Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento attività produttive | ||
Titolo: | Disciplina dell'attività di ristorazione in abitazione privata - A.C. 3337 - Schede di lettura | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 420 | ||
Data: | 06/04/2016 | ||
Organi della Camera: | X-Attività produttive, commercio e turismo |
Disciplina dell'attività di ristorazione in abitazione privata
6 aprile 2016
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Quadro normativo nazionaleNell'ordinamento giuridico non esiste una disciplina specifica per l'attività di ristorazione in abitazione privata, tuttavia la risoluzione n. 50481 del 10 aprile 2015, emanata dal Ministero dello sviluppo economico - Direzione Generale per il Mercato, la Concorrenza, i Consumatori, la Vigilanza e la Normativa Tecnica, Divisione IV Promozione della concorrenza e semplificazioni per le imprese - chiarisce come configurare l'attività di cuoco a domicilio e se tale attività possa rientrare fra quelle soggette alla segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) da presentare al comune, al fine di stabilire l'iter da seguire per garantire il controllo dei requisiti professionali a tutela del consumatore finale. Più in particolare la risoluzione precisa che l'attività di somministrazione di alimenti e bevande è disciplinata dalla legge n. 287/1991, così come modificata dal decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e successive modificazioni, la quale distingue tra attività esercitate nei confronti del pubblico indistinto (articolo 1) e attività riservate a particolari soggetti (articolo 3, comma 6). L'articolo 1, comma 1 dispone che per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto che si esplicita in tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell'esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all'uopo attrezzati. Quindi "l'attività di cuoco a domicilio", anche se esercitata solo in alcuni giorni dedicati e tenuto conto che i soggetti che usufruiscono delle prestazioni sono in numero limitato, non può che essere classificata come un'attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto anche se i prodotti vengono preparati e serviti in locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco, essi rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela. Infatti, la fornitura di dette prestazioni comporta il pagamento di un corrispettivo e, quindi, anche con l'innovativa modalità , l'attività in discorso si esplica quale attività economica in senso proprio; di conseguenza non può considerarsi un'attività libera e pertanto non assoggettabile ad alcuna previsione normativa tra quelle applicabili ai soggetti che esercitano un'attività di somministrazione di alimenti e bevande". Nella risoluzione è richiamata anche la nota n. 98416 del 12-6-2013, della medesima direzione generale, con la quale è stata classificata come un'attività vera e propria di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande quella effettuata da "un soggetto che, proprietario di una villa, prepara cibi e bevande nella propria cucina fornendo tale servizio solo su specifica richiesta e prenotazione da parte di un committente e quindi solo per gli eventuali invitati".
La risoluzione indica l'applicabilità delle disposizioni di cui all'articolo 64, comma 7, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 che prevedono che, previo possesso dei requisiti di onorabilità nonché professionali di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, detti soggetti sono tenuti a presentare la SCIA o a richiedere l'autorizzazione, ove trattasi di attività svolte in zone tutelate. Infine l'attività di ristorazione in abitazione privata può esser considerata attività saltuaria d'impresa.
