XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||||
Titolo: | Impugnazione delle misure coercitive - AA.C. 589 e abb. | ||||||
Serie: | Progetti di legge Numero: 636 | ||||||
Data: | 23/09/04 | ||||||
Abstract: | Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa; schede di lettura; progetti di legge; iter alla Camera dei deputati; normativa di riferimento. | ||||||
Descrittori: |
| ||||||
Organi della Camera: | II-Giustizia | ||||||
Riferimenti: |
|
Servizio studi |
progetti di legge |
Impugnazione delle misure coercitive AAC. 589 e abb. |
n. 636 |
xiv legislatura 23 settembre 2004 |
Camera dei deputati
Dipartimento Giustizia
SIWEB
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File: gi0482.doc
INDICE
Scheda
di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per
l’istruttoria legislativa
§
Necessità dell’intervento
con legge
§
Rispetto delle competenze
legislative costituzionalmente definite
§
Impugnazione delle misure
cautelari personali
§
Impugnazione delle misure
cautelari reali
Contenuto delle proposte
di legge
Normativa di riferimento
§
Codice di procedura penale (artt. 124-128, 192,
272-325, 582, 583, 588, 606 e 623)
§
D.L. 23 ottobre 1996, n. 553. Disposizioni in
tema di incompatibilità dei magistrati e di proroga dell'utilizzazione per
finalità di detenzione degli istituti penitenziari di Pianosa e dell'Asinara.
§
L. 2 dicembre 1998, n. 420. Disposizioni per i
procedimenti riguardanti i magistrati.
Numero del progetto di legge |
589 |
Titolo |
Modifiche agli articoli 309, 310 e 324 del codice di procedura
penale concernenti la competenza in tema di impugnazione delle misure
cautelari personali e reali |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto processuale penale |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
3 |
Date |
|
§
presentazione
o trasmissione alla Camera |
6 giugno 2001 |
§
annuncio |
13 giugno 2001 |
§
assegnazione |
6 maggio 2002 |
Commissione competente |
2^ Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
1^ (Affari costituzionali) |
Numero del progetto di legge |
1379 |
Titolo |
Modifica all' articolo 309 del codice di procedura penale, in
materia di competenza giurisdizionale sui procedimenti riguardanti il riesame
delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto processuale penale |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
1 |
Date |
|
§
presentazione
o trasmissione alla Camera |
18 luglio 2001 |
§
annuncio |
19 luglio 2001 |
§
assegnazione |
19 novembre 2001 |
Commissione competente |
2^ Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
1^ Commissione (Affari costituzionali) |
Numero del progetto di legge |
1893 |
Titolo |
Modifiche al codice di procedura penale in attuazione dei princìpi del giusto processo |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto processuale penale |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
4 |
Date |
|
§
presentazione
o trasmissione alla Camera |
5 novembre 2001 |
§
annuncio |
6 novembre 2001 |
§
assegnazione |
13 febbraio 2002 |
Commissione competente |
2^ Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
1^ Commissione (Affari costituzionali) |
Numero del progetto di legge |
2339 |
Titolo |
Nuove norme per l' individuazione del tribunale competente per il
riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva |
Iniziativa |
2339 |
Settore d’intervento |
Diritto processuale penale |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
3 |
Date |
|
§
presentazione
o trasmissione alla Camera |
13 febbraio 2002 |
§
annuncio |
14 febbraio 2002 |
§
assegnazione |
15 aprile 2002 |
Commissione competente |
2^ Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
1^ Commissione (Affari costituzionali) |
Numero del progetto di legge |
3583 |
Titolo |
Modifiche agli articoli 311 e 623 del codice
di procedura penale, in materia di competenza nei giudizi successivi ad
annullamento con rinvio della Corte di cassazione di ordinanze emesse dal
tribunale per il riesame |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto processuale penale |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
2 |
Date |
|
§
presentazione
o trasmissione alla Camera |
23 gennaio 2003 |
§
annuncio |
27 gennaio 2003 |
§
assegnazione |
12 marzo 2003 |
Commissione competente |
2^ Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
1^ Commissione (Affari costituzionali) |
Tutte le proposta di legge intervengono sul tema del riesame delle misure cautelari o del giudizio di rinvio a seguito dell’esame della relativa ordinanza da parte della Corte di cassazione.
Motivo ispiratore comune ai diversi provvedimenti appare essere quello dell’individuazione di un diverso giudice del riesame, di volta in volta individuato nella Corte d’appello (A.C. 589 e 1893), nel tribunale con competenza circondariale anziché distrettuale (A.C.1379 e 2339), in un tribunale con diversa composizione collegiale nell’ipotesi di rinvio da parte della Corte di cassazione (A.C. 3583).
Si tratta di proposte di legge di iniziativa parlamentare,
corredate, pertanto, della sola relazione illustrativa.
I provvedimenti in esame contemplano interventi specifici su articoli del codice di procedura penale: si giustifica, pertanto, l’utilizzazione dello strumento legislativo.
Le proposta di legge intervengono in materia di diritto processuale penale: si tratta,pertanto, di materia rientrante nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione.
Per le osservazioni alla formulazione del testo si fa rinvio al contenuto delle schede.
Il codice processuale penale disciplina agli artt. 309-311 il regime delle impugnazioni contro le misure cautelari personali.
Com’è noto, le misure cautelari, sia personali che reali, sono garantite da mezzi di gravame autonomi rispetto alla sentenza che definisce il giudizio di merito; tali strumenti consentono una verifica anticipata e rapida (rispetto ai tempi necessariamente lunghi del giudizio principale) della legittimità dei presupposti del provvedimento restrittivo adottato dal giudice.
Detto che, in base al principio generale sancito dall’art. 588, comma 2, c.p.p., le impugnazioni contro i provvedimenti in materia di libertà personale non hanno in alcun caso effetto sospensivo, si ricorda che la disciplina codicistica delle impugnazioni dei provvedimenti cd. de libertate (tra cui particolare rilievo assume la custodia cautelare) si articola in due gradi: di merito (riesame e appello, alternativi tra loro) e di legittimità (ricorso per cassazione).
L’esperibilità del riesame o dell’appello dipende dal contenuto dell’ordinanza impugnata: il riesame è riservato all’ordinanza che dispone una misura coercitiva (art. 309 c.p.p.) mentre tutte gli altri tipi di ordinanza in materia di misure cautelari (sia coercitive che interdittive) diverse da quelle assoggettabili a riesame, con criterio residuale, sono impugnate mediante l’appello (art. 310 c.p.p.).
La competenza a decidere sulla richiesta di riesame delle ordinanze che dispongono una misura cautelare coercitiva[1] spetta al cd. tribunale del riesame (o tribunale della libertà).
L’art. 309 c.p.p. illustra il procedimento d’impugnazione delle ordinanze cautelari personali, scandito da tempi particolarmente rapidi; in sintesi, le fasi previste dal codice sono le seguenti:
1) presentazione della richiesta di riesame anche nel merito da parte dell’imputato[2] o dal suo difensore (rispettivamente, entro 10 giorni dall’esecuzione o notifica del provvedimento ovvero dalla notifica dell’avviso di deposito dell’ordinanza) presso la cancelleria del tribunale distrettuale (cioè del luogo sede di corte d’appello) o presso la sezione distaccata della corte d’appello nella cui circoscrizione è compreso l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza impugnata. Particolari disposizioni sono previste per il decorso del termine di impugnazione da parte dell’imputato latitante.
2) avviso immediato dell’avanzata impugnazione da parte del presidente del tribunale all’autorità giudiziaria procedente;
3) trasmissione entro 5 giorni, da parte di quest’ultima, al tribunale del riesame degli atti del procedimento e degli eventuali nuovi elementi sopravvenuti favorevoli all’indagato; l’inosservanza del termine comporta l’inefficacia della misura;
4) decisione del tribunale del riesame in composizione collegiale (all’udienza camerale partecipa il PM presso lo stesso tribunale distrettuale ovvero quello che ha richiesto la misura), entro 10 dalla ricezione degli atti (anche in tal caso, a pena dell’inefficacia della misura); i provvedimenti assunti possono essere:
·
declaratoria
di inammissibilità della richiesta;
·
annullamento,
· riforma o conferma dell’ordinanza cautelare, tenendo eventualmente conto anche degli elementi addotti in udienza dalle parti.
Si attribuisce poi al tribunale del riesame il potere di annullamento o di riforma del provvedimento in senso più favorevole all’imputato anche sulla base di motivi diversi da quelli enunciati; allo stesso modo, il giudice del gravame potrà, all’opposto, confermarlo anche per motivi diversi da quelli indicati nella motivazione dell’ordinanza.
Tale ampia disponibilità del merito del provvedimento rivela la “natura di mezzo totalmente devolutivo” riconosciuta alla richiesta di riesame (Conso-Grevi).
L’altro mezzo di impugnazione delle ordinanze che dispongono misure coercitive personali, l’appello (art. 310 c.p.p.) è, come accennato, residuale rispetto al riesame.
Sono, infatti appellabili:
a) le ordinanze coercitive non riesaminabili, cioè quelle che non costituiscono ma modificano, sostituiscono, revocano o ripristinano misure già eseguite ovvero che rigettano la richiesta di richiesta di applicazione da parte del PM;
b) le ordinanze relative a misure interdittive (artt. 288-290 c.p.p.);
c) i provvedimenti che sospendono i termini di durata massima della custodia cautelare o la loro proroga in corso di indagine;
d) le ordinanze che disciplinano le modalità attuative degli arresti domiciliari.
L’art. 310 c.p.p.
stabilisce che, fuori dei casi di riesame, il PM, l'imputato e il suo difensore
possono proporre appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari
personali, enunciandone contestualmente i motivi. Giudice dell’impugnazione è
sempre il tribunale del riesame ovvero il tribunale del distretto di corte
d’appello competente per territorio (o la sezione distaccata di corte
d’appello).
Le fasi procedimentali dell’appello sono
sostanzialmente le stesse della richiesta di riesame, cui del resto l’art. 310
fa espresso rinvio precisando l’osservanza delle disposizioni dell’art. 309,
commi 1, 2, 3, 4 e 7 (comma 2).
La più marcata differenza si ravvisa nel termine per la decisione
sull’appello che è doppio (20 gg.) rispetto a quello previsto dall’art. 309.
In applicazione della regola generale sulle impugnazioni di cui all’art. 588, comma 1, c.p.p. è prevista la sospensione dell’esecuzione dell’ordinanza cautelare che accolga l’appello del PM (ad es., in caso di rigetto di una sua richiesta al GIP) fino a che la decisione non sia divenuta definitiva (comma 3).
L’impugnazione di legittimità dell’ordinanza de libertate emesse in sede di riesame ovvero a seguito di appello ex art. 310 c.p.p., è di competenza della corte di cassazione (art. 311 c.p.p.).
In tal caso, può proporre impugnazione (da presentare entro 10 giorni dalla comunicazione o dalla notifica dell’avviso di deposito del provvedimento) oltre che l’imputato e il difensore, anche il P.M. che ha richiesto al giudice la misura o, ancora, il P.M. presso il tribunale del distretto.
Peraltro, in luogo della richiesta di riesame al tribunale, è proponibile il ricorso diretto per cassazione[3] (cd. ricorso per saltum o omisso medio) da parte dell’imputato o del suo difensore; tale ricorso rende inammissibile, però, la richiesta di riesame.
Con il ricorso, da presentare presso la cancelleria del giudice a quo, devono essere contestualmente indicati i motivi, ma il ricorrente può enunciarne di nuovi prima dell’inizio della discussione.
L’oggetto del ricorso riguarda solamente i vizi di legittimità specificamente previsti dall’art. 606 c.p.p.[4]; il codice di rito, non attribuisce, infatti alla cassazione di rivedere gli elementi materiali e di fatto delle vicende oggetto di indagine per verificarne la veridicità.
Alla Suprema Corte spetta invece la verifica di legittimità con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento dell’applicazione della misura; tale controllo mira all’accertamento, alla base della pronuncia cautelare, da un lato, del concreto apprezzamento delle risultanze processuali; dall’altro, del fatto che la motivazione non sia soltanto assertiva o inficiata da errori logico-giuridici. Resta in ogni caso esclusa ogni valutazione sui fatti indizianti a carico dell’indagato in relazione alle apprezzate esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p.. I motivi del ricorso attengono, comunque, tutti a violazione di legge; è tale lo stesso difetto di motivazione, che viola le norme sulla valutazione delle prove e sulla enunciazione dei motivi della decisione.
