XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Acquisto della cittadinanza da parte dei connazionali residenti in Slovenia e in Croazia - A.C. 2337 e abb.
Serie: Progetti di legge    Numero: 678
Data: 24/11/04
Abstract:    Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa; schede di lettura; progetti di legge; normativa di riferimento; giurisprudenza; documentazione.
Descrittori:
CITTADINANZA   ITALIANI RESIDENTI ALL'ESTERO
Riferimenti:
AC n.2337/14   AC n.3208/14
AC n.5199/14     

Servizio studi

progetti di legge

Acquisto della cittadinanza
da parte dei connazionali residenti
in Slovenia e in Croazia

A.C. 2337 e abb.

 

n. 678

 

xiv legislatura

24 novembre 2004


Camera dei deputati

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

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File: ac0688.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  6

§      Contenuto  6

§      Relazioni allegate  6

Elementi per l’istruttoria legislativa  7

§      Necessità dell’intervento con legge  7

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  7

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  7

§      Impatto sui destinatari delle norme  8

§      Formulazione del testo  8

Schede di lettura

Il quadro normativo  11

§      L’art. 19 del Trattato di Parigi e l’art. 3 del Trattato di Osimo  11

§      L’art. 17 della legge sulla cittadinanza  11

§      La legge n. 379 del 2000  13

Le proposte di legge in esame  14

§      L’A.C. 2337 (on. Peretti)14

§      L’A.C. 3208 (on. Benvenuto)15

§      L’A.C. 5199 (on. Buontempo ed altri)15

Progetti di legge

§      A.C. 2337, (on. Peretti), Disposizioni per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei connazionali residenti nelle Repubbliche di Croazia e di Slovenia e dei loro discendenti19

§      A.C. 3208, (on. Benvenuto), Disposizioni in materia di riconoscimento del diritto alla cittadinanza italiana per i connazionali residenti nei territori di Slovenia e Croazia già facenti parte dello Stato italiano  23

§      A.C. 5199, (on. Buontempo ed altri), Norme per l’acquisto della cittadinanza da parte dei discendenti di italiani residenti in Slovenia e in Croazia  27

Normativa di riferimento

§      L. 13 giugno 1912, n. 555. Sulla cittadinanza italiana (artt. 8 e 12).33

§      D.Lgs.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1430. Esecuzione del Trattato di pace fra l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 (artt. 19, 20 e 21)35

§      L. 14 marzo 1977, n. 73. Ratifica ed esecuzione del trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, con allegati, nonché dell’accordo tra le stesse Parti, con allegati, dell’atto finale e dello scambio di note, firmati ad Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975 (art. 1; art. 3 del Trattato e All. VI)39

§      L. 21 aprile 1983, n. 123. Disposizioni in materia di cittadinanza (art. 5).43

§      L. 7 novembre 1988, n. 518. Ratifica ed esecuzione dell’accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia per il regolamento definitivo di tutte le obbligazioni reciproche derivanti dall’articolo 4 del trattato di Osimo del 10 novembre 1975, firmato a Roma il 18 febbraio 1983, con scambio di note.44

§      L. 5 febbraio 1992, n. 91. Nuove norme sulla cittadinanza  48

§      Ministero dell’interno. Circolare 28 settembre 1993, n. K.60.1  57

§      D.P.R. 18 aprile 1994, n. 362. Regolamento recante disciplina dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana.64

Giurisprudenza

§      Corte di Cassazione – Sezione I. Sentenza 27 marzo 1963, n. 754  71

Documentazione

§      Consiglio di Stato - Sezione I. Parere 2 marzo 1979, n. 209  77

§      Consiglio di Stato – Sezione I. Parere 7 novembre 1990, n. 1060  81

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria
legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 2337

Titolo

Disposizioni per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei connazionali residenti nelle Repubbliche di Croazia e di Slovenia e dei loro discendenti

Iniziativa

On. Peretti

Settore d’intervento

Diritti e libertà fondamentali; cittadinanza; Stati esteri

Iter al Senato

No

Numero di articoli

1

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

13 febbraio 2002

§       annuncio

14 febbraio 2002

§       assegnazione

3 giugno 2002

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni III (Affari esteri) e V (Bilancio)

 


 

Numero del progetto di legge

A.C. 3208

Titolo

Disposizioni in materia di riconoscimento del diritto alla cittadinanza italiana per i connazionali residenti nei territori di Slovenia e Croazia già facenti parte dello Stato italiano

Iniziativa

On. Benvenuto

Settore d’intervento

Diritti e libertà fondamentali; cittadinanza; Stati esteri

Iter al Senato

No

Numero di articoli

2

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

1 ottobre 2002

§       annuncio

2 ottobre 2002

§       assegnazione

23 ottobre 2002

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni III (Affari esteri) e V (Bilancio)

 




Numero del progetto di legge

A.C. 5199

Titolo

Norme per l’ acquisto della cittadinanza da parte dei discendenti di italiani residenti in Slovenia e in Croazia

Iniziativa

On. Buontempo ed altri

Settore d’intervento

Diritti e libertà fondamentali; cittadinanza; Stati esteri

Iter al Senato

No

Numero di articoli

2

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

29 luglio 2004

§       annuncio

30 luglio 2004

§       assegnazione

29 settembre 2004

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni III (Affari esteri) e V (Bilancio)

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Le tre proposte di legge, pur se in parte diverse quanto a formulazione testuale ed a portata normativa, sono volte nella sostanza a reintrodurre, per gli italiani residenti nelle Repubbliche di Slovenia e Croazia e i loro discendenti, la facoltà di opzione per la cittadinanza italiana già recata, con ampiezza diversa e per un limitato ambito temporale, dall’art. 17 della L. 91/1992.

Relazioni allegate

Le proposte di legge, di iniziativa parlamentare, sono accompagnate dalla sola relazione illustrativa.


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Le proposte di legge in esame intervengono su materia disciplinata da norme di legge, in parte novellando direttamente queste ultime.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La materia trattata rientra fra quelle riservate alla competenza legislativa statale ai sensi del secondo comma, lett. f) (“cittadinanza”) dell’art. 117 della Costituzione.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Due delle tre proposte di legge (l’A.C. 2337 e l’A.C. 5199) introducono modifiche espresse alla L. 91/1992, che attualmente disciplina la materia. l’A.C. 5199, peraltro, adotta la tecnica della novellazione solo per il primo dei due articoli di cui si compone.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Sono attualmente in corso d’esame in sede referente, presso la I Commissione della Camera dei deputati:

§         nove proposte di legge di iniziativa parlamentare (A.C. 204 e abb.) recanti disposizioni di diversa portata in materia di acquisto della cittadinanza;

§         una proposta di legge costituzionale (A.C. 4786) che modifica l’articolo 48 della Costituzione, introducendovi la definizione di cittadino.

Impatto sui destinatari delle norme

Oltre ai cittadini stranieri di lingua e cultura italiana ai quali direttamente si rivolgono, le proposte di legge hanno quali destinatari gli uffici amministrativi del Ministero dell’interno e gli uffici delle rappresentanze consolari competenti a ricevere le previste dichiarazioni.

Formulazione del testo

Il termine del 31 dicembre 2002 posto dall’A.C. 2337 (proposta di legge presentata il 13 febbraio 2002), riferendosi a una data nel frattempo già decorsa richiede, ovviamente, d’essere aggiornato.


Schede di lettura

 


Il quadro normativo

L’art. 19 del Trattato di Parigi e l’art. 3 del Trattato di Osimo

L’articolo 19, paragrafo 1, del Trattato di pace tra le Potenze alleate e associate e l’Italia, siglato a Parigi il 10 settembre 1947, reso esecutivo dal D.Lgs.C.P.S 1430/1947[1] ed entrato in vigore il 16 settembre 1947, dispose che i cittadini italiani domiciliati, alla data del 10 giugno 1940, nei territori ceduti dall’Italia ad altro Stato per effetto del Trattato, ed i loro figli nati dopo quella data, perdessero la cittadinanza italiana divenendo automaticamente cittadini dello Stato subentrante.

Il par. 2 dello stesso articolo faceva salva la facoltà di optare per la cittadinanza italiana, facoltà esercitabile, entro un anno dalla data di entrata in vigore del Trattato, dai soli cittadini di età superiore ai diciotto anni, o coniugati. Il par. 3 dello stesso art. 19 recitava: “Lo Stato al quale il territorio è ceduto potrà esigere che coloro che si avvalgono dell’opzione, si trasferiscano in Italia entro un anno dalla data in cui l’opzione venne esercitata”.

In esito a tale disciplina, i cittadini italiani residenti nei territori ceduti alla Jugoslavia (territori oggi facenti parte delle Repubbliche di Slovenia e di Croazia) e non optanti persero la cittadinanza, acquistando ipso iure quella jugoslava.

Analogamente, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Osimo con la Jugoslavia (firmato il 10 novembre 1975, ratificato con L. 73/1977[2] ed entrato in vigore il 3 aprile 1977), persero la cittadinanza italiana, acquistando quella jugoslava, gli appartenenti al gruppo etnico italiano[3] che non si avvalsero della facoltà, contemplata dall’art. 3 del Trattato medesimo e dal suo allegato VI, di trasferire la residenza dalla Zona B dell’ex Territorio libero di Trieste nel territorio italiano (facoltà da esercitare entro un anno dalla data di entrata in vigore del Trattato).

L’art. 17 della legge sulla cittadinanza

L’introduzione, nel 1992, di una nuova disciplina generale della cittadinanza ad opera della L. 91/1992[4] fu accompagnata da alcune disposizioni transitorie. In particolare, l’art. 17 della L. 91/1992 attribuì il diritto di optare per la cittadinanza italiana a coloro che l’avessero perduta ai sensi degli artt. 8 e 12 della previgente (e contestualmente abrogata) L. 555/1912[5].

Gli artt. 8 e 12 della L. 555/1912 disponevano, tra l’altro, la perdita della cittadinanza:

§         di chi avesse acquistato spontaneamente la cittadinanza straniera e stabilito la residenza all’estero (art. 8, primo comma, n. 1);

§         di chi, avendo acquistato la cittadinanza straniera senza aver espresso manifestazione di volontà in tal senso, avesse rinunciato alla cittadinanza italiana (art. 8, primo comma, n. 2);

§         dei figli minori non emancipati di chi avesse perso la cittadinanza, qualora avessero in comune la residenza col genitore esercente la potestà o la tutela legale, e acquistassero la cittadinanza di uno Stato straniero (art. 12, secondo comma).

L’art. 17 citato attribuì la facoltà di optare per la cittadinanza italiana anche a coloro che l’avessero perduta per non aver reso l’opzione di cui all’art. 5 della L. 123/1983[6] (legge anch’essa abrogata dalla L. 91/1992). Tale articolo esigeva che il figlio (anche adottivo) di padre cittadino o di madre cittadina – al quale era attribuita la cittadinanza se minore –, nel caso di doppia cittadinanza, optasse per una sola cittadinanza entro un anno dal raggiungimento della maggiore età.

Nella circolare del 1993[7] recante le linee interpretative della riforma di cui alla L. 91/1992 il Ministero dell’interno, basandosi sugli orientamenti formulati al riguardo dalla Corte di cassazione (sent. 754/1963) e dal Consiglio di Stato in sede consultiva (parere 209/1979), ritenne che il menzionato art. 17 della legge fosse applicabile:

§         sia ai soggetti, già titolari della facoltà di optare per la cittadinanza italiana loro riconosciuta dal citato art. 19, par. 2, del Trattato del 1947, i quali omisero di avvalersene entro i termini stabiliti dal Trattato;

§         sia agli appartenenti al gruppo etnico italiano che persero la cittadinanza italiana per non essersi avvalsi della facoltà, contemplata dall’art. 3 del Trattato di Osimo, di trasferire la residenza dalla Zona B al territorio italiano.

L’opzione prevista dall’art. 17 della L. 91/1992 avrebbe dovuto essere esercitata entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge. Questo termine fu prorogato una prima volta, sino al 15 agosto 1995, dall’art. 1 della L. 736/1994[8]; un’ulteriore proroga al 31 dicembre 1997 intervenne ad opera dell’art. 2, co. 195, della L. 662/1996[9] (legge collegata alla manovra finanziaria per il 1997).

La legge n. 379 del 2000

Merita ricordare, per completezza di esposizione, un intervento legislativo operato nel corso della XIII legislatura, la legge 379/2000[10], volto a permettere il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone originarie dei territori già appartenuti all’Impero austro-ungarico e ceduti all’Italia al termine del primo conflitto mondiale (ivi compresi i territori successivamente ceduti alla Jugoslavia in forza dei Trattati di Parigi e di Osimo), emigrate prima del il 16 luglio 1920 – data di entrata in vigore del trattato di Saint Germain – nonché ai loro discendenti.

 

La legge 379/2000[11] consente il riconoscimento della cittadinanza italiana, dietro richiesta da effettuare entro il 20 dicembre 2005, alle persone nate nei territori dell’ex Impero austro-ungarico – e annessi all’Italia dopo la I Guerra mondiale – emigrate all’estero, ad eccezione dell’attuale Repubblica austriaca, prima del 16 luglio 1920. Il diritto al riconoscimento è esteso anche ai loro discendenti.

Questi soggetti, che sarebbero divenuti italiani se avessero continuato a risiedere nei territori della monarchia austroungarica ceduti all’Italia, avrebbero dovuto provvedere ad optare tra la cittadinanza italiana e quella austriaca entro il 16 luglio 1920, data dell’entrata in vigore del trattato di pace tra Italia ed Austria dopo la Grande Guerra (Trattato di Saint Germain). Di fatto, numerosi italiani (il riferimento è soprattutto alle comunità originarie del Trentino Alto Adige in America latina) non hanno potuto esercitare allora il diritto di opzione o perché non ne sono venuti tempestivamente a conoscenza, o per le difficoltà materiali di raggiungere le autorità consolari.

