Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||
Titolo: | Riunione dei Presidenti delle Commissioni competenti in materia di affari sociali Lussemburgo, 19 ottobre 2015 | ||||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 44 | ||||
Data: | 15/10/2015 | ||||
Descrittori: |
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Senato della Repubblica
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Camera dei deputati
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Documentazione per le Commissioni
Riunioni interparlamentari
Riunione dei Presidenti delle Commissioni competenti in materia di affari sociali
Lussemburgo, 19 ottobre 2015
Senato della Repubblica Servizio Studi Dossier europei n. 7 |
Camera dei deputati Ufficio rapporti con l’Unione europea n. 44 |
15 ottobre 2015
XVII LEGISLATURA
Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea della Camera dei deputati (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it) e dal Servizio Studi del Senato della Repubblica (' 06 6706.2891 - * affeuropei@senato.it).
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Ordine del Giorno della Riunione
La politica sociale nell'Unione europea (a cura del Senato)
Integrazione della dimensione sociale nelle altre politiche dell'Unione europea
Le proposte della Commissione europea
L’integrazione della dimensione sociale nel Semestre europeo
La procedura per gli squilibri macroeconomici
Misure di contrasto alla disoccupazione di lunga durata
Rapporto “Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa”
La Camera dei deputati del Lussemburgo organizza, nell'ambito della dimensione parlamentare del proprio Semestre di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, un incontro dei Presidenti delle Commissioni competenti in materia di affari sociali dei Parlamenti nazionali.
L'ordine del giorno prevede innanzitutto il benvenuto del Presidente della Camera dei deputati, Mars Di Bartolomeo, e della Commissaria per l'occupazione, gli affari sociali, competenze e mobilità dei lavoratori, Marianne Thyssen. Seguirà un approfondimento su "Fare progressi per la Tripla A sociale: integrare la dimensione sociale in tutte le politiche dell'Unione europea".
Nell’ambito dei due gruppi di lavoro ("Ulteriore socializzazione del semestre europeo" e "Valori sociali comuni") sono previsti interventi di esperti (accademici internazionali e esponenti di istituzioni europee) oltre allo svolgimento di un dibattito ed alla redazione di Conclusioni.
La Camera dei deputati del Lussemburgo ha redatto delle note illustrative, disponibili in inglese e francese, al fine di orientare il dibattito sulle tematiche che si prevede di approfondire durante l'incontro.
Ai sensi dell'art. 3, par. 1, del Trattato sull'Unione europea (TUE), l'Unione europea "si prefigge di promuovere (...) il benessere dei suoi popoli". Instaura un mercato interno basato "su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale" (par. 3, c. 1) e "combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali" (par. 3, c. 2)
L'art. 4 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) specifica che la politica sociale è una materia di competenza concorrente tra Unione europea e Stati membri. L'art. 153, par. 1, incarica l'Unione di sostenere e completare l'azione delle autorità nazionali nei settori elencati dalla lettera a) alla k): miglioramento dell'ambiente di lavoro, condizioni di lavoro, sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori, protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro, informazione e consultazione dei lavoratori, rappresentanza e difesa collettiva degli interessi di lavoratori e datori di lavoro, condizioni di impiego dei lavoratori immigrati regolari, integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro, lotta contro l'esclusione sociale, modernizzazione dei regimi di protezione sociale, parità tra uomini e donne.
L’art. 9 dello stesso Trattato sancisce che “Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro l'esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana.”
La Carta dei diritti fondamentali, parte integrante dell’ordinamento europeo, dedica i capi III e IV, rispettivamente, ai diritti di uguaglianza e solidarietà, affermando in particolare i diritti di parità uomo donna, anche in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione; i diritti degli anziani e il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità; i diritti di accesso ai servizi di collocamento gratuito; i diritti a condizioni di lavoro giuste e eque; il diritto di accesso alla sicurezza e assistenza sociale e il diritto alla salute.
Nel settore della politica sociale l'UE opera, dunque, mediante il cosiddetto "metodo aperto di coordinamento", ovvero un quadro di cooperazione in cui le politiche nazionali di ciascun Paese europeo possono essere orientate verso obiettivi comuni e successivamente monitorate dall'UE. Si tratta di un processo volontario di cooperazione politica, che si sostanzia nel concordare obiettivi comuni e misurare, successivamente, i progressi effettuati per il loro raggiungimento. Il metodo comporta anche una collaborazione stretta con i portatori di interesse, incluse le parti sociali e la società civile.
Alcune correnti di pensiero hanno affermato che la realizzazione del modello sociale europeo non sia stata coronata da successo, che il metodo aperto di coordinamento si sia rivelato inefficace e che, in generale, il dialogo tra le parti sociali non avrebbe portato a risultati concreti[1]. Secondo tali opinioni, alcune normative europee in materia di lavoro sarebbero un ostacolo al funzionamento effettivo del mercato, e sono state reiterate richieste di ricondurre agli Stati nazionali le competenze europee in materia di "solidarietà".
In ogni caso, un limite individuato in maniera ricorrente - e rispetto al quale la stessa Commissione europea ha affermato di voler intervenire - è costituito dalla mancata integrazione della politica sociale all'interno delle altre politiche dell'Unione europea.
Il Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, per la prima volta, in occasione del proprio intervento al Parlamento europeo per il voto del collegio dei Commissari (22 ottobre 2014), ha auspicato che l'Europa avesse una "tripla A sociale", accanto a quella finanziaria.
Il concetto è stato ripreso nel cd. Rapporto dei cinque presidenti[2] del 22 giugno 2015, in cui sono stati presentati progetti di approfondimento relativi all'Unione economica e monetaria (vedi capitolo Rapporto “Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa”).
