ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO

Seduta n. 595 di martedì 22 marzo 2016

INDICE


ATTI DI INDIRIZZO:

Mozione:
  Lupi  1-01195  35765

ATTI DI CONTROLLO:

Presidenza del Consiglio dei ministri.

Interrogazione a risposta orale:
  Terzoni  3-02133  35767

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Zoggia  5-08213  35767

Affari esteri e cooperazione internazionale.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Sibilia  5-08207  35768
  Cimbro  5-08212  35768

Ambiente e tutela del territorio e del mare.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Gagnarli  5-08209  35770
  Lattuca  5-08211  35771

Interrogazione a risposta scritta:
  Mucci  4-12600  35772

Economia e finanze.

Interrogazione a risposta orale:
  Giordano Giancarlo  3-02132  35774

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Ricciatti  5-08210  35775

Giustizia.

Interrogazione a risposta scritta:
  Dieni  4-12604  35777

Infrastrutture e trasporti.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Burtone  5-08203  35778
  Burtone  5-08204  35778
  Burtone  5-08208  35779

Interno.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Magorno  5-08214  35779

Interrogazioni a risposta scritta:
  Squeri  4-12605  35781
  Fico  4-12606  35784

Istruzione, università e ricerca.

Interrogazioni a risposta scritta:
  Romanini  4-12601  35785
  Tartaglione  4-12602  35786

Lavoro e politiche sociali.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Gnecchi  5-08205  35787

Salute.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Carnevali  5-08202  35788
  Gelli  5-08206  35789

Sviluppo economico.

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
  Duranti  2-01318  35790

Interrogazione a risposta scritta:
  Molteni  4-12603  35791

Apposizione di una firma ad una interrogazione  35792

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo  35792

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

   La Camera,
   premesso che:
    la surrogazione della maternità consiste nella cessione a terzi, e per sempre, di un neonato da parte della donna che lo ha partorito; una cessione puntualmente regolata da apposito contratto stipulato fra gestante e committenti in un momento precedente al concepimento del nato;
    il contratto che regola la gestazione e la successiva cessione del bambino non può che essere intrinsecamente vessatorio nei confronti della gestante, considerando che l'obiettivo è quello di far consegnare ai committenti il neonato, imponendo alla donna di portare avanti la gravidanza secondo modalità che i committenti arbitrariamente decidono essere le migliori per il nascituro: oltre a regolare dettagliatamente la vita della gestante per tutto il periodo della gravidanza, vengono quindi imposti esami clinici e comportamenti personali della madre surrogata che includono anche importanti restrizioni della libertà personale e che prevedono sia l'aborto in caso di malformazioni del feto, sia la cosiddetta riduzione fetale in presenza di gravidanze gemellari non richieste;
    il contratto di maternità surrogata, per sua stessa natura, ha contenuto patrimoniale e carattere oneroso, tenuto conto della gravosità del periodo di gravidanza e dell'evento del parto, cui si sottopone la mamma surrogata: il corrispettivo previsto nel contratto in favore della madre surrogata è infatti diretto a retribuire il sacrificio richiesto a quest'ultima;
    tale contratto, nella forma di surroga ad oggi maggiormente diffusa, include anche l'acquisto di gameti femminili da una donna diversa dalla madre surrogata, perché senza legame genetico con il nascituro sia più facile per la gestante considerarlo appartenente ai committenti, e cederlo alla nascita: il nato in questo caso ha due madri biologiche (una genetica e una gestazionale), e di solito la madre legalmente riconosciuta è ancora una terza, il che determina una inquietante frammentazione della figura materna e associa la maternità surrogata alla compravendita di gameti, con tutti gli aspetti economici, antropologici e sociali connessi, primo fra tutti la «scelta» dei «donatori» su appositi cataloghi di, biobanche in base al fenotipo (colore della pelle, di occhi e capelli, aspetto fisico);
    una donna che cede a terzi, dietro corrispettivo in denaro, il proprio neonato, a prescindere dalla presenza di un contratto di diritto privato vincolante fra le parti, compie un gesto perseguito come reato in gran parte del mondo, pertanto il contratto di surrogazione, nei Paesi in cui è ammesso, rappresenta a parere dei firmatari del presente atto un'ingiustificata e incomprensibile eccezione;
    sottrarre un neonato alla donna che lo ha tenuto in gestazione e partorito integra in tutto il mondo a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, oltre che un crimine, una condotta di estrema crudeltà, una sorte generalmente destinata alle schiave nelle civiltà arcaiche;
    il legittimo desiderio di avere bambini non è un diritto esigibile;
    il contratto di surrogazione di maternità è evidentemente una nuova forma di mercato di esseri umani, e rientra per i presentatori del presente atto nella «Tratta degli esseri umani», così come definita dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani, quando indica che «il reclutamento... di persone... con l'abuso... della condizione di vulnerabilità... a fini di sfruttamento (che) comprende pratiche simili alla schiavitù e specifica che, in questi casi, il consenso della vittima allo sfruttamento è irrilevante»;

    la surrogazione di maternità viola altresì secondo i firmatari del presente atto la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948: all'articolo 1, che recita «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti», visto che per i nati da maternità surrogata, a differenza di tutti gli altri bambini del mondo, si decide fin da prima del concepimento che non cresceranno con la donna che li ha partoriti, cioè la madre, ma con persone che vi hanno stipulato un contratto commerciale e l'hanno indotta ad abbandonarlo alla nascita; all'articolo 4, ove si afferma che «Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma», considerando le condizioni vessatorie contrattuali che stabiliscono nei minimi dettagli la vita della gestante e ne definiscono gli obblighi, primo fra tutti la cessione del neonato alla nascita;
    la surrogazione di maternità viola altresì per i firmatari del presente atto la Convenzione sui Diritti del Fanciullo del 1989, che, all'articolo 8 stabilisce che «Gli Stati parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità», e che, all'articolo 32, dispone che «Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico»;
    la surrogazione di maternità costituisce inoltre per i firmatari del presente atto una forma di violenza contro le donne secondo la definizione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (la cosiddetta Convenzione di Istanbul), in cui, con l'espressione «violenza nei confronti delle donne», si intende designare una violazione dei diritti, umani comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica;
    la surrogazione di maternità contrasta a giudizio dei firmatari del presente atto esplicitamente con convenzioni internazionali e pronunciamenti di istituzioni europee: la Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina (1997), che, all'articolo 21 stabilisce che «Il corpo umano e le sue parti non debbono essere, in quanto tali, fonte di profitto»; principio ribadito dall'articolo 3 della Carta europea dei diritti fondamentali (2000) sul diritto all'integrità della persona, in particolare quando prevede che si rispetti «il divieto di fare del corpo umano e sue parti in quanto tali una fonte di lucro»; la risoluzione del Parlamento europeo del 5 aprile 2011 che impegna gli Stati membri a «riconoscere il grave problema della surrogazione di maternità, che costituisce uno sfruttamento del corpo e degli organi riproduttivi femminili»;
    il Comitato nazionale per la bioetica, riunito in seduta plenaria ha approvato il documento «Mozione su Maternità surrogata a titolo oneroso». Il Comitato nazionale per la bioetica, che si è espresso più volte contro la mercificazione del corpo umano (mozione sulla compravendita di organi a fini di trapianto, 18 giugno 2004; mozione sulla compravendita di ovociti, 13 luglio 2007; parere sul traffico illegale di organi umani tra viventi, 23 maggio 2013), ritiene che la maternità surrogata sia un contratto lesivo della dignità della donna e del figlio sottoposto come un oggetto a un atto di cessione. Il Comitato nazionale per la bioetica ritiene inoltre che l'ipotesi di commercializzazione e di sfruttamento del corpo della donna nelle sue capacità riproduttive, sotto qualsiasi forma di pagamento, esplicita o surrettizia, sia in netto contrasto con i principi bioetici fondamentali che emergono anche dai documenti sopra citati,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, a livello nazionale e soprattutto internazionale, in tutte le sedi istituzionali sovranazionali, affinché la surrogazione di maternità, in ogni sua modalità e variante contrattuale, sia riconosciuta come nuova forma di schiavitù e di tratta di esseri umani, e sia quindi reato universalmente perseguibile.
(1-01195) «
Lupi, Buttiglione, Binetti, Calabrò, Bosco, Pagano, Scopelliti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

   TERZONI, CECCONI e AGOSTINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la dialettica in atto sul tema dei finanziamenti ai partiti, all'indomani della progressiva abolizione del finanziamento ai partiti, disposta con decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, coinvolge non solo il piano nazionale ma anche quello regionale;
   in questo caso, le discussioni riguardano i finanziamenti da parte dei privati e si ricollegano alla questione del conflitto d'interessi, della corruzione e quindi della necessità da parte degli amministratori di essere al di sopra di ogni possibile sospetto;
   i finanziamenti ai partiti e ai singoli candidati infatti molto spesso arrivano da società di servizi e progettazione che esplicano la propria attività anche mediante la partecipazione a bandi pubblici;
   è questo ad esempio il caso venuto alle cronache nelle prime settimane di febbraio 2016 che coinvolge il neopresidente della regione Marche, con delega alla sanità, che ha ricevuto finanziamenti per la propria campagna elettorale del 2015 da diverse società riconducibili al mondo della sanità privata e da imprese che operano nel campo della progettazione e realizzazione di infrastrutture;
   in particolare, tra i finanziatori risultano diversi soggetti impegnati sul tema della sanità, da laboratori di analisi, case di cura e noti istituti di riabilitazione;
   in occasione di altre elezioni regionali, i contributi risultano arrivare da associazioni di neo costituzione che hanno il compito di raccogliere le donazioni da parte dei privati senza avere l'obbligo di dichiararne la provenienza, facendo così venir meno il principio della trasparenza e della tracciabilità –:
   se il Governo non ritenga necessario intervenire, attraverso iniziative normative, per fare in modo che i partiti non possano ricevere donazioni, né qualsiasi altra forma di finanziamento da parte di società aggiudicatarie di appalti o contratti pubblici o che ricevano sovvenzioni pubbliche o che operino in regime di concessione pubblica e per far sì che i bandi emessi dalle amministrazioni pubbliche includano delle restrizioni alla partecipazione, almeno per la durata della legislatura, nei confronti delle società private che abbiano effettuato una qualsiasi forma di finanziamento ai partiti o ai singoli candidati;
   se il Ministro non ritenga di dover assumere iniziative normative affinché anche le associazioni che vengono istituite appositamente per sostenere le campagne elettorali debbano sottostare all'obbligo di trasparenza e quindi di pubblicazione dei nomi dei finanziatori. (3-02133)

Interrogazione a risposta in Commissione:

   ZOGGIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   desta molta preoccupazione la situazione dell'editoria in Veneto;
   particolare attenzione meritano le vertenze relative al quotidiano « Il Gazzettino» e dell'emittente « Antenna Tre» del Gruppo Panto;
   per il Gazzettino, il gruppo editoriale, nei reiterare gli stati di crisi ha predisposto un piano di «spacchettamento» delle attività poligrafiche e di trasferimento dei dipendenti a nuove società con profili contrattuali diversi;
   per l'emittente televisiva si è, invece, in presenza di una crisi legata, in particolare al crollo della pubblicità ed anche ai ritardi nei trasferimenti in favore delle tv locali, a partire dai fondi statali 2014 che ne stanno pregiudicando la sopravvivenza;
   i dipendenti di Antenna tre sono da mesi senza stipendio e vivono con le loro famiglie una situazione particolarmente difficile;
   viene così ad essere pregiudicato il pluralismo dell'informazione e il diritto stesso dei cittadini di essere informati –:
    se il Governo sia a conoscenza delle suddette vertenze e se non intenda attivare in tempi rapidi un tavolo di confronto coinvolgendo la regione, i gruppi editoriali e le organizzazioni sindacali e procedendo al riparto dei fondi previsti dalla legge sull'editoria a partire dall'anno 2014, con l'obiettivo di scongiurare la chiusura di importanti testate giornalistiche nonché al fine di salvaguardare i livelli occupazionali ed il fondamentale principio democratico della libertà e del pluralismo dell'informazione. (5-08213)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   SIBILIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 20 e il 21 marzo 2016 alcuni autobus con a bordo studenti universitari appartenenti al progetto di scambio culturale internazionale denominato « Erasmus» stavano rientrando a Barcellona da Valencia in Spagna;
   intorno alle ore 6 il bus che chiudeva il convoglio e su cui si trovavano 57 studenti, di età compresa tra i 20 e 29 anni, provenienti da 22 Paesi, è stato protagonista nel territorio di Frejinals, sull'autostrada Ap7, di un terribile incidente stradale, le cui cause sono ancora in corso di accertamento da parte delle autorità locali;
   l'incidente ha coinvolto anche un'autovettura e ha causato la morte di 13 universitarie, di cui 7 di nazionalità italiana;
   nell'impatto sono rimasti feriti altri 34 studenti, di cui 6 italiani, poi ricoverati negli ospedali di Tortosa, Tarragona e Barcellona;
   le famiglie delle 7 vittime, dopo essere state avvertite dalla Farnesina, sono partite alla volta della Catalogna per procedere al riconoscimento delle salme e al disbrigo delle formalità di rito, mentre quelle degli altri studenti italiani rimasti feriti sono giunte negli ospedali per assistere i propri ragazzi –:
   che tipo di assistenza e sostegno il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sta fornendo, per il tramite dell'ambasciata italiana a Madrid e il consolato generale di Barcellona, alle famiglie delle vittime e dei feriti in queste ore drammatiche e come intenda il Ministro interrogato successivamente seguire il caso al fine di vedere accertate le responsabilità del terribile sinistro stradale. (5-08207)

