Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Titolo: | Proroga di termini previsti da disposizioni legislative - D.L. 150/2013 - A.C. 2027 - Schede di lettura | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 115 Progressivo: 1 | ||
Data: | 04/02/2014 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni | ||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative D.L. 150/2013 – A.C. 2027 |
Schede di
lettura |
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n. 115/1 |
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4 febbraio 2014 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni ( 066760-3855 / 066760-9475 – * st_istituzioni@camera.it |
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File:
D13150a.doc |
INDICE
§ Articolo 1, comma 1 (Vigili del fuoco: accesso alle qualifiche di capo squadra e di capo
reparto)
§ Articolo 1, comma 2 (Vigili del fuoco: personale in posizione di comando o fuori ruolo)
§ Articolo 1, commi 4 e 5 (Assunzioni a tempo indeterminato in
pubbliche amministrazioni)
§ Articolo 1, comma 14 (Concorsi per dirigenti delle Agenzie fiscali)
§ Articolo 1, comma 14-bis (Contratti dei dirigenti
dell’Agenzia italiana del farmaco)
§ Articolo 2, comma 1 (Rimozione del relitto Costa Concordia)
§ Articolo 2, comma 8 (Rimborso dei finanziamenti per il sisma in Emilia Romagna)
§ Articolo 2-bis (Mandato dei magistrati
onorari)
§ Articolo 3, comma 2 (Impiego di guardie private nel contrasto alla pirateria)
§ Articolo 3-bis (Modifiche delle
circoscrizioni giudiziarie de L'Aquila e Chieti)
§ Articolo 4, comma 1 (Corsi di formazione salvamento acquatico)
§ Articolo 4, comma 2 (Aggiornamento dei diritti aeroportuali al tasso d’inflazione)
§ Articolo 4, comma 2-bis (Gestione commissariale
della Galleria Pavoncelli)
§ Articolo, 4 comma 4-bis (Disposizioni in materia
di revisione triennale dell'attestato SOA)
§ Articolo 4, commi 5 e 6 (Qualificazione del contraente generale
delle grandi opere)
§ Articolo 4, comma 7 (Proroga di termini in materia di impianti funiviari)
§ Articolo 4, comma 8 (Sfratti)
§ Articolo 4, commi 8-ter - 8-quinquies (Capitanerie di porto)
§ Articolo 4-bis (Fonti rinnovabili in edilizia)
§ Articolo 5, comma 2 (Revisione obbligatoria delle macchine agricole)
§ Articolo 6, comma 1 (Dismissione della sede del MIUR di Piazzale Kennedy)
§ Articolo 6, comma 2 (Introduzione dei nuovi strumenti contabili nelle università)
§ Articolo 6, comma 3 (Edilizia scolastica)
§ Articolo 6, comma 6-bis (Validità dell’idoneità
per posti di professore e ricercatore
universitari)
§ Articolo 7, comma 1 (Sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco)
§ Articolo 7, comma 1-bis (Aggiornamento del
nomenclatore tariffario)
§ Articolo 8, comma 1 (Termini di consegna per via telematica dei certificati di maternità)
§ Articolo 8, comma 2 (Finanziamento di Italia Lavoro S.p.A.)
§ Articolo 8, comma 2-bis (Fondi di solidarietà)
§ Articolo 8, comma 2-ter (Prestazioni di lavoro
accessorio)
§ Articolo 9, comma 1 (Esercizio dell’attività di
consulenza finanziaria)
§ Articolo 9, comma 2 (Contenzioso tributario pendente dinanzi alla Commissione tributaria
centrale)
§ Articolo 9, comma 3 (Finanziamenti della Banca d’Italia alle banche)
§ Articolo 9, commi 4 e 5 (Controllo sugli agenti in attività
finanziaria e sui mediatori creditizi)
§ Articolo 9, comma 6 (Aliquota ridotta per uso
combustione)
§ Articolo 9, comma 9 (Risorse per i Fondi pensione
del settore pubblico)
§ Articolo 9, commi 10-13 (Proroga di termini di natura contabile)
§ Articolo 9, comma 14 (Iscrizione al registro dei revisori legali)
§ Articolo 9, comma 15 (Fondo carta acquisti)
§ Articolo 9, comma 15-bis (Pagamenti effettuati con carte di debito)
§ Articolo 10 (Proroga di termini in materia ambientale)
§ Articolo 11 (Adeguamento alla normativa antincendio delle strutture ricettive
turistico-alberghiere)
§ Articolo 12 (Divieto di partecipazioni incrociate televisive ed editoriali)
§ Articolo 13 (Servizi pubblici locali)
§ Le disposizioni del decreto legge 150/2013
per tipologia di proroga
Articolo 1,
comma 1
(Vigili del fuoco: accesso alle
qualifiche di capo squadra
e di capo reparto)
L’articolo 1, comma 1, proroga per tutto il 2014 la disposizione che limita l'accesso con concorso alla qualifica di capo squadra del Corpo nazionale dei vigili del fuoco esclusivamente a chi già riveste la qualifica di vigile del fuoco coordinatore, tramite valutazione per soli titoli. Esso proroga altresì per tutto il 2014 la disposizione che limita l'accesso con concorso alla qualifica di capo reparto del medesimo Corpo esclusivamente ai capi squadra esperti con cinque anni di servizio effettivo nella qualifica, tramite valutazione per soli titoli.
Si tratta in particolare della proroga di una deroga alle procedure ordinarie di accesso alle due qualifiche disposta dall’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 79/2012 fino al 2013. Il comma in esame novella tale disposizione prevedendo l’applicazione della deroga anche per tutto il 2014.
La procedura di accesso ordinaria ai ruoli del Corpo dei vigili del fuoco, compresa l’immissione nel ruolo dei capi squadra e dei capi reparto, è stabilita dal decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, recante il nuovo ordinamento del personale del Corpo, provvedimento con il quale il rapporto di impiego è stato profondamente innovato con il passaggio del Corpo dal regime privatistico a quello di diritto pubblico[1].
Si ricorda che il D.Lgs. 217/2005 ha istituito i seguenti ruoli del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che espleta funzioni tecnico-operative (art. 1):
- ruolo dei vigili del fuoco;
- ruolo dei capi squadra e dei capi reparto;
- ruolo degli ispettori e dei sostituti direttori antincendi.
Ciascun ruolo è articolato in più qualifiche; il ruolo dei vigili del fuoco (art. 3) è suddiviso in quattro qualifiche:
- vigile del fuoco;
- vigile del fuoco qualificato;
- vigile del fuoco esperto;
- vigile del fuoco coordinatore.
Anche il ruolo dei capi squadra e dei capi reparto è suddiviso in quattro qualifiche (art. 10), ossia:
- capo squadra;
- capo squadra esperto;
- capo reparto;
- capo reparto esperto.
L'accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei capi squadra e dei capi reparto, ossia alla qualifica di capo squadra, è disciplinata dall’articolo 12 del decreto legislativo 217/2005 che prevede due canali:
§ nel limite del sessanta per cento dei posti disponibili al 31 dicembre di ogni anno, mediante concorso interno per titoli, riservato al personale con la qualifica di vigile del fuoco coordinatore (art. 12, comma 1, lett. a);
§ nel limite del restante quaranta per cento dei posti disponibili al 31 dicembre di ogni anno, mediante concorso interno per titoli ed esame scritto a contenuto tecnico-pratico riservato a tutto il personale del ruolo dei vigili del fuoco (non solamente a quelli inquadrati nella qualifica di coordinatore) con sei anni di effettivo servizio nel ruolo medesimo e che abbia frequentato con profitto i corsi di aggiornamento professionale prescritti (art. 12, comma 1, lett. b).
In entrambi i casi è previsto anche il superamento di un corso di formazione professionale, della durata non inferiore a tre mesi.
Il passaggio alla qualifica di capo reparto (art. 16 del D.Lgs. 217/2005) avviene in maniera analoga:
§ nel limite del sessanta per cento dei posti disponibili al 31 dicembre di ogni anno, mediante concorso interno per titoli e superamento del corso di formazione professionale, al quale sono ammessi i capi squadra esperti con cinque anni di servizio effettivo nella qualifica (art. 16, comma 1, lett. a);
§ nel limite del restante quaranta per cento dei posti disponibili al 31 dicembre di ogni anno, mediante concorso interno per titoli ed esame scritto a contenuto tecnico-pratico e successivo corso di formazione professionale riservato al personale appartenente al ruolo dei capi squadra e dei capi reparto con quattro anni di servizio e frequenza dei corsi di aggiornamento professionale (art. 16, comma 1, lett. b).
In deroga a questa procedura, e in via temporanea, è intervenuto, come anticipato, il decreto-legge n. 79 del 2012 (articolo 3: comma 1, per i capo squadra; comma 2, per i capo reparto).
Nel dettaglio, l’art. 3, comma 1, introduce una deroga alla
disciplina ordinaria suesposta, prevedendo che per l’accesso alle qualifiche di
capo squadra, relativamente alla
copertura dei posti disponibili per ciascuno degli anni dal 2008 al 2013, si applichi esclusivamente la procedura
concorsuale di accesso attraverso la valutazione
dei soli titoli riservata al personale con la qualifica di vigile del fuoco
coordinatore, disciplinata dall’art. 12, comma 1, lett. a) del D.Lgs.
n.217/2005.
La disposizione prevede, inoltre, sia il differimento temporale
della decorrenza giuridica dei posti messi a concorso all’anno successivo a
quello in cui si è verificata la disponibilità, sia il differimento della
decorrenza economica, non contemplando come ulteriore effetto la retroattività degli
effetti economici.
Allo stesso modo, l’art. 3, comma 2, introduce una deroga alla
disciplina ordinaria per l’accesso alle qualifiche di capo reparto, relativamente alla copertura dei posti disponibili
per ciascuno degli anni dal 2006 al 2013,
prevedendo che si applichi esclusivamente la procedura concorsuale di accesso
attraverso la valutazione dei soli
titoli riservata ai capi squadra esperti con cinque anni di servizio,
disciplinata dall’art. 12, comma 1, lett. a)
del D.Lgs. n.217/2005.
Di seguito viene, da una parte, differita la decorrenza giuridica dei posti messi a concorso all’anno successivo a quello in cui si è verificata la disponibilità, dall’altra, si dispone che la decorrenza economica sia fissata al giorno successivo alla data di conclusione del corso di formazione previsto dall’art. 16 del D.Lgs. n. 217/2005.
Il comma in esame proroga appunto di un anno (fino al 2014) le suddette due deroghe alla disciplina ordinaria di accesso alla qualifica di capo squadra e capo reparto.
La disposizione in commento mantiene implicitamente ferma la previsione che la decorrenza giuridica dei posti messi a concorso sia fissata al 1° gennaio dell'anno successivo a quello in cui si è verificata la disponibilità, e la decorrenza economica al giorno successivo alla data di conclusione del corso di formazione.
Articolo 1, comma 2
(Vigili del fuoco: personale in posizione
di comando o fuori ruolo)
L’articolo 1, comma 2 riguarda il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco collocato in posizione di comando o fuori ruolo presso organi costituzionali, uffici di diretta collaborazione dei ministri e uffici della Presidenza del Consiglio.
La disposizione, in particolare, proroga a tutto il 2014 l’articolo 1, comma 6-septies, del D.L. 300/2006 (cd. Mille-proroghe) il quale prevede che, nei confronti del suddetto personale, fino al 31 dicembre 2012:
- si continui ad applicare l'articolo 57 del D.P.R. 1957/3[2], secondo cui la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta (nei limiti delle risorse disponibili) a carico dell'amministrazione di appartenenza;
- non operi il limite di 5 unità di personale di livello dirigenziale che può essere collocato in posizione di comando o fuori ruolo contemporaneamente (art. 133, c. 1, ultimo periodo, D.Lgs. 217/2005);
- non vengano imputati all’amministrazione di
destinazione il trattamento economico e ogni altro onere finanziario relativo
al personale collocato in posizione di comando o fuori ruolo (art. 133, c. 3,
D.Lgs. 217/2005).
Il richiamato termine,
originariamente previsto al 31 dicembre 2011 dall’articolo 1, comma 6-septies, del D.L. 300/2006, è stato
prorogato al 31 dicembre 2012 dall’articolo 15, comma 2, del D.L. 216/2011 e,
successivamente, al 30 giugno 2013 dall’articolo 1, commi 388 e 394, della L.
228/2012 (Stabilità 2013), che contestualmente ha attribuito ad uno o
più D.P.C.M. la possibilità di stabilire un’ulteriore proroga. In attuazione
della citata previsione è stato adottato il D.P.C.M. 26 giugno 2013, che, da
ultimo, ha prorogato al 31 dicembre 2013 il suddetto termine (art. 1, comma 1,
lett. a)).
Comando e collocamento fuori ruolo:
quadro normativo
Nel pubblico impiego l’istituto del comando è disciplinato dall’articolo 56 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3 (“TU delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”), il quale stabilisce che – per riconosciute esigenze di servizio, o quando sia richiesta una speciale competenza, purché per un periodo di tempo determinato ed in via eccezionale – l’impiegato di ruolo può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso altri enti pubblici. Il successivo articolo 57 del Testo Unico precisa che la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza, mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale presta servizio. Successivamente l’articolo 133, comma 3, del D.Lgs. 217/2005 ha disposto che il trattamento economico e ogni altro onere finanziario relativi al personale collocato in posizione di comando o fuori ruolo sono a carico dell'amministrazione di destinazione.
Per quanto riguarda specificamente il personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco collocato in posizione di comando o fuori ruolo presso determinati organismi, l’articolo 1, comma 6-septies, del D.L. 300/2006 ha disposto che fino al 31 dicembre 2011 (termine prorogato al 31 dicembre 2013, da ultimo, dall’articolo 1, comma 1, lett. a), del DPCM 26 giugno 2013) continui ad applicarsi l’articolo 57 del citato Testo unico, secondo cui la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza e non si applichi invece quanto previsto dal citato articolo 133, comma 3, del D.Lgs. 217/2005, nonché il limite di 5 unità di personale di livello dirigenziale che può essere collocato in posizione di comando o fuori ruolo contemporaneamente, come previsto dall’art. 133, c. 1, del D.Lgs. 217/2005.
Per quanto concerne il collocamento fuori ruolo, questo, a differenza del comando e del distacco, pone l’impiegato fuori dai quadri organici dell’amministrazione di appartenenza. Nel collocamento fuori ruolo si ha l’utilizzazione dell’impiegato presso altra amministrazione, con conseguente interruzione del preesistente rapporto d’impiego, così che il posto rimasto vacante può essere ricoperto da un altro titolare. La retribuzione è a carico dell’amministrazione presso la quale si presta il servizio. Nel nostro ordinamento l’istituto è regolamentato dagli articoli 58 e 59 della richiamata L. 3/1957[3].
Articolo 1, comma 3
(Assegnazioni temporanee di personale non
dirigenziale presso il Ministero dei beni culturali e l’INPS)
L’art. 1, comma 3, nel testo risultante dalle modifiche
apportate al Senato, dispone che le assegnazioni
temporanee del personale non
dirigenziale presso il Ministero dei
beni e delle attività culturali e del turismo e presso l’INPS, fatta eccezione per il personale del comparto scuola, possono essere “prorogate” di un anno, in deroga al limite
massimo di 3 anni previsto dall’art. 30, co. 2-sexies, del d.lgs. 165/2001 (introdotto nel 2010), e ai fini della
predisposizione di un piano di revisione dell’utilizzo del personale comandato.
La proroga opera nelle more della definizione della procedura di mobilità
e, per ciò che concerne il personale impiegato presso l’INPS, del completamento
del piano di rientro dalla situazione di esubero, determinatasi a seguito della
soppressione degli altri enti previdenziali (ENPALS, IPOST, ma soprattutto
INPDAP) e del conseguente trasferimento del relativo personale e delle funzioni
all’INPS[4].
Dal punto di vista della formulazione
del testo, dopo le parole “procedure di mobilità” sarebbe opportuno inserire le
parole “di cui all’articolo 30, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni”.
Inoltre, essendo i comandi presso il
Mibact cessati il 24 novembre 2013 – 3 anni a decorrere dal 24
novembre 2010, data di entrata in vigore della L. 183/2010 (v. infra) –,
occorrerebbe fare riferimento al “differimento” (e non alla “proroga”) delle
assegnazioni temporanee (v. art. 4, lett. o), della Circolare 2001 dei Presidenti di Camera e Senato sulla
formulazione tecnica dei testi normativi).
Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 30 del
d.lgs. 165/2001 ha disposto che le amministrazioni possono ricoprire posti
vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti
appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni,
che facciano domanda di trasferimento, e che sono nulli gli accordi, gli atti o
le clausole dei contratti collettivi volti ad eludere l'applicazione del
principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo
personale. In particolare, il co. 2-bis ha previsto che, prima di procedere all’espletamento di
procedure concorsuali, si devono attivare le procedure di mobilità, immettendo in ruolo, prioritariamente, i
dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di
fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di
trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio.
Il co. 2-sexies, introdotto dall’art. 13, co.
2, della L. 183/2010, ha disposto, inoltre, che le pubbliche amministrazioni,
per motivate esigenze organizzative, possono utilizzare in assegnazione temporanea, con le modalità previste dai rispettivi
ordinamenti, personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a tre anni (a decorrere dal 24 novembre 2010, data di entrata in
vigore della L. 183/2010).
L’art. 13, co. 3, della stessa L. 183/2010 ha peraltro
disposto che, entro sessanta giorni dalla data della sua entrata in vigore, le
pubbliche amministrazioni potevano rideterminare le assegnazioni temporanee in
corso in base a quanto previsto dal co. 2-sexies
dell’art. 30 del d.lgs. 165/2001, prevedendo anche che, in caso di mancata rideterminazione, i rapporti in corso continuavano
ad essere disciplinati dalle fonti originarie.
Con
riferimento al Mibact, si fa presente che, con nota prot. n. 41479 del 13 novembre 2013, la Direzione generale per
l’organizzazione, gli affari generali, l’innovazione, il bilancio ed il
personale del medesimo Ministero aveva chiesto
l’avviso del Dipartimento della Funzione pubblica e della Ragioneria generale
dello Stato in merito alla possibilità
di attivare le procedure di mobilità del personale all’epoca comandato presso
le sedi centrali e periferiche del Ministero, per far fronte all’espletamento
delle funzioni di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale.
Successivamente, con circolare n. 469 del
18 dicembre 2013,
indirizzata ai direttori degli Istituti centrali e periferici del Mibact, la medesima
Direzione generale aveva dato
conto della situazione del personale comandato.
In
particolare, aveva fatto presente che era in corso una quantificazione degli
effetti finanziari collegati all’attivazione della mobilità, la quale, una vota
effettuata, sarebbe potuta essere rappresentata agli organi di controllo “anche ai
fini dell’eventuale riattivazione, da gennaio 2014, dei comandi del personale
cessato a decorrere dal 25 novembre 2013”. Inoltre, aveva rappresentato
l’esigenza di procedere ad una “iniziativa legislativa volta a prevedere, in
via immediata, il trasferimento definitivo del personale comandato […] o in
alternativa la proroga del suddetto termine triennale”.
Con
riferimento all’esclusione del personale
del comparto scuola dalle disposizioni di proroga relative al personale
comandato presso il MIBACT, si evidenzia che il rappresentante del Governo,
rispondendo alle perplessità sollevate al riguardo dalla relatrice presso la 7^
Commissione del Senato nella seduta del 22 gennaio
2014, ha
osservato che, “per quanto riguarda il Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, il rientro di detto personale è certamente
necessario”[5].
Articolo 1, commi 4 e 5
(Assunzioni a tempo indeterminato in
pubbliche amministrazioni)
I commi 4 (lettere a) e b) e
5, prorogano al 31 dicembre 2014 sia il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato in specifiche amministrazioni pubbliche,
sia le autorizzazioni alle assunzioni per l'anno 2013 adottate, per il comparto sicurezza-difesa e del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, in deroga alle percentuali del turn over previste dalla legislazione
vigente.
Come evidenziato nella Relazione illustrativa, visti i recenti interventi volti alla riduzione delle dotazioni organiche, in un’ottica di contenimento e revisione della spesa pubblica, alcune amministrazioni si sono trovate nell’impossibilità di utilizzare, nel 2013, le risorse finanziarie destinate nell’ambito delle rispettive facoltà. Al fine di consentire l’utilizzo delle suddette risorse si prevede di prorogare di un ulteriore anno la possibilità di utilizzare i budget assunzionali per alcune amministrazioni (Ministeri, Agenzie, enti pubblici non economici, enti pubblici di ricerca, Corpi di polizia e università) relativi agli anni antecedenti il 2012 (comunque non oltre il 2008) e il 2013.
Si segnala che per le disposizioni richiamate dal comma 4, lettere a) e b) (concernenti la proroga dei
termini in materia di stabilizzazione di specifiche categorie di lavoratori in
determinate pubbliche amministrazioni, vedi infra),
il termine, prorogato al 31 dicembre 2012 dall’articolo 1, commi 1 e 2, del
D.L. 216/2011, è stato ulteriormente prorogato al 30 giugno 2013 dall’articolo
1, commi 388 e 394, della L. 228/2012, che attribuiva ad uno o più D.P.C.M. la
possibilità di stabilire un’ulteriore proroga. In attuazione della citata
previsione è stato adottato il D.P.C.M. 19 giugno 2013, che, da ultimo, ha
prorogato al 31 dicembre 2013 il suddetto termine (art. 1, lettere a) e b)).
Con una disposizione introdotta al Senato
(comma 4, lett. b-bis), viene inoltre prorogata
al 30 giugno 2015 l'efficacia delle graduatorie di merito per l'ammissione
al tirocinio tecnico-pratico relative alla selezione pubblica per l'assunzione
di 825 funzionari per attività amministrativo-tributaria presso l'Agenzia delle
entrate.
Il
comma 4, lettera a), dell’articolo in esame proroga al 31 dicembre 2014 il termine per procedere alle assunzioni di
personale a tempo indeterminato di cui all’articolo 1, commi 523, 527 e 643,
della L. 296/2006 e all’articolo 66, comma 3 del D.L. 112/2008.
Il richiamato comma 523 della L. 296/2006 ha stabilito limitazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato a partire dal 2008 per alcune pubbliche amministrazioni. Si tratta in particolare delle seguenti amministrazioni:
- amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
- agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali;
- enti pubblici non economici;
- enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001.
Tali amministrazioni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente. Tale limite è esteso anche alle assunzioni del personale ancora in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001[6]
L’articolo 1, comma 527 della L. 296/2006 ha disposto per il 2008 la possibilità di assumere personale a tempo indeterminato, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 75 milioni di euro a regime[7].
Il comma 643 ha autorizzato gli enti di ricerca pubblici, per gli anni 2008 e 2009 a procedere ad assunzioni di personale con rapporto a tempo indeterminato entro il limite dell’80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, purché nei limiti delle risorse relative alle cessazioni di rapporti a tempo indeterminato verificatesi nell’anno precedente[8].
L’articolo 66 del D.L. 112/2008, contiene alcune disposizioni inerenti le assunzioni di personale e la stabilizzazione del personale precario di pubbliche amministrazioni, volte a contenere ulteriormente il turn over del personale pubblico. Si tratta, in sostanza, delle amministrazioni richiamate dall’articolo 1, commi 523 e 526, della L. 296/2006 (Finanziaria per il 2007), ossia: le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; delle agenzie, comprese le agenzie fiscali; degli enti pubblici non economici e degli enti indicati all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001.
In particolare, il comma 3 dell’articolo 66, in relazione ai processi di semplificazione amministrativa, di razionalizzazione organizzativa e di riduzione delle dotazioni organiche, ha disposto che le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 523, della L. 296/2006 (sopra elencate) possano effettuare, per l’anno 2009, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, le assunzioni nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 10 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente. In ogni caso, il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascuna amministrazione, il 10 per cento delle unità cessate nell’anno precedente.
Il comma 4, lettera b), dell’articolo in esame proroga
al 31 dicembre 2014 il termine previsto dall’articolo 1, comma 2, del
D.L. 216/2011 per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato,
da parte di specifiche amministrazioni, in relazione alle cessazioni
verificatesi negli anni dal 2009 al 2012, di cui all'articolo 3, comma 102,
della legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007) e all'articolo 66, commi 9-bis, 13 e 14, del D.L. 112/2008. Ove
previste, anche le relative autorizzazioni ad assumere possono essere concesse
entro il 31 dicembre 2014.
L'articolo 3, comma 102, della L. 244/2007 ha previsto limitazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato per il quinquennio 2010-2014, per le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 523, della L. 296/2006 (vedi commento al comma 4, lett. a), ad eccezione dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le quali possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale cessato nell'anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20 per cento delle unità cessate nell'anno precedente.
L’articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008 ha previsto un regime speciale in materia di turn over a favore dei soli Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per cui, per gli anni 2010 e 2011, tali amministrazioni possono procedere, secondo le procedure di cui all’articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 165/2001[9], all’assunzione di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. La predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del 20 per cento per il triennio 2012-2014, del 50 per cento nell'anno 2015 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2016. Si ricorda che l’articolo 3, comma 1, del DPCM 23 settembre 2013, derogando a quanto disposto dal citato comma 9-bis in tema di percentuali del turn-over, prevede che le amministrazioni del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (indicate nella Tabella C del provvedimento) possono procedere per l'anno 2013 all'assunzione di un contingente di personale a tempo indeterminato pari a 2.939 unità, corrispondente ad una spesa complessiva per l'anno 2013 pari a 26.262.174,34 euro e, a regime, pari a 119.743.818,36 euro.
L’art. 66, comma 13, del D.L. n. 112/2008 ha previsto che - fermi restando i limiti in materia di programmazione triennale di cui all’art. 1, c. 105, della legge finanziaria per il 2005 - per il triennio 2009-2011 le università possono procedere, per ogni anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 50 per cento di quella relativa al personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell’anno precedente. Tale quota è destinata per una quota non inferiore al 50 per cento all’assunzione di ricercatori e per una quota non superiore al 20 per cento all’assunzione di professori ordinari[10]. Le suddette quote, nel rispetto dei limiti di spesa indicati, non si applicano agli Istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale. Nei limiti previsti dal comma in oggetto, per l'anno 2009, è compreso anche il personale oggetto di procedure di stabilizzazione in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente. Inoltre, le suddette limitazioni non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette. Infine, l'autorizzazione legislativa (ex art. 5, comma 1, lettera a) della L. 537/1993) concernente il fondo per il finanziamento ordinario delle università, è ridotta di 63,5 milioni di euro per l'anno 2009, di 190 milioni di euro per l'anno 2010, di 316 milioni di euro per l'anno 2011, di 417 milioni di euro per l'anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.
Infine, l'articolo 66, comma 14, del D.L. 112/2008 ha disposto un regime speciale per le assunzioni a tempo indeterminato presso gli enti di ricerca. In particolare, tali enti:
§ hanno avuto la facoltà, limitatamente al 2010, di procedere, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato entro i limiti individuati dall’articolo 1, comma 643, della L. 296/2006 (vedi commento al comma 4, lett. a);
§ possono procedere, per ciascun anno del successivo triennio 2011-2013, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, purché entro il limite del 20 per cento delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato intervenute nell'anno precedente; tale limite viene poi fissato nella misura del 50 per cento per il 2014 e il 2015 e del 100 per cento a decorrere dal 2016.
La lettera b-bis) del comma 4 in esame, introdotta al Senato, novellando il
comma 4-bis dell’articolo 1 del D.L.
n. 216 del 2011, proroga ulteriormente al 30 giugno 2015 (in luogo del
termine del 31 dicembre 2012 originariamente previsto) l'efficacia delle
graduatorie di merito per l'ammissione al tirocinio tecnico-pratico relative
alla selezione pubblica per l'assunzione
di 825 funzionari per attività amministrativo-tributaria presso l'Agenzia delle entrate.
La disposizione modificata prevedeva la proroga al 31 dicembre 2013 dell'efficacia delle graduatorie di merito per l'ammissione al tirocinio tecnico-pratico, pubblicate in data 16 ottobre 2009, relative alla selezione pubblica per l'assunzione di 825 funzionari per attività amministrativo-tributaria presso l'Agenzia delle entrate, di cui all'avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 101 del 30 dicembre 2008. In ottemperanza ai princìpi di buon andamento ed economicità della pubblica amministrazione, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia del territorio e l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in funzione delle finalità di potenziamento dell'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale, prima di reclutare nuovo personale con qualifica di funzionario amministrativo-tributario, attingono, fino alla loro completa utilizzazione, dalle graduatorie regionali dei candidati che hanno riportato un punteggio utile per accedere al tirocinio, nel rispetto dei vincoli di assunzione previsti dalla legislazione vigente.
Il comma 5 proroga al 31 dicembre 2014 le autorizzazioni alle assunzioni per l'anno 2013 adottate, per il comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in deroga alle percentuali del turn over indicate dalla legislazione vigente.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 91, della L. 228/2012 autorizza,
per il comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le
assunzioni in deroga alle percentuali del turn over indicate nell’articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008, che possono
essere incrementate fino al 50 per cento
(in luogo del 20 per cento) per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e al 70 per
cento (in luogo del 50 per cento) nel 2015.
Le suddette assunzioni sono autorizzate con DPCM, su proposta del Ministro
dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e
la semplificazione, nonché del Ministro responsabile dell'amministrazione che
intende procedere alle assunzioni[11].
Articolo 1, commi 6-7
(Regolamenti di organizzazione dei
Ministeri; prosecuzione
di incarichi scaduti)
I commi 6 e 7 dell’articolo 1 prorogano al 28 febbraio 2014 i termini per l’adozione dei regolamenti di organizzazione dei ministeri, e ampliano il campo di intervento oggettivo dei medesimi.
L’intervento normativo riguarda il processo di riorganizzazione dei ministeri conseguente alla riduzione delle dotazioni organiche prevista dal decreto-legge sulla cd. spending review (art. 2, co. 1, D.L. 95/2012), i cui termini erano da ultimo fissati al 31 dicembre 2013 con il D.L. 101/2013 (articolo 2, comma 7).
