XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Impugnazione delle misure coercitive - AA.C. 589 e abb.
Serie: Progetti di legge    Numero: 636
Data: 23/09/04
Abstract:    Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa; schede di lettura; progetti di legge; iter alla Camera dei deputati; normativa di riferimento.
Descrittori:
IMPUGNAZIONE DI PRONUNCE PENALI   MISURE DI DETENZIONE PREVENZIONE E SICUREZZA
Organi della Camera: II-Giustizia
Riferimenti:
AC n.589/14   AC n.1379/14
AC n.1893/14   AC n.2339/14
AC n.3583/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Impugnazione delle misure coercitive

AAC. 589 e abb.

 

n. 636

 

xiv legislatura

23 settembre 2004

 


Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Giustizia

 

SIWEB

 

 

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File: gi0482.doc

 


 

INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi 3

Struttura e oggetto  6

§      Contenuto  6

§      Relazioni allegate  6

Elementi per l’istruttoria legislativa  7

§      Necessità dell’intervento con legge  7

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  7

§      Formulazione del testo  7

Schede di lettura

Quadro normativo  11

§      Impugnazione delle misure cautelari personali 11

§      Impugnazione delle misure cautelari reali 14

Contenuto delle proposte di legge  16

Progetti di legge

§      A.C. 589, (on. Cola), Modifiche agli articoli 309, 310 e 324 del codice di procedura penale concernenti la competenza in tema di impugnazione delle misure cautelari personali e reali 23

§      A.C. 1379, (on. Vitali e Marras), Modifica all'articolo 309 del codice di procedura penale, in materia di competenza giurisdizionale sui procedimenti riguardanti il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva  27

§      A.C. 1893, (on. Gironda Veraldi, Cardiello, Pisapia), Modifiche al codice di procedura penale in attuazione dei princìpi del giusto processo  31

§      A.C. 2339, (on. Benedetti Valentini, Vitali, Mazzoni), Nuove norme per l'individuazione del tribunale competente per il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva  39

§      A.C. 3583, (on. Siniscalchi ed altri), Modifiche agli articoli 311 e 623 del codice di procedura penale, in materia di competenza nei giudizi successivi ad annullamento con rinvio della Corte di cassazione di ordinanze emesse dal tribunale per il riesame  42

Iter alla Camera dei deputati

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 10 aprile 2002  42

Seduta del 17 aprile 2002  42

Seduta del 10 luglio 2002  42

Seduta del 16 luglio 2002  42

Seduta del 24 luglio 2002  42

Normativa di riferimento

§      Codice di procedura penale (artt. 124-128, 192, 272-325, 582, 583, 588, 606 e 623) 42

§      D.L. 23 ottobre 1996, n. 553. Disposizioni in tema di incompatibilità dei magistrati e di proroga dell'utilizzazione per finalità di detenzione degli istituti penitenziari di Pianosa e dell'Asinara. 42

§      L. 2 dicembre 1998, n. 420. Disposizioni per i procedimenti riguardanti i magistrati. 42

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



Dati identificativi

Numero del progetto di legge

589

Titolo

Modifiche agli articoli 309, 310 e 324 del codice di procedura penale concernenti la competenza in tema di impugnazione delle misure cautelari personali e reali

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Diritto processuale penale

Iter al Senato

No

Numero di articoli

3

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

6 giugno 2001

§       annuncio

13 giugno 2001

§       assegnazione

6 maggio 2002

Commissione competente

2^ Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

1^ (Affari costituzionali)

 


 

Numero del progetto di legge

1379

Titolo

Modifica all' articolo 309 del codice di procedura penale, in materia di competenza giurisdizionale sui procedimenti riguardanti il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Diritto processuale penale

Iter al Senato

No

Numero di articoli

1

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

18 luglio 2001

§       annuncio

19 luglio 2001

§       assegnazione

19 novembre 2001

Commissione competente

2^ Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

1^ Commissione (Affari costituzionali)

 


Numero del progetto di legge

1893

Titolo

Modifiche al codice di procedura penale in attuazione dei princìpi del giusto processo

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Diritto processuale penale

Iter al Senato

No

Numero di articoli

4

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

5 novembre 2001

§       annuncio

6 novembre 2001

§       assegnazione

13 febbraio 2002

Commissione competente

2^ Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

1^ Commissione (Affari costituzionali)

 


 

Numero del progetto di legge

2339

Titolo

Nuove norme per l' individuazione del tribunale competente per il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva

Iniziativa

2339

Settore d’intervento

Diritto processuale penale

Iter al Senato

No

Numero di articoli

3

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

13 febbraio 2002

§       annuncio

14 febbraio 2002

§       assegnazione

15 aprile 2002

Commissione competente

2^ Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

1^ Commissione (Affari costituzionali)

 

Numero del progetto di legge

3583

Titolo

Modifiche agli articoli 311 e 623 del codice di procedura penale, in materia di competenza nei giudizi successivi ad annullamento con rinvio della Corte di cassazione di ordinanze emesse dal tribunale per il riesame

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Diritto processuale penale

Iter al Senato

No

Numero di articoli

2

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

23 gennaio 2003

§       annuncio

27 gennaio 2003

§       assegnazione

12 marzo 2003

Commissione competente

2^ Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

1^ Commissione (Affari costituzionali)

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Tutte le proposta di legge intervengono sul tema del riesame delle misure cautelari o del giudizio di rinvio a seguito dell’esame della relativa ordinanza da parte della Corte di cassazione.

Motivo ispiratore comune ai diversi provvedimenti appare essere quello dell’individuazione di un diverso giudice del riesame, di volta in volta individuato nella Corte d’appello (A.C. 589 e 1893), nel tribunale con competenza circondariale anziché distrettuale (A.C.1379 e 2339), in un tribunale con diversa composizione collegiale nell’ipotesi di rinvio da parte della Corte di cassazione  (A.C. 3583).

Relazioni allegate

Si tratta di proposte di legge di iniziativa parlamentare, corredate, pertanto, della sola relazione illustrativa.

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

I provvedimenti in esame contemplano interventi specifici su articoli del codice di procedura penale: si giustifica, pertanto, l’utilizzazione dello strumento legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le proposta di legge intervengono in materia di diritto processuale penale: si tratta,pertanto, di materia rientrante nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. 

Formulazione del testo

Per le osservazioni alla formulazione del testo si fa rinvio al contenuto delle schede.

 


Schede di lettura


Quadro normativo

Impugnazione delle misure cautelari personali

Il codice processuale penale disciplina agli artt. 309-311 il regime delle impugnazioni contro le misure cautelari personali.

Com’è noto, le misure cautelari, sia personali che reali, sono garantite da mezzi di gravame autonomi rispetto alla sentenza che definisce il giudizio di merito; tali strumenti consentono una verifica anticipata e rapida (rispetto ai tempi necessariamente lunghi del giudizio principale) della legittimità dei presupposti del provvedimento restrittivo adottato dal giudice.

Detto che, in base al principio generale sancito dall’art. 588, comma 2, c.p.p., le impugnazioni contro i provvedimenti in materia di libertà personale non hanno in alcun caso effetto sospensivo, si ricorda che la disciplina codicistica delle impugnazioni dei provvedimenti cd. de libertate (tra cui particolare rilievo assume la custodia cautelare) si articola in due gradi: di merito (riesame e appello, alternativi tra loro) e di legittimità (ricorso per cassazione).

Impugnazione di merito

L’esperibilità del riesame o dell’appello dipende dal contenuto dell’ordinanza impugnata: il riesame è riservato all’ordinanza che dispone una misura coercitiva (art. 309 c.p.p.) mentre tutte gli altri tipi di ordinanza in materia di misure cautelari (sia coercitive che interdittive) diverse da quelle assoggettabili a riesame, con criterio residuale, sono impugnate mediante l’appello (art. 310 c.p.p.).

La competenza a decidere sulla richiesta di riesame delle ordinanze che dispongono una misura cautelare coercitiva[1] spetta al cd. tribunale del riesame (o tribunale della libertà).

L’art. 309 c.p.p. illustra il procedimento d’impugnazione delle ordinanze cautelari personali, scandito da tempi particolarmente rapidi; in sintesi, le fasi previste dal codice sono le seguenti:

1) presentazione della richiesta di riesame anche nel merito da parte dell’imputato[2] o dal suo difensore (rispettivamente, entro 10 giorni dall’esecuzione o notifica del provvedimento ovvero dalla notifica dell’avviso di deposito dell’ordinanza) presso la cancelleria del tribunale distrettuale (cioè del luogo sede di corte d’appello) o presso la sezione distaccata della corte d’appello nella cui circoscrizione è compreso l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza impugnata. Particolari disposizioni sono previste per il decorso del termine di impugnazione da parte dell’imputato latitante.

2) avviso immediato dell’avanzata impugnazione da parte del presidente del tribunale all’autorità giudiziaria procedente;

3) trasmissione entro 5 giorni, da parte di quest’ultima, al tribunale del riesame degli atti del procedimento e degli eventuali nuovi elementi sopravvenuti favorevoli all’indagato; l’inosservanza del termine comporta l’inefficacia della misura;

4) decisione del tribunale del riesame in composizione collegiale (all’udienza camerale partecipa il PM presso lo stesso tribunale distrettuale ovvero quello che ha richiesto la misura), entro 10 dalla ricezione degli atti (anche in tal caso, a pena dell’inefficacia della misura); i provvedimenti assunti possono essere:

·         declaratoria di inammissibilità della richiesta;

·         annullamento,

·         riforma o conferma dell’ordinanza cautelare, tenendo eventualmente conto anche degli elementi addotti in udienza dalle parti.

 Si attribuisce poi al tribunale del riesame il potere di annullamento o di riforma del provvedimento in senso più favorevole all’imputato anche sulla base di motivi diversi da quelli enunciati; allo stesso modo, il giudice del gravame potrà, all’opposto, confermarlo anche per motivi diversi da quelli indicati nella motivazione dell’ordinanza.

Tale ampia disponibilità del merito del provvedimento rivela la “natura di mezzo totalmente devolutivo riconosciuta alla richiesta di riesame (Conso-Grevi).

 

L’altro mezzo di impugnazione delle ordinanze che dispongono misure coercitive personali, l’appello (art. 310 c.p.p.) è, come accennato, residuale rispetto al riesame.

Sono, infatti appellabili:

a) le ordinanze coercitive non riesaminabili, cioè quelle che non costituiscono ma modificano, sostituiscono, revocano o ripristinano misure già eseguite ovvero che rigettano la richiesta di richiesta di applicazione da parte del PM;

b) le ordinanze relative a misure interdittive (artt. 288-290 c.p.p.);

c) i provvedimenti che sospendono i termini di durata massima della custodia cautelare o la loro proroga in corso di indagine;

d) le ordinanze che disciplinano le modalità attuative degli arresti domiciliari.

 

L’art. 310 c.p.p. stabilisce che, fuori dei casi di riesame, il PM, l'imputato e il suo difensore possono proporre appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali, enunciandone contestualmente i motivi. Giudice dell’impugnazione è sempre il tribunale del riesame ovvero il tribunale del distretto di corte d’appello competente per territorio (o la sezione distaccata di corte d’appello).

Le fasi procedimentali dell’appello sono sostanzialmente le stesse della richiesta di riesame, cui del resto l’art. 310 fa espresso rinvio precisando l’osservanza delle disposizioni dell’art. 309, commi 1, 2, 3, 4 e 7 (comma 2).

La più marcata differenza si ravvisa nel termine per la decisione sull’appello che è doppio (20 gg.) rispetto a quello previsto dall’art. 309.

In applicazione della regola generale sulle impugnazioni di cui all’art. 588, comma 1, c.p.p. è prevista la sospensione dell’esecuzione dell’ordinanza cautelare che accolga l’appello del PM (ad es., in caso di rigetto di una sua richiesta al GIP) fino a  che la decisione non sia divenuta definitiva (comma 3).

Impugnazione di legittimità

L’impugnazione di legittimità dell’ordinanza de libertate emesse in sede di riesame ovvero a seguito di appello ex art. 310 c.p.p., è di competenza della corte di cassazione (art. 311 c.p.p.).

