Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Titolo: Il decreto-legge per il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione - A.C. 676 - D.L. 8 aprile 2013, n. 35
Riferimenti:
DL N. 35 DEL 08-APR-13   AC N. 676/XVII
Serie: Note per la compatibilità comunitaria    Numero: 1
Data: 07/05/2013
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea


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Il decreto-legge per il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione

7 maggio 2013
Elementi di valutazione per la compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea



Indice

I ritardi dei pagamenti della P.A.|Contenuto|Documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea|



I ritardi dei pagamenti della P.A.

 

Il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché norme in materia di versamento dei tributi degli enti locali.

Esso concorre, come afferma la relazione illustrativa, al raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica fissati con i documenti di programmazione finanziari e aggiornati con la Relazione al Parlamento 2013 predisposta dal Governo ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 , e sulla quale il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati si sono espressi con apposite Risoluzioni approvate in data 2 aprile 2013. Per tali ragioni il decreto risulta qualificato come provvedimento collegato alla manovra finanziaria.

Si ricorda, in proposito, che la predetta Relazione al Parlamento 2013, nel riscontrare un andamento della congiuntura economica peggiore rispetto a quello stimato nella Nota di aggiornamento al DEF 2012, ha aggiornato il quadro macroeconomico e di finanza pubblica, evidenziando la necessità di affiancare al consolidamento dei conti pubblici specifiche azioni di sostegno, capaci di fronteggiare l'accentuata debolezza della domanda interna, facendola ripartire già a decorrere dalla seconda metà dell'anno in corso. A tal fine ha individuato nello sblocco dei pagamenti dei debiti delle amministrazioni pubbliche verso i propri fornitori l'intervento - da realizzare con un provvedimento d'urgenza - attraverso il quale immettere in tempi brevi liquidità nel sistema economico ed in tal modo agevolare una ripresa della crescita del prodotto.

Le misure in tema di pagamento dei debiti della PA prospettate nella Relazione al Parlamento, di importo pari a circa 20 miliardi nella seconda parte del 2013 e ulteriori 20 miliardi nel corso del 2014, determinerebbero secondo le stime del Governo - riferite nel corso dell'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze svoltasi il 28 marzo 2013 presso le Commissioni speciali riunite della Camera e del Senato -  una maggiore crescita di 1,2 punti nel triennio: 0,2 punti nel 2013, 0,7 punti nel 2014 (comprensivo dell'effetto di trascinamento del miglior andamento del 2013) e 0,3 punti nel 2015.

Come precisato dal Ministro dell'economia, tale effetto è stato scontato nelle stime del PIL contenute nel quadro macroeconomico esposto nella predetta Relazione (pari, rispettivamente, a -1,3 per cento nel 2013 e a + 1,3 per cento nel 2014).

Per quanto concerne la finanza pubblica, i pagamenti dei debiti commerciali si rifletteranno sul fabbisogno e sul debito delle Amministrazioni pubbliche in ciascuno degli anni 2013 e 2014, mentre avranno effetto sull'indebitamento netto per la sola parte riguardante i pagamenti di spese di conto capitale.

In particolare, in termini d'indebitamento netto, le misure prefigurate determinerebbero un peggioramento del saldo nel solo anno 2013 per circa 7,8 miliardi, pari allo 0,5 per cento del PIL: l'indebitamento nominale si posizionerebbe pertanto dal 2,4 per cento del quadro tendenziale a legislazione vigente al 2,9 per cento, inferiore alla soglia di riferimento fissata dalla normativa comunitaria. Non vi sarebbero, invece, effetti per il 2014, per il quale si prevede un deficit dell'1,8 per cento.

Per quanto concerne gli effetti sulla dinamica del debito - su cui la Relazione  al Parlamento non fornisce stime – e in particolare il rispetto della regola del debito (riduzione del rapporto debito/PIL al ritmo di 1/20 l'anno), che dovrà essere verificato a partire dal 2016 sulla base degli andamenti registrati nel triennio precedente, il Governo ha sottolineato che l'aumento dello stock di debito (pari all'intero ammontare degli interventi) potrebbe rientrare tra i "fattori rilevanti", presi in considerazione dalla Commissione ai fini di non attivare una nuova procedura per disavanzo eccessivo.

Infine, come rilevato anche dalla Banca d'Italia nel corso dell'audizione svoltasi presso le Commissioni speciali riunite di Camera e Senato il 28 marzo 2013, i pagamenti dei debiti commerciali non dovrebbero compromettere il raggiungimento dell'obiettivo del pareggio di bilancio in termini strutturali, in quanto tali pagamenti dovrebbero essere classificati come temporanei.

