| Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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| Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||
| Titolo: | Inventario della realtà sociale - Relazione intermedia della Commissione europea | ||
| Serie: | Proposte di atti normativi dell'Unione europea Numero: 7 | ||
| Data: | 31/05/2007 | ||
| Descrittori: |
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Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
Ufficio Rapporti con l’Unione europea |
Servizio Studi |
Proposte di atti normativi dell’Unione europea
INVENTARIO DELLA REALTA’ SOCIALE
Relazione intermedia della Commissione europea
n. 7
31 maggio 2007
Segreteria generale - Ufficio rapporti con l’Unione europea
SIWEB
Per il Servizio Studi il dossier è stato coordinato da Filippo Cinoglossi e Antonella Degano
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
AVVERTENZA
Il presente dossier illustra i contenuti e il contesto politico e normativo di riferimento della relazione intermedia della Commissione sull’inventario della realtà sociale. In particolare, nel capitolo I si riportano i contenuti della relazione intermedia nonché gli obiettivi politici generali e le linee di intervento dell’UE nel cui ambito essa si inserisce. Il capitolo II espone i contenuti del documento di consultazione che accompagna la relazione, incluse le questioni poste ai soggetti interessati, riportando per ciascun tema o area le principali iniziative all’esame dell’UE nonché le posizioni assunte dal Parlamento italiano. Il capitolo III, infine, delinea i principali indirizzi di politica legislativa in Italia in relazione ai temi trattati nella relazione intermedia.
Il testo della relazione intermedia e del documento di consultazione è riportato in allegato al presente dossier.
Alla relazione intermedia è altresì allegato un sondaggio Eurobarometro sulla realtà sociale europea il cui testo è riportato nel dossier n. 7/1 della presente collana.
I N D I C E
Capitolo I - La Relazione intermedia della Commissione sull’Inventario della realtà sociale
L’elaborazione di un inventario della realtà sociale
2. La dimensione sociale nella Strategia di Lisbona
4. Il parere del Comitato economico e sociale sul bilancio della realtà sociale
5. La dimensione sociale nella programmazione politica e legislativa dell’UE
Capitolo II - I contenuti del documento di consultazione sulla realtà sociale europea
2. Accesso alle opportunità di istruzione e mobilità sociale
3. Demografia e società che invecchia
Attività della Camera dei deputati
La relazione sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per il 2006
Attività della Camera dei Deputati
Relazione sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea (anno 2006)
Attività della Camera dei Deputati
La Relazione sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea (anno 2006)
Attività della Camera dei deputati
9. Migrazioni, diversità etnica e integrazione
L’Attività delle istituzioni dell’Unione europea
Attività della Camera dei deputati
Relazione sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea (anno 2006)
Capitolo III - I recenti indirizzi legislativi in Italia
2. Il miglioramento della qualità sociale
4. L’accesso alle opportunità d’istruzione
7. Aumento della criminalità e dell’insicurezza
8. Immigrazione, diversità etnica ed integrazione
Commissione europea
Ø Inventario della realtà sociale - relazione intermedia al Consiglio Europeo di primavera del 2007 (COM(2007)63) 85
Ø La realtà sociale europea - documento di consultazione dell'Ufficio dei consiglieri per le politiche europee allegato alla relazione 89
Comitato economico e sociale
Ø Bilancio della realtà della società europea - parere del Comitato Economico e Sociale Europeo del 18 gennaio 2007 151
Il 26 febbraio 2007 la Commissione ha presentato una relazione intermedia sull’inventario della realtà sociale (COM(2007) 63) destinata al Consiglio europeo di primavera dell’8 e 9 marzo 2007. La relazione è accompagnata da un documento di consultazione, a cura dell’Ufficio dei consiglieri per le politiche europee (BEPA) della Commissione[1] e da un sondaggio Eurobarometro[2] incentrato su questioni connesse al benessere. Con tali documenti la Commissione ha inteso lanciare una vasta consultazione sui temi e le sfide sociali dell’Europa nell’intento di intavolare il dialogo con i vari interlocutori per discutere cosa caratterizzi la “realtà sociale” europea. La consultazione, che si concluderà entro la fine del 2007, mira a raccogliere i diversi punti di vista sul mutamento sociale, sui principali fattori che presiedono alla trasformazione delle società in Europa, senza vagliare specifiche posizioni politiche.
Lo scopo è quello di lanciare il dibattito su alcune questioni centrali connesse al benessere: opportunità economiche, natura del lavoro, nuovi modelli di vita familiare, povertà e disuguaglianza, ostacoli alla salute e alla mobilità sociale, qualità della vita, diversità culturale e impedimenti all’integrazione, criminalità e comportamenti antisociali.
Nella misura del possibile, la Commissione intende tener conto dei risultati della consultazione in vista di iniziative politiche future, quali la revisione intermedia dell’agenda della Commissione per la politica sociale (v.infra) nei prossimi mesi. In particolare, la Commissione elaborerà una relazione, intesa ad esaminare le evoluzioni sociali, con le relative implicazioni, e ad individuare una serie di problematiche e sfide principali con cui l’Europa si confronta a tutti i livelli di governo.
Nella Relazione intermedia la Commissione, nel sottolineare che lo sviluppo delle società europee è guidato da due forze principali, la globalizzazione e l’evoluzione demografica – che implicano opportunità e sfide – ritiene che l’inventario della realtà sociale europea sia inteso a costruire un consenso sulle comuni sfide sociali che gli europei si trovano ad affrontare. Secondo la Commissione il ruolo che le politiche comunitarie possono svolgere in risposta a realtà sociali in mutamento costituisce una questione completamente aperta allo stadio attuale. Nel ribadire che l’UE ha sempre avuto una “dimensione sociale”, la Relazione ricorda che la strategia di Lisbona ha avviato una riflessione collettiva su una serie di temi sociali in senso lato, dalle tradizionali questioni legate alla flessibilità del mercato del lavoro e al riassetto dello Stato assistenziale fino ad aspetti connessi ai sistemi di istruzione e formazione.
La Commissione sottolinea che, a differenza della società industriale del passato - caratterizzata da un’economia incentrata sulla produzione di massa, da grandi imprese e da elevati livelli sindacalizzazione che ne determinavano la natura del lavoro - la società europea odierna è sempre più basata sulla conoscenza e orientata ai servizi. La Relazione rileva che, mentre si è prestata molta attenzione alle dinamiche economiche che hanno determinato l’emergere della “nuova economia” in un mondo globalizzato, si è tuttavia trascurato di analizzare la situazione e le sfide sociali nonché i modi di affrontarle.
L’inventario della realtà sociale intende pertanto consentire tale diagnosi e lanciare il dibattito sulla situazione sociale dell’Europa, in vista peraltro della revisione intermedia dell’agenda per la politica sociale.
La proposta di realizzare un inventario della realtà sociale è stata avanzata dalla Commissione nel giugno 2006, nell’ambito della comunicazione “Un’Agenda dei cittadini per un’Europa dei risultati” (COM(2006)211, presentata il 10 maggio 2006; nel documento la Commissione ha infatti manifestato l’intenzione di effettuare un bilancio complessivo della realtà della società europea e di varare un’agenda per l’accesso e la solidarietà, dimensione sociale parallela al riesame del mercato unico e in stretto coordinamento con esso.
La comunicazione del maggio 2006 sottolineava l’esigenza di una nuova agenda dei cittadini per l’Europa capace di portare pace, prosperità e solidarietà nel contesto della globalizzazione. Con tale documento la Commissione definisce una serie di iniziative politiche per ottenere risultati concreti a livello europeo, in particolare:
· un riesame del mercato unico in un’ottica a lungo termine, in modo da verificare se debba essere rimodellato per poter garantire ai cittadini le libertà di cui hanno bisogno nella moderna economia globalizzata;
· un bilancio della realtà sociale, una sorta di inventario dei cambiamenti e delle tendenze sociali che permetta di fissare un’agenda per l’accesso e la solidarietà parallelamente al riesame del mercato unico.
L’approccio ha trovato il sostegno del Consiglio europeo, del 15-16 giugno del 2006, che ha chiesto alla Commissione di fare il punto della situazione sociale dell’Unione europea.
In particolare, il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006:
· ha sottolineato l’importanza della dimensione sociale dell’azione dell’Unione;
· si è compiaciuto dell’intenzione della Commissione europea di stendere un bilancio delle realtà sociali nell’UE e ha invitato la Commissione stessa a presentare una relazione intermedia prima del Consiglio europeo del marzo 2007.
In linea con la richiesta del Consiglio europeo, la Commissione ha elaborato la relazione intermedia in esame, successivamente presentata al Consiglio europeo di primavera 2007, relativa ai progressi finora realizzati nell’inventariare la realtà sociale.
Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007, nel ribadire la necessità di rafforzare la coesione economica e sociale in tutta l’Unione, ha sottolineato che la relazione della Commissione sulla valutazione della realtà sociale dovrebbe apportare un ulteriore contributo al dibattito sulle questioni sociali.
L’esplorazione della realtà sociale europea avviata dalla Commissione europea è intesa a creare un nuovo consenso sulle comuni sfide sociali che gli europei si trovano ad affrontare, al fine di rinsaldare il partenariato tra l’Unione europea e gli Stati membri nell’attuazione della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione. La strategia di Lisbona, infatti, mira non solo alla competitività economia ma anche al rafforzamento della coesione sociale e alla dimensione sociale della sostenibilità.
Il Consiglio europeo di Bruxelles del 22 e 23 marzo 2005, nel procedere alla revisione intermedia della strategia, ha individuato nella crescita e occupazione al servizio della coesione sociale uno dei tre assi fondamentali[3] del rilancio della strategia.
Al riguardo, il Consiglio europeo ha ribadito l’obiettivo di attrarre un maggior numero di persone sul mercato del lavoro, investendo in una politica attiva dell’occupazione e in misure volte a conciliare vita professionale e vita familiare. A questo scopo, le conclusioni rilevano la necessità di: dare priorità alle pari opportunità, alle strategie di invecchiamento attivo, alla promozione dell’integrazione sociale e alla trasformazione del lavoro non dichiarato in lavoro regolare; sviluppare nuove fonti occupazionali, nei servizi alle persone e alle imprese, nell’economia sociale, nella pianificazione territoriale e nella protezione dell’ambiente; sviluppare nuove forme di organizzazione del lavoro e una maggiore diversità dei contratti, che combinino meglio flessibilità e sicurezza; intensificare gli sforzi per elevare il livello generale d’istruzione e ridurre il numero di giovani che lasciano la scuola precocemente; assicurare l’apprendimento permanente, in particolare per i lavoratori meno qualificati e per il personale delle piccole e medie imprese.
Sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, nel luglio 2005 il Consiglio ha approvato le linee direttrici per l’occupazione (2005-2008)[4], che includono tra gli obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri:
· applicare politiche per l’occupazione volte a raggiungere il pieno impiego, a migliorare la qualità e la produttività del lavoro e a rafforzare la coesione sociale e territoriale;
· favorire un approccio al lavoro fondato sul ciclo di vita.
A luglio 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione sul programma comunitario di Lisbona 2005-2008 relativo alle azioni da intraprendere a livello comunitario a favore della crescita e dell’occupazione (COM(2005)330).
Per quanto riguarda l’obiettivo di creare nuovi e migliori posti di lavoro, la comunicazione ricorda che, anche se le competenze principali in materia di occupazione, protezione sociale, istruzione e politiche di formazione appartengono alle autorità pubbliche nazionali, la Comunità intende affiancare gli sforzi di queste ultime, invitando anche le parti sociali a svolgere un ruolo incisivo. La Commissione intende lavorare ad un quadro normativo comune per gestire l’emigrazione economica a livello UE; ribadisce inoltre il suo impegno a migliorare la previsione e la gestione delle ristrutturazioni economiche, ad eliminare gli ostacoli alla mobilità della manodopera, a sostenere e completare gli sforzi degli Stati membri nei settori del capitale umano, dell’istruzione, della formazione professionale, con particolare accento sull’integrazione dei giovani.
Seguendo le linee direttrici, gli Stati membri hanno definito programmi di riforma nazionali, che vengono esaminati dalla Commissione nell’ambito della relazione annuale sullo stato di avanzamento dei lavori che viene presentata al Consiglio europeo di primavera.
Il 12 dicembre 2006 la Commissione ha presentato la relazione annuale sui progressi compiuti[5] nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata, comprendente 25 “capitoli per paese”, nell’ambito dei quali l’intento è di rispondere a due domande: quali sono i progressi realizzati dagli Stati membri nell’attuazione delle misure previste dai programmi nazionali di riforma; qual è stato l’operato degli Stati membri per potenziare i programmi nazionali, sia rispetto ai punti deboli individuati dalla Commissione, sia per quanto riguarda gli impegni assunti dal Consiglio europeo.
La relazione invita il Consiglio ad adottare formalmente le raccomandazioni specifiche per paese volte ad indirizzare le iniziative di riforma degli Stati membri. In particolare, la Commissione raccomanda all’Italia di:
· ridurre le disparità regionali in termini di occupazione, lottando contro il lavoro irregolare, potenziando i servizi per la prima infanzia e garantendo l’efficienza dei servizi per l’occupazione su tutto il territorio nazionale;
· sviluppare una strategia globale di apprendimento continuo e migliorare la qualità dell’istruzione garantendone l’adeguatezza al mercato del lavoro.
Secondo la Commissione, inoltre, è importante che l’Italia concentri gli sforzi in materia di: ricerca e sviluppo, in cui, malgrado gli sviluppi positivi in specifici campi, la strategia rimane nell’insieme incompleta; provvedimenti efficaci volti ad una maggiore sostenibilità dei servizi sanitari e che ne garantiscano la qualità e l’accessibilità.
Infine, il Consiglio europeo di primavera dell’8 e 9 marzo 2007:
· ha rilevato l’importanza della dimensione sociale dell’UE, e rammentato, al riguardo, le disposizioni sociali del trattato relative alla promozione dell’occupazione e al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro che consenta la loro parificazione nel progresso;
· ha rilevato che l’Agenda di Lisbona dovrebbe tenere maggiormente conto degli obiettivi sociali comuni degli Stati membri per assicurare che i cittadini dell’Unione continuino a sostenere l’integrazione europea. In tale contesto, il Consiglio europeo accoglie con favore la relazione comune sull’occupazione (v. oltre) e la relazione congiunta sulla protezione sociale e l’inclusione sociale (v. oltre);
· ha sottolineato la necessità, al fine di rafforzare la coesione sociale, di combattere la povertà e l’esclusione sociale, in particolare la povertà infantile, e di offrire a tutti i bambini pari opportunità. Il Consiglio ha affermato che si dovrebbe prestare maggiore attenzione all’inclusione attiva, ossia alla garanzia di risorse minime di livello adeguato per tutti, rispettando nel contempo il principio di accrescere l’attrattività del lavoro.
Il 9 febbraio 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione sull’”Agenda sociale” relativa al periodo 2006-2010 (COM(2005) 33),volta ad affrontare l’ammodernamento del modello sociale europeo. L’Agenda prospetta una serie di azioni chiave relativamente all’occupazione, alle pari opportunità e all’inclusione.
La Commissione sottolinea che le principali cause del cambiamento – maggiore concorrenza in un contesto mondiale, sviluppo tecnologico e invecchiamento della popolazione – acquisteranno maggiore forza entro la fine del decennio e che le sfide da affrontare restano estremamente ampie: debole tasso di occupazione, disoccupazione, povertà, disuguaglianza e discriminazioni. Pertanto, l’Agenda intende proporre misure che, rendendo più moderne le politiche sociali, consentano ai cittadini di avere fiducia nelle loro capacità di gestire efficacemente tali cambiamenti.
L’Agenda si concentra su due aspetti prioritari:
· Verso la piena occupazione: rendere l’occupazione una possibilità concreta per tutti, intensificare la qualità e la produttività del lavoro, anticipare e gestire i cambiamenti. L’Agenda sottolinea che l’Europa deve agire sia sulla quantità che sulla qualità dei posti di lavoro e sulla produttività del lavoro. Deve inoltre riflettere sulle modalità con cui affrontare la questione della migrazione per motivi economici. Pone l’accento sulla necessità di eliminare gli ostacoli alla mobilità della manodopera, in particolare quelli derivanti da sistemi pensionistici; intende continuare a promuovere il dialogo sociale europeo interprofessionale e settoriale nonché la responsabilità sociale delle imprese.
· Una società più solidale: pari opportunità per tutti. L’Agenda evidenzia i seguenti obiettivi: ammodernare la protezione sociale; combattere la povertà e promuovere l’inclusione sociale, proponendo, altresì, per il 2010, un anno europeo della lotta all’esclusione e alla povertà; promozione della diversità e non discriminazione; chiarimento del ruolo e delle caratteristiche dei servizi sociali di interesse generale.
Nel sottolineare che nel periodo 2000-2004 sono già stati compiuti progressi significativi, la Commissione ritiene necessario migliorare la realizzazione delle attività previste dall’Agenda sociale, basandosi su principi consolidati, al fine di:
· creare una strategia europea integrata che garantisca un’interazione positiva delle politiche economica, sociale e dell’occupazione;
· promuovere la qualità dell’occupazione, della politica sociale e delle relazioni industriali, consentendo quindi di migliorare il capitale umano e sociale;
· adeguare i sistemi di protezione sociale alle esigenze sociali attuali, basandosi sulla solidarietà e potenziandone il ruolo di fattore produttivo;
· tenere conto del “costo dell’assenza di politica sociale”.
Per quanto riguarda l’occupazione, la Commissione propone di:
· creare un mercato europeo del lavoro, permettendo ai lavoratori di conservare i loro diritti in materia di pensione e di sicurezza sociale quando si recano a lavorare in altri Stati membri;
· consentire a un numero maggiore di lavoratori di ottenere un lavoro di migliore qualità, in particolare con l’iniziativa europea per la gioventù, e aiutare le donne a entrare nel mercato del lavoro;
Per quanto riguarda la lotta alla povertà e la promozione delle pari opportunità, l’agenda propone di:
· analizzare l’impatto dell’invecchiamento della popolazione e l’avvenire delle relazioni intergenerazionali;
· aiutare gli Stati membri a riformare i sistemi pensionistici e di cura e a lottare contro la povertà;
· combattere le forme di discriminazione e disuguaglianza;
· favorire le pari opportunità;
· chiarire il ruolo e le caratteristiche dei servizi sociali d’interesse generale.
Il 18 gennaio 2007 il Comitato economico e sociale (CESE) ha approvato, su richiesta della Commissione europea, il parere sul tema “Bilancio della realtà della società europea”.
Si tratta di un parere esplorativo per riflettere su come si possa elaborare “un bilancio complessivo della realtà della società europea” e varare “un’agenda per l’accesso e la solidarietà, dimensione sociale parallela al riesame del mercato unico e in stretto coordinamento con esso.
Nel parere il CESE:
· ritiene che gli aspetti positivi dello sviluppo economico e sociale in Europa siano strettamente legati a un insieme di misure economiche, occupazionali e sociali tali da rafforzarsi vicendevolmente e sottolinea che la politica sociale dovrebbe essere considerata come un fattore produttivo;
· riconosce che la società europea sta oggi affrontando profonde trasformazioni sociali e deve far fronte ad una trasformazione demografica senza precedenti;
· sottolinea che l’immigrazione costituirà un fattore importante per contenere il calo demografico;
· afferma che una sfida importante è rappresentata altresì dall’integrazione degli immigrati e delle minoranze etniche;
· evidenzia che tra i fattori che concorrono a trasformare la società figurano nuovi assetti familiari, stili di vita e modelli culturali, la trasformazione demografica, la concentrazione urbana, l’accresciuta mobilità, un accesso più agevole all’informazione, nuovi modelli di consumo e comportamenti individuali;
· sottolinea che il progresso economico e sociale globale in Europa spesso nasconde l’eterogeneità e l’ineguaglianza, a tutti i livelli, delle realtà sociali;
· osserva che tale eterogeneità è cresciuta notevolmente con gli ultimi due allargamenti dell’UE e che l’UE era stata indotta, proprio a causa degli allargamenti precedenti, ad affrontare le realtà sociali per preparare un processo di adesione più agevole: l’allargamento comporta importanti sfide tanto per la coesione dell’UE quanto per la realizzazione di alcuni degli obiettivi di Lisbona, in particolare nel settore della politica sociale e occupazionale;
· ribadisce pertanto che, permanendo forti disparità economiche e sociali tra gli Stati membri, l’allargamento deve essere percepito non come un elemento che svilisce la dimensione sociale, bensì come un’opportunità di migliorare le condizioni di vita e di lavoro in tutta Europa.
Il parere ritiene necessari indicatori in grado di fornire un quadro dettagliato delle realtà sociali specifiche e globali e propone di assegnare all’Eurostat il compito di effettuare statistiche sul mercato del lavoro e sull’emigrazione, tenendo conto della prospettiva di genere e di povertà.
Il CESE sottolinea che per tracciare un bilancio delle realtà sociali finalizzato a costruire un nuovo consenso bisogna basarsi su un processo che coinvolga la società civile organizzata, nell’ambito di un approccio bottom-up; per promuovere tale approccio la Commissione europea dovrebbe fornire assistenza finanziaria per la realizzazione del bilancio a livello nazionale e regionale, e assistenza logistica per l’avvio del processo. Secondo il parere i governi nazionali devono partecipare al processo con grande serietà e far sì che il bilancio e le relative conclusioni alimentino i programmi nazionali di riforma della strategia di Lisbona e altre politiche. Il CESE pone l’accento sull’esigenza di trovare il giusto equilibrio tra la separazione e la complementarità delle competenze tra l’UE e gli Stati membri, come pure tra l’azione legislativa europea e il metodo aperto di coordinamento.
Il CESE propone che, al momento di riassumere i risultati del bilancio, la Commissione europea organizzi un vertice dei cittadini sulle realtà sociali con la partecipazione dei rappresentanti di tutte le parti interessate. Ritiene che, per gettare le basi del nuovo consenso sulle sfide sociali che l’Europa deve affrontare, si potrebbe delineare un nuovo “programma sociale”, che tenga conto delle realtà economiche e delle aspettative sociali.
Tale programma dovrebbe, secondo il parere, fondarsi su valori condivisi, su una forte affermazione della continuità tra progresso economico e sociale, e sulla definizione del collante sociale che unisce tanto i cittadini quanto gli Stati membri. Dovrebbe, inoltre, essere accompagnato da un’agenda precisa e concreta che veda riuniti i diversi attori, che rifletta su come utilizzare gli attuali strumenti UE in modo efficiente, e che sia capace di far fronte alle necessità e alle aspettative sociali a livello sia UE che nazionale, nel contesto della globalizzazione e nel più ampio quadro dell’acquis sociale europeo.
La strategia politica annuale della Commissione per il 2008 ribadisce che l’agenda di Lisbona rinnovata resta lo strumento essenziale per promuovere un’Unione europea più prospera, ecologicamente più responsabile e più attenta a favorire l’integrazione sociale, sulla base di un partenariato con gli Stati membri. Alla fine del 2007 la Commissione presenterà una relazione strategica sul primo ciclo della strategia, accompagnata eventualmente da orientamenti integrati riveduti, per accelerare la modernizzazione nel corso del prossimo decennio.
La Commissione politiche dell’Unione europea ha avviato, l’8 maggio 2007, l’esame della strategia politica annuale della Commissione europea per il 2008.
L’attuazione della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione e la sfida demografica costituiscono due obiettivi a lungo termine del programma delle Presidenze tedesca, portoghese e slovena, obiettivi che dovranno essere conseguiti anche nell’ambito delle successive tre Presidenze (francese, ceca e svedese). Il programma delle tre Presidenze dell’UE (1° gennaio 2007 – 30 giugno 2008) pone l’accento sull’attuazione della strategia di Lisbona riveduta, elemento essenziale per rafforzare la competitività dell’UE, favorire la creazione di posti di lavoro e la crescita.
La Presidenza tedesca, in particolare, sottolinea l’importanza di definire, nel contesto della strategia, un giusto equilibrio fra le misure a favore della competitività, della crescita e dell’occupazione e quelle a favore della coesione sociale e di un ambiente sano. La Presidenza tedesca considera inoltre prioritaria la sostenibilità del modello sociale europeo, e chiede impegno a favore di un’Europa sociale, considera centrale la gestione del cambiamento demografico e intende proseguire la discussione a livello europeo sul potenziale economico delle persone anziane, nonché proporre la creazione di un’”alleanza europea per le famiglie”, piattaforma per lo scambio di opinioni e la conoscenza di politiche filofamiliari. Obiettivo generale delle tre Presidenze è il rafforzamento del modello sociale europeo quale parte integrante della strategia di Lisbona e la sostenibilità dei sistemi di previdenza sociale. In tale ambito saranno affrontate le questioni seguenti: prosieguo dei lavori sulla flessicurezza; migliore conciliazione fra lavoro, famiglia e vita privata; adeguata infrastruttura per l’assistenza e la custodia dei bambini; assistenza agli anziani e ai disabili; promozione dell’inclusione sociale e lotta contro la povertà; sfide derivanti da tendenze e cambiamenti demografici, in particolare i bassi tassi di natalità e l’invecchiamento, con particolare attenzione al potenziale che il cambiamento demografico può comportare per quanto riguarda gli anziani, e preannunciano la presentazione di una strategia europea in materia. La Presidenza portoghese intende evidenziare l’importanza di un invecchiamento attivo e di qualità, mentre la Presidenza slovena si concentrerà sulle conseguenze dell’invecchiamento della società sulle persone e sull’insieme della società, stimolando la discussione sulla promozione della solidarietà intergenerazionale e l’integrazione degli anziani nella vita domestica e sociale.
