XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Conferenza delle Commissioni parlamentari in materia di agricoltura L'Aia 25-27/11/2004
Serie: Missioni di studio    Numero: 32
Data: 24/11/04
Abstract:    Scheda; normativa di riferimento e dottrina
Descrittori:
AGRICOLTURA     

 

Servizio studi

 

missioni di studio

Conferenza delle Commissioni parlamentari in materia di agricoltura

L’Aia 25-27 novembre 2004

n. 32

 


xiv legislatura

24 novembre 2004

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è stato redatto in collaborazione con il dipartimento Affari sociali

 

 

 

Dipartimento Agricoltura

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ag0225.doc

 


INDICE

Il benessere animale nella normativa vigente  1

§      1. Nota di sintesi1

§      2. Schede di approfondimento  6

I provvedimenti in corso di esame in ambito parlamentare  14

Documenti all’esame delle istituzioni europee  15

Procedure d’infrazione  18

Normativa di riferimento

Normativa nazionale

§      L. 2 giugno 1988, n. 218 Misure per la lotta contro l'afta epizootica ed altre malattie epizootiche degli animali21

§      D.M. 20 luglio 1989, n. 298 Regolamento per la determinazione dei criteri per il calcolo del valore di mercato degli animali abbattuti ai sensi della legge 2 giugno 1988, n. 218, recante misure per la lotta contro l'afta epizootica ed altre malattie epizootiche degli animali.25

§      D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 532 Attuazione della direttiva 91/628/CEE relativa alla protezione degli animali durante il trasporto  29

§      D.M. 18 marzo 1993 Determinazione dei parametri e modalità per il sostegno dei redditi delle aziende zootecniche colpite da infezioni epizootiche  39

§      D.Lgs. 1 settembre 1998, n. 333 Attuazione della direttiva 93/119/CE relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento  43

§      D.L. 11 gennaio 2001, n. 1 Disposizioni urgenti per la distruzione del materiale specifico a rischio per encefalopatie spongiformi bovine e delle proteine animali ad alto rischio, nonché per l'ammasso pubblico temporaneo delle proteine animali a basso rischio. Ulteriori interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza derivante dall'encefalopatia spongiforme bovina  49

§      D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 146 Attuazione della direttiva 98/58/CE relativa alla protezione degli animali negli allevamenti59

§      D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 225 Attuazione della direttiva 2000/75/CE relativa alle misure di lotta e di eradicazione del morbo «lingua blu» degli ovini65

§      D.Lgs. 29-03-2004 n. 102 Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della L. 7 marzo 2003, n. 38 (art. 9)73

Normativa comunitaria

§      Trattato 25 marzo 1957 Trattato che istituisce la Comunità europea (n.d.r. Versione in vigore dal 1° febbraio 2003)77

§      Orientamenti 1 febbraio 2000 Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo (punto 11.4)79

§      Dir. 82/894/CEE del 21 dicembre 1982 Direttiva del Consiglio  concernente la notifica delle malattie degli animali nella Comunità  81

§      Dir. 89/608/CEE del 21 novembre 1989  Direttiva del Consiglio relativa alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione delle legislazioni veterinaria e zootecnica  85

§      Dir. 91/628/CEE del 19 novembre 1991 Direttiva del Consiglio relativa alla protezione degli animali durante il trasporto e recante modifica delle direttive 90/425/CEE e 91/496/CEE   93

§      Dir. 92/45/CEE del 16 giugno 1992 Direttiva del Consiglio  relativa ai problemi sanitari e di polizia sanitaria in materia di uccisione di selvaggina e di commercializzazione delle relative carni105

§      Dir. 92/119/CEE del 17 dicembre 1992 Direttiva del Consiglio che introduce misure generali di lotta contro alcune malattie degli animali nonché misure specifiche per la malattia vescicolare dei suini133

§      Dir. 93/119/CEE del 22 dicembre 1993 Direttiva del Consiglio  relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento  147

§      Reg. (CE) n. 1255/97 del 25 giugno 1997 Regolamento del Consiglio riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall'allegato della direttiva 91/628/CEE.163

§      Dir. 98/58/CE del 20 luglio 1998 Direttiva del Consiglio riguardante la protezione degli animali negli allevamenti169

§      Reg. (CE) n. 411/98 del 16 febbraio 1998 Regolamento del Consiglio che stabilisce norme complementari relative alla protezione degli animali applicabili agli autoveicoli adibiti al trasporto di animali su percorsi di durata superiore a otto ore.177

§      Dec. 2000/50/CE del 17 dicembre 1999 Decisione della Commissione  relativa ai requisiti minimi applicabili all'ispezione degli allevamenti181

§      Dir. 2000/75/CE del 20 novembre 2000 Direttiva del Consiglio che stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini185

§      Dir. 2001/89/CE del 23 ottobre 2001 Direttiva del Consiglio relativa a misure comunitarie di lotta contro la peste suina classica  193

§      Reg. (CE) n. 999/2001 del 22 maggio 2001 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili221

§      Reg. (CE) n. 1326/2001 del 29 giugno 2001 Regolamento della Commissione che introduce misure transitorie per consentire il passaggio al regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili e ne modifica gli allegati VII e XI.239

§      Reg. (CE) n. 178/2002 del 28 gennaio 2002 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.245

Dottrina

§      F. Valfrè Influenza aviare una sfida globale in L’Informatore agrario n. 22/2003  287

§      P. Biasucci Lingua blu, la situazione resta scottante in L’Informatore agrario n. 3/2004  287

§      P. Coletto Lingua blu: quattro anni spesi male in L’Informatore agrario n. 18/2004  287

§      La sicurezza alimentare nell’Unione europea (reg. n. 178/02/CE del Parlamento europeo e del Consiglio): commentario a cura dell’Istituto di diritto agrario internazionale e comparato (IDAIC), in Le Nuove leggi civili commentate, n. 1-2/2003  287

Art. 35 Sistema di allarme rapito, P. Lattanzi287

Art. 36 Reti di organizzazioni attive nei settori di competenza dell’autorità, P. Lattanzi287

Artt. 53-54 Misure urgenti per alimenti e mangimi di origine comunitaria o importati da un paese terzo, F. Albisinni287

Art. 55 Piano generale per la gestione della crisi, S. Bolognini287

 

 


Il benessere animale nella normativa vigente

1. Nota di sintesi

La salute ed il benessere degli animali rappresentano un tema strettamente collegato a quello della sicurezza alimentare dei consumatori.

Le patologie degli animali da reddito possono avere importanti conseguenze sull’alimentazione umana e su qualità e sanità dei prodotti di origine animale:

a)   direttamente per la possibile veicolazione di patogeni attraverso gli alimenti;

b)   indirettamente per gli eventuali trattamenti farmacologici sugli animali e per lo scadimento delle condizioni di benessere degli animali destinati alle produzioni.

Al fine  di ottenere una maggiore salubrità degli alimenti, la via da percorrere si snoda attraverso varie tappe:

1)   l’applicazione del nuovo quadro giuridico del settore alimentare;

2)   l’attribuzione al mondo della produzione della responsabilità primaria di una produzione alimentare sicura;

3)   l’esecuzione di appropriati controlli ufficiali;

4)   la capacità di attuare rapide ed efficaci misure di salvaguardia di fronte ad emergenze sanitarie che si manifestino in qualsiasi punto della catena alimentare;

5)   l’attenzione verso nuove problematiche emergenti.

 

L’opinione pubblica dei Paesi industrializzati ha maturato la consapevolezza che, oltre ad occuparsi delle condizioni igieniche e sanitarie degli animali, è necessario sviluppare un maggiore rispetto anche delle loro esigenze biologiche, delle loro caratteristiche comportamentali e, in generale, del loro benessere.

 

Le istituzioni

La tutela del benessere degli animali e la sicurezza alimentare vedono impegnati, per gli aspetti di rispettiva competenza, i Ministeri della salute, dell’Agricoltura, dell’Industria e delle Finanze.

In particolare, il Ministero della salute si avvale delle prestazioni e della collaborazione tecnico-scientifica, oltre che degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, anche dell'Istituto Superiore di Sanità, dell'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, dell'Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali, dell'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente e degli istituti di ricerca del CNR e dell'ENEA.

Il Ministero delle politiche agricole e forestali si avvale dell'Ispettorato centrale delle repressioni delle frodi (ICRF), preposto alla tutela economica dei prodotti con controlli di tipo merceologico. Fra i compiti dell'Ispettorato rientra anche l'irrogazione di sanzioni amministrative previste da una serie di norme in materia agricola, anche sulla base di rapporti che provengono da altri organismi preposti all'accertamento.

Per quanto riguarda il Ministero dell’industria vanno ricordate le competenze in materia di tutela dei consumatori e di sicurezza e qualità dei prodotti e dei servizi assegnate alla “Direzione generale per l’armonizzazione e la tutela del mercato”. In particolare, con riferimento alla qualità dei prodotti, si ricorda l’attività connessa all’etichettatura dei prodotti che, unitamente alla tracciabilità, assume un particolare rilievo sotto il profilo della sicurezza alimentare.

Infine, anche il Ministero delle finanze, attraverso la Direzione generale delle dogane e la Guardia di finanza, interviene per la prevenzione e repressione delle frodi di natura fiscale sui prodotti alimentari.

 

 


Il sistema italiano dei controlli per la sicurezza alimentare

 

Controlli igienico-sanitari

Ø    Ministero della salute

Ø    Commissione interregionale permanente di coordinamento per il controllo ufficiale dei prodotti alimentari

Ø    Uffici periferici del ministero

Ø    Uffici di sanità marittima, aerea e di confine terrestre

Ø    Posti di ispezione frontaliera

Ø    Uffici veterinari per gli adempimenti comunitari

Ø    Istituto superiore della sanità

Ø    Comando carabinieri per la sanità

Ø    Nuclei antisofisticazione e sanità

 

Ø    Regioni e organismi territoriali

Ø    Aziende sanitarie locali

Ø    Presidi multizonali di prevenzione

Ø    Servizi veterinari

Ø    Servizi fitosanitari

Ø    Istituti zooprofilattici sperimentali

Ø    Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente

Controlli economici

Ø    Ministero per le politiche agricole e forestali

Ø    Ispettorato centrale repressione frodi

Ø    Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione

Ø    Comando carabinieri politiche agricole; Nuclei antifrodi carabinieri

Ø    Corpo forestale dello Stato

 

Ø    Istituti di ricerca e sperimentazione agraria (per analisi di revisione a livello territoriale)

Controlli fiscali

Ø      Ministero dell'economia e delle finanze (Direzione generale delle dogane e delle imposte indirette)

Ø      Guardia di finanza - Nuclei di polizia tributaria

 

Ø    Laboratori chimici delle dogane e imposte dirette (per analisi di revisione a livello territoriale)

La Tabella è tratta dall'Annuario dell'agricoltura italiana, 2001, Inea


 

Le malattie degli animali negli allevamenti

Una parte di questa specifica normativa nazionale si pone l'obiettivo di il contrastare la diffusione delle principali malattie degli animali d'allevamento:

Gli interventi principali concernono:

¨       l’influenza aviaria;

¨       la peste suina classica ed africana;

¨       la malattia di Newcastle;

¨       la peste equina;

¨       la malattia vescicolare dei suini;

¨       il piano di sorveglianza nazionale per la encefalomielite di tipo West Nile (West Nile Disease);

¨       le misure sanitarie di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili (BSE);

 

Proprio per fronteggiare la situazione di emergenza causata dal diffondersi dei casi di BSE - fenomeno noto come "mucca pazza"- sono stati approvati alla fine della scorsa legislatura due decreti legge, volti ad intensificare l'attività di prevenzione delle malattie infettive e diffusive degli animali ed il rispetto della normativa vigente. In particolare è stato disposto:

-    un programma di prevenzione, in base al quale sottoporre a test di diagnosi rapida tutti i bovini, bufalini e bisonti macellati in età superiore a trenta mesi;

-    il potenziamento della sorveglianza epidemiologica, rafforzando il ruolo dei Centri di referenza nazionali, degli istituti zooprofilattici sperimentali e dell’attività di ispezione frontaliera, anche attraverso l’aumento delle dotazioni organiche;

-    la messa a regime del sistema informatizzato di identificazione e registrazione della movimentazione degli animali;

-    l’inclusione, tra il materiale specifico a rischio da rimuovere nei bovini e negli ovocaprini macellati della colonna vertebrale e della milza dei bovini di età superiore a dodici mesi, con l'obbligo per i titolari degli impianti tecnicamente idonei di procedere all'accettazione ed incenerimento di tali materiali, e l'erogazione di indennità a loro vantaggio;

-    l’attribuzione al commissario straordinario per l'emergenza BSE dei poteri di ordinanza;

-    l’istituzione di un Fondo per l'emergenza BSE destinato al finanziamento di varie tipologie di interventi;

-    agevolazioni ed indennizzi a favore degli allevatori, delle industrie di trasformazione e degli esercenti commerciali la vendita di carni.

 

Un altro tipo d'intervento legislativo è indirizzato a stabilire le regole generali per le importazioni e gli scambi vivi, al fine diridurre i rischi d’introduzione di malattie infettive.

L'anagrafe degli animali d'allevamento

In Italia è stata istituita, ed è operativa, l'Anagrafe zootecnica che registra i dati sugli allevamenti aziendali riguardanti bovini, suini, ovini e caprini.

L'Anagrafe controlla la consistenza degli allevamenti, la movimentazione degli animali, la marcatura dei capi, le macellazioni.

La Banca Dati Nazionale (BDN) raccoglie tali informazioni ed agevola il flusso informativo dall'operatore sul campo alle autorità centrali e viceversa.

Il benessere degli animali d'allevamento

Un'altra serie di normative nazionali ha regolamentato il benessere degli animali negli allevamenti in generale.

Le normative prodotte, in particolare, recano disposizioni sulla protezione degli animali negli allevamenti e da macello (in particolare, verso le condizioni ambientali degli allevamenti) e sull'alimentazione degli animali:

¨       in relazione alle sostanze ed ai prodotti indesiderabili nella loro alimentazione;

¨       all'organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dell'alimentazione animale;

¨       in materia di additivi.

 

La regolamentazione delI'utilizzazione  dei farmaci veterinari costituisce, inoltre,  un altro aspetto fondamentale riguardante la normativa nazionale relativa alla salute degli animali.

Gli animali d'affezione

In materia di benessere degli animali da compagnia, pet-therapy  e prevenzioni del randagismo sono presenti nella legislazione italiana diverse disposizioni.

Di recente, la legislazione nazionale in materia di salute degli animali è stata arricchita dall'emanazione di disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonchè' di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate, in cui si prevede l'uso della sanzione penali nei confronti di chi causa la morte di animali.

2. Schede di approfondimento

2.1. La tutela degli animali negli allevamenti

La protezione degli animali negli allevamenti è disciplinata dalla direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998. La direttiva si applica agli animali (inclusi i pesci, i rettili e gli anfibi) allevati o detenuti per la produzione di derrate alimentari, di lana, di pelli o di pellicce o per altri scopi agricoli. Essa non si applica agli animali che vivono in ambiente selvatico, agli animali destinati a partecipare a gare sportive o ad attività culturali (esposizioni), agli animali da sperimentazione o da laboratorio e agli animali invertebrati.

La direttiva impone che gli Stati membri provvedano affinché i proprietari o i detentori adottino le norme adeguate per garantire il benessere dei propri animali e per far sì che a detti animali non vengano provocati dolori, sofferenze o lesioni inutili. Conformemente all'esperienza acquisita ed alle conoscenze scientifiche, le condizioni di allevamento riguardano i seguenti punti:

§      personale: gli animali sono accuditi da un numero sufficiente di addetti aventi adeguate capacità, conoscenze e competenze professionali.

§      controllo: tutti gli animali tenuti in sistemi di allevamento sono ispezionati almeno una volta al giorno. Gli animali feriti o malati vengono curati immediatamente e, ove necessario, vengono isolati in appositi locali.

§      registro: il proprietario o il detentore degli animali tiene un registro di ogni trattamento medico effettuato per un arco di tempo di almeno tre anni.

§      libertà di movimento: anche se è legato, incatenato o trattenuto, l'animale deve poter disporre di uno spazio adeguato che gli consenta di muoversi senza inutili sofferenze o lesioni.

§      fabbricati e locali di stabulazione: i materiali che devono essere utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione devono poter essere puliti e disinfettati. La circolazione dell'aria, la quantità di polvere, la temperatura, l'umidità dell'aria devono essere mantenute entro limiti accettabili. Gli animali custoditi nei fabbricati non devono essere tenuti costantemente al buio o esposti continuamente ad illuminazione artificiale.

§      impianti automatici o meccanici: ogni impianto automatico o meccanico indispensabile per la salute ed il benessere degli animali deve essere ispezionato almeno una volta al giorno. Qualora si utilizzi un impianto di ventilazione artificiale, deve essere previsto un adeguato impianto di riserva per garantire un ricambio d'aria sufficiente.

§      mangimi, acqua e altre sostanze: agli animali deve essere fornita un'alimentazione sana, adatta alla loro specie, in quantità sufficiente e a intervalli regolari. Qualsiasi altra sostanza è vietata, tranne quelle amministrate a fini terapeutici, profilattici o in previsione di un trattamento zootecnico. Inoltre, le attrezzature per la somministrazione di mangimi e di acqua devono essere concepite in modo da ridurre i rischi di contaminazione.

§      mutilazioni: si applicano le pertinenti disposizioni nazionali in materia.

 

I metodi di allevamento che provocano sofferenze o lesioni non debbono essere praticati, salvo se il loro impatto è minimo, momentaneo od espressamente autorizzato dalle disposizioni nazionali.

Gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie affinché vengano effettuate ispezioni da parte dell'autorità nazionale competente. Essi presentano una relazione su dette ispezioni alla Commissione che, in base a tale documento, elabora delle proposte sull'armonizzazione delle ispezioni. La Decisione 2000/50/CE definisce le esigenze minime per gli allevamenti. Inoltre, in collaborazione con le autorità competenti, gli esperti veterinari della Commissione effettuano controlli in loco per garantire il corretto svolgimento di tali ispezioni.

Ogni cinque anni, la Commissione presenta al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva corredata di eventuali proposte di miglioramento. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata in merito a detta relazione.

Alla direttiva 98/58/CE è stata data attuazione nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n.146 del 2001.

2.2  Il benessere degli animali durante il trasporto

Il benessere degli animali durante il trasporto è disciplinato dalla Direttiva 91/628/CE del Consiglio,del 19 novembre 1991.Essa prevede che ogni animale debba avere un alloggio, un'alimentazione e cure commisurati ai suoi bisogni.

Secondo le stime svolte, circa un milione di animali (senza tener conto del pollame) transitano ogni giorno nell'Unione europea. Gli scambi transfrontalieri, ivi comprese le importazioni da paesi terzi e le esportazioni verso paesi terzi, riguardano 20 milioni di animali l'anno.

La direttiva si applica al trasporto:

§      degli animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina, nonché ai solipedi (cavalli, asini, zebre);

§      del pollame, degli uccelli e dei conigli, dei gatti e dei cani domestici;

§      di altri mammiferi e uccelli e di altri animali vertebrati e animali a sangue freddo.

Essa non si applica ai trasporti di animali:

§      privi di ogni carattere commerciale, né ad ogni singolo animale accompagnato da una persona fisica responsabile dell'animale durante il tragitto;

§      domestici di compagnia, che accompagnano il loro padrone nel corso di un viaggio privato;

§      effettuati su una distanza non superiore a 50 km;

§      effettuati, per alcuni animali, dagli allevatori, impiegando veicoli agricoli in occasione della transumanza, senza scopo di lucro.

Per ciascuna delle specie oggetto della presente direttiva e a seconda del modo di trasporto (strada, acqua, aria), condizioni speciali di trasporto vengono definite negli allegati. Le condizioni minime di benessere degli animali riguardano segnatamente:

·       gli intervalli di abbeveraggio e di alimentazione, la densità di carico e la durata dei periodi di viaggio e di riposo, che differiscono a seconda delle specie;

·       la presenza di un tetto di protezione, di un piano antiscivolo, di una lettiera sufficiente per assorbire le deiezioni, di rampe e di una protezione laterale per il carico e lo scarico;

·       la presenza di aperture laterali e di uno spazio libero all'interno del compartimento e al di sopra degli animali per consentire un'aerazione adeguata

·       l'assenza, nel compartimento in cui si trovano gli animali, di oggetti appuntiti o sporgenti, di buchi, di interstizi o di fessure a livello della piattaforma.

Soltanto gli animali in buona salute possono essere trasportati, in condizioni che devono comunque impedire ogni sofferenza inutile. Gli animali che si ammalano o si feriscono durante il trasporto ricevono, appena possibile, cure di pronto soccorso. Se del caso e ove necessario, essi vengono abbattuti urgentemente al fine di evitare ogni sofferenza inutile.

Ogni persona fisica o giuridica, che trasporta animali per fini di lucro, deve essere autorizzata e registrata presso l'autorità competente di uno Stato membro. Un certificato sanitario e un piano di marcia, attestante il rispetto della durata massima del trasporto (per i viaggi superiori ad otto ore) accompagnano obbligatoriamente le spedizioni durante il trasporto. La piano di marcia indicante le ore e i luoghi ove gli animali si sono alimentati e abbeverati durante il viaggio, viene rinviato all'autorità competente del luogo di provenienza al termine del viaggio.

L'importazione, il transito e il trasporto attraverso il territorio della Comunità di animali vivi provenienti da paesi terzi è autorizzato soltanto se l'esportatore e l'importatore si impegnano in forma scritta a rispettare le prescrizioni della presente direttiva.

Le autorità competenti controllano il rispetto delle esigenze stabilite dalla presente direttiva. Tali autorità ispezionano i mezzi di trasporto e gli animali nei luoghi di partenza/destinazione, nei mercati, nonché nei punti di sosta e di trasferimento. Lo Stato membro fornisce una relazione annuale dettagliata dei controlli svolti su un campione rappresentativo di animali indicante nei particolari le infrazioni rilevate. Inoltre, controlli possono essere svolti anche durante il trasporto, allorquando si presume un'infrazione. In collaborazione con l'autorità competente, esperti della Commissione svolgono ispezioni in loco al fine di garantire un'applicazione uniforme della direttiva.

Gli Stati membri adottano misure specifiche adeguate affinché ogni infrazione alla presente direttiva venga sanzionata. Essi si assistono reciprocamente secondo le disposizioni della direttiva 89/608/CEE, al fine di garantire l'adeguata applicazione delle normative veterinarie e zootecniche.

La Commissione presenta una relazione accompagnata da eventuali proposte sulla definizione di norme cui devono rispondere i mezzi di trasporto (regolamento (CE) n. 411/98). Essa stabilisce inoltre i criteri comunitari ai quali devono rispondere i punti di sosta intesi in quanto luoghi ove gli animali vengono scaricati, si riposano, si abbeverano e vengono nutriti durante un periodo di almeno 24 ore (regolamento (CE) n. 1255/97).

Il Regolamento (CE) n. 411/98, detta norme per i viaggi oltre le otto ore, i veicoli stradali per il trasporto dei solipedi, dei bovini, degli ovini, dei caprini e dei suini all'interno della Comunità devono rispettare norme complementari. Queste norme riguardano la lettiera, l'alimentazione e l'abbeverata, l'accesso al veicolo, l'aerazione e le pareti divisorie.

Il Regolamento (CE) n. 1255/97, disciplina i punti di sosta che ospitano per almeno 24 ore solipedi domestici e animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina nella Comunità. Il regolamento prevede che i punti di sosta devono essere utilizzati esclusivamente per ospitare, alimentare, abbeverare, far riposare, alloggiare, curare e spedire gli animali che vi transitano. Possono essere presenti in un determinato momento in un punto di sosta soltanto animali che hanno lo stesso status sanitario certificato.

Alla direttiva 91/628/CE è stata data attuazione nell’ordinamento interno con il decreto legislativo n.532 del 1992.

 

2.3 La protezione degli animali in occasione della macellazione o dell’abbattimento

La direttiva 93/119/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1993, determina le regole applicabili:

§      al trasferimento, alla stabulazione, all'immobilizzazione, allo stordimento, alla macellazione e all'abbattimento degli animali allevati e custoditi per la produzione di carni, pelli, pellicce o altri prodotti;

§      alle procedure di abbattimento in caso di lotta contro le epizoozie.

Essa non si applica:

§      agli esperimenti tecnici o scientifici effettuati sotto il controllo dell'autorità competente;

§      agli animali che vengono abbattuti nel corso di manifestazioni culturali o sportive;

§      alla selvaggina libera abbattuta in conformità della direttiva 92/45/CEE.

In occasione delle fasi suindicate, la direttiva prevede che vengano risparmiati agli animali dolori, sofferenze ed eccitazioni evitabili.

La direttiva stabilisce:

§      le prescrizioni richieste per i mattatoi;i solipedi, i ruminanti, i suini, i conigli, il pollame devono essere trasferiti e se necessario alloggiati, immobilizzati, storditi, dissanguati in conformità delle disposizioni della presente direttiva.
Gli strumenti, l'attrezzatura d'immobilizzazione, gli impianti e le installazioni di stordimento o di abbattimento devono essere progettati in maniera da consentire uno stordimento e una morte rapidi. Il personale deve necessariamente disporre delle conoscenze e delle capacità necessarie;

§      le regole da seguire in occasione dell'abbattimento e della macellazione al di fuori dei mattatoi. Alcune deroghe alle disposizioni normali si applicano al pollame, ai conigli, ai suini, agli ovini e ai caprini abbattuti per consumo proprio.
Gli animali feriti o malati devono essere abbattuti o uccisi in loco;

§      le procedure di abbattimento degli animali nelle fasi di lotta contro le malattie;

§      le procedure di abbattimento degli animali da pelliccia;

§      le regole di abbattimento di pulcini di un giorno e di embrioni in eccedenza nelle incubatrici e da eliminare.

Esperti della Commissione possono effettuare controlli in loco per verificare la buona applicazione della direttiva.

Gli Stati membri applicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, comprese quelle relative ad eventuali sanzioni, al fine di conformarsi alla presente direttiva. Essi possono peraltro mantenere o applicare misure più severe informandone la Commissione.

Alla direttiva 93/119/CE è stata data attuazione nell’ordinamento interno con il decreto legislativo n.333 del 1998.

2.3. La sicurezza alimentare

La diversità delle normative dei vari Stati europei ha stimolato la nascita di una politica comunitaria in materia di protezione dei consumatori, finalizzata ad instaurare un alto grado di fiducia all'interno del mercato comunitario, fondato sul principio della libera circolazione delle merci (così come delle persone, dei servizi e dei capitali).

All'interno di tale quadro, assume rilievo la normativa comunitaria in materia di prodotti alimentari, che si è sviluppata lungo le direttrici della tutela della qualità e della sicurezza dei prodotti alimentari.

 

In generale, con il termine prodotti di qualità si intendono quei prodotti che possiedono caratteristiche di pregio in grado di distinguerli dagli altri di tipo comune.

La politica comunitaria sulla sicurezza dei prodotti alimentari ha ricevuto ulteriore impulso da una serie di episodi di frode, adulterazione, sofisticazione e forme varie di contaminazione animale. Si ricordano in proposito le vicende che hanno toccato l'olio d'oliva, il vino, il latte e la carne bovina affetta dal morbo della BSE. A questi fenomeni più recentemente si è aggiunta la problematica della diffusione degli organismi geneticamente modificati (OGM), riguardo agli effetti dei quali sulla salute umana e animale vivo è il dibattito.

 

Il "Libro bianco sulla sicurezza alimentare" del 12 gennaio 2000 ha lo scopo di lanciare una politica europea organica in materia, individuando alcune linee di azione per lo sviluppo della politica europea sulla sicurezza alimentare:

-          la creazione di un'Autorità alimentare europea autonoma, incaricata di elaborare pareri scientifici indipendenti su tutti gli aspetti inerenti alla sicurezza alimentare, alla gestione di sistemi di allarme rapido e alla comunicazione dei rischi;

-          elaborazione di un quadro giuridico che copra tutti gli aspetti connessi con i prodotti alimentari, "dalla fattoria alla tavola";

-          promozione dell'armonizzazione dei sistemi di controllo a livello nazionale;

-          promozione del dialogo con i consumatori e le altre parti coinvolte.

 

Tra i principi che guidano la politica europea in tema di sicurezza dei prodotti va sicuramente ricordato il principio di precauzione. Tale principio intende assicurare al consumatore europeo il massimo grado di sicurezza in tema di prodotti di qualsiasi genere. Tale principio ha trovato numerose applicazioni pratiche proprio nel comparto agroalimentare. Nella sua comunicazione del 2 febbraio 2000, la Commissione  analizza i fattori che provocano il ricorso al principio di precauzione e le misure risultanti da un tale ricorso, proponendo anche orientamenti per l'applicazione del principio.

 

L'approfondimento delle tematiche in materia di sicurezza alimentare è poi sfociato nel regolamento CE n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha istituito l'Autorità europea per l'alimentazione e ha stabilito principi generali e requisiti della legislazione europea in materia di sicurezza alimentare. Il regolamento costituisce, in tal senso, uno dei pilastri della politica alimentare dell'Unione lanciata con il Libro bianco.

Il Regolamento prevede procedure di gestione di crisi, amplifica il sistema di allarme rapido, stabilisce procedure volte ad impedire la commercializzazione di alimenti non sicuri.

In particolare, il Regolamento impone alle imprese la responsabilità di immettere sul mercato mangimi e generi alimentari sicuri. Gli operatori del settore alimentare hanno, infatti, la responsabilità di verificare che alimenti e mangimi soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare in tutte le fasi (produzione, trasformazione, distribuzione). Tutto ciò comporta un sempre maggiore impegno a documentare ogni passaggio della filiera alimentare. Si stabilisce, inoltre, che gli operatori del settore alimentare devono essere in grado di individuare, attraverso sistemi e procedure, chi abbia fornito un alimento o qualsiasi sostanza destinata a far parte di un alimento e nello stesso tempo individuare le imprese alle quali forniscono i propri prodotti.

 

L’art. 7 del regolamento stabilisce che “qualora, in circostanze specifiche a seguito delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione di incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio”. Le misure adottate sulla base del principio di precauzione devono essere “proporzionate e necessarie”, nonché devono essere riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza e per realizzare una “valutazione del rischio” in modo più esauriente.

Il sistema delineato ha come elemento centrale quello delle analisi del rischio e  mette in primo piano il tema dei soggetti chiamati ad assicurare l'analisi scientifica e tecnica dei fattori di rischio. In questo campo assumono, come è noto un ruolo determinante i centri ricerca ed analisi chiamati ad operare per conto della Commissione. Si è ritenuto tuttavia opportuno configurare un unico ente caratterizzato da una eccellenza scientifica, indipendenza e trasparenza operativa che avrebbe potuto agire su ogni aspetto relativo alla gestione dei rischi.

Ai sensi dell’art. 22, pertanto, il regolamento ha istituito l’Autorità europea per la sicurezza alimentare cui ha attribuito il compito di attuare e mantenere un elevato livello di protezione sanitaria dei consumatori, mettendo in atto i principi ed i requisiti generali della legislazione alimentare. Ruolo fondamentale dell’Autorità è quello di fornire alla Comunità una consulenza scientifica e tecnica indipendente che serva da supporto alla politica ed alla legislazione da essa promossa in tutti i campi che abbiano un’incidenza diretta od indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, sulla nutrizione, sulla salute ed il benessere degli animali e dei vegetali, nonché sull’ampia materia degli organismi geneticamente modificati, pur se non destinati all’alimentazione (parr. 2 e 5 dell’art. 22). Tale ruolo è svolto attraverso la formulazione di pareri che costituiscono la base scientifica per l'elaborazione e per l'adozione di misure comunitarie in materia.

All’Autorità il regolamento attribuisce una serie di compiti che vanno dalle attività di supporto alle istituzioni comunitarie e nazionali (lett. “a”, “c”, “h” ed “i” dell’art. 23), fino alle attività indipendenti della commissione di studi scientifici e della formulazione di conclusioni ed orientamenti in materia (lett. “d” e “k”), passando per i compiti di individuazione e definizione dei rischi emergenti (lett. “b”, “e”, “f” e “g”) e di informazione dei cittadini e delle parti interessate, con dati aggiornati, affidabili, obiettivi e comprensibili nei settori di sua competenza (lett. “j”).

La valutazione dei dati può consentire di individuare e definire situazioni di rischio che necessitano d’intervento. Secondo la gravità e l’estensione del rischio riscontrato, il capo IV del regolamento prevede tre differenti procedure di intervento a tutela della sicurezza alimentare in cui l’Autorità svolge un ruolo determinante: il sistema di allarme rapido, le misure urgenti in situazioni di emergenza ed il piano generale di gestione delle crisi.

 

2.4 Gli aiuti alla lotta alle epizoozie e l’Unione Europea

In ambito europeo non vi è una preclusione totale alla definizione di misure dirette a tutelare il settore agricolo dai danni causati alle produzioni da eventi non prevedibili, fra i quali possono ben essere annoverate le epizoozie.

Nel Trattato, in realtà, non v’è alcuna disposizione che esplicitamente consenta la erogazione di aiuti in connessione con l’insorgenza di patologie animali; tuttavia, pur limitandosi l’art. 87, comma 2, lett. b) a dichiarare compatibili con il mercato comune gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali, negli “Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo[1] viene precisato che la Commissione ha accettato in questa categoria anche gli aiuti volti a promuovere l’adozione di misure preventive contro l’insorgere delle epizoozie, aiuti peraltro che possono estendersi al compenso per le perdite, rectius danni, subite.

Negli Orientamenti citati viene ribadito che per il settore primario la perdita di alcuni capi a causa di una patologia non costituisce un evento eccezionale, e pertanto la erogazione di indennizzi o di aiuti volti a prevenire tali fatti debbono essere autorizzati dalla Commissione, che li valuta come aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività, e può ritenerli compatibili soltanto se non alterano le condizioni degli scambi intracomunitari.

Affinché detti aiuti non si configurino come meri aiuti di funzionamento, è pertanto indispensabile che gli organismi comunitari o un’autorità nazionale abbiano adottato con leggi, norme regolamentari o meri atti amministrativi, delle disposizioni che programmino un intervento di lotta contro una malattia di interesse pubblico, sia definendo misure obbligatorie passibili di indennizzo, che stabilendo incentivi per una adesione volontaria a programmi di prevenzione.

L’intensità dell’aiuto può arrivare al 100% della spesa sostenuta; sono tuttavia escluse da ogni forma di aiuto le spese che la comunità ha previsto come oneri specifici di lotta contro le infezioni, o che siano stati comunque previsti a carico dell’azienda agricola.

 

In margine a quanto sopra esposto può essere utile in questa sede ricordare che la legge n. 185/1992, di disciplina del Fondo di solidarietà nazionale, ora sostituita dal D.lgs. n. 102/2004, con l’articolo 6 prevedeva che, in caso di epizoozie e di conseguente obbligo di abbattimento ai sensi della legge n. 218/1988, le aziende colpite potessero ottenere il sostegno dei consorzi di produttori istituiti in base all’art. 10 della stessa legge n. 185, e che alla spesa potesse anche concorrere lo Stato fino alla metà dell’importo versato dalla cassa sociale dei consorzi.

Il generico rinvio ad un sostegno al reddito fatto dall’articolo 6 menzionato va chiarito alla luce del D.M. 18 marzo 1993 che ha stabilito le modalità di attuazione dell’intervento[2]. Hanno diritto ai benefici le aziende colpite dalle patologie specificamente menzionate nel decreto e che soddisfino le condizioni enumerate nel decreto stesso, fra le quali è menzionato l’obbligo di rispettare la normativa igienico-sanitaria sugli allevamenti. Quanto all’intensità dell’aiuto, il decreto fissa la misura massima del contributo nel 40% della P.L.V. che l’agricoltore avrebbe potuto ricavare dai capi abbattuti. Il contributo complessivo deve inoltre essere proporzionale al periodo di fermo sofferto dall’allevamento, e non può in ogni caso superare sei mesi per gli allevamenti bovini, e tre mesi per quelli suinicoli e ovicaprini.

Detta forma di aiuto è stata oggetto di valutazione da parte della Commissione con la decisione 2004/307/CE[3] nella quale è stato argomentato che, a seguito dell’adozione nel 2000 dei nuovi Orientamenti comunitari per gli aiuti al comparto agricolo, gli aiuti destinati alla lotta alle epizoozie debbono soddisfare le seguenti quattro condizioni:

-         le patologie animali debbono avere una rilevanza pubblica che si traduca in disposizioni da parte della autorità , vuoi comunitaria vuoi nazionale, che definiscano misure inserire in un programma di prevenzione, controllo o eradicazione;

-         le misure di aiuto possono assumere sia carattere di prevenzione, che di indennizzo, o essere una combinazione di entrambi;

-         le misure dell’aiuto debbono essere compatibili con la legislazione veterinaria approvata dalla Unione europea;

-         l’intensità dell’aiuto può anche arrivare al 100% dei costi effettivamente  sostenuti, ma non deve originare delle sovracompensazioni.

Le misure di cui al D.M. 18/3/93 sono state dichiarate compatibili con il mercato comune in quanto concesse esclusivamente nell’ambito di un programma di eradicazione, per un periodo delimitato, con carattere compensativo della perdita conseguente all’abbattimento, senza possibilità di sovracompensazione essendo stata quantificata al massimo nel 40 % della perdita.

 

I provvedimenti in corso di esame in ambito parlamentare

Anche al fine di realizzare un maggior coordinamento delle strutture amministrative impegnate nel settore dei controlli è stata avviata presso la XII Commissione (Affari sociali) della Camera dei Deputati la discussione di alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare (AA.CC. 126 e abb.) aventi ad oggetto la costituzione di organismi a livello statale, regionale e locale, che operino nel campo della sicurezza alimentare, anche in collegamento con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare di cui al Regolamento  (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28.1.2002.

 

La XIII Commissione (Agricoltura) della Camera dei deputati ha avviato l’esame di una proposta di legge di iniziativa parlamentare (AC 656) in materia di protezione degli animali durante la macellazione. Il provvedimento intende garantire maggiormente il benessere degli animali, attraverso l'introduzione di disposizioni più restrittive dei trattamenti ammessi; esso prevede, inoltre, che, anche nel caso di celebrazione di determinati riti religiosi, l'abbattimento dell'animale deve essere in ogni caso preceduto da stordimento e che l'autorità competente deve essere la regione e non più l'autorità religiosa.

La Commissione ne ha iniziato l’esame, in sede referente, il 4 febbraio 2003 e ha concluso l’esame preliminare nella seduta del 25 febbraio 2003. La Commissione ha successivamente avviato una serie di audizioni informali.

 

La XIII Commissione (Agricoltura) della Camera dei deputati ha inoltre avviato l’esame di una due proposte di legge di iniziativa parlamentare (AA.CC. 4444 e 4764) recanti disposizioni in materia di sostegno degli allevamenti. I provvedimenti, in particolare, dettano disposizioni a sostegno degli allevatori che abbiano subito danni economici a seguito di provvedimenti adottati dalle autorità sanitarie per la lotta contro la diffusione delle epizoozie. In linea generale, vengono previsti indennizzi per l’abbattimento di capi, misure di sostegno per i soggetti che aderiscano a specifiche misure di prevenzione o di eradicazione, nonché interventi a favore delle imprese che subiscano limitazioni della movimentazione animale.

L’esame è stato avviato il 20 maggio e il 29 settembre 2004 è stato istituito un comitato ristretto.

Documenti all’esame delle istituzioni europee

Benessere degli animali

Negli ultimi anni si è accentuata a livello europeo l’attenzione verso le condizioni  nelle quali vengono allevati gli animali, sia per motivi relativi alla sensibilità generale nei confronti di animali che se pur destinati alla macellazione non devono subire disagi o sofferenze immotivate, sia per la convinzione che forme di allevamento più rispettose dell’animale ne garantiscano un miglior stato di salute con conseguenze positive sulla salute umana.

In tale prospettiva, il 16 luglio 2003 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sulla protezione degli animali durante il trasporto (COM(2003)425).

Sulla proposta, che segue la procedura di consultazione, gli Stati membri hanno espresso posizioni contrastanti proprio sugli elementi più rilevanti, quali la riduzione della durata del trasporto tra una sosta e l’altra e la densità del carico. A causa di tale disaccordo la proposta era stata momentaneamente accantonata. La presidenza olandese è riuscita in questi ultimi giorni a predisporre e a far accettare, nel Consiglio agricoltura del 22 novembre 2004, dalla maggior parte degli Stati membri (solo la Danimarca ha votato contro, mentre Germania, Svezia, Belgio e Lussemburgo si sono astenuti) una proposta di compromesso che prevede il mantenimento delle disposizioni attuali per altri sei anni e il miglioramento delle regole in quattro settori: ispezioni e controlli, esigenze in caso di trasporto di lunga durata, sanzioni, scambi di informazioni, divisione delle responsabilità durante il trasporto. Il testo di compromesso prevede inoltre un miglioramento del comfort degli animali, miglioramenti del trasporto locale, controlli più severi durante le soste, controlli sistematici all’arrivo degli animali nei mattatoi, controllo obbligatorio alle frontiere degli Stati membri dei documenti e dello stato di salute degli animali trasportati. Il Parlamento europeo ha esaminato la proposta il 30 marzo 2004, approvando emendamenti.

 

All’esigenza di non infliggere sofferenze inutili agli animali si collega altresì una proposta di direttiva, presentata dalla Commissione il 30 luglio 2004,  che introduce norme relative a metodi di cattura non crudeli per alcune specie di animali (COM(2004)532). La proposta introduce il divieto all’uso di tutte le trappole, finalizzate all’immobilizzazione e all’uccisione di 19 specie di animali da pelliccia, che non risultino conformi alle norme previste da due accordi conclusi entrambi nel 1998 (il primo tra UE, Canada e Federazione russa, e il secondo  tra UE e USA) sulle  norme internazionali relative a metodi di cattura non crudeli.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

Sicurezza degli alimenti  e malattie veterinarie

Il 14 aprile 2003 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sui requisiti per l’igiene dei mangimi, volta a stabilire la sicurezza dei mangimi in tutte le fasi della filiera di produzione (COM(2003)180). La proposta prevede, tra l’altro, di rendere obbligatoria la registrazione di tutti gli operatori del settore, nonché di introdurre i principi dell’analisi dei rischi e dei punti critici di controllo (HACCP).

Sulla proposta, che secondo la procedura di codecisione è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 31 marzo 2004, il Consiglio ha raggiunto un accordo politico il 26 aprile 2004.

 

Il 27 aprile 2004 la Commissione ha presentato una relazione (COM(2004)316) sull’applicazione del regolamento (CE) n. 1760/2000 che istituisce un sistema di identificazione e registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carne bovina. Secondo la Commissione l’attuazione del regolamento da parte degli Stati membri è soddisfacente ma non in tutte le fasi della macellazione; vengono formulate quindi delle raccomandazioni destinate a migliorare l’applicazione delle disposizioni attuali.

Sul sistema di identificazione e registrazione dei bovini è intervenuta anche, il 16 novembre 2004, la Corte dei conti europea presentando una relazione speciale nella quale critica alcune lacune di tale sistema che, nei quattro Stati membri visitati (Italia, Germania, Francia e Regno Unito), non permettono di seguire esattamente i movimenti dei bovini dalla nascita fino al macello.

 

Sui bovini inoltre, il 18 agosto 2004, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di conservazione di sperma bovino destinato agli scambi intracomunitari (COM(2004)563). La proposta è volta a fornire una chiara definizione e distinzione dei centri di raccolta e dei centri di “magazzinaggio senza produzione propria” al fine di evitare ogni possibile confusione in questa fase della riproduzione dei bovini.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

 

Controllo delle malattie veterinarie[4]

Il 16 novembre 2004, la Corte dei conti europea ha pubblicato una relazione speciale sulla gestione da parte della Commissione e degli Stati membri della crisi di afta epizootica che ha colpito nel 2001 il Regno Unito, la Francia, l’Irlanda e l’Olanda. Nella relazione la Corte esamina alcuni problemi nella messa in opera di programmi di sorveglianza e notifica dell’afta epizootica e di macellazione di animali e rileva come la legislazione comunitaria attuale non preveda misure volte ad incitare gli allevatori a partecipare alla prevenzione e alla lotta contro tale malattia.

 

Il 19 settembre 2003 la Commissione  ha presentato un documento di lavoro (COM(2003)546) concernente la situazione attuale dei divieti di utilizzare proteine animali nell’alimentazione degli animali d’allevamento, al fine di prevenire le encefalopatie spongiformi trasmissibili (BSE).  Nel documento la Commissione fa il punto della situazione degli Stati membri riguardo alla BSE e valuta l’opportunità di mantenere il divieto, prevedendo infine che le disposizioni specifiche possano essere riesaminate alla luce dei nuovi dati scientifici.

Più recentemente, infatti, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento della Commissione (SANCO/3027/2004), che modifica il regolamento (CE) n. 999/2001 e introduce una maggiore flessibilità sulla proibizione di utilizzare farine animali nell’alimentazione di animali di allevamento e da macello.

Il 28 ottobre 2004, il Parlamento europeo ha esaminato tale proposta ed ha approvato una risoluzione nella quale si oppone alla modifica che la Commissione vorrebbe introdurre, chiedendo il ritiro della  proposta.

 

 

Il 26 ottobre la Commissione ha presentato una relazione sul  cofinanziamento comunitario per le misure eccezionali di sostegno ai mercati adottate negli Stati membri in caso di epizoozie quali l’afta epizootica o la peste suina.  La Commissione propone che tale cofinanziamento sia ridotto dal 70% al 50%.

La Commissione ritiene che gli Stati membri debbano partecipare più attivamente al finanziamento delle misure di sostegno sia per debellare più rapidamente le epizoozie sia per ridurre i costi degli aiuti. La Commissione propone pertanto di approvare un regolamento che modifica le sei organizzazioni comuni di mercato dei prodotti animali.

Il documento della Commissione sarà esaminato dal Coreper del 24 novembre 2004.

 

Si ricorda infine che il Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali ha deciso di sospendere nel gennaio 2004 le importazioni nella comunità di pollame dalla Tailandia e di uccelli dal sud-est asiatico. Tali decisioni, reiterate nel corso del 2004 sono causate dal diffondersi di un epidemia di influenza aviaria in Asia. Il 23 marzo 2004 è stata decisa la sospensione delle importazioni di uccelli vivi, uova e carne di pollame dagli USA per l’apparizione di alcuni casi di influenza aviaria in Texas.

 

Procedure d’infrazione

Malattie veterinarie

Il 28 maggio 2004 la Commissione ha inviato una lettera di messa in mora[5] all’Italia per mancata attuazione della direttiva 2003/99/CE relativa a misure di sorveglianza delle zoonosi e agenti zoonotici.

Sicurezza degli alimenti

Il 16 luglio 2003 la Commissione ha adito la Corte di giustizia per il mancato recepimento da parte dell’Italia della direttiva 2001/102/CE in materia di sostanze  e prodotti indesiderabili nell’alimentazione degli animali. La direttiva è stata recepita dall’Italia con il decreto legislativo n. 149 del 10 maggio 2004, ma la Commissione non ha ancora comunicato il ritiro del ricorso.

 

Il 16 dicembre 2003 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[6] per la mancata attuazione della direttiva 2002/32 relativa alle sostanze indesiderabili nell’alimentazione umana. L’Italia ha recepito la direttiva  in questione con il decreto legislativo n. 149 del 10 maggio 2004, ma la procedura di infrazione non risulta ancora archiviata.

 

Il 16 dicembre 2003 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[7] per la mancata attuazione della direttiva 2002/33/CE riguardante le norme sanitarie relative ai sottoprodotti animali. Non avendo l’Italia  ancora recepito la direttiva, la Commissione ha presentato ricorso presso  la Corte di giustizia.

 

Il 7 luglio 2004 la Commissione ha inviato un parere motivato[8] all’Italia per la mancata attuazione della direttiva 2003/57/CE in materia di sostanze e prodotti indesiderabili nell’alimentazione degli animali.

 


Normativa nazionale

 


L. 2 giugno 1988, n. 218
Misure per la lotta contro l'afta epizootica ed altre malattie epizootiche degli animali

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 21 giugno 1988, n. 144.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 20 dicembre 1997, n. 259.

 

1. 1. Il Ministro della sanità, con proprio decreto, previa intesa con il Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, adotta disposizioni tecnico-sanitarie conformi alle direttive CEE n. 84/643, n. 84/645 dell'11 dicembre 1984 e n. 85/322 del 12 giugno 1985, nonché, anche in deroga alla normativa vigente, alla direttiva CEE n. 80/1095 dell'11 novembre 1980, concernenti norme sanitarie sugli scambi comunitari di animali, carni e prodotti a base di carne e disposizioni sanitarie per la profilassi di malattie degli animali nel territorio degli Stati membri.

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2. 1. Nei casi di afta epizootica, il sindaco, su proposta del servizio veterinario dell'unità sanitaria locale competente, ordina l'abbattimento e la distruzione degli animali infetti e di quelli sospetti di infezione.

2. Quando sia necessario, per impedire la diffusione della malattia, il Ministro della sanità, previa individuazione dell'area interessata, dispone, con proprio decreto, anche l'abbattimento degli animali sospetti di contaminazione e degli animali sani recettivi, autorizzando eventualmente l'utilizzazione delle carni e di altri prodotti ed avanzi, secondo le modalità e alle condizioni che saranno stabilite con decreto ministeriale.

3. Nei casi di altre malattie per le quali, ai sensi degli articoli 1 e 2 del vigente regolamento di polizia veterinaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 (2), è previsto l'obbligo della denuncia, il Ministro della sanità, quando sia necessario per impedire la diffusione della malattia, stabilisce che gli animali infetti o sospetti di infezione o di contaminazione siano abbattuti ed eventualmente distrutti alle condizioni e secondo le modalità che saranno stabilite con decreto ministeriale.

4. Ad esclusione dei casi di tubercolosi e di brucellosi, per gli animali infetti o sospetti di infezione o di contaminazione o sani recettivi, abbattuti a partire dal 4 giugno 1986, è concessa al proprietario una indennità pari al 100 per cento del valore di mercato, calcolata sulla base del valore medio degli animali della stessa specie e categoria, secondo i criteri determinati dal Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, con decreto da emanarsi entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazioni nazionali dei produttori zootecnici e dei veterinari. Qualora, a seguito dell'avvenuto abbattimento dei capi, l'autorità sanitaria competente disponga la distruzione di attrezzature fisse o mobili e/o, in quanto non adeguatamente disinfettabili, di mangimi, di prodotti agricoli e di prodotti zootecnici contaminati, al proprietario è concessa una indennità pari all'80 per cento del valore attribuito in sede di stesura del verbale di distruzione. L'indennità viene maggiorata della percentuale di compensazione di cui al primo comma dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (3), nel caso in cui il proprietario degli animali di cui sia stato disposto l'abbattimento sia un produttore agricolo che non abbia esercitato l'opzione di cui all'ultimo comma dello stesso articolo. Nel caso di abbattimento di bovini l'indennità è concessa alla condizione che siano stati vaccinati in conformità alle ordinanze del Ministro della sanità e nei casi in esse previsti (3/a).

5. Qualora venga consentita l'utilizzazione delle carni degli animali di cui è stato disposto l'abbattimento, dall'indennità prevista nel comma 4 viene detratto l'importo ricavato dai proprietari degli animali a seguito dell'utilizzazione delle carni.

6. L'indennità non viene corrisposta per l'abbattimento degli animali in transito o importati dall'estero, ancorché nazionalizzati, qualora venga accertato che la malattia era preesistente all'importazione. In tali casi sono a carico dello speditore, del destinatario o del mandatario tutte le spese relative all'applicazione delle misure di polizia veterinaria, ivi comprese la macellazione e la distruzione degli animali, disposte dalle competenti autorità sanitarie.

7. In caso di abbattimento nei posti di confine di animali infetti o sospetti di infezione o di contaminazione a seguito di contagio da animali in importazione, l'importo della indennità è a carico dello Stato.

8. L'indennità non è concessa a coloro che contravvengono alle disposizioni previste dall'articolo 264 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (4), dalla presente legge e dal regolamento di polizia veterinaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 (2). In tali casi l'indennità, ove competa, viene corrisposta soltanto a conclusione favorevole del procedimento di erogazione della sanzione amministrativa. Per l'accertamento delle infrazioni e per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla presente legge si applicano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (5), e le relative norme di attuazione.

9. Il Ministro della sanità dispone che le carni, i prodotti ed avanzi ottenuti da animali normalmente macellati, ove esista il sospetto che siano contaminati, vengano sottoposti a determinati trattamenti, stabiliti con proprio decreto, al fine di renderli sicuramente innocui nei riguardi della diffusione delle malattie stesse.

10. Per i trattamenti di cui al comma 9 e nei casi in cui si debba procedere alla distruzione dei prodotti contaminati, agli aventi diritto è concesso un indennizzo secondo i criteri determinati dal Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, avuto riguardo agli oneri sostenuti ed ai valori di mercato dei prodotti distrutti (5/a).

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(2) Riportato al n. A/II.

(3) Riportato alla voce Valore aggiunto (Imposta sul).

(3/a) Vedi il D.M. 20 luglio 1989, n. 298, riportato al n. A/CLVII.

(4) Riportato alla voce Sanità pubblica.

(2) Riportato al n. A/II.

(5) Riportata alla voce Ordinamento giudiziario.

(5/a) L'art. 2, O.M. 22 febbraio 1993 (Gazz. Uff. 27 febbraio 1993, n. 48), entrata in vigore, per effetto dell'art. 3, il giorno stesso della sua pubblicazione, ha così disposto:

«Art. 2. 1. L'indennità di abbattimento prevista dall'art. 2, L. 2 giugno 1988, n. 218, determinata sulla base dei criteri previsti dal D.M. 20 luglio 1989, n. 298, è concessa ai proprietari degli animali della specie bufalina abbattuti secondo quanto previsto dal comma 3 del citato art. 2».

 

3. 1. Le indennità di cui all'articolo 2 gravano sulla quota a destinazione vincolata del Fondo sanitario nazionale, per la parte afferente alla profilassi delle malattie infettive e diffusive degli animali.

2. Per tali indennità il Ministro del tesoro, in deroga alle procedure previste dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (5/b), assegna direttamente alle regioni, su proposta del Ministro della sanità, le somme destinate al pagamento delle indennità di abbattimento in relazione agli abbattimenti effettuati o preventivati dalle regioni interessate.

3. Le regioni provvedono direttamente, entro sessanta giorni dall'abbattimento, a liquidare agli allevatori le indennità ad essi spettanti. A decorrere dalla scadenza del predetto termine sono dovuti gli interessi legali.

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(5/b) Riportata alla voce Sanità pubblica.

 

4. 1. Ai fini dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 2, comma 2, la regione stabilisce tempestivamente le modalità ed i tempi di abbattimento, tenuto conto della consistenza numerica degli allevamenti, del sistema di allevamento e della situazione epizoologica, in conformità alle direttive impartite dal Ministro della sanità.

2. Il sindaco adotta l'ordinanza di abbattimento e, se del caso, di distruzione degli animali nelle ipotesi di cui all'articolo 2, commi 1, 2 e 3, ed informa in ogni caso il Ministero della sanità e la regione. Con separato provvedimento stabilisce l'ammontare complessivo delle indennità da corrispondere al proprietario interessato in ragione del numero degli animali abbattuti e della misura dell'indennità calcolata per ciascun animale, detraendo eventualmente il ricavo della vendita delle carni, dei prodotti e degli avanzi, in conformità all'articolo 2, comma 3. I provvedimenti del sindaco sono definitivi e sono trasmessi alla regione.

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5. (6).

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(6) L'articolo che si omette aggiunge, dopo il quinto, due commi all'art. 2, L. 9 giugno 1964, n. 615, riportata al n. A/VIII.

 

 

6. 1. Le violazioni di cui all'articolo 264 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (5/b), sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire cinque milioni.

2. Chiunque contravvenga all'ordine di abbattimento dell'animale impartito ai sensi dei precedenti articoli 2 e 4, è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria di ammontare pari a lire trecentomila per ogni capo non abbattuto.

3. Fuori dei casi previsti dal comma 1, i contravventori alle disposizioni del regolamento di polizia veterinaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 (6/a), sono soggetti a sanzione amministrativa pecuniaria, da lire cinquecentomila a lire duemilionicinquecentomila.

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(5/b) Riportata alla voce Sanità pubblica.

(6/a) Riportato al n. A/II.

 

7. 1. Le disposizioni degli articoli 10, 11 e 13 della legge 15 ottobre 1981, n. 590 (7), relative ai consorzi di produttori agricoli per la difesa attiva e passiva delle produzioni agricole, sono estese agli interventi in favore degli allevamenti di animali colpiti da malattie infettive e diffusive di cui al precedente articolo 2. La concessione delle provvidenze ivi previste è subordinata alla condizione che gli animali siano in regola con le disposizioni sanitarie vigenti e con le misure eventualmente adottate dalle associazioni di produttori e relative unioni.

2. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste provvede, con proprio decreto, agli adempimenti previsti dalla legge 15 ottobre 1981, n. 590 (7), in relazione all'attuazione del precedente comma 1.

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(7) Riportata alla voce Calamità pubbliche.

(7) Riportata alla voce Calamità pubbliche.

 

8. (8).

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(8) L'articolo che si omette aggiunge un periodo all'ultimo comma dell'art. 34, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, riportato alla voce Valore aggiunto (Imposta sul).

 

9. 1. Agli operai agricoli a tempo indeterminato, aventi una anzianità minima di sei mesi presso lo stesso datore di lavoro, che siano sospesi temporaneamente dal lavoro in conseguenza dei provvedimenti di cui agli articoli 2, comma 1, e 4, comma 2, il trattamento sostitutivo della retribuzione di cui all'articolo 8 della legge 8 agosto 1972, n. 457 (9), è concesso per tutte le giornate di lavoro non prestate nei sei mesi successivi alla data di adozione dei provvedimenti di cui ai richiamati articoli.

2. Ai fini della individuazione del semestre di fruizione del trattamento di integrazione salariale non devono essere considerate le giornate eventualmente lavorate per le operazioni di abbattimento dei capi infetti, di disinfezione delle stalle e di manutenzione finalizzate al ripristino dell'allevamento.

3. Il trattamento sostitutivo della retribuzione di cui al comma 1 non spetta agli operai dipendenti dalle imprese indicate al terzo comma dell'articolo 19 della legge 8 agosto 1972, n. 457 (9).

4. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, valutato in lire 3.500 milioni, si provvede a carico della gestione di cui all'articolo 26 della legge 21 dicembre 1978, n. 845 (10).

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(9) Riportata alla voce Previdenza sociale.

(9) Riportata alla voce Previdenza sociale.

(10) Riportata alla voce Lavoro.


D.M. 20 luglio 1989, n. 298
Regolamento per la determinazione dei criteri per il calcolo del valore di mercato degli animali abbattuti ai sensi della legge 2 giugno 1988, n. 218, recante misure per la lotta contro l'afta epizootica ed altre malattie epizootiche degli animali.

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 25 agosto 1989, n. 198.

(2) Riportata al n. A/CXLVI.

 

IL MINISTRO DELLA SANITÀ

di concerto con

IL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA E DELLE FORESTE

Visto il testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni;

Visto il regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320;

Vista la legge 23 dicembre 1978, n. 833;

Visto l'art. 2 della legge 2 giugno 1988, n. 218;

Sentite le organizzazioni nazionali dei produttori zootecnici;

Considerato che ai sensi dell'art. 2, comma 4, della citata legge 2 giugno 1988, n. 218, l'indennità da concedere deve essere calcolata sulla base del valore medio degli animali della stessa specie e categoria secondo i criteri determinati dal Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste;

Sentito il Consiglio di Stato;

Emana il seguente regolamento:

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1. 1. L'indennità prevista dall'art. 2, comma 4, della legge 2 giugno 1988, n. 218 (2), a favore dei proprietari degli animali infetti o sospetti di infezione, o di contaminazione o sani recettivi, abbattuti a partire dal 4 giugno 1986, è calcolata sulla base del valore medio degli animali della stessa specie e categoria, secondo i criteri di cui al presente decreto.

2. Le indennità, pari al 100% del valore di mercato, per il periodo che decorre dal 4 giugno 1986 al 6 luglio 1988 sono corrisposte agli aventi diritto soltanto nei casi di abbattimento già registrati ai sensi del D.L. 29 settembre 1986, n. 594 (3); del D.L. 14 marzo 1987, n. 86 (3); del D.L. 23 maggio 1987, n. 205 (3) e del D.L. 27 luglio 1987, n. 303 (3).

3. Per quanto concerne gli equidi, l'indennità anzidetta viene calcolata sulla base del valore medio degli animali delle specie cavallina ed asinina, nonché degli ibridi mulo e bardotto, utilizzati per attività agricole, forestali, per il trasporto o per la produzione della carne.

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(2) Riportata al n. A/CXLVI.

(3) Il D.L. 29 settembre 1986, n. 594, il D.L. 14 marzo 1987, n. 86, il D.L. 23 maggio 1987, n. 205 e il D.L. 27 luglio 1987, n. 303, non sono stati convertiti in legge.

2. 1. Per gli animali appartenenti alle specie equine, bufaline, suine, ovine, caprine, cunicole, il valore di mercato riferito alla data dell'ordinanza di abbattimento è ricavato dalla media dei prezzi, per ciascuna specie e categoria, rilevati su tutte le piazze riportate nell'ultimo listino settimanale pubblicato dall'Istituto per studi, ricerche ed informazioni sul mercato agricolo I.S.M.E.A., istituito con decreto del Presidente della Repubblica 23 maggio 1987, n. 278 (4).

2. Con la stessa procedura di cui al comma 1 viene individuato il valore di mercato per gli avicoli abbattuti e per l'abbattimento di famiglie di api o di pesci da acquacoltura.

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(4) Comma così sostituito dall'art. 1, D.M. 19 agosto 1996, n. 587 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272).

 

3. 1. L'individuazione, per specie e categoria, degli animali di cui all'art. 2 deve essere preventivamente effettuata dal veterinario pubblico ufficiale, eventualmente assistito, senza oneri per l'amministrazione:

a) per le specie bovine, bufaline, suine, equine, ovine, caprine, cunicole, da un rappresentante dell'Associazione provinciale allevatori competente per territorio;

b) per gli avicoli e per i suini riproduttori ibridi, un rappresentante incaricato rispettivamente dall'Unione nazionale avicola e dall'Associazione nazionale allevatori suini (5);

c) Per le famiglie di api e pesci da acquacoltura da un rappresentante delle organizzazioni, rispettivamente degli apicoltori o dei pescicoltori o, in mancanza, da un funzionario tecnico dell'assessorato regionale all'agricoltura competente per territorio.

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(5) Lettera così sostituita dall'art. 2, D.M. 19 agosto 1996, n. 587 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272).

 

4. 1. Il rappresentante di ciascuna delle associazioni di categoria di cui all'art. 3 dovrà essere preventivamente invitato sia a presenziare che a controfirmare il relativo verbale; dell'eventuale rifiuto alla controfirma sarà fatta menzione nel verbale stesso.

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5. 1. In assenza dei rilevamenti I.S.M.E.A. di cui ai precedenti articoli 2 e 3, il valore di mercato degli animali abbattuti viene ricavato dal valore medio dei prezzi indicati per la stessa specie e categoria nei bollettini settimanali dei prezzi pubblicati anteriormente alla data dell'ordinanza di abbattimento dalle camere di commercio, industria, agricoltura ed artigianato e riferiti ai mercati indicati negli allegati numeri 1, 2, 3, 4, 5 e 6.

2. Per le categorie di animali che non risultino nei suddetti bollettini o in mancanza di bollettini camerali dei mercati di cui ai citati allegati, il valore di mercato è stabilito da un'apposita commissione nominata dalla regione competente per territorio e costituita: dall'assessore regionale alla sanità, o da un suo delegato, con funzioni di presidente, da un funzionario della carriera direttiva del servizio zootecnico dell'assessorato regionale all'agricoltura, da un funzionario veterinario designato dall'assessore regionale alla sanità, da due rappresentanti dell'Associazione italiana allevatori.

3. Espleta le funzioni di segretario un funzionario della carriera direttiva amministrativa dell'assessorato regionale alla sanità.

4. La commissione si riunisce validamente a maggioranza dei componenti e delibera a maggioranza dei presenti.

5. L'assessore regionale alla sanità notifica i deliberati della commissione ai sindaci dei comuni interessati, per il calcolo dell'ammontare complessivo dell'indennità da corrispondere agli aventi diritto.

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6. 1. Il provvedimento del sindaco di cui al comma 2 dell'art. 4 della legge 2 giugno 1988, n. 218, è trasmesso con la relativa documentazione alla regione competente per territorio che provvede direttamente a liquidare a favore degli aventi diritto le indennità ad essi riconosciute.

2. Dette indennità saranno corrisposte sulla base della seguente documentazione:

a) decreto del sindaco relativo all'abbattimento e, se del caso, alla distruzione degli animali;

b) attestato del sindaco comprovante la piena esecuzione del decreto di abbattimento e dell'eventuale distruzione degli animali;

c) attestato del sindaco dal quale risulti che gli allevatori o detentori degli animali abbattuti hanno rispettato le norme stabilite dall'art. 264 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, dal regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 e dalla citata legge 2 giugno 1988, n. 218.

3. Con riferimento ai soli animali riproduttori iscritti ai libri genealogici al fine dell'applicazione delle corrispondenti maggiorazioni dell'indennità base, stabilite per detti animali negli allegati numeri 1, 2, 3, 4 e 6 di cui al presente decreto, è richiesto inoltre:

a) attestato rilasciato dall'Associazione nazionale allevatori, che gestisce il libro genealogico o il registro anagrafico di specie o razza, o che coordina l'albo nazionale dei registri dei suini ibridi, dal quale risulti che gli animali erano iscritti al libro genealogico o al registro anagrafico, ovvero al registro dei riproduttori suini ibridi, approvati dal Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali ai sensi dell'art. 3 della legge 15 gennaio 1991, n. 30 (6).

4. Con riferimento alle sole ipotesi in cui la vigente normativa sanitaria impone l'obbligo di vaccinazione, è richiesto, altresì:

a) attestato dell'unità sanitaria locale competente per territorio dal quale risulti che gli animali abbattuti erano stati vaccinati in conformità alle ordinanze delle competenti autorità sanitarie.

5. Ai fini dell'applicazione della maggiorazione dell'indennità base di cui all'art. 2 della legge 2 giugno 1988, n. 218, alla documentazione sopraelencata dovrà essere allegata anche:

a) dichiarazione rilasciata dall'ufficio IVA competente per territorio, oppure dichiarazione sostitutiva di atto notorio, attestante che il proprietario degli animali abbattuti è un produttore agricolo che non ha esercitato l'opzione di cui all'ultimo comma dell'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

6. Qualora sia stata consentita l'utilizzazione delle carni degli animali di cui è stato disposto l'abbattimento, per uso alimentare umano o per altri utilizzi consentiti, devono essere allegati i seguenti documenti:

a) nel caso di vendita, la fattura, o qualora questa non sia prevista dalla normativa vigente, la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà da parte del produttore agricolo venditore, dalla quale risultino: quantità e qualità delle carni vendute, specie, razza e categoria dell'animale da cui provengono e generalità del compratore;

b) nel caso di utilizzo delle carni per uso alimentare familiare, dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà da parte del produttore agricolo dalla quale risultino: quantità e qualità delle carni non distrutte, specie, razza e categoria dell'animale da cui provengono, nonché specificazione che le stesse sono state o saranno effettivamente utilizzate per lo scopo suddetto.

7. Il valore delle carni, nei casi in cui venga presentata la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, viene stabilito, caso per caso, dalla apposita commissione di cui al precedente art. 5.

8. Qualora sia stata disposta dalla competente autorità sanitaria la distruzione di attrezzature fisse o mobili e/o mangimi, prodotti agricoli, prodotti zootecnici contaminati al fine della concessione dell'indennità prevista dall'art. 2, comma 4, della legge n. 218 del 1988 deve essere allegato anche il relativo verbale di distruzione contenente la specificazione delle attrezzature e/o dei prodotti distrutti, nonché la stima del valore di tali attrezzature e/o prodotti redatta da un tecnico della materia iscritto all'albo dei periti del tribunale competente per territorio.

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(6) Lettera così sostituita dall'art. 3, D.M. 19 agosto 1996, n. 587 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272).

 

7. 1. Il decreto interministeriale 8 novembre 1968 (7) (Gazzetta Ufficiale n. 16 del 20 gennaio 1969) e il decreto interministeriale 27 aprile 1983 (8) (Gazzetta Ufficiale n. 123 del 6 maggio 1983) sono abrogati.

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(7) Riportato al n. A/XXIX-bis.

(8) Recante modifiche al D.M. 8 novembre 1968, riportato al n. A/XXIX-bis.

 

8. 1. Gli allegati numeri 1, 2, 3, 4, 5 e 6 sono parte integrante del presente decreto.

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9. 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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(Si omettono gli allegati)


D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 532
Attuazione della direttiva 91/628/CEE relativa alla protezione degli animali durante il trasporto

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 11 gennaio 1993, n. 7, S.O.

(2) Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'art. 17 della legge 19 dicembre 1992, n. 489, recante delega al Governo per l'attuazione della direttiva 91/628/CEE del Consiglio del 19 novembre 1991;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23 dicembre 1992;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 dicembre 1992;

Sulla proposta dei Ministri per il coordinamento delle politiche comunitarie e per gli affari regionali e della sanità, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia e del tesoro (3);

Emana il seguente decreto legislativo:

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(3) Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 4 maggio 1994, n. 102.

 

Capitolo I - Disposizioni Generali

1. 1. Il presente decreto si applica al trasporto di:

a) solipedi domestici ed animali domestici della specie bovina, ovina, caprina e suina;

b) pollame, volatili e conigli domestici;

c) cani e gatti domestici;

d) altri mammiferi e volatili;

e) altri animali vertebrati e animali a sangue freddo.

2. Il presente decreto non si applica:

a) ai trasporti privi di qualsiasi carattere commerciale e ad ogni singolo animale accompagnato da una persona fisica che ne ha la responsabilità durante il trasporto;

b) ai trasporti di animali domestici da compagnia che accompagnano il loro padrone nel corso di un viaggio privato;

c) fatte salve le disposizioni nazionali applicabili in materia, ai trasporti di animali effettuati:

1) su una distanza massima di 50 chilometri a partire dall'inizio del trasporto degli animali fino al luogo di destinazione;

2) dagli allevatori con veicoli agricoli o mezzi di trasporto di loro proprietà nel caso in cui le circostanze geografiche impongano una transumanza stagionale senza scopo lucrativo per alcuni tipi di animali (4).

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(4) Comma così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262).

 

2. 1. Ai fini del presente decreto sono applicabili, all'occorrenza, le definizioni di cui ai DD.LL. che attuano le direttive 89/662/CEE, 90/425/CEE, 90/675/CEE e 91/496/CEE.

2. Si intende inoltre per:

a) «mezzo di trasporto»: le parti di veicoli stradali, veicoli su rotaia, navi ed aerei utilizzati per il carico e il trasporto di animali, nonché i contenitori per il trasporto terrestre, marittimo o aereo;

b) «trasporto»: ogni trasferimento di animali effettuato con un mezzo di trasporto, che comprenda il carico e lo scarico degli animali;

c) «punto di sosta»: un luogo in cui il viaggio è interrotto a scopo di riposo, alimentazione o abbeveraggio degli animali;

d) «punto di trasferimento»: il luogo in cui il trasporto è interrotto allo scopo di trasferire gli animali da un mezzo di trasporto ad un altro;

e) «luogo di partenza»: il luogo in cui, fatto salvo l'articolo 1, comma 2, gli animali sono caricati per la prima volta su un mezzo di trasporto, nonché tutti i luoghi in cui gli animali sono stati scaricati e stabulati per ventiquattro ore, abbeverati, nutriti, nonché, se necessario, curati, ad eccezione di qualsiasi punto di sosta o di trasferimento; possono essere parimenti considerati «luoghi di partenza» i mercati ed i centri di raccolta autorizzati (5):

quando il primo luogo di carico degli animali è distante meno di 50 km dai summenzionati mercati, o centri ovvero quando, nel caso in cui la distanza sia superiore a 50 km, gli animali hanno beneficiato di un periodo di riposo di una durata da stabilirsi secondo le procedure comunitarie e sono stati abbeverati e nutriti prima di essere nuovamente caricati sul mezzo di trasporto;

f) «luogo di destinazione»: il luogo in cui gli animali sono scaricati definitivamente da un mezzo di trasporto; il luogo di destinazione non comprende un punto di sosta o un punto di trasferimento;

g) «viaggio»: il trasporto dal luogo di partenza al luogo di destinazione.

h) «periodo di riposo»: un periodo continuo nel corso del viaggio, durante il quale gli animali non sono spostati con un mezzo di trasporto (6);

i) «trasportatore»: qualsiasi persona fisica o giuridica che, per fini commerciali e a scopo di lucro trasporta animali per conto proprio o per conto terzi nonché chi mette a tal fine un mezzo di trasporto a disposizione di terzi (6).

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(5) Lettera così modificata dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262).

(6) Lettera aggiunta dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262).

 

Capitolo II - Trasporto e controlli nel territorio della Comunità

3. 1. I posti di ispezione frontaliera, gli uffici di cui all'allegato A del D.L. che attua la direttiva 89/608 e le Unità Sanitarie Locali, secondo le rispettive competenze vigilano affinché:

a) il trasporto di animali nel territorio e da questo ad altro Stato membro sia effettuato conformemente al presente decreto e rispettando, per ciascuna specie, le disposizioni di cui all'allegato;

a-bis) lo spazio, inteso come densità di carico, per gli animali sia almeno conforme ai dati fissati nel capitolo VI dell'allegato in ordine agli animali e ai mezzi di trasporto menzionati in tale capitolo; le durate del trasporto e del periodo di riposo nonché gli intervalli di alimentazione e abbeveraggio per taluni tipi di animali siano conformi alle norme stabilite nel capitolo VII dell'allegato, in relazione agli animali menzionati in tale capitolo, fatte salve le disposizioni del regolamento (CEE) 3820/85 (7);

b) siano trasportati soltanto animali idonei a sopportare il viaggio previsto e unicamente qualora siano state prese disposizioni adeguate per la cura degli animali durante il viaggio e al loro arrivo nel luogo di destinazione; gli animali malati o feriti non sono considerati idonei al trasporto, salvo:

1) gli animali lievemente feriti o malati, per i quali il trasporto non sia causa di sofferenze inutili;

2) gli animali trasportati ai fini di ricerche scientifiche approvate;

c) gli animali che si ammalano o si feriscono durante il trasporto beneficino, appena possibile, di interventi immediati e, ove occorra, di un trattamento veterinario appropriato e, se necessario, siano macellati con urgenza evitando loro sofferenze inutili.

2. In deroga al comma l, lettera b), si può consentire il trasporto di animali destinati ad un trattamento veterinario di emergenza o alla macellazione di emergenza in condizioni non conformi al presente decreto, tali trasporti sono permessi soltanto a condizione che gli animali interessati non debbano subire indebite sofferenze o maltrattamenti; se del caso il Ministero della Sanità, adotta, secondo le procedure comunitarie, norme specifiche di applicazione.

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(7) Lettera aggiunta dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262).

 

4. 1. Le autorità di cui all'art. 3, comma 1 vigilano affinché durante il viaggio, gli animali siano identificati e registrati conformemente al titolo II del D.L. che attua la direttiva 90/425/CEE nonché accompagnati dai documenti previsti dalla normativa comunitaria o nazionale che consentano all'autorità competente di controllare:

1) l'origine ed il proprietario degli animali;

2) il luogo di partenza e il luogo di destinazione;

3) la data e l'ora di partenza.

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5. 1. Ogni trasportatore deve:

a) essere iscritto in apposito registro presso l'azienda sanitaria locale territorialmente competente in ragione della sua residenza o sede legale; nel registro sono annotati tutti gli elementi atti a consentire la sua rapida individuazione da parte dell'autorità di controllo per il caso di inosservanza alle prescrizioni di cui al presente decreto;

b) essere in possesso:

1) se stabilito nel territorio nazionale, di una autorizzazione valida per tutti i trasporti di animali vertebrati effettuati su uno dei territori elencati nell'allegato I al decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 93, rilasciata dalla azienda sanitaria locale di cui alla lettera a). Il suddetto trasportatore deve avvalersi, in caso di affidamento del trasporto di animali vivi ad altri, di soggetti in possesso dei requisiti di cui al comma 2;

2) se stabilito in un Paese terzo, di un'autorizzazione rilasciata dall'autorità competente di uno Stato membro, previa sottoscrizione di impegno a rispettare le prescrizioni della normativa veterinaria comunitaria. In tale impegno deve essere precisato, in particolare, che il trasportatore ha adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle prescrizioni del presente decreto fino al luogo di destinazione, che, ove si trovi in Paesi terzi, è quello definito dalla relativa legislazione comunitaria e deve essere altresì precisato che la persona alla quale viene affidato il trasporto sia in possesso dei requisiti di cui al comma 2;

c) non trasportare, né fare trasportare, animali in condizioni tali da poterli esporre a lesioni o a sofferenze inutili;

d) utilizzare mezzi di trasporto tali da garantire il rispetto delle prescrizioni comunitarie, in particolare delle prescrizioni previste dall'allegato, in materia di benessere durante il trasporto.

2. La persona alla quale viene affidato il trasporto, fatto salvo quanto previsto dal capitolo I, sezione A, punto 6, lettera b), dell'allegato, deve possedere una formazione specifica acquisita presso l'impresa o presso un organismo di formazione o avere un'esperienza pratica equivalente per procedere alla manipolazione e al trasporto di animali vertebrati nonché per prestare, se necessario, l'assistenza appropriata agli animali trasportati, comunque attestata dall'azienda sanitaria locale che ha concesso l'autorizzazione al trasportatore.

3. In caso di trasporto, il trasportatore deve:

a) stabilire, per gli animali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), destinati agli scambi o all'esportazione, nel caso in cui la durata del viaggio sia superiore a otto ore, un ruolino di marcia conforme al modello di cui al capitolo VIII dell'allegato, che deve accompagnare il certificato sanitario durante il viaggio e nel quale siano precisati i punti di sosta e di eventuale trasferimento; un solo ruolino di marcia deve essere compilato per coprire tutta la durata del viaggio;

b) presentare il ruolino di marcia di cui alla lettera a) al veterinario ufficiale competente per la redazione del certificato sanitario; il numero o i numeri dei certificati devono essere indicati nel ruolino di marcia su cui è apposta la stampigliatura e la firma del veterinario ufficiale del luogo di partenza; questi notifica l'esistenza del ruolino di marcia mediante il sistema ANIMO;

c) accertarsi che:

1) l'originale del ruolino di marcia di cui alla lettera a) sia:

a) compilato e completato, nel momento opportuno, solo dalle persone a ciò legittimate;

b) unito al certificato sanitario che accompagna il trasporto durante tutta la durata del viaggio;

2) il personale incaricato del trasporto:

a) menzioni sul ruolino di marcia l'ora e il luogo in cui gli animali sono stati alimentati e abbeverati durante il trasporto;

b) faccia vistare, dal veterinario del posto di ispezione frontaliera o del punto di uscita designato da uno Stato membro, il ruolino di marcia, in caso di esportazione e quando il periodo di trasporto nel territorio comunitario è superiore a otto ore; il veterinario appone il visto previo controllo della stampigliatura e della firma e dopo aver controllato gli animali stabilendo che possono continuare il viaggio. Le spese sostenute per il controllo veterinario sono a carico dell'operatore che effettua l'esportazione secondo tariffe stabilite dall'articolo 5, comma 12, della legge 29 dicembre 1990, n. 407;

c) invii, al rientro, il ruolino di marcia all'autorità competente del luogo di origine del trasporto degli animali;

d) conservare una copia del ruolino di marcia per un periodo di almeno due anni, da presentare, su richiesta, all'autorità competente per eventuali verifiche;

e) fornire, a seconda delle specie di animali trasportate e quando la distanza implichi il rispetto delle disposizioni di cui al punto 4 del capitolo VII dell'allegato, la prova che sono state prese le misure per soddisfare le necessità di abbeverare e di alimentare gli animali trasportati durante il viaggio anche in caso di modifica del ruolino di marcia o di interruzione del viaggio per motivi indipendenti dalla sua volontà;

f) accertarsi che gli animali siano avviati senza indugio al loro luogo di destinazione;

g) accertarsi, fatta salva l'osservanza delle disposizioni di cui al capitolo III dell'allegato, che gli animali di specie non previste dal capitolo VII dell'allegato siano abbeverati ed alimentati in modo adeguato ad opportuni intervalli durante il trasporto.

4. Le disposizioni di cui al comma 3, lettera c), punto 2), si applicano anche nel caso di esportazioni effettuate mediante trasporto marittimo e quando la durata del viaggio supera le otto ore.

5. Le autorità competenti di cui all'articolo 3, comma 1, provvedono affinché:

a) i punti di sosta stabiliti dal trasportatore ai sensi del comma 3, lettera a), soddisfino i criteri comunitari fissati con regolamento (CE) 1255/97 e siano sottoposti a periodici controlli;

b) gli animali pervenuti presso i punti di sosta siano controllati e ritenuti idonei a proseguire il viaggio.

6. Le spese relative all'osservanza dei requisiti in materia di alimentazione, abbeveraggio e riposo degli animali sono a carico del trasportatore (8).

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(8) Articolo così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262). Vedi, anche, l'art. 10, D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 196, riportato al n. A/CCLXIX.

 

6. 1. Nell'allegato A, parte II del D.L. che attua le direttive 89/662 e 90/425/CEE, la sezione I è completata dal riferimento seguente:

«D.L. che attua la direttiva 91/628/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1991».

