ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO
Seduta n. 194 di giovedì 20 marzo 2014
INDICE
ATTI DI INDIRIZZO:
Mozioni:
Marchi 1-00386 11117
Sarro 1-00387 11118
Risoluzione in Commissione:
XIII Commissione:
Bordo Franco 7-00311 11119
ATTI DI CONTROLLO:
Presidenza del Consiglio dei ministri.
Interrogazione a risposta scritta:
Ruocco 4-04122 11121
Affari esteri.
Interrogazione a risposta scritta:
Pini Gianluca 4-04131 11122
Ambiente e tutela del territorio e del mare.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Terrosi 5-02419 11123
Lenzi 5-02423 11124
Interrogazione a risposta scritta:
Melilla 4-04127 11125
Beni e attività culturali e turismo.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Giordano Giancarlo 5-02414 11126
Interrogazione a risposta scritta:
Sammarco 4-04132 11126
Economia e finanze.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Lenzi 5-02411 11127
Infrastrutture e trasporti.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Giordano Giancarlo 5-02410 11128
Zardini 5-02412 11129
Iannuzzi Tino 5-02421 11130
Interrogazioni a risposta scritta:
D'Ambrosio 4-04118 11131
Bragantini Matteo 4-04129 11131
Interno.
Interrogazione a risposta orale:
Capodicasa 3-00702 11132
Interrogazione a risposta in Commissione:
Colletti 5-02413 11133
Interrogazioni a risposta scritta:
Polverini 4-04117 11133
Sarti 4-04119 11134
Mognato 4-04121 11135
Lacquaniti 4-04123 11136
Bragantini Matteo 4-04125 11136
Istruzione, università e ricerca.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Catalano 5-02422 11137
Interrogazioni a risposta scritta:
Sarti 4-04133 11138
Vacca 4-04134 11139
Lavoro e politiche sociali.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Rostellato 5-02415 11141
Lenzi 5-02416 11143
Fedriga 5-02420 11144
Interrogazioni a risposta scritta:
Migliore 4-04115 11144
Ciprini 4-04124 11147
Politiche agricole alimentari e forestali.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Oliverio 5-02424 11149
Interrogazione a risposta scritta:
Realacci 4-04116 11151
Salute.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Daga 5-02408 11152
Burtone 5-02409 11154
D'Incecco 5-02418 11155
Interrogazione a risposta scritta:
Sammarco 4-04126 11155
Sviluppo economico.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Galperti 5-02417 11156
Interrogazioni a risposta scritta:
Terzoni 4-04120 11157
Lattuca 4-04128 11158
Prataviera 4-04130 11159
Apposizione di firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari 11159
Apposizione di firme a mozioni 11159
Apposizione di firme ad interrogazioni 11160
Pubblicazione di testi riformulati 11160
Risoluzione in Commissione:
X Commissione:
Impegno 7-00201 11160
Interrogazione a risposta in Commissione:
Antezza 5-02384 11162
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria, registrata a partire dal 2009, ha spinto l'Unione europea verso un'ampia revisione della propria governance che ha rafforzato gli strumenti e le procedure per una più rigorosa politica di bilancio, promosso la solidità finanziaria dell'area europea, ma trascurato le politiche per lo sviluppo e il lavoro;
se le condizioni finanziarie nell'area dell'euro sono oggi molto meno tese rispetto alla fine del 2011, nell'eurozona e in Italia una ripresa in grado riassorbire la disoccupazione non è in vista e il raggiungimento di un equilibrio stabile è ancora lontano, poiché continua a mancare un meccanismo di riduzione delle divergenze nelle strutture economiche dei Paesi dell'area euro, in assenza del quale non sarà possibile dare definitiva soluzione neanche ai problemi dei debiti sovrani;
approvando con una larga maggioranza il rapporto Gualtieri-Trzaskowski sui problemi costituzionali della governance multilivello nell'unione europea, il Parlamento europeo è entrato con forza nel dibattito sul futuro delle istituzioni europee e del governo dell'euro: il rapporto, infatti, sottolinea la necessità di avviare da subito le riforme possibili sulla base degli attuali trattati e dell'utilizzo dei numerosi strumenti di flessibilità presenti al loro interno, a partire dalla costituzione di una «capacità fiscale» aggiuntiva per l'eurozona da collocare all'interno del bilancio dell'Unione europea;
se va vista con favore la cosiddetta investment clause (sancita dal Consiglio europeo su proposta italiana), sulla base della quale può essere consentito ai Paesi non sottoposti a una procedura per disavanzo eccessivo, ovvero a un programma di aiuti, di versare la quota di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali dell'Unione europea, in deroga all'obiettivo di pareggio del bilancio, continua ad essere assente una vera e propria golden rule estesa all'insieme degli investimenti che possano esercitare un impatto positivo sulla crescita territoriale e sulla riduzione della disoccupazione;
lo sforzo per correggere l'andamento dei conti pubblici è stato imponente negli ultimi due anni, con un aggiustamento fiscale di circa 3 punti percentuali in termini strutturali grazie al quale la soglia del 3 per cento non è stata superata;
l'uscita dalla procedura per disavanzi eccessivi dell'Unione europea è uno dei risultati visibili di quest'azione. Il calo dello spread sotto i 200 punti base testimonia come gli sforzi del Paese siano stati importanti e riconosciuti;
è necessario cogliere il risultato dal significativo sforzo di consolidamento fiscale che ha interessato la gran parte dei paesi europei tra cui l'Italia: ora che i conti pubblici presentano margini di sostenibilità ben più ampi rispetto alla situazione pre-crisi, occorre porre il tema centrale della crescita e del sostegno all'occupazione al centro del dibattito politico in sede europea, anche in vista delle prossime elezioni e del pericolo che si affermino formazioni anti-euro;
questo significa che non può essere messo in discussione l'impegno al rispetto del tetto del -3 per cento dell'indebitamento netto, ma solamente che, qualora necessario ai fini del sostegno alla crescita, sarebbe eventualmente possibile peggiorare l'obiettivo di indebitamento netto dal -2,6 per cento fermo restando il suo contenimento entro i limiti previsti dal Patto di stabilità e crescita;
la Commissione europea ha pubblicato il 5 marzo 2014 le conclusioni scaturite dagli esami approfonditi relativi alle economie di 17 Stati membri, secondo le quali «la Germania dovrebbe orientare le priorità strategiche verso il rafforzamento della domanda interna e della crescita a medio termine, mentre la Francia e l'Italia dovrebbero affrontare gli ostacoli alla crescita a medio termine pur dedicandosi alle riforme strutturali e al risanamento di bilancio»;
il programma di riforme annunciato dal Presidente del Consiglio dei ministri è in linea con le indicazioni emerse dall'analisi della Commissione e consentirebbe di rilanciare la domanda interna e, per questa via, il tasso di crescita e quindi anche gli obiettivi di finanza pubblica, poiché l'andamento dell'economia ha effetti sul rispetto dei parametri di finanza pubblica, i cui risultati derivano prevalentemente dal denominatore del rapporto, cioè dalla crescita modesta degli anni precedenti la crisi e poi dalla profonda recessione;
occorre, altresì, completare alcuni aspetti dell'Unione economica e monetaria rimasti sinora singolarmente ai margini del dibattito istituzionale, quali la mutualizzazione del debito sovrano degli Stati dell'area euro e l'emissione di titoli europei per finanziare grandi progetti in grado di rilanciare stabilmente l'economia europea,
impegna il Governo
a promuovere nelle sedi europee il contemperamento, in sede di applicazione delle regole vigenti o prospettando appropriate modifiche normative, tra la stabilità delle finanze pubbliche e l'adozione di misure per il rilancio della crescita e dell'occupazione, soprattutto giovanile, e per il contrasto della povertà e della discriminazione sociale;
a sostenere il proseguimento della tabella di marcia per un'autentica Unione economica e monetaria, con particolare riferimento alla introduzione di meccanismi per la mutualizzazione del debito sovrano dei paesi dell'area euro, anche delle forme, proposte in diverse sedi, in base alle quali ciascun paese deve farsi carico del pagamento della propria quota di interessi, alla creazione di un'autonoma capacità fiscale dell'eurozona e all'emissione in comune di titoli per finanziare grandi progetti in grado di rilanciare stabilmente l'economia europea;
a promuovere l'estensione della golden rule in modo da permettere lo scomputo di alcune voci di spesa per investimenti che possano esercitare un impatto a breve positivo sulla crescita territoriale e sulla riduzione della disoccupazione dai parametri finanziari rilevanti nel processo europeo di coordinamento dei bilanci pubblici nazionali;
a favorire l'introduzione di meccanismi asimmetrici e anticiclici incardinati nel bilancio europeo per il finanziamento dei sussidi alla disoccupazione e per il sostegno dell'occupazione, in particolare giovanile e per il finanziamento di infrastrutture di rilevanza europea;
a farsi promotore di una politica economica della zona euro che possa assicurare un aggiustamento più equilibrato tra i paesi in deficit e i paesi in surplus.
(1-00386) «Marchi, Causi, Boccia, Bonavitacola, Paola Bragantini, Capodicasa, Censore, De Micheli, Fanucci, Fassina, Cinzia Maria Fontana, Giampaolo Galli, Giulietti, Guerra, Laforgia, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Preziosi, Rubinato».
La Camera,
premesso che:
il 29 dicembre 2013 un terremoto di magnitudo (ML) 4,9, localizzato dalla rete sismica nazionale tra le province di Caserta e Benevento, ha colpito nel raggio di oltre 10 chilometri dall'epicentro – identificato nel territorio del comune di Piedimonte Matese (CE) – molti comuni dell'area, producendo significative compromissioni statiche di numerosi edifici pubblici e privati rimasti seriamente danneggiati;
il 20 gennaio 2014 si è registrata una nuova forte scossa di terremoto di magnitudo 4,2 che, oltre ad interessare le medesime aree già colpite dallo sciame sismico iniziato il 29 dicembre, è stata avvertita anche nella città di Napoli e in tutta la provincia di Campobasso;
nella medesima giornata ulteriori scosse, circa 19, secondo quanto registrato dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, si sono concentrate in particolare nelle aree dell'alto Matese, allocate sia nella provincia di Caserta che in quella di Benevento, provocando ingenti danni sia ad abitazioni private sia a molti opifici ed edifici pubblici tra i quali complessi scolastici, strutture sanitarie, immobili di pregio storico monumentale e chiese, da subito dichiarate inagibili e, quindi, sottratte alla pratica del culto;
i descritti eventi hanno arrecato notevoli disagi alla popolazione residente, resi ancora più gravi dalla posizione geografica dei territori interessati, prevalentemente montani, e dal fatto che il sisma ha compromesso anche l'agibilità delle strade di accesso alle aree suddette;
è necessario intervenire urgentemente a sostegno delle popolazioni e degli enti colpiti dall'evento calamitoso, individuando risorse pubbliche adeguate a fronteggiare e rimuovere le conseguenze dannose del sisma,
impegna il Governo:
ad adoperarsi affinché, unitamente alla regione Campania, individui le adeguate risorse finanziarie, anche a valere sui fondi aggiuntivi per la coesione territoriale, nazionali e comunitari, della programmazione 2007/2013, finalizzate ad assicurare, nelle zone terremotate, la ristrutturazione degli edifici e la riparazione di tutti i danni subiti dalle citate aree in seguito al terremoto;
ad attivarsi immediatamente per accedere ai finanziamenti del Fondo di solidarietà per le grandi calamità dell'Unione europea (FSUE).
(1-00387) «Sarro, Brunetta».
Risoluzione in Commissione:
La XIII Commissione,
premesso che:
il Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, TFUE, ha introdotto, accanto agli «atti di esecuzione» (regolati dall'articolo 291), la nuova categoria degli «atti delegati» (articolo 290);
gli atti legislativi adottati dal Parlamento europeo e dal Consiglio possono delegare alla Commissione europea la facoltà di emanare atti delegati che integrano o modificano determinati elementi non essenziali degli atti legislativi, delimitando esplicitamente obiettivi, contenuto, portata e durata della delega;
l'esecuzione materiale delle norme comunitarie è normalmente di competenza degli Stati membri; tuttavia, qualora un intervento dell'Unione sia giustificato dalla necessità di un'attuazione uniforme, possono essere conferite alla Commissione europea le competenze esecutive (secondo quanto specificamente disciplinato dal Regolamento (UE) del 16 febbraio 2011, n. 182/2011);
gli atti esecutivi della Commissione europea assumono la forma di regolamenti di esecuzione o di decisioni europee di esecuzione;
le proposte legislative di riforma della Politica agricola comune 2014-2020 prevedono tali competenze e il Collegio dei commissari si prepara ad approvare il primo atto delegato, quello relativo al regolamento sui pagamenti diretti. L'adozione è attesa per il 10 marzo 2014 e la Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo dovrebbe votarlo nella prima seduta utile per trasmetterlo alla plenaria di aprile;
il Parlamento europeo è intenzionato a bloccare, col voto contrario in plenaria, gli «atti delegati» della Commissione europea perché non rispettano i regolamenti di base sulla PAC (organizzazione comune di mercato, pagamenti diretti, sviluppo rurale e Regolamento orizzontale sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della PAC) approvati in data 28 giugno 2013 dal cosiddetto «trilogo»;
al centro della contestazione c’è la formulazione giuridica della figura dello «agricoltore attivo», che secondo l'esecutivo dell'Unione europea dovrebbe essere basato esclusivamente su parametri economici, come il rapporto tra aiuti e reddito complessivo dell'azienda, mentre secondo l'accordo sulla riforma spetta allo Stato membro definirlo con ampia discrezionalità;
anche sul «pagamento accoppiato» la Commissione sta esondando dalle sue competenze tecnico-giuridiche disattendo l'accordo del «trilogo», prevedendo la possibilità di erogarli a condizione che lo Stato membro dimostri, per tale azione da adottare, che vi sia stato un calo di produzione, requisito questo non previsto da nessuna norma di riforma della PAC, Inoltre, l’«aiuto accoppiato» è una forma di sostegno attivabile in modo facoltativo, quindi discrezionale, dallo Stato membro;
anche sugli aiuti riferiti ai giovani agricoltori, «pagamento per i giovani agricoltori», la Commissione starebbe forzando la mano in riferimento all'esclusione dei giovani soci di minoranza di un'azienda agricola. Si consideri che la componente dei giovani agricoltori è stata prevista per promuovere il rinnovo generazionale ed è obbligatoria l'attivazione da parte di tutti gli Stati membri;
altra questione è quella di voler escludere le colture proteiche dalle misure dette «equivalenti» al «greening» dalla lista delle colture esenti dall'applicazione dei nuovi vincoli ambientali. Anche quest'ulteriore volontà da parte della Commissione europea non faceva parte dell'accordo sulla riforma;
le proposte avanzate dalla Commissione europea per il settore vitivinicolo sono contrarie all'accordo politico di giugno. Specificatamente, si vuole vietare la commercializzazione dei «diritti d'impianto» agli Stati membri che optano per il passaggio al sistema delle autorizzazioni non dal 2016 ma dal 2020. Queste norme rientrano nell'atto delegato sull'Organizzazione comune dei mercati, OCM unica. Il rischio reale è che il Parlamento europeo bocci gli atti delegati e il tutto potrebbe essere rinviato alla prossima legislatura col rischio di far approvare gli «atti delegati» da eurodeputati che non conoscono nel dettaglio l'accordo sul negoziato PAC;
appare evidente che il Commissario europeo all'agricoltura, Dacian Ciolos, stia andando oltre il suo mandato, non rispettando alla lettera il testo e lo spirito dei regolamenti di base della PAC, come più volte è stato stigmatizzato dal presidente e dai commissari della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo;
nel mese di marzo 2014 la Commissione europea ha adottato il primo pacchetto di «atti delegati» per l'attuazione della riforma della PAC che riguardano i «pagamenti diretti» agli agricoltori, i contributi a sostegno dei settori ortofrutticolo e vitivinicolo e della produzione di olio d'oliva e di olive da tavola. Il pacchetto comprende, inoltre, nuove regole per il sistema integrato di amministrazione e controllo della PAC e per le enti pagatori, e individua i requisiti dei prodotti agricoli che beneficiano di aiuti all'ammasso privato;
il Parlamento europeo e il Consiglio hanno due mesi di tempo per esaminare i testi e approvarli per l'entrata in vigore e, successivamente, gli Stati membri dovranno elaborare norme di attuazione a livello nazionale;
il Parlamento europeo si è dichiarato insoddisfatto delle proposte della Commissione europea minacciando il ricorso al potere di veto per bloccare norme in contraddizione con i contenuti dell'accordo di dicembre 2013 codeciso con il Consiglio europeo,
impegna il Governo:
ad adottare in sede europea tutti gli sforzi necessari per far sì che la Commissione europea tenga fede all'accordo politico che ha portato dopo un lungo e faticoso negoziato, tra l'altro svoltosi per la prima volta con la procedura legislativa introdotta dal Trattato di Lisbona della codecisione, all'approvazione degli «atti delegati» dei regolamenti di base della PAC 2014-2020, senza stravolgere lo spirito della riforma;
a porre in essere tutte le iniziative utili affinché gli «atti delegati» e i corrispondenti «atti di esecuzione» trovino la loro corretta applicazione giuridica che è necessaria a garantire un'applicazione uniforme delle regole in tutta l'Unione europea in tempo al fine di rendere operativa la riforma della PAC a partire dal 1o gennaio 2015.
(7-00311) «Franco Bordo, Palazzotto».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta scritta:
RUOCCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
gli esecutivi precedenti presieduti da Enrico Letta e Mario Monti, hanno lasciato in sospeso circa 513 decreti attuativi di cui 169 già scaduti (79 risalenti a Mario Monti e 70 risalenti ad Enrico Letta) ancora da adottare per rendere pienamente efficace le riforme fondamentali per il rilancio dell'economia e della crescita;
un articolo del Sole 24 ore del 28 febbraio 2014 riporta i dati delle mancate attuazioni, tra i provvedimenti vengono elencati:
decreto-legge n. 69 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge n. 98 del 2013 per il quale mancano ancora 71 provvedimenti attuativi, di cui 2 già scaduti;
decreto-legge n. 76 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge n. 99 del 2013 per il quale mancano 17 provvedimenti attuativi, di cui 7 già scaduti;
decreto-legge n. 91 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge n. 11 del 2013, per il quale mancano 21 provvedimenti attuativi di cui 16 già scaduti;
decreto-legge n. 101 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2013, per il quale mancano 31 provvedimenti attuativi, di cui 6 già scaduti;
decreto-legge n. 104 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge n. 128 del 2013, per il quale mancano 32 provvedimenti attuativi, di cui 7 già scaduti;
legge di stabilità 27 dicembre 2013, n. 147, per il quale mancano 84 provvedimenti attuativi, di cui 10 già scaduti;
tra gli ultimi rientra il decreto-legge destinazione Italia, dove restano da fare 39 decreti attuativi, tra questi: il decreto per la rimodulazione degli incentivi alle rinnovabili, il decreto per l'operatività dell'apertura di un credito d'imposta per imprese che innovano, il decreto per decidere l'ammontare da destinare al cosiddetto «bonus librai» e un altro per le modalità attuative, e ancora, quello per individuare le modalità per compensare le cartelle esattoriali a favore delle imprese titolari di crediti della pubblica amministrazione;
l'operatività di molte norme è subordinata all'elaborazione dei decreti ministeriali che in molti casi in passato non hanno rispettato i tempi di emanazione. In più la messa in campo di molte risorse economiche è subordinata all'approvazione da parte della Commissione Unione europea della proposta nazionale relativa alla programmazione dei fondi europei 2014-2020. È il caso dell'apertura di un credito di imposta (per un totale massimo di 600 milioni di euro per il triennio 2014-2016) a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo;
servirà un decreto del Ministero dello sviluppo economico, inoltre, per adottare «le disposizioni applicative necessarie, comprese le modalità di iscrizione delle spese in bilancio, le modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute». Anche i finanziamenti a fondo perduto, tramite voucher, per favorire la digitalizzazione delle piccole e medie imprese sono subordinati all'approvazione della programmazione nazionale dei fondi europei e all'emanazione di un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che stabilisca l'ammontare dell'intervento per un massimo di 100 milioni di euro;
stesso iter per il credito di imposta per aumentare la connettività digitale delle piccole e medie imprese (in questo caso il decreto lo dovrà emanare il Ministero dello sviluppo economico). Sono due i decreti necessari per attivare il «bonus librai», entrambi del Ministero dell'economia e delle finanze. Uno dovrà stabilire l'ammontare della misura (per un massimo di 50 milioni di euro e sempre dopo l'approvazione della programmazione 2014-2020), un altro le modalità per usufruire del credito d'imposta e per stabilire la decorrenza del bonus. Servirà un decreto ministeriale anche per una delle misure più apprezzate del decreto «destinazione Italia», cioè la compensazione delle cartelle esattoriali per imprese che vantano crediti nei confronti della pubblica amministrazione;
è bloccato anche il piano nazionale delle zone a burocrazia zero, previsto dal cosiddetto «decreto del Fare» n. 69 del 2013, norma di difficile applicabilità vista la sua incompatibilità con il cosiddetto decreto-legge Sviluppo bis n. 179 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 221 del 2012, del Governo Monti, che stabiliva come paletto il rispetto del vincolo paesaggistico o del patrimonio artistico e storico –:
quale iniziativa intenda assumere il Governo in merito alla mancata emanazione dei decreti attuativi per individuare in maniera prioritaria i decreti che possano immediatamente produrre effetti positivi e tangibili su famiglie ed imprese;
quali iniziative di semplificazione delle procedure amministrative il Governo intenda intraprendere nell'ambito delle proprie competenze, dato il numero elevato dei decreti attuativi al fine di evitare le pesanti ripercussioni derivanti dal gap tra quelli emanati e quelli non ancora emanati. (4-04122)
AFFARI ESTERI
Interrogazione a risposta scritta:
GIANLUCA PINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
stando a quanto pubblicato dall'edizione on line di un noto quotidiano nazionale, il Ministero degli affari esteri avrebbe concesso, e consegnato il 19 febbraio 2014, il passaporto diplomatico al partner maschile di Carmelo Barbarello, primo consigliere di un'importante ambasciata del nostro Paese in Asia;
il predetto consigliere Barbarello risulta in effetti aver contratto matrimonio con Javier Barca in un Paese dove ciò è considerato possibile, sfruttando all'uopo il Consolato di Spagna a Buenos Aires;
a Javier Barca, cittadino spagnolo, è stato rilasciato un documento normalmente spettante ai coniugi del personale diplomatico nazionale distaccato all'estero, malgrado il matrimonio tra omosessuali non abbia nel nostro Paese alcun valore giuridico;
quanto accaduto contrasterebbe altresì anche con principi normativi interni alla Farnesina;
una precedente richiesta di passaporto diplomatico per Javier Barca, inoltrata dal consigliere Barbarello al Ministro degli affari esteri pro tempore Giulio Terzi, aveva incontrato una risposta negativa;
negativa era stata altresì anche una pronuncia del Tar del Lazio, intervenuta il 23 ottobre 2014 –:
se risultino agli atti dei documenti in base ai quali sia possibile ricostruire le basi giuridiche sulle quali il Governo ha ritenuto di dover equiparare i diritti del signor Javier Barca a quelli di un qualsiasi coniuge di personale diplomatico inviato all'estero, consegnandogli un passaporto diplomatico, e se non si ritenga opportuno ritirarglielo. (4-04131)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
TERROSI, BORGHI, MOSCATT, MAZZOLI e VERINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, ha previsto che, al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale, sono considerati di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza e con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW; per ogni proponente non possono in ogni caso essere autorizzati più di 3 impianti. L'Autorità competente per il conferimento dei relativi titoli minerari è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l'intesa con la regione interessata;
la legge 7 agosto 2012, n. 134 ha disposto l'inserimento dell'energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche e la legge 9 agosto 2013, n. 98 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, ha disposto che gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale (integrando l'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152). I progetti geotermici pilota sono quindi sottoposti alla valutazione di impatto ambientale di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
di conseguenza all'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni (progetti soggetti a VIA statale) è stata aggiunta la nuova categoria di progetti, al punto 7-quater, relativa a «Impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni» e conseguentemente sono state modificate le categorie di progetto degli Allegati III e IV (progetti soggetti a VIA e a verifica di assoggettabilità di competenza regionale), prevedendo l'esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni;
il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, ribadisce il ruolo preponderante ed esclusivo dello Stato nella determinazione degli indirizzi della politica energetica nazionale e fa riferimento alla legge 23 agosto 2004, n. 239, che prevede la competenza dello Stato in tema di «individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici, ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, al fine di garantire la sicurezza strategica, ivi inclusa quella degli approvvigionamenti energetici e del relativo utilizzo, il contenimento dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese, lo sviluppo delle tecnologie innovative per la generazione di energia elettrica e l'adeguamento della strategia nazionale a quella comunitaria per le infrastrutture energetiche»;
la Corte costituzionale, con sentenza del 14 ottobre 2005, n. 283, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge n. 239 del 2004 nella parte in cui non prevede che «l'individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici» da parte dello Stato avvenga d'intesa con le regioni e le province autonome interessate;
alla luce di questa sentenza, ed in ragione del principio di sussidiarietà, appare doveroso assicurare un maggior coinvolgimento degli enti territoriali, e comunque delle regioni, nei suddetti processi decisionali;
in tutte le regioni interessate da progetti pilota per la geotermia, gli abitanti dei territori esprimono gravi perplessità e dubbi relativamente all'impatto che detti impianti potrebbero avere sull'assetto geologico e ambientale delle località interessate, e le loro preoccupazioni sono aumentate da quando il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, ha disposto che gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale, modificando l'Allegato II alla Parte Seconda punto 7-quater) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni (progetti soggetti a VIA statale);
in data 10 gennaio 2014, in sede di conversione del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, cosiddetto «Destinazione Italia», il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/1920-A/47, impegnandosi:
ad attivarsi per assicurare le adeguate forme di partecipazione da parte delle regioni, delle province autonome e degli enti locali alla scelta dei territori finalizzati all'attuazione delle strategie di individuazione degli insediamenti delle opere di infrastrutturazione energetica, che vadano oltre alla mera presentazione di osservazioni e pareri;
nell'ambito delle modalità di partecipazione previste in caso di procedura di VIA e VAS statale, a valutare la possibilità di dare un valore rafforzato alle osservazioni e ai pareri espressi da regioni, province ed enti locali;
a garantire l'utilizzo di tecnologie all'avanguardia ed eco compatibili, prevedendo una attenta vigilanza sugli impianti e sulle loro emissioni anche al fine di prevedere eventuali risarcimenti ambientali –:
quali iniziative i Ministri interrogati abbiano messo in campo o intendano intraprendere per dare seguito all'ordine del giorno 9/1920-A/47 accolto come raccomandazione in sede di conversione del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, cosiddetto «Destinazione Italia», poi convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9. (5-02419)
LENZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
all'interno del decreto-legge n. 16 del 2014 sul fisco locale, si stabilisce che i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani non debbano pagare la Tari;
tale decreto ha risolto nel senso più favorevole alle impresa il dubbio interpretativo nato da due disposizioni contrastanti della legge di stabilità n. 147 del 2013, eliminando l'ultimo periodo del comma 649 dell'articolo 1 che prevedeva la Tari anche per i rifiuti assimilati agli urbani, ma dava al comune la possibilità di ridurre la parte variabile della tariffa in proporzione alle quantità che i produttori stessi dimostrassero di avere avviato al recupero;
tenendo invece in vita il comma 661 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013, si stabiliscono l'esenzione dalla Tari e dunque sconti automatici per quei rifiuti che il produttore dimostri di avere avviato al recupero;
con la nuova disciplina i rifiuti assimilati escono completamente dall'ambito di applicazione della Tari, si stima con il 30 per cento di entrate totali in meno;
vigendo l'obbligo di copertura integrale dei costi dei servizio, la Tari non pagata per i rifiuti assimilati si scaricherà sugli altri contribuenti, con le utenze domestiche che rischiano pesanti aumenti;
i comuni che attuano la raccolta «porta a porta» dovrebbero incontrare minori difficoltà ma nella maggioranza dei casi i comuni hanno ancora i cassonetti sia pure per la raccolta differenziata e il timore è che le imprese ne facciano uso senza pagare la Tari;
i comuni saranno costretti a modificare i piani finanziari approvati nel 2013 nonché a rivedere le tariffe;
l'impianto non è conforme al principio «chi inquina paga» –:
se non si ritenga opportuno valutare le ricadute sulle famiglie, sulle amministrazioni locali e sulle tariffe per gli utenti e pervenire ad un equa ripartizione delle spese per il servizio. (5-02423)
Interrogazione a risposta scritta:
MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il porto turistico Marina di Pescara, una delle strutture turistiche e ricettive più all'avanguardia della costa adriatica, rischia di chiudere prima della stagione estiva a causa del mancato dragaggio del canale d'ingresso con un gravissimo danno economico alle attività turistiche e commerciali;
con la profondità ridotta ad appena 2 metri, oltre quaranta barche sono rimaste bloccate alla banchina, senza alcuna possibilità di prendere il largo. Inoltre sono stati persi 2 milioni di euro per la possibilità di organizzare un campionato mondiale, un europeo e un italiano di vela nello specchio d'acqua di 107 mila metri quadrati del Marina di Pescara;
altri 600 mila euro verranno persi quest'anno perché a causa dei fondali troppo bassi del porto non potranno essere confermate competizioni sportive come la regata internazionale, l'Atletic Cup e il Campionato italiano di pesca;
dopo le proteste dei giorni scorsi dei marinai e degli operatori commerciali per un intervento di dragaggio nella darsena commerciale e nel canale d'ingresso del porto pescherecci, costato 13 milioni di euro e di fatto già nullo, il presidente di Assonautica in una nota sottolinea come la situazione sia estremamente grave e minacciano azioni eclatanti se le istituzioni a tutti i livelli non interverranno per normalizzare la situazione;
per lavorare a pieno regime e ospitare le gare nazionali e internazionali, ci sarebbero bisogno di almeno 3 metri di fondali. Ma senza un intervento di manutenzione ordinaria, il rischio è di assottigliare ulteriormente lo specchio d'acqua arrivando ad appena un metro e mezzo;
quali iniziative si intendano, per quanto di competenza, in merito al porto di Marina di Pescara al fine di non compromettere una realtà importante per l'economia, lo sport nautico e il turismo pescarese e abruzzese. (4-04127)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
GIANCARLO GIORDANO e LACQUANITI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
per valorizzare l'immagine di Brescia come città d'arte, effettivamente meta negli ultimi quindici anni d'importantissime mostre d'arte, oltre che luogo che conserva importanti vestigia antiche romane e medievali, le amministrazioni bresciane che si sono succedute hanno messo mano a interventi di restyling, di cui di gran lunga il più importante è stato la riqualificazione di piazza Vittoria, adesso sede pure di una stazione della nuova metropolitana inaugurata da pochi mesi;
la bresciana piazza Vittoria è uno dei più importanti esempi di architettura razionalista del ventennio fascista, progettata da Marcello Piacentini. Negli scorsi decenni sono intervenuti vari rimaneggiamenti che ne hanno abbruttito il contesto. Il restyling che appariva necessario, è ormai al termine, e da alcuni mesi al centro di un acceso dibattito della cittadinanza e delle forze politiche sono il restauro e la prevista ricollocazione di una statua monumentale che, originariamente tesa a simbolo del fascismo, denominata appunto «L'era fascista», quindi soprannominata dal popolo come «il Bigio», era collocata su un lato della piazza; oggetto di due attentati nell'immediato dopoguerra che la danneggiarono, venne quindi rimossa;
si rileva che la rimozione della statua, a pochi mesi dalla fine del conflitto mondiale, si sia collocata nelle azioni di ribellione al regime fascista a Brescia;
la ricollocazione oggi rischia di essere intesa come una vera e propria provocazione, a pochi metri come sarà, da piazza della Loggia, luogo della strage neofascista del 1974, e simbolo tragico, che essa ha assunto, nella lotta all'antifascismo;