La consultazione lanciata dalla Relazione intermedia sull’inventario della realtà sociale è sostenuta da un documento di riferimento elaborato dall’Ufficio dei consiglieri per le politiche europee[6] che, assumendo il benessere come punto di riferimento, analizza schemi comuni e modi per valutare i cambiamenti sociali. I'intento del documento è quello di stimolare la discussione e di avviare un vasto dibattito su un’ampia serie di problematiche, senza trarre conclusioni politiche prescrittive.
Il documento esamina come prima cosa i principali meccanismi alla base delle trasformazioni sociali avvenute nelle società europee nella scorsa generazione. Assumendo il benessere come punto di riferimento, analizza gli elementi comuni a queste esperienze contrastanti e i modi per valutare il mutamento sociale, nell’intento ultimo di lanciare un dibattito su alcuni dei fattori principali che contribuiscono al benessere, quali l’opportunità economica, la mutevole natura del lavoro, le sfide dell’invecchiamento demografico, l’evoluzione demografica e i nuovi modelli di vita familiare, la povertà e la disuguaglianza, gli ostacoli alla salute e alla mobilità sociale, la qualità della vita, la criminalità e i comportamenti antisociali, la diversità e il pluralismo culturale.
Il documento pone, ai fini della consultazione, una serie di domande intese ad acquisire posizioni e proposte sui seguenti temi:
· i cambiamenti della società europea; con particolare riferimento al rapido passaggio ad una conoscenza post industriale e ad una economia del servizio, alla crescitadel cittadino in quanto consumatore, alle sfide all’impegno democratico, al cambiamento demografico radicale, allo sviluppo dello stato sociale;
· la misurazione del benessere in Europa nell’era post-industriale;
· le questioni connesse all’innalzamento della qualità della vita sociale: opportunità di lavoro; soddisfazione nel lavoro; accesso alle opportunità di istruzione; mobilità sociale; la società che invecchia; vita familiare; povertà; disuguaglianza; accesso alla salute; qualità di vita; migrazione, diversità etnica e integrazione.
Di seguito si illustrano gli specifici punti oggetto del documento, riportando per ciascuno le principali iniziative all’esame delle istituzioni dell’Unione europea.
Il documento sottolinea che, ai fini della percezione individuale della soddisfazione di vita e della felicità, il fatto di avere un lavoro riveste un’importanza indiscussa, consentendo di mobilitare risorse economiche e di benessere inutilizzate.
Al riguardo, il documento rileva che il tasso di occupazione è aumentato di circa il 4%, specie tra le fasce più anziane, anche se, attestandosi al 64,7%, è ancora molto lontano dall’obiettivo della strategia di Lisbona, fissato al 70% per il 2010: la situazione generale è migliorata in Italia, Spagna e in Francia tra i lavoratori più anziani, ma, tuttavia, la disoccupazione rimane il principale problema politico in buona parte degli Stati membri. Alcune regioni e gruppi continuano ad esserne particolarmente colpiti: in particolare, la disoccupazione giovanile risulta molto più elevata tra le donne in Francia e nell’Europa meridionale. Il documento afferma che la concentrazione di un alto tasso di disoccupazione e di una bassa attività in determinate regioni e ai due estremi del range di età indica che, in molti Stati membri, esistono forti barriere istituzionali a un accesso paritario alle opportunità di impiego.
Malgrado i risultati del sondaggio Eurobarometro indichino che la maggioranza delle persone è complessivamente soddisfatta del proprio lavoro, molti lavoratori ritengono che esso abbia un effetto negativo sulla salute o non risulti soddisfacente[7]. Pertanto, Il documento tenta di individuare i fattori alla base del persistere di una percezione negativa del lavoro malgrado la diminuzione dell’orario di lavoro, la maggiore sicurezza e la riduzione delle attività manuali; in tal senso rileva che, a fronte dei mutamenti economici e strutturali e del passaggio ad un’economia basata sulla conoscenza, va aumentando la domanda di forza lavoro più competente e qualificata, il che può richiedere una continua ristrutturazione aziendale, aumentando la sensazione di insicurezza. Il documento sostiene che, man mano che si afferma in Europea l’economia basata sulla conoscenza e la forza lavoro diventa più istruita e altamente qualificata, la maggior parte dei posti di lavoro dovrebbe diventare più soddisfacente, più autonoma e meno di routine, con maggior enfasi sul lavoro di squadra e minor importanza per la gerarchia. Secondo il documento, le inchieste dimostrano che le persone più istruite e con redditi più elevati hanno motivazioni più intrinseche che strumentali per il lavoro; tuttavia, non tutti i lavori possono essere resi intrinsecamente gratificanti, in quanto, esiste un problema di “considerazione” per chi svolge lavori di scarsa qualità. Inoltre, se l’istruzione rappresenta sempre di più la strada verso un lavoro dignitoso, questa tendenza può risultare estremamente minacciosa per i gruppi sociali che tradizionalmente non riescono a farsi strada nel sistema d’istruzione.
La strategia politica annuale della Commissione per il 2008 prevede la presentazione di nuove iniziative per modernizzare il diritto europeo del lavoro, in particolare al fine di coniugare flessibilità e sicurezza, nonché iniziative volte a prevenire e a combattere le discriminazioni al di fuori del mercato lavorativo, oltre a permettere di conciliare meglio vita familiare e vita professionale.
Il programma delle Presidenze dell’UE (1° gennaio 2007 – 30 giugno 2008) prevede che si favorisca lo sviluppo di un diritto del lavoro moderno, sociale e sostenibile a livello dell’UE, con particolare attenzione al Libro verde sul futuro del diritto del lavoro. Le Presidenze intendono inoltre procedere alla valutazione delle direttive vigenti in materia di sicurezza sul luogo di lavoro e protezione dei lavoratori, e, in base a proposte della Commissione, alla loro modifica o codificazione.
La Presidenza tedesca dell’UE, in particolare, intende proseguire i lavori sulla direttiva sul trasferimento delle pensioni lavorative, nel rispetto dei sistemi nazionali, al fine di rafforzare la mobilità dei lavoratori.
Libro verde sul diritto del lavoro
Il 22 novembre 2006 la Commissione europea ha presentato il Libro Verde “Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo“[8] (COM (2006)708) al fine di avviare una consultazione sul modo di far evolvere il diritto del lavoro, in linea con gli obiettivi della strategia di Lisbona e, in particolare, con quello di una crescita sostenibile con più posti di lavoro di migliore qualità.
Secondo la Commissione, la modernizzazione del diritto del lavoro costituisce un elemento fondamentale per garantire la capacità di adattamento dei lavoratori e delle imprese e i mercati del lavoro europei devono pertanto raccogliere la sfida consistente nel conciliare una maggiore flessibilità con la necessità di massimizzare la sicurezza per tutti. In tale ottica, il Libro verde intende esaminare il ruolo che potrebbe svolgere il diritto del lavoro nel promuovere la “flessicurezza” (flessibilità combinata con la sicurezza del posto di lavoro) al fine di rendere il mercato del lavoro più equo, più reattivo e più inclusivo, e accrescere la competitività dell’Europa.
La consultazione si è conclusa il 31 marzo 2007; le principali questioni e opzioni politiche identificate nelle risposte degli Stati membri, delle parti sociali e delle altre parti interessate saranno esaminate nel quadro di una comunicazione che la Commissione intende presentare nel corso del 2007. Il Libro verde annuncia, inoltre, che la Commissione presenterà nel giugno del 2007 una comunicazione sulla “flessicurezza”, con lo scopo di definire gli argomenti a favore di tale tematica, nonché una serie di principi comuni volti ad aiutare gli Stati membri ad aumentare gli sforzi nel processo di riforma.
La relazione annuale della Commissione “Un anno di realizzazioni” relativa ai progressi compiuti nell’attuazione della Strategia di Lisbona, considera una priorità la modernizzazione dei mercati del lavoro europei e pone l’accento sulla flessicurezza. Gli Stati membri sono chiamati, entro la fine del 2007, a:
· fare in modo che a ogni diplomato o laureato venga offerta un’occupazione, uno stage, un’ulteriore formazione o qualsiasi altra opportunità che favorisca l’inserimento professionale entro sei mesi dall’inizio del periodo di disoccupazione (quattro mesi a partire dal 2010);
· provvedere a maggiori servizi per l’infanzia di qualità e economicamente accessibili, in linea con gli obiettivi definiti dai singoli Stati;
· introdurre incentivi mirati al fine di prolungare la vita lavorativa e di estendere le opportunità di formazione per gli ultra-quarantacinquenni.
Lavoro dignitoso
La Commissione ha presentato, il 24 maggio 2006, una comunicazione per sostenere le azioni e migliorare la coerenza delle politiche a favore del lavoro dignitoso (COM(2006) 249).
La comunicazione sottolinea che il lavoro dignitoso può aiutare i paesi in via di sviluppo a lottare contro la povertà; può altresì aiutare i paesi sviluppati a migliorare le loro condizioni di lavoro e di vita e ad applicare politiche adeguate in una fase in cui la globalizzazione, i progressi tecnologici e l’evoluzione demografica provocano profondi cambiamenti.
Il Consiglio ha adottato, durante la sessione del 30 novembre - 1°dicembre 2006, conclusioni sulla comunicazione nelle quali, in particolare: sottolinea che la promozione di un lavoro dignitoso ovunque nel mondo costituisce una delle principali leve per favorire lo sviluppo, l’eliminazione della povertà e la coesione sociale; rileva l’importanza di sostenere l’integrazione dell’occupazione e del lavoro dignitoso nelle strategie nazionali e regionali di riduzione della povertà e nelle altre strategie di sviluppo compreso il microcredito, il commercio equo e solidale, la protezione sociale e una migliore gestione delle migrazioni e del loro potenziale in termine di sviluppo. Il Consiglio si rallegra per il fatto che l’UE cooperi maggiormente con le Nazioni Unite, l’Organizzazione internazionale del lavoro e le altre parti interessate, al fine di promuovere il lavoro dignitoso per tutti.
Il Parlamento europeo ha approvato, il 23 maggio 2007, una risoluzione sulla promozione di un lavoro dignitoso per tutti, nella quale, fra l’altro: ribadisce che il lavoro dignitoso è essenziale per la lotta contro la povertà e l’esclusione; afferma che l’UE può fornire un contributo significativo alla promozione del lavoro dignitoso per tutti attraverso le sue politiche interne ed esterne, applicando i suoi valori e principi sociali, combattendo le forme di dumping lavorativo e facendo valere il suo ruolo a livello internazionale. Il Parlamento europeo, inoltre, invita gli Stati membri a considerare il lavoro dignitoso una priorità della loro politica economica e sociale, privilegiando la creazione di impieghi di qualità e il rispetto dei diritti fondamentali del lavoro per tutte le categorie di lavoratori, il rafforzamento della protezione sociale e la promozione del dialogo sociale.
Orario di lavoro
La Commissione ha presentato, il 22 settembre 2004, una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell’orario di lavoro (COM(2004)607). La proposta mira essenzialmente:
· ad assicurare certezza giuridica, dopo le recenti sentenze della Corte di giustizia europea sulla definizione dell’”orario di lavoro”, introducendo nella direttiva i concetti di “servizio di guardia” e “periodo inattivo durante il servizio di guardia”;
· a riesaminare le disposizioni della direttiva 2003/88/CE concernenti: la possibilità e le condizioni di deroga al periodo di riferimento per applicare la durata massima settimanale dell’orario di lavoro, nonché alla durata massima settimanale del lavoro se il lavoratore lo desidera (disposizione di “opt-out”).
Dopo la prima lettura del Parlamento europeo, nell’ambito della procedura di codecisione, l’11 maggio 2005, la Commissione ha presentato, il 31 maggio 2005, una proposta modificata (COM(2005)246). Il Consiglio ha ripetutamente cercato di raggiungere l’accordo politico sulla proposta in prima lettura. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti nell’individuare possibili elementi di compromesso, la diversità di situazioni del mercato del lavoro e di opinioni degli Stati membri sull’eventuale necessità di mantenere l’opt-out, ha reso impossibile raggiungere un accordo politico.
Relazione comune sull’occupazione
Il Consiglio occupazione del 22 febbraio 2007 ha approvato la relazione comune della Commissione e del Consiglio sull’occupazione, che è stata successivamente presentata al Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007.
La relazione comune esamina, insieme alla relazione comune sulla protezione e sull’inclusione sociale (v. oltre), i progressi compiuti e quelli da compiere per raggiungere gli obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione. La relazione comune sull’occupazione ha inteso contribuire alle conclusioni del Consiglio europeo, su cui si baseranno gli orientamenti 2007 riguardanti l’occupazione[9]; il documento analizza gli aspetti occupazionali dei programmi nazionali di riforma e affronta le questioni seguenti: progressi realizzati nel perseguimento degli obiettivi della strategia europea per l’occupazione; piena occupazione; qualità dell’occupazione e produttività; coesione sociale e territoriale; attuare le priorità di azione; attrarre e mantenere più persone nel mercato del lavoro, aumentare l’offerta di manodopera e modernizzare i sistemi di protezione sociale; migliorare la capacità di adattamento dei lavoratori e delle imprese; aumentare l’investimento in capitale umano migliorando l’istruzione e le competenze.
Trasferibilità dei diritti alla pensione complementare
Il 20 ottobre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di trasferibilità dei diritti alla pensione complementare (COM(2005) 507). La proposta, che segue la procedura di codecisione, mira ad agevolare la mobilità dei lavoratori eliminando gli ostacoli derivanti dai differenti ordinamenti nazionali in materia di regimi pensionistici complementari.
Il Consiglio - che ha proceduto ad un primo esame generale della proposta il 1° giugno 2006 nell’ambito della procedura di codecisione – ha definito da ultimo, nella riunione del 30 novembre – 1° dicembre 2006, i principali punti di consenso e dissenso tra le delegazioni.
Il documento di consultazione sottolinea che, nell’economia basata sulla conoscenza e sui servizi, le prospettive occupazionali dipendono dall’istruzione; a differenza di quanto accadeva nel vecchio sistema economico, l’abbandono precoce degli studi costituisce quasi sicuramente una garanzia di fallimento.
Il documento rileva altresì che l’istruzione è la via d’accesso alla mobilità sociale. Infatti, nelle ultime due generazioni le società europee sono state caratterizzate da un’elevata mobilità sociale a seguito della diffusione dell’istruzione di massa e dei cambiamenti della struttura occupazionale. In relazione alle prospettive della prossima generazione, il documento osserva che nell’economia basata sulla conoscenza, in assenza di correttivi, c’è la possibilità che la società diventi più inegualitaria e polarizzata. I risultati scolastici, infatti, risulterebbero influenzati fortemente dal contesto familiare soprattutto in considerazione del capitale culturale della famiglia più che del suo livello di reddito.
Al riguardo, secondo il documento, emergono forti contrasti tra gli Stati membri: in particolare, i risultati dell’Europa meridionale appaiono decisamente insoddisfacenti. Se in prospettiva l’ultima generazione è maggiormente qualificata rispetto a quella precedente e l’Europa meridionale ha registrato il più rapido tasso di progresso, tuttavia, in alcuni Stati membri i progressi in materia di istruzione sembrano essere stazionari o perfino in diminuzione.
Il documento rileva che gli iscritti all’università e il numero di laureati sono in aumento in gran parte degli Stati membri; tuttavia suscita apprensione il dato per cui, nell’iscriversi all’università, i giovani europei evitano le materie tecniche difficili, quali matematica, fisica e ingegneria, probabilmente perché individuano in altri campi meno impegnativi la possibilità di un accesso più immediato alle gratificazioni economiche dell’economia della conoscenza. In alcuni Stati membri le risorse stanziate per l’istruzione potrebbero risultare insufficienti, tenuto conto del forte aumento del numero degli studenti in alcune università; d’altra parte, la natalità in diminuzione potrebbe consentire a medio termine un aumento della spesa pro capite per l’istruzione, anche se l’Europa corre il rischio che la pressione dell’invecchiamento demografico sulla spesa pubblica precluda gli investimenti necessari per garantire l’accesso all’istruzione. Infine, il documento rileva che i sistemi scolastici, concepiti in funzione dell’omogeneità e dell’ordine sociale della società industriale del dopoguerra, si confrontano, in molte città, con la diversità etnica e linguistica.
Il Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2005, nell’individuare gli assi fondamentali del rilancio della strategia di Lisbona, ha posto l’accento sul capitale umano, considerato quale l’attivo più importante d’Europa. In tale ambito ha invitato gli Stati membri ad intensificare gli sforzi per elevare il livello generale di istruzione e ha sottolineato che l’apprendimento permanente costituisce una condicio sine qua non per realizzare gli obiettivi di Lisbona.
Ai fini di una crescita forte e sostenibile, inoltre, il Consiglio europeo ha evidenziato l’importanza di una demografia più dinamica, di una migliore integrazione socio-professionale e di una maggiore valorizzazione del potenziale umano che rappresenta la gioventù europea[10].
Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 ha sottolineato che l’istruzione e la formazione sono presupposti essenziali per il buon funzionamento del triangolo della conoscenza (istruzione – ricerca – innovazione) e svolgono un ruolo fondamentale per stimolare la crescita e l’occupazione; ha riconosciuto che sono stati realizzati buoni progressi nell’attuazione del programma di lavoro “istruzione e formazione 2010” nel corso dell’ultimo anno; ha sottolineato che gli Stati membri sono determinati a portare avanti le riforme e ad attuare pienamente il programma di lavoro, in particolare modernizzando l’istruzione superiore, assicurando un’istruzione e formazione professionale di alta qualità a condizioni attraenti e attuando strategie nazionali per l’apprendimento permanente.
Istruzione e formazione
Il Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2006, nel ribadire il carattere prioritario degli investimenti nel campo dell’istruzione e della formazione, ha posto l’accento sul programma di apprendimento permanente per il periodo 2007-2013 (v. infra)e sulla necessità di migliorare i collegamenti tra istruzione superiore, ricerca e imprese nonché di accelerare riforme che pongano in essere sistemi scolastici di elevata qualità, efficaci ed equi.
Il Consiglio europeo ritiene che le strategie nazionali per l’apprendimento permanente dovrebbero fornire a tutti i cittadini le competenze e le qualifiche loro occorrenti, avvalendosi di un’assistenza crescente a livello comunitario da parte di programmi di istruzione e formazione quali Erasmus e Leonardo. A tal fine, ritiene che andrebbero compiuti progressi rispetto al quadro europeo delle qualifiche, per favorire maggiore mobilità e un efficiente mercato del lavoro. Le conclusioni richiamano, infine, l’attenzione sull’Istituto europeo di tecnologia (v. infra), importante iniziativa per colmare il divario esistente tra insegnamento superiore, ricerca e innovazione.
Da ultimo, il Consiglio istruzione del 16 febbraio 2007ha definito alcuni orientamenti politici quale primo contributo allo sviluppo del programma di lavoro in materia di istruzione e formazione al di là del 2010[11].
In particolare, il Consiglio considera importante: mantenere l’istruzione e la formazione al centro della strategia di Lisbona; assicurare l’accesso all’istruzione e alla formazione per ogni individuo e pari opportunità per tutti; sviluppare una cultura dell’apprendimento che sia attraente, segnatamente per i giovani; promuovere e tenere in maggiore considerazione la ricerca pedagogica; sviluppare e mantenere un approccio di apprendimento lungo l’arco di tutta la vita, che inizi dalla prima infanzia; riconoscere il ruolo dell’istruzione e della formazione come motore per l’integrazione sociale e per l’insegnamento della democrazia.
Efficienza dei sistemi scolastici
L’8 settembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione: “Efficienza ed equità nei sistemi europei di istruzione e formazione” (COM(2006)481), con la quale individua nell’efficienza e nell’equità i temi chiave per promuovere il processo di modernizzazione dei sistemi d’istruzione e di formazione negli Stati, come previsto dal quadro della Strategia di Lisbona[12].
La Commissione osserva che solo aumentando il livello medio di capacità della popolazione e migliorando le opportunità per i più bisognosi e per le persone diversamente qualificate è possibile creare maggiore crescita, occupazione e coesione sociale.
La Commissione ritiene, in particolare, che i sistemi di istruzione e formazione dell’obbligo debbano garantire l’istruzione di base e le competenze fondamentali indispensabili per raggiungere il benessere in una società basata sulla conoscenza.
Il documento della Commissione evidenzia l’importanza di un’istruzione preelementare di qualità elevata, in grado di produrre vantaggi a lungo termine sia sul piano dell’apprendimento che su quello socio-economico, in quanto può limitare, in fasi successive dell’esistenza, spese “riparatorie” collegabili alla criminalità, alla salute e alla disoccupazione.
Il Consiglio istruzione del 13-14 novembre 2006 ha approvato conclusioni su efficienza ed equità nell’istruzione e formazione, osservando, tra l’altro, come sia necessaria una cooperazione a livello europeo per condividere esperienze e buone prassi ed individuare comuni indicatori e parametri di riferimento per valutarne l’evoluzione.
Apprendimento permanente e formazione professionale
La strategia politica annuale della Commissione per il 2008 ribadisce che l’istruzione e la formazione lungo l’intero arco della vita costituiscono un elemento fondamentale per la strategia di Lisbona. Essenziali per la competitività e la capacità di inserimento professionale, favoriscono altresì lo sviluppo personale, la partecipazione attiva alla vita sociale e un’integrazione sociale armonica.
Il Programma dei 18 mesi delle tre Presidenze dell’UE pone l’accento sui giovani, in particolare sul rafforzamento del legame fra istruzione e mercato del lavoro, il ruolo del Fondo sociale europeo e l’apprendimento permanente, la partecipazione sociale e l’integrazione professionale dei giovani. Le Presidenze intendono elaborare insieme alla Commissione, entro il 2007, la relazione intermedia sull’attuazione del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010”, per consentirne la discussione al Consiglio di primavera del 2008.
Il Programma sottolinea la notevole importanza dell’apprendimento permanente, l’aumento della mobilità dei discenti e dei lavoratori, della trasparenza e della comparabilità dei sistemi nazionali di istruzione, l’elaborazione di indicatori per la ricerca nel settore dell’istruzione, la modernizzazione dell’istruzione superiore (nel quadro dell’ulteriore sviluppo del processo di Bologna), con particolare riguardo verso la tutela della sua qualità, il sistema dei titoli di studio universitari e il riconoscimento delle qualifiche.
Il Consiglio europeo di primavera 2006, nelle sue conclusioni, ha ribadito che l’apprendimento permanente costituisce una condizione sine qua non per realizzare gli obiettivi di Lisbona ed ha sottolineato la centralità dell'istruzione e della formazione all’interno dell'agenda di riforme di Lisbona.
Il 18 dicembre 2006 è stata adottata la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2006/962/CE relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, intesa a realizzare uno strumento di riferimento europeo che definisca le “competenze chiave” da fornire a tutti i cittadini, mediante l'apprendimento permanente, per contribuire alla realizzazione personale, alla partecipazione attiva e al miglioramento dell’occupabilità della persona in economie e società basate sulla conoscenza.
Il 6 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativo alla produzione e allo sviluppo di statistiche sull'istruzione e sull’apprendimento permanente (COM(2005)625), che si propone di stabilire un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche nel campo dell’educazione e dell’apprendimento permanente nell’Unione europea.
La proposta è attualmente all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione.
La decisione n. 1720/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, ha istituito un programma d'azione nel campo dell'apprendimento permanente per il periodo 2007-2013.
Il programma d’azione istituisce quattro nuovi programmi specifici: Comenius, per le attività di istruzione generale fino al compimento del livello di istruzione secondaria; Erasmus, per l’istruzione e la formazione avanzata a livello di istruzione superiore; Leonardo da Vinci, per tutti gli altri aspetti dell’istruzione e della formazione professionale; Grundtvig, per l’istruzione degli adulti, più un programma “trasversale”. La proposta comprende inoltre un programma Jean Monnet a sostegno di azioni connesse all’integrazione europea, di istituzioni e associazioni europee operanti nel campo dell’istruzione e della formazione. La dotazione finanziaria del programma ammonta a 6,97 miliardi di euro per l'intero periodo di riferimento.
