Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Inserimento nelle scuole e nelle università dello studio della tecnica per il superamento delle barriere architettoniche; sanzioni penali per il mancato adeguamento degli edifici - A.C. 705
Riferimenti:
AC N. 705/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 242
Data: 24/11/2014
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione


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Inserimento nelle scuole e nelle università dello studio della tecnica per il superamento delle barriere architettoniche; sanzioni penali per il mancato adeguamento degli edifici

24 novembre 2014
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri princìpi costituzionali|Incidenza sull'ordinamento giuridico|Formulazione del testo|


Contenuto

La proposta di legge – che riprende il contenuto dell' A.C. 2367, del quale la VII Commissione aveva avviato l'esame nella XVI legislatura, svolgendo anche un'indagine conoscitiva ai sensi dell'art. 79, co. 4, del Regolamento - prevede l'inserimento in alcuni indirizzi delle scuole secondarie di secondo grado e in alcuni insegnamenti universitari dello studio delle discipline per il superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati. Prevede, altresì, l'introduzione di sanzioni penali per il mancato adeguamento di edifici e spazi pubblici alla normativa vigente in materia di eliminazione delle medesime barriere.

 

In particolare, l'articolo 1 stabilisce cheFinalità la Repubblica promuove lo studio e la conoscenza della cultura dell'accessibilità e del superamento delle barriere architettoniche e, a tal fine, richiama le finalità di integrazione sociale e di tutela dei diritti delle persone con disabilità, previste, fra l'altro, dalla L. 104/1992 e dalla L. 13/1989, e i principi sanciti dalla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall'ONU nel 2006 e ratificata dall'Italia con L. 18/2009.

In materia, la normativa vigente è recata in via principale dagli artt. da 77 ad 82 del D.P.R. 380/2001 (T.U. in materia edilizia), volti a favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, pubblici e privati aperti al pubblico. Nei citati articoli sono confluiti, in particolare, gli artt. da 1 a 3, 6 e 8 della citata L. 13/1989 (che ha dettato disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati) e l'art. 24 della citata L. 104/1992 (che ha disposto in materia di opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico).
In particolare, l'art. art. 82, co. 1, del DPR 380/2001 richiama il rispetto del DPR 503/1996, con il quale è stato adottato il nuovo regolamento relativo all'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici. Le norme del DPR 503/1996 si applicano, oltre che agli edifici e spazi pubblici di nuova costruzione, anche a quelli esistenti qualora sottoposti a ristrutturazione, nonché agli edifici e spazi pubblici sottoposti a qualunque altro tipo di intervento edilizio suscettibile di limitare l'accessibilità e la visitabilità. Lo stesso regolamento prevede, inoltre, che agli edifici e spazi pubblici esistenti, anche se non soggetti a recupero o riorganizzazione funzionale, devono essere apportati tutti quegli accorgimenti che possono migliorarne la fruibilità.
Il co. 7 dello stesso art. 82 del DPR 380/2001 prevede, quindi, la responsabilità diretta del progettista, del direttore dei lavori, del responsabile tecnico degli accertamenti per l'agibilità e del collaudatore, ciascuno per la propria competenza, sulle opere eseguite dopo l'entrata in vigore della L. 104/1992, in relazione alle difformità che siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone handicappate. Essi sono puniti con l'ammenda da 5.164 a 25.822 euro e con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso da 1 a 6 mesi.
Con riferimento all'integrazione delle persone disabili, il primo passo è stato realizzato con la citata L. 104/1992, che ha sancito i diritti di libertà e di autonomia delle stesse, promuovendone la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società.
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ha elaborato in dettaglio i diritti delle stesse, in particolare riconoscendo che un cambiamento di atteggiamento nella società è indispensabile per consentire alle persone con disabilità di raggiungere la piena eguaglianza. Occorre, peraltro, ricordare che la citata legge di ratifica (L. 18/2009) ha istituito l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il compito di promuovere l'attuazione della Convenzione e la realizzazione di studi e ricerche e la raccolta di dati statistici, nonché di predisporre un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità.
Nell'ambito del programma di azione emanato con DPR 4 ottobre 2013 (pubblicato nella GU 28 dicembre 2013, n. 303), il cap. 6 concerne proprio la promozione e attuazione dei principi di accessibilità e mobilità (linea di intervento 4) e include tra gli obiettivi da raggiungere "l'inserimento nei curricula scolastici ed universitari delle tematiche relative all'accessibilità, all'universal design" (per il quale, v. infra). In particolare, si propone di "inserire nei programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado a indirizzo tecnico insegnamenti riguardanti gli aspetti funzionali, edilizi e urbanistici relativi all'universal design e al superamento delle barriere architettoniche nonché lo studio della domotica in rapporto alla disabilità" e di inserire, nell'ambito degli insegnamenti impartiti presso le università statali e non statali, comprese le università telematiche, lo studio dell'universal design tra le discipline obbligatorie di base delle classi di laurea L-7 Ingegneria civile e ambientale; L-17 Scienze dell'architettura; L-21 Scienze della pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale; L-23 Scienze e tecniche dell'edilizia.
Come si vedrà infra, si tratta di previsioni sostanzialmente corrispondenti a quelle della proposta di legge in commento.