   CIMBRO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il ruolo del console onorario sta assumendo un rilievo sempre maggiore a seguito della razionalizzazione degli uffici diretti da personale di carriera resa necessaria dalla crisi economica;
   alle figure dei consoli di carriera vanno sostituendosi proprio i consoli onorari, i quali sono completamente indipendenti economicamente dal Ministero di riferimento;
   il console onorario agisce in nome e per conto dello Stato ma a titolo onorifico, il che vuol dire che non riceva stipendio e, se vi sono delle spese, queste possono essere rimborsate fino a un limite massimo prestabilito, normalmente fissato nell'ammontare delle spese telefoniche e postali, che varia rispetto a ciascun consolato onorario, a seconda dei consolati onorari, rispetto a una cifra che il Ministero mette a disposizione dei consoli onorari su un apposito capitolo di bilancio;
   normalmente il console onorario è una persona comunque non legata alla vita diplomatica che si troverà ad affrontare delle spese come se svolgesse un vero, e proprio volontariato, anche mettendo a disposizione il proprio ufficio;
   la figura del console onorario è particolarmente diffusa all'interno dell'Unione europea. Si contano infatti più di 4.000 consolati onorari accreditati presso gli Stati membri. I dati confermano la solida tradizione consolare onoraria dei quattro grandi Stati dell'Europa continentale. Spicca tra tutti, infatti, la significativa presenza di consolati onorari esteri in Francia, in virtù delle 601 unità colà accreditate. A seguire, si registrano le importanti dimensioni della comunità consolare onoraria italiana e spagnola, quest'ultima composta da 532 consoli onorari esteri. In Germania questi si attestano su 481 unità;
   sono da considerare le esperienze raccolte in questi anni e testimoniate nell'audizione di rappresentanti della Federazione nazionale dei consoli onorari (Fe.N.CO.), svoltasi presso la Commissione affari esteri e comunitari dalla Camera il 6 ottobre 2015, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle priorità strategiche regionali e di sicurezza della politica estera dell'Italia, anche in vista della nuova strategia di sicurezza dell'Unione europea;
   in particolare, la realtà associativa dei consoli onorari operanti nel nostro Paese segnala una serie di criticità che condizionano la piena funzionalità dell'azione del console onorario, largamente illustrate nel corso della summenzionata audizione;
   in primo luogo è stata segnalata l'esigenza di emettere targhe di riconoscimento delle autovetture e degli autoveicoli adibiti ad uso promiscuo appartenenti anche al personale consolare onorario (così come previsto dal decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 18 dicembre 1995);
   è altresì segnalata la necessità di provvedere ad una revisione della normativa vigente in materia di rilascio dei passaporti disciplinata dal decreto del Ministro degli affari esteri del 30 dicembre 1978, prevedendo il rilascio al personale consolare onorario di passaporti di servizio;
   ulteriori profili critici potrebbero essere superati con la revisione delle disposizioni in materia di cerimoniale, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 aprile 2006, con il ripristino della collocazione dei consoli onorari alla posizione già vigente dal 1963, anno della firma della Convenzione di Vienna;
   ai fini di un più agevole svolgimento delle funzioni consolari è necessario infine parametrare la validità dell’exequatur in conformità delle lettere patenti rilasciate dallo Stato d'invio, oggi inspiegabilmente limitato al quinquennio, e che si pone per l'interrogante in netto contrasto con gli articoli 23 e 25 della Convenzione di Vienna (ratifica dal nostro Paese con la legge 9 agosto 1967, n. 804) –:
   quali iniziative normative ed interventi amministrativi intenda adottare il Governo per superare queste criticità che pesano gravemente sulla piena funzionalità operativa del personale consonale onorario operante in Italia e che presentano per contro modestissime contropartite in termini di oneri finanziari. (5-08212)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   GAGNARLI e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la gestione dei rifiuti attraverso gli impianti di incenerimento, significativamente sorretta dal sistema degli incentivi, come il Cip 6, ha visto recentemente incrementarsi il livello di incentivi, grazie al Decreto ministeriale «Fer non fotovoltaiche». La norma prevede per gli inceneritori una tariffa incentivante di 119 euro per MWh, quando, per un impianto eolico o a biogas, sono previste tariffe meno vantaggiose;
   secondo i rapporti dell'Ispra, nonostante una lieve diminuzione tra il 2013 e il 2014, si è passati dai 3,8 milioni di tonnellate di rifiuti inceneriti nel 2005, ai 5,1 milioni del 2014 (+34,8 per cento), in piena contraddizione con le recenti dichiarazioni del Governo sull'emergenza inquinamento di diverse aree del Paese;
   secondo il rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente (Aea), tra i 28 Paesi dell'Unione europea l'Italia, con 84.400 decessi su un totale di 491 mila a livello dell'Unione europea, è il Paese con il più alto numero di morti premature rispetto alla normale aspettativa di vita, presumibilmente a causa dell'inquinamento dell'aria;
   il coordinamento Free (fonti rinnovabili ed efficienza energetica) che raggruppa 30 associazioni del settore, sostiene che oggi in Italia ci sarebbero 40 inceneritori e altri 6 in costruzione. Il Governo, inoltre, starebbe presentando la richiesta di realizzarne altri in Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Abruzzo, Sardegna e 2 in Sicilia;
   il Governo, con il varo e la conversione in legge del decreto-legge n. 133 del 2014, ha dato una forte accelerazione ad una politica di gestione dei rifiuti orientata sullo sviluppo degli impianti di incenerimento; in particolare con l'articolo 35 del citato decreto-legge, gli inceneritori sono considerati «insediamenti strategici di preminente interesse nazionale» ed è stato affidata ad un decreto attuativo l'individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale;
   dopo un iter piuttosto travagliato, la Conferenza Stato-regioni, nella seduta del 4 febbraio 2016, ha dato il parere favorevole allo schema di decreto legislativo con il quale vengono individuati 8 nuovi impianti di termovalorizzazione da aggiungere ai quelli già realizzati o in costruzione;
   nel comune di Sesto Fiorentino, in località Case Passerini, il 23 novembre 2015 è stato recentemente approvato, in via definitiva, il progetto di un nuovo inceneritore, che si va ad inserire in un'area dove, in passato, nel comune di Campi Bisenzio, un altro impianto di incenerimento è stato chiuso nel 1986 a causa di problemi sanitari, esalazioni di diossina, contaminazione permanente dei terreni della zona, mai bonificati;
   la concessione per l'utilizzo dell'inceneritore, che brucerà centonovantotto mila tonnellate di rifiuti, sulla carta solidi urbani, è in capo al 60 per cento alla società Quadrifoglio, responsabile del servizio rifiuti area fiorentina, e al 40 per cento alla Hero, società con sede a Bologna, che gestisce i sette inceneritori realizzati in Emilia Romagna;
   in quest'area, oltre alla realizzazione dell'inceneritore, sono previste una serie di infrastrutture di rilevante impatto ambientale: il nuovo insediamento urbanistico residenziale PUE Castello di UnipolSAI, il nuovo aeroporto, il nuovo stadio ACF Fiorentina con annessa cittadella viola e alberghi, centri commerciali, l'impianto di incenerimento di fanghi a Baciacavallo in Prato, l'impianto di incenerimento di Montale del Consorzio Intercomunale Servizi srl, in provincia di Pistoia, che a settembre 2015, a causa delle elevatissime emissioni di diossine e furani, ha dovuto chiudere una sua linea, il nuovo centro di deposito logistica Esselunga, l'entrata in esercizio della scuola Marescialli e Nuova Stazione dei carabinieri di Castello con circa 2000 presenze giornaliere;
   la valutazione ambientale strategica sul progetto dell'inceneritore in località Case Passerini non considera, a giudizio degli interroganti, i pesanti impatti ambientali relativi a tutte queste strutture ed infrastrutture presenti e previste nello stesso comprensorio, ed è stata peraltro elaborata senza considerare, per gli interroganti, reali dati di emissione delle auto, emersi dopo lo scandalo Volkswagen. Pertanto, nella realtà, l'azione combinata degli inquinanti della zona sarebbe a giudizio degli interroganti sottovalutata. Tali motivazioni hanno spinto un gruppo di cittadini a richiedere alla Commissione europea di valutare l'attendibilità del processo autorizzativo e se ricorrano i presupposti di una ripetizione dello stesso;
   inoltre, a quanto risulta all'interrogante, nella Valutazione d'impatto ambientale, non sarebbe stata allegata la relazione di riferimento prevista dalla Direttiva Europea 2010/75, e non sarebbero state prese in considerazione le alternative possibili all'incenerimento, in contrasto sia con quanto prevede la Convenzione di Stoccolma sia con la gerarchia dei rifiuti stabilita dalla Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e dal decreto legislativo n. 152 del 2006, recante Norme in materia ambientale;
   sulla scorta di queste considerazioni, i consiglieri regionali M5S, ad ottobre 2015, hanno anche presentato una mozione, bocciata dalla maggioranza PD, con la quale hanno chiesto il rispetto della legalità nelle procedure di autorizzazione degli impianti di incenerimento dei rifiuti;
   in un raggio di 3 chilometri dai camini del costruendo inceneritore di Firenze, data l'elevata densità di popolazione e di aziende agricole, l'Asl 10 in collaborazione con Arpat ha messo a punto un Piano di monitoraggio dell'impatto sanitario dell'impianto. Questo piano conferma ufficialmente il rischio di cui i Comitati, i movimenti come Medicina Democratica, ISDE ed altri soggetti, parlano da anni, riguardo alla pericolosità dell'inceneritore, che però ci si limita a misurare, anziché rimuovere;
   dai protocolli di monitoraggio dell'ASL 10 si evince altresì la portata e la varietà del rischio sanitario per le popolazioni, quanto sia messa in crisi l'agricoltura e l'allevamento della zona e quanto possano essere contaminati irrimediabilmente i suoli e l'acqua;
   considerato il momento storico e il basso costo del petrolio, per scelta dei produttori, tale per cui si viene a determinare una concorrenza alla plastica di seconda vita, proveniente dagli impianti di riciclo, rispetto a quella di nuova produzione che utilizza petrolio come materia prima, a discapito del circuiti virtuosi di economia circolare –:
   se il Ministro interrogato, per quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno avviare una revisione delle proprie scelte in materia energetica, in modo tale da assumere iniziative per spostare gli incentivi rivolti agli impianti di incenerimento, classificati come impianti ibridi da fonti rinnovabili, verso gli impianti di recupero di materia, nell'ottica dell'economia circolare, quindi di una seria politica di gestione sostenibile dei rifiuti fondata su riciclaggio, raccolte differenziate domiciliari, sistemi di tariffazione puntuale, politiche di riuso, innovazione impiantistica della valorizzazione dell'organico, degli ecodistretti e delle cosiddette fabbriche dei materiali. (5-08209)