 In tal caso, può proporre impugnazione (da presentare entro 10 giorni dalla comunicazione o dalla notifica dell’avviso di deposito del provvedimento) oltre che l’imputato e il difensore, anche il P.M. che ha richiesto al giudice la misura o, ancora, il P.M. presso il tribunale del distretto.

Peraltro, in luogo della richiesta di riesame al tribunale, è proponibile il ricorso diretto per cassazione[3] (cd. ricorso per saltum o omisso medio) da parte dell’imputato o del suo difensore; tale ricorso rende inammissibile, però, la richiesta di riesame.

Con il ricorso, da presentare presso la cancelleria del giudice a quo, devono essere contestualmente indicati i motivi, ma il ricorrente può enunciarne di nuovi prima dell’inizio della discussione.

L’oggetto del ricorso riguarda solamente i vizi di legittimità specificamente previsti dall’art. 606 c.p.p.[4]; il codice di rito, non attribuisce, infatti alla cassazione di rivedere gli elementi materiali e di fatto delle vicende oggetto di indagine per verificarne la veridicità.

Alla Suprema Corte spetta invece la verifica di legittimità con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento dell’applicazione della misura; tale controllo mira all’accertamento, alla base della pronuncia cautelare, da un lato, del concreto apprezzamento delle risultanze processuali; dall’altro, del fatto che la motivazione non sia soltanto assertiva o inficiata da errori logico-giuridici. Resta in ogni caso esclusa ogni valutazione sui fatti indizianti a carico dell’indagato in relazione alle apprezzate esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p.. I motivi del ricorso attengono, comunque, tutti a violazione di legge; è tale lo stesso difetto di motivazione, che viola le norme sulla valutazione delle prove e sulla enunciazione dei motivi della decisione.

La cassazione decide sul ricorso in camera di consiglio entro 30 giorni dalla ricezione degli atti. Il termine non è, però, perentorio e il suo spirare in assenza della decisione sull’impugnazione è sprovvisto di sanzione processuale, non comportando, quindi, la decadenza dell’ordinanza impugnata.

Impugnazione delle misure cautelari reali

Per l’impugnazione dei provvedimenti che dispongono i cd. sequestri cautelari, sequestro conservativo (art. 316 c.p.p.) e preventivo (art. 321 c.p.p.), il sistema codicistico (artt. 324, 325) prevede una disciplina analoga a quella descritta per le misure cautelari personali.

Anche, in tal caso, esiste un grado di merito ed uno di legittimità: il primo è costituito dal riesame (per il sequestro conservativo anche l’appello), mentre  il secondo è attivabile con il ricorso per cassazione.

L’art. 324 c.p.p. disciplina il procedimento di riesame delle misure cautelari reali, valido sia per il riesame del decreto di sequestro conservativo e preventivo, che per quello di sequestro penale (art. 257 c.p.p.), anche in tal caso, ricalcando sostanzialmente le fasi procedimentali del sopradescritto art. 309 c.p.p..

L’art. 324 prevede la presentazione della richiesta di riesame nella cancelleria del tribunale indicato al comma nel comma 5, ovvero del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento, entro 10 dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'avvenuto sequestro. La richiesta fa riferimento alle modalità di presentazione dell’impugnazione previste dalle regole generali cui all’art. 582 c.p.p. . Particolari regole sono specificate per la comunicazione dell’avviso della data fissata per l’udienza di trattazione in caso di richiesta proposta dall'imputato non detenuto né internato ovvero proposta da altra persona.

La cancelleria dà immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale gli atti su cui si fonda il provvedimento oggetto del riesame. Disposizione analoga a quella dell’art. 309 c.p.p. è prevista per i motivi, che se nuovi, sono enunciabili previa verbalizzazione prima dell'inizio della discussione davanti al giudice del riesame.

Sulla richiesta di riesame decide entro 10 giorni dalla ricezione degli atti, in composizione collegiale e con rito camerale, il tribunale circondariale cioè quello del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento.

Almeno tre giorni prima, l'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato al PM e notificato al difensore e a chi ha proposto la richiesta. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria.

A differenza che per il riesame e l’appello sulle misure coercitive personali, non è però espressamente prevista, per il difensore, la possibilità di esaminare e copiare gli atti depositati

E’ fatto poi rinvio alle previsioni dell’art. 309 c.p.p. per quel che riguarda i termini e l’esito della decisione del tribunale del riesame (v. ante) ed è precisato che la revoca del provvedimento di sequestro può essere parziale e non può essere disposta nei casi di confisca obbligatoria (art. 240, comma 2, c.p.)[5]. Se sorge contestazione sulla proprietà (delle cosa sequestrata), il giudice del riesame rinvia la decisione della controversia al giudice civile, mantenendo nel frattempo il sequestro.

 

Contro le decisioni emesse in materia di misure cautelari reali è ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge da parte dell’imputato, del suo difensore e del P.M (art. 325 c.p.p.). Contro il decreto di sequestro è ammesso, entro 10 gg,  il ricorso diretto in cassazione saltando la fase del riesame, in tal caso non più ammissibile.

Contenuto delle proposte di legge

A.C. 589 (Cola) e A.C. 1893 (Gironda Veraldi ed altri)

Finalità delle proposte di legge C. 589 e C. 1893 è quella di sottrarre al tribunale del riesame la competenza sui gravami contro le ordinanze che dispongono misure coercitive; nuovo giudice dell’impugnazione è, per entrambe le proposte di legge, la corte d’appello.

Le motivazioni alla base di tale trasferimento di competenza risiedono nelle acclarate carenze di organico, rese più drammatiche dall’aumento esponenziale del numero di pendenze e dei processi in corso nonché nella constatata difficoltà nella composizione delle sezioni del riesame, che costringono frequentemente alle applicazioni di giudici, spesso meno esperti. Viene segnalata poi la circostanza che l’attribuzione dell’indicata competenza alla corte d’appello, meno gravata come numero di procedimenti, consentirebbe, rispetto al tribunale una maggiore serenità e distacco nelle decisioni, sanando, inoltre l’anomalia dell’impugnazione di un provvedimento di un organo giudiziario superiore (la corte d’appello) decisa da un organo giudiziario inferiore (il tribunale). Ulteriore rilievo assume poi la circostanza relativa alle difficoltà di composizione delle sezioni del riesame conseguente alle incompatibilità per atti compiuti nel corso del procedimento; inoltre, deve essere oggetto di ponderata valutazione la circostanza che spesso - per i  passaggi di funzione dei magistrati - vede come componenti delle sezioni del riesame ex GIP e pubblici ministeri, fino a poco prima, a diverso titolo, protagonisti dell’iniziativa e delle decisioni di primo grado sulle misure coeercitive.

 

L’articolo 1 delle proposte di legge C. 589 e C. 1893, modificando l’art. 309 c.p.p., attribuisce alla corte d’appello la competenza sul riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive personali.

 

L’art. 1 della p.d.l. C. 589 sostituisce a tal fine il comma 7 dell’art. 309 (che indica l’attuale competenza del tribunale del riesame), con conseguente necessario coordinamento normativo del precedente comma 4 della stessa norma.

Sul punto, si rileva che intervento di analoga natura risulta necessario anche in relazione al contenuto dei commi 5, 8, 8-bis e 9 dell’art. 309 c.p.p.

 

L’art. 1 della p.d.l. C. 1893 oltre ad individuare direttamente (comma 1) al comma 4 dell’art. 309 c.p.p. il nuovo giudice dell’impugnazione - precisando inoltre l’osservanza delle forme relative alla presentazione e spedizione dell’atto di gravame indicati agli artt. 582 e 583 c.p.p.-  interviene con modifiche sui successivi commi 5, 7, 8 e 8-bis dell’art. 309, modifiche aventi tutte natura di coordinamento normativo con l’avvenuto trasferimento di competenza (commi 2, 3, 4 e 5).

Si segnala, a tal proposito, la mancanza di coordinamento con il contenuto del comma 9 dell’art. 309.

Va, inoltre, rilevato che la relazione illustrativa della p.d.l. C. 1893 riferisce di un intervento sullo stesso comma 9 dell’art. 309, volto all’allungamento dei termini per la decisione del giudice del riesame (individuato dai proponenti nella corte d’appello); tale intervento, in realtà, non risulta dall’articolato.

 

Gli articoli successivi delle due proposte di legge riguardano pressoché integralmente modifiche delle norme codicistiche resesi necessarie per le citate esigenze di coordinamento normativo derivanti dall’avvenuta individuazione della corte d’appello come giudice dell’impugnazione delle misure coercitive personali.

A tal fine l’articolo 2 della p.d.l. C. 589 modifica i commi 2 e 3 dell’art. 310 c.p.p, relativo all’appello sulle misure cautelari personali; il corrispondente articolo 2 della p.d.l. C. 1893 riformula agli stessi fini il contenuto del comma 2 dell’art. 310, introducendo, inoltre, le seguenti modifiche:

a) è previsto un termine maggiore per la decisione sull’impugnazione - che passa a 30 gg, rispetto ai 20 attualmente previsti (dalla ricezione degli atti) – da parte del tribunale del riesame;

b) è introdotta la possibilità di una riduzione del termine di 30 gg. su richiesta dell’indagato e conforme provvedimento del giudice (verosimilmente, il presidente della corte d’appello); da tale richiesta decorre il nuovo termine (minimo 10 gg);

c) è stabilito, entro i citati 30 gg., l’obbligo di deposito della motivazione contestuale a quello del provvedimento.

 

Si ricorda che, attualmente, basta il deposito del solo dispositivo dell’ordinanza nel termine dei 10 gg per rendere valida l’applicazione di una misura cautelare. La stessa Corte di cassazione ha escluso l’effetto caducatorio della misura in caso di mancato deposito nel termine della motivazione. La Suprema Corte ha infatti affermato (S.U., sent. 3 luglio 1996, n. 7) che mediante tale deposito “si rende certo, per gli interessati, che la decisione - con quel determinato, irreversibile contenuto - e' intervenuta nel termine e si rende altresi' possibile l'adozione degli eventuali conseguenti provvedimenti; la motivazione dell'ordinanza di riesame, viceversa, in  applicazione della norma generale sul procedimento camerale  di  cui all'art. 128 c.p.p.., puo' essere depositata, senza influenza alcuna sull'efficacia  della misura, nel termine ordinatorio – la cui  osservanza e' tuttavia doverosa per il giudice ai sensi dell'art. 124 c.p.p. - dei cinque giorni successivi alla deliberazione predetta”.

 

Anche l’articolo 3 della p.d.l C. 1893, di modifica del comma 1 dell’art. 311 c.p.p. relativo al ricorso per cassazione contro le decisioni assunte in sede di riesame e di appello, ha finalità di coordinamento con le nuove previsioni introdotte.

Va segnalato che analogo intervento sull’art. 311 c.p.p. manca, invece, nella proposta di legge C. 589.

 

L’articolo 4 della p.d.l. C. 1893 e l’articolo 3 della p.d.l. C. 589 modificano, per le più volte indicate necessità di coordinamento, l’art. 324 del codice di rito, relativo al procedimento di riesame delle ordinanze che dispongono misure cautelari reali (v. ante).

L’unica modifica sostanziale è introdotta dalla p.d.l. C. 1893 e riguarda il comma 5 dell’art. 324 c.p.p., che aumenta da 10 a 15 gg il termine entro il quale il giudice dell’impugnazione (la corte d’appello) decide sulla richiesta di riesame.

Si osserva che l’art. 4 della stessa p.d.l. C. 1893 non prevede il coordinamento normativo del comma 3 dell’art. 324.

A.C. 1379 (Vitali, Marras),

La proposta di legge A.C. 1379, sostituendo il comma 7 dell’articolo 309 del c.p.p. (Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva), prevede una competenza circondariale dei tribunali competenti ad esprimersi sul riesame delle misure cautelari coercitive, in luogo della competenza distrettuale attualmente stabilita.