La legge sulla cittadinanza del 1992, oltre al già illustrato art. 17, contiene, all’art. 18, una specifica disposizione per i cittadini ex austroungarici emigrati all’estero dalle province del Trentino e della Venezia Giulia prima della loro annessione al territorio, disponendo la loro equiparazione, ai fini della concessione della cittadinanza italiana, agli stranieri di origine italiana o nati nel territorio della Repubblica, e ha stabilito che possono chiedere la cittadinanza per naturalizzazione dopo un periodo di residenza in Italia di tre anni. Tale disposizione è stata abrogata dalla L. 379/2000, con la quale viene riconosciuta (e non concessa) la cittadinanza italiana per gli emigrati in questione, e per i loro discendenti, dietro semplice richiesta, senza la necessità di risiedere in Italia per tre anni.


Le proposte di legge in esame

Le tre proposte di legge all’esame della Camera (A.C. 2337 – on. Peretti; A.C. 3208 – on. Benvenuto; A.C. 5199 – on. Buontempo ed altri) mirano sostanzialmente a reintrodurre, per gli italiani residenti nelle Repubbliche di Slovenia e Croazia, la facoltà di opzione per la cittadinanza italiana già recata dal sopra illustrato art. 17 della L. 91/1992, estendendone peraltro l’ampiezza sia in senso temporale, sia con riguardo alla platea dei destinatari.

Le relazioni illustrative che accompagnano le proposte di legge ricordano, tra l’altro, che il riacquisto della cittadinanza italiana reso temporaneamente possibile dall’art. 17 della L. 91/1992 non poté interessare i figli maggiorenni di coloro che esercitarono l’opzione prevista da tale articolo.

 

Ci si riferisce ai soggetti nati dopo il 16 settembre 1947 (data di entrata in vigore del Trattato di pace) e prima del 15 agosto 1974. Costoro, non avendo mai posseduto la cittadinanza italiana, non poterono “riacquistarla” ai sensi dell’art. 17 della L. 91/1997; al contempo, avendo già raggiunto la maggiore età alla data di entrata in vigore della L. 91/1992 (15 agosto 1992), non beneficiarono dell’art. 14 della stessa legge, che estende la cittadinanza italiana ai figli minori conviventi di chi acquista o riacquista la cittadinanza.

 

Le tre proposte di legge presentano tra loro alcune differenze quanto alla formulazione testuale ed alla portata normativa; sembra pertanto opportuno illustrarle distintamente.

L’A.C. 2337 (on. Peretti)

L’A.C. 2337 è formulato in termini di novella alla legge sulla cittadinanza: esso infatti aggiunge un articolo dopo l’art. 17 della L. 91/1992.

Ai sensi del nuovo art. 17-bis, i soggetti residenti nelle Repubbliche di Croazia e di Slovenia che hanno perduto la cittadinanza in applicazione degli artt. 8 e 12 della L. 555/1912, o per non aver reso l’opzione prevista dall’art. 5 della L. 123/1983, nonché i loro discendenti in linea retta possono acquisire la cittadinanza italiana se effettuano una dichiarazione in tale senso entro il 31 dicembre 2002.

Quest’ultimo termine richiede, evidentemente, un aggiornamento, in relazione al tempo trascorso dalla data in cui la proposta di legge fu presentata alla Camera (13 febbraio 2002).

La disposizione ripropone nei medesimi termini la fattispecie contemplata dall’art. 17 della L. 91/1992 sopra illustrata, riaprendo il termine per l’opzione ivi prevista, con le seguenti differenze:

§         la facoltà è attribuita a coloro che, tra i destinatari dell’art. 17 della L. 91/1992, risiedano nelle Repubbliche di Croazia e di Slovenia (presumibilmente, alla data di entrata in vigore della legge);

§         la medesima facoltà è estesa ai loro discendenti in linea retta (non sembra estendersi a questi ultimi il requisito della residenza).

L’A.C. 3208 (on. Benvenuto)

L’A.C. 3208 prescinde, a differenza dal precedente, dai requisiti (perdita della cittadinanza) individuati dall’art. 17 della L. 91/1992, e non riapre i termini a favore dei destinatari di tale articolo.

Il suo articolo 1 riconosce invece il diritto alla cittadinanza italiana alle persone che

§         appartengono al “gruppo etnico di lingua e di cultura italiane” ed

§         hanno un genitore o un ascendente in linea retta

-          che faccia o abbia fatto parte del medesimo gruppo etnico e

-          che abbia risieduto o risieda nei territori ceduti dallo Stato italiano alla Repubblica jugoslava ai sensi del Trattato di pace di Parigi, ovvero nei territori, già facenti parte dello Stato italiano, oggetto del Trattato di Osimo.

Ai sensi dell’articolo 2, il diritto alla cittadinanza italiana è esercitato mediante richiesta da presentare, anche per via consolare, al Ministero dell’interno.

L’esercizio di tale diritto non è soggetto a limitazioni temporali, né è condizionato all’attuale residenza dei titolari nei territori summenzionati.

L’A.C. 5199 (on. Buontempo ed altri)

Come l’A.C. 2337, anche l’articolo 1 dell’A.C. 5199 reca una novella alla legge sulla cittadinanza: esso vi inserisce un nuovo art. 17-bis che riconosce il diritto alla cittadinanza italiana alle persone che hanno un genitore o un ascendente in linea retta il quale:

§         risiede o ha risieduto nel territorio della Repubblica di Croazia o in quello della Repubblica di Slovenia (la formulazione è più ampia di quella recata dall’A.C. 3208, che fa riferimento ai soli territori ceduti dallo Stato italiano);

§         è cittadino italiano oppure cittadino della Repubblica di Croazia o della Repubblica di Slovenia e ha fatto o fa tuttora parte del gruppo etnico di lingua italiana.

Il diritto alla cittadinanza italiana è esercitato (articolo 2) mediante richiesta da presentare al prefetto o all’autorità consolare italiana. Il testo individua espressamente le modalità di certificazione del requisito di appartenenza al gruppo etnico e degli altri requisiti indicati, sia richiamando la disciplina di cui all’art. 1 del D.P.R. 362/1994[12], sia precisando che la richiesta dev’essere corredata:

§         dal certificato di cittadinanza del genitore o dell’ascendente;

§         dai certificati di nascita che attestano la discendenza;

§         dall’attestazione dell’appartenenza al gruppo etnico di lingua italiana del genitore o dell’ascendente da parte delle autorità consolari italiane.

L’esercizio del diritto non è soggetto a limitazioni temporali.

 

Stando alla formulazione letterale di questa come delle altre due proposte di legge, ai fini del riconoscimento del diritto non è richiesto che il titolare risieda nel territorio della Repubblica di Croazia o in quello della Repubblica di Slovenia né che abbia la cittadinanza di uno di questi due Stati.

 


Progetti di legge

 


N. 2337

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato PERETTI

¾

 

Disposizioni per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei connazionali residenti nelle Repubbliche di Croazia e di Slovenia e dei loro discendenti

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il13febbraio 2002

¾¾¾¾¾¾¾¾

§     

 


Onorevoli Colleghi! - Nei territori facenti oggi parte delle Repubbliche di Croazia e di Slovenia risiedono circa 40 mila connazionali, sparsi tra Istria, Fiume e Dalmazia.

Soltanto una parte di questi connazionali gode attualmente della cittadinanza italiana, e per la precisione coloro che sono nati in quelle terre prima della data di entrata in vigore del Trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, entrato in vigore il 16 settembre 1947, reso esecutivo con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, e coloro che sono nati nella zona B prima della data di entrata in vigore del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, reso esecutivo con legge 7 novembre 1988, n. 518.

L’articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, aveva inoltre previsto, con una disposizione transitoria, la possibilità, per i nostri connazionali all’estero, di ottenere - tramite una apposita dichiarazione, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge - il riacquisto della cittadinanza italiana persa da coloro che, residenti all’estero, avevano acquisito spontaneamente la cittadinanza straniera o rinunciato espressamente a quella italiana: tale termine, più volte prorogato, è stato definitivamente fissato alla data del 31 dicembre 1997.

Il riacquisto della cittadinanza italiana non si è esteso ai figli maggiorenni di genitori (o anche ad uno solo di essi) che effettuarono la dichiarazione prevista dalla citata legge n. 91 del 1992: costoro, diversamente dai minorenni, non possono riacquistare una cittadinanza che non hanno mai posseduto, non essendo mai stata loro trasmessa durante la minore età per ius sanguinis dai genitori, in quel periodo cittadini stranieri.

Ci troviamo così davanti ad una situazione paradossale: nel momento in cui si apprestano ad ottenere la cittadinanza italiana milioni di persone che vengono a vivere nel nostro Paese da ogni angolo del mondo, non la possono ottenere italiani, figli di italiani residenti in Slovenia e in Croazia, ora che il consolidamento della democrazia in quei Paesi ha rimosso remore ed ostacoli che potevano condizionare negativamente l’intenzione di effettuare la dichiarazione prevista dalla legge n. 91 del 1992.

Con la presente proposta di legge si vuole sanare questa anomalia e consentire l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei connazionali residenti nelle Repubbliche di Croazia e di Slovenia e dei loro discendenti.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

1. Dopo l’articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è inserito il seguente:

"Art. 17-bis.- 1. I soggetti residenti nelle Repubbliche di Croazia e di Slovenia che hanno perduto la cittadinanza in applicazione degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n. 555, o per non aver reso l’opzione prevista dall’articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, nonché i loro discendenti in linea retta possono acquisire la cittadinanza italiana se effettuano una dichiarazione in tale senso entro il 31 dicembre 2002".

 


 

N. 3208

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato  BENVENUTO

¾

 

Disposizioni in materia di riconoscimento del diritto alla cittadinanza italiana per i connazionali residenti nei territori di Slovenia e Croazia già facenti parte dello Stato italiano

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

Presentata il 1° ottobre 2002

 


Onorevoli Colleghi! - A seguito della stipula avvenuta a Parigi il 10 settembre 1947 del Trattato di pace tra le Potenze alleate e associate e l’Italia, reso esecutivo dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1430 del 1947, ed in particolar modo dei commi 1 e 2 dell’articolo 19, i cittadini italiani nati e residenti nei territori che, già facenti parte dello Stato italiano, furono ceduti alla Jugoslavia in virtù del medesimo Trattato, persero la cittadinanza italiana nel momento in cui divennero - automaticamente, anche in assenza di una spontanea ed esplicita presa di posizione in tale senso - cittadini "dello Stato subentrante".

Con l’articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 ("Nuove norme sulla cittadinanza"), il legislatore attribuì il diritto di optare per la cittadinanza italiana anche a coloro che l’avevano perduta ai sensi degli articoli 8 e 12 della legge n. 555 del 1912 (per aver spontaneamente acquisito una cittadinanza straniera ed aver stabilito all’estero la propria residenza ovvero per aver rinunciato espressamente alla cittadinanza italiana dopo aver acquistato involontariamente una cittadinanza straniera).

Con una circolare interpretativa del 1993 (protocollo n. K 601 del 28 settembre 1993), il Ministero dell’interno - preso atto, fra l’altro, dell’orientamento assunto al riguardo dalla Cassazione (Cassazione civile, sentenza n. 764 del 1963) e dal Consiglio di Stato (sentenza n. 1660 del 1990 e parere n. 209 del 1979) - precisò che fra i titolari del diritto di opzione previsto dall’articolo 17 dovevano intendersi ricompresi anche tutti i soggetti che, essendo in grado di dimostrare l’appartenenza al gruppo etnico di lingua e di cultura italiane, risultavano nati e residenti nei territori (già facenti parte dello Stato italiano) ceduti alla Repubblica jugoslava (e successivamente alle neo costituite Repubbliche di Slovenia e di Croazia) a seguito della stipula del Trattato di pace di Parigi.

Allo stesso tempo, il Ministero dell’interno riconobbe la medesima facoltà anche ai connazionali che fossero nati e risiedessero nei territori - anche questi già facenti parte dello Stato italiano - che erano stati fatti oggetto del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975.

Per tali categorie di connazionali, tuttavia, il riconoscimento del diritto alla cittadinanza italiana venne limitato sotto un duplice punto di vista:

a) introducendo - in via normativa - un termine decadenziale (due anni dalla data di entrata in vigore della legge n. 91 del 1992, successivamente prorogato sino al 31 dicembre 1997) entro cui gli aventi diritto avrebbero dovuto presentare una specifica dichiarazione;

b) prevedendo - in via interpretativa - che tale diritto spettasse solo ai nati prima del 15 settembre 1947, data di entrata in vigore del Trattato di pace di Parigi.

Tali limiti risultano iniqui.

Il primo, in quanto con la generalizzata previsione di un siffatto termine decadenziale non è stata attribuita la dovuta considerazione agli eventi che, in quel periodo (metà degli anni 1990), stavano caratterizzando la scena politica dei Paesi dell’ex Jugoslavia.

Nel mentre, invero, entrava in vigore la nuova disciplina italiana sulla cittadinanza (febbraio 1992), era già in atto la disgregazione della Repubblica jugoslava con la conseguente nascita delle attuali Repubbliche di Slovenia e di Croazia.

E’ intuibile come, in un siffatto contesto storico e politico, la diffusione delle "informazioni" utili al riacquisto della cittadinanza italiana risultasse particolarmente pregiudicata e come, al contempo, sull’argomento venissero fornite - ad arte - interpretazioni erronee.