nonostante l'opposizione di personalità dell'antifascismo bresciano, dell'A.N.P.I. e in generale dei partiti e movimenti della sinistra, il restauro de «L'era fascista» sta per essere ultimato e la Soprintendenza non vuole recedere dalla progettata ricollocazione nella piazza –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se non ritenga che la collocazione della statua «L'era fascista» sia da ripensare alla luce dell'opportunità di non offendere il suolo di piazza della Loggia, sacro ai bresciani, all'antifascismo e alle libertà democratiche, prevedendone semmai ed eventualmente una differente collocazione in sede museale, lontano da Brescia, dove essa non possa più assurgere a simbolo politico. (5-02414)
Interrogazione a risposta scritta:
SAMMARCO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
sulla vetta di Monte Cavo, località sita nel comune di Rocca di Papa in provincia di Roma, da oltre trent'anni sono installati numerosi tralicci di emittenti radio e televisive a carattere locale e nazionale nonché tralicci di gran parte del sistema dei ponti radio dell'Italia centrale nonostante su tale area, riconosciuta di notevole interesse pubblico, insista il vincolo dettato dal decreto ministeriale del 24 aprile 1954 e successivamente ribadito dall'articolo 136 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio;
tra i mesi di agosto e settembre 2011 una serie di rilevazioni dell'Arpa Lazio avrebbe messo in evidenza il superamento dei limiti di emissione da parte di alcune frequenze radiofoniche che emettono il loro segnale da Rocca di Papa;
tali valori sembrerebbero superare i limiti fissati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003, articolo 3, comma 2 a tutela della popolazione esposta;
su tale situazione la procura della Repubblica di Velletri risulterebbe aver aperto un fascicolo d'indagine teso a verificare la violazione o meno dei suddetti limiti;
lo stesso consiglio regionale del Lazio il 18 settembre 2008 approvò la delibera n. 51 con la quale stabiliva la delocalizzazione dei ripetitori tv di Rocca di Papa;
ad oggi tale delocalizzazione risulterebbe ancora essere inapplicata;
successivamente tanto un convegno organizzato dall'università «La Sapienza» e promosso dall'ARPA Lazio, tenutosi il 2 maggio scorso, quanto due diversi studi realizzati l'uno dai professori Lo Nigro e Di Genova e l'altro dal professor Marinelli hanno univocamente dimostrato il superamento dei limiti legali, attestando tra l'altro che le aree più esposte sarebbero quelle più densamente popolate;
dagli stessi rilevamenti scientifici citati risulterebbe una pericolosa esposizione alle onde elettromagnetiche riguardante la scuola primaria superiore «Leonida Montanari», nella quale alcune aule risulterebbero addirittura le più esposte rispetto a tutti gli edifici insistenti nel territorio comunale;
le misurazioni scientifiche sembrano rilevare valori ben superiori ai limiti imposti dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2003, in particolare di 10.000 (circa 2V/m) e 30.000 (circa 6V/m) e attestano una marcata citotossicità e una conseguente morte cellulare programmata (apoptosi);
numerosi casi di tumori, leucemie ed altre patologie minori stanno provocando a Rocca di Papa decessi e malati cronici;
la popolazione di Rocca di Papa si ritrova costretta a dover subire in silenzio questa eccessiva concentrazione di apparati di trasmissione che fanno di Rocca di Papa il maggiore sito europeo di trasmissione radio, televisiva e del sistema dei ponti radio;
l'alta esposizione alle onde elettromagnetiche potrebbe rappresentare, ad avviso dell'interrogante, il fattore determinante o quantomeno la concausa generante di tali malattie –:
quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di garantire a tutti i cittadini di Rocca di Papa il diritto alla salute così come sancito dall'articolo 32 della nostra Costituzione;
se non si ritenga opportuno valutare la possibilità di promuovere una ricerca epidemiologica tesa a verificare l'influenza di tale alta concentrazione di impianti radio e teletrasmissione sulla salute dei cittadini di Rocca di Papa;
se la presenza degli impianti citati sia o meno compatibile con i vincoli del decreto ministeriale del 24 aprile 1954 così come ribadito dall'articolo 136 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio;
se sia noto quali siano i motivi che hanno finora reso irrealizzabile la delocalizzazione degli impianti televisivi dalla Vetta di Monte Cavo a tutela dell'area vincolata ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e della salute dei cittadini. (4-04132)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
LENZI, GNECCHI e ALBANELLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1, comma 235, della legge n. 228 del 2012, ha previsto l'istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un apposito fondo da ripartire per il finanziamento degli interventi in favore di particolari categorie di lavoratori salvaguardati dalla riforma pensionistica del 2012 (capitolo 4362) con una dotazione di 36 milioni di euro per l'anno 2013;
la volontà del Parlamento era quella di costituire un fondo pluriennale nel quale raccogliere le eventuali successive economie da indirizzare a copertura di eventuali altri interventi a favore della stessa categoria;
l'articolo 9, comma 15, del decreto-legge n. 150 del 2013, nel testo originariamente trasmesso alle Camere, prevedeva la riduzione, nella misura di 35 milioni di euro nell'anno 2013, dell'autorizzazione di spesa relativa al suddetto fondo, per il finanziamento della proroga del programma «Carta acquisti», in considerazione dell'imminente conclusione dell'esercizio finanziario 2013;
le modalità di finanziamento del suddetto fondo, che prevedono, tra l'altro, che lo stesso sia alimentato fino all'anno 2020 con le economie derivanti dal monitoraggio dell'attuazione dei decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 1o giugno 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 2 luglio 2012, e 5 ottobre 2012, attuativi delle disposizioni di cui all'articolo 24, commi 14 e 15, del decreto-legge n. 201 del 2011, e successive modificazioni, risultano assai articolate, e le procedure per il riparto del medesimo fondo potrebbero non sempre concludersi entro il termine dell'esercizio finanziario nel quale si sono verificate le suddette economie –:
se, per meglio corrispondere alla volontà del Parlamento, il Governo intenda adottare iniziative normative o ritenga già di poter includere il fondo di cui all'articolo 1, comma 235, della legge n. 228 del 2012, in analogia a quanto previsto per i fondi del personale e per il fondo per l'occupazione, tra le deroghe previste, ai sensi dell'articolo 10, comma 10, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, per la conservazione nel conto dei residui, ai fini dell'utilizzo nell'esercizio successivo, delle somme iscritte negli stati di previsione dei Ministeri non impegnate ai sensi dell'articolo 34 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al termine dell'esercizio precedente. (5-02411)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il raccordo «Salerno-Avellino» da decenni ricopre una importanza strategica nel collegamento tra le principali direttrici autostradali nazionali e regionali essendo attraversato quotidianamente da diverse migliaia di autovetture e di mezzi pesanti adibiti al trasporto merci;
nel corso degli anni l'intensificazione del traffico veicolare ha reso insufficiente e inadeguato l'originario stato di realizzazione che ne prevedeva lo scorrimento solo su due corsie in ognuna delle due direzioni di marcia causando un costante e considerevole rallentamento nonché sempre più frequenti incidenti anche di estrema gravità;
l'ammodernamento del suddetto raccordo autostradale è inserito nel primo programma della legge n. 443 del 2001 e consiste nell'adeguamento ad autostrada dell'esistente raccordo Salerno-Avellino;
la prima ipotesi di finanziamento risale al decennio scorso quando furono previsti nel Piano nazionale mobilità del 2007 del Governo Prodi i primi stanziamenti, parte dei quali nel 2009 furono dirottati dal Governo Berlusconi per assicurare la copertura dei rimborsi delle sanzioni pecuniarie comminate dall'Unione Europea agli allevatori e produttori di latte, in particolare delle regioni del Nord;
il costo complessivo dell'intervento è stato quantificato in 898,5 milioni di euro, di cui 246,2 milioni di euro riferiti al tratto Salerno Fratte-Mercato San Severino, individuato quale primo lotto funzionale;
il progetto preliminare per il potenziamento del raccordo ha come obiettivo fondamentale il collegamento delle autostrade «A3 Salerno-Reggio Calabria», «A30 Caserta-Salerno», e «A16 Napoli-Canosa» nonché le strade nazionali a queste collegate;
nel 2002 l'ANAS ha indetto una gara pubblica per la progettazione preliminare dei lavori per l'adeguamento dell'attuale tracciato stradale del raccordo, prevedendo l'ampliamento da due a tre corsie per ogni direzione di marcia, oltre alla corsia d'emergenza ed alla sua messa in sicurezza;
nel 2004 la regione Campania ha assunto l'impegno economico per il cofinanziamento dell'importo di 2.403.099,29 euro a carico del POR Campania 2000-2006, asse VI – Misura 6.1, quale spesa ammissibile;
nel 2006 il Ministro ha individuato in 605 milioni di euro, interamente da reperire, il costo dell'intervento di «realizzazione delle opere necessarie a conferire caratteristiche autostradali all'esistente raccordo Salerno-Avellino»;
il soggetto attuatore dell'opera e della sua cantierizzazione è la società «A.N.A.S.» spa;
in data 9 maggio 2008 l'ANAS, dopo aver predisposto il progetto preliminare, ha avviato le procedure previste dal decreto legislativo n. 163 del 2006 per gli interventi di cui alla legge obiettivo;
la delibera CIPE n. 1 dell'11 gennaio 2011 ha ridotto l'assegnazione delle risorse dal FAS 2000-2006 e 2007-2013 e con successiva delibera n. 62 del 3 agosto 2011 ha individuato ed assegnato un finanziamento per il raccordo autostradale «Salerno-Avellino» di 123 milioni di euro, che alla data odierna sono gli unici effettivamente stanziati;
l'opera costituisce una priorità infrastrutturale e di assoluta necessità, e pertanto la sua realizzazione è da considerarsi indifferibile e urgente;
la delibera n. 39/2014 della giunta regionale della Campania prefigura un'impossibilità di cantierizzazione da parte dell'ente appaltante dell'opera «A.N.A.S.» spa, in quanto non potrà assumere le «...obbligazioni giuridicamente vincolanti» entro il termine del 30 giugno 2014 fissato dal CIPE, ragion per cui il Ministero competente ha messo in azione il recupero di tali fondi –:
se trovi conferma quanto esposto in premessa e se il Ministro non ritenga di attivare con urgenza ogni possibile iniziativa di competenza per consentire in primis che venga scongiurata ogni ipotesi di ristorno dei fondi messi a suo tempo a disposizione attraverso il C.I.P.E., nonché di promuovere ogni utile azione volta al reperimento delle risorse necessarie alla completa e immediata realizzazione dell'opera;
se esistano delle responsabilità legali e amministrative, nell'ambito delle obbligazioni contrattuali, da parte della società «A.N.A.S.» spa per la mancata cantierizzazione. (5-02410)
ZARDINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in seguito a misure fonometriche effettuate dal Coordinamento ambiente del comune di Verona, sono emerse criticità acustiche nell'area attraversata dalla tangenziale est in località San Michele Extra;
il suddetto Coordinamento ambiente riferisce di segnalazioni inviate, a più riprese fin dal 2007, a società Autostrada A4 per sollecitare interventi di bonifica acustica per il contenimento e l'abbattimento del rumore, non ultima una richiesta in data 6 novembre 2013 in merito alle tempistiche di attuazione;
in data 16 ottobre 2012 la società Autostrada A4 ha risposto che tali interventi sono possibili solo a seguito di strumenti di pianificazione economica e finanziaria della società stessa da sviluppare in intesa con il Governo sulla base delle norme che regolano la concessione di costruzione ed esercizio della rete viaria di pertinenza e che, pertanto, non era possibile stabilire i tempi di attuazione, essendo essi legati alle modalità di finanziamento;
risultano ancora in definizione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti gli aspetti connessi al finanziamento e all'attuazione degli interventi –:
se le norme che regolano la concessione di costruzione ed esercizio consentano o meno gli interventi di bonifica acustica;
se il Ministro interrogato ritenga urgente individuare le modalità di finanziamento per consentire nel breve termine di effettuare l'installazione di barriere fonoassorbenti, come indicato dal Coordinamento ambiente del comune di Verona. (5-02412)
TINO IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella proposta di riorganizzazione complessiva dei presidi di polizia ferroviaria, sarebbe prevista nei prossimi mesi la soppressione, nell'ambito del territorio della provincia di Salerno, dei presidi di polizia ferroviaria esistenti nelle stazioni di Agropoli e di Nocera Inferiore, che servono entrambe territori estesi e popolati e che hanno, quindi, un bacino di utenza molto consistente e significativo;
con riferimento specifico alla stazione di Nocera Inferiore, comune principale dell'agro sarnese-nocerino di un'area ad altissima densità abitativa, si sono diffuse notizie circa la volontà Trenitalia di procedere alla chiusura della biglietteria ferroviaria anche negli orari diurni, atteso che già da tempo la medesima è aperta al pubblico e, quindi, è funzionante solamente fino alle ore 19,00, nonostante l'elevato numero di utenti che si avvalgono quotidianamente dello scalo nocerino per spostamenti entro e fuori regione;
la paventata proposta di riorganizzazione dei presidi di polizia ferroviaria, vedrebbe operativo nella tratta ferroviaria, che attraversa la provincia di Salerno, un unico presidio di polizia ferroviaria ubicato nella stazione di Salerno, con conseguenti, inevitabili e gravi rischi per la sicurezza dei viaggiatori;
d'altronde, la sovradescritta e così penalizzante riorganizzazione dei presidi di polizia nelle stazioni ferroviarie, nell'ambito dei provvedimenti legati alla cosiddetta spending review, sarebbe ancora più contraddittoria e negativa in un momento in cui si stanno ripetendo e sviluppando confronti e contatti fra RFI ed il comune di Nocera Inferiore per inserire la stazione di Nocera Inferiore – proprio per la sua rilevanza strategica nel sistema ferroviario e per la dimensione del suo bacino di utenza – nel programma Pegasus, innanzitutto per l'ammodernamento delle stazioni ferroviarie –:
se risponda al vero la notizia che sarebbe prevista la soppressione dei presidi di polizia ferroviaria nelle stazioni di Nocera Inferiore e di Agropoli e che, altresì, sarebbe prevista la chiusura della biglietteria nella stazione di Nocera Inferiore anche negli orari diurni, provvedimenti entrambi che sarebbero gravi e pregiudizievoli per la sicurezza dei viaggiatori nel Cilento e nell'Agro Sarnese-Nocerino, nonché per la adeguata fruizione di una stazione come quella di Nocera Inferiore, destinataria di un bacino di utenza e di traffico quotidiano molto rilevante. (5-02421)
Interrogazioni a risposta scritta:
D'AMBROSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'aeroporto di Taranto-Grottaglie è un aeroporto pugliese, situato nel territorio di Grottaglie (TA), da cui dista 4 chilometri, con un sedime aeroportuale di circa 120 ettari comprende una zona militare e una civile. La zona militare ospita la stazione aerea che fornisce il supporto tecnico e logistico ai nuclei aerei ed elicotteristici della marina militare. Quella civile è aperta al traffico commerciale e sarà dedicata in modo prioritario all'attività cargo. L'aeroporto è in concessione quarantennale Enac alla società Aeroporti di Puglia SpA;
il Piano attuativo 2009-2013 del Piano regionale dei trasporti (PRT) riporta che l'aeroporto di Grottaglie, ferma restando la possibilità di sviluppare traffico passeggeri a servizio della domanda generata dal proprio territorio di riferimento (il Piano prospetta l'attivazione di voli charter stagionali anche a valenza internazionale), è chiamato principalmente ad integrarsi nel sistema logistico-portuale dello Jonio, costituendone uno dei punti di forza grazie alle caratteristiche dei suoi impianti e alla sua elevata accessibilità ulteriormente migliorata attraverso la previsione dell'adeguamento dello svincolo sulla SS7. L'aeroporto potrà costituire un ulteriore incentivo per attrarre investimenti privati nel Distripark completando il network di feederaggio multimodale a supporto del sistema portuale;
il Piano attuativo 2009-2013 del Piano regionale dei trasporti (PRT), ha previsto, tra gli altri investimenti, quelli per l'adeguamento immediato degli impianti tecnologici dell'aerostazione passeggeri, la cui attivazione, se pur nel corso degli anni promessa in modo reiterato da parte dell'amministrazione regionale, non ha ancora trovato avvio, nonostante sia fortemente attesa dagli abitanti del territorio –:
se si siano acquisite informazioni, per quanto di competenza, sui fattivi programmi di operatività da parte di Aeroporti di Puglia spa, così da non rendere vani gli investimenti già fatti e quelli in previsione e se, Aeroporti di Puglia spa, abbia intenzione di contattare vettori per il trasporto dei civili. (4-04118)
MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 142 del Codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, così come modificato dalla legge 29 luglio 2010, n. 120, prevede che i proventi delle sanzioni per le violazioni dei limiti massimi di velocità accertati con sistemi di rilevamento elettronico siano attribuiti in misura pari al 50 per cento ciascuno, all'ente proprietario della strada su cui è stato effettuato l'accertamento e all'ente da cui dipende l'organo accertatore;
il comma 12-quater del suddetto articolo 142, così come modificato dal decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, stabilisce che «ciascun ente locale trasmette in via informatica al Ministero delle infrastrutture e i trasporti e al Ministro dell'interno, entro il 31 maggio di ogni anno, una relazione in cui sono indicati, con riferimento all'anno precedente, l'ammontare complessivo dei proventi di propria spettanza»;
le modalità di trasmissione, il modello di relazione e le modalità di versamento dei proventi, come disposto dall'articolo 25 della legge 29 luglio 2010, n. 120, devono essere approvati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e si applicano a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo a quello in corso alla data dell'emanazione del decreto. Il medesimo decreto deve definire altresì le modalità di collocazione e uso dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni;
successivamente, il comma 16 dell'articolo 4-ter del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, ha previsto che il suddetto decreto fosse emanato entro giugno del 2012 e, in caso di mancata emanazione del decreto entro il predetto termine, avrebbero trovato comunque applicazione le disposizioni di cui all'articolo 142 del codice della strada;
ad oggi non risulta essere stato emanato alcun decreto attuativo in materia di destinazione delle sanzioni rilevate con autovelox e stanno sorgendo molti dubbi interpretativi al riguardo –:
quali siano le motivazioni alla base della mancata emanazione del decreto di cui alla legge 29 luglio 2010, n. 120 in materia di destinazione delle sanzioni rilevate con autovelox, e se non ritenga opportuno chiarire, anche attraverso una circolare esplicativa, quali siano le tempistiche dell'applicabilità della norma di cui all'articolo 142 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. (4-04129)
INTERNO
Interrogazione a risposta orale:
CAPODICASA e IACONO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
recentemente l'avvocato Angelo Balsamo, sindaco di Licata in provincia di Agrigento, a seguito di indagine disposta dalla procura della Repubblica, è stato oggetto di provvedimenti cautelari (arresti domiciliari) conseguenti a gravi imputazioni di corruzione in atti giudiziari ed a falsa testimonianza;
il gip del tribunale di Agrigento ha confermato il provvedimento già emesso;
il tribunale del riesame, nel revocare la misura degli arresti domiciliari, ha disposto per il sindaco il divieto di dimora nel territorio di Licata stante i gravi indizi di colpevolezza a carico dell'avvocato Balsamo;
questa situazione ha indotto, il prefetto di Agrigento a disporre la sospensione di Balsamo dalle funzioni di sindaco del comune;
la città di Licata, a seguito di tali vicissitudini giudiziarie, vive uno stato di comprensibile sbandamento e paralisi amministrativa;
Licata è una media città siciliana, dalle numerose e diversificate attività produttive nel settore agricolo, artigianale, commerciale e della pesca che necessitano, anche sul piano amministrativo locale, di punti di riferimento certi per poter svolgere il proprio lavoro e la propria missione sociale;
la città di Licata, non più tardi di qualche anno fa, nel 2010, ha vissuto un'analoga situazione di incertezza e precarietà amministrativa conseguente a misure cautelari disposte dalla magistratura a carico del predecessore dell'attuale sindaco;
il perdurare di tale anomala situazione, stante che il sindaco non rassegna le proprie dimissioni per potersi difendere e tutelare davanti l'autorità giudiziaria, senza far ricadere sulla collettività le conseguenze delle proprie vicende giudiziarie, rischia di compromettere le possibilità di crescita e di sviluppo di Licata, in un momento di grave crisi economica e produttiva –:
sia a conoscenza della situazione determinatasi a Licata;
se non ritenga, per quanto di competenza, di dovere acquisire ulteriori elementi di conoscenza attraverso i normali canali istituzionali. (3-00702)
Interrogazione a risposta in Commissione:
COLLETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il numero dei passeggeri dell'aeroporto internazionale d'Abruzzo è in costante crescita ed è passato dai 302 mila passeggeri del 2003 ai 548 mila del 2013;
nell'ambito della razionalizzazione dei presidi territoriali è stata ipotizzata la chiusura dell'ufficio di polizia di frontiera aerea e marittima di Pescara, caso unico nel panorama nazionale;
la presenza dei presidi di polizia negli aeroporti internazionali italiani è necessaria per soddisfare i requisiti di sicurezza richiesti dalle normative europee e nazionali, fra cui l'articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale n. 85 del 1999;
la mancanza della polizia di frontiera potrebbe comportare il declassamento o la chiusura dello scalo a seguito dei controlli di team ispettivi nazionali ed europei volti ad accertarne l'idoneità degli standard di sicurezza;
non vi sarebbe risparmio dato che la polizia di frontiera è ospitata a titolo gratuito dalla Società SAGA e dalla capitaneria di porto e che le autovetture, i mezzi e la strumentazione tecnica sono forniti gratuitamente al Ministero dell'interno dall'Agenzia europea per le frontiere e non sono utilizzabili per altri servizi –:
quali forze il Governo intenda utilizzare per garantire gli standard di sicurezza in ambito aeroportuale ora mantenuti dalla polizia di frontiera, a fronte del costante aumento del numero di passeggeri che si è verificato in questi anni;
se il Governo, alla luce di un grave danno economico e di immagine a livello nazionale, nonché della mancanza di un concreto risparmio, intenda rivalutare attentamente l'opportunità politica ed economica della chiusura dell'ufficio di polizia di frontiera aerea e marittima di Pescara. (5-02413)
Interrogazioni a risposta scritta:
POLVERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'idoneità sanitaria dei vigili del fuoco dapprima è stata regolamentata dall'articolo 31 del CCNL 1994/97 e successivamente dall'articolo 33 del contratto collettivo 1998/2001 ed allora il legislatore sosteneva che coloro che appartenevano all'organico dei vigili del fuoco con mansioni operative, qualora fossero stati oggetto di riscontrati particolari problemi di natura sanitaria, secondo i parametri di cui erano informati le Commissione mediche ospedaliere (CMO), avrebbero dovuto transitare nel settore amministrativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. In buona sostanza, vi era una bipartita distinzione di natura sanitaria: o idonei o inidonei al servizio attivo, con possibilità in quest'ultimo caso di transitare al supporto tecnico-amministrativo spogliandosi della divisa operativa. La risoluzione del rapporto lavorativo per inidoneità, veniva in ogni caso subordinata alla sola ipotesi di assoluta impossibilità ad utilmente ricollocare il lavoratore in qualsivoglia struttura organica dell'amministrazione, al fine di recuperarlo al servizio attivo, anche se in mansioni diverse ma affini a quelle già svolte, appartenenti allo stesso profilo;
con successive tornate contrattuali, l'articolo 33 del CCNL del 1998/2001 fu modificato. L'innovazione certamente più significativa avvenne ad opera dell'articolo 18 del contratto del 2002/2005. Fu così introdotto un giudizio tripartito. Ai vigili del fuoco, sottoposti a visite d'idoneità, era consentito essere considerati idonei, inidonei o parzialmente idonei a differenza del passato in cui l'unico giudizio possibile era quello bipartito e cioè idonei al servizio attivo di soccorso e/o inidonei in modo assoluto;
questa novità fu comunicata alle CMO competenti da una circolare con cui invitava le commissioni a far propria l'innovazione. Per inciso, la disciplina è ora riprodotta nell'articolo 134 del decreto legislativo n. 217 del 2005 recante l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Lo stesso articolo 18, al comma 6, prevedeva inoltre che, coloro che furono costretti al transito nel settore amministrativo prima della predetta modifica legislativa, potessero essere rivalutati su propria richiesta per essere ricollocati nel settore operativo allo scopo di emendare una disuguaglianza tra chi subì gli effetti del regime precedente e chi s'avvantaggiò del diritto sopravvenuto. Questa norma, comma 6 dell'articolo 33 del CCNL, come modificato dall'articolo 18, non è mai stata applicata nonostante le richieste di alcuni dipendenti;
quanto sopra ha portato, ad oggi, al crearsi di notevoli disparità tra il personale in servizio, in quanto vi sono vigili del fuoco che per le differenti contingenze normative descritte, si trovano ad essere «amministrativi» ed altri, al contrario, che sono rimasti nel settore operativo grazie all'introduzione della parziale idoneità (o inidoneità) pur trovandosi nelle medesime condizioni dei ”transitati ai ruoli del Supporto amministrativo-tecnico informatico nel periodo del cosiddetto giudizio bipartito. Si tenga, però, presente che il legislatore, a prescindere dalla diversa formulazione della normativa contrattuale di riferimento, ha comunque sempre inteso subordinare il transito dei dipendenti del Ministero dell'interno con qualifica di vigile del fuoco ai ruoli Sati, quale ultima ratio a disposizione, nell'ipotesi di effettiva gravità e compromissione psico-fisica definitiva ed irreversibile del dipendente, derivante dalla patologia da cui lo stesso risulta interessato –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, attraverso l'individuazione di linee guida univoche a livello nazionale per la valutazione del personale richiedente, per consentire che il personale, ex vigili del fuoco, che ad oggi vi abbia ancora interesse e che nel corso dell'arco temporale sopra descritto, a cavallo tra il succedersi delle disposizioni normative di cui sopra, a causa di proprie patologie psico-fisiche, sia transitato nei ruoli Sati, possa essere sottoposto nuovamente a visita medico-legale mediante il servizio sanitario interno allo stesso del Corpo dei vigili del fuoco, il quale, oltre ad essere meno oneroso per l'amministrazione rispetto alle CMO, potrà essere sicuramente più attento a queste ultime rispetto alle peculiarità del Corpo, ritenendo interesse dell'amministrazione, viste le esigue piante organiche operative, recuperare all'operatività chi ne è stato escluso in ragione di una vecchia normativa e/o di valutazioni che non hanno tenuto in debito conto la necessità di esperire tutti gli utili tentativi per recuperare il proprio personale al servizio attivo. (4-04117)
SARTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'unico organo che contrasta i reati in rete, come pedofilia, cyber bullismo e frodi informatiche è attualmente la polizia postale;
nella provincia di Rimini i reati informatici aumentano di circa il 20 per cento all'anno; di tale tipologia di reato, dal 2007, se ne occupa esclusivamente la sezione polizia postale e delle comunicazioni di Rimini; secondo il piano nazionale di riorganizzazione presentato dal vicecapo della polizia, Alessandro Marangoni, è prevista la chiusura di 73 sezioni provinciali della polizia postale tra cui quella riminese (oltre alla cancellazione delle squadre nautiche, di una ventina di presidi della Statale e di una trentina della Polfer); la ratio di tale taglio sarebbe la razionalizzazione delle risorse umane;
tale eliminazione comporta un danno lasciando i cittadini completamente scoperti di tutela per i reati informatici, oggi sempre più diffusi e in crescita; solo la sezione di Rimini nell'ultimo biennio ha ricevuto 750 denunce, arrestato 9 delinquenti, denunciato 170 persone in stato di libertà, ha svolto 170 operazioni delegate dall'autorità giudiziaria e ricevuto oltre 500 richieste di collaborazione da parte di altre forze di polizia, garantendo in totale 390 pattuglie in servizio di controllo del territorio;
le organizzazioni sindacali hanno immediatamente espresso la loro preoccupazione in merito al venir meno della Postale riminese, la cui azione, come per ogni polizia postale, in applicazione della legge n. 269 del 1998, ha competenza esclusiva sulle attività riguardanti la prostituzione minorile e la pornografia minorile è stata determinante nella persecuzione di reati quali la frode e la pedofilia;
si aggiunge che la polizia postale non comporta alcun costo a carico dei contribuenti essendo totalmente a carico di Poste italiane che ha provveduto di recente a ristrutturarne la sede fornendola di tutte le apparecchiature elettroniche per svolgerne la specifica attività di polizia a cui è preposta; anche per quanto attiene ai consumi per le utenze aperte presso tale ufficio sono interamente a carico di Poste italiane; tale servizio a Rimini costa zero allo Stato e conseguentemente alla collettività. Al contrario viene negato così facendo un importantissimo servizio per i cittadini, in particolare la polizia postale non potrà dare il proprio apporto nelle scuole: non verranno più effettuati programmi di formazione relativi all'uso sicuro del web (ricordiamo che ad oggi la maggior parte dei reati informatici riguardano i minori);
sebbene con la presente interrogazione si dia maggiore attenzione alla situazione di Rimini la chiusura delle sezioni di polizia postale fa parte/rientra in un piano di riordino e taglio degli stipendi che colpisce diversi presidi: chiusura di undici commissariati; la soppressione di due compartimenti e 27 presidi della Stradale; saranno chiuse due zone di frontiera e 10 presidi minori; saranno soppresse tutte le 50 squadre nautiche, quattro sezioni di sommozzatori, undici squadre a cavallo e perfino quattro nuclei artificieri. È in corso anche la riduzione delle scuole di formazione –:
se il Ministro non ritenga necessario rivedere il piano di riordino delle forze di polizia ponendosi l'obiettivo di innalzare il livello di sicurezza su tutto il territorio nazionale;
se intenda precisare in seguito ai tagli effettuati con quali forze e strumenti verrà garantito il territorio e la sicurezza dei cittadini in quei luoghi nei quali verranno soppressi i presidi. (4-04119)
MOGNATO, MARTELLA, MURER, MORETTO, ZOGGIA, NARDUOLO, NACCARATO, ROTTA, RUBINATO, SBROLLINI, FIANO, ZARDINI, MIOTTO, D'ARIENZO, CARNEVALI, CRIVELLARI e MARCON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la formazione politica di estrema destra «Forza Nuova» sta promuovendo per sabato 29 marzo una manifestazione con il motto «marceremo su Venezia», dalla chiara impronta neofascista;
l'obiettivo esplicito di tale manifestazione è il comune di Venezia, e in particolare le sue politiche di integrazione e inclusione, che ne hanno fatto un modello di welfare urbano e promozione culturale largamente riconosciuto;
nel corso delle ultime settimane la medesima organizzazione ha più volte e reiteratamente attaccato le scelte dell'amministrazione comunale di Venezia in materia di protezione e tutela delle marginalità, di promozione dei diritti civili e sociali;
sono concreti i rischi di una degenerazione di tale manifestazione;
associazioni e personalità del mondo civile e culturale veneziano si stanno mobilitando per tenere nella stessa giornata una grande mobilitazione pacifica per ribadire e riaffermare le scelte di civiltà fatte dall'amministrazione comunale di Venezia con le proprie politiche –:
se intenda verificare l'opportunità di non consentire lo svolgimento di una manifestazione che fin dal titolo riecheggia e si richiama esplicitamente ad un'ideologia discriminatoria, razzista e xenofoba al fine di evitare la compromissione dell'ordine pubblico. (4-04121)
LACQUANITI, DI SALVO, MELILLA, RICCIATTI e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il collegamento autostradale Brescia-Bergamo-Milano (Bre.Be.Mi.), che sarà ultimato a breve, renderà la città di Treviglio, uno dei caselli previsti, uno snodo fondamentale della tratta Milano-Brescia;
forte è il rischio che con l'inaugurazione di tale collegamento, fissata nei prossimi mesi, a causa dell'insediamento delle nuove infrastrutture e della conseguente maggior circolazione di persone e ricchezze, abbia luogo un aumento del tasso di criminalità;
in particolare, gli abitanti di Treviglio – una zona con livello di criminalità da sempre minimo rispetto ad altre località del nostro Paese – stanno vivendo una fase di grande insicurezza per i furti che, da ultimo, sarebbero in aumento nella zona, come dichiarato dal dottor Angelo Murtas, vicequestore presso il commissariato di polizia di Treviglio in un'intervista rilasciata alla stampa locale;
la criminalità di stampo mafioso, da tempo accertata in Lombardia, rappresenta un fenomeno rispetto al quale è necessaria un'attività massima di contrasto –:
quali misure intenda adottare il Ministro interrogato, soprattutto in relazione all'attività del dipartimento della pubblica sicurezza, al fine di scongiurare l'aumento del tasso di criminalità, come illustrato in premessa, ricollegabile all'apertura del casello di Treviglio lungo la «Bre.Be.Mi»;
se intenda rivedere la previsione di chiusura del commissariato di polizia di Treviglio, considerata l'importanza strategica ad esso riconducibile per il contrasto alla crescente criminalità nella zona.
