XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento attività produttive | ||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||||
Titolo: | Trasparenza dei prezzi e revisione degli studi di settore nel comparto agroalimentare - A.C. 5487 | ||||
Serie: | Progetti di legge Numero: 751 | ||||
Data: | 11/05/05 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | X-Attività produttive, commercio e turismo | ||||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Trasparenza dei prezzi e revisione degli studi di settore nel comparto agroalimentare A.C. 5487
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n. 751
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11 maggio 2005 |
Camera dei deputati
Dipartimento Attività produttive
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: AP0179
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
§ Impatto sui destinatari delle norme
Normativa di riferimento
§ D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto (art. 21)
§ D.L. 30 agosto 1993, n. 331 Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull'alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l'esclusione dall'ILOR dei redditi di impresa fino all'ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l'istituzione per il 1993 di un'imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie (art. 62-bis)
§ D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59 (artt. 6, 14, 22)
§ D.L. 30 settembre 2003, n. 269, conv. Con modif., dall’art. 1, L. 24 novembre 2003, n. 326, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici (art. 23)
§ Senato della Repubblica – 9a Commissione (Agricoltura)
§ Autorità Antitrust – Attività di segnalazione e consultiva
AS293 - Formazione dei prezzi dei prodotti agro-alimentari, in Bollettino n. 14/2005
Numero del progetto di legge |
A.C. 5487 |
Titolo |
Disposizioni per favorire la revisione degli studi di settore e garantire la trasparenza della formazione dei prezzi dei beni di consumo nel settore agroalimentare |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Commercio |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
1 |
Date |
|
§ presentazione |
14 dicembre 2004 |
§ annuncio |
15 dicembre 2005 |
§ assegnazione |
27 gennaio 2005 |
Commissione competente |
X Commissione (Attività produttive) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali); II Commissione (Giustizia) (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni); V Commissione (Bilancio); VI Commissione (Finanze)); XIII Commissione (Agricoltura); Commissione parlamentare per le questioni regionali |
La proposta di legge A.C. 5487, d’iniziativa dei deputati Mauro ed altri, partendo dalla constatazione del recente sensibile aumento dei prezzi al consumo registratosi nel settore agroalimentare, è diretta, come si legge nella relazione illustrativa, a garantire una maggiore trasparenza nella filiera agroalimentare, consentendo al consumatore di conoscere la differenza del prezzo del prodotto all'origine della filiera e al momento della sua immissione nel mercato: l’obiettivo è quello di garantire al consumatore la corretta informazione sulla formazione del prezzo del bene attraverso la tracciabilità dei prezzi, nonché quello di favorire la revisione degli studi di settore relativi al comparto considerato, anche al fine di determinare con maggiore precisione l'andamento dei ricavi degli operatori commerciali.
In questa prospettiva, l’articolo unico della proposta di legge, dispone, al comma 1, una integrazione all’articolo 14 del D.Lgs. n.114/98, di riforma del settore del commercio, diretta ad introdurre, anche al fine di favorire la revisione degli studi di settore, l'obbligo, a carico degli esercizi commerciali per la vendita dei prodotti agroalimentari al dettaglio, di esporre, per ciascun prodotto posto in vendita, anche il prezzo all'origine e almeno un prezzo intermedio. Ai titolari degli esercizi commerciali è attribuita inoltre la facoltà di indicare altresì i costi fissi unitari gravanti sul prodotto, così come desunti dal bilancio dell’esercizio commerciale.
Il comma 2 introduce una integrazione all’articolo 21, comma 2, lettera c), del DPR n. 633/72, recante disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto, volta a prevedere, quali nuovi elementi da indicare nelle fatture emesse dal contribuente, sia il prezzo di origine del prodotto, introdotto dal comma 1 dell’articolo in esame, sia i prezzi applicati da ciascun soggetto intervenuto nel percorso della filiera commerciale dal produttore iniziale al commerciante al dettaglio.
Il comma 3 stabilisce che i proventi derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie di cui al citato decreto legislativo n. 114 del 1998, per le violazioni delle disposizioni introdotte in materia di esposizione dei prezzi all’origine e intermedi - pari a un minimo di 516 euro e a un massimo di 3.096 euro – siano destinati ai comuni per poter essere utilizzati nella realizzazione di iniziative per il calmieramento dei prezzi.
Da ultimo, il comma 4 affida al Corpo della Guardia di Finanza il compito di procedere alla verifica dell'applicazione delle disposizioni in oggetto e all'accertamento delle relative violazioni amministrative. In particolare, la Guardia di Finanza dovrà effettuare indagini fiscali a carico degli esercenti che applicano ricarichi superiori alla media ponderata dei ricarichi praticati nel settore per la stessa tipologia di merce. Inoltre, si prevede che, nel processo di revisione degli studi di settore, il Ministero dell’economia e delle finanze tenga conto dell'incremento del differenziale medio tra i prezzi di acquisto e di vendita dei prodotti venduti dagli esercenti nell'area geografica di riferimento.
Con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali, si dovrà infine procedere a individuare le metodologie di calcolo con le quali computare i valori medi per l'applicazione delle richiamate disposizioni.
Nulla da segnalare.
L’intervento con legge si rende necessario in quanto si tratta di disciplinare materie, quali il commercio al dettaglio e gli strumenti di accertamento presuntivo delle imposte, attualmente regolate principalmente da fonti legislative di rango primario.
La proposta di legge in esame, pur regolando aspetti inerenti la materia del “commercio”, riservata, com’è noto, alla competenza legislativa residuale delle regioni, è diretta, sotto il profilo sostanziale, a garantire la trasparenza della formazione dei prezzi dei beni di consumo nel settore agroalimentare, anche al fine di determinare con maggiore precisione, attraverso una revisione degli studi di settore, l'andamento dei ricavi degli operatori commerciali appartenenti alla filiera; in tal senso, le disposizioni da essa recate possono essere comprese nella materia “sistema tributario e contabile dello Stato”, contemplata nell’articolo 117, comma 2, lettera e), della Costituzione e riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Va inoltre considerato come la proposta di legge rechi un effetto sostanziale sul piano dell’assetto concorrenziale del comparto dei prodotti agroalimentari (cfr.oltre); in tal senso, essa si riflette sulla materia della “tutela della concorrenza”, anch’essa riservata, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera e), della Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Ai fini della valutazione del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria, è opportuno valutarne le conseguenze sul piano dell’assetto concorrenziale del relativo mercato, considerato anche come la Commissione Europea abbia già avuto modo di manifestare un approccio rigoroso nell'applicazione della normativa in materia di concorrenza relativamente al settore agricolo.