   LATTUCA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con atto di sindacato ispettivo n. 5-01346 a firma dei deputati dei gruppo Pd era stata posta all'attenzione del Governo la problematica concernente l'entità delle sanzioni previste dall'articolo 5, comma 6, della legge n. 150 del 1992, in materia di «Disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla legge 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica»;
   l'articolo 5, comma 5-bis, della suddetta legge prevede l'istituzione dei registro di detenzione delle specie animali e vegetali incluse negli allegati al regolamento (CE) n. 338 del 1997, mediante l'emanazione di apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la commissione scientifica CITES;
   con decreto ministeriale del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, emanato di concerto con il Ministero delle politiche agricole, dell'8 gennaio 2002, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 15 del 18 gennaio 2002, è stata formalmente prevista l'istituzione del registro, prevedendone l'obbligo di tenuta per le imprese commerciali, circhi, mostre faunistiche e per chiunque utilizzi, detenga o esponga esemplari a scopo di lucro;
   nella risposta al citato atto di sindacato ispettivo, avvenuta in data 23 gennaio 2011 presta la VIII Commissione ambiente della Camera, lo stesso Governo riteneva che «la generica previsione dell'articolo 6 del decreto ministeriale 8 gennaio 2002, che opera il rimando alle sanzioni di cui all'articolo 5, comma 6, della legge n. 150 del 1992 in caso di violazione «alle disposizioni del presente decreto» avesse «oggettivamente, un tenore prescrittivo non con circostanziato»;
   lo stesso Governo aggiungeva che «i soggetti tenuti alla compilazione dei registri sono esposti ad una sanzione che pare effettivamente non calibrata in relazione alle molteplici irregolarità che si possono rilevare»;
   a seguito di queste considerazioni il Ministro si era impegnato a prevedere l'esenzione dal Registro Cites per allegato B anche per le attività delle imprese del settore animali domestici, ad adottare una revisione delle sanzioni modulandole a scalare nella differenziazione da errori formali nell'utilizzo del registro, a quelli di sostanza;
   vi era anche la manifesta volontà di dar vita ad un tavolo informale di consultazione e confronto con le categorie interessate e i portatori di interesse in questo settore;
   ad oggi, suddette previsioni non sono state accompagnate da atti consequenziali, il che determina il persistere di un quadro normativo incerto che non favorisce trasparenza e certezza in un settore che presenta aspetti problematici –:
   quali iniziative in tempi rapidi intenda assumere il Governo al fine di porre in essere quanto già rappresentato nella risposta al citato atto di sindacato ispettivo sia per quanto concerne l'impianto sanzionatorio di cui in premessa, sia per guanto riguarda le istanze provenienti delle associazioni di categoria, per procedere ad una revisione della normativa capace di coniugare tracciabilità e trasparenza, senza gravare ulteriormente sugli operatori, nonché al fine di dare effettivamente luogo al tavolo di consultazione con gli operatori. (5-08211)

Interrogazione a risposta scritta:

   MUCCI e PRODANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   risale all'11 febbraio 2016, l'ultimo blitz dei vigili urbani sul litorale romano. L'operazione denominata «Dune» ha portato al sequestro di tutti i manufatti abusivi presenti sulle spiagge libere di Capocotta, così come sono stati sequestrati tutti i chioschi di Dar Zagaia, Porto di Enea e Mediterranea;
   l'operazione che si innesta nell'ambito delle indagini su «Mafia Capitale» ha portato alla luce, sul litorale ostiense, attività prive di qualunque autorizzazione, società con intestatari fittizi, strutture abusivamente ampliate in sfregio ai vincoli di un'area protetta. Si ricorda, infatti che l'area, ricade nella riserva naturale statale del litorale, sotto la tutela del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ed è talmente carica di vincoli che in teoria, non avrebbe dovuto ospitare nulla. Invece, tra l'immobilismo dei municipi, del Campidoglio e dell'ente riserva, si è costruito di tutto. Oggi sui due chilometri di sabbia area «sic» – sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale – sorgono cinque chioschi, autorizzati dal comune nel lontano 1999, per mettere ordine nel caos: di fronte al dilagare di tante strutture abusive (che devastavano un patrimonio ambientale unico in tutta Europa), il Campidoglio invece di abbattere tutto, cercò di legalizzare la situazione autorizzando cinque di quei chioschi. Con una «gara» per punti ristoro per i servizi da spiaggia. Durata del bando 10 anni, prorogato poi per ulteriori 5 dal 2010, terminato nel mese di giugno 2015 e rinnovato dall'allora giunta Marino;
   i chioschi che dovevano essere ampi una sessantina di metri quadrati, oggi si estendono per 10 volte quel limite. Tutto ciò è emerso dai controlli della capitaneria, poi trasmessi alla procura, i quali hanno rilevato, a prescindere dai permessi rilasciati alle strutture, che comunque i chioschi appaiono privi di qualunque tipo di atto concessorio. Strutture dunque abusive, modificate costantemente nel tempo;
   sta di fatto comunque che sono oltre duemila i metri quadrati sequestrati per abusi edilizi: gli agenti infatti hanno posto i sigilli nel chiosco «Dar Zagaia» al ristorante (240 metri quadrati abusivi su 300 totali), due locali magazzino (8 e 15 mq), due strutture in legno (50 e 9 metri quadrati), una pedana di 150 metri quadrati. Abusi anche al porto di Enea: 3 pedane per un totale di oltre, 500 mq, un manufatto di legno e vetro (60 mq) e un ristorante (115 mq). All'Oasi naturista è stato sequestrato un chiosco di 55 metri quadrati adibito a bar-ristorante, un gazebo con infissi di 24 metri quadrati, 1 manufatto di 30 metri quadrati, 1 bagno, due strutture in legno che occupavano complessivamente 132 metri quadrati e lunghe passerelle pedonali. Presso il chiosco Mecs sono stati sequestrati 530 metri quadrati di pedane in legno, 150 metri quadrati di pavimentazione, un bar di 12 mq, un ampliamento della cucina di 35 metri quadrati, un ripostiglio di 9 metri quadrati, un bar sulla spiaggia di 9 metri quadrati e un chiosco in pvc di 4 metri quadrati. Gli abusi sequestrati nel chiosco Mediterranea sono stati: due tettoie chiuse con legno e teli di 56 e 21 metri quadrati e una struttura in legno di circa 31 metri quadrati;
   di fronte a questa situazione dove le concessioni sono scadute il 31 maggio 2015 il commissario di Ostia assicura che «il nuovo bando sarà pubblicato nei prossimi giorni almeno per i servizi essenziali»;
   tuttavia, anche il bando ha i suoi tempi tecnici: tra la pubblicazione, la presentazione delle domande, l'apertura delle buste e le assegnazioni ai vincitori non ci vorranno meno di due mesi. Senza considerare la possibilità, non troppo remota in città, che ci siano ricorsi di chi in graduatoria non è riuscito a entrare. Una situazione difficile e complicata che rischia di mettere a rischio la stagione balneare;
   su questo tema anche Legambiente, da anni impegnata per rendere accessibile a tutti il litorale ostiense, si è schierata, osservando che, se il comune di Roma «non è riuscito a mettere a bando di evidenza pubblica la gestione chioschi entro la data ultima dello scorso 31 maggio,
ora avvii la procedura immediatamente con criteri premiali per chi ha garantito la legalità e rispettato le regole. Deve essere garantita la continuità della buona pratica e la chiusura serena della stagione in corso (...) –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza e anche per il tramite della commissione straordinaria per la provvisoria gestione del X Municipio di Roma, abbiano intenzione di intraprendere con il coinvolgimento degli enti locali interessati, affinché si addivenga al più presto alla pubblicazione del bando per le nuove concessioni balneari nel rispetto della trasparenza e della legalità. (4-12600)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione a risposta immediata in commissione n. 5-07657 presentata dal sottoscritto e dalla collega Pannarale, tra le altre cose si metteva in evidenza che a seguito di un'iniziativa della magistratura era emersa una fitta rete di giocatori, manager, allenatori, dirigenti ed imprenditori delle società calcistiche della serie «D» dilettantistica, della Lega Pro (ex serie «C») e di serie «B» che truccava le partite dei campionati italiani e sui quali pende l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla frode calcistica e con l'aggravante di aver favorito le organizzazioni mafiose;
   la Federcalcio (FIGC), parte lesa nel relativo processo, a mezzo del suo presidente Carlo Tavecchio in quell'occasione aveva dichiarato che: «Quando le scommesse sono state allargate alla serie “D” io dissi, pur non essendo consultato, che era un gravissimo errore e oggi i risultati li vedono tutti... cinque-sei anni fa la scommessa era un reato. Il giorno in cui si è entrati nell'ottica che la scommessa non è reato porta a far sì che, ognuno si debba prendere le proprie responsabilità», palesando una evidente posizione di contrarietà a chi ha invece insistito perché il mondo rischioso del calcio scommesse invadesse anche il delicato settore del calcio dilettantistico;
   a questa voce autorevole avevano, nel frattempo, fatto eco altrettante di personaggi del mondo sportivo e giudiziario come Abodi presidente Lega serie B, Gianni Rivera presidente FIGC settore scolastico e Raffaele Cantone presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione;
   due anni or sono, nonostante il mondo del calcio professionistico fosse ciclicamente investito da scandali, il Governo italiano, attraverso il. Ministero competente, ha deciso, nonostante il parere contrario della Federazione italiana gioco calcio, di estendere la pratica del gioco delle scommesse al settore dilettantistico, determinando il coinvolgimento di un mondo già di per sé esposto agli interessi delle organizzazioni criminali locali, nazionali e internazionali;
   sempre nella succitata interrogazione si richiamava l'attenzione sul fatto che il settore non professionistico della serie «D» e di quelle minori è un ambito non interessato dai grandi flussi finanziari che investono le categorie superiori, dove le società sportive calcistiche operano tra forti difficoltà economiche e gestionali riservando ai calciatori ingaggi incerti e modesti che non offrono alcuna sicurezza di stabilità reddituale; per queste ragioni le organizzazioni criminali italiane hanno posto la loro attenzione su questo settore del calcio esposto a forti condizionamenti realizzando un sistema di collaborazione con le diverse mafie;
   non a caso, smentendo clamorosamente quanto dichiarato nella risposta del Governo dal 10 ottobre 2015, cioè da quando è entrata in vigore la norma che ha consentito l'inserimento della serie «D», cioè del calcio dilettantistico, nei palinsesti dell'Agenzia dei Monopoli di Stato vi è stato un aumento esponenziale dei casi di manipolazione organizzata come l'inchiesta « Dirty soccer» ha poi dimostrato;
   se questo esposto non bastasse a dimostrare l'inopportunità di estendere le scommesse a questo delicato settore del calcio italiano, frequentato da giovanissimi e da minorenni, vi è stato la necessaria modifica dell'articolo 6 del codice di giustizia sportiva che ha ampliato il divieto di scommettere ai calciatori dilettanti; la norma federale aggiornata prevede che i tesserati del settore dilettantistico e del settore giovanile non possono effettuare scommesse relativamente a gare delle competizioni in cui militano le loro squadre; modifica, tra l'altro, alquanto aleatoria, visto che si pronostica sulla serie «D» dal 10 ottobre e che tale norma è stata inserita solo in questi giorni a ridosso del torneo giovanile di Viareggio;
   da questo nasce anche l'oggettiva impossibilità di controllare che i circa 6.000 tesserati di serie «D» scommettano direttamente o indirettamente su i propri incontri, considerati anche gli assurdi meccanismi autorizzati come quello della opportunità temporale parziale, che agevola la potenzialità dell'azione sportiva criminosa –:
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per prevedere l'eliminazione di tutti gli eventi dei campionati dilettanti di serie «D» di quelli giovanili dai palinsesti dell'Agenzia delle dogane e di Monopoli di Stato, in ragione del fatto che tale inserimento e il susseguente monitoraggio non hanno sortito alcun effetto sperato, anche perché sotto l'aspetto squisitamente etico trattasi di due settori delicati in quanto riguardanti minori, nei quali lo Stato deve sempre garantire che l'interesse sociale prevalga su quello affaristico-economico. (3-02132)