(4-04123)
MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
presso il distaccamento dei vigili del fuoco di Bardolino, in provincia di Verona, è operativo, dal 2001, un presidio acquatico finalizzato al contrasto del rischio acquatico di superficie, e, a quanto risulta all'interrogante, l'unità navale antincendio denominata «MTP antincendio RAFF VR 06» ivi dislocata potrebbe essere a breve trasferita;
il lago di Garda, con 365 chilometri quadrati di superficie, una lunghezza di 52 chilometri ed una larghezza di 16,7 chilometri, e dalla profondità massima di 350 metri, presenta caratteristiche morfologiche che da una parte attirano milioni di turisti e dall'altra creano condizioni meteorologiche particolari, con repentini ed improvvisi cambi di condizioni meteo che creano improvvisi fortunali di notevole intensità, come testimoniato anche il numero di incidenti, anche mortali, che ogni anno segnano le stagioni turistiche;
proprio in ragione di tali caratteristiche morfologiche e geologiche, ed in ragione della necessità di interventi rapidi, dal 2007 è utilizzata dai vigili del fuoco di Verona l'imbarcazione RAFF VR 06, riconosciuto come il mezzo migliore per affrontare i vari scenari incidentali che i vigili del fuoco si trovano a fronteggiare sul lago di Garda;
a quanto risulta all'interrogante, al posto della motonave, verrebbe destinato un battello pneumatico proveniente da Cagliari che risulta essere fuori servizio per gravi carenze strutturali, denominato «RIBB 02» ma che comunque, proprio per le caratteristiche morfologiche del lago di Garda, non può essere mezzo sostitutivo;
organi di stampa locali delle scorse settimane (L'Arena di Verona) hanno anche riportato la notizia secondo la quale è intenzione dello stesso Ministero dell'interno procedere entro breve con la chiusura di alcuni uffici di specialità della polizia dello Stato, tra i quali anche la squadra nautica di Peschiera del Garda;
tale eventualità, la quale sta sollevando molte preoccupazioni tra i cittadini e tra gli amministratori locali, se confermata, lascerebbe il bacino del lago di Garda privo di forze di polizia, se si considera anche che nel 2013 hanno già cessato l'attività le motovedette dei carabinieri, e che sull'intera area rimarrebbero operativi solo il presidio della Guardia costiera e della Guardia di finanza di Salò, entrambe collocate sulla sponda bresciana del lago;
l'attività oggi svolta dalla squadra nautica di Peschiera del Garda e il servizio dei vigili del fuoco di Bardolino si rilevano fondamentali per garantire la sicurezza sulle spiagge e sul litorale, dove maggiormente si verificano trasgressioni delle ordinanze delle autorità;
il 17 luglio 2012, in I Commissione affari costituzionali, alla Camera, è stata presentata una risoluzione (8-00213) sottoscritta dai deputati Vanalli, Munerato, Negro, Bragantini, Comaroli, Consiglio, nella quale si impegnava il Governo pro tempore a valutare, nel quadro della riorganizzazione generale prevista per la flotta dei vigili del fuoco, e sia pure nel rispetto delle economie previste dalla cosiddetta «spending review», l'opportunità di non privare il territorio veronese dell'unità navale «RAFF», importantissima ai fini del soccorso in situazioni di pericolo degli abitanti e degli innumerevoli turisti del lago di Garda; tale risoluzione, in data 22 novembre 2012, è stata approvata –:
quale sia l'orientamento del Ministro interrogato sulla vicenda descritta in premessa e se, a fronte delle crescenti preoccupazioni degli amministratori locali, oltre che dell'approvazione della risoluzione sopra riportata, non ritenga opportuno garantire il regolare servizio della squadra nautica di Peschiera del Garda e di vigili del fuoco di Bardolino, anche in ragione della sicurezza lacustre che deve essere garantita per i cittadini e per i milioni di turisti che frequentano il lago. (4-04125)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
CATALANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
in quattro istituzioni scolastiche della provincia di Parma istituto comprensivo di Fornovo di Taro, istituto comprensivo «Ferrari» di Parma, istituto comprensivo di Traversetolo e istituto di comprensivo di Langhirano, l'ente di ricerca Invalsi ha svolto, coinvolgendo il personale scolastico, il progetto denominato «valutazione e miglioramento»;
secondo quanto si apprende dalla Federazione Gilda Unams (Gilda degli insegnanti) di Parma l'ente di ricerca Invalsi avrebbe suggerito di non sottoporre l'adesione al progetto alla deliberazione del collegio dei docenti;
l'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 che disciplina i processi decisionali inerenti all'autonomia didattica ed organizzativa, di ricerca e sperimentazione specifica che le istituzioni scolastiche, nelle loro articolazioni collegiali, curano la ricerca valutativa insieme alla progettazione formativa;
la comunicazione dell'ente Invalsi, che impropriamente viene percepito quale organismo gerarchicamente superiore da taluni uffici scolastici, ad avviso dell'interrogante ha indotto in un'erronea buonafede alcuni funzionari in merito alla competenza a deliberare da parte del collegio dei docenti;
l'ente Invalsi è l'unico organismo pubblico che opera in provincia di Parma senza intrattenere alcun tipo di relazioni sindacali con le rappresentanze del personale scolastico –:
di quali elementi disponga in merito a quanto esposto in premessa e se trovi conferma la circostanza che l'ente Invalsi abbia indicato come non necessaria la deliberazione del collegio dei docenti per l'adesione al progetto;
nel caso in cui ciò sia avvenuto, quali iniziative siano state intraprese, o si intendano intraprendere, nei confronti dei preposti dell'Invalsi i quali trasmettendo una comunicazione, ad avviso dell'interrogante impropria, hanno creato turbamento nella serenità delle istituzioni scolastiche ed un poco opportuno inasprimento nelle relazioni tra l'amministrazione scolastica periferica e le rappresentanze sindacali. (5-02422)
Interrogazioni a risposta scritta:
SARTI, BUSINAROLO e COLLETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
tra gli obiettivi dell'Agenzia Spaziale Italiana vi è quello di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie e «la valorizzazione a fini produttivi e sociali e il trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca nel settore spaziale e aerospaziale» (articolo 3 comma 1 lettera e) decreto legislativo del 4 giugno 2003, n. 128, «riordino dell'Agenzia Spaziale Italiana»);
in data 7 febbraio 2014 il Presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana, ingegner Enrico Saggese, dava le dimissioni poiché indagato per concussione e corruzione;
in data 12 febbraio 2014, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, onorevole Maria Chiara Carrozza, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, il professor Aldo Sanduili veniva nominato commissario straordinario dell'Agenzia spaziale italiana (ASI);
in data 13 febbraio 2014, in ottemperanza all'articolo 11 del decreto legislativo n. 213 del 31 dicembre 2009 recante «Riordino degli enti di ricerca in attuazione dell'articolo 1 della legge 27 settembre 2007, n. 165» prevede, da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di nominare «1. (...) un comitato di selezione, composto da un massimo di cinque persone, scelte tra esperti della comunità scientifica nazionale ed internazionale ed esperti in alta amministrazione, di cui uno con funzioni di coordinatore (...). Il comitato di selezione agisce nel rispetto degli indirizzi stabiliti dal Ministro nel decreto di nomina e, per gli adempimenti aventi carattere amministrativo, è supportato dalle competenti direzioni generali del Ministero (...).
2. Il comitato di selezione fissa, con avviso pubblico, le modalità e i termini per la presentazione delle candidature e, per ciascuna posizione e dove possibile in ragione del numero dei candidati, propone al Ministro: a) cinque nominativi per la carica di presidente; b) tre nominativi per la carica di consigliere»;
il Ministro pro tempore Carrozza nominava il suddetto comitato di selezione nelle persone di: professor Fabio Beltram, direttore della scuola normale superiore di Pisa (coordinatore); professoressa Donatella Sciuto, prorettore delegato del politecnico di Milano; Giacinto Della Cananea, professore ordinario di diritto amministrativo dell'università degli studi di Roma di Tor Vergata;
nessuno dei tre membri della Commissione dispone di una laurea o di una preparazione approfondita nel settore della ricerca spaziale o affini e, tantomeno, una conoscenza elevata dell'industria spaziale sia manifatturiera che dei servizi;
il professor Aldo Sanduili e il membro del Comitato di selezione, professor Della Cananea, hanno mantenuto una stretta collaborazione negli anni avendo pubblicato insieme il libro nel 2011 «Global standards for public authorities» di G. Della Cananea e A. Sanduili, Editoriale Scientifica Napoli;
in data 27 febbraio 2014 sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca veniva pubblicato l'avviso dal titolo «Avviso di chiamata pubblica alla candidatura per la carica di Presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana (ASI)» –:
se il Ministro ritenga sussistente l'idoneità dei membri della Commissione a valutare: «esperienza nella ricerca scientifica e tecnologia; esperienza nella gestione dei programmi tecnologici; (...) esperienza nella promozione, sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica, nello sviluppo di servizi innovativi e nel trasferimento tecnologico» (da avviso di chiamata pubblica per la candidatura per la carica di presidente dell'agenzia spaziale italiana) e quali iniziative intenda assumere. (4-04133)
VACCA, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, MARZANA, BATTELLI, SIMONE VALENTE, COLLETTI, CHIMIENTI, BRESCIA, D'UVA e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
con l'atto di sindacato ispettivo n. 3-00489 del 28 novembre 2013 si chiedeva al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca se e come intendeva sanzionare una volta per tutte quegli istituti scolastici che, nonostante le circolari ministeriali, continuavano ad avere un atteggiamento ambiguo e non conforme alle indicazioni riguardo alla richiesta di contributi volontari alle famiglie;
l'interrogazione n. 3-00489 era stata ispirata dalla circolare n. 5259/B15-B17b dell'istituto comprensivo statale Pescara n. 5 avente come oggetto l'assicurazione responsabilità civile (RC) e infortuni alunni e attività di ampliamento e di arricchimento dell'offerta formativa azione POF 2013/2014;
in seguito all'interrogazione, in data 20 dicembre 2013, è stato affidato un incarico ispettivo alla dirigenza tecnica Maria Teresa Spinosi per accertare la fondatezza delle denunce di irregolarità nella richiesta e nella gestione dei contributi volontari alle famiglie presso dell'istituto comprensivo statale Pescara n. 5;
la relazione scaturita in seguito all'ispezione conclude che «non emergono addebiti nei confronti della dirigente scolastica, a parte l'inopportuna nomina come collaboratore vicario del proprio figlio, anche se dettato da uno stato di necessità (cfr. dichiarazioni della dirigente) e comunque sanata in data 10 gennaio 2014;
la questione dell'inopportuna nomina come collaboratore vicario del proprio figlio era stata, comunque, sollevata in conferenza stampa dal primo firmatario del presente atto che annunciava la presentazione di una interrogazione parlamentare;
l'interrogazione, la n. 4/03109, è stata presentata in data 10 gennaio 2014 e riguarda la possibilità, alla luce della normativa vigente, del dirigente scolastico di nominare come vicario parenti fino al secondo grado;
dalla relazione del dirigente tecnico Maria Teresa Spinosi si evince che:
a) è stata ricostruita «l'accusa» rivolta al dirigente dell'istituto comprensivo statale Pescara n. 5 con l'interrogazione parlamentare n. 3-00489 del 28 novembre 2013 e con il successivo comunicato del primo firmatario del presente atto omettendo, forse erroneamente, la seconda interrogazione n. 4/03109 in cui si sollevava il problema riguardante la nomina del vicari;
b) è stata inoltrata al dirigente scolastico dell'istituto comprensivo statale Pescara n. 5 una richiesta di chiarimenti che, puntualmente, è stata fornita dall'interessata: nella risposta, naturalmente, vengono respinte tutte le «accuse»;
c) vengono acquisiti molti documenti forniti dalla dirigente scolastica per dimostrare l'infondatezza delle «accuse»;
d) vi è stato un colloquio con il primo firmatario del presente atto Gianluca Vacca presso l'ufficio scolastico regionale dell'Aquila;
e) vi è stato anche un colloquio con la dirigente scolastica, ma non si evince chiaramente dove è avvenuto l'incontro, in cui la dirigente si discolpa in merito all'ambiguità circa le modalità di richiedere il contributo, precisando che in nessun atto è rinvenibile la parola contributo «obbligatorio», ma si parla sempre di «erogazione liberali» e che anche la richiesta di 6,30 euro per il contributo assicurativo è pure essa a carattere facoltativo. Rispetto all'accusa di aver nominato come docente vicario il proprio figlio, la dirigente scolastica riferisce che ciò è avvenuto per mancanza di disponibilità di altri docenti, pur invitati ripetutamente ad assumersi tale responsabilità, aggiungendo che, il collaboratore vicario, pur potendo fruire dell'esonero dal servizio, ha preferito assolvere alle attività di docenza per l'intero orario di servizio su ben tre classi di scuola primaria a lui assegnate;
f) successivamente alle visite avvenute in date ignote in quanto non riportate nella relazione, ad eccezione di quella dell'8 gennaio il collaboratore vicario del dirigente scolastico, in data 9 gennaio 2014, chiede di essere sollevato dall'incarico; in data 10 gennaio viene conferito l'incarico di collaboratore vicario ad un altro docente;
g) il relatore considera che quanto avviene nell'istituto comprensivo statale Pescara n. 5 è conforme alle norme. Dai colloqui con la dirigente, dalle evidenze empiriche scaturita durante le visite nelle scuole, da elementi di natura reputazionale, dalle attività delle scuole in questione, ma soprattutto dai documenti messi a disposizione dalla dirigente scolastica non si evincono la fondatezza delle accuse della signora Roselli Luana Cinzia (all. c della relazione) né quella del primo firmatario del presente atto, riportate nell'interrogazione parlamentare (all. f) e nei numerosissimi articoli sui quotidiani locali;
h) il relatore conclude che non emergono addebiti nei confronti della dirigente scolastica, a parte l'inopportuna nomina come collaboratore vicario del proprio figlio, anche se dettata da uno stato di necessità e comunque sanata in data 10 gennaio 2014;
i) il relatore, nella conclusione, rileva che la riluttanza delle famiglie ad aderire alla contribuzione volontaria sta, negli ultimi tempi, diventando un problema assai diffuso. La scuola ha bisogno di famiglie che si facciano carico del miglioramento del bene comune. Viene affermato, inoltre, che l'indagine effettuata nell'istituto comprensivo statale Pescara n. 5 ha fatto emergere, forse, solo la punta di un iceberg e che il problema si sta manifestando, seppur in forme diverse, in tutta la provincia (e non solo), e non è improbabile che situazioni analoghe possano esplodere altrove;
rispetto al contenuto della relazione tecnica si deve puntualizzare che:
a) a quanto consta agli interroganti, non è stato ascoltato nessun genitore e nessun docente, ma l'indagine è avvenuta solo ascoltando la parte «accusata»;
b) non risulta fornita alcuna documentazione che attesti, in merito alla nomina del vicario del dirigente, la richiesta di disponibilità da parte di altri docenti e la conseguente risposta negativa (come dichiarato dal dirigente scolastico);
c) la dirigente puntualizza che anche i contributi per le assicurazioni non sono obbligatori e, quindi, tende a dimostrare l'infondatezza dell'accusa secondo cui non scorporando la quota di assicurazione da quella del contributo volontario (erogazione liberale) avrebbe creato una situazione di ambiguità: su tale punto è bene ricordare che è vero che l'assicurazione non è di per se obbligatoria, ma dal momento che la scuola l'ha sottoscritta (deliberandola nel Consiglio di Istituto), il genitore è obbligato a rimborsare la quota alla scuola in quanto figurante come spesa sostenuta per conto delle famiglie, per cui è quantomeno poco chiaro l'utilizzo di un versamento della quota assicurativa accorpata a quello del contributo volontario;
d) nelle conclusioni del dirigente tecnico si definisce inopportuna la nomina del proprio figlio come collaboratore vicario, ad avviso degli interroganti di fatto disattendendo ogni aspetto etico e il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62;
e) nelle conclusioni il dirigente tecnico evidenzia la riluttanza delle famiglie ad aderire alla contribuzione volontaria come «un problema assai diffuso», esprimendo, quindi, quello che agli interroganti appare un giudizio personale sui contributi volontari che esulano dall'incarico ispettivo «per accertare la fondatezza delle denunce di irregolarità nella richiesta e nella gestione dei contributi volontari alle famiglie presso dell'istituto comprensivo statale Pescara n. 5»;
f) le considerazioni personali del dirigente tecnico fanno evincere secondo gli interroganti la dubbia imparzialità riguardo al problema dei contributi volontari delle famiglie a favore delle scuole, che giudica necessari per la scuola, contestando, così, indirettamente il principio di volontarietà degli stessi;
non è stata ancora data alcuna risposta né all'interrogazione n. 3-00489, né all'interrogazione n. 4/03109 –:
quali siano le modalità secondo le quali gli uffici scolastici regionali effettuano le ispezioni presso gli istituti scolastici, se si limitino ad ascoltare solo il diretto interessato – nel caso descritto in premessa il dirigente scolastico – e non le famiglie e il corpo docente anche quando appaia necessario per una piena comprensione dei fatti;
se, alla luce della normativa vigente, sia possibile che un dirigente nomini come vicario un parente fino al secondo grado e per quale motivo il dirigente tecnico non abbia approfondito tale aspetto;
se il Ministro intenda approfondire la vicenda dell'ispezione nell'istituto comprensivo statale Pescara n. 5 alla luce del fatto che la dirigente scolastica viene creduta sulla parola soprattutto nella vicenda riguardante la nomina del vicario e non viene chiesto, secondo quanto si evince dalla relazione, alcuna documentazione nel merito accontentandosi dell'avvenuta sanatoria della situazione. (4-04134)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il Gruppo editoriale Zanardi rappresenta il traguardo di un lungo percorso che ha portato a fondersi esperienze e realtà diverse del Veneto e del Friuli Venezia Giulia;
negli anni ’60 i Fratelli Zanardi fondavano a Padova la Legatoria Zanardi. Nel corso degli anni, parallelamente allo sviluppo della casa, nascevano nuove realtà come la legatoria Friulia in Maniago (Pordenone);
la crescente esigenza dei mercati ha portato ad una radicale razionalizzazione delle risorse al fine di accorciare la filiera produttiva;
si è così arrivati alla storia recente ed alla costituzione del Gruppo editoriale Zanardi, che ha accorpato in un'unica realtà tutti i vari know how di grafica, stampa e legatoria, unendo risorse umane ad esperienze lavorative diverse;
l'azienda ha avuto un importante sviluppo nel tempo ed ha conquistato un'elevata reputazione sul mercato, in particolare per la realizzazione di volumi di pregio e di dimensione importanti;
le difficoltà finanziarie sono iniziate a metà degli anni 2000 quando, accanto ad una riduzione del mercato dell'editoria, si sono sommate una serie di decisioni di acquisizione di aziende collegate non sempre corrette in termini economici e strategici;
la necessità di chiudere queste operazioni ha comportato esborsi di cassa che hanno minato l'operatività dell'azienda ed a questo si sono sommati alcuni fallimenti di clienti che hanno ulteriormente aggravato la situazione: da qui la condizione debitoria che alla fine del 2010 era di circa 20 milioni di euro;
nel 2011 l'azienda ha fatto ricorso a un accordo ex articolo 67 della legge fallimentare, per il consolidamento dei debiti, che doveva servire a consolidare la situazione e consentire il rilancio dell'azienda;
in realtà, l'operazione non ha dato i risultati sperati e la situazione si è ulteriormente degradata con i debiti che hanno raggiunto il livello di 25 milioni di euro. Di questi circa 12 milioni sono verso le banche e 5 milioni circa verso lo stato (INPS e IRPEF);
a fronte di questo, per proteggere il patrimonio aziendale e dare una possibilità di futuro ai 110 dipendenti, si è reso necessario un intervento drastico: da un lato è stata cambiata radicalmente la governance aziendale, e dall'altro è stata presentata domanda di concordato in bianco, per permettere all'azienda di presentare un piano per la continuità dell'attività, peraltro i dipendenti non vengono retribuiti da quattro messi ancorché gli stessi abbiano mostrato piena disponibilità ad offrire il proprio contributo per dare continuità aziendale, anche attraverso una partecipazione diretta di tipo cooperativistico o come in occasione dell’ emblematica scelta di rinunziare alla propria retribuzione per poter consentire all'azienda di acquistare le materie prime necessarie a non interrompere la continuità produttiva;
tuttavia questo percorso non è stato sostenuto dal ceto bancario, che ha difatti bloccato i fidi, costringendo l'azienda a sopravvivere solo con le proprie e limitate capacità. Tra le soluzioni prospettate dall'azienda in parola, risulterebbe congrua l'ipotesi di istituire una nuova società che possa riprendere l'attività, inizialmente «in affitto» e successivamente gli asset industriali o in alternativa avere delle linee di credito sufficienti per riprendere 1'attività produttiva: tale livello necessario è di circa 2 milioni di euro;
in questa situazione di disperazione si è anche avuto il suicidio di Giorgio Zanardi, uno dei due titolari, e il furto dei cavi di rame dell'impianto elettrico, che ha causato il blocco forzato della produzione;
l'azienda in questo momento sta lavorando per costruire una proposta di piano industriale per il futuro;
gli asset di questa azienda sono la competenza dei suoi lavoratori, le attrezzature specifiche che sono state messe a punto per la realizzazione dei libri di grande formato e la solida reputazione conquistata sul mercato per la qualità delle proprie realizzazioni;
le prime indicazioni del piano industriale, sorrette anche dalla reazione dei clienti, sono che la continuità dell'azienda è possibile ed economicamente sostenibile, anche se non ai livelli preesistenti la crisi –:
se i Ministri interrogati intendano adoperarsi al fine di promuovere l'apertura di un tavolo di concertazione che coinvolga tutte le parti interessate, con lo scopo di salvaguardare l'azienda e mantenere i livelli occupazionali della medesima;
se i Ministri interrogati non ritengano doveroso intervenire per porre freno alla catena di suicidi di imprenditori, come nel caso del titolare della Zanardi, che continuano a susseguirsi nel nostro Paese;
se i Ministri interrogati intendano intraprendere ogni iniziativa utile a favorire l'intervento di soggetti finanziari in grado di sostenere la riattivazione di un piano industriale e quindi la salvaguardia dell'azienda. (5-02415)
LENZI, GELLI, MIOTTO, CARNEVALI, ARGENTIN, CASATI, CAPONE, IORI, SBROLLINI, GRASSI e MURER. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
in questi ultimi anni la campagna contro i cosiddetti «falsi invalidi», quale causa principale dei disastri del bilancio italiano, è stata prima di tutto una campagna strumentale e mediatica, assumendo in alcuni momenti anche toni drammatici;
a partire dal 2008, con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria si prevede all'articolo 80 un «Piano straordinario di verifica» di 200.000 accertamenti nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile da attuarsi da parte dell'Inps nel periodo dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2009;
in questo caso l'individuazione del primo campione di 200.000 persone da sottoporre a visita fu demandata a un successivo decreto ministeriale del 29 gennaio 2009 che escluse dai controlli le persone affette dalle patologie di cui al decreto del 2 agosto 2007 (gravi patologie stabilizzate o ingravescenti), i residenti in regione Valle d'Aosta e nelle province autonome di Trento e Bolzano, ma anche le persone di età inferiore ai 18 anni e di età superiore ai 78 anni, i titolari di prestazioni sospese, gli invalidi inviati o da inviare a visita sanitaria di revisione rispettivamente dopo il 1o luglio 2007 o entro il 30 giugno 2010;
ancora in corso questi primi accertamenti con il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante «provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali» all'articolo 20, comma 2, si predispose per il triennio 2010-2012 da parte dell'INPS, con le risorse umane e finanziarie previste a legislazione vigente, in via aggiuntiva all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100.000 verifiche per l'anno 2010 e di 250.000 verifiche annue per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile;
in questo caso l'Inps prese a campione i titolari di indennità di accompagnamento (ciechi e invalidi) e di comunicazione, ma solo di età compresa fra i 18 e i 67 anni compiuti; i titolari di assegno mensile di assistenza (invalidi parziali), ma solo di età compresa fra i 40 e i 60 anni. Inoltre, il campione è stato estratto solo su chi percepisce assegni o indennità da prima del 1o aprile 2007 (Circolare INPS n. 76 del 22 giugno 2010). Le verifiche non riguardarono, quindi, né i minori, né gli anziani oltre i 67 anni di età (cioè la fascia più ampia dei percettori di indennità di accompagnamento), né gli invalidi al 100 per cento che ricevono la sola pensione di invalidità;
nel 2010 con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica all'articolo 10 venne previsto un potenziamento dei programmi di verifica per gli anni 2011 e 2012 portandoli a 250.000 l'anno per un totale di: 500.000 verifiche in due anni;
per il 2011 l'Inps prese come campione quello già evidenziato per il nel 2010 aggiungendo anche gli invalidi civili, ciechi civili e sordi – titolari di provvidenze economiche – il cui certificato di invalidità preveda una revisione fra luglio e dicembre 2011 mentre per il 2012 il campione comprese (circolare 76/2010 e messaggio 6763/2011) gli invalidi titolari di provvidenze economiche in scadenza prima della fine dell'anno (esclusi quelli per la quale la scadenza è prevista entro due mesi dal Messaggio); non viene fissato alcun limite di età; i titolari di indennità di accompagnamento (ciechi e invalidi) e di comunicazione ma solo di età compresa fra i 18 e i 67 anni compiuti; i titolari di assegno mensile di assistenza (invalidi parziali) ma solo di età compresa fra i 40 e i 60 anni;
infine con la legge di stabilità 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228) all'articolo 1, comma 109 si predispone per il periodo 2013-2015 da realizzarsi, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, un ulteriore un piano di 150.000 verifiche straordinarie annue, aggiuntivo rispetto all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, nei confronti dei titolari di benefici di invalidità civile, cecità civile, sordità, handicap e disabilità;
alla luce di tutti i piani di verifica approvati dal 2008 ad oggi, con un numero di controlli potenziali pari a 800.000 quanti siano effettivamente:
a) le persone disabili che attualmente percepiscono e, in che misura, una provvidenza economica;
b) le persone chiamate a verifica nei singoli anni dal 2009 al 2013, quale sia la loro dislocazione territoriale e quante siano quelle le cui provvidenze economiche siano state revocate;
c) le persone chiamate a verifica nei singoli anni dal 2009 al 2013, quale sia la loro dislocazione territoriale e quante siano quelle le cui provvidenze economiche siano state ridotte –:
quali siano in percentuale, nei singoli anni dal 2009 al 2013, le disabilità controllate e quali abbiano riportato una maggiore incidenza di revoche;
quali siano in percentuale, nei singoli anni dal 2009 al 2013, le disabilità controllate e quali abbiano riportato una maggiore incidenza di riduzioni;
quanti siano, nei singoli anni dal 2009 al 2013, i contenziosi aperti;
quanti siano costati, in termini di spesa, questi piani di verifica a fronte dei risparmi guadagnati;
quanto abbia inciso l'adozione di questi piani rispetto all'ordinaria attività dell'Inps. (5-02416)
FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
dopo la Seturbi e la Ferriera di Servola, a rischiare il posto di lavoro in Friuli ora anche i dipendenti della Wartsila, che lo scorso 19 marzo hanno scioperato e presidiato dinanzi al palazzo del Consiglio regionale per protestare contro il piano di tagli preannunciato dal Gruppo finlandese;
il gruppo finlandese ha a Trieste la propria principale sede italiana, che rappresenta la fabbrica di motori navali più grande d'Europa, con 1.150 dipendenti su un totale di circa 1.500 occupati in tutta Italia (altre sedi a Milano, Genova, Napoli, Taranto);
secondo quanto pubblicato sul quotidiano Il Piccolo del 19 marzo 2014, durante l'incontro con i sindacati tenutosi in data 13 marzo, la dirigenza aziendale Wartsila ha presentato le linee guida del piano industriale, confermando quanto preannunciato in via ufficiosa dell'esistenza di 130 eccedenze strutturali;
il taglio riguarderebbe i dipendenti dello stabilimento di Bagnoli della Rosandra;
tagliare d'emblée 130 posti di lavoro equivale alla chiusura da un giorno all'altro di un'azienda di medie dimensioni –:
se e quali iniziative di propria competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda adottare a tutela delle centinaia di posti di lavoro ed a salvaguardia dello stabilimento di cui in premessa. (5-02420)
Interrogazioni a risposta scritta:
MIGLIORE e DI SALVO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'INPS è tra i più grandi e complessi enti previdenziali d'Europa, gestisce la quasi totalità della previdenza italiana ed ha un bilancio che per entità è il secondo dopo quello dello Stato. Sono assicurati all'Inps la maggior parte dei lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato e dei lavoratori autonomi;
il presidente dell'INPS è il rappresentante legale dell'istituto. È nominato con decreto del Presidente della Repubblica e dura in carica 4 anni;
il presidente dell'Inps predispone il bilancio e i piani di spesa e investimento, attua le linee di indirizzo strategico dell'istituto e regolamenta l'organizzazione del personale e degli uffici, può assistere alle sedute del consiglio di indirizzo e vigilanza;
la figura del presidente, nell'attuale struttura organizzativa dell'ente, racchiude in sé tutti i poteri, ma è molto rischioso e contrario a principi di buona amministrazione affidare nelle mani di una sola persona la responsabilità di un ente che ha il secondo bilancio più grande per entità, dopo lo Stato, sul quale la Corte dei conti, nel dicembre 2013, ha lanciato un allarme perché sia messo in sicurezza, avendo rilevato un aumento del deficit e il primo disavanzo finanziario della sua storia; è necessario che sia approvata con urgenza una riforma della governance dell'ente, che – sulla base dell'avviso comune del 26 giugno 2012 sottoscritto da CGIL, CISL, e UIL, e da Confindustria – reintroduca un consiglio di amministrazione che affianchi il consiglio di sorveglianza e sostituisca la figura del presidente;
seguire la soluzione individuata dai sindacati può consentire di procedere speditamente nella riforma, evitando che si ripetano situazioni come quella del dimissionario presidente Mastrapasqua, la cui vicenda merita qui di essere ricordata;
Antonio Mastrapasqua è stato presidente dell'INPS dal luglio del 2008, con incarico rinnovato fino al 31 dicembre 2014 con il decreto legge Salva-Italia, per realizzare la fusione tra INPS, INPDAP e ENPALS;
la nomina a presidente dell'Inps di Mastrapasqua ha fatto seguito all'incarico di consigliere di amministrazione per i precedenti quattro anni (2004-2008). Dal luglio al dicembre 2008 egli è stato commissario straordinario del consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell'Inps. Per poco più di un anno (ottobre 2008-novembre 2009) è stato presidente del comitato di settore degli enti pubblici non economici (Epne). Rappresenta l'Inps nella partecipata Equitalia;
ma gli incarichi di Mastrapasqua, come noto ormai a tutt'Italia, sono numerosi. La lista seguente, diffusa dai giornali, prova a riassumerli:
a) incarichi nel settore privato:
presidente Idea Fimit: la più grande società immobiliare italiana;
direttore generale Ospedale Israelita: nosocomio con tre sedi a Roma;
amministratore unico della Litorale spa: azienda per lo sviluppo del litorale laziale;
b) incarichi negli enti pubblici:
presidente dell'Inps;
commissario del «super Inps»: nato dalla fusione di Enpals, Inpdap e Inps;
vicepresidente esecutivo di Equitalia: agenzia riscossione tributi;
c) incarichi tra consigli di amministrazione, collegi sindacali e presidenze:
Equitalia Sud spa, Presidente, Equitalia Nord spa, vice Presidente, Equitalia Centro spa Amministratore Delegato, Italia Previdenza spa, Direttore Generale, Aeroporti di Roma Engineering spa, Presidente del Collegio Sindacale, Aquadrome srl, Presidente del Collegio Sindacale, Cons. Cert. Qualità Impianti Presidente del Collegio Sindacale, EMSA Servizi spa (in liquidazione) Presidente del Collegio Sindacale, Eur Congressi Roma srl Presidente del Collegio Sindacale, Eur Power srl. Presidente del Collegio Sindacale, Eur Tel srl Presidente del Collegio Sindacale, Fondetir Fondo Pensione Complementare Dirigenti Presidente del Collegio Sindacale, Groma s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale, Italia Evolution s.p.a. (in liquidazione) Presidente del Collegio Sindacale, Mediterranean Nautilus Italy s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale, Quadrifoglio Immobiliare s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale, Rete Autostrade Mediterranee s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale, Telecontact Center s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale, Telenergia s.r.l. Sindaco Effettivo, Autostrade per l'Italia s.p.a. Sindaco Effettivo, Autostar Holdeing s.p.a. Sindaco Effettivo, CONI Servizi s.p.a. Sindaco Effettivo, Fandango s.r.l. Sindaco Effettivo, Loquenda s.p.a. Sindaco Effettivo, Pa.th.net s.p.a. Sindaco Effettivo, Terotec Sindaco Effettivo, Spirai Tools s.p.a. Sindaco Effettivo, Pastificio Bettini Zannetto s.p.a. Sindaco Effettivo, Consorzio Elis per la Formazione Professionale Superiore Sindaco Supplente – Telecom Italia Media s.p.a. Revisore – Almaviva s.p.a. Consigliere di Gestione, Centro Sanità s.p.a, Liquidatore, Office Automation Products srl;
secondo la stampa Mastrapasqua avrebbe precisato che i suoi incarichi sono soltanto nove oltre alla presidenza Inps (Equitalia, IdeaFimit, Ospedale Israelitico, Telenergia, Med Nautilus, Adr Engineering, Autostrade per l'Italia, Coni Servizi e Loquendo) e non venticinque. Fossero anche nove, sarebbero comunque troppi per una figura istituzionale chiamata a gestire un Ente come l'INPS, considerati l'alto rischio di conflitti di interesse che possono determinarsi;
sarebbe opportuno che la legge, in questo e in altri casi, preveda incompatibilità nette che impediscano ai manager pubblici di avere più incarichi;
quanto al potenziale conflitto di interessi, questo si è manifestato chiaramente il 25 gennaio 2014, quando gli organi di stampa hanno dato notizia, che la procura di Roma ha aperto un'inchiesta sulle cartelle cliniche truccate per gonfiare i rimborsi, all'ospedale Israelitico di Roma diretto da Antonio Mastrapasqua. Secondo il quotidiano La Repubblica ci sarebbero 12.164 schede di dismissione «taroccate» alla regione Lazio per ottenere «13,8 milioni di euro di rimborsi non dovuti», a cui si sommano «71,3 milioni di euro» di presunto «vantaggio patrimoniale»;
l'ex presidente dell'Inps risulterebbe indagato nell'inchiesta per la sua attività di direttore generale del nosocomio, ma intervenendo con una propria nota ha dichiarato: «Si precisa che l'inchiesta è stata avviata anche grazie all'impulso dato in passato dallo stesso Mastrapasqua e quindi ha proprio la finalità di far chiarezza ed individuare eventuali responsabili di condotte penalmente rilevanti. Nessun rilievo o interesse assumono nell'indagine il ruolo di presidente dell'Inps del dottor Mastrapasqua né tantomeno quello di Direttore Generale dell'Ospedale Israelitico in quanto i fatti ipotizzati attengono a condotte che sarebbero state poste in essere da alcuni dirigenti sanitari e non afferiscono né all'Inps né all'Ospedale Israelitico come struttura sanitaria di rinomata efficienza e professionalità; entrambe ingiustamente colpite dalla diffusione di questa notizia»;
a seguito della diffusione della predetta notizia, da molti settori della società e della politica è giunta la richiesta a Mastrapasqua di dimettersi, ma lui ha lungamente resistito prima di decidere di farlo;
ma il filone più interessante dell'indagine, con riferimento al conflitto di interessi, è quello che riguarda la compensazione di fatture certificate dell'Ospedale con debiti presso l'Inps, ma Mastrapasqua ha precisato che sarebbe stata effettuata in base ad una legge che permette questo scambio a tutte le strutture di carattere religioso. Se le fatture non erano regolari problema sarebbe della regione che le ha certificate e dei dirigenti dell'Inps che le hanno scontate e non del presidente dell'ente –:
come e in che tempi il Governo intenda promuovere la riforma della governance dell'istituto nazionale della previdenza sociale (INPS). (4-04115)
CIPRINI, TRIPIEDI, BECHIS, COMINARDI, CHIMIENTI, BALDASSARRE, RIZZETTO, ROSTELLATO e GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il territorio della regione Umbria sta conoscendo un continuo susseguirsi di crisi aziendali, vertenze, ricorsi alla cassa integrazione guadagni o addirittura a licenziamenti collettivi. La crisi sta colpendo in modo particolarmente duro ed è difficile trovare una parte della regione che non sia colpita da un evento che genera la perdita di posti di lavoro o la chiusura dell'azienda ovvero in alcuni casi lo «spostamento» della produzione verso altri territori (delocalizzazione o altrimenti definita «internazionalizzazione») con immaginabili forti ricadute sociali sulla vita delle famiglie, dei lavoratori e delle lavoratrici che si trovano in grande difficoltà;
secondo quanto rilevato dall'Istat, la regione Umbria è la più povera d'Italia dal Lazio in su e recentemente il trend non è cambiato;
i dati e la ricerca parlano chiaro: secondo il Rapporto economico e sociale 2012-2013 dell'AUR (Agenzia Umbria ricerche), la disoccupazione – sia essa la condizione dichiarata dall'intervistato, sia quella, più restrittiva, ricostruita dall'Istat con i criteri dello International Labour Office – rientra tra le condizioni di difficoltà individuate. Anzi, rappresenta la massima emergenza della condizione di debolezza;
nell'insieme, l'incidenza dei lavoratori in difficoltà sulla platea complessiva dei lavoratori (occupati e disoccupati ex-occupati) si è accresciuta in Umbria in modo considerevole con la recessione. C’è un salto abbastanza netto tra i livelli fino al 2008 (15-17 per cento), dal 2009 in avanti (oltre il 20 per cento): l'incidenza di situazioni di difficoltà finisce con il superare il 23 per cento nel 2011 per i lavoratori dipendenti;
i dati e la ricerca rispecchiamo la realtà: c’è il rischio concreto della scomparsa della produzione manifatturiera della regione: solo per citare le aziende maggiori per le quali ci sono tavoli di crisi già aperti alla regione o al Governo, Merloni spa (in amministrazione straordinaria dal 2012), polo chimico di Terni, SGL Carbon di Narni (TR), Sangemini spa, e non ultima Trafoitalia, già Trafomec spa di Tavernelle (PG) ed Eurotrafo di Fabro (TR);
emblematica della crisi del territorio è la vicenda della Trafomec spa ora Trafoitalia spa: la società Trafomec spa, oggi con sede legale a Milano e sede operativa a Tavernelle di Panicale (PG) e con uno stabilimento a Fabro (TR), è attiva nel settore dei trasformatori, reattanze e insieme magnetici per l'elettronica di potenza statica o mobile. Essa rappresenta(va) una eccellenza per la progettazione, produzione ed assistenza nel campo dei trasformatori industriali, reattori, combinatori professionali e componenti magnetici di potenza;
Trafomec rimane, insieme alla vetreria cooperativa di Piegaro in provincia di Perugia, la maggior fonte di occupazione e di reddito dell'intero territorio;
nonostante Trafomec potesse vantare di essere il fornitore esclusivo di clienti come la NASA, TGV treno ad alta velocità francese, la partecipazione al progetto ENEL per la prima centrale solare termodinamica di Siracusa, negli anni 2010-2011 e stata investita da una serie di indagini giudiziarie in cui rimanevano coinvolte persone legate alla vecchia proprietà Trafomec che unitamente ad una crisi del settore e la mancata ristrutturazione della struttura produttiva di Tavernelle di Panicale dovuta a scelte imprenditoriali del management, portavano la società alla richiesta di apertura di una procedura di mobilità nel luglio del 2011 con esuberi che coinvolgevano 105 lavoratori su 156 occupati presso lo stabilimento di Tavernelle e successivamente nel settembre 2011 veniva accolta la richiesta di cassa integrazione guadagni in deroga per la quasi totalità dei dipendenti (pari a 154 lavoratori);
di fatto la società ha perso importanti clienti e il know how acquisito con la fuoriuscita di numerosi collaboratori e nonostante i tentativi di rilanciare l'attività ad oggi la società versa in una grave crisi finanziaria;
oggi la Trafomec spa di Tavernelle di Panicale (PG) ha assunto la denominazione di Trafoitalia spa e lo stabilimento di Fabro (TR) è divenuto di proprietà della Trafomec Europe spa;
nel giugno del 2013 la società Trafomec Europe spa ha assunto la decisione di cessare l'attività esercitata presso l'unità produttiva sita in Fabro (TR) con riflessi sulla forza occupazionale comportando di fatto la risoluzione di tutti i rapporti di lavoro in essere con il personale ovvero 54 lavoratori oltre quelli già definiti in esubero strutturale e oggetto di una precedente procedura di mobilità;
la Trafoitalia spa, già Trafomec spa, attualmente occupa circa 113 dipendenti ha attivo un intervento di cassa integrazione guadagni riguardante un numero massimo di 47 dipendenti e tutto il personale che si trova in cassa integrazione è a zero ore senza rotazione;
la società Trafoitalia spa, nonostante gli ammortizzatori sociali in corso a seguito di una sofferta riorganizzazione/razionalizzazione della struttura produttiva e del personale, versa comunque in una grave crisi e ha una procedura di concordato preventivo in corso;
con la chiusura dello stabilimento di Fabro (Tr), rimane forte la preoccupazione tra i dipendenti sul proprio futuro lavorativo e sul futuro industriale del polo di Tavernelle di Panicale: risulterebbero infatti dismesse intere linee di produzione perché ritenute non economicamente sostenibili e l'attuale gamma di produzione comprende una fascia di prodotti standard più ampia rispetto ai pochissimi prodotti di nuova concezione e progettazione che costituivano il core business della originaria Trafomec;
imprese concorrenti hanno attirato a sé il personale tecnico più qualificato presente in azienda e risulterebbero vendute a terzi e a società concorrenti e/o trasferite presso l'unità produttiva cinese, alcune macchine e impianti con una sorta di «cannibalizzazione» dell'azienda e emorragia dei dipendenti più qualificati;
i dipendenti attualmente in forza presso lo stabilimento di Tavernelle di Panicale rimangono preoccupati del futuro lavorativo proprio e del futuro dello stabilimento produttivo;
il sospetto è che la vendita e la dismissione di alcune linee di produzione e l’«emorragia» di dipendenti non sia finalizzato al rilancio produttivo bensì al ridimensionamento a tutto vantaggio dell'azienda che sta assottigliando la propria forza occupazionale o ancor peggio ad una dismissione e/o cessazione dell'attività produttiva con il rischio di una ricollocazione dell'attività all'estero presso altre attività produttive che appartengono o sono collegate al gruppo cui Trafoitalia fa capo –:
se i Ministri sono a conoscenza della situazione descritta e quali concrete iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di promuovere la creazione di un piano industriale serio per il rilancio dell'attività produttiva e per la salvaguardia dei livelli occupazionali che possa ridare serenità e fiducia ai lavoratori della Trafoitalia spa;
quali iniziative intenda adottare al fine di preservare la presenza dell'azienda nel territorio umbro di Tavernelle di Panicale già duramente colpito dalla crisi;
quali iniziative urgenti intendano adottate per tutelare i lavoratori anche prorogando gli ammortizzatori sociali in essere ed attutire gli effetti della crisi, verificando anche la sussistenza di serie misure per la formazione professionale e la riqualificazione del personale. (4-04124)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
l'AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) è un ente pubblico non economico, istituito con decreto legislativo n. 165 del 1999 (successivamente modificato con decreto legislativo n. 188 del 2000);
l'AGEA tramite i servizi del SIAN, distribuisce agli agricoltori italiani ogni anno oltre 7 miliardi di euro di contributi della PAC (politica agricola comune) dell'Unione europea e il SIAN è costato alle casse dello Stato sino al 2013 oltre 800 milioni di euro;
la legge n. 231 del 2005 ha previsto la costituzione da parte di AGEA di una società a capitale misto pubblico privato, con partecipazione pubblica maggioritaria, alla quale affidare la gestione e lo sviluppo del SIAN, e AGEA, in applicazione della predetta norma, con delibera del consiglio d'amministrazione 25 novembre 2005 ha disposto la costituzione della SIN S.r.l.;
la SIN prevede nella propria struttura organizzativa una direzione audit e comunicazione, la cui mission è di assicurare il monitoraggio strategico ed operativo dei servizi e delle attività erogate da SIN per garantirne la coerenza con le procedure aziendali e gli obiettivi di qualità oltre a coordinare e promuovere la comunicazione interna ed istituzionale della società anche attraverso il supporto alla comunicazione istituzionale dei committenti;
la SIN aveva istituito nell'aprile 2011 un'area tecnica allo scopo di verificare il rispetto dei requisiti di integrazione del SIAN e la corretta realizzazione dei progetti esecutivi, struttura con competenze specialistiche poi soppressa nel dicembre 2011;
Repubblica, e di seguito altre riviste specialistiche del settore agro-alimentare, tra cui Agra Press e Agricolae, hanno pubblicato on line una serie di articoli sulle disfunzioni del SIAN che hanno indotto lo stesso Ministro a richiedere una relazione urgente al commissario straordinario AGEA;
tali disfunzioni sono state segnalate più volte, da relazioni e assessment tecnici di consulenti esterni nonché da due audit interni – voluti nel 2012 dall'allora presidente e amministratore delegato Ernesto Carbone e svolti da risorse ex area tecnica sotto la responsabilità della direzione audit e comunicazione – che pure avevano evidenziato gravi carenze infrastrutturali e problematiche relative ai dati e agli algoritmi di calcolo delle erogazioni (tra cui l'impossibilità di replicare le elaborazioni di pagamento, condizione richiesta dalla normativa europea);
le risorse specialistiche facenti parte della soppressa area tecnica risultano attualmente impiegate in posizioni non conformi alle proprie competenze né idonee al ruolo per cui erano state assunte dalla SIN mediante selezione concorsuale e la direzione collaudi (istituita nel luglio 2013 con i compiti di collaudo delle attività operative del socio privato) è stata via via depotenziata di parte del suo organico, trasferito ad altre strutture aziendali (5 risorse nel settembre e 1 risorsa nel novembre 2013);
la rappresentanza sindacale CGIL della SIN, che è costituita da due risorse della soppressa area tecnica, ha denunciato in più occasioni lo stato di paralisi in cui la società versa dall'agosto 2011, da quando cioè è avvenuta la trasformazione della SIN da S.r.l. in spa e una governante instabile (si sono avvicendati negli ultimi 2 anni addirittura 4 presidenti e 5 amministratori delegati) è stata chiamata a gestirla;
la stessa RSA CGIL ha intrapreso da tempo un confronto con i Capigruppo PD delle Commissioni agricoltura di Camera e Senato per «la forte preoccupazione per il mantenimento sia del livello occupazionale sia della professionalità dei dipendenti della SIN» e in questo senso ha rilasciato dichiarazioni a Repubblica e pubblicato un comunicato congiunto con i Capigruppo PD rispettivamente il 5 marzo ed il 13 marzo 2014;
una delle due rappresentanti sindacali della CGIL è stata trasferita nel novembre 2013 dalla direzione collaudi ad altra struttura e la stessa, in malattia dall'11 al 14 marzo 2014 come da regolare certificato medico, ha ricevuto in data 17 marzo 2014 una richiesta di chiarimenti da parte del direttore audit e comunicazione e responsabile del personale della SIN poiché «nell'articolo pubblicato dall'agenzia di informazioni Agra Press ...risulta che Lei ha partecipato, in data 13 marzo, insieme a....., ad un incontro con i capigruppo del PD in Commissione Agricoltura...., in qualità di RSA CGIL SIN»;
la RSA CGIL ha appena diffuso un ulteriore comunicato (AGEA-SIN: CASE DI VETRO???) denunciando la decisione della SIN di non pubblicare più nella rassegna stampa aziendale gli articoli di Agricolae e affermando di aver chiesto «direttamente al Direttore Audit e Comunicazione di precisare quali scelte redazionali abbiano motivato la decisione, che confligge con l'articolo 21 della nostra Costituzione, ove essa tutela il nostro diritto all'espressione e all'accesso all'informazione» –:
se il Ministro non ritenga di valutare se nella riallocazione nel novembre 2013 della risorsa RSA CGIL, così come nella richiesta di chiarimenti che le è stata inoltrata il 17 marzo 2014, sia configurabile un comportamento antisindacale e di mobbing da parte del responsabile dell'area personale che è anche direttore audit e comunicazione (per di più in una società che occupandosi di sistemi informativi ha, per definizione, competenze informatiche) e come tale dovrebbe avere conoscenza delle moderne tecnologie che consentono la videoconferenza anche a mezzo cellulare;
se non ricorrano gli estremi per verificare la sussistenza di una condotta antisindacale e di mobbing nei confronti della sigla della CGIL nel suo complesso in quanto la RSA – oltre che costituita da due risorse provenienti dalla soppressa area tecnica entrambe oggi riallocate in posizioni non conformi alle proprie competenze né al ruolo per cui sono state assunte in organico dalla SIN attraverso selezione concorsuale – particolarmente energica, quindi «scomoda», e attiva nella SIN dall'ottobre 2011;
se il Ministro interrogato non ritenga che il direttore audit e comunicazione, considerata la mission della struttura da lui diretta, e sotto la cui responsabilità nel 2012 sono stati eseguiti i due citati audit interni, non debba definire e attuare le eventuali azioni correttive e preventive, avendo proprio tali interventi di internal auditing confermato quanto già rilevato dall’assessment del 2010 e anticipato la relazione della commissione di collaudo del 2013;
se il Ministro ritenga che il direttore audit e comunicazione, che in passato è stato anche membro dell'organismo di vigilanza, abbia adeguatamente vigilato – ai sensi di quanto previsto dal modello di organizzazione, gestione e controllo decreto legislativo n. 231 del 2001 adottato da SIN – «sull'effettiva e corretta applicazione del Modello, rilevando la coerenza e gli eventuali scostamenti dei comportamenti attuati, tramite l'analisi dei flussi informativi e le segnalazioni alle quali sono tenuti i responsabili delle varie funzioni aziendali»;
se il Ministro interrogato non ritenga che il medesimo direttore audit e comunicazione debba adoperarsi per l'aggiornamento del sito internet della SIN che risulta carente di informazioni (CV del direttore generale, l'elenco con compensi dei consulenti non aggiornato al 2014, link sui compensi degli amministratori non attivo, composizione e compensi del collegio dei sindaci e dell'organismo di vigilanza, e altro) visto che la SIN stessa ha deciso di aderire all'operazione trasparenza promossa dalla pubblica amministrazione;
quanto gravemente il Ministro interrogato valuti, infine, la decisione dello stesso direttore di sospendere la pubblicazione degli articoli della rivista Agricolae nella rassegna stampa aziendale, limitando il diritto all'informazione dei dipendenti della SIN e di quanti la ricevono anche all'esterno e che proprio in virtù del proprio ruolo aziendale dovrebbe invece garantire. (5-02424)
Interrogazione a risposta scritta:
REALACCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
il «Regolamento legno» n. 995 del 2010 è un regolamento dell'Unione europea del 20 ottobre 2010 volto a contrastare il commercio all'interno dell'Unione di legname non legale, proveniente da filiera garantita. Esso vieta la commercializzazione di legno raccolto illegalmente e dei prodotti da esso derivati nell'Unione europea e stabilisce alcuni obblighi degli operatori. Il regolamento si applica in tutti gli Stati membri a partire dal 3 marzo 2013;
a un anno dall'entrata in vigore dell'importante sopraccitato regolamento, le associazioni ambientaliste Greenpeace, Legambiente, Terra ! e WWF denunciano la mancata applicazione in Italia della normativa europea promossa per fermare il commercio di legno non certificato nei 28 Paesi dell'Unione europea;
dopo la sua emanazione nel 2010, il Governo avrebbe dovuto garantirne l'applicazione ma secondo quanto si apprende da alcuni articoli di stampa e sui social media l'attività di controllo nazionale sul legno illegale stenta a decollare. Fatto ancor più grave se si considera che l'Italia è tra i più importanti mercati al mondo per il commercio del legno. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, l'autorità incaricata di vigilare sulla norma, come lamentano le maggiori associazioni ambientaliste del Paese, sembra non aver ancora messo in atto i controlli e le sanzioni da applicare a chi commercia legno tagliato illegalmente o a chi non applica la dovuta diligenza, ovvero chi non controlla la filiera di legno dall'origine;
oltre all'Italia, altri Paesi dell'Unione europea come la Spagna, la Lituania e l'Ungheria, sono il fanalino di coda nell'implementazione e attuazione del regolamento continuando a permettere l'entrata nei mercati di legno proveniente da conflitti sociali e ambientali in importanti aree forestali come quelle del bacino del Congo, dell'Amazzonia, del Sud-est asiatico, con la distruzione delle isole del Borneo e Sumatra e delle foreste dell'estremo oriente in Russia –:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto lamentato dalle maggiori associazioni ambientaliste e se esso corrisponda al vero;
conseguentemente, quali iniziative urgenti intenda mettere in campo per dare piena attuazione ed effettività al sopraddetto regolamento comunitario, regolamento self-executing in tutti gli Stati membri. (4-04116)
SALUTE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
DAGA, ZOLEZZI, BUSTO, VIGNAROLI, TERZONI, DE ROSA e SEGONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
la salute, definita nella Costituzione dell'Organizzazione mondiale della sanità, come «stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia», viene considerata un diritto e come tale si pone alla base di tutti gli altri diritti fondamentali che spettano alle persone;
l'acqua è una risorsa essenziale per l'uomo ma è anche tra le più contaminate al mondo; molte persone dipendono dall'acqua perché fonte di irrigazione dei campi e di vita per pesci e molluschi; l'industria tessile impiega molte sostanze chimiche nelle varie fasi di produzione; gli scarichi prodotti da questi impianti sono spesso tossici e possono contaminare le risorse idriche; la pericolosità di questi scarichi può avere effetti negativi sull'uomo, sugli animali e sull'ambiente;
