in dieci rate annuali di pari importo, entro un limite massimo di detrazione, diverso in relazione alla tipologia degli interventi eseguiti.
La detrazione per il recupero edilizio non è cumulabile con lo sconto per il risparmio energetico; pertanto se gli interventi rientrano sia nello sconto del 50 per cento sia in quello del 65 per cento, il contribuente potrà fruire, per le stesse spese, solo di un beneficio.
Per quanto concerne gli interventi relativi a parti comuni degli edifici condominiali, il comma 2 dell'articolo 14 del provvedimento – il comma più importante che coinvolge il maggior numero di persone – stabilisce che la detrazione del 65 per cento si applichi alle spese sostenute dall'entrata in vigore del decreto-legge sino al 30 giugno 2014.
La norma incentiva la riqualificazione energetica degli stabili condominiali, attraverso una maggiorazione dell'incentivo fiscale per un periodo di tempo più lungo, per interventi relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio.
Il comma 3-bis dell'articolo 14, inserito nel corso dell'esame in sede referente alla Camera, prevede che l'ENEA effettui il monitoraggio e la valutazione del risparmio energetico conseguito a seguito della realizzazione degli interventi di riqualificazione di edifici e degli interventi relativi a parti comuni degli edifici condominiali.
L'articolo 15 prevede che, in attesa della definizione di misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, nonché per l'incremento del loro rendimento energetico, si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 14 (riguardanti gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici) e nell'articolo 16 (riguardanti gli interventi di ristrutturazione edilizia).
Con un importante emendamento presentato dal relatore al Senato e condiviso da tutti gli schieramenti, sono stati inclusi anche gli interventi per il miglioramento antisismico tra quelli cui si applica la proroga degli sgravi del 50 per cento e del 65 per cento, una volta che tali agevolazioni in materia immobiliare siano state rese strutturali. Appare rilevante la scelta di estendere le detrazioni fiscali anche agli interventi di adeguamento antisismico degli edifici, tuttavia solo con misure strutturali e con politiche di prevenzione è possibile dotare il Paese, il cui territorio è in larga parte classificato a rischio sismico, di un patrimonio edilizio adeguato a superare tali eventi (questa è una raccomandazione al Governo).
Durante l'esame in Commissione alla Camera, l'articolo 15 è stato ulteriormente modificato, aggiungendo agli interventi previsti per le detrazioni fiscali anche le schermature solari, la microcogenerazione e la microtrigenerazione, le misure atte ad incrementare l'efficienza idrica e a promuovere la sostituzione delle coperture di amianto negli edifici (già oggetto di diverse interrogazioni parlamentari da parte di Scelta Civica), nonché gli interventi concernenti l'installazione di impianti di depurazione delle acque da contaminazione di arsenico di tipo domestico, produttivo e agricolo, nei comuni dove è stato superato il livello di tolleranza stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità o dove le autorità locali sono state costrette ad adottare misure di precauzione di divieto all'uso di acqua per i diversi impieghi.
L'articolo 16, al comma 1, proroga dal 30 giugno 2013 al 31 dicembre 2013 il termine di scadenza dell'innalzamento della percentuale di detrazione IRPEF dal 36 al 50 per cento e del limite dell'ammontare complessivo da 48.000 a 96.000 euro in relazione alle spese di ristrutturazione edilizia, tenuto conto della grave crisi in cui versa il settore edilizio.
Il comma 1-bis dell'articolo 16, inserito nel corso dell'esame in sede referente alla Camera, comprende tra gli interventi ammessi alla detrazione del 65 per cento quelli relativi all'adozione di misure antisismiche (previsti dall'articolo 16-bis, comma 1, lettera i), del TUIR), per i quali si prevede la detrazione a regime del 36 per cento, e fino al 31 dicembre 2013 del 50 per cento, sugli edifici che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (cosiddette zone 1 e 2), individuate dall'ordinanza del Presidente il Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003.
Per ottenere il beneficio fiscale le procedure autorizzatorie degli interventi devono essere attivate dopo l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.
Gli interventi antisismici previsti dall'articolo 16-bis del TUIR riguardano, in particolare, l'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione.
Una novità del decreto-legge è quella contenuta nel comma 2 dell'articolo 16, che introduce un bonus per rinnovare l'arredamento di edifici ristrutturati.
Si prevede, infatti, una detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese sostenute dal 6 giugno 2013 – data di entrata in vigore del decreto-legge – al 31 dicembre 2013 per l'acquisto di mobili finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un importo massimo complessivo non superiore a 10 mila euro, da ripartire in dieci quote annuali.
Un'altra importante novità del provvedimento è stata inserita nel corso dell'esame al Senato e concerne i vantaggi fiscali per coloro che sostituiscono i grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+. Risparmio l'elenco già fatto varie volte di quali siano i grandi elettrodomestici. Sia le agevolazioni previste per i mobili, sia quelle per gli elettrodomestici, per un tetto massimo di 10 mila euro, sono aggiuntive e non comprensive rispetto ai 96 mila euro del tetto previsto per le ristrutturazioni edilizie.
L'articolo 16-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, dispone che il Ministero dell'economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, promuova con l'Associazione bancaria italiana una verifica sulle condizioni per offrire credito agevolato ai soggetti che intendano avvalersi delle detrazioni previste dal decreto-legge per gli interventi di efficienza energetica e di ristrutturazione edilizia.
Per quanto riguarda la copertura degli oneri finanziari recati dal decreto-legge, il provvedimento modifica, in primo luogo, a decorre dal 1o gennaio 2014, alcuni regimi IVA agevolati, ossia quello sulle cessioni dei prodotti editoriali e quello sulle somministrazioni di alimenti e bevande. Per quanto concerne quest'ultimo, è stato ridotto, durante l'esame al Senato, al 10 per cento l'aumento dell'IVA sugli alimenti e bevande venduti con distributori automatici, indipendentemente dal luogo in cui siano collocati, originariamente previsto dal decreto dal 4 per cento al 21 per cento. A questo proposito mi permetto di ricordare, essendo il 4 per cento già una deroga, il 10 per cento è la forbice minima del regolamento europeo sull'IVA e Scelta Civica per l'Italia ha presentato una proposta di legge di omologazione dell'IVA sul trasporto alimentare al 10 per cento, in Italia, ovviamente, e anche in fase ascendente a livello europeo.
In conclusione, si esprime una valutazione sostanzialmente favorevole sull'impianto complessivo del provvedimento, che adotta pure misure importanti in termini di agevolazioni fiscali, sia per la ristrutturazione del patrimonio edilizio, sia per il miglioramento dell'efficienza energetica del Paese. Tuttavia, si ritiene che le misure di sostegno al settore edilizio, che rappresenta un settore trainante del sistema produttivo e che attualmente versa in grave crisi, quelle relative al tema dell'efficienza energetica, che riveste un ruolo importante nel quadro dell'economia globale e per il rilancio della competitività del sistema economico, non possano essere introdotte a carattere temporaneo e prorogate di sei mesi in sei mesi attraverso interventi sporadici e senza una pianificazione degli investimenti, ma occorrano interventi strutturali, che rendano stabile la detrazione delle relative spese e la sicurezza di investimento delle famiglie italiane. FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, la conversione del decreto-legge attraverso il disegno di legge in discussione oggi è molto importante, però riteniamo che avrebbe potuto esserlo in maniera molto maggiore e soprattutto più incisiva.
Con questo provvedimento il Governo, per come aveva presentato il provvedimento al Senato e prima che venisse ampiamente modificato dal lavoro delle Commissioni, si limitava a fare poco più che recepire la direttiva n. 31 del 2010 dell'Unione europea, atto che riteniamo doveroso e condivisibile, con il quale si può finalmente sperare di far superare all'Italia la procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea nei confronti del nostro Paese proprio per il mancato recepimento della direttiva in materia.
Noi tutti sappiamo quanto sia grande, però, il differenziale tra l'Italia e gli altri Paesi europei sul terreno dell'efficientamento energetico degli edifici, che dovrebbe portarlo rapidamente, come previsto dalla stessa direttiva, a definire un cronoprogramma affinché si arrivi finalmente, sia per gli edifici pubblici, entro il 2018, sia per gli edifici privati, a un consumo di energia zero o considerato pari a zero. Questa è strada indicataci dall'Unione europea. E visto che i primi ad essere interessati dovrebbero essere gli edifici pubblici, avremmo fatto bene, come faremmo in altre circostanze, a stralciare dal Patto di stabilità degli enti locali e delle regioni gli interventi pubblici che andassero in questo senso.
Tuttavia, a fronte di questi aspetti, riteniamo che questo provvedimento avrebbe potuto essere ancora più sostanzioso e sostanziale: avrebbe potuto essere un atto non solo di carattere anticiclico dal punto di vista economico, ma soprattutto innovativo sotto il profilo di una vera riconversione ecologica dell'economia del nostro Paese.
L'Italia dovrà, prima o poi, rendere operativo un piano energetico industriale di grande portata. Questa era un'occasione che, ancora una volta, viene persa. Privo di una politica industriale da almeno vent'anni, il nostro Paese è altrettanto orfano di una seria politica energetica, i cui unici e ultimi indirizzi del Governo Monti ci riportano ad un insensato e, oltretutto, antieconomico ritorno alla ricerca degli idrocarburi.
Cominciare dalla riqualificazione energetica dell'edilizia è fondamentale e rappresenta un primo passo per ridurre le bollette energetiche di famiglie e imprese e rilanciare l'economia e l'occupazione. In questo senso, si inserisce, o può essere inserita, la proroga e l'ampliamento delle detrazioni fiscali previste dal disegno di legge. Purtroppo, si tratta di una proroga temporale ampiamente insufficiente che, al solito, genera confusione.
Misure come le detrazioni andrebbero rese stabili per portare benefici di natura contabile, economica, industriale e, ovviamente, di natura ambientale. Diventa un'ipocrisia, altrimenti, dire che il nostro Paese ha bisogno di misure di lungo respiro, perché tali non sono. Per essere coerenti servono strumenti ben costruiti e, soprattutto, una politica industriale che la sostenga e che sia orientata all'innovazione e a scelte cosiddette low carbon.
Eppure, stiamo parlando di una misura che, se ben articolata, potrebbe innescare subito, tra le altre cose, un rilancio della riqualificazione del vecchio ed energivoro parco edilizio nazionale: e quella della stabilizzazione della detrazione dell’ecobonus per interventi di efficienza energetica in edilizia sarebbe un ottimo esempio.
Una soluzione immediata e relativamente facile da attivare che abbiamo potuto verificare nell'arco di questi anni: ha portato ad oltre 1,4 milioni di investimenti per circa 18 miliardi di euro di investimenti stessi e l'occupazione per 50 mila addetti; 50 mila addetti coinvolti soprattutto nel tessuto delle piccole e medie imprese e nel tessuto dell'edilizia. E noi tutti sappiamo quanto questi settori produttivi siano quelli che maggiormente soffrono la crisi economica e occupazionale. Un provvedimento che potrebbe avere due naturali benefici: la riduzione dei costi delle bollette energetiche – è opportuno ricordare che la spesa per le bollette energetiche per le famiglie italiane è aumentata del 52 per cento in dieci anni – e il rilancio della produzione nazionale e dell'occupazione.
Soluzioni temporanee come quelle a cui assistiamo oggi, come quella di prorogare il provvedimento di detrazione IRPEF con un'aliquota anche più alta, arrivando al 65 per cento, ma di sei mesi in sei mesi, non danno tempo al sistema produttivo – che, guardate, cari colleghi, è per gran parte costituito da aziende nazionali – di adeguarsi alla potenziale crescita della domanda, causando il peggiore degli effetti per chi voglia investire nella manifattura di queste tecnologie, ovvero la continua fermata, lo stop and go, del sistema produttivo e del mercato.
Mantenere le detrazioni fiscali per l'efficienza energetica e per il fotovoltaico in edilizia e per interventi per la sicurezza sismica è essenziale – alcuni passi avanti, abbiamo visto, sono stati fatti in questo senso nelle Commissioni –, ma dovrebbero, poi, essere anche estese al patrimonio edilizio pubblico e a quello per le imprese. E i vantaggi sopra citati non potrebbero che essere amplificati.
Stabilità degli interventi andrebbe anche operata in questo senso, con la sostituzione in pannelli fotovoltaici, così come in lavoro di bonifica più generale, che più volte abbiamo ricordato in quest'Aula, soprattutto, nel campo della bonifica dei manufatti contenenti amianto. Per chi come me, questa mattina, ha attraversato parte del Nord Italia e ha visto gli effetti devastanti di una piccola tromba d'aria, può ben apprezzare quale sia la portata e l'entità, ancora oggi, di coperture di capannoni industriali, spesso dismessi, in cemento amianto e di come una banale tromba d'aria, per quanto di grande entità come quella di questa mattina, può generare un allarme diffuso e una dispersione di questi materiali in maniera incontrollata.
Le motivazioni per rendere stabile e ben monitorato l’ecobonus sono anche di natura contabile, economica, industriale e, come abbiamo detto, anche di natura ambientale.
Dal punto di vista del bilancio dello Stato, visto che il Ministero dell'economia e delle finanze sottolinea, sempre, la mancanza di una copertura finanziaria, va detto che lo sgravio fiscale per questi interventi può essere, anche, a costo praticamente nullo per le casse dell'erario. All'ammontare delle detrazioni annuali, cioè le mancate entrate per lo Stato, andrebbero considerate, in contropartita, le entrate immediatamente derivanti dall'IVA e le entrate fiscali dirette provenienti dalla vendita, dall'installazione e dai servizi attinenti a questi interventi. Per una corretta contabilizzazione, è poi necessario aggiungere che questa forma di incentivo permette l'emersione del lavoro nero con un ulteriore beneficio per il fisco e scongiura il rischio di cassa integrazione, che è sempre un peso a carico dello Stato e dunque dei contribuenti per quei settori tecnologici coinvolti, molto spesso aziende con un alto valore tecnologico, e per l'edilizia nel suo complesso.
Per correttezza e piena onestà intellettuale occorre analizzare questo provvedimento anche nei suoi aspetti meno positivi o, se vogliamo, negativi. In questi anni non sono mancati casi di speculazione sul valore degli impianti; tra produttori e fornitori si è diffusa l'abitudine a considerare le detrazioni come una autorizzazione all'aumento dei prezzi al pubblico, una pratica che, in concomitanza con l'esplosione della richiesta di tali impianti, ha fatto aumentare i prezzi anche in modo considerevole, penalizzando gli utenti finali e lo stesso erario.
Bisogna fare poi attenzione alle false sostituzioni ovvero alle nuove installazioni mascherate da false sostituzioni, cosa che a lungo si è dibattuto nelle Commissioni. Un incentivo deve essere sempre modulato secondo logiche che portano, nel tempo, a una riduzione graduale dei prezzi; sarebbe allora opportuno fissare periodicamente dei valori massimi o range di prezzi per singola tecnologia, degli standard oltre i quali la detrazione non viene riconosciuta. Ciò potrebbe facilitare il contenimento dei prezzi con benefici anche per l'erario. Tuttavia, per prendere tali accorgimenti serve una attenta valutazione dell'andamento del mercato, delle singole categorie merceologiche che vengono interessate dal provvedimento. Altra soluzione è prevedere, nel tempo, una graduale diminuzione dell'aliquota nel momento in cui questa vada a regime se stabilizzata.
Due elementi vanno comunque evitati: mettere un limite alle risorse e alle detrazioni fiscali, perché frena la domanda che dovrebbe agire senza limiti di tempo e di risorse, e rendere rigido il periodo di detrazione, oggi di dieci anni. Riguardo a quest'ultimo aspetto va considerato il momento storico in cui stiamo vivendo. La crisi economica non consente a nessuno di guardare lontano ma noi ne abbiamo l'obbligo, l'obbligo politico e l'obbligo morale. Dunque, per il consumatore a volte è meglio accettare uno sconto in queste condizioni, subito con un servizio cosiddetto «in nero», piuttosto che usufruire dell'opportunità della detrazione e quindi dell'emersione di questa spesa. Una soluzione di spalmatura del credito di imposta anche su un numero di anni più lungo, cinque o dieci anni, avrebbe un'efficacia molto maggiore, soprattutto per portare quei benefici di cui parlavamo prima.
Rimane un aspetto che, per quanto noi consideriamo positivo nel suo complesso l'approccio e non la mancata stabilizzazione del provvedimento, dobbiamo rilevare ed è quello relativo al dibattito che si è consumato nelle Commissioni rispetto alle coperture. Ebbene, rispetto a queste coperture ci spiace che il Governo porti come vessillo il fatto di aver salvaguardato gli allegati ai libri scolastici, poca cosa rispetto ai danni rispetto alle altre due voci di copertura ancora interessate da un aumento dell'IVA.
Parleremo successivamente di quello che è la copertura rispetto ai gadget allegati all'editoria, vogliamo parlare, inaspettatamente, di un sistema produttivo, quello del vending, della distribuzione automatica di alimenti e bevande, perché ci appare qualcosa di residuale, di marginale nel nostro Paese. Ebbene, faremmo un'azione assolutamente sbagliata a considerarla così, sbagliata e, soprattutto, non conscia di quello che è un settore produttivo tra i pochi che è in crescita nel nostro Paese, tra i pochi che vede un numero di addetti, se non in crescita, quanto meno non sofferente rispetto alla cassa integrazione, che ammonta a circa 30 mila addetti nel nostro Paese e, ancora più importante, è un settore produttivo che vede nell'arco europeo, il 25 per cento delle produzioni provenire da aziende italiane, soprattutto collocate nel Nord-ovest, nella Lombardia, e nel Nord-est del nostro Paese. Aziende, piccole e medie imprese che vedono nell’export una delle maggiori fonti di sostegno e di entrate e che noi, in maniera totalmente insensata dal punto di vista economico, con un provvedimento che avrebbe potuto essere anticiclico, andiamo a penalizzare. Qui andrebbe chiarito il senso della mancanza generale di un piano industriale o della conoscenza di un piano industriale del nostro Paese.
Per quanto riguarda gli altri aspetti possiamo rilevare, rispetto alle rilevazioni che abbiano fatto in Commissione rispetto agli allegati e ai libri di testo scolastici, la totale arretratezza del provvedimento proposto dal Governo. Infatti, vengono salvati ad un'aliquota agevolata tutti quei supporti digitali e magnetici che un po’ appartengono all'archeologia della tecnologia e non viene fatto il passo avanti rispetto a quelli elettronici, ovvero i cosiddetti e-book, che dovrebbero – lo dicono tutti gli indicatori – sbarcare ed essere strumento, se non del futuro, del domani, e quindi di un futuro assolutamente prossimo.
Quindi, nell'andare ad individuare attraverso una copertura diversa e salvando quegli aspetti si fa un'azione, ancora una volta, che non guarda ad una prospettiva ampia, ma ci si limita a guardare all'odierno. Inoltre, rispetto alla mancata agevolazione sui gadget e sui materiali allegati all'editoria, il nostro parere non può che essere fortemente negativo, perché si deprime anche qui un settore produttivo in forte crisi, o in cronica crisi, e non si valorizzano i prodotti dell'ingegno, dell'intelletto o della fantasia, cosa che, sui giornali e sui quotidiani di oggi viene invece valorizzato, considerato e messo a PIL oltreoceano.
Soprattutto, si penalizza una prossimità, quella determinata dalle edicole di piccoli centri e dei luoghi periferici, che rimanevano e rimangono molto spesso l'unico canale per la lettura o per la diffusione dei quotidiani e, quindi, con una forte sofferenza per quello che sarà il cosiddetto mercato delle edicole. Noi avevamo proposto soluzioni alternative ed eravamo pronti a valutare anche coperture alternative a queste, proprio perché ci sembravano assurde. Ne cito solo una, quella riferita all'innalzamento del Preu e, quindi, la messa a regime di entrate derivanti all'Erario dai montepremi dei giochi d'azzardo. Ora, occorre essere chiari e non ipocriti: non ci si può allarmare e considerare allarme sociale il gioco d'azzardo e poi, nel momento in cui questo può diventare, da una parte un'entrata, ma soprattutto una diminuzione del montepremi, che avrebbe un valore sociale di minore appetibilità nei confronti dei giocatori, stralciare questa ipotesi, che è stata anche supportata da altri gruppi. Quindi, nel complesso è un provvedimento che avrebbe potuto essere molto di più, che ci soddisfa nella parte relativa al recepimento e ai pochi caratteri innovativi, ma a cui riserviamo una voce critica nella mancanza della stabilizzazione e soprattutto nei confronti di quelle che sono le voci di copertura. LUIGI TARANTO. Signora Presidente, signora sottosegretario, colleghe e colleghi, il decreto legge n. 63 del 4 giugno 2013 opera il recepimento nel diritto nazionale della direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prestazione energetica nell'edilizia; reca la proroga dal 30 giugno 2013 al 31 dicembre 2013 del termine di scadenza dell'innalzamento della percentuale di detrazione IRPEF dal 36 per cento al 50 per cento e del limite dell'ammontare complessivo da 48 mila a 96 mila euro in relazione alle spese di ristrutturazione edilizia; introduce una detrazione del 50 per cento per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione per un importo massimo complessivo non superiore a 10 mila euro da ripartire in dieci quote annuali; prevede che la vigente detrazione d'imposta del 55 per cento per interventi di riqualificazione energetica di edifici si applichi nella misura del 65 per cento fino al 31 dicembre 2013 e, per interventi relativi a parti comuni degli edifici comunali, fino al 30 giugno 2014; provvede all'incremento del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione ai fini del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.