In proposito, in relazione all’obbligo di indicazione del prezzo di origine dei prodotti che la proposta di legge in esame intende introdurre, si richiama il Parere, formulato in data 6 aprile 2005, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi dell'articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nel quale sono evidenziate talune problematiche che sarebbero rinvenibili, proprio sotto il profilo della tutela della concorrenza e del mercato, oltre che nelle previsioni contenute nello schema del decreto legislativo riguardante la Regolazione dei mercati nel settore agro-alimentare, previsto dall'articolo 1, comma 2, lettera e), della legge 7 marzo 2003, n. 38, anche in quelle contenute in un testo unificato di alcuni disegni di legge all’esame del Senato – di contenuto simile alla proposta di legge in esame – concernente, tra l’altro, la formazione dei prezzi dei prodotti agro-alimentari (testo unificato dei disegni di legge nn. 31, 3178 e 3303).
Ad avviso dell'Autorità, in relazione al testo unificato citato, laddove dispone, tra l’altro, la doppia indicazione, sull'etichetta del prodotto, del prezzo all'origine e di quello finale al consumo (art.6), “le informazioni riguardanti i prezzi di acquisto di materie prime destinate alla trasformazione o di prodotti destinati alla rivendita costituiscono, normalmente, informazioni in possesso delle sole parti contrattuali interessate. La segretezza di tali informazioni nei confronti delle imprese concorrenti delle parti interessate può contribuire ad incentivare queste ultime ed esercitare un'effettiva pressione concorrenziale nei mercati in cui operano”.
Per quanto si possa tenere conto, con riferimento al settore agroalimentare, di una particolare esigenza di informazione dei consumatori circa il processo di formazione del prezzo finale, secondo l’Autorità, “non è auspicabile favorire la diffusione di variabili strategiche, quali i prezzi di acquisto, nei casi in cui le stesse imprese interessate non abbiano volontariamente e liberamente scelto di renderli noti”.
Ad avviso dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, pertanto, non dovrebbe essere posto alcun condizionamento volto a favorire una così ampia trasparenza sui prezzi di acquisto, quale ad esempio l'istituzione del nesso, presente nel suddetto testo unificato, tra l'adesione al previsto sistema (gli accordi interprofessionali di filiera che garantiscono, tra l’altro, la doppia indicazione del prezzo di origine e di quello finale dei prodotti agroalimentari) e l'ottenimento delle agevolazioni previste dalla normativa vigente per investimenti aziendali. Tali considerazioni appaiono, almeno in parte, riproducibili anche in ordine alla proposta di legge in esame, posto che anche in tale fattispecie la previsione di sanzioni e di conseguenze sul piano degli accertamenti tributari in caso di ricarichi superiori alla media da parte degli esercenti, appaiono configurabili come condizionamenti volti a favorire la suddetta trasparenza sui prezzi di acquisto delle merci.
L’articolo 1, comma 4, capoverso 2-sexies, rinvia ad un apposito regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali, l’individuazione delle metodologie di calcolo con le quali computare i valori medi per l'applicazione delle disposizioni in materia di revisione degli studi di settore.
In proposto, si rileva come non risultino individuati i termini entro i quali dovrà essere emanato il suddetto decreto, che sembra riconducibile alla categoria dei regolamenti ministeriali, secondo il disposto dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, cui sarebbe pertanto opportuno fare riferimento.
La proposta di legge reca l'obbligo per il commercianti al dettaglio di prodotti agroalimentari di esporre il prezzo all'origine ed almeno un prezzo intermedio della filiera dei beni venduti, obbligo connesso a quello già vigente in materia di esposizione, chiara e inequivoca, del prezzo di vendita, di cui dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 114 del 1998, di riforma del commercio, oggetto di apposita novella.
Sotto il profilo sanzionatorio, la proposta prevede, per le violazioni dell’obbligo sopra citato, la medesima sanzione già stabilita dal citato decreto legislativo n. 114 del 1998 per le violazioni in materia di esposizione dei prezzi, disponendo peraltro che i proventi delle relative sanzioni debbano essere destinati ai comuni per poter essere utilizzati nella realizzazione di iniziative per il calmieramento dei prezzi; in tal senso, l’articolo 1, comma 3 della proposta rinvia espressamente all'articolo 23 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, nel quale, ai fini della lotta al c.d. caro vita, si prevede una revisione degli studi di settore per le aree commerciali in cui si sono manifestate, o sono in atto, abnormi dinamiche di aumento dei prezzi, prevedendosi altresì l'istituzione di un fondo destinato alla realizzazione di iniziative per il calmieramento dei prezzi da porre in essere da parte dei comuni e delle Camere di commercio.
Si segnala, come accennato, che risulta attualmente all’esame, in sede referente, della 9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare) del Senato, il testo unificato delle proposte di legge nn.31, 3178 e 3303, il quale reca, all’articolo 6, misure concernenti l’indicazione obbligatoria dei prezzi all’origine e al consumo, che presentano profili di forte somiglianza con le previsioni di cui all’articolo 1, comma 1, della proposta di legge in esame.
I destinatari dell’intervento legislativo sono gli esercizi commerciali per la vendita di prodotti agroalimentari al dettaglio, nonché, indirettamente, gli altri attori della relativa filiera produttiva, i consumatori e l’Amministrazione finanziaria.
Come si legge nella relazione di accompagnamento, l'intervento legislativo consentirà di rendere il mercato agroalimentare più trasparente e fornirà al cittadino adeguate risposte circa la dinamica dei prezzi, a tutto vantaggio sia dei consumatori sia dei produttori, evitando rincari speculativi da parte della rete commerciale. Inoltre, si eviteranno abusi relativi ai rincari dei prezzi al consumo e si attuerà un meccanismo di controllo, anche ai fini tributari, dell'intera filiera.
