Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: LVI Conferenza degli organi parlamentari specializzati negli affari dell'Unione dei Parlamenti dell'Unione europea (COSAC) - Bratislava 13-15 novembre 2016
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari    Numero: 73
Data: 09/11/2016
Descrittori:
CONFERENZA DEGLI ORGANI PARLAMENTARI SPECIALIZZATI NEGLI AFFARI DELL'UNIONE DEI PARLAMENTI DELL'UNIONE EUROPEA (COSAC)   PARLAMENTO
UNIONE EUROPEA     
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Documentazione per le Commissioni

RIUNIONI INTERPARLAMENTARI

 

 

 

 

LVI Conferenza degli organi parlamentari specializzati negli affari dell'Unione dei Parlamenti dell'Unione europea (COSAC)

 

Bratislava, 13 – 15 novembre 2016

 

 

 

 

Senato della Repubblica

Servizio Studi                  Dossier europei

n. 40

Camera dei deputati

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

n. 73

 

 

 

 

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Dossier n. 73

 

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INDICE

Ordine del Giorno

Schede di lettura  1

Sessione 1: Priorità della Presidenza slovacca  3

Europa più forte economicamente  3

Modernizzare il mercato unico   5

Politiche in materia di migrazione sostenibile e asilo   6

L’Europa nel contesto globale  11

Sessione 2: Rafforzamento del ruolo dei Parlamenti Nazionali nell'Unione europea  15

I Parlamenti nazionali nell'assetto istituzionale europeo   15

Ipotesi di ulteriori strumenti: cartellino verde e cartellino rosso   17

Il dialogo politico con il Parlamento europeo   18

La relazione Bresso-Brok e il Rapporto dei cinque Presidenti 19

Relazioni annuali sui Rapporti con i Parlamenti nazionali e la sussidiarietà  20

Background note (a cura della Presidenza slovacca)            25

 

Sessione 3 - il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (ttip) 27

Iter negoziale e stato dell'arte  29

Trasparenza dei negoziati e accesso ai documenti 31

Il ruolo dei Parlamenti nazionali nell'ambito della procedura di conclusione degli accordi internazionali di politica commerciale  33

Atti di indirizzo approvati dal Parlamento italiano   36

Sessione 4: L'Unione dell'energia 2016 “anno di realizzazione”  39

Il pacchetto dell’Unione dell’energia  39

Background note (a cura della Presidenza slovacca)            47

Sessione 5: La sicurezza delle frontiere esterne nel contesto della migrazione irregolare  49

Andamento dei flussi 49

Le domande di asilo nell’UE  51

Iniziative normative in materia di redistribuzione tra gli Stati membri dei richiedenti asilo: relocation e resettlement  54

Migration compact  61

Controllo delle frontiere – Contrasto alla migrazione irregolare  65

Iniziative in materia di migrazione legale  66

Accordi UE-Turchia  67

Il sostegno finanziario a Grecia e Italia per la crisi dei migranti 69

 

 

 


Schede di lettura


 


 

Sessione 1: Priorità della Presidenza slovacca

Il programma di lavoro della Presidenza slovacca del Consiglio dei ministri dell’UE (1° luglio – 31 dicembre 2016), oltre a richiamare il tema della gestione del processo relativo alla uscita del Regno Unito dall’UE (cosiddetta Brexit) individua le seguenti priorità:

·    rendere l’Europa più forte economicamente;

·    modernizzare il mercato unico;

·    politiche sostenibili per la migrazione e l’asilo;

·    l’Europa nel contesto globale.

Europa più forte economicamente

La Presidenza slovacca dell’UE ritiene prioritaria una crescita economica dell'Europa, con un elevato livello di solida coesione sociale e territoriale. Gli sforzi messi in atto a livello europeo devono trovare un naturale complemento nelle riforme strutturali realizzate dagli Stati membri.

Per perseguire l’obiettivo della crescita, la Presidenza considera essenziale l’utilizzo degli strumenti a disposizione, in particolare il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), l’Unione dei mercati dei capitali e lo stesso bilancio dell'UE. Particolare attenzione verrà riservata alle piccole e medie imprese.

In particolare, la Presidenza intende:

·       Relazione dei cinque Presidentidare seguito alla relazione “Completare l’Unione economica e monetaria” (cd. relazione dei cinque Presidenti)[1].

La relazione traccia un percorso di rafforzamento dell’Unione economica e monetaria, che si dovrebbe realizzare entro il 2025, e di cui sono stati già attuati alcuni obiettivi (tra cui, l’istituzione del Comitato europeo per le finanze pubbliche, incaricato di valutare la conformità dei bilanci nazionali con le raccomandazioni approvate a livello UE, e dei Comitati nazionali per la competitività, incaricati di valutare i progressi conseguiti da ciascuno stato membro con le riforme strutturali). Gli ulteriori obiettivi riguardano:

·       il completamento dell'Unione bancaria, con l'istituzione del fondo per la risoluzione delle crisi e il sistema comune di garanzia dei depositi;

·       l'istituzione di un Presidente permanente dell'Eurogruppo (attualmente ha un mandato di due anni e mezzo);

·       l'integrazione nell’ordinamento dell'UE del Fiscal Compact, del Trattato istitutivo del meccanismo europeo di stabilità (European stability mechanism, ESM, cd. Fondo salva-Stati) e del Trattato intergovernativo che istituisce il Fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie;

·       l’istituzione di sistema di stabilizzatori comuni per reagire agli shock, cui potranno accedere i Paesi che avranno fatto le riforme;

·       l’istituzione di un "tesoreria della zona euro";

·       Attuazione Piano Junckerverificare lo stato di attuazione del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS, cd. “Piano Juncker”), che, nelle intenzioni della Commissione europea dovrebbe mobilitare 315 miliardi di investimenti pubblici e privati aggiuntivi nel triennio 2015-2017.

Al riguardo, si segnala che, alla data del 12 ottobre 2016, sono stati approvati progetti per 24,8 miliardi di euro (che dovrebbero mobilitare un totale di 138,3 miliardi di euro di investimenti, pari al 44% dell’importo preventivato di 315 miliardi). L’Italia, con 43 progetti finanziati è, insieme al Regno Unito e alla Francia, il maggior beneficiario del FEIS. In particolare, in Italia sono stati approvati 13 progetti in materia di infrastrutture e innovazione (per un totale di 1,8 miliardi di euro di finanziamento, che dovrebbero mobilitare 5,7 miliardi di investimenti) e 30 progetti a beneficio delle PMI (per un totale di 983 milioni di euro di finanziamento, che dovrebbero mobilitare 8,1 miliardi di investimenti);

Sulla scorta dei risultati fin qui conseguiti, il 14 settembre 2016 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che prevede la proroga in termini di durata e il potenziamento in termini di capacità finanziaria del FEIS, con l’obiettivo di mobilitare 500 miliardi di euro di investimenti entro il 2020.

·       Unione dei mercati dei capitaliprogredire nella costruzione dell’Unione dei mercati dei capitali, approvando le proposte legislative relative ai fondi comuni monetari, alla semplificazione degli obblighi in materia di prospetto e alle norme comuni sulla cartolarizzazione.

Al riguardo, si segnala che, il 14 settembre 2016, la Commissione europea ha presentato una comunicazione nella quale illustra lo stato di avanzamento nell’attuazione del piano d’azione per l’Unione dei mercati dei capitali, preannunciando una serie di misure legislative che verranno presentate a medio-lungo termine, tra cui:

-       disciplina comune del regime di insolvenza delle imprese;

-       finanziamento delle imprese mediante capitale proprio, anziché ricorrere al finanziamento a debito;

-       estensione del trattamento patrimoniale favorevole ai prestiti alle PMI;

-       prodotti pensionistici individuali europei;

-       distribuzione transfrontaliera dei fondi d’investimento.

·       Tassazionein tema di tassazione, la Presidenza slovacca ha portato a termine l’approvazione del pacchetto di misure legislative anti-elusione, volto a combattere l’erosione della base imponibile e la traslazione dei profitti delle imprese, e intende proseguire la discussione sul Piano d’azione in materia di IVA, che delinea una serie di iniziative che la Commissione adotterà nei prossimi mesi per modificare la disciplina europea dell'imposta sul valore aggiunto, al fine di renderla più semplice, a prova di frode e favorevole alle imprese.

Modernizzare il mercato unico

Mercato unico digitaleLa presidenza slovacca intende impegnarsi in particolare per:

·        completare il mercato unico digitale. Uno degli obiettivi chiave è conferire a cittadini e imprese libertà di movimento nell’area digitale, consentendo allo stesso tempo la libera circolazione dei dati all’interno del mercato unico europeo come una quinta libertà di movimento;

Tra le proposte presentate dalla Commissione europea per la realizzazione del mercato unico digitale, si evidenziano, in particolare, quelle sulla portabilità transfrontaliera dei contenuti digitali, sulla tutela dei consumatori nel commercio elettronico e sulla liberazione della banda dei 700 Mhz. Si segnalano, inoltre, le proposte concernenti il superamento delle tariffe di roaming, l’eliminazione dei geoblocchi e le piattaforme online, nonché le misure in materia di diritto d’autore e la riforma delle norme sulle telecomunicazioni.

·       Unione dell’energiacontribuire alla creazione di un’Unione dell’energia resiliente e competitiva, articolata intorno ad una politica climatica lungimirante;

Obiettivo dell'Unione dell'energia è quello di trasformare i 28 mercati nazionali in un unico mercato integrato, basato sull'uso ottimale delle risorse, che consenta ai flussi di energia di transitare liberamente attraverso le frontiere. Tra le proposte adottate dalla Commissione europea, si evidenziano, in particolare, quelle del pacchetto sulla sicurezza energetica, del quale fanno parte: la strategia dell’UE in materia di riscaldamento e raffreddamento, la strategia per il gas naturale liquefatto (GNL) e lo stoccaggio del gas e la proposta di regolamento in materia di sicurezza dell’approvvigionamento di gas in caso di perturbazioni.

·       Riforma del sistema delle quote di emissionedare attuazione alla politica dell’UE in materia di cambiamenti climatici. In tale ambito si evidenziano le proposte relative alla riduzione dei gas a effetto serra nei settori coperti dal sistema di scambio di quote di emissione ETS e nei settori cosiddetti ESD, ossia edilizia, trasporti, agricoltura e gestione dei rifiuti.

·       Economia circolarefavorire un miglioramento significativo nella gestione delle risorse naturali, promuovendo la transizione verso un’economia circolare.

Il 2 dicembre 2015 la Commissione europea ha presentato il pacchetto economia circolare che fissa, in particolare, obiettivi in materia di riduzione dei rifiuti entro il 2030 (tra i quali il 65% per il riciclaggio dei rifiuti urbani; il 75% per il riciclaggio dei rifiuti di imballaggio; il 10% per il collocamento in discarica per tutti i rifiuti).

Politiche in materia di migrazione sostenibile e asilo

Spazio Schengen

Secondo la Presidenza slovacca occorre tornare al pieno funzionamento dello Spazio Schengen ristabilendo il controllo efficace delle frontiere esterne UE. A tal proposito, la protezione efficace delle frontiere esterne è considerato dalla Presidenza il solo modo per:

·       garantire una gestione efficace della migrazione;

·       aumentare la sicurezza interna dell’UE;

·       preservare la libera circolazione delle persone tra gli Stati membri.

Guardia europea di frontieraLa Presidenza considera prioritaria l’attuazione del progetto di istituzione della Guardia europea di frontiera e la realizzazione delle cosiddette smart borders (frontiere intelligenti) mediante l’applicazione dei moderni sistemi informatici alla gestione dei passeggeri.

Il 6 ottobre 2016 è stata varata l’Agenzia europea denominata Guardia costiera e di frontiera, basata su Frontex, ma con un nuovo mandato che prevede una significativa estensione del ruolo e delle attività.

L’Agenzia dovrà garantire l’attuazione delle norme dell’Unione in materia di gestione delle frontiere attraverso analisi periodiche del rischio e valutazioni obbligatorie delle vulnerabilità degli Stati membri.

Sono in particolare previsti un potenziamento del personale e la facoltà di acquistare attrezzature proprie e di destinarle in tempi rapidi ad operazioni svolte alle frontiere. È inoltre istituita una squadra di riserva rapida di almeno 1.500 guardie di frontiera e una riserva di attrezzatura di reazione rapida che verranno messi a disposizione dagli Stati membri per le sue operazioni (la squadra di riserva rapida unitamente alla attrezzatura di reazione, secondo la Commissione europea, dovrebbero essere operativi dal 7 dicembre 2016).

Nell’aprile del 2016 la Commissione europea ha proposto il nuovo sistema di Entry-Exit System (EES) per la registrazione dei dati di ingressi e di uscita e dei dati relativi al respingimento dei cittadini di paesi terzi che attraversano le frontiere esterne UE. Il nuovo regime sostituirebbe l’attuale sistema di timbratura manuale dei passaporti dei cittadini dei paesi terzi facilitando le operazioni di controllo di frontiera, con particolare riguardo all’individuazione di documenti contraffatti e false identità. Il sistema di registrazione automatizzato riguarda: nome, tipo di documento di viaggio, dati biometrici, data e luogo di ingresso e di uscita, e i respingimenti.

La Commissione ha inoltre preannunciato la presentazione di una proposta istitutiva di un sistema automatico di informazione e autorizzazione di viaggio (ETIAS) che dovrebbe consentire controlli avanzati di sicurezza sui viaggiatori esenti dal visto.

Partenariati con i paesi viciniLa Presidenza considera prioritaria un’efficace politica di partenariato con i Paesi vicini, che sia focalizzata sull’eliminazione delle cause della migrazione e volta, in particolare, alla cooperazione in materia di rimpatri e riammissioni dei migranti.

Nel giugno 2016, la Commissione europea, anche sulla base della proposta italiana del cosiddetto migration compact, ha proposto un nuovo quadro di partenariato, con particolare riguardo ai paesi di origine e di transito dei flussi migratori. La Commissione prevede, tra l’altro, lo stanziamento di 8 miliardi di euro nel periodo 2016-2020 per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e dello sfollamento; a breve termine, è previsto il potenziamento del Fondo fiduciario per l’Africa con un ulteriore miliardo di euro, di cui 500 milioni di euro attinti alla riserva del Fondo europeo di sviluppo e 500 richiesti agli Stati membri.