Per quanto riguarda le misure
di razionalizzazione organizzativa, si ricorda che il D.L. 95/2012 prosegue
un filone di interventi normativi con i quali, a partire dal 2008, si è
disposto un progressivo ridimensionamento degli assetti organizzativi delle
amministrazioni statali e di varie categorie di enti pubblici nazionali (tali
riduzioni sono state previste dapprima dall’articolo 74 del D.L. 112/2008 e,
successivamente, dall’articolo 2, comma 8-bis,
del D.L. 194/2009 e dall’articolo 1, commi 3-5, del D.L. 138/2011).
L’ultima misura del programma di riduzione degli assetti organizzativi delle p.a. è appunto rappresentata dall’articolo 2, comma 1, del D.L. 95/2012 (c.d. spending review), che ha disposto la riduzione, con specifiche eccezioni (comparto sicurezza, magistratura, personale amministrativo degli uffici giudiziari, Presidenza del Consiglio dei Ministri e personale già interessato dalle riduzioni di cui al D.L. 87/2012), degli uffici e delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni dello Stato in misura non inferiore al 20% per il personale dirigenziale (di livello generale e non generale) e del 10% della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico, per il personale non dirigenziale[12].
I tagli previsti non si applicano, oltre che alle categorie citate,
anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha già provveduto alla
riduzione con il D.P.C.M. del 15 giugno 2012 sulla base dell’art. 2, co. 7-bis, D.L. 194/2009,
nonché al Ministero dell’economia e
delle finanze e alle agenzie fiscali, per le quali lo stesso decreto ha
previsto un programma di riduzione ad hoc
(art. 23-quinquies, D.L. 95/2012).
Un’ulteriore deroga è quella prevista per il personale dell’Amministrazione civile dell’interno, al quale le
riduzioni si applicano solo all’esito della procedura di soppressione e
razionalizzazione delle province prevista dall’articolo 17 del decreto (poi
dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale) e, comunque, entro il 30
aprile 2013. La sospensione della riduzione delle dotazioni organiche del
Ministero è stata confermata fino al 30 giugno 2014 dal comma 5 dell’art. 12
del D.L. 93/2013.
Le riduzioni di organico sono disposte con specifici D.P.C.M. da adottare entro il 31 ottobre 2012. In sede di attuazione, le amministrazioni possono adottare riduzioni in misura inferiore alle percentuali indicate a condizione che siano compensate per la differenza dalle maggiori riduzioni operate da altre amministrazioni (comma 5).
Nei
casi di mancata adozione dei
provvedimenti di riduzione entro il termine,
il comma 6 prevede che l’amministrazione responsabile sia soggetta alla sanzione del divieto di assunzione di
personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto.
I
criteri per l’applicazione delle misure di riduzione degli assetti
organizzativi sono stati ulteriormente specificati con direttiva
della Presidenza del consiglio n. 10/2012 del 24
settembre 2012.[13]
Nel disegno prefigurato dall’art. 2 del D.L. 95/2012, la riduzione
delle dotazioni organiche si accompagna a una ridefinizione degli assetti organizzativi delle amministrazioni
interessate che vi
provvedono con regolamenti di
organizzazione adottati secondo i
rispettivi ordinamenti.
Ai sensi dell’art. 2, co. 10, i regolamenti devono contenere le seguenti misure:
§ la concentrazione
dell'esercizio delle funzioni istituzionali (lettera a));
§ la riorganizzazione
degli uffici con funzioni ispettive e di controllo (lettera b));
§ la
rideterminazione della
rete periferica su base regionale o interregionale (lettera c));
§ l’unificazione delle strutture che
svolgono funzioni logistiche e
strumentali, compresa la gestione del personale e dei servizi comuni (lettera d);
§ accordi tra amministrazioni per
l'esercizio unitario delle funzioni di cui alla precedente lettera d), anche
con strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica e l'utilizzo
congiunto delle risorse umane (lettera e);
§ la
'tendenziale' eliminazione degli incarichi di cui all’articolo 19,
comma 10, del D.Lgs. n. 165/2001[14] (lettera f).
In caso di mancata adozione dei regolamenti di riordino, è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto.
Si ricorda inoltre, che, l’art. 2, comma 10-bis, del D.L. 95/2012 ha previsto che per le pubbliche amministrazioni dello Stato, il numero degli uffici di livello dirigenziale generale e non generale non può essere incrementato se non con disposizione legislativa di rango primario.
Il termine originario per l’adozione dei nuovi regolamenti di organizzazione
era stabilito in sei mesi dall’adozione dei rispettivi D.P.C.M. di riduzione
delle dotazioni organiche. Ciascuna amministrazione interessata avrebbe dovuto
modificare l’organizzazione “secondo i rispettivi ordinamenti”.
Al fine di semplificare ed accelerare il riordino organizzativo
conseguente alla rideterminazione delle dotazioni organiche, solo per i ministeri, lo stesso decreto
sulla spending review, ha
previsto che i regolamenti di organizzazione siano adottati con D.P.C.M., su proposta del Ministro
competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze (art. 2,
comma 10-ter, del D.L. 95/2012), in deroga al procedimento ordinario stabilito
dall’art. 17, co. 4-bis, della L.
400/1988 (nonché dall’art. 4 del D.Lgs. 300/1999) che prevede regolamenti governativi di
delegificazione, adottati con D.P.R., sentito il Consiglio di Stato
e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia.
Il termine per l’uso di tale deroga al sistema delle fonti era inizialmente fissato al 31 dicembre 2012 e successivamente prorogato al 28 febbraio 2013 dall’art. 1, co. 406, L. 228/2012 (legge di stabilità 2013).
I suddetti D.P.C.M. sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti ex art. 3, commi da 1-3, della legge n. 20/1994. A differenza dei regolamenti adottati con d.P.R., non è riconosciuta l’obbligatorietà del parere da parte del Consiglio di Stato, ma solo la facoltà al Presidente del Consiglio di richiederlo, né è previsto il parere delle commissioni parlamentari. A decorrere dalla data di efficacia di ciascuno dei predetti decreti cessa di avere vigore, per il Ministero interessato, il regolamento di organizzazione vigente.
Si ricorda, peraltro, che la citata direttiva n. 10/2012 ha rimarcato come il d.P.C.M. costituisca uno strumento più celere in termini procedurali e temporali, che i Ministeri possono, ma non hanno l’obbligo di utilizzare, entro i termini previsti. Pertanto, nel caso in cui tale facoltà non venga esercitata, si ricorre al D.P.R. previsto dalla disciplina ordinaria.
Successivamente, l’articolo 2, comma 7, del D.L. 101/2013 (conv. L. 125/2013) ha stabilito un nuovo termine unico per tutte le amministrazioni che avessero provveduto alla rideterminazione dell’organico, fissato alla data del 31 dicembre 2013. Parallelamente, la stessa disposizione ha prorogato al 31 dicembre 2013 il termine entro il quale i Ministeri possono adottare i propri regolamenti mediante d.P.C.M., specificando che per i Ministeri il termine s’intende rispettato con l’approvazione preliminare del Consiglio dei ministri degli schemi dei regolamenti.
Alla data odierna, sono stati adottati i regolamenti di organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze (d.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 67), del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (d.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 105) e del Ministero dello sviluppo economico (d.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 158). In nessuno dei casi ricordati, il Presidente del Consiglio si è avvalso della facoltà di richiedere il parere del Consiglio di Stato.
Rispetto al quadro normativo descritto, il comma 6, in primo luogo, con una modifica non testuale, proroga ulteriormente i termini per l’adozione dei previsti regolamenti di organizzazione dei ministeri, stabilendo che al 31 dicembre 2013 è sufficiente aver provveduto alla trasmissione dello schema di regolamento al Ministro per la pubblicazione amministrazione. Il termine per la effettiva adozione del regolamento di organizzazione è posticipato al 28 febbraio 2014.
Si consideri che la deroga all'assetto delle fonti normative, disposta dall’art. 2, comma 10-ter del D.L. 95/2012, rispetto a quanto a stabilito dal citato art. 17 L.400/1988 comporta anche una deroga all’assetto dei rapporti tra potere esecutivo e potere legislativo nella materia dell’organizzazione dei ministeri. In considerazione della portata sia formale che sostanziale di tale deroga, essa era giustificata dal citato comma con il “fine di semplificare ed accelerare il riordino” delle strutture organizzative ed era limitata temporalmente al 31 dicembre 2012. In altre parole, la portata eccezionale della norma era giustificata dalla sua temporaneità.
Posto che la deroga
all’assetto ordinario dei rapporti tra potere legislativo e potere esecutivo è
stata poi protratta al 31 dicembre 2013 (dall’articolo 2, comma 7, del D.L.
101/2013), la nuova proroga disposta dal comma in esame conferisce all’assetto
derogatorio ulteriore stabilità nel tempo, ponendo così un interrogativo in
merito alla sua effettiva temporaneità.
Vale ribadire, inoltre, in
merito il costante orientamento del Comitato per la legislazione, per la quale il
ricorso ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri non appare
conforme alle esigenze di un coerente utilizzo delle fonti normative, in quanto
si demanda ad un atto di natura politica la definizione di una disciplina che
dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria del diritto, secondo
una procedura difforme rispetto a quella dell'articolo 17, co. 4-bis,
della legge 23 agosto 1988, n. 400,
che non offre quindi le medesime garanzie individuate da tale procedura.
In ordine alla modifica del
termine del 31 dicembre 2013, entro il quale gli schemi di regolamento debbono
essere trasmessi al Ministero della pubblica amministrazione, si osserva che
l’adempimento richiesto è un atto interno al procedimento di adozione del
D.P.C.M., privo di pubblicità. Pertanto il rispetto del termine non è
conoscibile e controllabile.
In secondo luogo, la disposizione in commento dispone che gli assetti organizzativi definiti con i regolamenti di organizzazione adottati con d.P.C.M., qualora determinino comprovati effetti di riduzione di spesa, possono derogare alla disciplina legislativa vigente concernente le strutture di primo livello di ciascun ministero, fermi restando i due diversi modelli organizzativi, uno basato sui dipartimenti e uno sulle direzioni generali ai sensi dall’articolo 3 del D.Lgs. 300/1999.
Sul punto, occorre ricordare che il D.Lgs. 300/1999[15], che ha disciplinato n via generale il riordino dei ministeri sulla base della delega contenuta nell’art. 11 della L. 59/1997, ha indicato due modelli organizzativi, basata sulla tipologia di strutture di primo livello, che possono essere dipartimenti o direzioni generali (articolo 3).
Per quanto attiene alla differenza tra i due modelli, si rileva che i dipartimenti sono costituiti per esercitare in modo organico ed integrato le funzioni del ministero; ad essi sono attribuiti compiti finali riguardo a grandi aree di materie omogenee, nonché compiti di organizzazione e di gestione delle risorse strumentali, finanziarie ed umane ad essi attribuite. Al vertice del dipartimento viene collocato un dirigente - responsabile dei risultati conseguiti dagli uffici sulla base degli indirizzi formulati dal ministro- dal quale dipendono gli uffici di livello dirigenziale generale compresi nel dipartimento. Il modello di organizzazione imperniato sulle direzioni generali, invece, prevede che al vertice, con poteri di coordinamento di tutte le direzioni generali possa essere istituto l'ufficio del segretario generale, che opera alle dirette dipendenze del ministro.
Con il riassetto normativo delle fonti ad opera della L. 59/1997 e del D.Lgs. 300/1999, l’organizzazione interna dei ministeri è disciplinata da una pluralità di fonti normative. Le strutture di primo livello (dipartimenti o direzioni generali) sono stabilite direttamente da un atto avente forza di legge, nella specie il D.Lgs. 300/1999[16], che fissa per ciascun ministero il numero massimo di dipartimenti o di direzioni generali, a seconda del modello organizzativo prescelto. Nell’ambito di tale struttura primaria, si provvede a definire il numero (nonché l’organizzazione, la dotazione organica e le funzioni) degli uffici di livello dirigenziale generale in cui sono articolati i dipartimenti o le direzioni generali, mediante regolamenti di delegificazione adottati con D.P.R. ex art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988 (così dispone l’art. 4, co. 1, del D.Lgs. 300/1999). L’articolazione interna degli uffici di livello dirigenziale generale è demandata al ministro che provvede, con proprio decreto di natura non regolamentare, alla individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e alla definizione dei relativi compiti ex art. 17, co. 4-bis, lett. e), L. 400/1988 (ripreso da art. 4, co. 4, D.Lgs. 300/1999).
Pertanto,
alla luce della ricostruzione normativa svolta, la
disposizione in esame attribuisce ad una fonte di rango subordinato, quale il
decreto del Presidente del Consiglio, la possibilità di incidere non più solo
su disposizioni sinora disciplinate nei regolamenti di organizzazione, come già
previsto dall’art. 2, co. 10-ter, del D.L. 95/2012, ma altresì sulle
disposizioni di rango legislativo e, segnatamente, quelle contenute nel D.Lgs. 300/1999.
Ciò oltre a determinare un’ulteriore deroga
all’ordinario assetto delle fonti normative, merita di essere valutato alla
luce del principio di riserva di legge in materia di organizzazione dei
ministeri, posto dall’articolo 95, terzo comma, Cost., ai sensi del quale “la
legge […] determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei
ministeri”.
Con le
modifiche proposte, infatti, alla fonte di grado primario (legge o atto avente
forza di legge) sarebbe riservata solo la disciplina del numero, della
denominazione e delle attribuzioni dei Ministeri.
Si segnala, inoltre, che tra i regolamenti già adottati con lo strumento semplificato del D.P.C.M., quello del Ministero dello sviluppo economico (D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 158) ha previsto l’eliminazione dei dipartimenti e l’istituzione della figura del Segretario Generale.
In conseguenza della proroga stabilita per il riordino organizzativo, il quarto periodo del comma 6 proroga al 28 febbraio 2014 il termine per la prosecuzione degli incarichi conferiti a dirigenti di seconda fascia ai sensi dell’art. 19, co. 4, del D.Lgs. 165/2001, che l’articolo 2, co. 8, D.L. 101/2013 aveva già autorizzato, per esigenze funzionali strettamente necessarie e adeguatamente motivate, fino alla data di adozione dei regolamenti organizzativi e comunque non oltre il 31 dicembre 2013. Tale proroga si applica solo all’interno delle amministrazioni ministeriali che abbiano provveduto alla trasmissione dello schema di regolamento di organizzazione entro il 31 dicembre 2013.
Ai sensi dell’articolo 19, co. 4, gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia o, in misura non superiore al 70% della relativa dotazione, ai dirigenti di seconda fascia, oppure con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali.
Nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, è stata inserita infine una disposizione di salvaguardia, affinché in ogni caso i nuovi assetti organizzativi (fermo restando lo svolgimento delle funzioni demandate alle strutture) non comportino nel loro complesso maggiori oneri o minori risparmi, rispetto a quanto previsto dal decreto-legge sulla cd. spending review (art. 2 D.L. 95/2012).
Il comma 7, soppresso nel corso dell’esame presso il Senato, dispone che con i regolamenti di organizzazione dei ministeri previsti dall'articolo 2, co. 10-ter del D.L. 95/2012, all’esito degli interventi di riduzione delle dotazioni organiche e adottati con D.P.C.M., si possa modificare anche la disciplina regolamentare degli uffici di diretta collaborazione dei rispettivi ministri.
Si trattava di un’ulteriore deroga all’ordinario assetto delle fonti normative in materia di organizzazione dei ministeri, che prevede che l’organizzazione degli uffici di diretta collaborazione dei ministri (c.d. uffici di staff) sia affidata ad un regolamento di delegificazione, distinto rispetto a quello generale che disciplina gli altri uffici (c.d. uffici di line) del Ministero.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 300/1999, il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi del comma 4-bis dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Articolo 1, comma 8
(Disposizioni concernenti gli ufficiali
dei ruoli speciale
e tecnico-logistico dell'Arma dei Carabinieri)
Il comma 8, dell’articolo 1, novellando l'art. 2223 del Codice dell'ordinamento militare, pospone di un ulteriore anno, dal 2014 al 2015, l'applicazione della disciplina sull'aspettativa per riduzione di quadri (ARQ) nei ruoli speciale e tecnico-logistico dell’Arma dei Carabinieri recata dall'art. 907 del Codice, che prevede che le eccedenze nei gradi di colonnello o generale dei ruoli di tali ruoli siano eliminate con il collocamento in aspettativa per riduzione quadri, a prescindere dal fatto che l'eccedenza risulti compensata da una carenza nella dotazione del medesimo grado, in un altro ruolo. Il comma 8, pertanto, proroga a tutto il 2014 il periodo in cui l'ARQ non opera in caso di compensazione con carenze presenti in altri ruoli nello stesso grado, applicandosi l'art. 906 (riduzione di quadri per eccedenze in più ruoli) del richiamato Codice.
Si ricorda che il D.L. n. 216/2011, di proroga termini, all'art.1, comma 8 era già intervenuto a novellare l’articolo 2223 del Codice dell’ordinamento militare posticipando di un anno, dal 2012 al 2013, l’applicazione dell’articolo 907 del Codice medesimo il quale prevede che le eccedenze rispetto al numero massimo degli organici nei gradi di generale e di colonnello dei ruoli speciale e tecnico-logistico dell’Arma dei carabinieri devono essere superate attraverso il collocamento in aspettativa per riduzione di quadri dell'ufficiale del rispettivo ruolo anagraficamente più anziano e, a parità di età, dell'ufficiale meno anziano nel grado, se colonnello, ovvero dell'ufficiale più anziano in grado e, a parità di anzianità, dell'ufficiale anagraficamente più anziano, se generale.
Conseguentemente, aveva esteso di un anno, quindi sino al 2012, agli ufficiali dei ruoli speciale e tecnico-logistico dell’Arma dei carabinieri, le disposizioni di cui all’articolo 906 del Codice dell’ordinamento militare che attualmente prevedono un differente criterio di gestione delle citate eccedenze rispetto al numero massimo degli organici nei gradi di generale e di colonnello dei ruoli speciale e tecnico-logistico dell’Arma dei carabinieri.
L’articolo 906 prevede, infatti, che qualora il conferimento delle promozioni annuali nel grado di colonnello o di generale di un determinato ruolo, determini eccedenze rispetto agli organici previsti dal Codice medesimo, il collocamento in aspettativa per riduzione di quadri – che è disposto al 31 dicembre dell’anno di riferimento – può essere effettuato solamente se la predetta eccedenza non può essere assorbita nelle dotazioni complessive di tale grado fissate per ogni Forza armata dal Codice.
Se si determinano eccedenze in più ruoli di una Forza armata non totalmente riassorbibili, è collocato in aspettativa per riduzione di quadri:
§ se colonnello, l'ufficiale dei predetti ruoli anagraficamente più anziano e, a parità di età, l'ufficiale meno anziano nel grado;
§ se generale, l'ufficiale più anziano in grado e, a parità di anzianità, l'ufficiale anagraficamente più anziano.
Successivamente, la legge di stabilità per il 2013, all'art. 1, comma 411, lett. a) aveva ulteriormente posticipato di un anno, dal 2013 al 2014, l'applicazione della disciplina ex art. 907 del Codice, contestualmente prorogando di una anno dal 2012 al 2013 le disposizioni di cui all'art. 906 del Codice.
Articolo 1, comma 9
(Termine per l’adozione del DPCM relativo
alla misura delle assunzioni nelle università per il triennio 2014-2016)
L’articolo 1, comma 9, proroga al 30 giugno 2014 il termine per l’adozione
del DPCM con il quale ridefinire,
per il triennio 2014-2016, la
disciplina per l’individuazione della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di
contratti di ricerca a tempo determinato nelle università.
Il riferimento
contenuto nella disposizione è all’art.
7, co. 6, del d.lgs. 49/2012, in base al quale il DPCM doveva essere
emanato entro il mese di dicembre
antecedente al successivo triennio di programmazione.
Preliminarmente
si ricorda, tuttavia, che in materia è successivamente
intervenuto l’art. 14, co. 3, del D.L.
95/2012 (L. 135/2013), che ha disposto in merito ai limiti assunzionali per il
sistema delle università statali nel suo complesso, a decorrere dal 2012, stabilendo, altresì, che all’attribuzione del contingente di assunzioni spettante a ciascuna
università si provvede con decreto ministeriale, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 7
del d.lgs. 49/2012 (quest’ultimo esplicitamente riferito, nel testo del
d.lgs. 49/2012, al solo 2012).
Con il riferimento
all’art. 7 del d.lgs. 49/2012, l’art. 14, co. 3, del D.L. 95/2012 sembrava aver
dato seguito alla risoluzione della 7^ Commissione del Senato Doc. XXIV,
n. 38,
che aveva impegnato il Governo a sopprimere la previsione di rinviare ad un
DPCM la definizione dei parametri assunzionali, rilevando la necessità che la
relativa disciplina fosse sancita a livello legislativo, al fine di non ledere
l’autonomia universitaria (v. infra).
Peraltro,
l’applicabilità anche agli anni successivi al 2012 delle disposizioni recate
dall’art. 7 del d.lgs. 49/2012 era stata, da ultimo, esplicitamente confermata
dal Governo alla Camera il 4 dicembre 2013, in occasione della risposta all’interrogazione a risposta immediata
3-00496.
In proposito, dunque, sembrerebbe necessaria una
verifica sulla portata normativa della disposizione introdotta, in quanto la
previsione di adozione del DPCM sembrerebbe essere stata superata da ciò prevede
in materia l’art. 14, co. 3, del D.L. 95/2012 (L. 135/2013).
Il d.lgs. 49/2012, che reca la disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei, adottato sulla base dell’art. 5 della L. 240/2010, ha individuato, fra l’altro, i principi di riferimento per la predisposizione di piani triennali per la programmazione dei reclutamenti, che riguardano il personale docente, ricercatore, dirigente e tecnico-amministrativo, compresi i collaboratori ed esperti linguistici, a tempo indeterminato e determinato (art. 4).
Ha, inoltre, stabilito che il limite massimo all’incidenza delle spese per il personale è calcolato rapportando le spese di personale (sostenute dall’ateneo nell’anno di riferimento) alla “somma algebrica” dei contributi statali per il funzionamento e delle tasse, soprattasse e contributi universitari (rispettivamente, assegnati o riscossi nello stesso anno) e che il suo limite massimo è fissato nella misura dell’80% (a fronte del previgente 90% rapportato al solo FFO) (art. 5)
Al contempo, ha fissato un nuovo limite massimo alle spese per l’indebitamento (art. 6).
In particolare, l’art. 7 ha individuato – limitatamente all’anno 2012 – le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa per il personale e di spesa per indebitamento rilevanti, per ciascun ateneo, per la determinazione, tra l’altro, della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato[17], rimettendo ad un DPCM, da emanare con cadenza triennale, la ridefinizione della questione per gli anni successivi.
Con riferimento a tale ultima previsione - derivante dal parere reso dalla VII Commissione della Camera il 22 marzo 2012 -, la 7a Commissione del Senato aveva approvato, il 19 giugno 2012, la prima citata risoluzione Doc. XXIV, n. 38.
Successivamente, è intervenuto l’art. 14, co. 3, del D.L. 95/2012 (L. 135/2013), di cui già si è
detto.
Con Decreto Ministeriale 22 ottobre 2012, n. 297 sono stati definiti i criteri per l’attribuzione a ciascuna istituzione universitaria statale del contingente di spesa per l’anno 2012, espresso in termini di punti organico, secondo quanto disposto dal citato art. 14, co. 3, del D.L. 95/2012.
Per l’anno 2013 i medesimi criteri sono stati definiti con Decreto Ministeriale 9 agosto 2013, n. 713.
Articolo 1, comma 10
(Riduzione dei costi sostenuti dalle
pubbliche amministrazioni
per organi collegiali e incarichi)
L’articolo 1, comma 10, proroga al 31 dicembre 2014 il limite ai compensi corrisposti dalle pubbliche amministrazioni a componenti di organi di collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, che non possono superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, diminuiti del 10 per cento.
Tale limite, inizialmente previsto fino al 2013, è stato introdotto dall’articolo 6, comma 3, del decreto-legge 78/2010 (convertito dalla L. 122/2010) nell’ambito di un pacchetto di misure volte a contenere i costi degli organi collegiali e di titolari di incarichi nella pubblica amministrazione.
Il citato articolo 6, comma 3, ha disposto dal 1° gennaio 2011 una riduzione del 10 per cento - rispetto agli importi risultanti al 30 aprile 2010 - delle indennità, dei compensi, dei gettoni, delle retribuzioni e di tutte le utilità comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni incluse nel conto economico consolidato (individuate in un elenco annualmente redatto dall’ISTAT), incluse le autorità indipendenti, ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo. Sino al 31 dicembre 2013 – termine prorogato dalla disposizione in esame al 31 dicembre 2014 – i predetti emolumenti non possono superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, nell’importo ridotto del 10 per cento. Le disposizioni si applicano ai commissari straordinari del Governo e a tutti i commissari straordinari, comunque denominati. La riduzione non si applica al trattamento retributivo di servizio. Restano inoltre ferme le riduzioni già disposte dalla legge finanziaria per il 2006 (art. 1, comma 58, L. 266/2005)[18].
Articolo 1, commi 11-12
(Aliquote di valutazione e promozioni
degli ufficiali del ruolo speciale della Guardia di finanza)
Il comma 11, modificato dal Senato, proroga fino al 2018 (la formulazione originaria del decreto-legge indicava quale anno terminale il 2016) le modalità per la promozione a colonnello e la relativa determinazione delle aliquote di valutazione degli ufficiali del ruolo speciale del Corpo della Guardia di finanza, che pertanto continuano ad essere fissate con determinazione del Comandante Generale. Ai sensi del comma 12, da tale disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri alla finanza pubblica.
In particolare il comma 11 modifica il decreto legislativo n. 69 del 2001 (che disciplina il riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali del Corpo della Guardia di finanza) agli articoli 51 e 52.
La lettera a) del comma in esame, modificando il comma 2, lettera a), dell’articolo 51, estende di tre anni il periodo transitorio (2002-2015) per l’avanzamento al grado di colonnello per gli ufficiali del ruolo speciale, disponendo che fino al 2018 le aliquote di valutazione continuano ad essere fissate con determinazione del Comandante Generale.
Al fine di assicurare l'armonico sviluppo del ruolo normale e il graduale raggiungimento delle nuove dotazioni organiche previste dallo stesso decreto legislativo, l’articolo 51 concerne le aliquote di valutazione per l’avanzamento al grado superiore, per le quali vengono indicate modalità diverse a seconda del grado e del ruolo (normale, speciale, aeronavale, tecnico-logistico-amministrativo) e ambito temporale diverso. In particolare l’articolo 51, comma 1, interviene relativamente agli ufficiali del ruolo normale (cioè gli ufficiali provenienti dall’Accademia della Guardia di finanza), la cui pianta organica viene completata con gli ultimi passaggi a colonnello nel 2012, mentre per gli ufficiali del ruolo speciale (come definiti dall’articolo 8 del D.Lgs.) il comma 2, lettera a), nel testo previgente, dispone che per l'avanzamento al grado di colonnello, le aliquote di valutazione per gli anni dal 2002 al 2015 sono fissate con determinazione del Comandante Generale tenuto conto dei transiti dal ruolo normale a quello speciale previsti dall'articolo 43.
Analogamente la lettera b) novella l'articolo 52, comma 5,
lettera a), disponendo che fino al 2018
il numero annuale di promozioni al
grado di colonnello per gli ufficiali
del ruolo speciale continua ad essere fissato con determinazione del Comandante Generale, tenuto conto dei transiti
dal ruolo normale, anziché secondo gli automatismi definiti dal decreto
legislativo stesso a regime.
La disposizione ha lo scopo di ridurre le promozioni al grado superiore per evitare che siano promossi troppi colonnelli con superamento dell’organico previsto per tale grado.
In questo caso si determina l’istituto denominato “aspettativa per riduzione dei quadri” (c.d. “a.r.q.”), che comporta il collocamento in aspettativa del personale in eccesso fino alla data del pensionamento per limiti di età: in sostanza il personale collocato in aspettativa per riduzione dei quadri percepisce il 95% dello stipendio senza prestare la propria attività lavorativa.
La tabella 3 allegata al D.Lgs. n. 69/2001 stabilisce, a regime, in 6 unità il numero delle promozioni al grado di colonnello (a fronte di un organico di 12 colonnelli del ruolo speciale).
Con la proroga al 2018 del periodo transitorio disposta dal comma in esame si permetterà di continuare a effettuare un numero di promozioni inferiore (mediamente 2-3 all’anno), che eviterà il ricorso all’istituto dell’ aspettativa per riduzione dei quadri.
Il Senato ha introdotto la lettera b-bis) che, modificando la nota 5 della tabella 1 (relativa agli ufficiali del ruolo normale del Corpo della Guardia di finanza) del decreto legislativo n. 69 del 2001, proroga di un anno l’applicazione dei requisiti di comando previsti dalla tabella M allegata alla legge n. 1137 del 1955 per la promozione da capitano a maggiore.
Ai sensi della richiamata tabella M, per gli ufficiali del Corpo della Guardia di finanza nel grado di capitano sono previsti, quale periodo minimo di comando ai fini dell’avanzamento al grado di maggiore, due anni di comando di compagnia o di tenenza o comando equipollente anche se compiuto, in tutto o in parte, nel grado di tenente.
In sostanza i requisiti di
comando indicati dalla nota 5
della tabella 1 (quattro anni, di cui almeno due in comando territoriale)
saranno richiesti a partire dalla formazione dell'aliquota di valutazione per
la promozione al grado di maggiore per l'anno 2016 (attualmente l’anno di
riferimento è il 2015).
Si segnala che la legge 1137
del 1955, recante disposizioni sull’ avanzamento
degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, la cui
disciplina era già stata sostituita dal decreto legislativo n. 490 del 1997,
risulta abrogata dall'art. 2268, comma 1, n. 410, del D.Lgs. 15 marzo 2010, n.
66 (Codice dell’ordinamento militare).
Articolo 1, comma 13
(Riduzione della spesa delle federazioni
sportive e delle discipline sportive associate iscritte al CONI)
L’articolo 1, comma 13, nel testo risultante dalle modifiche
apportate al Senato, continua a differire l'applicazione alle federazioni sportive e alle discipline sportive associate iscritte al CONI delle disposizioni in materia di riduzione dei costi degli apparati
amministrativi contenute nell’art. 6 del
D.L. 78/2010 (L. 122/2010).