In ordine alla formulazione del testo, si rileva l’opportunità di accorpare, in unico comma, le novelle agli articoli 14 e 22 del D.Lgs. n. 114/98, previste, rispettivamente, dai commi 1 e 3 dell’articolo unico della proposta di legge.
All’articolo 1, comma 4, capoverso 2-quater, si provveda a sostituire la dizione “guardia di finanza “ con la seguente: “Corpo della Guardia di Finanza”.
La proposta di legge in esame, partendo dalla constatazione del recente sensibile aumento dei prezzi al consumo registratosi nel settore agroalimentare[1], è diretta, come si legge nella relazione illustrativa, a garantire una maggiore trasparenza nella filiera agroalimentare, consentendo al consumatore di conoscere la differenza del prezzo del prodotto all'origine della filiera e al momento della sua immissione nel mercato: l’obiettivo è quello di garantire al consumatore la corretta informazione sulla formazione del prezzo del bene attraverso la tracciabilità dei prezzi, nonché quello di favorire la revisione degli studi di settore relativi al comparto considerato, anche al fine di determinare con maggiore precisione l'andamento dei ricavi degli operatori commerciali.
Il particolare, il comma 1 dell’articolo unico in esame dispone l’aggiunta, all’articolo 14 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, di riforma del settore del commercio, di due nuovi commi, 4-bis e 4-ter.
Il comma 4-bis è finalizzato a introdurre l’obbligo, a carico degli esercizi commerciali per la vendita al dettaglio di prodotti agroalimentari - di cui all’art. 4, comma 1, lett. b) del medesimo D.Lgs. 114/98 - di esporre, oltre ai prezzi di vendita finali della merce, come previsto dalla disciplina vigente, anche il prezzo all’origine ed almeno un prezzo intermediodi ciascun prodotto posto in vendita.
L'articolo 4 del D.Lgs 114/98, recante la "Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59", richiamato nella disposizione in commento,definisce l'ambito di applicazione del decreto, che si estende dall'attività di vendita all'ingrosso a quella di vendita al dettaglio. Il comma 1, lett. b), dell’articolo definisce in particolare la vendita al dettaglio come “l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci a nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale”.
Si osserva, in proposito, come il richiamo contenuto nel testo al citato articolo 4, comma 1, lett.b), possa apparire fuorviante, posto che il testo della proposta di legge si riferisce esclusivamente alla vendita al dettaglio di prodotti agro-alimentari, mentre la disposizione richiamata fa riferimento, in generale, a tutta la categoria delle vendite al dettaglio, senza alcuna distinzione merceologica.
L’articolo 14 del D.Lgs. 144/98, intergrato dal comma in esame, disciplina la pubblicità dei prezzi dei prodotti venduti al dettaglio, imponendo ai negozianti l'obbligo di indicare in modo chiaro e ben leggibile - con l'uso di un cartello o con altre modalità - il prezzo dei prodotti esposti per la vendita al dettaglio. L'obbligo vale per i prodotti esposti in alcuni luoghi espressamente indicati: nelle vetrine esterne, in prossimità dell'ingresso del locale, nelle immediate adiacenze del locale, sulle aree pubbliche e sui banchi di vendita (comma 1). Nel caso di prodotti identici e di identico valore è consentito esporre un unico cartello. Tuttavia, nei supermercati, o comunque negli esercizi dove è praticato il sistema del self-service (o libero servizio), si impone l'obbligo dell'indicazione del prezzo "in ogni caso per tutte le merci comunque esposte al pubblico" (comma 2).
Dall'obbligo previsto dal comma 2 sono esclusi i prodotti sulla cui confezione si trovi già impresso in maniera chiara e leggibile il prezzo di vendita al dettaglio (comma 3).
Sono, infine,fatte salve le disposizioni vigenti circa l'obbligo dell'indicazione del prezzo di vendita al dettaglio per unità di misura (comma 4)[2].
Il nuovo comma 4-ter precisa che l’indicazione dei prezzi di origine e intermedi, introdotta dal precedente comma 4-bis, deve essere effettuata secondo le modalità indicate dai commi 1-4 dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 114/98, precedentemente illustrate.
La stesso comma prevede, inoltre, la facoltà, per i titolari dei medesimi esercizi commerciali, di indicare i costi fissi unitari che gravano sui prodotti, come desumibili dal relativo bilancio di esercizio.
Nella relazione che accompagna la proposta di legge si sottolinea come l’esposizione dei prezzi intermedi e l’indicazione dei costi aziendali ripartiti per prodotto, consentano di chiarire come l’incremento dei prezzi non sia interamente imputabile al commercio al dettaglio, bensì a diversi fattori, quali l’aumento, appunto, dei costi fissi, ossia dei costi di trasporto, dei prezzi intermedi di filiera e dei costi per l’esercizio di attività (tariffe, imposte locali, fitti e canoni, ecc).
Come accennato, il suddetto obbligo di indicazione del prezzo di origine e di almeno un prezzo intermedio è finalizzato a favorire la revisione degli studi di settore, disciplinati dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427[3], affinché vengano a rappresentare in modo più fedele l’andamento delle attività economiche cui si riferiscono. Il presupposto, espresso nella relazione di accompagnamento alla proposta di legge, è costituito dal fatto che “in questi ultimi anni si è assistito ad un sensibile aumento dei prezzi al consumo nel settore agroalimentare”.
Gli studi di settore, introdotti dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo. Sono approvati con decreti ministeriali, sono soggetti a revisione periodica, e hanno trovato la loro applicazione a partire dal periodo d’imposta 1998.