 Procedura relativa alla SCIA e all'autorizzazione Si ricorda che l'articolo 64, del D.Lgs. n. 59/2010, come modificato, dall'articolo 2, comma 2, del D.Lgs. 147/2012 prevede che l'apertura o il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio solo nelle zone soggette a tutela. In tutti gli altri casi è prevista la segnalazione certificata di inizio di attività da presentare allo sportello unico per le attività produttive del comune competente per territorio, ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Sono quindi subordinate alla segnalazione certificata di inizio di attività , anche l'attività di somministrazione di alimenti e bevande riservata a particolari soggetti, tra cui: al domicilio del consumatore; negli esercizi annessi ad alberghi, pensioni, locande o ad altri complessi ricettivi, limitatamente alle prestazioni rese agli alloggiati; negli esercizi posti nelle aree di servizio delle autostrade e nell'interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime; nelle mense aziendali e negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno; esercitate in via diretta a favore dei propri dipendenti da amministrazioni, enti o imprese pubbliche; nelle scuole; negli ospedali; nelle comunità religiose; in stabilimenti militari delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; nei mezzi di trasporto pubblico Con riguardo alle zone soggette a tutela, i comuni, adottano provvedimenti di programmazione delle aperture degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico. Tale programmazione può prevedere, sulla base di parametri oggettivi e indici di qualità del servizio, divieti o limitazioni all'apertura di nuove strutture limitatamente ai casi in cui ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità rendano impossibile consentire ulteriori flussi di pubblico nella zona senza incidere in modo gravemente negativo sui meccanismi di controllo in particolare per il consumo di alcolici, e senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio e alla normale mobilità . In ogni caso, resta ferma la finalità di tutela e salvaguardia delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale e sono vietati criteri legati alla verifica di natura economica o fondati sulla prova dell'esistenza di un bisogno economico o sulla prova di una domanda di mercato, quali entità delle vendite di alimenti e bevande e presenza di altri esercizi di somministrazione. La presentazione della segnalazione certificata di inizio attività o la richiesta di autorizzazione hanno valore anche ai fini di cui all'articolo 86 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. L'esercizio dell'attività è subordinato:
L'autorizzazione e il titolo abilitativo decadono nei seguenti casi: a) qualora il titolare dell'attività non risulti più in possesso dei requisiti di cui all'articolo 71, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 59/2010; b) qualora il titolare sospenda l'attività per un periodo superiore a dodici mesi; c) qualora venga meno la rispondenza dello stato dei locali ai criteri stabiliti dal Ministro dell'interno. In tale caso, il titolare può essere espressamente diffidato dall'amministrazione competente a ripristinare entro il termine assegnato il regolare stato dei locali; d) nel caso di attività soggetta ad autorizzazione, qualora il titolare, salvo proroga in caso di comprovata necessità , non attivi l'esercizio entro centottanta giorni. Le sanzioni amministrative previste per chi esercita l'attività senza l'autorizzazione, ovvero senza la segnalazione certificata di inizio di attività , ovvero quando sia stato emesso un provvedimento di inibizione o di divieto di prosecuzione dell'attività ed il titolare non vi abbia ottemperato, vanno dal pagamento di una somma da 2.500 euro a 15.000 euro e la chiusura dell'esercizio (comma 1 dell'articolo 10 della legge 25 agosto 1991, n. 287). Si segnala che l'articolo 5 della legge n. 124/2015 ha conferito al Governo la delega ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della citata legge, uno o più decreti legislativi per la precisa individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché di quelli per i quali è necessaria l'autorizzazione espressa e di quelli per i quali è sufficiente una comunicazione preventiva, sulla base dei principi e criteri direttivi desumibili dagli stessi articoli, dei principi del diritto dell'Unione europea relativi all'accesso alle attività di servizi e dei principi di ragionevolezza e proporzionalità , introducendo anche la disciplina generale delle attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva espressa, compresa la definizione delle modalità di presentazione e dei contenuti standard degli atti degli interessati e di svolgimento della procedura, anche telematica, nonché degli strumenti per documentare o attestare gli effetti prodotti dai predetti atti, e prevedendo altresì l'obbligo di comunicare ai soggetti interessati, all'atto della presentazione di un'istanza, i termini entro i quali l'amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda. Lo schema di decreto legislativo concernente la segnalazione certificata di inizio attività è stato approvato in via preliminare nel Consiglio dei Ministri del 20 gennaio 2016.
