Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Audizione di una delegazione della Commissione ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare del Parlamento europeo
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 33
Data: 20/11/2006
Descrittori:
AMBIENTE     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

UFFICIO RAPPORTI CON L’UE

Documentazione e ricerche

Audizione di una delegazione
della Commissione ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare
del Parlamento europeo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 33

 

20 novembre 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File AM0036


INDICE

 

Schede di lettura

Lavori dell’VIII Commissione in materia ambientale  3

§      Il recepimento di direttive comunitarie  3

§      L’impegno della Commissione in vista della Conferenza di Nairobi.6

§      L’esame dei documenti di bilancio  8

§      Proposte di legge  10

§      Conversione di decreti legge  12

§      Pareri su atti del Governo  13

§      Audizioni, attività conoscitive e altre attività.15

La normativa comunitaria in materia ambientale. Sintesi dei principali interventi18

Temi all’esame delle Istituzioni dell’UE  e procedure di contenzioso (a cura dell’Ufficio rapporti con l’UE)23

§      Cambiamento climatico  23

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE   23

Procedure di infrazione  25

§      Procedure di contenzioso  26

Rifiuti26

Acque  28

Habitat29

§      Procedure di infrazione in corso (tabella riepilogativa)32

Principali temi all’esame della Commissione Ambiente del Parlamento europeo (a cura dell’Ufficio rapporti con l’UE)37

§      Risorse naturali37

§      Rifiuti38

§      Inquinamento atmosferico  39

§      Life+  42

§      Euro 5  42

§      Ambiente marino  43

§      Sostanze chimiche  44

§      Pesticidi e prodotti fitosanitari45

§      Protezione del suolo  46

§      Sviluppo sostenibile  47

§      Ambiente urbano  47

Documentazione allegata

§      Sulla missione a Vienna in occasione della Conferenza dei presidenti delle Commissioni ambiente dei Parlamenti dei Paesi europei e del Parlamento europeo (15-16 giugno 2006).

-       Seduta del 28 giugno 2006  51

§      Audizione del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, Alfonso Pecoraro Scanio, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

-       Seduta del 29 giugno 2006  55

§      Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011. Parere approvato dalla VIII Commissione.

-       Seduta del 19 luglio 2006  93

§      Relazione approvata dalla VIII Commissione sulla legge finanziaria 2007.

-       Seduta del 17 ottobre 2006  97

§      Audizione del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Alfonso Pecoraro Scanio, sugli orientamenti del Governo italiano in vista della Conferenza mondiale sul clima di Nairobi.

-       Seduta del 25 ottobre 2006  101

§      Risoluzione Realacci  n. 7-00064  129

-       Seduta del 25 ottobre 2006  135

§      Documentazione consegnata durante l’audizione di rappresentanti dell'ENEA, del CNR, e di associazioni ambientaliste e scientifiche sulle prospettive della Conferenza mondiale sul clima di Nairobi.(31 ottobre 2006)137


Schede di lettura


Lavori dell’VIII Commissione in materia ambientale

Il recepimento di direttive comunitarie

L’VIII Commissione (Ambiente) ha esaminato nei mesi di giugno e luglio, limitatamente alle parti di propria competenza, il disegno di legge comunitaria 2006[1]. Il provvedimento, approvato in prima lettura dall’Assemblea della Camera, è attualmente all’esame del Senato.

Il disegno di legge reca il recepimento di una serie di direttive in materia ambientale:

§         la direttiva 2005/33/CE volta ad introdurre nuovi limiti al tenore di zolfo nei combustibili per uso marittimo[2].

Si ricorda, al riguardo, che la Commissione europea ha elaborato una strategia comunitaria per ridurre le emissioni atmosferiche delle navi marittime con riferimento ai combustibili a basso tenore di zolfo destinata in particolare ad introdurre nuovi limiti al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo. Tale strategia comprendeva l’ipotesi di alcune modifiche alla direttiva 1999/32/CE, le cui previsioni relative ai limiti applicabili al gasolio per uso marittimo erano giudicate non più adeguate, se comparate con i limiti stabiliti per altri combustibili. Con la nuova direttiva 2005/33/CE si è quindi provveduto ad indicare separatamente per i combustibili per uso marittimo il tenore massimo di zolfo. La direttiva contempla, inoltre, disposizioni specifiche volte a consentire agli Stati membri di mettere a punto nuove tecnologie di riduzione delle emissioni da navi sulle navi battenti la loro bandiera o in zone marittime sotto la loro giurisdizione. L’articolo 2 della direttiva prevede infine che gli Stati membri si adeguino alle relative prescrizioni entro l’11 agosto 2006.

§         la direttiva 2005/35/CE, cheha come obiettivo l’introduzione nel diritto comunitario delle norme internazionali relative all’inquinamento provocato dalle navi e l’applicazione alle persone responsabili di scarichi illegali di adeguate sanzioni[3].

La direttiva prevede misure di controllo sia per le navi che si trovano nei porti sia per le navi in transito. La misura e le modalità di applicazione delle sanzioni sono demandate agli Stati membri.

Si segnala che tale direttiva è stata adottata a seguito dell’inosservanza, da parte degli Stati membri, delle norme pratiche per gli scarichi di sostanze inquinanti effettuati dalle navi dettate dalla convenzione Marpol 73/78, nonché della differente attuazione negli Stati membri della medesima convenzione. In particolare, presentano notevoli divergenze le pratiche degli Stati membri in materia di sanzioni applicabili allo scarico di sostanze inquinanti effettuato dalle navi.

§         la direttiva 2005/55/CE finalizzata al miglioramento della qualità dell’aria, attraverso l’introduzione di nuovi limiti di emissione per i motori – ad accensione spontanea e ad accensione comandata alimentati con gas naturale o con gas di petrolio liquefatto (GPL) – utilizzati per la propulsione dei veicoli pesanti[4].

La direttiva si inserisce tra le misure adottate dall’Unione europea per la riduzione delle emissioni inquinanti dei veicoli avviate sin dai primi anni ’70. Negli ultimi quindici anni, infatti, sono stati posti in essere i principali interventi normativi – noti con il nome di Euro 1 (1992), Euro 2 (1996), Euro 3 (2000), Euro 4 (2005) – attraverso cui sono stati ridotti di oltre il 90% i limiti di emissione per i veicoli precedentemente in vigore. Per il futuro, sono programmate ulteriori scadenze – Euro 5 (2008) – per ridurre ulteriormente i limiti di emissione attuali. Per quanto riguarda, nello specifico, le emissioni dei veicoli pesanti, sono state emanate una serie direttive (88/77/CEE, 91/542/CEE, 96/1/CE, 1999/96/CE e 2001/27/CE) che hanno fissato nuove procedure di prova e nuovi limiti di emissione per i motori utilizzati da tali veicoli. La nuova direttiva rifonde, da un lato, in un unico testo, tutte le precedenti direttive in materia (recepite, da ultimo, nell’ordinamento nazionale, con il D.M. 25 gennaio 2002); dall’altro introduce parametri più rigidi per l’omologazione dei veicoli ad accensione spontanea o a gas naturale o GPL, con l’obiettivo di ridurre ulteriormente le emissioni inquinanti dei veicoli pesanti circolanti su strada.

§         la direttiva 2005/88/CE recante disposizioni in tema di emissioni acustiche ambientali delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all’aperto, adottata in considerazione di alcuni elementi di criticità emersi nell’applicazione della precedente direttiva 2000/14/CE[5].

Si ricorda che la precedente direttiva 2000/14/CE (recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 262) era stata oggetto di esame da parte di un gruppo di lavoro sulle macchine destinate a funzionare all’aperto istituito dalla Commissione europea. Il gruppo di lavoro aveva concluso che non era tecnicamente possibile soddisfare alcuni dei valori limite da applicare obbligatoriamente dal 3 gennaio 2006 e che sarebbe occorso più tempo del previsto per adempiere agli obblighi di cui all’art. 16 (relativo alla rilevazione di dati sul rumore) e all’art. 20 (relativo alle relazioni che la Commissione europea presenta al Parlamento e al Consiglio). Pertanto, la nuova direttiva, al fine di rendere possibile la commercializzazione e/o messa in servizio a decorrere dal 3 gennaio 2006 di certi tipi di macchine e attrezzature elencati nell’art. 12 della direttiva 2000/14/CE (che, per motivi tecnici, non possono essere resi conformi ai valori limite nel tempo fissato dalla medesima), provvede a modificare la tabella di potenza sonora contenuta in tale ultima disposizione. Essa proroga, inoltre, di due anni (posticipandola al 3 gennaio 2007) la data a partire dalla quale, ogni quattro anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'esperienza acquisita nella trasposizione e nell'amministrazione della direttiva e contestualmente, al fine di evitare duplicazioni, abolisce la previsione di una distinta relazione contenuta nel successivo paragrafo 3 per taluni tipi di macchine ed attrezzature.

§         la direttiva 2005/32/CEfissa un quadro per l’elaborazione di specifiche comunitarie per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia, nell’intento di garantire la libera circolazione di tali prodotti nel mercato interno[6].

La direttiva è stata adottata in considerazione delle disparità esistenti tra le normative e le disposizioni amministrative dei singoli Stati membri in tale ambito e tenendo presente che tali disparità possono creare ostacoli al commercio e distorcere la concorrenza nella Comunità. Come si legge nei considerando della direttiva, la progettazione ecologica dei prodotti rappresenta un fattore essenziale nell’ambito della strategia comunitaria sulla politica integrata dei prodotti e il miglioramento dell’efficienza energetica, costituisce un contributo essenziale al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nella Comunità.

§         la direttiva 2005/64/CE, finalizzata a ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente dei veicoli fuori uso, reca le disposizioni amministrative e tecniche per l’omologazione di alcune tipologie di veicoli- affinché i loro componenti e materiali possano essere riutilizzati, riciclati e recuperati[7].

Giova ricordare che la direttiva incide sul principale provvedimento in materia diomologazione dei veicoli, ossia sulla direttiva 70/156/CEE. In particolare, i costruttori sono tenuti a fornire nuovi dati in merito all’omologazione riguardanti la natura dei materiali usati nella costruzione del veicolo e dei suoi componenti. La direttiva prevede, inoltre, che nessuna omologazione possa essere rilasciata in mancanza di un previo accertamento della corretta gestione degli aspetti di riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità da parte del costruttore, al quale verrà rilasciato un certificato di conformità, valido per almeno due anni a decorrere dalla data del rilascio, prima che vengano effettuati nuovi controlli. Sono, quindi, previste diverse scadenze temporali per conformarsi alle disposizioni dettate dalla nuova direttiva.

§         la direttiva 2006/7/CE sulla gestione della qualità delle acque di balneazione, che - attraverso la revisione della direttiva 76/160/CEE che stabilisce norme per la sorveglianza, valutazione e la gestione della qualità delle acque di balneazione -  ha la finalità di semplificare le procedure relative ai parametri di analisi e di migliorare i processi partecipativi delle parti interessate e l'informazione fornita al pubblico[8].

La nuova direttiva, in particolare, fissa solo due parametri di analisi (enterococchi intestinali ed escherischiacoli) al posto dei 19 della direttiva precedente; essa, inoltre, prevede che gli Stati membri garantiscano la sorveglianza delle acque di balneazione, fissando annualmente la durata della stagione balneare e stabilendo un calendario di sorveglianza delle acque, ed effettuino una valutazione delle acque di balneazione alla fine di ogni stagione. In seguito a tale valutazione, le acque sono classificate, conformemente ad alcuni criteri specifici, in quattro livelli di qualità: scarsa, sufficiente, buona o eccellente. La categoria «sufficiente» è la soglia minima di qualità alla quale devono giungere tutti gli Stati membri entro la fine della stagione 2015. Si dispone, infine, una adeguata procedura di informazione del pubblico in relazione alla classificazione, descrizione delle acque di balneazione e al loro eventuale inquinamento.

L’impegno della Commissione in vista della Conferenza di Nairobi.

Il 25 ottobre, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rappresentato alla Commissione gli orientamenti del Governo italiano in vista della «Conferenza mondiale sul clima» di Nairobi.

 

Il Kenya ha ospitato a Nairobi, tra il 6 e il 17 novembre, il secondo incontro dei Paesi aderenti al Protocollo di Kyoto (COP/MOP 2), congiuntamente alla dodicesima sessione della Conferenza dei Paesi parti della Convenzione sul Cambiamento Climatico (COP 12).

La Conferenza ha previsto anche, dal 6 al 14 Novembre, la venticinquesima sessione del Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice (SBSTA 25), la venticinquesima sessione del Subsidiary Body for Implementation (SBI 25), e la seconda sessione dell’Ad Hoc Working Group on Further Commitments for Annex I Parties  under the Kyoto Protocol (AWG 2).

Dal 15 al 16 Novembre si è tenuto un secondo workshop nell’ambito del dialogo sulla cooperazione nel lungo periodo, inteso ad analizzare il cambiamento climatico e a promuovere l’attuazione della Convenzione.

Nel corso dell’audizione il Ministro ha sottolineato l’impegno italiano, all’interno del più ampio contesto europeo, di lavorare affinché l'aumento della temperatura del pianeta non superi l’aumento di temperatura oltre il quale gli effetti sulla terra e sul clima sarebbero tali da non consentire la sopravvivenza dell'attuale sistema di vita degli esseri umani.

A fronte di tali prospettive, il semplice raggiungimento degli obiettivi fissati nel primo periodo di applicazione del Protocollo di Kyoto rappresenta solo un primo passaggio verso politiche energetiche importanti; tuttavia, secondo il Ministro, tale risultato deve essere perseguito con interventi molto più energici di quelli attuali. In tale quadro, è stata sottolineata l'esigenza di operare prevalentemente sulla base di un piano nazionale per ridurre le emissioni in misura consistente tra il 2008 e il 2012, in accordo con le scadenze stabilite dal Protocollo di Kyoto. I tagli - che dovranno riguardare vari settori di intervento – includono la conseguente riduzione delle quote di emissione assegnate al settore industriale negli anni precedenti (riduzione pari a 24 milioni di tonnellate annue).Il Ministro ha ricordato che, a tal fine, è stata raggiunta un'intesa con il Ministero dello sviluppo economico per definire il quadro totale delle emissioni di CO2 del settore industriale, con il risultato di portarne l'ammontare a 200 milioni di tonnellate annue (contro le 224 precedenti). Tutto ciò è ancora allo stadio di proposta, considerato che il riparto dettagliato delle assegnazioni tra i vari comparti del settore industriale è ancora oggetto di definizione.

Secondo obiettivo importante per l'Italia è intervenire nel settore del trasporto: i grandi comparti che contribuiscono all'emissione di CO2, oltre al settore industriale, sono, infatti, quello dei trasporti e quello dell'abitazione. Il Ministro ha evidenziato, al riguardo, che è risultato fondamentale l’inserimento, nella legge finanziaria, di un fondo rotativo di 200 milioni di euro all'anno per i prossimi tre anni, al fine di promuovere politiche di efficienza energetica e risparmio e che le risorse attivate - in termini di ritorno degli investimenti - potrebbero essere fruttuosamente impiegate (ad esempio, per gli enti locali che intendessero investire sul trasporto elettrico).

Con la partecipazione alla Conferenza di Nairobi, il Governo italiano si è, infine, proposto l’obiettivo di convincere i paesi delle nuove economie emergenti, come la Cina e l'India, o paesi come gli Stati Uniti e l'Australia, che hanno avuto in passato grossi problemi sul Protocollo di Kyoto, ad aderire in modo sostanziale e sostanzioso come capacità di taglio delle emissioni di CO2 nella seconda fase.

 

Nella stessa seduta del 25 ottobre la Commissione ha approvato una risoluzione, a prima firma dell’on. Realacci, volta ad indirizzare l'attività del Governo su tematiche di importanza strategica per il futuro del pianeta quali quelle sul cambiamento climatico di Nairobi. Sulla risoluzione, sottoscritta da deputati appartenenti a gruppi di maggioranza e di opposizione, si è registrato un unanime orientamento positivo da parte dei gruppi. Un atto di indirizzo di analogo contenuto è stato approvato dall’Assemblea del Senato nella seduta del 7 novembre scorso.

Tra gli impegni contenuti nella risoluzione si segnalano: l’adozione, insieme all’UE e nel suo ambito, di politiche e misure dirette ad affrontare il periodo successivo al 2012; il sostegno degli sforzi tesi a trovare un'intesa in questo «G7» con 6 Paesi (Stati Uniti, Canada, Russia, Giappone, Cina e India), che insieme all'Unione europea producono il 75 per cento delle emissioni mondiali di gas serra; il sostegno della ricerca, il cambiamento tecnologico e l'economia della conoscenza; l’aggiornamento della delibera CIPE 123/2002 e del relativo Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra e l’adozione di iniziative volte ad integrare tale Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra in un programma nazionale energetico-ambientale, concordato con le Regioni, definito con il Parlamento, che assicuri il coordinamento, l'aggiornamento ed il monitoraggio dei risultati, al fine di avere un quadro unitario coerente, di riferimento e di indirizzo; il rafforzamento della ricerca ed il supporto tecnico alla diffusione delle politiche e delle misure che concorrono alla riduzione delle emissioni di gas serra, all'aumento dell'efficienza e del risparmio energetico, alla diffusione della produzione e dell'uso di fonti rinnovabili; a prestare grande attenzione al settore dei trasporti, della mobilità e della logistica; il riconoscimento di un’effettiva priorità all’efficienza e al risparmio energetico e la promozione dello sviluppo di tutte le fonti energetiche rinnovabili per la produzione di energia elettrica, di calore e di carburanti; il sostegno della piccola cogenerazione distribuita, di energia elettrica e di calore e dello sviluppo dei distretti agro-energetici; il sostegno della ricerca e della sperimentazione della cattura e del sequestro sicuro della CO2.

 

Sulle prospettive della «Conferenza mondiale sul clima» di Nairobi si sono svolte anche audizioni informali di rappresentanti dell'ENEA, del CNR, e di associazioni ambientaliste e scientifiche (seduta del 31 ottobre 2006)[9].

L’esame dei documenti di bilancio

Nel mese di luglio, la Commissione ha esaminato per le parti di propria competenza – oltre che i disegni di legge recanti il rendiconto generale per l'esercizio finanziario 2005 e l'assestamento del bilancio 2006 (rispetto ai quali ha adottato una relazione favorevole) – anche il Documento di programmazione economico-finanziaria 2007-2011.

Su tale documento, nella seduta del 19 luglio, la Commissione ha espresso parere favorevole con diverse osservazioni, relative, in particolare, al rilancio di una forte iniziativa politica di carattere strutturale, finalizzata al raggiungimento degli obiettivi previsti dal Protocollo di Kyoto, all’inserimento nei successivi documenti di programmazione della previsione di un aggiornamento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e sui relativi indirizzi, all’implementazione delle più rilevanti politiche ambientali, con specifico riferimento alla difesa del suolo, alla prevenzione dal dissesto idrogeologico ed alla bonifica dei siti inquinati, al sostegno delle politiche di rilancio del sistema dei parchi nazionali e delle riserve naturali.

In proposito, si ricorda che la risoluzione approvata in Assemblea nella seduta del 26 luglio, conteneva un impegno esplicito a “rilanciare una forte iniziativa politica di carattere strutturale, finalizzata al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra previsti dal Protocollo di Kyoto, secondo un approccio di sostenibilità dello sviluppo, che consenta di integrare tra di loro le diverse politiche pubbliche, e in particolare, le politiche ambientali, industriali, produttive, energetiche e infrastratturali, in un percorso condiviso che affronti - tra gli altri - anche il problema degli oneri connessi all'attuazione del Protocollo medesimo e, a tale proposito, confermi l'impegno per il rilancio di una politica delle fonti rinnovabili anche attraverso l'introduzione di tariffe incentivanti senza tetti di produzione e per la convocazione di una Conferenza energetica nazionale; implementare tutte le più rilevanti politiche ambientali, con specifico riferimento alla difesa del suolo, alla prevenzione dal dissesto idrogeologico ed alla bonifica dei siti inquinati, in un contesto di pianificazione degli interventi coordinato e condiviso con gli organismi territoriali competenti, che contempli, il rilancio dell'azione pubblica sulla raccolta differenziata e il rafforzamento della tutela del mare, dando piena applicazione all'accordo di Barcellona sulla gestione integrata della fascia costiera”.

 

Nel mese di ottobre la VIII Commissione (Ambiente) ha esaminato, per esprimere il parere sui profili di propria competenza, prima il decreto legge n. 262 del 2006 recante Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria (attualmente all’esame del Senato), quindi il disegno di legge finanziaria 2007. Attualmente, entrambi i provvedimenti sono all’esame del Senato.

§      Per quanto riguarda il decreto-legge, la Commissione ha espresso il parere nella seduta del 12 ottobre.

Tra le disposizioni contenute nel decreto, le seguenti assumono particolare rilievo in materia ambientale:

o        la modifica alla legge sugli enti parco del 1991, n. 394, volta a disciplinare l’indennità di carica spettante agli organi degli enti parco (art. 19).

o        la modifica dell’assetto organizzativo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), in particolare mediante una nuova definizione degli organi e delle loro funzioni (art. 20).

Tra le condizioni cui la Commissione ha subordinato il proprio parere favorevole, si segnala quella relativa all'articolo 20, relativa ad un coinvolgimento del Parlamento (attraverso la previsione del parere delle Commissioni parlamentari competenti) nella definizione del nuovo statuto dell’APAT e nella nomina del Presidente.

§         Per quanto riguarda il disegno di legge finanziaria, diverse disposizioni su profili di competenza della Commissione erano inserite in uno specifico Capo dedicato alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali.

Tra queste in particolare:

o        un finanziamento triennale (10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009) per l'attuazione di programmi di interventi per la difesa del mare previsti dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979 e dei protocolli attuativi della Convenzione di Barcellona per la protezione del mar Mediterraneo dalle azioni di inquinamento del 1976 (art. 157, confluito nel comma 643 dell’emendamento del Governo su cui è stata posta la questione di fiducia);.

o        alcune norme relative alle spese per le attività di antinquinamento marino, tra cui la parziale destinazione delle somme recuperate per le attività di difesa del mare dagli inquinamenti (art. 158, confluito nei commi 644 e 645 dell’emendamento del Governo);

o        un’autorizzazione di spesa per attuare un programma triennale straordinario per la demolizione delle opere abusive nelle aree naturali protette nazionali (art. 159, confluito nei commi 646, 647 e 648 dell’emendamento del Governo);

o        l’istituzione di un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009 (art. 160, confluito nei commi 649-654 dell’emendamento del Governo);

o        l’istituzione del Fondo per lo sviluppo sostenibile, allo scopo di finanziare progetti per la sostenibilità ambientale di settori economico-produttivi o aree geografiche, l'educazione e informazione ambientale e progetti internazionali per la cooperazione ambientale sostenibile, con una dotazione di 25 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 (art. 161, confluito nei commi 658 e 659 dell’emendamento del Governo).

Con la relazione approvata lo scorso 17 ottobre, la Commissione ha deliberato di riferire favorevolmente, ponendo tuttavia talune condizioni, tra le quali: l’incremento delle risorse destinate agli interventi per la difesa del suolo e la tutela idrogeologica del territorio, l’ulteriore rafforzamento delle iniziative per la promozione degli interventi per affrontare la questione del trasferimento agli Enti parco nazionali della responsabilità per la gestione delle riserve naturali statali ricadenti, in tutto o in parte, all'interno dei parchi stessi.

Proposte di legge

Per quanto riguarda le proposte di legge in sede referente:

§         si è concluso, anche presso l’altro ramo del Parlamento, l’iter delle proposte di legge AC 17 Realacci e abbinate[10] relative all’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Sulla G.U. del 4 novembre 2006 è stata pubblicata la legge 20 ottobre 2006, n. 271.

La legge prevede la ricostituzione – per la durata della nuova legislatura – della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, operante già nella scorsa legislatura.

§         nel mese di settembre si è costituito un comitato ristretto per l’esame, in congiunta con la V Commissione (Bilancio), della proposta di legge AC 15 “Misure a sostegno dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti nonché dei comuni compresi nelle aree protette”, presentata dall’on. Realacci ed altri. Con riferimento alla materia ambientale, si segnala che il Capo III (artt. 16-22) della proposta di legge contempla specifici interventi volti al recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali compresi nelle aree protette.

L’ambito di applicazione di tali interventi è limitato ai centri storici e ai nuclei abitati rurali dei comuni il cui territorio è compreso, in tutto o in parte entro i confini di un parco nazionale o naturale regionale compresi nel V aggiornamento dell'elenco ufficiale delle aree naturali protette pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 205 del 4 settembre 2003. Spetta ai comuni l’individuazione degli ambiti urbani e rurali di recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, attraverso in particolare lo strumento dei programmi integrati di intervento di cui all’articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179, e, in particolare, dei programmi di riqualificazione ambientale e dei programmi di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale.

Si prevede inoltre la facoltà per le Regioni di destinare parte delle somme loro attribuite per il recupero del patrimonio edilizio esistente alla formazione e alla realizzazione dei programmi integrati, eventualmente assegnando tali somme direttamente ai comuni che ne fanno richiesta e viene riconosciuta ai proprietari di immobili e di aree comprese nelle aree di riqualificazione la facoltà di presentare programmi integrati di intervento.

§         Sempre a settembre si è costituito un comitato ristretto anche per l’esame della proposta di legge AC 18, d’iniziativa dei deputati Realacci e Benvenuto che prevede l’istituzione del Parco nazionale di Portofino.

Si ricorda che l’area di Portofino è, allo stato attuale, per la parte terrestre ente parco regionale, per la parte marina, area protetta marina ed è conseguentemente gestita da due diversi organismi. Finalità della proposta di legge è quella di elevare le due aree protette al rango di Parco nazionale e, conseguentemente, di unificarne la gestione.

Conversione di decreti legge

La VIII Commissione (Ambiente) ha esaminato, in relazione alle parti di propria competenza, anche alcune disposizioni recanti norme di carattere ambientale contenute all’interno di alcuni decreti legge.

Tra questi, si segnala, in particolare, il decreto legge n. 173 del 2006[11], su cui la Commissione in data 4 luglio ha espresso parere favorevole, recante Proroga di termini per l’emanazione di atti di natura regolamentare e legislativa.

 

Tale decreto ha in particolare disposto:

o        la proroga del termine (originariamente fissato al 13 agosto 2006 e comunque non oltre il 31 dicembre 2006) relativo ad una serie di adempimenti previsti dal D.Lgs. 151/2005 in materia di riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (art. 1-quinquies);

o        la proroga dal 12 agosto 2006 al 31 gennaio 2007 dell’entrata in vigore della parte seconda del D.Lgs. 152/2006 (c.d. codice ambientale) in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA), di valutazione ambientale strategica (VAS) e di autorizzazione ambientale integrata (AIA), meglio nota con l’acronimo in lingua inglese, IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) (art. 1-septies)

Attualmente, la Commissione sta esaminando in sede referente il decreto-legge n. 263 del 2006 recante misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure in materia per raccolta differenziata.

Tale provvedimento costituisce l’ultimo di una serie di decreti-legge volti ad affrontare l’emergenza della gestione dei rifiuti nella regione Campania e si è reso necessario a seguito dell’aggravamento della situazione emergenziale, unitamente alle dimissioni del precedente Commissario delegato.

Il nuovo decreto, in particolare, attribuisce le funzioni di Commissario delegato per l’emergenza rifiuti in Campania al Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il periodo necessario al superamento di tale emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2007, specifica taluni poteri del commissario e demanda ad una successiva ordinanza la precisazione dei poteri ulteriori. A tal fine, il provvedimento individua le strutture di cui il Commissario può avvalersi nello svolgimento dei propri compiti (oltre che le strutture del Servizio nazionale della protezione civile, si prevedono tre sub-commissari e una Commissione di cinque esperti).

Tra le disposizioni recate dal decreto, si richiamano quelle che prevedono:

o        l’adozione di misure volte ad assicurare l’informazione e la partecipazione dei cittadini nonché il pieno coinvolgimento degli enti locali interessati dall’emergenza;

o        la ridefinizione delle condizioni per l’affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti e, nelle more dell’individuazione dell’affidatario per lo smaltimento dei rifiuti, l’individuazione da parte del Commissario delle soluzioni ottimali per lo smaltimento dei rifiuti e delle cd. ecoballe nelle cave dismesse o abbandonate;

o        una nuova disciplina per l’aggiornamento da parte del Commissario delegato del Piano regionale di gestione dei rifiuti;

o        l’utilizzo delle discariche già autorizzate o realizzate dal precedente Commissario e di ulteriori discariche individuate dal nuovo Commissario delegato, la possibilità, in via eccezionale, di trasferire fuori regione una parte dei rifiuti prodotti, nonché la facoltà di sospendere il conferimento di rifiuti speciali provenienti da fuori regione;

o        un contributo compensativo da riconoscere ai comuni sede di discariche in esercizio nonché la possibilità per questi ultimi di utilizzare i contributi riconosciuti anche per finalità di natura socio-economica

Il decreto reca anche un’articolata disciplina delle misure per la raccolta differenziata, prevedendo, tra l’altro, la verifica da parte del Commissario del raggiungimento dell’obiettivo minimo di raccolta differenziata pari al 35 per cento dei rifiuti urbani prodotti, la definizione da parte del medesimo di un programma per il raggiungimento di almeno il 50 per cento, nonché l’obiettivo del recupero del 60 per cento degli imballaggi, da realizzare attraverso la stipula di un accordo di programma con il Consorzio nazionale imballaggi (CONAI).

Pareri su atti del Governo

Con riferimento ai pareri espressi su atti del Governo:

§         nel mese di luglio 2006, la VIII Commissione  ha rese il parere di propra competenza  sullo schema di decreto finalizzato alla ripartizione annuale degli stanziamenti relativi ai contributi in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi.

Tale ripartizione riguarda non solo i Parchi nazionali[12] (ai quali, tuttavia, viene assegnata la gran parte dell’intera dotazione: 40,68milioni di euro su 49,98), ma anche le riserve naturali dello Stato, l’ICRAM, il Parco tecnologico e archeologico delle colline metallifere grossetane, il Parco museo delle miniere dell’Amiata e le azioni nazionali. Nel parere approvato, la Commissione ha posto l’esigenza, da un lato, una più chiara indicazione dei criteri seguiti dal Ministero competente per garantire il riparto dei fondi in favore degli Enti parco nazionali esistenti sul territorio, da un lato dell’individuazione di specifici meccanismi che consentano di allentare i vincoli, eccessivamente stringenti, che derivano al sistema dei parchi nazionali, e ai comuni in essi ricadenti, dalla rigida applicazione delle regole previste dal «patto di stabilità» interno e che costituiscono una delle principali cause della formazione delle rilevanti giacenze di cassa di tali enti.

§         nei primi giorni di agosto, dopo un doppio passaggio parlamentare, la Commissione  ha espresso il parere di propria competenza sullo schema di decreto legislativo concernente disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. codice ambientale), adottato in attuazione della norma di delega contenuta nell’art. 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004 (cd. delega ambientale).

Il secondo testo trasmesso dal Governo recepiva le condizioni contenute nel precedente parere dell’VIII Commissione, e in particolare recava:

o               la previsione di successivi decreti correttivi (senza l’indicazione di alcun termine): l’uno, da adottare prioritariamente, contenente l’indicazione delle disposizioni che continuano ad applicarsi e quelle abrogate delle Parti terza (Difesa del suolo e acque) e quarta (Rifiuti e bonifiche) del decreto n. 152 e dei relativi decreti attuativi; gli altri, di contenuto più generale, da adottare nel rispetto delle norme e dei principi dell’ordinamento comunitario e delle decisioni rese dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

o               la proroga dell’l'operatività delle autorità di bacino sino alla data di entrata in vigore del primo decreto correttivo;

o               la soppressione dell'Autorità di vigilanza per le risorse idriche e i rifiuti.

o               la proroga del termine per l'adeguamento dello statuto del Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) ai principi contenuti nel decreto

Nel parere definitivo espresso il 3 agosto scorso, la Commissione, dopo avere sottolineato l’esigenza della massima condivisione e partecipazione nel percorso di ulteriore modifica e integrazione del codice ambientale, ha segnalato l’opportunità di accompagnare con adeguate misure transitorie che garantiscano la continuità nello svolgimento delle funzioni di monitoraggio in tali settori in particolare la soppressione dell’Autorità di vigilanza per le risorse idriche e i rifiuti.

§         Dopo alcune sedute tenutesi nei mesi di settembre ed ottobre, la Commissione ha reso il proprio parere  sullo schema di regolamento ministeriale che ha previsto alcune integrazioni al regolamento di cui al DM 18 settembre 2001, n. 468 relativo al programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati.

Tra le disposizioni recate dal decreto, si segnalano: l’articolo 2, che prevede che l’individuazione dei soggetti beneficiari, nonché le modalità, le condizioni e i termini per l'erogazione dei finanziamenti previsti dal Programma nazionale, qualora non siano disciplinati dalle Regioni, siano regolamentati mediante il ricorso agli strumenti di programmazione negoziata da sottoscrivere tra Stato, Regioni, enti locali territorialmente competenti e soggetti attuatori; l’articolo 3, che dispone che, in relazione ad interventi di caratterizzazione di aree o beni privati, non oggetto di autodenuncia, sempre che l’area o il bene siano compresi nel perimetro di un sito di interesse nazionale, che il finanziamento venga concesso non al soggetto privato, bensì all’amministrazione pubblica e disciplina, inoltre, l’esercizio dell’azione di rivalsa da parte della pubblica amministrazione nei confronti del soggetto privato proprietario dell’area nel caso di accertato inquinamento; l’art. 4, che attribuisce al Comando dei carabinieri per la tutela dell’ambiente le funzioni di vigilanza sul territorio e di controllo sulle fonti di maggiore rischio ambientale e assicura i necessari stanziamenti per lo svolgimento di tale attività.

Il parere favorevole (espresso a seguito dei chiarimenti forniti dal Governo) recava diverse osservazioni e due condizioni. Con riferimento a queste ultime, si segnala in particolare, la condizione relativa alla sostituzione del testo dell’articolo 6 (che attribuiva al Ministero dell’ambiente e alle regioni interessate la facoltà di avvalersi di Sviluppo Italia S.P.A. e di sue società operative per l’attuazione degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica nei siti di bonifica di interesse nazionale), con una previsione più generale, che attribuisca al Ministro dell'ambiente la facoltà di avvalersi di enti o soggetti pubblici statali particolarmente qualificati, operanti a livello nazionale, utilizzando, nel caso sia previsto, per la realizzazione degli interventi, l'impiego di risorse finanziarie attribuite ai singoli siti dal programma nazionale di bonifica, lo strumento dell'accordo di programma, da stipularsi con la regione interessata

Audizioni, attività conoscitive e altre attività.

Per quanto riguarda le audizioni svolte presso la Commissione ambiente , si richiamano:

§         l’audizione del 29 giugno, nel corso della quale il Ministro ha delineato le linee programmatiche del suo dicastero, indicando talune priorità.

Le priorità indicate sono in particolare le seguenti:

o        la politica dei trasporti sostenibili, attraverso il sostegno al trasporto pubblico locale, l'intervento a favore di una mobilità sostenibile, il rilancio dell'utilizzo del mezzo ferroviario e del «via mare» per il trasporto, in particolare delle merci;

o        la politica energetica nella quale riveste un ruolo fondamentale il rispetto degli impegni previsti dal protocollo di Kyoto, attraverso in particolare il coinvolgimento dei settore termoelettrico e dei trasporti.

o        il governo del territorio, mediante una nuova legge quadro sulla tutela del territorio che tenga conto della biodiversità, della qualità ambientale, culturale, del ruolo multifunzionale anche dell'agricoltura;

o        il contrasto all’abusivismo edilizio;

o        la qualità della vita delle grandi aree urbane e delle periferie, anche attraverso abbattimenti e ricostruzioni delle periferie degradate;

o        le politiche dei rifiuti rispetto alla quale  è necessario rilanciare la raccolta differenziata e soprattutto la riduzione della produzione di rifiuti, attraverso un confronto con le regioni;

o        il dissesto idrogeologico, attraverso una razionalizzazione delle risorse in modo da avere un indirizzo chiaro sulla prevenzione delle frane e delle alluvioni;

o        la tutela del mare e il miglioramento della rete delle riserve marine;

o        la tutela della bio-diversità e il potenziamento della rete dei parchi e delle riserve naturali, dando piena attuazione alla legge quadro n. 394 del 1991;

o        la tutela degli animali e l’applicazione della Dichiarazione universale dei diritti degli animali dell'Unesco, la difesa e l'applicazione della legge n. 157 del 1992 sulla tutela della fauna selvatica.

o        la revisione del decreto legislativo n. 152 in materia ambientale, soprattutto per quanto riguarda tre settori di acqua, bonifiche e rifiuti;

o        l’elaborazione del piano di emissione dei gas serra, con l'obiettivo di ridurre la quantità di tonnellate annue di CO2;

o        la questione dei parchi nazionali in relazione alla riduzione delle risorse che si osserva negli ultimi anni.

§         l’audizione del Capo del Dipartimento della protezione civile sugli interventi di protezione civile relativi alla difesa del suolo e al dissesto idrogeologico;

§         le audizioni informali svolte sulle problematiche derivanti dall'attuazione del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. codice ambientale).

 

In tale contesto si è proceduto all’audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, di rappresentanti del «Tavolo dei dieci», di rappresentanti dell'UPI, dell'ANCI, di Confservizi e di Confindustria

 

La Commissione ha poi avviato due indagini conoscitive, entrambe deliberate nella seduta del 27 settembre:

§         la prima sull’industria del riciclo, finalizzata a verificare gli elementi di forza dell'industria del riciclo e le sue criticità. Ciò nella prospettiva di una crescente valorizzazione del ruolo delle tecnologie di eccellenza sviluppate da tale industria e di un sostegno per il miglioramento dei dati nazionali complessivi sull'attività di recupero e riciclaggio, anche al fine di una significativa crescita del livello di qualità dei servizi, a vantaggio di tutti i cittadini. Finora si sono svolte le audizioni rappresentanti del Consorzio nazionale imballaggi (CONAI) e della Confservizi;

§         la seconda sulla valutazione delle conseguenze ambientali provocate dall'inquinamento urbano, dallo smaltimento dei rifiuti e dalle aree ad alto rischio. L’indagine conoscitiva è stata deliberata al fine di valutare le conseguenze ambientali dei fenomeni dell'inquinamento urbano, dello smaltimento dei rifiuti e delle aree ad alto rischio e di acquisire ulteriori specifiche conoscenze su tali tematiche, in particolare dal mondo scientifico, individuando il quadro dei complessi problemi esistenti, anche per valutare le politiche e gli interventi idonei a fronteggiare le diverse situazioni. La Commissione ha iniziato i lavori con l'audizione dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI); successivamente si è svolta l’audizione di rappresentanti del Dipartimento della protezione civile.

Con riferimento alle ulteriori attività svolte dalla Commissioni:

§         Il 15 e 16 giugno 2006 una delegazione della VIII e della X Commissione, ha effettuato una missione a Vienna, per partecipare alla Conferenza delle Commissioni ambiente dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea, dei paesi candidati e del Parlamento europeo;

§         Il 24 e 25 luglio 2006 una delegazione della VIII Commissione ha svolto una missione di studio presso il fiume Po, realizzando un intenso ciclo di incontri diretti a verificare, in particolare, la questione della grave crisi idrica che sta interessando tale corso d'acqua, nonché, più in generale, i problemi della sicurezza idraulica, della qualità ambientale delle acque e della tutela del territorio della Valle del Po.


