Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||
Titolo: | Introduzione dell'art. 293-bis del codice penale, concernente il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista - A.C. 3343 - Schede di lettura | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 424 | ||||
Data: | 20/04/2016 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
Introduzione dell'art. 293-bis del codice penale, concernente il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista
20 aprile 2016
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Indice |
La proposta di legge C. 3343|La giurisprudenza|Compatibilità CEDU (a cura dell'Avvocatura della Camera)| |
La proposta di legge C. 3343L'articolo unico della proposta di legge introduce nel codice penale un articolo che punisce la propaganda del regime fascista e nazifascista. Il quadro normativoI reati sintomo dell'adesione alle idee proprie del fascismo sono, in particolare, puniti ai sensi della cd. legge Scelba (L. 645 del 1952) di attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta (art. 1) la "riorganizzazione del disciolto partito fascista". La legge Scelba, che punisce tale riorganizzazione con la reclusione da cinque a dodici anni e la multa da 1.032 a 10.329 euro (per i promotori e organizzatori), detta la disciplina definitoria e sanzionatoria dei reati di apologia e manifestazioni fasciste.
Costituisce in particolare apologia del fascismo (art. 4) la propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità proprie del partito fascista; la pena prevista è la reclusione da sei mesi a due anni e la multa da euro 206 a euro 516. La stessa pena è inflitta a chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Aggravanti sono previste: se il fatto riguarda idee o metodi razzisti (reclusione da uno a tre anni e multa da euro 516 a euro 1.032) o se alcuno dei fatti che costituiscono apologia sono commessi col mezzo della stampa (reclusione da due a cinque anni e multa da euro 516 a euro 2.065).
Analogamente, la legge 645 punisce le manifestazioni fasciste (art. 5) cioè il reato di chi, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste; la pena è quella della reclusione fino a tre anni e la multa da euro 206 a euro 516. Sia per l'apologia che per le manifestazioni fasciste è prevista, in sede di condanna, la pena accessoria dell'interdizione per 5 anni dai pubblici uffici, dall'elettorato attivo e passivo e da ogni altro diritto politico; tuttavia, mentre per l'apologia l'interdizione è obbligatoria, per le manifestazioni fasciste è rimessa alla discrezionalità del giudice.
Successivamente, la legge 205 del 1993, di conversione del DL 122 del 1993 (nota come legge Mancino) - sostituendo l'art. 3 della legge 654/1975, di ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale di New York del 1966 sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale - punisce chiunque (art. 1):
a) propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (reclusione fino ad un anno e sei mesi o multa fino a 6.000 euro);
b) istiga, con qualunque modalità, a commettere o commette atti di violenza o di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (reclusione da sei mesi a quattro anni).
La legge Mancino vieta, infine, ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. La semplice partecipazione o assistenza a dette organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi è punita, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Pene maggiori colpiscono i promotori e gli organizzatori (reclusione da uno a sei anni).
La motivazione alla base della proposta di legge C. 3343 consiste, secondo la relazione illustrativa, nella insufficienza degli strumenti apprestati dal legislatore per la repressione di tali comportamenti individuali di propaganda. In particolare, è citato l'esempio di una tipica manifestazione di adesione all'ideologia fascista come il cd. saluto romano (in base alla giurisprudenza punito a volte ai sensi della legge Scelba, altre in base alla legge Mancino). Si tratta di una fattispecie su cui la giurisprudenza si pronunciata in alcune occasioni (vedi ultra). Il contenuto della proposta di leggeIl nuovo articolo 293-bis del codice penale, aggiunto dall'articolo unico della p.d.l. ai delitti contro la personalità interna dello Stato, punisce come delitto la propaganda del regime fascista e nazifascista. La fattispecie penale - punita con la reclusione da sei mesi a due anni - è individuata:
In particolare appare essenziale, per la realizzazione della fattispecie di cui alla lett. a), l'inequivocabilità ("chiaramente riferiti") del nesso tra i beni e i partiti o le ideologie fascisti o nazionalsocialisti. L'articolo 293-bis c.p. punisce dunque come delitto perseguibile d'ufficio: - da un lato, la propaganda attiva e quella che si manifesta anche solo nei diversi passaggi della filiera produttiva (dalla produzione, alla distribuzione, alla diffusione, alla vendita) di immagini, oggettistica, gadgets di ogni tipo che comunque sono chiaramente riferiti all'ideologia fascista o nazifascista o ai relativi partiti (lett. a); - dall'altro - mediante il richiamo alla gestualità, oltre che alla ideologia - comportamenti quali il saluto romano (o nazifascista) fatto in pubblico e l'ostentazione pubblica di simboli che a tali partiti o ideologie si riferiscano. In ragione dell'entità della pena prevista, per il reato di cui all'art. 293-bis non è possibile procedere all'arresto in flagranza. Costituisce aggravante del delitto di cui all'art. 293-bis (aumento di un terzo della pena) la propaganda del regime fascista e nazifascista commessa attraverso strumenti telematici o informatici. L'aggravante riguarda quindi sia i siti Internet di propaganda delle ideologie fasciste e nazifasciste sia il merchandising online dei gadgets e degli altri beni chiaramente riferiti al partito e all'ideologia fascista o nazifascista. Dal punto di vista della formulazione pare opportuno, per esigenze di coerenza sistematica, utilizzare la medesima locuzione "strumenti informatici o telematici" - anzichè "strumenti telematici o informatici" - già prevista dal codice penale, ad esempio nelle aggravanti di cui agli artt. 270-quinquies (addestramento ad attività terroristiche), 414 (istigazione a delinquere), 612-bis (atti persecutori). |
La giurisprudenzaLa Corte costituzionale, sulla legge ScelbaLa Corte costituzionale si è pronunciata in merito alla costituzionalità della legge 645/1952 (legge Scelba), che prevede sia l'apologia del fascismo che le manifestazioni fasciste. In particolare, la sanzionabilità dell'apologia del fascismo ha da tempo sollevato discussioni in relazione ai limiti posti alla libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall'art. 21 della Costituzione. La Corte costituzionale si espresse sulla questione con la nota sentenza n. 1 del 1957, originata da più di un ricorso in cui si sollevava il dubbio di legittimità costituzionale dell'apologia proprio con riferimento alla asserita violazione dell'art. 21 Cost. La sentenza – dichiarando la manifesta infondatezza della questione e non ravvisando alcuna violazione delle disposizioni contenute nell'art. 21 della Costituzione - ha, tuttavia, precisato che l'apologia del fascismo, per assumere carattere di reato, deve consistere non in una semplice difesa elogiativa, ma in una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista cioè in una «istigazione indiretta a commettere un fatto rivolto alla detta riorganizzazione e a tal fine idoneo ed efficiente» . In senso analogo, C. cost, sentenza n. 74 del 1958, in riferimento alle manifestazioni fasciste, ha confermato la legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge Scelba. Dunque, soltanto il collegamento con il tentativo di riorganizzare l'abolito partito fascista può realizzare i reati di "apologia del fascismo" o di "manifestazioni fasciste". In linea con la sentenza del 1957 della Corte costituzionale è intervenuta, poi, una decisione della Cassazione (sent. 6 giugno 1977) che ha precisato che la libertà di manifestare il proprio pensiero non trova limiti "ideologici" nella Costituzione, neppure quando la manifestazione abbia per oggetto il fascismo: ne consegue che, per configurare ilreato di apologia del fascismo , bisogna essere in presenza di in un'esaltazione tale da poter portare alla riorganizzazione del partito fascista. La Cassazione e il saluto romanoPer quanto concerne, in particolare, il saluto romano, la giurisprudenza di legittimità lo ha costantemente considerato come reato (vedi, tra le altre, Cass. sentenze n. 11943 del 1982, n. 24184 del 2009, n. 35549 del 2012 e n. 37577 del 2014).
Nella sentenza n. 37577 del 2014, la Cassazione ha confermato che il saluto romano è come manifestazione fascista punibile ai sensi dell'art. 5 della legge Scelba in quanto " reato di pericolo correlato al fatto che le manifestazioni usuali, evocative del disciolto partito fascista, vengono in rilievo in quanto realizzate durante pubbliche riunioni e pertanto possiedono idoneità lesiva per la tenuta dell'ordinamento democratico e dei valori allo stesso sottesi". Nella fattispecie - secondo la Corte - deve ritenersi pienamente configurato il fatto tipico e punibile da parte dei ricorrenti, posto che il "saluto romano" di certo rientra in tali manifestazioni esteriori considerate idonee a determinare il pericolo di riorganizzazione del partito fascista ed è stato posto in essere durante una pubblica manifestazione.
Peraltro, tali comportamenti sono stati oggetto di interpretazioni diverse da parte dei giudici di merito.