Il secondo, in quanto comportante (in assenza, lo si ribadisce, del benché minimo appiglio normativo):

1) una discriminazione fondata esclusivamente sulla data di nascita;

2) una sostanziale abolizione del (pur generalmente riconosciuto) principio dello ius sanguinis;

3) due ulteriori elementi di discriminazione, posto che, da un lato, i figli minorenni (nati pertanto - vista l’entrata in vigore della nuova normativa - dopo il 1974 e, quindi, ben 17 anni dopo la stipula del Trattato di pace) degli aventi diritto potevano divenire cittadini italiani solo qualora il rispettivo genitore avesse presentato, nei termini previsti, una precisa opzione in tale senso e, dall’altro, veniva disconosciuto il diritto alla cittadinanza italiana di tutti coloro che, pur appartenendo appieno al nostro gruppo etnico, ebbero la "sventura" di nascere fra il 1948 ed il 1974.

L’artificiosità e l’iniquità insite in tali limitazioni sono state, peraltro, riconosciute in una recente pronuncia del Consiglio di Stato (n. 8844/01 del 21 novembre 2001) con la quale è stata, fra l’altro, evidenziata la necessità di una modifica integrativa della vigente normativa nell’ottica del doveroso riconoscimento del diritto alla cittadinanza italiana per tutti coloro che mostrino di essere di lingua e di cultura italiane, di fare conseguentemente parte del gruppo etnico italiano e di essere discendenti da famiglie di ceppo italiano.

Tutto ciò premesso e considerato, si ritiene doveroso presentare una proposta di legge che ripristini i diritti primari dei connazionali che, nonostante il difficile, se non drammatico, contesto in cui hanno vissuto, hanno conservato e conservano tuttora la propria identità italiana ed hanno impiegato e continuano tuttora ad impiegare quotidianamente ed istituzionalmente la lingua italiana, mantenendone la cultura.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

1. Il diritto alla cittadinanza italiana è riconosciuto alle persone che appartengono al gruppo etnico di lingua e di cultura italiane e abbiano un genitore o un ascendente in linea retta il quale abbia fatto o faccia tuttora parte del gruppo etnico di lingua e di cultura italiane e abbia risieduto o risieda tuttora nei territori, già facenti parte dello Stato italiano, ceduti alla Repubblica jugoslava ai sensi del Trattato di pace fra l’Italia e le Potenze alleate ed associate, firmato a Parigi 10 settembre 1947, reso esecutivo dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, ovvero nei territori, già facenti parte dello Stato italiano, oggetto del Trattato firmato ad Osimo il 10 novembre 1975, reso esecutivo dalla legge 14 marzo 1977, n. 73.

 

Art. 2.

1. Le persone di cui all’articolo 1 esercitano il diritto alla cittadinanza italiana mediante richiesta da presentare, anche per tramite delle agenzie consolari italiane, al Ministero dell’interno.

 


 

N. 5199

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati  BUONTEMPO, AMORUSO, CANELLI, FATUZZO, GALLO, GERACI, ALBERTO GIORGETTI, LA STARZA, LANDI DI CHIAVENNA, MENIA, MEROI, ONNIS, PORCU, RAISI, SAIA

¾

 

Norme per l’acquisto della cittadinanza da parte dei discendenti di italiani residenti in Slovenia e in Croazia

 

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Presentata il 29 luglio 2004

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Onorevoli Colleghi! - Le vicissitudini dei nostri avi hanno portato all’esistenza, fuori dei confini della Repubblica, di numerose comunità di lingua e cultura italiane sparse per il mondo, stabilmente residenti all’estero e che tuttora mantengono il legame con il nostro Paese e spesso il desiderio di vedere riconosciuti la cittadinanza e i diritti dei connazionali che risiedono in Italia. Per alcune di queste persone si è trattato di riacquistare una cittadinanza già goduta e perduta per effetto delle vicende diplomatiche.

Il Parlamento e il Governo hanno cercato di soddisfare quell’aspirazione, anche grazie al favorevole mutamento dell’organizzazione internazionale e al maggiore rispetto delle popolazioni di minoranza da parte dei Governi esteri.

Il documento principale per seguire la via del riconoscimento della cittadinanza è la legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante «Nuove norme sulla cittadinanza», con cui il Parlamento ha dato la possibilità di vedere riconosciuta la cittadinanza italiana ai membri di comunità che le vicende militari e diplomatiche hanno posto definitivamente sotto la sovranità di altri Paesi dei quali i membri delle minoranze italiane sono spesso cittadini fondanti. Nei confronti degli italiani che vivevano in quella che era la Repubblica di Jugoslavia la citata legge prevede norme specifiche all’articolo 17, il quale dava la possibilità di riacquistare la cittadinanza a coloro che ne erano in possesso prima del trattato di Osimo. Inoltre queste persone potevano trasmettere la cittadinanza nuovamente ottenuta ai figli minori. Gli effetti enunciati si verificano a condizione che i soggetti interessati avessero reso una dichiarazione entro un dato termine, prorogato due volte e infine scaduto il 31 dicembre del 1997.

Gli effetti di tale formulazione hanno portato all’acquisto o al riacquisto della cittadinanza per molti nostri connazionali, ma hanno dato alcuni risultati certo non desiderati dal legislatore, poiché nei fatti non rispettava lo jus sanguinis.

In primo luogo il limite di tempo ha rappresentato una barriera per l’esercizio di un diritto che non dovrebbe essere temporaneo, e che comunque ha trovato degli ostacoli nella difficile situazione interna della Croazia, coinvolta nelle guerre di disgregazione della Repubblica di Jugoslavia. La situazione di quegli anni, con la mancanza di informazioni esatte e la difficoltà di ricevere e di rinvenire la documentazione in un Paese in cui i cittadini e le istituzioni avevano problemi più pressanti, non assicurano che tutti abbiano avuto la piena possibilità di ristabilire il loro diritto. Inoltre vi è stato l’effetto paradossale della norma che parlava di riacquisto per chi aveva perso la cittadinanza e per i figli minori: coloro che erano nati dopo il 1947 - e che quindi non hanno mai posseduto originariamente la cittadinanza italiana - e prima del 1974 - cioè maggiorenni alla data di entrata in vigore della legge - si sono trovati esclusi dalla possibilità di riacquistare o di avere trasmessa la cittadinanza che invece ricevevano i familiari. Abbiamo casi di famiglie in cui padre e madre e un figlio sono ora in possesso della doppia cittadinanza, mentre la figlia più grande, di nazionalità italiana come il resto della famiglia, non ha potuto chiedere la cittadinanza e risulta in tutto e per tutto una straniera, condizione legittima, non negativa, ma ingiusta nei confronti sia della persona come membro di una famiglia, sia del nostro connazionale come membro della comunità culturale italiana.

La presente proposta di legge cerca di andare incontro al desiderio di chi, pur essendo membro della nostra comunità culturale, non riesce ad ottenere la possibilità di conseguire la cittadinanza che è già stata concessa ai familiari.

Nell’articolo 1 si introduce l’articolo 17-bis della citata legge n. 91 del 1992, con il quale si dà la possibilità di chiedere la cittadinanza a chi dimostra di avere genitori o un ascendente che sono cittadini - o sono stati membri della nostra comunità di minoranza - abitanti nel territorio di quelle che sono adesso la Repubblica di Slovenia e della Repubblica di Croazia.

Rispetto a normative analoghe, non si richiede la presentazione di un attestato di appartenenza alla comunità di cultura italiana - concetto vago e non dimostrabile - né di fornire un attestato di buona condotta da parte delle autorità giudiziarie straniere e questo per due motivi: il primo è che il diritto di sangue non può dipendere dalle vicissitudini legali dei cittadini, dalla loro maggiore o minore conoscenza di certe nozioni; il secondo è che ogni documento obbligatorio può diventare uno strumento di pressione e di ostacolo. La procedura di acquisto di una seconda cittadinanza, nell’ottica dell’unità dell’Europa, ha oggi una minore valenza di possibile contrasto tra le Nazioni, ma resta sempre un’occasione di scorrettezza e di corruttela.

Si noti, infine, che si è scelto di non limitare il diritto ai residenti nei territori interessati alle vicende del Trattato di pace perché in questi decenni le persone possono essersi trasferite per motivi di lavoro o di studio sul territorio delle nuove Repubbliche nate dalla disgregazione della Repubblica di Jugoslavia, pur essendo quei cittadini originari di quella che è ora la minoranza di lingua e cultura italiane delle Repubbliche di Croazia e di Slovenia.



 


proposta  di legge

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Art. 1.

1. Dopo l’articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è inserito il seguente:

Art. 17-bis. 1. Il diritto alla cittadinanza italiana è riconosciuto alle persone che hanno un genitore o un ascendente in linea retta il quale:

a) risiede o ha risieduto nel territorio della Repubblica di Croazia o della Repubblica di Slovenia;

b) è cittadino italiano oppure cittadino della Repubblica di Croazia o della Repubblica di Slovenia e ha fatto o fa tuttora parte del gruppo etnico di lingua italiana».

 

Art. 2.

1. Le persone di cui all’articolo 17-bis della legge 5 febbraio 1992, n. 91, introdotto dall’articolo 1 della presente legge, esercitano il diritto alla cittadinanza italiana mediante richiesta da presentare al prefetto o all’autorità consolare italiana, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 362, corredata:

a) dal certificato di cittadinanza del genitore o dell’ascendente;

b) dai certificati di nascita che attestano la discendenza;

c) dall’attestazione dell’appartenenza al gruppo etnico di lingua italiana del genitore o dell’ascendente da parte delle autorità consolari italiane.

 

 


Normativa di riferimento

 


 

L. 13 giugno 1912, n. 555.
Sulla cittadinanza italiana
(artt. 8 e 12).

 

 

(1), (2), (1/circ.)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 giugno 1912, n. 153.

(2) Abrogata dall’art. 26, L. 5 febbraio 1992, n. 91. La Corte costituzionale, con sentenza 4-17 giugno 1992, n. 278 (Gazz. Uff. 24 giugno 1992, n. 27 - Serie Speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, lett. b), D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 e 8, ultimo comma, L. 13 giugno 1912, n. 555, nella parte in cui non prevedono che siano esentati dagli obblighi di leva coloro che abbiano perduto la cittadinanza italiana a seguito dell’acquisto di quella di altro Stato nel quale siano tenuti a prestare il servizio militare. La stessa Corte, con sentenza 7-15 maggio 2001, n. 131 (Gazz. Uff. 23 maggio 2001, n. 20 - Serie speciale) ha dichiarato l’illegittimità degli artt. 1, primo comma, lettera b), D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, e 8, ultimo comma, della L. 13 giugno 1912, n. 555, nella parte in cui non prevedono che siano esentati dagli obblighi di leva coloro che abbiano perduto la cittadinanza italiana a seguito dell’acquisto di quella di altro Stato, a norma dell’art. 8, primo comma, numero 1), della legge n. 555 del 1912.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:

- Ministero dell’interno: Circ. 8 gennaio 2001, n. K.60.1.

(omissis)

[Art. 8.

Perde la cittadinanza:

1) chi spontaneamente acquista una cittadinanza straniera e stabilisce o ha stabilito all’estero la propria residenza;

2) chi, avendo acquistata senza concorso di volontà propria una cittadinanza straniera, dichiari di rinunziare alla cittadinanza italiana, e stabilisca o abbia stabilito all’estero la propria residenza.

Può il Governo nei casi indicati ai nn. I e 2, dispensare dalla condizione del trasferimento della residenza all’estero;

3) chi, avendo accettato impiego da un governo estero od essendo entrato al servizio militare di potenza estera, vi persista nonostante l’intimazione del governo italiano di abbandonare entro un termine fissato l’impiego o il servizio (8).

La perdita della cittadinanza nei casi preveduti da questo articolo non esime dagli obblighi del servizio militare, salve le facilitazioni concesse dalle leggi speciali (9) (9/a).] (*)

 

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(8) Vedi, anche, art. 4, L. 16 giugno 1927, n. 1170.

(9) Vedi la L. 31 gennaio 1926, n. 108.

(9/a) La Corte costituzionale, con sentenza 11-19 ottobre 1988, n. 974 (Gazz. Uff. 26 ottobre 1988, n. 43 Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 8, ultimo comma, della presente legge, nonché dell’art. 1, lett. b), del D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, nella parte in cui non prevedono che siano esentati dall’obbligo del servizio militare coloro che abbiano perduto la cittadinanza italiana a seguito dell’acquisto di quella di un altro Stato nel quale abbiano già prestato servizio militare.

(*) Legge abrogata dall’art. 26, L. 5 febbraio 1992, n. 91.

(omissis)

[Art. 12.

I figli minori non emancipati da chi acquista o ricupera la cittadinanza divengono cittadini salvo che risiedendo all’estero conservino, secondo la legge dello Stato a cui appartengono, la cittadinanza straniera. Il figlio però dello straniero per nascita, divenuto cittadino, può, entro l’anno dal raggiungimento della maggiore età o dalla conseguita emancipazione, dichiarare di eleggere la cittadinanza di origine.

I figli minori non emancipati di chi perde la cittadinanza divengono stranieri quando abbiano comune la residenza col genitore esercente la patria potestà o la tutela legale, e acquistino la cittadinanza di uno Stato straniero. Saranno però loro applicabili le disposizioni degli artt. 3 e 9.

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso che la madre esercente la patria potestà o la tutela legale sui figli abbia una cittadinanza diversa da quella del padre premorto. Non si applicano invece al caso in cui la madre esercente la patria potestà muti cittadinanza in conseguenza del passaggio a nuove nozze, rimanendo allora inalterata la cittadinanza di tutti i figli di primo letto.] (*)

 

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(*) Legge abrogata dall’art. 26, L. 5 febbraio 1992, n. 91.

(omissis)

 


 

D.Lgs.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1430.
Esecuzione del Trattato di pace fra l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1
947
(artt. 19, 20 e 21)

 

 

 

(1). (2)

 

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(1) Pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazz. Uff. 24 dicembre 1947, n. 295 e ratificato con L. 25 novembre 1952, n. 3054.

