XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Mutilazioni genitali femminili - A.C. 3884 e abb.-B - Schede di lettura (Seconda edizione)
Serie: Progetti di legge    Numero: 264    Progressivo: 2
Data: 20/09/05
Descrittori:
DONNE   LESIONI PERSONALI
ORGANI DEL CORPO UMANO   REATI CONTRO IL CORPO E L' ONORE
Organi della Camera: II-Giustizia
Riferimenti:
AC n.150-B/14   AC n.3282-B/14
AC n.3867-B/14   AC n.3884-B/14
AC n.4204-B/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Mutilazioni genitali femminili

A.C. 3884 e abb.-B

Schede di lettura

n. 264/2

Seconda edizione

xiv legislatura

20 settembre 2005

 


Camera dei deputati

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Giustizia

SIWEB

 

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File: gi0231b.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Il quadro normativo  3

§      Il contenuto della proposta di legge: le modifiche introdotte dal Senato  10

Progetto di legge

§      A.C. 150-3282-3867-3884-4204-B, (sen. Consolo), Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile  15

Normativa di riferimento

§      Codice penale (artt. 98, 114, 582, 583, 604)27

§      L. 26 febbraio 1987, n. 49.  Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo  30

§      L. 27 maggio 1991, n. 176. Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989  59

 

 


Schede di lettura

 


 

Il quadro normativo

Il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili, pur da sempre esistente, si è posto all’attenzione dell’opinione pubblica, in particolare dei Paesi occidentali, in tempi relativamente recenti. Collegato alla conoscenza del fenomeno è, sicuramente, la presenza nel nostro come in altri Paesi di consistenti comunità di emigranti in particolare provenienti dall’Africa, continente dove la “tradizione” della mutilazione delle bambine o delle donne in età prematrimoniale appare più radicata.

E’ noto come tali pratiche si svolgono spesso in condizioni igieniche precarie e con strumenti di fortuna mettendo a così a rischio la salute e a volte la stessa vita delle donne che le subiscono. Ma se per l’etica occidentale, tali mutilazioni sono assolutamente riprovevoli ed offensive oltre che dell’integrità fisica anche dell’identità morale della persona (oltre che perseguibili a termini di legge), spesso nei Paesi in questione, costituiscono veri e propri doveri sociali, cui giovani donne e bambine non possono sottrarsi se non rischiando l’emarginazione dalla comunità di appartenenza.

Alla base di esso, infatti, vi sono diversi fattori, spesso diversi da Paese a Paese: di identità culturale e sessuale, di natura religiosa o antropologica, di controllo della sessualità e della fertilità, di igiene, di estetica, di salute, ecc.

Secondo stime dell'O.M.S. (Organizzazione mondiale della sanità) circa 135 milioni di donne hanno finora subito mutilazioni genitali, pur di diversa gravità; a queste, se ne aggiungono almeno altre 2 milioni ogni anno. Cifre impressionanti e che costituiscono stimolo per la comunità internazionale affinchè sempre più venga riconosciuto e garantito a tutti, in qualunque parte del mondo il diritto universale alla salute e all’integrità fisica , diritto fondamentale dell’uomo.

Numerose Convenzioni e dichiarazioni sui diritti umani hanno condannato tali pratiche, fin dal 1952 oggetto di dibattito da parte della Commissione dei diritti umani dell’ONU; tra l’altro l’ONU, nell’1984, creò a Dakar un “Comitato interafricano sulle pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute delle donne e dei bambini”. Tra le basi giuridiche e di indirizzo programmatico volte alla condanna delle mutilazioni genitali femminili si ricordano tra le altre: la Convenzione dei diritti del fanciullo del 1989 (ratificata in Italia dalla legge 176/1991), la Dichiarazione del vertice mondiale sull’infanzia del 1990, la risoluzione 251/1992 del Consiglio economico e sociale dell’ONU sulle pratiche tradizionali che minacciano la salute delle donne e dei minori; la Carta Africana dei diritti e del benessere del bambino adottata dall'OUA (Organizzazione dell'Unità Africana) nel 1990; la Dichiarazione e il Programma di azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e sullo sviluppo del Cairo del 1994; la Dichiarazione dell'OUA del 1995 sul piano di azione africano riguardante la situazione delle donne in Africa, la piattaforma di azione della quarta Conferenza mondiale sulle donne di Pechino nel 1995; la Carta di Addis Abeba del 1997, che chiede a tutti i governi africani di adoperarsi per eliminare (o drasticamente ridurre) le mutilazioni genitali femminili entro il 2005. Mancando un sistema pattizio o di convenzioni internazionali, la repressione del fenomeno delle mutilazioni genitali femminili non può, ad oggi, essere attuato che con leggi adottate dai singoli Stati[1].