Il primo differimento, relativo alle sole federazioni sportive iscritte al CONI, è stato disposto, fino al 1° gennaio 2012, dall’art. 2, co. 2-quaterdecies, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011). Il differimento sia per le federazioni sportive che per le discipline sportive associate è stato disposto, al 1° gennaio 2013, dall’art. 14, co. 2-bis, del D.L. 216/2011 (L. 14/2012), e da ultimo, al 1° gennaio 2014, dall’art. 1, co. 409, della L. 228/2012 (L. di stabilità 2013).
In particolare, l’ulteriore differimento al 1° gennaio 2015 è disposto nel limite di spesa di 2 milioni di euro.
Al relativo onere per l’anno 2014 provvede il CONI, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato del corrispondente importo.
Preliminarmente si
ricorda, come già negli anni scorsi, che, per comprendere la portata del
differimento della norma citata – che prevede numerose misure di contenimento
della spesa pubblica, differenziate sia per oggetto, sia per destinatario –, occorre
innanzitutto specificare la natura giuridica delle federazioni sportive e delle
discipline sportive associate, al fine di individuare le misure contenute
nell’art. 6 del D.L. 78/2010 alle stesse applicabili.
Ai sensi del d.lgs. 242/1999, come modificato dal d.lgs. 15/2004, il CONI riconosce a fini sportivi, fra gli altri, le federazioni sportive nazionali
(attualmente, 45) e le discipline sportive associate (attualmente, 19) che, ai sensi
dell’art. 15, hanno natura di associazione
con personalità giuridica di diritto privato. Fanno eccezione – pur
qualificandosi come federazioni sportive nazionali – l'Aeroclub d'Italia, l'Automobile
club d'Italia e l'Unione italiana
tiro a segno, i quali, in virtù dell’art. 18, co. 6, dello stesso d.lgs.,
mantengono la personalità giuridica di diritto
pubblico.
Peraltro, nessuna delle 3 federazioni sportive nazionali con personalità giuridica di diritto pubblico è presente nell’ultimo elenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, ai sensi dell'art. 1, co. 3, della L. n. 196/2009 (Legge di contabilità e di finanza pubblica)[19]. Né è presente nel medesimo elenco alcuna delle discipline sportive associate.
Sono, invece, presenti due delle 42 federazioni sportive nazionali con personalità giuridica di diritto privato[20].
Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate non perseguono fini di lucro e svolgono l'attività sportiva seguendo gli indirizzi del CIO, delle federazioni internazionali e del CONI (artt. 15 e 16 del d.lgs. 242/1999). A differenza delle federazioni, le discipline sportive associate sono preposte all’organizzazione di discipline sportive non olimpiche. I bilanci delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate sono approvati annualmente dall'organo di amministrazione federale e sottoposti all’approvazione della Giunta nazionale del CONI.
Con
riguardo ai profili finanziari, il
CONI - che fruisce, per il finanziamento
dello sport, di una quota delle entrate erariali e extraerariali derivanti
dai giochi pubblici[21] - assegna
contributi agli altri organismi sportivi[22].
Ai sensi dell’art. 7, co. 5, lett. e) ed e1), dello Statuto[23], spetta alla giunta nazionale del CONI esercitare, sulla base di criteri e modalità stabiliti dal Consiglio Nazionale, il controllo sulle Federazioni sportive nazionali in merito agli aspetti di rilevanza pubblicistica e, in particolare, in merito all’utilizzazione dei contributi finanziari erogati, nonché stabilire i criteri di assegnazione dei medesimi alle Federazioni, e sulle discipline sportive associate, anche in merito alla utilizzazione dei contributi assegnati annualmente[24].
Considerato,
dunque, che la natura giuridica delle federazioni sportive e delle discipline sportive
associate non è omogenea, occorre distinguere le disposizioni dell’articolo 6
del D.L. 78/2010 che possono considerarsi applicabili.
In particolare,
alle federazioni sportive private e
alle discipline sportive associate si applicherebbe l’art. 6, co.
2, del D.L. 78/2010, che prevede la gratuità della
partecipazione agli organi collegiali, nonché della titolarità di organi, degli
enti che ricevono contributi a carico
delle finanze pubbliche[25].
Alle federazioni sportive pubbliche si
applicherebbero le misure previste dall’art.
6, commi 1 e 3, del D.L. 78/2010, che rendono onorifica la partecipazione
agli organi collegiali e riducono del 10% i compensi dei componenti degli
organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e
organi collegiali comunque denominati delle pubbliche amministrazioni inserite
nel conto economico consolidato della
pubblica amministrazione. Quest’ultima disposizione dovrebbe, pertanto,
ritenersi applicabile anche alle due federazioni sportive private inserite nel
medesimo conto.
Alle federazioni sportive
inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione si
applicherebbero anche le disposizioni dell’art.
6, commi 7, 8, 9, 12, 13 e 14 del D.L. 78/2010, che prevedono misure di
contenimento delle spese per studi ed incarichi di consulenza, relazioni
pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, sponsorizzazioni,
missioni, formazione, autovetture e buoni taxi.
Articolo 1, comma 14
(Concorsi per dirigenti delle Agenzie
fiscali)
Il comma 14 dell’articolo 1 proroga - dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014 - il termine entro cui l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia del territorio sono autorizzate ad espletare procedure concorsuali per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, prorogando, nel frattempo, gli incarichi già attribuiti.
In particolare, la disposizione fa riferimento al termine per il completamento delle procedure concorsuali di cui all'articolo 8, comma 24, primo periodo, del decreto-legge n. 16 del 2012, che viene prorogato al 31 dicembre 2014.
Il Senato ha tuttavia posto una condizione alla proroga al 31 dicembre 2014, stabilendo che tali procedure devono essere indette entro il 30 giugno 2014.
La disposizione richiamata prevede che, fermi restando i limiti assunzionali a legislazione vigente, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia del territorio sono autorizzate ad espletare procedure concorsuali da completare entro il 31 dicembre 2013 per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, secondo le modalità di cui all'articolo 1, comma 530, della legge n. 2296 del 2006, e all'articolo 2, comma 2, secondo periodo, del D.L. n. 203 del 2005. Quest’ultima disposizione stabilisce che una quota parte delle risorse previste per il finanziamento di specifici programmi di assunzione del personale dell'amministrazione economico-finanziaria, stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, viene destinata alle agenzie fiscali al fine di potenziarne l'azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale oltreché l'attività di monitoraggio e contenimento della spesa.
Il Senato ha altresì modificato il secondo periodo, precisando che nelle more del procedimento, ferma restando la possibilità di prorogare o modificare gli incarichi già attribuiti ai sensi del secondo periodo del medesimo comma 24 dell'articolo 8 del decreto-legge n. 16 del 2012, non è in nessun caso consentito il conferimento di nuovi incarichi oltre il limite complessivo di quelli attribuiti, in applicazione di tale disposizione, alla data del 31 dicembre 2013.
Detto secondo periodo autorizzava transitoriamente le stesse Agenzie, salvi gli incarichi già affidati, ad attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, di durata fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso.
La norma appare corrispondere
nei contenuti a quella contenuta nell'articolo 1, comma 8-quinquies, secondo periodo (introdotto nel corso
dell’esame al Senato) dell'A.C. 1906-A, "Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126, decreto-legge
decaduto.
Articolo 1, comma 14-bis
(Contratti dei dirigenti dell’Agenzia
italiana del farmaco)
Il comma 14-bis, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, consente la proroga, fino al 31 marzo 2015, dei contratti a tempo determinato di diritto privato per l’attribuzione di funzioni dirigenziali stipulati dall’AIFA con personale tecnico o altamente qualificato.
La stipula di tali contratti, previsti dall’articolo 48, comma 7,
del D.L. n. 269/2003[26], era stata
consentita fino al 31 ottobre 2014
dall’articolo 2, comma 13-quater, del decreto-legge 31 agosto
2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il
perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni),
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125: la
disposizione in commento interviene a prorogare il termine da ultimo citato
prima della sua scadenza.
Più specificamente, con una modifica del citato articolo 2, comma 13-quater, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, viene previsto che i citati contratti a tempo determinato di diritto privato in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto citato, anche eccedenti la quota di cui all'articolo 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001[27] - che prevede limiti per l’affidamento di incarichi dirigenziali a termine - possono essere prorogati, comunque non oltre il 31 marzo 2015 – invece che fino al 31 ottobre 2014 come previsto in precedenza -, anche in sede di riorganizzazione realizzata ai sensi dell'articolo 2, comma 10, del D.L. n. 95/2012, - che prevede regolamenti di organizzazione delle amministrazioni pubbliche ispirati a determinati criteri - nel limite dei posti disponibili in pianta organica.
Si ricorda che l’articolo 48, comma 7, del D.L. n. 269/2003 dispone, dal 1° gennaio 2004, che, con decreto del Ministro della salute, siano trasferite all'AIFA le unità di personale già assegnate agli uffici della Direzione Generale dei Farmaci e Dispositivi Medici del Ministero della salute, le cui competenze transitano alla medesima Agenzia. Il personale trasferito non può superare il 60 per cento del personale in servizio alla data del 30 settembre 2003 presso la stessa Direzione Generale. Detto personale conserva il trattamento giuridico ed economico in godimento. A seguito del trasferimento del personale sono ridotte in maniera corrispondente le dotazioni organiche del Ministero della salute e le relative risorse sono trasferite all'Agenzia. In ogni caso le suddette dotazioni organiche non possono essere reintegrate. Resta confermata la collocazione nel comparto di contrattazione collettiva attualmente previsto per il personale trasferito. L'Agenzia può assumere, in relazione a particolari e motivate esigenze, cui non può far fronte con personale in servizio, e nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie, personale tecnico o altamente qualificato, con contratti a tempo determinato di diritto privato. L'Agenzia può altresì avvalersi, nei medesimi limiti di disponibilità finanziaria, e comunque per un numero non superiore a 40 unità, di personale in posizione di comando dal Ministero della salute, dall'Istituto Superiore di sanità, nonché da altre Amministrazioni dello Stato, dalle Regioni, dalle Aziende sanitarie e dagli Enti pubblici di ricerca.
Il comma 6 dell’articolo 19 del D.Lgs. n. 165/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 150/2009, individua criteri, modalità e limiti percentuali di affidamento di incarichi dirigenziali a termine. In particolare, stabilisce che il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a soggetti esterni all’amministrazione può essere effettuato entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia; non può prevedere una durata superiore ai tre anni per gli incarichi di segretario generale e di funzione dirigenziale di livello generale e di cinque anni per gli altri incarichi dirigenziali; deve avvenire, dietro specifica motivazione, a favore di persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che possano dimostrare il possesso di specifiche esperienze; può prevedere l’integrazione del trattamento economico tramite un’indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il successivo comma 6-bis dispone che, per il calcolo delle percentuali di cui sopra, si deve operare un arrotondamento all’unità inferiore, se il primo decimale è inferiore a cinque, o all’unità superiore, se esso è uguale o superiore a cinque.
L’articolo 2, comma 10, del D.L. n. 95/2012[28] (c.d. Spending Review) prevede che le amministrazioni adottino regolamenti di organizzazione, secondo i rispettivi ordinamenti, applicando misure volte: a) alla concentrazione dell'esercizio delle funzioni istituzionali, attraverso il riordino delle competenze degli uffici eliminando eventuali duplicazioni; b) alla riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo; c) alla rideterminazione della rete periferica su base regionale o interregionale; d) all'unificazione, anche in sede periferica, delle strutture che svolgono funzioni logistiche e strumentali, compresa la gestione del personale e dei servizi comuni; e) alla conclusione di appositi accordi tra amministrazioni per l'esercizio unitario delle funzioni, ricorrendo anche a strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica e all'utilizzo congiunto delle risorse umane; f) alla tendenziale eliminazione degli incarichi dirigenziali a termine di cui all'articolo 19, comma 10, del D.Lgs. n. 165/2001.
La relativa spesa è finanziata con le risorse di cui all’articolo 48, comma 8, lettera b), del D.L. 269/2003, ovvero dalle tariffe e dai diritti derivanti dalla maggiorazione del 20 per cento delle tariffe per prestazioni rese a richiesta e ad utilità di soggetti interessati[29].
Articolo 2, comma 1
(Rimozione del relitto Costa Concordia)
L'articolo 2, comma 1, proroga dal 31 dicembre 2013 al 31 luglio 2014, le
ordinanze del Presidente del Consiglio sulla gestione commissariale del Capo
Dipartimento della Protezione Civile per la prosecuzione dei compiti
finalizzati al superamento
dell'emergenza del relitto Costa Concordia, e l’istituzione dell’Osservatorio
di monitoraggio delle operazioni connesse al progetto di rimozione e recupero
proposto dalla Costa Crociere S.p.A.
I costi derivanti dalla prosecuzione dei suddetti interventi sono
coperti per il limite massimo di 5
milioni di euro, secondo la quantificazione prevista nelle ordinanze del Presidente
del Consiglio prorogate.
Inl particolare, la proroga
in esame consente il proseguimento fino al 31 luglio 2014 degli interventi
previsti nell’ordinanza del Presidente
del Consiglio dei Ministri n. 3998 del 20 gennaio 2012[30], e successive modificazioni, e nell'articolo 2 dell'ordinanza del Presidente
del Consiglio dei Ministri n. 4023 del 2012[31].
La proroga di atti amministrativi con legge è già stata prevista dall’articolo 2, comma
1 del D.L. 1/2013, che, in particolare, atteso il permanere di gravi condizioni
di emergenza ambientale e ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di
evitare il verificarsi di soluzioni di continuità nelle gestioni delle medesime
emergenze, ha stabilito che continuano a produrre effetti fino al 31 dicembre
2013 le disposizioni contenute nelle suddette ordinanze.
Con il D.P.C.M. 20 gennaio 2012 è stato dichiarato lo stato di emergenza per il naufragio della nave Costa Concordia nel comune dell’Isola del Giglio fino al 31 gennaio 2013.
L’articolo 2, comma 1 del D.L. 1/2013[32] ha stabilito la prosecuzione delle disposizioni delle due citate ordinanze fino al 31 dicembre 2013.
Tale prosecuzione temporale è stata prevista in deroga al divieto di proroga o rinnovo delle suddette gestioni commissariali, come previsto dall’art. 3, comma 2, del D.L. 59/2012, secondo cui le gestioni commissariali operanti ai sensi della legge 225/1992[33], non sono suscettibili di proroga o rinnovo, se non una sola volta, e comunque non oltre il 31 dicembre 2012 e che, per la prosecuzione dei relativi interventi, si applicano, i commi 4-ter e 4-quater dell’art. 5 della citata legge n. 225/1992, introdotti dal D.L. 59/2012, sentite le amministrazioni locali interessate. A tale fine, dovranno con ordinanza essere individuate le amministrazioni subentranti con poteri ordinari alle gestioni commissariali.
L’articolo 1 dell'O.P.C.M. 3998/2012 ha previsto la nomina a Commissario delegato
per l'emergenza Costa Concordia del Capo Dipartimento della Protezione
Civile, Franco Gabrielli, preposto ai seguenti compiti:
§
coordinamento
degli interventi strettamente connessi al superamento del contesto
emergenziale;
§
controllo
sull'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica posti in
essere dai privati connessi con il recupero della nave;
§
intimazione
e diffida ad adempiere nei confronti dei soggetti responsabili per lo
svolgimento degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e
bonifica di loro competenza, eventuale esercizio del potere sostitutivo, in
caso di inadempienza nonché rivalsa per le spese a tal fine sostenute;
§
eventuali
attività di messa in sicurezza e bonifica delle aree pubbliche o, comunque, di
competenza della pubblica amministrazione;
§
ricognizione
dei costi sostenuti dalle Amministrazioni, dagli Enti pubblici e dalle altre
strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile intervenute
sino all'adozione dell’ordinanza;
§
controllo
che la rimozione del relitto venga effettuata in condizioni di sicurezza per la
tutela delle matrici ambientali.
L’articolo 3 stabilisce in
particolare che per l'attuazione della presente ordinanza il Commissario
delegato può nominare un soggetto
attuatore e che entrambi i soggetti sono autorizzati, ove ritenuto
indispensabile e sulla base di specifica motivazione, a derogare, nel rispetto
dei principi generali dell'ordinamento giuridico, della direttiva del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004[34] e dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario, a specifiche disposizioni di legge.
Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente ordinanza si provvede
nel limite massimo di euro cinque
milioni a valere sulle risorse finanziarie iscritte nello stato di
previsione della spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare per l'esercizio finanziario 2012 nell'ambito della
autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112[35], che saranno trasferite al Dipartimento
della protezione civile e dalla medesima gestite in contabilità ordinaria.
Con ordinanza 88/2013, Costa Crociere S.p.A ha provveduto al diretto rimborso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dei costi sostenuti sino alla data del 15 maggio 2012 per un importo complessivo di € 792.545,55, nonché al rimborso diretto al Ministero dell'interno dell'importo di € 4.284.767,31 per oneri di natura straordinaria sostenuti sino alla data del 30 aprile 2012.
Successivamente, l’articolo
1 dell’ordinanza 4019/2012[36], per accelerare le attività finalizzate al
superamento dell'emergenza, ha previsto un’apposita conferenza di servizi svoltasi il 15 maggio 2012, indetta dal Commissario delegato per l’acquisizione
di tutte le indicazioni occorrenti per l'eventuale miglioramento del progetto
inerente alla rimozione e al recupero della nave, così come proposto dalla
Costa crociere S.p.A., nonché per l'esame e il rilascio dei pareri, visti,
concessioni e nulla-osta, e per la valutazione d'incidenza ambientale, previsti
a normativa vigente per il progetto stesso.
Con l’ordinanza 4023/2012 sono state approvate le operazioni del progetto di
rimozione e recupero della nave da crociera Costa Concordia proposto
dalla Costa Crociere S.p.A. con le determinazioni assunte dalla suddetta
Conferenza dei servizi del 15 maggio 2012 e con l’articolo 2 della medesima ordinanza è stato istituito, al fine di
assicurare l'esecuzione del suddetto progetto - con oneri a carico della Costa
Crociere S.p.A - un Osservatorio di
monitoraggio, anche per quanto concerne gli aspetti di natura ambientale,
che preveda la partecipazione di un rappresentante della regione Toscana, con
funzioni di Presidente, del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, del Dipartimento della protezione civile della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell'ARPAT, della Provincia di Grosseto,
del comune dell'Isola del Giglio, del Ministero dell'interno, del Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ISPRA, della Capitaneria di Porto,
del Ministero della salute e dell'Istituto Superiore della Sanità.
Con l'ordinanza 114/2013 sono stati istituiti il Centro di Coordinamento e la Sala Situazioni, integrati dall’ordinanza 115/2013, per garantire il coordinamento con tutti i soggetti coinvolti nella gestione del contesto operativo connesso alle operazioni di rotazione della nave Costa Concordia.
Articolo 2, commi 2 e 2-bis
(Commissario ad acta per la chiusura degli interventi nelle aree
colpite dal sisma del 1980)
Il comma 2 proroga dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014 il termine di conclusione delle opere e dell’incarico del commissario ad acta, relativamente agli interventi per la ricostruzione, nei comuni delle regioni della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria, colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981, previsti dall'articolo 32 della legge 14 maggio 1981, n. 219[37], prevedendo altresì la conferma del compenso per il funzionamento dell’ufficio del commissario ad acta, pari a 100.000 euro anche per il 2014.
Il comma 2 modifica i termini dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 49 del D.L.83/2012[38], in particolare:
-
la lettera
a) interviene sul comma 1 dell’articolo 49 prorogando dal 31 dicembre 2013
al 31 dicembre 2014 la cessazione dell’incarico del commissario ad acta;
- la lettera b) interviene:
· sul comma 2 dell’articolo 49, spostando dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014, il termine in cui il commissario ad acta, previa ricognizione delle pendenze, provvede alla consegna di tutti i beni, trattazioni e rapporti in capo alle amministrazioni individuate, secondo le ordinarie competenze, con decreto interministeriale, emanato di concerto dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico e presenta ai medesimi Ministri la relazione conclusiva dell'attività svolta;
· sul comma 3 dell’articolo 49, prevedendo, come per il biennio 2012-2013, anche per il 2014, la copertura dell'onere per il compenso a saldo e per il funzionamento della struttura di supporto del Commissario ad acta, nel limite di 100.000 euro, gravante sulle disponibilità della contabilità speciale 3250, intestata al commissario ad acta, provenienti dalla contabilità speciale 1728 di cui all'articolo 86, comma 3, della legge 289/2002.
Durante l’esame al Senato, è stato introdotto il comma 2-bis che fissa al 1° maggio 2014 il termine per la cessazione degli effetti delle suddette disposizioni. Tale previsione non si applica nel caso in cui le competenti Commissioni parlamentari, prima della stessa data, si siano espresse favorevolmente su una relazione di rendicontazione dell'attività svolta e dei finanziamenti utilizzati presentata dal commissario ad acta alle Camere, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Nella relazione illustrativa al presente decreto viene specificato che la proroga in esame è finalizzata in particolare alla prosecuzione dei progetti ancora in corso, conclusi dal Commissario ad acta, individuato quale soggetto attuatore per il completamento della viabilità Lioni-Grottaminarda (collegamento dell’Autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria con l’Autostrada A16 Napoli-Bari), nell’ambito delle attività relative al Piano strategico per il Sud.
Nella delibera CIPE n. 27/2012, nell’ambito delle attività volte al completamento degli interventi infrastrutturali, di cui al citato articolo 32 della legge 219/1981, per le aree della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria, sono stati assegnati alla Regione Campania 70 milioni a valere sulle risorse recate dall’art. 32, comma 1, del decreto-legge 98/2011 (15 milioni per il 2012, 5 milioni per il 2013, 15 milioni per il 2014, 25 milioni per il 2015 e 10 milioni per il 2016), per la realizzazione del progetto esecutivo della strada a scorrimento veloce Lioni – Grottaminarda, approvato, con apposito decreto n. 709 del 28 luglio 2010 dal Commissario ad acta, istituito dall’art. 86 della citata legge 289/2002 (legge finanziaria 2003).
Il suddetto intervento Lioni – Grottaminarda viene previsto nel Programma infrastrutture strategiche (PIS) della legge 443/2001 (c.d. legge obiettivo) a partire dalla delibera CIPE 121/01, che, nell’Allegato 1, include, nell’ambito dei Corridoi trasversali e dorsale appenninica, tra i Sistemi stradali ed autostradali, l’Asse Nord - Sud tirrenico - adriatico: Lauria - Contursi - Grottaminarda - Termoli – Candela.
In particolare, la strada a scorrimento veloce Lioni – Grottaminarda costituisce il completamento del collegamento tra la A3 Salerno - Reggio Calabria, svincolo di Contursi, e la A16 Napoli - Bari, svincolo di Grottaminarda, collegamento in grande parte già realizzato, come sottolineato nella delibera CIPE 27/2012.
Con la delibera CIPE 62/2011, nell’ambito dell’assegnazione di risorse ad infrastrutture strategiche interregionali e regionali per l’attuazione del Piano nazionale per il sud, è stato assegnato all’Asse Nord/Sud Tirrenico - Adriatico: Lauria - Contursi - Grottaminarda - Termoli - Candela. Tratta Lioni- Grottaminarda 1° lotto funzionale, un finanziamento di 220 milioni di euro a valere sulle quote regionali 2007-2013 del Fondo per lo sviluppo e la coesione istituito ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo n. 88/2011.
In tale ambito, per il proseguimento verso Lioni, è stato individuato un 2° stralcio funzionale tra lo svincolo di Frigento e lo svincolo di San Teodoro, per uno sviluppo di circa 3,5 km per un costo pari a circa 70 milioni di euro, assegnati dalla citata delibera CIPE 27/2012.
Il commissario ad acta, previsto dall’articolo 86, comma 1, della legge 289/2002 (legge finanziaria 2003) è stato nominato con il D.M. 21 febbraio 2003 nella persona dell’ing. Filippo D'Ambrosio.
Il citato articolo 86 della legge 289/2002, finalizzato alla definitiva chiusura di tutti gli interventi infrastrutturali di cui all'art. 32 della legge 219/1981, oltre alla nomina del citato commissario ad acta, ha revocato tutte le concessioni per le opere di viabilità, finanziate ai sensi della legge 219/1981, i cui lavori non avessero conseguito significativi avanzamenti da almeno tre anni, ed ha altresì disposto che il commissario ad acta, entro 24 mesi dalla definizione degli stati di consistenza, affidasse l'esecuzione delle opere medesime con le modalità ritenute più vantaggiose per la pubblica amministrazione, avvalendosi della disciplina straordinaria di cui alla medesima legge 219 del 1981, nulla disponendo sul termine della relativa definitiva consegna.
In seguito, con il decreto del 21 dicembre 2005 del Ministro delle attività produttive, a completamento del programma complessivo di attività ed in aggiunta alle funzioni già trasferite con il citato D.M. 21 febbraio 2003 ha trasferito al Commissario ad acta tutte le restanti attività connesse a vari progetti di infrastrutturazione, di cui al citato art. 32 della legge 219/1981 e relative dotazioni finanziarie, ad eccezione del contenzioso che rimane presso i competenti uffici ministeriali.
La normativa per la ricostruzione e le
risorse stanziate
Gli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981 hanno colpito circa 200 comuni, dei quali una sessantina seriamente danneggiati, lasciando - oltre ai 2.914 morti e 8.800 feriti - 280.000 senzatetto e 150.000 edifici da ricostruire. I comuni interessati dall’opera di ricostruzione e sviluppo sono stati complessivamente 687, classificati a seconda della gravità dei danni, in comuni “disastrati”, “gravemente danneggiati” e “danneggiati”.
Per fronteggiare l’emergenza, il Governo ha emanato dapprima il D.L. 776/1980, con cui sono stati adottati i primi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal terremoto e, successivamente, il D.L. 75/1981 (convertito dalla legge n. 219/1981), con cui sono stati disposti ulteriori stanziamenti.
I numerosi provvedimenti emanati successivamente per fronteggiare l’emergenza sono stati raccolti in un Testo unico approvato con il D.lgs. 76/1990 integrato poi dalla legge 32/1992, in virtù della quale spetta al CIPE deliberare la ripartizione, tra le Amministrazioni dello Stato e tra gli enti locali interessati, dei finanziamenti in favore degli interventi ricostruttivi e di sviluppo (per la Campania e la Basilicata, si veda da ultimo la delibera CIPE n. 45/2012, che per la prosecuzione degli interventi di cui all’art. 3, comma 2, della citata legge 32/1992, ha ripartito un importo pari a 33,4 milioni di euro a valere sulle risorse assegnate al Dipartimento della protezione civile con la legge finanziaria 2000, di cui 23,4 milioni di euro per la Regione Campania e 10,0 milioni di euro per la Regione Basilicata).
I finanziamenti sono stati integrati in seguito dal comma 1013 dell’art. 1 della L. 296/2006 (finanziaria 2007) e dall’art. 2, comma 115, della L. 244/2007 (finanziaria 2008).
In occasione dello stanziamento dei contributi quindicennali autorizzati dalla finanziaria per il 2007, la Corte dei Conti ha predisposto una relazione, nel luglio 2008, relativamente alla gestione dei fondi per il terremoto in Irpinia e Basilicata e alle esigenze finanziarie per il completamento degli interventi.
Articolo 2, comma 2-ter
(Servizio di raccolta e gestione dei
rifiuti urbani nel territorio
di Palermo)
Il comma 2-ter, inserito nel corso dell’esame al Senato, è finalizzato a consentire la prosecuzione della gestione commissariale nel settore dei rifiuti urbani in atto nel territorio della Regione Sicilia, fino alla data del 30 giugno 2014, limitatamente alle seguenti attività, localizzate principalmente nel territorio di Palermo:
§ completamento della c.d. sesta vasca della discarica di Bellolampo, sita nel comune di Palermo, messa in sicurezza dell’intera discarica e, nelle more del citato completamento, realizzazione di speciali forme di gestione dei rifiuti;
§ miglioramento ed incremento della raccolta differenziata nel medesimo Comune;
§ completamento del sistema impiantistico previsto nel piano regionale di gestione dei rifiuti urbani.
Tale prosecuzione viene garantita stabilendo l’applicazione, dal 1° gennaio fino al 30 giugno 2014, delle disposizioni dell’art. 2, comma 1, del decreto-legge 43/2013, che hanno prorogato, fino al 31 dicembre 2013, limitatamente alle attività succitate, la gestione commissariale in atto nella Regione Sicilia.
Il comma 1 dell’art. 2 del D.L. 43/2013 ha infatti precisato – in deroga alle norme del D.L. 59/2012 (v. infra) – che, sino al 31 dicembre 2013, le disposizioni di cui all'ordinanza di protezione civile n. 3887 del 9 luglio 2010 (recante “Immediati interventi per fronteggiare la situazione di emergenza determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nella regione Siciliana”) continuano a produrre effetti limitatamente agli interventi succitati (completamento della discarica di Bellolampo, ecc.).
L’art. 2, comma 2, del D.L. 43/2013 ha altresì stabilito che le funzioni del Commissario, che l’ordinanza n. 3887 ha individuato nel Presidente della Regione Siciliana, sono affidate a soggetto nominato dal Presidente della regione medesima. Tale passaggio di funzioni è avvenuto con il decreto del Presidente della Regione siciliana n. 514/GAB del 29 aprile 2013 che, in attuazione del citato articolo 2, ha nominato il dott. Marco Lupo Commissario Delegato.
Relativamente al D.L. 59/2012 (recante “Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile”), si ricorda che esso, al fine di contenere e sottoporre a più restrittiva disciplina le gestioni emergenziali svolte sotto l'egida della Protezione civile (ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del Servizio nazionale della Protezione civile), ha stabilito che la durata della dichiarazione dello stato di emergenza non possa, di regola, superare i novanta giorni e che uno stato di emergenza già dichiarato possa essere prorogato ovvero rinnovato, previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei Ministri, di regola per non più di sessanta giorni (così novellando l'articolo 5, comma 1-bis, della citata L. 225/1992). Lo stesso decreto, all'articolo 3, comma 2, ha disposto, per le gestioni commissariali in corso, il divieto di proroga o rinnovo, se non una sola volta e comunque non oltre il 31 dicembre 2012.
Alla copertura degli oneri derivanti dal comma in esame si provvede con le risorse già previste per la copertura finanziaria dell'ordinanza n. 3887/2010.