Il 23 novembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “Educazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere” (COM(2006)614), nella quale invita gli Stati membri, tra l’altro, ad adoperarsi per definire priorità ed attuare sistemi di istruzione per gli adulti efficaci ed integrati nella strategia dell’apprendimento permanente. Tali sistemi dovrebbero permettere ai partecipanti un migliore accesso al mercato del lavoro ed una migliore integrazione sociale.
Il documento della Commissione individua cinque priorità nel campo dell’educazione degli adulti: eliminare gli ostacoli alla partecipazione, garantire la qualità dell’educazione degli adulti, individuare forme di riconoscimento e convalida dei risultati dell’apprendimento, fornire stimoli ad investire nella popolazione che invecchia e nei migranti, elaborare la qualità e la comparabilità dei dati sull’educazione degli adulti. Sulla base di tali priorità, la Commissione intende presentare un piano d’azione nel 2007.
Mobilità
Il 18 dicembre 2006 è stata adottata la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2006/961/CE relativa alla mobilità transnazionale nella Comunità a fini di istruzione e formazione che presenta la Carta europea di qualità per la mobilità (COM(2005)450).
La raccomandazione intende presentare una Carta di qualità per tutti i tipi di mobilità organizzata a fini di apprendimento, volta a rafforzarne l’efficienza e l’efficacia attraverso l’enunciazione di un insieme di principi comuni. La Carta non definisce un quadro normativo vincolante, ma fornisce un punto di riferimento a tutte le parti interessate, al fine di promuovere la trasparenza e il coordinamento delle iniziative in tema di mobilità, nel contesto del programma integrato sull’apprendimento permanente per il periodo 2007-2013.
Il 25 gennaio 2007 la Commissione europea ha presentato la relazione finale sull’attuazione del piano d’azione per le competenze e la mobilità (COM(2007)24). Il piano d’azione, adottato dalla Commissione nel febbraio 2002, era stato concepito quale contributo per raggiungere gli obiettivi di Lisbona in materia di disponibilità e qualità dei posti di lavoro, maggiore coesione sociale e creazione di una società dinamica basata sulle conoscenze.
Sulla base dei risultati della relazione, la Commissione pone in evidenza alcuni elementi che potrebbero essere oggetto di un seguito:
· nel settore dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, occorre adoperarsi ulteriormente per mettere a punto strategie globali e coerenti aperte a tutti, nelle scuole, nelle imprese, negli enti pubblici e presso le famiglie, al fine di migliorare l’adattabilità e la flessibilità della manodopera europea ai mutamenti del mercato del lavoro;
· l’intensificazione degli sforzi per eliminare gli ostacoli giuridici, amministrativi e culturali alla mobilità in vista della creazione di un mercato del lavoro europeo;
· è necessario esplorare nuovi settori, quali le competenze linguistiche, la formazione adeguata prima della mobilità e le difficoltà nel trovare un lavoro per i partner o i coniugi dei lavoratori in mobilità;
· la migrazione economica, se gestita in modo adeguato, dovrebbe essere considerata un elemento essenziale dello sviluppo economico e sociale dell’Europa e della competitività delle imprese europee;
· in linea con il programma comunitario di Lisbona e i nuovi orientamenti in materia di occupazione (2005-2008), appare necessario un approccio più integrato della mobilità, al fine di svilupparla pienamente, non solo in qualità di strumento per generare occupazione, ma anche come mezzo per favorire lo sviluppo personale dei singoli in una prospettiva di apprendimento lungo tutto l’arco della vita.
Il 31 marzo 2007 si è conclusa una consultazione avviata dalla Commissione, sulla base di un documento presentato il 31 ottobre 2006 (SEC(2006)1431), in vista della possibile adozione di misure per istituire un sistema europeo di crediti accademici nel campo dell’istruzione e formazione professionale (ECVET)[13], che aiuti a trasferire, cumulare e rendere riconoscibili tra paesi e sistemi educativi diversi le conoscenze professionali acquisite lungo tutto l’arco della vita. Sulla base dei risultati ottenuti la Commissione dovrebbe elaborare, entro la fine del 2007, una proposta legislativa per l’introduzione del sistema ECVET[14].
Il 14 novembre 2006 il Consiglio istruzione ha approvato conclusioni sulle priorità future di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale (IFP)[15].
Il Consiglio, ribadendo il ruolo chiave dell’IFP nel fornire un’ampia base di capacità e conoscenze, nel miglioramento della coesione sociale e nel sostegno alla competitività del mercato del lavoro europeo, sottolinea, tra l’altro, la necessità di sviluppare strumenti europei comuni per creare uno spazio europeo in materia di istruzione e formazione professionale (IFP) che includono, ad esempio, l’ECVET, il sistema EUROPASS[16], ed il quadro europeo delle qualifiche.
Il 5 settembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di raccomandazione relativa all’istituzione di un Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (QEQ) (COM(2006)479).
La proposta intende fornire uno strumento di riferimento per confrontare le qualifiche dei diversi sistemi di istruzione e di formazione nell’UE. L’elemento chiave è la definizione di otto livelli di riferimento che descrivono le conoscenze e le capacità di chi apprende, spostando l’attenzione dagli input dell’apprendimento (durata, tipo di istituzione) ai risultati dell’apprendimento.
La Commissione auspica che l’adozione della proposta, attualmente all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione, possa avvenire entro il 2007.
Su questo tema il Parlamento europeo ha approvato, nel corso della seduta del 25 settembre 2006, una risoluzione d’iniziativa sulla creazione di un quadro europeo delle qualifiche.
La risoluzione sottolinea la necessità di istituire un sistema europeo di riconoscimento delle qualifiche e delle competenze al fine di favorirne la trasparenza, la trasferibilità, il riconoscimento e l’impiego da parte dei vari Stati membri, nel pieno rispetto delle ricchezze e delle specificità territoriali.
Tra le iniziative prioritarie previste nel programma legislativo e di lavoro per il 2007, la Commissione intende presentare, entro luglio 2007, una proposta di decisione relativa all’istituzione di un programma “Erasmus Mundus II” per il potenziamento della qualità nell'istruzione superiore e la promozione della comprensione interculturale attraverso la cooperazione con i paesi terzi[17].
Istituto europeo di tecnologia (IET)
Il 18 ottobre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento per la creazione dell'Istituto europeo di tecnologia (IET) (COM(2006)604).
Il Parlamento europeo esaminerà la proposta, in prima lettura, presumibilmente il 10 luglio 2007, secondo la procedura di codecisione.
La strategia politica annuale della Commissione per il 2008 prevede l’avvio di azioni preparatorie – costituzione del comitato direttivo e selezione delle prime comunità della conoscenza e dell’innovazione (CCI) – per dare piena operatività all’Istituto europeo di tecnologia.
Modernizzazione delle università
Il 10 maggio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “Portare avanti l’agenda di modernizzazione delle università: istruzione, ricerca e innovazione” (COM(2006)208).
La Commissione europea individua nove ambiti in cui si dovrebbero apportare cambiamenti per far sì che le università d’Europa, procedendo con approcci differenziati in relazione al contesto nazionale e regionale, possano raggiungere l’eccellenza nelle funzioni di insegnamento e di ricerca, contribuendo così alla creazione di una reale economia della conoscenza in accordo con l’agenda per la crescita e l’occupazione, nell’ambito della strategia di Lisbona.
Gioventù
Il Consiglio europeo di Bruxelles del 22 e 23 marzo 2005 ha adottato il Patto europeo per la gioventù, come strumento per attuare una serie di politiche e misure in favore dei giovani europei che si integrino appieno nella strategia di Lisbona. A questo fine il Consiglio europeo ha invitato l’Unione e gli Stati membri ad ispirarsi ad una serie di linee d’azione in materia di occupazione, integrazione e promozione sociale, istruzione, formazione e mobilità, finalizzate, tra l’altro, alla conciliazione della vita professionale con la vita personale e familiare.
Con decisione n. 1719/2006 del 15 novembre 2006, è stato istituito il programma “gioventù in azione” per il periodo 2007-2013. Il programma mira ad offrire ai giovani opportunità di scambi di gruppo e di volontariato e a sostenere una serie di attività nel settore della gioventù.
In particolare, il programma prevede che gli obiettivi vengano attuati attraverso le azioni seguenti: gioventù per l’Europa, volta a sostenere gli scambi di giovani; servizio volontario europeo, volto a favorire la partecipazione dei giovani a varie forme di attività di volontariato, sia all’interno che all’esterno dell’UE; gioventù nel mondo, per sostenere progetti con i paesi partner, in particolare lo scambio di coloro che sono attivi nell’animazione giovanile e le iniziative che rafforzano la comprensione reciproca dei giovani, il loro senso della solidarietà e della tolleranza; sistemi di sostegno per i giovani, intesi a sostenere organizzazioni attive a livello europeo nel settore della gioventù, in particolare le organizzazioni non governative; sostegno alla cooperazione europea nel settore della gioventù, al fine di organizzare il dialogo strutturato tra i vari soggetti del mondo della gioventù, promuovere seminari giovanili su tematiche sociali, culturali e politiche, contribuire allo sviluppo della cooperazione politica nel settore della gioventù, facilitare lo sviluppo delle reti necessarie ad una migliore conoscenza della gioventù.
Il documento richiama l’attenzione sulla comunicazione della Commissione sul futuro demografico dell’Europa (v. oltre), delinea la triplice sfida cui è confrontata l’Europa: la generazione del “baby boom” che si avvicina alla pensione, una maggiore aspettativa di vita e il calo delle nascite, l’aumento conseguente dell’indice di dipendenza tra persone attive e pensionati. Il documento pone l’accento sulle questioni di politica generale connesse alla sostenibilità del sistema pensionistico, che emergono con l’invecchiare della popolazione.
Secondo il documento, nella presente realtà sociale gli anziani, almeno nell’UE-15, nutrono aspettative di una pensione lunga e relativamente confortevole, mentre una minoranza, principalmente donne, è confrontata a problemi di povertà; inoltre, un gruppo esteso di anziani è affetto da solitudine e necessita assistenza. Al riguardo, il documentopone l’accento sul fatto che, con l’aumento della domanda di assistenza, i figli delle persone molto anziane si troveranno a dover lavorare più a lungo per migliorare la sostenibilità delle pensioni, ciò che potrebbe rivelarsi una nuova fonte di difficoltà, principalmente per le donne in tarda-mezza età.
Il documento ricorda che la famiglia allargata è ancora forte nell’Europa meridionale, ma sottolinea anche che essa è sottoposta alle pressioni esercitate da una vita lavorativa più lunga, dalla mobilità, dalle rivendicazioni di parità tra i sessi e dai nuovi valori dell’individualismo. Ritiene pertanto necessario un dibattito articolato per quanto riguarda l’assistenza agli anziani, circa la responsabilità e i ruoli rispettivi della famiglia, della comunità locale e dello Stato.
Facendo seguito alla consultazione avviata sulla base del Libro verde[18] della Commissione del marzo 2005 sui cambiamenti demografici, il 12 ottobre 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione sul futuro demografico dell’Europa (COM(2006)571)[19], nella quale sottolinea la capacità degli Stati membri di far fronte alle sfide dell’assottigliarsi della forza lavoro e dell’invecchiamento demografico.
La comunicazione definisce cinque nuovi ambiti d’azione per aiutare gli Stati membri ad adeguare i loro contesti nazionali al cambiamento demografico:
· aiutare i lavoratori ad equilibrare la vita professionale, familiare e privata, in modo che i potenziali genitori possano avere il numero di figli che desiderano;
· migliorare le opportunità di lavoro per i lavoratori anziani;
· aumentare la produttività e la competitività potenziale valorizzando il contributo apportato sia dai lavoratori anziani sia da quelli giovani;
· sfruttare l’impatto positivo dell’immigrazione sul mercato del lavoro;
· garantire finanze pubbliche sostenibili per consentire di assicurare la protezione sociale a lungo termine.
Il Consiglio occupazione, nella sessione del 22 febbraio 2007, ha proceduto ad uno scambio di opinioni su “opportunità e sfide dei cambiamenti demografici in europea”, sulla base della comunicazione presentata ad ottobre dalla Commissione, ed ha adottato una risoluzione sul contributo degli anziani allo sviluppo economico e sociale. La risoluzione, sottolineando che gli anziani dovrebbero essere visti come membri attivi della società che dispongono di risorse e potenzialità utili alla società nel suo insieme, invita la Commissione a:
· riferire in merito all’adeguamento delle strutture economiche e sociali alle esigenze degli anziani nel 2008;
· proseguire i lavori sulle opportunità e le sfide dei cambiamenti demografici a livello orizzontale in modo da tenere conto degli eventuali contributi di tutti i settori politici in sede di elaborazione delle opzioni di intervento;
· considerare il primo Forum sul futuro demografico dell’Europa, che si è svolto a Bruxelles il 30 e 31 ottobre 2006, come il punto di partenza di un dialogo strutturato e sostenibile negli Stati membri e tra di loro, e a sostenere analoghe competenti iniziative anche a livello nazionale, regionale e locale, promuovendo così il necessario scambio di esperienze nel modo di gestire le conseguenze dei cambiamenti demografici.
La risoluzione, inoltre, invita gli Stati membri a:
· sviluppare e sfruttare al meglio il potenziale degli anziani per contribuire al benessere generale della società e aumentare le possibilità di una loro partecipazione attiva;
· sostenere iniziative a tutti i livelli che promuovano la solidarietà tra le generazioni incoraggiando la partecipazione attiva degli anziani nella società;
· avviare, incoraggiare e sostenere un vasto dibattito presso sedi orientate all’azione in materia di sviluppo demografico a livello nazionale, regionale e locale, i cui risultati dovrebbero essere successivamente esaminati in occasione di futuri forum demografici a livello di Unione europea.
Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 ha sottolineato che:
· il cambiamento demografico pone gli Stati membri di fronte a una serie complessa di sfide correlate;
· gli Stati membri dovranno continuare a sviluppare ulteriormente le politiche che promuovono la parità di opportunità tra uomini e donne, come pure il ruolo dei giovani, inclusa la transizione dalla scuola alla vita lavorativa, degli anziani nonché delle persone scarsamente qualificate quali partecipanti attivi all’economia e al mercato del lavoro, al fine di sfruttare appieno il loro potenziale per contribuire allo sviluppo economico e sociale delle nostre società.
Il documento di consultazione rileva che nell’UE-15 la partecipazione delle donne al mercato del lavoro risulta più elevata in quei paesi in cui i servizi per l’infanzia sono più disponibili, e nei quali la combinazione variabile di assegni familiari, servizi per l’infanzia e flessicurezza rendono più disponibili i posti di lavoro a tempo parziale, permettendo alle donne di fare più figli più facilmente.
Il documento sottolinea che il nucleo familiare “a doppio reddito” costituisce sempre più la regola e garantirne il buon funzionamento è diventata una delle questioni centrali della politica familiare in Europa. Secondo il documento, tutte le questioni ad essa correlate, quali conciliare vita professionale e vita privata o condividere le responsabilità familiari, hanno un peso in termini di stabilità delle relazioni, parità tra i sessi e riduzione della povertà infantile, nonché notevoli ripercussioni in termini di sostenibilità economica e demografica delle società europee.
Conciliare vita lavorativa e familiare
Sulla base di un apposito documento (SEC(2006)1245), la Commissione ha avviato, il 12 ottobre 2006, la prima fase di consultazione dei partner sociali europei (UNICE/ueapme, CEEP e CES) sulla conciliazione della vita professionale, privata e familiare[20], conformemente alla procedura prevista all’articolo 138 del Trattato CE[21].
La Commissione ritiene necessario intervenire ulteriormente in questo settore, al fine di rispondere alle sfide demografiche, elevare il livello di partecipazione quantitativa e qualitativa delle donne al mercato del lavoro, incitare gli uomini e le donne a condividere nello stesso modo le responsabilità verso le persone a carico. La comunicazione ribadisce che una migliore armonizzazione della vita professionale, privata e familiare è vantaggiosa non solo per quanto riguarda le pari opportunità ma anche sul piano economico, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di crescita e occupazione previsti dalla Strategia di Lisbona.
Il 30 maggio 2007 la Commissione ha avviato la seconda fase della consultazione.
Essendo emersi pareri molto divergenti sulla maniera di procedere, il documento su cui si basa la seconda fase insiste sul fatto che è cruciale progredire in diversi settori – anche non legislativi - affinché i cittadini europei possano godere di una vita migliore al lavoro, nella sfera privata e in famiglia.
Sul piano delle misure concrete, il documento invita le parti sociali a rendere noto il proprio punto di vista sul modo migliore di:
· sviluppare l’offerta di strutture di accoglienza per i bambini, assicurandosi che non siano costose, che siano accessibili e di buona qualità;
· rafforzare lo scambio di buone pratiche;
· incoraggiare gli uomini ad approfittare delle misure volte a conciliare lavoro e vita privata/familiare;
· sviluppare e promuovere delle organizzazioni del lavoro innovative, modulabili e flessibili.
La Commissione chiede inoltre alle parti sociali di valutare le disposizioni dell’accordo quadro sul congedo parentale[22] nella prospettiva del suo eventuale riesame e di riferire sui progressi registrati entro marzo 2008. Sulla base del parere delle parti sociali europee, la Commissione deciderà sull’opportunità di una proposta legislativa.
Promuovere la solidarietà tra le generazioni
Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007, nel sottolineare che il cambiamento demografico pone gli Stati membri di fronte a una serie complessa di sfide correlate, ha affermato che la creazione di un’”Alleanza per la famiglia” offrirà una piattaforma per lo scambio di opinioni e di conoscenze sulle politiche favorevoli alla famiglia nonché di buone prassi tra gli Stati membri.
Il 10 maggio 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Promuovere la solidarietà tra le generazioni” (COM(2007)244), volta ad aiutare gli Stati membri ad affrontare la sfida demografica.
Per aiutare i cittadini europei a conciliare più efficacemente il lavoro e la famiglia, la comunicazione richiama l’attenzione su tre settori nei quali gli Stati membri, i partners sociali e la società civile, così come la UE, possono svolgere un ruolo incisivo:
· sostegno finanziario per affrontare i costi di mantenimento di una famiglia;
· servizi di assistenza di qualità, sia per i bambini, sia per gli anziani dipendenti;
· tempo di lavoro flessibile, con orari di lavoro appropriati e facilitazioni in materia di congedo.
La comunicazione ritiene che, incoraggiando una risposta più efficace ai bisogni della famiglia relativi alla cura dei bambini e delle persone dipendenti ed una ripartizione più equilibrata delle responsabilità familiari e domestiche, le politiche familiari nazionali rafforzeranno la solidarietà intergenerazionale. Pur ricordando che la competenza esclusiva in materia di politiche familiari spetta agli Stati membri, la Commissione sottolinea che l’Unione può apportare un suo contributo alla loro modernizzazione, sulla base della strategia di Lisbona e approfondendo i temi della conciliazione tra vita professionale, familiare e privata, del lavoro e dell’inclusione dei giovani. In questa prospettiva, la Commissione accoglie favorevolmente l’iniziativa di una Alleanza europea per la famiglie, annunciata dal Consiglio europeo di primavera, che servirà da piattaforma per lo scambio di conoscenze e di esperienze.
Alla politica per le famiglie e all’”Alleanza per le famiglie” è stata dedicata una sessione in occasione della riunione del Consiglio occupazione del 30 e 31 maggio 2007, le cui conclusioni, nel riconoscere la diversità delle famiglie e delle politiche familiari nell’Unione europea, sottolineano che:
· un migliore sostegno alla famiglia e il miglioramento del benessere dei bambini sono fondamentali per migliorare la qualità della vita e per lo sviluppo economico dell’Europa;
· l’Unione europea, pur tenendo conto del fatto che gli Stati membri hanno la responsabilità di formulare adeguate politiche della famiglia sostenibili, dovrebbe anche trarre vantaggio dal contributo decisivo che scambi europei in questo settore possono fornire al conseguimento degli obiettivi della strategia di Lisbona e gli obiettivi di coesione sociale dell’Unione europea;
· l’Alleanza per la famiglia costituisce una piattaforma per lo scambio di opinioni e di conoscenze e rappresenta un impegno sostenibile dell’Unione europea e dei suoi Stati membri per affrontare, nel contesto del cambiamento demografico, le questioni connesse con le politiche favorevoli alla famiglia, per sostenersi vicendevolmente nella ricerca di risposte politiche lungimiranti e per mettere dette conoscenze ed esperienze a disposizione di tutti gli attori, in modo da rafforzare gli sforzi condivisi.
Gli Stati membri e la Commissione sono invitati a:
· prendere in considerazione le esigenze delle famiglie, in particolare quelle con responsabilità assistenziali, nei lavori dei pertinenti comitati e gruppi di esperti a livello europeo preposti alla formulazione di politiche;
· riunire le misure adottate e i progressi compiuti nel contesto dell’Alleanza per la famiglia in un portale Internet pubblico che includa anche le informazioni pertinenti fornite dagli Stati membri, dalle parti sociali e dalle organizzazioni non governative.
La Commissione è esortata a:
· istituire un quadro in cui gli Stati membri, le parti sociali, le organizzazioni della società civile e altri soggetti interessati possano trarre insegnamenti dall’esperienza reciproca e utilizzare la stessa per migliorare le condizioni delle famiglie, promuovendo, fra l’altro, attività di ricerca sulla situazione delle famiglie e sulle politiche favorevoli alla famiglia e tenendo in debito conto le questioni legate alla politica della famiglia nelle future relazioni demografiche e nei futuri forum sulla demografia, a partire dal 2008;
· utilizzare le informazioni fornite dagli Stati membri per descrivere il loro stato di preparazione per il cambiamento demografico, ogni due anni utilizzando la relazione annuale;
· valutare i progressi conseguiti dall’Alleanza per la famiglia e presentare i risultati in occasione del Forum europeo sulla demografia del 2010.
Gli Stati membri sono esortati a:
· fare un uso intensivo delle opportunità di scambi di opinioni e di esperienze offerte dall’Alleanza per la famiglia;
· stabilire una stretta cooperazione con le parti sociali e coinvolgere le imprese e le organizzazioni non governative nel preparare ed organizzare i forum, a livello locale, regionale e nazionale su questioni demografiche e collegate alla famiglia;
· utilizzare le possibilità offerte dai fondi strutturali europei e da altri pertinenti strumenti europei di finanziamento per assicurare l’adeguato sostegno finanziario alle iniziative locali, regionali o nazionali a favore della famiglia;
· prendere le misure necessarie per promuovere un’equa ripartizione tra uomini e donne delle responsabilità assistenziali;
· utilizzare le informazioni e esperienze messe a disposizione tramite uno scambio intensificato a livello europeo per individuare possibili miglioramenti del rispettivo quadro a sostegno della famiglia.
Il programma delle Presidenze dell’UE prevede un aumento della sensibilizzazione e una intensificazione dello scambio di opinioni ed esperienze sulle politiche filofamiliari.
In particolare, la presidenza portoghese si concentrerà sulla conciliazione di attività lavorativa, famiglia e vita privata per donne e uomini, sui servizi di assistenza e cura dei bambini, degli anziani e dei disabili; la presidenza slovena si impegnerà per un approccio integrato al fine di garantire un ambiente favorevole alla famiglia, promuovere la vita familiare e creare una società rispettosa dei bambini.
Parità di genere
La Commissione ha presentato, il 1° marzo 2006, la tabella di marcia per la parità tra donne e uomini (COM(2006)92), la quale individua sei ambiti prioritari dell’azione dell’UE in tema di parità tra i generi per il periodo 2006-2010:
· una pari indipendenza economica per le donne e gli uomini;
· l’equilibrio tra attività professionale e vita privata;
· la pari rappresentanza nel processo decisionale;
· l’eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere;
· l’eliminazione di stereotipi sessisti;
· la promozione della parità tra i generi nelle politiche esterne e di sviluppo.
Considerando la tabella di marcia, quindi, il Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2006 ha adottato un patto europeo per la parità di genere, al fine di incoraggiare l’azione a livello di Stati membri e di Unione europei nei seguenti settori: misure per colmare i divari di genere e combattere gli stereotipi di genere nel mercato del lavoro; misure per promuovere un migliore equilibrio tra vita professionale e familiare per tutti; misure per rafforzare la governance tramite l’integrazione di genere.
Il 13 marzo 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla “tabella di marcia”, nella quale, fra l’altro, chiede alla Commissione, in collaborazione con gli Stati membri e le parti sociali, di incoraggiare la creazione di politiche di conciliazione fra vita familiare e vita professionale.
La risoluzione invita gli Stati membri chiede di integrare o rafforzare i propri piani nazionali per l’occupazione e l’integrazione sociale al fine di inserirvi misure volte a favorire l’accesso delle donne al mercato del lavoro in situazione di pari dignità e di pari retribuzione per pari lavoro e a promuovere l’imprenditoria femminile, nonché a identificare e promuovere nuove opportunità di lavoro nel settore socio-sanitario e nei servizi alla persona e alla famiglia, dove la forza lavoro è prevalentemente composta di donne, mettendo in rilievo il valore economico e sociale di tali lavori e prevedendo un contesto normativo atto ad assicurare la qualità dei servizi, il riconoscimento dei diritti sociali e la dignità degli operatori. Ritiene che, a causa della loro sfavorevole posizione in campo sociale ed economico, caratterizzata da indici di disoccupazione più elevati e retribuzioni inferiori a quelle maschili, le donne siano maggiormente esposte allo sfruttamento.