È inoltre previsto, nell'autunno 2016, un nuovo fondo per investimenti nei paesi terzi in via di sviluppo, di 3,35 miliardi di euro, volto a mobilitare investimenti complessivi fino a 44 miliardi di euro. Secondo la Commissione europea è possibile arrivare a 88 miliardi di investimenti se gli Stati membri e gli altri partner verseranno un contributo equivalente a quello dell'UE.

La nuova politica di partenariato UE è stata avviata nei confronti dei seguenti paesi terzi considerati prioritari: Niger, Nigeria, Senegal, Etiopia e Mali.

Riforma del sistema comune europeo di asiloLa Presidenza intende promuovere il dibattito sulla riforma del sistema comune europeo di asilo, ma la discussione dovrebbe procedere solo nei settori in cui vi è un consenso tra gli Stati membri.

È all’esame delle Istituzioni europee una proposta di riforma del regolamento che disciplina la competenza degli Stati membri a trattare le domande di asilo (cosiddetto regolamento Dublino), volta a istituire un sistema più solidale tra gli Stati membri di distribuzione delle domande di asilo, in modo da alleggerire quelli attualmente più esposti ai flussi migratori.

Si prevede, in particolare, un meccanismo di assegnazione correttivo (il meccanismo di equità), che stabilisce automaticamente quando un Paese sta trattando un numero sproporzionato di richieste di asilo. A tal fine sono fissate delle quote di riferimento che hanno come parametri le dimensioni e la ricchezza di uno Stato membro (in termini di PIL complessivo e non anche di PIL procapite); se tale Paese sta accogliendo un numero sproporzionato di persone, ben superiore alla quota di riferimento (oltre il 150% della quota di riferimento), tutti i nuovi richiedenti asilo nel paese in questione (indipendentemente dalla nazionalità), dopo una verifica dell’ammissibilità della domanda presentata, devono essere ricollocati in tutta l’UE finché il numero di domande non sarà ridisceso al di sotto di quel livello.

Contributo di solidarietàUno Stato membro avrà inoltre la possibilità di non partecipare temporaneamente al ricollocamento, ma, in tal caso, dovrà versare un contributo di solidarietà di 250.000 euro allo Stato membro in cui è ricollocato il richiedente (ovvero lo Stato membro in cui è approdato e che lo ospita), del quale sarebbe stato responsabile ai sensi del meccanismo di equità; il meccanismo tiene conto degli sforzi compiuti da uno Stato membro per reinsediare persone bisognose di protezione internazionale direttamente da un paese terzo.

Riforma della Carta bluIn materia di migrazione legale, la Presidenza intende attivarsi affinché il Consiglio adotti conclusioni sul piano di azione sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi, nonché si prosegua il negoziato in materia di riforma della direttiva Carta blu.

Il piano di azione per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi prevede una serie di azioni relative a: misure d'integrazione che precedono la partenza e l’arrivo, in particolare per le persone reinsediate con bisogno di protezione internazionale; l’istruzione, l’occupazione e la formazione professionale; l'accesso ai servizi di base; la partecipazione attiva e l’inclusione sociale; un approccio più strategico e coordinato all’uso dei fondi UE a sostegno di misure d'integrazione nazionali; strumenti volti a migliorare le competenze dei migranti.

Sicurezza internaLa direttiva 2009/50/CE (anche detta direttiva Carta blu) stabilisce le condizioni e le procedure di ammissione dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati. Il 7 giugno 2016 la Commissione europea ha presentato una proposta di riforma che introduce un unico sistema a livello dell'Unione.

Per quanto riguarda la gestione della sicurezza interna all’UE, la Presidenza ritiene prioritari l’aumento dello scambio delle informazioni e della cooperazione operativa nonché il reciproco coordinamento tra le autorità giudiziarie e di polizia degli Stati membri, con particolare riguardo al fenomeno del terrorismo e dei foreign fighters.

Al riguardo si ricorda che sono all’esame delle Istituzioni legislative europee:

·       la proposta di direttiva sulla lotta contro il terrorismo, che introduce, tra l’altro, nuove tipologie di reati, in particolare per chi si reca all'estero, entra nell'UE o si sposta all'interno dell'UE per scopi terroristici, per chi si sottopone ad addestramento ai fini terroristici (cosiddetto addestramento passivo), e per chi finanzia le medesime attività.

·       la comunicazione della Commissione “Attuare l’Agenda europea sulla sicurezza per combattere il terrorismo e preparare il terreno per l’Unione della sicurezza”, con la quale si fa il punto sui progressi per quanto riguarda il contributo dell'UE alla lotta contro il terrorismo, e si traccia una tabella di marcia recante gli ambiti d'intervento prioritari.

In materia di giustizia, la Presidenza intende portare avanti la discussione sulle proposte:

·       Procura europeal’Istituzione della Procura europea, e la disciplina in materia di protezione degli interessi finanziari dell’Unione, nonché la riforma di Eurojust;

È all’esame delle Istituzioni europee una proposta recante l’istituzione di una Procura europea, quale organismo indipendente e soggetto a controllo democratico, con il compito di individuare, perseguire e se del caso rinviare a giudizio — dinanzi agli organi giurisdizionali degli Stati membri — gli autori dei reati a danno del bilancio dell'Unione, nonché una riforma del quadro giuridico di Eurojust, Agenzia europea con il mandato di promuovere la cooperazione tra le autorità nazionali responsabili delle indagini e dell'azione penale contro la criminalità grave che interessa più Stati membri.

·       le due direttive, rispettivamente, in materia di fornitura di contenuti digitali e di vendita di beni on line;

Con le due proposte di direttiva riguardanti la fornitura di contenuti digitali e le vendite a distanza di beni materiali, la Commissione europea intende, da una parte, assicurare un elevato grado di protezione dei consumatori e, dall’altra, stimolare lo sviluppo del commercio informatico.

·       la riforma della disciplina su giurisdizione, riconoscimento ed esecuzione di decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale;

Il 30 giugno 2016 la Commissione ha proposto un miglioramento delle norme UE a tutela dei minori nelle controversie transfrontaliere sulla responsabilità genitoriale che riguardano affidamento, diritti di visita e sottrazione di minore;

·       Adesione CEDUl’adesione dell’UE alla Convenzione europea dei diritti umani.

L‘art. 6, par. 2 del Trattato sull’Unione europea prevede l’adesione dell’UE alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il processo di adesione non si è ancora concluso. Il 5 aprile 2013 si era raggiunto una bozza di accordo a livello di negoziatori. Il 18 dicembre 2014 la Corte di giustizia dell’UE ha espresso parere negativo sulla bozza di accordo, nel quale si sottolinea che, poiché l’Unione non può essere considerata uno Stato, l’adesione deve tenere in considerazione le caratteristiche particolari dell’Unione medesima. La Corte conclude che il progetto di accordo sull’adesione dell’Unione europea alla CEDU non è compatibile con le disposizioni del diritto dell’Unione.

L’Europa nel contesto globale

La Presidenza slovacca intende impegnarsi in particolare per:

·       La nuova Strategia globaleuna maggiore coerenza delle politiche esterne dell’UE e un maggiore coordinamento tra la politica esterna e la politica di sicurezza interna all’UE. Particolare attenzione verrà data all’attuazione della nuova strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE;

VicinatoLa nuova strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE è stata presentata dall’Alta Rappresentante, Federica Mogherini, al Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2016. L’Alta Rappresentante dovrebbe, in particolare, presentare un piano d’azione per rilanciare la politica di sicurezza e difesa dell’UE, che dovrebbe essere sottoposto al Consiglio europeo del dicembre 2016.

·       rafforzare la politica di vicinato dell’UE con l’obiettivo di una stabilizzazione delle aree di vicinato dell’UE e dello sviluppo delle relazioni con i paesi partner dell’UE. Per quanto riguarda i paesi del partenariato orientale, particolare enfasi sarà data a: la stabilizzazione di tali paesi in ambito politico e di sicurezza; il prosieguo del processo di riforme; l’applicazione degli accordi di associazione; i progressi sulla liberalizzazione dei visti. Per quanto riguarda i paesi del vicinato meridionale, prioritari saranno la cooperazione nel settore della stabilità politica, dell’economia e della sicurezza;

·       Allargamentodare un impulso alla politica di allargamento, conseguendo progressi nel processo di avvicinamento dei paesi candidati;

I paesi che attualmente hanno status di paese candidato sono: Albania (da giugno 2014), ex Repubblica iugoslava di Macedonia (dal dicembre 2005), Montenegro (da giugno 2012), Serbia (da marzo 2012) e Turchia (da dicembre 2004). Bosnia Erzegovina e Kosovo sono ancora potenziali candidati. Si ricorda che il Presidente della Commissione europea Juncker, ad inizio del suo mandato, ha espressamente indicato di escludere la possibilità di nuove adesioni all’UE nel breve e nel medio periodo;

·       Relazioni transatlanticherafforzare le relazioni transatlantiche, sviluppare relazioni con altri partner strategici dell’UE e promuovere la cooperazione con altre organizzazioni internazionali, in particolare rafforzando le relazioni tra l’UE e la NATO;

·       Politica commercialeconcentrarsi in particolare sui negoziati in corso per accordi commerciali bilaterali con paesi terzi, e in particolare i negoziati per l’accordo TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership);

(Sullo stato dei negoziati si rimanda alla scheda sul TTIP).

·       Cooperazione allo sviluppodare impulso alla politica dell’UE per la cooperazione allo sviluppo, in particolare dando priorità al conseguimento degli obiettivi della Agenda 2030 e al dibattito sulle future relazioni con il gruppo dei paesi ACP (Africa, Caraibi e Pacifico), con particolare riferimento al miglioramento delle coerenza delle politiche per lo sviluppo volte a fronteggiare le crisi migratorie.

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile - Sustainable Development Goals, SDGs - in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi.



 

Sessione 2: Rafforzamento del ruolo dei Parlamenti Nazionali nell'Unione europea

La seconda sessione è dedicata al rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali e vedrà l'intervento, come relatore principale, del primo Vice Presidente della Commissione europea, Frans Timmermans, e della Presidente della Commissione affari costituzionali del Parlamento europeo, Danuta Maria Hübner.

La COSAC è stata una delle sedi privilegiate per la discussione delle forme e delle modalità per un intervento più incisivo dei Parlamenti nazionali nel processo decisionale dell'UE.

I Parlamenti nazionali nell'assetto istituzionale europeo

Due piani distintiLa partecipazione dei Parlamenti nazionali al processo decisionale dell'UE si svolge su un duplice piano:

·       la prassi del cosiddetto dialogo politico, inaugurato nel settembre 2006 per iniziativa della Commissione europea, la quale ha deciso di trasmettere direttamente ai Parlamenti nazionali le proprie proposte legislative e i documenti di consultazione (libri bianchi, libri verdi), invitandoli ad esprimere osservazioni e pareri a cui la Commissione stessa risponde entro un termine indicativo di tre mesi;

È stato, peraltro, segnalato da più Parlamenti che le risposte giungono con notevole ritardo rispetto alla fase dell’iter dell’atto cui si riferiscono e hanno prevalentemente un carattere ricognitivo, poco attento ai profili prettamente politici.

Con l'insediamento della nuova Commissione europea, il Vicepresidente Frans Timmermans, in una lettera del febbraio 2015, ha preannunciato l'adozione di una serie di iniziative volte a rafforzare il dialogo con i Parlamenti nazionali, in particolare, attraverso: a) una presenza più sistematica dei commissari europei presso i Parlamenti nazionali quando si discutono le proposte legislative e le altre iniziative della Commissione europea più rilevanti; b) il miglioramento della qualità delle risposte della Commissione europea alle osservazioni formulate dai Parlamenti nazionali in esito all'esame di atti europei, rendendole meno burocratiche e più politiche e rispettando il termine di tre mesi per la trasmissione delle risposte ai Parlamenti nazionali.

·       le disposizioni introdotte dal Trattato di Lisbona e, in particolare, quelle contenute nel protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali e nel Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. Ciascun Parlamento nazionale (o Camera) può sollevare obiezioni sulla corretta applicazione del principio di sussidiarietà (cosiddetto "early warning" o allerta precoce) in relazione alle proposte legislative, entro un termine di otto settimane dalla data della loro trasmissione in tutte le lingue ufficiali dell'UE;

L'obiezione assume la forma di un parere motivato; qualora i pareri motivati rappresentino almeno un terzo[2] dell'insieme dei voti attribuiti ai Parlamenti nazionali il progetto deve essere riesaminato (cosiddetto "cartellino giallo"). A tal fine, ciascun Parlamento nazionale dispone di due voti; per i parlamenti bicamerali ciascuna delle Camere dispone di un voto. Al termine del riesame, il progetto di atto legislativo in questione può essere - con una decisione motivata da parte dell'istituzione che l'ha presentato - mantenuto, modificato o ritirato.

La procedura del cartellino giallo fino ad ora è scattata solo 3 volte per: la proposta di regolamento sull'esercizio del diritto di promuovere azioni collettive nel quadro della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (ritirata); la proposta di regolamento che istituisce la Procura europea (mantenuta al termine del riesame della Commissione europea); la proposta di direttiva sul distacco dei lavoratori (mantenuta[3]).

Qualora i pareri motivati sul mancato rispetto del principio di sussidiarietà rappresentino almeno la maggioranza semplice dei voti attribuiti ai Parlamenti nazionali (cosiddetto "cartellino arancione"), è previsto che il Consiglio, a maggioranza del 55% dei membri, o il Parlamento europeo, a maggioranza dei voti espressi, possano dichiarare la proposta non compatibile con il principio di sussidiarietà, nel qual caso essa non forma oggetto di ulteriore esame.

Ipotesi di ulteriori strumenti: cartellino verde e cartellino rosso

Il potenziamento e l'evoluzione del dialogo politico sono stati oggetto di discussione in sede COSAC almeno sin dalla sessione plenaria tenutasi presso il Senato della Repubblica, a Roma, tra il 30 novembre ed il 2 dicembre 2014.