Si ricorda che l’art. 7 della citata ordinanza ha destinato, alla copertura degli oneri da essa derivanti, nel limite massimo di 200 milioni di euro, le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS, che a decorrere dal 2011 ha assunto la denominazione di Fondo per lo sviluppo e la coesione, FSC), assegnate alla regione Siciliana con la delibera CIPE n. 1 del 6 marzo 2009. Lo stesso articolo stabilisce che per l’attuazione degli interventi affidatigli, il Commissario delegato, oltre alle citate risorse:
a) dispone delle risorse comunitarie, nazionali, regionali e locali, comunque assegnate o destinate alla realizzazione di opere in materia di gestione dei rifiuti;
b) attiva le procedure necessarie per assicurare il cofinanziamento comunitario degli interventi previsti dalla presente ordinanza;
c) avanza istanze di finanziamento su programmi nazionali e comunitari.
Articolo 2, comma 3
(Commissario liquidatore della Gestione
"Particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, della
città di Palermo")
L'articolo 2, comma 3, proroga di quattro mesi l'incarico - in scadenza il 31 dicembre 2013 - del Commissario liquidatore della Gestione denominata "Particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, della città di Palermo", in liquidazione coatta amministrativa.
La proroga segue quella di sei mesi già disposta con l'articolo 12, comma 40, del decreto-legge n. 95 del 2012 (L. 135 del 2012)[39]. Tale disposizione previde che, in relazione alle liquidazioni coatte amministrative di organismi ed enti vigilati dallo Stato in corso alla data di entrata in vigore di quel decreto-legge, qualora alla medesima data il commissario fosse in carica da più di cinque anni, il relativo incarico cessasse decorso un anno dalla predetta data e l'amministrazione competente per materia subentrasse nella gestione delle residue attività liquidatorie. L’art. 1, comma, 416, della legge di stabilità 2013 (L. 228 del 2012) previde, in seguito, la facoltà di prorogare l'incarico del commissario per un ulteriore periodo non superiore a sei mesi.
La gestione «Particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, della città di Palermo» fu istituita dal decreto-legge n. 19 del 1988 (recante "Misure urgenti in materia di opere pubbliche e di personale degli enti locali in Sicilia), assieme ad analoga gestione per la città di Catania.
La loro liquidazione coatta amministrativa discese dall’articolo 26, comma 1, della legge n. 559 del 1993, che statuì che le gestioni fuori bilancio allora in essere (esclusi i fondi di rotazione) fossero soppresse e assoggettate a liquidazione.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (n. 20623 del 1999), i sindaci di Palermo e Catania furono nominati commissari liquidatori della gestione fuori bilancio concernente le particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, rispettivamente di Palermo e di Catania.
Con nota del 17 dicembre 2002, il sindaco di Palermo rappresentò l’insussistenza dei presupposti per la prosecuzione e per ulteriori proroghe dell’incarico di commissario liquidatore della gestione fuori bilancio concernente le particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, della città di Palermo. Di qui il passaggio di consegne, nell'aprile seguente, al Ministero dell'economia, e di lì a poco – con il decreto del Ragioniere generale dello Stato del 26 maggio 2003 - la nomina di altro commissario liquidatore (nella persona del dott. Stefano Nannerini).
Questi riferì (con nota del 13 aprile 2013) di essere prossimo alla chiusura della liquidazione. Ritenuto che una proroga dell’incarico del commissario meglio rispondesse alla gestione della fase conclusiva della procedura liquidatoria, il decreto dirigenziale (del Ragioniere generale dello Stato) 28 giugno del 2013 prorogò (in base alle indicate previsioni della legge di stabilità 2013) l’incarico del commissario per un ulteriore periodo di sei mesi, ai fini della chiusura della liquidazione. Prevedeva che l'incarico cessasse definitivamente il 31 dicembre 2013, e qualora a tale data la liquidazione non fosse risultata chiusa, il ministero dell’economia e delle finanze sarebbe subentrato nella gestione delle attività liquidatorie residue, con le medesime forme e modalità della liquidazione coatta amministrativa.
A tale fine, prevedeva il citato decreto dirigenziale che entro trenta giorni dalla data di cessazione il commissario consegnasse al ministero il rendiconto dell’intera gestione liquidatoria, le attività esistenti, i libri contabili, gli inventari, gli elenchi delle pendenze e del contenzioso in essere, corredati della relativa documentazione giustificativa e di riferimento, nonché l’elenco dei creditori ammessi al piano di riparto, unitamente ad una relazione del comitato di sorveglianza, versando all’entrata del bilancio dello Stato le residue disponibilità finanziarie della gestione.
La proroga della gestione commissariale fino al 30 aprile 2014 è volta ad evitare il subentro del Ministero dell’economia e delle finanze nella gestione delle residue attività liquidatorie che, in ragione del diverso iter procedurale cui soggiace la pubblica amministrazione, soprattutto nella gestione del contenzioso (rappresentato sostanzialmente da due vertenze in fase conclusiva), potrebbe comportare tempi maggiori per la conclusione della liquidazione stessa. Anche in considerazione del fatto che le procedure di liquidazione risultano essere prossime alla conclusione, il termine quadrimestrale è stato ritenuto dal Governo sufficiente per la conclusione della liquidazione stessa.
Articolo 2, comma 4
(Agevolazioni per impianti alimentati da
fonti rinnovabili e della sperimentazione delle zone a burocrazia zero nelle
zone colpite dal sisma del maggio 2012)
L'articolo 2, comma 4, proroga al 31 dicembre 2014 alcuni termini riguardanti i territori delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012:
§ la lettera a) posticipa di un anno la data limite di entrata in esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili al fine di accedere alle incentivazioni;
§ la lettera b) posticipa di un anno l’applicazione in via sperimentale della disciplina delle zone a burocrazia zero.
A tal fine, la norma interviene sul decreto-legge n. 74 del 2012[40].
In particolare, la lettera a), posticipa al 31 dicembre 2014 due termini, ora previsti al 31 dicembre 2013, entro i quali nelle citate zone terremotate debbono entrare in esercizio gli impianti alimentati da fonti rinnovabili
§ realizzati o in fase di realizzazione nei o sui fabbricati, distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero in quanto inagibili totalmente o parzialmente, per alle incentivazioni cui avevano diritto alla data dell’8 giugno 2012 (data di entrata in vigore del D.L. 74/2012);
§ già autorizzati alla data del 30 settembre 2012, per accedere agli incentivi vigenti alla data del 6 giugno 2012.
Quadro normativo relativo agli incentivi
previsti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili[41]
In Italia convivono molteplici meccanismi di incentivazione per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. In particolare:
- tariffe incentivanti onnicomprensive (feed in tariff) CIP 6 per l’energia elettrica immessa in rete da impianti alimentati da fonti rinnovabili o assimilate che hanno ottenuto tale diritto;
- sistema dei certificati verdi (CV) per l’energia elettrica netta prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio fino al 31 dicembre 2012 (decreto interministeriale 18 dicembre 2008);
- tariffe incentivanti onnicomprensive (feed in tariff) per l’energia elettrica immessa in rete da impianti alimentati da fonte rinnovabile, ad esclusione degli impianti alimentati da fonte solare, di potenza fino a 1 MW (200 kW per l’eolico) entrati in esercizio fino al 31 dicembre 2012 (DM 18 dicembre 2008);
- tariffe incentivanti per l’energia elettrica netta immessa in rete da impianti alimentati da fonte rinnovabile, ad esclusione degli impianti alimentati da fonte solare, entrati in esercizio dall’1 gennaio 2013: tali tariffe incentivanti trovano applicazione in modalità feed in tariff nel caso di impianti di potenza fino a 1 MW e in modalità feed in premium nel caso degli altri impianti (DM 6 luglio 2012);
- sistema di conto energia (feed in premium) per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici entrati in esercizio fino al 26 agosto 2012 (DM 28 luglio 2005, 6 febbraio 2006, 19 febbraio 2007, 6 agosto 2010 e 5 maggio 2011);
- tariffe incentivanti per l’energia elettrica netta immessa in rete da impianti fotovoltaici entrati in esercizio dal 27 agosto 2012: tali tariffe incentivanti trovano applicazione in modalità feed in tariff nel caso di impianti di potenza fino a 1 MW e in modalità feed in premium nel caso degli altri impianti (DM 5 luglio 2012);
- sistema di conto energia (feed in premium) per l’energia elettrica prodotta da impianti solari termodinamici (DM 11 aprile 2008).
Con la lettera b) dispone la proroga di una anno, e cioè sino al 31 dicembre 2014, dell’applicazione in via sperimentale della disciplina delle zone a burocrazia zero alle province interessate dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012.
Si ricorda che l’articolo 43 del D.L. 78/2010 consente l’istituzione di "zone a burocrazia zero" nel Meridione d'Italia, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, nel rispetto del principio di sussidiarietà e dell'articolo 118 della Costituzione.
In tali zone le nuove iniziative produttive godono di tre tipi di vantaggi:
§ i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualunque natura ed oggetto avviati su domanda di parte), ad esclusione di quelli di natura tributaria, sono adottati in via esclusiva da un Commissario di Governo e si intendono conclusi positivamente entro 30 giorni dall’avvio del procedimento se entro tale termine non è adottato un provvedimento espresso. Le amministrazioni che promuovono e istruiscono procedimenti amministrativi avviati d'ufficio - ad eccezione di quelli di natura tributaria - trasmettono al Commissario di Governo, i dati e i documenti necessari per l'adozione dei relativi provvedimenti conclusivi. Le disposizioni non sono applicabili agli atti riguardanti la pubblica sicurezza e l'incolumità pubblica;
§ le risorse previste per le zone franche urbane dall'articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006 sono utilizzate dal sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi alle nuove iniziative produttive in argomento, qualora vi sia coincidenza territoriale tra la "zona a burocrazia zero" e una delle zone franche urbane istituite con delibera CIPE n. 14 del 2009 nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
§ priorità assoluta da parte delle Prefetture - nella realizzazione ed attuazione dei piani di presidio e sicurezza del territorio - alle iniziative da assumere negli ambiti territoriali in cui insistono le zone a burocrazia zero.
La Corte costituzionale, con sentenza 19-22 luglio 2011, n. 232 (Gazz. Uff. 27 luglio 2011, n. 32 - Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 43, nella parte in cui è destinato ad applicarsi anche ai procedimenti amministrativi che si svolgono entro l'ambito delle materie di competenza regionale concorrente e residuale.
Successivamente, la legge di stabilità per il 2012 (legge 183/2011, articolo 14) ha disposto l’applicazione in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2013, su tutto il territorio nazionale, della disciplina delle zone a burocrazia zero, previste dal citato articolo 43 del D.L. n.78/2010 solo per il Meridione d'Italia.
Articolo 2, comma 5
(Proroga del termine per la presentazione
dei rendiconti delle contabilità speciali già intestate al soppresso ufficio
del Commissario delegato per la ricostruzione in Abruzzo)
Il comma 5 proroga fino al 31 marzo 2014 il termine per la rendicontazione delle contabilità speciali intestate al cessato ufficio del Commissario delegato per la ricostruzione dei territori della regione Abruzzo colpiti dal sisma del 2009.
La norma in esame proroga fino al 31 marzo 2014 il termine indicato nell’articolo 5, comma 5-bis, della legge 225/1992, entro il quale il Presidente della Regione Abruzzo, ex Commissario delegato per la ricostruzione, deve rendicontare le spese inerenti alle contabilità speciali n. 5340 e 5281, in considerazione dell’elevato numero di soggetti coinvolti e dei mandati di pagamento effettuati.
L'articolo 5 comma 5-bis, della legge 225/1992[42] prevede che i Commissari delegati titolari di contabilità speciali rendicontano, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, tutte le entrate e tutte le spese riguardanti l'intervento delegato, indicando la provenienza dei fondi, i soggetti beneficiari e la tipologia di spesa, secondo lo schema da stabilito con decreto del 27 marzo 2009 del Ministro dell'economia e delle finanze[43]. L’articolo 1, comma 1 del D.L. 83/2012, ha stabilito la cessazione dello stato di emergenza il 31 agosto 2012.
Il Commissario Delegato per la
ricostruzione dei territori colpiti dal sisma
A seguito dell’evento sismico verificatosi nella Regione Abruzzo il 6 aprile 2009, il Governo emana il D.L. 39/2009, che all’articolo 4, comma 2, attribuisce al Presidente della Regione Abruzzo la qualità di Commissario Delegato alla realizzazione degli interventi urgenti in virtù dell’art 5, comma 4, della citata legge 225/1992, per cui è consentito di avvalersi di commissari delegati per far fronte a tutte quelle situazioni di emergenza che sono conseguenza di eventi naturali di straordinaria eccezionalità.
Successivamente, all’articolo 1 del D.L. 195/2009, il Presidente della Regione Abruzzo, Dott. Gianni Chiodi, assume le funzioni di Commissario Delegato per la Ricostruzione dei territori colpiti dal sisma, a decorrere dal 1° febbraio 2010 e per l’intera durata dello stato di emergenza, operando in sostituzione del Commissario Delegato Guido Bertolaso, Capo del Dipartimento della protezione Civile (nominato ai sensi del D.P.C.M. 6 aprile 2009[44]), il quale cessa dall’incarico il 31 gennaio 2010.
L’Ordinanza del 22 dicembre 2009, n.3833 del Presidente del Consiglio dei Ministri, disciplina, all’art. 1, il suddetto passaggio di consegne.
L’articolo 1, comma 1 del D.L.83/2012, stabilisce che lo stato di emergenza cessa il 31 agosto 2012.
Le contabilità speciali
In particolare, per la gestione dell’emergenza determinatesi nella regione Abruzzo a seguito del sisma del 6 aprile 2009, nonché per la ricostruzione, lo sviluppo e il rilancio dei territori interessati sono state istituite le contabilità speciale 5281 e 5430, che operano come centri di calcolo, in modo da registrare e rilevare, rispettivamente, da un parte i costi ed i pagamenti effettuati per l’assistenza di emergenza, e dall’altra quelli per le attività e gli interventi di ricostruzione.
Il conto 5281, gestito dalla Struttura per la Gestione dell'Emergenza, raccoglie le risorse trasferite ai Comuni (Pagamento CAS, Beni Mobili, Indennizzi alle imprese, ecc...), le spese per il personale, le spese per alberghi e strutture ricettive, rimborsi alle ASL, pagamenti per forniture beni e servizi ed altro.
Il conto 5430, gestito dalla Struttura Tecnica di Missione, raccoglie le risorse per spese connesse direttamente alla ricostruzione e trasferite a Comuni (per ricostruzione pubblica o privata), ATER, e Provveditorato alle OO.PP.
A seguito della chiusura della contabilità speciale 5430 prevista nell’articolo 8 dell'O.P.C.M. 3996 del 17 gennaio 2012, a partire dalla data del 15 marzo 2012, il pagamento delle anticipazioni per la riparazione e ricostruzione degli edifici sono a valere sulla contabilità speciale 5281.
Da ultimo, l'articolo 67-bis, comma 5, del D.L. 83/2012[45] ha previsto, entro il 30 settembre 2012, il trasferimento ai comuni, province ed enti attuatori delle residue disponibilità della contabilità speciale intestate al suddetto Commissario delegato.
Articolo 2, commi 6 e 7
(Impiego delle FF.AA. nei servizi di
vigilanza e protezione del territorio nel comune di L'Aquila)
I commi 6 e 7 dell’articolo 2 autorizzano
l'ulteriore prosecuzione dell'impiego nei servizi di vigilanza e protezione
del territorio del Comune di L'Aquila in funzione anticrimine, in concorso con
le Forze di polizia, per il 2014 di
un contingente di 135 unità di personale militare, posto
a disposizione del prefetto de L'Aquila, autorizzandone
la relativa spesa.
Si ricorda che il Ministero della difesa è stato autorizzato, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 aprile 2009 n. 3754, art. 16, ad impiegare, nei comuni colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 in Abruzzo, un contingente inizialmente di 700 unità di personale delle Forze armate per la vigilanza e la protezione degli insediamenti. Tale autorizzazione era concessa in deroga al contingente di cui al “Piano di impiego” delle Forze Armate nel controllo del territorio, di cui all'art. 7-bis del D.L. n. 92/2008 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008 n. 125.
L'autorizzazione all'impiego di un contingente di personale delle Forze armate nei servizi di vigilanza e protezione del territorio dei comuni terremotati è stata prorogata con successive ordinanze, in cui di volta in volta si autorizzava un contingente di diversa entità. Le proroghe disposte con OPCM per il 2012 e il 2013 hanno previsto l'impiego di 135 unità per le predette finalità.
Precisamente, il comma 6 autorizza l'ulteriore prosecuzione dell'impiego nei servizi in questione per il 2014 di un contingente di 135 unità di personale militare, posto a disposizione del prefetto de L'Aquila, la cui proroga è stata disposta, da ultimo ai sensi dell’art. 8, commi 7 e 8 del D.L. n. 43/2013 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'area industriale di Piombino, di contrasto ad emergenze ambientali, in favore delle zone terremotate del maggio 2012 e per accelerare la ricostruzione in Abruzzo e la realizzazione degli interventi per Expo 2015) fino al 31 dicembre 2013. L'attuale proroga della presenza dei militari nel Comune di L'Aquila viene disposta, per ulteriori tre mesi, a fini di vigilanza nel centro storico e, per l’intero anno 2014, di vigilanza presso gli Uffici giudiziari.
Dalla relazione illustrativa si apprende che la necessità di tale proroga è stata rappresentata dal Prefetto di L’Aquila, dal Ministero dell’Interno, nonché dal Sindaco di L’Aquila.
A tale contingente si applicano le disposizioni di cui all'art. 7-bis, comma 3 del richiamato D.L. n. 92/2008 (il personale delle Forze armate impiegato nei suddetti servizi agisce con le funzioni di agente di pubblica sicurezza), nonché il trattamento economico previsto dal decreto adottato ai sensi del comma 4 del medesimo articolo (che prevede la corresponsione dei compensi per lavoro straordinario e di un'indennità omnicomprensiva -determinata ai sensi dell'art. 20 della legge n. 128/20019 e comunque non superiore al trattamento economico accessorio previsto per le Forze di polizia- individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle Finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e della Difesa) e dell'art. 23, comma 7 del D.L. n. 95/2012 (c.d. spending review) recante l'ultima proroga a tutto il 2013 del Piano di impiego in questione.
Si ricorda che il piano di impiego, ai sensi del richiamato articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, consente - per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità - ai prefetti delle province comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate di disporre di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate, preferibilmente carabinieri impiegati in compiti militari o comunque volontari delle stesse Forze armate specificatamente addestrati, per lo svolgimento di servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili o di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia. Ai sensi dell'ultimo periodo del comma 1, il piano può essere autorizzato per un periodo di 6 mesi per un contingente non superiore a 3.000 unità. Il comma 3 del medesimo articolo precisa inoltre che il personale delle Forze armate non appartenente all’Arma dei carabinieri agisce nell'ambito del piano di impiego con le funzioni di agente di pubblica sicurezza e può procedere alla identificazione e alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto. Il comma 4 reca la copertura finanziaria degli oneri, per il 2008 e 2009, comprendenti le spese per il trasferimento e l'impiego del personale e dei mezzi e la corresponsione dei compensi per lavoro straordinario e di un'indennità omnicomprensiva, individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e della difesa.
Proroghe del piano di impiego sono state disposte:
- dall'articolo 24 del richiamato decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, cha al comma 74 reca la proroga, a decorrere dal 4 agosto 2009, per due ulteriori semestri per un contingente di militari incrementato con ulteriori 1.250 unità, interamente destinate a servizi di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia (i commi 74 e 75 recano l'autorizzazione di spesa per gli anni 2009 e 2010, rispettivamente per le forze armate e le forze di polizia);
- dall'articolo 55, comma 3 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, fino al 31 dicembre 2010;
- dall'articolo 1, comma 28, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011,) fino al 30 giugno 2011;
-
dall'art.
33, comma 19 della legge di stabilità per il 2012, fino al 31 dicembre 2012;
- infine, come già ricordato, dall'art. 23, comma 7 del D.L. n. 95/2012 (c.d. spending review) fino a tutto il 2013.
Il comma 7 reca l'autorizzazione di spesa, la quale viene concessa nel limite dell'ammontare di 1,4 milioni di euro nel 2014, determinato in relazione al periodo di impiego e al personale interessato - contingente non superiore a 135 unità di personale delle Forze armate - e comunque nel limite delle risorse effettivamente disponibili di cui all’art. 14, comma 1, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile), ovvero delle risorse annualmente assegnate dal CIPE agli interventi di ricostruzione e alle altre misure di cui al medesimo decreto.
Dalla relazione illustrativa si apprende che gli oneri connessi alla presente proroga per complessivi euro 1.400.000, vengono quantificati in euro 400.000 per lo svolgimento delle attività in oggetto nel centro storico del Comune di L’Aquila nei primi tre mesi del 2014 ed euro 1.000.000 per lo svolgimento di tali attività per l'intero 2014 negli Uffici giudiziari del Comune di L’Aquila.
Articolo 2, comma 8
(Rimborso dei finanziamenti per il sisma
in Emilia Romagna)
Il comma 8 proroga di un anno - rispetto alla durata massima originariamente prevista – il periodo per la restituzione del debito per quota capitale relativo ai finanziamenti concessi per provvedere al pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi da parte dei contribuenti interessati dal sisma del maggio 2012 titolari di redditi di impresa (inclusi quelli di impresa commerciale), di reddito di lavoro autonomo, esercenti attività agricole alle condizioni previste, titolari di reddito di lavoro dipendente proprietari di unità immobiliare adibita ad abitazione principale alle condizioni previste.
I soggetti finanziati devono restituire la sola quota capitale del finanziamento, secondo un piano di ammortamento originariamente previsto in due anni, prorogato in un anno dalla norma in esame, comprensivo della rata non corrisposta alla scadenza del 31 dicembre 2013, mentre le spese e gli interessi sono accollati dallo Stato.
In particolare i finanziamenti agevolati ai quali si applica la proroga di un anno rispetto alla durata massima originariamente prevista sono:
§ finanziamento ai titolari di reddito di impresa che hanno i requisiti per accedere ai contributi per la ricostruzione degli immobili danneggiati, in aggiunta ai predetti contributi, per provvedere al pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi, nonché di quelli da versare dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013. Tale finanziamento può essere richiesto anche dagli esercenti attività commerciali o agricole, limitatamente ai danni subiti in relazione alle attività effettuate nell’esercizio di dette imprese, e dai titolari di reddito di lavoro dipendente proprietari di un immobile adibito ad abitazione principale dichiarato inagibile per il pagamento dei tributi dovuti dal 16 dicembre 2012 al 30 giugno 2013 (articolo 11, comma 7, del D.L. n. 174 del 2012);
§ finanziamento richiesto dai titolari di reddito di lavoro autonomo, dagli esercenti attività agricole nonché dai titolari di reddito di lavoro dipendente, proprietari di una unità immobiliare adibita ad abitazione principale classificata nelle categorie B, C, D, E e F (articolo 11, comma 7-bis, del D.L. n. 174 del 2012);
§ finanziamento garantito dallo Stato a favore dei titolari di imprese industriali, commerciali, agricole ovvero per i lavoratori autonomi, che abbiano subito un danno economico alle loro attività a seguito del sisma del maggio 2012, al fine di poter fare fronte al pagamento dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l’assicurazione obbligatoria dovuti fino al 30 giugno 2013 (articolo 1, comma 367, della legge n. 228 del 2012);
§ finanziamento per il pagamento, senza applicazione delle sanzioni, dei tributi, contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, dovuti dal 1° luglio 2013 al 15 novembre 2013 (articolo 6, comma 3, del D.L. n. 43 del 2013).
Per le modalità di accesso a tali finanziamenti è prevista una procedura analoga a quella prevista per i finanziamenti agevolati di cui all’articolo 3-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, a cui i finanziamenti in esame possono aggiungersi. I soggetti finanziatori stipulano contratti tipo definiti con apposita convenzione tra la Cassa depositi e prestiti e l'Associazione bancaria italiana. Tali contratti prevedono finanziamenti assistiti dalla garanzia dello Stato, fino ad un massimo di 6 miliardi di euro, e prevedono l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.
Il comma in esame opera dichiaratamente in modo subordinato al rispetto della compatibilità con la normativa europea sotto il profilo di sovracompensazioni di danni, tenuto conto anche degli indennizzi assicurativi e richiede:
§ la previa modifica dei contratti di finanziamento,
§ la connessa rimodulazione dei piani di ammortamento,
§ il conseguente adeguamento delle convenzioni in essere da parte di Cassa depositi e prestiti Spa e Associazione bancaria italiana.
Tali convenzioni e i successivi adeguamenti sono stati stipulati sulla base delle stesse norme che hanno disciplinato i suddetti finanziamenti (articolo 11, comma 7, del D.L. n. 174 del 2012; articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2012, n. 228; articolo 6, comma 5, del D.L. n. 43 del 2013).
Con le decisioni della Commissione europea C(2012) 9853 final e C(2012) 9471 final del 19 dicembre 2012, adottate ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Commissione ha valutato la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato degli interventi disposti in seguito al sisma del 20 e del 29 maggio (D.L. 74 del 2012, D.L. 83 del 2012 e D.L. 95 del 2012). Non sono stati valutati, in quanto adottati successivamente, il D.L. n. 174 del 2012, la legge n. 228 del 2012 e il D.L. n. 43 del 2013.
Si ricorda che l’articolo 108 TFUE attribuisce alla Commissione un ruolo di controllo sui regimi di aiuti esistenti presso gli Stati membri (paragrafo 1) nonché di verifica dei progetti di nuovi aiuti o di modifica degli aiuti esistenti (paragrafo 3). Allorché riscontri un’incompatibilità dell’aiuto, essa può adottare una decisione con cui viene ordinato allo Stato di sopprimere o modificare la misura. Nel caso in cui lo Stato non si conformi alla decisione, la Commissione ha la possibilità di adire direttamente la Corte di giustizia senza attivare la procedura pre-contenziosa di infrazione.
La copertura dei maggiori oneri per interessi e per le spese di gestione strettamente necessarie, derivanti dalla modifica dei contratti di finanziamento e dalla connessa rimodulazione dei piani di ammortamento dei finanziamenti, è prevista nel rispetto dei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 11, comma 13, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (relativo al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate), risorse già stanziate per la copertura degli interessi dei contratti vigenti negli importi di 145 milioni di euro per l’anno 2013 e 70 milioni per il 2014. Non sono pertanto previsti ulteriori stanziamenti.
La relazione tecnica evidenzia che le risorse per la copertura degli oneri sono adeguate per far fronte anche ai maggiori interessi, considerato che le risorse necessarie per la copertura dei contratti già stipulati, come emerge da una nota della Regione Emilia Romagna (di cui la relazione dà contezza), ammontano a circa 22 milioni di euro.
Viene, altresì, specificato che sono fatte salve le garanzie dello Stato già previste.
I decreti ministeriali del 14 novembre 2012 e 28 novembre 2012 hanno disciplinato la concessione delle garanzie dello Stato sui finanziamenti previsti dal D.L. n. 174 del 2012 e hanno definito i criteri e le modalità operative delle garanzie stesse. Le garanzie dello Stato sono elencate nell'allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze recante l’elenco delle garanzie principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti (ai sensi dell'articolo 31 della legge di contabilità e finanza pubblica).
Si ricorda, infine, che le circolari n. 45/E e n. 46/E del 2012 dell'Agenzia delle Entrate hanno chiarito alcune questioni interpretative riguardanti il finanziamento agevolato in commento.
Si dispone inoltre che la rata per capitale e interessi in scadenza il 31 dicembre 2013 sia corrisposta unitamente al piano di rimborso dei finanziamenti rimodulati. Pertanto anche tale rata viene inglobata nel nuovo piano di ammortamento.
Si ricorda che i soggetti finanziati devono restituire la sola quota capitale, mentre gli interessi e le spese sono accollati allo Stato che li restituisce ai soggetti finanziatori mediante un credito d’imposta pari per ciascuna scadenza di rimborso all’importo relativo agli interessi e alle spese dovuti. Il credito di imposta è utilizzabile in compensazione del debito tributario, senza applicazione dei limiti di legge, ovvero può essere ceduto nell'ambito del gruppo cui la società appartiene, secondo quanto previsto dall'articolo 43-ter del DPR n. 602 del 1973, in materia di riscossione delle imposte sul reddito (articolo 11, comma 10 del D.L. n. 174 del 2012).
La norma appare analoga nei contenuti, ma differente nell'ampiezza della proroga (un anno, in luogo di tre anni), a quella contenuta nell'articolo 1, commi da 10-bis a 10-quater dell'A.C. 1906-A, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126, recante misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio. Proroghe di termini previsti da disposizioni legislative", decreto-legge decaduto. Le norme richiamate, inserite nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione del D.L. n. 126 del 2013 non convertito, prevedevano una proroga di tre anni.
Articolo 2-bis
(Mandato dei magistrati onorari)
L’articolo 2-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, interviene sulla recente disciplina della legge di stabilità 2014 (L. 247 del 2013) che ha disposto la proroga fino al 31 dicembre 2014 di alcune disposizioni in materia di magistratura onoraria.
L’art. 1, comma 290, della legge di stabilità 2014 ha disposto la proroga di un anno del mandato dei giudici onorari di tribunale, dei vice procuratori onorari e dei giudici di pace. La proroga è derivata dalla necessità di non ostacolare la riforma in corso della geografia giudiziaria di cui ai D.Lgs. n. 155 e n. 156 del 2012 assicurando, nelle circoscrizioni giudiziarie, la continuità delle funzioni svolte dalla magistratura onoraria.
In primo luogo, il comma 290 prevede la proroga del mandato dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari il cui mandato
scade il 31 dicembre 2013 (e non ulteriormente confermabili sulla base
delle disposizioni dell’ordinamento
giudiziario, R.D. n. 12/1941)[46], nonché dei giudici di pace il cui mandato scade entro il 31 dicembre
2014 (e per i quali non è consentita una ulteriore conferma ai sensi dell’art. 7, comma 1, della legge n. 374 del
1991)[47].
Tale proroga opera fino alla riforma organica della magistratura onoraria e comunque non oltre il 31 dicembre 2014.
