XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||
Titolo: | Riforma dell'ordinamento della Repubblica - A.C. 4862 e abb. - Iter alla Camera (prima deliberazione) - Discussione in Assemblea: sedute dal 14 ottobre 2004 al 15 ottobre 2004 | ||||||
Serie: | Progetti di legge Numero: 580 Progressivo: 2 | ||||||
Data: | 11/03/05 | ||||||
Descrittori: |
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Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Riforma dell’ordinamento A.C. 4862 e abb. Iter alla Camera
(prima deliberazione) |
n. 580/2 Parte XX |
11 marzo 2005 |
Camera dei deputati
La documentazione predisposta in occasione dell’esame, in prima deliberazione, del disegno di legge costituzionale A.C. 4862, recante Modificazioni di articoli della parte II della Costituzione, e delle proposte di legge costituzionale abbinate, si articola nei seguenti volumi:
§ dossier n. 580, contenente la scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa, le schede di lettura, il testo a fronte tra la Costituzione vigente e le modifiche apportate dall’A.C. 4862, nonché la normativa di riferimento;
§ dossier n. 580/1, contenente i testi dei progetti di legge costituzionale;
§ dossier n. 580/2, suddiviso in più volumi, contenente l’iter dei progetti di legge al Senato e alla Camera, e gli atti e i documenti dell’indagine conoscitiva e delle audizioni informali svolte dalla I Commissione della Camera;
§ dossier n. 580/3, contenente una selezione della recente dottrina in materia;
§ dossier n. 580/4, contenente schede di comparazione su alcuni aspetti dei sistemi costituzionali di cinque Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna);
§ dossier n. 580/5, contenente schede di approfondimento su alcuni aspetti del disegno di legge costituzionale A.C. 4862 (procedimento legislativo; adempimenti normativi; regime dei quorum; sistema elettorale), e una sintesi per temi delle audizioni tenute nel corso dell’indagine conoscitiva svolta dalla I Commissione della Camera.
§ dossier n. 580/6, contenente le schede di lettura sul testo licenziato per l’Assemblea dalla I Commissione della Camera (A.C. 4862-A), il testo a fronte tra la Costituzione vigente e le modifiche apportate dall’A.C. 4862-A, la cronologia dell’iter in Commissione ed altra documentazione;
§ dossier n. 580/7 (Seconda edizione), contenente una scheda di lettura sul testo approvato dalla Camera in prima deliberazione, la cronologia dell’iter alla Camera e un testo a fronte.
DIPARTIMENTO istituzioni – sezione affari costituzionali
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: ac0555bt.doc
SOMMARIO
Senato della Repubblica
PARTE I:
A.S. 2544 - Testi dei disegni di legge, voti e petizioni presentati al Senato della Repubblica
PARTE II:
A.S. 2544 – Tabelle riepilogative dell’iter del provvedimento. Esame in Commissione affari costituzionali dal 23 ottobre al 13 gennaio 2004
PARTE III:
A.S. 2544 - Esame in Commissione affari costituzionali dal 14 al 16 gennaio 2004. Esame in sede consultiva presso le Commissioni Difesa, Bilancio, Finanze, Istruzione, Industria, Igiene e sanità, Politiche Unione europea, Questioni regionali
PARTE IV:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 22 al 29 gennaio 2004
PARTE V:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 3 al 10 febbraio 2004
PARTE VI:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dall’11 al 25 febbraio 2004, seduta n. 547
PARTE VII:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 25 febbraio, seduta n. 548, al 3 marzo 2004
PARTE VIII:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea del 9 marzo al 16 marzo 2004, seduta n. 563
PARTE IX:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 16 marzo, seduta n. 564, al 17 marzo 2004, seduta n. 565
PARTE X:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 17 marzo, seduta n. 566, al 23 marzo 2004
PARTE XI:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea il 24 marzo 2004, sedute nn. 571 e 572
PARTE XII:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea il 25 marzo 2004. Approvazione.
Camera dei deputati
I testi dei progetti di legge costituzionale esaminati dalla Camera dei deputati in prima deliberazione sono riportati nel dossier n. 580/1.
PARTE XIII:
A.C. 4862 – Tabelle riepilogative dell’iter del provvedimento. Esame in sede referente e consultiva
PARTE XIV:
A.C. 4862 - Indagine conoscitiva: sedute dall’11 al 26 maggio 2004
PARTE XV
A.C. 4862 - Indagine conoscitiva: sedute dal 15 al 23 giugno 2004. Audizioni informali
PARTE XVI
A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 3 agosto al 21 settembre 2004
PARTE XVII
A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 22 settembre 2004 al 29 settembre 2004
PARTE XVIII
A.C. 4862 Discussione in Assemblea: sedute dal 30 settembre 2004 al 6 ottobre 2004
PARTE XIX
A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 7 ottobre 2004 al 13 ottobre 2004
PARTE XX
A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 14 ottobre 2004 al 15 ottobre 2004
INDICE della parte XX
Seguito discussione in Assemblea
Seduta del 14 ottobre 2004 (Esame artt. 26-30 e 43)
Seduta del 15 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 43, esame ordini del giorno, votazione finale)
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
______________ ______________
528.
Seduta di GIOVedì 14 oTTOBRE 2004
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PUBLIO FIORI
indi
DEL VICEPRESIDENTE
FABIO MUSSI,
DEL PRESIDENTE
PIER FERDINANDO CASINI
E DEL VICEPRESIDENTE
MARIO CLEMENTE MASTELLA
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge
costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione
di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di
legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini
e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva;
Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini
ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri;
Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri;
Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio
regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati
Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri;
Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato approvato, da ultimo, l'articolo 22.
Avverto che prima dell'inizio della seduta sono stati ritirati gli emendamenti Zeller 43.6, 43.79 e 43.80, Olivieri 43.74 e Cossa 43.85 nonché il subemendamento Zeller 0.43.250.1.
(Esame dell'articolo 26 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 26 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della
Commissione.
DONATO
BRUNO, Relatore. La
Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Leoni 26.3, Mascia 26.1
e Boato 26.4. Esprime altresì parere contrario sui subemendamenti Boccia
0.26.200.2 e Lucchese 0.26.200.1.
La Commissione esprime infine parere favorevole sull'emendamento Elio Vito
26.200, mentre il parere è contrario sull'emendamento Boato 26.9.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,40).
PRESIDENTE.
Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento
elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e
venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la
seduta.
La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 10,05.
PRESIDENTE. Avverto che i subemendamenti Zeller 0.43.250.8 e 0.43.250.9 si intendono sottoscritti dai deputati Boato, Bressa, Olivieri e Kessler.
(Ripresa esame dell'articolo 26 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 26.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO
CARRARA. Signor Presidente,
siamo dichiaratamente contrari all'emendamento Leoni 26.3, che intende
sopprimere l'articolo 26 del provvedimento in esame, il primo articolo di
quella parte della Costituzione che, in particolare noi del gruppo di Alleanza
nazionale, riteniamo estremamente rilevante. È, infatti, quella parte della
Costituzione che è volta a modernizzare il sistema ed a farci uscire
definitivamente dalla cosiddetta fase di transizione che, ormai, ha superato il
decennio.
In Italia, vi sono stati 53 anni di incertezza governativa; nel corso di questo
periodo, fino al 2001, si sono alternati 53 Governi e non vi è stato alcun
Governo di legislatura. Addirittura, ben 40 Governi non sono durati in carica
nemmeno un anno. È fin troppo evidente che un esecutivo che resta in carica
meno di un anno o poche settimane non è in grado di realizzare alcun programma
e non può davvero incidere sui processi, sulle dinamiche politiche, sociali ed
economiche.
Ci ha pensato la prassi, l'evoluzione spontanea della politica a correggere il
sistema, tant'è che, dal 1994, vi è stato uno sforzo aggiuntivo per fare in
modo che vi fossero Governi di legislatura, anche se poi non si è riusciti
nell'intento; ma sicuramente dal 1994 vi è stata una spinta in questa
direzione.
Da quell'anno, prima delle elezioni gli elettori hanno ricevuto proposte
chiare; è stato proposto loro un Presidente del Consiglio ed un programma sul
quale confrontarsi. Su quel programma si è tentato di conquistare la Presidenza
del Consiglio, nonché la possibilità di governare.
Adesso, con l'articolo 26, si intende inserire nella Costituzione ciò che già
oggi è nella coscienza degli italiani, il cosiddetto premierato. Agli italiani,
prima di ogni elezione, dovrà essere proposto un candidato premier. Tale
candidato avrà un suo programma e cercherà di conquistare una sua maggioranza.
Mi sembra un grande passo in avanti verso la cosiddetta democrazia compiuta, la
democrazia dell'alternanza.
Questo è il sistema che garantisce anche l'alternanza; fa in modo che gli
italiani possano giudicare il premier e la maggioranza a fine mandato e,
se lo ritengono opportuno, rinnovargli il mandato oppure attribuirlo ad altro premier
e ad altra maggioranza. È un grande sforzo di modernizzazione, perché si
lasciano alle spalle quegli anni in cui era più il tempo trascorso tra «andare
e tornare» dal Quirinale che quello veramente dedicato al governo della
nazione.
Siamo convinti che su tale obiettivo vi sia un grande consenso nella nazione e
ciò costituirà, nel caso in cui dovesse svolgersi il referendum, uno degli
argomenti che sicuramente giocherà a nostro favore rendendo esecutiva le presente
riforma (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.
PIETRO
FONTANINI. Presidente, siamo
giunti all'ultima parte di questo iter di modifica della Costituzione e, dopo
aver trattato del procedimento legislativo e di altri organi fondamentali per
il funzionamento della nostra Repubblica, oggi affrontiamo la figura del primo
ministro.
L'articolo 26, primo comma, modifica la dicitura dell'attuale Costituzione;
infatti, invece di parlare di Presidente del Consiglio dei ministri, si fa
riferimento al Primo ministro. Particolarmente interessante è il secondo comma
dello stesso articolo, che si riferisce alla candidatura alla carica di Primo
ministro, che avviene mediante collegamento con una o più liste di candidati
all'elezione della Camera dei deputati, secondo modalità stabilite dalla legge.
La legge poi disciplina l'elezione dei deputati in modo da favorire la
formazione di una maggioranza collegata al candidato alla carica di Primo
ministro. Anche questo è un passaggio fondamentale volto a favorire la
formazione di una maggioranza che possa governare il paese con alla guida il premier.
Inoltre, il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati delle
elezioni della Camera dei deputati, nomina il Primo ministro.
Si tratta di cambiamenti fondamentali rispetto all'attuale testo della nostra
Costituzione in quanto, ad esempio, a seguito della riforma il Presidente della
Repubblica è praticamente obbligato, sulla base dei risultati delle elezioni
della Camera dei deputati, a nominare il Primo ministro, attribuendogli il
compito di guidare il Governo del paese.
Quindi, siamo di fronte ad un Primo ministro posto a capo di una maggioranza
che sarà il risultato delle elezioni in base ad una legge elettorale sulla
quale la questione è ancora aperta. Infatti, nella Costituzione, non abbiamo
ritenuto di dover specificare il modello di legge elettorale, lasciando ad una
legge ordinaria il compito di stabilire quali saranno in pratica le metodologie
per addivenire ad una maggioranza sicura, collegata alla figura del Primo
ministro.
In questa legislatura, vi è un Presidente del Consiglio dei ministri che ha
superato tutti i record per quanto riguarda la durata del suo Governo e anche
ciò dimostra che la stabilità sta diventando una realtà anche nel nostro paese.
Con questa modifica
dell'articolo 92 della Costituzione si definisce in maniera più esplicita la
maggioranza collegata al candidato alla carica di Primo ministro.
Quindi, rivolgo un invito ai colleghi dell'opposizione - come abbiamo più volte
fatto - a ritirare l'emendamento soppressivo in oggetto, perché altrimenti si
tornerebbe al testo vigente della Costituzione, che prevede la figura ormai anacronistica
del Presidente del Consiglio dei ministri. In tutti i paesi europei a
democrazia avanzata, infatti, il Capo del governo si chiama Primo ministro.
Soprattutto, il secondo comma dell'articolo 26 contiene la parte centrale di
questa riforma, in cui viene introdotto il collegamento tra il Primo ministro e
le liste dei deputati a lui collegate, che potrà assicurare una maggioranza di
Governo, per garantire l'azione amministrativa fondamentale per dare al paese
certezze nella guida e continuità operativa, in modo da permettere la
realizzazione del programma che gli elettori hanno mostrato di preferire con il
voto espresso alle elezioni politiche.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.
ALDO PERROTTA. Signor Presidente, sarò brevissimo. Come al solito, iniziamo la seduta con il tentativo da parte dell'opposizione di far mancare il numero legale.
MARCO BOATO. Siete voi che lo fate mancare, non noi!
ROBERTO MENIA. Stai zitto!
ALDO PERROTTA. Mi dispiace, ma il numero legale - come peraltro è stato già detto dall'onorevole Violante e più volte ripetuto dagli altri Presidenti della Camera, nonché dallo stesso Presidente della Repubblica - viene assicurato dai parlamentari, indipendentemente dall'appartenenza alla maggioranza o all'opposizione.
PIERO RUZZANTE. E nella scorsa legislatura? È dal 1997 che c'è il regolamento!
ALDO
PERROTTA. Come sempre, i
parlamentari dell'opposizione tentano di far mancare il numero legale. Anche in
questa occasione, però, il tentativo andrà male perché il numero legale è stato
raggiunto e quindi continueremo con forza a portare avanti il progetto della devolution.
Vorrei ricordare soltanto che, come al solito, il primo emendamento presentato
dalla minoranza è soppressivo. Potete quindi immaginare cosa sarebbe la
Costituzione se tale emendamento fosse approvato. Infatti, non vi sarebbe la
disciplina sulla composizione del Governo né alcun accenno sul collegamento del
Primo ministro con i candidati alle elezioni della Camera dei deputati, e così
via.
Indipendentemente da questo emendamento, vorrei invitare i colleghi della
minoranza a rientrare in aula perché anche questa mattina non è riuscito lo
scherzetto di far mancare il numero legale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO
GALLI. Signor Presidente,
intervengo ovviamente in senso contrario all'emendamento in oggetto, proposto
dall'opposizione, che intende sopprimere del tutto il principio del premierato.
Mi sfuggono le ragioni di tale posizione, perché in tutti questi anni mi era
parso di capire che la stessa sinistra fosse favorevole ad una sorta di
bipolarismo dove, pur mantenendo le singole identità dei partiti, fossero presenti
due coalizioni contrapposte, guidate in maniera chiara da una persona ben
individuabile dagli elettori. Faccio quindi fatica a capire come mai
l'opposizione voglia eliminare tale principio, quando nelle due ultime tornate
elettorali ha sostanzialmente indicato il Primo ministro. In realtà, nella
scorsa legislatura ne ha cambiati tre e nelle ultime elezioni ha fatto
riferimento ad una figura politica, peraltro neppure candidata. Ma, al di là
delle scelte, più o meno guidate da rigore mentale e intellettuale, ci sembrava
che si andasse nella direzione dell'articolo 26.
Entrando nel merito, è ovvio che la presenza di una persona chiaramente
indicata da una coalizione permette una scelta più oculata da parte degli
elettori che, apponendo la croce su una certa casella, sapranno più o meno
esattamente cosa si vota. Come questa legislatura sta dimostrando, anche se
siamo ancora a metà di tale transizione, è questa la migliore garanzia della
durata regolare della legislatura per tutti i cinque anni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO
DUSSIN. Signor Presidente, la
nostra proposta emendativa è diretta a confermare una previsione normativa
volta a dare a questo paese una guida certa e un Governo effettivamente
collegato con la volontà dei cittadini elettori. Si tratta peraltro di
un'esigenza che si è manifestata anche nel corso della precedente legislatura:
ricordiamo i tre cambi di premier del centrosinistra. Al fine di evitare
il verificarsi degli stessi problemi, proponiamo di modificare le norme
costituzionali, prevedendo che le candidature alla carica di Primo ministro
siano collegate con una o più liste di candidati, in modo da avere un premier
certo, una maggioranza certa e programmi da sottoporre agli elettori all'inizio
della legislatura.
Gli attacchi strumentali provenienti dalla sinistra, secondo cui si vorrebbe
introdurre una figura di «super Primo ministro», anche in questo caso lasciano
il tempo che trovano. Infatti, si prevede che la stessa maggioranza abbia il
potere di sfiduciare il premier, nel caso in cui non dovesse rispettare
il programma sottoposto al corpo elettorale.
Si tratta dunque di previsioni normative volte a garantire governi certi e maggioranze
sicure e a dare al paese una guida duratura, diversamente da quanto accaduto
con lo scempio dei Governi di sinistra degli anni scorsi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO
BRICOLO. Signor Presidente,
chiediamo di respingere l'emendamento soppressivo in esame.
Stiamo affrontando le norme relative al premierato, e finalmente, con tali
modifiche, la figura del premier verrà collegata a una maggioranza
certa: si tratta di un'innovazione importante. Verranno attribuiti maggiori
poteri al premier, il quale avrà la possibilità di realizzare
effettivamente il programma sulla base del quale è stato eletto. Ciò finora non
è accaduto, come hanno osservato i colleghi precedentemente intervenuti. Fino a
pochi anni fa, i Presidenti del Consiglio trascorrevano più tempo nelle
consultazioni con i partiti, andando sul Colle, conducendo per mesi mediazioni
per la formazione della squadra, che non nell'azione di governo.
La riforma da noi proposta riuscirà anche ad andare incontro alla principale
richiesta dei cittadini, che non vogliono più essere presi in giro ma vogliono
che le promesse fatte dai politici, e in particolare dal candidato premier,
siano mantenute dopo le elezioni. Ciò è quello che sta facendo questo Governo,
il più lungo nella storia repubblicana, in quanto vi è una maggioranza ben
definita e compatta, che sta tenendo fede alle promesse fatte in campagna
elettorale. Con la modifica costituzionale in esame, attribuiremo ulteriori
poteri al premier.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale...
PIERO RUZZANTE. Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, chiediamo il controllo delle tessere di votazione!
PRESIDENTE.
Onorevole Ruzzante, assicuro che si procederà alle opportune verifiche nel
senso da lei indicato. Prego i colleghi di votare ciascuno per sé.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
Leoni 26.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
RENZO INNOCENTI. Quarto e quinto settore! Fanno addirittura la staffetta!
PRESIDENTE.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni) (Applausi dei deputati
dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione
Padana).
(Presenti 248
Votanti 245
Astenuti 3
Maggioranza 123
Hanno votato sì 8
Hanno votato no 237
Sono in missione 58 deputati).
Prendo atto che l'onorevole Spina Diana non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto contrario.
RENZO INNOCENTI. Ma che applaudite? Avete quaranta doppi voti!
PRESIDENTE.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 26.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Stiamo per affrontare la parte più interessante del nostro dibattito: la
materia del Governo e del Primo ministro, che sicuramente costituisce l'attacco
più diretto alle ragioni del costituzionalismo contemporaneo.
La necessità di una revisione costituzionale della forma di governo è stata di
frequente motivata con l'affermazione per cui la nostra Costituzione avrebbe
irrigidito la forma di governo in modo tale che sarebbe impedito al sistema di
evolvere fuori dal tracciato del sistema elettorale proporzionale e di
consolidare la posizione dell'esecutivo, impedendo quindi di rimediare alla
atavica instabilità dei governi italiani. Come è del tutto evidente, si tratta
di una affermazione del tutto infondata. Completamente all'opposto,
l'evoluzione in corso ha dimostrato proprio l'elasticità delle previsioni
costituzionali, che non hanno affatto ostacolato l'evoluzione delle prassi
relative alla nomina del Presidente del Consiglio dei ministri ed il loro
adattamento al nuovo sistema elettorale.
Voi, però, non fate nessuna riflessione di questo genere e siete prigionieri di
una sola vicenda politica: la caduta del Governo Berlusconi nel 1995. Ed è
inquietante discutere di riforme costituzionali sempre ragionando solo di una
vicenda politica! Di quella vicenda politica che voi avete chiamato ribaltone e
che rappresenta la vostra autentica ossessione! Il paradosso di questa vostra
riforma è che, dopo aver contestato per anni che il sistema politico italiano
era prigioniero di una delega totalitaria ai partiti, state costruendo un
sistema in cui si approda ad una delega totalitaria al Primo ministro! Nella
storia costituzionale moderna il requisito fondamentale a cui deve
corrispondere un sistema di governo che intenda dare forma ad una democrazia è
rappresentato dalla divisione dei poteri e, nel caso di un sistema fondato su
elezioni maggioritarie, da meccanismi di bilanciamento e di contrappeso tra
poteri. O c'è questo, oppure tutti - da James Madison a Giuseppe Maranini - ci
diranno che non c'è democrazia.
Si badi bene, non c'è nulla di male, né nulla di non democratico nello
scegliere quella che si chiama democrazia di mandato, e quindi l'elezione
diretta di un Presidente. Ma perché questa scelta sia coerente con
l'irrinunciabile logica della divisione dei poteri, richiesta da una
democrazia, occorre sganciare il Governo dal Parlamento e costringere il
Presidente eletto a fare i conti con un Parlamento che egli non può domare con
il voto di fiducia o con il potere di scioglimento. Se, invece, si pretende di
eleggere, di fatto, direttamente un Primo ministro che si insedia in un sistema
parlamentare e dispone verso la Camera sia della fiducia, con voto conforme,
sia dello scioglimento, allora si distrugge il sistema parlamentare, si
distrugge la divisione dei poteri...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Bressa.
GIANCLAUDIO BRESSA. Sono
aspetti molto importanti, signor Presidente, mi lasci concludere. Non porterò
via ulteriore tempo con altri interventi.
