XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Inappellabilità delle sentenze di proscioglimento - A.C. 4604-B - Esame ex art. 74, primo comma, Cost. - Schede di lettura e riferimenti normativi (II edizione)
Serie: Progetti di legge    Numero: 609    Progressivo: 3
Data: 16/03/06
Organi della Camera: II-Giustizia
Riferimenti:
AC n.4604-B/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Inappellabilità delle sentenze di proscioglimento

A.C. 4604-B

Esame ex art. 74, primo comma, Cost.

Schede di lettura e riferimenti normativi

n. 609/3

II edizione

xiv legislatura

16 marzo 2006

 


Camera dei deputati

 


La documentazione  predisposta in occasione dell’esame della proposta di legge recante modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento (A.C. 4604) si articola nei seguenti volumi:

 

§         dossier n. 609, contenente le schede di lettura e la normativa di riferimento;

§         dossier n. 609/1, contenente atti di rilievo internazionale, dottrina,  e giurisprudenza costituzionale;

§         dossier n. 609/2, suddiviso in due volumi, contenente i lavori preparatori della legge 22 febbraio 2006, n. 46;

§         dossier n. 609/3, contenente le schede di lettura e i riferimenti normativi per l’esame ex art. 74, primo comma, della Costituzione;

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Giustizia

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I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: GI0459c.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Contenuto del provvedimento  3

I rilievi del Presidente della Repubblica  6

Messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica (art. 74 Cost.) sulla proposta di legge approvata dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica

§      Doc. I, n. 7, Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento  11

Progetto di legge

§      A.C. 4604-B, (on. Pecorella), Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento  19

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica (art. 74, 97 e 111)25

§      Regolamento della Camera dei deputati (art. 71)29

§      Codice di procedura penale (artt. 12, 405, 419, 428, 443, 444, 447, 448, 469, 495, 533, 568-606, 609, 610, 623, 652, 680)30

§      D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468 (art. 36)61

Giurisprudenza costituzionale

§      Corte costituzionale. Sentenza 10 maggio 1982, n. 86  65

§      Corte costituzionale. Sentenza 18 gennaio 1989, n. 18  81

§      Corte costituzionale. Sentenza 22 ottobre 1996, n. 353  105

 


Schede di lettura

 


 

La proposta di legge A.C. 4604 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), presentata dall’On.le Pecorella il 13 gennaio 2004, è stata approvata  in prima lettura dall’Assemblea della Camera il 21 settembre 2005 e, trasmessa al Senato, approvata senza modifiche da quest’ultimo, il 12 gennaio 2006.

Il 20 gennaio scorso, tuttavia, la proposta di legge è stata rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica  per una nuova deliberazione, ai sensi dell’articolo 74 della Costituzione.

Ai sensi dell’articolo 71 del Regolamento della Camera dei deputati il riesame  del progetto inizierà presso questo ramo del Parlamento, poiché è tale ramo che ha proceduto alla prima approvazione del medesimo. 

 

 

Contenuto del provvedimento

 

Il provvedimento, nei suoi 9 articoli,  è diretto a modificare la disciplina dettata dal codice di procedura penale in tema di appellabilità delle sentenze, dettando contestualmente alcune disposizioni complementari.

 

L’articolo 1 sostituisce l’art. 593 c.p.p. che disciplina i casi di appello.

Viene previsto che, salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680,  il pubblico ministero e l’imputato possano appellare soltanto le sentenze di condanna. In tal modo, si statuisce implicitamente l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento.

Viene inoltre confermata la previsione dell’inappellabilità delle sentenze di condanna per le quali è stabilita la sola pena dell’ammenda.

 

 

A tale proposito va ricordato che l’art. 593 c.p.p. stabilisce che, salvo quanto previsto negli artt. 443, 448 co. 2 e 469, il pubblico ministero e l’imputato possono appellare contro le sentenze di condanna o di proscioglimento.

L’imputato non può appellare contro la sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto.

Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda e le sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda o con pena alternativa.

 

Nell’intento del proponente, come evidenziato nella relazione illustrativa, le modifiche proposte sono finalizzate a dare attuazione al disposto dell'articolo 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98), che sancisce il diritto al doppio grado di giurisdizione in materia penale per chiunque venga dichiarato colpevole di una infrazione penale da un tribunale; più in particolare, la previsione dell'appellabilità delle sentenze di proscioglimento, attualmente contenuta nell'articolo 593 c.p.p., impedirebbe il rispetto del principio sopracitato qualora in sede di gravame il soggetto precedentemente prosciolto venga condannato. 

Data l'impossibilità di prevedere un ulteriore grado di giudizio, anche per l'esigenza di assicurare il rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, l'unica strada percorribile per assicurare il rispetto del principio sancito dalla Convenzione sarebbe quella di rendere inappellabili le sentenze di proscioglimento.

 

L’articolo 2, sopprimendo al primo comma dell’articolo 443 c.p.p (Limiti all’appello) le parole “quando l’appello tende ad ottenere una diversa formula” sancisce esplicitamente l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da parte dell’imputato e del pubblico ministero.

L’articolo 3 inserisce un comma 1-bis dopo il co. 1 dell’art. 405 c.p.p. (Inizio dell’azione penale. Forme e termini), prevedendo che il Pubblico Ministero, al termine delle indagini, formuli richiesta di archiviazione nell’ipotesi di pronuncia da parte della Corte di cassazione sull’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza quale presupposto per l’applicazione di misure cautelari (art. 273 c.p.p.) e successivamente non siano stati acquisiti ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini.

L’articolo 4 sostituisce l’art. 428 c.p.c. in tema di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, prevedendo che contro quest’ultima possano ricorrere per cassazione (e non più in appello) il procuratore della Repubblica, il procuratore generale, l’imputato – salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso –. La persona offesa dal reato può proporre ricorso per cassazione nei soli casi di nullità di cui all’art. 419, co. 7, c.p.p., a meno che non si sia costituita parte civile: in tale ultimo caso il ricorso per cassazione potrà essere proposto ai sensi dell’articolo 606 c.p.p. (casi di ricorso).

L’articolo 5 sostituisce il co. 1 dell’art. 533 c.p.p., relativo alla condanna dell’imputato, prevedendo che il giudice pronunci sentenza di condanna nel caso in cui l’imputato risulti colpevole del reato al di là di ogni ragionevole dubbio.

Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza.

L’articolo 6 sostituisce l’art. 580 c.p.p., limitando i casi della conversione in appello del ricorso per cassazione, alle ipotesi di connessione di procedimenti ai sensi dell’art. 12 c.p.p..

L’articolo 7 apporta alcune modifiche all’art. 606 c.p.p concernente i casi di ricorso per cassazione. Vengono in particolare modificate la lett. d), che circoscrive il motivo della mancata assunzione di una prova decisiva all’ipotesi in cui la stessa fosse ammissibile – eliminando contestualmente il riferimento ai presupposti di cui all’articolo 495 comma 2 c.p.p. -, e la lettera e), riformulata nel senso di contemplare, oltre alla mancanza e alla manifesta illogicità della motivazione, anche la contraddittorietà di quest’ultima, ognuna di esse in alternativa all’altra, e sopprimendo la condizione che tali vizi debbano risultare dal testo del provvedimento impugnato.

L’articolo 8 riformula il comma 1 dell’articolo 652 c.p.. (Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno)sancendo l’inefficacia della sentenza penale di assoluzione, anche se irrevocabile, nei giudizi civili e amministrativi, salvo che la parte civile si sia costituita nel processo penale e abbia già presentato le conclusioni: in tal caso la sentenza ha effetto quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che esso è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima.

