Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Settimana parlamentare europea
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari    Numero: 21
Data: 16/01/2014
Descrittori:
PARLAMENTO   UNIONE EUROPEA


Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

riunioni interparlamentari

 

 

 

 

 

 

Settimana parlamentare europea

 

Bruxelles, 20-22 gennaio 2014

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 21

 

16 gennaio 2014


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

Il capitolo ‘Le politiche pubbliche‘ e il paragrafo ‘Evoluzione recente della normativa nazionale in materia di IVA‘ sono stati curati dal Servizio Studi, Dipartimento finanze (' 066760.2863)

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I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.


 

I N D I C E

Schede di lettura   1

sessione plenaria introduttiva: il percorso di approfondimento dell’Unione economica e monetaria   3

·         La tabella di marcia verso un'autentica Unione economica e monetaria  3

Conferenza interparlamentare sulla governance economica dell’UE (art. 13 del fiscal compact) 7

·         Prima sessione: affrontare gli squilibri macroeconomici in Europa  8

·         Seconda Sessione: la legittimità democratica dei programmi di aggiustamento  13

·         Terza sessione: la promozione della crescita e dell’occupazione attraverso il finanziamento dell’economia reale  17

·         Quarta sessione: la sorveglianza di bilancio rafforzata nell’Unione economica e monetaria  21

Riunione interparlamentare organizzata dalla Commissione EMPL   25

·         La situazione dell’occupazione nell’UE   25

·         Prima sessione: la dimensione sociale dell’Unione economica e monetaria  26

·         Seconda sessione: gli aspetti occupazionali dell’Analisi annuale della crescita, compresi il FSE, la Garanzia per i giovani e le riforme pensionistiche  27

Riunione interparlamentare organizzata dalla commissione ECON   35

·         Prima sessione: Verso un sistema IVA efficiente a livello UE   35

·         Seconda sessione: il consolidamento di bilancio e riforme strutturali. Scambio delle migliori pratiche  36

·         Le politiche pubbliche (a cura del Servizio Studi) 36

 

Riunione interparlamentare organizzata dalla commissione BUDG   43

·         La riprogrammazione dei fondi: il Piano d’azione coesione  43

·         La politica di coesione 2014-2020  45

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Schede di lettura



sessione plenaria introduttiva: il percorso di approfondimento dell’Unione economica e monetaria

 

La sessione introduttiva della settimana europea sarà dedicata essenzialmente allo stato e alle prospettive di attuazione della tabella di marcia per la realizzazione di un'autentica Unione economica e monetaria, adottata dal Consiglio europeo di dicembre 2012 nonché ad eventuali future modifiche della disciplina dei Trattati in materia.

 

La tabella di marcia verso un'autentica Unione economica e monetaria

La tabella contempla interventi volti a integrare e rafforzare il sistema di governance esistente mediante una maggiore condivisione di sovranità tra gli Stati membri. A questo scopo la tabella prevede la realizzazione di:

Ø       un sistema centralizzato di vigilanza sul settore bancario incentrato sulla Banca centrale europea;

Ø       un quadro comune sugli strumenti nazionali di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi;

Ø       un sistema armonizzato di garanzia dei depositi bancari;

Ø       meccanismo unico europeo per la risoluzione delle crisi bancarie nell’area euro (e per gli altri Paesi aderenti al sistema di vigilanza unico)..

a)       il coordinamento delle riforme strutturali a livello nazionale;

b)       lo sviluppo di una dimensione sociale dell’UEM;

c)       il ricorso ad “accordi di natura contrattuale” tra i singoli Stati e la Commissione europea, finalizzati a rendere più forte il coordinamento, la convergenza e l’attuazione delle politiche strutturali;

d)       meccanismi di solidarietà che possano supportare gli sforzi profusi dagli Stati membri per realizzare gli obiettivi di tali accordi, anche mediante la creazione di un’autonoma capacità fiscale dell’area euro;

e)       la valutazione di eventuali meccanismi per la mutualizzazione del debito sovrano degli stati membri.

L’attuazione della tabella di marcia è avvenuta sinora in modo asimmetrico dal punto di vista temporale: mentre si è proceduto speditamente al completamento del quadro integrato di bilancio; si è realizzato soltanto il primo pilastro dell’Unione bancaria, mediante un sistema di vigilanza unificata e definito un accordo di massima sul secondo pilastro (il fondo unico di risoluzione delle crisi), prevedendo tuttavia per entrambi limiti all’ambito di applicazione, periodi transitori e regole procedurali che potrebbero ridurne la portata e l’efficacia. Per quanto riguarda la cornice integrata di politica economica, sono in fase avanzata i negoziati relativi alla introduzione dei c.d. partenariati per la crescita e l’occupazione, mediante la conclusione di accordi contrattuali tra gli Stati membri e le Istituzioni dell’UE, mentre sono state avviate solo di recente i lavori sulla dimensione sociale dell’Unione e sulla possibile mutualizzazione del debito sovrano.

Gli accordi contrattuali

In attuazione della tabella di marcia, il Consiglio europeo (19-20 dicembre 2013) ha definito gli elementi essenziali dei partenariati per la crescita, l’occupazione e la competitività (cd. “strumenti di convergenza”), rinviando tuttavia al Consiglio europeo di ottobre 2014 (nel semestre di Presidenza italiana dell'UE) l’adozione di una decisione definitiva al riguardo.

In base agli orientamenti assunti dal Consiglio europeo, i partenariati dovrebbero sostenere gli Stati membri in difficoltà economico-finanziarie ad intraprendere le riforme necessarie nei seguenti settori: mercato del lavoro e dei prodotti; efficienza del settore pubblico; ricerca e innovazione; l'istruzione e formazione professionale, inclusione sociale. Gli obiettivi e le misure di politica economica inclusi negli accordi contrattuali dovrebbero essere concepiti dagli Stati membri in conformità delle loro disposizioni costituzionali e dovrebbero assicurare la piena titolarità nazionale mediante l'opportuno coinvolgimento dei Parlamenti nazionali e delle parti sociali.

In sostanza, gli Stati membri interessati si impegnerebbero mediante accordi contrattuali, ad attuare, secondo un calendario concordato,  le misure necessarie per attuare le riforme in questione ed otterrebbero in cambio, un sostegno finanziario per l'attuazione delle riforme (sotto forma di prestiti, sovvenzioni o garanzie).

L’introduzione dei “partenariati per la crescita” presenta, alla luce dell’accordo del consiglio europeo, alcuni profili di indeterminatezza:

Ø      non è chiara la natura, l’efficacia e le caratteristiche degli accordi contrattuali, fattispecie non prevista dai Trattati nel settore. In particolare, potrebbe essere utile capire se essi sono assimilabili ai memorandum d’intesa che sono stati firmati dai Paesi che hanno ricevuto assistenza finanziaria dall’UE (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna), che condizionavano l’erogazione delle tranches di aiuti all’effettiva attuazione delle misure concordate con la troika (Commissione europea, BCE e Fondo monetario internazionale);

Ø      non è chiaro in cosa consistano le misure di sostegno finanziario che dovrebbero accompagnare gli accordi contrattuali, così come la provenienza delle risorse alle quali attingere a tale scopo: l’ipotesi di creare una capacità fiscale autonoma (fiscal capacity) dell’eurozona si scontra infatti con la ferma opposizione dei Paesi contributori netti al bilancio dell’UE a trasferire ulteriori risorse all’Unione europea. L’Italia ha avanzato la proposta di concedere, a fronte dell’attuazione delle riforme concordate, prestiti a tassi inferiori a quelli imposti dal mercato sui titoli del debito pubblico.

 

Merita segnalare che, nella relazione programmatica sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per l’anno 2014, il Governo italiano sottolinea che, oltre all’esigenza di rendere semplice ed efficiente questa forma di eventuale coordinamento ex ante delle riforme nazionali, è nodale individuare le risorse finanziarie acquisibili, la loro fonte e la loro esatta destinazione. Gli incentivi dovrebbero minimizzare l’impatto negativo di breve periodo, tipico di molte riforme strutturali e potrebbero anche non avere la natura di mere sovvenzioni finanziarie. Un altro aspetto importante da considerare è dato dai rischi di c.d. ‘moral hazard’ che andrebbero, in ogni caso, limitati da un’adeguata procedura di sorveglianza.

 

Lo stato di attuazione dell’Unione bancaria

Nel secondo semestre  2014 entrerà n funzione il meccanismo unico di vigilanza bancaria (single supervisory mechanism, SSM), che prevede l’attribuzione alla Banca centrale europea di compiti di vigilanza prudenziale sulle banche cd. “sistemiche” (le più grandi, circa 130 su un totale di 6000 banche europee).

Inoltre, le istituzioni dell'UE si sono impegnate a raggiungere un accordo, entro la fine della legislatura (aprile 2014), sul meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie, che mira a limitare l’impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in crisi (cd. bail-out), introducendo il principio per cui la ricapitalizzazione degli istituti di credito è affidata in primo luogo ad azionisti, obbligazionisti e creditori delle banche stesse (cd. Bail-in).

 

Mutualizzazione del debito pubblico

La tabella di marcia prospettava l’opportunità di valutare, a fronte della realizzazione di una più stretta integrazione delle politiche economiche e dei controlli sui bilanci, l’introduzione di strumenti per la mutualizzazione del debito pubblico degli Stati membri dell’area euro.

 Al riguardo, sono attesi entro marzo 2014 i risultati dei lavori di gruppo di esperti (tra cui non figurano italiani) istituito dalla Commissione europea il 2 luglio 2013 per valutare i requisiti legali e le conseguenze finanziarie dell’introduzione di un’emissione congiunta di titoli di debito nella forma di un fondo di redenzione o degli eurobills[1],

Va segnalato, tuttavia, che in seno al Consiglio numerosi Stati membri (la Germania, ma anche Finlandia, Paesi Bassi e Repubblica ceca) mantengono forti riserve sull’opportunità di introdurre forme, più o meno avanzate, di mutualizzazione del debito, nel timore che gli Stati tradizionalmente meno virtuosi possano abbandonare il percorso di riduzione del debito: la mutualizzazione, infatti, avrebbe l’effetto di allentare le pressioni speculative sui titoli dei Paesi più esposti alle turbolenze dei mercati, inducendoli a tornare alle politiche di deficit spending.

 

 

 

 

Conferenza interparlamentare sulla governance economica dell’UE (art. 13 del fiscal compact)

 

L’art. 13 del Fiscal Compact stabilisce che il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali delle parti contraenti determinino insieme l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei rappresentanti delle pertinenti commissioni del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali ai fini della discussione delle politiche di bilancio e di altre questioni rientranti nell'ambito di applicazione del medesimo trattato.

La Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’Ue, nella riunione di Nicosia nell’aprile 2013, ha stabilito i principi generali relativi alla composizione e al funzionamento della Conferenza sulla governance economica, prevedendo che essa si riunisca due volte l’anno: nel primo semestre a Bruxelles, copresieduta dal Parlamento della Presidenza e dal Parlamento europeo; nel secondo semestre nello Stato membro che esercita la Presidenza di turno e presieduta dal Parlamento della Presidenza.

La prima riunione della nuova conferenza si è tenuta a Vilnius il 16 e 17 ottobre 2013; in questa occasione è stata discussa una bozza di regolamento presentata dalla Presidenza lituana, che tuttavia non è stato possibile approvare in quella sede. L’approvazione dovrebbe avere luogo semestre di Presidenza italiana.

La Conferenza è dunque concepita come strumento di dialogo tra i Parlamenti del’UE (Parlamento europeo e Parlamenti nazionali), al fine di rafforzare la legittimità democratica del “Semestre europeo”[2].

 

Il dibattito – che si articolerà in quattro sessioni - dovrebbe dunque incentrarsi sull’Analisi annuale della crescita per il 2014, e sui relativi documenti allegati (tra cui, in primo luogo, la relazione sugli squilibri macroeconomici), che ha confermato i cinque obiettivi generali di politica economica già indicati per il 2013:

·         portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita;

·         ripristinare l'erogazione di prestiti all'economia;

·         promuovere la crescita e la competitività;

·         lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi;

·         modernizzare la pubblica amministrazione.

