Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||
Titolo: | Attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato -Atto del Governo 365 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 366 | ||||
Data: | 09/01/2017 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
Attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato
10 gennaio 2017
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Indice |
Quadro normativo|Contenuto dello schema di decreto legislativo|Relazioni e pareri allegati|Compatibilità comunitaria| |
Lo schema di decreto legislativo A.G. 365 attua la delega prevista dall'art. 19 della legge n. 170 del 2016 (legge di delegazione europea 2015), recependo nel nostro ordinamento il contenuto della decisione quadro 2003/568/GAI relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato.
Quadro normativoCome è noto, numerose ricerche e relazioni di organismi nazionali e sovranazionali (come quelle del GRECO, Gruppo di Stati contro la corruzione, organismo del Consiglio d'Europa) hanno rilevato l'estensione del fenomeno corruttivo in Italia e la consapevolezza della sua pervasività da parte dei cittadini, non mancando di stimolare l'Italia a profonde riforme di sistema. Il legislatore si è attivato per ratificare le Convenzioni internazionali in materia (in particolare, la Convenzione delle Nazioni Unite sulla corruzione internazionale, fatta a Merida nel 2003, ratificata con legge n. 116 del 2009 e le Convenzioni di Strasburgo del 1999, promosse dal Consiglio d'Europa e relative alle conseguenze penali e civili della corruzione, ratificate, rispettivamente, con la legge n. 110 del 2012 e con la legge n. 112 del 2012) e per introdurre nuove fattispecie di reato, inasprire le pene per i reati già previsti e disciplinare modelli organizzativi per prevenire il fenomeno corruttivo (in questo senso è intervenuta la c.d. legge Severino, legge n. 190 del 2012). Nonostante il fenomeno più noto e deprecato sia costituito dalla cd. "corruzione pubblica" che coinvolge i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio, è andata crescendo la consapevolezza che il fenomeno corruttivo apporta significativi danni all'economia e distorsioni della concorrenza anche quando gli illeciti vedano protagonisti i privati. Dopo l'azione comune 98/742/GAI, anche la citata Convenzione penale di Strasburgo sulla corruzione del 1999 ha previsto (articoli 7 e 8) l'introduzione delle fattispecie penali di corruzione attiva e passiva nel settore privato. I citati articoli della Convenzione hanno, infatti, stabilito l'obbligo per ogni Stato parte di configurare come reato, in quanto commesso intenzionalmente nell'ambito di un'attività commerciale:
Successivamente, la necessità dell'introduzione di fattispecie corruttive nel settore privato è confermata, in ambito europeo, dall'adozione della decisione quadro del Consiglio 2003/568/GAI.
L'articolo 2635 c.c.: la corruzione tra privatiLa corruzione nel settore privato nel nostro ordinamento non è disciplinata dal codice penale ma da disposizioni penali contenute nel codice civile. La corrispondente fattispecie (art. 2635 del codice civile), introdotta dalla legge 61 del 2002 (allora rubricata "Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità"), è stata poi riformata dalla citata legge Severino (L. 190 del 2012), che ha, così, inteso adempiere agli obblighi internazionali in materia (sia le Convenzioni di Merida e di Strasburgo sulla corruzione che la decisione quadro 2003/568/GAI). ll vigente art. 2635 c.c. (Corruzione tra privati) - che subordina la sua applicabilità al fatto che la condotta non costituisca un più grave reato, evitando così il concorso con altre fattispecie criminose - sanziona con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società (primo comma). Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei dirigenti indicati al primo comma (secondo comma). Le indicate condotte commesse dai soggetti di cui ai primi due commi costituiscono corruzione passiva. Integra invece il delitto di corruzione attiva chiunque dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma; le sanzioni sono le stesse della corruzione passiva (terzo comma). Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (D.Lgs. n. 58/1998) (quarto comma). Il reato di corruzione tra privati è perseguibile a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi (quinto comma). Il D.Lgs. 202/2016 (di attuazione della Dir. 2014/42/UE, in materia di confisca) ha di recente introdotto nell'art. 2635 c.c. un ultimo comma che prevede che - a seguito di condanna o patteggiamento - la misura della confisca per equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date o promesse. La responsabilità delle persone giuridiche Come accennato, l'art. 6 della decisione quadro prevede poi sanzioni penali, non penali e ulteriori, eventuali misure – anche interdittive - nei confronti delle persone giuridiche responsabili dei reati di corruzione tra privati, commessi a proprio beneficio dai rappresentanti dell'ente stesso. Il decreto legislativo n. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche) prevede che, per una serie di reati espressamente individuati, possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - oltre a sanzioni interdittive (interdizione dall'esercizio dell'attività, sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, etc.) anche sanzioni di natura pecuniaria, applicate per quote in un numero non inferiore a 100 né superiore a 1.000; l'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.548 euro. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote, tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti; l'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.