Mediante gli studi di settore, in particolare, si possono determinare i ricavi o i compensi attribuibili al contribuente, individuandone non solo la capacità potenziale di reddito, ma anche i fattori interni ed esterni relativi all’azienda che potrebbero determinare una limitazione della capacità stessa (quali, ad esempio, orari di attività o situazioni di mercato). Essi consistono, in sostanza, in tante funzioni di ricavo quanti sono i cluster, vale a dire i gruppi aziendali omogenei individuati in sede di classificazione delle diverse attività considerate. I cluster corrispondono a un sottoinsieme di imprese – all’interno dello stesso settore di attività – contrassegnate da comuni caratteristiche strutturali. In sede di applicazione, ciascuna impresa si collocherà nell’ambito del cluster di riferimento. Per l’elaborazione degli studi di settore sono state utilizzate tecniche statistico-matematiche che, nella fase iniziale, sono state applicate ai dati contenuti nei questionari inviati ai contribuenti e da questi ultimi compilati e restituiti all’Amministrazione finanziaria. In particolare, per ciascuna attività vengono prese in considerazione diverse variabili, ritenute indicative tanto dell’assetto interno dell’attività svolta quanto degli aspetti esterni che tuttavia possono incidere sulla redditività dell’attività stessa (livello della domanda e dei prezzi).
L’utilità degli studi di settore è duplice: per un verso, infatti, essi costituiscono un metodo informatizzato a base statistica per il calcolo dei ricavi o dei compensi presunti dall’attività di ogni singola impresa o professionista (procedura di calcolo); allo stesso tempo, si tratta di uno strumento semplificato, a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per svolgere l’attività di accertamento, in caso di constatazione della mancata corrispondenza dei ricavi dichiarati con quelli determinati dall’applicazione dello studio stesso.
Con riferimento al periodo d’imposta 2004, gli studi di settore complessivamente approvati sono 228. Altri studi sono in corso di lavorazione relativamente ad attività per le quali i contribuenti hanno fornito o stanno per fornire, con gli appositi questionari, i dati necessari alla elaborazione.
La revisione degli studi di settore proposta si fonda sul presupposto che ad un eccessivo aumento del prezzo finale di un bene corrisponda un incremento del reddito realizzato da uno o più soggetti intervenuti nel passaggio del bene stesso dal produttore al consumatore.
La revisione degli studi di settore giova a contrastare l’evasione fiscale operata da soggetti che, pur realizzando utili superiori, si potrebbero avvantaggiare del mancato aggiornamento degli studi medesimi dichiarando redditi e compensi nella minor misura da questi contemplata.
Nella circolare n. 7/E del 21 febbraio 2005, emanata dall’Agenzia delle entrate, sono individuati i primi indirizzi operativi diretti a prevenire e contrastare l’evasione fiscale nell’anno 2005. In particolare, si prevede il potenziamento del patrimonio informativo, in termini di flusso di dati e notizie suscettibili di utilizzo, diretto anche ad assicurare una proficua attività di “analisi del rischio” mirata a “individuare i soggetti che presentano elevati indici di pericolosità fiscale”. Sono inoltre individuati, quali obiettivi, quello di ampliare la platea dei contribuenti da sottoporre a controllo nonché quello di ridurre i tempi intercorrenti tra il momento dichiarativo e quello di definizione della pretesa tributaria. Per quanto concerne gli studi di settore, la circolare precisa che dovranno rivestire il carattere dell’attualità mediante il loro costante aggiornamento.
In relazione alle disposizioni in oggetto, ai segnala che risulta attualmente all’esame, in sede referente, della 9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare) del Senato, il testo unificato dei disegni di legge nn.31, 3178 e 3303, il quale reca, all’articolo 6, misure concernenti l’indicazione obbligatoria dei prezzi all’origine e al consumo, che presentano profili di forte somiglianza con le previsioni di cui al comma 1 in esame.
Con riferimento all’obbligo di indicazione del prezzo di origine dei prodotti, si segnala, in particolare, il Parere, formulato in data 6 aprile 2005, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi dell'articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nel quale sono evidenziate talune problematiche che sarebbero rinvenibili, sotto il profilo della tutela della concorrenza e del mercato, nelle previsioni contenute nel testo unificato dei suddetti progetti di legge all’esame del Senato.
Ad avviso dell'Autorità, in relazione al testo unificato citato, laddove dispone, tra l’altro, la doppia indicazione, sull'etichetta del prodotto, del prezzo all'origine e di quello finale al consumo (art.6), “le informazioni riguardanti i prezzi di acquisto di materie prime destinate alla trasformazione o di prodotti destinati alla rivendita costituiscono, normalmente, informazioni in possesso delle sole parti contrattuali interessate. La segretezza di tali informazioni nei confronti delle imprese concorrenti delle parti interessate può contribuire ad incentivare queste ultime ed esercitare un'effettiva pressione concorrenziale nei mercati in cui operano”.
Per quanto si possa tenere conto, con riferimento al settore agro-alimentare, di una particolare esigenza di informazione dei consumatori circa il processo di formazione del prezzo finale, secondo l’Autorità, “non è auspicabile favorire la diffusione di variabili strategiche, quali i prezzi di acquisto, nei casi in cui le stesse imprese interessate non abbiano volontariamente e liberamente scelto di renderli noti”.
Ad avviso dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, pertanto, non dovrebbe essere posto alcun condizionamento volto a favorire una così ampia trasparenza sui prezzi di acquisto, quale ad esempio l'istituzione del nesso, presente nel suddetto testo unificato, tra l'adesione al previsto sistema (gli accordi interprofessionali di filiera che garantiscono, tra l’altro, la doppia indicazione del prezzo di origine e di quello finale dei prodotti agroalimentari) e l'ottenimento delle agevolazioni previste dalla normativa vigente per investimenti aziendali. Tali considerazioni appaiono, almeno in parte, riproducibili anche in ordine alla proposta di legge in esame, posto che anche in tale fattispecie la previsione di sanzioni e di conseguenze sul piano dell’accertamento tributario in caso di ricarichi superiori alla media da parte degli esercenti, appaiono configurabili come condizionamenti volti a favorire la suddetta trasparenza sui prezzi di acquisto delle merci.
Il comma 2 aggiunge un periodo alla lettera c) del comma 2 dell’articolo 21 del D.P.R. n. 633 del 1972, relativo alle indicazioni che devono essere contenute nelle fatture emesse dal contribuente.
Il D.P.R. n. 633 del 1972, concernente l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, determina, nell’articolo 21, gli obblighi dei contribuenti relativamente alla fatturazione delle operazioni imponibili.