 

Prima sessione: affrontare gli squilibri macroeconomici in Europa

Il c.d. Six pack, entrato in vigore nel novembre 2011, ha introdotto una procedura per la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici negli stati membri, che prevede una serie di fasi successive:

·         allarme precoce: ogni anno la Commissione pubblica, a novembre, una relazione sui potenziali squilibri degli Stati membri, calcolati sulla base di 11 indicatori macroeconomici (livello del debito privato, disavanzo/surplus delle partite correnti, costo del lavoro, etc);

·         esame approfondito: la Commissione procede a un esame approfondito degli Stati membri individuati nella relazione di cui al primo punto, allo scopo di confermare o negare l'esistenza di squilibri e se detti squilibri sono eccessivi o no;

·         procedura per gli squilibri eccessivi: se conclude che in uno Stato membro esistono squilibri eccessivi, lo Stato membro deve predisporre un piano di azioni correttivo;

·         ammende: le ammende (pari allo 0,1% del PIL) vengono imposte solo in ultima istanza e sanzionano la ripetuta mancanza di azioni correttive.

Nella relazione sugli squilibri macroeconomici presentata il 13 novembre scorso, unitamente alla analisi annuale della crescita 2014, la Commissione ha rilevato, in via generale, che le economie dell'UE continuano a compiere progressi nella correzione degli squilibri esterni e interni, in particolare, abbondanza del credito, consistenza e persistenza dei disavanzi e degli avanzi delle partite correnti, perdite di competitività e accumulo del debito.

Tuttavia, i progressi nella riduzione del debito eccessivo del settore privato sono stati, ad avviso della Commissione, finora scarsi: infatti, i miglioramenti della posizione patrimoniale netta sull'estero sono stati lenti nelle economie maggiormente indebitate. Il riequilibrio è stato peraltro considerevolmente inferiore negli Stati membri con avanzi elevati (in primis, la Germania): a giudizio della Commissione, se in tali Stati si rafforzasse il contributo della domanda interna alla crescita, si renderebbe più agevole l'aggiustamento complessivo all'interno della zona euro.

Più in particolare:

·         si è registrato un miglioramento notevole nelle partite correnti degli Stati membri che erano soliti presentare disavanzi consistenti (vedi grafico), in particolare negli Stati membri inseriti in un programma di aggiustamento macroeconomico sostenuto da assistenza finanziaria (Grazia, Iranda, Cipro, Portogalo e Romania) così come in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Spagna, Slovenia e Slovacchia, vale a dire negli Stati membri che, fino a pochi anni fa, registravano i maggiori disavanzi delle partite correnti e si trovavano su un percorso di sviluppo insostenibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

·         alcuni Stati membri continuano a presentare un avanzo molto consistente delle partite correnti, ben superiore alla soglia indicativa del 6 per cento del PIL: si tratta di Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e, in misura minore, Svezia;

·         si sono conseguiti miglioramenti della competitività: nessuno Stato membro, infatti, (ad eccezione del Lussemburgo) registra aumenti del costo nominale del lavoro per unità di prodotto (ULC) oltre la soglia indicativa;

·         il livello delle esportazioni è aumentato in vari Paesi, ma sul piano mondiale la maggior parte degli Stati membri continua a perdere quote di mercato, in particolare a vantaggio delle economie emergenti di Cina, Brasile, Russia e India;

·         nonostante gli attuali sforzi di riduzione dell'indebitamento, nella maggior parte degli Stati membri – come risulta dal grafico sottostante - il debito del settore privato resta al di sopra della soglia indicativa:

 

Grafico 3: Debito delle imprese non finanziarie, delle famiglie e delle amministrazioni pubbliche
2012 (in % del PIL)

      Fonte: Eurostat.        

 

·            la riduzione dell'indebitamento segue una dinamica influenzata dalla situazione del sottostante mercato del credito e dell'accesso ai finanziamenti. In vari paesi le banche hanno ridimensionato i bilanci: di conseguenza, le difficoltà ad ottenere finanziamenti potrebbero determinare sottoinvestimenti negli Stati membri vulnerabili, con conseguenti ritardi nella ripresa e nell'effettivo riequilibrio dell'economica verso settori più produttivi e orientati all'esportazione;

·            si è diffuso e accelerato il calo dei prezzi delle abitazioni. Di fatto, i prezzi delle abitazioni al netto dell'inflazione sono aumentati solo in Austria, Germania, Estonia, Lussemburgo e Malta;

·            nel corso del processo di riequilibrio la situazione occupazionale e sociale è peggiorata in diversi Paesi. Come risulta dal grafico, si è in particolare assistito ad un aumento vertiginoso della disoccupazione in vari Stati membri. Solo in Germania il tasso di disoccupazione era nel 2012 più basso che nel 2008:

Grafico 5: Tasso di disoccupazione
2008, 2012 e 2014 (previsioni)

Fonte: servizi della Commissione

 

Per quanto riguarda la situazione dei singoli Stati membri, la relazione stabilisce che 16 su 28 (Belgio, Bulgaria, Croazia, Francia, Danimarca, Germania, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Finlandia, Regno Unito, Spagna, Slovenia, Svezia e Ungheria) saranno sottoposti ad un’indagine approfondita, i cui esiti verranno pubblicati in primavera.

 

 

 

La situazione dell’Italia

Con riferimento all’Italia, la Commissione europea osserva rileva:

·         il Paese continua a perdere quote del mercato delle esportazioni: il miglioramento del saldo delle partite correnti è infatti dovuto non ad un

·         recupero di competitività delle merci italiane, quanto al calo della domanda interna, e alla connessa contrazione degli investimenti; l'elevato debito pubblico (secondo le previsioni della Commissione, nel 2014 si attesterà al 134% del PIL) resta un punto di considerevole vulnerabilità, date in particolare le deboli prospettive di crescita. Per incanalare il rapporto debito/PIL su un percorso costantemente in discesa occorrerebbe realizzare e mantenere un avanzo primario consistente;

·         l'indebitamento del settore privato, che resta al di sotto della soglia di riferimento, è concentrato nelle imprese, ed è riconducibile in gran parte all’aumento dei prestiti in sofferenza;

·         la disoccupazione è aumentata notevolmente, salendo ulteriormente al 12,7% nell'autunno 2013, e resta elevatissimo anche il tasso di disoccupazione giovanile (41,6%; per approfondimenti, vedi il capitolo relativo alla riunione interparlamentare organizzata dalla Commissione per l’occupazione e gli affari sociali del PE). Anche la povertà e l'esclusione sociale (soprattutto la grave deprivazione materiale) sono aumentate sensibilmente.

La situazione della Germania

 

Anche la Germania, per la prima volta, sarà oggetto di una indagine approfondita, che riguarderà, in particolare, i seguenti squilibri macroeconomici:

 

Seconda Sessione: la legittimità democratica dei programmi di aggiustamento

 

I Paesi dell’area euro che hanno beneficato (o stanno tuttora beneficiando) di un programma di assistenza finanziaria finanziato dal meccanismo europeo di stabilizzazione (European stability mechanism, ESM), nonché dal Fondo monetario internazionale (FMI) sono i seguenti:

·         Irlanda, per un totale di 67,5 miliardi di euro (di cui 22,5 a carico del FMI). Il programma di assistenza si è concluso nel novembre 2013;

·         Grecia, per un importo complessivo di 164,5 miliardi (di cui 19,8 a carico del FMI);

·         Portogallo, 78 miliardi (di cui 26 messi a disposizione dal FMI);

·         Spagna, 60 miliardi: il programma si è chiuso nel dicembre 2013;

·         Cipro, 10 miliardi (di cui 1 a carico del FMI).

Si segnala che negli ultimi due casi (Spagna e Cipro) l’assistenza finanziaria è stata finalizzata pressoché integralmente alla ricapitalizzazione e ristrutturazione del settore bancario, con un adeguato coinvolgimento degli azionisti (e, nel caso di Cipro, anche dei titolari di depositi bancari fino a 100mila euro).

Il meccanismo transitorio di stabilizzazione finanziaria (European financial stability facility, EFSF) è stato istituito dal Consiglio ECOFIN del 9 maggio 2010, in seguito alla crisi finanziaria della Grecia e alla luce delle condizioni critiche di Irlanda, Portogallo e di altri Paesi dell’area euro.

A partire da ottobre 2012, l’EFSF è stato sostituito dall’European stability mechanism (ESM), ovvero il meccanismo permanente di stabilizzazione, istituito con n accordo intergovernativo sottoscritto e ratificato da tutti i Paesi dell’eurozona. L’ESM si configura dunque quale organizzazione intergovernativa nel quadro del diritto pubblico internazionale con sede in Lussemburgo, ed ha le seguenti caratteristiche:

-     offre assistenza finanziaria agli Stati aderenti sulla base di una rigorosa condizionalità politica nell'ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico e di un'analisi della sostenibilità del debito pubblico effettuata dalla cosiddetta troika, costituita da rappresentanti della Commissione europea, del Fondo monetario internazionale (FMI) e della Banca centrale europea (BCE). Lo Stato beneficiario è tenuto a realizzare una forma adeguata di partecipazione del settore privato in funzione delle circostanze specifiche;

-     ha una capacità effettiva di prestito pari a 500 miliardi di euro, soggetta a verifica periodica almeno ogni cinque anni. Nel corso del 2012, la sua capacità di intervento è stata cumulata con quella residua dell’EFSF, e pertanto risulta pari a 700 miliardi di euro.

-     ha un capitale sottoscritto totale di 700 miliardi di euro: di questo importo, 80 miliardi di euro sono sotto forma di capitale versato fornito dagli Stati membri della zona euro, i restanti 620 miliardi sotto forma di garanzie;

-     la ripartizione dei contributi di ciascuno Stato al capitale sottoscritto è basata sulla partecipazione al capitale versato della BCE, modificata secondo una chiave di conversione;

-     al fine di garantire efficacia al sistema decisionale dell’ESM, esso opera a maggioranza qualificata dell'85% del capitale (anziché secondo la regola del comune accordo) qualora la Commissione e la BCE decidano che occorrono decisioni urgenti in materia di assistenza finanziaria in caso di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica della zona euro.

Nella seguente tabella si riportano, per ciascun Paese, i principali dati macroeconomici riferiti al 2010 (anno di avvio dei programmi di assistenza) e al 2013:

 

 

PIL

Rapporto deficit/PIL

Rapporto debito/PIL

Inflazione

Tasso di disoccupazione

 

2010

2013

2010

2013

2010

2013

2010

2013

2010

2013

Cipro

1,3%

-8,7%

-5,3%

-8,3%

61,3%

116,0%

2,6%

1,0%

6,3%

16,7%

Grecia

-4,9%

-4,2%

-10,7%

-13,5%

148,3%

176,2%

4,7%

-0,8%

12,6%

26,6%

Irlanda

-1,1%

0,3%

-30,6%

-7,4%

91,2%

124,4%

-1,6%

0,8%

13,9%

13,3%

Portogallo

1,9%

-1,8%

-9,8%

-5,9%

94,0%

127,8%

1,4%

0,6%

12%

17,4%

Spagna

-0,2%

-1,3%

-9,6%

-6,8%

61,7%

94,8%

2,0%

1,8%

20,1%

26,6%

Fonte: Commissione europea, previsioni economiche d’autunno (novembre 2013

La tabella, da una lato, denota un miglioramento del dato relativo al rapporto deficit/PIL (che tuttavia peggiora per Grecia e Cipro); dall’altro, segnala un sostanziale deterioramento dei dati relativi al rapporto debito/PIL e all’occupazione, a conferma dell’effetto negativo esercitato, nel breve-medio periodo, dalle misure di austerità poste in essere dai Governi nazionali dei Paesi in questione per dare attuazione agli accordi con la troika.

L’indagine conoscitiva del PE sull’attività della troika

La commissione affari economici e monetari (ECON) del Parlamento europeo sta conducendo un’indagine conoscitiva sull’attività della troika in Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro[3], allo scopo di valutarne l’efficacia e – soprattutto – il livello di responsabilità democratica.

L’indagine conoscitiva, che prevede missioni di delegazioni dei parlamentari nei Paesi sottoposti ad assistenza (il 6 e 10 gennaio si sono svolte due missioni, rispettivamente in Portogallo e a Cipro) nonché audizioni del Commissario agli affari economici, Rehn, dell’ex Presidente della BCE, Trichet, e del Direttore dell’ESM, Regling, si dovrebbe concludere con l’approvazione, presumibilmente nella seduta del 12 marzo 2014, di un rapporto d’iniziativa (relatori: Othmar Karas, Austria, PPE; Liem Hoang Ngoc, Francia, S&D) .

