| Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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|---|---|---|---|
| Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
| Titolo: | La situazione dei diritti umani in Colombia | ||
| Serie: | Note di politica internazionale Numero: 30 | ||
| Data: | 22/10/2013 | ||
| Descrittori: |
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La situazione dei diritti umani in Colombia
22 ottobre 2013
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Il rapporto 2013 sulla Colombia di Human Rights Watch sottolinea come il conflitto armato interno abbia continuato a provocare nel paese gravi abusi contro i civili da parte di esponenti delle FARC e dell'ELN che si sostanziano in omicidi, minacce, trasferimenti forzati, reclutamento ed utilizzo di bambini soldato ed utilizzo di mine antiuomo e da cui deriva in un numero di sfollati interni intorno ai 100.000 all'anno (per un totale complessivamente ammontante ad oltre 4 milioni).
Il documento evidenzia inoltre, il persistere di minacce ed attacchi ai difensori dei diritti umani nonostante la pubblica condanna di tali abusi da parte dell'amministrazione del presidente Juan Manuel Santos. Il rapporto segnala, altresì, la criticità rappresentata dal perdurare di una diffusa impunità dei responsabili delle violazioni dei diritti umani, impunità che le recenti modifiche alla Costituzione volte a consentire l'ingresso in politica agli ex guerriglieri (si veda il box seguente) sono destinate a promuovere.
Nel 2012 la Colombia – scrive HRW – ha avviato - con un processo che appare tuttavia lento e non privo di rischi a causa delle minacce da parte di gruppi paramilitari - l'attuazione della legge che mira a restituire agli sfollati interni milioni di ettari di terreni abbandonati o rubati.
Le organizzazioni paramilitari sono inoltre responsabili di abusi diffusi contro i civili compresi massacri, uccisioni, sparizioni, violenze sessuali, reclutamento di bambini, trasferimenti forzati; minacce ed aggressioni vengono compiute anche ai danni di leader sociali, difensori dei diritti umani e contro coloro che cercano la giustizia e la restituzione delle terre.
Il Difensore civico nazionale ha riferito di aver ricevuto, nel 2011, 1.500 denunce di violazioni del diritto internazionale umanitario perpetrare da gruppi paramilitari. Il rapporto rammenta che in seguito processo di smobilitazione delle milizie paramilitari avviato nel 2003 dall'allora presidente Alvaro Uribe, che avrebbe coinvolto oltre 30.000 persone, sono sorti altri gruppi, denominati "successori" in gran parte guidati da membri di organizzazioni paramilitari smobilitati, che mantengono una forte presenza in tutta la Colombia.
Nell'apprezzare i notevoli progressi compiuti dalle autorità colombiane nella cattura dei leader delle milizie armate, il rapporto di HRW evidenzia il persistere un certo grado di tolleranza e di collusione da parte di membri delle forze di pubblica sicurezza.
In una dichiarazione consegnata al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite il 19 settembre 2013 Amnesty International ha rilevato il carattere contraddittorio di talune azioni dell'esecutivo colombiano che, benché impegnatosi con la Comunità internazionale a combattere l'impunità e per la tutela dei civili coinvolti nel conflitto intestino, si è fatto promotore di politiche di segno opposto.
In particolare il quadro normativo delineato da talune delle più recenti riforme "ha sancito l'impunità" – sostiene Amnesty – ad esempio ampliando la possibilità di ricorrere alla giurisdizione militare, tradizionalmente incline a non tenere in considerazione il coinvolgimento di membri delle forze di sicurezza in reati di violazione dei diritti umani, nei casi di violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale da parte dalle forze di sicurezza."
Amnesty ha sottolineato di avere da tempo messo in evidenza l'incapacità delle autorità colombiane di proteggere efficacemente i civili dalle violazioni dei diritti umani e dagli abusi inflitti dalle forze di sicurezza, dai paramilitari e da gruppi della guerriglia. Amnesty, infine, ha espresso il proprio disappunto per la decisione adottata dal governo colombiano di rinnovare per un solo anno (in luogo di tre, come avvenuto dal 2007 in avanti) il mandato dell'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (che è presente nel paese dal 1997).
"La Colombia – ha sottolineato l'alto commissario Navu Pillay in occasione della sottoscrizione dell'accordo di proroga a Bogotà - è uno dei casi in cui le Nazioni Unite hanno avuto successo. L'Onu arriva nei paesi quando questi hanno grandi necessità e in Colombia abbiamo fatto progressi. […] Per decenni la Colombia si è caratterizzata per essere un paese in conflitto e non sarà facile superare le tensioni vissute nella società".
Nella primavera del 2013 la Colombia è stata sottoposta per la seconda volta alla Revisione universale periodica (UPR) da parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazion Unite (il primo esame risale al 2008). Al temine della procedura il paese ha accolto una serie di raccomandazioni vertenti sui seguenti profili:
I colloqui di pace con le FARC
Nell'ottobre 2012 si sono avviati ad Oslo colloqui di pace tra il governo di Bogotà e le FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia), protagoniste, insieme all'Ejército del Liberaciòn Nacional della ultracinquantennale guerra intestina fortemente correlata con gli interessi del narcotraffico e destabilizzante per il contesto regionale.
