Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato -Atto del Governo 365
Riferimenti:
SCH.DEC 354/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 366
Data: 09/01/2017
Descrittori:
CORRUZIONE E CONCUSSIONE   DECISIONI DELL' UNIONE EUROPEA
L 2016 0170   PREVENZIONE DEL CRIMINE
Organi della Camera: II-Giustizia


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Attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato

10 gennaio 2017
Atti del Governo


Indice

Quadro normativo|Contenuto dello schema di decreto legislativo|Relazioni e pareri allegati|Compatibilità comunitaria|


Lo schema di decreto legislativo A.G. 365 attua la delega prevista dall'art. 19 della legge n. 170 del 2016 (legge di delegazione europea 2015), recependo nel nostro ordinamento il contenuto della decisione quadro 2003/568/GAI relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato.

Quadro normativo

Come è noto, numerose ricerche e relazioni di organismi nazionali e sovranazionali (come quelle del GRECO, Gruppo di Stati contro la corruzione, organismo del Consiglio d'Europa) hanno rilevato l'estensione del fenomeno corruttivo in Italia e la consapevolezza della sua pervasività da parte dei cittadini, non mancando di stimolare l'Italia a profonde riforme di sistema.

Il legislatore si è attivato per ratificare le Convenzioni internazionali in materia (in particolare, la Convenzione delle Nazioni Unite sulla corruzione internazionale, fatta a Merida nel 2003, ratificata con legge n. 116 del 2009 e le Convenzioni di Strasburgo del 1999, promosse dal Consiglio d'Europa e relative alle conseguenze penali e civili della corruzione, ratificate, rispettivamente, con la legge n. 110 del 2012 e con la legge n. 112 del 2012) e per introdurre nuove fattispecie di reato, inasprire le pene per i reati già previsti e disciplinare modelli organizzativi per prevenire il fenomeno corruttivo (in questo senso è intervenuta la c.d. legge Severino, legge n. 190 del 2012).

Nonostante il fenomeno più noto e deprecato sia costituito dalla cd. "corruzione pubblica" che coinvolge i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio, è andata crescendo la consapevolezza che il fenomeno corruttivo apporta significativi danni all'economia e distorsioni della concorrenza anche quando gli illeciti vedano protagonisti i privati. Dopo l'azione comune 98/742/GAI, anche la citata Convenzione penale di Strasburgo sulla corruzione del 1999 ha previsto (articoli 7 e 8) l'introduzione delle fattispecie penali di corruzione attiva e passiva nel settore privato.

I citati articoli della Convenzione hanno, infatti, stabilito l'obbligo per ogni Stato parte di configurare come reato, in quanto commesso intenzionalmente nell'ambito di un'attività commerciale:

  • il fatto di promettere, offrire o dare direttamente o indirettamente qualsiasi indebito vantaggio ad una persona che dirige un ente privato o vi lavora, per sé stessa o per altra persona affinché compia o si astenga dal compiere un atto, ciò in trasgressione dei suoi doveri (corruzione attiva);
  • il fatto, per ogni persona che dirige un ente privato o vi lavora, di sollecitare o ricevere direttamente o tramite terzi, qualsiasi indebito vantaggio o di accettarne l'offerta o la promessa, per sé stessa o per altra persona la fine di compiere o astenersi dal compiere un atto, ciò in trasgressione dei suoi doveri (corruzione passiva).

Successivamente, la necessità dell'introduzione di fattispecie corruttive nel settore privato è confermata, in ambito europeo, dall'adozione della decisione quadro del Consiglio 2003/568/GAI.

La La decisione quadro 2003/568/GAI decisione quadro 2003/568/GAI è volta a stabilire il principio generale in base al quale devono costituire illeciti penali all'interno dell'Unione europea e devono essere sanzionati con pene effettive, proporzionate e dissuasive i comportamenti di corruzione attiva e passiva tenuti nel settore privato; in tale ambito debbono essere perseguite anche le persone giuridiche private (artt. 4 e 5).