La cassazione decide sul ricorso in camera di consiglio entro 30 giorni dalla ricezione degli atti. Il termine non è, però, perentorio e il suo spirare in assenza della decisione sull’impugnazione è sprovvisto di sanzione processuale, non comportando, quindi, la decadenza dell’ordinanza impugnata.
Per l’impugnazione dei provvedimenti che dispongono i cd. sequestri cautelari, sequestro conservativo (art. 316 c.p.p.) e preventivo (art. 321 c.p.p.), il sistema codicistico (artt. 324, 325) prevede una disciplina analoga a quella descritta per le misure cautelari personali.
Anche, in tal caso, esiste un grado di merito ed uno di legittimità: il primo è costituito dal riesame (per il sequestro conservativo anche l’appello), mentre il secondo è attivabile con il ricorso per cassazione.
L’art. 324 c.p.p. disciplina il procedimento di riesame
delle misure cautelari reali, valido sia per il riesame del decreto di
sequestro conservativo e preventivo, che per quello di sequestro penale (art.
257 c.p.p.), anche in tal caso, ricalcando
sostanzialmente le fasi procedimentali del
sopradescritto art. 309 c.p.p..
L’art. 324 prevede la presentazione
della richiesta di riesame nella cancelleria del tribunale indicato al comma
nel comma 5, ovvero del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio
che ha emesso il provvedimento, entro 10 dalla data di esecuzione del
provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l'interessato
ha avuto conoscenza dell'avvenuto sequestro. La richiesta fa riferimento
alle modalità di presentazione dell’impugnazione previste dalle regole generali
cui all’art. 582 c.p.p. . Particolari
regole sono specificate per la comunicazione dell’avviso della data fissata per
l’udienza di trattazione in caso di richiesta proposta dall'imputato non
detenuto né internato ovvero proposta da altra persona.
La
cancelleria dà immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro
il giorno successivo, trasmette al tribunale gli atti su cui si fonda il
provvedimento oggetto del riesame. Disposizione analoga a quella dell’art. 309 c.p.p. è prevista per i motivi, che se nuovi, sono enunciabili
previa verbalizzazione prima dell'inizio della
discussione davanti al giudice del riesame.
Sulla
richiesta di riesame decide entro 10 giorni dalla ricezione degli atti,
in composizione collegiale e con rito camerale, il tribunale circondariale
cioè quello del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha
emesso il provvedimento.
Almeno
tre giorni prima, l'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato al PM
e notificato al difensore e a chi ha proposto la richiesta. Fino al giorno
dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria.
A differenza che per il riesame e l’appello
sulle misure coercitive personali, non è però espressamente prevista, per il
difensore, la possibilità di esaminare e copiare gli atti depositati
E’
fatto poi rinvio alle previsioni dell’art. 309 c.p.p.
per quel che riguarda i termini e l’esito della decisione del tribunale del
riesame (v. ante) ed è precisato che
la revoca del provvedimento di sequestro può essere parziale e non può essere
disposta nei casi di confisca obbligatoria (art. 240, comma 2, c.p.)[5]. Se sorge
contestazione sulla proprietà (delle cosa sequestrata), il giudice del riesame rinvia
la decisione della controversia al giudice civile, mantenendo nel frattempo il
sequestro.
Contro
le decisioni emesse in materia di misure cautelari reali è ammesso ricorso per
cassazione per violazione di legge da parte dell’imputato, del suo difensore e del
P.M (art. 325 c.p.p.). Contro il decreto di sequestro è ammesso,
entro 10 gg,
il ricorso diretto in cassazione saltando la fase del riesame, in tal
caso non più ammissibile.
Finalità delle proposte di legge C. 589 e C. 1893 è quella di sottrarre al tribunale del riesame la competenza sui gravami contro le ordinanze che dispongono misure coercitive; nuovo giudice dell’impugnazione è, per entrambe le proposte di legge, la corte d’appello.
Le motivazioni alla base di tale trasferimento di competenza risiedono nelle acclarate carenze di organico, rese più drammatiche dall’aumento esponenziale del numero di pendenze e dei processi in corso nonché nella constatata difficoltà nella composizione delle sezioni del riesame, che costringono frequentemente alle applicazioni di giudici, spesso meno esperti. Viene segnalata poi la circostanza che l’attribuzione dell’indicata competenza alla corte d’appello, meno gravata come numero di procedimenti, consentirebbe, rispetto al tribunale una maggiore serenità e distacco nelle decisioni, sanando, inoltre l’anomalia dell’impugnazione di un provvedimento di un organo giudiziario superiore (la corte d’appello) decisa da un organo giudiziario inferiore (il tribunale). Ulteriore rilievo assume poi la circostanza relativa alle difficoltà di composizione delle sezioni del riesame conseguente alle incompatibilità per atti compiuti nel corso del procedimento; inoltre, deve essere oggetto di ponderata valutazione la circostanza che spesso - per i passaggi di funzione dei magistrati - vede come componenti delle sezioni del riesame ex GIP e pubblici ministeri, fino a poco prima, a diverso titolo, protagonisti dell’iniziativa e delle decisioni di primo grado sulle misure coeercitive.
L’articolo 1 delle proposte di legge C. 589 e C. 1893, modificando l’art. 309 c.p.p., attribuisce alla corte d’appello la competenza sul riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive personali.
L’art. 1 della p.d.l. C. 589 sostituisce a tal fine il comma 7 dell’art. 309 (che indica l’attuale competenza del tribunale del riesame), con conseguente necessario coordinamento normativo del precedente comma 4 della stessa norma.
Sul
punto, si rileva che intervento di analoga natura risulta necessario anche in
relazione al contenuto dei commi 5, 8, 8-bis e 9 dell’art. 309 c.p.p.
L’art. 1 della p.d.l. C. 1893 oltre ad individuare direttamente (comma 1) al comma 4 dell’art. 309 c.p.p. il nuovo giudice dell’impugnazione - precisando inoltre l’osservanza delle forme relative alla presentazione e spedizione dell’atto di gravame indicati agli artt. 582 e 583 c.p.p.- interviene con modifiche sui successivi commi 5, 7, 8 e 8-bis dell’art. 309, modifiche aventi tutte natura di coordinamento normativo con l’avvenuto trasferimento di competenza (commi 2, 3, 4 e 5).
Si
segnala, a tal proposito, la mancanza di coordinamento con il contenuto del
comma 9 dell’art. 309.
Va, inoltre, rilevato che la
relazione illustrativa della p.d.l. C. 1893 riferisce
di un intervento sullo stesso comma 9 dell’art. 309, volto all’allungamento dei
termini per la decisione del giudice del riesame (individuato dai proponenti
nella corte d’appello); tale intervento, in realtà, non risulta
dall’articolato.
Gli articoli successivi delle due proposte di legge riguardano
pressoché integralmente modifiche delle norme codicistiche
resesi necessarie per le citate esigenze di coordinamento normativo derivanti
dall’avvenuta individuazione della corte d’appello come giudice
dell’impugnazione delle misure coercitive personali.
A tal fine l’articolo 2 della p.d.l. C. 589 modifica i commi 2 e 3 dell’art. 310 c.p.p, relativo all’appello sulle misure cautelari personali; il corrispondente articolo 2 della p.d.l. C. 1893 riformula agli stessi fini il contenuto del comma 2 dell’art. 310, introducendo, inoltre, le seguenti modifiche:
a) è previsto un termine maggiore per la decisione sull’impugnazione - che passa a 30 gg, rispetto ai 20 attualmente previsti (dalla ricezione degli atti) – da parte del tribunale del riesame;
b) è introdotta la possibilità di una riduzione del termine di 30 gg. su richiesta dell’indagato e conforme provvedimento del giudice (verosimilmente, il presidente della corte d’appello); da tale richiesta decorre il nuovo termine (minimo 10 gg);
c) è stabilito, entro i citati 30 gg., l’obbligo di deposito della motivazione contestuale a quello del provvedimento.
Si ricorda che,
attualmente, basta il deposito del solo dispositivo dell’ordinanza nel termine
dei 10 gg per rendere valida l’applicazione di una
misura cautelare. La stessa Corte di cassazione ha escluso l’effetto caducatorio della misura in caso di mancato deposito nel
termine della motivazione. La Suprema Corte ha infatti affermato (S.U., sent. 3
luglio 1996, n. 7) che mediante tale deposito “si rende certo, per gli interessati, che la decisione - con quel
determinato, irreversibile contenuto - e' intervenuta nel termine e si rende altresi' possibile l'adozione degli eventuali conseguenti
provvedimenti; la motivazione dell'ordinanza di riesame, viceversa, in applicazione della norma generale sul
procedimento camerale di cui all'art. 128 c.p.p..,
puo' essere depositata, senza influenza alcuna
sull'efficacia della misura, nel termine
ordinatorio – la cui osservanza e'
tuttavia doverosa per il giudice ai sensi dell'art. 124 c.p.p.
- dei cinque giorni successivi alla deliberazione predetta”.
Anche l’articolo 3 della p.d.l C. 1893, di modifica del comma 1 dell’art. 311 c.p.p. relativo al ricorso per cassazione contro le decisioni assunte in sede di riesame e di appello, ha finalità di coordinamento con le nuove previsioni introdotte.
Va
segnalato che analogo intervento sull’art. 311 c.p.p.
manca, invece, nella proposta di legge C. 589.
L’articolo 4 della p.d.l. C. 1893 e l’articolo 3 della p.d.l. C. 589 modificano, per le più volte indicate necessità di coordinamento, l’art. 324 del codice di rito, relativo al procedimento di riesame delle ordinanze che dispongono misure cautelari reali (v. ante).
L’unica modifica sostanziale è introdotta dalla p.d.l. C. 1893 e riguarda il comma 5 dell’art. 324 c.p.p., che aumenta da 10 a 15 gg il termine entro il quale il giudice dell’impugnazione (la corte d’appello) decide sulla richiesta di riesame.
Si osserva che l’art. 4 della stessa p.d.l. C. 1893 non prevede il coordinamento normativo del comma 3 dell’art. 324.
La proposta di legge A.C. 1379, sostituendo il comma 7 dell’articolo 309 del c.p.p. (Riesame delle
ordinanze che dispongono una misura coercitiva), prevede una competenza
circondariale dei tribunali competenti ad esprimersi sul riesame delle
misure cautelari coercitive, in luogo della competenza distrettuale
attualmente stabilita.
Come evidenziato nella relazione illustrativa, infatti, tale modifica viene ritenuta funzionale alla salvaguardia del diritto di difesa del detenuto che, attualmente, non viene tradotto in camera di consiglio allorché ristretto in altro circondario ed alla funzione del difensore non residente in sede distrettuale, attualmente costretto ad estenuanti trasferimenti da un tribunale all’altro del distretto giudiziario.
Anche la proposta di legge A.C. 2339, che
si compone di tre articoli interviene in tema di individuazione del
tribunale competente al riesame delle misure cautelari.
L’articolo 1, attribuisce la competenza a decidere sulla richiesta di riesame al tribunale che ha sede nel capoluogo del circondario determinato dalla legge.
Il successivo articolo 2, inserendo l’articolo 92 bis nelle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, stabilisce i criteri per l’individuazione del tribunale competente agli effetti di quanto stabilito dal nuovo comma 7 dell’articolo 309 c.p.p.
Più in particolare viene precisato che la competenza spetta ad un tribunale diverso da quello nel cui circondario ha sede l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza, ma ricompreso nello stesso distretto di corte d’appello: la determinazione di tale tribunale dovrà avvenire sulla base della Tabella A bis allegata dall’articolo 3 alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.
Nell’individuazione dei tribunali competenti per il riesame si è scelto un criterio di prossimità geografica rispetto al circondario del giudice che ha emesso il provvedimento, ed un meccanismo nel quale si realizza una “circolarità” (analoga a quella attivata con la legge 2 dicembre 1998, n. 420, per i processi riguardanti i magistrati) all’interno di ciascun distretto di corte d’appello.
Nella relazione illustrativa, tuttavia, viene evidenziata la possibile emendabilità della tabella per quanto attiene agli abbinamenti delle sedi giudiziarie, ispirati ad una visione geografica e funzionale oggettiva nelle intenzioni ma verosimilmente criticabile in talune delle singole articolazioni territoriali.