La normativa comunitaria in materia ambientale.
Sintesi dei principali interventi

Si richiamano alcuni dei principali interventi comunitari in materia ambientale.

Con riferimento agli istituti di carattere generale si richiamano in particolare:

§         la valutazione di impatto ambientale (VIA), introdotta con la direttiva 85/337/CEE (successivamente integrata e modificata dalla direttiva 97/11/CE), con cui è stata istituita una procedura volta a valutare preventivamente gli effetti sull’ambiente di determinati progetti pubblici e privati.

Con le medesime finalità generali di tutela dell’ambiente è stata adottata la direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (cd. IPPC) volta ad evitare o ridurre al minimo, nella Comunità, le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel terreno e i rifiuti provenienti da impianti industriali e agricoli, allo scopo di conseguire un elevato livello di protezione dell'ambiente. Con tale direttiva sono state introdotte procedure integrate di controllo (valide anche per gli impianti esistenti e per il rinnovo delle autorizzazioni) che si avvicinano per molti versi alla procedura di VIA.

Con l’emanazione della direttiva 2001/42/CE in materia di valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente è stata introdotta una disciplina organica della valutazione ambientale strategica (VAS), che rappresenta uno sviluppo (in quanto concerne piani e programmi e non solo progetti definitivi) della già disciplinata valutazione di impatto ambientale (VIA), con l’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione e dell'adozione di piani e programmi, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai sensi della stessa venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente.

Le disposizioni nazionali di recepimento delle direttive VIA e VAS sono ora contenute nella Parte seconda del d.lgs. n. 152/2006; le norme per l’integrale recepimento della direttiva IPPC sono recate dal d.lgs. n. 59/2005.

§         Strettamente connessa agli aspetti finora ricordati sono la direttiva 2003/35/CE relativa alla partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale, nonché la direttiva 2003/4/CE, avente l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini sui problemi ambientali attraverso l’accesso all’informazione e la partecipazione al processo decisionale.

La direttiva 2003/4 è stata recepita con il d.lgs. n. 195/2005, mentre per la direttiva 2003/35 il Governo non ha ancora provveduto all’esercizio della delega per il recepimento recata dall’Allegato B della legge comunitaria 2004 (legge n. 62/2005).

§         Un aspetto molto importante della legislazione europea, per la sua rilevanza nella protezione dell’ambiente, è quello della responsabilità per danni all’ambiente, riconosciuta a livello comunitario dall’art. 174 del Trattato istitutivo della CE. Su tale materia è recentemente intervenuta la direttiva 2004/35/CE cui gli Stati membri dell’UE dovranno uniformarsi entro il 30 aprile 2007.

Si ricorda, in proposito, che la Parte sesta del d.lgs. n. 152/2006, interamente dedicata alla tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente, ha provveduto ad un primo recepimento della direttiva, sostituendo integralmente la precedente disciplina recata dall’art. 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349.

Con riferimento alle politiche settoriali:

§         in materia di gestione dei rifiuti, la Comunità ha puntato sulla responsabilità del produttore.

In tale ottica, sono state adottate due direttive riguardanti, rispettivamente, i rifiuti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) – direttiva 2002/96/CE, e la limitazione dell'impiego di alcune sostanze pericolose nelle suddette apparecchiature – direttiva 2002/95/CE.

Il recepimento delle citate direttive è avvenuto con il d.lgs. n. 151/2005.

Altri importanti e recenti interventi normativi sono rappresentati dalla direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, che reca una nuova classificazione delle discariche a seconda delle diverse categorie di rifiuti, e dalla direttiva 2000/76/CE sull'incenerimento dei rifiuti, cui ha fatto seguito la nuova direttiva quadro in materia di rifiuti 2006/12/CE.

Il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, ha quindi dato attuazione alla direttiva 1999/31/CE, mentre al recepimento della direttiva 200/76 ha provveduto il d.lgs. n. 133/2005.

In materia di rifiuti si ricordano, inoltre, la direttiva 2000/53 sui veicoli fuori uso, la nuova direttiva 2004/12/CE sugli imballaggi, la direttiva 2000/59 sui rifiuti prodotti da navi.

§         In materia di inquinamento idrico, la Comunità ha adottato un approccio globale alla gestione delle acque, tradotto nella direttiva quadro relativa all'azione comunitaria in materia di acque – direttiva 2000/60/CE - che fissa un quadro comunitario per la protezione delle acque superficiali interne, costiere e sotterranee e assicura la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, agevola l'utilizzo idrico sostenibile, protegge l'ambiente, migliora le condizioni degli ecosistemi acquatici e mitiga gli effetti delle inondazioni e della siccità.

Il recepimento della direttiva quadro è stato effettuato dalla Parte terza del decreto legislativo n. 152/2006.

§         In tema di inquinamento atmosferico, un’importante iniziativa intrapresa dall’Unione per cercare di conseguire l'obiettivo fissato nell'ambito del Protocollo di Kyoto, è rappresentato dall’istituzione, con la direttiva 2003/87/CE, di un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica.

Tale direttiva ha istituito un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità - denominato Emission Trading System (ETS) - al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica. Essa rappresenta la prima fase attuativa del Programma europeo sul cambiamento climatico (European Climate Change Programme - ECCP) lanciato nel giugno del 2000 dalla Commissione Europea, attraverso in particolare la previsione dell’istituzione di un mercato delle emissioni su scala europea a partire dal 2005 da affiancare all’emission trading previsto su scala globale dal Protocollo.

La direttiva si applica alle emissioni provenienti dalle attività indicate nell'allegato I e ai gas a effetto serra elencati nell'allegato II e, in particolare, alle emissioni di anidride carbonica provenienti da attività di combustione energetica, produzione e trasformazione dei metalli ferrosi, lavorazione di prodotti minerari, produzione di pasta per carta, carta e cartoni.

Gli obblighi previsti per gli impianti da essa regolati sono:

1)           possedere un permesso all’emissione in atmosfera di gas serra ;

2)      rendere alla fine dell’anno un numero di quote (o diritti) d’emissione pari alle emissioni di gas serra rilasciate durante l’anno .

Le quote d’emissioni vengono rilasciate dall’autorità nazionale competente (ANC) all’operatore di ciascun impianto regolato dalla direttiva sulla base di un piano di allocazione nazionale; ogni quota (cd. European Unit Allowance – EUA) dà diritto al rilascio di una tonnellata di biossido di carbonio equivalente.

Il piano di allocazione nazionale (redatto in conformità ai criteri previsti dall’allegato III della direttiva) prevede l’assegnazione di quote a livello d’impianto per periodi di tempo predeterminati (il primo è individuato dalla direttiva nel triennio 2005-2007, mentre i successivi nei quinquenni 2008-2012, 2013-2017, ecc).

Esso, inoltre, deve essere coerente con gli obiettivi di riduzione nazionale, con le previsioni di crescita delle emissioni, con il potenziale di abbattimento e con i principi di tutela della concorrenza.

Una volta rilasciate, le quote possono essere vendute o acquistate. Tali transazioni devono poi essere registrate nell’ambito di un registro nazionale.

La restituzione delle quote d’emissione avviene attraverso il registro nazionale ed è effettuata annualmente dagli operatori degli impianti in numero pari alle emissioni reali certificate da un soggetto terzo accreditato dall’ANC.

Con la Decisione della Commissione n. 156 del 29 gennaio 2004 sono state fissate le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE.

La direttiva 2004/101/CE (cd. direttiva linking) ha riconosciuto i meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto (Joint Implementation e Clean Developmnet Mechanism) all’interno dell’ETS, stabilendo la validità dei crediti di emissione (ottenuti grazie all’attuazione di tali progetti) per rispondere agli obblighi di riduzione delle emissioni.

Le direttive 2003/87 e 2004/101/CE sono state recepita con il decreto legislativo n. 216 del 2006.

 

Sono state inoltre emanate numerose direttive destinate al miglioramento della qualità dell’aria, recepite nel corso della precedente legislatura, la maggior parte delle quali costituisce completamento e/o aggiornamento della cornice normativa definita dalla direttiva quadro 96/62/CE, in materia di valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente (1999/30, 2000/69, 2001/81, 2002/3).

Con riferimento a profili specifici, si richiamano le numerose direttive per la riduzione delle emissioni derivanti dai trasporti (1999/94, 2002/51, 2003/17, 2003/26, 2003/27, 2003/30, 2003/76) e gli interventi normativi finalizzati alla riduzione delle emissioni derivanti dagli impianti industriali (le principali direttive - oltre alla IPPC e alla direttiva 2003/87 – sono rappresentati dalla direttiva 1999/13/CE sui composti organici volatili e dalla direttiva 2001/80/CE sulle emissioni dei grandi impianti di combustione).

Le direttive da ultimo menzionate sono state inserite nella Parte quinta del d.lgs. n. 152/2006.

§         Infine, altre importanti direttive emanate dalla Comunità hanno riguardato il rumore ambientale (direttiva 2002/49/CE, recepita con il d.lgs. n. 194/2005) e le fonti energetiche rinnovabili (direttiva 2001/77/CE, recepita con il d.lgs. n. 387/2003).

§         Si segnala, infine, la direttiva relativa all'emissione nell'ambiente degli OGM (2001/18, recepita con il d.lgs. 08-07-2003, n. 224).


Temi all’esame delle Istituzioni dell’UE
e procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’UE)

Cambiamento climatico

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

 

L’8 febbraio 2006 la Commissione ha adottato la comunicazione dal titolo “quarta relazione sulle comunicazioni nazionali della Comunità europea per la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici” (COM(2006)40), prevista dall’articolo 12 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC)[13].

 

Nel documento la Commissione traccia le linee della futura politica climatica dell’UE: il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas serra dell’UE proseguirà infatti oltre il 2012. La seconda fase del Programma europeo per il cambiamento climatico, già avviata nell’ottobre 2005, comprenderà la cattura e lo stoccaggio del carbonio, le emissioni prodotte dai veicoli stradali e dagli aerei e strategie di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici. La Commissione inoltre afferma che l’UE si aspetta che tutte le sue istituzioni, le imprese e i cittadini diano il loro contributo; dichiara inoltre che l’UE è fortemente impegnata sul fronte internazionale sia per aiutare i paesi terzi ad abbattere le emissioni di gas serra, sia per favorire in molti paesi del mondo l’efficienza energetica e l’applicazione delle fonti di energia rinnovabili.

Secondo la Commissione il conseguimento di altri risultati positivi dipenderà da quanto rapidamente e approfonditamente gli Stati membri riusciranno a mettere in atto la normativa comunitaria e le misure nazionali di attuazione.

La comunicazione è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.

 

Sulla base della comunicazione “Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici” (COM(2005)35, del 9 febbraio 2005), nonché delle indicazioni fornite dal Consiglio ambiente del marzo 2005 e dal Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005, il 24 ottobre 2005 la Commissione ha avviato la seconda fase del programma europeo per il cambiamento climatico (ECCPII)[14], volto a definire la politica comunitaria in materia per il periodo successivo al 2012.

Nell’ambito del programma, strumento principale della strategia europea per l’attuazione del Protocollo di Kyoto, la Commissione intende valutare la possibilità di intraprendere nuove azioni per sfruttare le soluzioni economicamente efficaci disponibili per l’abbattimento delle emissioni, in sinergia con la strategia di Lisbona[15]: in questo contesto l’attenzione è rivolta all’efficienza energetica, alle fonti rinnovabili, ai trasporti e alla cattura e stoccaggio del carbonio.

In merito ai cambiamenti climatici il Consiglio ambiente del 9 marzo 2006, nelle sue conclusioni, ha sottolineato tra l’altro, l’esigenza di garantire coerenza tra le questioni relative all’energia e quelle relative al clima, sfruttando le sinergie tra promozione della sicurezza energetica, offerta di energia sostenibile, innovazione e riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

Sull’argomento si è espresso anche il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 che, nelle sue conclusioni, ha auspicato il raggiungimento di un accordo per il periodo successivo al 2012 coerente con l'obiettivo del Consiglio di un aumento mondiale massimo della temperatura di 2°C rispetto ai livelli dell'epoca preindustriale. Il Consiglio europeo ha inoltre esortato la Commissione a presentare quanto prima una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle esperienze acquisite attraverso l'attuazione della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità[16]; la relazione dovrà tenere conto, in particolare, della situazione delle piccole e medie imprese ed essere corredata, se del caso, di proposte.

 

Il 13 novembre 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione sulla creazione di un mercato mondiale del carbonio ai sensi dell’articolo 30 della direttiva 2003/87/CEE, in cui si prevede una revisione del sistema di scambi di quote ed emissioni di gas a effetto serra che dovrebbe essere applicato a partire dal 2013.

Gli assi portanti della revisione prevista dalla Commissione sono:

l’ampliamento del campo di applicazione del sistema ad altri settori come quello dell’aviazione nonché ad altri gas a effetto serra diversi dal CO2, come il protossido di azoto (N2O) indotto della produzione di ammoniaca e il metano prodotto da miniere di carbone;

l’armonizzazione del sistema per la tipologia degli impianti coperti dagli scambi di quote, per il trattamento da riservare ai nuovi impianti immessi sul mercato e a quelli che cessano l’attività;

un controllo rigoroso dell’applicazione del sistema attraverso l’elaborazione di indirizzi in materia di sorveglianza.

La Commissione intende presentare durante il secondo semestre 2007 una proposta di revisione della direttiva 2003/87/CE, al termine di un’ampia consultazione pubblica.

Procedure di infrazione

Il 12 ottobre 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di  messa in mora[17]per non avere presentato i piani nazionali di assegnazione (PNA) nell’ambito del sistema UE di scambio delle quote di emissione. Il termine ultimo per la presentazione fissato dalla direttiva 2003/87/CE era il 30 giugno 2006.

Nei piani nazionali di assegnazione gli Stati membri fissano il numero complessivo di quote di emissione – determinando così un “tetto” alle emissioni totali – e le assegnano ai singoli impianti che rientrano nel sistema UE di scambio delle quote. I piani nazionali per il 2008-2012 sono finalizzati a raggiungere gli obiettivi di emissione stabiliti nel protocollo di Kyoto per quel periodo.

Dopo la presentazione dei PNA completi, la Commissione ha tre mesi di tempo per esaminarli. Per la Commissione è assolutamente prioritario adottare una decisione su tutti i PNA entro la fine dell’anno in corso, per poter fissare le condizioni di scambio relative al periodo 2008-2012 e comunicarle per tempo agli operatori del mercato, prima dell’avvio del prossimo periodo di scambio, fissato al 1° gennaio 2008.


Procedure di contenzioso

Su un totale di 244 procedure di infrazione avviate nei confronti dell’Italia (al 19 ottobre 2006), 69 riguardano la materia ambientale.

Si riporta di seguito la sintesi delle procedure generali concernenti i rifiuti, la gestione delle acque e gli habitat, rinviando, per l’elenco completo, allo schema riportato alle pagine seguenti.

Rifiuti

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia[18] per violazione del diritto comunitario con riferimento alla deroga alle disposizioni sulla gestione dei rifiuti di cui all’allegato I della direttiva 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE.

Secondo la Commissione l’Italia è venuta meno agli obblighi previsti dalla direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156 in quanto:

ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 25 a 27 e comma 29, della legge 308 del 15 dicembre 2004, alcune sostanze o oggetti, che ai sensi della direttiva 75/442 sono da considerarsi rifiuti, vengono sottratti all’ambito della legislazione italiana sui rifiuti;

sono state adottate disposizioni volte a restringere in Italia l’ambito di applicazione della direttiva 75/442, con riferimento alla definizione di rifiuto di cui all’articolo 1, lettera a) della medesima direttiva.

Secondo la Commissione, dall’invio del parere motivato nel dicembre 2005, l'Italia non ha ancora conformato la sua normativa alla legislazione dell'UE. Al contrario, il decreto legislativo n. 152 del 2006, recante norme in materia ambientale, ha riconfermato tale normativa. E’ per queste ragioni che la Commissione ha deciso di deferire il caso alla Corte di giustizia.

Il 13 dicembre 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[19], nel quale contesta all’Italia di essere venuta meno agli obblighi previsti dagli articoli 2, 5, 6, 10, 13 e 14 della direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti,  che è stata recepita nell’ordinamento italiano per mezzo del decreto legislativo n. 36 del 13 gennaio 2003.

In particolare la Commissione rileva che:

Il 2 maggio 2005 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[20] per essere venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell'articolo 1 della direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CE. Secondo la Commissione l’Italia con l’articolo 10 della legge n. 93 del 2001 e l'articolo 1, commi 17 e 19, della legge n. 443 del 2001, ha escluso dall'ambito di applicazione della disciplina nazionale sui rifiuti le terre e le rocce da scavo destinate all'effettivo riutilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati,.

Il 23 marzo 2005 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[21]per non corretta applicazione degli articoli 4, 8 e 9 della citata direttiva 75/442/CEE come modificata dalla direttiva 91/156/CEE; dell’articolo 2, comma 1, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi, e dell’articolo 14 della direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti. La Commissione dichiara di essere venuta a conoscenza dell’esistenza sul territorio italiano di un elevato numero di discariche funzionanti illegalmente e senza controllo delle autorità pubbliche, alcune delle quali contenenti rifiuti pericolosi. La Commissione ritiene che, fintanto che essa tollera la presenza di tali discariche, la Repubblica italiana viola gli obblighi derivanti dalle citate direttive. Inoltre, in relazione alle discariche già esistenti alla data del 16 luglio 2001, la mancanza di informazioni sui piani di riassetto, che i gestori di tali discariche avrebbero dovuto presentare entro il 16 luglio 2002, porta la Commissione a considerare non esistenti tali piani di riassetto e le relative misure di autorizzazione e di eventuale chiusura delle discariche non rispondenti ai requisiti di legge.

Il 23 giugno 2005 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[22] ritenendo che la normativa nazionale di recepimento violi la citata direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE.

In particolare, la Commissione sostiene che l’articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) sia in contrasto con gli obblighi derivanti dall’articolo 1(a) della direttiva citata, poiché prevede che siano esclusi dall’ambito di applicazione del decreto legislativo n. 22 del 1997 (che ha recepito la direttiva 75/442/CEE come modificata):

sostanze o oggetti destinati alle operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti non esplicitamente elencate agli allegati B e C del decreto legislativo n. 22/97;

beni, sostanze o materiali residuali di produzione o di consumo, qualora gli stessi possano essere e siano riutilizzati in un ciclo produttivo o di consumo, a condizione che non sia effettuato alcun intervento preventivo di trattamento e che gli stessi non rechino pregiudizio all’ambiente, oppure, anche qualora venga effettuato un intervento preventivo di trattamento, quando quest’ultimo non configuri un’operazione di recupero fra quelle elencate all’allegato C del decreto legislativo n. 22/97.

La Commissione è del parere che una siffatta esclusione costituisca un'indebita restrizione della nozione di rifiuto, e quindi dell'ambito d'applicazione della normativa italiana sulla gestione dei rifiuti. Di fatto, l'interpretazione prospettata dal legislatore italiano avrebbe per effetto una limitazione dell'applicazione delle disposizioni della direttiva alle sole fattispecie identificate dalla normativa italiana, escludendone altre non prevedibili a priori, che potrebbero invece esservi assoggettate ed in relazione alle quali un'interpretazione estensiva della nozione di rifiuto si renderebbe necessaria. Ciò, secondo la Commissione, si pone in contrasto con le disposizioni della direttiva, che non possono essere derogate da una norma di diritto interno.

Si segnala per altro che il citato articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) è stato abrogato dall’articolo 264 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Ulteriori procedure sui rifiuti, riguardanti siti e fattispecie specifiche, sono riportate nella tabella riepilogativa alle pagine seguenti.

Acque

Il 7 luglio 2004 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[23]per mancata attuazione della direttiva quadro in materia di acque 2000/60/CE. La direttiva, contenuta nell’allegato B della legge comunitaria 2003 (legge n. 306 del 2003), è stata recepita con il decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152.

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha anche inviato all’Italia un parere motivato[24] per non aver completato le analisi e l’esame delle caratteristiche relative a ciascun distretto idrografico compreso nel territorio - come richiesto dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE - entro il 22 dicembre 2004. L’Italia, come tutti gli altri Stati membri, avrebbe inoltre dovuto presentare entro il 22 marzo 2005, secondo quanto stabilito dall’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2000/60/CE, una relazione sintetica delle analisi richieste dall’articolo 5 e dei programmi di monitoraggio di cui all’articolo 8 della medesima direttiva.

Ulteriori procedure sulle acque, riguardanti situazioni specifiche, sono riportate nella tabella riepilogativa alle pagine seguenti.

Habitat

Il 5 luglio 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[25]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal  sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Liguria con la legge n. 34 del 5 ottobre 2001 “Attuazione dell’articolo 9 della direttiva comunitaria 79/409/CEE”, poi modificata dalla legge regionale 1° agosto 2002, n. 31. Il parere motivato fa riferimento al testo vigente della legge.

Il 4 luglio 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato[26] per non conformità della normativa italiana di recepimento della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici alla direttiva medesima e per la non corretta applicazione della stessa. In particolare, la Commissione rileva che non sono conformi alla direttiva la normativa statale e quella di tredici regioni (Abruzzo, Emilia-Romagna, Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Puglia, Umbria, Calabria, Lombardia, Veneto, Sardegna e Liguria).

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia:

·  un parere motivato[27]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE  configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Sardegna con la legge n. 2 del 13 febbraio 2004 “Norme in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio in Sardegna in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221.

·  un parere motivato[28]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Veneto con la legge n. 13 del 12 agosto 2005 “Disciplina del regime di deroga previsto dall’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio”.

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato complementare[29] per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia previste per le zone speciali di conservazione e/o di protezione, ai sensi dell’art. 7 della direttiva 92/43.

In particolare, l’Italia non avrebbe adottato le misure idonee ad evitare il degrado della zona di protezione speciale IT5210070 “Lago Trasimeno”. Tale degrado, causato da un impoverimento idrico di rilevante entità (per scopi agricoli e licenze di varia natura), ha compromesso la funzionalità ecologica del sito. Inoltre sulle parti prosciugate è in corso di costruzione una pista ciclabile senza che sia stata effettuata la valutazione di incidenza prevista dall’art. 6 della direttiva 92/43. La Commissione ritiene pertanto che l’Italia sia venuta meno agli obblighi derivanti dagli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE.

La Commissione ha inviato all’Italia, il 13 luglio 2004, tre pareri motivati, per violazioni della direttiva n. 92/43/CEE e della direttiva n. 79/409/CEE: le contestazioni riguardano l’omissione di valutazione dell’impatto potenziale di una serie di progetti di costruzione all’interno di siti protetti. In particolare i rilievi della Commissione sono relativi ai seguenti casi:

·  la realizzazione di una zona industriale nelle vicinanze di Manfredonia (Foggia) che avrà un impatto sul sito naturale “Valloni e steppe pedegarganiche[30];

·  lo svolgimento di varie attività potenzialmente nocive (costruzione e successiva distruzione a mezzo fuoco di uno scenario cinematografico in un canneto durante la stagione di riproduzione degli uccelli, costruzione di infrastruttura turistico-sportiva, ecc.)  che hanno avuto luogo in località Lago di Mezzola e Pian di Spagna, in provincia di Sondrio, provocando gravi perturbazioni in un habitat che ospita 74 specie di uccelli anche migratori[31];

·  la costruzione di nuove infrastrutture sciistiche nel parco nazionale dello Stelvio[32].

Per quest’ultimo caso, la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia in data 10 agosto 2005 (C-304/2995).

Il 30 marzo 2003 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[33] per violazione della direttiva  79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici. Secondo la Commissione, l’Italia avrebbe omesso di adottare le misure idonee ad evitare il degrado degli habitat naturali e la perturbazione delle specie viventi nella zona protetta ZPS IT 3210018 “Basso Garda”. In particolare i rilievi della Commissione sottolineano che :

·  il pontile di attracco per imbarcazioni nel comune di Castelnuovo del Garda e le attività di navigazione che vi si svolgono attorno  sono incompatibili con gli obiettivi di conservazione del sito in caso di uso del pontile nel periodo di svernamento degli uccelli;

·  il porto turistico nel comune di Peschiera del Garda è causa dell’aumento del traffico lacuale e quindi è suscettibile di avere un impatto significativo sugli uccelli e il loro habitat nella zona.

 

In relazione alla materia di habitat naturali, ulteriori procedure di infrazione sono riportate nella tabella alle pagine seguenti.


Procedure di infrazione in corso (tabella riepilogativa)[34]

Rifiuti

1998/4802

 

Applicazione della direttiva  74/442 relativa ai rifiuti-Manfredonia

Dir.75/442

VDC

PM2

28/06/2006

1998/5091

 

Applicazione direttiva 75/442/CEE - Discarica di rifiuti pericolosi e non pericolosi nel Comune  di Castelliri (FR)

Dir. 75/442 e 91/156

VDC

PM2

04/04/2006

1999/4006

 

Rifiuti alimentari Veneto, Marche e Piemonte

Dir. 75/442

VDC

RIC

 

1999/4797

 

Discarica di nerofumo a Rodano (MI)

Dir.75/442, 91/156

VDC

PM2

13/12/2005

2000/4554

 

Discarica RSU Campolungo (AP)

Dir.75/442, 91/156

VDC

PM2

04/04/2006

2000/5083

 

Discarica abusiva a nord della statale "Appia" nel comune di Massafra (Taranto)

dir. 75/442

VDC

PM

16/12/2003

2002/2077

Obblighi previsti dalla direttiva 75/442/CEE sui rifiuti

dir. 75/442

VDC

RIC

13/10/2004

2002/2133

Discarica di rifiuti definita La Marca, località Sardone di Giffoni Valle Piana (Salerno)

dir. 75/442

VDC

MMC

02/04/2003

2002/2213

Smaltimento rifiuti                                        (definizione di rifiuto)

dir.  75/442

VDC

RIC

23/06/2005

2002/2284

Effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti

dir. 75/442

VDC

RIC

02/03/2006

2002/5394

Prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento in relazione alla terza linea dell'impianto di incenerimento rifiuti ASM Brescia S.p.A.

Dirr. 85/337 e 96/61

VDC

RIC

07/07/2005

2003/2077

Funzionamento discariche abusive o incontrollate

dirr.75/442, 91/156, 91/689 e 1999/31

VDC

RIC

 

2003/2204

Veicoli fuori uso

artt.2,3,4,5,6,7, 8,10 e 12 dir. 2000/53

VDC

RIC

29/11/2005

2003/4506

Discariche di rifiuti (rocce da scavo).

Dir.1999/31

VDC

PM

13/12/2005

2005/2339

Incenerimento rifiuti pericolosi

Dirr. 85/337, 94/67 e 97/11

VDC

MMC

28/06/2006

2005/4051

Arbitraria deroga alle disposizioni sulla corretta gestione dei rifiuti secondo l'allegato I della direttiva 75/442/CEE.

75/442 e 91/156

VDC

PM

13/12/2005

2006/4220

 

Attribuzione servizio gestione dei rifiuti in Sicilia

 

 

MM

12/10/2006

2006/4420

 

Attribuzione dei servizi di gestione rifiuti in Sicilia

 

 

MM

12/10/2006

2006/4482

Rifiuti – non conformità del DLgs 151/2005

 

 

MM

12/10/2006

Acque

2000/5152

 

Trattamento delle acque reflue urbane - Agglomerato Comuni della provincia di Varese - bacino fiume Olona.

dir.91/271

VDC

RIC

01/08/2005

2002/2124

Trattamento acque reflue urbane - aree sensibili

dir. 91/271

VDC

PM

09/07/2003

2002/4801

Inquinamento da scarico di acque reflue nel Comune di Tolmezzo (Udine)

Dir.91/271

VDC

MM

12/10/2005

2004/0059

Quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.

Dir. 2000/60

MA

PM

07/07/2004

2004/2034

Cattiva applicazione articoli 3 e 4 della direttiva 91/271/CEE - Trattamento acque reflue urbane.

Dir.91/271

VDC

MM

07/07/2004

2005/2315

Analisi e programmi di monitoraggio in materia di acque.

Art.5 dir.2000/60

VDC

PM

28/06/2006

2005/4347

Gestione del lago d'Idro - abbassamento del livello dell'acqua (Brescia).

Dir.85/337

VDC

MM

MMC

12/10/2005

12/10/2006

2006/2017

Esclusione dal'ambito di applicazione della direttiva 76/160/CEE della qualità delle acque di balneazione.

Arttt.4, par.1, 6, par.1, e 13 dir.76/160

VDC

MM

04/04/2006

2006/2163

Protezione delle acque dall'inquinamento provocato da nitrati provenienti da fonti agricole.

Artt.3 e 5 dir.91/676

VDC

MM

04/04/2006

Inquinamento atmosferico

2002/4517

Qualità dell'aria dell'ambiente e valori limite nell'agglomerato di Bari.

dirr.96/62 e 99/30

VDC

MM

15/10/2003

2004/2116

Applicazione direttive 96/62/CE e 99/30/CE concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo e di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo.

Artt.8 e 11 dir.99/62 e 4 e 5 dir.99/30

VDC

PM

04/04/2006

2005/0643

Provvedimenti da adottare contro l'emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali

Dir. 2004/26

MA

PM

13/12/2005

VIA

2000/4711

 

VIA - Strada a scorrimento veloce  a quattro corsie città di Imola.

Dir.85/337

VDC

PM

14/12/2004

2001/4067

Concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Isili (Nuoro) per la realizzazione di capannoni in località "Perd'e Cuaddo"

dirr. 85/337 e 97/11

VDC

PMC

07/07/2004

2002/4787

Direttiva VIA concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.                     Strada di scorrimento a 4 corsie: sezione via Eritrea -via Borisasca .

Dir.85/337

VDC

PM

28/06/2006

2003/2049

Valutazione impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.

Dirr.85/337 e 97/11

VDC

PM

05/07/2005

2003/2209

Ampliamento della base militare dell'isola della Maddalena (Sassari).

Dir.85/337, 92/43 e 79/409

VDC

MM

12/10/2005

2003/4762

VIA progetto MOSE-Modulo sperimentale elettromeccanico  (Venezia)

 

VDC

MM

13/12/2005

2003/5046

Progetto di realizzazione infrastrutture sciistiche nell'area di Santa Caterina Valfurva, nel territorio del Comune di Valfurva (Sondrio)

Dirr. 79/409 e 92/43

VDC

RIC

10/08/2005

2006/2315

 

VIA – legislazione Lombardia - progetto cava

 

 

MM

12/10/2006

2006/4299

Impatto – direttiva 85/337/CE e direttiva 97/11/CE – monti picentini

 

 

MM

12/10/2006

Habitat

1993/2165

 

Conservazione uccelli selvatici

Dir. 79/409

VDC

PM2

14/12/2004

1998/2346

Oristano – Costruzione villaggio turistico “Is ArenasNarbolia (OR)

Ex Art.226 T.

VDC

MMC

13/12/2005

2001/4156

 

Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Valloni e steppe pedegarganiche - FOGGIA

Dirr. 79/409 e 92/43

VDC

PM

07/07/2004

2001/5308

Conservazione degli uccelli selvatici, conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

Dirr.79/409 e 92/43

VDC

MM

30/03/2004

2002/4342

Conservazione degli uccelli selvatici - Lago Trasimeno - Uitlizzazione acque del lago Trasimeno a scopi agricoli

dir. 79/409 e 92/43

VDC

PMC

05/07/2005

2002/5403

Cattiva applicazione delle direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE. Progetto Consorzio sviluppo Murgiano.

Artt. 6, comma 3, e 7 dir.92/43

VDC

RIC

24/05/2006

2003/2087

Conservazione degli habitat naturali e smi Nturali della flora e della fauna - utilizzo di metodi di pesca dannosi per i piccoli cetacei

Dir.92/43

VDC

MM

13/12/2005

2003/4090

Impatto ambientale sugli habitat interessati dal progetto di costruzione del ponte di Messina

Art.4, par.4, dir.79/409 e art.6, par.3 e 4,dir.92/43

VDC

MM

12/10/2005

2003/5138

Direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici e direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

Dir.79/409  e dir. 92/43

VDC

PM

07/07/2004

2003/5145

Direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici e direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

Dir.79/409  e dir. 92/43

VDC

PM

07/07/2004

2004/4242

Normativa della Regione Sardegna che deroga al regime di protezione degli uccelli selvatici.

Dir.79/409

VDC

PM

 

04/04/2006

12/10/2006

2004/4926

Normativa della Regione Veneto che deroga al regime di protezione degli uccelli selvatici - legge Regione Veneto n.17/2004.

Art.9 dir.79/409

VDC

PM

 

04/04/2006

12/10/2006

2004/5104

Collegamento sciistico fra le località di Pinzolo e Madonna di Campiglio

Dir.85/337, 92/43 e 79/409

VDC

MMC

04/04/2006

2004/5159

Realizzazione di centrali idroelettriche in Val Masino (Sondrio)

Dir.85/337, 92/43 e 79/409

VDC

MM

12/10/2005

2005/4128

Progetto di un Terminale GNL presso il delta del Po (Rovigo).

Art.6 dir. 92/43

VDC

MM

04/04/2006

2006/2131

Non conformità alla direttiva 70/409/CEE relativa alla conservazione degli uccelli selvatici.

Dir. 79/409

VDC

PM

28/06/2006

2006/4043

Applicazione direttiva 79/409/CEE elativa alla conservazione degli uccelli selvatici in Liguria.

Art.9 dir.79/409

VDC

PM

28/06/2006

2006/4045

Natura – direttiva 92/43/CE e direttiva 79/409/CE - Spilimbergo

 

 

MM

12/10/2006

Varie

2002/4662

Tributo ambientale di cui all'articolo 6 della legge regionale siciliana n.2 del 26 marzo 2002.

 Artt. 23,25,26 e 133 Trattato

VDC

PM

07/07/2004

2005/0640

Partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale

Dir. 2003/35

MA

PM

13/12/2005

2005/2238

 

Natura – progetto cave Colle Duolfa

 

 

MM

12/10/2006

2006/2174

Cambi climatici - Rapporti informativi conseguenti all'art.3.1 della decisione 2004/280/CE.

Art.3, par.1, dec.2004/280 e artt.da 2 a 4 dec.2005/166

VDC

MM

04/04/2006

2006/2341

 

Cambio climatico: piani nazionali di assegnazione ai sensi della direttiva 2003/87/CE (direttiva su scambio quote)

 

 

MM

12/10/2006

2006/4036

Natura – difesa dei fuscus pelobates ?? in burolo (Torino)

 

 

MM

12/10/2006

 


Principali temi all’esame della Commissione
Ambiente del Parlamento europeo
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’UE)

Risorse naturali

Il 21 dicembre 2005 la Commissione europea ha adottato la comunicazione Strategia tematica per l’uso sostenibile delle risorse naturali (COM(2005)670).

Nel documento si ritiene importante integrare profili di tutela ambientale nelle altre politiche che influiscono sull’impatto ambientale dell’uso delle risorse naturali, e si fornisce un quadro di analisi mirante a consentire che l’impatto ambientale dell’uso delle risorse venga preso in considerazione in via permanente nella definizione delle politiche pubbliche.

Secondo la Commissione, la concreta attuazione di questa strategia creerà le condizioni per un migliore e più efficiente uso delle risorse, nonché gli incentivi necessari per passare a modi di produzione e di consumo più sostenibili: ciò avrà un impatto positivo sull’economia, soprattutto perché questi incentivi incoraggeranno le imprese ad innovare e a diventare più competitive. La Commissione procederà ad un esame dei progressi fatti nella realizzazione degli obbiettivi della strategia per la prima volta nel 2010 e, successivamente, ogni cinque anni. Questa revisione confluirà nella valutazione finale del Sesto programma di azione in materia ambientale.

Il documento è stato trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio, che ha adottato conclusioni il 23 ottobre 2006. Il Consiglio, nell’accogliere con favore la comunicazione, ha ribadito la necessità di intraprendere un’azione prioritaria volta a equilibrare l'uso delle risorse naturali allo scopo di dissociare la crescita economica dal degrado ambientale. Ha invitato a concentrare l'attenzione sull'aumento dell'efficienza delle risorse e sulla riduzione degli impatti negativi soprattutto nei settori economici fondamentali quali l'edilizia, i trasporti e i prodotti alimentari.

Ha inoltre sottolineato che, come richiesto dal Consiglio europeo del giugno 2006, la Commissione elaborerà entro il 2007 un piano d'azione dell'Ue per il consumo e la produzione sostenibili con l’obiettivo di individuare iniziative concrete per migliorare l'ecoefficienza.

 

Rifiuti

Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente[35], il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato la strategia per la prevenzione e il riciclo di rifiuti, che si compone di una comunicazione (COM(2005)666) e di una proposta di direttiva (COM(2005)667) per modernizzare la direttiva quadro sui rifiuti 75/442/CEE.

La strategia individua un obiettivo a lungo termine che mira a fare dell’Europa una società che ricicla, cerca di contenere la produzione di rifiuti e trasforma in risorsa i rifiuti che non possono essere evitati. Per realizzare tale obiettivo saranno sfruttate le conoscenze generate dalla strategia tematica sulle risorse, adottata nella medesima data. L’attenzione è focalizzata sul concetto di ciclo di vita[36] nella politica di gestione dei rifiuti.

In tale contesto, i principali elementi del riesame proposto per la direttiva quadro sui rifiuti sono i seguenti:

·         orientare la politica sui rifiuti verso un migliore sfruttamento delle risorse;

·         prevedere l’elaborazione di programmi nazionali obbligatori di prevenzione dei rifiuti che tengano conto della varietà delle condizioni nazionali, regionali e locali, da mettere a punto entro tre anni dall’entrata in vigore della direttiva;

·         migliorare il mercato del riciclo con la fissazione di norme ambientali che stabiliscano a quali condizioni determinati rifiuti riciclati non siano più da considerare rifiuti;

·         semplificare la normativa sui rifiuti, rendendo più chiare le definizioni e più precise le disposizioni e integrando la direttiva sui rifiuti pericolosi (91/689/CEE) e la direttiva sugli oli usati (75/439/CEE). Per la seconda, occorre mirare alla raccolta piuttosto che alla rigenerazione, che non è più giustificata dal punto di vista ambientale.

Il Consiglio ambiente del 27 giugno 2006 ha approvato conclusioni con le quali accoglie favorevolmente la strategia tematica della Commissione. La proposta di direttiva verrà esaminata secondo la procedura di codecisione. L’esame in prima lettura da parte del Parlamento europeo è previsto per febbraio 2007.

Inquinamento atmosferico

Il 21 settembre 2005 la Commissione europea ha presentato una comunicazione relativa alla strategia tematica sull’inquinamento atmosferico (COM(2005)446), contestualmente ad una proposta di direttiva sulla qualità dell’aria (COM(2005)447).