L’articolo 9, infine, detta le disposizioni transitorie. Dopo aver previsto l’applicabilità della legge ai procedimenti in corso, viene stabilito che l’appello proposto prima dell’entrata in vigore della legge contro una sentenza di proscioglimento si converta in ricorso per cassazione. Viene conseguentemente riconosciuta la facoltà di presentare nuovi motivi di legittimità entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Viene inoltre stabilito che, qualora sia annullata una sentenza di condanna di una corte di assise di appello o di una corte di appello che abbia riformato una sentenza di assoluzione, si applica la lettera c) del comma 1 dell’articolo 623 c.p.p. (Annullamento con rinvio), che prevede il rinvio del giudizio rispettivamente a un’altra sezione della stessa corte o dello stesso tribunale o, in mancanza, alla corte o al tribunale più vicini.

 


 

I rilievi del Presidente della Repubblica

 

Il messaggio del Capo dello Stato ha riguardato i seguenti profili:

 

§         L’articolo 7, che interviene sull’articolo 606 c.p.p., come sopra ricordato modifica la lett. d), che circoscrive il motivo della mancata assunzione di una prova decisiva all’ipotesi in cui la stessa fosse ammissibile – eliminando contestualmente il riferimento ai presupposti di cui all’articolo 495 comma 2 c.p.p. -, e la lettera e), riformulata nel senso di contemplare, oltre alla mancanza e alla manifesta illogicità della motivazione, anche la contraddittorietà di quest’ultima, ognuna di esse in alternativa all’altra, e sopprimendo la condizione che tali vizi debbano risultare dal testo del provvedimento impugnato.

Le modificazione apportate, pertanto, sopprimendo, alla lettera d) il riferimento della richiesta della parte ai sensi dell’articolo 495, comma 2, ed alla lettera e) la condizione che tali vizi debbano risultare dal testo del provvedimento impugnato, da un lato sopprimono la condizione che la mancata assunzione di una prova decisiva sia rilevante come motivo di ricorso soltanto se addotta come controprova rispetto a fatti posti a carico o a discarico del pubblico ministero o dall’imputato, dall’altro – con la modifica alla lettera e -  fanno venir meno la condizione che la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione debbano emergere esclusivamente dal provvedimento impugnato.

In tal senso pertanto si genera un’evidente mutazione delle funzioni della Corte di cassazione, da giudice di legittimità a giudice di merito in palese contrasto  con quanto stabilito dal settimo comma dell’articolo 111 della Costituzione.

Tale mutazione sarebbe ancor più gravida di conseguenze qualora i due motivi venissero dedotti congiuntamente.

Peraltro una Corte suprema che eserciti funzioni di merito perde la sua principale connotazione di ”organo supremo della giustizia” che ai sensi dell’articolo 65 dell’ordinamento giudiziario “assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge”, rischiando di compromettere il bene costituzionale dell’efficienza del processoe il canone fondamentale della razionalità delle norme processuali (cfr. sentenza della Corte costituzionale n. 353 del 1996).

In tal modo verrebbe ad essere vulnerato anche il precetto costituzionale di buon andamento dell’amministrazione di cui all’articolo 97 Cost., applicabile, seconda la giurisprudenza della Corte Costituzionale, anche agli organi dell’amministrazione della giustizia (cfr. sentenze della Corte Costituzionale n. 86 del 1982e n. 18 del 1989).

 

§         L’articolo 9 e l’articolo 4 del testo rinviato aggravano ulteriormente la situazione sopra descritta.

Il primo, dopo aver previsto l’applicabilità della legge ai procedimenti in corso, stabilisce che l’appello proposto prima dell’entrata in vigore della legge contro una sentenza di proscioglimento si converta in ricorso per cassazione; il secondo trasferisce dalla Corte di appello alla Corte di cassazione l’impugnazione della sentenza di non luogo a procedere.

Nel suo complesso tale sistema determina una violazione del principio della ragionevole durata del processo sancito dal secondo comma dell’articolo 111 della Costituzione.