Partendo dalla
considerazione delle peculiarità che assume il giudizio di rinvio nel caso in
cui la Corte di cassazione annulli l’ordinanza emessa dal tribunale per il
riesame, la proposta di legge A.C. 3583 è diretta a
garantire la diversità del giudice-persona in tale giudizio (vale a dire la
diversità tra il giudice che ha emesso il provvedimento annullato e quello
investito a seguito dell’annullamento), non assicurata dall’attuale
formulazione della lettera a) del comma 1 dell’articolo 623 c.p.p.
(Annullamento con rinvio).
Va ricordato che la citata lettera
a) del comma 1 dell’articolo 623 prevede che nel caso in cui sia annullata
un’ordinanza , la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al
giudice che l’ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di
annullamento.
Come evidenziato nella
relazione illustrativa, infatti, l’importanza
della verifica afferente la legittimazione all’adozione dei provvedimenti
restrittivi – che toccano la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza – non
può non indurre il legislatore ad una ponderazione della citata scelta
normativa .Il giudice, infatti, oltre che essere terzo ed imparziale deve
essere posto in condizione di affrontare con mente vergine, non attraversata da
prevalutazioni, la vicenda giuridica e fattuale posta al suo vaglio. Peraltro il giudice oltre che
– come detto – essere terzo ed imparziale deve sembrare tale all’esterno.
Tale risultato viene
realizzato mediante l’intervento su due articoli del codice di procedura
penale.
L’articolo 1 della
proposta, aggiungendo due commi (5 e 5 bis)
all’articolo 311 c.p.p. (Ricorso per cassazione), stabilisce espressamente che in caso di
annullamento con rinvio al tribunale per nuovo esame il giudice deve
essere diverso da quello che ha pronunciato il provvedimento impugnato.
Qualora si determini
l’impossibilità di comporre il nuovo collegio in tal senso il giudizio si
svolge dinanzi alla sezione per il riesame del tribunale territorialmente più
vicino.
L’articolo 2,
contestualmente, interviene sull’articolo 623, comma 1, lettera a) c.p.p., temperando la regola da esso stabilita con
l’espressa eccettuazione delle previsioni contenute
nei commi 5 bis e 5 ter dell’articolo 311 (inseriti
dall’articolo 1 della proposta).
N. 589
¾
CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato COLA ¾ |
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Modifiche agli articoli 309, 310 e 324 del codice di procedura penale concernenti la competenza in tema di impugnazione delle misure cautelari personali e reali |
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Presentata il 6
giugno 2001
¾¾¾¾¾¾¾¾
Onorevoli Colleghi! - Dopo oltre dieci anni
dalla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, non si può
affermare, senza incontrare un diffuso dissenso, che il nuovo codice abbia
contribuito a far superare l'allarmante crisi che da tanto tempo caratterizza
la giustizia italiana.
A parte le più volte denunciate carenze di
struttura e di organico, l'impressionante aumento delle pendenze e dei processi
nella fase del giudizio, con la conseguente impossibilità di definirli se non
con il ricorso a provvedimenti di clemenza o per il maturare della
prescrizione, è determinato in gran parte da incomprensibili scelte normative,
che mal si conciliano con la ratio del codice, imponendo decisioni che
sortiscono risultati diametralmente opposti a quelli individuati dai relatori
come gli obiettivi da raggiungere.
Basterà in proposito rilevare che nelle
previsioni, per assicurare un perfetto equilibrio tra gli organi giudiziari ed
una conseguente efficienza, la fase del giudizio non avrebbe dovuto essere
caricata da più del 15 per cento delle notizie di reato iscritte nell'apposito
registro. Invece, i dati statistici di questi anni segnalano che perviene una
percentuale di processi di gran lunga maggiore, che in alcuni distretti supera,
addirittura, il 90 per cento.
E' agevole a questo punto comprendere perché
non si celebrano i processi; ma è ancor più agevole capire come sia divenuto
improbo il lavoro degli organi giudicanti, e particolarmente, quello del
tribunale, che oltre ad avere un carico di lavoro obiettivamente insostenibile
è chiamato a svolgere la più delicata delle funzioni in ogni processo:
l'acquisizione (praticamente ex novo) della prova.
Già in relazione a questa funzione i giudici
del tribunale, nonostante un riconosciuto spirito di abnegazione, non riescono
a smaltire più di un quarto del carico di lavoro.
Se, poi, si considera che il codice di rito
attribuisce al tribunale anche la funzione di decidere in sede di riesame e di
appello sulle misure cautelari e reali, si riesce a comprendere che in siffatto
frenetico contesto, caratterizzato dall'assillo di brevi termini e dall'estrema
delicatezza della materia, è ben difficile pretendere che le decisioni non
siano frettolose e che siano il frutto di una approfondita disamina degli atti,
a volte costituiti da migliaia di pagine.
Gli argomenti su esposti sarebbero di per sé
sufficienti per giustificare la presente proposta di legge.
Tuttavia vi sono non meno probanti rilievi che
dovrebbero indurre a ritenere quanto mai opportuno lo spostamento della
competenza a decidere in tema di riesame e di appello delle misure cautelari
personali e reali dal tribunale alla corte di appello.
Ed infatti, a parte la rassicurante serenità e
l'obiettivo distacco, la corte di appello è gravata da un minor carico di
processi ed, inoltre, è sganciata dall'onere della laboriosità e complessità
dell'acquisizione probatoria.
La proposta innovazione, inoltre, assi-curerebbe,
naturalmente nei limiti del possibile, una maggiore uniformità di indirizzo
giurisprudenziale.
Ma vi è di più: lo spostamento della competenza
sortirebbe altri positivi effetti:
scongiurerebbe il verificarsi di casi di
incompatibilità, destinati a bloccare iter processuali, a volte in fase
avanzata, ed eviterebbe, nel contempo, evidenti difficoltà al tribunale nella
costituzione dei collegi.
eviterebbe la insostenibile anomalia in atto,
per cui un organo giudiziario di grado inferiore (nel caso di specie il
tribunale per il riesame) sia chiamato a decidere in sede di appello sui
gravami proposti avverso i provvedimenti in tema di libertà personale, emessi
da un giudice di grado superiore (nel caso si specie la corte di appello);
eliminerebbe l'ulteriore anomalia, per la
quale, in sede di appello avverso provvedimenti "de libertate"
emessi dal tribunale, sia chiamato a decidere un giudice di pari grado.
In forza di tali rilievi, la proposta di legge
prevede le seguenti modifiche:
a) il comma 7 dell'articolo 309 del codice di
procedura penale viene così riformulato: "Sulla richiesta di riesame
decide la corte di appello, nel cui distretto ha sede l'ufficio del giudice che
ha emesso l'ordinanza";
b) al comma 4 dello stesso articolo, le parole:
"del tribunale indicato", sono sostituite dalle seguenti: "la
corte di appello indicata";
c) ai commi 2 e 3 dell'articolo 310, la parola:
"tribunale" è sostituita dalle seguenti: "corte di
appello", nella parte in cui viene esplicitamente indicata l'autorità
giudiziaria competente.
Seguendo gli stessi criteri va modificato
l'articolo 324 che regola il rito per il riesame delle misure reali.
proposta di legge ¾¾¾ |
Art. 1. 1. All'articolo
309 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: a)
il comma 7 è sostituito dal seguente: "7.
Sulla richiesta di riesame decide la corte di appello, nel cui distretto
ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza"; b)
al comma 4, le parole: "del tribunale indicato" sono sostituite
dalle seguenti: "della corte di appello indicata". Art. 2. 1. All'articolo
310 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: a)
al comma 2, secondo periodo, le parole: "al tribunale" sono
sostituite dalle seguenti: "alla corte di appello"; b)
al comma 2, quinto periodo, le parole: "il tribunale" sono
sostituite dalle seguenti: "la corte di appello". c)
al comma 3, le parole: "il tribunale" sono sostituite dalle
seguenti: "la corte di appello". Art. 3. 1.
All'articolo 324 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti
modificazioni: a)
al comma 1, le parole: "del tribunale" sono sostituite dalle
seguenti: "della corte di appello"; b)
al comma 3, le parole: "al tribunale" sono sostituite dalle
seguenti: "alla corte di appello"; c)
al comma 5, le parole: "il tribunale del capoluogo di provincia nella
quale" sono sostituite dalle seguenti: "la corte di appello nel cui
distretto"; d) al comma 6, le parole: "al tribunale" sono sostituite dalle seguenti: "alla corte di appello". |
N. 1379
¾
CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa
del deputato VITALI, MARRAS ¾ |
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Modifica all'articolo 309 del codice di procedura penale, in materia di competenza giurisdizionale sui procedimenti riguardanti il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva |
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¾¾¾¾¾¾¾¾
Presentata il 18
luglio 2001
¾¾¾¾¾¾¾¾
Onorevoli Colleghi! - Il decreto-legge 23
ottobre 1996, n. 533, ha modificato l'articolo 309 del codice di procedura
penale, prevedendo per il riesame e l'appello avverso le misure cautelari una
competenza distrettuale o di sezioni distaccate delle corti d'appello. Tale
disciplina modifica il diritto di difesa del detenuto, che non viene tradotto
in camera di consiglio allorché ristretto in altro circondario, e la funzione
del difensore non residente in sede distrettuale, costretto ad estenuanti
trasferimenti da un tribunale all'altro del distretto giudiziario. E'
necessario, pertanto, rivedere la problematica relativa al giudizio sulla
libertà in rapporto agli articoli 309 e 310 del codice di procedura penale nel
senso di ripristinare i giudizi in questione in sede circondariale.
E' opportuno ricordare che in sede di esame del
citato decreto-legge n. 553 del 1996, fu presentato dal proponente un ordine
del giorno che impegnava il Governo di centrosinistra ad una revisione delle
norme nel senso sopra prospettato. Nonostante il Governo avesse accolto tale
ordine del giorno la revisione delle norme introdotte con il citato
decreto-legge n. 553 del 1996 non fu attuata.
Diventa, quindi, fondamentale approvare al più
presto la presente proposta di legge che salvaguarda il diritto alla difesa del
detenuto.
proposta di legge ¾¾¾ |
Art. 1. 1.
Il comma 7 dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal
seguente: "7.
Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del
capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del giudice che ha
emesso l'ordinanza". |
N. 1893
¾
CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
|
PROPOSTA DI LEGGE |
|
d’iniziativa
dei deputati GIRONDA VERALDI, CARDIELLO, ¾ |
|
Modifiche al codice
di procedura penale in attuazione dei |
|
¾¾¾¾¾¾¾¾
Presentata il 5
novembre 2001
¾¾¾¾¾¾¾¾
Onorevoli Colleghi! - L'istituto
dell'impugnazione delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva presenta
un difetto di origine che consiste nell'avere attribuito la cognizione dei
gravami al tribunale, cosiddetto del "riesame".
L'esperienza maturata in sede giudiziaria,
specie quella recente, è tale da imporre, e con urgenza, la modifica
all'articolo 309 del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede la
competenza del tribunale a decidere, in sede di impugnazione, in ordine a tutti
i provvedimenti che incidano direttamente od indirettamente sulla libertà del
cittadino.
Il giudice chiamato a decidere su detti
provvedimenti deve infatti possedere professionalità, competenza tecnica,
esperienza, equilibrio, serenità ed imparzialità.
Nell'ambito del più ampio concetto di crisi
della giustizia va collocata quella che affligge la sezione del tribunale del
riesame.
Le cause sono molteplici, tutte note specie a
coloro che spesso ne soffrono le conseguenze.
Ed infatti:
gli scaffali delle segreterie sono intasati
anche perché i presidenti delle sezioni hanno difficoltà a comporre i collegi a
causa della mancata disponibilità di organico;
spesso si deve ricorrere al rimedio
dell'applicazione, che si rivela deleterio in quanto si è costretti
all'interpello del giudice che si ritenga adeguato all'esercizio della delicata
funzione, ma, in caso di non consenso, si deve ripiegare verso l'applicazione
del giudice che, avendo meno anzianità (e quindi meno esperienza), non può
declinare il provvedimento di applicazione;
inoltre, la mancanza di un congruo organico non
consente di predisporre e realizzare un calendario di udienza utile a sostenere
l'impatto dell'enorme carico di lavoro.