Numerose anche le iniziative in ambito europeo dove, la consapevolezza della gravità del problema è emersa anche con la scoperta che le mutilazioni genitali non avevano luogo solo nei Paesi di origine ma bensì anche nei Paesi europei di residenza delle comunità immigrate; tra le iniziative più recenti si segnalano due raccomandazioni del Consiglio d’Europa: la prima, la n. 1371 del 1998 (Maltrattamenti inflitti ai fanciulli) con cui il Consiglio ha chiesto ai governi di tutti i Paesi membri di adottare una linea dura contro le mutilazioni, vietandole nei loro ordinamenti come pratiche di “tortura” e prevedendo sanzioni penali pesanti contro i responsabili, genitori compresi (paragrafi 9 e 13); la seconda raccomandazione n. 1450 del 2000 (Violenza contro le donne in Europa) che, al paragrafo 7, ribadendo la condanna contro tali barbare pratiche effettuate spesso in nome di tradizioni culturali e religiose, si appella agli Stati membri per mettere in atto le misure proposte con la raccomandazione del 1998.

Il 20 settembre 2001 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulle mutilazioni genitali femminili, nella quale, in particolare:

-          condanna fermamente le mutilazioni genitali femminili in quanto violazione dei diritti umani fondamentali;

-          chiede che l'Unione europea e gli Stati membri collaborino all'armonizzazione della legislazione esistente e, qualora essa non si dimostri adeguata, all'elaborazione di una legislazione specifica in materia nel nome dei diritti della persona, della sua integrità, della libertà di coscienza e del diritto alla salute;

-          chiede che la Commissione elabori un'impostazione strategica integrale, accompagnata da programmi educativi e dall'organizzazione di campagne pubblicitare, allo scopo di eliminare la pratica in questione.

Il Parlamento chiede agli Stati membri:

-          di considerare qualsiasi mutilazione genitale femminile come reato indipendentemente dal fatto che sia stato o meno concesso il consenso da parte della donna interessata;

-          di perseguire, processare e sanzionare penalmente qualsiasi residente che abbia commesso il reato di mutilazione genitale femminile, anche qualora sia stato commesso al di fuori delle loro frontiere (extraterritorialità del reato);

-          di approvare misure legislative che concedano ai giudici o ai pubblici ministeri la possibilità di adottare misure cautelari e preventive qualora vengano a conoscenza di casi di donne e di bambine che corrono il rischio di mutilazione;

-          di attuare una strategia preventiva di azione sociale volta alla protezione dei minori;

invita il Consiglio:

-          ad adottare misure, previa consultazione del Parlamento europeo, ad adottare misure per lottare contro questo fenomeno;

invita la Commissione e il Consiglio:

-          a tenere pienamente conto di una strategia contro le mutilazioni genitali femminili nei documenti strategici elaborati per la cooperazione con paesi terzi.

 

La lotta contro le mutilazioni genitali delle donne costituisce una delle priorità del programma DAPHNE relativo al periodo 2000-2003, nell'ambito del quale sono stati finanziati progetti su questo tema specifico.

Il programma Daphne[2] ha come obiettivo il sostegno alle attività delle organizzazioni e delle autorità pubbliche locali volte alla tutela delle donne e dei bambini e alla prevenzione della violenza nei loro confronti. Il programma, inoltre, incoraggia lo scambio di idee e di buone pratiche mediante la formazione di reti e di partenariati e mediante l'attuazione di progetti pilota.

Daphne include misure di protezione destinate a tre categorie di beneficiari (bambini, adolescenti e donne) e di prevenzione della violenza nei loro confronti. Tali misure prevedono:

-          creazione di reti a livello europeo tra le ONG e per promuovere la cooperazione tra le ONG e le autorità competenti;

-          misure per tutelare i gruppi beneficiari e prevenire la violenza nei loro confronti;

-          studi e ricerche per indagare sulle cause della violenza, metodi di intervento al fine di prevenire, assistere e reinserire;

-          scambio di informazioni e buone pratiche;

-          divulgazione di informazioni mediante seminari, conferenze e materiali scritti e audiovisivi;

-          organizzazione di campagne di sensibilizzazione del grande pubblico, delle vittime potenziali e di coloro che lavorano con esse.

