Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento agricoltura | ||
Titolo: | Interventi per il settore ittico - A.C. 521 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 14 | ||
Data: | 28/05/2013 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | XIII-Agricoltura |
Interventi per il settore ittico
28 maggio 2013
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Contenuto |
Articolo 1L'articolo 1 istituisce presso il Ministero delle politiche agricole un Fondo per lo sviluppo della filiera ittica con una dotazione permanente, a decorrere dal 2013, di 10 milioni annui, al fine di realizzare: nuovi investimenti nelle imprese del settore al fine di incrementare l'innovazione, la competitività e l'efficienza;ristrutturazioni aziendali e produttive in linea con gli orientamenti europei sugli aiuti di Stato per il salvataggio delle imprese in difficoltà;società miste, tutoraggi in ambito start up e prestiti partecipativi;interventi sulla ricerca e lo sviluppo tecnologico;misure per agevolare l'accesso al credito. |
Articolo 2L'articolo 2 inserisce un nuovo comma all'art. 10 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n.226, recante norme per l'"Orientamento e modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura",prevedendo che, a decorrere dal 2013, la somme di 100.000 e di 2.326.000 euro annui, disposte dal D.Lgs. n. 226/2001 (di orientamento e modernizzazione della pesca e dell'acquacoltura) a copertura degli oneri derivanti dall'equiparazione dell'imprenditore ittico a quello agricolo (art. 2) e dall'estensione delle agevolazioni alle attività connesse a quelle di pesca (art. 3), siano destinate ai seguenti soggetti:
I programmi dovranno essere finalizzati a:
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Articolo 3L'articolo 3, comma 1, prevede che nei documenti unici di programmazione elaborati dalle regioni per il sostegno alle aree in ritardo di sviluppo e nel Documento di Economia e finanza vengano definiti gli obiettivi da perseguire con gli strumenti della programmazione negoziata nel settore della pesca.
Per "contratto di programma" si intende il contratto stipulato tra l'amministrazione statale competente e grandi imprese, consorzi di medie e piccole imprese e rappresentanti di distretti industriali per la realizzazione di interventi oggetto di programmazione negoziata, relativi allo sviluppo delle attività produttive. L'ambito di applicazione dell'istituto del contratto di programma è stato esteso alle imprese agricole, della pesca marittima e in acque salmastre, dell'acquacoltura, e relativi consorzi dal D.Lgs. n. 173/1998, recante "Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole".
Si ricorda che, relativamente alla disciplina generale dei contratti di programma, l'articolo 23 del D.L. n. 83 del 2012 ha istituito il Fondo per la crescita sostenibile (ex Fondo speciale rotativo di cui all'articolo 14 della legge n. 46 del 1982), sul quale sono confluite le risorse destinate a numerose disposizioni agevolative, tra cui i contratti di programma e i contratti di area (allegato 1, n. 25).
Si segnala che precedentemente l'articolo 43 del D.l. n.112 del 2008 aveva dispsosto l'emanazione di un decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico al fine di stabilire i criteri, le condizioni e le modalità di concessione di agevolazioni finanziarie per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, prevedendo il concerto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per le attività della filiera agricola e della pesca e acquacultura. Tuttavia l'articolo 4 del decreto attuativo (D.M. 24 settembre 2010) esclude dalla specifica disciplina in esso contenuta i progetti di investimento riguardanti l'agricoltura, la silvicultura e la pesca.
Le aree in ritardo di sviluppo
Il quadro di riferimento per la programmazione delle risorse relative al periodo 2007-2013 è costituito dal Quadro strategico nazionale 2007-2013 (QSN), approvato in via definitiva dalla Commissione europea con decisione del 13 luglio 2007. Tale Quadro espone, in un progetto unitario, la programmazione dei fondi strutturali e delle risorse aggiuntive nazionali per le aree del Mezzogiorno e del Centro-Nord, secondo un sistema teso all' unificazione della politica regionale comunitaria e di quella nazionale. Esso viene attuato attraverso i fondi strutturali della UE, il cofinanziamento nazionale e ulteriori risorse specifiche, quali ad esempio il Fondo per lo sviluppo e la coesione (nuova denominazione del Fondo per le aree sottoutilizzate - FAS).
Il QSN si attua tramite i Programmi Operativi, documenti che declinano le priorità strategiche per settori e territori. Essi possono essre di carattere nazionale (PON), regionale (POR) e interregionale (POIN). I POR sono multisettoriali, riferiti alle singole regioni e gestiti dalle Amministrazioni Regionali. Per ciascuna Regione, nonchè per le due Province autonome esiste un POR relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e un POR relativo al Fondo sociale europeo FSE.
Nell'ambito degli interventi della politica di coesione per il ciclo di programmazione 2007-2013, l'obiettivo "Convergenza" è inteso ad accelerare la convergenza degli Stati e delle regioni in ritardo di sviluppo favorendo il miglioramento delle condizioni di crescita e di occupazione. L'elenco delle regioni interessate dall'obiettivo "Convergenza", valido dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, è riportato nell'allegato I alla decisione della Commissione UE n. 595/2006 del 4 agosto 2006. Per l'Italia, vi rientrano le regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Ad esse si aggiunge regione Basilicata, ammessa al regime di sostegno transitorio (c.d. "phasing-out).
Si ricorda, invece, che nel ciclo di programmazione 2000-2006 il Quadro comunitario di sostegno (QCS) - che delineava le linee delle politiche di coesione - prevedeva i Programmi operativi regionali (POR) per le regioni dell'Obiettivo 1 (regioni del Mezzogiorno, con l'Abruzzo in regime transitorio), mentre per le regioni del Centro-Nord (Obiettivo 2) le politiche di sviluppo venivano delineate per mezzo dei documenti unici di programmazione regionale (DOCUP), che anch'essi dovevano essere approvati in sede comunitaria.
La programmazione negoziata
La Programmazione negoziata ha lo scopo "di regolare gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati e che comportano attività decisionali complesse, nonché la gestione unitaria delle risorse finanziarie". Gli strumenti di attuazione sono individuati in:
- Intesa Istituzionale di Programma, attuata mediante Accordo di Programma Quadro;
- Patto territoriale;
- Contratto di programma;
- Contratto di area.
La Programmazione negoziata è stata delineata con la legge 662/1996, art. 203, legge finanziaria per l'anno 1997. La stessa legge ha demandato al CIPE il compito di regolamentare gli strumenti di attuazione della politica economica nazionale, delegandone anche l'approvazione, nonché la ripartizione delle risorse finanziarie pubbliche destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate. Successivamente, l'articolo 10, comma 1, del D.Lgs. n. 173 del 1998, ha rimesso al CIPE il compito di determinare "limiti, criteri e modalità di applicazione anche alle imprese agricole, della pesca marittima e in acque salmastre e dell'acquacoltura" degli interventi (patti territoriali, contratti di programma e contratti d'area) regolati dall'articolo 2, comma 203, della legge n. 662 del 1996. In attuazione dell'articolo 10, comma 1, della legge n. 173 del 1998 il CIPE ha adottato la delibera 11 novembre 1998, n. 127, la quale ha disposto l'estensione all'agricoltura e alla pesca degli strumenti della programmazione negoziata, integrando a tal fine le proprie precedenti delibere 25 febbraio 1994 (di disciplina dei contratti di programma) e 21 marzo 1997 (di disciplina della programmazione negoziata).