Così si distrugge il sistema parlamentare, si distrugge la divisione dei poteri
e si realizza una forma di Governo in cui il principio di democrazia si
indebolisce fino a scomparire. Specie poi se la maggioranza parlamentare che
risponde al Primo ministro si attribuisce anche il potere di eleggere il Capo
dello Stato e altri organi che dovrebbero essere di bilanciamento e di
garanzia.
Ma la riforma proposta va oltre, perché si parte dalla promessa non sono che il
premier debba essere direttamente eletto ma che, attraverso le elezioni,
i cittadini trasferiscano a lui la loro sovranità...
CESARE RIZZI. Basta!
PRESIDENTE. Onorevole Bressa, mi dispiace interromperla; concluda, altrimenti rischiamo di riprodurre la vicenda di ieri...
CESARE RIZZI. Basta! Basta!
GIANCLAUDIO BRESSA. Ancora pochi secondi, signor Presidente.
PRESIDENTE. La ringrazio.
GIANCLAUDIO BRESSA. Come dicevo, si tratta di un singolarissimo principio per una democrazia, ed è tanto più singolare sulla base del fortunatamente immutato articolo 1 della Costituzione, che attribuisce la sovranità al popolo, del quale fanno parte anche i cittadini che non hanno votato per il premier vincente, chiunque esso sia (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Credo che vi sia un
equivoco di fondo: è come se, qui, qualcuno volesse la stabilità dei governi e
qualcun altro no.
L'onorevole Carrara da vari giorni ci spiega quanto accaduto in cinquant'anni.
È ossessionato dal numero dei Governi che si sono succeduti in questi
cinquant'anni, anche se poi tantissimi altri, anche della sua stessa
maggioranza, parlano di quel periodo come se fosse stato un grande periodo
della nostra democrazia! Quindi, mettiamoci un po' d'accordo: io credo che
quando si esagera, si esagera in tutti i sensi.
Il problema non è che alcune forze vogliono la stabilità dei governi e che ad
altre forze piace l'instabilità e il cambiarli in continuazione! Il problema è
completamente diverso; il problema è stabilire a quali pezzi della democrazia
si vuole rinunziare in nome della stabilità. È questo il problema che dobbiamo
affrontare!
Tutti vogliamo la stabilità di governo e, ovviamente, quanto più la stabilità
diventa forte e i poteri del Primo ministro diventano forti, tanto più perdono
pezzi di autonomia e di democrazia le altre istituzioni. Questo è il problema
dell'equilibrio dei poteri in una Costituzione.
Non è che noi attribuiamo poteri forti al premier e nel resto non cambia
nulla. Se attribuiamo poteri forti ad un premier, questo significa che
quei poteri li togliamo a qualcun altro ed in questo caso, nella vostra
costruzione, quei poteri vengono tolti al Parlamento.
Questa è la riflessione che voi dovevate fare e non avete fatto! Anche perché,
in tutta questa vostra costruzione della norma costituzionale, nell'idea che si
possa risolvere tutto con una geometria costituzionale, ciò che manca di fondo
è che non ci sia poi sempre la politica.
Voi state discutendo di una stabilità da conquistare e vi dimenticate che, a
Costituzione invariata, cioè con questa Costituzione, state governando dal 2001
perché si è creato un sistema politico che garantisce la stabilità: questo è il
dato oggettivo, senza bisogno di cambiare la Costituzione! Voi avete ottenuto
la stabilità perché la politica ha consentito che questa stabilità vi fosse.
Non abbiamo dovuto cambiare nessuna norma costituzionale, né abbiamo dovuto
sacrificare alcun pezzo di democrazia parlamentare.
Con il meccanismo dell'articolo 26 voi introducete alcuni princìpi molto gravi.
Innanzitutto, e lo diremo dopo, già prefigurate un sistema elettorale; e questo
è sbagliato. Avevamo sempre detto che in Costituzione non si doveva fare: voi
lo fate, anche se in maniera nascosta, e questo è gravissimo! Poi vedremo
questo punto quando esamineremo le norme transitorie e vi dimostreremo come
introducete il sistema elettorale.
Il secondo principio è che voi introducete praticamente un sistema di ricatto,
perché mentre fino ad oggi, ovviamente, se il premier non otteneva la
fiducia, era egli stesso ad andarsene a casa (come è giusto che sia in una
democrazia parlamentare in quanto, l'attività parlamentare del premier
non corrisponde alla volontà espressa dal risultato elettorale), oggi avviene
esattamente il contrario: se quest'Assemblea parlamentare non desse la fiducia
al premier, sarebbe l'Assemblea parlamentare stessa a tornarsene a casa!
Questo è non solo un paradosso, ma un fatto gravissimo, perché si limita
fortemente il potere decisionale dell'Assemblea parlamentare e della stessa
maggioranza. È la maggioranza che è ricattata dal premier, oggi come
oggi. Tutto questo in nome dell'idolo della stabilità di governo.
Lo ripeto: la stabilità è un concetto politico; c'è già oggi a Costituzione
invariata. Stiamo attenti a quanto viene sacrificato della democrazia
parlamentare con questo articolo rispetto all'obiettivo che intendete
raggiungere.
E c'è anche un'altra illusione: si ritiene che qui si governa solo con le
leggi! Le leggi sono una cosa, il Governo un'altra. Voi, con questo articolo
26, state veramente alterando in maniera sensibile gli equilibri costituzionali
(Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, vorrei solo che restasse agli atti la grande generosità con la quale i colleghi di maggioranza hanno provveduto a sostituire i colleghi della stessa maggioranza nel primo voto di questa mattina.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA
MASCIA. Signor Presidente, la
dottrina definisce il Governo un organo complesso, in quanto composto da un
organo individuale, il Presidente del Consiglio dei ministri, e da un organo
collegiale.
Va da sé che, per noi, la politica generale può trovare espressione solamente
in termini di responsabilità politica e, quindi, in forma collegiale. Nella
prima parte dell'emendamento 26.1, a mia prima firma, intendiamo ribadire il
concetto della responsabilità collegiale.
Inoltre, affrontiamo una questione da tempo irrisolta, quanto meno da parte del
Governo in carica: il conflitto di interessi e la connessa necessità di
determinare le attribuzioni dei ministri, nonché le incompatibilità tra le
cariche di Governo e la titolarità o lo svolgimento di attività private.
Infine, colleghiamo la candidatura di Primo ministro a quella dei candidati
alla Camera dei deputati. Per quanto ci riguarda, come avremo occasione di
verificare anche nel corso dell'esame degli articoli successivi, questa
candidatura è tutta politica - non, per così dire, su scheda - e, mediante il
riferimento al programma, consente un rapporto trasparente con i cittadini.
PRESIDENTE. Onorevole Mascia...
GRAZIELLA MASCIA. Il nostro Primo ministro viene sottoposto al voto del Parlamento. Ciò non avviene nel disegno proposto dalla maggioranza e dal Governo, che introduce surrettiziamente il nuovo sistema elettorale, dando per scontato ...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mascia.
GRAZIELLA MASCIA. ... che il Primo ministro verrà eletto direttamente...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Mascia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bellillo. Ne ha
facoltà.
KATIA
BELLILLO. Signor Presidente,
desidero preannunciare che i Comunisti italiani sosterranno con il loro voto
favorevole l'emendamento Mascia 26.1.
Inoltre, poiché vedo che è presente il ministro Tremaglia, coglierei
l'occasione per chiosare una sua esternazione...
PRESIDENTE. No, la prego, onorevole Bellillo: deve attenersi alla dichiarazione di voto sull'emendamento in esame!
KATIA BELLILLO. No, signor Presidente, lei mi deve permettere...
PRESIDENTE.
La prego di attenersi alla dichiarazione di voto sull'emendamento, altrimenti
le toglierò la parola.
Non può introdurre nel dibattito argomenti diversi approfittando della
dichiarazione di voto su un emendamento. La prego!
KATIA BELLILLO. Mi scusi, signor Presidente, ma vorrei semplicemente dire che, poiché il ministro Tremaglia (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)... ha dichiarato (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale) ... che in Europa esistono una maggioranza ed una minoranza ...
PRESIDENTE. Onorevole Bellillo, la prego di attenersi alla dichiarazione di voto sull'emendamento in esame. È la seconda volta che le rivolgo questo invito!
ROBERTO MENIA. Basta!
ROBERTO ALBONI. Le tolga la parola, Presidente!
KATIA BELLILLO. Parlo di democrazia!
PRESIDENTE. Onorevole Bellillo, se insiste, sarò costretto a toglierle la parola!
KATIA BELLILLO. Io faccio parte della minoranza eterosessuale, ma il ministro non deve parlare a mio nome (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani)!
PRESIDENTE.
Onorevole Bellillo, se insiste, le tolgo la parola! Grazie.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha
facoltà.
DOMENICO PAPPATERRA.
Signor Presidente, stiamo entrando nel cuore di questo dibattito, che riguarda
una riforma destinata a modificare profondamente gli assetti derivanti dalla
Carta costituzionale del 1948.
Gli articoli 26 e seguenti del disegno di legge costituzionale al nostro esame
esaltano il ruolo del Primo ministro (dell'attuale Presidente del Consiglio,
definito, con formula nuova, Primo ministro), al quale vengono attribuite
funzioni che, dal nostro punto di vista, sono assolutamente rivoluzionarie e
non condivisibili.
Secondo la vostra proposta, il Primo ministro determina la politica generale
del Governo. Si tratta già di una prima modifica profonda: oggi, il Presidente
del Consiglio dirige la politica del Governo; lasciatemi dire, colleghi, che si
tratta già di una bella differenza!
Inoltre, attribuite al Primo ministro il potere di dirigere l'attività dei
ministri, mentre il Capo del governo svolge, secondo la Costituzione vigente,
una funzione di promozione e di coordinamento. Anche questa è una differenza
sostanziale.
La terza questione, della quale ci occuperemo più approfonditamente nel corso
dell'esame degli articoli successivi, concerne il potere del Primo ministro di
sciogliere il Parlamento, riducendo quest'ultimo ad un'Assemblea depotenziata.
Mi sia consentito dire che anche le disposizioni relative alla nomina del Primo
ministro ne esaltano la figura. Invero, sebbene non venga introdotta l'elezione
diretta del Capo del Governo, si fa in modo da sostanziare, attraverso il voto,
un'immediata legittimazione popolare.
Quindi, diciamo la verità: il premier, nella scala dei valori della
nostra Costituzione, sale al primo posto, sopra il Parlamento, sopra il
Presidente della Repubblica e sopra le autorità di garanzia della nostra
Costituzione. Il premier sembra il vero motore dell'intera macchina
istituzionale del nostro paese e, anche se in Costituzione le sue funzioni
vengono regolate successivamente rispetto a quelle del Parlamento e del Capo
dello Stato, assume di fatto un primato tra gli organi costituzionali.
Questo riformismo della Casa delle libertà...
PRESIDENTE. Onorevole Pappaterra...
DOMENICO PAPPATERRA. Presidente, ho tempo a mia disposizione. Mi sembra curioso che...
PRESIDENTE. Onorevole Pappaterra, lei ha tre minuti di tempo a sua disposizione e finora ha consumato due minuti e 50 secondi. Quindi, le restano ancora 10 secondi; con la dovuta tolleranza, ma il suo tempo è questo.
DOMENICO PAPPATERRA. Perché tre minuti? Presidente, abbiamo ancora tempo da utilizzare.
PRESIDENTE. Per accordi intercorsi...
DOMENICO PAPPATERRA. D'accordo. Interverrò sull'emendamento successivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente,
vorrei chiarire che qui non c'è chi vuole Governi forti e chi vuole Governi
fragili. A noi non piacciono i Governi fragili, perché diventerebbero ancor più
preda dei poteri forti dell'economia e delle pressioni lobbistiche palesi ed
occulte. Tuttavia, la forza e l'autorevolezza devono derivare da un rapporto
equilibrato con il Parlamento - e nella vostra riforma questo rapporto è, a dir
poco, squilibrato -, e dalla concezione del Governo quale organo collegiale. Il
Governo non è il Primo ministro e non si risolve tutto affidando i poteri nelle
mani di un'unica persona.
Per tali motivi, la prima parte dell'emendamento in esame, che condividiamo
interamente, è particolarmente significativa, perché restituisce la visione
collegiale del Consiglio dei ministri (Applausi dei deputati del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo esaminando uno dei tre grandi nodi che hanno caratterizzato questo pasticcio costituzionale, ossia quello del Primo ministro (non a caso, il Presidente del Consiglio dei ministri è chiamato in tal modo). Occorre innanzitutto capire i motivi che hanno indotto a presentare questa proposta. Successivamente, ne esamineremo il contenuto.
Il perché sia stata presentata questa proposta è sotto gli occhi di tutti. Doveva essere accontentata la Lega che voleva la devolution: di fatto non l'ha ottenuta, perché è circoscritta solo al nome. Per contrappeso, Alleanza nazionale ha chiesto un premierato forte. Poiché l'onorevole Fini è una persona cortese ed intelligente, penso che l'abbia fatto, non per se stesso, ma perché, nonostante i lavacri di Fiuggi, una forma autoritaria resta nella parte politica che lui rappresenta (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
DANIELE FRANZ. Come ti permetti!
LORENZO ACQUARONE. Una
forma autoritaria resta nella tradizione della parte politica che lui
rappresenta (Commenti del deputato Franz). La Lega è stata
pseudoaccontentata e Forza Italia, sì, è vero, pensa ancora al ribaltone del
1994, ma credo che, in realtà, gliene importi poco. L'importante è tirare a
campare.
Da tale conflitto di tesi contrapposte, nasce questo pasticcio sulla cui
incostituzionalità, perché, pur fatto con legge costituzionale, contravviene ai
principi fondamentali che devono reggere un costituzionalismo moderno (moderno
nel senso da Montesquieu in poi), interverremo durante l'esame delle successive
proposte emendative.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.
VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, intervengo sollecitato dalle parole del collega Acquarone. Vedo in giro confermata una certa ipocrisia da parte del centrosinistra. In un paese nel quale l'elezione diretta di chi governa è all'ordine del giorno ormai da undici anni, è ipocrita e fuori dalla storia continuare a sostenere cose che, evidentemente, per chi vuole ancora riferirsi a certi principi costituzionali, appartengono all'Ottocento se non addirittura al medioevo. Oggi noi eleggiamo direttamente i sindaci ed essi condizionano la vita delle assemblee elettive dei consigli comunali; i presidenti delle province condizionano la vita del consiglio provinciale; i governatori condizionano la vita dei consigli regionali, che sono assemblee legislative; nessuno si è scandalizzato che nel 2001, e ancora prima, l'onorevole Acquarone è stato eletto con un simbolo che diceva Rutelli presidente; noi siamo stati eletti - gran parte di noi - con un simbolo che diceva Berlusconi presidente; era nei fatti e rientra nei principi fondamentali della nostra Costituzione: il cittadino elettore partecipa alla decisione di indicare chi governa. L'abbiamo già fatto e metterlo chiaramente in Costituzione non significa fare, come qualcuno sta continuando a sostenere in quest'aula, un attentato alla Costituzione; significa essere coerente e trasferire in Costituzione quello che già è nella coscienza degli italiani. È evidente che chi ipocritamente continua a sostenere cose diverse in questa Assemblea è contro la volontà del popolo italiano. Ma questo lo vedremo, collega Acquarone, quando faremo il referendum; in quella occasione valuteremo chi è a favore della coscienza degli italiani e chi invece - come i molti che sento qui dentro - ipocritamente è rimasto al medioevo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE.
Vorrei rivolgere a nome dell'Assemblea un saluto ai componenti della camera
penale di Arezzo, che sono in questo momento in tribuna e sono a palazzo
Montecitorio per una visita di studio (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne
ha facoltà.
MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, mi rivolgo al collega di Alleanza nazionale, uno dei pochi colleghi che in questo dibattito sta prendendo la parola. Qui non si tratta soltanto - e non siamo d'accordo - di lasciare al popolo il potere di nominare il premier...
DANIELE FRANZ. Eleggere!
MAURA COSSUTTA.... così come si fa per presidenti delle regioni e i sindaci; il problema è che conseguentemente si costruiscono delle trasformazioni profonde nel nostro sistema democratico, si determina uno sbilanciamento pesante del sistema delle garanzie, dei pesi e dei contrappesi, del rapporto tra esecutivo e legislativo, tra esecutivo e persino i poteri del Presidente della Repubblica ed ora si opera addirittura uno sbilanciamento tra il ruolo del premier ed i ministri...
PRESIDENTE. Onorevole Cossutta, la prego di concludere.
MAURA COSSUTTA. Presidente, parlo a nome del gruppo, a titolo personale aveva parlato precedentemente la mia collega, l'onorevole Bellillo.
PRESIDENTE. Onorevole Cossutta, ha esaurito il tempo che aveva a disposizione per il suo intervento.
MAURA COSSUTTA. Va bene, Presidente, allora parlerò successivamente.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, le voglio dare atto di essere sempre molto rispettoso delle prerogative di tutti, però le vorrei far rilevare - e per questo le chiederei di ridare la parola alla collega Cossutta - che la collega Bellillo ha parlato a titolo personale in riferimento ad una materia che lei ha ritenuto non inerente al dibattito che stavamo facendo (e le ha tolto la parola). A questo punto impedire alla collega Cossutta, che appartiene alla stessa componente, di parlare nel merito della questione che stiamo discutendo mi sembrerebbe un po' una forzatura.
ROBERTO MENIA. Basta!
MARCO BOATO. Comunque, rimettendomi alla sua valutazione discrezionale, le chiedo di considerare se non sia opportuno che la collega Cossutta possa parlare di ciò di cui stava parlando, perché è l'unico membro della sua componente che interverrebbe in questa circostanza. Mi sembrerebbe giusto che potesse farlo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Onorevole Boato, un minuto non è un problema tale da far nascere un caso.
MARCO BOATO. Esatto!
PRESIDENTE. Vorrei ricordare che l'onorevole Bellillo ha comunque parlato per 2 minuti e 50 secondi, e dunque non è intervenuta a titolo personale; daremo comunque all'onorevole Maura Cossutta la possibilità di recuperare successivamente questo minuto e mezzo.
MAURA COSSUTTA. La ringrazio, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.
MARCELLO
PACINI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, mi sembra che, da numerosi interventi svolti dai deputati
dell'opposizione, traspaia un tentativo di togliere «nobiltà» al percorso di
riforma della Costituzione che abbiamo intrapreso, in particolare con
riferimento alla scelta di introdurre il premierato, con tutte le conseguenze
che ne derivano. Il «chiavistello» attraverso il quale si vuole insinuare la
subordinazione di questo nostro grande disegno ad altri interessi viene
normalmente riassunto affermando che vi sarebbe uno scambio tra Alleanza
nazionale e la Lega Nord Federazione Padana, per cui si concede qualcosa ad AN
e qualcos'altro alla Lega, mentre Forza Italia sovrintende a tale scambio.
Vorrei far notare ai colleghi della sinistra che, in realtà, ciò che stiamo compiendo,
attraverso l'introduzione del premierato, è, in fondo, il dato culminante di
una evoluzione della cultura istituzionale che ha attraversato, a partire dagli
anni Novanta, fino agli ultimi anni dell'attuale legislatura, la visione
istituzionale sia del centrodestra, sia del centrosinistra.
Negli anni Novanta, infatti, si è manifestata in Italia un'opinione comune che
voleva riportare il potere decisorio all'interno degli esecutivi, ma che
talvolta, a mio avviso anche esagerando, ha mortificato i momenti assembleari.
Vorrei riprendere, al riguardo, il già citato argomento dei sindaci, e vorrei
altresì richiamare soprattutto la forma di governo delle regioni, che
rappresentano un esempio di tale disistima dei consigli e delle assemblee a
favore, invece, di un recupero della governabilità da parte del potere
esecutivo.
Vorrei rilevare che, anche a livello di cultura politica colta e formalizzata,
come posso leggere nei lavori della Commissione bicamerale per le riforme
costituzionali, è stato intrapreso un discorso molto semplice e chiaro, per cui
se da una parte il centrodestra ha puntato sul presidenzialismo, la sinistra ha
sempre proposto l'introduzione di forme di premierato. Potrei citare esempi di
autorevoli colleghi, che siedono ancora in questa Assemblea, che hanno
sottoscritto dichiarazioni esplicite in favore della soluzione del premierato.
Vorrei altresì ricordare che, ad un certo momento, l'intero centrodestra sembrò
concordare con la forma di governo semipresidenziale, anche se successivamente,
dopo un'attenta riflessione, ha scelto invece il premierato.
La nostra accettazione del premierato, dunque, voleva significare, in fondo, la
ricerca di forme di governo sulla quale fosse possibile ottenere un'unanimità
di consensi. Ciò evidentemente non è stato possibile poiché, a mio avviso, non
è comunque possibile, in questa democrazia mediatica, realizzare delle
convergenze su grandi temi, e pertanto ci troviamo nuovamente a discutere di
tale questione in termini di profonda contraddittorietà.
Nel concludere, signor Presidente, vorrei osservare che il problema di
riequilibrare i rapporti tra il potere esecutivo ed il Parlamento sussiste
sicuramente; vorrei suggerire, tuttavia, di non pensare che la Costituzione
debba risolvere tutti i problemi esistenti. Credo, infatti, che occorra anche
una riflessione veramente approfondita in ordine ad una riforma dei regolamenti
parlamentari, vale a dire sul come si organizzano i lavori, sul modo con cui si
svolgono le funzioni ispettive e di controllo e sulle modalità con cui, ad
esempio, sia possibile recuperare la funzione delle Commissioni in sede
redigente.
Vorrei segnalare, al riguardo, che una delle più grandi sorprese che ho avuto
nel corso della mia esperienza di deputato è che l'unica volta che ho sentito
parlare di un organo «redigente» è stato solo recentemente, attraverso le
parole del presidente Violante...
PRESIDENTE. Onorevole Pacini...
MARCELLO
PACINI. ... quando egli ha
proposto di istituire una Costituente redigente.