 

Strategia

La strategia definisce obiettivi intermedi per ridurre le conseguenze dell’inquinamento atmosferico da qui al 2020, proponendo misure mirate a conseguirli. Raccomanda che la legislazione vigente sia modernizzata, che sia maggiormente centrata sugli inquinanti più nocivi e che siano intrapresi sforzi supplementari per integrare la dimensione ambientale nelle altre politiche e negli altri programmi. In particolare vengono definiti obiettivi in materia di salute e ambiente, nonché obiettivi di riduzione delle emissioni per i principali inquinanti.

Nelle intenzioni della Commissione tali obiettivi saranno realizzati a tappe entro il 2020, e consentiranno la protezione degli abitanti dell’UE dall’esposizione alle polveri e all’ozono presenti nell’aria, nonché una maggiore protezione  degli ecosistemi europei. Ciò implicherà concretamente una riduzione della concentrazione di PM2,5 (polveri sottili)del 75% e una riduzione della concentrazione dell’ozono troposferico del 60% entro il 2020. Inoltre, gli spazi naturali minacciati dall’acidificazione e dall’eutrofizzazione saranno ridotti del 55% entro la stessa data.

La strategia rileva inoltre che tra i diversi settori dell’economia che contribuiscono all’inquinamento atmosferico sono coinvolti, in particolare: l’agricoltura (emissioni di ammoniaca); i trasporti (polveri, composti organici volatili, ossidi di azoto e anidride solforosa); l’industria (ossidi di azoto, polveri, composti organici volatili e anidride solforosa).

Una parte della strategia sarà attuata per mezzo di una revisione della legislazione attuale sulla qualità dell’aria, attraverso:

la semplificazione delle disposizioni esistenti e la fusione di cinque strumenti giuridici in un’unica direttiva;

l’introduzione di nuove norme di qualità dell’aria per le polveri fini presenti nell’atmosfera.

La strategia sarà riesaminata nel 2010 e i risultati ottenuti saranno integrati nella valutazione finale del sesto programma per l’ambiente (2002-2012). La Commissione intende integrarla con altre misure:

Il 9 marzo 2006 la strategia è stata esaminata dal Consiglio che ha adottato conclusioni in cui ha valutato con favore l'approccio della Commissione di istituire obiettivi provvisori in materia di salute e ambiente da realizzare sino al 2020 in una prospettiva a lungo termine. Il Consiglio ha poi chiesto che tutte le future misure siano oggetto di un'accurata valutazione d'impatto tenendo conto di proiezioni aggiornate; ha sottolineato l'importanza del processo di riesame proposto dalla Commissione.

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in cui ha accolto con favore la strategia tematica della Commissione, pur rilevando con preoccupazione il fatto che il documento non indica in che modo possano essere conseguiti gli obiettivi del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente; il Parlamento europeo ha chiesto pertanto alla Commissione di prevedere obiettivi di riduzione dell'inquinamento atmosferico nettamente più ambiziosi per il 2020, al fine di raggiungere i suddetti traguardi; ha inoltre osservato con rammarico che la strategia non prevede alcun obbligo giuridico di ridurre le emissioni di particolato, come raccomandato dall'Agenzia europea per l'ambiente, ma si limita semplicemente ad indicare gli obiettivi di massima. Il Parlamento europeo, infine, ha espresso la convinzione che sarà possibile realizzare la proposta riduzione dell'inquinamento soltanto se l'Unione europea rafforzerà la legislazione sulle emissioni e ha chiesto la fissazione di valori limite ambiziosi e vincolanti.

 

Proposta di direttiva

La strategia è completata da una proposta di direttiva (COM(2005)447) che fonde la direttiva quadro 96/62/CE (valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente) e le tre “direttive figlie”: 1999/30/CE (valori limite di qualità dell’aria ambiente per i biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo); 2000/69/CE, (valori limite per il benzene e il monossido di carbonio nell’aria ambiente), 2002/3/CE (ozono nell’aria), nonché la decisione 97/101/CE (scambio reciproco di informazioni e di dati provenienti dalle reti e dalle singole stazioni di misurazione dell’inquinamento atmosferico negli Stati membri).

La proposta è volta a chiarire e semplificare la legislazione vigente e ad introdurre nuove disposizioni sulle polveri sottili. In particolare la proposta intende aggiornare le disposizioni per riflettere i nuovi sviluppi scientifici e introdurre controlli sull’esposizione umana alle polveri sottili.

La proposta di direttiva mira a:

definire e stabilire obiettivi per l’aria ambiente per evitare, prevenire o ridurre gli effetti dannosi sulla salute umana e l’ambiente;

valutare la qualità dell’aria ambiente negli Stati membri sulla base di comuni metodi e criteri, e, in particolare, valutare le concentrazioni nell’aria di alcuni inquinanti;

fornire informazione sulla qualità dell’aria al fine di combattere l’inquinamento e monitorare le tendenze a lungo termine e i miglioramenti risultati da misure nazionali e comunitarie;

assicurare che le informazioni sulla qualità dell’aria siano rese disponibili al pubblico;

salvaguardare la qualità dell’aria quando è buona e migliorarla negli altri casi;

promuovere la cooperazione accresciuta tra gli Stati membri per ridurre l’inquinamento dell’aria.

La proposta, inoltre, prevede una revisione della direttiva 2001/81/CE sui limiti di emissione nazionali, al fine di garantire una riduzione delle emissioni di biossido di azoto, biossido di zolfo, composti organici volatili, ammoniaca e polveri primarie, in linea con gli obiettivi intermedi proposti per il 2020.

Sulla scorta dei nuovi sviluppi scientifici, la Commissione propone un nuovo approccio per controllare le polveri sottili, considerate assai pericolose, stabilendo, in particolare, un tetto della concentrazione nell’aria ambiente, da raggiungere entro il 2010; questa misura dovrebbe essere affiancata da obiettivi non vincolanti di riduzione dell’esposizione umana alle polveri sottili tra il 2010 e il 2020 in ogni Stato membro. La proposta prevede inoltre che gli Stati membri stabiliscano piani e programmi per le zone in cui vengano superati i valori limite di concentrazione degli inquinanti.

La proposta (procedura di codecisione) è stata esaminata il 26 settembre 2006 in prima lettura dal Parlamento europeo che ha proposto emendamenti concernenti:

- una riduzione del valore limite per il particolato atmosferico PM10  a 32 μg/m3 annui (riduzione del 20%);

- l’esenzione, subordinata a determinate condizioni, per i comuni dall’obbligo di pianificazione per quanto concerne i provvedimenti a breve termine. I piani per i provvedimenti a breve termine devono essere predisposti soltanto laddove per mezzo delle misure previste e tenendo conto delle condizioni geografiche, meteorologiche ed economiche in loco, sussista un potenziale considerevole di riduzione del rischio, della durata o dell’entità del superamento, nonché di miglioramento della qualità dell’aria ambiente;

- una regolamentazione per il particolato atmosferico PM2,5  da realizzare in due fasi distinte: in primo luogo tramite la definizione di un valore-obiettivo, in secondo luogo, al momento del riesame della direttiva entro cinque anni, mediante la fissazione di un valore limite. L’espressione “livello massimo di concentrazione” è sostituita dalla formula “valore-obiettivo”;

- un modello scaglionato per la riduzione del PM2,5, differenziato per ciascuno Stato membro, ritenuto preferibile ad un obiettivo di riduzione forfettario proposto dalla Commissione.

 

Il 13 novembre il Consiglio ha raggiunto un accordo politico sul progetto di direttiva; il testo sarà adottato quale posizione comune in occasione della prossima sessione del Consiglio e sarà trasmesso al Parlamento europeo per la seconda lettura.

I punti essenziali di tale accordo sono:

un valore obiettivo non vincolante per il PM2.5 nel 2010 da sostiuire con un valore limite vincolante nel 2015;

la possibilità di prorogare il termine per il conseguimento del valore limite per il PM10 fino a tre anni dopo l'entrata in vigore della direttiva;

la possibilità di prorogare il termine per il biossido di azoto (NO2) e il benzene di cinque anni al massimo (fino al 1º gennaio 2015);

il principio secondo cui i valori limite dovrebbero applicarsi ovunque, ma in taluni siti la conformità ai valori limite non dovrebbe essere valutata.

Life+

La proposta di regolamento relativa ad un nuovo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+)(COM(2004)621) è intesa a riunire gran parte degli attuali programmi finanziari destinati all’ambiente, al fine di migliorarne l’efficienza.

Il Parlamento europeo ha esaminato la proposta, che segue la procedura di codecisione, il 7 luglio 2005 in prima lettura. Il 2 dicembre 2005 il Consiglio ambiente ha raggiunto un accordo politico parziale sulla proposta. La natura parziale dell’accordo dipende dal fatto che sono state escluse le questioni relative al bilancio, connesse alle discussioni in corso sulle prospettive finanziarie 2007-2013 nel cui ambito la proposta di regolamento è stata presentata. Sulla base dell’accordo interistituzionale raggiunto il 17 maggio 2006 da Commissione, Consiglio e Parlamento europeo sulle prospettive finanziarie 2007-2013, il 24 maggio 2006 la Commissione ha adottato una proposta modificata inclusiva degli aspetti relativi alla dotazione finanziaria (COM(2004)621/2). Il Consiglio ha adottato la posizione comune il 27 giugno 2006.

Euro 5

Il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato la proposta di regolamento relativo all’omologazione degli autoveicoli riguardo alle emissioni e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione del veicolo (COM(2005)683).

Obiettivo della proposta è fissare norme armonizzate sulla costruzione degli autoveicoli al fine di garantire il funzionamento del mercato interno e di fornire, al tempo stesso, elevati livelli di protezione dell’ambiente riguardo alle emissioni nell’atmosfera. Secondo la Commissione il buon funzionamento del mercato unico dell’UE richiede norme comuni che limitino l’inquinamento atmosferico dovuto a sostanze emesse dagli autoveicoli.

La proposta è stata esaminata dal Consiglio il 9 marzo 2006 e dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in seduta plenaria il 29 novembre 2006.

La Commissione ambiente del PE ha proposto che il campo di applicazione venga definito non in base alle tipologie di motori ma alle categorie degli autoveicoli. Ha inoltre proposto di introdurre, contemporaneamente al livello Euro 5, anche un ulteriore livello Euro 6 con limiti d'emissione inferiori. In tal modo si fisserebbero obiettivi di riduzione a lungo termine che, per la ricerca e lo sviluppo nel settore dei sistemi di riduzione dei gas di scarico degli autoveicoli, significherebbero sicurezza degli investimenti, anche a vantaggio dei produttori. Il primo livello Euro 5 entrerebbe in vigore il 1° settembre 2009 e il secondo livello, Euro 6, dopo un intervallo di cinque anni, vale a dire il 1° settembre 2014.

Ambiente marino

Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente, il 25 ottobre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo “strategia tematica per la protezione e la conservazione dell’ambiente marino”(COM(2005)504), congiuntamente ad una proposta di direttiva che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (COM(2005)505).

Obiettivo finale della strategia è quello di raggiungere un buono livello ecologico dell’ambiente marino entro il 2021 e di proteggere tale risorsa dalla quale dipendono attività economiche e sociali rilevanti.

La proposta di direttiva istituisce, tra l’altro, sulla base di criteri geografici e ambientali, le regioni marine europee il Mar Baltico, l'Atlantico nord-orientale e il Mar Mediterraneo. Ciascuno Stato membro, in stretta collaborazione con gli altri Statimembri e con i paesi terzi della medesima regione marina, sarà chiamato a sviluppare strategie marine per le proprie acque.

Su entrambi i documenti (comunicazione e proposta di direttiva) il 23 ottobre 2006 il Consiglio ha svolto un dibattito.

Il 14 novembre il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla strategia che la accoglie con favore e che, tra l’altro:

- rileva con disappunto che la proposta di direttiva nella forma attuale non riuscirà a mobilitare le autorità regionali e locali ad adottare le misure appropriate;

- sollecita l'inclusione nella direttiva di una definizione comune a livello UE di "buono stato ambientale", inteso come lo stato dell'ambiente che si configura quando tutti gli ecosistemi marini di una determinata regione marittima sono gestiti in maniera tale da poter funzionare in modo equilibrato e autonomo dinanzi ai cambiamenti ambientali;

- rileva che negli Stati membri è già stato applicato il calendario previsto dalla direttiva quadro sulle acque (Dir.2000/60/CE) che indica nel 2015 il termine per il conseguimento di un buono stato ecologico delle acque costiere e che è illogico e inappropriato proporre contemporaneamente un obiettivo meno ambizioso per le zone marine adiacenti e parzialmente confluenti.

La proposta di direttiva è in attesa di essere esaminata, secondo la procedura di codecisione, dal Parlamento europeo.

Sostanze chimiche

Il 29 ottobre 2003 la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che stabilisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche e modifica la direttiva 1999/45/CE e il regolamento (CE) sugli inquinanti organici persistenti (COM(2003)644-1).

 

Insieme alla proposta di regolamento, la Commissione ha presentato anche una proposta di direttiva che modifica la direttiva 67/458/CEE, relativa alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose, per adattarla al regolamento concernente la registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizioni delle sostanze chimiche (COM(2003)644-2).

Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato la posizione comune sulle due proposte.

Uno degli aspetti più problematici, secondo la Commissione europea, riguarda gli aspetti dell'autorizzazione delle sostanze estremamente problematiche e della sostituzione. Gli Stati membri e la Commissione si sono dichiarati favorevoli alla proposta di compromesso che è stata raggiunta e i cui elementi principali sono i seguenti:

a) le domande di autorizzazione devono comprendere sempre un’analisi del dichiarante sulle possibili soluzioni alternative;

b) in caso di sostanze estremamente problematiche per le quali non è stato possibile determinare delle soglie sicure con i metodi attuali, entro dodici mesi dall'entrata in vigore del regolamento deve essere prevista una revisione di tali metodi sulla base dei lavori eseguiti nell'ambito dei progetti di attuazione di REACH6.

Per quanto riguarda il campo di applicazione sono state previste due esenzioni dalla registrazione ed è stata prescritta una revisione degli allegati ad esse relativi entro 12 mesi dall'entrata in vigore del regolamento. Per quanto attiene alla valutazione viene rafforzato sensibilmente il ruolo dell'agenzia.

 

La posizione comune è stata trasmessa al Parlamento europeo per la seconda lettura, secondo la procedura di codecisione.

L’esame da parte del Parlamento europeo in seduta plenaria è previsto nell’ambito della sessione 11-14 dicembre 2006.

Pesticidi e prodotti fitosanitari

Il 12 luglio 2006 la Commissione ha presentato la Strategia tematica e la proposta di direttiva per l'uso sostenibile dei pesticidi (COM(2006)372) e (COM(2006)373).

Gli obiettivi specifici dei documenti si possono così riassumere:

a) ridurre al minimo i rischi e i pericoli derivanti alla salute e all’ambiente dall’impiego dei pesticidi;

b) migliorare i controlli sull’uso e la distribuzione dei pesticidi;

c) ridurre i livelli di sostanze attive nocive, anche provvedendo a sostituire le sostanze più pericolose con alternative più sicure (comprese quelle non chimiche);

d) incentivare una coltivazione a basso apporto di pesticidi o addirittura nullo, anche con attività di sensibilizzazione degli utilizzatori;

e) istituire un sistema trasparente di comunicazione e monitoraggio dei progressi ottenuti nel conseguimento degli obiettivi della strategia.

La strategia è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo.

La proposta di direttiva è stata discussa dal Consiglio il 18 settembre 2006 ed è in attesa di essere esaminato in prima lettura dal Parlamento europeo, secondo la procedura di codecisione.

 

Il 12 luglio la Commissione ha presentato la proposta di regolamento sulla commercializzazione dei prodotti fitosanitari (COM(2006)388).

Il regolamento proposto sostituisce la direttiva 91/414/CEE relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari ed abroga la direttiva 79/117/CEE del Consiglio relativa al divieto di immettere in commercio e impiegare prodotti fitosanitari contenenti determinate sostanze attive. Gli elementi essenziali della proposta sono i seguenti:

– istituzione a livello UE di un elenco positivo di sostanze attive;

– autorizzazione dei prodotti fitosanitari a livello degli Stati membri;

– riconoscimento reciproco obbligatorio delle autorizzazioni negli Stati membri appartenenti alla stessa zona d’autorizzazione;

– disposizioni specifiche per le sostanze ed i prodotti di base contenenti sostanze che non destano particolare preoccupazione;

– regole dettagliate sulla protezione dei dati e sulla trasparenza;

– disposizioni in materia di imballaggio, etichettatura e pubblicità;

– obbligo di tenere registri ed effettuare controlli;

– fissazione di criteri per l’approvazione delle sostanze attive, dei fitoprotettori e dei sinergizzanti.

 

La proposta è stata trasmessa al Consiglio che l’ha discussa il 18 settembre 2006 ed è in attesa di esame, secondo la procedura di codecisione, da parte del Parlamento europeo in prima lettura.

 

Protezione del suolo

Come previsto nel sesto programma d’azione per l’ambiente, il 22 settembre 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica per la protezione del suolo (COM (2006)231).

Dall’analisi proposta dalla Commissione risulta che il degrado del suolo è un problema serio in Europa, causato o acuito dalle attività umane, quali pratiche agricole e silvicole inadeguate, attività industriali, turismo, proliferazione urbana e industriale e opere di edificazione. Tutte queste attività esercitano un impatto negativo, perché impediscono al suolo di svolgere tutta la varietà di funzioni e di servizi che normalmente fornisce agli esseri umani e agli ecosistemi.

Secondo la Commissione varie politiche comunitarie contribuiscono a difendere il suolo, in particolare quelle ambientali (in materia di acque, rifiuti, sostanze chimiche) e quelle agricole. Per quanto riguarda in particolare l’agricoltura, alcune pratiche di gestione del suolo possono avere effetti positivi sulla condizione del suolo, conservando e anzi aumentando la presenza di materia organica nel suolo o prevenendo gli smottamenti.

La Commissione ritiene tuttavia che tali interventi non siano sufficienti ad assicurare un livello di protezione adeguato e si renda pertanto necessaria l’adozione di una strategia complessiva e specifica.

La proposta dalla Commissione è finalizzata principalmente a proteggere il suolo e a garantirne un utilizzo sostenibile, in base ai seguenti princìpi guida:

prevenire l’ulteriore degrado del suolo e mantenerne le funzioni quando:

– il suolo viene utilizzato e ne vengono sfruttate le funzioni: in tal caso è necessario intervenire a livello di modelli di utilizzo e gestione del suolo;

– il suolo svolge la funzione di recettore degli effetti delle attività umane o dei fenomeni ambientali: in tal caso è necessario intervenire alla fonte;

riportare i suoli degradati ad un livello di funzionalità corrispondente almeno all’uso attuale e previsto, considerando pertanto anche le implicazioni, in termini di costi, del ripristino del suolo.

Su queste basi, la strategia proposta si articola attorno a quattro pilastri fondamentali:

adozione di una legislazione quadro finalizzata principalmente alla protezione e all’uso sostenibile del suolo;

integrazione della protezione del suolo nella formulazione e nell’attuazione delle politiche nazionali e comunitarie;

riduzione del divario oggi esistente in termini di conoscenze in alcuni settori della protezione del suolo, sostenendo la ricerca attraverso programmi di ricerca comunitari e nazionali;

maggiore sensibilizzazione in merito alla necessità di difendere il suolo.

Il documento è stato trasmesso al Consiglio e al Parlamento europeo.

Sviluppo sostenibile

Una strategia rinnovata dell’UE per lo sviluppo sostenibile è stata approvata dal Consiglio il 12 giugno 2006 e successivamente adottata dal Consiglio europeo il 15 e 16 giugno 2006.

Tale strategia si basa sulla dichiarazione relativa ai principi direttori dello sviluppo sostenibile – adottata dal Consiglio europeo nel giugno 2005 – e sulla comunicazione della Commissione sul riesame della strategia in favore dello sviluppo sostenibile (COM(2005)658) del 13 dicembre 2005.

L'obiettivo generale della nuova strategia dell'UE è quello di individuare e sviluppare le azioni che permetteranno all'UE di migliorare costantemente la qualità della vita delle generazioni attuali e future tramite la creazione di comunità sostenibili capaci di gestire e utilizzare le risorse in maniera efficace e di sfruttare il potenziale di innovazione ecologica e sociale dell'economia, assicurando prosperità, tutela dell'ambiente e coesione sociale. La strategia s'incentra su 7 settori d'azione prioritari: cambiamenti climatici e energia pulita; trasporti sostenibili; consumo e produzione sostenibili; conservazione e gestione delle risorse naturali; salute pubblica; inclusione sociale, demografia e migrazione; povertà mondiale e sfide dello sviluppo. La Commissione presenterà ogni due anni (a decorrere dal settembre 2007) una relazione sulla situazione dei lavori relativa all'attuazione della strategia nell'UE e negli Stati membri, includendovi anche le priorità, gli orientamenti e le azioni per il futuro. Gli Stati membri dovrebbero completare le loro prime Strategie per lo sviluppo sostenibile entro giugno 2007.

Il Parlamento europeo il 15 giugno 2006 ha approvato una risoluzione in cui ha sottolineato la necessità di fissare chiari obiettivi intermedi e a lungo termine, migliorare la qualità della crescita, rafforzare la sostenibilità del buon governo a livello nazionale, europeo e internazionale.

Ambiente urbano

L’11 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione relativa alla strategia tematica per l’ambiente urbano (COM(2005)718). La strategia definisce nuove misure per sostenere e facilitare l’adozione di approcci integrati alla gestione dell’ambiente urbano da parte delle autorità nazionali, regionali e locali.

La strategia è stata esaminata dal Consiglio il 27 giugno 2006. Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale condivide l'analisi della Commissione secondo cui la particolare complessità dei problemi ambientali delle città dipende dall'interdipendenza delle loro cause; ha insistito poi sul fatto che la legislazione comunitaria dovrebbe prevedere, per tutti gli agglomerati superiori ai 100.000 abitanti, l'obbligo di creare un piano di gestione urbana sostenibile (PGUS) e un piano di trasporti urbani sostenibili (PTUS).

 


Documentazione allegata

 

 


VIII COMMISSIONE PERMANENTE

(Ambiente, infrastrutture e lavori pubblici)

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SEDUTA DI MERCOLEDI’ 28 GIUGNO 2006

 

 

 


ALLEGATO 3

Sulla missione a Vienna in occasione della Conferenza dei presidenti delle Commissioni ambiente dei Parlamenti dei Paesi europei e del Parlamento europeo (15-16 giugno 2006).

 

RELAZIONE DEPOSITATA DAL DEPUTATO IANNUZZI

 

Una delegazione della VIII e della X Commissione, composta dai deputati Iannuzzi e Saglia, si è recata a Vienna, il 15 e 16 giugno 2006, per partecipare alla Conferenza delle Commissioni ambiente dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea, dei Paesi candidati e del Parlamento europeo.

La riunione, preceduta da un incontro informale organizzato dalla Presidenza austriaca nella serata del 15 giugno, si è svolta nella giornata del 16 giugno 2006 e si è articolata in due sessioni di lavoro sul tema dell'efficienza energetica in Europa.

Nella sessione di lavoro della mattina, concernente il potenziale e le misure nel campo dell'efficienza energetica, dopo un saluto introduttivo del Vicepresidente della Commissione ambiente del Consiglio nazionale austriaco, si è svolta la relazione di Rudolf Anschober, membro del Governo della Provincia dell'Alta Austria, responsabile delle questioni ambientali e energetiche, che ha sottolineato l'importanza cruciale della sfida energetica in un contesto di consumi in continua crescita a livello mondiale, soprattutto da parte dei Paesi emergenti. Nella relazione è stata illustrata l'esperienza della Provincia dell'Alta Austria, che ha evidenziato negli ultimi anni performance di successo in ordine alla produzione di energia da fonti rinnovabili, con particolare riferimento all'energia fotovoltaica e alle biomasse. La Provincia dell'Alta Austria ha recentemente varato un piano di efficienza energetica fino al 2010 (Energie Star 2010), articolato in aree strategiche ed azioni concrete, sul quale è stato raggiunto un consenso unanime da parte di istituzioni, mondo produttivo e consumatori. Al riguardo, è stata sottolineata la valenza sociale della questione energetica e, conseguentemente, la necessità di definire indirizzi concreti di azione sui quali ricercare il consenso di tutti gli attori sociali. Il piano Energie Star 2010 prevede, in particolare, misure di incentivazione per l'efficienza energetica negli edifici, attraverso ad esempio sovvenzioni ai privati, agevolazioni per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e delle tecnologie in tale ambito. È stato, altresì, precisato che, a livello federale, è stato istituito un fondo di investimento ecologico amministrato da una Commissione composta dai rappresentanti dei vari Länder. Da ultimo, è stato presentato il programma EGEM, che contempla misure nel campo dell'efficienza energetica indirizzate alle autorità locali. Alla relazione di Rudolf Anschober è seguita una sessione di domande da parte dei rappresentanti delle delegazioni partecipanti; nel corso della discussione, è emersa l'importanza di avviare una riflessione sulle modalità di immissione dei biogas nei gasdotti: in particolare, è stato segnalato che l'Austria ha presentato un programma per la sostituzione dei biogas ai combustibili fossili nella produzione di materie sintetiche e plastiche.

I lavori della Conferenza sono poi proseguiti con l'intervento di Josef Pröll, Ministro dell'agricoltura e delle foreste, dell'ambiente e della gestione delle acque, del Governo austriaco. Il Ministro ha rimarcato l'esigenza di far fronte alla sfida energetica, a livello mondiale, ed il ruolo leader dell'Europa nell'individuazione delle soluzioni più appropriate per risolvere le problematiche connesse a tale sfida. È stata, inoltre, evidenziata l'importanza del Libro verde sull'efficienza energetica, recentemente presentato dalla Commissione europea, che di fatto ha aperto un dibattito su questioni di indiscutibile rilevanza per l'Unione europea. Il Ministro, in qualità altresì di Presidente di turno del Consiglio dei Ministri dell'ambiente dell'Unione europea, ha rilevato la necessità di proseguire gli sforzi avviati con il Libro verde, attraverso la definizione di apposite e specifiche iniziative legislative nel settore dell'efficienza energetica. Gli sforzi a livello europeo non possono, però, essere disgiunti dall'attuazione di idonee misure nazionali. Non v'è dubbio, infatti, che l'esigenza di trasferire quote crescenti di trasporto dalla strada alla rotaia, la necessità di sostituire i combustibili fossili con le biomasse, il miglioramento dell'efficienza energetica negli edifici sono obiettivi ambiziosi, che possono essere raggiunti solo attraverso l'impegno congiunto e convinto di tutti gli Stati membri. Il Ministro ha, peraltro, ribadito l'impegno dell'Austria sul fronte dell'efficienza energetica evidenziando, in particolare, gli sforzi finanziari profusi sul fronte della formazione professionale dei tecnici coinvolti nella costruzione e nella ristrutturazione degli edifici (ad esempio, architetti, idraulici). All'intervento del Ministro ha fatto seguito una sessione di domande da parte di taluni membri delle delegazioni partecipanti. Dalla discussione sono emersi spunti interessanti in ordine a una serie di questioni. In primo luogo, è stata lamentata l'insufficienza di fondi europei destinati all'energia nell'ambito del Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico. È stato, altresì, sottolineato che occorre garantire migliori condizioni di sicurezza nell'approvvigionamento energetico; anche per questa ragione, si è registrato un orientamento contrario nei confronti dell'energia nucleare. A una specifica questione posta relativamente al trasporto aereo, il Ministro ha segnalato che la Commissione europea sta studiando forme di tassazione del kerosene, ovvero le modalità per includere il trasporto aereo nel sistema dei certificati di emissione, al fine di ridurre l'impatto inquinante di tale forma di trasporto.

La sessione antimeridiana si è, infine, conclusa con l'intervento di Hans Nilsson, Presidente del programma di cooperazione DSM (Demand-Side Management Program) dell'Agenzia internazionale dell'energia (IEA), che è finalizzato a promuovere l'efficienza energetica e la gestione sul fronte della domanda per lo sviluppo sostenibile globale e per le opportunità delle imprese. Sono venuti in considerazione, quindi, l'importanza e il ruolo dell'efficienza energetica attraverso un'esposizione di carattere tecnico volta a individuare i parametri, che consentono di misurare il successo delle politiche e delle misure in tale ambito: tra questi di estrema importanza è la riduzione del rapporto tra costi e prezzi attraverso l'introduzione delle nuove tecnologie. Le riflessioni svolte sul programma dell'IEA suggeriscono l'attuazione di pacchetti di misure finalizzate all'utenza, alle imprese e alle istituzioni. Con riguardo alle misure di incentivazione, pur essendo innegabilmente interessanti le deduzioni di carattere fiscale, è opportuno valutare tali misure a seconda del contesto concreto in cui devono andare a operare ed incidere.

La sessione pomeridiana è stata dedicata invece alle tematiche concernenti l'efficienza energetica nelle case e negli edifici. In particolare, dopo un intervento introduttivo del Presidente della Commissione ambiente del Consiglio federale Karl Boden, sono intervenuti Stephan Thomas, capo del gruppo di ricerca su energia, trasporti e politiche climatiche all'istituto Wuppertal per il clima, l'ambiente e l'energia ed Herbert Lechner, direttore scientifico dell'Agenzia austriaca per l'energia. Con tali interventi si è sostenuta la necessità di dare effettiva attuazione alle direttive comunitarie sull'efficienza energetica negli edifici.

In conclusione, il dato più importante e complessivo che emerge dalla riunione è l'importanza di definire, a livello europeo, misure e politiche organiche ed integrate per il miglioramento dell'efficienza energetica dal quale si attende un contributo considerevole nella riduzione dei consumi energetici e, quindi, nella riduzione delle emissioni di gas serra. Ferma restando l'opportunità di addivenire in questo campo all'adozione di una strategia europea il più possibile unitaria, è comunque indispensabile l'impegno risoluto e concreto a livello nazionale. Peraltro, dai lavori svolti e dai documenti esaminati è scaturito un interessante dato di riflessione, per cui il risparmio energetico è certamente in grado di generare significative potenzialità nella crescita economica. Accanto all'importanza di sensibilizzare il cittadino nel mutare atteggiamenti consolidati nei confronti dell'utilizzo di energia, è opportuno, peraltro, investire nella formazione professionale di coloro che lavorano nell'edilizia, atteso che dal miglioramento dell'efficienza energetica in tale ambito si attendono risultati assai considerevoli nella riduzione dei consumi energetici.

La riunione ha, quindi, consentito di evidenziare una certa unità di intenti tra gli Stati membri, i cui interventi si sono concentrati sull'importanza di politiche e di azioni in tema di efficienza energetica, di misure di incentivazione fiscale, ovvero di altre politiche che sostengano misure in questa direzione, nonché sull'improcrastinabilità di adottare interventi nella prospettiva di un sempre più massiccio utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili. Al riguardo, è indubbio che tale ultima questione si accompagna alla necessità di destinare risorse finanziarie adeguate, assicurando i necessari stanziamenti ad investimenti nella ricerca e nello sviluppo tecnologico.

Dall'andamento della Conferenza scaturisce, poi, una riflessione importante sulla valenza positivamente trasversale della materia ambientale, a conferma del fatto che l'ambiente incide sempre di più sulle scelte pubbliche assunte nell'ambito di tutte le politiche socio-economiche e produttive: lo dimostra il fatto che alla riunione della commissioni ambiente si è parlato di energia con l'intervento di rappresentanti dei dicasteri e delle commissioni parlamentari che si occupano anche di agricoltura e industria.

Da ultimo, la riunione di Vienna ha confermato la validità di simili iniziative, che consentono uno stimolante confronto a livello parlamentare su temi di interesse comune. Si tratta di momenti di riflessione certamente utili, sebbene in questo caso si siano registrati interventi di taglio a volte eccessivamente tecnico per le finalità della conferenza, il che ha probabilmente diminuito gli spazi di dibattito e di confronto sullo scambio delle iniziative più adeguate a livello nazionale, che dovrebbe rappresentare l'obiettivo prioritario di queste riunioni.


 

            COMMISSIONE VIII              

Ambiente, territorio e lavori pubblici

Resoconto stenografico

 

AUDIZIONE

SEDUTA DI GIOVEDI’ 29 GIUGNO 2006

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ERMETE REALACCI

 

 

 


Audizione del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, Alfonso Pecoraro Scanio, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, Alfonso Pecoraro Scanio, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

 

MAURIZIO ENZO LUPI. Scusi, presidente, vorrei sapere quando saranno pronti i verbali dell'ultima audizione del ministro delle infrastrutture. Poiché sono state rese affermazioni non indifferenti e anche di una certa gravità e responsabilità vorremmo avere, al di là di quello che abbiamo ascoltato, i verbali integrali, perché ogni gruppo possa utilizzarli nella maniera più opportuna.

 

PRESIDENTE. Lunedì prossimo.

 

MAURIZIO ENZO LUPI. Gli uffici sono sempre efficaci ed efficienti, però, questa volta, c'è un po' di ritardo.

 

PRESIDENTE. Spero che non ci sia malizia nelle sue parole.

MAURIZIO ENZO LUPI. Nei confronti degli uffici mai. E, quindi, quando?

 

PRESIDENTE. Ci dicono gli uffici che lunedì saranno disponibili.

Oltre a quanto il ministro vorrà sottoporre all'attenzione dei colleghi e della Commissione, desidero preliminarmente richiamare l'attenzione del ministro su due questioni. Nella scorsa legislatura il Ministero dell'ambiente - questo penso che dipenda anche da un problema di organizzazione degli uffici del Ministero, non solo dalla responsabilità soggettiva del ministro - è stato il peggiore per quanto riguarda i rapporti con il Parlamento. C'è una relazione molto interessante - che vi consiglio di leggere - da cui risulta che dal Ministero dell'ambiente sono stati adempiuti soltanto meno dell'8 per cento - credo poco più del 7 per cento - degli atti che dovevano in qualche maniera avere come interlocutore il Parlamento. Ci aspettiamo una rapida inversione di rotta.

Esiste un tema che a noi sta molto a cuore, ministro, perché fu oggetto di un emendamento presentato proprio da questa Commissione al provvedimento sull'emission trading che fu approvato dal Parlamento. Mi riferisco al fatto che nel Documento di programmazione economico-finanziaria sia inserito un apposito capitolo che spieghi il punto in cui si è arrivati per quanto riguarda l'applicazione degli impegni che conseguono al protocollo di Kyoto e le misure che il Governo intende adottare.

Questo adempimento non fu ottemperato nel DPEF dell'anno scorso. Ovviamente, è essenziale che lo sia nel DPEF di quest'anno, anche perché una delle prime azioni che questa Commissione ha intrapreso è stata di chiedere che una serie di materie, come l'energia e le politiche ambientali, siano più strettamente tenute da conto, dati gli ovvi rapporti che ci sono tra le politiche ambientali e, in questo caso, le politiche energetiche. Questo inserimento nel DPEF dei temi di Kyoto ci sembra un punto chiave.

 

Do ora la parola al ministro.

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Innanzitutto, saluto tutti componenti della Commissione, lei, presidente, e i suoi collaboratori.

Per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio è importante avere un rapporto costante e rispettoso nei confronti del Parlamento. Dico subito che farò verificare le notizie che lei mi ha comunicato relative al record negativo - purtroppo non è l'unico - che abbiamo accumulato e faremo in modo non solo di dare risposte in una misura maggiore all'8 per cento, ma anche di salire di parecchio nella percentuale di adempimento rispetto agli atti ed alle sollecitazioni parlamentari.

Faremo in modo che ci sia un monitoraggio più frequente, non solo alla fine della legislatura, degli uffici del Ministero che rispondono agli atti parlamentari. Ho già chiesto di operare dei potenziamenti in questo senso perché, onestamente, a volte, al di là della volontà politica, c'è una farraginosità del meccanismo che rischia di non rendere efficace l'attività che si svolge, soprattutto da parte dei parlamentari. Io, che vengo da un'esperienza parlamentare in questa Camera, ritengo giusto che non ci si dimentichi di questo problema quando si è nella veste, invece, di rappresentante del Governo.

La posso rassicurare dicendole che ho già provveduto in questo senso, anzi, ho chiesto anche a quanti atti parlamentari mancassero ancora delle risposte, pur essendo atti che sono decaduti nella scorsa legislatura, per verificare se ci fossero elementi di attualità che potessero servire anche come notizia. Infatti, l'atto ispettivo parlamentare è un atto utile per la conoscenza, perché non è affatto detto che un organo di Governo abbia notizia di tutto.

Inizio molto rapidamente ricordando, come ho già fatto nella Commissione ambiente del Senato, che questo Governo nasce all'insegna di un programma molto dettagliato che è stato presentato agli elettori prima delle elezioni. È chiaro, quindi, che nell'illustrare le linee del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio non posso che richiamarvi il programma, senza ovviamente rileggerlo perché non sarebbe utile ai nostri lavori - in ogni caso è disponibile dappertutto -, a cominciare dalla politica dei trasporti sostenibili, che fa parte a pieno titolo di un elemento fondamentale per l'attività di rilancio della qualità dell'ambiente nel nostro paese.

In questo ambito vi è il sostegno forte al trasporto pubblico locale; l'intervento a favore di una mobilità sostenibile; il rilancio dell'utilizzo del mezzo ferroviario e del «via mare» per il trasporto, in particolare delle merci: tutto questo fa parte, evidentemente, anche di una maggiore attenzione che il Ministero dell'ambiente avrà nel sostenere tutte quelle politiche che possono ridurre i tanti problemi legati al sistema dei trasporti. Non entro nel merito di tante altre cose che possiamo dire.

C'è, poi, il capitolo energia, che prevede - questo, presidente, conferma una necessità che ho già anticipato al ministro dell'economia - che il protocollo di Kyoto sia un punto di riferimento centrale dell'azione di Governo.

Ho richiesto anche stamane, in occasione della presentazione alle parti sociali delle linee generali del DPEF da parte del ministro dell'economia, che il Documento di programmazione economico-finanziaria contenga un riferimento chiaro e netto non solo a quello che è stato fatto ma, soprattutto, a una cosa che dovrebbe diventare un elemento importante, spero condiviso da tutti: se noi vogliamo conseguire l'obiettivo di Kyoto, dobbiamo fare modo che gli atti di Governo, quelli parlamentari, e delle varie amministrazioni abbiano tutti una sorta di compatibilità con il protocollo di Kyoto. Questo è fondamentale se vogliamo evitare il rischio di trovarci dal 2008, e in misura ancora peggiore successivamente, in una condizione di esposizione economica rilevantissima.

Al di là del problema ambientale, quindi, c'è il rischio di pagare delle ingenti multe. Per far capire quale possa essere il rischio, ho spesso fatto questo esempio: visto che stiamo parlando di allocazione di piani di emissione della CO2, stiamo attenti a non ripercorrere la triste esperienza delle quote latte. Mi riferisco al fatto che si stabiliscono dei tetti e poi non si fanno rispettare i livelli di emissione di CO2. Molti operatori si convincono che, alla fine, non un è un grande problema, ma arrivano le multe; lo Stato paga le multe e in più c'è il rischio che debba rivalersi, comunque, sugli operatori creando danni a tutto il settore.