Al riguardo si ricorda che, ormai esauritasi l'operatività dei patti territoriali (peralto precedentemente regionalizzati) e dei contratti di area, per quanto riguarda l'operatività dei contratti di programma si rinvia al successivo comma 2.
Il Documento di economia e finanza
Si ricorda che la legge 5 agosto 1978, n. 468 è stata abrogata dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196, che, all'articolo 7 ha riformato il ciclo e gli strumenti della programmazione finanziaria e di bilancio, sostituendo il Documento di programmazione economico finanziaria con il Documento di economia e finanza, il cui contenuto è stato da ultimo ridefinito dalla legge 7 aprile 2011, n. 39, che ha previsto, tra l'altro, che il Ministro dello sviluppo economico presenti alle Camere, entro il 10 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento, in allegato al DEF, un'unica relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate, evidenziando il contributo dei fondi nazionali addizionali, e sui risultati conseguiti, con particolare riguardo alla coesione sociale e alla sostenibilità ambientale, nonché alla ripartizione territoriale degli interventi. |
Articolo 4L'articolo 4 attribuisce alle regioni il compito di istituire i distretti ittici, su aree marine omogenee sotto il profilo ambientale, sociale ed economico, che saranno regolati dalle norme attualmente in vigore per i distretti industriali. L'istituzione dei distretti deve essere diretta a garantire una gestione razionale delle risorse, in attuazione del principio di sostenibilità, ed a preservare le identità storiche e le vocazioni territoriali.
In merito va detto che l'articolo 4 del D.Lgs. n. 226/2001 (legge di orientamento per la pesca) ha già previsto l'istituzione di distretti di pesca, secondo i medesimi criteri di omogeneità e per le stesse finalità di razionale gestione delle risorse. Le modalità di identificazione, delimitazione e gestione dei distretti di pesca avrebbero dovuto essere definite da un decreto del dicastero agricolo, con il concerto di quello dell'ambiente, su proposta regionale, sentite le associazioni nazionali di categoria.
Va anche rammentato che l'articolo 5-bis del D.L. n. 2/2006 ha esteso al settore della pesca la disciplina in materia di distretti produttivi introdotta dai commi 366-372, della legge finanziaria per il 2006 (legge 266/2005, articolo unico). L'assunto di fondo che aveva mosso l'intervento legislativo era la necessità di valorizzare le specificità del sistema produttivo italiano, composto in prevalenza da piccole e medie imprese (PMI) il cui tipico modello organizzativo è costituito dai distretti industriali. La Finanziaria 2005 ha conferito una sorta di soggettività giuridica al modello organizzativo dei distretti, trasformandoli in piattaforme di sviluppo organizzate secondo il concetto della filiera produttiva, in grado sia di surrogare l'assenza di grandi industrie, sia di promuovere una più intensa internazionalizzazione dell'economia italiana. |
Articolo 5L'articolo 5 prevede che le associazioni rappresentative del mondo della pesca, le associazioni nazionali delle organizzazioni dei produttori e gli enti di patronato promossi dalle organizzaizoni sindacali possano istituire i Centri di assistenza per lo sviluppo della pesca, i quali potranno essere incaricati dal Ministro delle politiche agricole di effettuare attività di assistenza alle imprese di pesca e alle organizzazioni di produttori e pescatori.
Si ricorda che l'art. 3-bis del dlgs 165/1999 ha previsto che gli organismi pagatori possono, con apposita convenzione, incaricare i Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA), ad effettuare, per conto dei propri utenti e sulla base di specifico mandato scritto, le seguenti attività: a) tenere ed eventualmente conservare le scritture contabili; b) assistere gli agricoltori nella elaborazione delle dichiarazioni di coltivazione e di produzione, delle domande di ammissione a benefìci comunitari, nazionali e regionali, controllando la regolarità formale delle dichiarazioni ed immettendo i relativi dati nel sistema informativo attraverso le procedure del SIAN; c) interrogare le banche dati del SIAN ai fini della consultazione dello stato di ciascuna pratica relativa ai propri associati.
I Centri di cui al comma 1 sono istituiti, per l'esercizio dell'attività di assistenza agli agricoltori, nella forma di società di capitali, dalle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative, o da loro associazioni, da associazioni dei produttori e dei lavoratori, da associazioni di liberi professionisti e dagli enti di patronato e di assistenza professionale, che svolgono servizi analoghi, promossi dalle organizzazioni sindacali.
Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono stabiliti i requisiti minimi di garanzia e di funzionamento per lo svolgimento di tali attività. Si ricorda, in proposito, che, con decreto ministeriale 27 marzo 2008, è stata approvata la riforma dei centri autorizzati di assistenza agricola; l'applicazione delle nuove disposizioni era stata dapprima rinviata a maggio 2010 e poi ulteriormente posticipata di un anno. |
Articolo 6L'articolo 6 apporta talune modifiche all'art. 3 del dlgs 154/2004, che disciplina la composizione della Commissione consultiva centrale per la pesca e l'acquacoltura. A tal fine viene previsto che:
Si ricorda che, ai sensi dell'art. 3 del D.Lgs. 154/2004, la Commissione consultiva centrale per la pesca e l'acquacoltura, è presieduta dal Ministro delle politiche agricole e forestali o dal Sottosegretario di Stato delegato. La Commissione è chiamata a dare pareri sui decreti del Ministro delle politiche agricole e forestali, o del Sottosegretario di Stato delegato, finalizzati alla tutela e gestione delle risorse ittiche ed in relazione ad ogni argomento per il quale il presidente ne ravvisi l'opportunità.Il presidente può invitare, alle riunioni della Commissione, gli assessori regionali per la pesca e l'acquacoltura, i rappresentanti dei Ministeri e degli enti interessati agli argomenti posti all'ordine del giorno ed esperti del settore.La Commissione ha durata triennale ed è nominata con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali.