Cartellino verdeIl Contributo, adottato in occasione di quella riunione, riporta un generalizzato sostegno per l'idea di promuovere, a trattati vigenti, nuovi strumenti di coinvolgimento dei Parlamenti nazionali. Nei successivi incontri questa tendenza è stata confermata a più riprese. Tra gli strumenti in discussione si ricordano:

1)   il "cartellino verde" (green card), promosso in primis dalla House of Lords britannica e della Tweede Kamer del Parlamento dei Paesi Bassi. Si tratta di uno strumento di dialogo politico rafforzato che, nelle intenzioni degli ideatori, si tradurrebbe nella possibilità, per una minoranza qualificata di Parlamenti o Camere nazionali, di suggerire alle istituzioni europee di condurre una riflessione su determinati argomenti. I Parlamenti nazionali potrebbero dunque chiedere alla Commissione europea di presentare un progetto normativo (o altro documento di indirizzo o strategico), anche al fine di modificare o abrogare normativa europea vigente. Nel 2015 sedici camere, tra cui il Senato italiano, si sono riunite su iniziativa della House of Lords britannica per co-firmare la prima carta verde, invitando quindi la Commissione europea ad avviare una riflessione approfondita in materia di rifiuti alimentari. Nel contributo della LIV COSAC (Lussemburgo, 30 novembre - 1° dicembre 2015) si è espresso sostegno all'ipotesi di introdurre una soglia minima per la partecipazione al cartellino verde, ma anche una scadenza ed un arco temporale precisi.

Al momento sono stati avviati nell’ambito della COSAC progetti pilota di green card su: l’adozione di misure non vincolanti in materia di spreco alimentare; la revisione della direttiva sui servizi audiovisivi; la responsabilità ambientale e sociale delle società;

2)   Cartellino giallomiglioramenti della procedura vigente di cartellino giallo. Nel contributo della LIV COSAC si esprime l'auspicio che le festività natalizie ed i periodi di aggiornamento delle istituzioni dell'UE vengano espunti dal calcolo delle otto settimane per l'espressione dei pareri motivati.

In ambito COSAC si è anche discussa l'opportunità di rafforzare la cooperazione tra il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali mediante un dialogo politico meglio strutturato sugli atti - sia legislativi e che non legislativi - che non contengano criticità in termini di sussidiarietà. La COSAC ha inoltre invitato il Parlamento europeo a tenere in considerazione i pareri ricevuti dai parlamenti nazionali concernenti il merito degli atti legislativi e/o di altri documenti europei in esame (sul dialogo politico con il PE si v. oltre).

Cartellino rossoE', invece, decaduta l'ipotesi di introduzione di un cartellino rosso. La relativa disposizione era contenuta nell'accordo su una nuova intesa per la permanenza del Regno Unito nell’UE, definito dal Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio 2016 in vista del referendum che si è svolto nel Regno Unito il 23 giugno 2016. Tra le disposizioni destinate ad essere adottate a condizione di un esito positivo del referendum vi era quella relativa al rafforzamento dei poteri dei Parlamenti nazionali, attraverso l’introduzione di una specifica procedura (“red card”).

L'accordo prevedeva che qualora i pareri motivati dei Parlamenti nazionali, inviati entro 12 settimane dalla trasmissione del progetto, avessero rappresentato più del 55% dei voti attribuiti ai Parlamenti nazionali, il Consiglio dei ministri dell’UE avrebbe svolto una discussione esauriente su tali pareri e sulle conseguenze da trarne. A seguito di tale discussione, il Consiglio avrebbe interrotto l'esame del progetto di atto legislativo in questione, a meno che il progetto non fosse stato modificato per rispondere alle preoccupazioni espresse dai Parlamenti nazionali.

Il dialogo politico con il Parlamento europeo

Cooperazione meno sviluppata con PEIl dialogo tra Parlamenti nazionali e Parlamento europeo è attualmente confinato nell’ambito della cooperazione interparlamentare che è regolata dalla Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’UE e che si esplica in specifiche sedi di incontro (alcune delle quali istituzionalizzate: COSAC, Conferenza per il controllo della politica estera e di sicurezza, Conferenza sulla governance economica ex art. 13).

L’intensificazione della cooperazione tra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali è esplicitamente prospettato nella relazione “Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa” presentata dai 5 Presidenti (Junker, Tusk, Dijsselbloem, Draghi e Schulz).

In termini di valorizzazione dei contributi resi dai Parlamenti nazionali al processo legislativo dell'Unione, invece, è stata evidenziata una chiara asimmetria rispetto all’esperienza del dialogo politico con la Commissione europea. Mentre, infatti, in base al dialogo politico, la Commissione europea risponde ai rilievi e pareri formulati dai Parlamenti nazionali, anche al di fuori dei pareri motivati adottati in esito al controllo del principio di sussidiarietà, il Parlamento europeo si limita a dare rilievo, nel rapporto con i Parlamenti nazionali, ai soli pareri motivati.

La relazione Bresso-Brok e il Rapporto dei cinque Presidenti

La relazione Bresso-BrokSul tema del potenziamento del ruolo dei Parlamenti nazionali nei processi decisionali dell’UE merita segnalare che gli onn. Mercedes Bresso (S&D, IT) e Elmar Brok (PPE-DE), relatori sulla relazione di iniziativa della Commissione affari costituzionali del Parlamento europeo sul tema “Migliorare il funzionamento della costruzione dell’UE sulla base del potenziale del Trattato di Lisbona” hanno presentato il 20 gennaio 2016 un progetto di relazione nel quale si avanzano un serie di proposte volte a migliorare il funzionamento dell’UE sfruttando pienamente le possibilità offerte dal Trattato di Lisbona, senza quindi ricorrere ad una revisione dei Trattati.

In particolare, per quanto riguarda i Parlamenti nazionali, si segnalano le seguenti proposte:

·       le Commissioni parlamentari del PE dovrebbero cooperare meglio con le omologhe Commissioni parlamentari dei PN;

·       promuovere lo scambio delle migliori pratiche di controllo parlamentare tra Parlamenti nazionali come lo svolgimento di periodiche discussioni tra i rispettivi ministri e le commissioni specializzate dei parlamenti nazionali prima e dopo le riunioni del Consiglio e con i membri della Commissione europea in un opportuno arco temporale;

·       migliorare le possibilità pratiche affinché i Parlamenti nazionali garantiscano i principi di sussidiarietà e proporzionalità, rafforzando la cooperazione tra i Parlamenti nazionali, per consentire loro, in stretta cooperazione reciproca, di conseguire il quorum necessario per far scattare la procedura di cartellino giallo, nell’ambito del controllo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.

La relazione dei cinque PresidentiNella relazione "Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa" (cosiddetta relazione dei cinque Presidenti) presentata il 22 giugno 2015 si propone di intensificare la cooperazione tra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali e interazioni più sistematiche tra Commissari europei e Parlamenti nazionali, sia sulle raccomandazioni specifiche del Consiglio dell’UE per Paese in materia di politica economica sia sui bilanci nazionali.

Relazioni annuali sui Rapporti con i Parlamenti nazionali e la sussidiarietà

Annualmente la Commissione dà conto dei propri rapporti con i Parlamenti nazionali in due apposite relazioni. Quelle relative all'anno 2015 sono state pubblicate il 15 luglio 2016. Si tratta:

-       della relazione annuale 2015 in materia di sussidiarietà e proporzionalità (COM(2016) 469). Il documento dà conto, tra l'altro, dei pareri motivati adottati nel corso dell'anno 2015;

-       della relazione annuale 2015 sui rapporti tra la Commissione ed i Parlamenti nazionali (COM(2016) 471), incentrata sul dialogo politico che ha avuto luogo tra la Commissione europea e le Camere nazionali.

Relazione in materia di sussidiarietà e proporzionalità

SussidiarietàLa relazione dà conto del controllo di sussidiarietà posto in essere dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dal Comitato delle regioni.

In merito al controllo giurisdizionale condotto dalla Corte di giustizia, si richiama la sentenza C-508/13, del 18 giugno 2015. Intervenuta su un ricorso della Repubblica di Estonia, da essa emergono importanti indicazioni sull'applicazione del principio di sussidiarietà e segnatamente che:

1.    il controllo deve essere effettuato per l'atto giuridico nel suo insieme e non solo per parti di esso (par. 51);

2.    esso non è inteso a limitare la competenza dell'Unione in funzione della situazione di un singolo Stato membro. Impone invece che l'azione prevista possa, a motivo della sua portata o degli effetti, essere meglio realizzata a livello dell'Unione, tenuto conto degli obiettivi dell'UE (par. 53);

3.    è superfluo esigere una motivazione specifica per ciascuna delle scelte tecniche effettuate da un atto legislativo purché l'atto medesimo faccia emergere "per l'essenziale" lo scopo perseguito (par. 60);

4.    avendo l'Estonia partecipato al procedimento legislativo di adozione dell'atto impugnato, non rileva la circostanza se essa abbia potuto conoscere le giustificazioni delle scelte adottate (par. 62).

ProporzionalitàIn tema di proporzionalità, la Corte ha ribadito la discrezionalità di cui gode il legislatore, in virtù della quale una misura adottata a seguito di scelte di natura politica, economica, sociale e rispetto alle quali il legislatore è chiamato ad effettuare valutazioni complesse può essere inficiata solo in caso di "manifesta inidoneità (...) in relazione allo scopo" perseguito (par. 29).

La relazione dà conto in maniera esaustiva degli otto pareri motivati ricevuti nel 2015, relativi a tre diverse iniziative legislative. Si tratta del più basso numero mai ricevuto, nell'arco di un anno civile, dall'introduzione del controllo della sussidiarietà nel 2009. Nessuno di essi è stato adottato da una delle due Camere italiane.

Relazione sui rapporti con i Parlamenti nazionali

Visite dei CommissariLa relazione è incentrata sul dialogo politico con i Parlamenti nazionali. Si riporta un calo di oltre il 30% dei pareri scritti formulati dai parlamenti nazionali: da 506 pareri nel 2014 a 350 nel 2015. In termini di partecipazione e di portata, il 2015 ha confermato la distribuzione disomogenea tra i Parlamenti nazionali, con 10 camere maggiormente attive - tra cui il Senato italiano - che rappresentano circa il 70% di tutti i pareri espressi.

La Commissione europea sottolinea l'importanza del contatto diretto con i Parlamenti nazionali, che ha portato i membri della Commissione - inclusi il presidente e i vicepresidenti - a tenere oltre 200 visite presso quasi tutti i 28 parlamenti nazionali.

In effetti, nella legislatura in corso si è registrata una intensificazione dalla presenza dei commissari europei presso il Parlamento italiano; dal 1° novembre 2014, data di insediamento della nuova Commissione europea, sono infatti intervenuti in audizione 12 commissari europei[4]

L'Allegato I del COM(2016) 417 dettaglia i pareri ricevuti dai singoli Parlamenti nazionali. Se ne riporta di seguito un estratto che comprende i dati relativi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati.

Fonte: Commissione europea, COM(2016) 417, Allegato I



 


 


 

Sessione 3 - il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (ttip)

Il TTIP, partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, è l'accordo commerciale tra Unione europea e Stati Uniti che prevede la creazione di una zona di libero scambio tra le due parti, l'abbattimento dei dazi doganali, la rimozione del maggior numero di ostacoli, tariffari e non tariffari agli scambi e agli investimenti, generando nuove opportunità economiche in termini di creazione di posti di lavoro e di crescita mediante un maggiore accesso al mercato e una migliore compatibilità normativa.

Dati sull'inter-scambioInsieme UE e USA rappresentano circa la metà del PIL mondiale (47%) e un terzo dei flussi commerciali e sono i primi partner commerciali l'una degli altri.

Nel 2015 l'UE ha esportato verso gli Stati Uniti merci per circa 371 miliardi di euro e ha importato merci dagli Stati Uniti per circa 248 miliardi di euro. Nel periodo 2010-2015 le esportazioni dell’UE verso gli Stati Uniti sono cresciute con un tasso annuale medio dell'8,9% mentre le importazioni dagli Stati Uniti verso l’UE del 6,7%[5].

Nel settore dei servizi, nel 2014 le esportazioni dall'UE verso gli Stati Uniti hanno raggiunto circa 197 miliardi di euro e le importazioni nell'Unione di servizi provenienti dagli Stati Uniti sono state pari a 190 miliardi di euro.

In termini di investimenti esteri diretti (IED), al 2014 gli stock di IED dell'UE negli Stati Uniti hanno raggiunto il valore di 1.985 miliardi di euro e quelli degli Stati Uniti nell’UE 1.811 miliardi di euro.

 

Fonte: Commissione europea

Tuttavia, tra l'Unione europea e gli USA permangono elevate barriere tariffarie e non tariffarie, che con il TTIP le due parti mirano ad abbattere.

Secondo la Commissione europea tale accordo porterà significativi benefici economici e commerciali. Tale previsione è basata su uno Studio del Centro di ricerca sulla politica economica, che ha previsto che un accordo TTIP ambizioso aumenterebbe su base permanente le dimensioni dell'economia unionale di circa 120 miliardi di euro (pari allo 0,5% del PIL) e di quella statunitense di circa 95 miliardi (0,4% del PIL). Secondo una valutazione d'impatto della Commissione europea, un accordo globale per il commercio e gli investimenti potrebbe aumentare il reddito interno lordo dell'UE di un importo fino a 86 miliardi di euro.

Iter negoziale e stato dell'arte

I negoziati con gli Stati Uniti sono condotti dalla Commissione europea sulla base del mandato conferitole dal Consiglio dell'Unione nel giugno 2013. In base alle direttive di negoziato, rese pubbliche nell'ottobre 2014, l'accordo sarà articolato in tre pilastri: accesso al mercato, cooperazione in campo normativo e norme, e comprenderà 24 capitoli.

Elementi di problemati-citàAd oggi sono stati tenuti 15 round negoziali, l'ultimo dei quali si è svolto a New York dal 4 al 7 ottobre scorsi.

Nonostante la Commissione europea abbia espresso più volte l'intenzione di chiudere i negoziati entro la fine del 2016, attualmente gli stessi evidenziano alcune problematiche che assieme all'agenda elettorale americana vedono ormai sfumare la possibilità di chiudere l'accordo entro il mandato del Presidente Obama.

Nel corso della riunione informale del Consiglio Affari esteri - commercio dello scorso 23 settembre, la Commissione europea ha confermato l'impegno a proseguire i negoziati, predisponendosi al meglio per continuare il lavoro con la futura Amministrazione statunitense. Si è tuttavia registrata una spaccatura tra i Paesi favorevoli al prosieguo dei negoziati e una parte minoritaria, tra cui Francia e Germania, propensa a sospendere i lavori per riprenderli successivamente su nuove basi. L'Italia, che assieme ad altri 11 Stati membri[6] il 16 settembre scorso aveva inviato una lettera alla Commissione europea esprimendo il proprio sostegno al prosieguo dei negoziati, ha ribadito la propria posizione sottolineando il rischio di fughe all'indietro.