La decisione quadro impone, quindi, agli Stati membri di procedere alla introduzione nei propri ordinamenti di sanzioni penali che colpiscano i seguenti comportamenti illeciti, in quanto condotte intenzionali compiute nell'esercizio di attività professionali, svolte nell'ambito di entità a scopo di lucro o non di lucro (art. 2):

- promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato, affinché essa compia o ometta di compiere un atto in violazione di un dovere (par. 1, lett. a); tale fattispecie riguarda la corruzione attiva tra privati;

- sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere (par. 1, lett. b);  tale ipotesi consiste nella corruzione passiva tra privati;

- istigare e favorire chi esercita funzione direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato a porre in essere le indicate condotte corruttive (art. 3).

Le sanzioni (art. 4) per le indicate ipotesi di corruzione tra privati  debbono consistere in pene di durata massima compresa tra uno e tre anni. Inoltre, una persona fisica collegata a una determinata attività commerciale già condannata per corruzione attiva e passiva deve essere temporaneamente interdetta – perlomeno qualora occupi una posizione dirigenziale nell'azienda interessata – dall'esercizio della specifica attività commerciale o altra comparabile ove dai fatti accertati emergesse un chiaro rischio di abuso di posizione o abuso d'ufficio per corruzione attiva o passiva  (art. 4). Come detto, ai sensi della decisione quadro, gli Stati membri devono prevedere la sanzionabilità per corruzione attiva e passiva, oltre che delle sole persone fisiche, anche delle persone giuridiche private, quando i suddetti illeciti sono commessi a loro beneficio da qualsiasi persona (art. 5), che agisca individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, che occupi una posizione dirigente in seno all'ente. Analoga responsabilità sussiste a causa della carenza di sorveglianza o controllo da parte di un dirigente della persona giuridica che abbia reso possibile la commissione dei reati di corruzione attiva e passiva o di istigazione e favoreggiamento della corruzione. La decisione quadro prevede sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale ed eventuali ulteriori sanzioni, anche di natura interdittiva, nei confronti della persona giuridica (art. 6), come l'esclusione da finanziamenti e altri aiuti pubblici, l'interdizione, anche temporanea, ad esercitare attività commerciale, l'assoggettamento a sorveglianza e a liquidazione giudiziaria.

L'articolo 7 stabilisce che ogni Stato membro debba adottare le misure necessarie per definire la competenza sugli illeciti in questione commessi sul proprio territorio (anche solo in parte) nonchè su quelli commessi da un suo cittadino o a vantaggio di una persona giuridica la cui sede principale è nel territorio dello Stato membro. Per coordinamento con la nuova disciplina, è poi abrogata l'azione comune 98/742/GAI sulla corruzione nel settore privato (art. 8).

Il termine di attuazione della decisione quadro (art. 9) è scaduto il 22 luglio 2005.

L'articolo 2635 c.c.: la corruzione tra privatiLa corruzione nel settore privato nel nostro ordinamento  non è disciplinata dal codice penale ma da disposizioni penali contenute nel codice civile.

La corrispondente fattispecie (art. 2635 del codice civile), introdotta dalla legge 61 del 2002 (allora rubricata "Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità"), è stata poi riformata dalla citata legge Severino (L. 190 del 2012), che ha, così, inteso adempiere agli obblighi internazionali in materia (sia le Convenzioni di Merida e di Strasburgo sulla corruzione che la decisione quadro 2003/568/GAI).

ll vigente art. 2635 c.c. (Corruzione tra privati) - che subordina la sua applicabilità al fatto che la condotta non costituisca un più grave reato, evitando così il concorso con altre fattispecie criminose -  sanziona con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società (primo comma). Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei dirigenti indicati al primo comma (secondo comma). Le indicate condotte commesse dai soggetti di cui ai primi due commi costituiscono corruzione passiva.

