Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento agricoltura | ||
Titolo: | Produzione della mozzarella di bufala campana a denominazione di origine protetta A.C. 621, A.C. 2350 - Schede di lettura | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 194 | ||
Data: | 23/06/2014 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | XIII-Agricoltura |
Produzione della mozzarella di bufala campana a denominazione di origine protetta
23 giugno 2014
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ContenutoLe proposte di legge A.C. 621 e A.C. 2350 intervengono sulla disciplina delle modalità di produzione della mozzarella di bufala campana a denominazione di origine protetta, attualmente contenuta nell'articolo 4-quinquiesdecies del D.L. n. 171/2008 (legge n. 205/2008), il quale impone, a decorrere dal 1 luglio 2014, che la produzione della mozzarella di bufala campana DOP sia effettuata in stabilimenti separati da quelli in cui ha luogo la produzione di altri tipi di formaggi o preparati alimentari. In particolare, la PDL n. 621 Russo, PDL n. 621costituita da un solo articolo, modifica il citato articolo 4-quinquesdecies, prevedendo l'obbligo, a decorrere dal 1 gennaio 2014, di effettuare la predetta produzione in stabilimenti separati ad eccezione però che per quegli stabilimenti in cui è utilizzato, per ogni tipo di produzione, esclusivamente il latte di bufala campana prodotto nell'area geografica determinata dai provvedimenti di riconoscimento della DOP. La finalità della proposta di legge - come indicata nella relativa relazione illustrativa - è dunque quella di far sì che la doppia linea di produzione sia necessaria soltanto per chi utilizza anche latte non DOP. Dalla relazione illustrativa si evince che al momento della presentazione della proposta (2 aprile 2013) si intendeva prevedere un'ulteriore proroga rispetto al termine originario di entrata in vigore dell'obbligo di cui all'art. 4-quinquiesdecies; infatti, allora, la data di entrata in vigore di tale obbligo era fissata al 1 gennaio 2013, poi prorogato, dall'art. 5, co 1, del D.L. 150/2013, al 1 luglio 2014. La PDL n. 2350 Catania e altri, anch'essa costituita PDL n. 2350di un solo articolo, abroga il predetto articolo 4-quinquiesdecies (comma 3), sostituendolo con una nuova disciplina che impone, a decorrere dal 1 gennaio 2015, ai titolari degli stabilimenti ove ha luogo la produzione della mozzarella di bufala campana DOP:
In sostanza, la finalità della proposta di legge - come indicato nella relativa relazione illustrativa - è, come per la prima PDL, quella di consentire ai caseifici di realizzare anche altre lavorazioni nel medesimo impianto, a condizione che sia utilizzato nello stabilimento esclusivamente latte di bufala della zona di produzione della mozzarella di bufala campana a DOP. Il comma 2 reca una una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore ad 5.000 euro e non superiore ad 50.000 euro nell'ipotesi di presenza di latte diverso da quello proveniente dagli allevamenti ubicati nell'area del disciplinare di produzione di mozzarella DOP negli stabilimenti ove ha luogo la produzione della mozzarella di bufala campana a DOP. In caso di recidiva è disposta la chiusura dello stabilimento per un periodo non inferiore a quindici giorni. Al comma 3 si dispone l'abrogazione della norma primaria contenuta nell'articolo 4-quinquiesdecies e della relativa disciplina attuativa, contenuta in un atto secondario (D.M. 10 aprile 2013). L’articolo 4-quinquiesdecies del D.L. n. 171/2008 prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2014, la Normativa vigente sulla produzione della MBC DOPproduzione della “mozzarella di bufala campana”, registrata come denominazione di origine protetta (DOP) ai sensi del regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione, del 12 giugno 1996, deve essere effettuata in stabilimenti separati da quelli in cui ha luogo la produzione di altri tipi di formaggi o preparati alimentari. Al fine di consentire alle aziende interessate un'adeguata programmazione delle rispettive attività, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali è demandato di provvedere, con proprio decreto alla definizione delle modalità per l'attuazione dell'articolo in esame.