 

Per consentire la prosecuzione di tale programma, che si conclude il 31 dicembre 2003, la Commissione ha presentato, il 4 febbraio 2003, una proposta di decisione[3] che istituisce una seconda fase del programma di azione comunitaria (2004-2008) per prevenire la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e i gruppi a rischio (programma Daphne II).

Nella relazione introduttiva, la Commissione rileva che la proposta di decisione - strutturata in maniera analoga al programma Daphne in via di esaurimento - conferma l'importanza accordata ai progetti volti a contrastare le manifestazioni della violenza ed i temi ad essa connessi, tra i quali le mutilazioni genitali, che dovranno pertanto essere oggetto di azioni nell'ambito del programma.

Gli strumenti proposti sono:

-          individuazione e scambi di migliori pratiche e di esperienze di lavoro;

-          realizzazione di studi analitici per categoria e ricerche;

-          attività sul posto con la partecipazione dei beneficiari;

-          costituzione di reti multidisciplinari durature;

-          azioni di formazione ed ideazione di strumenti didattici;

-          elaborazione ed attuazione di programmi per il trattamento, da una parte, degli aggressori e, dall'altra, delle vittime;

-          organizzazione ed attuazione di attività di sensibilizzazione destinate a pubblici specifici;

-          divulgazione dei risultati ottenuti dal programma.

 

La proposta introduce anche delle azioni complementari, come studi, elaborazione di indicatori, raccolte di dati, divulgazione dei risultati, riunioni di esperti, per consolidare la base delle conoscenze del programma e divulgare le informazioni e i risultati ottenuti dal programma. L'importo finanziario proposto è di 41 milioni di euro.

 

Il Consiglio ha adottato, il 1° dicembre 2003, la posizione comune sulla proposta di decisione, che sarà esaminata dal Parlamento europeo in seconda lettura, nell'ambito della procedura di codecisione.

Si segnala, infine, la risoluzione sulle “Donne e il fondamentalismo approvata il 13 marzo 2002 dal Parlamento europeo, che ha denunciato, come grave violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, il ricorso a tali pratiche mutilanti ed ha invitato gli Stati membri ad adottare una legislazione contro qualsiasi atto che ponga in pericolo l'integrità psicofisica e la salute delle donne.

 

Anche il Parlamento italiano non è rimasto insensibile alla problematica in oggetto. Nella scorsa legislatura, si ricorda l’ordine del giorno (n. 9/3238/4, Valpiana ed altre) accolto dal Governo nella seduta della Camera del 2 luglio 1997, che richiedeva l'avvio di indagini conoscitive ed iniziative di prevenzione delle mutilazioni genitali femminili nonché l’ulteriore ordine del giorno (n. 9/3240/3, Burani Procaccini ed altri), accolto come raccomandazione dal Governo il 19 novembre 1997, che, oltre a richiedere campagne di informazione, di formazione e di prevenzione, richiedeva la creazione di uno specifico illecito penale che prevedesse sanzioni penali per chi si rendeva autore e complice delle mutilazioni e l'espulsione immediata dai nostri confini dei genitori che sottoponessero le figlie a tali pratiche.

Il 22 marzo 2000, la Commissione bicamerale per l'infanzia aveva inoltre approvato una risoluzione (7-00842, Pozza-Tasca,Valpiana) che richiedeva al Governo, tra le altre cose, di garantire assistenza psicologica e tutela giuridica alle bambine oggetto di tali mutilazioni.

Si ricorda, poi, che il Ministro per le pari opportunità, con decreto 8 settembre 1999, aveva istituito una Commissione per la definizione delle linee essenziali del progetto nazionale contro le mutilazioni genitali femminili.

 

Nell’attuale legislatura, va segnalata l’interpellanza urgente 2/00319 (Cima) che ha richiesto al Governo concrete iniziative in tema di prevenzione e repressione delle mutilazioni genitali femminili; all’interpellanza, il Ministro per le pari opportunità ha risposto nella seduta della Camera del 13 giugno 2002.