In realtà, la funzione redigente dovrebbe essere importante, restituendo
efficacia e stima ai lavori del Parlamento. Credo pertanto che dobbiamo, con
grande serenità, concludere il percorso storico ultradecennale che rafforza
l'esecutivo, e successivamente, iniziare una riflessione sulle modalità con cui
si restituisce efficacia ed efficienza ai lavori delle Assemblee, proprio
perché non tutto si risolve nelle Costituzioni (Applausi dei deputati del
gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, intervengo brevemente, per una doverosa testimonianza. Nonostante il lavoro svolto dal presidente Bruno e dalla Commissione, non riesco a convergere sul punto del premierato. Probabilmente, è la filosofia di fondo che non mi convince. Sarà, come dice l'onorevole Soda, che sono rimasto fermo a quindici anni fa e, quindi, non posso competere con tanti innovatori che paiono, purtroppo, troppo spesso improvvisati. Preferisco pertanto essere considerato un po' conservatore.
La questione di fondo
che emerge si nota anche dal lessico scelto, laddove si prevede che il Primo
ministro «determini» la politica generale del Governo, nel presupposto evidente
che il compito di «dirigerla», che la Costituzione vigente gli assegna, risulti
inadeguato. Non vi sarebbe ragione, altrimenti, di mutare, anche
terminologicamente, tale elemento. Si pone, al riguardo, un problema: mentre il
programma di governo sottoposto al corpo elettorale si configura come
espressione di un accordo di coalizione, realizzato con il concorso di tutte le
concorrenti della maggioranza, la politica generale del Governo, che deve
tradurre tale programma in pratica, diverrebbe il prodotto di una solitaria
decisione del premier. Questa è la conseguenza della terminologia scelta
e questa è la logica del «bileaderismo», cui spesso ho fatto cenno, criticando
gli eccessi della cosiddetta «seconda Repubblica». Il Governo inoltre sembra,
in tal modo, perdere il carattere di organo politico, essendo ridotto ad un
organo esecutivo chiamato ad attuare una linea politica determinata
esclusivamente dal premier.
Mi chiedo, poiché sul tema della collegialità sono state riempite le pagine dei
giornali, soprattutto negli ultimi mesi: come si concilia una simile scelta con
il principio della collegialità, che rappresenta un elemento costitutivo dei
governi di coalizione e, per immergerci nell'attualità, con la giusta
rivendicazione che, da più parti, le viene rivolta? In realtà, più o meno
consapevolmente, lo scivolo verso il quale siamo indirizzati è verso una sorta
di bipartitismo, rispetto al quale il ruolo della leadership di Governo
coincide con quella della leadership di partito. È un sistema verso il
quale si sta andando, con buona pace del collega Bressa, che è molto più
inglese di me (non mi riconosco)! Credo che l'onorevole Soda dovrebbe
riflettere con una certa profondità sugli aspetti un po' stereotipati con i
quali si svolge questo dibattito, perché il centrosinistra, che spesso accusa il
centrodestra di voler forzare in una certa direzione, ha dato negli ultimi anni
un contributo esattamente corrispondente alla direzione di marcia verso la
quale ci si sta incamminando. Mi è capitato di dire, qualche volta, che Prodi
fa, sia pur con altre parole, le stesse affermazioni di Berlusconi.
Prendo atto che il Parlamento vuole incamminarsi sul «bileaderismo», ma ho
molti dubbi che ciò rientri negli interessi generali del paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO
VIOLANTE. Signor Presidente,
intervengo brevemente sulle questioni poste dai colleghi che mi hanno
preceduto, in ordine alla nostra idea di premierato.
Il nostro disegno costituzionale, effettivamente, differisce da quello
dell'onorevole Tabacci. Noi non siamo contrari al premierato e, anzi, l'abbiamo
sostenuto ed introdotto nella scorsa legislatura. La nostra opinione, in
realtà, è che non bisogna ridurre il premierato al Governo di uno solo. Ciò che
contestiamo a questa riforma è la riduzione ad una sola persona del sistema
politico.
Alcuni colleghi hanno richiamato il sistema politico dei comuni, delle province
e delle regioni, quasi che si potesse proiettare a livello nazionale il sistema
di governo locale. Non solo si tratta di realtà completamente diverse e con
funzioni politiche nettamente diverse, ma credo che chiunque abbia esperienza
di governi locali sappia quanto ormai sia necessario riequilibrare i poteri del
sindaco, del presidente della provincia e del presidente della regione con i
poteri dei consigli. Oggi vi è un'enorme disaffezione e crisi di rappresentanza
all'interno degli organismi locali e regionali, perché vi è un eccesso di
potere dei presidenti e dei sindaci rispetto al potere e alla possibilità di
controllo e di rappresentanza dei consigli.
Voler proiettare questo meccanismo a livello nazionale - ciò è quello che fa
questo progetto - a nostro avviso, è un errore gravissimo, non solo perché il
Parlamento ha una sua ratio, una sua logica, una sua natura
completamente diversa da quella dei consigli locali e regionali, ma anche
perché ciò che ha salvato il nostro paese nei momenti di crisi profonda è stata
proprio l'elasticità del sistema politico, pur nella sua complessità.
In sostanza, state costruendo - questa è la nostra opinione - un sistema del
tutto anelastico, riducendo il potere del Governo al Presidente del Consiglio e
la complessità dei poteri politici al solo potere del Governo, che poi è
trasmesso al Presidente del Consiglio. Questa è la nostra critica profonda.
Onorevole Carrara, la stabilità, in sé, non è una qualità: dipende da chi
governa e da come si governa. Abbiamo avuto Governi che sono durati vent'anni
ed hanno portato alla rovina del paese; non è questo il punto. Se oggi leggiamo
i giornali, riscontriamo che il Governo più stabile della nostra Repubblica ha
fatto precipitare la competitività del nostro paese al posto successivo a
quello del Botswana, dal ventiseiesimo posto (quale era nel 2001) al quarantottesimo,
oggi divenuto quarantasettesimo.
PRESIDENTE. Onorevole Violante...
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Intendo dire che non conta la stabilità di per sé, bensì la capacità del Parlamento e delle stesse maggioranze parlamentari di influire sugli indirizzi politici. Con questo sistema voi non date nessuna possibilità alle stesse maggioranze parlamentari e al Parlamento di influire sugli indirizzi politici: voi li rendete prigionieri di un uomo solo. Questa è la critica profonda che muoviamo e ciò segna la sconfitta politica di questo disegno, perché evidentemente un sistema di questo genere non può reggere in situazioni di crisi politica (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA.
Signor Presidente, le mie considerazioni riguardano l'articolo 26 nel suo
insieme e tornerò a prendere la parola al momento della dichiarazione di voto
sullo stesso. Tuttavia, considerato che su questo tema si è innescata una
discussione come sempre importante da parte di vari colleghi, vorrei precisare
molto brevemente il mio pensiero.
Nel giudizio complessivo sul progetto di riforma costituzionale questo è, a mio
avviso, uno dei punti fondamentali. Non nascondo - l'ho detto molte volte ai
colleghi - di nutrire perplessità su una forma di Governo che, sostanzialmente,
collega la scelta del Capo dell'Esecutivo ad una scelta diretta
dell'elettorato. Non sono contrario a concepire questa impostazione, ma
naturalmente la vedrei meglio in un sistema «americano», nel quale ai cittadini
fosse attribuita la scelta del Capo dell'Esecutivo, ma anche il compito di
eleggere una Camera e un Senato che non possono essere sciolti e che hanno le
loro facoltà tipiche. Mi sembra che in questo caso si mettano insieme questi
due elementi: il sistema parlamentare europeo ed il sistema direttamente
elettivo americano. Ciò non mi piace e l'ho detto molte volte.
Mi rivolgo al presidente della Commissione, onorevole Bruno, ed ai valenti
colleghi del Comitato dei nove: vi è un problema su cui vorrei richiamare
all'attenzione. Qualche giorno fa, ho mosso al presidente Bruno l'obiezione che
la norma contenuta nell'articolo 26 mi sembra molto pericolosa, perché
stabilisce che la legge disciplina l'elezione dei deputati in modo da favorire
la formazione di una maggioranza.
Ho chiesto al presidente Bruno di valutare l'ipotesi che il primo Parlamento
successivo all'approvazione di questa riforma della Costituzione non approvi
una legge elettorale che preveda la connessione fra la nomina della maggioranza
parlamentare e l'individuazione del Primo ministro. Un Parlamento, infatti, non
potrà essere obbligato da una norma costituzionale a legiferare. Liberamente il
Parlamento negli anni Cinquanta non legiferò sulle regioni, sul Consiglio
superiore della magistratura, eccetera. Quindi, ho chiesto ai colleghi cosa
avviene se il Parlamento, dopo la nuova Costituzione, non approva una legge
elettorale che la Costituzione considera necessaria per dare al Presidente
della Repubblica il mandato.
PRESIDENTE. Onorevole La Malfa...
GIORGIO LA MALFA.
Concludo subito, ma è un punto delicato, signor Presidente.
Il presidente Bruno e i suoi colleghi hanno risposto a questo problema con una
norma transitoria, l'articolo 43, il quale afferma che fino a quel momento vige
la vecchia Costituzione. Allora, vi domando, rivolgendomi a tutta l'Assemblea:
possiamo scrivere una Costituzione che sulla forma di Governo lascia la
decisione se applicarla o meno ad una legge ordinaria, che è la legge
elettorale di un Parlamento? Possiamo darci una Costituzione subordinata nel
suo fondamento, qual è la forma di Governo, ad una decisione di una legge
ordinaria, ossia la legge elettorale?
Inoltre, onorevole Bruno, supponiamo che il nuovo Parlamento abbia approvato la
legge nel senso indicato dall'articolo 92 e che il successivo Parlamento decida
di tornare alla legge proporzionale. Ciò è incostituzionale, ma non è
illegittimo fino a quando la Corte costituzionale non lo dichiara. Qual è
l'ordinamento costituzionale in quel momento?
Supponiamo che ci siano le lezioni dopo qualche mese, ma prima di una delibera
della Corte costituzionale che cancelli l'atto del Parlamento. C'è questa
contraddizione, onorevoli colleghi: o si scrive la legge elettorale nella
Costituzione, e allora si ha una forma di governo, o questa forma non si scrive
nella Costituzione e si assoggetta la forma costituzionale ad una legge
ordinaria con gravi contraddizioni.
Non potrò votare a favore di questo articolo non solo per le ragioni di
principio che ho richiamato, ma anche perché c'è un problema che prego i
colleghi di voler considerare.
Grazie, Presidente, mi scuso per aver prolungato il mio intervento (Applausi
dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Mi
rivolgo al collega Pacini e agli altri che sono intervenuti: noi difendiamo
quel che, dal punto di vista politologico, si chiama bipolarismo, ossia una
democrazia dell'alternanza che funzioni. Eravamo chiamati in questa sede a darci
regole e istituzioni più moderne per far sì che i diversi poteri fossero in
equilibrio secondo le esigenze dell'oggi e non della Repubblica di impronta
proporzionale nata dalla Costituzione.
Quello che si sta facendo ora con questo articolo è cosa tutt'affatto diversa.
Qui si sta approvando un modello originale, inventato, frutto della fantasia
costituzionale - ma le Costituzioni hanno una storia lunga - ossia un
premierato assoluto. Si tratta di un premierato assoluto per il sistema
elettorale e perché vi è un collegamento diretto che crea un vincolo
costituzionale sulla legge elettorale, creando quel che denunciava, forse al
contrario, il collega La Malfa, ossia l'impossibilità di una legge elettorale
diversa e perché questo premier ha un potere di scioglimento della
Camera e di annullamento dei poteri del Senato federale, con il meccanismo che
abbiamo visto, e addirittura di annullamento delle leggi regionali.
Questo modello è fantasioso, assolutamente privo di contenuto democratico,
privo e al di fuori di tradizioni costituzionali, non funziona e impoverisce la
democrazia, anche quella dell'alternanza.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Mascia 26.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato
della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 445
Astenuti 5
Maggioranza 223
Hanno votato sì 195
Hanno votato no 250).
Prendo atto che l'onorevole Romano non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO
RUZZANTE. Signor Presidente,
desidero richiamare la sua attenzione sull'articolo 85, comma 7, del
regolamento e sulla sua applicazione. Tale norma prevede che: «Su ciascun
articolo, emendamento, subemendamento ed articolo aggiuntivo è consentita una
dichiarazione di voto per non più di cinque minuti ad un deputato per gruppo».
Nella seconda parte del suddetto comma è previsto che «Il Presidente concede la
parola ad un deputato per ciascuna delle componenti politiche costituite nel
gruppo misto e ai deputati che intendano esprimere un voto diverso rispetto a
quello dichiarato dal proprio gruppo, stabilendo le modalità e i limiti di
tempo degli interventi».
Signor Presidente, le singole componenti politiche del gruppo misto hanno ancora
del tempo, rispettivamente 28 minuti i Comunisti italiani, 1 ora e 25 minuti i
Socialisti democratici italiani, 59 minuti l'UDEUR, 4 minuti i Verdi, 1 ora e
18 minuti i Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI, 1 ora e 10 minuti le
Minoranze linguistiche. Avendo tali componenti tempo a disposizione e non
potendo andare comunque oltre il tempo contingentato, dato che su tale
provvedimento è previsto il contingentamento dei tempi, non capisco perché, per
la prima volta in questa legislatura, venga loro assegnato rigidamente il tempo
di tre minuti per le dichiarazioni di voto.
Mi sento di porre tale questione come segretario del gruppo di opposizione con
il maggior numero di deputati per tutelare le suddette componenti politiche. Le
assicuro che possiamo trovare numerosi precedenti, in questa e nella passata
legislatura, in cui alle componenti del gruppo misto è stato consentito di
parlare cinque minuti per dichiarazione di voto sulle varie proposte
emendative.
Signor Presidente, la questione che pongo ha due aspetti. In primo luogo,
ritengo che il regolamento vada applicato in tutte le sue parti. Mi permetto di
far notare alla Presidenza, in particolare a lei che più volte ha avuto modo di
rispondermi sul punto, che dall'inizio della legislatura la Presidenza non è
ancora riuscita a far applicare l'articolo 135-bis del regolamento.
Dunque, il Presidente del Consiglio per primo non ha mai rispettato il nostro
regolamento (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della
Lega Nord Federazione Padana). Il regolamento va applicato in tutti i suoi
articoli. Anche in questa riforma costituzionale avete scritto che il
Presidente del Consiglio ha l'obbligo di venire in aula: iniziate ad applicarlo
prima di scriverlo nella Costituzione, visto che il regolamento già lo prevede!
In secondo luogo, vorrei porre la questione dell'applicazione dei precedenti.
Più volte la Presidenza ha fatto riferimento a precedenti e prassi applicati in
questa sede. Credo sia corretto l'uso dei precedenti e della prassi, ma non può
essere applicato in alcune occasioni e non in altre. Le assicuro - e sono in
grado di dimostrarlo - che in questi tre anni e mezzo alle componenti del
gruppo misto è stato consentito di intervenire per dichiarazione di voto per
cinque minuti come agli altri gruppi. Tra l'altro, che un parlamentare decida
di intervenire due volte per tre minuti o una volta per cinque minuti, comunque
il tempo è contingentato.
Dunque, inviterei la Presidenza a continuare ad applicare il regolamento come è
stato fino ad oggi applicato. Non cambierebbe assolutamente niente dal punto di
vista dei tempi complessivi perché il tempo è contingentato, ma ciò
consentirebbe ai deputati di scegliere quando intervenire e di svolgere un
ragionamento compiuto. Credo si tratti di un'applicazione del regolamento di
buon senso.
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Ruzzante, perché mi dà modo di spiegare l'atteggiamento
della Presidenza su tale argomento. Devo dirle, con tutto il rispetto, che non
condivido la sua interpretazione. L'articolo 85, comma 7, attribuisce
direttamente al Presidente dell'Assemblea il potere discrezionale di fissare un
tempo che vada da uno a cinque minuti. Il Presidente, in questa circostanza,
riferendosi a numerosissimi precedenti, ha fissato il termine di tre minuti.
Ritengo che tale termine sia congruo e che si debba continuare su questa
strada. Tra l'altro, uno è il problema del tempo affidato a ciascun
parlamentare, altro, e completamente diverso, è quello riguardante il tempo
complessivo delle singole componenti del gruppo Misto.
Le voglio tuttavia far presente, onorevole Ruzzante, che la Presidenza userà la
normale prudenza e tolleranza, specialmente quando gli argomenti saranno di
particolare rilevanza.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Boato, credo di aver già risposto sull'argomento. Comunque, ha facoltà di parlare.
MARCO
BOATO. Sarò breve, signor
Presidente. La ringrazio per il modo equilibrato con il quale, come sempre, lei
ha risposto, pur nel dissenso da ciò che ha detto il collega Ruzzante. La
Presidenza è a conoscenza della questione - non so se lo sia anche lei
personalmente -, perché il sottoscritto ha già avuto modo di porla in altre
circostanze, e forse in modo improprio anche nella seduta di ieri (sono stato
richiamato, anche con una certa forza, dal Presidente Casini, il quale in quel
momento presiedeva la seduta). Mi permetto, quindi, di lasciare agli atti di
questo dibattito la mia condivisione della questione sollevata dal collega
Ruzzante, che ho evitato di porre io stesso, proprio perché ieri avevo avuto
questa interlocuzione difficile con il Presidente Casini.
La pregherei pertanto, signor Presidente, di porre all'attenzione del
Presidente Casini l'opportunità di valutare, in una prossima riunione della
Giunta per il regolamento, la questione in oggetto, che lei ha confermato
nell'interpretazione, dicendo peraltro che verrà applicata con il giusto
margine di equilibrio, per rispetto nei confronti del dibattito che stiamo
svolgendo.
PRESIDENTE.
Non c'è dubbio, onorevole Boato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 26.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Quella in esame è una disposizione a nostro avviso decisiva. Ci stiamo avviando verso un regime di premierato assoluto e pertanto l'emendamento che proponiamo è fondamentale per impedire una degenerazione in senso antidemocratico della nostra Repubblica. L'antitesi con lo Stato democratico, che la vostra riforma sta costruendo, mattone dopo mattone, sta anche nel fatto che avete immaginato una costruzione costituzionale interamente dalla parte del potere, trascurando quindi nel modo più assoluto il ruolo e la funzione dei cittadini, i quali anche se dovessero essere scontenti di come sono governati ed amministrati, e di chi li governa ed amministra, non disporrebbero però di mezzi efficaci per determinare un mutamento né direttamente, né attraverso mediazioni politiche (dal vostro modello totalmente neutralizzate).
PRESIDENTE. Onorevole Bressa, la invito a concludere.
GIANCLAUDIO BRESSA. In un regime meramente rappresentativo, nel quale fosse concesso ai cittadini il solo potere di votare, tali cittadini sarebbero schiavi per cinque anni. Bisogna che vi sia la garanzia che il consenso democratico si formi liberamente. Pertanto, le questioni del conflitto di interesse e della libera e consapevole formazione delle scelte degli elettori diventano un dato primario, che deve essere tutelato con chiarezza in Costituzione, proprio in questo articolo, che tratta del Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Tutte le volte che si
rafforza un potere, si crea la necessità di prevedere norme di riequilibrio.
Ciò a maggior ragione, nel momento in cui state ragionando di un premierato
particolarmente forte. Si pone quindi il problema di una norma specifica
riguardante le incompatibilità tra le cariche di Governo e lo svolgimento di
attività pubbliche o private. Queste norme, colleghi, entreranno in vigore tra
molti anni; quindi non credo che vi sarà più il problema di tutelare Berlusconi
e il suo conflitto di interesse. Possiamo dunque ragionare serenamente di un
problema, senza che voi siate obbligati a garantire il conflitto di interesse
dell'attuale Presidente del Consiglio.
Proprio perché avete previsto un rafforzamento dei poteri del premier,
la disposizione normativa prevista dall'articolo 51 della Costituzione non è
più sufficiente, in quanto essa riguarda tutta una serie di altri soggetti, che
non hanno poteri analoghi e neanche lontanamente avvicinabili a quelli del
Primo ministro. Pertanto, con questo nostro emendamento, prevediamo che in
Costituzione si affermi il principio che, tra le cariche di Governo e gli uffici
o attività pubbliche e private, non ci siano incompatibilità o conflitti di
interesse.
È un principio indispensabile nel momento in cui avete spostato l'asse
costituzionale dal Parlamento al premier e completamente trasformato
l'equilibrio costituzionale dei poteri, concentrando i medesimi su un premier
onnipotente che può sciogliere le Camere, imporre la fiducia e dire: se non mi
votate, ve ne andate a casa! A fronte di ciò, ci sembra indispensabile che vi
sia la garanzia di un premier che non abbia conflitti di interesse.
Non comprendiamo il motivo per cui non intendete introdurre questa norma in
Costituzione; è una norma importante che, oltretutto, garantisce, proprio nel
momento in cui prevedete che vi sia, con riferimento ai sistemi elettorali, l'indicazione
del premier, che l'eventuale conflitto di interesse non possa
condizionare la volontà dell'elettorato. Sono problemi reali sui quali sarebbe
stato indispensabile discutere. Si poteva farlo, perché si tratta di norme che
entreranno in vigore quando, oramai, non vi sarà più il problema del conflitto
di interesse dell'attuale premier. Evidentemente, su questo argomento
non si può discutere e nemmeno quando state rafforzando i poteri del premier
volete ragionare sulla questione del conflitto di interessi. Sarebbe stato
utile ed indispensabile - ripeto - prevedere tale disposizione nella
Costituzione.