Si ricorda, infine, che il 7 febbraio 2007 la Commissione europea ha presentato la relazione sulla parità tra donne e uomini – 2007 (COM(2007)49).Nel documento la Commissione invita il Consiglio europeo a esortare gli Stati membri ad accordare un’attenzione particolare a:
· eliminare lo scarto di retribuzioni tra donne e uomini;
· rafforzare l’integrazione di una prospettiva di parità uomo-donna nell’attuazione delle politiche dell’occupazione;
· proseguire gli sforzi tesi a permettere a uomini e donne di conciliare vita professionale, vita privata e vita familiare e sostenere le parti sociali nell’attuazione di misure in tal senso;
· adottare un metodo per quanto riguarda le questioni legate ai cambiamenti demografici, che tenga conto della parità uomo-donna e la sostenga;
· utilizzare pienamente il potenziale offerto dalla Politica di coesione e di sviluppo rurale per sostenere la promozione della parità tra uomo e donna attraverso programmi cofinanziati dai fondi strutturali;
· recepire prontamente le direttive 2006/54/CE, riguardante la parità di trattamento tra uomini e donne (rifusione), e 2004/113/CE, relativa alla parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura.
La relazione richiama l’attenzione, in particolare, sull’esigenza di favorire un miglior equilibrio tra donne e uomini nella suddivisione delle responsabilità private e familiari. Al riguardo sottolinea che molti obblighi limitano la libera scelta degli individui di conciliare la vita professionale e la vita privata, ad esempio la mancanza di servizi per la custodia dei bambini, gli aspetti finanziari, la penalizzazione della carriera, il rischio della perdita di competenze, le difficoltà del ritorno sul posto di lavoro o la pressione degli stereotipi. La relazione, inoltre, afferma che le modalità dei congedi dovrebbero essere riesaminate per contribuire a una ripartizione migliore delle responsabilità private e familiari tra uomini e donne e favorire così la qualità della vita e il benessere dei bambini.
Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 ha ribadito che gli Stati membri continueranno a sviluppare ulteriormente le politiche che promuovono le pari opportunità tra uomini e donne.
La risoluzione Gozi ed altri n. 6-00001, approvata dalla Camera dei deputati il 21 settembre 2006, in esito dell’esame della relazione annuale del Governo sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per il 2005, impegna il Governo a:
· promuovere il dibattito a livello di UE sul futuro del modello sociale europeo, con particolare riferimento alle politiche per la protezione sociale e l’integrazione sociale e ai cambiamenti demografici.
· valutare l’opportunità di integrare il PICO (Programma nazionale di riforma) con le nuove priorità identificate dal Consiglio europeo del marzo 2006, tra cui l’incremento dell’occupazione giovanile e femminile;
Rappresentanti della Camera dei deputati hanno partecipato al terzo incontro interparlamentare sulla Strategia di Lisbona, che si è svolto a Bruxelles, presso il Parlamento europeo, il 5 e 6 febbraio 2007. I lavori sono stati articolati attorno a quattro gruppi di lavoro, fra cui uno relativo a “capitale umano: istruzione, creazione di lavoro e aspetti sociali”.
La relazione sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per il 2006 conferma le priorità contenute nel Programma nazionale di riforma, tra le quali, in particolare: accrescere la partecipazione al lavoro e favorire l’investimento in capitale umano, che si traduce in politiche del lavoro volte ad aumentare la qualità del lavoro; un maggiore sforzo per la formazione permanente e una maggiore efficacia del sistema educativo. Il Governo intende favorire l’accesso al lavoro di giovani e donne, mediante politiche attive del lavoro, incoraggiare la permanenza nel mercato del lavoro degli anziani con azioni di reimpiego, garantire politiche sociali capaci di offrire più servizi e assistenza, al fine di affrontare il progresso invecchiamento della società italiana. La relazione sottolinea che i futuri interventi del Governo sono orientati a: rafforzare l’efficacia delle politiche per l’occupazione, raggiungere una maggiore equità sociale attraverso la lotta alle disparità territoriali e la tutela delle fasce deboli. Il Governo intende altresì condurre un’azione incisiva per ridurre le condizioni di povertà e favorire la conciliazione tra i tempi di lavoro e di cura familiare, per il loro impatto sull’occupazione femminile; potenziare i servizi per la prima infanzia, al fine di avvicinarsi all’obiettivo del 33 per cento di copertura, fissato a livello comunitario; la relazione ritiene necessario approfondire il dibattito sulla flessicurezza come strumento per promuovere la produttività sul luogo di lavoro; assicurare che la struttura del mercato del lavoro sia compatibile con le esigenze della vita privata; stimolare modalità di organizzazione del lavoro innovative, compatibili con le esigenze di cura familiare; ridurre l’area dell’inattività, aumentare il tasso di buona occupazione, rendere l’impiego attraente e remunerativo, contrastare il lavoro nero; favorire l’occupazione femminile, sia mediante politiche attive del lavoro sia mediante una azione a sostegno della famiglia.
Il documento di consultazione rileva che le statistiche mostrano un serio problema di povertà in Europa: nel complesso, 72 milioni di cittadini dell’UE-25, ossia il 15%, sono a rischio di povertà e altri 36 milioni sono in area a rischio.
In alcuni Stati di nuova adesione, specie in Bulgaria e Romania, la privazione assoluta raggiunge livelli elevati. Nella maggior parte degli altri casi si tratta invece di “povertà relativa”, misurata a partire da una base corrispondente al 60% del reddito mediano equivalente in ogni Stato membro, secondo la taglia della famiglia. Il documento sottolinea che la povertà relativa non può essere ignorata perchè implica l’impossibilità di prendere parte alla società nel modo considerato scontato dalla maggior parte degli individui. Tutti i “poveri relativi” possono trovarsi in situazione di esclusione dalle norme e dalle abitudini della realtà sociale di tutti i giorni.
Lo studio riporta i tassi di rischio di povertà per tipo di nucleo familiare e sottolinea come la povertà colpisca in modo particolare i bambini, più frequentemente nei casi di famiglie monoparentali, di famiglie numerose monoreddito, o di nuclei familiari senza lavoro.
Il documento rileva come il problema della povertà si intersechi con quello dell’ineguaglianza intesa come livello di disparità dei redditi: il più alto livello di ineguaglianza si registra in Portogallo, seguito da Grecia, Spagna, Irlanda, Italia e Regno Unito. Ad elevati livelli di ineguaglianza corrispondono elevati livelli di povertà.
Il dibattito tra gli economisti circa le possibili conseguenze negative di livelli crescenti di ineguaglianza, già evidenziatisi negli Stati Uniti e rilevabili, anche se non in modo uniforme, nei paesi dell’UE, evidenzia elementi di particolare gravità, in particolare, in termini di calo della mobilità sociale, di mancato sviluppo pieno delle capacità individuali e di aumento delle manifestazioni di disagio psico-sociale a livello dei singoli e della collettività (instabilità relazionale, rischio di tossicodipendenze e malattie mentali, propensione alla delinquenza, diffusione di alcolismo etc.).
Il Programma delle Presidenze dell’UE per il periodo dal 1° gennaio 2007 al 30 giugno 2008 riconosce la priorità della lotta alla povertà e della promozione dell’inclusione sociale, nell’ambito dell’obiettivo generale di rafforzamento del modello sociale europeo, quale parte integrante della strategia di Lisbona.
Protezione e inclusione sociale
Il 22 febbraio 2007 il Consiglio ha approvato il testo della Relazione congiunta per il 2007 sulla protezione e sull’inclusione sociale, presentata dalla Commissione europea.(COM(2007)13).
La relazione esamina i progressi compiuti dagli Stati membri in materia di inclusione sociale, pensioni, assistenza sanitaria e cure di lunga durata, secondo gli obiettivi fissati dal Metodo Aperto di Coordinamento (MAC) integrato,[23] introdotto nel 2006. La relazione traccia inoltre un profilo per ciascuno Stato membro, mettendo in evidenza i principali problemi che restano da affrontare, e fissa gli obiettivi per l’impegno futuro in materia.
Per quanto riguarda la lotta alla povertà, la relazione pone in evidenza, in particolare, i seguenti aspetti:
· ridurre la povertà infantile, facilitando la partecipazione dei genitori al mondo del lavoro, migliorando l’accesso ad una istruzione di qualità e a un alloggio adeguato, tutelando i diritti dei bambini;
· promuovere l’inclusione attiva, combinando più forti incentivi al lavoro, accesso per tutti ai servizi sociali di qualità e garanzie di reddito minimo adeguato per quanti non possono lavorare;
· promuovere una maggiore partecipazione al lavoro dei disabili;
· migliorare il sistema pensionistico, aumentando la popolazione attiva e in, particolare, operando una apertura del mercato del lavoro ai lavoratori anziani, attraverso incentivi finanziari e disposizioni flessibili verso la fine della vita attiva.
Con specifico riferimento alla situazione italiana, il documento sottolinea che le politiche di inclusione e protezione sociale hanno acquisito maggiore importanza nell’agenda del governo. La sfida principale riguarda la possibilità di garantire una sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche promuovendo, al tempo stesso, una forte crescita economica e maggiore coesione ed equità a livello sociale.
Per affrontare la sfida, l’Italia ha individuato quattro settori di intervento, in linea con i tre obiettivi generali del MAC integrato: riduzione della povertà; sviluppo del sistema pensionistico per garantirne l’adeguatezza e la sostenibilità finanziaria; disponibilità di un sistema sanitario più accessibile, efficiente ed adattato; riduzione delle disparità regionali;
La relazione rileva però che i risultati raggiunti non sono sempre soddisfacenti, soprattutto per lo scarso sviluppo in materia di governance (terzo obiettivo generale del MAC) e per la mancanza di riferimenti alla strategia comunitaria per lo sviluppo sostenibile.
Per quanto riguarda in particolare in tema di lotta alla povertà e all’esclusione, si evidenzia che l’Italia si prefigge di:
· ridurre le disparità regionali, migliorando il coordinamento delle misure nazionali e subnazionali;
· incrementare il livello di partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto per quanto riguarda i giovani, le donne, i lavoratori più anziani, per affrontare le sfide del futuro dovute all’andamento demografico e garantire l’adeguatezza delle pensioni e la sostenibilità di lungo periodo delle finanze pubbliche;
· garantire una copertura più coerente e globale del sistema degli ”ammortizzatori sociali”.
Il Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007 ha accolto con favore la relazione congiunta sulla protezione e l’inclusione sociale, rilevando la necessità, al fine di rafforzare la coesione sociale, di combattere la povertà e l’esclusione sociale, in particolare, la povertà infantile, e di offrire a tutti i bambini pari opportunità. Il Consiglio ha affermato la necessità di una maggiore attenzione all’inclusione attiva, ossia alla garanzia di risorse minime di livello adeguato per tutti, rispettando nel contempo il principio di accrescere l’attrattiva del lavoro, auspicando che la relazione della Commissione sulla valutazione sociale apporti un contributo ulteriore al dibattito sulle questioni sociali.
Servizi sociali
Il 26 aprile 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione sui servizi sociali d’interesse generale nell’Unione europea (COM(2006)177), formulandone un elenco in base alle caratteristiche specifiche. Obiettivo della comunicazione è avviare un processo di consultazione al fine di consentire alla Commissione di acquisire elementi per meglio tener conto delle specificità di questi servizi in fase di attuazione della legislazione comunitaria.
La comunicazione sottolinea inoltre che, escludendo i servizi sanitari - che non vengono da essa trattati – i servizi sociali possono essere compresi in due grandi gruppi:
· i regimi legali e complementari di protezione sociale che coprono i rischi fondamentali di vita, quali, ad esempio, quelli legati alla salute, l’invecchiamento, incidenti sul lavoro;
· gli altri servizi essenziali prestati direttamente alla persona, quali l’aiuto alle persone nei momenti di crisi (disoccupazione, tossicodipendenza, rottura familiare), l’edilizia popolare per le persone sfavorite o i gruppi svantaggiati.
Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla comunicazione Il 14 marzo 2007 ( 2006/2134/INI).
Il programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2007 considera fra le sue priorità e tra le iniziative strategiche la presentazione di una comunicazione su una strategia europea per i servizi sociali di interesse generale: in base a ulteriori consultazioni con gli Stati membri e le parti interessate, questa comunicazione di follow-up è intesa a stabilire i passi ulteriori da compiere per sviluppare un approccio più sistematico nell’applicazione del diritto e dei principi comunitari nel settore dei servizi sociali.
Programma Progress
Il 29 settembre 2006 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato il programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale PROGRESS (COM(2004)488). Il programma, relativo al periodo 2007-2013, intende sostenere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea nel campo dell’occupazione e degli affari sociali, contribuendo in tal modo alla realizzazione della strategia di Lisbona in tali settori.
Il programma si articola in cinque sezioni corrispondenti a cinque grandi settori di attività: occupazione, protezione sociale e inclusione, condizioni di lavoro, lotta contro la discriminazione e la diversità, pari opportunità. La dotazione finanziaria prevista per la realizzazione delle attività comunitarie contemplate dalla proposta di decisione in oggetto, per il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, ammonta a 657,59 milioni di euro.
La risoluzione Gozi ed altri n. 6-00001, approvata dalla Camera dei deputati il 21 settembre 2006, in esito dell’esame della relazione annuale del Governo sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per il 2005, impegna il Governo a promuovere il dibattito a livello dell’Unione europea sul futuro del modello sociale europeo, con particolare riferimento alle politiche per la protezione sociale, l’integrazione sociale e i cambiamenti demografici e a valutare l’opportunità di sostenere lo sforzo della Commissione europea per sviluppare una nuova politica di comunicazione fondata sul diritto all’informazione e alla libertà di espressione, inclusione, diversità e partecipazione.
Nel paragrafo relativo alle Politiche sociali, la relazione afferma l’impegno del Governo nella lotta alla povertà, condizione che colpisce ormai 7 milioni e 558 mila individui, ossia il 13,2 % della popolazione. La relazione rileva che, nell’ambito delle politiche di inclusione sociale, il governo ha deciso di potenziare il fondo nazionale per le politiche sociali, in un’ottica che premi l’iniziativa delle autonomie locali, e di definire una nuova governance, che implichi la partecipazione alle politiche di inclusione sociale da parte di soggetti istituzionali e non. Le azioni per combattere l’emarginazione sociale sono rivolte a persone che vivono al di sotto della soglia di povertà, a persone anziane, a persone residenti nelle aree “ a rischio geografico” e agli immigrati.
Gli interventi previsti mirano, tra l’altro, a: razionalizzare il sistema dei sostegni al reddito; promuovere una nuova strategia dell’invecchiamento attivo; ridurre il divario nord-sud; limitare i rischi di marginalizzazione nei grandi contesti urbani.
La relazione ricorda inoltre l’impegno del governo nel sostegno alle persone con disabilità, secondo quanto definito nel corso dell’Anno europeo delle persone con disabilità (2003) e in linea con la strategia lanciata dalla Commissione europea per assicurare una società realmente inclusiva.
La relazione osserva infine che, nel tema specifico dell’inclusione sociale, un aspetto finora scarsamente considerato sono le ripercussioni sulle condizioni di salute delle disuguaglianze sociali, della disoccupazione e della precarietà, e esprime il suo consenso ad un approccio innovativo in questo senso, quale quello rappresentato dalle politiche di Health Impact Assessment.
Il documento di consultazione rileva che la spesa per la sanità è aumentata costantemente in tutta l’Unione europea negli ultimi decenni, nonostante un temporaneo rallentamento del tasso di crescita nel corso degli anni ’80; tuttavia si prevede, da qui al 2050, un incremento ulteriore della spesa molto inferiore a quello registrato complessivamente nel cinquantennio precedente, proprio in forza del miglioramento delle condizioni generali di salute della popolazione europea, dovuto agli investimenti precedenti.
Secondo il documento di consultazione, il miglioramento dell’assistenza sanitaria e la riduzione dell’impatto dell’uguaglianza sociale sui risultati sanitari costituiscono strumenti fondamentali per far sì che all’aumento generale dell’aspettativa di vita corrisponda un aumento proporzionale degli anni trascorsi in “buona salute”. Particolare attenzione va prestata, inoltre, alle connessioni tra ambiente e salute, sia in termini di qualità dell’aria e dell’acqua che in termini di conseguenze dell’accumulo di sostanze chimiche. Sulla base dell’analisi dei dati europei, il documento di consultazione avanza infine l’ipotesi che le malattie del benessere, (problemi psicologici o emotivi, tabagismo, obesità), in aumento nei paesi UE, siano in realtà una conseguenza dell’ineguaglianza.
Nel Programma legislativo e di lavoro per il 2007, la Commissione sottolinea che la politica europea può esercitare una reale influenza aiutando i cittadini ad anticipare i cambiamenti e a reagire rapidamente ad una società in rapida mutazione; perché tale politica sia efficace, occorre che sia aggiornata e perfettamente al corrente dei bisogni della società moderna. La Commissione rileva, inoltre, che tra gli aspetti fondamentali del benessere delle persone vi è la salute. Un libro bianco sulla strategia in materia di sanità enuncerà in quale maniera, a livello europeo, si può contribuire a migliorare la situazione e ad organizzare la politica sanitaria in Europa in modo da ottimizzare la sua efficacia nella lotta contro le pandemie e nelle sfide poste dal rafforzamento della promozione della salute.
Il Programma delle presidenze dell’UE per il periodo 1 gennaio 2007-30 giugno 2008 considera prioritarie la promozione della salute, la prevenzione delle malattie, l’innovazione e l’accesso all’assistenza sanitaria, soprattutto dal punto di vista delle sperequazioni di genere e nei confronti dei migranti. Proseguiranno i lavori relativi ad un quadro comunitario per i servizi di assistenza sanitaria e in materia di medicinali per terapie avanzate e dispositivi medici, al fine di rafforzare l’innovazione nel settore e migliorare la sicurezza e la qualità delle cure. Le tre presidenze dedicheranno infine speciale attenzione agli sviluppi, a livello internazionale, in materia di lotta al tabagismo e regolamento sanitario internazionale.
Nella Strategia politica annuale per il 2008, presentata il 21 febbraio 2007 (COM(2007)65), la Commissione indica, tra le principali azioni previste in tema di salute e sicurezza:
· l’adozione di raccomandazioni sulla sicurezza dei pazienti e sulla qualità dei servizi sanitari;
· la modernizzazione della legislazione relativa alle attrezzature mediche, per migliorare la sicurezza degli utenti e dei pazienti, garantendo al tempo stesso la chiarezza del quadro normativo;
· iniziative sulla telemedicina per la gestione delle malattie croniche
· lo sviluppo di infrastrutture per affrontare tempestivamente le situazioni di crisi nel campo della sanità e della sicurezza.
Nella Relazione congiunta per il 2007 sulla protezione e sull’inclusione sociale, già citata in precedenza, la Commissione ribadisce che i sistemi di assistenza sanitaria devono garantire a tutti un uguale accesso a servizi di elevata qualità, attraverso un uso più efficace delle risorse, in termini di spesa e di personale impiegato. L’evoluzione demografica impone, inoltre, di sviluppare le cure di lunga durata e di dar loro una base finanziaria adeguata.
Per quanto riguarda la situazione italiana le sfide future indicate nella relazione sono quelle di:
· migliorare l’efficienza e ridurre gli sprechi mediante un uso più razionale delle risorse;
· migliorare il coordinamento e l’organizzazione dei servizi sanitari e delle cure a lungo termine riducendo al tempo stesso gli squilibri geografici;
· per quanto riguarda le cure a lungo termine, sostenere i servizi domiciliari e locali, come alternativa alle cure ospedaliere e residenziali, in una prospettiva di approccio integrato fra i livelli regionali e locali.
In tema di tutela della salute, il 6 aprile 2005, la Commissione europea ha presentato una comunicazione dal titolo “Migliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori” ed una proposta di decisione che istituisce il programma comunitario per la salute e la protezione dei consumatori per gli anni 2007-2013 (COM(2005)115). Tale iniziativa, che unificava i due settori di attività fino ad allora separati, ampliava i programmi in materia di salute pubblica, individuando le azioni nei diversi settori di intervento previsti. Tenuto conto del parere del Parlamento europeo in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, il 24 maggio 2006 la Commissione ha presentato due nuove proposte di decisione modificate, relative ciascuna ad uno dei due settori. In particolare, la proposta di decisione modificata (COM(2006)234), relativa ad un programma d’azione per la salute per il periodo di programmazione 2007-2013, con una dotazione finanziaria di 365,6 milioni di euro contempla i seguenti tre grandi obiettivi, che adeguano la futura azione a favore della sanità agli obiettivi comunitari globali di prosperità, solidarietà e sicurezza:
- “Migliorare la sicurezza sanitaria dei cittadini”;
- “Promuovere la sanità al fine di favorire la prosperità e la solidarietà”;
- “Generare e diffondere conoscenze sulla sanità”.
Il 23 marzo 2007 il Consiglio ha adottato la posizione comune sulla proposta modificata. Il Parlamento europeo esaminerà la proposta in seconda lettura, nell’ambito della procedura di codecisione, presumibilmente nella seduta dell’11 luglio 2007.
Per quanto riguarda il rapporto tra salute e ambiente, il 9 giugno 2004 la Commissione ha presentato la comunicazione relativa al piano d’azione in materia di salute e ambiente per il periodo 2004-2010.(COM(2004)416).
Il piano d’azione è volto a:
· migliorare la catena dell’informazione sviluppando un’informazione ambientale e sanitaria integrata per comprendere i collegamenti fra le fonti di inquinamento e gli effetti sulla salute;
· integrare le attuali conoscenze rafforzando la ricerche su ambiente e salute e individuando le tematiche emergenti;
· riesaminare le politiche e migliorare la comunicazione sviluppando la sensibilizzazione , la comunicazione riguardo ai rischi, la formazione e l’istruzione.
Nel 2005 è stato istituito un apposito gruppo di lavoro sui servizi sanitari e le cure mediche, nell’ambito della DG Salute e protezione dei consumatori della Commissione europea, con il compito di identificare le aree prioritarie di azione. Nel Terzo Rapporto sui lavori di tale gruppo, presentato nell’ottobre 2006, viene precisato che i lavori si sono concentrati sulla preparazione di una raccomandazione che dovrebbe proporre l’istituzione di una rete europea sulla sicurezza dei pazienti, cui afferiranno le autorità competenti degli Stati membri per coordinare a livello europeo i vari progetti e iniziative[24].
Il 20 aprile 2007 la Commissione ha presentato i risultati della consultazione, conclusasi il 12 febbraio 2007[25], su un documento di riflessione dal titolo “La sanità in Europa: un approccio strategico”, volto ad offrire alle parti interessate la possibilità di commentare i progetti concernenti una strategia globale in materia di sanità, che la Commissione intende presentare nell’estate del 2007. Tale strategia, che coprirà un periodo di dieci anni, definirà una serie di obiettivi attorno a tre assi d’intervento relativi al miglioramento dei servizi sanitari, alla risposta alle minacce sanitarie mondiali e all’integrazione dei problemi della salute in tutte le politiche.
In tema di accesso alla salute, il 21 maggio 2007 è stata pubblicata la “Relazione di sintesi delle risposte alla consultazione relativa ad un’azione comunitaria nel settore dei servizi sanitari”, conclusasi il 31 gennaio 2007. La consultazione aveva ad oggettoun documento relativo ai mezzi giuridici più idonei a garantire la sicurezza e certezza delle cure sanitarie transfrontaliere, nonché a favorire la cooperazione tra i vari sistemi sanitari degli Stati membri (SEC(2006)1995-4). Sulla base dei risultati della consultazione la Commissione intende presentare alcune proposte nel corso del 2007[26].
Il documento di consultazione evidenzia come il problema dell’alloggio, quale elemento essenziale della “qualità della vita”, non sia più come in passato, al centro della preoccupazione dei cittadini europei. Tuttavia, in alcuni Stati membri o alcune regioni a forte indice di crescita e a forte immigrazione, si riscontrano seri problemi connessi all’abitazione. L’aumento dei prezzi delle case inoltre può ancora provocare un grande problema sociale.
Elemento essenziale della “qualità della vita” è, secondo il Documento, la “qualità dell’ambiente”, il cui perseguimento è tuttavia reso particolarmente difficile dalla contraddizione esistente tra la legittima aspirazione a migliori condizioni di vita quotidiana e il conseguente incremento del ritmo di crescita urbana e del degrado ambientale delle coste europee.