L'art. 1 richiama anche il concetto dell'Universal designuniversal design definito ai sensi delle linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 28 marzo 2008.

 

Ai sensi di tale DM, l'"universal design" o "design for all" (ovvero, la "progettazione universale") consiste nella progettazione di spazi, ambienti e oggetti utilizzabili da un ampio numero di persone a prescindere dalla loro età e capacità psicofisica. Si evidenzia, infatti, che "Un ambiente è accessibile se qualsiasi persona, anche con ridotte o impedite capacità motorie, sensoriali o psico-cognitive, può accedervi e muoversi in sicurezza e autonomia" e si rappresenta che "Numerose esperienze e verifiche di atteggiamenti comuni, in diverse parti del mondo, hanno portato al superamento del concetto di spazio o oggetto appositamente pensato per persone con disabilità. Si è infatti constatato che ambienti ed attrezzature pensati solo per una utenza disabile comportano un atteggiamento negativo, se non di rifiuto, da parte della popolazione (…). Per questi motivi è necessario configurare spazi urbani e architettonici sentiti come amichevoli, accoglienti e inclusivi". Il medesimo DM ricapitola i 7 principi base dell'universal design. Si tratta di: uso equo (il progetto è utilizzabile e commerciabile per persone con differenti abilità); uso flessibile (si adatta ad un'ampia gamma di preferenze e di abilità individuali); uso semplice e intuitivo; percettibilità delle informazioni (il progetto comunica le necessarie informazioni all'utilizzatore, in modo indifferente rispetto alle condizioni dell'ambiente o alle sue capacità sensoriali); tolleranza dell'errore (il progetto minimizza i rischi); contenimento dello sforzo fisico (può essere usato con la fatica minima); misure e spazi per l'avvicinamento e l'uso (dimensioni e spazi appropriati per la manovrabilità e l'uso sicuro indipendentemente da statura, postura e mobilità dell'utilizzatore).

Per l'attuazione delle finalità esplicitate nell'art. 1, l'art. 2 prevede che entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge il Governo modifica i "programmi didattici delle Piani di studio delle scuole secondarie di secondo gradoscuole secondarie di secondo grado ad indirizzo tecnico, con particolare riguardo alla specializzazione in edilizia", al fine di inserire elementi di base riguardanti gli aspetti edilizi e urbanistici relativi all'universal design e al superamento delle barriere architettoniche, nonché lo studio della domotica in rapporto alla disabilità.