 

In Italia, come nel resto dell’Occidente, la mutilazione, per i suoi effetti sull’integrità fisica, è da considerarsi illegale, anche se nel nostro Paese non esistono specifiche disposizioni legislative volte a reprimere le mutilazioni genitali femminili.

La salute, come integrità fisica e mentale, è comunque protetta in via primaria dall’art. 32 della Costituzione che la considera come “fondamentale diritto dell'individuo”, da salvaguardare quindi in modo assoluto.

Tale precetto costituzionale è stato ampiamente atteso dal legislatore italiano che ha apprestato piena tutela dell’integrità psico-fisica della persona, salvaguardandola sia sul piano penale che su quello civile, da un lato prevedendo precise sanzioni penali dall’altro riconoscendo il diritto ad un risarcimento, in caso di menomazione imputabile a responsabilità altrui.

Anche in assenza di specifiche disposizioni penali la mutilazione costituisce quindi un reato sanzionato a titolo di lesioni personali volontarie dal nostro codice penale, da imputare a tutti i soggetti coinvolti - sia i medici e/o gli altri soggetti che effettuano materialmente o collaborano con la pratica illecita, sia i genitori o le persone che hanno la responsabilità del minore.

In base all’art. 582 c.p., commette tale illecito, sanzionato con la reclusione da tre mesi a tre anni, chi cagiona ad alcuno una lesione personale dalla quale derivi una malattia nel corpo e nella mente (comma 1) .

In relazione alle conseguenze sulla salute, sono previste quattro diverse categorie di lesioni; due di esse sono previste dall’art. 582:

·         lesione personale lievissima, quando ne derivi una malattia di durata non superiore a 20 giorni (secondo comma);

·         lesione personale lieve, quando ne derivi una malattia di durata compresa tra 21 e 40 giorni (primo comma);

·         le ulteriori due categorie comprendono le ipotesi aggravate di cui all’art. 583 c.p.:

·         lesione personale grave  (primo comma), quando derivi dal fatto un pericolo di vita della vittima, una sua incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai 40 giorni o risulti l’indebolimento permanente di un senso o di un organo;

·         lesione personale gravissima (secondo comma), quando l’illecito provochi una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un senso, la deformazione o lo sfregio permanente del viso, la perdita di un arto o una mutilazione che lo renda inservibile, la perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare ovvero una permanente e grave difficoltà della favella.

Rispetto al concetto di malattia, la giurisprudenza della Corte di cassazione è particolarmente “larga”, risultando costante nel ravvisare la malattia in qualunque alterazione anatomica o funzionale dell’organismo, ancorché localizzata e non influente sulle condizioni organiche generali (comprendendovi, ad esempio, le ecchimosi o lo stato di shock.

 

In base al contesto delineato, nel nostro Paese le mutilazioni genitali femminili possono, per lo più, essere punite a titolo di lesione grave, o gravissima.

Nella prima ipotesi la pena prevista è da 3 a 7 anni di reclusione; nella seconda, da 6 a 12 anni. In entrambi i casi è prevista la procedibilità d’ufficio e sono applicabili le misure cautelari personali, mentre l’arresto in flagranza è facoltativo e il fermo è consentito.

 

La mutilazione commessa all’estero è punibile, sia se commessa da cittadino italiano, sia nella ipotesi in cui il colpevole sia straniero e la vittima del reato sia italiana.

Il cittadino italiano che commette un delitto all’estero è punibile secondo la legge italiana (art. 9 c.p.), se si trova nel territorio dello Stato, qualora il delitto (come nel caso delle lesioni personali dolose) preveda la reclusione superiore a tre anni. Qualora la vittima sia straniera, il cittadino italiano è punito su richiesta del Ministro della giustizia;

Lo straniero che (fuori dai casi di cui agli artt. 7 e 8 c.p.) commetta all’estero in danno di un cittadino italiano un delitto che prevede la reclusione minima di un anno, è soggetto alla punizione prevista dalla legge italiana, sempre che si trovi nel territorio dello Stato, su richiesta del Ministro della giustizia o su istanza o querela della persona offesa (art. 10 c.p.). Anche lo straniero che commetta un delitto nei confronti di un altro straniero è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia, a condizione che si trovi in Italia, si tratti di un delitto per il quale sia prevista la reclusione non inferiore a tre anni e la sua estradizione non sia stata concesso ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui ha commesso il delitto, o da quello dello Stato a cui egli appartiene.