L'art. 16 del D.Lgs. n. 154/2004, richiamato dal comma 2, intitolato alla promozione della cooperazione, prevede che allo scopo di favorire lo sviluppo della pesca e dell'acquacoltura nazionali in forma cooperativa, nonché delle attività connesse, il Programma nazionale prevede il finanziamento di:
L'articolo 17 si occupa, invece, della promozione dell'associazionismo e prevede che, allo scopo di favorire lo sviluppo e la valorizzazione della produzione ittica nazionale, tutelare la concorrenzialità delle imprese di settore sui mercati nazionali ed internazionali, promuovere l'associazionismo nel settore della pesca e dell'acquacoltura nazionali, nonché delle attività connesse, il Programma nazionale prevede il finanziamento di specifiche iniziative, ivi compresi i contratti di programma, i progetti sperimentali e le convenzioni per la fornitura di servizi al settore, sulla base di programmi annuali o pluriennali predisposti dalle associazioni nazionali riconosciute delle imprese di pesca e delle imprese di acquacoltura. |
Articolo 7L'articolo 7 prevede una riserva del 30 per cento al settore della pesca nell'ambito del riparto delle risorse che lo Stato conferisce alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano in materia di agricoltura e pesca, ai sensi del D.P.C.M. 11 maggio 2001.
Il decreto individua i beni, le risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative da trasferire alle regioni a statuto ordinario, in attuazione del passaggio di talune funzioni statali alle stesse regioni. L'art. 6, comma 2, prevede che il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica provvede annualmente al riparto ed alla conseguente assegnazione delle risorse. |
Articolo 8L'articolo 8 riserva alla ricerca scientifica effettuata dalle strutture cooperative il 35 per cento dei finanziamenti previsti nel Programma nazionale della pesca e dell'acquacoltura destinati al finanziamento della ricerca scientifica applicata. Nell'ambito della quota del 35%, i progetti di ricerca presentati dalle strutture cooperative sono finanziabili fino al 100 per cento dello stanziamento.
Si ricorda che l'art. 9 del decreto-legge n.216 del 2011 ha prorogato di un anno, e cioè fino al 31 dicembre 2012, il periodo di vigenza del Programma nazionale della pesca e dell'acquacoltura, adottato per il periodo 2007-2009 con decreto ministeriale 3 agosto 2007, sulla base di quanto stabilito dal decreto legislativo n.154 del 2004 e poi prorogato da successivi provvedimenti (L. 23 dicembre 2009, n. 191 e decreto-legge 225/2010) per gli ani 2010 e 2011.
Con il medesimo decreto-legge 225/2010 è stato altresì riformato lo strumento di programmazione in esame come disciplinato dal decreto legislativo n.154 del 2004, prevedendo, all'art. 2, comma 5-decies, che:
Con un comunicato stampa del 31 gennaio 2013 è stato annunciata l'adozione del piano nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2013-2015.
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Articolo 9L'articolo 9 destina 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 al Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, al fine di incentivare lo sviluppo dell'imprenditorialità nella filiera ittica.
Si ricorda che la legge finanziara per il 2007 (L. n. 296/2006) all'art. 1, 1068, ha istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, cui è stata attribuita una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro annui per 5 anni, a partire dal 2007; tale dotazione è stata poi ridotta a cinque milioni di euro annui a partire dal 2009 (art. 60 della legge 133/2008); le finalità da perseguire sono individuate nel favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo delle imprese giovanili nel settore agricolo ed agroalimentare.
Con la legge 24 dicembre 2007 n. 244 (art. 2, co. 120) è stato previsto che il Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, è destinato inoltre al ricambio generazionale e allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca; a tal fine sono riservate il 20 per cento delle risorse del Fondo.
Alla data del 31 dicembre 2012 sono stati emanati i diversi decreti attuativi di attuazione degli interventi, tra i quali si ricorda, per quanto riguarda il settore della pesca:
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Articolo 10L'articolo 10 reca una norma di differimento del termine per la conversione dei titoli professionali marittimi. Il comma 1 dispone infatti che la conversione dei titoli professionali in abilitazioni per viaggi costieri, prevista dall'articolo 14 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 6 settembre 2011, sia consentita entro trentasei mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto. Il termine per la conversione viene pertanto differito e fissato al 1° ottobre 2014 (tre anni dal 1° ottobre 2011, data di entrata in vigore del decreto ministeriale richiamato).
Il DM 6 settembre 2011 (G.U. n. 216 del 16/9/2011), reca "Istituzione di abilitazioni di coperta su unità adibite a navigazione costiera nonché per il settore di macchina per unità con apparato motore principale fino a 750 KW", ed ha determinato i requisiti di formazione per gli iscritti alla gente di mare impiegati su navi battenti bandiera italiana adibite a viaggi costieri. L'art. 14 di tale decreto ministeriale prevedeva un termine massimo di 18 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, entro e non oltre il quale sarebbe stato possibile provvedere alla conversione dei titoli professionali in abilitazioni per viaggi costieri: tale termine risulta pertanto già decorso, essendo scaduto il 1° aprile 2013.
Si ricorda che la materia della formazione della gente di mare è disciplinata, oltre che dagli articoli del Regolamento di esecuzione del codice della navigazione, anche dal D.Lgs. n. 136 del 2011 che ha dato attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 2008/106/UE concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare.
I viaggi costieri, ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs n.136 del 2011 sono i viaggi effettuati in prossimità della costa. Vi rientrano (articolo 1, comma 1, punti 37, 39 e 40, del decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 1991, n. 435):
L'art. 9, comma 2 del decreto legislativo consente di determinare disposizioni piu' favorevoli per i marittimi che prestano la propria opera su unita' adibite esclusivamente a viaggi costieri.
La conversione viene consentita, in base al comma 2, per i titoli conseguiti entro il 31 luglio 2010 secondo quanto previsto dall'articolo 14, lettera a), del DM 6 settembre 2011 ed è ammessa anche per i titoli professionali di cui agli articoli 254, 254-bis e 257 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione marittima (D.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328).
La lettera a) richiamata prevede che coloro i quali sono in possesso di un titolo professionale di cui agli articoli 248, 250, 253, 253-bis e 256 del Regolamento al Codice della navigazione conseguito entro il 31 luglio 2009 e non in possesso di un certificato IMO a livello operativo o direttivo possono richiedere il certificato IMO di Ufficiale di coperta su navi di stazza compresa tra 500 e 3000 GT che effettuano viaggi costieri di cui all'art. 4 del presente decreto se in possesso dei requisiti di cui al comma 2, lettere e), f) e g) dell'art. 4 presente decreto.Coloro che abbiano effettuato almeno un anno di navigazione negli ultimi cinque anni soddisfano il requisito di cui al comma 2, lettera g), dell'art. 4.
I titoli professionali previsti dai citati articoli del Regolamento di esecuzione del codice della navigazione marittima fanno parte dei titoli professionali per i servizi di coperta e sono i seguenti:
Il comma 3 prevede che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti provveda con proprio decreto ad adeguare il citato decreto ministeriale 6 settembre 2011 alle disposizioni del presente articolo. |
Articolo 11L'articolo 11 estende al settore della pesca le iniziative realizzate ai sensi della legge n. 144/1999, nelle aree in ritardo di sviluppo. Tali iniziative rientrerebbero fra quelle della programmazione negoziata, del sostegno all'imprenditoria e dell'autoimprenditorialità.
Va rilevato che la scrittura della norma non consente di individuare la portata dell'estensione che si vuole applicare, restando particolarmente oscura la identificazione delle "iniziative" .
