Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento attività produttive | ||||
Titolo: | Disposizioni concernenti la certificazione ecologica dei prodotti cosmetici - A.C. 106 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 258 | ||||
Data: | 14/01/2015 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
X-Attività produttive, commercio e turismo |
Disposizioni concernenti la certificazione ecologica dei prodotti cosmetici
14 gennaio 2015
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Indice |
Premessa - La normativa europea|Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite| |
Premessa - La normativa europeaLa nuova disciplina europea sui prodotti cosmetici - dettata dal regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio - è divenuta applicabile a partire dIl regolamento 1223/2009al mese di luglio 2013. Tale regolamento ha rifuso in un testo unico le norme della direttiva 76/768/CEE (recepita nell'ordinamento nazionale dalla legge n. 713/1986), concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici, e tutte le successive modifiche apportate alla direttiva medesima. Le disposizioni del regolamento sono volte a garantire la tutela della salute e l'informazione dei consumatori, vigilando sulla composizione e sull'etichettatura dei prodotti. Il regolamento prevede inoltre il divieto degli esperimenti sugli animali e la valutazione della sicurezza dei prodotti sia dal punto di vista della tutela della salute umana che dell'ambiente. Il regolamento REACHIn particolare, secondo il quinto considerando del citato regolamento, "le preoccupazioni di ordine ambientale cui possono dar origine le sostanze impiegate nei prodotti cosmetici sono considerate tramite l'applicazione del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un'Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), che consente di valutare la sicurezza ambientale a livello intersettoriale". In estrema sintesi il regolamento REACH (acronimo di "Registration, Evaluation, Authorisation and restriction of CHemicals"), prevede la registrazione di tutte le sostanze prodotte o importate nell'UE in quantità maggiori di una tonnellata per anno. Tale regolamento si prefigge i seguenti obiettivi: migliorare la conoscenza dei pericoli e dei rischi derivanti da prodotti chimici in modo da assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e dell'ambiente; promuovere lo sviluppo di metodi alternativi a quelli che richiedono l'utilizzo di animali vertebrati per la valutazione dei pericoli delle sostanze; mantenere e rafforzare la competitività e le capacità innovative dell'industria chimica dell'UE.
Sulle interrelazioni tra la disciplina dei cosmetici e quella generale del regolamento REACH si veda lo schema "Interface REACH and Cosmetics regulations" predisposto dall'Agenzia europea per le sostanze chimiche. Definizione di cosmeticoAi sensi dell'art. 2 del regolamento n. 1223/2009 un «prodotto cosmetico» è "qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l'aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei". Limitazioni di sostanze nei cosmeticiQuesti prodotti, se conformi al regolamento n. 1223, sono posti in libera circolazione nel mercato interno. Tale conformità comporta il rispetto, tra l'altro, dei divieti e delle limitazioni all'uso di determinante sostanze. Gli allegati al "regolamento cosmetici" riportano infatti un elenco di sostanze il cui impiego è vietato (allegato II) o limitato (allegato III) nei prodotti cosmetici. Sono altresì vietati alcuni coloranti (diversi da quelli dell'allegato IV), conservanti (diversi da quelli dell'allegato V) e filtri UV (diversi da quelli dell'allegato VI). Lo stesso regolamento vieta l'impiego delle sostanze classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione (CMR), salvo casi eccezionali, e prevede un elevato livello di protezione della salute umana in caso di impiego di nanomateriali nei prodotti cosmetici. L'Autorità nazionale competenteL'autorità nazionale competente per l'attuazione delle disposizioni relative alla sicurezza dei cosmetici (art. 16 della L. 97/2013) e del regolamento REACH (art. 5-bis del D.L. 10/2007, attuato con il D.M. 22 novembre 2007) è il Ministero della salute. Per la realizzazione di tale obiettivo, il Ministero della salute organizza le attività di vigilanza su due fronti:
Relativamente al citato art. 16 della legge europea 2013 (legge n. 97/2013) si ricorda altresì che il comma 3 di tale articolo affida al Ministero della salute compiti di indirizzo generale e coordinamento in materia di cosmetici, l'elaborazione e l'adozione dei piani pluriennali di controllo, la supervisione e il controllo sulle attività degli organismi che esercitano le funzioni conferite dallo Stato, dalle regioni e province autonome e dalle aziende sanitarie locali. Il successivo comma 5 demanda ad un apposito decreto del Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-Regioni, la regolamentazione delle procedure di controllo del mercato interno dei prodotti cosmetici, ivi inclusi i controlli dei prodotti stessi, degli operatori di settore e delle buone pratiche di fabbricazione. Il comma 6 infine prevede l'emanazione di un ulteriore decreto, sempre del Ministro della salute, per la regolamentazione degli adempimenti e delle comunicazioni che gli operatori del settore sono tenuti ad espletare nell'ambito dell'attività di vigilanza e sorveglianza prevista dal regolamento n. 1223/2009. EcolabelA livello europeo esiste un sistema a partecipazione volontaria di etichettatura ecologica (c.d. Ecolabel, disciplinato dal Regolamento (CE) n. 66/2010), un marchio europeo di qualità ecologica per promuovere prodotti con minore impatto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita e per offrire ai consumatori informazioni accurate, non ingannevoli e scientificamente fondate sull'impatto ambientale dei prodotti. I criteri per il marchio ecolabel sono determinati su base scientifica e considerando l'intero ciclo di vita dei prodotti, dalla loro elaborazione fino al loro smaltimento. Per effetto della decisione n. 2014/893 della Commissione europea del 9 dicembre 2014, attuativa del citato regolamento (CE) n. 66/2010, sono operativi i nuovi criteri ecologici del marchio Ecolabel per i "prodotti cosmetici da sciacquare" (shampoo, balsami, saponi, schiume da barba). La decisione (che sostituisce la precedente decisione n. 2007/506/CE) riguarda sia i prodotti di igiene personale o dei capelli come saponi da toeletta, preparati da doccia, shampoo, sia i balsami per i capelli sia i prodotti per la rasatura. I criteri riguardano sia i prodotti per uso privato sia quelli per uso professionale. Sono esclusi solo i prodotti venduti appositamente a scopo disinfettante o antibatterico. |
ContenutoArt. 1 (ambito di applicazione)L'articolo 1 individua l'ambito di applicazione della proposta di legge nei prodotti cosmetici, rinviando al riguardo all'articolo 1 della legge 11 ottobre 1986, n. 713.  La legge n. 713/1986, che aveva recepito la direttiva 76/768/CEE, definisce come prodotti cosmetici le sostanze e le preparazioni, diverse dai medicinali, destinate ad essere applicate sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo, esclusivo o prevalente, di pulirli, profumarli, modificarne l'aspetto, correggere gli odori corporei, proteggerli o mantenerli in buono stato. Tali prodotti vengono poi elencati, in accordo con la direttiva, nell'allegato I all'articolo 1 della legge 11 ottobre 1986, n. 713: - creme, emulsioni, lozioni, gel e oli per la pelle (mani, piedi, viso, ecc.); - maschere di bellezza (ad esclusione dei prodotti per il peeling); - fondotinta (liquidi, paste, ciprie); - cipria per il trucco, talco per il dopobagno e per l'igiene corporale, ecc.; - saponi da toletta, saponi deodoranti, ecc.; - profumi, acque da toletta ed acqua di Colonia; - preparazioni per bagni e docce (sali, schiume, oli, gel, ecc.); - prodotti per la depilazione; - deodoranti ed antisudoriferi; - prodotti per il trattamento dei capelli; - tinture per capelli e decoloranti; - prodotti per l'ondulazione, la stiratura e il fissaggio; - prodotti per la messa in piega; - prodotti per pulire i capelli (lozioni, polveri, shampoo); - prodotti per mantenere i capelli in forma (lozioni, creme, oli); - prodotti per l'acconciatura dei capelli (lozioni, lacche, brillantine); - prodotti per la rasatura (saponi, schiume, lozioni, ecc.); - prodotti per il trucco e lo strucco del viso e degli occhi; - prodotti destinati ad essere applicati sulle labbra; - prodotti per l'igiene dei denti e della bocca; - prodotti per l'igiene delle unghie e lacche per le stesse; - prodotti per l'igiene intima esterna; - prodotti solati; - prodotti abbronzanti senza sole; - prodotti per schiarire le pelle; - prodotti antirughe.  Si ricorda peraltro - come già anticipato nella premessa - che la direttiva 76/768/CEE, recepita con la citata legge, è stata abrogataa decorrere dall'11 luglio 2013, dall'articolo 38 del Regolamento (CE) 30 novembre 2009, n. 1223/2009, che attualmente costituisce il riferimento normativo principale in materia di cosmetici. La definizione contenuta nell'articolo 2 è la seguente: a)  «prodotto cosmetico»: qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l'aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei; b)  «sostanza»: un elemento chimico e i suoi composti, allo stato naturale od ottenuti per mezzo di un procedimento di fabbricazione, compresi gli additivi necessari a mantenerne la stabilità e le impurezze derivanti dal procedimento utilizzato, ma esclusi i solventi che possono essere separati senza compromettere la stabilità della sostanza o modificarne la composizione; c)  «miscela»: una miscela o una soluzione composta di due o più sostanze. Si segnala l'opportunità di riferire l'ambito di applicazione della proposta di legge in esame alla definizione di prodotto cosmetico recata dal Regolamento (CE) 30 novembre 2009, n. 1223/2009.  