I termini in questione sono stati già prorogati da diversi provvedimenti di urgenza e, da ultimo, dall'articolo 15 del D.L. n. 212 del 2011 (Disposizioni urgenti per l'efficienza della giustizia civile) e, successivamente, dall'articolo 1, comma 395, della legge di stabilità 2013 (L. 228/2012).
L’articolo 2-bis in esame – novellando il citato art. 1, comma 290 – proroga di un ulteriore anno i termini già differiti dalla legge di stabilità 2014.
In particolare, per effetto della novella:
§ Il mandato dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari è prorogato anche se in scadenza entro il 31 dicembre 2014 (anziché entro il 31 dicembre 2013);
§ Il mandato dei giudici di pace è prorogato anche se in scadenza entro il 31 dicembre 2015 (anziché entro il 31 dicembre 2014);
L’ulteriore proroga annuale opera fino alla riforma organica della magistratura onoraria e comunque non oltre il 31 dicembre 2015 (anziché non oltre il 31 dicembre 2014).
L’art. 1, comma 290 della legge di stabilità 2014 ha, inoltre, modificato l'art. 245, comma 1, del D.Lgs. n. 51 del 1998, con la proroga dell'applicabilità delle disposizioni dell’ordinamento giudiziario introdotte dal ricordato D.Lgs. 51, in forza delle quali magistrati onorari possono essere addetti al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario. Sulla base del testo novellato, tale disciplina potrà continuare ad applicarsi fino all’attuazione del complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2014.
Il termine originario del 2 giugno 2004, fissato dall’articolo 245 del decreto legislativo n. 51 del 1998 e prorogato da vari provvedimenti d’urgenza, era stato già differito al 31 dicembre 2013 dal citato art. 1, comma 395, della legge di stabilità 2013 (L. 228 del 2012).
L’art. 2-bis modifica, inoltre, l’art. 245, comma 1, del D.Lgs. 51/1998 stabilendo che l’utilizzo di GOT e VPO presso tribunali e procure della Repubblica – previsto dall’ordinamento giudiziario – sia possibile fino alla riforma organica della magistratura onoraria e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2015 (anziché fino al 31 dicembre 2014).
Articolo 3, comma 1
(Poteri sostitutivi del Prefetto in caso di mancata
approvazione
del bilancio degli enti locali nei termini previsti)
Il comma 1 dell’articolo 3 conferma per l’anno 2014 l’applicazione delle misure previste dall’articolo 1, comma 1-bis, del D.L. n. 314/2004[48], concernenti la disciplina per lo scioglimento dei consigli degli enti locali per mancata approvazione del bilancio nei termini previsti, ai sensi dell’articolo 141, comma 1, lettera c) del TUEL[49], e l’attribuzione al Prefetto dei relativi poteri sostitutivi ai fini dell’approvazione del bilancio di previsione e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio.
Tale procedura, introdotta per la prima volta in via transitoria con riferimento alla mancata approvazione del bilancio di previsione per l’esercizio 2002 (D.L. n. 13/2002), è stata poi confermata negli anni successivi e dal 2004 estesa anche ai casi di mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio di bilancio, con l’articolo 1, comma 1-bis, del D.L. n. 314/2004. Tale ultima disposizione è stata poi annualmente prorogata, da ultimo al 2013, dall’articolo 1, comma 397, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013).
Si ricorda che la procedura per lo scioglimento del Consiglio nelle ipotesi di mancata approvazione nei termini del bilancio di previsione e dell’attribuzione al Prefetto dei relativi poteri sostitutivi, è stata introdotta per la prima volta dall’articolo 1 del D.L. n. 13/2002, ai soli fini dell'approvazione del bilancio di previsione degli enti locali per l'esercizio finanziario 2002, in quanto, a seguito della cessazione dei CO.RE.CO. (Comitati regionali di controllo), ed in assenza di una disposizione transitoria, era sorto il problema di quale organo fosse legittimato a nominare i commissari ad acta che devono redigere o approvare un documento contabile essenziale per regolare la vita amministrativa dell’ente.
Come già sopra illustrato tale
disciplina, introdotta nel 2002 con l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002, aveva carattere transitorio, in quanto diretta a colmare il vuoto
normativo determinatosi con
l’abrogazione della norma costituzionale. Essa è stata poi annualmente prorogata e, dal 2004 in poi, ai sensi dell’articolo
1, comma 1-bis, del D.L. n. 314/2004, estesa anche alla disciplina delle ipotesi di scioglimento dei consigli per mancata
adozione dei provvedimenti di riequilibrio
di bilancio, previsti dall'articolo 193 del TUEL.
Con il D.L. n. 174/2012 (articolo 3, comma 1,
lettera l), inoltre, l’applicazione della procedura in questione è stata estesa anche alle ipotesi di mancata
approvazione del rendiconto di gestione entro i termini previsti dal TUEL (articolo 227, comma 2-bis,
del TUEL).
La norma in commento intende, dunque, prorogare all’anno 2014 la procedura che attribuisce al Prefetto i poteri di impulso e sostitutivi, prima spettanti al Comitato regionale di controllo, relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio ovvero di provvedere all’approvazione del bilancio stesso, in caso di inadempimento degli enti locali agli obblighi fondamentali di approvazione del bilancio di previsione e dei provvedimenti necessari al riequilibrio di bilancio.
La procedura richiamata prevede che, trascorso il termine entro il quale il bilancio di previsione degli enti locali deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, il Prefetto nomina un commissario affinché predisponga d'ufficio lo schema di bilancio per sottoporlo al consiglio.
In tale caso, e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini lo schema di bilancio predisposto dalla Giunta, il Prefetto assegna al consiglio un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.
Fermo restando che spetta agli statuti degli enti locali disciplinare le modalità di nomina del commissario per la predisposizione dello schema e per l'approvazione del bilancio non oltre il termine di 50 giorni dalla scadenza di quello prescritto per l'approvazione del bilancio stesso, nell'ipotesi di cui all'articolo 141, comma 2, del TUEL, alla predetta nomina provvede il prefetto nei soli casi in cui lo statuto dell'ente non preveda diversamente.
Articolo 3, comma 1-bis
(Centrale unica di committenza per l'acquisizione
di lavori, servizi
e forniture comunali)
Il comma 1-bis, introdotto durante l’esame al Senato, proroga al 30 giugno 2014 il termine a decorrere dal quale i comuni con popolazione non superiore a
5.000 abitanti devono obbligatoriamente
affidare ad un'unica centrale di
committenza l'acquisizione di lavori, servizi e forniture.
Il termine, inizialmente fissato al 31 marzo 2012 dall’art. 23, comma 5, del D.L. 201/2011, è stato da ultimo prorogato fino al 31 dicembre 2013 dall’articolo 5-ter del D.L. 43/2013.
In considerazione dell’entrata in vigore del citato obbligo e della sua applicabilità alle gare bandite successivamente al 31 dicembre 2013, il comma in esame fa salvi i bandi e gli avvisi di gara pubblicati dal 1° gennaio 2014 fino all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Si fa notare che nel parere reso dalla Conferenza delle Regioni in data 23 gennaio 2014 viene auspicata una proroga sino al 31 dicembre 2014. Tale termine più ampio apparirebbe, secondo le regioni, necessario alla luce delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 530, della legge di stabilità 2014 (L. 147/2013).
Tale comma 530 ha prorogato il termine per il completamento dell’obbligo di esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali dei comuni fino a 5.000 abitanti, prevedendo uno step intermedio al 30 giugno 2014 per quanto riguarda l’attivazione di ulteriori tre funzioni fondamentali e disponendo che il completamento della gestione associata di tutte le funzioni previste debba avvenire comunque entro il 31 dicembre 2014 termine (prorogato di 12 mesi rispetto al termine precedente).
Considerato che secondo il disposto dell’art. 33, comma 3-bis del D.Lgs. 163/2006 (v. infra), le centrali uniche di committenza andranno costituite nell’ambito delle unioni di comuni, ove esistenti, la Conferenza delle Regioni ritiene che solo un differimento fino al 31 dicembre 2014 “consentirà alle nuove unioni (istituite ex comma 530) di essere in grado di costituire al loro interno le centrali uniche di committenza che, a far data dal 1° gennaio 2015, dovranno provvedere alle acquisizioni di lavori, servizi e forniture per i Comuni che ad esse fanno riferimento”.
Si ricorda che il citato art. 23, commi 4 e 5, del decreto legge n. 201/2011, con l’introduzione del comma 3-bis all’art. 33 del D.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contatti pubblici), ha introdotto l’obbligo per i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti situati nel territorio di ciascuna provincia di affidare ad un'unica centrale di committenza l'acquisizione di lavori, servizi e forniture:
- nell'ambito delle unioni dei comuni, ove esistenti;
- ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici.
Il comma 5 aveva quindi specificato che tali disposizioni si applicassero alle gare bandite successivamente al 31 marzo 2012. Il termine, come detto poc’anzi, è stato successivamente prorogato più volte, fino al 31 dicembre 2013.
La finalità della norma contemplata dall’art. 23 è quella di consentire un’aggregazione della domanda al fine di ridurre i costi di gestione.
Quanto alle centrali di committenza si rammenta la definizione recata dall’art. 3, comma 34, del Codice dei contratti pubblici, secondo cui la centrale di committenza è “un'amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori, o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori”. La relativa disciplina è contenuta, invece, nell’art. 33 succitato, ai sensi del quale le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi. Lo stesso articolo stabilisce che tali centrali sono tenute all’osservanza del Codice.
La disciplina dettata dal comma 3-bis dell’art. 33 del Codice dei contratti è stata integrata dall’art. 1, comma 4, del D.L. n. 95/2012, che ha introdotto un periodo al comma 3-bis volto a consentire ai piccoli comuni, in alternativa all’adesione alla centrale di committenza, di effettuare i propri acquisti utilizzando gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento, comprese le convenzioni Consip, nonché il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MePA) disciplinato dall’art. 328 del D.P.R. n. 207/2010 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice dei contratti pubblici).
Un’ulteriore integrazione è stata recentemente disposta dal comma 343 dell’art. 1 della L. 147/2013 che prevede una deroga, all’obbligo in questione (adesione alla centrale di committenza unica), per le acquisizioni di lavori, servizi e forniture effettuate in economia mediante amministrazione diretta, nonché per lavori, servizi o forniture di importo inferiore a 40.000 euro.
Articolo 3, comma 2
(Impiego di guardie private nel contrasto
alla pirateria)
L’articolo 3, comma 2, proroga dal 31 dicembre 2013 al 30 giugno 2014 il termine entro il quale è ammesso l’impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana che transitino in acque internazionali, a difesa delle stesse da atti di pirateria, ancorché non abbiano frequentato i previsti corsi tecnico-pratici previsti dalla legge.
A tal fine viene novellato l’art. 5, comma 5, del decreto-legge n. 107/2011, che ammetteva tale impiego sino al 31 dicembre 2012 purché le guardie abbiano partecipato per un periodo di almeno sei mesi quali appartenenti alle Forze armate alle missioni internazionali in incarichi operativi ed abbiano tale condizione attestata dal Ministero della difesa. Il termine originariamente previsto è stato prorogato, dapprima, al 30 giugno 2013 (art. 1, co. 388, L. 228/2012) e, successivamente, al 31 dicembre 2013 (D.P.C.M. 6 aprile 2013).
Si ricorda che l’articolo 5 del D.L. 107/2011 (conv. L. 130/2011) ha introdotto una normativa volta a consentire l’impiego di nuclei militari, ovvero di guardie private, allo scopo di prevenire ed eventualmente respingere attacchi di pirati al naviglio nazionale.
In particolare, il
comma 1 dell'articolo richiamato prevede che il Ministero della difesa possa
stipulare con l'armatoria privata italiana e con altri soggetti aventi analogo
potere di rappresentanza, convenzioni per la protezione delle navi battenti
bandiera italiana che debbano attraversare spazi marittimi internazionali a
rischio di episodi di pirateria, mediante l'imbarco
a titolo oneroso e a richiesta degli armatori, di Nuclei militari di protezione
(NMP) della Marina, composti eventualmente anche di personale delle altre Forze
armate, dotati di armamento previsto per l'espletamento del servizio. Gli
spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria sono individuati tramite
decreto del Ministero della difesa sentiti i Ministri degli affari esteri e
delle infrastrutture e dei trasporti, valutate le indicazioni periodiche dell'International Maritime Organization
(IMO).
Sempre nell’ambito delle
attività internazionali di contrasto della pirateria, nei casi in cui non sono
previsti i servizi di protezione di cui al precedente comma 1, il comma 4
prevede la possibilità di impiego di
guardie giurate a bordo delle navi mercantili a protezione delle stesse e
nei limiti di cui ai successivi commi 5, 5-bis
e 5-ter.
Ai sensi del successivo comma 5, il suddetto impiego è consentito esclusivamente a bordo delle navi predisposte per la difesa da atti di pirateria, mediante l'attuazione di almeno una delle vigenti tipologie ricomprese nelle "best management practices" di autoprotezione del naviglio definite dall'International Maritime Organization (IMO), nonché autorizzate alla detenzione delle armi ai sensi del comma 5-bis, mediante il ricorso a guardie giurate individuate tra quelle che abbiano prestato servizio nelle Forze armate, anche come volontari, con esclusione dei militari di leva, e che abbiano superato i corsi teorico-pratici previsti ex lege. In deroga a tale requisito, fino al 31 dicembre 2012 (secondo il testo originario del D.L.) possono essere impiegate anche le guardie giurate che non abbiano frequentato i predetti corsi teorico-pratici, a condizione che abbiano partecipato per un periodo di almeno sei mesi, quali appartenenti alle Forze armate, alle missioni internazionali in incarichi operativi e che tale condizione sia attestata dal Ministero della difesa. Il comma 5-ter rinvia ad un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della difesa e delle infrastrutture e dei trasporti, la definizione delle modalità attuative dei commi 5 e 5-bis, che è stato adottato con D.M. 28 dicembre 2012, n. 266.
Successivamente, l'art. 1,
comma 388, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 ha prorogato al 30 giugno 2013
la scadenza dei termini indicati nella Tabella 2 allegata alla stessa legge,
tra cui, al n. 31, quello stabilito dall'art. 5, comma 5, del D.L. 107/2011 per
l'impiego a bordo delle navi battenti bandiera italiana di guardie giurate che
non abbiano ancora frequentato i corsi teorico-pratici, mentre l'art. 1, comma
394, della stessa legge ha previsto la possibilità, con uno o più decreti del
Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, di prorogare ulteriormente fino al 31 dicembre
2013 il termine del 30 giugno 2013. Ciò che è stato da ultimo disposto mediante
D.P.C.M. 6 aprile 2013 nelle more dell'attivazione dei menzionati corsi
teorico-pratici.
Per quanto concerne i corsi previsti dalla legge e richiesti dal comma 5, si ricorda che il decreto del Ministro dell'interno 15 settembre 2009, n. 154[50], all'art. 6 disciplina l’addestramento del personale addetto ai controlli di sicurezza, il cui contingente deve essere numericamente adeguato alle specifiche esigenze, rimettendone l’organizzazione ai soggetti autorizzati allo svolgimento dei servizi di sicurezza sussidiaria di cui al decreto stesso attraverso specifici corsi teorico-pratici, anche per il tramite di organizzazioni esterne. Spetta al Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza provvede a definire i programmi di addestramento del personale, differenziati a seconda delle mansioni alle quali il personale sarà adibito.
Articolo 3, comma 3
(Applicazione delle disposizioni in
materia di dichiarazione sostitutiva ai cittadini stranieri)
L’articolo 3, comma 3, posticipa al 30 giugno 2014 il termine di decorrenza (da ultimo fissato al 31 dicembre 2013) dell'applicazione anche ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea regolarmente soggiornanti in Italia delle disposizioni in materia di dichiarazioni sostitutive.
E’ la terza volta che viene rinviato il termine di applicazioni di queste disposizioni, inizialmente fissato dal D.L. 5/2012 al 1° gennaio 2013: prima la legge di stabilità 2013 ha spostato il termine al 20 giugno 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, co. 388 e tabella 2, n. 21); poi il termine è stato nuovamente differito al 31 dicembre 2013 con il D.P.C.M. 26 giugno 2013, emanato in virtù di quanto disposto dall’art. 1, comma 394 della medesima legge di stabilità 2013, che prevedeva la possibilità di disporre ulteriori proroghe (fino al 31 dicembre 2013) delle disposizioni prorogate al 30 giugno 2013 di cui ai commi da 388 a 393, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Le previsioni di cui si tratta sono contenute nei commi 4-bis e 4-ter dell'articolo 17 del decreto-legge n. 5 del 2012 (convertito L. 35/2012), i quali mirano all’equiparazione dello straniero non comunitario regolarmente soggiornante in Italia con il cittadino italiano, per quanto concerne l’utilizzo delle dichiarazioni sostitutive, limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani.
In particolare, l'articolo 17, comma 4-bis del decreto-legge n. 5 del 2012 ha modificato la disposizione (di cui all’articolo 3, comma 2, del D.P.R. n. 445 del 2001, recante il testo unico in materia di documentazione amministrativa) che consente ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare le dichiarazioni sostitutive[51] (di cui agli articoli 46 e 47 del testo unico), limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani. La modifica apportata dal decreto-legge n. 5 ha eliminato ogni riferimento all’applicazione di speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero.
In via analoga, l'articolo 17, comma 4-ter del decreto-legge n. 5 del 2012 è intervenuto sulla disposizione speciale, prevista dal regolamento di attuazione del Testo unico in materia di immigrazione (D.P.R. n. 395 del 1999) che, all’articolo 2, comma 1, riconosce ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti il diritto di utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui sopra - fatte salve le disposizioni del testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. n. 286 del 1998) o del regolamento stesso che prevedono l'esibizione o la produzione di specifici documenti. La modifica apportata dal decreto-legge n. 5 ha eliminato quest'ultimo periodo, venendo così meno il riferimento all’applicabilità di disposizioni speciali contenute nella normativa di settore.
L’articolo 17, comma 4-quater, rinvia l’acquisto dell’efficacia delle disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter a far data al 1° gennaio 2013, termine – come accennato - più volte rimandato, da ultimo dalla disposizione in esame.
Secondo la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, la proroga disposta dal comma 3 in commento si rende necessaria poiché non sono stati conclusi i lavori di interconnessione avviati con il Ministero della giustizia e con altre amministrazioni interessate alla realizzazione dei collegamenti telematici necessari per l’accesso diretto al Sistema Informativo del Casellario (SIC), alle banche dati dei certificati dei carichi pendenti, nonché all’acquisizione delle altre informazioni di interesse per la concessione dei titoli di soggiorno.
Articolo 3, comma 4
(Mantenimento delle contabilità speciali
per la costituzione degli uffici periferici dello Stato nelle province di
Monza-Brianza,
Fermo e Barletta-Andria-Trani)
Il comma 4 interviene sulle risorse finanziarie recate dalle leggi che istituiscono le province di Monza e della Brianza, di Fermo
e di Barletta-Andria-Trani (leggi
nn. 146, 147 e 148 del 2004[52]), destinate
alla costituzione degli uffici
periferici dell’amministrazione dello
Stato ed assegnate alle contabilità speciali istituite presso
il commissario di ciascuna provincia e poi trasferite ai prefetti incaricati di
completare gli interventi.
In particolare, il comma dispone la proroga al 31 dicembre 2014 del termine per il mantenimento delle predette contabilità speciali, termine questo più volte prorogato da una serie di interventi normativi che si sono susseguiti nel corso del tempo, ad iniziare dall’articolo 4-bis del decreto-legge n.97/2008 fino, da ultimo, al DPCM 26 giugno 2013, come di seguito si illustra in dettaglio.
Per i fini di cui sopra, il comma 4 novella l’articolo 3, comma 5 del D.L. n. 194/2009.
Si ricorda che con le già citate leggi nn. 146, 147 e 148 del 2004 sono state istituite tre nuove province: Monza e Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani.
Nelle tre leggi istitutive, con formulazione identica (art. 4, commi 1 e 2, L. 146/2004; art. 5, commi 1 e 2, L. 147/2004; art. 4, commi 1 e 2, L. 148/2004), si è disposto in ordine all’adozione (con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'interno) dei provvedimenti necessari per l'istituzione nelle nuove province degli uffici periferici dello Stato, incluse le occorrenti variazioni dei ruoli del personale dello Stato, entro i limiti delle risorse rese disponibili dalle medesime leggi istitutive e tenendo conto, nella loro dislocazione, delle vocazioni territoriali.
Le citate leggi istitutive avevano fissato un termine minimo ed uno massimo entro i quali dovevano essere emanati i provvedimenti di costituzione degli uffici periferici dello Stato: non prima di trentaquattro mesi (30 aprile 2007[53]) e non oltre quattro anni (30 giugno 2008) dalla data di entrata in vigore delle leggi; quest’ultimo termine è stato successivamente differito al 30 giugno 2009 dall’art. 4-bis, comma 4, D.L. 97/2008[54].
In applicazione di tale disposizione di proroga, l’art. 12, comma 1, D.L. 207/2008[55] ha disposto la conservazione nel conto dei residui del bilancio 2009 delle disponibilità finanziarie recate dalle leggi istitutive delle nuove province ed esistenti alla chiusura dell’esercizio finanziario 2008.
Inoltre, per la realizzazione di tutti gli adempimenti connessi all’istituzione delle nuove province, e quindi anche a quelli relativi alla costituzione degli uffici periferici, è stato inizialmente nominato un commissario per ciascuna provincia[56]. Le leggi istitutive delle nuove province hanno previsto altresì l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui sono individuate le procedure per la gestione da parte del commissario delle risorse rese disponibili ai fini dell'istituzione degli uffici periferici delle amministrazioni statali. I richiamati DPCM sono stati emanati in data 23 gennaio 2006 e con essi sono state costituite le contabilità speciali presso le tesorerie provinciali[57].
Successivamente l’art. 6-bis, comma 4, primo periodo, del D.L. 300/2006[58] è intervenuto sulle risorse finanziarie sopra citate, assegnate alle contabilità speciali istituite presso il commissario di ciascuna provincia, provvedendo a mantenerle fino al 31 dicembre 2009 sulle contabilità medesime[59].
L’articolo 3, comma 5 del D.L. n. 194 del 30 dicembre 2009 (legge n. 25/2010) – novellato dal comma 4 qui in esame - ha dunque prorogato il predetto termine provvedendo a mantenere le predette risorse iscritte sulle contabilità speciali fino al completamento degli interventi e comunque non oltre il 31 dicembre 2011.
Successivamente, tale termine è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2012, dall’articolo 15, comma 6 del D.L. n. 216/2011 (legge n. 14/2012); poi al 30 giugno 2013, dall'articolo 1, comma 388 della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013); e, infine, al 31 dicembre 2013, dall'articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente del Consiglio 26 giugno 2013, attuativo di quanto consentito dall’articolo 1, comma 394 della medesima legge di stabilità 2013.
La relazione illustrativa e tecnica al decreto legge ricorda che le apposite contabilità speciali, costituite nel 2006 e intestate ai commissari governativi pro-tempore, sono state trasferite con decorrenza 1º settembre 2009 a disposizione dei prefetti. Su tali contabilità sono affluiti i fondi necessari per l’impianto di un primo nucleo di uffici periferici relativi alle predette province. Negli anni seguenti, afferma la relazione, è stata manifestata dai titolari delle contabilità speciali l’esigenza di provvedere alla ridefinizione del fabbisogno individuato, mediante la rimodulazione della spesa indispensabile alla realizzazione degli interventi previsti. Si è, pertanto, proceduto nel corso degli ultimi esercizi finanziari all’accreditamento, in favore delle contabilità speciali, delle ulteriori risorse finanziarie già assegnate al bilancio del Ministero dell’interno. L’utilizzo delle somme accreditate nelle rispettive contabilità speciali è subordinato al perfezionamento dell’iter di approvazione di apposito D.P.C.M. di rimodulazione ed integrazione delle risorse del piano finanziario.
La relazione motiva la necessità di un ulteriore intervento di proroga in ragione del fatto che il completamento degli interventi integrativi richiede tempi tecnici che vanno oltre la scadenza dell’esercizio 2013, ed è stato pertanto necessario evitare che le risorse per tali interventi costituissero, alla chiusura dell'esercizio 2013, economie di bilancio, con conseguente impossibilità di provvedere alla realizzazione delle attività previste dai D.P.C.M. in via di definizione.
Secondo la relazione tecnica, le eventuali risorse che rimarranno disponibili al termine dell’esercizio 2014 costituiranno economie che saranno versate allo stato di previsione del Ministero dell’interno[60].
Si osserva che né la relazione illustrativa e né la relazione tecnica forniscono comunque gli ammontari delle somme attualmente accreditate e giacenti sulle contabilità speciali in oggetto.
Articolo 3-bis
(Modifiche delle circoscrizioni
giudiziarie de L'Aquila e Chieti)
La norma in esame si ricollega alle perduranti condizioni di inagibilità in cui versano gli edifici che ospitano i tribunali de L’Aquila e Chieti gravemente danneggiati dal terremoto del 2009.
L’articolo 3-bis – introdotto nel corso dell’esame al Senato - differisce infatti di ulteriori tre anni il termine di efficacia delle modifiche delle circoscrizioni giudiziarie de L'Aquila e Chieti, nonché delle relative sedi distaccate, previste dagli articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 155 del 2012, di riforma della geografia giudiziaria.
L’art. 11, comma 3, dello stesso decreto legislativo ha già previsto, in considerazione delle indicate problematiche, che tale riforma delle circoscrizioni acquisti efficacia decorsi tre anni dalla sua data di entrata in vigore. Essendo il D.Lgs. 155 in vigore dal 13 settembre 2012, per le circoscrizioni giudiziarie de L’Aquila e Chieti nonché delle relative sedi distaccate, era previsto che la riforma entrasse in vigore il 13 settembre 2015.
La proroga disposta dall’art. 3-bis in esame sposta l’efficacia della riforma, con riguardo a L’Aquila e Chieti, al 13 settembre 2018.
Alla copertura degli oneri conseguenti alla proroga di cui sopra, quantificati in 500 mila euro per il 2015, in 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 e in 1,5 milioni di euro per il 2018, si provvede mediante riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016 nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze.
Articolo 4, comma 1
(Corsi di formazione salvamento acquatico)
Il comma 1 dell’articolo 4, modificato nel corso dell’esame al Senato, differisce al 30 giugno 2014 (è il 31 dicembre 2014 nel testo vigente del decreto) il termine, già fissato al 30 giugno 2013 dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) e poi prorogato al 31 dicembre 2013 dal DPCM 26 giugno 2013, per l’emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400/1988 (regolamenti ministeriali), che disciplini i corsi di formazione per addetti al salvamento acquatico. Il termine originario, individuato dall’articolo 15, comma 3-quinquies del decreto-legge n. 216/2011, era il 31 dicembre 2012.
Si ricorda che attualmente i corsi di formazione per addetti al salvamento acquatico non sono disciplinati da norme di rango legislativo o regolamentare, ma vengono autorizzati sulla base di circolari ministeriali.
Inoltre, la proroga differisce, sempre al 30 giugno 2014, i termini entro i quali, fino all’emanazione del decreto:
§ è prorogata la validità delle autorizzazioni, rilasciate entro il 31 dicembre 2011, per lo svolgimento dei corsi di formazione per addetti al salvamento acquatico e per il rilascio dei relativi brevetti.
§ non potranno essere rilasciate nuove autorizzazioni per lo svolgimento dei corsi.
Articolo 4, comma 2
(Aggiornamento dei diritti aeroportuali
al tasso d’inflazione)
Il comma 2 proroga dal 31 dicembre 2013 (erroneamente il testo
della disposizione indica il 31 dicembre 2012) al 31 dicembre 2014:
§ il termine per l’adozione dei decreti di determinazione dei diritti aeroportuali fondati sui parametri del: 1) tasso di inflazione programmato; 2) obiettivo di recupero della produttività assegnato al gestore aeroportuale; 3) remunerazione del capitale investito; 4) ammortamenti dei nuovi investimenti realizzati con capitale proprio o di credito, sulla base dei criteri stabiliti dal CIPE, e nell’ambito della sottoscrizione dei contratti di programma stipulati tra l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) e il gestore aeroportuale (ai sensi dell’articolo 10, comma 10 della legge n. 537/1993, come sostituito dall’articolo 11-nonies del decreto-legge n. 203/2005);
§ la correlata facoltà concessa al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di stabilire con proprio decreto l’aggiornamento dell’importo dei diritti aeroportuali al solo tasso d’inflazione programmato, nelle more dell’adozione dei decreti indicati al punto precedente e della stipula dei contratti di programma tra ENAC e società di gestione aeroportuale.
La disposizione sulla quale si interviene è l’articolo 21-bis, comma 1, primo e secondo periodo, del decreto-legge n. 248/2007.
Il termine originario previsto dal D.L. 248/2007 per l'emanazione dei decreti di cui al comma 10 dell'articolo 10 della legge n. 537/1993, era il 31 dicembre 2008; la disposizione prevedeva che decorso il termine il Ministro dei trasporti provvedesse, con proprio decreto, all'aggiornamento della misura dei diritti aeroportuali al tasso di inflazione programmato.
Il termine originario del 31 dicembre 2008 è stato prorogato al 31 dicembre 2009 dall’articolo 28 del D.L. 207/2008 e al 31 dicembre 2010 dall’articolo 5, co. 6 del D.L. 194/2009. Quest’ultima norma ha anche stabilito la decadenza dell'aggiornamento della misura dei diritti al tasso di inflazione programmato – disposto dal Ministero nelle more della emanazione dei sopra citati decreti - qualora i concessionari non presentino completa istanza di stipula del contratto di programma entro il medesimo termine del 31 dicembre 2010. Il D.L. 225/2010 (Proroga termini 2011) ha fissato il termine al 31 marzo 2011; il D.P.C.M. 25 marzo 2011, recante “Ulteriore proroga di termini relativa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”, ha prorogato il termine al 31 dicembre 2011; l’articolo 11, comma 3, del decreto-legge n. 216/2011 ha prorogato il termine al 31 dicembre 2012, l’articolo 1, comma 388 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) al 30 giugno 2013 e il DPCM 26 giugno 2013 al 31 dicembre 2013.