Basta questa rapidissima rassegna a confermare, allora, che il decreto oggi in discussione è davvero un buon esempio del fare secondo qualità e con necessità ed urgenza.
Perché, certo, il decreto è urgente per sanare la procedura di infrazione per il mancato recepimento della direttiva 2010/31/UE entro il termine del 9 luglio 2012, dando anzitutto attuazione all'obbligo di presentazione dell'attestato di certificazione energetica in caso di vendita o locazione dell'immobile e prevedendo il rilascio di questo attestato da parte di esperti qualificati ed indipendenti.
Ma, ancor di più, il decreto risulta necessario per l'implementazione complessiva delle misure sull'efficienza energetica in edilizia, coerentemente con le conclusioni del Consiglio europeo del 22 maggio 2013 e con il quadro della comunicazione «Energia 2020», in cui appunto è il settore dell'edilizia, insieme a quello dei trasporti, ad essere segnalato come suscettibile delle maggiori potenzialità di risparmio energetico.
Metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici e disciplina degli edifici ad energia quasi zero, formazione e qualificazione degli installatori, integrazione del contenuto dei documenti progettuali e previsione di una valutazione preliminare della possibilità di inserimento di sistemi ad alta efficienza, tra cui la cogenerazione, concorrono così alla definizione di un quadro normativo utile al contenimento della bolletta energetica del Paese ed alla costruzione di un modello di crescita ambientalmente sostenibile.
In particolare, il lavoro emendativo delle Commissioni VI e X della Camera ha portato all'applicazione delle valutazioni preliminari su sistemi ad alta efficienza non solo alle nuove costruzioni, ma anche alla categoria delle ristrutturazioni importanti, coerentemente con le disposizioni dell'articolo 7 della direttiva e con l'esigenza del nostro Paese di un'agenda urbana attenta alle esigenze prioritarie di contenere il consumo di territorio, come le Commissioni riunite alla Camera hanno ancora inteso precisare in relazione al Piano d'azione per gli edifici ad energia quasi zero, e fondata sul recupero e sulla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.
Sul recupero cioè di un stock ricostruito realizzato per il 65 per cento dopo il 1945, quota che nelle grandi città sale all'80 per cento e generalmente con materiali economici e nessuna attenzione al risparmio energetico. Il quadro normativo che ho richiamato per sommi capi esigeva, poi, dell'efficace impatto anticiclico delle proroghe delle detrazioni fiscali, nonché, ulteriore risultato emendativo dell'esame del provvedimento da parte di questa Camera, della prospettiva della verifica tra Ministero dell'economia e delle finanze ed Associazione bancaria italiana delle condizioni per offrire credito agevolato ai soggetti che intendono avvalersi delle detrazioni previste dal decreto.
Meritano, al riguardo, di essere richiamati alcuni dati di sintesi elaborati da ENEA: tra il 2007 e il 2012, la leva delle agevolazioni fiscali per l'efficientemento energetico ha generato oltre un milione di interventi ed investimenti complessivi per circa 17 miliardi di euro. Tali interventi hanno comunque interessato non più del 5 per cento delle famiglie e non più del 7 per cento del patrimonio edilizio nazionale. Di più e di meglio può dunque essere sicuramente fatto.
In questa ottica, vanno tra l'altro sottolineate tanto la disposizione dell'articolo 15-bis in ordine all'istituzione, presso il Gestore dei servizi energetici, di una banca dati nazionale in cui far confluire i flussi di dati relativi ai soggetti beneficiari di incentivi o sostegni finanziari per l'efficienza energetica e la produzione di energia da fonti rinnovabili, quanto la previsione del comma 5-sexies dell'articolo 8 riguardante la collaborazione tra regioni, province autonome, Ministero dello sviluppo economico e Dipartimento della funzione pubblica per la definizione congiunta di metodologie di calcolo, requisiti minimi, sistemi di classificazione, azioni di monitoraggio e di adeguamento della normativa, messa a punto del Piano d'azione per gli edifici a energia quasi zero.
Collaborazione preziosa in un contesto in cui sono, ad esempio, ormai oltre 850 le realtà locali, grandi città e piccoli centri, dotate di regolamenti edilizi innovativi vocati al risparmio energetico. Innovazione concreta. Perché, cito da un bel rapporto Cresme-Legambiente, «Non è fantascienza. Non ci sono aumenti esponenziali dei costi. Perlopiù si tratta di recuperare saperi troppo frettolosamente abbandonati nella costruzione degli edifici, innestandovi le più moderne tecnologie». E del resto, poi, è la stessa comunicazione della Commissione 2013 (253) su «Tecnologie energetiche ed innovazione», a sottolineare che la ricerca di nuovi materiali, nuove soluzioni e nuovi modelli commerciali deve essere sostenuta dalla convergenza delle strategie regolamentari nazionali e regionali al fine di ridurre i carichi amministrativi, stabilire metodologie armonizzate, rendere sostenibile il mercato unico.
Insomma, tanto la verifica costante della qualità degli effetti delle politiche pubbliche di incentivazione, quanto la cooperazione all'interno della complessa governance multilivello italiana sono, anche sul terreno specifico dell'efficientamento energetico, condizioni strutturali del processo di rafforzamento competitivo e sostenibile del potenziale di crescita del nostro Paese. Rafforzamento di cui – è noto – costituiscono parte rilevante le politiche di messa in sicurezza del territorio.
Benvenuta, allora, la norma-manifesto dell'articolo 15, ove si prevede che, in attesa della definizione di misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale con finalità antisismiche, si applichino gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici di cui all'articolo 14 e gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 16. E benvenuta, ancora, la disposizione – ulteriore risultato del lavoro emendativo delle Commissioni riunite alla Camera – del comma 1-bis dell'articolo 16, ove si puntualizza l'applicazione, fino al 31 dicembre 2013, di una detrazione d'imposta lorda pari al 65 per cento, fino ad un ammontare complessivo di spesa non superiore a 96 mila euro per unità immobiliare, per interventi antisismici su edifici ricadenti in zone ad alta pericolosità, utilizzati quali abitazione principale o per lo svolgimento di attività produttiva.
L'estensione del credito di imposta alla prevenzione sismica è una norma di civiltà: così ha commentato il Consiglio nazionale degli architetti. Basti questo giudizio a motivare l'impegno ulteriore per la stabilizzazione della misura.
Concludo, allora, ribadendo la qualità del «fare» recata dalle disposizioni del decreto n. 63 del 2013. Un fare attraverso cui operativamente avanza il progetto di città più vivibili ed energeticamente efficienti e la possibilità di occupazione qualificata nella manutenzione, gestione e riqualificazione del patrimonio edilizio. Si offre così ulteriore testimonianza della continuità d'azione del cacciavite riformatore del Governo di servizio al Paese: cacciavite che adegua ed implementa la piattaforma delle regole attraverso cui passano i processi di innovazione e crescita e punta, in un tempo di risorse pubbliche scarse, all'ottimizzazione degli stimoli della finanza pubblica ai fini del contrasto della recessione e della riattivazione del circuito della crescita e dell'occupazione. Che – a conclusione dell'esame del provvedimento da parte della Camera – si sia poi riusciti, sul versante delle coperture, a salvaguardare dall'aumento IVA almeno i supporti integrativi allegati ai libri scolastici ed universitari costituisce, in un tempo così difficile, ulteriore motivo di apprezzamento. DANIELE PESCO. Signor Presidente, questo decreto-legge è chiamato «ecobonus», ed è riferito all'efficienza energetica. In Italia quasi un terzo dell'energia necessaria è destinata al settore residenziale: spero che sia pleonastico dire che, all'interno del settore residenziale, la falla è rappresentata dallo scarso isolamento termico delle nostre case.
Colleghi, forse non ci avete mai pensato, ma se noi in inverno ci coprissimo meno, oltre a patire un gran bel freddo, ci dovremmo alimentare molto di più per permettere ai nostri corpi di mantenere un'adeguata temperatura corporea. Le nostre case si comportano esattamente nello stesso modo: se non le copriamo, se non le coibentiamo, siamo costretti ad alimentarle in modo continuo per non dire illimitato; e non si tratta di una falla energetica, ma di una voragine.
Non so voi, ma io quando d'inverno accendo il riscaldamento, e penso che altri milioni di italiani stanno facendo la stessa cosa nello stesso momento, e penso al gas che scorre nei gasdotti dai lontani Paesi dell'Est, dove la gente, le popolazioni intere si ammazzano per mantenere il controllo su quei tubi, ebbene, non so a voi, ma a me i sensi di colpa vengono.
E per fortuna siamo in Europa, la stessa che paga l'energia un terzo in meno rispetto a noi: forse gli altri Paesi hanno persone un po’ più oneste che siglano i contratti. Ma non pensiamo sempre male: forse hanno persone solo un po’ più attente. Ma tanto l'italiano non ci pensa, l'italiano paga e tace, l'italiano non si ribella, l'italiano ignora il fatto che dietro a quei numeri incomprensibili nelle bollette ci sono accordi, sotterfugi, finte tutele, società offshore, gente senza scrupoli. L'onestà purtroppo non è ancora di moda, e le bollette salate che paghiamo sono una conseguenza anche di questo.
Solo per gli immobili del patrimonio pubblico nazionale paghiamo una bolletta energetica pari a 2,3 miliardi di euro, del resto il 65 per cento degli immobili ha un'età superiore a 35 anni, quindi difficilmente rispecchia principi di risparmio ed efficienza energetica. L'Italia è un Paese che non ha ancora un programma energetico nazionale, ha un documento chiamato Strategia energetica nazionale, forse ormai illegittimo, nato per rilanciare il nucleare, riscritto dopo il referendum per tutelare altri affari, di pochi, come al solito. Tutto il resto ha un risvolto industriale, di investimenti, hub del gas, reti elettriche, trivellazioni, sì ogni tanto si parla anche di efficienza energetica ma quasi mai di risparmio energetico.
La prima fonte di energia, la più nobile, la più ampia pulita, la più pura, è il risparmio energetico, che non è solo non accendere la luce se non è strettamente necessario o usare la macchina solo quando è strettamente necessario, o accendere il condizionatore solo quando è strettamente necessario, è l'insieme di tante piccole azioni come queste che forse sono cose troppo semplici per essere introdotte in una strategia energetica nazionale, ma sono sicuramente il miglior punto di partenza rispetto al costruire ad esempio un ennesimo rigassificatore, magari nella piana di Gioia Tauro, che è pure a rischio sismico. Sì, perché alla fine ogni buona occasione di fare qualcosa di sostenibile per il Paese viene sopraffatta da quello straordinario bisogno del politico italiano di farci sopra degli affari e quindi via a nuove centrali, via a nuovi hub per il gas, altri incentivi agli inceneritori e via di questo passo.
Quanto basterebbe poco per riuscire a rieducare gli italiani all'uso razionale dell'energia, partendo magari dalle scuole, insegnando magari ai bambini che l'energia elettrica degli inceneritori è energia sporca, che nascondere nell'atmosfera tonnellate e tonnellate di rifiuti non è una prassi così pura, bisognerebbe loro insegnare che incenerire vuol dire creare sostanze microscopiche di cui disconosciamo le caratteristiche, vuol dire sapere che i processi di combustione ad altissime temperature creano particelle molecolari sconosciute e soprattutto sconosciuti sono gli effetti che possono avere sull'uomo. Purtroppo, però, conosciuti sono i dati statistici dell'incidenza delle malattie tumorali nei pressi degli inceneritori, ma per fortuna c’è l'Unione europea. Ogni tanto a qualcosa serve, come in questo caso, e mi riferisco alle diverse direttive emanate sull'efficienza energetica nel settore dell'edilizia.
Con questo decreto viene recepita la direttiva n. 31 del 2010, sono presenti importanti novità tra cui gli edifici a energia quasi zero. Forse la novità è passata un po’ in sordina, diciamo pure che forse l'Italia non è proprio pronta in quanto a edifici ad energia quasi zero, in quanto vuol dire praticamente casa passiva. Casa passiva vuol dire che non ha quasi bisogno di apporti energetici dall'esterno, vuol dire iper-isolamento, utile a mantenere temperature vivibili nei mesi invernali utilizzando molto poco gli impianti di riscaldamento e principi di raffrescamento naturali per i mesi estivi. Fantascienza ? No, non si tratta di fantascienza ma di obiettivi raggiungibili e, ora che abbiamo la legge, dobbiamo solo raggiungerli.
A partire dal 31 dicembre 2018 tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione dovranno essere a energia quasi zero ed entro il primo gennaio 2021 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a energia quasi zero. Consentitemi una nota personale, colleghi: degli atti siglati da questo Parlamento di pochi ne sono andato fiero ma di questo devo ammettere di esserlo, anche se solo per alcune parti come ad esempio questa.
L'Italia è un Paese che si è ritrovata senza accorgersene ad avere una buona percentuale di energia da fonti rinnovabili, la prova l'abbiamo avuta domenica 16 giugno quando in una calda e ventilata giornata di sole, con una buona scorta di acqua negli invasi idroelettrici, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha soddisfatto da sola la richiesta di energia elettrica dell'intero Paese, azzerando il prezzo dell'energia in borsa. Un evento molto raro, per non dire unico, ma è successo. I dati statistici sono parecchio lontani però, ci dicono che nel 2011 è continuata ad aumentare la quota del consumo interno lordo di energia elettrica coperta da fonti rinnovabili, che ha raggiunto il 23,8 per cento, 1,6 punti percentuali in più rispetto al 2010, a fronte di un obiettivo dell'Unione europea da raggiungere nel 2020 pari al 26 per cento, quindi non siamo così lontani. Il merito sicuramente è degli incentivi ma anche delle persone, anche non italiane, che in Italia hanno fatto fruttare bene gli incentivi nazionali.
Finalmente con questo decreto, sempre in tema di certificazione energetica, che ora si chiama attestato di prestazione energetica, ci siamo levati un pensiero, mi riferisco alla procedura di infrazione, rincarata da una nota di messa in mora, per le modifiche apportate al decreto legislativo n. 192 del 2005 con la legge n. 133 del 2008.
La legge Calderoli sulla semplificazione ha infatti abrogato l'obbligo – previsto dai commi 3 e 4 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 192 del 2005 – di allegazione (nelle compravendite di interi immobili o di singole unità immobiliari) dell'attestato di certificazione energetica, e di una sua consegna o messa a disposizione del conduttore in caso di locazioni. In pratica, pur restando valido l'obbligo di redigere il predetto attestato, l'articolo 35 della legge n. 133 del 2008 ha cancellato la sanzione della nullità degli atti per chi non abbia allegato la certificazione al rogito.
Per fortuna qualche grillino ci ha pensato ed ha fatto inserire, in questo decreto, come integrazione, l'obbligo dell'allegazione. Il Governo se l'era dimenticato anche questa volta.
Una parte che non ci piace invece per nulla è tutto ciò che è riferito all'attestato di qualificazione energetica: non doveva essere uno strumento provvisorio in attesa che tutte le regioni si attrezzassero per un sistema di certificazioni delle prestazioni energetiche degli edifici ?
Siamo alle solite: azioni provvisorie che diventano strutturali.
Ma arriviamo alla parte più interessante per i cittadini, agli incentivi fiscali per l'edilizia e per l'efficienza energetica. Per quanto riguarda l'efficienza energetica, grazie all'impulso dato da una risoluzione dell'VIII Commissione ambiente, su iniziativa del MoVimento 5 Stelle, l'incentivo è stato portato al 65 per cento, e sarà scontabile in 10 anni. Le opere andranno realizzate entro il 31 dicembre, però l'articolo 15 ci fa ben sperare verso l'attuazione degli stessi incentivi in modo definitivo, permanente, strutturale.
Tra le opere incentivate, c’è anche la messa in sicurezza sotto il profilo sismico e non possiamo che essere felici di questo: lo avevamo chiesto noi in quella risoluzione.
Purtroppo, molte altre richieste non sono state soddisfatte. Mi riferisco nello specifico alla certificazione dei materiali. Quanto dobbiamo aspettare ancora affinché, anche in Italia, sul modello di altre certificazioni europee, si possa dire quanto un materiale o un processo è rispettoso dell'ambiente ?
Per noi è fondamentale saperlo, è fondamentale premiare i produttori che prima di tutto considerano la sostenibilità ambientale dei propri prodotti. Secondo noi, sono quelli i prodotti che vanno incentivati, quei materiali di cui si è certi che il contenuto di energia necessaria per la produzione, la posa in opera, la dismissione finale, il riciclaggio e quindi tutta la vita utile di quel materiale, ebbene, quel contenuto di energia deve essere minimo.
In gergo tecnico si dice LCA (life cycle assessement), per ora è regolato da norme ISO. Colleghi e Ministri, stiamo facendo tanto per l'efficienza energetica, il prossimo passo è questo. Una certificazione di prodotto unica, chiara, utile al cittadino per scegliere un materiale anziché un altro, qualsiasi materiale, qualsiasi prodotto ed addirittura qualsiasi servizio.
Anche per questo motivo, ci lascia un po’ perplessi l'estensione al settore dei mobili dell'incentivo riferito all'edilizia.
Sappiamo benissimo quanto sia quello dell'arredo un settore trainante e momentaneamente fermo, come altri settori produttivi in Italia.
Anche noi, così come il ministro Lupi – e mi dispiace che non sia presente – che molto ha fatto affinché questo incentivo venisse esteso al settore dei mobili, ebbene anche noi siamo stati al salone del mobile a Milano lo scorso aprile, anche noi abbiamo parlato con gli imprenditori in crisi, ma sia per il fatto che non siamo al Governo e sia soprattutto per il fatto che non vediamo una diretta correlazione tra l'acquisto dei mobili e la ristrutturazione dell'immobile e, più in generale, con il rinnovamento del patrimonio immobiliare nazionale, ecco signor Ministro, noi non abbiamo detto di sì alle richieste degli imprenditori del legno, come non avremmo detto di sì agli imprenditori edili se ci avessero chiesto di cambiare l'articolo 3 del testo unico dell'edilizia, cancellando il rispetto della sagoma nelle opere di ristrutturazione. Ministro Lupi, lei si è assunto la responsabilità e lo ha fatto nel decreto «del fare». Ma questa è tutta un'altra storia.
Rilanciare i consumi in modo così, secco, spropositato, senza alcun fine ambientale ci sembra un'opera svolta a metà, un'opera quasi controproducente.
Purtroppo, le normative internazionali ci impediscono di incentivare il made in Italy.
Le certificazioni ambientali che tengono conto dell'energia intrinseca del prodotto possono esserci d'aiuto anche in questo, premiando ad esempio i prodotti a km zero, che di meno energia hanno bisogno per arrivare dal produttore al consumatore. Ministri, facciamolo, facciamolo !
Secondo noi, è giusto premiare un consumo, incentivare dei prodotti, solo se questi sono realizzati in modo razionale e sostenibile, per questo motivo avremmo anteposto una necessaria qualificazione ambientale dei prodotti da incentivare; sarebbe stata la nostra base di partenza. Prima la qualificazione ambientale e poi l'incentivo. L'epoca del consumismo secondo noi è passata, i danni fatti li conosciamo, e li contiamo sulla nostra pelle e su quella di chi ci seguirà. Va cambiato sia il modo di vedere le cose, sia il modo di farle !