 Requisiti di accesso e di esercizio delle attività commerciali Si ricorda che il comma 6 dell'articolo 71, del D.Lgs n. 59/2010, come modificato dall'art. 8, D.Lgs n. 147/2012, prevede che l'esercizio, in qualsiasi forma e limitatamente all'alimentazione umana, di un'attività di commercio al dettaglio relativa al settore merceologico alimentare o di un'attività di somministrazione di alimenti e bevande è consentito a chi è in possesso di uno dei seguenti requisiti professionali: a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito o riconosciuto dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano; b) avere, per almeno due anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente, esercitato in proprio attività d'impresa nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande o avere prestato la propria opera, presso tali imprese, in qualità di dipendente qualificato, addetto alla vendita o all'amministrazione o alla preparazione degli alimenti, o in qualità di socio lavoratore o in altre posizioni equivalenti o, se trattasi di coniuge, parente o affine, entro il terzo grado, dell'imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all'Istituto nazionale per la previdenza sociale; c) essere in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, almeno triennale, purché nel corso di studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti. Inoltre i commi da 1 a 5 prevedono un elenco di casi in cui ad alcuni soggetti non è consentito esercitare l'attività commerciale di vendita e di somministrazione di alimenti e bevande.  Si ricordano infine i seguenti atti regionali in materia di requisiti professionali:
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ContenutoLa presente proposta di legge è composta di 7 articoli.
L'oggetto della proposta è la disciplina dell'attività degli home restaurant o home food considerata come attività finalizzata alla somministrazione di alimenti e di bevande esercitata da persone fisiche all'interno delle proprie strutture abitative utilizzando i prodotti preparati nelle stesse strutture; inoltre la finalità della proposta è quella di valorizzare le peculiarità enogastronomiche italiane e diffondere le attività di home restaurant o home food (articolo 1).  Non rientrano nell'oggetto della presente proposta le attività svolte in ambito privato o comunque da persone unite da stretti vincoli, quali parenti o amici (articolo 2, comma 1). I requisiti per lo svolgimento dell'attività  espressamente previsti dalla proposta di legge sono (articolo 2, commi 2-6):
Il trattamento fiscale delle attività commerciali svolte in maniera occasionale è disciplinato dall'articolo 67, comma 1, lett. i), del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), il quale include tra i redditi diversi i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente. Tali redditi concorrono, unitamente agli altri redditi posseduti da un soggetto, a formare il reddito complessivo (fatta eccezione per alcune tipologie assoggettate a tassazione separata), sottoposto alle ordinarie aliquote fiscali. Nel caso in cui, invece, l'attività commerciale si configuri come abituale, i redditi conseguiti devono essere qualificati come redditi d'impresa (articolo 55 del TUIR).
Si richiamano, al riguardo, le seguenti risoluzioni dell'Agenzia delle entrate, riferite alle prestazioni di alloggio e prima colazione effettuate dai Bed and Breakfast: risoluzione 13 ottobre 2000, n. 155; risoluzione n. 18/E del 24 gennaio 2008.
Per quanto riguarda l'IVA, l'Agenzia delle entrate ha chiarito (risoluzione n. 180/E del 1998) che il presupposto soggettivo dell'imponibilità all'IVA sussiste qualora le prestazioni di servizi siano non occasionali, ovvero non rientranti in un'attività esercitata per professione abituale. Pertanto non si applica l'IVA se l'attività viene esercitata non in modo sistematico o con carattere di stabilità e senza quella organizzazione di mezzi che è indice di professionalità dell'esercizio dell'attività stessa.
Nel caso inverso, in cui l'attività sia svolta in modo sistematico e con carattere di stabilità , con una certa organizzazione di mezzi, la stessa attività si qualificherebbe in termini abituali e quindi professionali. In tal caso, l'attività rientrerebbe nel campo di applicazione dell'IVA, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Andrebbe chiarito se sussistano o meno requisiti di carattere soggettivo per lo svolgimento dell'attività di home restaurant considerato che il comma 6 dell'articolo 71, del D.Lgs. n. 59/2010, come modificato dall'art. 8, D.Lgs. n. 147/2012, prevede che l'esercizio, in qualsiasi forma e limitatamente all'alimentazione umana, di un'attività di somministrazione di alimenti e bevande è consentito solo a chi è in possesso di specifici requisiti professionali (vedi supra). Tale disposizione è, ad oggi, considerata applicabile agli home restaurant alla luce della risoluzione n. 50481 del 10 aprile 2015, sopra ricordata.