In materia, si ricorda che con il D.M. 7 febbraio 2013 del Ministero delle infrastrutture e trasporti (in G.U. del 17/5/2013) è stata aggiornata la misura dei diritti aeroportuali per l'anno 2012 in base al tasso di inflazione programmato. Sono esclusi i diritti per gli aeroporti di Napoli, Pisa, Brindisi, Bari e Bologna in quanto per questi scali i diritti sono già stati definiti nei relativi Contratti di programma sottoscritti dall'ENAC con le società concessionarie.
E' prevista inoltre una nuova misura dei diritti aeroportuali anche per gli scali di Catania, Cagliari, Venezia Tessera, Roma Ciampino e Fiumicino, per i quali e' stato già stipulato il Contratto di programma con ENAC, ma le cui tariffe non sono ancora entrate in vigore. Per questi aeroporti, pertanto, l'aggiornamento decadrà in caso di entrata in vigore delle tariffe previste nei rispettivi contratti.
In Italia, la gestione degli aeroporti è affidata a società di gestione i cui rapporti con lo Stato sono regolati attraverso contratti di programma stipulati con l’ENAC, nell’ambito di concessioni la cui durata massima è stabilita dall’articolo 704 del codice della navigazione in quaranta anni.
Nel quadro del rapporto concessionario, la riscossione da parte delle società di gestione aeroportuale dei diritti aeroportuali (diritto di approdo e di partenza degli aeromobili, diritto per il ricovero o la sosta allo scoperto di aeromobili, diritto per l’imbarco passeggeri), posti a carico delle compagnie aeree, consente alle società medesime il recupero del costo delle infrastrutture e dei servizi connessi all'esercizio degli aerei e alle operazioni relative ai passeggeri e alle merci. Secondo l’articolo 10, comma 10, della legge n. 537/1993 - come modificato dall’articolo 11-nonies del D.L. n. 203/2005 - la misura dei diritti è fissata per ciascun aeroporto con decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle economia e delle finanze, sulla base di criteri stabiliti dal CIPE. La variazione è determinata prendendo a riferimento il tasso di inflazione programmato, l'obiettivo di recupero della produttività assegnato al gestore aeroportuale, la remunerazione del capitale investito, gli ammortamenti dei nuovi investimenti realizzati con capitale proprio o di credito, che sono stabiliti in contratti di programma stipulati tra l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) e il gestore aeroportuale Il termine per l’emanazione dei decreti, come si è visto, è stato più volte prorogato, da ultimo al 31 dicembre 2014 dalla disposizione in commento. Nel corso della XVI Legislatura si è intervenuti in materia, per i soli aeroporti con traffico superiore a otto milioni di passeggeri annui (in questa categoria rientrano, secondo i dati relativi al 2010, gli scali di Roma Fiumicino, Milano Malpensa e Milano Linate), con l’articolo 17, comma 34-bis, del D.L. n. 78/2009 che, al fine di incentivare l’adeguamento delle infrastrutture, ha autorizzato l’ENAC a stipulare contratti di programma in deroga alla normativa vigente in materia, introducendo sistemi di tariffazione pluriennale orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi.
In questo contesto, gli articoli 71-82 del decreto-legge n. 1/2012 hanno previsto il recepimento della direttiva 2009/12/CE, che ha istituito un quadro comune per la disciplina dei diritti aeroportuali.
La direttiva 2009/12/CE ha stabilito principi comuni per la riscossione dei diritti aeroportuali negli aeroporti della Comunità con riferimento a tutti gli scali comunitari con traffico annuale superiore a cinque milioni di passeggeri, prevedendo l'istituzione di un'autorità di vigilanza indipendente in ogni Stato membro. La direttiva prevede inoltre che l'importo dei diritti sia determinato, in un quadro di libera concorrenza, attraverso il confronto fra gestori e utenti aeroportuali.
La nuova normativa non si applica peraltro ai contratti di programma attualmente in essere, conclusi entro il 31 dicembre 2012, come previsto nella clausola di salvaguardia inserita nell’art. 22, co. 3, del decreto legge n. 5 del 2012. La nuova disciplina dei diritti aeroportuali sarà pertanto applicabile ai nuovi contratti che saranno stipulati alla scadenza di quelli in essere.
Articolo 4, comma 2-bis
(Gestione commissariale della Galleria
Pavoncelli)
Il presente comma, introdotto durante l’esame al Senato, proroga, dal 31 marzo 2014 al 30 novembre 2016 la durata della gestione commissariale della “Galleria Pavoncelli”, al fine di completare i lavori di realizzazione dell’opera.
La conclusione dei lavori riguardanti la Galleria Pavoncelli è garantita dai 95 milioni di euro, previsti a copertura degli interventi infrastrutturali indicati nell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 3858/2010.
La gestione commissariale, istituita dall’ordinanza 3858/2010, doveva terminare il 31 marzo 2014, come stabilito dall’art. 4, comma 1, del D.L. 43/2013, termine ora modificato dalla presente disposizione.
La proroga avviene in deroga all’art. 3, comma 2, del D.L. 59/2012, per cui le gestioni commissariali operanti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225 non sono suscettibili di proroga o rinnovo, se non una sola volta, e comunque non oltre il 31 dicembre 2012.
Lo stato di emergenza in
relazione alla vulnerabilità sismica della “Galleria Pavoncelli” è stato dichiarato fino al 30 novembre 2010 dal
D.P.C.M. del 6 novembre 2009 e, successivamente, con il D.P.C.M. 17 dicembre
2010 è stato prorogato fino al 30
novembre 2011.
Con l’O.P.C.M. 3858/2010 è stato nominato un Commissario delegato per provvedere:
• alla realizzazione delle opere di completamento della Galleria Pavoncelli bis, costituente by pass alla citata Galleria Pavoncelli;
• alla realizzazione delle ulteriori opere infrastrutturali comunque necessarie al superamento dell'emergenza.
Nelle premesse della suddetta ordinanza si segnala che il canale principale dell'acquedotto del Sele - Calore, che attraverso lo schema idrico convoglia le acque delle sorgenti di Caposele e di Cassano Irpino in Puglia, Campania e Basilicata, in particolare il tratto iniziale denominato “Galleria Pavoncelli”, versa in condizioni statiche precarie, sia a causa della sua vetustà e sia perché interessato dai fenomeni sismici del 1980, a seguito dei quali lo stesso, pur già oggetto di interventi di ristrutturazione nel tratto iniziale denominato “Galleria Pavoncelli”, continua a manifestare nuovi fenomeni di dissesto. La medesima ordinanza segnala che nuovi eventi sismici potrebbero ingenerare il definitivo cedimento del canale, in particolare in corrispondenza della citata “Galleria Pavoncelli”, provocando l'interruzione dell'approvvigionamento idrico di ampie zone delle regioni Puglia, Campania e Basilicata interessando oltre un milione di cittadini, con i correlati pericoli per l'ordine pubblico e la sicurezza igienico-sanitaria.
Con riguardo allo stato dei lavori e delle risorse impegnate per la messa in sicurezza e il completamento della “Galleria Pavoncelli”, l’11° Allegato infrastrutture del DEF 2013 (aggiornamento di settembre 2013), che reca lo stato di avanzamento relativo al Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo), riporta un costo dell’opera deliberata dal CIPE di 166,54 milioni di euro interamente disponibili. Dalla rilevazione dell’AVCP sullo stato di attuazione delle opere comprese nel PIS, che si basa sui dati comunicati dal RUP al 31 ottobre 2013, risulta stipulato il contratto in data 28 giugno 2012 e avviati i lavori in data 20 novembre 2012.
Articolo 4, comma 3
(Costituzione Centri di istruzione
automobilistica da parte
di autoscuole consorziate)
Il comma 3 dell’articolo 4 differisce al 31 dicembre 2014 il termine, già fissato al 30 giugno 2013 dall’articolo 1, comma 388, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) e quindi prorogato al 31 dicembre 2013 dal DPCM 26 giugno 2013, per l’applicazione della disposizione recata dall’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2011, in base alla quale alle autoscuole è consentito, secondo criteri uniformi fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di demandare, integralmente o parzialmente, la formazione dei conducenti per il conseguimento di tutte le categorie di patenti, anche speciali, fatta eccezione per quella di categoria B e dei documenti di abilitazione e di qualificazione professionale, a un centro di istruzione automobilistica, costituito da più autoscuole consorziate.
Si ricorda che il decreto legislativo n. 59/2011 ha recepito le direttive 2006/126/CE e 2009/119/CE in materia di patente di guida.
La disposizione precisa che il differimento dell’applicazione vale con riferimento alle categorie di patente indicate dal comma 3 dell’articolo 116 del codice della strada lettere a), b), c), d), e), h), i), n) ed o) come sostituito dall'articolo 3, comma 1 del decreto legislativo n. 59/2011.
Le categorie interessate richiamate dalla disposizione in commento sono le seguenti:
a) AM: ciclomotori a due ruote con velocità massima non superiore a 45 km/h, veicoli a tre ruote e quadricicli leggeri;
b) A1: motocicli di cilindrata massima di 125 cm³;
c) A2: motocicli di potenza non superiore a 35 kW;
d) A: motocicli con cilindrata superiore a 50 cm³, tricicli di potenza superiore a 15 kW;
e) B1: quadricicli la cui potenza massima netta del motore è inferiore o uguale a 15 kW;
f) C1: autoveicoli diversi da quelli delle categorie D1 o D la cui massa massima autorizzata è superiore a 3500 kg, ma non superiore a 7500 kg, progettati e costruiti per il trasporto di non più di otto passeggeri, oltre al conducente;
g) C1E:
1) complessi di veicoli composti di una motrice rientrante nella categoria C1 e di un rimorchio o di un semirimorchio la cui massa massima autorizzata è superiore a 750 kg, sempre che la massa autorizzata del complesso non superi 12000 kg;
2) complessi di veicoli composti di una motrice rientrante nella categoria B e di un rimorchio o di un semirimorchio la cui massa autorizzata è superiore a 3500 kg, sempre che la massa autorizzata del complesso non superi 12000 kg;
h) D1: autoveicoli progettati e costruiti per il trasporto di non più di 16 persone, oltre al conducente, e aventi una lunghezza massima di 8 metri;
i) D1E: complessi di veicoli composti da una motrice rientrante nella categoria D1 e da un rimorchio la cui massa massima autorizzata è superiore a 750 kg.
Rimangono quindi escluse dal differimento dell’applicazione della disposizione, oltre alle patenti di categoria B, già escluse dalla stessa:
§ BE: complessi di veicoli composti di una motrice della categoria B e di un rimorchio o semirimorchio: questi ultimi devono avere massa massima autorizzata non superiore a 3500 kg;
§ C: autoveicoli diversi da quelli delle categorie D1 o D la cui massa massima autorizzata e' superiore a 3500 kg e progettati e costruiti per il trasporto di non più di otto passeggeri, oltre al conducente; agli autoveicoli di questa categoria può essere agganciato un rimorchio la cui massa massima autorizzata non superi 750 kg;
§ CE: complessi di veicoli composti di una motrice rientrante nella categoria C e di un rimorchio o di un semirimorchio la cui massa massima autorizzata superi 750 kg;
§ D: autoveicoli progettati e costruiti per il trasporto di più di otto persone oltre al conducente; a tali autoveicoli può essere agganciato un rimorchio la cui massa massima autorizzata non superi 750 kg;
§ DE: complessi di veicoli composti da una motrice rientrante nella categoria D e da un rimorchio la cui massa massima autorizzata supera 750 kg.
Articolo 4, comma 4
(Contrasto alle pratiche di servizio
abusivo taxi e di noleggio con conducente – Soppresso al Senato)
Il comma 4 dell’articolo 4, soppresso nel corso dell’esame al Senato, proroga al 31 dicembre 2014 il termine, fissato da ultimo al 30 giugno 2013 dall’articolo 1, comma 388, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), e poi prorogato al 31 dicembre 2013 dal D.P.C.M. 26 giugno 2013, per l’emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti recante le disposizioni attuative per impedire le pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente. Con il suddetto decreto dovrebbero altresì definirsi gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi.
Il decreto dovrà essere emanato di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e previa intesa con la Conferenza Unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Il termine originario, previsto dall’art. 2, comma 3 del D.L. n. 40 del 2010, era individuato al 25 maggio 2010.
Le successive proroghe del termine sono state disposte dall’art. 51, comma 7 del n. 78 del 2010 (al 31 dicembre 2010), dalla Tabella 1 del D.L. n. 225 del 2010 (al 31 marzo 2011), dall’art. 3, comma 11-bis del D.L. n. 138 del 2011, dal D.P.C.M. 25 marzo 2011 (al 31 dicembre 2011), dall’art. 11, comma 4 del D.L. n. 216 del 2011, al 30 giugno 2012 e dall’art. 17 del D.L. n. 83 del 2012 (al 31 dicembre 2012), dall’art. 1, comma 388 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013; al 30 giugno 2013) e dal D.P.C.M. 26 giugno 2013 (al 31 dicembre 2013).
Articolo, 4 comma 4-bis
(Disposizioni in materia di revisione
triennale dell'attestato SOA)
Il comma 4-bis, introdotto durante l’esame al
Senato, proroga dal 31 dicembre 2013 al 30 giugno 2014 la maggiore tolleranza (pari al 50%) relativa alla congruità tra
la cifra di affari in lavori, costo delle attrezzature tecniche e il costo del
personale dipendente, effettuata in sede di verifica triennale per
la certificazione obbligatoria da parte delle società organismi di attestazione
(SOA), verso le ditte che partecipano alle gare d’appalto per l’esecuzione di
lavori pubblici.
La proroga in esame modifica il termine del 31 dicembre 2013 indicato
dall’articolo 33-quinquies del D.L.
179/2012, con cui a sua volta era stato prorogato il termine originario
stabilito al 31 dicembre 2012 dall’art. 1, comma 3, lett. d) del D. L. 73/2012.
L’art. 1, comma 3, lett. d),
del decreto legge n. 73 del 2012[61], ha
introdotto il comma 21-bis, all’art. 357
del D.P.R. n. 207 del 2010[62], in base al quale, in sede di verifica triennale dell’attestazione SOA, è stabilita, in via transitoria fino al 31 dicembre 2012,
una maggiore tolleranza (dal 25% al 50%)
nella verifica dell’attestato SOA relativamente alla congruità (art. 77, comma
6 del citato D.P.R.) tra la cifra di affari in lavori, costo delle attrezzature
tecniche e il costo del personale dipendente.
In dettaglio, l’articolo 77, comma 6, del Regolamento dispone che la verifica di
congruità tra cifra di affari in lavori, costo delle attrezzature tecniche e
costo del personale dipendente, di cui all'articolo 79, comma 15, è effettuata
con riferimento al rapporto tra costo medio del quinquennio fiscale precedente
la scadenza del termine triennale e importo medio annuale della cifra di affari
in lavori accertata in sede di attestazione originaria, come eventualmente
rideterminata figurativamente ai sensi dell'articolo 79, comma 15, con una tolleranza del venticinque per cento.
La cifra di affari è ridotta in proporzione alla quota di scostamento superiore
al venticinque per cento, con conseguente eventuale revisione della
attestazione. Le categorie in cui deve essere effettuata la suddetta revisione triennale
sono indicate dalla impresa in sede di stipula del contratto con le SOA.
Articolo 4, commi 5 e 6
(Qualificazione del contraente generale
delle grandi opere)
Il comma 5 proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2014, il termine (contemplato dall’art. 189, comma 5, del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006) a decorrere dal quale trova applicazione la disciplina sulla qualificazione del contraente generale delle grandi opere, relativamente alla dimostrazione del possesso dei requisiti di adeguata idoneità tecnica ed organizzativa. Per effetto della proroga, fino al 31 dicembre 2014, tali requisiti potranno essere dimostrati con il possesso di certificati rilasciati dalle speciali società organismi di attestazione (SOA) relativamente agli ordinari contratti pubblici di lavori, in luogo della speciale disciplina prevista per la realizzazione di grandi opere.
Il comma 6 apporta una conseguente modifica all’art. 357, comma 27, del regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici (D.P.R. 207/2010) prorogando, fino alla medesima data del 31 dicembre 2014 il termine (fissato al 31 dicembre 2013), fino al quale i contraenti generali possono documentare l'esistenza dei requisiti a mezzo copia conforme delle attestazioni SOA possedute.
Articolo 4, comma 7
(Proroga di termini in materia di
impianti funiviari)
L’articolo 4, comma 7, come modificato nel corso dell’esame al Senato, prevede l’ulteriore proroga, per un periodo non superiore a dodici mesi, dei termini per l’adeguamento degli impianti funiviari ai requisiti costruttivi e di revisione previsti dal decreto ministeriale 2 gennaio 1985. La proroga è consentita previa verifica da parte degli organi di controllo della idoneità al funzionamento e della sicurezza degli impianti; essa vale anche nei confronti degli impianti inattivi da non più di sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (nel testo vigente del decreto-legge il termine è di sei mesi, e non si fa riferimento a tale ultima fattispecie).
La disposizione fa riferimento ai termini di cui all’articolo 11-bis, comma 1, del decreto-legge n. 216/2011. Il citato articolo 11-bis, comma 1, eleva a quattro anni il termine previsto dall’articolo 145, comma 46, della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001). L’articolo 145, così come da ultimo modificato, dispone che gli impianti a fune di cui si prevede l'ammodernamento a valere sui benefìci di cui all'articolo 8, comma 3, della legge n. 140/1999 (Norme in materia di attività produttive), o con altri benefìci pubblici statali, regionali o di enti locali, possono godere, previa verifica da parte degli organi di controllo della loro idoneità al funzionamento e della loro sicurezza, di una proroga di quattro anni del termine per l’adeguamento ai requisiti previsti dal decreto ministeriale 2 gennaio 1985 (Norme regolamentari in materia di varianti costruttive, di adeguamenti tecnici e di revisioni periodiche per i servizi di pubblico trasporto effettuati con impianti funicolari aerei e terrestri).
La proroga deve intendersi
riferita ai singoli impianti, la cui scadenza dipende dall’anno di costruzione,
o dalla data dell’ultima revisione.
Il testo originario dell’art. 145, comma 46, della legge n. 388/2000 prevedeva una proroga di un anno; l’art. 31, comma 1, della legge n. 166/2002 ha modificato la disposizione prevedendo una proroga di due anni; l’art. 9-bis del decreto-legge n. 236/2002 ha inserito tra gli impianti oggetto di proroga anche le opere connesse allo svolgimento delle Olimpiadi invernali di Torino del 2006; il decreto legge n. 225/2010 ha previsto un’ulteriore proroga di due anni.
Va ricordato che, per individuare la scadenza della vita tecnica, delle revisioni speciali e generali delle diverse tipologie di impianti, occorre fare riferimento al paragrafo 3 delle norme regolamentari contenute nel decreto ministeriale 2 febbraio 1985 “Norme regolamentari in materia di varianti costruttive, di adeguamenti tecnici e di revisioni periodiche per i servizi di pubblico trasporto effettuati con impianti funicolari aerei e terrestri”. In particolare, la vita tecnica complessiva massima di ogni impianto, intesa come durata dell'intervallo continuativo di tempo nel corso del quale la sicurezza e la regolarità del servizio possono ritenersi garantite rispettando le medesime condizioni realizzate all'atto della prima apertura al pubblico esercizio, è stabilita in: 60 anni per le funivie bifune a va e vieni e funicolari terrestri su rotaie od impianti assimilabili; 40 anni per le funivie bifune e monofune con veicoli a collegamento temporaneo (se costruite ed aperte all'esercizio dopo il 1960); 40 anni per le funivie monofune con veicoli a collegamento permanente (se costruite ed aperte all'esercizio dopo il 1960); 30 anni per sciovie, ascensori, scale mobili ed impianti assimilabili.
Il comma 8 proroga di ulteriori 6 mesi, quindi fino al 30 giugno 2014 il termine di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione di immobili ad uso abitativo prevista dall’art. 1, comma 1, del D.L. 158/2008, come da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 412, della legge di stabilità 2013 (L. 228/2012).
La proroga riguarda gli immobili adibiti ad uso abitativo situati nei comuni elencati dall’art. 1, comma 1, della L. 9/2007, cioè:
§ comuni capoluoghi di provincia;
§ comuni con essi confinanti con popolazione superiore a 10.000 abitanti;
§ comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/2003[63].
La proroga in esame è disposta in favore delle c.d. fasce deboli della popolazione. La norma si riferisce infatti ai conduttori per i quali si verificano tutte le seguenti condizioni:
§ reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro;
§ presenza, nel nucleo familiare, di persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66%;
§ non sono in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.
La sospensione si applica, alle stesse condizioni, anche ai conduttori che abbiano, nel proprio nucleo familiare, figli fiscalmente a carico.
Si ricorda che il citato comma 412 ha da ultimo prorogato, al 31 dicembre 2013, il termine già sospeso fino al 15 ottobre 2008 dall’articolo 22-ter del D.L. 248/2007. Tale termine era stato poi prorogato fino al 30 giugno 2009 dall’art. 1, comma 1, del D.L. 158/2008, in attesa dell’avvio del Piano nazionale di edilizia abitativa conosciuto come “Piano casa” (contemplato dall’art. 11 del D.L. 112/2008); fino al 31 dicembre 2009 dall’articolo 23, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2009; fino al 31 dicembre 2010, dall’articolo 5, comma 7-bis, del decreto-legge n. 194 del 2009; fino al 31 dicembre 2011, dall’articolo 2, comma 12-sexies, del decreto-legge n. 225 del 2010 e, fino al 31 dicembre 2012, dall'art. 29, comma 16, del D.L. 216/2011.
Il secondo periodo del comma in esame, dispone in merito alla copertura degli oneri finanziari, dovuti all'esclusione dal reddito imponibile dei locatori, del reddito da fabbricati degli immobili interessati dalla proroga, ai soli fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società; l'agevolazione risulta valida per tutta la durata della proroga del periodo di sospensione dello sfratto. A tali oneri, quantificati in 1,7 milioni di euro per l’anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’art. 10, comma 5, del decreto-legge 282/2004.
Articolo 4, comma 8-bis
(Programma straordinario di edilizia
residenziale pubblica per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato
impegnati nella lotta alla criminalità organizzata)
Il comma 8-bis, introdotto durante l’esame al Senato, prevede la proroga dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2016 del termine per la ratifica degli Accordi di programma, finalizzati alla rilocalizzazione degli interventi del programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.
L’articolo 12 del D.L. 83/2012[64] prevede interventi, per la riqualificazione di aree urbane, con particolare riguardo a quelle degradate, attraverso un nuovo strumento operativo, il “Piano nazionale per le città”, e per la rilocalizzazione degli interventi del programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.
La presente modifica interviene sul comma 7 dell’articolo 12 del D.L. 83/2012, in cui è prevista la possibilità a favore dei programmi di edilizia sovvenzionata[65] ed agevolata[66] inclusi nel citato Programma straordinario (art. 18 del D.L. 152/1991), per i quali sia stato ratificato l'accordo di programma entro il 31 dicembre 2007 ai sensi dell‘art. 13, comma 2, del decreto legge n. 273 del 2005, di rilocalizzazione degli interventi edilizi nella stessa regione o in regioni confinanti (ma esclusivamente nei comuni capoluogo di provincia), fissando al 31 dicembre 2013, il termine per la ratifica degli accordi di programma conseguenti.
L’art. 18 del decreto-legge n. 152/1991 ha dato avvio ad un programma straordinario di edilizia residenziale (sovvenzionata ed agevolata) da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata. La realizzazione degli interventi (tanto di recupero che di nuova costruzione) veniva affidata ai comuni, agli IACP, ad imprese di costruzione e loro consorzi e a cooperative e loro consorzi. Sotto il profilo finanziario, l’art. 18 prevedeva un finanziamento attraverso un limite di impegno di 50 miliardi di lire per l'edilizia agevolata, e un finanziamento di 900 miliardi di lire per l'edilizia sovvenzionata. Con la delibera CIPE n. 98/1991[67] si fissavano, quindi, i limiti di costo per l’attuazione del programma straordinario[68], mentre con D.M. del 17 gennaio 1992 si disciplinava il confronto pubblico concorrenziale per la realizzazione del programma stesso.
Successivamente l’art. 11 della legge 136/1999 (Norme per il sostegno ed il rilancio dell'edilizia residenziale pubblica e per interventi in materia di opere a carattere ambientale) ha stabilito ulteriori modalità attuative del programma straordinario. Spetta al Ministro dei lavori pubblici - in qualità di Segretario generale del CER - comunicare ai Presidenti delle Giunte regionali interessate, entro i trenta giorni successivi alla data di entrata in vigore della stessa legge n. 136:
- l’elenco delle proposte di attuazione dei programmi straordinari di edilizia residenziale per la mobilità dei dipendenti pubblici, cui si riferiscono i procedimenti ancora pendenti;
- i soggetti attuatori o proponenti di tali proposte.
Compete, invece, al presidente della giunta regionale proporre al sindaco del comune territorialmente competente ed al soggetto attuatore o proponente la sottoscrizione di un accordo di programma, nell’ambito delle disponibilità delle somme accantonate. La ratifica di tale accordo da parte del consiglio comunale determina direttamente la immediata ammissione del programma al finanziamento. Lo stesso articolo 11 dispone però l’esclusione dal finanziamento per gli accordi di programma non ratificati entro il 31 dicembre 2007[69]. Il successivo art. 12 ha, tra l’altro, previsto la possibilità di introdurre varianti ai programmi sulla mobilità dei dipendenti pubblici, impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, qualora questi siano già stati ammessi al finanziamento, siano stati approvati dal consiglio comunale e qualora dalla variante non derivino variazioni nel finanziamento pubblico o nel numero degli alloggi e l’esclusione dal finanziamento qualora la convenzione urbanistica con il comune per la realizzazione dei programmi non sia conclusa entro il 31 dicembre 2007[70].
L’art. 4, comma 150, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004) è intervenuto sulla disciplina delle procedure relative all’attuazione degli accordi di programma, prevedendo la rilocalizzazione del programma in altra regione, nel caso in cui la regione interessata non provveda all’attivazione degli accordi di programma entro trenta giorni dalla richiesta del soggetto proponente. La rilocalizzazione avviene su proposta del soggetto proponente, da comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ed ha luogo attraverso la sottoscrizione di un accordo di programma tra il presidente della giunta regionale e il sindaco del comune interessati alla nuova localizzazione. L’accordo di programma deve essere ratificato dal consiglio comunale entro diciotto mesi dalla sottoscrizione: termine da ultimo prorogato al 31 dicembre 2007 dall’art. 13, comma 2, del decreto legge n. 273/2005.
Articolo 4, commi 8-ter
- 8-quinquies
(Capitanerie di porto)
Il comma 8-ter dell’articolo 4 differisce al 31 dicembre 2014 il termine, già fissato al 31 dicembre 2013 dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), per l’emanazione del regolamento governativo di riforma delle Capitanerie di porto.
La norma prorogata, contenuta nel D.L. n. 207 del 2008, il cui termine è stato più volte differito (il termine originario era il 31 dicembre 2009), prevede che su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con regolamento di delegificazione (di cui all’articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988), sentito il Ministro della difesa per quanto di competenza, si provveda:
a) alla redazione di un testo unico delle disposizioni concernenti i compiti e le funzioni attribuiti al Corpo delle Capitanerie di Porto al fine di realizzare una semplificazione, razionalizzazione e snellimento delle stesse;
b) ad adeguare la struttura organizzativa centrale e periferica del Corpo al nuovo quadro istituzionale e dei rapporti per delineare un assetto rispondente ai maggiori impegni soprattutto in materia di sicurezza marittima in ambito dell’Unione europea ed internazionale nonché per realizzare una corrispondenza con i livelli di governo regionale e, a tal fine, ripartire le funzioni di coordinamento, ispettive e di controllo, svolte da strutture regionali ed interregionali del Corpo da quelle operative di vigilanza e controllo e amministrative, attribuite alle Capitanerie di porto e agli uffici dipendenti;
c) ad adeguare l’assetto ordinativo ai vari livelli gerarchici e degli organici per accrescere l’efficacia dell’organizzazione centrale e periferica del Corpo, privilegiando la sua componente operativa, allo scopo di potenziare gli assetti diretti a garantire la sicurezza in mare e nei porti anche mediante flessibilità organizzativa sottesa ad esigenze operative, da conseguire con atti amministrativi.
La norma è stata nel tempo più volte prorogata: il regolamento avrebbe dovuto essere prima emanato entro il 31 dicembre 2009, termine successivamente spostato al 31 dicembre 2010 dal decreto-legge n. 194/2009 (Proroga termini 2010), poi al 31 marzo 2011 dal decreto-legge n. 225/2010 (Proroga termini 2011), al 31 dicembre 2011 dal D.P.C.M. 25 marzo 2011, al 31 dicembre 2012 dal D.L. n. 216 del 2011 e, infine, al 31 dicembre 2013 dall’articolo 1, comma 419, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).
L’ulteriore proroga è giustificata dalla disposizione alla luce dell’esigenza di completare “il programma di cui all’articolo 2, comma 99” della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007). A tal fine si integrano le autorizzazioni di spesa di cui al medesimo comma 99 e al comma 98 di 0,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 e di 4,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020.
In realtà le disposizioni citate non recano un esplicito riferimento a un programma di interventi da effettuare. Il comma 98 prevede uno stanziamento di spesa per le esigenze di funzionamento e per l’esercizio dei compiti di vigilanza e controllo operativi in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali svolti dal Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera; il comma 99 prevede uno stanziamento di spesa per sviluppare e adeguare la componente aeronavale e dei sistemi di comunicazione del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera.
Il comma 8-quater prevede un’ulteriore integrazione dell’autorizzazione di spesa di cui agli articoli 2, commi 98 e 99 della legge n. 244/2007, finalizzata nello specifico alle funzioni di prevenzione e lotta operativa agli inquinamenti del mare nonché di sorveglianza sulle aree marine protette. L’incremento è di un milione di euro per il 2014, di 0,8 milioni di euro per il 2015 e di 300.000 euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020.
Il comma 8-quinquies prevede la copertura finanziaria degli interventi di cui ai commi 8-bis e 8-ter. In particolare, l’onere è posto a carico di:
§ per 0,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 a carico dell’accantonamento del fondo speciale di parte corrente del Ministero delle politiche agricole;
§ per 4,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020 a carico dell’accantonamento del fondo di conto capitale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
§ per 1 milione di euro per l’anno 2014 e 800.000 euro per l’anno 2015 a carico dell’accantonamento del fondo speciale di parte corrente del Ministero dell’ambiente;
§ per 300000 euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020 a carico dell’accantonamento del fondo speciale di conto capitale del Ministero dell’ambiente.