Art. 2 (marchio italiano di qualità ecologica)L'articolo 2 individua come presupposti per l'assegnazione del marchio italiano di qualità ecologica:
 Al riguardo, si segnala che l'elenco contenuto nell'allegato I annesso alla legge n. 713/1986 riproduce quello contenuto nell'abrogata direttiva 76/768/CEE. Tale elenco non è stato ripreso dal Regolamento (CE) 30 novembre 2009, n. 1223/2009. Andrebbe al riguardo valutata l'opportunità di mantenere nel testo tale riferimento. Viene dunque istituito il "marchio italiano di qualità ecologica", su base volontaria (in base al successivo articolo 4, viene concesso su richiesta del produttore). Per chiunque adotti il marchio di certificazione in maniera impropria o abusiva, Art. 7 (sanzioni)l'articolo 7 prevede delle sanzioni, rinviando al libro secondo, titolo VII, capo II, del codice penale e al Codice della proprietà industriale (D.Lgs. n. 30/2005). L'infrazione è pubblicata in uno dei giornali nazionali oltre che sul sito internet dell'ente stesso. Il rinvio al Codice della proprietà industriale per la tutela del marchio sembrerebbe ricondurre il "marchio italiano di qualità ecologica" alla configurazione di marchio collettivo (articolo 11 del Codice della proprietà industriale) volontario, di proprietà pubblica, e dunque di un marchio registrato, e non di una mera certificazione volontaria di qualità . Tali caratteristiche, peraltro, non sono specificate esplicitamente nell'articolo 2 della presente proposta di legge. Si ricorda che il marchio collettivo è un segno distintivo che svolge principalmente la funzione di garantire particolari caratteristiche qualitative di prodotti e servizi di più imprese e serve a contraddistinguerli per la loro specifica provenienza, natura o qualità . La definizione di marchio collettivo è quella riportata dall'articolo 2570 c.c. e dall'art. 11 del CPI (Codice di Proprietà Industriale) quale marchio la cui registrazione viene richiesta non da un singolo imprenditore per contraddistinguere i prodotti provenienti dalla propria azienda, bensì "da soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi" . L'art. 2570 c.c. e in modo analogo l'art. 11 del CPI (Codice di Proprietà Industriale – D. Lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 ) prevedono che i suddetti soggetti "possono ottenere la registrazione di marchi collettivi per concederne l'uso, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, a produttori e commercianti". Di norma il "marchio collettivo" viene richiesto da enti e/o associazioni per dare certezza alla provenienza e/ o garanzia alla qualità . Il marchio viene considerato "collettivo" perché deve essere concesso a qualsiasi operatore economico lo richieda e sia in grado di rispettarne tutti i requisiti di applicazione così come definiti nel regolamento di utilizzo, allegato alla richiesta di protezione, prodotta dall'ente o associazione che gestisce il marchio collettivo nella fase della prima registrazione. A differenza del marchio "commerciale", quindi, l'uso non può essere limitato ad operatori scelti da parte del proprietario del marchio. Il marchio collettivo è definito pubblico se il titolare è un ente pubblico, privato quando il titolare è un soggetto privato, generalmente nella forma giuridica di consorzio o associazione. L'art. 19 del CPI concede in generale anche alle amministrazioni dello Stato, alle regioni, province o comuni la facoltà di ottenere registrazioni di marchio. In particolare, il marchio di qualità ha la funzione di certificare che il prodotto sul quale è apposto abbia determinate caratteristiche qualitative e/o sia stato prodotto seguendo determinati procedimenti. La sua peculiarità , dunque, non è quella di indicare da quale impresa proviene il prodotto, bensì certificare ai potenziali clienti che il prodotto è conforme a determinati standard. In sede europea, l'art. 15 della Direttiva 22-10-2008 n. 2008/95/CE sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, dispone che gli stati membri hanno la facoltà di stabilire che i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi costituiscano marchi collettivi, oppure