Il regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio stabilisce le norme generali in materia di igiene dei prodotti alimentari, in tutte le fasi del processo di produzione: dalla fase della produzione primaria (principalmente l'agricoltura, la caccia o la pesca) al consumatore finale. Il regolamento non riguarda invece le questioni relative alla nutrizione, alla composizione, alla qualità , alla produzione o alla preparazione di cibi in ambito domestico né la fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o a dettaglianti locali che forniscono direttamente il consumatore finale. I paesi dell'UE possono adattare le norme a specifiche condizioni locali, purché non sia compromessa la sicurezza alimentare. Il regolamento e i suoi allegati definiscono pertanto una serie di obiettivi di sicurezza alimentare che le imprese alimentari devono soddisfare. Il principio fondamentale è che tutti coloro che lavorano nel settore alimentare devono garantire prassi igieniche in ogni fase del processo di produzione. L'allegato I del regolamento riguarda le attività connesse alla produzione primaria (ovvero agricoltura, caccia e pesca) e comprende il trasporto, la manipolazione e l'immagazzinamento di prodotti primari, nonché il trasporto di animali vivi. I requisiti generali in materia di igiene, riportati nell'allegato II, disciplinano invece settori quali: i locali e le attrezzature alimentari; le condizioni di trasporto; i rifiuti alimentari; il rifornimento idrico; l'igiene personale e la formazione degli operatori del settore; il confezionamento e l'imballaggio; il trattamento termico. Inoltre, tutte le imprese del settore alimentare devono essere conformi al regolamento (CE) n. 853/2004 che stabilisce norme in materia di alimenti di origine animale. L'articolo 5 del regolamento (CE) n. 852/2004 impone agli operatori del settore alimentare di predisporre, attuare e mantenere una procedura permanente basata sui principi del sistema HACCP (Hazard analysis and critical control points / Analisi dei pericoli e punti critici di controllo). Un meccanismo di autoregolamentazione e controllo che non dovrebbe sostituire i controlli ufficiali. Infatti autocontrollo e sistema HACCP non coincidono. Il concetto di autocontrollo è più esteso essendo correlato al ruolo che, in materia di igiene e sicurezza degli alimenti, deve rivestire ogni singolo operatore e alla normale gestione funzionale dell'attività commerciale. L'autocontrollo è quindi necessario per tutti gli operatori coinvolti nella filiera alimentare. L'HACCP è funzionale a migliorare l'autocontrollo ed è obbligatorio solo per gli operatori dei settori post-primari ovvero per gli operatori che intervengono in qualsivoglia fase della produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti successiva alla produzione primaria e al trasporto. I principi su cui si basa l'elaborazione di un piano HACCP sono indicati dal citato Regolamento (CE) n. 852/2004 (articolo 5) e sono i seguenti: a) identificare ogni pericolo che deve essere prevenuto, eliminato o ridotto a livelli accettabili; b) identificare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo a livelli accettabili; c) stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano l'accettabilità e l'inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione dei rischi identificati; d) stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di controllo; e) stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso in cui dalla sorveglianza risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo; f) stabilire le procedure, da applicare regolarmente, per verificare l'effettivo funzionamento delle misure sopra indicate; g) predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell'impresa alimentare al fine di dimostrare l'effettiva applicazione delle misure da a) a f). L'articolo 7 del regolamento (CE) n. 852/2004 promuove l'elaborazione dei manuali di corretta prassi operativa in materia di igiene e di applicazione dei principi del sistema HACCP (Manuali GHP) e ne incoraggia la divulgazione e l'uso. Sebbene la loro adozione, da parte degli operatori del settore alimentare (Osa), sia su base volontaria, il successivo articolo 8 del regolamento prevede che gli Stati membri valutino i manuali di corretta prassi operativa al fine di verificarne la conformità alle disposizioni ivi previste. (Per ulteriori informazioni si rinvia alla sezione del Ministero della salute dedicata a Igiene generale degli alimenti). Si segnala infine che la Commissione Europea ha redatto delle Linee guida generali relative all'applicazione delle procedure basate sui principi del sistema HACCP e alla semplificazione dell'attuazione dei principi del sistema HACCP in talune imprese alimentari.
L'articolo 19, della L. 241/1990 e successive modificazioni, prevede che la segnalazione certificata deve esser corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché, ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese di cui all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni citate, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l'utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione.