Oltre all'aspetto ambientale, quindi, il rischio che corriamo nella vicenda delle emissioni di CO2, se non lavoriamo seriamente con una programmazione, è quello di trovarci esposti ad un enorme carico economico di multe. È un rischio forte, rispetto al quale abbiamo il dovere di agire, noi come Governo e il Parlamento in quanto tale; io ne ho parlato con tutti gli assessori regionali all'ambiente - e ne parlerò anche direttamente con i presidenti -, perché è importante che questa responsabilità sia assunta e condivisa da tutti.

Sono convinto che, tra l'altro, da questo punto di vista, noi abbiamo anche un elemento di chiarezza: abbiamo due settori, il settore della produzione (in particolare termoelettrica) e il settore dei trasporti che danno un contributo all'emissione di CO2 decisamente molto rilevante. Sono i primi due grandi comparti sui quali c'è bisogno di porre maggiore attenzione e di attuare un coinvolgimento diretto, affinché collaborino alla riduzione di CO2, che rappresenta un impegno nazionale oltre che internazionale.

Dentro questo si inserisce il discorso dell'efficienza energetica e della necessità di investire in modo netto sulle nuove fonti rinnovabili. Noi abbiamo preso l'impegno di arrivare entro il 2011 al 25 per cento di produzione elettrica da fonti rinnovabili.

Abbiamo sicuramente la necessità di sostenere il settore della ricerca nelle energie sostenibili, anche rilanciando il ruolo dell'ENEA in questo ambito. Abbiamo la necessità soprattutto - su questo mi soffermo - di avere il programma energetico nazionale. Il Ministero dell'ambiente lo ha già chiesto alla Presidenza del Consiglio e lo espone anche qui, al Parlamento, perché ci sia una consapevolezza generale: dobbiamo avviare il lavoro del piano energetico nazionale. È evidente, infatti, che questo si inserisce in una sana politica ambientale; anche perché è collegato alla necessità, che consideriamo importante, di operare valutazioni ambientali strategiche sui grandi piani. Si deve recuperare il vecchio piano dei trasporti e rimodularlo e aggiustarlo, senza, per così dire, la distruzione che è avvenuta per una serie di forzature; serve, però, una valutazione ambientale strategica.

Se noi facciamo il piano energetico nazionale e la valutazione ambientale strategica, poi non ci troviamo nelle difficoltà continue delle singole opere che, fuori da un contesto e fuori da un disegno generale su cui c'è anche una valutazione ambientale strategica, non si riesce a capire come siano collocate.

Un caso emblematico è quello dei rigassificatori, strumenti sicuramente utili per un migliore impiego del metano, il gas naturale. È evidente, però, che non è pensabile che ogni regione faccia piani disordinati senza che tutto questo si colleghi alla collocazione degli impianti e delle centrali o alla promozione della produzione diffusa di energia. Noi abbiamo un problema: senza un piano energetico nazionale, coordinato e confrontato con le regioni, assistiamo ad un pullulare di iniziative assolutamente disordinate che rischiano di non farci capire bene quanto ci serve. Il caso dei rigassificatori è tipico. Serve un rigassificatore sull'Adriatico e uno sul Tirreno? Non bastano? Ne servono due per parte? Quanti ne servono? Chi ce lo dice? In che contesto il Parlamento, sulla base delle competenze anche tecniche che dobbiamo avvalorare, fa una riflessione e fa una scelta? Io penso che il piano energetico nazionale debba essere avviato e preordinato dal Governo ma debba passare, poi, in Parlamento, perché i dibattiti su cose di tale importanza devono avere il conforto di un confronto parlamentare.

Abbiamo, quindi, sicuramente alcune situazioni di emergenza, ma se continuiamo a rispondere solo a tali situazioni specifiche, rischiamo di non avere una politica energetica coerente e di andare avanti con provvedimenti specifici. In un simile quadro, dobbiamo elaborare un piano energetico nazionale che sia coerente con il protocollo di Kyoto, perché a questo punto è evidente che non si può fare a meno di operare questo tipo di razionalizzazione.

Sempre nel programma della coalizione, nel titolo che parla della nuova alleanza con la natura, quindi, di ambiente e territorio per lo sviluppo, c'è un impegno forte su tutto quello che rappresenta il governo del territorio. C'è l'impegno di varare una nuova legge quadro proprio per il governo del territorio, che eviti il consumo di nuovo territorio.

Abbiamo un'esigenza: questo paese non ha una legge quadro; che non significa, ovviamente, dover intervenire su tutti i dettagli, ma avere una legge generale sulla tutela del territorio. Quest'ultima manca. Abbiamo il problema del consumo del territorio; dobbiamo realizzare una gestione integrata che tenga conto della biodiversità, della qualità ambientale, culturale, del ruolo multifunzionale anche dell'agricoltura; occorre promuovere in questo campo l'efficienza energetica: c'è bisogno di quanto sopra detto. Tutto questo è scritto nel nostro programma e, pertanto, ho già dato incarico all'ufficio legislativo di avviare un primo studio di massima per cercare di realizzare una proposta. Questa, ovviamente, dovrà essere aperta al più ampio confronto possibile e al coinvolgimento degli altri Ministeri che possono essere cointeressati.

Nel programma della nostra coalizione si dice «basta» ai condoni edilizi. Questo è un impegno politico chiaro, che deve coincidere anche con la decisione di fare degli abbattimenti: si chiamano in gergo «eco-mostri», ma esistono tipologie molto variegate in giro. Un recente studio presentato da Legambiente ha rivelato che c'è stato un incremento, anche nei parchi nazionali e nelle riserve, dei casi di abusivismo edilizio. È evidente che la richiesta che rivolgo al Parlamento, perché ci possano essere iniziative utili anche sul versante parlamentare, è quella di valutare in che modo, in questo paese, si possa riuscire veramente a porre un freno a questo meccanismo perverso. Le forze dell'ordine fanno un lavoro molto spesso egregio contro l'abusivismo (e mi riferisco all'intervento di tutte le forze dell'ordine): sequestrano molti manufatti e registrano continuamente una violazione di sigilli. Bisogna sottolineare altresì un certo atteggiamento della magistratura, sicuramente attento in certi casi, ma in altri, probabilmente per altre priorità che ci sono, poco deciso.

C'è la richiesta, fatta peraltro con un'amplissima convergenza, di rivedere anche la materia penale: tale richiesta è stata promossa nella scorsa legislatura dalla Commissione sulle eco-mafie, con una scelta del centrodestra e del centrosinistra insieme, quindi di entrambi gli schieramenti. Si tratta di introdurre alcune specifiche fattispecie di delitti ambientali in modo da consentire alle forze dell'ordine di essere efficaci anche nell'opera di dissuasione da questi reati. Noi abbiamo il problema di essere l'unico grande paese europeo che ha un fenomeno ancora, purtroppo, diffuso di abusivismo edilizio, sul quale abbiamo bisogno sicuramente di intervenire.

C'è un'attenzione generale ai temi non solo della montagna ma anche a quelli della qualità della vita delle grandi aree urbane e delle periferie. Esiste la necessità - l'avevamo indicata - di procedere con scelte anche di abbattimenti e ricostruzioni, magari in bio-edilizia, delle periferie degradate, per dare una risposta anche all'emergenza abitativa, che è crescente e drammatica nelle nostre città, utilizzando in positivo la chiave dell'innovazione tecnica di cui disponiamo.

Si rende necessario, come chiede il programma di Governo, ritornare ai principi della legge quadro sull'elettrosmog, poiché le modifiche introdotte hanno ridotto, a parere del Governo, la possibilità di interventi per la tutela della salute pubblica.

C'è un'attenzione generale al programma delle politiche dei rifiuti dove, complessivamente, occorre rilanciare la raccolta differenziata e soprattutto la riduzione della produzione di rifiuti: il nostro paese non ha una vera politica nazionale al riguardo. Abbiamo bisogno, da questo punto di vista, confrontandoci con le regioni (in molti casi le competenze sono regionali e l'attività del Governo è solo di indirizzo e di sollecitazione) soprattutto di rilanciare la riduzione dei rifiuti e di avviare una seria raccolta differenziata destinata al recupero; altrimenti rischiamo di trovarci sempre con una difficoltà generale in relazione ai piani dei rifiuti.

Esiste, poi, l'importante tema del dissesto idrogeologico. Proprio ieri ho convocato gli assessori regionali, dando una prima ripartizione di fondi per la lotta al dissesto idrogeologico e per la difesa del suolo, ripristinando una logica di collaborazione con le regioni, le quali avevano molto protestato per la decisione che tutto veniva accentrato e gestito soltanto dal Ministero.

Spero che questo significhi far ripartire una ricognizione dei tanti fondi che sono disponibili nei vari Ministeri e in vari settori regionali, provinciali, eccetera, per quella che dovrebbe essere la prima opera pubblica nazionale. Secondo l'analisi sommata dei piani sull'assetto idrogeologico, ormai approvati pressoché da tutti gli enti interessati, l'Italia avrebbe bisogno di 42 miliardi di euro per la messa in sicurezza del territorio nazionale. Si tratta di un'opera ciclopica, enorme, che, nello stesso tempo, darebbe anche lavoro a tantissime persone ed imprese, in quanto non è un'opera di poco conto. Sicuramente dobbiamo razionalizzare le risorse che in genere vengono utilizzate, da quelle comunitarie a quelle locali, per fare in modo di avere un indirizzo chiaro sulla prevenzione nel nostro paese delle frane e delle alluvioni.

Il tema è talmente rilevante che il Consiglio dei ministri dell'ambiente dell'altro ieri, a Lussemburgo, ha approvato per la prima volta una direttiva europea in materia di alluvioni che permette di stabilire come si effettuano il monitoraggio e la prevenzione e come si affronta questa emergenza, che è accentuata dal cambiamento climatico in atto e che vede fenomeni estremi più frequenti in tutti in paesi dell'Unione europea.

A questo tema è collegato quello della rete idrica: c'è un'attenzione particolare che il Ministero vuole dare ai temi legati al mare. Voi sapete che il Governo nella ridefinizione dei nomi di alcuni Ministeri ha inteso aggiungere alla dicitura «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» le parole: «e del mare». Era una vecchia richiesta avanzata, tra l'altro, da molte associazioni parlamentari trasversali di amici del mare perché vi era una carenza nella definizione. È chiaro che dobbiamo occuparci comunque del mare, ma è evidente che alla tutela del territorio deve essere aggiunta chiaramente la tutela del mare in un paese che ha i famosi 8 mila chilometri di costa e che, invece, spesso scopre il mare soltanto nel periodo estivo delle vacanze.

A questo si aggiunge che dovremo valutare, anche qui insieme, un'iniziativa per migliorare la rete delle riserve marine. Occorre approvare una legge ad hoc sulla tutela della bio-diversità e potenziare sicuramente la rete dei parchi e delle riserve naturali, stabilendo che la legge che li istituisce, la quale a dicembre compie 15 anni, deve essere pienamente applicata anche in quelle parti che già prevedono forme molto innovative di sostegno alle iniziative compatibili che si possono realizzare nei parchi nazionali. Purtroppo, in 15 anni - non è, quindi, responsabilità di questo o di quel Governo - questa legge non è stata pienamente attuata. Dunque, il nostro Governo intende dare uno slancio a questa normativa.

Infine, noi abbiamo inserito nel programma della coalizione la tutela degli animali e la rispettosa applicazione della Dichiarazione universale dei diritti degli animali dell'Unesco e anche la difesa e l'applicazione della legge n. 157 del 1992 sulla tutela della fauna selvatica. Vi è, inoltre, l'attenzione, prevista nel programma, al superamento della vivisezione come strumento di ricerca scientifica, attraverso formule più innovative, e più moderne.

Questi sono solo alcuni degli spunti, ma è giusto che vengano chiariti e ricordati alla Commissione in modo che siano chiare le linee guida del Governo. È evidente che poi ci sono situazioni di dettaglio, per così dire, che, comunque, costituiscono temi importanti che verranno sicuramente trattati.

Per quanto riguarda il decreto legislativo n. 152 in materia ambientale, avete notato che c'è già nel programma della coalizione una contrarietà alle metodologie con cui si è arrivati alla legge delega e poi al decreto legislativo. Noi stiamo lavorando per ricostruire un rapporto con le regioni che è stato rotto, perché contro quel decreto ci sono dieci ricorsi alla Corte costituzionale da parte delle regioni italiane.

C'è un comune sentire molto forte, al di là del merito dei provvedimenti, anche sul metodo affrontato, il quale è stato un metodo di non collaborazione con le regioni. Il Ministero sta promuovendo la necessaria azione per cercare di ricostruire il rapporto che ci deve essere non solo con tutte le parti sociali, nessuna esclusa, ma anche con le regioni e con gli altri istituti.

Il decreto legislativo è stato contestato dal Consiglio di Stato, perché è stato chiamato «Codice dell'ambiente» e pertanto, se diventa un codice, deve essere approvato dal Consiglio di Stato: mancava questa approvazione. Lo avrete letto dai giornali - ma lo avevo già detto alla Commissione ambiente del Senato il 13 giugno - che i decreti ministeriali attuativi, varati in modo molto frettoloso negli scorsi mesi, sono stati tutti contestati dalla Corte dei conti, che ha invitato il mio Ministero al ritiro. È evidente che a tutela dei terzi che avevano letto in Gazzetta Ufficiale dei provvedimenti giuridicamente inefficaci, il capo di gabinetto ha chiesto al ministro di provvedere alla notizia da dare ai cittadini, che quei provvedimenti pubblicati in Gazzetta erano privi del necessario visto della Corte dei conti.

Si tratta di un adempimento dovuto in sede di autotutela amministrativa: in caso contrario le responsabilità, una volta ricevuta la comunicazione della Corte dei conti, sarebbero state del ministro, qualora non avesse provveduto in questa direzione. Io ho già fatto convocare per la settimana prossima le riunioni tecniche con le quattro realtà che devono essere coinvolte, anche ai sensi della legge delega, su queste procedure: le associazioni degli imprenditori e i sindacati, le associazioni ambientalistiche e le associazioni dei consumatori, previste specificamente dalla legge delega. Ciò al fine di definire come, ripristinando correttamente le procedure, si possano, sia in sede di modifica del decreto legislativo sia in sede di definizione delle norme attuative, fissare delle regole indispensabili e urgenti con il necessario consenso delle realtà sociali e con la collaborazione delle regioni.

In questa direzione proprio oggi ho inviato, sia al Presidente della Camera che al Presidente del Senato, la relazione motivata, redatta ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, per definire la necessità di procedere ad alcuni decreti legislativi correttivi del decreto legislativo n. 152. Nell'ambito della correzione è evidente che noi lavoriamo soprattutto per quanto riguarda tre settori: acqua, bonifiche e rifiuti, laddove esista una difficoltà reale dovuta all'opposizione netta delle regioni italiane, nessuna esclusa. Ieri l'intervento della regione Veneto, a sostegno dell'iniziativa che il Ministero ha promosso sulla delega ambientale, insieme a quello della regione Emilia-Romagna, della regione Calabria e di altre, dimostra che il problema non riguarda gli schieramenti politici ma il corretto rapporto tra lo Stato, il Governo nazionale e i governi regionali, con i quali, ovviamente, auspico di collaborare, com'è giusto.

Aggiungerei che c'è un problema serio di infrazioni comunitarie: in totale sono 80, di cui 46 sono, diciamo, di competenza regionale. Ho attivato in questo senso una collaborazione con le regioni per cercare di ridurre il numero delle infrazioni.

Abbiamo già un problema, proprio sul decreto legislativo n. 152, in relazione al rischio di infrazioni in tema di rifiuti. Se vi servirà vi darò poi delle notizie tecniche in merito; non voglio che il mio intervento diventi lunghissimo su questi temi.

Sicuramente dobbiamo evitare che le norme che variamo possano produrre ulteriori problemi di infrazione, visto che stiamo cercando di recuperare un rapporto corretto con l'Unione europea. Ho già avuto un primo colloquio con il commissario europeo Dimas: ho manifestato la volontà di collaborazione dell'Italia perché, su cinque provvedimenti, siamo già a rischio di seconda condanna e, quindi, di pena pecuniaria.

Conoscete le altre vicissitudini legate alla VIA, alla VAS e alla IPPC: è stata inserita una proroga del termine di entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 nel provvedimento sulle proroghe.

Stiamo lavorando sul piano di emissione dei gas serra: l'Unione europea chiede che venga presentato entro il 30 giugno. Abbiamo parlato con l'Unione europea per valutare se sarà possibile, visto che c'è un confronto necessario in corso, realizzarlo e renderlo già disponibile nei primi giorni di luglio, in modo da aprire la consultazione con tutte le realtà interessate in termini di trasparenza. L'obiettivo, rispetto al piano precedente, relativo al periodo 2005-2007, che assegnava all'Italia un tetto pari a 232 milioni di tonnellate annue, è quello di ridurre la nostra quantità, secondo quanto ci ha chiesto la Commissione europea, portandola al tetto di 194,72 milioni tonnellate annue di CO2. Questo è l'impegno che noi abbiamo in sede europea; dobbiamo stabilire in che modo ci arriviamo e lavorare per rispettare i nostri impegni.

Chiudo questa relazione citando la questione dei parchi nazionali e ricordando che c'è stata in questi anni una contrazione delle risorse destinate ad essi. Ho già provveduto a chiedere di ripristinare e di aumentare le risorse: in questi anni è aumentato il numero dei parchi ma sono diminuiti i soldi destinati d essi. Abbiamo anche su questo la necessità - credo e spero di poter contare sul supporto del Parlamento - che sia posta particolare attenzione alla difesa del suolo e dei parchi nazionali, perché, nonostante le difficoltà economiche attuali, comprendiamo quali sono i settori dove c'è stato uno sfondamento della spesa e quali sono i settori, invece - mi riferisco proprio all'ambiente e alla difesa del suolo - dove c'è stato un taglio della spesa.

Abbiamo costituito il parco del Val d'Agri, che è diventato il ventiquattresimo parco: sono riuscito a «far liberare» 3 milioni di euro aggiuntivi per l'avvio di tale parco. Quest'anno, quindi, saranno disponibili, in generale, più risorse per i parchi. Infatti, senza soldi i parchi non possono essere avviati.

Adesso dobbiamo fare un lavoro attento e, soprattutto, tentare di ottenere, almeno, che gli enti parco non siano equiparati a qualsiasi altro ente statale e parastatale. Occorre che si possano prevedere, in fase di bilancio, interventi che superino quel 2 per cento rispetto all'esercizio precedente, che consentano di utilizzare anche le risorse giacenti bloccate. Infatti, per i parchi che hanno avuto difficoltà di spesa si ha ancora più difficoltà a prevedere interventi. Cerchiamo, quantomeno, nelle partite in cui i soldi sono già a disposizione dei parchi, di dare loro la possibilità di utilizzarli e di allocarli.

 

PRESIDENTE. Grazie, ministro. Sui parchi, in particolare, ci aspettiamo anche una rapida fuoriuscita dai commissariamenti. Peraltro, la Commissione ha dei compiti in materia. Se ci arriveranno delle proposte di nomine le esamineremo volentieri.

 

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Mi riservavo di affrontare la questione in sede di risposta; poiché avrei dovuto citare singoli casi, il mio intervento sarebbe stato davvero lunghissimo.

 

PRESIDENTE. Abbiamo molti colleghi iscritti a parlare. Ricordo che se riusciremo, come previsto, a contenere gli interventi dei rappresentanti dei gruppi nell'ambito dei 3 o 4 minuti, potremo forse consentire anche qualche ulteriore intervento. Il ministro ci ha dato la sua disponibilità fino alle ore 16.

Passiamo allora agli interventi dei colleghi.

TOMMASO FOTI. Eviterei di entrare troppo nello specifico della relazione che ha svolto il ministro. Mi rifaccio più che altro al dato politico che abbiamo sotto gli occhi e che mi sembra più urgente.

Con il ministro ci siamo, a suo tempo, confrontati o scontrati, ma sempre rispettati per quanto riguarda la delega ambientale. Egli esprimeva le sue valutazioni, legittime, anche se allora non le condividevo come oggi non le condivido.

Tuttavia, ciò che, secondo me, occorre valutare attentamente in questa fase, sono le conseguenze di alcuni tentativi di affossare del tutto un provvedimento più per logica politica che per tecnica legislativa.

Non metto in dubbio che il suo capo di gabinetto le avrà consigliato il meglio negli interessi del paese; penso, però, che quando un decreto ministeriale - ammesso che necessiti di questo, ma non vi è un parere sul punto - debba essere sottoposto alla registrazione da parte della Corte dei conti, il primo atto nel momento in cui ciò non è stato fatto è soltanto quello di mandarlo alla registrazione della Corte dei conti.

Mi pare, invece, che il decreto ministeriale, che manca di questo visto, si caratterizzi in modo diverso, signor ministro. Lei stesso ha detto di voler riunire le parti: in buona sostanza vuole riemanare o riassestare quei decreti ministeriali. Non abbiamo il testo completo della lettera che lei ha inviato ai Presidenti delle Camere ma, se non ho capito male, lei si propone attraverso altri decreti legislativi di correggere il decreto legislativo testé emanato.

Debbo dire che è uno strano modo di legiferare: passiamo da un tipo di testo unico ad un altro che già inizia a diventare un insieme di testi variegati. Sotto questo profilo, sarebbe forse meglio che lo si facesse almeno con un unico provvedimento, nel caso in cui si avverta la necessità di numerosi e significativi cambiamenti. Sarà più difficile, sotto il profilo parlamentare, mandarlo avanti ma avrà il pregio almeno di non comportare una serie di leggi, di leggine e di provvedimenti che andrebbero ad annullare questa o quella norma, facendo regnare sovrano il caos.

Ho affrontato questo tema perché mi sembra che sia anche un tema politico. Signor ministro, non le consiglio di vestirsi da talebano; le consiglio, invece, di spogliarsi di questo suo abito che indossava quando era all'opposizione. Riconosco che per motivi anche elettorali era doveroso portarlo addosso ma oggi, raggiunto l'obiettivo, non ha più questa necessità; anche perché mi pare che lei abbia glissato sul problema politico, che è tutto in casa sua a questo punto.

Cacciato il ministro Matteoli, si è trovato sulla sua strada i ministri Bonino e Bersani, che non mi pare abbiano detto che lei è esattamente un lungimirante ministro dell'ambiente. Le hanno scritto su Il Sole-24 Ore i motivi per i quali non sono d'accordo con lei ma con quegli ambienti per i quali lei ha speso in passato parole del tutto negative. Ricordo quando lei disse in questa sede che questo era il decreto per la Marcegaglia; poi, mi pare che come ministro abbia pensato di convocarla, ma questo è un altro paio di maniche. A questo punto le rivolgo un invito, signor ministro. È legittimo da parte sua e da parte del Governo intraprendere le azioni che più si ritengono opportune in ragione di un obiettivo politico, però è altrettanto legittimo non lasciare allo sbando il sistema delle imprese e tutto il sistema che si confronta con questi testi legislativi.

Posso non condividere l'operazione VIA-VAS, però almeno ha un pregio: si sa che ne è stata rinviata l'entrata in vigore di sei mesi. Qui, invece, signor ministro, a mio avviso rischiamo, se non si interviene con un provvedimento sensato ma soltanto con dichiarazioni ad effetto, di lasciare nel più completo caos tutto un settore che ritengo si aspettasse da questo decreto legislativo qualcosa di diverso. Non so se sia «entrato bene» ma, sicuramente, ne sta uscendo peggio di quando è entrato.

 

FRANCO STRADELLA. Innanzitutto, vorrei ringraziare il ministro per la sollecitudine con la quale ha accettato di presentarsi in audizione alla VIII Commissione e anche per averci fatto il ripasso del programma dell'Ulivo per quanto riguarda l'ambiente: non avevamo avuto modo di rintracciare bene la materia nel numero di pagine eccessivo di cui esso è composto.

C'è un primo equivoco sul quale chiedo al ministro di rispondere: vorrei capire se siamo di fronte al ministro dell'ambiente - che, credo, comprenda nella sua delega anche il mare: va bene che aggiungiate anche il mare; potreste aggiungere anche i luoghi interplanetari: la Luna, Marte e via discorrendo - o al ministro dei lavori pubblici, perché una parte consistente della relazione che ci è stata presentata, mi pare, verte su materie che sono di stretta competenza del Ministero dei lavori pubblici.

Sulle enunciazioni, credo che non si possa non essere d'accordo: gli obiettivi che tutti vogliamo raggiungere sono quelli. Ricordo che il Protocollo di Kyoto fu sottoscritto dall'Italia sotto il governo Berlusconi, nella riunione di Johannesburg, e che il ministro Matteoli dedicò molto della sua attività affinché aderissero anche i Paesi «energivori», che invece non hanno ancora aderito. C'è stata, quindi, in questo campo un'assoluta presa di coscienza. Mi piacerebbe, però, capire dove sta la coerenza tra gli obiettivi del Protocollo di Kyoto, quando si afferma che possono essere raggiunti con un piano dei trasporti che favorisca, tra l'altro, la ferrovia rispetto al trasporto su gomma, e le posizioni che il ministro Pecoraro Scanio ha assunto, ad esempio, sulla TAV, evidentemente per ragioni più elettoralistiche che non pratiche. Al riguardo, infatti, abbiamo registrato affermazioni negative da parte sua.

Un altro tema che vedrà delle grandi difficoltà è quello della politica energetica. Su questo avevamo proposto una norma in Costituzione che avrebbe garantito allo Stato un'operatività maggiore rispetto a quella attuale, ma abbiamo perso il referendum e adesso dobbiamo farci carico del fatto che la politica energetica sarà di nuovo materia concorrente fra Stato e regioni, con la conseguente difficoltà di applicazione.

Siamo d'accordo con il ministro quando dice che la politica dei rigassificatori va adottata in un ambito nazionale, ma sappiamo anche che, alla fine, la concorrenza di legislazione con le regioni sarà una delle complicazioni. Lei ha già detto, giustamente, di voler instaurare un tavolo di collaborazione con le regioni: su questo tema credo che avrà molto lavoro da sviluppare.

Per non utilizzare tutto il tempo e lasciare la possibilità agli altri colleghi di intervenire, le pongo subito due domande, una delle quali già è stata accennata dal collega Foti, riguardo la posizione da lei assunta sui cosiddetti decreti correttivi.

Questi non danno indicazioni precise, ma semmai solo indicazioni sul fatto che si farà qualcosa di diverso rispetto a quello che oggi è in vigore. Non danno sicuramente certezze: né alle aziende né al sistema produttivo né tantomeno ai cittadini. C'è un fatto che lei ha sottolineato rispetto alle possibilità di infrazione; la sua collega di Governo Bonino dice che una decina di procedimenti di infrazione verrebbero eliminati nel momento in cui si applicasse la legge approvata dal Governo Berlusconi. Capisco che su questo ci sia un dibattito all'interno del Governo e che le soluzioni vadano trovate ricorrendo, come spesso accade, alla mediazione, ma anche questo ci induce a qualche perplessità.

Un'altra questione molto specifica riguarda una circolare del Ministero circa l'immissione sul mercato di apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui all'articolo 5 del decreto legislativo del 25 luglio 2005, n. 151. Con questa circolare, lei pone un termine di commercializzazione a tali prodotti che devono essere venduti entro il 31 ottobre 2006. Il punto è: o essi sono dannosi per la salute (e quindi vanno ritirati), oppure il fatto che siano giacenti in magazzino e rimangano nella disponibilità delle aziende non può comportare che non possano essere venduti entro il termine previsto dalla circolare, bensì devono andare ad esaurimento delle scorte. Infatti, trattandosi di prodotti che non hanno ragione di nocività, credo che sia eccessiva la determinazione del periodo di vendita, limitato, peraltro, ad una scadenza molto breve.

L'ultima considerazione, se mi perdona la battuta, riguarda la questione della difesa della flora e della fauna: veda di inserire anche l'uomo in questa difesa, perché credo che all'interno del complesso anche l'uomo abbia una sua importanza e qualche volta viene trascurato per un eccesso di considerazione di altri soggetti che compongono la fauna terrestre.

PRESIDENTE. L'impegno nella difesa del «biotopo» Stradella sarà fortissima.

A parte le battute, invito gli altri colleghi ad essere, se è possibile, più contenuti, altrimenti non ce la facciamo a rispettare i tempi.

AURELIO SALVATORE MISITI. Il programma illustrato dal ministro non può che essere condivisibile. È il programma generale: è chiaro che si riferisce ai prossimi cinque anni, forse anche ai prossimi dieci. Auguro al ministro di poter attuare questo programma e, quindi, di rimanere anche per la prossima legislatura, proprio per realizzarlo.

Per questo credo che sia necessario - forse i tempi non sono ancora maturi - scegliere nel programma le priorità che occorre affrontare nel primo periodo, perché altrimenti i vari capitoli sembrerebbero solo delle buone intenzioni. Il Governo avrà pure cominciato ad elaborare una parte da attuare subito, nel primo anno, una parte da attuare nella parte centrale della legislatura e una parte da attuare verso la fine: certamente delle priorità dovrebbero essere espresse. Non so se nella risposta lei potrà darci già qualche annuncio; possiamo pure attendere un successivo incontro, dopo che il Ministero avrà cominciato a lavorare; capisco che in poco tempo è difficile scegliere le priorità in un programma così vasto.

Per quanto riguarda la produzione di CO2, il ministro l'ha attribuita soprattutto alle centrali termoelettriche e al problema del traffico. Credo ci sia un terzo fattore di produzione, che il ministro non ha citato ma che sicuramente è importantissimo: mi riferisco al contributo che dà ancora l'industria alla produzione di CO2, soprattutto l'industria concentrata, quella manifatturiera, chimica, e petrolifera, al di là delle centrali.

Credo che sarebbe interessante indagare quali siano le regioni d'Italia che producono maggiormente CO2; comunque se non volete il dato per regione, cerchiamo di ottenere almeno quello relativo alle aree: nord, centro e sud. Occorre vedere qual è il contributo percentuale di anidride carbonica, altrimenti ci si comporta come con il famoso paradosso di Trilussa. Vorrei perciò sapere se la percentuale di anidride carbonica prodotta nel nord sia paragonabile a quella prodotta nel centro o nel sud.

MAURIZIO ENZO LUPI. È molto bassa.

AURELIO SALVATORE MISITI. Vorrei conoscere, inoltre, la produzione di ossigeno delle tre grandi aree italiane, per fare la media e parlare poi dell'attuazione del protocollo di Kyoto e via discorrendo. Mi chiedo se non sia il caso, una volta conosciuti bene questi parametri, di approfondire il problema dei crediti ambientali dei vari territori, perché, secondo me, questo è un fatto che viene trascurato. Si pensa che sia importante la sola produzione del bene, mentre invece derivano da questa anche altre cose che vanno valutate come ricchezza del paese.

Vengo ora alla questione delle risorse idriche. In proposito il ministro ci ha dato un flash. Si tratta di una questione che richiederebbe un incontro per valutare bene sia come difenderci dall'acqua sia come difendere le risorse idriche. In questo momento quali sono le iniziative che il Governo sta prendendo o vuole prendere per la questione siccità, soprattutto in riferimento al Po? Il problema riguarda non tanto e non solo le acque del Po, ma tutto il territorio che copre il delta. Infatti, le ricadute sull'agricoltura sono assolutamente gravi, in particolare in relazione alla questione del cuneo salino che si è infiltrato nella falda e anche nel fiume stesso.

Infine, signor ministro, a proposito delle norme ambientali citate, le chiedo di chiarire meglio quali sono quelle che vanno bloccate e per quanto tempo, o se il provvedimento di cui parlava l'amico Stradella è in nuce e riguarda l'intero «pacchetto». Ritengo che sarebbe più utile redigere tutto il provvedimento, avere il tempo per riguardarlo bene e non fare uno «spezzatino» dei blocchi. Sarebbe bene operare una riflessione su tutte le questioni perché, soprattutto per quanto riguarda le autorità di bacino e via discorrendo, mi sembra che si tratti di un provvedimento che andrebbe rivisto complessivamente.

GUIDO DUSSIN. Pongo una domanda al ministro fin da subito: vorrei sapere se abbia un'indicazione per quanto riguarda i rigassificatori, cioè in quali regioni prevede che saranno collocati, visto che si diceva che non saranno ubicati in tutte le regioni. Mi sembra che lei fosse favorevole all'utilizzo di queste piattaforme.

Un appunto da parte nostra per quanto riguarda il governo del territorio: dico al ministro e anche alla Commissione, per quello che ci riguarda, che è importante che questo tema venga trattato da parte nostra in uno spirito generale e non si vada a prevaricare le responsabilità e i doveri delle regioni, in particolar modo con riferimento all'urbanistica.

Sono d'accordo sul discorso dei condoni edilizi: non basta semplicemente dire «no» ai condoni edilizi, ma occorre pensare sempre in termini generali in relazione alla riqualificazione e alla bonifica del territorio. Si pensi a delle norme che vanno nella direzione di riqualificare il patrimonio edilizio ed urbanistico, anche tramite quello che diceva lei prima, cioè il tentativo di un risparmio energetico.

Ho qualche perplessità rispetto al raggiungimento di quel 25 per cento da lei auspicato, però ben venga tutto ciò che si può risparmiare, purché questo risparmio non comporti una nuova dispersione di fonti energetiche. In questo senso ci confronteremo sui temi sul tappeto, in particolar modo sull'edilizia.

Le faccio una sollecitazione: già nella scorsa audizione dell'altro ministro dei lavori pubblici si è parlato tanto di forze dell'ordine; non vorrei che la nostra Commissione avesse a che fare con due Ministeri che si attribuiscano ruoli diversi e, più che programmare, facciano valutazioni. Visto che la conosciamo bene, penso che sia più giusto da parte nostra andare nell'indirizzo di programmare, di favorire, di collaborare e di indicare. Oltre al fatto che credo sia più interessante, non rischiamo in tal modo di trovarci a trattare con questioni penali, che richiederebbero non tanto la nostra presenza, ma quella degli avvocati.

Ancora, il tema dei rifiuti risulta chiaro. L'intervento del collega Misiti sembrava quasi accennare ad una responsabilità dei produttori. Su questo tema è bene invece che ci sia una responsabilizzazione da parte delle regioni. Qui occorre individuare quali sono i problemi regionali e quelli provinciali; inoltre conosciamo bene quali siano le regioni che fanno maggior raccolta differenziata e quant'altro.

Ho una proposta: per quanto riguarda i termovalorizzatori o gli altri sistemi che vogliamo scegliere per lo smaltimento dei rifiuti, è importante che questi siano ben «spalmati» sul territorio a livello regionale. In questo modo, possiamo dare ad ogni regione l'opportunità di realizzare strutture che diano uno smaltimento autosufficiente, regione per regione, considerando il rifiuto una risorsa e non un qualcosa di irrimediabilmente problematico, come accade in questo periodo in alcune particolari regioni; un esempio per tutti, ormai da anni, può essere la Campania e anche Reggio Calabria.

Ricordo per onore di cronaca che la provincia di Treviso, di cui faccio parte (a guida monocolore leghista), è la provincia che fa la maggior raccolta in Italia. Gli ambiti di raccolta funzionano, così come gli ATO, e i consorzi di erogazione di acqua. Semmai, andiamo ad incidere leggermente sulle tariffe, ma facciamo sì che ci sia un'autonomia nella possibilità di distribuire questa fonte, che è naturale ed è nostra e pertanto non dobbiamo incrementare i fondi.

Rivolgo un'ulteriore sollecitazione a lei, signor ministro, per quanto riguarda ciò che ha detto prima: non dobbiamo andare ad incidere, ad esempio, sul dissesto idrogeologico, sul sistema dell'acqua o su quello dei rifiuti con interventi e con denaro statale. Dobbiamo responsabilizzare e dare le giuste opportunità: non servono assolutamente soldi, ma solo autorizzazioni, concessioni, organizzazione amministrativa e politica. Tali questioni sono nostre, tipicamente italiane, e riguardano le regioni e gli enti locali; possiamo benissimo affrontarle a costo zero, senza alcun onere per lo Stato. È inutile che facciamo richiesta di denaro: si tratta solamente di operare delle risistemazioni, ed esistono alcuni modelli ai quali fare riferimento.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Dussin. Ha ragione a ricordare che la provincia di Treviso è una delle migliori d'Italia per la raccolta differenziata. Per par condicio, il comune che presenta la percentuale più alta di raccolta differenziata in Italia è amministrato dal centrosinistra.

GUIDO DUSSIN. È sempre in provincia di Treviso ed è una collega ad amministrarlo! Gli altri nove comuni tra i primi dieci sono della Lega. Ci siamo capiti.

RAFFAELLA MARIANI. Auguro buon lavoro al ministro. Voglio esprimere pochissime osservazioni.

Condividiamo in pieno la linea di programmazione che il ministro ha esposto, anche per il fatto molto positivo che in queste ultime settimane si è preso pienamente atto che questa è una materia di competenza concorrente tra il Governo centrale e le regioni. Mi sembra giusto che il ministro dia il via ad un rapporto molto stretto con le regioni e con le forze sociali. Questo serve anche per comunicare che tutte le correzioni che sarà necessario fare occorrerà esaminarle, e magari concordarle, insieme.

Con riferimento alla legge delega noi abbiamo cercato, nella passata legislatura in una lunghissima discussione, durata almeno tre anni, di definire prima il metodo, poi la delega e, infine, anche il merito. Tante questioni che questa stessa Commissione ha sottolineato essere di difficile attuazione, oggi stanno emergendo.

Questo comporta, dal nostro punto di vista, che si ritorni un po' alla normalità, cioè alla concertazione, all'impostazione di un Ministero che si confronta anche per evitare contenziosi. L'allungamento delle questioni, al di là delle posizioni politiche, ha visto spesso le regioni e il ministero contrapposti e tutto questo ha provocato un farraginoso sistema di blocchi successivi.

Vengo ad aspetti molto concreti. Riguardo alla legge delega penso che sia necessario capire quando verranno costituiti i tavoli per approntare le modifiche a cui lei, in parte, ha accennato e che riguardano i temi che più interessano gli operatori. Vi sono delle questioni molto urgenti come, per esempio, quella che riguarda i rifiuti. Vi sono disposizioni che dovremo modificare anche attraverso i decreti; nel frattempo, però, entreranno in vigore delle normative e questo significa che si creeranno disfunzioni, preoccupazioni e anche orientamenti che non sono definitivi.

C'è la questione degli ambiti dei distretti idrografici, per quanto riguarda il tema delle acque: avevamo sottolineato che ci sarebbe stato un periodo di transizione difficile. Oggi le autorità di bacino ci chiedono di essere molto puntuali e precisi rispetto alla tempistica per la loro stessa operatività.

Altre questioni riguardano, sempre sul tema dei rifiuti, gli appelli che ci fanno molte aziende municipalizzate, che hanno visto ridursi le entrate ed hanno molte difficoltà di gestione.

Ci sono delle questioni - apprezziamo nel merito le sue dichiarazioni - che vorremmo che si affrontassero fin da subito.

Riteniamo molto importante il tema della difesa del suolo così come lei l'ha citato: dal nostro punto di vista è una delle grandi opere che nel nostro paese potrebbe rappresentare un elemento importante, oltre che al fine della difesa del territorio, per la prevenzione dei dissesti e per la sicurezza delle comunità ed altresì per il contributo molto forte che possono dare a tante imprese, fornendo un forte sostegno al PIL.