Se non entriamo in quest'ottica, se non iniziamo a rispettare l'ambiente in modo serio, potrà solo essere peggio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). ERMETE REALACCI. Signor Presidente, io penso che questo provvedimento sia uno dei più importanti che il Parlamento è chiamato ad approvare. Parte solo formalmente dall'approvazione di una direttiva dell'Unione europea. In realtà, questa politica in Italia era nata prima e si rafforza con le indicazioni che dall'Unione europea ci vengono. Le indicazioni dell'Unione europea sono molto nette in materia. Io ricordo, così come è stato ricordato anche da altri colleghi che mi hanno preceduto, che l'Unione europea ha fissato, per il 2019-2021, l'obiettivo che i nuovi edifici siano a consumo quasi zero, nel 2019 quelli pubblici e nel 2021 quelli privati, e l'Italia entro la primavera prossima deve presentare un piano per l'azione sull'edilizia esistente, oltre che le azioni di certificazione che poi questa normativa sostanzialmente recepisce.
Ma, al di là di questo, che è una direzione dell'Unione europea che va a toccare un settore di grandissima importanza – è stato anche questo ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto –, circa un terzo dell'energia che consumiamo è legata al consumo nell'edilizia, negli edifici esistenti. In realtà, come lo diceva bene il collega Taranto, questo provvedimento è la parte più importante del «decreto del fare». Se devo essere franco, questa misura vale molto più di tante misure, alcune delle quali discutibili, che erano inserite nel «decreto del fare». Perché ? Perché al di là dei suoi obiettivi dichiarati, che sono importantissimi, quali dare qualità all'edilizia, il risparmio energetico su cui tornerò dopo e anche così i miglioramenti che sono stati introdotti al Senato e ancora di più nel passaggio recente alla Camera, questo provvedimento va a toccare un settore che è stato uno dei più colpito dalla crisi. Noi sappiamo che nell'economia l'Italia sta dimostrando una capacità di tenuta nell’export, il che conferma che quando si investe in qualità, in innovazione e in bellezza il nostro Paese si difende bene.
Ha ragione il collega del MoVimento 5 Stelle che mi ha preceduto. Anche le certificazioni possono essere una maniera per difendere in varia maniera il made in Italy di qualità. Ma, comunque, soffre tremendamente nell'economia interna. Questo accade sia perché le famiglie e le persone si sono impoverite, sia perché non c’è speranza, sia perché sono collassati interi settori. Il settore che di gran lunga ha pagato il prezzo più alto alla crisi è proprio l'edilizia, che dall'inizio della crisi ha perso, fra diretto e indotto, oltre 500 mila posti di lavori.
Come può avvenire un rilancio dell'edilizia ? Non può avvenire in questo come in altri campi – e questa è una cosa su cui forse c’è differenza anche fra di noi – con una logica del passato, con una logica alla Edoardo De Filippo, adda passa’ ’a nuttata e dopo tutto ricomincerà come prima. Deve avvenire cambiando. Qual è la linea di questo cambiamento ? La linea di questo cambiamento è stata indicata già prima ed è rafforzata in questo provvedimento. Io condivido le critiche che sono state fatte – e ci arriverò – al fatto che non sia un provvedimento ancora stabilizzato – è questa la partita da presiedere adesso –, ma non condivido le critiche sulla limitatezza di questo provvedimento, perché questo provvedimento indica una direzione chiara per l'edilizia, una direzione che non parla di consumo di territorio ma parla di riqualificazione dell'esistente, una riqualificazione che parte dall'elemento energetico (il 55 per cento di nuovo ed è stato ricordato il successo di questa misura).
Se in Italia l'edilizia ha tenuto nel corso di questi anni in parte almeno, non è stata certo legata al piano casa questa tenuta ma è stata legata alla manutenzione e al recupero dell'esistente. La sola misura del 55 per cento che, ricordo, il precedente Governo ha provato ad annullare, facendo ricadere tutto nel 50 per cento – e sarebbe stato un grave errore –, ha prodotto in Italia un milione e 400 mila interventi, circa 17 o 18 miliardi di euro di investimenti e 50 mila posti di lavoro. Soprattutto, ha qualificato un sistema di imprese, non solo quelle dell'edilizia in senso stretto ma tutte le imprese che sono legate all'indotto, perché parlare di risparmio energetico significa parlare di nuovi materiali, di serramenti, di caldaie e di nuove tecnologie che consentono di adeguare le nostre case a livelli di consumo energetico più avanzato e di ridurre la bolletta delle famiglie. Già al Senato si era introdotto il passaggio delle pompe di calore, che è importante, ma con questo passaggio della Camera si sono introdotti ulteriori miglioramenti: un'apertura, per quanto riguarda il futuro, sul fronte dell'amianto, sul fronte del risparmio idrico e, soprattutto, un'apertura concreta sul consolidamento antisismico che, per la verità, non era stato introdotto al Senato.
Il consolidamento antisismico era già presente nel 36 poi 50 per cento, ma era un'enunciazione, perché è chiaro che, se si danno gli stessi soldi a chi fa il ricambio dei sanitari e a chi mette in sicurezza antisismica la casa, c’è qualcosa che non funziona. Non diventa conveniente fare quell'investimento, mentre qui nel passaggio alla Camera per la prima volta concretamente, seppure con scadenza al 31 dicembre – sappiamo che gli investimenti legati al consolidamento edilizio in senso antisismico non sono semplici da realizzare, quindi è difficile che molte cose si mettano in movimento da qui a dicembre – però per la prima volta – e per questo è stato necessario trovare una copertura, che al Senato non era stata introdotta – è possibile agire sul consolidamento antisismico degli edifici esistenti.
Questo è fondamentale in Italia, perché io trovo francamente disonesto intellettualmente che, ogni volta che c’è un terremoto, si discuta su come bisogna fare prevenzione e poi non si faccia nulla. Eppure la prevenzione paga e lo abbiamo visto anche di recente nelle Marche, dove il fatto che si fosse costruito meglio ha fatto sì che uno sciame sismico non abbia prodotto danni, ma sciami sismici colpiscono continuamente il nostro Paese. Penso alla Toscana, alla Garfagnana, alla Lunigiana, penso a un territorio fragile da questo punto di vista, che può nel futuro risparmiare danni e lutti soprattutto, se si agisce nel campo della prevenzione. Manutenzione, qualità, recupero: è questa la strada.
Quali sono i punti deboli di questo provvedimento e le cose da cambiare ? Il primo punto debole lo hanno sottolineato in molti ed è la questione di stabilizzare queste misure. È ridicolo, persino umiliante, che si debba andare di sei mesi in sei mesi, quando a volte si parla di investimenti che sono anche difficili da realizzare perché ci vuole una programmazione, quando invece qui si tratta di introdurre in maniera stabile questi incentivi.
Quindi, la prima battaglia è questa. Peraltro, sia il Ministro Lupi che il Ministro Orlando si sono impegnati in questo senso e quindi presenterò, anche insieme a colleghi di altri gruppi, un ordine del giorno in questa direzione. Io mi auguro che il Governo alla ripresa dei lavori ponga da subito – mi sembra che il collega Benamati accennasse alla possibilità che sia già nella legge di stabilità – le condizioni per dare stabilità a queste misure, che sono l'edilizia del futuro.
Queste misure oltretutto sono formidabili non solo per ridurre i consumi energetici dell'Italia e quindi l'inquinamento e le emissioni di CO2, ma anche per aiutare le famiglie. Ricordo che noi abbiamo discusso molto – ed è anche una discussione importante – sulla questione dell'IMU sulla prima casa. La maggior parte degli italiani pagano sulla prima casa meno di 500 euro di IMU. Fra una casa costruita bene e una casa costruita male passa una bolletta da 1.500 euro di IMU e lo stesso vale per gli edifici pubblici. Per esempio, uno dei limiti di questa misura è che non aiuta il pubblico ad operare sull'edilizia esistente, né l'edilizia sociale ad operare sull'edilizia esistente. Questa è una delle cose che va probabilmente cambiata. Gli IACP – per capirci – non possono ricorrere a questa misura. Invece, è necessario affiancare questa politica anche con delle azioni, per esempio, volte a liberare dal Patto di stabilità quegli enti locali che hanno risorse, in maniera tale che possano investirle da subito in manutenzione del territorio, in risparmio energetico, in messa in sicurezza antisismica degli edifici, a partire da quelli essenziali.
Io ricordo che oltre il 50 per cento delle scuole italiane è stata costruita prima che venissero emanate le norme antisismiche. E se poi un domani ci saranno dei lutti, saremo innocenti rispetto al fatto che non sono state prese per tempo le misure adeguate ? Io penso che questa politica indicata sia di grandissima importanza, perché affronta la crisi dando lavoro in Italia, ma qualificando le imprese e il lavoro.
Questa politica richiede una grande alleanza tra società, imprese, professionisti, enti tecnici. Su questa misura hanno già lavorato l'ENEA e il Cresme. È chiaro che l'entrata in campo del consolidamento antisismico chiama all'azione anche, per esempio, l'Istituto nazionale di geofisica e altre professionalità in materia ed è una misura – e questo è un dibattito aperto – che credo vada anche letta con un'ottica un po’, a mio avviso, meno limitata di quella che a volte adotta la Ragioneria dello Stato, che non calcola mai i benefici derivanti dall'adozione di misure anticicliche. È un po’ un ragionamento in scala, che vale anche in generale per il bilancio dello Stato, per come stiamo affrontando questa crisi.
Infatti, in realtà, questa misura produce un grande fatturato, e quindi risorse per lo Stato, fa emergere il nero: se si vuole usare questa misura, non bisogna, ovviamente, operare in nero. Quindi, tutti quegli interventi che rendono più semplice questa misura, inclusa una rimodulazione degli anni in cui viene scaricata la detrazione di imposta, perché, forse, dieci anni sono troppi per contrastare, per esempio, l'edilizia in nero, sono misure che vanno nella direzione di un forte rilancio della nostra economia, che conviene, conviene alle famiglie, conviene all'edilizia, che può rilanciarsi nel segno della qualità.
L'unico giornale che ha seguito bene questo dibattito è stato Il Sole 24 Ore e segnalo un eccellente commento di Giorgio Santilli su questa direzione dell'edilizia, che è l'unica che può dare concretezza a un futuro dell'edilizia, ma anche rilanciare l'economia e l'occupazione e produrre, credo, non meno di 100 mila posti di lavoro.
Abbiamo detto già che il 55 per cento, da solo, non stabilizzato, aveva prodotto circa 50 mila posti di lavoro all'anno, facendo lavorare migliaia di imprese, medie e piccole e della filiera. Penso che questa misura, stabilizzata, aggiornata e resa tecnicamente più efficace, possa produrre almeno 100 mila posti di lavoro – in questo senso, vi era stato un indirizzo fin dall'inizio dell'attività concreta di questo Parlamento, approvato all'unanimità dalla VIII Commissione della Camera – e può lavorare nella direzione di un Paese che fronteggia la crisi avendo un'idea di futuro. E il futuro non può che essere legato ad un'economia a misura d'uomo, a un Paese più civile, più sicuro e – perché no ? – anche più bello (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, come vede, essendoci l'Aula vuota, non si preoccupi di quello che dico, perché tanto nessuno si arrabbia. Nel mio intervento, visto che ho mezz'ora per parlare, la prima cosa che mi viene in mente è una richiesta che ho fatto qui due mesi fa, alla quale la Presidente della Camera non si è degnata neanche di dare una risposta. Io, due mesi fa, così come avevo fatto nella precedente legislatura, avevo chiesto, visto che si parla di risparmio energetico, di bonus e così via, di verificare perché si tengono le luci accese in questi palazzi.
L'ho chiesto non per giocare, ma perché è una realtà. Se lei si fa un giro, visto che ha un'esperienza parlamentare anche piuttosto lunga – porta bene, tra l'altro, gli anni –, se va in qualsiasi Aula, in qualsiasi ufficio, nelle Commissioni, vedrà che accendono le luci al mattino, alle ore 7, alle ore 7,30, e le spengono, quando va bene, quando si va a casa. Anzi, vi è anche un addetto che poi deve fare il giro di tutte le stanze, perché si dimenticano di spegnere le stampanti, di spegnere le luci, le fotocopiatrici, e così via.
Se noi siamo qui a fare i moralisti e a dire cosa devono fare gli italiani e siamo gli stessi che qui, nel Palazzo stiamo a discutere e a cercare di risolvere dei problemi – quando ci si riesce, cioè quasi mai –, mi chiedo: siamo dei baluba ? Pensiamo che gli italiani siano dei fessi ? E quando un parlamentare chiede alla Presidente della Camera Boldrini di dargli una risposta, lei non risponde neanche ! Certo, è impegnata, magari, a fare le sfilate in varie parti d'Italia in occasione di un avvenimento piuttosto che di un altro, ma, su cose così semplici, non vi è qui un funzionario che mi possa spiegare perché non sono capaci di spegnere le luci ?
A casa nostra, a casa sua, a casa del Presidente della Camera, di chiunque, quando uno esce di casa, lascia tutte le luci accese, anche se siamo in estate ? E in inverno qui si lasciano le finestre aperte, perché tanto il riscaldamento chi lo paga, Pantalone ? Queste sono «cretinate», ma non lo sono, perché, se io parlo con mio figlio e gli devo dare il buon esempio, non è che, se dico a mio figlio di non fumare la sigaretta, poi io, mentre glielo dico, fumo un sigaro. Evidentemente, se dico una cosa a mio figlio, gli devo dare il buon esempio.
Qui, alla Camera, il Presidente della Camera e tutti gli altri, invece di dare il buon esempio, non danno neanche una risposta per iscritto. E noi, poi, parliamo di ecobonus, diciamo agli italiani che devono risparmiare ? Prima sentivo Realacci che diceva: se una casa è fatta bene, vi è il risparmio energetico, se la casa non è fatta bene, il risparmio è inferiore. Benissimo, agli altri diciamo che cosa fare e qui cosa facciamo ?
Ecco, questo è un esempio banale per significare che in questo palazzo si vive nel pianeta Marte. Non si capisce e non si vuol capire – questo mi pare veramente assodato – quella che è invece la realtà di questo Paese.
Allora noi vogliamo dare gli sconti, e li diamo spalmati in dieci anni; ma secondo lei in dieci anni dov’è che andiamo a prendere il risultato finale ? Secondo lei non c’è il nero ? In questo periodo si pagano le tasse: secondo lei, signor Presidente, non ci sono tutti i contribuenti italiani che sono stra-arrabbiati di quello che vanno a pagare, perché pagano più del 50 per cento di quello che guadagnano, in uno Stato che sembra un colabrodo ?
Questo è quello che avviene oggi nel nostro Paese. Allora io sento uno, che non è il signor Berlusconi, che lo ha detto qualche tempo fa, ma uno del suo partito – cioè del Partito Democratico – che dice che c’è un'evasione comunque – diciamo così – necessaria perché altrimenti non c’è sostentamento dell'azienda o di chi ha una partita IVA... Questo l'ha detto Fassina – che quindi ha preso il virus di Berlusconi –, ma nella realtà è quello che succede. Quanto c’è di nero nel nostro Paese, c’è perché altrimenti molti non stanno più in piedi, e il risultato qual è ? Che noi ogni anno aumentiamo le tasse.
Allora, se prima si parlava di IMU, le dico un altro esempio vero. Nella mia città, dove faccio l'amministratore, ho restituito l'IMU e, oltre a restituire l'IMU, ho anche restituito gli interessi. Perché è giusto che, anche se gli interessi sono pochi, se il cittadino mi ha dato i soldi in più un anno fa, io gli do quello che mi ha dato in più e in più gli do anche gli interessi, perché deve essere un esempio. Perché, se le istituzioni parlano in una maniera e fanno in un'altra, il cittadino sempre di più è distante dalla realtà e da chi fa politica. Alla fine noi ci lamentiamo e diciamo: come mai i cittadini sono così arrabbiati ? Basta andare in giro e si capisce.
Allora, quando uno parla di certe cose, si deve rendere conto che nella realtà noi non possiamo continuare in questa maniera. Quindi, una domanda normale che mi viene è: questi soldi che vengono risparmiati dove vanno a finire ? Vanno a finire in che cosa di serio ? Va a finire magari che si fanno gli spot contro l'omofobia ? Vanno a finire negli spot per qualche altra cosa, per dire che il Ministero «x» fa queste cose per il cittadino ? Ma dove ? In che mondo viviamo ? Ma il cittadino si arrabbia ancora di più !
Rispetto a quello che è successo in Egitto poco tempo fa, guardate che ci stiamo andando vicini ! Voi scherzate tanto, pensate che sia questa una Repubblica democratica, abbiamo la Costituzione più bella del mondo. Può anche darsi, ma è talmente bella e talmente siamo una Repubblica democratica che tra un po’ rischiamo di fare come l'Egitto. E allora non ci sarà più qui il Buonanno di turno che viene a dirvi delle cose che magari vi danno fastidio, ma ci sarà la gente che cerca di sfondare il portone per dire «basta», basta a un sistema che non sta più in piedi. E anche se ci fosse, così com’è accaduto nella visita del Santo Padre a Lampedusa, cosa si è venduto ? Il sindaco – ovviamente di sinistra – che nelle interviste chiama addirittura il Presidente della Camera «Laura». Complimenti ! Ma chi ha invitato il Santo Padre ? Il parroco, con una semplice lettera, e il Santo Padre ha fatto quello che la politica non è stata capace di fare: andare là e cercare di far capire che c’è un'emergenza, perché oggi quell'emergenza si fa finta di non vederla, ma esiste ! Esiste l'emergenza dei clandestini, esiste l'emergenza di dare una mano a questa povera gente, ma esiste anche la sacrosanta verità di dire che quei Paesi da dove partono quei cittadini sono i primi colpevoli. Non è che se muoiono nelle nostre acque o nel nostro territorio, siamo noi i colpevoli. I colpevoli sono quelli che amministrano quegli Stati, che se ne fregano della vita umana.
Questa è la politica della «fuffa», quella facciamo noi ! Se anche il Santo Padre un giorno, per paradosso, fosse il Capo del Governo, neanche lui riuscirebbe a risolvere le questioni del nostro Paese, perché noi ormai siamo vittime di una burocrazia, di una palude, dove alla fine non si riesce a risolvere praticamente nulla. Questa palude tra un po’ ci ammazzerà tutti, tra virgolette, perché non esiste in una situazione del genere un modo per poter cambiare. Perché poi alla fine tutti parlano, ma non ha voglia di cambiare nessuno, perché tutti vogliono cambiare a casa di un altro. Facciamo la riforma «x» ? Sì, ma iniziamo dall'altro e poi l'altro lo dice all'altro e l'altro lo dice all'altro ancora, con il risultato che non si fa nulla.
Oggi produciamo che cosa ? L’ecobonus ? Complimenti !
Certo, meglio poco che nulla, ma è quello che serve al Paese ? È la risposta giusta ? Combattiamo l'evasione fiscale ? Cerchiamo di dare una mano alle famiglie ? Abbiamo un Ministro, Delrio, che mi pare sia papà di nove figli: benissimo, complimenti. Non è meglio detassare le famiglie numerose ? Lui è un classico esempio. Famiglie numerose: non possiamo dare una mano a loro ? Non possiamo dare una mano ai disabili ? Non possiamo dare una mano alle famiglie numerose e magari far pagare a loro meno tasse e far pagare magari qualcosa di più a chi, invece, non ha figli ? È così complicato fare queste cose ? Con tutti i soldi che si buttano – mi scusi il termine – nel gabinetto di questo Paese (Commenti di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)...
C’è una del 5 Stelle che dice: «Fa la retorica». Da che pulpito la retorica ! Hanno blaterato per due giorni per produrre la «fuffa» di niente e vengono qui a dirci che non bisogna perdere tempo alla Camera dei deputati... ROGER DE MENECH. Signora Presidente, membri del Governo, colleghi, con il mio intervento, dopo il collega, vorrei ritornare sul tema e sull'utilità, anche, di essere deputati della Repubblica. Soprattutto perché anche io sono un amministratore, sono un amministratore del Nord e vorrei, in questa sede, discutendo dell’ecobonus, portare anche qualche consiglio prezioso per migliorare l'attività di produzione normativa del nostro Parlamento. Questa è una norma importante, non è banale come è stata descritta, ripeto, da chi ci ha preceduto, perché è una norma che, soprattutto, è richiesta dal mondo, dal mondo delle imprese e soprattutto da quella piccola e media impresa del mondo dell'edilizia che è capillarmente diffusa sul territorio della nostra nazione e che chiede delle risposte concrete. Io credo che, al di là di qualsiasi retorica, questa è una risposta concreta a quel mondo che è in grande difficoltà, e dobbiamo ribadirlo.