Interrogazione a risposta in Commissione:

   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO, ZARATTI e ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 3 maggio 2011, adottato sulla base del decreto-legge n. 34 del 31 marzo 2011 (convertito dalla legge n. 75 del 26 maggio 2011), veniva istituito Fsi S.p.A. (Fondo strategico italiano; di seguito indicato anche solo come «Fondo»), società di investimento di capitale di rischio con azionista strategico Cassa depositi e prestiti (che ne detiene circa l'80 per cento);
   il Fondo dispone di un capitale sociale interamente versato di 4,4 miliardi di euro, dei quali 3,7 attualmente investiti in 11 società presenti nel suo portafoglio;
   Fsi è «un operatore istituzionale che acquisisce quote prevalentemente di minoranza in imprese di “rilevante interesse nazionale” in situazione di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale e che abbiano adeguate prospettive di redditività e di sviluppo, idonee a generare valore per gli investitori». Scopo della società è investire «in imprese che abbiano l'obiettivo di crescere dimensionalmente, migliorare l'efficienza operativa e rafforzare la propria posizione competitiva sui mercati nazionali e internazionali»;
   il Gruppo Rocco Forte Hotels è un importante operatore internazionale nella gestione di alberghi a cinque stelle, con sede a Londra;
   in Italia il gruppo britannico è presente con strutture a Roma, Firenze e in Sicilia, con circa seicento dipendenti su un totale di 2.200, e con ricavi nel nostro Paese che costituiscono il 30 per cento circa dei ricavi totali;
   con una nota del 7 novembre 2014 il Fsi ha annunciato «un accordo di investimento che prevede l'ingresso del Fondo nel capitale del gruppo alberghiero, per un piano di sviluppo incentrato sull'Italia», prima iniziativa del Fondo nel settore turistico, attraverso l'ingresso di FSI e FSI Investimenti (società detenuta per circa 77 per cento da Fsi e per circa 23 per cento da Kuwait Investment Authority) nel 23 per cento della Rocco Forte Hotels, per un importo di 76 milioni di euro;
   nella nota citata veniva chiarito che il gruppo alberghiero britannico era stato selezionato dal Fondo strategico italiano «in base ad un processo condotto secondo criteri generali di trasparenza e parità di trattamento. In tale processo hanno avuto una rilevante importanza l'interesse e la disponibilità del gruppo alberghiero a concentrarsi su un piano di sviluppo del mercato italiano, oltre alla comprovata capacità di gestione, al modello di business ed al perimetro globale delle attività, ma con rilevante presenza in Italia»;
   nella presentazione dell'investimento in Rocco Forte Hotels si faceva accenno, infine, al lancio di Fit - Fondo investimenti per il turismo, iniziativa di Fsi che si inseriva «nella più ampia strategia di Cassa depositi e prestiti di creare un Polo del Turismo italiano con l'obiettivo di rafforzare il settore turistico-alberghiero»;
   una inchiesta pubblicata dal settimanale L'Espresso (18 marzo 2016), intitolata «Fondo di Stato, tutto da rifare» e curata dai giornalisti Alberto Crepaldi e Luca Piana, ha rivelato come di quel progetto di sviluppo finanziato con denaro pubblico non vi sia ad oggi alcuna traccia. Nell'ultimo bilancio della società britannica, relativo all'anno chiuso il 30 aprile 2015, non sono menzionate nuove strutture o iniziative relative all'Italia (le uniche nuove strutture indicate sono situate in Arabia Saudita e a Shanghai);
   nell'articolo si legge in particolare che «Degli accordi con il fondo strategico viene citata soltanto l'iniezione di denaro fresco da 76 milioni di euro che sembra aver aiutato il gruppo britannico a rinegoziare i debiti con le banche», che restano comunque elevati con una esposizione per 205 milioni di sterline;
   i redattori dell'articolo citano, inoltre, una operazione del gruppo Rocco Forte Hotels, risalente al 2015 e quindi successiva all'ingresso del Fondo strategico italiano, con la quale il gruppo britannico avrebbe acquistato per 4 milioni di sterline, da un'altra società dell'imprenditore britannico (la Sir Rocco Forte Limited), il marchio «Rocco Forte» –:
   se i Ministri interrogati non intendano verificare per quanto di competenza i fatti riportati in premessa e se il Ministro dell'economia e delle finanze intenda chiarire come siano stati impiegati gli investimenti disposti dal Fondo strategico italiano nella società Rocco Forte Hotels;
   quali siano state le opere o le iniziative realmente attivate di quel «piano di sviluppo incentrato sull'Italia» sulla base del quale sarebbe stata effettuata la scelta del Fondo di investire nella società inglese;
   se il Ministro dell'economia e delle finanze sia in grado di fornire chiarimenti sui criteri adottati per determinare l'investimento del Fondo strategico italiano nel gruppo alberghiero Rocco Forte Hotels, stante l'elevato indebitamento bancario dello stesso;
   se i Ministri interrogati non intendano fornire, per quanto di competenza, aggiornamenti sullo sviluppo del progetto di «Polo del Turismo italiano», richiamato in premessa. (5-08210)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

   DIENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 15 marzo 2016 le forze dell'ordine hanno proceduto, su mandato dell'autorità giudiziaria, a compiere 19 arresti di figure apicali dell'organizzazione ‘ndranghetista a Reggio Calabria;
   le cosche della ‘ndrangheta reggina colpite fanno capo alle famiglie De Stefano, Franco, Rosmini, Serraino e Araniti e i reati contestati vanno dall'associazione mafiosa, al concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto di materiale esplosivo, intestazione fittizia di beni e rivelazione del segreto d'ufficio;
   tra gli arrestati figurerebbe, a quanto emerge da notizie apparse sugli organi di stampa, Maria Angela Marra Cutrupi di 52 anni che lavorava, come impiegata con contratto interinale a tempo determinato e con mansioni esclusivamente esecutive, all'ufficio del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Reggio Calabria, in virtù di una convezione tra il tribunale di Reggio Calabria e l'ente Azienda Calabria Lavoro;
   la donna avrebbe informato alcuni indagati dell'esistenza di un'inchiesta a loro carico e per questo è stata accusata di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio aggravata dalla circostanza di aver agevolato la ‘ndrangheta;
   assieme a lei e con la stessa accusa è finito in manette anche il marito Domenico Nucera, cui la donna avrebbe rivelato le informazioni coperte da segreto, apprese negli uffici giudiziari, che sarebbero poi state riferite da quest'ultimo al fratello Carmelo Salvatore Nucera;
   il caso esposto dimostra che l'utilizzo di personale non selezionato attraverso un regolare concorso pubblico e con le garanzie ed i controlli ad esso riferiti può dare origine all'infiltrazione negli uffici giudiziari di personale non solo non preparato, ma anche colluso con le realtà criminali;
   d'altra parte, come segnalato da molti soggetti, tra cui l'Associazione nazionale magistrati, oltre alle rappresentanze sindacali, in molti uffici giudiziari calabresi, a causa di una molteplicità di ragioni c’è, per il poco personale giudiziario in servizio, un carico di lavoro eccessivo che sta pregiudicando, e rischia di pregiudicare sempre più, l'attività di ufficio;
   la mancanza di personale, per stessa ammissione del Ministro interrogato sta assumendo caratteristiche emergenziali se è vero quanto egli stesso riferisce nella relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2016: «la non felice congiuntura economica che ha contrassegnato questi ultimi anni, unita all'assenza di vere politiche per il personale, ha provocato un processo di progressivo invecchiamento del personale amministrativo della giustizia, tanto che i dati di fine 2014 riportavano un quadro desolante: il personale in forza all'amministrazione contava 35.625 unità su una dotazione organica di 43.702, con una scopertura del 18,48 per cento . A fine 2015, purtroppo, la scopertura di organico presenta ancora un dato di crescita, ammontando a 34.656 unità, con una carenza di 9.046 unità, pari al 20,7 per cento, che scende al 19,9 per cento se si considerano i comandi da altre amministrazioni. Se poi il dato viene rapportato alle dotazioni organiche del personale stabilite dal nuovo regolamento di organizzazione, complessivamente determinate in 43.326 unità, la scopertura risulta di 8.670 elementi, pari al 20,01 per cento»;
   questa problematica diviene tanto più urgente specie in luoghi ove il fenomeno mafioso è più radicato e dove l'assenza dello Stato rischia in tradursi in una perdita del territorio a favore della legalità –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover impedire, anche con iniziative di natura normativa, il ricorso negli uffici giudiziari a personale amministrativo selezionato attraverso procedure diverse dal concorso pubblico, e pertanto preventivamente sottoposto alle verifiche di onorabilità e di riservatezza ad esso connesse, evitando il ripetersi di casi come quello esposto in premessa;
   se non ritenga di adottare iniziative di propria competenza atte a rafforzare l'entità del personale amministrativo a disposizione degli uffici giudiziari calabresi e specialmente della provincia di Reggio Calabria al fine di meglio contrastare il fenomeno mafioso. (4-12604)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   BURTONE, CUOMO e BATTAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il prossimo 11 giugno 2016 entrerà in vigore il nuovo orario estivo per la circolazione dei treni lungo la rete ferroviaria nazionale;
   in vista di quella data è evidente la necessità di apportare alcune modifiche per consentire un migliore collegamento tra la stazione ferroviaria di Ferrandina con il terminale dell'alta velocità di Salerno ed anche con Napoli;
   la stazione di Ferrandina è, di fatto, la stazione della città di Matera nominata capitale europea della cultura che invece, com’è noto, è priva di collegamento ferroviario Rfi;
   si registra, com’è noto, un incremento del flusso turistico verso la città dei «sassi» e questo non può prescindere dalla necessità di collegare meglio, a partire da una modifica degli orari, le stazioni di Napoli e Salerno con Ferrandina, lungo l'asse che porta a Taranto;
   al tempo stesso, l'interrogante non ritiene che comporti comporti un grande investimento apportare interventi di miglioramento da parte di Rfi della stazione di Ferrandina con una migliore illuminazione e anche con una segnaletica che riporti la dicitura «Matera capitale europea della cultura 2019» e che Trenitalia investa anche nel collegamento tra la stazione di Ferrandina e Matera per facilitare il raggiungimento della città ed evitare attese che, soprattutto nei giorni festivi, possono superare anche le 10 ore;
   il miglioramento dei collegamenti è strategico anche per la promozione turistica, considerando che sempre più persone si muovono con il treno –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda attivare nei confronti di Trenitalia ed Rfi affinché siano migliorati i collegamenti tra il terminale AV di Salerno e la stazione di Ferrandina in vista del prossimo orario estivo, nonché per apportare migliorie infrastrutturali ed anche di segnaletica per la stazione di Ferrandina quale stazione di accesso a Matera capitale europea della Cultura 2019. (5-08203)

   BURTONE, CUOMO e BATTAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni giorni lungo la strada statale 407, in territorio di Ferrandina, si registra, a quanto consta all'interrogante, la chiusura della galleria «Alvino»;
   suddetta galleria è da anni oggetto di interventi di manutenzione, ma da alcuni mesi era stata riconsegnata al transito dei veicoli prima a due corsie poi ad una sola corsia;
   la nuova chiusura costringe gli automobilisti ad una deviazione per lo scalo di Ferrandina su una strada che soprattutto in condizioni di pioggia non è ottimale per le condizioni di sicurezza ed anche in condizioni normali poiché interessa anche lo slargo del piazzale antistante la stazione ferroviaria e pone problemi di sicurezza per i viaggiatori e per i pendolari;
   sorprende e non poco la nuova chiusura anche perché non risulterebbe che vi siano state comunicazioni ufficiali circa le motivazioni di questa nuova deviazione –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere nei confronti dell'Anas per conoscere le ragioni della disposizione di cui in premessa nonché per avere un resoconto completo degli interventi finora effettuati, degli importi e del perché periodicamente in entrambe le direzioni suddetta galleria viene interdetta al traffico, creando disagi alla circolazione. (5-08204)