Articolo 4-bis
(Fonti
rinnovabili in edilizia)
L’articolo 4-bis, introdotto al Senato, proroga di un anno alcuni termini relativi agli obblighi di installazione di impianti a fonti rinnovabili negli edifici nuovi e in quelli sottoposti a ristrutturazioni rilevanti.
Più in particolare, vengono modificate alcune scadenze recate dall’Allegato 3 del decreto legislativo n. 28/2011[71], riguardante gli obblighi per i nuovi edifici o gli edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, in modo da far slittare di un anno le date limite per la presentazione della richiesta del titolo edilizio per fruire di percentuali agevolate in via transitoria sulla copertura dei consumi termici e sulla potenza degli impianti da fonti rinnovabili da installare.
La versione attualmente vigente dell’Allegato 3 prevede, nel caso di edifici nuovi o edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, alcuni obblighi che entrano in vigore gradualmente secondo fasi temporali scandite dalla data di presentazione della richiesta del titolo edilizio. Nel dettaglio:
§ secondo il punto 1, gli impianti di produzione di energia termica devono essere progettati e realizzati in modo da garantire il contemporaneo rispetto della copertura, tramite il ricorso ad energia prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili, del 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria e delle seguenti percentuali della somma dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento:
a) il 20 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013;
b) il 35 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016;
c) il 50 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è rilasciato dal 1° gennaio 2017.
La modifica introdotta dalla norma in esame rende sufficiente la copertura della percentuale del 20% della somma dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento (oltre al 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria) quando la richiesta del pertinente titolo edilizio sia presentata fino al 31 dicembre 2014. L’obbligo di coprire la percentuale del 35% scatta dunque solo dal 1° gennaio 2015.
§ secondo il punto 3, la potenza elettrica degli impianti alimentati da fonti rinnovabili che devono essere obbligatoriamente installati sopra o all’interno dell’edificio o nelle relative pertinenze, misurata in kW, deve essere calcolata dividendo la superficie dell’edificio, misurata in m2, per un coefficiente K (m2/kW) che assume i seguenti valori:
a) K = 80, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013;
b) K = 65, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016;
c) K = 50, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2017.
La modifica introdotta dalla norma in esame proroga l’applicabilità del coefficiente più favorevole (il denominatore di 80) per calcolare la potenza degli impianti da fonti rinnovabili da installare qualora la richiesta del pertinente titolo edilizio sia presentata fino al 31 dicembre 2014. L’obbligo di utilizzare il coefficiente K=65 scatta dunque solo dal 1° gennaio 2015.
Si ricorda che l’articolo 11 del
decreto legislativo 28/2011 dispone che i progetti di edifici di nuova
costruzione ed i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici esistenti
prevedono l'utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura dei consumi di
calore, di elettricità e per il raffrescamento secondo i principi minimi di
integrazione e le decorrenze di cui all'allegato 3. L'inosservanza di tale
obbligo comporta il diniego del rilascio
del titolo edilizio.
Per quanto concerne
l’incentivazione, gli impianti alimentati da fonti rinnovabili realizzati ai
fini dell'assolvimento degli obblighi di cui all'allegato 3 accedono agli
incentivi statali previsti per la promozione delle fonti rinnovabili,
limitatamente alla quota eccedente quella necessaria per il rispetto dei
medesimi obblighi.
Si segnala inoltre che:
§ le leggi regionali possono stabilire incrementi dei
valori di cui all'allegato 3;
§ nelle zone territoriali che rivestono carattere
storico, artistico o di particolare pregio ambientale le soglie percentuali di
cui all'Allegato 3 sono ridotte del 50 per cento;
§ tali obblighi non si applicano ai beni culturali (come
definiti alla parte seconda del Codice del beni culturali di cui al D.Lgs.
42/2004), alle ville, ai giardini e ai parchi che si distinguono per la loro
non comune bellezza, ai complessi di cose immobili che compongono un
caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri
ed i nuclei storici, e a quelli specificamente individuati come tali negli
strumenti urbanistici, qualora il progettista evidenzi che il rispetto delle
prescrizioni implica un'alterazione incompatibile con il loro carattere o
aspetto, con particolare riferimento ai caratteri storici e artistici.
Articolo 5, comma 1
(Obbligo di produzione della mozzarella
di bufala campana in stabilimenti separati)
Il comma 1 dell’articolo 5 posticipa dal 1° gennaio 2013 al 1° luglio 2014 (nel testo originario del decreto-legge la proroga era fissata al 1° gennaio 2015) il termine a decorrere dal quale la produzione della “mozzarella di bufala campana”, registrata come denominazione di origine protetta (DOP) ai sensi del regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione, del 12 giugno 1996, deve essere effettuata in stabilimenti separati da quelli in cui ha luogo la produzione di altri tipi di formaggi o preparati alimentari.
L’obbligo è stato previsto originariamente dall’art. 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 171/2008, il quale aveva disposto, altresì, che, per consentire alle aziende interessate un'adeguata programmazione delle rispettive attività, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali avrebbe dovuto provvedere, con proprio decreto, entro il 30 giugno 2009, a definire le modalità per l'attuazione di tale obbligo.
Ciò è avvenuto, dapprima,
con l’emanazione del decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali 6
marzo 2013, e poi, con il decreto dello
stesso Ministro del 10 aprile 2013, che ha modificato il precedente in modo
da tener conto dell’inevitabile produzione di sottoprodotti o derivati del
latte proveniente da allevamenti inseriti nel sistema di controllo della DOP
Mozzarella di Bufala Campana, compresa la ricotta, includendo gli stessi tra
quelli che possono essere prodotti all'interno degli stabilimenti che producono
mozzarella di bufala campana DOP.
Il decreto aveva, quindi, previsto che, a decorrere dal 30 giugno
2013, gli operatori inseriti nel sistema di controllo della DOP Mozzarella di
bufala campana fossero tenuti a produrre il formaggio mozzarella di bufala campana
nonché i sottoprodotti o derivati della stessa materia prima, in stabilimenti
esclusivamente dedicati a tali produzioni. Si disponeva, altresì, il divieto di
produzione in tali stabilimenti di altri tipi di formaggi o preparati
alimentari. All'interno degli stabilimenti che lavorano mozzarella di bufala
campana DOP veniva vietata la detenzione e lo stoccaggio di materie prime e
cagliate diverse da latte e cagliate bufaline idonee alle lavorazioni prima
richiamate e ad esse esclusivamente dedicate. I produttori inseriti nel
sistema di controllo della DOP venivano richiesti di comunicare all'organismo
di controllo della DOP mozzarella di bufala campana DOP ed all'Ispettorato
centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti
agroalimentari gli stabilimenti esclusivamente dedicati alle produzioni entro il 30 giugno 2013.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 aprile 2013 ha, poi, prorogato il termine di cui all'articolo 4-quinquiesdecies al 31 dicembre 2013, disponendo, altresì, che le disposizioni contenute nel decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 10 aprile 2013 si applicassero a decorrere dal 1° gennaio 2014.
Si ricorda, al riguardo, che la XIII Commissione Agricoltura ha seguito la problematica relativa alle modalità di produzione della mozzarella di bufala, anche in riferimento all’introduzione dell’obbligo di differenziare le produzioni dei sottoprodotti o derivati, svolgendo una serie di audizioni dei rappresentanti del comparto. In particolare: il 16 luglio 2013 è stato ascoltato il Consorzio per la tutela del formaggio mozzarella di bufala campana DOP; il 10 settembre 2013 sono stati sentiti i rappresentanti di Confagricoltura mentre il 17 settembre 2013 la Commissione ha ascoltato i rappresentanti dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno nonché l’Assessore all’agricoltura della regione.
Articolo 5, comma 2
(Revisione obbligatoria delle macchine
agricole)
Il comma 2 dell’articolo 5, modificato al Senato, differisce i termini previsti per l’emanazione di un decreto ministeriale che dovrà introdurre l’obbligo di revisione delle macchine agricole soggette ad immatricolazione. In particolare, viene spostato dal 28 febbraio 2013 al 31 dicembre 2014 il termine per l’emanazione del decreto e dal 1° gennaio 2014 al 30 giugno 2015 il termine a partire dal quale si deve procedere alla revisione (il testo vigente del decreto prevede invece una proroga, rispettivamente, al 30 giugno 2014 e al 1° gennaio 2015).
In tal senso, viene infatti modificato l’articolo 111, comma 1, del D.Lgs. n. 285/1992 (Codice della strada), come sostituito dall’articolo 34, comma 48, del decreto-legge n. 179/2012.
Il testo del citato comma 1 dell’articolo 111, precedentemente alla modifica operata dalla disposizione in commento, stabiliva che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, dovesse emanare, entro il 28 febbraio 2013 un decreto ministeriale che preveda la revisione obbligatoria delle macchine agricole soggette ad immatricolazione. Lo stesso decreto dovrà disporre, a far data 1° gennaio 2014, la revisione obbligatoria delle macchine agricole, soggette ad immatricolazione, già in circolazione. Nel disporre la revisione delle macchine agricole già in circolazione si dovrà tener conto del loro stato di vetustà e si dovrà dare precedenza alle macchine immatricolate antecedentemente al 1° gennaio 2009.
Il decreto ministeriale, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, avrebbe dovuto inoltre stabilire criteri, modalità e contenuti della formazione professionale per il conseguimento dell'abilitazione all'uso delle macchine agricole, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 73 del D.Lgs. n. 81/2008,[72] il quale disciplina gli obblighi di Informazione, formazione e addestramento del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori.
Nel testo precedente alla modifica introdotta dal decreto-legge n. 179/2012, l’articolo 111, comma 1 consentiva al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, di disporre, con decreto ministeriale, la revisione generale o parziale delle macchine agricole soggette all'immatricolazione.[73] La revisione è diretta all’accertamento della permanenza dei requisiti minimi di idoneità per la sicurezza della circolazione e lo stato di efficienza delle suddette macchine.
Articolo 6, comma 1
(Dismissione della sede del MIUR di
Piazzale Kennedy)
L’articolo
6, comma 1, proroga di sei mesi – dal termine originario del 1° gennaio
2014 al 30 giugno 2014 – il termine
per la dismissione della sede del MIUR di piazzale Kennedy
e per la risoluzione del relativo contratto di locazione.
A tal fine, novella l’art. 1, co. 48, della L.
228/2012 (legge di stabilità 2013), che costituisce una delle misure
individuate dal MIUR per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione della
spesa indicati, ai sensi dell’art. 7, co. 12-15, del D.L. 95/2012 (L.
135/2012), dall’allegato 2 dello stesso D.L.[74].
In particolare, il comma
48 citato indica un risparmio di spesa conseguente alla dismissione pari 6 milioni di euro a decorrere dal 2014[75].
Al riguardo la relazione tecnica all’A.S. 1214, fatto
presente che la proroga si rende necessaria in considerazione del fatto che la nuova sede presso la quale si
trasferirà il personale attualmente operante presso la sede di piazzale Kennedy
(nuova sede che, in base alla relazione illustrativa, è vicina alla sede
centrale di viale Trastevere) non è ancora pronta a causa di ritardi imprevisti nei lavori di
ristrutturazione, evidenzia che la stessa proroga determina una riduzione
del risparmio di spesa pari 3 milioni di euro, ai quali il MIUR farà fronte con
la riduzione dello stanziamento iscritto sul cap. 1659, pg 11[76].
Articolo 6, comma 2
(Introduzione dei nuovi strumenti
contabili nelle università)
L’articolo 6, comma 2, come modificato
durante l’esame al Senato, proroga (dal 1° gennaio 2014) al 1° gennaio 2015 il termine per
l’introduzione, da parte delle università, del sistema di contabilità
economico-patrimoniale e del bilancio unico d'ateneo, nonché dei sistemi e
delle procedure di contabilità analitica.
A
tal fine, novella l’art. 7, co. 3, del d.lgs. 18/2012.
Il
testo del decreto-legge prevedeva che all’adozione dei nuovi strumenti si
procedesse “entro il 31 dicembre 2014”.
La
relazione illustrativa all’A.S. 1214
faceva presente che la proroga si rende necessaria per la complessità insita
nell’introduzione delle nuove procedure.
Il d.lgs. 27 gennaio 2012, n. 18, emanato sulla base di una
delle deleghe conferite dalla L. 240/2010 (art. 5, co. 1, lett. b), primo periodo, e co. 4, lett. a)), aveva disposto che, entro il
termine del 1° gennaio 2014, le
università dovessero adottare un sistema di contabilità economico-patrimoniale e il bilancio unico di ateneo,
e dotarsi di sistemi e procedure di contabilità
analitica, ai fini del controllo di gestione[77].
In particolare, l’art.
2 del d.lgs. ha rimesso la definizione
dei principi contabili e degli schemi di bilancio necessari per la
predisposizione dei documenti contabili – che costituiscono elementi della
nuova disciplina al quale devono uniformarsi
anche le università non statali[78] – a un decreto
MIUR-MEF, sentita la CRUI, in
conformità alle disposizioni contenute nel d.lgs.
91/2011 (emanato in attuazione dell’art. 2 della L. 196/2009, e volto
all’armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni definite pubbliche).
L’art. 4, inoltre, ha disposto che le università considerate amministrazioni
pubbliche sono tenute alla classificazione
delle spese per missioni e programmi. In particolare, esse devono predisporre un prospetto, da allegare al
bilancio unico d'ateneo di previsione annuale autorizzatorio e al bilancio
unico d'ateneo d'esercizio, contenente tale classificazione.
La definizione
dell’elenco delle missioni e dei programmi, nonché dei criteri cui le università si attengono ai fini di una omogenea riclassificazione dei dati
contabili, è stata demandata – dal combinato disposto degli artt. 4, co. 4,
e 7, co. 1, del d.lgs. – ad un decreto
MIUR-MEF, sentita la CRUI.
Sia il decreto
previsto dall’art. 2, sia quello previsto dall’art. 4 del d.lgs. 18/2012, dovevano
essere emanati entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore del provvedimento.
I relativi schemi, tuttavia, sono stati presentati alle Camere il 14
agosto 2013 (Atto n. 22 e Atto n. 23). Il 3 ottobre 2013 la VII
Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con osservazione sull’Atto n. 22 e parere favorevole con osservazioni sull’Atto n. 23.
La 7^ Commissione del Senato, invece, ha espresso parere favorevole con condizione e osservazioni sull’Atto n. 22 e parere favorevole con osservazioni sull’Atto n. 23 l’8
ottobre 2013, formulando, fra l’altro, l’indirizzo di posticipare il termine
per l’adozione dei nuovi strumenti contabili.
In particolare, nella premessa del parere sull’Atto n. 22 si evidenziava
che “secondo i dati Cineca, 22 atenei hanno già adottato il nuovo sistema, 18
sarebbero pronti a farlo il 1° gennaio 2014, altri 20 non saranno pronti a quella
data (qualche ateneo è poi fuori dalla piattaforma Cineca)”.
Il DM 16 gennaio 2014, n. 21,
recante classificazione della spesa delle università per missioni e programmi,
è stato pubblicato nella G.U. n. 24 del 30 gennaio 2014.
Il DM 14 gennaio 2014, n. 19,
recante principi contabili e schemi di bilancio in contabilità
economico-patrimoniale per le università, è stato pubblicato nella G.U. n. 25
del 31 gennaio 2014.
Per completezza, si ricorda, peraltro, che l’art. 1, co. 418, della L.
147/2013 (legge di stabilità 2014) ha disposto che, in considerazione degli
effetti derivanti dall’adozione del bilancio unico d’ateneo, il fabbisogno finanziario programmato riferito
alle università statali per il 2014 è
determinato con riferimento al fabbisogno programmato per il 2013, incrementato
del 3 per cento.
Tale disposizione – presente nel testo iniziale del ddl, quando era ancora vigente il termine del 1°
gennaio 2014 per l’adozione dei nuovi strumenti contabili – è stata approvata
nella vigenza della proroga disposta dal decreto-legge in esame, che, come ante evidenziato, prevedeva che alla
stessa adozione si procedesse “entro il 31 dicembre 2014”.
Articolo 6, comma 3
(Edilizia scolastica)
L’articolo 6, comma 3, proroga (dal 28 febbraio 2014) al 30 giugno 2014 il termine per l’affidamento dei lavori finalizzati alla riqualificazione e alla messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali – di cui all’art. 18, co. 8-ter-8-sexies, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) – per le regioni nelle quali l’autorità giudiziaria ha sospeso gli effetti delle graduatorie propedeutiche all’assegnazione delle risorse agli enti locali proprietari degli immobili. La proroga evita la revoca dei finanziamenti.
L’art. 18, co. 8-ter -8-sexies, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) ha autorizzato, per l’anno 2014, la spesa di 150 milioni di euro per attuare misure
urgenti in materia di riqualificazione
e messa in sicurezza delle istituzioni
scolastiche statali, con
particolare riferimento a quelle in cui sia stata censita la presenza di amianto[79], disponendo la
ripartizione delle risorse a livello
regionale per essere poi assegnate agli enti locali proprietari degli
immobili ad uso scolastico, sulla base del numero
degli edifici scolastici e degli alunni
presenti nella singola regione, nonché della situazione del patrimonio
edilizio scolastico, come da Tabella 1 allegata
al decreto.
Gli enti locali dovevano
presentare alle regioni, entro il 15
settembre 2013, i progetti esecutivi
immediatamente cantierabili di messa in sicurezza, ristrutturazione e
manutenzione straordinaria degli edifici scolastici. Le regioni dovevano
presentare al MIUR, entro il 15 ottobre
2013, le graduatorie, alle quali
si faceva riferimento per l’assegnazione
delle risorse, da effettuare entro il 30 ottobre 2013 con decreto
del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. L’assegnazione del finanziamento autorizzava gli
enti locali ad avviare le procedure di gara ovvero di affidamento dei lavori.
In particolare, il co. 8-quinquies – ora oggetto di novella – ha disposto che il mancato
affidamento dei lavori entro il 28
febbraio 2014 comporta la revoca dei
finanziamenti. Ha, altresì, stabilito che le eventuali economie di spesa
che dovessero rendersi disponibili alla chiusura delle procedure previste,
ovvero le risorse derivanti dalle revoche, vengono riassegnate dal MIUR in base
alla graduatoria delle richieste. Lo stesso Ministero provvede al trasferimento
delle risorse agli enti locali per permettere i pagamenti entro il 31 dicembre 2014, secondo gli stati di
avanzamento dei lavori debitamente certificati.
Le risorse sono state attribuite agli enti locali di tutte le regioni,
ad eccezione della Puglia, con DM 906 del 5 novembre 2013. La premessa del decreto
evidenzia, infatti, che con decreto monocratico n. 505 del 18 ottobre 2013 il TAR di Lecce ha disposto la sospensione della graduatoria regionale[80].
Articolo 6, commi 4-6
(Riassegnazione al Fondo ordinario delle
Università di somme
già relative al progetto “Super B Factory”)
Il comma 4 dispone la proroga di un anno del termine di conservazione in bilancio, impedendone per tale periodo la perenzione amministrativa, delle somme relative al progetto bandiera denominato "Super B Factory'', inserito nel Programma Nazionale della Ricerca 2011-2013, iscritte nel conto dei residui sul capitolo 7236 "Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca" dello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
La proroga, di un anno, opera nel limite di 40.357.750 euro e in relazione a ciascun esercizio di provenienza delle stesse somme.
Pertanto, il predetto importo è mantenuto in bilancio e versato all’entrata del bilancio dello Stato per 22.000.000 euro nell’anno 2014 e per 18.357.750 euro nell’anno 2015, ai fini della riassegnazione, nei medesimi anni, al Fondo per il finanziamento ordinario delle Università statali dello stato di previsione dello stesso Ministero (capitolo 1694/MIUR).
Si ricorda al riguardo che l’articolo 36, comma 1 del R.D. n. 2440/1923, dispone che i residui delle spese correnti e delle spese in conto capitale, non pagati entro il secondo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto il relativo stanziamento (c.d. residui propri), si intendono perenti agli effetti amministrativi[81]. Le somme così eliminate possono successivamente riprodursi in bilancio, fino a non oltre la decorrenza dei termini di prescrizione, con riassegnazione ai pertinenti capitoli degli esercizi successivi.
Le somme stanziate per spese in conto capitale non impegnate alla chiusura dell'esercizio (c.d. residui impropri o di stanziamento) possono essere mantenute in bilancio, quali residui, non oltre l'esercizio successivo a quello cui si riferiscono, salvo che si tratti di stanziamenti iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre dell'esercizio precedente. In tale caso il periodo di conservazione è protratto di un anno.
La relazione tecnica afferma che il predetto importo di 40.357.750 euro fa riferimento a risorse che si riferiscono all’annualità 2011per 22.000.000 euro, e all’annualità 2012 per 18.357.750 euro. Poiché tali risorse non sono, alla data (presumibilmente, quindi, a seguito di una ricognizione degli impegni giuridici sottostanti) gravate da diritti soggettivi o da obbligazioni giuridicamente rilevanti, il comma 4 in esame provvede quindi a rifinalizzarle destinandole all’incremento del “Fondo per il finanziamento ordinario delle università”.
Il comma 5 dispone che alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dal mantenimento in bilancio delle somme e riassegnazione alla spesa delle stesse di cui al comma precedente si provvede mediante corrispondente utilizzo - per 22.000.000 euro per il 2014 e per 18.357.750 euro per l'anno 2015 - del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008 (legge n. 189/2008).
Infine, il comma 6 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, istituito, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154 del 2008, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia (cap. 7593/MEF), è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. All'utilizzo del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.
A
legge di bilancio per il 2014-2016( L. n. 148/2013), il Fondo risulta dotato
di 313,2
milioni nel 2014, di 324,7 milioni nel 2015 e a di 294,7 milioni
nel 2016.
Si ricorda che sulle disponibilità del predetto
Fondo è intervenuto l’articolo 3, comma 4
del D.L. n. 120 del 15 ottobre 2013 (legge n. 137/2013), che ne ha operato
una riduzione di 249 milioni di euro per
il 2014, a compensazione degli
interventi previsti dal medesimo articolo 15.
Inoltre,
il D.L. n. 151 del 30 dicembre 2013,
all’articolo 4, comma 3 ne ha
disposto una riduzione per 6
milioni di euro per il 2013, 6,5 milioni di euro per il 2014 e 7,5 milioni di euro per il 2015,
a compensazione delle misure previste nel predetto articolo, e all’articolo 7, comma 10, reca una ulteriore riduzione di 3,2 milioni di euro per l’anno 2014.
Si ricorda, infine, che i commi 4-6 sopra commentati riproducono, con talune modifiche, i commi da 20-duodecies – 20-quaterdecies, introdotti nel corso dell’esame in prima lettura al Senato del D.L. n. 126/2013 (A.C. 1906) all’articolo 1 del medesimo provvedimento[82], successivamente decaduto.
Articolo 6, comma 6-bis
(Validità dell’idoneità per posti di
professore
e ricercatore universitari)
L’articolo 6, comma 6-bis, introdotto durante l’esame al Senato, dispone che l’idoneità conseguita per posti di professore e ricercatore universitari sulla base della previgente disciplina in materia è prorogata per ulteriori 2 anni, rispetto ai vigenti 5.
La disposizione sembrerebbe finalizzata a consentire a coloro che hanno conseguito l’idoneità in base alla L. 210/1998 di poter ancora essere chiamati dalle università ai sensi dell’art. 29, co. 4 e 8, della L. 240/2010.
Al riguardo si
ricorda che l’art. 2, co. 1, lett. g), della L. 210/1998, recante norme per il reclutamento dei ricercatori e
dei professori universitari di ruolo[83], aveva disposto che i regolamenti per la disciplina
delle relative procedure dovevano prevedere che gli idonei nelle procedure di
valutazione comparativa relative a professori
associati e ordinari, salvo il caso di rinuncia, avevano titolo alla nomina
in ruolo da parte delle università entro il termine di tre anni, decorrente dalla data del provvedimento di accertamento
della regolarità formale degli atti della commissione che li aveva proposti.
In seguito, l’art. 1 della L. 230/2005, nel prevedere nuove
modalità di reclutamento dei professori universitari, ha fatto salve le procedure
di valutazione comparativa per posti di professore e ricercatore bandite
non oltre il 30 giugno 2006, disponendo che i candidati giudicati idonei, e non
chiamati a seguito di procedure già espletate, ovvero i cui atti sono
approvati, conservano l'idoneità per un
periodo di cinque anni dal suo conseguimento.
In materia si
ricorda anche che l’art. 29, co. 4,
della L. 240/2010 ha disposto che
coloro che hanno conseguito l'idoneità
per i ruoli di professore associato e
ordinario possono comunque essere destinatari
di chiamata ai sensi della L. 210/1998, fino al termine del periodo di durata
dell'idoneità stessa previsto dall'art. 1, co. 6, della L. 230/2005.
Al contempo, il co. 8 dello stesso art. 29 ha disposto
che, ai fini dei procedimenti di chiamata dei professori da parte delle università,
di cui all’art. 18 della stessa L. 240/2010, l’idoneità conseguita ai sensi della L. 210/1998 è equiparata
all’abilitazione di cui all’art. 2, co. 1, lett. g), della medesima legge, nonché dell’art. 1, co. 6, della L.
230/2005, limitatamente al periodo di
durata della stessa.
Articolo 7, comma 1
(Sistema di remunerazione della filiera
distributiva del farmaco)
L’articolo 7, comma 1, proroga, dal 31 dicembre 2013, al 1° gennaio 2015 il termine entro il quale avviare un nuovo sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco (distributori intermedi e farmacie). L’intervento legislativo avviene modificando l’articolo 15, comma 2, quinto periodo, del decreto-legge n. 95/2012.
La disposizione è stata modificata nel corso dell’esame in sede referente. Il testo originario del decreto poneva il 1° gennaio 2015 come termine dal quale avviare un nuovo sistema di remunerazione della filiera distributiva. Con la modifica introdotta, tale termine costituisce il termine ultimo per la decorrenza suddetta, la quale però può iniziare anche in una data precedente.
Il decreto-legge n. 95/2012[84], all'articolo 15, comma 2, quinto periodo, ha disposto la sostituzione dell'attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco con un nuovo metodo, da definirsi sulla base di un accordo tra l'AIFA e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative. Il termine, originariamente fissato al 1° gennaio 2013, è stato posticipato dall'articolo 1, comma 388, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), al 30 giugno 2013. Il successivo comma 394 ha disposto che tale termine potesse essere ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2013.
Ai sensi del decreto-legge n. 95/2012, l'accordo deve essere definito con decreto del Ministro della salute, di concerto con il MEF, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sulla base sulla base dei seguenti criteri:
§ estensione delle modalità di tracciabilità e controllo a tutte le forme di distribuzione dei farmaci;
§ possibilità di introduzione di una remunerazione della farmacia basata su una prestazione fissa in aggiunta ad una ridotta percentuale sul prezzo di riferimento del farmaco, in modo da garantire, “stante la prospettata evoluzione del mercato farmaceutico”, una riduzione della spesa per il Servizio sanitario nazionale.
Solo con l'entrata in vigore del nuovo metodo di remunerazione, perdono di efficacia le disposizioni che prevedono l'imposizione di sconti e trattenute su quanto dovuto alle farmacie per le erogazioni in regime di SSN. La base di calcolo per definire il nuovo metodo di remunerazione è riferita ai margini vigenti al 30 giugno 2012 e, deve essere garantita in ogni caso l'invarianza dei saldi di finanza pubblica. In attesa dell’adozione di una nuova metodologia di remunerazione delle farmacie, il D.L. n. 78/2010, ha rideterminato le percentuali di ricavo dovute dal SSN (quote di spettanza) ai grossisti e ai farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico dei farmaci di classe A, interamente rimborsati dal SSN. Tale rideterminazione abbassa la quota dei grossisti al 3 per cento (precedentemente al 6,65 per cento) portando quella dei farmacisti al 30,35 (precedentemente al 26,7 per cento). Per i farmacisti la quota di spettanza del 30,35 per cento deve intendersi come quota minima a questi spettante.
Articolo 7, comma 1-bis
(Aggiornamento del nomenclatore
tariffario)
Il comma 1-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, proroga dal 31 maggio 2013 al 30 giugno 2014 l'aggiornamento del Nomenclatore tariffario dei dispositivi medici di cui all'articolo 11 del D.M. n. 332/1999, Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'àmbito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe.
L’intervento normativo è attuato intervenendo sull’articolo
5, comma 2-bis, del decreto-legge n. 158/2012[85].
Il D.M. n. 332/1999 individua le prestazioni di assistenza protesica che comportano l'erogazione dei dispositivi riportati negli elenchi 1, 2 e 3 del nomenclatore, definendone le modalità di erogazione. I dispositivi indicati negli elenchi del tariffario erano erogabili fino al 31 dicembre 2001. Entro tale data il Ministro della sanità avrebbe dovuto ridefinire la disciplina dell'assistenza protesica e le tariffe massime da corrispondere ai soggetti erogatori dei dispositivi di cui all'elenco 1 del nomenclatore (articolo 1). Ai sensi dell’articolo 11 del regolamento, i successivi aggiornamenti del nomenclatore tariffario sarebbero dovuti intervenire periodicamente, con cadenza massima triennale.
Successivamente, il decreto- legge n. 158/2012, all’articolo 5, comma 2-bis, ha chiesto l’aggiornamento del tariffario del 2001, attualmente in vigore, entro il termine del 31 maggio 2013.
L'elenco n. 1 del nomenclatore contiene i dispositivi (protesi, ortesi e ausili tecnici) costruiti su misura e quelli di serie la cui applicazione richiede modifiche eseguite da un tecnico abilitato su prescrizione di un medico specialista ed un successivo collaudo da parte dello stesso. L'elenco n. 1 contiene, inoltre, i dispositivi di fabbricazione continua o di serie che, per essere consegnati ad un determinato paziente, necessitano di essere specificamente individuati e allestiti a misura da un tecnico abilitato, su prescrizione del medico specialista. I dispositivi contenuti nell'elenco n. 1 sono destinati esclusivamente al paziente cui sono prescritti. L'elenco n. 2 del nomenclatore contiene i dispositivi (ausili tecnici) di serie, la cui applicazione o consegna non richiede l'intervento del tecnico abilitato. L'elenco n. 3 del nomenclatore contiene gli apparecchi acquistati direttamente dalle aziende sanitarie locali ed assegnati in uso con procedure indicate.
