Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Scambio elettorale politico-mafioso C. 251- C.328 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 251/XVII   AC N. 328/XVII
Serie: Appunti del Comitato per la legislazione    Numero: 11
Data: 27/05/2013
Descrittori:
ELEZIONI   MAFIA E CAMORRA
Organi della Camera: II-Giustizia


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Scambio elettorale politico-mafioso

27 maggio 2013
Elementi per l'istruttoria legislativa



Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Formulazione del testo|



Contenuto

Entrambe le proposte di legge, di iniziativa parlamentare, novellano l'art. 416-ter del codice penale, che punisce con la reclusione da 7 a 12 anni chiunque ottiene dall'associazione mafiosa, in occasione di consultazioni elettorali, la promessa di voti in cambio dell'erogazione di denaro. Le proposte estendono l'oggetto dello scambio della promessa di voti a ipotesi ulteriori rispetto alla mera erogazione di denaro.

 

Normativa vigente

A.C. 251

(Vendola e altri)

A.C. 328

(F. Sanna e altri)

 

Codice penale

Art. 416-ter

Scambio elettorale politico-mafioso

 

La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione di denaro.

La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione di denaro o di altra utilità.

La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene o si adopera per far ottenere la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità, ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze della associazione mafiosa di cui all'articolo 416-bis o di suoi associati.



Quadro normativo vigente

Con l'intento di affrontare il problema delle collusioni e delle contiguità tra i rappresentanti degli organi elettivi e le associazioni criminali di tipo mafioso, l'art. 11-ter, del decreto-legge n. 306 del 1992 (c.d. decreto Scotti-Martelli), convertito dalla legge n. 356 del 1992, ha inserito nel codice penale l'articolo 416-ter, rubricato "scambio elettorale politico-mafioso". Contestualmente, il provvedimento del 1992 ha novellato anche l'art. 416-bis, relativo alle associazioni di tipo mafioso, aggiungendovi - come espressione tipica del sodalizio mafioso - il fine di «impedire o di ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali» (art. 416 bis, terzo comma, c.p.).

 

Ai sensi dell'art. 416-ter, la pena prevista dal primo comma dell'art. 416-bis (ovvero la reclusione da 7 a 12 anni) si applica anche a chi ottiene dalla mafia la promessa di voti in cambio della erogazione di denaro.

 

Soggetto attivo del reato è un uomo politico, candidato in una competizione elettorale, che riceve la promessa di voti. Colui che promette i voti risponde, invece, del reato di cui all'art. 416-bis, nella qualità di associato dell'organismo mafioso, nonché del reato di coercizione elettorale di cui all'art. 97 del D.P.R. n. 361 del 1957, se si avvalga in concreto della forza di intimidazione allo scopo di procacciare voti.

 

Si ricorda, infatti, che l'art. 416-ter del codice penale si affianca ai  reati elettorali previsti dal D.P.R. 361/1957 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), per i quali lo stesso decreto Scotti-Martelli ha aumentato le pene. Vengono in rilievo soprattutto le seguenti disposizioni:

  • il delitto di corruzione elettorale, di cui all'art. 96, in base al quale è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 309 a 2.065 euro chiunque, per ottenere a proprio od altrui vantaggio […] il voto elettorale o l'astensione, offre, promette o somministra denaro, valori, o qualsiasi altra utilità, o promette, concede o fa conseguire impieghi pubblici o privati ad uno o più elettori o, per accordo con essi, ad altre persone. La stessa pena si applica all'elettore che ha accettato offerte o promesse o ha ricevuto denaro o altra utilità;

  • il delitto di coercizione elettorale, di cui all'art. 97, in base al quale è punito con la reclusione da un anno a cinque anni e con la multa da 309 a 2.065 euro chiunque usa violenza o minaccia ad un elettore o ad un suo congiunto, per costringere l'elettore a […] votare in favore di una determinata lista o di un determinato candidato […] o, con notizie da lui conosciute false, con raggiri od artifizi, ovvero con qualunque mezzo illecito atto a diminuire la libertà degli elettori, esercita pressione per costringerli a […] votare in favore di determinate liste o di determinati candidati […].

La giurisprudenza ha chiarito che il delitto di cui all'art. 416-ter del codice penale si distingue dalle fattispecie di reato contemplate dal TU del 1957 per la presenza di un aderente ad associazione mafiosa che assicura l'intervento di membri della medesima, ricorrendo alla forza d'intimidazione ovvero alla prevaricazione derivante dal vincolo associativo mafioso (cfr. Cassazione, Sez. I, sent. n. 27655 del 24 gennaio 2012; Sez. VI, sent. n. 18080 del 13 aprile 2012; Sez. III, sent. n. 39554 del 23 settembre 2005).