   BURTONE, CUOMO e BATTAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le abbondanti precipitazioni atmosferiche registrate nei giorni scorsi hanno provocato il cedimento dell'argine del fiume Basento nei pressi dell'area industriale di Ferrandina;
   il cedimento dell'argine ha portato al crollo definitivo di un tratto della strada interna all'area industriale già compromessa a seguito di altri eventi atmosferici che si sono registrati negli anni scorsi;
   le criticità delle condizioni dell'arteria in oggetto erano già state evidenziate agli organi competenti a partire dal 2013, senza che ad oggi sia stata trovata una soluzione;
   il crollo ha messo a rischio l'incolumità di lavoratori e la stabilità anche di alcuni impianti industriali presenti nelle vicinanze;
   il presidente di Confapi Matera, ha inviato una nota al prefetto per chiedere, che ciascuna istituzione per la propria competenza, possa intervenire per il ripristino della strada in oggetto;
   considerata la rilevanza della questione anche in termini economici –:
   quali iniziative il Governo intenda porre in essere per attivare una cabina di regia con tutti i soggetti istituzionali competenti per il ripristino e la messa in sicurezza della strada crollata a seguito della esondazione del fiume, evitando che si aggravi il quadro delle diseconomie a danno dei tessuto imprenditoriale e industriale del comprensorio. (5-08208)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

   MAGORNO, AIELLO, BRUNO BOSSIO e COVELLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'8 febbraio 2016 diciassette consiglieri comunali si sono formalmente dimessi determinando, conseguentemente, lo scioglimento del consiglio comunale e la decadenza del sindaco della città di Cosenza;
   lo scioglimento del consiglio comunale è la risultante del fallimento politico-amministrativo della maggioranza consiliare, insediatasi in seguito alle elezioni amministrative svoltesi nell'anno 2011;
   si perviene alla fine anticipata della consiliatura perché si registra la convergenza tra tutte le forze di minoranza ed un segmento della ex-maggioranza consiliare anche e soprattutto al fine di esercitare un'azione interruttiva dell'attività amministrativa che già da tempo ha fatto registrare una molteplicità di casi di illegalità che puntualmente sono stati segnalati attraverso la stampa e numerose interpellanze da parte dei consiglieri comunali;
   sono state numerose le interrogazioni a firma dei consiglieri comunali rimaste senza risposta che richiedevano chiarimenti sul continuo ricorso da parte dell'amministrazione all'istituto dell'affidamento diretto per cottimi fiduciari o lavori pubblici di somma urgenza;
   la pratica usuale dell'affidamento diretto pare configurarsi, ad avviso degli interroganti, come un vero e proprio artificio per aggirare l'obbligo della procedura concorsuale e favorire poche imprese fornitrici divenute beneficiarie dell'assegnazione di ingenti quote di risorse finanziarie pubbliche;
   in particolare risulterebbe che alcune di queste imprese registrino tra i soci proprietari persone notoriamente vicine al sindaco, parenti di qualche suo stretto collaboratore e anche di soggetti legati alla criminalità;
   da quanto si evince dalla stampa sarebbe divenuta usuale la pratica di impropri affidamenti diretti per lavori e consulenze;
   da tempo si susseguono notizie riportate dagli organi di stampa relative ad inchieste ed indagini in corso da parte di diversi uffici degli organi investigativi, riferite a pratiche amministrative irregolari, illegali e dai profili corruttivi;
   a ridosso della scadenza del mandato e della imminente campagna elettorale sembra che questa pratica si sia fortemente intensificata con affidamenti e pagamenti senza alcun controllo che hanno determinato un intervento della guardia di finanza come, ad esempio, nel caso della assegnazione di quasi un milione di euro per allestimento di luminarie nelle vie cittadine;
   risulta ingente la mole dei debiti fuori bilancio contratti durante questa consiliatura e sui quali il collegio dei revisori dei conti ha formulato pesanti osservazioni perché conseguenti a pratiche amministrative effettuate che appaiono in contrasto con i principi del legislatore e della Corte dei conti;
   il ragioniere generale dello Stato ha trasmesso una relazione sulla verifica amministrativo/contabile effettuata dai servizi ispettivi di finanza pubblica sull'attività dell'azienda AMACO spa, partecipata al 100 per cento dal comune di Cosenza, all'Autorità nazionale anticorruzione - ANAC ed alla procura regionale della Corte dei conti per evidenti irregolarità ed illegittimità riscontrate ai fini dell'accertamento di eventuali responsabilità per danno erariale;
   in particolare, sarebbero stati accertati gravi irregolarità per gli atti non conformi alla legge che di seguito vengono specificati:
    a) in aperta violazione del decreto legislativo n. 422 del 1997 e della legge regionale n. 23 del 1999 l'Amaco ha arbitrariamente attivato servizi di collegamento in forma abusiva «senza la prescritta autorizzazione e senza avere preventivamente stipulato alcun contratto di servizio»;
    b) il presidente del consiglio di amministrazione di AMACO si è attribuito il proprio compenso in aperta violazione dell'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 31 ottobre 2010 convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
   è notorio che il presidente di AMACO architetto Mario Capalbo è stato collaboratore dell'architetto Mario Occhiuto sindaco di Cosenza;
    c) nonostante il bilancio AMACO del 2013 abbia chiuso con una perdita netta di circa euro 50.000, il presidente del consiglio di amministrazione architetto Mario Capalbo, ha percepito un'indennità di risultato di euro 20.000 in aperta violazione dell'articolo 1, comma 725, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che prevede la possibilità che tale indennità venga riconosciuta solo nel caso in cui la società produca utile;
    d) l'Amaco ha effettuato, in violazione della normativa vigente, gli acquisti di beni e servizi necessari per la sua attività senza alcuna procedura concorrenziale, quindi, con affidamento diretto, omettendo pure di pubblicare sul proprio sito gli esiti degli affidamenti, come stabilito
per gli acquisti sotto soglia, dall'articolo 238 del decreto-legge n. 163 del 2006 –:
   quali iniziative il Governo, per quanto di competenza, intenda assumere, ancor più dopo lo scioglimento del Consiglio comunale e della conseguente nomina del commissario prefettizio, per ripristinare la legalità, il principio di trasparenza e di buona amministrazione nel Comune di Cosenza. (5-08214)

Interrogazioni a risposta scritta:

   SQUERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo pubblicato su «Liberoquotidiano.it» il 3 luglio 2015, relativo al comune di Basiglio, veniva riportata la vicenda concernente lo sporting club Milano 3;
   alcuni consiglieri comunali hanno evidenziato e circostanziato, sia alla Procura regionale della Corte dei conti della regione Lombardia, che all'Anac che: in data 20 maggio 2014 veniva effettuata comunicazione di opere di manutenzione straordinaria del complesso immobiliare denominato «Sporting Milano 3» (di circa 40.000 metri quadri), dichiarando di dover solo eseguire demolizioni di tavolati collocati al piano terra, ed indicando quale impresa esecutrice i lavori edili la Ausengineering s.r.l., composta anche da soci che fanno parte de «L'immobiliare Sporting Spa», proprietaria dell'immobile in argomento;
   in data 1o agosto 2014, veniva presentata una variante alla comunicazione di opere di manutenzione straordinaria ed in data 14 novembre 2014, con segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.) veniva dichiarata la «demolizione e costruzione di tavolati interni divisori con conseguente modifica dell'assetto distributivo dei piani interrato, rialzato e primo, formazione di controsoffittature per alloggiamento impianti, chiusura fori solai dei vani scala in demolizione e formazione nuovo vano scala». Intervento non «subordinato alla corresponsione del contributo di costruzione»;
   il responsabile unico del settore tecnico del comune di Basiglio chiedeva parere legale, che invece rendeva opinione di indirizzo diverso, nel senso che gli interventi in esecuzione erano soggetti al pagamento di oneri di urbanizzazione in quanto prevedevano cambi di destinazione d'uso dell'immobile in contrasto col piano di governo del territorio vigente;
   a tale parere è seguita una riunione nella casa comunale, in data 12 marzo 2015 alle ore 17,00, con presenti per l'amministrazione comunale: il responsabile unico dell'ufficio tecnico, il segretario comunale, il geometra dell'ufficio tecnico, l'assessore all'urbanistica, il sindaco Eugenio Patrone, l'avvocato che aveva redatto il parere per l'amministrazione. Per la controparte erano presenti: un rappresentante dello Sporting Milano 3 spa, l'avvocato della proprietà Sporting Milano 3 spa, un consulente dello Sporting Milano 3 (futuro dirigente responsabile del settore urbanistica ed edilizia privata dell'ufficio tecnico del comune di Basiglio) e il futuro direttore della gestione Sporting Milano 3;
   un consigliere comunale effettuava richiesta di accesso agli atti, indirizzando il sindaco e il responsabile unico dell'ufficio tecnico ad effettuare i dovuti controlli stante l'anomalia consistente nella «importanza» dei lavori in esecuzione rispetto ai titoli abilitativi richiesti dall'esecutore i medesimi, ed affinché rispondessero alla formale interrogazione del 16 marzo 2015, nella quale venivano segnalati eventuali abusi, senza ottenerne il dovuto riscontro ai sensi di legge;
   il responsabile unico dell'ufficio tecnico, architetto Federica Donati, successivamente alle diffide, si attivava per quanto di competenza e chiedeva ad Ausengineering, oltre che al rappresentante la proprietà Sporting Milano 3 ed al direttore dei lavori, di effettuare un sopralluogo in cantiere, vedendosene sempre negare l'accesso (come si evince dalla ordinanza di sospensione dei lavori in seguito adottata), e risolvendosi a farne sopralluogo dall'esterno ove, pure, riusciva ad avvedersi di probabili abusi edilizi commessi;
   in data 18 marzo 2015, immediatamente dopo la notifica dell'ordinanza di sospensione dei lavori, la giunta comunale deliberava il riassetto degli uffici del comune, determinando la destituzione del vecchio dirigente in favore del consulente di parte della proprietà dello Sporting Milano 3. L'ex consulente dello «Sporting Milano 3» (ora dirigente del comune), a soli tre giorni dall'assunzione dell'incarico di responsabile dell'edilizia privata e dell'urbanistica dell'ufficio tecnico del comune di Basiglio, emetteva ordinanza di revoca della sospensione dei lavori, senza che però questa ordinanza, a quanto consta all'interrogante, venisse «numerata e pubblicata», seppur risultasse protocollata in data 27 marzo 2015 (n. 0003439 alle ore 13.12 del protocollo del comune di Basiglio) ad uffici chiusi;
   i consiglieri comunali del comune di Basiglio, appresa la notizia e constatato che i lavori sospesi erano intanto ripresi in data 30 marzo 2015, chiedevano agli uffici preposti del comune di effettuare verifica dell'esecuzione dell'ordinanza di sospensione lavori per poi chiedere, in data 1o aprile 2015, tutta la documentazione inerente alla eventuale emissione della ordinanza di revoca della sospensione dei lavori. Non avendo riscontri e vedendo che i lavori di ristrutturazione dello «Sporting Milano 3» proseguivano, chiedevano ancora, in data 2 aprile 2015, al responsabile della prevenzione e della corruzione del comune, dottoressa Flavia Ragosta, alla polizia locale ed alla locale stazione dei carabinieri, la verifica dell'esecuzione dell'ordinanza di sospensione, unica ordinanza vigente, pubblicata all'albo pretorio on line e per cui nota al pubblico;
   il responsabile del settore polizia locale rispondeva che non erano stati effettuati specifici interventi di controllo nel periodo indicato nelle due segnalazioni, perché espressamente informato della possibilità della prosecuzione dei lavori in area Sporting. Il comandante della polizia locale di Basiglio, in vigenza di ordinanza di sospensione dei lavori allo Sporting emessa dal comune di Basiglio, dichiarava in sostanza di esser stato espressamente informato della possibilità della prosecuzione dei lavori (allo Sporting), senza però specificare da chi ed a mezzo di quale atto formale assunto dall'amministrazione;
   in data 3 aprile 2015 veniva pubblicata dal comune di Basiglio un'altra ordinanza di revoca della sospensione dei lavori in questione (numerata al n. 11, del 3 aprile 2015, del registro delle ordinanze comunali del comune di Basiglio), l'unica presente sulla schermata della pagina dell'albo pretorio on line del sito del comune di Basiglio, ove vengono pubblicati i provvedimenti dell'ente. Tutto ciò generava un lasso di tempo, tra il 27 marzo ed il 3 aprile 2015, nell'ambito del quale un'ordinanza di sospensione dei lavori legittimamente adottata dal comune di Basiglio non veniva rispettata;
   sussiste discordanza tra la verbalizzazione del comandante della polizia locale che riportava di non aver fatto accesso all'area di cantiere e quanto dichiarato dall'ingegner Guadagnolo (ex consulente dello Sporting/Ausengineering), nella sua qualità di nuovo responsabile del settore urbanistica ed edilizia, che riportava a verbale d'aver fatto accesso al cantiere ed all'immobile in tutti i suoi piani di concerto con il comandante della polizia locale. Pertanto, sulla base del contrastato verbale di sopralluogo, è stata emessa revoca della ordinanza di sospensione lavori per abusi edilizi. Quindi, l'eccessiva urgenza con la quale l'ufficio competente nel settore urbanistica e territorio, il cui responsabile è l'ex consulente dello Sporting/Ausengineering, sottoponeva alle commissioni preposte la variante al piano di governo del territorio, che ha per oggetto aumenti volumetrici e variazioni di destinazione d'uso di parte dello Sporting, ad avviso degli interroganti si spiegava in relazione alla sottoposizione al consiglio comunale della variante al piano di governo
del territorio vigente (che poi verrà effettivamente approvata). E l'approvazione di una variante al piano di governo del territorio di tal fatta, in assenza di certezza di effettiva verifica che lo stato dei luoghi e dell'immobile, soprattutto all'interno, oggi sia conforme alla scia presentata a suo tempo, e quindi non presenti difformità, palesemente consisteva a parere dell'interrogante in una sanatoria di dubbia legittimità dei presumibili abusi edilizi realizzati;
   è stata denunciata l'irritualità delle procedure al responsabile per la prevenzione della corruzione del comune di Basiglio, dottoressa Flavia Ragosta, con l'invito a prendere i dovuti provvedimenti, ottenendo riscontro alcuno, la medesima comunicazione è stata inviata anche al prefetto di Milano;
   in data 8 maggio 2015 veniva convocato il consiglio comunale del comune di Basiglio (Milano), per il giorno 13 maggio 2015, con all'ordine del giorno la concessione in deroga, ex articolo 40 legge regionale n. 12 del 2005, per il rilascio del permesso a costruire alla società sporting club Milano 3, ed in quella data il consiglio comunale di Basiglio deliberava la concessione della deroga per il rilascio del permesso di costruire alla società Sporting Milano 3 e autorizzava alla sottoscrizione della convenzione il Sindaco;
   la commissione «edilizia», come si legge nel verbale della seduta, valutava esclusivamente l'intervento edilizio relativo alle modifiche della sagoma dell'aumento volumetrico e delle nuove destinazioni, escludendo la convenzione con parere favorevole, ma a condizione che «l'organo competente ne definisca, con atto amministrativo che riterrà opportuno, puntualmente l'interesse pubblico». Quindi, la commissione non ha rilevato agli atti l'interesse pubblico necessario ed indispensabile per la concessione della deroga alle norme urbanistiche vigenti per il permesso a costruire convenzionato di cui alla delibera. La commissione «paesaggio», tra i cui componenti figura il progettista delle opere di ristrutturazione dello Sporting, presieduta dal responsabile dell'ufficio tecnico, respinge la richiesta di effettuazione di sopralluogo in cantiere effettuata da un commissario, ma emette a maggioranza parere favorevole sulla pratica in questione;
   la delibera contenente le disposizioni del consiglio comunale è comunque adottata ex articolo 40 legge regionale n. 12 del 2005, e non ex articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, così come modificato dal decreto-legge «sblocca Italia»;
   il decreto «sblocca Italia» pone due condizioni per poter ottenere la deroga agli strumenti urbanistici: l'interesse pubblico (nel caso in questione non accertato) e che il mutamento di destinazione d'uso non comporti un aumento della superficie coperta (nel caso in questione verificatosi);
   il sindaco Eugenio Patrone non ha fatto effettuare sopralluoghi in cantiere, ha disposto l'approvazione della concessione della deroga per il rilascio del permesso a costruire alla società Sporting spa; ha votato a favore della deliberazione;
   il sindaco del comune Eugenio Patrone è azionista dell'immobiliare Sporting Milano 3 spa, che è proprietaria della struttura oggetto dei lavori di riqualificazione per cui è memoria;
   l'Ausengineering s.r.l. è società con sede nel comune di Pieve Emanuele (Milano), e come si apprende dalla stampa, è stata destinataria di un'interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Milano perché «collusa con la cosca calabrese Mancuso di Limbadi» (Il Giorno QN), e perché sarebbero documentate frequentazioni dei titolari con uomini del clan (Il Fatto Quotidiano). Tale interdittiva è stata poi revocata tribunale amministrativo regionale della regione Lombardia, in quanto giudicata inidonea a sostenere le accuse mosse –:
   di quali elementi disponga il Ministro in relazione a quanto sopra esposto e quali
risposte si intendano fornire all'istanza e alle segnalazioni dei consiglieri comunali di cui in premessa;
   se alla revoca da parte del T.A.R. Lombardia dell'interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Milano nei confronti dell'Ausengineering e delle altre imprese oggetto degli stessi provvedimenti in ambito appalti EXPO, il Ministero dell'interno abbia proposto ricorso al Consiglio di Stato e in caso di risposta affermativa, quale sia lo stato dei procedimenti. (4-12605)