Nel proprio programma ("A Union for the citizens: priorities for the Luxembourg Presidency") la Presidenza lussemburghese ha preannunciato pieno supporto alle istituzioni europee al fine di coinvolgere gli attori sociali, ma anche un'attenzione all'investimento sociale, specialmente all'investimento in capitale umano (le competenze, con particolare attenzione a quelle digitali).
Recentemente, la dimensione sociale è stata uno degli elementi affrontati nel discorso sullo stato dell'Unione, pronunciato dal Presidente della Commissione europea Juncker di fronte al Parlamento europeo il 9 settembre 2015. Richiamati i dati sulla situazione economica e sociale dell'Unione (con più di 23 milioni di persone ancora disoccupate, metà delle quali da più di un anno), il Presidente ha lamentato una ripresa eccessivamente lenta, fragile e dipendente dai partners esterni. Per questo ha affermato la necessità di sviluppare un processo di convergenza, sia tra gli Stati membri che all'interno delle singole società, al centro del quale porre la produttività, la creazione di occupazione e l'equità sociale. Il processo richiesto è stato riassunto dal Presidente nello slogan: "Abbiamo bisogno di più Unione nella nostra Europa". In quest'ottica, Juncker ha affermato l'importanza di investire nelle fonti di occupazione e crescita dell'Europa e di completare l'Unione economica e monetaria. Un riferimento è stato fatto al Piano di investimenti per l'Europa ed al nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici. In quell'occasione Juncker ha anche auspicato l'accelerazione degli sforzi per un mercato del lavoro equo e veramente pan-europeo, basato sulla mobilità e che consenta di assicurare parità di retribuzione a parità di mansioni svolte. A questi fini, si è ipotizzato lo sviluppo di un "pilastro europeo di diritti sociali". Con l'aiuto delle parti sociali, tale pilastro dovrebbe tener conto delle realtà diverse delle società nazionali europee e del mondo del lavoro. Allo stesso tempo, però, dovrebbe guidare la rinnovata convergenza all'interno dell'area euro e completare la protezione dei lavoratori in ambito UE.
L'ipotesi della creazione di un pilastro europeo sui diritti sociali si inserisce nel dibattito in corso in Europa sui valori sociali condivisi. Un significativo impulso a tale discussione è stato fornito dalla Presidenza lussemburghese, che ha realizzato uno studio in merito[3].
Lo studio individua alcuni valori sociali condivisi in determinati settori, ovvero:
1. l'inclusione sociale, intesa come lotta alla povertà ed all'esclusione sociale. Particolare riferimento viene fatto alla povertà infantile, alla situazione dei senza fissa dimora e all'esclusione dall'abitazione;
2. la protezione sociale, con particolare riferimento a pensioni, assistenza sanitaria e lungodegenza.
L'individuazione e la promozione di questi valori sono il frutto di uno sforzo continuo degli Stati membri e delle istituzioni dell'Unione per:
1. un accordo politico, a livello UE, sulle priorità sociali condivise;
2. lo sviluppo di dati statistici più approfonditi e di indicatori per il monitoraggio;
3. lo sviluppo di una rete più forte di mutuo apprendimento e di metodi di lavoro per la sorveglianza multilaterale;
4. l'esplorazione approfondita di specifiche questioni di politica sociale.
La discussione sulla possibilità di creare un corpo di standard minimi europei per i diritti sociali è, in realtà, risalente: già tra il 2005 ed il 2007 la Commissione europea ha finanziato un progetto di scambio transnazionale, avente appunto per oggetto la possibile individuazione di criteri sociali comuni in Europa ("Setting minimum standards across Europe").
Si ricordano, inoltre, la proposta della European Trade Union Confederation (ETUC) di dare vita ad un "Social compact" europeo - che dovrebbe includere un'ampia gamma di norme sul dialogo sociale e sulla contrattazione collettiva - nonché l'ipotesi di ampliamento del mandato della Banca centrale europea, al fine di ricomprendervi clausole sulla promozione della crescita e l'occupazione[4].
Le istituzioni europee concordano sulla necessità di avviare una "governance sociale in un'Europa inclusiva", anche sottolineando che i problemi occupazionali e sociali debbano costituire una priorità nell'ambito del semestre europeo (vedi paragrafo “Il semestre europeo”).
Un'integrazione della politica sociale in tutte le altre politiche UE appare, per altro, coerente con il disposto del richiamato art. 9 del TFUE.
Uno strumento per assicurare che tale integrazione abbia effettivamente luogo è rappresentato dalla "valutazione di impatto sociale". La stesura del documento prima dell'attuazione di programmi di aggiustamento economico permetterebbe, ad esempio, di regolarne l'impatto sulla popolazione in funzione dell'età e del livello di reddito. In proposito, si ricorda che il Presidente Juncker, nel discorso sullo Stato dell'Unione 2015, ha ricordato che, per la prima volta, in occasione della recente crisi del debito greco, la Commissione ha realizzato una valutazione di impatto sociale sul programma di aiuto.
Uno studio del Centro europeo di strategia politica ("La dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria”, giugno 2015) afferma la necessità che l'Unione economica e monetaria abbracci una logica di convergenza verso l'alto, inserendo la componente sociale nel cuore della sua ideazione e progettazione. In particolare, lo studio ricorda come l'Unione economica e monetaria sia, di per se stessa, un progetto sociale, in quanto il suo obiettivo primario è la creazione di condizioni per una crescita più forte e standard di vita più alti. "In realtà le disparità sociali costituiscono una minaccia all'area euro, simile in ampiezza - anche se differente nelle caratteristiche - ai rischi economici e finanziari".