In particolare, il comma 2 precisa che le fatture emesse devono essere datate e numerate progressivamente per anno solare e devono contenere: a) ditta, denominazione o ragione sociale, residenza o domicilio dei soggetti fra cui è effettuata l'operazione, del rappresentante fiscale, nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti e, relativamente al cedente o prestatore, numero di partita IVA. Se non si tratta di imprese, società o enti, devono essere indicati – in luogo della ditta, denominazione o ragione sociale – il nome e il cognome; b) natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell'operazione; c) corrispettivi ed altri dati necessari per la determinazione della base imponibile, compreso il valore normale dei beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono di cui all'art. 15, n. 2; d) valore normale degli altri beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono; e) aliquota, ammontare dell'imposta e dell'imponibile con arrotondamento al centesimo di euro; f) numero di partita IVA del cessionario del bene o del committente del servizio qualora sia debitore dell'imposta in luogo del cedente o del prestatore, con l'indicazione della relativa norma; g) data della prima immatricolazione o iscrizione in pubblici registri e numero dei chilometri percorsi, delle ore navigate o delle ore volate, se trattasi di cessione intracomunitaria di mezzi di trasporto nuovi, di cui all'art. 38, comma 4, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427; h) annotazione che la stessa è compilata dal cliente ovvero, per conto del cedente o prestatore, da un terzo.
La modifica prevista dal comma 2 in esame inserisce nuovi elementi da indicare nelle fatture emesse dal contribuente. In particolare, dovranno essere riportati sia il prezzo di origine, di cui al comma 4-bis dell’articolo 14 del d. lgs. n. 114 del 1998, introdotto dal comma 1 dell’articolo qui illustrato, sia i prezzi applicati da ciascun soggetto intervenuto nei passaggi intermedi tra il produttore iniziale e il commerciante al dettaglio.
La relazione di accompagnamento precisa, in proposito, che è obiettivo della proposta di legge in esame attuare “un meccanismo di controllo, anche ai fini tributari, dell’intera filiera”.
Si rileva che la modificazione proposta è formulata in termini generali, e pertanto la nuova disciplina non appare destinata ad applicarsi alle sole transazioni relative a prodotti agroalimentari, bensì a tutte le operazioni soggette alla disciplina dell’IVA. Oltre al settore del commercio, risultano quindi interessati altri settori (quali industrie, servizi e attività professionali), nei quali l’osservanza della disposizione potrebbe comportare difficoltà applicative.
Il comma 3 dispone una ulteriore integrazione al citato D.Lgs. n. 114/98, e segnatamente all’articolo 22, con il quale si definisce il regime sanzionatorio previsto dallo stesso decreto per le violazioni delle disposizioni concernenti l'esercizio dell'attività commerciale, nonché le fattispecie che determinano la sospensione dell'attività o la revoca dell'autorizzazione rilasciata.
Il comma 3 del citato articolo 22 elenca le disposizioni del D.Lgs. n.144/98 la cui violazione comporta l’irrogazione di una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 1 a 6 milioni di vecchie lire (ossia da 516 euro a 3.096 euro). Tra tali disposizioni rientrano anche quelle concernenti la pubblicità dei prezzi , di cui al citato articolo 14 del decreto legislativo n.114.
Al comma 22 del decreto legislativo n. 114 viene, pertanto, aggiunto un nuovo comma 7-bis, con il quale si individua una specifica destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate in violazione delle disposizioni recate dai nuovi commi 4-bis e 4-ter dell’articolo 14 cit., che rimangono invariate rispetto a quelle attualmente previste per le violazioni in materia di esposizione dei prezzi.
Tali proventi sono destinati ai comuni per la realizzazione delle iniziative di calmieramento dei prezzi di cui all’articolo 23 comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (“Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici”), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 24 novembre 2003, n. 326.
L’articolo 23 citato,recante misure volte a contrastare il c.d. “carovita”, al comma 2 istituisce un fondo di 5 milioni di euro per il 2003 e di 20 milioni di euro per il 2004, destinato al finanziamento delle iniziative che comuni e camere di commercio, tramite opportune intese, intendano svolgere sia per promuovere e sostenere l'organizzazione di panieri di beni di generale e largo consumo, sia per attivare forme di comunicazione al pubblico relative a quegli esercizi commerciali ove siano disponibili, in tutto o in parte, i suddetti panieri, e quelli meritevoli o meno di segnalazione in relazione ai prezzi praticati. La definizione delle procedure e delle modalità di erogazione dei contributi è demandata ad un decreto non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi di concerto con il Ministro delle attività produttive entro quaranta giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 269/2003.
Il comma 4 aggiunge i commi 2-quater, 2-quinquies e 2-sexies nell’articolo 23 del citato decreto legge n. 269 del 2003, recante disposizione volte a contrastare il carovita, nel settore agroalimentare, determinato dall’aumento generalizzato dei prezzi.
In particolare, il comma 1 del richiamato articolo 23 ha disposto l’avvio di un’attività di controllo della Guardia di finanza per la rilevazione dei prezzi al consumo volta alla revisione, ove necessaria, entro il 31 dicembre 2003, degli studi di settore che non risultassero adeguati alla situazione reale dello specifico settore. Il successivo comma 2, come già ricordato, ha istituito un fondo destinato al finanziamento delle iniziative che comuni e camere di commercio, tramite opportune intese, intendano svolgere sia per promuovere e sostenere l'organizzazione di panieri di beni di generale e largo consumo, sia per attivare forme di comunicazione al pubblico relative agli esercizi commerciali ove siano disponibili, in tutto o in parte, i suddetti panieri, e quelli meritevoli o meno di segnalazione in relazione ai prezzi praticati. Il comma 2-ter, infine, reca disposizioni dirette ad incentivare la creazione di un osservatorio dei prezzi[4].
Il comma 2-quater dell’articolo 23 del decreto legge n. 269 del 2003, inserito dal comma 4 in esame, affida al Corpo della Guardia di finanza il compito di verificare l’osservanza delle disposizioni sull’esposizione delle indicazioni di prezzo prescritte dal comma 1 dell’articolo qui illustrato. Inoltre, il Corpo dovrà effettuare “indagini fiscali a carico degli esercenti che applicano ricarichi superiori alla media dei ricarichi praticati nel medesimo settore merceologico”.