   FICO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ordinamento italiano le modalità di selezione delle candidature per le elezioni politiche non sono oggetto di regolazione pubblicistica;
   partiti e movimenti politici sono infatti associazioni non riconosciute, nonostante la progressiva assimilazione degli stessi al modello delle associazioni riconosciute compiuta dalla giurisprudenza civile;
   in assenza di una regolazione pubblicistica delle attività costituzionalmente rilevanti svolte da questi ultimi, i metodi di selezione delle candidature sono rimesse alle libere ed autonome valutazioni dei soggetti politici;
   l'autonomia dei soggetti politici in ordine all'individuazione delle modalità di selezione delle candidature è a parere dell'interrogante auspicabile, dal momento che i soggetti politici debbono restare fuori dall'orbita dello Stato apparato, tuttavia tale autonomia non implica che questi possano seguire procedure manifestamente in contrasto con le norme poste a presidio di determinati principi costituzionali, su tutti il diritto dei cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico alla determinazione della politica nazionale (articolo 49 della Costituzione) ed il principio dell'eguaglianza delle opportunità nell'accesso alle cariche elettive (articolo 51), i quali, a loro volta, costituiscono presupposto indefettibile per l'esercizio di un voto eguale e libero (articolo 48);
   da tempo gli organi di informazione riferiscono della prassi adottata da numerosi partiti politici di richiedere ai propri aspiranti candidati il pagamento di una somma di entità variabile a seconda del «margine di sicurezza» connesso al posizionamento del candidato nella lista cosiddetta bloccata. A titolo di esempio, alle elezioni politiche del 2013, la candidatura in una lista del partito democratico era subordinata all'elargizione di una donazione di valore compreso fra 25 e 140 mila euro per un posto in cima alla lista; il primo importo risulta peraltro confermato da alcuni degli stessi eletti del partito, fra i quali Giuseppe Civati e Corradino Mineo;
   si tratta dunque non già di erogazioni liberali, quanto piuttosto di donazioni imposte dal partito di appartenenza sulla base di un «tariffario» scientificamente basato sul margine di sicurezza dell'elezione;
   ad avviso degli interroganti al di là dai profili etici, evidentemente gravi, le liste formate da soggetti candidati sulla base di simili accordi economici appaiono irrimediabilmente in contrasto con i principi di eguaglianza delle opportunità e di partecipazione dei cittadini alla vita democratica, e dunque la loro accettazione da parte degli organi istituzionalmente preposti determina la conseguente violazione delle disposizioni legislative che regolano la fase preparatoria delle elezioni e che di quei principi costituzionali sono poste a presidio;
   né vale sostenere che la prassi adottata da numerosi soggetti politici di richiedere ai propri parlamentari la restituzione, per varie finalità, di parte dell'indennità percepita per lo svolgimento del mandato costituisca prassi speculare a quella in oggetto, giacché il cosiddetto «mercimonio dei seggi» pregiudica a monte la regolarità del procedimento elettorale, e quindi la stessa formazione dell'assemblea rappresentativa –:
   quali iniziative normative urgenti intenda adottare, anche nell'ambito del suo ruolo di salvaguardia della regolarità del procedimento elettorale, al fine di impedire che l'accesso alle liste dei candidati per le elezioni politiche sia subordinato all'elargizione di somme di denaro, considerato che tale prassi deteriore mina alla radice l'integrità e la regolarità del procedimento elettorale. (4-12606)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:

   ROMANINI, PATRIZIA MAESTRI, PAOLO ROSSI, LATTUCA, IORI, MARCHI, AMODDIO, D'OTTAVIO, ROSSOMANDO e TARICCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 13 luglio 2015, al comma 108 dell'articolo 1, ha previsto l'avvio, per l'anno scolastico 2016/2017, di un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti vacanti dell'organico dell'autonomia, rivolto ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l'anno scolastico 2014/2015;
   l'ipotesi di contratto collettivo nazionale integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed ATA per l'anno scolastico 2016/2017, sottoscritto il 10 febbraio 2016, tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la delegazione di parte pubblica costituita con decreto ministeriale del 5 ottobre 2015, ha ridefinito le condizioni per l'accesso alla mobilità territoriale e professionale;
   l'articolo 8 del contratto, relativo alle «sedi disponibili per le operazioni di mobilità», fissa al 25 per cento dei posti disponibili nell'ambito di una stessa provincia la mobilità del personale docente successiva al movimento territoriale di cui alla fase A del precedente articolo 6, fatta salva la messa in disponibilità dei medesimi posti per la mobilità professionale in assenza di richieste per quella territoriale/interprovinciale;
   la medesima percentuale, negli anni precedenti era viceversa fissata nel 50 per cento dei posti disponibili a livello provinciale;
   la ratio di questa diversa previsione è spiegabile con l'obiettivo di favorire la mobilità territoriale e di conseguenza quello con quello, condivisibile, di favorire l'avvicinamento del posto di lavoro alla residenza dei docenti;
   tuttavia, tale previsione, condivisibile, come detto, in termini generali, pare non tenere in adeguata considerazione la peculiarità di talune cattedre le quali, per la loro connaturata bassa frequenza risentono in modo abnorme di questa apparentemente piccola modifica della percentuale di posti vacanti ad attivare la mobilità professionale;
   è il caso, nello specifico, dei docenti abilitati nell'insegnamento di strumento musicale ai quali, nei fatti, su tutto il territorio nazionale, fatta forse eccezione per poche province e solo per strumenti come pianoforte e chitarra, è sostanzialmente preclusa la mobilità professionale, considerata la remota possibilità che in una medesima provincia, risultino disponibili contemporaneamente quattro posti;
   sulla base di molte segnalazioni raccolte e della oggettiva valutazione del numero di posti disponibili per provincia, questa apparentemente piccola modifica, rappresenterebbe per gli interroganti un immotivato pregiudizio alla qualificazione professionale di quei docenti che, seppur già in ruolo, hanno in questi anni acquisito l'abilitazione in classi di concorso nelle quali i posti disponibili sono, ragionevolmente, pochi;
   tale situazione, se non risolta, determinerà inevitabilmente la chiamata in servizio di docenti non abilitati o comunque non di ruolo, con un'inevitabile mortificazione degli insegnanti abilitati e assunti a tempo indeterminato che ambiscono, legittimamente, avendo seguito tutti i necessari percorsi abilitanti ed avendone acquisito i titoli, ad un passaggio di cattedra –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopradescritta e se non ritenga di valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a mantenere in vigore la possibilità di accesso alla mobilità professionale al 50 per cento dei posti disponibili, per lo meno per quelle classi di concorso nelle quali il numero di cattedre per provincia non consentirebbe, altrimenti, l'espletamento di alcuna procedura di mobilità professionale. (4-12601)