Il documento rileva che una delle principali sfide economiche e sociali dell’Europa per i prossimi decenni sarà la lotta al riscaldamento del pianeta e alle conseguenze che esso provoca direttamente nella vita quotidiana dei cittadini. L’ impegno dell’Europa in tal senso potrebbe richiedere una ristrutturazione profonda della propria economia, con ripercussioni sociali di notevoli entità.
Alloggi
In tema di alloggi, il 10 maggio 2007 il Parlamento ha approvato la risoluzione (2006/2108/INI), di iniziativa dell’eurodeputato Alfonso Andria (ALDE-IT) sugli alloggi e la politica regionale.
La risoluzione sottolinea, in particolare, come la mancanza di alloggi dignitosi a prezzi accessibili influenzi direttamente la vita dei cittadini, limitando le loro possibilità di inserimento sociale e mobilità sia nelle aree urbane che nelle zone rurali; e come le difficoltà di ottenimento di un alloggio siano una causa dei fenomeni di segregazione sociale e di ghettizzazione. Considerando che l'esclusione sociale è in contrasto con il modello sociale europeo, la risoluzione propone tra l’altro di riaprire il dibattito circa l’estensione a tutti gli Stati membri dell’accesso ai fondi comunitari per le spese di rinnovo degli alloggi a vocazione sociale, al fine di realizzare delle economie di energia e di proteggere l’ambiente, così come è già previsto per alcuni paesi di recente adesione.
Qualità dell’ambiente
Il binomio “qualità della vita – qualità dell’ambiente” è al centro della comunicazione, presentata dalla Commissione il 30 aprile 2007 (COM(2007)225), concernente la revisione intermedia del Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente[27].
La comunicazione sottolinea l'impatto positivo delle politiche della UE a favore dell'ambiente, in quanto esse hanno migliorato la qualità della vita dei cittadini e hanno consentito notevoli progressi in settori quali la riduzione delle emissioni di gas serra, la conservazione delle zone umide e l'attuazione di una selvicoltura e di una gestione dei rifiuti sostenibili.
In particolare, il Sesto programma definisce il quadro comunitario di politica ambientale nel periodo luglio 2002 – luglio 2012, che costituisce la dimensione ambientale della strategia UE di sviluppo sostenibile e fissa le priorità ponendo l'accento su quattro aspetti: cambiamenti climatici; natura e biodiversità; salute e qualità della vita; risorse naturali e rifiuti.
La revisione intermedia, in particolare, valuta se l'approccio strategico della UE alla politica ambientale debba essere riesaminato alla luce del mutato contesto politico rispetto al 2002, tenendo conto in particolare della strategia rivista della UE per lo sviluppo sostenibile, della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione e della politica della Commissione per un miglioramento della regolamentazione. Alla luce di tale valutazione, la revisione intermedia illustra in che misura le priorità comunitarie debbano essere riesaminate per il periodo che ha termine nel luglio 2012.
La Commissione sottolinea che queste iniziative sono relativamente nuove o ancora in fase di valutazione da parte delle istituzioni europee. La priorità di medio termine è operare di concerto con tutte le parti interessate per assicurarne un'efficace attuazione.
Per quanto riguarda la qualità dell’ambiente, si segnala la proposta di direttiva relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e recante modifica della direttiva 2000/60/CE (COM (2006) 397)[28], presentata il 17 luglio 2006.
La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata, in prima lettura, dal Parlamento europeo nella seduta plenaria del 22 maggio 2007 ed è in attesa di esame da parte del Consiglio. Il Parlamento europeo ha proposto diversi emendamenti, parzialmente accolti dalla Commissione.
Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente[29], il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato la strategia per la prevenzione e il riciclo di rifiuti, che si compone di una comunicazione[30]e di una proposta di direttiva[31] per modernizzare la direttiva quadro sui rifiuti 75/442/CEE.
Il Consiglio ambiente del 27 giugno 2006 ha approvato conclusioni con le quali accoglie favorevolmente la strategia tematica della Commissione. La proposta di direttiva è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 13 febbraio 2007, nell’ambito della procedura di codecisione, con l’approvazione di alcuni emendamenti. Nella medesima data il Parlamento europeo ha approvato anche una risoluzione sulla strategia tematica per il riciclaggio dei rifiuti, nella quale sottolinea che la completa attuazione dell’attuale legislazione comunitaria in materia di rifiuti e la sua applicazione omogenea in tutti gli Stati membri costituisce una priorità essenziale.
Cambiamento climatico
Le conclusioni del Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 contengono uno specifico paragrafo dedicato alla politica climatica ed energetica integrata, che sottolinea la necessità di un intervento urgente ed efficace per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico[32], le cui conseguenze a lungo termine, incluse quelle relative allo sviluppo economico, sono state riesaminate nella loro gravità da recenti studi in materia[33].
Il Consiglio europeo ha inoltre ribadito che la lotta al cambiamento climatico costituisce, in particolare in relazione allo sviluppo delle tecnologie ambientali e alle ecoinnovazioni, un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi indicati dalla strategia di Lisbona.
Il Consiglio europeo, infine, ha sottolineato il ruolo guida dell’UE nella protezione internazionale del clima, ribadendo la necessità di un intervento concordato su scala planetaria. A tal fine, ritiene necessario che, in occasione della Conferenza internazionale sul clima, prevista per la fine del 2007 sotto l’egida delle Nazioni Unite, vengano avviati i negoziati relativi a un accordo globale e completo sulla lotta contro il riscaldamento del pianeta dopo il 2012, basato sull’ampliamento dell’architettura del protocollo di Kyoto[34]e che tali negoziati si concludano entro il 2009.
In questa cornice, il Consiglio europeo ha pienamente accolto la comunicazione “Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius – La via da percorrere fino al 2020 e oltre” (COM(2007)2), presentata dalla Commissione il 10 gennaio 2007.
La comunicazione[35] propone che l’UE persegua, nell’ambito di negoziati internazionali, un obiettivo di riduzione dei gas serra pari al 30% rispetto ai valori del 1990, che i paesi industrializzati dovranno conseguire entro il 2020: in tal modo dovrebbe essere possibile contenere l’aumento della temperatura entro il limite dei 2°C in tutto il mondo. Secondo la Commissione, fino a che non sarà concluso un accordo internazionale, e fatta salva la posizione che assumerà nell’ambito dei negoziati multilaterali, l’UE dovrebbe assumersi, fin d’ora, l’impegno risoluto e unilaterale di abbattere le emissioni dei gas serra di almeno il 20% entro il 2020, ricorrendo al sistema UE di scambio delle quote di emissione, ad altre politiche in materia di cambiamenti climatici nonché a interventi nel contesto della politica energetica. Dopo il 2020 le emissioni prodotte dai paesi in via di sviluppo supereranno quelle dei paesi industrializzati; nel frattempo, il tasso di crescita delle emissioni complessive dei paesi in via di sviluppo dovrebbe cominciare a rallentare e, a partire dal 2020, dovrebbe verificarsi un calo in termini assoluti.
Entro il 2050, le emissioni globali dovrebbero essere abbattute fino al 50% rispetto al 1990; ciò significa che i paesi industrializzati dovranno ridurle del 60-80%, ma le emissioni dovranno diminuire sensibilmente anche in molti paesi in via di sviluppo.
La comunicazione ribadisce che gli strumenti di mercato, come il sistema UE di scambio delle quote di emissione[36], saranno un elemento determinante per far sì che l’Europa e altri paesi conseguano gli obiettivi previsti al più basso costo possibile. La Commissione ritiene, infine, auspicabile che l’UE e gli Stati membri decidano di incrementare sensibilmente gli investimenti destinati alle attività di ricerca e sviluppo nei settori della produzione di energia e del risparmio energetico.
Tra le iniziative strategiche previste dal Programma legislativo e di lavoro per il 2007, la Commissione preannunzia la presentazione del Libro verde sul cambiamento climatico dopo il 2012, su cui verrà avviata una consultazione pubblica: il documento contribuirà ad individuare gli ambiti in cui è necessario intervenire a livello comunitario per favorire l’adeguamento dell’Unione europea alle sempre maggiori ripercussioni dei cambiamenti climatici.
Il Programma legislativo prevede, inoltre, a conclusione della consultazione sul Libro verde, la presentazione del Libro bianco “Verso un programma europeo di adattamento al cambiamento climatico”. La Commissione, anche tenendo conto dei risultati della consultazione, individuerà le azioni specifiche da adottare in materia di adattamento ai cambiamenti. Parallelamente alle iniziative volte ad invertire il senso del processo di cambiamento climatico in corso attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra, la Commissione sottolinea la necessità di azioni urgenti per adattarsi ai cambiamenti previsti per la regione europea.
Entro la fine del 2007 la Commissione intende lanciare una consultazione sul contributo futuro del settore marittimo alla lotta contro il cambiamento climatico, in vista dell’eventuale inclusione dei trasporti marittimi per il 2011, nel sistema di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (ETS).
Attività del Parlamento europeo
In seguito alla richiamata comunicazione della Commissione “Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius” e in vista del Consiglio europeo di primavera, il Parlamento europeo, il 14 febbraio 2007, ha approvato una risoluzione che sottolinea l’urgenza di prendere iniziative concrete a livello mondiale per affrontare il cambiamento climatico.
La Commissione Affari costituzionali del Parlamento Europeo, il 22 maggio 2007, ha adottato un progetto di relazione sulla roadmap per il processo costituzionale europeo (relatori on. Baron Crespo PSE-SP; on. Brok PPE-DE)[37], nel quale si sottolinea la necessità di tenere in considerazione, nella discussione sul futuro del Trattato costituzionale, la definizione di un approccio comune e adeguati mezzi di azione in alcune aree prioritarie tra cui, in particolare, quella dello sviluppo sostenibile e della lotta al cambiamento climatico Il progetto di relazione dovrebbe essere sottoposto all’esame dell’Assemblea in vista del Consiglio europeo di giugno.
Il 25 aprile 2007 il Parlamento europeo ha approvato la costituzione di una commissione temporanea sul cambiamento climatico. La durata dei lavori della commissione, composta da 60 deputati, dovrebbe essere di 12 mesi a partire da maggio 2007. Nella riunione del 21 maggio 2007 la commissione temporanea ha eletto all’unanimità presidente Guido Sacconi (PSE-IT).
Il cambiamento climatico nella Politica energetica per l’Europa (PEE)
La promozione della sostenibilità ambientale e al lotta contro il cambiamento climatico costituiscono uno degli obiettivi che, nell’ambito dell’approccio integrato tra le politiche dell’Unione in tema di ambiente ed energia, il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo ha fissato per la politica energetica per l’Europa (PEE).[38]
Il Consiglio europeo ha altresì adottato un piano d’azione sulla politica energetica per l’Europa, per il 2007-2009 (allegato alle conclusioni del Consiglio europeo) che si basa sulla comunicazione “Una politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1), presentata dalla Commissione il 10 gennaio 2007.
Il piano d’azione sarà riesaminato regolarmente nel contesto dell’esame annuale, effettuato dal Consiglio europeo, dell’attuazione delle politiche dell’UE nel settore energetico e in materia di cambiamenti climatici. Il Consiglio europeo ha invitato, quindi, la Commissione a presentare, all'inizio del 2009, un aggiornamento dell'analisi strategica della politica energetica, che servirà di base per il nuovo piano d'azione in materia di energia per il periodo dal 2010 in poi, destinato ad essere adottato dal Consiglio europeo di primavera del 2010.
Per quanto riguarda, in particolare, la lotta al cambiamento climatico, il piano d’azione prevede:
· il rafforzamento del partenariato e della cooperazione, basandosi sui dialoghi bilaterali in materia di energia, con gli USA, la Cina, l'India, il Brasile e le altre economie emergenti, incentrandosi sulla riduzione di gas a effetto serra, sull'efficienza energetica, sulle energie rinnovabili e sulle tecnologie energetiche a bassa emissione, segnatamente la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica;
· Il riesame del sistema comunitario di scambio di quote di emissioni, da parte della Commissione, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riduzione di gas serra a lungo termine dell'UE;
· lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili;
· il tempestivo riesame da parte della Commissione della disciplina degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente, e di altri pertinenti strumenti comunitari in grado di dare incentivi, al fine di renderli più idonei a sostenere gli obiettivi comunitari in materia di energia e cambiamenti climatici.
Con la comunicazione “Una politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1), la Commissione ha presentato il riesame strategico della politica energeticadell’Unione europea. La comunicazione contiene un piano d’azione energetico articolato in dieci punti. Il “pacchetto energetico” così delineato è inteso a creare le condizioni per il raggiungimento del nuovo obiettivo strategico, già richiamato, di ridurre almeno del 20 %, entro il 2020,le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell’UE rispetto ai livelli del 1990, all’interno di un’azione internazionale volta a raggiungere l’obiettivo di ridurre del 30% le emissioni di gas serra a livello globale.
Nel quadro degli interventi previsti dal piano d’azione adottato dal Consiglio europeo di primavera, il 28 marzo 2007 la Commissione europea ha presentato un Libro verde sugli strumenti di mercato utilizzati a fini di politica ambientale ed energetica (COM (2007)140).
Il documento ribadisce che strumenti di mercato quali il sistema scambio di emissioni, le tasse ambientali e i sussidi mirati possono svolgere un ruolo importante nel conseguimento degli obiettivi di protezione del clima individuati dal Consiglio, scoraggiando le azioni indesiderabili e premiando i comportamenti positivi, come il risparmio energetico e le attività rispettose dell’ambiente, sia a livello comunitario che nazionale.
Il Libro verde intende, in particolare, aprire un confronto di opinioni in previsione della modifica della direttiva sulla tassazione dell’energia[39] invitando le altre istituzioni dell’UE, gli Stati Membri, le parti interessate e il pubblico a fornire, entro il 31 luglio 2007, le proprie osservazioni sul tema.
La risoluzione n. 6-00001 (Gozi e altri) approvata il 25 settembre 2006, in esito all’esame della relazione del Governo sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2005, ha impegnato il Governo a seguire con particolare attenzione l’esame della strategia a medio e lungo termine sui cambiamenti climatici, considerando il delicato equilibrio che la tematica presenta tra le esigenza di protezione ambientale e quello del sistema produttivo con particolare attenzione all’osservanza degli accordi di Kyoto e degli obiettivi di riduzione dei gas serra da esso prodotti e ad adoperarsi per una rapida approvazione della proposta di direttiva che istituisce un’infrastruttura per l’informazione territoriale nella comunità al servizio della politica ambientale (INSPIRE).
Nella Relazione sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea (anno 2006) si afferma che il Governo condivide e supporta la strategia rinnovata per lo Sviluppo sostenibile, approvata dal Consiglio europeo del 15-16 giugno 2006.
Pur osservando che il tasso di violenza delle società europee risulta inferiore agli standard mondiali, il documento di consultazione dell’Ufficio dei consiglieri europei individua nella criminalità uno dei principali problemi dei paesi dell’ UE e sottolinea come la maggior parte dei cittadini esprima l’esigenza di un maggiore ruolo dell’Unione europea nella soluzione dei problemi connessi a criminalità, terrorismo e traffico di stupefacenti.
Lo studio rileva, inoltre, che la percezione di una maggiore diffusione di reati violenti, spesso connessi con la droga, è andata di pari passo con l’aumento di comportamenti anti-sociali (ad es. atti vandalici, espressioni estreme di maleducazione, mancanza di rispetto per gli altri) ed individua nella elaborazione di strategie innovative in materia di giustizia penale, lo strumento per combattere con successo le cause e le manifestazioni della criminalità.
Il programma legislativo e di lavoro della Commissione dell’Unione europea per il 2007 sottolinea la necessità di un’azione su scala europea per garantire un elevato livello di sicurezza, di giustizia e tutela per i cittadini, secondo gli indirizzi contenuti nel programma dell’Aja (2005-2009).
In particolare, è considerata rilevante, durante la parte restante del programma dell’Aja: la completa attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali; il riavvicinamento di vari aspetti del diritto procedurale penale ( principio del ne bis in idem, regime probatorio, sentenze contumaciali etc.), per instaurare la fiducia reciproca; il potenziamento della cooperazione di polizia mediante il principio di disponibilità e una cooperazione più operativa; la lotta contro la criminalità organizzata;
Il programma dell’Aja resta il quadro di riferimento per potenziare la cooperazione in materia di libertà, giustizia e sicurezza anche nella Strategia politica per il 2008. Per quanto concerne la lotta alla criminalità organizzata la strategia prevede la creazione di una base dati centralizzata di impronte digitali e il potenziamento della cooperazione fra gli Stati membri attraverso Eurojust, per istruire e perseguire penalmente i casi più gravi di criminalità organizzata transfrontaliera.
La Commissione, facendo tesoro dell’esperienza maturata nell’intera Unione europea in materia di lotta contro il traffico di stupefacenti, intende, inoltre presentare un piano d’azione antidroga per il quadriennio 2009-2012.
Il programma delle Presidenze dell’Unione europea per il periodo 1° gennaio 2007-30 giugno 2008, prevede che, allo scopo di migliorare la cooperazione tra i tribunali e le autorità giudiziaria in materia penale, vengano affrontate le questioni relative al controllo transfrontaliero in caso di libertà provvisoria, all’esecuzione di condanne penali in altri Stati membri, all’elaborazione di un sistema informatizzato di scambi di informazioni delle condanne penali, all’eliminazione degli ostacoli pratici che rendono difficile l’applicazione degli strumenti per il reciproco riconoscimento.
Per perseguire efficacemente gli obiettivi individuati in materia di giustizia, libertà e sicurezza, il Consiglio ha adottato il programma specifico “Prevenzione e lotta contro la criminalità”, con una dotazione globale fino a 600 milioni di euro per il periodo 2007-2013, nell’ambito del programma quadro “Sicurezza e tutela delle libertà”[40]
Il programma propone i seguenti obiettivi: stimolare, promuovere e sviluppare le cooperazione e gli strumenti necessari a realizzarla; prevenire e combattere strategicamente il crimine e garantire la sicurezza e l’ordine pubblico introducendo miglioramenti in materia di collaborazione pubblico-privato, elaborazione di statistiche, criminologia applicata, trattamento della criminalità giovanile; promuovere e sviluppare la cooperazione tra le autorità nazionali e gli organismi dell’UE; promuovere e sviluppare le migliori tecniche di protezione e aiuto per i testimoni e per le vittime.
Nell’ambito dello stesso programma quadro “Sicurezza e tutela delle libertà”, il 19 marzo 2007 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico sulla posizione comune relativa alla proposta modificata di decisione (COM(2006)230), che istituisce il programma specifico “Lotta alla violenza (Daphne III)” nell’ambito del programma generale “Diritti fondamentali e giustizia”.
Il programma, istituito per il periodo dal 1º gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 con una dotazione di 116,85 milioni di euro, prevede i seguenti obiettivi specifici:
· prevenire e combattere tutte le forme di violenza che si verificano nel settore pubblico o privato contro i bambini, i giovani e le donne, adottando misure preventive e sostenendo le vittime e i gruppi a rischio;
· promuovere azioni transnazionali.
Il 22 maggio 2007, il Parlamento europeo, nell’ambito della procedura di codecisione, ha approvato, in seconda lettura, la posizione comune adottata dal Consiglio il 19 maggio 2007.
Il 19 Aprile 2007 il Consiglio ha raggiunto, nell'ambito della procedura di codecisione, un accordo politico sulla proposta modificata (COM(2006)230) di decisione che istituisce il programma specifico “Prevenzione e informazione in materia di droga”, nell’ambito del programma generale “Diritti fondamentali e giustizia”.
Il programma è volto a realizzare gli obiettivi individuati dalla strategia antidroga dell’EU (2005-2012) e del piano di azione in materia di lotta alla droga per i periodi 2005-2008 e 2009-2012, sostenendo progetti volti a prevenire il consumo di droga, anche affrontando il problema della riduzione dei danni collegati alla droga e dei metodi di trattamento tenendo in considerazione le conoscenze scientifiche più avanzate. La dotazione finanziaria del programma sarà di 21,35 milioni di euro.
In tema di cooperazione giudiziaria penale, il 15 febbraio 2007, Consiglio ha adottato il programma specifico “Giustizia penale “ con una dotazione globale di 196,2 milioni di euro per il periodo 2007-2013, come parte del programma quadro “Diritti fondamentali e giustizia” ( COM (2005)122-1).
Cooperazione di polizia e condivisione delle informazioni
Per quanto riguarda la cooperazione di polizia e la condivisione delle informazioni sono in corso di esame:
· una proposta di decisione quadro (COM(2005)490) relativa allo scambio di informazioni in materia di applicazione della legge in virtù del principio di disponibilità.
La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo, che dovrebbe esaminarla nella seduta 10 ottobre 2007.
· una proposta di decisione quadro (COM(2005)475) presentata dalla Commissione il 4 ottobre 2005, relativa alla protezione dei dati personali nel quadro della cooperazione di polizia e giudiziaria penale, finalizzata a migliorare tale cooperazione, in particolare per quanto riguarda la prevenzione e la lotta contro il terrorismo, nel rispetto dei diritti fondamentali, con specifica attenzione al diritto alla privacy e alla protezione dei dati personali.
La proposta, che segue la procedura di consultazione, sarà esaminata dal Parlamento europeo dovrebbe esaminare il testo nella seduta del 6 giugno 2007.
· una proposta di decisione sul miglioramento della cooperazione di polizia fra gli Stati membri dell’Unione europea, in particolare alle frontiere interne, che modifica la Convenzione d’applicazione dell’accordo di Schengen (COM(2005)317).
L’esame della proposta da parte del Parlamento europeo, nell’ambito della procedura di consultazione, è previsto nella seduta in sessione plenaria del 29 settembre 2007.
ll 20 dicembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di decisione (COM(2006)817) per l’istituzione di un Ufficio europeo di polizia (Europol), che sostituirebbe in sostanza la convenzione del 26 luglio 1995, istitutiva dell’Europol. In tal modo Europol potrebbe adempiere i suoi compiti in materia di lotta alla criminalità e al terrorismo in modo più flessibile ed efficace.
La proposta della Commissione prevede, tra l’altro, l’estensione del mandato di Europol a tutte le forme gravi di criminalità transnazionale e intende migliorare il trattamento dei dati di cui dispone l’Europol, ricercando nel contempo un alto grado di protezione dei dati personali.
La proposta, che segue la procedura di consultazione, dovrebbe essere oggetto di un primo esame del Consiglio nella riunione il 12 giugno 2007. L’esame da parte del Parlamento europeo è previsto nella sessione del 3 settembre 2007.
Cooperazione giudiziaria penale
Sono in corso di esame le seguenti proposte:
· una proposta di decisione quadro relativa alla creazione di un mandato europeo di ricerca delle prove (COM(2003)688), diretto all'acquisizione di oggetti, documenti e dati da utilizzare a fini probatori nei procedimenti penali, presentata dalla Commissione il 14 novembre 2003.
Il 31 marzo 2004 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta, secondo la procedura di consultazione, approvandola con emendamenti. Il 1° giugno 2006 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico sulla proposta in vista dell’adozione definitiva.
· una proposta di decisione quadro relativa ai diritti processuali nei procedimenti penali nel territorio dell'Unione europea (COM(2004)328), presentata il 28 aprile 2004 dalla Commissione.
Il 12 aprile 2005 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta nell’ambito della procedura di consultazione, approvandola con emendamenti. Il 19 aprile 2007, il Consiglio ha raggiunto un accordo politico, in vista dell’approvazione definitiva.
· una proposta di decisione quadro (JAI(2005)2), presentata da Austria, Finlandia e Svezia il 24 gennaio 2005, relativa all'ordine di esecuzione europeo e al trasferimento delle persone condannate tra gli Stati membri dell'UE. La proposta mira all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea.
Il 14 giugno 2006 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta, nell'ambito della procedura di consultazione, approvandola con emendamenti. Il Consiglio ha raggiunto un approccio comune il 15 febbraio 2007.
· una proposta di decisione quadro relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (COM(2005)6), presentata il 19 gennaio 2005 dalla Commissione.
Il 26 ottobre 2005 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta, secondo la procedura di consultazione, approvandola con emendamenti. Il 27 aprile 2006 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico sulla proposta, che è sottoposta ad alcune riserve di esame parlamentare da parte di alcuni stati membri.
Il 7 agosto 2006, la Commissione ha presentato la comunicazione “elaborazione di una coerente strategia globale per la misurazione della criminalità e della giustizia penale: il piano d’azione dell’UE per il 2006-2010” (COM (2006)437).
La comunicazione include un piano d’azione che delinea il quadro generale delle principali azioni per il prossimo quinquennio e prevede l’istituzione di un gruppo di esperti composto di rappresentanti degli Stati membri, incaricato di coadiuvare la Commissione nella rilevazione delle esigenze politiche in materia di dati sulla criminalità e sulla giustizia penale al livello UE.
La Comunicazione è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.