Dopo quasi un decennio (2002-2010) di soluzione militare promossa dal presidente Alvaro Uribe, che ne ha tratto successi e popolarità senza tuttavia giungere a porre le basei per la fine del conflitto armato nel paese, il presidente Juan Manuel Santos ha optato per la via negoziale (già inutilmente perseguita negli anni Novanta del secolo scorso), respingendo tuttavia la richiesta di cessate il fuoco da parte dei guerriglieri.
I colloqui, che vedono coinvolti come osservatori Cile e Venezuela, proseguono all'Avana e si imperniano su una serie di punti che comprendono la riforma agraria, la partecipazione politica, la fine del conflitto armato, la restituzione delle armi, il reintegro dei membri delle FARC nella vita civile e la loro futura partecipazione alle attività politiche, la sostituzione delle coltivazioni illegali ed una legge sulle vittime di guerra. A fine febbraio 2013 è stata approvata una bozza preliminare di accordo sul primo dei punti in agenda, la riforma agraria e la restituzione delle terre agli sfollati.
L'esame del secondo punto dell'agenda, la partecipazione politica della guerriglia, rappresenta uno snodo assai spinoso che si riflette sull'andamento rallentato dei colloqui. Alla fine dell'estate la Corte Costituzionale ha approvato una modifica alla Carta fondamentale della Colombia volta a consentire l'ingresso in politica ai guerriglieri che al termine del processo di pace avranno deposto le armi.
La riforma costituzionale, considerata una sorta di amnistia per coloro che hanno commesso crimini di guerra, era stata duramente criticata dall'opposizione e dalle organizzazioni per i diritti umani; il procuratore generale della Repubblica Alejandro Ordonez, l'aveva definita "uno strumento che garantisce l'impunità a tutti i guerriglieri colpevoli di crimini di guerra".Tuttavia, nell'ottica del Governo, tale riforma è funzionale alla ricerca di un compromesso che conduca alla pacificazione ed alla fine delle violenze.
Nell'esprimere soddisfazione per il provvedimento ritenuto cruciale per il processo di pacificazione nazionale, il presidente colombiano Santos, che nelle more dell'approvazione della riforma aveva riconosciuto pubblicamente per la prima volta la responsabilità dello Stato nei crimini commessi in mezzo secolo di conflitto armato - si è dichiarato disponibile a colloqui di pace anche con l' Ejercido de Liberación Nacional (ELN), il secondo più importante movimento marxista di guerriglia presente nel Paese.
Secondo Santos, in un processo realmente orientato per la fine del conflitto, anche i membri delle FARC e dell'ELN come pure i paramilitari smobilitati, responsabili di violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, saranno chiamati ad assumersi le proprie responsabilità. Alla fine di agosto, in coincidenza con il tredicesimo round di colloqui sulla questione della partecipazione politica delle Farc una volta che sarà posta fine al conflitto, le FARC hanno riconosciuto, a loro volta, di avere delle responsabilità nel conflitto armato colombiano e la necessità di identificare e risarcire le vittime.
Il negoziato di pace ha avuto, peraltro, un nuovo momento di rallentamento a settembre, dopo che la Corte suprema colombiana ha confermato in ultima istanza la condanna a 31 anni di carcere per il leader delle Farc Timoleón Jiménez, e di due comandanti dell'organizzazione, che sono tra i negoziatori all'Avana.
Il 15 ottobre 2013 è terminato l'ennesimo round di colloqui di pace, incentrato sulla partecipazione politica, per la prima volta senza il rilascio del consueto comunicato congiunto e ancora senza accordo sul tema. Nonostante le reciproche accuse di "lentezza" nel processo le parti hanno fissato per il 23 ottobre la ripresa dei colloqui.
L'associazione Colombia Vive!
La rete italiana di solidarietà Colombia Vive! è un'associazione di promozione sociale formata da enti locali del Veneto, Umbria, Toscana, Lazio, Liguria, e da numerose organizzazioni di volontariato italiane, che si occupa della difesa dei diritti umani in Colombia e della difesa degli operatori per i diritti umani.
L'Associazione si propone di sostenere, proteggere e diffondere l'esperienza dei processi di costruzione della pace che vengono proposti dalla popolazione civile, come le comunità di Pace e in Resistenza Civile, i Movimenti indigeni, Afro-discendenti e da tutte le organizzazioni che difendono i diritti umani, legittimandole a livello nazionale e internazionale.
Esponenti di Colombia Vive! sono stati ascoltati, il 2 ottobre 2008, dal Comitato permanente sui diritti umani della Commissione Affari esteri della Camera nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo svolta nel corso della XVI legislatura.
Nel corso dell'audizione gli intervenuti hanno rappresentato la realtà di talune comunità colombiane che hanno scelto la neutralità e la pratica della non violenza, rifiutandosi di appoggiare gli attori armati del conflitto, in un paese dove la guerra ultracinquantennale legata anche al traffico della cocaina è responsabile di quasi 300 mila morti e 3 milioni di sfollati interni, ammassati nelle periferie delle grandi città.
Nel contesto della medesima indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo il 18 maggio 2010 è intervenuto presso il Comitato permanente sui diritti umani il coordinatore dell'Ufficio internazionale per i diritti umani di Azione Colombia (OIDHACO), Emmanuel Raison.