Integra invece il delitto di corruzione attiva chiunque dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma; le sanzioni sono le stesse della corruzione passiva (terzo comma).

Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (D.Lgs. n. 58/1998) (quarto comma).

Il reato di corruzione tra privati è perseguibile a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi (quinto comma). Il D.Lgs. 202/2016 (di attuazione della Dir. 2014/42/UE, in materia di confisca) ha di recente introdotto nell'art. 2635 c.c. un ultimo comma che prevede che  - a seguito di condanna o patteggiamento - la misura della confisca per equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date o promesse.

La responsabilità delle persone giuridiche Come accennato, l'art. 6 della decisione quadro prevede poi sanzioni penali, non penali e ulteriori, eventuali misure – anche interdittive - nei confronti delle persone giuridiche responsabili dei reati di corruzione tra privati, commessi a proprio beneficio dai rappresentanti dell'ente stesso.

Il decreto legislativo n. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche) prevede che, per una serie di reati espressamente individuati, possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - oltre a sanzioni interdittive (interdizione dall'esercizio dell'attività, sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, etc.) anche sanzioni di natura pecuniaria, applicate per quote in un numero non inferiore a 100 né superiore a 1.000; l'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.548 euro. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote, tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti; l'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.

L'attuale disciplina del D.Lgs. n. 231 del 2001, per il solo delitto di corruzione attiva tra privati, prevede l'applicazione di una sanzione pecuniaria compresa tra 200 e 400 quote (art. 25-ter, comma 1, lett. s-bis), aumentata di un terzo ove il profitto per l'ente derivante dalla corruzione sia di rilevante entità.

L'adeguamento della normativa italiana operato con la legge Severino del 2012 non è stato ritenuto soddisfacente a livello europeo in quanto non recepisce pienamente i contenuti della Convenzione penale sulla corruzione del 1999 (ratificata dall'Italia con la legge n. 112 del 2012) e della decisione quadro 2003/568/GAI. In particolare, dopo che la necessità di un più incisivo intervento in materia del legislatore italiano era già stata sottolineata nelle Raccomandazioni contenute nei rapporti del GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione) del Consiglio d'Europa del 2 luglio 2009 e del 23 marzo 2012, la prima Relazione (biennale) della Commissione Europea sulla lotta alla corruzione (allegato sull'Italia) del 3 febbraio 2014 ha ritenuto che la nuova disciplina "non affronta tutte le carenze connesse alla portata del reato di corruzione nel settore privato e al regime sanzionatorio". Il più recente rapporto del GRECO  (Third evalution round; Second compliance Report on Italy), pubblicato il 5 dicembre 2016,  ha analizzato lo stato di avanzamento degli Stati membri nell'adeguamento alle sue Raccomandazioni in materia di corruzione. In relazione all'introduzione nell'ordinamento del reato di corruzione tra privati (criminalise bribery in the private), il GRECO ha confermato come, al momento, l'Italia risulti ancora parzialmente inadempiente. Il Rapporto, tuttavia, segnala la delega concessa al Governo con la legge di delegazione europea 2015 (v. ultra) nonchè la conseguente adozione da parte dell'Esecutivo dello schema di decreto (ora all'esame del Parlamento) per l'attuazione della citata decisione quadro 2003/568/GAI.

La disposizione di delegaIl Governo è stato, quindi, delegato ad attuare - dall'articolo 19 della legge di delegazione europea 2015 - la decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato (analoga delega era già stata prevista dall'art. 28 della legge comunitaria 2007 - legge 25 febbraio 2008, n. 34 -  il cui  termine di attuazione è scaduto il 21 marzo 2009).

In base all'articolo 19, il Governo dovrà in particolare attenersi (comma 1), ad una specifica serie di principi e criteri direttivi.