È necessario, anche in questo senso, capire e riorganizzare le varie fonti, oltre che normative, anche di risorse. Noi abbiamo i comuni, le regioni che ci chiedono di rapportarci, rispetto a questi temi, al Ministero dell'ambiente, al Dipartimento della protezione civile e a volte anche al Ministero dei lavori pubblici. Siamo consapevoli del fatto che vi sono molte risorse, a volte addirittura non spese. Abbiamo assistito negli anni passati a dichiarazioni successive di membri di questo o di quell'altro Ministero che dicevano che gli enti locali e le regioni non riuscivano a spendere fino fondo le risorse. Sarebbe importante - questo appello lo faremo anche agli altri responsabili - che si potesse avere una ricognizione generale di questo importantissimo capitolo.

In ultimo, vorrei fare un accenno ai parchi. Più tardi parleremo anche della ripartizione del fondo dell'ambiente che riguarda principalmente i parchi. Ci sono questioni che riguardano la scarsità delle risorse ma anche il commissariamento, come diceva il presidente Realacci. Questo ha comportato che anche là dove c'erano le risorse gli organismi direttivi non erano completamente insediati e, quindi, ciò ha prodotto inefficienza e anche sfiducia nelle comunità locali. Abbiamo cercato di far intendere in alcuni luoghi che i parchi potevano rappresentare un fatto molto importante ed anche un volano per lo sviluppo economico. Sarebbe necessario veramente dare un segnale in questa direzione, soprattutto da parte di un Ministero che crede molto in questo tema.

Nell'ultima legislatura abbiamo assistito - e lo abbiamo spesso anche denunciato - alla centralizzazione molto forte di alcune materie, che riguardavano la distribuzione dei fondi per la difesa del suolo, la gestione dei commissariamenti dei parchi e anche l'impostazione e lo sviluppo della legge delega. L'auspicio è che le sue dichiarazioni siano veramente supportate da azioni concrete, così come lei ha detto.

Per quanto riguarda la questione dell'energia ricavabile da fonti rinnovabili - ultimissima annotazione - penso che si tratti di mettere il nostro paese al passo con molti altri paesi moderni e più industrializzati d'Europa. Sarebbe un segnale anche nella direzione dell'innovazione, oltre che del pieno utilizzo delle energie rinnovabili, rispetto alle quali abbiamo assistito negli ultimi anni ad una sorta di ridicolizzazione, quasi come se si trattasse di orpelli non necessari.

FRANCESCO NUCARA. Presidente, lei è il presidente di questa Commissione indipendentemente da coloro che hanno votato in suo favore: lei è il presidente di tutti. Quindi, direi che è stato poco elegante il suo inizio quando ha affermato che il Governo precedente è stato poco attento nei confronti del Parlamento. Tutti i Governi sono poco attenti al Parlamento. Credo che il Governo che abbiamo in carica sarà meno attento degli altri, per ovvie ragioni; la situazione del Senato di ieri lo dimostra.

Quando lei parla dell'8 per cento non si capisce se questo dato sia riferibile alle interrogazioni, alle audizioni oppure a qualcos'altro.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, collega, io ho lavorato solo sulla base di una relazione del Servizio per il controllo parlamentare, che è a disposizione di tutti i colleghi.

FRANCESCO NUCARA. Non ho affermato che lei abbia detto il falso, sono qui per lavorare. Per esempio, 15 giorni fa ho prodotto un'interrogazione a risposta scritta al ministro Pecoraro Scanio, il quale ancora non ha risposto. Io sono sufficientemente pragmatico per capire che il ministro, in questo momento di avvio del Ministero, ha qualcosa di meglio e di più importante da fare che rispondere a un'interrogazione!

Ciò che ho detto per il presidente vale pure per lei, signor ministro. Lei ci ha snocciolato il programma de l'Ulivo, ma lei è anche il mio ministro, il ministro di tutti gli italiani, anche di quel 50 per cento che non ha contribuito a formare questo Governo. Pertanto, mi deve parlare del programma del Governo, non del programma dell'Ulivo, che io non condividevo e non condivido. Mi deve parlare del programma del Governo. Forse ho detto qualcosa che non va? (Commenti).

Invece, va benissimo. Siccome io sono un parlamentare di lunghissima data, so che cosa significano le istituzioni. Io non sono qui per ascoltare il programma dell'Ulivo, ma per ascoltare il programma del Governo. Se poi coincide è un altro discorso, ma io sono qui per ascoltare il programma del Governo.

Proseguo con le domande, presidente. Il ministro ci parla di trasporti sostenibili. È un concetto troppo vago: le ferrovie, il mare. Voglio sapere dal signor ministro cosa pensa dell'alta velocità, che non è soltanto Val di Susa. Io che sono meridionale, anche se vivo da più di 40 anni a Roma, vorrei che l'alta velocità arrivasse a Reggio Calabria e fino a Palermo. Voglio, dunque, sapere che cosa pensa il Ministero dell'ambiente dell'alta velocità e del Ponte sullo Stretto.

Condivido appieno una cosa importante che ha detto il ministro e qualunque cosa io possa fare perché si realizzi nel miglior modo possibile io la farò: mi riferisco al piano energetico nazionale. Credo che sia un problema importantissimo del paese. Dubito che si possa realizzare, come ha detto il mio collega e amico Misiti, in questa legislatura, però è giusto che ci sia una programmazione; questo lo condivido pienamente e lo sottoscrivo.

In merito all'abusivismo devo dire, inoltre, che le forze dell'ordine sono encomiabili, ma quando appongono i sigilli siamo alla fase finale dell'abusivismo. Il controllo del territorio appartiene agli enti locali, passa attraverso la regione, il comune, le autorità di bacino, quando si incide su alcuni aspetti particolari. Se si realizza oggi una costruzione in una zona cosiddetta R4, secondo quanto prevede il piano di assetto idrogeologico, l'abusivismo è in sé, non nel fatto che si tratta di una zona di pericolo. Si deve intervenire, dunque, ma sono gli enti locali, le regioni, i comuni e le autorità di bacino titolati ad impedire che ci sia l'abusivismo. Le forze dell'ordine arrivano dopo, come accade nel diritto penale. Le regioni sono titolate a fare questo. Lo Stato è costretto a demolire; sarebbe utile che non fosse costretto a demolire.

Lei ha detto, signor ministro, se ho capito bene, che le regioni protestano perché nella distribuzione dei fondi per la difesa del suolo non sono state sentite. Purtroppo, lei avrà modo di farlo verificare dai suoi uffici che le regioni e i comuni, spesso, non hanno speso le risorse loro assegnate; talvolta sono passati 2, 3 o 4 anni.

Il ministro che l'ha preceduta, gli uffici del Ministero e il direttore generale hanno sempre redatto un programma sulla base di indicazioni che sono pervenute dagli enti locali; perciò, non si può dire che non abbiamo sentito le regioni. Ci sarebbe da fare un monitoraggio per sapere quando sono state assegnate certe risorse e come sono state spese.

Lei ci ha chiesto, se non ho capito male, una maggiore attenzione, un «aiuto» da parte del Parlamento perché in sede di legge finanziaria ci siano maggiori risorse per il Ministero dell'ambiente. Vorrei che spiegasse perché si rivolge al Parlamento - osservazione che reputo giusta -: spesso si tagliano le risorse iniziando da quelle destinate al Ministero dell'ambiente. Di ambiente parlano tutti, ma quando si tratta di assegnare risorse, tutti se ne dimenticano. Se lei chiede «aiuto» al Parlamento vuol dire che ha dei problemi nella maggioranza, vuol dire che nella maggioranza, com'è successo nel passato - non voglio fare polemiche -, vi è una minore attenzione all'ambiente.

In ultimo, non parlo di quanto ha detto il collega Misiti, perché lo condivido in pieno.

ANGELO PICANO. La prima raccomandazione che mi sento di rivolgere al ministro è già stata fatta da altri colleghi: chiedo che in materia di norme delegate ci sia una rapidità di decisione, in maniera da dare agli operatori la certezza di legge, e che non ci sia un'attesa eterna prima che si arrivi a regolamentare le questioni.

La seconda osservazione riguarda il fatto, come il ministro ricordava, che sono 82 le infrazioni comunitarie in materia ambientale. Questo ci fa capire che c'è una specie di lassismo nei confronti dei problemi dell'ambiente da parte delle istituzioni. Ciò riflette anche una coscienza generale nell'opinione pubblica: se la pressione della stessa fosse più forte, le istituzioni sarebbero più attente. Siccome è il comportamento spontaneo quello che crea e governa le realtà, sono del parere che noi dovremmo cominciare con un grande piano di educazione nazionale. In proposito, vorrei raccomandare al ministro di fare pressione, in Consiglio dei ministri, sul ministro della pubblica istruzione, perché il problema dell'educazione all'ambiente diventi una materia scolastica, a cominciare dagli asili.

In materia di rifiuti, in materia di urbanistica, in materia di trasporto pubblico locale, certamente, se fosse alta la coscienza popolare dei cittadini, si potrebbero risolvere una serie di problemi con grande rapidità. Credo che questa sia una delle basi se vogliamo creare in prospettiva delle politiche ambientali che abbiano una grande efficacia.

Vorrei, soprattutto, sottolineare l'esigenza di una politica urbanistica che sia cogente, che non preveda sanatorie e che sia rispettosa dell'ambiente.

Mi rendo sempre più conto che la mancanza, spesso, di un'estetica della città ha portato a saccheggi veri e propri nella costruzione degli agglomerati urbani; soprattutto, ha portato ad una specie di città distinta per classi: c'è la zona residenziale per i ricchi, la zona intermedia per il ceto medio e poi c'è la zona popolare per i «poveracci», dove i servizi sono sempre marginali ed insufficienti.

Credo che essere attenti a come si costruisce la città sia molto importante, anche per evitare che vengano fuori le esplosioni come quelle delle banlieus francesi, dove si sente netta la distinzione tra chi è emarginato perché vive in una struttura urbana di un certo tipo e chi, invece, ha una struttura di un altro tipo, dove ci sono i servizi. Questa è la conseguenza di un'impostazione politica che risente della cultura urbanistica di una determinata classe dirigente. Ripeto: la sensibilità urbanistica è una mia precisa raccomandazione in questo campo, che va saldata a quella della educazione da fare a livello generalizzato per preparare le nuove generazioni al rispetto dell'ambiente.

PAOLO CACCIARI. Queste audizioni sono occasioni troppo preziose per sprecare tempo, quindi mi limiterò ad una serie, molto serrata, di domande.

Per quanto attiene all'energia, sono molto d'accordo con quanto ha detto il ministro sulla necessità di ripensare un piano nazionale, senza il quale è impossibile fare delle scelte consapevoli, non dico nemmeno giuste. Qui, però, io vedo una contraddizione: mi pare che questo progetto di legge approvato dal Consiglio dei ministri sia completamente fuori da qualsiasi criterio di programmazione, oltre al fatto che non si fa nemmeno riferimento in esso agli obiettivi di Kyoto. Mi sarebbe, invece, piaciuta una proposta di legge che avesse chiesto al Governo una delega per redigere il piano energetico, non per fare i rigassificatori x o y. Mi pare che le cose che lei ha detto, signor ministro, non sono quelle che sono uscite dal decreto. Dobbiamo parlarci chiaro perché, altrimenti, non riesco a capire più di cosa stiamo parlando.

È stata sollevata, inoltre, la questione delle emergenze e dei piani strutturali per i trasporti. Forse, però, dimentichiamo che c'è un'emergenza sanitaria che non riguarda più settembre ma già l'oggi: nelle grandi città, soprattutto della pianura padana, è quella relativa alle polveri sottili. Non possiamo rinviare un problema che è di emergenza sanitaria, come ha ribadito lo stesso Consiglio superiore della sanità e come è stato dimostrato da tutte le indagini epidemiologiche che sono state condotte al riguardo. Quindi, credo che il suo Ministero, in accordo con il Ministero della salute, debba, già a settembre, cominciare a indicare delle linee guida e dei comportamenti coerenti, perché anche i comuni di buona volontà non riescono assolutamente, per conto proprio, a dare delle risposte, neanche di tipo emergenziale.

Ancora, per quanto riguarda la legge generale sulla tutela del territorio, sono contento che il ministro abbia detto di aver già messo in piedi un gruppo di lavoro; è chiaro che ci sono alcune regioni, penso alla Toscana, per fare solo un nome, che hanno legiferato bene e che possono dare degli indirizzi. Penso, però, che anche il Parlamento debba tracciare un percorso, che deve essere caratterizzato da una grande collaborazione.

Per quanto riguarda la legge quadro sull'elettrosmog - la cito qui perché è legata al discorso della programmazione del territorio - secondo me non c'è solo un problema di limiti, ma c'è anche un problema di restituire potere agli enti locali a proposito della localizzazione degli impianti. È un campo di battaglia il nostro paese da questo punto di vista, e lo sappiamo bene. Dobbiamo, pertanto, avere in maniera responsabile degli strumenti di gestione di questo conflitto.

Un altro flash per quanto riguarda il MOSE a Venezia. Esso non è un'infrastruttura, non è una grande opera, non è una strada, ma è un'opera esclusivamente ambientale: la finalità è quella della salvaguardia dell'ambiente. Quindi, non si capisce perché non sia lei e il suo Ministero ad essere il gestore di questa partita. Non si tratta di far girare né treni ad alta o a bassa velocità né auto, e così via. È un'opera che ha una finalità ambientale per cui deve essere ripresa in mano da chi ha questo compito istituzionale, a meno che non si facciano le grandi opere solo per mettere cemento e tombini. In quest'ultimo caso, sarebbe giusto darla al «ministro delle costruzioni», che per fortuna non c'è.

Sulle bonifiche, lei non ha fatto nessun cenno e mi sarebbe piaciuto che avesse detto qualche cosa.

Per quanto riguarda il decreto n. 152 e i decreti attuativi, anche in questo caso voglio essere molto chiaro. Non si tratta solamente di un problema procedurale o di un timbro e nemmeno di vedere se le infrazioni saranno maggiori o minori a seconda dell'attuazione o meno di questi decreti; si tratta anche e soprattutto di un problema sostanziale, signor ministro, che la mia parte politica le vuole rappresentare: il problema delle acque. Con l'introduzione di questi decreti, i parametri e i modi di valutazione del rischio vengono cambiati, e questo è inaccettabile nel merito. Noi non possiamo tollerare che la qualità delle acque (sotterranee, costiere, e così via) nel nostro paese venga peggiorata a causa dello «slabbramento» delle misure che esistono.

Sulle bonifiche non possiamo tollerare la depenalizzazione delle colpe e, soprattutto, che non si riesca più a risalire al responsabile e ad attivare le necessarie operazioni per realizzare le opere di bonifica.

C'è, poi, la questione che riguarda la declassificazione e la trasformazione dei rifiuti. È un argomento di cui abbiamo discusso in questi giorni per la legge che riguarda la Commissione d'inchiesta. Su queste tre questioni, oltre che sulla legge n. 183 del 1984 sulla difesa dei suoli, desidererei avere dei chiarimenti.

In ultimo, per quanto riguarda le acque sono perfettamente d'accordo con il mio conterraneo Dussin e questo dimostra che si tratta di un problema trasversale. Occorre, signor ministro, prorogare urgentemente l'entrata in vigore della legge finanziaria del 2004 per quanto riguarda la svendita - dico io -, o, comunque, la messa all'asta degli acquedotti; bisogna dare la possibilità a quei comuni che lo vogliano, di continuare a gestire per conto proprio la risorsa idrica. Nell'attuale legislazione ciò non è consentito, e mi pare una totale forzatura.

Bisogna farlo subito, signor ministro, perché le ATO devono deliberare entro il 31 dicembre, ma, come tutti sanno, devono farlo sei mesi prima. Quindi, è un provvedimento assolutamente urgente: l'inerzia è tale per cui automaticamente salta la possibilità della gestione in house. È materia sua? È materia del Ministero dei lavori pubblici? Non so; decidete voi. L'importante è che si agisca quanto prima.

PRESIDENTE. Su questo è calendarizzato l'esame di una risoluzione da parte del gruppo di Rifondazione comunista.

GRAZIA FRANCESCATO. Permettetemi, intanto, una rassicurazione affettuosa al collega e amico Stradella: lui, in qualità di «mandrogno», ossia di specie unica che alligna nelle plaghe alessandrine, ha comunque diritto alla tutela del WWF.

A parte la battuta, ringrazio il ministro Pecoraro Scanio. Voglio dire ai colleghi che, secondo me, la sfida vera che sottende l'operato di qualunque Ministero dell'ambiente, non soltanto qui in Italia, è quella di superare e ribaltare un'ottica imperante che purtroppo ancora vige, anche se si è un po' attenuata in questi ultimi anni. Quest'ottica vede la questione ambientale come aggiuntiva, o addirittura ancillare, rispetto, ad esempio, alle esigenze dell'economia, oppure come una lotta talebana di pochi esagitati che mettono l'orso o il panda al primo posto rispetto all'essere umano. Così non è.

Credo che la grande sfida sia trasformare la questione ambientale in un asse centrale. Occorre integrare le politiche ambientali, economiche e sociali affinché lo sviluppo sostenibile non diventi un «mantra». Questa intenzione ormai è presente in tutti i documenti sull'ambiente, ma raramente viene tradotta in modo efficace.

Ciò vuol dire che una politica ambientale condotta in questa maniera può avere ricadute molto importanti anche sul piano occupazionale. Credo che questo, signor ministro, sia un aspetto su cui dovremmo porre fortemente l'accento. Si tratta di far crescere quello che io chiamo «l'albero dei lavori verdi». Già ci sono in Italia «alberi» di questo tipo. Sono 365 mila i posti di lavoro in qualche modo coniugati con i parchi, con la protezione della natura, con il turismo sostenibile, e così via. Ma c'è un vasto potenziale di crescita.

Prendiamo, ad esempio, il settore dell'energia, che sappiamo essere il più caldo ed anche il più urgente. Sono completamente d'accordo con quello che hanno detto i colleghi, in precedenza, sulla necessità di un piano energetico che promuova, in maniera molto chiara, la sostenibilità e, quindi, le energie rinnovabili, l'efficienza e il risparmio. Badi bene, collega Dussin, che non è il ministro Pecoraro Scanio che lo dice: l'Unione europea - come lei sa bene - ha fissato degli obiettivi precisi: entro il 2020 il 20 per cento del fabbisogno energetico dovrà essere dato proprio da fonti rinnovabili (efficienza e risparmio); la percentuale dovrebbe salire al 50 per cento entro il 2050. Quindi, è un obiettivo a cui dobbiamo tendere proprio come Unione europea.

Procedendo lungo questa strada, penso alla bioedilizia e alle biomasse, si può dare un impulso all'economia nel nostro paese. Leggevo recentemente sul New York Times che quello che loro chiamano ethanol bonanza, le biomasse stanno proprio ridando fiato all'economia dell'Oklahoma e di altre parti degli Stati Uniti. Pensate che in Germania, durante gli anni di permanenza del governo rosso-verde, si sono creati 160 mila posti di lavoro. Quindi, anche da questo punto di vista è una grande sfida. Direi che noi possiamo mettere l'accento anche sullo sbocco occupazionale per superare l'obsoleto concetto che vuole che fra ambiente e lavoro ci debba forzatamente essere un conflitto. Così non è più.

Anch'io vorrei parlare delle bonifiche. Ho maturato una grossa esperienza in questo campo come vicepresidente di una società di trasformazione urbana che sta mandando avanti la bonifica di Bagnoli. Abbiamo provato come il matrimonio tra ecologia ed economia sia possibile in questo campo, dando fiato a sbocchi occupazionali di grande qualificazione.

Permettetemi un ultimo appunto sulla delega, senza voler fare l'elenco della spesa delle cose da fare, avendolo già enunciato. Credo che non sia un caso che le associazioni ambientaliste abbiano definito questo decreto come un mostro giuridico. Esso rappresenta uno stravolgimento senza precedenti - ce lo dobbiamo dire fuori dai denti - dei principi del diritto ambientale di derivazione comunitaria, ormai consolidato nel nostro ordinamento.

Vi faccio grazia di tutto l'elenco che avevo preparato, ma permettetemi perlomeno di citare i comma dal 25 al 29 dell'articolo unico della legge n. 308, quelli che trasformano tutti i rottami ferrosi e non ferrosi, anche provenienti dall'estero, in materie prime e secondarie, quindi, di fatto, li sottraggono al controllo e al regime specifico delle leggi sui rifiuti. Penso, sempre per quello che riguarda la legge n. 308, al comma 29 in cui il combustibile ottenuto dai rifiuti urbani speciali e non pericolosi può essere utilizzato nei processi di combustione.

Non faccio l'elenco di tutte le disposizioni che sono passate, che, di fatto, hanno smantellato il decreto Ronchi - voi sapete meglio di me quante sono - e che ci hanno fatto incorrere in numerose violazioni comunitarie. Per quello che riguarda il decreto Ronchi, ritengo sia assolutamente essenziale riportarne i contenuti all'impostazione originaria, che perseguono, appunto, gli obiettivi della riduzione all'origine, della selezione, della raccolta differenziata, del monitoraggio e controllo di tutti i passaggi dall'origine allo smaltimento finale. Questo anche perché le disposizioni passate nella legislatura precedente, cui ho fatto cenno, hanno creato terreno favorevole anche alle attività illecite delle ecomafie; ne abbiamo proprio parlato qualche giorno fa, sul tema dell'istituzione di Commissioni d'inchiesta. È, quindi, ancor più difficile spezzare il legame tra la gestione del ciclo dei rifiuti e l'attività criminale. Credo che questo sia un altro elemento da tenere in conto.

GIACOMO DE ANGELIS. Cercherò di essere brevissimo, in modo da dare la possibilità al collega Lupi di intervenire, così successivamente in Commissione saremo più che tranquilli.

Signor ministro, vorrei porle fondamentalmente due quesiti, anche se mi sarebbe necessario altro tempo per poterli meglio elaborare, ma credo che comunque riusciremo ad intenderci. La prima questione riguarda i commissariati straordinari. Siccome sono campano come il ministro Pecoraro Scanio, credo che non si possa più andare avanti in questo modo, soprattutto quando leggo le dichiarazioni successive all'ennesima emergenza, nelle quali si paventano ulteriori poteri da dare al commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania. È una cosa che mi fa rabbrividire. Non so questo commissario quale altro potere dovrebbe avere.

In verità, se dovessimo esprimere un giudizio complessivo, sereno, bipartisan rispetto a questo commissariato speciale dovremmo dire che è stato un fallimento totale. Un commissariato che ormai dura da tredici anni, senza che alcun problema sia stato risolto, come il ministro Pecoraro Scanio ben sa. E ci sono passati un po' tutti, da Rastrelli a Bassolino. Le chiedo, quindi, se non sia il caso di aiutare - visto che non si tratta solo della Campania, ma di molte regioni, specie meridionali - le comunità locali a tornare all'ordinarietà nella gestione dei rifiuti.

E poi, proprio rispetto alla Campania, signor ministro, vorrei chiederle se non sia il caso di ammettere - essendo però conseguenti rispetto alle affermazioni che vengono fatte - che quel piano regionale è completamente sbagliato. Infatti, quel piano non risolve alcun problema: passiamo di emergenza in emergenza; la raccolta differenziata, dobbiamo dire la verità, è pressoché inesistente (al di là di quello che si tenta di dire in alcune pubblicazioni che, come lei ben sa, parlano di percentuali pari al 12-13 per cento, quando in realtà siamo molto al di sotto, ad eccezione di alcuni piccolissimi casi).

Credo, pertanto, che il problema di un nuovo piano regionale sui rifiuti vada posto, per una semplice considerazione che esporrò per chiarezza. Io, come lei signor ministro, faccio parte di un gruppo politico che non ha mai condiviso quel piano. L'abbiamo sempre contestato, compresa la questione del termovalorizzatore. Ebbene, non avendolo condiviso, non possiamo essere presi continuamente a schiaffi e, in più, essere costretti anche a difendervi, come ad esempio ieri in aula sull'interrogazione che è stata prodotta.

Sono convinto che noi dovremmo avere il coraggio di dire che quel piano è sbagliato, e mi assumo la responsabilità di quel che dico. Si deve pertanto trovare una via d'uscita definitiva su questo terreno, ovviamente ognuno assumendosi la responsabilità del fallimento.

Un'ultima considerazione e concludo. Per quanto riguarda la questione delle bonifiche, visto che se n'è parlato, vorrei porle una domanda sull'individuazione dei siti da bonificare e sul contesto in cui viene fatta la bonifica. La collega Francescato parlava di Bagnoli, io potrei aggiungere Acerra, anche se trattasi di una questione e di una dimensione diversa. Ora, in questi giorni, come lei sa, è stato emanato il decreto per la bonifica della zona di Acerra, purtroppo soggetta ad inquinamento da diossina e ne parlo perché sono rimasto un po' turbato. La bonifica di queste zone, soprattutto del casertano e del napoletano, dove il problema dell'inquinamento è ad un livello esagerato, è una cosa che chiediamo da tanto tempo. È quindi certamente giusto continuare a fare le opere di bonifica, però ciò deve avvenire all'interno di un contesto e di una visione complessiva: non si può fare la bonifica su un terreno dove si vuole per forza fare il termovalorizzatore.

Ora, al di là della polemica con il presidente della Commissione sull'opportunità di farlo o meno, c'era un problema che andava oltre lo strumento: come si può pensare di ubicare un termovalorizzatore, in una situazione dove c'è un valore di inquinamento da diossina cento o centomila volte maggiore - ora mi sfugge qual è il dato - rispetto al limite consentito dalla norma nazionale?

La speranza, ovviamente, è quella di una collaborazione continuativa da poter sviluppare meglio nei prossimi mesi, come ha proposto il presidente Realacci, anche sui singoli casi.

TINO IANNUZZI. Esprimo innanzitutto un plauso al ministro Pecoraro Scanio per la sensibilità del colloquio che avvia con la nostra Commissione e per la relazione approfondita e anche rispettosa del ruolo del Parlamento. Mi sia consentito di unire anche un saluto particolare da parte di chi ha il piacere e l'onore di essere concittadino del ministro.

Vorrei fare una premessa e due piccolissimi flash. Ho molto apprezzato - e su questo si gioca poi la sfida del Ministero e della legislatura - di considerare quella ambientale non come una politica di settore, o riservata a determinate scelte, ma invece come una politica di ordine generale, che attraversa l'azione complessiva dei pubblici poteri - statali, regionali e locali - e che forma oggetto di positive trasversalità nelle scelte finanziarie e legislative dello Stato e dei pubblici poteri.

Da questo punto di vista penso che, per essere coerenti con questa impostazione, si debba guardare al riequilibrio modale, al rafforzamento del trasporto su ferro e su rotaia, al rafforzamento del trasporto locale e metropolitano, alle autostrade del mare, alle fonti energetiche, allo sviluppo della ricerca.

Voglio anche dire, signor ministro, che a noi interessa far procedere di pari passo - lo dico con grande serenità, ma anche con grande determinazione - l'ammodernamento infrastrutturale con la tutela ambientale. Questo paese, al sud, al centro e al nord, ha bisogno di più vere e moderne infrastrutture, ma ha bisogno anche di tener dentro, fin dall'inizio, la preservazione e la difesa della tutela ambientale.

Vorrei, inoltre, rassicurare l'onorevole Nucara dicendogli che preme anche a noi la prosecuzione dell'alta velocità da Napoli verso sud. Ritengo che dovremmo graduare, alla luce di risorse che non ci sono, l'intervento di TAV immediatamente realizzabile almeno verso Battipaglia e, per il resto, l'ammodernamento di ciò che c'è della rete ferroviaria verso la Calabria.

Vengo ai due rapidissimi flash. Signor ministro, in considerazione sia delle sue riflessioni sul governo del territorio, sia sulla politica delle città, riprendendo anche un lavoro svolto con il collega Lupi nella scorsa legislatura, vorrei dirle che per governare il territorio e per fare politiche per le città, bisogna spostarsi sulla preservazione del territorio non urbanizzato per evitare nuovo consumo di territorio, natura e ambiente, ma ciò significa anche puntare con decisione al recupero, all'ammodernamento e alla ristrutturazione dell'edificato preesistente, fatiscente, inadeguato e inidoneo. Come politica delle città significa anche guardare con attenzione al riequilibrio centro-periferia.

La rilevanza della leva fiscale: sappiamo che di risorse ne abbiamo poche, sappiamo che la leva degli incentivi fiscali deve essere utilizzata in maniera virtuosa verso questi obiettivi, come verso il discorso generale dello sviluppo ecocompatibile.

Da ultimo, sul tema del dissesto idrogeologico, lei ha perfettamente ragione, signor ministro. Ma vi è anche una strana situazione: abbiamo fondi imputati dal decreto Sarno al dissesto non utilizzati, che sono a residui e che vanno impiegati con un piano virtuoso che costringa e vincoli anche le regioni a destinare adeguate risorse ai programmi di ammodernamento verso il dissesto idrogeologico.

Su questa linea ci sarà tutto l'impegno e l'attenzione del Parlamento. La seguiremo, la sospingeremo e, in qualche misura, vigileremo sull'andamento della politica del Governo.

MAURIZIO ENZO LUPI. Ringrazio il collega del gruppo dei Comunisti Italiani per avermi dato la possibilità di intervenire. Sarò velocissimo, anche se credo dovremo ritornare su alcune questioni. Al di là della cortesia, signor ministro, ritengo che non ci siamo e ciò perché lei è leader politico e sa benissimo che quando si governa le questioni sono politiche.

Allora, le quattro questioni che le pongo sono le seguenti. Primo: ha fatto bene e condivido quanto detto dal collega Cacciari sulla legge delega e sui decreti attuativi. Il problema vostro non è di tipo procedurale né di metodo. Il fatto è che non condividete la legge delega che il Governo precedente ha formulato. Allora, quando non si condivide nel merito una norma, non si prendono scorciatoie o strade più lunghe. Si fa come abbiamo fatto noi, quando non condividevamo la legge Ronchi: c'è un Parlamento, si propone una legge, si modifica, si pone in essere un iter, e la maggioranza, se c'è, cambierà quella legge. Nel frattempo, le leggi che ci sono - perché questo è un elemento fondamentale - rimangono in vigore.

Allora, l'invito è a non usare scorciatoie per cambiare provvedimenti legislativi che questo Parlamento ha fatto: i decreti e quant'altro sono solo determinati - questa è la mia sensazione - dalla paura del Parlamento. Assumetevi la responsabilità, andate avanti fino in fondo, noi vi contrasteremo, ma voi avete la legittimità di portare avanti questi provvedimenti. Non si modifica la legge delega con dei decreti attuativi o legislativi tesi a cambiare la sostanza delle questioni.

La seconda questione mi pare che già la collega Francescato l'abbia posta con chiarezza E anche noi vogliamo capire: nella redistribuzione delle deleghe, considerato che voi dite che la materia ambientale non è ancillare nei confronti del resto, questo vuol dire che alcune deleghe sono passate dal Ministero dei lavori pubblici a quello dell'ambiente, quale quella del governo del territorio, o no? È evidente, infatti, che il governo del territorio non è solo la materia ambientale, come stabilito dalla Costituzione.

Terza questione: mi piacerebbe una risposta molto secca, perché le contraddizioni del vostro Governo sono enormi. L'ultima è emersa in materia di energia. Vorrei conoscere la posizione del ministro dell'ambiente rispetto a quanto espresso il 27 giugno scorso dal suo collega all'industria, secondo il quale bisogna ricercare forme di energia alternativa, quale il nucleare di nuova generazione. Il ministro Pecoraro Scanio è d'accordo su questa impostazione? Rientra nel suo programma quando parla di produzione energetica alternativa?

Quarta questione: la riorganizzazione. Lei, insieme a tantissimi altri colleghi, ha portato avanti una battaglia, che noi non condividevamo, durante la scorsa legislatura, in ordine alla modalità di gestione del Ministero dell'ambiente da parte del ministro e del capo di gabinetto. Abbiamo letto sui giornali - abbiamo anche scritto una lettera da questo punto di vista - di licenziamenti, non già di spoil-system, all'interno del suo Ministero e di pressioni legate a dipendenti solo perché di una parte piuttosto che di un'altra. Cosa che credo non sia vera, ma mi piacerebbe avere una smentita chiara e netta da parte sua. Diversamente, avete contestato per cinque anni un metodo che ritenevamo non sbagliato e, oggi, vi ritrovate esattamente ad adottarlo voi.

PRESIDENTE. Do ora la parola al ministro Pecoraro Scanio per la replica.

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Ringrazio tutti i parlamentari intervenuti. Per ovvie ragioni sarò abbastanza veloce nel dare delle risposte; iniziamo con quelle di carattere generale. Per quanto riguarda il decreto legislativo, chiariamoci subito su questa materia, perché altrimenti non riusciamo a ricostruire le questioni. Innanzitutto, la contrarietà che la coalizione di centrosinistra ha sempre espresso rispetto alla legge delega era nota. Senonché, vi è stata una discussione, anche in seno al Governo, a seguito della quale si è voluto evitare di cancellare tutto ciò che era stato fatto dal precedente Governo. Ecco perché non è stata presentata una proposta di cambiamento o di cancellazione della legge delega stessa.

Da questa legge è nato un decreto legislativo, contrassegnato con il numero 152. Ebbene, questo ha peggiorato la situazione, a parere non solo nostro ma anche delle regioni, delle associazioni di tutti i tipi, compresi pezzi di Confindustria, quali sono Federambiente e Federutility. Una parte di Confindustria ritiene, quindi, utile il decreto legislativo fatto in quel modo.

Va poi precisato che qui ci sono due temi: il ministro dell'ambiente, essendo un ministro della Repubblica, è attento sia al merito rispetto al quale applica delle procedure politiche, sia al metodo e alle procedure cui è tenuto a prescindere dalle sue volontà.

Il merito riguarda esattamente quello che hanno definito vari colleghi: il problema prioritario in materia di rifiuti, di acqua, di autorità di bacino (che non si capisce che fine abbiano fatto, al punto che lo stesso ministro precedente ha dovuto scrivere due righe per dire che dovevano continuare ad operare finché non arrivavano le nuove autorità; ma molte regioni non sanno che fare con le autorità regionali di bacino, che a loro volta sono state sciolte).

Ci sono delle situazioni emergenziali, con riferimento alle quali vi è una proposta del ministro dell'ambiente, che come avviene in tutte le discussioni interministeriali trova - come si è potuto leggere sui giornali - una posizione non convergente, ad oggi, del Ministero dello sviluppo economico e delle politiche comunitarie. Ma chi vi parla proporrà in Consiglio dei ministri un decreto legislativo correttivo, annunciandolo alle Camere, come prevede la legge delega.

Ora, tanto per essere chiari, noi riteniamo negativa anche la parte sulla costituzione in giudizio a difesa dell'ambiente, ma poiché nell'immediato non sta producendo drammi, presenteremo un decreto correttivo da confrontare con le Commissioni, in modo da non fare una sospensione di tutto. Però, ci sono situazioni che oggi, nella fase di attuazione di questo provvedimento che è entrato in vigore, stanno provocando problemi e confusione agli operatori. Non è vero, infatti, che questi hanno di fronte una normativa trasparente. Si pensi che addirittura dieci regioni hanno già fatto ricorso alla Corte costituzionale, gli enti locali stanno disapplicando la normativa, perché la ritengono confusionaria, non applicabile, caotica e quindi, di fatto, non danno seguito a quello che è normativamente previsto.

Ora, sarà o no obbligo del legislatore, anche di chi condivideva alcuni pezzi della norma, riportare un minimo di criterio in questa materia? Noi ci stiamo limitando ad alcuni ambiti, in cui la logica richiede di fare come peraltro la stessa legge delega prevede: verificare in fase di applicazione quello che succede. E cosa sta succedendo? Che almeno in questi tre settori abbiamo la rivoluzione di tutti gli operatori, compresi i consorzi dei rifiuti, vale a dire i settori che dovrebbero essere interessati all'applicazione. Quindi, ad eccezione di una parte del mondo economico, abbiamo il resto delle attività istituzionali, degli enti e via dicendo, che chiede al Governo nazionale e al Parlamento - perché in realtà lo chiede pure a voi - di sospendere almeno queste situazioni, facendole ritornare nella fase di una migliore ridefinizione. Ciò, ovviamente, non può in nessun modo essere fatto senza coinvolgere le Commissioni, la Conferenza Stato-regioni e tutte le realtà interessate, evitando i problemi più gravi che si rischiano di avere oggi.

Quando poi ho parlato dei decreti ministeriali - e siamo all'altro aspetto - ho detto che, al di là dei giudizi di merito sui singoli decreti, il ministro aveva anche un problema procedurale, che non può far finta di non vedere. Ora, tanto per essere molto espliciti, un Governo a fine legislatura, non sapendo se rivince le elezioni, può anche decidere di cominciare a litigare con tutti (regioni, Corte dei conti, Consiglio di Stato, Unione delle province, Associazione nazionale dei comuni, associazioni ambientaliste, sindacati ed altre associazioni) magari accontentandosi di avere il consenso di una parte di Confindustria. Ma un Governo che si insedia e che, peraltro, vorrebbe la concertazione con le parti sociali ed un buon rapporto con le regioni, credo abbia il dovere, oltre ad avere un giudizio sul merito, di ricostruire una rete di corretti rapporti istituzionali e sociali con gli altri enti.

Ebbene, all'interno del Governo, che è un organo collegiale, c'è una posizione politica unitaria di critica a questo decreto legislativo, che trova unita tutta la coalizione del centrosinistra. A livello di apparati, mentre in quello dell'ambiente il ministro è riuscito a spiegare l'esigenza fondamentale di recuperare il rapporto e di consentire delle norme applicative, dagli altri Ministeri, a tutt'oggi, a livello di uffici arrivano delle perplessità di natura tecnico-giuridica o, probabilmente, anche di opportunità.

MAURIZIO ENZO LUPI. Ostaggio dei funzionari, la vedo poco!

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Attualmente, c'è un problema che riguarda la definizione delle modalità di intervento. Noi avremmo, addirittura, preferito l'intervento nell'ambito dei decreti-legge che stanno modificando la proroga termini, come peraltro si è fatto per la VIA e per la VAS. L'avremmo voluta estendere anche alla sospensione dei capitoli di cui stiamo parlando. Se però, attualmente, questa strada è preclusa, è ovvio che diviene principale la via del decreto legislativo, che sarà mia premura inviare subito in Commissione.

Sapendo come funzionano i decreti legislativi, all'interno dei quali il Governo può recepire i vostri suggerimenti, nulla esclude che, nonostante esso parta con la volontà di sospendere quei capitoli, non si possa andare direttamente ad un cambiamento in meglio, se la Commissione si rivela in grado di fornire già proposte modificative. In tal modo si eviteranno, ovviamente con il concorso parlamentare, i problemi che abbiamo evidenziato.

Tanto per fare un esempio, sulla materia dei rifiuti il nostro problema non è non fare la semplificazione dove questa è utile a fare davvero recupero. Il problema è avere la certezza che ci sia la tracciabilità del ciclo dei rifiuti dalla culla alla tomba. Tutte le semplificazioni che servono davvero a facilitare l'utilizzo delle vere materie prime e seconde, dunque tutto ciò che serve davvero a migliorare il recupero può essere accolto, mentre tutto ciò che, invece, rischia di creare una «slabbratura» tale da abbassare i livelli della tutela - parliamo di acqua, di bonifiche, di rifiuti e via dicendo - deve essere escluso.