Non dovrebbe pertanto essere applicabile la disposizione, prevista per gli esercizi di somministrazione di cibi e bevande, per la quale è richiesta l'autorizzazione all'esercizio dell'attività qualora l'home restaurant si svolga in aree soggette a tutela. A questo proposito si segnala che la risoluzione n. 50481 del Ministero dello sviluppo economico del 10 aprile 2015 era invece orientata nel senso che, nel caso in cui l'attività di home restaurant si svolgesse in zone tutelate, fosse richiesta l'autorizzazione all'esercizio dell'attività .
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L'allegato II, capitolo III del regolamento (CE) n. 852/2004 è dedicato ai requisiti applicabili alle strutture mobili e/o temporanee (quali padiglioni, chioschi di vendita, banchi di vendita autotrasportati), ai locali utilizzati principalmente come abitazione privata, ma dove gli alimenti sono regolarmente preparati per essere commercializzati, e ai distributori automatici. Questi i requisiti richiesti:
a) devono essere disponibili appropriate attrezzature per mantenere un'adeguata igiene personale (impianti igienici per lavarsi e asciugarsi le mani, attrezzature igienico-sanitarie e locali adibiti a spogliatoi);
b) le superfici in contatto col cibo devono essere in buone condizioni, facili da pulire e, se necessario, da disinfettare; a tal fine si richiedono materiali lisci, lavabili, resistenti alla corrosione e non tossici, a meno che gli operatori alimentari non dimostrino all'autorità competente che altri materiali utilizzati sono adatti allo scopo;
c) si devono prevedere opportune misure per la pulizia e, se necessario, la disinfezione degli strumenti di lavoro e degli impianti;
d) laddove le operazioni connesse al settore alimentare prevedano il lavaggio degli alimenti, occorre provvedere affinché esso possa essere effettuato in condizioni igieniche adeguate;
e) deve essere disponibile un'adeguata erogazione di acqua potabile calda e/o fredda;
f) devono essere disponibili attrezzature e impianti appropriati per il deposito e l'eliminazione in condizioni igieniche di sostanze pericolose o non commestibili, nonché dei rifiuti (liquidi o solidi);
g) devono essere disponibili appropriati impianti o attrezzature per mantenere e controllare adeguate condizioni di temperatura dei cibi;
h) i prodotti alimentari devono essere collocati in modo da evitare, per quanto ragionevolmente possibile, i rischi di contaminazione.
Infine si stabilisce che la cucina dell'immobile destinato all'attività di home restaurant o home food può esser utilizzata come laboratorio culinario e l'attività esercitata non comporta la modifica della destinazione d'uso del medesimo immobile. Si stabilisce che l'esercizio dell'attività di home restaurant in caso di assenza della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) comporta la cessazione dell'attività medesima (articolo 4). La norma non presenta una portata innovativa, essendo l'impossibilità di svolgimento dell'attività in assenza della segnalazione certificata di inizio attività conseguenza immediata di quanto previsto dall'articolo 2. Sarebbe opportuno riformulare la disposizione indicando quali eventuali conseguenze derivino dall'esercizio della medesima in mancanza della segnalazione certificata di inizio attività . Sono previsti inoltre anche alcuni obblighi per il soggetto titolare dell'attività tra cui il rinnovo annuale previa comunicazione dell'interessato, con la quale dichiara la conformità alle disposizioni e la persistenza dei requisiti riferiti all'attività di cui all'articolo 2 e all'immobile di cui all'articolo 3 (articolo 5). Le funzioni di vigilanza e controllo su quanto stabilito dalle disposizioni della proposta di legge sono esercitate dai comuni, in forma singola o associata, in coordinamento con le altre autonomie locali e con le aziende sanitarie competenti per territorio. In caso di inerzia del comune, provvede in via sostitutiva la regione. Il comune trasmette alla struttura regionale competente una relazione entro il 31 marzo di ciascun anno. Sono fatte salve le competenze dell'autorità di pubblica sicurezza (articolo 6). Le disposizioni generali in tema di attività di somministrazione di cibi e bevande prevedono che, successivamente alla presentazione della SCIA, vengano verificati il rispetto dei vincoli urbanistici indicati nel Regolamento Urbanistico Edilizio (vincoli peraltro indicati nei criteri di programmazione comunali) e la conformità dei locali allo stato dichiarato. Inoltre, ai fini dei controlli della pubblica sicurezza, l'articolo 1, D.M.564/1992 prevede che i locali e le aree adibiti, anche temporaneamente o per attività stagionale, ad esercizio per la somministrazione al pubblico di alimenti o bevande devono avere caratteristiche costruttive tali da non impedire la sorvegliabilità delle vie d'accesso o d'uscita. Per le attività di commercio e vendita, di pubblici esercizi di somministrazione, mense, laboratori artigiani l'autorizzazione sanitaria è stata sostituita, dall'obbligo di Registrazione ai sensi del Reg. CE n. 852/2004, tale registrazione non necessita dell'obbligo di un'ispezione preventiva da parte dell'organo tecnico dell'ASL competente.