La disposizione non precisa, peraltro, i criteri e le modalità per l’effettuazione dell’attività di controllo della Guardia di finanza.
Il comma 2-quinquies dell’articolo 23 del decreto legge n. 269 del 2003, inserito dal comma 4 in esame, prevede l’attuazione di una revisione degli studi di settore, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, che tenga conto dell’incremento del differenziale medio fra i prezzi di acquisto e di vendita dei prodotti venduti dagli esercenti “nell’area geografica di riferimento”. La disposizione sottolinea l’importanza della localizzazione dell’impresa, che per altro rappresenta una delle variabili già considerate nella determinazione dei ricavi e dei compensi di ciascuno studio di settore.
Infine, il comma 2-sexies dell’articolo 23 del decreto legge n. 269 del 2003, inserito dal presente comma 4, rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali, la definizione delle metodologie di calcolo da adottare per la determinazione dei valori medi indicati nei precedenti commi 2-quinquies e 2-sexies.
Non risultano individuati i termini entro i quali dovrà essere emanato il decreto, che sembra riconducibile alla categoria dei regolamenti ministeriali, secondo il disposto dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, cui sarebbe pertanto opportuno fare riferimento.
Sembra inoltre trattarsi di operazione di particolare complessità, atteso che l’applicazione delle disposizioni alle quali è fatto riferimento richiede la determinazione della differenza media dei prezzi dei prodotti nelle diverse aree geografiche, in relazione a ciascun prodotto e, presumibilmente, a ciascun grado della catena di distribuzione.
CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
N. 5487 ¾
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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MAURO, BENVENUTO, LETTIERI, FALLICA
Disposizioni per favorire la revisione degli studi di settore e garantire la trasparenza della formazione dei prezzi dei beni di consumo nel settore agroalimentare
Presentata il 14 dicembre 2004
Onorevoli Colleghi! - In questi ultimi anni si è assistito a un sensibile aumento dei prezzi al consumo nel settore agroalimentare, che ha determinato una generale confusione e forti preoccupazioni tra i cittadini.
È, quindi, necessario intervenire per garantire una maggiore trasparenza nel mercato e per far sì che il consumatore conosca la differenza del prezzo del prodotto all'origine della filiera e al momento della sua immissione nel mercato.
La presente proposta di legge ha infatti come obiettivo quello di garantire al consumatore la corretta informazione sulla formazione del prezzo del bene attraverso la tracciabilità dei prezzi, nonché di favorire la revisione degli studi di settore relativi a tale comparto.
A questo fine, il venditore deve esporre sui prodotti in vendita il prezzo della merce all'origine, almeno un prezzo intermedio e il prezzo finale in modo che il cittadino sia informato in modo corretto sulla dinamica del prezzo e possa fare le scelte più adeguate.
L'intervento legislativo consentirà di determinare con maggiore precisione l'andamento dei ricavi degli operatori commerciali appartenenti alla filiera agroalimentare, renderà il mercato più trasparente e fornirà al cittadino adeguate risposte circa la dinamica dei prezzi a tutto vantaggio sia dei consumatori sia dei produttori, evitando rincari speculativi da parte della rete commerciale.
Con la presente proposta di legge, inoltre, si eviteranno abusi relativi ai rincari dei prezzi al consumo e si attuerà un meccanismo di controllo, anche ai fini tributari, dell'intera filiera. In tale modo si renderà la dinamica dei prezzi più coerente con il mercato e si offrirà al consumatore un prodotto di cui conosce, con esattezza, il prezzo di origine della merce e il prezzo finale in modo da evitare costi eccessivi di intermediazione.
In tale ottica, quindi, sia il consumatore sia il venditore saranno garantiti in una logica di massima correttezza e trasparenza.
Il consumatore potrà orientare i propri acquisti avendo a disposizione maggiori informazioni sulla dinamica dei prezzi e potrà fare le sue scelte in modo più consapevole.
Il testo della proposta di legge si riallaccia idealmente e materialmente all'articolo 23 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, collegato alla manovra economica per il 2003, con cui il Governo ha fornito una prima risposta al problema dell'incremento dei prezzi dei generi di largo consumo. In tale articolo, la cui rubrica recita «Lotta al carovita» si prevedeva una revisione degli studi di settore per le aree commerciali in cui si sono manifestate, o sono in atto, abnormi dinamiche di aumento dei prezzi. Inoltre si prevedeva l'istituzione di un fondo destinato alla realizzazione di iniziative per il calmieramento dei prezzi poste in essere dai comuni e dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Da ultimo, si incentivava la creazione di osservatori dei prezzi.
A tali previsioni l'articolato proposto aggiunge l'obbligo per il commercio al dettaglio di esporre il prezzo all'origine e i prezzi intermedi delle filiere dei beni venduti. Tale obbligo è connesso a quello già vigente in materia di esposizione, chiara e inequivoca del prezzo di vendita, previsto dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 114 del 1998, di riforma del commercio.
Con la proposta di legge si è inteso prevedere anche l'esposizione dei prezzi intermedi assieme alla possibilità di indicare i costi fissi aziendali ripartiti per prodotto, affinché sia chiaro che non intendiamo considerare il commercio al dettaglio quale unico responsabile dell'incremento dei prezzi. L'aumento infatti va imputato a numerosi fattori, quali l'aumento dei costi di trasporto, dei prezzi intermedi di filiera e dei costi per l'esercizio dell'attività (tariffe, imposte locali, fitti e canoni).
Sotto il profilo sanzionatorio, si è prevista la medesima sanzione, già stabilita dal citato decreto legislativo n. 114 del 1998, per le violazioni in materia di esposizione dei prezzi. La sanzione pecuniaria attualmente va da 516 euro a 3.096 euro. I proventi di tali sanzioni devono andare ai comuni per poter essere utilizzati nella realizzazione di iniziative per il calmieramento dei prezzi.
Il comma 4 dell'articolo 1 della proposta di legge affida alla guardia di finanza il compito di procedere alla verifica dell'applicazione delle disposizioni e all'accertamento delle relative violazioni amministrative. In particolare, la guardia di finanza dovrà effettuare indagini fiscali a carico degli esercenti che applicano ricarichi superiori alla media ponderata dei ricarichi praticati nel settore per la stessa tipologia di merce.