È una norma poi che ha anche un grande merito, quello di dare un ulteriore sprint in tema di sviluppo e quindi di venire incontro proprio a questo mondo in forte difficoltà. Infatti aver aumentato dal 55 per cento al 65 per cento dimostra proprio l'intenzione del Governo di dare uno sprint aggiuntivo in un momento di grande difficoltà.
È una norma che deve essere affiancata, a parer mio, anche da una operazione di fiducia rispetto al Paese, perché, oltre alle norme di regolazione economica e di sviluppo, dobbiamo dare e, anche e soprattutto, ridare la fiducia al Paese. Per ridare la fiducia al Paese questa norma sull’ecobonus, a mio modo di vedere, ha bisogno di due funzioni fondamentali: da una parte la stabilizzazione degli incentivi – perché sia i cittadini che vogliono fare gli interventi nei fabbricati sia le imprese che vogliono pianificare lo sviluppo della propria attività lavorativa devono avere delle certezze sul medio e lungo periodo – e dall'altra parte, cosa che ho sentito poco nominare in questa sede, e che vivo soprattutto dalla mia esperienza amministrativa di sindaco, delle azioni politiche coerenti attorno a questa norma.
Cosa voglio dire ? Non è sufficiente incentivare da un punto di vista economico una scelta fondamentale che oggi il Parlamento fa, quindi di puntare sulle ristrutturazioni e sulle manutenzioni del patrimonio edilizio esistente, ma credo si debba aprire anche uno scenario di revisione legislativa rispetto alla sburocratizzazione, cioè togliere burocrazia rispetto a questo modo di approcciarsi. Se vogliamo che il territorio non venga più consumato con nuove costruzioni, dobbiamo assolutamente agevolare, non solo da un punto di vista economico, ma anche da un punto di vista della burocrazia, le ristrutturazioni, perché troppo spesso – lo capiscono i sindaci e i cittadini, che devono costruire e andare negli uffici tecnici a farsi fare i permessi di costruire, le DIA e le SCIA – buone iniziative da un punto di vista economico, come è l’ecobonus, vengono fermate da lacci, lentezze e burocrazie di natura tecnica che devono essere sciolte. Quindi, questo – e credo di dare un piccolissimo consiglio ai membri del Governo – sarà uno degli obiettivi della prossima nostra attività legislativa.
Altra azione importante è quella di aver inserito altri comparti, nel tentativo, io credo, anche di sperimentare forme di agevolazione e di ritorno economico rispetto ad altri settori dell'impresa italiana, e mi riferisco ovviamente ai mobili e agli elettrodomestici. Questo è un tentativo importante che va assolutamente monitorato per capire qual è l'effettivo ritorno di beneficio rispetto all'economia nazionale. Aver introdotto anche questa norma vuol dire porre attenzione rispetto a un mercato e a un'impresa che è in forte difficoltà, quella dei mobili e degli elettrodomestici in particolare, ma vuol dire anche sperimentare nuove forme di agevolazione, per capire se possono essere anche queste il futuro del nostro Paese sotto il profilo degli incentivi.
Apro un tema strategico e importante, quello degli edifici e degli immobili pubblici. Sono spaventato del fatto che noi stiamo, anche con questo provvedimento, giustamente, recependo delle direttive europee, mettendo dei paletti importantissimi sotto il profilo dell'efficienza energetica, e nel passato sono stati approvati già dei provvedimenti che mettevano dei paletti rispetto alla certificazione statica degli edifici, ma attenzione: per gli enti locali non è sufficiente lavorare sul fronte normativo, dobbiamo lavorare almeno su altri tre fronti fondamentali, altrimenti corriamo il rischio di mettere i sindaci d'Italia con le spalle al muro, come avviene in parte proprio per le normative antisismiche.
Quindi, dobbiamo lavorare ovviamente sul fronte delle risorse: se questa è una priorità del Paese, nella prossima legge di stabilità dobbiamo fornire risorse ai comuni per efficientare gli edifici pubblici, partendo dalle scuole e dagli ospedali, da quelli prioritari, e renderli sicuri da un punto di vista sismico; allentare il Patto di stabilità interno in maniera puntuale su questo tipo di interventi; attuare politiche di controllo e di responsabilità, perché queste risorse e l'allentamento del Patto di stabilità interno siano effettivamente utili all'obiettivo primario che il Paese si dà, quindi quello di avere edifici efficienti, con risparmi sulla spesa corrente, e sicuri, soprattutto per i ragazzi che frequentano le nostre scuole.
L'energia più rinnovabile, come sapete, è quella che non si consuma, e una delle cose che prevede questo decreto è esattamente questo: dobbiamo avere un piano energetico che considera questa presa di posizione importante, con azioni, come dicevo, anche di semplificazione e di stimolo. Vorrei portare un esempio molto concreto. Nel campo del fotovoltaico, un gruppo di comuni della provincia di Belluno ha «inventato» una società completamente pubblica che fa da stimolo attraverso l'istituto dei gruppi di acquisto solidale, che ha consentito in pochi anni di investire in una provincia relativamente piccola 4.600.000 euro sul fotovoltaico. Io credo che a fianco alle normative generali, che devono essere ovviamente costruite all'interno del nostro Parlamento, ci debbano essere anche azioni di stimolo come queste. PubblichEnergie è un'azione di stimolo nei confronti dei cittadini privati che le amministrazioni pubbliche possono fare traendo dei benefici, perché i 4.600.000 euro sono diffusi nel territorio della nostra provincia e sono anche capillarmente diffusi all'interno delle imprese del settore, producendo quindi un indubbio vantaggio da un punto di vista ambientale ma anche economico rispetto alle economie del territorio, come dicevo.
Altro grande aspetto positivo è che questo provvedimento comunque inizia a mettere in ordine un campo che è un campo strategico, come quello della certificazione ambientale del nostro Paese, inizia non solo per recepire, io spero, una giusta direttiva europea e per venire incontro alla procedura di infrazione e cercare di risolverla ma, io credo, per impostare il piano strategico del futuro iniziando a mettere ordine sotto il profilo delle certificazioni che troppo spesso in Italia assumevano un aspetto a macchia di leopardo nel territorio nazionale.
Altra questione fondamentale è quella delle coperture; ho sentito in questa Aula, nella discussione di questa mattina, nei confronti dell'operato del Governo, alcune critiche rispetto alle coperture. Io spero, insomma, che questa Aula non faccia di queste tematiche la solita battaglia populista, e credo che su questo fronte, invece, dovremmo iniziare in maniera seria ad intervenire con azioni anche di responsabilità fiscale molto più serie e di lungo periodo.
Questa mattina alcuni colleghi hanno parlato di redditometro, di spesometro di altre forme di controllo indiretto del reddito; ecco noi – personalmente io, ma anche come partito – siamo assolutamente favorevoli a superare queste forme di controllo presuntivo del reddito ed andare, come tra l'altro fa anche il decreto-legge sull’ecobonus, verso forme di tracciabilità e di fatturazione elettronica che sono esattamente quelle che prevede il decreto-legge rispetto all'incentivazione. Ecco allora, se noi pensassimo alle coperture di questo decreto pensando di attuare veramente politiche che vadano ad incidere sulla vera evasione fiscale, che è l'unico sistema che ha questo Paese per redistribuire in maniera seria il reddito, e quindi abbassare le tasse a quegli imprenditori che sono in forte difficoltà, probabilmente inizieremmo a fare un discorso serio rispetto al futuro del Paese e non solo un discorso momentaneo e di conquista delle prime pagine dei giornali. Questo è chiaro che è un lavoro di lungo periodo, che non è una cosa che si fa immediatamente, ma io auspico che il Governo e questo Parlamento lavorino in maniera seria su questi argomenti anche all'interno della Commissione che frequento, che è la Commissione finanze.
Chiudo dicendo che sul tema della sostenibilità ambientale, c’è una grande fetta della scommessa del futuro sviluppo del nostro Paese, lo dico soprattutto dopo cinque mesi di esperienza all'interno di questa Aula e da amministratore locale. C’è una grande scommessa perché il nostro è il Paese delle bellezze; io provengo da una provincia che è patrimonio dell'umanità proprio per le bellezze delle Dolomiti. La vera scommessa è: come riusciamo a far sì che queste scommesse, rispetto alla bellezza del nostro Paese, si tramutino in politiche concrete di rispetto ambientale e di produzione di lavoro all'interno del nostro Paese.
Io vi cito un esempio perché, colgo l'occasione, come dicevo, per parlare di cose concrete che succedono nei territori, perché abbiamo detto che questo decreto-legge nel passato ha costruito 55 mila posti di lavoro e nel futuro potremmo arrivare a 100 mila con una stabilizzazione degli incentivi fiscali sulle ristrutturazioni, e questa è la strada giusta. Ecco io vi faccio un esempio: nel mio comune, come sapete, da quattro anni, una attenta politica sulle tematiche dei rifiuti provocherebbe un cambio radicale delle partite di bilancio rispetto alla gestione dei rifiuti nazionali. Oggi i rifiuti sono troppo dipendenti dagli impianti, e quindi pagano l'impiantistica, che sono l'inceneritore e la discarica; nel mio paese abbiamo completamente stravolto questa tematica e abbiamo fatto sì che nel giro di pochi anni le spese che prima erano per seppellire i rifiuti alla discarica, oggi vengono impiegate per dare lavoro a degli operai. Do qualche cifra, insomma: nel 2007, il 57 per cento del piano industriale del sistema dei rifiuti del mio paese era relativo alla discarica, oggi è il 4,8 per cento.
Le spese di personale erano il 14 per cento, oggi sono il 54. Se lo facessimo, contrariamente a quello che stiamo facendo e quindi affrontando queste tematiche solo ed esclusivamente sul profilo dell'emergenza, in maniera strutturale, potremmo conquistare dai 150 mila ai 200 mila posti di lavoro: restituendo all'Italia un Paese sicuramente meglio gestito, e soprattutto restituendo ai cittadini anche una consapevolezza rispetto alle tariffe e alle tasse che pagano, anche in queste tematiche.
Ho voluto riportare questi due esempi pratici, perché questo è un buon provvedimento, è un provvedimento che però ha bisogno di un supporto sociale forte della nostra comunità, delle nostre amministrazioni; e credo che questo sia il lavoro del Governo, del Parlamento delle prossime ore, dei prossimi giorni. Sperando però che in Aula finalmente si inizi a parlare dell'Italia vera e dell'Italia che ha voglia di fare e di riemergere dalla crisi, e non, come spesso succede, di cose in astratto, senza essere molto attinenti a quello che succede nel Paese. Ho provato a fare questo, questo è il contributo; e credo che – come ripeto – il Governo debba tenere in buona considerazione il contributo che viene dal territorio e dalle tantissime buone amministrazioni che esistono nella nostra Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, signora sottosegretario, colleghi, già nelle Commissioni si è riusciti a fare un lavoro di rifinitura su questo decreto-legge, tutto sommato un buon decreto-legge. Nella Commissione ambiente la risoluzione, votata poi in maniera unanime da tutti i membri dei vari gruppi parlamentari, ha consentito di passare dal 55 al 65 per cento della defiscalizzazione di questi interventi di riqualificazione energetica degli edifici: un buon passaggio, a nostro parere, perché consente a questo punto di chiudere il rientro economico, per quanto riguarda questo tipo di investimenti, in pochi anni. In pochi anni si ha il 65 per cento di defiscalizzazione e la restante parte relativa al risparmio vero in bolletta che ci sarà. Vengono calcolati, per interventi importanti di riqualificazione energetica, risparmi su energia termica ed elettrica, intorno ai 1.500 euro annui; per cui in 6-7 anni si vede che da una spesa per un intervento vero di riqualificazione totale, compresa la superficie di espressione dell'edificio, si arriva a non spendere nulla.
È chiaro che dobbiamo molto impegnarci anche sull'informazione della popolazione: dovremo impegnarci, tutti i vari gruppi, per quella che è la disponibilità; la nostra non è eccessiva, ma cercare di andare sui mass media a portare questi contenuti, che possono davvero dare un incentivo, una spinta all'economia.
Anche il sistema creditizio dovrà rivolgersi a questi temi: così come esiste il mutuo fotovoltaico, sarà necessario in qualche modo pensare a concedere credito sia per i privati cittadini, che per i condomini, che anche per il sistema delle imprese, su questi temi. Sarà assolutamente necessario.
Di base si tratta di un provvedimento discreto, ma dobbiamo impegnarci su questi temi. In questi giorni poi ci saranno eventualmente i recepimenti di alcune direttive europee: penso alla n. 2012/27/UE. Anche questa è una buona direttiva, ma ciò in cui è carente è la tempistica. Sappiamo che la bolletta energetica, solo per gli edifici pubblici, in Italia è di circa quattro miliardi e mezzo di euro all'anno: adesso la direttiva (è stato un pochino ammorbidita rispetto alle precedenti) dispone interventi sul 3 per cento di edifici del Governo centrale all'anno. Questo a nostro parere è troppo poco, si può fare di più: gli edifici del Governo centrale hanno una copertura economica importante, giacché si spera che il Governo in qualche modo rimanga; per cui si può imporre, con proposte del Parlamento, una velocizzazione delle norme di riqualificazione energetica; e le si possono estendere non solo agli edifici del Governo centrale, ma a tutti quelli delle pubbliche amministrazioni, e questi saranno emendamenti che cercheremo di proporre alle leggi di delegazione europea.
È necessario appunto che il Governo, che la pubblica amministrazione facciano questi passi sui propri edifici: questo sarà un grosso esempio per il resto degli edifici presenti nella nostra nazione (abbiamo detto che totalmente si supera il 33 per cento del consumo energetico totale).
Il percorso quindi di questo decreto-legge è buono, ma è ancora troppo lento, è ancora goffo. Bisogna evitare questa goffaggine sennò anche questi provvedimenti, comunque buoni, rischiano di essere in qualche modo poi ingolfati ed essere percepiti in maniera anomala. C’è stato recentemente un altro episodio di goffaggine accaduto tra Governo e Parlamento, è successo il 29 maggio scorso. Il 29 maggio è una data importante: 560 anni fa, nel 1453, a Costantinopoli finì l'Impero romano d'Oriente, ci fu la presa di Costantinopoli, che attualmente si chiama appunto Istanbul. Sappiamo che il 29 maggio di quest'anno è stata votata la Convenzione di Istanbul in quest'Aula, con votazione unanime di 545 deputati, norme importanti di inasprimento di alcune pene per la tutela delle donne contro le violenze di vario tipo, fisiche, stalking, limitazione della libertà personale. In quel caso però un provvedimento ottimo è stato poi limitato molto sui vari media da una goffaggine legata a un'attività che veniva svolta proprio nelle stesse ore: proprio il 29 maggio, infatti, una donna con la sua bambina è stata interrogata fino allo sfinimento, è stata pressoché rapita e deportata in Kazakistan. Insomma bisogna tener conto che anche il massimo del provvedimento, se nelle stesse ore o in contemporanea qualcuno qui dentro sa che stanno avvenendo queste cose, tali fatti tolgono assolutamente importanza al resto, e quanto è successo sembra essere assolutamente collegato ai contenuti di questo decreto-legge.
Sappiamo che nella nazione in cui sono state deportate queste due donne sono contenuti impianti da 300 miliardi di barili di petrolio, grandi quantitativi di gas naturale e sappiamo che ci sono degli accordi, per cui avere una politica molto seria di risparmio energetico per il nostro Paese è il primo passo per evitare di essere ricattabili e di dovere in qualche modo violare i diritti delle persone, che anche in quest'Aula abbiamo cercato di tutelare il 29 maggio. È un percorso che non sarà di due giorni, ma non può essere neanche di qua al 2050, è un percorso che deve essere rapido, è inutile fare dei programmi così a lunga scadenza quando la scienza ci dà già delle risposte che potrebbero essere applicate in due o tre anni, appunto agli edifici pubblici, di seguito a quelli privati; si dice che lo 0,5 per cento della superficie italiana se fosse occupata da pannelli solari potrebbe fornire tutta l'energia elettrica di trazione necessaria al nostro Stato. È chiaro che questa è un'estremizzazione però è chiaro che abbiamo le risorse all'interno del nostro Paese, senza violentarlo con trivellazioni in mare, stoccaggi e quant'altro, per avere un'energia il più possibile pulita e magari condividendo tutte le pratiche anche con la cittadinanza e con le comunità locali, perché non le si può imporre, bisogna essere in qualche modo inclusivi. Va migliorata per esempio anche la manifattura nel settore delle energie vere rinnovabili.
Oggi è il 29 luglio, sono passati due mesi dal provvedimento del 29 maggio, abbiamo in mano un altro provvedimento sostanzialmente condivisibile, oltretutto oggi è l'anniversario della fondazione dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, non 560 anni fa ma 56 anni fa, per cui oggi siamo qui con il problema del risparmio energetico, possiamo ulteriormente lasciarci alle spalle il periodo dell'energia nucleare, sperando appunto che questo sia un provvedimento che venga ulteriormente migliorato, che Governo e Parlamento lavorino in maniera concorde su questi temi, evitando che altri fatti, magari non a conoscenza del Parlamento, possano offuscare la nostra attività. FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, provvedimenti come quello che ci prepariamo a votare oggi o domani sono particolarmente indicati nel quadro economico che ci troviamo a vivere, caratterizzato da alcuni indicatori che bene lo descrivono; innanzitutto il PIL è previsto in calo anche quest'anno del 2 per cento, con un dato peggiorativo rispetto a quanto previsto solo ad aprile nel DEF, di oltre mezzo punto, questo per quanto riguarda l'andamento del PIL. L'altro fattore che ben descrive lo stato della nostra economia è la pressione fiscale, un argomento su cui sono tornati anche i miei colleghi.
Basti pensare che è pari al 68,3 per cento la quota di utili delle imprese che vengono destinati all'imposizione fiscale, un dato che ci pone quasi 30 punti sopra la media dell'OCSE. Ma anche per quanto riguarda il cuneo fiscale che grava sui lavoratori, siamo ai vertici di questa triste classifica. Due esempi per tutti: su un lavoratore single in Italia, c’è un cuneo fiscale del 47,6 per cento, del 38,3 per cento per famiglie monoreddito, con due figli a carico. In entrambi i casi, in tutte le fattispecie comunque dei vari nuclei considerati, siamo oltre 12 punti superiori a quella che è la media OCSE. Del resto, la prova che questo tipo di intervento, quindi l'utilizzo della leva fiscale, sia particolarmente potente, ce l'abbiamo leggendo i dati dell'indagine Cresme-ENEA, relativi al 2012, i quali segnalano che gli interventi riconducibili a questi stimoli per la riqualificazione energetica di edifici, sono un milione e quattrocentomila, per un valore generato di 17 miliardi e 55 mila nuove assunzioni ascrivibili a questo tipo di incentivi. Tra l'altro, a beneficiare di questi stimoli, sono state soprattutto le piccole e medie aziende: noi sappiamo quanto importanti siano queste per la struttura economica del nostro Paese, ne costituiscono l'asse portante.
Tra queste piccole imprese – c’è stato ricordato anche prima, nell'intervento dell'onorevole Realacci – un settore che ha beneficiato, in primis, di questi incentivi è stato proprio quello dell'edilizia, che fra tutti i settori che compongono la nostra economia, è quello che, più di altri, ha risentito degli effetti di questa crisi. Il settore dell'edilizia è, da ormai sei anni, in recessione, senza soluzione di continuità, anche nel 2011, che invece ha visto dei dati positivi per quanto riguarda il resto dell'economia. È il settore che, dal 2008, ha perso più di 11 mila aziende per fallimento. Questi rappresentano il 23 per cento dei fallimenti totali registrati nello stesso periodo in Italia, per una perdita di posti lavoro, tra diretti, impiegati e complessivi, di quasi mezzo milione, e cioè praticamente la metà di tutti i posti di lavoro persi nel nostro Paese.
Fatte queste premesse, dunque, non possiamo che valutare favorevolmente, ad esempio, l'innalzamento al 65 per cento del bonus fiscale, per quanto riguarda gli interventi di riqualificazione energetica. Questo anche per creare un delta significativo rispetto all'incentivo che c’è sulle ristrutturazioni, visto il diverso impegno finanziario e di produzione di certificati che questo intervento richiede.
Anche il mantenimento tra gli incentivi degli impianti a pompa di calore e gli impianti geotermici ci trova favorevoli, e conseguentemente a questo aspetto, troviamo logico il nostro emendamento, che prevedeva di riposizionare i tetti di spesa massimi ammissibili tra il solare termico e questi impianti di produzione di calore.