L'attuale disciplina del D.Lgs. n. 231 del 2001, per il solo delitto di corruzione attiva tra privati, prevede l'applicazione di una sanzione pecuniaria compresa tra 200 e 400 quote (art. 25-ter, comma 1, lett. s-bis), aumentata di un terzo ove il profitto per l'ente derivante dalla corruzione sia di rilevante entità. L'adeguamento della normativa italiana operato con la legge Severino del 2012 non è stato ritenuto soddisfacente a livello europeo in quanto non recepisce pienamente i contenuti della Convenzione penale sulla corruzione del 1999 (ratificata dall'Italia con la legge n. 112 del 2012) e della decisione quadro 2003/568/GAI. In particolare, dopo che la necessità di un più incisivo intervento in materia del legislatore italiano era già stata sottolineata nelle Raccomandazioni contenute nei rapporti del GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione) del Consiglio d'Europa del 2 luglio 2009 e del 23 marzo 2012, la prima Relazione (biennale) della Commissione Europea sulla lotta alla corruzione (allegato sull'Italia) del 3 febbraio 2014 ha ritenuto che la nuova disciplina "non affronta tutte le carenze connesse alla portata del reato di corruzione nel settore privato e al regime sanzionatorio". Il più recente rapporto del GRECO (Third evalution round; Second compliance Report on Italy), pubblicato il 5 dicembre 2016, ha analizzato lo stato di avanzamento degli Stati membri nell'adeguamento alle sue Raccomandazioni in materia di corruzione. In relazione all'introduzione nell'ordinamento del reato di corruzione tra privati (criminalise bribery in the private), il GRECO ha confermato come, al momento, l'Italia risulti ancora parzialmente inadempiente. Il Rapporto, tuttavia, segnala la delega concessa al Governo con la legge di delegazione europea 2015 (v. ultra) nonchè la conseguente adozione da parte dell'Esecutivo dello schema di decreto (ora all'esame del Parlamento) per l'attuazione della citata decisione quadro 2003/568/GAI.
La disposizione di delegaIl Governo è stato, quindi, delegato ad attuare - dall'articolo 19 della legge di delegazione europea 2015 - la decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato (analoga delega era già stata prevista dall'art. 28 della legge comunitaria 2007 - legge 25 febbraio 2008, n. 34 - il cui termine di attuazione è scaduto il 21 marzo 2009). In base all'articolo 19, il Governo dovrà in particolare attenersi (comma 1), ad una specifica serie di principi e criteri direttivi. In relazione al reato di corruzione attiva tra privati, rispetto a quanto già stabilito dall'art. 2635 c.c., si dovrà prevedere (lett. a):
In base alla delega, identiche previsioni dovranno riguardare la corruzione passiva tra privati, con l'ovvia eccezione del riferimento alla "'offerta" (di denaro o altra utilità) (lett. b). Si dovrà poi integrare la fattispecie di corruzione passiva in modo da prevedere che - conformemente a quanto stabilisce la decisione quadro (art. 2, par. 1, lett. b) - oltre che ricevere denaro (o altra utilità), costituisca illecito anche la sollecitazione alla dazione o promessa di denaro (o altra utilità). Va ricordato che, attualmente, la condotta di "sollecitazione" alla dazione o promessa illecita (il cui soggetto attivo è il pubblico dipendente) è previsto nel codice penale dall'art. 322, terzo e quarto comma, nell'ambito del delitto di istigazione alla corruzione. Non è previsto un criterio di delega che chiarisca la natura del reato (di evento o meno) cioè la necessità (attualmente prevista dall'art. 2635, primo comma, c.c.) dell'effettivo "nocumento" alla società privata ai fini della consumazione del reato. Analogamente, non è previsto alcun criterio relativo alla procedibilità del reato di corruzione tra privati (che, come ricordato, attualmente è a querela di parte, salvo il caso di distorsione della concorrenza nell'acquisizione di beni e servizi). Si ricorda che in base all'art. 50, comma 2, c.p.p, se non è richiesta la querela, si procede d'ufficio. Un criterio direttivo (lett. c) - conformemente a quanto previsto dall'art. 3 della decisione quadro (v. ante) - stabilisce che dovranno essere sanzionate anche le condotte di istigazione alla corruzione (attiva e passiva) tra privati. In relazione alle sanzioni per la corruzione tra privati (lett. d) viene prevista dal criterio direttivo:
L'articolo 32-bis del codice penale prevede l'interdizione temporanea (da un mese a cinque anni, in base all'art. 30) dagli uffici direttivi delle persone giuridiche, quale conseguenza di ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio. Essa priva il condannato della capacità di esercitare, durante l'interdizione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore.
Il successivo criterio direttivo (lett. e) è finalizzato all'attuazione degli artt. 5 e 6 della decisione quadro, ai sensi dei quali ciascuno Stato membro deve adottare le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili degli illeciti di cui sopra commessi a loro beneficio. Tale criterio prevede che alle persone giuridiche debbano essere applicati, per la responsabilità amministrativa prevista dal citato D.Lgs 231/2001, conseguente alla corruzione tra privati commessa nel suo interesse (vedi ante):
Il comma 2 dell'articolo 19 prevede il parere delle competenti Commissioni parlamentari sullo schema di decreto legislativo di recepimento della decisione quadro. |
Contenuto dello schema di decreto legislativoIIl contenuto dell'A.G. 365l provvedimento in esame è composto da 7 articoli (divisi in tre Titoli). In particolare, lo schema di decreto legislativo:
Come rilevato nella relazione del Governo al provvedimento, l'opzione sistematica di intervenire in materia di corruzione tra privati modificando il codice civile anzichè inserire il reato nel codice penale è derivata dalla previsione contenuta nella delega (art. 19, comma 1, lett. a) che impone di intervenire "tenendo conto delle disposizioni incriminatrici già vigenti". Mentre il Titolo I (composto dal solo articolo 1) riguarda l'oggetto del decreto (ovvero l'attuazione nell'ordinamento nazionale della decisione quadro 2003/568/GAI), il Titolo II (artt. 2-6) reca modifiche ed integrazioni al codice civile ed al D.lgs. n. 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. L'articolo 2 adegua, anzitutto, la rubrica del titolo XI del libro V del codice civile per ricomprendervi - oltre a società e consorzi - anche le disposizioni penali relative "ad altri enti privati", in coerenza con la nuova formulazione dell'art. 2635 c.c. dettata dall'articolo 3 del decreto. Infatti, mentre l'attuale art. 2635 c.c circoscrive le ipotesi corruttive passive ed attive al solo ambito societario, la nuova versione della disposizione - conformemente alla disposizione di delega e alla decisione quadro - ne prevede l'estensione anche ad altri enti privati. L'articolo 3 dello schema di decreto, mantenendo inalterato l'apparato sanzionatorio della corruzione tra privati (reclusione da uno a tre anni), modifica il primo, terzo e sesto comma dell'art. 2635 del codice civile. - la corruzione passivaIn particolare, nel nuovo articolo, per quanto concerne la corruzione passiva tra privati, coerentemente con la norma di delega e con la decisione quadro, al primo comma:
- la corruzione attivaAl terzo comma, per quanto riguarda la corruzione attiva tra privati - di cui è autore il soggetto estraneo alla società o all'ente - anche qui in linea con quanto prevede la delega e la decisione quadro:
Come nella corruzione passiva, anche qui la decisione quadro non risulta recepita nella parte che considera corruttore attivo chiunque svolga attività lavorative di qualsiasi tipo nella società o ente privato. Infine, per coordinamento con la modifica del terzo comma, il sesto comma dell'art. 2635 precisa che la misura della confisca per equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte.