il Ministero dello sviluppo economico, in materia di contraffazione di abbigliamento e accessori, ha redatto un vademecum per il consumatore, realizzato con la collaborazione di associazioni fra cui l'ANCI;
in Europa il primo livello di definizione del quadro di responsabilità è stato stabilito dalla direttiva (EU) 95/2001 relativa alla sicurezza generale dei prodotti, che impone un requisito generale di sicurezza per ogni prodotto immesso sul mercato e destinato al consumo, compresi i prodotti utilizzati dai consumatori nell'ambito di un servizio;
a questa direttiva si riferisce il sisterna Rapex di allerta rapida, che disciplina la maggior parte dei beni di consumo;
a partire dal giugno 2007, l'Unione europea ha adottato la normativa «Reach», il regolamento (CE) n. 1907/2006 concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche, approvato il 18 dicembre 2006 allo scopo di sostituire con un unico provvedimento i circa quaranta testi legislativi esistenti in materia di sostanze chimiche;
il regolamento è estremamente importante nell'ottica dei controlli, poiché prevede sia la registrazione che la successiva autorizzazione all'uso delle sostanze chimiche circolanti nel territorio europeo;
il regolamento (UE) 1007/2011 relativo alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura e al contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili, all'articolo 25 disponeva che entro il 30 settembre 2013 la Commissione eseguisse uno studio inteso a valutare l'esistenza di un nesso causale tra le reazioni allergiche e le sostanze o i composti chimici usati nei prodotti tessili;
i risultati dello studio «Study on the Link Between Allergic Reactions and Chemicals in Textile Products» sono stati pubblicati nel gennaio 2013 e illustrati in una sezione della relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio riguardante, da un lato, possibili nuovi obblighi di etichettatura dei prodotti tessili e, dall'altro, uno studio sulle sostanze allergeniche presenti nei prodotti tessili dell'ottobre 2013; detto studio analizzava le possibili opzioni per rispondere ai problemi legati alle sostanze allergeniche nella fabbricazione dei prodotti tessili;
per quanto riguarda le sostanze «estremamente preoccupanti» (SVHC), alla fine del 1012 la Commissione ha elaborato, in collaborazione con l'Agenzia europea per le sostanze chimiche e con gli Stati membri, una tabella di marcia sulle SVHC per individuare tutte quelle che sono pertinenti per l'Unione europea e includerle nell'elenco di sostanze candidate per l'autorizzazione a norma del regolamento REACH entro il 2020;
le recenti indagini di Greenpeace – «Panni sporchi» e «Detox» – hanno rivelato all'opinione pubblica la presenza di sostanze tossiche in capi di abbigliamento, anche non contraffatti;
la ricerca commissionata da Greenpeace rivela che abiti e scarpe vendute a livello globale dai più importanti produttori di capi di abbigliamento sono talvolta realizzati impiegando sostanze pericolose durante una o più fasi del processo produttivo; in particolare, è stata rilevata la presenza di nonilfenoli etossilati;
i nonilfenoli etossilati (NPE) sono sostanze sintetiche, impiegate come surfactanti anche nell'industria tessile, che una volta rilasciati nell'ambiente si trasformano in una sostanza pericolosa, il nonilfenolo (NP);
il nonilfenolo è persistente perché non si degrada facilmente, bioaccumulante perché si accumula lungo la catena alimentare e capace di alterare il sistema ormonale dell'uomo anche a livelli molto bassi;
la raccomandazione 92/8 della PARCOM (Oslo and Paris Commissions, Convenzione intergovernativa per la protezione dell'ambiente marino del nord-est Atlantico) ha proposto la messa al bando dei NPE per gli usi domestici a partire dal 1995 e per gli usi industriali dal 2000; a queste raccomandazioni sono seguiti provvedimenti nazionali: molti Paesi hanno drasticamente limitato l'uso degli APE (Svezia, Belgio, Inghilterra, Germania, Olanda e altri), mentre la Svizzera li ha del tutto banditi; in Italia non è stata ancora emanata una normativa specifica; sulla base delle informazioni disponibili, tuttavia, risulta che le industrie operanti nel territorio nazionale abbiano aderito alla raccomandazione di interrompere l'uso dei NPE nei prodotti per uso domestico (dipartimento della prevenzione, Ministero della salute);
in una ricerca fatta dall'Istituto superiore di sanità del 2001 dal titolo «Alchilfenoli: valutazione dei rischi per gli ecosistemi acquatici e per la salute umana con particolare riferimento agli effetti endocrini» vengono ipotizzate associazioni con aumenti dell'incidenza di patologie dell'apparato riproduttivo maschile quali seminomi, malformazioni (ipospadia, criptorchidismo) e alterazioni dei parametri seminali e di conseguenza della fertilità in alcune aree dei Paesi industrializzati; riguardo alla salute riproduttiva femminile, gli EDC possono rappresentare un fattore di rischio per patologie quali l'abortività spontanea e la pubertà precoce; i dati sperimentali concordemente indicano lo sviluppo prenatale e postnatale come fasi particolarmente vulnerabili agli effetti degli EDC;
sempre secondo questa ricerca, gli AF sono composti idrofobici, con valori di Kow di 4,0 e 4,6 rispettivamente per NF e OF, e sono caratterizzati da elevata persistenza ambientale; vengono considerati contaminanti ubiquitari dell'ambiente acquatico, ove tendono ad associarsi al particolato e ai sedimenti, NF e NPE sono stati riscontrati in acque superficiali, dolci e marine, sotterranee, nei sedimenti, e in acque degli affluenti ed effluenti degli scarichi fognari;
il mercato internazionale di capi d'abbigliamento permette che tracce di sostanze pericolose vengano ritrovate nei prodotti di consumo venduti nei Paesi importatori, dove spesso questi stessi composti sono stati vietati;
è il caso dell'Europa dove l'entrata in vigore della direttiva quadro sulle acque, nel 2001, ha posto le basi per adottare misure in grado di prevenire le emissioni di nonilfenolo nei corpi idrici entro 20 anni;
a questo assetto normativo si è aggiunta, nel 2003, direttiva sulla limitazione di uso e mercato di alcune sostanze pericolose (fra cui nonilfenolo, nonilfenoli etossilati e cemento) e poi, nel 2006, il regolamento REACH (registrazione, valutazione e autorizzazione dei composti chimici) che detta norme più stringenti sull'uso di molte sostanze chimiche;
pur essendo vietato l'utilizzo di tali sostanze da parte dell'Unione europea, il contenuto di nonilfenoli nei capi importati ed il loro successivo lavaggio è comunque una fonte di inquinamento per le acque del territorio europeo;
gli impianti di depurazione non riescono a trattenere queste sostanze che, una volta disperse in acqua, si trasformano in nonilfenoli –:
quali iniziative intendano avviare i Ministri interrogati, ognuno per quanto di competenza, per impedire che nei prodotti tessili vi siano sostanze pericolose, estendendo a tal fine la restrizione riguardante il nonilfenolo (NP) e nonilfenoli etossilati (NPE) anche ai prodotti importati da Paesi non facenti parte dell'Unione europea.
(5-02408)
BURTONE, PICCIONE, LENZI, CAPONE, COVA, GRASSI, CARNEVALI, AMATO, ALBANELLA, SBROLLINI, MIOTTO e CASATI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in un editoriale che sarà pubblicato sul prossimo numero della rivista Annali dell'Istituto superiore di sanità, il responsabile dell'ISS Giovanni Rezza mette in guardia sul rischio per il nostro Paese legato al diffuso sentimento anti vaccini che coinvolge ampie fasce di popolazione;
ci sono infatti aree in cui questo strumento è sempre meno usato;
circa il 5 per cento delle famiglie al 2012 non ricorreva ai vaccini e il dato sembrerebbe in aumento;
non pochi sono i casi in cui i medici di base si trovano a dover fronteggiare lo scetticismo di famiglie che traggono informazioni dalla rete, spesso si tratta di materiale le cui fonti non sono note ma che rimangono in circolo;
i bambini che ogni anno sarebbero chiamati a vaccinazione sono circa 500 mila;
i medici riscontrano sempre più spesso ritardi nei richiami e una crescente preoccupazione da parte delle famiglie sui rischi da parte delle campagne di vaccino;
eppure ci sono malattie che non sono affatto debellate, si pensi solo al tetano o alla poliomelite o anche alle infezioni da meningococco e pneumococco;
la questione sembra legata al cosiddetto principio di obbligatorietà che andrebbe abbandonato per evitare di dare alibi a chi contesta che gli interventi sanitari non possono essere imposti;
un recente studio della rivista Pediatrics afferma che le campagne per promuovere la vaccinazione sono spesso controproducenti perché allontanano le famiglie dai vaccini;
occorre informare senza pregiudizi e dimostrare apertura a partire dalla necessità di acquisire un consenso informato;
diversificare la comunicazione sui vaccini diventa quindi prioritaria per evitare un irrigidimento ideologico che porta solo conseguenze negative in termini di sicurezza per la salute dei cittadini, a partire da quelli dei bambini;
va ricordato, ad esempio, che di morbillo ancora si muore nel mondo e che le epidemie sono diffusissime, basti pensare che nel solo mese di gennaio 2014 si sono registrati 1100 casi di morbillo nelle Filippine e 80 mila casi di poliomelite in Siria –:
se e quali iniziative, anche in considerazione di quanto espresso in premessa, il Ministro intenda assumere sul tema dei vaccini al fine di coniugare informazione e prevenzione nell'interesse della salvaguardia della salute delle persone ed evitare che approcci ideologici possano far riapparire in Italia malattie che si pensavano debellate, in quanto l'allarme dell'Istituto superiore di sanità non va assolutamente sottovalutato. (5-02409)
D'INCECCO, LENZI, PAOLA BRAGANTINI, SBROLLINI, CAPONE, CASATI, AMATO e MURER. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
i dati più recenti delle organizzazioni internazionali evidenziano la continua crescita dell'obesità, anche nei bambini. Il dato sull'Italia evidenzia che a 10 anni un bimbo su tre è in sovrappeso ed uno su dieci è obeso; le recenti evidenze scientifiche evidenziano la necessità di intervenire entro i 3 anni per evitare i dati allarmanti della percentuali di bambini in sovrappeso. La teoria del nutritional programming, infatti spiega, come esista una finestra fondamentale entro la quale la nutrizione dei lattanti e bambini può influire fortemente sulla salute del futuro adulto, almeno per quello che riguarda le malattie cardiovascolari, il sovrappeso e in generale, le malattie non trasmissibili, senza considerare i risvolti psicologici e sociali che una condizione di obesità sviluppa sull'individuo. L'allattamento al seno va protetto e incentivato come unica fonte di nutrimento nei primi sei mesi e, se possibile, prolungato il più a lungo possibile anche durante l'introduzione dell'alimentazione complementare, che deve essere il più possibile adeguata alle esigenze dei nostri bambini, che erroneamente, forse, sono alimentati sempre più, come se fossero dei piccoli adulti;
la recente opinione EFSA (25 ottobre 2013) sullo stato nutrizionale dei lattanti e bambini europei evidenzia le carenze nutrizionali importanti di questa fascia di età. In particolare ferro, vitamina D, iodio e grassi importanti come gli Omega 3. Di recente, sulla stampa italiana sono stati ripresi i risultati più locali dello studio Nutrintake condotto dal professor Gianvincenzo Zuccotti (direttore clinica pediatrica L. Sacco di Milano, università degli studi Milano) ed effettuato grazie alla collaborazione di un team scientifico composto da esperti di nutrizione, pediatri di famiglia, dietologi appartenenti all'Associazione nazionale dietisti, italiani e ingegneri informatici, che pure ha messo in luce carenze ed eccessi di alcuni nutrienti nella dieta dei più Studio è emerso anche i nostri bambini introducono sino al doppio del fabbisogno di proteine, e dopo l'anno, addirittura il triplo. Il ferro invece risulta in deficit in tutti anche prima dei 12 mesi –:
se non ritenga necessario predisporre apposite iniziative di lunga prospettiva per la prevenzione e la cura dell'obesità infantile;
se non ritenga opportuno adottare delle specifiche linee guida, sul modello di altri Paesi europei, che indirizzino in maniera uniforme la pediatria italiana per prima e la mamma e il papà, nella corretta alimentazione da fornire al bambini nella fascia d'età da 0 a 3 anni. (5-02418)
Interrogazione a risposta scritta:
SAMMARCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) fondazione Santa Lucia di Roma è una struttura di eccellenza nazionale nel campo della neuro-riabilitazione ed un centro di rilievo internazionale per la ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze;
la struttura opera con 750 dipendenti con rapporto subordinato a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato e ospita molti operatori dell'università e di strutture di ricerca, e sono circa 450 gli studenti che seguono i corsi di laurea per le professioni sanitarie;
in più occasioni il TAR ed il Consiglio di Stato hanno confermato il riconoscimento, e quindi l'accreditamento, della Fondazione quale ospedale di alta specialità neuroriabilitativa, bloccando così ogni tentativo regionale sia di limitazione nella dotazione dei posti letto, sia di esclusione della struttura dalla cura delle di tutte le patologie neurologiche;
la regione Lazio ha mantenuto le proprie posizioni in materia di configurazione e tariffe, pretendendo da ultimo di imporre il contratto di remunerazione 2013, nonostante i ripetuti annullamenti del TAR e del Consiglio di Stato, e ritarda a far fronte alle proprie obbligazioni di pagamento; tale comportamento della regione secondo l'interrogante illegittimo e ingiustificabile è la principale minaccia alla continuazione delle attività di assistenza e ricerca, per cui la Fondazione ha più volte fatto ricorso alla giustizia, considerandola come l'unica strada percorribile per il riconoscimento dei propri diritti;
il consiglio regionale del Lazio in data 19 novembre 2013 ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 44 per riconoscere la fondazione Santa Lucia quale struttura di eccellenza nella riabilitazione e nelle neuroscienze, adottando ogni opportuna iniziativa per risolvere la grave situazione economica in cui versa la Fondazione;
successivamente, in data 31 gennaio, la regione Lazio ha comunicato alla Fondazione Santa Lucia che l'importo fatturarle mensilmente in acconto, a partire da gennaio 2014, risulta essere ulteriormente decurtato rispetto all'anno precedente, arrivando così ad una riduzione del 31 per cento negli ultimi 3 anni;
il commissario ad acta nominato dal Consiglio di Stato ha stabilito inoltre, in base alla tariffazione da adottare, l'importo dovuto alla Fondazione Santa Lucia per l'anno 2013, mentre la regione, in base alla comunicazione sopra citata, provvederà alla copertura solo del 55 per cento di quanto dovuto;
come più volte rappresentato agli organi competenti della regione Lazio la Fondazione Santa Lucia vanta un notevole credito verso la regione stessa, giunto ormai alla considerevole cifra di oltre 100 milioni di euro nel periodo 2005-2013;
il mancato incasso delle somme dovute dalla regione, unitamente alla richiesta in atto di restituzione dei prestiti da parte delle banche, mette a repentaglio la sopravvivenza della Fondazione Santa Lucia che, per qualità dell'assistenza prestata e della ricerca svolta, si colloca al secondo posto nella graduatoria nazionale solo dopo il S. Raffaele di Milano;
il 20 dicembre 2013, la Camera ha approvato l'ordine del giorno 9/01865-A/025 che, esposta la situazione finanziaria del Santa Lucia, impegna il Governo a valutare la possibilità di intervenire in suo favore –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di propria competenza, intenda adottare per dare attuazione all'ordine del giorno citato in premessa per risolvere prontamente la situazione della Fondazione Santa Lucia, che ha evidenti ricadute sia dal punto di vista sanitario-assistenziale sia, in caso di mancata risoluzione dei problemi, di carattere occupazionale. (4-04126)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta in Commissione:
GALPERTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nel 2013 l'interscambio commerciale tra i 28 Paesi dell'Unione europea e Taiwan è stato di 36 miliardi di euro;
nello stesso anno l'interscambio Italia-Taiwan è stato di oltre 3 miliardi di euro, posizionando il nostro Paese tra il 4o e il 5o posto dopo Germania, Regno Unito, Olanda, e in competizione con la Francia;
per diversi settori del sistema produttivo italiano esistono concrete possibilità di ampliare l'interscambio e la collaborazione industriale e tecnologica con Taiwan, anche in relazione all'enorme crescita dei rapporti economici e dell’import-export dell'isola con la Cina arrivato, nel 2013, alla cifra di 90 miliardi di euro;
il 17 settembre 2010 – con la finalità di avere un tavolo permanente di lavoro bilaterale tra Italia e Taiwan, analogo a quelli già da molti anni esistenti con quasi tutti i Paesi dell'Unione europea – è stato istituito il «Foro italo-taiwanese di cooperazione economica, industriale e finanziaria» fissando la cadenza annuale delle riunioni, alternativamente a Roma e a Taipei e stabilendo la co-presidenza ai direttori generali pro tempore della politica commerciale internazionale del Ministero dello sviluppo economico e del commercio estero taiwanese;
dalla istituzione del predetto «Foro» le sue riunioni annuali si sono regolarmente svolte a Roma il 4 maggio 2011, a Taipei il 2 aprile 2012 e a Roma il 4 marzo 2013 –:
per quali motivi non risulti, ad oggi, ancora indetta l'annuale riunione, e fissata la relativa data, del citato «Foro» economico italo-taiwanese. (5-02417)
Interrogazioni a risposta scritta:
TERZONI e DE ROSA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (cosiddetto Codice dei contratti) che regolamenta gli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, prevede la costituzione di cauzioni a favore dell'ente appaltante, nella misura del 10 per cento dell'importo di aggiudicazione, anche mediante fidejussioni rilasciate da intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, i quali svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, a ciò autorizzati dal Ministero dell'economia e delle finanze;
anche i comuni riconoscono valide le fidejussioni rilasciate da questi intermediari quando prestate per garantire la rateizzazione degli oneri di urbanizzazione dovuti;
l'iscrizione nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia è subordinato all'autorizzazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, e soggetto alla vigilanza della Banca d'Italia a norma del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 2004, n. 115;
da quanto risulta dal decreto ministeriale 2 aprile 1999 e dal decreto ministeriale del 13 maggio 1996, i requisiti di detti intermediari vengono valutati, oltre che sulla base di minimi patrimoniali, con disposizioni di vigilanza emanate dalla Banca d'Italia;
i criteri adottati dalla Banca d'Italia, derivati direttamente dalle pratiche di controllo del mondo bancario, fanno esplicito riferimento ai criteri Basilea 2, sono, a parere degli interroganti, poco idonei a valutare l'attività di soggetti operanti prevalentemente nella stipula di fidejussioni, in quanto tale attività non comporta intermediazione finanziaria tra un fornitore di capitali ed un utilizzatore degli stessi, caratteristica dell'attività bancaria;
infatti sembra un azzardo consentire ad una società di assumere in proprio rischi eccedenti per oltre 12 volte il patrimonio di vigilanza, con l'unico obbligo di non impegnarsi in singole garanzie che eccedano il 25 per cento del patrimonio;
di più, per soggetti dal patrimonio modesto è facile cadere nella tentazione di lucrare oltre le proprie capacità, ovvero di soddisfare le esigenze di un cliente importante, sfornando i già inadeguati parametri prudenziali;
si porta ad esempio di tali comportamenti un caso documentato in cui la società Finworld, regolarmente iscritta nell'elenco speciale degli intermediari finanziari ex articolo 107, ha rilasciato ad unico cliente fidejussioni per un importo di 24.600.000 a fronte di un patrimonio di vigilanza — dichiarato dalla stessa società nell'informativa al pubblico Basilea 2-terzo Pilastro del 2011 — di 14.886.000;
la stessa società è stata sanzionata dalla Banca d'Italia nel 2012 per:
a) carenze nelle istruttorie e nel monitoraggio delle pratiche di fido;
b) carenze nell'organizzazione e nei controlli interni;
c) carenze nei controlli da parte del collegio sindacale e violazione della normativa in materia di concertazione dei rischi;
d) omessa segnalazione di un grande rischio dell'O.d.V;
tale sanzione di carattere pecuniario non appare risolutiva delle problematiche in essere, in quanto per la sospensione dell'iscrizione all'albo occorre che i comportamenti segnalati si protraggano per almeno tre esercizi, a norma del decreto-legge 1o settembre 1993 n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) –:
se sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non si ritenga necessario prendere atto della situazione, ossia dell'inadeguatezza dei criteri di derivazione bancaria per la determinazione del patrimonio di vigilanza per intermediari che esercitano prevalentemente l'attività di rilascio fidejussioni, e intraprendere un percorso che porti all'adozione delle necessarie modifiche normative allo scopo di evitare il ripetersi di abusi come quello segnalato, da parte delle società che svolgono in prevalenza l'attività di costituire garanzie fideiussorie in proprio. (4-04120)
LATTUCA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il sistema televisivo italiano è stato per anni prevalentemente trasmesso via etere e con l'avvento del sistema digitale si è passati ad uno scambio dati basato su codici binari al pari dei computer, di internet e della telefonia mobile, al fine di ottenere un maggior numero di canali disponibili, una migliore qualità audiovisiva e la possibilità di accedere a informazioni aggiuntive;
dal 2009 è stato avviato il progressivo spegnimento dei tradizionali segnali televisivi analogici e il passaggio delle trasmissioni al solo sistema digitale (switch off). Questo passaggio è stato realizzato in più fasi e si è concluso nel 2012;
nello specifico il sistema digitale è stato introdotto in forma esclusiva obbligando i residenti all'acquisto del decoder per la televisione digitale o di un nuovo televisore con decoder incorporato;
a distanza di diversi mesi dalla conclusione della fase di transizione da un sistema all'altro, si registrano, da mesi, ripetute problematiche di ricezione nel territorio del comune di Sarsina (FC);
disservizi nella ricezione del segnale televisivo RAI che coinvolgono numerosi canali dell'emittente pubblica a cui hanno fatto seguito ripetute e pronte sollecitazioni da parte dell'amministrazione comunale per denunciare il cattivo servizio erogato dalla televisione pubblica, a fronte del puntuale pagamento del canone da parte degli utenti abbonati;
queste problematiche di ricezione non consentirebbero un'ottimale visione della programmazione televisiva principalmente delle reti dell'emittente pubblica e talvolta anche delle reti commerciali nazionali; in quanto le trasmissioni televisive sarebbero interrotte continuamente da perdite del segnale (veri e propri black out durati fino ad alcuni giorni) e da ricezioni non corrette del segnale (con la visualizzazione in video di pixel monocromatici di grandi dimensioni e il ricevimento di un audio distorto) –:
se al Ministro risulti che via siano ancora delle difficoltà nella ricezione del segnale in alcune aree del Paese e, in particolar modo, nel territorio del comune di Sarsina e dell'Alta valle del Savio;
quali iniziative intenda attivare al fine di migliorare la ricezione dei canali digitali in dette zone. (4-04128)
PRATAVIERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in seguito al passaggio dalla televisione di tipo analogico al metodo digitale terrestre, i cittadini residenti nei territori del Veneto orientale lamentano numerosi problemi riferiti alla ricezione del segnale televisivo per tutti i canali;
il nuovo sistema di trasmissione in digitale terrestre doveva offrire, nelle dichiarazioni iniziali, maggiori servizi, portando ad un miglioramento della situazione preesistente, invece sembra che lo spegnimento totale del segnale precedentemente trasmesso dalle tv nazionali e locali sembra essere entrato in funzione senza che per gli utenti fossero garantite condizioni di accesso alle reti almeno pari se non superiori, alla situazione garantita con il sistema analogico;
se l'impossibilità di poter ricevere il segnale di tutti i canali è un grave disservizio, il non poter vedere i canali Rai rappresenta una violazione del diritto dei cittadini utenti di usufruire di un servizio pubblico che, in base all'articolo 45 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, dovrebbe essere garantito su tutto il territorio italiano;
qualunque siano le cause che generano tale problema, appare chiaro che ai cittadini veneti non è garantita una ricezione adeguata del segnale mentre viene loro richiesto, al contempo, il pagamento puntuale del canone Rai;
all'articolo 2 del nuovo contratto di servizio 2013-2015 stipulato fra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico, si legge che la Rai è obbligata a garantire la diffusione con elevati standard di qualità audio e video di tutte le trasmissioni televisive di pubblico servizio, mediante l'esercizio efficiente delle reti di diffusione digitale terrestre sulle frequenze oggetto di diritti d'uso assegnati alla concessionaria medesima dal Ministero;
la discordanza fra quanto espresso nel contratto di servizio e la realtà dei fatti mina la credibilità e la trasparenza del sistema radiotelevisivo pubblico, e ne mette in dubbio l'affidabilità –:
quando il Ministro intenda intervenire per risolvere i gravi disservizi che stanno vivendo i cittadini del Veneto orientale in merito alla mancata ricezione del segnale televisivo, anche considerando che l'accesso alle reti del servizio pubblico è un diritto che deve essere garantito a tutti i cittadini con copertura integrale sul territorio in ottemperanza a quanto previsto dal decreto legislativo n. 177 del 2005 e dal contratto di servizio in vigore.
(4-04130)
Apposizione di firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.
La mozione Giancarlo Giorgetti e altri n. 1-00340, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Giorgia Meloni e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Giancarlo Giorgetti, Giorgia Meloni, Matteo Bragantini, Gianluca Pini, Busin, Caon, Marcolin, Prataviera, Allasia, Borghesi, Bossi, Buonanno, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Rondini».
Apposizione di firme a mozioni.
La mozione Oliverio e altri n. 1-00173, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cenni.
La mozione Brunetta e altri n. 1-00290, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palese.
La mozione Chimienti e altri n. 1-00341, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Marzana, Vacca, Brescia, Battelli, Simone Valente, Luigi Gallo, Di Benedetto, D'Uva.
La mozione Gigli e altri n. 1-00364, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Schirò.
La mozione Brunetta e altri n. 1-00365, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palese.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta orale Rossi n. 3-00627, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Caruso.
L'interpellanza urgente Morani e altri n. 2-00407, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marzano.
L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Rondini n. 5-02398, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Busin.
Pubblicazione di testi riformulati.
Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Impegno n. 7-00201, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 136 dell'11 dicembre 2013.