Dal punto di vista civile le mutilazioni genitali femminili costituiscono un illecito, sanzionato dall’articolo 2043 del codice civile, che prevede l’obbligo di risarcimento per qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto.

In passato il risarcimento veniva strettamente correlato alla capacità di produrre reddito e l'eventuale indennizzo era quindi volto a risarcire esclusivamente i mancati guadagni del danneggiato. Attualmente, invece, i danni alla salute vengono considerati come una fonte di responsabilità (e quindi da indennizzare) anche per le loro conseguenze sull’integrità della persona e sulle relazioni sociali. Questa interpretazione più moderna delle disposizioni costituzionali in materia di salute (art. 32) è stata promossa dalla Corte costituzionale (sent. n. 88/1979), che ha alimentato una nuova tendenza della giurisprudenza e favorito lo sviluppo di una diversa dottrina.

Per effetto di tale evoluzione, il risarcimento dovuto a chi abbia subito un danno alla salute per responsabilità altrui non dovrà ora essere limitato alle conseguenze che incidono sull'idoneità a produrre reddito, ma andrà a comprendere il "danno biologico", inteso come la menomazione dell'integrità psicofisica della persona in sé e per sé considerata, in quanto incidente sul "valore persona" in tutta la sua dimensione.

Va rilevato come, sia in presenza di un eventuale consenso della vittima (limitatamente al caso in cui essa sia maggiorenne) sia nel caso in cui l’intervento di mutilazione (e quindi il reato) venga commesso all’estero, sussisterà l’illecito penale e quindi la punibilità dei colpevoli e il diritto al risarcimento dei danni.

L’eventuale consenso della vittima maggiorenne infatti non elimina l’illegalità del comportamento antigiuridico. Anche nell’ipotesi in cui il consenso alla mutilazione venga prestato volontariamente e nella piena consapevolezza delle conseguenze lesive all’integrità personale, esso non può avere efficacia come causa giustificatrice, perché la mutilazione in questione è a carattere permanente e, incidendo negativamente sul valore sociale della persona, fa perdere rilevanza al consenso prestato.

Va ricordato, infatti, che gli atti di disposizione del proprio corpo sono comunque vietati (art. 5 del Codice civile) quando comportino una diminuzione permanente dell’integrità fisica, eventualità ricorrente in caso di mutilazioni genitali.

 

 

Il contenuto della proposta di legge: le modifiche introdotte dal Senato

Il testo unificato in esame (AC. 150 ed abb. –B), recante Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile, approvato dal Senato con alcune limitate modifiche il 6 luglio scorso,torna all’esame della Camera in seconda lettura.

In relazione all’iter del provvedimento va ricordato che nell’ottobre 2002 la commissione giustizia della Camera, in sede referente, ha iniziato l’esame delle proposte di legge C. 150, 3282 e 3884.

Successivamente, a seguito di richiesta da parte della XII Commissione, è stato assegnato alle commissioni riunite giustizia ed affari sociali l’esame delle sopracitate proposte, alle quali sono state abbinate le proposta C.3867 e 4204.

L’esame presso le commissioni riunite, iniziato nel dicembre 2003, si è quindi concluso nel maggio 2004.

Qui di seguito, dopo aver illustrato sinteticamente il contenuto dell’articolato così come licenziato dal Senato, ci si soffermerà in particolare sulle modifiche introdotte da questo ramo del Parlamento.

Gli articoli 1, 2, 3, 4 e 5, dettano disposizioni riguardanti, rispettivamente,le finalità del provvedimento, la promozione ed il coordinamento (da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le pari opportunità) di attività per la prevenzione ed il sostegno alle vittime delle pratiche di mutilazione genitale femminile, lo svolgimento di campagne informative con lo stesso scopo, ad opera del Ministro per le pari opportunità, d’intesa con i ministri della salute, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, degli affari esteri e dell’interno e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, la formazione specifica del personale sanitario e l’istituzione presso il Ministero dell’interno di un numero verde destinato a ricevere segnalazioni ed a fornire informazioni.

In relazione agli articoli 3, 4 e 5 il Senato ha autorizzato la spesa occorrente a decorrere dall’anno 2005.

Alcune modifiche sono state introdotte dal Senato all’articolo 6, relativo al reato di Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili.