Il Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre scorsi, valutato lo stato di avanzamento dei negoziati in corso su accordi di libero scambio con partner chiave (Usa, Canada e Giappone), ha esortato la Commissione europea a proseguire i negoziati con le autorità degli Stati Uniti per poter presentare un accordo di libero scambio ambizioso, equilibrato e globale.

L’obiettivo dei negoziatori è quello di proseguire il lavoro di consolidamento dei testi in tutti i settori, in modo che restino aperte un numero limitato di questioni (le cosiddette ‘square brackets’) che andranno risolte a livello politico.

In particolare:

·       Questioni aperteper quanto riguarda la liberalizzazione, vi è un sostanziale accordo per l’abolizione dei dazi sul 97% dei prodotti, in una cornice temporale variabile da 5 a 7 anni. Il restante 3% su cui non c’è ancora accordo riguarda prodotti “sensibili” (tra i quali, nel settore agricolo, le carni). Nel negoziato sul 3% rientra anche la questione delle indicazioni geografiche, di particolare interesse per il comparto agricolo italiano, danneggiato dal cosiddetto "Italian sounding"[7]. In questo settore vi è infatti una significativa differenza tra il sistema europeo - in cui alcuni beni sono tutelati proprio in relazione al luogo in cui vengono prodotti - e quello statunitense - in cui i nomi possono essere registrati come "marchi" ed immessi sul mercato indipendentemente da ogni altra considerazione;

·       nonostante i significativi progressi nei capitoli della cooperazione in campo normativo e delle buone pratiche regolamentari, molto resta ancora da fare. Il capo negoziatore per l’UE, Ignacio Garcia Bercero, ha assicurato che la cooperazione in campo normativo incrementerà, o al limite manterrà intatti, gli elevati standard che tutelano la salute e la sicurezza delle persone e dell’ambiente;

·       in materia di protezione degli investimenti, l’UE ha proposto il suo nuovo approccio al meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-stato, su cui si è aperta la discussione. L'approccio prevede la sostituzione dell'attuale meccanismo ISDS[8] con un sistema giudiziario costituito da un Tribunale permanente (di prima istanza) e da una Corte d'Appello - operanti in base a regole chiare, trasparenti - e composto da giudici selezionati (dalle due Parti) in base a precisi requisiti;

·       sugli OGM, è stata ribadita la posizione dell’UE per cui non vi sarà possibilità per i produttori americani di esportare nel mercato europeo prodotti per i quali la normativa europea vieta l’uso di OGM;

·       in materia di servizi, l’obiettivo dell’UE è quello di perseguire un accesso al mercato ambizioso e vantaggioso per le imprese europee. Sul tema, in una dichiarazione congiunta, la Commissaria Malmström e il suo omologo statunitense, Michael Froman, hanno ribadito che il TTIP salvaguarderà le forme con cui i singoli governi nazionali decideranno di fornire servizi quali acqua, salute, istruzione e prestazioni sociali, ai propri cittadini. Estese discussioni si sono tenute sul tema degli appalti pubblici. L’UE ha manifestato la propria insoddisfazione per il fatto che le proposte statunitensi sono ancora lontane della richieste avanzate. Gli approcci UE e USA in materia sono molto diversi. L'Unione europea dispone, infatti, di un mercato molto aperto dove le aziende statunitensi possono competere senza problemi, mentre negli Stati Uniti vi sono forti restrizioni per le aziende dell'UE, alle quali in taluni casi non è neanche concesso di partecipare alle gare di appalto.

Trasparenza dei negoziati e accesso ai documenti

La trasparenza dei negoziati è uno degli elementi più controversi dell'accordo. In risposta alle numerose istanze di maggiore trasparenza provenienti anche dall'opinione pubblica, nell'ottobre 2014 il Consiglio dell'UE, nel corso del semestre di Presidenza italiana, ha reso pubbliche le direttive di negoziato relative al TTIP le quali, in omaggio al principio generale della segretezza del mandato negoziale, erano contenute in un documento classificato. La Commissione europea nel gennaio 2015 ha pubblicato ulteriori testi relativi al TTIP (proposte e alcuni position papers) ed ha assunto l'impegno di rendere nota una sintesi di ogni successivo round negoziale. Presso il Parlamento europeo è stata istituita una "sala di lettura" per consentire l'accesso dei deputati europei ai documenti negoziali. Successivamente, l'UE e gli USA si sono accordati per l'apertura ai funzionari delle amministrazioni pubbliche delle "sale di lettura" - presso le Ambasciate USA delle capitali europee - per la consultazione, nel rispetto di severe misure di sicurezza, dei testi negoziali consolidati.

La trasparenza e la responsabilità sono parte della nuova strategia in materia di scambi e investimenti dell'Unione europea[9], lanciata nell'ottobre 2015. La Commissione europea si è impegnata al riguardo a rendere pubblici i documenti commerciali prima segreti, aumentando il dialogo e le consultazioni con il Parlamento europeo, i parlamenti nazionali e la società civile.

Coinvolgimento dei PNAl fine di rispondere all'esigenza di un maggior coinvolgimento dei parlamenti degli Stati membri, la Commissione europea ha recentemente raggiunto un accordo con gli USA per la consultazione dei testi negoziali da parte dei parlamentari nazionali, rispondendo all'invito formulatole in tal senso anche dalla Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell'Unione (al riguardo si veda il paragrafo successivo).

La Camera dei deputati, da parte sua, ha approvato il 17 novembre 2014 alcune mozioni che impegnano il governo a riferire in Parlamento sull’andamento delle trattative. Si ricorda inoltre la risoluzione Rosato ed altri (n. 6-00155), approvata dalla Camera dei deputati il 10 settembre 2015, in esito dell’esame congiunto del Programma di lavoro della Commissione per il 2015 e della Relazione programmatica del Governo sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2015, che impegna il Governo "con particolare riguardo al TTIP, a tenere costantemente aggiornato il Parlamento sull'andamento dei negoziati e a individuare soluzioni adeguate a garantire ai membri del parlamento l'accesso ai documenti negoziali consolidati".

Sala di lettura presso il MISEIn esito a tale accordo, dal 30 maggio 2016 presso il Ministero dello sviluppo economico è attiva una sala di lettura dove i parlamentari possono consultare, secondo precise norme di sicurezza, i documenti negoziali consolidati relativi all’Accordo TTIP.

La sala di lettura dispone di 4 postazioni ed è aperta dal lunedì al giovedì. L'accesso avviene su prenotazione ed è articolato su due turni antimeridiani e due pomeridiani della durata di un'ora ciascuno. Hanno accesso alla sala i soli parlamentari.

Vista la grande richiesta di permessi per accedere alla sala lettura, il MISE ha reso nota la disponibilità a prolungare l’orario di consultazione rispetto a quello attuale e le postazioni disponibili.

Il ruolo dei Parlamenti nazionali nell'ambito della procedura di conclusione degli accordi internazionali di politica commerciale

La natura degli accordi Nell’ambito del dibattito pubblico si è posta la questione di come contemperare la necessaria confidenzialità dei negoziati con la trasparenza e il controllo democratico, con particolare riguardo al ruolo dei Parlamenti nazionali.

Gli accordi di libero scambio sono certamente espressione della politica commerciale comune, ovvero di una competenza esclusiva dell'Unione europea.

Per contro, nel corso del negoziato vengono di regola affrontate materie diverse. Per alcune di esse - si citano, a titolo esemplificativo, i servizi, i trasporti e la tutela degli investitori - è prevista una competenza concorrente tra UE e Stati membri. Pertanto è stata sollevata l'opportunità di considerare tali accordi, una volta conclusi, di natura "mista", con conseguente necessità di sottoporre il testo al processo di ratifica presso i Parlamenti di tutti gli Stati membri sulla base delle norme costituzionali vigenti in ognuno di essi. Nel giugno  2014 i presidenti di  21  commissioni


 

di Parlamenti nazionali[10] hanno inviato alla Commissione europea una lettera chiedendo esplicitamente che gli accordi in corso di negoziato (il TTIP ma anche il CETA, su cui vd infra), fossero considerati "accordi misti, da sottoporre quindi alla ratifica dei Parlamenti nazionali".

L'allora commissario Sefcovic ha replicato a questa lettera il 16 ottobre 2014. Senza fornire una risposta diretta, si è limitato ad affermare che "la natura di ogni accordo internazionale, e quindi di ogni accordo commerciale (...), possa essere determinata solo alla fine delle negoziazioni". Sulla base dei precedenti forniti dagli accordi con la Corea del sud e con Perù e Colombia, però, ha aggiunto che "è probabile che anche il TTIP venga considerato dal Consiglio come un accordo misto".

La questione CETADella natura degli accordi commerciali si è tornato a parlare recentemente in riferimento al CETA, l'accordo economico e commerciale globale con il Canada, i cui negoziati sono terminati nel settembre 2014. Sulla natura dell'accordo vi sono state infatti alcune divergenze tra la Commissione europea, che lo ritiene di competenza esclusiva dell'UE, e molti Stati membri (tra cui Germania, Austria e Francia), che lo ritengono invece di natura mista.

Per quanto riguarda l'Italia, in una lettera inviata il 30 maggio scorso alla Commissaria europea per il commercio Cecilia Malmström, il Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda ha espresso la posizione favorevole del nostro paese a considerare l’ipotesi della Commissione che ritiene che il CETA non sia un accordo misto, precisando comunque che questa posizione riguarda unicamente il CETA e non il TTIP.

In attesa di un chiarimento da parte della Corte di giustizia sulla natura di questo tipo di accordi commerciali, la Commissione europea si è resa comunque disposta a riconoscere la natura mista dell'accordo per permettere una rapida sottoscrizione, presentando nel luglio 2016 un pacchetto di proposte relativo alla sua firma, conclusione e applicazione provvisoria (vale a dire per le parti di competenza esclusiva dell'UE). Il pacchetto è stato adottato dal Consiglio dell'UE lo scorso 28 ottobre e il 30 ottobre ha avuto luogo il Vertice UE-Canada dove le due parti hanno firmato l'Accordo. Per entrare in vigore lo stesso dovrà essere ora ratificato da tutti gli Stati membri.

La Conferenza dei Presidenti di RomaSulla firma del CETA ha pesato la posizione del parlamento vallone[11], che, sulla base di alcune criticità, inizialmente non aveva autorizzato il Governo Belga ad approvare la firma dell'Accordo in sede di Consiglio dell’Unione Europea, provocando lo slittamento del Vertice UE-Canada inizialmente previsto per il 27 ottobre scorso[12]. Dopo intensi negoziati, il 27 ottobre il governo del Belgio si è infine accordato con le sue entità subfederali[13] consentendo all'UE di superare la fase di stallo nella quale si era trovata. Nonostante la vicenda del parlamento vallone abbia rischiato di condizionare l'intera Unione, la natura mista dell'accordo è stata recentemente difesa dal Presidente del Consiglio europeo Tusk in occasione del dibattito svoltosi al Parlamento europeo il 26 ottobre scorso sulle conclusioni del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre. Queste le sue affermazioni al termine del dibattito: "molti in questo parlamento hanno suggerito di ignorare le posizioni dei parlamenti nazionali sugli accordi commerciali [...] Oggi, i cittadini preferirebbero che gli stati e i parlamenti nazionali avessero un'influenza maggiore sul corso delle cose, non inferiore. Ciò rende più facile governare l'Europa? No, ma nessuno cambierà il fatto che l'UE è ancora un'Unione di stati e non di istituzioni"[14].

Il ruolo dei parlamenti nazionali nell'ambito dei negoziati sui trattati internazionali è stato dibattuto anche in seno alla Conferenza dei Presidenti dei parlamenti dell'Unione europea tenutasi a Roma il 20 e 21 aprile 2015. Nelle Conclusioni i Presidenti hanno sottolineato come tale ruolo assuma una particolare attualità dato l'interesse dimostrato dalla società civile per i negoziati in corso, soprattutto sul TTIP. Hanno, inoltre, ribadito la necessità che i parlamenti nazionali esercitino una specifica competenza su un numero maggiore di accordi di libero scambio e che abbiano un ampio accesso alle informazioni sui negoziati in corso al fine di poter meglio esprimere i loro orientamenti sui negoziati stessi e non vedere limitate le proprie capacità di intervento al solo processo di ratifica. A tal proposito, hanno espresso apprezzamento per la decisione del Consiglio di rendere pubblici i mandati negoziali e per l'impegno della Commissione europea a rendere pubblici il maggior numero di testi possibile, fornendo anche l'accesso ai testi relativi al TTIP a tutti i membri del Parlamento europeo all'interno della "sala di lettura". I Presidenti hanno quindi invitato la Commissione europea a garantire il medesimo accesso anche ai parlamenti nazionali. Tale invito è stato poi reiterato alla Conferenza successiva, tenutasi il 22- 24 maggio 2016 a Lussemburgo. In tale occasione i Presidenti hanno ribadito inoltre che il TTIP e il CETA debbano essere considerati accordi di natura mista.

Atti di indirizzo approvati dal Parlamento italiano

Il 17 novembre 2014 la Camera dei deputati ha approvato alcune mozioni concernenti il TTIP. In particolare, si sottolinea la mozione Taranto n. 1-00630, che, tra l’altro, impegna il Governo:

·       ad agire affinché sia concretamente valorizzato l'impegno della Commissione europea a sviluppare, nel corso della trattativa, un dialogo regolare con tutte le pertinenti parti interessate della società civile;

·       ad agire affinché sia concretamente valorizzato l'esame dell'impatto economico, sociale ed ambientale dell'accordo mediante una valutazione d'impatto per la sostenibilità (SIA) indipendente, cui partecipi la società civile;

·       a vigilare su un approccio equilibrato ai meccanismi arbitrali (ISDS), che tenga presente le ragioni della tutela della qualità dei servizi pubblici essenziali, dei diritti sociali e del lavoro e delle norme ambientali;

·       a riaffermare la necessità per il settore alimentare del riconoscimento delle indicazioni geografiche (IIGG) e del contrasto dell’italian sounding;

·       a sottolineare l'importanza di un approccio al negoziato particolarmente attento alla valorizzazione delle sue opportunità per le piccole e medie imprese.

In diverse mozioni sono riproposte le richieste al Governo di:

·       tenere costantemente informato il Parlamento sull’andamento dei negoziati e favorire la partecipazione della società civile;

·       tutelare i prodotti italiani agroalimentari di qualità;

·       garantire che siano esclusi dall’oggetto beni fondamentali quali la gestione del servizio idrico integrato e i servizi pubblici locali;

·       vigilare affinché l’accordo non determini un abbassamento degli standard in materia di sicurezza, ambiente, agroalimentare italiano e tutela dei consumatori finali;

·       prevedere meccanismi di tutela e salvaguardia per il sistema delle piccole e medie imprese.