Lo studio afferma che nelle economie avanzate contemporanee gli obiettivi sociali ed economici sono due facce della stessa medaglia e che l'UEM dovrebbe porre l'investimento nel capitale umano, gli indicatori sociali, mercati del lavoro ben funzionanti e la mobilità al cuore del proprio operato: "questo è l'unico modo per mettere di nuovo in moto la convergenza verso l'alto che ha ispirato l'integrazione europea in passato e che deve ora guidare il suo futuro".
Al fine di raggiungere tale risultato, lo studio propone alcune misure, tra cui si ricordano:
1. un riesame dei sistemi di protezione sociale, con la finalità di misurarne e ricostruirne l'impatto e la performance;
2. l'introduzione o rafforzamento di alcuni indicatori sociali e del mercato del lavoro. Questi ultimi dovrebbero essere costruiti attorno ad un programma di flexicurity migliorato, che combini flessibilità del mercato del lavoro ed un alto livello di sicurezza e qualità dei sistemi di protezione sociale;
3. una revisione del semestre europeo, al fine di assicurare che le politiche siano classificate rispetto ai loro effetti sulla crescita di breve e lungo termine, all'occupazione ed alla distribuzione di reddito, all'impatto sociale ed alla sostenibilità fiscale;
4. una riforma fiscale e delle politiche di spesa che accresca l'occupazione ed aumenti il potere di spesa delle famiglie. In particolare, si afferma che "una riduzione del cuneo fiscale coordinata al livello europeo invierebbe un segnale forte che l'area euro è pronta a affrontare la questione dell'onere fiscale sul lavoro ed anche abbastanza coraggiosa da farlo collettivamente";
5. l'adozione di nuove norme in materia di mobilità che da un lato rimuovano le barriere alla mobilità e, dall'altro, migliorino il funzionamento del mercato del lavoro transfrontaliero;
6. la necessità di un legame più stretto tra capitale umano, capacità e risultati economici e sociali, con riferimento ad un nuovo approccio, che renda prioritario l'investimento sociale e miri ad assicurare l'ottimizzazione del capitale umano;
7. l'importanza di considerare, ai fini dei bilanci nazionali, le spese finalizzate a potenziare il capitale umano non come spese, bensì come investimenti.
Il 9 giugno 2015 la Commissione europea ha inaugurato un dibattito sul rafforzamento di quella che è stata definita - nel Comunicato stampa divulgato al termine dell'incontro - una "economia europea sociale di mercato". Nell'ambito del dibattito sono stati toccati i seguenti punti:
1. migliore coordinamento delle politiche, come già realizzato in ambito economico.
2. rafforzamento del coinvolgimento delle parti sociali. Il 5 marzo 2015 ha avuto luogo a Bruxelles una Conferenza ad alto livello ("Un nuovo inizio per il dialogo sociale", si veda in proposito il documento del Consiglio 12100/15), che ha riunito i leader delle istituzioni dell'UE e delle parti sociali europee e nazionali. Durante la conferenza si è discusso del coinvolgimento delle parti sociali nella governance economica a livello dell'UE e nazionale e nel processo di elaborazione politica e legislativa dell'UE;
3. modernizzazione delle politiche europee di occupazione e della legislazione sociale, tanto più necessaria in quanto buona parte della legislazione europea in materia sociale risale alla creazione del mercato unico;
4. strumenti di finanziamento europei disponibili per promuovere la coesione sociale, tra cui il Fondo sociale europeo.
Si ricorda, da ultimo, la proposta di raccomandazione del Consiglio sull'inserimento nel mercato del lavoro dei disoccupati di lungo periodo, presentata dalla Commissione europea il 17 settembre 2015 (COM(2015) 462), che rientra nella serie di iniziative sia legislative che non legislative annunciate per l'anno 2015 nel programma di lavoro della Commissione europea ("Un nuovo inizio, COM(2014) 910, Allegato I). In quella sede, infatti, si era preannunciata l'adozione di "un pacchetto di misure per aiutare gli Stati membri a promuovere l'occupazione, specialmente tra i disoccupati di lunga durata e i giovani, e a sviluppare le competenze della forza lavoro". In un comunicato stampa del 9 giugno 2015 la Commissione europea ha indicato la fine del 2015 come termine indicativo per la presentazione di un pacchetto sulla mobilità dei lavoratori. (vedi capitolo “Misure di contrasto alla disoccupazione di lunga durata”).
Il tema di come approfondire la dimensione sociale nell'ambito della governance dell'UE è stato da ultimo affrontato nella riunione del 5 ottobre 2015 del Consiglio UE “Occupazione, politica sociale, salute e consumatori”.
In particolare, i ministri sono stati invitati ad indicare quale sia, a livello operativo, il contributo auspicato degli Stati membri per l'elaborazione della relazione comune su occupazione e tematiche sociali e ad esprimere le loro opinioni sull'insieme della relazione nel processo riveduto del semestre europeo.
La discussione ha cercato di approfondire la visione degli Stati membri sul rafforzamento della dimensione sociale della procedura per la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici (PSM) nonché in quale misura essa dovrebbe tenere conto delle specificità nazionali delle politiche sociali e dell'occupazione e il loro monitoraggio a livello dell'UE.