La X Commissione,
premesso che:
nel mese di giugno 2013 l'IVASS – Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni – che dal 1o novembre 2013 è succeduto in tutti i poteri, funzioni e competenze dell'ISVAP – ha pubblicato una indagine sulle tariffe RC auto praticate in Italia al 1o aprile 2013;
l'indagine, che ha riguardato tutte le imprese sottoposte alla vigilanza dell’authority sul mercato assicurativo, ha preso in esame i prezzi praticati in 21 province (19 capoluoghi di regione e le province di Trento e Bolzano) per 11 tipologie standard di assicurati, sia automobilisti sia motociclisti, dei due sessi;
dall'indagine risulta che, negli ultimi 12 mesi, è continuato ad aumentare il divario tra le tariffe praticate nelle regioni settentrionali rispetto a quelle centro-meridionali;
l'analisi ha evidenziato inoltre che a Napoli la media del costo del premio assicurativo è pari a 1.214 euro e in Campania la media è di 1.164 euro, contro quella nazionale di 702 euro;
a fronte dei premi pagati, il citato studio evidenzio che in Campania, ed in particolare a Napoli, il numero di sinistri denunciati sono stati la metà della media nazionale – 7,6 per cento contro il 12,70 per cento della media nazionale;
sempre secondo lo studio, nel 2011 il costo totale dei risarcimenti per danni a cose e a persone è stato pari a 13,4 miliardi di euro; di questi circa 9 miliardi di euro si riferiscono a danni fisici (compresi i danni a cose per sinistri misti); in particolare 3,4 miliardi di euro sono i risarcimenti per invalidità permanenti, mentre 5,5 miliardi di euro afferiscono ai risarcimenti per invalidità superiori o per morte;
dai risultati dell'analisi condotta sembrerebbe emergere un diffuso fenomeno speculativo sui danni alla persona che si concentra in particolare sui danni di lievissima entità (che rappresentano il 15 per cento dei sinistri) a fronte dei quali le imprese di assicurazioni hanno risarcito oltre 2,1 miliardi di euro all'anno;
le Compagnie continuano, in modo ingiustificato e poco trasparente, ad omettere di comunicare le statistiche in base alle quali viene calcolata la tariffa ed il premio per provincia di residenza ovvero aree o microaree;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel mese di febbraio 2013, nel rendere noti i dati emersi dall'indagine riguardante la procedura di risarcimento diretto e gli assetti concorrenziali del settore della RC auto, ha accertato che i premi per le RC auto sono cresciuti, nel periodo analizzato, a tassi abbastanza significativi per quasi tutti i profili assicurativi;
inoltre, se si confrontano i premi assicurativi per RC auto con gli altri paesi europei si evince che in Italia sono, in media, più elevati e crescono più velocemente;
il fenomeno delle polizze false è molto grande e radicato tanto che, nel mese di gennaio 2013, la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha disposto l'arresto di 17 persone colpevoli di aver creato un business della contraffazione e delle assicurazioni false nelle province di Napoli e Caserta oltre che in Puglia e nel Lazio;
nel corso dell'assemblea annuale dell'ANIA – Associazione delle imprese assicuratrici – svoltasi nel mese di luglio 2013, è stato affermato che tre milioni di auto circolano senza assicurazione pari al 7 per cento del parco vetture, che diventa il 12 per cento al Sud, il 30 per cento a Napoli;
nel mese di novembre 2013, i carabinieri e la Guardia di finanza, coordinati dalla procura di Nola, hanno eseguito diverse misure, tra interdizioni, divieti di dimora e arresti, in tutto per 400 indagati, a carico di soggetti insospettabili come medici di strutture sia pubbliche che private, avvocati e falsi testimoni; i reati contestati vanno dall'associazione a delinquere alla truffa, alla corruzione, al falso ideologico ed in atto pubblico per sinistri inesistenti;
questo elevato numero di sinistri con danni a cose e persone nella Campania, a Napoli e in altre zone del Mezzogiorno è, in larga parte, non vero, e dovuto all'azione delinquenziale di gruppi organizzati che danneggiano gli automobilisti onesti e virtuosi. Spesso le imprese di assicurazioni assistono – colpevolmente inermi – ai contenziosi che le vedono coinvolte, liquidando, all'esito delle pronunce giudiziarie risarcimenti ed indennizzi spesso non dovuti perché fondati su presupposti falsi e truffaldini; omettono adeguate difese in sede contenziosa preferendo «ribaltare» i costi relativi sugli utenti con l'aumento delle tariffe;
il fenomeno delle truffe nel mondo assicurativo è reso possibile anche dall'uso, o meglio abuso, di alcuni istituti previsti nel nostro ordinamento quali il termine di decadenza nella denuncia dei sinistri occorsi da parte degli assicurati, nonché la cedibilità del credito assicurativo ed il sistema sanzionatorio penale per le frodi assicurative in generale che costituisce tutt'altro che un deterrente per chi è dedito a simili condotte criminose;
il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, permette a neopatentati e a chi non possiede un attestato di rischio in corso di validità, la possibilità di usufruire della classe di merito di un familiare convivente e il mantenimento della classe di merito sul secondo veicolo, in caso di stipula di un nuovo contratto relativo ad un ulteriore veicolo dello stesso tipo;
sulla scia e con la stessa logica del citato provvedimento è possibile introdurre un ulteriore meccanismo finalizzato a creare un circuito virtuoso e forme di premialità/bonus nei confronti degli assicurati e degli automobilisti che si mostrino virtuosi ovunque essi siano residenti ovvero circolino con i loro veicoli inteso;
si potrebbe, in particolare, prevedere il diritto di ciascun assicurato – che non abbia provocato sinistri per un periodo non inferiore a sette anni – di beneficiare della migliore tariffa nazionale praticata sull'intero territorio nazionale dalla medesima compagnia per la corrispondente classe di merito, così da riconoscere all'assicurato virtuoso di Napoli di poter beneficiare della medesima tariffa riconosciuta all'assicurato di Bolzano od Aosta che abbia la stessa «storia» assicurativa;
a tal fine, sarebbe indispensabile l'emanazione di uno apposito provvedimento anche in via d'urgenza;
recentemente, diverse associazioni di categoria, fra le quali Federconsumatori, hanno elaborato proposte per riformare il settore assicurativo RC auto, allo scopo di porre un freno al caro tariffe e riuscire a garantire un risparmio reale;
è lecito affermare che anche un numero ridotto d'interventi normativi, adottati con sollecitudine, potrebbe rivelarsi fondamentale per ottenere concretamente una diminuzione delle tariffe RC auto,
impegna il Governo:
ad adottare un'iniziativa normativa urgente volta ad introdurre una forma di premialità consistente nell'applicazione della migliore tariffa prevista dalla singola compagnia sull'intero territorio nazionale per gli assicurati virtuosi;
ad approvare un regolamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante le tabelle delle menomazioni all'integrità psicofisica ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005, anche al fine di garantire la tutela delle vittime degli incidenti stradali, e di contenere i costi delle polizze Rc auto;
ad assumere iniziative per prevedere che le imprese di assicurazione siano obbligate a comunicare le statistiche in base alle quali viene calcolata la tariffa ed il premio per provincia di residenza;
ad assumere iniziative per inasprire ulteriormente le pene per il compimento del reato di frode assicurativa;
ad assumere iniziative per introdurre il divieto di cessione del credito assicurativo;
ad approvare con sollecitudine i provvedimenti di attuazione, ancora fermi, derivanti dalle misure sulle liberalizzazioni varate nel 2012 con riferimento al settore assicurativo.
(7-00201) «Impegno».
Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in commissione Antezza n. 5-02384, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 192 del 18 marzo 2014.
ANTEZZA, OLIVERIO, VENITTELLI e COVELLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi l'associazione nazionale dei liberi allevatori di conigli (ANLAC) ha denunciato distorsioni nel mercato europeo delle carni di coniglio macellate. L'associazione ha reso noto il paradosso che in Francia, Ungheria e Spagna i conigli vivi valgono molto di più di quelli italiani, mentre una volta macellati il prezzo crolla;
tale contraddizione per l'associazione rivelerebbe l'esistenza di comportamenti scorretti (dumping) nel commercio internazionale di carne macellata tendente ad abbassare artificialmente le quotazioni del vivo sulle piazze italiane, che i macellatori-grossisti italiani sinora non hanno contrastato;
i dati statistici confermano che l'Italia importa dalla Francia la maggior quota di carni cunicole europee (55 per cento): durante il 2013 dalla Francia sono arrivati quasi 15.000 quintali di conigli macellati con un incremento del 22 per cento rispetto al 2012. La restante quota di importazioni è coperta da Ungheria (26 per cento) e Spagna (16 per cento);
l'elevato livello di produzione cunicola del mercato italiano non giustifica l'aumento progressivo dell’import sotto il profilo dei consumi nazionali, mentre tale incremento sembrerebbe funzionale a calmierare i prezzi del mercato interno a vantaggio degli operatori finali della filiera produttiva;
secondo l'ANLAC, il surplus di conigli macellati francesi verrebbe immesso in commercio in Italia ad un prezzo inferiore al valore normale del prodotto praticato all'interno della stessa Francia; tale fenomeno, che si ripete ciclicamente in alcuni periodi dell'anno, quest'anno è iniziato in concomitanza dei ribassi eccessivi sulla piazza di Verona e delinea una discriminazione internazionale dei prezzi che non tiene conto delle perdite dei produttori italiani, e tende a favorire pratiche di monopolio alterando la struttura del commercio tra Stati europei;
per superare le debolezze strutturali della filiera delle carni cunicole il comparto nazionale chiede da tempo l'estensione dell'etichettatura di origine obbligatoria alle carni di coniglio, sterilizzando così le manovre speculative dei grossi gruppi agroalimentari e della distribuzione organizzata, che a detta dell'ANLAC, sono tra i maggiori acquirenti delle carni di coniglio francesi, ungheresi e spagnole;
l'estate scorsa con l'approvazione della risoluzione n. 7-00040 in Commissione agricoltura, sulle problematiche del settore cunicolo e sui fenomeni di dumping da parte di altri Stati membri, il Governo pro tempore si è impegnato ad intervenire presso la Commissione europea, per chiarire i profili di violazione delle regole in materia di etichettatura e di tracciabilità della carne di coniglio in ambito UE;
il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha definito un piano di intervento per il settore cunicolo adottato nella seduta del 29 aprile 2010 della Conferenza Stato-Regioni nel 2010 con l'obiettivo, tra gli altri, di superare alcune criticità tra cui una contrazione generalizzata della redditività conseguenza anche di un'accentuata stagionalità e ciclicità di mercato; il piano individua pertanto linee di intervento tese al potenziamento economico e produttivo della filiera, improntate all'efficienza e alla trasparenza dei rapporti tra i diversi attori della filiera e, in particolare, con i consumatori finali;
tra gli strumenti individuati, molto importante è la prevista revisione del meccanismo di definizione dei prezzi, anche attraverso un migliore funzionamento della commissione prezzi unica nazionale (CUN), neutrale e trasparente, che consenta di superare i meccanismi discrezionali delle attuali borse merci;
tuttavia, come riconosciuto dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in un parere fornito sulla formazione dei prezzi all'ingrosso nel settore cunicolo (parere AS 850, del 29 aprile 2011), la mancata applicazione del piano di intervento per il settore cunicolo, ha privato tale comparto di un valido strumento per il superamento delle criticità e per il potenziamento economico e produttivo dell'intera filiera, mentre ha favorito ulteriormente lo squilibrio nella catena del valore, aggravando la crisi del settore –:
quali siano i controlli effettuati sul funzionamento della filiera cunicola, ivi comprese le catene distributive italiane, i grossisti, i macellatori dotati di laboratori di sezionamento, i magazzini frigoriferi e le navi frigo che attraccano nei porti italiani, finalizzati a contrastare fenomeni di contraffazione, di pirateria e comportamenti anticoncorrenziali;
se l'immissione nel commercio in Italia di carni cunicole, provenienti dalla Francia ad un prezzo inferiore al valore normale del prodotto praticato all'interno della stessa Francia, possa delineare un comportamento anticoncorrenziale nel commercio tra gli Stati europei;
se non si ritenga necessario coinvolgere le autorità europee per verificare l'effettiva assenza di comportamenti anticoncorrenziali e di aiuti di Stato nel commercio di carne di coniglio tra gli Stati membri. (5-02384)
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dal presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Bellanova n. 5-01351 del 31 ottobre 2013;
interrogazione a risposta in Commissione Bellanova n. 5-01677 del 6 dicembre 2013;
interpellanza urgente Migliore n. 2-00391 del 3 febbraio 2014;
interrogazione a risposta in Commissione Bellanova n. 5-02059 del 4 febbraio 2014;
interrogazione a risposta in Commissione Velo n. 5-02178 del 17 febbraio 2014.
La Camera,
premesso che:
tra gli ultimi giorni del mese di gennaio e i primi giorni di febbraio 2014, in Veneto ed in Emilia, si sono verificati eventi atmosferici di grandissima intensità, piogge persistenti e nevicate anche a bassa quota;
nel modenese si è resa necessaria l'evacuazione dei cittadini residenti in aree particolarmente esposte alle esondazioni, in particolare nei territori compresi nei comuni di Bastiglia, Bomporto, Sorbara, Bosco di San Felice, Finale Emilia, Camposanto, Albareto, e tali calamità hanno provocato allagamenti e frane in vaste zone della bassa modenese ed altre zone emiliano-romagnole;
in Veneto le precipitazioni piovose e nevose hanno causato l'interruzione delle comunicazioni e della viabilità, esondazione di fiumi, allagamenti di terreni agricoli e di centri abitati, sottopassi e garage privati, frane e smottamenti su strade, chiusura di molti passi dolomitici, un blackout elettrico prolungato dovuto alle linee dell'alta tensione, in particolare tra le aree del Cadore, dello Zoldano, del Comelico e dell'Agordino, mentre numerose aree del Veneto Orientale ed Occidentale, del Basso Padovano e del Vicentino erano interessate da allagamenti ed inondazioni;
le calamità nevose nella zona dolomitica e prealpina del Veneto, con interruzione dell'erogazione dell'energia elettrica in Cadore e chiusura di passi e impianti sciistici, hanno avuto contraccolpi particolarmente pesanti perché ha compromesso, in alcuni casi in modo definitivo, la stagione turistica invernale, che per quelle zone rappresenta l'unica fonte di reddito;
per contro, la costa veneta e le spiagge di Rosolina, Sottomarina, Lido di Venezia, Cavallino-Treporti, Jesolo, Eraclea, Caorle e Bibione hanno subito gli effetti del maltempo con l'accumulo di rifiuti e detriti, la cui pulizia e ripristino delle spiaggie deve essere operata con celerità per garantire l'avvio degli stabilimenti balneari della stagione turistica estiva alle porte;
mentre numerose zone della montagna veneta erano bloccate dalle abbonanti nevicate, in pianura il maltempo faceva crescere repentinamente il livello dei principali fiumi emiliani, vicentini e padovani, come il Secchia, il Bacchiglione ed il Brenta, esondati in alcuni punti del loro corso e tanto da costringere, in alcune località, tra cui Bovolenta, Battaglia Terme, Montegrotto Terme, Chioggia ed alcuni quartieri di Padova, a sgomberare le case, sfollando centinaia di famiglie, a Montegrotto Terme una donna a causa del maltempo è deceduta;
nel periodo compreso tra il 30 gennaio ed il 10 febbraio la provincia di Verona è stata colpita da precipitazioni importanti che hanno messo in crisi l'intera rete di scolo. Particolarmente colpita la Bassa veronese con allagamenti importanti nei comuni di Legnago, Cerea, Terrazzo, Bevilacqua e Boschi S. Anna, causa la tracimazione di alcuni corsi d'acqua ed il reflusso della rete fognaria. Sono stati rilevati gravi danni al manto stradale (buche di vario genere ed entità); danni ad abitazioni private (allagamenti seminterrati, allagamenti pian terreni); gravi sofferenze (asfissia) ai seminativi invernali e alle piantagioni di vigneti e frutteti (in particolar modo nei comuni di Terrazzo, Bevilacqua e Boschi S. Anna dove gli allagamenti si sono protratti per 7 giorni consecutivi); danni alle scarpate dei corsi d'acqua (frane) con pericolo per la pubblica incolumità anche in considerazione che spesso in sommità ci sono strade provinciali o comunali;
nel modenese l'alluvione ha ulteriormente aggravato la situazione sociale ed economica di parte del territorio emiliano-romagnolo, già compromessa dagli eventi sismici del 2012 e dagli eventi atmosferici del 2013, con danni diretti e indiretti, provocati dall'allagamento di oltre dieci mila ettari di terreni coltivati ed abitati, ad oggi incalcolabili;
in data 3 febbraio 2014, n. 15 il presidente della giunta regionale del Veneto dichiarava lo «stato di crisi» per gli eccezionali eventi atmosferici verificatesi in Veneto a partire dal 30 gennaio 2014 provvedendo altresì a chiedere al Consiglio dei ministri la dichiarazione dello «stato di emergenza» ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni e integrazioni e tale richiesta è motivata anche dalle pesanti conseguenze che l'evento calamitoso ha determinato sull'economia locale veneta, come nel settore turistico montano, con danni enormi agli impianti di risaliti sepolti dalla neve;
complessivamente tra le province di Treviso, Venezia, Vicenza, Verona e Padova, sono diverse centinaia le abitazioni civili e le attività economiche che hanno subito danni strutturali agli edifici, rendendoli parzialmente o completamente inagibili, e oggi i comuni veneti ed emiliani interessati dalle calamità stanno predisponendo una stima precisa dei danni riscontrati così da impegnare, conseguentemente, le necessarie somme per ripristinare le infrastrutture danneggiate, quali principalmente strade, ponti ed edifici pubblici;
i danni prodotti alle abitazioni e alle imprese giustificano il ricorso anche al Fondo di solidarietà dell'Unione europea giacché i danni diretti stimati potrebbero nel loro complesso raggiungere i 3 miliardi di euro indicati dal regolamento (Ce) 11 novembre 2002, n. 2012/2002, e, in conformità a quanto disposto dal menzionato regolamento la domanda di contributo deve pervenire alla Commissione europea entro 10 settimane a partire dal primo danno subito;
qualora l'ammontare dei danni fosse al di sotto della predetta soglia comunitaria, è necessario comunque che lo Stato intervenga a favore delle popolazioni e delle imprese colpite tramite la defiscalizzazione e la decontribuzione, per il biennio 2014-2015, tanto più che la sola regione Veneto contribuisce alle entrate dello Stato con un «residuo fiscale» di oltre 20 miliardi di euro;
nell'ambito dei richiesti interventi statali deve essere prevista anche l'esclusione dal patto di stabilità interno dei fondi occorrenti ai comuni per la manutenzione e la messa in sicurezza idraulica del rispettivi territori colpiti dagli eccezionali eventi atmosferici di gennaio e febbraio 2014;
il Governo, così come in analoghe vicende accadute nel recente passato, ha già fatto ricorso allo strumento del decreto-legge per disporre interventi, anche finanziari, immediati,
impegna il Governo:
a deliberare lo «stato di emergenza» per gli eccezionali eventi atmosferici verificatesi nelle aree comprese tra l'Emilia-Romagna ed il Veneto a partire dal gennaio 2014, ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni e integrazioni;
ad assumere iniziative normative finalizzate a sostenere le popolazioni e le imprese colpite dagli eccezionali eventi atmosferici di gennaio e febbraio 2014 tramite la defiscalizzazione e la decontribuzione per il triennio 2014-2016 sospendendo immediatamente ogni adempimento fiscale, contributivo e assicurativo relativo a persone fisiche e giuridiche, nonché i mutui, per i contribuenti e le imprese dei comuni veneti ed emiliani interessati dagli eventi calamitosi;
ad assumere iniziative per stanziare, all'interno delle prossime iniziative normative, risorse da destinare alle persone fisiche e alle attività d'impresa per il ristoro di danni derivanti dalla perdita di beni come la prima abitazione o i mobili strumentali all'esercizio delle attività stesse, assumendo altresì iniziative per incrementare le ulteriori risorse a favore degli enti locali contro il dissesto idrogeologico e prevedendo altresì che le somme provenienti dallo Stato e le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalle province e dai comuni nonché le risorse proprie di tali enti impiegate per far fronte all'emergenza alluvionale e alle conseguenti opere di ripristino, siano escluse dai limiti imposti dal patto di stabilità, sia delle regioni che degli enti locali.
(1-00340) «Giancarlo Giorgetti, Giorgia Meloni, Matteo Bragantini, Gianluca Pini, Busin, Caon, Marcolin, Prataviera, Allasia, Borghesi, Bossi, Buonanno, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Rondini».
La Camera,
premesso che:
in data 26 giugno 2013 il Parlamento europeo, il Consiglio europeo dei ministri dell'agricoltura e la Commissione europea hanno raggiunto un accordo politico sui quattro dossier legislativi componenti la riforma, della politica agricola comune post-2013, ovvero: norme sui pagamenti diretti agli agricoltori; sostegno allo sviluppo rurale; organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli; finanziamento, gestione e monitoraggio della politica agricola comune;
la politica agricola comunitaria (Pac), che negli ultimi vent'anni è stata caratterizzata da un lungo percorso di riforma, attiverà nel prossimo periodo di programmazione risorse finanziarie per un importo superiore ai 372 miliardi di euro (rubrica 2 del bilancio dell'Unione europea) di cui circa 278 miliardi di euro a valere sui pagamenti diretti e le misure di mercato;
per l'Italia, le risorse finanziarie disponibili saranno mediamente pari a circa 3,9 miliardi di euro annui per i pagamenti diretti agli agricoltori. Le dotazioni finanziarie del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale per la politica di sviluppo rurale, ammonteranno invece a 9,2 miliardi di euro per l'intero periodo di programmazione (2014-2020). A quest'ultima cifra, si deve aggiungere il cofinanziamento nazionale che porterà le risorse pubbliche per lo sviluppo rurale a circa 18,5 miliardi di euro;
i contenuti dell'accordo politico del 26 giugno 2013, introducono una serie di modifiche e novità rispetto all'impianto originariamente proposto dalla Commissione nell'autunno 2011, con l'obiettivo di rimettere al centro della prossima politica agricola europea le imprese, il lavoro e, in generale, la sostenibilità economica del tessuto agricolo europeo, salvaguardando e valorizzando, al tempo stesso, la sostenibilità ambientale e i territori rurali;
in particolare, l'accordo politico sul nuovo regolamento sui pagamenti diretti:
consente un passaggio al nuovo sistema (convergenza interna) graduale e con limitati impatti economici;
include una definizione di agricoltore attivo semplificata e adattabile alle diverse situazioni degli Stati membri, con l'obbligo di escludere una lista di soggetti giuridici che non svolgono attività agricola se non in modo marginale (aeroporti, campi da golf, compagnie assicurative eccetera);
delinea una componente ambientale (greening) meno burocratica e più flessibile attraverso l'esclusione delle aziende medio-piccole, la rivisitazione degli impegni e la valorizzazione del ruolo ambientale delle colture mediterranee (ulivi, frutteti e vigneti) e delle colture sommerse;
modifica il sostegno accoppiato elevando la percentuale di risorse finanziarie utilizzabili, portandola in un intervallo compreso tra l'8 per cento e il 13 per cento (più un 2 per cento dedicato alle colture proteiche);
conferma l'obbligatorietà del regime per i giovani agricoltori, includendo alcune modifiche tra cui la possibilità di integrare il pagamento di base accordato ai giovani agricoltori (di età inferiore a 40 anni) al loro primo insediamento da un ulteriore 25 per cento per i primi cinque anni di attività;
aumenta l'incentivo per i «piccoli agricoltori» il cui valore sarà compreso fra 500 e 1.250 euro (il limite massimo nella proposta della Commissione era di 1000 euro);
nell'ambito della prossima programmazione di sviluppo rurale:
sono stati confermati i tre obiettivi strategici di lungo periodo (economico, ambientale e sociale) che si traducono più concretamente in sei priorità, con una maggiore enfasi ad alcuni temi principali: innovazione, ambiente e cambiamento climatico;
gli Stati membri o le regioni avranno anche la possibilità di mettere a punto sottoprogrammi tematici alcuni dei quali sono stati introdotti nel corso del negoziato;
gli Stati membri saranno tenuti a riservare almeno il 30 per cento degli stanziamenti provenienti dal bilancio dell'Unione europea per lo sviluppo rurale a determinate misure di gestione delle terre e alla lotta contro i cambiamenti climatici, e almeno il 5 per cento all'approccio leader;
per gli Stati membri a programmazione regionale potrà essere istituito un organismo di coordinamento per garantire la coerenza nella gestione del fondi e fornire un collegamento tra la Commissione e le autorità di gestione nazionali;
in merito alle future misure di mercato, l'accordo politico del 26 giugno 2013:
ha rivisto nel loro funzionamento (più reattivi, efficaci ed efficienti) i sistemi vigenti di intervento pubblico e di aiuto all'ammasso privato;
ha modificato il funzionamento, gli obiettivi e le misure degli aiuti per l'olio di oliva (programmi triennali gestiti dalle organizzazioni di produttori e dall'interprofessione);
nell'ambito degli aiuti per il settore ortofrutticolo, ha prodotto il rafforzamento del ruolo delle associazioni di organizzazioni di produttori che potranno gestire fondi di esercizio, nell'ambito dell'attuazione di parziali programmi operativi, con la possibilità di portare l'aiuto finanziario dell'Unione fino al 4,75 per cento del valore produzione commercializzata;
ha consentito una definizione più efficace dei programmi di sostegno nel settore vitivinicolo, sia negli obiettivi sia nelle attività. Tra le misure viene inclusa «l'innovazione nel settore vinicolo», mentre la misura della promozione potrà essere rivolta o al mercato extra-UE o al mercato interno (seppur limitatamente ad azioni informative sul consumo responsabile di vino e sul sistema UE delle denominazioni di origine e indicazioni geografiche);
ha reintrodotto il Paese di origine in etichetta tra le condizioni obbligatorie di commercializzazione per i prodotti ortofrutticoli venduti come freschi;
ha introdotto lo strumento di gestione e programmazione dell'offerta produttiva per i prosciutti certificati dop e igp;
ha introdotto il rafforzamento del ruolo, maggiori certezze di funzionamento e un miglioramento dell'efficacia delle organizzazioni di produttori e delle organizzazioni interprofessionali;
ha previsto per gli agricoltori la possibilità di negoziare collettivamente i contratti per la fornitura di olio d'oliva, carni bovine, cereali e altri seminativi, a determinate condizioni e garanzie;
l'accordo politico maturato a Bruxelles il 26 giugno 2013 rappresenta l'architettura legislativa al cui interno le differenti agricolture europee dovranno identificarsi e svilupparsi;
affinché le novità e risultati maturati negli ultimi due anni di negoziato e riportati in premessa possano tradursi in opportunità di crescita e di rilancio competitivo per il sistema agroalimentare nazionale e per i tenitori rurali italiani, è opportuno che nei prossimi mesi si avvii con successo un efficace percorso d'implementazione su scala nazionale delle nuove regole europee,
impegna il Governo:
ad adottare nell'ambito delle opzioni previste dal quadro regolamentare sui nuovi pagamenti diretti (titolo III, capo I della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio COM(2011)625), un sistema di convergenza interna a tutela delle aree geografiche/settori dove una riduzione degli aiuti troppo repentina (rispetto al quadro attuale) potrebbe mettere i produttori agricoli in serio pericolo, riducendo drammaticamente i loro margini reddituali e determinando ricadute negative in termini sociali e occupazionali;
ad utilizzare tutti i margini di flessibilità nazionali e gli strumenti legislativi necessari all'individuazione di una definizione di agricoltore attivo (di cui all'articolo 9 della proposta di regolamento sui pagamenti diretti agli agricoltori) che sia espressione del mondo produttivo nazionale, che premi i soggetti esclusivamente impegnati nell'attività agricola e che, al tempo stesso, possa concorrere all'alleggerimento del carico burocratico e amministrativo degli operatori;
ad adottare tutti gli strumenti, normativi e la flessibilità prevista nelle nuove regole comunitarie, per l'applicazione della componente ambientale relativa ai nuovi pagamenti diretti (Titolo III, capo 2 della citata proposta) salvaguardando la sostenibilità ambientale del sistema agricolo nazionale ma senza comprometterne la sostenibilità economica e la funzione sociale-produttiva, il tutto in un'ottica di semplificazione amministrativa e burocratica;
ad applicare in maniera efficiente ed efficace il nuovo supporto previsto per le giovani generazioni nell'ambito della normativa sui pagamenti diretti per gli agricoltori (titolo III, capo 4 della citata proposta) anche in stretta correlazione con le altre misure a disposizione dei giovani agricoltori nel quadro dei programmi di sviluppo rurale, tutto ciò con l'obiettivo di avviare con decisione e determinazione una politica agricola nazionale di rilancio delle giovani generazioni e di valorizzazione del ricambio generazionale in agricoltura;
ad utilizzare efficacemente le risorse finanziarie disponibili per il sostegno accoppiato di cui al Titolo IV della proposta di regolamento sui pagamenti diretti agli agricoltori, al fine di salvaguardare quei settori produttivi particolarmente esposti alla volatilità dei mercati nonché le produzioni ad elevato impatto economico ed occupazionale e, al tempo stesso, ad attivarsi in sede europea per sensibilizzare l'esecutivo comunitario ad una rivisitazione dei settori oggetto del sostegno accoppiato;
ad applicare in maniera efficace ed efficiente lo schema di sostegno per i piccoli agricoltori di cui al Titolo V della proposta di regolamento sui pagamenti diretti per gli agricoltori, utilizzando la flessibilità prevista per la scelta di una metodologia di calcolo del pagamento annuale che sia semplice e funzionale al raggiungimento degli obiettivi della misura;
ad intraprendere un percorso strutturato e durevole di stretta condivisione e cooperazione con il Parlamento e le Commissioni parlamentari di merito per la realizzazione di tutti gli impegni sopra riportati necessari all'applicazione nazionale delle nuove regole sui pagamenti diretti per gli agricoltori;
a predisporre del contratto di partenariato in condivisione con il Parlamento, al fine di concertare le criticità e le priorità strategiche che saranno affrontate nei prossimi sette anni con le risorse finanziarie dei fondi comunitari, con particolare riferimento al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e alla politica di sviluppo rurale;
a condividere con il Parlamento e le autonomie regionali delle priorità strategiche dei futuri programmi di sviluppo rurale 2007-2013, anche tenendo conto delle raccomandazioni della Commissione europea all'Italia sulla necessità di affrontare quattro criticità: ambiente sfavorevole all'innovazione delle imprese; lacune infrastrutturali; basso livello di occupazione; amministrazione pubblica burocratica e inefficiente;
a garantire alcune priorità della nuova programmazione di sviluppo rurale, quali: promuovere l'imprenditorialità; ridurre gli oneri amministrativi per le imprese; migliorare la dotazione infrastrutturale nel nostro Paese; sostenere la filiera corta e rafforzare le filiere agricole e agro-alimentari;
a predisporre un programma di sviluppo rurale nazionale per la gestione di alcune misure particolarmente strategiche come ad esempio le misure di gestione del rischio, anche al fine di dare continuità e omogeneità nazionale alla positiva esperienza dell'articolo 68 del Regolamento (CE) 73/2009 sulla gestione del rischio in agricoltura;
a predisporre un piano di coordinamento nazionale che armonizzi gli importi del sostegno a valere sulle misure dei futuri programmi di sviluppo rurale e che individui i principali fabbisogni infrastrutturali che limitano lo sviluppo e economico delle imprese agricole nelle aree rurali, al fine di orientare e indirizzare la redazione dei piani di sviluppo rurale regionali e la conseguente erogazione del sostegno, operando al contempo un importante coordinamento fra regioni;
al rafforzamento della posizione negoziale degli agricoltori all'interno della catena agroalimentare, individuando e definendo, in stretta condivisione con il Parlamento, gli strumenti normativi necessari (inclusa la revisione dell'attuale quadro normativo nazionale) all'applicazione delle nuove regole di funzionamento delle organizzazioni di produttori (e loro associazioni) e degli organismi interprofessionali;
a promuovere l'utilizzo efficace degli strumenti d'intervento pubblico e ammasso privato secondo le novità introdotte durante il negoziato comunitario nell'ambito del regolamento recante l'organizzazione comune di mercato unico e in stretta condivisione con il Parlamento e le Commissioni parlamentari di merito;
a implementare, individuando e definendo gli strumenti normativi appropriati e con il coinvolgimento del Parlamento, le nuove regole e le novità contenute nel regolamento recante l'organizzazione comune dei mercati con riferimento agli aiuti previsti nei settori olivicolo, ortofrutticolo e vitivinicolo;
ad applicare, in comune intesa con il Parlamento e le Commissioni parlamentari di merito, il nuovo sistema di autorizzazioni nel settore vinicolo che sostituisce l'attuale regime dei diritti d'impianto, tutto ciò con l'obiettivo di salvaguardare le produzioni ad elevato contenuto qualitativo e di consentire un passaggio al nuovo sistema che minimizzi gli eventuali impatti negativi lungo la filiera produttiva;
a individuare, insieme al Parlamento nazionale e alle istituzioni comunitarie, un percorso e soluzioni efficaci che possano «accompagnare» e rilanciare il settore lattiero oltre il 2015, anno in cui cesserà il regime di contingentamento della produzione (quote latte);
ad intraprendere, nell'ambito dei dettami del nuovo regolamento sull'organizzazione comune dei mercati, una politica di salvaguardia sociale e di valorizzazione del settore bieticolo-saccarifero nazionale, anche in vista della cessazione delle quote produttive (post-2017);
ad applicare le nuove regole di commercializzazione introdotte con il regolamento recante l'organizzazione comune dei mercati e, in tale ambito, a farsi carico di una nuova e incisiva azione di sensibilizzazione in sede europea della tematica relativa all'indicazione di origine in etichetta nella vendita dei prodotti agricoli;
a garantire un'applicazione efficace e funzionale dello strumento di gestione e programmazione dell'offerta produttiva dei prosciutti a denominazione di origine protetta introdotto dal negoziato comunitario nell'ambito del regolamento recante l'organizzazione comune dei mercati;
a relazionare periodicamente alle Commissioni parlamentari di merito sullo stato generale di avanzamento dell'applicazione della riforma, in parallelo con la messa in atto e lo sviluppo di un percorso di piena condivisione e cooperazione interistituzionale.