In relazione al reato di corruzione attiva tra privati, rispetto a quanto già stabilito dall'art. 2635 c.c., si dovrà prevedere (lett. a):

  • oltre alla dazione e alla promessa, anche l'offerta di denaro o altra utilità, che si precisa "non dovuti" (il riferimento è verosimilmente all'indebito vantaggio che l'art. 2, par. 1, della decisione quadro qualifica "di qualsiasi natura");
  • che l'illecito può essere posto in essere anche da un intermediario ("per interposta persona"); anche in questo caso viene attuata la previsione dell'art. 2, par. 1, della decisione quadro;
  • che la dazione, la promessa o l'offerta possono riguardare soltanto soggetti che svolgono funzioni dirigenziali o di controllo nonché attività lavorativa con esplicazione di funzioni direttive presso società ed enti privati; sul punto, l'art. 2, par. 1, lett. a), della decisione quadro diversamente prevede anche lo svolgimento di funzioni lavorative "di qualsiasi tipo" (quindi anche non dirigenziali-direttive) per conto del privato. Si osserva poi che nella decisione quadro il vantaggio indebito può riguardare direttamente il soggetto corrotto (la persona che lavora nell'ente privato) ovvero un terzo.

In base alla delega, identiche previsioni dovranno riguardare la corruzione passiva tra privati, con l'ovvia eccezione del riferimento alla "'offerta" (di denaro o altra utilità) (lett. b).

Si dovrà poi integrare la fattispecie di corruzione passiva in modo da prevedere che - conformemente a quanto stabilisce la decisione quadro (art. 2, par. 1, lett. b) - oltre che ricevere denaro (o altra utilità), costituisca illecito anche la sollecitazione alla dazione o promessa di denaro (o altra utilità).

Va ricordato che, attualmente, la condotta di "sollecitazione" alla dazione o promessa  illecita (il cui soggetto attivo è il pubblico dipendente) è previsto nel codice penale dall'art. 322, terzo e quarto comma, nell'ambito del delitto di istigazione alla corruzione.

Non è previsto un criterio di delega che chiarisca la natura del reato (di evento o meno) cioè la necessità (attualmente prevista dall'art. 2635, primo comma, c.c.) dell'effettivo "nocumento" alla società privata ai fini della consumazione del reato.

Analogamente, non è previsto alcun criterio relativo alla procedibilità del reato di corruzione tra privati (che, come ricordato, attualmente è a querela di parte, salvo il caso di distorsione della concorrenza nell'acquisizione di beni e servizi). Si ricorda che in base all'art. 50, comma 2, c.p.p, se non è richiesta la querela, si procede d'ufficio.

Un criterio direttivo (lett. c) - conformemente a quanto previsto dall'art. 3 della decisione quadro (v. ante) - stabilisce che dovranno essere sanzionate anche le condotte di istigazione alla corruzione (attiva e passiva) tra privati.

In relazione alle sanzioni per la corruzione tra privati (lett. d) viene prevista dal criterio direttivo:

  • la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni (previsione conforme all'art. 4, par. 2, della decisione quadro che fissa la sola pena massima compresa almeno tra 1 e 3 anni);
  • la pena accessoria dell'interdizione temporanea dell'esercizio dell'attività nei confronti di chi - condannato per corruzione passiva tra privati o per istigazione a commettere i reati di corruzione tra privati - svolge funzioni direttive o di controllo in società e enti privati; tale misura è prevista dall'art. 4, par. 3, della decisione quadro.
L'articolo 32-bis del codice penale prevede l'interdizione temporanea (da un mese a cinque anni, in base all'art. 30) dagli uffici direttivi delle persone giuridiche, quale conseguenza di ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio. Essa priva il condannato della capacità di esercitare, durante l'interdizione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore.