Il termine di decorrenza dell'applicazione della misura in esame (in origine il 1° gennaio 2013) è stato più volte prorogato dal legislatore, da ultimo con l'articolo 5, comma 1 del D.L. n. 150/2013.
Per ciò che attiene al decreto del Mipaaf volto alla definizione delle modalità per l'attuazione della separazione degli stabilimenti di produzione della DOP Mozzarella di Bufala Campana - il cui termine per l'adozione è stato fissato dal legislatore entro il 30 giugno 2009 (e mantenuto tale nonostante le modifiche intervenite sull'articolo 4-quinquiesdecies) - è stato emanato il 10 aprile 2013 (in sostituzione di un pregresso decreto già adottato in materia il 6 marzo 2013, il quale non considerava i sottoprodotti bufalini DOP).
Più in particolare, il D.M. 10 aprile 2013 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2014 (termine questo da ultimo fissato dal D.P.C.M. 18 aprile 2013), gli operatori inseriti nel sistema di controllo della DOP Mozzarella di Bufala Campana producono il formaggio Mozzarella di Bufala Campana nonché i sottoprodotti o derivati della stessa materia prima, inclusa la ricotta, in stabilimenti esclusivamente dedicati a tali produzioni. In essi è vietata la produzione di altri tipi di formaggi o preparati alimentari. All'interno degli stabilimenti che lavorano Mozzarella di Bufala Campana DOP è vietata la detenzione e lo stoccaggio di materie prime e cagliate diverse da latte e cagliate bufaline. I produttori inseriti nel sistema di controllo della DOP comunicano all'organismo di controllo della DOP Mozzarella di Bufala Campana DOP ed all'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari gli stabilimenti esclusivamente dedicati alle produzioni bufaline di cui sopra entro il 1° gennaio 2014.
L’articolo 7 della legge n. 4/2011 ha, inoltre, previsto che gli allevatori bufalini sono tenuti ad adottare strumenti per la rilevazione, certa e verificabile, della quantità di latte prodotto giornalmente da ciascun animale. Le modalità applicative sono state rinviate ad un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentite le regioni interessate che è stato, poi, emanato il 14 gennaio 2013.
Il D.M. 14 gennaio 2013 ha disposto in particolare che, in sede di prima applicazione, in via sperimentale per un periodo di 24 mesi, l'allevatore può procedere alla rilevazione della quantità giornaliera di latte prodotto per singolo animale ed alla sua registrazione il primo giorno di ogni mese. Il dato di produzione giornaliera di ogni singolo animale è inoltre validato se rilevato attraverso strumentazione avente specifiche caratteristiche indicate dallo stesso D.M. (di cui all'articolo 1, punto b)), ovvero se rilevato ufficialmente durante i controlli funzionali e trasmesso modalità anch'esso secondo date modalità (cfr. art. 5 del D.M.). Il D.M. ha inoltre previsto che per gli allevamenti non iscritti ai controlli funzionali vengono assicurati almeno tre controlli ispettivi annuali effettuati da parte dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, del Comando Carabinieri politiche agricole e alimentari, del Corpo forestale dello Stato, della Guardia di Finanza, degli Organi di controllo regionali finalizzati alla verifica del rispetto degli adempimenti.Per gli allevamenti iscritti ai controlli funzionali viene assicurato almeno un controllo annuo effettuato da parte dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, del Comando Carabinieri politiche agricole e alimentari, del Corpo forestale dello Stato, della Guardia di Finanza, degli Organi di controllo regionali. Quanto agli obblighi di trasmissione, il D.M. prevede che entro i primi 10 giorni lavorativi di ciascun mese dell'anno l'allevatore, direttamente o tramite organismi da lui delegati, trasmette al SIAN i dati relativi primo giorno del mese in corso, nonché il numero totale delle bufale in