2. Lo scambio di informazioni tra autorità per il rispetto delle prescrizioni del presente decreto deve essere integrato nel sistema informatizzato previsto nel D.L. che attua le direttive 89/662 e 90/425/CEE, ANIMO e, per le importazioni in provenienza dai Paesi terzi nel progetto SHIFT.

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7. 1. Le autorità di cui all'art. 3, comma 1, provvedono affinché vengano prese tutte le misure necessarie per prevenire o ridurre al minimo i ritardi durante il trasporto o le sofferenze degli animali in caso di sciopero o qualora altre circostanze imprevedibili impediscano l'applicazione del presente decreto; in particolare le autorità competenti adotteranno provvedimenti speciali presso porti, aeroporti, stazioni ferroviarie, scali di smistamento, posti di ispezione frontalieri, per accelerare il trasporto degli animali nelle condizioni conformi alle prescrizioni del presente decreto.

2. Fatte salve le altre misure comunitarie di polizia sanitaria, nessuna partita di animali può essere trattenuta durante il trasporto, salvo qualora sia veramente indispensabile per il benessere degli animali; allorquando una partita di animali deve essere trattenuta durante il trasporto per più di due ore, si dovranno prendere le misure appropriate per la cura degli animali, e, ove occorra, per il loro scarico e l'eventuale stabulazione.

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8. 1. Le autorità competenti di cui all'articolo 3, comma 1, verificano, nel rispetto dei princìpi e delle norme di controllo di cui al decreto legislativo 30 gennaio 1993, n. 28, e successive modifiche, l'osservanza delle prescrizioni di cui al presente decreto, senza discriminazioni, controllando:

a) i mezzi di trasporto e gli animali durante il trasporto stradale;

b) i mezzi di trasporto e gli animali al momento del loro arrivo ai luoghi di destinazione;

c) i mezzi di trasporto e gli animali nei mercati, nei luoghi di partenza nonché nei punti di sosta e di trasferimento;

d) le indicazioni riportate nei documenti d'accompagnamento.

2. I controlli di cui al comma 1 devono essere effettuati su un campione rappresentativo di animali trasportati sul territorio nazionale nel corso di ciascun anno e possono essere contestuali a quelli effettuati per altri scopi.

3. Le autorità di cui al comma 1 trasmettono al Ministero della sanità, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione che riporta il numero di controlli effettuati nel corso dell'anno precedente, in relazione a ciascuna delle tipologie di controllo previste al comma 1, compresi gli elementi relativi alle infrazioni constatate e le azioni ad esse conseguenti; il Ministero della sanità trasmette alla Commissione europea una relazione redatta sulla base di tali dati.

4. Fermi restando i controlli di cui al comma 1, le autorità di cui al comma 1 possono effettuare, durante il trasporto degli animali, ulteriori controlli sugli animali qualora dispongano di informazioni che consentano di presumere un'infrazione (9).

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(9) Articolo così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262).

 

9. 1. Chiunque constati, durante il trasporto, che le disposizioni del presente decreto non sono o non sono state rispettate, informa l'autorità competente del luogo in cui si è accertato il fatto, e quest'ultima chiede al responsabile del trasporto di adottare i provvedimenti necessari per la tutela del benessere degli animali interessati.

Tali misure possono prevedere:

a) che venga terminato il viaggio o che gli animali siano riportati al luogo di partenza seguendo il percorso più diretto, purché tale misura non provochi sofferenze indebite agli animali;

b) che gli animali siano adeguatamente stabulati e beneficino delle cure appropriate fino a che venga trovata una soluzione al problema;

c) che si proceda alla macellazione degli animali, senza causare sofferenze inutili.

2. Qualora il responsabile del trasporto non ottemperi alle ingiunzioni dell'autorità competente, quest'ultima procede alla esecuzione coattiva con spese a carico dell'interessato.

3. Le decisioni adottate dalle competenti autorità devono essere comunicate, con l'indicazione delle relative motivazioni, allo speditore o al suo mandatario, nonché, mediante il sistema ANIMO, e secondo modalità, incluse quelle finanziarie, da determinarsi in sede comunitaria, alla competente autorità dello Stato membro speditore per il tramite degli uffici di cui all'allegato A del D.L. che attua la direttiva 89/608/CEE (10).

4. A richiesta dello speditore o del suo mandatario, le decisioni motivate devono essergli comunicate per iscritto con l'indicazione delle vie di ricorso nonché della forma e dei termini prescritti per il ricorso stesso; tuttavia, in caso di lite e qualora le due parti siano d'accordo, esse possono, entro un termine massimo di un mese, sottoporre la lite alla valutazione di un esperto che figuri, in un elenco di esperti della comunità che sarà stabilito dalla Commissione, per il tramite degli uffici di cui al comma 3: le parti si conformano al parere dell'esperto.

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(10) Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262).

 

10. 1. Le autorità competenti assicurano l'assistenza necessaria e ogni collaborazione agli esperti veterinari incaricati dalla Commissione europea di effettuare controlli sul posto al fine di verificare l'osservanza delle disposizioni previste dal presente decreto (9).

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(9) Articolo così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262).

 

Capitolo III - Importazione da Paesi terzi

11. 1. Si applicano le norme del D.L. che attua la direttiva 91/496/CEE, in particolare per quanto riguarda l'organizzazione ed il seguito da dare ai controlli.

2. L'importazione, il transito e il trasporto attraverso il territorio comunitario di animali vivi in provenienza da Paesi terzi, ai sensi del presente decreto, sono autorizzati soltanto se il trasportatore:

a) s'impegna per iscritto a rispettare le prescrizioni del presente decreto, in particolare quelle di cui all'articolo 5, ed ha adottato le disposizioni necessarie per conformarvisi;

b) presenta il ruolino di cui all'articolo 5 (11).

2-bis. Il veterinario ufficiale del posto di ispezione frontaliera, all'atto del controllo del rispetto delle prescrizioni di cui al comma 2, deve verificare il rispetto delle condizioni di benessere degli animali; ove accerti l'inosservanza delle prescrizioni concernenti l'abbeveraggio e l'alimentazione degli animali, adotta, a spese dell'interessato, le misure previste all'articolo 9 (12).

2-ter. Il certificato o i documenti previsti all'articolo 4, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 93, sono completati secondo le modalità stabilite in sede comunitaria; in attesa della adozione delle relative modalità, si applicano le norme nazionali in materia, nel rispetto delle disposizioni generali del Trattato (12).

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(11) Comma così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262).

(12) Comma aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262).

 

 

Capitolo IV - Disposizioni finali

12. 1. Il Ministero della Sanità può chiedere, a seguito di disposizioni comunitarie, che i certificati o documenti di accompagnamento previsti per il trasporto degli animali di cui all'art. 1 debbano essere completati da un attestato dell'autorità competente, ai sensi del decreto legislativo di attuazione delle direttive 89/662 e 90/425, in materia di tutela del benessere degli animali.

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13. 1. Il Ministero della Sanità con proprio regolamento adotta norme integrative e di applicazione del presente decreto e dispone le verifiche necessarie perché siano ammessi agli scambi soltanto animali trattati conformemente alle presenti disposizioni.

2. Le Regioni a statuto ordinario ed a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano possono prevedere o mantenere norme più favorevoli e stabilire le relative sanzioni pecuniarie amministrative, informandone il Ministero della Sanità.

3. Ferma restando la competenza generale del Comune a vigilare sul rispetto delle norme di protezione degli animali anche tramite le guardie zoofile delle associazioni di volontariato, fatta salva la competenza del Prefetto a vigilare sulle violazioni all'art. 727 del Codice penale, le Unità Sanitarie Locali nell'ambito della vigilanza di cui all'art. 6, lettera u) della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (13), controllano l'applicazione delle disposizioni del presente decreto.

4. Il Ministero della Sanità comunica alla Commissione le disposizioni più favorevoli adottate anche in applicazione delle raccomandazioni del Consiglio d'Europa e delle disposizioni della legge 1985, n. 623 (14).

5. Le entrate previste dall'art. 5, comma 12 della legge 29 dicembre 1990, n. 407 (15), sono utilizzate anche per le attività che il personale del Ministero della Sanità svolge nell'ambito delle funzioni di controllo, programmazione, verifica, informazione ed educazione sanitaria.

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(13) Riportata alla voce Sanità pubblica.

(14) Riportata al n. H/XX.

(15) Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

 

14. 1. Salvo che il fatto costituisca reato, il trasportatore che viola le disposizioni relative al trasporto degli animali di cui agli articoli 3, 4 e 5 del presente decreto è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire tre milioni a lire diciotto milioni (16).

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(16) Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262).

 

14-bis. 1. Fermo restando quanto previsto all'articolo 14, l'azienda sanitaria locale competente sospende l'autorizzazione di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), in caso di infrazioni ripetute al presente decreto o la ritira, in caso di infrazioni che comportino una grave sofferenza per gli animali.

2. Qualora le autorità competenti di cui all'articolo 3, comma 1, constatino il mancato rispetto delle prescrizioni di cui al presente decreto, informano l'autorità competente dello Stato membro che ha rilasciato l'autorizzazione; quest'ultima adotta tutte le misure opportune e, segnatamente, quelle previste al comma 1, comunicando all'autorità competente che ha rilevato l'infrazione e alla Commissione europea la decisione adottata e le relative motivazioni.

3. Al fine di assicurare il rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, si applicano le disposizioni previste dal decreto legislativo 30 gennaio 1993, n. 27, in materia di reciproca assistenza.

4. In caso di constatazione di infrazioni gravi o ripetute, all'esito negativo della procedura di cui al comma 3, il Ministero della sanità, sentita la Commissione europea, può vietare temporaneamente al trasportatore che ha commesso tali infrazioni di trasportare animali sul territorio nazionale.

5. Le autorità che procedono all'accertamento di infrazioni al presente decreto, trasmettono all'azienda sanitaria locale di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), tutti gli elementi ad esse relativi ai fini dell'applicazione del comma 1 (17).

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(17) Articolo aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 388 (Gazz. Uff. 9 novembre 1998, n. 262).

 

 

Si omettono gli allegati

 

 

 


D.M. 18 marzo 1993
Determinazione dei parametri e modalità per il sostegno dei redditi delle aziende zootecniche colpite da infezioni epizootiche

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 27 marzo 1993, n. 72.

(2) Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

 

IL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA E DELLE FORESTE

Vista la legge 25 maggio 1970, n. 364, istitutiva del Fondo di solidarietà nazionale e le successive modifiche e integrazioni di cui alle leggi 15 ottobre 1981, n. 590, e 14 febbraio 1992, n. 185;

Vista la legge 2 giugno 1988, n. 218, che prevede misure per la lotta contro l'afta epizootica ed altre malattie epizootiche degli animali;

Visto l'art. 6 della legge 14 febbraio 1992, n. 185, che consente ai consorzi di produttori agricoli, costituiti per la difesa attiva e passiva delle produzioni agricole, di concorrere al sostegno dei redditi delle aziende zootecniche colpite da infezioni epizootiche per il periodo di fermo dell'allevamento, applicando parametri e modalità fissati con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste;

Visti i pareri pervenuti dalle regioni, dalle province autonome e dai consorzi di difesa delle produzioni agricole;

Ritenuto di provvedere alla determinazione dei parametri e delle modalità per l'applicazione dell'art. 6 precitato;

Decreta:

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1. I consorzi di difesa delle produzioni agricole possono deliberare, ai sensi dell'art. 6 della legge 14 febbraio 1992, n. 185 (3), di concorrere al sostegno dei redditi delle aziende zootecniche dei propri associati, colpite dalle seguenti infezioni epizootiche, presenti sul territorio nazionale:

afta epizootica;

peste suina classica;

peste suina africana;

vescicolare;

pleuropolmonite.

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(3) Riportata al n. B/XLV.

 

2. 1. Possono beneficiare delle provvidenze contributive di sostegno al reddito, ai sensi dell'art. 6 della legge 14 febbraio 1992, n. 185 (3), le aziende zootecniche che:

sono associate ad un consorzio di difesa delle produzioni agricole operante nel territorio provinciale;

aderiscono all'iniziativa entro il 30 marzo di ogni anno, denunciando il numero dei capi adulti di bovini, ovini, caprini e suini, presenti in azienda;

si impegnano a versare la quota contributiva, tramite ruoli esattoriali, in relazione al numero dei capi denunciati e nella misura stabilita annualmente dall'assemblea generale dei soci;

si impegnano a rispettare tutte le norme igienico-sanitarie per la salvaguardia dell'allevamento.

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(3) Riportata al n. B/XLV.

 

3. 1. Per l'attuazione delle iniziative di cui all'art. 1, i consorzi di difesa possono costituire un fondo di riserva nella gestione della cassa sociale che sarà alimentato annualmente dal contributo dei soci allevatori, nella misura stabilita annualmente dall'assemblea generale, per ogni capo adulto denunciato.

Dal fondo di riserva saranno prelevate le risorse per l'erogazione dei contributi ai soci che in presenza di infezioni abbiano subito l'abbattimento totale dell'allevamento.

In alternativa alla costituzione del fondo di riserva, il consorzio può ricorrere al prefinanziamento bancario, ponendo a carico del socio la spesa a consuntivo. In tal caso, gli oneri di prefinanziamento non sono ammessi a contributo statale.

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4. 1. Il contributo di sostegno al reddito erogato ai soci allevatori deve essere contenuto nel limite massimo del 40% della produzione lorda vendibile della specie zootecnica abbattuta, che, in ragione di anno e per capo adulto iscritto nei rispettivi libri genealogici, è determinata in:

L.   1.600.000   per i bovini da carne; 

L.   3.350.000   per i bovini da latte; 

L.   520.000   per i suini da ingrasso; 

L.   1.800.000   per i suini da riproduzione; 

L.   350.000   per gli ovini da latte; 

L.   180.000   per gli ovini da carne; 

L.   450.000   per i caprini. 

Per i capi non iscritti nei libri genealogici saranno apportate le relative riduzioni tenuto conto delle specifiche capacità produttive.

Nell'adozione dell'aliquota contributiva, nel limite precitato del 40%, si terrà conto dell'iscrizione delle specie zootecniche nel libro genealogico, nonché dei costi fissi di gestione in relazione alla tipologia dell'allevamento.

Il contributo complessivo deve essere rapportato al periodo di fermo dell'allevamento che comunque non può superare:

a) sei mesi per la specie bovina;

b) tre mesi per la specie suina e ovicaprina.

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5. 1. Il contributo dello Stato, sulla spesa liquidata ai soci allevatori, previsto dall'art. 6, comma 3, della legge 14 febbraio 1992, n. 185 (3), è versato ai consorzi dopo l'approvazione dei conti consuntivi, in relazione alle documentate richieste dei consorzi stessi, presentate alle regioni competenti.

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(3) Riportata al n. B/XLV.

 

6. 1. In alternativa alle iniziative previste dall'art. 6 della legge 14 febbraio 1992, n. 185 (4), i consorzi possono deliberare di far ricorso a forme assicurative, ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera b), della stessa legge n. 185/1992, per i rischi indicati al precedente art. 1.

Per il calcolo dei valori assicurabili si applicano gli stessi parametri e modalità indicati al precedente art. 4.

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(4) Riportata al n. B/XLV.


D.Lgs. 1 settembre 1998, n. 333
Attuazione della direttiva 93/119/CE relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 1998, n. 226.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 24 aprile 1998, n. 128;

Vista la direttiva 93/119/CE, del Consiglio, del 22 dicembre 1993, relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento;

Vista la legge 2 agosto 1978, n. 439, recante norme per l'attuazione della direttiva n. 74/577/CEE, relativa allo stordimento degli animali prima della macellazione;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 maggio 1998;

Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

Acquisiti pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 agosto 1998;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per le politiche agricole, degli affari esteri, di grazia e giustizia e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;

Emana il seguente decreto legislativo:

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1. 1. Il presente decreto si applica al trasferimento, alla stabulazione, all'immobilizzazione, allo stordimento, alla macellazione ed all'abbattimento degli animali allevati detenuti per la produzione di carni, pelli, pellicce o altri prodotti, nonché all'abbattimento degli animali a fini di profilassi e lotta contro le malattie infettive e diffusive.

2. Ferme restando le vigenti disposizioni contro il maltrattamento degli animali, il presente decreto non si applica:

a) alle prove tecniche o scientifiche di metodi da utilizzare nelle attività di cui al comma 1, eseguite sotto il controllo dell'autorità competente;

b) [agli animali abbattuti in occasione di manifestazioni culturali o sportive] (1/a);

c) alla selvaggina abbattuta conformemente all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 17 ottobre 1996, n. 607 (2), e successive modifiche.

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(1/a) Lettera abrogata dall'art. 20, L. 21 dicembre 1999, n. 526.

(2) Riportato alla voce Carni.

 

2. 1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) macello: qualsiasi stabilimento o attrezzatura, comprese le attrezzature per il trasferimento e la stabulazione degli animali, utilizzati per la macellazione a fini commerciali degli animali di cui all'articolo 5, comma 1;

b) trasferimento: lo scarico di animali o il loro trasporto dalle piattaforme di scarico, dai recinti o dalle stalle dei macelli, fino ai locali o ai luoghi di macellazione;

c) stabulazione: la custodia di animali in stalle, recinti o spazi coperti, nonché aree aperte utilizzati nei macelli, allo scopo di prestare loro, eventualmente, le cure necessarie (acqua, foraggio, riposo) prima della macellazione;

d) immobilizzazione: qualsiasi sistema inteso a limitare i movimenti degli animali per facilitare uno stordimento o abbattimento efficaci;

e) stordimento: qualsiasi procedimento che, praticato sugli animali, determina rapidamente uno stato di incoscienza che si protrae fino a quando non intervenga la morte;

f) abbattimento: qualsiasi procedimento che produca la morte dell'animale;

g) macellazione: l'uccisione dell'animale mediante dissanguamento;

h) autorità competente: il Ministero della sanità, il servizio veterinario della regione o provincia autonoma, il veterinario ufficiale quale definito all'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 18 aprile 1994, n. 286 (3), e successive modifiche; tuttavia per le macellazioni secondo determinati riti religiosi, l'autorità competente in materia di applicazione e controllo delle disposizioni particolari relative alla macellazione secondo i rispettivi riti religiosi è l'autorità religiosa per conto della quale sono effettuate le macellazioni; questa opera sotto la responsabilità del veterinario ufficiale per le altre disposizioni contenute nel presente decreto.

2. I titolari degli stabilimenti di macellazione presso i quali si intende macellare secondo determinati riti religiosi comunicano all'autorità sanitaria veterinaria territorialmente competente, per il successivo inoltro al Ministero della sanità, di essere in possesso dei requisiti prescritti.

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(3) Riportato al n. G/CVII.

 

3. 1. Le operazioni di trasferimento, stabulazione, immobilizzazione, stordimento, macellazione e abbattimento devono essere condotte in modo tale da risparmiare agli animali eccitazioni, dolori e sofferenze evitabili.

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4. 1. La costruzione, gli impianti e l'attrezzatura dei macelli, nonché il loro funzionamento devono essere tali da risparmiare agli animali eccitazioni, dolori e sofferenze evitabili.

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5. 1. I solipedi, i ruminanti, i suini, i conigli e i volatili da cortile, trasportati nei macelli ai fini della macellazione, devono essere:

a) trasferiti e, se necessario, stabulati conformemente alle indicazioni di cui all'allegato A;

b) immobilizzati conformemente alle indicazioni di cui all'allegato B;

c) storditi prima della macellazione o abbattuti istantaneamente conformemente alle disposizioni di cui all'allegato C;

d) dissanguati conformemente alle indicazioni di cui all'allegato D.

2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettera c), non si applicano alle macellazioni che avvengono secondo i riti religiosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h).

3. Gli stabilimenti che beneficiano delle deroghe di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 18 aprile 1996, n. 286 (4), e successive modifiche, nonché agli articoli 4 e 12 di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 495 (5), purché siano comunque rispettate le disposizioni di cui all'articolo 3, possono derogare:

a) alle disposizioni di cui al comma 1, lettera a), per i bovini;

b) alle disposizioni di cui al comma 1, lettera a), nonché ai procedimenti di stordimento ed abbattimento prescritti all'allegato C, per i volatili da cortile, i conigli, i suini, gli ovini e i caprini.

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(4) Riportato al n. G/CVII.

(5) Riportato alla voce Carni.

 

6. 1. Gli strumenti, il materiale per l'immobilizzazione, le attrezzature e gli impianti per lo stordimento o l'abbattimento devono essere progettati, costruiti, conservati ed utilizzati in modo da assicurare lo stordimento o l'abbattimento rapido ed efficace, in conformità alle disposizioni del presente decreto; l'accertamento della loro conformità ed idoneità ad assicurare tali esigenze specifiche è effettuato dal veterinario ufficiale che ne controlla anche regolarmente il buono stato.

2. Nel luogo di macellazione devono essere disponibili, per casi di emergenza, adeguati strumenti e attrezzature di ricambio opportunamente conservati e sottoposti a regolare controllo da parte del veterinario ufficiale.

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7. 1. Le operazioni di trasferimento, stabulazione, immobilizzazione, stordimento, macellazione o abbattimento di animali possono essere effettuate solo da persone in possesso della preparazione teorica e pratica necessaria a svolgere tali attività in modo umanitario ed efficace. Il personale che esegue le operazioni relative allo stordimento deve essere in possesso di un adeguato grado di qualificazione attestato dalla azienda unità sanitaria locale competente anche attraverso appositi corsi di formazione (5/a).

2. L'autorità competente si accerta dell'idoneità, delle capacità e conoscenze professionali delle persone incaricate della macellazione.

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(5/a) Periodo aggiunto dall'art. 20, L. 21 dicembre 1999, n. 526.

 

8. 1. L'ispezione e la sorveglianza dei macelli per accertare il rispetto delle disposizioni del presente decreto sono effettuati dall'autorità competente in qualsiasi momento anche in occasione di ispezioni rivolte ad altri fini.

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9. 1. Le disposizioni fissate nelle lettere b), c) e d) dell'articolo 5, comma 1, si applicano anche nei casi in cui gli animali, ivi indicati, vengono macellati in luogo diverso dal macello.

2. In deroga a quanto previsto al comma 1, nei casi di macellazione a domicilio da parte di privati di volatili da cortile, conigli, suini, ovini e caprini per consumo familiare, le prescrizioni fissate nelle lettere b), c) e d) dell'articolo 5, comma 1, non si applicano, purché siano rispettate le disposizioni di cui all'articolo 3 e gli animali delle specie suina, ovina e caprina siano stati storditi in precedenza (5/b).

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(5/b) Comma così modificato dall'art. 20, L. 21 dicembre 1999, n. 526.

 

10. 1. La macellazione e l'abbattimento, a fini di profilassi, degli animali di cui all'articolo 5, comma 1, devono avvenire in conformità delle disposizioni di cui all'allegato E.

2. Gli animali da pelliccia devono essere abbattuti, in conformità delle disposizioni di cui all'allegato F.

3. I pulcini di un giorno, come definiti all'articolo 2, comma 2, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 1993, n. 587 (6), e gli embrioni in eccedenza negli incubatoi, da eliminare, sono abbattuti il più rapidamente possibile, in conformità delle disposizioni di cui all'allegato G.

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(6) Riportato al n. E/VIII.

 

11. 1. Le disposizioni previste agli articoli 9 e 10 non si applicano agli animali che devono essere abbattuti immediatamente per motivi d'emergenza.

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12. 1. Gli animali feriti o malati devono essere macellati o abbattuti sul posto; il veterinario ufficiale può, tuttavia, autorizzare il loro trasporto per la macellazione o l'abbattimento purché ciò non comporti ulteriori sofferenze.

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13. 1. Le autorità competenti assicurano la necessaria collaborazione ed assistenza agli esperti della Commissione europea incaricati di effettuare controlli per verificare l'applicazione delle norme previste nel presente decreto.

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14. 1. Il certificato sanitario che accompagna le carni provenienti da un paese terzo deve essere completato dall'attestazione che le carni stesse sono state ottenute dagli animali di cui all'articolo 5, macellati nel rispetto di condizioni almeno equivalenti a quelle previste nel presente decreto.

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15. 1. Salvo che il fatto costituisca reato, l'inosservanza delle prescrizioni indicate all'articolo 5, comma 1, all'articolo 6, all'articolo 7, comma 1, nonché agli articoli 9 e 10 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquecentomila a lire tremilioni.

2. La ripetuta inosservanza delle prescrizioni indicate al comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duemilioni a lire dodicimilioni.

3. Le regioni che hanno stabilito sanzioni amministrative pecuniarie ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689 (7), in base alla delega contenuta all'articolo 5 della legge 14 ottobre 1985, n. 623 (8), per i casi di inosservanza alle prescrizioni poste a tutela degli animali destinati all'abbattimento, adeguano i contenuti delle leggi regionali disciplinanti la materia ai princìpi del presente decreto, nonché ai limiti minimo e massimo delle sanzioni amministrative pecuniarie comminate ai commi 1 e 2.

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(7) Riportata alla voce Ordinamento giudiziario.

(8) Riportata al n. H/XX.

 

16. 1. È abrogata la legge 2 agosto 1978, n. 439 (9).

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(9) Riportata al n. A/XCIX.

 

 

 

Si omettono gli allegati

 

 


D.L. 11 gennaio 2001, n. 1
Disposizioni urgenti per la distruzione del materiale specifico a rischio per encefalopatie spongiformi bovine e delle proteine animali ad alto rischio, nonché per l'ammasso pubblico temporaneo delle proteine animali a basso rischio. Ulteriori interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza derivante dall'encefalopatia spongiforme bovina

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 11 gennaio 2001, n. 8 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 9 marzo 2001, n. 49 (Gazz. Uff. 12 marzo 2001, n. 59), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Il comma 2 dello stesso articolo 1 ha abrogato il D.L. 14 febbraio 2001, n. 8 ed ha disposto che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge n. 8 del 2001.

(2) Titolo così modificato dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:

- Ministero della sanità: Circ. 25 gennaio 2001.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Vista la decisione n. 2000/418/CE della Commissione, del 29 giugno 2000;

Vista la decisione n. 2000/766/CE del Consiglio, del 4 dicembre 2000;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure per la distruzione del materiale specifico a rischio per encefalopatie spongiformi bovine e delle proteine animali trasformate e ottenute da materiale ad alto rischio, nonché per l'ammasso pubblico temporaneo delle proteine animali trasformate e ottenute da materiale a basso rischio;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 gennaio 2001;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro delle politiche agricole e forestali e del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro per le politiche comunitarie;

Emana il seguente decreto-legge:

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1. Smaltimento del materiale specifico a rischio e ad alto rischio e dei prodotti trasformati, ottenuti o derivati.

1. Il materiale specifico a rischio, così come definito dal decreto del Ministro della sanità del 29 settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 263 del 10 novembre 2000, e successive modificazioni, e dalle decisioni comunitarie in materia, il materiale ad alto rischio, così come definito dall'articolo 3 del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, nonché i prodotti trasformati, ottenuti o derivati dai predetti materiali sono obbligatoriamente distrutti mediante incenerimento o coincenerimento.

2. I titolari degli impianti di incenerimento sono obbligati ad accettare i materiali e i prodotti di cui al comma 1. Tale obbligo non sussiste qualora gli impianti siano dichiarati tecnicamente inidonei dalle regioni o province autonome. L'obbligo di accettazione sussiste altresì per i titolari di impianti per la produzione di leganti idraulici a ciclo completo.

3. I titolari degli impianti di incenerimento sono altresì obbligati ad accettare i materiali e le proteine animali di cui al presente articolo anche quando sia intervenuto il procedimento di ossidodistruzione.

4. Entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, i soggetti esercenti gli impianti di cui al comma 2 presentano alla provincia territorialmente competente comunicazione di inizio dell'attività, ai sensi delle leggi vigenti.

5. I titolari degli stabilimenti di macellazione al cui interno sono installati impianti di incenerimento sono obbligati ad incenerire in questi ultimi i materiali derivanti dalle proprie lavorazioni, fermo restando il divieto d'introduzione e di smaltimento di materiali di diversa provenienza.

6. L'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, di seguito denominata Agenzia, riconosce al soggetto che assicura la distruzione dei materiali e dei prodotti di cui al comma 1, che derivino da animali morti o macellati nel territorio italiano dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2001, le seguenti indennità:

a) lire 435 per ogni chilogrammo di materiale specifico a rischio e ad alto rischio tal quale;

b) lire 1.450 per ogni chilogrammo di proteine animali trasformate ed ottenute da materiale specifico a rischio e ad alto rischio (2/a).

7. Le indennità di cui al comma 6 sono erogate forfettariamente per i costi relativi al trattamento preliminare e all'incenerimento o coincenerimento, effettuati da imprese riconosciute o autorizzate, e ad ogni altra spesa a tali operazioni connessa.

8. Le regioni e le province autonome possono altresì disporre eventuali ulteriori misure.

9. Il soggetto beneficiario di cui al comma 6 non può percepire alcun compenso per lo svolgimento delle attività per le quali sono erogate le indennità di cui al predetto comma 6 e disposte le misure di cui al comma 8, salvo accordi interprofessionali di filiera tra le associazioni rappresentative del settore.

10. Le disposizioni del presente articolo hanno efficacia a decorrere dal 12 gennaio 2001 (3).

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(2/a) Comma così modificato dall'art. 1, D.L. 25 maggio 2001, n. 199, come a sua volta modificato dalla relativa legge di conversione.

(3) Articolo così sostituito dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49. Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 25 gennaio 2002, n. 4 non convertito in legge.

 

2. Ammasso pubblico per le proteine animali a basso rischio.

1. L'Agenzia provvede all'ammasso pubblico obbligatorio delle proteine animali trasformate e ottenute da materiali a basso rischio, così come definiti dall'articolo 5 del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, prodotte nel territorio dello Stato dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2001. Sono altresì ammesse all'ammasso pubblico, nel limite massimo complessivo di 30.000 tonnellate, quelle prodotte nel territorio dello Stato fino alla data di entrata in vigore del presente decreto (3/a).

2. Per la produzione di alimenti per gli animali familiari e di prodotti farmaceutici e tecnici, il Ministro della sanità, con proprio decreto, fissa modalità e condizioni per l'utilizzo di materiali e prodotti a basso rischio, così come consentito dalla normativa vigente, e con esclusione, in ogni caso, della destinazione ad alimentazione zootecnica (3/b).

3. L'Agenzia provvede all'ammasso dei prodotti di cui al comma 1, utilizzando, nel rispetto della disciplina sanitaria in materia, magazzini pubblici o privati da reperire con procedure d'urgenza.

4. L'Agenzia corrisponde ai depositari dei magazzini di stoccaggio gli importi per le spese di magazzinaggio, entrata e uscita del prodotto, così come stabiliti in attuazione del regolamento (CEE) n. 1883/78 del Consiglio, del 2 agosto 1978, e successive modificazioni, con riferimento all'ammasso pubblico del latte scremato in polvere.

5. L'Agenzia corrisponde ai soggetti interessati un prezzo di lire 490.000 per ogni tonnellata di prodotto, di cui al comma 1, conferita all'ammasso pubblico. Tale prezzo è maggiorato di lire 245.000 per ogni tonnellata di prodotto conferito con tasso proteico, documentato da apposito certificato rilasciato da laboratori pubblici, uguale o superiore al 70 per cento e di ulteriori lire 165.000 per ogni tonnellata di prodotto conferito con tasso proteico uguale o superiore all'85 per cento. A copertura delle spese di trasporto è inoltre corrisposto l'importo di lire 200 per ogni tonnellata di prodotto moltiplicato per i chilometri esistenti tra il luogo di produzione e quello di destinazione.

6. Ferma restando la possibilità di eventuali proprie misure disposte dalle regioni e dalle province autonome, i soggetti interessati di cui al comma 5 non possono percepire alcun altro compenso da parte dell'Agenzia. Le associazioni rappresentative del settore possono stipulare accordi interprofessionali di filiera tra le parti, aventi per oggetto il ripristino delle condizioni di mercato antecedenti l'emergenza.

7. Le disposizioni del presente articolo hanno efficacia a decorrere dal 12 gennaio 2001 (4).

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(3/a) Comma così modificato dall'art. 1, D.L. 25 maggio 2001, n. 199, come a sua volta modificato dalla relativa legge di conversione.

(3/b) In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.M. 23 marzo 2001.

(4) Articolo così sostituito dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49. Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 25 gennaio 2002, n. 4 non convertito in legge.

 

3. Disposizioni in materia di controlli e di personale.

1. L'Agenzia può avvalersi del Corpo forestale dello Stato e del reparto speciale dell'Arma dei carabinieri per la tutela delle norme comunitarie ed agroalimentari, della Guardia di finanza, nonché dell'Ispettorato centrale repressione frodi per l'effettuazione dei controlli sulle operazioni e sugli interventi di cui al presente decreto.

2. Al fine di garantire la massima efficienza dei controlli espletati dal Corpo forestale dello Stato il Ministro delle politiche agricole e forestali può, con proprio decreto, senza ulteriori oneri per il bilancio dello Stato, istituire appositi nuclei agroalimentari forestali, che operano alle dirette dipendenze del Ministro.

3. L'Ispettorato centrale repressione frodi, anche ai fini di cui al comma 1, è posto alle dirette dipendenze del Ministro delle politiche agricole e forestali; opera con organico proprio ed autonomia organizzativa ed amministrativa e costituisce un autonomo centro di responsabilità di spesa.

4. Al personale dell'Ispettorato centrale repressione frodi, in considerazione della specifica professionalità richiesta nello svolgimento dei compiti istituzionali che comporta un'alta preparazione tecnica, onerosità e rischi legati anche all'attività di polizia giudiziaria, è attribuita un'indennità pari a quella già prevista per il personale con identica qualifica del comparto «Sanità».

5. All'onere derivante dall'attuazione del comma 4, calcolato in 950 milioni di lire a decorrere dall'anno 2001, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente.

6. L'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione è autorizzato, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche e nei limiti degli stanziamenti di bilancio, a procedere alle assunzioni necessarie alla copertura dei posti previsti dalla dotazione organica, come definita ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454.

7. Per le esigenze di potenziamento dell'attività di prevenzione, profilassi e controllo sanitario, il Ministero della sanità è autorizzato, per una sola volta, nel rispetto di quanto previsto dal citato articolo 39 della legge n. 449 del 1997, in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche, ad indire concorsi pubblici per la copertura delle vacanze esistenti in organico nella qualifica di dirigente di primo livello del ruolo sanitario con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, nonché a ricoprire, con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 2000, n. 324, le vacanze esistenti in organico nelle qualifiche dirigenziali di secondo livello del ruolo sanitario mediante concorsi riservati al personale in servizio appartenente alle posizioni iniziali dello stesso ruolo.

8. Ai fini di una migliore efficienza del Ministero della sanità, le sperimentazioni previste dall'articolo 7 della legge 14 ottobre 1999, n. 362, devono intendersi riferite a tutto il personale non appartenente al ruolo sanitario di livello dirigenziale del Ministero della sanità con rapporto di lavoro a tempo indeterminato comunque operante presso il medesimo Ministero.

9. Per assicurare il pieno espletamento delle proprie attività istituzionali, l'Agenzia, esaurite le procedure di applicazione delle norme contenute nel vigente contratto nazionale in materia di progressione del personale, è autorizzata nell'anno 2001 ad assumere personale nei limiti delle dotazioni organiche e comunque entro i limiti degli stanziamenti per il personale, iscritti nel bilancio di previsione per il predetto anno, senza oneri aggiuntivi e nel rispetto di quanto previsto dal citato articolo 39 della legge n. 449 del 1997, in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche. In deroga al citato contratto nazionale e alle vigenti disposizioni in materia di reclutamento del personale, ma nel rispetto dei princìpi generali di cui all'articolo 36, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, le selezioni volte all'accertamento delle professionalità richieste avverranno per titoli e mediante l'utilizzo di sistemi automatizzati e successivo colloquio orale per i soli esterni. Per il personale già in servizio si applicano le norme in materia di accertamento per soli titoli, previo un breve corso di formazione predisposto dalla stessa Agenzia (5).

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(5) Articolo così sostituito dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

 

4. Poteri di ordinanza.

1. Il commissario straordinario del Governo per il coordinamento dell'emergenza conseguente alla encefalopatia spongiforme bovina può promuovere l'attivazione del potere di ordinanza, spettante ai competenti organi dello Stato anche in deroga alle disposizioni vigenti, al fine di fronteggiare situazioni di eccezionale emergenza.

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5. Relazioni periodiche (6).

1. L'Agenzia presenta, ogni trenta giorni, al commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 4 ed ai Ministri delle politiche agricole e forestali, della sanità e dell'ambiente, una relazione sullo stato di attuazione degli interventi previsti dal presente decreto.

1-bis. Il commissario straordinario del Governo predispone ogni sessanta giorni una relazione sullo stato di attuazione degli interventi previsti dal presente decreto, ai fini della trasmissione alle Camere (7).

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(6) Rubrica così sostituita dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

(7) Comma aggiunto dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

 

5-bis. Contabilità speciale.

1. La gestione della contabilità speciale aperta presso la sezione di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi dell'articolo 9, comma 3, della legge 26 novembre 1992, n. 468, è trasferita all'Agenzia. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica provvede agli adempimenti connessi con il suddetto trasferimento (8).

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(8) Articolo aggiunto dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

 

6. Copertura finanziaria.

1. All'onere derivante dall'attuazione degli articoli 1 e 2 del presente decreto, valutato in lire 150 miliardi per l'anno 2001, si provvede (9):

a) quanto a lire 50 miliardi, a carico delle disponibilità dell'U.P.B. 20.2.1.3 «Fondo per la protezione civile» cap. 9353 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2001;

b) quanto a lire 50 miliardi, mediante l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 64, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342; conseguentemente nel medesimo articolo 64, comma 1, ultimo periodo, le parole: «150 miliardi» sono sostituite dalle seguenti: «200 miliardi»;

c) quanto a lire 50 miliardi, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 25 della legge 17 maggio 1999, n. 144.

2. I proventi derivanti dall'eventuale vendita, da effettuare a seguito di specifica autorizzazione dell'Unione europea, delle proteine animali di cui all'articolo 2, comma 1, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nel limite degli importi utilizzati per la copertura dell'onere di cui al comma 1, lettere a) e c), rispettivamente allo stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica U.P.B. 20.2.1.3 ed allo stato di previsione del Ministero delle politiche agricole e forestali, ai fini del reintegro della citata autorizzazione di spesa recata dalla legge 17 maggio 1999, n. 144.

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(9) Alinea così modificato dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

7. Compiti del Dipartimento della protezione civile e divieti previsti da disposizioni comunitarie (10).

1. Per gli interventi previsti dagli articoli 1 e 2 del presente decreto il Dipartimento della protezione civile si avvale dell'Agenzia, che provvede agli interventi medesimi (11).

2. Fatto salvo quanto previsto dal presente decreto, rimangono fermi i divieti di cui alla decisione n. 2000/766/CE del Consiglio, del 4 dicembre 2000.

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(10) Rubrica così sostituita dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

(11) Comma così modificato dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

 

7-bis. Fondo per l'emergenza BSE.

1. Al fine di assicurare la realizzazione di interventi urgenti diretti a fronteggiare l'emergenza nel settore zootecnico causata dall'encefalopatia spongiforme bovina (BSE), è istituito un Fondo, denominato: «Fondo per l'emergenza BSE», con dotazione pari a lire 300 miliardi per l'anno 2001, da iscrivere in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

2. Le disponibilità del Fondo sono destinate al finanziamento di:

a) interventi a carico dello Stato, anche riferiti al peso delle carcasse, per la macellazione, il trasporto e lo smaltimento di bovini di età superiore a trenta mesi, abbattuti ai sensi del regolamento (CE) n. 2777/2000 della Commissione, del 18 dicembre 2000;

b) interventi per assicurare, in conformità all'articolo 87, comma 2, lettera b), del Trattato istitutivo della Comunità europea, l'agibilità degli impianti di allevamento compromessa dall'imprevista permanenza dei capi in azienda e per evitare l'interruzione dell'attività agricola ed i conseguenti danni economici e sociali. A tale fine nei limiti della dotazione del Fondo, viene erogato, a titolo di compensazione, un indennizzo fino al 30 giugno 2001 da corrispondere previa attestazione della macellazione, avvenuta a decorrere dal 12 gennaio 2001, del bovino detenuto in azienda per almeno cinque mesi, fino a lire 150.000 per i bovini di età compresa fra i 6 e i 12 mesi, a lire 300.000 per i bovini di età compresa fra i 12 e i 18 mesi, a lire 450.000 per i bovini di età compresa fra i 18 e i 24 mesi e a lire 550.000 per i bovini di età compresa fra i 24 ed i 30 mesi (11/a);

c) indennità per il riavviamento di aziende zootecniche nelle quali si sia verificato l'abbattimento di capi bovini a seguito della rilevazione positiva di presenza di BSE nell'azienda medesima. L'indennità è concessa entro il limite di lire 1 milione per ogni bovino riacquistato, sino al limite massimo di lire 500 milioni per ogni azienda;

d) contributi e spese per la distruzione di materiali specifici a rischio, ivi inclusa la colonna vertebrale di bovini di età superiore a 12 mesi, di materiale ad alto e basso rischio e di prodotti derivati;

e) un indennizzo, fino a lire 240.000 a capo, corrisposto per i bovini morti in azienda da avviare agli impianti di pretrattamento e successiva distruzione, a copertura dei costi di raccolta e trasporto.

3. In sede di prima applicazione, il Fondo è, in via provvisoria, e con riferimento alle lettere di cui al comma 2, così ripartito: a) lire 50 miliardi; b) lire 51 miliardi; c) lire 1 miliardo; d) lire 48 miliardi; e) lire 5 miliardi. Con successive determinazioni, adottate dal commissario straordinario del Governo per il coordinamento dell'emergenza conseguente alla encefalopatia spongiforme bovina, d'intesa con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, delle politiche agricole e forestali e della sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede alle ulteriori ripartizioni, sulla base delle effettive esigenze, tra i vari interventi di cui al presente articolo (11/b).

4. L'Agenzia è incaricata della erogazione dei finanziamenti, secondo le modalità stabilite dal presente articolo, sia in sede di prima applicazione, sia successivamente, in conformità alle determinazioni adottate dal commissario straordinario del Governo. A tale fine, il Fondo è versato, nel rispetto delle norme sulla tesoreria unica, al bilancio dell'Agenzia stessa ed erogato secondo le norme stabilite dal regolamento di amministrazione e contabilità di quest'ultima.

5. L'Agenzia provvede alla rendicontazione delle spese secondo le indicazioni fornite dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministero della sanità e con il Ministero delle politiche agricole e forestali.

6. L'Agenzia, nei limiti della dotazione del Fondo, provvede all'incenerimento o al coincenerimento delle proteine animali trasformate destinate all'ammasso pubblico di cui all'articolo 2 predisponendo a tale scopo uno specifico programma operativo. I titolari degli impianti di incenerimento sono obbligati ad accettare le proteine animali trasformate e ottenute da materiali a basso rischio, così come definiti dall'articolo 5 del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, ivi incluse quelle oggetto dell'ammasso pubblico di cui all'articolo 2, comma 1, del presente decreto. Tale obbligo non sussiste qualora gli impianti siano dichiarati tecnicamente inidonei dalle regioni o province autonome. L'obbligo di accettazione sussiste altresì per i titolari degli impianti per la produzione di leganti idraulici a ciclo completo. L'Agenzia può disporre che i materiali conferiti o da conferire all'ammasso siano immediatamente inceneriti o coinceneriti. Qualora non si provveda direttamente, l'Agenzia corrisponde, nei limiti della dotazione del Fondo, uno specifico rimborso forfettario ai soggetti che assicurano la distruzione dei prodotti conferiti o da conferire.

7. Alla dotazione del Fondo, determinata in lire 300 miliardi per l'anno 2001, si provvede:

a) quanto a lire 170 miliardi mediante utilizzo per pari importo dell'autorizzazione di spesa recata per l'anno 2000 dall'articolo 3, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 499, come integrata dall'articolo 52, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Detto importo viene versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato all'apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;

b) quanto a lire 130 miliardi mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 50, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, come definita nella tabella D della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

8. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (12).

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(11/a) Lettera così modificata dal comma 7 dell'art. 1, D.L. 19 aprile 2002, n. 68. Vedi, anche, l'art. 66, comma 1, L. 28 dicembre 2001, n. 448 e l'art. 1, D.L. 25 gennaio 2002, n. 4 non convertito in legge.

(11/b) Alla ripartizione del fondo di cui al presente comma si è provveduto con Det. 7 novembre 2001 (Gazz. Uff. 3 gennaio 2002, n. 2).

(12) Articolo aggiunto dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

 

7-ter. Agevolazioni.

1. Il Ministro delle finanze, avvalendosi dei poteri di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, in materia di statuto dei diritti del contribuente, dispone a favore degli allevatori dei bovini, delle aziende di macellazione e degli esercenti di attività di commercio all'ingrosso e al dettaglio di carni, colpiti dagli eventi verificatisi a seguito dell'emergenza causata dalla BSE, la sospensione o il differimento dei termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti tributari. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato (12/a).

2. Nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 sono sospesi, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 14 febbraio 2001, n. 8, e fino al 15 dicembre 2001 (12/b), i pagamenti di ogni contributo o premio di previdenza ed assistenza sociale, ivi compresa la quota a carico dei dipendenti. Il versamento delle somme dovute e non corrisposte per effetto della predetta sospensione avviene senza aggravio di sanzioni, interessi o altri oneri (12/c).

3. A favore degli allevatori di bovini sono sospesi, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2001, i pagamenti delle rate delle operazioni creditizie e di finanziamento, ivi comprese quelle poste in essere dall'Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo (ISMEA), in scadenza entro il 30 aprile 2001. Le rate sospese sono consolidate per la durata residua delle operazioni, senza aggravio di sanzioni, interessi od altri oneri (12/d).

4. Sulla base degli elementi rilevati dalla dichiarazione modello UNICO 2001, sono adeguati gli studi di settore applicabili, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2000, nei confronti dei contribuenti interessati dagli eventi verificatisi a seguito dell'emergenza causata dalla BSE. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 10, comma 8, della legge 8 maggio 1998, n. 146.

5. Considerata la situazione di emergenza della filiera zootecnica, con particolare riferimento agli allevamenti bovini, delle imprese di trasformazione e degli esercenti di attività di commercio all'ingrosso e al dettaglio in via esclusiva o prevalente di carne bovina o di prodotti a base di carne bovina, è autorizzato un limite di impegno decennale di lire 25 miliardi a decorrere dall'anno 2001, da destinare a contributi in conto interesse su mutui di durata non superiore a dieci anni, contratti da parte delle predette imprese, con onere effettivo a carico del mutuatario pari all'1,5 per cento, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173. Una quota del 50 per cento del predetto limite di impegno è riservata a mutui contratti per l'adeguamento degli allevamenti bovini in conformità alla disciplina comunitaria in materia di benessere animale, rintracciabilità e qualità, nonché per il miglioramento igienico-sanitario e produttivo degli stabilimenti di macellazione in possesso di bollo CE, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 aprile 1994, n. 286, con particolare riferimento al finanziamento di impianti tecnologici, ed in particolare di smaltimento, da installare o in corso di installazione all'interno degli stabilimenti medesimi. La residua quota del 50 per cento è destinata a mutui contratti per il consolidamento di esposizioni debitorie. All'onere derivante dall'attuazione del presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dei lavori pubblici. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

6. È istituito un regime di aiuti a favore delle imprese agricole che esercitano attività di allevamento volto a garantire la sicurezza degli alimenti e la tutela della salute pubblica nel rispetto della normativa sulla tutela dell'ambiente e sul benessere degli animali, attraverso: la ristrutturazione degli impianti, la promozione delle produzioni zootecniche estensive e di qualità, anche valorizzando le razze italiane da carne e quelle autoctone, la riconversione al metodo di produzione biologico, la riqualificazione dell'allevamento intensivo, anche incentivando l'adozione di sistemi di certificazione e di disciplinari di produzione. Il regime di aiuti è attuato con la circolare di cui al comma 7, in coerenza con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato e con i piani di sviluppo rurale regionali di cui al regolamento (CE) n. 1257/99 del Consiglio, del 17 maggio 1999. Per l'attuazione del regime di aiuti è stanziata la somma di lire 28 miliardi per l'anno 2001, 10 dei quali destinati alla riconversione degli allevamenti al metodo di produzione biologico. Per assicurare lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica relativa al sistema della produzione dei foraggi e delle materie prime di uso nell'alimentazione degli allevamenti animali ed al fine di incrementare le fonti di produzione di proteine vegetali impiegabili come materia prima nei mangimi zootecnici in alternativa alle farine proteiche di origine animale, è assegnato un contributo straordinario di lire 2 miliardi in favore dell'Istituto sperimentale per le colture foraggere, di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 23 novembre 1967, n. 1318. Il contributo è finalizzato principalmente a rafforzare le attività che l'Istituto svolge per provvedere agli studi ed alle ricerche riguardanti il miglioramento delle foraggere coltivate in Italia, nonché la tecnica di coltivazione dei pascoli, dei prati e degli erbai anche secondo le esigenze poste dallo sviluppo della produzione zootecnica nel quadro della rinnovata politica agricola nazionale e comunitaria, rivolta a sistemi di produzione che rispettino l'ambiente, conservino le risorse naturali e le integrità aziendali e favoriscano la diffusione dei metodi dell'agricoltura biologica. Al relativo onere si provvede mediante riduzione di lire 10 miliardi di ciascuna delle seguenti autorizzazioni di spesa per l'anno 2001 recate dalla legge 23 dicembre 2000, n. 388: articolo 109, comma 1; articolo 123, comma 1, lettera b), capoverso 2; articolo 129, comma 1, lettera b) (12/e).

7. Le modalità, i criteri ed i parametri da utilizzare per la ripartizione e l'erogazione dei benefìci di cui ai commi 5 e 6 sono stabiliti con circolare del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, da adottare entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. La circolare di cui al presente comma stabilisce inoltre le modalità, i criteri ed i parametri da utilizzare per l'attuazione dell'articolo 121 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Per quanto riguarda la quota destinata al miglioramento tecnologico e qualitativo, sono considerati comunque criteri selettivi l'incidenza sul fatturato dei costi fissi e degli ammortamenti ed oneri finanziari, il numero dei dipendenti, nonché il numero dei capi macellati o allevati nell'anno 2000.

8. Considerata la situazione di emergenza del settore zootecnico, a favore dei singoli allevatori che per il periodo di produzione lattiera 1995-1996 hanno versato un prelievo supplementare superiore a quello determinato a seguito della rettifica della compensazione nazionale effettuata ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 1° dicembre 1997, n. 411, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1998, n. 5, e che non abbiano recuperato tali somme in sede dei successivi conguagli, l'Agenzia è autorizzata, su richiesta degli interessati, a restituire le somme risultate non dovute, con onere a carico della gestione finanziaria della medesima Agenzia, capitolo 2002 (13).

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(12/a) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 14 marzo 2001 e il D.M. 7 agosto 2001.

(12/b) Per la proroga del termine vedi il comma 4 dell'art. 66, L. 28 dicembre 2001, n. 448.

(12/c) Comma così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 25 maggio 2001, n. 199, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(12/d) Comma così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 25 maggio 2001, n. 199, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(12/e) Vedi, anche, il comma 2 dell'art. 66, L. 28 dicembre 2001, n. 448.

(13) Articolo aggiunto dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

 

7-quater. Modifiche alla legge 15 febbraio 1963, n. 281.

1. (14).

2. (15).

3. I contributi e le agevolazioni di cui agli articoli 7-bis e 7-ter non sono concessi o, se concessi, sono revocati ai soggetti beneficiari nei confronti dei quali venga accertata violazione delle disposizioni in materia di identificazione, alimentazione e trattamento terapeutico di capi bovini.

4. I maggiori proventi delle sanzioni pecuniarie irrogate in seguito alla violazione di obblighi e prescrizioni previsti dal presente decreto, versati all'entrata del bilancio dello Stato, sono riassegnati alla competente unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per essere destinati all'Agenzia per le finalità di cui all'articolo 21, comma 1, del decreto 16 marzo 2000, n. 122 del Ministro delle politiche agricole e forestali e all'articolo 28, primo comma, lettere b) e c), del decreto 22 gennaio 2001 del Ministro delle politiche agricole e forestali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2001.

5. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le conseguenti variazioni di bilancio (16).

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(14) Sostituisce l'art. 22, L. 15 febbraio 1963, n. 281.

(15) Sostituisce l'art. 23, L. 15 febbraio 1963, n. 281

(16) Articolo aggiunto dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

 

7-quinquies. Istituzione di un Consorzio obbligatorio.

1. È istituito il Consorzio obbligatorio nazionale per la raccolta e lo smaltimento dei residui da lavorazione degli esercizi commerciali al dettaglio operanti nel settore della vendita di carni. Il Consorzio può altresì operare la raccolta dei residui delle attività di trasformazione e vendita delle imprese operanti nel settore della lavorazione dei prodotti a base di carne e degli altri prodotti di origine animale.

2. Al Consorzio partecipano i soggetti produttori di residui e le imprese di raccolta e smaltimento dei medesimi, anche in forma associata. In ogni caso la maggioranza del Consorzio deve essere detenuta dai produttori di residui, anche in forma associata.

3. Con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare entro il 30 giugno 2001, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità di istituzione, di finanziamento, di funzionamento e di articolazione del Consorzio di cui al presente articolo, sulla base dei princìpi di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95 (17).

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(17) Articolo aggiunto dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.

 

8. Entrata in vigore.

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

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D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 146
Attuazione della direttiva 98/58/CE relativa alla protezione degli animali negli allevamenti

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 aprile 2001, n. 95.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 21 dicembre 1999, n. 526, recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee, legge comunitaria 1999 - ed in particolare l'articolo 1, comma 3;

Vista la direttiva 98/58/CE del Consiglio del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti;

Visto il protocollo allegato all'atto finale del trattato dell'Unione europea nella parte relativa al benessere animale;

Vista la decisione 2000/50/CE della Commissione europea, del 17 dicembre 1999, relativa ai requisiti minimi applicabili alle ispezioni negli allevamenti;

Visto il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modifiche;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modifiche;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 17 novembre 2000;

Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;

Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati;

Considerato che il Senato della Repubblica non ha espresso il proprio parere nel termine prescritto;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 marzo 2001;

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, delle politiche agricole e forestali e dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero;

Emana il seguente decreto legislativo:

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1. Àmbito di applicazione.

1. Il presente decreto stabilisce le misure minime da osservare negli allevamenti per la protezione degli animali, ferme restando quelle di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 233, al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 533, e al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 534.

2. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) animale: qualsiasi animale, inclusi pesci, rettili e anfibi, allevato o custodito per la produzione di derrate alimentari, lana, pelli, pellicce o per altri scopi agricoli;

b) proprietario o custode ovvero detentore: qualsiasi persona fisica o giuridica che, anche temporaneamente, è responsabile o si occupa degli animali;

c) autorità competente: il Ministero della sanità e le autorità sanitarie territorialmente competenti, ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modifiche.

3. Il presente decreto non si applica agli animali:

a) che vivono in ambiente selvatico;

b) destinati a partecipare a gare, esposizioni, manifestazioni, ad attività culturali o sportive;

c) da sperimentazione o da laboratorio;

d) invertebrati.

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2. Obblighi dei proprietari, dei custodi dei detentori degli animali.

1. Il proprietario o il custode ovvero il detentore deve:

a) adottare misure adeguate per garantire il benessere dei propri animali e affinché non vengano loro provocati dolore, sofferenze o lesioni inutili;

b) allevare e custodire gli animali diversi dai pesci, rettili e anfibi, in conformità alle disposizioni di cui all'allegato.

2. Per favorire una migliore conoscenza degli animali domestici da allevamento, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano possono organizzare periodicamente, per il tramite dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, corsi di qualificazione professionale con frequenza obbligatoria per gli operatori del settore, allo scopo di favorire la più ampia conoscenza in materia di etologia animale applicata, fisiologia, zootecnia e giurisprudenza.

3. L'applicazione del comma 2 si attua senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

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3. Disposizioni di maggiore protezione per gli animali da pelliccia.

1. L'allevamento di animali con il solo e principale scopo di macellarli per il valore della loro pelliccia deve avvenire in conformità alle ulteriori disposizioni dettate al punto 22 dell'allegato.

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4. Controlli.

1. Le autorità sanitarie territorialmente competenti:

a) dispongono ispezioni per la verifica del rispetto delle disposizioni di cui al presente decreto, da effettuare anche in occasione di altri controlli; in tale attività, la conformità delle modalità di allevamento e custodia degli animali alle disposizioni di cui all'allegato deve essere valutata tenuto conto della specie, del grado di sviluppo, adattamento e addomesticamento, nonché delle loro esigenze fisiologiche ed etologiche secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche;

b) trasmettono al Ministero della sanità, nei termini da esso stabiliti e utilizzando il modello appositamente predisposto, una relazione sulle ispezioni di cui alla lettera a) anche ai fini del successivo comma 2.

2. Il Ministero della sanità presenta alla Commissione europea, secondo le modalità da essa stabilite, una relazione complessiva sui risultati delle ispezioni di cui al comma 1.

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5. Controlli veterinari comunitari.

1. Gli esperti veterinari della Commissione europea ed il Ministero della sanità, anche al fine di garantire l'applicazione uniforme all'interno del territorio nazionale, possono procedere a controlli per:

a) verificare che siano rispettati i requisiti stabiliti dal presente decreto;

b) accertare che le ispezioni di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), vengano effettuate secondo le modalità stabilite in sede nazionale e comunitaria.

2. L'autorità competente fornisce assistenza agli esperti veterinari della Commissione europea nell'espletamento degli incarichi di cui al comma 1.

3. I risultati dei controlli di cui al comma 1 formano oggetto di una relazione la cui elaborazione e diffusione ha luogo previa discussione tra gli incaricati della Commissione e il Ministero della sanità.

4. Il Ministero della sanità adotta i provvedimenti resi necessari dai risultati delle verifiche effettuate ai sensi del presente articolo.

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6. Disposizioni finali.

1. Ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, con decreti del Ministro della sanità, e per quanto di competenza, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, possono essere adottate norme tecniche relative alla protezione degli animali negli allevamenti di maggiore tutela di quelle previste dal presente decreto, nel rispetto delle norme generali del Trattato e informandone la Commissione europea, nonché specifiche prescrizioni zoosanitarie e di benessere nell'importazione degli animali.

2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati criteri e modalità per l'adozione di metodi alternativi all'alimentazione forzata per anatre e oche, nonché per la riconversione degli allevamenti di animali da pelliccia.

3. L'applicazione del comma 2 non comporta ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato.

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7. Sanzioni amministrative.

1. Salvo che il fatto costituisca reato, il proprietario o il custode ovvero il detentore che violino le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, sono puniti con la sanzione pecuniaria amministrativa da lire tre milioni a lire diciotto milioni.

2. Nel caso di reiterazione delle violazioni di cui al comma 1, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata sino alla metà ed è disposta la sospensione dell'esercizio dell'allevamento da uno a tre mesi facendo comunque obbligo a chi spetti di salvaguardare il benessere degli animali.

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Allegato

previsto dall'art. 2, comma 1, lettera b)

Personale

1. Gli animali sono accuditi da un numero sufficiente di addetti aventi adeguate capacità, conoscenze e competenze professionali.

Controllo

2. Tutti gli animali tenuti in sistemi di allevamento, il cui benessere richieda un'assistenza frequente dell'uomo, sono ispezionati almeno una volta al giorno. Gli animali allevati o custoditi in altri sistemi sono ispezionati a intervalli sufficienti al fine di evitare loro sofferenze.

3. Per consentire l'ispezione completa degli animali in qualsiasi momento, deve essere disponibile un'adeguata illuminazione fissa o mobile.

4. Gli animali malati o feriti devono ricevere immediatamente un trattamento appropriato e, qualora un animale non reagisca alle cure in questione, deve essere consultato un medico veterinario. Ove necessario gli animali malati o feriti vengono isolati in appositi locali muniti, se del caso, di lettiere asciutte o confortevoli.

Registrazione

5. Il proprietario o il custode ovvero il detentore degli animali tiene un registro dei trattamenti terapeutici effettuati. La registrazione e le relative modalità di conservazione sono effettuate secondo quanto previsto dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 119, e successive modificazioni ed integrazioni e dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 336. Le mortalità sono denunciate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320.

6. I registri sono conservati per un periodo di almeno tre anni e sono messi a disposizione dell'autorità competente al momento delle ispezioni o su richiesta.

Libertà di movimento

7. La libertà di movimento propria dell'animale, in funzione della sua specie e secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche, non deve essere limitata in modo tale da causargli inutili sofferenze o lesioni. Allorché continuamente o regolarmente legato, incatenato o trattenuto, l'animale deve poter disporre di uno spazio adeguato alle sue esigenze fisiologiche ed etologiche, secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche.

Fabbricati e locali di stabulazione

8. I materiali che devono essere utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione e, in particolare, dei recinti e delle attrezzature con i quali gli animali possono venire a contatto, non devono essere nocivi per gli animali e devono poter essere accuratamente puliti e disinfettati.

9. I locali di stabulazione e i dispositivi di attacco degli animali devono essere costruiti e mantenuti in modo che non vi siano spigoli taglienti o sporgenze tali da provocare lesioni agli animali.

10. La circolazione dell'aria, la quantità di polvere, la temperatura, l'umidità relativa dell'aria e le concentrazioni di gas devono essere mantenute entro limiti non dannosi per gli animali.

11. Gli animali custoditi nei fabbricati non devono essere tenuti costantemente al buio o esposti ad illuminazione artificiale senza un adeguato periodo di riposo. Se la luce naturale disponibile è insufficiente a soddisfare esigenze comportamentali e fisiologiche degli animali, occorre prevedere un'adeguata illuminazione artificiale.

Animali custoditi al di fuori dei fabbricati

12. Agli animali custoditi al di fuori dei fabbricati deve essere fornito, in funzione delle necessità e delle possibilità, un riparo adeguato dalle intemperie, dai predatori e da rischi per la salute.

Impianti automatici o meccanici

13. Ogni impianto automatico o meccanico indispensabile per la salute ed il benessere degli animali deve essere ispezionato almeno una volta al giorno. Gli eventuali difetti riscontrati devono essere eliminati immediatamente; se ciò non è possibile, occorre prendere le misure adeguate per salvaguardare la salute ed il benessere degli animali.

Se la salute ed il benessere degli animali dipendono da un impianto di ventilazione artificiale, deve essere previsto un adeguato impianto di riserva per garantire un ricambio di aria sufficiente a salvaguardare la salute e il benessere degli animali. In caso di guasto all'impianto e deve essere previsto un sistema di allarme che segnali il guasto. Detto sistema d'allarme deve essere sottoposto a controlli regolari.

Mangimi, acqua e altre sostanze

14. Agli animali deve essere fornita un'alimentazione sana adatta alla loro età e specie e in quantità sufficiente a mantenerli in buona salute e a soddisfare le loro esigenze nutrizionali. Gli alimenti o i liquidi sono somministrati agli animali in modo da non causare loro inutili sofferenze o lesioni e non contengono sostanze che possano causare inutili sofferenze o lesioni.

15. Tutti gli animali devono avere accesso ai mangimi ad intervalli adeguati alle loro necessità fisiologiche.

16. Tutti gli animali devono avere accesso ad un'appropriata quantità di acqua, di qualità adeguata, o devono poter soddisfare le loro esigenze di assorbimento di liquidi in altri modi.

17. Le attrezzature per la somministrazione di mangimi e di acqua devono essere concepite, costruite e installate in modo da ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli alimenti o dell'acqua e le conseguenze negative derivanti da rivalità tra gli animali.

18. Nessuna altra sostanza, ad eccezione di quelle somministrate a fini terapeutici o profilattici o in vista di trattamenti zootecnici come previsto nell'art. 1, paragrafo 2, lettera c) della direttiva 96/22/CE, deve essere somministrata ad un animale, a meno che gli studi scientifici sul benessere degli animali e l'esperienza acquisita ne abbiano dimostrato l'innocuità per la sua salute e il suo benessere.

Mutilazioni e altre pratiche

19. È vietata la bruciatura dei tendini ed il taglio di ali per i volatili e di code per i bovini se non a fini terapeutici certificati. La cauterizzazione dell'abbozzo corneale è ammessa al di sotto delle tre settimane di vita. Il taglio del becco deve essere effettuato nei primi giorni di vita con il solo uso di apparecchiature che riducano al minimo le sofferenze degli animali. La castrazione è consentita per mantenere la qualità dei prodotti e le pratiche tradizionali di produzione a condizione che tali operazioni siano effettuate prima del raggiungimento della maturità sessuale da personale qualificato, riducendo al minimo ogni sofferenza per gli animali. A partire dal 1° gennaio 2004 è vietato l'uso dell'alimentazione forzata per anatre ed oche e la spiumatura di volatili vivi. Le pratiche di cui al presente punto sono effettuate sotto il controllo del medico veterinario dell'azienda.

Procedimenti di allevamento

20. Non devono essere praticati l'allevamento naturale o artificiale o procedimenti di allevamento che provochino o possano provocare agli animali in questione sofferenze o lesioni. Questa disposizione non impedisce il ricorso a taluni procedimenti che possono causare sofferenze o ferite minime o momentanee o richiedere interventi che non causano lesioni durevoli, se consentiti dalle disposizioni nazionali.

21. Nessun animale deve essere custodito in un allevamento se non sia ragionevole attendersi, in base al suo genotipo o fenotipo, che ciò possa avvenire senza effetti negativi sulla sua salute o sul suo benessere.

22. L'allevamento di animali con il solo e principale scopo di macellarli per il valore della loro pelliccia deve avvenire nel rispetto delle prescrizioni seguenti.

Misure minime degli spazi per il visone allevato in gabbia, superficie libera con esclusione del nido:

per animale adulto singolo centimetri quadrati 2550;

per animale adulto e piccoli centimetri quadrati 2550;

per animali giovani dopo lo svezzamento, fino a due animali per spazio, centimetri quadrati 2550.

L'altezza della gabbia non deve essere inferiore a cm 45.

Per tali spazi devono inoltre essere rispettate una larghezza non inferiore a cm 30 ed una lunghezza non inferiore a cm 70.

Le sopraindicate misure si applicano ai nuovi allevamenti o in caso di ristrutturazione degli esistenti.

Tutti gli allevamenti dotati di gabbie con superfici inferiori a centimetri quadrati 1600 e/o altezza inferiore a cm 35 devono adeguarsi alle norme sopra riportate entro il 31 dicembre 2001; tutti gli allevamenti dotati di gabbie con superfici superiori a centimetri quadrati 1600 e/o altezza superiore a cm 35 devono adeguarsi alle norme sopra riportate entro il 31 dicembre 2005.

A partire dal 1° gennaio 2008 l'allevamento di animali con il solo e principale scopo di macellarli per il valore della loro pelliccia deve avvenire a terra in recinti opportunamente costruiti e arricchiti, capaci di soddisfare il benessere degli animali. Tali recinti devono contenere appositi elementi quali rami dove gli animali possano arrampicarsi, oggetti manipolabili, almeno una tana per ciascun animale presente nel recinto. Il recinto deve inoltre contenere un nido delle dimensioni di cm 50 per cm 50 per ciascun animale presente nel recinto stesso. I visoni devono altresì disporre di un contenitore per l'acqua di dimensioni di m 2 per m 2 con profondità di almeno cm 50 al fine di consentire l'espletamento delle proprie funzioni etologiche primarie.

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D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 225
Attuazione della direttiva 2000/75/CE relativa alle misure di lotta e di eradicazione del morbo «lingua blu» degli ovini

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 agosto 2003, n. 194, S.O.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'articolo 117 della Costituzione come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione;

Vista la legge 1° marzo 2002, n. 39, ed in particolare l'articolo 1, commi 1, 3 e 5, e l'allegato B;

Vista la direttiva 2000/75/CE del 20 novembre 2000, del Consiglio, che stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini;

Vista la direttiva 82/894/CEE recante la notifica delle malattie degli animali, e successive modificazioni;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1996, n. 362;

Viste la Dec. n. 2001/141/CE del 9 novembre 2001, la Dec. n. 2001/433/CE del 9 novembre 2001, la Dec. n. 2001/674/CE del 9 novembre 2001 e, da ultimo, la decisione 2001/783/CE, del 9 novembre 2001, adottate dalla Commissione europea in materia di misure di lotta contro febbre catarrale degli ovini a seguito dell'insorgenza sul territorio italiano di focolai della malattia;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 14 febbraio 2003;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni permanenti della Camera del deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio del Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2003;

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro della salute, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze, delle politiche agricole e forestali e per gli affari regionali;

Emana il seguente decreto legislativo:

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1. Campo di applicazione.

1. Il presente decreto fissa le norme di controllo e le misure di lotta e di eradicazione contro la febbre catarrale degli ovini (blue tongue), d'ora innanzi denominata «malattia».

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2. Definizioni.

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) «azienda»: qualsiasi stabilimento agricolo, costruzione o altro luogo, anche all'aria aperta, in cui sono allevati o soggiornano, permanentemente o temporaneamente, animali appartenenti alle specie ricettive alla malattia;

b) «specie ricettiva»: qualsiasi specie di ruminante, sia domestica che selvatica;

c) «animali»: gli animali di una specie ricettiva, tranne gli animali selvatici per i quali in sede comunitaria possono essere fissate disposizioni specifiche;

d) «proprietario o detentore»: persone fisiche o giuridiche che hanno la proprietà degli animali o sono incaricate di allevarli;

e) «vettore»: l'insetto della specie «culicoides imicola» o qualsiasi altro insetto del genere culicide suscettibile di trasmettere la febbre catarrale degli ovini;

f) «sospetto»: manifestazione di un qualsiasi sintomo della malattia in una delle specie ricettive, associato a un insieme di dati epidemiologici tali da poter ragionevolmente prendere in considerazione una siffatta eventualità;

g) «conferma dell'infezione»: la dichiarazione, fatta dall'autorità competente, della presenza in una zona determinata della malattia basata sui risultati di laboratorio; in caso di epidemia, tuttavia, l'autorità competente può anche confermare la malattia in base a risultati clinici e/o epidemio-logici;

h) «autorità competente»: il Ministero della salute o l'autorità cui siano delegate le funzioni in materia di profilassi e di polizia veterinaria;

i) «veterinario ufficiale»: il medico veterinario dipendente dall'autorità competente.

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3. Obbligo di denuncia.

1. Il sospetto o l'accertamento della malattia deve essere denunciato immediatamente al servizio veterinario della azienda sanitaria competente per territorio dai soggetti e secondo le procedure previsti al Capo II del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320, e successive modificazioni; il servizio veterinario trasmette tempestivamente al Ministero della salute copia della denuncia ricevuta.

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4. Misure in caso di sospetto di malattia.

1. Qualora in un'azienda situata in una zona non soggetta a restrizioni ai sensi del presente decreto si trovano uno o più animali sospetti di aver contratto la malattia, il veterinario ufficiale esegue immediatamente indagini ufficiali al fine di confermare o escludere la presenza della malattia.

2. All'atto della notifica del sospetto, il veterinario ufficiale:

a) sottopone l'azienda a vigilanza ufficiale;

b) fa procedere:

1) al censimento ufficiale degli animali, con indicazione, per ciascuna specie, del numero di animali già morti, infetti o suscettibili di essere infetti, e all'aggiornamento del censimento per tener conto degli animali nati o morti durante il periodo di sospetto; i dati di tale censimento devono essere esibiti a richiesta e possono essere controllati ad ogni visita;

2) al censimento dei luoghi che possono favorire la sopravvivenza del vettore o che possono contenerlo e, in particolare, dei siti propizi alla sua riproduzione;

3) all'indagine epidemiologica di cui all'articolo 7;

c) visita regolarmente le aziende e, in tali occasioni, procede ad un esame clinico approfondito degli animali sospetti o all'autopsia di quelli morti e, se necessario, procede ad esami di laboratorio per la conferma della malattia;

d) dispone:

1) il divieto di qualsiasi movimento di animali in provenienza dalle aziende o a destinazione delle stesse;

2) l'isolamento degli animali durante le ore di attività dei vettori, qualora esistano i mezzi necessari per l'applicazione di tale misura;

3) il regolare trattamento degli animali con insetticidi autorizzati per gli stessi, nonché il trattamento all'interno e nei dintorni dei fabbricati di stabulazione, in particolar modo nei luoghi ecologicamente propizi all'insediamento di colonie di culicidi. La frequenza dei trattamenti è stabilita dall'autorità competente tenuto conto della persistenza dell'insetticida utilizzato e delle condizioni climatiche, al fine di prevenire, per quanto possibile, gli attacchi dei vettori;

4) la distruzione, l'eliminazione, l'incenerimento o il sotterramento delle carcasse degli animali morti nell'azienda, secondo le modalità previste dalle disposizioni vigenti in materia.

3. In attesa che il veterinario ufficiale disponga le misure di cui al comma 2, il proprietario o il detentore di qualsiasi animale sospetto di infezione deve comunque applicare le disposizioni di cui alla lettera d), numeri 1) e 2), del medesimo comma 2.

4. Qualora in funzione dell'ubicazione e della situazione geografica dei fabbricati o di contatti con l'azienda in cui si sospetta la presenza della malattia l'autorità competente ritenga sussistenti fondati motivi per sospettare un'eventuale contaminazione, può applicare le misure di cui al comma 2 ad altre aziende.

5. Oltre alle disposizioni del comma 2, l'autorità competente può adottare disposizioni specifiche per le riserve naturali in cui gli animali sono allo stato brado.

6. Le misure di cui al presente articolo si applicano fino a quando il sospetto di malattia sia stato escluso.

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5. Vaccinazione.

1. La vaccinazione contro la malattia può essere praticata solo conformemente alle disposizioni previste dal presente decreto.

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6. Misure in caso di conferma di malattia.

1. In caso di conferma ufficiale della malattia, il veterinario ufficiale:

a) dispone, informandone il Ministero della salute, gli abbattimenti degli animali ritenuti necessari per prevenire il propagarsi dell'epidemia;

b) fa distruggere, eliminare, incenerire o sotterrare le carcasse degli animali abbattuti, ai sensi delle disposizioni vigenti;

c) estende le misure di cui all'articolo 4 alle aziende che si trovano nel raggio di 20 km compreso nella zona di protezione definita all'articolo 8, intorno alle aziende infette;

d) applica le misure indicate dal Ministero della salute, adottate sulla base di quelle disposte in sede comunitaria, concernenti, in particolare, l'eventuale attuazione di un programma di vaccinazione o altre misure alternative;

e) dispone l'effettuazione dell'indagine epidemiologica di cui all'articolo 7.

2. L'autorità competente, in funzione delle circostanze epidemiologiche, geografiche, ecologiche o meteorologiche, può estendere o limitare la zona di cui al comma 1, lettera c), informandone il Ministero della salute.

3. Qualora la zona di cui al comma 1, lettera c), sia situata nel territorio di più regioni, le autorità competenti delle regioni interessate cooperano allo scopo di delimitare la zona in questione.

4. L'autorità competente comunica alla Commissione europea l'adozione delle misure adottate ai sensi del presente articolo.

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7. Indagine epidemiologica.

1. L'indagine epidemiologica riguarda i seguenti aspetti:

a) la durata del periodo in cui può essere stata presente nell'azienda la malattia;

b) l'origine probabile della malattia nell'azienda e l'identificazione delle altre aziende in cui gli animali possono essere stati infettati o contaminati dalla stessa fonte del virus;

c) la presenza e la distribuzione dei vettori della malattia;

d) i movimenti di animali in provenienza o a destinazione delle aziende interessate o eventuale uscita delle carcasse di animali da dette aziende.

2. Ai fini del coordinamento di tutte le misure necessarie all'eradicazione della malattia e dell'indagine epidemiologica ci si avvale dell'unità di crisi di cui all'allegato IV al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1996, n. 362.

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8. Delimitazione delle zone di protezione e di sorveglianza.

1. A complemento delle misure stabilite all'articolo 6, l'autorità competente delimita una zona di protezione e una zona di sorveglianza, tenendo conto dei fattori di ordine geografico, amministrativo, ecologico ed epizooziologico connessi con la malattia, nonché delle strutture di controllo. Tali zone sono costituite, rispettivamente, da:

a) una parte del territorio avente un raggio minimo di 100 km intorno all'azienda infetta;

b) una parte del territorio profonda almeno 50 km oltre i limiti della zona di protezione e in cui nei dodici mesi precedenti non sia stata praticata alcuna vaccinazione.

2. Nel caso in cui le zone di protezione e di sorveglianza sono situate nel territorio di più Stati membri, la relativa delimitazione è effettuata in cooperazione tra le autorità competenti degli Stati interessati; se necessario, le zone di protezione e di sorveglianza sono delimitate in sede comunitaria.

3. Il Ministero della salute può modificare, informandone la Commissione europea, la delimitazione delle zone di protezione e di sorveglianza in funzione:

a) della situazione geografica e dei fattori ecologici;

b) delle condizioni meteorologiche;

c) della presenza e della distribuzione del vettore;

d) dei risultati degli studi epizooziologici effettuati ai sensi dell'articolo 7;

e) dei risultati degli esami di laboratorio;

f) dell'applicazione delle misure di lotta, in particolare della disinfestazione.

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9. Misure applicabili nella zona di protezione.

1. Nella zona di protezione si applicano le misure seguenti:

a) identificazione di tutte le aziende che sono situate nella zona e che detengono animali di specie ricettiva;

b) attuazione, da parte dell'autorità competente, di un programma di sorveglianza epidemiologica basato sul controllo di gruppi di bovini di riferimento, o in loro assenza di altre specie di ruminanti, nonché di un programma di sorveglianza entomologica; qualora il programma non sia stato fissato in sede comunitaria, esso è stabilito d'intesa tra il Ministero della salute e le regioni interessate;

c) divieto di uscita degli animali dalla zona sottoposta a restrizioni sanitarie. Il Ministero della salute può adottare deroghe a tale divieto, in caso di comprovata assenza di circolazione virale o di assenza di vettori.

2. A complemento delle misure di cui al comma 1, il Ministero della salute, informandone la Commissione europea, può stabilire la vaccinazione degli animali contro la malattia.

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10. Misure applicabili nella zona di sorveglianza.

1. Nella zona di sorveglianza:

a) si applicano le misure di cui all'articolo 9, comma 1;

b) è vietata qualsiasi vaccinazione contro la malattia, se non preventivamente concordate con la Commissione europea.

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11. Informazione.

1. L'autorità competente deve provvedere affinché nelle zone di protezione e di sorveglianza la popolazione sia adeguatamente informata sulle misure adottate.

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12. Laboratorio nazionale di riferimento.

1. Il laboratorio nazionale di riferimento di cui all'allegato II, parte A, ha gli obblighi e funzioni di cui alla parte B al medesimo allegato II; esso coopera con il laboratorio comunitario di riferimento.

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13. Laboratorio comunitario di riferimento.

1. Il laboratorio comunitario di riferimento di cui all'allegato III, parte A, espleta le funzioni indicate nella parte B al medesimo allegato III, fatte salve le disposizioni previste nella decisione 90/424/CEE, in particolare all'articolo 28.

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14. Controlli comunitari.

1. Le autorità competenti assicurano l'assistenza necessaria e la collaborazione agli esperti designati dalla Commissione europea ad effettuare controlli sul posto al fine di verificare il rispetto delle disposizioni di cui al presente decreto, compresi i controlli su una percentuale rappresentativa di aziende per la verifica dei compiti di vigilanza demandati alle autorità competenti.

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15. Piano d'intervento.

1. Il Ministero della salute redige un intervento d'intesa con le regioni e le province autonome, contenente le misure da attuare ai sensi del presente decreto, sulla base dei criteri contenuti nell'allegato IV. Il piano deve consentire l'accesso agli impianti, alle attrezzature, al personale e ad ogni altra struttura appropriata, necessari per una rapida ed efficace eradicazione della malattia.

2. Il piano di cui al comma 1, è presentato alla Commissione europea per l'approvazione e può, in tale fase, essere modificato per garantire, sulla base delle indicazioni fornite dalla Commissione, la compatibilità con quelli presentati da altri Stati membri; successivamente all'approvazione, il piano può essere modificato o completato per tener conto degli sviluppi della situazione.

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16. Sanzioni amministrative.

1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, essendovi obbligato ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320, e successive modifiche, non provvede a notificare qualunque caso, anche solo sospetto, di una delle malattie degli animali elencate nell'allegato I al presente decreto o viola le misure sanitarie disposte per i casi di presenza o di sospetto di una delle malattie in questione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 1.549,37 a € 9.296,22.

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17. Disposizioni finali.

1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, il presente decreto si applica, per le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva 2000/75/CE, fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma.

2. È abrogata l'O.M. 10 aprile 1970 del Ministro della sanità, recante norme per la profilassi della malattia (blue-tongue), e successive modifiche, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 114 dell'8 maggio 1970.

3. Le prescrizioni di cui al presente decreto sostituiscono, limitatamente alla febbre catarrale degli ovini, quelle di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1996, n. 362.

(Si omettono gli allegati)


D.Lgs. 29-03-2004 n. 102
Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della L. 7 marzo 2003, n. 38 (art. 9)

 

___________

Pubblicato nella Gazz. Uff. 23 aprile 2004, n. 95. 

(omissis)

9. Epizoozie.

1. I consorzi di difesa, ed altri organismi ad essi equiparati, possono deliberare di concorrere al sostegno dei redditi delle imprese zootecniche colpite da infezioni epizootiche che determinano l'abbattimento del bestiame e che comportino il divieto di ogni attività commerciale. Tale intervento è previsto anche per l'indennizzo di animali morti a seguito di vaccinazioni o altre misure ordinate o raccomandate dalle autorità competenti, purché gli aventi diritto non abbiano beneficiato di analoghi indennizzi previsti da altra normativa vigente.