Si ricorda inoltre la già menzionata risoluzione Rosato ed altri (n. 6-00155), approvata dalla Camera dei deputati il 10 settembre 2015.

La XIII Commissione Agricoltura della Camera, inoltre, il 4 novembre 2014 ha avviato un’indagine conoscitiva intitolata: “Ricadute sul sistema agroalimentare italiano dell'Accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP)”. Nel suo ambito, la XIII Commissione ha svolto audizioni dei rappresentanti delle principali organizzazioni agricole nonché del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, dell'allora Vice Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, del relatore permanente della Commissione agricoltura del PE per i negoziati di libero scambio UE-USA, Paolo De Castro.

Per quanto concerne il Senato, si vedano l'interrogazione a risposta scritta n. 4-02109[15], presentata il 23 aprile 2014 (che riguardava, tra l'altro, la questione del rilancio dell'imprenditoria in Italia e del Made in Italy e il meccanismo ISDS), nonché la mozione 1-00363[16] volta alla tutela del settore agroalimentare italiano e al mantenimento del principio di precauzione e degli standard qualitativi e di sicurezza dei prodotti immessi nei mercati europei.

Inoltre, il 3 giugno 2015 la 14a Commissione Politiche dell'Unione europea ha avviato la trattazione di un affare assegnato sull'attuazione delle iniziative della Commissione europea connesse agli aspetti istituzionali della strategia commerciale dell'Unione europea (atto n. 440) nell'ambito del quale sono attualmente in corso una serie di audizioni informali.

Il 26 novembre 2015 si è svolta in Senato l'audizione della Commissaria europea per il Commercio, Cecilia Malmström, sull'attuazione delle iniziative della Commissione europea connesse agli aspetti istituzionali della strategia commerciale dell'Unione europea, con particolare riferimento all'Accordo Transatlantico TTIP. L'audizione è stata svolta congiuntamente dalle Commissioni esteri, agricoltura, industria e politiche dell'UE del Senato (3a, 9a, 10a, e 14a) e della Camera (III, X, XIII e XIV)[17].

 

 


 

Sessione 4: L'Unione dell'energia 2016 “anno di realizzazione”

Il pacchetto dell’Unione dell’energia

Il 25 febbraio 2015 la Commissione europea ha presentato il pacchetto "Unione dell'energia" allo scopo di integrare la politica energetica e la politica ambientale dell’Unione per il raggiungimento di obiettivi successivi al 2020. Il pacchetto consiste di tre comunicazioni:

·       una strategia quadro per l'Unione dell'energia (COM(2015)80) - che specifica gli obiettivi dell'Unione dell'energia e le misure concrete che saranno adottate per realizzarla;

·       una comunicazione riguardante il raggiungimento dell'obiettivo del 10% di interconnessione elettrica entro il 2020 (COM(2015)82), che si concentra sui seguenti elementi: miglioramento della situazione nei 12 Stati membri con un livello di interconnessione inferiore al 10% (Irlanda, Italia, Romania, Portogallo, Estonia, Lettonia, Lituania, Regno Unito, Spagna, Polonia, Cipro e Malta); progetti previsti nell'ambito del regolamento per le reti transeuropee dell'energia (RTE-E) e del meccanismo per collegare l'Europa (CEF), che contribuiranno al conseguimento dell'obiettivo di interconnessione; strumenti finanziari disponibili e modi in cui possono essere pienamente utilizzati per sostenere i progetti di interconnessione elettrica;

·       la comunicazione "Il Protocollo di Parigi” (COM(2015)81), preparatoria della Conferenza di Parigi dello scorso dicembre 2015, in materia di lotta ai cambiamenti climatici.

L’accordo raggiunto il 12 dicembre 2015 da 195 Stati prevede di stabilizzare l'aumento della temperatura al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, compiendo gli sforzi possibili per contenere l’aumento entro 1,5°C. Il 4 ottobre 2016 – con l’approvazione dell’accordo da parte del Parlamento europeo e il completamento del processo di ratifica da parte dell’UE - è stata raggiunta la soglia fissata (ratifica da parte del 55% delle parti contraenti, rappresentanti il 55% delle emissioni totali). L’accordo è entrato in vigore lo scorso 4 novembre.

Parallelamente, gli Stati membri dell’UE stanno ratificando l’Accordo individualmente, in conformità delle rispettive procedure parlamentari.

Per quanto riguarda i singoli Stati membri, allo stato l’accordo è stato ratificato da Austria, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Ungheria. Per quanto riguarda l’Italia, l’accordo è stato ratificato in seconda lettura al Senato, ma non risulta ancora depositato presso le Nazioni Unite. L’accordo è già stato ratificato da 103 Parti, tra cui Cina, Stati Uniti, India e Canada.

Il pacchetto "Unione dell'energia" è stato esaminato al Senato dalle Commissioni riunite 10ª (Industria, commercio, turismo), 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali) che hanno approvato una risoluzione (DOC XVIII n. 92).

L'energia nell'UE in cifre

·       L'UE è il primo importatore di energia al mondo: importa il 53% del proprio fabbisogno con un costo di circa 400 miliardi di euro all'anno.

·       12 Stati membri (Cipro, Estonia, Irlanda, Italia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Regno Unito) non soddisfano l'obiettivo minimo di interconnessione dell'UE. L'UE ha stilato un elenco di 137 progetti in materia di energia elettrica, fra cui 35 di interconnessione elettrica, in grado di ridurre a 2 il numero degli Stati membri non adeguatamente interconnessi.

·       6 Stati membri (Bulgaria, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Slovacchia) dipendono da un unico fornitore esterno per tutte le loro importazioni di gas.

·       Il 75% del nostro parco immobiliare è a bassa efficienza energetica.

·       il 94% per cento dei trasporti dipende dai prodotti petroliferi, di cui il 90% importati.

·       In Europa i prezzi all'ingrosso dell'elettricità e del gas sono più elevati, rispettivamente, del 30% e del 100% rispetto a quelli praticati negli USA.

·       Nel comparto delle energie rinnovabili, le imprese dell'UE hanno un fatturato annuo di 129 miliardi di euro e danno lavoro a più di un milione di addetti.

 

Cinque dimensioni

La strategia dell'Unione dell'energia si articola in cinque “dimensioni”, strettamente interconnesse, intese a migliorare la sicurezza, la sostenibilità e la competitività dell'approvvigionamento energetico:

·    sicurezza energetica, solidarietà e fiducia;

·    decarbonizzazione dell'economia;

·    efficienza energetica per contenere la domanda;

·    il mercato interno dell’energia;

·    ricerca, innovazione e competitività.

Sicurezza energetica

Il primo passo per il raggiungimento dell’obiettivo di mettere in sicurezza il sistema energetico europeo è la diversificazione dell'approvvigionamento, con riferimento alle fonti di energia, ai fornitori e alle rotte per il trasporto dei combustibili.

Lo scorso 16 febbraio la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure in materia di sicurezza energetica contenente:

·       una proposta di regolamento COM(2016)52 concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas per far fronte ad un’eventuale carenza di gas causata da perturbazioni concernenti la fornitura o da una domanda straordinariamente elevata. Per garantire che il mercato interno del gas funzioni adeguatamente anche in caso di carenza delle forniture, secondo la Commissione, è necessario garantire solidarietà e coordinamento nella risposta alle crisi degli approvvigionamenti, sia in termini di prevenzione che di reazione alle interruzioni concrete delle forniture. In tale ottica, la proposta di regolamento rafforza la cooperazione regionale tra Stati membri, proponendo una stretta cooperazione tra Stati membri nell’elaborazione delle valutazioni regionali dei rischi, che saranno poi affrontati in piani d'azione preventivi e in piani d'emergenza, soggetti a valutazione tra pari e approvati dalla Commissione.

La proposta di regolamento è stata esaminata alla Camera dei deputati dalla X Commissione (Attività produttive), che ha approvato un documento finale; anche la 10a Commissione (Industria, commercio e turismo) del Senato si è espressa sulla proposta approvando una risoluzione (DOC  XVIII n. 168).

·       una comunicazione recante la “Strategia dell'UE in materia di gas naturale liquefatto e stoccaggio del gasCOM(2016)49, volta a valorizzare le potenzialità del gas naturale liquefatto (GNL) e dello stoccaggio del gas, al fine di migliorare il livello di diversificazione, flessibilità e resilienza dell’approvvigionamento del gas in Europa.

La comunicazione è stata esaminata alla Camera dei deputati dalla X Commissione (Attività produttive), che ha approvato un documento finale; anche la 10a Commissione (Industria, commercio e turismo) del Senato si è espressa sulla comunicazione approvando una risoluzione (DOC XVIII n. 169).

·       una proposta di decisione sugli accordi intergovernativi nel settore energetico COM(2016)53, che introduce un controllo di compatibilità ex ante da parte della Commissione europea sulla conformità degli accordi intergovernativi nel settore energetico alla normativa sulla concorrenza e alla legislazione sul mercato interno dell'energia.

La proposta di decisione è stata esaminata al Senato dalle Commissioni riunite 10a (Industria, commercio e turismo) e 13a (Territorio, ambiente, beni ambientali) che hanno approvato una risoluzione (DOC XVIII n. 115).

Decarbonizzazione dell'economia

Il Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014 ha approvato un obiettivo UE vincolante di riduzione delle emissioni nazionali di gas a effetto serra almeno del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. L'obiettivo dovrà essere raggiunto collettivamente dall'Unione europea nel modo più efficace in termini di costi, con riduzioni, entro il 2030, sia nei settori coperti dall’Emission trading system (ETS), ossia il sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra, sia in quelli non coperti da esso, pari rispettivamente al 43% e al 30% rispetto al 2005.

In tale ambito, la Commissione europea ha presentato:

·       una proposta di direttiva COM(2015)337, concernente la modifica della disciplina per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra.  L'obiettivo della proposta è perfezionare e migliorare le norme dell'ETS per il post 2020, allineandole all'obiettivo di riduzione delle emissioni. In particolare, la proposta traduce l'obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra del 43% entro il 2030 prevedendo che il quantitativo totale delle quote consentite (tetto massimo) diminuisca nella misura annuale del 2,2% a partire dal 2021 (a fronte dell’attuale calo annuo dell'1,74%). Inoltre, la proposta stabilisce che dal 2021 la percentuale di quote destinate ad essere messe all’asta dagli Stati membri sarà pari al 57%.

La proposta è stata esaminata alla Camera dei deputati dalla VIII  Commissione (Ambiente), che ha approvato un documento finale; anche la 13a Commissione (Territorio, ambiente, beni ambientali) si è espressa sulla proposta approvando una risoluzione (DOC XVIII n. 98).

·       una proposta di regolamento (COM(2016)482), relativa alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas a effetto serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030, per i settori non coperti dall’ETS, i cosiddetti settori ESD (in quanto disciplinati dalla cd. Effort sharing decision n. 406/2009/CE), ossia agricoltura, trasporti, edilizia e gestione dei rifiuti. Gli obiettivi nazionali sono fissati in coerenza con l’obiettivo di riduzione del 30% rispetto al 2005 delle emissioni nei settori ESD entro il 2030. Tutti gli Stati membri dovranno contribuire alla riduzione globale delle emissioni a livello UE con obiettivi compresi tra lo 0% e il 40% rispetto ai livelli del 2005.

La proposta è attualmente all’esame dell’VIII Commissione (Ambiente) della Camera dei deputati e dalla 13a Commissione (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato .

·       una proposta di regolamento COM(2016)479, relativa all'inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall'uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura, attualmente disciplinate soltanto dagli obblighi internazionali, nel conseguimento dell’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra per il 2030.

La proposta è stata esaminata dalla 13a Commissione (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato che ha approvato una risoluzione (DOC XVIII n. 171).

Efficienza energetica come mezzo per moderare la domanda di energia

Nell'ottobre 2014 Consiglio europeo ha fissato l'obiettivo di un miglioramento dell'efficienza energetica pari almeno al 27% entro il 2030. Le misure previste comprendono l'aumento dell'efficienza energetica nel settore dell'edilizia - in particolare migliorando i sistemi di riscaldamento e raffreddamento - e la diminuzione delle emissioni e del consumo di carburante nel settore dei trasporti.

In tale ottica, la Commissione europea ha presentato:

·       una comunicazione contenente la strategia dell’UE in materia di riscaldamento e raffreddamento COM(2016)51, volta a rendere più efficiente e sostenibile il riscaldamento e il raffreddamento degli edifici. La strategia fornisce un quadro per integrare l'efficienza di riscaldamento e raffreddamento nelle politiche energetiche dell'UE, mediante interventi volti a eliminare la dispersione energetica degli edifici, a massimizzare l'efficienza e la sostenibilità dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento, a sostenere l'efficienza energetica nell'industria e a cogliere i benefici di un'integrazione del riscaldamento e del raffreddamento nel sistema dell'energia elettrica. Secondo le previsioni della Commissione europea la domanda di riscaldamento e raffreddamento nell’UE dovrebbe ridursi al 42% entro il 2050, con una commisurata riduzione delle emissioni.

La proposta di regolamento è stata esaminata alla Camera dei deputati dalle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive), che hanno approvato un documento finale; è attualmente all'esame anche delle Commissioni riunite 10ª (Industria, commercio, turismo) e 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato.

·       una comunicazione recante la Strategia europea per una mobilità a basse emissioni COM(2016)501. La strategia intende tradurre in pratica l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra provenienti dai trasporti di almeno il 60% rispetto al 1990 entro il 2050. In particolare, essa fa riferimento a tre ambiti di intervento: miglioramento dell’efficienza del sistema di trasporto; energie alternative a basse emissioni; veicoli a basse o zero emissioni.

Un mercato dell'energia pienamente integrato

Questa dimensione dell'Unione dell'energia richiede un miglioramento delle infrastrutture, in particolare dei collegamenti transfrontalieri e delle interconnessioni. A tal riguardo, si ricorda che l'Unione europea si è posta un obiettivo specifico di interconnessione minima per l'energia elettrica, da raggiungere entro il 2020, fissato al 10% della capacità di produzione elettrica installata degli Stati membri. In altri termini, il 10% dell'elettricità deve poter "attraversare le frontiere". A tal fine, la Commissione europea ha previsto che occorrerà investire circa 200 miliardi di euro l'anno per i prossimi dieci anni in grandi progetti infrastrutturali.