Per il rafforzamento strutturale delle imprese, con l'articolo 10 del decreto legislativo 173/1998, cosiddetto Tagliacosti, è stata a suo tempo estesa alle imprese agricole e alle imprese della pesca marittima ed in acque salmastre, compresi i consorzi, l'applicazione di alcuni istituti previsti dalla c.d. programmazione negoziata, disciplinata dall'articolo 2, comma 203 della legge n. 662 del 1996 (collegato alla finanziaria 1997). Il D.Lgs. 173 demandava peraltro allo stesso Cipe la determinazione dei limiti, criteri e modalità di applicazione della estensione di tale normativa alle imprese del settore primario. E' quanto è stato fatto con l'adozione da parte del Comitato della delibera del 11/11/1998 che ha esteso la disciplina dei patti territoriali e dei contratti di programma alle iniziative proposte dalle imprese agricole, della pesca marittima ed in acque salmastre e dell'acquacoltura, modificando le proprie precedenti delibere del 25 febbraio 1994 e del 21 marzo 1997 che regolavano la materia. |
Articolo 12L'articolo 12 estende al personale dipendente imbarcato sulle navi da pesca marittima, inclusi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, le disposizioni che assicurano i trattamenti previdenziali ed assistenziali nonché l'integrazione del salario in favore dei lavoratori agricoli. Si rinvia ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi di concerto con il Ministro delle infrastruttre e delle politiche agricole, la definizione delle modalità attuative. |
Articolo 13L'articolo 13 proroga al 31 dicembre 2015 il termine, contenuto nell'art. 13-bis del D.L. n. 216 del 2011, di scadenza di tutte le concessioni sul demanio marittimo, lacualee portuale, anche se ad uso diverso da quello turistico-ricreativo, in essere al 31 dicembre 2011. Occorre rilevare, peraltro, che tale termine è già scaduto il 31 dicembre 2012 e che l'articolo 1, comma 547 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) ha già provveduto, con decorrerenza dal 1° gennaio 2013, a prevedere tale proroga fino al31 dicembre 2020, estendendo quella già prevista per le sole concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative dell'articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, anche alle altre concessioni aventi ad oggetto:
La proroga dell'articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009 era prevista fino al 31 dicembre 2015, per le sole concessioni di soli beni demaniali marittimi aventi finalità turistico-ricreative in essere al 30 dicembre 2009. Tale termine è stato poi successivamente prorogato al 31 dicembre 2020 dall'art. 34-duodecies del D.L. n. 179 del 2012.
Si ricorda che la disciplina del rinnovo delle concessioni demaniali marittime è stata oggetto di una procedura di infrazione comunitaria, a seguito della quale la disciplina stessa è stata già oggetto di numerose modifiche dal 2010 al 2012, in attesa di un suo riordino complessivo come era stato previsto sia nell'art. 1, comma 18 del D.L. n. 194/2009 che nella delega contenuta da ultimo nell'articolo 11 della legge n. 217 del 2011 (legge comunitaria 2010), delega peraltro scaduta il 17 aprile 2013.
La proroga delle concessioni demaniali marittime è stata infatti oggetto della procedura di infrazionen. 2008/4908 avviata dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia circa la disciplina che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni e la preferenza accordata al concessionario uscente.
Di conseguenza, nelle more di una revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative, l'articolo 1, comma 18, del D.L. 194/2009 aveva abrogato il secondo comma dell'articolo 37 del Codice della navigazione, il quale prevedeva che, in occasione del rinnovo delle concessioni, si desse preferenza al concessionario uscente. Inoltre, la stessa disposizione aveva anche prorogato, sino al 31 dicembre 2015 (termine poi prorogato al 31 dicembre 2020) le concessioni di soli beni demaniali marittimi aventi finalità turistico-ricreative.
La Commissione europea, pur prendendo atto delle modifiche apportate alla normativa dallo Stato italiano con il D.L. n. 194/2009, ha evidenziato, con un atto successivo (messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010), ulteriori profili di illegittimità della normativa italiana.
Al fine di chiudere la procedura di infrazione n. 2008/4908, l'articolo 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217 (legge comunitaria 2010), ha quindi provveduto ad abrogare il comma 2 dell'articolo 01 del D.L. n. 400/1993, il quale fissava in sei anni la durata delle concessioni demaniali marittime e prevedeva il loro rinnovo automatico alla scadenza per la stessa durata ed ha inoltre delegato il Governo ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime.
In conseguenza di questi interventi legislativi, la procedura di infrazione è statachiusa in data 27 febbraio 2012. |
Articolo 14L'articolo 14 autorizza l'esercizio di servizi antincendi in ambiti portuali anche al personale di bordo che abbia superato apposito corso teorico-pratico presso il comando provinciale dei vigili del fuoco e previa approvazione del comandante del porto.
L'attività di bunkeraggio consiste nel rifornimento dei prodotti petroliferi alle navi per i propri consumi. La disciplina del servizio di bunkeraggio è regolamentata dagli organi della pubblica amministrazione, vale a dire la Capitaneria di Porto (organo locale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), sentito peraltro il parere delle Autorità Portuali (ove previste). La materia è stata regolamentata con una disciplina organica per mezzo dell'emanazione della Circolare Ministeriale - sez. Porti - n° 16 del 19 luglio 2002. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, richiamandosi da un lato ai "considerevoli profili di sicurezza che caratterizzano" il servizio di bunkeraggio e dall'altro "alla considerazione di principi normativi e giurisprudenziali... in materia di concorrenza e mercato di cui alla Legge n. 287 del 1990", ha ritenuto di dover "ottemperare l'opportunità di apertura del mercato a più operatori con la necessità della salvaguardia della sicurezza e la conseguente garanzia di alti standards di efficienza dei mezzi destinati all'espletamento del servizio, nonché di dare un assetto razionale ed omogeneo all'intera materia". A tale scopo sono state redatte, con la collaborazione del Ministero dell'Interno e del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, le Linee Guida allegate alla predetta circolare, in base alle quali le Capitanerie destinatarie della circolare "vorranno emanare… un Regolamento del servizio che rechi norme e prescrizioni tecniche necessarie a garantire la sicurezza delle operazioni nel porto di competenza".
