XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | Presupposti del rito abbreviato - A.C. 2901 | ||
Serie: | Progetti di legge Numero: 637 | ||
Data: | 27/09/04 | ||
Abstract: | Scheda di sintesi; progetto di legge; normativa di riferimento; giurisprudenza. | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia | ||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
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Presupposti del rito abbreviato A.C. 2901 |
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n. 637 |
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27 settembre 2004 |
Camera dei deputati
SIWEB
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File: gi0481.doc
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria
legislativa
Elementi per
l’istruttoria legislativa
§
Necessità dell’intervento
con legge
§
Rispetto delle competenze
legislative costituzionalmente definite
Scheda di sintesi per l’istruttoria
legislativa3
§
Codice di procedura
penale (artt. 5, 438-443 e 525)
Numero del progetto di legge |
2901 |
Titolo |
Modifica all' articolo 438 del codice di procedura penale
concernente i presupposti del giudizio abbreviato |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto processuale penale |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
1 |
Date |
|
§
presentazione
o trasmissione alla Camera |
25 giugno 2002 |
§
annuncio |
26 giugno 2002 |
§
assegnazione |
25 luglio 2002 |
Commissione competente |
2ª Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
1ª Commissione (Affari costituzionali) |
La proposta di legge in esame interviene sulla disciplina del giudizio abbreviato, di cui agli 438 e seguenti del codice di procedura penale.
Prima di esaminarne il merito è opportuno premettere che le modifiche introdotte dalla legge n.479 del 1999, anticipate in parte dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, hanno inciso profondamente sulla disciplina di tale rito. In particolare, la richiesta dell’imputato non è più subordinata al consenso del pubblico ministero e non è più sottoposta –fatta salva l’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 438 c.p.p.- al vaglio di ammissibilità del giudice. Ne deriva che l’imputato, ove presenti la relativa richiesta, ha diritto di essere giudicato mediante rito abbreviato al fine di usufruire, nella ipotesi di una condanna, della riduzione della pena prevista dalla legge.
I nuovi meccanismi introduttivi incidono poi su un altro carattere
fondamentale della originaria disciplina del giudizio abbreviato: esso,
infatti, non è più basato soltanto sugli atti raccolti nel corso delle indagini
preliminari, non si svolge cioè “allo stato degli atti”, ma prevede varie forme
di integrazione probatorie, demandate alla iniziativa dell’imputato, del
pubblico ministero (ammesso alla prova contraria nella ipotesi, appena
illustrata, in cui l’imputato abbia esercitato la facoltà di chiedere
l’integrazione probatoria), dallo stesso giudice, qualora ritenga di non poter
decidere allo stato degli atti. Le modalità di assunzione della prova si
differenziano da quelle dell’istruzione dibattimentale, ispirate al
contraddittorio e, dunque, inclini a riconoscere con maggior ampiezza i diritti
di intervento delle parti; nell’udienza di giudizio abbreviato eventuali
testimoni, coimputati, periti o consulenti tecnici sono interrogati
direttamente dal giudice e, solo per il tramite di quest’ultimo, le parti hanno
facoltà di partecipare alla formazione dei relativi mezzi di prova, proponendo
le loro domande. L’imputato ha diritto di farsi interrogare ma, anche in tal
caso, unico soggetto abilitato a porre domande è il giudice, eventualmente sollecitato
dalle parti (cfr. art.422 c.p.p.).
Viene, infine, pressoché a sparire qualsiasi limite di natura oggettiva di applicabilità del rito speciale, essendo ora suscettibili di definizione anticipata con le forme del nuovo giudizio abbreviato anche i processi aventi ad oggetto imputazioni per reati puniti con la pena dell’ergastolo.
Da ultimo la Corte Costituzionale ha stabilito :
§ l’illegittimità costituzionale sia dell’art. 438, comma 6, c.p.p., sia dell’art. 458, comma 2, c.p.p., nella parte in cui non prevedono che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l’imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado ed il giudice possa disporre il giudizio abbreviato (che si celebra, in tale ipotesi, di fronte allo stesso giudice del dibattimento: cfr. sentenza n. 169 del 2003);
§ l’illegittimità costituzionale dell’art.458, comma 1, c.p.p., nella parte in cui prevede che il termine entro cui l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, anziché dall’ultima notificazione, all’imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell’avviso della data fissata per il giudizio immediato (cfr. sentenza n.120 del 2002).
La novella recata dal presente progetto di legge, composto da un solo articolo, ha lo scopo di far sì che, in determinate ipotesi, il giudizio abbreviato si celebri non già di fronte al giudice dell’udienza preliminare, ma di fronte alla corte d’assise, rimanendo tuttavia del giudice della udienza preliminare la competenza a vagliarne la ammissibilità.