(2) Il presente decreto è stato emanato in forza della L. 2 agosto 1947, n. 811 che autorizzava il Governo della Repubblica a ratificare il trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.

 

 

1. Piena ed intera esecuzione è data all’annesso Trattato di pace fra l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 ed entrato in vigore il 16 settembre 1947.

 

2. Con decreti del Capo dello Stato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, a norma dell’art. 3, n. 1 della legge 31 gennaio 1926, n. 100, saranno emanati i provvedimenti necessari, anche in deroga alle leggi vigenti, per l’esecuzione del Trattato di cui all’art. 1.

 

3. L’art. 1 del presente decreto ha effetto dal 16 settembre 1947.

 

4. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

TRATTATO DI PACE CON L’ITALIA

 

L’Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste, il Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, gli Stati Uniti d’America, la Cina, la Francia, l’Australia, il Belgio, la Repubblica Sovietica Socialista di Bielorussia, il Brasile, il Canadà, la Cecoslovacchia, l’Etiopia, la Grecia, l’India, i Paesi Bassi, la Nuova Zelanda, la Polonia, la Repubblica Sovietica Socialista d’Ucraina, l’Unione del Sud Africa, la Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia, in appresso designate «Le Potenze Alleate ed Associate da una parte

 

e l’Italia dall’altra parte

 

Premesso che l’Italia sotto il regime fascista ha partecipato al Patto tripartito con la Germania ed il Giappone, ha intrapreso una guerra di aggressione ed ha in tal modo provocato uno stato di guerra con tutte le Potenze Alleate ed Associate e con altre fra le Nazioni Unite e che ad essa spetta la sua parte di responsabilità della guerra; e

 

Premesso che a seguito delle vittorie delle Forze alleate e con l’aiuto degli elementi democratici del popolo italiano, il regime fascista venne rovesciato il 25 luglio 1943 e l’Italia, essendosi arresa senza condizioni, firmò i patti d’armistizio del 3 e del 29 settembre del medesimo anno; e

 

Premesso che dopo l’armistizio suddetto Forze Armate italiane, sia quelle governative che quelle appartenenti al Movimento della Resistenza, presero parte attiva alla guerra contro la Germania, l’Italia dichiarò guerra alla Germania alla data del 13 ottobre 1943 e così divenne cobelligerante nella guerra contro la Germania stessa; e

 

Premesso che le Potenze Alleate ed Associate e l’Italia desiderano concludere un trattato di pace che, conformandosi ai principi di giustizia, regoli le questioni che ancora sono pendenti a seguito degli avvenimenti di cui nelle premesse che precedono, e che costituisca la base di amichevoli relazioni fra di esse, permettendo così alle Potenze Alleate ed Associate di appoggiare le domande che l’Italia presenterà per entrare a far parte delle Nazioni Unite ed anche per aderire a qualsiasi convenzione stipulata sotto gli auspici delle predette Nazioni Unite;

 

hanno pertanto convenuto di dichiarare la cessazione dello stato di guerra e di concludere a tal fine il presente Trattato di Pace ed hanno di conseguenza nominato i plenipotenziari sottoscritti, i quali dopo aver presentato i loro pieni poteri, che vennero trovati in buona e debita forma, hanno concordato le condizioni seguenti:

(omissis)

Sezione II - Nazionalità - Diritti civili e politici

 

Art. 19

1. I cittadini italiani che, al 10 giugno 1940, erano domiciliati in territorio ceduto dall’Italia ad un altro Stato per effetto del presente Trattato, ed i loro figli nati dopo quella data diverranno, sotto riserva di quanto dispone il paragrafo seguente, cittadini godenti di pieni diritti civili e politici dello Stato al quale il territorio viene ceduto, secondo le leggi che a tale fine dovranno essere emanate dallo Stato medesimo entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato. Essi perderanno la loro cittadinanza italiana al momento in cui diverranno cittadini dello Stato subentrante.

 

2. Il Governo dello Stato al quale il territorio è trasferito, dovrà disporre, mediante appropriata legislazione entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato, perché tutte le persone di cui al paragrafo 1, di età superiore ai diciotto anni (e tutte le persone coniugate, siano esse al disotto od al disopra di tale età) la cui lingua usuale è l’italiano, abbiano facoltà di optare per la cittadinanza italiana entro il termine di un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato. Qualunque persona che opti in tal senso conserverà la cittadinanza italiana e non si considererà avere acquistato la cittadinanza dello Stato al quale il territorio viene trasferito. L’opzione esercitata dal marito non verrà considerata opzione da parte della moglie. L’opzione esercitata dal padre, o se il padre non è vivente, dalla madre, si estenderà tuttavia automaticamente a tutti i figli non coniugati, di età inferiore ai diciotto anni.

 

3. Lo Stato al quale il territorio è ceduto potrà esigere che coloro che si avvalgono dell’opzione, si trasferiscano in Italia entro un anno dalla data in cui l’opzione venne esercitata.

 

4. Lo Stato al quale il territorio è ceduto dovrà assicurare, conformemente alle sue leggi fondamentali, a tutte le persone che si trovano nel territorio stesso, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione, il godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ivi comprese la libertà di espressione, di stampa e di diffusione, di culto, di opinione politica, e di pubblica riunione.

 

 

Art. 20

1. Entro il termine di un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato, i cittadini italiani di oltre 18 anni di età (e quelli coniugati, siano essi al disotto od al disopra di tale età), la cui lingua usuale è una delle lingue jugoslave (serbo, croato o sloveno) e che sono domiciliati in territorio italiano, potranno, facendone domanda ad un rappresentante diplomatico o consolare jugoslavo in Italia, acquistare la nazionalità jugoslava, se le autorità jugoslave accetteranno la loro istanza.

 

2. In siffatti casi il Governo jugoslavo, comunicherà al Governo italiano, per via diplomatica gli elenchi delle persone che avranno così acquistato la nazionalità jugoslava. Le persone indicate in tali elenchi perderanno la loro nazionalità italiana alla data della suddetta comunicazione ufficiale.

 

3. Il Governo italiano potrà esigere che tali persone trasferiscano la loro residenza in Jugoslavia entro il termine di un anno dalla data della suddetta comunicazione ufficiale.

 

4. Ai fini del presente articolo varranno le medesime norme, relative all’effetto delle opzioni rispetto alle mogli ed ai figli, contenute nell’articolo 19, paragrafo 2.

 

5. Le disposizioni dell’Allegato XIV, paragrafo 10 del presente Trattato, che si applicano al trasferimento dei beni appartenenti alle persone che optano per la nazionalità italiana, si applicheranno egualmente al trasferimento dei beni tenenti alle persone che optano per la nazionalità jugoslava, in base al presente articolo.

 

 

Sezione III - Territorio libero di Trieste

 

Art. 21

1. È costituito in forza del presente Trattato il Territorio Libero di Trieste, consistente dell’area che giace fra il mare Adriatico ed i confini definiti negli articoli 4 e 22 del presente Trattato. Il Territorio Libero di Trieste è riconosciuto dalle Potenze Alleate ed Associate e dall’Italia, le quali convengono, che la sua integrità e indipendenza saranno assicurate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

 

2. La sovranità italiana sulla zona costituente il Territorio Libero di Trieste, così come esso è sopra definito, cesserà con l’entrata in vigore del presente Trattato.

 

3. Dal momento in cui la sovranità italiana sulla predetta zona avrà cessato d’esistere il Territorio Libero di Trieste sarà governato in conformità di uno Strumento per il regime provvisorio, redatto dal Consiglio dei Ministri degli Esteri e approvato dal Consiglio di Sicurezza. Detto Strumento resterà in vigore fino alla data che il Consiglio di Sicurezza determinerà per l’entrata in vigore dello Statuto Permanente, che dovrà essere stato da esso Consiglio approvato. A decorrere da tale data, il Territorio Libero sarà governato secondo le disposizioni dello Statuto Permanente. I testi dello Statuto permanente e dello Strumento per il regime provvisorio sono contenuti negli Allegati VI e VII.

 

4. Il Territorio Libero di Trieste non sarà considerato come territorio ceduto, ai sensi dell’articolo 19 e dell’Allegato XIV del presente Trattato.

 

5. L’Italia e la Jugoslavia s’impegnano a dare al Territorio Libero di Trieste, le garanzie di cui all’Allegato IX.

(omissis)

 


 

L. 14 marzo 1977, n. 73.
Ratifica ed esecuzione del trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, con allegati, nonché dell’accordo tra le stesse Parti, con allegati, dell’atto finale e dello scambio di note, firmati ad Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975
(art. 1; art. 3 del Trattato e All. VI)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicata nel Suppl. ord. alla Gazz. Uff. 21 marzo 1977, n. 77.

(2) Del presente Trattato si riporta soltanto il testo della traduzione non ufficiale. Vedi, anche, la L. 22 dicembre 1982, n. 960, riportata al n. P/XVII.

 

 

Art. 1

Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare:

 

a) il trattato fra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia firmato ad Osimo il 10 novembre 1975 ed i relativi dieci allegati;

 

b) l’accordo sulla promozione della cooperazione economica tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia firmato ad Osimo il 10 novembre 1975 ed i relativi quattro allegati;

 

c) l’atto finale firmato ad Osimo il 10 novembre 1975 relativo ai due strumenti internazionali sopraindicati;

 

d) uno scambio di lettere concernente la cittadinanza delle persone che si trasferiranno in Italia sulla base delle disposizioni dell’articolo 3 del trattato di cui alla lettera a) del presente articolo.

(omissis)

TRADUZIONE NON UFFICIALE

 

N.B. - Il testo facente fede è unicamente quello in lingua francese.

 

TRATTATO

 

tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia

 

Le Parti contraenti,

 

convinte che la cooperazione pacifica e le relazioni di buon vicinato fra i due Paesi ed i loro popoli corrispondono agli interessi essenziali dei due Stati,

 

considerando che gli Accordi che esse hanno concluso finora hanno creato condizioni favorevoli allo sviluppo ulteriore ed all’intensificazione delle relazioni reciproche,

 

convinte che la eguaglianza fra Stati, la rinuncia all’impiego della forza ed il rispetto conseguente della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità delle frontiere, il regolamento pacifico delle controversie, la non ingerenza negli affari interni degli altri Stati, il rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà, unitamente all’applicazione in buona fede di ogni obbligo internazionale, rappresentano la base della salvaguardia della pace e della sicurezza internazionale e dello sviluppo delle relazioni amichevoli e della cooperazione fra gli Stati,

 

confermando la loro lealtà al principio della protezione la più ampia possibile dei cittadini appartenenti ai gruppi etnici che deriva dalle loro Costituzioni e dai loro ordinamenti interni e che ciascuna delle due Parti realizza in maniera autonoma, ispirandosi anche ai principi della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, della Convenzione sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale e dei Patti Universali dei Diritti dell’Uomo,

 

animate dal desiderio di manifestare attraverso il presente Trattato l’intenzione comune di intensificare, nell’interesse dei due Paesi, i rapporti esistenti di buon vicinato e di cooperazione pacifica,

 

convinte parimenti che ciò contribuirà al rafforzamento della pace e della sicurezza in Europa,

 

hanno convenuto quanto segue:

(omissis)

Art. 3

La cittadinanza delle persone che alla data del 10 giugno 1940 erano cittadini italiani ed avevano la loro residenza permanente sul territorio di cui all’articolo 21 del Trattato di Pace con l’Italia del 10 febbraio 1947, come pure la cittadinanza dei loro discendenti, nati dopo il 10 giugno 1940, è regolata rispettivamente dalla legge dell’una o dell’altra delle Parti, a seconda che la residenza delle suddette persone al momento dell’entrata in vigore del presente Trattato si trovi nel territori dell’una o dell’altra delle Parti.

 

Le persone che fanno parte del gruppo etnico italiano e le persone che fanno parte del gruppo etnico jugoslavo alle quali si applicano le disposizioni del comma precedente avranno facoltà di trasferirsi rispettivamente nel territorio italiano e nel territorio jugoslavo, alle condizioni previste dallo scambio di lettere di cui all’Allegato VI del presente Trattato.

 

Per quanto riguarda le famiglie, verrà tenuto conto della volontà di ciascuno dei coniugi e, nel caso in cui questa fosse coincidente, non sarà tenuto conto dell’eventuale diversa appartenenza etnica dell’uno o dell’altro coniuge.

 

I figli minori seguiranno l’uno o l’altro dei loro genitori in conformità con la normativa di diritto privato applicabile in materia di separazione nel territorio dove i genitori hanno la loro residenza permanente al momento dell’entrata in vigore del presente Trattato.

(omissis)

 

Allegato VI

 

Il Vice Presidente del Consiglio esecutivo federale e Segretario federale agli Affari Esteri

 

della SRF di Jugoslavia

 

Osimo (Ancona), 10 novembre 1975

 

Signor Ministro,

 

in riferimento all’articolo 3 del Trattato firmato in data odierna, ho l’onore di confermare a Vostra Eccellenza quanto segue:

 

Il mio Governo si impegna a concedere lo svincolo dalla cittadinanza jugoslava ai membri del gruppo etnico italiano, ai quali si riferisce l’articolo 3 del Trattato, i quali al momento dell’entrata in vigore del Trattato hanno la loro residenza permanente sul territorio jugoslavo e che, entro un anno a partire dalla data dell’entrata in vigore del Trattato sopra menzionato, esprimono per mezzo delle Autorità jugoslave, che ne daranno comunicazione alle Autorità italiane, la loro intenzione di trasferirsi in Italia e nei confronti dei quali il Governo italiano informa il Governo jugoslavo che esso li considera come membri del gruppo etnico italiano e riconosce loro la cittadinanza italiana.