Il successivo criterio direttivo (lett. e) è finalizzato all'attuazione degli artt. 5 e 6 della decisione quadro, ai sensi dei quali ciascuno Stato membro deve adottare le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili degli illeciti di cui sopra commessi a loro beneficio. Tale criterio prevede che alle persone giuridiche debbano essere applicati, per la responsabilità amministrativa prevista dal citato D.Lgs 231/2001, conseguente alla corruzione tra privati commessa nel suo interesse (vedi ante):

  • la sanzione pecuniaria tra 200 e 600 quote (attualmente è tra 200 e 400);
  • le sanzioni amministrative interdittive di cui all'art. 9 del D.Lgs. 231 (l'interdizione dall'esercizio dell'attività; la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi). L'applicazione di tali sanzioni - attualmente non prevista dal D.Lgs. 231/2001 in relazione alla corruzione tra privati - è conforme a quanto stabilisce l'art. 6 della decisione quadro (che richiama, peraltro, le eventuali, ulteriori misure giudiziarie della sorveglianza da parte del giudice o della liquidazione dell'ente).

Il comma 2 dell'articolo 19 prevede il parere delle competenti Commissioni parlamentari sullo schema di decreto legislativo di recepimento della decisione quadro.


Contenuto dello schema di decreto legislativo

IIl contenuto dell'A.G. 365l provvedimento in esame è composto da 7 articoli (divisi in tre Titoli).

In particolare, lo schema di decreto legislativo:

  • riformula, in conformità dei principi di delega, le fattispecie di corruzione tra privati di cui all'art. 2635 del codice civile;
  • prevede la punibilità anche dell'istigazione alla corruzione tra privati;
  • inasprisce le sanzioni relative alla responsabilità degli enti;

Come rilevato nella relazione del Governo al provvedimento, l'opzione sistematica di intervenire in materia di corruzione tra privati modificando il codice civile anzichè inserire il reato nel codice penale è derivata dalla previsione contenuta nella delega (art. 19, comma 1, lett. a) che impone di intervenire "tenendo conto delle disposizioni incriminatrici già vigenti".

Mentre il Titolo I (composto dal solo articolo 1) riguarda l'oggetto del decreto (ovvero l'attuazione nell'ordinamento nazionale della decisione quadro 2003/568/GAI), il Titolo II (artt. 2-6) reca modifiche ed integrazioni al codice civile ed al D.lgs. n. 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

L'articolo 2 adegua, anzitutto, la rubrica del titolo XI del libro V del codice civile per ricomprendervi  - oltre a società e consorzi - anche le disposizioni penali relative "ad altri enti privati", in coerenza con la nuova formulazione dell'art. 2635 c.c. dettata dall'articolo 3 del decreto.

Infatti, mentre l'attuale art. 2635 c.c circoscrive le ipotesi corruttive passive ed attive al solo ambito societario, la nuova versione della disposizione  - conformemente alla disposizione di delega e alla decisione quadro  - ne prevede l'estensione anche ad altri enti privati.

L'articolo 3 dello schema di decreto, mantenendo inalterato l'apparato sanzionatorio della corruzione tra privati (reclusione da uno a tre anni),  modifica il primo, terzo e sesto comma dell'art. 2635 del codice civile.

- la corruzione passivaIn particolare, nel nuovo articolo, per quanto concerne la corruzione passiva tra privati, coerentemente con la norma di delega e con la decisione quadro, al primo comma:

  • autori del reato - oltre che i soggetti in posizione apicale elencati dal vigente art. 2635 (amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori) - possono essere anche coloro che, nella società o ente, esercitano  funzioni direttive diverse da quelle di amministrazione e controllo indicate; la previsione appare coerente con la disposizione di delega risultando, inoltre, in linea con quanto stabilito, in materia di reati societari, in relazione all'estensione delle qualifiche soggettive dall'art. 2639 c.c. (amministratore di fatto). Si segnala, peraltro, il mancato recepimento della decisione quadro nella parte (art. 2, par. 1, lett. a) che prevede come possibile autore dell'illecito il soggetto che svolga attività lavorative di qualsiasi tipo (non solo direttive, quindi) nella società o nell'ente privato. 
  • è introdotto il riferimento all'indebito vantaggio per sé o per altri (denaro o altra utilità "non dovuti") in cambio della violazione degli obblighi di ufficio e di fedeltà;
  • sono ampliate le condotte costituenti reato con l'introduzione di una specifica fattispecie di corruzione passiva che si realizza con la sollecitazione, da parte dell'intraneo all'ente, della dazione di denaro o altra utilità; non è infatti attualmente "coperto" dall'ordinamento il caso dell'eventuale richiesta di denaro o altra utilità avanzata dal corrotto al corruttore (come previsto dall'art. 2, par. 1, lett. b) della decisione quadro). Come detto, tale ipotesi è, invece, prevista nell'istigazione alla corruzione "pubblica" (art. 322 c.p.).
  • è introdotto il riferimento espresso all'intermediario (l'interposta persona) per il cui tramite sia sollecitato o ricevuto l'indebito vantaggio;
  • non si configura un reato di evento non essendo, quindi, necessario che dalla corruzione derivi un danno alla società o all'ente  (è espunto, infatti, il riferimento al "nocumento alla società");
  • il reato si perfeziona con la mera sollecitazione, ricezione o accettazione della promessa di denaro o altra utilità, finalizzate al compimento od omissione di un atto in violazione degli obblighi di ufficio o di fedeltà; la fattispecie si perfeziona, quindi, in un momento anteriore rispetto alla disciplina vigente, che richiede la commissione o l'omissione di atti in violazione di tali obblighi.

- la corruzione attivaAl terzo comma, per quanto riguarda la corruzione attiva tra privati - di cui è autore il soggetto estraneo alla società o all'ente - anche qui in linea con quanto prevede la delega e la decisione quadro:

  • è prevista (oltre alla dazione o alla promessa) anche l'offerta di denaro o altra utilità alle persone di cui al primo e secondo comma (questi ultimi sono i soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza di uno dei dirigenti di cui al primo comma);
  • è introdotto il riferimento espresso all'intermediario per il cui tramite sia commesso il reato (comune) di chi dà, offre o promette denaro o altra utilità ai soggetti intranei alla società (indicati nei primi due commi);
  • è introdotto il riferimento all'indebito vantaggio di qualsiasi natura; rispetto alla delega e alla decisione quadro (art. 2, par. 1. lettera b), non è presente nel terzo comma un esplicito riferimento ai terzi come possibili destinatari dell'indebito vantaggio.

Come nella corruzione passiva, anche qui la decisione quadro non risulta recepita nella parte che considera corruttore attivo chiunque svolga attività lavorative di qualsiasi tipo nella società o ente privato.

Infine, per coordinamento con la modifica del terzo comma, il sesto comma dell'art. 2635 precisa che la misura della confisca per equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte.

 

Introduzione della fattispecie di istigazione L'articolo 4, conformemente alle previsioni della delega, introduce nel codice civile l'art. 2635-bis relativo alla nuova fattispecie penale di istigazione alla corruzione tra privati, prevista dall'art. 3 della decisione quadro. Lo stesso art. 3 prevede l'introduzione del favoreggiamento, ipotesi, tuttavia, già disciplinata in generale dagli artt. 378 e 379 c.p., relativi al favoreggiamento personale e reale.

Anche in questo caso sono previste due fattispecie di istigazione: attiva e passiva, le cui fattispecie corrispondono alle condotte corruttive di cui all'art. 2635, primo e terzo comma.

L'art. 2635-bis, primo comma (istigazione attiva), punisce con la reclusione da 8 mesi a due anni (la pena di cui all'art. 2635 c.c., ridotta di un terzo) colui che, con la finalità della violazione dei doveri di ufficio o di fedeltà, offre o promette denaro o altra utilità indebita alle stesse categorie di soggetti operanti in società e enti privati di cui all'art. 2635 c.c. (amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci, liquidatori o altri soggetti con funzioni direttive), qualora l'offerta o la promessa non sia accettata. Si ricorda che nel tentativo (art. 56 c.p.) si prevede invece in via generale la diminuzione della pena (stabilita per il delitto) da un terzo a due terzi se l'azione non si compie o l'evento non si verifica.