La riunione era anche finalizzata a far emergere l'opinione degli Stati membri su:
· modalità di governance previste dalla relazione, attraverso il semestre europeo e una PSM rafforzata;
· formalizzazione del processo di convergenza, in particolare per quanto riguarda le politiche sociali e dell'occupazione, attraverso la definizione e il monitoraggio degli standard e la loro integrazione potenziale nella legislazione dell'Unione a medio e lungo termine (eventualmente esponendo quale sarebbe l'interazione auspicata dagli Stati membri tra tali standard e gli obiettivi della strategia Europa 2020).
La procedura del Semestre europeo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche è volta a garantire la coerenza delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri, da approvare nella seconda metà dell'anno, con le raccomandazioni approvate dalle istituzioni dell'UE nella prima metà dell'anno.
Il semestre europeo prevede le seguenti fasi, secondo una serrata scansione temporale:
Le norme in materia di controllo della finanza pubblica, rese ancora più stringenti dalla riforma del Patto di stabilità e crescita approvata nel 2011 (cd. six pack) e dal Fiscal Compact, sono affiancate da una procedura per la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici che include meccanismi di allerta e di sanzione.
In particolare, alla Commissione europea spetta il compito di valutare eventuali squilibri che potrebbero avere effetti negativi sul corretto funzionamento dell'economia di uno Stato membro, dell'Unione economica e monetaria o dell'intera Unione.
L'analisi viene effettuata sulla base di una griglia (scoreboard) di indicatori macroeconomici (tra i quali figurano l’indebitamento pubblico e privato, l’andamento delle partite correnti, l’evoluzione dei mercati finanziari), per ciascuno dei quali sono previste soglie minime e massime il superamento delle quali segnala un potenziale squilibrio.
Lo Stato membro che, in base all’indagine della Commissione, presenta degli squilibri eccessivi, deve presentare un piano d'azione correttivo e, nel caso estremo in cui esso non venga attuato adeguatamente, può essere condannato al pagamento di un’ammenda pari allo 0,1% del PIL.
Merita segnalare che, dall’introduzione della procedura per squilibri eccessivi (2012), nessun Paese è stato oggetto di sanzioni.
La Strategia Europa 2020, definita dal Consiglio europeo nelle riunioni di marzo e giugno 2010, delinea gli obiettivi e gli strumenti dell'Unione europea e degli Stati membri in materia di crescita e occupazione per il decennio 2011-2020.
La Commissione europea ha pubblicato una Comunicazione[5] con cui espone i risultati della consultazione pubblica sulla strategia Europa 2020 svoltasi tra maggio e ottobre 2014. La consultazione era stata lanciata dalla stessa Commissione con l’obiettivo di raccogliere contributi e opinioni sui primi quattro anni di attuazione di Europa 2020 e riflettere sul suo ulteriore sviluppo per i prossimi anni. Da questi risultati, infatti, potrà partire, prima della fine dell’anno, una revisione della strategia, come già annunciato dalla Commissione nel suo programma di lavoro per il 2015.
La Strategia 2020 si articola intorno a cinque obiettivi principali, tre dei quali si inquadrano nella dimensione sociale:
· portare al 75% il tasso di occupazione per la popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni, anche mediante una maggiore partecipazione dei giovani, dei lavoratori più anziani e di quelli poco qualificati e una migliore integrazione dei migranti nella popolazione attiva.
Il Governo italiano ha fissato nel Documento di economia e finanza 2015 l'obiettivo del 67-69% nel 2020 (63% a medio termine).
Secondo i dati Eurostat, riferiti al 2014, il tasso di occupazione ha raggiunto il 69,2% nell'UE a 28; i Paesi con le migliori performances risultano essere la Svezia (80%), la Germania (77,7%), Regno Unito (76,2%), la Danimarca (75,9%) i Paesi Bassi (75,4%); tra i Paesi di maggiori dimensioni economiche e demografiche, in Francia si è registrato un tasso di occupati del 69,9%, in Spagna e in Italia il 59,9% (soltanto Grecia e Croazia registrano una percentuale più bassa);
· promuovere l'inclusione sociale, in particolare attraverso la riduzione della povertà, mirando a liberare almeno 20 milioni di persone dal rischio di povertà e di esclusione.
Il Governo italiano ha fissato nel Documento di economia e finanza 2015 l'obiettivo di ridurre entro il 2020 di 2,2 milioni il numero di persone a rischio povertà.
Secondo i dati Eurostat disponibili, riferiti al 2013, rispetto al 2010 (anno di avvio della Strategia) la quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale nell'UE-28 è aumentata di 4,8 milioni; in Italia di 2,5 milioni; nel Regno Unito, di 1,3 milioni; in Germania, di 250mila unità; in Spagna, di 601mila unità; la Francia è l'unico tra i Paesi considerati che ha registrato un trend positivo, riducendo il numero di persone a rischio povertà di 483mila unità.
· migliorare i livelli d'istruzione, in particolare riducendo i tassi di dispersione scolastica al di sotto del 10% e aumentando la percentuale delle persone tra i 30 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione terziaria o equivalente almeno al 40%.
Il Governo italiano ha fissato nel Documento di economia e finanza 2015 l'obiettivo di ridurre la dispersione scolastica al 16% nel 2020 (17,3% a medio termine) e di incrementare al 26-27% nel 2020 (23,6% a medio termine) la percentuale delle persone tra i 30 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione terziaria o equivalente.
Nonostante la centralità della dimensione sociale nelle politiche dell’UE, impegno programmatico sancito nei richiamati art. 3, comma 3 del Trattato sull’Unione europea (TUE), e art. 9 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) e nella Carta dei diritti fondamentali, occorre segnalare che le disparità sociali sia tra gli Stati membri sia all’interno degli stessi Paesi restano elevate; e la crisi economica iniziata nel 2008 ha contribuito a deteriorare le già difficili condizioni di partenza.