Come evidenziato nella relazione illustrativa, infatti, tale modifica viene ritenuta funzionale alla salvaguardia del diritto di difesa del detenuto che, attualmente, non viene tradotto in camera di consiglio allorché ristretto in altro circondario ed alla funzione del difensore non residente in sede distrettuale, attualmente costretto ad estenuanti trasferimenti da un tribunale all’altro del distretto giudiziario.

A.C. 2339 (Benedetti Valentini ed altri)

Anche la proposta di legge A.C. 2339, che si compone di tre articoli interviene in tema di individuazione del tribunale competente al riesame delle misure cautelari.

L’articolo 1, attribuisce la competenza a decidere sulla richiesta di riesame al tribunale che ha sede nel capoluogo del circondario determinato dalla legge.

Il successivo articolo 2, inserendo  l’articolo 92 bis nelle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, stabilisce i criteri per l’individuazione del tribunale competente agli effetti di quanto stabilito dal nuovo comma 7 dell’articolo 309 c.p.p.

Più in particolare viene precisato che la competenza spetta  ad un tribunale diverso da quello nel cui circondario ha sede l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza, ma ricompreso nello stesso distretto di corte d’appello: la determinazione di tale tribunale dovrà avvenire sulla base della Tabella A bis allegata dall’articolo 3 alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.

Nell’individuazione dei tribunali competenti per il riesame si è scelto un criterio di prossimità geografica rispetto al circondario del giudice che ha emesso il provvedimento, ed un meccanismo nel quale si realizza una “circolarità” (analoga a quella attivata con la legge 2 dicembre 1998, n. 420, per i processi riguardanti i magistrati) all’interno di ciascun distretto di corte d’appello.  

Nella relazione illustrativa, tuttavia, viene evidenziata la possibile emendabilità della tabella per quanto attiene agli abbinamenti delle sedi giudiziarie, ispirati ad una visione geografica e funzionale oggettiva nelle intenzioni ma verosimilmente criticabile in talune delle singole articolazioni territoriali.

A.C. 3583 (Siniscalchi ed altri)

Partendo dalla considerazione delle peculiarità che assume il giudizio di rinvio nel caso in cui la Corte di cassazione annulli l’ordinanza emessa dal tribunale per il riesame, la proposta di legge A.C. 3583 è diretta a garantire la diversità del giudice-persona in tale giudizio (vale a dire la diversità tra il giudice che ha emesso il provvedimento annullato e quello investito a seguito dell’annullamento), non assicurata dall’attuale formulazione della lettera a) del comma 1 dell’articolo 623 c.p.p. (Annullamento con rinvio).

 

Va ricordato che la citata lettera a) del comma 1 dell’articolo 623 prevede che nel caso in cui sia annullata un’ordinanza , la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l’ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento.

 

Come evidenziato nella relazione illustrativa, infatti, l’importanza della verifica afferente la legittimazione all’adozione dei provvedimenti restrittivi – che toccano la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza – non può non indurre il legislatore ad una ponderazione della citata scelta normativa .Il giudice, infatti, oltre che essere terzo ed imparziale deve essere posto in condizione di affrontare con mente vergine, non attraversata da prevalutazioni, la vicenda giuridica e fattuale posta al suo vaglio. Peraltro il giudice oltre che – come detto – essere terzo ed imparziale deve sembrare tale all’esterno.

Tale risultato viene realizzato mediante l’intervento su due articoli del codice di procedura penale.

L’articolo 1 della proposta, aggiungendo due commi (5 e 5 bis) all’articolo 311 c.p.p. (Ricorso per cassazione), stabilisce espressamente che in caso di annullamento con rinvio al tribunale per nuovo esame il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato il provvedimento impugnato.

Qualora si determini l’impossibilità di comporre il nuovo collegio in tal senso il giudizio si svolge dinanzi alla sezione per il riesame del tribunale territorialmente più vicino.

L’articolo 2, contestualmente, interviene sull’articolo 623, comma 1, lettera a) c.p.p., temperando la regola da esso stabilita con l’espressa eccettuazione delle previsioni contenute nei commi 5 bis e 5 ter dell’articolo 311 (inseriti dall’articolo 1 della proposta).  

 


Progetti di legge


N. 589

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato COLA

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Modifiche agli articoli 309, 310 e 324 del codice di procedura penale concernenti la competenza in tema di impugnazione delle misure cautelari personali e reali

 

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Presentata il 6 giugno 2001

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Onorevoli Colleghi! - Dopo oltre dieci anni dalla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, non si può affermare, senza incontrare un diffuso dissenso, che il nuovo codice abbia contribuito a far superare l'allarmante crisi che da tanto tempo caratterizza la giustizia italiana.

A parte le più volte denunciate carenze di struttura e di organico, l'impressionante aumento delle pendenze e dei processi nella fase del giudizio, con la conseguente impossibilità di definirli se non con il ricorso a provvedimenti di clemenza o per il maturare della prescrizione, è determinato in gran parte da incomprensibili scelte normative, che mal si conciliano con la ratio del codice, imponendo decisioni che sortiscono risultati diametralmente opposti a quelli individuati dai relatori come gli obiettivi da raggiungere.

Basterà in proposito rilevare che nelle previsioni, per assicurare un perfetto equilibrio tra gli organi giudiziari ed una conseguente efficienza, la fase del giudizio non avrebbe dovuto essere caricata da più del 15 per cento delle notizie di reato iscritte nell'apposito registro. Invece, i dati statistici di questi anni segnalano che perviene una percentuale di processi di gran lunga maggiore, che in alcuni distretti supera, addirittura, il 90 per cento.

E' agevole a questo punto comprendere perché non si celebrano i processi; ma è ancor più agevole capire come sia divenuto improbo il lavoro degli organi giudicanti, e particolarmente, quello del tribunale, che oltre ad avere un carico di lavoro obiettivamente insostenibile è chiamato a svolgere la più delicata delle funzioni in ogni processo: l'acquisizione (praticamente ex novo) della prova.

Già in relazione a questa funzione i giudici del tribunale, nonostante un riconosciuto spirito di abnegazione, non riescono a smaltire più di un quarto del carico di lavoro.

Se, poi, si considera che il codice di rito attribuisce al tribunale anche la funzione di decidere in sede di riesame e di appello sulle misure cautelari e reali, si riesce a comprendere che in siffatto frenetico contesto, caratterizzato dall'assillo di brevi termini e dall'estrema delicatezza della materia, è ben difficile pretendere che le decisioni non siano frettolose e che siano il frutto di una approfondita disamina degli atti, a volte costituiti da migliaia di pagine.

Gli argomenti su esposti sarebbero di per sé sufficienti per giustificare la presente proposta di legge.

Tuttavia vi sono non meno probanti rilievi che dovrebbero indurre a ritenere quanto mai opportuno lo spostamento della competenza a decidere in tema di riesame e di appello delle misure cautelari personali e reali dal tribunale alla corte di appello.

Ed infatti, a parte la rassicurante serenità e l'obiettivo distacco, la corte di appello è gravata da un minor carico di processi ed, inoltre, è sganciata dall'onere della laboriosità e complessità dell'acquisizione probatoria.

La proposta innovazione, inoltre, assi-curerebbe, naturalmente nei limiti del possibile, una maggiore uniformità di indirizzo giurisprudenziale.

Ma vi è di più: lo spostamento della competenza sortirebbe altri positivi effetti:

 

 scongiurerebbe il verificarsi di casi di incompatibilità, destinati a bloccare iter processuali, a volte in fase avanzata, ed eviterebbe, nel contempo, evidenti difficoltà al tribunale nella costituzione dei collegi.

 

eviterebbe la insostenibile anomalia in atto, per cui un organo giudiziario di grado inferiore (nel caso di specie il tribunale per il riesame) sia chiamato a decidere in sede di appello sui gravami proposti avverso i provvedimenti in tema di libertà personale, emessi da un giudice di grado superiore (nel caso si specie la corte di appello);

 

 eliminerebbe l'ulteriore anomalia, per la quale, in sede di appello avverso provvedimenti "de libertate" emessi dal tribunale, sia chiamato a decidere un giudice di pari grado.

In forza di tali rilievi, la proposta di legge prevede le seguenti modifiche:

 

a) il comma 7 dell'articolo 309 del codice di procedura penale viene così riformulato: "Sulla richiesta di riesame decide la corte di appello, nel cui distretto ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza";

 

b) al comma 4 dello stesso articolo, le parole: "del tribunale indicato", sono sostituite dalle seguenti: "la corte di appello indicata";

 

c) ai commi 2 e 3 dell'articolo 310, la parola: "tribunale" è sostituita dalle seguenti: "corte di appello", nella parte in cui viene esplicitamente indicata l'autorità giudiziaria competente.

 

Seguendo gli stessi criteri va modificato l'articolo 324 che regola il rito per il riesame delle misure reali.

 


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

 

        1. All'articolo 309 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

 

            a) il comma 7 è sostituito dal seguente:

 

            "7. Sulla richiesta di riesame decide la corte di appello, nel cui distretto ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza";

 

            b) al comma 4, le parole: "del tribunale indicato" sono sostituite dalle seguenti: "della corte di appello indicata".

 

Art. 2.

 

        1. All'articolo 310 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

 

            a) al comma 2, secondo periodo, le parole: "al tribunale" sono sostituite dalle seguenti: "alla corte di appello";

 

            b) al comma 2, quinto periodo, le parole: "il tribunale" sono sostituite dalle seguenti: "la corte di appello".

 

            c) al comma 3, le parole: "il tribunale" sono sostituite dalle seguenti: "la corte di appello".

 

Art. 3.

 

        1. All'articolo 324 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

 

            a) al comma 1, le parole: "del tribunale" sono sostituite dalle seguenti: "della corte di appello";

            b) al comma 3, le parole: "al tribunale" sono sostituite dalle seguenti: "alla corte di appello";

 

            c) al comma 5, le parole: "il tribunale del capoluogo di provincia nella quale" sono sostituite dalle seguenti: "la corte di appello nel cui distretto";

 

            d) al comma 6, le parole: "al tribunale" sono sostituite dalle seguenti: "alla corte di appello".


N. 1379

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato VITALI, MARRAS

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Modifica all'articolo 309 del codice di procedura penale, in materia di competenza giurisdizionale sui procedimenti riguardanti il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva

 

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Presentata il 18 luglio 2001

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Onorevoli Colleghi! - Il decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 533, ha modificato l'articolo 309 del codice di procedura penale, prevedendo per il riesame e l'appello avverso le misure cautelari una competenza distrettuale o di sezioni distaccate delle corti d'appello. Tale disciplina modifica il diritto di difesa del detenuto, che non viene tradotto in camera di consiglio allorché ristretto in altro circondario, e la funzione del difensore non residente in sede distrettuale, costretto ad estenuanti trasferimenti da un tribunale all'altro del distretto giudiziario. E' necessario, pertanto, rivedere la problematica relativa al giudizio sulla libertà in rapporto agli articoli 309 e 310 del codice di procedura penale nel senso di ripristinare i giudizi in questione in sede circondariale.

E' opportuno ricordare che in sede di esame del citato decreto-legge n. 553 del 1996, fu presentato dal proponente un ordine del giorno che impegnava il Governo di centrosinistra ad una revisione delle norme nel senso sopra prospettato. Nonostante il Governo avesse accolto tale ordine del giorno la revisione delle norme introdotte con il citato decreto-legge n. 553 del 1996 non fu attuata.

Diventa, quindi, fondamentale approvare al più presto la presente proposta di legge che salvaguarda il diritto alla difesa del detenuto.



 


proposta di legge

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Art. 1.

 

        1. Il comma 7 dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

 

        "7. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza".

 

 


N. 1893

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati GIRONDA VERALDI, CARDIELLO,
PISAPIA

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Modifiche al codice di procedura penale in attuazione dei
princìpi del giusto processo

 

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Presentata il 5 novembre 2001

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Onorevoli Colleghi! - L'istituto dell'impugnazione delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva presenta un difetto di origine che consiste nell'avere attribuito la cognizione dei gravami al tribunale, cosiddetto del "riesame".