produzione e la quantità di latte di massa prodotto per l'intero mese precedente.Il primo giorno lavorativo di ogni settimana di ciascun mese dell'anno l'allevatore, direttamente o tramite organismi da lui delegati, trasmette al SIAN la quantità di latte di massa prodotto nella settimana precedente (articolo 5). L'Associazione Italiana Allevatori elabora i dati e provvede tra l'altro alla predisposizione delle curve di lattazione di ciascun animale; al calcolo delle produzioni medie per ciascuna azienda e delle deviazioni dalle medie territoriali di riferimento; alla verifica della coerenza dei quantitativi di latte dichiarato da ciascuna azienda con il numero delle bufale attraverso l'Anagrafe Bovina; ad ogni ulteriore accertamento che gli Organi di Controllo ritengano necessario, inclusa la verifica dei dati. I risultati sono trasmessi a cura dell'AIA all'Ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari presso il Mipaaf con cadenza trimestrale, nonché ogni qualvolta lo stesso ne dovesse fare richiesta entro tre giorni dalla richiesta. |
Relazioni allegate o richiesteLe proposte di legge in esame sono corredate delle prescritte relazioni illustrative. |
Necessità dell'intervento con leggeIl provvedimento interviene su norme di rango primario, quali l'articolo 4-quinquiesdecies del D.L. n. 171/2008, per modificare le quali, è necessario l'intervento con legge o con atto normativo di pari grado. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteGli interventi normativi normativi prefigurati nelle proposte di legge in esame sembrano attenere alle materie relative alla "salute e "alla alimentazione" che l'articolo 117, terzo comma della Costituzione, attribuisce alla competenza concorrente dello Stato e delle regioni. |
Compatibilità comunitariaSulla base delle norme comunitarie che disciplinano l’attribuzione delle Disciplinare di produzione della MBC DOPdenominazioni d’origine, consentendo la tutela del prodotto conforme ad un disciplinare di produzione sull’intero territorio comunitario, la “mozzarella di bufala campana”, dopo un primo riconoscimento con il D.P.R. 10 aprile 1993 che ne ha assicurato la protezione sul territorio nazionale, ha ottenuto la più ampia tutela in ambito UE con l’approvazione del Reg. CE n. 1107/96, modificato dal Reg. CE n. 103/2008 che ha rivisto il disciplinare di produzione.
Il disciplinare, pur in presenza di più puntuali specifiche in merito al metodo di ottenimento del prodotto, la cui zona geografica di provenienza è stata ampliata, non contempla specifiche limitazioni in ordine alla utilizzazione degli impianti anche per produzioni non rientranti nella DOP.
Si segnala comunque al riguardo che nella pubblicazione della domanda di modifica al disciplinare in G.U.U.E. il 25 aprile 2007- nel corso dell'iter che ha portato al Reg. 103/2008 - si prevede tra l'altro che "ogni fase del processo produttivo deve essere monitorata documentando per ognuna i prodotti in entrata e i prodotti in uscita. In questo modo, e attraverso l'iscrizione in appositi elenchi, gestiti dall'organismo di controllo, degli allevatori, dei produttori e dei confezionatori, è garantita la tracciabilità e la rintracciabilità (da valle a monte della filiera di produzione) del prodotto".
Disposizioni aventi finalità analoghe a quelle sopra illustrate, specificamente dirette a consentire la realizzazione di più agevoli controlli per evitare l’utilizzo di materie prime non conformi al disciplinare, sono previste dal disciplinare di produzione del “parmigiano reggiano”, il quale richiede che “tutto il latte introdotto in caseificio sia conforme ai regolamenti di produzione del Parmigiano Reggiano", che indicano fra l’altro quale debba essere il metodo di alimentazione delle vacche da latte, e richiedono un periodo di quattro mesi per la conversione degli allevamenti non conformi.