marchi di garanzia o di certificazione. Un marchio siffatto non autorizza il titolare a vietare ai terzi l'uso commerciale di detti segni o indicazioni, purché l'utilizzazione sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale; in particolare un siffatto marchio non può essere fatto valere nei confronti di un terzo abilitato a usare una denominazione geografica. In tale normativa si distingue tra marchio collettivo in senso stretto, (collective mark cioè marchio che identifica la provenienza di prodotti o servizi da certe imprese associate o consorziate) dal marchio di garanzia o di certificazione (certification mark), che ha invece la funzione esclusiva di garantire origine geografica, natura e qualità di certi prodotti. Si valuti l'opportunità di specificare più dettagliatamente le caratteristiche del marchio istituito (in particolare se si tratta del marchio collettivo disciplinato dagli articoli 11 e ss. del Codice della proprietà industriale), l'amministrazione proprietaria, le condizioni d'uso (tra cui, fra l'altro, i costi). Per quanto riguarda più specificamente il profilo sanzionatorio, si osserva che la proposta di legge non chiarisce se l'uso improprio o abusivo del marchio determini un illecito penale (come si potrebbe ricavare dal richiamo del codice penale) o un illecito amministrativo (in questo senso potrebbe essere letto il richiamo generico al Codice della proprietà industriale, che sul punto prevede solo sanzioni amministrative, nonché l'uso del termine "infrazione"). Si sottolinea, inoltre, che del codice penale la proposta richiama gli articoli da 467 a 475, relativi alla falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento. Tra queste disposizioni, l'unica che astrattamente potrebbe applicarsi ad un uso abusivo del marchio è l'art. 473 c.p. (Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni), che punisce la falsificazione di marchi o segni distintivi dei prodotti industriali (con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da 2.500 a 25.000 euro) e la falsificazione di brevetti, disegni o modelli industriali (con la reclusione da 1 a 4 anni e la multa da 3.500 a 35.000 euro). Si tratta però di una norma posta a tutela della fede pubblica che ad oggi non è stata utilizzata per punire l'uso improprio di marchi collettivi e di denominazioni di origine e di provenienza. Si ricorda, infatti, che la frode nell'esercizio del commercio, ovvero la vendita di prodotti che per origine, provenienza, qualità o quantità siano diversi da quanto dichiarato o pattuito, è punita dall'art. 515 c.p., mentre la vendita di prodotti industriali con segni mendaci, «atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, la provenienza o qualità dell'opera o del prodotto» è punita dall'art. 517 del codice penale (reclusione fino a due anni e multa fino a 20.000 euro); entrambe le disposizioni sono poste nel capo II (Delitti contro l'industria e il commercio) del titolo VIII del codice (Delitti contro l'economia). Art. 3 (parametri e criteri ecologici)L'articolo 3 definisce i parametri e i criteri ecologici che devono essere valutati ai fini dell'attribuzione del marchio di qualità ecologica. Ai sensi del comma 1, per ogni tipologia di prodotto cosmetico sono stabiliti limiti relativi ai seguenti parametri: a) valore dell'impatto tossicologico sugli organismi acquatici (CDVTox); b) quantità di sostanze non biodegradabili aerobicamente; c) quantità di sostanze non biodegradabili anaerobicamente; d) sostanze bioaccumulabili disturbatori endocrini; e) presenza di sostanze espressamente vietate; f) incidenza ecologica dell'imballaggio. Al fine di consentire il controllo dei citati parametri da parte dei fabbricanti, il comma 2 prevede la predisposizione di un apposito strumento di calcolo e che l'insieme dei dati risultanti dal controllo costituisca il «dossier ecologico» del prodotto cosmetico. Art. 4 (limiti, metodi di prova, certificazione)L'articolo 4, comma 1, demanda ad un apposito regolamento, che dovrà essere adottato di concerto dai Ministri dell'ambiente e della salute, la determinazione, per ogni tipo di prodotto cosmetico, di limiti, metodi di prova, criteri di valutazione e strumenti di calcolo previsti dal precedente articolo 3. Il regolamento è adottato ai sensi del comma 3 dell'articolo 17 della legge n. 400/1988 in base al quale con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge.   I commi 2 e 3 elencano i criteri che dovranno informare l'emanazione del regolamento attuativo riguardo, rispettivamente:
         Ai sensi del comma 4 il regolamento attuativo determina i metodi di prova ammessi per ciascuna componente e parametro, ma possono essere utilizzati metodi di prova diversi da quelli indicati nel regolamento, purché riconosciuti equivalenti dal Comitato di certificazione sulla base di motivata richiesta presentata dal produttore. Il comma 5 disciplina la procedura per l'ottenimento del marchio, a partire dalla richiesta di concessione, e le informazioni che devono essere a tal fine fornite all'autorità competente. In base tale comma, il produttore, all'atto della richiesta di concessione del marchio di qualità ecologica, dichiara la composizione esatta del prodotto (denominazione, elementi identificativi, quantità e concentrazione di ciascun componente, compresi gli additivi, e relativa funzione nel preparato, scheda informativa o di sicurezza relativa al prodotto medesimo). Per ciascun componente, il produttore fornisce la documentazione necessaria per la certificazione. Il produttore può anche valersi, a questo fine, di documentazione proveniente dai propri fornitori, diretti o indiretti. Il Comitato di certificazione può chiedere integrazioni della documentazione presentata e disporre l'esecuzione di verifiche da parte di laboratori indipendenti dal produttore. Alla richiesta di concessione del marchio è allegato un esemplare dell'imballaggio del prodotto. Art. 5 (finalità dei controlli)Ai sensi dell'articolo 5, i controlli stabiliti dalla presente legge sono volti in particolare a promuovere: a) la riduzione dell'inquinamento idrico limitando il quantitativo di ingredienti potenzialmente dannosi e il carico tossico totale del prodotto cosmetico; b) la riduzione al minimo della produzione di rifiuti, diminuendo la quantità di imballaggi; c) la riduzione o la prevenzione dei potenziali rischi per l'ambiente connessi all'uso di sostanze pericolose. Secondo il medesimo articolo, inoltre, i controlli contribuiscono ad accrescere la consapevolezza ambientale dei consumatori. Viene altresì stabilito che i criteri sono fissati a livelli tali da promuovere l'assegnazione del marchio di qualità ecologica ai prodotti cosmetici che presentano un carico ambientale inferiore alla media dei prodotti in commercio.  Art. 6 (Comitato di certificazione)L'articolo 6 istituisce un Comitato di certificazione costituito da cinque soggetti che, secondo quanto prevede la norma, sono nominati con il contributo del mondo scientifico, dei consumatori e dei produttori. Il Presidente, che ha potere di firma, è nominato nell'ambito dei componenti del Comitato. Il Comitato di certificazione può delegare l'analisi dei «dossier ecologici», della realizzazione degli strumenti di calcolo e di altre funzioni relative ai criteri ad un ente terzo in possesso delle necessarie esperienza e competenza. Si osserva che la disposizione non precisa se i componenti del Comitato debbano possedere specifici requisiti (relativamente, ad esempio, alle competenze o all'eventuale appartenenza ad amministrazioni pubbliche che esercitano funzioni in materia), né disciplina le procedure di nomina. Si ricorda che l'articolo 9 del regolamento Ecolabel CE 66/10 prevede che ogni Stato membro deve designare un organismo competente per l'esecuzione dei compiti previsti dal regolamento stesso. Il DM 413/95 ha istituito il Comitato per l'Ecolabel e l'Ecoaudit , che si avvale del supporto tecnico dell'ISPRA. Tale Comitato è composto da rappresentanti dei Ministeri dell'ambiente, dello sviluppo economico, della salute e dell'economia e delle finanze, che durano in carica tre anni e non possono essere confermati, salvo che in sede di primo rinnovo.
Con riguardo agli organismi che dovrebbero svolgere compiti per assicurare l'attuazione della presente legge ed agli adempimenti relativi ai procedimenti di assegnazione del marchio di qualità ecologica dei cosmetici, andrebbe valutata l'opportunità di inserire forme e modalità di coordinamento con la disciplina relativa all'attribuzione del marchio Ecolabel. Potrebbe, altresì, essere valutato l'inserimento di disposizioni atte a garantire un maggior coordinamento con le strutture del Ministero della salute e con i compiti da esse attualmente svolti. |
Relazioni allegate o richiesteLa proposta di legge è corredata della relazione illustrativa. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteRileva la materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema assegnata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi della lettera s) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione. Inoltre va considerata la riconducibilità della disciplina del marchio, contenuta nel codice civile (2569-2572) e nel codice della proprietà industriale, alla materia dell'ordinamento civile, di esclusiva competenza dello Stato ai sensi del secondo comma, lettera l), dell'art. 117 Cost. |