Non possiamo permetterci che, attraverso un'apparente semplificazione, si rischi, invece, di creare una serie di maglie larghe in un paese che onestamente ha già problemi in molte materie ambientali: il nostro obiettivo è quello di riportare questa legislazione sotto il massimo profilo di controllo.

Ora, essendo entrata in vigore ed esistendo una serie di segnalazioni che abbiamo già potuto verificare, come peraltro la stessa legge delega prevedeva, vi sottopongo un primo decreto correttivo per cercare di arginare quelle che possono essere le difficoltà.

È chiaro poi che c'è chi sollecita che dobbiamo fare un unico disegno generale. Su questo il Consiglio di Stato ha detto che, se si vuole, si può fare un unico codice ambientale. Tuttavia, mettere insieme un corpo caotico non è detto che sia sempre meglio. Preferiamo, quindi, lavorare per parti, dove si trova una capacità di intervento - questo almeno è il nostro suggerimento -, disponibili ad accogliere, nell'ambito del dibattito che faremo, gli interventi parlamentari. In effetti, chi dice che dobbiamo presentare un provvedimento quadro correttivo generale chiede, nel frattempo, di lasciare in vigore tutto quello che non sta funzionando. Noi, invece, preferiamo intervenire, cercando di avere il massimo consenso del Parlamento sulle questioni in essere. Capisco tutte le esigenze, ma dobbiamo stare anche attenti.

Ciò deve comunque avvenire ascoltando tutti, quindi anche - lo dico al collega Foti - la rappresentanza del settore ambiente di Confindustria, nella persona della dottoressa Marcegaglia. In questo senso il mio problema non è di non ricevere i rappresentati di Confindustria, ma di ricevere anche i rappresentanti delle associazioni ambientaliste, dei consumatori, dei sindacati, delle regioni, delle province, dei comuni e di tutti gli altri enti, facendo in modo che ci sia una concertazione con tutti, non soltanto con alcuni. Tutto questo è nei nostri obiettivi.

Posso dire che anche per il piano energetico lavoriamo in questa direzione. Anche su questo punto chiariamoci: sul piano energetico vi è un primo disegno di legge del Governo, che vuole essere di primo intervento rispetto ad alcune situazioni in qualche modo emergenti, come la liberalizzazione di alcuni settori, introducendo anche la copromozione del ministro dell'ambiente per quanto riguarda il risparmio energetico e l'efficienza.

Si è trattato di un primo avvio su temi importanti, ma, già in sede di Governo, il Presidente del Consiglio ha precisato che quel disegno di legge non è quello sull'energia.

Vi è infatti tutta una parte da trattare prevista nel programma della coalizione. Ora è chiaro che - lo dico anche a beneficio dell'onorevole Nucara - avendo presentato un programma di coalizione che è stato trasformato in programma di Governo, io mi attengo al programma di Governo per quanto riguarda le linee generali, avuto comunque riguardo per il fatto che, se saranno avanzate esigenze giuste e corrette provenienti anche dall'opposizione, un ministro della Repubblica è tenuto a recepire anche quelle istanze. Diverso è il programma al quale io sono vincolato come lo è tutta la coalizione, nello spirito del sistema elettorale vigente.

Voglio dire all'onorevole Misiti che ho già chiesto di lavorare insieme al Ministero dell'agricoltura per quanto riguarda l'emergenza siccità. Su questo problema, abbiamo una forte esigenza che avevamo già annunciato in occasione della giornata mondiale contro la desertificazione, il 5 giugno scorso. Avevamo già avviato un'iniziativa comune sull'uso della risorsa idrica in generale. Adesso c'è un'emergenza in più, per cui bisogna dare anche le risposte più immediate.

Si badi bene, io non ho detto che la produzione di biossido di carbonio è solo un contributo del termoelettrico e del traffico. È evidente che anche nell'industria - non a caso facciamo il piano delle emissioni - ci sono alcune aziende particolarmente «contribuenti». Però, generalmente, abbiamo alcuni settori cui dobbiamo prestare massima attenzione, con i quali bisogna lavorare per accentuare la loro riduzione di produzione di anidride carbonica.

Per quanto riguarda i rigassificatori, vorrei dire all'onorevole Dussin che stiamo lavorando anche per trovare le massime conoscenze scientifiche su quali sono i livelli di sicurezza che devono garantire questi impianti, visto che, per quanto riguarda il nostro paese, parliamo di impianti nuovi per i quali abbiamo bisogno di avere garanzie di sicurezza.

Per quanto riguarda il tema di dove collocarli, è evidente che cercheremo un'intesa con le regioni. Tuttavia, se non abbiamo un piano energetico nazionale, rischiamo di far diventare l'Italia un paese disseminato di rigassificatori. Dalle questioni che emergono, ciò appare un campo disordinato, al di là dell'analisi che faremo del settore. La legge sul territorio va confrontata, ovviamente, con le regioni: nessuno pretende di incidere senza fare le consultazioni dovute.

Inoltre, non stiamo parlando del fatto che vogliamo fare la legge sui lavori pubblici. Assolutamente no! Nella tutela del territorio, che dal nome stesso è un tema del Ministero dell'ambiente, è insito il fatto che non vi può essere consumo sfrenato di territorio, se non vogliamo divenire un paese cementificato del tutto. Questo tema coinvolge quantomeno anche il Ministero dell'ambiente. Ovviamente, per le parti che sono di competenza concorrente con altri Ministeri è evidente che ho un potere di proposta e lo spirito di lavorare di concerto con gli altri colleghi; non certo quello di assorbire competenze, perché già quelle che ha il Ministero dell'ambiente sono più che sufficienti.

Piuttosto, seguo la logica sana che vede nel Ministero dell'Ambiente un dicastero che deve preoccuparsi di avere delle competenze e delle sensibilità economiche, perché, come diceva l'onorevole Francescato, quelli dell'ecolavoro sono temi dell'oggi, non del domani, e dobbiamo riuscire a dare delle risposte in questo campo.

L'edilizia biologica va benissimo. Sulla difesa del suolo ho recepito e accolgo la sollecitazione dei parlamentari per una ricognizione anche delle risorse disponibili ma non spese, perché sarebbe assurdo non utilizzarle. Si deve lavorare su tutto quello che si può fare senza l'investimento pubblico o, in alcuni casi, facendo in modo che l'intervento dello Stato sia di cofinanziamento rispetto alle realtà territoriali e, a volte, rispetto anche ai privati. Talvolta questi ultimi rischiano di avere dei benefici enormi derivanti da azioni di messa in sicurezza che fa lo Stato con il danaro pubblico. Il pubblico deve fare ciò che gli compete, ma dove c'è un privato che ne trae vantaggio forse sarebbe il caso di valutare anche la possibilità che ci sia un concorso del privato beneficiato.

In precedenza ho dimenticato un riferimento all'onorevole Stradella: per quanto riguarda la circolare sui prodotti commercializzati, è una cosa che stanno esaminando gli uffici; se c'è una necessità che i termini siano più adatti, non c'è una valutazione negativa. È ovvio, però, che esiste la volontà di dare, comunque, un parametro dei termini per fare in modo che sia completata la commercializzazione dei prodotti che devono essere superati tecnologicamente.

All'onorevole Mariani ho già risposto in tema di rifiuti, di Autorità di bacino e di difesa del suolo. Sui parchi, ovviamente, c'è la volontà di superare i commissariamenti. Ho già fatto richiedere ad alcune regioni di avviare le procedure per l'intesa perché ritengo che, ove possiamo, dobbiamo arrivare alla nomina, al più presto possibile, dei presidenti: non c'è la volontà di tenere i parchi in una condizione di provvisorietà.

Sulla TAV, oggi c'è il tavolo politico. È evidente che la posizione del Governo, non la posizione del ministro dell'ambiente, è che le opere pubbliche si facciano con procedure di coinvolgimento e partecipazione delle realtà territoriali. Si riaprirà, quindi, una conferenza dei servizi non utilizzando i meccanismi della legge-obiettivo, come peraltro ha già precisato il ministro delle infrastrutture.

C'è la volontà, sicuramente, di aumentare l'utilizzo della ferrovia. Il tema è: quali sono gli investimenti in questo settore? Anche tutti gli investimenti sul miglioramento del trasporto pendolare ridurrebbero di molto l'inquinamento dell'aria nelle città e costituirebbero un intervento a favore della ferrovia. Quindi, operiamo delle verifiche anche riprendendo il Piano nazionale dei trasporti, che secondo noi va migliorato. Va sottoposto a valutazione ambientale strategica, perché solo questo tipo di valutazione ci può dare un quadro generale di questa problematica.

Sul piano dell'educazione ambientale voglio dire al collega che l'ha sollecitato che è già partita un'iniziativa in questo senso verso il Ministero dell'industria.

Il Ponte sullo Stretto, è scritto nel programma che il Governo non lo considera una priorità nazionale.

I soldi che si chiedono non sono per il Ministero dell'ambiente. Io ho detto che due settori hanno una sofferenza particolare: il settore dei parchi e delle riserve e quello della difesa del suolo.

C'è il tema dell'elettrosmog. Molte di queste cose sono affrontate attraverso la presentazione di proposte di legge che possiamo sollecitare, ma non tutte sono di competenza del ministro dell'ambiente. Io ho dovuto richiamarvi nel programma le questioni che interessano direttamente il Ministero dell'ambiente e che, quindi, noi non possiamo non valutare.

Per quanto riguarda le polveri sottili, abbiamo presentato uno studio dell'Organizzazione mondiale della sanità, svolto insieme all'APAT, proprio su questa vicenda drammatica. È evidente che condivido la necessità che da settembre, e se è possibile anche da adesso, si intervenga. Ho già chiesto alle regioni di far pervenire il piano della qualità dell'aria; in pratica, nessuna regione italiana ha realizzato in modo soddisfacente, salvo il Piemonte, che l'ha mandato in sede europea. Quello del Piemonte è l'unico piano che è stato valutato dall'Europa congruo rispetto alle necessità. Anche su questo, comunque, dobbiamo dare un'«accelerata».

Sul MOSE ho già messo a lavorare delle persone per trovare forme di valutazione più attente per quanto riguarda il profilo di un'opera che sia sicuramente di salvaguardia ambientale. Ovviamente, le competenze sono in capo direttamente alla Presidenza del Consiglio per quanto riguarda una materia così complessa; il famoso «Comitatone» è direttamente convocato dal Presidente del Consiglio. Si cerca di lavorare recependo anche le forti istanze che provengono dal Ministero dell'ambiente e dal consiglio comunale di Venezia: bisogna discutere sempre con le realtà locali.

È lo stesso meccanismo che, per essere chiari, ho chiesto di attivare in Sardegna nei confronti delle comunità locali del Gennargentu per la costituzione del relativo parco nazionale perché, anche in materia ambientale, ritengo che il principio di coinvolgere le popolazioni valga. Dove noi riteniamo urgente fare un parco, non lo si fa senza parlare e coinvolgere le comunità locali. Lo stiamo facendo in questo caso - credo - con discreta soddisfazione della stessa regione Sardegna.

L'acqua è una questione di primaria importanza per il nostro Ministero. Sono per fare in modo di lavorare, visto che un vostro atto è stato presentato in Commissione, con tutti gli altri Ministeri competenti nella massima collaborazione possibile. Lo facciamo volentieri perché riteniamo che l'acqua come bene comune e risorsa utile sia un tema fondamentale; tra l'altro è scritto nel programma di Governo. Si tratta di evitare che, magari, alcune distrazioni possano causare dei danni inaccettabili.

Per quanto riguarda la questione dei rifiuti in Campania, ho indicato con chiarezza che il Ministero ritiene che bisogna creare le procedure per uscire dai commissariamenti. Questo problema non riguarda solo la Campania, ma questa regione costituisce il caso clou. Durano da talmente tanto tempo i commissariamenti da non configurare più una condizione di emergenza. Se l'emergenza ha un limite di tempo, non deve essere infinita.

Credo e spero di aver ottenuto - perché l'ordinanza dovrebbe essere firmata in questi giorni - che finalmente l'ordinanza campana abbia, come primo riferimento, la raccolta differenziata. È un impegno serio in questa materia. Condivido che ci sono delle esperienze importanti in Italia in relazione alla raccolta: in Campania - faccio un esempio - il CONAI aveva l'obbligo di raccolta degli imballaggi per oltre 300 mila tonnellate: l'obbligo non è stato mai rispettato.

È chiaro che si tratta di essere credibili in ogni regione e di sviluppare un intervento che sia positivo. Quantomeno occorre iniziare progressivamente una fuoriuscita dalla logica del commissariamento che rischia di deresponsabilizzare gli enti locali, invece di coinvolgerli. Il commissariamento finisce per creare una situazione paradossale in cui, poi, si rischia di non ottenere dei risultati utili.

Anche il piano dei rifiuti, approvato dal commissario, credo debba essere definito con il concorso della regione, perché è inevitabile che questa abbia un ruolo nelle decisioni che riguardano il proprio territorio. Credo che debba essere rivisto, perché quel piano prevedeva la materia della raccolta differenziata (a pagina 18) in appena due righe. Non è credibile che si voglia dare davvero una svolta sulla raccolta differenziata se la si riduce ad un elemento meno che ancillare, onorevole Francescato, appena indicato sommariamente.

Anche sulle bonifiche abbiamo il problema di una ricognizione delle modalità, perché le bonifiche non solo si devono dichiarare ma poi si devono realizzare. Questo è un problema enorme che abbiamo in tutta Italia, perché i siti bonificati nel nostro paese hanno difficoltà reali.

L'uso della leva fiscale è sicuramente negli obiettivi dell'azione che noi promuoviamo nei confronti del Ministero dell'economia.

Sull'energia nucleare, onorevole Lupi, il programma del Governo parla di ricerca sulle nuove realtà del nucleare di ultima generazione. Credo che questo possa intendersi come la disponibilità a sostenere una ricerca internazionale sulla fusione nucleare, che è sicuramente di grande qualità, perché è una vera energia rinnovabile che non utilizzerebbe più i materiali radioattivi come l'uranio e sarebbe addirittura un'energia «pulita».

Il nostro problema non è la contrarietà al nucleare in sé stesso. Noi siamo contrari al nucleare da fissione, quello che conosciamo, perché produce una cosa mai risolta che si chiama «scorie radioattive», di cui il nostro paese conosce - ahinoi! - gli aspetti problematici. Pur non avendo centrali nucleari attualmente in funzione, l'Italia non ha saputo ancora dismettere quelle esistenti e non ha risolto il problema delle scorie. Quindi, pensiamo che il problema da queste rappresentato sia la vera «scoria» dell'ipotesi del nucleare. Comunque, il programma del Governo dice che l'Italia non riprenderà un programma nucleare e, per quanto riguarda la ricerca, sostiene soltanto quella - sarebbe assurdo non sostenerla - che mira a realizzare questo famoso nucleare pulito senza scorie e senza radioattività, che ci sembra un elemento indubbiamente positivo.

In ultimo, mi preme sottolineare che non è stato licenziato nessuno dal Ministero. Ovviamente, se ci sono consulenze in scadenza è un'altra cosa. Io sono per il taglio del numero delle consulenze e credo che voi siate d'accordo con me sul fatto che non si possono rinnovare tutte le miriadi di consulenze realizzate.

C'è stata una confusione - credo - dovuta al fatto che il capo di Gabinetto si è assunto il compito, giustamente, di rimandare nei loro uffici i dipendenti che erano stati distaccati dal precedente Gabinetto. È una prassi normale in tutte le amministrazioni, per poi operare una valutazione su coloro che possono essere richiamati in quanto utili. Qualcuno credo sia stato già richiamato in seguito ad una ricognizione: si tratta di persone che restano dipendenti del Ministero, ma che ovviamente, essendo stato costituito un nuovo Gabinetto con un nuovo capo, devono essere oggetto di una valutazione; il capo di Gabinetto ha ritenuto, senza nemmeno chiedermelo, di operare. Tra l'altro non è che il ministro non intervenga sui posti, sulle segretarie: sono aspetti che interessano il capo di Gabinetto e mi sembra assurdo interferire. È stato comunque raccomandato di usare anche in questo caso una grande disponibilità e una grande cautela perché, se ci sono persone brave che hanno lavorato con il precedente Governo, per noi non c'è nessun problema nel continuare questo tipo di collaborazione. L'ultima cosa da fare sono le liste di proscrizione. Io non ne ho mai fatte e non saprei da dove iniziare.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Pecoraro Scanio, anche per la sua disponibilità a rimanere più del previsto. Attendiamo i successivi appuntamenti, anche tematici, e contiamo su un suo interessamento, anche al di là degli obblighi di legge, rispetto alla vicenda della modifica delle regole ambientali.

Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,20.

 

 




VIII COMMISSIONE PERMANENTE

(Ambiente, infrastrutture e lavori pubblici)

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SEDUTA DI MERCOLEDI’ 19 LUGLIO 2006

 

 

 


ALLEGATO 3

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VIII Commissione,

esaminato il documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1), con il relativo allegato contenente il «Programma infrastrutture», ai sensi della legge n. 443 del 2001;

osservato che il citato documento allegato al DPEF fornisce al Parlamento una serie di dati conoscitivi di rilievo sull'attuazione del programma stesso, e che tali dati richiedono un impegno importante del Governo nella programmazione delle misure di sviluppo infrastrutturale;

preso atto con favore che il DPEF preveda, in questo specifico settore, la necessità di definire «chiare priorità sulla base di un'attenta valutazione delle risorse finanziarie disponibili e di piani settoriali», anche mediante un percorso interistituzionale condiviso;

rilevata, peraltro, l'opportunità di distinguere gli elementi ricognitivi contenuti nell'allegato rispetto agli impegni prioritari che il Governo intende assumere, anche in termini di finanziamento, per la realizzazione di opere infrastrutturali sul territorio nazionale;

sottolineata la specifica attenzione prestata dal DPEF al rilancio della politica per la casa, che richiede, in particolare, uno sforzo programmatorio per la riqualificazione urbana e le politiche di riduzione del disagio abitativo;

rilevata l'esigenza che il Governo presti particolare attenzione alle problematiche ambientali, inserendo tale obiettivo all'interno delle linee-guida della politica economica per la corrente legislatura, con specifico riferimento al raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto;

valutato negativamente, al riguardo, che al termine della XIV legislatura il Governo abbia stabilito di sopprimere la disposizione di cui all'articolo 3, comma 2-ter, del decreto-legge n. 273 del 2004, che prevedeva l'inserimento nel DPEF di un aggiornamento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e sui relativi indirizzi, indicando in particolare le proposte di modifica e di integrazione del Piano nazionale ai fini dell'assegnazione delle quote di emissioni;

esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:

a) preso atto degli impegnativi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra previsti dal Protocollo di Kyoto, sia rilanciata una forte iniziativa politica di carattere strutturale, finalizzata al raggiungimento di tali obiettivi secondo un approccio di sostenibilità dello sviluppo, che consenta di integrare tra di loro le diverse politiche pubbliche e, in particolare, le politiche ambientali, industriali, produttive, energetiche e infrastrutturali, in un percorso condiviso che affronti - tra gli altri - anche il problema degli oneri connessi all'attuazione del Protocollo medesimo e, a tale proposito, confermi l'impegno per il rilancio di una politica delle fonti rinnovabili e per la convocazione di una Conferenza energetica nazionale;

b) nell'ambito di detta iniziativa politica, si riservi - all'interno dei prossimi documenti di programmazione - la debita importanza alla previsione di un aggiornamento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e sui relativi indirizzi, all'interno delle linee-guida della politica economica generale, eventualmente provvedendo a reinserire nell'ordinamento la citata disposizione di cui all'articolo 3, comma 2-ter, del decreto-legge n. 273 del 2004;

c) siano, altresì, poste in essere le opportune misure per implementare tutte le più rilevanti politiche ambientali, con specifico riferimento alla difesa del suolo, alla prevenzione dal dissesto idrogeologico ed alla bonifica dei siti inquinati, in un contesto di pianificazione degli interventi coordinato e condiviso con gli organismi territoriali competenti, che contempli, inoltre, il superamento della fase commissariale nella gestione dei rifiuti, il rilancio dell'azione pubblica sulla raccolta differenziata e il rafforzamento della tutela del mare, dando piena applicazione all'accordo di Barcellona sulla gestione integrata della fascia costiera;

d) siano adeguatamente sostenute, sotto il profilo operativo e finanziario, le politiche di rilancio del sistema dei parchi nazionali e delle riserve naturali, anche individuando eventuali meccanismi che consentano di allentare i vincoli, eccessivamente stringenti, che derivano alle aree protette, e ai comuni in esse ricadenti, dalla rigida applicazione delle regole previste dal «patto di stabilità» interno;

e) sia sviluppato, con ogni possibile sforzo, il programma di investimenti pubblici per l'ammodernamento infrastrutturale del Paese, mediante una intensa e ragionata attività di programmazione, che garantisca, per un verso, il coinvolgimento delle realtà regionali e territoriali e, per altro verso, il costante controllo e monitoraggio del Parlamento su tali dinamiche programmatorie, in un quadro di coordinamento istituzionale degli indirizzi strategici relativi alle politiche infrastrutturali che privilegi la mobilità sostenibile e l'equilibrio intermodale, con un riequilibrio del divario infrastrutturale nel Mezzogiorno;

f) in questo ambito, sia comunque garantita una chiara distinzione tra la ricognizione delle opere e dei lavori su tutto il territorio nazionale, che devono necessariamente comprendere il completamento degli schemi idrici del Mezzogiorno, e l'indicazione delle effettive priorità, per le quali il Governo sarà tenuto a individuare - dopo avere acquisito l'orientamento delle regioni e degli enti territoriali interessati - i relativi fabbisogni, nonché gli strumenti giuridici e finanziari per farvi fronte;

g) nel quadro programmatorio generale degli investimenti infrastrutturali, in cui diviene indifferibile completare la riforma urbanistica, sia altresì previsto uno specifico impegno dell'Esecutivo per l'adozione di una legge di principi in materia di governo del territorio;

h) siano adottati specifici impegni per la realizzazione degli interventi di rilancio delle politiche abitative e di riqualificazione delle aree urbane, garantendo, in particolare, l'adeguato rifinanziamento delle misure esistenti (con particolare riferimento ai fondi relativi ai cosiddetti «contratti di quartiere») e la messa a sistema di politiche di sostegno a favore delle fasce sociali più deboli e di politiche di rilancio dell'offerta, anche attraverso misure dirette ad agevolare interventi di recupero e di nuova edilizia residenziale pubblica finalizzati ad una locazione agevolata e selettiva; nella medesima direzione siano stabilizzati e resi permanenti gli incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie.

 


VIII COMMISSIONE PERMANENTE

(Ambiente, infrastrutture e lavori pubblici)

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SEDUTA DI MARTEDI’ 17 OTTOBRE 2006

 

 

 


ALLEGATO 8

Legge finanziaria per l'anno 2007 (C. 1746-bis Governo).

Bilancio dello Stato per l'anno 2007 e bilancio pluriennale per il triennio 2007-2009 (C. 1747 Governo).

Tabella n. 9: Stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La VIII Commissione,

esaminato lo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (Tabella n. 9) e le connesse parti del disegno di legge finanziaria;

considerato che tale stato di previsione reca, quanto alla competenza, spese per complessivi 735,1 milioni di euro, ossia una riduzione rispetto alle previsioni assestate del 2006, sia relativamente agli stanziamenti di competenza, che per i residui e le autorizzazioni di cassa;

segnalato che la gran parte degli stanziamenti di competenza, pari a 300,2 milioni di euro, appartiene alla parte capitale e precisamente all'U.P.B. 1.2.3.6 Fondo unico da ripartire - Investimenti difesa del suolo e tutela ambientale, con circa 217,3 milioni di euro in termini di competenza e di cassa al capitolo 7090;

rilevato, inoltre, che lo stanziamento di competenza, pari a 92 milioni di euro e pressoché invariato rispetto alle previsioni assestate del 2006, che si concentra soprattutto nell'U.P.B. 4.1.2.2 Accordi ed organismi internazionali, per un importo di 86,1 milioni di euro, di cui 68 milioni di euro destinati all'attuazione del protocollo di Kyoto;

espressa la necessità di promuovere un incremento adeguato delle risorse destinate alla difesa del suolo ed alla tutela dell'assetto idrogeologico;

valutate positivamente le misure di rilancio delle politiche di sostenibilità ambientale e di incentivazione in favore del rispetto dei parametri previsti dal Protocollo di Kyoto, che segnano una netta inversione di tendenza rispetto al passato;

sottolineata, pertanto, la valenza particolarmente positiva delle disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria in materia ambientale e considerato anche il rilevante effetto che esse intendono ottenere nel senso della promozione e del sostegno ai comportamenti ambientalmente sostenibili;

rilevata l'opportunità di intervenire sull'articolo 50 del disegno di legge finanziaria, nel senso di non compromettere - con inidonee misure quali la liquidazione o la fusione per incorporazione ad altre società - l'operatività della SOGESID, che svolge un ruolo di assoluto rilievo nell'ambito delle risorse idriche per le regioni del Mezzogiorno;

segnalata l'esigenza di fornire con sollecitudine un segnale di chiarezza in materia di gestione dei servizi idrici;

DELIBERA DI RIFERIRE FAVOREVOLMENTE

con le seguenti condizioni:

a) siano fortemente incrementate le risorse destinate agli interventi per la difesa del suolo e la tutela idrogeologica del territorio, in un'ottica di prevenzione del rischio, che risulta l'unica strategia realmente adeguata per fronteggiare i danni periodicamente prodotti in tale delicato settore dagli eventi naturali che, con sempre maggiore frequenza, investono il nostro Paese;

b) siano ulteriormente rafforzate le interessanti iniziative contenute nel disegno di legge finanziaria per la promozione degli interventi per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, operando con la necessaria flessibilità su un'impostazione comune delle politiche pubbliche in campo ambientale, che affronti in maniera trasversale la definizione di interventi per lo sviluppo sociale ed economico del Paese;

c) sia modificato l'articolo 50 del disegno di legge finanziaria, affidando ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture ed il Ministro dell'ambiente e del territorio e del mare, sentite le regioni interessate, il compito di rideterminare ruoli e funzioni affidati alla SOGESID, sulla scorta di una verifica dello stato di avanzamento della missione della società e degli obiettivi sinora raggiunti;

d) anche al fine di conseguire positivi effetti in termini organizzativi ed economici, sia affrontata con decisione e in maniera unitaria, da parte del Governo, la questione del trasferimento agli Enti parco nazionali della responsabilità per la gestione delle riserve naturali statali ricadenti, in tutto o in parte, all'interno dei parchi stessi, secondo le linee di indirizzo già indicate anche nell'ambito della Conferenza Stato-regioni;

e) sia inserita una apposita voce nell'ambito del fondo speciale di conto capitale, di cui alla tabella B, al fine di prevedere adeguate forme di copertura per gli interventi legislativi da approvare nel corso dell'anno 2007 in materia di ambiente e tutela del territorio;

e con le seguenti osservazioni:

1) si raccomanda di predisporre con urgenza un intervento legislativo in materia di gestione dei servizi idrici, nella consapevolezza della natura di bene pubblico rappresentato da una risorsa primaria e fondamentale per l'intera comunità come l'acqua, definendo le modalità di gestione;

2) si segnala l'esigenza di introdurre apposite misure per l'implementazione del regolamento comunitario «REACH», che entrerà in vigore il prossimo anno, finanziando, per un verso, l'istituzione di un'agenzia nazionale che si interfacci con l'agenzia europea a Helsinki, e, per l'altro, azioni di sostegno a vantaggio delle piccole e medie imprese;

3) sia prestata la massima attenzione alla disposizione di cui all'articolo 149 del disegno di legge finanziaria, adottando le opportune misure transitorie affinché il trasferimento delle funzioni in materia irrigua alle regioni del Mezzogiorno interessate non risulti eccessivamente oneroso;

4) con riferimento all'articolo 141 del disegno di legge finanziaria, si valuti l'opportunità di destinare i maggiori introiti derivanti dalla tassazione a carico di autoveicoli pesanti, conseguente al recepimento della direttiva 2006/38/CE, a un fondo per la mitigazione ambientale, al fine di evitare che tali entrate possano confluire indistintamente negli stanziamenti destinati alle opere pubbliche;

5) considerata l'importanza di ampliare il tessuto delle aree protette di rilievo nazionale, si valuti l'opportunità di promuovere all'interno del disegno di legge finanziaria, come già accaduto per gli anni precedenti, l'istituzione a livello statale di nuovi parchi e, in particolare, del Parco geominerario delle zolfare di Sicilia;

6) si raccomanda, inoltre, di rafforzare, nell'ambito dei progetti di riqualificazione ambientale, le iniziative finalizzate al ripascimento dei litorali marini;

7) con riferimento all'articolo 25, si rileva l'esigenza di destinare lo specifico fondo ivi previsto a misure di mitigazione degli impatti ambientali ovvero di compensazione nell'ipotesi di modifiche irreversibili dello stato dei luoghi, nello spirito e nel rispetto delle direttive europee in materia ambientale, e con la previsione che i decreti di cui al comma 2 siano sottoposti anche al concerto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.


 


COMMISSIONE VIII

Ambiente, territorio e lavori pubblici

Resoconto stenografico

 

AUDIZIONE

SEDUTA DI MERCOLEDI’ 25 OTTOBRE 2006

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ERMETE REALACCI

 

 


Audizione del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Alfonso Pecoraro Scanio, sugli orientamenti del Governo italiano in vista della «Conferenza mondiale sul clima» di Nairobi.

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Alfonso Pecoraro Scanio, sugli orientamenti della Governo italiano in vista della «Conferenza mondiale sul clima» di Nairobi.

Innanzitutto, ringrazio il ministro Pecoraro Scanio che, nonostante la fase convulsa dei lavori parlamentari legati alla presentazione del disegno di legge finanziaria per il 2007, ha accolto l'invito - giunto da vari componenti della Commissione - ad esporci la posizione con cui il Governo italiano parteciperà alla Conferenza di Nairobi, che verte su un tema che ci sta molto a cuore.

Prima di dare la parola al ministro, invito i colleghi a prendere visione della risoluzione che è in distribuzione presso la Commissione e che saremo chiamati a discutere al termine dell'odierna audizione. Tale risoluzione - sottoscritta da gran parte dei deputati presenti - ricalca, in forma pressoché identica, un analogo atto di indirizzo sulla Conferenza di Nairobi, già presentato al Senato lo scorso 17 ottobre e sostenuto da tutti gli schieramenti politici presenti in quella sede. Sollecito, dunque, i colleghi che desiderassero sottoscrivere il documento, a darne tempestiva comunicazione, con l'auspicio che esso venga fatto proprio dall'intera Commissione, per contribuire, così, insieme al Senato, ad indirizzare l'attività del Governo su tematiche di importanza strategica per il futuro del pianeta.

Approfitto, inoltre, della presenza del ministro per segnalare che, tra gli emendamenti presentati dalla Commissione al disegno di legge finanziaria, ve n'è uno da noi formulato e volto a recuperare una misura già ottenuta, dall'allora opposizione, nella passata legislatura. Si tratta di una misura volta ad inserire in maniera organica nel DPEF una valutazione dello stato di avanzamento delle politiche di Kyoto e delle misure concrete che il Governo avesse inteso adottare in quella direzione. Tale valutazione si è poi stemperata (incidendo in misura più debole in questo DPEF), a seguito dell'abrogazione - avvenuta a Camere sciolte, ad opera del vecchio Governo - di quella disposizione. Invito, pertanto, il Ministero dell'ambiente a prestare attenzione in tal senso, perché quello strumento consentirebbe di infondere maggiore forza alle politiche di Kyoto, che altrimenti correrebbero il rischio di essere trattate con grande attenzione in sede internazionale ma con scarsa cogenza in Italia, quando si tratta di affrontare i problemi pratici che la politica sottopone al nostro paese.

Do ora la parola al ministro.

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Vi ringrazio, innanzitutto perché è molto importante un'attenzione del Parlamento a tutto ciò che riguarda non solo il Protocollo di Kyoto, ma, in generale, il problema dei cambiamenti climatici.

Colgo l'occasione per segnalare che, lunedì scorso, in sede di Consiglio dei ministri dell'ambiente dell'Unione europea, è stata definita la posizione comune con cui l'Unione europea si presenterà a Nairobi. Ad animare il documento è stato il desiderio di veder finalmente riconosciuto all'Unione europea un ruolo di guida nell'impegno globale per arginare le conseguenze (particolarmente rilevanti, secondo la comunità scientifica) - del mutamento climatico in atto.

Per ottenere questo risultato, occorre partire da un impegno fondamentale, che il Governo italiano intende sostenere e che è previsto anche nel suo programma - in accordo con le esigenze della comunità mondiale, avvalorate dal mondo scientifico - , ossia quello di lavorare affinché l'aumento della temperatura del pianeta non superi i 2 gradi rispetto alla media delle ere del periodo preindustriale. La preoccupazione molto forte e unanimemente consapevole della comunità scientifica a livello mondiale, infatti, è che un aumento della temperatura planetaria superiore ai 2 gradi centigradi possa provocare, sulla terra e sul clima, effetti tali da non consentire la sopravvivenza dell'attuale sistema di vita degli esseri umani, con la conseguenza che il pianeta rischierebbe di sopravvivere con qualche specie in meno.

Abbiamo quindi l'esigenza di «socializzare», innanzitutto, questo dato ormai acclarato.

Da ciò si ricava il motivo per cui, a livello internazionale (come è avvenuto, da ultimo, alla Conferenza del G8 di San Pietroburgo), in una dichiarazione comune della Merkel, di Chirac, di Prodi e di Blair, è stato sottoscritto l'impegno ad arrivare, entro il 2050, ad un taglio significativo di oltre il 50 per cento delle emissioni di CO2. Un aumento medio della temperatura di due gradi centigradi, infatti - è bene ricordarlo -, può comportare, alle latitudini maggiori, difficoltà particolarmente significative.

Per evitare un aumento della temperatura superiore a due gradi centigradi, si stima che le concentrazioni dei maggiori gas serra in atmosfera debbano stabilizzarsi attorno alle 400-450 parti per milione (ppm). Ciò - rispetto ai valori del 1990 - corrisponde ad un taglio di emissioni pari - a circa il 60-75 per cento, da raggiungere entro il 2050; si prevede, altresì, un traguardo temporale intermedio (il 2020) entro cui le emissioni di CO2 dovranno essere abbattute del 30 per cento. Questi sono i dati di cui anche l'Unione europea tiene conto. A fronte di tali prospettive, appare evidente che il semplice raggiungimento degli obiettivi fissati nel primo periodo di applicazione del Protocollo di Kyoto rappresenta un primo passaggio verso politiche energetiche importanti; tuttavia, tale risultato deve essere perseguito con interventi molto più energici di quelli attuali.

In tale quadro, abbiamo l'esigenza di operare, anche in Italia, sulla base di un piano nazionale, per ridurre le emissioni in misura consistente tra il 2008 e il 2012, in accordo con le scadenze stabilite dal Protocollo di Kyoto. I tagli - che dovranno riguardare vari settori di intervento, conformemente a quanto previsto dalla direttiva n. 87 del 2003 -, includono, ovviamente, la conseguente riduzione delle quote di emissione assegnate al settore industriale negli anni precedenti (riduzione pari a 24 milioni di tonnellate annue). Con grande fatica, abbiamo raggiunto un'intesa con il Ministero dello sviluppo economico per definire il quadro totale delle emissioni di CO2 del settore industriale, con il risultato di portarne l'ammontare a 200 milioni di tonnellate annue (contro le 224 precedenti). A ciò, si aggiungono i 6 milioni di tonnellate che andranno all'asta e che potranno essere acquistate dalle aziende in Italia: questo consentirà di reinvestire quanto ricavato in misure di efficienza energetica, volte all'abbattimento dei livelli di CO2.

Per il momento, si tratta di una proposta considerato che il riparto dettagliato delle assegnazioni tra i vari comparti del settore industriale è ancora oggetto di definizione. Il fatto, però, che l'Italia abbia lanciato questo segnale e l'azione svolta, lunedì, nel Consiglio dei ministri dell'ambiente, hanno consentito di ottenere un primo importante successo per il nostro paese. Come richiesto da molti operatori, soprattutto del mondo dell'industria, il commissario Dimas ha dichiarato, a verbale - su mia richiesta, al Consiglio dei ministri -, che per l'Unione europea, e dunque per i piani nazionali di allocazione delle quote (i quali sono ancora in fase di presentazione e saranno esaminati nel mese di novembre dalla Commissione), i valori di riferimento per le emissioni effettive saranno quelli registrati nel il 2005 e non le stime che, come sapete, avevano portato ad una sovrallocazione delle emissioni tedesche e francesi. Il nostro settore industriale, peraltro, contestava duramente il fatto che Francia e Germania avessero dichiarato, in base a tali stime, di emettere più CO2 di quella effettivamente prodotta, e che quindi potessero persino vendere le emissioni in sovrallocazione, mentre l'Italia era realmente gravata dal problema di rilasciare una quota di emissioni nettamente superiore a quella assegnata.

Se, però, la richiesta di aumentare le emissioni italiane, avanzata in un primo tempo anche da alcuni uffici del Governo, era obiettivamente insostenibile (volendo andare a Nairobi a chiedere alla Cina, all'India e agli Stati Uniti di tagliare la CO2), diversa valutazione deve darsi alla scelta infine compiuta dal nostro paese, come dimostrano i risultati recentemente conseguiti. Non appena l'Italia ha dato atto di un impegno ad adeguarsi alle scelte migliori a livello internazionale, si è riscosso il primo successo, ossia l'impegno ufficiale della Commissione europea a non consentire questa sovrallocazione, e quindi a reintrodurre un elemento di competitività. Giustamente, rispettiamo la necessità di ridurre le emissioni CO2, ma non possiamo consentire le sovrallocazione, ed è giusto che l'Unione europea lavori in questa direzione. Ciò è importante perché abbiamo bisogno, come primo presupposto significativo, di lavorare in tale comparto.

Secondo obiettivo importante per l'Italia è intervenire nel settore del trasporto. I grandi comparti che contribuiscono all'emissione di CO2, oltre al settore industriale - che svolge un ruolo importante soprattutto nel campo termoelettrico -, sono infatti quello dei trasporti e quello dell'abitazione.

Ritengo, peraltro, che - anche ai fini del lavoro in corso in sede di esame del disegno di legge finanziaria - possa essere utile l'impegno dei parlamentari della Commissione ambiente, affinché, anche nei comparti dei trasporti e dell'abitazione (housing, in inglese), vi siano i presupposti per effettuare un considerevole taglio delle emissioni (avendo questi settori subito ulteriori aumenti negli ultimi anni).