In particolare, ai sensi del nuovo articolo 583-bis del codice penale, comma 1, viene punito con la reclusione da quattro a dodici anni –anziché con la reclusione da sei a dodici come in precedenza previsto -, chiunque in assenza di esigenze terapeutiche cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili. Viene inoltre soppresso, in questo e nel comma 2 dell’articolo 583 bis – riguardante le fattispecie di lesioni agli organi genitali diverse dalla mutilazione – il riferimento l’inciso “anche con il consenso della vittima”, per non far pensare, come evidenziato dal relatore nel corso dell’esame pressol’altro ramo del Parlamento, che lesioni o mutilazioni di questo genere potessero o meno essere sottoposte a consenso.

Le modifiche apportate al comma 3 dell’articolo 583 bis prevedono l’aumento di un terzo della pena applicabile oltre che – come già previsto in precedenza – quando le pratiche siano commesse a danno di un minore, anche qualora il fatto sia commesso a fini di lucro

Modifiche di formulazione sono infine state apportate all’ultimo comma dell’articolo 583 bis, riguardante la punibilità dei fatti commessi all’estero da cittadino italiano (o da straniero residente in Italia) o in danno di cittadino italiano (o di straniero residente in Italia).

Il Senato ha inoltre trasformato in un ulteriore articolo del codice penale (art. 583 ter) la previsione in precedenza  contenuta nel comma 1 dell’articolo 9 della proposta di legge licenziata dalla Camera, apportandovi anche alcune modifiche: viene infatti previsto che all’esercente la professione sanitaria che sia stato condannato per uno dei delitti di cui all’articolo 583 bis. (e non quindi che abbia commesso i delitti citati), si applica la pena accessoria dell’interdizione dalla professione da tre a dieci anni (in precedenza era prevista l’interdizione per dieci anni). Viene inoltre prescritto che della sentenza di condanna sia data comunicazione all’Ordine dei medici chirurgi e degli odontoiatri.

Il comma 2 dell’articolo 6 del provvedimento, introdotto durante l’esame presso l’altro ramo del Parlamento, detta modifiche di formulazione letterale all’articolo 604 c.p., relativo al Fatto commesso all’estero.

Gli articoli 7 ed 8, non modificati dal Senato, riguardano, rispettivamente, l’elaborazione, nell’ambito dei programmi di cooperazione condotti dal Ministero Affari Esteri, di progetti di formazione ed informazioni intesi a scoraggiare le pratiche di mutilazione genitale femminile nei Paesi in cui, anche in presenza di norme nazionali di divieto continuano ad essere praticate,e l’applicazione di sanzioni amministrative all’ente nella cui struttura è commesso il delitto o che comunque è utilizzato alo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti sopraccitati. .

E’ stato poi soppresso dal Senato l’articolo 9 della proposta di legge così come licenziata dalla Camera: il comma 1 dell’articolo citato, infatti, è stato trasfuso nel nuovo articolo 583 ter c.p. di cui all’articolo 6 del provvedimento, ed è stato poi  soppresso il comma 2, riguardante l’applicazione di una sanzione amministrativa accessoria nei confronti di chi riceva denaro od altra utilità per l’esecuzione delle pratiche di cui all’articolo 583 bis del codice penale.

Il Senato ha infine modificato le norme sulla copertura finanziaria del provvedimento - aggiornandole ai tempi necessari per l’approvazione dello stesso -  contenute nell’articolo 9 della proposta di legge (V. articolo 10 del testo licenziato dalla Camera).

 


Progetto di legge

 


 

N. 150-3282-3867-3884-4204-B

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

APPROVATA DALLA II COMMISSIONE PERMANENTE (GIUSTIZIA)

DELLA SENATO DELLA REPUBBLICA

l'8 aprile 2003 (v. stampato Camera n. 3884)

MODIFICATA DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

il 4 maggio 2004, con l'unificazione delle proposte di legge n. 150, d'iniziativa dei deputati , Francesca Martini, Caparini e Gibelli; n. 3282, d'iniziativa del deputato Giulio Conti; n. 3867, d'iniziativa del deputato Giulio Conti; n. 4204 d'iniziativa dei deputati Di Virgilio e Palumbo (v. stampato Senato n. 414-B)

NUOVAMENTE MODIFICATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 6 luglio 2005

d'iniziativa del senatore CONSOLO

Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile

 

 

 

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Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica il 6 luglio 2005

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TESTO

approvato dalla Camera dei Deputati

 

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

Art. 1.