La nuova fattispecie appare modellata, anche nel profilo sanzionatorio, sul delitto di istigazione alla corruzione attiva "pubblica" di cui all'art. 322, secondo comma, del codice penale.

Analogamente, il secondo comma dell'art. 2635-bis (istigazione passiva) punisce con la stessa pena le indicate categorie di soggetti della società o dell'ente privato che, con la finalità delle citate condotte illecite, sollecitano per sè o per altri, anche per interposta persona, la dazione o la promessa di denaro o altra utilità, qualora la sollecitazione non sia accettata. Anche tale fattispecie corrisponde all'ipotesi di istigazione alla corruzione passiva "pubblica", prevista dall'art. 322, quarto comma, del codice penale.

Il terzo comma prevede la procedibilità a querela della persona offesa.

Le pene accessorieL'articolo 5 dello schema di decreto introduce nel codice civile l'art. 2635-ter (pene accessorie) che prevede sempre l'applicazione, a carico del condannato per corruzione attiva e passiva tra privati (art. 2635) e istigazione alla corruzione tra privati (art. 2635-bis c.c.), dell'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all'art. 32-bis del codice penale.

L'art. 32-bis c.p.indica, come conseguenza dell'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese,  la privazione della capacità del condannato di esercitare, durante l'interdizione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore. Essa consegue ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio. La durata dell'interdizione non è a discrezione del giudice ma è pari a quella della pena inflitta con la sentenza di condanna (art. 37 c.p.); la pena accessoria inizia a decorrere al termine di quella principale.

L'interdizione di cui all'art. 5 è, quindi, stabilita in deroga ai limiti di pena (reclusione minima di 6 mesi) previsti dall'art. 32-bis.

Si osserva che la delega non prevede l'applicazione della misura interdittiva in caso di condanna per corruzione attiva tra privati bensì (anche in relazione alle funzioni svolte nella società dall'autore del reato) solo in caso di condanna per corruzione passiva e per istigazione alla corruzione (cfr. art. 19, comma 1, lett. d). Tale limitazione non è, invece, prevista dall'art. 4, par. 3, della decisione quadro.

Responsabilità degli entiL'articolo 6 concerne la responsabilità delle persone giuridiche in relazione alla corruzione e all'istigazione alla corruzione nel settore privato.

La disposizione - riformulando la lett. s-bis del comma 1 dell'art. 25-ter del D.Lgs. 231/2001:

  • aumenta le sanzioni pecuniarie a carico dell'ente previste per la corruzione attiva tra privati (di cui all'art. 2635, terzo comma, c.c.). La sanzione è fissata da 400 e 600 quote (attualmente è da 200 e 400).

Si osserva, tuttavia, come la disposizione di delega preveda che la sanzione pecuniaria (tra 200 e 600 quote) debba riguardare tutte le fattispecie corruttive tra privati (ci si riferisce, infatti, genericamente alla "responsabilità delle persone giuridiche in relazione al reato di corruzione tra privati", cfr, art. 19, comma 1, lett. e); nello stesso senso, l'art. 5 della decisione quadro.

  • introduce una sanzione pecuniaria da 200 a 400 quote per l'istigazione attiva alla corruzione tra privati (art. 2635-bis, primo comma, c.c.). Peraltro, l'art. 5 della decisione quadro non distingue tra istigazione attiva e passiva; allo stesso modo, l'indicata formulazione della disposizione di delega sembra ricomprendere anche la fattispecie di istigazione (in tal senso, anche la relazione allo schema di decreto);
  • prevede, altresì, l'applicazione delle sanzioni interdittive di cui all'art. 9, comma 2, del D. Lgs. 231 ovvero: l'interdizione dall'esercizio dell'attività;  la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Tale ultima previsione attua quanto previsto dalla delega (art. 19, comma 1, lett. e) e dall'art. 6 della decisione quadro.