Introduzione della fattispecie di istigazione L'articolo 4, conformemente alle previsioni della delega, introduce nel codice civile l'art. 2635-bis relativo alla nuova fattispecie penale di istigazione alla corruzione tra privati, prevista dall'art. 3 della decisione quadro. Lo stesso art. 3 prevede l'introduzione del favoreggiamento, ipotesi, tuttavia, già disciplinata in generale dagli artt. 378 e 379 c.p., relativi al favoreggiamento personale e reale. Anche in questo caso sono previste due fattispecie di istigazione: attiva e passiva, le cui fattispecie corrispondono alle condotte corruttive di cui all'art. 2635, primo e terzo comma. L'art. 2635-bis, primo comma (istigazione attiva), punisce con la reclusione da 8 mesi a due anni (la pena di cui all'art. 2635 c.c., ridotta di un terzo) colui che, con la finalità della violazione dei doveri di ufficio o di fedeltà, offre o promette denaro o altra utilità indebita alle stesse categorie di soggetti operanti in società e enti privati di cui all'art. 2635 c.c. (amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci, liquidatori o altri soggetti con funzioni direttive), qualora l'offerta o la promessa non sia accettata. Si ricorda che nel tentativo (art. 56 c.p.) si prevede invece in via generale la diminuzione della pena (stabilita per il delitto) da un terzo a due terzi se l'azione non si compie o l'evento non si verifica. La nuova fattispecie appare modellata, anche nel profilo sanzionatorio, sul delitto di istigazione alla corruzione attiva "pubblica" di cui all'art. 322, secondo comma, del codice penale. Analogamente, il secondo comma dell'art. 2635-bis (istigazione passiva) punisce con la stessa pena le indicate categorie di soggetti della società o dell'ente privato che, con la finalità delle citate condotte illecite, sollecitano per sè o per altri, anche per interposta persona, la dazione o la promessa di denaro o altra utilità, qualora la sollecitazione non sia accettata. Anche tale fattispecie corrisponde all'ipotesi di istigazione alla corruzione passiva "pubblica", prevista dall'art. 322, quarto comma, del codice penale. Il terzo comma prevede la procedibilità a querela della persona offesa. Le pene accessorieL'articolo 5 dello schema di decreto introduce nel codice civile l'art. 2635-ter (pene accessorie) che prevede sempre l'applicazione, a carico del condannato per corruzione attiva e passiva tra privati (art. 2635) e istigazione alla corruzione tra privati (art. 2635-bis c.c.), dell'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all'art. 32-bis del codice penale. L'art. 32-bis c.p.indica, come conseguenza dell'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, la privazione della capacità del condannato di esercitare, durante l'interdizione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore. Essa consegue ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio. La durata dell'interdizione non è a discrezione del giudice ma è pari a quella della pena inflitta con la sentenza di condanna (art. 37 c.p.); la pena accessoria inizia a decorrere al termine di quella principale.
L'interdizione di cui all'art. 5 è, quindi, stabilita in deroga ai limiti di pena (reclusione minima di 6 mesi) previsti dall'art. 32-bis. Si osserva che la delega non prevede l'applicazione della misura interdittiva in caso di condanna per corruzione attiva tra privati bensì (anche in relazione alle funzioni svolte nella società dall'autore del reato) solo in caso di condanna per corruzione passiva e per istigazione alla corruzione (cfr. art. 19, comma 1, lett. d). Tale limitazione non è, invece, prevista dall'art. 4, par. 3, della decisione quadro.