(Finalità)

Art. 1.

(Finalità).

1. In attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione e di quanto sancito dalla Dichiarazione e dal Programma di azione adottati a Pechino il 15 settembre 1995 nella quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, la presente legge detta le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti fondamentali all'integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine.

Identico.

Art. 2.

(Attività di promozione e coordinamento).

Art. 2.

(Attività di promozione e coordinamento).

1. La Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le pari opportunità promuove e sostiene, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, il coordinamento delle attività svolte dai Ministeri competenti dirette alla prevenzione, all'assistenza alle vittime e all'eliminazione delle pratiche di mutilazione genitale femminile.

Identico.

2. Ai fini dello svolgimento delle attività di cui al comma 1, la Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le pari opportunità acquisisce dati e informazioni, a livello nazionale e internazionale, sull'attività svolta per la prevenzione e la repressione e sulle strategie di contrasto programmate o realizzate da altri Stati.

 

Art. 3.

(Campagne informative).

Art. 3.

(Campagne informative).

1. Allo scopo di prevenire e contrastare le pratiche di cui all'articolo 583-bis del codice penale, il Ministro per le pari opportunità, d'intesa con i Ministri della salute, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, degli affari esteri e dell'interno e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, predispone appositi programmi diretti a:

1. Identico.

a) predisporre campagne informative rivolte agli immigrati dai Paesi in cui sono effettuate le pratiche di cui all'articolo 583-bis del codice penale, al momento della concessione del visto presso i consolati italiani e del loro arrivo alle frontiere italiane, dirette a diffondere la conoscenza dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine, e del divieto vigente in Italia delle pratiche di mutilazione genitale femminile;

 

b) promuovere iniziative di sensibilizzazione, con la partecipazione delle organizzazioni di volontariato, delle organizzazioni no profit, delle strutture sanitarie, in particolare dei centri riconosciuti di eccellenza dall'Organizzazione mondiale della sanità, e con le comunità di immigrati provenienti dai Paesi dove sono praticate le mutilazioni genitali femminili per sviluppare l'integrazione socio-culturale nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine;

 

c) organizzare corsi di informazione per le donne infibulate in stato di gravidanza, finalizzati ad una corretta preparazione al parto;

 

d) promuovere appositi programmi di aggiornamento per gli insegnanti delle scuole dell'obbligo, anche avvalendosi di figure di riconosciuta esperienza nel campo della mediazione culturale, per aiutarli a prevenire le mutilazioni genitali femminili, con il coinvolgimento dei genitori delle bambine e dei bambini immigrati, e per diffondere in classe la conoscenza dei diritti delle donne e delle bambine;

 

e) promuovere presso le strutture sanitarie e i servizi sociali il monitoraggio dei casi pregressi già noti e rilevati localmente.

 

2. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2004.

2. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005.

Art. 4.

(Formazione del personale sanitario).

Art. 4.

(Formazione del personale sanitario).

1. Il Ministro della salute, sentiti i Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e per le pari opportunità e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee guida destinate alle figure professionali sanitarie nonché ad altre figure professionali che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove sono effettuate le pratiche di cui all'articolo 583-bis del codice penale per realizzare un'attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche.

1. Identico.

2. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 2,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2004.

2. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 2,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005.

Art. 5.

(Istituzione di un numero verde).

Art. 5.

(Istituzione di un numero verde).

1. È istituito, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, presso il Ministero dell'interno, un numero verde finalizzato a ricevere segnalazioni da parte di chiunque venga a conoscenza della effettuazione, sul territorio italiano, delle pratiche di cui all'articolo 583-bis del codice penale, nonché a fornire informazioni sulle organizzazioni di volontariato e sulle strutture sanitarie che operano presso le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove sono effettuate tali pratiche.

1. Identico.

2. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 0,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2004.

2. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 0,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005.

Art. 6.

(Pratiche di mutilazione degli organi

genitali femminili).

Art. 6.

(Pratiche di mutilazione degli organi

genitali femminili).

1. Dopo l'articolo 583 del codice penale è inserito il seguente:

1. Dopo l'articolo 583 del codice penale sono inseriti i seguenti:

«Art. 583-bis. - (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili). - Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili, anche con il consenso della vittima, è punito con la reclusione da sei a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l'escissione e l'infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni una mutilazione degli stessi.