In ultimo si ricorda che nel corso del question time[86] alla Camera dei deputati, nella seduta del 13 novembre 2013, il Ministro della salute, rispondendo ad una interrogazione in materia, ha dichiarato: “Nel corso delle audizioni tenutesi presso la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, in data 31 luglio 2013, ho già avuto occasione di fornire tutti i chiarimenti circa le difficoltà emerse durante l’iter per l'aggiornamento del nomenclatore tariffario... In quella occasione ebbi cura di segnalare che è assolutamente necessario aggiornare il vigente nomenclatore per garantire ai pazienti la disponibilità di protesi, ortesi ed ausili più adeguati alle loro esigenze e che siano di supporto anche ai familiari che li assistono. Ricordo che il nuovo progetto di aggiornamento del nomenclatore prevede una serie di iniziative innovative sia a favore dell'assistenza integrativa nel settore dei dispositivi medici monouso, sia per l'assistenza protesica. Tali innovazioni complessivamente generano un incremento degli oneri a carico del SSN stimato in circa 321 milioni di euro annui. Tale maggiore spesa ha indotto il MEF, già nel 2010, ad una valutazione non favorevole che di fatto ha determinato la sospensione dell’iter di approvazione... È mio convincimento che il disegno di legge di stabilità per il 2014 non recando riduzioni al Fondo sanitario nazionale, se si escludono le misure in materia di pubblico impiego, pone le condizioni per l'individuazione della necessaria copertura finanziaria. Pertanto intendo ribadire anche in questa sede che è mia ferma volontà inserire il progetto di aggiornamento dell'attuale nomenclatore tariffario delle protesi per i soggetti disabili nella prossima iniziativa di politica sanitaria, qual è il Patto per la salute 2013-2015, che nel rispetto degli attuali vincoli di finanza pubblica, è in corso di perfezionamento con le regioni e che mi auguro possa essere adottato entro la fine dell'anno in corso”.
Articolo 7, comma 1-ter
(Cessazione degli accreditamenti
provvisori
delle strutture sanitarie private)
Il comma 1-ter, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, proroga al 31 ottobre 2014 la scadenza per la cessazione degli accreditamenti provvisori delle strutture sanitarie e socio-sanitarie private nonché degli stabilimenti termali che non siano confermati dagli accreditamenti definitivi. Più in particolare, mediante la sostituzione di un periodo della lettera t) del comma 796 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), viene stabilito che le Regioni provvedano ad adottare provvedimenti diretti a garantire che dal 31 ottobre 2014 - invece che dal 1° gennaio 2013, come attualmente previsto - cessino gli accreditamenti provvisori sopracitati.
Qualora, entro la data indicata le Regioni non provvedano, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina il presidente della regione o altro soggetto commissario ad acta ai fini dell’adozione dei predetti provvedimenti.
La normativa
nazionale configura l’accreditamento
come uno strumento di selezione dei soggetti erogatori per conto del SSN.
Come
sottolineato dalla Corte Costituzionale[87] e dal Consiglio di Stato[88], i rapporti tra l'Ente pubblico preposto all'attività
sanitaria (Aziende sanitarie locali) ed i soggetti accreditati (strutture o
professionisti esercenti attività sanitarie) sono pertanto qualificati come
rapporti pubblicistici da inquadrare nello schema della concessione di servizio pubblico.
L’individuazione
dei requisiti, la definizione delle procedure e delle modalità di verifica e di
controllo è stata demandato alle Regioni, comportando una differente evoluzione
dei percorsi normativi e l’adozione di diverse modalità di implementazione.
Il D.Lgs. n.
502/92[89] e successive modificazioni ed integrazioni, ha
stabilito che le regioni assicurano i livelli essenziali e uniformi di
assistenza avvalendosi dei presidi direttamente gestiti dalle aziende unità
sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli
istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di soggetti
accreditati. Le strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a
carico del Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un ammontare
globale predefinito determinato in base alle funzioni assistenziali e alle
attività svolte.
Il D.Lgs. n. 229/1999[90], modificando il D.Lgs. n. 502/1992, ha previsto che
la realizzazione di strutture e l'esercizio di attività sanitarie e
sociosanitarie per conto del SSN, siano subordinate ad una autorizzazione alla realizzazione rilasciata dal Comune previo
nulla osta regionale sulla base del fabbisogno complessivo di assistenza e
della localizzazione della struttura (art. 8-ter del D.Lgs. n. 502/1992). Successivamente, per gli studi odontoiatrici,
medici e di altre professioni sanitarie, se attrezzati per erogare prestazioni
di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di
particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del
paziente, è richiesta l'autorizzazione
all'esercizio (art. 8-ter del D.Lgs. n. 502/1992).
L’autorizzazione all’esercizio è rilasciata dalla Regione o dal Comune previo
accertamento dei requisiti minimi di cui al D.P.R. 14 gennaio 1997[91]. A questo punto, le strutture autorizzate che ne
facciano richiesta possono essere accreditate dalla Regione, la concessione
dell’accreditamento è comunque
subordinata al possesso di ulteriori requisiti e alla funzionalità rispetto
agli indirizzi di programmazione regionale nonché alla verifica dell’attività
svolta e dei risultati raggiunti (art. 8-quater
D.Lgs. n. 502/1992). Infine, gli accordi
contrattuali, definiti da Regioni e ASL, indicano i volumi e le tipologie
delle prestazioni, le responsabilità e gli impegni reciproci, tra cui tariffe,
debito informativo ed obiettivi specifici (art. 8-quinquies D.Lgs. n. 502/1992).
Il D.Lgs. n. 229/1999 ha previsto l’emanazione di un atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni in materia di
accreditamento, analogo al D.P.R. 14 gennaio 1997 in materia di
autorizzazione, con il fine di definire una base di criteri di accreditamento
da rappresentare in tutte le normative regionali e rendere omogenee sul
territorio nazionale alcune garanzie di qualità delle cure.
La modificazione
del titolo V della Costituzione (di cui alla legge costituzionale n. 3/2001) ha
bloccato tale percorso, consentendo per 10 anni lo sviluppo autonomo (seppure
moderato da scambi e confronti e dal comune riferimento al D.P.R. 14 gennaio
1997 già citato) dei modelli regionali di accreditamento.
Nel marzo 2010,
il Ministero della salute e la Commissione salute della Conferenza delle
Regioni e Province autonome hanno affidato all’Agenas, il compito di
individuare, in collaborazione con un Gruppo tecnico per l’accreditamento,
elementi di qualità da condividere nei sistemi di garanzia
(autorizzazione/accreditamento)[92].
Va poi ricordato
che la Legge Finanziaria 2007 (n. 296/2006),
in attuazione del Patto della Salute siglato tra il Ministro della Salute e le
Regioni nel marzo 2006, prevede il passaggio all’accreditamento definitivo in
determinati termini e modalità, disponendo, in particolare, che le regioni
provvedono ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire che dal 1° gennaio
2013 cessino gli accreditamenti provvisori di tutte le altre strutture
sanitarie e socio-sanitarie private, nonché degli stabilimenti termali.
Le regioni sono
inoltre autorizzate ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire che, a
decorrere dal 1° gennaio 2008, non possano essere concessi nuovi accreditamenti
in assenza di un provvedimento regionale di ricognizione e conseguente
determinazione, ai sensi dell’art. 8-quater,
comma 8, del D.Lgs. n. 502/1992[93].
Infine il D.L. n. 112/2008[94], interviene sulla disciplina delle tariffe e dell’accreditamento di cui al decreto legislativo n. 502 del 1992.
Articolo 8, comma 1
(Termini di consegna per via telematica
dei certificati di maternità)
L’articolo 8, comma 1, modifica alcuni termini in tema di consegna, per via telematica, dei certificati medici relativi alla maternità (certificato di gravidanza indicante la data presunta del parto, certificato di parto e certificato di interruzione di gravidanza).
Più specificamente, la disposizione, intervenendo sull’articolo 21 del D.Lgs. 151/2001, così come modificato dall’articolo 34 del D.L. 69/2013:
§ posticipa il termine per l’adozione del decreto interministeriale[95] chiamato a definire le modalità per la trasmissione dei suddetti certificati, che dovrà essere emanato entro nove mesi (in luogo dei sei originariamente previsti) dalla data di entrata in vigore della norma che lo prevede (quindi entro il 22 marzo 2014). Il decreto deve far riferimento al sistema di trasmissione delle certificazioni di malattia di cui al D.M. 26 febbraio 2010;
§ dispone che la sostituzione del medico del SSN alla lavoratrice nell’obbligo di consegnare all’INPS, per via telematica, i suddetti certificati, operi a decorrere dal duecentosettantesimo giorno (in luogo del novantesimo originariamente previsto) successivo all’entrata in vigore del citato decreto interministeriale. Fino a tale data, l’obbligo di presentazione del certificato rimane a carico della lavoratrice.
Si ricorda che l’articolo 34 del D.L. 69/2013, modificando l’articolo 21 del D.Lgs. 151/2001, ha previsto che i certificati di gravidanza, di parto e di interruzione di gravidanza siano trasmessi all’INPS esclusivamente per via telematica e che il relativo obbligo gravi non più sulla lavoratrice, ma sul medico del SSN.
Infine, si segnala che il DM 26 febbraio 2010 disciplina il sistema di trasmissione delle certificazioni di malattia. Si ricorda che l’obbligo della trasmissione telematica dei certificati di malattia nel settore pubblico e privato è sancito dall’articolo 7 del D.L. 179/2012 a partire dal 18 dicembre 2012.
Articolo 8, comma 2
(Finanziamento di Italia Lavoro S.p.A.)
L’articolo 8, comma 2, proroga, per l’anno 2014, il finanziamento
previsto dall’articolo 19, comma 16, del D.L. n. 185/2008, pari a 13 milioni di euro, in favore della
società Italia Lavoro S.p.A.[96], come contributo per gli oneri di
funzionamento e per i costi generali di struttura, mediante assegnazione da
parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Alla copertura del
suddetto onere si provvede mediante una corrispondente riduzione del Fondo
sociale per occupazione e formazione.
Si segnala che la norma ripropone in maniera identica il contenuto
dell’articolo 2, comma 17, del D.L. 126/2013, non convertito in legge.
Il comma 16 dell’articolo 19 del D.L. 185/2008 attribuisce per il 2009 a Italia Lavoro S.p.A. 13 milioni di euro (a valere sul Fondo per l'occupazione) come contributo per gli oneri di funzionamento e per i costi generali di struttura. Tale finanziamento è stato oggetto di successive proroghe, tutte di pari importo, ad eccezione di quella relativa all’anno 2013 (per il quale la proroga è stata stabilita nella misura del 90 per cento dell'importo suddetto di 13 milioni di euro)[97].
Articolo 8, comma 2-bis
(Fondi di solidarietà)
Il comma 2-bis, introdotto nel
corso dell’esame al Senato, proroga il termine per l’adeguamento dei fondi di
solidarietà sperimentali di
settore, già istituiti ai sensi dell’articolo
2, comma 28, della L. 662/1996, alle disposizioni della legge n. 92/2012, che
ha definito un nuovo sistema di sostegno al reddito per i settori non coperti
dalla Cassa integrazione guadagni ordinaria, basato sull’istituzione di nuovi fondi
di solidarietà bilaterali.
La disposizione, in particolare, ai
fini della stipula degli accordi finalizzati all’adeguamento dei fondi, dispone
l’ulteriore proroga del termine al 30 giugno 2014 (anche in virtù
dell’abrogazione del D.M. 477/1997 dal 1° gennaio 2014; v. infra), o, se anteriore, alla data dell’effettivo adeguamento alla nuova
disciplina dei fondi di solidarietà bilaterali di cui all'articolo 3, comma 42,
della L. 92/2012 (v. infra).
L’articolo 2, comma 28, della L. 662/1996, in attesa di un'organica riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, ha definito in via sperimentale, rimandando ad appositi decreti interministeriali, misure per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione nell'ambito dei processi di ristrutturazione aziendali e per fronteggiare situazioni di crisi di enti ed aziende pubblici e privati erogatori di servizi di pubblica utilità, nonché delle categorie e settori di impresa sprovvisti del sistema di ammortizzatori sociali.
Con il D.M. 27 novembre 1997, n. 477 sono state emanante le modalità di istituzione dei richiamati fondi sperimentali. Più specificamente, l’articolo 1 ha stabilito l’emanazione, per gli enti ed aziende pubblici e privati erogatori di servizi di pubblica utilità, nonché per le categorie e settori di impresa sprovvisti di un sistema pubblico di ammortizzatori sociali mirato a fronteggiare processi di ristrutturazione aziendale e di crisi, dei regolamenti di cui all’articolo 2, comma 28, della L. 662/1996, nel momento in cui fossero stati depositati presso il Ministero del lavoro i contratti collettivi nazionali (che dovevano contenere specifici parametri) stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Merita ricordare, infine, che il sistema dei fondi sperimentali è stato esteso a Poste Italiane S.p.A. dall’articolo 40 della L. 448/1998 ed al settore del trasporto pubblico locale dall’articolo 1, comma 303, della L. 244/2007.
Per quanto
attiene più specificamente alle modalità di istituzione dei richiamati fondi sperimentali, l’articolo 1-bis, comma 1, del D.L. 78/2009, ha
disposto che entro il termine di 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
D.L. 78/2009, con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro,
dovessero essere emanate, in via eccezionale, norme in deroga alle singole
disposizioni dei regolamenti previsti dall’articolo 1, comma 1, del D.M.
477/1997.
Il richiamato
termine è stato successivamente
prorogato al 31 dicembre 2012 dall’articolo
6, comma 2-bis, del D.L. 216/2011,
e, da ultimo, al 31 dicembre 2013
dall’articolo 7, comma 6, del D.L. 76/2013.
Successivamente, in materia è intervenuta la L. 92/2012, che ha previsto, in generale (articolo 3), l’istituzione dei fondi di solidarietà bilaterali (per aziende con più di 15 dipendenti) in sostituzione degli ammortizzatori sociali in deroga, nei settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale. In particolare, l’articolo 3, comma 42, ha stabilito l’adeguamento della disciplina dei fondi ex L. 662/1996 alle norme della legge medesima, con apposito decreto interministeriale da stipulare tra le organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 ottobre 2013. L’entrata in vigore dei richiamati decreti ha determinato, ai sensi del successivo comma 43, l’abrogazione del D.M. 477/1997 (con decorrenza 1° gennaio 2014).
Da ultimo, l’articolo 1, comma 185, lettera b), della L. 147/2013 (Legge di stabilità per il 2014), modificando il richiamato comma 42, ha soppresso il termine del 31 ottobre 2013 per l’adeguamento della disciplina dei fondi di solidarietà ex articolo 2, comma 28, della L. 662/1996, con la conseguenza che non vi sono più limiti temporali per la contrattazione collettiva ai fini dell’istituzione dei fondi di solidarietà.
Articolo 8, comma 2-ter
(Prestazioni di lavoro accessorio)
Il comma 2-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, dispone la proroga per il 2014 di quanto previsto, per il solo anno 2013, dall’articolo 70, comma 1, del D.Lgs. 276/2003, in base al quale i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito possano svolgere prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo annuo.
Si ricorda che l’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 70 del D.Lgs. 276/2003 (aggiunto dall’articolo 46-bis, comma 1, lett. d), del D.L. 83/2012) dispone, per il solo 2013, che i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito possano svolgere prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi (compresi gli enti locali, fermi restando i vincoli vigenti in materia di contenimento delle spese di personale) nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare (lettera d)). L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa, relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.
Il lavoro accessorio
Il lavoro accessorio è disciplinato dagli articoli da 70 a 74 del D.Lgs. 276/2003 (come ripetutamente modificati dal D.L. 112/2008, dal D.L. 5/2009, dal D.L. 78/2009, dalla L. 191/2009, dal D.L. 83/2012, dalla L. 92/2012 e da ultimo dal D.L. 76/2013).
Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono le attività lavorative (non più di natura meramente occasionale) che, con riferimento alla totalità dei committenti, diano complessivamente luogo a compensi non superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare (annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell'anno precedente). Le prestazioni possono essere rese in tutti i settori, da parte di qualsiasi committente, con qualsiasi lavoratore (salvo alcuni limiti nel settore agricolo), mentre per quanto concerne le prestazioni rese nei confronti di imprenditori commerciali o professionisti (fermo restando il limite dei compensi fissato in linea generale a 5.000 euro annui), si prevede che le attività svolte a favore di ciascun committente non possono comunque superare i 2.000 euro annui.
L’assolvimento dell’obbligo retributivo e contributivo connesso alle prestazioni, avviene attraverso l’acquisto presso le rivendite autorizzate, da parte dei datori di lavoro, di uno o più carnet di buoni per prestazioni di lavoro accessorio (cd. voucher), che garantiscono la retribuzione nonché la copertura previdenziale ed assicurativa, da consegnare al prestatore di lavoro accessorio. Il valore nominale dei buoni è fissato con specifico decreto, con il quale vengono anche stabiliti gli aggiornamenti periodici del valore stesso, ed è stabilito tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini a quelle richiamate in precedenza, nonché del costo di gestione del servizio e delle risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali. Attualmente il valore nominale del buono, fissato con D.M. 12 marzo 2008, è pari a 10 euro. Il monitoraggio sui dati relativi ai voucher riscossi, venduti e sul numero dei lavoratori così retribuiti è effettuato dall’INPS.
Il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso presso il concessionario (individuato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali con apposito decreto, con il quale sono anche regolamentati i criteri e le modalità per il versamento dei contributi e delle relative coperture assicurative e previdenziali), all'atto della restituzione dei buoni ricevuti dal beneficiario della prestazione di lavoro accessorio. Tale compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio. Spetta al concessionario provvedere al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale, nonché effettuare il versamento per suo conto dei contributi per fini previdenziali alla Gestione separata INPS (in misura pari al 13% del valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL (in misura pari al 7% del valore nominale del buono), trattenendo l'importo autorizzato dal decreto a titolo di rimborso spese. Il D.lgs. 276/2003 dispone l’adeguamento delle aliquote dei contributi previdenziali rispetto a quelle previste per gli iscritti alla Gestione separata dell’INPS, da rideterminare con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Si ricorda che (nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 5425 del 2011) al lavoro accessorio non è applicabile il criterio generale di ripartizione del carico previdenziale tra committente e prestatore di lavoro, previsto dall'articolo 2, comma 30, della L. 335/1995, con la conseguenza che i contributi previdenziali, compresi nel valore nominale del voucher, sono a totale carico del committente.
Infine, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto, può stabilire specifiche condizioni, modalità e importi dei buoni orari, in considerazione delle particolari e oggettive condizioni sociali di specifiche categorie di soggetti correlate allo stato di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione di ammortizzatori sociali per i quali è prevista una contribuzione figurativa, utilizzati nell’ambito di progetti promossi da amministrazioni pubbliche.
Articolo 9, comma 1
(Esercizio
dell’attività di consulenza finanziaria)
L’articolo 9, comma 1, modificato dal Senato, proroga al 30 giugno 2014 (il testo originario prevedeva la proroga al 31 dicembre 2014) il termine per continuare ad esercitare l’attività di consulenza in materia di investimento, nelle more dell’attuazione della normativa relativa all’Albo delle persone fisiche consulenti finanziari, gestito dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), previsto dal D.Lgs. 17 settembre 2007, n. 164 (decreto legislativo di recepimento della c.d. norme europee “Mifid”).
Il termine è stato, da ultimo prorogato, al 31 dicembre 2013 dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del DPCM 26 giugno 2013, intervenuto sull'articolo 23, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, che a sua volta (con una modifica non testuale) aveva posticipato il termine originariamente previsto al 31 dicembre 2010 al 31 dicembre 2012.
Nel dettaglio, la norma in commento modifica il termine contenuto nell’articolo 19, comma 14, del D.Lgs. 17 settembre 2007, n. 164.
Per effetto delle norme in esame, nonostante l'esercizio professionale di servizi e attività di investimento sia riservato dalla legge (ai sensi dell’articolo 18 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF, D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) a banche e imprese di investimento, i soggetti che al 31 ottobre 2007 prestavano consulenza in materia di investimenti possono continuare a svolgere tale servizio, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti, fino al 30 giugno 2014 (in luogo del 31 dicembre 2013).
Si ricorda inoltre che l’articolo 18-bis del TUF ha previsto, al comma 1, che la riserva di attività di cui al richiamato articolo 18 del TUF non pregiudichi la possibilità per le persone fisiche, in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la Consob, di prestare la consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti. Al comma 2 si è prevista l’istituzione dell'albo delle persone fisiche consulenti finanziari, alla cui tenuta provvede un organismo i cui rappresentanti sono nominati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sentite la Banca d'Italia e la Consob.
L'organismo vigila sul rispetto delle disposizioni rilevanti e, per i casi di violazione delle regole di condotta, delibera, in relazione alla gravità dell'infrazione, la sospensione dall'albo da uno a quattro mesi, ovvero la radiazione dal medesimo. Si è affidato a un regolamento Consob (delibera CONSOB del 12 gennaio 2010, n. 17130) di determinare i principi e i criteri relativi, fra l’altro, alla formazione dell'albo e alle relative forme di pubblicità, all'iscrizione all'albo e alle cause di sospensione, di radiazione e di riammissione, alle cause di incompatibilità, alle regole di condotta che i consulenti devono rispettare nel rapporto con il cliente, avuto riguardo alla disciplina cui sono sottoposti i soggetti abilitati, alle modalità di tenuta della documentazione concernente l'attività svolta dai consulenti finanziari, all'attività dell'organismo, alle modalità di aggiornamento professionale dei consulenti finanziari.
Poiché il suddetto organismo - condizionante l’operatività della normativa di cui alle richiamate disposizioni - non è stato ancora istituito, si pone la necessità di prevedere un ulteriore termine per l’esercizio della predetta attività di consulenza, in attesa dell’adozione di una regolamentazione sistematica che consenta di istituire il previsto albo delle persone fisiche consulenti finanziari e il relativo organismo competente.
Articolo 9, comma 2
(Contenzioso tributario pendente dinanzi
alla
Commissione tributaria centrale)
Il comma 2 dell’articolo 9 proroga al 31 dicembre 2014 il termine (originariamente fissato al 31 dicembre 2012 dall’articolo 3, comma 2-bis, lett. a) del D.L. n. 40 del 2010, e successivamente differito al 31 dicembre 2013 dall'articolo 29, comma 16-decies, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216) per l'esaurimento del contenzioso tributario pendente dinanzi alla Commissione tributaria centrale concernente ricorsi iscritti a ruolo in primo grado da oltre 10 anni, per i quali l'amministrazione finanziaria dello Stato risulti soccombente nei primi due gradi di giudizio. Sono escluse le controversie aventi ad oggetto istanze di rimborso.
A tale scopo, la norma modifica l’articolo 3, comma 2-bis, lettera a), del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40.
Si ricorda, al riguardo, che nel sistema del contenzioso tributario disciplinato dal DPR n. 636/1972, antecedente all’attuale D.Lgs n. 546/1992, erano previsti tre gradi di giudizio, oltre alla fase di legittimità. In particolare, il decreto n. 636/1972 prevedeva un giudizio davanti alla Commissione tributaria di primo grado, la cui decisione era ricorribile alla Commissione di secondo grado. Avverso la pronuncia di quest’ultima era poi consentito il ricorso alla Corte d’appello o, in alternativa, alla Commissione tributaria centrale (Ctc).
Con l’insediamento delle nuove Commissioni tributarie provinciali e regionali avvenuto il 1° aprile 1996, sulla base dei decreti legislativi nn. 545 e 546 del 1992, le controversie già pendenti, a tale data, in primo e secondo grado sono state attribuite alle neointrodotte Commissioni provinciali e regionali, con applicazione – ferme restando alcune regole particolari previste nelle norme transitorie tra il vecchio e il nuovo regime – del D.Lgs n. 546/1992.
Per le cause, invece, ancora pendenti, sempre al 1° aprile 1996, davanti alla Ctc (nonché quelle per le quali ancora non era spirato il termine per l’impugnativa dinanzi allo stesso giudice “centrale”), l’articolo 75 del D.Lgs n. 546/1992 ha previsto che continuasse a valere la disciplina procedurale prevista dal DPR n. 636/1972.
In tale contesto è intervenuto il predetto articolo 3, comma 2-bis, lettera a), del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, che ha prescritto modalità accelerate di definizione delle controversie tributarie ancora pendenti dinanzi alla Commissione tributaria centrale che originano da ricorsi iscritti a ruolo in primo grado, alla data del 26 maggio 2010 (data di entrata in vigore della legge di conversione del citato D.L. n. 40/2010), da oltre 10 anni, per le quali risulti soccombente l'Amministrazione finanziaria dello Stato nei primi due gradi di giudizio.
Lo spostamento del termine disposto dalla norma in commento discende dal fatto che alla data del 31 dicembre 2013 si stima che restino ancora da definire da parte di alcune Sezioni regionali 14.598 controversie (come da tabella allegata).
Sezioni regionali C.T.C |
Fascicoli pendenti
al |
Stima fascicoli
pendenti al |
C.T.R. ABRUZZO |
313 |
250 |
C.T. II° BOLZANO |
158 |
130 |
C.T.R. CALABRIA |
58 |
28 |
C.T.R. LAZIO |
6.771 |
5.821 |
C.T.R. LOMBARDIA |
2.203 |
1.346 |
C.T.R. SICILIA |
547 |
277 |
C.T.R. TOSCANA |
7.173 |
6.746 |
Totale
nazionale |
17.223 |
14.598 |
Articolo 9, comma 3
(Finanziamenti della Banca d’Italia alle
banche)
Il comma 3 dell’articolo 9 proroga al 31 dicembre 2014 la disciplina derogatoria disposta dall’articolo 8, comma 30, del decreto-legge n. 201 del 2011, concernente il regime di opponibilità della cessione del credito, quale garanzia da fornire alla Banca d’Italia per finanziamenti alle banche.
Al riguardo, si ricorda che al fine di incentivare e semplificare le modalità di prestazione di finanziamenti da parte della Banca d’Italia a banche per esigenze di liquidità, il citato articolo 8, comma 30, del D.L. n. 201 del 2011 ha esteso la deroga alla normativa civilistica in materia di garanzie in relazione ai finanziamenti della Banca d‘Italia.
Precisamente, nell’ipotesi in cui la Banca d’Italia eroghi finanziamenti garantiti da pegno o cessione di credito, la norma deroga ai requisiti di opponibilità della garanzia nei confronti del debitore e dei terzi – stabiliti dal codice civile (artt. 1264, 1265, 2800) e dalla disciplina relativa ai contratti di garanzia finanziaria (artt. 1, lett. q), e 2, lett. b), D.Lgs. n. 170/2004) – e considera a tal fine sufficiente la sottoscrizione del contratto di garanzia. La garanzia prestata è sottratta a revocatoria fallimentare, in applicazione dell’art. 67, comma 4, R.D. n. 267/1942, che già esclude la revocatoria stessa nei confronti dell’istituto di emissione.
La disciplina derogatoria si applicava originariamente ai contratti di garanzia finanziaria stipulati entro il 31 dicembre 2012; detto termine è stato prima prorogato al 30 giugno 2013 dall’articolo 1, comma 388, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e, successivamente, al 31 dicembre 2013, dall’articolo 1, comma 1, lett. b) del D.P.C.M. 26 giugno 2013.
Articolo 9, commi 4 e 5
(Controllo sugli agenti in attività
finanziaria e sui mediatori creditizi)
I commi 4 e 5 dell’articolo 9 prorogano i termini per l'esercizio dei poteri di controllo della Banca d’Italia sugli agenti ed i mediatori creditizi disposti dall’articolo 128-decies, commi 3, 4 e 4-bis, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB).
Al riguardo si ricorda che il citato articolo 128-decies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, reca disposizioni concernenti la trasparenza ed i connessi poteri di controllo a carico dell’agente in attività finanziaria e del mediatore creditizio.
La disciplina previgente attribuiva, fino al 31 dicembre 2013, alla Banca d’Italia il compito di verificare il rispetto degli obblighi di trasparenza da parte degli agenti insediati in Italia per conto di istituti di moneta elettronica o istituto di pagamento comunitari nonché da parte dei mediatori creditizi.
A decorrere dal 1° gennaio 2014 tali compiti sarebbero stati assegnati all’apposito Organismo istituito dall’articolo 128-undecies dello stesso TUB. Tale Organismo, avente personalità giuridica di diritto privato, con autonomia organizzativa, statutaria e finanziaria competente per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, è dotato dei poteri sanzionatori necessari per lo svolgimento di tali compiti.
Su tale quadro normativo intervengono le disposizioni in esame, e precisamente:
§ il comma 4, che proroga dal 31 dicembre 2013 al 30 giugno 2014 il termine per l'esercizio da parte della Banca d'Italia del controllo sugli agenti e sui mediatori creditizi (previsto dai commi 3 e 4 dell’articolo 128-decies del TUB);
§ il comma 5, che proroga dal 1° gennaio 2014 al 1° luglio 2014 il termine per lo svolgimento di tali controlli da parte del succitato Organismo (previsto dal comma 4-bis dell’articolo 128-decies del TUB).
Secondo la Relazione illustrativa (A.S. 1214) non sarebbe ancora terminata la formazione del personale da adibire all’attività ispettiva.
Articolo 9, comma 6
(Aliquota
ridotta per uso combustione)
Il comma 6 dell’articolo 9 proroga al 30 giugno 2014 il termine per l’adozione del decreto del Ministero dello sviluppo economico - di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze - per la determinazione della tassazione applicabile ai combustibili impiegati negli impianti cogenerativi (produzione combinata di energia elettrica e calore).
L’articolo 3-bis del D.L. n. 16 del 2012 ha disposto l’applicazione di una aliquota per uso combustione ridotta nei casi di produzione combinata di energia elettrica e calore.
In attesa dell’emanazione del decreto interministeriale attuativo, il comma 2 stabilisce che per l’anno 2012 alla produzione combinata di energia elettrica e calore, p