Abbiamo proposto un emendamento specifico, ma voi, abbagliati dai problemi
dell'attuale situazione politica, non volete prenderlo in considerazione: ritengo
si tratti di un errore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, l'onorevole Pacini, ha svolto, rara avis, un discorso
serio; io vorrei replicare allo stesso, con argomenti, se possibile,
altrettanto seri. Il ragionamento da cui è mosso l'onorevole Pacini è
tipicamente politologico: vogliamo o meno avere Governi stabili? A questo
discorso politologico la risposta non può essere che positiva. Tuttavia, parlando
a livello di diritto costituzionale, vale a dire del modo con cui tradurre le
aspirazioni politologiche in norme giuridiche, non possiamo dimenticare i
principi generali del costituzionalismo moderno.
Il costituzionalismo moderno richiede che, a fronte di un Esecutivo forte, vi
sia un Parlamento altrettanto forte. Il collega ha citato l'esempio di comuni,
province e regioni, ma chi quotidianamente tratta con questi enti, conosce lo
scoramento dei membri dei consigli comunali, provinciali e regionali che non
contano più nulla, perché tutto è accentrato nelle mani del presidente della
provincia, della regione e del sindaco. Non mi pare sia un esempio da seguire,
anche se a livello locale, e credo debba essere migliorato.
A lei posso citare Montesquieu, ma non posso fare altrimenti con l'onorevole
Castelli a cui dovrei spiegare che non si tratta di un deputato dell'Ulivo
della Valle d'Aosta della scorsa legislatura (Commenti del deputato
Ballaman). Lei è una persona di cultura...
Il costituzionalismo moderno, da Montesquieu in poi, è basato sul principio di
una netta separazione di poteri. Noi avviamo una riforma che uccide questo
principio (la dichiarazione francese dei diritti dell'uomo affermava
addirittura che dove non c'è separazione dei poteri, non c'è Costituzione),
perché poniamo il Parlamento alla mercé di un premier che, non a caso,
non si chiama più Presidente del Consiglio, quindi presidente di un organo
collegiale, ma è investito quasi di poteri sovrani.
Questa è la ragione per cui, pur non essendo in contrasto con la tesi che lei
sostiene, ritengo che lo strumento previsto con questa riforma, porti a
deviazioni che lei stesso dovrebbe riconoscere, del tipo se non bonapartistico,
almeno peronistico.
Questa è la ragione per cui siamo favorevoli ad un Governo forte, ma anche ad
un Parlamento che deve essere altrettanto forte (Applausi dei deputati dei
gruppi Misto-UDEUR-Alleanza Popolare, Misto-Socialisti democratici italiani e
Misto-Verdi-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Signor Presidente,
intervengo anch'io in questa discussione molto importante.
Innanzitutto, intendo sottolineare che noi Comunisti italiani siamo ovviamente
contrari a questa idea di premierato assoluto, ma siamo anche contrari ad ogni
altra ipotesi di premierato un po' meno assoluto. Ciò in quanto in tal modo
viene sbilanciato il sistema dei poteri e delle garanzie.
Siamo contrari in quanto - come sostiene anche l'onorevole Tabacci - si
cambiano persino i termini delle funzioni: ad esempio, «determina la politica»
anziché «dirige», «garantisce» invece che «mantiene».
Siamo contrari perché questo premier non gode neanche della fiducia del
Parlamento, in quanto si parte dal presupposto che tale fiducia gli derivi già
dalle urne. In questo modo, si introduce un pericolosissimo principio, una
nuova gerarchia di valori e quindi di poteri, nel senso che il suffragio
popolare è più democratico del voto dei parlamentari e che il potere supportato
da questo suffragio è superiore persino a quello espresso dal Presidente della
Repubblica.
Quindi, il principio fondamentale di questa controriforma è che la Repubblica
parlamentare costituisce un impaccio al sistema democratico, che coincide di fatto
con l'aumento del potere decisionale.
Siamo anche contrari al fatto di cercare nella Costituzione soluzioni per
garantire la stabilità dei Governi. Infatti, quello della stabilità dei Governi
è un problema del sistema politico che va affrontato con la politica e, semmai,
con leggi elettorali. Ma la legge elettorale non è un principio - ha ragione
l'onorevole La Malfa - da inserire nella Costituzione. La stabilità non è un
valore costituzionale, mentre lo sono il pluralismo, la trasparenza delle decisioni,
il bilanciamento tra il potere decisionale e quello di controllo nonché le
incompatibilità.
Per tali motivi, siamo contrari a questo modello di premierato assoluto, ma non
siamo favorevoli neanche ad emendamenti che propongano altre soluzioni per il
premierato. Non serve né un premier assoluto né un premier forte;
riteniamo invece occorra ricostruire anticorpi veri, molto più robusti di un premier
robusto, al fine di contrastare una deriva populista, una nuova idea
bonapartista che si sposa con questa ideologia dell'antipolitica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.
LAURA
CIMA. Signor Presidente,
sono intervenuta molto poco in questo dibattito, ma ritengo sia gravissima la
rielaborazione della nostra Costituzione in esame, che non ha coinvolto in
nessun modo coloro che sono alla base della sovranità, del patto sociale
presente in ogni Costituzione.
Uno dei miei pochi interventi era relativo ai conflitti di competenza emersi da
questa riforma che, in futuro, ci costeranno sicuramente molto. In particolare,
con riferimento all'articolo in esame, vorrei sottolineare che si sta
descrivendo la crisi della democrazia; infatti, si registra uno svuotamento
degli organi elettivi a causa della mancanza in essi dei rappresentanti del
popolo. L'Assemblea parlamentare dovrebbe essere l'assemblea più rispondente
alla sovranità popolare e quindi al massimo del potere.
Abbiamo assistito, con le riforme degli ultimi anni - peraltro anche ad opera
della mia parte politica - allo strisciante svuotamento di tutte le assemblee
elettive locali. Ebbene, ora stiamo perfezionando tale disegno con lo
svuotamento del Parlamento.
Non approvo questa ingegneria istituzionale, con cui molti colleghi si
divertono, e riconosco solo quella fondata sui veri bisogni della nazione,
ovvero quella che ha portato alla Costituzione che ho imparato ad amare a
scuola insieme al mio paese, scritta dai nostri padri e dalle nostre madri
costituenti. Vi invito a ricordare che quanto stiamo scrivendo lo dovremo
insegnare a scuola ai nostri bambini e mi chiedo cosa potranno mai capire.
Vorrei, inoltre, aggiungere la mia firma all'emendamento in esame. Questa
elaborazione di Costituzione la considero totalmente estranea alla mia
esperienza, politica e di vita: voglio allora aggiungere la mia firma
all'emendamento Boato 26.4 perché prevede che la legge «assicura la libera e
consapevole formazione delle scelte degli elettori». Inoltre, aggiunge che la
legge, oltre a questo, determina l'incompatibilità... Almeno questo vogliate
riconoscerlo...!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.
DOMENICO PAPPATERRA.
Signor Presidente, consideriamo questo un emendamento di buon senso, perché
forse potrebbe finalmente risolvere tutte le discussioni che da tre anni e
mezzo - e anche da prima - si sono svolte in quest'aula.
Infatti, se ripercorriamo il tragitto di questa legislatura, possiamo
verificare che per una serie interminabile di provvedimenti si è riproposto con
forza il problema del conflitto di interessi, soprattutto da parte di chi oggi
è alla guida del Governo. Adesso, l'attuale maggioranza, con questa riforma,
che peraltro consideriamo sbagliata e semplificata, vuole persino pervenire ad
una sorta di personalizzazione della politica; infatti, ricondurre in capo al premier
tutti i poteri ci porta a questo, come prima sottolineava l'onorevole Violante.
Nel momento in cui si sceglie questa deriva plebiscitaria, lasciando ampi
poteri nelle mani di una sola persona, a maggior ragione questo emendamento,
con il quale si mira a costituzionalizzare le incompatibilità tra carica
pubblica ed interessi privati, indica la strada giusta. Quindi, da parte della
maggioranza dovrebbe esserci assenso rispetto alla prospettiva indicata
dall'emendamento in oggetto.
Peraltro, diciamoci un'altra verità: il riformismo che voi oggi proponente in
maniera costituzionale vive nel contesto dell'esperienza della democrazia del
mandato. Tutto passa attraverso il mandato popolare, con il conseguente
svilimento della rappresentanza parlamentare e delle funzioni delle alte
cariche dello Stato. L'onorevole Tabacci ha prima ricordato come persino la
funzione del governo risulti indebolita rispetto a quella del premier.
Esiste, soprattutto, l'indebolimento di quelli che fino ad oggi sono stati gli
organi neutrali della nostra Costituzione, avendo avuto nelle mani il
cosiddetto potere neutro. Mi riferisco al Capo dello Stato, che invece - come è
stato rilevato durante la discussione sull'articolo 22 - vede distrutta la sua
funzione e il suo ruolo, proprio di potere neutro. Eppure sappiamo che in
questi cinquant'anni questo potere neutro di mediazione e di saggezza ha
contribuito a far progredire il nostro sistema politico e costituzionale!
Proponiamo che si continui a perseguire questa strada. Al contrario, si
introduce un elemento che non condividiamo. Pertanto, siamo favorevoli
all'emendamento in esame, perché farebbe chiarezza e porrebbe rimedio a livello
costituzionale a un grave problema emerso nel corso di questa legislatura (Applausi
dei deputati del gruppo Misto-socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO
LETTIERI. Signor Presidente,
ritengo che il dibattito sul premierato abbia evidenziato preoccupazione da
parte di tutti i gruppi, compresi quelli della maggioranza (cito, ad esempio,
gli onorevoli Pacini, La Malfa e Tabacci). Se le riforme costituzionali sono fatte
per il domani e non per l'oggi, occorre riflettere e procedere con cautela.
Infatti, lo squilibrio che con tali norme verrebbe introdotto nell'attuale
assetto dei poteri, rischia di pregiudicare la futura vita democratica del
nostro paese. È nostro dovere bloccare questa deriva antidemocratica: si
tratta, onorevoli colleghi, di un rischio reale.
Mi auguro non si assumano posizioni sulla base di eventi contingenti e della
presenza, o meno, di personaggi autorevoli. Dobbiamo pensare a quello che
troveranno i nostri figli: mentre i padri costituenti ci hanno lasciato un
assetto democratico che ci ha consentito di far crescere il nostro paese, noi,
invece, corriamo il rischio di lasciare alle generazioni future un assetto
pseudo-costituzionale fondato sul potere assoluto di un premier che non
renderà conto a nessuno.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 12,35)
MARIO LETTIERI. La collegialità è un bene prezioso. È stato fatto riferimento a quanto accade nei consigli regionali, nelle province e nei comuni: ebbene, i cittadini sono insoddisfatti, perché abbiamo creato piccoli podestà! Gli assessori non contano nulla! Volete che anche i ministri diventino semplicemente i componenti dello staff di un premier? Si tratta di una preoccupazione che sottopongo all'attenzione di tutti colleghi, indipendentemente dallo schieramento di appartenenza (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Boato 26.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 448
Astenuti 1
Maggioranza 225
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 243).
Prendo atto che
l'onorevole Tabacci non è riuscito a votare e intendeva astenersi.
Prendo atto altresì che l'onorevole Masini non è riuscito a votare ed avrebbe
voluto esprimere voto contrario.
Avverto che l'emendamento Boccia 0.26.200.2 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lucchese 0.26.200.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE.
Signor Presidente, a norma dell'emendamento in esame, di cui sono firmatario,
il Primo ministro deve essere membro della Camera dei deputati. L'articolo 92,
comma 2, della Costituzione, come modificato dall'articolo 26 del disegno di
legge in esame, prevede che la candidatura alla carica di Primo ministro
avvenga mediante collegamento con i candidati all'elezione della Camera dei
deputati. Il fatto che sia collegato, non significa che venga votato, così come
accade per il candidato sindaco, per il candidato presidente della provincia e
per il candidato presidente della regione. Il comma 3 dell'articolo 92 citato
prevede che il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati
dell'elezione della Camera dei deputati, nomini il Primo ministro. Tale
riferimento ai risultati dell'elezione della Camera, a mio avviso, deve
intendersi non soltanto alla coalizione vincente, ma anche al candidato premier,
che dunque deve essere eletto deputato. Infatti, un candidato premier
che non sia deputato non ha il prestigio e l'autorevolezza di un candidato premier
che venga anche eletto deputato. Inoltre, in tal modo si attribuisce maggiore
autorevolezza al Parlamento, come è stato osservato poco fa dall'onorevole
Acquarone.
Il problema si pone soprattutto con il comma 4 dell'articolo 92 citato, in
virtù del quale in caso di morte, di impedimento permanente o di dimissioni del
Primo ministro, il Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo ministro.
A questo punto, se il Primo ministro non è deputato si andrebbe incontro ad una
sorta di commissariamento dello Stato, con l'incarico affidato ad un soggetto
esterno al Parlamento.
Mi pare che negli ultimi tempi anche alcuni esponenti dell'opposizione abbiano
affermato che il capo della minoranza, il leader della minoranza,
dovrebbe essere deputato. Lo ha sostenuto lo stesso onorevole Rutelli, che ha
invitato l'onorevole Prodi a candidarsi alle elezioni suppletive, in maniera
tale da ricoprire il ruolo di capo dell'opposizione nelle vesti di deputato.
Come vedete, il problema si pone sia per la maggioranza sia per la minoranza (Applausi).
PRESIDENTE.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Lucchese 0.26.200.1, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 377
Votanti 368
Astenuti 9
Maggioranza 185
Hanno votato sì 12
Hanno votato no 356).
Prendo atto che gli
onorevoli Bielli e Masini non sono riusciti ad esprimere il proprio voto e che
avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 26.200.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Mi verrebbe da dire: «questo, di cotanta speme, oggi mi resta»...! Di tutta la complessa architettura ipotizzata dai colleghi dell'UDC, che così tanto interesse aveva destato, alla fine l'unico vero risultato che riescono a portare a casa è la modifica di queste poche parole: «La candidatura alla carica di Primo ministro avviene mediante il collegamento con i candidati, ovvero con una o più liste di candidati». Questo vuol dire che la legge elettorale può essere qualsiasi, anche una legge proporzionale. A dire la verità, rispetto agli obiettivi di ridimensionamento del premierato, di ridefinizione dello Stato federale, il risultato che alla fine si porta a casa è ben poca cosa.
Devo anche aggiungere
che l'osservazione del collega La Malfa di pochi istanti fa, ossia che a
definire l'assetto finale del Governo sia solo una legge elettorale ordinaria,
solleva aspetti piuttosto inquietanti.
Per tutti questi motivi, il nostro voto su tale emendamento non può che essere
contrario.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montecchi. Ne ha facoltà.
ELENA
MONTECCHI. La riforma elettorale
è una delle tante ombre che hanno aleggiato sulle modifiche costituzionali. È
naturale che, a fronte di una nuova definizione del Senato e alla riduzione del
numero degli eletti, si debba ricorrere ad aggiustamenti del meccanismo
elettorale.
Ma la modifica dell'articolo 92 della Costituzione non va in questo senso. Ha
ragione il collega Bressa a ricordare che tale emendamento è espressione delle
richieste che l'UDC avanzò a luglio, con motivazioni esplicite e molto precise
sul piano politico: il ritorno ad un sistema proporzionale.
Peraltro, parallelamente a questa discussione, a palazzo Chigi si sta riunendo
un tavolo in materia di sistema elettorale. Ne abbiamo letto sui giornali e ne
conosciamo l'elenco dei componenti; ne fa parte anche lo stesso presidente
della Commissione affari costituzionali, Donato Bruno. Tale tavolo, quindi,
deve discutere, nell'ambito della maggioranza, la praticabilità di una proposta
di riforma elettorale.
Allora, non prendiamoci in giro! Per quale ragione si vuole costituzionalizzare
in quell'articolo della Costituzione la dizione «ovvero con una o più liste di
candidati», presente in questo emendamento? Perché? Allo stato attuale, ad
eventuale nuova modifica costituzionale in vigore, è possibile cambiare la
legge elettorale mantenendo inalterato il sistema. Il collegamento ad un premier
si può realizzare anche nell'attuale sistema. Dunque, qual è la questione che
qui non viene esplicitamente espressa? Lo vorremmo sapere dai colleghi della
maggioranza in quest'aula, perché almeno si sappia il motivo per cui si vota a
favore e per quale cosa: noi infatti sappiamo per quale ragione votiamo contro.
Noi votiamo contro il merito e contro ciò che quest'ultimo sottende. Non vi è -
insistiamo - alcuna preclusione ad «aggiustare» la legge ordinaria, stante la
Costituzione e stante anche quel punto che suscita, in effetti, una qualche
preoccupazione nelle norme transitorie. Noi diciamo, però, pur comprendendo che
il combinato disposto sta a significare altre cose, che comunque occorre
intervenire sul Senato e che, nel momento in cui vi siete votati un numero - a
nostro parere esorbitante - di parlamentari pur sempre ridotto, occorre
correggerlo. Si corregge anche senza inserirlo in Costituzione: è questa la
ragione per cui noi votiamo contro.
Desideriamo, inoltre, dirvi anche che abbiamo ben chiari quali siano i vostri
intenti sul piano politico; e su questi intenti chiediamo che si scoprano le
carte, perché non vi è - insisto - alcuna ragione costituzionale: sono solo ed
esclusivamente ragioni politiche, risolvibili all'interno di un dibattito
politico normale e di una discussione su leggi ordinarie (Applausi dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, anche noi siamo contrari ad una costituzionalizzazione del
sistema elettorale, ma in questo emendamento, a differenza dei colleghi che mi
hanno preceduto, non vedo il problema del sistema proporzionale.
Naturalmente, il campo rimane aperto a diverse ipotesi, ma ricordo che la
preoccupazione dei colleghi dell'UDC, nell'introdurre queste modifiche relative
al collegamento del premier «ad una o più liste di candidati», era stata
quella di non creare un vincolo ad una lista unica. Era dunque una riflessione
tutta politica all'interno delle vicende politiche italiane di questi mesi.
La nostra contrarietà a questo emendamento, quindi, non riguarda
specificatamente il merito dello stesso, ma il complesso dell'articolo 26;
infatti, il sistema elettorale che viene introdotto non è quello proporzionale,
ma riguarda invece l'elezione diretta del premier. Questo è dimostrato
non solo dalla prima parte dell'articolo, ma soprattutto dalla seconda parte,
laddove si precisa che «il Presidente della Repubblica, sulla base dei
risultati delle elezioni della Camera dei deputati, nomina il Primo ministro»;
quindi non vi è neanche un passaggio parlamentare, perché l'articolo è
congegnato in modo tale da far presupporre che l'elezione sarà diretta.
Per questo motivo, la nostra contrarietà all'emendamento in esame deriva dal
contesto in cui esso si colloca.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
Elio Vito 26.200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 456
Votanti 448
Astenuti 8
Maggioranza 225
Hanno votato sì 254
Hanno votato no 194).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Boato 26.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, con
questa modifica della maggioranza sostanzialmente si dà per scontata una
circostanza, che non è affatto vero che debba avvenire, e cioè che un premier
duri tutta la legislatura. Infatti, voi vi limitate a dire che il Presidente
della Repubblica, sulla base dei risultati delle elezioni, nomina il Primo
ministro, dimenticando completamente di disciplinare i casi in cui potrebbero
avvenire sostituzioni nel corso della legislatura (ipotesi che, del resto,
prevedete anche voi nel disciplinare i poteri del Presidente della Repubblica,
e cioè le ipotesi di dimissioni, impedimento permanente, nonché le altre
ipotesi previste proprio dall'articolo 88 della Costituzione).
L'emendamento da noi proposto diventa ancora più importante dopo il pasticcio
fatto dalla maggioranza nel bocciare l'articolo 24 della riforma, che oggi
porta la stessa maggioranza a presentare un emendamento correttivo.
Tutto ciò è malamente armonizzato: il coordinamento tra le norme sul Presidente
della Repubblica e sui suoi poteri - segnatamente gli articoli 87, 88 e 92 -
non è ben effettuato.
Con l'emendamento Boato 26.9 cerchiamo di porre rimedio al vuoto che state
creando.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Boato 26.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 448
Votanti 445
Astenuti 3
Maggioranza 223
Hanno votato sì 188
Hanno votato no 257).
Prendo atto che gli
onorevoli Rotondi e Nicotra non sono riusciti a votare.
Passiamo alla votazione dell'articolo 26.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosso. Ne ha
facoltà.
ROBERTO
ROSSO. Cari colleghi
dell'opposizione, comprendo la vostra esigenza, in vista delle prossime tornate
elettorali, di ricostruirvi una credibile immagine di oppositori di fronte ai
vostri elettori, ai vostri «girotondi» ed al vostro stesso leader, il
quale vi ha recentemente bacchettati (Commenti dei deputati del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo). Ma le «vergini ricucite» non hanno mai
goduto di grande credibilità e di vasto mercato; perciò, considerata l'inanità
dello sforzo, sarebbe davvero bello ed utile che il dibattito in corso in
quest'aula recuperasse, pur nel contrasto radicale delle posizioni, un filo di
razionalità e di obiettività. A tal fine, occorre partire da alcuni dati
davvero inoppugnabili.
È indubitabile, ad esempio, che l'articolo 26, così come modificato,
salvaguarda la nuova posizione attribuita al premier eletto nei confronti
della Camera dei deputati; tuttavia, è altrettanto indubitabile che, grazie
agli emendamenti approvati, esso riequilibra in modo significativo a favore
della maggioranza parlamentare emersa dalle elezioni il ruolo del premier
medesimo.