In ogni caso su tali punti - classificazione degli interventi straordinari come una tantum e quindi non considerati ai fini del saldo strutturale e aumento del debito riconducibile a fattori rientranti tra quelli rilevanti in base al Patto di stabilità e crescita - "il Governo resta impegnato a presentare le proprie argomentazioni a livello europeo".

 

La problematica del ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni nelle transazioni commerciali è stata oggetto di diversi interventi legislativi finalizzati a dare concreta attuazione alla Direttiva 2000/35/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 giugno 2000 e alla successiva Direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011, recepita in anticipo nell'ordinamento italiano con il recente decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, che ha previsto, tra l'altro, per i contratti conclusi a decorrere dal 1° gennaio 2013, un termine massimo per i pagamenti della PA di sessanta giorni, nonché l'incremento degli interessi moratori che decorrono automaticamente alla scadenza del termine.

Sono stati altresì adottati diversi interventi per prevenire la formazione di nuove situazioni debitorie attraverso, ad esempio, l'obbligo per le PP.AA. di adottare misure organizzative atte a garantire il tempestivo pagamento delle somme dovute e la previsione della responsabilità disciplinare e amministrativa dei funzionari pubblici chiamati ad adottare provvedimenti che comportano impegni di spesa, laddove questi non accertino preventivamente la conformità del programma dei pagamenti con i relativi stanziamenti di bilancio.

Con specifico riferimento alle amministrazioni statali, l'obbligo del preventivo accertamento della compatibilità del programma dei pagamenti con i relativi stanziamenti di bilancio ha avuto una sua più concreta attuazione con la previsione della predisposizione del c.d. crono-programma dei pagamenti.

Sono state, inoltre, introdotte misure per l'estinzione dei debiti pregressi dei Ministeri esistenti alla data del 24 gennaio 2012, connessi a transazioni commerciali per acquisto di servizi e forniture, corrispondenti a residui passivi del bilancio dello Stato, disponendo, da un lato, un incremento dei fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti per complessivi 2,7 miliardi di euro per il 2012 e, dall'altro, introducendo una modalità alternativa di estinzione dei debiti commerciali maturati alla data del 31 dicembre 2011 - in luogo del pagamento attraverso le risorse iscritte sui fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti - consistente nell'estinzione degli stessi mediante assegnazione di titoli di Stato, su richiesta dei soggetti creditori, nel limite massimo di 2 miliardi di euro.

Per l'estinzione dei crediti maturati nei confronti dei Ministeri al 31 dicembre 2011 per spese relative a consumi intermedi, è stato altresì disposto l'incremento di 1 miliardo per il 2012 del Fondo per l'estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni centrali (istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 50, legge n. 266/2005).

In relazione ai crediti vantati dalle imprese nei confronti delle amministrazioni regionali e locali per somministrazioni, forniture e appalti, il legislatore ha introdotto una disciplina, più volte modificata, per la certificazione, da parte degli enti territoriali dei crediti in questione nei confronti dei soggetti interessati anche ai fini della cessione pro-soluto dei medesimi crediti nei confronti di banche o intermediari finanziari. Il meccanismo della certificazione dei crediti è stato in seguito esteso anche agli enti del Servizio sanitario nazionale, alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali, con esclusione degli enti locali commissariati e degli enti del servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro. La disciplina è stata inoltre integrata stabilendo che la certificazione dei crediti - attivazione anche attraverso una piattaforma elettronica all'uopo costituita - possa essere finalizzata a consentire al creditore la cessione del credito a favore di intermediari finanziari, oltre che pro soluto - che esonera il cedente dal rispondere dell'eventuale solvibilità del debitore - anche pro solvendo, che implica invece per il cedente l'obbligo di rispondere dell'eventuale inadempienza del debitore.

Nel complesso, nonostante i diversi interventi normativi e lo stanziamento nel bilancio dello Stato di apposite risorse finanziarie, l'efficacia dei provvedimenti per l'accelerazione dei pagamenti della PA è però apparsa sinora limitata. In tal senso si è espressa, ad esempio, la Banca d'Italia, la quale ha evidenziato, nel corso della predetta audizione, come a fronte dello stanziamento di 2 miliardi per il pagamento dei crediti in titoli di Stato, le effettive emissioni siano state pari a circa 15 milioni di euro, rilevando altresì l'esigua entità dei crediti certificati.