 

Entro tre mesi a partire dalla data in cui lo svincolo dalla cittadinanza jugoslava sarà modificato alle suddette persone, queste dovranno lasciare il territorio della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia e saranno considerate come aventi perduto la cittadinanza jugoslava alla data del loro trasferimento.

 

Voglia gradire, Signor Ministro, gli atti della mia alta considerazione.

 

M. MINIC

 

S.E. il Signor Mariano RUMOR

 

Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana

 

Il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana

 

Osimo (Ancona), 10 novembre 1975

 

 

Signor Ministro,

 

in riferimento all’articolo 3 del Trattato firmato in data odierna, ho l’onore di confermare a Vostra Eccellenza quanto segue:

 

Il mio Governo si impegna a riconoscere l’acquisto della cittadinanza jugoslava da parte delle persone che sono membri del gruppo etnico jugoslavo, di cui all’articolo 3 del Trattato, le quali al momento dell’entrata in vigore del Trattato, hanno la loro residenza permanente sul territorio italiano e che, entro un anno a partire dalla data dell’entrata in vigore del Trattato sopra menzionato, esprimono per mezzo delle Autorità italiane, che ne daranno comunicazione alle Autorità jugoslave, la loro intenzione di trasferirsi in Jugoslavia e nei confronti dei quali il Governo jugoslavo informa il Governo italiano che esso li considera come membri del gruppo etnico jugoslavo e riconosce loro la cittadinanza jugoslava.

 

Entro tre mesi a partire dalla data in cui dette persone riceveranno la comunicazione in base alla quale viene loro concessa la cittadinanza jugoslava, queste dovranno lasciare il territorio della Repubblica Italiana e saranno considerate come aventi perduto la cittadinanza italiana alla data del loro trasferimento.

 

Voglia gradire, Signor Ministro, gli atti della mia alta considerazione.

 

 

M. RUMOR

 

S.E. il Signor Milos MINIC

 

Vice Presidente del Consiglio esecutivo federale

e Segretario federale agli Affari Esteri della RSF di Jugoslavia

(omissis)

 


 

L. 21 aprile 1983, n. 123.
Disposizioni in materia di cittadinanza
(art. 5).

 

 

(1) (2)

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 26 aprile 1983, n. 112.

(2) Abrogata dall’art. 26, L. 5 febbraio 1992, n. 91.

(omissis)

[Art. 5.

É cittadino italiano il figlio minorenne, anche adottivo, di padre cittadino o di madre cittadina.

Nel caso di doppia cittadinanza, il figlio dovrà optare per una sola cittadinanza entro un anno dal raggiungimento della maggiore età (2).] (*)

 

------------------------

(2) Vedi, anche, la L. 15 maggio 1986, n. 180, riportata al n. XX.

(*) Legge abrogata dall’art. 26, L. 5 febbraio 1992, n. 91.

 


 

L. 7 novembre 1988, n. 518.
Ratifica ed esecuzione dell’accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia per il regolamento definitivo di tutte le obbligazioni reciproche derivanti dall’articolo 4 del trattato di Osimo del 10 novembre 1975, firmato a Roma il 18 febbraio 1983, con scambio di note.

 

 

(1)

------------------------

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 6 dicembre 1988, n. 286, S.O.

 

 

 

Art. 1.

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l’accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia per il regolamento definitivo di tutte le obbligazioni reciproche derivanti dall’articolo 4 del trattato di Osimo del 10 novembre 1975, con scambio di note, firmato a Roma il 18 febbraio 1983.

 

 

Art. 2.

1. Piena ed intera esecuzione è data all’accordo di cui all’articolo 1 a decorrere dalla sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall’articolo 7 dell’accordo stesso.

 

 

Art. 3.

1. Le somme da corrispondersi dal Governo della Repubblica socialista federativa di Jugoslavia in applicazione dell’articolo 3 dell’accordo sono versate ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio statale.

 

 

 

Art. 4.

1. La seguente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

Accordo fra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia per il regolamento definitivo di tutte le obbligazioni reciproche derivanti dall’art. 4 del trattato firmato ad Osimo il 10 novembre 1975

 

 

Animati dal desiderio di regolare in maniera definitiva gli obblighi reciproci derivanti dall’Art. 4 del Trattato firmato ad Osimo il 10 novembre 1975;

 

Convinti che il presente Accordo, espressione dello spirito di buona volontà che anima i rapporti fra i due Paesi, contribuirà al perseguimento delle finalità enunciate dagli Accordi di Osimo, allo sviluppo della cooperazione economica in particolar modo fra le zone di frontiera dei due Paesi;

 

Il Governo della Repubblica Italiana e il Consiglio Esecutivo Federale dell’Assemblea della RSF di Jugoslavia hanno convenuto quanto segue:

 

 

Articolo 1

I beni, diritti ed interessi indicati nel citato Art. 4 del Trattato di Osimo sono considerati come definitivamente acquisiti dalla Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia.

 

 

Articolo 2

In vista di quanto precede, il Consiglio Esecutivo Federale dell’Assemblea della RSF di Jugoslavia verserà al Governo italiano a titolo di indennizzo la somma di 110 milioni di dollari U.S.A.

 

 

Articolo 3

Il pagamento verrà effettuato a partire dal 1° gennaio 1990 in 13 annualità eguali con accreditamento su un conto intestato al Ministero del Tesoro presso la Banca d’Italia in Roma.

 

 

Articolo 4

Il Consiglio Esecutivo Federale dell’Assemblea della RSF di Jugoslavia lascerà agli aventi diritto la libera disponibilità dei beni di cui all’elenco allegato che fa parte integrante del presente Accordo.

 

 

Articolo 5

Quanto sopra costituisce un regolamento definitivo di tutti gli obblighi reciproci aventi origine dall’Art. 4 del Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia firmato ad Osimo il LO novembre 1975.

 

 

Articolo 6

Le disposizioni del presente Accordo non modificano la situazione giuridica dei beni menzionati agli Artt. 7 ed 8 dell’Accordo fra la Repubblica italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia per il regolamento del traffico delle persone e dei trasporti terrestri e marittimi tra le aree limitrofe, firmato ad Udine il 15 maggio 1982.

 

 

Articolo 7

Il presente Accordo entrerà in vigore alla data dello scambio degli strumenti di ratifica.

 

Fatto a Roma, li 18 febbraio 1983, in due originali, ciascuno in lingua italiana e serbocroata i cui testi fanno ugualmente fede.

 

 

Per il Governo della Repubblica Italiana

 

 

Per il consiglio Esecutivo Federale dell’Assemblea della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia

 

 

Testo delle Note (2)

 

 

IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI DELLA REPUBBLICA ITALIANA

 

 

Roma, li 18 febbraio 1983

 

Signor Ministro,

 

ho l’onore di comunicare a Vostra Eccellenza che ho preso nota della Sua lettera del seguente tenore:

 

«Mi riferisco all’Accordo firmato in data odierna con cui sono state definite le questioni aventi origine dall’Art. 4 del Trattato italo-jugoslavo firmato ad Osimo il 10 novembre 1975 fra la Repubblica italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia.

 

Tale intesa è espressione dello spirito di buona volontà che anima i rapporti tra i nostri due Governi e, come tale, contribuirà al perseguimento delle finalità enunciate negli Accordi di Osimo e in particolare modo allo sviluppo della cooperazione economica fra le zone di frontiera dei due Paesi.

 

In tale spirito, desidero assicurarLa che il Consiglio Esecutivo Federale dell’Assemblea della RSF di Jugoslavia si adopererà affinché le risorse finanziarie rese disponibili dalle agevolazioni di pagamento previste dall’Accordo odierno vengano contemporaneamente utilizzate per la realizzazione delle opere necessarie a portare al livello di vie di traffico internazionale le strade in territorio jugoslavo indicate all’Art. 5 dello Accordo per la promozione della cooperazione economica ugualmente firmato ad Osimo il 10 novembre 1975.

 

Confido che da parte italiana saranno portati a termine, nello stesso periodo, i raccordi destinati a collegare tali strade all’autostrada Venezia-Trieste-Gorizia-Tarvisio».

 

Voglia gradire, Signor Ministro, gli atti della mia alta considerazione.

 

S.E. il Signor

 

 

Lazar MOJSOV

 

 

Segretario Federale per gli Affari Esteri della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia

 

 

(Si omette l’allegato contenente i dati nominativi dei beni immobili)

 

 

 

 

------------------------

(2) Si riporta il testo della Nota del Ministro degli affari esteri della Repubblica Italiana e si omette il testo della Nota del Segretario Federale per gli affari esteri della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia perché contenuto nella presente.

 

 


 

L. 5 febbraio 1992, n. 91.
Nuove norme sulla cittadinanza

 

 

(1), (1/a), (1/circ)

 

------------------------

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 febbraio 1992, n. 38.

(1/a) Per il regolamento di esecuzione, vedi il D.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572, riportato al n. XXII.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dell’interno: Circ. 2 gennaio 2001, n. K.84; Circ. 2 maggio 2001, n. K60.1; Circ. 24 febbraio 2003, n. K.28.111;

- Ministero della difesa: Circ. 12 giugno 1997, n. LEV.-C-56/U.D.G.; Circ. 17 ottobre 1997, n. Lev.-C.-58/U.D.G.; Circ. 27 settembre 1999, n. LEV.C.72/UDG.

 

 

Art. 1.

1. È cittadino per nascita:

 

a) il figlio di padre o di madre cittadini;

 

b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.

 

2. È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.

 

 

Art. 2.

1. Il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale della filiazione durante la minore età del figlio ne determina la cittadinanza secondo le norme della presente legge.

 

2. Se il figlio riconosciuto o dichiarato è maggiorenne conserva il proprio stato di cittadinanza, ma può dichiarare, entro un anno dal riconoscimento o dalla dichiarazione giudiziale, ovvero dalla dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero, di eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione.

 

3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai figli per i quali la paternità o maternità non può essere dichiarata, purché sia stato riconosciuto giudizialmente il loro diritto al mantenimento o agli alimenti.

 

 

Art. 3.

1. Il minore straniero adottato da cittadino italiano acquista la cittadinanza.

 

2. La disposizione del comma 1 si applica anche nei confronti degli adottati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

 

3. Qualora l’adozione sia revocata per fatto dell’adottato, questi perde la cittadinanza italiana, sempre che sia in possesso di altra cittadinanza o la riacquisti.

 

4. Negli altri casi di revoca l’adottato conserva la cittadinanza italiana. Tuttavia, qualora la revoca intervenga durante la maggiore età dell’adottato, lo stesso, se in possesso di altra cittadinanza o se la riacquisti, potrà comunque rinunciare alla cittadinanza italiana entro un anno dalla revoca stessa.

 

 

Art. 4.

1. Lo straniero o l’apolide, del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, diviene cittadino:

 

a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiara preventivamente di voler acquistare la cittadinanza italiana;

 

b) se assume pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, e dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana;

 

c) se, al raggiungimento della maggiore età, risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica e dichiara, entro un anno dal raggiungimento, di voler acquistare la cittadinanza italiana.

 

2. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.

 

 

Art. 5.

1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale.

 

 

Art. 6.

1. Precludono l’acquisto della cittadinanza ai sensi dell’articolo 5:

 

a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;

 

b) la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; ovvero la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;

 

c) la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.

 

2. Il riconoscimento della sentenza straniera è richiesto dal procuratore generale del distretto dove ha sede l’ufficio dello stato civile in cui è iscritto o trascritto il matrimonio, anche ai soli fini ed effetti di cui al comma 1, lettera b).

 

3. La riabilitazione fa cessare gli effetti preclusivi della condanna.

 

4. L’acquisto della cittadinanza è sospeso fino a comunicazione della sentenza definitiva, se sia stata promossa azione penale per uno dei delitti di cui al comma 1, lettera a) e lettera b), primo periodo, nonché per il tempo in cui è pendente il procedimento di riconoscimento della sentenza straniera, di cui al medesimo comma 1, lettera b), secondo periodo.

 

 

Art. 7.

1. Ai sensi dell’articolo 5, la cittadinanza si acquista con decreto del Ministro dell’interno, a istanza dell’interessato, presentata al sindaco del comune di residenza o alla competente autorità consolare (1/b).

 

2. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 3 della legge 12 gennaio 1991, n. 13 (2).

 

 

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(1/b) L’istanza per l’acquisto o la concessione della cittadinanza italiana va, ora, presentata al prefetto competente per territorio in relazione alla residenza dell’istante, ovvero, qualora ne ricorrano i presupposti, all’autorità consolare, in virtù di quanto disposto dall’art. 1, D.P.R. 18 aprile 1994, n. 362, riportato al n. XXIII. Vedi, anche, l’art. 8 dello stesso decreto.

(2) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

 

 

Art. 8.

1. Con decreto motivato, il Ministro dell’interno respinge l’istanza di cui all’articolo 7 ove sussistano le cause ostative previste nell’articolo 6. Ove si tratti di ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica, il decreto è emanato su conforme parere del Consiglio di Stato. L’istanza respinta può essere riproposta dopo cinque anni dall’emanazione del provvedimento.

 

2. L’emanazione del decreto di rigetto dell’istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell’istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni.

 

 

Art. 9.

1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno:

 

a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera c);

 

b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione (3/cost);

 

c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;

 

d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;

 

e) all’apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;

 

f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

 

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, la cittadinanza può essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all’Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato.

 

 

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(3/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 10 luglio-4 agosto 2003, n. 293 (Gazz. Uff. 13 agosto 2003, n. 32, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, lettera b) sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione.

 

 

Art. 10.

1. Il decreto di concessione della cittadinanza non ha effetto se la persona a cui si riferisce non presta, entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo, giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato (2/a).