   TARTAGLIONE, LUCIANO AGOSTINI, ASCANI, CAPELLI, CARLONI, CARNEVALI, CENSORE, CIRACÌ, COVELLO, D'INCECCO, DE MENECH, GIANNI FARINA, FEDI, TINO IANNUZZI, IORI, MANFREDI, MARANTELLI, SALVATORE PICCOLO, QUINTARELLI, ROMANINI, SGAMBATO, VECCHIO e ZOGGIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 8 ottobre 2010, n. 170, recante «Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico», all'articolo 5 prevede che «gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari». Aggiunge, inoltre, che «agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all'università nonché gli esami universitari»;
   il decreto ministeriale n. 5669 del 12 luglio 2011, all'articolo 6 prevede che «per le prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale programmati a livello nazionale o da parte delle università, sono previsti tempi aggiuntivi, ritenuti congrui in relazione alla tipologia di prova e comunque non superiori al 30 per cento in più rispetto a quelli stabiliti per la generalità degli studenti, assicurando altresì l'uso degli strumenti compensativi necessari in relazione al tipo di DSA»;
   le «Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento», allegate al decreto ministeriale n. 5669 del 12 luglio 2011, non sono altrettanto chiare e sembrano limitare l'utilizzo degli strumenti compensativi e dispensativi, salvo i casi di particolare gravità di DSA;
   il paragrafo 6.7 delle linee guida relativo a «Gli Atenei» statuisce, infatti, che «la presentazione della certificazione diagnostica, al momento dell'iscrizione, permette di accedere anche ai test di ammissione con le seguenti modalità:
    la concessione di tempi aggiuntivi, rispetto a quelli stabiliti per la generalità degli studenti, ritenuti congrui dall'Ateneo in relazione alla tipologia di prova e comunque non superiori al 30 per cento in più;
    la concessione di un tempo aggiuntivo fino a un massimo del 30 per cento in più rispetto a quello definito per le prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale programmati a livello nazionale o dalle università ai sensi dell'articolo 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264;
    in caso di particolare gravità certificata del DSA, gli Atenei – nella loro autonomia – possono valutare ulteriori misure atte a garantire pari opportunità nell'espletamento delle prove stesse...»;
   il decreto ministeriale 3 luglio 2015, n. 463, recante «Modalità di svolgimento per i corsi di laurea a ciclo unico ad accesso programmato a.a. 15/16», stabilisce, all'articolo 11, comma 2, che «i candidati con diagnosi di disturbi specifici di apprendimento (DSA), di cui alla legge n. 170 del 2010 ... devono presentare idonea certificazione rilasciata da non più di 3 anni da strutture del SSN o da specialisti e strutture accreditati allo stesso. A tali candidati è concesso un tempo aggiuntivo pari al 30 per cento in più rispetto a quello definito per le prove di ammissione»;
   le linee guida per lo svolgimento delle prove di ammissione di cui al citato decreto ministeriale n. 463 del 2015, allegate alla nota ministeriale n. 13672 del 6 agosto 2015, hanno disciplinato le modalità e i contenuti delle prove di accesso ai corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico a programmazione nazionale, secondo le quali al punto «Studenti con disabilita o affetti da disturbi specifici dell'apprendimento», è specificato che:
    «i candidati con certificazione ex legge n. 104 del 1992 e i candidati affetti da DSA hanno diritto:
     a tempo aggiuntivo rispetto a quello previsto per lo svolgimento della prova (i candidati con certificazione ex legge 104/1992 nella misura massima del 50 per cento e solo se ne formulano specifica richiesta; i candidati affetti da DSA sempre al 30 per cento di tempo aggiuntivo, a prescindere da specifica richiesta);
     a strumenti compensativi ulteriori necessari in ragione della specifica patologia. Sono strumenti compensativi ammessi: calcolatrice non scientifica, videoingranditore, affiancamento di un tutor. Non sono ammessi i seguenti strumenti: dizionario e/o vocabolario; formulario; tavola periodica degli elementi; mappa concettuale; personal computer/tablet/smartphone...»;
   il paragrafo 6.7 delle linee guida allegate al decreto ministeriale n. 5669 del 2011, così come il decreto ministeriale n. 463 del 2015 e le relative linee guida dell'agosto 2015 sembrano a giudizio degli interroganti essere in contrasto con quanto stabilito dalla legge n. 170 del 2010 e dal decreto ministeriale n. 5569 del 2011. Tali linee guida impediscono, infatti, il ricorso ad alcuni strumenti quali i personal computer con correttore automatico dell'ortografia o limitano alcuni supporti o attività di sostegno (ad esempio tutor) solo a «casi di particolare gravità certificata di Dsa». Tale limite, però, non si riscontra quando lo studente con diagnosi di DSA si trova a sostenere gli esami universitari. Si determina così un circolo vizioso: un giovane con diagnosi di DSA è adeguatamente supportato quando sostiene esami universitari, ma non quando deve sostenere l'esame di ammissione all'università, con l'evidente rischio di essere penalizzato rispetto agli altri candidati –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per modificare l'articolo 11, comma 2, del decreto ministeriale 3 luglio 2015, n. 463, nonché le relative linee guida adottate nell'agosto 2015, così come il paragrafo 6.7 delle linee guida allegate al decreto ministeriale del 12 luglio 2011, n. 5669, in quanto esse, a giudizio degli interroganti, si pongono in contrasto con l'articolo 5 della legge n. 170 del 2010 e con l'articolo 6, comma 8, del decreto ministeriale n. 5669 del 2011. (4-12602)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

   GNECCHI, ALBANELLA, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, DI SALVO, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GRIBAUDO, INCERTI, PATRIZIA MAESTRI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, ROSTELLATO, SIMONI, ZAPPULLA, ARLOTTI e TINAGLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel 1995 viene emanata la legge di riforma del sistema pensionistico (legge 8 agosto 1995, n. 335 promessa dal Governo pro-tempore Dini) che si basa su due principi fondamentali: il pensionamento flessibile in un'età compresa tra i 57 e 65 anni (uomini e donne) e il sistema contributivo, per il quale le pensioni sono calcolate sull'ammontare dei versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa; nell'ambito di questa riforma, si è ritenuto di dover riconoscere alle donne un vantaggio, anche se ridotto, e all'articolo 1, comma 40, si è previsto che, «per i trattamenti pensionistici determinati esclusivamente secondo il sistema contributivo, sono riconosciuti i seguenti periodi di accredito figurativo:
    a) per assenza dal lavoro per periodi di educazione e assistenza dei figli fino al sesto anno di età in ragione di centosettanta giorni per ciascun figlio;
    b) per assenza dal lavoro per assistenza a figli dal sesto anno di età, al coniuge e al genitore purché conviventi, nel caso ricorrano le condizioni previste dall'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per la durata di venticinque giorni complessivi l'anno, nel limite massimo complessivo di ventiquattro mesi;
    c) a prescindere dall'assenza o meno dal lavoro al momento del verificarsi dell'evento maternità, è riconosciuto alla lavoratrice un anticipo di età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia di cui all'articolo 1, comma 19, pari a quattro mesi per ogni figlio e nel limite massimo di dodici mesi. In alternativa al detto anticipo la lavoratrice può optare per la determinazione del trattamento pensionistico con applicazione del moltiplicatore di cui alla tabella A allegata alla legge, relativo all'età di accesso al trattamento pensionistico, maggiorato di un anno in caso di uno o due figli, e maggiorato di due anni in caso di tre o più figli»;
   quante donne si siano avvalse dell'articolo 1, comma 40, della legge n. 335 del 1995, per pensioni liquidate dal 1o gennaio 1996 e fino al 31 dicembre 2015, suddivise per le opzioni a)b) e c) previste dal suddetto comma. (5-08205)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   CARNEVALI, GRASSI, CAPONE, PAOLA BOLDRINI, AMATO e PATRIARCA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione n. 5/01924 a prima firma Carnevali assegnata alla Commissione affari sociali il 21 gennaio 2014, già si era evidenziato il problema dei farmaci «a singhiozzo» o «fantasma»;
   a tale interrogazione il Ministro della salute aveva risposto in data 14 gennaio 2015 affermando che si è «provveduto nell'ambito del decreto-legge 19 febbraio 2014 n. 17 concernente il recepimento della direttiva 2011/62/UE, che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano – al fine di impedire l'ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale – a far approvare specifiche disposizioni dirette a garantire che i farmaci essenziali siano presenti nel territorio nazionale, onde soddisfare le esigenze dei pazienti. In particolare, nel provvedimento di recepimento sopra indicato, rivisitando il concetto di obbligo di servizio pubblico, di cui all'articolo 1, lettera s), del decreto legislativo n. 219/2006, è stato sancito che non possono essere sottratti, alla distribuzione e alla vendita per il territorio nazionale, i medicinali per i quali sono stati adottati specifici provvedimenti al fine di prevenire o limitare stati di carenza o indisponibilità, anche temporanee, sul mercato o in assenza di valide alternative terapeutiche. È stato inoltre introdotto un sistema di segnalazioni e verifiche a cura degli Enti territoriali, finalizzato a monitorare i casi di distorsione distributiva locale – cioè indisponibilità di farmaci non dovuta a problemi produttivi – prevedendo la possibilità di irrogare sanzioni efficaci e dissuasive a coloro che, nella filiera del farmaco, violano l'obbligo di «servizio pubblico». Al fine di assicurare l'osservanza delle citate disposizioni emanate a tutela della salute, il Comando Carabinieri per la tutela della salute – Nucleo Antisofisticazioni e Sanità – è stato incaricato di effettuare accertamenti presso i diversi livelli della filiera distributiva dei medicinali. Più in particolare, l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha inteso precisare che l'attuale limitata disponibilità di taluni medicinali in determinate parti del territorio nazionale non può essere definita tecnicamente come carenza, in quanto, dai dati in possesso di AIFA, non risulta alcuna interruzione della loro fornitura da parte dei rispettivi titolari AIC»
   nonostante le decisioni assunte, perdurano le segnalazioni di difficoltà all'approvvigionamento e reperimento dei farmaci come per esempio « Spiriva» prodotto per problemi respiratori; da un articolo di stampa sembra che in Italia manchino ciclicamente da quasi 4 anni Requip, un medicinale anti Parkinson o Keppra (antiepilettico) o, a Bergamo e provincia i farmaci: Seroquel (antipsicotico), Neupro (cerotto per Parkinson), Vimpat (antiepilettico) e Trajenta (controllo della glicemia);
   lo stesso segretario provinciale della Fimmg afferma di essere stato «costretto» a dover prescrivere farmaci differenti con confezioni in differente dosaggio per impossibilità di reperire il farmaco e che alcuni farmaci non hanno la possibilità di essere sostituiti da quelli generici;
   nonostante il monitoraggio delle regioni e le segnalazioni periodiche – anche in accordo con Aifa e Federfarma – questo grave fenomeno continua a perdurare –:
   quali ulteriori iniziative e con quale tempistica il Ministro interrogato, in accordo con o l'Aifa, intenda adottare per porre rimedio alla carenza o irreperibilità dei farmaci necessari per garantire la cura dei cittadini e l'approvvigionamento di medicinali per i quali non esistono in commercio – sul territorio nazionale – valide alternative terapeutiche, e per regolamentare il «mercato parallelo». (5-08202)

   GELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 marzo 2016 il quotidiano la Repubblica ha pubblicato i dati di una interessantissima ricerca condotta dal Cnr sul consumo di droga tra i teenager italiani;
   la crescita dei consumi di eroina soprattutto tra gli under 35 anni è un campanello d'allarme che non deve essere sottovalutato;
   l'aumento maggiore si registra proprio tra i 15enni;
   suddetta ricerca evidenzia come circa 31 mila giovani nel 2015 hanno consumato per la prima volta l'eroina nel nostro Paese e non più con la siringa come nei decenni passati, ma fumata insieme alla cannabis, inalata o bevuta nei cocktail dello sballo;
   tale droga rimane una sostanza pericolosissima e da temere perché crea gravissimi rischi per la salute e dipendenza;
   nella stessa ricerca si evidenziano i limiti relativi all'informazione e alle lacune educative che vanno assolutamente colmate al più presto –:
   si chiede di sapere quali iniziative il Governo intenda promuovere in tempi ragionevolmente rapidi considerata la rilevanza del fenomeno al fine di porre in essere una vasta e capillare campagna d'informazione per i giovani e le famiglie su rischi dell'eroina e più in generale delle droghe in generale coinvolgendo innanzitutto la scuola, nonché il mondo dell'associazionismo, del volontariato e dello sport. (5-08206)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   come si apprende anche da diversi organi di stampa i dati che emergono dalle analisi condotte tra il novembre del 2014 ed il febbraio del 2015 – raccolti attraverso i «deposimetri» installati fuori dallo stabilimento siderurgico dell'Ilva di Taranto ed inseriti in una relazione messa a punto dal Politecnico di Torino – evidenziano che la concentrazione di diossine ha raggiunto livelli straordinariamente elevati. I picchi più alti riguardano particolarmente il quartiere Tamburi della città capoluogo e sono assimilabili – secondo quanto espresso dal direttore dell'Arpa Puglia, Assennato – a quelli rilevati nella discarica di Giugliano, la peggiore della «Terra dei fuochi». La stessa «ARPA Puglia» ed il suo direttore generale individuano ed indicano la compatibilità dell'impronta di questo tipo di diossina con «materiali polverulenti contaminati in misura estremamente alta, quali le polveri di abbattimento dell'impianto di sinterizzazione dello stabilimento siderurgico»;
   a quanto si apprende, nello specifico, negli ultimi due anni al rischio della dispersione nell'aria della diossina si è aggiunto quello legato alla possibile ingestione della stessa (direttamente o indirettamente tramite catena alimentare). Le polveri in questione sono compatibili con quelle provenienti dai filtri dell'impianto di abbattimento delle diossine presente nel siderurgico tarantino, che devono essere smaltite in discariche per rifiuti pericolosi fuori dal territorio regionale della Puglia;
   i picchi di diossina – decine di volte superiori ai valori soglia – si erano riscontrati nel novembre del 2014 e nel febbraio del 2015, ma in base a quanto scritto dall'ingegner Maurizio Onofrio del Politecnico di Torino, incaricato per conto dell'Ilva della relazione in questione, i valori non sarebbero imputabili agli scarichi del siderurgico, «poiché le impronte digitali delle diossine non corrispondono a quelle dell'Ilva»;
   l'Arpa Puglia, nella persona del direttore Giorgio Assennato, con una nota inviata alla presidenza della regione, in data 2 marzo 2016, mette in discussione la ricostruzione, – le risultanze, – fatte dal Politecnico. Si sottolinea in particolare come «all'eccezionale aumento di diossine rilevato nel «deposimetro» è del quartiere Tamburi non ha corrisposto un aumento della quantità complessiva di polveri raccolta dal deposimetro (...)» che «la concentrazione delle diossine in tali polveri ha raggiunto limiti così elevati da essere confrontabile solo con materiali polverulenti contaminati in misura estremamente alta, quali le polveri di abbattimento delle emissioni dell'impianto di sinterizzazione dello stabilimento siderurgico» ed inoltre ha rilevato che il «confronto tra i profili dei congeneri delle diossine delle polveri raccolte dai deposimetri nei due mesi incriminati e quelli delle polveri di abbattimento dell'impianto di sinterizzazione dello stabilimento, porta a credere che le polveri abbiano la stessa matrice»;
   come denunciato sia dall'Arpa Puglia, che da associazioni come Legambiente Taranto, nella pubblicazione dei dati riguardanti l'incredibile aumento di diossina è mancato l'elemento della trasparenza – da parte della gestione commissariale dell'Ilva – e della tempestività. Anche a detta degli interpellanti infatti, la gravità della questione avrebbe richiesto immediata comunicazione alle autorità locali, alle Asl e agli enti preposti al monitoraggio e al controllo dell'inquinamento, a partire dalla stessa Arpa Puglia;
   la mancanza degli elementi di cui sopra (trasparenza e tempestività) rende quindi di difficile comprensione il «cosa» abbia provocato tali anomalie nelle emissioni
oltre che la precisa individuazione delle eventuali responsabilità. Il tutto con l'aggravante della gestione commissariale del siderurgico, che nei fatti identifica una gestione riconducibile all'ambito statale –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto espresso in premessa ed, in caso contrario, se intenda accertare quali siano i motivi per cui non sia stato informato dai commissari dell'Ilva;
   se il Governo non intenda appurare le motivazioni – oltre che le responsabilità – che hanno portato i commissari a non comunicare tempestivamente i valori riscontrati alle autorità locali, alle Asl ed agli enti preposti al monitoraggio dell'inquinamento;
   quali iniziative si intendano intraprendere, per quanto di competenza, per appurare le ragioni e le responsabilità di quanto accaduto;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda disporre per la salvaguardia della salute dei cittadini della provincia jonica.
(2-01318) «
Duranti, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zaratti, Zaccagnini, Martelli».

Interrogazione a risposta scritta:

   MOLTENI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il fenomeno delle «imprese fantasma» si sta sviluppando in maniera incontrollata ed allarmante in diversi settori economici del Paese, primo fra tutti in quello del commercio su aree pubbliche;
   in questo settore, infatti, si registra da tempo la presenza di un gran numero di imprese, gran parte delle quali gestite da stranieri, che, pur essendo regolarmente iscritte al registro delle imprese delle camere di commercio ed essendo titolari di una partita iva, di fatto non esercitano alcuna attività di vendita al dettaglio e non adempiono agli oneri fiscali e contributivi loro richiesti;
   le ragioni sono svariate e l'evasione fiscale è una di queste; infatti l'illegalità si consuma con l'intestazione di ditte individuali a soggetti di fatto irreperibili, con sede legale inutilizzabile ai fini dello svolgimento di una attività economica, la quale ultima spesso si svolge in circuiti del commercio contraffatto; oppure, i soggetti di nazionalità straniera spesso utilizzano la prassi, ormai consolidata, di aprire una partita iva solo per sfruttarne i vantaggi, ottenendo una fittizia stabile occupazione ed una fonte di reddito;
   dai dati emersi da una ricerca condotta dalla Confesercenti di Como sulle «imprese fantasma» operanti su suolo pubblico sul Lario, in particolare, risulta che la stragrande maggioranza di imprese fantasma è gestita da stranieri; nel dettaglio, su 590 esercenti ambulanti, la metà sono stranieri e di questi, 149 (il 58 per cento) hanno versato zero euro di contributi allo Stato, a fronte di 9 imprese italiane non in regola, su un totale di 336 controllate;
   è evidente come questo fenomeno danneggi imprese e consumatori da un lato, ma anche lo Stato dall'altro, confutando anche il pensiero, ad avviso dell'interrogante, di quanti ritengono che gli stranieri rappresentino una risorsa economica per il nostro Paese;
   dall'indagine emerge una vera e propria concorrenza sleale praticata ai danni delle imprese in regola, le quali, specie quelle di più piccole dimensioni, rischiano addirittura il fallimento, con la conseguente perdita di quel patrimonio di storia e tradizioni locali di cui le stesse sono espressione, già minacciato dalla spietata concorrenza della grande distribuzione;
   l'aspetto più sconfortante consiste in quella che appare all'interrogante l'assoluta arrendevolezza da parte dell'amministrazione finanziaria di fronte a tale fenomeno, la quale non risulta a suo giudizio impegnata con uomini e mezzi per recuperare le somme dovute, poiché sembrerebbe sapere già in partenza di rimanere sconfitta –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intendano assumere iniziative di competenza per verificare l'esistenza e la consistenza dei danni che il fenomeno denunciato arreca all'economia del Paese, sia in termini di chiusura di aziende regolari, che di mancate entrate per lo Stato;
   se il Ministro dell'economia e delle finanze intenda assumere iniziative volte ad implementare i controlli fiscali sulle presunte imprese fantasma al fine di arginare il fenomeno dell'evasione e dell'elusione fiscale, i cui effetti dannosi ricadono su tutti i contribuenti. (4-12603)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Benamati e altri n. 5-08197, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Camani.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Piras n. 5-05822 del 17 giugno 2015;
   interpellanza Duranti n. 2-01309 del 9 marzo 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti n. 5-08057 del 9 marzo 2016.


Appendice: ATTI MODIFICATI

   BENAMATI, TARANTO, ARLOTTI, VICO, BARGERO, TENTORI, CAMANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 febbraio 2016, è stato presentato il documento recante il titolo «2 Anni di Governo – Cultura e Turismo» volto a fare il punto sui «principali traguardi conseguiti – così vi si legge – in due anni di governo intensi ed impegnativi che hanno portato risultati concreti e realizzato un'autentica rivoluzione nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio culturale nazionale...», nonché, in materia di turismo digitale e sostenibile, a sottolineare le caratteristiche fondamentali del «modello su cui sta puntando l'azione di governo per rilanciare la naturale vocazione del nostro paese ad accogliere viaggiatori da tutto il mondo e far ripartire la domanda nazionale. Turismo sostenibile e digitale è dunque una strategia di sviluppo economico e sociale che, come mostrano i dati del 2015, sta portando buoni risultati: gli arrivi crescono e aumenta la durata dei soggiorni. Un metodo solido che ha come fine la promozione dei territori e la valorizzazione di luoghi, memorie, conoscenze e artigianalità che fanno dell'Italia un circuito di bellezza straordinariamente diffuso»;
   sempre nel mese di febbraio 2016, è stato pubblicato dalla Cassa depositi e prestiti lo studio di settore dal titolo «L'industria del turismo – Le azioni prioritarie per valorizzare la destinazione Italia», ove, tra l'altro, così si osserva: «Trascurare il settore turistico negli ultimi dieci anni ci è costato quasi il 2 per cento del PIL e il 3 per cento dell'occupazione», ed ancora: «...per arrivare a una vera e propria industria turistica italiana è necessaria una governance centrale che sappia valorizzare non solo la componente culturale del turismo, ma anche quella imprenditoriale e industriale... Solo attraverso politiche pubbliche coordinate e integrate settorialmente sarà possibile ottimizzare i benefici economici, ambientali e socio-culturali connessi al turismo»;
   per quel che riguarda, in particolare, la riattivazione degli investimenti per il riposizionamento dell'offerta ricettiva italiana, lo studio di Cassa depositi e prestiti segnala le seguenti priorità: il rafforzamento in termini di equity delle imprese alberghiere; la riconversione di beni di pregio storico-artistico; il ricorso a strumenti finanziari adeguati, come ad esempio il leasing finanziario; il ricorso efficiente ai fondi strutturali europei; lo sviluppo di fondi immobiliari dedicati e, in specie, di fondi finalizzati al finanziamento della sola gestione alberghiera;
   negli scorsi giorni, autorevoli organi di informazione economica hanno dato notizia di nuove misure allo studio da parte del Governo nell'ambito del processo di messa a punto ed implementazione del programma «finanza per la crescita», curato dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   secondo elaborazioni di Federturismo-Confindustria – anch'esse riportate dalla stampa specializzata – prime e parziali stime indicano la disponibilità, nell'ambito della programmazione 2014-2020 dei fondi europei per il turismo, di risorse per 1,8 miliardi di euro già solo per l'ambito POR-FESR concernente interventi strutturali per piccole e medie imprese ed infrastrutture e senza tener conto dei plafond di Campania, Puglia e Sicilia, ma ciò in un quadro di persistente disomogeneità nell'approccio dei bandi regionali alla programmazione turistica e con carenze di governance territoriale e di collaborazione tra pubblico e privato –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare – di concerto con gli altri Ministeri e gli altri livelli istituzionali ed amministrativi interessati – per la valorizzazione, nell'ambito del citato programma di «finanza per la crescita», delle opportunità di investimento nel settore turistico e per l'ottimizzazione degli utilizzi delle risorse europee del ciclo 2014-2020, anche in relazione all'aggiornamento del piano strategico nazionale del turismo, la cui presentazione è attesa in occasione degli stati generali del turismo sostenibile del mese di aprile 2016.
(5-08197)