In particolare, la scarsa efficacia dei provvedimenti finora emanati è riconducibile, ad avviso dell'Istituto, alla complessità delle procedure operative e, con riferimento alla certificazione, alla rilevanza quantitativa dei casi di esenzione (Regioni con piani di rientro dai deficit sanitari ed Enti locali commissariati) e alla mancanza di sanzioni per le amministrazioni inadempienti. Inoltre, l'adesione alla piattaforma elettronica per la certificazione è stata configurata come sostanzialmente volontaria: da ciò è disceso che alla fine dello scorso gennaio aveva aderito alla stessa poco più del 5 per cento delle amministrazioni interessate; i creditori degli enti che non hanno aderito alla piattaforma non hanno, peraltro, potuto ottenere la certificazione del credito con la procedura ordinaria (cartacea) poiché dall'avvio della piattaforma (ottobre 2012) non è stato più possibile utilizzarla.



Contenuto

 

Il decreto-legge definisce un insieme di regole e procedure volte ad accelerare il recupero dei crediti nei confronti delle amministrazioni vantati da imprese, cooperative e professionisti, per un importo complessivo di 40 miliardi di euro, da erogare nell'arco dei prossimi dodici mesi accordando priorità ai crediti che le imprese non hanno ceduto pro-soluto al sistema creditizio.

 

Più nel dettaglio, le misure introdotte dal decreto prevedono:

 

  • l'esclusione per il 2013 dal Patto di stabilita' interno dei pagamenti di debiti di parte capitale per un importo di: 
    • 5 miliardi di euro per quanto riguarda gli Enti locali;  
    • 1,4 miliardi per quanto riguarda le Regioni; 
    • 800 milioni per investimenti cofinanziati dai fondi strutturali europei;

 

  • l'istituzione nel bilancio dello Stato di un unico Fondoper assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, con una dotazione di 10 miliardi  di euro per il 2013 e di 16 miliardi per il 2014. Il Fondo è distinto in tre Sezioni dedicate, tra le quali possono essere effettuate variazioni compensative, per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili di: 
    • Enti locali, per importi pari a 2 miliardi per ciascuno degli anni2013 e 2014,
    • Regioni e Province autonome, per importi pari a 3 miliardi nel 2013 e 5 miliardi nel 2014 per i debiti diversi da quelli finanziari e sanitari;
    • Enti del Servizio Sanitario Nazionale, per importi pari a 5 miliardi nel 2013 e 9 miliardi nel 2014;

 

  • l'ampliamento del limite massimo al ricorso delle anticipazioni di tesoreria da parte degli enti locali sino alla data del 30 settembre 2013;

 

  • l'incremento delle erogazioni per i  rimborsi di impostaper 2,5 miliardi nel 2013 e 4 miliardi nel 2014;

 

  • il rifinanziamento di 500 milioni di un apposito fondo per il pagamento dei debiti delle amministrazioni centrali.

 

Il decreto definisce,quindi, criteri e procedure  da seguire per ottenere i pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, tenendo conto delle diverse tipologie di credito delle imprese e della natura degli enti debitori.

In particolare, viene fissato al prossimo 30 aprile il termine entro il quale Comuni e Province sono tenuti a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i pagamenti di debiti di parte capitale certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti di parte capitale per i quali sia stata emessa  fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine.

Tali pagamenti – che sono esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno per un importo complessivo di 5 miliardi di euro - saranno autorizzati con decreto del MEF entro il 15 maggio 2013 e finanziati con le disponibilità liquide degli enti.

Nelle more dell'adozione del predetto decreto del MEF, i Comuni e le Province possono comunque iniziare da subito a pagare i propri debiti nel limite massimodel 13 per cento delle disponibilità liquide detenute presso la tesoreria statale al 31 marzo 2013  e, comunque, entro il 50 per cento degli spazi finanziari che intendono comunicare entro il 30 aprile 2013.

Si dispone, inoltre, la sospensione per l'anno 2013 dell'applicazione del c.d. "Patto nazionale orizzontale", ossia del meccanismo di flessibilità nell'applicazione del patto di stabilità interno, introdotto in favore dei comuni a partire dall'anno 2012, che consente la rimodulazione orizzontale degli obiettivi finanziari tra i comuni a livello nazionale - fermo restando l'obiettivo complessivamente determinato per il comparto comunale dalle regole del patto - al fine di favore consentire lo smaltimento di residui passivi di parte capitale degli enti che sono sottoposti al patto di stabilità interno.

