Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: AA.CC. 2976, 3421 Moschee e capi delle comunità islamiche in Germania e Regno Unito: disciplina e dati statistici
Riferimenti:
AC N. 2976/XVII   AC N. 3421/XVII
Serie: Note informative sintetiche    Numero: 23    Progressivo: 2
Data: 17/12/2015

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N. 23/II – 17 dicembre 2015


 

AA.CC. 2976, 3421

Moschee e capi delle comunità islamiche in Germania e Regno Unito:

disciplina e dati statistici

 

 

In Germania, la libertà di religione è un diritto fondamentale sancito dall’art. 4 dal Grundgesetz – GG (Legge fondamentale), che garantisce inoltre l’esercizio indisturbato del culto purché non contrasti con l’ordine costituzionale o infranga leggi penali. Un riconoscimento astratto delle comunità religiose è però estraneo al diritto costituzionale tedesco e alla concezione dei rapporti dello Stato con le confessioni religiose così come delineata nella Legge fondamentale. Ai sensi dell’art. 140 GG, formano infatti parte integrante della Legge fondamentale gli artt. 136, 137, 138, 139 e 141 della Costituzione tedesca dell’11 agosto 1919 (c.d. Costituzione di Weimar). In base a tali disposizioni non esiste alcuna religione di Stato; la libertà di riunirsi in associazioni religiose è garantita e l’unione delle associazioni religiose non è soggetta ad alcuna limitazione. Ogni associazione religiosa disciplina e gestisce in modo autonomo i propri interessi, nei limiti delle leggi generali, e conferisce le proprie cariche senza l'intervento dello Stato o delle autorità locali. Le associazioni religiose acquistano la capacità giuridica secondo le disposizioni generali del diritto civile. Quelle che per il diritto anteriore (al 1919) erano considerate enti di diritto pubblico, rimangono tali (c.d. altkorporierte Religionsgemeinschaften, come le chiese evangeliche, la chiesa cattolica e le singole comunità ebraiche). Gli stessi diritti devono essere riconosciuti ad altre associazioni, su loro richiesta, qualora esse, in relazione al loro ordinamento ed al numero dei propri membri, offrano garanzia di durata. Spetta ai Länder la competenza in merito al conferimento di tale diritti sulla base dei criteri stabiliti dalla costituzione. Finora lo status di ente pubblico, ai sensi dell’art. 140 GG/art. 137, comma 5 della Costituzione di Weimar, non è stato riconosciuto a nessuna organizzazione islamica. Ostacoli al riconoscimento sono considerati, da una parte, la carente struttura interna (in particolare il fatto di non disporre di alcuna prova riguardo al numero dei membri o alla durata della comunità religiosa), dall’altra alcuni dubbi sulla fedeltà all’ordinamento costituzionale. Sono stati tuttavia sottoscritti con associazioni islamiche accordi statali, a livello di Land (Staatsverträge), ad Amburgo e Brema, ma la materia relativa alla disciplina dei rapporti con le comunità musulmane è oggetto di discussione anche in altri Länder, in particolare a Berlino e nella Renania settentrionale-Vestfalia.

Nel territorio della Repubblica federale tedesca vivono oggi oltre cinque milioni di musulmani, di cui circa il 75% sono sunniti e per due terzi di origine turca. Nel settembre 2006 il Ministero federale degli Interni ha istituito la Conferenza Islamica della Germania (Deutsche Islam Konferenz – DIK

), una piattaforma di dialogo tra rappresentanti dello Stato federale, dei Länder e dei comuni e le associazioni musulmane, con lo scopo di migliorare l’integrazione a livello istituzionale e sociale. Come risulta da un’interpellanza presentata dal Gruppo parlamentare dei Verdi il 29 giugno 2006 (stampato BT n. 16/2085) sullo stato dell’equiparazione giuridica dell’Islam in Germania (Stand der rechtlichen Gleichstellung des Islam in Deutschland), soltanto una minoranza di musulmani (dal 10 al 15%) è organizzata in associazioni registrate (eingetragene Vereine - e.V.). Tali forme di organizzazione (c.d Moscheevereine) derivano per lo più da associazioni culturali turche o marocchine con locale annesso destinato alla preghiera. A partire dal 1973 molte di queste si sono unite insieme per formare associazioni regionali/interregionali e federazioni nazionali. Le quattro maggiori organizzazioni islamiche a livello federale sono: l’Unione turco-islamica dell’istituto per la religione (Türkisch-Islamische Union der Anstalt für Religion e. V. - DITIB), il Consiglio centrale dei musulmani in Germania (Zentralrat der Muslime in Deutschland e. V. - ZMD), il Consiglio islamico per la Repubblica federale di Germania (Islamrat für die Bundesrepublik Deutschland) e l’Associazione dei centri culturali islamici (Verband der Islamischen Kulturzentren e. V. - VIKZ). Queste organizzazioni hanno poi fondato un Consiglio di coordinamento dei musulmani in Germania (Koordinierungsrat der Muslime in Deutschland - KRM).

Le Moscheevereine si differenziano dalle altre associazioni registrate in Germania per un diverso rapporto dei membri con la struttura di appartenenza. Le associazioni religiose islamiche sono costituite da un piccolo gruppo di membri; essi sostengono la moschea che però si apre alla partecipazione attiva di un gran numero di visitatori. I fedeli sentono di appartenere ad una determinata moschea ma, se si escludono le offerte e la preghiera comune, essi partecipano solo in modo informale al processo decisionale. Le associazioni islamiche offrono una vasta gamma di attività: assistenza religiosa e corsi di corano; organizzazione del tempo libero e sport; sale per matrimoni e riti di circoncisione; attività culturali e istruzione; negozi di generi alimentari; consulenza legale e sociale; parrucchiere; organizzazione di pellegrinaggi. Le Moscheevereine offrono anche propri corsi di lingua tedesca e corsi di integrazione finanziati dall’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati (Bundesamt für Migration und Flüchtlinge). Dal 1997, ogni anno, molte associazioni islamiche organizzano il 3 ottobre la giornata della moschea aperta (Tag der offenen Moschee), alla quale sono in particolare invitati i non musulmani. Il finanziamento di una Moscheeverein si basa di norma sulle offerte dei fedeli, solo in minima parte sui contributi dei membri dell’associazione. Se la Moscheeverein è riconosciuta come organizzazione senza fine di lucro, le donazioni sono fiscalmente detraibili come previsto per le sovvenzioni ad enti pubblici o ad altre istituzioni no profit. Altre entrate su cui possono contare le Moscheevereine sono l’affitto di locali per attività commerciali (parrucchiere, generi alimentari, caffè, libreria) o per feste. Per alcune manifestazioni possono essere richiesti anche biglietti d’ingresso o il pagamento di corsi. Sostegno finanziario è offerto anche da alcuni paesi islamici come la Turchia, l’Arabia Saudita e l’Iran.

Nella risposta scritta del Governo federale alla citata interpellanza parlamentare (stampato BT n. 16/5033), ormai risalente ad oltre otto anni fa (aprile 2007), è stata evidenziata la mancanza di statistiche ufficiali sul numero di moschee o di altri luoghi di preghiera dei musulmani. Del resto, ai sensi dell’art. 136, comma 3, della Costituzione di Weimar, nessuno può essere obbligato a rendere manifeste le proprie convinzioni religiose e le autorità hanno il diritto d’informarsi circa l’appartenenza di un individuo ad una comunità religiosa solo se a questa siano collegati diritti o doveri, o se ciò sia richiesto dalle esigenze di rilevazioni statistiche disposte con legge. Il Governo ha tuttavia dichiarato che in Germania esisterebbero circa 2.600 luoghi di culto musulmano, di cui circa 150 caratterizzati come moschee classiche (con cupola e minareto), mentre in tutto il territorio federale sono in fase di progetto oltre cento nuovi edifici di culto. Più di 120 sarebbero anche le scuole coraniche (c.d. “madrasse”).

Nell’ambito della libertà religiosa costituzionalmente garantita rientra anche il diritto delle comunità musulmane di erigere moschee. Dal punto di vista giurisprudenziale, nell’applicazione di norme procedurali e edilizie, le moschee sono equiparate ad altri luoghi di culto come le chiese cristiane e le sinagoghe ebraiche. Tuttavia, non di rado, nelle città e nei comuni la costruzione di moschee è oggetto di conflitti e al centro di accesi dibattiti politici e sociali. All’interno della Conferenza Islamica il secondo Gruppo di lavoro (Arbeitsgruppe 2) si è occupato del tema relativo all’edificazione e alla gestione di moschee in Germania, formulando alla fine una serie di raccomandazioni. È stato quindi raggiunto una sorta di accordo in materia mediante l’elaborazione di misure standard per la costruzione di nuovi spazi di preghiera destinati ai musulmani, in conformità con gli standard inerenti i luoghi di culto per i cristiani e i credenti di qualsiasi altra fede o comunità. Tali misure prevedono anche il coinvolgimento delle popolazioni locali a cui viene data la possibilità di esprimere le proprie posizioni al riguardo. Da parte loro, i costruttori musulmani devono cercare di ottenere un ampio consenso per i loro progetti, mediante un’informazione tempestiva e approfondita, che illustri le attività in programma e garantisca la massima trasparenza in materia di finanziamento. È inoltre auspicabile il ricorso tempestivo a consulenti idonei oppure l’istituzione di un mediatore, affinché possano essere mitigati o addirittura prevenuti i conflitti relativi alla costruzione di una moschea o di un centro religioso musulmano. L’iniziativa al riguardo può essere sollecitata sia dalla stessa comunità musulmana sia dagli enti locali competenti.

 

Nel Regno Unito, la costruzione di moschee è soggetta alla previa autorizzazione delle competenti autorità territoriali in applicazione del Town and Planning Act 1990, testo normativo di riferimento della disciplina della pianificazione urbanistica e delle autorizzazioni edilizie. L’edificazione dei luoghi di culto presuppone l’accoglimento della planning application presentata dai soggetti interessati, una volta che sia stata constatata la conformità del progetto agli strumenti urbanistici vigenti.

L’applicazione delle norme urbanistiche nell’ambito particolare dell’edilizia religiosa islamica è venuta recentemente all’attenzione dei mezzi di informazione, anche in conseguenza di campagne e mobilitazioni pubbliche di opposto orientamento. Nel mese di ottobre 2015, il ministero competente (Department for Communities and Local Government) ha infatti respinto i ricorsi presentati dai rappresentanti di una comunità islamica di orientamento radicale (Tablighi Jamaat) contro il diniego opposto dalle autorità locali alla richiesta di autorizzazione per la costruzione, nel quadrante orientale dell’area metropolitana londinese (Newham), di una moschea che, per le sue dimensioni, avrebbe rappresentato il più grande edificio di culto del Regno Unito. La decisione, intervenuta a esito di una lunga controversia, contempla anche la demolizione di un edificio già esistente adibito dai ricorrenti a luogo di preghiera, dopo che la High Court ne aveva disposto la chiusura nel 2013 per violazione delle norme urbanistiche.

Peraltro, le circa 2.000 moschee esistenti nel Paese sono soggette, come ogni luogo di culto, all’osservanza dei requisiti stabiliti dal Place of Worship Registration Act 1855, che dispone l’iscrizione di tali luoghi in un apposito albo tenuto dalle autorità locali; tale registrazione, tuttavia, ha carattere obbligatorio nella sola ipotesi in cui detti luoghi siano utilizzati per la celebrazione di matrimoni (come previsto dal Marriage Act 1949).

In ragione della loro natura di organizzazioni non lucrative (normalmente erogatrici di servizi educativi, filantropici e di assistenza sociale), le comunità religiose titolari della proprietà e della gestione dei luoghi di culto, qualora dispongano di entrate superiori a 5.000 sterline l’anno, devono registrarsi nell’albo detenuto dalla Charity Commission, autorità indipendente preposta alla vigilanza degli enti senza scopo di lucro in relazione alle attività svolte, alle fonti di finanziamento e agli obblighi di trasparenza finanziaria.

Con riferimento allo status degli imam, il Governo ha recentemente affermato (ottobre 2015), contrariamente a quanto diffuso da alcuni organi di informazione, di non avere attualmente in programma l’introduzione di un albo nazionale dei ministri di confessioni religiose (national register of faith leaders).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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