Una prima bozza di relazione è stata presentata in commissione ECON il 17 dicembre scorso. Nella premessa si sottolinea che i programmi devono mirare principalmente a evitare un'insolvenza non controllata e a mettere un freno alla speculazione sul debito sovrano; nel medio termine l'obiettivo è che il denaro prestato venga rimborsato, evitando così una perdita finanziaria a spese dei contribuenti dei Paesi che forniscono l'assistenza e garantiscono i fondi; pertanto, i programmi di assistenza dovrebbero realizzare una crescita sostenibile e un'efficace riduzione del debito nel medio e lungo termine, mentre non sarebbero idonei a correggere interamente gli squilibri macroeconomici talvolta accumulati nel corso dei decenni.

Sulla base di questa considerazione, nella bozza di relazione:

·         si accoglie con favore la fine del programma per l'Irlanda e la fine del programma prevista per il Portogallo, deplorando la mancanza di progressi in Grecia, nonostante siano state intraprese riforme senza precedenti;

·         si riconosce che la sfida affrontata dalla troika è stata senza precedenti, a causa della scarsa regolamentazione dei servizi finanziari, dei grandi squilibri macroeconomici, e del fatto che un certo numero di strumenti quali la svalutazione esterna non era disponibile per via dei vincoli dell'unione monetaria;

·         si deplora la mancanza di trasparenza nei negoziati relativi al memorandum d'intesa, rilevando la necessità di valutare se i documenti ufficiali sono stati chiaramente comunicati in tempo utile ai parlamenti nazionali e al Parlamento europeo;

·         rileva inoltre l'eventuale impatto negativo di tali pratiche sui diritti dei cittadini e sulla situazione politica all'interno dei paesi interessati;

·         si esprime rammarico per il fatto che i programmi per la Grecia, l'Irlanda e il Portogallo comprendano una serie di prescrizioni dettagliate per la riforma dei sistemi sanitari e tagli alla spesa;

·         si deplora il fatto che dal 2008 la diseguaglianza in termini di distribuzione del reddito è cresciuta al di sopra della media nei quattro Paesi e che i tagli alle prestazioni sociali e l'aumento della disoccupazione stanno innalzando i livelli di povertà;

·         si sottolinea il livello inaccettabile di disoccupazione giovanile nei quattro Stati membri, soprattutto in Grecia, a Cipro e in Portogallo;

·         si deplorano le ipotesi talvolta troppo ottimistiche formulate dalla troika, soprattutto per quanto riguarda la crescita;

·         si deplora che la riduzione dei disavanzi strutturali nei Paesi partecipanti al programma non abbia ancora portato a una riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL, che invece risulta nettamente aumentato in tutti e quattro i Paesi;

·         si sottolinea che non è stata sufficientemente approfondita la divergenza di veduta tra il FMI, Il quale ha ammesso di aver sottovalutato il moltiplicatore fiscale (ovvero il rapporto tra l’andamento del PIL di un Paese e le politiche fiscali di un determinato governo)  nelle sue previsioni di crescita prima dell'ottobre 2012, e la Commissione europea, la quale ha invece dichiarato, nel novembre 2012, che gli errori di previsione non erano dovuti alla sottovalutazione dei moltiplicatori fiscali. Si rileva che, mentre l'obiettivo dichiarato dell'FMI nelle sue operazioni di assistenza nel quadro della troika è la svalutazione interna, la Commissione ha piuttosto indicato quello del risanamento fiscale;

·         si sottolinea che, a causa della sua natura ad hoc, non vi era alcun fondamento giuridico adeguato per la costituzione della troika;

·         si avverte che potrebbero verificarsi conflitti d'interessi all'interno della Commissione tra il suo ruolo nella troika e la sua responsabilità in quanto custode dei Trattati, soprattutto nell'ambito di politiche come la concorrenza e gli aiuti di Stato;

·         si indica un possibile conflitto d'interessi anche tra l'attuale ruolo della BCE nella troika come "consulente tecnico" e la sua posizione di creditore dei quattro Stati membri, nonché nell'ambito del suo mandato nel quadro del Trattato, in base al quale essa è responsabile solo della politica monetaria: pertanto, un coinvolgimento della BCE nel le questioni relative alle politiche di bilancio, fiscali e strutturali avverrebbe su un terreno giuridico incerto;

·         si rileva che le decisioni formali sono prese sia dall'Eurogruppo che dall'FMI, con un ruolo cruciale ora conferito all’ESM in quanto organizzazione competente a decidere in merito all'assistenza finanziaria, mettendo così i governi, compresi quelli degli Stati membri direttamente interessati, al centro di tutte le decisioni prese;

·         si chiede che il MES sia responsabile di fronte al Parlamento europeo, anche per quanto riguarda le decisioni sulla concessione dell'assistenza finanziaria, al fine di esercitare un controllo democratico;

·         si chiede il coinvolgimento delle parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione dei programmi di aggiustamento, attuali e futuri;

·         si  chiede che il rappresentante o i rappresentanti della Commissione in seno alla troika siano ascoltati dal Parlamento europeo prima di assumere le loro funzioni e riferiscano regolarmente al Parlamento europeo;

·         si chiede un riesame del processo decisionale dell'Eurogruppo, che modifichi i protocolli d'intesa con gli Stati membri che ricevono l'assistenza finanziaria UE-FMI al fine di includere un'adeguata responsabilità democratica a livello sia nazionale sia europeo;

·         si chiede che venga valutata anche la possibilità di una modifica del Trattato per creare un Fondo monetario europeo nel quadro dell’UE, come alternativa all'FMI.

Terza sessione: la promozione della crescita e dell’occupazione attraverso il finanziamento dell’economia reale

Le politiche di rilancio degli investimenti in crescita e occupazione si scontrano con le misure di contenimento della spesa pubblica realizzate dai Governi nazionali e con il contestuale ridimensionamento del bilancio dell’UE. A quest’ultimo proposito, si segnala che per il prossimo quadro finanziario pluriennale 2014-2020, infatti, le Istituzioni dell’UE (Consiglio e Parlamento europeo) hanno concordato uno stanziamento di 959,9 miliardi di euro per impegni, corrispondente al 1,00% del reddito nazionale lordo (RNL) dell’UE e a 908,4 miliardi di euro per pagamenti, corrispondenti allo 0,95% del RNL dell’UE, con una riduzione, rispettivamente, di 16,5 e 17,1 miliardi rispetto al periodo di programmazione 2007-2013.

Patto per la crescita e l’occupazione

A fronte di queste contraddizioni, l’UE Il Consiglio europeo del 19-20 dicembre 2013 ha ribadito l’importanza di dare piena attuazione al Patto per la crescita e l’occupazione approvato in occasione del Consiglio europeo di giugno 2012.

Il Patto prevedeva la mobilitazione a livello UE di 120 miliardi di euro (equivalenti a circa l'1% dell'RNL dell'UE) per misure ad effetto rapido a favore della crescita, combinando diversi interventi:

-          l’aumento di 10 miliardi di euro del capitale versato della BEI allo scopo di accrescerne la capacità totale di prestito di 60 miliardi di euro, liberando in tal modo fino a 180 miliardi di euro di investimenti supplementari. Tale aumento di capitale è stato deliberato all’unanimità dal consiglio dei governatori, composto dai ministri delle finanze degli Stati membri, l’8 gennaio 2013;

-          l’avvio immediato della fase pilota relativa ai prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti infrastrutturali nei settori dei trasporti, dell'energia e dell'infrastruttura a banda larga (cd. project bonds), capaci di mobilitare, secondo le stime della Commissione, fino a 4,5 miliardi di euro di investimenti;

-          la riprogrammazione dei Fondi strutturali non spesi (per una cifra complessiva pari a circa (55 miliardi di euro);

-          l’ampliamento dell'intervento del Fondo europeo per gli investimenti (strumento della BEI che investe in fondi di venture capital e strumenti con ripartizione del rischio per finanziare le PMI), in collegamento con le strutture nazionali esistenti.

L’intervento della BEI

Il Consiglio europeo di dicembre 2013 ha preso atto dell'impegno, da parte della  Banca europea per gli investimenti (BEI), di completare entro la fine del 2013 l’erogazione di 23,1 miliardi di euro a favore delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione, nonché dell’impegno a rafforzare ulteriormente la capacità del  Fondo europeo per gli investimenti (FEI),  tramite un aumento fino a 4 miliardi di euro del suo capitale, con l'obiettivo di giungere a un accordo finale entro il maggio 2014.

Project bonds

Al fine di valutare l’efficacia di una delle misure citate, merita segnalare che il 19 dicembre 2013 la Commissione europea ha presentato una relazione sulla fase pilota dell’iniziativa dei prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti infrastrutturali (project bonds), che riguarda il primo periodo di dodici mesi, da novembre 2012 a novembre 2013, e illustra i progressi compiuti in termini di approvazione e finanziamento dei progetti.

La Commissione rileva che, come risulta dalla figura sottostante, i finanziamenti privati di infrastrutture nell’UE (il parametro utilizzato sono i finanziamenti dei progetti di partenariato pubblico-privato, PPP) non sono ancora tornati ai livelli pre-crisi di 25-30 miliardi di euro, che erano comunque insufficienti per coprire il fabbisogno di infrastrutture dell’UE. Dopo una ripresa parziale nel 2010 e nel 2011, il valore delle operazioni nell’ambito di PPP che hanno raggiunto la chiusura finanziaria in Europa nel 2012 ammontava

complessivamente a 11,7 miliardi di euro, corrispondenti a una diminuzione

 

del 35% rispetto al 2011 (17,9 miliardi di euro) e al valore più basso registrato dal 2003.

Secondo la valutazione della Commissione, le banche non erogheranno il volume di prestiti necessario per coprire il fabbisogno di infrastrutture dell’UE. Per non limitare la spesa infrastrutturale sarà dunque necessario sviluppare fonti di finanziamento alternative. In questo contesto la Commissione segnala la comparsa di un gran numero di compagnie di assicurazioni e fondi per i crediti infrastrutturali.

Il supporto di credito ai prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti (PBCE) fornito dalla BEI attraverso i project bonds intende proprio colmare il divario tra il basso merito di credito che caratterizza generalmente i progetti infrastrutturali a finanziamento privato e il merito di credito più elevato a cui puntano gli investitori. In tal modo si amplierebbero le fonti di finanziamento, si sosterrebbe la durata degli investimenti e si ridurrebbero i costi di finanziamento. Il PBCE può essere fornito tramite:

-          uno strumento finanziato, consistente in una quota di debito subordinato (cioè un prestito diretto al progetto da rimborsare solo dopo il rimborso delle obbligazioni senior), oppure

-          uno strumento non finanziato, consistente in una linea di credito contingente che, una volta attivata, si converte in un prestito subordinato.

I progetti approvati finora spaziano dalle autostrade in diversi Stati membri a connessioni di rete a impianti eolici offshore in Germania e nel Regno Unito e a impianti di stoccaggio del gas in Italia e in Spagna:

Settore

Progetto

Paese

Entità prevista dello strumento di supporto di credito (milioni di euro)

TEN-T

Autostrada

Belgio

150

TEN-T

Autostrada

Germania

120

TEN-T

Autostrada

Regno Unito

200

TEN-E

Connessioni alla rete di diversi impianti eolici offshore

Regno Unito

150

TEN-E

Stoccaggio del gas

Spagna

200

TEN-E

Stoccaggio del gas (1)

Italia

200

TEN-T

Autostrada

Slovacchia

200

TEN-E

Connessioni alla rete di diversi impianti eolici offshore

Germania

170

Totale approvato

 

 

1 390

 

(1) subordinatamente alla disponibilità di finanziamenti dell’UE.

La Commissione sottolinea, tuttavia, che finora, il mercato si è concentrato su progetti infrastrutturali locali di minori dimensioni.

Potranno essere aggiunti all’elenco altri progetti approvati dal consiglio dei governatori della BEI entro la fine del 2014.