Positiva anche consideriamo l'introduzione del concetto di edifici a quasi emissione zero, anche se, in considerazione della mole di investimenti necessari per adeguarsi a questa caratteristica e vista la prossimità della data del 2018 prevista per l'adeguamento degli edifici della pubblica amministrazione, avremmo consigliato di affiancare tra le risorse del fondo per il teleriscaldamento e per la cessione di quote di anidride carbonica anche l'esclusione di questo tipo di intervento dal Patto di stabilità interno, per quanto riguarda le pubbliche amministrazioni periferiche, che sappiamo si dibattono in gravi difficoltà finanziarie.
Per quanto riguarda l'attestato di prestazione energetica, anche qui, siamo consapevoli che il tema era ineludibile e non più rinviabile, pena ulteriori richiami da parte dell'Unione europea. Non comprendiamo però perché si sia andati oltre a quanto previsto dalla direttiva, comprendendo anche i trasferimenti a titolo gratuito tra quelli che devono essere accompagnati da questo attestato obbligatorio.
Inoltre, ci sembra che i 120 giorni, concessi agli edifici delle pubbliche amministrazioni con superficie superiore ai 500 metri quadri, per produrre questo tipo di attestato siano effettivamente pochi, sempre per le considerazioni già fatte, cioè la scarsità di risorse disponibili e la difficoltà, appunto, sul costo legato alla produzione di questo tipo di attestato.
Per quanto riguarda l'estensione del beneficio fiscale di ulteriori 10 mila euro per l'acquisto di mobili, forni in classe A e superiori ed elettrodomestici A+ e superiori, è particolarmente positivo se consideriamo quali sono i settori che ne beneficiano e, cioè, il settore del mobile, che ha dei distretti sparsi più o meno in tutto il nostro Paese e, fra l'altro, è alla ribalta delle cronache per le difficoltà drammatiche in cui si dibatte. Ricordo il settore del mobile imbottito, per esempio in Puglia, e il cosiddetto settore del «bianco», che per numero di addetti fra i settori, appunto, manifatturieri in Italia è secondo solo a quello dell'auto.
A questo proposito, vista l'esiguità della somma noi proponevamo che il periodo di ammortamento fosse almeno ridotto a cinque anni, almeno per quelle persone di una certa età che hanno un orizzonte temporale limitato davanti a sé e che possono essere, appunto, poco incentivate a vedere una cifra così esigua diluita in dieci anni.
Infine, concordiamo pienamente nell'opportunità di riconoscere, fra i requisiti che qualificano gli operatori del settore, cioè quelli addetti agli impianti alimentati da energie rinnovabili, quello di avere lavorato e prestato l'opera in imprese del settore.
Concludendo, quindi, il tipo di intervento e l'utilizzo della leva fiscale e la direzione seguita, diciamo, incontrano il nostro favore al punto che i nostri emendamenti andavano nella direzione di rafforzare, appunto, questo intervento, perché prevedevano un arco temporale prolungato annuale e, quindi, con scadenza al 30 giugno 2014 e prevedevano l'estensione di questi benefici anche ad un altro settore, che è quello della ricezione turistica che ha bisogno di interventi non compresi in questo piano di incentivi per l'adeguamento, ad esempio, alle norme antincendio.
Ma – e qui arrivano le critiche – si agisce timidamente, per piccoli passi e in modo, secondo noi, non proporzionale alla gravità della situazione che stiamo vivendo. Questo perché il vulnus di base è che si agisce in modo superficiale sul reperimento delle risorse. Vi è un esempio che è eclatante, cioè quello del comportamento che ha tenuto il Governo quando c’è stato da reperire nuove risorse per un emendamento che è condiviso dalla totalità delle forze politiche di questo Parlamento, che è quello che prevede il mantenimento dell'IVA agevolata per i supporti integrativi ai libri di testo. Qui, abbiamo assistito a dei «balletti» anche un po’ imbarazzanti: rinvii continui, Commissioni riunite, convocate e sconvocate per poi proporre una cosa, assolutamente rinviata immediatamente al mittente, come l'aumento dell'accisa sui carburanti, al punto che siamo ancora in attesa di una copertura definitiva.
Noi, invece, siamo dell'idea che servano e siano urgenti e non siano più rinviabili interventi radicali di ristrutturazione della spesa pubblica. Questi sono interventi non più eludibili e noi ne abbiamo indicati due. Uno ha un forte valore simbolico e di giustizia sociale ed è quello del tetto alle cosiddette «pensioni d'oro» che superano i 5 mila euro mensili, ottenute con il sistema retributivo. Questo dovrebbe essere un punto al centro dell'agenda di Governo che si trova ad operare in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo. Il secondo, invece, è proprio risolutivo, anche dal punto di vista della quantità di risorse liberate, ed è quello dell'attuazione, finalmente, degli otto decreti sul federalismo fiscale che, appunto, attendono solo di essere attuati. Sappiamo che questi libererebbero risorse nell'ordine di decine di migliaia di miliardi e sarebbe forse questa l'azione risolutiva perché troveremmo le risorse necessarie per dare finalmente la scossa al Paese, quella scossa di cui il Paese ha bisogno, per liberare le sue risorse e per tornare a crescere. Speriamo – e nessuno se lo augura – che questo tipo di decisioni, radicali e risolutive, non si debbano prendere in futuro, perché si è procrastinato troppo la decisione in un quadro sociale e politico molto più drammatico e critico di quello che stiamo vivendo adesso.
Ci vuole la consapevolezza che queste scelte sono ineludibili, ma ci vuole soprattutto coraggio, il coraggio che questo Governo dei piccoli passi, degli interventi timidi, appena abbozzati, ha dimostrato di non avere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, l'importanza della maggior parte dei contenuti di questo decreto, a nostro avviso, ne legittima l'urgenza e la sua approvazione. Il fatto che venga recepita la direttiva 2010/31/UE in merito alla prestazione energetica nell'edilizia, ne fa materia fondante e prioritaria, soprattutto perché viene posta in essere una metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici tenendo conto delle caratteristiche termiche degli stessi in relazione sia degli impianti di climatizzazione, sia della produzione di acqua calda. Riteniamo rilevante, il fatto che gli edifici di nuova costruzione e le ristrutturazioni equiparate a nuove edificazioni vengano monitorati ogni cinque anni. Solo così vi è l'effettiva realizzazione di quanto esposto in progetto, senza più alterazioni del manufatto architettonico ad avvenuta certificazione. In secondo luogo, troviamo positiva l'introduzione della definizione di «edifici a energia quasi zero», ma, soprattutto, riteniamo importante che venga incentivato l'incremento di produzione di tali edifici attraverso la redazione e attuazione di un Piano d'azione nazionale da realizzare entro giugno 2014. Pensiamo che sia ancora più rilevante che l'efficientamento energetico per gli edifici pubblici di nuova costruzione debba essere obbligatorio e raggiunto entro il 2018, per arrivare ad avere tutti i manufatti architettonici di nuova costruzione, ad energia quasi zero, entro il primo gennaio 2021. Ebbene, proprio su quest'ultimo punto, però, è nostro auspicio che la percentuale di manufatti provenienti da nuovo edificato, si riduca sensibilmente nel corso dei prossimi anni, proprio in virtù del fatto che promuovere il rispetto dell'ambiente non può passare solo attraverso il risparmio energetico, ma anche attraverso la riduzione di consumo di suolo. Vi ricordo, onorevoli colleghi, che proprio in questi giorni, in Commissione ambiente si discutono dei disegni di legge inerenti questo argomento. Questo ci permetterà, e noi lo auspichiamo, di far superare all'Italia la procedura d'infrazione avviata dalla Commissione europea nei confronti del nostro Paese in tema di efficientamento energetico. A tal proposito, vediamo positivamente la tanto auspicata proroga delle detrazioni fiscali, proroga attesa sia da parte dei privati, sia da parte delle imprese che vedrebbero in poco tempo ripartire il volano della propria attività. Non dimentichiamo quanto il comparto dell'edilizia, se ben promosso, abbia prodotto negli ultimi decenni effetti benéfici per il rilancio dell'economia. Ci tengo però a ricordare che gli interventi negli ultimi anni hanno riguardato prevalentemente la sostituzione di infissi, di caldaie e il solare termico. Noi riteniamo che la proroga di questo provvedimento aiuti a incrementare ulteriormente anche gli interventi di coibentazione dell'involucro esterno, interventi di grande rilievo per l'ottenimento del risparmio energetico, poiché in questi anni la maggior parte di questi è stata realizzata in larga misura al Nord. Ma non possiamo sottovalutare l'importanza della coibentazione dell'involucro che rende efficiente l'edificio in termini di risparmio energetico sia nel periodo invernale sia in quello estivo, proteggendolo anche dal calore. Attraverso il prolungamento dell'agevolazione fiscale verrà reso efficiente anche gran parte del patrimonio edilizio ricadente nelle aree del Mezzogiorno; ciò può diventare un ottimo volano per l'economia in un territorio che, da sempre, soffre di particolari difficoltà economiche. Ovviamente siamo piacevolmente stupiti dal fatto che la detrazione fiscale per la riqualificazione e l'efficientamento energetico degli edifici, sia stata incrementata di dieci punti percentuali, passando così dal 55 al 65 per cento.
Ma non possiamo non chiederci perché, quando il gruppo Sinistra Ecologia Libertà ha posto come impegno per il Governo nella risoluzione Realacci n. 7-00003, votata, peraltro, all'unanimità dalla Commissione ambiente e territorio, di poter ottenere un piccolo aumento dell'aliquota percentuale per coloro che facessero utilizzo di materiali biocompatibili, ci è stato risposto che sarebbe stato molto difficile ottemperare a questa richiesta, poiché non vi era la sufficiente copertura finanziaria.
È curioso, signora Presidente, il fatto che non solo venga aumentata l'aliquota, ma che sia stata largamente incrementata per tutti i materiali edili, biocompatibili o meno. La nostra proposta andava nella direzione che un materiale bioedile incrementa una filiera a ciclo virtuoso, promuovendo un sensibile minor dispendio energetico e una forte riduzione di rifiuti inorganici.
È evidente a tutti che questo Governo proprio non ha a cuore la promozione di una concreta filiera verde. Ci chiediamo, inoltre, per quale motivo continuare a prorogare questo provvedimento di sei mesi in sei mesi; tutti sappiamo che la durata di un cantiere è in media di tre anni. Ci vogliamo rendere conto, una volta per tutte, che questa frammentazione rende completamente inefficace una programmazione progettuale continua ? Ci rendiamo conto che i cantieri di coloro che decidono di cominciare in questi mesi i lavori di riqualificazione energetica, molto probabilmente, non riusciranno a certificarli per la fine di questo anno, mettendo così in totale difficoltà il rapporto impresa/cliente ?
Perché estendere ai soli condomini la proroga fino al 30 giugno 2014 ? E allora, noi ci chiediamo perché non stabilizzare questo provvedimento, che ci permetterebbe, una volta per tutte, di raggiungere al massimo gli obiettivi prefissati dalla normativa europea, sia in termini di riqualificazione energetica sia in termini di efficientamento.
I risultati che in questi anni sono stati registrati dai più alti organi di controllo sono evidenti e i più tangibili sono: l'incremento dell'inevaso (tutti sappiamo quanta evasione fiscale si nasconda dietro il settore dell'edilizia); l'incremento delle entrate immediate attraverso il gettito dell'IVA; non possiamo sottovalutare la forte diminuzione di emissioni di CO2 e il consistente minor consumo di energia; e come non considerare anche, come effetto positivo importante, la riduzione della spesa sanitaria per coloro che vivono in un ambiente assolutamente meno inquinato.
Per i medesimi motivi, accogliamo e sosteniamo la proroga della detrazione fiscale per le ristrutturazioni edilizie, che vede un incremento dell'aliquota dal 36 al 50 cento. Noi, però, chiediamo che venga stabilizzata quest'ultima percentuale, poiché riteniamo che la riqualificazione del patrimonio edilizio debba essere prioritaria in un Paese come il nostro, dove un gran numero di manufatti è anche di pregio architettonico, e, poiché le ricadute positive vanno a favore di tutti i cittadini, noi ne chiediamo l'incremento, perché riteniamo che sia doveroso che parte della spesa debba essere sostenuta collettivamente.
Una nota a parte desidero porla per il provvedimento in merito all'adeguamento degli edifici alla normativa antisismica. Un plauso al Governo e a tutti i componenti delle Commissioni che hanno sostenuto che, per l'adeguamento e messa in sicurezza degli edifici in zona sismica, ci fosse l'aumento dell'aliquota fiscale fino al 65 per cento; importante provvedimento nel nostro Paese, perché, e non serve ricordarlo, signora Presidente, il nostro è un Paese ad altissimo rischio sismico.
Ogni volta che affrontiamo questo argomento in Aula, la terra nei giorni precedenti ha tremato: la scorsa volta la Toscana, questa è la volta delle Marche. Ma non possiamo non sottolineare che, proprio in quest'ultimo caso, il fatto di aver messo in sicurezza gli immobili ha permesso che non ci fossero vittime !
Ma vogliamo prendere atto che il nostro è un Paese sismico ? E che, al giorno d'oggi, non si muore più di terremoto ma di incuria edile ? E allora cosa aspettiamo a stabilizzare un provvedimento che renderebbe sereni i nostri cittadini ? Paesi evoluti come il nostro, ad esempio il Giappone, sono ormai decenni che hanno imparato a far convivere edilizia e terremoto.
Perché per noi è un argomento così remoto ? Allora, signora Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, impegniamoci nei prossimi mesi affinché si possano trovare le risorse necessarie per stabilizzare questi provvedimenti, ritoccando l'aliquota, se necessario, ma dando a tutti, a tutti, la possibilità di adeguarsi e di rendere il nostro patrimonio edilizio finalmente e realmente sicuro ed efficiente (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, innanzitutto grazie per avermi concesso la parola. Avevamo chiesto in ritardo l'iscrizione, chiedo scusa e ringrazio ulteriormente.
È un provvedimento interessante, un provvedimento sul quale il gruppo di Fratelli d'Italia esprimerà un parere positivo, ma è bene ricordare che questo è un provvedimento che arriva per riparare a ritardi che nel corso del tempo si sono maturati. Convertiamo un decreto-legge che dà risposta a un'infrazione che l'Unione europea ha impartito all'Italia ed è un provvedimento all'interno del quale vi sono sicuramente una serie di note positive. Ne mancano alcune di note positive, che noi abbiamo richiamato all'attenzione dell'Aula con la proposizione di alcuni ordini del giorno, che puntano sostanzialmente a fare in modo che insieme, oltre a quelle che sono le incentivazioni e le agevolazioni di carattere fiscale, possano intervenire anche delle incentivazioni di carattere economico.
In sintesi, certamente mettere in moto l'economia legata alla ristrutturazione degli edifici, sia essi di carattere privato che di carattere pubblico, è qualcosa di estremamente importante. Puntare all'innalzamento della classe energetica degli edifici è una risposta che diamo, non solo da un punto di vista economico, ma anche e soprattutto da un punto di vista dell'inquinamento atmosferico. Il 70 per cento dell'energia che si produce all'interno delle abitazioni, sia per il riscaldamento che per il condizionamento, può essere recuperata e può essere risparmiata attraverso il corretto utilizzo di materiali e procedure nella costruzione o nella ristrutturazione degli edifici. Certamente, si tratta di un importante risultato che si va ad ottenere, ma noi siamo convinti che anche i fondi europei possano entrare a far parte della partita ed è questo il motivo per il quale chiediamo al Governo di assumere un impegno. L'impegno è che nella prossima programmazione di fondi europei una parte possa essere dedicata ad interventi che puntino non solo alle agevolazioni fiscali ma anche ai contributi a fondo perduto.
Questo, ovviamente, immaginiamo che lo si possa fare negli edifici e per gli interventi negli edifici pubblici, di proprietà pubblica, penso alle scuole, penso agli edifici comunali, ma anche ovviamente agli edifici che facciano parte di patrimonio di edilizia residenziale pubblica e anche, con una particolare attenzione, a tutti gli interventi di housing sociale nei quali e per i quali l'interesse pubblico è prevalente ed è quindi possibile immaginare, nei confronti dell'Unione europea, di mettere in piedi un provvedimento, una misura che consenta l'utilizzo di fondi europei specificamente per l'adeguamento energetico agli edifici.
Parlo di fondi europei perché spesso si dimentica che i fondi europei vengono utilizzati poco, male e in ritardo da parte dell'Italia. Non parlo solo dei fondi a disposizione delle regioni, ma anche i fondi di programmi nazionali registrano un notevole ritardo per quello che riguarda il loro utilizzo. È questo il motivo per il quale sottolineo l'importanza di un impegno che il Governo possa e dovrà assumere sul tema dell'utilizzo dei fondi europei per quello che riguarda l'innalzamento della classe energetica degli edifici pubblici o di interesse pubblico.
Il risparmio energetico è qualche cosa di importante, l'efficientamento energetico dà risposte – lo richiamavo in premessa – a quella che è la qualità, anche urbana, delle nostre città e bisogna portare a regime queste agevolazioni di carattere fiscale.
Per questo ritengo giusto che il Governo si esprima affinché, riguardo ai tempi, le agevolazioni fiscali possano essere portate il più in là possibile. L'idea di rendere le agevolazioni fiscali possibili, anche per quanto riguarda i privati, a giugno del 2014 è certamente un primo obiettivo. Ma mi pare evidente che l'obiettivo principale è quello di fare in modo che le agevolazioni fiscali per questa tipologia di interventi diventino stabili e, quindi, non vi sia bisogno di una proroga di interventi, tenendo conto che nella maggior parte dei casi le agevolazioni fiscali trovano una loro copertura nell'incentivazione che i privati hanno a un certo tipo di misure.
In sintesi dare la possibilità al privato o alle amministrazioni pubbliche di spendere soldi per un efficientamento energetico attraverso l'innalzamento delle classi energetiche dei nostri edifici rappresenta indubbiamente un aumento del gettito fiscale che può tranquillamente pareggiare il minor gettito fiscale che deriva dall'agevolazione che viene riconosciuta.
Sono temi importanti sui quali vale la pena ovviamente che il Governo e il Parlamento decidano e dibattano. L'importante è che alla fine le decisioni vadano in linea con quelle che sono le esigenze che a livello europeo vengono da tutti riconosciute: la qualità della nostra vita dipende anche dalla qualità dei nostri edifici, di quelli nei quali abitiamo e di quelli nei quali lavoriamo. Un Governo nazionale deve avere la capacità di identificare quali sono i settori trainanti all'interno della nostra economia e, quindi, questo è il motivo per il quale, al di là degli emendamenti sui quali come Fratelli d'Italia esprimeremo le nostre valutazioni per migliorare il testo, diamo un giudizio fondamentalmente positivo ad un disegno di legge che – lo voglio sottolineare – recupera il tempo che l'Italia ha perso nei confronti delle normative europee su questo tema.
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Intervengono sul complesso delle proposte emendative presentate i deputati SIMONA FLAVIA MALPEZZI (PD) (Vedi RS), GIOVANNI PAGLIA (SEL) (Vedi RS), WALTER RIZZETTO (M5S) (Vedi RS), CRISTIAN INVERNIZZI (LNA) (Vedi RS), STEFANO BORGHESI (LNA) (Vedi RS), EMANUELE PRATAVIERA (LNA) (Vedi RS) e GUIDO GUIDESI (LNA) (Vedi RS).
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SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Signor Presidente, il provvedimento in questione è stato oggetto di analisi anche della Commissione VII, che si occupa di istruzione, scienza e cultura. All'articolo 19, infatti, si chiedeva di dare un parere rispetto alla modifica, votata dal Senato, che alzava l'IVA dal 4 al 21 per cento per tutti gli allegati di qualsiasi natura, a qualsiasi pubblicazione.
In questo caso non si teneva conto di due fattori importanti: intanto che esiste allegato e allegato, cioè che spesso un allegato è parte integrante della stessa pubblicazione e che la maggior parte – se non tutta – dei libri di testo scolastici, per via del decreto dell'ex Ministro Profumo, è dotata proprio di una parte di allegati, la cosiddetta parte digitale, ormai obbligatoria.
Noi siamo ben contenti che soprattutto le pubblicazioni scolastiche vadano nella direzione della digitalizzazione, per quanto a tale provvedimento avrebbe dovuto far seguito intanto una gradualità della produzione di tali pubblicazioni, ma soprattutto un'adeguata formazione degli insegnanti chiamati a modificare giustamente il loro modo di fare scuola nei confronti di studenti che sono sempre più nativi digitali. La digitalizzazione della scuola non è infatti solo avere il registro elettronico, per il quale chiediamo se sono stati stanziati fondi, ma cambiare anche mentalità e metodologia. Bisogna infatti che gli insegnanti vengano messi in grado di integrare le nuove tecnologie, la rete, i blog, i tablet e gli smartphone, e non solo; bisogna che le scuole vengano messe in grado di garantire tale offerta con sistemi di rete che funzionino veramente.