La Commissione europea sottolinea che molti Stati membri hanno fatto notevoli passi avanti per garantire la concorrenza nel mercato dell’energia. Tuttavia, persistono numerose differenze tra gli Stati nell’attuazione delle regole sulla concorrenza: 22 Stati membri stanno per raggiungere o hanno raggiunto l’obiettivo del 10% sull'interconnessione elettrica; l’Italia invece deve fare ulteriori sforzi. Il ruolo del consumatore deve essere rafforzato migliorando il sistema di informazione sulle opzioni riguardanti l'efficienza energetica.

Lo sviluppo dei contatori intelligenti volti anche alla responsabilizzazione dei consumatori è una realtà concreta solo in pochi Stati membri (Finlandia e Svezia).

I mercati al dettaglio sia per l’elettricità che per il gas sono ancora nazionali e sono necessari maggiori sforzi da parte di tutti gli Stati membri per progredire nell’integrazione del mercato.

Ricerca, innovazione e competitività

Il 15 settembre 2015 la Commissione europea ha pubblicato la Comunicazione sul nuovo Piano strategico per le tecnologie energetiche (SET Plan) C(2015)6317, con la quale intende dare un nuovo impulso all'impiego di tecnologie a basse emissioni di carbonio.

Basandosi su un approccio integrato, il SET Plan aggiornato propone 10 azioni per la ricerca e l’innovazione mirate ad accelerare la trasformazione del sistema energetico, garantendo il ruolo guida dell’Unione europea per lo sviluppo e la diffusione di tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio.

Si prevede una struttura di governance più efficiente e snella al fine di aumentare il coordinamento e la cooperazione tra i governi nazionali, l’industria e gli istituti di ricerca. Il SET Plan intende anche realizzare una migliore articolazione delle fonti di finanziamento e un maggiore accesso ai finanziamenti per supportare le innovazioni.

Il gruppo direttivo dell’UE in materia di tecnologie energetiche strategiche (SET Plan Steering Group) è composto da rappresentanti di alto livello provenienti da paesi dell’Unione Europea, oltre a Islanda, Norvegia, Svizzera e Turchia.

Un ruolo fondamentale nel settore dell'innovazione è svolto dai finanziamenti. Al momento sono attivi il Fondo strategico per gli investimenti (FEIS) e il programma NER 300 - che offre un finanziamento di circa 2,1 miliardi di euro. Inoltre, gli Stati membri possono avvalersi, per progetti connessi al clima e all'energia, dei fondi derivanti dalla vendita all'asta delle quote di emissione nell'ambito del sistema ETS. Nell'ambito della revisione del sistema ETS, la Commissione europea ha proposto l'istituzione di un nuovo Fondo per l'innovazione e del nuovo Fondo per la modernizzazione. Il primo estende il Programma NER anche per i progetti per tecnologie a basso contenuto di carbonio nei settori industriali e il secondo si rivolge agli Stati membri con un PIL inferiore al 60% della media dell'Ue. Mediante il programma quadro "Horizon 2020" sono stati destinati, nel biennio 2014-2015, circa 9 miliardi per programmi in materia di ricerca energetica, trasporti puliti, azione per il clima e uso efficiente delle risorse.


 


 

Sessione 5: La sicurezza delle frontiere esterne nel contesto della migrazione irregolare

Andamento dei flussi

In base alle stime dell’UNHCR, dal 1° gennaio al 28 ottobre 2016 hanno attraversato il Mediterraneo verso l’Europa oltre 332 mila migranti; di questi oltre 169 mila sono sbarcati in Grecia e 158 mila in Italia (solo circa 5 mila in Spagna).

Peraltro i rispettivi trend nei due principali Stati membri di immigrazione nei primi nove mesi del 2016 appaiono profondamente diversi: in Grecia negli ultimi mesi si è registrato una forte diminuzione  degli arrivi (solo circa 3 mila a settembre e a ottobre a fronte dei 67 mila dello scorso gennaio e dei 210 mila dell’ottobre dello scorso anno); nel mese di ottobre in Italia si è avuto il picco di arrivi (circa 28 mila) dopo i flussi più contenuti di gennaio (circa 5 mila arrivi) e marzo-aprile (circa 10 e 9 mila).

UNHCR e OIM concordano sul fatto che nel 2015 sono arrivate nell’Unione europea via Mediterraneo oltre un milione di persone, di cui oltre 850 mila in Grecia e circa 154 mila in Italia.

Sbarchi in Grecia nei primi 10 mesi del 2016 (colonne in blu; le colonne in grigio rappresentano il trend nel 2015): Fonte UNHCR

Sbarchi in Italia nei primi 10 mesi del 2016 (colonne in blu; le colonne in grigio rappresentano il trend nel 2015): Fonte UNHCR

Il crollo degli arrivi in Grecia viene attribuito alla chiusura della cosiddetta rotta dei Balcani occidentali, con particolare riferimento agli accordi UE Turchia, che avrebbero determinato un disincentivo alle partenze dalla Turchia verso le isole elleniche, soprattutto da parte dei profughi siriani.

Secondo le analisi più accreditate, l’aumento degli arrivi in Italia non dipenderebbe dallo spostamento dei flussi da una rotta all’altra, atteso che la nazionalità dei migranti lungo la rotta del Mediterraneo centrale sarebbe differente rispetto a quelle della rotta del Mediterraneo orientale (si tratta per lo più di migranti economici provenienti dal continente africano: vedi infra tabelle), ma dal miglioramento delle condizioni climatiche e dall’instabilità politica tuttora esistente in Libia, principale paese di partenza verso l’Italia).

Di seguito un grafico recante le proporzioni relative alle nazionalità dei migranti sbarcati in Grecia  nei primi otto mesi del 2016: fonte UNHCR

 

 

 

 

 

Di seguito un grafico recante le proporzioni relative alle nazionalità dei migranti sbarcati  in Italia nei primi otto mesi del 2016: fonte UNHCR

Le domande di asilo nell’UE

Secondo l’EASO - l’Ufficio europeo per l’asilo, nel mese di agosto  2016 gli Stati membri hanno registrato oltre 137 mila domande di protezione internazionale, di cui il 96 per cento sono state domande di asilo di prima istanza (ovvero presentate in uno Stato membro per la prima volta).

I richiedenti asilo più numerosi sono stati cittadini siriani (circa 32 mila), seguiti da afgani (circa 24 mila) e iracheni (oltre 14 mila). Questi tre gruppi rappresentano il 50 per cento di tutti richiedenti protezione.

Seguono I richiedenti asilo cittadini di Nigeria, Iran, Eritrea e  Pakistan, I cui gruppi si attestano approssimativamente sulle 5 mila  domande

Inoltre Eurostat ha comunicato che nei primi sei  mesi del 2016 le domande di asilo di prima istanza si sono attestate a circa 595 mila di cui 305 mila nel secondo trimestre (con una variazione di più 6 per cento rispetto al trimestre precedente). 

Di seguito il trend delle domande di asilo di prima istanza dal 2014 al secondo trimestre del 2016

Secondo Eurostat, durante il secondo  trimestre  2016, il più alto numero di domande di asilo di prima istanza è stato registrato in Germania (circa  187mila)  (61 per cento di tutte le richieste in UE); seguono Italia con 27 mila domande (9 pe cento), Francia con 17 800 (6 per cento) Ungheria con 14 900 (5 per cento) e  Grecia con 12 mila (4 per cento).

Si segnala che In Grecia  si è registrato un aumento del 132 per cento rispetto al primo trimestre 2016. In rapporto alla popolazione dei singoli Stati membri la quota più importante di richiedenti asilo di prima istanza si è registrata in Germania  (2.273 per milione di abitanti), seguita da Ungheria (1517), Austria (1241 e Grecia (1113).

Di seguito la tabella con le richieste di asilo di prima istanza distribuite per Stato membro nei primi due trimestri del 2016.

 

Per quanto riguarda gli ultimi dati relativi all’Italia il Ministero dell’interno ha comunicato che nel settembre 2016  sono state presentate 12.499 domande, con un aumento del 9 per cento dei richiedenti asilo rispetto al mese precedente.

Di seguito una tabella con le principali nazionalità dei richiedenti asilo in Italia nel mese di settembre2016

Si ricorda infine che nel 2015 gli Stati membri hanno registrato 1.350.000 domande di asilo, con un trend che si è particolarmente accentuato a partire dal  mese di ottobre.

Iniziative normative in materia di redistribuzione tra gli Stati membri dei richiedenti asilo: relocation e resettlement

A partire dal maggio 2015 la Commissione ha proposto a più riprese correttivi al sistema Dublino in materia di ripartizione tra gli Stati membri della responsabilità del trattamento delle domande di asilo, al fine di alleggerire il carico delle domande che grava sugli Stati membri esposti alle rotte dei migranti.

I programmi temporanei di ricollocazione

Dando seguito alle indicazioni contenute nell’Agenda europea sulla migrazione, nel settembre 2015, il Consiglio ha adottato due meccanismi temporanei di ricollocazione (relocation) per complessivi 160 mila richiedenti asilo in evidente stato di bisogno di protezione.

I programmi di ricollocazione prevedono che una parte dei richiedenti asilo che abbiano presentato domanda in Italia, Grecia (o in eventuali altri Stati membri successivamente considerati in stato di emergenza- rifugiati) siano presi in carico da altri Stati membri secondo chiavi di distribuzione predefiniti, che tengono conto di parametri come il PIL, la popolazione, il tasso di disoccupazione, e media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014.

Successivamente l’Unione europea ha stabilito di impiegare quota dei posti assegnati in relocation (54 mila) al programma di reinsediamento[18] nell’ambito degli accordi UE Turchia per quanto riguarda i  rifugiati siriani sfollati in Turchia.

Nel luglio 2015 il Consiglio aveva già adottato una raccomandazione volta al reinsediamento di ulteriori 22 mila richiedenti asilo.

La proposta di ricollocamento per i casi di crisi 

Sulla scorta di tali provvedimenti, la Commissione, il 9 settembre 2015, presentava una proposta di regolamento recante un meccanismo di ricollocazione di crisi per tutti gli Stati membri e che modifica il regolamento Dublino. Si tratta, in sostanza, di una  redistribuzione per quote dei richiedenti protezione tra tutti gli Stati membri, secondo un procedimento  attivabile tramite atto delegato della Commissione europea.

La  proposta ha conseguito scarsi progressi nel processo di adozione soprattutto a causa dell’aperta ostilità manifestata da alcuni Stati membri rispetto al sistema di quote obbligatorie di presa in carico dei richiedenti asilo.

La 1a Commissione permanente del Senato della Repubblica ha approvato, il 16 febbraio 2016, una risoluzione di ampio respiro sull'Agenda europea per le migrazioni e sui documenti ad essa collegati (Doc XVIII, n. 106). In tale articolato documento la Commissione ha, tra l'altro, espresso il proprio sostegno alla proposta della Commissione europea per un meccanismo permanente di ricollocazione ed all'intenzione di effettuare una valutazione del "sistema Dublino".

 

Il seguito dato alle misure in materia di ricollocamenti

Nonostante gli sforzi della Commissione europea il grado di attuazione dei provvedimenti in materia di ricollocazione è tuttora fortemente deficitario.

Secondo la sesta  relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento, pubblicata dalla Commissione europea il 28 settembre 2016, dall’Italia sono stati effettivamente ricollocati in altri Stati membri 1.196 persone, a fronte di circa 3.809 posti messi a disposizione dagli altri Stati membri, e di un impegno accettato in sede di Consiglio (perciò vincolante) di circa 35 mila richiedenti asilo.

Significativo il fatto che alcuni Paesi (tra gli altri, Ungheria e Slovacchia), nonostante gli impegni, presi non abbiano ancora messo a disposizione alcun posto per la relocation


 

Di seguito una tabella recante l’attuazione del programma di relocation dei richiedenti asilo dall’Italia.

La Commissione ha registrato un simile trend per quanto riguarda la ricollocazione dei richiedenti asilo dalla Grecia. Da tale Stato membro sono state effettivamente ricollocate 4.455 persone, a fronte di circa 9.776 mila posti messi a disposizione dagli altri Stati membri, e di un impegno assunto in sede di Consiglio UE che li vincolerebbe alla relocation di 63 mila richiedenti asilo.


 

 

Di seguito una tabella recante l’attuazione del programma di relocation dei richiedenti asilo dalla Grecia.

 

 

Si segnala, infine, che una delle due decisioni del Consiglio recanti la ricollocazione dei richiedenti asilo (precisamente la n. 2015/1601, che provvede allo smistamento di 120 mila richiedenti asilo) è stata impugnata con ricorsi distinti innanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea da Slovacchia e Ungheria, che ne hanno chiesto l’annullamento per incompatibilità con i Trattati.

 

La Commissione ha altresì diffuso i dati relativi all’attuazione del programma di resettlement. In particolare, al 28 settembre 2016, sono state reinsediate circa 11 mila persone provenienti prevalentemente da Turchia, Libano e Giordania. Queste sono state accolte da 21 Stati di reinsediamento (Austria, Repubblica Ceca, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Spagna, Svezia e Svizzera).

La proposta di riforma del regolamento Dublino

Il  4 maggio 2016 la Commissione europea ha presentato una proposta di riforma complessiva (rifusione) del regolamento Dublino.

La riforma mira a migliorare la disciplina esistente al fine di razionalizzare ed accelerare i procedimenti di asilo, oltre che evitare i fenomeni dell’asylum shopping e dei movimenti secondari da parte dei richiedenti protezione. L’aspetto più significativo della proposta consiste nell’istituzione di un nuovo sistema di redistribuzione solidale dei richiedenti asilo tra tutti gli Stati membri. Si tratta di  un meccanismo di assegnazione correttivo (meccanismo di equità) con il quale si  stabilisce automaticamente quando un Paese sta trattando un numero sproporzionato di richieste di asilo. A tal fine sono fissate quote di riferimento calcolate in funzione delle dimensioni e della ricchezza di uno Stato membro (in termini di PIL complessivo); se uno Stato membro riceve un numero di domande di protezione oltre il 150% della quota di riferimento tutti i nuovi richiedenti asilo nel paese in questione (indipendentemente dalla nazionalità), dopo una verifica dell’ammissibilità della domanda presentata, devono essere ricollocati in tutta l’UE finché il numero di domande in quello Stato non sarà ridisceso al di sotto di quel livello.