 

 

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(2/a) Per le modalità della prestazione del giuramento di cui al presente articolo vedi l’art. 7, D.M. 27 febbraio 2001.

 

 

 

Art. 11.

1. Il cittadino che possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma può ad essa rinunciare qualora risieda o stabilisca la residenza all’estero.

 

 

Art. 12.

1. Il cittadino italiano perde la cittadinanza se, avendo accettato un impiego pubblico od una carica pubblica da uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui non partecipi l’Italia, ovvero prestando servizio militare per uno Stato estero, non ottempera, nel termine fissato, all’intimazione che il Governo italiano può rivolgergli di abbandonare l’impiego, la carica o il servizio militare.

 

2. Il cittadino italiano che, durante lo stato di guerra con uno Stato estero, abbia accettato o non abbia abbandonato un impiego pubblico od una carica pubblica, od abbia prestato servizio militare per tale Stato senza esservi obbligato, ovvero ne abbia acquistato volontariamente la cittadinanza, perde la cittadinanza italiana al momento della cessazione dello stato di guerra.

 

 

Art. 13.

1. Chi ha perduto la cittadinanza la riacquista:

 

a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiara previamente di volerla riacquistare;

 

b) se, assumendo o avendo assunto un pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, dichiara di volerla riacquistare;

 

c) se dichiara di volerla riacquistare ed ha stabilito o stabilisce, entro un anno dalla dichiarazione, la residenza nel territorio della Repubblica;

 

d) dopo un anno dalla data in cui ha stabilito la residenza nel territorio della Repubblica, salvo espressa rinuncia entro lo stesso termine;

 

e) se, avendola perduta per non aver ottemperato all’intimazione di abbandonare l’impiego o la carica accettati da uno Stato, da un ente pubblico estero o da un ente internazionale, ovvero il servizio militare per uno Stato estero, dichiara di volerla riacquistare, sempre che abbia stabilito la residenza da almeno due anni nel territorio della Repubblica e provi di aver abbandonato l’impiego o la carica o il servizio militare, assunti o prestati nonostante l’intimazione di cui all’articolo 12, comma 1.

 

2. Non è ammesso il riacquisto della cittadinanza a favore di chi l’abbia perduta in applicazione dell’articolo 3, comma 3, nonché dell’articolo 12, comma 2.

 

3. Nei casi indicati al comma 1, lettera c), d) ed e), il riacquisto della cittadinanza non ha effetto se viene inibito con decreto del Ministro dell’interno, per gravi e comprovati motivi e su conforme parere del Consiglio di Stato. Tale inibizione può intervenire entro il termine di un anno dal verificarsi delle condizioni stabilite.

 

Art. 14.

1. I figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza.

 

 

Art. 15.

1. L’acquisto o il riacquisto della cittadinanza ha effetto, salvo quanto stabilito dall’articolo 13, comma 3, dal giorno successivo a quello in cui sono adempiute le condizioni e le formalità richieste.

 

 

Art. 16.

1. L’apolide che risiede legalmente nel territorio della Repubblica è soggetto alla legge italiana per quanto si riferisce all’esercizio dei diritti civili ed agli obblighi del servizio militare (2/cost).

 

2. Lo straniero riconosciuto rifugiato dallo Stato italiano secondo le condizioni stabilite dalla legge o dalle convenzioni internazionali è equiparato all’apolide ai fini dell’applicazione della presente legge, con esclusione degli obblighi inerenti al servizio militare.

 

 

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(2/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 10-18 maggio 1999, n. 172 (Gazz. Uff. 26 maggio 1999, n. 21, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 10 e 52 della Costituzione.

 

 

Art. 17.

1. Chi ha perduto la cittadinanza in applicazione degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n. 555 (3), o per non aver reso l’opzione prevista dall’articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123 (4), la riacquista se effettua una dichiarazione in tal senso entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge (4/a).

 

2. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 219 della legge 19 maggio 1975, n. 151.

 

 

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(3) Riportata al n. I.

(4) Riportata al n. XIX.

(4/a) Termine prorogato fino al 15 agosto 1995 dall’art. 1, L. 22 dicembre 1994, n. 736 (Gazz. Uff. 4 gennaio 1995, n. 3). Per la ulteriore proroga del termine al 31 dicembre 1997, vedi l’art. 2, comma 195, L. 23 dicembre 1996, n. 662, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

 

 

Art. 18.

[1. Le persone già residenti nei territori che sono appartenuti alla monarchia austroungarica ed emigrate all’estero prima del 16 luglio 1920 ed i loro discendenti in linea retta sono equiparati, ai fini e per gli effetti dell’articolo 9, comma 1, lettera a), agli stranieri di origine italiana o nati nel territorio della Repubblica] (4/b).

 

 

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(4/b) Articolo abrogato dall’art. 1, L. 14 dicembre 2000, n. 379.

 

 

Art. 19.

1. Restano salve le disposizioni della legge 9 gennaio 1956, n. 27 (5), sulla trascrizione nei registri dello stato civile dei provvedimenti di riconoscimento delle opzioni per la cittadinanza italiana, effettuate ai sensi dell’articolo 19 del Trattato di pace tra le potenze alleate ed associate e l’Italia, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.

 

 

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(5) Riportata al n. XVI.

 

 

Art. 20.

1. Salvo che sia espressamente previsto, lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla presente legge non si modifica se non per fatti posteriori alla data di entrata in vigore della stessa.

 

 

Art. 21.

1. Ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 9, la cittadinanza italiana può essere concessa allo straniero che sia stato affiliato da un cittadino italiano prima della data di entrata in vigore della legge 4 maggio 1983, n. 184 (6), e che risieda legalmente nel territorio della Repubblica da almeno sette anni dopo l’affiliazione.

 

 

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(6) Riportata alla voce Maternità ed infanzia.

 

 

Art. 22.

1. Per coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano già perduto la cittadinanza italiana ai sensi dell’articolo 8 della legge 13 giugno 1912, n. 555 (3), cessa ogni obbligo militare.

 

 

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(3) Riportata al n. I.

 

 

Art. 23.

1. Le dichiarazioni per l’acquisto, la conservazione, il riacquisto e la rinunzia alla cittadinanza e la prestazione del giuramento previste dalla presente legge sono rese all’ufficiale dello stato civile del comune dove il dichiarante risiede o intende stabilire la propria residenza, ovvero, in caso di residenza all’estero, davanti all’autorità diplomatica o consolare del luogo di residenza.

 

2. Le dichiarazioni di cui al comma 1, nonché gli atti o i provvedimenti attinenti alla perdita, alla conservazione e al riacquisto della cittadinanza italiana vengono trascritti nei registri di cittadinanza e di essi viene effettuata annotazione a margine dell’atto di nascita.

 

 

Art. 24.

[1. Il cittadino italiano, in caso di acquisto o riacquisto di cittadinanza straniera o di opzione per essa, deve darne, entro tre mesi dall’acquisto, riacquisto o opzione, o dal raggiungimento della maggiore età, se successivo, comunicazione mediante dichiarazione all’ufficiale dello stato civile del luogo di residenza, ovvero, se residente all’estero, all’autorità consolare competente.

 

2. Le dichiarazioni di cui al comma 1 sono soggette alla medesima disciplina delle dichiarazioni di cui all’articolo 23.

 

3. Chiunque non adempia agli obblighi indicati nel comma 1 è assoggettato alla sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a lire duemilioni. Competente all’applicazione della sanzione amministrativa è il prefetto] (6/a).

 

 

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(6/a) Articolo abrogato dall’art. 110, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.

 

 

Art. 25.

1. Le disposizioni necessarie per l’esecuzione della presente legge sono emanate, entro un anno dalla sua entrata in vigore, con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri degli affari esteri e dell’interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia.

 

 

Art. 26.

1. Sono abrogati la legge 13 giugno 1912, n. 555 (3), la legge 31 gennaio 1926, n. 108 (7), il regio decreto-legge 1° dicembre 1934, n. 1997 (8), convertito dalla legge 4 aprile 1935, n. 517, l’articolo 143-ter del codice civile, la legge 21 aprile 1983, n. 123 (4), l’articolo 39 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (6), la legge 15 maggio 1986, n. 180 (9), e ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

 

2. È soppresso l’obbligo dell’opzione di cui all’articolo 5, comma secondo, della legge 21 aprile 1983, n. 123 (4), e all’articolo 1, comma 1, della legge 15 maggio 1986, n. 180 (9).

 

3. Restano salve le diverse disposizioni previste da accordi internazionali.

 

 

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(3) Riportata al n. I.

(7) Riportata al n. VI.

(8) Recava «Modificazioni alla L. 13 giugno 1912, n. 555, sulla cittadinanza».

(4) Riportata al n. XIX.

(6) Riportata alla voce Maternità ed infanzia.

(9) Riportata al n. XX.

(4) Riportata al n. XIX.

(9) Riportata al n. XX.

 

 

Art. 27.

1. La presente legge entra in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 


 

Ministero dell’interno.
Circolare 28 settembre 1993, n. K.60.1
[13]

 

OGGETTO: Legge 5 febbraio 1992, n. 91 – Nuove norme in materia di cittadinanza – Linee interpretative.

 

Con circolare p.n. in data 11 novembre 1992, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 26 novembre 1992, n.279, sono state fornite le prime indicazioni in ordine alla legge n. 91/92, recante nuove norme sulla cittadinanza.

Il Consiglio di Stato al quale è stato sottoposto lo schema del regolamento di attuazione della nuova legge al fine di acquisirne il prescritto avviso, con pareri numeri 2482/92 e 347/93 resi dall’Adunanza generale rispettivamente in data 30 novembre 1992 e 17 maggio 1993, chiarendo taluni aspetti della legge ha condiviso le disposizioni attuative che questa rimette allo strumento regolamentare.

Anche alla luce dei succitati pareri questo Dicastero ritiene opportuno emanare le conseguenti istruzioni le quali integrano e completano. anche sotto l’aspetto operativo le prime indicazioni fornite in ordine alla nuova legge con la circolare sopra richiamata.

Al fine di meglio coordinare la presente circolare con la precedente si è ritenuto opportuno seguire la medesima struttura espositiva.

 

CONSIDERAZIONI IN ORDINE AL CONCETTO DI RESIDENZA

E DI APOLIDIA

In via preliminare e ad integrazione delle considerazioni svolte nella precedente circolare (cfr. Titolo 1 lettera i), si osserva che il Consiglio di Stato, nel citato parere n. 2482/92, ha ritenuto che l’espressione risiede legalmente utilizzata dal legislatore in numerose disposizioni (cfr. artt. 4,5, 9 ecc.) indica la condizione di chi non solo risiede in un determinato luogo (e cioè vi ha di fatto la dimora abituale, nel senso reso dall’art. 43 del codice civile) ma vi risiede legalmente vale a dire nel rispetto delle disposizioni dettate dalla legge in materia di ingresso, di soggiorno e di iscrizione anagrafica.

Da quanto sopra discende, pertanto, che non possa dirsi legalmente residente in Italia lo straniero che, pur avendo qui residenza ai sensi dell’art. 43 codice civile, (con tutto ciò che ne consegue per ogni effetto giuridico diverso da quelli considerati), vi si trovi in violazione delle leggi concernenti l’ingresso ed il soggiorno nello Stato; ad esempio perchè introdotto clandestinamente, ovvero inottemperante ad un provvedimento di espulsione.

Ulteriore condizione, quindi, per una legale residenza è rappresentata dall’iscrizione anagrafica, in quanto quest’ultima “conferisce alla residenza di fatto quei connotati di pubblicità e certezza (anche ai fini della prova della durata, quando necessaria) in mancanza dei quali non sembra potersi dire che uno straniero risieda legalmente”.

Relativamente alla nozione di apolidia, che si rinviene in varie disposizioni della legge n.9l/92 si osserva che il legislatore a volte ha attribuito a chi si trovi in questa condizione lo stesso trattamento riservato allo straniero, come nell’art. 4, comma 1, e nell’art.5; altre volte, invece, ha riservato all’apolide un regime differenziato rispetto allo straniero come nell’art. 9, comma 1, lett. e), che si contrappone alla lett. f).

Ciò posto, il Consiglio di Stato nel parere in questione ha ritenuto che anche laddove la legge usa soltanto la parola straniero, non possa escludersi che si tratti di disposizioni applicabili anche all’apolide.

 

ACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA PER NASCITA

Relativamente all’interpretazione della lettera b) del primo comma dell’articolo 1 della legge n.91/92, il quale, nell’attribuire la cittadinanza ab origine, stabilisce che è cittadino italiano “chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti od apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengano”, si ritiene opportuno precisare quanto segue.

Al riguardo, il Consiglio di Stato ha osservato che lo scopo di questa disposizione è quello di attribuire la cittadinanza italiana al figlio, nato in Italia da genitori non cittadini, se l’ordinamento del Paese di provenienza non contempli la trasmissione della cittadinanza, al figlio nato all’estero, iure sanguinis, vale a dire per effetto della (sola) nascita.

L’Alto Consesso ha precisato al riguardo che “l’ipotesi di trasmissione della cittadinanza da parte dei genitori stranieri, per effetto della (sola) nascita, si considera sussistente anche quando, per ottenere tale effetto, i genitori o legali rappresentanti del minore sono tenuti a dichiarare una volontà in tal senso o ad effettuare taluni adempimenti formali presso le Autorità diplomatiche o consolari del Paese di appartenenza.