(1-00173) «Oliverio, Sani, Luciano Agostini, Zanin, Venittelli, Covello, Valiante, Anzaldi, Antezza, Taricco, Mongiello, Carra, Cova, Dal Moro, Marrocu, Ferrari, Tentori, Terrosi, Palma, Fiorio, Cenni».
La Camera,
premesso che:
la Carta sportiva europea del Consiglio d'Europa recita: «Per sport si intende qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o meno, abbia per obiettivo l'espressione e il miglioramento della condizione fisica e mentale, con la promozione della socializzazione e con il perseguimento di risultati in competizioni a tutti i livelli»;
la pratica sportiva, dunque, coinvolge dimensioni diverse dell'esistenza individuale e collettiva: tempo libero, modelli di comportamento, aspetti economici, interessando tutti i cittadini indipendentemente da genere, razza, età, disabilità, religione e convinzioni personali, orientamento sessuale e provenienza sociale o economica. Come detto da Pierre de Coubertin, padre dei giochi olimpici moderni, lo sport «è parte del patrimonio di ogni uomo e di ogni donna e la sua assenza non potrà mai essere compensata»;
i numerosi benefici dell'attività fisica e dell'esercizio fisico nel corso della vita sono ben documentati e, più in generale, contribuiscono alla qualità della vita, come confermato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). I ricercatori confermano il ruolo che lo sport e l'attività fisica hanno nello sviluppo dei bambini e degli adolescenti e rilevano che la partecipazione a un'attività fisica e sportiva nell'adolescenza è positivamente associata a livelli di attività fisica in età adulta;
sono inoltre sempre più numerose le prove che attestano la positiva correlazione tra esercizio fisico e salute mentale, sviluppo mentale e processi cognitivi Nell'Unione europea, livelli di attività fisica sono in correlazione positiva con la speranza di vita, il che significa che in quei paesi dove i livelli di attività fisica sono più elevati l'aspettativa di vita tende a essere più lunga;
secondo l'Eurobarometro sullo sport e l'attività fisica (2010), il 34 per cento degli uomini e il 43 per cento delle donne in Europa non praticano attività fisiche ricreative. Esistono delle enormi differenze circa la partecipazione allo sport e all'esercizio fisico tra i vari Paesi europei, che dipendono, tra le altre cose, dalla cultura e dalle opportunità. Nei Paesi scandinavi, dove sia gli Stati che gli individui stessi sostengono uno stile di vita attivo, la percentuale della popolazione attiva è molto alta, mentre la maggioranza della popolazione nei Paesi dell'Europa meridionale preferisce una vita sedentaria;
già nel 1996 tutti i Ministri dello sport europei siglarono un accordo in cui manifestarono con forza a favore dello «sport per tutti» ponendosi l'obiettivo di offrire le stesse opportunità di pratica sportiva a tutti i cittadini;
nella «Dichiarazione di Nizza» sottoscritta dai governi dell'Unione europea nel dicembre 2000, ad esempio, si definisce lo sport come un «nuovo diritto di cittadinanza» mettendone in luce le sue caratteristiche trasnazionali, che vanno oltre le pur forti radici nelle tradizioni e nelle culture delle popolazioni;
in una eccellente ricerca sulle federazioni sportive in provincia di Torino, pubblicata nel 2003, veniva riportato che, a livello europeo, da più parti, iniziava a diffondersi e a consolidarsi una concezione di sport come «diritto a stare bene»;
nel 2011 la Commissione europea ha adottato una strategia per sviluppare la dimensione europea dello sport. Lo sport aiuta a superare le barriere sociali e a mettere in contatto persone di qualsiasi estrazione. L'Unione europea, in particolare, incoraggiò i 28 Stati membri a proporre iniziative che avrebbero ricorso allo sport per migliorare l'inclusione sociale;
più recentemente, la relazione del novembre 2011 della Commissione europea sulla dimensione europea della sport, ricorda che lo sport contribuisce alla realizzazione degli obiettivi strategici dell'Unione europea, poiché pone in rilievo valori pedagogici e culturali fondamentali e costituisce un vettore di integrazione, nella misura in cui si rivolge a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione;
nonostante il sempre più crescente valore riconosciuto alle pratiche sportive, risulta infatti ancora persistente una forte segregazione verticale delle donne nello sport, specie all'interno delle organizzazioni sportive dove latitano in maniera preoccupante le donne che occupano posizioni direttive, e sono spesso tutti di genere maschile i dirigenti di federazioni in cui, pur in proporzioni ridotte, sono presenti anche donne praticanti;
anche le fasce tecniche (arbitri e allenatori), guardate con attenzione nella composizione di genere, si rivelano ambiti dove le donne sono presenti in modo frastagliato ed in misura minore di quanto ci si potrebbe aspettare, sulla base della semplice composizione della platea di praticanti;
dietro la tradizionale separazione tra uomini e donne nella pratica dello sport riappare inoltre in maniera prepotente lo spettro della «diversa retribuzione a parità di lavoro» che, almeno formalmente ed esplicitamente, in molti ambiti di lavoro non è praticabile, e che invece divide drasticamente e «per scritto» il destino di due atleti, differenti solo nel genere;
come è stato più volte denunciato, inoltre, la gran parte degli atleti svolge attività lavorativa in forma, si potrebbe dire, «atipica», senza la copertura dei contratti collettivi e comunque fuori dalle normali tutele del lavoro dipendente. Questa atipicità diviene drammatica quando a farne le spese sono le donne, che troppo spesso sottoscrivono con i club contratti di natura privata che non ne tutelano condizioni ed aspettative, essendo peraltro assente nelle società sportive femminili la soglia di passaggio dall'attività professionale alla professionistica. Sull'argomento peraltro non esistono informazioni chiare, ed è per questo che si avverte sempre di più la necessità di maggiore attenzione in materia specialmente da parte delle Istituzioni interessate;
per cercare di dare risalto alla situazione descritta, comune a molti, Paesi europei, presso l'Istituto europeo di genere con sede a Vilnius, si è svolto i primi di dicembre 2013 un incontro promosso in collaborazione con la Commissione europea cultura e sport per fare il punto sulla condizione delle donne nei Paesi dell'Unione europea;
l'obiettivo dell'appuntamento di Vilnius è stato quello di dare risalto alla Carta europea dei diritti delle donne nello sport, una proposta relativa a una strategia specifica sulla parità di genere e lo sport per il 2015-2020, avviata grazie al lavoro del Dipartimento internazionale ed al progetto Olympia, con il quale si è avuta la possibilità di rivedere e ridisegnare la Carta europea, partendo dalle esperienze di attività, dall'analisi della pratica sportiva delle donne in Europa e dal confronto tra diversi soggetti associativi ed istituzionali;
come ricordato dai maggiori gruppi dell'associazionismo sportivo, la Carta europea dei diritti delle donne nello sport da un fondamentale apporto alla diffusione delle buone pratiche nello sport e alla promozione delle pari opportunità nei diversi ambiti che interessano lo sport, come la pratica sportiva, la formazione e ricerca, l'informazione e comunicazione, la leadership. La Carta ha inoltre il pregio ulteriore di muovere i suoi passi dall'esperienza diretta di un gruppo di esperti di organizzazioni sportive governative e non governative,
impegna il Governo:
a porre in essere tutte le possibili iniziative volte ad incoraggiare una reale parità di genere nei board dirigenziali degli organismi federali delle varie discipline sportive;
a porre in essere tutte le opportune iniziative, anche normative, per ridurre il gender pay gap tra atleti di sesso diverso e per implementare ogni forma di tutela possibile ai fini di una paritaria contrattualizzazione senza discriminazioni legate al genere, anche incentivando il riconoscimento nelle competenti sedi del professionismo sportivo nelle donne;
ad attivarsi in tutte le sedi istituzionali europee affinché sia dato adeguato seguito alla Carta Europea delle donne nello sport presentata il 25 maggio 2011.
(1-00290) «Brunetta, Centemero, Carfagna, Bergamini, Calabria, Castiello, Faenzi, Gelmini, Giammanco, Milanato, Petrenga, Polidori, Polverini, Prestigiacomo, Sandra Savino, Elvira Savino, Abrignani, Palese».
La Camera,
premesso che:
la direttiva 28/6/99/70 CE si basa sull'articolo 139, paragrafo 2, CE e, secondo quanto contenuto nel suo articolo 1, è diretta ad «attuare l'accordo quadro (...), che figura nell'allegato, concluso (...) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)»;
la clausola 4 dell'accordo quadro che figura nell'allegato della direttiva citata afferma il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo indeterminato e a tempo determinato, sancendo che: « 1) Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. 2) Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis. 3) Le disposizioni per l'applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e le prassi nazionali. 4) I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive;
la clausola 5 dell'accordo quadro che figura nell'allegato della direttiva citata recita che: « 1) Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 2) Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:
a) devono essere considerati «successivi»;
b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato»;
la direttiva 28 giugno 1999 1999/70/CE, applicabile al settore pubblico come risulta ad esempio dalle sentenze Adeneler, 4 luglio 2006, C-212/04 e Angelidaki, 23 aprile 2009, C-378-80/07, si incentra sul principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato e sulla prevenzione dell'abuso derivante dalla reiterazione dei contratti a termine;
l'articolo 36 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche dispone quanto segue:
«1. Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall'articolo 35.
2. Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato (...).
(...)
5. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative (...)»;
l'utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato, al fine di prevenire discriminazioni e abusi, deve essere necessariamente basato su ragioni oggettive, come chiarisce l'articolo 1 del decreto legislativo n. 368 del 2001, in cui si afferma che «è consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro»;
nel settore pubblico l'articolo 49 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha sostituito l'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, imponendo alle amministrazioni pubbliche l'obbligo di «assumere esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato» in presenza di «esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario», e ripristinando la possibilità di avvalersi di forme contrattuali flessibili unicamente «per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali», con disciplina, dunque, più restrittiva, nella proclamazione del superamento del «lavoro precario»;
il ricorrente utilizzo di lavoratori con forme contrattuali flessibili ha indotto il legislatore a prevedere in via transitoria procedure di stabilizzazione condizionate, tuttavia, al possesso di stringenti requisiti come quelli previsti dall'articolo 4, comma 6 del decreto-legge n. 101 del 2013 convertito, con modificazioni dalla legge n. 125 del 2013;
nelle pubbliche amministrazioni, considerati gli attuali vincoli sulle assunzioni, l'utilizzo di personale con forme contrattuali flessibili è disposto anche per lo svolgimento di attività istituzionali ed in presenza di esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario;
in data 18 giugno 2013 il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/01012-A/003 a prima firma Ciprini, che in occasione dell'approvazione del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101 impegnava il Governo a promuovere con urgenza ogni iniziativa legislativa utile alla stabilizzazione di tutti i lavoratori precari nella pubblica amministrazione senza distinzioni rispetto alle tipologie contrattuali;
il tribunale di Siena, sezione lavoro, a seguito del ricorso depositato in data 16 settembre 2009 contro il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'ufficio scolastico regionale per la Toscana, ha emanato una sentenza che ha disapplicato per contrasto con la normativa comunitaria l'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ai sensi del quale «la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione», avendo il lavoratore esclusivamente diritto risarcimento del danno, «derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative». Conseguentemente il tribunale ha disposto la conversione del contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato e condannato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a reinserire in servizio la parte ricorrente nel posto di lavoro per lo svolgimento delle medesime mansioni;
nella causa C50/13, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal tribunale ordinario di Aosta (Italia), con decisione del 3 gennaio 2013, pervenuta in cancelleria il 30 gennaio 2013, nel procedimento Rocco Papalia contro comune di Aosta, l'ottava sezione della Corte ha pronunciato un'ordinanza in cui ha sancito che «L'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretato nel senso che esso osta ai provvedimenti previsti da una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, la quale, nell'ipotesi di utilizzo abusivo, da parte di un datore di lavoro pubblico, di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, preveda soltanto il diritto, per il lavoratore interessato, di ottenere il risarcimento del danno che egli reputi di aver sofferto a causa di ciò, restando esclusa qualsiasi trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quando il diritto a detto risarcimento è subordinato all'obbligo, gravante su detto lavoratore, di fornire la prova di aver dovuto rinunciare a migliori opportunità di impiego, se detto obbligo ha come effetto di rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio, da parte del citato lavoratore, dei diritti conferiti dall'ordinamento dell'Unione;
quanto statuito dalla Corte nell'ordinanza «Papalia» per analogia risulta applicabile a tutta la pubblica amministrazione, in cui i contratti a tempo determinato superano le 23 mila unità, così distribuiti: oltre 130 mila riguardano il personale scolastico, circa 30 mila riguardano il personale sanitario e oltre 80 mila concernono le autonomie;
la terza sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea, in riferimento alla causa C-361/12, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal tribunale di Napoli fra la signora Carratù e Poste italiane spa, relativamente all'apposizione di un termine al contratto di lavoro posto in essere con quest'ultima, ha emesso in data 12 dicembre 2013 una sentenza in cui ha sancito che: «La clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, inserito in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che può essere fatta valere direttamente nei confronti di un ente pubblico, quale Poste italiane spa»;
il fenomeno del precariato risulta particolarmente diffuso in ambito scolastico, un settore in cui i numeri sono impietosi e parlano di 118.468 docenti assunti con contratti a tempo determinato e di 18.428 unità assunte a tempo determinato come personale ATA cifre che fotografano un ulteriore aumento rispetto allo scorso anno;
il precariato scolastico risulta avere un'incidenza negativa non solo sulla condizione di incertezza lavorativa ed economica del personale scolastico, ma anche sulla continuità didattica e sulla qualità dell'insegnamento, che risultano fortemente penalizzate;
il 21 novembre 2013 la Commissione Ue ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per il mancato rispetto della direttiva sul lavoro a tempo determinato, utilizzando i supplenti con contratti a termine «continuativi», che durano anche molti anni e lasciandoli così «in condizioni precarie nonostante svolgano un lavoro permanente come gli altri»,
impegna il Governo:
ad adottare iniziative normative volte ad istituzionalizzare il processo di stabilizzazione del personale utilizzato con contratti a tempo determinato o altre forme contrattuali flessibili dalle amministrazioni pubbliche, statali e periferiche, ad esclusione del comparto scuola, e che sia stato reclutato attraverso procedure di selezione concorsuale;
a prevedere che le iniziative sopra previste stabiliscano che le procedure di stabilizzazione:
a) abbiano cadenza periodica regolare;
b) siano disposte a valere su una quota fissa delle percentuali ammesse annualmente per il turn over nelle pubbliche amministrazioni;
c) siano rivolte all'intera platea di coloro che con il passare del tempo maturano determinati requisiti di servizio in termini di durata dei contratti sottoscritti;
d) siano rivolte esclusivamente in favore di coloro che sono stati reclutati in forza di norme di legge di carattere generale ovvero mediante procedure pubbliche di selezione escludendo, pertanto, tutti coloro che maturano i requisiti per la stabilizzazione in forza di contratti stipulati in esito a selezioni svolte da consulenti o società non pubbliche ovvero mediante chiamata nominativa non effettuata tramite il collocamento o ancora, che abbiano maturato l'anzianità di servizio attraverso chiamate dirette effettuate in deroga alle normali procedure di selezione;
e) diano priorità, nei processi di assunzione, agli uffici e settori delle amministrazioni risultanti in grave carenza di personale, anche a seguito di ricognizioni di organico;
a programmare a partire dal 2014 un piano quinquennale di assorbimento in ruolo del personale docente precario che abbia conseguito o consegua nel corso del quinquennio titoli abilitanti e nel contempo abbia maturato o maturi almeno tre annualità complessive di servizio, ovvero che abbia superato o superi le procedure pubbliche concorsuali;
a programmare a partire dal 2014 un piano triennale di assorbimento in ruolo sulla base dei posti vacanti e disponibili del personale ATA precario inserito in graduatoria permanente e che abbia maturato almeno tre annualità di servizio con contratti reiterati a tempo determinato.
(1-00341) «Chimienti, Rizzetto, Rostellato, Baldassarre, Cominardi, Tripiedi, Bechis, Ciprini, Busto, De Rosa, Marzana, Vacca, Brescia, Battelli, Simone Valente, Luigi Gallo, Di Benedetto, D'Uva».
La Camera,
premesso che:
il nostro Paese, nei mesi di gennaio e febbraio, è stato investito da un'ondata di maltempo fuori dal comune che ha comportato serie di criticità dal punto di vista dell'assetto idrogeologico in diverse regioni;
in particolare, nella regione Veneto i persistenti rovesci piovaschi hanno prodotto gravissimi danni a persone e cose, alle strade, ad edifici pubblici e privati, al territorio nel suo complesso;
in alcune zone della montagna veneta, particolarmente nel bellunese, a causa dell'abbondanza delle precipitazioni nevose e del successivo appesantimento della neve per la pioggia, alcune località, tra cui Sappada, sono rimaste per molti giorni senza elettricità, con enorme danno per la vita dei residenti, e con compromissione dei turismo che costituisce l'unica vera risorsa economica del luogo;
i black-out elettrici che si sono verificati sono ancor più inaccettabili se si considera che sono stati provocati dall'inadeguatezza della rete di distribuzione locale, e che le zone interessate sono produttrici di abbondante energia elettrica, il cui convogliamento nella rete di distribuzione nazionale non ha invece subito alcuna compromissione;
la regione Veneto si è vista costretta a dichiarare lo stato di crisi con decreto del presidente della giunta regionale 3 febbraio 2014, n. 15;
in Emilia Romagna nel mese di gennaio si è assistito ad un alluvione di pianura di dimensioni molto preoccupanti, avendo raggiunto l'estensione di circa diecimila ettari, producendo ingenti danni economici in una regione peraltro già colpita duramente da recenti fenomeni di natura tellurica;
tale situazione non ha natura episodica o locale, ma interessa tutto il territorio nazionale e si ripresenta periodicamente in maniera diversa e sempre più preoccupante in varie aree, dal Nord al Sud del Paese;
tali criticità oltre ad arrecare ingenti danni a persone e proprietà private, hanno peraltro seriamente compromesso il nostro patrimonio artistico e architettonico che rappresenta il potenziale volano per un nuovo sviluppo economico ed imprenditoriale incentrato sul turismo di alta qualità;
difatti, si sono registrati con amarezza e sgomento i crolli delle mura perimetrali della città di Volterra, unico ed irripetibile esempio di commistione tra architettura medievale ed etrusca, per un danno complessivo di oltre due milioni di euro;
nel Lazio si è assistito a continue frane, smottamenti, allagamenti a danno di intere comunità, mettendo a rischio incolumità dei cittadini, nonché inestimabile patrimonio artistico della città di Roma e di tutto il territorio regionale;
in questi giorni si assiste impotenti od ulteriori crolli nell'area archeologica di Pompei, riferibili molto probabilmente anch'essi alle forti precipitazioni, che producono sia l'ennesimo danno ad un patrimonio artistico unico nel mondo che una profonda lacerazione all'immagine del nostro Paese, da sanare con estrema urgenza;
tali avvenimenti richiedono certamente interventi urgenti al fine di riparare i danni subiti da cose e persone, ma ciò non può rimediare in via definitiva al degrado complessivo del tessuto idrogeologico italiano, che invece necessita di un intervento più ampio e lungimirante;
gli interventi emergenziali, difatti, sono chiaramente molto meno efficienti di un intervento costante e razionale di manutenzione ordinaria del territorio, che comporta sul lungo periodo spese molto minori e consente di evitare ripetuti e ingenti danni alle persone, ai patrimoni privati, al patrimonio architettonico ed artistico delle comunità;
i vincoli del patto di stabilità pongono persistenti ostacoli ad un intervento efficiente e razionalizzato degli enti locali in materia, in quanto tali interventi spesso non rientrano nelle regole eccessivamente rigide che sono alla base di un patto che ha imbrigliato la spesa pubblica anche in settori così cruciali,
impegna il Governo:
a predisporre iniziative, anche di natura normativa, finalizzate al sostegno delle comunità colpite dagli eccezionali eventi atmosferici di gennaio e febbraio 2014, se possibile attraverso interventi sospensivi in materia tributaria, contributiva e similari;
a pianificare interventi volti ad attenuare i vincoli del patto di stabilità in particolare per quello che riguarda i capitoli di spesa inerenti al dissesto del territorio, alla manutenzione degli edifici scolastici, alla messa in sicurezza della rete stradale;
a prendere in considerazione di assumere iniziative di natura normativa volte a garantire maggiori risorse finalizzate al contrasto al dissesto idrogeologico, anche con riguardo alle aree di particolare interesse storico-artistico anche considerato il potenziale grave pregiudizio per un settore economico cruciale per il nostro Paese.
(1-00364) «Gigli, Fauttilli, De Mita, Cera, Binetti, Sberna, Marazziti, Caruso, Fitzgerald Nissoli, Piepoli, Schirò».