Tuttavia uno Stato membro avrà la possibilità di non partecipare temporaneamente al ricollocamento, ma, in tal caso, dovrà versare un contributo di solidarietà, pari a  250.000 euro per ciascun richiedente che gli sarebbe stato altrimenti assegnato, allo Stato membro in cui il richiedente è effettivamente ricollocato; il meccanismo tiene anche conto degli sforzi compiuti da uno Stato membro per reinsediare persone bisognose di protezione internazionale direttamente da un paese terzo.

 

Alla Camera dei deputati la proposta di riforma del regolamento Dublino è attualmente all’esame della I Commissione.

La 1a Commissione permanente del Senato della Repubblica, invece, ha espresso in merito (COM(2016) 270) un parere motivato sul mancato rispetto del principio di sussidiarietà (Doc. XVIII, n. 156). In estrema sintesi, nel parere si afferma che gli effetti complessivi delle modifiche proposte non sono coerenti con gli obiettivi che la Commissione europea medesima pone alla base della proposta, ovvero ottenere un'equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri e di frenare i movimenti secondari dei cittadini di Paesi terzi tra gli Stati membri.

Ulteriori pareri motivati sono stati approvati dal Senato e la Camera dei deputati della Repubblica ceca; l’Assemblea nazionale dell’Ungheria; il Senato e la Sejm polacchi; la Camera dei deputati della Romania; il Consiglio nazionale della Repubblica slovacca. 

Raccomandazione alla Grecia circa le urgenti misure da prendere in vista del ripristino dei trasferimenti Dublino

Dal 2011, conformandosi a decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia dell’Unione europea che individuavano gravi carenze nel sistema di asilo ellenico (in particolare sotto il profilo del mancato rispetto dei diritti umani), gli Stati membri hanno deciso di sospendere i trasferimenti in Grecia dei richiedenti asilo per i quali tale Stato membro sarebbe stato competente (cosiddetti trasferimenti Dublino).

Nell’ambito del monitoraggio sulla situazione dell’asilo in Grecia, il 28 settembre 2016 la Commissione ha adottato la terza raccomandazione sulle misure specifiche che la Grecia deve adottare ai fini del corretto funzionamento delle norme UE in materia asilo.

Nella raccomandazione si rilevano progressi con particolare riferimento alle procedure di registrazione dei richiedenti asilo, alle capacità di accoglienza, all’aumento delle commissioni di appello per le domande, alla legislazione in materia di assistenza legale gratuita e di istruzione per i richiedenti asilo in età scolare.

La proposta di regolamento in materia di resettlement

Il 13 luglio 2016 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che istituisce un nuovo quadro in materia di reinsediamento inteso a garantire alle persone che necessitano di protezione internazionale canali organizzati e sicuri di accesso all'Europa.

La disciplina, in sintesi, prevede: una procedura unificata per il reinsediamento nell’UE;. criteri per determinare le regioni o i paesi terzi da cui avrà luogo il reinsediamento; procedure standard comuni per la selezione e il trattamento dei candidati al reinsediamento. un sostegno agli Stati membri per gli sforzi di reinsediamento nel quadro di detti programmi (10 mila euro del bilancio UE per ogni persona reinsediata).

La 1a Commissione permanente del Senato della Repubblica ha esaminato il documento (COM(2016) 468) ed adottato una risoluzione (Doc XVIII, n. 158) favorevole con osservazioni. Nel testo si mette in luce la mancanza di criteri di riferimento per l'adozione, da parte della Commissione europea, degli atti di esecuzione previsti nella proposta medesima.

Le ultime proposte in materia di asilo comune europeo

Il 13 luglio 2016 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di riforma del sistema comune europeo di asilo, che integra la proposta di revisione del regolamento Dublino già presentata il 4 maggio 2016.

Il pacchetto include:

·       una proposta di regolamento che, sostituendo l’attuale direttiva procedure, stabilisce una procedura UE comune, con l’obiettivo di ridurre le differenze nei tassi di riconoscimento dei vari Stati membri, scoraggiare i movimenti secondari e assicurare garanzie procedurali comuni per i richiedenti asilo.

La 1a Commissione permanente del Senato della Repubblica ha esaminato il documento (COM(2016) 467) ed adottato una risoluzione (Doc XVIII, n. 166) favorevole con osservazioni. Nel testo si mette in luce che l'impianto della riforma del sistema europeo d'asilo prevede una serie di aggravi per gli Stati di primo ingresso come l'Italia, che non vanno nella direzione dell'obiettivo posto dalla riforma stessa ;

·       una proposta di regolamento che, sostituendo l’attuale direttiva qualifiche, è volta ad armonizzare gli standard di protezione tra i vari Stati membri.

La 1a Commissione permanente del Senato della Repubblica ha esaminato il documento (COM(2016) 466) ed adottato una risoluzione (Doc XVIII, n. 167) favorevole con rilievi;

·       una riforma della direttiva sulle condizioni di accoglienza dei rifugiati.

La 1a Commissione permanente del Senato della Repubblica ha esaminato il documento (COM(2016) 465) ed adottato una risoluzione (Doc XVIII, n. 165) che contiene un parere motivato sul mancato rispetto del principio di sussidiarietà.

Migration compact

Il migration compact: la proposta del Governo italiano

Il documento del Governo italiano del 16 aprile 2016  ”Migration compact: contributo a una strategia UE per l’azione sterna sulla migrazione inviato alle Istituzioni europee propone una cooperazione mirata e rafforzata con i Paesi terzi di provenienza e di transito. Nell’ambito di tale cooperazione secondo il Governo italiano l’UE potrebbe, tra l’altro, offrire:

·       progetti di investimento ad alto impatto sociale e infrastrutturale, da identificare insieme con il Paese partne;

·       emissione di “obbligazioni UE-Africa", al fine di agevolare l'accesso dei Paesi africani ai mercati dei capitali;

·       misure per agevolare le rimesse degli immigrati e il loro reinvestimento, in sinergia con la Banca europea per gli investimenti e altre organizzazioni finanziarie europee e internazionali;

·       opportunità di migrazione legale e programmi di reinsediamento

In cambio l’UE potrebbe chiedere ai Paesi partner, tra l’altro:

·       l’impegno nel controllo delle frontiere e per la riduzione dei flussi verso l'Europa, nonché nelle attività di soccorso;

·       la cooperazione in materia di rimpatri /riammissioni

·       l’istituzione di sistemi nazionali di asilo in linea con gli standard internazionali;

·       il rafforzamento della lotta contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti anche attraverso azioni congiunte di polizia e cooperazione giudiziaria.

Sul piano del finanziamento, il Governo italiano propone di istituire un nuovo “strumento finanziario per l’azione esterna in materia di migrazione”, cui potrebbe aggiungersi l’emissione di bond comuni europei per sostenere le politiche connesse alle migrazioni.

La proposta della Commissione europea su un nuovo quadro di partenariato per la migrazione.

Il 7 giugno 2016 la Commissione europea, anche in risposta alle proposta italiana del cosiddetto migration compact, ha presentato una comunicazione sull’istituzione di un nuovo quadro di partenariato con i Paesi terzi nell’ambito dell’Agenda europea sulla migrazione. In particolare, la Commissione propone un nuovo approccio nella politica estera UE nei confronti dei Paesi terzi di origine e di transito interessati dai flussi migratori.

L'esame della Comunicazione è in corso presso la 1a Commissione permanente del Senato della Repubblica.

La nuova politica include misure a breve e a lungo periodo. Per quanto riguarda le misure a breve, gli obiettivi previsti sono:

·       il salvataggio delle vite umane dei migranti lungo le rotte del mare e del deserto;

·       il contrasto ai trafficanti di esseri umani e ai passatori di migranti;

·       l’incremento dei rimpatri dei migranti irregolari, nonché misure per consentire ai migranti di rimanere il più possibile ai luoghi di origine;

·       l’apertura di canali legali di accesso all’UE, con particolare riguardo a una politica rafforzata di reinsediamento.

Le misure a lungo termine previste nel nuovo partenariato mirano, in sintesi, ad affrontare le cause profonde della migrazione irregolare mediante il sostegno ai  Paesi del partenariato per quanto riguarda lo sviluppo politico, sociale, ed economico, con particolare riferimento alla creazione di opportunità economiche nei Paesi di origine.  

Per l’attuazione della nuova politica di partenariato la Commissione europea ha previsto un significativo rafforzamento dei mezzi finanziari.

Nell’ambito delle misure a breve termine è previsto anzitutto il potenziamento del Fondo fiduciario per l’Africa con un miliardo di euro, di cui 500 milioni di euro attinti alla riserva del Fondo europeo di sviluppo e 500 richiesti agli Stati membri[19].

Per quanto riguarda il finanziamento delle misure a lungo termine volte ad affrontare le cause profonde della migrazione la Commissione ha proposto un Piano per gli investimenti esteri volto a:

·       contribuire al conseguimento di uno sviluppo sostenibile nei paesi partner in modo coerente e uniforme;

·       mobilitare gli investimenti mediante una leva finanziaria capace di stimolare gli investimenti da parte dei soggetti privati in quei Paesi terzi altrimenti non in grado di attrarre capitali;

·       mirare ai settori socioeconomici, in particolare le infrastrutture (tra cui energia, acqua, trasporti, tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ambiente, infrastrutture sociali, capitale umano), e fornire  finanziamenti a favore delle micro, piccole e medie imprese, con particolare attenzione alla creazione di posti di lavoro;

·       contribuire a migliorare il contesto imprenditoriale nei paesi partner per sostenere le riforme e la governance economica.

Il fulcro del Piano per gli investimenti esteri è rappresentato dal nuovo fondo per investimenti nei paesi terzi in via di sviluppo (EFSD), costituito  mediante un contributo di 3,35 miliardi di euro provenienti sia dal bilancio UE e sia dal Fondo europeo di sviluppo, che dovrebbe a sua volta mobilitare investimenti complessivi fino a 44 miliardi di euro. La Commissione europea ritiene sia possibile arrivare a 88 miliardi di fondo investimenti se gli Stati membri e gli altri partner verseranno un contributo equivalente a quello dell'UE.

Più dettagliatamente, secondo la Commissione il Piano per gli investimenti esteri si articolerà in tre pilastri:

-       mobilitazione di investimenti attraverso la nuova garanzia nell’ambito del Fondo esterno per lo sviluppo sostenibile

-       rafforzamento dell’assistenza tecnica e sviluppo di progetti maturi e finanziariamente interessanti, che contribuiscano a mobilitare maggiori investimenti

-       miglioramento della governance economica, del contesto imprenditoriale e coinvolgimento del settore privato.

In particolare, l’EFSD dovrebbe essere composto da due piattaforme regionali di investimento per l’Africa e per il vicinato europeo, che fungerebbero da sportello unico per ricevere proposte dalle istituzioni finanziarie e da altri investitori pubblici e privati. Il Fondo dovrebbe creare anche una nuova garanzia, che consentirebbe di accordare garanzie parziali agli intermediari finanziari che, a loro volta, offrirebbero sostegno ai beneficiari finali mediante prestiti, garanzie, partecipazioni azionarie o prodotti simili. L’obiettivo è mobilitare finanziamenti supplementari, in particolare da parte del settore privato, in quanto la garanzia dell’EFSD è volta a ridurre il rischio per gli investimenti privati ed a assorbire le eventuali perdite subite dalle controparti ammissibili, ad esempio istituzioni pubbliche di finanziamento e investitori del settore privato.

Riguardo al secondo pilastro del piano, la Commissione intende, tra l’altro adoperarsi per un potenziamento mirato delle capacità dei rappresentanti del settore privato, segnatamente delle camere di commercio, delle parti sociali, delle associazioni che rappresentano micro, piccole e medie imprese, e l’imprenditoria femminile.

Circa il miglioramento del contesto imprenditoriale e della governance economica, la Commissione intende rafforzare  il dialogo sulla politica economica e sociale tra l’UE e i paesi partner, al fine di sviluppare quadri normativi, politiche e istituzioni più efficaci, che promuovano la stabilità economica e la crescita inclusiva.

Tale ambito di intervento dovrebbe includere, in particolare, corsi di formazione che permettano di elaborare politiche, laboratori pratici, progetti di gemellaggio e seminari, rafforzando  la capacità dei funzionari di analizzare gli sviluppi economici e di formulare e attuare politiche efficaci, specie in materia di crescita inclusiva e sostenibile, rispetto dei diritti umani, lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata e contro i flussi finanziari illeciti, e di miglioramento delle relazioni commerciali dei partner dell’UE.

La nuova politica di partenariato è stata avviata in relazione a cinque Paesi terzi considerati dall’UE prioritari: Mali, Nigeria, Niger, Senegal e Etiopia (cosiddetti primi cinque compact).

Si tratta in linea di massima dei Paesi terzi di origine e di transito maggiormente interessati dai migranti che seguono la rotta del Mediterraneo centrale (dalle coste libiche ed egiziane all’Italia). 

Controllo delle frontiere – Contrasto alla migrazione irregolare

Attività normativa

L’Unione europea ha recentemente adottato un nuovo regolamento che istituisce la Guardia costiera e di frontiera europea, potenziando l’attuale Frontex (che cambia denominazione: Agenzia della guardia costiera e di frontiera europea).

Gli elementi chiave del regolamento  sono:

-       una squadra di riserva rapida di almeno 1500 esperti e un parco di attrezzature tecniche messo a disposizione dagli Stati membri cui l’Agenzia dovrebbe poter attingere autonomamente;

-       l’istituzione di un centro di monitoraggio e analisi dei rischi;

-       in caso di persistenza delle carenze o di ritardo o inadeguatezza dell'azione nazionale, e in ogni caso di forte pressione migratoria che rappresenti una minaccia per lo spazio Schengen, la facoltà di intervento diretto della Commissione europea e della nuova Agenzia, attraverso misure cui lo Stato membro interessato è obbligato a conformarsi;

-       il rafforzamento del mandato dell’Agenzia per quanto riguarda le attività di rimpatrio.

La Guardia costiera e di frontiera europea è stata varata ufficialmente il 6 ottobre 2016.

È inoltre all’esame delle Istituzioni legislative europee una proposta di regolamento che istituisce un sistema di ingressi/uscite per la registrazione dei dati di ingressi e di uscita e dei dati relativi al respingimento dei cittadini di paesi terzi che attraversano le frontiere esterne UE.