“A questi fini, per adempimenti formali si possono intendere quelli che si esauriscono in formalità da compiere presso le rappresentanze diplomatiche o consolari del Paese di provenienza; possono ritenersi invece condizioni sostanziali (e non meri adempimenti formali) comportamenti quali il riassumere la residenza nel Paese d’origine, prestarvi servizio militare, e simili. Pertanto, la possibilità che il figlio acquisti la cittadinanza del Paese d’origine dei genitori, a condizione che vi ristabilisca la propria residenza, oppure, ad es., che assuma un impiego o svolga il servizio militare alle dipendenze di quello Stato, non può considerarsi ostativa dell’applicazione dell’art. 1 comma 1, lettera b), della legge".

Conclusivamente, il figlio, nato in Italia da genitori stranieri, non acquista la cittadinanza italiana per nascita, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera b), della legge, qualora l’ordinamento del Paese di origine dei genitori preveda la trasmissione della cittadinanza al figlio nato all’estero, anche subordinandola ad una dichiarazione di volontà ovvero all’adempimento di formalità amministrative da parte dei genitori o legali rappresentanti del minore.

 

ACQUISTO DELLA CITTADINANZA PER BENEFICIO DI LEGGE DA PARTE DELLO STRANIERO O APOLIDE DEL QUALE IL PADRE O LA MADRE O UNO DEGLI ASCENDENTI IN LINEA RETTA DI SECONDO GRADO SIANO STATI CITTADINI PER NASCITA.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che ai fini della corretta applicazione dell’articolo 4, comma 1, lett. c), della legge n. 9l/92, (il quale prevede che lo straniero o l’apolide acquisti la cittadinanza “se al raggiungimento della maggiore età, risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica e dichiara, entro un anno dal raggiungimento, di voler acquisire la cittadinanza italiana” occorre che vi sia stata residenza legale dell’interessato nell’ultimo biennio prima del raggiungimento della maggiore  età che essa si prolunghi fino al momento della dichiarazione di volontà

Sull’applicabilità della disciplina sopraillustrata ai discendenti di ex cittadini italiani residenti nei territori ceduti alla Jugoslavia vedi infra paragrafo riacquisto della cittadinanza lettera a ).

 

RIACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA

Come gia evidenziato nella circolare citata in premessa, l’art. l3 della nuova legge disciplina il riacquisto della cittadinanza italiana in presenza delle condizioni e formalità dalla stessa disposizione contemplate a prescindere dalle cause che ne determinarono la perdita.

La norma in argomento ha carattere generale e rappresenta il regime ordinario valevole per l’istituto del riacquisto una volta cessato quello transitorio previsto dall’art. l7 che, come noto, consente ai nostri connazionali di riacquistare l’originario status civitatis mediante una manifestazione di volontà espressa in tal senso.

Per quanto concerne l’art. l3 della legge n. 91/1992 ed in particolare le ipotesi di riacquisto di cui alle lettere c ), d )ed e), comma 1, si ritiene opportuno fornire le seguenti ulteriori precisazioni.

In primo luogo i Sindaci nella loro qualità di ufficiali di governo sono tenuti a dare comunicazione al Prefetto della Provincia nel cui territorio è compreso il Comune, delle generalità degli ex cittadini rientranti dall’estero (ed iscritti nell’anagrafe della popolazione residente), entro trenta giorni dall’avvenuto rientro.

Relativamente alla portata del disposto di cui alla lettera d) dell’articolo in argomento si tiene a precisare che, in base alla disciplina ivi contemplata, hanno recuperato il nostro status civitatis a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova legge coloro i quali non avendo ancora maturato il termine biennale della residenza previsto dall’abrogato art. 9, n. 3, legge 555/l912 abbiano invece alla data del l6.8.1992 risieduto almeno per un anno nel nostro territorio.

Così a titolo esemplificativo, il soggetto destinatario del citato art. 9, n. 3, l. 555/1912, rientrato in Italia il 14 aprile 1991 è da ritenersi abbia riacquistato il dismesso status civitatis italiano a decorrere dal giorno successivo alla succitata data del 16.8.1992.

Analogamente l’ex connazionale rientrato sul territorio italiano il l4 aprile 1992, in base alla disposizione in argomento avrà recuperato l’originaria cittadinanza dal l5 aprile 1993.

Si ritiene utile rammentare che ai fini del riacquisto della cittadinanza, a norma della disposizione di cui alla lett. d) in argomento, è sufficiente la residenza intesa nel senso specifico dell’art. 43 C.C. , cioè come luogo in cui la persona ha la dimora abituale.

Inoltre, relativamente alla facoltà di rinuncia contenuta nella disposizione di cui trattasi da esercitarsi entro un anno dalla data dello stabilimento della residenza in Italia, si fa presente che, per coloro i quali hanno riacquistato la cittadinanza italiana alla data del 17.8.92,con specifica norma regolamentare è offerta la possibilità di rinunciarvi entro sei mesi dall’entrata in vigore dell’emanando regolamento di attuazione della nuova legge.

Si soggiunge che coloro i quali hanno rinunciato al riacquisto in forza dell’art. 13, c. l, lett. d) ovvero avvalendosi della norma regolamentare, potranno conseguire la cittadinanza italiana soltanto proponendo istanza di acquisto ai sensi degli artt. 7 e 9 della legge n. 91/92.

 

a) Riacquisto della cittadinanza italiana per coloro che l’hanno perduta - in base agli artt. 8 e 12 legge n. 555/1912 e art. 5 legge n. 123/83.

In relazione al regime transitorio di cui all’art. 17 della legge n.91/92 , si tiene a evidenziare che tale disciplina risulta applicabile anche nei confronti di coloro che abbiano reso dichiarazione di opzione per la cittadinanza straniera, posseduta unitamente a quella italiana, ai sensi dell’art. 5 della legge 21.4.1983, n. 123.

Al riguardo, infatti, il Consiglio di Stato con pronuncia n. 1060/90 resa dalla Sezione Prima, in data 7.11.1990, su alcuni quesiti posti su talune disposizioni in materia di cittadinanza, ha fornito il proprio parere circa la possibilità offerta dalla legge n. 180 del 1986 di riacquistare la cittadinanza non solo a chi l’avesse perduta per non aver reso l’opzione di cui all’art. 5 della legge 21 aprile 1983, ma anche a chi l’avesse perduta per averla esercitata in favore della cittadinanza straniera parimenti posseduta.

In particolare, L’Alto Consesso ha affermato che “nella legge del 1986, il riferimento a chi ha perduto la cittadinanza per non aver reso l’opzione va interpretato estensivamente, vale a dire accomunandosi nel beneficio l’ipotesi di chi abbia puramente o semplicemente omesso di pronunciarsi, a quella di chi abbia optato per la cittadinanza straniera” .

Pertanto si ritiene, alla luce del suesposto parere, che della disposizione di cui all’art. 17 possano avvalersi non soltanto coloro che abbiano perduto la naturalità italiana per aver omesso di esercitare l’opzione di cui al citato art. 5 legge l23/l983, ma anche quei soggetti che l’abbiano perduta a seguito dell’opzione esercitata per la cittadinanza straniera.

Relativamente, poi, alla disciplina del riacquisto di cui all’art. 17, nonchè del regime del riacquisto contemplato dall’art. 13 della legge n. 91/92 ne è stata configurata l’applicabilità anche a vantaggio di coloro i quali, ai termini dell’articolo 19, n. 2 del Trattato di Pace fra l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate del 10.2.1947, erano destinatari del diritto di opzione per la cittadinanza in quanto di lingua usuale e residenti, al 10.6.1940, nei territori ceduti dall’Italia alle Potenze Alleate ed Associate (in particolare i territori istriani, giuliani e dalmati ceduti alla Jugoslavia), nonchè titolari della cittadinanza italiana alla data del 15.9.1947.

Difatti, il mancato esercizio di tale diritto di opzione -comportante il conseguimento automatico della cittadinanza dello Stato cessionario (ad esempio della cittadinanza iugoslava)– è stato considerato da un consolidato indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione (Cfr. Sentenza n. 764 del 1963) ed interpretativo del Consiglio di Stato (Cfr. parere n. 209 del 1979), come acquisto volontario di cittadinanza straniera ricadente, pertanto, nella fattispecie normativa di perdita dello status civitatis italiano, ai sensi dell’art. 8, n. l della legge n. 555/1912.

In aderenza alle pronunce fornite dai precitati Consessi, si deve pertanto ritenere che sono da reputarsi destinatari della disciplina di cui ai menzionati artt. 13 e 17 della legge n. 9l/l992 i soggetti, già titolari della facoltà di optare per la cittadinanza italiana loro riconosciuta dal succitato art. 19, n. 2, del Trattato, i quali omisero di avvalersene entro i termini stabiliti dal Trattato stesso e dagli Accordi successivamente intervenuti.

Si deve, inoltre, ritenere che, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Osimo con la Jugoslavia (ratificato con legge 14.3.1977, n.73), possano avvalersi delle precitate disposizioni della legge n. 9l/92 anche gli appartenenti al gruppo etnico italiano che per non essersi avvalsi della facoltà di trasferire la residenza dalla Zona B dell’ex Territorio Libero di Trieste nel territorio italiano contemplata dall’art.3 del Trattato medesimo e del suo allegato VI°, ugualmente hanno perso la cittadinanza italiana per acquisto volontario della cittadinanza jugoslava.

Al riguardo, infatti, il Consiglio di Stato nell’accogliere la prospettata analogia fra la mancata opzione per la conservazione della cittadinanza italiana (di cui all’art.19, n.2, del Trattato di Parigi del 1947) e il mancato trasferimento in territorio nazionale degli appartenenti alla minoranza italiana (di cui all’art.3 del Trattato di Osimo del 1975), ha, altresì, rilevato che “In entrambi i casi, agli effetti dell’ordinamento italiano, e con particolare riferimento all’art.8, n.1, della legge n.555/1912, si è in presenza di una identica libertà di scelta, rimessa al singolo interessato dalla norma pattizia internazionale, dal cui concreto esercizio, in un modo o nell’altro, dipende la conservazione della originaria cittadinanza, corrispondente al gruppo etnico di appartenenza (alla data del 10 giugno 1940), ovvero l’acquisto della cittadinanza straniera” (cfr. Sezione 1°, n.209 del 2.3.1979).

Si richiama, peraltro, l’attenzione sulla circostanza che, ai termini del succitato Trattato di Pace del 1947, nonché dell’art.3 del Trattato di Osimo del 1975, titolari del diritto di opzione contemplato nelle medesime norme pattizie internazionali sono esclusivamente gli ex cittadini che appartengono rispettivamente al gruppo linguistico o gruppo etnico italiano.

Ne consegue che l’efficacia dell’eventuale esercizio della facoltà di riacquisto della cittadinanza italiana da parte dei mancati optanti deve essere subordinata all’accertamento di tale appartenenza che sarà effettuato dal Ministero dell’Interno sulla base del preventivo avviso rilasciato da una apposita Commissione Interministeriale in relazione alla esibizione di documenti dalla medesima, in linea di massima indicati, - istituita presso questo Dicastero e composta da un rappresentante di questa Amministrazione, da un rappresentante del Ministero degli Affari Esteri e da un rappresentante del Ministero di Grazia e Giustizia.

Al fine quindi di acquisire ogni utile elemento in ordine alla sussistenza dei requisiti contemplati dal citato art. 19 del Trattato di Pace, i destinatari delle norme di tale Trattato, appartenenti al gruppo linguistico italiano e già cittadini italiani, che intendano rendere dichiarazione tesa a riacquistare la cittadinanza ai sensi degli artt. 13 e 17 della legge n.. 91/92 dovranno produrre presso la competente Autorità consolare italiana o presso il Sindaco del Comune interessato i seguenti documenti:

l) atto di nascita, possibilmente su modello internazionale;

2) certificato di residenza attuale;

3) documentazione idonea a dimostrare la residenza alla data del 10.6.1940 nei territori ceduti ovvero, in caso di nascita successiva a tale data, la residenza nei territori medesimi fino al termine in cui era prevista la possibilità di esercitare l’opzione;

4) attestazione che l’interessato alla data del l5 settembre 1947, giorno di entrata in vigore del Trattato di Pace con l’Italia era cittadino italiano (o documentazione equipollente, quale foglio matricolare, passaporto, carta di identità dell’epoca ecc.);

5) certificazione attestante il possesso della cittadinanza straniera;

6) attestazione rilasciata dalla "Comunità degli Italiani" presente nel luogo (estero) di residenza, salvo che il soggetto non vi sia stato iscritto, contenente i seguenti elementi:

data di iscrizione;

dichiarazione di appartenenza nazionale;

lingua usuale personale dell’interessato e dei genitori;

livello di notorietà dell’appartenenza al gruppo etnico italiano da parte dell’interessato a dei genitori;

7) ogni altra utile documentazione comprovante l’appartenenza al gruppo etnico linguistico italiano (ad esempio copie autenticate di attestati di frequenza di scuola di lingua italiana,o pagelle scolastiche ecc.).

Per quanto concerne gli appartenenti al gruppo etnico italiano già residenti nel territorio compreso della Zona B dell’ex Territorio Libero di Trieste, destinatari delle disposizioni del Trattato di Osimo, gli stessi dovranno produrre, oltre ai documenti sopra elencati ai punti 1, 2, 5, 6 e 7, i seguenti altri:

l) certificato di residenza al 3 aprile 1977;

2) documentazione idonea a dimostrare la cittadinanza posseduta alla medesima data de13 aprile 1977.

Analogamente i discendenti di persone già cittadine italiane, residenti nei territori ceduti dall’Italia ad altra Potenza ai termini dei ricordati Trattati, i quali aspirino a conseguire la cittadinanza , italiana ai sensi dell’art. 4, comma 1 e 9, comma 1, lettera a), della legge 5 febbraio 1992, n. 91, dovranno comprovare il possesso da parte dei loro ascendenti dei requisiti richiesti secondo il procedimento di accertamento di cui sopra.