Inoltre si prevede che, nel processo di revisione degli studi di settore, si tenga conto dell'incremento del differenziale medio tra i prezzi di acquisto e di vendita dei prodotti smerciati dagli esercenti nell'area geografica di riferimento.
Con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali, si dovrà infine procedere a individuare le metodologie di calcolo con le quali computare i valori medi per l'applicazione delle richiamate disposizioni.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. All'articolo 14 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«4-bis. Al fine di favorire la revisione degli studi di settore di cui all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, gli esercizi commerciali per la vendita dei prodotti agroalimentari al dettaglio di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 4 del presente decreto sono tenuti ad esporre per ciascun prodotto posto in vendita anche il prezzo di origine e almeno un prezzo intermedio.
4-ter. L'indicazione dei prezzi da parte dei commercianti ai sensi del comma 4-bis deve essere effettuata nei modi previsti dai commi 1, 2, 3 e 4. I titolari degli esercizi possono altresì indicare i costi fissi unitari gravanti sul prodotto, desunti dal bilancio dell'esercizio commerciale».
2. Alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Deve comunque essere indicato il prezzo di origine di cui al comma 4-bis dell'articolo 14 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e successive modificazioni, che risulta certificato dalla fattura di vendita del produttore e che è comunicato nel percorso della filiera commerciale, assieme ai successivi ricarichi documentabili dalle fatture emesse».
3. All'articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«7-bis. I fondi derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate per le violazioni delle disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter dell'articolo 14 sono destinati ai comuni per la realizzazione delle iniziative di cui al comma 2 dell'articolo 23 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326».
4. All'articolo 23 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«2-quater. La guardia di finanza verifica l'osservanza delle disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter dell'articolo 14 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e procede all'accertamento delle relative violazioni amministrative. Provvede altresì ad effettuare indagini fiscali a carico degli esercenti che applicano ricarichi superiori alla media dei ricarichi praticati nel medesimo settore merceologico.
2-quinquies. Il Ministero dell'economia e delle finanze rivede gli studi di settore, previsti dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, tenendo conto dell'incremento del differenziale medio fra i prezzi di acquisto e di vendita dei prodotti venduti dagli esercenti di cui al comma 2-quater del presente articolo nell'area geografica di riferimento.
2-sexies. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento adottato di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali, provvede a individuare le metodologie di calcolo mediante le quali computare i valori medi necessari all'applicazione dei commi 2-quater e 2-quinquies».
TESTO UNIFICATO PREDISPOSTO DAL RELATORE
E ADOTTATO DALLA COMMISSIONE
PER I DISEGNI DI LEGGE NN. 31, 3178 E 3303
Disposizioni in materia di prezzi dei prodotti agroalimentari e misure a sostegno dell’impresa agricola e della valorizzazione dei prodotti agricoli freschi
(Finalità)
1. Al fine di tutelare la concorrenza nel mercato dei prodotti agroalimentari, armonizzata all’interesse dei consumatori e dei soggetti della relativa filiera, attraverso la razionalizzazione e la trasparenza del processo di formazione dei prezzi dei relativi prodotti, contrastando il ristagno dei prezzi di acquisto al produttore e la lievitazione ingiustificata dei prezzi al consumo, nonché al fine di migliorare l’informazione al consumatore e di facilitare il raffronto tra i prezzi, nell’interesse dei consumatori, dei produttori e degli altri soggetti della filiera produttiva, la presente legge promuove:
a) la rintracciabilità eil monitoraggio del processo di formazione dei prezzi agroalimentari;
b) il coinvolgimento dei soggetti della filiera produttiva;
c) la contrattualizzazione della medesima filiera produttiva;
d) la vendita in loco dei prodotti del territorio.
Art. 2.
(Accordi interprofessionali di filiera)
1. Le associazioni professionali degli agricoltori, dei trasformatori sia industriali sia artigianali, dei commercianti e le associazioni dei consumatori, possono concludere accordi interprofessionali, annuali o pluriennali, con i quali definire il processo di trasferimento dei prodotti di cui all’articolo 1 e il processo di formazione dei prezzi, dalla produzione al consumo, individuando i passaggi della trasformazione e della distribuzione, e gli eventuali passaggi ulteriori.
2. La conclusione dell’accordo garantisce: la rintracciabilità del prodotto, dalla produzione sino al consumo; la trasparenza del processo di formazione del prezzo, dal primo trasferimento sino al consumo; la esclusione di soggetti e passaggi estranei alla filiera; la doppia indicazione, sulla etichetta del prodotto, del prezzo all’origine e di quello finale al consumo.
3. Gli accordi interprofessionali di cui al comma 1 riguardano il territorio di una intera regione, o di una parte di essa comprendente territori di due o più province, ovvero il territorio di una sola provincia, o di parte di essa, avente una popolazione non inferiore ai 200.000 abitanti.
4. Nel caso di accordi riguardanti una regione o più province della stessa regione, gli accordi stessi sono conclusi dalle associazioni professionali regionali. Nel caso di accordi interprofessionali riguardanti una sola provincia o parte di essa, sono conclusi dalle associazioni professionali provinciali.
5. Il modello-tipo degli accordi interprofessionali di cui al comma 1 è definito con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di concerto con il Ministro delle attività produttive, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 3.
(Adempimenti successivi alla conclusione degli accordi interprofessionali)
1. Gli accordi interprofessionali di cui all’articolo 2, comma 1, entro i dieci giorni successivi alla loro conclusione, sono comunicati, a cura dei sottoscrittori, alle regioni e alle province autonome interessate e sono depositati presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti. I sottoscrittori dei predetti accordi ne curano la pubblicazione nelle forme di pubblicità previste per i provvedimenti delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Gli accordi interprofessionali e i modelli-tipo contrattuali sono altresì pubblicati sul sito internet del Ministero delle politiche agricole e forestali.
Art. 4.
(Adesione agli accordi interprofessionali)
1. I soggetti economici appartenenti alla filiera aderiscono all’accordo interprofessionale tramite comunicazione scritta da inoltrare alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e alle associazioni sottoscrittrici.