La legge 27 dicembre 1973 n. 850 (Aumento degli organici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco), quasi interamente abrogata dal D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139 (Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229), all'articolo 20, tuttora vigente, disciplina l'esercizio, da parte di privati o di organismi pubblici, dei servizi antincendi integrativi negli ambiti portuali o complementari limitrofi, consentendolo, previa autorizzazione e accertata la sussistenza di adeguati requisiti di idoneità soggettiva e di capacità tecnica, rilasciata dal comandante della competente capitaneria di porto, su conforme parere del comandante provinciale dei vigili del fuoco; il personale impiegato nei servizi integrativi di cui sopra deve anch'esso ricevere eguale autorizzazione, accertati gli stessi requisiti di idoneità e capacità tecnica. Il personale predetto è iscritto fra i volontari discontinui del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. I comandanti delle capitanerie di porto sono competenti a disporre che sulle navi o galleggianti adibiti a servizi portuali siano installate idonee attrezzature antincendi, nei limiti delle capacità e disponibilità del mezzo nautico, secondo le prescrizioni che vengono precisate o richieste dal comandante provinciale dei vigili del fuoco. |
Articolo 15L'articolo 15 propone l'introduzione di agevolazioni fiscali in favore delle imprese che esercitano la pesca. In particolare, il comma 1 intende estendere l'ambito operativo del vigente regime speciale IVA per i produttori agricoli (di cui all'articolo 34 del DPR n. 633/1972), in modo da applicarlo alle imprese che esercitano la pesca marittima o nelle acque interne o lagunari, ivi comprese le imprese che gestiscono impianti nelle acque marine, interne e lagunari e quelle esercenti le attività cd. "connesse", di cui agli articoli 2, comma 3, e 3, comma 2, del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4 (Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell'articolo 28 della legge n. 96/2010.). Si osserva che il regime IVA "speciale" di cui al vigente articolo 34 concerne – oltre al settore agricolo e dell'allevamento - anche in parte quello della pesca (cfr. infra).
In estrema sintesi, la richiamata norma prevede una serie di agevolazioni variabili in funzione della tipologia e del volume d'affari del contribuente, ove ne sussistano i requisiti soggettivi. Si tratta di un regime opzionale, per cui l'imprenditore (individuale, società di capitali o di persone) può scegliere anche per l'applicazione del regime IVA ordinario (articolo 34, comma 3). La principale caratteristica del regime speciale riguarda le modalità di calcolo dell'IVA dovuta per le cessioni di prodotti agricoli o ittici. Il regime si applica in presenza di cessioni riguardanti prodotti e animali elencati nella tabella A, parte I allegata al DPR n. 633/1972.
In particolare, le disposizioni prevedono che l'IVAassolta sugli acquisti (da portare in detrazione ai sensi dell'articolo 19 del citato DPR n. 633/1972) sia "forfetizzata", ossia sia calcolata in una misura pari all'importo che risulta dall'applicazione di determinate "percentuali di compensazione" all'insieme delle operazioni imponibili effettuate. Di conseguenza, tale modalità forfettaria di calcolo della detrazione esclude che l'imprenditore detragga l'IVA effettivamente pagata sugli acquisti.
Le percentuali di compensazione sono stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole (D.M. 12 maggio 1992 come successivamente modificato; da ultimo, con D.M. 23 dicembre 2005).
In particolare, il comma 2 del richiamato articolo 34 definisce i criteri soggettivi per l'applicazione del predetto regime, considerando produttori agricoli:
All'interno del regime speciale IVA è previsto un regime agevolato dei cd. "conferimenti", ossia dei passaggi di beni dalle imprese agricole socie alle cooperative, alle associazioni tra produttori o ad altri organismi associativi, che vengono considerati come cessioni di beni. In particolare, al posto delle aliquote ordinarie (articolo 34, comma 1, ultimo periodo), alle cessioni effettuate da produttori agricoli ad organismi associativi che hanno scelto il regime speciale si applicano le percentuali di compensazione. Dunque le cooperative in regime speciale operano la detrazione forfetizzata per la cessione dei suddetti prodotti agricoli e ittici.
Inoltre, l'articolo 34, comma 6 prevede un regime di esonero dall'IVA in favore dei produttori che nell'anno precedente hanno realizzato (in caso di inizio di attività, che prevedono di realizzare) un volume d'affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti ittici/agricoli. Essi sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale, fermo restando l'obbligo di conservazione di fatture e bollette doganali. Alle cessioni effettuate da tali soggetti (articolo 34, comma 1) si applicano le aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione.
Le disposizioni in commento "fanno salve le condizioni di miglior favore" previste dalle richiamate disposizioni del decreto legislativo n. 4 del 2012. Il comma 2 riguarda in particolare l'applicabilità, alle opere ed alle strutture destinate all'ittiturismo, delle norme in materia di contributo di costruzione (di cui all'articolo 19, commi 2 e 3, del testo unico edilizio di cui al D.P.R. n. 380 del 2001) e delle disposizioni (di cui all'articolo 24, comma 2, della legge n. 104 del 1992) relative all'utilizzo di opere provvisionali per l'accessibilità ed il superamento delle barriere architettoniche.
Si osserva che le richiamate norme del D.P.R. 380 del 2011 e della legge n. 104 del 1992 non sembrano fare riferimento a regimi fiscali agevolati che possano interferire o sovrapporsi con l'applicazione del regime IVA agevolato per i produttori agricoli.
Il comma 2 reca ulteriori agevolazioni da applicarsi, secondo la lettera della proposta in commento, nelle more dell'applicazione degli studi di settore e per i periodi d'imposta 2013-2014. In particolare, si dispone che le imprese che esercitano la pesca marittima o nelle acque interne o lagunari, ivi comprese le imprese che gestiscono impianti nelle acque marine, interne e lagunari e quelle esercenti le attività connesse di cui all'articolo 3 del D.Lgs. n. 4/2012:
In merito si ricorda che l'articolo 27 del D.L. 98/2011 ha disposto importanti modifiche al regime dei cd. minimi. In sostanza, a decorrere dal 1° gennaio 2012 tale regime fiscale semplificato si applica, per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi, esclusivamente alle persone fisiche che intraprendono un'attività d'impresa, arte o professione o che l'abbiano intrapresa dopo il 31 dicembre 2007. Pertanto la platea dei beneficiari del c.d. "forfettone" (una tassazione forfettaria del 20 per cento per i titolari di partite Iva e i lavoratori autonomi che a fine anno incassano meno di 30 mila euro) è ridotta a coloro i quali hanno iniziato l'attività negli ultimi quattro anni ovvero la inizino adesso. Nello stesso tempo per questi ultimi il beneficio è aumentato: a decorrere dal 1° gennaio 2012, l'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali viene ridotta al 5 per cento (in luogo del 20 per cento). Il suddetto regime fiscale di vantaggio si applica anche oltre il quarto periodo d'imposta successivo a quello di inizio dell'attività, ma non oltre il periodo d'imposta di compimento del trentacinquesimo anno d'età. In sostanza il regime fiscale agevolato si estende fino ai trentacinque anni, anche oltre il limite temporale dei cinque anni, per chi abbia iniziato l'attività imprenditoriale in giovane età. Rimane fermo, peraltro, che chi intraprende un'attività o l'abbia intrapresa dopo il 31 dicembre 2007, avendo più di trentacinque anni di età, potrà godere del beneficio in esame entro il limite dei cinque anni. Tale disposizione è stata emanata con l'obiettivo di favorire la costituzione di nuove imprese da parte di giovani o di coloro che perdono il posto di lavoro e, inoltre, per favorire la costituzione di nuove imprese. Con due provvedimenti del 22 dicembre 2011 l'Agenzia delle Entrate ha disposto le modalità di attuazione delle norme così introdotte.