 

La promessa di voti  concerne non tanto la scelta elettorale degli appartenenti al sodalizio (il c.d. voto di cosca), quanto soprattutto la scelta di terzi. Ciò risulta chiaramente dalla precisazione che la promessa di voto è quella prevista dall'art. 416-bis, terzo comma, cioè una promessa che si attua nei modi, con i metodi e secondo gli scopi dell'organismo mafioso. Il disvalore del fatto non sta nello scambiare contro denaro i voti appartenenti alla cosca, intesi anch'essi come membri del corpo elettorale (per sanzionare questo contegno sarebbe stato sufficiente il reato di corruzione elettorale), quanto nel promuovere la presenza intimidatoria della mafia nella competizione elettorale allo scopo di condizionarla. La condotta dell'art. 416-ter lede dunque l'interesse alla tutela dell'ordine pubblico, leso dal connubio tra mafia e politica, e solo strumentalmente l'interesse elettorale che risulta invece protetto dalle norme del D.P.R. 361/1957 (segnatamente, dall'art. 96).

 

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha precisato (Sez. VI, sent. n. 18080 del 13 aprile 2012; Sez. I, sent. n. 27777 del 26 giugno 2003) che per la configurabilità del reato di cui all'art. 416-ter c.p. non basta l'elargizione di denaro, in cambio dell'appoggio elettorale, ad un soggetto aderente a consorteria di tipo mafioso, ma occorre anche che quest'ultimo faccia ricorso all'intimidazione ovvero alla prevaricazione mafiosa, con le modalità precisate nel terzo comma dell'art. 416-bis c.p. (cui l'art. 416-ter c.p. fa esplicito richiamo), per impedire ovvero ostacolare il libero esercizio del voto e per falsare il risultato elettorale; elementi, questi, da ritenersi essenziali ai fini della distinzione tra la figura di reato in questione ed i similari illeciti di cui agli artt. 96 e 97 del T.U. delle leggi elettorali del 1957, che parimenti sanzionano penalmente condotte di minaccia ovvero di promessa o di somministrazione di danaro o di altre utilità finalizzate ad influenzare il libero convincimento del cittadino elettore.

Il delitto sussiste, infatti, soltanto se l'indicazione di voto è percepita all'esterno come proveniente dal clan e, come tale, sorretta dalla forza intimidatrice del vincolo associativo, non essendo necessario che, nello svolgimento della campagna elettorale, vengano posti in essere singoli e individuabili atti di sopraffazione o minaccia (Sez. I, sent. n. 3859 del 30 gennaio 2004. Nel caso di specie, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale che, in sede di riesame, aveva qualificato il fatto come corruzione elettorale di cui all'art. 96 D.P.R. 361/1957, modificando l'originaria imputazione di delitto ex art. 416-ter c.p., ritenendo che la sola qualità di "mafioso" del promittente non fosse sufficiente né a comprovare la collusione fra candidato ed organizzazione criminale né a dimostrare l'impiego della forza intimidatrice del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento che ne deriva per orientare il voto).

 

Quanto all'elemento soggettivo, è evidente la necessità che il candidato alle elezioni scambi volontariamente denaro contro promessa di voti con la consapevolezza di perfezionare il sinallagma con persona che agisce per conto di un sodalizio di tipo mafioso.

 

L'oggetto materiale della erogazione offerta in cambio della promessa di voti può essere rappresentato non solo dal denaro, ma da qualsiasi bene traducibile in un valore di scambio immediatamente quantificabile in termini economici (ad es., mezzi di pagamento diversi dalla moneta, preziosi, titoli, valori mobiliari, ecc.), restando invece escluse dal contenuto precettivo della norma incriminatrice altre "utilità", che solo in via mediata possono essere oggetto di monetizzazione ovvero trasformate in "utili" monetizzabili e, dunque, economicamente quantificabili (in questo senso cfr. Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 46922 del 30 novembre 2011; Sez. II, sent. n. 47405 del 30 novembre 2011). Peraltro, con la sentenza n. 20924 dell'11 aprile 2012 la Sesta sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto integrato il reato laddove l'oggetto materiale dell'erogazione era costituito da posti di lavoro.

 

Il reato si consuma al momento della formulazione delle reciproche promesse, indipendentemente dalla materiale erogazione del denaro, essendo rilevante - per quanto attiene alla condotta dell'uomo politico - la sua disponibilità a venire a patti con la consorteria mafiosa, in vista del futuro e concreto adempimento dell'impegno assunto in cambio dell'appoggio elettorale (cfr. Cassazione, Sez. I, sent. n. 32820 del 21 agosto 2012). E' altresì irrilevante, ai fini dell'applicazione dell'art. 416-ter, anche la fase successiva della raccolta di voti e delle modalità con cui essa si svolge, nonchè la condotta successiva del politico eletto.