In tal modo, la maggioranza dimostra, da un lato, di volere assumere il modello
di premierato lasciatoci in eredità proprio da voi, colleghi della sinistra -
intendo dire dalla vecchia Commissione bicamerale presieduta dall'onorevole
D'Alema -, e, dall'altro, di volerne stemperare quelle forzature leadearistiche
che voi oggi lamentate, ma che proprio voi della sinistra avevate voluto
imprimere al premier, rendendolo (nella vostra vecchia formulazione)
assolutamente insostituibile. Oggi, invece, si consente alla maggioranza uscita
dalle urne di sostituire il proprio leader, ma a due condizioni precise:
che non lo si faccia con i trasformismi di cui, nel 1998, si avvantaggiò la
sinistra (ne fu protagonista, allora, l'onorevole Mastella, alla faccia del
povero Prodi!) e, inoltre, che si impedisca ad un Capo dello Stato il quale,
come Oscar Luigi Scalfaro, si rivelasse troppo partigiano di una sola fazione,
anziché garante di tutti, di stravolgere la volontà popolare emersa dalle
elezioni.
In altre parole, abbiamo fatto tesoro dei vostri errori passati - e delle
vostre esplicite ammissioni di colpa - e vi vogliamo impedire, cari colleghi
della sinistra, di ripetere qualcosa di cui, peraltro, vi siete già pentiti
pubblicamente.
Dovreste anche compiacervi che si sia ripristinata la possibilità di ricorrere
ad un sistema elettorale con liste di partito e con risultato proporzionato al
numero dei consensi ottenuti. Chi, in tutti questi anni, ci ha ossessionati
imputando a Berlusconi tentazioni egemoniche - così avete detto - e simpatie
plebiscitarie, dovrebbe rallegrarsi del fatto che proprio questa maggioranza,
grazie all'emendamento Vito 26.200, consenta una rivalutazione del ruolo, delle
funzioni e delle specificità dei partiti in seno alla coalizione che si candida
a governare il paese.
Invece, no! Forse perché, colleghi della sinistra, mentre noi ci apprestiamo a
ricostruire, pur se con arnesi talvolta spuntati, una democrazia di metodo
liberale e di rappresentanza popolare, sulle ceneri di quella che Tangentopoli
aveva seppellito, voi vi affaccendate, fuori da quest'aula - al seguito di un leader
che, anche recentemente (l'ha ricordato l'onorevole Lucchese), pur dopo esserne
stato richiesto dall'onorevole Rutelli, ha reso noto di non volere lavorare,
oggi, all'interno di quest'aula, all'insegna, evidentemente, del principio per
cui egli disprezza ciò che non comanda -, a sciogliere la ricchezza delle
vostre culture e delle vostre appartenenze politiche nell'indistinto del solo
ed unico leader, Romano Prodi, il quale vorrebbe applicare al vostro
mondo ed alle vostre compagini una omologazione ben più forte e ben più
soffocante di quella che contestate nella nostra attenuata riforma
costituzionale.
Ho ascoltato tante critiche in questi giorni e, poiché la verità non sta mai da
una parte sola, anch'io posso condividerne alcune. Posso condividere - è stato
espresso ieri - il giudizio sulla farraginosità dell'articolo che disciplina il
processo di formazione delle leggi e sul lessico un po' cacofonico. Ma,
d'altronde, siamo seri. Voi, che nella scorsa legislatura non riusciste neanche
a varare il Senato federale, lasciando la riforma costituzionale incompiuta,
davvero avreste potuto ottenere dai senatori qualcosa in più del testo che,
faticosamente, è stato qui formulato?
Qualcuno di voi - ieri l'onorevole Maccanico e, ancor prima, l'onorevole
Violante - ha ricordato che tutto questo non sarebbe accaduto e che i senatori
non avrebbero avuto un simile potere di condizionamento se si fosse ricorsi
all'Assemblea costituente. È vero. Ma con quale coerenza, onorevole Maccanico,
che vedo in aula, con quale coerenza, onorevole Violante, che non vedo in aula,
con quale faccia tosta oggi riuscite a muovere quest'obiezione, voi che, nella
scorsa legislatura, vi rifiutaste di indire quella stessa Assemblea costituente
che inutilmente, per cinque anni, continuammo a richiedere?
PRESIDENTE. Onorevole Rosso, il tempo a sua disposizione è trascorso abbondantemente...
ROBERTO
ROSSO. Sto per concludere,
Presidente.
Un collega dell'opposizione, l'onorevole Alfonso Gianni, recentemente, ha
ricordato l'aforisma di Churchill sulla democrazia, il minore di tutti i mali.
Ascoltando in questi giorni le vostre considerazioni, devo confessare che ho
pensato di ribaltarlo sulla mia parte politica nei confronti della vostra.
Infatti, benché talvolta abbia avuto il pensiero, spero non insolente, di
appuntare rilievi critici e pur avendo iniziato la discussione sul testo di
riforma con taluni dubbi e qualche perplessità, devo riconoscere a me stesso e
ai miei amici di partito e di coalizione che questa casa politica, la nostra
casa politica, potrà pur lamentare qualche acciacco, ma, vivaddio, si è messa
in confronto con la Babele del vostro linguaggio e degli vostri comportamenti.
Dunque, può ben vantarsi di chiamarsi e di mostrarsi la Casa delle libertà (Applausi
dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale -
Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA. Signor
Presidente, vorrei riportare il dibattito sulle questioni di merito attinenti
alla modifica della Costituzione.
Esprimeremo un voto contrario sull'articolo in esame, perché è uno di quegli
articoli che realizza una sterminata concentrazione di poteri nelle mani di una
sola persona, configurando davvero il potere assoluto del Primo ministro.
Come per tutti gli aspetti e tutti i settori di questa riforma, vi sono anche
qui contraddizioni ed incoerenze. La prima è nel primo comma che afferma una
cosa non vera. Non sarà più vero che il Governo è composto dal Presidente del
Consiglio - dal Primo ministro, come si chiamerà da adesso in poi con questa
riforma - e dai ministri. Non vi sarà più questa collegialità, perché questa
riforma, nel successivo articolo 29, parla di un Primo ministro che determina,
lui solo, la politica generale di Governo: la politica del Governo apparterrà
al solo Capo del Governo. In questo progetto è scomparsa la collegialità.
La sorte del Parlamento è rimessa, più che alla sorte politica del Primo
ministro, ad una serie di circostanze che riguardano anche le vicende personali
del Primo ministro: la morte, le malattie, l'impedimento, le dimissioni
volontarie e le dimissioni obbligate per sfiducia, salvo un'eccezione assai
macchinosa.
Si tratta, colleghi, di una serie di automatismi, meccanicamente esasperati e
spinti al parossismo, che sfiorano l'inverosimile e provocheranno effetti non
voluti. Sono poste limitazioni, strettoie, percorsi obbligati alla vita delle
istituzioni che contrastano con la duttilità e la capacità di adattamento
proprie delle norme costituzionali, per far fronte alle diverse situazioni che
si presenteranno loro nel corso del tempo.
Si sostiene, Presidente, come noto, da tanto tempo e di continuo, che il
mercato deve essere libero da lacci e lacciuoli, che occorre avere istituzioni
moderne e agili, e poi si vogliono mettere alla politica, alla vita delle
istituzioni, briglie e steccati, lacci e lacciuoli. Un esempio è in questo
articolo, nel combinato disposto del terzo e quarto comma. È stato previsto,
nell'ultimo comma, che in caso di dimissioni del Primo ministro può esserne
nominato un altro dal Capo dello Stato, purché vi sia una mozione sottoscritta
dalla maggioranza assoluta della Camera, che corrisponda alla maggioranza
espressa dalle elezioni. Ebbene, questo significa che, se le elezioni non
attribuissero una maggioranza assoluta allo schieramento più forte - cosa
possibile sempre, con qualunque sistema elettorale democratico -, il Capo dello
Stato non potrà far costituire alcun Governo ma dovrà sciogliere la Camera e
far ripetere subito le elezioni. Infatti, il quarto comma introduce la regola,
vincolante, perché così è formulata, che non può esistere una maggioranza
parlamentare di governo che non sia maggioranza assoluta in Parlamento e che
non coincida appieno con quella espressa dalle elezioni.
Nessun sistema elettorale, Presidente, colleghi, può imporre una maggioranza
assoluta, perché questo lo decidono gli elettori con i loro voti, liberamente,
tanto che nel secondo comma avete scritto, colleghi di maggioranza, che la
legge elettorale deve favorire il formarsi una maggioranza. Questo vuol dire
che è possibile che lo schieramento più forte non raggiunga la maggioranza
assoluta, ma in tal caso, per effetto di questo quarto comma e del criterio
dissennato in esso inserito, occorrerà ripetere subito le elezioni.
Questo è un effetto degli automatismi che avete introdotto, di questi
parossistici meccanismi automatici, che mettono lacci e lacciuoli alla vita
delle istituzioni. Ma vi sembra, colleghi, che si possa dar vita a norme di
questo genere, su fattispecie così complesse, con tanta leggerezza? Non credo
che ciò sia giusto. Si tratta della Costituzione! Ancora una volta vi invitiamo
a riflettere (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo,
dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e
Misto-socialisti democratici italiani)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO
GIANNI. Signor Presidente, noi
siamo contrari al testo proposto dalla maggioranza dell'articolo 26, su cui,
secondo me, anche un mediocre italianista potrebbe sollevare una obiezione
formale. Ma questo lo lascio ai posteri.
Le ragioni della contrarietà sono sostanzialmente, dal mio punto di vista,
riassumibili in tre questioni.
La prima è l'idea, importata in modo sgangherato dal modello anglosassone, di
una elezione diretta del premier senza avere il coraggio di dirlo
esplicitamente e, quindi, attraverso il meccanismo più o meno surrettizio del
collegamento alle liste.
La seconda - e qui, a mio parere, c'è un clamoroso errore anche di italiano, ma
affari vostri! - è il fatto che si voglia costituzionalizzare, senza avere il
coraggio di farlo fino in fondo, la materia elettorale, che attualmente è
ordinata con legge ordinaria, con una espressione estremamente ambigua e
imprecisa, aperta a più soluzioni. Che significa favorire la formazione di una
maggioranza? Significa che la legge è perfettamente proporzionale e che poi
semplicemente vi è un premio di maggioranza? In che misura è previsto questo
premio di maggioranza? Perché la misura fa la qualità, in questo caso, come lei
ben sa, Presidente. Infatti, se l'asso piglia tutto, allora cambia
completamente la qualità della legge elettorale. O si favorisce un'espressione
generica, semplicemente perché si sa che più elettori partecipano più è
statisticamente - e lei se ne intende - improbabile che i risultati dei due
schieramenti...
PRESIDENTE. La quantità fa qualità! Se vuole citare Engels...
ALFONSO
GIANNI. Si, è quello che ho
detto! Può anche avvenire il contrario, naturalmente, perché il concetto di
qualità è «avalutativo», cioè non dice se è qualità negativa o positiva.
Significa favorire il fenomeno per cui più gente si reca a votare, più è
improbabile che si determini una parità di risultati, come statisticamente
risulta. Infatti, la tendenziale parificazione dei risultati avviene in
elezioni bipolari cui partecipa meno della maggioranza degli elettori, come è
avvenuto, in effetti, nel caso americano (e speriamo che ciò non si ripeta il 2
novembre prossimo). Insomma, è tutto ambiguo, è tutto un pasticcio!
Quando poi si prevede, nel testo dell'articolo in esame, che la legge
disciplina l'elezione dei deputati in modo da favorire la formazione di una
maggioranza collegata «al candidato» alla carica di Primo ministro, vorrei
osservare che, in italiano, ciò significa che il candidato è uno solo - e non
sono più due -, cui la maggioranza si collega successivamente.
Ciò a meno che non si scriva che la maggioranza è collegata «a un candidato», o
si precisi che si tratta della maggioranza «collegata al Primo ministro». Si
tratta, tuttavia, di annotazioni formali: si arrangeranno coloro che dovranno
successivamente controfirmare questo disegno di legge costituzionale! Basta
leggere, onorevoli colleghi: l'italiano non è ancora del tutto un'opinione!
Dicevo prima al ministro Calderoli che glielo posso tradurre anche in milanese,
ma l'errore rimane tale e quale come prima! Infatti, è sbagliato in tutti i
dialetti, compresa la lingua italiana!
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, concluda!
ALFONSO
GIANNI. La terza ragione della
nostra contrarietà, che abbiamo già espresso - e concludo, signor Presidente -,
è rappresentata dal fatto che il ruolo del Presidente della Repubblica viene
semplicemente ridotto ad una funzione puramente notarile, poiché egli non deve
fare altro che riscontrare - come se fosse una commissione di verifica
elettorale - i risultati delle elezioni.
Da tale sistema non è emersa alcuna stabilità: è stato statisticamente provato
e storicamente accertato, infatti, che più si rendono complessi i vari passaggi
istituzionali, meno stabilità politica si ottiene. Ciò perché la stabilità della
maggioranza è il risultato solamente di una egemonia politica, e non avviene né
per verbo costituzionale, né per legge ordinaria, né tanto meno per
decreto-legge.
Il premierato assoluto e «sgangherato» produrrà instabilità e rissosità,
anziché ottenere il risultato virtuoso che vi prefissate: è questo il motivo
per cui preannunzio la nostra contrarietà all'articolo in esame (Applausi
dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA.
Signor Presidente, nell'ambito della tradizione politica alla quale mi onoro di
appartenere - quella del Partito d'azione prima e del Partito repubblicano
italiano dopo - hanno sempre convissuto idee e modelli diversi in ordine alla
forma di Stato ed alla forma di governo. Infatti, uomini come Piero
Calamandrei, Leo Valiani e Randolfo Pacciardi erano presidenzialisti convinti,
mentre altri, come Oronzo Reale, mio padre Ugo La Malfa e Bruno Visentini,
furono sempre a favore di un sistema parlamentare; ricordo che Tommaso Perassi
era repubblicano e che difese la forma parlamentare chiedendo, attraverso un
ordine del giorno, che venisse rafforzata.
Affermo ciò per rilevare che per noi sarebbe stato possibile essere favorevoli
all'una o all'altra soluzione; vorrei ricordare, al riguardo, che nel 1992 io
stesso avanzai la proposta dell'elezione diretta del Primo ministro. Ma tale
impostazione presuppone di restituire al Parlamento l'indipendenza di giudizio,
e dunque implica l'impossibilità di sciogliere le Camere ed anche la
possibilità che l'elezione del Parlamento si svolga in un diverso periodo
temporale (come avviene, ad esempio, negli Stati Uniti).
Pertanto, avremmo potuto e potremmo ancora aderire ad un'impostazione - che, ad
esempio, i colleghi del gruppo di Alleanza nazionale hanno sempre privilegiato
- che punti all'elezione diretta del Capo dell'esecutivo, ma a condizione di
restituire al Parlamento una forma dialettica; potremmo altresì aderire alla ipotesi,
elaborata dall'onorevole Maccanico e da altri nel corso degli anni, di
realizzare un rafforzamento del Governo in Parlamento, sulla base
dell'impostazione tedesca.
Ciò che non consente di votare a favore dell'articolo in esame, onorevoli
colleghi, e che dunque, probabilmente, non mi consentirà di votare a favore
dell'intero disegno di legge costituzionale è la commistione tra il sistema
parlamentare e quello presidenziale. Mi rivolgo ai colleghi della maggioranza,
perché il fatto che un partito della coalizione debba prendere le distanze da
un'impostazione così importante costituisce una «rottura» non marginale.
Onorevole Rosso, vorrei dirle che, se vogliamo scrivere una Costituzione che
risponda non a quanto hanno fatto o non hanno fatto il Presidente Scalfaro,
l'onorevole Mastella, il Presidente Berlusconi o il Presidente Prodi, ma alle
esigenze degli italiani tra trenta o quarant'anni (quando può darsi che
ciascuno di noi non ci sarà più), tale commistione non è accettabile!
Non vorrei, quindi, che scrivessimo una Costituzione dettata dalle contingenze
politiche, mentre la vigente Costituzione ha resistito alle contingenze
politiche per cinquant'anni.
La seconda obiezione è quella che ho rivolto al presidente Bruno - e che non ha
ricevuto risposta -: non possiamo avere una forma di governo che dipende, per
la sua individuazione, da una legge ordinaria. Con una legge ordinaria di tipo
elettorale, si arriva ad una forma di governo quale quella delineata
nell'articolo 26 del provvedimento; se non vi è un'azione del Parlamento, si
torna alla forma di governo precedente. Non si può dettare una forma di governo
che è assoggettata, nella sua realizzazione, ad una Costituzione «doppia», che
afferma che vi sarà tale forma di governo.
Per tali motivi, debbo astenermi su quest'articolo e, probabilmente, annuncerò
il voto di astensione anche sulla votazione finale del provvedimento (Applausi
dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani e del deputato Burani
Procaccini).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando si effettua la scelta di affidare tutto il potere nelle mani di un uomo solo, si corrono alcuni rischi: li corre il Governo, la maggioranza, il Parlamento e l'intero paese.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 12,10).
CARLO
LEONI. È di poco più di
un'ora fa la notizia che l'Avvocato generale della Corte di giustizia
dell'Unione europea ha bocciato la nuova normativa italiana sul falso in
bilancio, nelle sue conclusioni dinanzi alla Corte. Ci avete fatto fare
l'ennesima brutta figura, con le vostre leggi, di fronte all'Europa e di fronte
al mondo!
La critica che abbiamo rivolto a questa vostra disciplina sul Primo ministro è
stata anche con riferimento alla rigidità della norma: quei lacci e lacciuoli
sulle istituzioni di cui parlava, poco fa, il collega Mattarella.
Alcuni degli articoli di questa proposta di legge sono scritti come fossero
regolamenti parlamentari, allo scopo di rappresentare, fin nel dettaglio, gli
equilibri politici all'interno della maggioranza, alla data odierna, 14 ottobre
2004. Oggi pomeriggio, quando probabilmente inizieremo a parlare di norme
transitorie, ci accorgeremo che questa legge - così rigida e dettagliata -,
nella sua gran parte, potrà entrare in vigore nel 2016. Ci separano dodici anni
dal 2016. Dodici anni, nel mondo odierno, sono un'«epoca storica»: è la stessa
distanza temporale che ci separa oggi dal 1992. Così come dal 1992 ad oggi, da
oggi al 2016, cambierà totalmente lo scenario politico. Avremo, probabilmente,
nuove forze politiche, un processo di integrazione dell'Unione europea ancora
più avanzato, saranno ancora più avanzati - e speriamo non nel modo in cui stanno
procedendo oggi - i processi di globalizzazione e, qualcuno, nel 2016, quando
si assisterà all'entrata in vigore di questa riforma costituzionale, si troverà
di fronte norme quali «una o più liste di candidati» o «favorire la formazione
di una maggioranza».
Questa legge, dunque, non ha un futuro, e non solo perché se voi l'approvate i
cittadini italiani la bocceranno con un referendum, ma perché, da qui a poco
tempo, essa sarà archeologia, anche per il modo in cui voi l'avete costruita.
Pensare di ingabbiare, con questi lacci e con queste rigidità, il sistema
politico non è solo un errore in sé, ma lo é anche perché si compie una scelta
non lungimirante: si pensa di ingabbiare la situazione odierna, soprattutto
delle relazioni politiche tra la vostra attuale maggioranza, in questo momento
politico, e di fissare la situazione politica ed il processo storico anche per
gli anni a venire. Questa è la legge che voi state approvando (Applausi dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.
VINCENZO NESPOLI.
Signor Presidente, noi votiamo convintamente a favore di quest'articolo, perché
- per quanto ci riguarda - esso è parte fondamentale di un percorso politico
che, in grande coerenza, ci vede oggi modificare la Costituzione, non solo e
non tanto rispetto a proposte che abbiamo sempre sostenuto nel tempo, ma
soprattutto perché tali proposte sono ora unanimemente accettate dal popolo
italiano e sono nella coscienza delle persone.
Quindi, riteniamo giusto continuare a sostenere questa modifica costituzionale,
che porta ad una uniformità dei modelli gestionali, partendo dal sistema delle
autonomie locali, passando per le regioni ed arrivando al Governo della
nazione.
L'attuale situazione politica è frutto di una legge elettorale imposta ai
partiti da un referendum popolare. Vi fu una rottura fra il cittadino elettore
e i partiti. Il popolo italiano, attraverso un referendum, impose una legge
elettorale che ha introdotto nella politica italiana e nelle istituzioni il
concetto del maggioritario e del bipolarismo. Non è stata una scelta che le
forze politiche hanno portato avanti con coscienza.
Oggi, invece, assistiamo ad un processo in cui una maggioranza consapevole, in
applicazione dell'articolo 138 della Costituzione (quale altro meccanismo
poteva essere ipotizzato, visti i fallimenti degli anni passati e considerato
il tempo perduto per ammodernare il nostro modello costituzionale?) si appresta
a modificare e ad introdurre nella Costituzione ciò che l'Italia vuole:
decidere chi governa! Rispetto a questa voglia che nasce dal basso, la difesa
di sistemi passati e la difesa del diritto costituzionale comparato - come se
noi dovessimo per forza di cose riferirci a questo o a quel modello
costituzionale vigente altrove, e non pensare a un modello italiano - ci vede
tiepidi...
PRESIDENTE. Onorevole Nespoli...
VINCENZO NESPOLI. Concludo, signor Presidente. In questo modo, riteniamo, invece, di introdurre un moderno ed agile sistema costituzionale attraverso il quale si decide chi governa. Ci ha meravigliato non poco l'intervento del collega Mattarella, studioso dei sistemi elettorali. Certamente, con l'introduzione di questo articolo si collega il candidato premier ad una maggioranza parlamentare ed è chiaro che la legge elettorale di attuazione dovrà tener conto di questo dato. Abbiamo compiuto tale scelta, che - lo ripeto - va in sintonia con i desiderata del popolo italiano. E lo confermerà il referendum: anche su questo vi sfidiamo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.
MARCELLO
PACINI. Signor Presidente,
riducendo ai minimi termini il mio ragionamento, credo che, con l'approvazione
di questa norma e l'introduzione del premierato, si vogliano ottenere due
risultati: assicurare la stabilità ed enfatizzare il rapporto diretto con gli
elettori. A mio parere, queste due esigenze sono perfettamente coerenti e sono,
anzi, il momento culminante di una cultura politica ampiamente condivisa anche
dalla sinistra, che è emersa a partire dalla seconda metà degli anni novanta.