Nel corso degli ultimi anni tra la Commissione europea ha proposto un ampio ventaglio di misure tra le quali meritano di essere richiamate, in particolare, quelle volte ad affrontare l’emergenza della disoccupazione e, più specificamente, quella giovanile.
Con Raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 è stata istituita la cosiddetta “Garanzia giovani” orientata a realizzare che tutti i giovani di età inferiore ai 25 anni – iscritti o meno ai servizi per l'impiego – possano ottenere un'offerta valida entro 4 mesi dalla fine degli studi o dall'inizio della disoccupazione. Per offerta si intende un impiego, apprendistato, tirocinio, o ulteriore corso di studi e deve essere adeguata alla situazione e alle esigenze dell'interessato. Essa dovrebbe contribuire a raggiungere tre degli obiettivi della strategia Europa 2020: livello di occupazione (75% delle persone tra 20 e 64 anni); abbandono scolastico inferiori al 10%; sottrazione di almeno 20 milioni di persone alla povertà e all'esclusione sociale. Le finalità proprie di “Garanzia giovani” sono finanziate dal Fondo sociale europeo con il quale l’UE integra le spese nazionali a favore di questi sistemi nonché dall'”Iniziativa per l'occupazione giovanile” (IOG, con una dotazione di 6,4 miliardi di EUR per il periodo 2014-2020) che punta a fornire un sostegno supplementare ai giovani di età inferiore ai 25 anni che vivono in regioni in cui la disoccupazione giovanile superava nel 2012 il 25%[6]. Essa è rivolta, in particolare, ai giovani che non si trovano né in situazione lavorativa, né seguono un percorso di studi o formativo (NEET), inclusi i disoccupati di lunga durata e quelli che non sono iscritti presso i servizi per l’impiego.
Rispetto a questi ultimi si ricorda che da tempo l’UE si è dotata di uno strumento per agevolare la mobilità dei lavoratori: EURES costituisce la piattaforma informatica che consente l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, mettendo in comune le informazione degli Stati membri. Più in particolare, EURES è una rete volta a promuovere la collaborazione tra la Commissione europea e i servizi pubblici per l'impiego (SPI) dei paesi membri dello Spazio economico europeo (SEE) (gli Stati membri dell'UE, oltre a Norvegia, Islanda e Liechtenstein), al fine di scambiare informazioni sulle offerte di lavoro e di agevolare la mobilità dei lavoratori all'interno dell'UE. Le carenze messe in luce dall’esperienza hanno consigliato la Commissione di proporne una riforma in materia con la presentazione, nel gennaio 2014, di una proposta di regolamento attualmente all’esame delle istituzioni europee: la proposta di Regolamento sulla rete europea di servizi per l'impiego, sull'accesso dei lavoratori ai servizi di mobilità e su una maggiore integrazione dei mercati del lavoro (COM(2014)6). Tale riforma interviene in un panorama estremamente frammentato delle strutture di intermediazione di manodopera, sia a livello dei singoli Stati sia tra gli Stati membri.
L’esame nella plenaria del Parlamento europeo è previsto per il mese di dicembre 2015.
Come
rileva un rapporto dello European Political
Strategy Centre[7] (EPSO), la disoccupazione è
aumentata nell’UE-28 e nell’eurozona, ma in maniera non uniforme,
dal momento che i Paesi maggiormente colpiti sono stati quelli dell’area
sud e dell’area periferica dell’eurozona (Cipro, Grecia, Italia,
Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna).
Tuttavia, gli ultimi dati trimestrali disponibili[8] indicano che il tasso di disoccupazione registra una contenuta diminuzione.
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La disoccupazione femminile
presenta i seguenti dati:
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2008 % |
2014 % |
2015/Q2 % |
EU-28 |
7,5 |
10,3 |
9,6 |
Eurozona |
8,3 |
11,8 |
11,2 |
Francia |
19,0 |
24,2 |
24,5 |
Germania |
7,6 |
4,6 |
7,0 |
Italia |
8,5 |
13,8 |
40,7 |
Regno Unito |
5,1 |
5,8 |
15,4 |
Spagna |
12,8 |
25,4 |
48,8 |
Anche
la disoccupazione giovanile registra un netto peggioramento dal 2008 ad
oggi, con la sola eccezione del dato relativo alla Germania.
Si segnala che gli ultimi dati trimestrali disponibili[9] indicano che nel secondo trimestre 2015 il tasso di disoccupazione giovanile risulta in diminuzione (Francia in leggera controtendenza):
|
2008 % |
2014 % |
2015/Q2
|
EU-28 |
15,8 |
23,1 |
20,4 |
Eurozona |
15,9 |
23,8 |
22,3 |
Francia |
19,0 |
24,2 |
24,5 |
Germania |
10,4 |
7,7 |
7,0 |
Italia |
21,2 |
42,7 |
40,7 |
Regno Unito |
15,0 |
16,9 |
15,4 |
Spagna |
24,5 |
53,2 |
48,8 |
Fonte: Eurostat
Inoltre, la percentuale di giovani non impegnati nell'istruzione, nell'occupazione o nella formazione (Not engaged in Education, Employment or Training, NEET), dall’11% registrato nel 2008 si è attestata al 12,5% nel 2014, dopo aver raggiunto un picco del 13% nel 2011.
|
2008 % |
2014 % |
UE-28 |
10,9 |
12,5 |
Eurozona |
10,9 |
12,6 |
Francia |
10,5 |
11,4 |
Germania |
8,4 |
6,4 |
Italia |
16,6 |
22,1 |
Regno Unito |
12,1 |
11,9 |
Spagna |
14,3 |
17,1 |
Fonte: Eurostat
Secondo le stime Eurofound, il costo annuo di NEET, in termini di perdita di capitale umano è di circa 1,2% del PIL dell'UE (pari a 153 miliardi di euro).