Sembra essere uscita dal dibattito europeo la proposta di introdurre project bonds garantiti dal bilancio dell’UE, emessi sul mercato per finanziare la realizzazione di grandi opere infrastrutturali di carattere transnazionale: tale ipostesi, che avrebbe di mobilitato risorse ben più consistenti di quelle realizzate con il progetto pilota sopra illustrato, è stata tuttavia accantonata a causa dell’opposizione di alcuni Paesi membri (tra cui, la Germania) che, partendo dall’assunto che il bilancio UE non può registrare disavanzi, considerano l’emissione di bond – sia pure finalizzati ad investimenti produttivi – una violazione dell’art. 125 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE)[4], nonché con disposizioni analoghe degli ordinamenti dei Paesi membri[5].

A questo riguardo è opportuno ricordare anche che si potrebbero liberare nuove risorse anche a livello nazionale se si desse seguito alle indicazioni prospettate dal Presidente della Commissione europea, Barroso, in un intervento alla plenaria del Parlamento europeo il 3 luglio e - successivamente – dal Commissario per gli affari economici, Olli Rehn, in una lettera ai ministri dell’economia dei Paesi UE: entarmbi hanno affermato che saranno valutate, caso per caso, deviazioni temporanee dall’obiettivo a medio termine del pareggio di bilancio determinate da spese per il cofinanziamento di progetti nell'ambito della politica di coesione e per la realizzazione di reti transeuropee nell’ambito del meccanismo per connettere l’Europa (Connecting Europe facility), ovvero le reti per le infrastrutture di trasporto, energia e reti digitali.

 

Fondi di investimento europei a lungo termine

Consiglio dell’UE e Parlamento europeo stanno ancora esaminando la proposta di regolamento relativa ai fondi di investimento europei a lungo termine, che istituisce un quadro comune per i fondi d’investimento che vogliono iniettare capitali in società e progetti a lungo termine (European Long-Term Investment Funds, ELTIF).

 

Quarta sessione: la sorveglianza di bilancio rafforzata nell’Unione economica e monetaria

Monitoraggio rafforzato dei bilanci nazionali

Nel corso del semestre europeo 2013 si è data attuazione, per la prima volta, alla procedura rafforzata di monitoraggio e valutazione dei “documenti programmatici di bilancio” (DPB) degli Stati membri della zona euro, introdotta dal regolamento (UE) n. 473/2013 (uno dei due atti che compongono il cd. Two pack). In estrema sintesi, la procedura prevede che:

·         ogni anno, entro il 15 ottobre, gli Stati membri dell’eurozona trasmettono alla Commissione e all'Eurogruppo il documento programmatico di bilancio, che deve essere coerente con gli obiettivi di finanza pubblica (in caso di scostamenti, deve essere fornita una spiegazione);

·         la Commissione europea adotta, il prima possibile e non oltre la fine di novembre, un parere sul documento programmatico di bilancio, e lo presenta all'Eurogruppo, nonché – su richiesta – al Parlamento dello Stato membro interessato e al Parlamento europeo. Nei casi in cui, previa consultazione dello Stato interessato entro una settimana dalla presentazione del documento programmatico di bilancio, la Commissione riscontri un'inosservanza particolarmente grave degli obblighi di politica finanziaria definiti nel Patto di stabilità e crescita, chiede che sia presentato un documento programmatico riveduto.

La ratio della nuova procedura introdotta dal Two pack risiede nella opportunità per le Istituzioni dell’UE (Commissione ed Eurogruppo) di esercitare un controllo ex ante sulle leggi di bilancio nazionali, segnalando le eventuali discrasie rispetto agli impegni di finanza pubblica assunti dai Paesi membri in sede di presentazione dei Programmi di stabilità e crescita, nonché rispetto alle linee di politica economica delineate nei Programmi nazionali di riforma.

Il 15 novembre 2013 la Commissione ha emesso il proprio parere, oltre che nei confronti dell’Italia, sui documenti programmatici di bilancio di altri 12 paesi della zona euro non soggetti ad un programma di aggiustamento economico (tutti tranne Cipro, Grecia, Irlanda e Portogallo, per i quali si applica una disciplina specifica nell’ambito del Six e del Two pack). I pareri danno un'indicazione della conformità o non conformità dei progetti di bilancio nazionali agli obblighi del Patto di stabilità e crescita (PSC), in particolare l’obiettivo di bilancio a medio termine e le soglie per il decifit e il debito.

La Commissione non ha constatato in nessuno dei documenti programmatici di bilancio gravi inadempienze rispetto al PSC e, pertanto, non ha chiesto ad alcuno Stato membro la presentazione di documenti programmatici riveduti secondo la procedura sopra indicata.

La Commissione ha ritenuto tuttavia che i documenti programmatici di bilancio di 5 Paesi (Finlandia,  Italia, Lussemburgo, Malta e Spagna) rischiano di non rispettare le regole del Patto di stabilità e crescita.

I pareri sui documenti programmatici di bilancio sono stati presentati all'Eurogruppo del 22 novembre 2013: i Ministri delle finanze dei Paesi dell’eurozona hanno convenuto che i DPB per il 2014 sono “appropriati”, e che  nessuno di essi risulterebbe significativamente non conforme alle regole del Patto di stabilità e crescita.

I Ministri dei Paesi per i quali la Commissione ha rilevato il rischio di non conformità al PSC si sarebbero impegnati a valutare tutte le contromisure per evitare tale rischio.

 

Il parere sul documento di bilancio dell’Italia

Nel parere relativo all’Italia, la Commissione rilevava, in via generale, il rischio che il documento programmatico di bilancio per il 2014 non assicurasse il rispetto delle disposizioni del Patto di stabilità e crescita.

In particolare, le previsioni della Commissione evidenziano:

-          il rischio di non conseguire una riduzione del rapporto debito/PIL in linea con il parametro di riferimento della riduzione del debito: il documento programmatico di bilancio dell’Italia prevede che, dal 3% del 2012 e del 2013, il disavanzo pubblico nel 2014 scenda al 2,5% del PIL, vale a dire 0,7 punti percentuali più elevato di quanto previsto nel programma di stabilità; secondo le previsioni della Commissione, invece,  nel 2014 il disavanzo sarà pari al 2,7% del PIL;

-          il rischio che il nuovo tributo per i servizi comunali, introdotto nel 2014, produca un gettito inferiore a quello dell’imposta sugli immobili e del tributo per lo smaltimento dei rifiuti cui doveva sostituirsi, riducendo ulteriormente la possibilità di un trasferimento più sostanziale del carico fiscale dal lavoro agli immobili e all’ambiente;

-          l’insufficienza dell’aumento di 1 punto percentuale dell’aliquota IVA ordinaria (salita al 22%) dall’ottobre 2013 a risolvere il problema dell’erosione della base imponibile derivante dalla frequente applicazione di aliquote ridotte (del 10% o del 4%).

Pertanto il parere e il documento di lavoro che lo accompagna hanno rilevato che l’Italia non potrebbe, in base alle previsioni della Commissione, avvalersi della c.d. “clausola sugli investimenti", che consente una deviazione temporanea dall’obiettivo di bilancio a medio termine al fine, tra l’altro, di finanziare investimenti in relazione a progetti cofinanziati dall’UE nell’ambito della politica di coesione, del meccanismo per collegare l’Europa e delle Reti trans-europee.

L’accesso alla clausola sugli investimenti, come precisato in una lettera trasmessa agli stati membri dal Vice Presidente della Commissione Rehn il 3 luglio 2013, è infatti subordinato alle seguenti tre condizioni:

1) la crescita economica dello Stato interessato rimane negativa o comunque ben al di sotto del suo valore potenziale;

2) lo scostamento non determina un disavanzo pubblico in eccesso rispetto alla soglia del 3 per cento del PIL e la regola del debito è rispettata;

3) i progetti devono avere sul bilancio pubblico un effetto di lungo termine positivo, diretto e verificabile.

 

Successivamente alla riunione dell’Eurogruppo del 22 novembre, con riferimento all’Italia, il Vice Presidente Olli Rehn ha confermato[6] che le previsioni sull'andamento del debito italiano nel 2014 sembrano porre in dubbio il rispetto della regola del debito con l’impossibilità per l’Italia di avvalersi della c.d. “clausola per gli investimenti”, in attesa di maggiori dettagli da parte del Governo circa il programma di privatizzazioni, nonché sull’attività di revisione della spesa e i risparmi che potrebbero derivare da questa già nel prossimo esercizio. Qualora tali misure siano “sostanziali” esse potranno essere prese in considerazione nelle Winter Forecast della Commissione (la cui pubblicazione è attesa per febbraio), che rappresentano il prossimo momento di monitoraggio della politica fiscale degli Stati membri dell’area euro.



 

Riunione interparlamentare organizzata dalla Commissione EMPL

Affrontare la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi

 

La situazione dell’occupazione nell’UE

I dati più recenti forniti da Eurostat (8 gennaio 2014) e riferiti al novembre 2013 danno un quadro della disoccupazione nell’Unione europea sostanzialmente stabile nei sei mesi precedenti. In particolare, si registra un tasso di disoccupazione dell’area euro (EU-17) pari al 12,1 per cento (in leggero aumento rispetto all’anno precedente ma in linea con il dato dello scorso aprile), mentre quello dell’area EU-28 è pari al 10,9 per cento, con un modesto aumento rispetto all’anno precedente ma invariato rispetto allo scorso maggio.

La tabella fornisce i dati relativi ad alcuni Paesi dell’UE:

 

 

Tasso di disoccupazione Novembre 2012-Novembre 2013

(dati destagionalizzati - %)

 

Novembre 2012

Novembre 2013

EU-28

10,8

10,9

EU-17

11,8

12,1

Francia

10,6

10,8

Germania

5,4

5,2

Grecia

26,0

n.d.

Spagna

26,2

26,7

Italia

11,3

12,7

Portogallo

17,0

15,5

Regno Unito

7,8

n.d.

Fonte: Eurostat

 

 

 

L’Italia è tra i Paesi che hanno registrato la più alta crescita del tasso di disoccupazione, come anche la Grecia (dal 26 per cento del settembre 2012 al 27,4 per cento nel settembre 2013). Invece, il Portogallo è tra i Paesi (in particolare, Lettonia, Lituania, Ungheria e Irlanda) che hanno fatto registrare il calo più significativo.

 

Per quanto riguarda, in particolare, l’andamento della disoccupazione giovanile, la tendenza non è univoca: nel novembre 2013, nell’area euro (EU-17) il tasso risulta in aumento, sia pure contenuto, così come nell’area EU-28:

 

 

 

Tasso di disoccupazione giovani al di sotto dei 25 anni Novembre 2012-Novembre 2013 (dati destagionalizzati - %)

 

Novembre 2012

Novembre 2013

EU-28

23,4

23,6

EU-17

23,9

24,2

Francia

26,3

25,6

Germania

8,0

7,5

Grecia

58,4

n.d.

Spagna

54,9

57,7

Italia

37,6

41,6

Portogallo

38,7

36,8

Regno Unito

20,6

n.d.

Fonte: Eurostat

 

 

 

 

 

 

Le tabelle evidenziano una situazione ancora difficile, soprattutto in alcune aree, per fare fronte alla quale la Commissione , nel corso del 2013, ha proposto una serie di strumenti, in primo luogo, per il miglioramento della conoscenza dei fenomeni da combattere e, in secondo luogo, per incidere operativamente e secondo il grado di gravità del fenomeno nelle aree più colpite.

