Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||
Titolo: | Condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro stagionale. Proposta di direttiva (COM(2010)379) | ||||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE Numero: 63 | ||||
Data: | 15/10/2010 | ||||
Descrittori: |
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La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro stagionale (COM(2010)379) è stata presentata dalla Commissione europea il 13 luglio 2010. Il termine per l’espressione del parere sulla conformità della proposta al principio di sussidiarietà da parte dei Parlamenti nazionali scadrà il prossimo 15 ottobre.
Scopo della proposta è introdurre una procedura speciale per l'ingresso e il soggiorno dei cittadini di paesi terzi che chiedono di essere ammessi nell'UE per svolgervi un lavoro stagionale, nonché definire i diritti dei lavoratori stagionali. L’iniziativa era già stata annunciata nel "Piano d’azione sull’immigrazione legale" (COM(2005) 669), presentato dalla Commissione europea nel dicembre 2005, la cui validità è stata da ultimo ribadita nel Programma di Stoccolma, per lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia 2010-2014, adottato dal Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2009.
La proposta verrà esaminata dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria.
Nella valutazione di impatto che accompagna la proposta la Commissione rileva che le dimensioni e i settori del lavoro stagionale variano da uno Stato membro all’altro. Nel complesso si sottolinea che la scarsità di dati aggiornati non consente di valutare adeguatamente l'impatto dell'attuale crisi economica sulla domanda di lavoratori stagionali cittadini di paesi terzi, ma dal confronto tra i dati 2008 e 2009 la domanda non risulterebbe in calo. A titolo di esempio, la relazione ricorda i dati forniti da Spagna (24 838 lavoratori stagionali cittadini di paesi terzi nel 2008), Germania (4.248 lavoratori stagionali nel 2009), Francia (3.860 del 2008 e 2.215 nel 2009), Svezia (7.252 nel 2009), Ungheria (919 nel 2008 e 892 nel 2009), Slovenia (più di 10.000 cittadini di paesi terzi sarebbero ammessi in qualità di lavoratori stagionali nel 2008 e nel 2009). Per quanto riguarda l’Italia, la relazione ricorda nei primi due mesi del 2008 sarebbero state già ricevute 11.273 domande e che per il 2008, il 2009 e il 2010, la quota stabilita dal Ministero dell'Interno per i lavoratori stagionali non cittadini dell'UE è pari a 80.000 unità. La Commissione osserva tuttavia che il numero totale di lavoratori stagionali nell’Unione europea potrebbe essere in realtà assai più elevato di quanto appaia, in considerazione del fatto che i settori interessati dal lavoro stagionale sono molto esposti all'impiego di cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare o comunque non registrati. Per quanto riguarda i paesi d’origine, la maggior parte dei lavoratori proverrebbe dalle regioni confinanti con l’Unione, in particolare Balcani e Europa orientale, seguite dall’Asia centrale, il Nord Africa e l’America latina. In molti Stati membri i lavoratori stagionali cittadini di paesi terzi svolgerebbero lavori poco qualificati in settori specifici come l’agricoltura (60% della manodopera stagionale in Italia e 20% della manodopera agricola in Grecia) e il turismo (in Spagna i permessi di lavoro rilasciati per impieghi nel settore alberghiero e della ristorazione avrebbero raggiunto il 13% del totale dei permessi di lavoro del 2003), settori nei quali è generalmente forte la domanda di lavoratori manuali o poco qualificati e la carenze di manodopera.
L’articolo 79, paragrafo 2, lettere a) e b) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, relativo allo sviluppo di una politica comune dell’immigrazione, prevede l’adozione di misure mediante procedura ordinaria nei seguenti settori: condizioni di ingresso e soggiorno e norme sul rilascio da parte degli Stati membri di visti e titoli di soggiorno di lunga durata; definizione dei diritti dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinino la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Stati membri.