L'articolo 7, relativo al Titolo III del decreto, precisa l'invarianza finanziaria derivante dall'attuazione del provvedimento.

Si segnala, infine, che la relazione del Governo allo schema in esame rileva come l'articolo 7 della decisione quadro - relativo alla competenza dello Stato membro sui reati di cui agli artt. 2635 e 2635-bis c.c. commessi interamente (o parzialmente) sul suo territorio ovvero commessi a vantaggio di una persona giuridica con sede principale sul territorio di detto Stato -  non necessiti di trasposizione nell'ordinamento interno, risultando la materia della competenza già regolata dagli artt. 4, 6, 7,  8 e 9 (rectius: artt. 4, 6, 7, 9 e 10) del codice penale.


Relazioni e pareri allegati

Il provvedimento è corredato della relazione illustrativa, della relazione tecnica, dell'analisi tecnico normativa (ATN) nonchè dell'analisi di impatto della regolamentazione (AIR).


Compatibilità comunitaria


Procedure di contenzioso

(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 18 dicembre 2015, la Commissione europea ha avviato la procedura EU-Pilot n. 8175/15/HOME per omessa comunicazione delle misure nazionali di recepimento della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione privata.

Secondo la Commissione l'assenza di qualsiasi comunicazione in riferimento alla citata decisione quadro costituisce un mancato recepimento totale. La Commissione ha invitato le autorità italiane a rispondere alla richiesta EU Pilot entro quattro settimane, e a comunicare le misure nazionali di recepimento, aggiungendo che, in caso di assenza di una risposta soddisfacente e di una comunicazione di un completo recepimento, potrà decidere di avviare una procedura di infrazione a norma dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Il Governo italiano, nel marzo 2016, ha risposto alla Commissione europea asserendo che la fattispecie della corruzione nel settore privato è prevista dall'articolo 2635 del codice civile, ammettendo tuttavia che vi sono alcuni profili di non piena conformità della normativa interna rispetto alle disposizioni di cui agli artt. 2 (condotte di corruzione attiva e passiva nel settore privato) e 5 (responsabilità delle persone giuridiche) della decisione quadro.

In particolare, secondo il Governo:

  • sia la corruzione attiva che quella passiva non sarebbero pienamente allineate alle definizioni contenute nell'articolo 2 della decisione quadro;
  • non sarebbe contemplata dal decreto legislativo n. 231/2001 la responsabilità delle persone giuridiche in rapporto alla corruzione attiva e passiva.

 


Documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea

(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Nel febbraio 2014 la Commissione europea ha pubblicato la Relazione dell'Unione sulla lotta alla corruzione. Nella sezione relativa all'Italia si riporta il dato registrato dalla Corte dei conti secondo il quale i costi diretti totali della corruzione ammontano a 60 miliardi di euro l'anno (pari a circa il 4% del PIL). Sono inoltre riportati i risultati del sondaggio realizzato con lo speciale Eurobarometro del 2013 sulla corruzione: il 97% dei rispondenti italiani (la seconda percentuale dell'Unione in ordine di grandezza) ritiene che la corruzione sia un fenomeno dilagante in Italia (contro una media UE del 76%) e il 42% afferma di subire personalmente la corruzione nel quotidiano (contro una media UE del 26%). Per l'88% dei rispondenti italiani corruzione e raccomandazioni sono spesso il modo più semplice per accedere a determinati servizi pubblici (contro una media UE del 73%). Inoltre la mancanza di fiducia nelle istituzioni pubbliche risulta molto diffusa: secondo i dati raccolti dal sondaggio, le figure pubbliche verso le quali vi è maggior sfiducia sono i partiti politici, i politici nazionali, regionali e locali12 e i funzionari responsabili dell'aggiudicazione degli appalti pubblici e del rilascio delle licenze edilizie. Nel rapporto si evidenziano infine i profili di differenza tra la normativa italiana e quella europea in materia di corruzione nel settore privato.