Il rafforzamento degli esecutivi è avvenuto a tutti i livelli della Repubblica.
Il rafforzamento del rapporto con gli elettori si è manifestato attraverso
l'enfasi posta sul referendum, qualche volta addirittura, a mio parere, con
norme eccessivamente favorevoli, quali quella introdotta all'articolo 123, che
non prevede alcun quorum.
Mi rendo conto che si pongono due domande che rappresentano anche due
preoccupazioni, tra cui quella già richiamata, sul fatto che ci allontaniamo
dal Montesquieu. Ritengo che - il collega Acquarone converrà con me - ormai
quello del Montesquieu, in una società mediatizzata, tecnicizzata e
globalizzata, sia un riferimento cui siamo molto affezionati, ma retorico.
Bisogna andare molto più in profondità proprio per realizzare le finalità di
Montesquieu.
Concludo, facendo un esempio e dando un suggerimento: esiste certamente il
problema di ripensare il ruolo delle Assemblee per collocarle nuovamente al
centro dell'attenzione e della stima degli italiani. Credo che ciò coinvolga
anche la Camera dei deputati.
Tornando alla vecchia professione, mi permetto di dare un suggerimento al
Presidente della Camera: nei prossimi anni dovremo affrontare il problema di
riformulare il rapporto tra la Camera e la nuova forma di governo. Già esiste
questo problema, perché mi pare che questa Camera debba definire i suoi rapporti
fra i lavori in Assemblea e quelli delle Commissioni, tanto per fare un
esempio. Siccome le riforme vengono bene quando c'è una cultura condivisa da
tutti, mi permetto di suggerire al Presidente della Camera di incaricare la
Fondazione della Camera dei deputati, un organo terzo, di dedicare le sue
risorse non soltanto e sempre ad esaltare, giustamente, ciò che è accaduto nel
passato, ma anche a fare dei programmi, con la sua autorevole terzietà, per
capire come la Camera possa esercitare al meglio, nella nuova società non
globalizzata e terziarizzata, le sue funzioni legislative e di controllo
dell'attività dell'esecutivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.
DOMENICO PAPPATERRA. A
nome dei Socialisti democratici preannuncio il voto contrario sull'articolo 26,
per diverse ragioni, alcune delle quali abbiamo già illustrato nel corso
dell'esame degli emendamenti.
A nostro avviso, questa nuova forma di Governo proposta dalla maggioranza
individua nel premier il centro di gravità del sistema a cui riconduce
tutti i poteri, soprattutto quelli di direzione della maggioranza, con un ruolo
egemone e autosufficiente che viene utilizzato - è stato detto anche qui -
persino contro la maggioranza stessa, perché essa è costretta a sottostare ad
un premier scelto in campagna elettorale anche quando viene meno il
rapporto di fiducia. Insomma, si vuole conferire al premier un potere di
vita o di morte sul Parlamento e sulla stessa maggioranza scelta dal corpo elettorale.
Tutto questo per noi è assolutamente inconcepibile. Un Primo ministro così
concepito non costituisce un tipo di Governo riconducibile al modello
parlamentare - lo diceva anche prima l'onorevole La Malfa - che, pur
presentando nei suoi diversi aspetti e in tutti i paesi differenze di
funzionamento, però si fonda comunque sul principio dell'autonomia politica tra
il Governo e la sua maggioranza. Questa forma, signor Presidente, sarebbe una
forma di Governo del Primo ministro sui generis che è stata adattata
alla realtà italiana, costruita su misura per l'attuale Capo del Governo.
Questo modello che si vuole approvare...
PRESIDENTE. Onorevole Pappaterra...
DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente, noi abbiamo ancora tempo...
PRESIDENTE. Ha ragione. Continui pure.
DOMENICO PAPPATERRA.
Questo modello che si vuole approvare, infatti, è molto lontano da altre
esperienze, perché persino nella gran Bretagna c'è stata la possibilità di
sostituire il premier quando è venuto meno il rapporto di fiducia tra la
sua maggioranza e lo stesso leader. Qui, invece, si va verso una deriva
e un'esperienza, come quella israeliana, che va espressamente verso un
Presidente che ha nelle sue mani il potere di scioglimento. Anche lì stanno
ripensando molto a questa scelta che hanno compiuto.
L'altro elemento che volevo aggiungere - che è stato sottolineato per ultimo
dal collega Lettieri, che ne ha parlato poc'anzi e la cui valutazione ritengo
giusta - è il seguente: se diamo uno sguardo a ciò che accade nel variegato mondo
delle autonomie locali e delle stesse regioni, ci rendiamo conto che questa
proposta di riforma, se venisse approvata, anche su questo fronte avrebbe degli
effetti assolutamente dirompenti.
Lì vi sono l'elezione diretta, il concentramento del potere nelle mani
dell'esecutivo e dei suoi governatori, sindaci o presidenti, e una forte
compressione delle assemblee elettive (ormai i consigli comunali, provinciali e
regionali sono ridotti ad un rango costituzionale di basso profilo). Questi
governatori che ormai personalizzano le loro funzioni non hanno garantito né
stabilità né capacità di Governo.
Riteniamo che anche questa scelta, se venisse compiuta, non garantirà né
stabilità né capacità di Governo, ma risponderà esclusivamente alla logica di
dare maggiori poteri in capo ad una sola persona con l'idea che questa riforma
valga per la fase attuale e non, come dovrebbe essere, per tanti prossimi anni (Applausi
dei deputati del gruppo Misto-socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cento, al quale ricordo che ha due minuti a disposizione. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, credo che la mia componente abbia ancora tempo...
PRESIDENTE. No, onorevole Cento, anzi il mio è un atto di liberalità...
PIER PAOLO CENTO. I
deputati Verdi voteranno contro l'articolo 26, che credo caratterizzi in
maniera significativa e negativa questa riforma costituzionale. Tale articolo
definisce ruoli e poteri del premier in maniera confusionaria ed equivoca,
tenendo però ben chiaro un quadro di riferimento: la trasformazione del nostro
da un sistema parlamentare ad un sistema fortemente caratterizzato dai poteri
del premier, fuori da una dialettica parlamentare democratica e
rappresentativa delle pluralità e della complessità del corpo elettorale.
Il premier assume poteri che erano propri - e bene abbiamo fatto a
condurre, in sede di esame degli articoli precedenti, una rigorosa battaglia in
proposito - del Presidente della Repubblica, che in questa nuova normativa non
è più il punto di equilibrio del nostro sistema costituzionale, ma viene
ridotto ad un notabile di scelte e di equilibri politici.
Noi abbiamo un'idea contrapposta della Costituzione e dell'equilibrio tra i
diversi poteri. Certamente, il Governo ed il premier sono espressione
della capacità di una parte politica di essere maggioranza. Tuttavia, quando il
premier assume le funzioni autoritarie tipiche di un sistema non lineare
rispetto alla storia della nostra Costituzione e della nostra Repubblica,
dobbiamo esprimere non solo preoccupazioni ma forti contrarietà.
Siamo convinti - e accettiamo la sfida che anche negli interventi precedenti veniva lanciata sul referendum - che i cittadini sapranno scegliere, nel momento in cui dovranno pronunciarsi su tale riforma costituzionale, il sistema che meglio garantisce il pluralismo, la rappresentatività democratica ed anche la funzionalità dei Governi in un equilibrio costante con gli altri poteri dello Stato. Il cosiddetto premierato, che in maniera confusionaria traccia un'identità autoritaria della nuova Costituzione, sarà uno dei terreni della mobilitazione e della battaglia referendaria che condurremo con rigore e con convinzione nel paese quando tale proposta sarà approvata dal Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, l'onorevole Pacini - che, per la verità, è una delle poche
voci serie ed intelligenti che ho ascoltato dai banchi della maggioranza -
ritiene che Montesquieu sia datato e superato. Vede, onorevole Pacini, ritengo
che, forse ancora più antico nel tempo, ma meno datato sia Rousseau, laddove
dice che un sistema con il quale si attribuiscono i poteri, pure in via
democratica, ad una persona sola dà vita ad uno Stato in cui il popolo è
sovrano il giorno delle elezioni e poi è suddito per cinque anni. Se è datato
Montesquieu è anche datato il bonapartismo, ma sempre si ripetono. Vi è sempre
il rischio che chi è dotato di troppi poteri senza un contrappeso possa
abusarne, e l'esperienza del secolo scorso ce ne dà atto.
Quindi, la tesi di un Governo stabile è condivisa, ma a fronte di un Governo
stabile è nostro convincimento che debba esservi un Parlamento autorevole.
Questa riforma pasticciata - me ne darà atto - e piena di compromessi, a fronte
di un Presidente troppo forte, contrappone un Parlamento troppo debole. Queste
sono le ragioni del mio personale - e credo di tutta la mia componente politica
- dissenso rispetto all'articolo 26.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
26, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 445
Astenuti 4
Maggioranza 223
Hanno votato sì 252
Hanno votato no 193).
Prendo atto che
l'onorevole Antonio Pepe ha erroneamente espresso un voto contrario, mentre
avrebbe voluto esprimerne uno favorevole. Prendo altresì atto che l'onorevole
Cardinale ha erroneamente espresso un voto favorevole, mentre avrebbe voluto
esprimerne uno contrario.
A seguito dell'approvazione dell'articolo 26, il Presidente del Consiglio
assume la denominazione di Primo ministro. Per tale ragione tutte le ulteriori
proposte emendative presentate al testo in esame che, riferendosi al Primo
ministro, lo denominano diversamente, affinché possano essere messe in
votazione, devono intendersi riformulate utilizzando la denominazione «Primo
ministro», al fine di tenere in considerazione la determinazione assunta dalla
Camera con questo voto.
ALFONSO GIANNI. Per Silvio Berlusconi...!
PRESIDENTE. Lasciamo perdere Berlusconi! Il problema non riguarda il Presidente del Consiglio di oggi, bensì il Presidente del Consiglio di domani!
DONATO BRUNO, Relatore. Di dopodomani, Presidente!
(Esame dell'articolo 27 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 27 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della
Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione esprime parere...
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, il collega Marone aveva chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 27!
PRESIDENTE. Mi dispiace, ma non me ne ero accorto. Comunque va bene, darò la parola all'onorevole Marone. Lei sa che avete esaurito i tempi (Commenti del deputato Ruzzante)?
ROBERTO ALBONI. Non fare l'arrogante!
PRESIDENTE.
Mi consenta, onorevole Ruzzante, non è dolo! Al massimo, è colpa!
Ha chiesto di parlare l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Il nostro emendamento
all'articolo 27 è abbastanza corposo. Crediamo infatti che, nella vostra fretta
di costruire i poteri del premier e nella vostra fretta di esautorare un
po' anche la funzione del Parlamento, abbiate dimenticato parecchie cose.
Leggendo infatti il vostro articolo 26 ed il successivo articolo 28, ci
rendiamo conto che sono stati certamente omessi alcuni passaggi,
nell'individuazione del procedimento che deve portare alla nomina del Primo
ministro ed anche al suo giuramento. Nell'attuale ordinamento, tutto ciò
avviene in una combinazione di passaggi, che vede prima l'intervento del
Presidente della Repubblica, poi il giuramento, infine la fiducia concessa da
parte della Camera dei deputati. L'attuale previsione costituzionale serve a
sancire e a garantire che i poteri del Primo ministro derivino da più organi:
dal Presidente della Repubblica, che nomina il Primo ministro, e dal
Parlamento, che gli accorda la fiducia. Vi è poi il giuramento, che il Primo
ministro e i ministri fanno nelle mani del Presidente della Repubblica.
Nella vostra costruzione, non so se per dimenticanza o per scelta politica -
vorrei sperare nella prima ipotesi! -, viene meno in modo significativo il
ruolo del Parlamento, perché voi ovviamente date grande risalto, come è giusto
che sia, all'indicazione del voto popolare. Avete inoltre svuotato
completamente la discrezionalità del Presidente della Repubblica nella nomina
del Primo ministro e nella sua sostituzione; di ciò abbiamo discusso a lungo,
quando abbiamo esaminato i poteri di cui agli articoli 88 e 89 della
Costituzione (sostanzialmente il Presidente della Repubblica è stato privato di
tutti i suoi poteri, diventando semplicemente un esecutore di una serie di
attività). Oggi però emerge, nell'articolo 28, primo comma (da qui la necessità
di una nostra proposta emendativa), che se è vero che proponete comunque un
passaggio parlamentare del Primo ministro, tuttavia non chiarite le conseguenze
del voto sul programma, perché dite semplicemente che la Camera dei deputati si
esprime con un voto sul programma.
È chiaro che, politicamente, non cambierà molto, perché se vi fosse un voto
contrario, non credo che il premier potrebbe rimanere in carica, ma è
indicativo che voi eliminate il ruolo fondamentale del Parlamento nel
procedimento, mentre vi affidate alla volontà popolare e ai poteri del premier.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Signor Presidente,
credo davvero che con questo articolo e con quelli precedenti sulla forma di
governo, sul ruolo del Presidente della Repubblica, ma anche sulla devoluzione,
si stia definendo, ormai in modo chiaro, l'impianto di questo testo di
controriforma. È una controriforma costituzionale che non c'entra più niente
con l'idea del cosiddetto buon governo dei territori, né tantomeno con
l'efficacia del sistema democratico. Lo abbiamo riscontrato nel corso della
discussione sull'articolo 70 concernente l'attività legislativa, che avrebbe
dovuto fornire una risposta per quanto riguarda il buon governo dei territori,
mentre è venuto fuori un pasticcio che creerà ulteriori conflitti tra Stato e
regioni.
Pertanto, non vi interessa razionalizzare, rendere più efficiente il sistema ed
avvicinare il potere decisionale ai territori ed ai cittadini. Non è questo il
vostro obiettivo!
Il vostro obiettivo, come emerge nell'articolato relativo alla forma di
governo, al Presidente della Repubblica, alla devoluzione, è quello di
smantellare la Costituzione materiale, la nostra Costituzione! È un testo
costituzionalmente eversivo, perché voi siete contro i principi costituzionali:
mi riferisco alla divisione dei poteri e alla Repubblica; la nostra è una
Repubblica democratica, proprio perché basata sulla divisione e sul
bilanciamento dei poteri, e parlamentare. Siete, inoltre, eversivi perché la
seconda parte della Costituzione è certamente collegata alla prima, ma è la
prima che deve condizionare la seconda, mentre voi fate l'operazione inversa (Commenti
del deputato Menia). Smantellando la seconda parte, intervenite
direttamente sulla prima parte della Costituzione, sull'articolo 3, quello
cardine del dettato costituzionale.
Per tale motivo, siamo e vogliamo essere conservatori e non ci immischiamo in
questa ideologia dell'innovazione! Non occorre modernizzare la nostra
Costituzione, perché non è vecchia né superata. Voi la volete cambiare perché
avete un progetto politico costituzionalmente eversivo, mentre, dal punto di
vista sociale, la spinta vera a tale controriforma proviene dalle regioni
forti, che vogliono essere competitive sui mercati internazionali, nonché dai
ceti sociali forti, che vogliono fuoriuscire dal sistema universalistico e di
solidarietà fiscale.
È un assetto autoritario; inoltre, la vostra è una concezione
dell'antipolitica, dell'accentramento dei poteri nelle mani di un premier (dal
potere esecutivo a quello legislativo), che inoltre, guarda caso, ha il potere
politico perché ha prima quello economico.
Non è un caso che non vogliate introdurre nella Costituzione un unico elemento,
quello del conflitto di interessi, dell'incompatibilità tra potere, interesse
economico del premier e la sua funzione.
Voi siete la vergogna del nostro paese! Per questo lanceremo un allarme
democratico (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...
ROBERTO MENIA. Vergognati te!
NINO STRANO. Mitrokhin!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...
MAURA COSSUTTA. Sì, un allarme! È la cultura dell'imprenditore (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, quando avrete terminato, l'onorevole Maura Cossutta potrà continuare il suo intervento (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Ciascuno può parlare!
ROBERTO MENIA. Non si può dire «vergogna»!
MAURA COSSUTTA. Sì, siete una vergogna (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ho sentito ciò che ha detto l'onorevole Maura Cossutta; ha usato un linguaggio che tante volte viene usato anche da altri colleghi. Pertanto, non devo esprimere giudizi, non devo fare la maestrina o il censore. Lasciatela parlare! Prego, onorevole Maura Cossutta.
MAURA
COSSUTTA. Grazie, signor
Presidente, anche perché se vi è un ministro della Repubblica che parla di
«culattoni», io ho ben il diritto di dire che voi siete la vergogna di questo
paese (Applausi polemici dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale -
Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord
Federazione Padana)!
Concludo, signor Presidente, perché, fino a prova contraria, ho la libertà di
esprimere il mio pensiero.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è evidente che, se si vogliono creare incidenti in una fase così delicata, è possibile farlo...! Vi invito a far terminare l'onorevole Maura Cossutta.
MAURA COSSUTTA. Sostengo dunque che questa è la vostra cultura, una cultura autoritaria, una cultura cosiddetta moderna dell'imprenditore che si fa premier. Purtroppo, con questa cultura trasformate il Parlamento in una società per azioni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi atterrò rigidamente all'esame del
testo. Preannuncio il voto contrario sull'articolo 27 per alcuni aspetti in
esso previsti e per un altro che stranamente non c'è.
Con riferimento a quest'ultimo, vi è un errore, a mio avviso, già presente
nella Costituzione vigente e che non ho compreso per quale motivo non si sia
colta l'occasione per correggere. Mentre, per quanto riguarda il giuramento del
Presidente della Repubblica, l'articolo 91 della Costituzione prevede che egli
presti giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza alla Costituzione,
l'articolo 93 diceva allora e ripete oggi che il Presidente del Consiglio dei
ministri e i ministri prestano giuramento nelle mani del Presidente della
Repubblica. Non si precisa giuramento a chi e a che cosa: giurano forse fedeltà
alla moglie? Francamente, ritengo che la ripetizione della formula usata per il
giuramento del Presidente della Repubblica fosse necessaria; dunque, mi sembra
un lapsus che la Commissione potrebbe correggere.
Per quanto concerne invece la contrarietà agli aspetti previsti in tale
articolo, è un po' ridicola l'espressione secondo la quale il Primo ministro si
sottopone al voto di fiducia, in quanto ciò darebbe la sensazione di un
Parlamento autorevole che, viceversa, può essere sciolto dal Presidente del
Consiglio tutte le volte che vuole. Quindi, l'espressione «si sottopone» mi
sembra mal usata.
È vero che il Papa si firma come servus servorum dei - servo dei servi
-, ma non insisto su questo argomento altrimenti l'onorevole Giachetti si
offende!
A mio avviso, è grave aver tolto al Presidente della Repubblica la potestà di
nomina dei ministri. Tutti sono al corrente di un episodio risalente alla
formazione del primo Governo Berlusconi, quando il Presidente della Repubblica
oppose il suo «no» alla nomina a ministro di grazia e giustizia di un nostro
collega che poi ha avuto problemi con la giustizia. Mi auguro che questo
collega - come lo auguro a tutte le persone sottoposte a giudizio - esca
indenne dalle sue vicende giudiziarie ma, ove avesse ricoperto la carica di ministro
della giustizia, non sarebbe stata una cosa molto elegante.
Quindi, riconoscere la potestà di nomina e revoca dei ministri solo al Primo
ministro è un rafforzamento della tesi contro la quale ci battiamo in ogni
momento, vale a dire quella che attribuisce eccessiva forza al Capo del
Governo, a scapito di un Governo che veramente si sottopone al giudizio del
Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR).
PRESIDENTE. Avverto che l'emendamento Mascia 27.1 risulta precluso, limitatamente al primo capoverso, a seguito dell'approvazione dell'articolo 26.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
DONATO
BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, fa piacere ascoltare le dichiarazioni con cui il professor
Acquarone ha criticato l'emendamento Mascia 27.1, firmato anche dagli onorevoli
Bressa e Boato, che credo appartengano al suo gruppo. Infatti, egli ha ammesso
che è scritto male. Questo è uno dei motivi per cui la Commissione è contraria
all'emendamento in oggetto.
Inoltre, abbiamo espresso parere contrario anche perché su tale punto avevamo
intenzione di confermare quanto i precedenti costituenti hanno scritto
all'articolo 93. Pertanto, mi auguro che anche l'onorevole Maura Cossutta, che
ha intenzione di non modificare nulla o quasi nulla, possa esprimere voto
favorevole sull'articolo in esame, in quanto esso lascia invariate - con
l'eccezione delle parole «Primo ministro» - tutte le funzioni che già il
costituente del 1947-1948 aveva previsto.
Ribadisco pertanto il parere contrario sull'emendamento Mascia 27.1.
PRESIDENTE.
Prendo atto che il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 27.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha
facoltà.
GRAZIELLA
MASCIA. Signor Presidente,
l'emendamento in oggetto introduce nel sistema della forma di governo alcuni
importanti elementi di razionalizzazione.
Anzitutto, si crea un collegamento politico tra il candidato alla carica di
Primo ministro, come risulta dalla dichiarazione di collegamento, e il maggior
numero di deputati che risultino eletti nell'ambito delle liste alle quali lo
stesso candidato aveva precedentemente di dichiarato di collegarsi. Vorrei
sottolineare il carattere politico della dichiarazione di collegamento, cosa
diversa dall'indicazione su una scheda, come invece risulta dalla proposta
della maggioranza. Si tratta di una differenza sostanziale.
Tale meccanismo non esime dal punto di vista della responsabilità politica il
candidato a Primo ministro dal sottoporsi al voto di fiducia del Parlamento,
non previsto nella riforma proposta dalla maggioranza.