Responsabilità degli entiL'articolo 6 concerne la responsabilità delle persone giuridiche in relazione alla corruzione e all'istigazione alla corruzione nel settore privato. La disposizione - riformulando la lett. s-bis del comma 1 dell'art. 25-ter del D.Lgs. 231/2001:
Si osserva, tuttavia, come la disposizione di delega preveda che la sanzione pecuniaria (tra 200 e 600 quote) debba riguardare tutte le fattispecie corruttive tra privati (ci si riferisce, infatti, genericamente alla "responsabilità delle persone giuridiche in relazione al reato di corruzione tra privati", cfr, art. 19, comma 1, lett. e); nello stesso senso, l'art. 5 della decisione quadro.
Tale ultima previsione attua quanto previsto dalla delega (art. 19, comma 1, lett. e) e dall'art. 6 della decisione quadro. L'articolo 7, relativo al Titolo III del decreto, precisa l'invarianza finanziaria derivante dall'attuazione del provvedimento. Si segnala, infine, che la relazione del Governo allo schema in esame rileva come l'articolo 7 della decisione quadro - relativo alla competenza dello Stato membro sui reati di cui agli artt. 2635 e 2635-bis c.c. commessi interamente (o parzialmente) sul suo territorio ovvero commessi a vantaggio di una persona giuridica con sede principale sul territorio di detto Stato - non necessiti di trasposizione nell'ordinamento interno, risultando la materia della competenza già regolata dagli artt. 4, 6, 7, 8 e 9 (rectius: artt. 4, 6, 7, 9 e 10) del codice penale. |
Relazioni e pareri allegatiIl provvedimento è corredato della relazione illustrativa, della relazione tecnica, dell'analisi tecnico normativa (ATN) nonchè dell'analisi di impatto della regolamentazione (AIR). |
Compatibilità comunitaria |
Procedure di contenzioso(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea) Il 18 dicembre 2015, la Commissione europea ha avviato la procedura EU-Pilot n. 8175/15/HOME per omessa comunicazione delle misure nazionali di recepimento della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione privata. Secondo la Commissione l'assenza di qualsiasi comunicazione in riferimento alla citata decisione quadro costituisce un mancato recepimento totale. La Commissione ha invitato le autorità italiane a rispondere alla richiesta EU Pilot entro quattro settimane, e a comunicare le misure nazionali di recepimento, aggiungendo che, in caso di assenza di una risposta soddisfacente e di una comunicazione di un completo recepimento, potrà decidere di avviare una procedura di infrazione a norma dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il Governo italiano, nel marzo 2016, ha risposto alla Commissione europea asserendo che la fattispecie della corruzione nel settore privato è prevista dall'articolo 2635 del codice civile, ammettendo tuttavia che vi sono alcuni profili di non piena conformità della normativa interna rispetto alle disposizioni di cui agli artt. 2 (condotte di corruzione attiva e passiva nel settore privato) e 5 (responsabilità delle persone giuridiche) della decisione quadro. In particolare, secondo il Governo:
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Documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea) Nel febbraio 2014 la Commissione europea ha pubblicato la Relazione dell'Unione sulla lotta alla corruzione. Nella sezione relativa all'Italia si riporta il dato registrato dalla Corte dei conti secondo il quale i costi diretti totali della corruzione ammontano a 60 miliardi di euro l'anno (pari a circa il 4% del PIL). Sono inoltre riportati i risultati del sondaggio realizzato con lo speciale Eurobarometro del 2013 sulla corruzione: il 97% dei rispondenti italiani (la seconda percentuale dell'Unione in ordine di grandezza) ritiene che la corruzione sia un fenomeno dilagante in Italia (contro una media UE del 76%) e il 42% afferma di subire personalmente la corruzione nel quotidiano (contro una media UE del 26%). Per l'88% dei rispondenti italiani corruzione e raccomandazioni sono spesso il modo più semplice per accedere a determinati servizi pubblici (contro una media UE del 73%). Inoltre la mancanza di fiducia nelle istituzioni pubbliche risulta molto diffusa: secondo i dati raccolti dal sondaggio, le figure pubbliche verso le quali vi è maggior sfiducia sono i partiti politici, i politici nazionali, regionali e locali12 e i funzionari responsabili dell'aggiudicazione degli appalti pubblici e del rilascio delle licenze edilizie. Nel rapporto si evidenziano infine i profili di differenza tra la normativa italiana e quella europea in materia di corruzione nel settore privato. |