Senza aggiungere che l'obbligo di rispetto dei
termini perentori, previsti a pena d'inefficacia, rende caotiche le udienze con
ovvio sacrificio delle esigenze di difesa e dell'impegno del giudice.
Ancora più grave è che, a causa del consentito
e non infrequente passaggio dall'esercizio di una funzione all'altra, può
avvenire (e spesso avviene) che siano chiamati a comporre il collegio ex
magistrati del pubblico ministero o ex giudici per le indagini preliminari. Il
che può ragionevolmente ingenerare il sospetto, fondato o meno ha poca
importanza, che il giudizio espresso possa essere stato influenzato dalla
partecipazione di tali giudici.
Si registra specie nei piccoli tribunali il
fenomeno della incompatibilità dei giudici a causa della pregressa loro
partecipazione in altre fasi del procedimento o del processo.
L'esperienza maturata da chi ancora si ostina
ad affrontare il giudizio del tribunale del riesame, consente di stabilire che
solo una minima percentuale di istanze di riesame o di appelli viene accolta e
che il maggior numero di accoglimenti è in gran parte costituito dall'esito
delle impugnazioni proposte dal pubblico ministero.
Sta di fatto che, mentre le ordinanze "de libertate", per quel che si è detto, appaiono nella
maggior parte dei casi immuni da vizi, altrettanto non accade per le sentenze
di merito, più di sovente riformate dalla corte di appello. Né si può
continuare a sostenere che il giudizio cautelare è meno profondo di quello che
esprime il giudice della cognizione; basti, a tale riguardo, considerare che
oggi l'articolo 273, comma 1-bis, del codice di procedura penale richiama e fa
proprio il criterio di valutazione della prova espresso dall'articolo 192,
comma 3, dello stesso codice, che è norma dettata in origine per il giudizio.
Se la competenza, che oggi è del tribunale,
fosse definitivamente affidata alla corte di appello, organo di giurisdizione
certamente più distante da quello che ha apprezzato la necessità cautelare,
potremmo contare su un accertamento del tutto più rassicurante su materie la
cui tutela costituisce un primario dovere per lo Stato, pur nella
contrapposizione tra libertà personale (tutela del patrimonio e dell'economia
più in generale), e necessità afferenti alla gestione del processo penale.
Si rende pertanto necessario intervenire sugli
articoli 309, 310, 311, e 324 del codice di procedura penale, nella parte in
cui assegnano al tribunale la competenza a conoscere delle impugnazioni,
diverse dal ricorso per cassazione, avverso ogni provvedimento "de libertate".
Si renderà necessario, inoltre, ogni conseguenziale intervento legislativo volto alla modifica
della norma applicativa delle regole contenute nei suddetti articoli.
Altro intervento, che si rende indispensabile
nella prospettiva di offrire una giustizia di migliore qualità, è quello di
allungare il termine entro cui il giudicante deve emettere il provvedimento
conclusivo del riesame. L'articolo 309, al comma 9, prevede che il tribunale
(la corte di appello, secondo le aspirazioni riformiste del proponente) decida
"entro dieci giorni dalla ricezione degli atti", pena la perdita di
efficacia della misura cautelare, così come è detto nel comma 10 del medesimo
articolo. La norma, che certamente pone doveroso riguardo all'esigenza di
rapidità del giudizio, non tiene conto della notevole quantità di
maxiprocedimenti la cui presenza, certamente da evitare stante la dichiarata
volontà del legislatore del 1988,spesso non consente ai giudici del riesame la
doverosa ed approfondita lettura degli atti, nei tempi indicati dalla norma
stessa. Tale situazione è destinata ad incidere sempre più negativamente sulla
sorte del procedimento incidentale di che trattasi.
Anche i difensori spesso non hanno tempo e modo
di studiare gli atti numerosi e complessi che caratterizzano detti
procedimenti.
Ed allora, si è dovuto ricorrere ad espedienti
procedurali che, certamente, non trovano una loro giustificazione nella legge.
La giurisprudenza di legittimità (Cassazione
Sezioni unite 17 aprile 1996 Moni e 25 marzo 1998 Mammo e Maiolo) ha finito per
ritenere la sufficienza, ai fini del permanere dell'efficacia della misura
cautelare, del deposito del solo dispositivo. Pur nel rispetto della ricordata
giurisprudenza, non si può non dissentire dalle argomentazioni poste a
fondamento delle citate decisioni, perché non sono compatibili con i princìpi cui si ispira il nostro sistema processuale.
In primo luogo, deve osservarsi che la natura e
la struttura del provvedimento-ordinanza, così come delineate dal nostro codice
di rito, non consentono di concepire un dispositivo di ordinanza che sia
disgiunto dalla sua motivazione. L'articolo 125, comma 3, prevede che "le
sentenze e le ordinanze sono motivate, a pena di nullità". Tuttavia,
mentre per le sentenze è previsto il deposito differito della motivazione, una
simile previsione non è per le ordinanze. Gli articoli 127 e 128 del medesimo
codice di procedura penale, che disciplinano il procedimento in camera di
consiglio, richiamato dall'articolo 309, comma 8, escludono la possibilità che
il dispositivo possa esplicare effetti se distinto dalla sua motivazione.
In altri termini, il legislatore si è
preoccupato di offrire al destinatario dell'ordinanza la possibilità
dell'immediata percezione delle ragioni poste a sostegno del provvedimento
giurisdizionale.
Va rilevato ancora che, mentre la norma
generale contenuta nell'articolo 128 del codice di procedura penale prevede,
per il deposito in cancelleria del provvedimento adottato in camera di
consiglio, il termine ordinatorio di cinque giorni, decorso inutilmente il
quale nulla accade di particolarmente significativo, la norma speciale ex
articolo 309, comma 10, prevede che, nel caso di inutile decorso del termine di
dieci giorni dall'arrivo degli atti (termine perentorio entro cui prendere la
decisione), la misura cautelare in atto diviene inefficace. Consentire la
separazione tra dispositivo e motivazione e, di conseguenza, attribuire una
autonoma valenza al solo dispositivo significa legittimare la violazione di
quella disposizione di legge che impone che il provvedimento conclusivo del
procedimento incidentale di che trattasi sia adottato nel termine perentorio di
dieci giorni. Infatti, accontentarsi di un dispositivo emesso in dieci giorni,
e consentire che la motivazione sia liberamente depositata dal giudicante,
significa offrire la possibilità di concludere il procedimento di riesame in un
termine superiore rispetto a quello indicato dalla legge e, in ogni caso,
rinunziare ad un tempestivo controllo giurisdizionale sulla decisione. Tanto è
certamente di pregnante significato, dal momento che il soccombente dovrà
necessariamente aspettare la motivazione per poter esperire i gravami
consentiti; a meno che non si voglia legittimare un ricorso per cassazione
"alla cieca", senza conoscere le ragioni di fatto e di diritto per le
quali il provvedimento reiettivo è stato adottato. In
altri casi, ci si è accontentati di motivazioni a stampa, utilizzabili per
ciascun tipo di provvedimento, con l'unico obiettivo di rispettare il termine,
senza tuttavia rendere giustizia, e finendo con lo snaturare la finalità
propria del procedimento incidentale, che è quello di controllare la regolarità
sostanziale e formale dei provvedimenti "de libertate".
Si impone pertanto, quale rimedio ormai improcrastinabile, quello di offrire al
giudicante un tempo più lungo per rendere una decisione, che sia la più
appagante, e di chiarire che l'ordinanza deve essere necessariamente motivata,
perché, così come è nello spirito originario della legge, essa sia in grado di
spiegare, contestualmente alla sua adozione, le ragioni della decisione.
La presente proposta di legge prevede che al
giudice del gravame (la corte di appello) sia dato un termine, ai fini della
decisione, maggiore di quello di dieci giorni, che è quello attuale.
Si propone pertanto l'obbligo del deposito del
provvedimento, con relativa contestuale motivazione, in trenta giorni dalla
ricezione degli atti. Detto termine viene ridotto, su istanza dell'interessato,
che allo scopo deve presentare apposita istanza.
Il nuovo termine decorre dalla data di
presentazione dell'istanza, ma non può essere inferiore a dieci giorni, in modo
che il tribunale, anche nei procedimenti di semplice lettura, possa disporre di
tempi utili ai fini della decisione.
proposta di legge ¾¾¾ |
Art. 1. 1. Il comma 4
dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: "4.
La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria della corte di
appello. Si osservano le forme previste dagli articoli 582 e 583". 2. Al comma 5
dell'articolo 309 del codice di procedura penale, le parole: "trasmette
al tribunale" sono sostituite dalle seguenti: "trasmette alla corte
di appello". 3. Il comma 7
dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: "7.
Sulla richiesta di riesame decide la corte di appello o la sezione
distaccata della stessa nel cui distretto è compreso l'ufficio del giudice
che ha emesso l'ordinanza". 4. Il comma 8
dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: "8.
Il procedimento davanti alla corte di appello si svolge in camera di
consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. L'avviso della data fissata
per l'udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero
presso la corte di appello. Esso è notificato, altresì, entro lo stesso
termine, all'imputato ed al suo difensore. Fino al giorno dell'udienza, gli
atti restano depositati in cancelleria con facoltà per il difensore di
esaminarli e di estrarne copia". 5. Il comma 8-bis
dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal
seguente: "8-bis.
Il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura può
partecipare all'udienza in luogo del pubblico ministero indicato nel comma 8,
quale sostituto del procuratore generale, allorché questi, avuta richiesta in
tale senso, lo ritenga opportuno". Art. 2. 1. Il comma 2
dell'articolo 310 del codice di procedura penale, è sostituito dal seguente: "2.
Si osservano le disposizioni dell'articolo 309, commi 1, 2, 3, 4 e 7.
Dell'appello è dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che,
entro il giorno successivo, trasmette alla corte di appello l'ordinanza
appellata e gli atti su cui la stessa si fonda. La corte di appello decide
entro trenta giorni dalla ricezione degli atti. Se l'indagato chiede che tale
termine venga ridotto, il presidente provvede in conformità. Il nuovo termine
decorre dalla data di presentazione dell'istanza e non può essere inferiore a
dieci giorni. La motivazione va depositata contestualmente al
provvedimento". Art. 3. 1. Il comma 1
dell'articolo 311 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: "1.
Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, l'imputato
ed il suo difensore nonché il pubblico ministero presso la corte di appello,
possono proporre entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione
dell'avviso di deposito del provvedimento, ricorso in cassazione". Art. 4. 1.
Al comma 1 dell'articolo 324 del codice di procedura penale, le parole:
"nella cancelleria del tribunale indicato" sono sostituite dalle
seguenti: "nella cancelleria della corte di appello indicata". 2.
Il comma 5 dell'articolo 324 del codice di procedura penale è sostituito dal
seguente: "5.
Sulla richiesta di riesame decide la corte di appello nel cui distretto
ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento nel termine di quindici
giorni dalla ricezione degli atti". 3.
Al comma 6 dell'articolo 324 del codice di procedura penale, le parole:
"davanti al tribunale" sono sostituite dalle seguenti:
"davanti alla corte di appello". |
N. 2339
¾
CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
|
PROPOSTA DI LEGGE |
|
d’iniziativa
dei deputati BENEDETTI VALENTINI, ¾ |
|
Nuove norme per l'individuazione del tribunale competente per il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva |
|
¾¾¾¾¾¾¾¾
Presentata il 13
febbraio 2002
¾¾¾¾¾¾¾¾
Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di
legge si prefigge di dare una risposta durevole e sistematica a varie esigenze,
pratiche e di principio, che si sono con tutta evidenza manifestate nel corso
degli ultimi anni, in relazione ad un aspetto quanto mai delicato della
procedura penale: quello dell'applicazione delle misure cautelari coercitive e
degli strumenti di garanzia e di riesame che possono essere attivati nei
confronti dei provvedimenti adottati.
Molte sono, invero, le istanze che salgono
all'attenzione del legislatore. Ma in questa sede, per una considerazione di
priorità, si intende farsi carico in particolare di alcune esigenze, alle quali
sembra di poter fornire ragionevole e funzionale soluzione.