Al riguardo, si rammenta, innanzitutto, che, con il riconoscimento dell'autonomia alle istituzioni scolastiche, ai programmi nazionali è subentrato il Piano dell'Offerta Formativa (POF) di ogni istituzione scolastica. Il perno del POF è il curricolo, che viene predisposto dalle medesime istituzioni, nel rispetto degli orientamenti e dei vincoli posti dalle Indicazioni nazionali.
Per quanto concerne i curricoli, l'art. 8 del DPR 275/1999, recante proprio disciplina dell'autonomia scolastica, ha distinto al loro interno una quota nazionale obbligatoria ed una quota riservata alle istituzioni scolastiche, affidandone la determinazione ad un decreto ministeriale.
Per il secondo ciclo di istruzione, è intervenuto il DM 28 dicembre 2005 (le cui linee sono poi state confermate dal DM 13 giugno 2006, n. 47), che ha identificato nel 20% dei curricoli la quota oraria rimessa alle istituzioni scolastiche, da utilizzare nell'ambito degli indirizzi definiti dalle regioni.
Nel frattempo, l'art. 7, co. 1, lett. a), della L. 53/2003 ha rimesso a regolamenti di delegificazione l'individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e alle attività.
Tale scelta è stata confermata dall'art. 64 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) che ha previsto, fra l'altro, la ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuole, anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari.
Per il secondo ciclo, sono stati, quindi, emanati i DPR nn. 87/2010, 88/2010 e 89/2010 recanti, rispettivamente, il riordino degli istituti professionali, degli istituti tecnici e dei licei.
Il DPR 88/2010 ha organizzato i percorsi degli istituti tecnici in 2 settori, a loro volta suddivisi in indirizzi. In particolare, al settore tecnologico fanno capo 9 indirizzi, fra cui Costruzioni, Ambiente e Territorio (C9), nel quale, ai sensi dell'allegato D del medesimo DPR, sono confluiti i percorsi degli istituti tecnici per geometri e i percorsi "Edilizia" degli istituti tecnici industriali del vecchio ordinamento. L'allegato C del DPR inserisce tra gli insegnamenti obbligatori per questo indirizzo la materia "Progettazione, Costruzioni e Impianti", per la quale sono previste 231 ore nel terzo e nel quinto anno e 198 ore nel quarto anno. Occorre, peraltro, ricordare che, ai sensi dell'art. 5, co. 3, del DPR, gli istituti tecnici possono utilizzare la quota di autonomia del 20% dei curricoli sia per potenziare gli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti, con particolare riferimento alle attività di laboratorio, sia per attivare ulteriori insegnamenti, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano dell'offerta formativa.
Per quanto concerne gli istituti professionali, il DPR 87/2010 ha previsto 2 settori suddivisi in indirizzi, alcuni dei quali presentano ulteriori articolazioni. In particolare, nel settore "Industria e artigianato", indirizzo "Produzioni industriali e artigianali" (C1), articolazione "Industria", è confluito, ai sensi dell'all. D del DPR, il previgente indirizzo di "Tecnico dell'edilizia". Anche gli istituti professionali possono – ai sensi dell'art. 5, co. 3, del DPR – utilizzare la quota di autonomia del 20% del curriculo per le medesime finalità già esposte per gli istituti tecnici.
Ai sensi dell'art. 7 di entrambi i DPR, i percorsi degli istituti tecnici e degli istituti professionali sono oggetto di costante monitoraggio, in relazione al quale gli indirizzi, i profili e i relativi risultati di apprendimento sono aggiornati periodicamente. Sull'argomento, peraltro, l'art. 5, co. 01, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) ha previsto che il monitoraggio doveva essere avviato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione e doveva concludersi entro 12 mesi dall'avvio. Il 30 aprile 2014, rispondendo all'interrogazione 3-00793, il Governo ha evidenziato che il monitoraggio è stato avviato e "si concluderà entro il prossimo anno accademico 2014-2015".

L'art. 3 prevede che le università statali e non statali, incluse quelle telematiche, nel rispetto della loro autonomia didattica, inseriscono lo studio della tecnica e delle tecnologie atte a realizzare l'universal design e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati nelle Insegnamenti impartiti presso le universitàdiscipline obbligatorie di base delle classi di laurea (prima citate) L-7, L-17, L-21 e L-23.

A tal fine, dispone che entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca modifica il DM 16 marzo 2007 con il quale sono state definite le classi di laurea.

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che in pari data è stato emanato anche il DM per la disciplina della classi delle lauree magistrali, cui la proposta di legge non fa riferimento: in particolare, nelle classi di laurea magistrale sono comprese le classi LM-4 Architettura e ingegneria edile-architettura; LM-12 Design; LM-23 Ingegneria civile; LM 24-Ingegneria dei sistemi edilizi; LM 35 Ingegneria per l'ambiente e il territorio; LM-48 Pianificazione territoriale urbanistica e ambientale; LM-75 Scienze e tecnologie per l'ambiente e il territorio.