La
disoccupazione di lunga durata (cioè gli individui disoccupati da 12
mesi o più) tra il 2008 e il 2014 è praticamente raddoppiata a livello
UE-28, passando dal 2,6% della popolazione attiva al 5,1%.
Tuttavia gli ultimi dati trimestrali disponibili[10] indicano che il tasso di disoccupazione di lunga durata, è in diminuzione al 4,9%. Per il terzo trimestre consecutivo si registra una diminuzione anno su anno:
|
2008 % |
2014 % |
2015/Q1 % |
UE-28 |
2,6 |
5,1 |
4.9 |
Eurozona |
3,0 |
6,1 |
nd |
Francia |
2,8 |
4,4 |
4,5 |
Germania |
3,9 |
2,2 |
2,2 |
Italia |
3,1 |
7,8 |
7,5 |
Regno Unito |
1,4 |
2,2 |
1,8 |
Spagna |
2,0 |
12,9 |
12,4 |
In questo quadro, il rapporto dell’EPSO suggerisce l’introduzione di una serie di parametri (benchmarks), per valutare le performances degli Stati membri, costruiti intorno al principio della flessicurezza, ovvero alla flessibilità del mercato combinata ad un elevato livello di sicurezza e protezione sociale:
• tassi di occupazione e disoccupazione, con particolare attenzione a quella giovanile e femminile;
• copertura, durata e consistenza dei sussidi di disoccupazione;
• tassi di esclusione sociale e povertà;
• livello di acquisizione delle competenze professionali, con particolare attenzione alla competenze di base e a quelle connesse alle tecnologie di informazione e comunicazione (information and communications technology, ICT);
• durata e intensità della formazione e riqualificazione professionale, con particolare attenzione posta sui risultati;
• qualità della pubblica amministrazione, anche in termini di competenze e capacità di creare posti di lavoro.
Il rapporto evidenzia che l’azione di consolidamento fiscale condotta da numerosi Stati membri ha prodotto a tagli significativi ai sistemi di protezione sociale, nonché un aumento generalizzato della pressione fiscale sulla popolazione attiva. Tali misure hanno un duplice effetto sociale negativo, dal momento che aggravano l’emarginazione di coloro che già erano ai margini della società e riducono sensibilmente il potere d’acquisto delle classi medie.
Suggerisce quindi di introdurre nel semestre europeo una valutazione degli effetti che determinate misure possono produrre sulla crescita a breve e lungo termine, sull'occupazione e sulla distribuzione del reddito.
Il rapporto individua inoltre nella mobilità della forza lavoro europea uno strumento essenziale per superare le asimmetrie di mercato (ovvero l’eccesso di domanda e la carenza di offerta di lavoro, e viceversa), concentrandosi sui seguenti aspetti:
· eliminare gli ostacoli alla mobilità, tra i quali le limitazioni nella portabilità dei contributi pensionistici;
· accelerare il riconoscimento reciproco delle qualifiche;
· consentire più ampio accesso alle informazioni sulle opportunità di lavoro in tutta l'Unione europea, potenziando EURES, il portale europeo della mobilità professionale.
Da ultimo, il rapporto rileva che, in base ai dati OCSE, la quota di occupati nei settori più avanzati è cresciuto, tra il 1995 e 2010, di 10 punti percentuali (dal 28% al 38%), mentre i posti di lavoro nei settori tradizionali sono diminuiti dal 53% al 41%. La combinazione di disoccupazione e carenza di competenze (il 47% dei lavoratori europei hanno competenze digitali insufficienti, e il 23% di loro non le possiede affatto) rischia dunque di ridurre significativamente il potenziale di crescita dell’Europa, incidendo negativamente sulla produttività e sulle retribuzioni dei lavoratori.
La Commissione ha recentemente presentato una proposta[11] di raccomandazione del Consiglio intesa a sostenere l'inserimento nel mercato del lavoro dei disoccupati di lungo periodo.
Gli interventi che la Commissione europea ritiene necessari concernono riforme strutturali in tutti i settori strategici (occupazione, economia, politiche di bilancio, investimenti in capitale umano) associate a misure preventive e correttive.
La Commissione intende fornire agli Stati membri indicazioni sull'erogazione di servizi al fine di aumentare il tasso di transizione dalla disoccupazione di lungo periodo all'occupazione, anche considerato che, a livello di UE, vi sono già politiche, strumenti e iniziative a sostegno dell'occupazione.
La raccomandazione definisce quindi azioni specifiche per rafforzare il sostegno personalizzato a favore dei disoccupati di lungo periodo, attuato a cura dei servizi sociali e per l'impiego.
L'obiettivo generale della proposta è aumentare i tassi di transizione all'occupazione dei disoccupati di lungo periodo. In particolare si propone di: 1) aumentare la copertura, con più alta registrazione e sostegno attivo per i disoccupati di lungo periodo; 2) garantire continuità e coordinamento fra i servizi interessati; 3) accrescere l'efficacia degli interventi, sia per i disoccupati di lungo periodo che per i datori di lavoro. Le misure concrete riguardano: 1) incoraggiamento della registrazione presso i servizi per l'impiego pubblico o altri servizi di assistenza sociale, fornendo un percorso tagliato sulle esigenze individuali; 2) valutazione delle esigenze e delle potenzialità personali dei disoccupati prima dei 18 mesi di disoccupazione; 3) offerta di un accordo di inserimento lavorativo ai disoccupati di lungo periodo, che non rientrino nel campo di applicazione della garanzia per i giovani, al più tardi entro i 18 mesi di disoccupazione (con il contributo di soggetti diversi - servizi per l'impiego, l'istruzione e la formazione, servizi sociali – e con la fissazione di diritti e obblighi reciproci).