 

In merito, la Corte di Cassazione ha precisato che per la sussistenza del delitto è sufficiente un accordo elettorale tra l'uomo politico e l'associazione mafiosa, avente per oggetto la promessa di voti in cambio del versamento di denaro, non essendo richiesta la conclusione di ulteriori patti che impegnino l'uomo politico ad operare in favore dell'associazione in caso di vittoria elettorale. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui tali ulteriori patti vengano conclusi, occorre accertare se la condotta successivamente posta in essere dall'uomo politico a sostegno degli interessi dell'associazione mafiosa che gli ha promesso o procurato i voti assuma i caratteri della partecipazione ovvero del concorso esterno all'associazione medesima, configurandosi, oltre il reato di cui all'art. 416-ter, anche quello di cui all'art. 416-bis c.p. (Sez. VI, sent. n. 43107 del 9 novembre 2011; si veda anche Sez. I, sent. n. 4043 del 3 febbraio 2004).

 

Si ricorda, infine, che la legge 94/2009 (c.d. Legge sicurezza) ha (art. 2) esteso la responsabilità amministrativa da reato degli enti di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001, tra gli altri, ai delitti di cui agli articoli 416-bis e 416-ter, nonché ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis o al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste da tale articolo.

L'art. 24-ter del decreto legislativo prevede nei confronti dell'ente, in relazione alla commissione del delitto di cui all'art. 416-ter, la sanzione pecuniaria da 400 a 1.000 quote; è inoltre stabilita l'applicazione delle sanzioni interdittive (es. sospensione o revoca delle autorizzazioni funzionali alla commissione dell'illecito; divieto di contrattare con la pubblica amministrazione) per una durata non inferiore ad un anno, nonché, nel caso in cui l'ente o una sua unità organizzativa sia utilizzata stabilmente allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati, l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività.

 

Il DL Scotti-Martelli
Art. 416-ter e reati elettorali del DPR 361/1957
La presenza intimidatoria della mafia
L'oggetto materiale del reato
La consumazione del reato
La responsabilità amministrativa degli enti


Le proposte di legge

Entrambe le proposte di legge intendono ampliare il campo d'applicazione del delitto di scambio elettorale politico-mafioso.

 

In particolare, la proposta di legge A.C. 251 (Vendola e altri), di iniziativa dei deputatidel Gruppo "Sinistra Ecologia Libertà", novella l'art. 416-ter del codice penale con l'intento di estenderne l'applicabilità, specificando che oggetto materiale dello scambio non deve essere necessariamente il denaro ma anche ogni «altra utilità».

 

In base alla relazione illustrativa, infatti, molto più spesso «il patto trova occasione nella promessa di informazioni su appalti pubblici, posti di lavoro da garantire ai clan presenti sul territorio, interdizione dell'azione repressiva delle forze di polizia, nomina a influenti incarichi istituzionali o nel settore privato».

 

 

La proposta di legge A.C. 328 (Francesco Sanna e altri), di iniziativa di deputati del Gruppo Partito Democratico, sostituisce l'attuale formulazione dell'art. 416-ter, punendo chiunque offra la propria collaborazione alla mafia, in cambio del sostegno elettorale della criminalità. In particolare, la proposta:

  • prevede che anche una condotta riconducibile al tentativo di accordo tra politico e associazione mafiosa (chi «si adopera per far ottenere la promessa di voti») integra il delitto;

 

Ciò comporta che, con la novella, il tentativo sarà punito con la reclusione da 7 a 12 anni. Attualmente, invece, il tentativo è di dubbia configurabilità (in quanto la norma contempla una fattispecie a consumazione anticipata) e comunque sarebbe punito a norma dell'art. 56 c.p., ovvero con la pena di cui all'art. 416-ter diminuita da un terzo a due terzi.

 

  • consente espressamente l'incriminazione di colui che agisce in nome del politico, ovvero dell'intermediario che si adopera per fargli ottenere la promessa;

 

Pur in assenza di specifica giurisprudenza di Cassazione, la dottrina ritiene che la disposizione si applichi a chiunque, ovvero non solo al candidato ma anche a chi ottiene la promessa di voti non per sé direttamente ma per un terzo candidato alle elezioni (cfr. G.Fiandaca-E.Musco, Diritto penale Parte speciale, vol. 1, IV ed., pag. 486).

 

  • specifica che oggetto materiale dello scambio non deve essere necessariamente il denaro ma anche «qualunque altra utilità» (in questo analogamente all'A.C. 251);
  • aggiunge che oggetto dello scambio può essere anche la «disponibilità» del politico «a soddisfare gli interessi o le esigenze della associazione mafiosa».