Il 24 maggio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una raccomandazione destinata al Consiglio, sull’elaborazione di un’impostazione strategica della lotta contro la criminalità organizzata (2006/2094(INI)). In tale contesto il Parlamento invita, tra le altre cose, il Consiglio:
· ad adottare con urgenza la proposta di decisione quadro (COM(2005)475) sulla protezione dei dati nell’ambito del terzo pilastro;
· a sostenere gli sforzi degli stati membri volti ad ottenere una migliore comprensione di tali fenomeni criminali, alla luce del piano d’azione della Commissione (COM(2006)437) per l’elaborazione di statistiche della criminalità e della giustizia penale;
· a tenere conto dei risultati delle indagini dell’Eurobarometro al fine di valutare la percezione da parte dei cittadini del ruolo svolto dall’Unione europea nel settore della lotta alla criminalità e dei cambiamenti auspicati a livello europeo;
· a promuovere negli Stati membri, in particolare in quelle aree in cui l’influenza culturale e sociale della criminalità organizzata è più forte, progetti di educazione alla legalità nelle scuole e nei quartieri a rischio, contrastando in tal modo la criminalità organizzata tramite un’importante campagna educativa.
Il documento di consultazione rileva che, nonostante i progressi compiuti nella lotta contro il razzismo e l’intolleranza, permangono per gli immigrati gravi problemi di discriminazione, disoccupazione e accesso a servizi pubblici dignitosi, quali alloggio, sanità e scuole di qualità. I problemi sono tanto più gravi in caso di immigrati tecnicamente “illegali”.
Esistono inoltre ancora gravi problemi di integrazione nella comunità ospite. Tra i cittadini dei diversi stati membri, gli atteggiamenti al riguardo variano anche se, nella migliore delle ipotesi, la maggioranza della popolazione si mostra cauta nei confronti dei migranti, mentre una minoranza esprime aperta ostilità. La preoccupazione pubblica è spesso in rapporto con la portata e la rapidità del fenomeno e con il livello individuale di contatto personale: quartieri già etnicamente compositi tendono a percepire in modo più positivo gli immigrati, rispetto a quelli in cui ne vivono pochi.
Il documento sottolinea che l’inasprimento delle tensioni irrisolte e gli alti livelli di negatività verso coloro con cui gli europei vivono fianco a fianco mettono in difficoltà gli ideali di coesione sociale e forte comunità, tradizionalmente parte dei valori e del discorso politico dell’UE.
Il Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2006 ha adottato conclusioni in materia di immigrazione.
In particolare, il Consiglio europeo prevede, sotto il profilo della cooperazione e del dialogo con i Paesi Terzi, un rafforzamento del partenariato con i paesi dell’Africa e del Mediterraneo; una maggiore integrazione tra politiche migratorie e sviluppo; la promozione dell’immigrazione legale nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione. Sulla migrazione legale e sull’integrazione, il Consiglio europeo si impegna, in particolare, a sviluppare politiche che consentano di soddisfare le esigenze del mercato del lavoro e che contribuiscano allo sviluppo sostenibile di tutti i Paesi e a rafforzare le politiche di integrazione, stabilendo obiettivi e principi comuni. Il Consiglio europeo prevede, inoltre, di realizzare il regime europeo comune in materia di asilo entro la fine del 2010, secondo le indicazioni del programma dell’Aja.
Nel programma legislativo e di lavoro per il 2007, la Commissionesegnala che la situazione demografica europea ha reso più urgente la necessità di attirare immigrati economici verso il mercato del lavoro europeo. Un regime europeo per gli immigrati economici darebbe loro, secondo la Commissione, uno status giuridico sicuro, nel quale sarebbero chiare le regole da rispettare ed i diritti riconosciuti.
In questo contesto, e a parziale attuazione del piano d’azione dell’Aja (cfr. supra), il programma considera, tra le iniziative strategiche, la presentazione di:
· una proposta di direttiva quadro sulla gestione dell’immigrazione per motivi di lavoro. L’obiettivo specifico è promuovere una migliore integrazione degli immigrati economici nel mercato del lavoro, fornendo loro uno status giuridico certo, individuando e riconoscendo i loro diritti in quanto lavoratori e membri della società che li ospita;
· una proposta di direttiva sulle condizioni di ingresso e soggiorno di lavoratori altamente qualificati. L’obiettivo specifico è stabilire procedure di ammissione in grado di rispondere prontamente alle fluttuazioni della domanda di manodopera immigrata da parte del mercato del lavoro, cioè in grado di colmare efficacemente e rapidamente le carenze di manodopera, anche per affrontare le conseguenze delle tendenze demografiche in atto in Europa;
· una proposta di direttiva che introduca sanzioni minime per i datori di lavoro dei cittadini di Paesi terzi che soggiornano illegalmente nell'UE[41]. La proposta sarebbe volta a contribuire ad affrontare e ridurre l’impiego di cittadini di Paesi terzi in soggiorno illegale, in modo anche da diminuire l’immigrazione illegale e lo sfruttamento dei lavoratori clandestini.
Il Programma delle Presidenze dell’UE per il periodo 1 gennaio 2007 – 30 giugno 2008, in materia di immigrazione, prevede azioni volte a:
· garantire un dialogo periodico e ad attuare una cooperazione pratica tra i paesi di origine, di transito e di destinazione;
· attuare l’”approccio globale in materia di migrazione” e il piano d’azione del 2006 “Azioni prioritarie incentrate sull’Africa e sul Mediterraneo”;
· realizzare un sistema di sorveglianza della frontiera marittima meridionale.[42]
I lavori del Consiglio si incentreranno, tra l’altro, sulla definizione di una strategia europea per la migrazione legale e di un approccio coerente in materia di politica di migrazione e integrazione.
Il problema dei flussi migratori è considerato nella Strategia annuale per il 2008, presentata dalla Commissione il 21 febbraio 2007, come una delle maggiori sfide dell’UE, da affrontare avvalendosi di un’ampia serie di strumenti finanziari e normativi a carattere trasversale, che rispondano al tempo stesso ad un’impostazione globale concordata con i vari partner su scala mondiale.
In particolare, la Commissione considera la migrazione dei lavoratori come un contributo positivo alla prosperità e alla diversità culturale dell’Europa. Nel 2008 la Commissione presenterà una proposta legislativa sulla migrazione della manodopera, la quale verterà sulle condizioni d’ingresso e di soggiorno dei lavoratori stagionali. Sono previste, inoltre, nuove azioni a favore di una politica comune in materia di migrazione, e della creazione di un regime di asilo europeo comune entro il 2010.
Immigrazione legale
Il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione[43] relativa ad un piano d’azione per l’immigrazione legale, che definisce le azioni e le iniziative legislative che la Commissione intende intraprendere, al fine di sviluppare una politica coerente dell’UE in materia di immigrazione legale, nel periodo rimanente del programma dell’Aia (2006-2009).
Il piano d’azione è stato esaminato dal Consiglio il 24 luglio 2006 e dal Parlamento europeo (che ha adottato una risoluzione) il 24 ottobre 2006. Nella risoluzione adottata il Parlamento europeo sottolinea, tra l’altro, che la politica dell'UE deve prevedere efficaci misure di accoglienza e di integrazione degli immigrati, soprattutto delle donne, che rappresentano ormai la maggioranza, e invitano gli Stati membri a rafforzare le strutture e i servizi sociali che consentiranno il normale stabilimento dei migranti, nonché l'informazione relativa ai diritti e ai doveri che discendono dai principi e dalle leggi vigenti in ciascuno Stato membro.
Il 30 novembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione dal titolo “L'approccio globale in materia di migrazione un anno dopo: una politica generale dell'Europa sulla migrazione[44]”.
La comunicazione formula proposte per incentivare il dialogo e la cooperazione, in particolare con l'Africa, sull'intera gamma delle questioni relative alla migrazione (migrazione legale e illegale, aumento della protezione per i rifugiati, rafforzamento dei legami tra la politica in materia di migrazione e la politica di sviluppo). Si propone, inoltre, di aumentare il sostegno offerto ai Paesi africani per una migliore gestione della migrazione.
La comunicazione è stata esaminata dal Consiglio nella riunione del 4 dicembre 2006.
Il 16 maggio 2007, la Commissione ha presentato due comunicazioni:
· “Migrazione circolare e partenariati di mobilità tra UE e paesi terzi”;[45]
La comunicazione è volta a promuovere l’immigrazione legale e propone, in particolare, di incoraggiare il flusso proveniente da paesi con cui l’UE concluderà accordi di cooperazione che prevedano l’accoglienza di cittadini, per soddisfare la domanda di manodopera nei settori in cui essa è necessaria (agricoltura, edilizia, turismo, infermieristica etc.). Per i paesi che si avvalgano di questo sistema, la Commissione garantisce un’assistenza per lottare contro l’immigrazione illegale, con il coinvolgimento dell’Agenzia per la gestione delle frontiere (Frontex).
· “Applicazione dell’approccio globale sulla questione delle migrazioni nelle regioni che confinano con l’UE ad est e a sud-est”;[46]
La comunicazione intende ribadire l’importanza di rafforzare il dialogo e la cooperazione in materia di immigrazione sulla base delle iniziative già esistenti e si rivolge principalmente alle aree sud-orientali e orientali vicine all’UE: Turchia, Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia, incluso il Kosovo); i paesi partner della politica europea di vicinato (ENP) in Europa orientale (Ucraina, Moldavia e Bielorussia) e Caucaso meridionale (Armenia, Azerbadjan e Georgia) e la Federazione russa.
In relazione all’integrazione degli immigrati legali e delle persone a loro carico, il piano d’azione per l’immigrazione legale, presentato dalla Commissione il 21 dicembre 2005 (COM(2005)669) prevede che sia dato seguito alle misure prefigurate nella comunicazione,[47] presentata dalla Commissione il 1° settembre 2005, su “Un’agenda comune per l’integrazione”, nella quale viene proposto un quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea.
Poiché l’integrazione tocca diversi settori, tra cui il lavoro, le politiche urbane e l’istruzione, la Commissione intende far sì che le priorità della politica per l’integrazione siano tradotte in modo coerente nell’insieme delle diverse politiche. Tra le misure raccomandate nei diversi settori interessati figura il miglioramento dei programmi e delle attività di accoglienza per gli immigrati legali e per le persone a loro carico. Tali misure dovrebbero includere dei fascicoli informativi per gli immigrati economici appena arrivati, nonché corsi di orientamento linguistico e di educazione civica, finalizzati a far sì che gli immigrati comprendano e rispettino i valori comuni nazionali ed europei.
Il Consiglio, nel corso della riunione del 1° dicembre 2005, ha esaminato la comunicazione della Commissione ed ha adottato conclusioni in proposito, nelle quali si esprime in modo favorevole sul documento. Il Parlamento europeo ha esaminato il documento nel corso della seduta del 6 luglio 2006, approvando una risoluzione, nella quale, tra l’altro, per promuovere l’integrazione degli immigrati, sollecita lo scambio delle migliori pratiche, il dialogo interculturale e corsi di lingua. Sollecita anche procedure rapide e trasparenti per la loro naturalizzazione e l’effettiva attuazione delle direttive europee in questo campo, accoglie con favore la proposta relativa al Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi e chiede una direttiva quadro sulla migrazione legale.
Il 6 aprile 2005, la Commissione ha presentato la proposta di decisione (COM(2005)124-4), che istituisce un nuovo strumento di solidarietà: il Fondo europeo per l’integrazione[48]dei cittadini dei paesi terzi per il periodo 2007-2013 nell’ambito del programma generale “Solidarietà e gestione dei flussi migratori.
Il Fondo, con una dotazione pari a 825 milioni di euro, è destinato a sostenere la direttiva quadro, di prossima presentazione, sui diritti degli immigrati legali e i progetti volti a promuovere la Strategia europea dell’integrazione.
Sulla proposta di decisione, già esaminata dal Parlamento il 14 dicembre 2006, nell’ambito della procedura di consultazione, è attesa la decisione finale del Consiglio.
Nel corso del vertice informale dei ministri UE responsabili dell’immigrazione, tenutosi a Potsdam il 10-11 maggio 2007, la Commissione ha presentato la seconda edizione del manuale sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi[49].
Il manuale, rivolto a chiunque si occupi di integrazione sia a livello legislativo nazionale che a livello di attuazione locale, esamina le strutture e i meccanismi utilizzati per le strategie politiche di integrazione, relativamente ai temi della abitazione e dell’’integrazione economica.
Il manuale suggerisce modalità di integrazione economica che permettano di facilitare l’accesso degli immigrati al mercato del lavoro e strategie antidiscriminatorie sul posto di lavoro, che si basino sulla valorizzazione della diversità.
Relativamente alla tutela della diversità etnica e alla promozione dell’integrazione, è opportuno ricordare che il 19 aprile 2007 il Consiglio ha adottato il programma specifico Diritti fondamentali e cittadinanza per il periodo 2007-2013, come parte del programma generale Diritti fondamentali e giustizia (GUUE L 110 27 aprile 2007).
Nella stessa data il Consiglio ha inoltre adottato, nell'ambito della procedura di consultazione, una posizione comune sulla proposta di decisione quadro sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia (COM(2001)664).
La proposta di decisione quadro dovrebbe essere adottata definitivamente dal Consiglio il 12 giugno 2007.
In tema di immigrazione, la risoluzione n. 6-00001 (Gozi e altri) approvata il 25 settembre 2006, in esito all’esame della relazione del Governo sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2005, ha impegnato il Governo ad attivare nuove iniziative sui temi dell’immigrazione, dell’integrazione, cittadinanza e sicurezza, sulla base dei valori espressi dalla Carta dei Diritti fondamentali.
Il 14 dicembre il Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, ha svolto l’audizione del vicepresidente della Commissione europea on. Franco Frattini, su alcuni aspetti della cooperazione in materia di Giustizia e affari interni.
In particolare, in tema di immigrazione, l’on. Franco Frattini ha ricordato:
· i risultati positivi che si sono raggiunti in materia di immigrazione, nel quadro delle linee di politica europea tracciate dal vertice di Hampton Court del 2005;
· l’istituzione del Forum europeo per l’integrazione, la cui seconda edizione si svolgerà a Milano nell’ottobre 2007[50];
· l’impegno nella lotta alla criminalità transfrontaliera.
Nella Relazione sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per il 2006, si ricorda il sostegno italiano al consolidamento e sviluppo del c.d. “approccio globale alla gestione delle migrazioni” adottato dal Consiglio europeo nel dicembre 2005 e l’adesione alla piattaforma politica emersa dalla Conferenza di Rabat del 10-11 luglio 2006[51], dalla conferenza euro-africana di Tripoli del 22-23 novembre 2006 e del Consiglio europeo del dicembre 2006 sulla base anche delle indicazioni contenute nella risoluzione n. 6-00001 (Gozi e altri)
AI fini di una più ampia valutazione delle implicazioni e del documento sulla Realtà sociale europea sul piano della definizione delle opzioni normative rimesse al Legislatore nazionale, è opportuno passare sinteticamente in rassegna i principali indirizzi di politica legislativa emersi in questi ultimi anni nel nostro Paeseproprio in relazione ad alcune grandi tendenze di fondo evidenziate nel testo, quali la parità tra i sessi, il miglioramento della qualità sociale, la vita familiare e benessere, l’accesso alle opportunità d’istruzione, l’accesso alla salute, la qualità della vita, l’aumento della criminalità e dell’insicurezza, l’immigrazione, la diversità etnica e l’integrazione.
Per offrire una cornice interpretativa più articolata della realtà sociale sulla quale incidono molti interventi legislativi qui tratteggiati, sono stati riportati, in nota, alcuni passaggi del recentissimo Rapporto annuale dell’Istat sulla situazione del Paese nel 2006 che quest’anno mira ad approfondire, tra le altre, le problematiche delle condizioni economiche delle famiglie, del sistema di protezione sociale e si arricchisce di un’ampia disamina del fenomeno dell’immigrazione in Italia.
Codice delle pari opportunità e nuove risorse finanziarie per il settore
In primo luogo, uno specifico rilievo assume l’adozione del d. lgs. 11 aprile 2006, n. 198, recante il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna che opera un riordino delle disposizioni volte a combattere le discriminazioni ed ad attuare pienamente ed effettivamente il principio di uguaglianza.
Il Codice raccoglie inoltre le norme relative alle consigliere e ai consiglieri di parità nominati a livello nazionale, regionale e provinciale e quelle concernenti le pari opportunità nel lavoro, nell’attività d’impresa e nell’accesso alle cariche elettive. È composto di 58 articoli e si divide in quattro libri, il primo dei quali contiene disposizioni generali per la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna, mentre nei libri successivi trovano spazio le disposizioni volte alla promozione delle pari opportunità nei rapporti etico-sociali, nei rapporti economici e nei rapporti civili e politici.
Sempre in tema di pari opportunità, l’art. 1, co. 1261, della legge finanziaria 2007 ha incrementato la dotazione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità istituito dal d.l. 223/2006[52] presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, prevedendo un aumento di 40 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009.
La norma dispone che una quota parte dell’incremento sia destinata al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere (fondo che al momento non risulta ancora istituito). Ulteriori riserve sono finalizzate all’istituzione di un Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere ed al Piano d’azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere.
Per quanto concerne le policies dirette a favorire la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro in modo da accrescere l’occupazione femminile e quindi anche la parità tra i sessi[53], si ricorda che l’articolo 1, commi 1254-1256, della legge finanziaria 2007 modifica la disciplina di cui all’articolo 9 della legge 8 marzo 2000 n. 53 volta ad incentivare l’applicazione da parte delle aziende di accordi contrattuali che prevedano azioni positive per la flessibilità degli orari in modo da conciliare i tempi di vita e di lavoro. Con le modifiche introdotte, tra le aziende destinatarie dei contributi vengono comprese anche le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere. Con riferimento ai progetti per consentire la fruizione di particolari forme di flessibilità degli orari di lavoro, si attribuisce priorità ai genitori di bambini fino a dodici anni di età o fino a quindici anni di età, in caso di affidamento o di adozione, nonché quelli con figli disabili a carico. Inoltre, tra le modalità con cui si esplicano le azioni positive, si prevedono anche quegli interventi ed azioni comunque volti a favorire la sostituzione, il reinserimento, l’articolazione della prestazione lavorativa e la formazione dei lavoratori con figli minori o disabili a carico ovvero con anziani non autosufficienti a carico.
L’articolo 19, comma 3 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, al fine di promuovere le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, prevedendo l’assegnazione al Fondo di una somma di 3 milioni di euro per l'anno 2006 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2007. Con l’articolo 1, comma 1261, della l. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), la dotazione del richiamato Fondo è stata incrementata di 40 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009.
Infine, si consideri che la l. 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria per il 2006) prevede il recepimento della direttiva 2006/54/CE, volta a riordinare in un unico testo le vigenti disposizioni comunitarie, contenute in sette diverse direttive, riguardanti le pari opportunità e la parità di trattamento tra sessi in materia di occupazione e lavoro.
Gli interventi a sostegno della stabilità dell’occupazione
L’XI Commissione ha avviato l’esame in sede referente della pdl 1807 (Burgio ed altri), recante modifiche al d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, in materia di contratti di lavoro a tempo determinato. Tale proposta, partendo dal presupposto che il d.lgs. 368 del 2001 che attualmente disciplina il contratto di lavoro a tempo determinato, si presta ad un “abuso” dell’utilizzo del rapporto di lavoro a termine, è volta a ripristinare espressamente il principio (già previsto dalla normativa abrogata dalla riforma introdotta dal d.lgs. 368 del 2001) per cui il rapporto di lavoro deve essere “di norma” stipulato a tempo indeterminato, limitando la possibilità di apporre un termine al contratto di lavoro solamente nei casi di comprovate esigenze aziendali di natura temporanea e circostanziata.
Inoltre, la medesima a medesima Commissione ha iniziato l’esame della pdl 1538 (Nicchi ed altri), che ha lo scopo di contrastare la pratica di far firmare al lavoratore le cd. dimissioni “in bianco” al momento dell’assunzione e quindi nel momento in cui la posizione dello stesso lavoratore è più debole, pratica riguardante prevalentemente le donne lavoratrici. In particolare, si prevede che l’efficacia della lettera di dimissioni volontarie, presentata dal lavoratore e volta a dichiarare l'intenzione del medesimo soggetto di recedere dal contratto di lavoro, sia subordinata all’utilizzo, a pena di nullità, di appositi moduli predisposti e resi disponibili, gratuitamente, dagli uffici provinciali del lavoro e dagli uffici comunali.
Crescita dell’occupazione stabile e riduzione del fenomeno del lavoro precario
Nella legge finanziaria per il 2007 sono contenute una serie di disposizioni volte, da una parte, a favorire la crescita dell’occupazione stabile e quindi a ridurre il fenomeno del lavoro precario, dall’altra, ad accrescere comunque le tutele e le garanzie per i lavoratori titolari di contratti di lavoro flessibile.
Sotto il primo profilo, occorre segnalare innanzitutto le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 266-270, dirette a favorire la crescita dell’occupazione stabile (oltre che la competitività delle imprese) facendo leva sulla riduzione del cosiddetto “cuneo fiscale e contributivo”. Tale riduzione viene realizzata intervenendo sulla disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), tramite l’introduzione di ulteriori deduzioni dalla base imponibile nel caso di impiego di lavoratori a tempo indeterminato prevedendo particolari agevolazioni nel caso di lavoratori impiegati nelle regioni del Mezzogiorno e nel caso di impiego di donne lavoratrici. La misura in esame quindi, applicandosi esclusivamente al costo del lavoro subordinato a tempo indeterminato, è diretta in particolare ad incentivare l’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato e quindi a ridurre la percentuale dei lavoratori precari.
Per quanto riguarda le misure volte a ridurre l’utilizzo di forme di lavoro precario tramite la previsione di incentivi per la stabilizzazione dei lavoratori,si ricorda inoltre che l’articolo 1, commi da 1202 a 1210 reca disposizioni finalizzate a promuovere la trasformazione di rapporti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co), anche a progetto, in rapporti di lavoro subordinato di durata non inferiore a 24 mesi.
La legge finanziaria per il 2007 dispone inoltre l’incremento al 23% dell’aliquota contributiva pensionistica, corrisposta alla Gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della l. 335 del 1995 dai lavoratori autonomi che esercitano un’attività professionale o di collaborazione non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie (articolo 1, comma 770) che, oltre ad andare nella direzione di garantire pensioni più dignitose per i lavoratori in questione, ha lo scopo di evitare un abuso dei rapporti di collaborazione a progetto riducendone il differenziale di costo rispetto ai rapporti di lavoro.
Si consideri, inoltre, che la legge finanziaria per il 2007 prevede una serie di misure volte alla stabilizzazione del personale non di ruolo presso le pubbliche amministrazioni o comunque dirette ad evitare la formazione di ulteriore precariato nel settore pubblico.
Per quanto riguarda le misure della legge finanziaria per il 2007 indirizzate a garantire maggiori tutele ai lavoratori precari, cercando di contemperare la flessibilità con la necessità di maggiore sicurezza sociale (cd. “flessicurezza”), si ricorda che l’articolo 1, comma 788, dispone l’estensione, a decorrere dal 1° gennaio 2007, ai lavoratori a progetto e le categorie assimilate iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della l. 8 agosto 1995, n. 335, che non siano titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, di alcuni benefici relativi agli eventi della malattia e del parto.
Inoltre, l’articolo 1, comma 791 della legge finanziaria 2007, attraverso modifiche all’articolo 64, comma 2, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, concernente la tutela della maternità per le lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della l. 8 agosto 1995, n. 335 che non risultino iscritte ad altre forme pensionistiche obbligatorie, reca disposizioni volte ad estendere alle medesime lavoratrici la tutela più ampia sotto il profilo temporale nonché sotto il profilo del trattamento economico e normativo prevista per le lavoratrici dipendenti.
Occorre infine segnalare che l’XI Commissione ha avviato un’indagine conoscitiva sul lavoro precario (intendendosi come tale tutti i rapporti di lavoro mancanti della stabilità assicurata dal rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato) nel mondo del lavoro, al fine di approfondire tale fenomeno sia nel settore privato sia in quello pubblico. Obiettivo dell’indagine è non solamente di quantificare l’entità del fenomeno al momento attuale, ma anche di cercare di coglierne l’andamento negli ultimi cinque anni[54].
Contrasto del lavoro irregolare
Altre disposizioni approvate recentemente sono dirette a migliorare la qualità del lavoro contrastando il lavoro irregolare, talvolta prevedendo appositi incentivi volti a favorirne l’emersione[55].
Sii ricorda che l’articolo 1, commi da 1192 a 1201, della legge finanziaria per il 2007 detta misure volte a favorire l’emersione del lavoro irregolare, sulla base di accordi aziendali o territoriali, concedendo al datore di lavoro che procede alla regolarizzazione agevolazioni relative al versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi pregressi.