Andrebbe precisato se il regime dei controlli relativi alle attività di home restaurant coincida o meno con quello previsto per i locali nei quali si esercita in via professionale la somministrazione di cibi e bevande. In particolare andrebbe precisato quali siano i termini del coordinamento, previsto dalla disposizione, tra i diversi soggetti richiamati (autonomie locali e ASL). Andrebbe inoltre chiarito quali siano "le altre autonomie locali" eventualmente coinvolte e a che titolo.  Infine è prevista la clausola di invarianza finanziaria (articolo 7).  In relazione alla materia oggetto del provvedimento in esame la X Commissione, dopo un breve ciclo di audizioni informali, ha esaminato e approvato in data 4 dicembre 2015 la Risoluzione 8-00173. |
Relazioni allegate o richiesteLa proposta di legge in esame è corredata di una relazione illustrativa. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteLa proposta di legge disciplina il fenomeno dell'home restaurant e dell'home food. La materia attiene prevalentemente alla disciplina della concorrenza (art. 117 comma 2, lett. e) in quanto la proposta di legge è diretta a stabilire caratteristiche e limiti di questa specifica attività economica nonché, in via residuale, la materia del commercio, rientrante nella competenza residuale delle regioni. Secondo la Corte "la nozione di concorrenza «riflette quella operante in ambito comunitario e comprende: a) sia gli interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali le misure legislative di tutela in senso proprio, che contrastano gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati e che ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione; b) sia le misure legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, rimuovendo cioè, in generale, i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche (ex multis: sentenze n. 270 e n. 45 del 2010, n. 160 del 2009, n. 430 e n. 401 del 2007)». Inoltre, la Corte ha affermato che la materia «tutela della concorrenza», dato il suo carattere finalistico, non è una materia di estensione certa o delimitata, ma è configurabile come trasversale, «corrispondente ai mercati di riferimento delle attività economiche incise dall'intervento e in grado di influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle regioni» (così, tra le più recenti, sentenza n. 38 del 2013; si veda, inoltre, la sentenza n. 299 del 2012)" (sentenza n. 104 del 2014). La Corte ha in più circostanze valutato il rapporto tra la disciplina statale in tema di concorrenza e la competenza regionale in tema di commercio. La Corte ha tratto la conclusione «che il titolo competenziale delle Regioni a statuto speciale in materia di commercio non è idoneo ad impedire il pieno esercizio della suddetta competenza statale e che la disciplina statale della concorrenza costituisce un limite alla disciplina che le medesime Regioni possono adottare in altre materie di loro competenza» (sentenze n. 38 del 2013 e n. 299 del 2012). Ciò vale, a maggior ragione, anche per le ragioni a statuto ordinario. |
Compatibilità comunitariaNon esistendo, a livello europeo, una disciplina specifica sulla materia si applicano le disposizioni del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea in tema di concorrenza. Non sembrano emergere elementi problematici in termini di compatibilità tra le disposizioni della proposta di legge e la discilina europea. |