Tale disposizione risponde alle esigenze, evidenziate nella relazione di cui è corredato il progetto di legge, di garanzia di “una maggiore ponderazione degli elementi processuali che inevitabilmente più giudici, anziché uno soltanto, sono in grado di operare”, nonché di “partecipazione popolare alla amministrazione della giustizia”; viene, altresì, tenuta in considerazione la circostanza che “sovente sono chiamati a svolgere le funzioni di giudice dell’indagine preliminare magistrati giovanissimi, privi di quella necessaria esperienza che può derivare soltanto dall’esercizio nel tempo delle relative funzioni”.
Le ipotesi in cui la corte
di assise sarebbe chiamata a celebrare e definire il rito abbreviato sono
quelle elencate all’articolo 5 del codice di procedura penale:
§ delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione fino a ventiquattro anni (con l’esclusione di alcune fattispecie);
§ delitti consumati previsti dagli articoli 579, 580, 584, 600, 601 e 602 del codice penale;
§ delitti previsti dalla XII disposizione transitoria della Costituzione, dalla legge 962 del 1967 e dal titolo I del libro II del codice penale (purché sia prevista la pena non inferiore nel massimo a dieci anni).
Si tratta di un progetto di legge di iniziativa parlamentare, corredato, pertanto, della sola relazione illustrativa.
Il progetto di legge novella la disciplina in materia di giudizio
abbreviato, introducendo un comma aggiuntivo, il 5-bis, nell’ambito dell’art.438 del codice di procedura penale. Si
giustifica, pertanto, l’intervento con legge.
La disposizione in esame interviene in materia di rito penale che,
ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera l) (giurisdizione e norme
processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa),
appartiene alla legislazione esclusiva dello Stato.
Dalla applicazione del procedimento delineato dalla proposta di
legge in esame consegue che, mentre il vaglio di ammissibilità concernente la
sussistenza dei presupposti del giudizio abbreviato è operato dal giudice
dell’udienza preliminare, lo svolgimento del processo avviene dinanzi alla
corte d’assise.
In proposito occorre tener presente quanto affermato dalla Corte
Costituzionale, nella sentenza n. 484
del 1995, in relazione al principio di immediatezza, in virtù del quale il
giudice che ha accolto la richiesta di giudizio abbreviato deve essere lo
stesso chiamato ad adottare la decisione
di merito; afferma la Consulta: “Il principio di immutabilità del giudice, che
l'art. 525, comma 2, c.p.p. espressamente enuncia per la deliberazione della
sentenza dibattimentale, ha ricevuto interpretazione estensiva ad opera della
giurisprudenza di legittimità. Si è così ritenuto che, attesa la portata che
quel principio assume nel sistema, lo stesso trovi applicazione anche per le
ordinanze adottate all'esito della procedura in camera di consiglio, negli
incidenti di esecuzione e nel procedimento di sorveglianza, avuto riguardo alla
necessità di soddisfare la generale esigenza che la decisione giurisdizionale,
qualsivoglia forma venga ad assumere, sia emanata dal medesimo giudice che ha
provveduto alla trattazione della procedura, intendendosi per tale l'esame
delle acquisizioni probatorie funzionali alla decisione, ogni attività
istruttoria destinata allo stesso scopo, nonchè l'assunzione delle richieste e
conclusioni delle parti. Simili affermazioni hanno di recente trovato eco anche
in relazione al giudizio abbreviato.(…)La Corte di cassazione ha avuto modo di
affermare che nell'ipotesi in cui si realizzi una scissione tra il giudice che
ammette il rito e quello che celebra il giudizio abbreviato, non si determina
una violazione del principio del giudice naturale nè un contrasto con l'art. 101,
secondo comma, della Costituzione, giacchè è indispensabile soltanto che sia lo
stesso giudice (inteso come persona fisica), che ha partecipato alla
trattazione della causa, a pronunciare poi la sentenza. Da ciò si è tratto il
corollario che soltanto dal momento in cui viene disposto il rito abbreviato
deve essere lo stesso giudice a presiedere tutta l'attività processuale che
viene successivamente espletata allo scopo di garantire uniformità di
conoscenza di tutta la vicenda processuale, sicchè ove il giudice venga ad
essere successivamente sostituito è necessario procedere alla rinnovazione
dell'intera attività compiuta dopo l'ammissione del rito medesimo (Sez. I, 26
maggio 1995, n. 1128). Ma se l'identità del giudice deve essere preservata per
tutto lo svolgimento del giudizio abbreviato fino alla decisione che lo
conclude, trattandosi di pronuncia strutturalmente omologa a quella che viene
adottata all'esito del dibattimento, anche la precedente fase che inerisce alla
verifica dei presupposti di ammissibilità del rito non può non ricadere sotto
la delibazione autonoma del magistrato che quel rito è poi chiamato a celebrare
e definire. In altri termini, è proprio la stretta concatenazione funzionale
che correla l'ammissione del giudizio ed il relativo svolgimento a rendere
evidente come il giudice del rito alternativo non possa soffrire preclusioni di
sorta a causa dell'apprezzamento da altri svolto circa la relativa
ammissibilità. (…)Ove, pertanto, muti la persona del giudice dopo la pronuncia
della ordinanza che ha ammesso il giudizio abbreviato, il nuovo giudice sarà
libero di assumere le proprie determinazioni anche in punto di ammissibilità,
così da saldare in capo al medesimo soggetto la celebrazione del rito e ciò che
ne costituisce l'ineluttabile premessa, ad integrale soddisfacimento di un
postulato di identità che, inespresso nel dato normativo, risulta invece
chiaramente delineato dal sistema”.