La stessa legge finanziaria 2007, inoltre, riformulando l’articolo 9-bis, comma 2, del d.l. 510 del 1996 (articolo 1, commi 1180-1185), ha esteso a tutti i datori di lavoro, compresi i datori di lavoro agricoli, l’obbligo della comunicazione preventiva dell’assunzione dei lavoratori (entro il giorno antecedente a quello di instaurazione del relativo rapporto), introdotta precedentemente dal citato articolo 36-bis, comma 6, del d.l. 223 del 2006 per il solo settore dell’edilizia. La previsione in oggetto è volta evidentemente a contrastare pratiche elusive da parte delle imprese, rafforzando i poteri degli organi accertativi sul piano probatorio.
Sempre la legge finanziaria per il 2007 ha disposto l’introduzione, in via sperimentale (articolo 1, commi 1173-1174), di indici di congruità intesi a valutare la congruità del rapporto tra qualità dei beni e servizi offerti e quantità di ore di lavoro impiegate al fine di promuovere la regolarità contributiva quale requisito per la concessione dei benefici e degli incentivi previsti dall’ordinamento. Tali indici potrebbero inoltre essere utili ad individuare eventuali anomalie per orientare l’attività ispettiva nel contrasto al lavoro irregolare.
Tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro
Per quanto attiene invece alle misure volte a migliorare la qualità del lavoro sul piano della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, si ricorda che:
§ l’articolo 36-bis, commi 1-8, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, ha introdotto una serie di misure per contrastare il lavoro sommerso e per promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro con riferimento al settore dell’edilizia che rappresenta uno dei settori più critici e a rischio per tali problematiche, prevedendo, in particolare, che, in attesa dell’adozione di un testo unico in materia di salute e sicurezza dei lavoratori (v. infra), le violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all’orario di lavoro possano condurre all’emanazione di provvedimenti di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni (compresa la partecipazione a gare pubbliche);
§ l’articolo 1, commi 780-781, della legge finanziaria per il 2007, nel prevedere per gli anni 2007 e 2008 una riduzione per il settore dell’artigianato dei premi INAIL per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, ha disposto che tali benefici siano prioritariamente riconosciuti alle imprese in regola con gli obblighi previsti dalla vigente normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, che abbiano adottato piani pluriennali di prevenzione per l’eliminazione delle fonti di rischio e per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro e non abbiano registrato infortuni nel biennio precedente alla data della richiesta di ammissione al beneficio;
§ in attuazione di quanto preannunciato nel DPEF 2007-2011, il Governo, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 16 febbraio 2007, ha approvato uno schema di disegno di legge per il conferimento di una delega all’emanazione di un testo unico per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Il disegno di legge in questione, acquisito il parere della Conferenza Unificata, è stato presentato al Senato il 18 aprile 2007 (A.S. 1507). L’esame in sede referente presso la 11a Commissione permanente (Lavoro, previdenza sociale) del Senato è iniziato il 19 aprile 2007.
Un accordo di solidarietà intergenerazionale
Un altro intervento da segnalare in materia di occupazione contenuto nella legge finanziaria per il 2007 prevede (articolo 1, commi 1160-1161) un accordo di solidarietà tra generazioni, al fine di promuovere la creazione di nuovi posti di lavoro e ridurre le uscite dal sistema produttivo dei lavoratori ultracinquantacinquenni. Tale accordo prevede, su base volontaria, la trasformazione a tempo parziale dei contratti di lavoro dei dipendenti che abbiano compiuto i 55 anni di età e la correlativa assunzione con contratto di lavoro a tempo parziale, per un orario pari a quello ridotto, di giovani inoccupati o disoccupati di età inferiore ai 25 anni, oppure ai 29 anni se in possesso di diploma di laurea.
Il riassetto del sistema previdenziale
In materia di sicurezza sociale (con particolare riferimento al tema della previdenza), in primo luogo sono stati esaminati alcuni provvedimenti volti a realizzare l’anticipazione al 1° gennaio 2007 dell’entrata in vigore della riforma della disciplina della previdenza complementare, prevista originariamente dal d.lgs. 252 del 2005 al 1° gennaio 2008.
In particolare, il d.l. 13 novembre 2006, n. 279, in connessione con la misura dell’anticipazione al 1° gennaio 2007 dell’entrata in vigore del citato d.lgs. 252 del 2005 introdotta, nel corso dell’esame parlamentare, nel disegno di legge finanziaria per il 2007, recava modifiche varie all’articolo 23 del medesimo d.lgs 252/2005, prevedendo misure procedurali urgenti per la fase transitoria volte a rendere possibile la corretta e funzionale applicazione della medesima riforma sin dall’inizio del prossimo anno. Il decreto-legge in esame è decaduto senza essere convertito in legge; tuttavia le disposizioni in esso contenute sono state sostanzialmente trasfuse nella legge finanziaria per il 2007.
La stessa legge finanziaria per il 2007 ha disposto quindi, oltre all’anticipazione al 1° gennaio 2007 della decorrenza della riforma introdotta dal d.lgs. 252 del 2005, la modifica dei termini entro cui le forme pensionistiche sono tenute a provvedere ai necessari adeguamenti per conformarsi alla nuova disciplina (articolo 1, comma 749).
Strumenti legislativi e risorse per le politiche familiari
E’ opportuno ricordare, in primo luogo, la recente attribuzione alla Presidenza del Consiglio dei ministri, operata dal d.l. 181/2006[56], delle funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia.
Con la legge finanziaria per il 2007 sono stati adottati numerosi interventi a sostegno della famiglia[57]. In particolare la legge finanziaria dispone uno stanziamento di 210 milioni di euro per l’anno 2007 e 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, al fine di integrare le risorse del Fondo per le politiche per la famiglia, istituito con uno stanziamento di 3 milioni di euro nel 2006 e di 10 milioni annui dal 2007[58].
Sono inoltre elencate le finalità delle risorse: istituzione dell’Osservatorio sulla famiglia; iniziative di conciliazione del tempo di vita e lavoro; riduzione dei costi dei servizi per le famiglie numerose; sostegno dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dell’Osservatorio per l’infanzia e del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia; valorizzazione delle iniziative degli enti locali ed imprese; sostegno delle adozioni internazionali. E’ previsto, altresì, che il Ministro per le politiche della famiglia utilizzi il Fondo per i
- finanziare un piano nazionale per la famiglia e organizzare con cadenza biennale una Conferenza nazionale sulla famiglia;
- realizzare un’intesa in sede di Conferenza unificata, relativa alla riorganizzazione dei consultori familiari;
- promuovere un Accordo in sede di Conferenza Stato-regioni per la qualificazione del lavoro delle assistenti familiari.
Sempre nell’ambito delle politiche a favore della famiglia vale la pena ricordare le disposizioni relative all’infanzia e all’adolescenza, previste dalla stessa legge finanziaria per il 2007[59] che stabilisce che il Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza[60] sia provvisto di una dotazione determinata annualmente dalla legge finanziaria.
Sempre con la legge finanziaria per il 2007[61] sono previste disposizioni volte a potenziare i servizi socio-educativi. In particolare si prevede che il Ministro delle politiche per la famiglia promuova un’ intesa in sede di Conferenza unificata per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei criteri sulla cui base le regioni attuano un piano straordinario di interventi[62] per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi, al quale concorrono gli asili nido, i servizi integrativi e i servizi innovativi nei luoghi di lavoro, presso le famiglie e presso i caseggiati.
Il piano straordinario è finalizzato al conseguimento, entro il 2010, dell’obiettivo comune della copertura territoriale del 33 per cento fissato dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000 e alla riduzione degli squilibri esistenti tra le diverse aree del Paese.
Ulteriori misure, riconducibili sia alla tematica della famiglia che a quella del contrasto della povertà, sono previste per i soggetti disabili: la medesima legge finanziaria per il 2007[63] ha disposto l’istituzione di un Fondo per le non autosufficienze presso il Ministero della solidarietà sociale, al fine di assicurare l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo alle persone non autosufficienti[64].
Sempre in tale ambito, la legge finanziaria per il 2007[65] proroga dal 30 aprile 2006 al 30 giugno 2007 la prosecuzione della sperimentazione del reddito minimo di inserimento.
La Commissione affari sociali della Camera, inoltre, ha portato a termine nella seduta del 24 aprile 2007, con l’approvazione del documento conclusivo, l’indagine conoscitiva sulle condizioni sociali delle famiglie in Italia, deliberata il 1° agosto 2006. L’indagine, volta ad acquisire una migliore conoscenza dello stato dei servizi sociosanitari ed educativi, nelle diverse realtà territoriali, anche in relazione all’attività svolta dal volontariato e dal terzo settore, ha consentito, in particolare, di analizzare l’evoluzione del ruolo e delle condizioni sociali della famiglia, in relazione ai cambiamenti economici, demografici e culturali. In tale sede, sono stati altresì approfonditi i temi delle risorse dedicate alla famiglia, dell’assistenza e della solidarietà, dell'accesso ai servizi, delle forme di sostegno al reddito più idonee al superamento delle disuguaglianze, delle condizioni di povertà e di esclusione sociale (in particolare della popolazione immigrata)[66].
E’ maturata in Italia, in questi anni, anche sulla scorta delle numerose iniziative assunte a livello comunitario, la consapevolezza di dover incentivare il livello medio di istruzione, contrastando il fenomeno dell’abbandono anticipato della scuola da parte degli studenti. Alcuni interventi, in tale prospettiva, sono contenuti nella legge finanziaria per il 2007 che ha previsto:
- nuove misure di contrasto degli insuccessi scolastici (pur nell’ambito dell’elevamento del valore medio del rapporto alunni/classe);
- la ridefinizione dell’obbligo scolastico ed il contestuale innalzamento -da quindici a sedici anni- dell’età minima per l’accesso al lavoro;
- la disponibilità dei locali scolastici, anche al di fuori dell’orario di lezione, per attività destinate oltre che agli studenti agli adulti del territorio;
- il riordino del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS[67]) post secondaria;
- la riorganizzazione delle strutture attualmente preposte all’ educazione degli adulti, (centri territoriali permanenti e corsi serali) al fine di qualificare meglio l’offerta di formazione, anche attraverso l’insegnamento della lingua italiana agli stranieri;
- l’incremento delle dotazioni tecnologiche delle istituzioni scolastiche[68];
- la possibilità di noleggiare i libri di testo da parte delle istituzioni scolastiche, delle reti di scuole e delle associazioni dei genitori al fine di ridurre i costi per le famiglie;
- l’estensione delle agevolazioni sull’acquisto dei libri di testo previste per le scuole medie inferiori anche al biennio delle superiori;
- l’istituzione delle classi primavera, dedicate ai bambini fra i 2 e 3 anni, nell’ambito di un progetto educativo, cui il Ministero contribuisce con personale adeguatamente formato, d’intesa con gli enti locali, in via sperimentale;
- la facoltà dei contribuenti, già prevista per il 2006, di destinare il 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a varie finalità tra le quali figura il finanziamento agli enti della ricerca scientifica e dell'università.
Nell’ottica, poi, di promuovere la diffusione della cultura tecnico scientifica è stata recentemente prevista[69] la costituzionedi “Poli tecnico professionali”, comprensivi di istituti statali di istruzione secondaria (tecnici e professionali); strutture regionali preposte alla realizzazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale[70]; istituti tecnici superiori, risultanti dalla trasformazione degli attuali Istituti di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore dei quali, come già segnalato,sopra la legge finanziaria 2007 ha disposto il riordino
In materia di tutela del diritto alla salute, diverse misure sono state adottate con la legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296).
In particolare, sono state dettate numerose disposizioni volte a garantire la razionalizzazione della spesa e il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica nel settore della sanità.
Con riferimento ai livelli essenziali di assistenza è stata avviato un processo di revisione, al fine di ampliare le prestazioni da erogare sia in sede ambulatoriale, che in regime di ricovero ospedaliero diurno.
Per gli interventi di ristrutturazione edilizia ed ammodernamento tecnologico le risorse a disposizione sono incrementate di 3 miliardi di euro[71].
In particolare, tali finanziamenti sono diretti a conseguire i seguenti obiettivi:
§ innovazione tecnologica delle strutture del Servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alla diagnosi e terapia nel campo dell'oncologia e delle malattie rare;
§ superamento del divario sanitario Nord-Sud;
§ possibilità per le regioni che abbiano già realizzato la programmazione pluriennale in campo sanitario, di attivare una programmazione aggiuntiva;
§ messa a norma delle strutture pubbliche sanitarie;
§ premialità per le regioni, in ragione della tempestività e qualità degli interventi di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico già eseguiti per una quota pari al 10 per cento.
Si ricorda, altresì, che la legge finanziaria per il 2007[72] ha dettato, tra l’altro, norme riguardanti la compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria: sono stati introdotti, in particolare, due nuovi ticket, riguardanti, rispettivamente, le prestazioni di specialistica ambulatoriale (pari a 10 euro per ricetta[73]) e le prestazioni di pronto soccorso ospedaliero con codice bianco, non seguite da ricovero (pari a 25 euro).
Attualmente, è in corso di esame presso il Senato (in terza lettura) il d.l. 20 marzo 2007, n. 23[74], volto, tra l’altro, ad eliminare il ticket, pari a 10 euro, sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale.
Il Parlamento ha approvato la legge 8 febbraio 2007, n. 9 recante “Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali”, la quale, oltre a sospendere la procedura esecutiva di sfratto nei confronti di alcune categorie sociali particolarmente deboli, ha previsto anche alcune misure di natura strutturale.
Tra queste, si segnala la predisposizione di un piano straordinario pluriennale da parte dei comuni e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un programma nazionale di edilizia residenziale pubblica.
Sempre in materia di edilizia residenziale pubblica, si segnala l’art. 1, comma 1154,della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che ha autorizzato la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per la realizzazione di un piano straordinario di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata (dove per "sovvenzioni" si intende la copertura dei costi in conto capitale per la realizzazione dell’opera), rinviando ad un successivo decreto del Ministro delle infrastrutture, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la definizione delle modalità di applicazione e di erogazione dei finanziamenti previsti.
Lo scorso 18 aprile 2007 la Camera ha approvato il testo unificato delle proposte di legge A.C. 15 e abb. recante Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni.
La proposta ha la finalità, tra l’altro, di promuovere e sostenere le attività economiche, sociali, ambientali e culturali esercitate nei piccoli comuni e di tutelare e valorizzare il patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico custodito in tali comuni.
Le regioni, a loro volta, possono incentivare l’adozione di misure atte a tutelare l’arredo urbano, l’ambiente e il paesaggio, favorendo l’utilizzo di materiali di costruzione locali, l’installazione di antenne collettive per la ricezione delle trasmissioni radiotelevisive via satellite, la limitazione dell’impatto ambientale dei tracciati delle linee elettriche e degli impianti per telefonia mobile e radiodiffusione.
Per garantire finalità di sviluppo sostenibile e un equilibrato governo del territorio, lo Stato, le regioni, le province, le unioni di comuni, le comunità montane e gli enti parco, per quanto di rispettiva competenza, assicurano, nei piccoli comuni, l’efficienza e la qualità dei servizi essenziali, con particolare riferimento, tra l’altro, all’ambiente, alla tutela del ciclo idrico, al risparmio e alla efficienza energetici, all’uso delle fonti rinnovabili.
Lo scorso 28 marzo, l’VIII Commissione ha concluso l’esame in sede referente del testo unificato delle proposte di legge A.C. 550, A.C. 764 e A.C. 824, in materia di Riqualificazione e recupero dei centri storici.
Il provvedimento è finalizzato a promuovere interventi integrati volti alla riqualificazione urbana nei centri storici dei comuni con popolazione pari o inferiore a 200.000 abitanti.
Tali interventi – che hanno carattere integrato, in quanto prevedono il coinvolgimento sia di soggetti privati che pubblici - sono destinati: al risanamento e al recupero del patrimonio edilizio da parte di privati; alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico; alla manutenzione straordinaria dei beni pubblici già esistenti da parte dell’ente locale; al miglioramento e all’adeguamento degli arredi e dei servizi urbani; al consolidamento statico e antisismico degli edifici storici.
Il provvedimento prevede inoltre l’istituzione del marchio di «borghi antichi d’Italia», da assegnare a comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti. Per la realizzazione degli interventi contemplati dal testo unificato viene istituto il Fondo nazionale per il recupero e la tutela dei centri storici e dei borghi antichi d’Italia, le cui risorse, per una quota pari almeno al 50 per cento, viene destinata agli interventi per i comuni con popolazione pari o inferiore a 15.000 abitanti.
Gestione dei rifiuti ed interventi di salvaguardia ambientale: le misure previste dalla legge finanziaria 2007
La legge finanziaria per il 2007 fissa alcuni obiettivi minimi di raccolta differenziata dei rifiuti da raggiungere negli ambiti territoriali ottimali (ATO): 40% entro il 31 dicembre 2007, 50% entro il 31 dicembre 2009 e 60% entro il 31 dicembre 2011. Per gli anni successivi al 2011, la definizione della percentuale minima di raccolta differenziata è demandata ad un decreto del Ministero dell’ambiente, sentita la Conferenza Stato-Regioni, in vista di una progressiva riduzione della quantità di rifiuti inviati in discarica e nella prospettiva di rendere concretamente realizzabile l’obiettivo "Rifiuti zero" (art. 1, commi 1108 e 1109).
Viene, altresì, previsto che per il 2007 - in sede di riparto delle risorse del Fondo unico investimenti per la difesa del suolo e tutela ambientale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare - una quota non inferiore a 5 milioni di euro venga riservata alla realizzazione di un sistema integrato per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti (art. 1, comma 1116).
Ai fini del rafforzamento della protezione ambientale, è previsto, sempre a partire dall’anno 2007, l’avvio di un programma nazionale sperimentale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l’asporto delle merci che non risultano biodegradabili, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario. (art. 1, commi 1129-1131) ;
Per il finanziamento di interventi finalizzati al miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane, nonché al potenziamento del trasporto pubblico, viene istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, del Fondo per la mobilità sostenibile, con uno stanziamento di 90 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 (art. 1, commi 1121-1123);
Al fine di finanziare progetti per la sostenibilità ambientale di settori economico-produttivi o aree geografiche, l’educazione e l’informazione ambientale e progetti internazionali per la cooperazione ambientale sostenibile, viene istituito un fondo per lo sviluppo sostenibile con risorse pari a 25 milioni di euro per il triennio 2007-2009 (art. 1, commi 1124 e 1125).
Sono previste infine misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto volte a concedere finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati), viene prevista l’istituzione, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., di un Fondo rotativo, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009 (art. 1, commi 1110-1115).
Prevenzione e repressione dei fenomeni criminosi
Nel corso del primo anno della legislatura la Commissione Giustizia ha avviato l'esame di diversi provvedimenti in materia di lotta alla criminalità, sia di iniziativa parlamentare, sia di iniziativa governativa.
Recentemente, il Parlamento ha, altresì, convertito in legge il decreto legge n. 8 del 2007, recante Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche[75].
La ratio dell'intervento d'urgenza del Governo deve essere rinvenuta nel recente e drammatico susseguirsi di gravissimi episodi di violenza verificatisi in occasione di avvenimenti sportivi che hanno richiesto un intervento normativo immediato volto ad integrare e perfezionare la normativa vigente in materia di contrasto ai fenomeni di degenerazione violenta del tifo sportivo.
La Camera dei deputati ha, inoltre, approvato, in prima lettura, il disegno di legge C. 915, previamente esaminato in sede referente dalla Commissione giustizia, volto all'introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale in materia di tortura.
In base al nuovo articolo art. 613-bis del codice penale è punito con la pena della reclusione da tre a dodici anni chiunque, con violenza o minacce gravi, infligge ad una persona forti sofferenze fisiche o mentali ovvero trattamenti crudeli, disumani o degradanti, allo scopo di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni su un atto che essa stessa o una terza persona ha compiuto o è sospettata di avere compiuto ovvero allo scopo di punire una persona per un atto che essa stessa o una terza persona ha compiuto o è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale.
È previsto, inoltre, che la citata pena venga aumentata nel caso in cui la condotta sopra descritta venga posta in essere da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, ovvero nel caso in cui dal fatto derivi una lesione grave o gravissima. La pena è raddoppiata se ne deriva la morte.
Per quanto riguarda, poi, i provvedimenti in corso di esame presso la Commissione giustizia della Camera e riguardanti strumenti di prevenzione e repressione di fenomeni di criminalità si segnalano le seguenti proposte di legge:
Misure urgenti in materia di prevenzione e repressione dei fenomeni di violenza, A.C. 2490.
Il provvedimento, già esaminato dal Senato, novella il codice penale al fine di inserirvi il nuovo articolo 583-quater, riguardante le lesioni gravi o gravissime arrecate ad un pubblico ufficiale in esercizio di ordine pubblico.
Nello specifico, l'articolo 1 della pdl contempla l'ipotesi di lesioni personali gravi o gravissime arrecate ad un pubblico ufficiale che svolga un servizio di ordine pubblico, indipendentemente dalla circostanza che tale comportamento illecito sia tenuto in occasione di manifestazioni sportive.
Al riguardo, le pene previste sono la reclusione da quattro a dieci anni, nel caso di lesioni personali gravi; la reclusione da otto a sedici anni, nel caso di lesioni personali gravissime.
Norme contro la violenza sessuale, A.C. 950 e abb.
Si tratta di nove proposte di legge di iniziativa parlamentare e una di iniziativa governativa, volte tutte ad apportare una sostanziale modifica alla disciplina della violenza sessuale ed in particolare a dare un segnale di intransigenza nei confronti dei colpevoli di reati di così grave natura. Nel complesso, le proposte di legge prevedono tre diversi livelli integrati di intervento in tutti i casi di violenza: si stabiliscono, infatti, misure di sensibilizzazione e di prevenzione contro la violenza in famiglia, di genere e contro le discriminazioni; misure volte al riconoscimento di diritti alle vittime di violenza e un ampliamento in loro favore della tutela processuale penale e civile.
Disposizioni in materia di contrasto al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, A.C. 1857.
Si tratta di un disegno di legge di iniziativa governativa contenente disposizioni in materia di contrasto al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e modifiche al codice di procedura penale.
In particolare, l'articolo 1 del provvedimento novella in più punti l’articolo 12 del “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), ridefinendo, in primo luogo, il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina attraverso una specificazione delle condotte che integrano la fattispecie
Reati ambientali, A.C. 25 ed abb.
Si tratta di quattro proposte di legge di iniziativa parlamentare tutte volte ad introdurre una serie di nuovi articoli nell’ambito del codice penale diretti a costituire il nuovo Titolo VI-bis del Libro secondo in materia di delitti contro l'ambiente. La necessità di prevedere nell’ambito del sistema penale un insieme di norme omogenee che tutelino l'ambiente appare, ad avviso dei proponenti, ormai ineludibile, a fronte dell'allarme sociale prodotto dai diffusi comportamenti illeciti in campo ambientale e, in particolare, delle forme di criminalità organizzata presenti nelle attività di smaltimento e riciclaggio dei rifiuti.
Per quanto riguarda i provvedimenti in esame presso la Commissione affari costituzionali nello stesso ambito, si segnalano quelli relativi alla disciplina dei benefici in favore di vittime del terrorismo, della criminalità organizzata e del dovere (A.C. 1593 ed abb.).
La percezione della criminalità in Italia: l’indagine parlamentare sul sistema e sullo stato della sicurezza
La Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati, nella seduta del 26 settembre 2006, ha deliberato lo svolgimento di un’Indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia.
Tra le diverse materie che formano oggetto dell’indagine, articolata sui due temi del “sistema di sicurezza” nei suoi profili organizzativi, e dello stato della sicurezza nelle sue interazioni con la società civile, si ricordano in particolare:
§ lo stato della sicurezza in Italia e le sue dinamiche negli ultimi anni;
§ le politiche in materia di sicurezza dei cittadini;
§ la percezione della sicurezza da parte dei cittadini e il raffronto tra i livelli di percezione e l'effettivo stato della criminalità.
La riforma della disciplina sulla cittadinanza
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Riconducibili allo stesso ambito sono due decreti legislativi di recente adozione, sui cui schemi la Commissione Affari costituzionali ha espresso il prescritto parere:
§ d.lgs. 3/2007[77], di attuazione della Direttiva 2003/109, relativa allo status di cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo; concernente i cittadini di Paesi terzi che, soggiornando regolarmente da almeno cinque anni in Italia, acquistano a determinate condizioni uno status giuridico particolare, con ulteriori diritti rispetto agli altri extracomunitari aventi regolare permesso di soggiorno[78];
§ d.lgs. 5/2007[79], di attuazione della Direttiva 2003/86 sul diritto al ricongiungimento familiare; che apporta le necessarie integrazioni al testo unico sull’immigrazione nella parte relativa ai ricongiungimenti familiari, il cui diritto viene esteso anche ai rifugiati[80].