Ci chiediamo, dunque, quale sia la nostra esigenza. Certamente, avvertiamo l'esigenza nazionale che l'Italia avvii e realizzi una politica virtuosa di taglio effettivo delle emissioni di CO2, in grado di operare sui tre grandi comparti di riferimento. Senza dubbio, dovremo realizzare anche un intervento insieme al settore agricolo - ne ho parlato con il commissario all'agricoltura dell'Unione europea - per catturare la CO2 (obiettivo, almeno in parte, agevolato, visto che madre natura è da sempre in grado di recuperare l'anidride carbonica attraverso i processi di fotosintesi clorofilliana), anche utilizzando sistemi innovativi integrando i fondi stanziati per il piano dello sviluppo rurale e cercando non solo di puntare su opere di forestazione e manutenzione corretta dei boschi, ma anche di prestare attenzione a tutta la produzione agricola, ed in generale al settore vegetale e alla sua naturale capacità di assorbimento di anidride carbonica (aspetto molto spesso sottovalutato).

Quindi, mentre, da un lato, ci poniamo, l'obiettivo dell'efficienza energetica (per utilizzare al meglio l'energia, facendo uso di energie rinnovabili, capaci di ridurre la produzione di CO2), dall'altro, abbiamo un'importante azione da svolgere in tutto il pianeta, e non solo nel nostro paese, nel segmento nazionale che può essere interessato.

Certamente, sono state ridotte, in termini percentuali, rispetto alle ipotesi iniziali, le quote di emissioni acquistabili all'estero; per l'esattezza, nel piano di allocazione, si prevede - per il settore termoelettrico - la possibilità di ricorrere all'estero per una quota massima di emissioni pari al 25 per cento, contro il 50 per cento richiesto, che era obiettivamente eccessivo. La proposta contenuta nel programma del Governo era addirittura più rigorosa di queste previsioni (si stabiliva che la quota da acquistare all'estero non fosse superiore al 20 per cento); tuttavia, pur di concludere la trattativa si è deciso di spostare la soglia al 25 per cento. Un altro aspetto importante riguarda il nostro modo di partecipare all'impegno internazionale. È altresì fondamentale che nella legge finanziaria sia previsto un fondo rotativo, presso la Cassa depositi e prestiti, di 200 milioni di euro all'anno per i prossimi tre anni, al fine di promuovere politiche di efficienza energetica e risparmio. Ci auguriamo, soprattutto, che tale fondo rotativo possa attivare una cifra maggiore - in termini di ritorno degli investimenti - rispetto ai 200 milioni di euro previsti in dotazione: se ciò avvenisse, le risorse liberate potrebbero essere fruttuosamente impiegate (ad esempio, per gli enti locali che intendessero investire sul trasporto elettrico).

So che il lavoro parlamentare ha prodotto degli esiti positivi, come l'istituzione di un fondo ad hoc per il trasporto pubblico: sarebbe molto importante che, su questo fronte e in tutte le iniziative realizzate nei vari settori, si concentrasse l'attenzione sull'obiettivo di Kyoto, che dev'essere un obiettivo di politica economica generale, non a latere.

Nel mare magnum della manovra finanziaria, in cui anche ai ministeri sfuggono una serie di emendamenti e di necessità, vigileremo perché la proposta avanzata dalla Commissione - già appoggiata, in passato, con ampia convergenza - venga accolta, allo scopo di introdurre nel DPEF e, mi auguro, in futuro, in tutti gli strumenti economici possibili, un riferimento stabile all'applicazione del Protocollo di Kyoto. Auspico che l'attenzione agli impegni del Protocollo possa divenire pari o addirittura superiore a quella per volta a verificare il rispetto del patto di stabilità, essendo più urgente l'azione da intraprendere: sono, infatti, il clima del pianeta e la sua preservazione ad essere messi in pericolo.

Da questo punto di vista, chiederei al presidente Realacci e ai commissari di valutare l'iniziativa - che tramite il ministero vorrei promuovere - di invitare i parlamentari membri delle Commissioni ambiente di Camera e Senato ad un incontro con gli esperti dell'Agenzia europea sull'ambiente: ritengo infatti necessario un aggiornamento - come fanno i ministri, che hanno maggiori contatti a livello europeo -, sulla reale situazione del cambiamento climatico.

Dico questo perché, ad ogni riunione del Consiglio dei ministri a cui partecipo a Bruxelles, tale situazione mi sembra più delicata. La collega della Danimarca, ad esempio, è impressionata dal livello di velocità dello scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia (ormai studiato con attenzione dalla Commissione del Senato degli Stati Uniti d'America, che vi si reca periodicamente). Personalmente, temo che la scarsa conoscenza dei dati scientifici e di quello che sta accadendo sia diffusa perfino tra i dirigenti politici. Sicuramente, la comunità scientifica fornisce molte notizie, ma se i politici non colgono l'urgenza della vicenda, temo abbiano poi difficoltà a tradurle.

Un ulteriore aspetto che, prima o poi, Parlamento e Governo dovranno valutare è quello relativo alle procedure di adattamento al cambiamento climatico in atto: troppo spesso parliamo di mitigation senza renderci conto del fatto che il mutamento del clima è già avvenuto. Ad esempio, il fatto che L'ICRAM (l'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare, che è organismo del ministero) abbia registrato, quest'estate, una temperatura di 29 gradi sulla superficie del mare dello stretto di Messina - quindi in una zona dove l'acqua si muove, non in un'area di mare fermo - evidenzia quanto sta avvenendo anche ai nostri livelli.

Andiamo a Nairobi, ovviamente, con il serio obiettivo di lavorare per convincere i paesi delle nuove economie emergenti, come la Cina e l'India, o paesi come gli Stati Uniti e l'Australia, che hanno avuto in passato grossi problemi sul Protocollo di Kyoto, ad aderire in modo sostanziale e sostanzioso come capacità di taglio delle emissioni di CO2 nella seconda fase: per noi questo è molto importante. Negli Stati Uniti, c'è bisogno di una grande attenzione verso quanto sta emergendo nei vari territori, perché, al di là delle decisioni dell'amministrazione federale, molti Stati, sia della costa atlantica sia della costa pacifica, stanno autonomamente elaborando piani per il taglio delle emissioni. Mi riferisco a Stati retti sia da governatori democratici sia da governatori repubblicani: quindi, non si tratta di un problema di schieramento politico, ma di una scelta che si sta diffondendo anche negli Stati Uniti. Ovviamente, si dovrà lavorare ancora molto su questo fronte.

Nei confronti della Cina e dell'India, esiste, poi, una necessità molto forte, e ormai anche una consapevolezza diffusa. La Cina ha varato misure rigorose di attenzione all'ambiente negli ultimi piani quinquennali, a causa dell'incalzante peggioramento del disastro ambientale, ormai riscontrabile ad occhio nudo.

Per lavorare in questa direzione, però, dobbiamo essere credibili. È per questo, ad esempio, che abbiamo cercato di costruire un carbon found specifico per i paesi africani, oggi quasi del tutto esclusi dalla realizzazione dei progetti CDM, in gran parte finanziati dalla Banca mondiale, soprattutto nel continente asiatico. I CDM sono i meccanismi flessibili, quelli con cui si comprano e si vendono le emissioni e si attuano iniziative. Quasi tutti i fondi mondiali del mercato delle emissioni hanno come destinatari unicamente sei paesi, e quelli africani rimangono sostanzialmente esclusi. Da parte sua, l'Unione europea, di fatto, negli ultimi anni, non ha promosso iniziative sul fronte che più sta a cuore ai paesi africani, quello della forestazione, o meglio della lotta contro la deforestazione. La deforestazione, attualmente, contribuisce ad incrementare dal 20 al 25 per cento le emissioni di CO2 all'anno.

È chiaro, quindi, che una forte azione è necessaria, e il Governo italiano intende sostenerla, avendo avviato, per quanto riguarda la tutela delle foreste, rapporti con l'Indonesia, con alcuni paesi africani e con il Governo brasiliano. Occorre incentivare un'azione volta a bloccare la deforestazione e ad attivare piani di rimboschimento e di forestazione laddove è possibile, perché questo è un modo molto forte di intervenire. In questo senso, bisogna rivedere anche il meccanismo dei CDM e valorizzare, soprattutto, un sistema di vero aiuto internazionale, che non si traduca semplicemente nell'acquisto delle emissioni, senza investimenti seri per quanto riguarda le energie rinnovabili. In moltissime parti del pianeta, presso alcune comunità isolate - lo stiamo facendo con alcune cooperazioni internazionali in materia ambientale -, l'energia solare, l'eolico, l'autoproduzione rappresentano una rilevante soluzione, perché tali collettività non hanno reti elettriche né possibilità di allacciarsi ad esse: sostenere misure del genere, quindi, è un modo particolarmente responsabile di intervenire, e non solo al fine di promuovere iniziative di cooperazione.

Un'ultima considerazione riguarda le tecnologie emergenti per la cattura e il sequestro del carbonio. Di questo si è trattato anche nella posizione comune dell'Unione europea. Giustamente, è necessario incentivare la ricerca sul sistema per catturare il carbonio, misura recentemente collegata alla promozione dell'uso del carbone. Su tale fronte, vi è però un problema da risolvere, inerente alla collocazione del carbonio sequestrato: in altri termini, tutte le tecnologie utili al sequestro del carbonio debbono essere valutate in rapporto all'esistenza di un luogo in cui depositare questo materiale. Ad oggi, non esiste assolutamente chiarezza sulla collocazione geologica del carbonio sequestrato.

Quanto all'Unione europea, essa ha deciso di dare mandato alla Commissione di effettuare un'analisi dei costi e dei benefici, tenendo presente, però, che la posizione nostra e della comunità internazionale non è quella di incentivare l'uso del carbone e, poi, di incentivare il sequestro del carbonio. Tuttavia, un intervento simile, nella misura in cui fosse utile a ridurre le emissioni di CO2 derivanti dall'attuale uso del carbone, potrebbe rappresentare una misura positiva, fermare stando l'esigenza di non allontanarsi dalla via maestra delle fonti rinnovabili e della riduzione della produzione di CO2. La grande preoccupazione che si nutre al riguardo è quella di dare un segnale sbagliato: il nostro timore è che - a forza di ricevere rassicurazioni sull'efficienza di un sistema in grado di portare il carbone a «x» gradi sotto zero, in seguito all'installazione di un determinato apparecchio sulle ciminiere -, si finisca per accantonare l'enorme problema di non aver ancora trovato una soluzione scientificamente valida a livello internazionale su dove stivare il carbonio sequestrato.

Sicuramente, è giusto che la ricerca progredisca - nessuno vuole bloccarla a livello europeo - ed è positivo fare esperimenti, stiamo attenti, però, a non diffondere un messaggio potenzialmente devastante, soprattutto in paesi dotati di grandi miniere di carbone, come la Cina. In tal senso, occorrerà valutare tutti i rischi correlati ad una visione eccessivamente semplificatoria, proprio per non doverci trovare, in futuro, ad affrontare un fenomeno troppo complesso da gestire: non vogliamo che le risorse per la ricerca e l'innovazione siano deviate dai progetti sulle fonti rinnovabili e l'efficienza energetica, verso una soluzione forse parziale, ma non certo esaustiva per ridurre le emissioni di CO2.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per la sua puntuale relazione; qualora fosse disponibile in forma scritta, apprezzeremmo se ce ne consegnasse una copia.

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sono davvero spiacente, ma non ho con me una relazione scritta, presidente. Tuttavia, manifesto sin d'ora la mia disponibilità a trasmettere agli uffici la documentazione necessaria, in modo che la Commissione disponga di tutti gli elementi per una valutazione compiuta del tema in esame.

PRESIDENTE. La ringrazio, ministro. Vorrei inoltre farle presente che, nella necessaria ottica di utilizzare l'innovazione e la ricerca anche ai fini del contenimento delle emissioni di anidride carbonica, l'emendamento, approvato dalla nostra Commissione, volto a sostituire gli shopper di plastica con materie prime di origine vegetale rappresenta una importante misura: esso, infatti, contribuisce in maniera non irrilevante alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, perché quella materia prima viene ottenuta catturando CO2 nella fase di crescita.

Nel ringraziare ancora il ministro per la sua relazione, do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

PAOLO CACCIARI. Condivido molto l'impostazione del ministro ed anche la proposta di risoluzione che il presidente della Commissione ci ha sottoposto. Vorrei quindi entrare subito nel merito del tema in discussione, facendo alcuni velocissimi rilievi.

A mio avviso, dovremmo essere più espliciti. Ci presentiamo alla Conferenza delle parti con un bilancio pesantemente negativo del sistema Italia e con un vero fallimento delle ipotesi concertative industriali e governative che si sono svolte negli anni passati. Infatti, anziché diminuire, il nostro bilancio di CO2 e di gas climalteranti è aumentato, tanto che il percorso prospettato in questa sede dal ministro sarà addirittura più difficile di per quello di altri paesi che hanno cominciato prima e più seriamente di noi a porsi il problema delle alterazioni climatiche. Quindi, visto che spesso citiamo la perdita di competitività del sistema produttivo italiano, sottolineo come essa, dovuta all'inerzia e alla sottovalutazione di questo problema, rappresenta uno degli aspetti più gravi dell'economia italiana.

Dobbiamo, tuttavia, ribadire l'esigenza di uscire dai desiderata e dalla determinazione di obiettivi, per dotarci degli strumenti ordinari, come giustamente rilevava il ministro. Sinceramente, non capisco come possiamo intraprendere un percorso così arduo senza un adeguato piano energetico nazionale. Infatti, il piano energetico nazionale di cui disponiamo è addirittura preistorico, risalendo ai tempi in cui il petrolio costava 10 euro, mentre ormai siamo arrivati a 70 euro. Questo è sufficiente a dimostrare anche l'inettitudine dei nostri apparati tecnico-scientifici industriali (l'ENI, l'ENEL), che sono stati incapaci di prospettare ai decisori politici la situazione vera, reale, nascondendo la realtà energetica del nostro paese. Quindi, ritengo che senza un piano energetico nazionale sarà difficile raggiungere gli obiettivi che lei ci ha prospettato.

Infine, aggiungo un'ultima sottolineatura. Riferendosi agli Stati Uniti d'America, lei parlava delle encomiabili iniziative che stanno portando avanti. Al riguardo, vorrei soprattutto ricordare le encomiabili iniziative del sistema dei comuni e degli enti locali statunitensi e di tutto il mondo. C'è una rete delle città costiere che si muove da anni, tanto che all'ultimo COP9 di Milano una presenza interessante è stata proprio quella della rete internazionale dei comuni, degli enti locali e delle città costiere.

A proposito di adattamenti, sappiamo che l'eustatismo provocato dall'effetto del mutamento climatico colpirà, per prime, le coste dove è insediata metà della popolazione mondiale, con problemi eufemisticamente definiti di «adattamento» che, in realtà, si stanno già configurando come problemi sociali, prima ancora che ambientali: incredibili migrazioni bibliche dovute all'aumento del cuneo salino. Seppure in scala, anche in Italia abbiamo problemi drammatici. Quindi, dato che non servono solamente politiche industriali e politiche statali, ma anche diffuse iniziative di cultura energetica che riguardino gli stili di vita, i comportamenti quotidiani che devono entrare - dallo shopper al Suv - nella cultura di una civiltà che si fa carico responsabilmente della propria impronta ecologica, attivare il sistema degli enti locali è un'esigenza imprescindibile.

Sempre a proposito di adattamenti, lancio, infine, uno spot: ci sono varie politiche e forme diverse di adattamento. Un primo tipo di adattamento, ad esempio, è quello di chi si toglie la giacca quando fa caldo, o di chi costruisce dighe intorno all'Italia se aumenta il livello del mare. Questi sono adattamenti stupidi, costosi e senza senso. È invece auspicabile una politica di adattamento che vada ad incidere sull'origine dei problemi e che tenti di prevenire i disastri ambientali. Sto pensando - credo l'abbiate capito - al MOSE e a cosa avviene sul delta del Po, dal Tagliamento a Ravenna. Bisogna scegliere se indossare i paraocchi e far finta di non capire che il problema è planetario, magari utilizzando le risorse sufficienti a finanziare un piano di rientro nei parametri a livello nazionale solo per costruire dighe per difendere la perla dell'Adriatico, abbandonando alla forza della natura il resto del Polesine e dell'alto Adriatico, oppure investire in politiche energetiche che abbiano un senso.

Ecco in che modo i vari aspetti si intrecciano con il clima, e mi rivolgo al presidente della Commissione, prima ancora che al ministro, sollecitando un'interlocuzione con tutto il Governo. I mutamenti climatici sono la risultante di politiche industriali, di politiche dei trasporti, di politiche di costruzione, di regolamenti edilizi. O questo dato viene assunto a livello interdisciplinare in un piano energetico-ambientale, oppure rischiamo di andare a Nairobi - pur avendo evitato, grazie all'abilità e all'attenzione del ministro, l'ennesima dichiarazione di insolvenza da parte dell'Unione europea - nella stessa identica situazione.

Rammento, infine, ai colleghi e al ministro che nel disegno di legge finanziaria sono contenute previsioni gravi, che contraddicono quanto detto oggi dal ministro; infatti, non è che contraddire le dichiarazioni del ministro stabilire che il maggiore introito delle tasse derivanti dall'aumento del prezzo del petrolio non venga destinato alle politiche energetiche e di rientro, ma alle politiche volte ad aumentare la capacità di produzione di energia del nostro paese. Bisogna ammetterlo, perché non si realizzano queste politiche inseguendo la domanda energetica in termini inerziali.

Non possiamo inseguire la domanda acriticamente: dobbiamo intervenire su di essa e ridurla, anziché assecondarla con la creazione di un fondo. Con la mano destra, realizziamo il fondo per il Protocollo di Kyoto e, con la sinistra, il fondo per aumentare i rigassificatori e gli impianti di produzione energetica: si tratta di una contraddizione che lascia interdetti.

PRESIDENTE. È condivisibile quanto ha detto il collega Cacciari. Voglio peraltro ricordare che il senso dell'inserimento, nel DPEF, della valutazione sullo stato di avanzamento di Kyoto è quello di rendere questa politica meno parcellizzata, e più generale.

GUIDO DUSSIN. Presidente, su una serie di iniziative, possiamo garantire sin d'ora il nostro supporto alle indicazioni del ministro, nella prospettiva della Conferenza mondiale sul clima. Tra i comparti che egli citava - trasporti, abitazione e produzione energetica, termoelettrica in particolare -, con riferimento a quello dell'abitazione, saremo ben favorevoli a sposare in toto il binomio casa-clima, ma anche le riforme che passeranno attraverso il concetto di gestione del territorio a livello locale. Ritengo positivo diffondere una cultura «polverizzata», in modo tale che sia assorbita da tutti. Siamo convinti che la gestione non debba essere mantenuta a livello centrale. Certamente, compete al livello centrale fornire alcune indicazioni da trasferire, poi, sul territorio, come abbiamo riscontrato nella provincia di Bolzano, per citare un esempio a voi noto. Sicuramente, inoltre, anche il risparmio di energia passa attraverso una riqualificazione del tessuto urbanistico, nonché dell'intero assetto territoriale. Partirei, quindi, da alcuni concetti, avendo, peraltro, ben presente che, attraverso l'energia alternativa, non potremo ottenere risparmi energetici considerevoli. Non sarà, dunque, solo questa la soluzione; sicuramente, però, essa risponde ad una tendenza e ad una formazione culturale che faranno solo del bene al paese.

Per questi motivi, mentre siamo consapevoli delle misure con le quali potremmo arrecare un beneficio al territorio, non constatiamo motivi di catastrofismo nella nostra realtà. Sicuramente, la situazione è fortemente migliorabile, anche nel settore dei trasporti. Dobbiamo, però, fornire un'indicazione generale delle opere che vogliamo realizzare e di quello che vogliamo attuare nel nostro paese. A livello mondiale, concordiamo sul fatto che la riduzione delle emissioni passi attraverso questo comparto fondamentale, nonché attraverso l'assorbimento di CO2 da parte del settore agricolo, cosa che è sicuramente auspicabile. Dirò di più: ritengo che la riduzione delle emissioni passi anche attraverso una determinata gestione del ciclo dei rifiuti. Reputo necessario recuperare tutte le materie prime immesse nel ciclo dei rifiuti, le quali non sono altro che materie prime riciclabili, capaci di determinare un risparmio nella produzione di energia. Bisogna incentivare molto questo aspetto, che passa attraverso una cultura, anche locale, del vivere in modo educato nel territorio, anche se gli esempi italiani, di alcune regioni in particolare, non ci fanno ben sperare.

Prima dell'inizio di questa seduta, dicevo al presidente della Commissione che sarebbe positivo riconsiderare l'idea di una riforma del settore delle aziende municipalizzate, degli enti collaterali e dei vari consorzi che ruotano attorno al mondo delle nostre province o delle nostre regioni. Pensare ad una riforma di questo tipo sarebbe molto positivo, tanto per il settore dell'acqua, quanto per quelli dell'aria e dei rifiuti, settori che vanno riconsiderati con la consapevolezza che, al momento, le migliori gestioni proponibili nel panorama nazionale sono quelle in house.

Se, poi, a questo modello aggiungessimo anche la vivacità del privato, allora la gestione in house rimarrebbe in mano alle aziende municipalizzate di comuni, province o regioni, e sicuramente ne ricaveremmo un beneficio. Riconsiderare questo settore - è un invito che rivolgo alla Commissione, al ministro Pecoraro Scanio e ai titolari degli altri ministeri - nel quadro di una riforma realmente proponibile, e capace di dare chiarezza a tutte le regioni, è quanto sinceramente auspichiamo.

Su alcune battaglie, dunque, la Lega Nord sarà sicuramente dalla parte giusta: Il sistema del nord, dove la nostra presenza è ben viva, è infatti molto fragile: per questo motivo dobbiamo tutelarlo ancora di più del resto del paese. Nel ringraziarla per l'attenzione, signor ministro, le rivolgo i miei auguri per la Conferenza alla quale parteciperà.

PRESIDENTE. Ringrazio il collega Dussin, che è, giustamente, orgoglioso per il livello di raccolta differenziata dei rifiuti raggiunto dalla sua provincia.

PAOLO CACCIARI. Treviso esclusa, presidente.

PRESIDENTE. La raccolta differenziata è una di quelle politiche virtuose che determinano, fra l'altro, anche l'effetto di ridurre le emissioni di CO2.

GRAZIA FRANCESCATO. Signor ministro, noi Verdi accogliamo con grande gioia lo sprazzo verde speranza che si è acceso con la «quasi intesa» raggiunta sul piano dell'allocazione nazionale, ma riteniamo che non basti. Credo che vi sia un grosso lavoro da fare perché ereditiamo dal precedente Governo una situazione pesante (+13 per cento di emissioni di gas serra), e dobbiamo lavorare intorno a due fattori chiave: il fattore «t» e il fattore «c». Il fattore «t» è il fattore «tempo». Quando, nel 1986 - all'epoca, ero una giornalista ambientalista -, andai ad intervistare Lester Brown al Worldwatch Institute e gli chiesi quale sarebbe stato il primo problema, la prima crisi ecologica globale, mi rispose che sarebbe stato, vent'anni più tardi, il cambiamento climatico.

Il problema è che questo cambiamento è molto più veloce di quanto pensiamo e oggi noi Verdi ambientalisti, che venivamo considerati catastrofisti, siamo superati quanto a catastrofismo dagli scienziati, come diceva prima il ministro, e addirittura da giornali tutt'altro che attenti ai temi ambientali, come Newsweek, che questa settimana ha pubblicato, in copertina, l'immagine di una rana-arlecchino, ossia una ranocchia multicolore degna di Versace, prima vittima del mutamento climatico. Ce n'erano 110 specie in America Latina, ma sono state spazzate via per due terzi. Si tratta di un dato importante, di una sorta di indicatore. Questa rana, infatti, non può sopportare l'aumento di temperatura, per tutta una serie di motivi. La campana oggi suona per la ranocchia e per centinaia di altre specie, come l'orso polare e un'incredibile quantità di uccelli, ma suonerà presto anche per noi. Addirittura - e questo lo segnala anche il rapporto pubblicato ieri dal WWF internazionale -, stanno scomparendo interi ecosistemi, quindi non solo specie. Per esempio, le foreste del Rainford, nel Queensland, forse saranno il primo ecosistema vittima in blocco del cambiamento climatico: dobbiamo renderci conto dell'estrema urgenza di un intervento. In Finlandia, dove vado tutti gli anni, questa estate si sono susseguiti tre mesi di siccità, cosa mai successa prima nella storia di quel paese, perché il cambiamento climatico globale colpisce moltissimo, come sapete, proprio nelle fasce dell'estremo nord e dell'estremo sud del pianeta.

Alla luce di ciò, ci chiediamo come intervenire; ma qui entra in gioco il fattore «c», ossia fattore «complessità». A noi, naturalmente, non basta qualche luce verde che si accende nella legge finanziaria. Va benissimo l'articolo 160, va benissimo se riusciremo a far passare l'emendamento che sposta dalle spese militari ai trasporti pubblici la mobilità sostenibile (speriamo in 400 milioni di euro, ma ce ne daranno meno); questo, però, non basta. Dobbiamo realizzare un'integrazione tra politiche economiche, sociali ed ambientali, e ha perfettamente ragione il collega Cacciari quando afferma che gli obiettivi di Kyoto debbono incunearsi dentro un piano energetico nazionale che tenga conto di tutto questo e che punti moltissimo sugli altri settori, finora non presi in considerazione, come quello dei trasporti o quello edilizio, che conta moltissimo. Siamo d'accordo sul fatto che ci può dare una mano l'agricoltura, che è stata sempre considerata una cenerentola, ma tutto sommato è uno dei pochi comparti virtuosi, perché è riuscito ad effettuare il taglio delle emissioni.

Da tutti i paesi in via di sviluppo del mondo, inoltre, ci viene segnalato il problema della deforestazione, a cui non diamo abbastanza importanza e che pure incide dal 18 per cento in su, addirittura fino al 25 per cento, sull'emissione dei gas serra: di questo dobbiamo tenere conto.

A fronte di ciò, credo sia allora necessario puntare, con grande decisione, sul risparmio energetico e sulle fonti rinnovabili. Non è vero che queste ultime non possano colmare il divario; al riguardo, ci attestiamo - a livello mondiale - già al 14 per cento. In California, nel 2010, cioè fra pochi anni, le emissioni arriveranno al 20 per cento; come dice l'Economist, non i Verdi, quel che si fa in California oggi, molto probabilmente, si farà nel mondo domani.

La strada è aperta, dobbiamo accelerare moltissimo e lavorare sulle prossime manovre finanziarie affinché siano in grado di integrare veramente economia e ambiente. Non ci limitiamo a farle gli auguri per la «sua» Conferenza, perché è la «nostra» Conferenza, nel senso che è la Conferenza di tutti noi, non solo della Commissione ambiente ma di tutti i cittadini del pianeta.

ANGELO PICANO. Mi limiterò a formulare due sole osservazioni.

Il ministro diceva che il cambiamento del clima è ineluttabile e che dobbiamo prepararci ad un tenore di vita adattato alle evoluzioni in atto. Certamente, questo non dipende solo dalle emissioni di CO2, ma anche dalle alterne vicende geologiche della terra, tanto che si dice che la corrente del Golfo potrebbe portare alla glaciazione dell'Inghilterra.

Una osservazione più concreta e pratica riguarda quanto abbiamo letto, nelle settimane scorse, a proposito di una immensa nube tossica tra l'India e la Cina. Se ci si reca a visitare le capitali del Terzo mondo, si comprende immediatamente quale sia l'intensità dello smog. Ci chiediamo, dunque, se i paesi sviluppati, oltre che preoccuparsi di realizzare macchine ecologicamente più avanzate, non debbano anche preoccuparsi di vietare l'esportazione di macchine vecchie e di motori obsoleti, responsabile di spostare da un luogo all'altro del pianeta l'inquinamento (ad esempio, dall'Italia all'Egitto), che poi torna indietro. Bisogna, allora, vietare l'esportazione di macchine che inquinano, a meno di non fornirle di una marmitta catalitica o di un altro dispositivo in grado di contenere in maniera soddisfacente le emissioni di gas tossici. In caso contrario, si assisterebbe ad un mero spostamento da un territorio ad un altro delle emissioni dannose, senza evitare che ricadano immediatamente sulla nostra terra.

O i paesi industriali avanzati compiono un gigantesco sforzo, effettuando un massiccio investimento nella ricerca, per dotare le macchine obsolete di apparecchiature in grado di impedire le emissioni, oppure si deve vietare l'esportazione di tali macchine, se si intende promuovere una politica globale di contenimento delle emissioni evitando che i gas si spostino per poi ricadere anche nel nostro paese.

ADRIANO PAROLI. Confermiamo pienamente il nostro appoggio e l'intenzione di dare un contributo positivo all'attività del ministro, rispetto ai contenuti della posizione che ci ha illustrato in questa sede e che porterà a Nairobi, sebbene vorremmo più consistenza, più concretezza e meno ideologia. Mi perdoni, ministro, per queste parole, ma ritengo che, purtroppo, spesso si sia agito in tale direzione, che reputo negativa anche per lei.

Nel fare questa premessa, intendiamo anche rassicurare il ministro, che andrà a Nairobi: sarà infatti risparmiato dal ricevere il «premio fossile», quindi - si metta il cuore in pace - non dovrà porsi il problema di portare obiettivi «altissimi», che pure il nostro paese dovrebbe porsi, dotandosi, però, anche degli strumenti per raggiungerli.

Vi è, peraltro, una certa preoccupazione rispetto al limite da lei richiamato, quello del taglio di 200 milioni di tonnellate annue di CO2 Non si capisce come potrà essere raggiunto l'accordo con il Ministero dello sviluppo economico, aspetto che impedisce di considerare questo limite come un vero risultato. Se si tratta di un obiettivo, ben venga. Siamo consapevoli che il problema delle emissioni di CO2 e del cambiamento climatico è prioritario, per cui è necessario sacrificare alcuni obiettivi di sviluppo. Però, facciamo attenzione, perché - come il ministro Pecoraro Scanio ha giustamente rilevato - esistono diverse soluzioni che devono essere proposte.

Personalmente, credo di poter comprendere anche la strada americana: gli Stati Uniti, infatti, dall'anno scorso, hanno dimostrato un maggiore interesse per il Protocollo di Kyoto e un'accresciuta propensione a condividere alcuni passaggi ed alcune strategie. Sottolineo altresì come, di fronte a tanti proclami da parte dell'Europa, gli americani abbiano stanziato ben altre somme per la tecnologia, per la ricerca e per dotare le aziende di dispositivi in grado di abbattere le emissioni.

Vorrei, dunque, che si spendessero meno parole e maggiori energie. Al riguardo, concordo con quanto affermato dall'onorevole Cacciari circa la necessità di maggiori risorse, perché, trattandosi di un compito prioritario in un ambito fondamen tale - sebbene i Verdi siano eccessivamente catastrofisti -, è meglio essere preoccupati che non esserlo. A questo riguardo, alla Conferenza di Nairobi, si verificherà quanto avvenuto anche lo scorso anno, anche se in maniera un po' estemporanea, ovvero l'introduzione di una doppia assemblea, di una doppia assise, perché ci sarà la conferenza tra le parti e, in contemporanea, i lavori di coloro che hanno recepito il Protocollo di Kyoto e devono ottemperarvi. Ritengo sia molto importante - chiedo al ministro Pecoraro Scanio di impegnarsi in tal senso - che il nostro paese sia impegnato in prima fila per mantenere un contatto sempre più stretto tra questi due momenti. In particolare, chiedo al ministro Pecoraro Scanio che l'Italia sia più incisiva e diretta anche nei confronti dei paesi emergenti. Mi riferisco all'atteggiamento adottato nei riguardi di Cina, India e di altri paesi emergenti, nonché a quello assunto nei confronti di paesi che si stanno sviluppando e che stanno, quindi, spendendo molto in termini di emissioni.

Oggi, proprio per le ragioni citate dall'onorevole Francescato, si deve essere più incisivi, non ci si può limitare a chiedere un impegno, ma bisogna adoperarsi perché quell'impegno diventi realmente concreto. Non possiamo permetterci di risparmiare su piccole cose, di fare sacrifici, quando poi vi sono paesi che ancora non adottano neanche le più semplici precauzioni. Non condivido la teoria secondo la quale noi abbiamo già inquinato per cui, adesso, toccherebbe a loro farlo, perché l'errore dei paesi occidentali non deve ripetersi laddove lo sviluppo è ancora in atto. Ritengo che su questo la politica italiana possa dare un importante contributo, esigendo con rigore che questi paesi adottino effettive soluzioni.

Per concludere, sulla questione degli esperti, accolgo positivamente l'ipotesi di lavorare, come Commissione, insieme al ministero, ma vorrei che emergesse davvero - e torno all'inizio del mio intervento - una valutazione obiettiva e che gli esperti non fossero solo persone che la pensano in un certo modo, ma venissero considerati anche i pareri di esperti le cui posizioni siano diverse. Spesso, le commissioni hanno una certa impronta, per cui non vorrei che venissero istituiti momenti di ascolto di esperti con il mero intento di avallare posizioni già prese. Se le valutazioni saranno davvero obiettive, saremo in prima fila, al fianco del ministro Pecoraro Scanio e di tutta la Commissione, affinché queste valutazioni possano diventare operative per i decisori politici.

VITTORIO ADOLFO. Presidente, intervengo per esprimere la nostra adesione al documento presentato ed anticipato nella giornata di ieri, che riporta naturalmente una posizione già assunta al Senato.

È opportuno rispettare gli impegni del Protocollo di Kyoto, quindi, anche l'Italia deve fare la sua parte e deve, nel contesto europeo, mantenere gli impegni assunti. Naturalmente, per fare questo, occorre affrontare diversi problemi, concernenti la casa, il trasporto, i rifiuti, l'agricoltura, dunque, un insieme di settori che vanno riconsiderati nella stesura di un nuovo piano energetico nazionale. Bisogna nuovamente stabilire quali siano gli obiettivi decennali da perseguire e, naturalmente, finanziarne il raggiungimento, perché senza risorse finanziarie non si possono ottenere risultati.

Questa è una dichiarazione di voto, presidente. Personalmente, non intendo entrare nello specifico dei vari argomenti, perché ritengo che l'oggetto dell'incontro odierno sia aderire ad un protocollo di intesa, peraltro condiviso da tutti, nell'auspicio di un percorso per il raggiungimento di obiettivi che dobbiamo conseguire attraverso la formalizzazione e la redazione di un nuovo piano energetico nazionale.

RENATO GALEAZZI. Ringrazio il ministro Pecoraro Scanio e il presidente Realacci per questa occasione, che ci induce ad affrontare una riflessione planetaria. Il tema, ovviamente, è di grande spessore. Non possiamo formulare soluzioni, oggi, in questa Commissione, ma ritengo importante sottolineare l'importanza della risoluzione comune, trasversalmente accolta alla Camera e al Senato, condivisa da entrambi gli schieramenti: Ciò significa che il problema ambientale non riguarda né schieramenti, né tanto meno ideologie.

Siamo di fronte ad un problema molto serio, che non intendo drammatizzare, ma che i dati in nostro possesso dimostrano essere di non facile soluzione, non solo alla luce della riflessione ecumenica secondo cui misuriamo la qualità della nostra vita dalla nostra ricchezza. Infatti, oggi tutto viene ricondotto ad un problema di PIL: più alto è il PIL, più il paese vive meglio, più ha risorse e, in maniera proporzionale, migliora la qualità della vita.

Questo non è vero, non si tratta solo di un problema di PIL, perché si può vivere meglio anche con un PIL più basso. Occorre, piuttosto, riconsiderare la nostra maniera di vivere. Se il modello, in questo dopoguerra, è stata l'american way of life, dovremmo valutare un' «ecological way of life». Ciò comporta la necessità di dibattere su temi che interessano il cittadino fin dalla mattina, quando si fa la doccia, quando prende l'autobus o il treno, quando produce rifiuti. Ho due figli che si dichiarano Verdi, non per età, ma per preoccupazione: del resto, se nel mare Adriatico ci sono dei pesci tropicali, è innegabile che qualcosa è successo.

Allora - dico questo adottando lo stesso punto di vista che occorre assumere per tutti i grandi problemi inerenti al modo di vivere dei continenti -, è difficile dire al cittadino cinese che non avrà mai la Punto, ma, se diamo una Punto a tutti i cinesi, dobbiamo realizzare macchine diverse, magari alimentate da una pasticca di materiale nucleare, se possibile, o di qualche altro combustibile meno dannoso.

Dobbiamo trovare un'energia non inquinante, questa è una sfida rivolta alle tecnologie.

Non voglio dilungarmi, perché il tema sarebbe molto complesso e - qualcuno ha citato Asimov - fra due mila anni non ci ricorderemo nemmeno più da che pianeta siamo partiti.

PRESIDENTE. Era la Fondazione.

RENATO GALEAZZI. La Fondazione 2.

Mentre il mondo prende, dunque, coscienza di questo problema - permettetemi di ricordare che in questo, come in altri paesi, ci sono stati molti scettici -, è stato determinante non avere aderito al Protocollo di Kyoto e non aver svolto una politica convincente in questa direzione da parte di tutti i paesi, a prescindere dalle collocazioni internazionali.

È vero che, come diceva il saggio cinese, se ognuno pulisse davanti alla sua casa, tutta la città sarebbe pulita. In merito, l'Italia dovrebbe riuscire a realizzare qualcosa insieme a tutta l'Europa, perché mi sembra importante che ci sia una politica europea in questo senso, una politica mirata a questo vantato sviluppo ecosostenibile. Ciò significa maggiori incentivi (qualche misura è stata prevista nella manovra finanziaria), ma anche più ricerca, perché si ritiene che saranno le nuove tecnologie a risolvere il problema dei batteri che divorano l'anidride carbonica o della compressione dell'anidride carbonica. Auspichiamo, dunque, più ricerca, più tecnologie, ma, direi, anche più repressione, perché le due misure procedono insieme.

È altresì necessario riconsiderare le nostre case, affinché siano veramente ecocompatibili, e rivedere i nostri trasporti,: il fatto di vivere in un paese in cui il 95 per cento del trasporto è su gomma la dice lunga sulle misure da adottare, soprattutto quando si consideri che l'alta velocità, per esempio, stenta ancora ad essere approvata.

Alcuni gruppi di cittadini manifestano persino contro gli impianti eolici, quindi, al di là di alcune posizioni integraliste, ritengo che su questi temi dovremmo avere una politica unitaria, per raggiungere dei risultati concreti e fare di più nei prossimi dieci o vent'anni. Ben venga, perciò, questa risoluzione, ben venga l'incontro di Nairobi, sotto l'assunto, però, che essi siano intesi solo come punto di partenza per un altro appuntamento ancora più specifico.

CAMILLO PIAZZA. Sarò brevissimo, presidente, perché il mio intervento si limiterà alla formulazione di una sola domanda in ordine alla questione energetica.

È emerso che la somma annualmente pagata dai cittadini italiani all'ENEL - ossia l'ammontare della bolletta energetica - corrisponde a circa 2 miliardi di euro all'anno. Al riguardo, vorrei sapere se il ministero sia a conoscenza di come questi soldi vengano spesi dai nostri enti gestori di elettricità, oppure se la Commissione abbia intenzione di convocare l'ENEL ed altri enti gestori, per capire, vista l'addizionale sull'energia a seguito dell'accordo di Kyoto, come questi due miliardi di euro vengano spesi per ridurre le emissioni di CO2 in Italia.

Forse, non è lei, ministro Pecoraro Scanio, a dover rispondere, ma il ministro Bersani, però sarebbe positivo che la Commissione convocasse gli enti gestori dell'elettricità per valutare queste spese.