Viene infatti  rilevato che la funzione compensativa attribuita all’ampliamento delle ipotesi del ricorso per cassazione ha un effetto inflativo superiore di gran lunga a quello deflattivo derivante dalla soppressione dell’appello delle sentenze di proscioglimento.

 

§         Peraltro, la soppressione citata viene giudicata altresì, a causa della disorganicità della riforma, come una violazione del principio della parità delle parti di cui al secondo comma dell’articolo 111 della Costituzione. Peraltro è parte del processo anche la vittima del reato costituitasi parte civile che vede compromessa la possibilità di far valere la sua pretesa risarcitoria all’interno del processo penale.

 

§         Vengono infine segnalate alcune incongruenze e contraddittorietà del testo.

Da un lato, mentre il pubblico ministero totalmente soccombente non può proporre appello, ciò gli è consentito quando la sua soccombenza sia solo parziale – avendo ottenuto una condanna diversa da quella richiesta -.

Dall’altro, sancito il principio dell’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, rimangono alcune contraddizioni nell’ambito del sistema:  l’articolo 577 c.p.p. prevede l’impugnazione delle sentenze di proscioglimento per i reati di ingiuria e diffamazione, senza specificare se essa riguardi anche l’appello.

L’articolo 597,comma 1, continua ad individuare i poteri del giudice nel caso di appello di una sentenza di proscioglimento.

L’articolo 36 del Dlgs 274/2000, sulla competenza penale del giudice di pace, consente l’appello del p.m. contro alcuni tipi di sentenze di proscioglimento (reati puniti con pena alternativa).

 


Messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica (art. 74 Cost.)
sulla proposta di legge approvata dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica

 


 

Doc. I
N. 7

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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MESSAGGIO ALLE CAMERE
DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

A NORMA DELL'ARTICOLO 74 DELLA COSTITUZIONE

TRASMESSO ALLA PRESIDENZA IL 20 GENNAIO 2006

sulla

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato Gaetano PECORELLA


APPROVATA DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
il 21 settembre 2005 (A.C. 4604)

APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 12 gennaio 2006 (A.S. n. 3600)


Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento

 

 

 


 

 

Roma, 20 gennaio 2006

 

Onorevoli Parlamentari,

 

mi è stata sottoposta per la promulgazione la legge recante: «Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento», approvata dalla Camera dei Deputati il 21 settembre 2005 e dal Senato della Repubblica il 12 gennaio 2006.

 

Dopo accurata disamina, ritengo di dover formulare alcune osservazioni di fondo, che attengono alla costituzionalità di disposizioni contenute nel testo a me inviato.

L'articolo 7 della legge modifica l'articolo 606 del codice di procedura penale che disciplina i casi di ricorso per Cassazione, stabilendo che tra essi rientrano la «mancata assunzione di una prova decisiva quando la parte ne ha fatto richiesta, sempre che la stessa fosse ammissibile» e la mancanza o la contraddittorietà ovvero la manifesta illogicità della motivazione della sentenza.

Le modificazioni apportate all'articolo 606 dei codice di procedura penale, da un lato, sopprimono la condizione che la mancata assunzione di una prova decisiva sia rilevante come motivo di ricorso soltanto se addotta come controprova rispetto a fatti posti a carico o a discarico dal pubblico ministero o dall'imputato; dall'altro, fanno venir meno la condizione che la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione debbano emergere esclusivamente dal testo del provvedimento impugnato.

Queste modificazioni generano un'evidente mutazione delle funzioni della Corte di Cassazione, da giudice di legittimità a giudice di merito, in palese contrasto con quanto stabilito dall'articolo 111 della Costituzione, che, al penultimo comma, dispone che «contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge».

Nei limiti indicati nella precedente formulazione dell'articolo 606 del codice di procedura penale, la valutazione della motivazione demandata alla Corte di Cassazione atteneva al controllo della legalità della sentenza. Oggi, dalla seconda modificazione introdotta, inevitabilmente discende che la Corte di Cassazione debba procedere al controllo della legalità dell'intero processo, riconsiderandone ogni singolo atto.