2. Le iniziative di cui al comma 1 sono a carico dei consorzi e tengono conto, secondo parametri e modalità fissati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, entro il 30 novembre per l'anno successivo, delle mancate produzioni per un determinato periodo di fermo dell'allevamento.

3. Lo Stato concorre fino alla metà della spesa sostenuta, accertata sulla base del relativo conto consuntivo.

(omissis)

 


Normativa comunitaria

 


Trattato 25 marzo 1957
Trattato che istituisce la Comunità europea (n.d.r. Versione in vigore dal 1° febbraio 2003)

 

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(1) Versione consolidata pubblicata nella G.U.C.E. 24 dicembre 2002, n. C 325. Il presente testo, in vigore dal 1° febbraio 2003, è così integrato con le modifiche apportate dal trattato di Nizza, firmato il 26 febbraio 2001.

(2) I testi dei protocolli sono consultabili in allegato al Trattato 25 marzo 1957 nel testo in vigore fino al 30 aprile 1999).

(omissis)

Sezione 2

Aiuti concessi dagli Stati

Articolo 87 (ex articolo 92)

1. Salvo deroghe contemplate dal presente trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

2. Sono compatibili con il mercato comune:

a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti,

b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali,

c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione.

3. Possono considerarsi compatibili con il mercato comune:

a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione,

b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro,

c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse,

d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria all'interesse comune,

e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.

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Articolo 88 (ex articolo 93)

1. La Commissione procede con gli Stati membri all'esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in questi Stati. Essa propone a questi ultimi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune.

2. Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato comune a norma dell'articolo 87, oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato.

Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale decisione entro il termine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia, in deroga agli articoli 226 e 227.

A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, deliberando all'unanimità, può decidere che un aiuto, istituito o da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato comune, in deroga alle disposizioni dell'articolo 87 o ai regolamenti di cui all'articolo 89, quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione. Qualora la Commissione abbia iniziato, nei riguardi di tale aiuto, la procedura prevista dal presente paragrafo, primo comma, la richiesta dello Stato interessato rivolta al Consiglio avrà per effetto di sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si sia pronunciato al riguardo.

Tuttavia, se il Consiglio non si è pronunciato entro tre mesi dalla data della richiesta, la Commissione delibera.

3. Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune a norma dell'articolo 87, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

(omissis)


Orientamenti 1 febbraio 2000
Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo (punto 11.4)

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(1) Pubblicati nella G.U.C.E. 1 febbraio 2000, n. C 28. La data degli orientamenti qui indicata è quella della pubblicazione nella G.U.C.E.

(omissis)

11.4. Aiuti destinati alla lotta contro le epizoozie e le fitopatie

11.4.1. Di norma, per un agricoltore la perdita di alcuni capi di bestiame o di un raccolto a causa di una malattia non costituisce una calamità naturale o un evento eccezionale ai sensi del trattato. In tali casi, gli indennizzi per le perdite subite e gli aiuti per prevenire perdite future possono soltanto essere autorizzati dalla Commissione a norma dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato, il quale sancisce che gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività possono essere considerati compatibili con il mercato comune, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

11.4.2. In conformità a questi principi, la Commissione ritiene che gli aiuti agli agricoltori a titolo di indennizzo delle perdite causate da epizoozie o fitopatie possano essere autorizzati unicamente nell'ambito di un idoneo programma di prevenzione, controllo ed eradicazione della malattia in questione realizzato a livello comunitario, nazionale o regionale. Aiuti intesi semplicemente a compensare gli agricoltori delle perdite subite, ma che non prevedano alcuna iniziativa per risolvere il problema alla fonte, vanno considerati meri aiuti al funzionamento, che sono incompatibili con il mercato comune. La Commissione pone pertanto come condizione l'esistenza di disposizioni comunitarie o nazionali, stabilite da leggi o da norme regolamentari o amministrative, che consentano alle autorità competenti di adottare opportune misure di lotta contro la malattia di cui trattasi, sia attuando interventi di eradicazione, e in special modo misure obbligatorie soggette ad indennizzo, sia, in una fase iniziale, organizzando un sistema d'allarme, associato, ove opportuno, ad incentivi per incoraggiare i singoli agricoltori a partecipare volontariamente a programmi di prevenzione [2]. Ne consegue che solo le malattie di interesse per le pubbliche autorità, e non i casi in cui gli agricoltori devono ragionevolmente rispondere a titolo individuale, possono essere oggetto di aiuto.

11.4.3. Tali aiuti dovrebbero prefiggersi uno dei seguenti obiettivi:

- di prevenzione, in quanto essi prevedono indagini di massa o analisi, l'eradicazione degli agenti patogeni che possono trasmettere l'infezione, vaccinazioni preventive degli animali o opportuno trattamento delle colture, abbattimento preventivo del bestiame o distruzione dei raccolti;

- di compensazione, in quanto il bestiame contagiato viene abbattuto o i raccolti distrutti per ordine o raccomandazione delle autorità pubbliche, oppure il bestiame muore in seguito a vaccinazioni o altre misure raccomandate o ordinate dalle autorità competenti;

- combinati, in quanto il regime di aiuti compensativi delle perdite imputabili a malattie è soggetto alla condizione che il beneficiario si impegni ad applicare in futuro idonee misure di prevenzione, secondo quanto prescritto dalle autorità pubbliche.

11.4.4. Nella notifica lo Stato membro deve dimostrare che gli aiuti finalizzati alla lotta contro le epizoozie e le fitopatie sono compatibili con gli obiettivi e le disposizioni specifiche della normativa comunitaria nei settori veterinario e fitosanitario. Occorre identificare chiaramente l'epizoozia o la fitopatia di cui trattasi e fornire una descrizione delle misure adottate.

11.4.5. Se le condizioni sopra esposte sono soddisfatte, gli aiuti possono coprire fino al 100% delle spese effettivamente sostenute per misure quali controlli sanitari, test e altre indagini, acquisto e somministrazione di vaccini, medicinali e prodotti fitosanitari, costi imputabili all'abbattimento del bestiame e alla distruzione dei raccolti. Nessun aiuto può invece essere versato per misure di prevenzione qualora la normativa comunitaria prescriva oneri specifici per taluni tipi di misure di lotta contro le infezioni. Analogamente, nessun aiuto viene erogato se la normativa comunitaria prevede che il costo delle misure sia a carico dell'azienda agricola, a meno che il costo di tali misure sia interamente compensato da oneri obbligatori a carico dei produttori.

L'indennizzo può coprire il valore normale dei raccolti distrutti o del bestiame abbattuto; può comprendere una compensazione ragionevole per la perdita di profitto, tenendo conto delle difficoltà relative alla sostituzione del bestiame o al reimpianto e della quarantena o di altri periodi di attesa imposti o raccomandati dalle autorità competenti, per consentire l'eliminazione della malattia prima di sostituire il bestiame o le colture.

Qualora l'aiuto sia erogato nell'ambito di un regime comunitario e/o nazionale e/o regionale, è necessario dimostrare che non vi è possibilità di compensazione eccessiva cumulando i diversi regimi. Se l'aiuto comunitario è stato approvato, occorre indicare la data e i riferimenti della pertinente decisione della Commissione.

(omissis)


Dir. 82/894/CEE del 21 dicembre 1982
Direttiva del Consiglio
concernente la notifica delle malattie degli animali nella Comunità

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 31 dicembre 1982, n. L 378.

(2) Termine di recepimento: 1° gennaio 1984.

(3) Per quanto riguarda la codificazione e i codici per la notifica delle malattie animali a norma della presente direttiva, si rimanda alla decisione 2000/807/CE.

 

Il Consiglio delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 43 e 100,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che la Comunità ha disciplinato gli scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina, di carni fresche, di carni fresche di pollame e di prodotti a base di carne;

considerando che la comparsa o la presenza di talune malattie contagiose degli animali comporta un rischio per il patrimonio zootecnico comunitario, soprattutto a causa della loro propagazione in seguito a scambi intracomunitari, che è indispensabile una rapida e precisa informazione per applicare le varie misure di tutela previste dalla regolamentazione comunitaria;

considerando che ogni Stato membro deve notificare agli altri Stati membri e alla Commissione la comparsa o la scomparsa di determinate malattie nel suo territorio, in conformità dell'articolo 9 della direttiva 64/432/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1964, relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina, modificata da ultimo dalla direttiva 80/1274/CEE, dell'articolo 11 della direttiva 71/118/CEE del Consiglio, del 15 febbraio 1971, relativa a problemi sanitari in materia di scambi di carni fresche di volatili da cortile, modificata da ultimo dalla direttiva 80/216/CEE, dell'articolo 7 della direttiva 72/461/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1972, relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di carni fresche, modificata da ultimo dalla direttiva 80/1099/CEE, e dell'articolo 7 della direttiva 80/215/CEE del Consiglio, del 22 gennaio 1980, relativa a problemi di polizia sanitaria negli scambi intracomunitari di prodotti a base di carni, modificata da ultimo dalla direttiva 80/1100/CEE;

considerando che occorre specificare il metodo di notifica e le malattie da notificare e che occorre in particolare fare periodicamente il punto sulla situazione in ciascuno Stato membro;

considerando che, tenendo conto dell'esperienza che si farà in fatto di notifica, si effettuerà un adeguamento alle esigenze tecniche con una procedura che crei una stretta cooperazione fra gli Stati membri e la Commissione,

ha adottato la presente direttiva:

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Articolo 1

1. La presente direttiva si applica alla notifica:

- di focolai di una delle malattie elencate nell'allegato I,

- della soppressione - dopo l'estinzione dell'ultimo focolaio - delle restrizioni introdotte in seguito alla comparsa di una delle malattie elencate nell'allegato I.

2. La presente direttiva è applicabile, fatte salve le disposizioni speciali relative all'informazione in materia d'armonizzazione delle misure di eradicazione e/o profilassi delle malattie degli animali.

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Articolo 2

Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) "azienda": il complesso agricolo o di altra natura situato nel territorio di uno Stato membro e nel quale sono tenuti o allevati animali;

b) "caso": la conferma ufficiale, su qualsiasi animale o carcassa, di una delle malattie elencate nell'allegato I;

c) "focolaio": l'azienda o il luogo situati nel territorio della Comunità in cui sono riuniti animali e in cui uno o più casi sono stati ufficialmente confermati;

d) "focolaio primario": focolaio epidemiologicamente non collegato con un altro focolaio manifestatosi in precedenza nella stessa regione di uno Stato membro, ai sensi dell'articolo 2 della direttiva 64/432/CEE, o il primo focolaio in un'altra regione dello stesso Stato membro.

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Articolo 3

1. Ogni Stato membro notifica direttamente alla Commissione e a ciascuno degli altri Stati membri, entro 24 ore:

- l'insorgenza nel proprio territorio del focolaio primario di una delle malattie elencate nell'allegato I,

- la soppressione - dopo l'estinzione dell'ultimo focolaio - delle restrizioni introdotte nel suo territorio in seguito alla comparsa di una delle malattie elencate nell'allegato I (4).

2. Le notifiche, di cui al paragrafo 1, che implicano le informazioni di cui all'allegato II, sono trasmesse mediante telescritto.

3. Nel caso della peste suina classica sono considerate sufficienti le informazioni fornite in conformità della direttiva 80/217/CEE del Consiglio, del 22 gennaio 1980, che stabilisce misure comunitarie di lotta contro la peste suina classica, modificata da ultimo dalla direttiva 80/1274/CEE.

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(4) L'articolo 2 della decisione 92/450/CEE ha così disposto:

"Articolo 2

In deroga all'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 82/894/CEE qualsiasi focolaio di encefalopatia spongiforme dei bovini è notificato, sino al 31 dicembre 1997, conformemente al disposto dell'articolo 4 della direttiva 82/894/CEE".

Vedi, per una deroga al presente paragrafo, l'articolo 1 della decisione 2003/724/CE.

 

Articolo 4

1. Fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 1, paragrafo 2, ogni Stato membro notifica direttamente alla Commissione, almeno il primo giorno lavorativo di ogni settimana, i focolai secondari di una delle malattie elencate nell'allegato I costatati sul suo territorio.

Tale notifica deve riferirsi alla settimana che termina alla mezzanotte della domenica precedente la notifica stessa.

La Commissione stabilisce l'eventuale correlazione tra i vari elementi di informazione e li comunica alle autorità veterinarie di ciascuno Stato membro.

2. Qualora la Commissione non riceva alcuna notifica, si considera che nessun focolaio secondario si è manifestato nel periodo di cui al secondo comma del paragrafo 1.

3. Le notifiche di cui al paragrafo 1 devono contenere le informazioni specificate nell'allegato II ed essere trasmesse per telescritto.

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Articolo 5

1. Conformemente alla procedura di cui all'articolo 6 e prima dell'entrata in vigore della presente direttiva, viene stabilito il metodo codificato da utilizzare per la trasmissione delle informazioni di cui all'allegato II.

2. Secondo la procedura di cui all'articolo 6 può essere deciso:

- di integrare o modificare gli allegati,

- che, fatto salvo l'articolo 4 e tenuto conto della malattia in causa e dei particolari sviluppi epidemiologici, la portata, il contenuto e la frequenza della notifica sono temporaneamente modificati.

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Articolo 6 (5)

1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dall'articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.

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(5) Articolo inizialmente modificato dal regolamento (CEE) n. 3768/85 e successivamente dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia e, da ultimo, così sostituito dall'allegato III del regolamento (CE) n. 807/2003.

 

Articolo 7

Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 1° gennaio 1984 e ne informano immediatamente la Commissione.

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Articolo 8

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

 

Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1982.

 

Per il Consiglio

il presidente

O. Moeller

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Si omettono gli allegati

 

 


Dir. 89/608/CEE del 21 novembre 1989
Direttiva del Consiglio relativa alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione delle legislazioni veterinaria e zootecnica

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 2 dicembre 1989, n. L 351. Entrata in vigore il 4 dicembre 1989.

(2) Termine di recepimento: 1 luglio 1991. Direttiva recepita con D.Lgs. 30 gennaio 1993, n. 27.

 

Il Consiglio delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 43,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che nel settore agricolo è stata introdotta una notevole normativa in materia veterinaria e zootecnica;

considerando che il corretto funzionamento della politica agricola comune e del mercato comune dei prodotti agricoli nonché la prospettiva della soppressione dei controlli veterinari alle frontiere in vista della realizzazione del mercato interno dei prodotti soggetti a detti controlli rendono necessario il rafforzamento della collaborazione tra le autorità che, in ciascuno degli Stati membri, sono incaricate di applicare le normative veterinaria e zootecnica;

considerando che è pertanto opportuno definire le regole in base alle quali le autorità competenti degli Stati membri sono tenute a prestarsi mutua assistenza e collaborare con la Commissione al fine di assicurare la corretta applicazione delle normative veterinaria e zootecnica, in particolare attraverso la prevenzione e la ricerca delle infrazioni a tali normative, nonché attraverso l'individuazione di traffici che siano o paiano in contrasto con queste normative;

considerando che per stabilire tali regole conviene ispirarsi, per quanto possibile, alle disposizioni comunitarie adottate con il regolamento (CEE) n. 1468/81 del Consiglio, del 19 maggio 1981, relativo alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione della regolamentazione doganale o agricola, modificato dal regolamento (CEE) n. 945/87; che, tuttavia, occorre anche tener conto del carattere specifico delle regole sanitarie,

ha adottato la presente direttiva:

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Articolo 1

La presente direttiva determina le condizioni alle quali le autorità competenti incaricate negli Stati membri del controllo delle legislazioni veterinaria e zootecnica collaborano tra loro e con i servizi competenti della Commissione allo scopo di assicurare l'osservanza di tali legislazioni.

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Articolo 2

1. Ai sensi della presente direttiva si intende per:

- "legislazione veterinaria" l'insieme delle disposizioni di carattere comunitario e delle disposizioni prese in applicazione della regolamentazione comunitaria concernenti la salute degli animali, la salute pubblica in relazione al settore veterinario, l'ispezione sanitaria degli animali, delle carni e degli altri prodotti di origine animale e la protezione degli animali,

- "legislazione zootecnica" l'insieme delle disposizioni di carattere comunitario e delle disposizioni prese in applicazione della regolamentazione comunitaria concernenti la zootecnia,

- "autorità richiedente" la competente autorità centrale di uno Stato membro che formula una domanda di assistenza,

- "autorità interpellata" la competente autorità di uno Stato membro a cui è indirizzata una domanda di assistenza.

2. Ciascuno Stato membro comunica agli altri Stati membri e alla Commissione l'elenco delle autorità competenti di cui all'articolo 1.

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Articolo 3

L'obbligo di assistenza previsto dalla presente direttiva non riguarda la trasmissione di informazioni o documenti ottenuti dalle autorità competenti di cui all'articolo 1 nell'ambito di poteri da esse esercitati su mandato dell'autorità giudiziaria.

Tuttavia, per quanto riguarda l'assistenza a richiesta, detta trasmissione si effettua, fatto salvo l'articolo 14, ogniqualvolta l'autorità giudiziaria, che deve essere consultata a tal fine, lo consenta.

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TITOLO I

Assistenza su richiesta

Articolo 4

1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata:

- trasmette alla prima ogni informazione, attestato, documento o copia conforme in suo possesso o che si procuri conformemente al paragrafo 2, che le consenta di verificare l'osservanza delle disposizioni previste dalla legislazione veterinaria o zootecnica,

- effettua ogni indagine utile sulla veridicità dei fatti segnalati dall'autorità richiedente e comunica a quest'ultima il risultato di tale inchiesta, ivi comprese le informazioni necessarie per svolgerla.

2. Allo scopo di ottenere le informazioni richieste, l'autorità interpellata o l'autorità amministrativa cui l'autorità interpellata si rivolge procede come se agisse per conto proprio o a richiesta di un'altra autorità del proprio Paese.

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Articolo 5

1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata notifica alla prima o le fa notificare, nel rispetto delle norme in vigore nello Stato membro in cui essa ha sede, tutti gli atti o le decisioni prese dalle autorità competenti che riguardino l'applicazione della legislazione veterinaria o zootecnica.

2. Le richieste di notifica indicanti l'oggetto dell'atto o della decisione da notificare sono accompagnate, a richiesta dell'autorità interpellata, da una traduzione nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro in cui detta autorità ha sede.

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Articolo 6

A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata esercita, fa esercitare o fa rafforzare la sorveglianza nella zona di azione dei propri servizi ove si sospettano irregolarità, in particolare:

a) sulle aziende,

b) sui luoghi in cui siano stati costituiti depositi di merci,

c) sui movimenti di merci segnalati,

d) sui mezzi di trasporto.

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Articolo 7

A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata comunica alla prima, in particolare con rapporti e altri documenti o con le relative copie conformi o estratti, tutte le informazioni pertinenti di cui essa dispone o che si procuri conformemente all'articolo 4, paragrafo 2, in merito ad operazioni effettivamente constatate che sembrano all'autorità richiedente contrarie alla legislazione veterinaria o zootecnica.

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TITOLO II

Assistenza spontanea

Articolo 8

1. Le autorità competenti di ciascuno Stato membro collaborano spontaneamente, alle condizioni stabilite al paragrafo 2, con le autorità competenti degli altri Stati membri, senza che sia stata formulata richiesta preventiva da parte di queste ultime.

2. Quando lo reputino utile ai fini dell'osservanza della legislazione veterinaria o zootecnica, le autorità competenti di ciascuno Stato membro:

a) esercitano o fanno esercitare, per quanto possibile, la sorveglianza di cui all'articolo 6;

b) comunicano quanto prima alle autorità competenti degli altri Stati membri interessati, in particolare con relazioni e altri documenti o con le relative copie conformi o estratti, tutte le informazioni di cui dispongono su operazioni che sono o che sembrano loro contrarie alla legislazione veterinaria o zootecnica, in particolare i mezzi o metodi utilizzati per effettuare tali operazioni.

TITOLO III

Disposizioni finali

Articolo 9

1. Le autorità competenti di ogni Stato membro comunicano alla Commissione, non appena ne dispongono:

a) ogni informazione che ritengono utile relativamente:

- alle merci che hanno formato oggetto, o che si presume abbiano formato oggetto, di operazioni contrarie alla legislazione veterinaria o zootecnica;

- ai metodi ed ai procedimenti utilizzati, o che si presume siano stati utilizzati, per violare dette legislazioni;

b) ogni informazione concernente insufficienze o lacune di dette legislazioni che l'applicazione di queste ha permesso di rilevare o supporre.

2. La Commissione comunica alle autorità competenti di ogni Stato membro, appena ne dispone, ogni informazione tale da consentire loro di assicurare l'osservanza della legislazione veterinaria o zootecnica.

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Articolo 10

1. Qualora operazioni contrarie o che sembrano contrarie alla regolamentazione veterinaria o zootecnica siano riscontrate dalle autorità competenti di uno Stato membro e presentino un particolare interesse sul piano comunitario, segnatamente:

- qualora esse abbiano o possano avere ramificazioni in altri Stati membri, o

- qualora sembri a dette autorità che operazioni analoghe possano essere state effettuate anche in altri Stati membri,

dette autorità comunicano quanto prima alla Commissione, di propria iniziativa o su richiesta motivata della Commissione stessa, qualsiasi opportuna informazione, se del caso sotto firma di documenti o di copie o estratti di documenti, occorrente per la conoscenza dei fatti, ai fini del coordinamento, ad opera della Commissione, delle azioni svolte dagli Stati membri.

La Commissione comunica tali informazioni alle autorità competenti degli altri Stati membri.

2. Qualora le comunicazioni di cui al paragrafo 1 riguardino casi che possono presentare un pericolo per la salute umana e non esistano altri mezzi di prevenzione, le informazioni in questione possono, previ contatti tra le parti e la Commissione, formare oggetto di un'informazione motivata al pubblico.

3. Le informazioni relative alle persone fisiche o giuridiche formano oggetto delle comunicazioni di cui al paragrafo 1 unicamente nella misura strettamente necessaria a permettere la constatazione di operazioni contrarie alla legislazione veterinaria o zootecnica.

4. Qualora facciano ricorso al paragrafo 1, le autorità competenti di uno Stato membro possono esimersi dal comunicare alle autorità competenti degli altri Stati membri interessati le informazioni di cui all'articolo 8, paragrafo 2, lettera b) e all'articolo 9.

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Articolo 11

La Commissione e gli Stati membri riuniti in seno al Comitato veterinario permanente o al Comitato zootecnico permanente:

- esaminano su un piano generale il funzionamento della mutua assistenza prevista dalla presente direttiva;

- esaminano le informazioni pertinenti comunicate alla Commissione in applicazione degli articoli 9 e 10 - nonché le modalità di questa comunicazione - allo scopo di trarne gli insegnamenti.

Alla luce di questi esami, la Commissione proporrà, se necessario, una modifica delle disposizioni esistenti o l'elaborazione di disposizioni complementari.

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Articolo 12

Ai fini dell'applicazione della presente direttiva gli Stati membri adottano ogni disposizione utile:

a) per assicurare, sul piano interno, un buon coordinamento tra le autorità competenti di cui all'articolo 1;

b) per stabilire, sul piano dei loro rapporti reciproci e se necessario, una diretta cooperazione tra le autorità da essi specificamente abilitate a tal fine.

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Articolo 13

1. La presente direttiva non impone alle autorità competenti degli Stati membri di prestarsi assistenza nel caso in cui tale assistenza possa essere pregiudizievole all'ordine pubblico o ad altri interessi essenziali dello Stato membro in cui hanno la propria sede.

2. Ogni rifiuto di assistenza deve essere motivato.

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Articolo 14

La trasmissione di documenti prevista dalla presente direttiva può essere sostituita dalla trasmissione di informazioni ottenute, in qualunque forma e ai medesimi fini, mediante l'informatica.

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Articolo 15

1. Le informazioni comunicate, in qualsiasi forma, in applicazione della presente direttiva sono riservate. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e godono della protezione accordata alle informazioni di natura analoga dalla legislazione nazionale dello Stato membro che le riceve o dalle norme corrispondenti applicabili agli organi comunitari.

Le informazioni di cui al primo comma non possono, in particolare, essere trasmesse a persone diverse da quelle che, negli Stati membri o nell'ambito delle istituzioni comunitarie, sono tenute, per le loro funzioni, a conoscerle. Esse non possono essere utilizzate a fini diversi da quelli previsti dalla presente direttiva, a meno che l'autorità che le ha fornite vi abbia espressamente acconsentito e purché tale comunicazione o utilizzazione non sia contraria alle disposizioni vigenti nello Stato membro in cui ha sede l'autorità ricevente.

Le informazioni previste dalla presente direttiva possono essere comunicate all'autorità richiedente soltanto nella misura in cui tale comunicazione non sia contraria alle disposizioni vigenti nello Stato membro in cui ha sede l'autorità interpellata.

Gli Stati membri assicurano l'osservanza del carattere riservato delle informazioni ottenute nell'ambito della mutua assistenza anche dopo la chiusura della pratica.

2. Il paragrafo 1 non osta a che le informazioni ottenute in applicazione della presente direttiva siano utilizzate in azioni giudiziarie o in procedimenti intentati successivamente per inosservanza della legislazione veterinaria o zootecnica e nel caso di prevenzione e ricerca di irregolarità a danno dei fondi comunitari.

L'autorità competente dello Stato membro che ha fornito dette informazioni è tempestivamente informata di una siffatta utilizzazione.

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Articolo 16

Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri gli accordi bilaterali di mutua assistenza tra amministrazioni veterinarie conclusi con Paesi terzi.

La Commissione, da parte sua, comunica agli Stati membri gli accordi di natura analoga che essa conclude con Paesi terzi.

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Articolo 17

Gli Stati membri rinunciano reciprocamente a chiedere il rimborso delle spese risultanti dall'applicazione della presente direttiva, salvo le eventuali indennità corrisposte ad esperti.

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Articolo 18

La presente direttiva non interferisce con l'applicazione negli Stati membri delle norme relative all'assistenza giudiziaria nel campo penale.

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Articolo 19

Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1° luglio 1991. Esse ne informano immediatamente la Commissione.

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Articolo 20

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, addì 21 novembre 1989.

Per il Consiglio

il presidente

H. Nallet

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Dir. 91/628/CEE del 19 novembre 1991
Direttiva del Consiglio relativa alla protezione degli animali durante il trasporto e recante modifica delle direttive 90/425/CEE e 91/496/CEE

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 11 dicembre 1991, n. L 340.

(2) Termine di recepimento: 1° gennaio 1993. Direttiva recepita con D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 532.

Il Consiglio delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 43,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che, con la risoluzione del 20 febbraio 1987, relativa alla politica in materia di benessere degli animali, il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a presentare proposte concernenti la protezione degli animali durante il trasporto;

considerando che, per eliminare gli ostacoli tecnici agli scambi di animali vivi e per agevolare il corretto funzionamento delle organizzazioni di mercato interessato, garantendo un livello soddisfacente di protezione degli animali, la Comunità ha adottato delle norme in questo settore;

considerando che tutti gli Stati membri hanno ratificato la convenzione europea sulla protezione degli animali nei trasporti internazionali ed hanno firmato il protocollo supplementare che abilita la Comunità in quanto tale ad aderire a tale convenzione;

considerando che il regolamento (CEE) n. 3626/82 del Consiglio, del 3 dicembre 1982, relativo all'applicazione nella Comunità della convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione, in appresso denominata CITES, disciplina le condizioni di trasporto di talune specie;

considerando che la direttiva 77/489/CEE ha stabilito le norme relative alla protezione degli animali nei trasporti internazionali; che la direttiva 81/389/CEE ha stabilito le misure di applicazione della direttiva 77/489/CEE, istituendo, in particolare, i controlli alle frontiere interne della Comunità;

considerando che, per il conseguimento di tali obiettivi, in particolare la protezione degli animali durante il trasporto, occorre, nel quadro del completamento del mercato interno, modificare le norme della direttiva 90/425/CEE al fine, in particolare, di armonizzare i controlli anteriori relativi al benessere degli animali durante il trasporto;

considerando che dette norme debbono applicarsi al trasporto di animali sia nell'ambito del territorio comunitario che in provenienza e in partenza dalla Comunità e che debbono essere aboliti i controlli sistematici alle frontiere interne della Comunità;

considerando che per ragioni di benessere degli animali il trasporto su lunghe distanze di animali, compresi gli animali destinati al macello, dovrebbe essere il più possibile ridotto;

considerando che le norme previste devono garantire una più efficace protezione degli animali durante il trasporto;

considerando che conviene del pari modificare la direttiva 91/496/CEE per adeguarla alla presente direttiva; che conviene inoltre abrogare le direttive 77/489/CEE e 81/389/CEE,

ha adottato la presente direttiva:

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Capitolo I

Disposizioni generali

Articolo 1

1. La presente direttiva si applica al trasporto di:

a) solipedi domestici e animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina;

b) pollame, volatili e conigli domestici;

c) cani e gatti domestici;

d) altri mammiferi e volatili;

e) altri animali vertebrati e animali a sangue freddo.

2. La presente direttiva non si applica:

a) - ai trasporti privi di qualsiasi carattere commerciale e ad ogni singolo animale accompagnato da una persona fisica che ne ha la responsabilità durante il trasporto,

- ai trasporti di animali domestici di compagnia che accompagnano il loro padrone nel corso d'un viaggio privato (3);

b) fatte salve le disposizioni nazionali applicabili in materia, ai trasporti di animali

- effettuati su una distanza massima di 50 km a partire dall'inizio del trasporto degli animali fino al luogo di destinazione; o

- effettuati dagli allevatori o dagli ingrassatori con veicoli agricoli o mezzi di trasporto di loro proprietà nel caso in cui le circostanze geografiche impongano una transumanza stagionale senza scopo lucrativo per alcuni tipi di animali.

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(3) Lettera così sostituita dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

 

Articolo 2

1. Ai fini della presente direttiva sono applicabili, all'occorrenza, le definizioni di cui all'articolo 2 delle direttive 89/662/CEE, 90/425/CEE, 90/675/CEE e 91/496/CEE.

2. Si intende inoltre per:

a) "mezzo di trasporto": le parti di veicoli stradali, veicoli su rotaia, navi ed aerei utilizzati per il carico e il trasporto di animali, nonché i contenitori per il trasporto terrestre, marittimo o aereo;

b) "trasporto": ogni trasferimento di animali, effettuato con un mezzo di trasporto, che comprenda il carico e lo scarico degli animali;

c) "punto di sosta": un luogo in cui il viaggio è interrotto a scopo di riposo, alimentazione o abbeveraggio degli animali;

d) "punto di trasferimento": il luogo in cui il trasporto è interrotto allo scopo di trasferire gli animali da un mezzo di trasporto ad un altro;

e) "luogo di partenza": il luogo in cui, fatto salvo l'articolo 1, paragrafo 2, lettera b), gli animali sono caricati per la prima volta su un mezzo di trasporto, nonché tutti i luoghi in cui gli animali sono stati scaricati e stabulati per 24 ore, abbeverati, nutriti, nonché, se necessario, curati, ad eccezione di qualsiasi punto di sosta o di trasferimento. Possono essere parimenti considerati "luoghi di partenza" i mercati ed i centri di raduno autorizzati in base alla legislazione comunitaria,

- quando il primo luogo di carico degli animali è distante meno di 50 km dai summenzionati mercati o centri;

- quando, nel caso in cui la distanza di cui al primo trattino sia superiore a 50 km, gli animali hanno beneficiato di un periodo di riposo di una durata da stabilirsi secondo la procedura prevista all'articolo 17 e sono stati abbeverati e nutriti prima di essere nuovamente caricati sul mezzo di trasporto (4);

f) "luogo di destinazione": il luogo in cui gli animali sono scaricati definitivamente da un mezzo di trasporto; il luogo di destinazione non comprende un punto di sosta o un punto di trasferimento;

g) "viaggio": il trasporto dal luogo di partenza al luogo di destinazione;

h) "periodo di riposo": un periodo continuo, nel corso del viaggio, durante il quale gli animali non sono spostati con un mezzo di trasporto (5);

i) "trasportatore": qualsiasi persona fisica o giuridica che trasporta animali

- per conto proprio, ovvero

- per conto terzi, ovvero

- che mette a tal fine un mezzo di trasporto a disposizione di terzi;

detto trasporto deve avere carattere commerciale ed essere effettuato a scopo di lucro (6).

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(4) Lettera così modificata dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

(5) Lettera aggiunta dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

(6) Lettera aggiunta dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

 

Capitolo II

Trasporto e controlli nel territorio della Comunità

Articolo 3

1. Gli Stati membri vigilano affinché:

a) il trasporto di animali all'interno di uno Stato membro e/o da uno Stato membro ad un altro sia effettuato conformemente alla presente direttiva e rispettando, per quanto riguarda gli animali di cui:

- all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), le disposizioni del capitolo I dell'allegato;

- all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), le disposizioni del capitolo II dell'allegato;

- all'articolo 1, paragrafo 1, lettera c), le disposizioni del capitolo III dell'allegato;

- all'articolo 1, paragrafo 1, lettera d), le disposizioni del capitolo IV dell'allegato;

- all'articolo 1, paragrafo 1, lettera e), le disposizioni del capitolo V dell'allegato;

a) bis - lo spazio (densità di carico) per gli animali sia almeno conforme ai dati fissati nel capitolo VI dell'allegato in ordine agli animali e ai mezzi di trasporto menzionati in tale capitolo,

- le durate del trasporto e del periodo di riposo, nonché gli intervalli di alimentazione e abbeveraggio per taluni tipi di animali, siano conformi alle norme stabilite nel capitolo VII dell'allegato, in ordine agli animali menzionati in tale capitolo, fatte salve le disposizioni del regolamento (CEE) n. 3820/85 (7);

b) possano essere trasportati soltanto animali idonei a sopportare il viaggio previsto e unicamente qualora siano state prese disposizioni adeguate per la cura degli animali durante il viaggio e al loro arrivo nel luogo di destinazione. Gli animali malati o feriti non sono considerati idonei al trasporto. Tuttavia questa disposizione non si applica:

i) agli animali lievemente feriti o malati, per i quali il trasporto non sia causa di sofferenze inutili;

ii) agli animali trasportati ai fini di ricerche scientifiche approvate dall'autorità competente;

c) gli animali che si ammalano o si feriscono durante il trasporto beneficino, appena possibile, di cure di pronto soccorso e, ove occorra, di un trattamento veterinario appropriato e, se necessario, siano macellati con urgenza, evitando loro sofferenze inutili.

2. In deroga al paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri possono consentire il trasporto di animali destinati ad un trattamento veterinario di emergenza o alla macellazione di emergenza in condizioni non conformi alla presente direttiva. Gli Stati membri si accertano che tali trasporti siano permessi soltanto a condizione che gli animali interessati non debbano subire indebite sofferenze o maltrattamenti. Se del caso saranno adottate, secondo la procedura prevista all'articolo 17, norme specifiche di applicazione del presente paragrafo.

3. Fatte salve le prescrizioni del paragrafo 1, lettere a) e b) e dell'allegato, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, stabilisce le opportune condizioni supplementari per assicurare il benessere durante il trasporto di alcuni tipi di animali quali i solipedi, gli uccelli selvaggi ed i mammiferi marini. In attesa dell'attuazione di queste disposizioni, gli Stati membri possono, nel rispetto delle disposizioni generali del trattato, applicare le pertinenti norme nazionali supplementari.

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(7) Lettera aggiunta dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

 

Articolo 4

Gli Stati membri vigilano affinché, durante il viaggio, gli animali siano identificati e registrati, conformemente all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c) della direttiva 90/425/CEE, ed accompagnati dai documenti previsti dalla normativa comunitaria o nazionale, che consentano all'autorità competente di controllare:

- l'origine e il proprietario degli animali;

- il luogo di partenza e il luogo di destinazione;

- la data e l'ora di partenza.

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Articolo 5 (8)

A. Gli Stati membri provvedono affinché:

1) ogni trasportatore:

a) sia stato:

i) registrato in modo da permettere alla competente autorità di individuarlo rapidamente in caso di inosservanza delle prescrizioni della presente direttiva;

ii) oggetto di un'autorizzazione valida per tutti i trasporti di animali vertebrati effettuati su uno dei territori elencati nell'allegato I della direttiva 90/675/CEE e rilasciata dall'autorità competente dello Stato membro in cui detta persona è stabilita ovvero, qualora si tratti di un'impresa stabilita in un paese terzo, da un'autorità competente di uno Stato membro dell'Unione, purché il responsabile dell'impresa di trasporto abbia sottoscritto l'impegno di rispettare le prescrizioni della normativa veterinaria comunitaria vigente.

Tale impegno precisa segnatamente che:

- il trasportatore di cui al punto 2 ha adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle prescrizioni della presente direttiva fino al luogo di destinazione e, in particolare, in caso di esportazione verso i paesi terzi, al luogo di destinazione, quale definito dalla relativa legislazione comunitaria;

- fatte salve le disposizioni del capitolo I, sezione A, punto 6, lettera b) dell'allegato, la persona di cui al seguente punto 2, lettera a) possiede una formazione specifica acquisita presso l'impresa o presso un organismo di formazione, ovvero vanta un'esperienza pratica equivalente per procedere alla manipolazione e al trasporto di animali vertebrati nonché per prestare, se necessario, l'assistenza appropriata agli animali trasportati;

b) non trasporti o non faccia trasportare animali in condizioni tali da poterli esporre a lesioni o a sofferenze inutili;

c) utilizzi per trasporto di animali contemplati dalla presente direttiva, dei mezzi di trasporto tali da garantire il rispetto delle prescrizioni comunitarie in materia di benessere durante il trasporto, in particolare delle prescrizioni previste dall'allegato e di quelle da determinare a norma dell'articolo 13, paragrafo 1;

2) il trasportatore:

a) affidi il trasporto degli animali vivi a una persona che possieda le attitudini, le capacità professionali e le conoscenze richieste di cui al punto 1, lettera a);

b) stabilisca, che gli animali di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a) destinati a scambi fra Stati membri ovvero ad essere esportati verso paesi terzi, nel caso in cui la durata del viaggio sia superiore a 8 ore, un ruolino di marcia conforme al modello che figura al capitolo VIII dell'allegato, che è allegato al certificato sanitario durante il viaggio e precisi inoltre i punti di sosta e di eventuale trasferimento.

Un solo ruolino di marcia dovrà essere compilato a norma della lettera c) per coprire tutta la durata del viaggio;

c) presenti il ruolino di marcia di cui alla lettera b) all'autorità competente perché questa proceda alla redazione del certificato sanitario; dopo di che il numero o i numeri dei certificati sono indicati nel ruolino, su cui è apposta la stampigliatura del veterinario del luogo di partenza; quest'ultimo notificherà inoltre l'esistenza del ruolino di marcia mediante il sistema ANIMO;

d) si accerti che:

i) l'originale del ruolino di marcia di cui alla lettera b):

- sia debitamente compilato e completato dalle persone appropriate al momento opportuno,

- sia unito al certificato sanitario che accompagna il trasporto durante tutta la durata del viaggio;

ii) il personale incaricato del trasporto:

- menzioni sul ruolino di marcia l'ora e il luogo in cui gli animali sono stati alimentati e abbeverati durante il trasporto;

- in caso di esportazioni di animali verso paesi terzi e quando il periodo di trasporto nel territorio della Comunità è superiore a 8 ore, faccia vistare, previo controllo, il ruolino di marcia (stampigliatura e firma) dall'autorità competente del posto di frontiera autorizzato o al punto di uscita designato da uno Stato membro, dopo che il veterinario ufficiale avrà controllato gli animali e avrà stabilito che essi possono continuare il viaggio.

Gli Stati membri possono stabilire che le spese sostenute per il controllo veterinario di cui sopra siano a carico dell'operatore che effettua l'esportazione degli animali;

- rinvii, al rientro, il ruolino di marcia all'autorità competente del luogo di origine.

Tuttavia, nel caso di esportazioni di animali verso paesi terzi mediante trasporto marittimo e quando la durata del viaggio supera 8 ore, si applicano le stesse disposizioni;

e) conservi, per un periodo determinato dall'autorità competente, una copia del ruolino di marcia di cui alla lettera b) da presentare, su richiesta, all'autorità competente per eventuale verifica;

f) fornisca, a seconda delle specie di animali trasportate e quando la distanza implichi il rispetto delle disposizioni di cui al punto 4 del capitolo VII, la prova che sono state prese disposizioni per soddisfare alle necessità di abbeverare e di alimentare gli animali trasportati durante il viaggio anche in caso di modifica del ruolino di marcia o di interruzione del viaggio per motivi indipendenti dalla sua volontà;

g) si accerti che gli animali siano avviati senza indugio al loro luogo di destinazione;

h) fatta salva l'osservanza delle disposizioni di cui al capitolo III dell'allegato, si accerti che gli animali di specie non previste dal capitolo VII dell'allegato siano abbeverati e alimentati in modo adeguato ad opportuni intervalli durante il trasporto;

3) i punti di sosta precedentemente stabiliti dal responsabile di cui al punto 2 siano sottoposti a periodici controlli da parte dell'autorità competente, che deve inoltre accertarsi che gli animali siano idonei a proseguire il viaggio;

4) le spese relative all'osservanza dei requisiti in materia di alimentazione, abbeveraggio e riposo degli animali siano a carico degli operatori di cui al punto 1.

B. Le eventuali modalità di applicazione derivanti dal presente articolo sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 17.

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(8) Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

 

Articolo 6

1. La direttiva 90/425/CEE è modificata come segue:

a) Il testo dell'articolo 1, terzo comma è sostituito dal testo seguente:

(9).

b) Nell'allegato A, la sezione I è completata dal riferimento seguente:

(10).

2. I certificati o i documenti di cui all'articolo 3 della direttiva 90/425/CEE sono completati secondo la procedura prevista all'articolo 17 per tenere conto delle prescrizioni della presente direttiva.

3. Lo scambio di informazioni tra autorità per il rispetto delle prescrizioni della presente direttiva deve essere integrato nel sistema informatizzato previsto all'articolo 20 della direttiva 90/425/CEE (ANIMO) e, per le importazioni in provenienza dai paesi terzi, nel progetto SHIFT, conformemente all'articolo 12, paragrafo 4 della direttiva 91/496/CEE. Le modalità di applicazione del presente paragrafo sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 17.

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(9) Testo riportato in modifica alla direttiva 90/425/CEE.

(10) Testo riportato in modifica alla direttiva 90/425/CEE.

 

Articolo 7

1. Gli Stati membri provvedono affinché vengano prese tutte le misure necessarie per prevenire o ridurre al minimo i ritardi durante il trasporto o le sofferenze degli animali in caso di scioperi o qualora altre circostanze imprevedibili impediscano l'applicazione della presente direttiva. In particolare, saranno adottati provvedimenti speciali presso porti, aeroporti, stazioni ferroviarie, scali di smistamento, posti di ispezione frontalieri di cui all'articolo 6 della direttiva 91/496/CEE, per accelerare il trasporto degli animali nelle condizioni conformi alle prescrizioni della presente direttiva.

2. Fatte salve le altre misure comunitarie di polizia sanitaria, nessuna partita di animali può essere trattenuta durante il trasporto, salvo qualora sia veramente indispensabile per il benessere degli animali. Allorquando una partita di animali deve essere trattenuta durante il trasporto per più di due ore, si dovranno prendere le misure appropriate per la cura degli animali e, ove occorra, per il loro scarico e l'eventuale stabulazione.

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Articolo 8 (11)

Gli Stati membri si assicurano che, nel rispetto dei principi e delle norme di controllo stabiliti dalla direttiva 90/425/CEE, le autorità competenti verifichino il rispetto delle prescrizioni della presente direttiva, senza discriminazioni, controllando:

a) i mezzi di trasporto e gli animali durante il trasporto stradale;

b) i mezzi di trasporto e gli animali al momento del loro arrivo ai luoghi di destinazione;

c) i mezzi di trasporto e gli animali nei mercati, nei luoghi di partenza nonché nei punti di sosta e di trasferimento;

d) le indicazioni riportate nei documenti d'accompagnamento. I controlli devono riguardare un campione adeguato di animali trasportati all'interno di ciascuno Stato membro ogni anno e possono essere effettuati contemporaneamente ai controlli per altri scopi.

L'autorità competente di ciascuno Stato membro presenta alla Commissione una relazione annuale che riporti il numero di controlli effettuati nell'anno civile precedente per ciascuna delle lettere a), b), c) e d), ivi compresi i particolari delle infrazioni constatate e le azioni conseguenti promosse dall'autorità competente.

L'autorità competente dello Stato membro potrà, inoltre, durante il trasporto degli animali sul proprio territorio, effettuare controlli sugli animali qualora essa disponga di informazioni che le consentano di presumere un'infrazione.

Le disposizioni del presente articolo non pregiudicano i controlli effettuati senza discriminazioni dalle autorità responsabili dell'applicazione generale delle leggi in uno Stato membro, nell'esercizio delle loro funzioni.

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(11) Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

 

Articolo 9

1. Qualora si constati, durante il trasporto, che le disposizioni della presente direttiva non sono o non sono state rispettate, l'autorità competente del luogo presso il quale ha luogo tale constatazione chiede alla persona responsabile del mezzo di trasporto di adottare i provvedimenti che l'autorità competente ritiene necessari perché sia salvaguardato il benessere degli animali interessati.

In funzione delle circostanze, dette misure possono prevedere:

a) che venga terminato il viaggio o che gli animali siano riportati al luogo di partenza seguendo il percorso più diretto, purché tale misura non provochi sofferenze indebite agli animali;

b) che gli animali siano adeguatamente stabulati e beneficino delle cure appropriate fino a che venga trovata una soluzione al problema;

c) che si proceda alla macellazione degli animali, senza causare sofferenze inutili.

La destinazione e l'uso delle carcasse di tali animali sono disciplinati dalle disposizioni previste dalla direttiva 64/433/CEE.

Qualsiasi disposizione adottata a norma del secondo comma è notificata all'autorità competente mediante la rete ANIMO, secondo modalità, incluse quelle finanziarie, da determinare secondo la procedura di cui all'articolo 17 (12).

2. Qualora il responsabile del trasporto non ottemperi alle ingiunzioni dell'autorità competente, quest'ultima rende immediatamente esecutive le misure prese e provvede a recuperare, secondo la procedura adeguata, le spese derivanti dall'esecuzione di tali misure.

3. La presente direttiva non pregiudica le vie di ricorso previste dalla legislazione vigente negli Stati membri contro le decisioni delle competenti autorità. Le decisioni adottate delle competenti autorità degli Stati membri devono essere comunicate, con l'indicazione delle relative motivazioni, allo speditore o al suo mandatario, nonché alla competente autorità dello Stato membro speditore.

A richiesta dello speditore o del suo mandatario, le decisioni motivate devono essergli comunicate per iscritto con l'indicazione delle vie di ricorso offerte dalla legislazione vigente nello Stato membro di destinazione, nonché della forma e dei termini prescritti per il ricorso stesso.

Tuttavia, in caso di lite e qualora le due parti siano d'accordo, esse possono, entro un termine massimo di un mese, sottoporre la lite alla valutazione di un esperto che figuri in un elenco di esperti della Comunità che sarà stabilito dalla Commissione.

L'esperto deve esprimere il proprio parere entro il termine massimo di settantadue ore. Le parti si conformano al parere dell'esperto nel rispetto della legislazione veterinaria comunitaria.

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(12) Comma aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

 

Articolo 10 (13)

1. Nella misura necessaria all'applicazione uniforme della presente direttiva, gli esperti della Commissione possono effettuare dei controlli in loco. A tal fine essi possono verificare, in modo casuale e non discriminatorio, che l'autorità competente controlli l'applicazione delle prescrizioni della presente direttiva.

La Commissione informa gli Stati membri del risultato dei controlli effettuati.

2. I controlli di cui al paragrafo 1 si effettuano in collaborazione con l'autorità competente.

3. Lo Stato membro nel cui territorio è effettuato un controllo presta tutta l'assistenza necessaria agli esperti nell'espletamento dei loro compiti.

4. Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 17.

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(13) Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

 

Capitolo III

Importazione proveniente da paesi terzi

Articolo 11 (14)

1. Si applicano le norme della direttiva 91/496/CEE, in particolare per quanto riguarda l'organizzazione ed il seguito da dare ai controlli.

2. L'importazione, il transito e il trasporto attraverso il territorio della Comunità di animali vivi in provenienza da paesi terzi, ai sensi della presente direttiva, sono autorizzati soltanto se il trasportatore:

- s'impegna per iscritto a rispettare le prescrizioni della presente direttiva, e in particolare quelle di cui all'articolo 5 ed ha adottato le disposizioni necessarie per conformarvisi;

- presenta un ruolino di marcia stabilito a norma dell'articolo 5.

3. Inoltre, il veterinario ufficiale del posto di frontiera verifica, all'atto del controllo del rispetto delle prescrizioni di cui al paragrafo 2, il rispetto delle condizioni di benessere degli animali. Ove egli accerti l'inosservanza delle prescrizioni concernenti l'abbeveraggio e l'alimentazione degli animali, prenderà le misure previste all'articolo 9 a spese dell'operatore.

4. Il certificato o i documenti previsti all'articolo 4, paragrafo 1, terzo trattino della direttiva 91/496/CEE sono completati secondo la procedura prevista all'articolo 17 per tener conto delle prescrizioni della presente direttiva.

In attesa che siano adottate tali misure, si applicano le norme nazionali pertinenti in materia, nel rispetto delle disposizioni generali del trattato.

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(14) Articolo inizialmente modificato dall'articolo 10 della decisione 92/438/CEE e successivamente così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

 

Capitolo IV

Disposizioni finali

Articolo 12

Le norme e le procedure informative previste dalla direttiva 89/608/CEE sono d'applicazione, mutatis mutandis, per le esigenze della presente direttiva.

Articolo 13 (15)

1. Entro il 31 dicembre 1995, la Commissione presenta al Consiglio proposte volte a stabilire le norme cui devono conformarsi i mezzi di trasporto. Il Consiglio si pronuncia a maggioranza qualificata su tali proposte.

2. Il Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, stabilisce, entro il 30 giugno 1996, i criteri comunitari cui dovranno rispondere i punti di sosta per quanto riguarda la struttura di accoglienza, l'alimentazione, l'abbeveraggio, il carico, lo scarico, ed eventualmente lo stallaggio di taluni tipi di animali nonché requisiti di polizia sanitaria applicabili a detti punti di sosta.

3. Entro il 31 dicembre 1999, la Commissione presenta al Consiglio una relazione sull'esperienza acquisita dagli Stati membri nell'attuazione della presente direttiva, corredata da eventuali proposte sulle quali il Consiglio delibererà a maggioranza qualificata.

4. In attesa che siano applicate le disposizioni di cui ai paragrafi 1 e 2, si applicano le norme nazionali in materia, nel rispetto delle disposizioni generali del trattato.

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(15) Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

 

Articolo 14

L'allegato della presente direttiva viene modificato dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, al fine segnatamente di adeguarlo all'evoluzione tecnologica e scientifica.

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Articolo 15

Secondo la procedura prevista all'articolo 17, i certificati o documenti di accompagnamento previsti dalla regolamentazione comunitaria per il trasporto degli animali di cui all'articolo 1 possono essere completati da un attestato dell'autorità competente, ai sensi dell'articolo 2, punto 6 della direttiva 90/425/CEE, che certifica il rispetto delle prescrizioni della presente direttiva.

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Articolo 16 (16)

1. Gli Stati membri possono concedere deroghe alle disposizioni della presente direttiva per gli spostamenti di animali in alcune parti di territorio indicate nell'allegato I della direttiva 90/675/CEE, per tener conto della distanza di queste ultime rispetto alla parte continentale del territorio comunitario.

2. Gli Stati membri che si avvalgono di tale facoltà informano gli altri Stati membri e la Commissione, in sede di comitato veterinario permanente, delle misure da essi adottate in materia.

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(16) Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

Articolo 17 (17)

1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dall'articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.

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(17) Articolo così sostituito dall'allegato III del regolamento (CE) n. 806/2003.

 

Articolo 18

1. Gli Stati membri adottano misure specifiche appropriate affinché ogni infrazione alla presente direttiva, commessa da persone fisiche o giuridiche, venga sanzionata.

2. In caso di infrazioni ripetute alla presente direttiva o di infrazioni che comportino una grave sofferenza per gli animali, uno Stato membro adotta, fatte salve altre sanzioni previste, i provvedimenti necessari per ovviare alle mancanze rilevate, che possono condurre alla sospensione ed al ritiro dell'autorizzazione di cui all'articolo 5, punto A, paragrafo 1, lettera a) ii).

Gli Stati membri, all'atto del recepimento della presente direttiva nella legislazione nazionale, prevedono le misure da adottare per ovviare alle mancanze constatate (18).

3. Se l'autorità competente di uno Stato membro di transito o di destinazione constata che un'impresa di trasporto non rispetta le prescrizioni della presente direttiva, essa ne informa senza indugio l'autorità competente dello Stato membro che ha rilasciato l'autorizzazione. Quest'ultima adotta tutte le misure opportune e, segnatamente, quelle previste al paragrafo 2. Essa comunica all'autorità competente dello Stato membro in cui è stata rilevata l'infrazione e alla Commissione la decisione adottata e le relative motivazioni.

La Commissione ne informa regolarmente gli altri Stati membri (19).

4. Gli Stati membri, a norma delle disposizioni stabilite dalla direttiva 89/608/CEE, si concedono reciproca assistenza per l'applicazione della presente direttiva, segnatamente al fine di assicurare il rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo.

In caso di constatazione di infrazioni gravi o ripetute, purché siano state esaurite tutte le possibilità offerte dall'assistenza reciproca e previo contatto tra le parti e la Commissione, lo Stato membro in cui sono state constatate le infrazioni può vietare temporaneamente al trasportatore chiamato in causa di trasportare animali sul suo territorio (20).

5. Il presente articolo lascia impregiudicate le norme nazionali applicabili in materia di sanzioni penali (21).

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(18) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

(19) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

(20) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

(21) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 95/29/CE.

 

Articolo 19

La presente direttiva è d'applicazione fatti salvi gli obblighi derivanti dalla legislazione doganale vigente.

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Articolo 20

Le direttive 77/489/CEE e 81/389/CEE sono abrogate al più tardi alla data di cui all'articolo 21.

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Articolo 21

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1° gennaio 1993. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

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Articolo 22

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, addì 19 novembre 1991.

Per il Consiglio

il presidente

P. Bukman

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(Si omettono gli allegati)

 


Dir. 92/45/CEE del 16 giugno 1992
Direttiva del Consiglio
relativa ai problemi sanitari e di polizia sanitaria in materia di uccisione di selvaggina e di commercializzazione delle relative carni

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 14 settembre 1992, n. L 268.

(2) Termine di recepimento: 1° gennaio 1994. Direttiva recepita con D.P.R. 17 ottobre 1996, n. 607.

(3) Vedi, per alcune disposizioni transitorie riguardanti la presente direttiva, l'articolo 13 della direttiva 2002/99/CE, con decorrenza indicata al suo articolo 14.

 

 

Il Consiglio delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 43,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che le carni di selvaggina figurano tra i prodotti elencati nell'allegato II del trattato; che la commercializzazione di carni di selvaggina costituisce una fonte di reddito complementare per una parte della popolazione rurale;

considerando che, per garantire lo sviluppo razionale di questo settore e incrementarne la produttività, è necessario stabilire a livello comunitario norme relative ai problemi sanitari e di polizia sanitaria per la produzione e la commercializzazione di carni di selvaggina;

considerando che occorre eliminare le disparità esistenti fra gli Stati membri quanto alla salute degli animali e alla salute pubblica, in modo da favorire gli scambi di queste carni nella prospettiva del compimento del mercato interno;

considerando che le carni in questione possono diffondere malattie trasmissibili agli animali domestici e all'uomo; che quindi è necessario prevedere disposizioni che permettano di contenere tale rischio;

considerando che occorre fissare le condizioni di igiene nelle quali le carni di selvaggina devono essere ottenute, trattate e ispezionate per prevenire le infezioni o intossicazioni di origine alimentare;

considerando che occorre precisare le norme di igiene che devono essere rispettate dai centri di lavorazione di selvaggina per poter ottenere il riconoscimento per gli scambi;

considerando che per l'organizzazione e il prosieguo dei controlli che devono essere eseguiti dallo Stato membro destinatario e le misure di salvaguardia che devono essere applicate conviene fare riferimento alle norme generali stabilite dalla direttiva 89/662/CEE del Consiglio, dell'11 dicembre 1989, relativa ai controlli veterinari applicabili negli scambi intracomunitari nella prospettiva della realizzazione del mercato interno;

considerando che i capi interi di selvaggina e le carni di selvaggina importate provenienti dai Paesi terzi devono soddisfare i requisiti minimi previsti dalla presente direttiva per gli scambi tra Stati membri e che occorre controllarne il rispetto conformemente ai principi e regole enunciati nella direttiva 90/675/CEE;

considerando che è opportuno prevedere deroghe per i piccoli quantitativi di carni di selvaggina;

considerando che occorre prevedere deroghe temporanee per permettere ai centri di lavorazione della selvaggina di uniformarsi ai nuovi requisiti;

considerando che è opportuno affidare alla Commissione il compito di adottare le misure di applicazione della presente direttiva; che occorre prevedere a tal fine una procedura che istituisca una stretta ed efficace collaborazione tra la Commissione e gli Stati membri nell'ambito del Comitato veterinario permanente;

considerando che è opportuno che il termine di recezione fissato al 1° gennaio 1994 di cui all'articolo 23 non incida sulla soppressione dei controlli veterinari alle frontiere al 1° gennaio 1993,

ha adottato la presente direttiva:

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Capitolo I

Disposizioni generali

Articolo 1

1. La presente direttiva stabilisce i requisiti sanitari e di polizia sanitaria applicabili all'uccisione di selvaggina, nonché la preparazione e la commercializzazione delle relative carni.

2. La presente direttiva non si applica:

a) alla cessione al consumatore o al dettagliante, da parte del cacciatore, di piccole quantità di capi interi di selvaggina abbattuta non scuoiata o non spennata e in caso di selvaggina piccola non eviscerata;

b) alla cessione di piccole quantità di carni di selvaggina al consumatore finale;

c) al selezionamento e magazzinaggio di carni di selvaggina in negozi per la vendita al minuto o in locali adiacenti a punti di vendita in cui le carni sono sezionate e immagazzinate unicamente per esservi direttamente vendute al consumatore.

Queste operazioni continuano ad essere sottoposte ai controlli sanitari prescritti dalle normative nazionali per il commercio al minuto.

3. I requisiti della presente direttiva in materia di scambi o di importazione in provenienza da Paesi terzi non si applicano ai trofei né ai capi interi di selvaggina uccisa trasportati da viaggiatori nella loro macchina personale quando si tratta di un'esigua quantità di selvaggina piccola o di un solo capo interno di selvaggina grossa e quando pare escluso, secondo le circostanze, che la carne di tali capi interi sia destinata al commercio o ad un'utilizzazione a fini commerciali e fermo restando che la selvaggina in questione non proviene da un Paese terzo o da una parte di Paese terzo da dove è vietato il commercio in applicazione dell'articolo 11, paragrafi 2 e 3, o dell'articolo 18 (4).

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(4) Per una sospensione dell'applicazione di cui al presente paragrafo, vedi l'articolo 1 della decisione 2002/995/CE.

 

Articolo 2

1. Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) "selvaggina", i mammiferi terrestri selvatici da caccia (compresi i mammiferi selvatici che vivono in territorio chiuso in condizioni di libertà analoghe a quelle della selvaggina), nonché i volatili selvatici da caccia che non sono compresi nell'articolo 2 della direttiva 91/495/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1990, relativa ai problemi sanitari e di polizia sanitaria in materia di produzione e di commercializzazione di carni di coniglio e di selvaggina d'allevamento;

b) "selvaggina grossa", i mammiferi selvatici dell'ordine degli ungulati;

c) "selvaggina piccola", i mammiferi selvatici della famiglia dei leporidi e i volatili selvatici in libertà destinati al consumo umano;

d) "carni di selvaggina", tutte le parti di selvaggina idonee al consumo umano;

e) "centro di lavorazione della selvaggina", ogni stabilimento riconosciuto ai sensi dell'articolo 7 per la lavorazione della selvaggina, in cui le relative carni sono ottenute e sottoposte ad ispezione conformemente alle norme d'igiene della presente direttiva;

f) "centro di raccolta", ogni sito in cui la selvaggina uccisa è depositata conformemente alle norme d'igiene di cui all'allegato I, capitolo IV, paragrafo 2, in vista del trasporto verso un centro di lavorazione;

g) "commercializzazione", la detenzione o esposizione a scopo di vendita, la messa in vendita, la vendita, la consegna e ogni altra modalità di immissione sul mercato di carni di selvaggina destinate al consumo umano nella Comunità, ad esclusione della cessione di cui all'articolo 1, paragrafo 2;

h) "scambi", gli scambi tra Stati membri ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 2, del trattato.

2. Ai fini della presente direttiva, si applicano, se necessario, le definizioni contenute nell'articolo 2 della direttiva 89/662/CEE e nella direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno nonché la definizione di carni fresche di cui all'articolo 2, lettera b), della direttiva 64/433/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1964, relativa a problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari di carni fresche.

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Capitolo II

Disposizioni applicabili alla produzione comunitaria e agli scambi

Articolo 3

1. Gli Stati membri vigilano affinché le carni di selvaggina soddisfino i seguenti requisiti:

a) devono provenire da selvaggina:

- che sia stata uccisa in un territorio di caccia e con i mezzi autorizzati dalla legislazione nazionale che disciplina la caccia;

- che non provenga da una regione soggetta a restrizioni in applicazione della direttiva 72/461/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1972, relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di carni fresche, della direttiva 91/494/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1991, relativa alle norme di polizia sanitaria per gli scambi intracomunitari e le importazioni in provenienza dai Paesi terzi di carni fresche di volatili da cortile e della direttiva 91/495/CEE o da un territorio di caccia sottoposto a restrizioni in applicazione degli articoli 10 e 11 della presente direttiva;

- che, appena uccisa, sia stata preparata conformemente all'allegato I, capitolo III, e trasportata entro un termine massimo di 12 ore in un centro di lavorazione quale previsto alla lettera b) oppure in un centro di raccolta per esservi portata alle temperature previste nell'allegato I, capitolo III, e da dove sarà condotta verso un centro di lavorazione quale previsto alla lettera b) entro un termine di 12 ore oppure quando, per le regioni lontane geograficamente, le condizioni climatiche lo permettono entro un termine che l'autorità competente dovrà fissare per consentire al veterinario ufficiale del suddetto centro di lavorazione di effettuare in condizioni soddisfacenti l'ispezione post mortem di cui all'allegato I, capitolo V. Il Consiglio può stabilire, su proposta della Commissione, disposizioni specifiche per la raccolta delle carni di selvaggina ove sussistano condizioni climatiche particolari (5);

b) devono essere ottenute:

i) in un centro di lavorazione della selvaggina che soddisfi le condizioni generali indicate nell'allegato I, capitoli I e II e riconosciuto ai fini del presente capitolo, conformemente all'articolo 7,

ii) oppure, se si tratta di selvaggina grossa, in uno stabilimento riconosciuto conformemente all'articolo 10 della direttiva 64/433/CEE o, se si tratta di selvaggina piccola, conformemente all'articolo 5 della direttiva 71/118/CEE del Consiglio del 15 febbraio 1971, relativa a problemi sanitari in materia di scambi di carni fresche di volatili da cortile, qualora:

- questi capi interi di selvaggina siano scuoiati in locali distinti dai locali riservati alle carni di cui alle suddette direttive o in altri momenti,

- questi stabilimenti siano oggetto di un riconoscimento speciale per le necessità della presente direttiva,

- siano adottate misure per permettere un'individuazione chiara delle carni ottenute a titolo della presente direttiva e di quelle ottenute a titolo delle direttive 64/433/CEE e 71/118/CEE;

c) devono provenire da animali uccisi che il veterinario ufficiale abbia sottoposto ad esame visivo:

- per rilevare eventuali anomalie: a tal fine il veterinario ufficiale può avvalersi, per la sua diagnosi, di ogni informazione fornita dal cacciatore, se del caso in base ad una attestazione prescritta dall'autorità competente nell'ambito delle norme relative alla caccia, sul comportamento dell'animale prima dell'uccisione,

- per verificare che la morte non sia dovuta a cause diverse dalla caccia;

d) devono provenire da capi interi di selvaggina:

- che siano stati manipolati in condizioni igieniche soddisfacenti in conformità dell'allegato I, capitoli III e IV,

- che siano stati sottoposti, in conformità dell'allegato I, capitolo V, ad un'ispezione post mortem effettuata da un veterinario ufficiale oppure da ausiliari che possiedono le qualificazioni professionali che devono essere precisate secondo la procedura di cui all'articolo 22 e che operano sotto la supervisione del veterinario ufficiale,

- che non presentino alcuna alterazione, ad eccezione di lesioni traumatiche sopraggiunte durante l'uccisione o di malformazioni o alterazioni localizzate, purché sia constatato, se necessario per mezzo di adeguate analisi di laboratorio, che tali lesioni, malformazioni o alterazioni non rendono le carni inadatte al consumo umano o pericolose per la salute dell'uomo,

- di cui, un campione rappresentativo di animali della stessa provenienza sia stato sottoposto da un veterinario ufficiale ad un'ispezione sanitaria, se si tratta di capi interi di selvaggina piccola che immediatamente dopo l'uccisione non è stata eviscerata conformemente all'allegato I, capitolo V, paragrafo 1.

Se constata la presenza di una malattia trasmissibile all'uomo o difetti quali previsti all'allegato I, capitolo V, paragrafo 4, il veterinario ufficiale deve rafforzare il controllo sull'insieme del lotto. In funzione del risultato di tale controllo egli deve escludere per il consumo umano l'insieme del lotto, oppure procedere all'esame di ogni singola carcassa.

2. Il veterinario ufficiale provvede affinché le carni di selvaggina siano vietate al consumo umano se:

i) constata che presentano difetti quali elencati nell'allegato I, capitolo V, lettera e), o se sono state manipolate conformemente al paragrafo 4 del suddetto capitolo;

ii) i controlli di cui al paragrafo 1, lettera d), terzo trattino, del presente articolo hanno permesso di diagnosticare la presenza di malattie trasmissibili all'uomo;

iii) provengono da animali che hanno ingerito sostanze che possono rendere le carni pericolose o nocive per la salute dell'uomo e sulle quali è stata adottata una decisione, secondo la procedura prevista all'articolo 22, previo parere del Comitato scientifico veterinario. In attesa dell'applicazione di tale decisione rimangono in vigore le normative nazionali riguardanti queste sostanze, nel rispetto delle disposizioni generali del trattato;

iv) fatta salva un'eventuale regolamentazione comunitaria applicabile in materia di radiazioni ionizzanti, sono state trattate con radiazioni ionizzanti, con raggi ultravioletti, con altre sostanze che possono influire sulle loro caratteristiche organolettiche o con coloranti diversi da quelli utilizzati per la bollatura sanitaria.

3. Le carni di cinghiali o di altre specie sensibili all'infestazione di trichine devono essere sottoposte ad un esame con il metodo della digestione, conformemente alla direttiva 77/96/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, concernente la ricerca delle trichine all'importazione dai Paesi terzi di carni fresche provenienti da animali domestici della specie suina o ad un esame trichinoscopico con analisi microscopica di campioni multipli di ciascun animale prelevati almeno dal massetere e dal diaframma, dalla muscolatura dell'avambraccio, intercostale e dalla muscolatura della lingua. Il Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previo parere del Comitato scientifico veterinario, fissa anteriormente al 1° gennaio 1994 le modalità dell'esame con il metodo della digestione richieste per l'individuazione dell'infestazione di trichine nei cinghiali o in altre specie di selvaggina soggette a tale infestazione; la stessa procedura si applica all'esame trichinoscopico o microscopico per l'individuazione dell'infestazione di trichine.

4. Le carni di selvaggina dichiarate idonee al consumo umano devono:

i) essere munite del bollo sanitario in conformità dell'allegato I, capitolo VIII.

Se del caso, può essere deciso, secondo la procedura prevista all'articolo 22, di modificare o completare le disposizioni di detto capitolo, in particolare per tener conto dei vari modi di presentazione commerciale, purché questi siano conformi alle norme di igiene previste dalla presente direttiva.

Le disposizioni del capitolo XII, punto 68, della direttiva 71/118/CEE relative alla bollatura sanitaria dei grandi imballaggi si applicano mutatis mutandis alle carni di selvaggina piccola (6);

ii) essere conservate conformemente all'allegato I, capitolo X, dopo l'ispezione post mortem effettuata in condizioni igieniche soddisfacenti, presso centri di lavorazione della selvaggina riconosciuti ai sensi dell'articolo 7 della presente direttiva o presso stabilimenti riconosciuti ai sensi dell'articolo 10 della direttiva 64/433/CEE o dell'articolo 5 della direttiva 71/118/CEE, o in depositi frigoriferi riconosciuti e ispezionati conformemente all'articolo 10 della direttiva 64/433/CEE;

iii) essere accompagnate durante il trasporto:

- da un documento d'accompagnamento commerciale vistato dal veterinario ufficiale, fermo restando che tale documento dovrà:

- contenere per le carni congelate, oltre alle indicazioni previste al paragrafo 2 del capitolo VII dell'allegato I, la chiara menzione del mese e dell'anno di congelamento e un numero di codice che permetta di individuare il veterinario ufficiale,

- essere conservato dal destinatario per un periodo minimo di un anno per poter essere presentato all'autorità competente, su sua richiesta.

Le modalità di applicazione del presente punto, in particolare quelle relative all'attribuzione dei numeri di codice e all'elaborazione di uno o più elenchi che permettano l'identificazione dei veterinari ufficiali, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 22;

- da un certificato sanitario e di polizia sanitaria ai sensi del modello di cui all'allegato II, quando si tratti di carni provenienti da un centro di lavorazione della selvaggina situato in una regione o zona soggetta a restrizioni o di carni destinate a un altro Stato membro, con transito, in un autocarro sigillato, attraverso un Paese terzo;

iv) essere trasportate in condizioni igieniche soddisfacenti, in conformità del capitolo XI dell'allegato I;

v) ove si tratti di parti di carcasse o di carni di piccola selvaggina di penna disossate, essere inoltre ottenute in condizioni simili a quelle previste dall'articolo 3, punto B, della direttiva 71/118/CEE, in stabilimenti all'uopo riconosciuti ai sensi dell'articolo 7 della presente direttiva;

vi) essere etichettate, fatta salva la direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità, indicando la denominazione della specie dell'animale.

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(5) Trattino così modificato dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia.

(6) Comma così sostituito dall'articolo 2 della direttiva 92/116/CEE.

 

Articolo 4

1. Gli Stati membri provvedono affinché:

a) le carni dichiarate non idonee al consumo umano possano essere chiaramente identificate onde distinguerle dalle carni dichiarate idonee al consumo umano;

b) le carni dichiarate non idonee al consumo umano siano sottoposte ad un trattamento, conformemente alla direttiva 90/667/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1990, che stabilisce le norme sanitarie per l'eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato dei rifiuti di origine animale e la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425/CEE.

2. Le carni provenienti da una zona soggetta a restrizioni in materia di polizia sanitaria sono soggette alle norme specifiche decise caso per caso secondo la procedura di cui all'articolo 22.

3. Le modalità di applicazione del presente articolo vengono adottate, se del caso, secondo la procedura prevista all'articolo 22.

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Articolo 5

Gli Stati membri provvedono affinché siano oggetto di scambi soltanto:

1) i capi di selvaggina interi senza pelle e senza viscere che soddisfano i requisiti degli articoli 3 e 4, o le carni fresche di selvaggina;

2) i capi interi di selvaggina piccola non scuoiata o non spennata né eviscerata, non congelata o surgelata e controllata conformemente all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), punto ii), terzo trattino, purché siano manipolati e depositati separatamente rispetto alle carni fresche di cui alla direttiva 64/433/CEE, alle carni di volatile e alle carni di selvaggina scuoiata o spennata;

3) i capi interi di selvaggina grossa non scuoiata che:

a) soddisfino i requisiti dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), primo e secondo trattino, lettera c) e lettera d), primo trattino;

b) le cui viscere siano state sottoposte ad una ispezione post mortem in un centro di lavorazione della selvaggina;

c) siano accompagnati da un certificato sanitario, conforme ad un modello che dovrà essere elaborato secondo la procedura di cui all'articolo 22, firmato dal veterinario ufficiale in cui si attesta che il risultato dell'ispezione post mortem di cui alla lettera b) è stato soddisfacente e che le carni sono dichiarate idonee al consumo umano;

d) siano stati sottoposti ad una temperatura superiore o pari a - 1 °C e:

i) inferiore a + 7 °C e mantenuti a tale temperatura durante il trasporto fino ad un centro di lavorazione entro un termine massimo di sette giorni a decorrere dall'ispezione post mortem di cui alla lettera b), o

ii) inferiore a + 1 °C ed essere mantenuti a tale temperatura durante il trasporto fino ad un centro di lavorazione entro un termine massimo di quindici giorni a decorrere dall'ispezione post mortem di cui alla lettera b).

Le carni provenienti da questi capi interi di selvaggina grossa non scuoiata non possono portare il bollo sanitario previsto dall'articolo 3, paragrafo 4, punto i), senza che siano state sottoposte, dopo lo scuoiamento nel centro di lavorazione di destinazione, ad un'ispezione post mortem conformemente all'allegato I, capitolo V, e dichiarate idonee al consumo umano da parte del veterinario ufficiale.

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Articolo 6

Gli Stati membri provvedono affinché:

- i centri di lavorazione di selvaggina che non soddisfano alle norme indicate nell'allegato I, capitolo I, e che beneficiano delle deroghe previste all'articolo 8 non possano essere riconosciuti conformemente all'articolo 7 e che i prodotti provenienti da tali stabilimenti non siano provvisti del bollo sanitario di cui all'allegato I, capitolo VII, e non possano essere oggetto di scambi,

- i capi interi di selvaggina che non soddisfano i requisiti dell'articolo 3 non possano essere oggetto di scambi, né essere importati dai Paesi terzi,

- le frattaglie di selvaggina dichiarate idonee al consumo umano siano oggetto di scambi soltanto dopo aver subito una lavorazione appropriata, conformemente alla direttiva 77/99/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, relativa ai problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari di prodotti a base di carne.

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Articolo 7

1. Ciascuno Stato membro redige un elenco dei centri di lavorazione della selvaggina riconosciuti attribuendo un numero di riconoscimento veterinario a ciascuno di essi. Gli Stati membri possono accordare il riconoscimento ai fini della lavorazione della selvaggina a stabilimenti riconosciuti a norma delle direttive 64/433/CEE e 71/118/CEE qualora detti stabilimenti siano attrezzati per la trasformazione della carne di selvaggina e lavorino in condizioni atte a garantire l'osservanza delle norme di igiene di cui alla presente direttiva. Essi inviano tale elenco agli altri Stati membri ed alla Commissione.

Uno Stato membro non riconosce un centro di lavorazione della selvaggina se non è comprovato che esso soddisfa ai requisiti della presente direttiva.

Qualora si constatino carenze sotto il profilo igienico e le misure di cui all'allegato I, capitolo V, punto 5, secondo comma, si siano rivelate insufficienti a porvi rimedio, l'autorità nazionale competente sospende temporaneamente il riconoscimento.

Se il conduttore o il gestore del centro di lavorazione non pone rimedio alle carenze constatate entro il termine fissato dall'autorità competente, quest'ultima revoca il riconoscimento.

Lo Stato membro in questione tiene conto, al riguardo, delle conclusioni d'un eventuale controllo effettuato ai sensi dell'articolo 12. Gli altri Stati membri e la Commissione vengono informati della sospensione o della revoca del riconoscimento.

2. Il conduttore o il gestore del centro di lavorazione della selvaggina deve far effettuare, conformemente al paragrafo 4, un regolare controllo igienico generale delle condizioni di produzione esistenti nello stabilimento effettuando anche controlli microbiologici.

I controlli devono essere effettuati sugli utensili, sugli impianti e sui macchinari in ogni fase della produzione e, se necessario, sui prodotti.

Il conduttore o il gestore del centro di lavorazione della selvaggina deve informare il veterinario ufficiale o gli esperti veterinari della Commissione sulla natura, la periodicità e i risultati dei controlli effettuati a tal fine e indicare, se necessario, il laboratorio di controllo.

Il tipo e la frequenza dei controlli, nonché i metodi di campionamento e di esame batteriologico, sono stabiliti secondo la procedura di cui all'articolo 22.

3. Il conduttore o il gestore del centro di lavorazione della selvaggina deve attuare un programma di formazione del personale che permetta a quest'ultimo di osservare le condizioni di produzione igienica adattate alla struttura di produzione.

Il veterinario ufficiale responsabile del centro di lavorazione della selvaggina deve essere associato alla concezione ed all'attuazione del programma.

4. L'ispezione e la sorveglianza dei centri di lavorazione della selvaggina devono essere effettuate sotto la responsabilità del veterinario ufficiale, il quale può essere assistito da personale ausiliario ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 64/433/CEE. Il veterinario ufficiale deve avere libero accesso in ogni momento a tutti i reparti dei centri di lavorazione della selvaggina per accertarsi dell'osservanza delle disposizioni della presente direttiva nonché, in caso di dubbi sull'origine delle carni o della selvaggina uccisa, ai documenti contabili che gli permettano di risalire al territorio di caccia originario.

Il veterinario ufficiale procede a regolari analisi dei risultati dei controlli previsti al paragrafo 2. Egli può, in funzione di queste analisi, far effettuare esami microbiologici complementari in tutte le fasi della produzione o sui prodotti.

I risultati di queste analisi formano oggetto di una relazione le cui conclusioni o raccomandazioni sono comunicate al conduttore o al gestore dello stabilimento, che provvede ad ovviare alle carenze constatate, onde migliorare le condizioni di igiene.

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Articolo 8

1. Gli Stati membri possono fino al 31 dicembre 1996 autorizzare i centri di lavorazione di selvaggina, che alla data di notifica della presente direttiva non siano stati ritenuti conformi alle condizioni di riconoscimento previste, a derogare per quanto riguarda taluni requisiti di cui all'allegato I, purché le carni di selvaggina provenienti da tali stabilimenti siano munite del marchio nazionale.

2. Possono ottenere una deroga come previsto al paragrafo 1 soltanto i centri di lavorazione di selvaggina che abbiano presentato all'autorità competente, anteriormente al 1° aprile 1993, una domanda al riguardo.

Questa domanda deve essere corredata di un piano e di un programma di lavoro che precisi i termini entro i quali lo stabilimento può conformarsi ai requisiti di cui al paragrafo 1.

3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione anteriormente al 1° ottobre 1992 i criteri da essi adottati per valutare se uno stabilimento o una categoria di stabilimenti rientra nelle disposizioni del presente articolo.

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Articolo 9

Gli Stati membri affidano a un servizio o organismo centrale il compito di raccogliere e utilizzare i risultati dell'ispezione post mortem effettuati dal veterinario ufficiale, relativi alle diagnosi di malattie trasmissibili all'uomo.

Qualora venga diagnosticata una siffatta malattia, i risultati del caso specifico sono comunicati al più presto alle autorità veterinarie competenti che hanno sotto il loro controllo il territorio di caccia originario della selvaggina in questione.

Gli Stati membri sottopongono alla Commissione le informazioni relative a talune malattie, in particolare in caso di diagnosi di malattie trasmissibili all'uomo.

La Commissione, secondo la procedura prevista all'articolo 22, adotta le modalità di applicazione del presente articolo e in particolare:

- la periodicità secondo cui le informazioni devono essere sottoposte alla Commissione,

- la natura delle informazioni,

- le malattie sulle quali deve vertere la raccolta delle informazioni,

- le procedure relative alla raccolta e all'utilizzazione delle informazioni.

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Articolo 10

1. Gli Stati membri provvedono affinché nei territori di caccia situati nel loro territorio venga effettuata periodicamente un'indagine sullo stato sanitario della selvaggina.

2. A tal fine viene affidato ad un servizio o ad un organismo centrale il compito di raccogliere e di sfruttare i risultati delle ispezioni sanitarie effettuate ai sensi della presente direttiva, qualora vengano diagnosticate malattie trasmissibili all'uomo o agli animali o venga rilevata la presenza di residui superiori ai livelli ammessi.

3. Se viene diagnosticata una malattia o riscontrata una situazione di cui al paragrafo 2, i risultati dell'indagine in questione sono comunicati al più presto all'autorità competente responsabile della sorveglianza del territorio di caccia.

4. L'autorità competente sottopone, in base alla situazione epizootica, la selvaggina ad esami specifici per individuare la presenza delle malattie menzionate nell'allegato I della direttiva 82/894/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1982, concernente la notifica delle malattie degli animali nella Comunità.

La presenza di queste malattie viene comunicata alla Commissione e agli altri Stati membri a norma di detta direttiva.

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Articolo 11

[1. Gli Stati membri integrano i piani nazionali di ricerca di residui di cui all'articolo 4 della direttiva 86/469/CEE del Consiglio, del 16 settembre 1986, relativa alla ricerca di residui negli animali e nelle carni fresche, al fine di sottoporre nella misura necessaria le carni di selvaggina ai controlli di cui alla suddetta direttiva per rilevare mediante sondaggio se sono presenti agenti contaminanti nell'ambiente.] (7).

2. In base ai risultati dei controlli di cui al paragrafo 1 e all'articolo 10, paragrafo 4, gli Stati membri provvedono ad escludere dagli scambi i capi di selvaggina nonché le relative carni provenienti dai territori di caccia risultati sospetti in seguito al controllo.

3. La Commissione adotta, secondo la procedura prevista all'articolo 22, le modalità di applicazione del presente articolo.