La prima e più importante è quella di
allontanare la sede giudiziaria del riesame da quella in cui vengono emesse le
ordinanze per misure coercitive. Sono evidentissimi i motivi di opportunità che
suggeriscono questa scelta, dovendosi fugare e prevenire qualsiasi sospetto di
influenza o condizionamento ambientale delle decisioni, chiamate a verificare
in riesame quanto viene stabilito specialmente in fatto di libertà personale.
La seconda esigenza è quella di ristabilire il principio delle pari dignità e
potestà sub lege di tutti i tribunali della
Repubblica; principio che - volendo essere sinceri - è stato violato più volte,
con esiti molto negativi sul piano pratico, anche a voler prescindere da pur
inquietanti quesiti di carattere costituzionale. Una terza esigenza, ancora, è
quella di non accentrare ulteriormente competenze ed incombenze in capo ai
tribunali dei capoluoghi distrettuali, dei quali è vano ed insincero lamentare
l'ingolfamento, se poi non si fa nulla per decongestionarli; al contrario ci si
avvita nella perniciosa spirale di accumulo di competenze e richiesta
inarrestabile di nuovo personale, a scapito magari delle decine di tribunali che
non hanno sede nei capoluoghi, ma proprio per questo possono assicurare al
territorio un servizio più pronto ed accessibile. Infine, un'altra esigenza
risulta quella di non confondere i due livelli, del riesame e dell'appello, né
indurre nei medesimi quegli elementi di influenza e condizionamento che, a loro
volta, sembrano al momento francamente inevitabili.
A queste esigenze - ma potremmo dire anche ad
altre - abbiamo ritenuto di soccorrere in sintesi, ponendo in capo a tutti i
tribunali della Repubblica la potestà di svolgere funzione di riesame, corrispondentemente all'assoggettamento di tutti i
tribunali al riesame di altro analogo organo collegiale. Abbiamo concepito un
meccanismo, in definitiva, molto semplice e in ogni caso caratterizzato da
assoluta pre-determinazione, adottando una tabella di competenza, così come è
stata definita, "circolare", il cui tipo è stato già attivato con la
legge 2 dicembre 1998, n. 420, per i processi riguardanti i magistrati, per i
quali appariva opportuno e necessario trasferire la competenza ad altro
distretto finitimo. Qualcosa di assolutamente analogo a quanto fu fatto allora
per i distretti, può benissimo esser qui fatto per i circondari.
Il meccanismo proposto, nel quale la
"circolarità" si realizza comunque all'interno di ciascun distretto
di corte d'appello, contempera l'elemento della garanzia e dell'attendibilità
con quello della accessibile territorialità, in quasi tutti i casi avvicinando
agli operatori e alle parti la sede di trattazione del riesame o, al limite,
mantenendola ugualmente distale, ma con reciproca e migliore redistribuzione di funzioni e competenze.
Ecco
dunque che all'articolo 1 viene stabilita la nuova regola che, modificando il
comma 7 dell'articolo 309 del codice di procedura penale, pone la competenza in
capo al tribunale situato nel capoluogo di circondario che la stessa legge
individuerà sul piano attuativo.
L'articolo 2 provvede, appunto, all'attuazione
pratica della regola generale, inserendo un apposito articolo nelle norme di
attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.
L'articolo 3, conseguente all'articolo 2, adotta la tabella che assegna, in
dettaglio, a ciascuna sede di tribunale la competenza del riesame sulle
ordinanze rese dai giudici di un altro pre-determinato circondario di
tribunale.
Ci premuriamo di precisare fin d'ora che, in
sede di approfondimento, la tabella - una volta accettati il criterio e il
meccanismo - ben potrà essere emendata quanto agli abbinamenti delle sedi
giudiziarie. Infatti, i sottoscritti proponenti, sospinti dall'urgenza della
presentazione in riferimento all'imminente apertura del confronto parlamentare
sui temi della giustizia, si sono avvalsi di una visione geografica e
funzionale oggettiva nelle intenzioni, ma verosimilmente criticabile in talune
delle singole articolazioni territoriali.
Ci siamo
anche posto il quesito se per la materia che ci occupa potesse trovare
applicazione l'obiezione formulata per altre materie - ma in verità superata o
ritenuta rimediabile - e cioè che i numerosi affari provenienti da una grande
sede giudiziaria, in qualche caso, andrebbero a gravare sedi finitime di
dimensione limitate. Potremmo limitarci ad osservare che proprio i sostenitori
dell'accentramento giudiziario - i quali insistono nell'affermare, sebbene a
torto, che i piccoli uffici giudiziari non sfruttano con proporzionato carico
il lavoro delle singole unità magistratuali addette - offrono una risposta:
come dire che se le grandi sedi sono troppo cariche e quelle piccole lo sono
troppo poco, del tutto salutare risulterà un "travaso". Ma vale
piuttosto osservare che, sulla base di un agevole monitoraggio tecnico e
statistico degli affari da trattare in via di riesame, ben potrà appurarsi se
sia necessario destinare qualche ulteriore unità all'organico della sede più
piccola "ricevente" le istanze di riesame dalla finitima grande sede,
se del caso con corrispondenti diminuzioni delle grandi sedi che vengono
sgravate di parte del lavoro penale.
Con ogni doverosa apertura verso i contributi
migliorativi che gli onorevoli colleghi vorranno offrire, riteniamo buon
interesse della giustizia che la presente proposta di legge possa essere
sollecitamente esaminata ed approvata.
proposta di legge ¾¾¾ |
Art. 1. 1. Il comma 7
dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: "7.
Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale
che ha sede nel capoluogo del circondario determinato dalla legge". Art. 2. 1. Dopo l'articolo
92 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di
procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è
inserito il seguente: "Art. 92-bis- (Modalità di determinazione del
tribunale competente per il riesame delle ordinanze che dispongono
una misura coercitiva).- 1. Agli effetti di quanto stabilito dal
comma 7 dell'articolo 309 del codice, è competente il tribunale diverso da
quello nel cui circondario ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso
l'ordinanza ma ricompreso nello stesso distretto di
corte d'appello, come determinato in base alla tabella A-bis
allegata alle presenti norme". Art. 3. 1. Alle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate
con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è allegata la tabella A-bis di cui all'allegato 1 annesso alla presente
legge. ALLEGATO 1 (articolo 3). "Tabella
A-bis. Sedi dei tribunali competenti
per il riesame rispetto ai circondari in cui ha sede il giudice che ha emesso
i provvedimenti Circondario
del giudice Tribunale del riesame che ha emesso il
provvedimento Corte di appello
di Torino Torino Pinerolo Pinerolo Saluzzo Saluzzo Cuneo Cuneo Mondovì Mondovì Alba Alba Asti Asti Acqui Acqui Tortona Tortona Alessandria Alessandria Casale
Monferrato Casale Monferrato
Vercelli Vercelli Novara Novara Biella Biella Verbania Verbania Aosta Aosta Ivrea Ivrea Torino Corte di appello
di Brescia Bergamo Brescia Brescia Mantova Mantova Cremona Cremona Crema Crema Bergamo Corte di appello
di Milano Milano Monza Monza Lecco Lecco Sondrio Sondrio Como Como Varese Varese Busto Arsizio Busto Arsizio Milano Vigevano Lodi Lodi Pavia Pavia Voghera Voghera Vigevano Corte di appello
di Trento Bolzano Trento Trento Rovereto Rovereto Bolzano Corte di appello
di Trieste Tolmezzo Pordenone Pordenone Trieste Trieste Gorizia Gorizia Udine Udine Tolmezzo Corte di appello
di Venezia Bassano del Grappa Belluno Belluno Treviso Treviso Venezia Venezia Rovigo Rovigo Padova Padova Verona Verona Vicenza Vicenza Bassano del Grappa Corte di appello
di Genova Genova Chiavari Chiavari Massa Massa La Spezia La Spezia Genova Savona Imperia Imperia San Remo San Remo Savona Corte di appello
di Bologna Bologna Forlì Forlì Rimini Rimini Ravenna Ravenna Ferrara Ferrara Bologna Modena Parma Parma Piacenza Piacenza Reggio
Emilia Reggio Emilia
Modena Corte di appello
di Firenze Firenze Prato Prato Pistoia Pistoia Lucca Lucca Pisa Pisa Livorno Livorno Firenze Montepulciano
Grosseto Grosseto Siena Siena Arezzo Arezzo
Montepulciano Corte di appello
di Perugia Perugia Spoleto Spoleto Terni Terni Orvieto Orvieto Perugia Corte di appello
di Ancona Ancona Fermo Fermo Ascoli Piceno Ascoli Piceno
Camerino Camerino Macerata Macerata Urbino Urbino Pesaro Pesaro Ancona Corte di appello
di Cagliari Cagliari Oristano Oristano Sassari Sassari Tempio Pausania Tempio Pausania Nuoro Nuoro Lanusei Lanusei Cagliari Corte di appello
di Roma Civitavecchia Roma Roma Tivoli Tivoli Rieti Rieti Viterbo Viterbo Civitavecchia Frosinone Velletri Velletri Latina Latina Cassino Cassino Frosinone Corte di appello
di L'Aquila Teramo Pescara Pescara Vasto Vasto Lanciano Lanciano Chieti Chieti Sulmona Sulmona Avezzano Avezzano L'Aquila L'Aquila Teramo Corte di appello
di Campobasso Campobasso Isernia Isernia Larino Larino Campobasso Corte di appello
di Napoli Napoli Giugliano Giugliano Santa Maria Capua Vetere Santa Maria Capua Vetere
Benevento Benevento Ariano Irpino Ariano Irpino Sant'Angelo dei Lombardi Sant'Angelo dei Lombardi Avellino Avellino Nola Nola Torre
Annunziata Torre Annunziata
Napoli Corte di appello
di Salerno Nocera Inferiore Salerno Salerno Vallo della
Lucania Vallo della Lucania Sala Consilina Sala Consilina Nocera Inferiore Corte di appello
di Bari Lucera Bari Bari Trani Trani Foggia Foggia Lucera Corte di appello
di Lecce Lecce Taranto Taranto Brindisi Brindisi Lecce Corte di appello
di Potenza Melfi Matera Matera Lagonegro Lagonegro Potenza Potenza Melfi Corte di appello
di Catanzaro Vibo Valentia Catanzaro Catanzaro Crotone Crotone Rossano Rossano Castrovillari Castrovillari Paola Paola Lamezia Terme Lamezia Terme Cosenza Cosenza Vibo Valentia Corte di appello
di Reggio Calabria Locri Palmi Palmi Reggio
Calabria Reggio Calabria
Locri Corte di appello
di Palermo Trapani Marsala Marsala Sciacca Sciacca Agrigento Agrigento Termini Imerese Termini Imprese
Palermo Palermo Trapani Corte di appello
di Messina Barcellona Pozzo di
Gotto Patti Patti Mistretta Mistretta Messina Messina Barcellona
Pozzo di Gotto Corte di appello
di Caltanissetta Gela Enna Enna Nicosia Nicosia Caltanissetta Caltanissetta Gela" |
N. 3583
¾
CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati SINISCALCHI, ANNUNZIATA, BUEMI, CARBONI, CENTO, FANFANI, GIRONDA VERALDI, GRILLINI, MANCINI, PERLINI ¾ |
|
Modifiche agli articoli 311 e 623 del codice di procedura penale, in materia di competenza nei giudizi successivi ad annullamento con rinvio della Corte di cassazione di ordinanze emesse dal tribunale per il riesame |
|
¾¾¾¾¾¾¾¾
Presentata il 23
gennaio 2003
¾¾¾¾¾¾¾¾
Onorevoli Colleghi! - Come è noto, il ricorso
per cassazione avverso le ordinanze emesse dal tribunale per il riesame dei
provvedimenti cautelari ha la specifica funzione di consentire una verifica di
legittimità del provvedimento impugnato.
Il controllo di legittimità, ancorché
circoscritto all'esclusivo esame dell'atto impugnato, assume una rilevante
valenza nell'ambito della complessiva valutazione del ricorso alla misura
coercitiva e della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nei confronti
della persona sottoposta ad indagini.
Quando la Corte di cassazione, esaminato il
ricorso e verificato il provvedimento impugnato, esclusivamente sotto il
profilo di legittimità, giunge ad annullare, con rinvio, l'ordinanza emessa dal
tribunale per il riesame, si riapre un nuovo "scenario".
Dinanzi a quel tribunale, infatti, si dovrà
ritornare per una rivalutazione della fondatezza dei presupposti legittimanti
l'adozione dello specifico provvedimento coercitivo.
La Corte di cassazione, infatti, disattendendo
tutte o alcune delle prospettazioni giuridiche
adottate nell'ordinanza annullata, può chiedere un nuovo esame indicando la
regola di giudizio alla quale il giudice del rinvio dovrà attenersi.
Il giudizio di rinvio, nella rispondenza ad un
criterio generale adottato dal nostro sistema processuale penale, è
caratterizzato dalla diversità del giudice-persona fisica (diversità tra il
giudice che ha emesso il provvedimento annullato e quello investito a seguito
dell'annullamento). In altre parole, in forza della richiamata scelta
sistemica, non si richiede ad un giudice-persona fisica di
"correggere" se stesso. Ciò avviene, in base alla vigente normativa,
per le sentenze che definiscono un grado di giudizio.
Non altrettanto si prevede, all'interno del
codice processuale penale, in relazione alle ordinanze che decidono in tema di
misure cautelari coercitive.
Così,
gli stessi giudici che hanno già maturato un convincimento (ancorché non
riferibile pienamente al merito) e hanno già dato risposte motivazionali sugli
specifici punti su cui verte l'impugnazione sono chiamati ad una nuova
valutazione. Questa distinzione, che tende a "discriminare"
l'applicazione del principio generale in relazione alle ordinanze emesse in
materia cautelare dai tribunali, non è pienamente condivisibile.
L'articolo 623 del codice di procedura penale,
infatti, espressamente dispone che nel caso di annullamento di una ordinanza,
la Corte di cassazione trasmette gli atti, per la nuova decisione, allo stesso
giudice che l'ha pronunciata.
Tuttavia l'importanza della verifica afferente
la legittimazione all'adozione dei provvedimenti restrittivi - che toccano la
valutazione dei gravi indizi di colpevolezza - non può non indurre il
legislatore ad una ponderazione della citata scelta normativa. Il giudice,
infatti, oltre che essere terzo e imparziale deve essere posto in condizione di
affrontare con mente vergine, non attraversata da prevalutazioni,
la vicenda giuridica e fattuale posta al suo vaglio.
Peraltro il giudice oltre che - come detto - essere terzo e imparziale deve
sembrare tale all'esterno.
Così, la necessaria assenza di attraversamenti
nel convincimento e nella prospettiva di decisione, non può realizzarsi
completamente o, quantomeno, non può risultare all'esterno, quando un giudice è
chiamato a "correggere se stesso".
Alla luce di tali semplici ed elementari
considerazioni, senza discostarsi da criteri già contenuti nell'assetto
normativo processuale penale, la presente proposta di legge tende ad offrire
una soluzione alternativa.
Attraverso la modifica normativa che con la
presente iniziativa si propone, nelle ipotesi in cui la Corte di cassazione
annulli con rinvio una ordinanza emessa dal tribunale per il riesame, sarà una
diversa composizione collegiale dello stesso ad emettere la nuova pronuncia.
proposta di legge ¾¾¾ |
Art. 1. 1. All'articolo 311 del codice di procedura penale, dopo il comma
5, sono aggiunti i seguenti: "5-bis. In caso di annullamento con rinvio al tribunale
per nuovo esame, il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato
il provvedimento impugnato. 5-ter. Qualora si determini l'impossibilità di comporre il nuovo
collegio ai sensi del comma 5-bis, il giudizio si svolge dinanzi alla sezione
per il riesame del tribunale territorialmente più vicino". Art. 2. 1. All'articolo
623 del codice di procedura penale, al comma 1, la lettera a) è sostituita
dalla seguente: "a) salvo quanto disposto dall'articolo 311, commi 5-bis e 5-ter, se è annullata un'ordinanza, la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l'ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento". |
Mercoledì 10 aprile 2002. -
Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA indi del vicepresidente Nino MORMINO. - Interviene il ministro per le pari
opportunità Stefania Prestigiacomo.
La seduta comincia alle 17.10.
Modifiche al
codice di procedura penale e al codice penale in attuazione dei princìpi del giusto processo.
C. 1225 Anedda, C. 1234
Cola, C. 2247 Pecorella e C. 2248 Antonio Russo.
(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento di
progetti di legge).
La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da
ultimo, nella seduta del 21 marzo 2002.
Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che,
in occasione della riunione dell'ufficio di presidenza del 21 marzo scorso,
aveva invitato il relatore ed i rappresentanti dei gruppi ad indicare le
proposte di legge in materia di modifica del codice di procedura penale da abbinare
alle proposte C. 1225 Anedda, C. 1234 Cola, C. 2247
Pecorella e C. 2248 Antonio Russo, già all'esame della Commissione. Tali
proposte modificano il codice di rito al fine di dare attuazione ai princìpi del giusto processo, per cui parametro di abbinamento
potrà essere oltre ad ogni specifica materia oggetto dei progetti già all'esame
della Commissione, proprio la finalità di dare attuazione ai principi di cui
all'articolo 111 della Costituzione.
Propone di abbinare ai progetti già all'ordine del
giorno i seguenti progetti: C. 479 Contento; C. 1183 Anedda
ed altri; C. 1379 Vitali e Marras; C. 1615 Soda; C.
181 Costa; C. 1815 Pecorella; C. 1893 Gironda Veraldi ed altri; C. 2093 Onnis;
C. 2119 Siniscalchi; C. 2134 Buemi ed altri; C. 2136 Buemi ed altri; C. 2165 Benedetti Valentini;
C. 2217 Mormino ed altri.
La Commissione approva la proposta del presidente.
Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, in
considerazione del vasto numero di proposte di legge presentate in materia,
propone di proseguirne l'esame in sede di Comitato ristretto.
Giuliano PISAPIA (RC) si dichiara favorevole alla
costituzione di un Comitato ristretto e chiede che le proposte di legge in
esame siano distinte in ragione del loro contenuto penalistico
e processualistico.
Francesco BONITO (DS-U) dichiara la contrarietà
del suo gruppo a proseguire l'esame in sede di Comitato ristretto, manifestando
l'intenzione di esprimere le proprie valutazioni non solo tecniche ma anche
politiche nell'ambito di un'ampia discussione generale allargata al plenum della
Commissione.
Niccolò GHEDINI (FI), dopo aver richiamato le
osservazioni dell'Associazione nazionale magistrati, espresse nel corso
dell'audizione informale presso l'ufficio di presidenza, relative alla
necessità di dare completa attuazione ai princìpi del
giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, si dichiara
favorevole a svolgere l'esame di tutte le proposte di legge attinenti alla
materia nell'ambito di un Comitato ristretto.
Sergio COLA (AN), pur non negando l'importanza di
un'ampia discussione generale, che in ogni caso si potrà svolgere in un secondo
momento, ritiene indispensabile un esame preliminare in sede di Comitato
ristretto al fine di sottoporre alla Commissione in modo organico le abbinate
proposte di legge.
Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che
la discussione generale dovrebbe avvenire sulle proposte di legge nel loro
complesso, non essendo stato ancora scelto un testo base e ritiene preferibile
procedere alla nomina di un Comitato ristretto, come del resto si è fatto per
le proposte di legge in materia di disposizioni concernenti la prostituzione e
la pedofilia.
Francesco BONITO (DS-U) ribadisce la volontà del
suo gruppo di intervenire sulla base della relazione introduttiva che è stata
svolta il 21 marzo scorso.
Nino MORMINO (FI) esprime il timore che l'opposizione,
invece di contribuire a smussare le polemiche, voglia riproporre argomentazioni
critiche già note.
Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene di
dover accedere alla richiesta dell'opposizione di proseguire l'esame nel plenum
della Commissione, dando inizio alla discussione preliminare.
Sergio COLA (AN) fa presente la necessità di
svolgere una relazione integrativa rispetto alle altre proposte di legge di cui
è stato deliberato l'abbinamento.
Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, richiama il
contenuto delle proposte di legge, che modificano il codice di rito al fine di
dare attuazione ai princìpi del giusto processo. In
particolare la proposta di legge C. 479 Contento reca modifiche agli articoli
351 e 362 del codice di procedura penale, concernenti l'assunzione di
informazioni; la proposta di legge C. 1183 Anedda ed
altri reca modifiche all'articolo 606 del codice di procedura penale, in
materia di ricorso per cassazione; la proposta di legge C. 1379 Vitali e Marras reca modifica all'articolo 309 del codice di
procedura penale, in materia di competenza giurisdizionale sui procedimenti
riguardanti il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva; la
proposta di legge C. 1615 Soda reca modifiche al codice di procedura penale in
materia di durata delle indagini preliminari; la proposta di legge C. 1814
Costa reca modifica all'articolo 335 del codice di procedura penale in materia
di informazioni ai cittadini danneggiati da reato circa le indagini svolte per
individuare i colpevoli; la proposta di legge C. 1815 Pecorella propone
l'introduzione dell'articolo 329-bis del codice di procedura penale in materia
di comunicazione dell'inizio delle indagini; la proposta di legge C. 1893 Gironda Veraldi ed altri reca
modifiche al codice di procedura penale in attuazione dei princìpi
del giusto processo; la proposta di legge C. 2093 Onnis
reca modifiche all'articolo 300 del codice di procedura penale, in materia di
estinzione delle misure per effetto della pronuncia di determinate sentenze; la proposta di legge C.
2119 Siniscalchi reca la modifica all'articolo 62 del codice penale in materia
di riconoscimento di attenuante per il colpevole di età compresa fra i diciotto
ed i ventuno anni non gravato da precedenti condanne; la proposta di legge C.
2134 Buemi ed altri reca la modifica all'articolo 11
del codice di procedura penale in materia di competenza per i procedimenti
riguardanti i magistrati; la proposta di legge C. 2136 Buemi
ed altri reca modifiche agli articoli 429 e 552 del codice di procedura penale
in materia di obbligo della motivazione per il decreto di rinvio a giudizio; la
proposta di legge C. 2165 Benedetti Valentini reca la
modifica della tabella A annessa alla legge 2 dicembre 1998, n. 420, recante
disposizioni per i procedimenti riguardanti i magistrati; infine la proposta di
legge C. 2217 Mormino ed altri reca modifiche al
codice di procedura penale in attuazione dei principi del giusto processo.
Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro
chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Mercoledì 17 aprile 2002. -
Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.
La seduta comincia alle 18.15.
(omissis)
Modifiche
al codice di procedura penale e al codice penale in attuazione dei princìpi del giusto processo.
C. 1225 Anedda,
C. 1234 Cola, C. 2247 Pecorella, C. 2248 Antonio Russo, C. 479 Contento, C.
1183 Anedda, C. 1379 Vitali, C. 1615 Soda, C. 1814
Costa, C. 1815 Pecorella, C. 1893 Gironda Veraldi, C. 2093 Onnis, C. 2119
Siniscalchi, C. 2134 Buemi, C. 2136 Buemi, C. 2165 Benedetti Valentini,
C. 2217 Mormino e C. 2339 Benedetti Valentini.
(Rinvio del seguito dell'esame).
La Commissione prosegue l'esame,
rinviato, da ultimo, nella seduta del 10 aprile 2002.
Gaetano PECORELLA, presidente,
nessuno chiedendo di intervenire, avverte che l'esame del provvedimento
proseguirà nella seduta di domani, nel corso della quale si concluderà l'esame
preliminare. Rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta di domani.
Mercoledì 10 luglio 2002. -
Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di
Stato per la giustizia Jole Santelli.
La seduta comincia alle 13.45.
Modifiche al codice di procedura penale e al
codice penale in attuazione dei princìpi del giusto processo.
C. 1225 Anedda, C. 1234
Cola, C. 2247 Pecorella, C. 2248 Antonio Russo, C. 479 Contento, C. 1183 Anedda, C. 1379 Vitali, C. 1615 Soda, C. 1814 Costa, C.
1815 Pecorella, C. 1893 Gironda Veraldi,
C. 2093 Onnis, C. 2134 Buemi,
C. 2136 Buemi, C. 2165 Benedetti Valentini,
C. 2217 Mormino, C. 2339 Benedetti Valentini, C. 589 Cola, C. 2489 Siniscalchi, C. 2693 Mazzoni, C. 2509 Onnis, C. 2452
Siniscalchi, C. 2615 Antonio Russo, C. 2692 Mormino e
C. 2738 Fragalà.
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da
ultimo, nella seduta del 18 aprile 2002.
Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che
il relatore ha presentato una proposta di testo unificato (vedi allegato 2).
Propone quindi di iniziare la discussione a partire dall'articolo 17 di tale
testo, in materia di informazione di garanzia, sul quale in sede di Comitato
ristretto l'opposizione si era dichiarata disponibile a raggiungere un'intesa.
Francesco BONITO (DS-U) ritiene necessario
conoscere preliminarmente l'orientamento della commissione ministeriale
incaricata della riforma in materia di procedura penale. Prospetta altresì
l'opportunità di svolgere audizioni con esperti del rito penale, al fine di
trarre elementi utili per la stesura definitiva del testo.
Gaetano PECORELLA, presidente, nel prendere
atto della richiesta del deputato Bonito, afferma che potranno essere ascoltati
i rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, dell'Unione camere
penali, del Consiglio nazionale forense e dell'Organismo unitario dell'avvocatura.
Invita quindi i gruppi a formulare ulteriori proposte sui soggetti da
ascoltare.
Francesco BONITO (DS-U) suggerisce di interpellare
autorevoli studiosi del processo penale.
Il sottosegretario Jole SANTELLI, dopo aver
richiamato l'esigenza, prospettata da parte di numerosi operatori del diritto,
di intervenire sulle norme del codice di procedura penale che presentano
maggiori difficoltà di attuazione e minori garanzie di efficienza, invita la
Commissione parlamentare competente ed il Parlamento nel suo complesso a voler
fornire un quadro di valutazioni politiche che valgano da linee guida per il
lavoro tecnico della commissione ministeriale.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) sollecita da parte del
rappresentante del Governo l'espressione di un giudizio di merito sulla
proposta di testo unificato.
Il sottosegretario Jole SANTELLI, rilevando che il
testo contiene un'articolata serie di proposte di riforma del rito, si riserva
di valutare singolarmente i vari aspetti.
Gaetano PECORELLA, presidente, concorda con
il rappresentante del Governo sull'opportunità che la Commissione fornisca al
Governo indicazioni di carattere politico sulle linee di riforma da perseguire.
Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, illustrando
l'articolo 17 della proposta di testo unificato, volto ad inserire nel codice
di procedura penale l'articolo 335-bis, osserva che, a seguito della sua
introduzione, l'articolo 369 del codice di procedura penale, in materia di
informazione di garanzia, dovrebbe essere abrogato.
Francesco BONITO (DS-U) ritiene che le norme di
cui agli articoli 369 e 335-bis del codice di procedura penale, del
quale si propone l'introduzione, rispondano a esigenze di carattere diverso.
Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, rileva
che, nel momento in cui un cittadino riceve un'informazione di garanzia, deve
anche poter conoscere le facoltà che gli spettano ai fini dell'esercizio del
diritto alla difesa, tra i quali vi è quella di rivolgersi alla difesa
d'ufficio e di fruire del patrocinio a spese dello Stato.
Nino MORMINO (FI) evidenzia in particolare la
necessità di notificare, nella comunicazione all'interessato, la data di
iscrizione nel registro degli indagati, rilevando che la comunicazione medesima
è finalizzata a consentire alle parti il compimento di attività funzionali allo
svolgimento delle indagini preliminari. A tal fine suggerisce di integrare il
secondo comma dell'articolo 335-bis con il disposto di cui all'articolo
369 del codice di procedura penale.
Francesco BONITO (DS-U), nel dichiararsi fautore
di un rito ispirato a criteri di massima ispirazione e duttilità, che
consentano una rapida celebrazione dei processi, esprime dubbi sul fatto che
una minuziosa elencazione del contenuto dell'informazione di garanzia risponda
ad intangibili criteri di garanzia costituzionale. Ritiene invece preferibile
affidarsi ai principi generali vigenti in materia di nullità, a meno che non si
ravvisino vizi tali da inficiare gravemente l'istituto dell'informazione di
garanzia.
Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che
l'alternativa è fare riferimento alla nullità di ordine generale, di cui
all'articolo 178 del codice di procedura penale, oppure stabilire che è nullo
l'atto mancante degli elementi ritenuti essenziali ai fini dell'esercizio del
diritto di difesa.
Francesco BONITO (DS-U) dichiara di propendere per
la prima ipotesi.
Nino MORMINO (FI), pur rilevando che la perentorietà e
la precisione delle indicazioni potrebbero fugare eventuali dubbi
interpretativi, ritiene preferibile ricorrere al regime generale in materia di
nullità.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) si dichiara contraria ad
una norma che preveda prescrizioni eccessivamente dettagliate la cui
inosservanza comporti la nullità dell'atto ed invita a trovare una soluzione di
buon senso che non si presti ad un'impugnativa per ragioni di ordine
costituzionale.
Il sottosegretario Jole SANTELLI osserva che
occorre stabilire le garanzie da assicurare al soggetto indagato, senza
tuttavia che il mancato rispetto di alcune di esse comporti la nullità
dell'atto. Giudicando particolarmente rilevante la comunicazione della data di
iscrizione nel registro degli indagati, ritiene che la valutazione politica del
Parlamento debba estrinsecarsi, tra l'altro, proprio nella determinazione delle
garanzie da assicurare agli imputati, pena una grave sanzione processuale.
Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che
il vigente articolo 369-bis, concernente l'informazione della persona
sottoposta alle indagini sul diritto di difesa, è riferito al compimento di un
atto; viceversa, il principio cui è ispirato l'articolo 335-bis che si
vuole introdurre è che l'informazione di garanzia deve avvenire con modalità
tali da consentire l'esercizio di tutti i diritti che la Costituzione
garantisce all'imputato.
Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, rileva
che in primo luogo occorre disciplinare l'ipotesi in cui, una volta avviate le
indagini preliminari, il pubblico ministero non abbia avvisato il soggetto
interessato dell'informazione di garanzia; in secondo luogo occorre determinare
quali siano gli elementi la cui assenza o violazione potrebbe determinare un vulnus
per il cittadino, intaccando sostanzialmente il suo diritto alla difesa.
Nino MORMINO (FI) osserva che il vigente articolo 369-bis
contiene prescrizioni che non appaiono essenziali ai fini dell'esercizio del
diritto alla difesa. Propone pertanto di rendere oggetto di autonoma previsione
normativa i requisiti essenziali dalla cui mancanza o violazione possa derivare
la nullità dell'atto.
Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene che
il miglior parametro sia la formulazione costituzionale dell'articolo 111 in
materia di giusto processo.
Francesco BONITO (DS-U) concorda con il
presidente.
Nino MORMINO (FI) osserva che, in ogni caso,
l'articolo in esame dovrebbe essere coordinato con la norma concernente
l'iscrizione delle notizie di reato, in quanto l'esperienza dimostra che vi
possono essere fattori tali da rallentare i procedimenti. A tale proposito
ritiene che il pubblico ministero possa iniziare le indagini solo a seguito
dell'avvenuta iscrizione nel registro degli indagati, pena la nullità del
procedimento.
Il sottosegretario Jole SANTELLI, dopo essersi
soffermata sull'uso distorto e strumentale che talvolta è stato fatto dello
strumento dell'informazione di garanzia, sottolinea l'esigenza di salvaguardare
al massimo gli elementi essenziali della fase iniziale del processo.
Gaetano PECORELLA, presidente, invita a
riflettere in ordine all'individuazione del momento preciso in cui debba
avvenire la comunicazione dell'informazione di garanzia, nonché sulle eventuali
sanzioni da irrogare in relazione alla divulgazione alla stampa della notizia
dell'informazione di garanzia.
Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, osserva
che, stante la difficoltà di individuare i responsabili della divulgazione
della notizia dell'informazione di garanzia, l'unica strada percorribile è la
previsione di un divieto in tal senso, pena una sanzione a carico dei
responsabili dei mezzi di stampa o di comunicazione.
Francesco BONITO (DS-U) invita il relatore a
considerare alla luce delle richiamate esigenze di semplificazione il comma 4
dell'articolo 17 in esame, che concerne la richiesta di ritardare la
comunicazione degli avvisi.
Gaetano PECORELLA, presidente, stante
l'imminente inizio delle votazioni in Assemblea, rinvia il seguito dell'esame
ad altra seduta.
La seduta termina alle 17.
Martedì 16 luglio 2002. -
Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di
Stato per la giustizia Jole Santelli.
La seduta comincia alle 13.40.
(omissis)
Modifiche al
codice di procedura penale e al codice penale in attuazione dei princìpi del giusto processo.
C. 1225 Anedda, C. 1234
Cola, C. 2247 Pecorella, C. 2248 Antonio Russo, C. 479 Contento, C. 1183 Anedda, C. 1379 Vitali, C. 1615 Soda, C. 1814 Costa, C.
1815 Pecorella, C. 1893 Gironda Veraldi,
C. 2093 Onnis, C. 2134 Buemi,
C. 2136 Buemi, C. 2165 Benedetti Valentini,
C. 2217 Mormino, C. 2339 Benedetti Valentini, C. 589 Cola, C. 2489 Siniscalchi, C. 2693 Mazzoni, C. 2509 Onnis, C. 2452
Siniscalchi, C. 2615 Antonio Russo, C. 2692 Mormino e
C. 2738 Fragalà.
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da
ultimo, nella seduta del 10 luglio 2002.
Gaetano PECORELLA, presidente, si sofferma
sugli articoli 36 e 37 della proposta di testo unificato, relativi
all'individuazione di persone e di cose rispettivamente da parte della polizia
giudiziaria e del pubblico ministero, manifestando perplessità sull'opportunità
di estendere alla polizia giudiziaria i poteri attribuiti in materia al
pubblico ministero.
Francesco BONITO (DS-U) condivide l'impostazione
conferita dal relatore alla materia, che si ispira ad una prassi piuttosto
consolidata.
Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, osserva
che la normativa in esame introduce una serie di attività preliminari rispetto
alle regole previste per lo svolgimento dell'attività investigativa posta in
essere dal pubblico ministero, rilevando che occorre decidere se tale attività
possa essere affidata o meno anche alla polizia giudiziaria.
Giuliano PISAPIA (RC) manifesta perplessità sulla
possibilità di affidare alla polizia giudiziaria i poteri di individuazione
delle persone, in quanto a volte si addiviene alla condizione di indagati sulla
base di valutazioni effettuate senza i requisiti di autonomia ed imparzialità e
sotto la volontà propulsiva di chi, volendo arrivare ad ogni costo a
determinati accertamenti, può creare i presupposti di gravi errori giudiziari.
Osserva che, in ogni caso, la presenza dei magistrati di turno potrebbe
assicurare un intervento tempestivo tale da non prolungare i tempi degli
accertamenti.
Gian Franco ANEDDA (AN) osserva che la polizia
giudiziaria effettua i riconoscimenti di sua iniziativa, cioè senza alcuna
delega e per le finalità proprie delle indagini, mentre la norma di cui
all'articolo 36 vuole introdurre talune garanzie anche per tale attività. Su
questo si dichiara d'accordo, a condizione che non si crei un ostacolo
all'effettuazione delle indagini.
Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) condivide i rilievi
del deputato Pisapia in ordine all'importanza della
presenza del pubblico ministero.
Gaetano PECORELLA, presidente, osserva come
la norma di cui all'articolo 36 della proposta di testo unificato debba
intendersi riferita all'ipotesi di un'individuazione fotografica di persone
sulla base di preesistenti elementi indiziari, che in ogni caso deve essere
assistita da forti garanzie; occorre peraltro stabilire se tra di esse debba
rientrare o meno la presenza del pubblico ministero.
Sergio COLA (AN), dopo aver osservato che la
dizione contenuta nell'articolo 36 della proposta di testo unificato appare
poco chiara, lasciando intendere che l'individuazione non sia ancora avvenuta,
giudica in ogni caso essenziale la presenza del pubblico ministero al fine di
legittimare l'acquisizione dei mezzi di prova.
Giovanni KESSLER (DS-U) invita a non confondere il
concetto della individuazione con quello della ricognizione, che il codice
riferisce ad esigenze diverse, cui corrispondono procedure diverse. Ritiene che
le norme di cui agli articoli 213, 214, 215, 216 e 217 del codice di procedura
penale attengano alla ricognizione, mentre l'articolo 361 riguarda
l'individuazione, che può avvenire sia in fotografia sia di persona. Richiamare
entrambe le procedure in relazione all'individuazione di persone e di cose
prevista dall'articolo 349-bis del codice di procedura penale, comporta
quindi il rischio di ostacolare l'attività della polizia giudiziaria.
Gian Franco ANEDDA (AN) precisa che, in realtà, le
attività previste dal codice sono quelle di ricognizione, di identificazione
nonché di individuazione di persone e cose. Ritiene che l'articolo 349-bis
si riferisca all'individuazione e che il 349-ter attenga invece all'ipotesi in
cui lo stesso procedimento sia effettuato per mezzo di fotografia. Osserva
quindi che, ai fini del richiamo agli articoli 213 e seguenti contenuto
nell'articolo 349-bis, sia importante prevedere il requisito della
descrizione preventiva e stabilire come causa di nullità l'inosservanza delle
disposizioni.
Gaetano PECORELLA, presidente, propone di
definire preventivamente la normativa di cui all'articolo 361 del codice di
procedura penale, relativa all'individuazione di persone e di cose da parte del
pubblico ministero, e successivamente stabilire se estendere o meno la stessa
disciplina anche all'attività della polizia giudiziaria.
Giovanni KESSLER (DS-U) concorda con il
presidente, osservando tuttavia che alle procedure relative all'individuazione
mal si attagliano regole troppo rigide. In realtà la vera garanzia risiede nel
fatto che si tratta di attività finalizzate alla formazione dei mezzi di prova,
ancorché di natura tale da influenzare o alterare le indagini qualora non siano
condotte con le necessarie garanzie.
Gaetano PECORELLA, presidente, stante
l'inizio della chiama dei deputati in sede di Parlamento in seduta comune per
l'elezione di componenti del Consiglio superiore della magistratura, rinvia il
seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.35.
SEDE REFERENTE
Mercoledì 24
luglio 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.
La seduta
comincia alle 15.25.
Modifiche del codice di
procedura penale e al codice penale in attuazione dei princìpi del giusto
processo.
C. 1225 Anedda, C. 1234 Cola, C. 2247 Pecorella, C. 2248 Antonio
Russo, C. 479 Contento, C. 1183 Anedda, C. 1379
Vitali, C. 1615 Soda, C. 1814 Costa, C. 1815 Pecorella, C. 1893 Gironda Veraldi, C. 2093 Onnis, C. 2134 Buemi, C. 2136 Buemi, C. 2165 Benedetti Valentini,
C. 2217 Mormino, C. 2339 Benedetti Valentini, C. 589 Cola, C. 2489 Siniscalchi, C. 2693 Mazzoni, C. 2509 Onnis, C. 2452
Siniscalchi, C. 2615 Antonio Russo, C. 2692 Mormino e
C. 2738 Fragalà.
(Seguito
dell'esame e rinvio).
La Commissione
prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 17 luglio 2002.
Gaetano PECORELLA,
presidente, fa presente di aver approfondito la richiesta avanzata ieri,
sia pure informalmente, dall'onorevole Bonito circa la contemporanea
trattazione di un medesimo argomento da parte dei due rami del Parlamento. In
particolare, l'onorevole Bonito ha chiesto di promuovere la procedura delle
intese con il Senato della Repubblica, ai sensi dell'articolo 78 del
regolamento, in relazione all'esame delle proposte di legge recanti modifiche
al codice di procedura penale e al codice penale in attuazione dei princìpi del giusto processo (C. 1225 Anedda
ed abbinate). Tale richiesta è stata motivata in relazione all'avvio, in data
18 luglio 2002, da parte della 2a Commissione giustizia del Senato, dell'esame
del progetto di legge Cirami S. 1578, recante la
modifica agli articoli 45 e 47 del codice di procedura penale. L'oggetto di
tale progetto coincide, sia pure parzialmente, con quello di alcune
disposizioni contenute in talune delle citate proposte di legge all'esame della
II Commissione della Camera (articolo 6 della proposta di legge Anedda C.1225 e articolo 5 della
proposta Mazzoni C.2693, in
materia di rimessione).
Non ritiene che la
richiesta possa essere accolta, in quanto il dibattito svoltosi presso la
Commissione giustizia della Camera sulla proposta di testo unificato presentata
dal relatore - che, come altre due precedenti proposte presentate dal medesimo
nel corso dei lavori del Comitato ristretto, non contiene la parte relativa al
progetto di legge all'esame del Senato - non si è mai soffermato sul tema della
rimessione. Da tale circostanza sembrerebbe che la
Commissione giustizia non intenda affrontare tale tema in occasione dell'esame
delle proposte di legge C. 1225 ed abbinate, bensì rinviarlo a quando il Senato
trasmetterà il testo del progetto Cirami alla Camera.
Comunque, considerato
che la Commissione non ha ancora adottato il testo unificato delle abbinate
proposte di legge, al fine di evitare qualsiasi dubbio circa la reale volontà
della Commissione, si riserva di porre in votazione l'eventuale proposta di non
inserire nel testo unificato disposizioni relative alla rimessione.
Francesco BONITO
(DS-U), manifestando perplessità sulla procedura delineata dal presidente, è
convinto che la proposta di testo unificato elaborata dal relatore sia frutto
di una sua scelta autonoma che, in quanto tale, non è affatto vincolante nei
confronti della Commissione. Giudica contraria alle norme regolamentari, oltre
che opinabile dal punto di vista tecnico-giuridico, la decisione di sottrarre
alla facoltà di presentare proposte emendative la materia
della rimessione per legittimo sospetto solo perché
al Senato è in corso l'esame di un provvedimento che verte sul medesimo
oggetto. A tale proposito ritiene che i Presidenti delle Camere avrebbero
dovuto concordare preventivamente le opportune intese.
Vincenzo FRAGALÀ
(AN), nel condividere le opinioni del presidente, rileva che in un sistema
costituzionale di bicameralismo perfetto l'obiettivo è quello di raggiungere la
massima efficacia dei risultati, e non certo quello di intraprendere una sorta
di competizione fra i due rami del Parlamento. Ritiene dunque che, essendo
obiettivo primario la tutela degli interessi del cittadino, il fatto che il
Senato abbia deciso di affrontare la materia in oggetto non comporta certo una
lesione dei diritti dell'altro ramo del Parlamento.
Enrico BUEMI (Misto-SDI) concorda con il deputato Bonito, stigmatizzando
il fatto che, anche a causa del mancato coordinamento tra i due rami del
Parlamento, una determinata materia sia stata sottratta all'esame della
Commissione; manifesta stupore per l'accaduto, in quanto l'attuale maggioranza
fa dell'efficienza e dell'economicità procedimentale i capisaldi della propria azione politica.
Luigi VITALI (FI)
rileva che, pur essendo comprese, nel novero dei provvedimenti in esame, anche
norme inerenti alla questione della rimessione, deve
ritenersi che di fatto il Comitato ristretto abbia rinunciato ad approfondire
questo aspetto, ritenendo prioritari altri punti. In ogni caso, la materia
potrà essere esaminata dalla Commissione non appena il testo del progetto di
legge Cirami S. 1578 sarà trasmesso dal Senato.
Giuseppe FANFANI
(MARGH-U), nell'associarsi ai rilievi del deputato Bonito, ritiene che in
realtà il Comitato ristretto non abbia inteso disinteressarsi della questione,
come osservato dal deputato Vitali, ma che la questione si sia posta sulla
scorta di una situazione di emergenza emersa in un determinato momento. Non
concorda quindi sulla scelta relativa all'ablazione di potestà da parte di un
ramo del Parlamento in merito ad una problematica sulla quale, viceversa,
sarebbe opportuno confrontare le diverse sensibilità.
Erminia MAZZONI
(UDC), sottolineando l'importanza dell'argomento, che risponde a precise
istanze provenienti dal territorio, non concorda sulla presunta competizione
lamentata fra i due rami del Parlamento. Al contrario, il fatto che l'esame
presso l'altro ramo del Parlamento sia ad uno stadio più avanzato, potrà
agevolare una tempestiva approvazione del provvedimento, che è destinato ad
arrivare alla Camera seguendo una sorta di corsia preferenziale.
Nino MORMINO (FI)
ravvisa nei rilievi del deputato Bonito una precisa strategia politica che
prescinde dal merito del provvedimento, cioè quella di bloccare l'iter di un
progetto di legge su cui non vi è il consenso del suo gruppo. Ritiene che ciò
sia contrario alla filosofia del sistema e che contrasti anche con il principio
della specialità. Ricorda che peraltro la scelta di procedere alla redazione di
un testo unificato, condivisa anche dall'opposizione, rispondeva alla necessità
di procedere con gradualità, cercando le soluzioni che registrassero il massimo
consenso; ciò tuttavia non preclude la possibilità di affrontare
successivamente altre tematiche che non siano contenute nei progetti di legge
C. 1225 Anedda ed abbinate.
Gaetano PECORELLA,
presidente, osserva che dal dibattito è emerso che la volontà della
maggioranza della Commissione è favorevole a che il Senato concluda l'esame del
progetto di legge Cirami S. 1578 e che la materia
della rimessione sia esaminata dalla Camera una volta
che sia trasmesso tale progetto dal Senato.
Ribadisce comunque
di ritenere possibile procedere ad una votazione dalla quale possa emergere
chiaramente la volontà della Commissione di non esaminare la materia della rimessione.
Enrico BUEMI (Misto-SDI) giudica inopportuno stabilire vincoli rigidi che
limitino l'autonomia della Camera, ritenendo preferibile rispettare la libera
determinazione dei due rami del Parlamento; ciò infatti consentirebbe di
introdurre eventualmente l'esame di ulteriori tematiche.
Luigi VITALI (FI)
chiede che sia posta in votazione la proposta di non inserire nel testo
unificato disposizioni relative alla rimessione per
legittimo sospetto.
Sergio COLA (AN)
si associa alla richiesta del deputato Vitali.
Francesco BONITO
(DS-U) ritiene che prima di procedere alla votazione sarebbe opportuno
informare il Presidente della Camera in ordine alla procedura, a suo giudizio
non regolare, che la presidenza intende seguire.
Gaetano PECORELLA,
presidente, si riserva di informare la Presidenza della Camera del
complesso delle questioni emerse nell'odierno dibattito.
Giuseppe FANFANI
(MARGH-U) annuncia il proprio voto contrario.
Enrico BUEMI (Misto-SDI) si associa al deputato Fanfani.
Francesco BONITO
(DS-U), contestando la decisione di procedere alla votazione, dichiara di voler
abbandonare i lavori della Commissione.
(Il deputato
Bonito esce dall'aula della Commissione).
La Commissione
approva la proposta formulata dal deputato Vitali.
Gaetano PECORELLA,
presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta
termina alle 15.55.
[1] Sono misure coercitive (artt. 281-286 c.p.p.) sia quelle custodiali, quindi privative della libertà personale (custodia cautelare e arresti domiciliari), che quelle di diversa natura, come il divieto di espatrio, l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il divieto e l’obbligo di dimora. Si tratta, in tutti queste ipotesi, di misure coercitive de libertate
[2] L’imputato non può, però, chiedere il riesame dell’ordinanza emessa in seguito ad appello da parte del PM (v. ultra, art- 310 c.p.p.).
[3] Tale ricorso
“diretto” non è invece proponibile in luogo dell’appello, unico rimedio ammesso
contro i provvedimenti di revoca, modifica o estinzione delle misure cautelari.
[4] Il ricorso
per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:
a) esercizio
da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi
o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;
b)
inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme
giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale;
c) inosservanza
delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di
inammissibilità o di decadenza;
d) mancata
assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta a norma
dell'articolo 495 comma 2;
e) mancanza o
manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del
provvedimento impugnato.
2. Il ricorso,
oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni,
può essere proposto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o
inappellabili.
3. Il ricorso
è inammissibile [art. 591 c.p.p.] se è proposto per
motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o manifestamente infondati
ovvero, fuori dei casi previsti dagli articoli 569 e 609 comma 2, per
violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello.
[5] L’art. 240,
comma 2, c.p. prevede che sia sempre ordinata la confisca:
1. delle cose
che costituiscono il prezzo del reato;
2. delle cose,
la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali
costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Le
disposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non si
applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato. La disposizione
del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la
fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere
consentiti mediante autorizzazione amministrativa.