Sulla base dell’analisi della situazione a livello europeo, la Commissione evidenzia le seguenti criticità:
· le economie dell'UE hanno un'esigenza strutturale di lavoro stagionale, alla quale diventerà sempre più difficile far fronte ricorrendo ai cittadini dell'UE, soprattutto perché questi ultimi non sono interessati ai lavori stagionali;
· in alcuni casi i lavoratori stagionali provenienti da paesi terzi sono sfruttati e sottoposti a condizioni di lavoro inferiori agli standard di legge (mancanza di contratti di lavoro, di copertura previdenziale e di accesso ai servizi sanitari di base, salari inferiori al minimo legale, alloggi inadeguati e mancato accesso alle cure mediche);
· i settori dell'economia caratterizzati da una forte presenza di lavoratori stagionali – soprattutto l'agricoltura, l'orticoltura e il turismo – sono spesso identificati come i più esposti all'impiego di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare.
In questo quadro la Commissione sostiene la necessità di un intervento legislativo a livello UE per i seguenti motivi:
· anche se i lavoratori cittadini di paesi terzi entrano in uno specifico Stato membro dell'UE, decidendo in merito ai loro diritti ogni Stato può influenzare gli altri. I diversi trattamenti riservati ai cittadini di paesi terzi nei vari Stati membri producono conseguenze di carattere sovranazionale, che oltrepassano il campo d’applicazione delle leggi nazionali;
· lo spazio Schengen senza controlli alle frontiere interne richiede norme minime comuni volte a ridurre il rischio di soggiorni fuori termine e di ingressi illegali, che potrebbero derivare da regole poco rigorose o incoerenti in materia di ammissione dei lavoratori stagionali;
· occorre evitare che i lavoratori stagionali cittadini di paesi terzi siano sfruttati o sottoposti a condizioni di lavoro inferiori agli standard di legge, fissando determinati diritti socio-economici con uno strumento vincolante, e pertanto dotato di forza esecutiva, a livello dell'UE;
· una disciplina UE sui lavoratori stagionali agevolerebbe la cooperazione con i paesi terzi, offrendo all'UE la possibilità di agevolare la migrazione di lavoratori poco qualificati o non qualificati e rafforzando l'impegno dei paesi terzi nella lotta contro l'immigrazione illegale.
La relazione che accompagna la proposta sottolinea inoltre che la misura proposta rispetta la competenza degli Stati membri nel determinare il volume di ingresso nell’UE dei migranti economici, anche mediante quote nazionali.
Per quanto riguarda il rispetto del principio di proporzionalità, la Commissione europea sottolinea i seguenti elementi:
· la direttiva rispetterebbe la competenza degli Stati membri nel settore dell'immigrazione, garantendo allo stesso tempo un quadro giuridico chiaro ai lavoratori migranti, esposti al rischio di sfruttamento.
· lo strumento della direttiva accorda agli Stati membri un notevole grado di flessibilità dal punto di vista dell'attuazione. L'opzione prescelta comporterebbe un cambiamento lieve rispetto allo status quo dal punto di vista sia del peso della legislazione, sia dell'onere a carico dei datori di lavoro in regola: procedure di ammissione e condizioni di soggiorno semplificate per i lavoratori stagionali cittadini di paesi terzi contribuiranno a ovviare alle carenze di manodopera in determinati settori industriali ed economici e in alcune regioni dove il problema è previsto in aumento;
· In ogni caso, i lavoratori stagionali cittadini di paesi terzi non godrebbero di un trattamento preferenziale rispetto ai cittadini dell'UE cui si applicano le misure transitorie sulla libera circolazione dei lavoratori. In particolare, la parità di trattamento in alcuni settori socio-economici sarebbe accordata soltanto dopo che il lavoratore stagionale cittadino di un paese terzo fosse ammesso in uno Stato membro per motivi di lavoro.
La proposta prevede una procedura accelerata per l'ammissione di lavoratori stagionali cittadini di paesi terzi. Le autorità competenti degli Stati membri saranno tenute ad adottare una decisione sulla domanda e a notificarla per iscritto al richiedente, conformemente alle procedure di notifica previste dalla legge nazionale dello Stato membro interessato, entro 30 giorni dalla presentazione della domanda completa. Nella notifica saranno indicati i motivi della decisione, i possibili mezzi di impugnazione di cui può avvalersi l’interessato nonché i termini entro cui proporli (art. 13).
È rimesso alla competenza degli Stati membri stabilire se le domande devono essere presentate dal lavoratore o dal datore di lavoro.
La domanda di ammissione in uno Stato membro dovrà essere accompagnata dai seguenti documenti (art. 5):
a) un contratto di lavoro valido o, secondo quanto eventualmente previsto dalla legge nazionale, un’offerta vincolante di lavoro in qualità di lavoratore stagionale nello Stato membro interessato, presso un datore di lavoro stabilito in quello Stato membro, che specifichi la retribuzione e le ore di lavoro settimanali o mensili e, ove del caso, altre condizioni di lavoro pertinenti;
b) un documento di viaggio valido, secondo quanto previsto dalla legge nazionale. Gli Stati membri possono esigere che la validità del documento di viaggio copra almeno la durata del permesso di soggiorno;
c) la prova che il richiedente dispone o, se previsto dalla legge nazionale, ha fatto richiesta di un’assicurazione sanitaria a copertura di tutti i rischi contro i quali sono normalmente coperti i cittadini dello Stato membro interessato, durante i periodi in cui non dispone di una copertura assicurativa di questo tipo né di prestazioni corrispondenti connesse al contratto di lavoro o in virtù di esso;
d) la prova che dispone di un alloggio. A questo proposito (art.14) gli Stati membri dovranno obbligare i datori di lavoro a fornire prove del fatto che i lavoratori stagionali beneficeranno di un alloggio che garantisca loro un tenore di vita adeguato. Nel caso in cui i lavoratori stagionali siano tenuti a pagare un affitto per tale alloggio, il costo non dovrà essere eccessivo rispetto alla loro retribuzione.
Gli Stati membri dovranno esigere che il lavoratore stagionale disponga di risorse sufficienti per mantenersi durante il soggiorno senza ricorrere all’assistenza sociale dello Stato membro interessato.
Non potranno essere ammessi i cittadini di paesi terzi che sono considerati una minaccia per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la salute pubblica.
Nella relazione introduttiva alla proposta si specifica che essa non dà luogo ad un vero e proprio diritto di ammissione.
Il periodo massimo di soggiorno è fissato in sei mesi per anno di calendario (art. 11).
L’articolo 12 dispone misure per agevolare il reingresso di un lavoratore stagionale in stagioni successive. In particolare gli Stati membri dovranno:
· rilasciare su istanza fino a tre permessi di lavoro stagionale per un massimo di tre stagioni successive in un unico atto amministrativo (“permesso di lavoro multi stagionale”), oppure
· prevedere una procedura agevolata per i cittadini di paesi terzi ammessi nello Stato membro interessato in qualità di lavoratori stagionali, che presentino domanda di ammissione in quanto tali l’anno successivo.
L’articolo 12 stabilisce inoltre che il cittadino di un paese terzo che non abbia rispettato gli obblighi previsti dalla decisione di ammissione durante un precedente soggiorno in qualità di lavoratore stagionale, in particolare l'obbligo di ritornare in un paese terzo alla scadenza del permesso, sarà escluso dall'ammissione in qualità di lavoratore stagionale per un anno o più anni successivi; il datore di lavoro che non abbia rispettato gli obblighi derivanti dal contratto di lavoro sia passibile di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Tale datore di lavoro è escluso dalla richiesta di lavoratori stagionali per uno o più anni successivi.
All’articolo 6, la proposta specifica i motivi obbligatori e possibili per il rifiuto del permesso
· Gli Stati membri rifiutano la domanda di ammissione in uno Stato membro ai fini della presente direttiva se non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 5 o se i documenti presentati sono stati ottenuti mediante frode, ovvero sono stati falsificati o manomessi.
· Gli Stati membri possono accertarsi se i posti vacanti in questione non possano essere coperti da cittadini nazionali o dell'UE, o da cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente nello Stato membro interessato e che fanno già parte del mercato del lavoro interno in forza della legge dell'UE o nazionale, e rifiutare la domanda.
· Gli Stati membri possono rifiutare una domanda se il datore di lavoro è stato oggetto di sanzioni in virtù della legge nazionale, a causa di lavoro non dichiarato e/o occupazione illegale.
Gli Stati membri revocheranno o rifiuteranno di rinnovare il permesso nei seguenti casi (art. 7):
a) se è stato ottenuto in maniera fraudolenta, o è stato falsificato o manomesso, oppure
b) se il titolare soggiorna per fini diversi da quelli per cui è stato autorizzato.
Gli Stati membri, inoltre, possono revocare o rifiutare il rinnovo del permesso rilasciato nei seguenti casi:
a) se non sono o non sono più rispettate le condizioni di cui all'articolo 5, oppure
b) per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica.
Dal permesso di lavoro stagionale deriveranno i seguenti diritti (art.15):
a) diritto di ingresso e soggiorno nel territorio dello Stato membro che rilascia il permesso;
b) libero accesso a tutto il territorio dello Stato membro che rilascia il permesso, nei limiti previsti dalla legge nazionale;
c) diritto di esercitare l’attività lavorativa autorizzata dal permesso, conformemente alla legge nazionale.
In base all’art. 16, qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, i lavoratori stagionali avranno inoltre diritto:
· alle condizioni di lavoro, tra cui la retribuzione e il licenziamento nonché le prescrizioni relative alla salute e alla sicurezza sul luogo di lavoro, fissate per il lavoro stagionale da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e/o da contratti collettivi di applicazione generale nello Stato membro in cui sono stati ammessi;
· a un trattamento uguale a quello riservato ai cittadini dello Stato membro ospitante, almeno per quanto concerne:
a) la libertà di associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni rappresentative di lavoratori o a qualunque organizzazione professionale di categoria;
b) le disposizioni della legge nazionale relative ai settori di sicurezza sociale elencati all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 883/2004;
c) il pagamento delle pensioni legali basate sull'impiego precedente del lavoratore, alle stesse condizioni previste per i cittadini dello Stato membro interessato che si spostano in un paese terzo;
d) l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e l’erogazione degli stessi, a esclusione dell’edilizia sociale e dei servizi d’informazione e consulenza forniti dai centri per l’impiego.
Si segnala infine che l’articolo 4 stabilsce che la direttiva si appliche fatte salve le disposizioni più favorevoli:
· del diritto dell’Unione, inclusi gli accordi bilaterali e multilaterali tra l'Unione, o l'Unione e i suoi Stati membri, da una parte, e uno o più paesi terzi, dall'altra;
· di accordi bilaterali o multilaterali tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi.
Il medesimo articolo fa salva la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli per quanto riguarda le garanzie procedurali, il livello dei diritti conferiti ai lavoratori stagionali, l'alloggio e l'agevolazione delle denunce (artt. da 13 a 17).
Relativamente ai costi amministrativi che la proposta potrebbe comportare, la valutazione di impatto svolta dalla Commissione prende in considerazione le seguenti previsioni: per soddisfare le future esigenze di manodopera dovrebbero essere ammessi nell'UE 230.000 lavoratori stagionali all'anno, dei quali almeno la metà, dovrebbe poter beneficiare di un permesso multistagionale o di un reingresso agevolato; le tariffe orarie del personale degli Stati membri sono calcolate a 23 euro; l'esame di una domanda dovrebbe richiedere 6 ore, l'attività di informazione sui permessi multistagionali 0,5 ore e la redazione delle relazioni annuali 10 ore. Sulla base di tali dati l'opzione prescelta comporterebbe, secondo la Commissione, i seguenti costi amministrativi aggiuntivi (annui) per le autorità degli Stati membri: trasmissione di informazioni da parte degli uffici per gli stranieri regionali o locali all'autorità nazionale che gestisce la banca dati dei permessi multistagionali o delle procedure di reingresso agevolato (57.500 EUR) e obbligo di presentare alla Commissione e agli altri Stati membri statistiche annuali sul numero di permessi di soggiorno o di visti rilasciati ai lavoratori stagionali cittadini di paesi terzi (5.980 EUR), per un totale di 63.480 EUR. Tali costi iniziali potrebbero diminuire quando le amministrazioni nazionali avranno acquisito dimestichezza con il sistema.
In base ai dati disponibili nel sito IPEX (Interparliamentary Information Exchange), al 15 ottobre 2010 la proposta di direttiva risulta esaminata dai Parlamenti di Austria, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca Olanda, Polonia, Svezia nonché dal Bundesrat tedesco. L’esame risulta tuttora in corso, da parte del Bundestag tedesco e dei Parlamenti finlandese e portoghese.
Pareri motivati per violazione del principio di sussidiarietà sono stati adottati dal Senato della Repubblica ceca, dalla Sottocommissione permanente per gli affari europei del Nationalrat austriaco e dalla Commissione affari europei del Bundesrat austriaco, dal Parlamento olandese, nonché dalla Commissione per gli affari europei del Senato Polacco, che tuttavia non ha inviato il documento alla Commissione europea entro il termine previsto per la scadenza dell’esame di sussidiarietà, perché non ancora approvato dall’assemblea plenaria.
Nel parere motivato adottato il 22 settembre 2010, il Senato ceco rileva come un intervento legislativo dell’Unione europea in tale settore non sia necessario e la materia debba essere piuttosto regolata dai singoli ordinamenti nazionali, in funzione delle esigenze dei rispettivi mercati del lavoro; afferma, inoltre, che il testo proposto dalla Commissione europea garantirebbe ai cittadini di paesi terzi un trattamento più favorevole rispetto ai cittadini dei nuovi Stati membri UE, ancora soggetti a specifici regimi transitori.
Per quanto riguarda l’Austria, i pareri motivati della Sottocommissione permanente per gli Affari europei del Nationalrat e della Commissione affari europei del Bundesrat sottolineano che nessuna delle argomentazioni addotte nella proposta della Commissione europea, relativamente alla conformità della stessa al principio di sussidiarietà, appaiono sufficientemente fondate. In particolare viene obiettato che: la procedura di ammissione non costituirebbe un avrebbe profili transfrontalieri; il livello di diritti garantito dalla proposta ai lavoratori stagionali sarebbero così minimo da non essere in grado di eliminare il fenomeno del social dumping; l’esistenza dell’area Schengen non giustificherebbe in sé un sovraccarico di regolamentazione per gli Stati membri,; la normativa proposta non faciliterebbe la cooperazione con gli Stati terzi. I due pareri motivati lamentano inoltre l’inadeguatezza della base giuridica e sottolineano infine la necessità che i costi amministrativi e finanziari per i Governi, gli operatori economici e i cittadini siano ridotti al minimo e commisurati agli obiettivi perseguiti.
Il parere motivato del Parlamento olandese sottolinea che: i dati forniti non dimostrerebbero che la differente entità del fenomeno nei diversi Stati membri sia realmente dovuta a disparità tra le normative nazionali; il problema dell’illegalità e dell’”overstaying” andrebbe piuttosto affrontato migliorando la cooperazione tra autorità di controllo; le misure proposte non migliorerebbero la cooperazione con i paesi terzi; la durata massima di sei mesi per il permesso travalicherebbe la definizione di lavoro stagionale; la proposta renderebbe non più possibile l’opzione di permessi di lavoro separati per lavoratori stagionali per periodi inferiori a tre mesi, strumento altrimenti utile per i servizi nazionali di controllo contro l’impiego illegale e lo sfruttamento.
La Commissione affari europei del Senato polacco ritiene che la proposta violi il principio di sussidiarietà in quanto la materia non presenterebbe caratteri transnazionali e le disposizioni previste non garantirebbero una migliore protezione contro l’afflusso di forza lavoro immigrata irregolare negli Stati membri. Oneri eccessivi in capo ai datori di lavoro nonché la scarsa flessibilità delle misure proposte (ad es. agli artt. 5 e 14) contribuirebbero, al contrario, a incentivare l’immigrazione economica irregolare, ottenendo pertanto un risultato contrario a quello auspicato.
Sulla base delle informazioni fornite nell’ambito della rete dei Rappresentanti permanenti dei Parlamenti nazionali a Bruxelles, nonostante il Governo britannico sia orientato a non richiedere la partecipazione del Regno Unito alla direttiva in questione, la Commissione per gli affari europei della House of Commons ha inviato una lettere alle istituzioni UE nella quale sottolinea alcune perplessità circa la conformità della proposta al principio di sussidiarietà: non sarebbe esaurientemente verificato che un trattamento differente dei lavoratori stagionali nei diversi Stati membri crei distorsioni nel mercato: al contrario, la competizione fra Stati membri nel migliorare le condizioni dei lavoratori stagionali potrebbe giovare al mercato del lavoro; l’introduzioni di norme comuni per l’ingresso e il soggiorno non sarebbe sufficiente a ridurre l’immigrazione irregolare; lo sfruttamento dei lavoratori stagionali dipenderebbero in larga parte da lacune nelle legislazioni nazionali e da una non rigorosa applicazione delle stesse, giustificando pertanto un intervento a livello di Stati membri piuttosto che a livello UE.
I Parlamenti di Svezia, Lituania e Lettonia hanno giudicato la proposta conforme al principio di sussidiarietà.
Un parere favorevole è stato espresso dal Bunderat tedesco, che ha formulato altresì alcune osservazioni al proprio Governo in vista dei negoziati in seno al Consiglio. In particolare:
· l’affermazione contenuta nell’introduzione alla proposta secondo cui essa non dà luogo ad un vero e proprio diritto di ammissione dovrebbe essere incisivamente introdotta nel testo normativo stesso
· un termine massimo di 90 giorni per l’esame della domanda risulterebbe più appropriato, rispetto ai 30 giorni previsti dalla proposta;
· al fine di evitare abusi, piuttosto che una procedura agevolata per il rinnovo del permesso stagionale, sarebbe opportuno prevedere il solo rilascio di permessi multi-stagionali della durata massima di due anni.
Per quanto riguarda l’esame della proposta presso il Parlamento italiano, sia la XIV Commissione politiche dell’Unione europea della Camera dei deputati (documento adottato il 6 ottobre 2010) che l’omologa Commissione del Senato (parere del 16 settembre 2010) hanno valutato la proposta conforme al principio di sussidiarietà. Inoltre, nella risoluzione approvata il 29 settembre 2010, l’11ª Commissione lavoro del Senato ha accolto favorevolmente la proposta, aggiungendo osservazioni relative all’opportunità di prevedere un regime transitorio, che permetta di espletare le procedure di rilascio del permesso in un margine di tempo più ampio rispetto ai 30 giorni previsti dalla proposta, e una più lunga durata del permesso (9 mesi) per il settore agricolo.
La condizione giuridica degli immigrati non comunitari per motivi di lavoro stagionale è comune a quella degli altri lavoratori stranieri contenuta principalmente nel testo unico sull’immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), e successive modificazioni e nel relativo regolamento di attuazione adottato con il D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394. Ai lavoratori stagionali si applicano alcune disposizioni particolari per quanto riguarda l’instaurazione del rapporto di lavoro e il regime previdenziale e assistenziale.
Si ricorda brevemente che nel nostro Paese l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi.
In particolare, con il decreto sui flussi il Governo stabilisce ogni anno, sulla base delle indicazioni contenute nel documento di programmazione triennale e dei dati sull’effettiva richiesta di lavoro da parte delle realtà locali, le quotemassime di stranieri da ammettere in Italia per motivi di lavoro, anche di lavoro stagionale (art. 3 TU). I decreti possono prevedere quote riservate per i cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria con i quali l’Italia ha sottoscritto accordi specifici di cooperazione in materia di immigrazione e nell'ambito di tali intese possono essere definiti appositi accordi in materia di flussi per lavoro stagionale (art. 21 TU).
Normalmente, i decreti flussi determinano le quote di ingressi disponibili suddivise per lavoro non stagionale, stagionale e autonomo. In alcune occasioni sono stati adottati decreti ad hoc per gli stagionali. Tale evenienza si è verificata nel 2009 quando le quote autorizzate (80.000 persone) sono destinate esclusivamente ai lavoratori stagionali (DPCM 20 marzo 2009). Per il 2010, al momento, è stato autorizzato l’ingresso di altri 80.000 lavoratori stagionali e di una quota di 12.000 persone destinate ad altre tipologie di lavoro (DPCM 1° aprile 2010).
Le condizioni per l’ingresso e il soggiorno del lavoratore stagionale sono le stesse degli altri lavoratori.
L’ingresso nel territorio italiano è consentito ai cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione europea in possesso di passaporto valido e di visto d’ingresso (art. 4 TU). I visti di ingresso per motivi di lavoro sono rilasciati nei limiti delle quote stabiliti con il decreto-flussi.
Il soggiorno dello straniero è subordinato al rilascio del permesso di soggiorno (art. 5 TU).
A sua volta il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro dipendente è condizionato alla sottoscrizione del contratto di soggiorno fra il datore di lavoro (italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia) e il lavoratore. Il contratto di soggiorno, tra l’altro, deve contenere la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio adeguato per il lavoratore (art. 5-bis TU). Inoltre, al momento della richiesta del permesso di soggiorno, lo straniero deve sottoscrivere un accordo di integrazione, articolato in crediti, che lo impegnano a sottoscrivere precisi obiettivi di integrazione (art. 4-bis TU). Un regolamento governativo, non ancora adottato, dovrà stabilire le modalità attuative di tale istituto.
Il lavoratore stagionale è esonerato dall’obbligo di rilevamento dei dati fotodattiloscopici cui sono sottoposti i richiedenti il permesso di soggiorno (art. 9 Reg.)
La durata del permesso di soggiorno per lavoro stagionale non può superare la durata complessiva di 9 mesi, anche in relazione a più contratti. Può, tuttavia, essere rilasciato un permesso pluriennale di durata fino a 3 anni per i lavoratori stagionali che prestato la loro opera per due anni consecutivi. Il visto di ingresso deve però essere rilasciato ogni anno (arti 5 TU e art. 38-bis Reg.).
Ai lavoratori stagionali si applica una procedura semplificata in relazione all’instaurazione del rapporto di lavoro. Inoltre, il lavoratore stagionale ha un diritto di precedenza per il rientro successivo in Italia sempre per lavoro stagionale. E’ consentito convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in quello per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato (art. 24 TU e art. 38 Reg.).
In considerazione della durata limitata dei contratti e della loro peculiarità, per i lavoratori stagionai extracomunitari le forme di previdenza e assistenza sono limitate all’assicurazione per invalidità, vecchiaia e superstiti, all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a quella contro le malattie e all’assicurazione di maternità.
Restano esclusi pertanto gli assegni familiari e l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria. In sostituzione di questi il datore è tenuto a versare all'INPS un contributo pari all'importo dei medesimi contributi destinati a interventi socio-assistenziali a favore dei lavoratori stranieri (art. 25 TU).
XVI legislatura – Documentazione per le Commissioni – Esame di atti e documenti dell’UE, n. 63, 15 ottobre 2010
Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)
Il paragrafo ‘Normativa nazionale’ è stato curato dal Servizio Studi, Dipartimento Istituzioni(' 066760.3855)