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(7) Paragrafo abrogato dall'articolo 36 della direttiva 96/23/CE.

 

Articolo 12

Esperti veterinari della Commissione possono procedere, laddove ciò sia necessario per l'applicazione uniforme della presente direttiva e in collaborazione con le autorità nazionali competenti, a controlli sul posto. In particolare essi possono verificare, controllando una percentuale rappresentativa di centri di lavorazione della selvaggina, se le autorità competenti controllino a loro volta l'osservanza della presente direttiva da parte dei centri di lavorazione riconosciuti. La Commissione informa gli Stati membri dei risultati dei controlli effettuati.

Lo Stato membro nel cui territorio è effettuato un controllo assiste gli esperti nell'adempimento della loro missione.

Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 22.

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Articolo 13

1. Fatte salve le disposizioni specifiche della presente direttiva, il veterinario ufficiale o l'autorità competente, qualora sospetti che non sia osservata la legislazione veterinaria o non abbia la certezza che le carni di selvaggina siano esenti da malattia, procede a tutti i controlli veterinari che ritenga opportuni.

2. Gli Stati membri adottano le misure amministrative e/o penali per comminare sanzioni per qualsiasi infrazione alla normativa veterinaria comunitaria, in particolare quando si constati che i certificati o documenti redatti non corrispondono allo stato effettivo delle carni di selvaggina, che la bollatura non è conforme a tale normativa, che le carni non sono state presentate all'ispezione o che la destinazione inizialmente prevista per tali carni non è stata rispettata.

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Articolo 14

1. Le norme stabilite dalla direttiva 89/662/CEE in materia di controlli veterinari negli scambi intracomunitari nella prospettiva della realizzazione del mercato interno si applicano in particolare per quanto riguarda l'organizzazione dei controlli da parte del Paese destinatario e i conseguenti provvedimenti nonché le misure di salvaguardia da applicare per i problemi sanitari in materia di produzione e distribuzione delle carni di selvaggina nel territorio della Comunità.

2. La direttiva 89/662/CEE è modificata come segue:

a) (8).

b) (9).

3. All'articolo 2, lettera d), della direttiva 77/99/CEE è aggiunto il trattino seguente:

(10).

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(8) Testo riportato in modifica all'allegato A della direttiva 89/662/CEE.

(9) Testo riportato in modifica all'allegato B della direttiva 89/662/CEE.

(10) Testo riportato in modifica all'articolo 2 della direttiva 77/99/CEE.

 

Capitolo III

Disposizioni applicabili alle importazioni nella Comunità

Articolo 15

Le condizioni applicabili alla commercializzazione di carni di selvaggina importate da Paesi terzi devono essere almeno equivalenti a quelle previste per la produzione e la commercializzazione delle carni di selvaggina ottenute ai sensi del capitolo II, escluse quelle di cui agli articoli 6 e 8.

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Articolo 16

1. Ai fini dell'applicazione uniforme dell'articolo 15 si applicano le disposizioni dei paragrafi seguenti.

2. Possono essere importati nella Comunità soltanto i capi interi di selvaggina o le relative carni:

a) provenienti da Paesi terzi o parte di territorio dai quali le importazioni non sono vietate per motivi di polizia sanitaria;

b) provenienti da un Paese terzo riportato sull'elenco che deve essere elaborato conformemente al paragrafo 3, lettera a);

c) accompagnati da un certificato sanitario, conforme ad un modello elaborato secondo la procedura di cui all'articolo 22, firmato dall'autorità competente, in cui si attesti che i prodotti soddisfano i requisiti elencati nel capitolo II o le eventuali condizioni supplementari o garanzie equivalenti di cui al paragrafo 3, lettera c), e provengono da stabilimenti che offrono le garanzie di cui all'allegato I.

3. Conformemente alla procedura di cui all'articolo 22 sono definiti:

a) un elenco provvisorio di Paesi terzi o parti di Paesi terzi in grado di fornire agli Stati membri e alla Commissione i requisiti, condizioni e garanzie previste al paragrafo 2, lettera c), nonché l'elenco degli stabilimenti per i quali possono fornire queste garanzie.

Detto elenco provvisorio è redatto in base agli elenchi degli stabilimenti riconosciuti e ispezionati dalle autorità competenti degli Stati membri dopo che la Commissione si sia assicurata della conformità ai principi e alle norme generali previsti dalla presente direttiva;

b) l'aggiornamento di tale elenco in base ai controlli previsti al paragrafo 4;

c) da un lato, le condizioni specifiche e, dall'altro, le garanzie equivalenti in merito alle esigenze della presente direttiva diverse da quelle che permettono di escludere le carni dal consumo umano ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera d), e dell'articolo 5 nonché le garanzie di cui all'allegato I, capitoli IV e V, e, per l'esame trichinoscopico, l'analisi della digestione conformemente alla direttiva 77/96/CEE, fermo restando che queste condizioni e garanzie non possono essere meno rigorose di quelle previste al capitolo II, escluse quelle di cui agli articoli 6 e 8.

4. Esperti della Commissione e degli Stati membri effettuano controlli sul posto per accertare:

a) se le garanzie offerte dal Paese terzo in merito alle condizioni di produzione e di commercializzazione possono considerarsi equivalenti a quelle applicate nella Comunità;

b) se sono soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 18.

Gli esperti degli Stati membri cui sono affidati questi controlli vengono designati dalla Commissione su proposta degli Stati membri.

I controlli sono svolti per conto della Comunità che si assume l'onere delle relative spese. La frequenza e le modalità sono determinate secondo la procedura prevista all'articolo 22.

5. In attesa dell'organizzazione dei controlli di cui al paragrafo 4, restano applicabili le disposizioni nazionali in materia di ispezione nei Paesi terzi sempreché in sede di Comitato veterinario permanente si forniscano informazioni sulle infrazioni delle norme di igiene constatate nel corso delle ispezioni.

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Articolo 17

1. Gli Stati membri provvedono affinché i capi interi di selvaggina o le relative carni siano importate nella Comunità soltanto se:

- sono accompagnati dal certificato di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettera c), relativo ai requisiti di polizia sanitaria e sanitari, rilasciato dall'autorità competente al momento del carico,

- sono stati sottoposti, con esito positivo, ai controlli previsti dalla direttiva 90/675/CEE.

[2. In attesa di definire le modalità di applicazione del presente articolo:

- restano applicabili le norme nazionali in materia di importazione provenienti da Paesi terzi nei cui confronti non sono previsti requisiti a livello comunitario, sempreché tali norme non siano più favorevoli di quelle previste nel capitolo II;

- le importazioni devono essere effettuate alle condizioni di cui all'articolo 11 della direttiva 90/675/CEE;

- gli scambi di capi interi di selvaggina o delle relative carni importate conformemente al presente paragrafo devono essere sottoposti all'accordo preliminare del Paese di destinazione.] (11).

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(11) Paragrafo soppresso dall'articolo 1 della direttiva 97/79/CE.

 

Articolo 18

Non possono figurare negli elenchi di cui all'articolo 16, paragrafo 2, i Paesi terzi o le parti di Paesi terzi:

a) in provenienza dai quali le importazioni siano vietate a motivo della presenza di una malattia di cui all'allegato A dell'elenco dell'OIE, o di qualsiasi altra malattia esotica rispetto alla Comunità, ovvero in applicazione degli articoli 6, 7 e 14 della direttiva 72/462/CEE o in applicazione degli articoli da 9 a 12 della direttiva 91/494/CEE,

b) che, in considerazione della legislazione e dell'organizzazione del loro servizio veterinario e dei loro servizi ispettivi, dei poteri attribuiti a tali servizi e della sorveglianza a cui sono sottoposti, siano stati riconosciuti idonei, conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 72/462/CEE o all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 91/494/CEE, a garantire l'applicazione della loro normativa vigente, o

c) il cui servizio veterinario sia in grado di garantire l'osservanza di norme sanitarie almeno equivalenti a quelle del capitolo II.

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Articolo 19

I principi e le norme previsti dalla direttiva 90/675/CEE si applicano in particolare per quanto riguarda l'organizzazione e il seguito da riservare a questi controlli che devono essere effettuati dagli Stati membri e le misure di salvaguardia da attuare.

[In attesa dell'attuazione delle decisioni di cui all'articolo 8, punto 3, e all'articolo 30 della direttiva 90/675/CEE, continuano ad applicarsi le pertinenti modalità nazionali di applicazione dell'articolo 8, punti 1 e 2, della suddetta direttiva fatta salva l'osservanza dei principi e delle norme di cui al primo comma del presente articolo.] (12).

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(12) Comma soppresso dall'articolo 1 della direttiva 97/79/CE.

 

Capitolo IV

Disposizioni finali

Articolo 20

La presente direttiva lascia impregiudicate le norme comunitarie adottate per la protezione della fauna.

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Articolo 21

Gli allegati vengono modificati dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, in particolare allo scopo di adeguarli al progresso tecnologico.

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Articolo 22 (13)

1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dall'articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.

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(13) Articolo così sostituito dall'allegato III del regolamento (CE) n. 806/2003.

 

Articolo 23

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1° gennaio 1994. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le disposizioni essenziali di diritto interno da essi adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

3. La fissazione della data di scadenza del termine di recezione al 1° gennaio 1994 non pregiudica l'abolizione dei controlli veterinari alle frontiere prevista nella direttiva 89/662/CEE.

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Articolo 24

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Lussemburgo, addì 16 giugno 1992.

Per il Consiglio

il presidente

Arlindo Marques Cunha

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Allegato I

Capitolo I

Condizioni generali per il riconoscimento dei centri di lavorazione

I centri di lavorazione devono avere almeno:

1) i seguenti locali:

- un locale refrigerato sufficientemente vasto per la ricezione dei capi interi di selvaggina;

- un locale per l'ispezione e, se del caso, per l'eviscerazione, la scuoiatura e la spennatura;

- un locale sufficientemente vasto per il sezionamento e il condizionamento, qualora lo stabilimento proceda a tali operazioni; questo locale deve essere munito d'un adeguato dispositivo di raffreddamento e d'un apparecchio di misura della temperatura;

- un locale per l'imballaggio e la spedizione, quando queste operazioni siano effettuate nel centro e che si adempiono le condizioni previste al capitolo VIII, punto 5, della presente direttiva e se tali condizioni non sono soddisfatte, un locale separato per la spedizione;

- locali frigoriferi sufficientemente vasti per il deposito delle carni di selvaggina;

2) nei locali in cui le carni sono prodotte, manipolate o depositate e nelle aree e nei corridoi in cui esse transitano:

a) un pavimento in materiali impermeabili, facile da pulire e disinfettare ed imputrescibile, sistemato in modo da consentire una facile evacuazione dell'acqua; le acque devono essere incanalate verso pozzetti muniti di griglia e sifone per evitare i cattivi odori.

Tuttavia:

- nei locali frigoriferi è sufficiente un dispositivo che consenta un'evacuazione facile dell'acqua;

- nei locali di deposito nonché nelle aree e nei corridoi in cui transitano le carni sono sufficienti pavimenti impermeabili ed imputrescibili;

b) pareti lisce, in materiali solidi e impermeabili, rivestite con materiale lavabile e chiaro fino ad un'altezza di almeno due metri e almeno fino all'altezza di immagazzinamento nei locali frigoriferi e di deposito; angoli e spigoli devono essere arrotondati o comunque rifiniti in modo analogo, tranne nei locali di deposito.

Tuttavia, l'utilizzazione di pareti di legno nei locali di deposito dei centri di lavorazione della selvaggina che esercitano la loro attività alla data di notifica della presente direttiva non costituisce un motivo di non riconoscimento;

c) porte in materiali inalterabili e, se di legno, ricoperte in tutta la superficie da un rivestimento impermeabile e liscio;

d) materiali isolanti imputrescibili ed inodori;

e) un adeguato sistema di ventilazione e di estrazione del vapore;

f) una sufficiente illuminazione naturale o artificiale, che non alteri i colori;

g) un soffitto pulito e facile da mantenere pulito; laddove esso manchi, la superficie interna del tetto di copertura deve soddisfare queste condizioni;

3) a) un numero sufficiente di dispositivi, il più vicino possibile ai posti di lavoro, per la pulizia e la disinfezione delle mani e per la pulizia degli attrezzi con acqua calda; i rubinetti non devono essere del tipo azionabile a mano; per la pulizia delle mani tali impianti debbono essere provvisti di acqua corrente fredda e calda, oppure di acqua premiscelata alla temperatura opportuna, di prodotti per la pulizia e la disinfezione, nonché di dispositivi igienici per l'asciugatura delle mani;

b) dispositivi per la disinfezione degli attrezzi di lavoro, in cui l'acqua deve avere una temperatura non inferiore a 82 °C;

4) adeguati dispositivi di protezione contro gli animali indesiderabili, quali insetti o roditori;

5) a) dispositivi e attrezzi, ad esempio tavoli di sezionamento, piani di sezionamento amovibili, recipienti, nastri trasportatori e seghe, in materiali resistenti alla corrosione, che non alterino le carni e siano facilmente lavabili e disinfettabili; le superfici che vengono o possono venire a contatto con le carni, incluse le saldature e le giunture, devono essere mantenute lisce; l'utilizzazione del legno è vietata, salvo nei locali dove si trovano solo carni imballate in maniera igienica;

b) utensili e attrezzature resistenti alla corrosione e rispondenti alle norme igieniche;

- per la movimentazione delle carni,

- per il deposito dei recipienti usati per le carni, in modo da impedire che le carni o i recipienti vengano a diretto contatto con il suolo o con le pareti;

c) attrezzature per movimentare in condizioni igieniche e proteggere le carni durante le operazioni di carico e scarico, inclusi spazi opportunamente predisposti ed equipaggiati per ricevere e smistare;

d) recipienti speciali a perfetta tenuta d'acqua, in materiali inalterabili, muniti di coperchio e di un sistema di chiusura che impedisca qualsiasi prelevamento non autorizzato, per collocarvi le carni non destinate al consumo umano, oppure un locale che possa essere chiuso a chiave in cui dette carni possano essere collocate se la loro quantità lo rende necessario o se esse non vengono rimosse o distrutte al termine di ogni giornata di lavoro. Allorché le carni vengono evacuate mediante condotti, questi devono essere costruiti e installati in modo da evitare qualsiasi rischio di contaminazione delle carni; e) attrezzature per il deposito in condizioni igieniche di materiali per il condizionamento e l'imballaggio qualora tali attività vengano svolte nello stabilimento;

6) impianti di refrigerazione che permettano di mantenere le carni alle temperature interne previste dalla presente direttiva; tali impianti devono comprendere un sistema che permetta l'evacuazione dell'acqua di condensa in modo da evitare rischi di contaminazione delle carni;

7) un impianto che fornisca esclusivamente acqua potabile che rispetti i parametri di cui agli allegati D e E della direttiva 80/778/CEE, sotto pressione ed in quantità sufficiente. Tuttavia, a titolo eccezionale, è autorizzato l'uso di acqua non potabile per la produzione di vapore, per la lotta antincendio e per il raffreddamento degli impianti frigoriferi, purché le condutture installate a tal fine non permettano di usare tale acqua per altri scopi e non presentino alcun pericolo di contaminazione per le carni; le tubature per l'acqua non potabile devono essere chiaramente distinguibili da quelle per l'acqua potabile;

8) un rifornimento adeguato di acqua potabile calda, ai sensi della direttiva 80/778/CEE;

9) un sistema di evacuazione dei rifiuti liquidi e solidi rispondente ai requisiti igienici;

10) un locale sufficientemente attrezzato, che possa essere chiuso a chiave, riservato all'uso esclusivo del servizio veterinario, oppure attrezzature adeguate nei locali di deposito;

11) attrezzature che permettano in qualsiasi momento l'adeguata esecuzione degli esami veterinari di cui alla presente direttiva;

12) un numero adeguato di spogliatoi, con pareti e pavimenti lisci, impermeabili e lavabili, provvisti di lavabi, docce e latrine a sciacquone, attrezzati in modo da proteggere da contaminazione le parti pulite dell'edificio. Le latrine devono essere sistemate in modo da non immettere direttamente nei locali di lavoro. La presenza di docce non è necessaria nei magazzini frigoriferi destinati unicamente a ricevere e immagazzinare carni imballate igienicamente. I lavabi devono essere forniti d'acqua corrente calda e fredda, oppure premiscelata all'opportuna temperatura, nonché di prodotti per la pulizia e la disinfezione delle mani e i dispositivi igienici per l'asciugatura delle mani; i rubinetti dei lavabi non devono essere del tipo azionabile a mano o a braccio. Presso le latrine deve essere disponibile un numero sufficiente di lavabi;

13) un posto e attrezzature adeguati per la pulizia e la disinfezione dei mezzi di trasporto, tranne per quanto riguarda i magazzini frigoriferi unicamente destinati alla ricezione e al deposito, in vista della spedizione, di carni imballate igienicamente. Tuttavia tali posti e attrezzature non sono obbligatori qualora esistano disposizioni che impongano la pulizia e la disinfezione dei mezzi di trasporto in locali ufficialmente autorizzati;

14) un locale o un dispositivo per riporvi i detersivi, i disinfettanti e sostanze analoghe.

 

Capitolo II

Igiene del personale, dei locali e delle attrezzature negli stabilimenti

1. Il personale, i locali e le attrezzature devono trovarsi sempre nelle migliori condizioni di pulizia:

a) il personale che manipola carni o che lavora in locali e aree in cui le carni sono manipolate, imballate o trasportate deve, in particolare, indossare copricapi e calzature puliti e facilmente lavabili, abiti da lavoro di colore chiaro e, se necessario, coprinuca puliti o altri indumenti protettivi. Il personale addetto alla lavorazione o manipolazione delle carni deve indossare abiti da lavoro puliti all'inizio di ogni giorno lavorativo e, se necessario, cambiare tali indumenti durante il giorno e deve lavarsi e disinfettarsi le mani più volte durante la giornata di lavoro, oltre che ad ogni ripresa del lavoro. Le persone che siano state in contatto con capi di selvaggina malata o con carne infetta devono lavarsi immediatamente e accuratamente mani e braccia con acqua calda, poi disinfettarle. È vietato fumare nei locali di lavoro e di deposito, nelle aree di carico, di ricevimento, di smistamento, di scarico e nelle altre aree e nei corridoi in cui transitano carni di selvaggina;

b) negli stabilimenti non sono ammessi animali. I roditori, gli insetti ed altri parassiti devono essere sistematicamente distrutti;

c) le attrezzature e gli utensili per la lavorazione delle carni fresche devono essere sempre in ottimo stato di manutenzione e di pulizia. Essi devono essere puliti e disinfettati con cura più volte nel corso della giornata di lavoro, nonché al termine delle operazioni della giornata e prima di essere riutilizzati, ogni qualvolta siano stati insudiciati.

2. I locali, le attrezzature e gli utensili di lavoro non debbono essere adibiti ad usi diversi dalla lavorazione delle carni fresche, delle carni di volatile o delle carni di selvaggina. La selvaggina di pelo e la selvaggina di penna devono essere sezionate in tempi diversi e il locale di sezionamento deve essere interamente pulito e disinfettato prima di essere nuovamente adibito al sezionamento di carni di un'altra categoria.

Gli attrezzi usati per il sezionamento delle carni possono essere utilizzati soltanto a tal fine.

3. È vietato piantare coltelli nelle carni, utilizzare panni o altri materiali per la loro ripulitura o procedere alla loro insufflazione.

4. Le carni e i recipienti che le contengono non devono entrare in contatto diretto col suolo.

5. L'utilizzazione dell'acqua potabile è prescritta per tutti gli usi; tuttavia, a titolo eccezionale, è autorizzato l'uso di acqua non potabile per la produzione di vapore, purché le condutture installate a tal fine non permettano di usare tale acqua per altri scopi e non presentino alcun pericolo di contaminazione per le carni. Inoltre può essere autorizzato, in casi eccezionali, l'impiego di acqua non potabile per il raffreddamento degli impianti frigoriferi. Le tubature dell'acqua non potabile devono essere chiaramente distinguibili da quelle per l'acqua potabile.

6. È vietato spargere segatura o materiale analogo sul pavimento dei locali di lavoro e di deposito delle carni.

7. I detersivi, disinfettanti e altri prodotti similari devono essere utilizzati in modo da non contaminare le attrezzature, gli strumenti di lavoro e le carni. Successivamente le attrezzature e gli strumenti di lavoro devono essere risciacquati a fondo con acqua potabile.

8. La lavorazione e la manipolazione delle carni devono essere vietate alle persone che possono contaminarle.

All'atto dell'assunzione, le persone addette alla lavorazione e alla manipolazione delle carni sono tenute a provare mediante certificato medico che nulla dal punto di vista medico osta allo svolgimento di dette mansioni. I successivi controlli medici di tali persone sono stabiliti dalla legislazione nazionale in vigore nello Stato membro in questione.

 

Capitolo III

Igiene in materia di preparazione della selvaggina, sezionamento e manipolazione delle carni di selvaggina

1. I capi interi di selvaggina devono essere sottoposti, immediatamente dopo l'uccisione, alle seguenti operazioni:

- la selvaggina grossa deve essere sventrata ed eviscerata,

- le viscere toraciche, se sono staccate dalla carcassa, nonché il fegato e la milza devono accompagnare il capo intero di selvaggina fino al centro di lavorazione ed essere identificate in modo che il veterinario ufficiale possa farne l'ispezione post mortem in relazione al resto della carcassa; le altre viscere addominali devono essere tolte ed ispezionate in loco. La testa può essere tolta per i trofei,

- per la piccola selvaggina, l'eviscerazione totale o parziale può, fatto salvo il caso di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, della presente direttiva, essere effettuata sul posto o nel centro di lavorazione quando i capi di selvaggina vi sono trasportati entro 12 ore dall'abbattimento ad una temperatura ambiente non superiore a 4 °C.

2. La selvaggina deve essere raffreddata immediatamente dopo l'uccisione in modo che la temperatura interna sia inferiore o pari a 7 °C se si tratta di selvaggina grossa e a 4 °C in caso di selvaggina piccola. Se la temperatura esterna non è sufficientemente bassa, la selvaggina abbattuta deve essere trasportata quanto prima, e al più tardi entro dodici ore dal momento dell'abbattimento, o nel centro di lavorazione o in un centro di raccolta, fermo restando che:

- i capi interi di selvaggina grossa devono essere trasportati in un centro di lavorazione della selvaggina il più rapidamente possibile dopo le operazioni di cui al paragrafo 1 in condizioni igieniche soddisfacenti, evitando in particolare di ammucchiarli e di impilarli;

- durante il trasporto al centro di lavorazione, i capi interi di selvaggina le cui viscere sono state sottoposte ad ispezione veterinaria devono essere accompagnati da un attestato del veterinario indicante il risultato favorevole dell'ispezione e l'ora presunta dell'abbattimento.

3. L'eviscerazione deve essere effettuata senza indebito ritardo, all'arrivo nel centro di lavorazione della selvaggina, salvo nel caso autorizzato dall'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), qualora non sia stata effettuata sul posto. Il polmone, il cuore, il fegato, i reni, la milza e il mediastino possono essere asportati o lasciati aderenti alla carcassa mediante le loro connessioni anatomiche.

4. Fino alla fine dell'ispezione, le carcasse e le frattaglie non ispezionate non devono poter entrare in contatto con le carcasse e le frattaglie già ispezionate ed è vietato procedere all'asportazione, al sezionamento o all'ulteriore trattamento della carcassa.

5. Le carni trattenute in osservazione o dichiarate non idonee al consumo umano, gli stomaci, gli intestini e i sottoprodotti non commestibili non devono poter entrare in contatto con carni dichiarate idonee al consumo umano e devono essere depositate appena possibile in locali o recipienti speciali situati e disposti in modo da evitare possibili contaminazioni di altre carni.

6. La preparazione, la manipolazione, l'ulteriore trattamento e il trasporto delle carni e frattaglie devono avvenire in osservanza di tutte le prescrizioni in materia di igiene. Quando le carni sono imballate, devono essere osservate le condizioni previste al capitolo VIII. Le carni imballate devono essere immagazzinate in un locale diverso da quello in cui si trovano carni non protette.

7. Le autorità competenti fissano le norme specifiche applicabili all'ispezione dei trofei destinati ad essere conservati dal cacciatore.

 

Capitolo IV

Norme relative alle carni di selvaggina destinate al sezionamento

1. Il sezionamento in pezzi più piccoli delle carcasse, o delle mezzane ove si tratti di selvaggina grossa, nonché il disossamento sono autorizzati soltanto nei centri di lavorazione riconosciuti ai sensi dell'articolo 7 della presente direttiva o delle direttive 64/433/CEE e 71/118/CEE e dotati di locali di scuoiamento e sezionamento.

2. Il conduttore o il gerente dello stabilimento è tenuto ad agevolare le operazioni di controllo dell'impresa, in particolare ad effettuare qualsiasi manipolazione ritenuta e a mettere a disposizione del servizio di controllo le attrezzature necessarie. Deve in particolare essere in grado, ad ogni richiesta, di indicare al veterinario ufficiale incaricato del controllo la provenienza delle carni introdotte nel proprio stabilimento e l'origine dei capi di selvaggina abbattuta.

3. a) Le carni di selvaggina devono essere trasferite progressivamente, secondo necessità, nei locali di lavorazione. Subito dopo il sezionamento e, se del caso, l'imballaggio, le carni devono essere trasportate in un locale frigorifero appropriato.

b) Le carni introdotte nei locali di sezionamento debbono essere controllate e, se necessario, ripulite. Il luogo in cui si effettua tale operazione deve essere munito dell'attrezzatura necessaria e dell'illuminazione adeguata.

c) Durante il lavoro di sezionamento, disossamento, condizionamento ed imballaggio, le carni devono essere mantenute costantemente ad una temperatura interna pari o inferiore a +7 °C in caso di selvaggina grossa o, in caso di selvaggina piccola, a +4 °C. Durante il sezionamento la temperatura del locale deve essere pari o inferiore a +12 °C.

d) Il sezionamento deve essere eseguito in modo da evitare qualsiasi contaminazione delle carni. Le schegge d'osso e i grumi di sangue devono essere eliminati. Le carni provenienti dal sezionamento e non destinate al consumo umano devono essere raccolte via via nelle attrezzature, nei recipienti o locali di cui al capitolo I, paragrafo 5, lettera d).

 

Capitolo V

Ispezione sanitaria post mortem

1. Tutti i capi di selvaggina devono essere sottoposti, entro 18 ore dall'ammissione nel centro di lavorazione conformemente ai requisiti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, all'ispezione per permettere di verificare se la carne di selvaggina è idonea al consumo umano; in particolare il celoma deve essere aperto per permettere un'ispezione visiva.

2. Su richiesta del veterinario ufficiale, la colonna vertebrale e la testa devono essere divise a metà longitudinalmente.

3. Nell'ispezione post mortem il veterinario ufficiale deve procedere:

a) ad un esame visivo del capo di selvaggina e dei relativi organi.

Qualora i risultati dell'esame visivo non permettano una valutazione, deve essere effettuato un esame più accurato in laboratorio. Tale ulteriore esame può limitarsi ad un numero di sondaggi sufficiente per valutare l'insieme dei capi abbattuti in una determinata battuta di caccia;

b) alla ricerca delle anomalie di consistenza, colore e odore;

c) alla palpazione degli organi, se la ritiene necessaria;

d) ad un'analisi dei residui per sondaggio, segnatamente in caso di fondato sospetto.

Qualora, a causa di un fondato sospetto, venga effettuato un ulteriore esame, la valutazione di tutti i capi abbattuti in una determinata battuta di caccia o di parte di essi che, date le circostanze, si può presumere presentino le stesse anomalie, deve essere rinviata fino alla conclusione dell'ulteriore esame di cui sopra;

e) all'individuazione di caratteristiche dalle quali possa essere desunta una pericolosità delle carni per la salute. Si tratta in particolare dei seguenti casi:

i) segnalazione, da parte del cacciatore, di alterazioni del comportamento e perturbazioni nello stato generale dell'animale vivo;

ii) umori o ascessi che si presentino numerosi o sparsi in organi interni o nella muscolatura;

iii) artrite, orchite, alterazione del fegato o della milza, infiammazione dell'intestino o della regione ombelicale;

iv) presenza di corpi estranei, nel celoma, in particolare nello stomaco e nell'intestino o nell'urina, con alterazioni del colore della pleura o del peritoneo;

v) formazione di gas in notevole quantità nel tubo gastroenterico con alterazione del colore degli organi interni;

vi) notevoli alterazioni del colore, della consistenza o dell'odore della muscolatura o degli organi;

vii) fratture aperte, qualora non siano direttamente connesse con la caccia;

viii) cachessia e/o idremia generalizzata o localizzata;

ix) conglutinazioni o concrescenze recenti di organi con la pleura o il peritoneo;

x) altre alterazioni notevoli ed evidenti, come per esempio putrefazione.

4. Il veterinario ufficiale deve mettere sotto sequestro tutte le carni di selvaggina:

- che presentino lesioni, ad eccezione di lesioni recenti dovute all'abbattimento, oppure malformazioni o alterazioni localizzate, qualora dette lesioni, malformazioni o alterazioni rendano le carni di selvaggina inadatte al consumo umano o pericolose per la salute dell'uomo,

- che provengono da animali la cui uccisione non è avvenuta conformemente alle normative nazionali che disciplinano la caccia,

- sulle quali siano state fatte, nel corso dell'ispezione post mortem, le constatazioni di cui al paragrafo 3, lettera e),

- che provengono da capi interi di selvaggina piccola che è stata sequestrata ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), quarto trattino,

- nelle quali si sia rilevata la presenza di trichine.

5. In caso di dubbio, il veterinario ufficiale può procedere, sulle parti degli animali esaminate, ad altri sezionamenti e ad altre ispezioni, necessari per una diagnosi definitiva.

Il veterinario ufficiale, quando constati una violazione manifesta delle norme d'igiene stabilite dal presente capitolo o un ostacolo ad un'adeguata ispezione sanitaria, è abilitato ad intervenire quanto all'uso delle attrezzature o dei locali e ad adottare tutte le misure necessarie, fino a sospendere momentaneamente il processo produttivo.

6. I risultati delle ispezioni sanitarie ante mortem o post mortem sono registrati dal veterinario ufficiale e, in caso di diagnosi di malattia trasmissibile all'uomo di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), terzo trattino, o all'articolo 9, sono comunicati alle autorità veterinarie competenti per la sorveglianza del territorio di caccia della selvaggina nonché al responsabile di detto territorio.

 

Capitolo VI

Controllo sanitario delle carni di selvaggina in pezzi e delle carni immagazzinate

Il controllo del veterinario ufficiale comprende i seguenti compiti:

- controllo delle entrate e delle uscite delle carni,

- ispezione sanitaria delle carni presenti nei centri di lavorazione,

- ispezione sanitaria delle carni prima delle operazioni di sezionamento e al momento della loro uscita dai centri di lavorazione,

- controllo della pulizia dei locali, degli impianti e degli utensili, di cui al capitolo I, nonché dell'igiene del personale, compresi gli abiti,

- qualsiasi altro controllo che il veterinario ufficiale ritenga utile per verificare l'osservanza delle disposizioni della presente direttiva.

 

Capitolo VII

Bollatura sanitaria

1. La bollatura sanitaria deve essere effettuata sotto la responsabilità del veterinario ufficiale; a tal fine egli detiene:

a) gli strumenti per la bollatura sanitaria delle carni, che può consegnare al personale ausiliario soltanto al momento effettivo della bollatura e per il tempo necessario a tale operazione;

b) le etichette e il materiale per il condizionamento se vi è già stato apposto uno dei bolli o dei sigilli menzionati al paragrafo 2. Le etichette, il materiale per il condizionamento ed i sigilli vengono consegnati al personale ausiliario al momento dell'utilizzazione in quantità corrispondente alle necessità.

2. a) Il bollo sanitario deve consistere:

i) in un bollo di forma pentagonale recante, in caratteri perfettamente leggibili, le seguenti indicazioni:

- nella parte superiore, il nome per esteso o l'iniziale o le iniziali del Paese speditore, apposte in lettere maiuscole: per la Comunità le lettere B - DK - D - EL - E - F - IRL - I - L - NL - P - UK - AT (14) - FI (15) - NO (16) - SE (17);

- al centro, il numero di riconoscimento veterinario del centro di lavorazione o, se del caso, del laboratorio di sezionamento della selvaggina;

- nella parte inferiore, una delle seguenti sigle: CEE - EOEF - EWG - EOK - EEC - EEG - ETY (18), o la sigla che permette di identificare il Paese terzo originario.

Le lettere e le cifre devono avere un'altezza conforme a quanto previsto rispettivamente all'allegato I, capitolo XI, della direttiva 64/433/CEE per la grossa selvaggina e all'allegato I, capitolo III, della direttiva 91/495/CEE per la piccola selvaggina;

ii) un timbro di forma pentagonale bastevole a contenere le indicazioni di cui alla lettera a).

b) Il materiale per la bollatura deve rispondere a tutti i requisiti d'igiene e su di esso devono essere perfettamente leggibili le indicazioni di cui al paragrafo 1.

c) i) La bollatura sanitaria di cui alla lettera a) deve essere eseguita:

- sulle carcasse nude per mezzo di un sigillo recante le indicazioni di cui alla lettera a);

- sopra oppure, in modo visibile, sotto gli involucri o altri imballaggi di carcasse imballate;

- sopra oppure, in modo visibile, sotto gli involucri o altri imballaggi di parti di carcasse confezionate in piccole quantità. ii) La bollatura sanitaria di cui alla lettera a), punto ii), deve essere eseguita sui grandi imballaggi.

 

 

Capitolo VIII

Condizionamento e imballaggio delle carni di selvaggina

1. a) Gli imballaggi (ad esempio casse, cartoni) devono essere conformi a tutte le norme igieniche, in particolare devono essere:

- tali da non alterare le caratteristiche organolettiche delle carni,

- tali da non trasmettere alle carni sostanze nocive per la salute umana,

- sufficientemente solidi per garantire una protezione efficace delle carni durante il trasporto e le manipolazioni.

b) Gli imballaggi non devono essere riutilizzati per imballare carni, salvo se sono fabbricati in materiali resistenti alla corrosione, di facile pulizia e se sono stati previamente puliti e disinfettati.

2. Quando le carni in pezzi o le frattaglie sono confezionate, questa operazione deve essere effettuata subito dopo il sezionamento in maniera conforme alle norme di igiene.

Gli involucri devono essere trasparenti e incolori e rispondere inoltre alle condizioni di cui al paragrafo 1, lettera a), primo e secondo trattino; essi non possono essere riutilizzati per avvolgere carni.

3. Le carni condizionate devono essere imballate.

4. Tuttavia, quando l'involucro corrisponde a tutte le condizioni protettive dell'imballaggio, non è necessario che esso sia trasparente ed incolore e non è obbligatorio porlo in un secondo contenitore, purché siano rispettate le condizioni del paragrafo 1.

5. Le operazioni di sezionamento, disossamento, condizionamento ed imballaggio possono aver luogo nello stesso locale, alle seguenti condizioni:

a) il locale deve essere sufficientemente ampio e disposto in modo da assicurare l'igiene delle operazioni;

b) immediatamente dopo la fabbricazione, l'involucro e l'imballaggio devono essere racchiusi in un contenitore protettivo sigillato che deve rimanere protetto da eventuali danni durante il trasporto allo stabilimento e devono essere immagazzinati in condizioni igieniche in un locale separato dallo stabilimento;

c) i locali di deposito per i materiali da imballaggio devono essere protetti dalla polvere e dai parassiti e non comunicare, attraverso l'atmosfera, con i locali contenenti sostanze che possano contaminare le carni; gli imballaggi non devono essere appoggiati sul pavimento;

d) l'allestimento degli imballaggi deve essere effettuato in condizioni igieniche, prima dell'introduzione nel locale;

e) gli imballaggi devono essere introdotti nel locale nel rispetto delle norme d'igiene ed essere impiegati immediatamente; essi non devono essere manipolati dal personale addetto alla lavorazione delle carni;

f) immediatamente dopo il condizionamento, le carni devono essere trasferite negli appositi locali di deposito.

6. Gli imballaggi e involucri di cui al presente capitolo possono contenere soltanto carni in pezzi appartenenti ad una stessa specie animale.

 

 

Capitolo IX

Certificato sanitario

L'esemplare originale del certificato sanitario che deve accompagnare le carni durante il trasporto verso il luogo di destinazione deve essere rilasciato da un veterinario ufficiale al momento del carico.

Il certificato deve corrispondere nella presentazione e nel contenuto al modello che figura nell'allegato II; deve essere redatto perlomeno nella lingua o nelle lingue ufficiali del luogo di destinazione. Esso deve essere costituito di un unico foglio.

Capitolo X

Deposito

Dopo l'ispezione post mortem, le carni di selvaggina devono essere refrigerate o congelate e mantenute ad una temperatura che non deve mai superare 4 °C per la selvaggina piccola e 7 °C per la selvaggina grossa se sono refrigerate e -12 °C se sono congelate.

 

Capitolo XI

Trasporto

1. Le carni di selvaggina devono essere spedite in modo che siano protette durante il trasporto da qualsiasi elemento che possa contaminarle o alterarle, tenuto conto della durata e delle condizioni di trasporto nonché dei mezzi a tale scopo utilizzati. In particolare, i veicoli adibiti al trasporto di queste carni devono essere attrezzati in modo da garantire che le temperature di cui al capitolo X non vengano superate.

2. Le carni non possono essere trasportate in un mezzo di trasporto che non sia stato ripulito e disinfettato.

3. Le carcasse, le mezzene, eccetto le carni congelate e imballate in condizioni conformi alle norme d'igiene, devono essere sempre trasportate appese, salvo in caso di trasporto per via aerea.

Le altre parti, ove non siano imballate o contenute in recipienti resistenti alla corrosione, devono essere trasportate appese o collocate su supporti. I suddetti supporti, imballaggi e recipienti devono soddisfare le norme d'igiene e, in particolare per quanto riguarda gli imballaggi, le disposizioni della presente direttiva. Gli imballaggi non possono essere riutilizzati se non previa pulizia e disinfezione.

4. Il veterinario ufficiale deve assicurarsi della spedizione che i mezzi adibiti al trasporto nonché le condizioni di carico corrispondano alle prescrizioni di igiene stabilite nel presente capitolo.

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(14) Sigla aggiunta dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia.

(15) Sigla aggiunta dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia.

(16) Sigla aggiunta dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia.

(17) Sigla aggiunta dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia.

(18) Sigla aggiunta dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia.

 

Allegato II

MODELLO

Certificato sanitario e di polizia sanitaria

relativo a carni di selvaggina [1] destinate ad uno Stato membro, previo transito in un Paese terzo

Paese speditore: 

 

 

 

N. [2]: 

 

 

Ministero: 

 

Servizio competente: 

 

Rif. [2]: 

 

 

I. Identificazione delle carni 

 

Carni di selvaggina d  

 

(specie animale) 

Natura dei pezzi: 

 

Natura dell'imballaggio: 

 

 

Numero degli imballaggi: 

 

Peso netto: 

 

 

II. Provenienza delle carni 

 

Indirizzo(i) e numero(i) di riconoscimento veterinario dello(degli) stabilimento(i): 

 

 

 

 

 

 

Indirizzo(i) e numero(i) di riconoscimento veterinario del(dei) laboratorio(i) di sezionamento riconosciuto(i) [4]: 

 

 

 

 

 

 

III. Destinazione delle carni di selvaggina 

 

Le carni sono spedite 

da: 

 

(luogo di spedizione) 

a: 

 

(Paese e luogo di destinazione) 

con il seguente mezzo di trasporto [3]: 

 

Nome e indirizzo dello speditore: 

 

 

 

Nome e indirizzo del destinatario: 

 

 

 

 

__________ 

[1] Carni di selvaggina che non abbiano subito alcun trattamento, salvo quello col freddo, atto ad assicurarne la conservazione. 

[2] Facoltativo. 

[3] Per i carri ferroviari e gli autocarri, indicare il numero di immatricolazione, per gli aerei il numero del volo e per le navi il nome dell'imbarcazione. 

[4] Cancellare la dicitura inutile. 

 

 

IV. Attestato sanitario 

 

Il sottoscritto, veterinario ufficiale, certifica: 

 

a) che le carni di selvaggina delle specie di cui sopra sono state ottenute in un centro di lavorazione situato in una regione o una zona sottoposta a restrizione per motivi di polizia sanitaria e riconosciute idonee al consumo umano in seguito a ispezione veterinaria effettuata conformemente alla direttiva 92/45/CEE [1]; 

b) che i veicoli o mezzi di trasporto e le condizioni di carico di questa spedizione sono conformi alle norme d'igiene definite nella suddetta direttiva; 

c) che i capi interi di selvaggina o le carni di selvaggina [2] sono destinati ad uno Stato membro dopo essere transitati per un Paese terzo. 

 

Fatto a 

 

, il 

 

 

 

 

 

 

 

(firma del veterinario ufficiale) 

 

 

__________ 

[1] Compresa la ricerca trichinoscopica prevista all'articolo 3, paragrafo 3. 

[2] Cancellare la dicitura inutile. 

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Dir. 92/119/CEE del 17 dicembre 1992
Direttiva del Consiglio che introduce misure generali di lotta contro alcune malattie degli animali nonché misure specifiche per la malattia vescicolare dei suini

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 15 marzo 1993, n. L 62. Entrata in vigore l'8 gennaio 1993.

(2) Termine di recepimento: 1° ottobre 1993. Direttiva recepita con D.P.R. 17 maggio 1996, n. 362.

Il Consiglio delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 43,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che l'elenco degli animali vivi figura nell'allegato II del trattato; che la commercializzazione di animali vivi rappresenta un'importante fonte di reddito per la popolazione agricola;

considerando che è necessario definire, a livello comunitario, una serie di misure di lotta da adottare in caso di insorgenza di malattie, per garantire uno sviluppo razionale del settore agricolo e per contribuire alla protezione della salute degli animali nella Comunità;

considerando che un focolaio di malattia può assumere rapidamente le proporzioni di un'epizoozia, con un tasso di mortalità e inconvenienti tali da compromettere seriamente la redditività del settore dell'allevamento;

considerando che devono essere adottate misure di lotta non appena si sospetti la presenza di una malattia, per poter intervenire immediatamente e in modo efficace una volta confermato il focolaio;

considerando che le misure da adottare devono mirare a prevenire la diffusione delle malattie e, in particolare, ad istituire un controllo accurato dei movimenti degli animali e dei prodotti che possono favorire la propagazione dell'infezione;

considerando che, ai fini della prevenzione delle malattie nella Comunità, si deve di norma evitare una politica di vaccinazione; che tuttavia è necessario prevedere il ricorso alla vaccinazione qualora la gravità della situazione lo renda indispensabile;

considerando che, per garantire il riconoscimento di tutti gli animali vaccinati, è indispensabile identificare tali animali; che, per offrire le necessarie garanzie, l'efficacia del vaccino utilizzato deve essere riconosciuta da un laboratorio di riferimento designato dalla Comunità;

considerando che un'indagine epidemiologica approfondita è indispensabile per evitare la propagazione delle malattie; che a tal fine gli Stati membri devono istituire unità specializzate;

considerando che, per garantire un sistema efficace di controllo, i metodi diagnostici delle malattie devono essere armonizzati e applicati a cura dei laboratori responsabili, le cui attività possono essere coordinate da un laboratorio di riferimento designato dalla Comunità;

considerando che le disposizioni dell'articolo 3 della decisione 90/424/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa a talune spese nel settore veterinario, si applicano quando appare una delle malattie previste all'allegato I;

considerando che misure comuni di lotta contro le malattie possono consentire di mantenere un livello uniforme di salute degli animali;

considerando che occorre inoltre prevedere disposizioni specifiche proprie di ciascuna malattia, in un primo tempo per quanto concerne la malattia vescicolare dei suini,

ha adottato la presente direttiva:

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Articolo 1

La presente direttiva definisce le misure comunitarie generali di lotta da applicare nell'eventualità dell'insorgenza di una delle malattie elencate nell'allegato I.

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Articolo 2

Ai fini della presente direttiva si intende per:

1) "azienda": qualsiasi stabilimento (agricolo o di altro genere) situato nel territorio di uno Stato membro nel quale sono tenuti o allevati animali;

2) "animale": qualsiasi animale domestico appartenente ad una specie che potrebbe essere direttamente infettata dalla malattia in questione o qualsiasi vertebrato selvatico che potrebbe contribuire alla propagazione della malattia agendo da vettore o da " serbatoio" dell'infezione;

3) "vettore": qualsiasi animale vertebrato o invertebrato atto a trasmettere e diffondere l'agente della malattia in questione per via meccanica o biologica;

4) "proprietario" o "allevatore": qualsiasi persona, fisica o giuridica, che possegga gli animali o sia incaricata di allevarli dietro compenso finanziario o meno;

5) "periodo di incubazione": il lasso di tempo che intercorre tra l'esposizione all'agente patogeno in questione e l'insorgere dei sintomi clinici. La durata di questo periodo è quella definita nell'allegato I per quanto riguarda ciascuna delle malattie previste;

6) "conferma dell'infezione": la dichiarazione, fatta dall'autorità competente, della presenza di una delle malattie di cui all'allegato I, basata sui risultati di laboratorio; in caso di epidemia, tuttavia, l'autorità competente può anche confermare la presenza di una malattia in base a risultati clinici e/o epidemiologici;

7) "autorità competente": l'autorità centrale di uno Stato membro competente per effettuare i controlli veterinari o qualsiasi autorità veterinaria cui essa abbia delegato tale competenza;

8) "veterinario ufficiale": il veterinario designato dall'autorità competente.

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Articolo 3

Gli Stati membri provvedono affinché il sospetto dell'esistenza di una delle malattie di cui all'allegato I sia obbligatoriamente e immediatamente notificato all'autorità competente.

Articolo 4

1. Qualora in un'azienda siano presenti animali che si sospettano infetti o contaminati da una delle malattie di cui all'allegato I, gli Stati membri provvedono affinché il veterinario ufficiale ponga immediatamente in atto una procedura d'indagine ufficiale allo scopo di confermare o escludere la presenza della malattia in causa; in particolare egli preleva o fa prelevare i campioni idonei per gli esami di laboratorio. A tal fine il trasporto di animali sospetti ai laboratori può essere effettuato sotto il controllo dell'autorità competente che prende le disposizioni adeguate per evitare la propagazione della malattia.

2. Non appena è notificato un caso sospetto di infezione, l'autorità competente pone l'azienda interessata sotto controllo ufficiale e dispone in particolare che:

a) sia eseguito il censimento di tutte le categorie di animali delle specie sensibili, precisando per ciascuna di esse il numero di animali già morti, infetti o che potrebbero essere infettati o contaminati; il censimento deve essere aggiornato per tener conto degli animali nati o morti durante il periodo in cui si sospetta la presenza della malattia; i dati del censimento devono essere aggiornati e esibiti a richiesta e possono essere controllati in occasione di ogni ispezione;

b) tutti gli animali delle specie sensibili dell'azienda siano trattenuti nei rispettivi locali di stabulazione o confinati in altri luoghi che ne permettano l'isolamento, tenendo conto se necessario dell'eventuale ruolo dei vettori;

c) sia vietato qualsiasi movimento in provenienza dall'azienda o a sua destinazione di animali delle specie sensibili;

d) sia subordinato all'autorizzazione dell'autorità competente che ne determina le condizioni necessarie per evitare qualsiasi rischio di propagazione della malattia:

- qualsiasi movimento di persone, di animali di altre specie non sensibili alla malattia e di veicoli in provenienza dall'azienda o a destinazione della stessa;

- qualsiasi movimento di carni o di carogne, mangimi, materiale, rifiuti, deiezioni, lettiere, letami o tutto ciò che potrebbe trasmettere la malattia in questione;

e) si faccia ricorso a mezzi appropriati di disinfezione alle entrate ed alle uscite dei fabbricati, locali o luoghi in cui sono custoditi gli animali delle specie sensibili nonché dell'azienda stessa;

f) sia effettuata un'indagine epidemiologica conformemente all'articolo 8.

3. In attesa dell'entrata in vigore delle misure ufficiali, previste al paragrafo 2, il proprietario o l'allevatore di qualsiasi animale sospetto di infezione adotta tutte le misure utili per conformarsi alle disposizioni di cui al paragrafo 2, ad esclusione della lettera f).

4. L'autorità competente può estendere qualsiasi misura di cui al paragrafo 2 ad altre aziende qualora, tenuto conto dell'ubicazione e della configurazione dei fabbricati o di eventuali contatti con l'azienda nella quale si sospetta la presenza della malattia, vi siano fondati motivi per sospettare un'eventuale contaminazione.

5. Le misure previste ai paragrafi 1 e 2 rimangono applicabili finche la sospetta presenza della malattia sia esclusa dal veterinario ufficiale.

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Articolo 5

1. Non appena viene confermata ufficialmente la presenza di una delle malattie di cui all'allegato I in un'azienda, gli Stati membri provvedono affinché l'autorità competente disponga, oltre alle misure previste all'articolo 4, paragrafo 2, l'applicazione delle seguenti misure:

a) tutti gli animali delle specie sensibili dell'azienda siano immediatamente abbattuti in loco. Gli animali morti o abbattuti siano bruciati o sotterrati in loco, se possibile, oppure distrutti per squartamento. Queste operazioni devono essere effettuate in modo da ridurre al minimo il rischio di diffusione dell'agente patogeno;

b) tutti i materiali o tutti i rifiuti, come mangime, lettiere, letame e liquami, che potrebbero essere contaminati siano distrutti o sottoposti a trattamento idoneo. Quest'ultimo, eseguito conformemente alle istruzioni del veterinario ufficiale, deve garantire la distruzione di qualsiasi agente patogeno o vettore di agente patogeno;

c) ultimate le operazioni di cui alle lettere a) e b), i fabbricati adibiti al ricovero degli animali delle specie sensibili e le loro vicinanze, nonché i veicoli usati per il trasporto e qualsiasi materiale che potrebbe essere contaminato siano puliti e disinfettati conformemente all'articolo 16;

d) sia effettuata un'indagine epidemiologica conformemente all'articolo 8.

2. In caso di sotterramento, le carogne o i rifiuti di cui al punto 1, lettere a) e b) devono essere collocati in un terreno adeguato per evitare contaminazioni delle falde freatiche o danni all'ambiente e ad una profondità sufficiente ad impedire a carnivori di accedervi.

3. L'autorità competente può estendere le misure di cui al paragrafo 1 ad altre aziende vicine, qualora per la loro ubicazione, la configurazione dei fabbricati o eventuali contatti con l'azienda in cui è stata confermata la presenza della malattia si possa sospettare un'eventuale contaminazione.

4. La reintroduzione di animali nell'azienda è autorizzata dall'autorità competente dopo che il veterinario ufficiale ha ispezionato e considerato soddisfacenti le operazioni di pulizia e di disinfezione effettuate conformemente all'articolo 16.

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Articolo 6

Qualora animali vivi allo stato selvatico siano sospettati di essere infetti o siano infetti, gli Stati membri provvedono a che vengano applicate opportune misure. Gli Stati membri, nell'ambito del Comitato veterinario permanente, istituito con decisione 68/361/CEE, informano la Commissione e gli altri Stati membri delle misure che hanno adottato.

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Articolo 7

1. Nel caso di aziende comprendenti due o più unità di produzione distinte, l'autorità competente può derogare alle prescrizioni di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettera a), per quanto concerne le unità di produzione sane di un'azienda infetta, a condizione che il veterinario ufficiale abbia confermato che la struttura e le dimensioni di dette unità di produzione nonché le operazioni ivi effettuate sono tali da garantire una completa separazione per quanto riguarda la stabulazione, la cura, il personale, il materiale e l'alimentazione degli animali, in modo da impedire la propagazione dell'agente patogeno da un'unità di produzione all'altra.

2. In caso di ricorso al paragrafo 1 si applicano, mutatis mutandis, le disposizioni stabilite dalla decisione 88/397/CEE della Commissione. Secondo la procedura di cui all'articolo 25 dette disposizioni possono essere modificate per la malattia in questione, onde tener conto della natura specifica della malattia stessa.

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Articolo 8

1. L'indagine epidemiologica riguarda:

a) il periodo durante il quale la malattia può essere stata presente nell'azienda prima della notifica o del sospetto;

b) la possibile origine della malattia nell'azienda e l'identificazione di altre aziende in cui si trovano animali di specie sensibili che possono essere stati infettati o contaminati;

c) i movimenti di persone e di veicoli, nonché i trasporti di animali, di carogne, di materiali o di materie che possono aver portato l'agente patogeno fuori o dentro l'azienda in questione;

d) l'eventuale presenza e distribuzione di vettori della malattia.

2. Per poter coordinare pienamente tutte le misure necessarie a garantire quanto più rapidamente possibile l'eradicazione della malattia ed ai fini dello svolgimento dell'indagine epidemiologica, è istituita un'unità di crisi.

Le norme generali riguardanti le unità di crisi nazionali e l'unità di crisi comunitaria sono adottate dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.

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Articolo 9

1. Se il veterinario ufficiale constata o ritiene, sulla base di informazioni confermate, che la malattia possa essere stata introdotta da altre aziende nell'azienda di cui all'articolo 4 oppure da quest'ultima in altre aziende in seguito a movimenti di persone, animali o veicoli o in qualsiasi altro modo, queste altre aziende sono sottoposte a controllo ufficiale conformemente all'articolo 4; tale controllo è revocato soltanto quando il sospetto di presenza della malattia nell'azienda sia stato ufficialmente escluso.

2. Se il veterinario ufficiale constata o ritiene, sulla base di informazioni confermate, che la malattia possa essere stata introdotta da altre aziende nell'azienda di cui all'articolo 5 oppure da quest'ultima in altre aziende in seguito a movimenti di persone, animali o veicoli o in qualsiasi altro modo, queste altre aziende sono sottoposte a controllo ufficiale conformemente all'articolo 4; tale controllo è revocato soltanto quando il sospetto di presenza della malattia nell'azienda sia stato ufficialmente escluso.

3. Se un'azienda è soggetta alle disposizioni del paragrafo 2, l'autorità competente mantiene in vigore nell'azienda le disposizioni di cui all'articolo 4 Per un periodo almeno corrispondente al periodo massimo di incubazione proprio di ciascuna malattia, a decorrere dal probabile momento di introduzione dell'infezione stabilito dall'indagine epidemiologica effettuata a norma dell'articolo 8.

4. L'autorità competente, qualora ritenga che le condizioni lo consentano, può limitare le misure di cui ai paragrafi 1 e 2 ad una parte dell'azienda e agli animali che vi si trovano, purché l'azienda stessa soddisfi le condizioni di cui all'articolo 7, oppure esclusivamente agli animali delle specie sensibili.

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Articolo 10

1. Non appena la diagnosi di una delle malattie in questione è stata ufficialmente confermata, gli Stati membri provvedono a che l'autorità competente delimiti, attorno all'azienda infetta, una zona di protezione di raggio minimo pari a 3 chilometri inserita in una zona di sorveglianza avente un raggio di almeno 10 chilometri. La delimitazione delle zone deve tener conto dei fattori di carattere geografico, amministrativo, ecologico e epidemiologico, connessi alla malattia in questione, e delle strutture di controllo.

2. Qualora le zone siano situate nel territorio di più Stati membri, le autorità competenti degli Stati membri interessati collaborano allo scopo di delimitare le zone di cui al paragrafo 1. Tuttavia, se necessario, la zona di protezione e la zona di sorveglianza sono delimitate secondo la procedura di cui all'articolo 26.

3. Su richiesta debitamente giustificata di uno Stato membro o su iniziativa della Commissione può essere adottata, secondo la procedura di cui all'articolo 26, una decisione per modificare (segnatamente ridurre o aumentare secondo i casi) la delimitazione delle zone definite al paragrafo 1 e la durata delle misure restrittive, tenendo conto di quanto segue:

- situazione geografica e fattori ecologici,

- condizioni meteorologiche,

- presenza, distribuzione e specie dei vettori,

- risultati degli studi epidemiologici effettuati conformemente all'articolo 8,

- risultati degli esami di laboratorio,

- misure di lotta effettivamente applicate.

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Articolo 11

1. Gli Stati membri provvedono a che siano applicate nella zona di protezione le misure precisate in appresso:

a) identificazione di tutte le aziende che detengono animali appartenenti alle specie sensibili all'interno della zona;

b) visite periodiche alle aziende che detengono animali appartenenti alle specie sensibili, esame clinico degli animali in questione, compresa, ove occorra, la raccolta di campioni da sottoporre ad esami di laboratorio; deve inoltre essere tenuto un registro delle visite e dei risultati degli esami; la frequenza delle visite e in funzione della gravità della epizoozia nelle aziende che presentano i maggiori rischi;

c) divieto di circolazione e di trasporto degli animali appartenenti alle specie sensibili sulle strade pubbliche o private, ad eccezione delle strade di accesso alle aziende; l'autorità competente può tuttavia derogare a tale divieto in caso di transito di animali trasportati su strada o per ferrovia a condizione che non siano effettuate operazioni di scarico o soste;

d) mantenimento degli animali appartenenti alle specie sensibili nell'azienda in cui si trovano, eccetto quando siano trasportati direttamente e sotto controllo ufficiale per una macellazione d'urgenza in un macello ubicato in detta zona o, se in detta zona non esistono macelli sotto controllo veterinario, in un macello situato nella zona di sorveglianza e designato dall'autorità competente. Detto trasporto può essere autorizzato dall'autorità competente soltanto dopo che un esame effettuato dal veterinario ufficiale, su tutti gli animali appartenenti alle specie sensibili presenti nell'azienda, abbia consentito di escludere la presenza di animali sospetti. L'autorità competente responsabile del macello è informata dell'intenzione di inviarvi gli animali.

2. Le misure applicate nella zona di protezione sono mantenute per un periodo perlomeno uguale a un periodo massimo di incubazione proprio della malattia in questione dopo l'eliminazione degli animali dall'azienda infetta, come stabilito all'articolo 5, e dopo le operazioni di pulizia e di disinfezione di cui all'articolo 16. Tuttavia, quando la malattia è stata trasmessa da un insetto vettore, l'autorità competente può fissare la durata di applicazione delle misure e definire le disposizioni relative all'eventuale introduzione di animali di controllo. Gli Stati membri informano immediatamente, in sede di Comitato veterinario permanente, la Commissione degli altri Stati membri delle misure da essi adottate.

Alla scadenza del periodo di cui al primo comma, le norme applicate nella zona di sorveglianza si applicano altresì nella zona di protezione.

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Articolo 12

1. Gli Stati membri provvedono a che siano applicate nella zona di sorveglianza le misure precisate in appresso:

a) identificazione di tutte le aziende che detengono animali appartenenti alle specie sensibili;

b) divieto di circolazione degli animali appartenenti alle specie sensibili sulle strade pubbliche, salvo per condurli al pascolo o agli edifici ad essi riservati; l'autorità competente può tuttavia derogare a tale divieto in caso di transito di animali trasportati su strada o per ferrovia a condizione che non siano effettuate operazioni di scarico o soste;

c) il trasporto degli animali appartenenti alle specie sensibili all'interno della zona di sorveglianza è subordinato all'autorizzazione dell'autorità competente;

d) mantenimento degli animali appartenenti alle specie sensibili all'interno della zona di sorveglianza durante un lasso di tempo corrispondente almeno al periodo massimo di incubazione dopo l'individuazione dell'ultimo focolaio. Successivamente gli animali possono essere allontanati dalla zona suddetta per essere trasportati, sotto controllo ufficiale, direttamente ad un macello designato dall'autorità competente per una macellazione d'urgenza. Questo spostamento può essere autorizzato dall'autorità competente soltanto quando un esame effettuato dal veterinario ufficiale su tutti gli animali appartenenti alle specie sensibili dell'azienda abbia permesso di escludere la presenza di animali infetti. L'autorità competente responsabile del macello è informata dell'intenzione di inviarvi gli animali.

2. Le misure applicate nella zona di sorveglianza sono mantenute durante un lasso di tempo corrispondente almeno al periodo massimo d'incubazione dopo l'eliminazione dall'azienda di tutti gli animali di cui all'articolo 5 e dopo l'esecuzione delle operazioni di pulizia e di disinfezione previste all'articolo 16. Tuttavia, se la malattia viene trasmessa da un insetto vettore, l'autorità competente può fissare la durata di applicazione delle misure e definire le disposizioni relative all'eventuale introduzione di animali di controllo. Gli Stati membri informano immediatamente, in sede di Comitato veterinario permanente, la Commissione e gli altri Stati membri delle misure da essi adottate.

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Articolo 13

Se i divieti di cui all'articolo 11, paragrafo 1, lettera d) e all'articolo 12, paragrafo 1, lettera d) sono mantenuti oltre il limite di trenta giorni a motivo dell'insorgere di nuovi casi di malattia e creano problemi connessi alla custodia degli animali, l'autorità competente può autorizzare, su richiesta motivata presentata dal proprietario, il trasporto degli animali da un'azienda ubicata nella zona di protezione o nella zona di sorveglianza, a seconda dei casi, a condizione che:

a) il veterinario ufficiale abbia accertato la realtà dei fatti;

b) tutti gli animali presenti nell'azienda siano stati sottoposti ad esame;

c) gli animali da trasportare siano stati sottoposti ad un esame clinico con risultato negativo;

d) gli animali siano stati contrassegnati individualmente con un marchio auricolare o identificati con qualsiasi altro mezzo autorizzato;

e) l'azienda di destinazione sia ubicata nella zona di protezione o all'interno della zona di sorveglianza.

Devono essere prese tutte le precauzioni necessarie per evitare il rischio di propagazione dell'agente patogeno durante il trasporto, in particolare procedendo alla pulizia e alla disinfezione degli autocarri dopo il trasporto.

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Articolo 14

1. Gli Stati membri provvedono affinché l'autorità competente adotti tutte le misure necessarie per informare almeno le persone stabilite nelle zone di protezione e di sorveglianza in merito alle restrizioni in vigore e prenda tutte le disposizioni del caso ai fini di un'adeguata applicazione delle suddette misure.

2. Qualora in una determinata regione l'epizoozia in questione presenti caratteri di eccezionale gravità, tutte le misure supplementari che devono essere prese dagli Stati membri interessati sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 26.

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Articolo 15

In deroga alle disposizioni generali previste dalla presente direttiva, le disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di eradicazione proprie di ciascuna malattia

- figurano nell'allegato II per quanto riguarda la malattia vescicolare dei suini,

- sono stabilite dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, per quanto riguarda ciascuna delle altre malattie elencate nell'allegato I.

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Articolo 16

1. Gli Stati membri provvedono affinché:

a) i disinfettanti o gli insetticidi da utilizzare e, a seconda dei casi, le relative concentrazioni siano ufficialmente approvati dall'autorità competente;

b) le operazioni di pulizia, disinfezione e disinfestazione siano effettuate sotto controllo ufficiale:

- conformemente alle istruzioni impartite dal veterinario ufficiale e

- in modo da eliminare il rischio di propagazione o di sopravvivenza dell'agente patogeno;

c) terminate le operazioni di cui alla lettera b), il veterinario ufficiale accerti che le misure siano state applicate correttamente e che sia trascorso un periodo di tempo appropriato non inferiore a 21 giorni, a garanzia dell'eliminazione totale della malattia in questione prima della reintroduzione degli animali appartenenti alle specie sensibili.

2. Le procedure di pulizia e di disinfezione di un'azienda infetta:

- figurano nell'allegato II per quanto riguarda la malattia vescicolare dei suini;

- sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 15, secondo trattino, nel quadro dell'elaborazione delle misure specifiche proprie delle malattie di cui all'allegato I.

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Articolo 17

1. Gli Stati membri provvedono affinché in ogni Stato membro sia designato:

a) un laboratorio nazionale che disponga delle attrezzature e del personale specializzato necessari per poter procedere in qualsiasi momento, in particolare alle prime manifestazioni della malattia in questione, all'individuazione del tipo, sottotipo e variante del virus in questione e per confermare i risultati ottenuti dai laboratori regionali di diagnosi;

b) un laboratorio nazionale incaricato del controllo dei reagenti usati nei laboratori regionali di diagnosi.

2. I laboratori nazionali designati per ciascuna delle malattie previste sono responsabili del coordinamento delle norme e dei metodi di diagnosi nonché dell'uso dei reagenti.

3. I laboratori nazionali designati per ciascuna delle malattie previste sono responsabili del coordinamento delle norme e dei metodi di diagnosi stabiliti da ciascun laboratorio di diagnosi della malattia in questione nello Stato membro. A questo scopo essi:

a) possono fornire i reagenti diagnostici ai laboratori regionali;

b) controllano la qualità di tutti i reagenti diagnostici usati nello Stato membro;

c) organizzano periodicamente prove comparative;

d) conservano isolati del virus della malattia in questione, provenienti da casi confermati nello Stato membro;

e) garantiscono la conferma dei risultati positivi ottenuti nei laboratori diagnostici regionali.

4. Tuttavia, in deroga al paragrafo 1, gli Stati membri che non dispongono di un laboratorio nazionale competente per la malattia in questione possono ricorrere ai servizi del laboratorio nazionale competente in materia di un altro Stato membro.

5. L'elenco dei laboratori nazionali competenti per la malattia vescicolare dei suini figura nell'allegato II.

6. I laboratori nazionali designati per ciascuna delle malattie previste cooperano con i rispettivi laboratori comunitari di riferimento di cui all'articolo 18.

7. Le modalità d'applicazione del presente articolo sono stabilite dalla Commissione seconda la procedura di cui all'articolo 25.

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Articolo 18

1. Il laboratorio comunitario di riferimento per la malattia vescicolare dei suini è indicato nell'allegato II.

2. I laboratori comunitari di riferimento per ciascuna delle altre malattie elencate nell'allegato I sono designati secondo la procedura prevista all'articolo 15, secondo trattino, nell'ambito dell'elaborazione delle misure specifiche proprie di ciascuna malattia.

3. Fatto salvo il disposto della decisione 90/424/CEE, in particolare l'articolo 28, le competenze e i compiti dei laboratori di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo sono precisati nell'allegato III.

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Articolo 19

1. La vaccinazione contro le malattie citate all'allegato I può essere praticata soltanto quale complemento delle misure di lotta adottate al manifestarsi della malattia in questione e conformemente alle seguenti disposizioni:

a) la decisione di introdurre la vaccinazione quale complemento delle misure di lotta e presa, in collaborazione con lo Stato membro interessato, dalla Commissione che delibera secondo la procedura di cui all'articolo 26;

b) tale decisione si basa segnatamente sui seguenti criteri:

- concentrazione degli animali delle specie in questione nella zona colpita,

- caratteristiche e composizione di ciascuno dei vaccini usati,

- modalità di controllo della distribuzione, del magazzinaggio e dell'impiego dei vaccini,

- specie ed età degli animali che possono o devono essere vaccinati,

- zone in cui la vaccinazione può o deve essere effettuata,

- durata della campagna di vaccinazione.

2. Nel caso previsto al paragrafo 1:

a) è vietata la vaccinazione o la rivaccinazione degli animali appartenenti alle specie sensibili nelle aziende di cui all'articolo 4,

b) è vietata la sieroprofilassi.

3. In caso di ricorso alla vaccinazione, devono essere applicate le seguenti norme:

a) tutti gli animali vaccinati devono essere identificati con un marchio chiaro e leggibile e con un metodo riconosciuto secondo la procedura di cui all'articolo 25;

b) tutti gli animali vaccinati devono restare all'interno della zona di vaccinazione a meno che non siano trasportati direttamente in un macello designato dall'autorità competente per la macellazione d'urgenza. In tal caso, il movimento di animali può essere autorizzato solo una volta che il veterinario ufficiale abbia effettuato un esame di tutti gli animali dell'azienda appartenenti alle specie sensibili ed abbia escluso la presenza di animali sospetti.

4. Una volta terminate le operazioni di vaccinazione, i movimenti di animali appartenenti alle specie sensibili dalla zona di vaccinazione possono essere autorizzati conformemente alla procedura di cui all'articolo 26 ed entro i termini da stabilire secondo la medesima procedura.

5. Gli Stati membri informano regolarmente la Commissione, in sede di Comitato veterinario permanente, sui progressi conseguiti con le misure di vaccinazione.

6. Tuttavia, in deroga al paragrafo 1, la decisione di effettuare una vaccinazione di emergenza può essere presa dallo Stato membro interessato, previa notifica alla Commissione, purché non siano compromessi gli interessi fondamentali della Comunità. Questa decisione, che terrà conto in particolare del grado di concentrazione degli animali in determinate regioni, della necessità di proteggere razze specifiche nonché della zona geografica in cui è attuata la vaccinazione, sarà immediatamente riesaminata, secondo la procedura prevista all'articolo 26, in sede di Comitato veterinario permanente che può decidere di mantenere, modificare, estendere o revocare le misure.

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Articolo 20

1. Ciascuno Stato membro stabilisce un programma di emergenza applicabile a tutte le malattie elencate nell'allegato I, che specifica le misure nazionali da attuare in caso di insorgenza di una di dette malattie.

Tale programma deve permettere l'accesso agli impianti, alle attrezzature, al personale e ad altri materiali adeguati, necessari per un'eliminazione rapida ed efficace del focolaio.

2. I criteri generali da applicare per l'elaborazione dei programmi figurano nell'allegato IV, punti da 1 a 5 e 10; i punti da 6 a 9 rappresentano i criteri da adottare in funzione della malattia in questione. Gli Stati membri possono tuttavia limitarsi ad applicare i criteri di cui ai punti da 6 a 9 qualora i criteri enunciati ai punti ad 1 a 5 ed 10 siano già stati adottati all'atto della presentazione di programmi relativi all'applicazione di misure di lotta per altre malattie.

3. I programmi di emergenza elaborati conformemente ai criteri enunciati all'allegato IV sono presentati alla Commissione:

I) al più tardi sei mesi dopo l'entrata in vigore della presente direttiva per quanto concerne la malattia vescicolare dei suini;

II) al più tardi sei mesi dopo l'entrata in vigore delle misure specifiche proprie di ciascuna delle altre malattie di cui all'allegato I.

4. La Commissione esamina i programmi di emergenza per valutare se essi consentano di raggiungere gli obiettivi auspicati e propone allo Stato membro interessato le eventuali modifiche necessarie per garantire in particolare che essi siano compatibili con quelli degli altri Stati membri.

La Commissione approva i programmi, eventualmente modificati, conformemente alla procedura di cui all'articolo 25.

I programmi possono esser successivamente modificati o completati, secondo la stessa procedura, per tener conto di eventuali sviluppi della situazione e della natura specifica della malattia in questione.

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Articolo 21

In deroga alle condizioni di cui agli articoli 19 e 20 per quanto riguarda le misure di emergenza che gli Stati membri devono adottare per tener conto dei vincoli naturali e geografici particolari dei dipartimenti d'oltremare, delle Azzorre e di Madeira, nonché della lontananza di tali territori dalla parte centrale della Comunità, lo Stato membro interessato è autorizzato ad applicare disposizioni specifiche particolari in materia di lotta propria di ciascuna delle malattie indicate nell'allegato I della presente direttiva. Lo Stato membro interessato informa, in sede di Comitato veterinario permanente, la Commissione e gli altri Stati membri delle misure da esso prese al riguardo e in particolare delle misure di controllo messe in atto per evitare che gli animali dei territori in questione o i prodotti ricavati da tali animali siano spediti verso gli altri territori della Comunità.

A seguito della procedura d'informazione prevista al comma precedente si applica, mutatis mutandis, l'articolo 20.

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Articolo 22

Nella misura in cui ciò sia necessario all'applicazione uniforme della presente direttiva, ed in collaborazione con le autorità competenti, gli esperti della Commissione possono effettuare controlli in loco. A tal fine essi possono verificare, controllando una percentuale rappresentativa di aziende, se le autorità competenti assicurano l'osservanza delle disposizioni della presente direttiva da parte di dette aziende. La Commissione informa gli Stati membri del risultato dei controlli effettuati. Lo Stato membro nel cui territorio è effettuato un controllo presta tutta l'assistenza necessaria agli esperti nell'espletamento dei loro compiti.

Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 25.

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Articolo 23

1. Le condizioni per la partecipazione finanziaria della Comunità alle azioni connesse all'attuazione della presente direttiva sono definite nella decisione 90/424/CEE.

2. L'articolo 3 della decisione 90/424/CEE è modificato come segue:

a) all'elenco delle malattie specificate nel paragrafo 1 è aggiunta la malattia seguente:

"malattia emorragica epizootica dei cervi",

b) è aggiunto il seguente paragrafo:

"2 bis. Lo Stato membro in questione beneficia altresì della partecipazione finanziaria della Comunità allorché, all'atto del manifestarsi di un focolaio di una delle malattie elencate nel paragrafo 1, due o più Stati membri collaborano strettamente all'attuazione dell'indagine epidemiologica e delle misure di sorveglianza della malattia. Fatte salve le misure previste nel quadro delle organizzazioni comuni di mercato in causa, la partecipazione finanziaria specifica della Comunità è decisa secondo la procedura di cui all'articolo 41".

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Articolo 24

1. Gli allegati I, III e IV sono modificati, se necessario, dal Consiglio che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione in particolare per tener conto dell'evoluzione delle ricerche e delle procedure di diagnosi.

2. Secondo la procedura di cui all'articolo 25 La Commissione può modificare l'allegato II, in particolare per tener conto dell'evoluzione tecnica e scientifica nonché dei metodi diagnostici.

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Articolo 25 (3)

1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dall'articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.

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(3) Articolo così sostituito dall'allegato III del regolamento (CE) n. 806/2003.

 

Articolo 26

1. Qualora si faccia riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il Comitato veterinario permanente è immediatamente consultato dal proprio presidente, su iniziativa di quest'ultimo o su richiesta di uno Stato membro.

2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto (4).

3. a) La Commissione adotta le misure e provvede alla loro immediata applicazione, se sono conformi al parere del Comitato.

b) Se le misure non sono conformi al parere del Comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio adotta le misure a maggioranza qualificata.

Se il Consiglio non adotta misure entro quindici giorni dalla data di presentazione della proposta, la Commissione adotta le misure proposte e ne assicura l'immediata applicazione, tranne nel caso in cui il Consiglio si sia pronunciato a maggioranza semplice contro tali misure (5).

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(4) Il presente paragrafo 2 ha sostituito gli originari paragrafi 2 e 3, ai sensi dell'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia (G.U.C.E. 1 gennaio 1995, n. L 1).

(5) La numerazione dell'originario paragrafo 4 è stata così modificata dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia (G.U.C.E. 1 gennaio 1995, n. L 1).

Articolo 27

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1° ottobre 1993. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Allorché gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno da essi adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

3. La fissazione della data limite di recepimento al 1° ottobre 1993 non pregiudica l'abolizione dei controlli veterinari alle frontiere prevista dalla direttiva 90/425/CEE.

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Articolo 28

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, addì 17 dicembre 1992.

Per il Consiglio

il presidente

J. Gummer

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Dir. 93/119/CEE del 22 dicembre 1993
Direttiva del Consiglio
relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 31 dicembre 1993, n. L 340. Entrata in vigore il 21 gennaio 1994.

(2) Termine di recepimento: 1 gennaio 1995. Direttiva recepita con D.Lgs. 1 settembre 1998, n. 333. Vedi anche la L. 21 dicembre 1999, n. 526 (legge comunitaria 1999).

 

 

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 43,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che la direttiva 74/577/CEE del Consiglio ha stabilito le disposizioni concernenti lo stordimento degli animali prima della macellazione;

considerando che la convenzione europea per la protezione degli animali da macello è stata approvata in nome della Comunità mediante decisione 88/306/CEE del Consiglio; che la convenzione ha un ambito d'applicazione più ampio di quello delle norme comunitarie vigenti in materia;

considerando che le leggi nazionali sulla protezione degli animali durante la macellazione e l'abbattimento hanno incidenze sulle condizioni di concorrenza e, di conseguenza, sul funzionamento del mercato comune dei prodotti agricoli;

considerando che occorre pertanto istituire norme minime comuni per la protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento al fine di garantire lo sviluppo razionale della produzione e di agevolare la realizzazione del mercato interno per gli animali e i prodotti di origine animale;

considerando che durante la macellazione o l'abbattimento agli animali deve essere evitato qualsiasi dolore o sofferenza evitabili;

considerando che è tuttavia necessario autorizzare prove tecniche e scientifiche nonché tenere in considerazione le esigenze particolari di certi riti religiosi;

considerando che le norme devono altresì garantire una protezione soddisfacente, al momento della macellazione o dell'abbattimento, degli animali non inclusi nella convenzione;

considerando che con la dichiarazione relativa alla protezione degli animali allegata all'atto finale del trattato sull'Unione europea la conferenza invita il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, nonché gli Stati membri, a tenere pienamente conto, in sede di elaborazione e di attuazione della legislazione comunitaria nel settore della politica agricola comune, delle esigenze in materia di benessere degli animali;

considerando che, ciò facendo, l'azione comunitaria deve conformarsi alle esigenze risultanti dal principio di sussidiarietà di cui all'articolo 3 B del trattato;

considerando che occorre abrogare la direttiva 74/577/CEE,

ha adottato la presente direttiva:

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Capitolo I

Disposizioni generali

Articolo 1

1. La presente direttiva si applica al trasferimento, alla stabulazione, all'immobilizzazione, allo stordimento, alla macellazione ed all'abbattimento degli animali allevati custoditi per la produzione di carni, pelli, pellicce o altri prodotti ed ai metodi di abbattimento per fini profilattici contro le epizoozie.

2. La presente direttiva non si applica:

- a prove tecniche o scientifiche in relazione ai metodi di cui al paragrafo 1, eseguite sotto il controllo dell'autorità competente,

- agli animali abbattuti in occasione di manifestazioni culturali o sportive,

- alla selvaggina abbattuta conformemente all'articolo 3 della direttiva 92/45/CEE.

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Articolo 2

Ai sensi della presente direttiva, si intende per:

1) macello: qualsiasi stabilimento o attrezzatura, comprese le attrezzature per il trasferimento o la stabulazione degli animali, utilizzati per la macellazione a fini commerciali degli animali menzionati all'articolo 5, paragrafo 1;

2) trasferimento: lo scarico di animali o il loro trasporto dalle piattaforme di scarico, dai recinti o dalle stalle dei macelli, sino ai locali o ai luoghi in cui devono essere macellati;

3) stabulazione: la custodia di animali in stalle, recinti o spazi coperti nonché aree aperte utilizzati nei macelli, allo scopo di prestare loro, eventualmente, le cure necessarie (acqua, foraggio, riposo) prima della macellazione;

4) immobilizzazione: qualsiasi sistema inteso a limitare i movimenti degli animali per facilitare uno stordimento o abbattimento efficaci;

5) stordimento: qualsiasi procedimento che, praticato sugli animali, determina rapidamente uno stato di incoscienza protraentesi fino a quando intervenga la morte;

6) abbattimento: qualsiasi procedimento che produca la morte dell'animale;

7) macellazione: l'uccisione di un animale mediante dissanguamento;

8) autorità competente: l'autorità centrale di uno Stato membro responsabile per effettuare i controlli veterinari o qualsiasi autorità cui sia stata delegata tale competenza. Tuttavia, l'autorità religiosa dello Stato membro per conto della quale sono effettuate delle macellazioni è competente in materia di applicazione e controllo delle disposizioni particolari relative alla macellazione secondo determinati riti religiosi. Detta autorità opera, per le altre disposizioni della presente direttiva, sotto la responsabilità del veterinario ufficiale, quale definito all'articolo 2 della direttiva 64/433/CEE.

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Articolo 3

Durante il trasferimento, la stabulazione, l'immobilizzazione, lo stordimento, la macellazione, e l'abbattimento, agli animali devono essere risparmiati eccitazioni, dolori e sofferenze evitabili.

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Capitolo II

Prescrizioni relative ai macelli

Articolo 4

La costruzione, gli impianti, e l'attrezzatura dei macelli nonché il loro funzionamento devono essere tali da risparmiare agli animali eccitazioni, dolori e sofferenze evitabili.

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Articolo 5

1. I solipedi, i ruminanti, i suini, i conigli e i volatili da cortile trasportati nei macelli ai fini della macellazione sono:

a) trasferiti e, se necessario, stabulati conformemente alle indicazioni dell'allegato A;

b) immobilizzati conformemente alle indicazioni dell'allegato B;

c) storditi prima della macellazione o abbattuti istantaneamente conformemente alle disposizioni dell'allegato C;

d) dissanguati conformemente alle indicazioni dell'allegato D.

2. Per gli animali sottoposti a particolari metodi di macellazione richiesti da determinati riti religiosi non si applicano le condizioni di cui al paragrafo 1, lettera c).

3. Le autorità competenti degli Stati membri possono, nell'osservanza delle norme generali del trattato, per gli stabilimenti che beneficiano di deroghe ai sensi delle disposizioni degli articoli 4 e 13 della direttiva 64/433/CEE, dell'articolo 4 della direttiva 91/498/CEE e degli articoli 7 e 18 della direttiva 71/118/CEE, derogare, per quanto riguarda i bovini, alle disposizioni di cui al paragrafo 1, lettera a), e, per quanto riguarda i volatili da cortile, i conigli, i suini, gli ovini e i caprini, alle disposizioni di cui al paragrafo 1, lettera a), nonché ai procedimenti di stordimento ed abbattimento di cui all'allegato C, sempre che siano rispettate le disposizioni previste all'articolo 3.

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Articolo 6

1. Gli strumenti, il materiale per l'immobilizzazione, le attrezzature e gli impianti per lo stordimento o l'abbattimento devono essere concepiti, costruiti, conservati e utilizzati in modo da assicurare lo stordimento o l'abbattimento rapido ed efficace, in conformità delle disposizioni della presente direttiva. La competente autorità verifica la conformità degli strumenti, del materiale di immobilizzazione, delle attrezzature e degli impianti per lo stordimento o l'abbattimento con i princìpi sopra indicati e ne controlla regolarmente il buono stato nonché l'idoneità a conseguire l'obiettivo anzidetto.