Altre iniziative in materia d’immigrazione: il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati
I commi 1267-1268 della legge finanziaria 2007 (l. 296/2006[81]) hanno istituito un Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati presso il Ministero della solidarietà sociale. La dotazione del Fondo è pari a 50 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009. Il Fondo è fra l’altro finalizzato alla realizzazione di un piano per l’accoglienza degli alunni stranieri, anche per favorire il rapporto scuola-famiglia, mediante l’utilizzo, per fini non didattici, di apposite figure professionali madrelingua quali i mediatori culturali.
La legge finanziaria contiene altre disposizioni in materia, quali:
§ la riorganizzazione dei centri locali per l’istruzione degli adulti, anche con il fine di diffondere la conoscenza della lingua italiana presso la popolazione adulta immigrata (art. 1, co. 632);
§ la destinazione del 90% del contributo di solidarietà dei trattamenti di fine rapporto più alti alle iniziative volte a favorire l’istruzione e la tutela delle donne immigrate (art. 1, co. 223);
§ l’estensione dell’esenzione dall’IVA per le prestazioni socio-sanitarie rese a migranti, richiedenti asilo, donne vittime di tratta ecc. (art. 1, co. 312).
Con riferimento all’immigrazione ricordiamo inoltre il D.P.C.M. 25 ottobre 2006, che ha definito la programmazione aggiuntiva dei flussi d’ingresso di lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato per l’anno 2006, fissando un’ulteriore quota di ingressi pari a 350.000 lavoratori[82]. I precedenti decreti avevano fissato, per il 2006, una quota di ingressi complessivamente pari a 200.000 unità.
La l. 13/2007[83], legge comunitaria 2006, reca tra le altre disposizioni di delega, oggetto di ampio dibattito parlamentare, relative rispettivamente al recepimento della direttiva 2005/85/CE (in materia di asilo) e della direttiva 2005/71/CE (ingresso di cittadini extracomunitari ai fini di ricerca scientifica).
Il 16 maggio scorso, infine, la Camera ha approvato definitivamente la proposta di legge A.C. 2427, non ancora pubblicata, relativa alla disciplina dei soggiorni di breve durata, volta a sostituire il permesso di soggiorno con una semplice dichiarazione di presenza per gli stranieri non comunitari che intendono soggiornare in Italia per periodi non superiori a tre mesi per motivi di visita, affari, turismo e studio.
Recenti iniziative legislative in tema di libertà religiosa
Nell’ottica del dialogo interculturale, acquista rilievo per alcuni profili il dibattito parlamentare in tema di libertà religiosa. La I Commissione della Camera ha iniziato nel mese di novembre 2006 l’esame delle due proposte di legge di iniziativa parlamentare (A.C. 36 e A.C. 134) volte ad aggiornare la disciplina in materia, elaborata tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso. I progetti di legge perseguono tre obiettivi principali:
§ definire i princìpi generali sulla libertà religiosa in conformità al dettato costituzionale;
§ regolamentare la posizione giuridica delle confessioni religiose;
§ definire le procedure per la stipulazione delle intese fra lo Stato e le confessioni religiose.
[1] L’Ufficio dei consiglieri per le politiche europee (BEPA) è una direzione generale della Commissione europea con il compito di fornire al Presidente e ai servizi della Commissione pareri in materia di strategia e di politica, tempestivi e informati, relativi a questioni importanti del programma del Presidente e delle politiche future dell’Unione.
[2] Dal sondaggio Eurobarometro sulle diverse dimensioni della realtà sociale, realizzato alla fine del 2006, emerge, fra l’altro, che meno di un terzo dei cittadini dell’UE ripone fiducia nelle istituzioni nazionali. La preoccupazione attualmente più diffusa è la disoccupazione (36%), seguita dal costo della vita (35%) e dalle pensioni (30%). Un quarto dei cittadini si sente minacciato dal rischio della povertà e il 62% ritiene che chiunque possa prima o poi correre un tale rischio. Conseguire un buon livello di istruzione (62%) e lavorare sodo (45%) sono considerati i due fattori più importanti per cavarsela nella vita; tuttavia, il 64% dei cittadini dell’Unione ritiene che i bambini di oggi siano destinati ad un’esistenza più difficile rispetto a quella della propria generazione.
[3] Il Consiglio europeo di Bruxelles del marzo 2005, sulla base della comunicazione della Commissione “Lavorare insieme per la crescita e l’occupazione – il rilancio della strategia di Lisbona” (COM(2005)24) ha proceduto alla revisione intermedia della strategia di Lisbona. A tal fine ha individuato i seguenti assi fondamentali del rilancio: conoscenza e innovazione – motori di una crescita sostenibile; spazio attraente per investire e lavorare; crescita e occupazione al servizio della coesione sociale.
[4] Le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione, approvate dal Consiglio europeo di giugno 2005 e poi formalmente adottate dal Consiglio nel luglio 2005, si articolano in:
- una raccomandazione del Consiglio recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE), applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità;
- una decisione del Consiglio recante le linee direttrici per l’occupazione, che enunciano gli obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri.
[5] Il 12 dicembre 2006 la Commissione ha presentato la relazione annuale sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata “Un anno di realizzazioni” (COM(2006)816), presentata al Consiglio europeo di primavera 2007, che si basa sui rapporti nazionali di attuazione presentati dagli Stati membri nell’autunno 2006 e sul riesame, compiuto dalla stessa Commissione, dell’andamento delle riforme a livello di UE nel contesto del programma comunitario di Lisbona.
[6] L’Ufficio dei consiglieri per le politiche europee (BEPA) è una direzione generale della Commissione europea con il compito di fornire al Presidente e ai servizi della Commissione pareri in materia di strategia e di politica, tempestivi e informati, i relazione a questioni importanti del programma del Presidente e delle politiche future dell’Unione. Obiettivo del BEPA è quello di produrre analisi scientifiche e politiche all’altezza del suo livello professionale, contribuendo ad una comunicazione efficace non solo all’interno della Commissione e tra le istituzioni comunitarie, ma anche con il mondo accademico, i mercati e il grande pubblico. Esso interviene nella prima fase (strategica) del ciclo politico, contribuendo pertanto a dare forma alle possibilità politiche nel medio e lungo periodo.
[7] La Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro ha segnalato un aumento dell’intensità del lavoro, dei disturbi dovuti a mal di schiena e dolori muscolari e dello stress.
[8] In proposito, si veda il Bollettino sull’attività dell’Unione europea n. 13 del 10 gennaio 2007 “Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo”, a cura dell’Ufficio RUE.
[9] L’articolo 125 del trattato stabilisce che gli Stati membri e la Comunità si adoperano per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, di cui definisce gli obiettivi. La relazione comune sull’occupazione, unitamente alle raccomandazioni agli Stati membri e gli orientamenti annuali sull’occupazione, è elemento costitutivo della strategia europea per l’occupazione, avviata dal Consiglio europeo di Lussemburgo nel novembre 1997. La procedura annuale della strategia europea per l’occupazione è definita nell’articolo 128 del trattato: in base a una relazione annuale comune del Consiglio e della Commissione, il Consiglio europeo esamina annualmente la situazione dell’occupazione nella Comunità e adotta le conclusioni del caso. Sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio elabora annualmente degli orientamenti di cui devono tener conto gli Stati membri nelle rispettive politiche in materia di occupazione. Ciascuno Stato membro trasmette al Consiglio e alla Commissione, una relazione annuale, riguardante il programma nazionale di riforma, sulle principali misure adottate per l’attuazione della propria politica in materia di occupazione, alla luce degli orientamenti in materia di occupazione. Il Consiglio procede annualmente ad un esame dell’attuazione delle politiche degli Stati membri in materia di occupazione alla luce di dette relazioni sui programmi e può rivolgere raccomandazioni agli Stati membri. Inoltre, sulla base dei risultati di detto esame, il Consiglio e la Commissione trasmettono al Consiglio europeo una relazione annuale comune in merito alla situazione dell’occupazione nella Comunità. Dal 1997 la strategia europea per l’occupazione è stata rafforzata da iniziative adottate nelle riunioni del Consiglio europeo di primavera. Attualmente, nell’ambito del ciclo triennale 2005-2008, la strategia europea per l’occupazione ha tre obiettivi generali: piena occupazione, qualità e produttività sul posto di lavoro, coesione e mercati del lavoro inclusivi.
[10] Il Consiglio europeo di primavera 2005 ha adottato, come già ricordato, il Patto europeo per la gioventù, come uno degli strumenti che contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona. Il Patto europeo si concentra su tre settori: occupazione, integrazione e promozione sociale; istruzione, formazione e mobilità; conciliazione della vita professionale con la vita personale e familiare.
[12] Il Consiglio europeo di primavera 2006, nelle sue conclusioni, dopo avere ricordato che l'istruzione e la formazione sono elementi cruciali per lo sviluppo delle potenzialità dell'UE a lungo termine sotto il profilo della competitività nonché della coesione sociale, ha sottolineato la necessità di accelerare riforme che pongano in essere sistemi scolastici di elevata qualità che siano tanto efficaci quanto equi.
[13] ECVET: European Credit System for Vocational Education and Training. Al riguardo, si veda il Bollettino sull’attività dell’Unione europea n. 16 dell’8 febbraio 2007 “Sistema europeo di crediti accademici nel campo dell’istruzione professionale”, a cura dell’Ufficio RUE.
[14] Il sistema non dovrebbe essere obbligatorio, ma, nelle intenzioni della Commissione, sarebbe basato sulla partecipazione volontaria degli Stati membri, all’interno dei rispettivi sistemi di qualifica e formazione professionale.
[15] Sulla base di tali conclusioni, il 4–5 dicembre 2006 i ministri europei dell’istruzione hanno elaborato il “comunicato di Helsinki”, documento che aggiorna le strategie e le priorità del processo di Copenhagen per lo sviluppo della cooperazione europea nel settore dell’istruzione e formazione professionale. Il processo di Copenhagen, a cui aderiscono i 27 stati membri dell’Unione europea, due dei paesi candidati (Croazia e Turchia), tre paesi dell’EFTA (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), le parti sociali e la Commissione europea, è nato quale contributo alla realizzazione degli obiettivi generali della strategia di Lisbona ed è aggiornato da una conferenza ministeriale che si tiene ogni due anni.
[16] La decisione n. 2241/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004 istituisce un quadro comunitario unico per realizzare la trasparenza delle qualifiche e delle competenze mediante l'istituzione di una raccolta personale e coordinata di documenti, denominata Europass, che i cittadini possono utilizzare su base volontaria per meglio comunicare e presentare le proprie qualifiche e competenze in tutta Europa.
[17] La proposta provvederebbe alla sostituzione dell’attuale programma Erasmus Mundus, che ha una durata di cinque anni (2004-2008) ed è stato istituito con la decisione n. 2317/2003/CE del 5 dicembre 2003.
[18] COM(2005)94
[19] Per dare un seguito alla comunicazione, la Commissione ha organizzato, il 30 e 31 ottobre 2006, il primo Forum biennale sulla demografia, che ha riunito gli esperti dei governi nazionali di questo settore per individuare e scambiare le migliori pratiche sulle politiche relative all’invecchiamento, fornire agli Stati membri nuove idee e contribuire ad eliminare la percezione dell’invecchiamento come una minaccia per la nostra prosperità economica e sociale.
[20] In proposito, si veda il Bollettino sull’attività dell’Unione europea n. 9 del 30 ottobre 2006 “Conciliazione della vita professionale, privata e familiare”, a cura dell’Ufficio RUE.
[21] In base all’art. 138 del Trattato, la Commissione ha il compito di promuovere la consultazione delle parti sociali a livello comunitario e prende ogni misura utile per facilitarne il dialogo provvedendo a un sostegno equilibrato delle parti. A tal fine la Commissione, prima di presentare proposte nel settore della politica sociale, consulta le parti sociali sul possibile orientamento di un’azione comunitaria. Se, dopo tale consultazione, ritiene opportuna un’azione comunitaria, la Commissione consulta ulteriormente le parti sociali sul contenuto della proposta prevista. Le parti sociali trasmettono alla Commissione un parere o, se opportuno, una raccomandazione. La durata della procedura non può superare i nove mesi, salvo proroga decisa in comune dalle parti sociali interessate e dalla Commissione.
[22] Direttiva 96/34/CE del 3 giugno 1996 concernente l’accordo-quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES.
[23] Il metodo di coordinamento aperto è stato creato nel quadro della politica dell'occupazione e del processo di Lussemburgo. Esso è stato definito quale strumento della strategia di Lisbona e fornisce un nuovo quadro di cooperazione tra gli Stati membri per far convergere le politiche nazionali al fine di realizzare certi obiettivi comuni.Esso si basa essenzialmente su: identificazione e definizione congiunta di obiettivi da raggiungere (adottati dal Consiglio);strumenti di misura definiti congiuntamente (statistiche, indicatori, linee guida); il « benchmarking » vale a dire l'analisi comparativa dei risultati degli Stati membri e lo scambio di pratiche ottimali (sorveglianza effettuata dalla Commissione).
Nel 2006 è stato introdotto un nuovo metodo aperto di coordinamento (MAC), potenziato riguardante le politiche di protezione sociale e di lotta contro la povertà, sulla base della comunicazione della Commissione “Lavorare insieme, lavorare meglio: un nuovo quadro per il coordinamento aperto delle politiche di protezione sociale e di integrazione nell’Unione europea (COM(2005)706)”. Gli obiettivi generali del MAC integrato sono: 1) promuovere la coesione sociale e le pari opportunità per tutti attraverso sistemi di protezione sociale e politiche di inserimento sociale adeguati, accessibili, finanziariamente sostenibili, adattabili ed efficienti; 2) interagire strettamente con gli obiettivi di Lisbona riguardanti il rafforzamento della crescita economica e il miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione, nonché con la strategia dell'Unione in favore dello sviluppo sostenibile; 3) Migliorare la governance, la trasparenza e la partecipazione delle parti interessate alla progettazione, allo svolgimento e agli sviluppi della politica.
[24] Si ricorda che è già attiva la rete HELICS che ha come scopo la messa a punto di un forte e valido sistema di sorveglianza delle infezioni ospedaliere in Europa.
[25] SEC(2006)1195/4
[26] Vedi Bollettino Consultazioni “Servizi medici transfrontalieri”, n.3, 8 gennaio 2007, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.
[27] Decisione 1600/2002/CE (GU L 242/1 del 19.9.2002).
[28] Si segnala inoltre che il 22 dicembre 2006 è stata presentata una proposta di modifica della direttiva quadro 2000/60/CE[28], concernente aspetti relativi alla procedura di comitatologia. La proposta è in attesa di essere esaminata dal Consiglio e dal Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione.
[29] Il programma è stato istituito con la decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002.
[30] COM (2005) 666.
[31] COM (2005) 667.
[32] Vedi Dossier Documentazione e ricerche, “Il tema dei cambiamenti climatici a dieci anni dal Protocollo di Kyoto”, n.63, 20 aprile 2007, a cura del Servizio Studi e dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.
[34] Il Consiglio ambiente del 20 febbraio 2007 ha adottato conclusioni sul tema “Obiettivi dell’UE per l’ulteriore sviluppo del regime climatico internazionale oltre il 2012”, in cui ribadisce l’impegno fermo e indipendente dell’Unione europea nella riduzione dell’emissioni di gas a effetto serra, da attuare attraverso politiche comunitarie e ripartizione degli oneri concordata e riafferma il ruolo guida dell’UE nella ricerca di un accordo globale sui cambiamenti climatici.
[35] La comunicazione fa seguito a quella dell’ottobre 2005 “Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici” (COM(2005)35), che proponeva raccomandazioni concrete sulle politiche climatiche dell’UE e definiva i principali elementi che dovevano costituire la futura strategia climatica dell’UE. Con la comunicazione del 2005 la Commissione ha lanciato la seconda fase del programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP II) – avviato nel giugno 2000 quale strumento principale della strategia europea per l’attuazione del protocollo di Kyoto - volta a definire la politica comunitaria in materia di cambiamento climatico per il periodo successivo al 2012
[36] Dal 1° gennaio 2005 è in vigore il sistema europeo di scambio delle quote di emissione, disciplinato dalla direttiva 2003/87/CE, nell’ambito del quale gli Stati membri sono tenuti a presentare il piano nazionale relativo al periodo 2008-2012; la Commissione dovrà approvare i piani, richiedendone eventualmente modifiche se non sono conformi ai criteri convenuti.
[37] La proposta di risoluzione - che dovrebbe essere approvata dalla Commissione affari costituzionali il 21 maggio 2007 - sarà sottoposta all'esame della plenaria del Parlamento europeo nel corso della sessione del 6 e 7 giugno 2007, in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007.
[38] Vedi Dossier Politiche dell’Unione europea, “La nuova politica energetica dell’UE”, n.11 del 9 febbraio 2007, e Bollettino Consiglio europeo “Consiglio europeo 8-9 marzo 2007”n.3, 13 marzo 2007, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea
[39] Direttiva 2003/96/CE, come modificata dalle direttive 2004/74/CE e 2004/75/CE.
[40] COM(2005)122
[41] La proposta di direttiva è stata presentata il 16 maggio 2007 (C0M(2007)249) .
[42] A questo proposito, il 24 maggio 2007, l’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne (Frontex) ha lanciato il progetto “Rete di pattuglie europea(EPN)”.
[43] COM(2005)669.
[44] COM(2006)735.
[45] COM(2007)248
[46] COM(2007)247
[47] COM(2005)389.
[48] L’Unione europea ha finora sovvenzionato le politiche di integrazione degli stati membri mediante strumenti come le Azioni Preparatorie per l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi (INTI). Anche il Fondo europeo di sviluppo regionale sostiene alcune misure di integrazione.
[49] L’idea di elaborare un manuale sull’integrazione è nata dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, al fine di sviluppare la cooperazione e gli scambi di informazioni tra i differenti Punti di contatto nazionali sull’integrazione, allora istituiti. La prima edizione del manuale è stata pubblicata nel novembre 2004, durante la presidenza olandese.
[50] Il primo Forum si è svolto a Rotterdam nel mese di ottobre 2006
[51] Il 10 e 11 luglio 2006 si è svolta a Rabat la conferenza ministeriale congiunta tra Europa ed Africa sullo sviluppo e l’immigrazione che, su iniziativa di Francia, Spagna e Marocco, ha visto la partecipazione di 57 paesi delle due sponde del Mediterraneo. La Conferenza ha approvato un piano di azione in 62 punti, basata su un’azione congiunta Europa-Africa, che sottolinea la necessità di moltiplicare le azioni a favore dello sviluppo dei paesi africani anche attraverso nuovi aiuti finanziari agli immigrati legali in Europa che desiderano investire in progetti imperniati sul loro paese di origine. Un altro argomento riguarda al lotta contro i trafficanti clandestini.
[52]D.l. 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale, conv. con mod. dalla l. 4 agosto 2006, n. 248.
[53]Sul punto, il Rapporto Istat segnala come “l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro è condizionato dagli impegni familiari che, nella situazione italiana più che negli altri paesi europei, costituiscono un ostacolo alla scelta del lavoro di mercato. In particolare, gli elementi più critici sono la distribuzione asimmetrica dei carichi di lavoro domestico, l’offerta inadeguata di servizi per l’infanzia e un sistema di welfare che non sostiene adeguatamente le attività di cura e assistenza alla famiglia.” (p. XXII).
[54] L’indagine conoscitiva dovrebbe concludersi entro il 31 maggio 2007.
[55]“Occorre […]considerare – nota il citato Rapporto ISTAT - che nel nostro Paese la dimensione del mercato del lavoro “irregolare” è molto ampia (nel 2005 le unità di lavoro irregolari sono stimate in poco meno di 3 milioni, pari al 12 per cento).” (p. XX).
[56] Convertito nella legge 17 luglio 2006, n. 233.
[57] Commi 1250-1253.
[58] Cfr. l’art. 19, comma 1, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223.
[59] Articolo 1, comma 1258.
[60] Cfr. articolo 1 della legge 28 agosto 1997, n. 285, a decorrere dal 2007.
[61] Articolo 1, cc. 1259-1260.
[62] Per le finalità del piano è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
[63] Articolo 1, cc. 1264-1265.
[64] Al Fondo è assegnata la somma di 100 milioni di euro per l’anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
[65] Articolo 1, comma 1285.
[66]“Sulle condizioni sociali della famiglie italiane, il menzionato Rapporto ISTAT rileva che esse, nel 2004, “hanno percepito in media un reddito netto mensile di circa 2.750 euro, inclusi gli effetti dei trasferimenti monetari a loro favore (circa 750 euro al mese) e dei fitti imputati delle abitazioni (quasi 500 euro). Tuttavia, metà delle famiglie ha guadagnato meno di 2.300 euro mensili(circa 1.800 euro al mese senza i fitti imputati). Il reddito medio più basso, circa 1.400 euro, è quello percepito dalle famiglie costituite da anziani soli. Si conferma l’esistenza di un profondo divario territoriale: il reddito delle famiglie del Mezzogiorno è pari a circa tre quarti del reddito di quelle residenti al Nord. Le famiglie appartenenti al 20 per cento più povero della distribuzione percepiscono soltanto il 7,8 per cento del reddito totale, mentre la quota di reddito del 20 per cento più ricco risulta del 39,1 per c nto. In Italia nel 2005 le famiglie con una spesa per consumi inferiore alla soglia di povertà, e quindi povere in termini relativi, sono 2,6 milioni (l’11,1 per cento delle famiglie residenti). Le caratteristiche delle famiglie povere sono ben note. Un elevato numero di componenti, la presenza di figli – soprattutto se minori – o di anziani in famiglia, così come un basso livello di istruzione e una ridotta partecipazione al mercato del lavoro, sono fattori associati alla condizione di povertà che concorrono a determinare forti divari territoriali. Le difficoltà economiche in presenza di più figli all’interno della famiglia si fannoancor più evidenti quandoi figli sono minori. Per di più, sono le coppie più giovani a sopportare più spesso i costi rilevanti (affitto o mutuo) per le abitazioni. Anche in questo caso il fenomeno risulta particolarmente frequente nelle regioni meridionali.” (pp. XXII-XXIII).
[67] Disciplinato originariamente dall’articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144, Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali.
[68] Art. 1, commi: 605, 622, 627, 631- 633.
[69] Art.13 del d.l. 7/2007, convertito con modificazioni dalla legge 40/2007.
[70] Tali strutture espletano l’attività di istruzione e formazione professionale di competenza regionale secondo livelli essenziali delle prestazioni specificati per legge (dal Capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005).
[71] Tale finanziamento ha elevato, per il triennio 2007-2009, a 20 miliardi di euro gli stanziamenti pluriennali previsti pari a 17 miliardi di euro.
[72] Cfr. articolo 1, comma 796, lettera p).
[73] Tale importo si somma a quello di 36 euro già previsto dalla legislazione vigente.
[74] Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario.
[75] Legge n. 41 del 2007, pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 5 aprile 2007.
[76]“ Sul piano strettamente demografico – osserva il già citato Rapporto ISTAT - il principale fattore esogeno che coniuga criticità e opportunità è costituito dalle migrazioni internazionali, che stanno introducendo nuovi e forti elementi di dinamicità nel quadro sociale ed economico del Paese. La novità storica è che l’Italia è divenuta una delle mete europee privilegiate di consistenti flussi in entrata dall’estero, tali da far raggiungere alla popolazione straniera regolarmente presente (in possesso di permesso di soggiorno valido) i 2,8 milioni al 1° gennaio 2006, pari al 4,7 per cento della popolazione residente totale. Il fenomeno delle migrazioni internazionali in Italia presenta due caratteristiche peculiari. La prima è la rapidità con cui si è manifestato. Rispetto ad altri grandi paesi europei, di storia immigratoria meno recente, come Germania, Francia e Regno Unito, l’Italia ha visto crescere la presenza straniera in tempi molto più brevi e a ritmi intensi. La seconda riguarda l’eterogeneità dell’origine dei flussi, maggiore che negli altri grandi paesi d’immigrazione. Una quota pari ai due terzi della presenza regolare è assorbita da stranieri provenienti da 15 paesi, di ogni area geografica del pianeta. Circa un terzo della quota totale si distribuisce in tre differenti cittadinanze, tutte oltre le 200 mila presenze regolari: Romania (271 mila al 1° gennaio 2006), Albania (257 mila) e Marocco (240 mila). Seguono, con oltre 100 mila presenze regolari, Cina e Ucraina. L’88 per cento della popolazione straniera risiede nel Centro-nord, ben un quarto in Lombardia, con una incidenza del 7 per cento sul totale dei residenti. Incidenze simili si registrano anche in Emilia-Romagna, Veneto e Umbria.” (p. XXIV).
[77] D.lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo.
[78] Camera dei deputati, I Commissione: parere favorevole con osservazione (24 ottobre 2006).
[79] D.lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, Attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare.
[80] Camera dei Deputati, I Commissione: parere favorevole (18 ottobre 2006).
[81] L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
[82] Camera dei deputati, I Commissione : parere favorevole (3 ottobre 2006).
[83] L. 6 febbraio 2007, n. 13, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2006.