 

 

Per quanto riguarda l'estensione rispetto alla mera erogazione di "denaro", presente in entrambe le proposte, si ricorda ancora che la giurisprudenza ha sinora interpretato l'art. 416-ter in modo estensivo, ritenendo la sussistenza del delitto anche quando ad essere scambiato sia non il denaro, bensì qualsiasi bene traducibile in un valore di scambio immediatamente quantificabile in termini economici (ad es., mezzi di pagamento diversi dalla moneta, preziosi, titoli, valori mobiliari, ecc.), includendovi da ultimo anche i posti di lavoro (Cassazione, Sez. VI, sentenza n. 20924 dell'11 aprile 2012).

La giurisprudenza ha però sempre escluso che la formulazione dell'art. 416-ter ne consenta l'applicazione a fronte di "utilità" che solo in via mediata possono essere oggetto di monetizzazione.

 

Ad esempio, la Cassazione (Sez. VI, sentenza n. 20924 dell'11 aprile 2012) ha escluso dal contenuto precettivo della norma incriminatrice altre "utilità" che solo in via mediata possono essere oggetto di monetizzazione. Nella specie la utilità oggetto dello scambio elettorale politico-mafioso era consistita nel permettere agli esponenti del sodalizio criminale di occupare per lungo tempo e "sine titulo" un immobile di proprietà comunale (analogamente, Cass., Sez. II, Sentenza n. 46922 del 30 novembre 2011).

 

La dottrina ha criticato la formulazione dell'art. 416-ter, che fa consistere la controprestazione del politico soltanto nella "erogazione di denaro", impedendo di attribuire rilevanza penale a tutte quelle altre forme di scambio, che sarebbero invece più tipiche e diffuse; si pensi, ad es., alla promessa di ricambiare l'appoggio elettorale dei mafiosi, più che con somme di denaro, con la promessa di concedere (se eletti) appalti, autorizzazioni, licenze, posti di lavoro od ogni altro genere di utilità o vantaggio accordabili mediante l'uso distorto del pubblico potere (cfr. G. Fiandaca-E.Musco, Diritto penale Parte speciale, vol. 1, IV ed., pag. 486).

 

La condotta dell'uomo politico che si "renda disponibile" per agevolare il sodalizio mafioso costituisce una forma ulteriore di reato di pericolo.

La condotta di chi prometta indebiti favori alla criminalità attualmente è sussunta dalla giurisprudenza nella fattispecie incriminatrice del delitto di corruzione elettorale, di cui all'art. 96 del D.P.R. n. 361 del 1957 nonché, eventualmente, nell'ipotesi di concorso esterno, elaborata dalla giurisprudenza in base all'art. 416-bis c.p.

 

In merito occorre richiamare la sentenza n. 4043 del 25 novembre 2003, con la quale la Sezione I della Corte di cassazione ha affermato che «La condotta cosiddetta di "concorso esterno" nel delitto associativo di tipo mafioso può consistere in un qualunque contributo - purchè concreto, specifico, consapevole e volontario - che provenga da persona priva della "affectio societatis" ed estranea alla struttura, eserciti una effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell'associazione, e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del suo programma criminoso. Tale contributo può ben connettersi ad un accordo mediante cui un esponente politico si impegni, in cambio della promessa di voti nell'ambito di elezioni amministrative, a favorire l'organizzazione criminale nell'aggiudicazione di appalti ed in genere nei futuri rapporti con la P.A.. Non osta in tal senso la specifica previsione di cui all'art. 416-ter cod. pen., la quale mira piuttosto ad estendere la punibilità ai casi nei quali lo scambio elettorale politico-mafioso, non risolvendosi in contributo al mantenimento o rafforzamento dell'associazione, resterebbe irrilevante secondo il combinato disposto degli artt. 110 e 416-bis del cod. pen.. (Nella specie la Corte ha confermato la qualificazione a titolo di concorso esterno del patto stipulato da un candidato ad elezioni comunali, la cui stessa conclusione aveva rafforzato l'associazione mafiosa, anche nei rapporti tra questa ed organizzazioni rivali, per l'aspettativa di favoritismi da parte della nuova amministrazione locale)» (si veda anche Cass., Sez. V, sentenza n. 4893 del 16 marzo 2000).

 

L'estensione dell'oggetto materiale del reato


Relazioni allegate o richieste

Le proposte di legge, entrambe di iniziativa parlamentare, sono corredate della sola relazione illustrativa.



Necessità dell'intervento con legge

Le proposte di legge novellano il codice penale; ciò giustifica l'intervento con legge.



Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto del provvedimento è riconducibile alla materia di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione (nella parte "ordinamento penale"), ambito riservato alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.



Formulazione del testo

Appare utile valutare il rapporto con il tentativo di reato e il concorso nel reato della formulazione dell'A.C. 328, laddove punisce chi si adopera per fare ottenere la promessa di voti.

Appare inoltre utile considerare, rispetto alla fattispecie principale, l'identità della sanzione a carico di chi si adopera.