Ora, qui viene la parte più critica. Noi possiamo chiedere alle famiglie di sostenere i costi di una scuola digitale, quando il 50 per cento degli studenti proviene da ambienti in cui il linguaggio multimediale è praticamente assente, visto che non possiedono supporti informatici ? Il nostro parere in Commissione riguardava proprio questo e andava a difendere le famiglie da ulteriori costi, che sarebbero aumentati a dismisura, se gli allegati dei libri di testo fossero stati computati con il 21 per cento di IVA.
Come possiamo infatti pensare che il materiale integrativo di un libro, che è materiale digitale, debba essere considerato qualcosa di diverso dal libro stesso di testo e quindi appunto avere un prezzo così alto che determinerebbe la necessità di andare a ritoccare i tetti di spesa che sono invece già previsti ?
È stato stimato che i libri di testo portano alle famiglie italiane una spesa complessiva di 500 milioni di euro, che equivalgono a circa 350 euro per famiglia a figlio.
Quando noi ci troviamo di fronte a queste cifre, forse dovremmo anche chiederci se non valga invece veramente la pena di fare battaglia su questo, piuttosto che invece sull'IMU, perché proviamo ad andare a chiedere ad una famiglia con più figli se preferisce pagare l'IMU sulla prima casa, o invece potere essere esonerata dal pagamento dei libri di testo, che oltretutto è assolutamente un loro diritto.
Allora, questa potrebbe essere una vera battaglia di civiltà. Il Governo e le Commissioni competenti hanno davvero riformulato l'articolo, seguendo quello che è stato il parere della VII Commissione, che chiaramente non poteva essere un parere vincolante, ma che indubbiamente, essendo stato un parere votato all'unanimità, ci aspettavamo che potesse indicare un indirizzo, che, per la Commissione VII, è fondamentale, e un'azione politica vera e propria: l'unanimità di tutti i membri della Commissione.
Il parere, però, conteneva anche una raccomandazione, che qui cerchiamo di ribadire con forza. Noi ci siamo soffermati sui libri di testo, riconoscendo questi come una priorità per le famiglie, quindi desideriamo andare incontro a loro rispetto ai costi, ma riteniamo fondamentale che si possano rivedere anche i costi IVA di tutte le pubblicazioni di carattere culturale, che sono state colpite in maniera assolutamente sperequata da questo provvedimento. Noi dobbiamo continuare a definirci paladini della cultura, ma dobbiamo anche renderla poi accessibile a tutti.
Nel «decreto del fare», che è stato approvato la scorsa settimana, lo abbiamo detto: avremmo voluto fare di più. Ecco, io vorrei che finalmente ci fosse data la possibilità di usare il modo della certezza, cioè l'indicativo, non quello della probabilità o possibilità, e che il tempo di questo Governo possa finalmente essere interattivo anche per temi come scuola, università, ricerca e cultura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, stiamo discutendo un provvedimento di legge che l'Italia, almeno questa volta – si può ben dire – aspettava, così come si può ben dire che stavolta, almeno stavolta, ci aspettiamo che le risorse messe a disposizione siano realmente utili a contrastare il ciclo economico negativo, con misure in grado di migliorare la qualità della vita delle persone e di fare un po’ di politica industriale.
Incentiviamo infatti le ristrutturazioni edilizie, dando una risposta ad un settore economico particolarmente provato, in un Paese ancora caratterizzato da un patrimonio edilizio spesso vecchio e bisognoso di manutenzione. Incentiviamo l'acquisto di alcuni mobili, provando a mantenere aperto un mercato storicamente forte per il nostro Paese, ma attualmente in evidente crisi di vendite e di vocazione, spingendoci fino ai grandi elettrodomestici.
A questo proposito, devo dire che tuttavia sarebbe forse opportuno che il Ministro dello sviluppo economico facesse valere questo sforzo con aziende come Indesit, che, mentre si preparano a godere indirettamente di un vantaggio fiscale, delocalizzano, abbandonando ad un futuro incerto, se non drammatico, migliaia di famiglie.
Incentiviamo, infine, l'efficientamento energetico delle strutture private, e questo è veramente un provvedimento di politica industriale perché, da un lato, prova a smobilizzare i capitali delle famiglie italiane immettendoli nel ciclo economico, e dall'altro, soprattutto, fa i conti seriamente con uno dei problemi strutturali del sistema Italia: la carenza di fonti energetiche e, quindi, l'alto costo di approvvigionamento, prendendolo dal lato più razionale, quello del risparmio, anziché da quello contrario, l'incentivazione alla produzione, magari da fonti sedicenti rinnovabili.
Ricordiamo che stiamo parlando di un ambito, quello dei consumi energetici e domestici, che incide per oltre il 40 per cento del totale e che quindi potrebbe contribuire in misura significativa a migliorare la nostra posizione.
Fin qui dunque tutto bene e bene anche la scelta di differenziare nuovamente, in misura significativa, le aliquote delle detrazioni fra ristrutturazioni ed efficientamento, così da ripristinare la maggiore pressione verso quello che è un vero e proprio interesse strategico nazionale e non semplicemente una misura anticiclica o finalizzata all'emersione del sommerso.
Solo il Governo Monti poteva essere talmente incapace di qualsiasi ragionamento diverso dall'equilibrio finanziario da non capirlo, disincentivando di fatto, a parità di risorse disponibili da parte delle famiglie, l'investimento nelle migliorie del saldo energetico.
Anche questo Governo, tuttavia, sembra incapace di portare a termine un provvedimento privo di ombre, ed ecco quindi che è riuscito nell'impresa di negare a questa legge la possibilità di un giudizio pienamente positivo, rifiutando il contributo che gli avevamo offerto per migliorarla e che noi oggi generosamente riproponiamo in Aula, e individuando coperture tanto problematiche da rischiare di inficiarne parzialmente gli effetti positivi.
Dico questo nonostante sia consapevole degli sforzi fatti per migliorare ulteriormente il provvedimento nei lavori delle Commissioni competenti, rispetto al testo uscito dal Senato. Deve, tuttavia, essere chiaro a tutti noi che c’è un problema, se nel tradurre nel nostro ordinamento una direttiva europea, che fissa i requisiti di un edificio a energia «quasi zero», ci preoccupiamo di modificarne il testo, portando da molto significativa a significativa la quantità di energia consumata prodotta da energie rinnovabili di prossimità.
C’è da preoccuparsi, perché questo fatto nominalistico, di nessuna cogenza normativa, è indice di un atteggiamento mentale, prima che politico, che ci porta ad avere paura di ogni innovazione, di ogni salto in avanti; ci lascia nella costante tentazione del piccolo passo, fatto da una classe dirigente incapace anche solo di immaginare qualsiasi cambiamento. È lo stesso atteggiamento che ho dovuto riscontrare in Commissione venerdì scorso, quando ho notato che nella lunga lista dei supporti ai libri scolastici esentati dall'aumento IVA erano presenti le audio-cassette, di cui non esistono più lettori in commercio, ma non si poteva inserire il supporto elettronico, quella semplice password di accesso a contenuti informatici che potete trovare da anni anche negli ovini Kinder dei vostri bambini, perché non si potrebbe quantificare l'effetto finanziario.
Ho citato questi due piccoli esempi perché io, anche solo nelle parole e nelle piccole cose, vorrei coraggio – e non ne vedo –, capacità di vivere nel presente – e non ne vedo –, desiderio di futuro – e ne vedo ancora meno –. E quindi sì, signori del Governo, colleghe e colleghi, sono preoccupato e credo di averne qualche ragione.
Tornando al provvedimento, io vi ringrazio di aver saputo considerare al 65 per cento le detrazioni per gli interventi antisismici, così come in tanti chiedevamo da quando questo decreto ha visto la luce. Ma non posso che essere arrabbiato per il modo in cui l'avete fatto, prevedendo questa possibilità solo per gli edifici siti in zone classificate a rischio sismico 1 e 2. Sono arrabbiato, perché sapete qual era la sismicità delle province emiliane colpite dal terremoto del 2012 ? Era 3 – 3 – e questo significa che, per risparmiare un pugno di euro, voi escludete da questa possibilità zone che, purtroppo, non sono affatto escluse, invece, dal rischio di un effetto devastante.
Come chiamate questo ? Io lo chiamo errore e sono, quindi, ancora più convinto che non sia affatto insignificante il nostro emendamento che chiede di estendere erga omnes le detrazioni per l'adeguamento antisismico.
Così come credo che non sia tardi per pensare di inserire in questo provvedimento detrazioni per i sistemi di accumulo, che rappresentano la nuova frontiera della ricerca nel settore delle energie rinnovabili, perché riuscirebbero, quando efficacemente e diffusamente implementate, a risolvere il problema dei picchi di produzione, che finora hanno reso impossibile pensare ad un sistema interamente fondato sul fotovoltaico.
Voi sapete che tanto più rapidamente una nuova tecnologia ha la possibilità di raggiungere un livello di funzionalità e costo adeguato, quanto più forte è la sua capacità di stare sul mercato. Questo è il senso di un incentivo che consentirebbe anche all'Italia di sviluppare una propria capacità di ricerca e investimenti produttivi in un campo ad alta potenzialità di sviluppo, ma finora, nonostante le nostre sollecitazioni in Senato e in Commissione, non si è voluto prevedere, immagino per la stessa ragione di cui parlavo prima, ossia un malsano scetticismo verso le novità, quello stesso scetticismo che ci ha portato a rincorrere la produzione di energia da fotovoltaico, con buoni risultati sul piano delle installazioni, ma ormai troppo tardi per entrare con forza nel mercato della produzione dei pannelli, ormai appannaggio di quei Paesi che avevano saputo avere uno sguardo alto di prospettiva.
Poi, per la verità, insieme all'indifferenza verso il futuro, c’è anche la cronica incapacità di liberarci dagli errori e dalle tragedie del nostro passato. Infatti, non si riesce a riconoscere la necessità inderogabile di coinvolgere in questo provvedimento anche un forte incentivo alla bonifica da amianto, che resta una vaga promessa. Anche su questo, naturalmente, è disponibile un nostro emendamento.
Vengo, infine, ai due maggiori problemi di questo decreto, ammesso che poco significative vi siano sembrate le cose di cui ho parlato finora. Il primo è la durata del sistema di detrazioni, semestrale, ad eccezione delle opere di efficientamento energetico dei condomini, comunque scadenzato in avanti di soli sei mesi, che, stante il criterio di pagamento e non di fatturazione, sono comunque pochissimi, come sa chiunque conosca il regime dei pagamenti condominiali, soprattutto dopo l'ultima riforma.
Con questi tempi si rischia di rendere di fatto impossibile aprire un lavoro in un condominio, contando di potere fruire con certezza della detrazione, rischiando quindi di trasformare quello che dovrebbe essere un incentivo nel suo contrario.
Io ho parlato, in apertura, di politica industriale. Forse questo Governo, come quelli precedenti, è tanto poco avvezzo al concetto da avere dimenticato che qualsiasi politica industriale è fatta di programmazione e che questa ha bisogno di un quadro per quanto possibile stabile, per un tempo medio-lungo, per potere essere minimamente efficace. Ora noi, per l'ennesima volta, alle imprese del settore diamo una scadenza temporale di sei mesi, sulla base della quale dovrebbero ipotizzare investimenti, assunzioni e formazione del personale, ricerca e piani di sviluppo: è una cosa impossibile anche in una favola ambientata nella Silicon Valley.
Ora, io non pretendo di convincervi che questo Paese avrebbe un bisogno disperato di un piano energetico nazionale, in grado di darsi obiettivi pluriennali in termini di fonti di approvvigionamento e di razionalizzazione complessiva dei consumi, al cui interno evidentemente andrebbe ricondotto anche il tema dell'efficientamento domestico e dei suoi incentivi fiscali.
Ma vi chiedo almeno di considerare che questo solo aspetto andrebbe reso, se non definitivo, almeno considerabile in una dimensione decennale. Si tratta infatti di dare a imprese e famiglie la possibilità di programmare adeguatamente i propri piani di spese di investimento, uscendo da quella logica del morte e fuggi, ancor meno giustificata dal fatto che parliamo di un provvedimento che da anni viene sistematicamente prorogato o riproposto. Si tratta quindi di voler governare, anziché agire per provvedimenti spot anche se in giusta direzione, perché poi hanno dubbia efficacia.
Il secondo grande limite di questo decreto sono le coperture di spesa. La previsione iniziale di alzare la tassazione IVA su prodotti collegate all'editoria, compresi quelli funzionali ai libri scolastici, e sugli alimenti da distributore automatico, era del tutto sbagliata e iniqua, perché andava a colpire una parte della produzione nazionale, a discapito dei consumi delle famiglie. In altre parole, si andava a coprire una misura anticiclica con una misura prociclica, generando quindi una contraddizione in termini. Si sono salvati gli accessori scolastici, e questo è un merito che va riconosciuto al Governo, ma soprattutto al Parlamento, che molto ha insistito su questo tema, e lo si è fatto con coperture forse accettabili, forse, che superano la prima incredibile proposta di aumentare l'accisa sui carburanti.
Resta tuttavia il problema molto serio del colpo che si va a infliggere al sistema della cultura e delle edicole italiane portando l'IVA degli allegati alla stampa quotidiana e periodica dal 4 al 21 per cento. Sul piano delle edicole, parliamo di una quota di fatturato stimata nel 35 per cento generata dall'acquisto di gadget, libri e supporti audiovisivi in particolare, e questo avviene nel momento in cui il settore è già stressato dagli effetti di una liberalizzazione confusa. A questo proposito, io credo che il Governo dovrebbe almeno impegnarsi ad affrontare la questione nei prossimi mesi, inserendo le edicole nel ROC e soprattutto mettendole al riparo dalla concorrenza sleale della grande distribuzione, e su questo presenteremo presto un provvedimento.
Ma soprattutto pensiamo al sistema della produzione culturale italiana, delle cosiddette opere dell'ingegno, per le quali la sinistra da molti anni chiede un regime IVA agevolato, sul modello di quanto previsto già oggi in altri Paesi europei. Ora, noi non solo non andiamo in quella direzione, ma scegliamo di eliminare l'unico vantaggio fiscale finora previsto, con un aumento esponenziale della tassazione, e lo facciamo nel momento in cui la crisi ha iniziato ad erodere profondamente la possibilità per i cittadini italiani di acquistare prodotti culturali. Una sciocchezza clamorosa, a cui non si è voluto rimediare per ragioni che a noi sembrano incomprensibili, stante la nostra proposta, tanto semplice da sembrare persino banale, di coprire la spesa con un aumento minimo del prelievo sul gioco d'azzardo. Avremmo avuto il doppio vantaggio di diminuire un po’ la pressione al gioco, che si è fatta tanto forte da aver bisogno di essere nominata come patologia e di coprire così un vantaggio fiscale importante come quello previsto nel provvedimento con una fonte neutra sul piano dell'impatto sul ciclo economico e certamente positiva sul piano etico.
Abbiamo cercato di capire perché questa nostra proposta, che sembrava trovare consenso anche in altre forze politiche di maggioranza e opposizione, non sia stata tenuta in alcuna considerazione, ma purtroppo senza ricevere alcuna risposta nel merito. Anche in questo caso, non è tuttavia troppo tardi, perché ho depositato un emendamento che sarà possibile votare a breve. Il provvedimento era utile e necessario. Spero di avervi spiegato che avrebbe potuto essere molto migliore, nelle piccole cose, come l'idea di consentire la detrazione per i piccoli impianti di depurazione domestica, certo non meno importante di un armadietto da incasso, alle grandi, di che abbiamo molto parlato. Siamo ancora in tempo e noi, come sempre, siamo a disposizione. WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, il provvedimento oggi in esame costituisce un tassello fondamentale per adeguare la normativa nazionale alle disposizioni comunitarie in materia di prestazione energetica nell'edilizia prevedendo il recepimento della direttiva 31/2010/UE. Quest'ultima infatti tende a promuovere una serie di requisiti univoci e fondamentali per l'armonizzazione negli Stati membri, come: una metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici, la fissazione dei relativi requisiti minimi, l'obiettivo, entro la fine del 2020, di portare tutti i nuovi edifici allo standard energia quasi zero, incentivi finanziari per superare le barriere di mercato, l'adozione di un sistema di certificazione energetica degli edifici. Lo stesso Primo Ministro Letta, all'epoca del suo discorso inaugurale dalle Camere, pose attenzione particolare quindi verso il mercato delle energie rinnovabili.
Mercato che, sino a qualche tempo fa, sembrava dovesse ristabilire la questione del lavoro in Italia, creando, oltre che un grosso indotto, anche migliaia e migliaia di posti lavoro. Il nostro Paese, quindi, ha assolutamente bisogno di chiarire quali siano effettivamente le norme in materia, non solo per la costruzione di edifici che abbiano un impatto ambientale sostenibile, ma anche nel caso delle ristrutturazioni, visto il parco edilizio molto datato presente in numerose città e piccoli centri.
Per questo motivo, assumono grande rilievo gli incentivi previsti dagli articoli 14, 15 e 16 del decreto-legge, modificati durante il passaggio al Senato e durante l'esame in sede referente da parte delle Commissioni attività produttive e finanze di Montecitorio. L'articolo 14, nello specifico, prevede che le detrazioni d'imposta vigenti, pari al 55 per cento, per le spese documentate sostenute dal 6 giugno 2013 fino al 31 dicembre prossimo e relative agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici siano elevate al 65 per cento. Questa detrazione, che è ripartita in dieci quote annuali di pari importo, nel caso di interventi relativi a parti comuni degli edifici condominiali, si applica alle spese sostenute dall'entrata in vigore del provvedimento fino al 30 giugno 2014.
Noi del MoVimento 5 Stelle ci siamo battuti, in primo luogo, per consentire una ripartizione modulabile delle quote delle detrazioni, in modo da permettere a chi ne avesse la possibilità di estinguerle prima dei dieci anni inizialmente previsti. Questo emendamento era molto semplice: significava che chi aveva più soldi da poter detrarre anno dopo anno, al posto che in dieci anni, potesse operare le proprie detrazioni fiscali in cinque anni.
Questa cosa è stata già annullata in Commissione: non capisco la ratio di questo tipo di annullamento, se non fosse altro che si parla sempre di coperture. Qui si blocca tutto per le coperture ! Non abbiamo comunque considerato che, a monte delle coperture, vi è, ad esempio, un fattore molto, molto semplice, che è l'evasione del «nero», nel senso che il professionista che viene a casa tua a fare un intervento di riqualificazione energetica, molto spesso, non fa la fattura. Quindi, più detrazioni vi sono, meno «nero» vi sarà; ma questo, evidentemente, non è stato capito ! Proprio su questa questione ho presentato personalmente un emendamento, che però, come detto poco fa, non ha trovato il sostegno della maggioranza.
L'articolo 15 del provvedimento poi – continuo – stabilisce che, in attesa della definizione di misure ed incentivi strutturali ad hoc, si applicano le disposizioni del precedente articolo sulle detrazioni d'imposta al 65 per cento anche per l'adeguamento antisismico, la messa in sicurezza, l'incremento del rendimento energetico e dell'efficienza idrica degli edifici esistenti. L'articolo 16 del testo, infine, proroga dal 30 giugno 2013 al 31 dicembre 2013 il termine di scadenza dell'innalzamento della percentuale di detrazione IRPEF dal 36 al 50 per cento e del limite dell'ammontare complessivo da 48 mila a 96 mila euro per le spese di ristrutturazione edilizia.
Durante il passaggio a Palazzo Madama, è stata introdotta la detrazione del 50 cento per le ulteriori spese sostenute dal 6 giugno 2013 per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (tranne per i forni, la cui classe resta la A), finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un importo massimo non superiore a 10 mila euro, da ripartire anch'esso in dieci quote annuali. Tutte queste misure sono fondamentali per il rilancio del settore edilizio e per consentire interventi di riqualificazione energetica, ma, a mio avviso, necessitano di ulteriori modifiche per essere realmente ed ancora più efficaci. Mi riferisco, in particolare, alle detrazioni per gli impianti fotovoltaici, attualmente previste per le spese di ristrutturazione edilizia, e quindi fissate al 50 cento, di cui propongo, con un emendamento, l'innalzamento, almeno sino a fine anno, al 65 per cento. Ritengo, infatti, che il settore fotovoltaico debba essere ancora ed ulteriormente incentivato. Sicuramente vi è qualcuno che, giustamente, dice che il settore fotovoltaico è già stato abbondantemente agevolato, ma ricordo anche che 6.700 aziende del settore fotovoltaico negli ultimi anni sono state assolutamente «stuprate» dai Governi con cinque «conti energia» con delle leggi retroattive e, assolutamente, con un'indicazione da parte del Governo che è questa: abbiamo detto a queste aziende: chiudete, perché non ce n’è più, e quindi non si può andare avanti sotto questo punto di vista e in questo mercato.