 

Prima sessione: la dimensione sociale dell’Unione economica e monetaria

Il 1° ottobre 2013 la Commissione europea ha presentato una comunicazione sulla dimensione sociale dell’UEM, in concomitanza con l’uscita del bollettino trimestrale sulla situazione economica e sociale in Europa, che evidenzia le persistenti divergenze tra i Paesi membri, in particolare dell’area Euro, con riferimento a temi quali la disoccupazione, i NEET (Not in Education, Employment nor Training), la povertà. Ad avviso della Commissione, tali divaricazioni evidenziano la necessità di un sistema di monitoraggio e valutazione dei potenziali squilibri che si possono determinare nel quadro occupazionale e sociale degli Stati membri. In particolare, la comunicazione si concentra su tre aree:

·       il monitoraggio delle sfide occupazionali e sociali e il coordinamento delle politiche nell’ambito del Semestre europeo. Allo scopo, la Commissione propone la creazione di uno “scoreboard” sociale, basato su un numero limitato di indicatori: tasso di disoccupazione e sua evoluzione; tasso di NEET e di disoccupazione giovanile; reddito disponibile delle famiglie; tasso di povertà nella popolazione in età da lavoro; diseguaglianze. Lo scoreboard verrebbe utilizzato da Commissione e Consiglio dell’UE nella predisposizione del Rapporto congiunto sull’occupazione allegato all’Analisi annuale della crescita, con la quale viene avviato il semestre europeo, e inciderebbe pertanto sull’elaborazione delle proposte di raccomandazioni specifiche per Paese adottate dal Consiglio in esito al semestre stesso;

·       la solidarietà, la responsabilità e una rinnovata azione in campo occupazionale, con particolare riferimento alla mobilità del lavoro. A tale riguardo, la Commissione ricorda i diversi strumenti previsti dal prossimo Quadro finanziario pluriennale 2014-2020 (Fondo Sociale Europeo, Programma per l’Occupazione e l’Innovazione, Fondo Europeo di Aiuto agli Indigenti, Fondo Europeo di Adeguamento alla Globalizzazione e, da ultimo, Iniziativa per l’Occupazione Giovanile), nonché le misure specifiche per promuovere la mobilità (la proposta di direttiva per eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori e il potenziamento del portale europeo per la mobilità professionale EURES);

·       il dialogo sociale. La Commissione si limita a riconoscerne l’importanza e a proporre di rivedere la tempistica delle occasioni di confronto già esistenti, con particolare riferimento al dialogo macroeconomico e al vertice sociale trilaterale, che dovrebbe avvenire prima della presentazione dell’Analisi annuale della crescita.

La pertinenza di un quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali chiave è stata confermata dal Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013, che ha auspicato la sua utilizzazione già nel semestre europeo 2014. Si segnala che il progetto di relazione comune sull’occupazione, che accompagna l’Analisi annuale della crescita 2014, presentato nel novembre 2013, reca l’analisi delle tendenze sociali e del mercato del lavoro nell’UE alla luce degli indicatori sociali di cui alla comunicazione sulla dimensione sociale dell’UEM.

 

Seconda sessione: gli aspetti occupazionali dell’Analisi annuale della crescita, compresi il FSE, la Garanzia per i giovani e le riforme pensionistiche

Nell’Analisi annuale della crescita 2014, la Commissione, prendendo atto del lieve miglioramento registratosi nella situazione economico-finanziaria dell’UE, individua tra le priorità anche le azioni necessarie a colmare il fisiologico ritardo del riflesso di tale miglioramento sul mercato del lavoro e sul tessuto sociale:

·       l’intensificazione delle misure attive sul mercato del lavoro, soprattutto sostegno attivo e formazione ai disoccupati; il miglioramento dell’efficienza dei servizi di collocamento pubblici e l’attuazione alla “Garanzia per i giovani”;

·       l’evoluzione dei salari in funzione della produttività, in modo da sostenere la competitività e la domanda aggregata, e il superamento della segmentazione del mercato del lavoro;

·       la modernizzazione dei sistemi d’istruzione e formazione, compresa la formazione continua, la formazione professionale e l’apprendimento duale;

·       il miglioramento dell’efficacia dei sistemi di protezione sociale.

 

La situazione dell’Italia

Per quanto riguarda l’Italia, la Commissione, pur rilevando l’importanza delle riforme adottate nel corso del 2012, evidenzia l’esistenza di ulteriori margini di intervento per cercare di ovviare alla vulnerabilità dei giovani e delle donne sul mercato del lavoro. L’analisi della Commissione si appunta su diversi aspetti:

·       la riforma del mercato del lavoro (legge n. 92/2012), adottata per affrontare la rigidità e la segmentazione del mercato del lavoro italiano mira ad introdurre una maggiore flessibilità all'uscita e introduce disincentivi all'uso (o all'abuso) di contratti temporanei e atipici. Invece, la riforma del sistema di ammortizzatori sociali, pure recata dalla legge, entrerà in vigore pienamente sono a decorrere dal 2017. Nel corso del 2013, inoltre, sono stati introdotti ulteriori correttivi volti al superamento di rigidità riscontrate, soprattutto con riferimento ai contratti a termine.

La valutazione dell’efficacia della legge, ad un anno dall’entrata in vigore, presuppone un attento e continuo monitoraggio, soprattutto con riguardo al numero aggiuntivo di nuovi posti di lavoro che si saranno creati, con riferimento in particolare alle tipologie contrattuali prescelte. Il sistema è stato attivato, come risulta dal sito del Ministero del lavoro, ma i primi risultati non risultano ancora pubblicati.

Tuttavia, è possibile ricavare qualche indicazione dalla lettura dei dati più recenti elaborati dal Ministero del lavoro, relativi alle comunicazioni obbligatorie di assunzioni del terzo trimestre 2013. In tale periodo, risultano attivati 2.393.507 rapporti di lavoro, 86.781 in meno rispetto al III trimestre 2012 (-3,5%). I lavoratori interessati dalle assunzioni (lavoratori avviati) sono 1.867.917, con un numero medio di attivazioni procapite pari a 1,28, che indica che uno stesso lavoratore è stato interessato da più rapporti di lavoro attivati nel trimestre. I rapporti di lavoro cessati sono stati 2.384.350, in diminuzione di 9,7 punti percentuali (pari a -257.497 unità) rispetto al III trimestre 2012.

Pur non essendoci elementi per collegare con sicurezza i dati agli effetti della legge n. 92/2012, è innegabile che, almeno nel primo periodo di applicazione, tale legge non abbia conseguito i risultati sperati. I modesti risultati sin qui raggiunti (sia con riferimento al numero di assunzioni sia con riferimento alle tipologie di contratti non di carattere stabile), tuttavia, devono essere letti anche alla luce della perdurante crisi economica laddove, si ricorda, la prospettiva alla base della legge era quella della crescita. In altre parole, il mancato aumento dell’occupazione può essere solo in parte imputato al funzionamento della legge, in quanto le prospettive economiche sono tali da condizionare negativamente le scelte occupazionali delle imprese italiane, a prescindere dal quadro normativo. A tale proposito, si ricorda che uno dei pilastri della ripresa economica individuati dalla Commissione nell’Analisi annuale della crescita è la riduzione del cuneo fiscale. Su tale fronte, si rileva come l’Italia, caratterizzata dal forte peso delle imposte e dei contributi sui salari, non sembra ancora in condizione di affrontare in modo significativo la questione, anche se limitate misure in tal senso sono state adottate con la legge di stabilità 2014 (in particolare, un aumento delle detrazioni sul lavoro dipendente e la previsione di deduzioni IRAP per i datori di lavoro che aumentano la base occupazionale).

Per contrastare l’aumento della disoccupazione giovanile, l’Italia ha varato nel  corso del 2013 ulteriori iniziative a favore dell’occupabilità dei giovani, tra cui la riforma dell’apprendistato, l'introduzione di incentivi per l'assunzione di giovani molto qualificati, la riprogrammazione dei fondi strutturali attraverso il piano d'azione Coesione, la progressiva riduzione del tempo di lavoro dei dipendenti anziani per favorire l’assunzione di giovani lavoratori, la promozione dell’autoimprenditorialità;

·       la riforma dei servizi pubblici dell’impiego (SPI), considerati l’intermediario privilegiato tra domanda e offerta di lavoro. Nel 2013, l’Italia ha avviato un’analisi delle attività degli SPI, che ha dato luogo alla prima indagine annuale, propedeutica, tra l’altro, al completamento della riforma di tali strutture, avviata con il decreto legislativo n. 276/2003. Dall’indagine, in primo luogo, emerge il variegato panorama regionale che non permette il raggiungimento di standard uniformi di prestazioni a livello nazionale. Inoltre, l’efficienza degli SPI risente della liberalizzazione del settore del collocamento, avviata dal decreto legislativo n. 276/2003, che ha visto prevalere le strutture di natura privata, più agili e meglio legate al settore dell’offerta di lavoro. Il processo di riforma degli SPI, proseguito, da ultimo, con la citata legge n. 92/2012, necessita di essere completato alla luce delle indicazioni della Commissione europea, che auspica la collaborazione degli SPI degli Stati membri, sulla base della condivisione, in primo luogo, delle buone pratiche. In ogni caso, l’occasione dell’adozione della Garanzia per i giovani è stata sfruttata dalle autorità italiane per procedere ulteriormente verso la modernizzazione degli SPI (cfr. infra), in quanto è stata costituita presso il Ministero del Lavoro una “Struttura di missione” che, in via sperimentale, fino al riordino dei Servizi stessi e comunque fino al 31 dicembre 2015, si occupa di garantire l’attuazione della “Garanzia per i giovani” e promuove la ricollocazione dei soggetti beneficiari di ammortizzatori sociali in deroga.

L’improrogabilità secondo i dati forniti dal Rapporto di monitoraggio sui Servizi per l’impiego 2013 (Ministero del lavoro), vi sarebbe una evidente sproporzione tra il numero dei rapporti attivati complessivamente e quello dei rapporti attivati tramite gli SPI: su un totale di 10.278.752 rapporti attivati nel 2012, 18.487 (18 per cento circa) sono stati avviati tramite gli SPI. I dati dimostrano che, a fronte di un vasto bacino di utenza, gli SPI non sono risultati in grado di svolgere un ruolo quantitativamente accettabile rispetto agli altri canali esistenti;

·       sulla base del nuovo Quadro Finanziario Pluriennale 2014-2020, il Fondo sociale europeo (FSE) destinerà almeno 70 miliardi di euro (circa 10 miliardi l’anno) alla creazione di posti di lavoro, integrando gli interventi in ambito nazionale. In particolare, 6 miliardi di euro nel biennio 2014-2015 a valere sulle risorse del fondo sono destinati al finanziamento dell’Iniziativa per l’occupazione giovanile (YEI) con riferimento ai giovani tra i 15 e i 24 anni non occupati né in formazione (NEET), nelle regioni con un tasso di disoccupazione superiore al 25 per cento. Sempre a valere sulle risorse del FSE, si prevede l’integrazione dei finanziamenti destinati alla “Garanzia per il giovani” (cfr. infra), per il sostegno di ulteriori categorie di beneficiari. Dal canto loro, i Paesi membri sono tenuti ad intensificare la collaborazione sugli accordi di partenariato, privilegiando le azioni volte al contrasto della disoccupazione giovanile, alla promozione degli investimenti in risorse umane e all’adeguamento dei sistemi di istruzione e formazione alle esigenze del mercato del lavoro.

 

 

·       la Garanzia per i giovani prevede che tutti i giovani di età inferiore ai 25 anni di età – iscritti o meno ai servizi per l’impiego – possano ottenere un’offerta valida entro quattro mesi dalla fine degli studi o dall’inizio della disoccupazione.

Il piano italiano di attuazione, approvato dalla Commissione europea, stabilisce, con riferimento ai dati 2012:

-      soggetti interessati: interventi a favore di 537.685 giovani disoccupati o non occupati e la possibilità di estendere la Garanzia ai giovani fino a 29 anni (ulteriori 369.009), dopo i primi sei mesi di attuazione; interventi a favore di 390.282 NEET (giovani non occupati e non in formazione, attualmente non alla ricerca di lavoro), e la possibilità di interventi a favore di NEET fino a 29 anni (ulteriori 268.965 soggetti);

-      risorse finanziarie: il finanziamento complessivo è pari a 1,513 miliardi di euro, di cui 567 milioni di euro a titolo di Youth Employment Initiative (YEI), 567 milioni di euro a carico del FSE, 379 milioni di euro di cofinanziamento nazionale. A tali risorse di aggiungeranno ulteriori finanziamenti nazionali e regionali;

-      misure previste: sistema universale di informazione, supporto e orientamento a cui si accede con registrazione obbligatoria del giovane; servizi e percorsi personalizzati; azioni nei Centri di Contatto propedeutiche all’offerta di servizi specialistici; percorsi/dispositivi individuali; offerta di lavoro, eventualmente accompagnata da bonus occupazionale per l’impresa.