In ordine alla tracciabilità della provenienza del latte acquistato dai Regolamento UE n. 1169/2011caseifici, si ricorda che l'articolo 26, comma 5 della nuova disciplina europea in materia di etichettatura e fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, Regolamento UE n. 1169/2011, che entrerà in vigore il 13 dicembre 2014, prevede che la Commissione UE presenti, entro il 13 dicembre 2014, al Parlamento europeo e al Consiglio, una relazione sull'indicazione obbligatoria del paese d'origine o del luogo di provenienza del latte usato quale ingrediente di prodotti lattiero-caseari.
In merito all'indicazione in etichetta dell'origine del prodotto, gli interventi del legislatore italiano si sono scontrati nel corso degli anni con l'impostazione ancora prevalente in sede europea tendente a ritenere incompatibile con il mercato unico la presunzione di qualità legate alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o di parte del processo produttivo di un prodotto alimentare. A tale principio hanno fatto eccezione solo le regole relative alle denominazioni di origine (Dop) e alle indicazioni di provenienza (Igp).Per i restanti prodotti alimentari è stato sinora fissato il principio che l'indicazione del luogo d'origine o di provenienza possa essere resa obbligatoria solo nella ipotesi che l'omissione dell'indicazione stessa possa indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare (art. 3 della direttiva 2000/13/UE, recepito dall’art. 3 del D.Lgs. n. 109/1992).
Il principio è stato confermato anche con il nuovo regolamento (UE) n. 1169/2011, che in sostituzione della precedente direttiva, ha, tuttavia, esteso a talune carni l'obbligo di indicarne l'origine (art. 26, par. 2). Nella passata Legislatura, la XIII Commissione (Agricoltura) della Camera, in sede Legge n. 4/2011legislativa, ha approvato all'unanimità la legge n. 4 del 3 febbraio 2011 in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari. Il testo della legge risulta pertanto incentrato sull'esigenza di promuovere il sistema produttivo nazionale nel quale la qualità dei prodotti è frutto del legame con i territori di origine, e sulla pari necessità di trasmettere al consumatore le informazioni sull'origine territoriale del prodotto, alla base delle dette qualità. Il fine di assicurare una completa informazione ai consumatori è infatti alla base delle norme (artt. 4 e 5) che dispongono l’obbligo, per i prodotti alimentari posti in commercio, di riportare nell’etichetta anche l’indicazione del luogo di origine o di provenienza. Per i prodotti alimentari non trasformati, il luogo di origine o di provenienza è il Paese di produzione dei prodotti; per i prodotti trasformati la provenienza è da intendersi come il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione o nella produzione. L’etichetta deve altresì segnalare l’eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati (OGM) dal luogo di produzione iniziale fino al consumo finale. Le norme, che demandano sostanzialmente alle regioni l'attività di controllo, sono peraltro rafforzate da disposizioni sanzionatorie (così il comma 10 dell'articolo 4), che prevedono l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa fra 1.600 euro e 9.500 euro per i prodotti non etichettati correttamente. Le modalità applicative dell'indicazione obbligatoria d'origine sono state demandate a decreti interministeriali chiamati a definire, all'interno di ciascuna filiera alimentare, quali prodotti alimentari saranno assoggetti all'etichettatura d'origine. I decreti attuativi non sono stati a tutt'oggi emanati da parte dei dicasteri agricolo e dello sviluppo economico, proprio a causa della difficile applicazione della asserita “obbligatorietà” della indicazione di provenienza, laddove le norme europee prevedono, allo stato, solo regimi “facoltativi”. Le disposizioni nazionali non possono infatti che essere coerenti con la normativa approvata dall'Europa che, prima con la direttiva 2000/13/UE, poi con il Reg. (CE) n. 1169/2011, ha disciplinato le modalità e i contenuti informativi da trasmettere ai consumatori. In particolare