E’ vero che tali
affermazioni della Corte riguardano la normativa antecedente la riforma del
1999 (in base alla quale poteva accadere
–stante la impossibilità per il giudice di effettuare integrazioni probatorie-
che il magistrato incaricato di emettere la sentenza di merito si trovasse
costretto ad adeguarsi, suo malgrado, all’apprezzamento del collega circa la
decisione su un punto cruciale, quale quello concernente la definibilità del
processo allo stato degli atti); è vero, come si legge nella relazione di cui
il progetto di legge è corredato, che non costituisce un ostacolo “l’affermazione secondo la quale la
valutazione preliminare svolta dal g.u.p. potrebbe condizionare la successiva
valutazione da parte della corte d’assise” essendo quest’ultima libera di
“assumere di propria iniziativa le prove che si rendono necessarie”, ma è anche
vero che l’accoglimento da parte del g.u.p. di una richiesta condizionata
all’assunzione di nuove prove (ex art.438, comma quinto) vincolerebbe la corte
d’assise alla acquisizione di tali prove, anche qualora la corte non
concordasse con la valutazione effettuata dal giudice dell’udienza preliminare
concernente la necessarietà dell’integrazione probatoria ai fini della decisione e la compatibilità della
stessa con le finalità di economia processuale proprie del procedimento (art.438,
comma 5).
Tali valutazioni, inoltre,
in particolare quella relativa alle esigenze di economia processuale,
pur essendo inscindibilmente connesse a quelle concernenti il carico di lavoro
complessivo dell’ufficio ed i tempi di espletamento del rito speciale,
verrebbero affidate ad un giudice (il g.u.p.) diverso rispetto a quello
chiamato a decidere nel merito (la corte d’assise).
N. 2901
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputati ¾ |
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Modifica all'articolo 438 del codice di procedura
penale |
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Presentata il 25 giugno 2002
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Onorevoli
Colleghi! - Con la presente proposta di legge si intende salvaguardare
l'esigenza che, con riferimento ai reati che - ai sensi dell'articolo 5 del
codice di procedura penale - rientrano nella competenza della corte d'assise,
sia il giudice collegiale "allargato" a procedere alla celebrazione
anche del giudizio abbreviato.
La necessità di
una modifica in tale senso all'articolo 438 del medesimo codice di procedura
penale sorge perché il nuovo assetto normativo delineato dalla cosiddetta
"legge Carotti" nel 1999 (legge n. 479 del 1999) ha alterato
notevolmente il precedente equilibrio, spostando il baricentro processuale
dalla fase dibattimentale alla fase dell'udienza preliminare.
Il risultato
che si è ottenuto con la novella del 1999 è, infatti, andato ben oltre lo scopo
di dare nuovo vigore al giudizio abbreviato che, nei primi dieci anni di
vigenza del nuovo codice di procedura penale, non aveva riscontrato grande
successo.
Pur di dare
nuova linfa a tale rito si è deciso di allargarne l'ambito di operatività,
estendendo oltremodo i poteri di ingerenza del giudice dell'udienza
preliminare.
A fronte di un
vero e proprio stravolgimento del sistema autenticamente accusatorio, il
giudice dell'udienza preliminare può ora sia sollecitare al pubblico ministero
nuove indagini, sia decidere - in base ad una scelta assolutamente
discrezionale e non controllabile dall'imputato - in ordine all'integrazione
probatoria a favore dello stesso imputato.
In tale modo,
peraltro, se si è raggiunto lo scopo deflattivo di ridurre il carico
dibattimentale, si è anche innescato un pericoloso meccanismo, in forza del
quale la maggior parte dei processi vengono definiti in sede di udienza
preliminare, tanto per i reati meno gravi, che per i reati più gravi.
Si pensi ai
procedimenti per omicidio volontario, che in virtù della nuove frontiere del
giudizio abbreviato (riduzione di un terzo della pena, possibilità di
integrazione probatoria, sostituzione della pena dell'ergastolo con quella di
anni trenta) vengono sempre più spesso definiti nella fase dell'udienza
preliminare.