Al fine di fornire liquidità agli enti locali e garantire un'accelerazione dei pagamenti ai fornitori, si prevede inoltre che per l'anno 2013 non rilevino, ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del Patto di stabilità interno delle Regioni e delle Province autonome, i trasferimenti effettuati in favore degli enti locali soggetti al patto a valere sui residui passivi di parte corrente, purché a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali. I conseguenti maggiori spazi finanziari nell'ambito del patto di stabilità interno delle Regioni e Province autonome dovranno essere utilizzati esclusivamente per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili di parte capitale. Tali spazi finanziari sono destinati prioritariamente a liquidare residui di parte capitale in favore degli enti locali.

 

I Comuni, le Province, le Regioni e gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, se non hanno disponibilità liquide, possonoottenere finanziamentia valere sulle disponibilità del predetto Fondo unico, pari nel complesso a 26 miliardi di euro nel 2013 e 2014. A tal fine, entro il prossimo 30 aprile, gli enti sono tenuti a richiedere al MEF le risorse necessarie per i pagamenti e dovranno ricevere, entro il successivo 15 maggio, le relative ripartizioni.

Le amministrazioni che si avvarranno del finanziamento del MEF sono tenute a presentare un piano di ammortamento per la restituzione dell'anticipazione ricevuta entro un periodo di durata fino a un massimo di 30 anni e a un tasso di interesse determinato sulla base del rendimento di mercato dei Buoni poliennali del Tesoro (BTP) a 5 anni.

 

Al fine di assicurare il completamento del processo di liquidazione dei debiti maturati alla data del 31 dicembre 2012 e non ancora estinti, il decreto introduce disposizioni dirette ad assicurare l'integrale ricognizione e la certificazione delle somme dovute dalle amministrazioni per somministrazioni, forniture e appalti. In particolare le Amministrazioni sono tenute a produrre un elenco completo dei debiti da onorare e comunicare alle imprese creditrici, entro il 30 giugno 2013, il piano dei pagamenti, nonché a registrarsi sulla piattaforma elettronica per il rilascio della certificazione dei debiti costituita presso il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Il mancato adempimento di tali prescrizioni da parte delle Amministrazioni debitrici rileva ai fini della valutazione della performance dei dirigenti e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare, nonché, nel caso di mancata registrazione sulla piattaforma elettronica, l'applicazione di una sanzione pecuniaria a carico dei dirigenti responsabili. Sulla base delle nuove procedure non sarà pertanto necessaria la richiesta di certificazione da parte delle imprese creditrici, ma sarà responsabilità diretta delle Amministrazioni identificare i soggetti creditori e gli importi da pagare.

Entro il prossimo 15 settembre, l'ABI dovrà predisporre l'elenco completo dei debiti nei confronti delle pubbliche amministrazioni che sono stati oggetto di cessione a banche e intermediari finanziari, distinguendo tra cessioni pro-soluto e pro-solvendo; sulla base di tale elenco, con la legge di stabilità per il 2014, previa intesa con le Autorità europee e su deliberazione delle Camere, si potrà programmare il pagamento, nel corso del 2014, di tali crediti ceduti mediante l'assegnazione di titoli di Stato.

Per quanto concerne i criteri per la liquidazione dei debiti, le Amministrazioni sono tenute a dare una priorità nell'effettuazione dei pagamenti ai crediti non oggetto di cessione pro-soluto; tra più crediti non oggetto di cessione pro soluto il pagamento deve essere imputato al credito più antico, come risultante dalla fattura o dalla richiesta equivalente di pagamento.

Al fine di garantire l'effettiva disponibilità delle risorse per le imprese creditrici e alla luce dell'esigenza di dare un impulso all'economia, le somme destinate ai pagamenti dei debiti non possono essere oggetto di atti di sequestro o di pignoramento.

Al fine agevolare di favorire il processo d'immissione di liquidità nel sistema economico e accelerare i pagamenti della PA il decreto prevede altresì misure di semplificazione e detassazione delle cessioni dei crediti, nonché l'ampliamento delle possibilità di compensazione dei crediti commerciali certificati con debiti fiscali, anche attraverso l'elevazione da 516.000 a 700.000 euro della soglia vigente di compensazione tra crediti e debiti fiscali.

Si prevede, inoltre, una deroga al Patto di stabilità interno per le spese per cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari nei limiti di ulteriori 800 milioni di euro per l'anno 2013.

Il provvedimento reca, infine, alcune norme in materia di tributi locali (TARES e IMU) e di riequilibrio dei bilanci regionali, con particolare riferimento alle Regioni Piemonte e Sicilia.