Il piano italiano prevede anche la promozione del tirocinio e dell’apprendistato nonché azioni specifiche per lo sviluppo della formazione (tra cui, azioni formative per i giovani che necessitano di ulteriore formazione, sostegno monetario - borsa di formazione - ai giovani, nel caso in cui vengano indirizzati verso i percorsi triennali di Istruzione e Formazione Professionale o verso il rientro a scuola, voucher per l’acquisto di servizi specialistici di sostegno). Il piano prevede anche azioni di promozione dell’autoimprenditorialità e incentivi per compensare una parte delle spese di trasferta sostenute dai giovani disponibili a realizzare un’esperienza di lavoro all’estero.

Nella bozza di contratto di partenariato per la programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali, sottoposta nel dicembre 2013 dal Governo alla Commissione europea, si prevede di allocare per l’occupazione (OT8), indicativamente 3.859 milioni di euro di stanziamenti a valere sul Fondo sociale europeo (non viene indicata espressamente la quota di cofinanziamento nazionale). La tabella che segue mette a confronto il nuovo ciclo di programmazione con quello del periodo 2007-2013, con riferimento sia al FSE sia al FESR:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Dal grafico, risulta evidente che il maggiore impegno, rispetto alla programmazione dei fondi strutturali 2007-2013, riguarda proprio l’obiettivo dell’occupazione e quello, ad esso comunque connesso, del sostegno all’innovazione e alla competitività delle imprese;

·       riforme pensionistiche: nell’analisi annuale della crescita, la Commissione auspica l’impegno degli Stati membri al rafforzamento dell’efficienza e della sostenibilità finanziaria dei sistemi di protezione sociale, in particolare quelli pensionistici e sanitari. L’Italia, con le riforme pensionistiche intraprese fin dalla fine degli anni ’90, è intervenuta a più riprese sul sistema pensionistico obbligatorio, innalzando progressivamente l’età media per l’accesso al pensionamento e introducendo il sistema di calcolo contributivo, che lega strettamente l’importo del trattamento pensionistico ai contributi pensionistici versati durante la vita lavorativa nonché all’età di accesso al pensionamento. Inoltre, l’aggancio sia dell’età pensionabile sia dei coefficienti di trasformazione dei trattamenti al mutamento della speranza di vita sono volti ad assicurare, da un lato, livelli di trattamenti dignitosi e, dall’altro, la sostenibilità finanziaria del sistema.

Più in particolare, la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2013 (settembre 2013) traccia lo scenario del rapporto spesa pensionistica pubblica/PIL fino al 2060: A partire dal 2015-2016, in presenza di una crescita economica più favorevole, il rapporto è atteso decrescere in modo significativo per un periodo di circa quindici anni, attestandosi al 14,9 per cento attorno al 2030, per l’effetto di contenimento esercitato sia dall’innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento, sia dall’introduzione del sistema di calcolo contributivo.

L’andamento del rapporto è rappresentato dal grafico seguente:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Nota di aggiornamento al DEF, settembre 2013

 

La Nota di aggiornamento precisa che l’andamento previsto mostra come il processo di riforma del sistema pensionistico attuato nel corso degli ultimi due decenni riesca a compensare i potenziali effetti di medio-lungo periodo derivanti dalla transizione demografica sulla spesa pubblica per pensioni. Infatti, come anche evidenziato in sede internazionale[7], l’Italia presenta una variazione della spesa in rapporto al PIL in netta controtendenza rispetto a quella prevista per la maggior parte dei paesi europei, nonostante la dinamica demografica meno favorevole.

I grafici che seguono mostrano le previsioni dell’andamento del rapporto PIL/spesa pubblica per pensioni nell’UE-27, compresa la Norvegia, nel periodo 2010-2060. Nel 2060, una pluralità di stati (Grecia, Francia, Cipro, Belgio, Lussemburgo, Malta, Austria, Slovenia, Finlandia) presentano livelli di spesa in rapporto al PIL superiori a quello dell’Italia, o sostanzialmente allineati (Germania, Spagna, Norvegia). Ciò è dovuto ad una dinamica del rapporto spesa/PIL in controtendenza rispetto alla maggior parte dei paesi esaminati. Infatti, mentre il valore medio dell’UE cresce di 1,4 punti percentuali, passando dall’11,3% del 2010 al 12,7% del 2060, per l’Italia il rapporto scende di 0,9 punti percentuali. In particolare, l’ultimo grafico evidenzia come, nel panorama europeo, l’Italia risulti uno dei paesi con la più bassa crescita della spesa pensionistica in rapporto al PIL segnalando, sotto questo aspetto, un rischio contenuto in termini di impatto dell’invecchiamento demografico sulla sostenibilità delle finanze pubbliche.

 

Grafico 1: anno 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Grafico 2: anno 2060

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Grafico 3: variazione 2060/2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Ragioneria Generale dello Stato, Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, Rapporto n. 14 (2013).

 


Riunione interparlamentare organizzata dalla commissione ECON

 

Prima sessione: Verso un sistema IVA efficiente a livello UE

La Commissione europea ha riservato una forte attenzione, sia nell’elaborazione della politica fiscale dell’UE sia nell’ambito delle raccomandazioni rivolte agli Stati membri  procedura del semestre europeo, al riassetto della disciplina dell’IVA. In particolare, la riforma della disciplina dell’imposta è stata considerata quale fattore rilevante per conseguire una maggiore efficienza dell’imposizione fiscale nell’UE contribuendo, per un verso, al recupero di gettito e quindi al consolidamento delle finanze pubbliche degli Stati membri e, per altro verso, ad uno spostamento del carico fiscale dal lavoro ai consumi al fine di sostenere la crescita e l’occupazione.

 

Con la presentazione, nel dicembre 2011, della comunicazione “Verso un sistema dell’IVA più semplice, solido ed efficiente adattato al mercato unico”, la Commissione europea ha delineato le prospettive di riforma dell'imposta sul valore aggiunto, indicando i seguenti obiettivi prioritari:

·     l’introduzione di uno “sportello unico” a partire dal 2015;

·     riesame delle attuali norme IVA sul settore pubblico e chiarimento delle regole sulle organizzazioni non-profit;

-      la lotta contro le frodi IVA, anche tenendo conto anche dei nuovi sviluppi tecnologici;

-      allargamento della base imponibile attraverso l’eliminazione per tutti gli Stati membri di talune agevolazioni: esenzioni, aliquote ridotte e deroghe.

 

In questo contesto, è stata recentemente approvata la direttiva 2013/42/UE sul meccanismo di reazione rapida contro le frodi IVA.

La normativa previgente prevedeva che, in caso di frodi IVA, gli Stati membri potessero agire solo in base a complessi regimi di deroga. La nuova normativa introduce invece nella direttiva IVA una base giuridica che, in casi di frode improvvisa e massiccia che potrebbero dare origine a perdite finanziarie gravi e irreparabili, consente agli Stati membri di adottare misure di deroga immediate, con una procedura denominata "meccanismo di reazione rapida" (Quick Reaction Mechanism – QRM).

 

E ancora all'esame delle Istituzioni dell'UE (Parlamento europeo e Consiglio) la proposta direttiva, presentata lo scorso 23 ottobre, che prevede l’introduzione di un modello unico di dichiarazione IVA, indipendentemente dallo Stato membro in cui viene effettuata.

La proposta mira a semplificare le informazioni che le imprese devono fornire alle amministrazioni fiscali: prevede infatti che siano soltanto cinque le caselle che i contribuenti dovranno obbligatoriamente compilare, e che gli Stati membri possano richiedere elementi standardizzati aggiuntivi fino ad un massimo di 26.

Non è stata invece presentata, fino a questo momento, alcuna proposta relativa alla revisione delle aliquote ridotte, che pure era stata preannunciata tra le priorità del programma di lavoro della Commissione europea nel 2013: considerando che ad aprile 2014 termina la legislatura con lo scioglimento del Parlamento europeo, è presumibile che la questione verrà rinviata alla prossima legislatura.

Evoluzione recente della normativa nazionale in materia di IVA (a cura del Servizio Studi)

Aliquote IVA

Il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 ha disposto un progressivo aumento delle aliquote IVA: l’aliquota ordinaria è passata dal 20 al 21 per cento da agosto 2011. La legge di stabilità 2013 ha rideterminato l’aliquota ordinaria nella misura del 22 per cento, a decorrere dal 1° luglio 2013, tenendo ferma l’aliquota ridotta del 10 per cento, anch'essa originariamente destinata ad aumentare. Il decreto-legge n. 76 del 2013 (articolo 11) ha posticipato dal 1° luglio 2013 al 1° ottobre 2013 il termine da cui decorre l'aumento dell'aliquota ordinaria dell'IVA dal 21 al 22 per cento.

In sostanza dal 1° ottobre 2013 le aliquote IVA sono le seguenti: 22 per cento (ordinaria), 10 per cento (ridotta) e 4 per cento (super-ridotta).

 

 

Seconda sessione: il consolidamento di bilancio e riforme strutturali. Scambio delle migliori pratiche

Obiettivo di questa sessione è quello di fare il punto sui risultati conseguiti dagli Stati membri in esito al semestre europeo 2013.

Per quanto riguarda l'Italia, si riportano di seguito le misure che sono state  inserite nel Piano nazionale di riforma di aprile 2013, come aggiornato dalla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (DEF)di settembre 2013.

 

Le politiche pubbliche (a cura del Servizio Studi)

La Nota di aggiornamento al DEF, in aggiunta ai contenuti usuali, fornisce una breve sintesi delle azioni già avviate o da avviare in futuro in risposta alle Raccomandazioni rivolte all’Italia il 9 luglio scorso dal Consiglio dell’UE nell'ambito della procedura del Semestre europeo, a seguito delle valutazioni della Commissione europea sul Programma nazionale di riforma 2013 e sul Programma di stabilità 2012-2017 presentati dall’Italia.

Tali raccomandazioni si possono ripartire in sei ambiti di intervento:

Finanza pubblica

·       assicurarsi che nel 2013 il disavanzo resti al di sotto del 3% del PIL dando attuazione piena alle misure adottate;

·       realizzare gli avanzi primari strutturali programmati per instradare l'elevatissimo rapporto debito/PIL (secondo le previsioni al 132,2% del PIL nel 2014) su una traiettoria stabilmente in discesa;

·       continuare a perseguire un miglioramento duraturo dell'efficienza e della qualità della spesa mediante revisioni periodiche approfondite della spesa (spending review) a tutti i livelli amministrativi.

Pubblica amministrazione e ordinamento giudiziario

·       potenziare l'efficienza della pubblica amministrazione;

·       semplificare il quadro amministrativo e normativo per i cittadini e le imprese;

·       abbreviare la durata dei procedimenti civili e ridurre l'alto livello di contenzioso civile, anche promuovendo il ricorso a procedure extragiudiziali di risoluzione delle controversie;

·       potenziare il quadro giuridico relativo alla repressione della corruzione, anche rivedendo la disciplina dei termini di prescrizione;

·       adottare misure strutturali per migliorare la gestione dei fondi dell'UE nelle regioni del Mezzogiorno in vista del periodo di programmazione 2014-2020.

Sistema bancario e mercato dei capitali

·       promuovere modifiche nel sistema di governance societaria del settore bancario, al fine di promuovere maggiore efficienza e redditività, nonché di sostenere il flusso del credito alle attività produttive;

·       agevolare la risoluzione dei prestiti in sofferenza iscritti nel bilancio delle banche;

·       promuovere maggiormente lo sviluppo del mercato dei capitali, allo scopo di diversificare e migliorare l'accesso delle imprese ai finanziamenti.

Mercato del lavoro e welfare

·       dare attuazione effettiva alla riforma del mercato del lavoro e del quadro per la determinazione dei salari, al fine di agevolare un migliore allineamento dei salari alla produttività;

·       realizzare ulteriori interventi per promuovere la partecipazione al mercato del lavoro, specialmente quella delle donne e dei giovani;

·       potenziare l'istruzione e la formazione professionale;

·       rendere più efficienti i servizi pubblici per l'impiego;

·       migliorare l'offerta di servizi di assistenza alla persona e di doposcuola;

·       intensificare gli sforzi per scongiurare l'abbandono scolastico;

·       migliorare i livelli di prestazioni sociali, in particolare per le famiglie a basso reddito con figli.