A nostro avviso, tale passaggio è importante per due ragioni. In primo luogo,
coinvolge aspetti di natura tecnica e giuridica, in quanto dal voto di fiducia
ottenuto dal Parlamento il Governo nella sua interezza si sente investito
formalmente della legittimità all'esercizio delle future azioni esecutive. In
secondo luogo, è ancora più significativo il fatto che il passaggio in sede
parlamentare consente politicamente di verificare, attraverso la presentazione
di un programma di indirizzo politico, la corrispondenza della precedente
dichiarazione di collegamento e formalizza, sotto forma di responsabilità
politica, il rapporto tra la maggioranza e l'espressione che di quella
maggioranza si ha nell'esecutivo.
Naturalmente, il giuramento del Primo ministro e dei ministri nelle mani del
Capo dello Stato rimane invece invariato nella fase procedurale, come elemento
indispensabile per l'assunzione delle funzioni di governo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti...
GIANCLAUDIO BRESSA. No, signor Presidente, avevo già chiesto di parlare.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Bressa. Ha a disposizione un minuto.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, volevo cogliere questa occasione per rispondere alla
raffinatissima sottigliezza stilistica dell'onorevole Rosso che, rivolgendosi
ai deputati del centrosinistra, li ha definiti «vergini ricucite».
È indubbio che lo stile costituente non è acqua, ma effettivamente si tratta di
un'affermazione molto forte. Forse, l'unica cosa davvero da ricucire è la
memoria del collega Rosso. Infatti, non è la prima volta che si ostina ad
argomentare sul fatto che il premierato assoluto è frutto di una nostra
invenzione, all'epoca della Commissione bicamerale. Allora, forse è questa la
volta giusta per mettere la parola fine a queste strumentalizzazioni.
Intanto, occorre ricordare che il testo sul premierato fu bocciato - e quindi
non fu oggetto di discussione presso la Commissione bicamerale - con i voti di
Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega. Quindi, se si deve chiedere
coerenza a qualcuno, probabilmente bisogna chiederla a voi che allora eravate
contrari, mentre adesso siete favorevoli. Certo, non a noi che votammo quella
forma di governo.
NUCCIO CARRARA. C'era una opzione migliore: l'elezione diretta del Presidente!
GIANCLAUDIO BRESSA. Inoltre, esistono differenze sostanziali tra quel modello e quello da voi proposto. Nel testo Salvi, non vi era traccia della questione di fiducia con minaccia di scioglimento. La mozione di sfiducia non era connessa all'automatismo dello scioglimento anticipato, bensì configurata come una mozione di sfiducia costruttiva, simile a quella tedesca e spagnola. È qui la differenza di fondo: quello prefigurato in Commissione bicamerale era un premierato forte; quello da voi proposto, al contrario, è un premierato assoluto.
NUCCIO CARRARA. L'elezione diretta del Presidente della Repubblica cosa era?
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Mascia 27.1, limitatamente alla parte non preclusa, non
accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 438
Astenuti 12
Maggioranza 220
Hanno votato sì 133
Hanno votato no 305).
Prendo atto che
l'onorevole Degennaro ha espresso erroneamente voto favorevole ed intendeva
esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che gli onorevoli Santino Adamo Loddo e Papini hanno
espresso erroneamente voto contrario ed intendevano esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
27.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 457
Votanti 450
Astenuti 7
Maggioranza 226
Hanno votato sì 262
Hanno votato no 188).
(Esame dell'articolo 28 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 28 e delle proposte emendative ad esso riferite (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 3).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Franceschini. Ne ha facoltà.
DARIO FRANCESCHINI.
Signor Presidente, la nostra generazione è stata cresciuta alla politica con il
culto dell'Assemblea costituente. Abbiamo studiato e ammirato il clima di quei
giorni, la capacità dei nostri padri di distinguere lo scontro politico
quotidiano dal lavoro comune nello scrivere le regole della rinata democrazia
italiana. Abbiamo anche invidiato quel lavoro, insieme così solenne e così
unico: lavorare su un testo costituzionale significa avere la consapevolezza
che anche solo cambiare una parola, pesare un aggettivo o spostare una virgola,
può determinare un futuro diverso per lo Stato e per intere generazioni.
Per questo abbiamo sofferto - e con noi hanno sofferto tutti gli storici, i
costituzionalisti di ogni orientamento politico e gli uomini delle istituzioni,
anche di quelle più alte - vedendo il testo della Costituzione trattato come
carne da macello e come merce di scambio per tentare di tenere disperatamente
insieme una maggioranza logorata, divisa e senza più alcuna missione visibile
per il paese.
Per questo abbiamo sofferto, e soffriamo, vedendo un'aula distratta e
svogliata, e il comportamento offensivo e volgare con cui ieri sono state
accolte le parole di un uomo di Stato, sempre serenamente al servizio delle
istituzioni, come Antonio Maccanico. Vi abbiamo offerto non soltanto il
confronto, ma la collaborazione, nel rispetto del principio per cui le regole
della democrazia vengono scritte insieme dalla maggioranza e dall'opposizione.
Ci avete risposto con appelli al dialogo, smentiti quotidianamente dalla
chiusura dei vostri comportamenti parlamentari. Avete, come un disco rotto,
ricordato la riforma del Titolo V, fingendo di dimenticare che tale testo,
seppure approvato dalla maggioranza, era stato stralciato dalla riforma
proposta dalla Commissione bicamerale, era voluto da tutte le regioni italiane,
comprese quelle da voi guidate, era già stato da voi votato in quest'aula ed è
stato successivamente confermato dal popolo italiano con il referendum.
Abbiamo rispettato il principio della necessaria condivisione nella definizione
delle regole della democrazia. Infatti, ci siamo fermati, su vostra richiesta,
prima di approvare una legge elettorale che era stata costruita congiuntamente.
Inoltre, ci fermammo quando l'attuale Presidente del Consiglio - in un periodo
nel quale gli esponenti dell'opposizione erano ascoltati e rispettati - si alzò
in quest'aula e disse, all'insaputa di tutti - compreso l'onorevole Fini,
condannato anche in quell'occasione a vivere una vita politica «di rimessa» -
che non sussistevano più le condizioni politiche per proseguire nel cammino
riformatore della Commissione bicamerale.
Avete deciso di andare avanti da soli e ad ogni costo, producendo un testo
assurdo. Valgano per tutte le parole pronunciate oggi un'intervista non
dall'ultimo di voi, bensì dal Vicepresidente del Senato, Domenico Fisichella.
Non servono altri giudizi.
In Italia, la politica ha vissuto una lunga stagione di battaglie e di scontri
duri. I grandi partiti di allora, la Democrazia cristiana e il Partito
comunista, con i loro alleati, sono stati divisi sulla visione del mondo,
sull'economia, sulle alleanze internazionali, ma i gruppi dirigenti di quei
partiti sapevano bene quando era il momento di accantonare lo scontro e di
difendere insieme le istituzioni, il paese e le regole della convivenza
democratica.
Lo sapevano perché lo avevano scritto nel DNA delle loro storie individuali e
della loro storia collettiva: dalla Resistenza al fascismo e al razzismo,
all'Assemblea costituente! Si chiamava, forse il signor Presidente lo ricorda,
arco costituzionale; e non è un caso che le forze politiche eredi di quello che
allora veniva definito così, siano tutte da questa parte dell'aula!
Intristisce oggi vedere i singoli esponenti che hanno scelto legittimamente il
centrodestra, ma che quel clima avevano vissuto e condiviso, tentare di pulirsi
la conoscenza con qualche intervista ferma ai giornali, che poi viene
inesorabilmente smentita dal voto in quest'aula, un voto che si esprime
favorevolmente sul tutto.
Oggi l'arco costituzionale torna a vivere, per difendere anche voi dal caos in
cui volete portare l'Italia. Sappiate che non serviranno i trucchi e gli
espedienti che state inventando per coprire lo scempio che state compiendo o
per rinviare il referendum a dopo le elezioni politiche. Quel giorno arriverà
comunque e al popolo sovrano, agli italiani a cui i padri costituenti - oggi
possiamo dirlo - con tanta lungimiranza hanno affidato l'ultima parola, faranno
giustizia della demagogia e della confusa mediocrità con cui state tentando di
demolire i fondamenti della democrazia italiana (Applausi dei deputati del
gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.
UGO
INTINI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, le Costituzioni, di per sé stesse, sono solo dei pezzi di
carta; hanno il loro immenso valore perché si reggono su pilastri radicati
profondamente nella storia, nella cultura e nel sentimento popolare. Quali sono
i pilastri delle nostre istituzioni? Il Risorgimento, la Resistenza, il mondo
del lavoro e il sindacato, l'europeismo.
Le Costituzioni non sono intoccabili; i socialisti, infatti, alla fine degli
anni Settanta, chiesero una grande riforma delle istituzioni. Ma la grande
riforma che sognavamo nasceva nella continuità con tutti i valori fondamentali
della Repubblica: Risorgimento, Resistenza, mondo del lavoro, europeismo.
Volevamo rendere più saldi, rinnovandoli, i pilastri della Repubblica, difesi
da un socialista che ci era caro (accanto al quale lavorava l'onorevole
Maccanico): il Presidente Sandro Pertini.
Oggi, questa maggioranza distrugge la Costituzione. Può farlo perché, a monte,
da anni, ha aggredito e lesionato a colpi di piccone tutti i pilastri delle
nostre istituzioni. La Lega, con il suo «piccone verde» ha aggredito il
Risorgimento e l'unità nazionale in nome della Padania (Commenti dei
deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana). I post-fascisti,
con il loro «piccone nero» hanno aggredito il pilastro della Resistenza e
dell'antifascismo, avvolgendo il bianco e il nero con la nebbia del
revisionismo storico. Così da tentare di fare apparire tutto grigio: il bianco
come il nero, la giustizia storica come l'ingiustizia (Commenti dei deputati
del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Il piccone è stato usato anche contro il sindacato ed il mondo del lavoro. È
stato manovrato, in questo caso, dalla parte aziendalista ed economicista della
maggioranza, quella che desidererebbe un sindacato non com'è e come deve
essere, ma un «sindacato giallo». Proprio per tali motivi questo piccone lo si
potrebbe definire, appunto, giallo... (Commenti).
GIACOMO STUCCHI. Chiamate il 118!
UGO
INTINI. Tutti e tre i picconi
- verde, nero e giallo - hanno colpito il pilastro dell'europeismo, così che
l'Italia, posta dai suoi padri fondatori all'avanguardia dell'integrazione
europea, oggi si trova alla retroguardia. Tanto che Berlusconi sembra più
vicino al Texas che a Nizza...(Commenti).
Ci domandiamo perché abbiamo e avremo crescenti difficoltà in Europa. Ma un
ministro della Repubblica l'ha definita «forcolandia»; adesso, un altro
ministro sostiene che è guidata da una maggioranza di omosessuali: da coerente
fascista non ha dimenticato la propaganda di regime contro la Francia
debosciata e la perfida Albione (Commenti dei deputati del gruppo di
Alleanza Nazionale). Ferite come queste non si dimenticano, perché entrano
nel (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)... Scusi...
PRESIDENTE. Colleghi! Onorevole Intini, le posso chiedere scusa io?
NINO STRANO. Ma cosa sta dicendo?
PRESIDENTE.
L'onorevole Intini sta dicendo quello che gli pare, poiché si sta attenendo ad
una dichiarazione cui ha diritto!
Onorevoli colleghi, lo dico con chiarezza: non tollero questi lazzi in aula! Se
continuerete così, sospenderò la seduta! Dopodiché ciascuno sarà contento, sia
detto con chiarezza (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-socialisti democratici
italiani).
UGO
INTINI. Finalmente abbiamo
capito cosa significhi «Casa delle libertà»: significa che ciascun piccone e
ciascun partito della maggioranza ha la libertà di abbattere un pilastro della
storia italiana, una radice della Repubblica e che gli altri partiti lo
lasciano fare, magari facendo finta di non vedere: questa è la pars
destruens; si sono colpiti i pilastri della Costituzione per poter
cancellare la Carta costituzionale e per sostituirla. Poi, è cominciata la pars
construens: la sua logica, che purtroppo esiste, non si può comprendere
senza la precedente opera di distruzione.
Una parte di questa maggioranza crede, infatti, di avere compiuto una
rivoluzione e di ripartire dall'anno zero; pensa che si debba fare tabula
rasa del vecchio per costruire il nuovo. E come costruiscono il nuovo? Con
lo stesso criterio usato per distruggere, consentendoci di capire una volta di
più cosa significhi «Casa delle libertà».
Ciascun partito della Casa della libertà è corso al supermarket del
costituzionalismo «fai da tè» ed ha comprato il materiale da costruzione. Dopo
un lungo mercanteggiamento, sa quanto grande è il pezzo di Costituzione che gli
spetta.
Al mercato tutti sono stati accontentati; tutti hanno avuto il loro pezzo, che
presto esibiranno come un trofeo per la loro propaganda elettorale. I verdi
hanno avuto il federalismo; presto diranno che il loro sogno comincia a
realizzarsi ma che questo è soltanto un primo passo verso nuove battaglie
antinazionali, verso la completa liberazione da Roma ladrona; i neri e
Berlusconi hanno avuto un premierato che sostituisce la democrazia dei partiti
con il liberismo caro alla tradizione autoritaria e fascista. Hanno anche
ottenuto che diciotto deputati, potenzialmente decisivi per stabilire
maggioranze e minoranze, siano eletti con un criterio che rasenta il ridicolo e
che non dà garanzie democratiche; i gialli, in nome dell'aziendalismo e
dell'economicismo, amano probabilmente lo slogan 'Qui si lavora e non si
discute di politica': hanno ottenuto l'obiettivo di umiliare il luogo simbolo dove
si discute di politica, ovvero il Parlamento; hanno distrutto, come ha spiegato
l'onorevole Maccanico, il carattere parlamentare della Repubblica.
Ciascuno ha costruito il suo pezzo, i verdi, i neri e i gialli! Il patchwork
è fatto, il vestito di Arlecchino, verde, nero e giallo è confezionato; non
importa se i colori collidono, se il vestito ci rende ridicoli in Europa; non
importa se è un vestito unico al mondo per il modo con il quale è stato creato
e per il suo contenuto.
In nessuno paese al mondo uno Stato, nato e cresciuto unitario, è mai diventato
federale per una decisione presa a tavolino, mai una nazione è stata spezzata
in venti piccole patrie senza identità storica, culturale, politica, per
accontentare le fantasie di chi trova le sue radici nella tradizione celtica.
In nessun paese al mondo i conflitti possibili tra le due Camere sono risolti
da una terza Camera, ovvero un ridicolo consesso ad hoc previsto da
questa Costituzione.
La Costituzione, che avete distrutto, è nata da una spinta ideale e popolare,
da una appassionata elaborazione culturale, da un lavoro di un anno nel quale
si è trovato il punto di equilibrio tra tutte le forze politiche; in poche
settimane avete scritto una nuova Costituzione, di cui pochi sentivano il
bisogno, con l'ostilità di tutti i costituzionalisti, trovando un punto di
equilibrio soltanto all'interno della maggioranza tra i suoi ricatti
incrociati, con un comportamento autistico incapace di comunicare con chiunque
fosse fuori dalla coalizione vostra ed estraneo ai vostri interessi. Per durare
un anno di più al Governo avete distrutto istituzioni che funzionavano da
cinquantacinque anni!
Chiederemo il voto popolare per ridare alla Repubblica il suo tricolore
eliminando il patchwork verde, nero e giallo. Faremo una campagna
referendaria spiegando un concetto semplice: chi difende il Risorgimento, la
Resistenza, il mondo del lavoro e l'europeismo non è un conservatore: difende
il cemento della nazione. I conservatori sono quelli come voi, quelli che
vedono nella antipolitica lo strumento per conservare, appunto, i privilegi e
il predominio del denaro.
Chiederemo - e concludo - di scegliere tra chi vuole conservare i pilastri
della Repubblica e chi li vuole distruggere, tra chi ama le radici dell'Italia
e chi no. Sappiamo che vinceremo, perché conosciamo il sentimento profondo
degli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-socialisti
democratici italiani, della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani - Applausi polemici dei deputati
dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
DONATO
BRUNO, Relatore.
Grazie, signor Presidente.
Il parere della Commissione è contrario sugli emendamenti Leoni 28.9, Mascia
28.1, Leoni 28.8, è contrario sul subemendamento Maura Cossutta 0.28.200.4, è
favorevole sul subemendamento Boato 0.28.200.15, è contrario sul subemendamento
Leoni 0.28.200.16. A quanto mi risulta, il subemendamento Mascia 0.28.200.7 è
stato ritirato.
PRESIDENTE. Sì.
DONATO BRUNO, Relatore. Il parere della Commissione è contrario sul subemendamento Boato 0.28.200.11. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.28.200.250. Il parere è contrario sui subemendamenti Leoni 0.28.200.12, Bressa 0.28.200.17, Boato 0.28.200.18, Leoni 0.28.200.9 e Bressa 0.28.200.8 e 0.28.200.10. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.28.200.251. Il parere è contrario sui subemendamenti Maura Cossutta 0.28.200.5 e Mazzuca Poggiolini 0.28.200.3. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.28.200.254. Il parere è favorevole sul subemendamento D'Alia 0.28.200.19, è contrario sul subemendamento Maura Cossutta 0.28.200.6. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.28.200.255. Il parere è contrario sul subemendamento Bressa 0.28.200.13. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.28.200.256. Il parere è contrario sui subemendamenti Bressa 0.28.200.14 e Mazzuca Poggiolini 0.28.200.2 ...
PRESIDENTE. Sono assorbiti.
DONATO
BRUNO, Relatore. È
esatto.
Infine, il parere della Commissione è favorevole sull'emendamento Elio Vito
28.200 ed è contrario sugli emendamenti Boato 28.71, Bressa 28.72, Boato 28.74,
Leoni 28.73, Bressa 28.75, Leoni 28.76, Tabacci 28.82, Boato 28.77, Leoni
28.78, Bressa 28.79 e 28.81 e Boato 28.80.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 28.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cabras. Ne ha
facoltà.
ANTONELLO
CABRAS. Signor Presidente, noi
proponiamo un emendamento soppressivo anche di questo articolo e richiamiamo
l'attenzione dell'Assemblea su quegli stessi argomenti che, con molta
efficacia, abbiamo ripetutamente segnalato (forse, qualcuno si sarà annoiato).
Se le cose proseguiranno di questo passo, non riusciremo a realizzare il
bilanciamento tra il premier ed il Parlamento. Infatti, da un lato,
avremo rafforzato enormemente la funzione del premier - rendendo il
Parlamento suo prigioniero - e, dall'altro, all'interno del Parlamento, avremo
imprigionato la maggioranza che esce dalle elezioni rendendo anche
quest'ultima, in sostanza, prigioniera del Primo ministro.
Su questo aspetto già altri colleghi, prima di me, hanno cercato di richiamare
la vostra ...
PRESIDENTE.
Mi scusi, onorevole Cabras, se la interrompo.
Poiché noto una certa confusione, vorrei sapere cosa succede. Ad ogni modo,
invito i colleghi che abbiano da fare eventuali rimostranze a segnalarle ai
deputati questori ed ai deputati segretari dell'Ufficio di Presidenza e ad
astenersi dal creare confusione.
Prego, onorevole Cabras, prosegua pure.
ANTONELLO
CABRAS. È per questa ragione
che proponiamo un emendamento soppressivo anche dell'articolo 28.
In realtà, non siamo divisi tra chi propone la stabilità e chi, al contrario,
propone l'instabilità: la discussione riguarda il fatto che la stabilità deve
essere assicurata in un contesto di bilanciamento tra i poteri, senza che uno
di essi prevalga sull'altro (nel caso di specie, a prevalere sarebbe quello del
Presidente del Consiglio).
Infine, vorrei proporre un'ultima considerazione. La vostra incertezza e la
vostra debolezza sono «codificate» nelle disposizioni transitorie che
accompagnano tutto un impianto di rafforzamento del premier. Fino a quando
non si riuscirà ad approvare - se mai si riuscirà a farlo - la nuova legge
elettorale che dovrà, per così dire, reggere questa riforma della Costituzione,
una legge ordinaria finirà, in sostanza, per rendere inapplicabile una riforma
della Costituzione!
È chiaro che avete scelto questo percorso in virtù del fatto che non avete
ancora ben chiaro quale sia l'impianto riformatore che volete portare a
compimento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, quella riguardante l'articolo 94 è, sicuramente, la modifica
più pericolosa del vostro progetto di riforma. In questo testo stravolgete
l'istituto della fiducia, introducendo il voto conforme alla proposta del
Governo: da minaccia di dimissioni diventa una minaccia di scioglimento
anticipato della Camera. Per tale motivo, la disposizione dell'articolo 28 è la
più pericolosa tra quelle contenute nel disegno di legge approvato dal Senato.
Si va oltre la Costituzione della V Repubblica francese nella quale il voto
bloccato non produce né sfiducia né scioglimento; la questione di fiducia
obbliga il Governo alle dimissioni e, se rigettata, non conduce automaticamente
allo scioglimento dell'Assemblea. Voi andate oltre quel modello che tante volte
avete richiamato.