2. Nel luogo di macellazione devono essere disponibili, per casi di emergenza, adeguati strumenti e attrezzature di ricambio. Tali strumenti ed attrezzature devono essere conservati in modo adeguato e sottoposti a regolare controllo.

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Articolo 7

Possono essere addetti al trasferimento, alla stabulazione, all'immobilizzazione, allo stordimento, alla macellazione o all'abbattimento di animali soltanto le persone che possiedano la preparazione teorica e pratica necessaria per svolgere tali operazioni in modo umano ed efficace, conformemente alle prescrizioni della presente direttiva.

L'autorità competente si accerta dell'idoneità, delle capacità e conoscenze professionali delle persone incaricate della macellazione.

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Articolo 8

L'ispezione e la sorveglianza dei macelli sono effettuate sotto la responsabilità dell'autorità competente, la quale può accedere liberamente in qualsiasi momento a tutti i reparti del macello per accertare che le disposizioni della presente direttiva sono rispettate. Tali ispezione e sorveglianza possono tuttavia essere effettuate in occasione di controlli realizzati ad altri fini.

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Capitolo III

Macellazione e abbattimento al di fuori dei macelli

Articolo 9

1. Per la macellazione al di fuori dei macelli degli animali di cui all'articolo 5, paragrafo 1, si applicano le disposizioni dell'articolo 5, paragrafo 1, lettere b), c) e d).

2. Gli Stati membri possono tuttavia accordare deroghe al paragrafo 1 per la macellazione o l'abbattimento di volatili da cortile, conigli, suini, ovini e caprini al di fuori dei macelli da parte del proprietario per il proprio consumo, purché siano soddisfatte le prescrizioni dell'articolo 3 e gli animali delle specie suina, ovina e caprina siano stati precedentemente storditi.

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Articolo 10

1. La macellazione e l'abbattimento a fini profilattici degli animali di cui all'articolo 5, paragrafo 1, devono essere effettuati a norma delle disposizioni dell'allegato E.

2. Gli animali da pelliccia sono abbattuti a norma delle disposizioni dell'allegato F.

3. I pulcini di un giorno, quali sono definiti all'articolo 2, punto 3), della direttiva 90/539/CEE e gli embrioni eccedentari negli incubatori e da eliminare sono abbattuti il più rapidamente possibile a norma delle disposizioni dell'allegato G.

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Articolo 11

Le disposizioni degli articoli 9 e 10 non si applicano ad un animale che deve essere abbattuto immediatamente per motivi d'emergenza.

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Articolo 12

Gli animali feriti o malati devono essere macellati o abbattuti sul posto. Tuttavia, l'autorità competente può autorizzare il trasporto di animali feriti o malati ai fini della macellazione o dell'abbattimento sempreché ciò non comporti ulteriori sofferenze per gli animali.

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Capitolo IV

Disposizioni finali

Articolo 13

1. Qualora necessario, le norme per la protezione durante la macellazione o l'abbattimento degli animali diverse da quelle menzionate nella presente direttiva sono adottate dal Consiglio che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.

2. a) Gli allegati della presente direttiva sono modificati dal Consiglio che delibera su proposta della Commissione, secondo la procedura di cui al paragrafo 1, segnatamente in vista del loro adattamento all'evoluzione tecnologica e scientifica.

b) Inoltre e al più tardi il 31 dicembre 1995, la Commissione presenta al Consiglio una relazione elaborata sulla base di un parere del comitato scientifico veterinario, corredata delle opportune proposte per quanto riguarda in particolare l'impiego:

- della pistola a proiettile libero con impatto a livello del cervello o di altri gas diversi da quelli di cui all'allegato C o loro combinazioni destinati allo stordimento e più particolarmente il biossido di carbonio destinato allo stordimento dei volatili da cortile,

- di altri gas per l'abbattimento, diversi da quelli di cui all'allegato C o loro combinazioni,

- di ogni altro procedimento destinato allo stordimento o all'abbattimento scientificamente riconosciuto. Su tali proposte il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.

c) In deroga alla lettera a) e al più tardi il 31 dicembre 1995, la Commissione, secondo la procedura di cui all'articolo 16, presenta al comitato veterinario permanente una relazione elaborata sulla base di un parere del comitato scientifico veterinario, corredata delle opportune proposte per fissare:

I) l'intensità e la durata d'impiego della corrente necessaria allo stordimento delle diverse specie interessate;

II) la concentrazione di gas e la durata di esposizione necessarie allo stordimento delle diverse specie interessate.

d) In attesa che siano attuate le disposizioni di cui alle lettere b) e c), si applicano le norme nazionali in materia, nel rispetto delle disposizioni generali del trattato.

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Articolo 14

1. Nella misura necessaria all'applicazione uniforme della presente direttiva, gli esperti della Commissione possono effettuare dei controlli in loco. A tal fine essi possono controllare un campione di stabilimenti rappresentativi onde verificare che l'autorità competente controlli l'applicazione delle prescrizioni della presente direttiva da parte degli stabilimenti.

La Commissione informa gli Stati membri del risultato dei controlli effettuati.

2. I controlli menzionati al paragrafo 1 si effettuano in collaborazione con l'autorità competente.

3. Lo Stato membro nel cui territorio è effettuato un controllo presta tutta l'assistenza necessaria agli esperti nell'espletamento dei loro compiti.

4. Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 16.

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Articolo 15

All'atto dell'ispezione dei macelli o degli stabilimenti riconosciuti o soggetti a riconoscimento nei paesi terzi ai fini dell'esportazione nella Comunità conformemente alla normativa comunitaria, gli esperti della Commissione si accerteranno che gli animali di cui all'articolo 5 siano stati macellati in condizioni che offrano garanzie di trattamento umano almeno equivalenti a quelle previste dalla presente direttiva.

Ai fini dell'importazione delle carni in provenienza da un paese terzo, il certificato sanitario che accompagna tali carni dovrà essere completato da un attestato che comprovi l'osservanza di tale requisito.

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Articolo 16 (3)

1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dall'articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.

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(3) Articolo così sostituito dall'allegato III del regolamento (CE) n. 806/2003.

 

Articolo 17

La direttiva 74/577/CEE è abrogata con effetto al 1° gennaio 1995.

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Articolo 18

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, comprendenti eventuali sanzioni, necessarie per conformarsi alla presente direttiva il 1° gennaio 1995. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Allorché gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Tuttavia, a decorrere dalla data fissata al paragrafo 1 gli Stati membri, nel rispetto delle norme generali del trattato, possono mantenere o applicare nel loro territorio disposizioni più rigorose di quelle previste dalla presente direttiva. Essi informano la Commissione circa le misure eventualmente prese in tal senso.

3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno da essi adottate nel settore disciplinato dalle presente direttiva.

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Articolo 19

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, addì 22 dicembre 1993.

Per il Consiglio

il presidente

J.-M. Dehousse

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Allegato A

Disposizioni applicabili al trasferimento e alla stabulazione degli animali nei macelli

I. Disposizioni generali

1. I macelli che entrano in attività dopo il 30 giugno 1994 devono essere provvisti di impianti e dispositivi adeguati, predisposti per lo scarico degli animali dai mezzi di trasporto; tutti i macelli già esistenti devono disporre di tali impianti anteriormente al 1° gennaio 1996.

2. Gli animali devono essere scaricati il più presto possibile dopo il loro arrivo. In caso di ritardi inevitabili, gli animali devono essere protetti da variazioni eccezionali delle condizioni climatiche e godere di una ventilazione adeguata.

3. Gli animali che rischiano di ferirsi reciprocamente a causa della specie, del sesso, dell'età o dell'origine devono essere tenuti separati.

4. Gli animali devono essere protetti da condizioni climatiche avverse. Qualora siano stati sottoposti a temperature elevate e caratterizzate da un alto tenore di umidità, gli animali devono essere rinfrescati con metodi appropriati.

5. Le condizioni e lo stato di salute degli animali devono essere controllati almeno ogni mattina e ogni sera.

6. Fatte salve le disposizioni di cui al capitolo VI dell'allegato I della direttiva 64/433/CEE, gli animali che hanno accusato sofferenze o dolori durante il trasporto o fin dal loro arrivo al macello e gli animali non svezzati devono essere macellati immediatamente. Qualora ciò non sia possibile, essi devono essere separati dagli altri e macellati quanto prima e comunque entro le due ore successive. Gli animali che non sono in grado di camminare non devono essere trascinati fino al luogo di macellazione, ma abbattuti sul posto oppure, se ciò è possibile e non comporta alcuna inutile sofferenza, trasportati su un carrello o su una piattaforma mobile fino al locale per la macellazione di emergenza.

II. Disposizioni relative agli animali consegnati mediante mezzi di trasporto diversi dai contenitori

1. I macelli dotati di dispositivi previsti per lo scarico degli animali devono avere un pavimento antisdrucciolevole e, ove occorra, essere muniti di protezioni laterali. Ponti, rampe e passerelle devono essere provvisti di pareti laterali, ringhiere o altri mezzi di protezione che evitino la caduta degli animali. Le rampe di uscita o di accesso devono avere la minima inclinazione possibile.

2. Durante le operazioni di scarico gli animali non devono essere spaventati, eccitati o maltrattati e occorre evitare che essi possano capovolgersi. Gli animali non devono essere sollevati per la testa, le corna, le orecchie, le zampe, la coda o il vello in una maniera che causi loro dolori o sofferenze inutili. Ove occorra, gli animali devono essere guidati individualmente.

3. Gli animali devono essere spostati con la debita cura. I corridoi nei quali passano gli animali devono essere costruiti in modo che questi non possano ferirsi ed essere disposti in modo da sfruttare le loro tendenze gregarie. Si possono usare strumenti soltanto per tenere gli animali nella direzione corretta e unicamente per brevi periodi. Gli strumenti che provocano scariche elettriche possono essere usati soltanto per i bovini adulti e i suini che rifiutano di muoversi, a condizione che le scariche non durino più di due secondi, siano adeguatamente intervallate e che gli animali dispongano davanti a loro di spazio sufficiente per muoversi; le scariche possono essere applicate soltanto ai muscoli posteriori.

4. Gli animali non devono essere percossi, né subire pressioni su qualsiasi parte sensibile del corpo. In particolare, non si deve loro schiacciare, torcere o rompere la coda, né afferrarne gli occhi. È vietato colpire o prendere a calci gli animali.

5. Gli animali non devono essere trasportati nel luogo di macellazione se non possono essere immediatamente macellati. Qualora non vengano macellati immediatamente dopo il loro arrivo, gli animali devono essere condotti nei locali di stabulazione.

6. Fatte salve le deroghe concesse in virtù delle disposizioni di cui agli articoli 4 e 13 della direttiva 64/433/CEE, i macelli devono disporre di un numero sufficiente di stalle e recinti per l'adeguata stabulazione degli animali, in modo che gli stessi non siano esposti al maltempo.

7. Oltre che ottemperare altre norme comunitarie in materia, i locali di stabulazione devono essere dotati di:

- pavimenti tali da ridurre al minimo il rischio che gli animali sdrucciolino e subiscano lesioni;

- adeguata ventilazione, tenendo conto delle temperature minime e massime e del grado di umidità prevedibili. In caso di impiego di mezzi meccanici di ventilazione, devono essere previsti dispositivi di emergenza per far fronte a guasti eventuali;

- illuminazione di intensità sufficiente a consentire l'ispezione di tutti gli animali in qualsiasi circostanza; ove necessario dovrà essere disponibile un adeguato sistema di illuminazione artificiale sostitutivo;

- eventualmente, attrezzi per legare gli animali;

- qualora sia necessario, opportuno materiale da lettiera per tutti gli animali che di notte siano collocati nei locali di stabulazione.

8. Qualora, oltre ai locali di stabulazione menzionati più sopra, i macelli dispongano anche di aree di stabulazione aperta, non dotate di ripari o di zone ombrose, occorre provvedere a un'adeguata protezione dal maltempo. Le aree di stabulazione aperta vanno mantenute in condizioni tali da non esporre gli animali a rischi di carattere fisico, chimico o di altro genere.

9. Gli animali che, al loro arrivo, non sono immediatamente condotti nel luogo di macellazione, devono sempre poter disporre di acqua potabile mediante dispositivi adeguati. Gli animali non macellati entro dodici ore dal loro arrivo devono essere alimentati; successivamente devono essere loro somministrati moderati quantitativi di foraggio, ad intervalli appropriati.

10. Gli animali che restano nel macello dodici ore o più devono essere lasciati nei locali di stabulazione, ove occorra legati, ma con la possibilità di coricarsi senza difficoltà. Se non sono tenuti legati, gli animali devono essere alimentati in modo da poter mangiare indisturbati.

III. Disposizioni relative agli animali consegnati in contenitori

1. I contenitori nei quali sono trasportati gli animali devono essere maneggiati con cura e non devono essere gettati o lasciati cadere a terra o rovesciati. Se possibile, essi devono essere caricati e scaricati in posizione orizzontale mediante mezzi meccanici.

2. Gli animali consegnati in contenitori a fondo flessibile o perforato devono essere scaricati con particolare attenzione, in modo da evitare lesioni. Se del caso, gli animali devono essere scaricati individualmente dai contenitori stessi.

3. Gli animali che sono stati trasportati in contenitori devono essere macellati il più presto possibile; in caso contrario, se necessario, occorre fornire loro acqua e foraggio, conformemente alle disposizioni del punto II.9.

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Allegato B

Immobilizzazione degli animali prima di essere storditi, macellati o abbattuti

1. Gli animali devono essere immobilizzati nel modo idoneo a risparmiare loro dolori, sofferenze, agitazioni, ferite o contusioni evitabili.

Tuttavia, in caso di macellazione rituale, è obbligatoria l'immobilizzazione degli animali della specie bovina prima della macellazione con metodo meccanico per evitare qualsiasi dolore, sofferenza e eccitazione, nonché qualsiasi ferita o contusione agli animali.

2. Gli animali non devono essere legati per le zampe né devono essere sospesi prima di essere storditi o abbattuti. Tuttavia i volatili da cortile e i conigli possono essere sospesi per essere macellati, purché vengano prese le appropriate misure affinché, quando stanno per essere storditi, siano in uno stato di rilassamento tale che l'operazione possa effettuarsi efficacemente e senza inutili indugi.

D'altra parte, il fatto di bloccare un animale in un sistema di contenzione non può essere considerato in nessun caso come una sospensione.

3. Gli animali che vengono storditi o abbattuti con mezzi meccanici o elettrici che agiscono sulla testa, devono essere presentati in una posizione tale che lo strumento possa essere applicato e manovrato senza difficoltà, in modo corretto e per la durata appropriata. Per i solipedi e i bovini l'autorità competente può tuttavia autorizzare il ricorso a strumenti appropriati per limitare i movimenti della testa.

4. I dispositivi elettrici di stordimento non devono essere usati per bloccare o immobilizzare gli animali o per farli muovere.

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Allegato C

Stordimento e abbattimento degli animali diversi dagli animali da pelliccia

I. METODI AMMESSI

A. Stordimento

1) Pistola a proiettile captivo

2) Commozione cerebrale

3) Elettronarcosi

4) Esposizione al biossido di carbonio

B. Abbattimento

1) Pistola o fucile a proiettile libero

2) Elettrocuzione

3) Esposizione al biossido di carbonio

C. L'autorità competente può tuttavia autorizzare la decapitazione, la dislocazione del collo e l'impiego del "cassone a vuoto" come metodo di abbattimento per talune specie determinate, sempreché siano osservate le disposizioni dell'articolo 3 e le disposizioni specifiche del punto III del presente allegato.

II. DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER LO STORDIMENTO

Lo stordimento non deve essere praticato se non è possibile l'immediato dissanguamento degli animali.

1. Pistola a proiettile captivo

a) Gli strumenti devono essere posizionati in modo che il proiettile penetri nella corteccia cerebrale. In particolare per i bovini è proibito sparare il colpo dietro le corna nello spazio tra le orecchie.

Per gli ovini e i caprini il colpo può essere sparato nel punto suddetto qualora le corna impediscano di accedere alla parte alta della fronte. In tal caso il colpo deve essere sparato immediatamente al di sotto della base delle corna, in direzione della bocca; il dissanguamento deve iniziare entro i 15 secondi che seguono.

b) Quando si usa uno strumento a proiettile captivo, l'operatore deve controllare che il proiettile ritorni effettivamente in posizione dopo ogni colpo. In caso contrario lo strumento non può essere riutilizzato fino a che sia stato riparato.

c) Gli animali non devono essere sistemati in un box per lo stordimento se l'operatore incaricato di stordirli non è pronto a operare fin dal momento in cui l'animale vi è introdotto. Un animale non deve avere la testa immobilizzata finché l'operatore non è pronto a stordirlo.

2. Percussione

a) Questo metodo è ammesso soltanto se si utilizza uno strumento a funzionamento meccanico che procuri una scossa al cervello. L'operatore accerta che lo strumento sia posto in posizione corretta e che venga applicata la cartuccia avente la forza adeguata, secondo le istruzioni del fabbricante, per produrre un colpo efficace senza frattura del cranio.

b) Tuttavia nel caso di piccole quantità di conigli, qualora li si colpisca al cranio in modo non meccanico, l'operazione deve essere effettuata in maniera che l'animale passi immediatamente ad uno stato di incoscienza perdurante fino alla morte e nel rispetto delle disposizioni generali dell'articolo 3.

3. Elettronarcosi

A. Elettrodi

1) Gli elettrodi devono essere posti intorno al cervello in modo da consentire alla corrente di attraversarlo. Occorre inoltre prendere le misure appropriate per ottenere un corretto contatto elettrico e segnatamente rimuovere il vello in eccedenza o umidificare la pelle.

2) Se gli animali sono storditi individualmente, l'apparecchio deve:

a) essere munito di un dispositivo che misuri l'impedenza del carico ed impedisca il funzionamento dell'apparecchio se la corrente elettrica minima prescritta non può essere trasmessa;

b) essere munito di un dispositivo acustico o luminoso che indichi la durata della sua applicazione ad un determinato animale;

c) essere collegato ad un dispositivo, collocato in modo perfettamente visibile all'operatore, che indichi il voltaggio e l'intensità di corrente utilizzata.

B. Bagni d'acqua

1. Qualora si utilizzi il metodo di stordimento con bagni d'acqua per i volatili da cortile, il livello dell'acqua deve essere regolabile in modo da consentire un corretto contatto con la testa degli stessi.

L'intensità e la durata della corrente utilizzata in questo caso sono determinate dall'autorità competente in modo da garantire che l'animale passi immediatamente a uno stato di incoscienza persistente fino alla morte.

2. Qualora i volatili da cortile siano storditi in gruppo in un bagno d'acqua, sarà mantenuto un voltaggio sufficiente a produrre una corrente che abbia un'intensità efficace per garantire lo stordimento di ciascuno dei volatili.

3. Occorre prendere le misure appropriate per garantire un buon passaggio della corrente e segnatamente un contatto corretto e l'umidificazione di detto contatto tra le zampe e i ganci di sospensione.

4. I bagni d'acqua per i volatili da cortile devono presentare dimensioni e profondità appropriate per il tipo di volatili da macellare, e non devono traboccare al momento dell'entrata. L'elettrodo immerso nell'acqua deve avere la lunghezza della vasca.

5. Se necessario deve essere possibile un intervento manuale diretto.

4. Esposizioni al biossido di carbonio

1) La concentrazione di carbonio per lo stordimento dei suini non deve essere inferiore al 70 % in volume.

2) La cella nella quale i suini sono esposti al gas e i dispositivi utilizzati per convogliarvi gli animali devono essere concepiti, costruiti e mantenuti in condizioni tali da evitare che gli animali si possano ferire o possano subire compressioni al petto e da permettere loro di restare in piedi prima di perdere i sensi. Il meccanismo di instradamento e la cella devono essere adeguatamente illuminati, in modo che un suino possa vedere altri suini o l'ambiente circostante.

3) La cella deve essere munita di dispositivi di misurazione della concentrazione di gas nel punto di massima esposizione. Essi emetteranno un segnale di allarme perfettamente visibile ed udibile se la concentrazione di biossido di carbonio scende al di sotto del livello dovuto.

4) I suini devono essere disposti in recinti o in contenitori in modo tale che un suino possa vedere altri suini ed essere convogliato nella cella contenente gas entro trenta secondi dal momento dell'entrata nell'impianto. Essi devono essere convogliati il più rapidamente possibile dalla soglia al punto di massima concentrazione di gas ed essere esposti al gas per un tempo sufficiente per rimanere in stato di incoscienza fino a che la morte sopraggiunga.

III. DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER L'ABBATTIMENTO

1. Pistola o fucile a proiettili liberi

Questi metodi che possono essere impiegati per l'abbattimento di varie specie e segnatamente per la grossa selvaggina d'allevamento e i cervidi, sono subordinati all'autorizzazione dell'autorità competente che dovrà in particolare assicurarsi che vengano utilizzati da personale abilitato a farlo e nel rispetto delle disposizioni generali dell'articolo 3 della presente direttiva.

2. Decapitazione e dislocazione del collo

Questi metodi, utilizzati unicamente per l'abbattimento di volatili da cortile, sono subordinati all'autorizzazione da parte dell'autorità competente che dovrà segnatamente assicurarsi che vengano utilizzati da personale abilitato a farlo e nel rispetto delle disposizioni generali dell'articolo 3 della presente direttiva.

3. Elettrocuzione e biossido di carbonio

L'autorità competente può autorizzare l'abbattimento di varie specie mediante tali metodi sempreché siano rispettate, oltre alle disposizioni generali dell'articolo 3, le disposizioni specifiche di cui ai punti 3 e 4 del punto II del presente allegato; a tal fine, essa fissa inoltre l'intensità e la durata della corrente utilizzata, nonché la concentrazione di biossido di carbonio e la durata di esposizione ad esso.

4. Cassone a vuoto

Questo metodo, riservato all'abbattimento senza dissanguamento di taluni animali da consumo appartenenti a specie di selvaggina da allevamento (quaglie, pernici e fagiani) è subordinato all'autorizzazione dell'autorità competente che si accerta, oltre che dell'osservanza delle disposizioni dell'articolo 3,

- che gli animali siano posti in un cassone a tenuta stagna nel quale viene raggiunto rapidamente il vuoto mediante una potente pompa elettrica;

- che la depressione d'aria sia mantenuta fino alla morte degli animali;

- che gli animali siano sottoposti a contenzione in gruppo, in contenitori da trasporto inseribili nel cassone a vuoto, di dimensioni proporzionate allo scopo.

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Allegato D

Dissanguamento degli animali

1. Per gli animali che sono stati storditi, l'operazione di dissanguamento deve iniziare il più presto possibile dopo lo stordimento, in modo da provocare un dissanguamento rapido, profuso e completo. Il dissanguamento deve essere effettuato prima che l'animale riprenda coscienza.

2. Il dissanguamento degli animali deve essere ottenuto mediante recisione di almeno una della due carotidi o dei vasi sanguigni da cui esse si dipartono.

Dopo la recisione dei vasi sanguigni, non vanno effettuate altre operazioni sugli animali né alcuna stimolazione elettrica prima della fine del dissanguamento.

3. Il responsabile dello stordimento, impastoiamento, carico e dissanguamento degli animali, deve eseguirle consecutivamente su un solo animale prima di passare a un altro animale.

4. Se i volatili da cortile vengono dissanguati mediante decapitazione eseguita automaticamente, dev'essere possibile l'intervento manuale diretto, in modo che, in caso di mancato funzionamento del dispositivo, l'animale possa essere macellato immediatamente.

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Allegato E

Metodi di abbattimento nel quadro della lotta contro le malattie

Metodi ammessi

Qualsiasi metodo ammesso conformemente alle disposizioni dell'allegato C e che garantisca la morte certa.

L'autorità competente, nel rispetto delle disposizioni generali dell'articolo 3 della presente direttiva, può inoltre autorizzare l'utilizzazione di altri metodi di abbattimento degli animali sensibili assicurandosi segnatamente che:

- qualora si ricorra a metodi che non causano morte immediata (ad esempio l'uso della pistola a proiettile captivo), siano prese le misure appropriate per abbattere gli animali il più presto possibile e ad ogni modo prima che riprendano conoscenza,

- nessun'altra operazione venga iniziata sugli animali finché essa non ne abbia constatato la morte.

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Allegato F

Metodi di abbattimento degli animali da pelliccia

I. Metodi ammessi

1. Strumenti a funzionamento meccanico con penetrazione nel cervello.

2. Iniezione della dose letale di una sostanza avente proprietà anestetiche.

3. Elettrocuzione seguita da arresto cardiaco.

4. Esposizione al monossido di carbonio.

5. Esposizione al cloroformio.

6. Esposizione al biossido di carbonio.

L'autorità competente decide del metodo più appropriato di abbattimento per le varie specie in questione nel rispetto delle disposizioni generali dell'articolo 3 della presente direttiva.

II. Disposizioni specifiche

1. Strumenti a funzionamento meccanico con penetrazione nel cervello

a) Gli strumenti devono essere posizionati in modo che il proiettile penetri nella corteccia cerebrale.

b) Tale metodo è ammesso soltanto se immediatamente seguito da dissanguamento.

2. Inoculazione della dose letale di una sostanza avente proprietà anestetiche

Possono essere utilizzati soltanto gli anestetici che causano immediata perdita di conoscenza seguita da morte e unicamente se somministrati nelle dosi e con i metodi di inoculazione appropriati.

3. Elettrocuzione seguita da arresto cardiaco

Gli elettrodi devono essere disposti in modo da colpire il cervello ed il cuore, restando inteso che il livello minimo dell'intensità di corrente deve comportare la perdita immediata della conoscenza e causare l'arresto cardiaco. Tuttavia per quanto riguarda le volpi, in caso di applicazione degli elettrodi in bocca e nel retto, occorre applicare per almeno tre secondi una corrente di intensità media pari a 0,3 A.

4. Esposizione al monossido di carbonio

a) La cella in cui gli animali sono esposti ai gas deve essere concepita, costruita e mantenuta in condizioni tali da evitare che gli animali possano ferirsi e da consentire la loro sorveglianza.

b) Gli animali devono essere introdotti nella cella soltanto quando in essa sia stata raggiunta una concentrazione di monossido di carbonio almeno dell'1% in volume, proveniente da una fonte di monossido di carbonio alla concentrazione del 100%.

c) Il gas prodotto da un motore specialmente adattato all'uopo può essere utilizzato per l'abbattimento dei mustelidi e dei cincillà purché i test abbiano dimostrato che il gas utilizzato:

- è stato raffreddato in maniera appropriata,

- è stato sufficientemente filtrato,

- è esente da qualsiasi materiale o gas irritante,

- che gli animali possono essere introdotti soltanto quando la concentrazione di monossido di carbonio raggiunge almeno l'1% in volume.

d) Quando viene inalato, il gas deve produrre anzitutto un'anestesia generale profonda e, infine, morte sicura.

e) Gli animali devono restare nella cella finché non siano morti.

5. Esposizione al cloroformio

L'esposizione al cloroformio può essere impiegata per l'abbattimento dei cincillà purché:

a) la cella in cui gli animali sono esposti al gas sia concepita, costruita e mantenuta in condizioni tali da evitare che gli animali possano ferirsi e da consentire la loro sorveglianza;

b) gli animali siano introdotti nella cella soltanto se questa contiene un composto saturo cloroformio/aria;

c) quando viene inalato, il gas provochi anzitutto un'anestesia generale profonda e, infine, morte sicura;

d) gli animali restino nella cella finché non siano morti.

6. Esposizione al biossido di carbonio

Il biossido di carbonio può essere utilizzato per l'abbattimento dei mustelidi e dei cincillà purché:

a) la cella in cui gli animali sono esposti al gas sia concepita, costruita e mantenuta in condizioni tali da evitare che gli animali possano ferirsi e da consentire la loro sorveglianza;

b) gli animali siano introdotti nella cella soltanto qualora l'atmosfera presenti la massima concentrazione possibile di biossido di carbonio proveniente da una fonte di biossido di carbonio alla concentrazione del 100%;

c) il gas, quando viene inalato, provochi anzitutto un'anestesia generale profonda e, infine, morte sicura;

d) gli animali restino nella cella finché non siano morti.

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Allegato G

Eliminazione di pulcini e embrioni in eccedenza negli incubatori e da eliminare

I. Metodi autorizzati di abbattimento dei pulcini

1. Utilizzazione di un dispositivo meccanico che produca una morte rapida.

2. Esposizione al biossido di carbonio.

3. L'autorità competente può tuttavia autorizzare l'utilizzazione di altri metodi di abbattimento scientificamente riconosciuti, purché rispettino le disposizioni generali dell'articolo 3.

II. Disposizioni specifiche

1. Utilizzazione di un dispositivo meccanico che produca una morte rapida.

a) Gli animali devono essere abbattuti mediante un dispositivo munito di lame a rapida rotazione o protuberanze di spugna.

b) La capacità del dispositivo deve essere tale che tutti gli animali, anche se numerosi, vengano direttamente uccisi.

2. Esposizione al biossido di carbonio

a) Gli animali devono essere posti in un'atmosfera contenente la concentrazione massima possibile di biossido di carbonio proveniente da una fonte di biossido di carbonio alla concentrazione del 100%.

b) Gli animali devono restare nell'atmosfera sopra definita finché non siano morti.

III. Metodi ammessi per l'eliminazione di embrioni

1. Per l'uccisione istantanea di tutti gli embrioni vivi, tutti i rifiuti dei centri di incubazione devono essere trattati mediante il dispositivo meccanico descritto al punto II.1.

2. L'autorità competente può tuttavia autorizzare l'utilizzazione di altri metodi di abbattimento scientificamente riconosciuti, purché rispettino le disposizioni generali dell'articolo 3.

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Reg. (CE) n. 1255/97 del 25 giugno 1997
Regolamento del Consiglio riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall'allegato della direttiva 91/628/CEE.

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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 2 luglio 1997, n. L 174. Entrato in vigore il 2 luglio 1997.

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la direttiva 91/628/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1991, relativa alla protezione degli animali durante il trasporto e che modifica le direttive 90/425/CEE e 91/496/CEE, in particolare l'articolo 13, paragrafo 2 e l'articolo 14,

vista la proposta della Commissione,

considerando che, per migliorare il benessere di certe categorie di animali trasportati, la direttiva 91/628/CEE stabilisce prescrizioni riguardanti la durata massima del viaggio, dopo la quale gli animali devono essere scaricati, nutriti e abbeverati e fatti riposare per almeno 24 ore prima di far loro riprendere il viaggio;

considerando che tali interruzioni obbligatorie nel trasporto di animali a lunga distanza avvengono nei punti di sosta;

considerando che è necessario stabilire criteri applicabili in tutta la Comunità relativamente ai punti di sosta, onde garantire le migliori condizioni di benessere per gli animali che vi soggiornano, nonché prevedere talune disposizioni particolari in materia di polizia sanitaria;

considerando che, onde facilitare il controllo del funzionamento dei punti di sosta, nonché dei veicoli e degli animali che li attraversano, è necessario prevedere la tenuta di un registro e occuparsi di alcune altre questioni amministrative;

considerando che, per garantire che il viaggio degli animali trasportati prosegua nelle migliori condizioni possibili di benessere, l'autorità competente deve accertare la loro idoneità a proseguire il viaggio;

considerando che, in attesa di misure volte alla riscossione di un canone comunitario per le spese determinate dal controllo veterinario per accertare l'idoneità degli animali a proseguire il viaggio, occorre precisare che gli Stati membri hanno la possibilità, nel rispetto delle norme generali del trattato, di mettere tali spese a carico dell'operatore interessato;

considerando che, per assicurare l'osservanza di determinate norme applicabili nei punti di sosta, occorre adeguare alle nuove disposizioni il ruolino di marcia di cui al capitolo VIII dell'allegato della direttiva 91/628/CEE;

considerando che è importante fissare in primo luogo le norme riguardanti i punti di sosta per solipedi domestici ed animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina;

considerando che il comitato veterinario scientifico ha raccomandato certi requisiti minimi per i punti di sosta, che sono stati presi in considerazione,

ha adottato il presente regolamento:

Articolo 1

1. Il presente regolamento si applica unicamente ai punti di sosta nella Comunità europea che accolgono durante almeno 24 ore solipedi domestici e animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina secondo le disposizioni di cui al capitolo VII dell'allegato della direttiva 91/628/CEE e fatte salve le direttive 64/432/CEE, 80/213/CEE, 85/511/CEE, 89/608/CEE, 90/425/CEE, 90/426/CEE, 91/68/CEE, 91/496/CEE, 92/102/CEE e 93/119/CE.

2. I punti di sosta di cui al paragrafo 1 devono rispettare i criteri comunitari previsti dal presente regolamento.

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Articolo 2

Ai fini del presente regolamento si applicano, ove necessario, le definizioni di cui all'articolo 2 delle direttive 64/432/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE e 91/628/CEE.

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Articolo 3

1. Gli Stati membri provvedono affinché i punti di sosta siano approvati dall'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio si trovano.

2. Ai fini della concessione del riconoscimento, l'autorità competente quale definita all'articolo 2, paragrafo 6 della direttiva 90/425/CEE provvede affinché i punti di sosta soddisfino i requisiti di cui all'allegato I del presente regolamento; tali punti di sosta devono inoltre:

a) essere situati in una zona non soggetta a divieto o restrizione secondo la pertinente legislazione comunitaria;

b) essere posti sotto il controllo di un veterinario ufficiale che vigila in particolare alla osservanza delle disposizioni del presente regolamento;

c) funzionare nel rispetto di tutte le disposizioni comunitarie pertinenti in materia di rispetto delle norme di polizia sanitaria, movimento degli animali e protezione degli animali al momento della macellazione;

d) essere oggetto di ispezioni regolari per controllare che le condizioni di riconoscimento continuino ad essere soddisfatte.

3. L'autorità competente rilascia un numero di riconoscimento a ciascun punto di sosta approvato. Tale riconoscimento può essere limitato ad una o più specie particolari o ad alcune categorie di animali e di qualifica sanitaria.

Gli Stati membri notificano alla Commissione l'elenco dei punti di sosta approvati, nonché gli eventuali aggiornamenti.

Gli Stati membri notificano inoltre alla Commissione le modalità di applicazione delle disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 2, in particolare il periodo di utilizzo come punti di sosta e la duplice finalità delle installazioni approvate. La Commissione comunica tali informazioni agli Stati membri nell'ambito del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali (2).

4. L'autorità competente può sospendere o ritirare il riconoscimento in caso di mancata osservanza del presente articolo o di altre disposizioni appropriate del presente regolamento, oppure in caso di modifica della qualifica sanitaria della zona di ubicazione o di inosservanza delle norme relative al benessere degli animali. Il riconoscimento può essere nuovamente attribuito quando l'autorità competente abbia la garanzia che il punto di sosta soddisfi nuovamente tutte le disposizioni del presente regolamento.

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(2) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1040/2003, con decorrenza indicata al suo articolo 2. Il paragrafo 3 in vigore fino al 30 giugno 2004 recita:

"3. L'autorità competente rilascia un numero di riconoscimento a ciascun punto di sosta approvato. Tale riconoscimento può essere limitato ad una o più specie particolari o a alcune categorie di animali e di qualifica sanitaria. L'autorità competente notifica alla Commissione l'elenco dei punti di sosta approvati, nonché gli eventuali aggiornamenti. La Commissione comunica tali informazioni agli Stati membri nell'ambito del comitato veterinario permanente.".

 

Articolo 4 (3)

1. I punti di sosta sono usati esclusivamente per accogliere, nutrire, abbeverare, far riposare, alloggiare, accudire e inoltrare a destinazione gli animali che vi transitano (4).

2. Tuttavia, in deroga al paragrafo 1, gli Stati membri possono inoltre riconoscere come punti di sosta tutti i centri di raccolta quali definiti all'articolo 2, lettera o), della direttiva 64/432/CEE e all'articolo 2, lettera b), punto 3 della direttiva 91/68/CEE, a condizione che essi siano conformi al paragrafo 3 del presente articolo e all'allegato I, parte A, punto 4 del presente regolamento durante l'intero periodo in cui sono utilizzati come punti di sosta.

3. Gli animali possono essere presenti contemporaneamente in un punto di sosta solo se:

a) hanno la medesima qualifica sanitaria certificata, comprese, se del caso, tutte le ulteriori garanzie concesse in base alla legislazione comunitaria, e

b) la loro qualifica sanitaria è certificata

i) conformemente ai requisiti applicabili alla categoria di animali delle specie corrispondenti secondo quanto previsto dalla normativa veterinaria comunitaria inclusa nell'elenco di cui all'allegato A della direttiva 90/425/CEE.

Salvo se diversamente previsto dai rispettivi requisiti zoosanitari, la certificazione supplementare garantisce che gli animali sono rimasti per almeno 21 giorni in un'unica azienda o dalla nascita nell'azienda di origine, se gli animali sono di età inferiore a 21 giorni, prima di essere inoltrati a destinazione da tale azienda o direttamente o transitando attraverso un unico centro di raccolta riconosciuto e che, nel caso degli ovini e caprini, rispettano le condizioni dell'articolo 4 ter, paragrafo 4, della direttiva 91/68/CEE, oppure

ii) nel caso dei bovini e suini destinati all'esportazione in un paese terzo in applicazione dell'articolo 2, paragrafo 1, della decisione 93/444/CEE,

c) appartengono alla categoria di animali per cui il punto di sosta è approvato.

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(3) Articolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1040/2003, con decorrenza indicata al suo articolo 2. L'articolo 4 in vigore fino al 30 giugno 2004 recita:

"Articolo 4

1. I punti di sosta devono essere usati esclusivamente per accogliere, nutrire, abbeverare, far riposare, alloggiare, accudire e inoltrare a destinazione gli animali che vi transitano.

2. Tuttavia, in deroga al precedente paragrafo del presente articolo, gli Stati membri possono inoltre riconoscere come punti di sosta i centri di raccolta quali definiti all'articolo 2, lettera o) della direttiva 64/432/CEE, a condizione che, allorché sono utilizzati come punti di sosta:

a) soddisfino sia le prescrizioni pertinenti dell'articolo 11 della direttiva 64/432/CEE che le prescrizioni del presente regolamento;

b) siano utilizzati esclusivamente per tale attività nel periodo in causa;

c) non siano utilizzati per l'acquisto e la vendita degli animali contemplati dal presente regolamento.

3. Solo gli animali aventi la stessa qualifica sanitaria certificata caratteristica della specie in causa e per i quali i punti di sosta sono stati approvati, possono essere presenti contemporaneamente nei punti di sosta, onde evitare qualsiasi rischio il compromettere la loro qualifica sanitaria.".

(4) Per una deroga al presente paragrafo, vedi l'articolo 9 della decisone 2003/483/CE.

 

Articolo 5

Il proprietario o la persona fisica o giuridica che gestisce un punto di sosta è responsabile dell'osservanza delle pertinenti disposizioni del presente regolamento. A tal fine esso è tenuto in particolare:

a) ad ammettere unicamente gli animali certificati e identificati secondo le normative comunitarie pertinenti, in particolare per quanto riguarda le disposizioni di cui all'articolo 3, paragrafo 3. A tal fine, egli verifica o fa verificare i documenti sanitari o altri documenti di accompagnamento relativi alle specie o alle categorie interessate e in maniera casuale i marchi di identificazione degli animali;

[b) a provvedere affinché, fatte salve le disposizioni di cui all'allegato I, parte B, punto 3, gli animali siano tenuti nei punti di sosta nello stesso gruppo che costituiva la partita di origine e che ciascuna partita sia alloggiata in installazioni totalmente separate la cui gestione deve avvenire secondo le istruzioni del veterinario ufficiale, al fine in particolare di evitare qualsiasi contatto che possa compromettere la qualifica sanitaria degli animali;] (5)

c) a provvedere affinché gli animali che soggiornano nei punti di sosta siano nutriti ed abbeverati al momento opportuno, tenendo conto della specie in questione, ed a disporre a tal fine dei quantitativi adeguati;

d) ad accudire gli animali che soggiornano nei punti di sosta e, ove necessario, a prendere tutte le disposizioni per assicurare il benessere degli animali e la conformità ai requisiti di salute animale;

e) a rivolgersi, in caso di necessità, ad un veterinario

- affinché agli animali che si ammalano o si feriscono durante il periodo in cui sono sotto la sua responsabilità venga prestato il trattamento veterinario opportuno e

- affinché, se necessario, l'animale in causa sia macellato immediatamente o abbattuto o gli sia praticata l'eutanasia secondo la direttiva 93/119/CE;

f) a utilizzare personale che possieda le attitudini, conoscenze e capacità professionali adeguate e che a tal fine disponga di una formazione specifica acquisita presso l'impresa o presso un organismo di formazione, ovvero vanti un'esperienza pratica equivalente per procedere alla manipolazione degli animali in questione nonché per prestare, se necessario, l'assistenza appropriata a tali animali;

g) ad adottare le misure necessarie per garantire che tutti coloro che procedono alla manipolazione degli animali nei punti di sosta rispettino le disposizioni pertinenti in materia di benessere degli animali;

h) a notificare entro un giorno lavorativo dalla partenza di una partita all'autorità competente le informazioni di cui all'allegato I, parte C, punto 7, a tenere un registro o una base dati di tali informazioni, a conservarlo e a metterlo a disposizione dell'autorità competente per almeno tre anni (6);

i) a segnalare il più rapidamente possibile all'autorità competente le anomalie riscontrate.

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(5) Lettera soppressa dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1040/2003, con decorrenza indicata al suo articolo 2.

(6) Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1040/2003, con decorrenza indicata al suo articolo 2. La lettera h) in vigore fino al 30 giugno 2004 recita:

"h) a iscrivere in un registro o supporto informatico, da conservare e tenere a disposizione dell'autorità competente, per almeno tre anni, i dati di cui all'allegato I, parte C, punto 7;".

 

Articolo 6

1. Prima della partenza degli animali dal punto di sosta, il veterinario ufficiale o un veterinario designato a tal fine dall'autorità competente conferma sul ruolino di marcia, modificato a tal fine in base all'allegato II, che gli animali sono idonei a continuare il viaggio.

Gli Stati membri possono stabilire che le spese sostenute per il suddetto controllo veterinario siano a carico dell'operatore interessato.

2. Le norme relative allo scambio di informazioni tra autorità per conformarsi ai requisiti del presente regolamento sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 3 della direttiva 91/628/CEE.

Articolo 6 bis (7)

Le modifiche dell'allegato I del presente regolamento necessarie ad adeguarlo alla situazione zoosanitaria sono adottate conformemente alla procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 91/628/CEE.

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(7) Articolo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1040/2003, con decorrenza indicata al suo articolo 2.

 

Articolo 6 ter (8)

Gli Stati membri applicano le disposizioni di cui all'articolo 18 della direttiva 91/628/CEE per sanzionare le infrazioni al presente regolamento e prendono tutte le misure necessarie per assicurarne l'esecuzione. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione entro e non oltre il 1° maggio 2004 e notificano immediatamente qualsiasi successiva modifica ad esse apportata.

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(8) Articolo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1040/2003, con decorrenza indicata al suo articolo 2.

 

Articolo 7

Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 1999.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 1997.

Per il Consiglio

Il presidente

J. VAN AARTSEN

(Si omettono gli allegati)


Dir. 98/58/CE del 20 luglio 1998
Direttiva del Consiglio riguardante la protezione degli animali negli allevamenti

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 8 agosto 1998, n. L 221. Entrata in vigore l'8 agosto 1998.

(2) Termine di recepimento: 31 dicembre 1999. Direttiva recepita con D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 146.

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 43,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che tutti gli Stati membri hanno ratificato la convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (in prosieguo denominata "la convenzione"); che la Comunità ha approvato altresì la stessa convenzione con la decisione 78/923/CEE ed ha depositato il suo strumento di approvazione;

considerando che la Comunità, come parte contraente, ha l'obbligo di porre in atto i principi contenuti nella convenzione;

considerando che tali principi riguardano il ricovero, l'alimentazione e le cure adeguate alle esigenze fisiologiche ed etologiche degli animali, secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche;

considerando che occorre inoltre che la Comunità provveda all'applicazione uniforme della convenzione e delle raccomandazioni adottate a norma di quest'ultima e che emani norme specifiche relative all'applicazione della presente direttiva;

considerando che nella risoluzione del 20 febbraio 1987 sulla politica in materia di benessere degli animali d'allevamento il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a proporre norme comunitarie riguardanti gli aspetti generali dell'allevamento di bestiame;

considerando che la dichiarazione n. 24 allegata all'atto finale del trattato sull'Unione europea invita le istituzioni europee e gli Stati membri a tener pienamente conto, all'atto dell'elaborazione e dell'attuazione della legislazione comunitaria, in particolare nel settore della politica agricola comune, delle esigenze in materia di benessere degli animali;

considerando che le differenze che rischiano di alterare le condizioni di concorrenza hanno effetti negativi sul buon funzionamento dell'organizzazione del mercato degli animali;

considerando che è pertanto necessario stabilire norme minime comuni riguardo alla protezione degli animali negli allevamenti, per garantire lo sviluppo razionale della produzione e facilitare l'organizzazione del mercato degli animali; che a tal fine occorre tener conto delle disposizioni in materia di benessere degli animali già enunciate nelle norme comunitarie;

considerando che occorre procedere ad un esame comparativo delle disposizioni in materia di benessere degli animali applicabili nella Comunità ed in alcuni paesi terzi, corredato di una valutazione intesa a determinare la natura di future iniziative della Comunità allo scopo di eliminare le distorsioni della concorrenza,

ha adottato la presente direttiva:

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Articolo 1

1. La presente direttiva definisce norme minime riguardo alla protezione degli animali negli allevamenti.

2. Essa non si applica:

a) agli animali che vivono in ambiente selvatico,

b) agli animali destinati a partecipare a gare, esposizioni o manifestazioni o ad attività culturali o sportive,

c) agli animali da sperimentazione o da laboratorio,

d) agli animali invertebrati.

3. Essa si applica fatte salve le norme comunitarie specifiche stabilite in altri strumenti e, in particolare, le direttive 88/166/CEE, 91/629/CEE e 91/630/CEE, che restano in vigore.

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Articolo 2

Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:

1) animale: qualsiasi animale (inclusi i pesci, i rettili e gli anfibi) allevato o custodito per la produzione di derrate alimentari, di lana, di pelli, pellicce o per altri scopi agricoli;

2) proprietario o custode: qualsiasi persona fisica o giuridica, responsabile o che si occupa permanentemente o temporaneamente degli animali;

3) autorità competente: l'autorità competente ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 6, della direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno.

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Articolo 3

Gli Stati membri provvedono affinché i proprietari o i custodi adottino le misure adeguate per garantire il benessere dei propri animali e per far sì che a detti animali non vengano provocati dolori, sofferenze o lesioni inutili.

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Articolo 4

Gli Stati membri provvedono affinché le condizioni di allevamento o di custodia degli animali (diversi dai pesci, i rettili e gli anfibi), tenuto conto della specie, del grado di sviluppo, adattamento e addomesticamento, nonché delle loro esigenze fisiologiche ed etologiche secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche, siano conformi alle disposizioni che figurano in allegato.

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Articolo 5

1. La Commissione presenta al Consiglio le proposte necessarie ai fini di un'applicazione uniforme della convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti e, in base ad una valutazione scientifica, le raccomandazioni adottate ai sensi di detta convenzione e ogni altra norma specifica.

2. Inoltre, la Commissione, ogni cinque anni e, la prima volta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, in base all'esperienza acquisita nell'attuazione di quest'ultima, in particolare per quanto riguarda le disposizioni di cui al paragrafo 1, e in base alle evoluzioni tecniche e scientifiche, presenta al Consiglio una relazione corredata di eventuali proposte adeguate, che tengano conto delle conclusioni della stessa.

3. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata in merito a dette proposte.

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Articolo 6

1. Gli Stati membri provvedono affinché l'autorità competente effettui ispezioni per garantire il rispetto delle disposizioni della presente direttiva. Le ispezioni possono essere effettuate in occasione di controlli per altri scopi.

2. A decorrere da una data da determinarsi secondo la procedura prevista nel paragrafo 3, gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sulle ispezioni di cui al paragrafo 1. La Commissione sottopone una sintesi di dette relazioni al comitato veterinario permanente.

3. Anteriormente al 1° luglio 1999 e secondo la procedura di cui all'articolo 9, la Commissione sottopone proposte aventi lo scopo di armonizzare:

a) le ispezioni previste nel paragrafo 1;

b) il modello, il contenuto e la frequenza della presentazione delle relazioni di cui al paragrafo 2.

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Articolo 7

1. Ove necessario per l'applicazione uniforme dei requisiti stabiliti dalla presente direttiva, esperti veterinari della Commissione possono, di concerto con le autorità competenti:

a) verificare che gli Stati membri si conformino ai summenzionati requisiti;

b) effettuare controlli sul posto per assicurarsi che le ispezioni vengano effettuate ai sensi della presente direttiva.

2. Lo Stato membro nel cui territorio è effettuata l'ispezione fornisce agli esperti veterinari della Commissione tutta l'assistenza necessaria per l'espletamento delle loro mansioni. I risultati dei controlli effettuati devono essere discussi con l'autorità competente dello Stato membro interessato prima dell'elaborazione e della diffusione di una relazione definitiva.

3. L'autorità competente dello Stato membro interessato adotta le misure che potrebbero rivelarsi necessarie per tener conto dei risultati del controllo.

4. Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate, ove necessario, secondo la procedura di cui all'articolo 9.

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Articolo 8

1. Entro il 30 giugno 1999 la Commissione presenta al Consiglio una relazione concernente:

- il confronto tra le disposizioni in materia di benessere degli animali della Comunità e dei paesi terzi fornitori della Comunità,

- la possibilità di ottenere una più ampia accettazione internazionale dei principi in materia di benessere degli animali stabiliti dalla presente direttiva, e

- il rischio che gli obiettivi comunitari relativi al benessere degli animali possano essere vanificati dalla concorrenza di paesi terzi che non applicano norme equivalenti.

2. La relazione di cui al paragrafo 1 è corredata delle proposte necessarie allo scopo di eliminare distorsioni della concorrenza.

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Articolo 9 (3)

1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dall'articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.

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(3) Articolo così sostituito dall'allegato III del regolamento (CE) n. 806/2003.

 

Articolo 10

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, comprese le eventuali sanzioni, necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 1999, salvo diversa decisione eventualmente adottata dal Consiglio alla luce della relazione di cui all'articolo 8. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Tuttavia, per quanto riguarda la protezione degli animali negli allevamenti, dopo il 31 dicembre 1999, gli Stati membri possono mantenere o applicare nel loro territorio disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva, nel rispetto delle norme generali del trattato. Essi informano la Commissione di qualsiasi provvedimento adottato in tal senso.

3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nella materia disciplinata dalla presente direttiva.

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Articolo 11

La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

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Articolo 12

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, addì 20 luglio 1998.

Per il Consiglio

il presidente

W. Molterer

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Allegato

Personale

1. Gli animali sono accuditi da un numero sufficiente di addetti aventi adeguate capacità, conoscenze e competenze professionali.

Controllo

2. Tutti gli animali tenuti in sistemi di allevamento, il cui benessere richieda un'assistenza frequente dell'uomo, sono ispezionati almeno una volta al giorno. Gli animali allevati o custoditi in altri sistemi sono ispezionati a intervalli sufficienti al fine di evitare loro sofferenze.

3. Per consentire l'ispezione completa degli animali in qualsiasi momento, deve essere disponibile un'adeguata illuminazione (fissa o mobile).

4. Gli animali malati o feriti devono ricevere immediatamente un trattamento appropriato e, qualora un animale non reagisca alle cure in questione, occorre chiedere al più presto il parere del veterinario. Ove necessario gli animali malati o feriti vengono isolati in appositi locali muniti, se del caso, di lettiere asciutte o confortevoli.

Registrazione

5. Il proprietario o il custode degli animali tiene un registro di ogni trattamento medico effettuato e del numero di casi di mortalità constatati ad ogni ispezione.

Se dati equivalenti devono essere registrati per altri scopi, siffatta registrazione è considerata sufficiente ai fini della presente direttiva.

6. I registri sono conservati per un periodo di almeno tre anni e sono messi a disposizione dell'autorità competente al momento delle ispezioni o su richiesta.

Libertà di movimento

7. La libertà di movimento propria dell'animale, in funzione della sua specie e secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche, non deve essere limitata in modo tale da causargli inutili sofferenze o lesioni.

Allorché è continuamente o regolarmente legato, incatenato o trattenuto, l'animale deve poter disporre di uno spazio adeguato alle sue esigenze fisiologiche ed etologiche, secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche.

Fabbricati e locali di stabulazione

8. I materiali che devono essere utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione e, in particolare, dei recinti e delle attrezzature con i quali gli animali possono venire a contatto, non devono essere nocivi per gli animali e devono poter essere accuratamente puliti e disinfettati.

9. I locali di stabulazione e i dispositivi di attacco degli animali devono essere costruiti e mantenuti in modo che non vi siano spigoli taglienti o sporgenze tali da provocare lesioni agli animali.

10. La circolazione dell'aria, la quantità di polvere, la temperatura, l'umidità relativa dell'aria e le concentrazioni di gas devono essere mantenute entro limiti non dannosi per gli animali.

11. Gli animali custoditi nei fabbricati non devono essere tenuti costantemente al buio o esposti ad illuminazione artificiale senza un adeguato periodo di riposo. Se la luce naturale disponibile è insufficiente a soddisfare le esigenze comportamentali e fisiologiche degli animali, occorre provvedere ad una adeguata illuminazione artificiale.

Animali custoditi al di fuori dei fabbricati

12. Agli animali custoditi al di fuori dei fabbricati deve essere fornito, in funzione delle necessità e delle possibilità, un riparo adeguato dalle intemperie, dai predatori e da rischi per la salute.

Impianti automatici o meccanici

13. Ogni impianto automatico o meccanico indispensabile per la salute ed il benessere degli animali deve essere ispezionato almeno una volta al giorno. Gli eventuali difetti riscontrati devono essere eliminati immediatamente; se ciò non è possibile, occorre prendere le misure adeguate per salvaguardare la salute ed il benessere degli animali.

Se la salute ed il benessere degli animali dipendono da un impatto di ventilazione artificiale, deve essere previsto un adeguato impianto di riserva per garantire un ricambio d'aria sufficiente a salvaguardare la salute e il benessere degli animali in caso di guasto all'impianto e deve essere previsto un sistema di allarme che segnali il guasto. Detto sistema d'allarme deve essere sottoposto a controlli regolari.

Mangimi, acqua e altre sostanze

14. Agli animali deve essere fornita un'alimentazione sana adatta alla loro età e specie e in quantità sufficiente a mantenerli in buona salute e a soddisfare le loro esigenze nutrizionali. Gli alimenti o i liquidi sono somministrati agli animali in modo da non causare loro inutili sofferenze o lesioni e non contengono sostanze che possano causare inutili sofferenze o lesioni.

15. Tutti gli animali devono avere accesso ai mangimi ad intervalli adeguati alle loro necessità fisiologiche.

16. Tutti gli animali devono avere accesso ad un'appropriata quantità di acqua, di qualità adeguata, o devono poter soddisfare le loro esigenze di assorbimento di liquidi in altri modi.

17. Le attrezzature per la somministrazione di mangimi e di acqua devono essere concepite, costruite e installate in modo da ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli alimenti o dell'acqua e le conseguenze negative derivanti da rivalità tra gli animali.

18. Nessuna altra sostanza, ad eccezione di quelle somministrate a fini terapeutici o profilattici o in vista di trattamenti zootecnici come previsto nell'articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 96/22/CE [1], deve essere somministrata ad un animale, a meno che gli studi scientifici sul benessere degli animali e l'esperienza acquisita ne abbiano dimostrato l'innocuità per la sua salute e il suo benessere.

Mutilazioni

19. In attesa dell'adozione, secondo la procedura di cui all'articolo 5 della direttiva e fatta salva la direttiva 91/630/CEE, di disposizioni specifiche in materia di mutilazioni, si applicano le pertinenti disposizioni nazionali nel rispetto delle norme generali del trattato.

Procedimenti di allevamento

20. Non devono essere praticati l'allevamento naturale o artificiale o procedimenti di allevamento che provochino o possano provocare agli animali in questione sofferenze o lesioni.

Questa disposizione non impedisce il ricorso a taluni procedimenti che possono causare sofferenze o ferite minime o momentanee o richiedere interventi che non causano lesioni durevoli, se consentiti dalle disposizioni nazionali.

21. Nessun animale deve essere custodito in un allevamento se non sia ragionevole attendersi, in base al suo genotipo o fenotipo, che ciò possa avvenire senza effetti negativi sulla sua salute o sul suo benessere.

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[1] Direttiva 96/22/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, concernente il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze ß-agoniste nelle produzioni animali e che abroga le direttive 81/602/CEE, 88/146/CEE e 88/211/CEE.


Reg. (CE) n. 411/98 del 16 febbraio 1998
Regolamento del Consiglio che stabilisce norme complementari relative alla protezione degli animali applicabili agli autoveicoli adibiti al trasporto di animali su percorsi di durata superiore a otto ore.

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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 21 febbraio 1998, n. L 52. Entrato in vigore il 21 febbraio 1998.

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

vista la direttiva 91/628/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1991, relativa alla protezione degli animali durante il trasporto, in particolare l'articolo 13, paragrafo 1,

vista la proposta della Commissione,

considerando che, a norma dell'articolo 5, paragrafo A, punto 1, lettera c), della direttiva 91/628/CEE, occorre stabilire le prescrizioni applicabili ai mezzi di trasporto idonee a garantire il rispetto delle prescrizioni comunitarie in materia di benessere degli animali e, in particolare, quelle da determinare a norma dell'articolo 13, paragrafo 1;

considerando che, quando per i solipedi domestici e per gli animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina il viaggio dura più di otto ore, è necessario stabilire, per il tipo di trasporto di cui al presente regolamento, norme complementari a quelle previste al capitolo VII, punto 3, dell'allegato della direttiva 91/628/CEE applicabili ai mezzi di trasporto utilizzati;

considerando che il trasporto di animali delle suddette specie si svolge per la maggior parte su strada; che è pertanto opportuno, in una prima fase, stabilire norme supplementari cui devono conformarsi gli autoveicoli adibiti al trasporto di animali delle specie in questione su percorsi di durata superiore a otto ore;

considerando tuttavia che tali norme supplementari cui devono conformarsi gli autoveicoli sono stabilite, fatte salve misure future che possano essere successivamente adottate per quanto riguarda norme supplementari applicabili al trasporto di animali con altri mezzi di trasporto e, in particolare, i trasporti per ferrovia e per via navigabile; che, in attesa dell'adozione di tali misure future, al trasporto di animali effettuato con altri mezzi di trasporto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al capitolo VII, punto 3, dell'allegato della direttiva 91/628/CEE;

considerando che, per garantire il benessere degli animali in questione, le norme complementari devono prevedere taluni obblighi specifici riguardanti in particolare il carico degli animali sul veicolo, la separazione degli animali mediante tramezzi mobili, le modalità relative all'alimentazione e all'abbeveraggio e un'aerazione adeguata basata o su un sistema di aerazione forzata, o su un sistema che assicuri il rispetto di una determinata forcella di temperatura;

considerando che la scelta di uno dei due sistemi succitati non deve ledere il principio della libera circolazione degli animali,

ha adottato il presente regolamento:

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Articolo 1

Quando la durata del viaggio stabilita nel capitolo VII, punto 2, dell'allegato della direttiva 91/628/CEE è superiore a otto ore, gli autoveicoli adibiti al trasporto dei solipedi domestici e degli animali delle specie bovina, ovina, caprina e suina all'interno della Comunità devono essere conformi alle prescrizioni complementari di cui all'allegato del presente regolamento.

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Articolo 2

Entro il 31 dicembre 2003 la Commissione trasmette al Consiglio una relazione, elaborata in base ad un parere del Comitato scientifico veterinario, in merito all'attuazione del presente regolamento e, in particolare, all'applicazione dei vari sistemi di aerazione, corredata delle eventuali proposte appropriate che tengono conto delle conclusioni di tale relazione.

Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata su dette proposte entro sei mesi dalla loro presentazione.

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Articolo 3

Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee

Esso è applicabile a decorrere dal 1° luglio 1999.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, addì 16 febbraio 1998.

Per il Consiglio

Il presidente

J. Cunningham

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Allegato

Norme complementari applicabili agli autoveicoli adibiti al trasporto di animali su percorsi di durata superiore a otto ore

1. LETTIERA

Fatte salve le disposizioni di cui al capitolo I.A, punto 5, seconda frase dell'allegato della direttiva 91/628/CEE, gli animali devono disporre di una lettiera adeguata che:

a) ne garantisca il benessere e la cui quantità possa variare in funzione:

- delle specie e del numero di animali trasportati;

- della durata del percorso;

- delle condizioni atmosferiche;

b) consenta un assorbimento e un'evacuazione adeguati delle deiezioni.

2. ALIMENTAZIONE

Quando, tenuto conto delle specie e categorie di animali trasportati e della durata dei percorsi di cui al capitolo VII, punto 4, dell'allegato della direttiva 91/628/CEE, è necessario alimentare gli animali durante il trasporto, devono essere applicate le seguenti disposizioni:

a) il veicolo utilizzato deve trasportare una quantità sufficiente di alimenti appropriati per soddisfare il fabbisogno alimentare di detti animali durante il percorso in questione;

b) durante il percorso, gli alimenti devono essere mantenuti al riparo dalle intemperie e dai contaminanti quali la polvere, il carburante, i gas di scarico nonché le deiezioni animali;

c) qualora si debbano utilizzare attrezzature specifiche (in particolare mangiatoie, recipienti o qualsiasi altro mezzo idoneo alla distribuzione di alimenti) necessarie per alimentare gli animali, dette attrezzature devono essere trasportate nel veicolo, essere adatte allo scopo ed essere pulite prima e dopo ciascuna utilizzazione nonché disinfettate dopo ogni percorso;

d) quando vengono utilizzati, i dispositivi di alimentazione come quelli descritti devono essere predisposti in modo da non ferire gli animali e da poter essere fissati, se necessario, in un preciso punto del veicolo per impedire che possano essere rovesciati. Quando il veicolo è in movimento e i dispositivi non sono utilizzati, questi ultimi sono riposti in una parte del veicolo separata dagli animali.

3. ACCESSO

I veicoli adibiti al trasporto devono essere attrezzati in modo da consentire in qualsiasi momento un accesso diretto a tutti gli animali trasportati per poterli ispezionare e prestare loro tutte le cure adeguate, compresi l'alimentazione e l'abbeveraggio.

4. AERAZIONE

Il veicolo deve essere munito di un sistema di aerazione adeguato, tale da assicurare in permanenza le condizioni di benessere degli animali trasportati, tenuto conto tra l'altro dei criteri seguenti:

- percorso previsto e sua durata,

- caratteristiche del veicolo utilizzato (aperto o chiuso),

- temperatura interna e temperatura esterna in funzione delle condizioni atmosferiche in cui si effettua il percorso previsto,

- esigenze fisiologiche proprie alle diverse specie trasportate,

- densità di carico previste dal capitolo VI dell'allegato della direttiva 91/628/CEE e spazio disponibile al di sopra degli animali.

Tale sistema deve inoltre essere concepito in modo da:

- poter essere utilizzato in qualsiasi momento quando gli animali sono all'interno del veicolo, sia in sosta che in movimento;

- assicurare una buona circolazione di aria non viziata.

Per raggiungere tale obiettivo, gli operatori devono porre in essere:

- un sistema di aerazione forzata le cui modalità di applicazione saranno definite previa consultazione del comitato scientifico veterinario secondo la procedura di cui all'articolo 17 della direttiva 91/628/CEE;

- oppure un sistema di aerazione che garantisca all'interno del veicolo una forcella di temperatura compresa tra i 5 °C ed i 30 °C per tutti gli animali, con una tolleranza di + 5 °C in funzione della temperatura esterna. Tale sistema deve inoltre essere munito di un dispositivo di controllo adeguato.

La possibilità di scegliere uno dei due sistemi succitati non arreca pregiudizio al principio della libera circolazione degli animali.

5. TRAMEZZI

5.1. Il veicolo deve essere provvisto di tramezzi che consentano di formare compartimenti separati.

5.1.1. I tramezzi devono essere costruiti in modo da poter essere variamente posizionati, onde adattare le dimensioni dei compartimenti al numero, tipo, corporatura e particolari esigenza degli animali.

6. ABBEVERAGGIO

6.1. Il veicolo deve essere provvisto di un dispositivo che consenta l'allacciamento ad un punto d'acqua durante le soste.

6.1.1. Il veicolo deve essere munito di dispositivi per l'abbeveraggio, fissi o mobili - adatti alle varie specie - come, ad esempio, trogoli, scodelle o tettarelle per l'abbeveraggio degli animali a bordo del veicolo. Questi dispositivi hanno caratteristiche tali da non consentire agli animali di ferirsi.

6.2. Per il trasporto di suini, fatte salve le disposizioni di cui ai punti 6.1. e 6.1.1., i veicoli devono, in funzione della loro capacità di carico, e tenuto conto del numero di animali trasportati nonché delle tappe previste durante il percorso, essere provvisti di uno o più serbatoi d'acqua di capacità sufficiente, per consentire l'abbeveraggio degli animali durante il percorso in funzione delle loro esigenze.

Detti serbatoi sono concepiti in modo tale da poter essere svuotati e puliti dopo ogni percorso e devono essere muniti di un congegno che consenta di controllare il livello del contenuto per poter essere riempiti, all'occorrenza, in qualsiasi momento durante il percorso. Essi devono essere collegati ad un dispositivo di abbeveraggio all'interno del compartimento, mantenuto in buono stato di funzionamento, in modo da consentire ai suini di accedere all'acqua in qualsiasi momento. Inoltre, parallelamente al dispositivo sopra previsto, può essere utilizzato un sistema di idratazione dei suini quale la nebulizzazione.


Dec. 2000/50/CE del 17 dicembre 1999
Decisione della Commissione
relativa ai requisiti minimi applicabili all'ispezione degli allevamenti

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 25 gennaio 2000, n. L 19. Entrata in vigore l'1 gennaio 2000.

(2) Notificata con il numero C(1999) 4534.

(3) Testo rilevante ai fini del SEE.

 

 

La Commissione delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti, in particolare l'articolo 6, paragrafo 3,

considerando quanto segue:

(1) gli Stati membri devono trasmettere alla Commissione relazioni sulle ispezioni previste all'articolo 6 della direttiva 98/58/CE;

(2) è necessario armonizzare il modello, il contenuto e la frequenza della presentazione delle relazioni da parte degli Stati membri ed è importante raccogliere informazioni sul numero e sulla qualità delle ispezioni onde accertare l'osservanza della direttiva 98/58/CE da parte degli Stati membri;

(3) i risultati di dette ispezioni sono utili alla Commissione per presentare relazioni specifiche al comitato veterinario permanente conformemente all'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 98/58/CE;

(4) le misure previste dalla presente decisione sono conformi al parere del comitato veterinario permanente,

ha adottato la presente decisione:

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Articolo 1

1. Gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione contenente i risultati delle ispezioni effettuate in materia di protezione degli animali d'allevamento.

2. Sulla scorta di quanto disposto dall'articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 98/58/CE, la relazione deve recare le informazioni specificate nell'allegato.

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Articolo 2

La relazione è presentata alla Commissione ogni due anni, entro l'ultimo giorno lavorativo del mese di aprile e la prima volta entro il 30 aprile 2002.

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Articolo 3

La presente decisione entra in vigore il 1° gennaio 2000.

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Articolo 4

Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 17 dicembre 1999.

Per la Commissione

David Byrne

membro della Commissione

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Allegato

1. Specie o categorie di animali

- Vitelli

- Suini

- Galline ovaiole.

 

2. Tabella delle informazioni richieste per ogni specie e categoria di animali sulla base dell'allegato alla direttiva 98/58/CE del Consiglio

Informazioni richieste per ogni specie e categoria di animali

   

STATO MEMBRO:  

Anno:  

 

 

 

Specie e categoria di animali:  

Vitelli  

Suini 

Galline ovaiole 

 

 

 

Numero di aziende:  

Numero di controlli/ 

 

media: 

 

 

 

 

 

 

Tipo e numero di infrazioni 

Numero di provvedimenti giudiziari adottati di conseguenza 

 

 

 

 

 

 

 

Requisito  

Definizione  

Numero  

Parere  

Altre  

 

(ai sensi della direttiva 98/58/CE) 

totale 

 

sanzioni 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Personale  

Gli animali sono accuditi da un numero sufficiente di addetti aventi adeguate conoscenze 

 

 

 

Controllo  

Gli animali sono ispezionati almeno una volta al giorno 

 

 

 

 

Per consentire l'ispezione completa degli animali in qualsiasi momento deve essere disponibile un'adeguata illuminazione 

 

 

 

 

Gli animali ammalati o feriti devono ricevere immediatamente un trattamento appropriato 

 

 

 

 

Ove necessario, gli animali malati o feriti vengono isolati in appositi locali 

 

 

 

Registrazione  

Il proprietario o il custode degli animali tiene un registro di ogni trattamento medico effettuato e del numero dei casi di mortalità constatati ad ogni ispezione per un periodo di almeno tre anni 

 

 

 

Libertà di movimento 

La libertà di movimento dell'animale non deve essere limitata in modo tale da causargli inutili sofferenze o lesioni 

 

 

 

Fabbricati  

I materiali e le attrezzature con i quali gli animali possono venire a contatto non devono essere nocivi per gli animali 

 

 

 

 

Non devono esservi spigoli taglienti o sporgenze 

 

 

 

 

La circolazione dell'aria, la quantità di polvere, la temperatura, l'umidità relativa dell'aria e le concentrazioni di gas devono essere mantenute entro limiti non dannosi per gli animali 

 

 

 

 

Gli animali custoditi nei fabbricati non devono essere tenuti costantemente al buio o senza un adeguato periodo di riposo 

 

 

 

Impianti  

Se la salute e il benessere degli animali dipendono da un impianto di ventilazione artificiale, dev'essere previsto un adeguato impianto di riserva per garantire un ricambio d'aria sufficiente a salvaguardare la salute e il benessere degli animali in caso di guasto all'impianto e dev'essere previsto un sistema di allarme che segnali il guasto 

 

 

 

Mangimi e altre sostanze 

Nessuna altra sostanza, ad eccezione di quelle somministrate a fini terapeutici o in vista di trattamenti zootecnici come previsto all'articolo 1, paragrafo 2, lettera c) , della direttiva 96/22/CE [1], deve essere somministrata ad un animale, a meno che gli studi scientifici sul benessere degli animali e l'esperienza acquisita ne abbiano dimostrato l'innocuità per la sua salute e il suo benessere 

 

 

 

Mutilazioni  

Riferimento alle pertinenti disposizioni nazionali 

 

 

 

Procedimenti di allevamento 

Non devono essere praticati l'allevamento naturale o artificiale o procedimenti di allevamento che provochino o possano provocare agli animali in questione sofferenze o lesioni 

 

 

 

 

Questa disposizione non impedisce il ricorso a taluni procedimenti che possono causare sofferenze o ferite minime o momentanee o richiedere interventi che non causano lesioni durevoli, se consentiti dalle disposizioni nazionali 

 

 

 

 

 

 

 

 

         

 [1] Direttiva 96/22/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, concernente il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze ß-agoniste nelle produzioni animali. 

 

 

 


Dir. 2000/75/CE del 20 novembre 2000
Direttiva del Consiglio che stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 22 dicembre 2000, n. L 327.

(2) Termine di recepimento: 1° gennaio 2002. Direttiva recepita con D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 225.

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la direttiva 92/119/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1992, che introduce misure generali di lotta contro alcune malattie degli animali nonché misure specifiche per la malattia vescicolare dei suini, in particolare l'articolo 15, secondo trattino,

vista la proposta della Commissione,

considerando quanto segue:

(1) A norma dell'articolo 15 della direttiva 92/119/CEE, è opportuno prevedere misure specifiche di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini.

(2) Le caratteristiche epidemiologiche della febbre catarrale degli ovini sono paragonabili a quelle della peste equina.

(3) Il Consiglio ha adottato la direttiva 92/35/CEE, che fissa le norme di controllo e le misure di lotta contro la peste equina.

(4) Ai fini della lotta contro la febbre catarrale degli ovini, occorre pertanto fare riferimento in linea di massima alle misure previste dalla direttiva 92/35/CEE per la lotta contro la peste equina apportando le opportune modifiche in funzione della prassi di allevamento delle specie ricettive alla febbre catarrale degli ovini.

(5) Occorre fissare norme applicabili ai movimenti degli animali delle specie ricettive, nonché del loro sperma, ovuli ed embrioni, in provenienza dalle zone sottoposte a restrizioni in seguito all'insorgenza della malattia.

(6) Le disposizioni dell'articolo 3 della decisione 90/424/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa a talune spese nel settore veterinario, sono applicabili qualora si manifesti la febbre catarrale degli ovini.

(7) Occorre prevedere una procedura che istituisca una stretta cooperazione fra gli Stati membri e la Commissione,

ha adottato la presente direttiva:

Articolo 1

La presente direttiva fissa le norme di controllo e le misure di lotta e di eradicazione contro la febbre catarrale degli ovini.

Articolo 2

Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) "azienda": impresa agricola o di altro tipo nella quale sono allevati o soggiornano, permanentemente o temporaneamente, animali appartenenti alle specie ricettive alla febbre catarrale degli ovini;

b) "specie ricettiva": qualsiasi specie di ruminante;

c) "animali": gli animali di una specie ricettiva, tranne gli animali selvatici per i quali si potranno fissare disposizioni specifiche secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2;

d) "proprietario o detentore": persone fisiche o giuridiche che hanno la proprietà degli animali o sono incaricate di allevarli dietro compenso finanziario o meno;

e) "vettore": l'insetto della specie "culicoides imicola" o qualsiasi altro insetto del genere culicide suscettibile di trasmettere la febbre catarrale degli ovini da identificare secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2, previo parere del comitato scientifico veterinario;

f) "sospetto": manifestazione di un qualsiasi sintomo della febbre catarrale degli ovini in una delle specie ricettive, associato a un insieme di dati epidemiologici tali da poter ragionevolmente prendere in considerazione una siffatta eventualità;

g) "conferma dell'infezione": la dichiarazione, fatta dall'autorità competente, della presenza in una zona determinata della febbre catarrale degli ovini basata sui risultati di laboratorio; in caso di epidemia, tuttavia, l'autorità competente può anche confermare la malattia in base a risultati clinici e/o epidemiologici;

h) "autorità competente": l'autorità centrale di uno Stato membro competente per effettuare i controlli veterinari o qualsiasi autorità veterinaria cui essa abbia delegato tale competenza;

i) "veterinario ufficiale": il veterinario designato dall'autorità competente.

Articolo 3

Gli Stati membri provvedono affinché il sospetto o la conferma della presenza del virus della febbre catarrale degli ovini siano obbligatoriamente e immediatamente notificati all'autorità competente.

Articolo 4

1. Gli Stati membri provvedono affinché, qualora in un'azienda situata in una regione non soggetta a restrizioni ai sensi della presente direttiva si trovino uno o più animali sospetti di aver contratto la febbre catarrale degli ovini, il veterinario ufficiale applichi immediatamente i mezzi di indagine ufficiali intesi a confermare o ad escludere la presenza della malattia.

2. Appena il sospetto è stato notificato, il veterinario ufficiale:

a) dispone che l'azienda sia sottoposta a vigilanza ufficiale;

b) fa procedere:

i) al censimento ufficiale degli animali, con indicazione, per ciascuna specie, del numero di animali già morti, infetti o suscettibili di essere infetti, e all'aggiornamento del censimento per tener conto degli animali nati o morti durante il periodo di sospetto; i dati di tale censimento devono essere esibiti a richiesta e possono essere controllati ad ogni visita;

ii) al censimento dei luoghi che possono favorire la sopravvivenza del vettore o che possono contenerlo e, in particolare, dei siti propizi alla sua riproduzione;

iii) ad un'indagine epidemiologica a norma dell'articolo 7;

c) visita regolarmente la (le) azienda(e) e, in tali occasioni, procede ad un esame clinico approfondito o all'autopsia degli animali sospetti o morti e conferma la malattia se necessario attraverso esami di laboratorio;

d) provvede affinché:

i) qualsiasi movimento di animali in provenienza dalla(e) azienda(e) o a destinazione della(e) stessa(e) venga proibito;

ii) gli animali siano confinati nelle ore di attività dei vettori, qualora reputi disponibili i mezzi necessari all'applicazione di tale misura;

iii) si proceda regolarmente a trattamenti con insetticidi autorizzati sugli animali nonché all'interno e nei dintorni dei fabbricati di stabulazione (in particolar modo, nei luoghi ecologicamente propizi all'insediamento di colonie di culicidi). La frequenza dei trattamenti è stabilita dall'autorità competente tenuto conto della persistenza dell'insetticida utilizzato e delle condizioni climatiche, al fine di prevenire, per quanto possibile, gli attacchi dei vettori;

iv) i cadaveri degli animali morti nell'azienda siano distrutti, eliminati, incinerati o sotterrati ai sensi della direttiva 90/667/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1990, che stabilisce le norme sanitarie per l'eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato dei rifiuti di origine animale e la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425/CEE.

3. In attesa dell'attuazione delle misure di cui al paragrafo 2, il proprietario o il detentore di qualsiasi animale sospetto di infezione adotta tutte le misure conservative per conformarsi alle disposizioni del paragrafo 2, lettera d), punti i) e ii).

4. L'autorità competente può applicare le misure di cui al paragrafo 2 ad altre aziende qualora, in funzione dell'ubicazione e della situazione geografica dei fabbricati o di contatti con l'azienda in cui si sospetta la presenza della malattia, vi siano fondati motivi per sospettare un'eventuale contaminazione.

5. Oltre alle disposizioni del paragrafo 2, possono essere fissate disposizioni specifiche secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2, per le riserve naturali in cui gli animali sono allo stato brado.

6. Le misure di cui al presente articolo sono revocate dal veterinario ufficiale soltanto quando il sospetto di febbre catarrale degli ovini sia escluso dall'autorità competente.

Articolo 5

La vaccinazione contro la febbre catarrale degli ovini può essere praticata solo ai sensi delle disposizioni previste dalla presente direttiva.

Articolo 6

1. Quando la presenza di febbre catarrale degli ovini è ufficialmente confermata il veterinario ufficiale:

a) fa procedere, informandone la Commissione, agli abbattimenti ritenuti necessari per prevenire il propagarsi dell'epidemia;

b) fa distruggere, eliminare, incinerare o sotterrare i cadaveri di questi animali, ai sensi della direttiva 90/667/CEE;

c) estende le misure di cui all'articolo 4 alle aziende che si trovino nel raggio di 20 km (compreso nella zona di protezione definita all'articolo 8) intorno alla(e) azienda(e) infetta(e);

d) applica le disposizioni adottate secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2, in particolare per quanto riguarda l'attuazione di un eventuale programma di vaccinazione o di altre misure alternative, in caso di necessità, le autorità competenti di uno Stato membro possono, informandone la Commissione, assumere l'iniziativa di avviare un programma di vaccinazione;

e) dispone che sia effettuata un'indagine epidemiologica a norma dell'articolo 7.

Tuttavia, in deroga alla lettera c), disposizioni applicabili ai movimenti degli animali nella zona possono essere adottate secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2.

2. La zona di cui al paragrafo 1, lettera c), può essere estesa o limitata dall'autorità competente in funzione di circostanze epidemiologiche, geografiche, ecologiche o meteorologiche. Essa ne informa la Commissione.

3. Nel caso in cui la zona di cui al paragrafo 1, lettera c), sia situata nel territorio di più Stati membri, le autorità competenti degli Stati membri interessati cooperano allo scopo di delimitare la zona di cui sopra. Se necessario, la zona è delimitata secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2.

Articolo 7

1. L'indagine epidemiologica verte sugli aspetti seguenti:

a) la durata del periodo in cui può essere stata presente nell'azienda la febbre catarrale degli ovini;

b) l'origine probabile della febbre catarrale degli ovini nell'azienda e l'identificazione delle altre aziende in cui gli animali possono essere stati infettati o contaminati dalla stessa fonte del virus;

c) la presenza e la distribuzione dei vettori della malattia;

d) i movimenti di animali in provenienza o a destinazione delle aziende in questione o l'eventuale uscita dei cadaveri di animali da dette aziende.

2. Per coordinare pienamente tutte le misure necessarie all'eradicazione della febbre catarrale degli ovini con la massima tempestività e per condurre l'indagine epidemiologica, viene istituita una cellula di crisi.

Le norme generali riguardanti le cellule di crisi a livello nazionale e a livello comunitario sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2.

Articolo 8

1. Gli Stati membri provvedono affinché, a complemento delle misure di cui all'articolo 6, l'autorità competente delimiti una zona di protezione e una zona di sorveglianza. La delimitazione delle zone deve tener conto dei fattori di ordine geografico, amministrativo, ecologico ed epizooziologico connessi con la febbre catarrale degli ovini nonché delle strutture di controllo.

2. a) La zona di protezione è costituita da una parte del territorio comunitario avente un raggio minimo di 100 km intorno all'azienda infetta.

b) La zona di sorveglianza è costituita da una parte del territorio comunitario profonda almeno 50 km oltre i limiti della zona di protezione e in cui nei dodici mesi precedenti non sia stata praticata alcuna vaccinazione.

c) Nel caso in cui le zone siano situate nel territorio di più Stati membri, le autorità competenti degli Stati membri interessati cooperano allo scopo di delimitare le zone di cui alle lettere a) e b).

d) Tuttavia, se necessario, la zona di protezione e la zona di sorveglianza sono delimitate secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2.