Richiamo cortesemente l'attenzione del Governo. CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, membro del Governo, onorevoli colleghi, diciamo che la Lega Nord quando si tratta di affrontare temi come questi, che finalmente puntano al concreto, puntano ad aggredire la crisi è più che contenta.
Quindi diciamo che, oggi, in quest'Aula, noi valutiamo sicuramente con una certa benevolenza il provvedimento portato alla nostra attenzione. Riteniamo finalmente utile che si dia anche la dimostrazione pratica che questo è un Parlamento che non si arrotola solo attorno a situazioni che magari per l'opinione pubblica, per i giornali diventano più interessanti. Cito le grandi battaglie ideologiche che sicuramente andremo a fare: quella sull'omofobia e tutto quello che seguirà sicuramente anche nei prossimi giorni.
Finalmente possiamo confrontarci con il Governo su un provvedimento che, a nostro avviso, sicuramente qualche effetto positivo lo avrà. Mi riferisco in particolar modo al comparto dell'edilizia, comparto che è stato sicuramente tra i più, se non il più massacrato dalla crisi iniziata nel 2008 e che, grazie a un provvedimento come questo, forse potrà, se non tornare a vivere sicuramente potrà prendere una boccata d'ossigeno.
Pertanto diciamo che l'insieme del provvedimento nel suo complesso incontra il nostro favore. Sicuramente ci saremmo aspettati da questo Governo un maggior coraggio soprattutto in un settore che è quello sul quale poi la Lega Nord ha fortemente insistito con gli emendamenti, vale a dire quello della copertura finanziaria. Vi è, nel dibattito politico, un tema che ritorna prepotentemente sul quale poi tutti si dicono d'accordo e che non si capisce come mai poi, alla prova dei fatti, invece viene quasi dimenticato. Ci riferiamo ovviamente, così come abbiamo noi chiesto nei nostri emendamenti, di porre un tetto alle pensioni e ai vitalizi erogati dalle gestioni pubbliche di 5 mila euro, se ottenuti con un sistema retributivo.
Noi riteniamo che se c’è la volontà di reperire le risorse – è proprio su questo che bisogna insistere – la Lega Nord riproporrà con forza proprio in quest'Aula tutti quegli emendamenti che, garantendo una copertura di questo tipo, possono far sì che un provvedimento di per sé sicuramente accettabile possa diventare ancora migliore, per affrontare quella crisi che noi in questo momento ancora stiamo vivendo, una crisi che tutti dicono ormai, o parecchi dicono, quasi alla fine ma che, come io ricordo, sono ormai cinque anni da quando è iniziata che si dice: l'anno prossimo verrà la fine. Speriamo che finalmente l'anno prossimo sia effettivamente quello giusto.
Noi riteniamo, onorevoli colleghi, membri del Governo, che vi sia la possibilità di migliorare questo provvedimento – l'ho già detto – sia dal punto di vista della copertura finanziaria che dal punto di vista dell'estensione temporale. Quasi tutti, parecchi dei nostri emendamenti puntano infatti a far sì che vi sia l'estensione dei termini temporali per l'efficacia dei provvedimenti contenuti nel decreto-legge fino al 30 giugno 2014. Ci spiace però – mi riferisco direttamente al Governo – che, anche in questo caso, non sia stata valutata come una branca da dover essere necessariamente aggredita quella della ricezione turistica.
È da pochissimo iniziata, a causa del maltempo imperante, una stagione turistica che tutti gli indicatori, tutte le previsioni tendono a considerare una delle peggiori degli ultimi decenni, sicuramente la peggiore degli ultimi anni. E veniamo da anni in cui non è che il comparto della ricezione turistica abbia navigato nell'oro. Spiace che un settore strategico come questo, che necessita di notevoli investimenti, come previsto dal decreto-legge nella materia stessa o in materie quali l'adeguamento delle norme sulla sicurezza, non sia proprio compreso. Spiace perché, forse, avrebbe dato il segnale di un Governo attento, avrebbe dato un segnale di un Governo capace di intervenire con prontezza, di intervenire con la volontà non di farsi portare in giro al guinzaglio da una situazione internazionale, da una situazione economica difficile, ma la volontà di governare questa situazione.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, piace pensare ad una frase citata, è una definizione che diede, non secondo me, ma secondo tanti, uno dei padri della civiltà europea come la conosciamo adesso.
E non faccio riferimento, come si fa riferimento in questi casi, semplicemente a coloro che hanno dato vita alle istituzioni europee, ma a una delle persone che hanno permesso che l'Europa che conosciamo adesso ci fosse, ed è Churchill. Churchill disse, riferendosi allo sbarco di Anzio: «Eravamo convinti di lanciare una lince affamata del fegato dei nostri nemici e ci troviamo invece con una balena grassa, spiaggiata, che sferza l'acqua con la sua coda».
A me questo Governo dà l'idea sostanzialmente di essere questo: era partito come un Governo al quale noi avevamo dato anche credito, astenendoci nel voto di fiducia, era partito come un Governo sull'onda delle forti parole del Capo dello Stato, un Governo che avrebbe dovuto rivoluzionare il nostro Paese nel giro di poco. Mi dispiace, ma è un Governo che ancora adesso è lì sulla riva e magari con provvedimenti come questo sì, dà segnali di vita, ma necessita, come ripeto, di dimostrare non tanto alla Lega Nord, che qui ha una pattuglia di pochi deputati, ma proprio all'opinione pubblica e a coloro che in questo momento aspettano risposte – quindi a tutti i nostri cittadini – di dare segnali di essere un Governo vivo.
Ripeto: ci fa piacere che finalmente in quest'Aula si parli di provvedimenti concreti, provvedimenti che speriamo che da parte della maggioranza e del Governo comunque vi sarà l'umiltà anche di accettare che vengano migliorati, attraverso gli emendamenti presentati dalle opposizioni, perché leggendoli e scorrendoli appare evidente che gli emendamenti presentati dalle varie forze politiche sono sostanzialmente simili e su cui finalmente, e grazie a Dio, non abbiamo la necessità di scontrarci dal punto di vista ideologico. Sono emendamenti che vanno nella direzione di migliorare un provvedimento, come ripeto, sicuramente gradevole e, se finalmente il Governo Letta dimostrerà di avere il coraggio che noi speriamo che effettivamente possieda, allora sarà un provvedimento sul quale finalmente, dopo quattro mesi e passa di attività parlamentare, tutti noi penso che potremo poi tornare sul famoso territorio e dire di essere contenti di aver contribuito a creare.
Pertanto mi auguro che il Governo intervenga soprattutto, come ripeto, sull'estensione temporale del provvedimento (cioè portandolo almeno al 30 giugno 2014) e sulla necessità della copertura finanziaria (che è possibile estendere intervenendo finalmente sulla spesa pubblica non a parole, ma coi fatti): se magari riuscisse già solo a fare questo, allora la Lega Nord lo voterebbe con molta più convinzione, sicuramente, e magari tutti noi potremmo essere finalmente contenti di aver fatto qualcosa di vero e reale per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). STEFANO BORGHESI. Signor Presidente e onorevoli colleghi, provvedimenti come quelli che andiamo ad approvare oggi, sono particolarmente indicati nel contesto economico che stiamo vivendo. Infatti questo è un contesto caratterizzato da una profonda recessione, e qui tutti gli indicatori principali ne sono testimoni, tra cui il PIL, che è fortemente calato anche nella prima parte di quest'anno, e vediamo un livello di imposizione fiscale che ci pone purtroppo ai vertici mondiali. Infatti vediamo che le imposte, tra dirette e indirette, sui redditi di impresa, arrivano a giungere sino alla soglia della 68 per cento, mentre abbiamo un cuneo fiscale del 47,6 per cento sui singoli e addirittura del 38,3 per cento su famiglie monoreddito con un figlio. Questo ci pone quasi 12 punti oltre la media dell'OCSE.
La prova che l'utilizzo della leva fiscale sia uno strumento potente l'abbiamo avuta da un'indagine dell'ENEA nel 2012 riguardante gli interventi connessi alle agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici. Infatti, sono stati oltre un milione e 400 mila i casi, per un totale di oltre 17 miliardi di euro. E, quindi, tutto questo ha portato ad un incremento di oltre 50 mila posti di lavoro per le piccole e medie imprese. A beneficiare di questi interventi è soprattutto il settore edile che è il più colpito da questa crisi che, in cinque anni, purtroppo, di ininterrotta recessione, ha registrato livelli di produzione in termini reali più bassi dal 1970. Ricordiamo che sono fallite oltre 11 mila imprese, pari al 23 per cento di tutti i fallimenti che si sono registrati a partire dall'anno 2008. Tutto questo, poi, ha provocato la perdita di oltre 400 mila lavoratori solo per questo settore. Quindi, questo provvedimento è importante perché si va ad inserire in questo quadro drammatico di crisi che ha colpito soprattutto il settore dell'edilizia.
Venendo poi, invece, alla discussione relativa al merito degli articoli, vediamo che questo decreto-legge prevede, agli articoli dall'1 al 13, un recepimento della direttiva 2010/31/UE apportando delle modifiche puntuali al decreto legislativo n. 192 del 2005 al fine di evitare che la Corte di giustizia europea applichi le sanzioni economiche connesse alla procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per il mancato recepimento della suddetta direttiva. Gli interventi relativi al miglioramento dell'efficienza energetica negli edifici presentano una natura molto tecnica e, pertanto, si considera discutibile la scelta di intervenire in materia con un decreto-legge che ha, invece, un carattere di necessità e di urgenza. Tuttavia, una particolare ragione di necessità, a detta del Governo, deriverebbe proprio dall'esistenza della procedura di infrazione per l'Italia. Comunque, a nostro modo di vedere, sarebbe stato in ogni caso più giusto intervenire in materia con un decreto legislativo.
Passando poi all'esame di un articolo specifico, l'articolo 5, vediamo che viene introdotto il concetto di edifici ad energia quasi zero per gli edifici occupati dalle pubbliche amministrazioni a decorrere dal 31 dicembre 2018 e per tutti gli edifici di nuova costruzione a decorrere dal 2021. Per realizzare le misure di incremento di efficienza energetica degli edifici di proprietà pubblica, è previsto l'utilizzo delle risorse del Fondo di garanzia a sostegno delle realizzazione di reti di teleriscaldamento. Le risorse di tale fondo sono incrementate con una quota dei proventi derivanti dalla vendita all'asta delle quote di anidride carbonica già destinati ai progetti energetico-ambientali.
Per sostenere gli investimenti degli enti locali negli interventi finalizzati all'incremento dell'efficienza energetica degli edifici pubblici, si potrebbe valutare un'eventuale esclusione di tali spese dal computo del Patto di stabilità interno.
L'articolo 6, che dà completa attuazione agli articoli dall'11 al 13 della direttiva, introduce invece l'obbligo per i proprietari di immobili di produrre l'attestato di prestazione energetica degli edifici nel caso di vendita o di nuova locazione. L'indice di prestazione energetica dell'immobile deve essere poi riportato in tutti gli annunci commerciali di offerta, di vendita o di affitto. L'attestato di prestazione energetica è richiesto per gli edifici di nuova costruzione e per quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti al termine dei lavori. Per gli edifici utilizzati dalla pubblica amministrazione con superficie superiore a 500 mq, il suddetto obbligo deve essere adempiuto entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge da parte dei proprietari dell'immobile o del soggetto responsabile della gestione i quali sono, altresì, obbligati ad affiggere l'attestato all'ingresso dell'edificio o in altro luogo visibile al pubblico. A partire dal 9 luglio 2015, la soglia di 500 mq viene poi abbassata a 250.
Per gli edifici scolastici, gli obblighi ricadono sui comuni e sulle province. L'attestato ha una validità temporale massima di dieci anni, la quale è subordinata al rispetto delle prescrizioni per le operazioni di controllo di efficienza energetica degli impianti termici. In caso di non conformità alle prescritte disposizioni, l'attestato di prestazione energetica decade il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui è prevista la prima scadenza non rispettata di controllo degli impianti.
L'attestato, oltre ad avere una validità decennale, deve essere anche aggiornato ad ogni intervento di ristrutturazione o riqualificazione che modifichi la classe energetica dell'edificio. Anche in questo caso, va detto che la norma potrebbe creare nuove incombenze per i proprietari degli immobili, che sarebbero, comunque, costretti a dover rinnovare l'attestato allo scadere dei dieci anni, anche in assenza di interventi importanti sull'appartamento.
Bisogna, tuttavia, tenere presente che la normativa in questione riproduce il dettato della direttiva europea. Un'eventuale modifica della disciplina che regola il rilascio del certificato di prestazione energetica degli edifici potrebbe, quindi, comportare un nuovo ed ulteriore richiamo da parte delle istituzioni europee nei confronti dell'Italia. In generale, appare comunque condivisibile la scelta di dotare gli edifici dell'attestato di prestazione energetica, specie se si tratti di edifici pubblici, anche se i termini di adeguamento alle nuove disposizioni, proprio in riferimento agli edifici pubblici, appaiono molto ristretti e rischiano di non essere rispettati.
Durante l'esame che ha avuto questo decreto al Senato, è stato introdotto un nuovo comma, che prevede l'utilizzo delle risorse del Fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento anche per la copertura delle spese relative alla certificazione energetica a agli adeguamenti degli edifici utilizzati dalle pubbliche amministrazioni aperti al pubblico.
Per quanto concerne l'obbligo di dotare gli immobili del certificato di prestazione energetica, si ricorda che questo era già previsto nel decreto legislativo n. 311 del 2006. L'articolo 35, comma 2-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008 ha abrogato alcune disposizioni di questo decreto relative all'obbligo di allegare l'attestato di certificazione energetica. In particolare, le norme abrogate stabilivano che, nel caso di vendita di immobili, l'attestato di certificazione energetica dovesse essere allegato all'atto di trasferimento e che, in caso di nuova locazione, lo stesso dovesse essere messo a disposizione dell'affittuario o, in caso, consegnato in copia conforme all'originale. Conseguentemente, sono state abrogate le norme che disciplinavano la nullità del contratto nel caso di violazione dei suddetti obblighi e la conseguente applicazione delle sanzioni.
Con il decreto-legge n. 112 del 2008 è, quindi, venuto meno l'obbligo di allegare l'attestato di certificazione energetica degli edifici agli atti di compravendita e quello di consegnarlo al nuovo affittuario in caso di nuova locazione, ma non l'obbligo di redigerlo. Tuttavia, al momento che si era in presenza di un obbligo non più sanzionabile, l'attestato non è stato più prodotto sia nei casi di compravendita che in quelli di nuova locazione. All'epoca, anche la Lega Nord era stata favorevole all'abrogazione dell'obbligo di dotare gli immobili del certificato di prestazione energetica nel caso di vendita o di nuova locazione.
La reintroduzione di tale obbligo comporterebbe inevitabilmente un aumento dei prezzi gli immobili, soprattutto degli affitti, che ultimamente sono tornati a crescere, anche a seguito dell'introduzione di nuove imposte sulla casa, come l'IMU. Tuttavia, bisogna tener conto, come già detto in precedenza, che le norme in questione riproducono il dettato della direttiva europea e, pertanto, i margini di modifica delle stesse appaiono molto limitati.
Durante l’iter di approvazione seguito in Senato, è stato approvato un emendamento che introduce l'obbligo di produrre il certificato di prestazione energetica anche per gli edifici trasferiti a titolo gratuito. Si evidenzia che la direttiva europea non prevede un simile obbligo, limitandosi a prescrivere il rilascio del certificato di prestazione energetica per i soli casi di vendita o di nuova locazione di immobili.
Gli articoli 14, 15 e 16 del decreto-legge introducono, invece, proroghe al regime di agevolazione fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica e ristrutturazione degli immobili, con estensione anche agli arredi. Tali interventi ci trovano assolutamente favorevoli, anche in considerazione dell'incremento al 65 per cento della quota da detrarre dalle spese destinate agli interventi di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici.
Tali agevolazioni rappresentano un valido strumento di supporto agli investimenti delle imprese a sostegno della loro crescita e del loro sviluppo. I positivi effetti di tali misure ricadono su tutto il sistema economico del Paese in quanto le stesse, non solo, contribuiscono all'emersione del sommerso in settori ritenuti strategici per la ripresa economica, come quello edile, ma rappresentano, anche, un importante sostegno al rilancio dei consumi. Secondo un'indagine della Cresme-Enea, lo scorso anno, il volume complessivo di interventi connessi alle agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici è stato, come poc'anzi detto, pari a un milione 400 mila, per un totale di circa 17 miliardi di euro di investimenti complessivi, ed ha interessato, soprattutto, piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto. Quindi, al Senato, è stato approvato un emendamento proposto dal Governo che ammette le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica anche per le spese relative ad interventi per la sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza energetica e di impianti geotermici a bassa entalpia, nonché le spese per la sostituzione di scaldaacqua tradizionali con scaldaacqua a pompe di calore. Su questo punto anche la Lega Nord ha presentato un emendamento di uguale tenore; pertanto la norma può essere giudicata favorevolmente.
Una riflessione, invece, va fatta per il settore dei mobili. La norma riconosce ai contribuenti che fruiscono della detrazione del 50 per cento delle spese destinate alla ristrutturazione degli immobili, un'ulteriore detrazione del 50 per cento delle ulteriori spese documentate per l'acquisto di mobili finalizzati all'arredo dell'immobile ristrutturato. La detrazione, da ripartire in dieci quote annuali è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a dieci mila euro. Per un maggiore beneficio ai contribuenti, la detrazione potrebbe essere ripartita in un numero minore di quote, ad esempio per cinque anni. Durante l’iter al Senato la detrazione prevista per l'acquisto dei mobili è stata estesa anche all'acquisto di elettrodomestici di classe energetica A+, nonché A per i forni e per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica. Anche in questo caso la norma ha trovato il favore del gruppo della Lega Nord.
L'articolo 17, infine, consente la qualificazione e l'operatività degli installatori di impianti alimentati da fonti rinnovabili attraverso il riconoscimento del requisito della prestazione lavorativa svolta alle dipendenze di un'impresa di settore. Anche questa è una norma che ci trova assolutamente favorevoli. Bisogna ricordare che sia nella scorsa legislatura che nella presente, il gruppo della Lega Nord ha presentato diversi atti di sindacato ispettivo... EMANUELE PRATAVIERA. Signora Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, è innegabile che questo sia un intervento che va nella direzione di poter rilanciare l'economia e l'occupazione nel nostro Paese, in particolare nel nord Italia, dove è concentrato il grosso della produzione e anche dell'occupazione in ambito edilizio. L'ambito edilizio è, di fatto, nel nostro sistema economico, uno dei settori, se non il settore più importante, che fungono da traino per la nostra economia e anche per la nostra occupazione. È un settore in cui, nel decennio passato, si è tanto sentito, da parte di una parte della politica di questo Paese, la necessità di dover richiedere maggior mano d'opera anche straniera e che oggi grava pesantemente, come un macigno, sui conti pubblici proprio per l'assistenzialismo a queste persone e alle loro famiglie che sono presenti nel nostro contesto socio-economico. Come dicevo, questo è un intervento sicuramente buono, lodevole, che va nella direzione dell'occupazione e del rilancio economico, anche per la tipologia di sistema che usa per poter favorire il rilancio economico.
In particolare, mi riferisco all'utilizzo della leva fiscale che, sappiamo bene, agisce in un contesto in cui la pressione fiscale nel nostro Paese è superiore del 12 per cento rispetto alla media OCSE e in particolare, pesa per il 68,3 per cento con imposte sui redditi di impresa, per il 47,6 per cento come cuneo fiscale sui single, mentre sfiora il 40 per cento sulle famiglie monoreddito con un unico figlio. Ciò fintanto che questo Governo non capirà che l'unica soluzione che può adottare per poter alleggerire le tasse e quindi l'oppressione del fisco sulle nostre famiglie e sulle nostre imprese è l'approvazione dei decreti attuativi per il federalismo fiscale e in particolare l'applicazione dei costi standard, l'unica operazione che può realmente alleggerire il fabbisogno delle casse dello Stato, per poter far andare avanti questo Paese. Tuttavia, fintanto che il Governo non capisce che questa è la ricetta, ben vengano queste operazioni che hanno più che altro degli effetti marginali, ma pur sempre positivi, soprattutto in quell'area del Paese che funge da traino, da locomotrice per tutto il resto, e mi riferisco, in particolare, ovviamente al Nord.