 

Per il reperimento delle risorse necessarie ad assicurare la liquidità per lo sblocco dei pagamenti, il decreto autorizza l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 20 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014.

Ai fini del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica il provvedimento reca, peraltro, una serie di misure precauzionali, volte a contenere la spesa entro il limite prefissato e a non superare, in conformità a quanto indicato nelle predette risoluzioni parlamentari, il livello massimo dell'indebitamento netto della PA. In proposito si prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze esegua un monitoraggio dell'attuazione delle misure introdotte dal decreto che, in caso di superamento dell'obiettivo programmatico d'indebitamento netto, consenta al Ministro dell'economia di adottare per tempo, previa apposita relazione da inviare al Parlamento o da allegare comunque alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, le necessarie misure per la rimodulazione delle spese autorizzate dal decreto legge, ovvero, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, può disporre la limitazione all'assunzione di impegni di spesa o all'emissione di titoli di pagamento a carico del bilancio dello Stato, con esclusione delle spese obbligatorie.

 

Nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti con il Documento di  economia e finanza ed eventualmente modificati dalla Nota di aggiornamento, previa intesa con le Autorità europee e su deliberazione delle Camere, il decreto prevede, da ultimo, che la legge di stabilità per il 2014 possa autorizzare il pagamento, mediante assegnazione di titoli di Stato, dei debiti delle amministrazioni pubbliche in precedenza cedutiin favore di banche e intermediari finanziari.



Documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea

 

La posizione della Commissione europea sul D.L.

Il 9 aprile 2013 il Vicepresidente della Commissione europea e commissario per gli affari economici e monetari, Olli Rehn, ha diramato un comunicato stampa nel quale ribadisce il sostegno della Commissione europea al piano del Governo italiano per accelerare la liquidazione dello stock di debito commerciale accumulato dalla pubblica amministrazione nei confronti delle imprese di cui al D.L. in  esame.  In particolare, Rehn:

  • rileva che il notevole miglioramento della situazione di bilancio dell'Italia consente una liquidazione graduale del debito senza mettere in pericolo la correzione sostenibile del disavanzo;
  • pur riservandosi di chiedere ulteriori chiarimenti tecnici, accoglie con favore l'impegno del governo italiano a mantenere il deficit nel 2013 sotto la soglia del 3%, in particolare attraverso il meccanismo di salvaguardia contenuto nel decreto-legge (in base al quale l'attuazione del provvedimento è sottoposta ad un monitoraggio mirato che, in caso di superamento del limite, consente al Ministro dell'economia e delle finanze di adottare per tempo le necessarie misure per la rimodulazione delle spese);
  • confida che in futuro l'Italia possa prevenire l'accumulo di nuovi debiti commerciali a tutti i livelli di governo, come richiesto dalla direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

Si ricorda che una nota congiunta del Vicepresidente Rehn e del Commissario per l'industria, Tajani, del 18 marzo scorso rilevava l'opportunità di elaborare un "piano di liquidazione del debito avente come obiettivo quello di portare il suo ammontare a livelli fisiologici in tempi relativamente brevi". La nota raccomandava che il piano includesse "adeguate misure contro il rischio di comportamenti opportunistici (azzardo morale) da parte delle pubbliche amministrazioni titolari del debito pregresso".

Al tempo stesso la nota sottolineava che la liquidazione di debiti commerciali potrebbe rientrare tra i fattori significativi che, in base al Patto di Stabilità e Crescita, devono essere tenuti in considerazione in sede di valutazione della conformità dei saldi di bilancio degli Stati membri con i criteri di deficit e di debito del Patto stesso.

Il portavoce della Commissione europea, Simon O' Connor, a margine di una conferenza stampa svoltasi il 25 marzo, ha successivamente precisato che il pagamento dei debiti arretrati alle imprese da parte della pubblica amministrazione potrebbe rientrare tra questi fattori significativi, ma che tale possibilità è concessa solo ai Paesi con un disavanzo sotto il 3% del PIL e che non sono sottoposti a una procedura di deficit eccessivo. In altri termini, secondo O' Connor l'Italia potrebbe beneficiare della flessibilità menzionata solo qualora rispetti le condizioni per la chiusura della procedura per disavanzo eccessivo in corso.