3. A richiesta debitamente giustificata di uno Stato membro, può essere adottata, secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2, una decisione intesa a modificare la delimitazione delle zone definite al summenzionato paragrafo 2, in funzione:

a) della loro situazione geografica e dei fattori ecologici;

b) delle condizioni meteorologiche;

c) della presenza e della distribuzione del vettore;

d) dei risultati degli studi epizooziologici effettuati a norma dell'articolo 7;

e) dei risultati degli esami di laboratorio;

f) dell'applicazione delle misure di lotta e in particolare della disinfestazione.

Articolo 9

1. Gli Stati membri provvedono affinché nella zona di protezione siano applicate le misure seguenti:

a) identificazione di tutte le aziende che sono situate nella zona e che detengono animali;

b) attuazione da parte dell'autorità competente di un programma di sorveglianza epidemiologica basato sul controllo di gruppi di bovini (o in loro assenza di altre specie di ruminanti) di riferimento e delle popolazioni di vettori; questo programma può essere fissato secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2;

c) divieto di uscita degli animali dalla zona. Tuttavia, secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2, deroghe a tale divieto possono essere decise in particolare per gli animali situati in una parte della zona in cui sia stata comprovata l'assenza di circolazione virale o l'assenza di vettori.

2. A complemento delle misure di cui al paragrafo 1, la vaccinazione degli animali contro la febbre catarrale degli ovini e la loro identificazione nella zona di protezione possono essere decise secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2, o su iniziativa dello Stato membro informandone la Commissione.

Articolo 10

Gli Stati membri provvedono affinché nella zona di sorveglianza:

1) si applichino le misure di cui all'articolo 9, paragrafo 1;

2) sia vietata qualsiasi vaccinazione contro la febbre catarrale degli ovini.

Articolo 11

Le misure adottate a norma degli articoli 6, 8, 9 e 10 sono modificate o abrogate secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2.

Articolo 12

In deroga agli articoli 9 e 10 le disposizioni applicabili ai movimenti di animali all'interno di e in provenienza dalla zona di protezione e dalla zona di sorveglianza sono fissate secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2.

All'atto dell'adozione della decisione di cui al primo comma, le norme applicabili agli scambi sono fissate secondo la stessa procedura.

Articolo 13

Qualora in una determinata regione l'epizoozia di febbre catarrale degli ovini presenti carattere di eccezionale gravità, tutte le misure supplementari che devono essere adottate dagli Stati membri interessati sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2.

Articolo 14

Gli Stati membri provvedono affinché l'autorità competente adotti tutte le misure necessarie perché tutte le persone stabilite nelle zone di protezione e di sorveglianza siano perfettamente al corrente delle restrizioni in vigore e adottino tutte le disposizioni necessarie per garantire un'adeguata applicazione delle misure suddette.

Articolo 15

1. In ogni Stato membro viene designato un laboratorio nazionale incaricato di eseguire gli esami di laboratorio previsti dalla presente direttiva. Tali laboratori nazionali nonché le loro competenze ed i loro obblighi sono indicati nell'allegato I.

2. I laboratori nazionali indicati nell'allegato I cooperano con il laboratorio comunitario di riferimento di cui all'articolo 16.

Articolo 16

Il laboratorio comunitario di riferimento per la febbre catarrale degli ovini è indicato nell'allegato II. Fatte salve le disposizioni previste nella decisione 90/424/CEE, in particolare l'articolo 28, le funzioni di questo laboratorio sono definite nell'allegato II, parte B.

Articolo 17

Esperti della Commissione possono procedere, laddove ciò sia necessario per l'applicazione uniforme della presente direttiva e in collaborazione con le autorità competenti, a controlli sul posto. A tale scopo possono verificare, controllando una percentuale rappresentativa di aziende, se le autorità competenti controllino il rispetto delle disposizioni della presente direttiva. La Commissione informa gli Stati membri dei risultati dei controlli effettuati.

Lo Stato membro nel cui territorio è effettuato un controllo assiste gli esperti nell'adempimento della loro missione.

Le modalità generali di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2.

Articolo 18

1. Ogni Stato membro redige un piano di intervento in cui viene precisato il modo in cui detto Stato applica le misure previste dalla presente direttiva.

Tale piano deve consentire l'accesso agli impianti, alle attrezzature, al personale e ad ogni altra struttura appropriata necessari per una rapida ed efficace eradicazione della malattia.

2. I criteri da seguire per la stesura dei piani di cui al paragrafo 1 figurano nell'allegato III.

I piani stabiliti in base a tali criteri sono presentati alla Commissione entro tre mesi dalla messa in applicazione della presente direttiva.

La Commissione esamina i piani allo scopo di determinare se essi consentano di raggiungere l'obiettivo perseguito e suggerisce allo Stato membro interessato qualsiasi modifica necessaria, in particolare per garantire che siano compatibili con quelli degli altri Stati membri.

La Commissione approva i piani, eventualmente modificati, secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2.

I piani possono essere successivamente modificati o completati, secondo la stessa procedura, per tener conto degli sviluppi della situazione.

Articolo 19

La presente direttiva può, se necessario, essere modificata dal Consiglio che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.

Gli allegati sono modificati secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2.

Le eventuali modalità di applicazione della presente direttiva sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2.

Articolo 20

1. La Commissione è assistita dal comitato veterinario permanente.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a 15 giorni.

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.

Articolo 21

Secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2, la Commissione può adottare, per un periodo di due anni, le misure transitorie necessarie ad agevolare il passaggio al nuovo regime previsto dalla presente direttiva.

Articolo 22

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 23

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, addì 20 novembre 2000.

Per il Consiglio

Il Presidente

J. Glavany

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(Si omettono gli allegati)


Dir. 2001/89/CE del 23 ottobre 2001
Direttiva del Consiglio relativa a misure comunitarie di lotta contro la peste suina classica

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 1 dicembre 2001, n. L 316. Entrata in vigore il 1° dicembre 2001.

(2) Testo rilevante ai fini del SEE.

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,

vista la proposta della Commissione (3),

visto il parere del Parlamento europeo (4),

visto il parere del Comitato economico e sociale (5),

visto il parere del Comitato delle regioni (6),

considerando quanto segue:

(1) La direttiva 80/217/CEE del Consiglio, del 22 gennaio 1980, che stabilisce misure comunitarie di lotta contro la peste suina classica, ha formato oggetto di numerose modifiche sostanziali. In occasione delle nuove modifiche da apportare alla direttiva è opportuno, per ragioni di chiarezza e di razionalità, procedere alla sua rifusione in un testo unico.

(2) Poiché gli animali vivi figurano nell'elenco di cui all'allegato I del trattato, uno dei compiti della Comunità nel settore veterinario consiste nel migliorare lo stato sanitario dei suini ed agevolare così gli scambi di suini e di prodotti a base di carni suine, al fine di garantire lo sviluppo di tale settore.

(3) In caso di insorgenza di un focolaio di peste suina classica, è necessario istituire misure di lotta a livello comunitario finalizzate all'eradicazione della malattia, in modo da garantire lo sviluppo del settore suinicolo e contribuire alla tutela della salute animale della Comunità.

(4) La peste suina classica può assumere, fin dalla sua comparsa, un carattere epizootico tale da provocare mortalità e perturbazioni che potrebbero compromettere seriamente, in particolare, la redditività di tutta la suinicoltura.

(5) Non appena si sospetti la presenza della malattia, è opportuno prendere misure intese a permettere una lotta immediata ed efficace contro la malattia stessa sin dal momento del suo accertamento, tra cui lo sgombero dell'azienda infetta.

(6) In caso di insorgenza della malattia è anche necessario impedire che essa si propaghi ulteriormente con un controllo accurato degli spostamenti degli animali e dell'impiego dei prodotti suscettibili di contaminazione, mediante la pulizia e la disinfezione dei locali infetti, la creazione di zone di protezione e di sorveglianza intorno al focolaio e, ove del caso, il ricorso alla vaccinazione.

(7) In caso di infezione, i suini vaccinati possono divenire portatori apparentemente sani del virus e contribuire alla diffusione della malattia. L'impiego di vaccini può pertanto essere autorizzato solo in casi di emergenza.

(8) Conformemente al parere del Comitato scientifico, i vaccini marcatori atti a conferire un'immunità protettiva che può essere distinta dall'immunoreazione provocata da infezione naturale con il virus selvatico mediante appropriate prove di laboratorio possono costituire un utile strumento supplementare per tenere sotto controllo la peste suina classica nelle zone ad elevata densità di suini, evitando in tal modo la macellazione in massa degli animali. È pertanto opportuno definire una procedura comunitaria di approvazione di simili prove discriminatorie, quando siano stati superati i limiti che tali prove ancora presentano, per concedere inoltre agli Stati membri l'autorizzazione di introdurre l'impiego dei vaccini marcatori laddove sia adeguato in situazioni d'emergenza.

(9) In caso di insorgenza della malattia nelle popolazioni di suini selvatici occorre applicare misure speciali di eradicazione.

(10) Occorre istituire disposizioni intese a garantire l'impiego di procedimenti e di metodi armonizzati per la diagnosi della peste suina classica, compresa la designazione di un laboratorio di riferimento comunitario e di laboratori di riferimento negli Stati membri.

(11) Occorre istituire disposizioni intese a garantire un grado di preparazione che consenta di far fronte efficacemente alle situazioni di emergenza generate dalla comparsa di uno o più focolai di peste suina classica, in particolare elaborando piani di lotta e creando centri di lotta e gruppi di esperti.

(12) È necessario modificare alcune delle misure finora adottate nella Comunità in caso d'insorgenza di un focolaio di peste suina classica a norma della direttiva 80/217/CEE per tener conto dei progressi scientifici, dello sviluppo di nuovi strumenti diagnostici e vaccini e dell'esperienza acquisita dopo la recente comparsa di focolai di peste suina classica nella Comunità.

(13) L'esperienza dimostra che la somministrazione ai suini di rifiuti di cucina può comportare un rischio di diffusione della peste suina classica, segnatamente in conseguenza dell'inefficacia delle misure di controllo del trattamento. In attesa di misure comunitarie relative al trattamento di tali rifiuti, è opportuno vietare fin d'ora l'impiego degli stessi nell'alimentazione dei suini. Inoltre, data la loro particolare pericolosità, è necessario mantenere l'obbligo di distruggere i rifiuti di cucina provenienti dai mezzi di trasporto internazionale.

(14) Per assicurare continuità al coordinamento dell'attività diagnostica svolta sotto la supervisione dei laboratori nazionali responsabili, l'"Institut für Virologie der Tierärztlichen Hochschule, Hannover", designato nella decisione 81/859/CEE del Consiglio, deve essere confermato quale laboratorio comunitario di riferimento e, per motivi di certezza del diritto, tale decisione deve essere abrogata.

(15) Occorre prevedere la possibilità di adattare mediante procedure rapide la presente direttiva e i suoi allegati agli sviluppi delle conoscenze scientifiche e tecniche.

(16) Occorre adottare le misure necessarie ai fini dell'attuazione della presente direttiva conformemente alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.

(17) È opportuno che la presente direttiva faccia salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento delle direttive, di cui all'allegato VII, parte B,

ha adottato la presente direttiva:

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(3) Pubblicata nella G.U.C.E. 30 gennaio 2001, n. C 29 E.

(4) Parere del Parlamento europeo del 14 giugno 2001.

(5) Pubblicato nella G.U.C.E. 25 aprile 2001, n. C 123.

(6) Pubblicato nella G.U.C.E. 18 maggio 2001, n. C 148.

 

Articolo 1

Obiettivi.

La presente direttiva stabilisce le misure comunitarie minime di lotta contro la peste suina classica.

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Articolo 2

Definizioni.

Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) "suino": qualsiasi animale della famiglia dei suini, compresi i suini selvatici;

b) "suino selvatico": un suino che non è tenuto o allevato in un'azienda;

c) "azienda": lo stabilimento agricolo o di altra natura, situato nel territorio di uno Stato membro, in cui vengono allevati o detenuti suini, a titolo permanente o provvisorio. Dalla presente definizione sono esclusi i macelli, i mezzi di trasporto e le aree recintate in cui si detengono e possono essere catturati suini selvatici; le aree recintate devono essere di superficie e struttura tali da non rientrare nella sfera delle misure di cui all'articolo 5, paragrafo 1;

d) "manuale di diagnostica": il manuale di diagnostica della peste suina classica di cui all'articolo 17, paragrafo 3;

e) "suino sospetto di infezione da virus della peste suina classica": ogni suino o carcassa di suino che presenti sintomi clinici o lesioni post mortem o reazioni agli esami di laboratorio effettuati in conformità del manuale di diagnostica, tali da far sospettare la possibile presenza della peste suina classica;

f) "caso di peste suina classica" "suino infetto da peste suina classica": ogni suino o carcassa di suino:

- in ordine al quale siano stati ufficialmente confermati sintomi clinici o lesioni post mortem riconducibili alla peste suina classica, o

- in ordine al quale sia stata ufficialmente accertata l'esistenza della malattia attraverso un esame di laboratorio eseguito conformemente alle disposizioni del manuale di diagnostica;

g) "focolaio di peste suina classica": l'azienda in cui sono stati riscontrati uno o più casi di peste suina classica;

h) "focolaio primario": il focolaio ai sensi dell'articolo 2, lettera d), della direttiva 82/894/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1982, concernente la notifica delle malattie degli animali nella Comunità;

i) "zona infetta": la zona di uno Stato membro in cui sono state messe in atto misure di eradicazione della malattia in conformità dell'articolo 15 o 16 a seguito della conferma di uno o più casi di peste suina classica nelle popolazioni di suini selvatici;

j) "caso primario di peste suina classica in suini selvatici": qualsiasi caso di peste suina classica riscontrato in suini selvatici in una zona in cui non sono state messe in atto misure in forza dell'articolo 15 o 16;

k) "metapopolazione di suini selvatici": qualsiasi gruppo o subpopolazione di suini selvatici avente contatti limitati con altri gruppi o subpopolazioni;

l) "popolazione di suini selvatici esposta all'infezione": la parte di una popolazione di suini selvatici che non ha sviluppato alcuna immunità contro la peste suina classica;

m) "proprietario": qualsiasi persona, fisica o giuridica, proprietaria dei suini o incaricata di allevarli dietro compenso finanziario o meno;

n) "autorità competente": l'autorità competente ai sensi dell'articolo 2, punto 6, della direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno;

o) "veterinario ufficiale": il veterinario designato dall'autorità competente dello Stato membro;

p) "trasformazione": uno dei trattamenti dei materiali ad alto rischio di cui all'articolo 3 della direttiva 90/667/CEE del Consiglio, applicato in modo atto ad evitare ogni rischio di diffusione del virus della peste suina classica;

q) "rifiuti di cucina": i rifiuti di cibi destinati al consumo umano provenienti da ristorazione, catering o cucine, compresi i rifiuti delle cucine industriali e i rifiuti domestici dell'allevatore o delle persone addette alla cura dei suini;

r) "vaccino marcatore": ("marker"): un vaccino atto a conferire un'immunità protettiva che può essere distinta dalla risposta immunitaria provocata dall'infezione naturale dovuta al virus di tipo selvatico mediante idonee prove di laboratorio effettuate in conformità del manuale di diagnostica;

s) "abbattimento": l'abbattimento di suini ai sensi dell'articolo 2, punto 6, della direttiva 93/119/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1993, relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento;

t) "macellazione": la macellazione di suini ai sensi dell'articolo 2, punto 7, della direttiva 93/119/CEE;

u) "zona ad elevata densità di suini": qualsiasi zona geografica situata entro un raggio di 10 km da un'azienda in cui siano detenuti suini riconosciuti infetti o sospetti di essere infetti dal virus della peste suina classica, nella quale la densità di suini superi 800 capi per km2; tale azienda deve essere situata in una regione quale definita all'articolo 2, paragrafo 2, lettera p) della direttiva 64/432/CEE del Consiglio in cui la densità di suini detenuti nelle aziende è superiore a 300 capi per km2, o ad una distanza inferiore a 20 km da tale regione;

v) "azienda che ha avuto contatti": un'azienda in cui la peste suina classica può essere stata introdotta a causa dell'ubicazione dell'azienda stessa, a seguito di movimenti di persone, suini, veicoli o in qualsiasi altro modo.

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Articolo 3

Notificazione della peste suina classica.

1. Gli Stati membri provvedono affinché il sospetto o l'esistenza della peste suina classica siano obbligatoriamente e immediatamente denunciati all'autorità competente.

2. Fatte salve le vigenti disposizioni comunitarie relative alla notificazione di focolai di malattie degli animali, lo Stato membro nel cui territorio è confermata la presenza della peste suina classica:

a) procede alla notificazione della malattia e fornisce informazioni alla Commissione e agli altri Stati membri, conformemente all'allegato I, per quanto riguarda:

- i focolai di peste suina classica confermati nelle aziende,

- i casi di peste suina classica confermati nei macelli o nei mezzi di trasporto,

- i casi primari di peste suina classica confermati nelle popolazioni di suini selvatici,

- i risultati dell'indagine epidemiologica effettuata conformemente all'articolo 8;

b) trasmette informazioni alla Commissione e agli altri Stati membri sugli altri casi confermati nelle popolazioni di suini selvatici in una zona infetta da peste suina classica, in conformità dell'articolo 16, paragrafo 3, lettera a), e paragrafo 4.

3. Le disposizioni dell'allegato I possono essere completate o modificate secondo la procedura prevista dall'articolo 26, paragrafo 2.

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Articolo 4

Misure in caso di sospetto di peste suina classica nei suini di un'azienda.

1. Gli Stati membri provvedono affinché, qualora in un'azienda si trovino uno o più suini sospetti di infezione da virus della peste suina classica, l'autorità competente applichi immediatamente i mezzi di indagine ufficiali atti a confermare o ad escludere la presenza della malattia, in conformità delle procedure descritte nel manuale di diagnostica.

In caso di ispezione dell'azienda da parte di un veterinario ufficiale si procede anche al controllo del registro e dei marchi di identificazione dei suini di cui agli articoli 4 e 5 della direttiva 92/102/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1992, relativa all'identificazione e alla registrazione degli animali.

2. Qualora ritenga che non sia possibile escludere il sospetto di peste suina classica in un'azienda, l'autorità competente dispone che l'azienda sia sottoposta a sorveglianza ufficiale e ordina, in particolare, che:

a) si proceda al censimento di tutte le categorie di suini dell'azienda, precisando per ciascuna di esse il numero di suini già malati, morti o potenzialmente infetti; il censimento è aggiornato per tener conto anche dei suini nati e morti durante il periodo di sospetta infezione; i dati di tale censimento debbono essere esibiti a richiesta e potranno essere controllati ad ogni visita;

b) tutti i suini dell'azienda siano trattenuti nei loro locali di stabulazione o confinati in altri luoghi che ne permettano l'isolamento;

c) sia vietata l'entrata e l'uscita di suini dall'azienda. L'autorità competente può, se necessario, estendere il divieto di uscita dall'azienda agli animali di altre specie e imporre l'applicazione di misure appropriate per eliminare roditori o insetti;

d) sia vietato il trasporto al di fuori dell'azienda delle carcasse di suini, salvo autorizzazione rilasciata dall'autorità competente;

e) sia vietata l'uscita dall'azienda di carni, prodotti a base di carni suine, sperma, ovuli ed embrioni di suini, di alimenti per animali, di utensili, di materiali o rifiuti che possono trasmettere la peste suina classica, salvo autorizzazione rilasciata dall'autorità competente; sia vietata l'uscita dall'azienda, a fini di scambi intracomunitari, di carni, prodotti a base di carni suine, sperma, ovuli ed embrioni;

f) il movimento di persone in provenienza o a destinazione dell'azienda sia subordinato all'autorizzazione scritta dell'autorità competente;

g) il movimento di veicoli in provenienza o a destinazione dell'azienda sia subordinato all'autorizzazione scritta dell'autorità competente;

h) presso le entrate e le uscite dei fabbricati di stabulazione dei suini e dell'azienda siano posti in atto appropriati metodi di disinfezione; chiunque entri o esca da aziende suinicole adempia opportune norme igieniche intese a ridurre il rischio di propagazione della peste suina classica. Inoltre, prima di lasciare l'azienda tutti i mezzi di trasporto saranno accuratamente disinfettati;

i) sia effettuata un'indagine epidemiologica conformemente all'articolo 8.

3. Ove la situazione epidemiologica lo richieda e in particolare se l'azienda in cui sono detenuti animali sospetti è situata in una zona ad elevata densità di suini, l'autorità competente:

a) può applicare le misure previste all'articolo 5, paragrafo 1, nell'azienda di cui al paragrafo 2 del presente articolo; tuttavia, qualora ritenga che le condizioni lo permettano, l'autorità competente può limitare le suddette misure ai suini sospetti di essere infetti o contaminati dal virus della peste suina classica e alla parte dell'azienda in cui tali animali erano detenuti, purché questi ultimi siano stati stabulati, governati e nutriti in modo nettamente distinto dagli altri suini dell'azienda. In ogni caso, per poter confermare o escludere la presenza del virus della peste suina classica, un numero sufficiente di campioni è prelevato dai suini all'atto dell'abbattimento, conformemente al manuale di diagnostica;

b) può istituire una zona di controllo temporaneo intorno all'azienda di cui al paragrafo 2; agli allevamenti situati all'interno di tale zona sono applicate, in tutto o in parte, le misure di cui al paragrafo 1 o 2.

4. Le misure di cui al paragrafo 2 sono revocate soltanto quando il sospetto di peste suina classica sia stato ufficialmente escluso.

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Articolo 5

Misure in caso di conferma della presenza di peste suina classica nei suini di un'azienda.

1. Gli Stati membri provvedono affinché, in caso di conferma ufficiale della presenza della peste suina classica in un'azienda, a complemento delle misure enumerate all'articolo 4, paragrafo 2, l'autorità competente ordini che:

a) tutti i suini dell'azienda siano abbattuti senza indugio, sotto controllo ufficiale ed in modo atto ad evitare ogni rischio di diffusione del virus della peste suina classica sia durante il trasporto che all'abbattimento;

b) un numero sufficiente di campioni sia prelevato, conformemente al manuale di diagnostica, dai suini all'atto dell'abbattimento, in modo da poter determinare il modo in cui il virus della peste suina classica è stato introdotto nell'azienda e il periodo durante il quale esso può essere stato presente nell'azienda prima della notificazione della malattia;

c) le carcasse di suini morti o abbattuti siano trasformate sotto controllo ufficiale;

d) le carni di suini abbattuti nel periodo compreso fra la probabile introduzione della malattia nell'azienda e l'adozione delle misure ufficiali siano, per quanto possibile, rintracciate e trasformate sotto controllo ufficiale;

e) lo sperma, gli ovuli e gli embrioni di suini raccolti nell'azienda nel periodo compreso fra la probabile introduzione della malattia nell'azienda e l'adozione delle misure ufficiali siano rintracciati e distrutti sotto controllo ufficiale, in modo da evitare il rischio di diffusione del virus della peste suina classica;

f) ogni materiale o rifiuto potenzialmente contaminato, ad esempio gli alimenti per animali, sia sottoposto ad un trattamento atto ad assicurare la distruzione del virus della peste suina classica; tutti i materiali monouso potenzialmente contaminati, segnatamente quelli impiegati per le operazioni di abbattimento siano distrutti; tali disposizioni si applicano in conformità delle istruzioni del veterinario ufficiale;

g) dopo l'eliminazione dei suini, i fabbricati di stabulazione degli stessi e i veicoli utilizzati per il trasporto degli animali e delle carcasse, nonché il materiale, le lettiere, il concime e i liquami potenzialmente contaminati, siano puliti e disinfettati o trattati conformemente alle disposizioni dell'articolo 12;

h) in caso di un focolaio primario della malattia, l'isolato del virus della peste suina classica sia sottoposto alla procedura di laboratorio definita nel manuale di diagnostica ai fini dell'identificazione del tipo genetico;

i) sia effettuata un'indagine epidemiologica conformemente all'articolo 8.

2. Qualora un focolaio sia stato confermato in un laboratorio, uno zoo, un parco naturale o un'area recintata in cui sono detenuti suini a scopi scientifici o connessi con la conservazione delle specie o di razze rare, lo Stato membro di cui trattasi può decidere di derogare al paragrafo 1, lettere a) ed e), purché non siano compromessi interessi fondamentali della Comunità.

Tale decisione è notificata senza indugio alla Commissione.

In tutti i casi, la Commissione esamina la situazione immediatamente con lo Stato membro interessato e quanto prima possibile in sede di comitato veterinario permanente. Se necessario, sono adottate misure intese ad evitare la diffusione della malattia conformemente alla procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2; tali misure possono comprendere la vaccinazione d'emergenza secondo la procedura di cui all'articolo 19.

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Articolo 6

Misure in caso di conferma della presenza di peste suina classica in aziende comprendenti diverse unità di produzione.

1. In caso di conferma di peste suina classica in aziende comprendenti due o più unità di produzione distinte, l'autorità competente, per consentire che sia portato a termine l'ingrasso dei suini, può derogare alle disposizioni dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera a), per quanto riguarda le unità di produzione suina sane di una azienda infetta, purché il veterinario ufficiale abbia confermato che la struttura, le dimensioni di dette unità di produzione e la distanza tra le stesse, nonché le operazioni che vi sono effettuate, sono tali che, dal punto di vista della stabulazione, del governo e dell'alimentazione, le unità di produzione sono completamente distinte, tanto da rendere impossibile la propagazione del virus da un'unità di produzione all'altra.

2. Ove decidano di applicare la deroga di cui al paragrafo 1, gli Stati membri ne fissano le relative modalità in base alle garanzie sanitarie offerte.

3. Gli Stati membri che si avvalgono della deroga ne informano senza indugio la Commissione. In tutti i casi, la Commissione esamina la situazione immediatamente con lo Stato membro interessato e quanto prima possibile in sede di comitato veterinario permanente. Le misure eventualmente necessarie per evitare la diffusione della malattia sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.

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Articolo 7

Misure destinate alle aziende che hanno avuto contatti.

1. Sono riconosciute come aziende che hanno avuti contatti le aziende per le quali il veterinario ufficiale riscontri o ritenga, sulla base dell'indagine epidemiologica eseguita in conformità dell'articolo 8, che il virus della peste suina classica possa essere stato introdotto da altre aziende nell'azienda di cui all'articolo 4 o all'articolo 5 o dall'azienda di cui all'articolo 4 o all'articolo 5 in altre aziende.

In tali aziende si applicano le disposizioni dell'articolo 4 fino a quando il sospetto di peste suina classica sia ufficialmente escluso.

2. Qualora la situazione epidemiologica lo richieda, l'autorità competente applica le misure previste all'articolo 5, paragrafo 1, nelle aziende che hanno avuto contatti di cui al paragrafo 1 del presente articolo.

Per poter confermare o escludere la presenza del virus della peste suina classica in tali aziende, all'atto dell'abbattimento viene prelevato dai suini un numero sufficiente di campioni, conformemente al manuale di diagnostica.

3. Nell'allegato V figurano i principali criteri e fattori di rischio da valutare ai fini dell'applicazione delle misure di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettera a), nelle aziende che hanno avuto contatti. Tali criteri e fattori di rischio possono essere successivamente modificati o completati, secondo la procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2, per tener conto dei progressi e delle esperienze in campo scientifico.

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Articolo 8

Indagine epidemiologica.

Gli Stati membri provvedono affinché l'indagine epidemiologica riguardante casi sospetti o focolai di peste suina classica sia effettuata utilizzando questionari predisposti nell'ambito dei piani di emergenza di cui all'articolo 22.

L'indagine epidemiologica verte almeno sui seguenti elementi:

a) periodo durante il quale la peste suina classica può essere stata presente nell'azienda prima della notificazione o del sospetto della malattia;

b) possibile origine della peste suina classica nell'azienda e identificazione delle altre aziende nelle quali i suini possano essere stati infettati o contaminati dalla stessa fonte;

c) movimenti di persone, di veicoli, di suini, di carcasse, di sperma, di carni o di qualsiasi materiale che possa aver veicolato il virus all'esterno o all'interno dell'azienda.

Se dai risultati dell'indagine emerge che la peste suina classica può essersi propagata da aziende o verso aziende situate in altri Stati membri, la Commissione e gli Stati membri interessati vengono immediatamente informati.

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Articolo 9

Creazione di zone di protezione e di sorveglianza.

1. Non appena la diagnosi della peste suina classica nei suini di un'azienda è ufficialmente confermata, l'autorità competente crea, intorno alla zona colpita dal focolaio, una zona di protezione con un raggio di almeno 3 km, inserita in una zona di sorveglianza con un raggio di almeno 10 km.

In tali zone vengono applicate rispettivamente le misure di cui agli articoli 10 e 11.

2. Nel definire queste zone l'autorità competente tiene conto dei seguenti elementi:

a) risultati dell'indagine epidemiologica effettuata conformemente all'articolo 8;

b) situazione geografica, con particolare riferimento alle frontiere naturali o artificiali;

c) ubicazione e vicinanza delle aziende;

d) modalità relative ai movimenti e alla commercializzazione dei suini e disponibilità di macelli;

e) strutture e personale disponibili per controllare eventuali movimenti di suini all'interno delle zone, in particolare se i suini da abbattere devono essere allontanati dall'azienda d'origine.

3. Se una zona include parti del territorio di più Stati membri, l'autorità competente di ciascuno Stato membro interessato collabora per la delimitazione di questa zona.

4. L'autorità competente prende tutte le misure necessarie, incluso il ricorso a cartelli indicatori e di avvertimento ben visibili, nonché a mezzi di comunicazione quali la stampa e la televisione, per garantire che tutte le persone presenti nelle zone di protezione e di sorveglianza siano perfettamente al corrente delle restrizioni in vigore ai sensi degli articoli 10 e 11 e adotta tutti i provvedimenti opportuni per garantire un'adeguata applicazione delle misure suddette.

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Articolo 10

Misure destinate alla zona di protezione.

1. Gli Stati membri provvedono affinché siano applicate le misure seguenti nella zona di protezione:

a) un censimento di tutte le aziende è effettuato quanto prima possibile; entro sette giorni dalla creazione della zona di protezione, le aziende sono ispezionate da un veterinario ufficiale che procede all'esame clinico dei suini e al controllo del registro e dei marchi di identificazione dei suini di cui agli articoli 4 e 5 della direttiva 92/102/CEE;

b) sono vietati la circolazione e il trasporto di suini sulle strade pubbliche o private ad eccezione, ove necessario, delle strade di accesso alle aziende, salvo accordo dell'autorità competente per consentire i movimenti di cui alla lettera f). Tale divieto può non essere applicato per il transito di suini su strada o per ferrovia, a condizione che non siano effettuate operazioni di scarico o soste. Secondo la procedura prevista all'articolo 27, paragrafo 2, si può inoltre derogare a queste disposizioni per quanto riguarda i suini da macello provenienti dall'esterno della zona di protezione e diretti verso un macello situato in detta zona per esservi immediatamente abbattuti;

c) una volta utilizzati, gli autocarri, gli altri veicoli e le attrezzature impiegate per il trasporto di suini o di altro bestiame o di materiale potenzialmente contaminato (quali carcasse, alimenti, concime, deiezioni liquide, ecc.) vengono puliti, disinfettati e sottoposti a trattamento quanto prima possibile, conformemente alle disposizioni e alle procedure previste all'articolo 12. Gli autocarri o i veicoli impiegati per il trasporto dei suini non possono lasciare la zona senza essere stati puliti, disinfettati e successivamente ispezionati e autorizzati dall'autorità competente;

d) è vietata, salvo autorizzazione dell'autorità competente, l'entrata o l'uscita dall'azienda di qualsiasi altro animale domestico;

e) tutti i suini morti o malati dell'azienda devono essere immediatamente dichiarati all'autorità competente, che effettua opportune indagini in conformità delle procedure descritte nel manuale di diagnostica;

f) i suini non possono uscire dall'azienda in cui si trovano durante almeno i 30 giorni successivi al completamento delle misure di pulizia e di disinfezione preliminari delle aziende infette. Allo scadere dei 30 giorni, fatte salve le condizioni previste al paragrafo 3, l'autorità competente può autorizzare l'uscita dall'azienda dei suini ai fini del loro trasporto diretto:

- in un macello designato dall'autorità competente, ubicato di preferenza nella zona di protezione o nella zona di sorveglianza, ai fini dell'immediata macellazione degli animali,

- in un impianto di trasformazione o in un altro impianto appropriato ai fini dell'immediato abbattimento e della trasformazione delle carcasse sotto controllo ufficiale, o

- in circostanze eccezionali, in altri locali ubicati nella zona di protezione. Gli Stati membri che si avvalgono di questa disposizione ne informano immediatamente la Commissione in sede di Comitato veterinario permanente;

g) lo sperma, gli ovuli e gli embrioni di suini non possono uscire da aziende situate all'interno della zona di protezione;

h) chiunque entri o esca da aziende suinicole deve osservare opportune norme igieniche intese a ridurre il rischio di propagazione del virus della peste suina classica.

2. Se i divieti di cui al paragrafo 1 sono mantenuti oltre il limite di 30 giorni a causa dell'insorgere di nuovi focolai della malattia, con conseguenti problemi nella custodia degli animali riguardo al loro benessere o ad altri aspetti, l'autorità competente può autorizzare, dietro richiesta motivata presentata dal proprietario e fatte salve le condizioni di cui al paragrafo 3, l'uscita dei suini da un'azienda ubicata nella zona di protezione ai fini del loro trasporto diretto:

a) in un macello designato dall'autorità competente, ubicato di preferenza nella zona di protezione o nella zona di sorveglianza, ai fini dell'immediata macellazione degli animali;

b) in un impianto di trasformazione o in un altro impianto appropriato ai fini dell'immediato abbattimento e della trasformazione delle carcasse sotto controllo ufficiale; o

c) in circostanze eccezionali, in altri locali ubicati nella zona di protezione. Gli Stati membri che si avvalgono di questa disposizione ne informano immediatamente la Commissione in sede di Comitato veterinario permanente.

3. Ove si faccia riferimento al presente paragrafo, l'autorità competente può autorizzare l'uscita dei suini dall'azienda purché:

a) un veterinario ufficiale abbia effettuato un esame clinico dei suini presenti nell'azienda, in particolare di quelli che devono essere trasportati, comprendente in particolare la misurazione della temperatura corporea di parte degli animali, ed eseguito un controllo del registro e dei marchi di identificazione dei suini di cui agli articoli 4 e 5 della direttiva 92/102/CEE;

b) i suddetti controlli ed esami non abbiano evidenziato segni suggestivi di peste suina classica ed abbiano dimostrato il rispetto delle disposizioni della direttiva 92/102/CEE;

c) il trasporto dei suini sia effettuato con automezzi sigillati a cura dell'autorità competente;

d) i veicoli e le attrezzature utilizzati per il trasporto dei suini siano immediatamente puliti e disinfettati dopo il loro utilizzo, conformemente alle disposizioni dell'articolo 12;

e) se i suini sono destinati alla macellazione o all'abbattimento sia prelevato, in conformità del manuale di diagnostica, un numero sufficiente di campioni per poter confermare o escludere la presenza del virus della peste suina classica in tali aziende;

f) se i suini devono essere trasportati in un macello:

- l'autorità competente responsabile del macello sia informata dell'intenzione di inviarvi suini e notifichi l'arrivo degli animali all'autorità competente che ha effettuato la spedizione,

- all'arrivo al macello i suini siano detenuti e macellati separatamente dagli altri suini,

- durante l'ispezione ante e post mortem effettuata presso il macello designato, l'autorità competente prenda in considerazione eventuali sintomi di peste suina classica,

- le carni fresche ottenute da tali suini siano trasformate ovvero contrassegnate dal bollo speciale di cui all'articolo 5 della direttiva 72/461/CEE del Consiglio e successivamente trattate in conformità delle norme previste all'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 80/215/CEE del Consiglio. Dette operazioni devono essere effettuate in uno stabilimento designato dall'autorità competente. Le carni sono inviate al suddetto stabilimento a condizione che la partita sia sigillata prima della partenza e lo resti per tutta la durata del trasporto.

4. L'applicazione delle misure nella zona di protezione è mantenuta perlomeno fino al momento in cui:

a) siano state effettuate le operazioni di pulizia e disinfezione nelle aziende infette;

b) i suini presenti in tutte le aziende siano stati sottoposti ad esami clinici e di laboratorio in conformità del manuale di diagnostica, per individuare l'eventuale presenza del virus della peste suina classica.

Gli accertamenti di cui alla lettera b) non possono essere effettuati prima che scadano 30 giorni dal completamento delle operazioni preliminari di pulizia e di disinfezione nelle aziende infette.

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Articolo 11

Misure destinate alla zona di sorveglianza.

1. Gli Stati membri provvedono affinché siano applicate le misure seguenti nella zona di sorveglianza:

a) è effettuato un censimento di tutti gli allevamenti suinicoli;

b) sono vietati la circolazione e il trasporto di suini sulle strade pubbliche o private, ad eccezione, ove necessario, delle strade di accesso alle aziende, salvo accordo dell'autorità competente. Tale divieto può non essere applicato per il transito di suini su strada o per ferrovia, a condizione che non siano effettuate operazioni di scarico o soste, nonché per i suini da macello provenienti dall'esterno della zona di protezione e diretti verso un macello situato in detta zona per esservi immediatamente abbattuti;

c) una volta utilizzati, gli autocarri, gli altri veicoli e le attrezzature impiegate per il trasporto di suini o di altro bestiame o di materiale potenzialmente contaminato (quali carcasse, alimenti, concime, deiezioni liquide, ecc.) vengono puliti e disinfettati e sottoposti a trattamento quanto prima possibile, conformemente alle disposizioni e alle procedure previste all'articolo 12. Gli autocarri o i veicoli impiegati per il trasporto dei suini non possono lasciare la zona senza essere stati puliti e disinfettati;

d) nessun altro animale domestico può penetrare nell'azienda o uscirne senza l'autorizzazione dell'autorità competente durante i primi sette giorni successivi alla creazione della zona;

e) tutti i suini morti o malati dell'azienda devono essere immediatamente dichiarati all'autorità competente che effettua opportune indagini in conformità delle procedure descritte nel manuale di diagnostica;

f) i suini non possono uscire dall'azienda in cui si trovano durante almeno i 21 giorni successivi al completamento delle misure di pulizia e di disinfezione preliminari delle aziende infette. Allo scadere dei 21 giorni, fatte salve le condizioni previste all'articolo 10, paragrafo 3, l'autorità competente può autorizzare l'uscita dall'azienda dei suini ai fini del loro trasporto diretto:

- in un macello designato dall'autorità competente, ubicato di preferenza nella zona di protezione o nella zona di sorveglianza, ai fini dell'immediata macellazione degli animali,

- in un impianto di trasformazione o in un altro impianto appropriato ai fini dell'immediato abbattimento e della trasformazione delle carcasse sotto controllo ufficiale, o

- in circostanze eccezionali, in altri locali ubicati nella zona di protezione o di sorveglianza. Gli Stati membri che si avvalgono di questa disposizione ne informano immediatamente la Commissione in sede di Comitato veterinario permanente.

Tuttavia, se i suini devono essere trasportati in un macello, su richiesta di uno Stato membro corredata dalle opportune motivazioni e secondo la procedura prevista all'articolo 27, paragrafo 2, possono essere concesse deroghe all'articolo 10, paragrafo 3, lettere e) e f), quarto trattino, in particolare per quanto riguarda la marchiatura delle carni di tali suini e la loro successiva utilizzazione, nonché la destinazione dei prodotti sottoposti a trattamento;

g) lo sperma, gli ovuli e gli embrioni di suini non possono uscire da aziende situate all'interno della zona di sorveglianza;

h) chiunque entri o esca da aziende suinicole deve osservare opportune norme igieniche intese a ridurre il rischio di propagazione della peste suina classica.

2. Se i divieti di cui al paragrafo 1 sono mantenuti oltre il limite di 30 giorni a causa dell'insorgere di nuovi focolai della malattia, con conseguenti problemi nella custodia degli animali riguardo al loro benessere o ad altri aspetti, l'autorità competente può autorizzare, dietro richiesta motivata presentata dal proprietario e fatte salve le condizioni di cui all'articolo 10, paragrafo 3, il trasporto di suini da un'azienda ubicata nella zona di sorveglianza ai fini del loro trasporto diretto:

a) in un macello designato dall'autorità competente, ubicato di preferenza nella zona di protezione o nella zona di sorveglianza, ai fini dell'immediata macellazione degli animali;

b) in un impianto di trasformazione o in un altro impianto appropriato ai fini dell'immediato abbattimento e della trasformazione delle carcasse sotto controllo ufficiale; o

c) in circostanze eccezionali, in altri locali ubicati nella zona di protezione o di sorveglianza. Gli Stati membri che si avvalgono di questa disposizione ne informano immediatamente la Commissione in sede di Comitato veterinario permanente.

3. L'applicazione delle misure nella zona di sorveglianza è mantenuta perlomeno fino al momento in cui:

a) siano state effettuate le operazioni di pulizia e disinfezione nelle aziende infette;

b) i suini presenti in tutte le aziende siano stati sottoposti ad esami clinici e, ove del caso, ad analisi di laboratorio in conformità del manuale di diagnostica, per individuare l'eventuale presenza del virus della peste suina classica.

Gli accertamenti di cui alla lettera b) non possono essere effettuati prima che scadano 20 giorni dal completamento delle operazioni preliminari di pulizia e di disinfezione nelle aziende infette.

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Articolo 12

Pulizia e disinfezione.

1. Gli Stati membri provvedono affinché:

a) i disinfettanti da usare e le relative concentrazioni siano ufficialmente approvati dall'autorità competente;

b) le operazioni di pulizia e disinfezione siano effettuate sotto controllo ufficiale conformemente:

- alle istruzioni impartite dal veterinario ufficiale, e

- ai principi e alle procedure di pulizia, disinfezione e trattamento che figurano nell'allegato II.

2. I principi e le procedure di pulizia e disinfezione di cui all'allegato II possono essere successivamente modificati o completati, secondo la procedura definita all'articolo 26, paragrafo 2, per tener conto dei progressi e delle esperienze in campo scientifico.

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Articolo 13

Ripopolamento delle aziende suinicole a seguito di focolai di peste suina classica.

1. La reintroduzione dei suini nelle aziende di cui all'articolo 5 non può avvenire prima che siano trascorsi 30 giorni dalla fine delle operazioni di pulizia e disinfezione in conformità dell'articolo 12.

2. Essa è effettuata tenendo conto del tipo di allevamento praticato nell'azienda considerata e in conformità delle seguenti disposizioni:

a) se si tratta di un allevamento all'aperto, la reintroduzione dei suini inizia con l'introduzione di suini sentinella preventivamente sottoposti ad esame, con esito negativo, per quanto concerne la presenza di anticorpi del virus della peste suina classica o provenienti da aziende non soggette a restrizioni inerenti alla stessa. I suini sentinella sono distribuiti, conformemente alle condizioni stabilite dall'autorità competente, sull'intera azienda infetta e sono sottoposti a campionamento dopo 40 giorni dall'introduzione nell'azienda, per rilevare l'eventuale presenza di anticorpi, in conformità del manuale di diagnostica.

Se in nessuno dei suini è stata riscontrata la presenza di anticorpi del virus della peste suina classica si può procedere al ripopolamento totale dell'azienda. I suini possono lasciare l'azienda solo se l'esame sierologico ha fornito risultati negativi;

b) per tutti gli altri tipi di allevamento, la reintroduzione dei suini si effettua conformemente alle misure di cui alla lettera a) oppure mediante ripopolamento totale, a condizione che:

- tutti i suini arrivino in un arco di tempo di 20 giorni e provengano da aziende non soggette a restrizioni inerenti alla peste suina classica,

- i suini dell'allevamento ripopolato siano sottoposti a un esame sierologico conformemente al manuale di diagnostica. Il campionamento per l'esame suddetto è effettuato non prima di 40 giorni dall'arrivo degli ultimi suini,

- i suini possano lasciare l'azienda solo se l'esame sierologico ha fornito risultati negativi.

3. Tuttavia, se sono trascorsi più di sei mesi dal completamento delle operazioni di pulizia e disinfezione nell'azienda, l'autorità competente può autorizzare deroghe alle disposizioni di cui al paragrafo 2, tenendo conto della situazione epidemiologica.

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Articolo 14

Misure in caso di sospetto o di conferma della presenza della peste suina classica in un macello o in mezzi di trasporto.

1. Ove si sospetti la presenza di peste suina classica in un macello o in mezzi di trasporto, gli Stati membri provvedono affinché l'autorità competente metta immediatamente in atto tutti i mezzi ufficiali di indagine per confermare o escludere la presenza della malattia, in conformità delle procedure definite nel manuale di diagnostica.

2. Qualora venga individuato un caso di peste suina classica in un macello o in mezzi di trasporto, l'autorità competente provvede affinché:

a) siano immediatamente abbattuti tutti gli animali esposti all'infezione presenti nel macello o nei mezzi di trasporto di cui trattasi;

b) le carcasse, le frattaglie e i rifiuti di animali che possono essere stati infettati o contaminati siano distrutti sotto controllo ufficiale;

c) le operazioni di pulizia e di disinfezione degli edifici e delle attrezzature, veicoli inclusi, vengano effettuate sotto il controllo del veterinario ufficiale in conformità dell'articolo 12;

d) sia effettuata un'indagine epidemiologica applicando per analogia l'articolo 8;

e) l'isolato del virus della peste suina classica sia sottoposto alla procedura di laboratorio definita nel manuale di diagnostica ai fini dell'identificazione del tipo genetico del virus;

f) le misure di cui all'articolo 7 siano applicate nell'azienda da cui provengono i suini o le carcasse infette e nelle altre aziende che hanno avuto contatti; salvo diversa indicazione risultante dall'indagine epidemiologica, le misure di cui all'articolo 5, paragrafo 1, siano applicate nell'azienda d'origine dei suini o delle carcasse infette;

g) non siano reintrodotti animali destinati al macello o al trasporto per un periodo di almeno 24 ore dal completamento delle operazioni di pulizia e di disinfezione effettuate conformemente all'articolo 12.

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Articolo 15

Misure in caso di sospetto e di conferma della presenza della peste suina classica in popolazioni di suini selvatici.

1. Non appena è informata del sospetto di infezione di suini selvatici, l'autorità competente dello Stato membro in causa adotta tutte le misure necessarie per confermare o escludere la presenza della malattia, fornendo informazioni ai proprietari di suini e ai cacciatori ed esaminando, anche mediante analisi di laboratorio, tutti i suini selvatici uccisi o trovati morti.

2. Non appena sia confermato un caso primario di peste suina classica in popolazioni di suini selvatici, al fine di contenere la diffusione della malattia, l'autorità competente provvede senza indugio:

a) ad istituire un gruppo di esperti comprendente veterinari, cacciatori, biologi ed epidemiologi specializzati nella fauna selvatica. Il gruppo di esperti assiste l'autorità competente:

- nello studio della situazione epidemiologica e nella determinazione della zona infetta conformemente alle disposizioni di cui all'articolo 16, paragrafo 3, lettera b),

- nella definizione di adeguate misure da applicare nella zona infetta a completamento delle misure di cui alle lettere b) e c); tali misure possono comprendere la sospensione della caccia e il divieto di nutrire suini selvatici,

- nella stesura del piano di eradicazione da presentare alla Commissione in conformità dell'articolo 16,

- nell'esecuzione di verifiche intese ad accertare l'efficacia delle misure adottate ai fini dell'eradicazione della peste suina classica dalla zona infetta;

b) a sottoporre a sorveglianza ufficiale le aziende ubicate nella zona definita infetta ordinando in particolare che:

- sia effettuato un censimento ufficiale di tutte le categorie di suini presenti nelle varie aziende; il censimento deve essere aggiornato dal proprietario. I dati del censimento debbono essere esibiti a richiesta e possono essere verificati ad ogni ispezione. Tuttavia, per quanto riguarda gli allevamenti all'aperto, il primo censimento potrà essere effettuato sulla base di una stima,

- tutti i suini dell'azienda siano trattenuti nei loro locali di stabulazione, o confinati in altri luoghi che consentano di isolarli dai suini selvatici, i quali non debbono avere accesso ad alcun materiale che possa in seguito entrare in contatto con i suini dell'azienda,

- sia vietata l'entrata e l'uscita di suini dall'azienda, salvo autorizzazione dell'autorità competente in funzione della situazione epidemiologica,

- presso le entrate e le uscite dei fabbricati di stabulazione dei suini e dell'azienda siano posti in atto appropriati metodi di disinfezione,

- chiunque venga a contatto con suini selvatici applichi adeguate misure igieniche intese a ridurre il rischio di diffusione del virus della peste suina classica; tali misure possono includere un divieto temporaneo di accesso ad un'azienda suinicola per le persone che sono venute a contatto con suini selvatici,

- sia controllata la presenza di peste suina classica in tutti i suini morti o ammalati nell'azienda che presentino sintomi di peste suina classica,

- sia vietata l'entrata nell'azienda di qualsiasi parte di suino selvatico ucciso o trovato morto e di qualsiasi materiale o attrezzatura potenzialmente contaminati dal virus della peste suina classica,

- dalla zona infetta non escano suini, sperma, ovuli e embrioni a fini di scambi intracomunitari;

c) a disporre che tutti i suini selvatici trovati morti o uccisi nella zona definita infetta siano sottoposti ad ispezione a cura di un veterinario ufficiale, nonché ad un esame inteso ad accertare la presenza della peste suina classica in conformità del manuale di diagnostica. Le carcasse di tutti gli animali risultati positivi sono trasformate sotto controllo ufficiale. Se detti esami risultano negativi per quanto riguarda la peste suina classica, gli Stati membri applicano le misure previste dall'articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 92/45/CEE del Consiglio. Le parti non destinate al consumo umano vengono trasformate sotto controllo ufficiale;

d) a fare in modo che l'isolato del virus della peste suina classica sia sottoposto alla procedura di laboratorio indicata nel manuale di diagnostica ai fini dell'identificazione del tipo genetico del virus.

3. Qualora in uno Stato membro si riscontri un caso di peste suina classica fra i suini selvatici presenti in una zona situata in prossimità di un altro Stato membro, gli Stati membri interessati collaborano alla definizione delle misure di lotta contro la malattia.

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Articolo 16

Piani di eradicazione della peste suina classica in popolazioni di suini selvatici.

1. Fatte salve le misure previste all'articolo 15, entro 90 giorni dalla conferma di un caso primario di peste suina classica in popolazioni di suini selvatici, gli Stati membri presentano alla Commissione il piano delle misure adottate ai fini dell'eradicazione della malattia nella zona definita infetta nonché delle misure applicate alle aziende ubicate in tale zona.

La Commissione esamina il piano per stabilire se esso consente di conseguire l'obiettivo prefisso. Il piano, eventualmente modificato, è approvato conformemente alla procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.

Il piano può successivamente essere modificato o integrato per tener conto dell'evoluzione della situazione.

Se tali modifiche riguardano la ridefinizione dell'area infetta, gli Stati membri curano che la Commissione e gli altri Stati membri ne siano immediatamente informati.

Se le modifiche vertono invece su altre disposizioni del piano, gli Stati membri presentano alla Commissione il piano modificato affinché sia esaminato ed eventualmente approvato secondo la procedura prevista all'articolo 27, paragrafo 2.

2. Una volta approvate, le misure contemplate nel piano di cui al paragrafo 1 sostituiscono le misure originarie previste all'articolo 15 ad una data stabilita durante la procedura di approvazione.

3. Il piano di cui al paragrafo 1 contiene informazioni concernenti:

a) l'esito delle indagini epidemiologiche e dei controlli effettuati conformemente all'articolo 15 e la distribuzione geografica della malattia;

b) la zona definita infetta compresa nel territorio dello Stato membro interessato; nel definire la zona infetta, l'autorità competente deve tener conto dei seguenti elementi:

- l'esito delle indagini epidemiologiche effettuate e la distribuzione geografica della malattia,

- la popolazione di suini selvatici della zona,

- la presenza di barriere naturali o artificiali che ostacolino fortemente gli spostamenti di suini selvatici;

c) l'organizzazione di stretti rapporti di cooperazione tra biologi, cacciatori, associazioni venatorie, servizi responsabili della fauna selvatica e servizi veterinari (salute animale e sanità pubblica);

d) la campagna d'informazione da attuare per sensibilizzare i cacciatori alle misure che essi devono adottare nel quadro del programma di eradicazione;

e) le iniziative specifiche intese a determinare il numero e l'ubicazione delle metapopolazioni di suini selvatici nella zona infetta e nelle aree limitrofe;

f) il numero approssimativo delle metapopolazioni di suini selvatici presenti nelle zone suddette e la loro taglia;

g) le iniziative specifiche intese a determinare il grado di propagazione dell'infezione tra i suini selvatici mediante l'esame degli animali uccisi dai cacciatori o trovati morti e mediante analisi di laboratorio, comprese indagini epidemiologiche per categorie di età;

h) le misure adottate per ridurre la diffusione della malattia a seguito di movimenti di suini selvatici e/o contatti tra metapopolazioni di suini selvatici; tali misure possono comprendere il divieto di caccia;

i) le misure adottate per ridurre la popolazione di suini selvatici e in particolare di suinetti esposta all'infezione;

j) i requisiti che i cacciatori devono rispettare per evitare qualsiasi diffusione della malattia;

k) il metodo di eliminazione dei suini selvatici trovati morti o uccisi, basato:

- sulla trasformazione sotto controllo ufficiale, o

- sull'ispezione di un veterinario ufficiale e sugli esami di laboratorio previsti nel manuale di diagnostica; le carcasse di tutti gli animali risultati positivi sono trasformate sotto controllo ufficiale; se detti esami risultano negativi per quanto riguarda la peste suina classica, gli Stati membri applicano le misure previste all'articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 92/45/CEE; le parti non destinate al consumo umano vengono trasformate sotto controllo ufficiale;

l) l'indagine epidemiologica eseguita su ciascun suino selvatico ucciso o trovato morto; detta indagine include obbligatoriamente le risposte ad un questionario con informazioni concernenti:

- il settore geografico in cui l'animale è stato trovato morto o ucciso,

- la data di ritrovamento dell'animale (morto o ucciso),

- la persona che ha trovato o ucciso l'animale,

- l'età e il sesso dell'animale,

- se è stato ucciso: i sintomi constatati prima dell'uccisione,

- se è stato trovato morto: lo stato della carcassa,

- i risultati delle prove di laboratorio;

m) i programmi di sorveglianza e le misure di profilassi applicabili alle aziende ubicate nella zona definita infetta e, se necessario, nelle vicinanze della stessa, incluso il trasporto e la circolazione di animali all'interno, all'entrata o all'uscita di questa zona; tali misure comprendono almeno il divieto di far uscire suini, sperma, embrioni o ovuli dalla zona infetta a fini di scambi intracomunitari;

n) altri criteri da applicare per abolire le misure adottate ai fini dell'eradicazione della malattia nella zona definita e le misure applicate alle aziende ivi ubicate;

o) l'autorità cui competono la supervisione e il coordinamento dei servizi responsabili dell'attuazione del programma;

p) il sistema istituito per consentire al gruppo di esperti designato in conformità dell'articolo 15, paragrafo 2, lettera a), di verificare periodicamente i risultati del programma di eradicazione;

q) le misure di sorveglianza della malattia da applicare allo scadere di un periodo di almeno 12 mesi dalla conferma dell'ultimo caso di peste suina classica nei suini selvatici della zona definita infetta; dette misure di sorveglianza sono mantenute per un periodo minimo di 12 mesi e comprendono almeno le misure già attuate in conformità delle lettere g), k) e l).

4. Ogni sei mesi sono trasmessi alla Commissione e agli altri Stati membri una relazione sulla situazione epidemiologica nell'area definita e i risultati del programma di eradicazione.

Ulteriori modalità riguardanti le informazioni da trasmettere a cura degli Stati membri possono essere adottate conformemente alla procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2.

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Articolo 17

Procedure diagnostiche e requisiti in materia di biosicurezza.

1. Gli Stati membri provvedono affinché:

a) le procedure diagnostiche, il prelievo di campioni e gli esami di laboratorio diretti ad individuare la presenza di peste suina classica siano effettuati in conformità del manuale di diagnostica;

b) il coordinamento degli standard e dei metodi diagnostici in ciascuno Stato membro sia assicurato da un laboratorio nazionale, conformemente all'allegato III.

2. Il laboratorio nazionale menzionato al paragrafo 1, lettera b), assicura il collegamento col laboratorio comunitario di riferimento alle condizioni indicate nell'allegato IV. Fatto salvo il disposto della decisione 90/424/CEE, in particolare l'articolo 28, le competenze e i compiti del laboratorio sono quelli indicati nel suddetto allegato.

3. Al fine di garantire l'uniformità delle procedure diagnostiche della peste suina classica, entro due mesi dall'entrata in vigore della presente direttiva è approvato, secondo la procedura prevista all'articolo 26, paragrafo 2, un manuale di diagnostica della peste suina classica nel quale sono definiti almeno:

a) i requisiti minimi in materia di biosicurezza e le norme di qualità minime che devono essere osservate dai laboratori di diagnosi della peste suina classica e per il trasporto dei campioni;

b) i criteri e le procedure da seguire nell'esecuzione di esami clinici o post mortem intesi a confermare o ad escludere la presenza della peste suina classica;

c) i criteri e le procedure da seguire per la raccolta di campioni da suini vivi o dalle loro carcasse al fine di confermare o escludere la diagnosi di peste suina classica mediante esami di laboratorio, compresi i metodi di campionamento ai fini di indagini sierologiche o virologiche effettuate nel quadro dell'applicazione delle misure previste dalla presente direttiva;

d) gli esami di laboratorio da utilizzare per la diagnosi della peste suina classica, compresi:

- test per la diagnosi differenziale tra virus della peste suina classica ed altri Pestivirus, e

- se disponibili e idonei, test che consentano di distinguere la struttura degli anticorpi prodotti da un vaccino marcatore da quella degli anticorpi prodotti dal virus di tipo selvatico della peste suina classica,

- i criteri di valutazione dei risultati degli esami di laboratorio;

e) le tecniche di laboratorio per la tipizzazione genetica degli isolati del virus della peste suina classica.

4. Per garantire adeguate condizioni di biosicurezza e tutelare la salute degli animali, il virus della peste suina classica, il genoma e gli antigeni del virus, nonché i vaccini possono essere manipolati o utilizzati a fini di ricerca, diagnosi o fabbricazione esclusivamente in luoghi, stabilimenti o laboratori riconosciuti dall'autorità competente.

L'elenco dei luoghi, stabilimenti o laboratori riconosciuti è trasmesso alla Commissione anteriormente al 1° maggio 2003 (7), e viene in seguito mantenuto aggiornato.

5. Le disposizioni degli allegati III e IV e il manuale di diagnostica possono essere completati o modificati secondo la procedura prevista dall'articolo 26, paragrafo 2.

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(7) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 27 giugno 2002, n. L 168.

 

Articolo 18

Impiego, fabbricazione e vendita di vaccini contro la peste suina classica.

1. Gli Stati membri provvedono affinché:

a) sia vietato l'impiego di vaccini contro la peste suina classica;

b) la manipolazione, la fabbricazione, il magazzinaggio, la fornitura, la distribuzione e la vendita sul territorio della Comunità di vaccini contro la peste suina classica siano effettuati sotto controllo ufficiale.

2. Se del caso, possono essere adottate disposizioni concernenti la produzione, l'imballaggio, la distribuzione e lo stato delle scorte di vaccini contro la peste suina classica nella Comunità in conformità della procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2.

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Articolo 19

Vaccinazione d'emergenza nelle aziende suinicole.

1. In deroga all'articolo 18, paragrafo 1, lettera a), qualora in determinate aziende suinicole sia confermata la presenza di peste suina classica e i dati epidemiologici disponibili suggeriscano un rischio di propagazione della malattia, si può fare ricorso nelle aziende in questione alla vaccinazione d'emergenza in conformità delle procedure e disposizioni previste ai paragrafi da 2 a 9 del presente articolo.

2. Fatte salve le disposizioni dell'articolo 5, paragrafo 2, i principali criteri e fattori di rischio da valutare ai fini dell'applicazione della vaccinazione d'emergenza sono definiti nell'allegato VI. Tali criteri e fattori di rischio possono essere successivamente modificati o completati secondo la procedura definita all'articolo 26, paragrafo 2, per tener conto dei progressi e delle esperienze in campo scientifico.

3. Gli Stati membri che intendono ricorrere alla vaccinazione presentano alla Commissione un apposito piano per la vaccinazione d'emergenza che comprenda almeno le seguenti informazioni:

a) la situazione della malattia che giustifica la richiesta di una vaccinazione d'emergenza;

b) i limiti della zona geografica in cui deve essere attuata la vaccinazione d'emergenza e il numero di aziende suinicole ivi ubicate;

c) le categorie di suini e il numero approssimativo dei suini da vaccinare;

d) il vaccino da utilizzare;

e) la durata della campagna di vaccinazione;

f) l'identificazione e la registrazione degli animali vaccinati;

g) le misure concernenti la circolazione di suini e di prodotti derivati;

h) i criteri da seguire per decidere in merito all'applicazione della vaccinazione o delle misure di cui all'articolo 7, paragrafo 2 nelle aziende che hanno avuto contatti;

i) altri aspetti riguardanti la situazione d'emergenza, compresi gli esami clinici e di laboratorio da praticare su campioni prelevati nelle aziende sottoposte a vaccinazione e nelle altre aziende situate nella zona di vaccinazione, in particolare se è previsto l'impiego di un vaccino marcatore.

La Commissione esamina immediatamente il piano in collaborazione con lo Stato membro interessato. Secondo la procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2, il piano per la vaccinazione di emergenza può essere approvato o formare oggetto di una richiesta di modifica o di aggiunta prima dell'approvazione.

Secondo la procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2, esso può essere successivamente modificato o integrato per tener conto dell'evoluzione della situazione.

4. Salvi restando gli articoli 10 e 11, qualora si faccia ricorso alla vaccinazione d'emergenza, durante il periodo di vaccinazione lo Stato membro interessato provvede affinché:

a) nessun suino vivo esca dalla zona vaccinale, salvo per essere trasportato in un macello designato dall'autorità competente e ubicato nella zona vaccinale o nelle immediate vicinanze per esservi immediatamente abbattuto o in una sardigna o in un altro impianto appropriato ai fini dell'immediato abbattimento e della trasformazione delle carcasse sotto controllo ufficiale;

b) tutte le carni fresche ottenute da suini vaccinati durante la campagna di vaccinazione di emergenza siano trasformate o contrassegnate e trattate conformemente al disposto dell'articolo 10, paragrafo 3, lettera f), quarto trattino;

c) lo sperma, gli ovuli e gli embrioni raccolti, nei trenta giorni precedenti la vaccinazione, da suini da sottoporre a vaccinazione siano rintracciati e distrutti sotto controllo ufficiale.

5. Le disposizioni previste al paragrafo 4 sono applicabili per almeno sei mesi dopo il completamento delle operazioni di vaccinazione nella zona interessata.

6. Secondo la procedura prevista all'articolo 27, paragrafo 2, e prima che scadano i sei mesi previsti al paragrafo 5, sono adottate misure al fine di vietare:

a) ai suini sierologicamente positivi di uscire dall'azienda in cui sono detenuti, salvo per essere immediatamente macellati;

b) la raccolta di sperma, embrioni o ovuli da suini sierologicamente positivi;

c) ai suinetti nati da scrofe sierologicamente positive di uscire dall'azienda d'origine, salvo per essere trasportati:

- in un macello, per essere immediatamente macellati,

- in un'azienda designata dall'autorità competente, dalla quale saranno condotti direttamente al macello,

- in un'azienda, dopo aver subito con risultato negativo un test sierologico per la presenza di anticorpi del virus della peste suina classica.

7. In deroga al paragrafo 3, la decisione di procedere alla vaccinazione d'emergenza può essere adottata da uno Stato membro purché non siano compromessi gli interessi comunitari e sussistano le seguenti condizioni:

a) il quadro del piano per la vaccinazione d'emergenza sia elaborato conformemente all'articolo 22. Il piano specifico e la decisione di procedere alla vaccinazione d'emergenza sono presentati alla Commissione prima dell'inizio delle operazioni di vaccinazione;

b) oltre alle informazioni indicate al paragrafo 3, il piano prescriva che tutti i suini presenti nelle aziende in cui il vaccino deve essere utilizzato siano macellati o abbattuti quanto prima possibile dopo il completamento delle operazioni di vaccinazione conformemente al paragrafo 4, lettera a), e che le carni fresche ottenute da tali suini siano trasformate o contrassegnate e trattate in conformità con le disposizioni previste all'articolo 10, paragrafo 3, lettera f), quarto trattino.

Una volta adottata la decisione, il piano di vaccinazione è immediatamente esaminato dal comitato veterinario permanente. Conformemente alla procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2, il piano può essere approvato o formare oggetto di una richiesta di modifica o di aggiunta prima dell'approvazione.

8. In deroga ai paragrafi 5 e 6, le misure di cui al paragrafo 4 possono essere revocate:

a) dopo che tutti i suini delle aziende in cui è stato utilizzato il vaccino sono stati macellati o abbattuti conformemente al paragrafo 4, lettera a), e dopo che le carni fresche ottenute da tali suini sono state trasformate o contrassegnate e trattate conformemente all'articolo 10, paragrafo 3, lettera f), quarto trattino;

b) dopo che tutte le aziende in cui si trovavano animali vaccinati sono state pulite e disinfettate conformemente all'articolo 12.

Se le misure di cui al paragrafo 4 sono revocate, gli Stati membri provvedono inoltre affinché:

a) la reintroduzione di suini nelle aziende suddette non sia effettuata prima che siano trascorsi almeno dieci giorni dalla fine delle operazioni di pulizia e disinfezione e che siano stati macellati o abbattuti tutti i suini presenti nelle aziende in cui è stata praticata la vaccinazione;

b) dopo la reintroduzione, i suini presenti in tutte le aziende della zona di vaccinazione siano stati sottoposti ad esami clinici e ad analisi di laboratorio in conformità del manuale di diagnostica per individuare l'eventuale presenza del virus della peste suina classica. Nel caso di suini reintrodotti in aziende sottoposte a vaccinazione, gli esami suddetti non sono effettuati prima che siano trascorsi almeno quaranta giorni dalla reintroduzione; durante tale periodo i suini non possono uscire dall'azienda.

9. Nei casi in cui è stato utilizzato un vaccino marcatore nel corso di una campagna di vaccinazione, possono essere autorizzate deroghe ai paragrafi 4, 5 e 6, secondo la procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2, segnatamente per quanto riguarda la marchiatura delle carni di suini vaccinati e la loro successiva utilizzazione, nonché la destinazione dei prodotti sottoposti a trattamento. Le autorizzazioni sono soggette alle seguenti condizioni:

a) il piano relativo alla vaccinazione deve essere stato approvato prima dell'inizio delle operazioni di vaccinazione in conformità al paragrafo 3;

b) lo Stato membro interessato deve presentare alla Commissione una richiesta specifica, corredata di una relazione completa riguardante l'attuazione della campagna di vaccinazione, i suoi risultati e la situazione epidemiologica globale, e

c) l'attuazione della campagna di vaccinazione deve aver formato oggetto di un controllo in loco conformemente alle procedure previste all'articolo 21.

Le deroghe ai paragrafi 4, 5 e 6 sono adottate in funzione del rischio di propagazione del virus della peste suina classica a seguito di movimenti o scambi di suini vaccinati, della loro progenie o dei loro prodotti.

Articolo 20

Vaccinazione d'emergenza di suini selvatici.

1. In deroga all'articolo 18, paragrafo 1, lettera a), qualora in popolazioni di suini selvatici sia confermata la presenza di peste suina classica e i dati epidemiologici disponibili suggeriscano un rischio di propagazione della malattia, si può fare ricorso alla vaccinazione d'emergenza di suini selvatici in conformità con le procedure e le disposizioni previste dai paragrafi 2 e 3.

2. Gli Stati membri che intendono ricorrere alla vaccinazione presentano alla Commissione un apposito piano per la vaccinazione d'emergenza che comprenda le seguenti informazioni:

a) la situazione della malattia che giustifica la richiesta di una vaccinazione di emergenza;

b) i limiti della zona geografica in cui deve essere attuata la vaccinazione d'emergenza. Tale zona deve in ogni caso far parte della zona infetta definita in conformità dell'articolo 16, paragrafo 3, lettera b);

c) il tipo di vaccino da utilizzare e la procedura di vaccinazione;

d) le azioni specifiche finalizzate alla vaccinazione dei giovani animali;

e) la durata prevista della campagna di vaccinazione;

f) il numero approssimativo di suini selvatici da vaccinare;

g) le misure adottate per evitare un rapido ricambio della popolazione di suini selvatici;

h) ove del caso, le misure adottate per evitare la propagazione del virus vaccinale ai suini detenuti in aziende;

i) i risultati previsti della campagna di vaccinazione e i parametri applicabili per valutarne l'efficacia;

j) l'autorità cui competono la supervisione e il coordinamento dei servizi responsabili dell'attuazione del piano;

k) il sistema istituito per consentire al gruppo di esperti designato in conformità dell'articolo 15, paragrafo 2, lettera a), di verificare periodicamente i risultati della campagna di vaccinazione;

l) altri aspetti relativi alla situazione di emergenza.

La Commissione esamina immediatamente il piano in collaborazione con lo Stato membro interessato, in particolare per garantirne la compatibilità con le misure applicate conformemente al programma di eradicazione di cui all'articolo 16, paragrafo 1.

Se la zona di vaccinazione è situata in prossimità del territorio di un altro Stato membro nel quale sono parimenti attuate misure di eradicazione della peste suina classica dai suini selvatici, occorre garantire la coerenza tra il piano di vaccinazione e le misure applicate in tale Stato membro.

Conformemente alla procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2, il piano per la vaccinazione di emergenza può essere approvato o formare oggetto di una richiesta di modifica o di aggiunta prima dell'approvazione.

Secondo la procedura suddetta, esso può essere successivamente modificato o integrato per tener conto dell'evoluzione della situazione.

3. Ogni sei mesi, lo Stato membro interessato trasmette alla Commissione e agli altri Stati membri una relazione sui risultati della campagna di vaccinazione, accompagnata dalla relazione di cui all'articolo 16, paragrafo 4.

Articolo 21

Controlli comunitari.

Ove necessario per l'applicazione uniforme della presente direttiva, esperti della Commissione possono effettuare controlli sul posto in collaborazione con le autorità competenti degli Stati membri. Lo Stato membro nel cui territorio è effettuato un controllo fornisce agli esperti tutta l'assistenza necessaria per l'esecuzione delle loro mansioni. La Commissione informa l'autorità competente dei risultati dei controlli effettuati.

Le modalità di applicazione del presente articolo, in particolare quelle volte a disciplinare la collaborazione con le autorità nazionali, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2.

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Articolo 22

Piani di emergenza.

1. Ciascuno Stato membro redige un piano di emergenza nel quale vengono specificate le misure nazionali da applicare in caso di comparsa di peste suina classica.

Il piano consente l'accesso alle installazioni, alle attrezzature e a tutti gli altri materiali idonei necessari per una rapida ed efficace eradicazione del focolaio. Esso precisa:

a) il fabbisogno di vaccino che ciascuno Stato membro ritiene necessario nell'eventualità di una vaccinazione di emergenza;

b) le regioni in cui ci sono zone ad elevata densità di suini in ciascuno Stato membro, al fine di garantire in tali regioni un livello più elevato di sensibilizzazione e preparazione in caso di comparsa della malattia.

2. Per la stesura del piano di emergenza si applicano i criteri e i requisiti definiti nell'allegato VII.

Conformemente alla procedura prevista all'articolo 26, paragrafo 2, tali criteri e requisiti possono essere modificati o completati tenendo conto della natura specifica della peste suina classica e dell'evoluzione delle misure di lotta contro la malattia.

3. La Commissione esamina i piani allo scopo di determinare se essi consentano di raggiungere l'obiettivo perseguito e propone allo Stato membro interessato le eventuali modifiche necessarie, in particolare, a garantirne la compatibilità con quelli degli altri Stati membri.

I piani, eventualmente modificati, sono approvati con la procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2.

I piani possono successivamente essere modificati o completati secondo la procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2, in modo da tener conto dell'evolvere della situazione. In ogni caso, ciascuno Stato membro aggiorna il proprio piano ogni cinque anni e lo presenta alla Commissione per approvazione conformemente alla procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2.

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Articolo 23

Centri di lotta contro l'epizoozia e gruppi di esperti.

1. Gli Stati membri provvedono affinché, in caso di comparsa di peste suina classica, sia immediatamente istituito un centro di lotta pienamente operativo contro l'epizoozia.

2. Il centro nazionale di lotta contro l'epizoozia dirige e controlla l'operato dei centri locali di lotta contro l'epizoozia di cui al paragrafo 3. Esso è segnatamente incaricato di:

a) definire le necessarie misure di controllo;

b) garantire una pronta ed efficace attuazione delle summenzionate misure da parte dei centri locali di lotta contro l'epizoozia;

c) mettere personale ed altre risorse a disposizione dei centri locali di lotta contro l'epizoozia;

d) fornire informazioni alla Commissione, agli altri Stati membri, alle organizzazioni veterinarie nazionali, alle autorità nazionali e alle organizzazioni agricole e commerciali;

e) organizzare, se opportuno, una vaccinazione d'emergenza e definire le zone di vaccinazione;

f) mantenere i collegamenti con i laboratori diagnostici;

g) mantenere i collegamenti con la stampa e altri media;

h) mantenere i collegamenti con le autorità di polizia per garantire misure specifiche.

3. Gli Stati membri provvedono affinché siano immediatamente istituiti, in caso di comparsa di peste suina classica, centri locali di lotta contro l'epizoozia pienamente operativi.

4. Tuttavia talune funzioni del centro nazionale di lotta contro l'epizoozia possono essere trasferite al centro locale di lotta contro l'epizoozia operante al livello amministrativo di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera p) della direttiva 64/432/CEE o ad un livello più alto, a condizione che non siano compromessi gli obiettivi del centro nazionale di lotta contro l'epizoozia.

5. Gli Stati membri istituiscono un gruppo permanente di esperti che disponga delle conoscenze specialistiche necessarie per assistere l'autorità competente nel garantire un'adeguata preparazione in caso di comparsa della malattia.

In caso di comparsa della malattia il gruppo di esperti assiste l'autorità competente almeno per i seguenti aspetti:

a) l'indagine epidemiologica;

b) la campionatura, l'analisi e l'interpretazione dei risultati dagli esami di laboratorio;

c) la definizione delle misure di contenimento della malattia.

6. Gli Stati membri provvedono affinché i centri nazionali e locali di lotta contro l'epizoozia il gruppo di esperti dispongano del personale, delle strutture e delle attrezzature, ivi compresi i sistemi di comunicazione necessari nonché di una linea di comando e un sistema di gestione chiari ed efficaci, al fine di garantire la pronta attuazione delle misure di contenimento della malattia definite nella presente direttiva.

Le modalità in materia di personale, strutture, attrezzature, linea di comando e gestione dei centri nazionali e locali di lotta contro l'epizoozia e del gruppo di esperti sono definite nei piani di emergenza di cui all'articolo 22.

7. Ulteriori criteri e requisiti circa funzione e compiti dei centri nazionali di lotta contro l'epizoozia, dei centri locali di lotta contro l'epizoozia e del gruppo di esperti possono essere definiti conformemente alla procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2.

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Articolo 24

Utilizzatori dei rifiuti di cucina.

1. Gli Stati membri provvedono affinché:

a) la somministrazione ai suini di rifiuti di cucina sia vietata;

b) i rifiuti di cucina provenienti da mezzi di trasporto internazionali quali navi, veicoli terrestri e aerei siano raccolti e distrutti sotto controllo ufficiale;

c) le informazioni sull'applicazione delle disposizioni di cui alle lettere a) e b) nonché sui relativi controlli effettuati dagli Stati membri siano trasmesse alla Commissione entro il 31 ottobre di ogni anno e per la prima volta nel 2003. La Commissione presenta tali informazioni al Comitato veterinario permanente istituito dalla decisione 68/361/CEE.

2. Le modalità d'applicazione delle misure di controllo e le informazioni che gli Stati membri devono fornire in proposito, segnatamente per quanto riguarda le disposizioni di cui al paragrafo 1, lettera c), possono essere adottate secondo la procedura prevista all'articolo 26, paragrafo 2.

3. Le disposizioni previste ai paragrafi 1 e 2 sono valide fino alla data di applicazione della normativa comunitaria sulla somministrazione ai suini di rifiuti di cucina nel quadro della normativa in materia di sottoprodotti animali non destinati al consumo umano o di alimentazione degli animali.

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Articolo 25

Procedure relative alle modifiche della presente direttiva e dei suoi allegati e all'adozione di ulteriori modalità di attuazione della stessa.

1. La presente direttiva può, se necessario, essere adattata, in funzione degli sviluppi delle conoscenze scientifiche e tecniche, dal Consiglio che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.

2. Gli allegati della direttiva sono tuttavia modificati conformemente alla procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2.

3. Le eventuali modalità di attuazione della direttiva possono essere adottate conformemente alla procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2.

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Articolo 26

Procedura ordinaria di regolamentazione.

1. La Commissione è assistita dal comitato veterinario permanente istituito dalla decisione 68/361/CEE.

2. Ove si faccia riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è di tre mesi.

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Articolo 27

Procedura accelerata di regolamentazione.

1. La Commissione è assistita dal comitato veterinario permanente istituito dalla decisione 68/361/CEE.

2. Ove si faccia riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è di quindici giorni.

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Articolo 28

Abrogazione.

1. La direttiva 80/217/CEE, come modificata dagli atti di cui all'allegato VIII, parte A, è abrogata a decorrere dal 1° novembre 2002 con riserva delle disposizioni transitorie previste all'articolo 29, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativamente ai termini di attuazione delle direttive di cui all'allegato VIII, parte B (8).

I riferimenti alla direttiva abrogata 80/217/CEE s'intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato IX (9).

2. La decisione 81/859/CEE è abrogata.

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(8) Comma così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 27 giugno 2002, n. L 168.

(9) Comma così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 27 giugno 2002, n. L 168.

 

Articolo 29

Disposizioni transitorie.

1. In deroga all'articolo 28, paragrafo 1, primo comma, gli allegati I e IV della direttiva 80/217/CEE restano applicabili ai fini della presente direttiva fino all'entrata in vigore della decisione recante approvazione del manuale di diagnostica di cui all'articolo 17, paragrafo 3.

2. I programmi di eradicazione della peste suina classica nelle popolazioni di suini selvatici, approvati in conformità dell'articolo 6 bis della direttiva 80/217/CEE, in corso alla data di entrata in vigore della presente direttiva restano applicabili ai fini della stessa.

Tuttavia anteriormente al 1° febbraio 2003 (10), gli Stati membri presentano alla Commissione modificazioni di detti programmi che tengano conto delle disposizioni previste all'articolo 16, paragrafo 3.

I programmi, eventualmente modificati, sono approvati conformemente alla procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.

3. I piani di emergenza per la lotta contro la peste suina classica in conformità dell'articolo 14 ter, della direttiva 80/217/CEE, in corso alla data di entrata in vigore della presente direttiva restano applicabili ai fini della stessa.

Tuttavia anteriormente al 1° maggio 2003 (11), gli Stati membri possono tuttavia presentare alla Commissione piani modificati che tengano conto delle disposizioni di cui all'articolo 22.

I piani, eventualmente modificati, sono approvati conformemente alla procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2.

4. Fino al momento dell'applicazione della presente direttiva, ulteriori disposizioni transitorie per la lotta contro la peste suina classica possono essere adottate conformemente all'articolo 26, paragrafo 2.

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(10) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 27 giugno 2002, n. L 168.

(11) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 27 giugno 2002, n. L 168.

 

Articolo 30

Recepimento nella legislazione nazionale e attuazione.

Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 ottobre 2002. Essi ne informano la Commissione.

Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1° novembre 2002.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

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Articolo 31

Entrata in vigore.

La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

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Articolo 32

Destinatari.

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Lussemburgo, addì 23 ottobre 2001

Per il Consiglio

Il Presidente

A. Neyts-Uyttebroeck

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(Si omettono gli allegati)


Reg. (CE) n. 999/2001 del 22 maggio 2001
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili

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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 31 maggio 2001, n. L 147. Entrato in vigore il 1° giugno 2001.

(2) Per il presente regolamento va applicata senza pregiudizio la decisione 2004/217/CE in base a quanto disposto dal suo articolo 1.

 

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, lettera b),

vista la proposta della Commissione (3),

visto il parere del Comitato economico e sociale (4),

previa consultazione del Comitato delle regioni,

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (5),

considerando quanto segue:

(1) Da svariati anni sono state identificate varie encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE) che si manifestano separatamente negli esseri umani e negli animali. L'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) è stata individuata dapprima nei bovini nel 1986 e negli anni successivi la sua presenza è stata accertata in altre specie animali. Una nuova variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) è stata descritta nel 1996. Continuano ad accumularsi prove sulla similitudine dell'agente patogeno della TSE con quello responsabile della nuova variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob.

(2) Dal 1990 la Comunità ha adottato una serie di misure al fine di tutelare la salute dell'uomo e degli animali dal rischio della BSE. Tali misure si sono basate sulle disposizioni di salvaguardia previste dalle direttive in materia di polizia sanitaria. Data la gravità dei rischi che alcune TSE presentano per la salute umana e animale, è opportuno adottare norme specifiche per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di tali malattie.