Noi, come gruppo della Lega Nord, abbiamo presentato emendamenti che vanno nella direzione di estendere in particolare i termini temporali al 30 giugno 2014 e allargare l'applicazione di tali norme anche ad altri settori di interesse, in particolare il settore della ricezione turistica, perché il turismo è di fatto la prima industria del nostro Paese e ha bisogno di notevoli investimenti, e sempre più ne avrà bisogno per poter concorrere a livello internazionale, ma anche per potersi semplicemente adeguare alle leggi prodotte negli ultimi anni da parte di questo Parlamento. Infatti, per potersi adeguare, ovviamente, gli imprenditori hanno bisogno di trovare delle risorse su cui far leva per investire. Noi abbiamo proposto una serie di emendamenti che però non sono ancora andati a buon fine, o così a noi sembra, con i quali avevamo pensato di poter dare un ulteriore sviluppo a questo provvedimento andando a privilegiare e ad estendere ciò che è contenuto in questo pacchetto normativo in particolare a quei territori che non sono strutturalmente arretrati come altri, ma che sono stati negli anni oggetto di calamità naturali, eventi quindi non prevedibili e per i quali le famiglie e le imprese ora scontano dei costi per le riparazioni importanti. Vorrei leggere questi emendamenti, perché poi su questi saremo chiamati ad esprimerci. In particolare, dell'articolo 16 del provvedimento, intitolato «Proroga delle detrazione fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili», il comma 1 è riferito a quei territori colpiti da eccezionali eventi alluvionali verificatesi nei mesi di ottobre e novembre 2010 e nei giorni dal 16 al 20 maggio 2013: per tali casi noi chiedevamo la detrazione dell'imposta di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n 134, pari al 65 per cento, ma senza limiti di spesa, non ponendo quindi limiti di spesa per le spese documentate sostenute dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge e fino al 31 dicembre 2014. La copertura per questi oneri noi la determinavamo in 129 milioni di euro sulla base calcolata delle pensioni erogate, a decorre dal 1o gennaio 2014, da gestioni previdenziali pubbliche, ovvero i vitalizi in base al sistema retributivo, che non possono superare i 5 mila euro netti mensili, fatte salve le pensioni e i vitalizi corrisposti esclusivamente in base al sistema contributivo. Qualora il predetto trattamento sia cumulato con altri trattamenti pensionistici erogati da istituti previdenziali pubblici in base al sistema retributivo, l'ammontare onnicomprensivo non poteva superare i 10 mila euro mensili.
O ancora noi avevamo pensato a quei territori colpiti dal sisma il 20 e il 29 maggio 2012, il cuore pulsante dell'economia in cui le famiglie, dopo aver lavorato una vita, sono costrette a rimettersi in piedi da sole e che noi vorremmo aiutare anche adottando questo provvedimento, estendendo i benefici di questo provvedimento. Anche qui la detrazione che noi proponiamo è sempre nella misura del 65 per cento, come previsto dal provvedimento, ma senza porre limiti di spesa perché ovviamente questo va a tutto vantaggio di quel territorio, di quelle famiglie e di quelle imprese per poter riprendere a vivere tranquillamente. E anche qui ai fini della copertura degli oneri determinati dal comma 1.1, in cui erano valutati, come nell'emendamento precedente in 129 milioni di euro per l'anno 2014, 344 milioni di euro per l'anno 2015, 232 milioni di euro per l'anno 2016, 232 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2023 e 174 milioni di euro per l'anno 2024, a decorrere dal 1° gennaio 2014, le pensioni erogate da gestioni previdenziali pubbliche, ovvero i vitalizi, in base al sistema retributivo, non possono superare i 5.000 euro netti mensili. Anche qui, fatti salvi le pensioni ed i vitalizi corrisposti esclusivamente in base al sistema contributivo. Qualora il predetto trattamento sia cumulato con altri trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche in base al sistema retributivo, l'ammontare onnicomprensivo non può superare i 10.000 euro netti mensili.
Ma abbiamo voluto pensare anche all'estensione di questi benefici o di ulteriori benefici anche ad altre categorie sociali, in particolare in favore dei soggetti portatori di handicap ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti la detrazione di imposta relativa ad interventi di cui alla lettera e), comma 1, dell'articolo 16-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, è pari al 75 per cento, quindi più 10 per cento rispetto a quanto contenuto in questo provvedimento, per le spese sostenute dalla data di entrata in vigore del presente decreto. La disposizione di cui al precedente periodo non preclude l'accesso alla detrazione di cui al successivo comma 2, che è in ogni caso calcolata su un ammontare complessivo di spesa non superiore ai 30.000 euro. Ai fini della copertura degli oneri determinati dal comma 1.1, valutati in 100 milioni di euro per l'anno 2014, 200 milioni di euro per l'anno 2015, 150 milioni di euro per l'anno 2016, 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2023 e 100 milioni di euro per l'anno 2024, a decorrere dal 1° gennaio 2014, le pensioni erogate da gestioni previdenziali pubbliche, ovvero i vitalizi, in base al sistema retributivo che non possono superare i 5.000 euro netti mensili. Sono fatti salvi le pensioni ed i vitalizi corrisposti esclusivamente in base al sistema contributivo. E anche qui, qualora il predetto trattamento sia cumulato con altri trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche in base al sistema retributivo, l'ammontare onnicomprensivo non può superare i 10.000 euro netti mensili.
Insomma, noi abbiamo voluto proporre un monte emendamenti che potesse estendere i benefici perché estendendo i benefici di quelle categorie di popolazione che oggi al momento con questo provvedimento non sarebbero del tutto supportate, dal nostro punto di vista, ovviamente avvantaggeremmo tutto il sistema economico, fermo restando che questi sono provvedimenti, che ripeto, noi valutiamo favorevolmente ma valutiamo come palliativi perché la questione del nostro Paese è profondamente strutturale, la questione del nostro Paese consta sostanzialmente delle enormi necessità di uno Stato, di una macchina pubblica che ha bisogno di fagocitare quante più tasse possibili per potere andare avanti senza risolvere i problemi strutturali del Paese ovvero un'oppressione fiscale importante e, anche dal nostro punto di vista, un accanimento in particolare in alcuni territori a discapito di altri che non potranno mai esprimersi fino in fondo, non potranno mai esprimere le proprie potenzialità, non potranno mai concorrere con il resto del mondo che corre molto più veloce di noi, che purtroppo come Nord Italia, come nord del Paese, abbiamo una palla al piede, si chiama «sistema italiano», che non ci permette di poter galoppare.
Per cui questi sono provvedimenti che, lo ripeto, vanno nella stessa direzione; provvedimenti, proposte emendative che noi intendiamo sottoporre all'attenzione dell'Aula perché si possa esprimere trasversalmente a favore delle categorie, come abbiamo visto, per poterle rimettere in condizioni di correre come meriterebbero di correre.
Concludo appellandomi ai parlamentari dei territori che sarebbero direttamente favoriti da questo tipo di emendamenti, a chiedersi se li possano condividere o meno perché, lo ripeto, vanno a favorire i nostri diretti concittadini. Quindi mille di questi emendamenti, che ancora non bastano !
Chiediamo che essi siano comunque estesi e che il Governo possa individuare, senza rimandare ulteriormente, i settori strategici. E qui un appello va anche al Governo perché si renda conto che c’è un'industria del nostro Paese, quella turistica, che ha bisogno di più ossigeno, ha bisogno di essere rimessa in competizione e che ha bisogno di un Governo che lotti anche in sede comunitaria – pensiamo alla Bolkenstein – per togliere tutti i lacci e i lacciuoli che la stanno opprimendo; e che possa inoltre rimettere in condizione tutto il sistema economico, che possa fare in modo che si esprima al meglio, perché c’è un settore trainante che continua a ricevere soldi dall'esterno direttamente tutti gli anni. Abbiamo milioni di turisti che vengono, anno dopo anno, milioni di turisti che tornano a visitarci e che hanno piacere di visitarci non solo per le bellezze del nostro patrimonio storico, ma anche per le nostre bellezze paesaggistiche, che vanno tutelate, che vanno rimesse nelle condizioni di potersi esprimere autonomamente.
Lo Stato infatti, con questi continui provvedimenti, non fa altro che continuare ad indorare la pillola; senza andare però, lo ripeto, a risolvere quella che è la questione atavica di questo Paese, che non vuole scrollarsi di dosso: l'enorme oppressione fiscale, per alimentare questo sistema inefficiente, questo apparato statale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, colleghi, il decreto-legge di cui stiamo discutendo promuove il miglioramento dell'efficienza energetica del patrimonio immobiliare italiano, sia pubblico che privato, attraverso il recepimento della direttiva dell'Unione europea del 2010 e di quella della Comunità europea del 2002, quest'ultima poi recepita dall'Italia con il decreto legislativo n. 192 del 2005.
Sono condivisibili gli articoli 14, 15 e 16, che prorogano al 31 dicembre 2013 il regime di detrazione fiscale, sia per gli interventi di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici, innalzando la percentuale dal 55 al 65 per cento, sia per gli interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di immobili. Si ritiene importante inoltre l'introduzione all'articolo 5 del concetto di «edifici ad energia quasi zero», soprattutto in riferimento agli edifici di nuova costruzione occupati dalle pubbliche amministrazioni e di proprietà delle stesse.
Gli articoli da 1 a 13, come detto, recepiscono la direttiva dell'Unione europea del 2010 con modifiche puntuali del citato decreto legislativo del 2005, al fine di evitare che la Corte di giustizia europea applichi le sanzioni economiche connesse alle procedure di infrazione nei confronti dell'Italia per il mancato recepimento della suddetta direttiva. Gli interventi relativi al miglioramento dell'efficienza energetica negli edifici presentano una natura molto tecnica: pertanto si considera discutibile la scelta di intervenire in materia con un decreto-legge, che ha invece un carattere di necessità e di urgenza. Tuttavia, una particolare ragione di necessità, a detta del Governo, deriverebbe proprio dall'esistenza della procedura di infrazione per l'Italia: sarebbe stato in ogni caso più giusto intervenire in materia con un decreto legislativo.
Passando all'esame dell'articolato, l'articolo 5 in particolare introduce il concetto, come detto, di «edificio ad energia quasi zero» per gli edifici occupati dalle pubbliche amministrazioni a decorrere dal 31 dicembre 2018, e per tutti gli edifici di nuova costruzione a decorrere dal 2021. Per realizzare le misure di incremento di efficienza energetica negli edifici di proprietà pubblica, è previsto l'utilizzo delle risorse del Fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento.
Le risorse di tale Fondo vengono incrementate con una quota dei proventi derivanti dalla vendita dell'asta delle quote di anidride carbonica già destinate ai progetti energetico-ambientali. Per sostenere gli investimenti degli enti locali negli interventi finalizzati all'incremento dell'efficienza energetica degli edifici pubblici si potrebbe valutare un'eventuale esclusione di tali spese dal computo del Patto di stabilità interno.
L'articolo 6, che dà completa attuazione agli articoli 11 e 13 della direttiva, introduce l'obbligo per i proprietari di immobili di riprodurre l'attestato di prestazione energetica degli edifici nel caso di vendita o di nuova locazione. L'indice di prestazione energetica dell'immobile deve essere poi riportato su tutti gli annunci commerciali di offerta di vendita e di affitto. L'attestato di prestazione energetica è richiesto per gli edifici di nuova costruzione e per quelle sottoposti a ristrutturazioni importanti, al termine dei lavori. Per edifici utilizzati dalla pubblica amministrazione con superficie superiore a 500 metri quadri il suddetto obbligo deve essere adempiuto entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto da parte dei proprietari dell'immobile e del soggetto responsabile della gestione, i quali sono altresì obbligati ad affiggere l'attestato all'ingresso dell'edificio o in altro luogo visibile al pubblico. A partire dal 9 luglio 2015 la soglia di 500 metri quadri è abbassata a 250. Per gli edifici scolastici gli obblighi ricadono sui comuni e le province.
L'attestato ha una validità temporanea massima di dieci anni, la quale è subordinata al rispetto delle prescrizioni delle operazioni di contro di efficienza energetica degli impianti termici. In caso di non conformità alle prescritte disposizioni, l'attestato di prestazione energetica decade il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui è prevista la prima scadenza non rispettata di controllo degli impianti. L'attestato, oltre ad avere una validità decennale, deve anche essere aggiornato ad ogni intervento di ristrutturazione o riqualificazione che modifichi la classe energetica dell'edificio. Anche in questo caso va detto che la norma potrebbe creare nuove incombenze per i proprietari degli immobili che sarebbero comunque costretti a dover rinnovare l'attestato allo scadere dei dieci anni, anche in assenza di interventi importanti sull'appartamento.
In generale appare condivisibile la scelta di dotare gli edifici dell'attestato di prestazione energetica, specie se si tratta di edifici pubblici, anche se i termini di adeguamento alle nuove disposizioni, proprio in riferimento agli edifici pubblici, appaiono molto ristretti e rischiano di non essere rispettati. Durante l'esame al Senato è stato introdotto un nuovo comma che prevede l'utilizzo delle risorse del Fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento, anche per la copertura delle spese relative alla certificazione energetica e agli adeguamenti degli edifici utilizzati dalle pubbliche amministrazioni aperti al pubblico.
Per quanto concerne l'obbligo di dotare gli immobili del certificato di prestazione energetica, si ricorda quanto era già previsto nel decreto legislativo n. 311 del 2006, che reca disposizioni correttive e integrative al decreto legislativo 192 del 2005. In particolare, le norme abrogate stabilivano che nel caso di vendita di immobili l'attestato di certificazione energetica dovesse essere allegato all'atto di trasferimento e che in caso di nuova locazione lo stesso dovesse essere messo a disposizione dell'affittuario o, in caso, consegnato in copia conforme all'originale Conseguentemente sono state abrogate le norme che disciplinavano la nullità del contratto nel caso di dilazione dei suddetti obblighi e la conseguente applicazione di sanzioni.
Con il decreto n. 112 del 2008 quindi è venuto meno l'obbligo di allegare l'attestato di certificazione energetica degli edifici agli atti di compravendita e quello di consegnarlo al nuovo affittuario nel caso di una nuova locazione ma non l'obbligo di redigerlo, tuttavia, dal momento che si era in presenza di un obbligo non più sanzionabile, l'attestato non è stato più prodotto sia nei casi di compravendita che in quelli di nuova locazione. All'epoca anche la Lega Nord era stata favorevole all'abrogazione dell'obbligo di dotare gli immobili del certificato di prestazione energetica nel caso di vendita o di nuova locazione, la reintroduzione di tale obbligo comporterebbe inevitabilmente un aumento dei prezzi degli immobili, soprattutto degli affitti che ultimamente sono tornati a crescere anche a seguito dell'introduzione di nuove imposte sulla casa, come è stata l'IMU.
Tuttavia, bisogna tener conto – come già detto in precedenza – che le norme in questione riproducono il dettato della direttiva europea. Pertanto, i margini di modifica delle stesse appaiono molto limitati.
Durante l'iter al Senato, è stato approvato un emendamento che introduce l'obbligo di produrre il certificato di prestazione energetica anche per gli edifici trasferiti a titolo gratuito. Si evidenzia che la direttiva europea non prevede un simile obbligo, limitandosi a prescrivere il rilascio del certificato di prestazione per i soli casi di vendita o di nuova locazione degli immobili.
Gli articoli 14, 15 e 16 introducono proroghe del regime di agevolazione fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica e ristrutturazione degli immobili, con estensione anche agli arredi. Tali interventi ci trovano assolutamente favorevoli anche in considerazione dell'incremento dal 55 al 65 per cento della quota da detrarre dalle spese destinate agli interventi di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici. Tali agevolazioni rappresentano un valido strumento di supporto agli investimenti per le imprese a sostegno della loro crescita e del loro sviluppo.
Positivi effetti di tali misure ricadono su tutto il sistema economico del Paese, in quanto le stesse, non solo contribuiscono all'emersione del sommerso in settori ritenuti strategici per la ripresa economica, come quello edile, ma rappresentano anche un importante sostegno al rilancio dei consumi. Secondo le indagini del Cresme-ENEA, lo scorso anno il volume complessivo di interventi connessi alle agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici è stato pari a un milione e 400 mila, per un totale di 17 miliardi di euro di investimenti complessivi, e ha interessato soprattutto le PMI nell'edilizia e nell'indotto.
Dal punto di vista occupazionale, il regime delle detrazioni fiscali del 55 per cento ha contribuito a creare ogni anno 55 mila posti di lavoro nei settori interessati, con particolare riferimento a quello dell'edilizia.
Al Senato, è stato approvato un emendamento del Governo, che ammette le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica anche per le spese relative ad interventi per la sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza energetica ed impianti geotermici a bassa entalpia, nonché le spese per la sostituzione di scaldaacqua tradizionali con scaldaacqua a pompe di calore. Anche la Lega Nord aveva presentato un emendamento di eguale tenore, pertanto riteniamo la norma sia assolutamente condivisibile e siamo favorevoli.
Inoltre, la detrazione prevista per l'acquisto degli immobili è stata estesa anche all'acquisto di elettrodomestici di classe energetica A+, nonché A per i forni e per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica. Anche in questo caso, siamo assolutamente favorevoli.
Sono stati approvati alcuni articoli aggiuntivi al testo. Si segnala, in particolare, l'articolo 15-bis, che istituisce, presso il Gestore dei servizi energetici spa, una banca dati nazionale degli incentivi erogati dal GSE in materia di efficienza energetica e di produzione di energia da fonti rinnovabili, al fine di prevenire eventuali fenomeni fraudolenti sulla richiesta di incentivi.
Infine, noi riteniamo che provvedimenti come quello che stiamo discutendo siano particolarmente indicati nel contesto economico che stiamo vivendo, caratterizzato da una profonda recessione e da un livello di imposizione fiscale che ci pone ai vertici mondiali: 68,3 per cento le imposte sui redditi di impresa, cuneo fiscale del 47,6 per cento e del 38,3 per cento sulle famiglie monoreddito con un figlio, 12 punti superiori alla media OCSE.
La prova che l'utilizzo della leva fiscale sia potente l'abbiamo dalla già citata indagine Cresme-ENEA. Le agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici sono state un milione e 400 mila, per un totale di 17 miliardi di indotto, gran parte delle piccole e medie aziende, 55 mila i posti di lavoro all'anno. A beneficiare è soprattutto il settore edile, il più colpito dalla crisi: cinque anni di recessione ininterrotta, valori della produzione in termini reali ai livelli più bassi dal 1970, con 11 mila imprese fallite, il 23 per cento di tutti i fallimenti registrati dal 2008, 400 mila lavoratori in meno.
Questo tipo di intervento, con l'utilizzo della leva fiscale, ci vede favorevoli perché la direzione seguita incontra sia il nostro favore sia la nostra idea risolutiva, al punto che i nostri emendamenti andavano nella direzione di estendere i termini temporali al 30 giugno 2014 e a settori strategici come quello della ricezione turistica, che necessitano di notevoli investimenti, anche in materia dell'adeguamento alle norme sulla sicurezza, e che, purtroppo, non sono compresi nel provvedimento.
Si agisce, sì, sulla leva fiscale ma si agisce timidamente, andando incontro al rischio di una sanzione dell'Unione europea. Invece, si è provveduto, attraverso un intervento del Governo, quando ci si è impegnati a trovare le risorse per lasciare l'agevolazione IVA sui supporti integrativi dei libri di testo.
Noi riteniamo servano interventi radicali, di ristrutturazione profonda della spesa pubblica. Crediamo sia utile – e questo è un emendamento che purtroppo ci è stato cassato – porre un limite ai 5 mila euro per le pensioni ottenute con il sistema retributivo. La riteniamo un'ingiustizia in un momento come questo, un privilegio insopportabile, che va affrontato in modo immediato.
Concludo richiamando ancora una volta il Governo all'attuazione dei decreti sul federalismo fiscale e, in particolare, sui costi e i fabbisogni standard. Solo così riusciremo a diminuire la spesa pubblica e solo così riusciremo ad aiutare i nostri cittadini.
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