Si valuti, dunque, l'opportunità di un chiarimento circa il mancato riferimento al DM che ha definito le classi di laurea magistrale.

Si ricorda, inoltre, che il DM 16 marzo 2007 di determinazione delle classi di laurea – oltre a individuare per ciascuna classe gli obiettivi formativi qualificanti e le attività formative indispensabili, distinte in attività di base e attività caratterizzanti – ha stabilito, all'art. 4, che le competenti strutture didattiche determinano, con il regolamento didattico del corso di laurea, l'elenco degli insegnamenti e delle altre attività formative, secondo criteri di stretta funzionalità con gli obiettivi formativi specifici del corso.

In virtù del sistema normativo descritto, quindi, i nuovi ambiti disciplinari dovrebbero essere inseriti dal MIUR nelle attività formative indispensabili previste dagli allegati del DM 16 marzo 2007.

 

L'art. 4 attribuisce all'amministratore pubblico competente la Responsabilità dell'amministratore pubblicoresponsabilità diretta per il mancato adeguamento degli edifici e degli spazi pubblici esistenti alla normativa in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche contenuta nel già citato DPR 503/1996.

L'amministratore pubblico competente - che è dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa - è individuato nel dirigente al quale spettano i poteri di gestione o nel funzionario non avente qualifica dirigenziale nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto a un ufficio avente autonomia gestionale. L'individuazione spetta all'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali è svolta l'attività.

Peraltro, in caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri previsti, l'amministratore pubblico competente coincide con l'organo di vertice dell'amministrazione pubblica competente.

 

E' opportuno enucleare in un unico comma - e con l'utilizzo dell'espressione "ai sensi della presente legge" - i soggetti che possono rivestire la qualifica di amministratore pubblico, la cui definizione non è chiaramente riconducibile a una figura presente nell'ordinamento. Di conseguenza, occorre riformulare i commi 2 e 3.

 

In particolare, il testo dispone che, qualora entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge non sia realizzato il previsto adeguamento degli edifici e degli spazi pubblici, l'amministratore pubblico competente è punito con l'Sanzioniarresto da 6 mesi a 2 anni e l'ammenda da € 10.000 a € 50.000 euro.

Si tratta, dunque, di una responsabilità penale del dirigente o del vertice dell'amministrazione competente, per la quale è introdotta una contravvenzione punita con pena congiunta (arresto e ammenda).

 La fattispecie penale configura una forma di responsabilità oggettiva del dirigente. Infatti, la disposizione connette la pena all'evento della mancata realizzazione degli adempimenti, evento che potrebbe anche non dipendere dalla condotta del dirigente. L'amministratore pubblico potrebbe infatti attivare tutte le procedure per l'adeguamento degli edifici senza che le opere vengano realizzate, per cause a lui non imputabili (ad es. per il fallimento dell'impresa incaricata o per la sospensione dei lavori disposta dalla magistratura).

Si valuti, dunque, l'opportunità di un approfondimento.

In materia di responsabilità dirigenziale, rileva principalmente l'art. 21 del d.lgs. 165/2001 che prevede che il mancato raggiungimento degli obiettivi da parte del dirigente o l'inosservanza delle direttive a lui imputabili comportano gravi sanzioni disciplinari, fino alla recessione del rapporto di lavoro.
Si ricorda, inoltre, che una responsabilità penale del pubblico ufficiale è prevista anche dall'art. 328 del codice penale, che punisce con la reclusione da 6 mesi a 2 anni il rifiuto e l'omissione di atti d'ufficio. In particolare, dispone che «il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni».
Inoltre, «fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa».

 


Relazioni allegate o richieste

La proposta di legge è corredata di relazione illustrativa.


Necessità dell'intervento con legge

L'art. 2 interviene su materia attualmente disciplinata con regolamenti di delegificazione. L'art. 3 interviene su materia attualmente disciplinata con decreto ministeriale.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le disposizioni contenute nell'art. 2 sono riconducibili allamateria dell'istruzione.

