Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: IV Parte della Sessione ordinaria dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa 2006. Strasburgo 2-6 ottobre 2006. Sintesi
Serie: Delegazioni presso le Assemblee parlamentari internazionali    Numero: 18
Data: 01/10/2006

INDICE

 

 

 

I -

INTRODUZIONE

5

 

II -

INTERVENTI DEI PARLAMENTARI DELLA DELEGAZIONE ITALIANA

 

 

On. Piero FASSINO

-         Domanda al Primo Ministro della Croazia, Ivo Sanader

13

 

Sen. Andrea MANZELLA

-         L'equilibrio istituzionale al Consiglio d'Europa (doc. 11017)

14

 

On. Pietro MERCENARO

-         Dibattito di politica generale sulla situazione nei Balcani (doc. 11050)

15

 

On. Ali Rashid KHALIL

-         Recenti sviluppi in Libano nel contesto della situazione in Medio Oriente (doc. 11056)

17

III -

RACCOMANDAZIONI ADOTTATE DALL'ASSEMBLEA

 

1763

L'equilibrio istituzionale al Consiglio d'Europa (doc. 11017)

21

1764

Esecuzione delle sentenze della Corte Europea per i Diritti umani (doc. 11020)

31

1765

Dibattito di politica generale sulla situazione nei Balcani (doc. 11050)

32

1766

Ratifica della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali da parte degli Stati membri del Consiglio d'Europa (doc. 10961)

33

1767

Arrivo in massa di migranti irregolari sulle coste dell'Europa meridionale (doc. 11053)

35

1768

L'immagine dei richiedenti asilo, dei migranti e dei rifugiati veicolata dai media (doc. 11011)

36

1769

Il bisogno di consiliare lavoro e vita familiare (doc. 11019)

40

1770

La promozione dell' autonomia locale ai confini del Consiglio d'Europa (doc. 11009)

43

IV -

RISOLUZIONI ADOTTATE DALL'ASSEMBLEA

 

1516

Esecuzione delle sentenze della Corte Europea per i Diritti umani (doc. 11020)

49

1517

Dibattito di politica generale sulla situazione nei Balcani (doc. 11050)

55

1518

L'OCSE e l'economia mondiale (doc. 11012)

59

1519

La situazione culturale dei curdi (doc. 11006)

62

1520

Recenti sviluppi in Libano nel contesto della situazione in Medio Oriente (doc. 11056)

65

1521

Arrivo in massa di migranti irregolari sulle coste dell'Europa meridionale (doc. 11053)

68

1522

Creazione di un Centro europeo in memoria delle vittime degli spostamenti forzati di popolazione e di pulizia etnica (doc. 10925)

72

1523

L'interesse dell'Europa per la continuità dello sviluppo economico della Russia (doc. 11026)

75

ALLEGATI

 

 

1.      Composizione della Delegazione parlamentare italiana

85


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I

 

introduzione

 

 



 

 

 

 

Introduzione

 

 

 

 

Si è svolta a Strasburgo, dal 2 al 6 Ottobre 2006, la quarta parte della Sessione 2006 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

 

         Per la Delegazione italiana hanno partecipato ai lavori della Sessione, oltre al Presidente della Delegazione, onorevole Andrea RIGONI, i senatori Tommaso BARBATO, Maria Luisa BOCCIA, Giampiero CANTONI, Josè Luiz DEL ROIO, Lucio MALAN, Andrea MANZELLA, Giorgio MELE, Stefano MORSELLI, Pasquale NESSA, Manfred PINZGER, Giampaolo SILVESTRI, Giannicola SINISI, Giuseppe VALENTINO, e i deputati Claudio AZZOLINI, Italo BOCCHINO, Margherita BONIVER, Piero FASSINO, Renato GALEAZZI, Ali Rashid KHALIL, Pietro MERCENARO, Roberto MARONI, Donato MOSELLA.

 

         Il Presidente dell'Assemblea, onorevole René van der LINDEN (Paesi Bassi, PPE) ha aperto questa parte di Sessione con la verifica delle credenziali delle nuove delegazioni, tra cui, questa volta, anche quelle della Delegazione italiana, che ha rinnovato la sua composizione a seguito delle elezioni politiche dello scorso aprile. Di seguito si è anche provveduto a rinnovare il corpo dei Vice Presidenti dell'Assemblea, da assegnare alla ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, all'Ucraina e all'Italia, che ha designato quale Vice Presidente dell'Assemblea il Presidente della Delegazione, onorevole Andrea RIGONI (Ulivo).

 

         L’Assemblea ha accolto la richiesta di tenere due dibattiti d’urgenza e un dibattito d’attualità, rispettivamente sui recenti sviluppi in Libano, sull’esigenza di una risposta comune all’arrivo in massa di immigranti irregolari sulle coste dell’Europa meridionale e, infine, sul bilancio per l’anno finanziario 2007 del Consiglio d’Europa. Per quanto riguarda i recenti sviluppi in Libano, l’Assemblea, deplorando i tragici avvenimenti che si sono verificati in questo Paese dal Luglio all’Agosto 2006 e nella striscia di Gaza dall’inizio dell’offensiva militare israeliana nel giugno 2006, ha accolto con speranza l’annuncio di tenere al più presto un Vertice sul Medio-Oriente, nonché le notizie dei recenti tentativi di formare un governo d’unione all’interno dell’Autorità Palestinese. L’Assemblea ritiene che una soluzione politica definitiva ai problemi della regione si potrà trovare solo col dialogo tra tutte le parti interessate, compresi i paesi che non hanno preso direttamente parte alle ostilità.

 

         Il dibattito sull’arrivo in massa di immigranti irregolari sulle coste dell’Europa meridionale ha visto l’Assemblea impegnata in un approfondito esame della situazione degli sbarchi irregolari sulle coste di Paesi come Spagna, Italia e Grecia e della necessità di attuare una serie di misure volte ad aiutare questi Paesi rivieraschi. Successivamente l’Assemblea ha ribadito che interventi tampone non sono più sufficienti e si dovrebbe iniziare a studiare una serie di misure che interessino non solo i Paesi di destinazione ma anche quelli d’origine e di transito. Per poter affrontare in maniera più efficace il problema, l’Assemblea auspica un maggiore impegno e coinvolgimento, oltre che degli stessi Stati europei, anche di istituzioni quali l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e il Comitato Internazionale della Croce Rossa.

 

         Il budget del Consiglio d'Europa per il 2007 è stato l'argomento di attualità dibattuto dall'Assemblea. Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa, onorevole Terry DAVIS (Regno Unito) è intervenuto denunciando l'"allarmante arresto" dell'Organizzazione sul piano finanziario e illustrando le obiettive difficoltà nel reperimento dei fondi.

 

         Un altro dibattito di estrema rilevanza è stato quello riguardante l’esecuzione dei giudizi della Corte Europea dei Diritti Umani. L’Assemblea ha inteso sottolineare con vigore che l’autorevolezza della Corte dipende dall’effettiva esecuzione dei suoi giudizi all’interno degli Stati membri. La Commissione sugli Affari giuridici e i Diritti umani, che ha predisposto la Relazione oggetto del dibattito, ha adottato un approccio più energico, dando priorità all'esame dei casi che, a causa di problemi di tipo strutturale, comportano maggiori ritardi nell’esecuzione delle sentenze della Corte. I maggiori paesi in questione sono Turchia, Italia, Federazione Russa, Regno Unito e Ucraina. L’Assemblea è stata concorde nell’affermare che, malgrado dei miglioramenti, riscontrati soprattutto in Italia, Ucraina e Regno Unito, vi sia ancora molta strada da compiere verso il pieno adempimento dei giudizi della Corte. Pertanto, qualora le delegazioni degli Stati interessati da ritardi e inadempienze nella piena applicazione dei giudizi della Corte non dimostrino quanto prima risultati concreti o piani d’azione realistici, vi sarebbe la possibilità di ricorrere, secondo quanto prescritto dall’articolo 8 del Regolamento, alla sospensione della rappresentatività delle delegazioni in seno all’Assemblea.

 

         L’Assemblea ha dedicato spazio al tema di politica generale sulla situazione dei Balcani. Nella Risoluzione approvata si afferma la necessità di costituire tra i vari paesi dei Balcani occidentali una piattaforma di dialogo, supportata dalle due maggiori istituzioni del continente, il Consiglio d'Europa e l'Unione Europea.

 

         La situazione culturale dei Curdi è stato il tema di un rapporto della Commissione affari politici con il quale l’Assemblea ha voluto portare l’attenzione sui 20-30 milioni di Curdi che vivono nelle regioni di montagna tra Iraq, Turchia, Siria e Iran e che costituiscono una delle più grandi nazioni senza Stato del mondo. Nella Risoluzione approvata l’Assemblea ha affermato come la diversità culturale e linguistica sia una risorsa preziosa che arricchisce le tradizioni europee e rafforza l’identità di ogni Paese e individuo. Viene quindi proposto che il Consiglio d’Europa assuma il ruolo di protettore della cultura curda. Per tale motivo l’Assemblea ha chiesto ai paesi con presenza curda di fare il possibile per preservare e non minacciare la cultura dei curdi, riconoscendola come parte integrante delle tradizioni del loro proprio paese.

 

         Un ulteriore tema trattato in questa parte di Sessione ha riguardato l’immagine, offerta dai media, dei richiedenti asilo, emigranti e rifugiati. La relatrice del rapporto, preparato dalla Commissione sulla Migrazione, Rifugiati e Popolazione, onorevole Tana DE ZULUETA[1], ha sottolineato come i media abbiano un fortissimo impatto sulla vita di tali persone e anche sul modo in cui vengono percepiti e più o meno accettati dalla società. I media hanno, inoltre, la responsabilità di associare stereotipi alle figure dei migranti. Un impianto normativo che impedisca l’istigazione all’intolleranza è un prerequisito essenziale ad evitare che si verifichino situazioni sconvenienti. In aggiunta a questo si dovrebbe mettere in atto un meccanismo di indagine effettiva contro potenziali attitudini razziste o xenofobe dei media. Infine, i media, dovrebbero cercare di tenere presente, nel trattare i loro argomenti, anche il punto di vista dei rifugiati, dei richiedenti asilo o degli immigrati fino ad arrivare ad avere anche una programmazione che rispecchi i bisogni linguistici e gli interessi di tali persone.

 

         Come di consueto, sono intervenuti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri di turno, il Ministro degli esteri della Federazione Russa, Sergey LAVROV, e il Segretario Generale del Consiglio d'Europa, onorevole Terry DAVIS. Oltre alle personalità politiche citate in precedenza, sono stati ospitati il segretario generale dell’OECD onorevole Angel GURRIA, il Presidente del Consiglio dei Ministri della Bosnia-Erzegovina onorevole Adnan TERZIĆ ed il Primo Ministro croato Ivo SANADER.

 

I documenti ufficiali dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa sono reperibili, nel testo inglese e francese, sul sito Web dell’Assemblea:

http://www.assembly.coe.int

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

II

 

Interventi dei Parlamentari della Delegazione italiana

 


 


Lunedì, 2 ottobre 2006, 0re 15,00 – Ventiquattresima seduta

 

 

Questa parte di Sessione si è aperta, come di consueto, con la verifica delle credenziali dei nuovi membri, tra cui la Delegazione italiana recentemente rinnovata. Si è quindi proceduto alle elezioni di un Vice Presidente da assegnare all'Italia, alla ex Repubblica yugoslava di Macedonia e all'Ucraina. Per l'Italia è risultato eletto (per acclamazione) il Presidente della Delegazione, l'onorevole Andrea Rigoni.

L'Assemblea ha approvato due dibattiti d'urgenza, rispettivamente sui recenti sviluppi in Libano e sull'arrivo di immigrati irregolari nelle coste meridionali europee, e un dibattito d'attualità, sul bilancio del Consiglio d'Europa per l il 2007.

E' stata quindi presentata la Relazione sull'attività del Bureau e della Commissione Permanente (doc. 11036), da parte dell'on. Mevlüt Çavuşoğlu (Turchia), durante il quale si è riportato delle missioni di monitoraggio delle elezioni legislative in Macedonia e in Montenegro.

E' stato ospite dell'Assemblea Ivo SANADER, Primo Ministro della Croazia, il quale, dopo aver parlato della situazione nel suo Paese ha risposta ad alcune domande dei parlamentari, tra cui una dell'on. Fassino.

Successivamente si sono svolti i dibattiti sull'equilibrio istituzionale al Consiglio d'Europa (doc. 11017, Rac. 1763) e sull'esecuzione delle sentenze della Corte Europea dei Diritti umani (doc. 11020, Rac. 1764, Ris. 1516).

Il sen. Manzella è intervenuto nel dibattito sull'equilibrio istituzionale.

 

 

Domanda al Primo Ministro della Croazia, Ivo Sanader

 

FASSINO

Ringrazio il Presidente per il suo discorso ispirato da un forte europeismo. La conosco da molti anni e so che Lei è uno dei dirigenti della Croazia che più si è battuto e si batte per ancorare la Croazia, i Balcani e l’Europa sud-orientale all’Unione Europea. Volevo farle due domande, la prima è la seguente: sono passati dieci anni dagli accordi di Dayton, in queste settimane la Bosnia ha conosciuto dei passaggi elettorali importanti, come vede Lei la prospettiva e l’impegno della Croazia per il consolidamento del processo di stabilità e di democrazia in Bosnia. La seconda domanda è: come il suo governo intende favorire l’attività del tribunale Penale Internazionale per la Jugoslavia. Grazie.

 

IVO SANADER, Primo Ministro della Croazia

Innanzitutto, credo che l’accordo di Dayton sia stato un grande successo, non solo per la Bosnia Erzegovina ma anche per la Comunità Internazionale perché ha messo fine alla guerra. Certo, l’accordo non era ideale, noi tutti sappiamo che la vita non è ideale, ma ha raggiunto il suo scopo. E’ per questa ragione che l’accordo di Dayton deterrà certamente un posto speciale nella storia futura.

Oggi, ben undici anni dopo perché è stato concluso nel 1995, bisogna vedere come funziona. Da diverse parti sento che non funziona più bene. Allora bisogna fare anche delle riforme per quanto riguarda la costituzione, però non si possono accettare riforme che non vengano accettate da tutti i tre popoli che rappresentano la Bosnia Erzegovina e che devono ottenere e mantenere un uguale status.

Credo che prima di tutto, la Comunità Internazionale, il Consiglio d’Europa e anche gli Stati Uniti – che sono stati attivissimi in questi accordi – debbano adoperarsi insieme ai rappresentanti di questi tre popoli per emancipare la politica della Bosnia Erzegovina. Un altro aspetto che non dobbiamo dimenticare è il problema del Kossovo e di come si rapporta alla Bosnia Erzegovina. Ieri ci sono state le elezioni in Bosnia Erzegovina, vedremo i risultati alcuni dei quali sono già noti.

Comunque adesso l’attenzione della Comunità Internazionale è rivolta all’Iraq, all’Afghanistan, al Medio Oriente ma non deve dimenticare questa parte dell’Europa. Siamo vicini della Bosnia Erzegovina come anche della Serbia e vogliamo che tutto vada bene e siamo pronti a contribuire e a collaborare con le attività della Comunità Internazionale per vedere se l’accordo di Dayton è ancora adeguato al presente e al futuro o se bisogna riformarlo.

Credo che il problema di cooperazione con il Tribunale non è solo relativo all’obbligo di un solo paese, per esempio della Croazia, della Bosnia, della Serbia o del Montenegro ma è prima di tutto un obbligo individuale. Infatti, si tratta di un rules of laws perché anche nella legislazione croata esiste questo obbligo. Noi non abbiamo cooperato con l’Aia perché l’Unione Europea lo ha chiesto ma perché esiste una legge in Croazia che dice che tutti coloro che sono stati accusati devono rispondere alle accuse.

Credo che qualsiasi paese in questione, se vuole implementare le proprie leggi, lo deve fare in ogni caso e non solo perché lo chiede l’Unione

 

 

L'equilibrio istituzionale al Consiglio d'Europa (doc. 11017)

 

MANZELLA

Signor Presidente e cari Colleghi, io credo che l’ultima fatica in questa sede del collega Schieder sia un eccellente punto di riferimento e lo sarà a lungo. Noi attendiamo direi dal 1949 che ci sia una riorganizzazione, un ripensamento della nostra organizzazione che è andata un po’ crescendo con la tecnica dell’albero di natale. Adesso invece occorre dare un senso all’organismo che siamo.

Dal punto di vista tecnico-istituzionale, giuridico-istituzionale, direi che le proposte del collega Schieder sono assolutamente da seguire. Dal punto di vista politico-istituzionale, pregherei il collega Schieder di dare un approfondimento, se lo ritiene possibile. L’approfondimento è il seguente: il nostro organismo è un organismo direi di tipo costituzionale. Non abbiamo cioè al vertice del nostro organismo un organo di supremazia. Abbiamo al vertice del nostro organismo la Costituzione, abbiamo la Carta del 1950 e le Convenzioni che ad essa si sono aggiunte.

E’ questo il senso costituzionale dell’equilibrio dei nostri poteri, il che non significa ripartizione di peso tra le varie istituzioni, ma significa come ha detto la nostra Corte e come ha detto il Collega Schieder, un senso di equilibrio dinamico, di equilibrio funzionale.

Qual è questa funzionalità? E’ d’aver chiaro che tutto è nell’attuazione della nostra Costituzione e della Carta di Roma del 1950 e delle successive Convenzioni e che tutto deve essere funzionalizzato a questo. Quindi se c’è una supremazia, è la supremazia della Corte di Giustizia. La nostra Assemblea parlamentare, in un certo senso, deve operare come braccio secolare della Corte di Giustizia.

La nostra Assemblea parlamentare che ha questo grande compito di essere una passerella tra i parlamenti della grande Europa e i parlamenti della piccola Europa, ha un compito anch’esso operativo ma di funzionalità tenendo sempre presente che al vertice c’è la Costituzione.

E’ così per le altre istituzioni che noi abbiamo come il Comitato delle organizzazioni locali. Che cosa significa? Significa che al centro c’è anche il cittadino, il cittadino con i suoi diritti nella comunità di destino, e così per la Conferenza delle organizzazioni non governative, il cittadino della sussidiarietà orizzontale.

Direi che forse il ruolo minore in questa riorganizzazione concettuale spetta proprio al Comitato dei ministri, siano essi ministri o ambasciatori. Ecco, quindi ottima la relazione Schieder.Ma direi che questa visione costituzionale ci permetterebbe di dare più forza alle ottime proposte in essa contenute. Grazie.

 

 

 

Martedì, 3 ottobre 2006, ore 10,00 - Venticinquesima seduta

 

Questa seduta e la successiva sono state interamente dedicate al dibattito sulla situazione nei Balcani (doc. 11050). Dopo la Relazione dell'on. Eőrsi (Ungheria) della Commissione questioni politiche, sono intervenuti in Aula il Primo Ministro dell'Albania, Sali BERISHA, e il Primo Ministro della Bosnia Erzegovin, Adnan TERZIĆ, parlando del tema all'ordine del giorno e specificatamente della situazione nei loro paesi.

Nel dibattito è intervenuto l'on. Marcenaro.

 

 

 

Dibattito di politica generale sulla situazione nei Balcani (doc. 11050)

 

MARCENARO

Signor Presidente, Presidente Berisha e Terzić, cari Colleghi, care Colleghe.

Il Gruppo socialista approva il progetto di risoluzione e di raccomandazione proposto dal relatore. Voglio sottolineare il carattere strategico che ha per l’Europa il futuro dei Balcani e nello stesso tempo ribadire l’importanza che ha per i Balcani la prospettiva europea.

Solo l’Europa può costituire il contesto nel quale il moltiplicarsi delle identità e delle domande di autonomia che caratterizzano quella regione, può essere governato in pace e in democrazia e non sfociare in conflitti distruttivi. E’ l’Europa il quadro di una duratura prospettiva di pace e di cooperazione nei Balcani.

I Balcani ci hanno ricordato e ci ricordano, specie alla nostra generazione, quale illusione sia considerare la pace come un risultato definitivo, un dato naturale e non un bene che ogni giorno deve essere ricostruito. Molto spesso noi pensiamo ai Balcani come se fossero il nostro passato. Sono per certi aspetti il nostro futuro. Nei Balcani è l’intera Europa che è sfidata a misurarsi con i difficili problemi di convivenza delle differenze e di governo dei conflitti che già sono e ancora più saranno le sfide di tutte le democrazie moderne.

Del resto, con il fenomeno dell’immigrazione già oggi, in molti paesi, albanesi, serbi, croati, montenegrini, macedoni non sono per noi solo abitanti di paesi lontani ma donne e uomini che incontriamo ogni giorno nelle nostre strade e nelle nostre città. In passato quando finì la vecchia Repubblica Federale di Jugoslavia, l’Europa è stata nei Balcani occasione di divisione. Oggi al contrario, può e deve essere via di unità e di cooperazione. Per questo è importante che l’Unione Europea abbia una vera e propria strategia regionale.

La relazione giustamente sottolinea la specificità dei singoli paesi, dei singoli Stati, delle singole democrazie che devono essere conosciute e rispettate. Ma nel contempo è necessaria una strategia d’insieme, una linea unitaria che come afferma il sottoparagrafo 14 punto 7 della risoluzione, definisca un calendario preciso per l’integrazione nell’Unione Europea.

L’allargamento dell’Unione Europea ha comportato e comporta indubbiamente problemi molto seri. Ma l’allargamento dell’Europa è stato la più grand’esperienza di esportazione pacifica della democrazia. E’ stato nel mondo l’unica alternativa all’idea fanatica dell’esportazione armata della democrazia. La situazione nei Balcani dimostra quali conseguenze negative avrebbe per il futuro di tutta l’Europa il ritrarsi da quella via e da quegli impegni.

Infine, noi dobbiamo avere fiducia nel fatto che nei Balcani la prospettiva europea non è l’idea di ristrette élite politiche ma un sentimento popolare che legge in questa parola Europa la speranza e la possibilità di un futuro migliore per sé e per i propri figli. E questo sentimento popolare è la migliore garanzia che noi, il resto dell’Europa, possiamo chiedere. Grazie.

 

Martedì, 3 ottobre 2006, ore 15,00 - Ventiseiesima seduta

 

 

Nella seduta si è proseguita la discussione sul tema dei Balcani (doc. 11050), conclusasi con l'approvazione della Risoluzione n. 1517 e la Raccomandazione n. 1765.

L'Assemblea ha quindi affrontato il dibattito di attualità sul bilancio del Consiglio d'Europa per l'anno 2007, durante il quale è intervenuto l'on. Terry DAVIS, Segretario Generale del Consiglio.

 

 

 

Mercoledì, 4 ottobre 2006, ore 10,00 - Ventisettesima seduta

 

La seduta è stata aperta dall'intervento del Ministro degli Affari esteri della Federazione Russa, Sergej LAVROV, al quale i parlamentari hanno posto una serie di domande.

Successivamente si è svolta la discussione sulla Relazione n. 10961 concernente la ratifica della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali da parte degli Stati membri del Consiglio d'Europa, al termine della quale è stata approvata la Raccomandazione n. 1766.

 


 

Mercoledì, 4 ottobre 2006, ore 15,00 - Ventottesima seduta

 

La prima parte della seduta è stata dedicata al dibattito sulla Relazione n. 11012, riguardante l'OCSE e l'economia mondiale, frutto del lavoro congiunto di diverse Commissioni competenti (questioni sociali, migrazioni, cultura e educazione, ambiente e agricoltura), nel corso della quale è intervenuto il Segretario Generale dell'OCSE, Angel GURRÍA. Al termine, l?Assemblea ha approvato la Risoluzione n. 1518.

Come ultimo argomento all'ordine del giorno, l'Assemblea ha discusso sulla situazione culturale dei curdi (doc. 11006), approvando la Risoluzione n. 1519.

 

 

 

Giovedì, 5 ottobre 2006, ore 10,00 - Ventinovesima seduta

 

Questa seduta antimeridiana è stata interamente dedicata ai due dibattiti d'urgenza, precedentemente approvati dall'Assemblea.

Durante il primo dibattito, sui recenti sviluppi in Libano e nel Medio Oriente (doc. 11056, Ris. 1520) è intervenuto in Aula l'onorevole Dalia ITZIK, Presidente della Knesset israeliana, e - per parte italiana - l'onorevole Khalil.

Il secondo dibattito d'urgenza è stato dedicato al problema dell'arrivo in massa di migranti irregolari nei porti dell'Europa del sud, e si è concluso con l'approvazione della Risoluzione n. 1521.

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Recenti sviluppi in Libano nel contesto della situazione in Medio Oriente (doc. 11056)

 

KHALIL

Signor Presidente, Colleghi e Colleghe, partecipare come nuovo membro ai lavori di questa sessione è stato per me una gratificante esperienza che mi riempie di orgoglio. Ho finalmente trovato tutto quello che avevo studiato sui libri: rispetto per la cultura del diritto che avrebbe dovuto caratterizzare l’Europa dopo la seconda guerra mondiale e la vittoria sul nazismo e sul fascismo. Mi fa particolarmente piacere e soddisfazione costatare lo sforzo che il nostro Consiglio sta compiendo fuori dei confini dell’Europa.

Sono discendente di una famiglia di Gerusalemme, ho vissuto tutta la mia vita come profugo e più di quattro milioni di Palestinesi vivono ancora in questa terribile condizione. Sono fra i più fortunati. Sono stato recentemente in Libano e ho visto con i miei occhi la terribile capacità distruttiva che posseggono le armi moderne. Spero che tutti i popoli del Medio Oriente possano essere liberati dalla logica della forza quale unico strumento per risolvere i problemi. L’Europa e il nostro Consiglio hanno tutti i mezzi necessari per aiutarli.

Signor Presidente, tutte le guerre del passato e quelle attuali nel Medio Oriente sono fuori della legalità. La guerra preventiva e permanente in Medio Oriente è iniziata da molto tempo e appartiene alla stessa categoria del terrorismo anche se con logiche diverse. Credo che la presenza della comunità internazionale oggi in Libano possa aiutare a trasformare l’atteggiamento dell’Europa e della comunità internazionale che ha assistito senza intervenire a questa tragedia. Però per farlo, bisogna finalmente parlare con tutti i contendenti, con tutti gli interlocutori in Medio Oriente con la stessa lingua e chiedere a tutti un rigoroso rispetto della legalità e del diritto internazionale e abbandonare per sempre le pratiche dei due pesi e delle due misure che sono state adottate ogni volta che si era parlato di Israele.

Ci troviamo di fronte ad un’occasione straordinaria e interpretiamo così la presenza internazionale in Libano: che si tratta finalmente di un intervento non per fare la guerra ma per stabilizzare una tregua e avviare un processo di pace e sulla base di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1701. Questa risoluzione fa riferimento ad altre risoluzioni del Consiglio di Sicurezza quali la risoluzione 242 e 338 che chiedono a Israele di ritirarsi dai territori occupati siriani, palestinesi e libanesi e finalmente ad impegnarci in modo serio e responsabile a risolvere quella tragedia del popolo palestinese che è il cuore della tragedia del Medio Oriente.

Colgo l’occasione, Signor Presidente, per chiederLe di sollecitare la liberazione dei prigionieri palestinesi, soprattutto quelli parlamentari e membri del governo, e avviare subito una conferenza internazionale per la soluzione di tutti i problemi del Medio Oriente perché non esiste separatamente una questione libanese e perché la questione palestinese rimane sempre al centro di tutto. Grazie.

 

 

 

Giovedì, 5 ottobre 2006, ore 15,00 - Trentesima seduta

 

L'Assemblea ha discusso la Relazione n. 10925 sulla creazione di un Centro europeo in memoria delle vittime degli spostamenti forzati di popolazione e delle operazioni di pulizia etnica, che si è conclusa con l'approvazione della Risoluzione n. 1522.

L'altro tema all'ordine del giorno di questa seduta è stata la Relazione n. 11011 sull'immagine dei richiedenti asilo e dei rifugiati quale viene veicolata dai media, elaborata dall'onorevole Tana de Zulueta[2] per conto della Commissione migrazione e demografia.

 

 

 

Venerdì, 6 ottobre 2006, ore 10,00 - Trentunesima seduta

 

Nel corso di questa ultima seduta della Sessione, l'Assemblea ha esaminato tre Relazioni, sulla conciliazione tra vita professionale e vita familiare (doc. 11019, Rac. 1769), sull'interesse europeo allo sviluppo economico della Russia (doc. 11026, Ris. 1523) ed infine sulla promozione dell'autonomia locale alle frontiere del Consiglio d'Europa (doc. 11009, Rac. 1770).

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

III

 

RacComandazioni adottate dall’Assemblea

 


 



Edition provisoire

L’équilibre institutionnel au Conseil de l'Europe

Recommandation 1763 (2006)1


1.       Le Statut du Conseil de l’Europe, signé le 5 mai 1949, a institué deux organes politiques statutaires ayant une compétence générale, le Comité des Ministres et l’Assemblée parlementaire. Ils sont assistés par le secrétariat (général) du Conseil de l'Europe. Aux termes de l’article premier du Statut, le but de l’Organisation est poursuivi au moyen de ces deux organes. Ceux-ci portent une responsabilité conjointe à l’égard de l’Organisation et leur interaction est indispensable au bon accomplissement de sa mission.

2.       Depuis la création du Conseil de l'Europe, les institutions suivantes ont vu le jour au sein de l’Organisation, sans que le Statut ait été formellement amendé :

2.1.        Le Congrès des pouvoirs locaux et régionaux du Conseil de l’Europe représente les collectivités territoriales dans l’Organisation. Le Congrès assure leur participation à la réalisation de l'idéal de l'union de l'Europe telle que définie à l'article 1 du Statut du Conseil de l'Europe, ainsi que leur représentation et leur engagement actif dans les travaux du Conseil de l'Europe. Le Comité des Ministres et l'Assemblée parlementaire consultent le Congrès sur les questions qui sont susceptibles d’avoir une incidence sur les compétences et les intérêts des collectivités locales et/ou régionales que le Congrès représente. Le Congrès qui se réunit depuis janvier 1957, sous la forme de la Conférence des pouvoirs locaux et régionaux de l'Europe, a été créé par une Résolution statutaire du Comité des Ministres ;

2.2.       La Cour européenne des Droits de l’Homme, instaurée par la Convention européenne des Droits de l’Homme du Conseil de l’Europe de 1950 (CEDH), est opérationnelle depuis 1959. Elle entretient avec le Conseil de l'Europe une relation institutionnelle et juridique étroite, fondée sur des valeurs communes. De plus, la première condition d’adhésion à l’Organisation, établie par l’Assemblée parlementaire, est la signature et la ratification de la Convention et de ses protocoles additionnels. La Cour constitue donc un rouage essentiel du système juridique du Conseil de l'Europe. Cependant, la Convention n’est pas très explicite sur le statut de la Cour européenne des Droits de l’Homme en général et le statut des juges en particulier.

3.       Le rapport du Comité des Sages du Conseil de l’Europe, publié en 1998, constatait à juste titre que « le Conseil aujourd'hui possède visiblement une structure tripolaire correspondant à ces trois axes gouvernemental, parlementaire et judiciaire, structure qui devrait être reconnue en tant que telle et davantage développée ». Les Sages ont aussi noté que, dans sa sphère de compétences, le Congrès avait largement contribué au développement démocratique au niveau local et régional. Depuis l’adoption de ce rapport, le Comité des Ministres, après consultation de l’Assemblée, a institué par la Résolution (99) 50 le poste de Commissaire aux droits de l’Homme du Conseil de l'Europe qui exerce ses fonctions de manière indépendante et impartiale.

4.       La Conférence des organisations internationales non gouvernementales (OING) du Conseil de l'Europe a été créée en janvier 2005 par les 400 OING dotées du statut participatif auprès du Conseil de l'Europe. Elle s’appuie sur la longue expérience de concertation et de coopération entre le Conseil de l'Europe et les OING en tant que secteur organisé de la société civile qui a commencé en 1952 avec la création d’un statut consultatif.

5.       Plus récemment, la Recommandation 1693 (2005) de l’Assemblée sur le Troisième Sommet du Conseil de l’Europe soulignait la nécessité de réorganiser le système institutionnel du Conseil de l’Europe et d’en renforcer tous les principaux organes. Dans sa Recommandation 1756 (2006) sur la mise en oeuvre des décisions du 3e Sommet du Conseil de l'Europe, l’Assemblée demande au Secrétaire Général et au Comité des Ministres de poursuivre leurs efforts visant au renforcement du système institutionnel du Conseil de l'Europe. En outre, elle recommande instamment au Comité des Ministres de prendre un train de mesures pour renforcer l’Assemblée parlementaire, notamment dans les domaines normatif et budgétaire et de lui donner le droit d’initiative législative.

6.       Le 11 avril 2006, le Premier ministre du Luxembourg, M. Juncker, a présenté à l’Assemblée parlementaire son rapport, intitulé “Conseil de l’Europe - Union européenne : une même ambition pour le continent européen”. Ce rapport propose une vision politique globale pour le Conseil de l’Europe et ses relations avec l’Union européenne. De l’avis de M. Juncker, la nécessaire complémentarité entre les deux institutions passera, entre autres, par un rôle renforcé du Commissaire aux Droits de l’Homme, des instances parlementaires et du Congrès du Conseil de l’Europe. Cela aura des conséquences pour le système institutionnel du Conseil de l’Europe.

7.       Le principe de l’équilibre institutionnel, au niveau d’une organisation internationale, régit la répartition des compétences et des missions entre les différents organes et instances de cette organisation ainsi que leurs relations.

8.       Depuis 1945, la distinction entre ce que l’on considérait comme les affaires “intérieures” d’une part et les affaires “étrangères” d’autre part, s’est considérablement brouillée surtout en Europe à la suite de l’intégration européenne. Le droit “international” a profondément changé de nature et s’occupe de plus en plus de questions qui étaient auparavant du ressort du droit national. De nombreux traités internationaux, comme les conventions du Conseil de l'Europe, concernent des domaines qui étaient considérés comme relevant des affaires intérieures des Etats. Logiquement, cette évolution a débouché sur une demande croissante de démocratisation de la conduite de la politique et de l’activité législative au niveau européen et international, et de renforcement du contrôle démocratique des institutions européennes. Selon l’Assemblée, cela s’applique aussi mutatis mutandis au Conseil de l’Europe.

9.       En vertu du Statut de 1949, le pouvoir de décision au Conseil de l'Europe est essentiellement concentré entre les mains du Comité des Ministres (par exemple, adoption d’instruments juridiques (article 15 du Statut), compétence du seul Comité des Ministres pour agir au nom du Conseil de l'Europe (article 13)). A quelques exceptions près (assentiment obligatoire de l’Assemblée pour modifier un tiers des dispositions du Statut, fonctions électives, adoption par l'Assemblée de son Règlement), l’Assemblée avait été conçue en 1949 comme un organe principalement consultatif.

10.       Si des améliorations institutionnelles ont été apportées depuis 1949, elles n’ont pas été suffisantes et n’ont pas modifié substantiellement le système institutionnel du Conseil de l'Europe. Elles n’ont pas suivi le rythme des réalités politiques différentes de l’Organisation et de son environnement ni celui du développement de l’intégration européenne, notamment au sein de la CE/UE.

11.       Si l’on veut empêcher le Conseil de l'Europe de prendre du retard sur le plan institutionnel et, dans une certaine mesure, de se « fossiliser », des réformes institutionnelles ambitieuses sont nécessaires. La structure institutionnelle du Conseil de l’Europe et la distribution des compétences entre ses organes statutaires et ses institutions et instances spécialisées doivent être mises en conformité avec les principes et les valeurs démocratiques que notre Organisation est chargée de défendre, sans quoi celle-ci s’exposerait à perdre progressivement la légitimité démocratique dont elle a besoin pour accomplir ses buts statutaires. L’équilibre institutionnel du Conseil de l'Europe doit être renforcé, notamment par un accord entre le Comité des Ministres et l’Assemblée et, le cas échéant, par une mise à jour du Statut du Conseil de l'Europe au moyen de résolutions statutaires.

12.       Parallèlement, l’Assemblée souligne qu’il est certes important d’améliorer l’équilibre institutionnel au Conseil de l’Europe afin de rendre son fonctionnement plus efficace, mais qu’il est essentiel que les Etats membres démontrent leur attachement aux valeurs que le Conseil de l’Europe a pour mission de défendre en apportant un soutien accru à son action en faveur de la promotion de la démocratie, du respect des droits de l’homme et de la prééminence du droit.

I.        Concernant l’Assemblée parlementaire

13.       La place de l’Assemblée dans le Conseil de l’Europe a considérablement évolué au fil des années. Il est généralement admis que le rôle politique actif de l’Assemblée constitue un atout particulier pour le Conseil de l’Europe. L’Assemblée a pris une part importante dans le processus d’élargissement de l’Organisation, aujourd’hui presque achevé, en définissant les frontières de l’Europe, en actualisant les critères politiques d’adhésion et en négociant dans une large mesure les conditions d’adhésion. Grâce à ses débats, à son action sur le terrain, à ses missions d’observation des élections, à ses programmes de coopération parlementaire, l’Assemblée apporte une contribution majeure à la stabilisation et au renforcement de la démocratie dans les Etats membres.

14.       L'Assemblée offre également une plate-forme de discussions à des organisations internationales telles que l'OCDE, la Banque européenne pour la reconstruction et le développement (BERD) et plusieurs agences spécialisées des Nations Unies, et s'intéresse à leurs activités

15.       La mise en place par l’Assemblée, pour la première fois au Conseil de l’Europe, d’une procédure de suivi du respect des obligations et des engagements contractés par les Etats européens lors de leur adhésion, qui comporte une forte dimension politique, a été une mesure particulièrement importante pour l’Organisation.

16.       L’Assemblée exerce une influence politique considérable par le biais du renforcement de ses procédures de vérification des pouvoirs des délégations parlementaires nationales.

17.       L’Assemblée élit les personnalités politiques clés du Conseil de l'Europe, les juges de la Cour européenne des Droits de l'Homme et le Commissaire aux droits de l’homme du Conseil de l'Europe. Elle apporte en outre une précieuse contribution aux travaux de l’Organisation, en particulier dans les domaines des affaires juridiques et des droits de l’homme, et a été à l’origine des principaux instruments juridiques du Conseil de l'Europe. Elle confère ainsi une légitimité démocratique à l'Organisation. En outre, à cause du double mandat de ses membres, national et européen, elle est un partenaire naturel du Comité des Ministres pour les suites à donner aux décisions du Conseil de l'Europe dans les parlements nationaux.

18.       La réaction politique et médiatique à certains de ses rapports montre l’importance et l’impact des travaux de l’Assemblée sur l’image globale du Conseil de l'Europe.

19.       L’Assemblée estime et a répété que ses pouvoirs ne correspondent en aucun cas à son poids réel et à son potentiel de force motrice de l’Organisation. Il y a lieu de renforcer la dimension parlementaire du Conseil de l'Europe et d’accroître la participation de l’Assemblée à son processus de décision, ce qui contribuerait à instaurer plus de transparence, de légitimité démocratique et de responsabilité au sein de l’Organisation.

20.       En conséquence, l’Assemblée invite le Comité des Ministres :

21.1.        à trouver un accord avec elle sur :

21.1.1.       le renforcement de l’implication de l’Assemblée concernant l’élaboration, l’adoption et l’application des conventions et des autres instruments juridiques de l’Organisation ;

21.1.2.       une interaction plus efficace avec l’Assemblée en matière de prise de décisions, y compris:

21.1.2.1. l’adoption de déclarations ou résolutions importantes sur le Conseil de l’Europe en général ou sur ses principaux mécanismes;

21.1.2.2. l’élaboration d’accords de coopération avec d’autres institutions européennes et organisations internationales ;

21.1.3.       le renforcement du rôle de l’Assemblée concernant:

21.1.3.1. l’adoption du budget du Conseil de l'Europe et de ses crédits budgétaires propres ;

21.1.3.2. les fonctions de contrôle des activités du Conseil de l’Europe, et notamment, l’établissement et la mise en œuvre des priorités des activités intergouvernementales de l’Organisation ; l’Assemblée devrait en particulier recevoir les rapports de l’Auditeur interne et de l’Auditeur externe ;

21.2.        à la lumière de cet accord, à mettre à jour et compléter une série de résolutions et de décisions du Comité des Ministres concernant le rôle et les pouvoirs de l’Assemblée sur la base de la liste figurant en annexe à la présente recommandation.

22.        En outre, l'Assemblée invite le Comité des Ministres :

22.1.       à examiner avec elle si et de quelle manière l’Assemblée pourrait être en mesure de saisir la Cour européenne des Droits de l'Homme d’un recours alléguant d’une grave violation d’une des parties contractantes des droits garantis par la Convention européenne des Droits de l’Homme (CEDH) et ses protocoles additionnels ;

22.2.       à codifier par une résolution statutaire sa décision adoptée en février 1994 concernant la dénomination de l’Assemblée ;

22.3.       à consulter l’Assemblée, notamment à propos de sa participation, avant d’adopter ou de modifier des textes instaurant de nouveaux organes ou institutions du Conseil de l'Europe ;

22.4.       à donner à l’Assemblée des informations plus pointues sur les grandes options, la programmation des activités et les questions budgétaires;

22.5.       à assurer un suivi efficace des avis statutaires de l’Assemblée et à l’informer régulièrement des mesures prises à partir de ces avis.

II.       Concernant le Comité des Ministres

23.       L’Assemblée salue l'action entreprise jusqu’ici par le Comité des Ministres de mettre en œuvre le Chapitre V du Plan d’action du Sommet de Varsovie : un Conseil de l’Europe plus transparent et plus efficace. Elle se félicite de surcroît :

23.1.       du document résumant les réformes du Conseil de l’Europe 1999-2005 ;

23.2.       des efforts du Comité des Ministres pour impliquer de plus en plus les représentants de l’Assemblée dans les travaux des groupes de rapporteurs et autres organes subordonnés.

24.       L’Assemblée invite en particulier le Comité des Ministres :

24.1.       à utiliser plus largement le Conseil de l'Europe comme plateforme politique paneuropéenne de dialogue entre les Etats membres et non membres de l’Union européenne et à veiller à ce que l’expertise du Conseil de l'Europe soit prise en compte dans la Politique européenne de voisinage de l’Union européenne ;

24.2.       à donner une plus grande responsabilité politique à son président, notamment dans les situations de crise ;

24.3.       à renforcer le rôle du Conseil de l'Europe comme espace de réflexion pour relever les défis du XXIesiècle et, en particulier, en ce qui concerne la promotion de la démocratie. A cet égard, l’Assemblée rappelle sa proposition, figurant dans la Recommandation 1756 (2006), à savoir de faire du Forum pour l’avenir de la démocratie un véritable instrument de promotion des valeurs du Conseil de l'Europe auquel l’Assemblée serait pleinement associée ;

24.4.       à accroître la transparence du Conseil de l'Europe tant à l’intérieur qu’à l’extérieur et à donner des informations à l’Assemblée sur les Etats membres qui font obstacle

24.4.1. à l’adoption de projets d’instruments juridiques du Conseil de l'Europe ;

24.4.2. aux décisions sur les réponses aux recommandations de l’Assemblée et du Congrès, plus de six mois après leur adoption par l’Assemblée ou le Congrès ;

24.5.        à examiner la possibilité d’une contribution d’autres ministères nationaux que ceux des affaires étrangères au budget du Conseil de l'Europe ;

24.6.       à renforcer le rôle des Conférences ministérielles spécialisées ;

24.7.       à réagir à la proposition du Premier ministre Juncker, à savoir que les ministres des Affaires étrangères, et particulièrement ceux des Etats membres de l’Union européenne, participent davantage aux travaux du Conseil de l’Europe ;

24.8.       à examiner avec l’Assemblée les possibilités de renforcer la rôle du Comité mixte afin d’en faire un instrument de dialogue plus efficace entre les deux organes statutaires, notamment en créant des groupes de travail mixtes sur les grandes questions.

III.       Concernant la Cour européenne des Droits de l'Homme (la Cour)

25.       La Cour a connu une évolution particulièrement spectaculaire. Le succès du mécanisme de recours individuel s’est traduit par une augmentation constante du nombre d’affaires portées devant la Cour. C’est aujourd’hui la juridiction internationale la plus importante de par sa taille et celle dont le rôle est le plus chargé. Sa jurisprudence influence jusqu’aux fondements des systèmes juridiques nationaux. Un nombre croissant d’arrêts de la Cour soulève des questions qui suscitent un grand intérêt juridique, politique et médiatique dans les Etats concernés. Par suite de l’élargissement du Conseil de l'Europe et de l’obligation faite aux nouveaux Etats membres de ratifier la Convention européenne des Droits de l'Homme, l’espace européen de protection des droits de l’homme et la compétence de la Cour se sont progressivement étendus, pour le plus grand bien de la sécurité humaine et de la stabilité démocratique sur le continent.

26.       Le Comité des Ministres a déclaré à maintes reprises que la CEDH devait rester la principale référence pour la protection des droits de l’homme de 800 millions d’Européens. Le Troisième Sommet du Conseil de l’Europe, tenu à Varsovie en mai 2005, a mis en place un Groupe de Sages chargé d’élaborer une stratégie d’ensemble pour assurer durablement l'efficacité du mécanisme de contrôle de la CEDH. Un rapport intérimaire a été présenté au Comité des Ministres le 19 mai 2006. Le Groupe n’a pas encore examiné les questions institutionnelles. Les Ministres ont demandé au groupe de poursuivre ses efforts pour leur présenter un rapport final avant la fin de 2006.

27.       Or, ce rôle capital de la Cour et le fait qu’elle constitue l’un des trois piliers de la structure du Conseil de l'Europe n’apparaissent pas suffisamment dans le système institutionnel et la pratique de l’Organisation. En particulier, l’Assemblée souligne qu’il importe de concilier les besoins opérationnels et institutionnels de la Cour unique permanente et consolidée et la nécessité de maintenir sa pleine intégration dans le Conseil de l’Europe. Il convient également de développer de meilleures synergies entre la Cour et d'autres institutions et organes du Conseil de l'Europe. Il importe en particulier d'établir une coopération plus étroite entre la Cour et le Comité des Ministres en matière d'exécution des arrêts de la Cour et de la supervision de celle-ci. L'Assemblée estime qu'une clarification du statut de la Cour, de ses relations avec les autres autorités du Conseil de l'Europe et de ses prérogatives serait une reconnaissance de sa nouvelle réalité institutionnelle et soulignerait encore le rôle majeur joué par la Cour dans le paysage institutionnel du Conseil.

28.       L ’Assemblée invite donc le Comité des Ministres :

28.1.       à demander d’urgence au Groupe de Sages créé par le 3eSommet d'examiner également les questions suivantes :

28.1.1.       le statut de la Cour dans le cadre institutionnel du Conseil de l’Europe ;

28.1.2.       ses relations avec le Comité des Ministres dans le contexte de l'exécution des arrêts ;

28.1.2.       le statut des juges ;

28.1.3.       le fonctionnement administratif de la Cour, y compris ses besoins budgétaires, afin de garantir son efficacité et la position de son Greffe tout en préservant la cohérence structurelle et fonctionnelle ainsi que l’intégrité organisationnelle du Conseil de l’Europe ;

28.1.4.        le rôle de l’Assemblée parlementaire et aussi celui des parlements nationaux qui sont représentés à l’Assemblée pour assister le Comité des Ministres en sa qualité d’instance de supervision de l’exécution des décisions de la Cour (Article 46 de la CEDH) ;

28.2.       à transmettre le rapport final du Groupe de Sages à l’Assemblée et à la consulter avant de prendre des décisions définitives sur la réforme ;

28.3.       en fonction des conclusions du Groupe de Sages, à inclure une disposition appropriée relative au statut institutionnel de la Cour européenne des Droits de l’homme soit dans un protocole additionnel au Statut du Conseil de l'Europe soit dans une résolution statutaire.

IV.       Concernant le Congrès des Pouvoirs locaux et régionaux du Conseil de l'Europe

29.       Au cours des dix dernières années, l'Europe a vécu un changement radical de l'équilibre national et local qui s'est traduit, dans le Congrès et dans l'intégration européenne en général, par un rôle accru des collectivités locales et régionales dans les Etats membres du Conseil de l'Europe. Le Congrès est désormais l'organe le plus représentatif des 200.000 collectivités locales et régionales du continent. En outre, il est devenu un interlocuteur de premier plan dans le dialogue avec les Etats membres sur les questions de démocratie locale et régionale.

30.       Depuis 2000, date à laquelle une nouvelle résolution statutaire sur le Congrès a été adoptée par le Comité des Ministres, le rôle politique du Congrès ne cesse de se développer. La cause en est surtout le processus de suivi de l'état de développement de la démocratie locale et régionale dans les Etats membres du Conseil de l'Europe.

31.       Le suivi et le dialogue politique permanent instaurés par le Congrès avec les autorités des Etats membres sur les questions de démocratie locale et régionale ont contribué à faire avancer les principes consacrés dans la Charte européenne de l'autonomie locale et à définir une vision de ce que doivent être des collectivités locales démocratiques et comment elles doivent fonctionner dans la démocratie.

32.       Le Congrès joue un rôle important dans l’observation des élections aux niveaux local et régional. En s'inspirant des conclusions des missions d'observation des élections, le Congrès adresse des recommandations aux autorités des pays concernés puis prend des mesures visant à évaluer l'état de leur mise en œuvre.

33.       Pour associer les régions au processus d'intégration européenne, le Congrès a favorisé la création d'eurorégions d'un type nouveau, incluant les niveaux national, régional et local de gouvernement des Etats membres de l'Union européenne et non membres de l'Union.

34.       Le Congrès, avec les autorités russes, est à l'origine de l'idée de créer à Saint-Petersbourg un centre du Conseil de l’Europe pour la coopération interrégionale et transfrontalière. La création de ce centre favoriserait le développement de l'autonomie locale et régionale et constituerait une possibilité supplémentaire de promouvoir et de renforcer la coopération entre les régions d'Europe. Le Congrès a également décidé de relancer l’étude d’un nouveau projet d’instrument juridique sur la régionalisation en Europe.

35.       Tout ceci nous amène à la conclusion que la place du Congrès dans le système institutionnel du Conseil de l'Europe n'est plus la même qu'il y a douze ans lorsqu'il a été créé par la Résolution statutaire (1994) 3 du Comité des Ministres, mise à jour en 2000 (Résolution statutaire (2000) 1). Le Congrès a dépassé progressivement la nature consultative qui avait été originellement conçue pour lui dans les textes statutaires. Il joue maintenant un rôle véritablement représentatif au sein de l'Organisation. C'est pourquoi il a proposé que la Résolution statutaire (2000) 1 et la charte du Congrès soient révisées pour les rendre plus conformes au rôle actuel du Congrès au sein du Conseil de l'Europe.

36.       L'Assemblée invite le Comité des Ministres :

36.1.       à mettre en œuvre la Recommandation 162 (2005) sur la révision de la Résolution statutaire (2000) 1 sur le Congrès et de sa charte et de faire du Congrès une institution entièrement composée de membres élus ;

36.2.       à tirer le meilleur parti possible de la capacité du Congrès à promouvoir la décentralisation des pouvoirs et le renforcement de l'autonomie locale en Europe ;

36.3.       à demander plus régulièrement l'avis du Congrès avant de prendre des décisions relevant de sa compétence.

V.       Concernant la conférence des OING du Conseil de l'Europe

37.       Les organisations internationales non gouvernementales (OING) sont étroitement associées au Conseil de l'Europe depuis 1952, époque à laquelle a été créé un statut consultatif auprès de l’Organisation. En vue de promouvoir l'interaction avec le Conseil de l'Europe, les OING ont mis en place leurs propres structures, à savoir un comité de liaison et des groupes thématiques.

38.       Conformément à la Résolution (2003) 8 du Comité des Ministres, le statut des OING au sein du Conseil de l'Europe a été renforcé, leur statut étant passé de consultatif à participatif.

39.       Les 400 OING dotées d'un statut participatif ont formé la conférence des OING du Conseil de l'Europe en janvier 2005. Cette conférence est le porte-parole de la société civile européenne au Conseil de l'Europe. Elle coopère avec les autres organes de l'Organisation et ses membres, diffuse des informations sur les buts et activités du Conseil auprès de ses mandants et soutient la promotion et l'application des instruments juridiques de l'Organisation.

40.       L'Assemblée invite ses commissions à resserrer le dialogue et la coopération avec la conférence des OING du Conseil de l'Europe et ses groupes compétents.

41.       L'Assemblée invite le Comité des Ministres à demander plus régulièrement l'avis de la conférence des OING avant de prendre des décisions sur les sujets relevant de sa compétence.

VI.       Concernant les actions de suivi

42.       Enfin, l'Assemblée invite le Comité des Ministres à examiner avec elle les propositions précitées au sein du Comité mixte et dans un groupe de travail mixte. La Cour européenne des Droits de l'Homme et le Congrès devraient être étroitement associés à ce travail.

43.       Elle recommande aussi de créer un groupe de sages ayant pour mandat de prodiguer des conseils sur les questions institutionnelles et de servir de médiateur entre les organes et les institutions du Conseil de l'Europe.

43.1.       Ce groupe devrait être composé de sept membres:

43.1.1.       deux membres (un homme et une femme) désignés par le Comité des Ministres ;

43.1.2.        deux membres (un homme et une femme) désignés par l’Assemblée parlementaire ;

43.1.3.       un membre désigné par la Cour européenne des Droits de l'Homme ;

43.1.4.       un membre désigné par le Congrès des Pouvoirs locaux et régionaux du Conseil de l'Europe ;

43.1.5.       un membre (qui sera le Président du groupe) désigné par le Secrétaire Général du Conseil de l’Europe ;

43.2.       les membres devraient être d’imminentes personnalités, mais qui ne seraient cependant plus des membres en exercice du Comité des Ministres, de l’Assemblée, de la Cour ou du Congrès des Pouvoirs Locaux et Régionaux et ne feraient pas partie du personnel du Conseil de l’Europe.


ANNEXE

PROPOSITIONS POUR METTRE A JOUR OU COMPLETER LES RESOLUTIONS ET LES DECISIONS DU COMITE DES MINISTRES CONCERNANT LE ROLE ET LES COMPETENCES DE L’ASSEMBLEE

1.       La Résolution statutaire (51) 30 A sur l’admission de nouveaux membres, en disposant que :

1.1.       l’Assemblée est également consultée avant la suspension d’un membre de son droit de représentation en application des articles 8 et 9 du Statut ;

1.2.       l’Assemblée est consultée sur le nombre de sièges à attribuer à un nouveau membre et sa contribution au budget du Conseil de l'Europe ;

1.3.       conformément à la pratique en vigueur, le Comité des Ministres attend l’avis conforme de l’Assemblée avant de se prononcer sur l’admission d’un nouvel Etat membre ou de prendre des mesures en application des articles 8 et 9 du Statut ;

2.       la Résolution (93) 26 relative au statut d’observateur, en prévoyant que l’Assemblée est également consultée avant toute suspension de ce statut ;

3.       la Résolution (52) 26 sur la consultation de l’Assemblée, en précisant en outre que:

3.1.       l’Assemblée est consultée sur tous les projets de traités du Conseil de l'Europe, étant entendu qu’un nombre réduit de traités, de nature purement technique, pourraient ne pas nécessiter une telle consultation (décision du Comité des Ministres de 1999, Doc. CM (99) 64 et 8388 de l’Assemblée) ;

3.2.       l’Assemblée, à moins qu’il n’en soit convenu autrement avec le Comité des Ministres, dispose d’au moins trois mois pour préparer et adopter son avis statutaire sur un projet de traité ;

3.3.       le Comité des Ministres commencera à consulter l’Assemblée avant la dernière réunion du comité d’experts intergouvernemental pendant laquelle il se mettra d’accord sur le projet de traité;

3.4.       les modalités de la consultation sont fixées par accord entre le Comité des Ministres et l’Assemblée, compte tenu des indications données dans le document 8388 de l’Assemblée ;

4.       la Résolution (53) 38 sur le régime budgétaire de l’Assemblée, compte tenu de la Recommandation 1728 (2005) sur les pouvoirs de l’Assemblée parlementaire du Conseil de l’Europe en matière budgétaire2, en précisant en outre :

4.1.       concernant les dépenses de fonctionnement de l’Assemblée, celle-ci fixe le montant de ses dépenses, dont l’augmentation annuelle est déterminée par accord entre le Comité des Ministres et l’Assemblée ;

4.2.       s’agissant des budgets du Conseil de l'Europe, le Comité des Ministres consulte l’Assemblée avant de fixer le montant du budget global du Conseil de l'Europe pour l’exercice suivant. Cette consultation a lieu le plus tôt possible pour permettre à l’Assemblée d’en tenir compte dans son avis sur le budget ;

4.3.       concernant les contributions des Etats membres, l’Assemblée est consultée par une procédure d’urgence ad hoc si et quand un Etat membre n’a pas versé sa contribution au budget pendant une période supérieure à six mois.

5.       la Résolution (53) 38 doit aussi préciser que l’Assemblée reçoit les comptes du dernier exercice clos et apuré, tout rapport établi par l’Auditeur externe du Conseil de l'Europe et les rapports du Comité intergouvernemental du budget du Conseil de l'Europe, ce qui lui permet, le cas échéant, d’exprimer ses vues sur les dépenses du Conseil de l'Europe ;

6.       la Résolution statutaire (51) 30 F sur les rapports avec les organisations internationales (OIG), intergouvernementales et non gouvernementales (OING), en prévoyant:

6.1.       une consultation appropriée de l’Assemblée concernant les OIGs, l’Assemblée étant déjà consultée sur l’attribution et le retrait du statut participatif des OINGs ;

6.2.       une représentation de l’Assemblée à toutes les réunions de coordination à haut niveau entre le Conseil de l'Europe et l’Union européenne, l’OSCE et l’ONU.

7.       la Résolution (93) 27 sur les majorités requises pour des décisions du Comité des Ministres, en y intégrant la décision prise par le Comité des Ministres en novembre 1994 d’adopter les réponses aux recommandations de l’Assemblée à la majorité des deux tiers des voix exprimées et à la majorité des représentants ayant le droit de siéger au Comité, étant entendu que tout est mis en œuvre pour parvenir à un consensus dans un délai raisonnable.


1Discussion par l’Assemblée le 2 octobre 2006 (24e séance) (voir Doc.11017, rapport de la Commission du Règlement et des Immunités, rapporteur : M. Peter Schieder). Texte adopté par l’Assemblée le 2 octobre 2006(24e séance).

2Rappelons que la Recommandation 1728 demande au Comité des Ministres de reconnaître à l’Assemblée de tels pouvoirs budgétaires en amendant l’article 38 du Statut (en se fondant sur la procédure simplifiée prévue à l’article 41.d du Statut), en ajoutant, après le paragraphe c., deux nouveaux paragraphes.


 


Recommandation 1764 (2006)1

Mise en œuvre des arrêts de la Cour européenne des Droits de l’Homme


1. L’Assemblée parlementaire, se référant à sa Résolution 1516 (2006) sur la mise en œuvre des arrêts de la Cour européenne des Droits de l’Homme, demande instamment au Comité des Ministres d’améliorer, par tous les moyens à sa disposition, l’efficacité de son action en tant que garant de l’exécution des arrêts de la Cour, et lui recommande à cet effet:

1.1. de réserver un traitement spécial aux principaux problèmes d’exécution des arrêts, en particulier à ceux qui sont énumérés dans la Résolution 1516 (2006), et d’informer l’Assemblée dès que possible des progrès réalisés dans le règlement de ces problèmes;

1.2. d’améliorer la coordination, à la fois entre les organes du Conseil de l’Europe et avec l’Union européenne et les institutions internationales, pour faire en sorte que leurs activités respectives tiennent compte des exigences découlant des arrêts de la Cour et favorisent le respect de ces exigences;

1.3. d’améliorer sa politique de communication pour donner aux grandes questions liées à l’application de l’article 46 (Force obligatoire et exécution des arrêts) de la Convention européenne des Droits de l’Homme (STE no 5) la visibilité nécessaire, au niveau européen et dans les Etats membres, tout en veillant à ce que son action soit plus transparente et à ce que ses textes soient facilement accessibles;

1.4. d’inciter les Etats membres à améliorer ou, si nécessaire, à créer les mécanismes et les procédures internes – aux niveaux tant des gouvernements que des parlements – permettant de garantir une mise en œuvre rapide et effective des arrêts de la Cour, grâce à l’action concertée de tous les acteurs nationaux concernés et avec le soutien nécessaire au plus haut niveau politique;

1.5. d’exercer des pressions plus fortes et de prendre des dispositions plus énergiques lorsqu’un Etat membre persiste à ne pas exécuter un arrêt, parce qu’il refuse, néglige ou est dans l’incapacité d’appliquer les mesures appropriées.


1. Discussion par l’Assemblée le 2 octobre 2006 (24e séance) (voir Doc. 11020, rapport de la commission des questions juridiques et des droits de l’homme, rapporteur: M. Jurgens).
Texte adopté par l’Assemblée
le 2 octobre 2006(24e séance).


Edition provisoire

Débat de politique générale sur la situation dans les Balkans

Recommandation 1765 (2006)1


1.       Faisant référence à sa Résolution 1517 (2006) sur le débat de politique générale concernant la situation dans les Balkans, l'Assemblée Parlementaire rappelle une fois encore le rôle historique joué par le Conseil de l'Europe pour améliorer la bonne gouvernance, renforcer la démocratie et l'État de droit, élever les normes en matière de droits de l’homme et améliorer la protection des minorités nationales en Europe. L'Assemblée est convaincue qu'un rôle similaire devrait être joué en ce qui concerne la région des Balkans occidentaux.

2.       De même, l'Assemblée est persuadée que le Conseil de l'Europe devrait jouer un rôle plus actif dans la région.

3.       C'est pourquoi l'Assemblée demande au Comité des Ministres :

3.1.       de continuer à suivre les engagements et obligations liés à l’adhésion au Conseil d'Europe, en vue également de soutenir les progrès ultérieurs et l'amélioration du fonctionnement des institutions démocratiques, de l'État de droit et du respect des droits de l'homme ;

3.2.       de renforcer ses programmes d'assistance aux pays de la région ;

3.3.       d’étendre sa présence, de renforcer ses activités et d’accroître sa visibilité dans la région ;

3.4.       d’envisager la nomination d’un représentant spécial pour les Balkans occidentaux.


1Discussion par l’Assemblée le 3 octobre 2006 (26e séance) (voir Doc.11050, rapport de la Commission des questions politiques, rapporteur : M. Mátyás Eörsi). Texte adopté par l’Assemblée le 3 octobre 2006(26e séance).


 




Edition provisoire

Ratification de la Convention-cadre pour la protection des minorités nationales par les Etats membres du Conseil de l'Europe

Recommandation 1766 (2006)1


1.       L’Assemblée parlementaire rappelle sa Recommandation 1492 (2001) et sa Recommandation 1623 (2003) toutes deux relatives aux droits des minorités nationales et se félicite du rôle fondamental que la Convention-cadre pour la protection des minorités nationales (STCE n° 157) (ci-après «convention-cadre») joue depuis maintenant huit ans dans l’amélioration de la protection des minorités en Europe et la promotion de leurs droits.

2.       A ce jour, quatre Etats - la Belgique, la Grèce, l’Islande et le Luxembourg - ont signé la convention-cadre mais ne l’ont toujours pas ratifiée, et quatre autres Etats - Andorre, la France, Monaco et la Turquie - ne l’ont ni signée, ni ratifiée. L’Assemblée rappelle que dans sa Recommandation 1492 (2001), elle demandait déjà aux Etats susmentionnés de signer et/ou ratifier au plus vite et sans réserves ni déclarations la convention-cadre. Elle déplore que depuis l’adoption de sa dernière recommandation, en 2003, les progrès en matière de ratification aient été dérisoires, puisque seulement trois nouvelles ratifications – par les Pays-Bas, la Lettonie et la Géorgie – ont été enregistrées.

3.       Considérant que la protection des minorités est essentielle à la préservation de la stabilité sociale et politique, à la sécurité démocratique, à la prévention des tensions sociales, mais également à la promotion de la diversité des cultures et des langues en Europe, ainsi qu’à la garantie de l’égalité pleine et effective entre les personnes, l’Assemblée réitère une nouvelle fois son appel à tous les Etats membres pour qu’ils répondent positivement aux besoins des minorités nationales et garantissent leurs droits, notamment tels qu’ils sont fixés par la convention-cadre pour la protection des minorités nationales.

4.       Il est important, dans ce contexte, de rappeler que le principe d'égalité et de non-discrimination constitue un droit fondamental de la personne humaine. L’Assemblée s’étonne que seuls 14 Etats aient ratifié le Protocole n° 12 à la Convention européenne des Droits de l'Homme (STCE n° 177) et 21 l’aient signé.

5.       L’Assemblée constate qu'Andorre, la Belgique, la France, la Grèce, l’Islande, Monaco et la Turquie persistent dans leur refus de signer ou de ratifier la convention-cadre en motivant ce refus par l’affirmation qu’ils respectent le principe de non discrimination dans leur droit interne. Elle s’étonne alors qu’ils ne soient toujours pas partie au Protocole n° 12 et elle verrait dans la ratification du Protocole n° 12 par ces sept Etats une preuve de leur bonne volonté à vouloir mettre leurs actes en conformité avec leurs paroles de sorte à assurer la protection effective des droits des personnes appartenant à des minorités nationales ou groupes minoritaires sous l’autorité de la Cour européenne des Droits de l'Homme.

6.       L’Assemblée se félicite que sa recommandation visant au rétablissement du Comité d’experts sur les questions relatives à la protection des minorités nationales (DH-MIN) ait été entendue par le Comité des Ministres et souligne le rôle important que le DH-MIN tient dans la promotion des instruments existants.

7.        Par conséquent, l’Assemblée recommande au Comité des Ministres de poursuivre ses efforts, pour encourager :

7.1.        les Etats membres qui ne l’ont pas encore fait à signer et à ratifier la convention-cadre, sans réserves ni déclarations restrictives ;

7.2.       les Etats membres qui ont signé mais n’ont pas ratifié la convention-cadre à la ratifier, sans réserves ni déclarations restrictives ;

7.3.       les Etats parties qui ont ratifié la convention-cadre en faisant des déclarations restrictives ou des réserves à retirer celles-ci.

8.       Elle demande également au Comité des Ministres de poursuivre ses efforts pour encourager la ratification rapide du Protocole n° 12 à la Convention européenne des Droits de l'Homme par les Etats qui n’en sont toujours pas partie.

9.       L’Assemblée demande également au Comité des Ministres de réexaminer la convention-cadre et d’engager, le cas échéant, une procédure de révision à la lumière de l’expérience acquise lors de sa mise en œuvre, afin de :

9.1.       clarifier les raisons pour lesquelles certains Etats membres ne l’ont pas signée, ou ratifiée, ou l’ont ratifiée avec des réserves ou des déclarations restrictives ;

9.2.       rendre la convention-cadre juridiquement plus cohérente et davantage en mesure de répondre aux défis européens actuels, notamment en équilibrant les droits des minorités avec leurs obligations, et avec la protection de la diversité culturelle, la consolidation de la solidarité interculturelle, la cohésion sociale et l’unité de la nation civile.


1Discussion par l’Assemblée le 4 octobre 2006 (27e séance) (voir Doc.10961, rapport de la commission des questions juridiques et des droits de l’homme, rapporteur : M. Boriss Cilevičs). Texte adopté par l’Assemblée le 4 octobre 2006 (27e séance).


 



Edition provisoire

Arrivée massive de migrants irréguliers sur les rivages de l’Europe du Sud

Recommandation 1767 (2006)1


1.       L’Assemblée parlementaire se réfère à sa Résolution 1521 (2006) sur l’arrivée massive de migrants irréguliers sur les rivages de l’Europe du Sud.

2.       L’Assemblée considère que le Conseil de l’Europe a une contribution importante à apporter en garantissant que les droits et les besoins humanitaires de toutes les personnes arrivant sur les rivages de l’Europe du Sud sont respectés et satisfaits. En même temps, elle considère qu’il est important que le Conseil de l’Europe réponde à la nécessité d’une politique européenne de gestion des migrations prenant entièrement en compte le fait, noté dans le Plan d’action du Troisième sommet des chefs d’État et de gouvernement, que « la gestion des flux migratoires constitue un défi majeur pour l’Europe du 21e siècle ».

3.       Pour ces raisons, l’Assemblée recommande que le Comité des ministres :

3.1.       demande au Comité européen sur les migrations (CDMG) et au Comité directeur pour les droits de l’homme (CDDH) d’organiser un échange de vues sur une réponse possible de l’Europe face à l’arrivée massive de migrants irréguliers sur les rivages de l’Europe du Sud afin de proposer une nouvelle coopération bilatérale et multilatérale dans ce domaine, tant du point de vue des droits de l’homme que de celui de la gestion des migrations ;

3.2.       invite le Comité européen pour la prévention de la torture (CPT) à donner la priorité à la question des arrivés massives et des conditions de détention de ces arrivants lors de ses prochaines visites et dans ses prochains programmes de travail ;

3.3.       prenne les dispositions nécessaires pour combattre les réseaux illégaux criminels responsables du trafic et la traite des migrants irréguliers.


1Discussion par l’Assemblée le 5 octobre 2006 (29e séance) (voir Doc. 11053, rapport de la Commission des migrations, des réfugiés et de la population, rapporteur : M. Christopher Chope). Texte adopté par l’Assemblée le 5 octobre 2006(29e séance).


 


Edition provisoire

L’image des demandeurs d’asile, des migrants et des réfugiés véhiculée par les médias

Recommandation 1768 (2006)1


1.       L’émigration et l’immigration, internes ou externes à l’Europe, ont profondément marqué l’histoire de notre continent. D’après l’Organisation internationale pour les migrations, il y a environ 33 millions de migrants en Europe. Ce chiffre va continuer d’augmenter car l’Europe reste une des premières destinations pour les migrants, les demandeurs d’asile et les réfugiés ; elle a en outre de plus en plus besoin de migrants pour combler les emplois vacants et compenser la baisse du taux de fécondité.

2.       Un grand nombre de ces migrants, demandeurs d’asile et réfugiés, venus d’Europe ou d’ailleurs, s’y installeront durablement, contribuant ainsi à la diversité culturelle du continent tout en lui apportant une contribution économique importante.

3.       Leur intégration pose problème, tant pour les personnes concernées que pour l’ensemble de la société. Un des obstacles à cette intégration est l’hostilité et la xénophobie qui prévalent dans certaines couches de la société et qui découlent des craintes inspirées par les croyances populistes selon lesquelles l’Europe serait submergée par des vagues de migrants, de demandeurs d’asile et de réfugiés. D’autres craintes fréquentes concernent le fait que les migrants, les demandeurs d’asile et les réfugiés prendraient les emplois des ressortissants, contribueraient à l’aggravation de la criminalité et constitueraient une menace terroriste. D’autres obstacles à l’intégration sont le manque d’informations sur le processus d’intégration des migrants, des demandeurs d’asile et des réfugiés, ainsi qu’une interprétation ou une compréhension erronées de ce processus et de ses conséquences.

4.       L’Assemblée parlementaire reconnaît le rôle essentiel de la liberté d’expression dans une société démocratique et réaffirme son profond attachement à ce droit inscrit dans l’article 10 de la Convention européenne des Droits de l’Homme. Dans sa Résolution 1510 (2006), l'Assemblée a confirmé que la liberté d'expression ne doit pas être davantage restreinte pour répondre à la sensibilité croissante de certains groupes religieux.

5.       Les médias contribuent de façon déterminante à ce que les questions liées aux migrants, aux réfugiés et aux demandeurs d’asile soient présentées de manière équitable et objective. Il est par conséquent de leur devoir de rendre également compte de l’apport positif de ces personnes pour la société et de les protéger contre les stéréotypes négatifs. Il est aussi important que les migrants et les demandeurs d’asile soient représentés au sein des médias et parmi les professionnels de ce secteur, et que leurs positions et les questions qui les intéressent ou les concernent figurent dans les médias.

6.       L’Assemblée a déjà indiqué son inquiétude concernant la manière dont les migrants et les minorités ethniques sont présentés dans les médias, dans sa Recommandation 1277 (1995) relative aux migrants, aux minorités ethniques et aux médias. Depuis l’adoption de cette recommandation, le Conseil de l’Europe a pris des mesures de grande ampleur pour s’attaquer aux problèmes du racisme et de l’intolérance, y compris dans les médias. A cet égard, il convient de mentionner tout particulièrement les activités continues de la Commission européenne contre le racisme et l’intolérance (ECRI) et l’adoption par le Comité des Ministres de deux recommandations importantes : la Recommandation R (97) 20 sur le « discours de haine » et la Recommandation R (97) 21 sur les médias et la promotion d’une culture de tolérance.

7.       L’Assemblée considère que la lutte contre le racisme, la discrimination et toutes les formes d’intolérance requièrent de la part du Conseil de l’Europe une vigilance de tous les instants et que les médias, avec le soutien des Etats membres, jouent un rôle essentiel dans cette lutte.

8.       L’Assemblée recommande par conséquent que le Comité des Ministres :

8.1.       invite le Comité directeur sur les médias et les nouveaux services de communication (CDMC) à étudier et à formuler des recommandations sur le déroulement des procédures d’examen des plaintes relatives aux médias et sur le fonctionnement des organes chargés de ces procédures au sein des Etats membres, en prenant en compte les difficultés rencontrées par les individus ou les groupes visés par des déclarations faites dans les médias lorsqu’ils veulent obtenir réparation au moyen de ces mécanismes ;

8.2.       accorde à l’ECRI tout son soutien et des ressources adéquates pour poursuivre son activité importante de suivi concernant le racisme et l’intolérance, et l’invite :

8.2.1.       à porter une attention particulière à la législation et aux politiques des Etats membres ayant une incidence sur le racisme et l’intolérance dans les médias ;

8.2.2.       à mener une étude de surveillance des médias concernant la xénophobie, le racisme et l’intolérance ;

8.2.3.       à établir un rapport sur l’efficacité de la législation interdisant l’incitation à la haine ;

8.3.       encourage, au moyen du Fonds Eurimages et de la Convention européenne sur la coproduction cinématographique, la production de films portant sur les questions relatives aux migrants, aux réfugiés et aux demandeurs d’asile et réalisés par des personnes appartenant à ces groupes ;

8.4.       invite les Etats membres du Conseil de l’Europe :

8.4.1.       à assurer la protection de la liberté d'expression conformément à l'article 10 de la Convention européenne des droits de l'homme ;

8.4.2.       à adopter et mettre en œuvre, lorsqu’elle fait défaut, une législation interdisant l’incitation à la haine, la violence ou la discrimination, et à appliquer cette législation lorsqu’elle existe ;

8.4.3.       à adopter et mettre en œuvre la législation pénale interdisant, entre autres infractions, la diffusion ou la distribution publiques, ou la production ou le stockage de matériels ayant un contenu ou une motivation racistes, ainsi qu’à adopter et mettre en œuvre la législation permettant d’engager des poursuites pénales à l’encontre des dirigeants de groupes incitant au racisme et de priver de tout financement public les organisations qui participent à de telles activités ou qui les soutiennent ;

8.4.4.       à veiller à ce que soit adoptée et mise en œuvre, dans les Etats membres, une législation propre à empêcher la concentration excessive des médias, qui constitue une menace pour leur qualité, leur pluralisme et leur diversité ;

8.4.5.       à signer et à ratifier, si ce n’est déjà fait, la Convention européenne sur la télévision transfrontière ;

8.4.6.       à signer et à ratifier, si ce n’est déjà fait, la Convention européenne sur la cybercriminalité et le Protocole additionnel relatif à l’incrimination des actes de nature raciste et xénophobe commis par le biais de systèmes informatiques ;

8.4.7.       à encourager vivement tous les partis politiques démocratiques à adopter ou à réaffirmer la Charte des partis politiques européens pour une société non raciste ;

8.5.       invite les médias :

8.5.1.       à adopter, s’ils ne l’ont déjà fait, des codes de déontologie énonçant les principes d’éthique qui devraient inspirer les activités des professionnels des médias ;

8.5.2.       à établir, en complément de ces codes de déontologie, des lignes directrices visant des problèmes particuliers des médias, tels que la nécessité d’éviter toute présentation stéréotypée des migrants, des demandeurs d’asile et des réfugiés, ainsi que l’antisémitisme, l’antichristianisme, l’islamophobie, la romanophobie et les autres formes d’intolérance ;

8.5.3.       à négocier, dans les contrats des professionnels des médias, une clause de conscience autorisant les reporters et les journalistes à ne pas produire des documents dont ils ont le sentiment qu’ils seraient contraires à leurs engagements éthiques ;

8.5.4.       à mettre en place des procédures nationales d’examen des plaintes permettant d’instruire, notamment, les plaintes relatives à des matériels encourageant les comportements d’intolérance, de racisme et de xénophobie à l’encontre des migrants, des demandeurs d’asile ou des réfugiés, et à fournir un recours efficace lorsqu’une plainte est retenue ;

8.5.5.       à obtenir le consentement des réfugiés ou des demandeurs d’asile avant d’utiliser des informations ou des images qui pourraient révéler leur statut de réfugiés ou de demandeurs d’asile ;

8.5.6.       à ne pas révéler l’origine ethnique ou la nationalité des migrants, des demandeurs d’asile ou des réfugiés lorsqu’ils sont arrêtés ou condamnés pour des infractions n’ayant aucun lien avec ces informations ;

8.6.       invite les Etats membres du Conseil de l’Europe et les médias :

8.6.1.       à encourager le recrutement de migrants et de réfugiés dans les médias, notamment par le biais de programmes de formation spécialisés pour les membres de ces groupes ;

8.6.2.       à faciliter, financer et encourager la formation et la sensibilisation des professionnels des médias aux questions liées au multiculturalisme, au pluralisme et à l’importance de la tolérance, de l’intégration et de l’égalité pour tous ;

8.6.3.       à apporter aide et soutien, y compris un soutien financier, aux concours et prix nationaux et européens destinés aux professionnels des médias qui contribuent à la lutte contre le racisme et l’intolérance et encouragent, dans les médias, une présentation équitable et objective des migrants, des demandeurs d’asile et des réfugiés ;

8.6.4.       à promouvoir et subventionner la production et la diffusion de programmes réalisés pour et par les migrants et les réfugiés, y compris dans leurs langues, et à favoriser la visibilité des migrants et des réfugiés dans la société par leur inclusion dans les programmes de télévision destinés au grand public et diffusés aux heures de grande écoute ;

8.6.5.       à renforcer le rôle des médias locaux en tant que moyen de promouvoir l’intégration et l’accueil des migrants, des réfugiés et des demandeurs d’asile dans les communautés où ils vivent ;

8.6.6.       à encourager les jeunes et les médias à travailler ensemble à faire connaître le caractère multiculturel et pluraliste des sociétés européennes, ainsi que l’importance de la tolérance, de l’intégration et de l’égalité pour tous.


Discussion par l’Assemblée le 5 octobre 2006 (30e séance) (voir Doc. 11011, rapport de la Commission des migrations, des réfugiés et de la population, rapporteur : Mme Tana de Zulueta). Texte adopté par l’Assemblée le 5 octobre 2006 (30e séance).


 


Edition provisoire

La nécessaire conciliation de la vie professionnelle et de la vie familiale

Recommandation 1769 (2006)1


1.       La conciliation de la vie professionnelle et familiale permet aux hommes et aux femmes d’accéder à une autonomie économique, de s’épanouir tant sur le plan professionnel que personnel, tout en assumant leurs obligations familiales. Elle contribue à une meilleure participation des femmes et des hommes à la vie professionnelle, publique et politique.

2.       L’Assemblée parlementaire constate toutefois que la conciliation est un objectif qui est loin d’être atteint dans de nombreux Etats membres du Conseil de l’Europe. Or l’absence de mesures visant à concilier vie professionnelle et vie familiale pénalise en premier lieu les femmes, compte tenu du fait qu’elles continuent à assumer une grande partie des tâches domestiques ainsi que l’éducation des enfants en bas âge, et très souvent la charge de leur(s) parent(s) dépendant(s) ou d’autres personnes âgées dépendantes. Ainsi l’absence, l’insuffisance ou l’inaccessibilité des structures de garde et d’encadrement des enfants ou des personnes âgées contraignent les femmes qui doivent assumer des charges de famille à recourir au temps partiel ou à renoncer à travailler.

3.       Cette situation inégalitaire est encore accentuée par le fait que l’accès au marché du travail et la carrière professionnelle s’avèrent plus difficiles pour les femmes. Les inégalités de salaires qui persistent entre hommes et femmes justifient d’un point de vue économique que la femme cesse de travailler à la naissance des enfants. De plus, une culture du travail subsiste, qui tend à survaloriser les longues journées de travail en ignorant les contraintes familiales supportées par les employés – et principalement les femmes.

4.       L’Assemblée est convaincue que les mesures facilitant la conciliation sont un facteur de croissance et d’emploi - des femmes notamment - et constituent une réponse aux défis posés par le vieillissement de la population. L’Assemblée appuie donc les efforts pour promouvoir la conciliation développés par l’OCDE et de l’Union européenne qui, avec la Stratégie de Lisbonne, s’est fixée comme objectif un taux d’emploi des femmes de 60% d’ici 2010, assorties de la mise en place de structures d’accueil pour au moins 33% des enfants de moins de trois ans et pour au moins 90% des enfants ayant entre trois ans et l’âge de la scolarité obligatoire.

5.       L’Assemblée considère que la conciliation de la vie professionnelle et familiale est un processus « gagnant-gagnant » pour les employés, les partenaires publics et les acteurs socio-économiques, qui doivent toutefois s’assurer que la conciliation de la vie professionnelle et familiale est un processus ciblant à la fois les femmes et les hommes dans une perspective de promotion de l’égalité des sexes. Elle souligne par ailleurs que la volonté politique des Etats membres du Conseil de l’Europe est fondamentale pour définir des solutions innovantes et négociées favorisant la conciliation et contribuer ainsi à une réelle promotion de l’égalité des chances pour les femmes et les hommes sur le marché du travail.

6.       L’Assemblée rappelle la Recommandation n° R(96)5 du Comité des Ministres sur la conciliation de la vie professionnelle et de la vie familiale du Conseil de l’Europe, dont les principes généraux restent valables et pertinents. Toutefois, les discriminations persistantes rencontrées par les femmes, sur le marché du travail en particulier, doivent amener le Conseil de l’Europe à encourager les Etats membres à mettre en place des mesures concrètes et à développer des politiques volontaristes. Les politiques, à la fois incitatives et - si nécessaire - contraignantes, devraient amener les employeurs à promouvoir la conciliation entre vie professionnelle et vie familiale et, par là-même, l’égalité des chances des femmes et des hommes pour accéder au marché de l’emploi, faire carrière, et gérer les contraintes familiales.

7.       L’Assemblée recommande au Comité des Ministres d’évaluer la mise en œuvre de sa Recommandation (96) 5 et d’identifier les mesures concrètes qui ont été ou peuvent être prises par les Etats membres ou les entreprises pour promouvoir réellement la conciliation de la vie familiale et de la vie professionnelle, en gardant à l’esprit l’objectif de promotion de l’égalité des chances pour les femmes et les hommes.

8.       L’Assemblée invite par ailleurs le Comité des Ministres à adresser une recommandation aux Etats membres leur demandant :

8.1.       de mettre pleinement en œuvre la Recommandation (96) 5 sur la conciliation de la vie professionnelle et de la vie familiale ;

8.2.       de s’efforcer d’atteindre les objectifs fixés dans la Stratégie de Lisbonne de l’Union européenne (structures d’accueil pour au moins 33% des enfants de moins de trois ans et pour au moins 90% des enfants ayant entre trois ans et l’âge de la scolarité obligatoire), également dans les Etats non membres de l’Union européenne, et d’instituer un dialogue entre les gouvernements nationaux, les autorités locales et régionales et les partenaires sociaux pour définir comment atteindre au mieux ces objectifs ;

8.3.       de prendre des dispositions facilitant la conciliation de la vie professionnelle et familiale qui cible les femmes et les hommes, y compris :

      8.3.1.       d’assurer l’égalité salariale entre femmes et hommes, pour que les arbitrages financiers ne se fassent pas nécessairement au détriment de l’emploi féminin ;

      8.3.2.       d’identifier les besoins en structures de garde d’enfants et à recueillir les données concernant le nombre de personnes dépendantes afin de prévoir les dispositifs appropriés et à en évaluer leur efficacité ;

      8.3.3.       d’engager un dialogue avec les partenaires sociaux, les autorités locales et régionales et le secteur privé pour réfléchir sur les axes de travail de la conciliation et préserver l’employabilité des personnes ayant recours à ces dispositifs ;

      8.3.4.       de favoriser la mise en place de conditions de travail souples, flexibles et librement consenties par les travailleurs tout en assurant aux travailleurs ayant eu recours à ces dispositifs un accès égal aux promotions, primes, pensions, etc. ;

      8.3.5.       d’assurer une rémunération / indemnisation suffisante du congé maternité ;

      8.3.6.       de mettre en place, s’ils ne l’ont pas encore fait, un congé paternité rémunéré et d'encourager les hommes à y avoir recours ;

      8.3.7.       de «lisser» les coûts sociaux générés par une maternité et par les dispositifs favorables à la parentalité pour ne pas pénaliser les entreprises qui embauchent de futurs parents ;

      8.3.8.       d’instaurer le congé parental rémunéré, couvert socialement et qui puisse être utilisé de manière souple par le père et la mère, en veillant en particulier à s’assurer que les hommes aient effectivement recours à ce dispositif ;

      8.3.9.       de mettre en place un système de droits à pension tenant compte des périodes de non emploi consacrées à l’encadrement d’enfants en bas âge ou de personnes dépendantes ;

      8.3.10.       d’assurer la mise en place de structures d’accueil et d’encadrement des enfants en bas âge et des personnes âgées dépendantes à charge qui soient accessibles et flexibles, en particulier pour les familles monoparentales ;

      8.3.11.       de garantir une place pour les parents qui souhaitent mettre leur enfant à la crèche ;

      8.3.12.       afin d’attirer du personnel qualifié, de rendre attractifs les métiers de l’aide aux personnes pour assurer des soins de grande qualité pour tous les enfants et les personnes âgées dépendantes ;

      8.3.13.       d’encourager les employeurs privés et publics à prendre en compte les contraintes familiales de leurs employés, à adopter des mesures favorisant la conciliation et à faciliter la création de «crèches d’entreprises» et de récompenser les plus méritantes par une certification ou un label de qualité ;

8.4.       de signer et ratifier, si ce n’est pas encore fait, la Charte sociale révisée, en particulier son article 27 portant sur le droit des travailleurs ayant des responsabilités familiales à l'égalité des chances et de traitement, et de mettre en œuvre les dispositions de la Charte.


1Discussion par l’Assemblée le 6 octobre 2006 (31e séance) (voir Doc.11019, rapport de la commission sur l’égalité des chances pour les femmes et les hommes, rapporteur : Mme Antigoni Pericleous Papadopoulos). Texte adopté par l’Assemblée le 6 octobre 2006 (31e séance).


 


Edition provisoire

La promotion de l’autonomie locale aux frontières du Conseil de l’Europe

Recommandation 1770 (2006)1


1.       L’Assemblée parlementaire souligne l’importance de la démocratie locale pour mieux garantir les principes de la démocratie dans les institutions politiques et rappelle que le Conseil de l’Europe a toujours veillé à l’instauration et au respect d’une véritable démocratie locale dans ses Etats membres. A cette fin a été adoptée en 1985 la Charte européenne de l’autonomie locale (STCE n°122), qui est devenue l’instrument juridique de référence du Conseil de l’Europe, garant de pouvoirs locaux démocratiques.

2.       L’Assemblée souligne également le rôle de la coopération internationale à tous les niveaux et, en particulier, entre collectivités territoriales, que le Conseil de l’Europe s’efforce également de promouvoir, notamment par sa Convention-cadre européenne sur la coopération transfrontalière des collectivités ou autorités territoriales (STCE n°106).

3.       Elle constate que le Conseil de l’Europe a pratiquement atteint ses limites géographiques et qu’il a contribué à instaurer un vaste espace européen démocratique et homogène quant aux grands principes et aux valeurs qu’il s’efforce de sauvegarder et de développer selon ses buts statutaires. Cela a été rappelé dans la Déclaration finale du Troisième Sommet des chefs d’Etat et de gouvernement des Etats membres du Conseil de l’Europe, réunis à Varsovie les 16 et 17 mai 2005.

4.       L’Assemblée considère que le Conseil de l’Europe et le continent européen, forts de leur succès démocratique, ne doivent pas s’enfermer désormais à l’intérieur de leurs frontières de sécurité démocratique au risque de s’isoler politiquement du reste du monde. Cela serait d’autant plus grave que nous vivons dans un monde globalisé dont l’Europe subit les conséquences, mais dont elle peut aussi profiter des avantages, notamment pour faire connaître et partager ses succès.

5.       D’un point de vue politique, l’Europe s’est construite sur un système de valeurs universelles qu’elle doit non seulement garantir dans ses propres pays, mais qu’elle se doit de partager avec d’autres populations et qu’elle doit divulguer au-delà de ses frontières. L’Europe doit faire œuvre de pédagogie démocratique et faire preuve de bon sens politique en convainquant ses voisins d’adopter et mettre en oeuvre les mêmes valeurs pour garantir une continuité et une stabilité politique à ses frontières.

6.       L’Assemblée considère que, pour ce faire, le Conseil de l’Europe dispose d’un acquis et d’une expérience hors pair dont il doit tirer parti, que ce soit à partir de son arsenal juridique et politique (conventions, recommandations, etc. ) ou à travers ses organes et autres institutions (Congrès, Commission de Venise, etc.). La démocratie et l’autonomie locales pourraient constituer l’amorce de coopérations plus développées avec les pays situés à la frontière du Conseil de l’Europe.

7.       A cet effet, tous les Etats membres du Conseil de l’Europe doivent remplir sans faille les idéaux statutaires et leurs engagements en ce qui concerne la reconnaissance et la mise en œuvre des principes démocratiques, y compris et en particulier ceux concernant l’autonomie locale. L’Assemblée constate que certains Etats membres doivent encore parachever les réformes internes visant à établir une démocratie locale correspondant pleinement aux dispositions de la Charte européenne de l’autonomie locale, que ce soit par une législation appropriée ou par l’application de lois existantes.

8.       Il faudrait par ailleurs que le Conseil de l’Europe lui-même ainsi que ses Etats membres engagent une coopération avec les pays non membres situés à la frontière extérieure de l’Organisation, notamment en matière de démocratie locale. Il convient à ce propos que les Etats membres situés à la frontière de l’Organisation jouent un rôle particulièrement actif pour promouvoir les valeurs du Conseil de l’Europe, et notamment l’autonomie locale.

9.       L’Assemblée salue et soutient à cet égard les initiatives du Congrès visant à créer des euro-régions d’un type nouveau pour développer la coopération au sein de vastes régions transfrontalières dans le cadre de structures qui intègrent toutes les autorités compétentes, du type de l’Euro-région adriatique. Elle soutient également la proposition de créer un centre du Conseil de l’Europe pour la coopération interrégionale et transfrontalière.

10.       L’Assemblée souhaite éviter que ne se reproduisent aux frontières du Conseil de l’Europe les mêmes conflits qui ont historiquement provoqué de graves conséquences entre pays et populations voisines d’Etats membres de l’Organisation, par la création de séparations et de clivages aujourd’hui dépassés en grande partie grâce aux actions de coopération promues par le Conseil de l’Europe.

11.       En conséquence, l’Assemblée recommande au Comité des Ministres :

11.1.       d’inviter tous les Etats membres à signer et/ou ratifier la Convention-cadre européenne sur la coopération transfrontalière des collectivités ou autorités territoriales (STCE n° 106) et ses deux Protocoles (STCE n° 159 et STCE n°169) ;

11.2.       d’inviter Andorre, la France, Monaco, Saint-Marin et la Serbie à signer et/ou ratifier la Charte européenne de l’autonomie locale (STCE n° 122) ;

11.3.       de prévoir l’ouverture des deux conventions citées ci-dessus à la signature d’Etats non membres ;

11.4.       de prendre le moment venu les mesures et les contacts nécessaires pour que les Etats non membres situés à la frontière de l’Organisation signent les deux conventions citées ci-dessus ;

11.5.       d’inviter d’ores et déjà les Etats membres, et en particulier ceux situés à la frontière de l’Organisation, à développer une coopération avec les pays frontaliers non membres visant à la reconnaissance par ces derniers des principes recueillis dans les deux conventions citées ci-dessus ;

11.6.       d’établir un accord politique et de prévoir un cadre juridique visant à permettre le développement d’une coopération en matière de démocratie locale avec les pays situés à la frontière du Conseil de l’Europe ;

11.7.       de charger les directions et services compétents du Conseil de l’Europe de prendre tous contacts utiles avec les autorités des pays frontaliers visant à porter à leur connaissance les conventions citées ci-dessus pour que leurs dispositions puissent être progressivement intégrées dans la législation de ces pays.

12.       L’Assemblée invite les parlements nationaux des Etats membres à coopérer avec les parlements des pays frontaliers du Conseil de l’Europe pour qu’ils intègrent dans leur législation les principes de la Charte européenne de l’autonomie locale et de la Convention-cadre européenne sur la coopération transfrontalière des collectivités ou autorités territoriales.

13.       L’Assemblée invite le Congrès des pouvoirs locaux et régionaux du Conseil de l’Europe :

13.1.       à diffuservles deux conventions citées ci-dessus et leurs principes auprès des pouvoirs locaux et des associations de pouvoirs locaux des pays frontaliers du Conseil de l’Europe ;

13.2.       à promouvoir la coopération entre les collectivités territoriales des Etats membres et celles des pays frontaliers du Conseil de l’Europe, en particulier en matière d’autonomie locale.


1Discussion par l’Assemblée le 6 octobre 2006 (31e séance) (voir Doc. 11009, rapport de la commission de l’environnement, de l’agriculture et des questions territoriales, rapporteur : M. Renzo Gubert). Texte adopté par l’Assemblée le 6 octobre 2006 (31e séance).

 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IV

 

Risoluzioni adottate dall’Assemblea



 


Résolution 1516 (2006)1

Mise en œuvre des arrêts de la Cour européenne des Droits de l’Homme


1. L’Assemblée parlementaire souligne que le respect de la Convention européenne des Droits de l’Homme (ci-après «la CEDH», STE no 5), qui comprend la reconnaissance de la juridiction obligatoire de la Cour européenne des Droits de l’Homme (ci-après «la Cour») et du caractère contraignant de ses arrêts, est la clé de voûte de l’ordre public européen, lequel garantit la paix, la démocratie et la bonne gouvernance au sein de la Grande Europe. Il est donc essentiel que l’Assemblée s’intéresse de près aux différents aspects du système de la CEDH, et en particulier à la mise en œuvre effective des arrêts, dont dépend l’autorité de la Cour.

2. L’Assemblée note que l’exécution des arrêts de la Cour est un processus juridique et politique complexe dont le but est de remédier aux violations constatées et d’éviter que ne se produisent des violations nouvelles ou semblables. Cette exécution, menée sous la surveillance du Comité des Ministres (ci-après «CM»), peut être facilitée par une étroite collaboration entre les institutions nationales et autres, y compris l’Assemblée et les parlements des Etats membres.

3. Bien que, en vertu de l’article 46 (Force obligatoire et exécution des arrêts) de la CEDH, ce soit le Comité des Ministres qui surveille l’exécution des arrêts, l’Assemblée contribue cependant de plus en plus à la mise en œuvre des arrêts de la Cour. Depuis 2000, elle a adopté cinq rapports et résolutions, et quatre recommandations spécialement consacrés à l’exécution des arrêts. De plus, elle a régulièrement soulevé des problèmes de mise en œuvre par d’autres moyens, notamment par le biais de questions parlementaires orales et écrites. Plusieurs cas complexes de mise en œuvre ont pu être réglés avec l’aide de l’Assemblée et des parlements nationaux et de leurs délégations à l’Assemblée.

4. Compte tenu de la décision prise lors du Sommet du Conseil de l’Europe de mai 2005, selon laquelle tous les Etats membres doivent exécuter plus rapidement et pleinement les arrêts de la Cour, et compte tenu de la Déclaration du 19 mai 2006 du Comité des Ministres qui indique que l’Assemblée parlementaire sera associée à la rédaction d’une recommandation sur des moyens efficaces à mettre en œuvre au niveau interne pour l’exécution rapide des arrêts de la Cour, l’Assemblée estime qu’il est de son devoir de s’investir davantage encore dans le règlement des principaux problèmes de non-exécution des arrêts de la Cour.

5. La commission des questions juridiques et des droits de l’homme de l’Assemblée a adopté maintenant une approche plus proactive et a donné la priorité à l’examen de problèmes structurels majeurs concernant des affaires dans lesquelles l’exécution de l’arrêt a pris un retard inacceptable, et ce, pour le moment, dans cinq Etats membres: l’Italie, la Fédération de Russie, la Turquie, l’Ukraine et le Royaume-Uni. Le rapporteur s’est donc rendu dans ces pays pour examiner avec les autorités nationales les raisons du non-respect des arrêts et pour souligner la nécessité urgente de trouver des solutions aux problèmes constatés. Une attention particulière a été accordée à l’amélioration des mécanismes internes permettant de favoriser la bonne mise en œuvre des arrêts de la Cour.

6. Dans huit autres Etats membres – à savoir la Bulgarie, la France, l’Allemagne, la Grèce, la Lettonie, la Moldova, la Pologne et la Roumanie –, les raisons du non-respect des arrêts et les moyens de régler les questions en suspens ont été examinés par le biais d’échanges de courrier avec leurs délégations nationales à l’Assemblée.

7. L’Assemblée salue le sérieux et les efforts avec lesquels la majorité des 13 Etats membres concernés et leurs délégations parlementaires nationales collaborent avec la commission des questions juridiques et des droits de l’homme. Elle regrette cependant l’insuffisance des réponses de certaines délégations parlementaires (par exemple la France et l’Ukraine) aux demandes d’informations écrites.

8. Il y a notamment trois Etats membres qui méritent des éloges pour leurs tentatives visant à régler des problèmes de mise en œuvre spécifiques en améliorant les mécanismes internes:

8.1. l’Italie, qui, en adoptant la loi Azzolini en 2006, a créé le fondement juridique d’une procédure spéciale de supervision de l’exécution des arrêts par le gouvernement et le parlement;

8.2. l’Ukraine, qui, en 2006, s’est dotée d’une loi prévoyant un mécanisme de coordination, placé sous la supervision de l’agent du gouvernement auprès de la Cour et destiné à garantir la bonne mise en œuvre des arrêts de la Cour;

8.3. le Royaume-Uni, qui a instauré en mars 2006 une nouvelle pratique de rapports périodiques sur l’exécution des arrêts de la Cour, présentés par la Commission mixte sur les droits de l’homme du Parlement britannique.

9. Concernant les problèmes de mise en œuvre précis qu’elle a soulevés, l’Assemblée salue en particulier les progrès décisifs réalisés dans les affaires suivantes:

9.1. Slivenko c. Lettonie, affaire dans laquelle les droits des requérantes à résider de manière permanente en Lettonie ont récemment été rétablis, conformément aux demandes du Comité des Ministres. La Lettonie a donc effacé les effets de l’expulsion des requérantes vers la Russie, mesure que la Cour avait jugée contraire à la CEDH;

9.2. Broniowski c. Pologne, premier arrêt «pilote» de la Cour, à la suite duquel le Parlement polonais a adopté une nouvelle loi (en vigueur depuis le 7 octobre 2005), qui règle la question des demandes d’indemnisation relatives à des biens situés au-delà de la rivière Boug, conformément aux indications de la Cour et à une résolution intérimaire du Comité des Ministres;

9.3. Doğan c. Turquie, arrêt soulevant lui aussi un important problème structurel: à la suite de cet arrêt, la Turquie a adopté et mis en œuvre une nouvelle loi d’indemnisation qui constitue, pour toutes les personnes déplacées à l’intérieur du pays, un recours interne effectif leur permettant d’obtenir réparation pour la destruction de leurs biens (sans préjudice de leur droit au retour).

10. Parallèlement, l’Assemblée est vivement préoccupée par la persistance de déficiences structurelles majeures, qui causent de nombreux constats de violations répétitives de la CEDH et constituent une grave menace pour le principe de la primauté du droit dans les pays concernés. Ces sujets de préoccupation sont les suivants:

10.1. la durée excessive des procédures judiciaires en Italie (Résolution intérimaire ResDH(2005)114 du CM), qui en outre rend ineffective la protection d’une large gamme d’autres droits substantiels;

10.2. des insuffisances majeures concernant l’organisation judiciaire et les procédures en Fédération de Russie, dont les plus importantes sont:

10.2.1. le contrôle juridictionnel défaillant de la détention provisoire, qui provoque la durée excessive de celle-ci et la surpopulation des centres de détention (Résolution intérimaire ResDH(2003)123 du CM);

10.2.2. l’inexécution chronique des décisions judiciaires internes rendues contre l’Etat (CM/Inf(2006)19);

10.2.3. les violations du principe de sécurité juridique du fait d’annulations massives de décisions judiciaires définitives dans le cadre de la procédure de nazdor2(Résolution intérimaire ResDH(2006)1 du CM);

10.3. plusieurs problèmes structurels similaires en Ukraine, aggravés par d’importantes atteintes à l’indépendance du pouvoir judiciaire (Résolution intérimaire ResDH(2004)14 du CM).

11. L’Assemblée déplore en outre que les problèmes de mise en œuvre importants énumérés ci-dessous, qu’elle-même et le Comité des Ministres ont déjà soulevés maintes fois, n’aient toujours pas été résolus, ce qui fait perdurer la situation de non-respect des arrêts de la Cour:

11.1. en Italie et, dans une certaine mesure, en Turquie, la loi ne prévoit toujours pas la réouverture des procédures pénales internes que la Cour a déclarées contraires à la CEDH, et ces deux Etats n’ont pris aucune autre mesure pour rétablir le droit des requérants à un procès équitable, malgré les demandes pressantes et répétées du Comité des Ministres et de l’Assemblée (nombreuses affaires, dont Dorigo c. Italie et Hulki Güneş c. Turquie);

11.2. aucun progrès n’a été réalisé en ce qui concerne la libération des deux requérants, toujours détenus dans la «République moldave de Transnistrie» (affaire Ilaşcu et autres c. Moldova et Russie; dernière résolution intérimaire du CM en date: ResDH(2006)26); en l’espèce, la Russie a affirmé n’avoir aucune influence en Transnistrie, assertion qui ne peut être prise au sérieux;

11.3. la Grèce n’a présenté aucun projet global destiné à résoudre son problème structurel de surpopulation des centres de détention (arrêts Dougoz et Peers, Résolution intérimaire ResDH(2005)2 du CM), qui vient à nouveau d’être mis en évidence dans un arrêt (Kaja c. Grèce du 27 juillet 2006);

11.4. l’Italie fait preuve d’un manque de progrèsdans la résolution du problème structurel de l’«expropriation indirecte», pratique abusive des collectivités locales – équivalant en fait à une confiscation illégale – qui porte atteinte aux droits de propriété des requérants au titre de la CEDH;

11.5. la Roumanie n’a fait état d’aucun progrès récent dans la réforme en cours de la législation sur la sécurité nationale et d’autres textes connexes, engagée à la suite de l’arrêt Rotaru(Résolution intérimaire ResDH(2005)57 du CM).

12. L’Assemblée répète que, s’il est bien compréhensible que les Etats concernés rencontrent au départ des difficultés objectives, cela ne les exonère pas de l’obligation de surmonter ces difficultés et de résoudre sans plus tarder les problèmes susmentionnés pour mettre leurs systèmes nationaux en conformité avec la CEDH. Le fait que ces situations de non-respect perdurent compromet l’efficacité du mécanisme de la CEDH et devrait être considéré comme un manquement des Etats aux obligations qui leur incombent au titre de la CEDH et du Statut du Conseil de l’Europe (STE no 1).

13. L’Assemblée accorde une attention particulière à la mise en œuvre, par la Fédération de Russie, la Turquie et le Royaume-Uni, d’arrêts concernant des abus commis par les forces de sécurité et/ou l’absence d’enquête effective sur ces abus. Elle salue les progrès que la Turquie et le Royaume-Uni ont accomplis dans le règlement des problèmes structurels sous-jacents, ainsi que la volonté des autorités russes de faire de même, volonté dont témoigne le premier volet du plan d’action qu’elles ont présenté au Comité des Ministres. L’Assemblée encourage les autorités russes à tirer pleinement parti de l’expérience d’autres Etats et à mettre en œuvre dans les meilleurs délais les arrêts concernant l’action des forces de sécurité, notamment leur action en République tchétchène.

14. En outre, l’Assemblée met l’accent sur le fait qu’il incombe toujours à tous les Etats contre lesquels les arrêts évoqués au paragraphe 13 ont été rendus de remédier aux lacunes précises que la Cour a constatées en matière d’enquêtes internes, afin que les requérants puissent obtenir une réparation effective. Aucun des trois Etats défendeurs en question n’est encore parvenu à des résultats concluants en ce qui concerne cet aspect.

15. La question du respect, par la Turquie, des arrêts de la Cour dans différents domaines a fait l’objet d’une attention particulière de la part de l’Assemblée (voir les Résolutions 1297 (2002) et 1381 (2004), et la Recommandation 1576 (2002)); de manière générale, les progrès enregistrés à ce jour sont très encourageants. Nombre des problèmes mis en évidence par la Cour ont été résolus, mais le règlement de ceux qui perdurent nécessite des efforts supplémentaires. La Turquie devrait notamment s’employer à mieux prévenir la répétition de violations du droit à la liberté d’expression, car il n’est toujours pas certain que les autorités interprètent les nouvelles dispositions conformément à la CEDH.

16. De plus, la Turquie demeure dans l’obligation de respecter pleinement les arrêts de la Cour relatifs à la question des personnes disparues à Chypre, en suspens depuis longtemps, ainsi qu’à une série de violations des droits des Chypriotes grecs enclavés. La question des biens des personnes disparues est également un sujet de préoccupation. L’Assemblée attache une importance particulière aux mesures déjà adoptées ou qui doivent encore être adoptées à la suite des arrêts de la Cour de Strasbourg; elles devraient en effet apporter une contribution tangible au règlement global de la question chypriote.

17. Il ressort de l’évaluation globale de ce nouvel exercice par l’Assemblée que les cas dans lesquels les Etats défendeurs tardent à exécuter les arrêts de la Cour ou ne les mettent en œuvre qu’imparfaitement doivent faire l’objet d’une visibilité politique plus grande, à la fois au sein du Conseil de l’Europe et dans les pays membres concernés. En conséquence, l’Assemblée estime qu’elle devrait rester saisie de cette question afin de garantir un suivi parlementaire régulier et rigoureux de la mise en œuvre des arrêts, aux niveaux tant européen que national. Les premières initiatives prises en ce sens par certains parlements nationaux sont encourageantes, mais il reste beaucoup à faire.

18. L’une des principales raisons des difficultés d’exécution des décisions de la Cour de Strasbourg est l’absence de procédures et de mécanismes internes effectifs permettant l’application rapide des mesures requises, qui nécessitent souvent une action coordonnée de plusieurs autorités nationales. Il n’est pas rare que, dans les Etats membres, les responsables ignorent les exigences applicables à l’exécution des arrêts établies par le Comité des Ministres, ou ne disposent pas des procédures internes nécessaires à une action concertée efficace.

19. Il faudrait donc modifier les méthodes et les procédures du Comité des Ministres et des Etats membres pour garantir la communication immédiate des informations à tous les responsables nationaux concernés et leur participation au processus d’exécution, si nécessaire avec l’aide du Conseil de l’Europe.

20. L’Assemblée prend note avec intérêt du fait que, dans le Plan d’action du sommet de 2005, la Banque de développement du Conseil de l’Europe a été invitée à faciliter, par ses moyens d’intervention propres, la mise en œuvre des politiques dans les domaines couverts par la CEDH. L’Assemblée encourage vivement la Banque de développement et les Etats intéressés à user de cette possibilité lorsque cela peut permettre la mise en œuvre rapide d’arrêts révélant d’importants problèmes structurels.

21. L’Assemblée prend également note avec intérêt de l’instauration récente de la «procédure d’arrêt pilote», procédure devant la Cour destinée à traiter les problèmes structurels. Elle observe cependant avec une certaine inquiétude que cette procédure est appliquée à des problèmes structurels complexes sur la base d’une seule affaire, qui ne met peut-être pas en évidence l’ensemble des aspects du problème en question. Dans ce cas, la procédure pilote peut ne pas permettre une évaluation complète du problème, et, toutes les autres affaires similaires étant «gelées», elle risque de retarder la pleine mise en œuvre de la CEDH au lieu de l’accélérer. L’Assemblée constate aussi que l’efficacité de la procédure pilote ne peut être garantie que si le Comité des Ministres remplit activement sa mission consistant à déterminer si les mesures d’exécution prises par les Etats défendeurs sont adéquates et suffisantes.

22. Compte tenu de ce qui précède, l’Assemblée:

22.1. invite tous les parlements nationaux à instaurer des mécanismes et des procédures destinés à garantir un contrôle parlementaire effectif de l’exécution des arrêts de la Cour, fondé sur des rapports réguliers des ministères compétents;

22.2. appelle les Etats membres à créer, par des moyens législatifs ou autres, des mécanismes internes permettant l’exécution rapide des arrêts de la Cour, et à faire en sorte qu’un organe décisionnaire situé au plus haut niveau politique au sein du gouvernement puisse assumer la pleine responsabilité de tous les aspects du processus national de mise en œuvre et puisse coordonner tous ces aspects;

22.3. décide de vérifier régulièrement si ces mécanismes ont effectivement été instaurés par les Etats membres, et, dans l’affirmative, s’ils sont efficaces;

22.4. demande instamment aux gouvernements des 13 Etats concernés de résoudre sans tarder les problèmes de mise en œuvre recensés dans le rapport de la commission des questions juridiques et des droits de l’homme;

22.5. demande en particulier aux Gouvernements de la Grèce, de l’Italie, de la Roumanie, de la Fédération de Russie, de la Turquie, du Royaume-Uni et de l’Ukraine de placer au tout premier rang de leurs priorités politiques le règlement des problèmes d’exécution d’une importance particulière mentionnés dans la présente résolution;

22.6. invite les délégations parlementaires des Etats où le rapporteur s’est rendu à présenter à l’Assemblée, par l’intermédiaire de la commission des questions juridiques et des droits de l’homme, dans un délai de six mois, les résultats obtenus en matière de règlement des problèmes structurels mis en évidence dans le rapport, ou des preuves de l’élaboration de plans d’action réalistes prévoyant l’adoption des mesures requises;

22.7. se réserve le droit d’utiliser les moyens dont elle dispose, notamment ceux qui sont prévus à l’article 8 de son Règlement (c’est-à-dire la contestation des pouvoirs d’une délégation nationale), si l’Etat concerné persiste à ne pas prendre toutes les mesures requises par un arrêt de la Cour, ou si le parlement national n’exerce pas les pressions nécessaires sur le gouvernement pour que celui-ci se conforme à l’arrêt de la Cour;

22.8. décide de rester saisie de la question et se réjouit des propositions récentes du Comité des Ministres de renforcer les échanges d’informations avec l’Assemblée et d’associer l’Assemblée à l’élaboration d’une recommandation aux Etats membres sur des moyens efficaces à mettre en œuvre au niveau interne pour l’exécution rapide des arrêts de la Cour;

22.9. au vu du besoin impérieux des Etats membres d’accélérer la mise en œuvre des arrêts de la Cour et de les respecter pleinement, décide de poursuivre le suivi régulier de la situation et invite sa commission des questions juridiques et des droits de l’homme à en rapporter à l’Assemblée lorsqu’elle le considérera approprié.


1. Discussion par l’Assemblée le 2 octobre 2006 (24e séance) (voir Doc. 11020, rapport de la commission des questions juridiques et des droits de l’homme, rapporteur: M. Jurgens).

Texte adopté par l’Assemblée le 2 octobre 2006 (24e séance).

2. Procédure de contrôle en vue d’une révision.



Résolution 1517 (2006)1

Débat de politique générale sur la situation dans les Balkans


1. L’Assemblée parlementaire se réfère à la Résolution 1453 (2005) sur la situation actuelle au Kosovo, à la Résolution 1513 (2006) sur la réforme constitutionnelle en Bosnie-Herzégovine et à la Résolution 1514 (2006) sur les conséquences du référendum au Monténégro.

2. L’année 2006 est une année cruciale pour toute la région des Balkans occidentaux, autrement dit l’Albanie, la Bosnie-Herzégovine, le Monténégro, la Serbie (y compris le Kosovo) et «l’ex-République yougoslave de Macédoine». Cette région connaît actuellement des évolutions importantes, en particulier la récente indépendance du Monténégro et le début des négociations sur le statut du Kosovo.

3. L’Assemblée parlementaire est persuadée que ces évolutions contribueront à apporter aux pays des Balkans occidentaux une plus grande stabilité, un progrès démocratique et la prospérité.

4. Alors que les conflits dans la région se sont apaisés depuis sept ans maintenant grâce à la présence de milliers de troupes étrangères, il reste encore beaucoup à faire dans un certain nombre de domaines afin d’ouvrir la voie à la poursuite de l’intégration européenne des pays de la région.

5. L’Assemblée estime que, si les pays des Balkans occidentaux doivent encore traiter un nombre significatif de dysfonctionnements, il est également du devoir de la communauté internationale, en particulier du Conseil de l’Europe et de l’Union européenne, de soutenir activement ces pays en reconnaissant qu’ils ont progressé et qu’ils poursuivent leurs efforts pour continuer de s’améliorer.

6. Les pays des Balkans occidentaux sont souvent critiqués sur leur évolution démocratique, mais la communauté internationale devrait assumer sa part de responsabilité en ce qui concerne le déficit d’évolution démocratique dans la région. Les institutions européennes en particulier devraient reconnaître que les Balkans occidentaux sont une région clé pour l’ensemble du continent et s’investir avec détermination dans le soutien aux progrès démocratiques dans cette région, en proposant aux pays qui la composent des perspectives plus claires d’intégration à l’Europe et à l’Union européenne.

7. L’Assemblée craint que, si l’Europe ne s’intéresse pas davantage à la région des Balkans occidentaux, le sentiment de marginalisation s’exacerbe, ce qui aurait des conséquences fâcheuses.

8. L’Assemblée a pleinement conscience que chacun des pays des Balkans occidentaux possède ses spécificités propres, ce qui justifie une approche ciblée pour chacun d’entre eux. Toutefois, elle est également persuadée qu’il est de la plus haute importance de lancer une plate-forme de dialogue sur la situation dans l’ensemble de la région des pays des Balkans occidentaux et elle souhaite entamer les premières démarches vers des discussions plus régulières sur l’avenir de cette région.

9. L’Assemblée est convaincue que le Tribunal pénal international pour l’ex-Yougoslavie (TPIY) est essentiel pour rendre la justice dans tous les pays de l’ex-Yougoslavie et pour aider à tourner la page du passé, et par là même ouvrir la voie à une future réconciliation entre les peuples de la région et entre les Etats voisins. Il est crucial que les pays des Balkans occidentaux concernés coopèrent pleinement avec le TPIY, notamment pour les cas de Ratko Mladic et de Radovan Karadzic. L’Assemblée estime qu’il est de la plus haute importance que le TPIY mène à terme l’examen des affaires en cours dans un délai raisonnable, afin de permettre aux familles des victimes de faire le deuil du passé, tout en évitant des violations des droits de l’homme fondamentaux à l’encontre des accusés, notamment le droit à un procès dans un délai raisonnable.


10. A la lumière de ce qui précède, l’Assemblée décide de continuer à suivre de près la situation dans les pays des Balkans occidentaux et de faire rapport sur celle-ci en temps opportun.


11. L’Assemblée décide de renforcer son programme d’assistance parlementaire avec le Monténégro et la Serbie, et de l’étendre à d’autres pays de la région.

12. L’Assemblée invite ses commissions concernées à promouvoir la coopération parlementaire régionale dans leurs domaines respectifs de compétences, en organisant des réunions, des conférences et des séminaires conjointement avec des parlements nationaux.

13. L’Assemblée invite la communauté internationale et en particulier l’Union européenne:

13.1. à définir plus clairement leur stratégie à l’égard des pays des Balkans occidentaux;

13.2. à proposer de meilleures incitations et perspectives à la région;

13.3. à reconnaître les efforts menés et les résultats atteints jusqu’ici par les pays de la région en vue d’instaurer la démocratie, l’Etat de droit, le respect des droits de l’homme et la bonne gouvernance, ainsi qu’en vue de lutter contre la corruption, le crime organisé et les trafics;


13.4. à prendre davantage en compte les défis politiques qui se posent actuellement, au niveau national, aux pays de la région;

13.5. à intensifier leur soutien à la consolidation des institutions dans la région par le biais d’une meilleure coopération et d’un soutien accru aux programmes du Conseil de l’Europe, notamment dans les domaines judiciaire et de la police, afin d’établir un Etat de droit, d’assurer le respect des droits de l’homme et des minorités, mais également de lutter contre la corruption et d’autres formes de crime organisé.

14. En outre, l’Assemblée demande spécifiquement à l’Union européenne:

14.1. tout en se réjouissant des conclusions du Conseil européen des 15 et 16 juin 2006 selon lesquelles des mandats de négociation vont être adoptés le plus tôt possible pour faciliter les régimes des visas et les accords de réadmission, de libéraliser son régime de visas concernant les pays des Balkans occidentaux en instaurant la gratuité des visas et en autorisant dans un premier temps les citoyens de ces pays à se déplacer vers les 10 nouveaux Etats membres de l’Union européenne;

14.2. d’encourager les échanges universitaires et de répondre favorablement à l’adhésion au processus de Bologne pour tous les pays des Balkans occidentaux;


14.3. de renforcer la coopération politique pour rassembler les pays de la région des Balkans occidentaux;


14.4. de prolonger la présence de hauts représentants de l’Union européenne dans la région;


14.5. de saisir l’occasion offerte par le transfert à l’Union européenne de la présence internationale au Kosovo, assuré jusqu’ici par la Mission d’administration intérimaire des Nations Unies au Kosovo (MINUK), pour montrer l’engagement de l’Union en faveur de la région;


14.6. suivant les décisions du Conseil européen de Thessalonique, d’offrir une perspective claire d’intégration à l’Union européenne pour les pays des Balkans occidentaux en proposant des stratégies d’élargissement réalistes, gagnant ainsi en crédibilité par l’intégration de ces pays dans le processus de l’Union européenne;

14.7. d’établir une feuille de route précise pour l’intégration à l’Union européenne.

15. L’Assemblée appelle l’Organisation du Traité de l’Atlantique Nord (OTAN) à inviter, de toute urgence, les pays des Balkans occidentaux qui ne sont pas encore membres du Partenariat pour la paix (PPP) à y adhérer le plus vite possible pour garantir la sécurité dans la région.


16. L’Assemblée invite les pays de la région des Balkans occidentaux:

16.1. à poursuivre leurs efforts pour respecter l’ensemble des obligations et engagements établis par le Conseil de l’Europe pour ses Etats membres en termes de démocratie, d’Etat de droit et de respect des droits de l’homme, et à poursuivre la pleine mise en œuvre des Normes pour le Kosovo;


16.2. à instaurer toutes les conditions préalables propices à la signature d’un accord de stabilisation et d’association avec l’Union européenne le plus vite possible, pour les pays qui n’en ont pas encore signé;


16.3. à rendre plus crédibles leurs efforts dans la condamnation des crimes de guerre et à apporter des preuves tangibles de leur coopération avec le TPIY;

16.4. à se focaliser sur la coopération régionale et locale, ainsi qu’il est prévu dans le Pacte de stabilité pour l’Europe du Sud-Est, en renforçant les initiatives et les partenariats régionaux existants et en les étendant à tous les pays voisins des pays


16.5. à augmenter la coopération parlementaire au niveau régional;


16.6. à traiter avec la plus grande attention la question des personnes déplacées à l’intérieur de leur pays et des réfugiés;


16.7. à garantir la protection pleine et entière des minorités vivant ou retournant sur leur territoire;


16.8. à combattre le crime organisé et l’immigration illégale vers d’autres pays européens;

16.9. à adhérer à l’Accord de libre-échange centre-européen (CEFTA), s’ils ne l’ont pas encore fait, afin d’initier une coopération économique entre eux.

17. Enfin, l’Assemblée invite sa commission des questions politiques à suivre la situation et à faire rapport si besoin.


1Discussion par l’Assemblée le 3 octobre 2006 (26e séance) (voir Doc.11050, rapport de la Commission des questions politiques, rapporteur : M. Eörsi). Texte adopté par l’Assemblée le 3 octobre 2006 (26e séance).



Edition provisoire

L’OCDE et l’économie mondiale

Résolution 1518 (2006)1


1.       L’Assemblée parlementaire du Conseil de l’Europe, élargie aux délégations parlementaires d’Etats non européens membres de l’Organisation de coopération et de développement économiques (OCDE), a débattu des récentes activités de l’OCDE sur la base du rapport 2006 sur L’OCDE et l’économie mondiale, présenté par la commission des questions économiques et du développement de l’Assemblée parlementaire, et de contributions émanant d’autres commissions de l’Assemblée.

2.       L’Assemblée élargie se félicite que l’économie mondiale se soit montrée résiliente face à des défis tels que la hausse des prix de l’énergie, un début d’inflation et des déséquilibres commerciaux et budgétaires dans certains pays. Ces défis exigent de suivre la situation économique avec vigilance pour prendre, en tant que de besoin, des actions correctives équilibrées et opportunes.

3.       L’Assemblée élargie estime que la libéralisation du commerce international est l’une des mesures les plus efficaces pour stimuler la croissance mondiale. Pour cela, il est impératif de relancer le Cycle de Doha et de continuer à progresser vers l’élimination des barrières douanières et des subventions publiques aux producteurs qui sapent la liberté des marchés, tout en reconnaissant la situation spéciale des pays moins développés en matière de promotion du commerce équitable.

4.       Pour stimuler la croissance et la prospérité, il est également nécessaire d’assurer la stabilité et la transparence d’un marché mondial des capitaux de plus en plus efficient. Pour promouvoir l’investissement étranger, vital pour garantir un développement économique plus stable et plus équilibré dans le monde, les pays doivent garantir un minimum de certitude juridique afin que des risques politiques ne viennent pas s’ajouter aux risques spécifiques aux activités économiques.

5.       Les flux migratoires contrôlés peuvent avoir un effet positif sur la croissance mondiale car, d’une part, la main d’œuvre se déplace vers les économies dynamiques où la demande de travail est la plus forte et, d’autre part, ces migrants transfèrent des devises dans leurs pays d’origine. Pour maîtriser ce processus de mondialisation des marchés du travail, les pays d’origine des migrants et les pays de destination doivent mettre en oeuvre conjointement des politiques migratoires adéquates, y compris celles concernant l’intégration des immigrants à la société, et en adoptant des mesures de lutte contre la migration clandestine.

6.       La croissance économique mondiale est menacée par certains déséquilibres qui peuvent se révéler néfastes à long terme. Les pays dont la dette publique est excessive et en augmentation doivent être invités à maîtriser leurs dépenses publiques. Le déséquilibre excessif de la balance commerciale de certains pays peut également, à long terme, se révéler un facteur de risque pour l’ensemble de l’économie mondiale.

7.       La forte hausse des cours des produits énergétiques est un obstacle à la croissance de l’économie mondiale et, si la tendance se poursuit, fait peser un risque pour l’avenir. L’Assemblée parlementaire élargie souligne que, les prévisions faisant état d’une augmentation régulière de la demande énergétique, il est nécessaire d’appeler à développer des sources d’énergie renouvelables (énergie solaire, éolienne et bioénergie) et l’énergie nucléaire de nouvelles générations, à améliorer l’efficience énergétique et à augmenter les investissements dans la recherche et le développement pour des sources d’énergie nouvelles, plus sûres et plus propres. Il serait également nécessaire à court et moyen terme d’augmenter la capacité d’extraction et de raffinage du pétrole.

8.       Face à l’écart grandissant entre pays riches et pays pauvres, particulièrement dramatique dans le cas de l’Afrique, il convient à la fois d’augmenter les fonds réservés par les pays développés à la coopération et à l’aide au développement, et réorienter en profondeur cette aide conformément à la Déclaration de Paris de 2005 sur l’efficacité de l’aide. Il conviendrait en priorité d’améliorer la protection de l’environnement, la situation des femmes, l’éducation, les soins de santé et la bonne gouvernance et les infrastructures liées au commerce dans les pays concernés, ainsi que de promouvoir une croissance au bénéfice des pauvres. La lutte contre la corruption, véritable cancer qui mine le développement économique dans les pays pauvres, doit constituer une autre priorité sur l’ordre du jour international. Dans l’apport d’aide au développement, il est important de s’aligner sur les stratégies et les priorités de développement national identifiées par les pays bénéficiaires, et de s’adapter à des situations nationales différentes. La société civile doit également s’impliquer davantage, par des initiatives telles que le mouvement pour le commerce équitable.

9.        L’agriculture et le développement rural sont des facteurs clés du développement des pays les moins avancés. Les pays de l’OCDE doivent se mobiliser pour permettre le développement de l’agriculture et l’essor de ces pays. L’accès au marché mondial de leurs produits agricoles permettrait également de mieux contrôler l’exode rural et l’émigration tout en assurant une occupation plus équilibrée du territoire.

10.        De manière générale, mais plus spécifiquement dans le cas de l’Union européenne, dont la croissance, année après année, est bien inférieure aux attentes de l’Union elle-même, il convient d’intensifier les efforts pour mettre en œuvre l’Agenda de Lisbonne de 2000. Le rythme de la réforme devrait être accéléré en vue de promouvoir une croissance économique durable en même temps qu’une amélioration quantitative et qualitative de l’emploi et une plus grande cohésion sociale. Ces réformes devraient, entre autres choses, avoir pour but de parvenir à une meilleure adéquation du marché de l’emploi aux besoins des entreprises et d’autres secteurs, à une réglementation plus flexible de l’économie pour augmenter la compétitivité, à un soutien accru à la recherche et au développement, à l’élévation du niveau de l’éducation et de la formation professionnelle et à la modernisation du système de protection sociale pour mieux lutter contre l’exclusion sociale.

11.       Les processus de réforme à l’œuvre dans toute l’Europe qui ont été entraînés par l’intégration européenne et la mondialisation touchent aujourd’hui l’ensemble de l’activité économique. Relations professionnelles, systèmes de sécurité sociale, distribution des revenus – tous ces domaines ont été mis à l’épreuve et soumis à de profonds bouleversements au cours des quinze dernières années. La réponse de l’Europe ne doit pas être une course à l’abaissement des normes sociales. C’est la protection de ces normes éminentes qui sert de socle à la paix, à la prospérité et à la cohésion sociale. Au contraire, des solutions intelligentes doivent être élaborées qui permettent de réaliser des gains d’efficience tout en étant acceptables en générale pour les gens. Il devient donc urgent de définir une approche commune pour relever les trois grands défis que sont la mondialisation, l’évolution technologique et les changements démographiques. L’enjeu est clair : le modèle social européen (qui se distingue par un équilibre spécifique entre croissance économique et justice sociale) doit démontrer sa capacité à faire face efficacement à ces défis.

12.        La qualité de la vie représente davantage que l’aisance financière, et le prix de l’humanité davantage qu’un chèque bancaire. Dans un monde où l’interdépendance ne cesse de croître, il importe de maintenir l’accent sur la culture et de veiller à ce que les processus éducationnels soient en adéquation avec la vie et les moyens de la gagner. C’est pourquoi l’Assemblée élargie continue d’insister sur la complémentarité entre les travaux de l’OCDE et ceux d’organisations plus axées sur la culture, tel le Conseil de l'Europe. Aussi attend-elle avec intérêt la contribution de l’OCDE à l’examen d’ensemble de la coopération européenne auquel les Ministres européens de l’Education procéderont durant la prochaine session de leur Conférence permanente, qui se tiendra à Istanbul en mai 2007. 

13.       Pour un développement durable, il importe de concilier croissance économique, droits sociaux et protection de l’environnement. A cette fin, l’Assemblée invite à ce que les engagements du Protocole de Kyoto concernant le changement climatique soient pleinement mis en œuvre. Les pays qui n’ont pas encore signé le Protocole devraient le faire, et de nouveaux instruments de coopération internationales devraient être élaborés en tant que de besoin pour relever d’autres défis majeurs en matière de protection de l’environnement.

14.         La démocratie, la liberté politique et les droits de l’homme sont des réalités indissociables du développement économique et social. L’instabilité politique et des violations des droits de l’homme telles que le travail des enfants, la traite des êtres humains et la discrimination à l’égard des femmes ont toutes un impact économique autant que politique. Tous les Etats membres du Conseil de l’Europe et de l’OCDE devraient donc réaffirmer leur engagement en faveur des principes et valeurs démocratiques et des droits de l’homme et intensifier leurs efforts pour mieux les faire connaître dans le monde entier.

15.       L’Assemblée élargie est d’avis que l’OCDE se trouve dans une position unique pour servir de plate-forme de coordination des politiques économiques mondiales, rassemblant l’expertise et l’expérience qu’elle a acquises dans tous les secteurs de la politique économique. L’Assemblée élargie demande donc à l’OCDE de faciliter la discussion entre ses principaux Etats membres, l’Union européenne, les économies dominantes non membres de l’OCDE et les pays en développement dans le but de trouver un accord sur les éléments essentiels d’un nouveau programme économique mondial. Ce nouveau programme se fonderait sur le mandat de l’OCDE, à savoir la promotion d’une croissance économique durable, la libéralisation des échanges et le développement.


1Discussion par l’Assemblée le 4 octobre 2006 (28e séance) (voir Doc. 11012, rapport de la Commission des questions économiques et du développement, rapporteur : M. Ignacio Cosidó). Texte adopté par l’Assemblée le 4 octobre 2006 (28e séance).


 


Edition provisoire

La situation culturelle des Kurdes

Résolution 1519 (2006)1


1.       Après ses rapports sur les Tziganes en Europe (1993), sur la culture yiddish (1996), sur les Aroumains (1997), sur les cultures minoritaires ouraliennes en danger (1998) et sur la culture de la minorité csango en Roumanie (2001), l'Assemblée parlementaire souhaite à présent attirer l’attention sur la situation culturelle des Kurdes.  

2.       L'Assemblée a abordé d'autres questions relatives aux Kurdes dans ses rapports sur le respect des obligations et engagements de la Turquie (Doc. 9120 de 2001 et Doc. 10111 de 2004), et sur la situation humanitaire des populations kurdes déplacées en Turquie (Doc. 9391 de 2002).

3.       La question de l’origine des Kurdes reste un mystère. Aux fins de la présente résolution, les Kurdes sont envisagés comme un groupe ethnique de langue maternelle kurde. Ils sont avant tout originaires de la chaîne du Zagros-Taurus, zone montagneuse où convergent les frontières de la Turquie, de l’Iran et de l’Iraq.

4.       On ne connaît pas le nombre des Kurdes puisqu'aucun des principaux pays où ils vivent (l'Iran, l'Iraq, la Syrie et la Turquie) n’indique l’ethnie dans ses recensements. On estime leur nombre à 25-30 millions, ce qui fait d’eux une des plus grandes "nations sans Etat" du monde.

5.       Les Kurdes parlent le kurde, une langue qui fait partie de la subdivision nord-ouest de la branche iranienne de la famille des langues indo-européennes. C’est une langue fondamentalement différente de l’arabe (sémitique) et du turc (altaïque). Le kurde moderne comprend plusieurs grands groupes, dont le plus grand est celui du kurmândji. Il s'y ajoute des dizaines de parlers.

6.       La situation des Kurdes varie considérablement selon le pays où ils vivent. En Iraq, environ 5 millions de Kurdes jouissent d'un statut de quasi-indépendance depuis la guerre de 1991. L'Iran ne reconnaît pas aux Kurdes de droits autres que culturels: la musique et le folklore, mais pas d'éducation. En Syrie, ils n'ont absolument aucun droit et même leur musique est interdite.

7.       Pendant des décennies, les Kurdes n’ont pas été reconnus par les autorités turques. En 2004, la situation a changé avec des émissions dans les dialectes kurdes à la télévision nationale turque et l’autorisation d’enseigner des cours de langue kurde. Les livres, disques et concerts en kurde ne sont plus interdits. Deux chaînes régionales privées de télévision et une station radio ont commencé à diffuser de brèves émissions en kurde pour la première fois le 23 mars 2006.

8.       Certains Kurdes ont été impliqués dans ce qu'il est convenu d'appeler des « crimes d’honneur », mais cette pratique barbare ne concerne pas uniquement les Kurdes. On l'observe dans les régions (rurales) les plus reculées du Proche-Orient. L’éducation et le développement économique s'accompagnent d'un recul de telles pratiques. Les associations de femmes jouent un rôle important en Iraq et en Turquie. Le nouveau Code pénal turc supprime les circonstances atténuantes pour les "crimes d'honneur", qu'il requalifie en homicides avec préméditation.

9.       De nombreux habitants de la région doivent moderniser leurs attitudes. La grande majorité des Kurdes sont conscients de ce que l’Europe est une bonne chose et ils placent leurs espoirs dans un futur commun dans ou avec l’Europe. Ils doivent aussi savoir qu’un pays où les « crimes d’honneur » sont toujours acceptés par certains comme faisant partie de leurs « traditions » est un pays qui n’a pas de place dans l’Europe des droits de l’homme. L'Assemblée salue les mesures juridiques, politiques et sociales prises par le gouvernement turc, et espère qu'elles ouvrent la voie à une évolution durable dans la bonne direction.

10.       Plus d'un million de Kurdes vivent en Europe occidentale, et des instituts culturels kurdes ont vu le jour dans la plupart des pays d'Europe où les Kurdes se sont installés en nombre. La diaspora kurde a également joué un rôle politique majeur en sensibilisant l'opinion publique occidentale au sort des Kurdes dans les différents pays d'origine.

11.       L'Assemblée rappelle d'autres textes qu'elle a adoptés sur des questions connexes, et notamment sa Recommandation 928 (1981) sur les problèmes d'éducation et de culture posés par les langues minoritaires et les dialectes en Europe, sa Recommandation 1283 (1996) sur l'histoire et l'apprentissage de l'histoire en Europe et sa Recommandation 1740 (2006) sur la place de la langue maternelle dans l’enseignement scolaire.

12.       La diversité des cultures et des langues devrait être considérée comme une précieuse ressource qui enrichit notre patrimoine européen et consolide l'identité des pays et de chacun. Une assistance d'envergure européenne, et en particulier du Conseil de l'Europe, s'avère nécessaire pour préserver cette culture spécifique.

13.       L'amélioration de la situation culturelle des Kurdes est directement liée à la stabilité politique dans la région. La paix et la stabilité sont nécessaires à l’amélioration de la situation culturelle des groupes ethniques.

14.       L'Assemblée encourage la Turquie, en sa qualité d’Etat membre du Conseil de l'Europe, à traiter la “question kurde” d'une manière globale et à prendre les mesures nécessaires à une amélioration de la situation culturelle des Kurdes en Turquie

15.       Dans le domaine de la culture, l'Assemblée recommande que les autorités compétentes de la Turquie prennent les mesures suivantes :

15.1.       garantir la protection des principales langues kurdes par la signature, la ratification et la mise en oeuvre de la Charte européenne des langues régionales ou minoritaires à l'égard des langues kurdes parlées en Turquie ;

15.2.       examiner la possibilité de suivre un enseignement dans sa langue maternelle, en plus des cours dans la langue officielle ;

15.3.       informer les parents kurdes des différentes options linguistiques et publier des instructions sur les démarches permettant d'accéder aux possibilités offertes ;

15.4.       promouvoir des cours universitaires de langue et littérature kurdes ;

15.5.       reconnaître et soutenir les associations culturelles kurdes et entamer un dialogue avec celles-ci afin de collaborer à la protection de la langue et de la culture kurdes ;

15.6.       réexaminer les procédures administratives auxquelles se heurtent les Kurdes dans leurs activités culturelles ;

15.7.       promouvoir l'accès des kurdophones aux moyens modernes de communication de masse. Il convient que la communauté kurde puisse apporter un soutien financier au développement de la presse écrite, de la radio et de la télévision ;

15.8.       créer en Turquie davantage de centres locaux de promotion de la culture kurde, chargés d'améliorer la sensibilisation aux minorités et le respect à l'égard de celles-ci.

16.       Par ailleurs, l'Assemblée prie instamment les gouvernements de l'Iran, de l'Iraq et de la Syrie de reconnaître que la langue et la culture kurdes font partie de leur patrimoine et qu’elles constituent une richesse qui mérite d’être préservée et non une menace contre laquelle il faut lutter, et leur demande de prendre les mesures nécessaires à la lumière de la présente résolution, et en particulier dans le domaine linguistique.


1Discussion par l’Assemblée le 4 octobre 2006 (28e séance) (voir Doc.11006, rapport de la commission de la culture, de la science et de l'éducation, rapporteur : Lord Russell-Johnston). Texte adopté par l’Assemblée le 4 octobre 2006 (28e séance).



Résolution 1520 (2006)1

Développements récents au Liban dans le contexte de la situation au Proche-Orient


1. L’Assemblée parlementaire déplore les tragiques événements qui se sont déroulés au Liban en juillet et août 2006, et qui se sont soldés par la mort de plus de 1 100 Libanais, y compris 530 combattants du Hezbollah, et de 40 civils et 117 soldats israéliens, ainsi que par la destruction d’infrastructures. Parmi les victimes se trouvent également deux soldats israéliens enlevés, qui n’ont toujours pas été libérés, ainsi que leur famille. L’Assemblée condamne les actes terroristes du Hezbollah et sa politique de violence menant à de nombreux tirs de roquettes contre des cibles civiles en Israël. Elle condamne, de la même façon, l’usage disproportionné de la force par Israël et les attaques pratiquées sans discernement contre des cibles civiles.

2. L’Assemblée se félicite des efforts entrepris par la communauté internationale pour mettre fin aux hostilités, en particulier de l’adoption de la Résolution 1701 des Nations Unies, ainsi que du déploiement d’une force internationale de maintien de la paix. Elle prend note avec satisfaction du rôle joué par l’Union européenne dans la formation de cette force et de sa participation en termes d’effectifs militaires. On doit se féliciter également qu’une aide humanitaire ait été rapidement mise en place à la suite de cette crise et que l’engagement ait été pris de contribuer à la reconstruction du Liban.

3. De leur côté, les parties au conflit doivent assumer leurs responsabilités. La Résolution 1559 des Nations Unies demandant le désarmement du Hezbollah doit être appliquée et il faut restaurer la souveraineté pleine et durable du Liban sur son propre territoire.

4. L’Assemblée est vivement préoccupée par les pratiques de déstabilisation de l’Iran et de la Syrie dans la région, et par leur soutien passif et/ou actif aussi bien aux activités terroristes qu’à la fourniture d’armes (par exemple les roquettes utilisées par le Hezbollah).

5. En outre, l’Assemblée se déclare vivement préoccupée par ce qui se passe dans la bande de Gaza depuis le 27 juin 2006, date du début de l’offensive militaire israélienne, à la suite de la capture d’un soldat israélien par des militants palestiniens. Les incursions ont provoqué jusqu’à présent la mort de plus de 200 Palestiniens, dont beaucoup étaient des civils, et la destruction d’infrastructures civiles de première importance.

6. La détention par Israël de M. Aziz Dweik, président du Conseil législatif palestinien (CLP), arrêté le 6 août 2006, ainsi que d’une quarantaine de parlementaires et de ministres palestiniens suscite, elle aussi, de graves préoccupations. L’Assemblée souligne que ces personnes ont été légitimement élues.

7. En revanche, l’Assemblée se félicite des déclarations par lesquelles le Premier ministre Olmert et le Président Abbas se sont dit prêts à se rencontrer sans conditions préalables, ainsi que de l’annonce du Sommet du Proche-Orient, qui aura lieu prochainement.

8. De même, les récentes tentatives de former, au sein de l’Autorité palestinienne, un gouvernement d’union avec le Fatah ne peuvent inspirer qu’un prudent optimisme. Ce processus devra se poursuivre en dépit des difficultés et des obstacles.

9. L’Assemblée souligne à nouveau que, s’il était formé, tout gouvernement d’union devrait respecter les trois impératifs fixés par la communauté internationale, à savoir la reconnaissance d’Israël, l’adoption du principe de non-violence et l’acceptation des obligations et accords antérieurs.

10. L’Assemblée réitère sa conviction que la feuille de route reste une référence valable pour les négociations de paix et une solution biétatique.

11. On ne pourra trouver une solution politique durable aux problèmes de la région que par le dialogue politique entre toutes les parties concernées, y compris les pays qui n’ont pas été directement mêlés aux hostilités. Il ne fait aucun doute que le conflit doit être perçu dans le contexte plus vaste de la région du Proche-Orient, et non dans le périmètre restreint constitué par Israël, l’Autorité palestinienne et le Liban.

12. L’Assemblée estime, en outre, qu’une participation accrue de la communauté internationale est la condition essentielle de tout progrès vers un règlement politique et que l’Europe – en particulier l’Union européenne – doit s’engager activement à cet égard.

13. De son côté, le Conseil de l’Europe doit contribuer activement à la création, dans cette région, d’un climat positif pour pouvoir y favoriser un règlement politique. Le 3e Sommet des chefs d’Etat et de gouvernement du Conseil de l’Europe, qui s’est tenu à Varsovie en 2005, a fixé des objectifs prioritaires clairs pour l’action à venir, notamment la promotion des valeurs démocratiques et du dialogue interculturel.

14. L’Assemblée juge particulièrement opportun de poursuivre un tel dialogue au niveau parlementaire avec toutes les parties concernées de la région.

15. L’Assemblée est fermement persuadée que la seule voie pour établir la paix et la stabilité dans la région passe par la démocratie, le respect des droits de l’homme et la primauté du droit.

16. L’Assemblée demande aux dirigeants de l’Autorité palestinienne:

16.1. d’intensifier leurs efforts tendant à créer un gouvernement d’unité qui se conforme aux impératifs définis par la communauté internationale, tels que stipulés au paragraphe 9;

16.2. d’engager un dialogue politique avec Israël sur la base de la feuille de route;

16.3. d’intensifier leurs efforts tendant à désarmer les groupes armés, y compris le Hamas.

17. L’Assemblée demande aux dirigeants d’Israël:

17.1. de mettre fin aux incursions militaires dans la bande de Gaza;

17.2. de libérer les parlementaires et ministres palestiniens, contre lesquels aucune charge n’a été formulée;

17.3. d’engager un dialogue politique sur la base de la feuille de route.

18. L’Assemblée demande aux dirigeants du Liban:

18.1. d’appliquer la Résolution 1559 des Nations Unies demandant le désarmement du Hezbollah;

18.2. d’appliquer la Résolution 1701 des Nations Unies exigeant la libération immédiate des deux soldats israéliens enlevés;

18.3. d’intensifier leurs actions visant à restaurer la souveraineté et le contrôle entiers et effectifs de l’autorité légitime sur la totalité du territoire libanais;

18.4. d’entreprendre des réformes démocratiques supplémentaires, ainsi que de poursuivre la transformation démocratique du pays.

19. L’Assemblée prie instamment les dirigeants du Hamas de se conformer aux impératifs définis par la communauté internationale en ce qui concerne l’adoption du principe de non-violence, la reconnaissance d’Israël et l’acceptation des accords antérieurs.

20. L’Assemblée demande à la communauté internationale, en particulier au Quartet et à l’Union européenne:

20.1. d’intensifier leurs efforts en vue de parvenir à une solution politique durable;

20.2. de soutenir l’idée lancée par le Parlement européen de convoquer une conférence sur la sécurité et la coopération au Proche-Orient;

20.3. d’examiner attentivement la proposition du Parlement européen de créer un fonds de développement euro-méditerranéen;

20.4. de contribuer généreusement à la reconstruction du Liban.

21. L’Assemblée demande aux parlements de la région, y compris à celui de l’Iran, de contribuer à la stabilité de la région et de s’engager dans un dialogue sérieux.

22. L’Assemblée décide de poursuivre le dialogue engagé avec le Conseil législatif palestinien, ainsi que d’intensifier ses efforts visant à faciliter les contacts entre les membres du CLP et la Knesset.

23. En même temps, l’Assemblée demande à sa commission des questions politiques d’étudier la possibilité d’engager, au niveau parlementaire, un dialogue sérieux avec les parlements de l’ensemble de la région.

1. Discussion par l’Assemblée le 5 octobre 2006 (29e séance) (voir Doc. 11056, rapport de la commission des questions politiques, rapporteur: M. Lindblad).
Texte adopté par l’Assemblée le 5 octobre 2006 (29e séance).



Edition provisoire

Arrivée massive de migrants irréguliers sur les rivages de l’Europe du Sud

Résolution 1521 (2006)1


1.       Partout en Europe, le nombre de migrants irréguliers et de demandeurs d’asile qui arrivent sur les côtes méridionales suscite de plus en plus de préoccupations. L’Espagne, par exemple, a vu le nombre des arrivées dans les îles Canaries bondir de 4 700 en 2005 à environ 25 000 dans les neuf premiers mois de 2006. L’Espagne a déjà reçu plus de 27 000 arrivants par mer cette année, l’Italie plus de 14 500 et Malte plus de 1 600. La Grèce et la Turquie subissent aussi le coup des arrivées, qui montrent que des personnes désespérées sont prêtes à prendre des itinéraires encore plus extrêmes et dangereux pour entrer en Europe.

2.       Ces tentatives d’atteindre les côtes européennes s’accompagnent de pertes de vie importantes, comment le témoignent les fréquents rapports concernant les personnes noyées, mortes de froid et de déshydratation, ou suite à des actes de violence de la part des exploitants de bateaux.

3.       Le défi le plus pressant est de satisfaire les besoins humanitaires des arrivants et de respecter et protéger leurs droits fondamentaux. En cela, il est important de reconnaître que l’on trouve dans ces flux un mélange de migrants, de demandeurs d’asile et de réfugiés et qu’il est essentiel d’identifier ceux qui ont besoin d’une protection internationale et de garantir leur accès à une procédure d’asile juste et efficace.

4.       Il faut cependant rappeler que chacun des États membres du Conseil de l’Europe a le droit de réglementer l’entrée des étrangers sur son territoire et de renvoyer les migrants irréguliers dans leur pays d’origine dans le respect de la législation internationale des droits de l’homme.

5.       Il est également important de rappeler que les personnes arrivant ont également le devoir d’aider et non de gêner les autorités dans le traitement des cas individuels. Ce devoir inclut le fait de donner toute information sur leurs origines et les raisons de leur entrée en Europe.

6.       Les arrivées massives sur les côtes méridionales de l’Europe constituent un défi pressant au plan de la gestion des migrations, demandant de nouvelles stratégies de gestion des frontières, des politiques de retour forcé et volontaire plus efficaces, et le renforcement des efforts fournis pour s’attaquer aux causes profondes des migrations. Ces actions ne sont pas seulement nécessaires pour s’attaquer au problème des arrivées visibles sur les côtes méridionales de l’Europe mais aussi à celui des migrants irréguliers qui arrivent en Europe en grand nombre par d’autres moyens et d’autres routes.

7.       Si des pays comme l’Espagne, l’Italie, Malte, la Grèce, Chypre et la Turquie sont en première ligne et subissent de plein fouet le coup de ces arrivées visibles, le problème n’en reste pas moins un problème européen. Il concerne tous les pays d’Europe, notamment du fait des déplacements secondaires de ces arrivants. Il concerne également le Conseil de l’Europe, l’Union européenne et d’autres organisations nationales et internationales.

8.       Un ensemble de mesures a été pris durant l’été 2006 avec le soutien des États membres du Conseil de l’Europe, de l’Union européenne et de son agence de gestion des frontières extérieures, FRONTEX. Une mission d’experts (Hera I) a aidé les autorités espagnoles à identifier les migrants arrivant aux îles Canaries. Une seconde mission (Hera II), comprenant des patrouilles maritimes et des avions de surveillance, a été créée pour opérer le long des côtes du Sénégal, de la Mauritanie et du Cap-Vert et une autre opération (Jason) est en cours de montage et aura pour mission de contrôler l’espace marin au sud de Malte et de Lampedusa vers la Libye.

9.       Des entretiens de haut niveau se sont tenus, durant lesquels la question des arrivées massives et des flux de migrations irrégulières a été examinée en profondeur. On peut notamment citer ceux de la Conférence ministérielle euro-africaine sur les migrations et le développement de Rabat (10-11 juillet 2006), la réunion informelle des ministres de la Justice et de l’Intérieur qui s’est tenue sous la présidence de l’Union européenne à Tampere du 20 au 22 septembre 2006 ainsi que les navettes diplomatiques menées par des pays tels que l’Espagne, Malte et l’Italie.

10.       L’Assemblée parlementaire elle-même s’intéresse depuis longtemps aux questions liées aux flux de migrations irrégulières, à la gestion appropriée des migrations et à la protection. Plus récemment, elle a adopté la Recommandation 1645 (2004) sur l’accès à l’assistance et à la protection pour les demandeurs d’asile dans les ports maritimes et les zones côtières en Europe et la Recommandation 1755 (2006) sur les droits fondamentaux des migrants irréguliers.

11.       D’autres secteurs du Conseil de l’Europe sont aussi actifs dans ce domaine. Le Comité européen pour la prévention de la torture (CPT) effectue des visites dans les centres de détention où les migrants sont retenus : par exemple, en 2006, il a visité divers centres de détention de migrants en Italie, y compris sur l’île de Lampedusa. Le Commissaire des droits de l’homme du Conseil de l'Europe s’intéresse aussi de près aux droits des migrants irréguliers dans ses rapports de visite et en 2001 il a publié une recommandation sur les droits des étrangers qui souhaitent entrer dans un États membre du Conseil de l’Europe et sur l’application des décrets d’expulsion.

12.       L’Assemblée parlementaire considère que, vu les arrivées massives de migrants sur les côtes méridionales de l’Europe, il lui importe de s’attaquer à un large éventail de questions tant pour gérer ces flux migratoires que pour en traiter les problèmes humanitaires et des droits de l’homme.

13.       Dans le contexte de la gestion des flux migratoires, l’Assemblée demande aux États membres :

13.1.       d’examiner les causes profondes des migrations ;

13.2.       d’apporter un soutien financier et autre aux pays d’origine des migrants pour s’attaquer aux nombreuses causes profondes des migrations ;

13.3.       de recueillir et d’échanger des données sur les mouvements migratoires (pays d’origine, itinéraires de transport, réseaux d’entrées clandestines et de traite, etc.) ;

13.4.       d’être plus transparents en ce qui concerne le nombre et l’origine des personnes arrivant en tant que migrants irréguliers ou demandeurs d’asile et de fournir des statistiques concernant le nombre des personnes rapatriées, détenues ou relâchées ;

13.5.       de créer des mécanismes d’identification adéquats afin de déterminer la nationalité des arrivants ;

13.6.       de s’attaquer au problème des déplacements secondaires des migrants, des demandeurs d’asile et des réfugiés dans les États membres en prenant en compte les droits des personnes concernées ;

13.7.       de conclure des accords de réadmission avec les pays d’origine et les pays detransit des migrants irréguliers ;

13.8.       de promouvoir des stratégies de l’information pour les pays d’origine, de transit et de destination, soulignant les dangers liés aux migrations irrégulières et expliquant les options et les possibilités des migrations légales.

14.       L’Assemblée encourage également les États membres à partager le fardeau de ces arrivées massives :

14.1.       en contribuant aux diverses patrouilles maritimes et aériennes mises en place par l’agence européenne FRONTEX ;

14.2.       en contribuant aux forces d’intervention rapide responsables de la prise en charge des arrivées massives (officiers frontaliers, interprètes, médecins) incluant des spécialistes des questions d’asile et des droits de l’homme afin de garantir l’identification des personnes devant recevoir une protection internationale ;

14.3.       en contribuant à la satisfaction des besoins humanitaires et matériels des arrivants (y compris en fournissant des abris portables, des produits alimentaires, des médicaments, etc.) ;

14.4.       en contribuant au coût de l’accueil et, le cas échéant, du retour des migrants irréguliers ;

14.5.       acceptant d’accueillir des arrivants ou ceux ayant besoin de recevoir une protection internationale afin, notamment, de réduire les pressions sur les pays comme Malte qui reçoivent un nombre proportionnellement élevé d’arrivants.

15.       L’Assemblée considère cependant que la question ne doit pas être envisagée seulement du point de vue de la gestion des migrations, étant donné qu’il existe nombre de problèmes humanitaires et de droits de l’homme liés à l’arrivée, au séjour et au retour possible des migrants irréguliers et des demandeurs d’asile.

16.       L’Assemblée considère donc qu’il est nécessaire de rappeler aux États membres leurs obligations humanitaires et en matière de droits de l’homme et les appelle :

16.1.       à protéger le droit à la vie, éviter le recours excessif à la force envers ceux qui essaient d’entrer en Europe et secourir ceux dont la vie pourrait être en danger ;

16.2.       à respecter le droit à la dignité humaine en fournissant des conditions de réception adéquates en termes de logement, de soins de santé et d’autres besoins fondamentaux ;

16.3.       à offrir une entrevue, avec l’aide d’un interprète, à ceux dont le droit d’entrée dans le pays est mis en doute pour leur permettre d’en expliquer les raisons et, le cas échéant, de faire une demande d’asile ;

16.4.       à n’utiliser la détention qu’en dernier recours et pour des durées raisonnables. Les migrants irréguliers doivent être installés dans des centres de détention spéciaux et non pas avec des prisonniers condamnés à des peines diverses. Les enfants ne doivent pas être placés en détention, sauf impossibilité contraire ; dans ces cas, ils doivent l’être pour la durée la plus courte possible. La même chose vaut pour les autres personnes vulnérables, y compris les victimes de torture, les femmes enceintes, les personnes âgées, etc. ;

16.5.       à donner aux détenus le droit le contacter une personne de leur choix (avocat, membre de la famille, ONG, HCR, services consulaires, etc.) ;

16.6.       à garantir que la détention est légalement autorisée et qu’il existe un contrôle judiciaire indépendant de la légalité et de la nécessité de la poursuite de la détention. Les détenus doivent être informés expressément, sans retard et dans une langue qu’ils comprennent, de leurs droits et des procédures applicables ;

16.7.       à donner des garanties contre la torture, les peines ou les traitements inhumains ou dégradants, y compris dans le processus de retour ;

16.8.       à garantir le non-refoulement et le droit d’asile ;

16.9.       à interdire l’expulsion collective des étrangers ;

16.10.       à offrir un recours efficace auprès d’une autorité indépendante et impartiale, avec effet suspensif, lorsqu’un rapatrié peut raisonnablement prouver qu’il ferait l’objet d’un traitement contraire aux droits de l’homme s’il était renvoyé ;

16.11.       à apporter une attention particulière aux besoins des mineurs non accompagnés et séparés, des femmes enceintes, des personnes âgées, des personnes handicapées, des victimes de la torture, des victimes de la traite des personnes ou des autres personnes en situation vulnérable ;

16.12.       à garantir que les mineurs non accompagnés ont accès aux mécanismes appropriés de protection, y compris aux procédures d’asile.

17.       Pour permettre aux arrivants de jouir en pratique de ces droits, l’Assemblée demande aux États membres :

17.1.        de donner à tous les arrivants des informations concernant leurs droits et leurs responsabilités ;

17.2.       d’enregistrer les nouveaux arrivants et de leur fournir des papiers d’identité temporaires ;

17.3.       d’établir des mécanismes transparents de détermination de la nationalité ;

17.4.       de donner accès au HCR, à l’OIM, aux organisations humanitaires et autres organisations non gouvernementales, partout où les arrivants peuvent être détenus ;

17.5.       de soutenir les programmes de retour volontaire des migrants irréguliers et de n’utiliser les retours forcés que conformément aux 20 lignes directrices sur les retours forcés adoptées par le Comité des ministres du Conseil de l’Europe en mai 2005.

18.       L’Assemblée encourage également la Commission des libertés civiles, de la justice et des affaires intérieures du Parlement européen à poursuivre son programme de visite dans les lieux où les migrants arrivent en masse afin de donner une plus grande visibilité au sort des arrivants et aux défis auxquels doivent faire face les autorités concernées.

19.       L’Assemblée invite le Commissaire aux droits de l’homme du Conseil de l’Europe à porter une attention particulière à la préparation des rapports pays par pays sur les problèmes des droits de l’homme posés par l’arrivée, le séjour et le retour des migrants irréguliers et des demandeurs d’asile qui arrivent sur les côtes de l’Europe.

20.       L’Assemblée considère qu’il importe de mettre en place des mécanismes de coopération plus étroite et plus rapide entre tous les acteurs clés – gouvernementaux, non gouvernementaux et intergouvernementaux – lors d’arrivées massives de migrants et elle recommande que des structures de coopération soient mises en place d’urgence en prévision des arrivées qui vont certainement se produire en 2007.

21.       L’Assemblée encourage la commission des migrations, des réfugiés et de la population à intensifier ses travaux sur les arrivées massives et à utiliser au mieux la sous-commission ad hoc sur l’arrivée massive et imprévue de migrants et de réfugiés potentiels.

22.       L’Assemblée encourage également sa commission des migrations, des réfugiés et de la population à examiner, dans le cadre de ses travaux, les problèmes de négociation et de mise en œuvre des accords de réadmission, ainsi que les démarches qui doivent êtres entreprises pour combattre les réseaux illégaux criminels responsables du trafic et de la traite des migrants irréguliers.

23.       L’Assemblée envisage de revenir sur la question des arrivées massives de migrants irréguliers sur les côtes méridionales de l’Europe après une analyse plus approfondie des problèmes et des solutions disponibles.


1Discussion par l’Assemblée le 5 octobre 2006 (29e séance) (voir Doc. 11053, rapport de la Commission des migrations, des réfugiés et de la population, rapporteur : M. Christopher Chope). Texte adopté par l’Assemblée le 5 octobre 2006 (29e séance).


Edition provisoire

Création d'un centre européen en mémoire des victimes des déplacements forcés de populations et du nettoyage ethnique

Résolution 1522 (2006)1


1.       Au cours de l'histoire récente de l'Europe, des millions de personnes ont été expulsées, transférées ou échangées de force, en raison de leur appartenance ethnique ou de leurs croyances politiques ou religieuses, à la suite d'un nouveau tracé des frontières entre Etats, ou pour résoudre le problème des minorités ethniques, ou encore en application de politiques délibérées de nettoyage ethnique. La déportation massive a été employée pour punir certains groupes nationaux, ethniques ou sociaux de leurs opinions politiques supposées et des centaines de milliers de personnes ont été contraintes à quitter leur patrie par crainte d'être persécutées par des régimes d'oppression ou dans le cadre de nouvelles frontières.

2.       Durant la première moitié du XXe siècle, les migrations forcées ont touché l’ensemble des populations européennes. Ainsi, 60 à 80 millions d’Européens ont été contraints à quitter leur patrie, et nombreux sont ceux qui n’y sont jamais revenus. En Europe centrale et orientale, la quasi-totalité des nations et régions a été frappée par cette tragédie. Ces dernières années, des millions de personnes ont été déplacées de force dans les Balkans et le Caucase, à la suite de conflits dans ces régions.

3.       Pendant longtemps, la communauté internationale a accepté et parfois même encouragé les déplacements et transferts de population, les considérant comme un moyen d’instaurer une paix durable dans une région. Aujourd’hui, les déportations et transferts de population peuvent être jugés comme des crimes contre l’humanité en vertu des statuts d’un certain nombre de tribunaux internationaux, dont la Cour pénale internationale. De plus, il est largement reconnu qu'ils comportent de nombreuses et graves violations des droits de l'homme.

4.       Dans la mesure où ces crimes impliquent de nombreuses violations graves des droits de l’homme, ils ne concernent pas uniquement les populations qui les ont subies, mais l’ensemble des populations d’Europe. Le Conseil de l'Europe, organisation paneuropéenne dont le but est de réaliser une union plus étroite entre ses membres afin de sauvegarder et de promouvoir les idéaux et les principes qui sont leur patrimoine commun, se doit de rendre hommage aux victimes de tels actes et de veiller à ce que l'histoire ne se répète pas.

5.       Pour ce faire, le Conseil de l'Europe devrait créer un centre européen en mémoire des victimes des déplacements forcés de populations et du nettoyage ethnique, afin de rappeler aux Européens leur histoire de migrations forcées et de favoriser la réconciliation, d’être un instrument de prévention des conflits et de sensibilisation de l'opinion publique à la tragédie personnelle des individus qui, pour leur appartenance à un groupe, ont dû quitter le pays ou la région où ils étaient installés par crainte de persécutions ou parce qu'ils ont été déplacés de force.

6.       Un centre européen en mémoire des victimes des déplacements forcés et du nettoyage ethnique devrait disposer de locaux, même modestes, afin d’être mieux perçu en tant que symbole d’une mémoire collective européenne. Ce centre aura pour principal but d’éduquer les jeunes générations par l’apprentissage et la promotion d’une mémoire européenne commune pour surmonter les divisions du passé et contribuer à la création d’une Europe dans laquelle les différences religieuses et culturelles ne seraient plus considérées comme une menace, mais comme un avantage.

7.       Pour ces raisons, l'Assemblée recommande aux Etats membres du Conseil de l’Europe :

7.1.       de prendre des dispositions en vue de la création d'un Centre européen en mémoire des victimes des déplacements forcés de populations et du nettoyage ethnique (dans ce qui suit : «le Centre») sous les auspices du Conseil de l'Europe, selon les lignes directrices suivantes :

7.1.1.       le Centre devrait avoir pour objectifs :

7.1.1.1. de favoriser la réconciliation en promouvant des études historiques impartiales et en contribuant à la création d'une mémoire européenne commune permettant de surmonter les divisions du passé ;

7.1.1.2. de faire office d’instrument de prévention des conflits en développant le respect des droits de l'homme et des droits des personnes appartenant à des minorités nationales ;

7.1.1.3. de combattre le racisme et la xénophobie en sensibilisant l'opinion publique européenne aux aspects humains et des droits de l'homme dans les cas de déplacements forcés de populations et du nettoyage ethnique, en coopération avec la Commission européenne contre le racisme et l'intolérance (ECRI)

7.1.2.       son mandat devrait couvrir les déplacements forcés de populations ou de groupes, y compris ceux liés à des politiques ou des pratiques de nettoyage ethnique, qui ont touché, touchent ou toucheront l'espace géographique couvert par les Etats membres du Conseil de l'Europe, l'accent étant mis plus particulièrement sur le XXe siècle, qu'il s'agisse de déplacements dans les frontières d'un même Etat ou entre deux ou plusieurs Etats. Dû à son caractère unique, le mandat n’incluera pas la déportation des Juifs durant la seconde guerre mondiale ; en revanche, les nombreuses initiatives ainsi que les divers centres établis à la mémoire des victimes de la Shoah pourront être utilisés comme sources précieuses d’inspiration pour la création et les activités du futur centre ;

7.1.3.       les fonctions devraient consister, entre autres :

7.1.3.1.à mener ou à promouvoir des recherches sur l’histoire des mouvements forcés de population ainsi que sur le droit international et les droits de l’homme ;

7.1.3.2. à prêter son concours à l'élaboration de matériels pédagogiques pour l'enseignement de l'histoire ;

7.1.3.3. à faire office de forum permanent d’analyses et de débats aux niveaux public et académique, en vue de permettre de tirer les leçons du passé pour relever les défis actuels et à venir ;

7.1.3.4. à organiser des conférences, séminaires, expositions et autres manifestations ;

7.1.3.5. à financer et à soutenir les initiatives transfrontalières des ONG dans ce domaine

7.1.4.       le centre ne devrait pas s'occuper des questions d'indemnisation pour la perte de biens consécutive à des déplacements forcés de populations

7.2.       à titre de base juridique pour la création du Centre et afin d’assurer un financement en dehors du budget ordinaire du Conseil de l’Europe, d’envisager la rédaction d'un accord ou d’un accord partiel, comme le prévoit la Résolution statutaire (93) 28 du Comité des Ministres, ouvert à la signature des Etats membres, en vue de son application à l’occasion du 60eanniversaire du Conseil de l’Europe ; 7

7.3.       de développer des activités dans ce domaine et de mettre en place des centres nationaux appropriés, uniquement sous les auspices du Conseil de l'Europe ;

7.4.       d’utiliser le Conseil de l'Europe pour stimuler et coordonner la création d’un centre et renforcer le réseau européen afin d’accroître la coopération européenne dans ce domaine.


1Discussion par l’Assemblée le 5 octobre 2006 (30e séance) (voir Doc.10925 rév, rapport de la Commission des migrations, des réfugiés et de la population, rapporteur : M. Mats Einarsson). Texte adopté par l’Assemblée le 5 octobre 2006 (30e séance).



Edition provisoire

L’intérêt pour l’Europe que le développement économique de la Russie se poursuive

Résolution 1523 (2006)1


1.       Dotée de ressources humaines, naturelles et économiques considérables, la Fédération de Russie, le plus vaste et le plus peuplé des Etats membres du Conseil de l’Europe, a connu bien des difficultés, depuis le début des années 1990, dans ses efforts pour stabiliser son système économique et politique. C’est également le pays qui a été confronté aux défis les plus impressionnants en matière de développement alors qu’elle adoptait progressivement les valeurs démocratiques et devenait une économie régie par les lois du marché.

2.       Au cours de ces sept dernières années, la Fédération de Russie a réussi alors même que beaucoup n’y croyaient pas. La crise financière d’août 1998 qui a secoué profondément son économie a permis à sa compétitivité de rebondir grâce à une dévaluation du rouble, à une discipline budgétaire plus stricte, à une restructuration de sa dette extérieure et à une meilleure supervision des banques. Cette crise a également suscité un regain de soutien en faveur des réformes, grâce à quoi il a été possible de parvenir à une stabilité macroéconomique et politique, ainsi qu’à une croissance dynamique, à de meilleurs niveaux de vie, à davantage de prospérité et de confiance. Toutefois, des disparités significatives de revenus, un développement régional très inégal et le manque persistant de diversification ainsi que des manquements à l'État de droit et une corruption à grande échelle constituent des obstacles sérieux à une croissance économique durable en Fédération de Russie.

3.       L’économie russe en rapide expansion est confrontée à tout un ensemble de défis à court et moyen termes en matière de développement. Il s’agit notamment de préserver la stabilité macroéconomique et politique, d’utiliser plus efficacement les ressources, de poursuivre des politiques de réforme et de continuer la modernisation globale de l’économie. Il importe également d’urgence de renforcer la prééminence du droit, de rationaliser le système réglementaire, de maîtriser l’inflation, de mieux définir les secteurs « stratégiques », d’améliorer l’administration, de renforcer la transparence en matière de politiques, surtout pour ce qui est des modifications réglementaires prévues, et d’assurer l’impartialité dans la mise en œuvre du système fiscal.

4.       L’Assemblée parlementaire estime que le fait que la Fédération de Russie assure la présidence du G8 en 2006 et celle du Comité des Ministres du Conseil de l’Europe de mi-mai à mi-novembre 2006 est une bonne occasion pour ce pays de montrer son engagement en faveur des réformes structurelles, judiciaires et démocratiques, ainsi que du développement humain et de la coopération stratégique avec d’autres pays européens sur une large palette de questions.

5.       L’aspiration à une « Europe sans clivage » montre bien que les pays européens souhaitent rechercher une union plus étroite fondée sur des valeurs partagées, la justice, la solidarité, la sécurité et les intérêts mutuels. Il est primordial, pour le développement harmonieux et la prospérité de la Fédération de Russie mais également de l’Europe tout entière, de soutenir une croissance économique forte dans ce pays, comme cela a été le cas ces sept dernières années, et de promouvoir la bonne gouvernance dans tous les secteurs et dans toutes les régions de la Fédération.

6.       La poursuite de l’intégration de la Fédération de Russie à l’économie européenne et mondiale est facilitée par son partenariat de plus en plus approfondi avec l’Union européenne. L’accord des deux parties pour l’instauration de quatre « espaces communs » offre un cadre global d’action, notamment par le biais de « l’espace économique commun » qui vise à mettre en place des conditions permettant d’accroître et de diversifier les échanges et l’investissement entre les deux parties, et par « l’espace commun de liberté, de sécurité et de justice » structuré pour lutter, entre autres problèmes, contre le crime organisé et transfrontalier. Tout en se réjouissant des mesures prises récemment par les deux parties pour faciliter la libre circulation des personnes, l’Assemblée espère que la renégociation de l’Accord de partenariat et de coopération prévue en 2007 donnera un contenu encore plus concret aux quatre espaces communs.

7.       La situation démographique actuelle de la Fédération de Russie a été reconnue comme une faiblesse majeure et de fait une menace pour la croissance et le développement à long terme du pays. L’émigration et la « fuite des cerveaux » vers l’Ouest, des taux de natalité très bas conjugués à des taux de mortalité et d’interruption de grossesse très élevés dus à l’insuffisance des soins de santé, diverses maladies, aux accidents et à des modes de vie pathogènes sont à l’origine d’un déclin démographique alarmant et d’une érosion rapide de la main d’œuvre, ce qui a abouti à un besoin croissant d’immigration de main d’œuvre qualifiée. Il convient donc, pour renverser cette tendance, de prendre immédiatement des mesures dans les domaines des soins de santé, de l’éducation, du planning familial, des politiques de l’emploi et du contrôle des flux migratoires.

8.       Une gestion saine des économies régionales (qui, en matière de ressources, de spécialisation, de développement et d’autonomie, présentent des situations hétérogènes) est capitale pour promouvoir une croissance économique équilibrée et l’intégrité territoriale du pays. Pour stimuler l’activité économique au-delà des zones du centre et de l’ouest, il est vital de stabiliser l’équilibre démographique, de traiter avec plus de souplesse le problème des travailleurs migrants en situation irrégulière et de veiller à ce que la population soit plus également répartie sur l’ensemble du territoire. Les régions de la Sibérie et de l'Extrême-Orient, qui couvrent les trois quarts du territoire de la Fédération et où se trouve la presque totalité des ressources naturelles du pays, devraient recevoir une part équitable des recettes tirées de l’exploitation de leurs ressources et s’en servir pour le développement de l’infrastructure régionale et de systèmes de protection sociale.

9.       Le patrimoine culturel et les sites naturels qui émaillent toute la Fédération de Russie sont d’une richesse et d’une variété telles qu’ils offrent de remarquables opportunités pour développer le tourisme de manière équilibrée. Cela servirait non seulement le développement régional mais également les efforts de préservation de l’intégrité du patrimoine national. Des mesures devraient être prises pour stimuler le tourisme culturel et le tourisme vert, en s’inspirant de l’expérience d’autres pays. Dans ce contexte, l’Assemblée se félicite de la création prévue par le Conseil de l’Europe du Centre européen pour la coopération interrégionale et transfrontalière à Saint-Pétersbourg ; ce centre servira d’enceinte pour le dialogue entre les régions de la Fédération de Russie et d’autres pays européens dans les domaines économique et culturel.

10.       L’Union européenne a appuyé avec détermination l’adhésion de la Fédération de Russie à l’Organisation mondiale du commerce (OMC). De fait, beaucoup s’accordent à dire que cette adhésion galvanisera la réforme au niveau national et améliorera le climat des investissements dans le pays, ce qui devrait apporter des bénéfices considérables à moyen terme pour l’économie russe et améliorer la situation de pratiquement tous les foyers russes. Il est important toutefois que le Gouvernement russe prenne les devants pour anticiper et atténuer tout impact négatif à court terme de l’adaptation à la concurrence mondiale des secteurs les plus vulnérables (par exemple l’agroalimentaire, la chimie, le secteur pharmaceutique et la microbiologie, le secteur des motoristes et la production de matériel agricole), des entreprises et de certaines couches de la population. Il devrait également prendre des mesures pour renforcer la compétitivité des entreprises russes.

11.       L’Assemblée espère que les difficultés résiduelles concernant les négociations (subventions agricoles, protection des droits de la propriété intellectuelle, ouverture des secteurs des services et de l’aviation et double tarification pour l’énergie), notamment avec les Etats-Unis, seront résolues d’ici la fin de 2006, ce qui dégagera la voie pour l’adhésion de la Fédération de Russie à l’OMC. Dans le même temps, elle invite les autorités russes à s’abstenir de prendre des mesures unilatérales de blocage des échanges commerciaux utilisées en différentes occasions, et récemment vis-à-vis de la Géorgie et de la Moldova pour les importations de vin.

12.       La Fédération de Russie a réussi une bonne performance économique, avec une stabilité macroéconomique sans précédent et un fort excédent budgétaire dans un contexte marqué par un environnement extérieur très favorable avec une forte demande et des prix en hausse pour les principaux produits russes exportés – ses ressources naturelles. En fait, plus de 75% de l’ensemble des exportations et une bonne part de la croissance industrielle du pays reposent sur l’exploitation de ces ressources, en particulier le pétrole et le gaz, les métaux non ferreux et le bois. Cependant, cet avantage concurrentiel unique doit être consolidé par l’investissement dans le développement d’une production plus diversifiée et à plus forte valeur ajoutée. Cette évolution offre également d’excellentes opportunités de progresser en matière de réformes structurelles, destinées entre autres choses à stimuler l’expansion des secteurs des services et de la vente au détail, et de réaliser des travaux vitaux mais coûteux de modernisation de l’infrastructure. Le secteur des transports présente un potentiel de croissance considérable, et est également crucial pour un développement régional et national plus harmonieux ; en outre, des mesures spécifiques sont nécessaires pour soutenir la croissance des petites et moyennes entreprises.

13.       Une concurrence loyale – entre régions, entre grandes et petites ou moyennes entreprises, entre entreprises nationales et étrangères – est primordiale pour que la Fédération de Russie ait une économie saine qui favorise la cohésion sociale et économique, soit pleinement interconnectées avec les marchés mondiaux et soit suffisamment souple pour résister à des chocs extérieurs, par exemple en cas de fluctuation des prix des commodités ou de volatilité des marchés financiers. Il convient de clarifier le rôle de l’Etat et des monopoles naturels (« stratégiques ») dans l’économie et les compétences des organismes indépendants de supervision devraient être renforcées, dans l’intérêt des investisseurs, qu’ils soient nationaux ou étrangers.

14.       Une meilleure protection et application des droits de la propriété intellectuelle est nécessaire pour garantir une intégration sans heurts de l’économie russe au système commercial international, pour attirer davantage de capital-risque et de technologies modernes – de sources nationales ou étrangères – dans les centres de recherche et les entreprises russes, stimuler l’innovation, instaurer une concurrence loyale et lutter contre la contrefaçon.

15.       La coopération scientifique et technologique internationale est un facteur important pour soutenir la compétitivité de l’économie russe. Il est donc important que la liberté scientifique soit garantie, que les officiels ne participent pas aux activités de recherche dans le pays et que le système de protection des secrets d'Etat ne soit pas utilisé comme obstacle à la coopération scientifique internationale.

16.       Les flux nets de capitaux sortant de la Fédération de Russie, après avoir atteint des sommets en 2003-2004, ont considérablement reflué en 2005, preuve d’un regain de confiance des investisseurs dans l’économie russe. Il conviendrait maintenant de s’efforcer de rapatrier les capitaux expatriés (estimés à près de 348 milliards de dollars américains sur la période de 1996 à 2006). Pour cela, il s’agit de clarifier la relation entre l’Etat et les entreprises, en particulier dans des secteurs considérés comme stratégiques (énergie, aérospatial, etc) ; de renforcer la protection effective des droits de propriété et des droits des actionnaires minoritaires ; de continuer à rationaliser la fiscalité et les réglementations relatives aux entreprises ; et de mettre en œuvre le plus largement les normes IFRS (International Financial Reporting Standards).

17.       Les ressources énergétiques sont au cœur de l’économie russe et de ses relations commerciales avec d’autres pays européens. Leurs ventes (en valeur) représentent 64% des exportations du pays, pour l’essentiel destinées à l’Europe et en augmentation. Cela montre combien les intérêts sont complémentaires dans le secteur énergétique et les attentes légitimes élevées de part et d’autre. Comme les Européens comptent de plus en plus sur les approvisionnements énergétiques russes, les entreprises russes ont besoin de plus d’investissement et de technologies de l’étranger pour exploiter de nouveaux gisements pétroliers et gaziers, en particulier dans les régions arctiques, réduire les pertes dues aux fuites de pétrole et de gaz et renforcer leur propre capacité pour exploiter plus pleinement les puits existants, étendre les réseaux de gazoducs et d’oléoducs et étoffer le secteur du retraitement, notamment pour ce qui est des produits pétroliers et du gaz naturel liquéfié.

18.       Il est dans l’intérêt à long terme de la Fédération de Russie de garantir un approvisionnement énergétique fiable en Europe. C’est pourquoi il importe d’urgence de réduire au maximum les risques associés aux investissements gros consommateurs de capitaux dans la production et les réseaux de transport de l’énergie, et de faciliter les flux transfrontaliers. Par esprit de confiance mutuelle, "les règles du jeu ne devraient pas être modifiées en cours de route" et l’approvisionnement en énergie devrait être garanti sur un plan purement commercial. Même si les points de vue de l’Union européenne et de la Fédération de Russie divergent quant aux moyens nécessaires pour atteindre ces objectifs, il convient de tout faire pour parvenir à un compromis qui aboutirait à la ratification par la Fédération de Russie de la Charte européenne de l’Energie et de son Protocole sur le transit. La double tarification (ou plutôt la sous-facturation) de l’énergie et des ressources énergétiques nationales en abondance ne devraient pas servir de prétexte pour continuer à gaspiller l’énergie. Aucun autre pays européen ne tirera autant que la Fédération de Russie avantage des efforts pour utiliser l’énergie de manière plus efficiente. Il est important que le pays puisse étoffer sa production d’énergie, notamment par le biais de centrales nucléaires, et stabiliser sa consommation énergétique intérieure par une utilisation plus efficiente de l’énergie.

19.       L’Assemblée estime qu’il faut continuer d’améliorer l’utilisation des recettes substantielles tirées des ressources énergétiques (les « pétrodollars »), en particulier celles qui ont abondé le Fonds de stabilisation financé par les recettes pétrolières, afin de maîtriser les pressions inflationnistes, et de mettre en œuvre les quatre priorités nationales de développement (modernisation de l’agriculture, de l’éducation, des soins de santé et du logement) et de lutter contre la pauvreté ; qu’il convient de renforcer l’efficience énergétique et la fiabilité de la fourniture d’électricité afin d’éviter les pannes de courant (comme la coupure qui a plongé dans le noir Moscou et ses environs au printemps 2005) ; et qu’il importe de libéraliser progressivement les prix de l’énergie au niveau national. Un certain nombre de préoccupations écologiquesgraves se posent également concernant le trajet prévu pour certains projets de liaisons de transport de l’énergie tels que le gazoduc nord-européen envisagé sous la Baltique et le projet Sakhalin-2.

20.       L’Assemblée rappelle sa Résolution 1455 (2005) sur le respect des obligations et engagements de la Fédération de Russie, dans laquelle elle faisait état de sa préoccupation à l’égard d’une série de mesures destinées à renforcer la « verticale du pouvoir » et susceptibles de saper le système de contre-pouvoirs, restreindre la concurrence politique, mettre à mal l’indépendance et l’impartialité de l’appareil judiciaire et museler les médias. En outre, l’Assemblée dénonçait la prise de contrôle de plus en plus forte de l’oligarchie sur de nombreux actifs et ressources russes, et les allégations de corruption chez certains gouverneurs. L’impression encore prévalente de corruption endémique dans le secteur public continue de nuire à l’image du pays et de décourager les investisseurs. L’Assemblée se félicite de la participation de la Fédération de Russie aux travaux du Comité d’experts sur l’évaluation des mesures de lutte contre le blanchiment d’argent – MONEYVAL – et de ce que le pays rejoindra bientôt le Groupe d’Etats contre la corruption – GRECO.

21.       L’Assemblée rappelle également sa Résolution 1418 (2005) et sa Recommandation 1692 (2005) sur les circonstances entourant l’arrestation et l’inculpation de hauts dirigeants de loukos et regrette que les développements ultérieurs aient montré que les critiques fondées et constructives de l’Assemblée n’avaient pas été prises en compte par les autorités russes compétentes.

22.       L’Assemblée propose donc que les autorités russes compétentes :

22.1.       prennent des mesures pour clarifier le rôle de l’Etat dans l’économie et la relation entre l’Etat et les entreprises, en particulier pour ce qui est des secteurs considérés comme stratégiques ;

22.2.       renforcent les compétences des organismes indépendants de supervision des marchés ;

22.3.       garantissent la protection effective de la propriété privée et des droits de la propriété intellectuelle ;

22.4.       prennent des mesures législatives destinées à mieux réguler les activités des groupes de pression et à renforcer l’éthique et la responsabilité des entreprises, s’inspirant notamment de la Résolution 1392 (2004) de l’Assemblée parlementaire sur l’éthique d’entreprise en Europe, et des Principes révisés de l’OCDE sur la gouvernance d’entreprise ;

22.5.       accélèrent les réformes judiciaires et administratives et veillent à ce que les lois existantes soient appliquées plus efficacement dans tout le territoire et à tous les niveaux du pouvoir exécutif ;

22.6.       poursuivent la rationalisation de la fiscalité et de la réglementation relatives aux entreprises, en particulier dans le but d’alléger la charge administrative pesant sur les petites et moyennes entreprises ;

22.7.       améliorent l’administration des douanes ;

22.8.       adhèrent à la Convention civile sur la corruption (STCE n° 174), à la Convention relative au blanchiment, au dépistage, à la saisie et à la confiscation des produits du crime et au financement du terrorisme (STCE n° 198), à la Convention sur la cybercriminaltié (STCE n° 185), à la Convention sur les opérations financières des « initiés » (STCE n° 130), à la Convention sur la lutte contre la traite des êtres humains (STCE n° 197), au Code européen de la sécurité sociale révisé (STCE n° 139) et à la Convention relative au statut juridique du travailleur migrant (STCE n° 093) ;

22.9.       ratifient la Charte sociale européenne révisée (STCE n° 163) ;

22.10.       envisagent des mesures appropriées au niveau national pour s’attaquer à la corruption du côté de « l’offre » ;

22.11.       assortissent de ressources financières adéquates et des réformes structurelles pertinentes les mesures concernant la modernisation des soins de santé, de l’éducation, du planning familial, de la sécurité sociale, du logement, des politiques de l’emploi, du contrôle des flux migratoires et de l’agriculture;

22.12.       encouragent les pouvoirs régionaux et locaux à utiliser une part plus importante des recettes fiscales tirées de l’exploitation des ressources naturelles pour améliorer l’infrastructure locale ;

22.13.       prévoient un cadre juridique stable et transparent pour les partenariats public-privé et la participation étrangère dans des contrats de concessions, en particulier afin de réaliser des grands projets pour le développement de l’infrastructure au niveau national et régional et pour l’exploitation des ressources naturelles ;

22.14.       renforcent la coopération au niveau politique et des projets avec la Banque européenne pour la reconstruction et le développement, dans le domaine de l’efficience énergétique ;

22.15.       mettent à profit le dialogue sur l’énergie avec l’Union européenne pour progresser en vue de la ratification du Traité de la Charte de l’Energie et de la finalisation de son Protocole sur le transit ;

22.16.       investissent davantage dans le développement de sources d’énergie alternatives et dans l’efficience énergétique ;

22.17.       résolvent les différends actuels avec des pays voisins concernant le blocage des échanges commerciaux ;

22.18.        renforcent les mécanismes de financement pour le secteur agricole privé et le développement rural.

23.       L’Assemblée invite également les Etats membres du Conseil de l’Europe :

23.1.       à faciliter davantage l’intégration de la Fédération de Russie à l’OMC et le partenariat plus étroit de ce pays avec l’Union européenne, en particulier pour ce qui est de la coopération dans le domaine de l’énergie et de la libre circulation des personnes dans la mesure où cela est justifié compte tenu des progrès enregistrés par la Fédération de Russie en ce qui concerne l'État de droit et la lutte contre la corruption ;

23.2.       à faire en sorte que les négociations avancent rapidement entre l’Union européenne et la Fédération de Russie concernant le renouvellement de leur Accord de partenariat et de coopération en s’efforçant, pour cela, de fixer des objectifs spécifiques et des calendriers de mise en œuvre précis et de garantir que l’Union européenne attache l'importance qu'elles méritent aux préoccupations du Conseil de l'Europe en matière d’État de droit et de droits de l’homme ;

23.3.       à aider les autorités russes dans la réforme de l’administration publique russe et pour renforcer la capacité des institutions publiques en matière de bonne gouvernance ;

23.4.       à rechercher des opportunités d’investissement en Fédération de Russie, dans d’autres secteurs que celui des ressources naturelles ;

23.5.       à encourager l’investissement en faveur du tourisme durable en Fédération de Russie et les projets de développement en Sibérie et dans les régions extrême-orientales du pays ;

23.6.       à mettre leurs savoir-faire et technologies au service de projets communs dans le domaine de l’efficience énergétique, l’innovation industrielle, le développement du tourisme, les améliorations des soins de santé et le contrôle des flux migratoires ;

23.7.       à intensifier la coopération avec la Fédération de Russie dans le secteur bancaire afin de renforcer les mécanismes de supervision des banques, diversifier les activités bancaires de détail et renforcer la transparence de la tenue des comptes ;

23.8.        à renforcer les partenariats entre universités et instituts de recherche, en particulier par le biais de programmes d’échanges d’étudiants et de chercheurs invités.


1Discussion par l’Assemblée le 6 octobre (31e séance) (voir Doc.11026, rapport de la commission des questions économiques et du développement, rapporteur : M. Kimmo Sasi). Texte adopté par l’Assemblée le 6 octobre (31e séance)

 

 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ALLEGATI


 


DELEGAZIONE PARLAMENTARE ITALIANA PRESSO L'ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO D'EUROPA

Presidente:  On. Andrea RIGONI(L'Ulivo)

Vice Presidenti: On. Italo BOCCHINO (Alleanza Nazionale)

Sen. Maria Luisa BOCCIA (Rif. Comun. - Sin. Europ.)

Segretari: Sen. Massimo LIVI BACCI (L'Ulivo)

Sen. Lucio MALAN (Forza Italia)

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

Effettivi

Supplenti

 

MANZELLA Andrea

LIVI BACCI Massimo

(L'Ulivo)

PINZGER Manfred

MELE Giorgio

(Aut./L'Ulivo)

SINISI Giannicola

SOLIANI Albertina

(L'Ulivo)

DELL'UTRI Marcello

NESSA Pasquale

(Forza Italia)

CANTONI Gianpiero Carlo

MALAN Lucio

(Forza Italia)

FORMISANO Aniello

BARBATO Tommaso

(Misto)

VALENTINO Giuseppe

MORSELLI Stefano

(Alleanza Nazionale)

BOCCIA Maria Luisa

DEL ROIO José Luiz

(Rifond. Comun. - Sin. Europ.)

SILVESTRI Gianpaolo

PELLEGATTA Maria Agostina

(Verdi - Comunisti italiani)

camera dei deputati

Effettivi

Supplenti

 

MARCENARO Pietro

GALEAZZI Renato

(L'Ulivo)

FASSINO Piero

MOSELLA Donato Renato

(L'Ulivo)

RIGONI Andrea

FRANCESCHINI Dario

(L'Ulivo)

AZZOLINI Claudio

BONIVER Margherita

(Forza Italia)

BERLUSCONI Silvio

RIVOLTA Dario

(Forza Italia)

ZACCHERA Marco

BOCCHINO Italo

(Alleanza Nazionale)

KHALIL Alì Rashid

SINISCALCHI Sabina

(Rifond. Comun.)

CESA Lorenzo

ROMANO Francesco Saverio

(UDC)

MARONI Roberto

STUCCHI Giacomo

(Lega Nord)

 

 



[1] Nella XIV Legislatura la senatrice de Zulueta era membro (per il Senato) della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa e ha predisposto questa Relazione; non essendo attualmente, nella presente XV Legislatura, più componente della Delegazione italiana a Strasburgo, la sua Relazione è stata presentata in Aula dal Presidente della Commissione migrazioni.

[2] L'onorevole de Zulueta, nella attuale XV Legislatura del Parlamento italiano, non è più membro della Delegazione presso l'Assemblea del Consiglio d'Europa. La Relazione da lei predisposta è stata pertanto illustrata in Aula dal Presidente della Commissione migrazioni, onorevole Çavuşoğlu (Turchia)