Analoga mutazione si verifica per effetto della prima modificazione, nella parte in cui obbliga la Corte al controllo del fascicolo processuale in ogni caso di asserita decisività di qualsiasi prova non ammessa.

Tale mutazione diventerebbe ancora più gravida di conseguenze ove i due motivi di ricorso - vizi della motivazione e assunzione di prove - fossero congiuntamente dedotti.

Una Corte Suprema chiamata ad esercitare funzioni di merito di tale estensione perde la sua connotazione principale - ulteriormente esaltata dalla recente riforma dell'ordinamento giudiziario - di «organo supremo della giustizia» che «assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge» (articolo 65 del vigente ordinamento giudiziario), il cui carattere insopprimibile è stato ribadito nella lettera inviata il 3 gennaio 2006 al Primo Presidente della Corte di Cassazione dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della Rete dei Presidenti delle Corti Supreme giudiziarie dell'Unione Europea.

Il Primo Presidente della Corte di Cassazione ha chiaramente indicato che una delle conseguenze della modifica introdotta sarà l'impossibilità di continuare a utilizzare il meccanismo di selezione dei ricorsi stabilito dall'articolo 610, comma 1, del codice di procedura penale, che ha consentito negli ultimi anni «una decisiva economia delle risorse, indirizzando verso la settima Sezione penale della Corte (cosiddetta sezione "filtro", ndr.) il 45 per cento dei procedimenti pervenuti». Questa circostanza, unita all'ampliamento dei motivi del ricorso per Cassazione, condurrà alla crescita in termini esponenziali del carico di lavoro della Corte e al progressivo accumulo di arretrato.

Il rischio è che ne risulti compromesso «il bene costituzionale dell'efficienza del processo, qual è enucleabile dai principi costituzionali che regolano l'esercizio della funzione giurisdizionale, e il canone fondamentale della razionalità delle norme processuali» (cfr. la sentenza della Corte Costituzionale n. 353 del 1996). Questo rischio va a recare un vulnus al precetto costituzionale del buon andamento dell'amministrazione - articolo 97 della Costituzione - applicabile, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, anche agli organi dell'amministrazione della giustizia (cfr. le sentenze della Corte Costituzionale n. 86 del 1982 e n. 18 del 1989).

Tutto ciò è aggravato dalla norma transitoria (articolo 9 della legge) che, da un lato, prevede l'applicabilità anche ai procedimenti pendenti delle nuove disposizioni che ampliano i casi di ricorso per cassazione e, dall'altro, converte in ricorso per cassazione «l'appello proposto prima della data di entrata in vigore della presente legge contro una sentenza di proscioglimento».

Un altro problema, strettamente collegato ai precedenti e che si muove in direzione di un netto aggravamento della situazione già posta in evidenza, è quello che deriva dall'articolo 4 della legge, che modifica l'articolo 428 del codice di procedura penale, trasferendo dalla Corte d'Appello alla Corte di Cassazione l'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere. Ne deriverà non soltanto un ulteriore aumento di lavoro per la Corte di Cassazione, ma anche, in caso di mancata conferma della sentenza di non luogo a procedere, una regressione del procedimento, che ne allungherà inevitabilmente i tempi di definizione.

È palese la violazione che il sistema sopra descritto determina, nel suo complesso, del principio della ragionevole durata del processo, espressamente consacrato nel secondo comma del già richiamato articolo 111 della Costituzione.

 

Il sistema delle impugnazioni può essere ripensata alla luce dei criteri ispiratori del codice vigente dal 1989. Tuttavia il carattere disorganico e asistematico della riforma approvata è proprio ciò che sta alla base delle rilevate palesi incostituzionalità: una delle finalità della legge avrebbe dovuto essere quella della deflazione del carico di lavoro della giustizia penale, mentre, come si è più sopra posto in luce, la legge approvata provocherà invece un insostenibile aggravio di lavoro, con allungamento certo dei tempi del processo.

La funzione compensativa attribuita all'ampliamento delle ipotesi del ricorso per cassazione ha un effetto inflattivo superiore di gran lunga a quello deflattivo derivante dalla soppressione dell'appello delle sentenze di proscioglimento. Soppressione che, a causa della disorganicità della riforma, fa sì che la stessa posizione delle parti nel processo venga ad assumere una condizione di disparità che supera quella compatibile con la diversità delle funzioni svolte dalle parti stesse nel processo. Le asimmetrie tra accusa e difesa costituzionalmente compatibili non devono mai travalicare i limiti fissati dal secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione, a norma del quale: «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale». Infine, non lo si dimentichi, è parte del processo anche la vittima del reato costituitasi parte civile, che vede compromessa dalla legge approvata la possibilità di far valere la sua pretesa risarcitoria all'interno del processo penale.

Un'ulteriore incongruenza della nuova legge sta nel fatto che il pubblico ministero totalmente soccombente non può proporre appello, mentre ciò gli consentito quando la sua soccombenza sia solo parziale, avendo ottenuto una condanna diversa da quella richiesta.

 

Infine, rispetto al principio che informa di sé la legge approvata, e cioè l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, esistono, nel testo, due norme che appaiono contraddittorie:

l'articolo 577 del codice di procedura penale continua a prevedere la impugnazione delle sentenze di proscioglimento per i reati di ingiuria e diffamazione, senza specificare se essa riguardi anche l'appello;

l'articolo 597, comma 2, lettera b) dello stesso codice, continua a individuare i poteri del giudice nel caso di appello riguardante una sentenza di proscioglimento, appello escluso dalle modificazioni ora introdotte.

 

È altresì necessario tener presente che l'articolo 36 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.274, sulla competenza penale del giudice di pace, continua a consentire l'appello del pubblico ministero contro alcuni tipi di sentenze di proscioglimento.

 

Per i motivi innanzi illustrati, chiedo alle Camere - a norma dell'articolo 74, primo comma, della Costituzione - una nuova deliberazione in ordine alla legge a me trasmessa il 13 gennaio 2006.

 

 

CIAMPI

Castelli, Ministro della giustizia.

 


 

Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento

 

 

 

 

 


Art. 1.

1. L'articolo 593 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 593. (Casi di appello). - 1. Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna.

2. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda».

Art. 2.

1. All'articolo 443 del codice di procedura penale, al comma 1, le parole: «, quando l'appello tende ad ottenere una diversa formula» sono soppresse.

Art. 3.

1. All'articolo 405 del codice di procedura penale, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. Il pubblico ministero, al termine delle indagini, formula richiesta di archiviazione quando la Corte di cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'articolo 273, e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini».

Art. 4.

1. L'articolo 428 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 428. - (Impugnazione della sentenza di non luogo a procedere). - 1. Contro la sentenza di non luogo a procedere possono proporre ricorso per cassazione:

a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale;

b) l'imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso.

2. La persona offesa può proporre ricorso per cassazione nei soli casi di nullità previsti dall'articolo 419, comma 7. La persona offesa costituita parte civile può proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606.

3. Sull'impugnazione decide la Corte di cassazione in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 127».

Art. 5.

1. All'articolo 533 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio. Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza».

Art. 6.

1. L'articolo 580 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 580. - (Conversione del ricorso in appello). - 1. Quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazione diversi, nel caso in cui sussista la connessione di cui all'articolo 12, il ricorso per cassazione si converte nell'appello».

Art. 7.

1. Al comma 1 dell'articolo 606 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la lettera d) è sostituita dalla seguente:

«d) mancata assunzione di una prova decisiva quando la parte ne ha fatto richiesta, sempre che la stessa fosse ammissibile»;

b) la lettera e) è sostituita dalla seguente:

«e) se manca o è contraddittoria o è manifestamente illogica la motivazione».

Art. 8.

1. All'articolo 652 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. La sentenza penale di assoluzione, anche se irrevocabile, non ha effetto nei giudizi civili e amministrativi, salvo che la parte civile si sia costituita nel processo penale ed abbia presentato le conclusioni. In questo caso la sentenza ha effetto quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima».

Art. 9.

1. La presente legge si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima.

2. L'appello proposto prima della data di entrata in vigore della presente legge contro una sentenza di proscioglimento si converte in ricorso per cassazione. Possono essere presentati nuovi motivi entro sessanta giorni.

3. Nel caso che sia annullata una sentenza di condanna di una corte di assise di appello o di una corte di appello che abbia riformato una sentenza di assoluzione, si applica la lettera c) del comma 1 dell'articolo 623 del codice di procedura penale.


 

 


Progetto di legge

 


 

N. 4604-B

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

APPROVATA DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

il 21 settembre 2005 (v. stampato Senato n. 3600)

APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 12 gennaio 2006

RINVIATA ALLE CAMERE DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PER UNA NUOVA DELIBERAZIONE CON MESSAGGIO MOTIVATO A NORMA DELL'ARTICOLO 74 DELLA COSTITUZIONE

il 20 gennaio 2006 (v. stampato Doc. I, n. 7)

d'iniziativa del deputato PECORELLA

 

Modifiche al codice di procedura penale, in materia

di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento

 

 


 


TESTO

rinviato dal Presidente della Repubblica

 

 

Art. 1.

1. L'articolo 593 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 593. (Casi di appello). - 1. Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna.

2. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda».

 

Art. 2.

1. All'articolo 443 del codice di procedura penale, al comma 1, le parole: «, quando l'appello tende ad ottenere una diversa formula» sono soppresse.

Art. 3.

1. All'articolo 405 del codice di procedura penale, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. Il pubblico ministero, al termine delle indagini, formula richiesta di archiviazione quando la Corte di cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'articolo 273, e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini».

Art. 4.

1. L'articolo 428 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 428. - (Impugnazione della sentenza di non luogo a procedere). - 1. Contro la sentenza di non luogo a procedere possono proporre ricorso per cassazione:

a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale;

b) l'imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso.

2. La persona offesa può proporre ricorso per cassazione nei soli casi di nullità previsti dall'articolo 419, comma 7. La persona offesa costituita parte civile può proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606.

 

3. Sull'impugnazione decide la Corte di cassazione in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 127».

 

Art. 5.

1. All'articolo 533 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio. Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza».

Art. 6.

1. L'articolo 580 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 580. - (Conversione del ricorso in appello). - 1. Quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazione diversi, nel caso in cui sussista la connessione di cui all'articolo 12, il ricorso per cassazione si converte nell'appello».

Art. 7.

1. Al comma 1 dell'articolo 606 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la lettera d) è sostituita dalla seguente:

«d) mancata assunzione di una prova decisiva quando la parte ne ha fatto richiesta, sempre che la stessa fosse ammissibile»;

b) la lettera e) è sostituita dalla seguente:

«e) se manca o è contraddittoria o è manifestamente illogica la motivazione».

Art. 8.

1. All'articolo 652 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. La sentenza penale di assoluzione, anche se irrevocabile, non ha effetto nei giudizi civili e amministrativi, salvo che la parte civile si sia costituita nel processo penale ed abbia presentato le conclusioni. In questo caso la sentenza ha effetto quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima».

Art. 9.

1. La presente legge si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima.

 

2. L'appello proposto prima della data di entrata in vigore della presente legge contro una sentenza di proscioglimento si converte in ricorso per cassazione. Possono essere presentati nuovi motivi entro sessanta giorni.

 

3. Nel caso che sia annullata una sentenza di condanna di una corte di assise di appello o di una corte di appello che abbia riformato una sentenza di assoluzione, si applica la lettera c) del comma 1 dell'articolo 623 del codice di procedura penale.