L'esperienza maturata in sede giudiziaria, specie quella recente, è tale da imporre, e con urgenza, la modifica all'articolo 309 del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede la competenza del tribunale a decidere, in sede di impugnazione, in ordine a tutti i provvedimenti che incidano direttamente od indirettamente sulla libertà del cittadino.

Il giudice chiamato a decidere su detti provvedimenti deve infatti possedere professionalità, competenza tecnica, esperienza, equilibrio, serenità ed imparzialità.

Nell'ambito del più ampio concetto di crisi della giustizia va collocata quella che affligge la sezione del tribunale del riesame.

Le cause sono molteplici, tutte note specie a coloro che spesso ne soffrono le conseguenze.

Ed infatti:

 

gli scaffali delle segreterie sono intasati anche perché i presidenti delle sezioni hanno difficoltà a comporre i collegi a causa della mancata disponibilità di organico;

 

spesso si deve ricorrere al rimedio dell'applicazione, che si rivela deleterio in quanto si è costretti all'interpello del giudice che si ritenga adeguato all'esercizio della delicata funzione, ma, in caso di non consenso, si deve ripiegare verso l'applicazione del giudice che, avendo meno anzianità (e quindi meno esperienza), non può declinare il provvedimento di applicazione;

 

inoltre, la mancanza di un congruo organico non consente di predisporre e realizzare un calendario di udienza utile a sostenere l'impatto dell'enorme carico di lavoro.

 

Senza aggiungere che l'obbligo di rispetto dei termini perentori, previsti a pena d'inefficacia, rende caotiche le udienze con ovvio sacrificio delle esigenze di difesa e dell'impegno del giudice.

Ancora più grave è che, a causa del consentito e non infrequente passaggio dall'esercizio di una funzione all'altra, può avvenire (e spesso avviene) che siano chiamati a comporre il collegio ex magistrati del pubblico ministero o ex giudici per le indagini preliminari. Il che può ragionevolmente ingenerare il sospetto, fondato o meno ha poca importanza, che il giudizio espresso possa essere stato influenzato dalla partecipazione di tali giudici.

Si registra specie nei piccoli tribunali il fenomeno della incompatibilità dei giudici a causa della pregressa loro partecipazione in altre fasi del procedimento o del processo.

L'esperienza maturata da chi ancora si ostina ad affrontare il giudizio del tribunale del riesame, consente di stabilire che solo una minima percentuale di istanze di riesame o di appelli viene accolta e che il maggior numero di accoglimenti è in gran parte costituito dall'esito delle impugnazioni proposte dal pubblico ministero.

Sta di fatto che, mentre le ordinanze "de libertate", per quel che si è detto, appaiono nella maggior parte dei casi immuni da vizi, altrettanto non accade per le sentenze di merito, più di sovente riformate dalla corte di appello. Né si può continuare a sostenere che il giudizio cautelare è meno profondo di quello che esprime il giudice della cognizione; basti, a tale riguardo, considerare che oggi l'articolo 273, comma 1-bis, del codice di procedura penale richiama e fa proprio il criterio di valutazione della prova espresso dall'articolo 192, comma 3, dello stesso codice, che è norma dettata in origine per il giudizio.

Se la competenza, che oggi è del tribunale, fosse definitivamente affidata alla corte di appello, organo di giurisdizione certamente più distante da quello che ha apprezzato la necessità cautelare, potremmo contare su un accertamento del tutto più rassicurante su materie la cui tutela costituisce un primario dovere per lo Stato, pur nella contrapposizione tra libertà personale (tutela del patrimonio e dell'economia più in generale), e necessità afferenti alla gestione del processo penale.

Si rende pertanto necessario intervenire sugli articoli 309, 310, 311, e 324 del codice di procedura penale, nella parte in cui assegnano al tribunale la competenza a conoscere delle impugnazioni, diverse dal ricorso per cassazione, avverso ogni provvedimento "de libertate".

Si renderà necessario, inoltre, ogni conseguenziale intervento legislativo volto alla modifica della norma applicativa delle regole contenute nei suddetti articoli.

Altro intervento, che si rende indispensabile nella prospettiva di offrire una giustizia di migliore qualità, è quello di allungare il termine entro cui il giudicante deve emettere il provvedimento conclusivo del riesame. L'articolo 309, al comma 9, prevede che il tribunale (la corte di appello, secondo le aspirazioni riformiste del proponente) decida "entro dieci giorni dalla ricezione degli atti", pena la perdita di efficacia della misura cautelare, così come è detto nel comma 10 del medesimo articolo. La norma, che certamente pone doveroso riguardo all'esigenza di rapidità del giudizio, non tiene conto della notevole quantità di maxiprocedimenti la cui presenza, certamente da evitare stante la dichiarata volontà del legislatore del 1988,spesso non consente ai giudici del riesame la doverosa ed approfondita lettura degli atti, nei tempi indicati dalla norma stessa. Tale situazione è destinata ad incidere sempre più negativamente sulla sorte del procedimento incidentale di che trattasi.

Anche i difensori spesso non hanno tempo e modo di studiare gli atti numerosi e complessi che caratterizzano detti procedimenti.

Ed allora, si è dovuto ricorrere ad espedienti procedurali che, certamente, non trovano una loro giustificazione nella legge.

La giurisprudenza di legittimità (Cassazione Sezioni unite 17 aprile 1996 Moni e 25 marzo 1998 Mammo e Maiolo) ha finito per ritenere la sufficienza, ai fini del permanere dell'efficacia della misura cautelare, del deposito del solo dispositivo. Pur nel rispetto della ricordata giurisprudenza, non si può non dissentire dalle argomentazioni poste a fondamento delle citate decisioni, perché non sono compatibili con i princìpi cui si ispira il nostro sistema processuale.

In primo luogo, deve osservarsi che la natura e la struttura del provvedimento-ordinanza, così come delineate dal nostro codice di rito, non consentono di concepire un dispositivo di ordinanza che sia disgiunto dalla sua motivazione. L'articolo 125, comma 3, prevede che "le sentenze e le ordinanze sono motivate, a pena di nullità". Tuttavia, mentre per le sentenze è previsto il deposito differito della motivazione, una simile previsione non è per le ordinanze. Gli articoli 127 e 128 del medesimo codice di procedura penale, che disciplinano il procedimento in camera di consiglio, richiamato dall'articolo 309, comma 8, escludono la possibilità che il dispositivo possa esplicare effetti se distinto dalla sua motivazione.

In altri termini, il legislatore si è preoccupato di offrire al destinatario dell'ordinanza la possibilità dell'immediata percezione delle ragioni poste a sostegno del provvedimento giurisdizionale.

Va rilevato ancora che, mentre la norma generale contenuta nell'articolo 128 del codice di procedura penale prevede, per il deposito in cancelleria del provvedimento adottato in camera di consiglio, il termine ordinatorio di cinque giorni, decorso inutilmente il quale nulla accade di particolarmente significativo, la norma speciale ex articolo 309, comma 10, prevede che, nel caso di inutile decorso del termine di dieci giorni dall'arrivo degli atti (termine perentorio entro cui prendere la decisione), la misura cautelare in atto diviene inefficace. Consentire la separazione tra dispositivo e motivazione e, di conseguenza, attribuire una autonoma valenza al solo dispositivo significa legittimare la violazione di quella disposizione di legge che impone che il provvedimento conclusivo del procedimento incidentale di che trattasi sia adottato nel termine perentorio di dieci giorni. Infatti, accontentarsi di un dispositivo emesso in dieci giorni, e consentire che la motivazione sia liberamente depositata dal giudicante, significa offrire la possibilità di concludere il procedimento di riesame in un termine superiore rispetto a quello indicato dalla legge e, in ogni caso, rinunziare ad un tempestivo controllo giurisdizionale sulla decisione. Tanto è certamente di pregnante significato, dal momento che il soccombente dovrà necessariamente aspettare la motivazione per poter esperire i gravami consentiti; a meno che non si voglia legittimare un ricorso per cassazione "alla cieca", senza conoscere le ragioni di fatto e di diritto per le quali il provvedimento reiettivo è stato adottato. In altri casi, ci si è accontentati di motivazioni a stampa, utilizzabili per ciascun tipo di provvedimento, con l'unico obiettivo di rispettare il termine, senza tuttavia rendere giustizia, e finendo con lo snaturare la finalità propria del procedimento incidentale, che è quello di controllare la regolarità sostanziale e formale dei provvedimenti "de libertate". Si impone pertanto, quale rimedio ormai improcrastinabile, quello di offrire al giudicante un tempo più lungo per rendere una decisione, che sia la più appagante, e di chiarire che l'ordinanza deve essere necessariamente motivata, perché, così come è nello spirito originario della legge, essa sia in grado di spiegare, contestualmente alla sua adozione, le ragioni della decisione.

La presente proposta di legge prevede che al giudice del gravame (la corte di appello) sia dato un termine, ai fini della decisione, maggiore di quello di dieci giorni, che è quello attuale.

Si propone pertanto l'obbligo del deposito del provvedimento, con relativa contestuale motivazione, in trenta giorni dalla ricezione degli atti. Detto termine viene ridotto, su istanza dell'interessato, che allo scopo deve presentare apposita istanza.

Il nuovo termine decorre dalla data di presentazione dell'istanza, ma non può essere inferiore a dieci giorni, in modo che il tribunale, anche nei procedimenti di semplice lettura, possa disporre di tempi utili ai fini della decisione.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

 

        1. Il comma 4 dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

 

            "4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria della corte di appello. Si osservano le forme previste dagli articoli 582 e 583".

 

        2. Al comma 5 dell'articolo 309 del codice di procedura penale, le parole: "trasmette al tribunale" sono sostituite dalle seguenti: "trasmette alla corte di appello".

        3. Il comma 7 dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

 

            "7. Sulla richiesta di riesame decide la corte di appello o la sezione distaccata della stessa nel cui distretto è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza".

 

        4. Il comma 8 dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

 

            "8. Il procedimento davanti alla corte di appello si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. L'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero presso la corte di appello. Esso è notificato, altresì, entro lo stesso termine, all'imputato ed al suo difensore. Fino al giorno dell'udienza, gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia".

        5. Il comma 8-bis dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

 

            "8-bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura può partecipare all'udienza in luogo del pubblico ministero indicato nel comma 8, quale sostituto del procuratore generale, allorché questi, avuta richiesta in tale senso, lo ritenga opportuno".

 

Art. 2.

 

        1. Il comma 2 dell'articolo 310 del codice di procedura penale, è sostituito dal seguente:

 

            "2. Si osservano le disposizioni dell'articolo 309, commi 1, 2, 3, 4 e 7. Dell'appello è dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette alla corte di appello l'ordinanza appellata e gli atti su cui la stessa si fonda. La corte di appello decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti. Se l'indagato chiede che tale termine venga ridotto, il presidente provvede in conformità. Il nuovo termine decorre dalla data di presentazione dell'istanza e non può essere inferiore a dieci giorni. La motivazione va depositata contestualmente al provvedimento".

 

Art. 3.

 

        1. Il comma 1 dell'articolo 311 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

 

            "1. Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, l'imputato ed il suo difensore nonché il pubblico ministero presso la corte di appello, possono proporre entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento, ricorso in cassazione".

 

Art. 4.

        1. Al comma 1 dell'articolo 324 del codice di procedura penale, le parole: "nella cancelleria del tribunale indicato" sono sostituite dalle seguenti: "nella cancelleria della corte di appello indicata".

        2. Il comma 5 dell'articolo 324 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

 

            "5. Sulla richiesta di riesame decide la corte di appello nel cui distretto ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento nel termine di quindici giorni dalla ricezione degli atti".

 

        3. Al comma 6 dell'articolo 324 del codice di procedura penale, le parole: "davanti al tribunale" sono sostituite dalle seguenti: "davanti alla corte di appello".

 

 


N. 2339

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati BENEDETTI VALENTINI,
VITALI, MAZZONI

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Nuove norme per l'individuazione del tribunale competente per il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva

 

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Presentata il 13 febbraio 2002

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 Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si prefigge di dare una risposta durevole e sistematica a varie esigenze, pratiche e di principio, che si sono con tutta evidenza manifestate nel corso degli ultimi anni, in relazione ad un aspetto quanto mai delicato della procedura penale: quello dell'applicazione delle misure cautelari coercitive e degli strumenti di garanzia e di riesame che possono essere attivati nei confronti dei provvedimenti adottati.

Molte sono, invero, le istanze che salgono all'attenzione del legislatore. Ma in questa sede, per una considerazione di priorità, si intende farsi carico in particolare di alcune esigenze, alle quali sembra di poter fornire ragionevole e funzionale soluzione.

La prima e più importante è quella di allontanare la sede giudiziaria del riesame da quella in cui vengono emesse le ordinanze per misure coercitive. Sono evidentissimi i motivi di opportunità che suggeriscono questa scelta, dovendosi fugare e prevenire qualsiasi sospetto di influenza o condizionamento ambientale delle decisioni, chiamate a verificare in riesame quanto viene stabilito specialmente in fatto di libertà personale. La seconda esigenza è quella di ristabilire il principio delle pari dignità e potestà sub lege di tutti i tribunali della Repubblica; principio che - volendo essere sinceri - è stato violato più volte, con esiti molto negativi sul piano pratico, anche a voler prescindere da pur inquietanti quesiti di carattere costituzionale. Una terza esigenza, ancora, è quella di non accentrare ulteriormente competenze ed incombenze in capo ai tribunali dei capoluoghi distrettuali, dei quali è vano ed insincero lamentare l'ingolfamento, se poi non si fa nulla per decongestionarli; al contrario ci si avvita nella perniciosa spirale di accumulo di competenze e richiesta inarrestabile di nuovo personale, a scapito magari delle decine di tribunali che non hanno sede nei capoluoghi, ma proprio per questo possono assicurare al territorio un servizio più pronto ed accessibile. Infine, un'altra esigenza risulta quella di non confondere i due livelli, del riesame e dell'appello, né indurre nei medesimi quegli elementi di influenza e condizionamento che, a loro volta, sembrano al momento francamente inevitabili.

A queste esigenze - ma potremmo dire anche ad altre - abbiamo ritenuto di soccorrere in sintesi, ponendo in capo a tutti i tribunali della Repubblica la potestà di svolgere funzione di riesame, corrispondentemente all'assoggettamento di tutti i tribunali al riesame di altro analogo organo collegiale. Abbiamo concepito un meccanismo, in definitiva, molto semplice e in ogni caso caratterizzato da assoluta pre-determinazione, adottando una tabella di competenza, così come è stata definita, "circolare", il cui tipo è stato già attivato con la legge 2 dicembre 1998, n. 420, per i processi riguardanti i magistrati, per i quali appariva opportuno e necessario trasferire la competenza ad altro distretto finitimo. Qualcosa di assolutamente analogo a quanto fu fatto allora per i distretti, può benissimo esser qui fatto per i circondari.

Il meccanismo proposto, nel quale la "circolarità" si realizza comunque all'interno di ciascun distretto di corte d'appello, contempera l'elemento della garanzia e dell'attendibilità con quello della accessibile territorialità, in quasi tutti i casi avvicinando agli operatori e alle parti la sede di trattazione del riesame o, al limite, mantenendola ugualmente distale, ma con reciproca e migliore redistribuzione di funzioni e competenze.

 Ecco dunque che all'articolo 1 viene stabilita la nuova regola che, modificando il comma 7 dell'articolo 309 del codice di procedura penale, pone la competenza in capo al tribunale situato nel capoluogo di circondario che la stessa legge individuerà sul piano attuativo.

L'articolo 2 provvede, appunto, all'attuazione pratica della regola generale, inserendo un apposito articolo nelle norme di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale. L'articolo 3, conseguente all'articolo 2, adotta la tabella che assegna, in dettaglio, a ciascuna sede di tribunale la competenza del riesame sulle ordinanze rese dai giudici di un altro pre-determinato circondario di tribunale.

Ci premuriamo di precisare fin d'ora che, in sede di approfondimento, la tabella - una volta accettati il criterio e il meccanismo - ben potrà essere emendata quanto agli abbinamenti delle sedi giudiziarie. Infatti, i sottoscritti proponenti, sospinti dall'urgenza della presentazione in riferimento all'imminente apertura del confronto parlamentare sui temi della giustizia, si sono avvalsi di una visione geografica e funzionale oggettiva nelle intenzioni, ma verosimilmente criticabile in talune delle singole articolazioni territoriali.

 Ci siamo anche posto il quesito se per la materia che ci occupa potesse trovare applicazione l'obiezione formulata per altre materie - ma in verità superata o ritenuta rimediabile - e cioè che i numerosi affari provenienti da una grande sede giudiziaria, in qualche caso, andrebbero a gravare sedi finitime di dimensione limitate. Potremmo limitarci ad osservare che proprio i sostenitori dell'accentramento giudiziario - i quali insistono nell'affermare, sebbene a torto, che i piccoli uffici giudiziari non sfruttano con proporzionato carico il lavoro delle singole unità magistratuali addette - offrono una risposta: come dire che se le grandi sedi sono troppo cariche e quelle piccole lo sono troppo poco, del tutto salutare risulterà un "travaso". Ma vale piuttosto osservare che, sulla base di un agevole monitoraggio tecnico e statistico degli affari da trattare in via di riesame, ben potrà appurarsi se sia necessario destinare qualche ulteriore unità all'organico della sede più piccola "ricevente" le istanze di riesame dalla finitima grande sede, se del caso con corrispondenti diminuzioni delle grandi sedi che vengono sgravate di parte del lavoro penale.

Con ogni doverosa apertura verso i contributi migliorativi che gli onorevoli colleghi vorranno offrire, riteniamo buon interesse della giustizia che la presente proposta di legge possa essere sollecitamente esaminata ed approvata.

 



 


proposta di legge

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Art. 1.

 

        1. Il comma 7 dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

 

        "7. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale che ha sede nel capoluogo del circondario determinato dalla legge".

 

Art. 2.

 

        1. Dopo l'articolo 92 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:

 

        "Art. 92-bis- (Modalità di determinazione del tribunale competente per il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva).- 1. Agli effetti di quanto stabilito dal comma 7 dell'articolo 309 del codice, è competente il tribunale diverso da quello nel cui circondario ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza ma ricompreso nello stesso distretto di corte d'appello, come determinato in base alla tabella A-bis allegata alle presenti norme".

 

Art. 3.

 

        1. Alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è allegata la tabella A-bis di cui all'allegato 1 annesso alla presente legge.

 

 

ALLEGATO 1

(articolo 3).

 

 

        "Tabella A-bis. Sedi dei tribunali competenti per il riesame rispetto ai circondari in cui ha sede il giudice che ha emesso i provvedimenti

 

 

          Circondario del giudice Tribunale del riesame

che ha emesso il provvedimento

 

 

Corte di appello di Torino

 

Torino Pinerolo

Pinerolo Saluzzo

Saluzzo Cuneo

Cuneo Mondovì

Mondovì Alba

Alba Asti

Asti Acqui

Acqui Tortona

Tortona Alessandria

Alessandria Casale Monferrato

Casale Monferrato Vercelli

Vercelli Novara

Novara Biella

Biella Verbania

Verbania Aosta

Aosta Ivrea

Ivrea Torino

 

 

Corte di appello di Brescia

 

Bergamo Brescia

Brescia Mantova

Mantova Cremona

Cremona Crema

Crema Bergamo

 

 

Corte di appello di Milano

 

Milano Monza

Monza Lecco

Lecco Sondrio

Sondrio Como

Como Varese

Varese Busto Arsizio

Busto Arsizio Milano

Vigevano Lodi

Lodi Pavia

Pavia Voghera

Voghera Vigevano

 

 

Corte di appello di Trento

 

Bolzano Trento

Trento Rovereto

Rovereto Bolzano

 

 

Corte di appello di Trieste

 

Tolmezzo Pordenone

Pordenone Trieste

Trieste Gorizia

Gorizia Udine

Udine Tolmezzo

 

 

Corte di appello di Venezia

 

Bassano del Grappa Belluno

Belluno Treviso

Treviso Venezia

Venezia Rovigo

Rovigo Padova

Padova Verona

Verona Vicenza

Vicenza Bassano del Grappa

 

 

Corte di appello di Genova

 

Genova Chiavari

Chiavari Massa

Massa La Spezia

La Spezia Genova

Savona Imperia

Imperia San Remo

San Remo Savona

 

 

Corte di appello di Bologna

 

Bologna Forlì

Forlì Rimini

Rimini Ravenna

Ravenna Ferrara

Ferrara Bologna

Modena Parma

Parma Piacenza

Piacenza Reggio Emilia

Reggio Emilia Modena

 

 

Corte di appello di Firenze

 

Firenze Prato

Prato Pistoia

Pistoia Lucca

Lucca Pisa

Pisa Livorno

Livorno Firenze

Montepulciano Grosseto

Grosseto Siena

Siena Arezzo

Arezzo Montepulciano

 

 

Corte di appello di Perugia

 

Perugia Spoleto

Spoleto Terni

Terni Orvieto

Orvieto Perugia

 

 

Corte di appello di Ancona

 

Ancona Fermo

Fermo Ascoli Piceno

Ascoli Piceno Camerino

Camerino Macerata

Macerata Urbino

Urbino Pesaro

Pesaro Ancona

 

 

Corte di appello di Cagliari

 

Cagliari Oristano

Oristano Sassari

Sassari Tempio Pausania

Tempio Pausania Nuoro

Nuoro Lanusei

Lanusei Cagliari

Corte di appello di Roma

 

Civitavecchia Roma

Roma Tivoli

Tivoli Rieti

Rieti Viterbo

Viterbo Civitavecchia

Frosinone Velletri

Velletri Latina

Latina Cassino

Cassino Frosinone

 

 

 

 

Corte di appello di L'Aquila

 

Teramo Pescara

Pescara Vasto

Vasto Lanciano

Lanciano Chieti

Chieti Sulmona

Sulmona Avezzano

Avezzano L'Aquila

L'Aquila Teramo

 

 

Corte di appello di Campobasso

 

Campobasso Isernia

Isernia Larino

Larino Campobasso

 

 

Corte di appello di Napoli

 

Napoli Giugliano

Giugliano Santa Maria Capua Vetere

Santa Maria Capua Vetere Benevento

Benevento Ariano Irpino

Ariano Irpino Sant'Angelo dei Lombardi

Sant'Angelo dei Lombardi Avellino

Avellino Nola

Nola Torre Annunziata

Torre Annunziata Napoli

 

 

Corte di appello di Salerno

 

Nocera Inferiore Salerno

Salerno Vallo della Lucania

Vallo della Lucania Sala Consilina

Sala Consilina Nocera Inferiore

Corte di appello di Bari

 

Lucera Bari

Bari Trani

Trani Foggia

Foggia Lucera

 

 

Corte di appello di Lecce

 

Lecce Taranto

Taranto Brindisi

Brindisi Lecce

 

 

Corte di appello di Potenza

 

Melfi Matera

Matera Lagonegro

Lagonegro Potenza

Potenza Melfi

 

 

Corte di appello di Catanzaro

 

Vibo Valentia Catanzaro

Catanzaro Crotone

Crotone Rossano

Rossano Castrovillari

Castrovillari Paola

Paola Lamezia Terme

Lamezia Terme Cosenza

Cosenza Vibo Valentia

 

 

Corte di appello di Reggio Calabria

 

Locri Palmi

Palmi Reggio Calabria

Reggio Calabria Locri

 

 

Corte di appello di Palermo

 

Trapani Marsala

Marsala Sciacca

Sciacca Agrigento

Agrigento Termini Imerese

Termini Imprese Palermo

Palermo Trapani

Corte di appello di Messina

 

Barcellona Pozzo di Gotto Patti

Patti Mistretta

Mistretta Messina

Messina Barcellona Pozzo di Gotto

 

 

Corte di appello di Caltanissetta

 

Gela Enna

Enna Nicosia

Nicosia Caltanissetta

Caltanissetta Gela"

 


N. 3583

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati SINISCALCHI, ANNUNZIATA, BUEMI, CARBONI, CENTO, FANFANI, GIRONDA VERALDI, GRILLINI, MANCINI, PERLINI

¾

 

Modifiche agli articoli 311 e 623 del codice di procedura penale, in materia di competenza nei giudizi successivi ad annullamento con rinvio della Corte di cassazione di ordinanze emesse dal tribunale per il riesame

 

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Presentata il 23 gennaio 2003

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Onorevoli Colleghi! - Come è noto, il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse dal tribunale per il riesame dei provvedimenti cautelari ha la specifica funzione di consentire una verifica di legittimità del provvedimento impugnato.

Il controllo di legittimità, ancorché circoscritto all'esclusivo esame dell'atto impugnato, assume una rilevante valenza nell'ambito della complessiva valutazione del ricorso alla misura coercitiva e della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nei confronti della persona sottoposta ad indagini.

Quando la Corte di cassazione, esaminato il ricorso e verificato il provvedimento impugnato, esclusivamente sotto il profilo di legittimità, giunge ad annullare, con rinvio, l'ordinanza emessa dal tribunale per il riesame, si riapre un nuovo "scenario".

Dinanzi a quel tribunale, infatti, si dovrà ritornare per una rivalutazione della fondatezza dei presupposti legittimanti l'adozione dello specifico provvedimento coercitivo.

La Corte di cassazione, infatti, disattendendo tutte o alcune delle prospettazioni giuridiche adottate nell'ordinanza annullata, può chiedere un nuovo esame indicando la regola di giudizio alla quale il giudice del rinvio dovrà attenersi.

Il giudizio di rinvio, nella rispondenza ad un criterio generale adottato dal nostro sistema processuale penale, è caratterizzato dalla diversità del giudice-persona fisica (diversità tra il giudice che ha emesso il provvedimento annullato e quello investito a seguito dell'annullamento). In altre parole, in forza della richiamata scelta sistemica, non si richiede ad un giudice-persona fisica di "correggere" se stesso. Ciò avviene, in base alla vigente normativa, per le sentenze che definiscono un grado di giudizio.

Non altrettanto si prevede, all'interno del codice processuale penale, in relazione alle ordinanze che decidono in tema di misure cautelari coercitive.

 Così, gli stessi giudici che hanno già maturato un convincimento (ancorché non riferibile pienamente al merito) e hanno già dato risposte motivazionali sugli specifici punti su cui verte l'impugnazione sono chiamati ad una nuova valutazione. Questa distinzione, che tende a "discriminare" l'applicazione del principio generale in relazione alle ordinanze emesse in materia cautelare dai tribunali, non è pienamente condivisibile.

L'articolo 623 del codice di procedura penale, infatti, espressamente dispone che nel caso di annullamento di una ordinanza, la Corte di cassazione trasmette gli atti, per la nuova decisione, allo stesso giudice che l'ha pronunciata.

Tuttavia l'importanza della verifica afferente la legittimazione all'adozione dei provvedimenti restrittivi - che toccano la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza - non può non indurre il legislatore ad una ponderazione della citata scelta normativa. Il giudice, infatti, oltre che essere terzo e imparziale deve essere posto in condizione di affrontare con mente vergine, non attraversata da prevalutazioni, la vicenda giuridica e fattuale posta al suo vaglio. Peraltro il giudice oltre che - come detto - essere terzo e imparziale deve sembrare tale all'esterno.

Così, la necessaria assenza di attraversamenti nel convincimento e nella prospettiva di decisione, non può realizzarsi completamente o, quantomeno, non può risultare all'esterno, quando un giudice è chiamato a "correggere se stesso".

Alla luce di tali semplici ed elementari considerazioni, senza discostarsi da criteri già contenuti nell'assetto normativo processuale penale, la presente proposta di legge tende ad offrire una soluzione alternativa.

Attraverso la modifica normativa che con la presente iniziativa si propone, nelle ipotesi in cui la Corte di cassazione annulli con rinvio una ordinanza emessa dal tribunale per il riesame, sarà una diversa composizione collegiale dello stesso ad emettere la nuova pronuncia.

 


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

 

1. All'articolo 311 del codice di procedura penale, dopo il comma 5, sono aggiunti i seguenti:

 

"5-bis. In caso di annullamento con rinvio al tribunale per nuovo esame, il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato il provvedimento impugnato.

5-ter. Qualora si determini l'impossibilità di comporre il nuovo collegio ai sensi del comma 5-bis, il giudizio si svolge dinanzi alla sezione per il riesame del tribunale territorialmente più vicino".

 

Art. 2.

 

1. All'articolo 623 del codice di procedura penale, al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

 

"a) salvo quanto disposto dall'articolo 311, commi 5-bis e 5-ter, se è annullata un'ordinanza, la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l'ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento".

 


Iter alla Camera dei deputati


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 10 aprile 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA indi del vicepresidente Nino MORMINO. - Interviene il ministro per le pari opportunità Stefania Prestigiacomo.

 

La seduta comincia alle 17.10.

Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in attuazione dei princìpi del giusto processo.

C. 1225 Anedda, C. 1234 Cola, C. 2247 Pecorella e C. 2248 Antonio Russo.

(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento di progetti di legge).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 21 marzo 2002.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che, in occasione della riunione dell'ufficio di presidenza del 21 marzo scorso, aveva invitato il relatore ed i rappresentanti dei gruppi ad indicare le proposte di legge in materia di modifica del codice di procedura penale da abbinare alle proposte C. 1225 Anedda, C. 1234 Cola, C. 2247 Pecorella e C. 2248 Antonio Russo, già all'esame della Commissione. Tali proposte modificano il codice di rito al fine di dare attuazione ai princìpi del giusto processo, per cui parametro di abbinamento potrà essere oltre ad ogni specifica materia oggetto dei progetti già all'esame della Commissione, proprio la finalità di dare attuazione ai principi di cui all'articolo 111 della Costituzione.

Propone di abbinare ai progetti già all'ordine del giorno i seguenti progetti: C. 479 Contento; C. 1183 Anedda ed altri; C. 1379 Vitali e Marras; C. 1615 Soda; C. 181 Costa; C. 1815 Pecorella; C. 1893 Gironda Veraldi ed altri; C. 2093 Onnis; C. 2119 Siniscalchi; C. 2134 Buemi ed altri; C. 2136 Buemi ed altri; C. 2165 Benedetti Valentini; C. 2217 Mormino ed altri.

La Commissione approva la proposta del presidente.

Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, in considerazione del vasto numero di proposte di legge presentate in materia, propone di proseguirne l'esame in sede di Comitato ristretto.

Giuliano PISAPIA (RC) si dichiara favorevole alla costituzione di un Comitato ristretto e chiede che le proposte di legge in esame siano distinte in ragione del loro contenuto penalistico e processualistico.

Francesco BONITO (DS-U) dichiara la contrarietà del suo gruppo a proseguire l'esame in sede di Comitato ristretto, manifestando l'intenzione di esprimere le proprie valutazioni non solo tecniche ma anche politiche nell'ambito di un'ampia discussione generale allargata al plenum della Commissione.

Niccolò GHEDINI (FI), dopo aver richiamato le osservazioni dell'Associazione nazionale magistrati, espresse nel corso dell'audizione informale presso l'ufficio di presidenza, relative alla necessità di dare completa attuazione ai princìpi del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, si dichiara favorevole a svolgere l'esame di tutte le proposte di legge attinenti alla materia nell'ambito di un Comitato ristretto.

Sergio COLA (AN), pur non negando l'importanza di un'ampia discussione generale, che in ogni caso si potrà svolgere in un secondo momento, ritiene indispensabile un esame preliminare in sede di Comitato ristretto al fine di sottoporre alla Commissione in modo organico le abbinate proposte di legge.

Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che la discussione generale dovrebbe avvenire sulle proposte di legge nel loro complesso, non essendo stato ancora scelto un testo base e ritiene preferibile procedere alla nomina di un Comitato ristretto, come del resto si è fatto per le proposte di legge in materia di disposizioni concernenti la prostituzione e la pedofilia.

Francesco BONITO (DS-U) ribadisce la volontà del suo gruppo di intervenire sulla base della relazione introduttiva che è stata svolta il 21 marzo scorso.

Nino MORMINO (FI) esprime il timore che l'opposizione, invece di contribuire a smussare le polemiche, voglia riproporre argomentazioni critiche già note.

Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene di dover accedere alla richiesta dell'opposizione di proseguire l'esame nel plenum della Commissione, dando inizio alla discussione preliminare.

Sergio COLA (AN) fa presente la necessità di svolgere una relazione integrativa rispetto alle altre proposte di legge di cui è stato deliberato l'abbinamento.

Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, richiama il contenuto delle proposte di legge, che modificano il codice di rito al fine di dare attuazione ai princìpi del giusto processo. In particolare la proposta di legge C. 479 Contento reca modifiche agli articoli 351 e 362 del codice di procedura penale, concernenti l'assunzione di informazioni; la proposta di legge C. 1183 Anedda ed altri reca modifiche all'articolo 606 del codice di procedura penale, in materia di ricorso per cassazione; la proposta di legge C. 1379 Vitali e Marras reca modifica all'articolo 309 del codice di procedura penale, in materia di competenza giurisdizionale sui procedimenti riguardanti il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva; la proposta di legge C. 1615 Soda reca modifiche al codice di procedura penale in materia di durata delle indagini preliminari; la proposta di legge C. 1814 Costa reca modifica all'articolo 335 del codice di procedura penale in materia di informazioni ai cittadini danneggiati da reato circa le indagini svolte per individuare i colpevoli; la proposta di legge C. 1815 Pecorella propone l'introduzione dell'articolo 329-bis del codice di procedura penale in materia di comunicazione dell'inizio delle indagini; la proposta di legge C. 1893 Gironda Veraldi ed altri reca modifiche al codice di procedura penale in attuazione dei princìpi del giusto processo; la proposta di legge C. 2093 Onnis reca modifiche all'articolo 300 del codice di procedura penale, in materia di estinzione delle misure per effetto della pronuncia di  determinate sentenze; la proposta di legge C. 2119 Siniscalchi reca la modifica all'articolo 62 del codice penale in materia di riconoscimento di attenuante per il colpevole di età compresa fra i diciotto ed i ventuno anni non gravato da precedenti condanne; la proposta di legge C. 2134 Buemi ed altri reca la modifica all'articolo 11 del codice di procedura penale in materia di competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati; la proposta di legge C. 2136 Buemi ed altri reca modifiche agli articoli 429 e 552 del codice di procedura penale in materia di obbligo della motivazione per il decreto di rinvio a giudizio; la proposta di legge C. 2165 Benedetti Valentini reca la modifica della tabella A annessa alla legge 2 dicembre 1998, n. 420, recante disposizioni per i procedimenti riguardanti i magistrati; infine la proposta di legge C. 2217 Mormino ed altri reca modifiche al codice di procedura penale in attuazione dei principi del giusto processo.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 17 aprile 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

 

La seduta comincia alle 18.15.

(omissis)

Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in attuazione dei princìpi del giusto processo.

C. 1225 Anedda, C. 1234 Cola, C. 2247 Pecorella, C. 2248 Antonio Russo, C. 479 Contento, C. 1183 Anedda, C. 1379 Vitali, C. 1615 Soda, C. 1814 Costa, C. 1815 Pecorella, C. 1893 Gironda Veraldi, C. 2093 Onnis, C. 2119 Siniscalchi, C. 2134 Buemi, C. 2136 Buemi, C. 2165 Benedetti Valentini, C. 2217 Mormino e C. 2339 Benedetti Valentini.

(Rinvio del seguito dell'esame).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 10 aprile 2002.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, avverte che l'esame del provvedimento proseguirà nella seduta di domani, nel corso della quale si concluderà l'esame preliminare. Rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta di domani.

 


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 10 luglio 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Jole Santelli.

La seduta comincia alle 13.45.

Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in attuazione dei princìpi del giusto processo.

C. 1225 Anedda, C. 1234 Cola, C. 2247 Pecorella, C. 2248 Antonio Russo, C. 479 Contento, C. 1183 Anedda, C. 1379 Vitali, C. 1615 Soda, C. 1814 Costa, C. 1815 Pecorella, C. 1893 Gironda Veraldi, C. 2093 Onnis, C. 2134 Buemi, C. 2136 Buemi, C. 2165 Benedetti Valentini, C. 2217 Mormino, C. 2339 Benedetti Valentini, C. 589 Cola, C. 2489 Siniscalchi, C. 2693 Mazzoni, C. 2509 Onnis, C. 2452 Siniscalchi, C. 2615 Antonio Russo, C. 2692 Mormino e C. 2738 Fragalà.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 18 aprile 2002.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il relatore ha presentato una proposta di testo unificato (vedi allegato 2). Propone quindi di iniziare la discussione a partire dall'articolo 17 di tale testo, in materia di informazione di garanzia, sul quale in sede di Comitato ristretto l'opposizione si era dichiarata disponibile a raggiungere un'intesa.

Francesco BONITO (DS-U) ritiene necessario conoscere preliminarmente l'orientamento della commissione ministeriale incaricata della riforma in materia di procedura penale. Prospetta altresì l'opportunità di svolgere audizioni con esperti del rito penale, al fine di trarre elementi utili per la stesura definitiva del testo.

Gaetano PECORELLA, presidente, nel prendere atto della richiesta del deputato Bonito, afferma che potranno essere ascoltati i rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, dell'Unione camere penali, del Consiglio nazionale forense e dell'Organismo unitario dell'avvocatura. Invita quindi i gruppi a formulare ulteriori proposte sui soggetti da ascoltare.

Francesco BONITO (DS-U) suggerisce di interpellare autorevoli studiosi del processo penale.

Il sottosegretario Jole SANTELLI, dopo aver richiamato l'esigenza, prospettata da parte di numerosi operatori del diritto, di intervenire sulle norme del codice di procedura penale che presentano maggiori difficoltà di attuazione e minori garanzie di efficienza, invita la Commissione parlamentare competente ed il Parlamento nel suo complesso a voler fornire un quadro di valutazioni politiche che valgano da linee guida per il lavoro tecnico della commissione ministeriale.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) sollecita da parte del rappresentante del Governo l'espressione di un giudizio di merito sulla proposta di testo unificato.

Il sottosegretario Jole SANTELLI, rilevando che il testo contiene un'articolata serie di proposte di riforma del rito, si riserva di valutare singolarmente i vari aspetti.

Gaetano PECORELLA, presidente, concorda con il rappresentante del Governo sull'opportunità che la Commissione fornisca al Governo indicazioni di carattere politico sulle linee di riforma da perseguire.

Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, illustrando l'articolo 17 della proposta di testo unificato, volto ad inserire nel codice di procedura penale l'articolo 335-bis, osserva che, a seguito della sua introduzione, l'articolo 369 del codice di procedura penale, in materia di informazione di garanzia, dovrebbe essere abrogato.

Francesco BONITO (DS-U) ritiene che le norme di cui agli articoli 369 e 335-bis del codice di procedura penale, del quale si propone l'introduzione, rispondano a esigenze di carattere diverso.

Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, rileva che, nel momento in cui un cittadino riceve un'informazione di garanzia, deve anche poter conoscere le facoltà che gli spettano ai fini dell'esercizio del diritto alla difesa, tra i quali vi è quella di rivolgersi alla difesa d'ufficio e di fruire del patrocinio a spese dello Stato.

Nino MORMINO (FI) evidenzia in particolare la necessità di notificare, nella comunicazione all'interessato, la data di iscrizione nel registro degli indagati, rilevando che la comunicazione medesima è finalizzata a consentire alle parti il compimento di attività funzionali allo svolgimento delle indagini preliminari. A tal fine suggerisce di integrare il secondo comma dell'articolo 335-bis con il disposto di cui all'articolo 369 del codice di procedura penale.

Francesco BONITO (DS-U), nel dichiararsi fautore di un rito ispirato a criteri di massima ispirazione e duttilità, che consentano una rapida celebrazione dei processi, esprime dubbi sul fatto che una minuziosa elencazione del contenuto dell'informazione di garanzia risponda ad intangibili criteri di garanzia costituzionale. Ritiene invece preferibile affidarsi ai principi generali vigenti in materia di nullità, a meno che non si ravvisino vizi tali da inficiare gravemente l'istituto dell'informazione di garanzia.

Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che l'alternativa è fare riferimento alla nullità di ordine generale, di cui all'articolo 178 del codice di procedura penale, oppure stabilire che è nullo l'atto mancante degli elementi ritenuti essenziali ai fini dell'esercizio del diritto di difesa.

Francesco BONITO (DS-U) dichiara di propendere per la prima ipotesi.

Nino MORMINO (FI), pur rilevando che la perentorietà e la precisione delle indicazioni potrebbero fugare eventuali dubbi interpretativi, ritiene preferibile ricorrere al regime generale in materia di nullità.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) si dichiara contraria ad una norma che preveda prescrizioni eccessivamente dettagliate la cui inosservanza comporti la nullità dell'atto ed invita a trovare una soluzione di buon senso che non si presti ad un'impugnativa per ragioni di ordine costituzionale.

Il sottosegretario Jole SANTELLI osserva che occorre stabilire le garanzie da assicurare al soggetto indagato, senza tuttavia che il mancato rispetto di alcune di esse comporti la nullità dell'atto. Giudicando particolarmente rilevante la comunicazione della data di iscrizione nel registro degli indagati, ritiene che la valutazione politica del Parlamento debba estrinsecarsi, tra l'altro, proprio nella determinazione delle garanzie da assicurare agli imputati, pena una grave sanzione processuale.

Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che il vigente articolo 369-bis, concernente l'informazione della persona sottoposta alle indagini sul diritto di difesa, è riferito al compimento di un atto; viceversa, il principio cui è ispirato l'articolo 335-bis che si vuole introdurre è che l'informazione di garanzia deve avvenire con modalità tali da consentire l'esercizio di tutti i diritti che la Costituzione garantisce all'imputato.

Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, rileva che in primo luogo occorre disciplinare l'ipotesi in cui, una volta avviate le indagini preliminari, il pubblico ministero non abbia avvisato il soggetto interessato dell'informazione di garanzia; in secondo luogo occorre determinare quali siano gli elementi la cui assenza o violazione potrebbe determinare un vulnus per il cittadino, intaccando sostanzialmente il suo diritto alla difesa.

Nino MORMINO (FI) osserva che il vigente articolo 369-bis contiene prescrizioni che non appaiono essenziali ai fini dell'esercizio del diritto alla difesa. Propone pertanto di rendere oggetto di autonoma previsione normativa i requisiti essenziali dalla cui mancanza o violazione possa derivare la nullità dell'atto.

Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene che il miglior parametro sia la formulazione costituzionale dell'articolo 111 in materia di giusto processo.

Francesco BONITO (DS-U) concorda con il presidente.

Nino MORMINO (FI) osserva che, in ogni caso, l'articolo in esame dovrebbe essere coordinato con la norma concernente l'iscrizione delle notizie di reato, in quanto l'esperienza dimostra che vi possono essere fattori tali da rallentare i procedimenti. A tale proposito ritiene che il pubblico ministero possa iniziare le indagini solo a seguito dell'avvenuta iscrizione nel registro degli indagati, pena la nullità del procedimento.

Il sottosegretario Jole SANTELLI, dopo essersi soffermata sull'uso distorto e strumentale che talvolta è stato fatto dello strumento dell'informazione di garanzia, sottolinea l'esigenza di salvaguardare al massimo gli elementi essenziali della fase iniziale del processo.

Gaetano PECORELLA, presidente, invita a riflettere in ordine all'individuazione del momento preciso in cui debba avvenire la comunicazione dell'informazione di garanzia, nonché sulle eventuali sanzioni da irrogare in relazione alla divulgazione alla stampa della notizia dell'informazione di garanzia.

Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, osserva che, stante la difficoltà di individuare i responsabili della divulgazione della notizia dell'informazione di garanzia, l'unica strada percorribile è la previsione di un divieto in tal senso, pena una sanzione a carico dei responsabili dei mezzi di stampa o di comunicazione.

Francesco BONITO (DS-U) invita il relatore a considerare alla luce delle richiamate esigenze di semplificazione il comma 4 dell'articolo 17 in esame, che concerne la richiesta di ritardare la comunicazione degli avvisi.

Gaetano PECORELLA, presidente, stante l'imminente inizio delle votazioni in Assemblea, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 17.


 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)
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SEDE REFERENTE

Martedì 16 luglio 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Jole Santelli.

La seduta comincia alle 13.40.

 

(omissis)

 

Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in attuazione dei princìpi del giusto processo.

C. 1225 Anedda, C. 1234 Cola, C. 2247 Pecorella, C. 2248 Antonio Russo, C. 479 Contento, C. 1183 Anedda, C. 1379 Vitali, C. 1615 Soda, C. 1814 Costa, C. 1815 Pecorella, C. 1893 Gironda Veraldi, C. 2093 Onnis, C. 2134 Buemi, C. 2136 Buemi, C. 2165 Benedetti Valentini, C. 2217 Mormino, C. 2339 Benedetti Valentini, C. 589 Cola, C. 2489 Siniscalchi, C. 2693 Mazzoni, C. 2509 Onnis, C. 2452 Siniscalchi, C. 2615 Antonio Russo, C. 2692 Mormino e C. 2738 Fragalà.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 10 luglio 2002.

Gaetano PECORELLA, presidente, si sofferma sugli articoli 36 e 37 della proposta di testo unificato, relativi all'individuazione di persone e di cose rispettivamente da parte della polizia giudiziaria e del pubblico ministero, manifestando perplessità sull'opportunità di estendere alla polizia giudiziaria i poteri attribuiti in materia al pubblico ministero.

Francesco BONITO (DS-U) condivide l'impostazione conferita dal relatore alla materia, che si ispira ad una prassi piuttosto consolidata.

Giancarlo PITTELLI (FI), relatore, osserva che la normativa in esame introduce una serie di attività preliminari rispetto alle regole previste per lo svolgimento dell'attività investigativa posta in essere dal pubblico ministero, rilevando che occorre decidere se tale attività possa essere affidata o meno anche alla polizia giudiziaria.

Giuliano PISAPIA (RC) manifesta perplessità sulla possibilità di affidare alla polizia giudiziaria i poteri di individuazione delle persone, in quanto a volte si addiviene alla condizione di indagati sulla base di valutazioni effettuate senza i requisiti di autonomia ed imparzialità e sotto la volontà propulsiva di chi, volendo arrivare ad ogni costo a determinati accertamenti, può creare i presupposti di gravi errori giudiziari. Osserva che, in ogni caso, la presenza dei magistrati di turno potrebbe assicurare un intervento tempestivo tale da non prolungare i tempi degli accertamenti.

Gian Franco ANEDDA (AN) osserva che la polizia giudiziaria effettua i riconoscimenti di sua iniziativa, cioè senza alcuna delega e per le finalità proprie delle indagini, mentre la norma di cui all'articolo 36 vuole introdurre talune garanzie anche per tale attività. Su questo si dichiara d'accordo, a condizione che non si crei un ostacolo all'effettuazione delle indagini.

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) condivide i rilievi del deputato Pisapia in ordine all'importanza della presenza del pubblico ministero.

Gaetano PECORELLA, presidente, osserva come la norma di cui all'articolo 36 della proposta di testo unificato debba intendersi riferita all'ipotesi di un'individuazione fotografica di persone sulla base di preesistenti elementi indiziari, che in ogni caso deve essere assistita da forti garanzie; occorre peraltro stabilire se tra di esse debba rientrare o meno la presenza del pubblico ministero.

Sergio COLA (AN), dopo aver osservato che la dizione contenuta nell'articolo 36 della proposta di testo unificato appare poco chiara, lasciando intendere che l'individuazione non sia ancora avvenuta, giudica in ogni caso essenziale la presenza del pubblico ministero al fine di legittimare l'acquisizione dei mezzi di prova.

Giovanni KESSLER (DS-U) invita a non confondere il concetto della individuazione con quello della ricognizione, che il codice riferisce ad esigenze diverse, cui corrispondono procedure diverse. Ritiene che le norme di cui agli articoli 213, 214, 215, 216 e 217 del codice di procedura penale attengano alla ricognizione, mentre l'articolo 361 riguarda l'individuazione, che può avvenire sia in fotografia sia di persona. Richiamare entrambe le procedure in relazione all'individuazione di persone e di cose prevista dall'articolo 349-bis del codice di procedura penale, comporta quindi il rischio di ostacolare l'attività della polizia giudiziaria.

Gian Franco ANEDDA (AN) precisa che, in realtà, le attività previste dal codice sono quelle di ricognizione, di identificazione nonché di individuazione di persone e cose. Ritiene che l'articolo 349-bis si riferisca all'individuazione e che il 349-ter attenga invece all'ipotesi in cui lo stesso procedimento sia effettuato per mezzo di fotografia. Osserva quindi che, ai fini del richiamo agli articoli 213 e seguenti contenuto nell'articolo 349-bis, sia importante prevedere il requisito della descrizione preventiva e stabilire come causa di nullità l'inosservanza delle disposizioni.

Gaetano PECORELLA, presidente, propone di definire preventivamente la normativa di cui all'articolo 361 del codice di procedura penale, relativa all'individuazione di persone e di cose da parte del pubblico ministero, e successivamente stabilire se estendere o meno la stessa disciplina anche all'attività della polizia giudiziaria.

Giovanni KESSLER (DS-U) concorda con il presidente, osservando tuttavia che alle procedure relative all'individuazione mal si attagliano regole troppo rigide. In realtà la vera garanzia risiede nel fatto che si tratta di attività finalizzate alla formazione dei mezzi di prova, ancorché di natura tale da influenzare o alterare le indagini qualora non siano condotte con le necessarie garanzie.

Gaetano PECORELLA, presidente, stante l'inizio della chiama dei deputati in sede di Parlamento in seduta comune per l'elezione di componenti del Consiglio superiore della magistratura, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.35.


 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 24 luglio 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 15.25.

Modifiche del codice di procedura penale e al codice penale in attuazione dei princìpi del giusto processo.

C. 1225 Anedda, C. 1234 Cola, C. 2247 Pecorella, C. 2248 Antonio Russo, C. 479 Contento, C. 1183 Anedda, C. 1379 Vitali, C. 1615 Soda, C. 1814 Costa, C. 1815 Pecorella, C. 1893 Gironda Veraldi, C. 2093 Onnis, C. 2134 Buemi, C. 2136 Buemi, C. 2165 Benedetti Valentini, C. 2217 Mormino, C. 2339 Benedetti Valentini, C. 589 Cola, C. 2489 Siniscalchi, C. 2693 Mazzoni, C. 2509 Onnis, C. 2452 Siniscalchi, C. 2615 Antonio Russo, C. 2692 Mormino e C. 2738 Fragalà.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 17 luglio 2002.

Gaetano PECORELLA, presidente, fa presente di aver approfondito la richiesta avanzata ieri, sia pure informalmente, dall'onorevole Bonito circa la contemporanea trattazione di un medesimo argomento da parte dei due rami del Parlamento. In particolare, l'onorevole Bonito ha chiesto di promuovere la procedura delle intese con il Senato della Repubblica, ai sensi dell'articolo 78 del regolamento, in relazione all'esame delle proposte di legge recanti modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in attuazione dei princìpi del giusto processo (C. 1225 Anedda ed abbinate). Tale richiesta è stata motivata in relazione all'avvio, in data 18 luglio 2002, da parte della 2a Commissione giustizia del Senato, dell'esame del progetto di legge Cirami S. 1578, recante la modifica agli articoli 45 e 47 del codice di procedura penale. L'oggetto di tale progetto coincide, sia pure parzialmente, con quello di alcune disposizioni contenute in talune delle citate proposte di legge all'esame della II Commissione della Camera (articolo 6 della proposta di legge Anedda C.1225 e articolo 5 della proposta Mazzoni C.2693, in materia di rimessione).

Non ritiene che la richiesta possa essere accolta, in quanto il dibattito svoltosi presso la Commissione giustizia della Camera sulla proposta di testo unificato presentata dal relatore - che, come altre due precedenti proposte presentate dal medesimo nel corso dei lavori del Comitato ristretto, non contiene la parte relativa al progetto di legge all'esame del Senato - non si è mai soffermato sul tema della rimessione. Da tale circostanza sembrerebbe che la Commissione giustizia non intenda affrontare tale tema in occasione dell'esame delle proposte di legge C. 1225 ed abbinate, bensì rinviarlo a quando il Senato trasmetterà il testo del progetto Cirami alla Camera.

Comunque, considerato che la Commissione non ha ancora adottato il testo unificato delle abbinate proposte di legge, al fine di evitare qualsiasi dubbio circa la reale volontà della Commissione, si riserva di porre in votazione l'eventuale proposta di non inserire nel testo unificato disposizioni relative alla rimessione.

Francesco BONITO (DS-U), manifestando perplessità sulla procedura delineata dal presidente, è convinto che la proposta di testo unificato elaborata dal relatore sia frutto di una sua scelta autonoma che, in quanto tale, non è affatto vincolante nei confronti della Commissione. Giudica contraria alle norme regolamentari, oltre che opinabile dal punto di vista tecnico-giuridico, la decisione di sottrarre alla facoltà di presentare proposte emendative la materia della rimessione per legittimo sospetto solo perché al Senato è in corso l'esame di un provvedimento che verte sul medesimo oggetto. A tale proposito ritiene che i Presidenti delle Camere avrebbero dovuto concordare preventivamente le opportune intese.

Vincenzo FRAGALÀ (AN), nel condividere le opinioni del presidente, rileva che in un sistema costituzionale di bicameralismo perfetto l'obiettivo è quello di raggiungere la massima efficacia dei risultati, e non certo quello di intraprendere una sorta di competizione fra i due rami del Parlamento. Ritiene dunque che, essendo obiettivo primario la tutela degli interessi del cittadino, il fatto che il Senato abbia deciso di affrontare la materia in oggetto non comporta certo una lesione dei diritti dell'altro ramo del Parlamento.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) concorda con il deputato Bonito, stigmatizzando il fatto che, anche a causa del mancato coordinamento tra i due rami del Parlamento, una determinata materia sia stata sottratta all'esame della Commissione; manifesta stupore per l'accaduto, in quanto l'attuale maggioranza fa dell'efficienza e dell'economicità procedimentale i capisaldi della propria azione politica.

Luigi VITALI (FI) rileva che, pur essendo comprese, nel novero dei provvedimenti in esame, anche norme inerenti alla questione della rimessione, deve ritenersi che di fatto il Comitato ristretto abbia rinunciato ad approfondire questo aspetto, ritenendo prioritari altri punti. In ogni caso, la materia potrà essere esaminata dalla Commissione non appena il testo del progetto di legge Cirami S. 1578 sarà trasmesso dal Senato.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U), nell'associarsi ai rilievi del deputato Bonito, ritiene che in realtà il Comitato ristretto non abbia inteso disinteressarsi della questione, come osservato dal deputato Vitali, ma che la questione si sia posta sulla scorta di una situazione di emergenza emersa in un determinato momento. Non concorda quindi sulla scelta relativa all'ablazione di potestà da parte di un ramo del Parlamento in merito ad una problematica sulla quale, viceversa, sarebbe opportuno confrontare le diverse sensibilità.

Erminia MAZZONI (UDC), sottolineando l'importanza dell'argomento, che risponde a precise istanze provenienti dal territorio, non concorda sulla presunta competizione lamentata fra i due rami del Parlamento. Al contrario, il fatto che l'esame presso l'altro ramo del Parlamento sia ad uno stadio più avanzato, potrà agevolare una tempestiva approvazione del provvedimento, che è destinato ad arrivare alla Camera seguendo una sorta di corsia preferenziale.

Nino MORMINO (FI) ravvisa nei rilievi del deputato Bonito una precisa strategia politica che prescinde dal merito del provvedimento, cioè quella di bloccare l'iter di un progetto di legge su cui non vi è il consenso del suo gruppo. Ritiene che ciò sia contrario alla filosofia del sistema e che contrasti anche con il principio della specialità. Ricorda che peraltro la scelta di procedere alla redazione di un testo unificato, condivisa anche dall'opposizione, rispondeva alla necessità di procedere con gradualità, cercando le soluzioni che registrassero il massimo consenso; ciò tuttavia non preclude la possibilità di affrontare successivamente altre tematiche che non siano contenute nei progetti di legge C. 1225 Anedda ed abbinate.

Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che dal dibattito è emerso che la volontà della maggioranza della Commissione è favorevole a che il Senato concluda l'esame del progetto di legge Cirami S. 1578 e che la materia della rimessione sia esaminata dalla Camera una volta che sia trasmesso tale progetto dal Senato.

Ribadisce comunque di ritenere possibile procedere ad una votazione dalla quale possa emergere chiaramente la volontà della Commissione di non esaminare la materia della rimessione.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) giudica inopportuno stabilire vincoli rigidi che limitino l'autonomia della Camera, ritenendo preferibile rispettare la libera determinazione dei due rami del Parlamento; ciò infatti consentirebbe di introdurre eventualmente l'esame di ulteriori tematiche.

Luigi VITALI (FI) chiede che sia posta in votazione la proposta di non inserire nel testo unificato disposizioni relative alla rimessione per legittimo sospetto.

Sergio COLA (AN) si associa alla richiesta del deputato Vitali.

Francesco BONITO (DS-U) ritiene che prima di procedere alla votazione sarebbe opportuno informare il Presidente della Camera in ordine alla procedura, a suo giudizio non regolare, che la presidenza intende seguire.

Gaetano PECORELLA, presidente, si riserva di informare la Presidenza della Camera del complesso delle questioni emerse nell'odierno dibattito.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) annuncia il proprio voto contrario.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) si associa al deputato Fanfani.

Francesco BONITO (DS-U), contestando la decisione di procedere alla votazione, dichiara di voler abbandonare i lavori della Commissione.

(Il deputato Bonito esce dall'aula della Commissione).

La Commissione approva la proposta formulata dal deputato Vitali.

Gaetano PECORELLA, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.55.




[1] Sono misure coercitive (artt. 281-286 c.p.p.) sia quelle custodiali, quindi privative della libertà personale (custodia cautelare e arresti domiciliari), che quelle di diversa natura, come il divieto di espatrio, l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il divieto e l’obbligo di dimora. Si tratta, in tutti queste ipotesi, di misure coercitive de libertate

[2] L’imputato non può, però, chiedere il riesame dell’ordinanza emessa in seguito ad appello da parte del PM (v. ultra, art- 310 c.p.p.).

[3] Tale ricorso “diretto” non è invece proponibile in luogo dell’appello, unico rimedio ammesso contro i provvedimenti di revoca, modifica o estinzione delle misure cautelari.

[4] Il ricorso per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:

a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;

b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale;

c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza;

d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta a norma dell'articolo 495 comma 2;

e) mancanza o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato.

2. Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni, può essere proposto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o inappellabili.

3. Il ricorso è inammissibile [art. 591 c.p.p.] se è proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o manifestamente infondati ovvero, fuori dei casi previsti dagli articoli 569 e 609 comma 2, per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello.

 

[5] L’art. 240, comma 2, c.p. prevede che sia sempre ordinata la confisca:

1. delle cose che costituiscono il prezzo del reato;

2. delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.

Le disposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato. La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.