Il nuovo regime sostituirebbe l’attuale sistema di timbratura manuale dei passaporti dei cittadini dei paesi terzi facilitando le operazioni di controllo di frontiera, con particolare riguardo all’individuazione di documenti contraffatti e false identità. Il sistema di registrazione automatizzato riguarda: nome, tipo di documento di viaggio, dati biometrici, data e luogo di ingresso e di uscita, e i respingimenti.

La 1a Commissione permanente del Senato della Repubblica ha esaminato il documento (COM(2016) 196) ed adottato una risoluzione favorevole (Doc XVIII, n. 132).

Infine la Commissione europea nel breve periodo dovrebbe presentare una proposta istitutiva di un sistema automatico di informazione e autorizzazione di viaggio (ETIAS) che dovrebbe consentire controlli avanzati di sicurezza sui viaggiatori esenti dal visto.

Reintroduzione dei controlli alle frontiere interni

Il 12 maggio 2016 il Consiglio ha (per la prima volta) adottato una raccomandazione ai sensi dell’articolo 29 del Codice frontiere Schengen per la reintroduzione di controlli alle frontiere interne UE a causa di circostanze eccezionali che mettono a rischio il funzionamento complessivo dello Spazio Schengen. La raccomandazione è stata indirizzata ai cinque Stati dell’area Schengen (Austria, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia) maggiormente interessati dai flussi di migranti irregolari provenienti dalla Grecia nel contesto della crisi dei migranti e rifugiati iniziata nel 2015.

La raccomandazione autorizza tali Stati a mantenere controlli (purché siano proporzionati) a specifici settori delle frontiere interne UE per un periodo massimo di 6 mesi.

Infine il 25 ottobre 2016 la Commissione ha presentato una proposta di raccomandazione volta ad estendere i controlli temporanei alle frontiere interne per un periodo ulteriore di tre mesi.

Iniziative in materia di migrazione legale

In tale ambito la Commissione europea ha proposto:

·       una riforma della direttiva sulla carta blu UE, recante, tra l'altro, condizioni di ammissione più flessibili, il miglioramento delle procedure di ammissione e maggiori diritti per i cittadini di paesi terzi altamente qualificati;

La 1a Commissione permanente del Senato della Repubblica ha esaminato il documento (COM(2016) 378) ed adottato una risoluzione favorevole (Doc XVIII, n. 145).

·       un piano d’azione dell’UE sull'integrazione.

Accordi UE-Turchia

L’UNHCR ha stimato che nel 2015 circa 860 mila migranti partiti dalla Turchia sarebbero giunti via mare in Grecia. Il flusso senza precedenti nel 2015 sarebbe determinato dalla presenza in Turchia di circa 2,2 milioni di profughi provenienti dalla Siria. Al momento, secondo l’UNHCR i profughi siriani in Turchia sarebbero 2,7 milioni. La Commissione europea ha stimato che per la gestione dei profughi la Turchia ha impiegato risorse per circa sette miliardi di euro. Il trend dei migranti dalla Turchia alla Grecia del 2016 è tuttavia in forte diminuzione: circa 156 mila arrivi nei primi cinque mesi. Si ritiene che la rapida diminuzione del flusso sia, tra l’altro, la conseguenza della misure previste dai recenti accordi UE Turchia. In particolare, secondo la Commissione europea se nelle tre settimane precedenti l’applicazione della Dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016 (Vedi infra) circa 27 mila persone erano entrate irregolarmente nelle isole greche, nelle tre settimane successive sarebbero stati constatatati solo circa 6 mila arrivi irregolari.

Il Piano di azione UE Turchia e la Dichiarazione del 18 marzo 2016

Il 29 novembre 2015, in occasione del vertice UE-Turchia, l'Unione europea e la Turchia hanno dato l'avvio a un Piano d'azione comune con l'obiettivo di migliorare la cooperazione per il sostegno ai rifugiati siriani beneficiari di protezione temporanea e alle comunità che li ospitano in Turchia, e per impedire i flussi migratori irregolari verso l'UE.

Tra i punti principali del Piano: la predisposizione da parte dell’UE di un Fondo per la Turchia a favore dei rifugiati corrispondente a tre miliardi di aiuti; l’intensificazione della cooperazione sui migranti che non necessitano di protezione internazionale, al fine di impedire i viaggi verso la Turchia e l’UE, e di garantire l’applicazione delle disposizioni bilaterali vigenti in materia di riammissione; l’attuazione del rimpatrio rapido nei rispettivi Paesi di origine; l’applicazione a partire dal giugno 2016 dell’accordo di riammissione UE-Turchia.

L’attuazione del Piano è stata messa a punto con la Dichiarazione UE - Turchia del 18 marzo 2016. In tale occasione i leader dell'UE e della Turchia hanno raggiunto un accordo sui seguenti punti:

·       il rinvio in Turchia di tutti i nuovi migranti irregolari e i richiedenti asilo le cui domande sono state dichiarate inammissibili e che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche, a decorrere dal 20 marzo 2016, nel pieno rispetto del diritto dell'UE e internazionale;

·       l’impegno UE a reinsediare un cittadino siriano dalla Turchia per ogni siriano rinviato in Turchia dalle isole greche, accordando priorità ai migranti che non sono entrati o non abbiano tentato di entrare nell’UE in modo irregolare (cosiddetto programma 1:1);

·       la Turchia adotterà qualsiasi misura necessaria per impedire l'apertura di nuove rotte terrestri o marittime per la migrazione illegale;

·       una volta terminati gli attraversamenti irregolari, verrà attivato un programma volontario di ammissione umanitaria;

·       l'UE accelererà ulteriormente l'erogazione dei 3 miliardi di euro assegnati in base a precedenti accordi e mobiliterà altri 3 miliardi di euro una volta che queste risorse saranno state utilizzate e a condizione che gli impegni siano soddisfatti;

·       l'UE e la Turchia si adopereranno per migliorare la situazione umanitaria in Siria.

Nell’ambito di tale Dichiarazione, infine, i leader dell'UE e la Turchia hanno convenuto di accelerare l'adempimento della tabella di marcia sulla liberalizzazione dei visti, nonché di rilanciare il processo di adesione della Turchia all’UE.

Secondo la terza relazione sui progressi compiuti in merito all'attuazione della dichiarazione UE-Turchia, pubblicata il 28 settembre 2016, dalla Grecia alla Turchia sono state rimpatriate 580 persone, mentre i cittadini siriani reinsiediati negli Stati UE ammonterebbero a oltre mille.

Inoltre, per quanto riguarda l’attuazione dello strumento finanziario per i rifugiati in Turchia, la Commissione ha riferito che sono stati stanziati 2.239 milioni di euro, di cui assegnati 1.252, ed effettivamente erogati 467 milioni di euro.

Il sostegno finanziario a Grecia e Italia per la crisi dei migranti

Italia

Le risorse dell’Unione europea in materia di immigrazione e gestione delle frontiere sono previste principalmente nei Fondi AMIF (Asilo, migrazione e integrazione) e ISF (Fondo Sicurezza interna - Frontiere) che ammontano complessivamente  a circa 7 miliardi di euro nel periodo 2014-2020.

In tale periodo di riferimento, per l’attuazione dei programmi nazionali in materia di migrazione e asilo, l’UE assegna all’Italia circa 310 milioni derivanti dal Fondo AMIF. Ulteriori 212 milioni, provenienti dal Fondo ISF, sono previsti per l’Italia per la gestione delle frontiere (156) e la polizia (56) milioni di euro.

L’Italia ha inoltre ricevuto nel 2016 dall’UE circa 23 milioni di assistenza in emergenza per far fronte alla crisi dei migranti.

Grecia

I Fondi AMIF e ISF assegnano alla Grecia, rispettivamente, 294 e 214 milioni di euro. Si tratta complessivamente di circa 509 milioni di euro che sostengono i programmi nazionali in materia di gestione dei migranti e richiedenti asilo e di protezione delle frontiere

Inoltre, al fine di sostenere le autorità greche, le organizzazioni internazionali e le ONG nella gestione della crisi umanitaria l’Unione europea ha garantito un ulteriori risorse pari a 352 milioni di euro  A tali Fondi l’Unione europea ha aggiunto 352 milioni per l’assistenza di emergenza dopo che nel 2015 sono giunte in Grecia 850 mila persone.

Infine il Consiglio  ha approvato un meccanismo di sostegno di emergenza in risposta alla difficile situazione umanitaria causata dalla crisi dei rifugiati, in particolare in Grecia. L'assistenza umanitaria dell'UE mira a soddisfare le esigenze di base dei rifugiati fornendo cibo, alloggio, acqua, medicinali e altri beni di prima necessità. A tal fine l’UE ha adottato un progetto di bilancio rettificativo per mobilitare le risorse necessarie dal bilancio dell'UE per il 2016.

Si tratta di un importo complessivo di 700 nel periodo 2016-2018 (di cui 300 milioni nel 2016, 200 milioni di EUR nel 2017 e 200 milioni di EUR nel 2018).

Il meccanismo di sostegno di emergenza non si limita a fornire assistenza agli Stati membri nella crisi dei rifugiati. Può essere anche mobilitato in risposta a crisi o catastrofi eccezionali aventi gravi conseguenze umanitarie come incidenti nucleari, attentati terroristici ed epidemie.

 



[1] La relazione, presentata il 22 giugno 2015, è stata elaborata dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, in stretta collaborazione con il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il Presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, e il Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz.

[2] La soglia per il riesame è abbassata a un quarto nel caso di proposte della Commissione o di iniziative di un gruppo di Stati membri relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

[3] Per ulteriori dettagli su quest'ultimo "cartellino giallo", si rinvia alla pubblicazione Dossier europei n. 35, "Una revisione mirata della normativa sul distacco dei lavoratori", realizzata dal Servizio studi del Senato assieme all'Ufficio rapporti con l'Unione europea della Camera dei deputati, ottobre 2016.

[4] Frans Timmermans, Vicepresidente e Commissario per la qualità della legislazione, le relazioni interistituzionali, lo Stato di diritto e la Carta dei diritti fondamentali; Federica Mogherini, Alta Rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e Vicepresidente della Commissione europea; Jyrki Katainen, Vicepresidente e Commissario per le politiche dell'Unione europea per la crescita e l'occupazione; Cecilia Malmström, Commissaria per il Commercio; Miguel Arias Cañete, Commissario per il Clima e l'Energia; Margrethe Vestager, Commissaria per la concorrenza; Phil Hogan, Commissario per l’agricoltura; Vytenis Andriuskaitis, Commissario per la salute e la sicurezza alimentare; Maroš Šefčovič, Vicepresidente e Commissario per l’Unione dell’energia; Valdis Dombrovskis, Vicepresidente e Commissario per l’Euro e il dialogo sociale; Julian King, Commissario europeo per l'Unione della sicurezza.

[5] Fonte: "European Union, Trade in Goods with USA", a cura della Commissione europea - Direzione generale per il Commercio, giugno 2016.

[6] Irlanda, Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Finlandia, Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Spagna e Portogallo.

[7] L'Italian sounding è un fenomeno basato sulla capacità di proporre al consumatore prodotti che, indipendentemente dalla qualità e dal luogo di produzione, siano associati ad un elemento tipicamente italiano, ad esempio un nome simile a quello del prodotto "originario", o che utilizzino nell'etichetta o nel confezionamento colori o immagini che richiamano esplicitamente l'Italia.

[8] Il meccanismo ISDS è contenuto in numerosi accordi di investimento esistenti e prevede la possibilità per gli investitori stranieri di adire un arbitro internazionale, invece che il sistema giurisdizionale interno, per ricevere compensazione monetaria, o altra forma di risarcimento, qualora un Governo, che sia parte contraente di un trattato commerciale, abbia violato le norme del trattato medesimo.

[9] "Commercio per tutti - Verso una politica commerciale e di investimento più responsabile" COM(2015)497. Si veda al riguardo la pagina a cura della Commissione europea.

[10] La lettera è stata firmata, su iniziativa della Camera bassa dei Paesi Bassi, dai Presidenti delle Commissioni competenti in materia di affari europei della stessa Tweede Kamer olandese, del Nationalrat e del Bundesrat austriaci, della Camera dei rappresentanti del Belgio, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ceca, dell'Assemblea nazionale francese, del Bundestag tedesco, dell'Assemblea nazionale ungherese, dell'Oireachtas irlandese, della Seima lettone, della Camera dei deputati del Lussemburgo, della Camera dei rappresentanti di Malta, della Sejm e del Senato polacchi, dell'Assemblea della Repubblica portoghese, del Consiglio nazionale slovacco, dell'Assemblea nazionale slovena, della House of Lords e della House of Commons britanniche.

[11] Alla Vallonia, si è unita, seppur in maniera più sfumata, la regione di Bruxelles-capitale.

[12] In Belgio è previsto infatti che in occasione di un trattato internazionale tutte le regioni del paese debbano dare il loro benestare per consentire al governo di firmare il testo.

[13] In particolare si sono accordati su un documento (Strumento congiunto della Commissione europea e del Canada) che fornisce un'interpretazione autentica dell'accordo e che è stato modificato al fine di tener conto delle osservazioni della Vallonia.

[14] La versione originale, in lingua inglese, è disponibile, insieme al testo integrale del dibatto, sul sito del Parlamento europeo al seguente indirizzo: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+CRE+20161026+ITEMS+DOC+XML+V0//IT&language=IT#creitem4.

 

[15] Senatrice Fattori, Gruppo del Movimento 5stelle.

[16] Senatore Berger Johann Karl, Gruppo per le autonomie.

[17] Si veda al riguardo il Dossier predisposto dal Servizio Studi del Senato e dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea della Camera dei deputati.

[18] Il programma di reinsediamento prevede il trasferimento in Stati membri di richiedenti asilo individuati in Stati terzi (in particolare in campi profughi)

[19] La creazione dell’Eu-Africa Trust Fund è sta prevista in occasione del Summit UE-Africa di La Valletta dell’11 e 12 novembre 2015, al quale hanno partecipato, tra l’altro, i capi di Stato e di Governo dell'Unione europea e dei Paesi africani parti del processo di Khartoum (in particolare i Paesi del Corno d'Africa e l’Egitto) e del processo di Rabat (gli Stati delle regioni dell’Africa settentrionale, occidentale e centrale)

Il Fondo ha una dotazione iniziale di 1,8 miliardi di euro finanziato in parte dal bilancio UE e in parte da contributi degli Stati membri, e dovrebbe sostenere, tra l’altro, programmi di sviluppo in quelle aree dell’Africa di origine e di transito dei migranti verso l’UE (Sahel, Corno d’Africa, Africa del Nord).