Con la valutazione individuale si avvia un percorso di reinserimento nel mondo del lavoro che dovrebbe seguire la strada dell'accordo di inserimento lavorativo caratterizzato da:
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La Commissione pone in evidenza, inoltre, che l'efficacia delle misure di integrazione può essere migliorata coinvolgendo in misura maggiore i datori di lavoro: una gamma di servizi più ampia e incentivi più mirati a loro favore ne aumentano il coinvolgimento e tende a ridurre al minimo gli oneri amministrativi di accesso al sostegno, soprattutto per le PMI.
A tale scopo la raccomandazione invita gli Stati membri a rivedere e adattare le loro politiche in tale ambito anche attraverso la collaborazione con le parti sociali.
Il 22 giugno 2015 è stato pubblicato il rapporto “Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa”, elaborato dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, in stretta collaborazione con il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il Presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, e il Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz.
Il piano si articola in due fasi temporali, e agisce su quattro pilastri:
Fase 1: 1° luglio 2015 - 30 giugno 2017 rafforzamento dell'Unione economica attraverso: - la creazione in ogni Paese membro dell'eurozona di un'Autorità indipendente incaricata di valutare i progressi conseguiti con le riforme economiche e, in particolare, che i salari evolvano in linea con la produttività; - l'effettiva attuazione della procedura per gli squilibri macroeconomici, soprattutto con riferimento al meccanismo sanzionatorio (anche per i Paesi, come la Germania, che hanno un surplus nelle partite correnti); - un focus rafforzato sulle performance occupazionali e sociali; - un maggiore coordinamento delle politiche economiche nell'ambito del Semestre europeo; completamento dell'Unione finanziaria, attraverso: - completamento dell'Unione bancaria, con l'istituzione del fondo per la risoluzione delle crisi e il sistema comune di garanzia dei depositi; - l'avvio della costruzione dell'Unione dei mercati dei capitali, per diversificare le fonti di finanziamento dell'economia; il rafforzamento dell'Unione fiscale, attraverso: - l'istituzione di un'Autorità europea indipendente incaricata di valutare la conformità dei bilanci nazionali con le raccomandazioni approvate a livello UE; il rafforzamento della legittimità e responsabilità democratica, mediante: - una maggiore cooperazione tra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali; - l'istituzione di un Presidente permanente dell'Eurogruppo (attualmente ha un mandato di due anni e mezzo), scelto anche al di fuori dei Ministri delle finanze dell'eurozona; - la rappresentanza unitaria dell'eurozona negli organismi internazionali; - l'integrazione del diritto dell'UE del Fiscal Compact, del Trattato intergovernativo che istituisce il Fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie e delle parti più rilevanti del Patto Europlus; - una consultazione più sistematica da parte dei Governi dei Parlamenti nazionali e delle parti sociali prima di sottoporre i Piani nazionali di riforma e i Programmi di stabilità.
Fase 2: luglio 2017 – 2025 Unione economica: - rendere più vincolante il processo di convergenza, concordando una serie di standard a livello europeo che ogni governo dovrà raggiungere in ambito di mercato del lavoro, competitività, ambiente economico, pubblica amministrazione e politica fiscale; Unione fiscale: - istituzione di sistema di stabilizzatori comuni (ammortizzatori sociali) per reagire agli shock, cui potranno accedere i Paesi che avranno fatto le riforme; Legittimità e responsabilità democratica: - integrazione del Trattato ESM nella cornice giuridica dell'UE; - istituzione di un "Tesoro europeo": sebbene le decisioni di bilancio rimarranno di competenza nazionale, occorre prevedere un sistema che consenta di prendere le decisioni collettivamente
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In tema di dimensione sociale, il rapporto individua i pilastri su cui basare un’autentica Unione economica, tra i quali assumono particolare rilievo:
Creazione di un sistema di autorità per la competitività per la zona euro.
Si raccomanda la creazione da parte di ciascuno Stato membro della zona euro di un organismo indipendente incaricato di monitorare i risultati e le politiche in materia di competitività, con il compito di:
· stabilire se l’evoluzione delle retribuzioni sia in linea con quella della produttività;
· raffrontarla con l’evoluzione in altri Paesi della zona euro e nei principali partner commerciali con economie simili;
· valutare i progressi delle riforme economiche miranti ad accrescere più in generale la competitività.
Le parti sociali dovrebbero continuare a svolgere il loro ruolo secondo le procedure in vigore in ogni Stato membro, ma dovrebbero considerare il parere dell’autorità come guida nel corso della contrattazione
Il sistema di autorità per la competitività della zona euro, che dovrebbe riunire questi organismi nazionali e la Commissione, coordinerebbe le azioni delle autorità nazionali. La Commissione dovrebbe poi tener conto dell’esito del coordinamento quando decide in merito alle azioni nell’ambito del semestre europeo, in particolare per la sua analisi annuale della crescita e per le decisioni da adottare nell’ambito della procedura per gli squilibri macroeconomici, nonché per decidere se raccomandare l’avvio della procedura per gli squilibri eccessivi.
Maggiore attenzione all’occupazione e alla performance sociale
Il rapporto ribadisce che i problemi occupazionali e sociali devono costituire una priorità nell’ambito del semestre europeo.