Fiscalità

·       trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente, assicurando la neutralità in termini di gettito;

·       rivedere l'ambito di applicazione delle esenzioni e delle aliquote ridotte IVA, nonché il sistema delle agevolazioni fiscali dirette;

·       procedere alla riforma del catasto, allineando gli estimi e le rendite ai valori di mercato;

·       proseguire la lotta all'evasione fiscale, migliorando il rispetto dell'obbligo tributario e contrastando in modo incisivo l'economia sommersa e il lavoro irregolare.

Concorrenza e industrie di rete

·       assicurare la concreta attuazione delle misure volte all'apertura del mercato nel settore dei servizi;

·       eliminare le restrizioni che sussistono nei servizi professionali;

·       estendere il ricorso agli appalti pubblici (in sostituzione delle concessioni dirette) per la prestazione dei servizi pubblici locali;

·       portare avanti l'attuazione delle misure adottate per migliorare le condizioni diaccesso al mercato delle industrie di rete, in particolare dando priorità alla costituzione dell'Autorità di regolamentazione dei trasporti;

·       potenziare la capacità infrastrutturali concentrandosi sulle interconnessioni energetiche, sul trasporto intermodale e, nelle telecomunicazioni, sulla banda larga ad alta velocità, tra l'altro al fine di superare le disparità tra Nord e Sud.

Riduzione del debito

La previsione effettuata dal Governo sulla riduzione del rapporto debito/PIL è condizionata anche dalla stima di 0,5 punti percentuali di PIL all’anno di introiti da privatizzazioni. In tal senso si tiene conto degli strumenti già operativi per procedere alla valorizzazione e successiva dismissione del patrimonio dello Stato, sia degli immobili sia delle partecipazioni pubbliche, in particolare: i trasferimenti a Cassa Depositi e Prestiti delle partecipazioni dello Stato in SACE, Fintecna e Simest; la costituzione, nel maggio 2013, della Società “Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio Società per Azioni” (InvImIt SGR), il cui capitale è interamente detenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, e che provvederà all’istituzione di uno o più fondi di investimento finalizzati a partecipare in fondi d'investimento immobiliari chiusi (cd. Fondo di fondi) promossi o partecipati da enti territoriali e altri enti pubblici, o società interamente partecipate dai predetti enti, al fine di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare disponibile.

Politica fiscale e finanziaria

Per quanto riguarda le riforme in agenda, il Governo si pone un triplice obiettivo: sostenere la domanda, rivedere la composizione della tassazione e redistribuire il carico fiscale.

 In materia di tassazione del lavoro, il Governo intende portare avanti azioni per ridurre il cosiddetto cuneo fiscale” utilizzando le risorse derivanti dalla lotta all’evasione, dalla razionalizzazione degli incentivi alle imprese e dall’efficientamento della spesa pubblica.

In ordine alla rivisitazione dell’imposizione immobiliare, il Governo rammenta che l’eliminazione della prima rata IMU 2013 costituisce un segnale verso la complessiva riforma della tassa, in un ottica di maggiore equità che elimini le penalizzazione per le fasce più deboli, come anche raccomandato in sede internazionale. Il passaggio da IMU a “service tax” consentirà la tassazione dei consumi oltre che del possesso, con applicazione non solo al proprietario ma anche al locatario dell’immobile limitatamente alla componente di utilizzo del bene. Si intende anche restituire ai comuni la base immobiliare propria territoriale e conferire loro la piena facoltà di rimodulare agevolazioni e aliquote, all’interno di un massimale nazionale.

Si segnala inoltre che è stato approvato dalla Camera dei deputati il testo unificato delle proposte di legge recanti la delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita.

La proposta affronta le seguenti tematiche: i principi generali e le procedure di delega; la revisione del catasto dei fabbricati e la lotta ad evasione ed erosione fiscale; la disciplina dell'abuso del diritto e dell'elusione fiscale; il tutoraggio, la semplificazione fiscale e la revisione del sistema sanzionatorio; la revisione del contenzioso e della riscossione degli enti locali; la revisione dell'imposizione sui redditi di impresa e la previsione di regimi forfetari per i contribuenti di minori dimensioni; la razionalizzazione della determinazione del reddito d'impresa e di imposte indirette e in materia di giochi pubblici; la delega ad introdurre nuove forme di fiscalità ambientale.

Efficienza e qualità della pubblica amministrazione

Per dare attuazione alla raccomandazione relativa al potenziamento dell’efficienza della pubblica amministrazione, semplificazione, repressione della corruzione, la Nota richiama l’avvio del processo di riforme costituzionali ed elettorali e l’approvazione del Piano nazionale anticorruzione (PNA) da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione.

Per quanto riguarda le riforme occorre tener presenti due livelli di riforma: quello della forma di governo e della produzione normativa e quello dell’assetto delle autonomie.

Per il primo livello si indicano degli obiettivi e si accenna un nuovo disegno della forma di governo, che ad attribuisce ad una sola Camera il rapporto di fiducia con il Governo e all’altra la rappresentanza delle autonomie territoriali.

Quanto al secondo livello, come si è accennato, il Governo ha presentato due disegni di legge, uno costituzionale e uno ordinario: il primo dispone la soppressione della previsione costituzionale delle province come enti necessari e il secondo disciplina città metropolitane, province e unioni di comuni.

Sempre in tema di misure in materia di efficienza della pubblica amministrazione, la Nota di aggiornamento menziona semplificazione della governance dell’Agenda digitale (accentrata presso la Presidenza del Consiglio), l’adozione del nuovo Codice dell’amministrazione digitale e di ulteriori iniziative di digitalizzazione amministrativa.

Nell’ambito della giustizia, si segnala la soppressione di 30 tribunali e relative procure, nonché di 220 sezioni distaccate e 667 uffici del Giudice di Pace (consentendo il recupero di 2.300 magistrati e di oltre 7.000 unità di personale amministrativo), nonché la reintroduzione dell'obbligatorietà della mediazione civile e commerciale.

 

Mercato del lavoro

Per quanto riguarda le raccomandazioni in materia di mercato del lavoro, la Nota sottolinea l’introduzione, in via sperimentale, di un incentivo (pari a un terzo della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali e comunque non superiore a 650 euro per ogni lavoratore assunto) per i datori di lavoro che entro il 30 giugno 2015 assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi o privi di un diploma di scuola media superiore o professionale. Il medesimo incentivo è riconosciuto, per un periodo di 12 mesi, nel caso di trasformazione con contratto a tempo indeterminato. Alla trasformazione deve corrispondere l'assunzione, entro un mese, di un ulteriore lavoratore.

In materia di contratti a termine si prevede che il contratto a termine acausale possa essere stipulato anche nei casi previsti dai contratti collettivi di livello aziendale e, ferma restando la durata massima complessiva di 12 mesi, che possa essere oggetto di proroga; inoltre, al fine di agevolare la flessibilità e rendere più dinamico il mercato del lavoro, si prevede la riduzione dei periodi di sospensione tra successivi contratti a termine.

In materia di ammortizzatori sociali si introduce un beneficio in favore dei datori di lavoro che, senza esservi tenuti, assumano a tempo pieno e indeterminato lavoratori che fruiscano dell'Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI). Il beneficio consiste, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, in un contributo mensile pari al cinquanta per cento dell'indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore.

La Nota di aggiornamento osserva, inoltre, che la programmata riforma dei centri per l’impiego e una più forte collaborazione dei medesimi con le agenzie private per il lavoro miglioreranno significativamente il funzionamento del mercato del lavoro, riducendo i fenomeni di mismatch tra domanda e offerta.

Più in generale, la Nota rileva l'esigenza di completare il disegno di riforma del mercato del lavoro, puntando, da un lato, su semplificazione ed accorpamento delle norme e, dall’altro, sul rafforzamento degli istituti a sostegno del primo accesso al mondo del lavoro e del reinserimento dei lavoratori sospesi, soprattutto mediante strumenti contrattuali che incoraggino l’accesso al mondo del lavoro di personale giovane e qualificato.

Politiche per il sostegno alle imprese, il rilancio della competitività del sistema industriale e la concorrenza

Nel delineare le politiche caratterizzanti l'azione del Governo nel settore del sostegno alle imprese, del rilancio della competitività del sistema industriale e della concorrenza, la Nota di aggiornamento passa brevemente in rassegna le misure adottate, citando in primo luogo il pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni alle imprese ed evidenziando quanto il completamento del processo dovrebbe portare un impatto significativo sulla liquidità finanziaria nel sistema dell'imprenditoria italiana.

I principali filoni di intervento dell'azione governativa possono essere individuati:

·       in una serie di misure di sostegno alle imprese per favorirne l'accesso al credito ed incentivarne gli investimenti, attraverso il potenziamento del Fondo di garanzia per le PMI;

·       nelle politiche volte al completamento della semplificazione e della riduzione degli oneri amministrative per le imprese;

·       nel sostegno alla ricerca e all’innovazione industriale. Al riguardo si ipotizza l’introduzione di un credito di imposta stabile e automatico sull’incremento, rispetto all’anno precedente, delle spese sostenute dalle imprese per attività di ricerca e sviluppo;

·       nelle politiche per la concorrenza, con particolare riguardo ai settori energetici. In questo ambito il Governo dichiara di riconoscersi nelle linee tracciate nella Strategia energetica nazionale, adottata nella precedente legislatura (che indica la piena integrazione del mercato italiano con quello europeo; il rafforzamento della rete nazionale; l'aggiudicazione delle concessioni idroelettriche attraverso gare competitive; la razionalizzazione della rete di distribuzione elettrica e la revisione delle agevolazioni ai clienti industriali).

 



Riunione interparlamentare organizzata dalla commissione BUDG

Fondi strutturali e di coesione e semestre europeo - esperienze del passato, lezioni per il futuro

La riprogrammazione dei fondi: il Piano d’azione coesione

Fin dall’autunno del 2011 il Governo italiano ha predisposto e definito di intesa con la Commissione europea, il Piano di Azione per la Coesione, che impegna le amministrazioni centrali e locali a rilanciare i programmi finanziati dai Fondi strutturali 2007-2013 la cui attuazione denota gravi ritardi, tali da far rischiare il disimpegno automatico delle risorse.

Esso è stato attuato attraverso:

In sostanza, in accordo con le Istituzioni europee, la quota di finanziamento UE dei programmi operativi in ritardo di attuazione, che rischiavano il disimpegno automatico delle risorse, resta invariata, in valori assoluti, pur assumendo un peso percentuale maggiore (da 50 al 7%), mentre si riduce la quota di risorse di cofinanziamento nazionale (dal 50 al 25%). Le risorse nazionali, che fuoriescono dai programmi attuativi dei fondi strutturali, vengono utilizzate per gli obiettivi prioritari del Piano di Azione Coesione.

Il Piano di Azione Coesione si è articolato in più fasi di riprogrammazione:

·            la prima, varata il 15 dicembre 2011aggiornata a febbraio 2012 - a seguito di un Accordo condiviso tra Governo e le Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, al quale hanno aderito anche Abruzzo e Molise - ha riguardato i programmi operativi regionali per complessivi 3,5 miliardi, che sono stati destinati a favore di istruzioneferrovie, formazione riformata, agenda digitale e credito di imposta per lavoratori svantaggiati. E’ stata inoltre prevista la costituzione di un Fondo da 1,5 miliardi di euro a favore di investimenti su reti e nodi ferroviari;

·            la seconda, varata il 15 maggio 2012 (circa 2,9 miliardi) ha riguardato i fondi gestiti da Amministrazioni centrali (Programmi operativi nazionali o interregionali), riprogrammati a favore della cura per l’infanzia e per gli anziani non autosufficienti, dei giovani, della competitività e innovazione delle imprese e delle aree di attrazione culturale;

·            la terza fase, varata nel dicembre 2012 d’intesa con le Regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Valle D’Aosta e con i ministeri interessati, ha riguardato un importo di 5,7 miliardi, a favore di misure anticicliche (2,5 miliardi), la salvaguardia di progetti validi già avviati (1,9 miliardi) e nuove azioni regionali (1,3 miliardi).

Un’ulteriore azione di riprogrammazione dei fondi è contenuta in talune disposizioni del decreto legge 145/2013 del 23 dicembre 2013 (cd. “Destinazione Italia”, tuttora all’esame del Parlamento), che prevede misure di accelerazione dell’utilizzo delle risorse della politica di coesione per un ammontare pari a 6,2 miliardi di euro, provenienti:

·            per 2,2 miliardi dalla riprogrammazione del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC);

·            per 1,8 miliardi da quella del Piano d’Azione Coesione;

·            per 2,2 miliardi dai Programmi dei Fondi Strutturali 2007-2013.