2. L’adesione di cui al comma 1 comporta l’obbligo di uniformarsi a tutte le condizioni contenute nell’accordo.
3. Eventuali contenziosi circa violazioni dell’accordo sono composti attraverso il ricorso dell’interessato all’organismo arbitrale operante presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
4. I soggetti che aderiscono all’accordo possono contrattualizzare il trasferimento del prodotto all’interno della filiera individuata nell’accordo medesimo per la durata dell’accordo stesso.
(Informazione al consumatore)
1. Nelle sedi delle aziende aderenti all’accordo, è obbligatoriamente esposto in maniera visibile al consumatore un apposito cartello segnaletico delle dimensioni e con il contenuto definiti nel decreto ministeriale di cui all’articolo 2, comma 5.
Art. 6.
(Indicazione obbligatoria dei prezzi all’origine e al consumo)
1. Sulla etichetta del prodotto esposto per la vendita al consumatore, in spazi sia pubblici che privati, all’aperto o in ambienti chiusi, sono obbligatoriamente indicati, oltre al prezzo al consumo, anche il prezzo di acquisto al produttore e la zona di provenienza, così come desunti dall’accordo interprofessionale.
Art. 7.
(Incentivi)
1. Nel rispetto delle norme comunitarie, l'adesione agli accordi interprofessionali di filiera di cui alla presente legge:
a) costituisce titolo di priorità per l'attribuzione di contributi statali per la innovazione e la ristrutturazione delle imprese agricole, agroalimentari e di commercializzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari;
b) costituisce titolo di priorità per l'assegnazione di aree nei piani di insediamenti produttivi, artigianali, industriali, commerciali;
c)costituisce, a parità di condizioni in favore della pubblica amministrazione, titolo di priorità nella aggiudicazione di appalti pubblici per la fornitura di prodotti agricoli e agroalimentari.
2. Le regioni e le province autonome possono riconoscere quale titolo di priorità l'adesione agli accordi interprofessionali di filiera di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1.
3. Le amministrazioni pubbliche assumono le opportune iniziative per promuovere e valorizzare gli accordi interprofessionali di cui alla presente legge.
4. Il sistema di incentivi di cui al presente articolo non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 8
(Osservatori sull’andamento dei prezzi dei prodotti agroalimentari)
1. Al fine di monitorare la dinamica di formazione dei prezzi dei prodotti agroalimentari, in particolare aumentando il grado di conoscenza dei consumatori sulle dinamiche ingiustificate di lievitazione dei prezzi al consumo di tali prodotti, con successivo decreto del Ministro delle politiche agricole, di concerto con il Ministro delle attività produttive, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le province autonome, sono definite le modalità per la costituzione di Osservatori sull’andamento dei prezzi dei prodotti agroalimentari, con il compito di effettuare il monitoraggio e l’analisi dei prezzi all’origine e al consumo dei prodotti agroalimentari, con particolare attenzione all’analisi delle dinamiche di lievitazione dei prezzi nei passaggi intermedi della filiera agroalimentare e altresì con il compito di migliorare e perfezionare l’informazione ai consumatori.
2. Gli Osservatori di cui al comma 1 sono costituiti in modo da assicurare la rappresentanza paritaria delle associazioni professionali provinciali degli agricoltori, degli industriali, dei commercianti, dei consumatori, nonché delle organizzazioni sindacali e degli enti locali
3. La costituzione e l’attuazione degli Osservatori di cui al comma 1 non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
[1] Si osserva come un sensibile incremento dei prezzi al consumo si sia registrato recentemente soprattutto con riferimento al settore dei prodotti agricoli e dell’ortofrutta; la proposta di legge fa invece riferimento all’intero comparto agroalimentare, che comprende, com’è noto, anche i prodotti derivanti dall’attività di trasformazione, industriale o artigianale, di prodotti agricoli.
[2] Al momento dell’adozione del decreto legislativo n. 114 le disposizioni vigenti cui rinvia il comma 4 erano contenute nel DPR 23 agosto 1982, n. 903 ("Attuazione della direttiva (CEE) n. 79/581 relativa alla indicazione dei prezzi dei prodotti alimentari ai fini della protezione dei consumatori"), modificato dal D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 76, e nel D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 78 ("Attuazione della direttiva (CEE) n. 88/314 relativa alla indicazione dei prezzi dei prodotti non alimentari ai fini della protezione dei consumatori"). I tre provvedimenti sono stati abrogati dal D.Lgs n. 84 del 25 febbraio 2000 (“Attuazione della direttiva 98/6/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi offerti ai medesimi.”). Il provvedimento, all’articolo 3, stabilisce che il prezzo per unità di misura si riferisce ad una quantità dichiarata conformemente alle disposizioni in vigore; per i prodotti alimentari preconfezionati immersi in un liquido (anche congelati o surgelati), il suddetto prezzo si riferisce al peso netto del prodotto sgocciolato.
[3] D.L. 30 agosto 1993, n. 331 “Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull'alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l'esclusione dall'ILOR dei redditi di impresa fino all'ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l'istituzione per il 1993 di un'imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie”.
[4] Con decreto ministeriale del 2 gennaio 2003 è stato istituito presso il Ministero delle attività produttive il "Comitato tecnico per il monitoraggio dei prezzi e servizi di largo e generale consumo”, composto da 18 rappresentanti di varie associazioni e istituzioni (Regioni e Province autonome, Istat, Anci, Unioncamere, Cncu, Coldiretti, Cia, Cgai, Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato e Cna).
Si ricorda altresì che il problema dell'aumento dei prezzi è stato anche oggetto di un'indagine conoscitiva svolta congiuntamente dalle Commissioni X (Attività produttive) della Camera dei deputati e 10a (Industria) del Senato della Repubblica, che si è conclusa nel maggio del 2003 (Indagine conoscitiva sulle recenti dinamiche dei prezzi e sulla misura delle tariffe in relazione alle esigenze di tutela dei consumatori).
[5] Conseguentemente, l’art. 17 dello schema di decreto legislativo precisa che l’art. 11 del D.Lgs. n. 173/98 viene abrogato.
[6] Cfr. la decisione della Commissione del 20 ottobre 2004, Tabacco grezzo spagnolo.