«Art. 583-bis. - (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili). - Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l'escissione e l'infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo.

Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, anche con il consenso della vittima, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità.

Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità.

La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore.

La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro.

Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì, su richiesta del Ministro della giustizia, quando il fatto è commesso all'estero da cittadino italiano o da cittadino straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di cittadino straniero residente in Italia».

Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia.

 

Art. 583-ter. - (Pena accessoria). - La condanna contro l'esercente una professione sanitaria per taluno dei delitti previsti dall'articolo 583-bis importa la pena accessoria dell'interdizione dalla professione da tre a dieci anni. Della sentenza di condanna è data comunicazione all'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri».

 

 

2. All'articolo 604 del codice penale, al primo periodo, le parole: «da cittadino straniero» sono sostituite dalle seguenti: «dallo straniero» e, al secondo periodo, le parole: «il cittadino straniero» sono sostituite dalle seguenti: «lo straniero».

Art. 7.

(Programmi di cooperazione

internazionale).

Art. 7.

(Programmi di cooperazione

internazionale).

1. Nell'ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo condotti dal Ministero degli affari esteri e in particolare nei programmi finalizzati alla promozione dei diritti delle donne, in Paesi dove, anche in presenza di norme nazionali di divieto, continuano ad essere praticate mutilazioni genitali femminili, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, sono previsti, in accordo con i Governi interessati, presso le popolazioni locali, progetti di formazione e informazione diretti a scoraggiare tali pratiche nonché a creare centri antiviolenza che possano eventualmente dare accoglienza alle giovani che intendano sottrarsi a tali pratiche ovvero alle donne che intendano sottrarvi le proprie figlie o le proprie parenti in età minore.

Identico.

Art. 8.

(Modifiche al decreto legislativo

8 giugno 2001, n. 231).

Art. 8.

(Modifiche al decreto legislativo

8 giugno 2001, n. 231).

1. Dopo l'articolo 25-quater del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è inserito il seguente:

Identico.

«Art. 25-quater. 1. (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili). 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui all'articolo 583-bis del codice penale si applicano all'ente, nella cui struttura è commesso il delitto, la sanzione pecuniaria da 300 a 700 quote e le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.

 

Nel caso in cui si tratti di un ente privato accreditato è altresì revocato l'accreditamento.

 

2. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti indicati al comma 1, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3».

 

Art. 9.

(Sanzioni accessorie).

 

1. All'esercente la professione sanitaria che commette i delitti di cui all'articolo 583-bis del codice penale si applica la pena accessoria della interdizione per dieci anni dall'esercizio della professione e la comunicazione all'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri.

V. articolo 6, comma 1, capoverso «Art. 583-ter».

2. Nei confronti di chiunque riceva denaro o altra utilità per l'esecuzione delle pratiche di cui all'articolo 583-bis del codice penale si applica la sanzione amministrativa accessoria consistente nel pagamento di una somma da 25.000 euro a 100.000 euro.

Soppresso.

Art. 10.

(Copertura finanziaria).

Art. 9.

(Copertura finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dagli articoli 3, comma 2, 4, comma 2, e 5, comma 2, pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute.

1. Agli oneri derivanti dagli articoli 3, comma 2, 4, comma 2, e 5, comma 2, pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

2. Identico.

 

 




[1]    In Europa, i soli Paesi che hanno introdotto reati specifici sulle mutilazioni genitali femminili sono la Svezia, la Gran Bretagna e più recentemente, la Norvegia. In Africa, la mutilazione è già vietata in diversi Paesi come Egitto , Senegal, Etiopia, Sudan, Ghana, Repubblica Centroafricana, Burkina-Faso, Costa d’Avorio, Gibuti, Guinea, Tanzania e Togo. Purtroppo, le leggi repressive non risultano puntualmente applicate, ma la loro approvazione (in buona parte recente) va comunque valutata positivamente.

[2]    L'iniziativa DAPHNE è stata istituita dal Parlamento europeo nel 1997 con una linea di bilancio di 3 milioni di euro per finanziare misure per combattere la violenza a danno dei bambini, degli adolescenti e delle donne. Il 24 gennaio 2000 è stato approvato il programma Daphne per il proseguimento di tali azioni (2000-2003), con decisione del Consiglio n. 293/2000/CE, con un bilancio di 20 milioni di euro.

[3]    COM(2003)54