 

Al riguardo, si segnala che l'art. 2, paragrafi 3 e 4, del regolamento (CE) 1467/97 come modificato dal regolamento (UE) n. 1177/2011 (relativo all'attuazione del braccio correttivo del Patto di stabilità e crescita) dispone che la Commissione e il Consiglio, nel valutare e decidere sull'esistenza di un disavanzo eccessivo, tengono conto di tutti i fattori significativi, con particolare riguardo alla loro incidenza, in qualità di fattori aggravanti o attenuanti, sulla valutazione dell'osservanza dei criteri del disavanzo e/o del debito, tra i quali:

- l'evoluzione della posizione economica a medio termine, in particolare la crescita potenziale;

- l'avvicinamento all'obiettivo di bilancio a medio termine e il livello del saldo primario,  l'applicazione di politiche per la prevenzione e correzione degli squilibri macro economici eccessivi  e per l'attuazione strategia di crescita comune dell'Unione, la qualità complessiva delle finanze pubbliche;

- gli sviluppi nella posizione del debito pubblico a medio termine, la sua dinamica e sostenibilità;

- tutti gli altri fattori che, secondo lo Stato membro interessato, sono significativi per valutare complessivamente l'osservanza dei criteri relativi al disavanzo e al debito e che tale Stato membro ha sottoposto al Consiglio e alla Commissione.

 

Il par. 4 dell'art. 2 in commento precisa che nel valutare l'osservanza del criterio del disavanzo, tali fattori, se il rapporto debito pubblico/PIL supera il valore di riferimento,  vengono presi in considerazione nel percorso che porta alla decisione sull'esistenza di un disavanzo eccessivo, solo in caso sia pienamente soddisfatta la duplice condizione per cui prima di tenere conto dei fattori significativi, il disavanzo pubblico resta vicino al valore di riferimento e il superamento di tale valore è temporaneo.

In base al par. 5 del medesimo art. 2, ove il Consiglio decide che esiste un disavanzo eccessivo in uno Stato membro, il Consiglio e la Commissione, nelle successive fasi della procedura per disavanzi eccessivi, tengono conto dei fattori significativi per fissare una scadenza per la correzione del disavanzo eccessivo ed eventualmente per prorogarla.

Si ricorda che l'Italia è attualmente sottoposta ad una procedura per disavanzi eccessivi aperta con decisione del Consiglio del 2 dicembre del 2009, che aveva raccomandato all'Italia di ridurre il deficit sotto la soglia del 3% del PIL entro il 2012.

L'Italia, secondo i dati riportati dalla Commissione europea nelle previsioni economiche di primavera, pubblicate lo scorso 3 maggio, dovrebbe ridurre nel corso del 2013, a legislazione invariata, il rapporto deficit/PIL dal 3% registrato nel 2012 al 2,9% nel 2013 e al 2,5% nel 2014.

Nel corso della conferenza stampa di presentazione delle medesime previsioni economiche il Vice Presidente Rehn ha osservato al riguardo che la procedura nei confronti dell'Italia potrebbe essere chiusa ove il rapporto deficit/PIL rimanesse effettivamente sotto la soglia del 3% del PIL nel 2013 e negli anni successivi, tenuto conto delle misure che saranno adottate dal nuovo Governo al riguardo.

Allo stato attuale, sono sottoposti a procedura per disavanzo eccessivo 20 Paesi su 27 (tutti tranne Germania, Finlandia, Estonia, Lussemburgo, Bulgaria, Svezia e Malta).

 

Le conclusioni sulla crescita del Consiglio europeo di marzo 2013

Si ricorda, infine, che l'ultimo Consiglio europeo (14-15 marzo 2013), ha ribadito, nelle conclusioni, la necessità di un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita" cui si aggiunge l'affermazione per cui gli Stati membri vengono invitati a intervenire contestualmente sul versante delle spese e delle entrate adottando misure mirate a breve termine per promuovere la crescita e sostenere la creazione di posti di lavoro, in particolare dei giovani, dando la priorità agli investimenti favorevoli alla crescita.

Inoltre, il Consiglio europeo ha sottolineato che, nel pieno rispetto del Patto di stabilità e crescita, "le possibilità offerte dal quadro di bilancio esistente dell'UE per equilibrare la necessità di investimenti pubblici produttivi con la disciplina di bilancio potranno essere sfruttate".

La richiesta di ampliare i margini di manovra nelle politiche di bilancio, senza tuttavia pregiudicare il percorso di risanamento delle finanze pubbliche, nonché di disporre di strumenti più efficaci per affrontare i costi sociali della crisi, era peraltro contenuta in una lettera inviata, prima del Consiglio europeo di dicembre, dal Presidente pro tempore del Consiglio, Monti, al Presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy.