Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Aiuti di stato a favore di imprese nei territori di Venezia e Chioggia - A.C. 3651 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3651/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 441
Data: 09/05/2016
Descrittori:
CHIOGGIA, VENEZIA - Prov, VENETO   CONTRIBUTI PUBBLICI
IMPRESE   L 2012 0228
VENEZIA - Prov, VENETO     
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato


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Aiuti di stato a favore di imprese nei territori di Venezia e Chioggia

9 maggio 2016
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|La vicenda degli aiuti a imprese dei territori di Venezia e Chioggia: quadro normativo e giurisprudenziale|


Contenuto

La proposta di legge C. 3651 (Venittelli ed altri) modifica i criteri di calcolo e di decorrenza, nonché il regime di compensazione, degli interessi sulle somme dovute per gli aiuti dichiarati incompatibili con la normativa europea dalla Commissione europea, con decisione 2000/394/CE, concessi in favore delle imprese nei territori di Venezia e di Chioggia, sulla base di quanto disposto dall'articolo 27 del D.L. 669/1996 e dall'articolo 5-bis del D.L. 96/1995, recanti sgravi contributivi e degli oneri sociali per assunzioni in aziende operanti in determinati territori.

Nell'indicare le ragioni dell'intervento legislativo, la Relazione illustrativa ricorda in primo luogo che la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 3 settembre 2015 prevede che la determinazione dei criteri da applicare per il calcolo degli interessi sulle somme da recuperare in caso di aiuti incompatibili con la normativa europea, nel caso in cui la decisione di recupero sia stata notificata anteriormente all'entrata in vigore del regolamento (CE) 794/2004 (nella questione relativa a Venezia e Chioggia la decisione è stata notificata nel 1999), sia rimessa al legislatore nazionale. L'intervento legislativo, quindi, in linea con l'articolo 260 del TFUE, che impone agli Stati membri di adottare ogni misura idonea a un recupero effettivo e immediato degli aiuti, è "volto a rendere sostenibile (e quindi possibile) il recupero degli aiuti concessi alle imprese nel territorio di Venezia e Chioggia, sia modificando i criteri di calcolo e di decorrenza degli interessi sulle somme da recuperare, sia ammettendo la compensazione delle medesime somme con crediti certi, liquidi ed esigibili delle medesime imprese nei confronti dell'INPS".

La proposta di legge in esame si compone di due articoli.

L'articolo 1, attraverso una modifica dell'articolo 1, comma 354 della L. 228/2012, definisce nuovi criteri per il calcolo degli interessi sulle somme da recuperare, disponendo:

  • l'applicazione del tasso di interesse semplice, ai sensi dell'art. 1282 c.c. e non del tasso di interesse composto, come previsto dalla normativa vigente (attraverso il richiamo al Capo V del Regolamento (CE) n. 794/2004);
  • che gli interessi a cui fare riferimento sono quelli maturati dalla data della notifica dell'avviso di addebito da parte dell'INPS e non dalla data in cui si è fruito dell'agevolazione, come previsto dalla normativa vigente;
  • la possibilità che le somme dovute dalle imprese per gli aiuti concessi e i relativi interessi siano compensati con crediti certi, liquidi ed esigibili che le imprese stesse vantino nei confronti dell'INPS.

 

L'articolo 2 prevede che, a fronte dei pagamenti effettuati per gli oneri derivanti dalle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, il Ministero dell'economia e delle finanze attivi il procedimento di rivalsa a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri fondi aventi finalità strutturali, come previsto dall'articolo 43, comma 3, della L. 234/2012, che riconosce allo Stato il diritto di rivalersi nei confronti di determinati soggetti indicati dalla Commissione europea (regioni, province autonome, enti territoriali, altri enti pubblici e soggetti equiparati) nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse dei Fondi richiamati (in sostanza lo Stato può decidere di non ripartire le risorse dei suddetti Fondi tra gli enti territoriali che non hanno ottemperato all'obbligo di restituzione).


Relazioni allegate o richieste

Alla proposta di legge è allegata la relazione illustrativa, che reca una cronistoria dettagliata della vicenda degli aiuti di Stato in favore di imprese nei territori di Venezia e Chioggia dichiarati incompatibili con il diritto comunitario.


Necessità dell'intervento con legge

L'intervento con legge si rende necessario in quanto la materia è attualmente disciplinata con legge (articolo 1, commi 351-356, della legge n.228/2012).


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto della proposta di legge è riconducibile alle materia di potestà legislativa esclusiva statale "rapporti dello Stato con l'Unione europea", ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera a), della Costituzione.


La vicenda degli aiuti a imprese dei territori di Venezia e Chioggia: quadro normativo e giurisprudenziale

Il decreto-legge n.96/1995 ha previsto, per gli anni 1995 e 1996, un regime di aiuti alle imprese del territorio di Venezia insulare e di Chioggia (attraverso l'estensione del regime di aiuti già previsto dal DM 5 agosto 1994 per i datori di lavoro del Mezzogiorno per gli anni 1994-1996) Successivamente, il decreto-legge n.669/1996, ha previsto l'applicazione del regime di aiuti anche per l'anno 1997. Il regime di aiuti consisteva in uno sgravio sull'intero ammontare dei contributi dovuti dal datore di lavoro e in un'esenzione degli oneri sociali (per la durata di un anno) sulle nuove assunzioni. Secondo i dati forniti dall'INPS, tra il 1995 e il 1997 sono stati concessi benefici contributivi a imprese situate nel territorio di Venezia e di Chioggia per un ammontare complessivo medio annuo di 73,6 miliardi di lire (l'equivalente di 38 milioni di euro), di cui hanno beneficiato oltre 1.800 imprese.
 
Con la Decisione 2000/394/CE, del 25 novembre 1999, la Commissione ha ritenuto che gli aiuti ai quali l'Italia ha dato esecuzione, ai sensi dei decreti-legge n.96/1995 e n.669/1996, in favore delle imprese nei territori di Venezia e Chioggia, sotto forma di sgravi degli oneri sociali, sono compatibili con il mercato comune a determinate condizioni, ossia che siano accordati:
  • alle piccole e medie imprese, ai sensi della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alle PMI;
  • alle imprese che non corrispondono a tale definizione e che sono localizzate in una zona ammissibile alla deroga di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato (corrispondente all'attuale articolo 107) (secondo i criteri seguiti dalla Commissione per esaminare la compatibilità degli aiuti di Stato a finalità regionale con il mercato comune, riportati negli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato a finalità regionale);
  • a qualsiasi altra impresa che assuma categorie di lavoratori con particolari difficoltà d'inserimento o di reinserimento nel mercato del lavoro (secondo gli orientamenti comunitari in materia di occupazione).
Secondo la Commissione, "detti aiuti costituiscono aiuti incompatibili con il mercato comune quando invece sono accordati ad imprese che non sono PMI e che sono localizzate al di fuori delle zone ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato".
 
Gli interventi, in sostanza, rappresentavano agevolazioni che furono poi ritenute atte a falsare la concorrenza e incidere sugli scambi intracomunitari, ai sensi della decisione n. 2000/394/CE della Commissione.
Le decisioni da parte delle autorità nazionali di procedere al recupero delle somme non andarono, tuttavia, nella maggiore parte dei casi, a buon fine, e furono oggetto di numerosi ricorsi di annullamento, presentati dai soggetti destinatari dell'intimazione dell'INPS dinanzi ai giudici civili italiani, che determinarono la sospensione dell'esecuzione, contribuendo così a ritardare le procedure di recupero.
 
Al termine di una lunga vicenda, la Corte di giustizia intervenne con la sentenza del 6 ottobre 2011 (C-302/09), con cui stabilì che i motivi addotti dal Governo italiano per giustificare il mancato recupero degli aiuti illegittimamente concessi (ossia l'esistenza di un contenzioso in corso presso le autorità giudiziarie nazionali e le difficoltà collegate alla necessità di individuare caso per caso le imprese obbligate a restituire detti aiuti) non costituissero un'impossibilità assoluta di dare esecuzione alla decisione 2000/394/CE, ai sensi della consolidata giurisprudenza in materia; in particolare, la Corte osservò che su tutto prevale il principio secondo cui lo Stato membro è tenuto ad adottare ogni misura idonea ad assicurare l'effettivo recupero delle somme dovute e il principio per il quale un recupero tardivo, successivo ai termini stabiliti, non può soddisfare le prescrizioni del Trattato.
 
Al fine di dare attuazione alla decisione della Commissione europea 2000/394/CE e alla sentenza della Corte di giustizia del 6 ottobre 2011, il legislatore italiano è intervenuto con l'articolo 1, commi da 351 a 356, della L. 228/2012, che ha definito una specifica procedura per il recupero delle somme da parte delle imprese che avevano illegittimamente beneficiato del regime di aiuti. In particolare, le citate disposizioni disciplinano innanzitutto l'attività istruttoria, a cura dell'INPS, volta ad accertare l'idoneità dell'agevolazione concessa, in ciascun caso individuale, a falsare la concorrenza e incidere sugli scambi europei (commi da 351 a 353). Dopo l'attività l'istruttoria, l'INPS era chiamata a notificare alle imprese uno specifico provvedimento motivato contenente l'avviso di addebito (di cui all'articolo 30 del D.L. 78/2010) e l'intimazione di pagamento delle somme corrispondenti agli importi non versati per effetto dello sgravio, nonché degli interessi, calcolati sulla base delle disposizioni di cui al Capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 (interesse composto), maturati dalla data in cui si è fruito dell'agevolazione e sino alla data del recupero effettivo (comma 354). Viene inoltre sancita la nullità dei titoli amministrativi afferenti il recupero delle somme erogate in virtù dell'agevolazione richiamata emessi dall'INPS, oggetto di contestazione giudiziale alla data di entrata in vigore della L. 228/2012. Gli importi versati in esecuzione di tali titoli possono essere ritenuti dall'INPS e imputati ai pagamenti dovuti per effetto dei provvedimenti di cui al precedente comma (comma 355). Infine, viene disposta l'estinzione di diritto dei processi pendenti alla data di entrata in vigore della L. 228/2012 (11 marzo 2013) ed aventi ad oggetto il recupero del richiamato sgravio. L'estinzione è dichiarata con decreto, anche d'ufficio. Le sentenze eventualmente emesse, fatta eccezione per quelle passate in giudicato, restano prive di effetti (comma 356).
In materia di contenzioso avente ad oggetto aiuti di Stato, si ricorda che l'art. 49 della L. 234/2012 ha modificato il procedimento attribuendo la competenza in via esclusiva al giudice amministrativo sulle controversie in esecuzione di una decisione di recupero.
 
Da ultimo, con la sentenza del 17 settembre 2015 (Commissione c. Italia, C-367/14), la Corte di giustizia dell'Unione europea ha accertato che l'Italia, alla data del 21 gennaio 2013 (scadenza del termine stabilito nella lettera di diffida inviata dalla Commissione all'Italia), è nuovamente venuta meno all'obbligo di recupero, in quanto gli aiuti non erano stati ancora recuperati integralmente dalle autorità italiane.
La Corte, in particolare, ha constatato:
  • che le difficoltà intervenute nel corso della procedura di recupero degli aiuti non consentono di giustificare la mancata esecuzione della sentenza del 6 ottobre 2011 C-302/09;
  • che l'Italia non ha dimostrato che fossero soddisfatte le condizioni per una sospensione del recupero di determinati aiuti da parte della giustizia italiana;
  • che le difficoltà dovute alla necessità di condurre un esame caso per caso nei confronti di un gran numero di beneficiari durante un periodo assai risalente per determinare le somme da recuperare non possono giustificare il mancato recupero degli aiuti (la Corte infatti ritiene che l'Italia non abbia dimostrato che le misure adottate per il recupero degli aiuti siano state oggetto di un controllo permanente ed efficace, considerato anche che "uno Stato membro non può avvalersi del proprio ritardo nell'esecuzione degli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell'Unione per giustificare la mancata esecuzione di una sentenza della Corte che accerta un inadempimento di detto Stato membro;
  • che il fatto che alcune imprese siano in difficoltà o in fallimento non incide sull'obbligo di recuperare gli aiuti illegittimamente versati.
Per questi motivi, la Corte ha condannato l'Italia al pagamento:
  • di una penalità di 12 milioni di euro per semestre di ritardo nell'esecuzione della sentenza del 2011 (la base semestrale è stata scelta anche per consentire alla Commissione di valutare lo stato di avanzamento delle operazioni di recupero);
  • di una somma forfettaria pari a 30 milioni di euro (misura dissuasiva adottata per prevenire la reiterazione futura di analoghe violazioni del diritto dell'Unione.
Si ricorda, inoltre, che, con la sentenza del 3 settembre 2015, la Corte, in merito ai criteri di determinazione degli interessi relativi al recupero di aiuti incompatibili con il mercato comune, nel caso in cui la decisione di recupero sia stata notificata anteriormente all'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 794/2004 (è il caso di Venezia e Chioggia, per le quali la decisione è stata notificata nel 1999), ha rinviato al diritto nazionale la determinazione dei criteri da applicare per il calcolo degli interessi sulle somme da recuperare.