PRESIDENTE. Incisiva ed efficace domanda, che mi sembra anche un ottimo suggerimento.

ADRIANO PAROLI. A me sembra un suggerimento, più che una domanda, presidente...

PRESIDENTE. Un suggerimento da accogliere immediatamente, al termine dell'audizione, in sede di ufficio di presidenza: avevamo già deciso di convocare in questa sede il ministro Bersani, dopo la Conferenza di Nairobi, anche per capire le ricadute di quell'appuntamento, ma l'idea di convocare i grandi enti energetici per capire l'utilizzo dei fondi mi sembra molto interessante.

Prima di dare la parola al ministro per la replica, vorrei svolgere alcune considerazioni.

Abbiamo parlato di grandi temi che, come sapete, incrociano politiche trasversali e grandi questioni planetarie. Il collega Picano si è allontanato, ma è vero che, quando si risvegliano grandi paesi come l'India e la Cina, o si creano nubi di inquinamento che addirittura passano l'oceano e arrivano in altri continenti, si tratta di questioni che lanciano una grande sfida ala politica, la quale, nella misura in cui si riveli inidonea ad affrontare tali fenomeni, diventa un gioco poco interessante.

Ricordiamoci che non siamo di fronte soltanto a vincoli, ma anche a straordinarie opportunità dal punto di vista dell'innovazione, della ricerca e della competitività in campo economico. È già accaduto in altri settori che chi è arrivato prima ha segnato dei punti, e questo significa molto in rapporto ai grandi paesi emergenti, perché portare loro non solo prodotti, ma anche tecnologie, innovazioni e sistemi è un modo di aiutarli ma anche di rendere più competitiva la nostra economia.

Si tratta di una grande sfida europea: Kyoto è in piedi perché l'Europa ha scommesso su Kyoto, con livelli di coerenza differenziati - l'Italia non è certo la prima della classe -, ritenendolo un impegno utile al mondo. Quindi, vi è una forte valenza politica in questi accordi, come momenti intermedi rispetto ad obiettivi fondamentali da perseguire. Il Protocollo di Kyoto era nato come un chip di buona volontà da parte dei paesi più industrializzati, per spingere anche gli altri paesi ad assumersi le loro responsabilità. In questi termini, ritengo che la Conferenza di Nairobi sia un punto di svolta, nel senso che sottolineare ancora l'importanza dell'impegno di Kyoto serve anche ad aprire una trattativa vera con i grandi paesi emergenti. Quindi, l'Europa gioca un ruolo fondamentale in questa vicenda.

Suggerisco ai parlamentari, che sono anche esponenti politici, di considerare cosa accade negli altri paesi. Forse anche per comodità, forse anche per popolarità, questo tema è diventato centrale nella promozione di personaggi politici e nel conflitto dell'opinione pubblica negli altri Stati. Perfino negli Stati Uniti, come ricordava il ministro, il fatto che Schwarzenegger adotti misure in tal senso non dipende soltanto dalla sua convinzione personale, su cui non ho notizie dirette,così come non dipendono soltanto dalla sua convinzione personale gli sforzi compiuti da Al Gore sullo stesso versante, o il fatto che Hillary Clinton, per rilanciarsi, si rechi in Alaska insieme al senatore conservatore.

Se guardiamo all'Inghilterra, il dato è impressionante. Vorrei segnalarvi - qualora vi fosse sfuggito - che, all'ultimo congresso del partito laburista inglese, Blair ha dedicato ampio spazio a questo tema: due giovani emergenti hanno caratterizzato la propria posizione sul tema dell'ambiente e dell'Europa, c'è stato un siparietto ad un certo punto, un' interruzione del congresso...

MAURIZIO ACERBO. Mi perdoni la domanda, ma chi sarebbero i giovani emergenti?

 

PRESIDENTE. Mi sfuggono i nomi. Si tratta di due trentenni, che hanno interrotto il congresso promuovendo un confronto fra Livingstone e il sindaco di Los Angeles sulle politiche di sostenibilità urbana, cosa che non accade normalmente nei congressi italiani.

Clinton, nel suo intervento, ha dedicato un certo spazio a questo tema; il conservatore Cameron è riuscito a sottrarre la novità a Blair proprio sposando i temi ambientali, anche nella simbologia. Infatti, gira in bicicletta e, in una fase calda dello scontro politico in Inghilterra, ha girato in Norvegia con i cani da slitta per verificare lo stato dell'inquinamento; del resto, è noto che, in Inghilterra, i liberaldemocratici hanno sui temi ambientali posizioni spesso più spinte rispetto al partito laburista.

Si tratta, dunque, di un tema molto presente nell'agenda politica dei paesi dell'Occidente, che si sta imponendo anche nei paesi emergenti (nella stessa in Cina, ormai, esistono problemi «fisici» al riguardo); non si tratta solo di un problema di opinione, ma cominciano ad emergere questioni significative. Vi sono, pertanto, tutti gli elementi perché esso divenga effettivamente l'asse di una politica non difensiva e subita, bensì ambiziosa.

Da questo punto di vista, sicuramente, l'audizione del ministro Bersani e il ruolo della Commissione potranno svolgere una importante funzione. Questa maggioranza, del resto, si era impegnata ad indire una Conferenza nazionale sull'energia. Ritengo, pertanto, che nei primi mesi dell'anno prossimo vi debba essere un passaggio di questo tipo, per evitare che tali politiche stentino a mettersi in rete.

Do ora la parola al ministro per la replica.

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Vi ringrazio e vi comunico sin d'ora di aver formalmente chiesto al Presidente del Consiglio Prodi e al ministro Bersani di indire la Conferenza nazionale sull'energia. Come ministro dell'ambiente, ho messo nero su bianco tale richiesta, e spero che, in tempi brevi, questo momento di incontro e riflessione possa essere definito. In caso di ritardo, il Ministero dell'ambiente adotterà comunque una propria iniziativa sui temi della strategia energetica; pur non potendo porre mano da solo al piano energetico nazionale, promuoverà un momento di riflessione sui temi del risparmio energetico e delle energie rinnovabili. È ancora oggetto di dibattito se l'impianto di riferimento debba definirsi «piano energetico» - termine che forse accentuerebbe troppo la pianificazione - oppure «strategia»; la cosa fondamentale, però, è realizzare un progetto energetico nazionale chiaro, ovviamente insieme alle regioni, attori che non possono essere tenuti fuori, perché essenziali nel conseguire, su tale fronte, un obiettivo comune.

Mi sono permesso di scrivere, oltre che a Prodi e a Bersani, anche ad Errani, nella sua qualità di presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, perché abbiamo bisogno di questa strategia. La stessa iniziativa avviata per i rigassificatori, che ho chiesto ed ottenuto divenisse un momento di coordinamento governativo - poi chiamato «cabina di regia» -, per capire quali sono le richieste in campo, in realtà si è tenuta una sola volta, a fronte della necessità di un intervento urgente sui rigassificatori. Questo è sbagliato: la necessità di stabilire momenti di coordinamento ed incontro permanenti è infatti dovuta non già ad un'emergenza, ma al rischio che si sovrappongano elementi di disordine in tema di energia, disordine non gradito neppure agli operatori del settore energetico. Persino gli imprenditori, che alcuni immaginano accalorati nel voler realizzare chissà quante cose, subiscono negativamente il disordine derivante dalle decine di domande di costruzione di centrali elettriche negli scorsi anni: molti presentano domande senza neppure avere la capacità di costruire una centrale.

Si è, quindi, creata addirittura una «economia del protocollo»: qualcuno presenta la domanda per l'installazione di una centrale e poi vende il numero di protocollo della domanda stessa. Questo è, ovviamente, malcostume energetico, non è serietà, e non serve né alle imprese, né alle realtà territoriali, perché al paese è necessario avere un quadro generale serio della strategia energetica nazionale.

Non bisogna confondere la cosiddetta liberalizzazione dei mercati con il caos e l'anarchia totale. A maggior ragione, in occasione della discussione sulle modalità di conseguimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto, è prioritario avere un elemento di razionalità in questo settore. Per quanto mi riguarda, poiché vi è un impegno scritto nel programma, ho sollecitato in questa direzione il Presidente del Consiglio e tutti i più diretti interlocutori, e ritengo importante un'azione parlamentare, perché è evidente che le strategie energetiche vanno discusse non solo in sede governativa, ma anche in sede parlamentare, dove si può parlare in modo trasparente, per evitare di dar luogo ad una mera sommatoria di istanze diverse, regione per regione, comparto per comparto, creando una situazione non chiara.

Intendo precisare che ho grande attenzione anche per le città. Infatti, non ho citato le regioni perché voglio dimenticare le città e le province; quindi concordo con l'onorevole Cacciari. Ovviamente, tutto ciò che si può fare in Parlamento per spostare, nel quadro della manovra finanziaria, più risorse, in modo razionale e coerente, verso l'efficienza energetica e gli obiettivi di Kyoto non può che incontrare il favore del Ministero dell'ambiente. Se, dunque, verrà posta in essere una iniziativa parlamentare in tal senso, forniremo tutto il supporto tecnico richiestoci.

Voglio, inoltre, rassicurare l'onorevole Dussin che, per quanto riguarda la bioedilizia e la casa in generale, è necessario un intervento forte: la manovra finanziaria già prevede alcuni interventi sul versante dell'efficienza energetica. Va però chiarito che tale intervento deve riguardare anche le piccole case, e non solo le grandi cubature.

Questo sistema deve essere, ovviamente, incentivato: come Ministero dell'ambiente, abbiamo rivolto sollecitazioni al Ministero dell'economia e delle finanze, ma alcune norme risentono molto di una impostazione che non è ambientale, bensì finanziaria.

Poiché, inoltre, il quadro degli interventi da effettuare è giunto in Consiglio dei ministri non collegialmente, ma frammentato per ministeri, sarà il Parlamento la sede appropriata per contemperare le distinte esigenze : purtroppo, infatti, al di là dell'impegno, la realtà è che la manovra finanziaria scaturisce da una sommatoria di comparti ministeriali e, per la velocità e le modalità con cui viene formulata, il Parlamento deve rappresentare la sede capace di rendere più coerente quella cornice (sebbene, naturalmente, noi faremo la nostra parte all'interno del Governo). È chiaro che, se il Ministero dell'ambiente ottiene di prevedere, nella manovra finanziaria, il fondo rotativo per Kyoto ma, in un altro settore, si assegnano risorse senza prestare attenzione alla riduzione delle emissioni di CO2, allora, il quadro si complica, con il rischio di dar vita ad un impianto complessivo incapace di funzionare.

Concordo, inoltre, sull'esigenza di rivolgere un'attenzione particolare alla gestione delle aziende municipalizzate, e mi auguro vi sia l'occasione, anche in sede parlamentare, per favorire un servizio pubblico efficiente e di qualità trasparente. Non è detto, infatti, che sempre il privato sia meglio del pubblico, come non è detto che il pubblico sia meglio del privato; ma sicuramente c'è stato, negli ultimi tempi, nella gestione di alcuni servizi, un pregiudizio di efficacia ed efficienza del privato. Possiamo quindi lavorare perché ci sia una forte attenzione soprattutto a beni comuni di particolare rilevanza, come l'acqua, ma anche in molti settori dell'energia.

L'onorevole Francescato ha sollevato il tema della complessità, e ciò significa che dobbiamo usare più strumenti per affrontare il cambiamento climatico, non possiamo ridurci ad utilizzarne uno solo, ma dobbiamo fare in modo che tutti gli strumenti siano coerenti.

Posso rassicurare l'onorevole Picano che la Cina e l'India non comprano le nostro auto superinquinanti: il vero problema, a volte, lo abbiamo in alcuni paesi limitrofi, perché gli standard richiesti da paesi come la Cina e l'India oggi sono più elevati.

Ha ragione il presidente della Commissione a sottolineare che, se le nostre aziende producono efficienza energetica, hanno maggiore facilità di esportazione, perché ormai, col terrore dell'eccesso di inquinamento, i nuovi impianti industriali che la Cina ordina in Europa si avvalgono già di tecnologie progettate allo scopo di contenere al massimo la produzione di CO2; non si tratta certo dei vecchi impianti superinquinanti sparsi per l'Europa.

Ciò non toglie, però, che la nostra azione deve indurre la Cina, l'India e tutti i grandi paesi di nuova industrializzazione a ridurre le emissioni di anidride carbonica.

A Ginevra, ho incontrato il nuovo ambasciatore italiano presso il WTO (con cui spero di lavorare), al quale ho chiesto quale azione possiamo intraprendere nella sede dell'Organizzazione mondiale del commercio per ottenere un riconoscimento del dumping ambientale. Proprio perché dobbiamo essere rigorosi nel chiedere alle aziende italiane di rispettare gli standard del Protocollo di Kyoto, dobbiamo pretendere che, in tutte le sedi internazionali, venga resa impossibile una competizione che non tenga conto, in altri paesi, oltre che del dumping sociale (spesso citato per quanto riguarda i diritti dei lavoratori e dei cittadini), anche del dumping ambientale. Se altri paesi, infatti, non tengono conto della necessità di contribuire alla riduzione del riscaldamento climatico, chiediamo, in sede di WTO, che siano aperti dei capitoli anche in tema di dumping ambientale.

In proposito, ho allertato il nostro nuovo ambasciatore a Ginevra, che, ripeto, sono andato ad incontrare personalmente.

Spero che, anche grazie alla pressione politica, si riesca ad introdurre questi concetti dentro i meccanismi del mercato globale: se tale obiettivo non fosse conseguito, ci troveremmo a discutere solo di una generica liberalizzazione degli scambi, il WTO sarebbe totalmente incapace di intervenire sulle materie ambientali e sociali, mentre le aziende continuerebbero a lamentarsi di dover abbassare i livelli di inquinamento e di dover competere. Il problema si può risolvere in due modi: riducendo gli standard delle aziende o cercando, invece, di lavorare anche sul WTO, per imporre alcuni parametri ambientali e sociali nell'organizzazione mondiale del commercio. Se vogliamo salvare il pianeta, la linea è quella di imporre questi standard, e non quella di abbassare complessivamente gli standard ambientali e sociali delle imprese che operano nell'Unione europea. Mi sembra che il nuovo ambasciatore abbia ben chiaro che il Governo sta lavorando in questa direzione. Posso rassicurare il collega Paroli che si può reggere perfettamente sui 200 milioni di tonnellate. In realtà, la proposta iniziale del Ministero dell'ambiente, era di 194 milioni di tonnellate, come chiedeva l'Unione europea; per rispondere alle grandi esigenze e difficoltà del nostro settore economico, si è arrivati, però, a 200 milioni più sei. È sicuramente un taglio rispetto alle emissioni, ma è chiaro che, se vogliamo affermare la necessità di eliminare le sovrallocazioni della Germania e della Francia e vogliamo andare a Nairobi, dobbiamo lavorare con i nostri comparti industriali perché si effettui davvero l'abbattimento delle emissioni di CO2.

Quando parlavo di esperti, non mi riferivo ad esperti di parte; il ministero vorrebbe promuovere un'iniziativa con l'Agenzia europea dell'ambiente, quindi con autorità scientifiche validate a livello internazionale, perché non intendiamo aprire un dibattito tra il 99 per cento degli scienziati, che ritiene che il cambiamento climatico rappresenti un problema reale, e l'uno per cento di «negazionisti», che hanno diritto di esprimere la loro opinione, ma renderebbero accademico il dibattito. Desidero fare riferimento soltanto alle autorità già riconosciute, che sono l'Autorità internazionale dell'energia delle Nazioni Unite e l'Agenzia europea dell'ambiente (che è un'autorità riconosciuta, altrimenti non la proporrei), e potremmo limitarci al dibattito politico. Se il Ministero dell'ambiente promuove questa iniziativa, con l'intento di estenderla alle Commissioni parlamentari, è ovvio che vengano invitate ad intervenire autorità scientifiche indipendenti, già riconosciute in sede internazionale.

Concludo dicendo che, per quanto riguarda le osservazioni formulate da alcuni colleghi, in particolare dall'onorevole Galeazzi, occorre incidere anche sugli stili di vita. Ciò significa, però, anche una forte iniziativa che produca un cambio di rotta sul versante dell'informazione ai cittadini - ho sollecitato questo anche in sede di Commissione europea -, perché non è sufficiente la pubblicità dietro gli autobus con l'immagine della terra. Bisogna riuscire ad attivare le scuole e tutti i settori, fornendo anche gli strumenti adeguati per ottenere un diverso atteggiamento.

Condivido la richiesta dell'onorevole Piazza volta a verificare come l'ENEL amministra i fondi e, soprattutto, come le nostre risorse in generale vengono utilizzate. Abbiamo già assistito al grave caso del CIP6, ossia al fatto che i fondi per le energie rinnovabili sono finiti altrove, e non intendiamo che ciò si ripeta. Stiamo evitando che a ciò si sostituiscano i certificati verdi utilizzati in modo anomalo, e ho allertato il ministro dello sviluppo economico in tale direzione, perché, al di là delle volontà dei ministri, esistono apparati ministeriali che hanno una loro tradizione inerziale e che tendono a prestare scarsa attenzione alle energie rinnovabili.

Credo che, da questo punto di vista, sia necessaria un'attenzione forte, e vi assicuro che il Ministero dell'ambiente la garantirà. Il Parlamento è molto importante, e ritengo che audizioni e confronti con altri settori del Governo sarebbero molto utili per far capire che il problema di Kyoto, il problema dell'efficienza energetica, non riguarda esclusivamente il Ministero dell'ambiente, bensì una linea politica ed economica complessiva. Lavoriamo, infatti, in campo economico e, come evidenziava il presidente Realacci, molte di queste sono opportunità di innovazione, non soltanto vincoli. Chi continua a ribadire che il Protocollo di Kyoto ha un costo eccessivo, evidentemente, non si chiede quale sia il prezzo per evitare il surriscaldamento e la distruzione del pianeta.

Allora, vorrei che si evitassero i catastrofismi, ma si tenesse conto che i dati emersi, a livello mondiale, parlano di innalzamento delle acque degli oceani e del mare. Il problema non è dunque quanto costi Kyoto, ma quanto pagheremmo in futuro non intervenendo ora su questi elementi. Costa, è evidente, ma costa molto di più non fare nulla nella direzione della riduzione del cambiamento climatico; costa anche in termini economici, oltre che in termini sociali, perché l'innalzamento del livello dell'acqua del mare o degli oceani ha un prezzo, anche economico, enorme, cento volte superiore a qualunque costo di Kyoto, forse anche mille volte superiore.

Il problema, come sempre, è scegliere se investire sulla prevenzione o spendere per gli inevitabili interventi successivi. Il dibattito europeo e il dibattito internazionale vertono prevalentemente su questi temi. Il Governo britannico pone come priorità nazionale la riduzione delle emissioni di CO2; se lo facesse anche il nostro paese, probabilmente, potremmo almeno metterci al passo con il principale dibattito a livello internazionale.

Posso anche anticipare che, come Governo, il parere sulla risoluzione presentata dalle varie forze politiche rappresentate in Commissione è favorevole. Una risoluzione approvata da questa Commissione parlamentare non potrà che rafforzare la posizione rappresentata dal Governo in sede internazionale, a nome non soltanto di una parte politica o di una coalizione, ma dell'Italia intera. Sono contento che, anche da parte delle forze dell'opposizione ci sia, su questo, una convergenza, perché la rilevanza del tema necessita di un largo consenso. Nell'applicazione, ci sarà poi qualche differenza di valutazione; dobbiamo, però, dimostrare un maggiore coraggio su questi temi, perché ne abbiamo bisogno.

 

PRESIDENTE. Ringrazio sentitamente il ministro Pecoraro Scanio, anche per aver anticipato il parere favorevole sulla risoluzione che verrà discussa dalla Commissione al termine dell'audizione. Credo sia utile, essendo un testo sostanzialmente condivisibile, adottare - alla Camera e al Senato - un atto di indirizzo di analogo contenuto, per affrontare l'appuntamento di Nairobi e, in generale, le scadenze successive.

Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle ore 15,40.

 

 



 

Atto Camera

 

 

Risoluzione in Commissione 7-00064

presentata da

ERMETE REALACCI

 

martedì 24 ottobre 2006 nella seduta n.058

 

La VIII Commissione,

premesso che:

dal 6 al 17 novembre 2006 si terrà a Nairobi la II Conferenza delle parti (157 Paesi) che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto (MOP2) sia per proseguire il confronto avviato alla Conferenza del 2005 a Montreal che per aggiornare il protocollo e individuare i nuovi impegni al termine del primo periodo di verifica 2008-2012;

contemporaneamente, nella stessa sede e negli stessi giorni, si terrà anche l'XI Conferenza delle parti che hanno ratificato la Convenzione sui cambiamenti climatici (189 Paesi), la COP 11, che comprende anche Paesi che non hanno ratificato il protocollo, ma che hanno accettato di proseguire il confronto per definire le modalità di raggiungimento dell'obiettivo a lungo termine della Convenzione, per promuovere la ricerca e lo sviluppo di tecnologie volte a limitare l'impatto sul clima delle emissioni di gas serra e per favorire l'accesso a tali tecnologie anche ai Paesi in via di sviluppo;

la Commissione europea, nella comunicazione COM-2005-35 al Consiglio ed al Parlamento europeo, ha affermato: «I cambiamenti climatici sono una realtà. (...) I dieci anni più caldi mai registrati sono tutti concentrati dal 1991 in poi. Le concentrazioni di gas serra sono le più elevate degli ultimi 450.000 anni. (...) L'Unione europea è riuscita ad abbattere le proprie emissioni del 3 per cento rispetto al 1990, ma manca ancora molto per raggiungere l'obiettivo di riduzione dell'8 per cento fissato dal Protocollo di Kyoto. (...) Anche se le politiche già adottate saranno attuate, è probabile che le emissioni su scala planetaria aumenteranno nei prossimi vent'anni, imponendo riduzioni delle emissioni mondiali pari almeno al 15 per cento rispetto ai valori del 1990 entro il 2050. Tra il 2030 e il 2065 il contributo cumulativo dei paesi sviluppati e quello dei paesi in via di sviluppo dovrebbe essere lo stesso. Si può pertanto dedurre che se l'Unione europea dimezzasse le proprie emissioni entro il 2050, non ci sarebbero conseguenze significative sulle concentrazioni atmosferiche se altri paesi responsabili di ingenti emissioni non procederanno ad analoghi tagli consistenti»;

mentre le emissioni globali dal 1990 al 2003 sono aumentate del 18 per cento, le trattative internazionali sul clima registrano notevoli difficoltà: gli Stati Uniti mantengono le loro riserve sul Protocollo di Kyoto al quale continuano a non aderire; i Paesi in via di sviluppo sono in genere restii a contenere le proprie emissioni di gas serra: le misure per ridurre le emissioni di gas serra sono onerose, ma molto meno onerose delle conseguenze dei cambiamenti climatici sia nei paesi industrializzati che in quelli di nuova industrializzazione;

in Italia, Paese che ha ratificato il Protocollo di Kyoto con la legge 1o giugno 2002, n. 120, secondo i dati ufficiali, trasmessi al Segretariato della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici il 14 aprile 2006, le emissioni dei gas serra nel 2004 sono salite a 583,5 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti (Mt CO2 eq.), a fronte di un impegno di riduzione delle emissioni a 485,8, con una distanza dall'obiettivo del Protocollo di Kyoto pari a 97,7 Mt CO2 eq.: un aumento del 13 per cento a fronte di un impegno di riduzione, entro il 2008-2012, del 6,5 per cento;

gli aumenti più consistenti di emissioni di gas serra dal 1990 al 2004 in Italia hanno riguardato il settore dei trasporti (da 104 Mt CO2 a 132,6, con un aumento del 27,5 per cento) ed il settore della produzione di energia termoelettrica (da 108,9 Mt CO2 a 127,3, con un aumento del 17 per cento). Nel settore dei trasporti l'aumento delle emissioni di CO2 negli ultimi anni sembra frenare (dal 2000 al 2004 l'aumento è stato del 6,5 per cento), nel settore termoelettrico invece sembra accelerare (dal 2000 al 2004 l'aumento è stato dell'8,5 per cento). Nel settore civile e terziario dal 1990 al 2004 l'aumento è stato pari al 10,6 per cento. Sostanzialmente in linea con l'obiettivo di Kyoto risultano i settori dell'industria manifatturiera e delle costruzioni con un calo delle emissioni nel periodo citato del 3,8 per cento, e quello dell'agricoltura, con un calo delle emissioni del 6,8 per cento;

il mancato raggiungimento dell'obiettivo di riduzione di emissioni di gas serra per l'Italia comporterebbe un costo non solo ambientale, ma anche economico, rilevante. Il periodo di verifica degli obiettivi di Kyoto inizia nel 2008; oggi il prezzo della tonnellata di CO2 presenta incertezza e variabilità ancora notevoli, ma è ragionevolmente prevedibile che si stabilizzerà verso l'alto. Supponendo un costo medio dei meccanismi flessibili pari a 15 euro la tonnellata, se la distanza dall'obiettivo si confermasse intorno ai 100 milioni di tonnellate, l'Italia dovrebbe sborsare circa 1,5 miliardi di euro l'anno, fra acquisti di diritti di emissione e progetti di cooperazione per realizzare tali riduzioni all'estero. Se poi, come pare necessario e probabile, dopo il 2012 vi fossero ulteriori e ancora più impegnativi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra e l'Italia vi giungesse impreparata, i costi potrebbero diventare veramente proibitivi;

i settori regolati dalla direttiva 2003/87/CE, che contribuiscono per circa il 38 per cento delle emissioni totali dei gas di serra nazionali, sulla base dello schema del Piano di Assegnazione 2008-2012 avviato in consultazione con i settori interessati nel luglio del 2006, rispetto all'assegnazione 2005-2007, sono chiamati ad una impegnativa riduzione di emissioni: tale impegno, oneroso, riflette, da una parte, i ritardi accumulati da una parte di essi, ma dall'altra anche i ritardi in altri settori, non regolati dalla citata direttiva, come i trasporti ed il settore civile;

le emissioni di gas serra derivano in larga parte dall'uso di combustibili fossili (nel 2005 l'Italia ne ha consumati 185,9 Mtep, cioè milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) importati per il 91 per cento. Il costo dell'energia primaria importata è stato nel 2005 pari a circa 36,5 miliardi di euro. Tenendo conto del mix attuale dei combustibili fossili consumati in Italia, l'obiettivo di Kyoto comporterebbe una riduzione dal 15 al 20 per cento del consumo di combustibili fossili (in relazione, a quali combustibili si riducono di più, dato il diverso contenuto di CO2 nelle emissioni). Ciò comporterebbe una riduzione della bolletta energetica del Paese circa della stessa percentuale: dai 5 ai 7 miliardi di euro all'anno;

tali riduzioni dei consumi di combustibili fossili andrebbero ricercate nel settore dei trasporti (che consuma il 60 per cento del petrolio che l'Italia importa), in quello dell'energia elettrica, degli usi civili e del terziario, con misure di efficienza energetica e di risparmio, con sviluppo del cabotaggio, del trasporto su ferro e collettivo, con un maggiore e consistente impegno per la produzione e l'uso di fonti rinnovabili e pulite per generare energia elettrica, calore e carburanti, con possibili ricadute positive tecnologiche, produttive e occupazionali,

impegna il Governo:

ad operare, insieme all'Unione europea e nel suo ambito, per affrontare il secondo periodo, dopo il 2008-2012, con politiche e misure, concordate in ambito internazionale, più efficaci ed incisive, necessarie per contrastare l'aumento delle concentrazioni di gas che concorrono ad un preoccupante cambiamento del clima, ridurre in modo adeguato tali emissioni, attuare misure di prevenzione e di adattamento;

ad operare al fine di ampliare la partecipazione alle iniziative in atto per affrontare cambiamenti climatici secondo il principio della responsabilità comune, differenziata negli oneri;

poiché 6 Paesi (Stati Uniti, Canada, Russia, Giappone, Cina e India), insieme all'Unione europea producono il 75 per cento delle emissioni mondiali di gas serra, a sostenere gli sforzi tesi ad attivare e a trovare un'intesa in questo «G7» per il clima;

a sostenere la ricerca e il cambiamento tecnologico, l'economia della conoscenza, poiché le misure necessarie per far fronte al cambiamento climatico influiranno sulle modalità di produzione e di utilizzo dell'energia nel mondo e stanno promuovendo innovazione, cambiamenti di beni, servizi e consumi, determinando anche nuove condizioni per la competitività economica sui mercati;

ad attuare il Protocollo di Kyoto come occasione per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e la fattura delle importazioni energetiche del Paese, per l'innovazione nel settore dei trasporti, della mobilità e della logistica, il risparmio delle famiglie nei consumi civili e domestici, l'innovazione del sistema di produzione di energia elettrica e di calore, l'efficienza energetica, l'innovazione tecnologica e l'occupazione;

ad attivarsi perché siano aggiornati la delibera CIPE 123/2002 ed il relativo Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra in modo da far fronte alla accresciuta distanza (97,7 Mt CO2) dall'obiettivo di Kyoto;

ad adottare iniziative volte ad integrare tale Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra in un programma nazionale energetico-ambientale, concordato con le Regioni, definito con il Parlamento, che assicuri il coordinamento, l'aggiornamento ed il monitoraggio dei risultati, al fine di avere un quadro unitario coerente, di riferimento e di indirizzo;

a rafforzare la ricerca ed il supporto tecnico alla diffusione delle politiche e delle misure che concorrono alla riduzione delle emissioni di gas serra, all'aumento dell'efficienza e del risparmio energetico, alla diffusione della produzione e dell'uso di fonti rinnovabili;

a prestare grande attenzione al settore dei trasporti, della mobilità e della logistica, in cui le misure per la riduzione della congestione del traffico urbano e delle emissioni locali che suscitano preoccupazioni, come le polveri sottili e il potenziamento, l'adeguamento, l'ammodernamento del sistema ferroviario e di quello portuale, rilevanti per il Paese, hanno ricadute decisive anche per la riduzione delle emissioni di gas serra;

a fare dell'efficienza e del risparmio energetico una effettiva priorità, poiché consente una riduzione sempre più rilevante dei costi di produzione, con un recupero di competitività, e un significativo risparmio per le famiglie, oltre a ridurre le emissioni di gas serra;

a promuovere con maggiore efficacia lo sviluppo di tutte le fonti energetiche rinnovabili (idriche, geotermiche, eoliche, solari, biomasse) per la produzione di energia elettrica, di calore e di carburanti, attivandosi per superare i certificati verdi e l'incentivazione delle fonti non rinnovabili assimilate, con un sistema incentivante, differenziato per fonte, senza tetti, accessibile, certo e di lunga durata, ed adottando iniziative per assicurare il collegamento con le reti di distribuzione e per introdurre procedure di localizzazione e di autorizzazione più semplici, in grado di garantire le necessarie valutazioni ambientali, territoriali ed economiche, in tempi più rapidi, con trasparenza per i cittadini e per gli operatori;

a sostenere, in rapporto con le piccole e medie imprese largamente prevalenti nel sistema produttivo nazionale, con particolare riferimento ai loro distretti, la piccola cogenerazione distribuita, di energia elettrica e di calore, che consente maggiore efficienza e più alti rendimenti, migliora le condizioni di concorrenza, con benefici economici ed ambientali;

a sostenere lo sviluppo dei distretti agro-energetici in modo che l'agricoltura possa valorizzare sia le risorse rinnovabili disponibili sul territorio (solare, idrica, eolica) sia quelle direttamente producibili o ricavabili dalle proprie attività (biogas, biocarburanti, biomasse), da attività di forestazione e manutenzione dei boschi, in modo da produrre, insieme ai benefici ambientali, un'integrazione del reddito per gli agricoltori, contrastando l'abbandono delle campagne in corso;

a sostenere la ricerca e la sperimentazione della cattura e del sequestro sicuro della CO2, che potrebbe consentire un utilizzo pulito dei combustibili fossili e dell'idrogeno (un vettore potenzialmente in grado di consentire l'accumulo ed il trasporto dell'energia rinnovabile ed un suo successivo uso pulito con impieghi ad elevata efficienza energetica).

(7-00064) «Realacci, De Angelis, Francescato, Pedulli, Margiotta, Galeazzi, Iannuzzi, Mariani, Chianale, Benvenuto, Fasciani, Di Cagno Abbrescia, Mele, Picano, Acerbo, Adolfo, Lupi, Paroli, Germanà, Osvaldo Napoli, Tortoli, Mondello, Stradella, Cacciari, Foti, Dussin, Mereu, Gentili, Misiti».

 


COMMISSIONE VIII

Ambiente, territorio e lavori pubblici

 

SEDUTA DI MERCOLEDI’ 25 OTTOBRE 2006

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ERMETE REALACCI


 

RISOLUZIONI

Mercoledì 25 ottobre 2006. - Presidenza del presidente Ermete REALACCI. - Interviene il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Alfonso Pecoraro Scanio.

La seduta comincia alle 15.40.

7-00064 Realacci: Misure per l'attuazione del Protocollo di Kyoto in vista della Conferenza mondiale sul clima di Nairobi.

(Discussione e approvazione).

La Commissione inizia la discussione.

Ermete REALACCI, presidente, illustra la risoluzione in titolo, rilevando che essa riproduce, in misura pressoché integrale, un analogo atto di indirizzo già presentato al Senato lo scorso 17 ottobre e sostenuto da tutti gli schieramenti politici dell'altro ramo del Parlamento. Nel segnalare che la risoluzione in discussione è stata sottoscritta da deputati appartenenti a gruppi di maggioranza e di opposizione, osserva che tale atto testimonia il comune interesse del Parlamento in ordine a queste tematiche, che rivestono un'importanza strategica per il futuro del pianeta. Raccomanda, quindi, l'approvazione della risoluzione 7-00064.

Il Ministro Alfonso PECORARO SCANIO, anche sulla scorta di quanto rilevato nel corso dell'audizione testé svolta, esprime l'orientamento favorevole del Governo sui contenuti della risoluzione in titolo.

Ermete REALACCI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, intende constatare con estremo favore che, anche alla luce degli interventi svolti nel corso dell'audizione del Ministro, appena conclusasi, si registra un unanime orientamento positivo da parte dei gruppi sul testo della risoluzione.

La Commissione approva, quindi, la risoluzione in titolo.

La seduta termina alle 15.45.


 


 

 

 



[1]    AC 1042, Disposizioni per l' adempimento di obblighi derivanti dall' appartenenza dell' Italia alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2006.

[2]    Il termine di recepimento della direttiva è scaduto l’11 agosto 2006

[3]    Il termine di recepimento della direttiva è fissato al 1° aprile 2007.

[4]    Il termine di recepimento della direttiva è scaduto il 9 novembre 2006.

[5]    Il termine per il recepimento della direttiva è scaduto il 31 dicembre 2005

[6]    Il termine per il recepimento della direttiva è fissato all’11 agosto 2007

[7]    Gli Stati membri hanno l’obbligo di conformarsi alle disposizioni recate dalla direttiva entro il 15 dicembre 2006.

[8]    Il termine di recepimento della direttiva è fissato al 24 marzo 2008.

[9]    In allegato, sono riportati i documenti consegnati dai soggetti intervenuti.

[10]   Si tratta delle seguenti: AC 39 Boato; AC 51 Paolo Russo; AC 397 Foti, Airaghi, Lisi, Antonio Pepe, Raisi e AC 472 Pezzella, Bellotti, Briguglio, Giulio Conti.

[11]   Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2006, n. 228.

[12]   I parchi nazionali destinatari del contributo statale possono sostanzialmente essere suddivisi nelle seguenti categorie:

a) parchi cd. "storici" (Parco nazionale del Gran Paradiso, Parco d'Abruzzo, Parco nazionale dello Stelvio e Parco del Circeo);

b) parchi istituiti ai sensi degli artt. 34 e 35 della legge n. 394 del 1991 (Parco nazionale del Pollino, Parco nazionale dell'Aspromonte, Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi, Parco nazionale dei Monti Sibillini, Parco nazionale delle Foreste casentinesi, Parco nazionale dell'Arcipelago toscano, Parco nazionale della Val Grande, Parco nazionale del Gargano, Parco nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, Parco nazionale della Maiella, Parco nazionale del Vesuvio, Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano);

c) parchi istituiti successivamente a tale legge (Parco della Maddalena, Parco nazionale delle Cinque Terre, Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, Parco nazionale dell’Asinara e Parco nazionale della Sila);

d) parchi di recente istituzione (Parchi nazionali della Val d'Agri e dell’Alta Murgia).

[13]   Sulla base della decisione 94/69/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1993, concernente la conclusione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (GU L 33 del 7.2.1994).

[14]   Il programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP), strumento principale della strategia europea per l’attuazione del protocollo di Kyoto, è stato presentato dalla Commissione l’8 marzo 2000 (COM(2000)88).

[15]   Il Consiglio europeo straordinario di Lisbona (23-24 marzo 2000) ha concordato un obiettivo strategico per l’Unione del nuovo decennio: diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.

[16]   Dal 1° gennaio 2005 è in vigore il sistema europeo di scambio delle quote di emissione, disciplinato dalla direttiva 2003/87/CE. Nell’ambito di tale sistema, gli Stati membri sono tenuti a presentare il piano nazionale relativo al periodo 2008-2012; la Commissione dovrà approvare i piani, richiedendone eventualmente modifiche se non sono conformi ai criteri convenuti.

[17]   Procedura di infrazione 2006/2341.

[18]   Procedura d’infrazione 2005/4051.

[19]   Procedura d’infrazione 2003/4506.

[20]  Procedura d’infrazione 2002/2007, causa C-194/05.

[21]   Procedura d’infrazione 2003/2077, causa C-135/05. Vi è confluita anche la procedura d’infrazione 2002/2133 Discarica di rifiuti definita La Marca, località Sardone di Giffoni Valle Piana (Salerno).

[22]  Procedura d’infrazione 2002/2213, causa C-263/05.

[23]   Procedura 2004/59

[24]   Procedura 2005/2315

[25]   Procedura d’infrazione n. 2006/4043.

[26]   Procedura d’infrazione n. 2006/2131.

[27]   Procedura d’infrazione n. 2004/4242.

[28]   Procedura d’infrazione n. 2004/4926. 

[29]   Procedura di infrazione n. 2002/4342.

[30]   Procedura di infrazione n. 2001/4156.

[31]   Procedura di infrazione n. 2003/5145.

[32]   Procedura di infrazione n. 2003/5046.

[33]   Procedura di infrazione n. 2001/5308.

[34]   Legenda: MM messa in mora; MMC messa in mora complementare; PM parere motivato; PMC parere motivato complementare; RIC preannunciato ricorso alla Corte di giustizia; SC sentenza della Corte di giustizia; MM2 o PM2 messa in mora o parere motivato in esecuzione di sentenza di inadempimento MA mancata attuazione; VDC violazione diritto comunitario.

[35]   Il programma è stato istituito con la decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002.

[36]   La comunicazione sottolinea che va tenuto in considerazione, da un punto di vista ambientale, l’intero ciclo vitale delle risorse, essendo ormai riconosciuto che l’impatto ambientale di molte risorse è spesso connesso alla fase del loro utilizzo e non soltanto alla fase iniziale e finale del loro ciclo di vita.