In estrema sintesi, si ricorda che l'accertamento in base ai parametri presuntivi di ricavi, compensi e volume d'affari è una forma di accertamento analitico-induttivo, applicabile nei confronti dei soggetti che svolgono attività per cui non vi sono studi di settore approvati, ovvero nei confronti dei quali – per legge - gli studi di settore non possono essere applicati. Esso è disciplinato dai richiamati commi da 181 a 189 della legge n. 549/1995. Le norme individuano anzitutto i soggetti cui si applica tale modalità accertativa (soggetti "minori" in contabilità semplificata, con ricavi o compensi inferiori a una certa soglia; imprenditori, artisti e professionisti in contabilità ordinaria con ricavi o compensi dichiarati inferiori ai limiti di legge). I parametri sono individuati in base ai settori economici, alle caratteristiche e alle condizioni in cui è svolta l'attività. Essi sono stati approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 gennaio 1996. Una volta individuata l'attività prevalente e il gruppo omogeneo di appartenenza, si effettua il calcolo dei ricavi o compensi minimi e il volume d'affare, con conseguente confronto tra valori presunti e dichiarati. Ove dal confronto risultino ricavi o compensi dichiarati inferiori a quelli derivanti dall'applicazione dei parametri, il contribuente può adeguarsi spontaneamente (commi 187 e 188) ovvero essere sottoposto ad accertamento induttivo.
L'aliquota IRAP ordinaria è pari al 3,9 per cento (articolo 16, comma 1 del D.Lgs. n. 446/1997).
Si ricorda che la legge prevede un'aliquota agevolata IRAP per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi, nella misura dell'1,9% (articolo 45, comma 1 del richiamato D.Lgs. n. 446/1997). Si segnala che ai sensi dell'art. 1, comma 238, della legge n. 244/2007, tale aliquota agevolata si applica anche alle cooperative ed ai loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali. |
Articolo 16L'articolo 16 esenta dall'IRAP le indennità e i premi previsti per l'arresto definitivo delle attività di pesca dal regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006 che disciplina il Fondo europeo per la pesca. Nel dettaglio, i suddetti premi non concorrono a formare il valore della produzione netta (cioè la base imponibile ai fini dell'applicazione dell'imposta) nei confronti delle società di capitali e degli enti commerciali (articolo 5 del D.Lgs. 446/1997) e delle società di persone e delle imprese individuali (successivo articolo 5-bis).
Tra gli aiuti nazionali e comunitari alla riduzione dello sforzo di pesca rientra il premio di arresto definitivo, la cui erogazione è consentita dall'art. 23 del reg. n. 1198/2006 sul FEP. Le modalità di arresto che possono godere del beneficio sono: la demolizione della nave; la destinazione definitiva della nave a fini diversi dalla pesca; la sua destinazione alla creazione di barriere artificiali. Il disarmo deve peraltro avvenire nel quadro di Piani adottati dagli Stati membri (art. 21)
Per i pescherecci nazionali le modalità attuative dell'arresto definitivo sono state adottate con il D.M. 8 agosto 2008 (G.U. 238/08), che prevede che il premio sia destinato ai proprietari dei pescherecci, e sia erogato per il solo arresto accompagnato da "demolizione". Le modalità di calcolo del premio sono stabilite con l'articolo 8.
Quanto agli strumenti di pianificazione nazionali, l'Italia ha adottato con il D.M. 10/5/2011 (G.U. 154/11) un Piano di adeguamento dello sforzo di pesca che si articola in 18 Piani nazionali di disarmo. |
Articolo 17L'articolo 17 esenta dall'imposta di bollo le domande, gli atti e la relativa documentazione per la concessione di aiuti comunitari e nazionali al settore della pesca e a quello dell'acquacoltura. A tal fine, le disposizioni in esame modificano l'articolo 21-bis) dell'allegato B annesso al D.P.R. n. 642 del 1972 (che disciplina l'imposta di bollo). Tale allegato elenca gli atti, i documenti e i registri esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto. In particolare, nella sua formulazione vigente l'articolo novellato esenta da imposta le domande, gli atti e la relativa documentazione per la concessione di aiuti comunitari e nazionali al settore agricolo. |
Articolo 18L'articolo 18 detta nuovi principi in materia di normativa sull'attività di pesca-turismo; essi dovranno servire per apportare le modifiche necessarie al decreto ministeriale n. 293 del 1999 che attualmente disciplina tale attività. Alcuni di questi principi sono già definiti nel decreto ministeriale e l'articolo provvede ad apportare correzioni minimali. Risultano, invece, totalmente innovative le lettere a) e b), n.1 e 2 dove si prevede che:
Con tale provvedimento l'attività di pesca turismo, definita come imbarco di persone non facenti parte dell'equipaggio su navi da pesca a scopo turistico, è stata inclusa a pieno titolo nell'attività di pesca professionale.
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Articolo 19L'articolo 19 prevede misure di semplificazione e collaudo, disponendo l'abolizione di taluni adempimenti per le navi da pesca. In particolare, il comma 1 esclude le navi da pesca dall'obbligo di tenere l'inventario di bordo - dove sono descritti gli attrezzi e gli altri oggetti di corredo e di armamento della nave (art. 173 del codice della navigazione marittima). Il comma 2 modifica l'art. 1193 del codice della navigazione introducendo una riduzione dell'ammenda proporzionata all'effettiva portata dell'infrazione. La norma prevede a tal fine che, qualora entro 24 ore dalla notifica dell'infrazione per la mancata detenzione a bordo dei documenti prescritti, questi vengano esibiti , la sanzione sia ridotta a 250 euro, qualora i documenti non esibiti richiedano un aggiornamento, ovvero annullata nel caso in cui i documenti siano comunque regolari, cioè aggiornati.