Di questi 6,2 miliardi, 1,2 sono già previsti nella Legge di Stabilità a sostegno del Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese.

Oltre all’obiettivo di ridurre i rischi di perdita delle risorse europee la cui spesa va certificata entro il 31 dicembre 2015, questa nuova iniziativa di riprogrammazione mira a promuovere misure antirecessive nelle Regioni del Mezzogiorno, particolarmente colpite dalla crisi economica e occupazionale.

Nel complesso, tenuto conto del precedente intervento di riprogrammazione del maggio scorso per circa 1 miliardo di euro prevalentemente a sostegno dell’occupazione giovanile (legge 99/2013), l’ammontare complessivo delle risorse riprogrammate per accelerare la spesa e per sostenere obiettivi antirecessivi è pari ad oltre 7 miliardi di euro.

Il DL “Destinazione Italia” interviene su quattro ambiti principali:

·      misure a sostegno delle imprese: 2,2 miliardi che verranno utilizzati per rifinanziare il Fondo Centrale di Garanzia (1,2 miliardi) e per la creazione di nuova imprenditorialità giovanile nel settore della produzione di beni e nella fornitura di servizi (1 miliardo);

·      misure per il sostegno all’occupazione: sono previsti 700 milioni per la decontribuzione a sostegno dell’occupazione giovanile, femminile e dei lavoratori più anziani. Inoltre, è prevista la sperimentazione di una misura per il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori sociali anche in deroga, compresi i lavoratori socialmente utili (Lsu).

·      misure per il contrasto alla povertà: 300 milioni di euro saranno destinati alle famiglie in grave stato di povertà – il cui numero è fortemente aumentato negli ultimi anni, specie nel Mezzogiorno – attraverso il rafforzamento dello Strumento per l’Inclusione Attiva (SIA), che prevede forme di sostegno del reddito e politiche attive volte a favorire l’inserimento scolastico dei minori e l’inserimento lavorativo degli adulti.

·      misure a sostegno delle economie locali. Sono previsti 3 miliardi di euro che andranno a finanziare:

- interventi cantierabili e realizzabili in tempi brevi nei Comuni sotto i 5mila abitanti (Programma “6.000 Campanili”);

- interventi di riqualificazione urbana (Piano nazionale per le Città);

- interventi per la valorizzazione di beni storici, culturali e ambientali al fine di promuovere l’attrattività turistica, anche in vista dell’Expo 2015;

- interventi per la riqualificazione, messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici scolastici.

 

L'attività di riprogrammazione ha consentito di migliorare la performance di utilizzo dei fondi strutturali: se a giugno 2013 l'Italia si collocava agli ultimi posti della graduatoria dei Paesi UE, con un tasso di assorbimento pari a poco più del 40%,  a fine 2013, secondo i dati forniti dal Ministero per la coesione territoriale, tutti i 52 Programmi Operativi finanziati dai Fondi Strutturali europei hanno superato i target di spesa, evitando la perdita di risorse legata alla scadenza del 31 dicembre. In totale la spesa ha raggiunto il 52,7% delle risorse programmate, a fronte di un obiettivo minimo di spesa per il 2013 pari al 48,5%.

Più specificamente, le Regioni più sviluppate (Obiettivo competitività) raggiungono il 62,2 % della spesa certificata, mentre quelle meno sviluppate (Obiettivo Convergenza) crescono fino al 48,3 per cento.

 

La politica di coesione 2014-2020

Sono entrati in vigore il 1° gennaio 2014 i regolamenti che disciplinano la politica di coesione per il periodo 2014-2020.

Fin dal luglio scorso Consiglio dell’UE e Parlamento europeo avevano raggiunto un accordo sugli stanziamenti complessivi da destinare alla politica di coesione, stabilendo un livello di impegni pari a 325,14 miliardi di euro (con una riduzione di circa l’8% rispetto al periodo 2007-2013), così ripartiti nell’arco dei sette anni di programmazione finanziaria:

 Coesione economica, sociale e territoriale (in miliardi di euro)

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

44,67

45,40

46,04

46,54

47,03

47,51

47,92

 Le risorse destinate all'obiettivo "Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione" ammontano complessivamente a 313,19 miliardi di euro,così ripartiti:

·      164,27 miliardi alle regioni meno sviluppate, ovvero le regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media del PIL dell'UE a 27;

·      31,67 miliardi alle regioni in transizione (Pil pro capite tra il 75% e il 90% della media UE);

·      49,49 miliardi alle regioni più sviluppate (PIL superiore al 90% della media UE);

·      66,36 miliardi agli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione, vale a dire i Paesi il cui reddito nazionale lordo pro capite è inferiore al 90% del PIL medio pro capite dell'UE-27 (l’Italia non beneficia degli stanziamenti a valere sul Fondo di coesione in quanto il reddito pro capite è pari al 99%).

Le risorse residue sono destinate alla cooperazione transnazionale, interregionale e transfrontaliera (8,94 miliardi), alle regioni ultraperiferiche (1,38 miliardi) e allo sviluppo urbano sostenibile (330 milioni di euro).

Le risorse assegnate all’Italia

Secondo i dati forniti dal Governo italiano, l’Italia dovrebbe ricevere 32,1 miliardi di euro (con un incremento rispetto ai 29,4 miliardi stanziati per 2007-2013), così ripartiti:

·      regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia): 22,3 miliardi;

·      regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna): 1,1 miliardi;

·      regioni più sviluppate (restanti regioni del centro-nord): 7,6 miliardi;

·      cooperazione territoriale: 1,1 miliardi.

Alle risorse europee si aggiungerebbe il cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, per il quale il disegno di legge di stabilità per il 2014 stanzia 24 miliardi di euro, nonché la quota di cofinanziamento di fonte regionale.

 

Programmazione e gestione dei fondi

La nuova cornice giuridica introduce significative novità nella gestione e programmazione dei fondi, che dovrebbero migliorare le performance di utilizzo e l'efficacia degli interventi.

In particolare, si prevede:

·   la concentrazione dell’intervento dei fondi strutturali su un ristretto numero di obiettivi tematici comuni, connessi gli obiettivi della strategia Europa 2020;

·   l’istituzione di un quadro strategico comune per tutti i fondi strutturali, per tradurre in priorità d'investimento;

·   la conclusione di un contratto di partenariato tra la Commissione e ciascuno Stato membro, recante l'impegno dei contraenti a livello nazionale e regionale ad utilizzare i fondi stanziati per dare attuazione alla strategia Europa 2020, nonché un quadro di riferimento dei risultati con il quale valutare i progressi in relazione agli impegni.

Il Governo italiano ha inviato alla Commissione europea la prima bozza dell'accordo di partenariato il 9 dicembre scorso;

·   lo stretto collegamento con i programmi nazionali di riforma e i programmi nazionali di stabilità e convergenza elaborati dagli Stati membri, nonché con le raccomandazioni specifiche per ciascun paese adottate dal Consiglio sulla base dei medesimi programmi.

 Discutibile appare invece l'introduzione delle cosiddette “condizionalità macroecnomiche”, che possono determinare la sospensione dei fondi in caso di mancato rispetto dei parametri macroeconomici e di finanza pubblica previsti dal  nuovo quadro di governance economica dell'UE.

In sostanza, la Commissione potrebbe sospendere parzialmente o totalmente i pagamenti o gli impegni relativi ai programmi interessati se:

·      il Consiglio decide che uno Stato non rispetta le misure specifiche stabilite nelle raccomandazioni di politica economica, non ha realizzato azioni efficaci per correggere il suo disavanzo eccessivo, o, per due volte consecutive non ha presentato un piano d'azione correttivo degli squilibri macroeconomici;

·      la Commissione conclude che lo Stato membro beneficiario del meccanismo di stabilizzazione non ha adottato misure per attuare il programma di riassetto;

·      il consiglio d'amministrazione del meccanismo europeo di stabilità conclude che la condizionalità attribuita ad un sostegno finanziario del MES non è stata rispettata.

Le condizionalità macroeconomiche potrebbero dunque determinare un’ulteriore penalizzazione per i Paesi in maggiori difficoltà per quanto concerne il rispetto del Patto di stabilità; tali Paesi rischierebbero, infatti, di perdere anche le risorse della politica di coesione.

 

 

 

 

 

 

 



[1]  L’ipotesi di creare un fondo di redenzione (European redemption fund, ERF) è stata elaborata dal Consiglio degli esperti economici della Cancelleria tedesca e sostenuto a più riprese dal Parlamento europeo: nel Fondo confluirebbe l’importo dei debiti pubblici degli Stati dell’Eurozona per la parte eccedente il 60% del PIL; L’ERF emetterebbe titoli per una durata massima di 20-25 anni garantiti dal gettito delle imposte riscosse a livello nazionale e da asset pubblici - in particolare, riserve auree e di valuta estera. Gli eurobills si configurano invece come titoli di debito con scadenza inferiore a un anno, la cui emissione sarebbe condizionata a rigorose politiche fiscali di lungo termine.

 

[2] Il Semestre europeo, introdotto nel 2010, assicura che gli Stati membri discutano i loro programmi economici e di bilancio con i partner dell’UE, secondo un calendario comune. Ciò consente alla Commissione di offrire un orientamento politico in tempo utile prima che vengano adottate decisioni a livello nazionale. La Commissione verifica altresì se gli Stati membri adottino le misure più idonee a realizzare gli obiettivi in materia di occupazione, istruzione, innovazione, clima e riduzione della povertà fissati dalla strategia per la crescita e l’occupazione “Europa 2020”.

    Il ciclo di bilancio inizia ogni anno, a novembre, con l'Analisi annuale della crescita della Commissione, che fissa le priorità economiche generali per l'UE e fornisce agli Stati membri orientamenti politici per l'anno successivo.

    Le raccomandazioni di politica economica specifiche per Paese, approvate dal Consiglio ECOFIN di norma a luglio, indicano agli Stati membri i settori su cui intervenire e le riforme strutturali da attuare.

    Il monitoraggio dei bilanci nella zona euro si intensifica verso la fine dell'anno, quando gli Stati membri presentano i loro documenti programmatici di bilancio che vengono valutati dalla Commissione e discussi dai ministri delle finanze della zona euro.

[3]  Non è stata presa in considerazione la Spagna perché il programma di assistenza si è concluso a dicembre 2013 ed aveva, come accennato, caratteristiche peculiari, essendo rivolto essenzialmente al risanamento del settore creditizio.

[4]  L’art. 125 del TFUE prevede quanto segue: “L'Unione non risponde né si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali, dagli enti regionali, locali, o altri enti pubblici, da altri organismi di diritto pubblico o da imprese pubbliche di qualsiasi Stato membro, fatte salve le garanzie finanziarie reciproche per la realizzazione in comune di un progetto economico specifico. Gli Stati membri non sono responsabili né subentrano agli impegni dell'amministrazione statale, degli enti regionali, locali o degli altri enti pubblici, di altri organismi di diritto pubblico o di imprese pubbliche di un altro Stato membro, fatte salve le garanzie finanziarie reciproche per la realizzazione in comune di un progetto specifico.”

[5]  A titolo di esempio, la Commissione segnala che il Tribunale federale tedesco, nella sentenza del 7 settembre 2011, ha stabilito il divieto per gli organi legislativi tedeschi di istituire meccanismi permanenti che “potrebbero comportare un’assunzione di responsabilità a seguito delle decisioni di altri Paesi membri, specialmente se esse possono avere conseguenze il cui impatto è difficile da calcolare”.

[6]             v. Comunicato stampa del 22 novembre 2013.

 

[7] Economic Policy Committee-European Commission (2012), The 2012 Ageing Report: Economic and Budgetary Projections for the EU-27 Member States, 2010-2060. In tale ambito, si evidenzia come, a fronte di un valore della spesa pensionistica in rapporto al PIL che cresce in media, per l’insieme dei paesi dell’UE, di 1,6 punti percentuali nel periodo 2010-2060, nel caso dell’Italia il rapporto scende di 0,9 punti percentuali segnalando, sotto questo aspetto, un rischio assai contenuto in termini di impatto dell’invecchiamento demografico sulla sostenibilità delle finanze pubbliche.