l'articolo 26 stabilisce le condizioni e le modalità dell'indicazione del Paese d'origine o luogo di provenienza degli alimenti; l'articolo 45 regola poi la procedura con la quale le norme nazionali debbono essere notificate alla Commissione ed agli altri Stati membri. L'esigenza di una ricomposizione tra le regole del mercato interno comunitario e la protezione della qualità delle produzioni locali è stata esplicitata nella risposta fornita dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ad un'interrogazione presentata sull'argomento in Aula al Senato nella seduta del 20 settembre 2012. il Ministro ha, in tale occasione, affermato che "occorre tener presente che la legge n. 4 del 2011 sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari si inserisce in un quadro normativo regolato a livello sovrastante dall’Unione europea e che quindi la redazione dei decreti attuativi pone problemi di compatibilità con la normativa comunitaria vigente". Il Ministro annunciò, in tale occasione, di aver predisposto il decreto attuativo per il settore lattiero-caseario (sul latte a lunga conservazione, UHT, pastorizzato microfiltrato e latte pastorizzato ad elevata temperatura), il più importante segmento di mercato tra quelli nei quali non è già in vigore un obbligo di indicazione dell'origine e che sarebbe stato di prossima definizione un altro decreto per le carni lavorate. Il processo si è poi interrotto in quanto la Commissione europea, comunicatole lo schema di decreto per il settore lattiero-caseario, con decisione del 28 agosto 2013 , ha ritenuto che le giustificazioni fornite dall'Italia, legate all'esigenza di protezione degli interessi dei consumatori e di prevenzione e repressione delle frodi comunitaria, non risultassero sufficientemente dimostrabili. |
Incidenza sull'ordinamento giuridicoSi segnala che presso la XIII Commissione della Camera dei deputati si è tenuto un Audizioniciclo di audizioni informali su questioni di interesse del comparto della mozzarella di bufala campana DOP. Il ciclo di audizioni ha visto l'intervento dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, dell'Assessore all’agricoltura della Regione Campania e di varie associazioni di categoria, quali Confagricoltura, Confindustria Campania e il Consorzio per la tutela del formaggio mozzarella di bufala campana DOP.
Il Consorzio ha sottolineato le difficoltà di carattere economico in cui si troverebbero le aziende nell'applicare l'obbligo di separare le linee di produzione per la produzione di mozzarella DOP e di altri prodotti non certificati, pur riconoscendo la necessità di non utilizzare materie prime di origine bufalina diverse dal latte certificato idoneo come DOP.
L’Istituto zooprofilattico sperimentale ha presentato tra l’altro una Relazione sulla contaminazione da diossine in Campania, relativa al triennio 2008/2010, nella quale ha dato indicazione delle attività di campionamento svolte finalizzate alla ricerca di diossine e furani e PCB diossina simile.
L’Assessorato all’agricoltura della Regione Campania ha rilevato l'impianto normativodi cui all'art. 4-quinquiesdecies – pur introducendo misure tese al contrasto delle frodi – è suscettibile di determinare rilevanti difficoltà operative alle strutture di trasformazione, portando di fatto alla fuoriuscita delle stesse dal sistema delle DOP e che la norma sulla sulla tracciabilità del latte bufalino (articolo 7 della legge n. 4/2011) grava solo sugli allevatori ma non affronta il problema di tracciare e monitorare lungo tutta la filiera i flussi di materia prima e di prodotto realizzato. L’Assessorato ha ricordato in proposito che la regione Campania, grazie ad un lavoro svolto con le associazioni di categoria, ha istituito un sistema di tracciabilità di filiera volontario.
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Formulazione del testoIn merito alla pdl 2350 si segnala che all'art. 1, comma 2, secondo periodo, non viene specificato se, in caso di recidiva, si applichi ugualmente la sanzione pecuniaria prevista dal precedente periodo, configurandosi la recidiva stessa come sanzione accessoria. |