L’Autorità diplomatica o consolare, competente ai sensi dell’art. 23 della legge n. 91/92, a ricevere le dichiarazioni di riacquisto di cui ai menzionati articoli 19 e 3 dei citati Trattati, dovrà fornire il proprio motivato parere in ordine alla sussistenza in capo all’interessato, o dei di lui ascendenti, dei requisiti e delle condizioni richieste per la configurazione della titolarità del diritto di opzione.

L’Autorità diplomatico-consolare ovvero l’Ufficiale dello stato civile competente ricevuta dichiarazione e iscrittala negli appositi registri di cittadinanza ne trasmetterà copia a questo Ministero unitamente alla documentazione prodotta dall’interessato ai fini dell’emanazione del provvedimento di competenza in ordine all’accertamento effettuato secondo le modalità sopradescritte.

Ove il dichiarante non abbia prodotto in tutto o in parte la prescritta documentazione, l’Autorità competente ai sensi dell’art. 23 della Legge 91/92 lo inviterà a presentarla nel più breve tempo possibile.

L’Ufficiale dello stato civile ricevuto il provvedimento ministeriale riguardante l’esito dell’accertamento lo trascriverà nei registri di cittadinanza

In caso di provvedimento positivo ne farà annotazione in calce all’atto di nascita dell’interessato.

Ove il provvedimento sia di diniego ne farà annotazione in calce alla iscrizione o trascrizione della dichiarazione resa dall’interessato.

Dell’esito della procedura l’Ufficiale dello stato civile deve dare comunicazione all’Autorità diplomatico-consolare che ricevette la dichiarazione.

Tale Autorità ne fa annotazione nel registro di cittadinanza.

Si precisa che il riacquisto della cittadinanza, in caso di accertamento positivo, decorre dal giorno successivo a quello della dichiarazione resa.

 

TRASCRIZIONE DEI DECRETI JUGOSLAVI DI ACCOLTA OPZIONE E DI SVINCOLO DELLA CITTADINANZA JUGOSLAVA.

Si ritiene utile, altresì, precisare che tutti i decreti jugoslavi di accolta opzione per la conservazione della cittadinanza italiana che tardivamente fossero stati ora presentati dagli interessati presso i competenti comuni italiani per la trascrizione negli appositi registri di cittadinanza, restano assoggettati alla disciplina di cui all’art. 19 della nuova legge n. 91/92 che espressamente richiama le disposizioni della legge 9.1.1956, n. 27.

Pertanto, tutti gli adempimenti di competenza dell’ufficiale dello stato civile degli anzidetti comuni dovranno essere espletati solo dopo che sia stato acquisito il prescritto nulla osta di questo Ministero, concesso nel rispetto delle procedure sopra illustrate e fissate dalla presente circolare.

 

ADEMPIMENTI CONCERNENTI LA VIGENZA DELLA CONVENZIONE DI PARIGI DEL 10 SETTEMBRE 1964.

L’art. 26 della precitata nuova legge n.91/92 nell’abrogare le previgenti norme in materia di cittadinanza, ha fatto salve “le diverse disposizioni previste da accordi internazionali”.

Tra quelli in vigore, di cui è Parte l’Italia, è da ricomprendere la Convenzione concernente lo scambio di informazioni in materia di acquisto della cittadinanza, firmata a Parigi il 10 settembre 1964 ed operante, all’attualità, nei confronti dei seguenti Stati: AUSTRIA -LUSSEMBURGO -PAESI BASSI - TURCHIA - BELGIO - GRECIA - PORTOGALLO.

L’art. 1 di detta Convenzione dispone che ogni Stato contraente si impegna a dare comunicazione ad un altro Stato contraente degli acquisti di cittadinanza risultanti da naturalizzazione, opzione, o reintegrazione concernenti i cittadini di detto Stato.

Si rammenta, altresì, che il Governo italiano, avvalendosi della clausola limitativa di cui all’art. 8 della Convenzione, ha dichiarato di escludere dalle comunicazioni previste dal citato art. 1 gli acquisti di cittadinanza risultanti da opzioni o da reintegrazioni.

Ne consegue che da parte dello Stato italiano verranno comunicati gli acquisti disposti mediante Decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell’art. 9 della legge 5.2.1992, n. 91 nonchè quelli disposti con Decreto Ministeriale ai sensi degli artt. 5 e 7 della medesima legge n. 91/92.

Ta1i comunicazioni verranno effettuate dagli Ufficiali di stato civile, a mezzo delle schede già in uso - il cui modello risulta allegato alla precedente circolare n. K.l9-S.C./2 del 3l luglio 1972 -, al Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale per l’Emigrazione e gli Affari Sociali, Ufficio Corrieri e Trasporti, per il successivo inoltro alle Ambasciate interessate.

 

SITUAZIONE DI CITTADINANZA ED OBBLIGHI MILITARI

In riferimento alle connessioni sussistenti tra le situazioni di cittadinanza dei singoli soggetti derivanti dall’applicazione della nuova legge 5 febbraio 1992, n. 9l e la loro posizione circa gli obblighi militari, si ritiene opportuno, in ultimo, riportare in allegato ampi stralci della circolare n. LEV. C. 4l datata 22.7.1992, qui fatta pervenire dal competente Ministero della Difesa con lettera prot. n. 6/0M del 4.11.1992.

Si pregano le SS.LL. di portare il contenuto della presente circolare a conoscenza dei Sindaci dei Comuni della Provincia e di fornire un cortese cenno di assicurazione.

 

 

PEL MINISTRO

IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO

f.to   (Murmura)

 

 


 

D.P.R. 18 aprile 1994, n. 362.
Regolamento recante disciplina dei procedimenti
di acquisto della cittadinanza italiana.

 

 

 

(1, (2)

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 13 giugno 1994, n. 136, S.O.

(2) Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visto l’articolo 87, comma quinto, della Costituzione;

 

Visto l’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

 

Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241;

 

Vista la legge 24 dicembre 1993, n. 537, ed in particolare l’articolo 2, commi 7, 8 e 9;

 

Vista la legge 5 febbraio 1992, n. 91;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 febbraio 1994;

 

Acquisito il parere della competente commissione della Camera dei deputati;

 

Considerato che il termine per l’emissione del parere della competente commissione del Senato della Repubblica ai sensi dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è scaduto in data 30 marzo 1994;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso nell’adunanza generale del 13 aprile 1994;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 14 aprile 1994;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro degli affari esteri;

 

Emana il seguente regolamento:

 

 

Art. 1.

Presentazione della domanda.

1. L’istanza per l’acquisto o la concessione della cittadinanza italiana, di cui all’articolo 7 ed all’articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (3), si presenta al prefetto competente per territorio in relazione alla residenza dell’istante, ovvero, qualora ne ricorrano i presupposti, all’autorità consolare.

 

2. Nell’istanza devono essere indicati i presupposti in base ai quali l’interessato ritiene di aver titolo all’acquisto o alla concessione della cittadinanza.

 

3. L’istanza dev’essere corredata della seguente documentazione, in forma autentica:

 

a) estratto dell’atto di nascita, o equivalente;

 

b) stato di famiglia;

 

c) documentazione relativa alla cittadinanza dei genitori, limitatamente all’ipotesi in cui trattisi di elemento rilevante per l’acquisto della cittadinanza;

 

d) certificazioni dello Stato estero, o degli Stati esteri, di origine e di residenza, relative ai precedenti penali ed ai carichi penali pendenti;

 

e) certificato penale dell’autorità giudiziaria italiana;

 

f) certificato di residenza;

 

g) copia dell’atto di matrimonio o estratto per riassunto del registro dei matrimoni, limitatamente all’ipotesi di acquisto della cittadinanza per matrimonio.

 

4. Ai fini della concessione, di cui all’articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (3), il Ministro dell’interno è autorizzato ad emanare, con proprio decreto, disposizioni concernenti l’allegazione di ulteriori documenti.

 

 

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(3) Riportata al n. XXI.

 

 

Art. 2.

Istruttoria.

1. L’autorità che ha ricevuto l’istanza di cui all’articolo 1 ne trasmette in ogni caso immediatamente copia al Ministero dell’interno, ed entro trenta giorni dalla presentazione, salvo il caso previsto dal comma 2, inoltra al Ministero stesso la relativa documentazione con le proprie osservazioni.

 

2. Nel caso di incompletezza o irregolarità della domanda o della relativa documentazione, entro trenta giorni l’autorità invita il richiedente ad integrarla e regolarizzarla, dando le opportune indicazioni ed i termini del procedimento restano interrotti fino all’adempimento.

 

3. Una volta che l’interessato abbia adempiuto a quanto richiesto, l’autorità procede a norma del comma 1, seconda parte. Qualora l’adempimento risulti insufficiente, o la nuova documentazione prodotta sia a sua volta irregolare, l’autorità dichiara inammissibile l’istanza, con provvedimento motivato, dandone comunicazione all’interessato ed al Ministero.

 

 

Art. 3.

Definizione del procedimento.

1. Per quanto previsto dagli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (4), il termine per la definizione dei procedimenti di cui al presente regolamento è di settecentotrenta giorni dalla data di presentazione della domanda.

 

 

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(4) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

 

 

Art. 4.

 Comunicazioni e notificazioni.

1. Ai fini previsti dall’articolo 7 del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572 (5), il decreto del Ministro è immediatamente trasmesso all’autorità che ha ricevuto la domanda. Quest’ultima ne cura la notifica all’interessato, entro i successivi quindici giorni.

 

 

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(5) Riportato al n. XXII.

 

 

Art. 5.

Disposizioni sul termine.

1. Il Ministro dell’interno, entro quindici giorni dall’entrata in vigore del presente regolamento, provvede alla modifica del decreto ministeriale 2 febbraio 1993, n. 284 (6), di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (4), indicando i termini previsti dal presente regolamento.

 

2. Resta salva la facoltà del Ministro, ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (4), di stabilire ulteriori riduzioni dei termini.

 

 

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(6) Riportato alla voce Ministero dell’interno.

(4) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

(4) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

 

 

Art. 6.

Verifiche periodiche.

1. Il Ministro dell’interno verifica periodicamente la funzionalità, la trasparenza e la speditezza dei procedimenti disciplinati dal presente regolamento e adotta tutte le misure di propria competenza per l’adeguamento della relativa disciplina ai princìpi ed alle disposizioni delle leggi 7 agosto 1990, n. 241 (7), e 24 dicembre 1993, n. 537 (8), e del presente regolamento.

 

2. I risultati delle verifiche svolte e le misure adottate in esito ad esse sono illustrate in un’apposita relazione che viene inviata, entro il 31 marzo di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica.

 

 

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(7) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

(8) Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

 

 

 

Art. 7.

Disposizioni transitorie.

1. Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, per i procedimenti già in corso, iniziano a decorrere i termini previsti dal regolamento stesso, purché più favorevoli per l’interessato rispetto a quelli indicati dalle norme previgenti.

 

 

Art. 8.

Norme abrogate.

1. Ai sensi dell’articolo 2, comma 8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (8), a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogate, limitatamente alle parti modificate con il presente regolamento, le seguenti norme: l’articolo 7, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (9), e gli articoli 4, 7, 14, commi 1, 2 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572 (10).

 

 

(8) Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

(9) Riportata al n. XXI.

(10) Riportato al n. XXII.

 

 

Art. 9.

Entrata in vigore.

1. Il presente regolamento entra in vigore centottanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

 

 

 

 


Giurisprudenza

 

 


Corte di Cassazione – Sezione I.
Sentenza 27 marzo 1963, n. 754

 


Documentazione

 


 

Consiglio di Stato - Sezione I.
Parere 2 marzo 1979, n. 209



Consiglio di Stato – Sezione I.
Parere 7 novembre 1990, n. 1060

 

 

 


Consiglio di Stato – Sezione I.
Parere 17 ottobre 2001, n, 884

 

 

 

 

 



[1]     Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, Esecuzione del Trattato di pace fra l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.

[2]     Legge 14 marzo 1977, n. 73, Ratifica ed esecuzione del trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, con allegati, nonché dell’accordo tra le stesse Parti, con allegati, dell’atto finale e dello scambio di note, firmati ad Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975.

[3]     Più precisamente: le persone, facenti parte del gruppo etnico italiano, che alla data del 10 giugno 1940 erano cittadini italiani ed avevano la loro residenza permanente sul territorio di cui all’articolo 21 del Trattato di pace del 1947, e i loro discendenti nati dopo il 10 giugno 1940.

[4]     Legge 5 febbraio 1992, n. 91, Nuove norme sulla cittadinanza.

[5]     Legge 13 giugno 1912, n. 555, Sulla cittadinanza italiana.

[6]     L. 21 aprile 1983, n. 123, Disposizioni in materia di cittadinanza.

[7]     Circolare 28 settembre 1993, n. K.60.1, Legge 5 febbraio 1992, n. 91 – Nuove norme in materia di cittadinanza – Linee interpretative.

[8]     L. 22 dicembre 1994, n. 736, Modifica dell’articolo 17 della Legge 5 febbraio 1992, n. 91, concernente la proroga del termine per il riacquisto della cittadinanza italiana.

[9]     Legge 23 dicembre 1996, n. 662, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[10]    Legge 14 dicembre 2000, n. 379, Riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate nei territori dell’ex Impero Austro-Ungarico.

[11]    Legge 14 dicembre 2000, n. 379, Riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate nei territori dell’ex Impero Austro-Ungarico.

[12]    D.P.R. 18 aprile 1994, n. 362, Regolamento recante disciplina dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana. L’art. 1 elenca partitamente la documentazione da allegare all’istanza per l’acquisto o la concessione della cittadinanza italiana ex artt. 7 e 9 della L. 91/1992.

[13]    In: Ministero dell’interno. Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione. Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze. La cittadinanza italiana. La normativa, le procedure, le circolari, 2002.