(3) Il presente regolamento riguarda direttamente la sanità pubblica ed incide sul funzionamento del mercato interno. Nel suo campo d'applicazione rientrano prodotti sia compresi che non compresi nell'allegato I del trattato. Appare pertanto opportuno assumere quale base giuridica l'articolo 152, paragrafo 4, lettera b), del trattato.

(4) Alla Commissione sono pervenuti pareri scientifici su vari aspetti delle TSE, in particolare dal comitato scientifico direttivo e dal comitato scientifico delle misure veterinarie collegate con la sanità pubblica. Alcuni di questi pareri riguardano le misure volte a ridurre il potenziale rischio per l'uomo e per gli animali derivante dall'esposizione a prodotti derivanti da animali infetti.

(5) Occorre che la presente regolamentazione si applichi alla produzione e all'immissione sul mercato di animali vivi e prodotti di origine animale. Tuttavia, non è necessario che essa si applichi ai cosmetici, ai medicinali, ai dispositivi medici e ai loro materiali di base o prodotti intermedi, che sono oggetto di altre norme specifiche in particolare sul non impiego di materiale specifico a rischio. Inoltre essa non dovrebbe applicarsi ai prodotti di origine animale che non presentano rischi per la salute umana e animale in quanto non destinati ad essere impiegati in derrate alimentari, mangimi o fertilizzanti. È peraltro necessario garantire che i prodotti di origine animale esclusi dall'ambito di applicazione del presente regolamento siano mantenuti separati da quelli inclusi in tale ambito, a meno che non rispettino almeno le stesse norme sanitarie.

(6) È opportuno prevedere che la Commissione possa adottare misure di salvaguardia nel caso in cui l'autorità competente di uno Stato membro o di un paese terzo non affronti in maniera adeguata un rischio di TSE.

(7) È opportuno istituire una procedura per la determinazione della situazione epidemiologica, riguardo alla BSE, di uno Stato membro, di un paese terzo o di una loro regione (in prosieguo "paesi o regioni"), basandosi su una valutazione dei rischi riguardanti l'ingresso ("incident risk"), la propagazione e l'esposizione umana e utilizzando le informazioni disponibili. Gli Stati membri e i paesi terzi che sceglieranno di non presentare una domanda volta ad ottenere la determinazione della loro qualifica sanitaria, sono classificati dalla Commissione in una delle categorie previste, basandosi su tutte le informazioni di cui dispone.

(8) Occorre che gli Stati membri istituiscano programmi di formazione per gli addetti alla prevenzione e al controllo delle TSE, nonché per i veterinari, gli agricoltori e gli altri operatori che si occupano del trasporto, dell'immissione sul mercato e della macellazione di animali d'allevamento.

(9) Occorre altresì che gli Stati membri attuino un programma annuale di controllo per la BSE e lo scrapie ed informino la Commissione e gli altri Stati membri circa i risultati dello stesso e l'eventuale insorgenza di altre TSE.

(10) Occorre che taluni tessuti di ruminanti siano definiti materiale specifico a rischio in base alla patogenesi delle TSE e alla situazione epidemiologica del paese o della regione di origine o in cui si trova l'animale in questione. È necessario che il materiale specifico a rischio sia rimosso ed eliminato in modo da evitare qualsiasi rischio per la salute umana o animale. In particolare, occorre che esso non sia immesso sul mercato quale alimento destinato al consumo umano, mangime o fertilizzante. Comunque, è opportuno provvedere affinché sia raggiunto un livello equivalente di protezione sanitaria, prevedendo l'esecuzione di una procedura di screening delle TSE sui singoli animali, una volta che sia stata pienamente convalidata. Le tecniche di macellazione che potrebbero permettere a materiale cerebrale di contaminare altri tessuti dovrebbero essere consentite esclusivamente nei paesi e nelle regioni che presentano il più basso rischio di BSE.

(11) Occorre adottare misure per impedire la trasmissione delle TSE all'uomo e agli animali, vietando l'alimentazione di alcune categorie di animali con alcune categorie di proteine animali e vietando l'uso di determinati materiali derivati da ruminanti in alimenti destinati al consumo umano. È importante che tali divieti siano proporzionali ai rischi cui si va incontro.

(12) Occorre prevedere che qualsiasi sospetto di presenza di TSE in un animale sia notificata all'autorità competente, la quale adotta immediatamente tutti i provvedimenti adeguati, in particolare assoggettare gli animali sospetti a limitazioni di movimento in attesa dei risultati delle indagini o macellarli sotto controllo ufficiale. Se l'autorità competente non può escludere la possibilità di una TSE, essa dovrebbe far svolgere le opportune indagini e mantenere la carcassa sotto controllo ufficiale fino al momento della diagnosi.

(13) In caso di conferma ufficiale della presenza di una TSE, è opportuno che l'autorità competente adotti tutti i provvedimenti necessari, in particolare facendo procedere alla distruzione della carcassa, effettuando un'indagine volta a identificare tutti gli animali a rischio e sottoponendo gli animali e i prodotti di origine animale identificati come a rischio a limitazioni di movimento. I proprietari dovrebbero essere indennizzati quanto prima per la perdita degli animali e dei prodotti di origine animale distrutti a norma del presente regolamento.

(14) È opportuno che gli Stati membri predispongano piani di emergenza con indicazione delle misure nazionali da applicare in caso di insorgenza di un focolaio di BSE. Tali piani dovrebbero essere approvati dalla Commissione. Occorre estendere tale disposizione alle TSE diverse dalla BSE.

(15) Occorre prendere disposizioni riguardo all'immissione sul mercato di taluni animali vivi e prodotti di origine animale. La vigente regolamentazione comunitaria in materia di identificazione e registrazione dei bovini prevede un sistema che consente di risalire alla fattrice e alla mandria d'origine, secondo le norme internazionali. I bovini importati da paesi terzi dovrebbero offrire garanzie equivalenti. Gli animali e i prodotti di origine animale contemplati da tale regolamentazione e che sono oggetto di scambi intracomunitari o di importazioni da paesi terzi dovrebbero essere accompagnati dai certificati richiesti dalla regolamentazione comunitaria, eventualmente completati in conformità del presente regolamento.

(16) Occorre vietare l'immissione sul mercato di determinati prodotti di origine animale derivati da bovini nelle regioni ad alto rischio. Tale divieto non dovrebbe tuttavia applicarsi a determinati prodotti di origine animale derivati, in condizioni controllate, da animali per i quali si può dimostrare la mancanza di un alto rischio di infezione da TSE.

(17) Per garantire l'osservanza delle disposizioni in materia di prevenzione, controllo ed eradicazione delle TSE, è necessario procedere al prelievo di campioni da destinare ad analisi di laboratorio in base a un protocollo prestabilito che permetta di fornire un quadro epidemiologico completo riguardante le TSE. Per assicurare l'uniformità delle procedure e dei risultati delle analisi, occorre designare laboratori di riferimento nazionali e comunitari come pure metodi scientifici attendibili tra cui test diagnostici rapidi propri delle TSE. Occorre, nella misura del possibile, avvalersi di test diagnostici rapidi.

(18) È necessario che negli Stati membri siano svolte ispezioni comunitarie per garantire l'applicazione uniforme delle disposizioni relative alla prevenzione, al controllo e all'eradicazione delle TSE e che si preveda altresì l'applicazione di procedure di verifica. Per far sì che garanzie equivalenti a quelle in vigore nella Comunità siano fornite dai paesi terzi all'atto dell'importazione nella Comunità di animali vivi e prodotti di origine animale è opportuno che siano svolte ispezioni comunitarie e verifiche in loco per accertare che le condizioni d'importazione siano soddisfatte dai paesi terzi esportatori.

(19) Per quanto concerne le TSE, la disciplina degli scambi dovrebbe fondarsi su norme, orientamenti o raccomandazioni internazionali eventualmente disponibili. Tuttavia, qualora la disciplina fondata su norme, orientamenti o raccomandazioni internazionali non offrisse un adeguato livello di protezione della salute, possono essere adottati provvedimenti che trovino una giustificazione scientifica e forniscano un maggiore grado di tutela sanitaria.

(20) È opportuno prevedere che il presente regolamento sia riesaminato in funzione delle nuove informazioni scientifiche disponibili.

(21) Nel contesto del presente regolamento dovrebbero essere previste le misure transitorie necessarie in particolare per la disciplina dell'utilizzazione del materiale specifico a rischio.

(22) Occorre adottare le misure necessarie all'attuazione del presente regolamento in conformità della decisione 1999/468/CE, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.

(23) Per l'attuazione del presente regolamento occorre definire procedure che instaurino una cooperazione stretta e efficace tra la Commissione e gli Stati membri in seno al comitato veterinario permanente, al comitato permanente degli alimenti per animali e al comitato permanente per i prodotti alimentari.

(24) Le misure necessarie per l'applicazione del presente regolamento sono misure di portata generale ai sensi dell'articolo 2 della decisione 1999/468/CE e devono pertanto essere adottate secondo la procedura di regolamentazione prevista all'articolo 5 di tale decisione,

hanno adottato il presente regolamento:

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(3) Pubblicata nella G.U.C.E. 19 febbraio 1999, n. C 45 e G.U.C.E. 24 aprile 2001, n. C 120 E.

(4) Pubblicato nella G.U.C.E. 10 settembre 1999, n. C 258.

(5) Parere del Parlamento europeo del 17 maggio 2000 (G.U.C.E. 23 febbraio 2001, n. C 59), posizione comune del Consiglio del 12 febbraio 2001 (G.U.C.E. 19 marzo 2001, n. C 88) e decisione del Parlamento europeo del 3 maggio 2001.

 

Capo I

Disposizioni generali

Articolo 1

Campo d'applicazione.

1. Il presente regolamento stabilisce disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE) negli animali. Esso si applica alla produzione e all'immissione sul mercato di animali vivi e di prodotti d'origine animale e, in taluni casi specifici, alla esportazione degli stessi.

2. Il presente regolamento non si applica:

a) ai prodotti cosmetici o medicinali o ai dispositivi medici, compresi le loro materie di origine o di loro prodotti intermedi;

b) ai prodotti non destinati all'alimentazione umana, all'alimentazione degli animali o ai fertilizzanti, compresi le loro materie di origine o di loro prodotti intermedi;

c) ai prodotti di origine animale destinati a esposizioni, all'insegnamento, alla ricerca, a studi o analisi speciali, purché tali prodotti non siano alla fine consumati o utilizzati da esseri umani o animali diversi da quelli detenuti per i progetti di ricerca in questione;

d) a animali vivi usati nella ricerca o destinati alla stessa.

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Articolo 2

Separazione degli animali vivi e dei prodotti di origine animale.

Per evitare contaminazioni reciproche o la sostituzione tra gli animali vivi o prodotti di origine animale di cui all'articolo 1, paragrafo 1 e i prodotti di origine animale di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettere a), b) e c), o con gli animali vivi di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera d), essi sono sempre tenuti separati, a meno che gli animali vivi o i prodotti di origine animale siano ottenuti nel rispetto di condizioni di protezione sanitaria almeno pari per quanto riguarda le TSE.

Le norme di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

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Articolo 3

Definizioni.

1. Ai fini del presente regolamento si intende per:

a) TSE: tutte le encefalopatie spongiformi trasmissibili tranne quelle che possono colpire gli esseri umani;

b) immissione sul mercato: qualsiasi operazione intesa a fornire a terzi nella Comunità animali vivi, o prodotti di origine animale oggetto del presente regolamento a fini di vendita, o qualsiasi altra forma di trasferimento a detti terzi, a titolo oneroso o gratuito, e di immagazzinaggio ai fini della successiva fornitura ai terzi in questione;

c) prodotti di origine animale: i prodotti derivati da o contenenti un prodotto derivato da animali oggetto delle disposizioni di cui alla direttiva 89/662/CEE o alla direttiva 90/425/CEE;

d) materiali di base: materiali di base o altri prodotti di origine animale a partire dai quali o con l'ausilio dei quali sono ottenuti i prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettere a) e b);

e) autorità competente: l'autorità centrale di uno Stato membro competente a garantire l'osservanza del presente regolamento, o qualsiasi altra autorità da essa delegata a tale scopo, segnatamente per il controllo dell'alimentazione degli animali, o anche, secondo i casi, le omologhe autorità dei paesi terzi;

f) categoria: una delle categorie di classificazione di cui all'allegato II, capitolo C;

g) materiale specifico a rischio: i tessuti specificati nell'allegato V; salvo se altrimenti indicato, esso non include i prodotti contenenti tali tessuti o da essi derivati;

h) animale sospetto di infezione da TSE: gli animali vivi, abbattuti o morti, che presentano o hanno presentato turbe neurologiche o comportamentali o una progressiva deteriorazione dello stato generale connessa a una lesione del sistema nervoso centrale e per i quali le informazioni raccolte sulla base di un esame clinico, della risposta a un trattamento, di un esame post mortem o di un'analisi di laboratorio ante o post mortem non consentono di stabilire altra diagnosi. Sono sospetti di infezione da encefalopatia spongiforme bovina (BSE) i bovini che abbiano dato risultato positivo ad un test diagnostico rapido specifico della BSE.

i) azienda: qualsiasi luogo in cui gli animali oggetto del presente regolamento sono detenuti, mantenuti, allevati, governati o mostrati al pubblico;

j) prelievo di campioni: il prelievo di campioni, con garanzia di una corretta rappresentatività statistica, di animali o del loro ambiente, oppure di prodotti di origine animale, a fini di diagnosi, di relazioni interfamiliari, di controllo sanitario o di verifica dell'assenza di agenti microbiologici o di taluni materiali in prodotti di origine animale;

k) fertilizzanti: sostanze contenenti prodotti di origine animale, utilizzate nel terreno per favorire la crescita della vegetazione; possono comprendere residui della digestione per la produzione di gas biologico o di compostaggio;

l) test diagnostici rapidi: le procedure di analisi di cui all'allegato X, capitolo C, punto 4 che danno risultati entro 24 ore;

m) test alternativo: i test di cui all'articolo 8, paragrafo 2, utilizzati in alternativa al ritiro del materiale specifico a rischio.

2. Le definizioni specifiche di cui all'allegato I sono altresì applicabili.

3. Quando i termini del presente regolamento non sono definiti al paragrafo 1 o nell'allegato I, occorre fare riferimento alle pertinenti definizioni di cui al regolamento (CE) n. 1760/2000, e quelle di cui alle direttive 64/432/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE e 91/68/CEE o stabilite conformemente a tali direttive sono applicabili, nella misura in cui il presente testo vi fa riferimento.

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Articolo 4

Misure di salvaguardia.

1. Per quanto attiene all'attuazione delle misure di salvaguardia, si applicano i principi e le disposizioni dell'articolo 9 della direttiva 89/662/CEE, dell'articolo 10 della direttiva 90/425/CEE, dell'articolo 18 della direttiva 91/496/CEE e dell'articolo 22 della direttiva 97/78/CE.

2. Le misure di salvaguardia sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2. Esse sono comunicate contemporaneamente al Parlamento europeo con la rispettiva motivazione.

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Capo II

Determinazione della qualifica sanitaria con riguardo alla BSE

Articolo 5

Classificazione.

1. La qualifica sanitaria di uno Stato membro, di un paese terzo o di una loro regione (in prosieguo: "paesi o regioni") in relazione alla BSE può essere determinata solo in base ai criteri fissati nell'allegato II, capitolo A e dei risultati di un'analisi di rischio che identifica tutti i fattori potenziali di insorgenza della BSE e della loro evoluzione nel tempo, elencati nell'allegato II, capitolo B.

Gli Stati membri e i paesi terzi che intendono poter essere mantenuti negli elenchi dei paesi terzi autorizzati all'esportazione nella Comunità degli animali vivi o dei prodotti contemplati nel presente regolamento, presentano alla Commissione una domanda volta ad ottenere la determinazione della loro qualifica sanitaria relativa alla BSE, corredata delle pertinenti informazioni relative ai criteri indicati nell'allegato II, capitolo A e ai fattori di rischio potenziali elencati nell'allegato II, capitolo B e alla loro evoluzione nel tempo.

2. In esito a ogni domanda è adottata una decisione in virtù della quale lo Stato membro o il paese terzo richiedenti, o una loro regione vengono classificati in una delle categorie di cui all'allegato II, capitolo C, tenendo conto dei criteri e dei fattori di rischio potenziali di cui al paragrafo 1, secondo la procedura indicata all'articolo 24, paragrafo 2.

Tale decisione è adottata entro sei mesi dalla presentazione della domanda e delle informazioni pertinenti di cui al paragrafo 1, secondo comma. Qualora ritenga che le prove a sostegno non contengano le informazioni di cui all'allegato II, capitoli A e B, la Commissione chiede informazioni complementari entro un termine da specificare. La decisione finale è adottata entro sei mesi dalla presentazione delle informazioni complete.

Dopo che l'Ufficio internazionale delle epizoozie (UIE) ha stabilito la procedura di classificazione dei paesi per categorie e qualora il paese richiedente sia stato inserito in una delle categorie previste, secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, può essere deciso, se del caso, un riesame della classificazione comunitaria, effettuata per il paese in questione conformemente al primo comma del presente paragrafo.

3. Se la Commissione constata che le informazioni di cui all'allegato II, capitoli A e B, trasmesse da uno Stato membro o da un paese terzo sono insufficienti o contengono dati non chiari, essa può procedere, secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, alla determinazione della qualifica sanitaria relativa alla BSE dello Stato membro o del paese terzo in questione sulla base di un'analisi completa dei rischi.

Tale analisi comprende obbligatoriamente una rilevazione statistica conclusiva rappresentativa della situazione epidemiologica in materia di TSE nello Stato membro o nel paese terzo richiedente, ricorrendo, attraverso una procedura di screening, ai test diagnostici rapidi. La Commissione tiene conto dei criteri di classificazione stabiliti dall'Ufficio internazionale delle epizoozie.

I test diagnostici rapidi sono approvati a tal fine secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, e inseriti nell'elenco di cui all'allegato X, capitolo C, punto 4.

La procedura di screening può altresì essere utilizzata dagli Stati membri o dai paesi terzi che desiderano far approvare dalla Commissione, secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, la classificazione cui hanno proceduto su tale base.

I costi di tale screening sono a carico dello Stato membro o paese terzo interessato.

4. Gli Stati membri e i paesi terzi che non hanno presentato una domanda ai sensi del paragrafo 1 entro sei mesi a decorrere dal 1° luglio 2001, sono trattati, per quanto riguarda la spedizione di animali vivi e i prodotti di origine animale a partire dal loro territorio, alla stregua dei paesi iscritti nella categoria 5 di cui all'allegato II, capitolo C, finché non vi abbiano provveduto.

5. Gli Stati membri notificano senza indugio alla Commissione qualsiasi elemento epidemiologico o qualsiasi altra informazione che possa risultare in una modifica della qualifica sanitaria relativa alla BSE, in particolare i risultati dei programmi di sorveglianza di cui all'articolo 6.

6. Il permanere di un paese terzo in uno degli elenchi previsti dalla normativa comunitaria per l'autorizzazione ad esportare nella Comunità, animali vivi e prodotti di origine animale per i quali il presente regolamento prevede norme specifiche è deciso ai sensi della procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, ed è subordinato - alla luce delle informazioni disponibili o qualora si presuma la presenza di una TSE - alla comunicazione delle informazioni di cui al paragrafo 1. In caso di rifiuto di comunicare dette informazioni entro tre mesi dalla richiesta della Commissione, si applicano le disposizioni del paragrafo 4 del presente articolo, fintantoché le informazioni non siano state comunicate e valutate conformemente ai paragrafi 2 o 3.

Per poter esportare nella Comunità animali vivi, o prodotti di origine animale, per i quali il presente regolamento prevede norme specifiche, alle condizioni fissate dalla Commissione per la loro categoria, i paesi terzi devono impegnarsi a comunicare senza indugio a quest'ultima, per iscritto, qualsiasi elemento epidemiologico o di altra natura che possa risultare in una modifica della qualifica sanitaria relativa alla BSE.

7. Una decisione adottata in base alla procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, può modificare la classificazione attribuita ad uno Stato membro o ad un paese terzo o ad una loro regione, relativamente alla BSE, in funzione dei risultati dei controlli previsti all'articolo 21.

8. Le decisioni di cui ai paragrafi 2, 3, 4, 6 e 7 sono basate su una valutazione del rischio che prende in considerazione i criteri raccomandati riportati nell'allegato II, capitoli A e B.

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Capo III

Prevenzione delle TSE

Articolo 6

Sistema di sorveglianza.

1. Ogni Stato membro attua un programma annuale per la sorveglianza della BSE e dello scrapie, conformemente a quanto indicato nell'allegato III, capitolo A. Di tale programma fa parte integrante una procedura di screening che prevede il ricorso ai test diagnostici rapidi.

I test diagnostici rapidi sono approvati a tal fine secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, e inseriti nell'elenco di cui all'allegato X, capitolo C, punto 4.

2. Gli Stati membri informano la Commissione e gli altri Stati membri, in sede di comitato veterinario permanente, dell'eventuale insorgenza di una TSE diversa dalla BSE.

3. Tutte le indagini ufficiali e tutti gli esami di laboratorio sono registrati conformemente all'allegato III, capitolo B.

4. Gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione annuale che comprende almeno le informazioni di cui all'allegato III, capitolo B, parte I. La relazione per ciascun anno solare è presentata entro il 31 marzo dell'anno successivo. La Commissione presenta al comitato veterinario permanente, entro tre mesi dalla ricezione delle relazioni dei paesi, un sommario delle stesse contenente almeno le informazioni di cui all'allegato III, capitolo B, parte II.

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Articolo 7

Divieti in materia di alimentazione degli animali.

1. È vietata la somministrazione ai ruminanti di proteine derivate da mammiferi.

2. Inoltre, il divieto di cui al paragrafo 1 è esteso agli animali e ai prodotti di origine animale in conformità dell'allegato IV, punto 1 (6).

3. I paragrafi 1 e 2 si applicano fatte salve le disposizioni di cui all'allegato IV, punto 2 (7).

4. Gli Stati membri o le loro regioni classificati nella categoria 5 non sono autorizzati a esportare o immagazzinare mangimi destinati ad animali d'allevamento e contenenti proteine derivate da mammiferi né mangimi destinati a mammiferi, ad eccezione di cani e gatti, e contenenti proteine trattate derivate da mammiferi (8).

I paesi terzi o le loro regioni classificati nella categoria 5 non sono autorizzati a esportare verso la Comunità mangimi destinati ad animali da allevamento e contenenti proteine derivate da mammiferi né mangimi destinati a mammiferi, ad eccezione di cani e gatti, contenenti proteine trattate derivate da mammiferi.

5. Le modalità di applicazione del presente articolo, in particolare le norme sulla prevenzione della contaminazione incrociata e sui metodi di prelievo di campioni e di analisi per l'accertamento dell'osservanza del presente articolo, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

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(6) Per una misura transitoria che reca deroga al presente paragrafo, si veda l'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1326/2001.

(7) Per una misura transitoria che reca deroga al presente paragrafo, si veda l'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1326/2001.

(8) Per una misura transitoria che reca deroga al presente paragrafo, si veda l'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1326/2001.

 

Articolo 8

Materiale specifico a rischio.

1. Il materiale specifico a rischio è rimosso e distrutto conformemente all'allegato V, punti 2, 3, 4 e 8.

Il materiale specifico a rischio o il relativo materiale trasformato può essere immesso sul mercato o eventualmente esportato per la distruzione finale solo conformemente all'allegato V, punti 3 e 4 o se del caso punto 7, lettera c) o punto 8. Esso non può essere importato nella Comunità. Il transito nel territorio comunitario deve essere effettuato nel rispetto dei requisiti di cui all'articolo 3 della direttiva 91/496/CEE.

2. Il paragrafo 1 non si applica ai tessuti provenienti da animali sottoposti, con esito negativo, a un test alternativo approvato specificamente a tal fine secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, e inserito nell'elenco di cui all'allegato X, capitolo C, punto 5, applicato alle condizioni di cui allegato V, punto 5.

Gli Stati membri che autorizzano tale test alternativo devono informarne gli altri Stati membri e la Commissione.

3. Negli Stati membri o nelle loro regioni, classificati nelle categorie 2, 3, 4 e 5 di cui all'allegato II, capitolo C, la lacerazione, previo stordimento dell'animale, del tessuto nervoso centrale per mezzo di uno stilo inserito nella cavità cranica non deve essere utilizzata per gli animali delle specie bovina, ovina e caprina le cui carni sono destinate al consumo umano o animale.

4. Le età indicate nell'allegato V vengono adeguate costantemente. Tale adeguamento è effettuato in base alle più recenti conoscenze scientifiche certe sulla probabilità statistica del verificarsi di una TSE nei gruppi d'età interessati del patrimonio comunitario di bovini, ovini e caprini.

5. In deroga ai paragrafi da 1 a 4, può essere adottata una decisione, secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, relativa alla data effettiva di entrata in vigore delle disposizioni dell'articolo 7, paragrafo 1, o, se del caso, nei paesi terzi, alla data del divieto di utilizzare proteine derivate da mammiferi nell'alimentazione di ruminanti in ciascuno dei paesi o regioni classificati nella categoria 3 o 4, per limitare l'applicazione del presente articolo ai soli animali nati anteriormente a tale data in tali paesi o regioni.

Analogamente, in deroga ai paragrafi da 1 a 4, previa consultazione del comitato scientifico competente e in base a una valutazione del rischio di insorgenza, propagazione ed esposizione umana, può essere adottata una decisione, secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, per autorizzare l'impiego della colonna vertebrale e dei gangli spinali per derrate alimentari, mangimi o fertilizzanti ottenuti da bovini che si trovano o provengono da uno dei paesi o regioni, classificati nella categoria 5.

6. Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

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Articolo 9 (9)

Prodotti di origine animale derivati da o contenenti, materiale ottenuto da ruminanti.

1. I prodotti di origine animale di cui all'allegato VI non sono fabbricati a partire da materiale ottenuto da ruminanti originari di paesi o regioni classificati nella categoria 5, a meno che siano stati fabbricati conformemente alle condizioni di produzione approvate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

2. Le ossa della testa e le colonne vertebrali dei bovini, ovini e caprini originari di paesi o loro regioni classificati nella categoria 2, 3, 4 o 5 non devono essere utilizzate per la produzione di carni separate meccanicamente.

3. Le disposizioni dei paragrafi 1 e 2 non si applicano, per quanto riguarda i criteri di cui all'allegato V, punto 5, ai ruminanti sottoposti, con esito negativo, ad un test alternativo approvato secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

4. Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

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(9) Per una misura transitoria che reca deroga al presente articolo, si veda l'allegato I del regolamento (CE) n. 1326/2001, in base a quanto stabilito dal suo articolo 1.

 

Articolo 10

Programmi di formazione.

1. Gli Stati membri vegliano a che il personale delle autorità competenti, dei laboratori diagnostici e degli istituti di agricoltura e di medicina veterinaria, i veterinari ufficiali, i medici veterinari, il personale dei mattatoi e gli allevatori, i detentori di animali e il personale addetto alla loro movimentazione siano istruiti sui sintomi clinici, sull'epidemiologia e, nel caso del personale preposto ai controlli, sui risultati delle analisi di laboratorio relative alle TSE.

2. Onde garantire l'effettiva attuazione dei programmi di formazione di cui al paragrafo 1, la Comunità può accordare un aiuto finanziario la cui entità è stabilita secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

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Capo IV

Controllo ed eradicazione delle TSE

Articolo 11

Notificazione.

Fatte salve le disposizioni della direttiva 82/894/CEE del Consiglio, gli Stati membri si adoperano affinché ogni caso di sospetta infezione da TSE in un animale sia immediatamente denunciato alle autorità competenti.

Gli Stati membri informano regolarmente gli altri Stati membri e la Commissione dei casi di TSE denunciati.

Le autorità competenti adottano senza indugio le misure definite nell'articolo 12 del presente regolamento e ogni altra misura necessaria.

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Articolo 12

Misure concernenti gli animali sospetti.

1. Gli animali nei quali si sospetta la presenza di infezione da TSE sono sottoposti ad una limitazione ufficiale di movimento in attesa dei risultati di un'indagine clinica ed epidemiologica effettuata dall'autorità competente, oppure sono uccisi per essere esaminati in laboratorio sotto sorveglianza ufficiale.

Ove si sospetti la presenza di BSE in un bovino di un'azienda di uno Stato membro, tutti gli altri bovini della stessa azienda sono sottoposti ad una limitazione ufficiale di movimento finché non saranno disponibili i risultati dell'indagine.

Ove si sospetti la presenza di BSE in un ovino o un caprino di un'azienda di uno Stato membro sulla base di elementi obiettivi quali i risultati del test atti a differenziare in maniera pratica le varie TSE, tutti gli altri ovini e caprini della stessa azienda sono sottoposti ad una limitazione ufficiale di movimento finché non saranno disponibili i risultati dell'indagine.

Qualora si provi che l'azienda in cui si trovava l'animale quando è stata sospettata la presenza di BSE non può essere l'azienda in cui detto animale possa essere stato esposto alla BSE, l'autorità competente può decidere che solo l'animale sospetto di infezione sia sottoposto alla limitazione ufficiale di movimento. Qualora lo ritenga necessario, l'autorità competente può inoltre decidere che altre aziende o solo l'azienda in cui è avvenuta l'esposizione siano sottoposte a sorveglianza ufficiale, in funzione dei dati epidemiologici disponibili.

Conformemente alla procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, e in deroga ai requisiti di cui al secondo, terzo e quarto comma del presente paragrafo uno Stato membro può essere esonerato dall'applicazione delle misure di limitazione ufficiale di movimento per gli animali se applica misure che offrano garanzie equivalenti.

2. Qualora l'autorità competente stabilisca di non poter escludere la possibilità di un'infezione da TSE, l'animale, se ancora vivo, è ucciso; il suo cervello e gli altri tessuti eventualmente indicati dall'autorità competente sono espiantati ed inviati ad un laboratorio ufficialmente riconosciuto, cioè al laboratorio di riferimento nazionale di cui all'articolo 19, paragrafo 1, ovvero al laboratorio di riferimento comunitario, di cui all'articolo 19, paragrafo 2, affinché siano effettuate analisi secondo i metodi indicati all'articolo 20 (10).

3. Tutte le parti del corpo dell'animale sospetto, compresa la pelle, restano sotto controllo ufficiale fino a che non è stata fatta una diagnosi negativa, ovvero sono distrutte, conformemente a quanto previsto all'allegato V, punto 3 o 4.

4. Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

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(10) Vedi, per una deroga al presente paragrafo, l'articolo 2 del regolamento (CE) n. 836/2004.

 

Articolo 13

Misure a seguito della confermata presenza di TSE.

1. In caso di conferma ufficiale di presenza di una TSE si applicano immediatamente le misure seguenti:

a) tutte le parti del corpo dell'animale sono distrutte integralmente secondo quanto previsto all'allegato V, tranne il materiale conservato per la registrazione, conformemente all'allegato III, capitolo B, punto III, 2;

b) si effettua un'indagine volta ad identificare tutti gli animali a rischio, conformemente a quanto previsto all'allegato VII, punto 1;

c) tutti gli animali e i prodotti di origine animale di cui all'allegato VII, punto 2, che siano stati identificati come a rischio a seguito dell'indagine di cui alla lettera b), sono abbattuti e distrutti integralmente, secondo l'allegato V, punti 3 e 4.

Uno Stato membro, in deroga alle disposizioni del presente paragrafo, può applicare altre misure, che presentino un livello di protezione equivalente, se esse sono state approvate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

2. In attesa dell'attuazione delle misure di cui al paragrafo 1, lettere b) e c), l'azienda presso la quale si trovava l'animale quando è stata confermata la presenza di una TSE è posta sotto sorveglianza ufficiale e tutti i movimenti da e verso l'azienda stessa di animali esposti alle TSE nonché dei prodotti di origine animale derivati da essi sono sottoposti ad autorizzazione dell'autorità competente, in modo che gli animali nonché i prodotti di origine animale in questione possano essere immediatamente rintracciati e identificati.

Qualora si provi che l'azienda in cui si trovava l'animale infettato quando è stata confermata la presenza di TSE non può essere l'azienda in cui detto animale è stato esposto alla TSE, l'autorità competente può decidere che entrambe le aziende o solo l'azienda in cui è avvenuta l'esposizione siano sottoposte a sorveglianza ufficiale.

3. Gli Stati membri che hanno applicato un regime alternativo che offra garanzie equivalenti previsto all'articolo 12, paragrafo 1, quinto comma, possono, in deroga ai requisiti di cui al paragrafo 1, lettere b) e c), essere esonerati secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, dall'obbligo di applicare misure ufficiali di divieto di movimento degli animali o dall'obbligo di abbattere e distruggere gli animali.

4. I proprietari sono indennizzati senza indugio per la perdita degli animali uccisi o dei prodotti di origine animale distrutti in conformità dell'articolo 12, paragrafo 2, e del paragrafo 1, lettere a) e c), del presente articolo.

5. Fatte salve le disposizioni della direttiva 82/894/CEE la conferma della presenza di una TSE diversa dalla BSE è notificata annualmente alla Commissione.

6. Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

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Articolo 14

Programma d'intervento.

1. Gli Stati membri, conformemente ai criteri generali della normativa comunitaria in materia di controllo delle malattie degli animali, elaborano linee direttrici specificando le misure nazionali da attuare e precisando le competenze e le responsabilità ove siano confermati casi di TSE.

2. Ove ciò si renda necessario per permettere un'applicazione uniforme della normativa comunitaria, le linee direttrici possono essere oggetto di armonizzazione secondo la procedura prevista all'articolo 24, paragrafo 2.

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Capo V

Immissione sul mercato ed esportazione

Articolo 15

Animali vivi, loro sperma, embrioni e ovuli.

1. L'immissione sul mercato o eventualmente le esportazioni di bovini, ovini o caprini e loro sperma, embrioni e ovuli sono soggette alle condizioni di cui all'allegato VIII o, nel caso delle importazioni, alle condizioni di cui all'allegato IX. Gli animali vivi e loro sperma, embrioni e ovuli sono accompagnati dai pertinenti certificati sanitari previsti dalla normativa comunitaria, conformemente all'articolo 17 o, nel caso delle importazioni, all'articolo 18 (11).

2. L'immissione sul mercato della progenie di prima generazione, dello sperma, degli embrioni e degli ovuli di animali per i quali si sospetta o è confermata la presenza di una TSE è soggetta alle condizioni stabilite nell'allegato VIII, capitolo B.

3. Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

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(11) Per una misura transitoria che reca deroga al presente paragrafo, si veda l'allegato I del regolamento (CE) n. 1326/2001, in base a quanto stabilito dal suo articolo 1.

 

Articolo 16

Immissione sul mercato di prodotti di origine animale.

1. I seguenti prodotti di origine animale derivati da ruminanti sani non sono soggetti a restrizioni all'immissione sul mercato o eventualmente all'esportazione, ai sensi del presente articolo e delle disposizioni dell'allegato VIII, capitoli C e D e dell'allegato IX, capitoli A, C, F e G:

a) i prodotti di origine animale soggetti alle disposizioni dell'articolo 15, in particolare sperma, embrioni e ovuli;

b) i) latte crudo, secondo la definizione della direttiva 92/46/CEE;

ii) latte destinato alla fabbricazione di prodotti a base di latte, secondo la definizione della direttiva 92/46/CEE;

iii) latte alimentare trattato termicamente, secondo la definizione della direttiva 92/46/CEE;

iv) fosfato dicalcico (senza tracce di proteine o di grassi);

v) cuoio e pelli secondo la definizione della direttiva 92/118/CEE;

vi) gelatina, secondo la definizione della direttiva 92/118/CEE, ottenuta da cuoio e pelli di cui al punto v);

vii) collagene ottenuto da cuoio e pelli di cui al punto v).

2. I prodotti d'origine animale originari di paesi terzi classificati nelle categorie 2, 3, 4 e 5 provengono da bovini, ovini e caprini sani che non hanno subito la lacerazione del tessuto nervoso centrale di cui all'articolo 8, paragrafo 3, o non sono stati uccisi mediante iniezione di gas nella cavità cranica (12).

3. I prodotti di origine animale contenenti materiale ottenuto da bovini originari di uno Stato membro, di una regione di uno Stato membro o di un paese terzo classificati nella categoria 5 non sono essere immessi sul mercato, ad eccezione dei casi in cui provengano da animali:

a) nati dopo la data a decorrere dalla quale è stato effettivamente applicato il divieto di utilizzare nell'alimentazione dei ruminanti proteine derivate ottenute da mammiferi; o

b) nati, allevati e rimasti in mandrie certificate come storicamente indenni da BSE da almeno 7 anni.

I prodotti di origine animale non possono essere spediti da uno Stato membro o da una regione di uno Stato membro classificati nella categoria 5 verso un altro Stato membro o essere importati da un paese terzo classificato nella categoria 5. Questo divieto non si applica ai prodotti di origine animale di cui all'allegato VIII, capitolo C e che soddisfano i requisiti di tale capitolo C del medesimo allegato. Essi sono accompagnati da un certificato sanitario, rilasciato da un veterinario ufficiale, che attesti che sono stati prodotti conformemente al presente regolamento (13).

4. Ove un animale passi da un paese o regione ad un altro di categoria differente, esso acquisisce o conserva la categoria più elevata tra quelle dei paesi o delle regioni in cui abbia soggiornato per più di ventiquattro ore, tranne qualora possa essere adeguatamente garantito che l'animale non abbia ricevuto mangimi di tale paese o regione classificato nella categoria più elevata (14).

5. I prodotti di origine animale per cui il presente articolo prevede norme specifiche sono accompagnati dagli opportuni certificati sanitari o documenti commerciali, come previsto dalla normativa comunitaria, conformemente agli articoli 17 e 18 o, ove non sia previsto siffatto requisito nella normativa comunitaria, da un certificato sanitario o un documento commerciale i cui modelli sono definiti secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

6. Ai fini dell'importazione nella Comunità, i prodotti di origine animale soddisfano i requisiti di cui all'allegato IX, capitoli A, C, F e G (15).

7. Secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, le disposizioni di cui ai paragrafi da 1 a 6 possono essere estese a altri prodotti di origine animale. Le modalità di applicazione del presente articolo sono stabilite secondo la stessa procedura.

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(12) Per una misura transitoria che reca deroga al presente paragrafo, si veda l'allegato I del regolamento (CE) n. 1326/2001, in base a quanto stabilito dal suo articolo 1.

(13) Per una misura transitoria che reca deroga al presente paragrafo, si veda l'allegato I del regolamento (CE) n. 1326/2001, in base a quanto stabilito dal suo articolo 1.

(14) Per una misura transitoria che reca deroga al presente paragrafo, si veda l'allegato I del regolamento (CE) n. 1326/2001, in base a quanto stabilito dal suo articolo 1.

(15) Per una misura transitoria che reca deroga al presente paragrafo, si veda l'allegato I del regolamento (CE) n. 1326/2001, in base a quanto stabilito dal suo articolo 1.

 

Articolo 17 (16)

Secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, i certificati sanitari di cui all'allegato F della direttiva 64/432/CEE del Consiglio e ai modelli II e III dell'allegato E della direttiva 91/68/CEE nonché i pertinenti certificati sanitari previsti dalla normativa comunitaria relativa agli scambi di sperma, di embrioni ed ovuli di bovini, di ovini o di caprini sono completati, se necessario, dal riferimento alla categoria precisando la classificazione dello Stato membro o regione di origine operata conformemente all'articolo 5.

I pertinenti documenti commerciali relativi agli scambi di prodotti di origine animale sono completati, se necessario, da un riferimento alla categoria precisando la classificazione dello Stato membro o della regione d'origine operata dalla Commissione conformemente all'articolo 5.

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(16) Per una misura transitoria che reca deroga al presente articolo si veda l'allegato I del regolamento (CE) n. 1326/2001, in base a quanto stabilito dal suo articolo 1.

 

Articolo 18 (17)

I pertinenti certificati sanitari d'importazione previsti dalla normativa comunitaria sono completati, secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, per i paesi terzi classificati in una categoria conformemente all'articolo 5, dai requisiti specifici di cui all'allegato IX, sin dall'adozione di tale decisione relativa alla classificazione.

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(17) Per una misura transitoria che reca deroga al presente articolo, si veda l'allegato I del regolamento (CE) n. 1326/2001, in base a quanto stabilito dal suo articolo 1.

 

Capo VI

Laboratori di riferimento, prelievo di campioni, analisi e controlli

Articolo 19

Laboratori di riferimento.

1. I laboratori nazionali di riferimento di ciascuno Stato membro, nonché le loro mansioni e i loro compiti, sono definiti nell'allegato X, capitolo A.

2. Il laboratorio comunitario di riferimento, le sue mansioni e i suoi compiti sono indicati nell'allegato X, capitolo B.

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Articolo 20

Prelievo di campioni e analisi di laboratorio.

1. Il prelievo di campioni e le analisi di laboratorio per accertare la presenza di una TSE sono effettuati utilizzando i metodi e i protocolli descritti nell'allegato X, capitolo C.

2. Ove ciò si renda necessario al fine di consentire un'applicazione uniforme delle disposizioni del presente articolo, sono stabilite modalità di applicazione, compreso il metodo per confermare la presenza di BSE negli ovini e caprini, secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

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Articolo 21

Controlli comunitari.

1. Ove necessario per l'applicazione uniforme del presente regolamento, esperti della Commissione possono effettuare controlli sul posto in collaborazione con le autorità competenti degli Stati membri. Lo Stato membro nel cui territorio è effettuato un controllo fornisce agli esperti tutta l'assistenza necessaria per l'esecuzione delle loro mansioni. La Commissione informa l'autorità competente dei risultati dei controlli effettuati.

Le modalità di applicazione del presente articolo, in particolare quelle volte a disciplinare la collaborazione con le autorità nazionali, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

2. I controlli comunitari nei confronti dei paesi terzi sono effettuati conformemente agli articoli 20 e 21 della direttiva 97/78/CE.

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Capo VII

Disposizioni transitorie e finali

Articolo 22

Misure transitorie relative al materiale specifico a rischio.

1. Le disposizioni dell'allegato XI, parte A, si applicano per un periodo di almeno 6 mesi a decorrere dal 1° luglio 2001 e la loro applicazione termina alla data dell'adozione di una decisione conformemente all'articolo 5, paragrafi 2 o 4, data a decorrere dalla quale si applicano le disposizioni dell'articolo 8.

2. I risultati di uno studio statistico conclusivo effettuato durante il periodo transitorio secondo l'articolo 5, paragrafo 3, sono utilizzati per confermare o inficiare le conclusioni dell'analisi dei rischi di cui all'articolo 5, paragrafo 1, tenendo conto nel contempo dei criteri di classificazione definiti dall'OIE.

3. Le norme particolareggiate riguardanti tale studio statistico sono adottate, previa consultazione del comitato scientifico competente, secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

4. I criteri minimi che tale studio statistico deve rispettare sono quelli stabiliti all'allegato XI, parte B.

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Articolo 23

Modificazione degli allegati e disposizioni transitorie.

Previa consultazione del comitato scientifico competente su qualsiasi elemento che possa avere conseguenze per la salute pubblica, gli allegati sono modificati o completati e le misure transitorie necessarie sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2.

Conformemente a tale procedura sono adottate misure transitorie per un periodo che si conclude il 1° luglio 2005, al più tardi, per consentire il passaggio dal regime attuale al regime istituito con il presente regolamento (18).

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(18) Comma così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1128/2003.

 

Articolo 24

Comitati.

1. La Commissione è assistita dal comitato veterinario permanente. Tuttavia, per le questioni che concernono esclusivamente i mangimi per animali, la Commissione è assistita dal Comitato permanente degli alimenti per animali e per le questioni che concernono esclusivamente i prodotti alimentari, la Commissione è assistita dal comitato permanente dei prodotti alimentari.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, nel rispetto dell'articolo 8 della medesima.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a 3 mesi e nel caso delle misure di salvaguardia di cui all'articolo 4, paragrafo 2, del presente regolamento, a 15 giorni.

3. Ogni comitato adotta il proprio regolamento interno.

Articolo 25

Consultazione dei comitati scientifici.

I competenti comitati scientifici sono consultati su ogni questione rientrante nel campo di applicazione del presente regolamento che possa avere ripercussioni sulla salute pubblica.

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Articolo 26

Entrata in vigore.

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Esso è applicabile a decorrere dal 1° luglio 2001.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, addì 22 maggio 2001.

Per il Parlamento europeo

La Presidente

N. Fontaine

Per il Consiglio

Il Presidente

M. Winberg

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(Si omettono gli allegati)


Reg. (CE) n. 1326/2001 del 29 giugno 2001
Regolamento della Commissione che introduce misure transitorie per consentire il passaggio al regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili e ne modifica gli allegati VII e XI.

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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 30 giugno 2001, n. L 177. Entrato in vigore l'1 luglio 2001.

 

La Commissione delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1248/2001 della Commissione, in particolare l'articolo 23,

considerando quanto segue:

(1) Gli articoli 7, 9 e 15-18, del regolamento (CE) n. 999/2001 stabiliscono norme in materia di alimentazione degli animali e impongono ulteriori restrizioni per i prodotti ricavati dai ruminanti e l'immissione sul mercato di animali vivi e prodotti di origine animale. Il disposto di tali articoli varia a seconda della classificazione che riguarda la situazione sanitaria in relazione alla BSE degli Stati membri o dei paesi terzi interessati. La classificazione per determinare la situazione di un paese in rapporto alla BSE dev'essere stabilita conformemente ai criteri di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 999/2001. Allo stato non sono ancora state adottate decisioni volte a inserire uno Stato membro o un paese terzo in una categoria sulla base delle nuove disposizioni di cui all'articolo 5. Le disposizioni del regolamento diventeranno applicabili nella loro interezza a partire dal 1° luglio 2001, a meno che non siano adottate misure transitorie sulla base dell'articolo 23. In mancanza di decisioni in merito alla classificazione, gli articoli 7, 9 e 15-18, non possono essere applicati, per cui risulta indispensabile adottare misure transitorie.

(2) Misure transitorie per determinate norme basate sulla classificazione, vale a dire quelle relative ai materiali specifici a rischio, sono già introdotte dall'articolo 22, il quale dispone anche che la loro validità si protragga almeno fino al 1° gennaio 2002, e venga a scadere subito dopo la data d'adozione di una decisione relativa alla classificazione in conformità dell'articolo 5, data alla quale anche l'articolo 8, relativo ai materiali specifici a rischio, dovrà essere applicato. A fini di chiarezza, le stesse norme per il passaggio dalle norme transitorie a quelle del regolamento si devono applicare agli altri articoli basati sulla classificazione.

(3) Le norme comunitarie relative all'encefalopatia spongiforme trasmissibile recanti divieti di somministrazione dei mangimi e in vigore subito prima dell'attuazione del regolamento (CE) n. 999/2001 sono state introdotte dalla decisione 2000/766/CE del Consiglio relativa a talune misure di protezione nei confronti delle encefalopatie spongiformi trasmissibili e la somministrazione di proteine animali nell'alimentazione degli animali e dalla decisione 2001/9/CE della Commissione, modificata dalla decisione 2001/165/CE concernente certe misure di protezione necessarie per l'attuazione della decisione 2000/766/CE. La decisione 2000/766/CE sospende, con poche eccezioni, la somministrazione di proteine animali trasformate a tutti gli animali d'allevamento fino al 30 giugno 2001. Il 24 aprile 2001 il Consiglio ha concluso che il periodo d'applicazione della decisione dovrebbe essere prolungato. Essa pertanto va opportunamente modificata in via transitoria. Ogni altra modifica dipenderà da una decisione relativa alla classificazione degli Stati membri, nonché dall'efficacia delle misure di controllo messe in opera dai singoli Stati membri.

(4) Le norme comunitarie relative all'encefalopatia spongiforme trasmissibile che riguardano l'immissione sul mercato e l'esportazione di bovini vivi e di taluni prodotti di origine bovina in vigore subito prima dell'attuazione del regolamento (CE) n. 999/2001 sono state introdotte dalla o adottate in base alla decisione 92/290/CEE della Commissione, del 14 maggio 1992, recante misure di protezione contro l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) nel Regno Unito (2), alla decisione 98/256/CE del Consiglio, del 16 marzo 1998, che stabilisce misure d'emergenza in materia di protezione contro l'encefalopatia spongiforme bovina, modifica la decisione 94/474/CE e abroga la decisione 96/239/CE, alla decisione 98/351/CE della Commissione, del 29 maggio 1998, che fissa la data in cui possono iniziare le spedizioni dall'Irlanda del Nord di prodotti ottenuti da bovini, nel quadro del programma di esportazione di mandrie certificate, a norma dell'articolo 6, paragrafo 5, della decisione 98/256/CE del Consiglio, alla decisione 1999/514/CE della Commissione, del 23 luglio 1999, che fissa la data in cui possono iniziare le spedizioni di prodotti bovini dal Regno Unito nel quadro del programma di esportazione su base cronologica in virtù dell'articolo 6, paragrafo 5, della decisione 98/256/CE del Consiglio, alla decisione 2000/345/CE della Commissione, del 22 maggio 2000, che stabilisce la data alla quale può iniziare la spedizione dal Portogallo alla Germania di taluni materiali a scopo di incenerimento, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 6, della decisione 98/653/CE (3), alla decisione 2000/371/CE della Commissione, del 6 giugno 2000, che stabilisce la data alla quale può iniziare la spedizione di tori da corrida dal Portogallo alla Francia, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 7, della decisione 98/653/CE (4), alla decisione 2000/372/CE della Commissione, del 6 giugno 2000, che stabilisce la data alla quale può iniziare la spedizione di tori da corrida dal Portogallo alla Spagna, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 7, della decisione 98/653/CE (5), nonché alla decisione 2001/376/CE della Commissione, del 18 aprile 2001, concernente determinate misure rese necessarie dall'insorgere di casi di encefalopatia spongiforme bovina in Portogallo e intese ad attuare un regime d'esportazione su base cronologica (6). Tali decisioni pertanto rimarranno in vigore durante il periodo di transizione.

(5) Le norme comunitarie relative all'encefalopatia spongiforme trasmissibile che riguardano i materiali specifici a rischio in vigore subito prima dell'attuazione del regolamento (CE) n. 999/2001 sono state introdotte dalla o adottate in base alla decisione 2000/418/CE della Commissione, del 29 giugno 2000, che disciplina l'impiego di materiale a rischio per quanto concerne le encefalopatie spongiformi trasmissibili e modifica la decisione 94/474/CE, modificata da ultimo dalla decisione 2001/384/CE. La decisione è stata modificata per quanto riguarda la colonna vertebrale dei bovini, la carne separata meccanicamente e le importazioni dai paesi terzi, dopo l'adozione da parte del Consiglio, il 12 febbraio 2001, della posizione comune (CE) n. 8/2001 in vista dell'adozione di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili (7). L'allegato XI di tale regolamento stabilisce norme sui materiali specifici a rischio da applicare durante il periodo transitorio. La sezione A dello stesso allegato deve pertanto essere aggiornata, con l'inserzione delle disposizioni sui materiali specifici a rischio adottate in seguito all'adozione della posizione comune del Consiglio.

(6) Fino a che non saranno state adottate decisioni sulla classificazione per i paesi terzi è opportuno stabilire, a fini precauzionali, l'applicazione delle misure minime di protezione previste dal regolamento (CE) n. 999/2001 a tutte le importazioni di bovini vivi, embrioni e ovuli da tutti i paesi terzi non considerati liberi da BSE. Inoltre, la rimozione del materiale specifico a rischio dai prodotti destinati ad alimenti e mangimi rappresenta la misura più importante a tutela della salute pubblica. È dunque opportuno estendere, in via transitoria, l'elenco dei prodotti di cui è ristretta l'importazione ai sensi della decisione 2000/418/CE, in modo da includere tutti i prodotti contenenti materiale di origine bovina, ovina o caprina cui si applicano certificati sanitari della Comunità. Tuttavia, i paesi terzi che godono di una deroga alla decisione 2000/418/CE devono anche poter beneficiare di una deroga alle misure transitorie. Per rispettare gli obblighi internazionali contratti nel quadro dell'accordo sull'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie dell'Organizzazione mondiale del commercio, in particolare per quanto riguarda le procedure di notifica, le disposizioni relative alle importazioni non saranno applicate prima del 1° ottobre 2001.

(7) L'allegato VII del regolamento (CE) n. 999/2001 stabilisce norme dettagliate per i provvedimenti da attuare una volta confermata la presenza di un'encefalopatia spongiforme trasmissibile (EST). Tali norme devono essere aggiornate, affinché siano in linea con le disposizioni tecniche dettagliate di eradicazione applicate dagli Stati membri, tenendo conto del parere del Comitato scientifico direttivo (CSD), del 15 settembre 2000, sull'eliminazione dei bovini per motivi di BSE. Nel suo parere, il CSD conclude che l'abbattimento dell'intera mandria sta già facendo effetto per quanto riguarda l'eliminazione di casi altrimenti non individuati e in termini di prevenzione del ripresentarsi di casi futuri. Tuttavia, praticamente lo stesso effetto potrebbe essere raggiunto abbattendo tutti gli animali nati e/o allevati nella stessa mandria del caso confermato in un periodo di 12 mesi prima e dopo la data di nascita del caso stesso (uccisione della coorte di nascita). Il CSD raccomanda l'uccisione almeno della coorte di nascita ogniqualvolta si manifesti un caso indigeno di BSE, indipendentemente dalla situazione epidemiologica complessiva. È dunque opportuno modificare di conseguenza le norme dettagliate relative all'eradicazione, rendendo opzionale l'uccisione dell'intero branco qualora la situazione locale complessiva lo consenta.

(8) A fini di chiarezza, la decisione 94/474/CE della Commissione, del 27 luglio 1994, che stabilisce misure di protezione contro l'encefalopatia spongiforme bovina ed abroga le decisioni 89/469/CEE e 90/200/CEE, la decisione 94/381/CE della Commissione, del 27 giugno 1994, concernente misure di protezione per quanto riguarda l'encefalopatia spongiforme bovina e la somministrazione, con la dieta, di proteina derivata da mammiferi, e la decisione 2000/418/CE che disciplina l'impiego di materiale a rischio per quanto concerne le encefalopatie spongiformi trasmissibili e modifica la decisione 94/474/CE, devono essere revocate.

(9) Il comitato veterinario permanente non ha emesso alcun parere. La Commissione pertanto ha proposto le misure qui esposte al Consiglio in data 15 giugno 2001, ai sensi dell'articolo 24 del regolamento (CE) n. 999/2001. Il Consiglio dovrà reagire entro 3 mesi.

(10) Tuttavia, il Consiglio non ha adottato le misure né si è opposto alla proposta, e ha concluso, il 19 giugno 2001, che non cambierà la propria posizione entro tale periodo.

(11) In tali circostanze, vista l'urgente necessità di attuare le suddette misure, e previa informazione del Parlamento europeo ai sensi delle disposizioni di cui alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, fatto salvo l'articolo 8, le misure devono ora essere adottate dalla Commissione senza inopportuni ritardi,

ha adottato il presente regolamento:

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(2) Pubblicata nella G.U.C.E. 4 giugno 1992, n. L 152.

(3) Pubblicata nella G.U.C.E. 23 maggio 2000, n. L 121.

(4) Pubblicata nella G.U.C.E. 7 giugno 2000, n. L 134.

(5) Pubblicata nella G.U.C.E. 7 giugno 2000, n. L 134.

(6) Pubblicata nella G.U.C.E. 15 maggio 2001, n. L 132.

(7) Pubblicato nella G.U.C.E. 19 marzo 2001, n. C 88.

 

Articolo 1

Mediante misura transitoria che reca deroga al regolamento (CE) n. 999/2001:

1) le disposizioni di tale regolamento elencate all'allegato I del presente regolamento non si applicano a uno Stato membro o paese terzo fino all'entrata in vigore della decisione relativa alla situazione di quello Stato membro o paese terzo in ordine alla BSE, adottata ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 999/2001. L'allegato XI, sezione D, si applica allo Stato membro o paese terzo interessato fino a quella data. Nessuna decisione del genere può entrare in vigore prima del 1° gennaio 2002.

[2) L'articolo 7 non si applica ad uno Stato membro fino all'entrata in vigore della decisione che stabilisce lo statuto BSE dello Stato membro in questione, e fino a che non vi siano state effettivamente applicate le disposizioni comunitarie in materia di alimentazione animale in connessione con le encefalopatie spongiformi trasmissibili. L'allegato XI, parte C, si applica allo Stato membro fino a che non vi diventi applicabile l'articolo 7.] (8).

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(8) Punto così sostituito dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 270/2002, a decorrere dal 1° aprile 2002 e poi soppresso dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1234/2003, con decorrenza indicata al suo articolo 4.

     

Articolo 2

1. Sono soppressi il secondo e il terzo paragrafo dell'articolo 4 della decisione 2000/766/CE.

2. Sono abolite le decisioni 94/381/CE, 94/474/CE e 2000/418/CE.

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Articolo 3

Il regolamento (CE) n. 999/2001 è modificato come segue:

1) il testo dell'allegato VII è sostituito dal testo dell'allegato II del presente regolamento;

2) il testo dell'allegato XI, sezione A, è sostituito dal testo dell'allegato III del presente regolamento;

3) il testo dell'allegato XI è completato dal testo dell'allegato IV del presente regolamento.

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Articolo 4

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Esso si applica a decorrere dal 1° luglio 2001.

Tuttavia, le disposizioni di cui all'allegato XI, sezione A, punto 5, dal quarto al settimo trattino e nono e decimo trattino, e sezione D, punti 2-3 del regolamento (CE) n. 999/2001, modificato dal presente regolamento, si applicano a partire dal 1° ottobre 2001.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 29 giugno 2001.

Per la Commissione

David Byrne

membro della Commissione

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(Si omettono gli allegati)


Reg. (CE) n. 178/2002 del 28 gennaio 2002
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.

 

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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 1 febbraio 2002, n. L 31. Entrata in vigore: 21 febbraio 2002.

 

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37, l'articolo 95, l'articolo 133 e l'articolo 152, paragrafo 4, lettera b),

vista la proposta della Commissione (2),

visto il parere del Comitato economico e sociale (3),

visto il parere del Comitato delle regioni (4),

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (5),

considerando quanto segue:

(1) La libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno e contribuisce in maniera significativa alla salute e al benessere dei cittadini, nonché ai loro interessi sociali ed economici.

(2) Occorre garantire un livello elevato di tutela della vita e della salute umana nell'esecuzione delle politiche comunitarie.

(3) La libera circolazione degli alimenti e dei mangimi all'interno della Comunità può essere realizzata soltanto se i requisiti di sicurezza degli alimenti e dei mangimi non presentano differenze significative da uno Stato membro all'altro.

(4) Esistono notevoli differenze in relazione ai concetti, ai principi e alle procedure tra le legislazioni degli Stati membri in materia di alimenti. Nell'adozione di misure in campo alimentare da parte degli Stati membri, tali differenze possono ostacolare la libera circolazione degli alimenti, creare condizioni di concorrenza non omogenee e avere quindi un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno.

(5) Occorre pertanto procedere al ravvicinamento di tali concetti, principi e procedure in modo da costituire una base comune per le disposizioni adottate in materia di alimenti e di mangimi dagli Stati membri e a livello comunitario. È tuttavia necessario prevedere un periodo di tempo sufficiente per adeguare le eventuali disposizioni contrastanti della legislazione vigente, a livello sia nazionale che comunitario e, in attesa di tale adeguamento, prevedere altresì che la legislazione pertinente sia applicata in base ai principi stabiliti nel presente regolamento.

(6) L'acqua viene ingerita, come ogni altro alimento, direttamente o indirettamente, contribuendo così al rischio complessivo al quale si espongono i consumatori attraverso l'ingestione di sostanze, tra cui contaminanti chimici e microbiologici. Tuttavia, dato che la qualità delle acque destinate al consumo umano è già disciplinata dalle direttive del Consiglio 80/778/CEE e 98/83/CE, è sufficiente considerare l'acqua nei punti in cui i valori devono essere rispettati, come stabilito all'articolo 6 della direttiva 98/83/CE.

(7) Nel contesto della legislazione alimentare devono essere inclusi requisiti relativi ai mangimi, fra cui requisiti relativi alla produzione e all'utilizzo dei mangimi quando questi siano riservati agli animali destinati alla produzione alimentare. Ciò non pregiudica i requisiti simili che sono stati applicati finora e che saranno applicati in futuro nella legislazione sui mangimi applicabile a tutti gli animali, inclusi gli animali da compagnia.

(8) La Comunità ha scelto di perseguire un livello elevato di tutela della salute nell'elaborazione della legislazione alimentare, che essa applica in maniera non discriminatoria a prescindere dal fatto che gli alimenti o i mangimi siano in commercio sul mercato interno o su quello internazionale.

(9) Occorre far sì che i consumatori, gli altri soggetti interessati e le controparti commerciali abbiano fiducia nei processi decisionali alla base della legislazione alimentare, nel suo fondamento scientifico e nella struttura e nell'indipendenza delle istituzioni che tutelano la salute e altri interessi.

(10) L'esperienza ha dimostrato che è necessario adottare disposizioni atte a garantire che gli alimenti a rischio non siano immessi sul mercato e a predisporre meccanismi per individuare i problemi di sicurezza degli alimenti e reagire ad essi, onde permettere l'adeguato funzionamento del mercato interno e tutelare la salute umana. Sarebbe opportuno affrontare questioni analoghe per quanto riguarda la sicurezza dei mangimi.

(11) Per affrontare il problema della sicurezza alimentare in maniera sufficientemente esauriente e organica è opportuno assumere una nozione lata di "legislazione alimentare", che abbracci un'ampia gamma di disposizioni aventi un'incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, tra cui disposizioni sui materiali e gli oggetti a contatto con gli alimenti, sui mangimi e su altri mezzi di produzione agricola a livello di produzione primaria.

(12) Per garantire la sicurezza degli alimenti occorre considerare tutti gli aspetti della catena di produzione alimentare come un unico processo, a partire dalla produzione primaria inclusa, passando per la produzione di mangimi fino alla vendita o erogazione di alimenti al consumatore inclusa, in quanto ciascun elemento di essa presenta un potenziale impatto sulla sicurezza alimentare.

(13) L'esperienza ha dimostrato che, per tale motivo, occorre prendere in considerazione la produzione, la trasformazione, il trasporto e la distribuzione dei mangimi con i quali vengono nutriti gli animali destinati alla produzione alimentare, compresa la produzione di animali che potrebbero essere utilizzati come mangimi negli allevamenti di pesci, dato che contaminazioni accidentali o intenzionali dei mangimi, adulterazioni o pratiche fraudolente o altre pratiche scorrette in relazione ad essi possono avere un'incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti.

(14) Per lo stesso motivo occorre prendere in considerazione altre pratiche e mezzi di produzione agricoli a livello di produzione primaria e i loro effetti potenziali sulla sicurezza generale degli alimenti.

(15) Il collegamento in rete di laboratori di eccellenza a livello regionale e/o interregionale, allo scopo di assicurare il controllo continuo della sicurezza alimentare, potrebbe svolgere un importante ruolo per quanto riguarda la prevenzione dei potenziali rischi per la salute dei cittadini.

(16) Le misure adottate dagli Stati membri e dalla Comunità in materia di alimenti e di mangimi dovrebbero basarsi generalmente sull'analisi del rischio, tranne quando ciò non sia confacente alle circostanze o alla natura del provvedimento. Il ricorso all'analisi del rischio prima dell'adozione di tali misure dovrebbe agevolare la prevenzione di ostacoli ingiustificati alla libera circolazione degli alimenti.

(17) Quando la legislazione alimentare è intesa a ridurre, eliminare o evitare un rischio per la salute, le tre componenti interconnesse dell'analisi del rischio, vale a dire la valutazione, gestione e comunicazione del rischio, forniscono una metodologia sistematica per definire provvedimenti, o altri interventi a tutela della salute, efficaci, proporzionati e mirati.

(18) Affinché vi sia un clima di fiducia nel fondamento scientifico della legislazione alimentare, le valutazioni del rischio devono essere svolte in modo indipendente, obiettivo e trasparente ed essere basate sulle informazioni e sui dati scientifici disponibili.

(19) È generalmente riconosciuto che, in alcuni casi, la sola valutazione scientifica del rischio non è in grado di fornire tutte le informazioni su cui dovrebbe basarsi una decisione di gestione del rischio e che è legittimo prendere in considerazione altri fattori pertinenti, tra i quali aspetti di natura societale, economica, tradizionale, etica e ambientale nonché la realizzabilità dei controlli.

(20) Per garantire la tutela della salute nella Comunità ci si è avvalsi del principio di precauzione, creando ostacoli alla libera circolazione degli alimenti e dei mangimi. È pertanto necessario adottare una base uniforme in tutta la Comunità per l'uso di tale principio.

(21) Nei casi specifici in cui vi è un rischio per la vita o per la salute, ma permane una situazione di incertezza sul piano scientifico, il principio di precauzione costituisce un meccanismo per determinare misure di gestione del rischio o altri interventi volti a garantire il livello elevato di tutela della salute perseguito nella Comunità.

(22) La sicurezza degli alimenti e la tutela degli interessi dei consumatori sono fonte di crescente preoccupazione per i cittadini, le organizzazioni non governative, le associazioni professionali, le controparti commerciali internazionali e le organizzazioni commerciali. Occorre far sì che la fiducia dei consumatori e delle controparti commerciali sia garantita attraverso l'elaborazione aperta e trasparente della legislazione alimentare e attraverso interventi adeguati da parte delle autorità pubbliche per informare i cittadini qualora vi siano ragionevoli motivi per sospettare che un alimento comporti un rischio per la salute.

(23) La sicurezza e la fiducia dei consumatori della Comunità e dei paesi terzi rivestono un'importanza capitale. La Comunità è tra i più importanti protagonisti del commercio mondiale di alimenti e mangimi e, in tale veste, ha stipulato accordi commerciali internazionali, contribuisce all'elaborazione di norme internazionali a sostegno della legislazione alimentare e sostiene i principi del libero commercio di mangimi sicuri e di alimenti sani e sicuri in maniera non discriminatoria, all'insegna di pratiche commerciali leali e moralmente corrette.

(24) Occorre assicurare che gli alimenti e i mangimi esportati o riesportati dalla Comunità siano conformi alla normativa comunitaria o ai requisiti stabiliti dal paese importatore. In altre circostanze detti alimenti e mangimi possono essere esportati o riesportati soltanto a condizione che il paese importatore vi abbia acconsentito espressamente. Tuttavia, anche qualora lo Stato importatore abbia dato il suo consenso, occorre assicurare che non vengano esportati o riesportati alimenti dannosi per la salute o mangimi a rischio.

(25) Occorre stabilire i principi generali in base ai quali si possono commerciare gli alimenti e i mangimi, nonché gli obiettivi e i principi del contributo della Comunità all'elaborazione di norme e accordi commerciali internazionali.

(26) Alcuni Stati membri hanno adottato normative orizzontali nel campo della sicurezza alimentare, imponendo in particolare agli operatori economici l'obbligo generale di immettere sul mercato solo alimenti sicuri. Tali Stati membri applicano tuttavia criteri fondamentali diversi per determinare la sicurezza degli alimenti. Tali impostazioni divergenti e la mancanza di una normativa di tipo orizzontale in altri Stati membri potrebbero far sorgere ostacoli al commercio dei prodotti alimentari. Ostacoli analoghi potrebbero sorgere per quanto riguarda il commercio dei mangimi.

(27) Occorre pertanto stabilire requisiti generali affinché soltanto gli alimenti e i mangimi sicuri siano immessi sul mercato, allo scopo di permettere l'adeguato funzionamento del mercato interno di tali prodotti.

(28) L'esperienza ha dimostrato che l'impossibilità di ricostruire il percorso compiuto da alimenti e mangimi può mettere in pericolo il funzionamento del mercato interno di tali prodotti. Occorre quindi predisporre un sistema generale per la rintracciabilità dei prodotti che abbracci il settore dei mangimi e alimentare, onde poter procedere a ritiri mirati e precisi o fornire informazioni ai consumatori o ai funzionari responsabili dei controlli, evitando così disagi più estesi e ingiustificati quando la sicurezza degli alimenti sia in pericolo.

(29) Occorre fare in modo che le imprese alimentari e del settore dei mangimi, comprese le imprese importatrici, siano in grado di individuare almeno l'azienda che ha fornito loro l'alimento, il mangime, l'animale o la sostanza che può entrare a far parte di un dato alimento o di un dato mangime, per fare in modo che la rintracciabilità possa essere garantita in ciascuna fase in caso di indagine.

(30) Gli operatori del settore alimentare sono in grado, meglio di chiunque altro, di elaborare sistemi sicuri per l'approvvigionamento alimentare e per garantire la sicurezza dei prodotti forniti; essi dovrebbero pertanto essere legalmente responsabili, in via principale, della sicurezza degli alimenti. Sebbene tale principio sia affermato in alcuni Stati membri e in alcuni settori della legislazione alimentare, in altri settori esso non è esplicito o la responsabilità viene assunta dalle autorità competenti dello Stato membro attraverso lo svolgimento di attività di controllo. Tali disparità possono creare ostacoli al commercio e distorsioni della concorrenza tra operatori del settore alimentare di Stati membri diversi.

(31) Analoghe condizioni dovrebbero riguardare i mangimi ed essere imposte agli operatori del settore dei mangimi.

(32) Il fondamento tecnico e scientifico della normativa comunitaria in materia di sicurezza degli alimenti e dei mangimi dovrebbe contribuire al conseguimento di un livello elevato di tutela della salute nella Comunità. La Comunità deve poter contare su un'assistenza scientifica e tecnica indipendente, efficiente e di elevata qualità.

(33) Le questioni scientifiche e tecniche riguardanti la sicurezza degli alimenti e dei mangimi stanno diventando sempre più importanti e complesse. L'istituzione di un'Autorità europea per la sicurezza alimentare (in prosieguo: "l'Autorità") dovrebbe rafforzare l'attuale sistema di assistenza scientifica e tecnica che non è più in grado di soddisfare le crescenti esigenze.

(34) Conformemente ai principi generali della legislazione alimentare, l'Autorità dovrebbe fungere da punto di riferimento scientifico indipendente nella valutazione del rischio e contribuire in tal modo a garantire il regolare funzionamento del mercato interno. Deve poter essere invitata a formulare pareri su questioni scientifiche oggetto di controversia, consentendo così alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri di adottare, ai fini della gestione del rischio, decisioni consapevoli necessarie a garantire la sicurezza degli alimenti e dei mangimi, contribuendo al tempo stesso a evitare la frammentazione del mercato interno dovuta alla creazione di ostacoli, ingiustificati o non necessari, alla libera circolazione degli alimenti e dei mangimi.

(35) L'Autorità dovrebbe essere una fonte scientifica indipendente di consulenza, informazione e comunicazione del rischio per accrescere la fiducia dei consumatori. Tuttavia, per garantire una maggiore coerenza tra le funzioni di valutazione, gestione e comunicazione del rischio, si dovrebbe creare un più stretto collegamento tra i responsabili della valutazione del rischio e i responsabili della gestione del rischio.

(36) L'Autorità dovrebbe fornire un quadro scientifico completo e indipendente relativo alla sicurezza e ad altri aspetti dell'intera catena di approvvigionamento degli alimenti e dei mangimi, il che comporta ampie competenze per l'Autorità. Dovrebbero rientrarvi anche le questioni aventi un impatto diretto o indiretto sulla sicurezza delle catene di approvvigionamento degli alimenti e dei mangimi, sulla salute e il benessere degli animali e sulla salute dei vegetali. Occorre tuttavia far sì che l'Autorità si concentri sulla sicurezza alimentare e si limiti a fornire pareri scientifici per quanto riguarda le questioni attinenti alla salute e al benessere degli animali e alla salute dei vegetali non connesse con la sicurezza della catena di approvvigionamento alimentare. Tra i compiti dell'Autorità dovrebbero rientrare anche la consulenza scientifica e l'assistenza tecnica e scientifica in materia di nutrizione umana ai fini della normativa comunitaria, nonché l'assistenza alla Commissione, su richiesta di quest'ultima, per la comunicazione connessa con i programmi comunitari nel settore della sanità.

(37) Dal momento che alcuni prodotti autorizzati dalla legislazione alimentare, quali i pesticidi o gli additivi per i mangimi, possono comportare rischi per l'ambiente o per la sicurezza dei lavoratori, l'Autorità dovrebbe altresì valutare alcuni aspetti legati all'ambiente e alla protezione dei lavoratori in conformità della legislazione pertinente.

(38) Per evitare inutili ripetizioni di valutazioni scientifiche e di pareri scientifici connessi sugli organismi geneticamente modificati, l'Autorità dovrebbe inoltre formulare pareri scientifici su prodotti diversi dagli alimenti e dai mangimi riconducibili a organismi geneticamente modificati, quali definiti dalla direttiva 2001/18/CE e fatte salve le procedure ivi stabilite.

(39) L'Autorità, attraverso l'assistenza fornita su questioni scientifiche, dovrebbe contribuire al ruolo svolto dalla Comunità e dagli Stati membri nell'elaborazione e nella definizione di norme in materia di sicurezza alimentare e accordi commerciali internazionali.

(40) È fondamentale che le istituzioni comunitarie, i cittadini e le parti interessate abbiano fiducia nell'Autorità: indipendenza, elevata qualità scientifica, trasparenza ed efficienza sono perciò fondamentali. È altresì indispensabile la collaborazione con gli Stati membri.

(41) A tal fine, il consiglio di amministrazione dovrebbe essere nominato in modo da garantire i più alti livelli di competenza, una vasta gamma di pertinenti conoscenze specialistiche, ad esempio in materia di gestione e di amministrazione pubblica, e la distribuzione geografica più ampia possibile all'interno dell'Unione. Questo dovrebbe essere agevolato mediante una rotazione dei vari paesi d'origine dei membri del consiglio di amministrazione senza che sia riservato alcun posto ai cittadini di uno Stato membro specifico.

(42) L'Autorità dovrebbe disporre dei mezzi per svolgere tutti i compiti necessari all'adempimento delle sue funzioni.

(43) Il consiglio di amministrazione dovrebbe disporre dei poteri necessari per formare il bilancio, verificarne l'attuazione, elaborare il regolamento interno, adottare il regolamento finanziario, nominare i membri del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici e nominare il direttore esecutivo.

(44) L'Autorità dovrebbe collaborare strettamente con gli organi competenti degli Stati membri al fine di operare in maniera efficace. Dovrebbe essere istituito un comitato consultivo al fine di consigliare il direttore esecutivo, costituire un sistema per lo scambio di informazioni e garantire una stretta collaborazione, in particolare per quanto riguarda il sistema di collegamento in rete. La cooperazione e l'opportuno scambio di informazioni dovrebbero inoltre ridurre al minimo la possibilità di avere opinioni scientifiche divergenti.

(45) L'Autorità dovrebbe rilevare il compito, finora affidato ai comitati scientifici istituiti in seno alla Commissione, di formulare pareri scientifici nei settori di sua competenza.

Occorre riorganizzare detti comitati per garantire maggiore coerenza scientifica in relazione alla catena di approvvigionamento alimentare e per consentire loro di lavorare in maniera più efficace. Per formulare i pareri scientifici dovrebbero pertanto essere istituiti in seno all'Autorità un comitato scientifico e gruppi permanenti di esperti scientifici.

(46) A garanzia dell'indipendenza, i membri del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici dovrebbero essere scienziati indipendenti selezionati in base a una procedura aperta di presentazione delle candidature.

(47) La funzione di punto di riferimento scientifico indipendente che l'Autorità deve assolvere implica che non soltanto la Commissione, ma anche il Parlamento europeo e gli Stati membri possano chiederle pareri scientifici. Per assicurare la gestibilità e la coerenza del processo di consulenza scientifica, l'Autorità deve essere in grado di rifiutare o modificare una richiesta giustificando la sua posizione e sulla base di criteri predeterminati. Occorre inoltre adottare disposizioni per contribuire ad evitare pareri scientifici discordanti ed istituire apposite procedure che consentano, in caso di pareri scientifici discordanti tra organi scientifici, di rettificare la discordanza o fornire ai responsabili della gestione del rischio una base di informazione scientifica trasparente.

(48) L'Autorità dovrebbe altresì essere in grado di commissionare studi scientifici necessari all'espletamento dei propri compiti, facendo in modo che i collegamenti da essa stabiliti con la Commissione e gli Stati membri evitino inutili sovrapposizioni. Ciò dovrebbe avvenire in modo aperto e trasparente e l'Autorità terrà conto delle competenze e delle strutture comunitarie esistenti.

(49) È condivisa l'idea che rappresenti una grave lacuna la mancanza di un sistema efficace per la raccolta e l'analisi a livello comunitario dei dati relativi alla catena di approvvigionamento alimentare. È quindi opportuno istituire, sotto forma di rete coordinata dall'Autorità, un sistema per la raccolta e l'analisi dei dati pertinenti nei settori di competenza dell'Autorità stessa. È necessaria una revisione delle reti comunitarie già esistenti per la raccolta dei dati nei settori di competenza dell'Autorità.

(50) Una migliore individuazione dei rischi emergenti potrebbe rivelarsi, a lungo termine, un fondamentale strumento di prevenzione a disposizione degli Stati membri e della Comunità nell'applicazione delle sue politiche. Occorre pertanto assegnare all'Autorità un compito preventivo di raccolta di informazioni e di vigilanza, nonché di valutazione e di informazione circa i rischi emergenti al fine di prevenirli.

(51) L'istituzione dell'Autorità dovrebbe permettere agli Stati membri di essere maggiormente coinvolti nelle procedure scientifiche. A tal fine è pertanto opportuna una stretta collaborazione tra l'Autorità e gli Stati membri. In particolare, l'Autorità deve poter assegnare alcuni specifici compiti ad organizzazioni operanti negli Stati membri.

(52) Occorre fare in modo che venga raggiunto un equilibrio tra l'esigenza di ricorrere ad organi nazionali per lo svolgimento di compiti per conto dell'Autorità e l'esigenza che, per fini di coerenza generale, tali compiti vengano svolti conformemente ai criteri stabiliti in relazione ad essi. Sarà opportuno riesaminare entro un anno le procedure esistenti per l'assegnazione di compiti scientifici agli Stati membri, in particolare per quanto riguarda la valutazione dei fascicoli presentati dalle imprese per l'autorizzazione di determinate sostanze, prodotti o procedure, nell'intento di tenere conto dell'istituzione dell'Autorità e delle nuove strutture che essa offre, mentre le procedure di valutazione saranno non meno rigorose che in precedenza.

(53) La Commissione conserva la piena responsabilità di comunicare le misure relative alla gestione del rischio. Sono pertanto necessari adeguati scambi di informazioni tra l'Autorità e la Commissione. È inoltre necessaria una stretta collaborazione tra l'Autorità, la Commissione e gli Stati membri onde assicurare la coerenza di tutto il processo di comunicazione.

(54) Data l'indipendenza dell'Autorità e il suo compito di informare i cittadini, è opportuno che essa sia in grado di comunicare in maniera autonoma nei settori di sua competenza, onde poter fornire informazioni obiettive, affidabili e di facile comprensione.

(55) Per tener conto di ogni parametro regionale e di ogni correlazione con la politica sanitaria, è necessaria un'adeguata collaborazione con gli Stati membri e con le altre parti interessate nell'ambito specifico delle campagne di informazione dei cittadini.

(56) Oltre a seguire principi operativi basati sull'indipendenza e la trasparenza, l'Autorità dovrebbe essere un'organizzazione aperta ai contatti con i consumatori e con altri gruppi interessati.

(57) L'Autorità dovrebbe essere finanziata dal bilancio generale dell'Unione europea. Tuttavia, alla luce dell'esperienza acquisita, in particolare in relazione all'esame dei fascicoli di autorizzazione presentati dalle imprese, entro tre anni dall'entrata in vigore del presente regolamento dovrebbe essere esaminata la possibilità che i servizi da essa forniti vengano remunerati. Per quanto riguarda ogni forma di sovvenzione a carico del bilancio generale dell'Unione europea, continua ad applicarsi la procedura di bilancio comunitaria. La revisione contabile dovrebbe inoltre essere svolta dalla Corte dei conti.

(58) Occorre consentire la partecipazione di paesi europei non membri dell'Unione europea che hanno concluso accordi che li obbligano a recepire e applicare il "corpus" legislativo comunitario nel campo disciplinato dal presente regolamento.

(59) La direttiva 92/59/CEE del Consiglio, del 29 giugno 1992, relativa alla sicurezza generale dei prodotti ha già previsto un sistema di allarme rapido. Il sistema esistente interessa gli alimenti e i prodotti industriali, ma non i mangimi. Le recenti crisi alimentari hanno dimostrato la necessità di istituire un sistema di allarme rapido migliore e più ampio, che interessi gli alimenti e i mangimi. Tale sistema rivisto dovrebbe essere gestito dalla Commissione e comprendere tra i membri della rete gli Stati membri, la Commissione e l'Autorità. Esso non dovrebbe riguardare le modalità comunitarie di uno scambio rapido di informazioni in caso di emergenza radioattiva, quali definite dalla decisione 87/600/Euratom del Consiglio.

(60) Recenti episodi connessi alla sicurezza degli alimenti hanno dimostrato che, nelle situazioni di emergenza, occorre disporre di misure adeguate per garantire che tutti gli alimenti, a prescindere dal tipo e dall'origine, e tutti i mangimi possano essere soggetti a misure comuni in caso di grave rischio per la salute umana o degli animali o per l'ambiente. Tale impostazione d'insieme in fatto di misure di emergenza per la sicurezza alimentare dovrebbe consentire di intervenire con efficacia e di evitare di trattare in modo artificiosamente diverso un grave rischio relativo agli alimenti o ai mangimi.