La Camera,
premesso che:
recenti fenomeni alluvionali che hanno interessato il nostro Paese, nel corso degli anni 2013 e 2014, ripropongono nuovamente le criticità relative alla fragilità del territorio nazionale, già sottoposto ad alto rischio di dissesto idrogeologico e la necessità ormai indifferibile della messa in sicurezza e di ripristino del suolo, attraverso il reperimento delle risorse necessarie per eseguire i molteplici interventi per le realizzazioni infrastrutturali;
gli eventi pluviali di particolare intensità, che hanno interessato le regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Toscana, alla fine dell'anno 2013 e all'inizio del 2014, hanno determinato una serie di complesse difficoltà di livello emergenziale, in estese parti degli insediamenti abitati nelle località implicate, provocando frane, allagamenti, esondazioni ed interruzioni della viabilità ordinaria e dei collegamenti ferroviari, causando addirittura numerose vittime;
nella regione Friuli Venezia Giulia si è registrato, a partire dalla giornata del 30 gennaio 2014, un evento atmosferico di eccezionale portata che ha causato allagamenti nelle province di Udine e Pordenone. Le forti precipitazioni hanno causato l'esondazione del fiume Sile che ha comportato ingenti danni nei seguenti comuni della provincia di Pordenone: Chions, Azzano Decimo, Pravisdomini e Pasiano, con particolare gravità nelle frazioni di Panigai, Barco, Azzanello e Fagnigola. Per quanto riguarda la provincia di Udine, le intense ed eccezionali precipitazioni che hanno interessato il medio Friuli Venezia Giulia hanno determinato non meno di 250 mila euro di danni nel comune di Codroipo, in cui si sono, inoltre, registrati oltre 180 interventi in abitazioni private e attività commerciali, con ingenti danni non ancora stimati, causati dall'eccezionale innalzamento della falda acquifera; allagamenti che hanno provocato danneggiamenti si registrano negli archivi degli edifici pubblici, i cui danni stimati sono pari a 80 mila euro, per il palazzetto dello sport la valutazione degli interventi di ripristino risulta pari a 35 mila euro, mentre per il teatro comunale e per il Museo delle Carrozze, rispettivamente, si registrano danni per 25 mila euro e 40 mila euro; una situazione che, in considerazione di quanto esposto alla data odierna, permane ancora di evidente gravità;
nelle località di Cordenons, Ruda e Fontanafredda, sono state segnalate una serie di emergenze connesse all'alluvione, che hanno comportato ingenti difficoltà per i cittadini, a cui si sono aggiunte una serie di complessità derivanti dalle esondazioni del fiume Ledra e degli affluenti del Lavia, che hanno provocato l'allagamento della strada provinciale del Cornino e la chiusura di un tratto della strada provinciale 99;
le conseguenze del maltempo nell'alto Friuli Venezia Giulia, in particolare a Tarvisio, risultano di particolare rilevanza, a causa della straordinaria nevicata che ha comportato diverse e continue interruzioni del servizio di energia elettrica, che, unite agli effetti dell'evento atmosferico alluvionale, hanno procurato un grave danno agli afflussi turistici del fine settimana;
anche in Carnia e nell'alta montagna friulana le interruzioni di energia elettrica, dovute al maltempo, hanno provocato notevole disagio alla popolazione nell'area dei comuni di Tolmezzo e Amaro con circa 14 mila utenze disalimentate a causa di cadute di alberi sulle linee o per il fenomeno dei manicotti gelati sulle condutture. Una sommaria stima dei danni causati dalla sospensione della fornitura elettrica ammonta a 1 milione e mezzo di euro (fonte Enel);
nella regione Veneto, a partire dalla medesima e suindicata giornata del 30 gennaio 2014, le piogge persistenti hanno continuato ad insistere con una configurazione di eccezionale stazionarietà, interessando la parte orientale e le province di Padova, Treviso, Vicenza, Verona e Venezia, causando ingenti danni ai centri abitati e alle infrastrutture viarie, le cui interruzioni su diverse tratte montane, pedemontane e collinari hanno aggravato le già precarie condizioni della rete provinciale e secondaria di tutte le aree venete interessate dal dissesto idrogeologico;
l'intensità delle precipitazioni piovose e nevose, avvenuta in tempi molto ristretti, che ha richiesto addirittura l'intervento dei militari dell'Esercito, impegnati con mezzi speciali a ripristinare la viabilità ordinaria e ad assistere le comunità locali interessate, ha provocato, inoltre, l'innalzamento repentino dei livelli idrometrici di tutti i corsi d'acqua, principali e secondari, causando l'esondazione del canale Loncon ad Annone Veneto, tra i territori di Treviso e Venezia, con l'acqua che ha invaso i collegamenti ferroviari e l'innalzamento del fiume Bacchiglione, ricadente nel paese di Bovolenta in provincia di Padova, minacciando la popolazione locale fatta evacuare in via precauzionale;
l'eccezionale ondata di maltempo che ha attraversato gran parte del territorio veneto, i cui danni finanziari risultano provvisoriamente quantificati dal presidente della regione Veneto Zaia pari a 475 milioni di euro, ha coinvolto anche l'area dolomitica e prealpina, causando l'interruzione dell'erogazione dell'energia elettrica nei paesi dell'Alto Cadore, rimasti isolati, e la chiusura di passi e impianti sciistici;
quanto sopra indicato ha determinato conseguenze particolarmente negative, per l'economia turistica veneta e friulana, in considerazione del fatto che, in alcuni casi, la stagione turistica invernale, che rappresenta peraltro in alcune aree montane l'unica fonte di reddito economico, si è interrotta in modo definitivo;
l'evento alluvionale ha determinato ulteriori effetti ostili a seguito delle tonnellate di detriti, giunti dalle piene dei fiumi Piave e del Sile, spiaggiati sull'arenile di Jesolo e lungo l'intero litorale veneto, che hanno deturpato le spiagge e la costa, creando notevoli problemi, sia per il recupero, che per lo smaltimento dei rifiuti, da parte delle amministrazioni locali coinvolte;
in considerazione della prospettata situazione meteorologica di rilevante gravità, la regione veneta, nella giornata del 3 febbraio 2014, ha deliberato lo stato di calamità, stanziando 1 milione di euro, per le prime necessità, stabilendo altresì l'urgente richiesta al Governo di recepimento per lo stanziamento delle risorse necessarie per fronteggiare l'emergenza; mentre la regione Friuli Venezia Giulia ha stanziato 4 milioni di euro dal fondo imprevisti destinati alla Protezione civile;
nell'ambito della decretazione dello stato di crisi, a seguito delle criticità riscontrate in un'ampia area veneta interessata, si è disposto, ai sensi dell'articolo 106, comma 1, lettera c), della legge regionale n. 11 del 2001, di procedere pertanto alla richiesta della dichiarazione dello «stato di emergenza», come previsto dalla legge n. 225 del 1992 e successive modificazioni, alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
la prolungata fase di maltempo che ha continuato ad insistere per diversi giorni, nel corso della prima settimana di febbraio 2014, causando anche una vittima a Montegrotto in provincia di Padova, ha recato, inoltre, gravissimi danni agli edifici pubblici e privati, al sistema infrastrutturale e delle opere pubbliche, soprattutto nelle aree più urbanizzate e negli insediamenti produttivi, indebolendo fortemente l'economia locale, oltre, come in precedenza riportato, a quella turistico invernale, e le attività agricole e commerciali;
nella regione Emilia Romagna, nelle giornate dal 17 al 19 gennaio 2014, il territorio della provincia di Modena è stato colpito da gravi eventi alluvionali tali da causare una grave situazione di pericolo per l'incolumità delle persone, provocando l'evacuazione di numerose famiglie dalle loro abitazioni;
l'ammontare dei danni, secondo una valutazione iniziale pari a 400 milioni di euro, è principalmente connesso ai danneggiamenti infrastrutturali verificatisi per le opere di difesa idraulica, nei riguardi degli edifici pubblici e privati, delle infrastrutture viarie e delle attività produttive;
la rottura arginale del fiume Secchia ha, inoltre, provocato l'allagamento di centri abitati, l'interruzione di collegamenti viari e della rete dei servizi essenziali determinando, quindi, forti disagi alla popolazione interessata;
le aree ricomprese nei comuni di Bastiglia, Bomporto, Sorbara, Bosco di San Felice, Finale Emilia, Camposanto e Albareto risultano, in particolare, quelle in cui l'intensità della pioggia ha insistito con rilevante costanza, provocando allagamenti e frane in vaste zone della bassa modenese ed altre zone emiliano-romagnole, con inevitabili ripercussioni negative e penalizzanti per l'intera economia territoriale interessata, per l'ambiente ed il paesaggio di un'area ad alta attrattività turistica e agrituristica;
la decisione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2014, che ha deliberato lo stato di emergenza nel territorio della provincia di Modena, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, stanziando 11 milioni di euro, a valere sul fondo per le emergenze nazionali, sebbene condivisibile, risulta tuttavia insufficiente nel garantire un adeguato e completo livello di intervento finanziario in grado di ripristinare le condizioni di normalità per l'intera area interessata dall'evento alluvionale;
nella regione Veneto, la ricognizione dei danni verificatisi e dei relativi fabbisogni finanziari, tali da formalizzare la dichiarazione dello stato di emergenza, per un evento calamitoso che, secondo quanto sostenuto dal medesimo presidente, risulta addirittura peggiore rispetto all'alluvione dell'anno 2010, a cui si aggiungono i gravissimi eventi alluvionali in precedenza esposti, avvenuti nelle regioni Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, comprovano l'esigenza d'interventi in sede comunitaria, volti all'accesso agli stanziamenti previsti dal Fondo di solidarietà dell'Unione europea (Fsue) istituito allo scopo di far fronte alle grandi catastrofi naturali e offrire un aiuto finanziario agli Stati colpiti;
l'intervento del medesimo Fondo, previsto dal regolamento (CE) n. 2012 del Consiglio, dell'11 novembre 2002, mirato ad integrare gli sforzi dello Stato beneficiario, prevede, secondo le procedure indicate nella domanda di ammissione, che ogni Stato membro possa presentare alla Commissione europea, non oltre dieci settimane dalla data in cui si è verificato il primo danno, la richiesta delle sovvenzioni concesse, anche se la soglia di intervento normale per questo Stato vicino non è stata raggiunta;
il riavvio dei numerosi interventi per la messa in sicurezza del territorio danneggiato e delle opere di ricostruzione, finalizzate al ripristino delle condizioni di normalità per la vasta area regionale veneta interessata dall'alluvione, confermano come, in considerazione della gravità degli eventi calamitosi avvenuti nel Veneto, nel Friuli Venezia Giulia e in Emilia Romagna, i requisiti indicati all'interno del sopra esposto regolamento (CE) n. 2012/2002, nell'ambito delle modalità di utilizzazione delle sovvenzioni concesse dal Fondo di solidarietà dell'Unione europea, siano manifestamente fruibili;
nel caso in cui l'ammontare complessivo dei danni fosse stimato in maniera inferiore, rispetto a quanto indicato dal medesimo regolamento, che considera «grave» qualsiasi catastrofe tale da provocare danni stimati in oltre 3 miliardi di euro o superiori allo 0,6 per cento del reddito nazionale lordo o nell'eventualità che una delle tre regioni sopra indicate non avesse inoltrato richiesta dei benefici previsti dal medesimo Fondo di solidarietà dell'Unione europea entro i termini previsti, è necessario tuttavia prevedere interventi compensativi, a favore delle popolazioni e delle imprese colpite, attraverso la defiscalizzazione e la decontribuzione, per il biennio 2014-2015, in considerazione del fatto che, ad esempio, la sola regione Veneto contribuisce alle entrate dell'amministrazione statale con un «residuo fiscale» di oltre 20 miliardi di euro;
le priorità d'intervento indicate all'interno del piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici predisposto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per la messa in sicurezza del territorio, che prevedono interventi presso l'Unione europea volti a derogare i vincoli del Patto di stabilità interno, rappresentano proprio le misure urgenti e necessarie da attribuire alle sopra indicate regioni, in considerazione dei gravissimi danni economici, registrati a seguito degli avvenuti disastri ambientali;
l'esclusione dei vincoli del Patto di stabilità interno per gli anni 2014 e 2015, nei riguardi degli enti locali direttamente coinvolti dall'alluvione, che hanno subito ingenti danni economici tali da non essere in grado di sostenere finanziariamente le opere di ripristino, costituisce un'ipotesi auspicabile e positiva in grado di liberare risorse utili all'attuazione di specifiche azioni identificate nei piani di difesa del suolo;
nel corso dei mesi precedenti, in cui si sono sfortunatamente verificati disastri ambientali provocati da eventi sismici e alluvionali, nel territorio nazionale, il Governo è intervenuto anche attraverso l'utilizzo della decretazione d'urgenza per fronteggiare gli effetti calamitosi, attraverso un'articolata disciplina degli interventi per la ricostruzione, l'assistenza alle popolazioni e la ripresa economica nei territori coinvolti, sia di carattere finanziario che fiscale, attraverso la sospensione dei termini degli adempimenti tributari e dei mutui in convenzione;
le decisioni adottate dal Consiglio dei ministri, il 19 novembre 2013, a seguito dell'eccezionale ondata di maltempo che ha colpito la Sardegna, relative agli interventi a favore della regione autonoma isolana, disponendo interventi in deroga, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, confermano, infatti, come sia possibile agire coerentemente con analoghe misure anche nei confronti delle sopra esposte regioni, anch'esse investite da eventi naturali di portata straordinaria, non essendo le amministrazioni locali coinvolte in grado di sopportare gli oneri finanziari per la ricostruzione dei territori, colpiti da fenomeni climatici di tale intensità;
interventi affini e similari si rendono, pertanto, necessari a sostegno del Veneto, del Friuli Venezia Giulia e dell'Emilia Romagna, al fine di fronteggiare le gravissime conseguenze finanziarie dei bilanci degli enti locali coinvolti e consentire il riavvio dell'attività delle imprese le cui sedi operative sono state danneggiate dall'evento summenzionato,
impegna il Governo:
a deliberare lo «stato di emergenza» per gli eccezionali eventi atmosferici verificatisi nelle regioni del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, ai sensi dell'articolo 5, commi 1 e 1-bis, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni e integrazioni, a seguito dei fenomeni alluvionali di intensa gravità avvenuti a partire dalla giornata del 30 gennaio 2014 e per i successivi giorni del mese di febbraio 2014;
ad assumere iniziative finalizzate a sostenere le popolazioni e le attività imprenditoriali, commerciali, artigiane e agricole venete, friulane ed emiliane colpite dai violenti fenomeni alluvionali che hanno interessato i comuni delle province di Udine, Pordenone, Padova, Treviso, Vicenza, Verona e Venezia e i comuni della provincia di Modena, attraverso la defiscalizzazione e la decontribuzione per gli anni 2014 e 2015, anche prevedendo la sospensione immediata dei termini amministrativi dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, ivi compresi il pagamento delle rate dei mutui e dei finanziamenti di qualsiasi genere, incluse le operazioni di credito agrario, erogati dalle banche e dagli intermediari finanziari e dalla Cassa depositi e prestiti;
a prevedere iniziative volte all'alleggerimento dei vincoli del Patto di stabilità interno, ai fini del ripristino dei sistemi infrastrutturali della viabilità interrotta o danneggiata, nonché delle opere di difesa idraulica, deteriorate a causa delle abbondanti piogge, attraverso la deroga al 31 marzo 2014 delle disposizioni previste dai commi 547 e 548 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, (legge di stabilità per il 2014), concernente il riparto degli spazi finanziari attribuiti agli enti locali per sostenere i pagamenti di debiti in conto capitale, nei confronti delle regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia Romagna;
ad assumere iniziative per destinare, infine, una quota parte delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione al finanziamento di una serie di interventi, tra cui quelli di messa in sicurezza del territorio, previsti dall'articolo 1, comma 7, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, a favore delle predette regioni.
(1-00365) «Brunetta, Milanato, Sandra Savino, Palmizio, Calabria, Palese».
ROSSI, CARUSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1, commi 444 e seguenti, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dispone l'alienazione straordinaria dei veicoli giacenti nelle depositerie autorizzate, senza dettare alcuna previsione in ordine ai tempi di pagamento delle spese di custodia dei veicoli oggetto del provvedimento amministrativo di alienazione;
l'emanando decreto dirigenziale, d'intesa tra Ministero dell'interno e Agenzia del demanio, dovrà stabilire anche le modalità ed i tempi di pagamento delle spese di custodia;
in sede di attuazione del decreto n. 35 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ritenuto di destinare alcuna risorsa a favore degli operatori nel settore del soccorso stradale e custodia giudiziaria;
nonostante le reiterate richieste, non risultano previsioni di impegno di spesa tese a garantire un costante flusso di liquidità a favore delle imprese che operano in un settore che occupa circa 50.000 addetti e che invece sono costrette ad una serie costante di adempimenti tributari e di gestione insostenibili;
il ritardo nei pagamenti della pubblica amministrazione per le spese di custodia, sia nell'ambito della disciplina ordinaria che a seguito della individuazione del custode acquirente ai sensi dell'articolo 214-bis del Codice della Strada, ha raggiunto ormai livelli intollerabili e rischia di determinare la chiusura di molte imprese che svolgono compiti indispensabili per la sicurezza stradale e di ausilio alle forze di Polizia –:
quali urgenti iniziative intendano adottare al fine di venire incontro alle giuste richieste di una categoria che risulta fortemente penalizzata dai ritardi pagamento delle spese di custodia fin qui maturate e che auspica l'inserimento nel decreto dirigenziale di attuazione di un termine per il pagamento delle spese stesse. (3-00627)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
il sito web del Corriere della sera in data 6 febbraio 2014, ha pubblicato una videoinchiesta sul drammatico fenomeno delle morti in carcere che in poco più di un decennio sono state 2230: si tratta di decessi avvenuti per cause naturali o suicidio, ma dall'inchiesta emergono anche casi di morte dovuta a malasanità in carcere e pestaggio;
nelle settimane passate la stampa italiana si era soffermata inoltre sul caso della cosiddetta «cella zero» del carcere di Napoli Poggioreale, dove, secondo le testimonianze, vengono perpetrate violenze e vere e proprie azioni di pestaggio contro i detenuti, episodi tra l'altro denunciati anche dal Garante regionale dei detenuti della Campania, Adriana Tocco, sui quali la magistratura ha deciso di aprire un'inchiesta;
un'istituzione fondamentale come quella che amministra le carceri della Repubblica e una Forza di polizia democratica, come il Corpo di polizia penitenziaria, a cui sono affidate la vita e l'integrità fisica delle persone in esecuzione di pena o sottoposte a custodia cautelare, non possono essere esposte ai gravissimi sospetti di abusi, con ipotesi di violenze intollerabili e perfino ombre che riportano a responsabilità sconcertanti –:
se sia a conoscenza dei fatti emersi dalla videoinchiesta del Corriere della sera e quali indagini amministrative siano state avviate in quegli istituii penitenziari dove accadrebbero violenze verso le persone recluse e quali risultanze siano a sua disposizione, nonché quali azioni intenda mettere in atto al fine di prevenire abusi nelle carceri, rendere gli istituti di pena più trasparenti e garantire il rispetto dei più elementari diritti umani dei detenuti.
(2-00407) «Morani, Bressa, Lodolini, Vazio, Malpezzi, Richetti, Manfredi, Leva, Bruno Bossio, Lauricella, D'Attorre, Peluffo, Patriarca, Miccoli, Greco, Ginoble, Gozi, Guerra, Verini, Rampi, Scalfarotto, Ferranti, Rocchi, Faraone, Marco Di Maio, Del Basso De Caro, Genovese, Gullo, Rostan, Rotta, Sanga, Gadda, Coccia, Carrescia, Carnevali, Cardinale, Campana, Marzano».
RONDINI, BUSIN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
da più parti vengono segnalate le problematiche tuttora aperte in merito all'articolo 41 del decreto legislativo n. 81 del 2008 come modificato e integrato dal decreto legislativo n. 106 del 2009, comma 4-bis, che testualmente riporta quanto segue: «entro il 31 dicembre 2009, con accordo in Conferenza Stato-regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcoldipendenza»;
stante l'estrema delicatezza della questione e la necessità di un'uniforme metodologia applicativa su tutto il territorio nazionale, considerato anche il fatto che le tematiche oggetto della norma sono tra le principali cause di infortuni sul lavoro;
altro importante problema, probabilmente di primaria importanza, tutt'ora aperto e riguardante la medesima questione riguarda le differenze attualmente presenti nei mansionari per cui sono previste le due tipologie di accertamenti, sarebbe auspicabile infatti propendere verso una unificazione del mansionario in questione al fine di cercare di garantire la massima tutela dei lavoratori;
ad oggi, infatti, vi sono alcune considerazioni che lasciano alquanto perplessi, basti pensare ad esempio che, ai sensi della normativa vigente, una guardia particolare giurata vada sottoposta ad accertamento della alcoldipendenza ma non a quello della tossicodipendenza –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e non ritenga di sollecitare l'emanazione di indicazioni circa le condizioni e le modalità di accertamento della tossicodipendenza e della alcoldipendenza al fine di poter fornire finalmente i dovuti chiarimenti per poter tutelare al meglio la salute e sicurezza dei lavoratori tutti e rivalutare la figura del medico competente mettendolo nelle condizioni di svolgere al meglio la propria attività professionale. (5-02398)
La X Commissione,
premesso che:
nel mese di giugno 2013 l'IVASS – Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni – che dal 1o novembre 2013 è succeduto in tutti i poteri, funzioni e competenze dell'ISVAP – ha pubblicato una indagine sulle tariffe RC auto praticate in Italia al 1o aprile 2013;
l'indagine, che ha riguardato tutte le imprese sottoposte alla vigilanza dell’authority sul mercato assicurativo, ha preso in esame i prezzi praticati in 21 province (19 capoluoghi di regione e le province di Trento e Bolzano) per 11 tipologie standard di assicurati, sia automobilisti sia motociclisti, dei due sessi;
dall'indagine risulta che, negli ultimi 12 mesi, è continuato ad aumentare il divario tra le tariffe praticate nelle regioni settentrionali rispetto a quelle centro-meridionali;
l'analisi ha evidenziato inoltre che a Napoli la media del costo del premio assicurativo è pari a 1.214 euro e in Campania la media è di 1.164 euro, contro quella nazionale di 702 euro;
a fronte dei premi pagati, il citato studio evidenzio che in Campania, ed in particolare a Napoli, il numero di sinistri denunciati sono stati la metà della media nazionale – 7,6 per cento contro il 12,70 per cento della media nazionale;
sempre secondo lo studio, nel 2011 il costo totale dei risarcimenti per danni a cose e a persone è stato pari a 13,4 miliardi di euro; di questi circa 9 miliardi di euro si riferiscono a danni fisici (compresi i danni a cose per sinistri misti); in particolare 3,4 miliardi di euro sono i risarcimenti per invalidità permanenti, mentre 5,5 miliardi di euro afferiscono ai risarcimenti per invalidità superiori o per morte;
dai risultati dell'analisi condotta sembrerebbe emergere un diffuso fenomeno speculativo sui danni alla persona che si concentra in particolare sui danni di lievissima entità (che rappresentano il 15 per cento dei sinistri) a fronte dei quali le imprese di assicurazioni hanno risarcito oltre 2,1 miliardi di euro all'anno;
le Compagnie continuano, in modo ingiustificato e poco trasparente, ad omettere di comunicare le statistiche in base alle quali viene calcolata la tariffa ed il premio per provincia di residenza ovvero aree o microaree;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel mese di febbraio 2013, nel rendere noti i dati emersi dall'indagine riguardante la procedura di risarcimento diretto e gli assetti concorrenziali del settore della RC auto, ha accertato che i premi per le RC auto sono cresciuti, nel periodo analizzato, a tassi abbastanza significativi per quasi tutti i profili assicurativi;
inoltre, se si confrontano i premi assicurativi per RC auto con gli altri paesi europei si evince che in Italia sono, in media, più elevati e crescono più velocemente;
il fenomeno delle polizze false è molto grande e radicato tanto che, nel mese di gennaio 2013, la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha disposto l'arresto di 17 persone colpevoli di aver creato un business della contraffazione e delle assicurazioni false nelle province di Napoli e Caserta oltre che in Puglia e nel Lazio;
nel corso dell'assemblea annuale dell'ANIA – Associazione delle imprese assicuratrici – svoltasi nel mese di luglio 2013, è stato affermato che tre milioni di auto circolano senza assicurazione pari al 7 per cento del parco vetture, che diventa il 12 per cento al Sud, il 30 per cento a Napoli;
nel mese di novembre 2013, i carabinieri e la Guardia di finanza, coordinati dalla procura di Nola, hanno eseguito diverse misure, tra interdizioni, divieti di dimora e arresti, in tutto per 400 indagati, a carico di soggetti insospettabili come medici di strutture sia pubbliche che private, avvocati e falsi testimoni; i reati contestati vanno dall'associazione a delinquere alla truffa, alla corruzione, al falso ideologico ed in atto pubblico per sinistri inesistenti;
questo elevato numero di sinistri con danni a cose e persone nella Campania, a Napoli e in altre zone del Mezzogiorno è, in larga parte, non vero, e dovuto all'azione delinquenziale di gruppi organizzati che danneggiano gli automobilisti onesti e virtuosi. Spesso le imprese di assicurazioni assistono – colpevolmente inermi – ai contenziosi che le vedono coinvolte, liquidando, all'esito delle pronunce giudiziarie risarcimenti ed indennizzi spesso non dovuti perché fondati su presupposti falsi e truffaldini; omettono adeguate difese in sede contenziosa preferendo «ribaltare» i costi relativi sugli utenti con l'aumento delle tariffe;
il fenomeno delle truffe nel mondo assicurativo è reso possibile anche dall'uso, o meglio abuso, di alcuni istituti previsti nel nostro ordinamento quali il termine di decadenza nella denuncia dei sinistri occorsi da parte degli assicurati, nonché la cedibilità del credito assicurativo ed il sistema sanzionatorio penale per le frodi assicurative in generale che costituisce tutt'altro che un deterrente per chi è dedito a simili condotte criminose;
il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, permette a neopatentati e a chi non possiede un attestato di rischio in corso di validità, la possibilità di usufruire della classe di merito di un familiare convivente e il mantenimento della classe di merito sul secondo veicolo, in caso di stipula di un nuovo contratto relativo ad un ulteriore veicolo dello stesso tipo;
sulla scia e con la stessa logica del citato provvedimento è possibile introdurre un ulteriore meccanismo finalizzato a creare un circuito virtuoso e forme di premialità/bonus nei confronti degli assicurati e degli automobilisti che si mostrino virtuosi ovunque essi siano residenti ovvero circolino con i loro veicoli inteso;
si potrebbe, in particolare, prevedere il diritto di ciascun assicurato – che non abbia provocato sinistri per un periodo non inferiore a sette anni – di beneficiare della migliore tariffa nazionale praticata sull'intero territorio nazionale dalla medesima compagnia per la corrispondente classe di merito, così da riconoscere all'assicurato virtuoso di Napoli di poter beneficiare della medesima tariffa riconosciuta all'assicurato di Bolzano od Aosta che abbia la stessa «storia» assicurativa;
a tal fine, sarebbe indispensabile l'emanazione di uno apposito provvedimento anche in via d'urgenza;
recentemente, diverse associazioni di categoria, fra le quali Federconsumatori, hanno elaborato proposte per riformare il settore assicurativo RC auto, allo scopo di porre un freno al caro tariffe e riuscire a garantire un risparmio reale;
è lecito affermare che anche un numero ridotto d'interventi normativi, adottati con sollecitudine, potrebbe rivelarsi fondamentale per ottenere concretamente una diminuzione delle tariffe RC auto,
impegna il Governo:
ad adottare un'iniziativa normativa urgente volta ad introdurre una forma di premialità consistente nell'applicazione della migliore tariffa prevista dalla singola compagnia sull'intero territorio nazionale per gli assicurati virtuosi;
ad approvare un regolamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante le tabelle delle menomazioni all'integrità psicofisica ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005, anche al fine di garantire la tutela delle vittime degli incidenti stradali, e di contenere i costi delle polizze Rc auto;
ad assumere iniziative per prevedere che le imprese di assicurazione siano obbligate a comunicare le statistiche in base alle quali viene calcolata la tariffa ed il premio per provincia di residenza;
ad assumere iniziative per inasprire ulteriormente le pene per il compimento del reato di frode assicurativa;
ad assumere iniziative per introdurre il divieto di cessione del credito assicurativo;
ad approvare con sollecitudine i provvedimenti di attuazione, ancora fermi, derivanti dalle misure sulle liberalizzazioni varate nel 2012 con riferimento al settore assicurativo.
(7-00201) «Impegno».
ANTEZZA, OLIVERIO, VENITTELLI e COVELLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi l'associazione nazionale dei liberi allevatori di conigli (ANLAC) ha denunciato distorsioni nel mercato europeo delle carni di coniglio macellate. L'associazione ha reso noto il paradosso che in Francia, Ungheria e Spagna i conigli vivi valgono molto di più di quelli italiani, mentre una volta macellati il prezzo crolla;
tale contraddizione per l'associazione rivelerebbe l'esistenza di comportamenti scorretti (dumping) nel commercio internazionale di carne macellata tendente ad abbassare artificialmente le quotazioni del vivo sulle piazze italiane, che i macellatori-grossisti italiani sinora non hanno contrastato;
i dati statistici confermano che l'Italia importa dalla Francia la maggior quota di carni cunicole europee (55 per cento): durante il 2013 dalla Francia sono arrivati quasi 15.000 quintali di conigli macellati con un incremento del 22 per cento rispetto al 2012. La restante quota di importazioni è coperta da Ungheria (26 per cento) e Spagna (16 per cento);
l'elevato livello di produzione cunicola del mercato italiano non giustifica l'aumento progressivo dell’import sotto il profilo dei consumi nazionali, mentre tale incremento sembrerebbe funzionale a calmierare i prezzi del mercato interno a vantaggio degli operatori finali della filiera produttiva;
secondo l'ANLAC, il surplus di conigli macellati francesi verrebbe immesso in commercio in Italia ad un prezzo inferiore al valore normale del prodotto praticato all'interno della stessa Francia; tale fenomeno, che si ripete ciclicamente in alcuni periodi dell'anno, quest'anno è iniziato in concomitanza dei ribassi eccessivi sulla piazza di Verona e delinea una discriminazione internazionale dei prezzi che non tiene conto delle perdite dei produttori italiani, e tende a favorire pratiche di monopolio alterando la struttura del commercio tra Stati europei;
per superare le debolezze strutturali della filiera delle carni cunicole il comparto nazionale chiede da tempo l'estensione dell'etichettatura di origine obbligatoria alle carni di coniglio, sterilizzando così le manovre speculative dei grossi gruppi agroalimentari e della distribuzione organizzata, che a detta dell'ANLAC, sono tra i maggiori acquirenti delle carni di coniglio francesi, ungheresi e spagnole;
l'estate scorsa con l'approvazione della risoluzione n. 7-00040 in Commissione agricoltura, sulle problematiche del settore cunicolo e sui fenomeni di dumping da parte di altri Stati membri, il Governo pro tempore si è impegnato ad intervenire presso la Commissione europea, per chiarire i profili di violazione delle regole in materia di etichettatura e di tracciabilità della carne di coniglio in ambito UE;
il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha definito un piano di intervento per il settore cunicolo adottato nella seduta del 29 aprile 2010 della Conferenza Stato-Regioni nel 2010 con l'obiettivo, tra gli altri, di superare alcune criticità tra cui una contrazione generalizzata della redditività conseguenza anche di un'accentuata stagionalità e ciclicità di mercato; il piano individua pertanto linee di intervento tese al potenziamento economico e produttivo della filiera, improntate all'efficienza e alla trasparenza dei rapporti tra i diversi attori della filiera e, in particolare, con i consumatori finali;
tra gli strumenti individuati, molto importante è la prevista revisione del meccanismo di definizione dei prezzi, anche attraverso un migliore funzionamento della commissione prezzi unica nazionale (CUN), neutrale e trasparente, che consenta di superare i meccanismi discrezionali delle attuali borse merci;
tuttavia, come riconosciuto dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in un parere fornito sulla formazione dei prezzi all'ingrosso nel settore cunicolo (parere AS 850, del 29 aprile 2011), la mancata applicazione del piano di intervento per il settore cunicolo, ha privato tale comparto di un valido strumento per il superamento delle criticità e per il potenziamento economico e produttivo dell'intera filiera, mentre ha favorito ulteriormente lo squilibrio nella catena del valore, aggravando la crisi del settore –:
quali siano i controlli effettuati sul funzionamento della filiera cunicola, ivi comprese le catene distributive italiane, i grossisti, i macellatori dotati di laboratori di sezionamento, i magazzini frigoriferi e le navi frigo che attraccano nei porti italiani, finalizzati a contrastare fenomeni di contraffazione, di pirateria e comportamenti anticoncorrenziali;
se l'immissione nel commercio in Italia di carni cunicole, provenienti dalla Francia ad un prezzo inferiore al valore normale del prodotto praticato all'interno della stessa Francia, possa delineare un comportamento anticoncorrenziale nel commercio tra gli Stati europei;
se non si ritenga necessario coinvolgere le autorità europee per verificare l'effettiva assenza di comportamenti anticoncorrenziali e di aiuti di Stato nel commercio di carne di coniglio tra gli Stati membri. (5-02384)