Se questo è per
un verso apprezzabile e rappresenta una grande conquista in termini di celerità
del processo ed immediatezza della risposta sanzionatoria, per altro verso è
certamente pericoloso giacché si esautora di fatto il giudice naturale della
possibilità di celebrare quei processi per i quali è stato istituito e si
attribuisce la competenza al giudice monocratico dell'udienza preliminare.
Invero, non a
caso è stato previsto che la celebrazione di determinati processi deve essere
effettuata da un giudice collegiale in composizione allargata.
Quando si
tratta di decidere in ordine ad un reato di omicidio volontario per il quale
astrattamente è irrogabile la pena dell'ergastolo, il legislatore ha richiesto
una particolare composizione dell'organo giudicante che prevede la
partecipazione di otto giudici, di cui sei sono giudici popolari.
L'esigenza
sottesa a tale previsione non è soltanto quella di garantire una maggiore
ponderazione degli elementi processuali che inevitabilmente più giudici,
anziché uno soltanto, sono in grado di operare, ma anche quella di garantire -
giusta la rilevanza sociale che tali fatti assumono - la partecipazione
popolare all'amministrazione della giustizia, come previsto dalla Costituzione.
Con la presente
iniziativa, pertanto, non si contestano l'efficacia e l'importanza, sia in
termini di concentrazione che in termini di riduzione del carico processuale,
del rito abbreviato.
Si intende,
piuttosto, riaffermare la necessità che soltanto attraverso una delibazione
collegiale possono essere efficacemente garantite determinate esigenze. Senza
trascurare la circostanza che, sovente, sono chiamati a svolgere le funzioni di
giudice dell'udienza preliminare magistrati giovanissimi, privi di quella
necessaria esperienza che può derivare soltanto dall'esercizio nel tempo delle
relative funzioni.
Con la modifica
che si propone si otterrebbe, oltretutto, il non trascurabile effetto indotto
di ridurre il carico dell'ufficio del giudice dell'udienza preliminare, sempre
più oberato da un carico di lavoro che sta diventando insostenibile.
D'altra parte,
l'inserimento all'interno dell'articolo 438 del codice di procedura penale
della previsione secondo la quale in caso di reati di competenza della corte
d'assise la celebrazione del giudizio abbreviato è svolta dalla stessa corte,
non determina alcuna alterazione delle normali cadenze processuali.
In caso di
reati previsti dall'articolo 5 del codice di procedura penale, di fronte ad una
richiesta dell'imputato di definizione del processo in forma abbreviata, il
giudice dell'udienza preliminare con la stessa ordinanza con la quale dispone
il giudizio abbreviato rinvierà per la celebrazione del processo dinanzi alla
corte d'assise. Allo stesso modo, in caso di richiesta di giudizio abbreviato
condizionato, lo stesso giudice procederà alla trasmissione degli atti per la
celebrazione del processo davanti alla corte d'assise, dopo aver accolto la
richiesta.
Non è di
ostacolo alla piena affermazione di tale sistema l'affermazione secondo la
quale la valutazione preliminare svolta dal giudice dell'udienza preliminare
potrebbe condizionare la successiva valutazione da parte della corte d'assise,
quest'ultima essendo chiamata a decidere su un materiale probatorio già
fissato.
Essa si rivela
facilmente superabile in considerazione dei poteri d'ufficio che il giudice può
esercitare nello svolgimento del giudizio abbreviato. Sicché la corte d'assise
potrà assumere di propria iniziativa, ai sensi dell'articolo 441 del codice di
procedura penale, le prove che si rendono necessarie in base ad una libera
valutazione.
E nel caso in
cui a seguito dell'integrazione probatoria il pubblico ministero proceda alla
modifica della contestazione o alla contestazione di un fatto nuovo, resta
ferma la possibilità per lo stesso imputato di chiedere che il processo
prosegua nelle forme ordinarie. In tale caso il procedimento ritornerà
immediatamente presso il giudice dell'udienza preliminare il quale disporrà una
sentenza di non luogo a procedere o di rinvio a giudizio.
Né si corre il
pericolo che la celebrazione del rito abbreviato da parte della corte d'assise
possa aumentare il rischio del superamento dei termini massimi di custodia
cautelare, giacché una volta emessa l'ordinanza ammissiva del giudizio inizia a
decorrere un nuovo termine.
proposta
di legge ¾¾¾ |
Art. l. 1. Dopo il comma 5 dell'articolo 438 del codice di
procedura penale è inserito il seguente: "5-bis. Nel caso di reati previsti dall'articolo 5 il giudizio abbreviato si svolge dinanzi alla corte d'assise". |