La Costituzione riserva le norme generali in materia di istruzione alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. n); alla competenza concorrente di Stato e regioni è, invece, rimessa l'istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale (art. 117, terzo comma, Cost.).

La Corte Costituzionale, nella sentenza 279/2005, ha tracciato un quadro generale di riferimento per l'interpretazione del quadro delle competenze delineato dalla Costituzione in materia di istruzione. In particolare, la Corte ha precisato che «le norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di là dell'ambito propriamente regionale». In tal senso, le norme generali si differenziano anche dai "principi fondamentali", i quali, «pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operatività, ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, più o meno numerose». In tale prospettiva, la Corte ha considerato espressione della potestà legislativa esclusiva dello Stato, tra l'altro: l'indicazione delle finalità di ciascun ordine di scuola; la determinazione dei livelli minimi di monte-ore di insegnamento validi per l'intero territorio nazionale; la definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità dei titoli professionali (materia che viene ricondotta alla "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni").
La Corte è tornata sull'argomento con la sentenza 200/2009, nella quale ha individuato nei contenuti degli art. 33 e 34 Cost. la prima chiara definizione vincolante degli ambiti riconducibili al concetto di "norme generali sull'istruzione". Sul piano della legislazione ordinaria, la Corte ha fatto riferimento agli ambiti individuati dalla L. 53/2003, che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi proprio per la definizione delle "norme generali sull'istruzione" evidenziando, quindi, che, ai sensi della stessa, rientrano in tale ambito, tra l'altro, la definizione generale e complessiva del sistema educativo di istruzione e formazione, delle sue articolazioni cicliche e delle sue finalità ultime; la previsione generale del contenuto dei programmi delle varie fasi e dei vari cicli del sistema e del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la "quota nazionale"; la definizione generale dei "percorsi" tra istruzione e formazione che realizzano diversi profili educativi, culturali e professionali e la possibilità di passare da un percorso all'altro.
Infine, la Corte ha qualificato come norme generali quelle recate dall'art. 64, c. 4, lett. da a) ad f), del D.L. 112/2008, fra le quali quelle concernenti gli interventi in materia di ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola.

In relazione all'art. 3, si ricorda che la materia "università" non è espressamente citata nell'art. 117 Cost.: soccorre, tuttavia, l'art. 33 Cost., che stabilisce che le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Infine, con riferimento all'art. 4, rileva la materia di competenza esclusiva "ordinamento penale" (art. 117, secondo comma, lett. l), Cost. ).


Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Rileva l'art. 3 della Costituzione, che sancisce il principio dell'uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini.


Incidenza sull'ordinamento giuridico


Attribuzione di poteri normativi

L'art. 2 prevede l'intervento di "appositi provvedimenti del Governo, emanati su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca" per la modifica dei programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado.

L'art. 3 prevede che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca modifica il DM 16 marzo 2007 concernente le classi di laurea.


Coordinamento con la normativa vigente

Si veda la sezione "Contenuto".


Collegamento con lavori legislativi in corso

Presso l'VIII Commissione è in corso di esame l'A.C. 1013 e abb. "Disposizioni per il coordinamento della disciplina in materia di abbattimento delle barriere architettoniche", finalizzato a promuovere l'adozione e la diffusione della progettazione universale.


Formulazione del testo

All'art. 1, occorre sostituire le parole "e aperta alla firma il 30 marzo 2007", con le parole ", ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18".

All'art. 2 occorre specificare l'espressione "con appositi provvedimenti" ed eliminare le parole "disposizioni di legge" poiché, come si è visto, indirizzi, profili e quadri orari dei percorsi di istruzione secondaria sono attualmente disciplinati con DPR. Appare altresì opportuno aggiornare terminologicamente l'espressione "programmi didattici" e la specifica "a indirizzo tecnico, con particolare riguardo alla specializzazione in edilizia".

All'art. 3, sembrerebbe sufficiente fare riferimento solo all'intervento di un DM che modifichi (nel senso indicato) il DM 16 marzo 2007, al quale le università dovrebbero comunque adeguarsi.