La relazione alla p.d.l. cita il caso di una recente sentenza del Tribunale di Livorno (6 marzo 2015), che ha assolto quattro tifosi veronesi accusati - stavolta ai sensi della legge Mancino - di aver compiuto nel corso di una partita di calcio "manifestazioni esteriori usuali del disciolto partito fascista nell'eseguire il gesto del saluto romano". Per il giudice livornese, il gesto - che appare privo di illiceità in sé - non ha "attitudine alla diffusione e alla pubblicizzazione di idee discriminatorie e violente". Analogamente, è dato rilievo dalla sentenza livornese al luogo dove si compie il presunto illecito: secondo il tribunale,"la manifestazione sportiva di per sé (a differenza di una di carattere politico) non è normalmente il luogo deputato a fare opera di proselitismo e propaganda politica, come potrebbe verificarsi in occasione di un corteo, di un comizio, di una manifestazione di piazza".
Il tema della manifestazione di adesione alle ideologie fasciste è stata oggetto della sentenza n. 39860 del 2013, con cui la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, che aveva condannato a 2.280 euro di ammenda un tifoso di hockey per avere fatto uso di simboli delle organizzazioni nazionaliste; il tifoso aveva indossato in occasione di una partita una maglietta con l'immagine di Benito Mussolini, riproducente scritte proprie dell'ideologia fascista. La Cassazione, rigettando il ricorso, affermava che l'essersi presentato esibendo la maglietta con le scritte ed i simboli inneggianti al regime fascista ed ai valori dell'ideologia fascista integra la condotta di uso di simboli propri delle organizzazioni nazionaliste ed i comportamenti vietati e sanzionati dall'art. 1 della legge n. 205 del 1993 (legge Mancino).
In relazione al rapporto tra le disposizioni della legge Scelba (L. 645/1952) e quelle della legge Mancino (L. 205/1993) la Cassazione (sentenza n. 1475 del 1999) ha affermato che la norma di cui all'art. 1 della legge Mancino ha carattere di sussidiarietà rispetto a quella dell'art. 1 della legge Scelba (che punisce la ricostituzione del partito fascista), per cui la prima trova applicazione solo ove la legge Scelba non sia applicabile per insussistenza nella fattispecie concreta di elementi specializzanti rispetto a quelli contemplati nella norma sussidiaria. Ne deriva - prosegue la Cassazione - che "se si ritiene di non poter riconoscere, attraverso la propaganda razzista, la ricostituzione del disciolto partito fascista, la propaganda può acquistare rilevanza, sul piano penale, solo come forma di incitamento punibile ai sensi della legge n. 205 del 1993".
Con riguardo alla fase transitoria, non disciplinata espressamente dalla proposta di legge, si valuti - anche alla luce della interpretazione giurisprudenziale - se, a seguito dell'introduzione delle nuove fattispecie penali, possa prodursi un effetto retroattivo delle disposizioni più favorevoli, rispetto alle più gravi fattispecie vigenti, quali l'apologia del fascismo e le manifestazioni fasciste.
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Compatibilità CEDU (a cura dell'Avvocatura della Camera)Ai fini del giudizio di compatibilità della proposta di legge C. 3343 con l'ordinamento della Convenzione EDU, la disposizione rilevante è l'articolo 10, che prevede la libertà di manifestazione del pensiero e di stampa. Tale disposizione consente la limitazione di questa libertà per fini legittimi in una società democratica. La giurisprudenza della Corte EDU subordina la liceità delle restrizioni alle seguenti condizioni: a) che le condotte soggette a restrizione siano previste dalla legge; b) che la conseguente interferenza col diritto di espressione persegua i fini previsti dal medesimo articolo 10; c) che l'interferenza si concreti in misure necessarie e proporzionate sia allo scopo perseguito, sia al fatto al quale s'intende reagire. Sono di rilievo, al riguardo, tra gli altri, due precedenti: 1) Vajnai c. Ungheria (sentenza della II sezione, 8 luglio 2008). Un cittadino ungherese aveva subìto un procedimento penale, con relativa condanna, per aver indossato una maglietta con una stella a cinque punte inneggiante allo Stato sovietico. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha ravvisato la violazione dell'articolo 10, a motivo che la legge ungherese – nel ricomprendere potenzialmente la condotta del ricorrente - non poteva dirsi rispondente all'esigenza di garantire la tutela della società democratica e che, comunque, la sanzione penale per tale condotta era sproporzionata; 2) M'Bala M'Bala c. Francia (decisione della V sezione, 10 novembre 2015). Nella circostanza, veniva in considerazione la condanna a diverse sanzioni di tipo pecuniario, inflitta dall'autorità francese a un umorista (noto come Dieudonné) che in uno spettacolo teatrale a Parigi aveva invitato sul palco, condividendone le osservazioni, un noto commentatore che si era esibito in espressioni negazioniste e revisioniste. La Corte europea, in questo caso, non ha ritenuto neanche ammissibile, perché manifestamente infondato, il ricorso basato sull'articolo 10. |