(61) Le recenti crisi alimentari hanno inoltre dimostrato i vantaggi, per la Commissione, di disporre di procedure opportunamente congegnate e più rapide per la gestione delle crisi. Tali procedure organizzative dovrebbero permettere di coordinare meglio gli sforzi e di determinare le misure più efficaci sulla base delle informazioni scientifiche più accurate. Le procedure riviste dovrebbero pertanto tener conto delle competenze dell'Autorità e prevedere un'assistenza scientifica e tecnica sotto forma di consulenza in caso di crisi alimentare.

(62) Per garantire un'impostazione globale e più efficace delle questioni riguardanti la catena alimentare dovrebbe essere istituito un comitato per la catena alimentare e la salute degli animali in sostituzione del comitato veterinario permanente, del comitato permanente per i prodotti alimentari e del comitato permanente degli alimenti per animali. Pertanto devono essere abrogate le decisioni del Consiglio 68/361/CEE, 69/414/CEE e 70/372/CEE. Per lo stesso motivo, il comitato per la catena alimentare e la salute degli animali dovrebbe sostituire anche il comitato fitosanitario permanente per quanto riguarda le competenze [direttive 76/895/CEE, 86/362/CEE, 86/363/CEE, 90/642/CEE e 91/414/CEE]sui prodotti fitosanitari e sulla fissazione di quantità massime di residui.

(63) Le misure necessarie per l'applicazione del presente regolamento devono essere adottate in conformità della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.

(64) È necessario che gli operatori dispongano di tempo sufficiente per adeguarsi ad alcuni dei requisiti stabiliti dal presente regolamento e che l'Autorità europea per la sicurezza alimentare cominci ad essere operativa il 1° gennaio 2002.

(65) È importante evitare confusione tra i compiti dell'Autorità e quelli dell'Agenzia europea di valutazione dei medicinali, istituita dal regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio. Occorre pertanto che il presente regolamento faccia salve le competenze conferite a detta Agenzia dalla legislazione comunitaria, comprese quelle conferite dal regolamento (CEE) n. 2377/90 del Consiglio, del 26 giugno 1990, che definisce una procedura comunitaria per la determinazione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale.

(66) Per realizzare lo scopo fondamentale del presente regolamento è necessario e opportuno prevedere il ravvicinamento di concetti, principi e misure che costituiscono una base comune per la legislazione alimentare nella Comunità ed istituire un'Autorità europea per la sicurezza alimentare. In base al principio di proporzionalità di cui all'articolo 5 del trattato, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per conseguire tale scopo,

hanno adottato il presente regolamento:

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(2) Pubblicata nella G.U.C.E. 27 marzo 2001, n. C 96 E.

(3) Pubblicato nella G.U.C.E. 29 maggio 2001, n. C 155.

(4) Parere espresso il 14 giugno 2001.

(5) Parere del Parlamento europeo del 12 giugno 2001, posizione comune del Consiglio del 17 settembre 2001 e decisione del Parlamento europeo dell'11 dicembre 2001. Decisione del Consiglio del 21 gennaio 2002.

 

Capo I

Campo di applicazione e definizioni

Articolo 1

Finalità e campo di applicazione.

1. Il presente regolamento costituisce la base per garantire un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori in relazione agli alimenti, tenendo conto in particolare della diversità dell'offerta di alimenti compresi i prodotti tradizionali, garantendo al contempo l'efficace funzionamento del mercato interno. Esso stabilisce principi comuni e competenze, i mezzi per assicurare un solido fondamento scientifico, procedure e meccanismi organizzativi efficienti a sostegno dell'attività decisionale nel campo della sicurezza degli alimenti e dei mangimi.

2. Ai fini del paragrafo 1 il presente regolamento reca i principi generali da applicare nella Comunità e a livello nazionale in materia di alimenti e mangimi in generale, e di sicurezza degli alimenti e dei mangimi in particolare.

Esso istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare.

Esso stabilisce procedure relative a questioni aventi un'incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi.

3. Il presente regolamento disciplina tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti e dei mangimi. Esso non si applica alla produzione primaria per uso domestico privato o alla preparazione, alla manipolazione e alla conservazione domestica di alimenti destinati al consumo domestico privato.

Articolo 2

Definizione di "alimento".

Ai fini del presente regolamento si intende per "alimento" (o "prodotto alimentare", o "derrata alimentare") qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani.

Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. Esso include l'acqua nei punti in cui i valori devono essere rispettati come stabilito all'articolo 6 della direttiva 98/83/CE e fatti salvi i requisiti delle direttive 80/778/CEE e 98/83/CE.

Non sono compresi:

a) i mangimi;

b) gli animali vivi, a meno che siano preparati per l'immissione sul mercato ai fini del consumo umano;

c) i vegetali prima della raccolta;

d) i medicinali ai sensi delle direttive del Consiglio 65/65/CEE e 92/73/CEE;

e) i cosmetici ai sensi della direttiva 76/768/CEE del Consiglio;

f) il tabacco e i prodotti del tabacco ai sensi della direttiva 89/622/CEE del Consiglio;

g) le sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi della convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961 e della convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971;

h) residui e contaminanti.

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Articolo 3

Altre definizioni.

Ai fini del presente regolamento si intende per:

1) "legislazione alimentare", le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative riguardanti gli alimenti in generale, e la sicurezza degli alimenti in particolare, sia nella Comunità che a livello nazionale; sono incluse tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti e anche dei mangimi prodotti per gli animali destinati alla produzione alimentare o ad essi somministrati;

2) "impresa alimentare", ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle attività connesse ad una delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti;

3) "operatore del settore alimentare", la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo;

4) "mangime" (o "alimento per animali"), qualsiasi sostanza o prodotto, compresi gli additivi, trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato alla nutrizione per via orale degli animali;

5) "impresa nel settore dei mangimi", ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle operazioni di produzione, lavorazione, trasformazione, magazzinaggio, trasporto o distribuzione di mangimi, compreso ogni produttore che produca, trasformi o immagazzini mangimi da somministrare sul suo fondo agricolo ad animali;

6) "operatore del settore dei mangimi", la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa di mangimi posta sotto il suo controllo;

7) "commercio al dettaglio", la movimentazione e/o trasformazione degli alimenti e il loro stoccaggio nel punto di vendita o di consegna al consumatore finale, compresi i terminali di distribuzione, gli esercizi di ristorazione, le mense di aziende e istituzioni, i ristoranti e altre strutture di ristorazione analoghe, i negozi, i centri di distribuzione per supermercati e i punti di vendita all'ingrosso;

8) "immissione sul mercato", la detenzione di alimenti o mangimi a scopo di vendita, comprese l'offerta di vendita o ogni altra forma, gratuita o a pagamento, di cessione, nonché la vendita stessa, la distribuzione e le altre forme di cessione propriamente detta;

9) "rischio", funzione della probabilità e della gravità di un effetto nocivo per la salute, conseguente alla presenza di un pericolo;

10) "analisi del rischio", processo costituito da tre componenti interconnesse: valutazione, gestione e comunicazione del rischio;

11) "valutazione del rischio", processo su base scientifica costituito da quattro fasi: individuazione del pericolo, caratterizzazione del pericolo, valutazione dell'esposizione al pericolo e caratterizzazione del rischio;

12) "gestione del rischio", processo, distinto dalla valutazione del rischio, consistente nell'esaminare alternative d'intervento consultando le parti interessate, tenendo conto della valutazione del rischio e di altri fattori pertinenti e, se necessario, compiendo adeguate scelte di prevenzione e di controllo;

13) "comunicazione del rischio", lo scambio interattivo, nell'intero arco del processo di analisi del rischio, di informazioni e pareri riguardanti gli elementi di pericolo e i rischi, i fattori connessi al rischio e la percezione del rischio, tra responsabili della valutazione del rischio, responsabili della gestione del rischio, consumatori, imprese alimentari e del settore dei mangimi, la comunità accademica e altri interessati, ivi compresi la spiegazione delle scoperte relative alla valutazione del rischio e il fondamento delle decisioni in tema di gestione del rischio;

14) "pericolo" o "elemento di pericolo", agente biologico, chimico o fisico contenuto in un alimento o mangime, o condizione in cui un alimento o un mangime si trova, in grado di provocare un effetto nocivo sulla salute;

15) "rintracciabilità", la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione;

16) "fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione", qualsiasi fase, importazione compresa, a partire dalla produzione primaria di un alimento inclusa fino al magazzinaggio, al trasporto, alla vendita o erogazione al consumatore finale inclusi e, ove pertinente, l'importazione, la produzione, la lavorazione, il magazzinaggio, il trasporto, la distribuzione, la vendita e l'erogazione dei mangimi;

17) "produzione primaria", tutte le fasi della produzione, dell'allevamento o della coltivazione dei prodotti primari, compresi il raccolto, la mungitura e la produzione zootecnica precedente la macellazione e comprese la caccia e la pesca e la raccolta di prodotti selvatici;

18) "consumatore finale", il consumatore finale di un prodotto alimentare che non utilizzi tale prodotto nell'ambito di un'operazione o attività di un'impresa del settore alimentare.

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Capo II

Legislazione alimentare generale

Articolo 4

Campo di applicazione.

1. Il presente capo si applica a tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti e anche dei mangimi prodotti per gli animali destinati alla produzione alimentare o ad essi somministrati.

2. I principi enunciati negli articoli da 5 a 10 costituiscono un quadro generale di natura orizzontale al quale conformarsi nell'adozione di misure.

3. I principi e le procedure esistenti in materia di legislazione alimentare sono adattati quanto prima ed entro il 1° gennaio 2007 al fine di conformarsi agli articoli da 5 a10.

4. Fino ad allora e in deroga al paragrafo 2, è attuata la normativa vigente tenendo conto dei principi di cui agli articoli da 5 a 10.

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Sezione 1

Principi generali della legislazione alimentare

Articolo 5

Obiettivi generali.

1. La legislazione alimentare persegue uno o più fra gli obiettivi generali di un livello elevato di tutela della vita e della salute umana, della tutela degli interessi dei consumatori, comprese le pratiche leali nel commercio alimentare, tenuto eventualmente conto della tutela della salute e del benessere degli animali, della salute vegetale e dell'ambiente.

2. La legislazione alimentare mira al conseguimento della libertà di circolazione all'interno della Comunità degli alimenti e dei mangimi prodotti o immessi sul mercato nel rispetto dei principi e dei requisiti generali enunciati nel presente capo.

3. Le norme internazionali vigenti o d'imminente perfezionamento sono prese in considerazione nell'elaborazione o nell'adeguamento della legislazione alimentare, salvo se tali norme o loro parti pertinenti sono inefficaci o inadeguate per il conseguimento dei legittimi obiettivi della legislazione alimentare, se vi è una giustificazione scientifica in tal senso o se il livello di protezione che assicurano non è quello ritenuto adeguato nella Comunità.

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Articolo 6

Analisi del rischio.

1. Ai fini del conseguimento dell'obiettivo generale di un livello elevato di tutela della vita e della salute umana, la legislazione alimentare si basa sull'analisi del rischio, tranne quando ciò non sia confacente alle circostanze o alla natura del provvedimento.

2. La valutazione del rischio si basa sugli elementi scientifici a disposizione ed è svolta in modo indipendente, obiettivo e trasparente.

3. La gestione del rischio tiene conto dei risultati della valutazione del rischio, e in particolare dei pareri dell'Autorità di cui all'articolo 22, nonché di altri aspetti, se pertinenti, e del principio di precauzione laddove sussistano le condizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, allo scopo di raggiungere gli obiettivi generali in materia di legislazione alimentare di cui all'articolo 5.

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Articolo 7

Principio di precauzione.

1. Qualora, in circostanze specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d'incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio.

2. Le misure adottate sulla base del paragrafo 1 sono proporzionate e prevedono le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nella Comunità, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti, se pertinenti. Tali misure sono riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente.

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Articolo 8

Tutela degli interessi dei consumatori.

1. La legislazione alimentare si prefigge di tutelare gli interessi dei consumatori e di costituire una base per consentire ai consumatori di compiere scelte consapevoli in relazione agli alimenti che consumano. Essa mira a prevenire le seguenti pratiche:

a) le pratiche fraudolente o ingannevoli;

b) l'adulterazione degli alimenti;

c) ogni altro tipo di pratica in grado di indurre in errore il consumatore.

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Sezione 2

Principi di trasparenza

Articolo 9

Consultazione dei cittadini.

I cittadini sono consultati in maniera aperta e trasparente, direttamente o attraverso organi rappresentativi, nel corso dell'elaborazione, della valutazione e della revisione della legislazione alimentare, a meno che l'urgenza della questione non lo permetta.

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Articolo 10

Informazione dei cittadini.

Fatte salve le pertinenti disposizioni comunitarie e degli Stati membri sull'accesso ai documenti, nel caso in cui vi siano ragionevoli motivi per sospettare che un alimento o mangime possa comportare un rischio per la salute umana o animale, in funzione della natura, della gravità e dell'entità del rischio le autorità pubbliche adottano provvedimenti opportuni per informare i cittadini della natura del rischio per la salute, identificando nel modo più esauriente l'alimento o mangime o il tipo di alimento o di mangime, il rischio che può comportare e le misure adottate o in procinto di essere adottate per prevenire, contenere o eliminare tale rischio.

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Sezione 3

Obblighi generali del commercio alimentare

Articolo 11

Alimenti e mangimi importati nella Comunità.

Gli alimenti e i mangimi importati nella Comunità per esservi immessi sul mercato devono rispettare le pertinenti disposizioni della legislazione alimentare o le condizioni riconosciute almeno equivalenti dalla Comunità o, quando tra la Comunità e il paese esportatore esiste un accordo specifico, le disposizioni ivi contenute.

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Articolo 12

Alimenti e mangimi esportati dalla Comunità.

1. Gli alimenti e i mangimi esportati o riesportati dalla Comunità per essere immessi sul mercato di un paese terzo devono rispettare le pertinenti disposizioni della legislazione alimentare, salvo diversa indicazione delle autorità del paese importatore o diversa disposizione di leggi, regolamenti, norme, codici di condotta e altre procedure giuridiche e amministrative eventualmente in vigore in detto paese.

In altre circostanze, ad eccezione del caso in cui gli alimenti siano dannosi per la salute o i mangimi siano a rischio, detti alimenti e mangimi possono essere esportati o riesportati soltanto qualora le autorità competenti del paese di destinazione vi abbiano acconsentito espressamente, dopo essere state pienamente informate dei motivi e delle circostanze per cui non è stato possibile immettere gli alimenti o mangimi in questione sul mercato comunitario.

2. Laddove si applichino le disposizioni di un accordo bilaterale concluso tra la Comunità o uno dei suoi Stati membri e un paese terzo, gli alimenti e i mangimi esportati dalla Comunità o da detto Stato membro nel paese terzo in questione devono rispettare dette disposizioni.

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Articolo 13

Norme internazionali.

Fatti salvi i loro diritti ed obblighi, la Comunità e gli Stati membri agiscono come segue:

a) contribuiscono all'elaborazione di norme tecniche internazionali sugli alimenti e sui mangimi, nonché di norme sanitarie e fitosanitarie;

b) promuovono il coordinamento dei lavori sulle norme relative ad alimenti e mangimi intrapresi da organizzazioni internazionali governative e non governative;

c) contribuiscono, ove pertinente e opportuno, all'elaborazione di accordi sul riconoscimento dell'equivalenza di misure specifiche riguardanti gli alimenti e i mangimi;

d) prestano particolare attenzione alle peculiari esigenze finanziarie, commerciali e di sviluppo dei paesi in via di sviluppo per evitare che le norme internazionali creino inutili ostacoli alle esportazioni di tali paesi;

e) promuovono la coerenza tra gli standard tecnici internazionali e la legislazione in materia alimentare, assicurando al contempo che l'elevato livello di protezione adottato nella Comunità non venga ridotto.

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Sezione 4

Requisiti generali della legislazione alimentare

Articolo 14

Requisiti di sicurezza degli alimenti.

1. Gli alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato.

2. Gli alimenti sono considerati a rischio nei casi seguenti:

a) se sono dannosi per la salute;

b) se sono inadatti al consumo umano.

3. Per determinare se un alimento sia a rischio occorre prendere in considerazione quanto segue:

a) le condizioni d'uso normali dell'alimento da parte del consumatore in ciascuna fase della produzione, della trasformazione e della distribuzione;

b) le informazioni messe a disposizione del consumatore, comprese le informazioni riportate sull'etichetta o altre informazioni generalmente accessibili al consumatore sul modo di evitare specifici effetti nocivi per la salute provocati da un alimento o categoria di alimenti.

4. Per determinare se un alimento sia dannoso per la salute occorre prendere in considerazione quanto segue:

a) non soltanto i probabili effetti immediati e/o a breve termine, e/o a lungo termine dell'alimento sulla salute di una persona che lo consuma, ma anche su quella dei discendenti;

b) i probabili effetti tossici cumulativi di un alimento;

c) la particolare sensibilità, sotto il profilo della salute, di una specifica categoria di consumatori, nel caso in cui l'alimento sia destinato ad essa.

5. Per determinare se un alimento sia inadatto al consumo umano, occorre prendere in considerazione se l'alimento sia inaccettabile per il consumo umano secondo l'uso previsto, in seguito a contaminazione dovuta a materiale estraneo o ad altri motivi, o in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione.

6. Se un alimento a rischio fa parte di una partita, lotto o consegna di alimenti della stessa classe o descrizione, si presume che tutti gli alimenti contenuti in quella partita, lotto o consegna siano a rischio a meno che, a seguito di una valutazione approfondita, risulti infondato ritenere che il resto della partita, lotto o consegna sia a rischio.

7. Gli alimenti conformi a specifiche disposizioni comunitarie riguardanti la sicurezza alimentare sono considerati sicuri in relazione agli aspetti disciplinati dalle medesime.

8. Il fatto che un alimento sia conforme alle specifiche disposizioni ad esso applicabili non impedisce alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati per imporre restrizioni alla sua immissione sul mercato o per disporne il ritiro dal mercato qualora vi siano motivi di sospettare che, nonostante detta conformità, l'alimento è a rischio.

9. In assenza di specifiche disposizioni comunitarie, un alimento è considerato sicuro se è conforme alle specifiche disposizioni della legislazione alimentare nazionale dello Stato membro sul cui territorio è immesso sul mercato, purché tali disposizioni siano formulate e applicate nel rispetto del trattato, in particolare degli articoli 28 e 30 del medesimo.

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Articolo 15

Requisiti di sicurezza dei mangimi.

1. I mangimi a rischio non possono essere immessi sul mercato né essere somministrati a un animale destinato alla produzione alimentare.

2. I mangimi sono considerati a rischio, per l'uso previsto, nei casi seguenti:

- se hanno un effetto nocivo per la salute umana o animale,

- se rendono a rischio, per il consumo umano, l'alimento ottenuto dall'animale destinato alla produzione alimentare.

3. Quando un mangime, riscontrato come non conforme ai requisiti di sicurezza, appartenga a una partita, lotto o consegna di mangimi della stessa classe o descrizione, si presume che tutti i mangimi della partita, lotto o consegna siano sprovvisti di tali requisiti salvo che, a seguito di una valutazione approfondita, risulti infondato ritenere che il resto della partita, lotto o consegna non sia conforme ai requisiti di sicurezza dei mangimi.

4. I mangimi conformi a specifiche disposizioni comunitarie nel campo della sicurezza dei mangimi sono considerati sicuri in relazione agli aspetti disciplinati dalle medesime.

5. Il fatto che un mangime sia conforme alle specifiche disposizioni ad esso applicabili non impedisce alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati per imporre restrizioni alla sua immissione sul mercato o per disporne il ritiro dal mercato qualora vi siano motivi di sospettare che, nonostante detta conformità, il mangime è a rischio.

6. In assenza di specifiche disposizioni comunitarie, un mangime è considerato sicuro se è conforme alle specifiche disposizioni in materia di sicurezza dei mangimi previste dalla legislazione nazionale dello Stato membro sul cui territorio è in circolazione, purché tali disposizioni siano formulate e applicate nel rispetto del trattato, in particolare degli articoli 28 e 30 del medesimo.

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Articolo 16

Presentazione.

Fatte salve disposizioni più specifiche della legislazione alimentare, l'etichettatura, la pubblicità e la presentazione degli alimenti o mangimi, compresi la loro forma, il loro aspetto o confezionamento, i materiali di confezionamento usati, il modo in cui gli alimenti o mangimi sono disposti, il contesto in cui sono esposti e le informazioni rese disponibili su di essi attraverso qualsiasi mezzo, non devono trarre in inganno i consumatori.

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Articolo 17

Obblighi.

1. Spetta agli operatori del settore alimentare e dei mangimi garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti o i mangimi soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte.

2. Gli Stati membri applicano la legislazione alimentare e controllano e verificano il rispetto delle pertinenti disposizioni della medesima da parte degli operatori del settore alimentare e dei mangimi, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione.

A tal fine essi organizzano un sistema ufficiale di controllo e altre attività adatte alle circostanze, tra cui la comunicazione ai cittadini in materia di sicurezza e di rischio degli alimenti e dei mangimi, la sorveglianza della sicurezza degli alimenti e dei mangimi e altre attività di controllo che abbraccino tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione.

Gli Stati membri determinano inoltre le misure e le sanzioni da applicare in caso di violazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi. Le misure e le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

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Articolo 18

Rintracciabilità.

1. È disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime.

2. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime.

A tal fine detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo.

3. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono disporre di sistemi e procedure per individuare le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti. Le informazioni al riguardo sono messe a disposizione delle autorità competenti che le richiedano.

4. Gli alimenti o i mangimi che sono immessi sul mercato della Comunità o che probabilmente lo saranno devono essere adeguatamente etichettati o identificati per agevolarne la rintracciabilità, mediante documentazione o informazioni pertinenti secondo i requisiti previsti in materia da disposizioni più specifiche.

5. Le disposizioni per l'applicazione in settori specifici del presente articolo possono essere adottate secondo la procedura di cui all'articolo 58, paragrafo 2.

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Articolo 19

Obblighi relativi agli alimenti: operatori del settore alimentare.

1. Se un operatore del settore alimentare ritiene o ha motivo di ritenere che un alimento da lui importato, prodotto, trasformato, lavorato o distribuito non sia conforme ai requisiti di sicurezza degli alimenti, e l'alimento non si trova più sotto il controllo immediato di tale operatore del settore alimentare, esso deve avviare immediatamente procedure per ritirarlo e informarne le autorità competenti. Se il prodotto può essere arrivato al consumatore, l'operatore informa i consumatori, in maniera efficace e accurata, del motivo del ritiro e, se necessario, richiama i prodotti già forniti ai consumatori quando altre misure siano insufficienti a conseguire un livello elevato di tutela della salute.

2. Gli operatori del settore alimentare responsabili di attività di vendita al dettaglio o distribuzione che non incidono sul confezionamento, sull'etichettatura, sulla sicurezza o sull'integrità dell'alimento devono, entro i limiti delle rispettive attività, avviare procedure per ritirare dal mercato i prodotti non conformi ai requisiti di sicurezza alimentare e contribuire a garantire la sicurezza degli alimenti trasmettendo al riguardo le informazioni necessarie ai fini della loro rintracciabilità, collaborando agli interventi dei responsabili della produzione, della trasformazione e della lavorazione e/o delle autorità competenti.

3. Gli operatori del settore alimentare informano immediatamente le autorità competenti quando ritengano o abbiano motivo di ritenere che un alimento da essi immesso sul mercato possa essere dannoso per la salute umana. Essi informano le autorità competenti degli interventi adottati per evitare rischi al consumatore finale e non impediscono né scoraggiano la cooperazione di chiunque con le autorità competenti, in base alla legislazione nazionale e alla prassi legale, nel caso in cui tale cooperazione possa prevenire, ridurre o eliminare un rischio derivante da un prodotto alimentare.

4. Gli operatori del settore alimentare collaborano con le autorità competenti riguardo ai provvedimenti volti ad evitare o ridurre i rischi provocati da un alimento che forniscono o hanno fornito.

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Articolo 20

Obblighi relativi ai mangimi: operatori del settore dei mangimi.

1. Se un operatore del settore dei mangimi ritiene o ha motivo di credere che un mangime da lui importato, prodotto, trasformato, lavorato o distribuito non sia conforme ai requisiti di sicurezza dei mangimi, deve avviare immediatamente procedure per ritirarlo dal mercato e informarne le autorità competenti. In tali circostanze o nel caso di cui all'articolo 15, paragrafo 3, qualora la partita, il lotto o la consegna non siano conformi ai requisiti di sicurezza dei mangimi, questi ultimi devono essere distrutti a meno che l'autorità competente non decida altrimenti. L'operatore informa in maniera efficace e accurata gli utenti del mangime del motivo del ritiro e, se necessario, richiama i prodotti già forniti agli utenti quando altre misure siano insufficienti a conseguire un livello elevato di tutela della salute.

2. Gli operatori del settore dei mangimi responsabili di attività di vendita al dettaglio o distribuzione che non incidono sul confezionamento, sull'etichettatura, sulla sicurezza o sull'integrità del mangime devono, entro i limiti delle rispettive attività, avviare procedure per ritirare dal mercato i prodotti non conformi ai requisiti di sicurezza dei mangimi e contribuire a garantire la sicurezza degli alimenti trasmettendo al riguardo informazioni necessarie ai fini della rintracciabilità di un mangime, collaborando agli interventi dei responsabili della produzione, della trasformazione e della lavorazione e/o delle autorità competenti.

3. Gli operatori del settore dei mangimi informano immediatamente le autorità competenti quando ritengano o abbiano motivo di ritenere che un mangime da essi immesso sul mercato possa non essere conforme ai requisiti di sicurezza dei mangimi. Essi informano le autorità competenti degli interventi adottati per evitare rischi derivanti dall'uso del mangime e non impediscono né scoraggiano la cooperazione di chiunque con le autorità competenti, in base alla legislazione nazionale e alla prassi legale, nel caso in cui tale cooperazione possa prevenire, ridurre o eliminare un rischio derivante da un mangime.

4. Gli operatori del settore dei mangimi collaborano con le autorità competenti riguardo ai provvedimenti volti ad evitare i rischi provocati da un mangime che forniscono o hanno fornito.

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Articolo 21

Responsabilità.

Le disposizioni del presente capo si applicano salvo il disposto della direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi.

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Capo III

Autorità europea per la sicurezza alimentare

Sezione 1

Funzione e compiti

Articolo 22

Funzione.

1. È istituita un'Autorità europea per la sicurezza alimentare (in prosieguo: "l'Autorità").

2. L'Autorità offre consulenza scientifica e assistenza scientifica e tecnica per la normativa e le politiche della Comunità in tutti i campi che hanno un'incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi. Essa fornisce informazioni indipendenti su tutte le materie che rientrano in detti campi e comunica i rischi.

3. L'Autorità contribuisce ad un livello elevato di tutela della vita e della salute umana e a tal fine tiene conto della salute e del benessere degli animali, della salute dei vegetali e dell'ambiente, nel quadro del funzionamento del mercato interno.

4. L'Autorità raccoglie e analizza i dati che consentono la caratterizzazione e la sorveglianza dei rischi che hanno un'incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi.

5. L'Autorità ha inoltre la funzione di:

a) offrire consulenza scientifica e assistenza scientifica e tecnica sulla nutrizione umana in relazione alla normativa comunitaria e, su richiesta della Commissione, assistenza per la comunicazione relativa a questioni nutrizionali nel quadro del programma comunitario nel settore della sanità;

b) formulare pareri scientifici su altre questioni inerenti alla salute e al benessere degli animali e alla salute dei vegetali;

c) formulare pareri scientifici su prodotti diversi dagli alimenti e dai mangimi riconducibili a organismi geneticamente modificati, quali definiti dalla direttiva 2001/18/CE e fatte salve le procedure ivi stabilite.

6. L'Autorità formula pareri scientifici che costituiscono la base scientifica per l'elaborazione e per l'adozione di misure comunitarie nelle materie di sua competenza.

7. L'Autorità svolge le proprie funzioni secondo modalità che le consentano di fungere da punto di riferimento grazie alla sua indipendenza, alla qualità scientifica e tecnica dei pareri formulati e alle informazioni diffuse, alla trasparenza delle sue procedure e metodi di funzionamento e alla diligenza nello svolgere i compiti ad essa assegnati.

Essa agisce in stretta collaborazione con gli organi competenti che negli Stati membri svolgono funzioni analoghe alle sue.

8. L'Autorità, la Commissione e gli Stati membri collaborano per promuovere l'effettiva coerenza fra le funzioni di valutazione del rischio, gestione del rischio e comunicazione del rischio.

9. Gli Stati membri collaborano con l'Autorità ai fini dell'espletamento delle sue funzioni.

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Articolo 23

Compiti.

L'Autorità ha i seguenti compiti:

a) fornire alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri i migliori pareri scientifici in tutti i casi previsti dalla legislazione comunitaria e su qualsiasi questione di sua competenza;

b) promuovere e coordinare la definizione di metodi uniformi di valutazione del rischio nei settori di sua competenza;

c) fornire alla Commissione assistenza scientifica e tecnica nelle materie di sua competenza e, quando richiesto, nell'interpretazione e nell'esame dei pareri relativi alla valutazione dei rischi;

d) commissionare studi scientifici necessari all'espletamento dei suoi compiti;

e) ricercare, raccogliere, confrontare, analizzare e sintetizzare i dati scientifici e tecnici nei settori di sua competenza;

f) intervenire per individuare e definire i rischi emergenti nei settori di sua competenza;

g) creare un sistema di reti tra organizzazioni operanti nei settori di sua competenza, del cui funzionamento è responsabile;

h) prestare assistenza scientifica e tecnica su richiesta della Commissione nelle procedure di gestione delle crisi seguite dalla Commissione in relazione alla sicurezza degli alimenti e dei mangimi;

i) fornire, su richiesta della Commissione, assistenza scientifica e tecnica allo scopo di migliorare la collaborazione tra la Comunità, i paesi candidati, le organizzazioni internazionali e i paesi terzi nei settori di sua competenza;

j) fare in modo che i cittadini e le parti interessate ricevano informazioni rapide, affidabili, obiettive e comprensibili nei settori di sua competenza;

k) formulare in modo indipendente conclusioni ed orientamenti su materie di sua competenza;

l) ogni altro compito assegnatole dalla Commissione nell'ambito delle sue competenze.

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Sezione 2

Organizzazione

Articolo 24

Organi.

L'Autorità ha i seguenti organi:

a) un consiglio di amministrazione;

b) un direttore esecutivo con relativo personale;

c) un foro consultivo;

d) un comitato scientifico e gruppi di esperti scientifici.

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Articolo 25

Consiglio di amministrazione.

1. Il consiglio di amministrazione è composto da 14 membri nominati dal Consiglio in consultazione con il Parlamento europeo, in base a un elenco stilato dalla Commissione, che comprende un numero di candidati sostanzialmente più elevato del numero dei membri da nominare, e un rappresentante della Commissione. Quattro membri devono avere esperienza in associazioni che rappresentano i consumatori e altri raggruppamenti con interessi nella catena alimentare.

L'elenco stilato dalla Commissione, corredato della relativa documentazione, viene trasmesso al Parlamento europeo. Non appena possibile ed entro tre mesi da tale comunicazione, il Parlamento europeo può sottoporre il proprio parere al Consiglio che procede alla nomina del consiglio di amministrazione.

I membri del consiglio di amministrazione sono nominati in modo da garantire i più alti livelli di competenza, una vasta gamma di pertinenti conoscenze specialistiche e, coerentemente con tali caratteristiche, la distribuzione geografica più ampia possibile nell'ambito dell'Unione.

2. Il mandato dei membri è quadriennale ed è rinnovabile una volta. Tuttavia, per il primo mandato, questo periodo è di sei anni per la metà dei membri.

3. Il consiglio di amministrazione adotta il regolamento interno dell'Autorità sulla base di una proposta del direttore esecutivo. Tale regolamento è pubblico.

4. Il consiglio di amministrazione elegge tra i propri membri un presidente con mandato biennale rinnovabile.

5. Il consiglio di amministrazione adotta il proprio regolamento interno.

Salvo altrimenti disposto, il consiglio di amministrazione delibera a maggioranza dei propri membri.

6. Il consiglio di amministrazione si riunisce su convocazione del presidente o su richiesta di almeno un terzo dei suoi membri.

7. Il consiglio di amministrazione garantisce che l'Autorità assolva le proprie funzioni e svolga i compiti che le sono assegnati secondo le modalità stabilite dal presente regolamento.

8. Prima del 31 gennaio di ogni anno il consiglio di amministrazione adotta il programma di lavoro dell'Autorità per l'anno successivo. Esso adotta inoltre un programma pluriennale suscettibile di revisione. Il consiglio di amministrazione provvede a che tali programmi siano coerenti con le priorità legislative e strategiche della Comunità nel campo della sicurezza alimentare.

Prima del 30 marzo di ogni anno il consiglio di amministrazione adotta la relazione generale sulle attività dell'Autorità per l'anno precedente.

9. Il regolamento finanziario applicabile all'Autorità è adottato dal consiglio di amministrazione previa consultazione della Commissione. Può discostarsi dal regolamento (CE/Euratom) n. 2343/2002 della Commissione, del 19 novembre 2002, che reca regolamento finanziario quadro degli organismi di cui all'articolo 185 del regolamento (CE/Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee in applicazione dell'articolo 185 del regolamento finanziario generale solo se lo richiedono le esigenze specifiche di funzionamento dell'Autorità e previo accordo della Commissione (6).

10. Il direttore esecutivo partecipa senza diritto di voto alle riunioni del consiglio di amministrazione, e provvede alle attività di segreteria. Il consiglio di amministrazione invita il presidente del comitato scientifico a partecipare alle sue riunioni, senza diritto di voto.

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(6) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

 

Articolo 26

Direttore esecutivo.

1. Il direttore esecutivo è nominato dal consiglio di amministrazione, che attinge a un elenco di candidati proposto dalla Commissione a seguito di una selezione pubblica bandita mediante pubblicazione di un invito a manifestazione d'interesse nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee e su altri organi d'informazione, per un periodo di cinque anni rinnovabile. Prima della nomina il candidato designato dal consiglio di amministrazione è invitato quanto prima a fare una dichiarazione dinanzi al Parlamento europeo e a rispondere alle domande dei membri di tale istituzione. Può essere sollevato dal proprio incarico dal consiglio di amministrazione che delibera a maggioranza.

2. Il direttore esecutivo è il rappresentante legale dell'Autorità. Egli è incaricato di quanto segue:

a) provvedere al disbrigo degli affari correnti dell'Autorità;

b) elaborare la proposta relativa ai programmi di lavoro dell'Autorità in consultazione con la Commissione;

c) attuare i programmi di lavoro e le decisioni del consiglio di amministrazione;

d) garantire che venga fornito un adeguato sostegno scientifico, tecnico e amministrativo al comitato scientifico e ai gruppi di esperti scientifici;

e) garantire che l'Autorità svolga i propri compiti secondo le esigenze degli utenti, con particolare riguardo all'adeguatezza dei servizi forniti e al tempo impiegato;

f) preparazione del progetto di stato di previsione delle entrate e delle spese ed esecuzione del bilancio dell'Autorità (7);

g) gestire tutte le questioni relative al personale;

h) sviluppare e mantenere i contatti con il Parlamento europeo e garantire un dialogo regolare con le sue commissioni competenti.

3. Ogni anno il direttore esecutivo sottopone all'approvazione del consiglio di amministrazione i seguenti progetti:

a) un progetto di relazione generale riguardante tutte le attività svolte dall'Autorità nel corso dell'anno precedente;

b) progetti di programmi di lavoro.

Il direttore esecutivo, previa adozione in sede di consiglio di amministrazione, inoltra i programmi di lavoro al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e agli Stati membri e ne dispone la pubblicazione.

Il direttore esecutivo, previa adozione in sede di consiglio di amministrazione e al più tardi il 15 giugno, inoltra la relazione generale sulle attività dell'Autorità al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione, alla Corte dei conti, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, e ne dispone la pubblicazione.

Il direttore esecutivo trasmette ogni anno all'autorità di bilancio qualsiasi informazione utile riguardante i risultati delle procedure di valutazione (8).

[4. Il direttore esecutivo approva tutte le spese finanziarie dell'Autorità e riferisce al consiglio di amministrazione in merito alle attività dell'Autorità.] (9).

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(7) Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

(8) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

(9) Paragrafo soppresso dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

 

Articolo 27

Foro consultivo.

1. Il foro consultivo è composto da rappresentanti degli organi competenti che svolgono negli Stati membri funzioni analoghe a quelle dell'Autorità, in ragione di un rappresentante per Stato membro. I rappresentanti possono essere sostituiti da supplenti nominati contestualmente.

2. I membri del foro consultivo non possono appartenere al consiglio di amministrazione.

3. Il foro consultivo consiglia il direttore esecutivo nello svolgimento dei suoi compiti secondo il presente regolamento, in particolare in sede di elaborazione di una proposta relativa al programma di lavoro dell'Autorità. Il direttore esecutivo può chiedere consiglio al foro consultivo anche in merito all'ordine di priorità da attribuire alle richieste di parere scientifico.

4. Il foro consultivo rappresenta un meccanismo di scambio di informazioni sui rischi potenziali e di concentrazione delle conoscenze. Esso garantisce piena collaborazione tra l'Autorità e gli organi competenti degli Stati membri, in particolare sugli aspetti seguenti:

a) evitare ogni sovrapposizione fra gli studi scientifici svolti dall'Autorità e quelli condotti negli Stati membri, in conformità dell'articolo 32;

b) nelle circostanze descritte all'articolo 30, paragrafo 4, quando l'Autorità e un organo nazionale devono obbligatoriamente collaborare;

c) promuovere il collegamento, attraverso reti europee, delle organizzazioni attive nei settori di competenza dell'Autorità, in conformità dell'articolo 36, paragrafo 1;

d) laddove l'Autorità o uno Stato membro individuino un rischio emergente.

5. Il foro consultivo è presieduto dal direttore esecutivo. Esso si riunisce regolarmente e almeno quattro volte all'anno, su invito del presidente o su richiesta di almeno un terzo dei suoi membri. Le sue procedure operative sono specificate nel regolamento interno dell'Autorità e sono rese pubbliche.

6. L'Autorità fornisce il supporto tecnico e logistico necessario al foro consultivo e provvede alle attività di segreteria delle sue riunioni.

7. Ai lavori del foro consultivo possono partecipare rappresentanti dei servizi della Commissione. Il direttore esecutivo può invitare rappresentanti del Parlamento europeo e di altri organi competenti a partecipare ai suoi lavori.

Qualora il foro consultivo esamini le questioni di cui all'articolo 22, paragrafo 5, lettera b), i rappresentanti degli organi competenti che svolgono negli Stati membri funzioni analoghe a quelle menzionate all'articolo 22, paragrafo 5, lettera b), possono partecipare ai lavori del foro consultivo in ragione di un rappresentante per Stato membro.

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Articolo 28

Comitato scientifico e gruppi di esperti scientifici.

1. Il comitato scientifico e i gruppi permanenti di esperti scientifici formulano i pareri scientifici dell'Autorità, ciascuno entro la sfera delle rispettive competenze, compresa la possibilità di disporre, ove necessario, audizioni pubbliche.

2. Il comitato scientifico è responsabile del coordinamento generale necessario per garantire la coerenza della procedura di formulazione dei pareri scientifici, con particolare riguardo all'adozione delle procedure operative e all'armonizzazione dei metodi di lavoro. Esso formula pareri su questioni multisettoriali che investono le competenze di più gruppi di esperti scientifici e sulle questioni che non rientrano nelle competenze di alcun gruppo di esperti scientifici.

Ove necessario, segnatamente qualora le questioni non rientrino nella sfera di competenza di alcun gruppo di esperti scientifici, esso crea gruppi di lavoro. In tal caso, esso si avvale della loro esperienza per formulare i pareri scientifici.

3. Il comitato scientifico è costituito dai presidenti dei gruppi di esperti scientifici e da sei esperti scientifici indipendenti non appartenenti ad alcun gruppo di esperti scientifici.

4. I gruppi di esperti scientifici sono costituiti da esperti scientifici indipendenti. Dopo la costituzione dell'Autorità vengono creati i seguenti gruppi di esperti scientifici:

a) il gruppo di esperti scientifici sugli additivi alimentari, gli aromatizzanti, i coadiuvanti tecnologici e i materiali a contatto con gli alimenti;

b) il gruppo di esperti scientifici sugli additivi e i prodotti o le sostanze usati nei mangimi;

c) il gruppo di esperti scientifici sulla salute dei vegetali, i prodotti fitosanitari e i loro residui;

d) il gruppo di esperti scientifici sugli organismi geneticamente modificati;

e) il gruppo di esperti scientifici sui prodotti dietetici, l'alimentazione e le allergie;

f) il gruppo di esperti scientifici sui pericoli biologici;

g) il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare;

h) il gruppo di esperti scientifici sulla salute e il benessere degli animali.

Alla luce degli sviluppi scientifici e tecnici il numero e il nome dei gruppi di esperti scientifici possono essere adattati dalla Commissione su richiesta dell'Autorità, secondo la procedura di cui all'articolo 58, paragrafo 2.

5. I membri del comitato scientifico che non fanno parte di gruppi di esperti scientifici e i membri dei gruppi di esperti scientifici sono nominati dal consiglio di amministrazione, su proposta del direttore esecutivo, con mandato triennale rinnovabile, previo invito a manifestazione d'interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, in pertinenti e importanti pubblicazioni scientifiche e nel sito Web dell'Autorità.

6. Il comitato scientifico e i gruppi di esperti scientifici scelgono i rispettivi presidenti e due vicepresidenti ciascuno tra i propri membri.

7. Il comitato scientifico e i gruppi di esperti scientifici deliberano a maggioranza dei membri che li compongono. I pareri di minoranza sono iscritti a verbale.

8. I rappresentanti dei servizi della Commissione possono assistere alle riunioni del comitato scientifico, dei gruppi di esperti scientifici e dei loro gruppi di lavoro. Se invitati a farlo, possono intervenire per fornire chiarimenti o informazioni, senza tuttavia cercare di influenzare le discussioni.

9. Le procedure per il funzionamento del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici e per la loro collaborazione sono contenute nel regolamento interno dell'Autorità.

Dette procedure riguardano in particolare quanto segue:

a) il numero di mandati consecutivi dei membri di un comitato scientifico o di un gruppo di esperti scientifici;

b) il numero dei membri di ciascun gruppo di esperti scientifici;

c) la procedura per il rimborso delle spese sostenute dai membri del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici;

d) le modalità per l'assegnazione di incarichi e di richieste di pareri scientifici al comitato scientifico e ai gruppi di esperti scientifici;

e) la creazione e l'organizzazione dei gruppi di lavoro del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici e la possibilità per esperti esterni di partecipare a detti gruppi di lavoro;

f) la possibilità di invitare osservatori alle riunioni del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici;

g) la possibilità di organizzare audizioni pubbliche.

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Sezione 3

Funzionamento

Articolo 29

Pareri scientifici.

1. L'Autorità formula un parere scientifico:

a) su richiesta della Commissione, in relazione a qualsiasi questione di sua competenza e in tutti i casi in cui la legislazione comunitaria richieda la sua consultazione;

b) di propria iniziativa nelle materie di sua competenza.

Il Parlamento europeo o uno Stato membro possono chiedere all'Autorità un parere scientifico in relazione a qualsiasi questione di sua competenza.

2. Le richieste di cui al paragrafo 1 sono corredate di una documentazione informativa che illustra la questione scientifica da esaminare e l'interesse che essa riveste per la Comunità.

3. Nei casi in cui la legislazione comunitaria non indichi espressamente un termine per la presentazione di un parere scientifico, l'Autorità formula pareri scientifici entro i termini indicati nelle richieste di pareri, salvo circostanze debitamente giustificate.

4. Qualora siano avanzate più richieste su una medesima questione o qualora una richiesta di parere non sia conforme al paragrafo 2 o non sia chiara, l'Autorità può rifiutare la richiesta o proporre modifiche alla stessa, dopo essersi consultata con l'istituzione, con lo Stato membro o gli Stati membri che l'hanno presentata. I motivi del rifiuto sono comunicati all'istituzione, allo Stato membro o agli Stati membri che hanno presentato la richiesta.

5. Qualora abbia già formulato un parere scientifico sul tema specifico della richiesta, l'Autorità può rifiutare di dar seguito alla stessa se è del parere che non vi siano nuovi elementi scientifici che giustifichino un riesame. I motivi del rifiuto sono comunicati all'istituzione, allo Stato membro o agli Stati membri che hanno presentato la richiesta.

6. Le regole per l'applicazione del presente articolo sono adottate dalla Commissione sentita l'Autorità, secondo la procedura di cui all'articolo 58, paragrafo 2. Tali regole specificano in particolare quanto segue:

a) la procedura che l'Autorità deve seguire per le richieste che le sono demandate;

b) le linee direttrici che disciplinano la valutazione scientifica di sostanze, prodotti o processi soggetti in base alla legislazione comunitaria ad autorizzazione preventiva o all'inserimento in un elenco positivo, in particolare laddove la legislazione comunitaria preveda o autorizzi la presentazione a tal fine di un fascicolo da parte del richiedente.

7. Il regolamento interno dell'Autorità indica condizioni precise in relazione al formato, alla motivazione e alla pubblicazione dei pareri scientifici.

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Articolo 30

Pareri scientifici discordanti.

1. L'Autorità vigila per garantire la tempestiva individuazione di una potenziale fonte di discordanza tra i propri pareri scientifici e quelli formulati da altri organi che svolgono compiti analoghi.

2. Laddove l'Autorità individui una potenziale fonte di discordanza, essa si rivolge all'organo in questione per accertarsi che tutte le informazioni scientifiche pertinenti siano condivise e per individuare questioni scientifiche potenzialmente controverse.

3. Laddove sia stata individuata una discordanza sostanziale su questioni scientifiche e l'organo in questione sia un'agenzia comunitaria o uno dei comitati scientifici della Commissione, l'Autorità e l'organo interessato sono tenuti a collaborare allo scopo di rettificare la discordanza o di presentare alla Commissione un documento congiunto che chiarisca le questioni scientifiche oggetto di controversia e individui nei dati le fonti d'incertezza. Detto documento è pubblico.

4. Laddove sia stata individuata una discordanza sostanziale su questioni scientifiche e l'organo in questione appartenga a uno Stato membro, l'Autorità e detto organo nazionale sono tenuti a collaborare allo scopo di rettificare la discordanza o di redigere un documento congiunto che chiarisca le questioni scientifiche oggetto di controversia e individui nei dati le fonti d'incertezza. Detto documento è pubblico.

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Articolo 31

Assistenza scientifica e tecnica.

1. La Commissione può chiedere all'Autorità di prestare assistenza scientifica o tecnica in qualsiasi settore di sua competenza. Detta assistenza consiste in un'attività scientifica o tecnica che comporta l'applicazione di principi scientifici o tecnici consolidati per la quale non è necessaria una valutazione scientifica da parte del comitato scientifico o di un gruppo di esperti scientifici. In particolare, possono rientrare in tale ambito l'assistenza alla Commissione sia per l'istituzione o la valutazione di criteri tecnici sia per l'elaborazione di orientamenti tecnici.

2. Nel demandare all'Autorità una richiesta di assistenza scientifica o tecnica, la Commissione concorda con essa la scadenza entro la quale il compito dev'essere svolto.

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Articolo 32

Studi scientifici.

1. Avvalendosi delle migliori risorse scientifiche indipendenti disponibili, l'Autorità commissiona studi scientifici necessari all'adempimento delle sue funzioni. Siffatti studi scientifici saranno commissionati in maniera aperta e trasparente. L'Autorità si adopera per evitare ogni inutile sovrapposizione con i programmi di ricerca degli Stati membri o della Comunità e promuove la collaborazione mediante un adeguato coordinamento.

2. L'Autorità informa il Parlamento europeo, la Commissione e gli Stati membri dei risultati dei suoi studi scientifici.

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Articolo 33

Raccolta di dati.

1. L'Autorità ricerca, raccoglie, confronta, analizza e sintetizza dati scientifici e tecnici significativi nei settori di sua competenza. Ciò comporta in particolare la raccolta di dati riguardanti quanto segue:

a) il consumo degli alimenti e i rischi cui gli individui si espongono consumando gli alimenti;

b) l'incidenza e la diffusione dei rischi biologici;

c) i contaminanti negli alimenti e nei mangimi;

d) i residui.

2. Ai fini del paragrafo 1 l'Autorità agisce in stretta collaborazione con tutti gli organismi attivi nel campo della raccolta di dati, compresi quelli di paesi candidati, di paesi terzi o di organi internazionali.

3. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché i dati che si raccolgono nei settori di cui ai paragrafi 1 e 2 possano essere trasmessi all'Autorità.

4. L'Autorità trasmette agli Stati membri e alla Commissione opportune raccomandazioni per migliorare la comparabilità tecnica dei dati che riceve e analizza, al fine di agevolare l'ottenimento di dati omogenei a livello comunitario.

5. Entro un anno dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione pubblica un inventario dei sistemi per la raccolta di dati a livello comunitario nei settori che rientrano nelle competenze dell'Autorità.

La relazione, eventualmente accompagnata da proposte, indica in particolare quanto segue:

a) per ciascun sistema, il ruolo che andrebbe assegnato all'Autorità e qualsiasi modificazione o miglioramento necessario per consentire all'Autorità di assolvere le proprie funzioni in collaborazione con gli Stati membri;

b) i problemi da superare per consentire all'Autorità di raccogliere e di sintetizzare a livello comunitario dati scientifici e tecnici pertinenti nei settori di sua competenza.

6. L'Autorità trasmette al Parlamento europeo, alla Commissione e agli Stati membri i risultati della sua attività nel campo della raccolta di dati.

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Articolo 34

Individuazione di rischi emergenti.

1. L'Autorità stabilisce procedure di sorveglianza per l'attività sistematica di ricerca, raccolta, confronto e analisi di informazioni e dati, ai fini dell'individuazione di rischi emergenti nei settori di sua competenza.

2. Se l'Autorità dispone di informazioni tali da indurre a sospettare un grave rischio emergente, essa chiede ulteriori informazioni agli Stati membri, ad altre agenzie della Comunità e alla Commissione. Gli Stati membri, le agenzie comunitarie in questione e la Commissione rispondono con urgenza e trasmettono ogni informazione pertinente in loro possesso.

3. L'Autorità usa tutte le informazioni che riceve nell'adempimento delle proprie funzioni per individuare un rischio emergente.

4. L'Autorità trasmette la valutazione e le informazioni raccolte sui rischi emergenti al Parlamento europeo, alla Commissione e agli Stati membri.

Articolo 35

Sistema di allarme rapido.

Affinché possa espletare al meglio le sue funzioni di sorveglianza dei rischi sanitari e nutrizionali degli alimenti, l'Autorità è il destinatario dei messaggi che transitano per il sistema di allarme rapido, dei quali analizza il contenuto al fine di fornire alla Commissione e agli Stati membri tutte le informazioni necessarie all'analisi del rischio.

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Articolo 36

Rete di organizzazioni attive nei settori di competenza dell'Autorità.

1. L'Autorità promuove il collegamento attraverso reti europee delle organizzazioni attive nei settori di sua competenza. Tale collegamento in rete persegue in particolare la finalità di agevolare un quadro di cooperazione scientifica mediante il coordinamento delle attività, lo scambio di informazioni, l'elaborazione e l'esecuzione di progetti comuni, lo scambio di competenze specifiche e migliori pratiche nei settori di competenza dell'Autorità.

2. Il consiglio di amministrazione, su proposta del direttore esecutivo, forma un elenco, che sarà reso pubblico, delle organizzazioni competenti, designate dagli Stati membri, che possono assistere l'Autorità, da sole o in rete, nell'adempimento dei suoi compiti. L'Autorità può affidare a tali organizzazioni alcuni compiti, in particolare l'attività preparatoria per i pareri scientifici, l'assistenza scientifica e tecnica, la raccolta di dati e l'individuazione di rischi emergenti. Alcuni di questi compiti possono fruire di un sostegno finanziario.

3. Le regole per l'applicazione dei paragrafi 1 e 2 sono adottate dalla Commissione, sentita l'Autorità, secondo la procedura di cui all'articolo 58, paragrafo 2. Tali regole indicano in particolare i criteri per l'inserimento di un istituto nell'elenco delle organizzazioni competenti designate dagli Stati membri, le modalità per la definizione di requisiti di qualità armonizzati e le regole finanziarie relative a qualunque tipo di sostegno finanziario.

4. Entro un anno dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione pubblica un inventario dei sistemi comunitari, nei settori di competenza dell'Autorità, che consentono agli Stati membri di assolvere taluni incarichi nel campo della valutazione scientifica, in particolare l'esame dei fascicoli di autorizzazione. La relazione, eventualmente accompagnata da proposte, indica in particolare, per ciascun sistema, qualsiasi modificazione o miglioramento necessario per consentire all'Autorità di assolvere le proprie funzioni in collaborazione con gli Stati membri.

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Sezione 4

Indipendenza, trasparenza, riservatezza e comunicazione

Articolo 37

Indipendenza.

1. I membri del consiglio di amministrazione, i membri del foro consultivo e il direttore esecutivo si impegnano ad agire in modo indipendente nell'interesse pubblico.

A tal fine essi rendono una dichiarazione d'impegno e una dichiarazione d'interessi con la quale indicano l'assenza di interessi che possano essere considerati contrastanti con la loro indipendenza o interessi diretti o indiretti che possano essere considerati tali. Tali dichiarazioni sono rese annualmente per iscritto.

2. I membri del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici si impegnano ad agire in modo indipendente da qualsiasi influenza esterna.

A tal fine essi rendono una dichiarazione d'impegno e una dichiarazione d'interessi con la quale indicano l'assenza di interessi che possano essere considerati contrastanti con la loro indipendenza o interessi diretti o indiretti che possano essere considerati tali. Tali dichiarazioni sono rese annualmente per iscritto.

3. I membri del consiglio di amministrazione, il direttore esecutivo, i membri del foro consultivo, i membri del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici, nonché gli esperti esterni partecipanti ai loro gruppi di lavoro dichiarano ad ogni riunione qualsiasi interesse che possa essere considerato in contrasto con la loro indipendenza in relazione ai punti all'ordine del giorno.

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Articolo 38

Trasparenza.

1. L'Autorità si impegna a svolgere le proprie attività con un livello elevato di trasparenza. In particolare, essa rende pubblico, senza indugio, quanto segue:

a) gli ordini del giorno e i processi verbali del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici;

b) i pareri del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici immediatamente dopo la loro adozione, accludendo sempre i pareri di minoranza;

c) fatti salvi gli articoli 39 e 41, le informazioni su cui si fondano i suoi pareri;

d) le dichiarazioni d'interesse annuali rese dai membri del consiglio di amministrazione, dal direttore esecutivo, dai membri del foro consultivo, del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici, nonché le dichiarazioni d'interesse rese in relazione ai punti all'ordine del giorno delle riunioni;

e) i risultati dei propri studi scientifici;

f) la relazione annuale delle proprie attività;

g) le richieste di parere scientifico presentate dal Parlamento europeo, dalla Commissione o da uno Stato membro, che sono state rifiutate o modificate e i motivi che hanno dato luogo al rifiuto o alla modifica.

2. Il consiglio di amministrazione tiene le proprie riunioni in pubblico, salvo che, su proposta del direttore esecutivo, decida altrimenti per punti amministrativi specifici del suo ordine del giorno, e può autorizzare rappresentanti dei consumatori o altre parti interessate a presenziare come osservatori allo svolgimento di alcune delle attività dell'Autorità.

3. L'Autorità inserisce nel proprio regolamento interno le disposizioni pratiche per l'attuazione delle regole di trasparenza di cui ai paragrafi 1 e 2.

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Articolo 39

Riservatezza.

1. In deroga all'articolo 38, l'Autorità non rivela a terzi le informazioni riservate da essa ricevute in ordine alle quali è stato richiesto e giustificato un trattamento riservato, ad eccezione delle informazioni che devono essere rese pubbliche, se le circostanze lo richiedono, per proteggere la salute pubblica.

2. I membri del consiglio di amministrazione, il direttore esecutivo, i membri del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici nonché gli esperti esterni che partecipano ai loro gruppi di lavoro, i membri del foro consultivo e il personale dell'Autorità, anche dopo la cessazione delle proprie funzioni, sono soggetti alle regole di riservatezza previste dall'articolo 287 del trattato.

3. Le conclusioni dei pareri scientifici formulati dall'Autorità riguardo a prevedibili effetti sanitari non sono mai tenute segrete.

4. L'Autorità inserisce nel proprio regolamento interno le disposizioni pratiche per l'attuazione delle regole di riservatezza di cui ai paragrafi 1 e 2.

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Articolo 40

Comunicazioni emanate dall'Autorità.

1. L'Autorità procede di propria iniziativa a comunicazioni nei settori di sua competenza, fatta salva la competenza della Commissione riguardo alla comunicazione delle sue decisioni di gestione del rischio.

2. L'Autorità provvede affinché vengano fornite rapidamente informazioni obiettive, affidabili e di facile accesso ai cittadini e da ogni parte interessata, con particolare riguardo ai risultati della sua attività. A tali fini l'Autorità elabora e diffonde materiale informativo destinato al grande pubblico.

3. L'Autorità agisce in stretta collaborazione con la Commissione e gli Stati membri per promuovere la necessaria coerenza nell'ambito della comunicazione del rischio.

L'Autorità pubblica tutti i pareri da essa emessi ai sensi dell'articolo 38.

4. L'Autorità collabora in maniera adeguata con gli organi competenti degli Stati membri e con le altre parti interessate in relazione alle campagne di informazione dei cittadini.

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Articolo 41 (10)

Accesso ai documenti.

1. Il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo del Consiglio e della Commissione si applica ai documenti in possesso dell'Autorità.

2. Il consiglio di amministrazione adotta le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1049/2001 entro un termine di sei mesi a decorrere dall'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1642/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 luglio 2003, che modifica il regolamento (CE) n. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.

3. Le decisioni adottate dall'Autorità in applicazione dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1049/2001 possono costituire oggetto di denuncia presso il mediatore o di ricorso giurisdizionale dinanzi alla Corte di giustizia, alle condizioni previste rispettivamente dagli articoli 195 e 230 del trattato.

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(10) Articolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

 

Articolo 42

Consumatori, produttori e altre parti interessate.

L'Autorità stabilisce contatti efficienti con i rappresentanti dei consumatori e dei produttori, con gli operatori delle industrie di trasformazione e con tutte le altre parti interessate.

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Sezione 5

Disposizioni finanziarie

Articolo 43

Bilancio dell'Autorità.

1. Le entrate dell'Autorità sono costituite da un contributo della Comunità e di qualsiasi Stato con cui la Comunità ha concluso gli accordi di cui all'articolo 49 nonché dagli oneri per pubblicazioni, conferenze, tirocini e attività analoghe svolte dall'Autorità.

2. Le spese dell'Autorità comprendono le spese amministrative, infrastrutturali, d'esercizio e relative al personale, nonché quelle conseguenti a contratti stipulati con terzi o al sostegno finanziario di cui all'articolo 36.

3. A tempo opportuno, prima della data di cui al paragrafo 5, il direttore esecutivo stabilisce un progetto di stato di previsione delle entrate e delle spese dell'Autorità per l'esercizio di bilancio successivo e lo trasmette al consiglio di amministrazione accompagnato da un progetto di tabella dell'organico (11).

4. Le entrate e le spese sono in pareggio (12).

5. Ogni anno il consiglio d'amministrazione adotta, sulla base di un progetto, lo stato di previsione delle entrate e delle spese dell'Autorità per l'esercizio successivo. Il consiglio di amministrazione trasmette lo stato di previsione, accompagnato da un progetto di tabella dell'organico e dai programmi di lavoro provvisori, alla Commissione nonché agli Stati con cui la Comunità ha concluso accordi ai sensi dell'articolo 49, entro il 31 marzo (13).

6. La Commissione trasmette lo stato di previsione al Parlamento europeo e al Consiglio (qui di seguito denominata "autorità di bilancio") insieme al progetto preliminare di bilancio generale dell'Unione europea (14).

7. Sulla base dello stato di previsione, la Commissione iscrive le stime per quanto concerne la tabella dell'organico e l'importo della sovvenzione a carico del bilancio generale nel progetto preliminare di bilancio generale dell'Unione europea che essa trasmette all'autorità di bilancio conformemente all'articolo 272 del trattato (15).

8. L'autorità di bilancio autorizza gli stanziamenti a titolo della sovvenzione destinata all'Autorità.

L'autorità di bilancio adotta la tabella dell'organico dell'Autorità (16).

9. Il consiglio di amministrazione adotta il bilancio. Esso diventa definitivo dopo l'adozione definitiva del bilancio generale dell'Unione europea. Se necessario è adeguato in conseguenza (17).

10. Il consiglio di amministrazione comunica quanto prima all'autorità di bilancio la sua intenzione di realizzare qualsiasi progetto che possa avere incidenze finanziarie significative sul finanziamento del bilancio, segnatamente i progetti di natura immobiliare, quali l'affitto o l'acquisto di edifici. Esso ne informa la Commissione.

Qualora un ramo dell'autorità di bilancio comunichi che intende emettere un parere, esso lo trasmette al consiglio di amministrazione entro un termine di sei settimane dalla notifica del progetto (18).

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(11) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

(12) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

(13) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

(14) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

(15) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

(16) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

(17) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

(18) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

 

Articolo 44 (19)

Esecuzione del bilancio dell'Autorità.

1. Il direttore esecutivo cura l'esecuzione del bilancio dell'Autorità.

2. Al più tardi il 1° marzo successivo alla chiusura dell'esercizio, il contabile dell'Autorità comunica i conti provvisori, insieme alla relazione sulla gestione finanziaria e di bilancio dell'esercizio, al contabile della Commissione, il quale procede al consolidamento dei conti provvisori delle istituzioni e degli organismi decentrati ai sensi dell'articolo 128 del regolamento finanziario generale.

3. Al più tardi il 31 marzo successivo alla chiusura dell'esercizio, il contabile della Commissione trasmette i conti provvisori dell'Autorità, insieme alla relazione sulla gestione finanziaria e di bilancio dell'esercizio, alla Corte dei conti. La relazione sulla gestione finanziaria e di bilancio dell'esercizio viene trasmessa anche al Parlamento europeo e al Consiglio.

4. Al ricevimento delle osservazioni formulate dalla Corte dei conti in merito ai conti provvisori dell'Autorità, ai sensi delle disposizioni dell'articolo 129 del regolamento finanziario generale, il direttore esecutivo stabilisce i conti definitivi dell'Autorità, sotto la propria responsabilità, e li trasmette per parere al consiglio di amministrazione.

5. Il consiglio di amministrazione formula un parere sui conti definitivi dell'Autorità.

6. Al più tardi il 1° luglio successivo alla chiusura dell'esercizio, il direttore esecutivo trasmette i conti definitivi, accompagnati dal parere del consiglio d'amministrazione, al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e alla Corte dei conti.

7. I conti definitivi vengono pubblicati.

8. Al più tardi il 30 settembre, il direttore esecutivo invia alla Corte dei conti una risposta alle osservazioni di quest'ultima. Trasmette tale risposta anche al consiglio di amministrazione.

9. Il direttore esecutivo presenta al Parlamento europeo, su richiesta di quest'ultimo e conformemente ai termini previsti dall'articolo 146, paragrafo 3, del regolamento finanziario generale, tutte le informazioni necessarie al corretto svolgimento della procedura di discarico per l'esercizio in oggetto.

10. Il Parlamento europeo, su raccomandazione del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata, dà discarico al direttore esecutivo, entro il 30 aprile dell'anno N + 2, dell'esecuzione del bilancio dell'esercizio N.

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(19) Articolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1642/2003.

 

Articolo 45

Diritti percepiti dall'Autorità.

Entro tre anni dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione, sentiti l'Autorità, gli Stati membri e le parti interessate, pubblica una relazione sulla possibilità e l'opportunità di presentare una proposta legislativa in base alla procedura di codecisione e in conformità con il trattato per altri servizi forniti dall'Autorità.

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Sezione 6

Disposizioni generali

Articolo 46

Personalità giuridica e privilegi.

1. L'Autorità è dotata di personalità giuridica. In ciascuno degli Stati membri essa gode della più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle rispettive legislazioni. In particolare, essa può acquisire o alienare beni mobili e immobili e agire in giudizio.

2. All'Autorità si applica il protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee.

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Articolo 47

Responsabilità.

1. La responsabilità contrattuale dell'Autorità è disciplinata dalla legge applicabile al contratto in questione. La Corte di giustizia delle Comunità europee è competente a giudicare in virtù di una clausola compromissoria contenuta nei contratti stipulati dall'Autorità.

2. In materia di responsabilità extracontrattuale, l'Autorità deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dall'Autorità o dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni. La Corte di giustizia è competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni.

3. La responsabilità personale degli agenti nei confronti dell'Autorità è regolata dalle disposizioni pertinenti che si applicano al personale dell'Autorità.

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Articolo 48

Personale.

1. Il personale dell'Autorità è soggetto alle norme e ai regolamenti che si applicano ai funzionari e agli altri agenti delle Comunità europee.

2. Nei confronti del proprio personale l'Autorità esercita i poteri conferiti all'autorità che ha il potere di nomina.

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Articolo 49

Partecipazione di paesi terzi.

Alle attività dell'Autorità possono partecipare i paesi che hanno concluso con la Comunità accordi in virtù dei quali hanno adottato e applicano la legislazione comunitaria nella materia disciplinata dal presente regolamento.

In forza delle pertinenti disposizioni di tali accordi vengono concordate soluzioni organizzative, relative in particolare alla natura, alla portata e alle modalità di partecipazione di tali paesi alle attività dell'Autorità, comprese disposizioni riguardanti la partecipazione alle reti gestite dall'Autorità, l'inserimento nell'elenco delle organizzazioni competenti alle quali l'Autorità può affidare certi compiti, i contributi finanziari e il personale.

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Capo IV

Sistema di allarme rapido, gestione delle crisi e situazioni di emergenza

Sezione 1

Sistema di allarme rapido

Articolo 50

Sistema di allarme rapido.

1. È istituito, sotto forma di rete, un sistema di allarme rapido per la notificazione di un rischio diretto o indiretto per la salute umana dovuto ad alimenti o mangimi. Ad esso partecipano gli Stati membri, la Commissione e l'Autorità. Gli Stati membri, la Commissione e l'Autorità designano ciascuno un punto di contatto, che è membro della rete. La Commissione è responsabile della gestione della rete.

2. Qualora un membro della rete disponga di informazioni relative all'esistenza di un grave rischio, diretto o indiretto, per la salute umana dovuto ad alimenti o mangimi, egli trasmette immediatamente tali informazioni alla Commissione nell'ambito del sistema di allarme rapido. La Commissione trasmette immediatamente le informazioni ai membri della rete.

L'Autorità può integrare la notificazione con ogni informazione scientifica o tecnica in grado di agevolare un intervento rapido e adeguato di gestione del rischio da parte degli Stati membri.

3. Nell'ambito del sistema di allarme rapido e salvo altrimenti disposto dalla normativa comunitaria, gli Stati membri notificano immediatamente alla Commissione, quanto segue:

a) qualsiasi misura da essi adottata, che esiga un intervento rapido, intesa a limitare l'immissione sul mercato di alimenti o mangimi, o ad imporne il ritiro dal commercio o dalla circolazione per proteggere la salute umana;

b) qualsiasi raccomandazione o accordo con operatori professionali volto, a titolo consensuale od obbligatorio, ad impedire, limitare o imporre specifiche condizioni all'immissione sul mercato o all'eventuale uso di alimenti o mangimi, a motivo di un grave rischio per la salute umana che esiga un intervento rapido;

c) qualsiasi situazione in cui un'autorità competente abbia respinto una partita, un container o un carico di alimenti o di mangimi ad un posto di frontiera dell'Unione europea a causa di un rischio diretto o indiretto per la salute umana.

La notificazione è accompagnata da una spiegazione dettagliata dei motivi dell'intervento delle autorità competenti dello Stato membro in cui è stata fatta la notificazione. Questa è seguita in tempi rapidi da ulteriori informazioni, in particolare se le misure su cui è basata vengono modificate o revocate.

La Commissione trasmette immediatamente ai membri della rete la notificazione e le ulteriori informazioni ricevute a norma del primo e del secondo comma.

Laddove una partita, un container o un carico siano respinti da un'autorità competente ad un posto di frontiera dell'Unione europea, la Commissione ne dà immediatamente notificazione a tutti i posti di frontiera dell'Unione europea nonché al paese terzo d'origine.

4. Laddove un alimento o un mangime oggetto di notificazione nell'ambito del sistema di allarme rapido sia stato spedito in un paese terzo, la Commissione fornisce a quest'ultimo adeguate informazioni.

5. Gli Stati membri informano immediatamente la Commissione di qualunque intervento eseguito o di qualunque misura adottata in seguito alla ricezione delle notificazioni e delle ulteriori informazioni trasmesse nell'ambito del sistema di allarme rapido. La Commissione trasmette immediatamente dette informazioni ai membri della rete.

6. La partecipazione al sistema di allarme rapido può essere aperta ai paesi candidati, a paesi terzi o ad organizzazioni internazionali sulla base di accordi stipulati tra la Comunità e detti paesi o organizzazioni internazionali, secondo le modalità definite da tali accordi. Questi ultimi si basano sul principio della reciprocità e contengono disposizioni sulla riservatezza equivalenti a quelle vigenti nella Comunità.

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Articolo 51

Misure di applicazione.

Le misure per l'applicazione dell'articolo 50 sono adottate dalla Commissione, previa discussione con l'Autorità, secondo la procedura di cui all'articolo 58, paragrafo 2. Esse indicano in particolare le condizioni e procedure specifiche relative alla trasmissione delle notificazioni e delle ulteriori informazioni.

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Articolo 52

Regole di riservatezza per il sistema di allarme rapido.

1. Di regola, le informazioni a disposizione dei membri della rete e riguardanti un rischio per la salute umana provocato da alimenti e mangimi sono messe a disposizione dei cittadini in conformità del principio dell'informazione di cui all'articolo 10. Di regola, i cittadini hanno accesso alle informazioni sull'identificazione dei prodotti, sulla natura del rischio e sulle misure adottate.

I membri della rete prendono tuttavia le disposizioni necessarie per fare in modo che il proprio personale sia tenuto a non rivelare, in casi debitamente giustificati, informazioni ottenute ai fini della presente sezione che per loro natura sono coperte dal segreto professionale, eccezion fatta per le informazioni che devono essere rese pubbliche, quando le circostanze lo richiedano, per tutelare la salute umana.

2. La tutela del segreto professionale non preclude la comunicazione alle autorità competenti delle informazioni utili ai fini dell'efficace sorveglianza del mercato e dell'esecuzione della legge nel settore alimentare e dei mangimi. Le autorità che ricevono informazioni coperte dal segreto professionale ne garantiscono la riservatezza a norma del paragrafo 1.

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Sezione 2

Situazioni di emergenza

Articolo 53

Misure urgenti per alimenti e mangimi di origine comunitaria o importati da un paese terzo.

1. Quando sia manifesto che alimenti o mangimi di origine comunitaria o importati da un paese terzo possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente che non possa essere adeguatamente affrontato mediante misure adottate dallo Stato membro o dagli Stati membri interessati, la Commissione, agendo di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro, secondo la procedura di cui all'articolo 58, paragrafo 2, adotta immediatamente, in funzione della gravità della situazione, una o alcune delle seguenti misure:

a) nel caso di alimenti o mangimi di origine comunitaria:

i) sospensione dell'immissione sul mercato o dell'utilizzazione dell'alimento in questione;

ii) sospensione dell'immissione sul mercato o dell'utilizzo del mangime in questione;

iii) determinazione di condizioni particolari per l'alimento o il mangime in questione;

iv) qualsiasi altra misura provvisoria adeguata;

b) nel caso di alimenti o mangimi importati da un paese terzo:

i) sospensione delle importazioni dell'alimento o del mangime in questione da tutto il paese terzo interessato o da parte del suo territorio ed eventualmente dal paese terzo di transito;

ii) determinazione di condizioni particolari per l'alimento o il mangime in questione in provenienza da tutto il paese terzo interessato o da parte del suo territorio;

iii) qualsiasi altra misura provvisoria adeguata.

2. Tuttavia, in casi urgenti, la Commissione può adottare in via provvisoria le misure di cui al paragrafo 1, previa consultazione dello Stato membro o degli Stati membri interessati e dopo averne informato gli altri Stati membri.

Nel tempo più breve possibile e al più tardi entro dieci giorni lavorativi, le misure adottate sono confermate, modificate, revocate o prorogate secondo la procedura di cui all'articolo 58, paragrafo 2. Le motivazioni della decisione della Commissione sono pubblicate quanto prima.

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Articolo 54

Altre misure urgenti.

1. Qualora uno Stato membro informi ufficialmente la Commissione circa la necessità di adottare misure urgenti e qualora la Commissione non abbia agito in conformità delle disposizioni dell'articolo 53, lo Stato membro può adottare misure cautelari provvisorie. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione.

2. Entro dieci giorni lavorativi, la Commissione sottopone la questione al comitato istituito dall'articolo 58, paragrafo 1, secondo la procedura di cui all'articolo 58, paragrafo 2 ai fini della proroga, modificazione od abrogazione delle misure cautelari provvisorie nazionali.

3. Lo Stato membro può lasciare in vigore le proprie misure cautelari provvisorie fino all'adozione delle misure comunitarie.

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Sezione 3

Gestione delle crisi

Articolo 55 (20)

Piano generale per la gestione delle crisi.

1. La Commissione elabora, in stretta collaborazione con l'Autorità e gli Stati membri, un piano generale per la gestione delle crisi riguardanti la sicurezza degli alimenti e dei mangimi (in prosieguo: "il piano generale").

2. Il piano generale indica i tipi di situazione che comportano per la salute umana rischi diretti o indiretti derivanti da alimenti e mangimi, che verosimilmente le disposizioni in vigore non sono in grado di prevenire, eliminare o ridurre a un livello accettabile o che non possono essere gestiti in maniera adeguata mediante la sola applicazione degli articoli 53 e 54.

Il piano generale determina inoltre le procedure pratiche necessarie per la gestione di una crisi, compresi i principi di trasparenza da applicare ed una strategia di comunicazione.

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(20) Vedi, per il piano generale per la gestione delle crisi riguardanti la sicurezza degli alimenti e dei mangimi, previsto dal presente articolo, l'allegato della decisione 2004/478/CE così come sostituita dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 12 giugno 2004, n. L 212.

 

Articolo 56

Unità di crisi.

1. Nel rispetto della sua funzione di garante dell'applicazione del diritto comunitario, la Commissione, qualora identifichi una situazione che comporti un grave rischio diretto o indiretto per la salute umana derivante da alimenti e mangimi e non sia possibile prevenire, eliminare o ridurre tale rischio attraverso le disposizioni vigenti o non sia possibile gestirlo adeguatamente mediante la sola applicazione degli articoli 53 e 54, notifica immediatamente la situazione agli Stati membri e all'Autorità.

2. La Commissione istituisce immediatamente un'unità di crisi alla quale partecipa l'Autorità, la quale se necessario fornisce assistenza scientifica e tecnica.

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Articolo 57

Compiti dell'unità di crisi.

1. L'unità di crisi provvede alla raccolta e alla valutazione di tutte le informazioni pertinenti e all'individuazione delle possibilità offerte per prevenire, eliminare o ridurre a un livello accettabile il rischio per la salute umana nella maniera più rapida ed efficace possibile.

2. L'unità di crisi può chiedere l'assistenza di qualsiasi soggetto pubblico o privato le cui competenze essa giudichi necessarie per gestire la crisi con efficacia.

3. L'unità di crisi tiene informato il pubblico dei rischi in gioco e delle misure adottate.

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Capo V

Procedure e disposizioni finali

Sezione 1

Procedura del comitato e procedura di mediazione

Articolo 58

Comitato.

1. La Commissione è assistita da un comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, in prosieguo "il comitato", composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. Il comitato è articolato in sezioni destinate a trattare tutte le questioni pertinenti.

2. Quando venga fatto riferimento al presente paragrafo, si applica la procedura di cui all'articolo 5 della decisione 1999/468/CE, salvo il disposto dell'articolo 7 e dell'articolo 8 della stessa.

3. Il termine di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è di tre mesi.

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Articolo 59

Compiti del comitato.

Il comitato svolge i compiti assegnatigli dal presente regolamento e da altre pertinenti disposizioni comunitarie, nei casi e alle condizioni stabiliti in tali disposizioni. Esso può inoltre esaminare qualsiasi questione nella materia disciplinata da tali disposizioni, su iniziativa del presidente o su richiesta scritta di uno dei suoi membri.

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Articolo 60

Procedura di mediazione.

1. Salvo altrimenti disposto dalla normativa comunitaria, uno Stato membro, qualora ritenga che una misura adottata da un altro Stato membro nel campo della sicurezza alimentare sia incompatibile con il presente regolamento oppure possa incidere sul funzionamento del mercato interno, deferisce la questione alla Commissione, che ne informa immediatamente l'altro Stato membro interessato.

2. I due Stati membri interessati e la Commissione si adoperano in ogni modo per risolvere il problema. Se non è possibile giungere a un accordo, la Commissione può chiedere all'Autorità un parere su ogni pertinente questione scientifica controversa. Le modalità della richiesta e il termine entro il quale l'Autorità deve emettere il parere sono concordati tra la Commissione e l'Autorità, sentiti i due Stati membri interessati.

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Sezione 2

Disposizioni finali

Articolo 61

Clausola di revisione.

1. Anteriormente al 1° gennaio 2005 e successivamente ogni sei anni, l'Autorità, in collaborazione con la Commissione, commissiona una valutazione esterna indipendente dei propri risultati sulla base del mandato formulato dal consiglio di amministrazione di concerto con la Commissione. La valutazione riguarda le pratiche di lavoro e l'impatto dell'Autorità. La valutazione terrà conto delle opinioni dei soggetti interessati, a livello sia comunitario che nazionale.

Il consiglio di amministrazione dell'Autorità esamina le conclusioni della valutazione e, se necessario, rivolge alla Commissione raccomandazioni relative a modifiche riguardanti l'Autorità e le sue pratiche di lavoro. La valutazione e le raccomandazioni sono pubbliche.

2. Anteriormente al 1° gennaio 2005, la Commissione pubblica una relazione sull'esperienza acquisita nell'applicazione delle sezioni 1 e 2 del capo IV.

3. Le relazioni e le raccomandazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 sono trasmesse al Consiglio e al Parlamento europeo.

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Articolo 62

Riferimenti all'Autorità europea per la sicurezza alimentare e al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali.

1. I riferimenti presenti nella legislazione comunitaria al comitato scientifico dell'alimentazione umana, al comitato scientifico per l'alimentazione animale, al comitato scientifico veterinario, al comitato scientifico degli antiparassitari, al comitato scientifico delle piante e al comitato scientifico direttivo sono sostituiti da un riferimento all'Autorità europea per la sicurezza alimentare.

2. I riferimenti presenti nella legislazione comunitaria al comitato permanente per i prodotti alimentari, al comitato permanente degli alimenti per animali e al comitato veterinario permanente sono sostituiti da un riferimento al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali.

I riferimenti al comitato fitosanitario permanente presenti nella legislazione comunitaria basata sulle direttive 76/895/CEE, 86/362/CEE, 86/363/CEE, 90/642/CEE e 91/414/CEE, relative ai prodotti fitosanitari e alla fissazione di quantità massime di residui, comprese le direttive stesse, sono sostituiti da un riferimento al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali.

3. Ai fini dei paragrafi 1 e 2, per "legislazione comunitaria" si intendono tutti i regolamenti, le direttive e le decisioni della Comunità.

4. Le decisioni 68/361/CEE, 69/414/CEE e 70/372/CEE sono abrogate.

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Articolo 63

Competenze dell'Agenzia europea di valutazione dei medicinali.

Il presente regolamento fa salve le competenze attribuite all'Agenzia europea di valutazione dei medicinali a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93, del regolamento (CEE) n. 2377/90, della direttiva 75/319/CEE del Consiglio e della direttiva 81/851/CEE del Consiglio.

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Articolo 64

Inizio delle attività dell'Autorità.

L'Autorità comincia ad essere operativa a decorrere dal 1° gennaio 2002.

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Articolo 65

Entrata in vigore.

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Gli articoli 11, 12 e da 14 a 20 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2005.

Gli articoli 29, 56, 57, 60 e 62, paragrafo 1, si applicano a decorrere dalla nomina dei membri del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici, annunciata con un avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale, serie "C".

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, addì 28 gennaio 2002.

Per il Parlamento europeo

Il Presidente

P. Cox

Per il Consiglio

Il Presidente

J. Piqué I Camps


Dottrina

 


 



[1]    Pubblicati in GUCE C n. 28/2000. In proposito si veda in particolare il punto 11.4 degli orientamenti.

[2]     Va rammentato in proposito che le autorità nazionali hanno precisato che il menzionato decreto del 18/3/1993 non avrebbe mai trovato applicazione.

[3]     Decisione del 16 dicembre 2003 concernente l’aiuto C 12/B/1995, relativo al regime di aiuti cui l’Italia ha dato esecuzione per le calamità naturali,

[4] Si ricorda che il 15 ottobre 2004 la Commissione ha approvato un finanziamento di 188 milioni di euro per programmi di lotta contro la BSE  e altre malattie degli animali.

[5] Procedura d’infrazione n. 2004/321.

[6] Procedura d’infrazione n. 2003/783.

[7] Procedura d’infrazione n. 2003/566.

[8] Procedura d’infrazione n. 2003/967.