Il comma 3 prevede l'abolizione del registro di carico dei piccoli quantitativi di generi di provvista per le navi da pesca (il testo non fa riferimento alla specifica norma che si intende abrogare). Il comma 4 rinvia all'emanazione di un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per l'unificazione degli adempimenti connessi alle visite mediche previste per gli imbarcati su navi da pesca, ai collaudi delle stesse navi nonché ai registri degli infortuni rispetto a quanto previsto dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, recante norme per l'adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali. Il comma 5 modifica lo stesso D.Lgs. 271/1999, nel senso di prevedere l'esonero dalla riunione periodica di prevenzione e protezione a bordo, prevista dall''art. 14 per le navi da pesca di lunghezza tra le perpendicolari inferiore a 24 mt., mentre il comma 6 dispone l'obbligo per il Comitato tecnico per la prevenzione degli infortuni (art. 30) di determinare le linee guida alle quali devono attenersi le Commissioni territoriali (art. 31). Il comma 7 dispone infine l'applicazione alle navi iscritte alla terza categoria che esercitano la pesca costiera ravvicinata entro 40 miglia dalla costa, oltre alle disposizioni del regolamento del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 218/2002, anche di talune disposizioni relative alle caratteristiche necessarie dei mezzi di salvataggio e dei sistemi di comunicazione, tra cui la dotazione con zattere autogonfiabili adeguate ad accogliere il doppio delle persone a bordo, la collocazione dei mezzi di salvataggio in modo che siano fruibili ed i sistemi di comunicazione di bordo tra i quali devono essere presenti un telefono satellitare, un apparato di controllo satellitare ed un apparato VHF. Il comma 8 prevede che il citato D.M. n. 218 del 2002 sia modificato ai fini del suo adeguamento con le disposizioni introdotte. |
Articolo 20L'articolo 20 dispone che, nei porti non dotati di impianti e di servizi di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi ai sensi dell'art. 4 del D.Lgs. 182/2003, i rifiuti speciali provenienti dai pescherecci si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di raccolta e trasporto dei medesimi rifiuti al fine di dar seguito agli adempimenti previsti dal d.lgs. 205/2010, che ha recepito nell'ordinamento nazionale la direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/UE innovando l'impianto applicativo della disciplina contenuta nel D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice ambientale). Per i predetti soggetti la norma prevede l'adesione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) ai sensi dell'articolo 188-ter, comma 1, lettera f), del citato D.Lgs. 152/2006, che include tra i soggetti obbligati ad aderire al SISTRI gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali a titolo professionale. Con riguardo alla disciplina del SISTRI, si rinvia alla scheda di approfondimento che dà conto delle principali modifiche adottate nel corso della precedente legislatura. Da ultimo, il D.M. 20 marzo 2013 ha dettato i tempi per il riavvio del sistema stabilendo una prima fase di avvio limitata a un più ristretto, ma significativo novero di utenti. Per le imprese e gli enti che raccolgono o trasportano rifiuti speciali a titolo professionale il termine iniziale di operatività del SISTRI è fissato al 1° ottobre 2013. |
Articolo 21L'articolo 21 attribuisce la facoltà agli imprenditori ittici e agli acquacoltori di vendere direttamente al consumatore finale i prodotti provenienti dalla pesca. Tale attività deve, comunque, avvenire nel rispetto delle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, igienico-sanitaria, di etichettatura e fiscale. Sono poi richiamati, a tal fine, i regolamenti (CE) n. 1224/2009, che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, e n.404/2009, di esecuzione del precedente. I prodotti vendibili sono anche quelli ottenuti a seguito dell'attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti ittici (comma 2).
Si ricorda, inoltre, che l'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 228/2001 (orientamento e modernizzazione del settore agricolo) ha già disciplinato la vendita diretta dei prodotti agricoli prevedendo:
Al comma 3 si prevede che coloro che hanno riportato sentenze di condanna in materia di igiene e frode nella preparazione degli alimenti sono esclusi dall'attività di vendita per cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza. Il comma 4 interviene sul decreto legislativo n. 114 del 1998, che disciplina il commercio, prevedendo, all'articolo 4, le categorie di soggetti ai quali non si applicano le relative norme. Tra questi l'attuale lettera g) del comma 2 fa riferimento ai pescatori e alle cooperative di pescatori mentre il testo di riforma richiama gli imprenditori ittici e dell'acquacoltura singoli o associati, che esercitano attività di vendita diretta dei prodotti provenienti prevalentemente dall'esercizio dell'attività. Il comma 5 prevede, infine, che vengano abrogati i commi 3, 4 e 5 dell'art. 18 della legge n. 99 del 2009. Si ricorda, al riguardo, che il comma 3 ha previsto l'obbligo di fornire, per tutti i prodotti della pesca, il numero di identificazione di ogni partita;il nome commerciale e il nome scientifico di ogni specie; il peso vivo espresso in chilogrammi; la data della cattura, della raccolta ovvero la data d'asta del prodotto; il nome del peschereccio ovvero il sito di acquacoltura; il nome e l'indirizzo dei fornitori; l'attrezzo da pesca.
Il comma 4 ha previsto che, per ciascuna partita deve essere applicato un sistema specifico di marcatura ed etichettatura. Infine il comma 5 prevede che quanto previsto al comma 3 non si applica ai soggetti e alle imprese titolari di licenze di imbarcazioni inferiori a 15 metri e comunque alle partite di peso inferiore a 15 chilogrammi.
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Articolo 22L'articolo 22 prevede talune disposizioni in materia di taglie minime delle specie marine, rinviando, al comma 1, alla definizione delle dimensioni contenuta nelle normative europee, e, prevedendo, ai commi 2 e 3, conformenente a quanto previsto nell'allegato III al reg. 1967/2006 che la taglia minima dell'acciuga è convertita in 110 esemplari per chilogrammo e quella dela sardina in 55 esemplari per chilogrammo. Al comma 4 si prevede che il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Commissione consultiva centrale, può istituire nuove taglie minime per ulteriori specie nell'adozione dei piani nazionali di gestione nazionale. L'articolo 19 del regolamento relativo alla misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo ha previsto l'adozione da parte di ciascuno Stato membro di piani di gestione nei quali sono incluse misure per accrescere la selettività degli attrezzi da pesca, ridurre i rigetti in mare e contenere lo sforzo di pesca. I piani devono tener conto dello stato di conservazione dello stock e delle sue caratteristiche biologiche, delle modalità con le quali viene svolta l'attività di pesca, l'impatto economico delle misure sulle attività di pesca interessate.
I commi 5 e 6 prevedono, rispettivamente, che il Governo, in relazione alle novità ivi introdotte, è tenuto ad apportare le conseguenti modifiche al D.P.R. n. 1639/1968 (Capo I Titolo III) e che ogni disposizione nazionale di definizione di taglie minime ulteriori o diverse da quelle definite in sede europea devono intendersi abrogate, salvo quelle previste nei piani di gestione nazionali. Si ricorda che il Titolo III del D.P.R. 1639/1968, intitolato "Della disciplina della pesca" al Capo I, reca disposizioni generali in materia di: novellame, lunghezza minima dei pesci, lunghezza minima dei crostacei, dimensione minima dei molluschi bivalvi, misurazione delle dimensioni, divieto di detenzione di organismi sotto cattura, divieto di detenzione di organismi sottomisura, limitazione per altre attività di pesca, pesca di specie adulte di piccola taglia, pesca a fini scientifici, decreti ministeriali per la disciplina della pesca.