Pur non indicando un unico modello da seguire, il rapporto individua delle sfide comuni per tutti gli Stati membri:
· creare lavoro per più persone di tutte le età;
· trovare il giusto equilibrio tra lavoro flessibile e lavoro sicuro;
· evitare il divario tra “insiders” con tutela e salari elevati e “outsiders”;
· alleggerire il carico fiscale sul lavoro;
· offrire ai disoccupati un sostegno su misura per rientrare sul mercato del lavoro;
· migliorare l’istruzione e l’apprendimento permanente.
Il rapporto sottolinea anche l’importanza di un sistema di protezione sociale efficace per proteggere i membri più vulnerabili della società: l’invecchiamento della popolazione rende necessarie riforme per garantire che i sistemi pensionistici e sanitari siano in grado di reggere. A tal fine, sarà tra l’altro necessario allineare l’età pensionabile alla speranza di vita.
Il rapporto auspica ulteriori progressi verso una più profonda integrazione dei mercati nazionali del lavoro, facilitando la mobilità professionale e geografica, anche attraverso un migliore riconoscimento delle qualifiche, un più agevole accesso al pubblico impiego per i cittadini di altri paesi e un migliore coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
Nell’ottica di una semplificazione e di un rafforzamento del semestre europeo, il rapporto suggerisce di:
· indirizzare agli Stati membri raccomandazioni perché continuino a concentrarsi sulle riforme per aumentare la crescita potenziale, favorire la creazione di posti di lavoro e sfruttare le opportunità offerte dal mercato unico. Le raccomandazioni specifiche per Paese dovrebbero essere concrete e ambiziose, in particolare per quanto riguarda i risultati attesi e i tempi di attuazione. Allo stesso tempo esse dovrebbero conservare il loro carattere “politico”, vale a dire gli Stati membri dovrebbero disporre di un certo margine di manovra per quanto riguarda le misure specifiche da attuare;
• chiamare gli Stati membri a rispondere dell’attuazione degli impegni assunti, ricorrendo sistematicamente a strumenti quali: relazioni periodiche sull’attuazione, revisioni periodiche tra pari o approccio “comply-or explain” (vale a dire, fornire spiegazioni in caso di mancato adempimento degli impegni assunti);
• migliorare l’integrazione tra la zona euro e la dimensione nazionale. A tal fine, le discussioni e le raccomandazioni relative alla zona euro nel suo complesso dovrebbero avere luogo prima delle discussioni specifiche per Paese, in modo che le sfide comuni siano pienamente riflesse nelle misure specifiche per paese;
• delineare una chiara visione a lungo termine: il ciclo annuale del semestre europeo dovrebbe essere accompagnato da un più solido approccio pluriennale in linea con il rinnovato processo di convergenza.
Stretto coordinamento delle politiche economiche all’interno di un semestre europeo rinnovato.
A medio termine il processo di convergenza dovrebbe diventare più vincolante. Tale obiettivo verrebbe raggiunto fissando un insieme comune di standard di alto livello definiti nella normativa dell’UE, che dovrebbero riguardare principalmente i mercati del lavoro, la competitività, il contesto imprenditoriale e la pubblica amministrazione, nonché taluni aspetti di politica tributaria (ad esempio la base imponibile per l’imposta sulle società). Il rapporto sottolinea che, per definire gli standard e gli indicatori specifici, occorrerà un’analisi più approfondita. Tuttavia, a titolo di esempio, gli standard in materia di mercati del lavoro dovrebbero combinare flessibilità e sicurezza e potrebbero essere elaborati lungo i vari pilastri del concetto di “flessicurezza” (ad esempio contratti di lavoro flessibili e affidabili che evitino un mercato del lavoro duale, strategie complete di apprendimento permanente, politiche efficaci per aiutare i disoccupati a reinserirsi sul mercato del lavoro, sistemi moderni di sicurezza sociale e una tassazione del lavoro favorevole).
In questo contesto, la procedura per gli squilibri macroeconomici potrebbe essere utilizzata come strumento non solo per evitare e correggere gli squilibri, ma anche per controllare i progressi compiuti in ciascuno Stato membro della zona euro verso il conseguimento degli standard comuni. Il processo di convergenza dovrebbe costituire la condizione per l’accesso ad un meccanismo di assorbimento degli shock per la zona euro.
[1] University College London, The future of EU social policy, 2014. In senso contrario, si veda Fran Bennet e Sandy Ruxton, "Common social values in the European Union: stocktaking, with a focus on social inclusion and social protection", 2015, p. 43.
[2] "Completare l'Unione economica e monetaria", relazione di Jean Claude Juncker in stretta collaborazione con Donald Tusk (Presidente del vertice euro), Jeroen Dijsselbloem (Presidente dell'Eurogruppo), Mario Draghi (Presidente della Banca centrale europea) e Martin Schulz (Presidente del Parlamento europeo).
[3] Fran Bennet e Sandy Ruxton, "Common social values in the European Union: stocktaking, with a focus on social inclusion and social protection", 2015.
[4] Proposte riportate in University College London, The future of EU social policy, 2014.
[6] Si ricorda che il Regolamento UE 2015/779 del maggio 2015 ha aumentato al 30% il prefinanziamento iniziale dalla dotazione specifica. Entro il 23 maggio 2016 gli Stati membri possono presentare domande di pagamento intermedio in cui il contributo dell'Unione dall'IOG sia pari ad almeno il 50 % del prefinanziamento iniziale supplementare. Ove il termine non venga rispettato sono tenuti a rimborsare alla Commissione l'importo totale del prefinanziamento iniziale supplementare.
[7] Organo di consulenza della Commissione europea.