Legislazione stranieraGli home restaurant in Francia In Francia l'attività di home restaurant, definita anche "repas chez l'habitant", appare abbastanza diffusa, sebbene non sia ancora oggetto di una specifica disciplina normativa. Uno dei principali siti della forma di ristorazione in questione è VizEat, una community che opera peraltro in diversi paesi (Italia, Spagna e Stati Uniti, tra gli altri). Una serie di informazioni in italiano sono disponibili ai seguenti link: Anche in Francia, come in Italia, la diffusione degli home restaurant è stata fonte di preoccupazione per i soggetti della ristorazione tradizionale, come riportato, tra gli altri, nei seguenti articoli, tutti risalenti allo scorso settembre: 1) "Les tables d'hôtes dans le collimateur des restaurateurs", 6 settembre 2015 Quest'articolo dà conto delle accuse di un sindacato nazionale di settore (Synhorcat, Syndicat National des Hôteliers, Restaurateurs, Cafetiers et Traiteurs) verso questa nuova forma di ristorazione, che fa concorrenza alla ristorazione tradizionale senza dover ottemperare agli obblighi di legge cui sono soggetti invece i ristoratori tradizionali; 2) "Les repas chez l'habitant mettent la filière restauration en ébullition", 15 settembre 2015 Quest'articolo, oltre a riportare le critiche da parte di categorie della ristorazione tradizionale, evidenzia un impegno a intervenire in materia da parte del Comité de filière pour la restauration, istituito nel 2013 presso il Ministero dell'artigianato, commercio e turismo (competenze poi inglobate nell'attuale Ministero dell'economia, industria e digitale). L'articolo riferisce inoltre di alcuni casi di intervento della Direction générale de la concurrence, de la consommation et de la répression des fraudes (Ministero dell'economia, industria e digitale) presso i soggetti che operano nel settore dell'home restaurant; 3) "Les «Airbnb» de la restauration inquiètent le secteur", 4 settembre 2015 In quest'articolo si sottolinea in particolare il fatto che sia consentito vendere, presso gli home restaurant, bevande alcoliche senza la relativa licenza. |
Incidenza sull'ordinamento giuridicoLa materia dell'home restaurant e dell'home food non ha, allo stato, una disciplina normativa di riferimento. La normativa in questione pertanto si affianca, senza però richiamarla, alla normativa generale concernente l'attività di somministrazione di cibi e bevande. Tale disciplina è stata infatti, in larga parte rimessa alla disciplina regionale, rientrando nella competenza residuale delle regioni in materia di commercio, fatta tuttavia salva la competenza esclusiva dello Stato in materia di concorrenza. A livello statale la disciplina generale è contenuta nella legge n. 287/1991, così come modificata dal decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e successive modificazioni, la quale distingue tra attività di somministrazione di cibi e bevande esercitata nei confronti del pubblico indistinto (articolo 1) e attività riservata a particolari soggetti (articolo 3, comma 6). La normativa, incidendo sulla materia del commercio, è applicabile salva diversa regolamentazione da parte delle leggi regionali. Principio inderogabile è rappresentato dalle modalità di accesso al mercato. Con riferimento all'esercizio dell'attività di somministrazione di cibi e bevande è previsto dall'articolo 64, del D.Lgs n. 59/2010, come modificato dall'articolo 2, comma 2, del D.Lgs. 147/2012, il regime di segnalazione certificata di inizio attività per l'esercizio dell'attività di somministrazione di cibi e bevande. Nella proposta di legge di cui si tratta si riprende il medesimo regime con l'unica significativa differenza consistente nella mancata previsione di un regime autorizzatorio per l'apertura o il trasferimento di sede di home restaurant nelle zone soggette a tutela.  |
Formulazione del testoAll'articolo 2, comma 2, la specificazione "a prescindere dal numero di camere adibite alla somministrazione di alimenti e bevande" appare superflua e se ne suggerisce la soppressione. All'articolo 2, omma 3, sarebbe opportuno esplicitare il riferimento normativo relativo al regime fiscale applicabile alle attività saltuarie (articolo 67, comma 1, lett. i), del TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986). |