Il comma 7, infine, sostituisce la lettera c) dell'art. 7, comma 1, del decreto legislativo n.4 del 2012, che definisce in generale i divieti cui sono sottoposti gli imprenditori ittici per garantire la tutela delle risorse biologiche marine. In particolare, la lettera c) prevede attualmente che è fatto divieto di " detenere, sbarcare, trasportare e commercializzare le specie di cui sia vietata la cattura in qualunque stadio di crescita, in violazione della normativa in vigore"; la modifica in esame non richiama più l'attività di detenzione, aggiunge invece quella di trabordo e, al posto del riferimento alle specie di cui è vietata la cattura in qualunque stadio della crescita, richiama gli "esemplari di specie ittiche al di sotto della taglia minima previstaa dai regolamenti europei o dai piani di gestione ai sensi dellart. 86, co.4, del D.P.R. 1639/1968 (si osserva al riguardo che il riferimento non sembra corretto in quanto l'art. 86 risulta corredato di un solo comma).
Infatti, il testo attuale del comma 1 dell'articolo 7 prevede che è vietato:
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Articolo 23L'articolo 23 detta disposizioni in materia di rappresentanza delle associazioni della pesca nelle commissioni di riserva delle aree marine protette prevedendo che le stesse siano composte anche da tre esperti locali designati dalle associazioni nazionali della pesca professionale comparativamente più rappresentative (comma 1) e che la gestione delle aree protette marine sia affidata, oltre che ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni ambientaliste riconosciute, a cooperative della pesca o loro associazioni nazionali, anche consorziate tra loro. |
Articolo 24L'articolo 24 detta norme in materia di pesca non professionale prevedendo che essa è subordinata al possesso di un permesso rilasciato dietro il pagamento di una somma differenziata a seconda del tipo di pesca praticata e degli attrezzi utilizzati; il permesso è rilasciato a titolo gratuito ai minori di 16 anni, a coloro che hanno superato i 65 anni e ai disabili. Si ricorda al riguardo che l'art. 6 del decreto legislativo n. 4 del 2012 ha disciplinato nuovamente la "pesca non professionale, prevedendo che "la pesca non professionale è la pesca che sfrutta le risorse acquatiche marine vive per fini ricreativi, turistici, sportivi e scientifici. La pesca scientifica è l'attività diretta a scopi di studio, ricerca, sperimentazione. Sono vietati, sotto qualsiasi forma, la vendita ed il commercio dei prodotti della pesca non professionale. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono definite le modalità per l'esercizio della pesca per fini ricreativi, turistici o sportivi, al fine di assicurare che essa sia effettuata in maniera compatibile con gli obiettivi della politica comune della pesca. La pesca con il fucile subacqueo o con attrezzi similari è consentita soltanto ai maggiori di anni sedici.
La norma prosegue disponendo che le entrate derivanti dal rilascio del permesso sono destinate a finanziare il Programma nazionale triennale della pesca. Le modalità, i termini e le procedure di attuazione delle disposizioni vi introdotte sono definite con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. |
Articolo 25L'articolo 25:
L'art. 138 disciplina gli attrezzi individuali e non individuali consentiti per la pesca sportiva identificabili nel: a) coppo o bilancia; b) giacchio o rezzaglio o sparviero; c) lenze fisse quali canne a non più di tre ami, lenze morte, bolentini, correntine a non più di sei ami, lenze per cefalopodi, rastrelli da usarsi a piedi; d) lenze a traino di superficie, e di fondo e filaccioni; e) nattelli per la pesca in superficie, fucile subacqueo, fiocina a mano, canna per cefalopodi; f) parangali fissi o derivanti, nasse.
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Articolo 26L'articolo 26 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri, rinvenuta attraverso l'aumento delle aliquote IVA relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico. L'aumento non è quantificato e viene correlato ai maggiori oneri derivanti dalle disposizioni del provvedimento in esame, anch'essi non quantificati. |
Relazioni allegate o richiesteIl provvedimento è corredato dalla relazione ilustrativa. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteA partire dalla sentenza n. 213 del 2006, la Corte costituzionale ha ricostruito il quadro normativo nel quale la discplina della pesca si inserisce. La Corte ha, infatti, chiarito che in base all'articolo 117 della Costituzione la pesca risulta tra le materie a potestà legislativa regionale "residuale"; non si può però escludere, per la complessità e la polivalenza delle attività e degli interessi connessi alla pesca, che molti aspetti di regolazione rientrino nella competenza dello Stato, perchè incidenti su materie quali per esempio la tutela dell'ecosistema, i rapporti civilistici tra gli operatori della filiera nonché la sicurezza alimentare.
Si segnala, al riguardo, che il vincolo imposto con l'articolo 7 del disegno di legge in esame presenta criticità sotto il profilo del riconoscimento dell'autonomia regionale in quanto impositivo di una riserva a favore della pesca del 30 per cento delle risorse trasferite annualmente dallo Stato alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano in base a quanto disposto dal D.P.R. 11 maggio 2001. |
Rispetto degli altri princìpi costituzionaliSi segnala che la riserva del 35 per cento degli stanziamenti a favore della ricerca applicata alla pesca previsti dal Programma nazionale della pesca a favore della ricerca effettuata dalle strutture cooperative va valutato in relazione al rispetto del bilanciamento tra il principio di eguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione, ed il favore da riservare alle stesse cooperative. |
Documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europeaLa Commissione europea il 13 luglio 2011 ha approvato il c.d. "pacchetto pesca" le cui finalità principali sono la sostenibilità e le soluzioni a lungo termine. La riforma è attualmente in fase di negoziato e il suo iter presso le istituzioni UE dovrebbe concludersi nel corso del 2013. Il pacchetto è così articolato:
Sono previsti:
Il 2 dicembre 2011 la Commissione europea ha poi presentato una proposta di regolamento (COM(2011)804, ora proposta modificata COM(2013)245) che prevede un nuovo meccanismo di finanziamento per la pesca e la politica marittima, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, in linea con il nuovo quadro finanziario pluriennale.
Iter presso le istituzioni UE I provvedimenti seguono la procedura legislativa ordinaria (art. 294 del Trattato sul funzionamento dell'UE). Attualmente sono in corso i c.d. triloghi, cioè i negoziati tra le varie istituzioni (Consiglio, Commissione europea, Parlamento europeo). Le questioni più problematiche riguardano l'obbligo di sbarco delle catture e il divieto dei rigetti in mare (in modo da evitare rigetti di pesce che sono stati catturati in quanto troppo piccoli, danneggiati o semplicemente sopra quota), nonché l'opportunità di usare un approccio graduale per l'implementazione di tale misura a seconda delle specificità delle aree e delle specie interessate; il rendimento massimo sostenibile, la regionalizzazione, la capacità di gestione della flotta. Il Consiglio del 13 e 14 maggio 2013 ha trattato lo stato di avanzamento dei negoziati ed è stato deciso di dare un nuovo mandato alla Presidenza per i negoziati finali con il Parlamento europeo. |
Formulazione del testo
Con riferimento all'articolo 14, si segnala che andrebbe reso maggiormente esplicito il collegamento tra la rubrica, che fa riferimento all'attività di bunkeraggio e il contenuto della disposizione, che interviene in materia di abilitazione all'esercizio dei servizi antincendio sulle navi (si deve ritenere in collegamento all'attività di bunkeraggio). |