È vero che, nella prassi parlamentare inglese, il Primo ministro può minacciare
lo scioglimento della Camera (lo fece John Major nel 1993 contro gli
euroscettici che non volevano ratificare il Trattato di Maastricht), ma è
altrettanto vero che nel sistema inglese non vi è alcun automatismo del tipo di
quello previsto nella vostra riforma. Questa voluttà di automatismi, per cui,
se non viene accolta la richiesta del premier, si scioglie
automaticamente Parlamento, è la negazione del costituzionalismo europeo e, in
modo particolare, di quello britannico, tutto affidato a convenzioni
costituzionali. È uno strumento che, oltre a conculcare la minoranza, può
essere utilizzato anche contro i dissidenti interni alla maggioranza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, indubbiamente è difficile trovare in questo progetto di riforma l'articolo più pericoloso: c'è l'imbarazzo della scelta. A mio avviso, sono tutti negativi, ma quello in esame è sicuramente uno dei più perfidi. Infatti, avremo, non soltanto un premier surrettiziamente indicato dal popolo attraverso il collegamento ed un consistente premio di maggioranza che solidifica il suo schieramento parlamentare, ma anche un'arma di ricatto ed un percorso rafforzato. Poiché i regolamenti sono a maglie larghe rispetto alle questioni su cui si può porre la questione di fiducia (le esclusioni sono minimali e riguardano ovviamente il testo costituzionale), il Primo ministro avrebbe la garanzia di tenere il Parlamento come la corda tiene l'impiccato (espressione classica che risale ad altri periodi storici, ma che è il caso di rinovellare rispetto a questo articolato). Siamo di fronte ad un premierato assoluto e sgangherato. Ogni questione diventa un caso fondamentale per la sopravvivenza della carriera politica del Primo ministro. Non c'è più il merito, l'importanza e l'incidenza sul programma politico del Governo di ogni singola questione, c'è il totale arbitrio: «Chi non è con me, è contro di me». Non vorrei che arrivassimo all'espressione «molti nemici, molto onore». Siamo in un quadro di autoritarismo assoluto. Per questi motivi, siamo contrari (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, ho preferito rinunciare ad intervenire sul complesso delle
proposte emendative, per soffermarmi su ogni singola proposta, anche perché
ripetiamo inutilmente le stesse cose. A mio avviso, si dovrebbe votare a favore
della soppressione di questo articolo, perché lo stesso, come è stato
ricordato, è il più pericoloso tra tutti gli articoli proposti in questa
riforma pasticciata. Effettivamente, può dar luogo a forme di bonapartismo: se
il Presidente del Consiglio dei ministri (oggi lo chiamiamo Primo ministro)
viene sfiduciato in Parlamento, le Camere vengano sciolte.
Allora, è evidente quale forma di pressione egli esercita nei confronti, non
solo dell'intero Parlamento, ma anche e soprattutto della sua maggioranza. Si
può ben dare il caso che durante l'iter della legislatura la maggioranza resti
coesa, ma nello stesso tempo non si trovi in accordo con talune idee magari un
po' strane del Primo ministro. Quindi, per questa ragione, reputo questa
disposizione contraria ad ogni principio di separazione dei poteri, ad un
costituzionalismo serio. Essa non ha nulla a che fare con la sfiducia
costruttiva che noi chiedevamo e per questa ragione sono favorevole
all'emendamento soppressivo.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
Leoni 28.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 399
Votanti 393
Astenuti 6
Maggioranza 197
Hanno votato sì 155
Hanno votato no 238).
Prendo atto che
l'onorevole Scherini non è riuscito a votare e che avrebbe voluto votare contro
e che l'onorevole Orsini ha erroneamente espresso un voto favorevole, mentre
avrebbe voluto votare contro.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 28.1.
Avverto che a seguito dell'approvazione dell'articolo 23, che modifica il testo
dell'articolo 88 della Costituzione, l'emendamento Mascia 28.1 è precluso
limitatamente al terzo e al quinto comma. Pertanto verrà posto in votazione
tutto l'emendamento, fatta eccezione per il terzo comma, che va dalle parole
«In caso di dimissioni» alle parole «dell'articolo 92», e il quinto comma, che
recita: «Il Primo ministro dimissionario non è immediatamente rieleggibile».
Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA
MASCIA. Signor Presidente, è
importante sottolineare gli elementi innovativi della dinamica dei rapporti tra
Parlamento e Governo, che appare sicuramente nel modello della cosiddetta
sfiducia costruttiva che sta alla base di questo emendamento.
Tale istituto, che non è nuovo nell'ambito di alcuni importanti ordinamenti
democratici contemporanei - e in qualche caso è noto anche alle nostre
istituzioni (per esempio le regioni) -, si inserisce, a nostro avviso,
coerentemente nelle nuove dinamiche della nostra forma di governo. Infatti,
alla base di tale scelta vi è l'esigenza, da sempre e da tutti manifestata, di
evitare all'interno della vita costituzionale i cosiddetti vuoti di Governo,
cioè lunghe fasi critiche che si instaurano tra il Parlamento e l'Esecutivo,
prolungate nel tempo e quindi fonte di stabilità. L'ipotesi, come
rappresentata, si muove in tal senso, mirando quindi a garantire la continuità
di relazione sia rispetto ai soggetti che devono esercitare il controllo
sull'attività di indirizzo, il Parlamento, sia rispetto ai soggetti che
quell'indirizzo si trovano a doverlo attuare.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Mascia 28.1, limitatamente alla parte non preclusa, non
accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 411
Votanti 270
Astenuti 141
Maggioranza 136
Hanno votato sì 24
Hanno votato no 246).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Leoni 28.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
questa è la nostra proposta sui poteri e la funzione del Primo ministro. Basta
leggerla per vedere come è molto più equilibrata, come ottiene il medesimo
risultato di un rafforzamento della stabilità, però con il rispetto di una
democrazia parlamentare. Anche perché mi sembra di notare, negli interventi di
molti, che si confonde tra il concetto dell'indicazione del premier da
parte dell'elettorato e il concetto del rafforzamento del potere del premier,
come se l'idea che un premier fosse indicato dal popolo dovesse rendere
un soggetto indiscutibile, che non deve più dare conto della propria politica a
nessuno, al di sopra di ogni altro organo costituzionale. Questa non è
democrazia, questa è qualche altra cosa che forse esiste nella nostalgia di
qualcuno. L'indicazione del premier ha un significato del tutto diverso
e non riguarda minimamente i poteri del premier. Sono due temi distinti
e separati che danno risposte a questioni completamente diverse. L'indicazione
del premier ovviamente fa in modo che non venga da una mediazione
politica la individuazione del Primo ministro, ma sia un'indicazione popolare.
Questo è più che giusto, ma da qui poi a rafforzare enormemente i poteri del premier
c'è molta differenza.
Venendo all'altra questione fondamentale, noi poniamo nuovamente la Camera dei
deputati al centro del dibattito politico, perché ovviamente prevediamo che il
programma debba essere votato in Parlamento e che possa essere respinto a
maggioranza assoluta dei componenti. Questo cosa significa? Che noi esaminiamo
un'ipotesi che voi non prendete minimamente in considerazione, cioè la
possibilità di una maggioranza relativa che possa governare.
Quindi, solo una maggioranza assoluta contraria può negare la fiducia ad un premier
e mandarlo a casa. Tutto ciò, tuttavia, non è presente nella vostra proposta,
mentre nella nostra ipotesi il programma, e dunque la fiducia al Governo, deve
essere ovviamente votato dalla Camera dei deputati.
PRESIDENTE. Onorevole Marone, concluda!
RICCARDO MARONE. Vorrei evidenziare che, nella vostra formulazione dell'articolo 28 del provvedimento in esame, non è previsto nemmeno questo, dal momento che il premier deve solo illustrare il programma e la Camera deve prenderne atto. Come vedete, proponiamo di introdurre un'impostazione ben più equilibrata nel rapporto tra il Primo ministro ed il Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, vorrei formulare alcune osservazioni a sostegno
dell'emendamento Leoni 28.8.
In primo luogo, mi sembra utile il fatto che, ogni anno, il Primo ministro
debba presentare alle Camere il rapporto sull'attuazione del programma di
governo. Al riguardo, occorre ricordare che, in ordine all'attuazione del
programma, l'attuale Governo si è inventato addirittura un ministero, il quale,
per l'alterna vicenda delle umane sorti, ha visto avvicendarsi alla guida di
tale «ministero fantasma» colleghi che sono passati dalla polvere all'altare e
viceversa, vale a dire dal ministero più importante (quello dell'interno) a
questo, che non conta nulla, e viceversa. Tuttavia, cosa abbiano fatto i
ministri che, nell'arco di tre anni e mezzo, si sono succeduti alla carica del
dicastero per l'attuazione del programma di governo nessuno lo sa: conosciamo
soltanto gli annunci per il futuro proclamati dal Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ritengo molto importante, inoltre, che non possa essere posta la questione di
fiducia - e, conseguentemente, che il Parlamento non debba essere costretto a votare
a favore, salvo il suo scioglimento - sulle leggi costituzionali e di revisione
costituzionale, nonché sulle disposizioni riguardanti i diritti fondamentali
dei cittadini. Mi sembra che si tratti, pertanto, di un emendamento meritevole
di essere approvato da parte dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, l'emendamento in esame testimonia la differenza esistente
tra il vostro e il nostro modo di concepire la forma di governo. Il vostro,
infatti, è un premierato assoluto, mentre il nostro è un premierato forte; esso
si inserisce nel solco della tradizione costituzionale dei governi parlamentari
in cui si rafforza l'intero esecutivo, e non solo il Primo ministro.
Si tratta di un emendamento che contempla, al proprio interno, l'istituto della
sfiducia costruttiva, e dunque non prevede l'abominevole strumento dello
scioglimento anticipato delle Camere, usato come deterrente contro chiunque
disturbi l'intoccabile Primo ministro, che voi, invece, indicate al secondo
comma dell'articolo 28, per cui riducete la maggioranza ad una caserma a
disposizione del premier, pronta ad approvare tutto ciò che egli chiede.
Il nostro emendamento, inoltre, prevede il programma di legislatura, che deve
specificare gli indirizzi e le misure che si intendono realizzare nel corso
della legislatura stessa, nonché il voto su tale programma, che serve a
circoscrivere parlamentarmente la maggioranza.
Constato che avete introdotto, in capo al Presidente del Consiglio, questa
straordinaria ed incredibile potestà di forzare, in qualche modo, la volontà di
Camera e Senato qualora sussista la necessità di tradurre in legge punti
essenziali del proprio programma di governo. Avete inserito a più riprese tale
clausola, ma essa rappresenta un'arma che mette, nelle mani del Primo ministro,
la potestà sul potere legislativo, violando il principio della divisione dei
poteri e trasformando, unico caso nella storia del costituzionalismo moderno,
il premier in un dominus della legislazione.
Orbene, vorrei rappresentare che, per tutti questi motivi, l'emendamento Leoni
28.8 traccia una linea, corretta e coerente, di governo parlamentare e di
premierato forte e non assoluto.
PRESIDENTE. Onorevole Bressa, concluda!
GIANCLAUDIO BRESSA. Si tratta di una forma di governo che si inserisce nel solco della tradizione parlamentare del costituzionalismo moderno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.
DOMENICO PAPPATERRA.
Signor Presidente, vorrei ricordare che abbiamo sottoscritto con convinzione
l'emendamento in esame, dal momento che la strada intrapresa dalla maggioranza
è quella di abbandonare, sostanzialmente, la forma di governo parlamentare a
favore, invece, di un sistema e di un modello plebiscitario che non
condividiamo; si tratta peraltro, come ho già affermato precedentemente, di un
modello costruito «su misura» ed in cui tutti i poteri di indirizzo politico
sono sostanzialmente accentrati nelle mani di una sola persona, poiché sono
attribuiti esclusivamente al premier.
Ciò, per quanto ci riguarda, acuisce molto, signor Presidente, il potere
formidabile assegnato al premier di sciogliere le Camere e, quindi, di
dominare con il ricatto la propria maggioranza, perché il maxiemendamento della
maggioranza va proprio in questa direzione. Al premier è infatti
affidato l'assoluto valore di poter stabilire quando sciogliere il Parlamento,
forzando oltre modo la garanzia della stabilità dei governi, a discapito del
ruolo del Parlamento, che ormai si è ridotto, di fatto, ad un organo in cui si
ratificano decisioni assunte altrove.
Noi riteniamo, signor Presidente, che il Parlamento debba, invece, svolgere con
forza la propria funzione, come negli ultimi cinquant'anni. Pertanto
l'emendamento Leoni 28.8 va nella direzione di rafforzare, per certi versi, i
poteri del premier, ma non di consegnare nelle sue mani una potestà
esclusiva. Quanto alla possibilità di sciogliere anticipatamente il Parlamento,
così com'è nelle sue possibilità, per quanto ci riguarda, sarebbe una forzatura
che non possiamo assolutamente accettare e pertanto la escludiamo con
l'emendamento in esame.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Leoni 28.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 427
Votanti 417
Astenuti 10
Maggioranza 209
Hanno votato sì 171
Hanno votato no 246).
Passiamo alla votazione
del subemendamento Maura Cossutta 0.28.200.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne
ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Grazie, signor
Presidente.
Voi, con l'emendamento della maggioranza, sostenete che il Primo ministro
illustra il programma del Governo e, successivamente, la Camera si esprime con
un voto sul programma illustrato. Si pone, dunque, una questione: anzitutto,
non si capisce quale può essere la conseguenza di un voto negativo. Noi,
nell'emendamento precedente, avevamo indicato in modo esplicito tale conseguenza:
se il voto è negativo, il premier si deve dimettere. Voi non lo dite.
A monte, vi è anche un altro concetto, che abbiamo tentato di ribadire anche
negli emendamenti precedenti. Voi non eliminate il voto di fiducia della Camera
al premier, perché avete introdotto il principio che egli abbia già
ricevuto la fiducia dalle urne. Ritengo, invece, che la fiducia al premier
espressa dalla Camera non sia un atto formale, ma faccia parte di
quell'intreccio di sistemi di poteri di controllo tra ruolo del Presidente
della Repubblica e Parlamento. Non lo ritengo, quindi, un passaggio ininfluente
e chiedo pertanto ai colleghi di votare a favore di questo subemendamento. Che
il premier illustri pure il programma, ma la fiducia da parte della
Camera deve essere votata.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Maura Cossutta 0.28.200.4, non accettato dalla Commissione né
dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 413
Votanti 284
Astenuti 129
Maggioranza 143
Hanno votato sì 34
Hanno votato no 250).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boato
0.28.200.15, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 398
Astenuti 16
Maggioranza 200
Hanno votato sì 391
Hanno votato no 7).
Prendo atto che l'onorevole
Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.28.200.16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, si
pone un elemento - a nostro avviso - fondamentale. Non dimentichiamo che ieri
abbiamo approvato una norma che afferma che, se il Primo ministro ritiene che
una legge sia essenziale per l'attuazione del programma di Governo, si può
addirittura espropriare il Senato delle sue competenze.
Cos'è il programma di Governo? Nel primo comma dell'articolo, così come lo
propone la maggioranza, non si parla nemmeno di «programma di Governo», ma di
«programma elettorale». Un minimo di specificazione sarebbe indispensabile,
anche perché noi riteniamo che un programma elettorale, per essere compreso da
tutti i cittadini, debba essere estremamente essenziale, semplice e di facile
comunicazione, specialmente nella società attuale, in cui è necessario
comunicare rapidamente.
Un conto, tuttavia, è un programma elettorale, altro conto è un programma di
Governo, ed altro ancora è capire che cosa si deve fare in una legislatura,
perché qualcuno, in particolare il Presidente della Repubblica, deve capire se
una legge, o addirittura un emendamento o una modifica, rientra nel programma
elettorale del Governo.
Noi proponiamo, dunque, un subemendamento in cui perlomeno si dica che la
Camera approva gli indirizzi sottoposti al corpo elettorale ed i principali
indirizzi politici, con le misure da adottare nell'attività governativa. Ciò ci
sembra il minimo per indicare il binario per il premier e per il
Presidente della Repubblica e per stabilire se si sta o meno attuando il
programma di Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, è particolarmente importante stabilire che il programma
specifica gli indirizzi sottoposti al corpo elettorale e contiene i principali
indirizzi politici e le misure da adottare nell'attività governativa.
Ieri, abbiamo discusso molto a lungo sull'articolo 70, ed abbiamo visto che il
Governo, quando ritenga che vi siano emendamenti particolarmente rilevanti per
l'attuazione del proprio programma, può esercitare una determinata funzione e
mettere in moto un meccanismo che modifica il procedimento legislativo.
Allora, si tratta di chiarire che, se viene approvato un programma che delinea
in maniera chiara i punti fondamentali per l'attuazione del programma, ciò
finisce anche per limitare l'uso, che potrebbe essere illimitato ed arbitrario,
di questa sorta di imposizione che il Governo può esercitare nei confronti
delle Camere nell'approvazione delle proprie leggi.
Senza questa specificazione e circoscrizione degli argomenti politici sui quali
è possibile esercitare tale funzione - e, si badi bene, quella ancora più
devastante della possibilità di sciogliere le Camere con il voto di fiducia e
con il voto conforme alla richiesta del parere del Governo -, restiamo nelle
mani di un arbitrio assoluto in capo al Primo ministro.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Leoni 0.28.200.16, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 418
Votanti 413
Astenuti 5
Maggioranza 207
Hanno votato sì 166
Hanno votato no 247).
Ricordo che il
subemendamento Mascia 0.28.200.7 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione del subemendamento Boato 0.28.200.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, con
questo subemendamento poniamo un problema che non mi sembra sia stato
affrontato dalla maggioranza o, addirittura, che sia stato affrontato in
termini negativi. Mi riferisco all'ipotesi che in una Camera si possa governare
anche senza avere la maggioranza assoluta. È normale che sia così: ciò avviene
un po' dovunque e non comprendiamo per quale motivo, in questo caso, non debba
avvenire.
Noi proponiamo che il programma possa essere respinto solo a maggioranza
assoluta dei componenti. In altri termini, un Primo ministro non può governare
solo se ha la maggioranza assoluta contraria. Ma se, viceversa, è sostenuto da
una maggioranza relativa - e non assoluta - e parte dell'Assemblea si astiene,
non comprendiamo per quale motivo il programma non possa essere approvato e
portato avanti. Anche in questo caso, o voi state già pensando - e lo avete già
parzialmente detto nella Costituzione - ad un sistema elettorale che ancora non
conosciamo (in tal caso, stiamo riformando la Costituzione sulla base di un
sistema elettorale che solo voi conoscete ed immaginate di voler approvare), il
che ci sembra scorretto e sbagliato; oppure, non comprendiamo il motivo per cui
la norma da noi proposta non possa essere approvata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, nella proposta emendativa in esame sono affrontate due
questioni di fondo.
La prima è che la Camera dei deputati vota il programma e con questo voto si
definisce parlamentarmente qual è la maggioranza che sostiene il Primo
ministro. Se ciò non accade, la maggioranza viene definita
extraparlamentarmente e questa è una cosa priva di senso.
Tuttavia, è il secondo periodo che è particolarmente importante. Infatti, noi stabiliamo che la Camera dei deputati vota il programma, che può essere respinto solo a maggioranza assoluta dei componenti. Ciò consente che vi possano essere anche governi di minoranza. Nel vostro perfetto meccanismo vi siete dimenticati di verificare questa ipotesi: potrebbe anche darsi che le elezioni non esprimano una maggioranza parlamentare. In questo caso, con i vostri straordinari automatismi creereste una situazione del tutto ridicola e assurda: in virtù dell'assenza di una maggioranza espressa dalle elezioni, il Primo ministro di minoranza sarebbe addirittura più forte di quello di maggioranza; e potrebbe essere rovesciato solo con una mozione di sfiducia, che produce immediatamente nuove elezioni, ma non da un premier diverso da parte della stessa maggioranza iniziale, che in questo caso non esiste. Il nostro subemendamento consente di impedire questa assurdità...
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento
Boato 0.28.200.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
MARCO BOATO. Presidente, neanche il tempo di votare!
PRESIDENTE.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 393
Votanti 383
Astenuti 10
Maggioranza 192
Hanno votato sì 146
Hanno votato no 237).
Prendo atto che gli
onorevoli Boato e Bressa non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto
esprimere un voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento 0.28.200.250 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Guardi, Presidente!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ognuno voti per sé, perché non mi sembra proprio il caso di inserire elementi diversivi!
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 392
Votanti 244
Astenuti 148
Maggioranza 123
Hanno votato sì 244).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leoni
0.28.200.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 407
Astenuti 3
Maggioranza 204
Hanno votato sì 166
Hanno votato no 241).
Passiamo alla votazione
del subemendamento Bressa 0.28.200.17.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Il
secondo comma dell'articolo 94 riguarda un problema a lungo dibattuto, che io
vorrei ancora una volta sottolineare.
Questo è il cuore della vostra riforma, è ciò che spezza le regole della
democrazia.
Questo secondo comma
consente al Primo ministro di ricattare permanentemente il Parlamento, di
ricattare la sua maggioranza e di conculcare le opposizioni. È un Primo
ministro che ha il potere di fare le leggi come e quando vuole. È la rottura
della divisione dei poteri tra il potere esecutivo e quello legislativo.
L'obiettivo fin troppo palese che si ottiene con l'arma dello scioglimento
anticipato come deterrente preventivo contro chiunque disturbi un intoccabile
Primo ministro è quello di mantenere saldamente in sella chi ci è salito,
conservare Governo e legislatura ad ogni costo, evitando che tutto quanto possa
imprimere dinamismo e flessibilità al sistema. Si vuole, cioè, attraverso una
gabbia costituzionale, chiudere entro recinti certi la politica e impedire che
possa fare il proprio corso e che possa avere un suo dispiegamento. Questo non
è il meccanismo della sfiducia costruttiva, questo è un meccanismo che ingabbia
il Parlamento, che lo ricatta e che ricatta la stessa maggioranza parlamentare.
Attraverso questo meccanismo la maggioranza parlamentare non è libera di
scegliere al proprio interno un nuovo premier. È uno strumento
assolutamente inconcepibile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Qui c'è il
ribaltamento delle responsabilità, Presidente. Lei come Presidente di
quest'Assemblea dovrebbe essere particolarmente sensibile a questo tema.
Qui un premier può imporre ad un'Assemblea una votazione. Non è come
oggi, in cui un premier può imporre una votazione su una legge ma poi se
ne assume la responsabilità per cui, se viene smentito dal Parlamento, si
dimette. Questo avviene oggi ed è giusto che sia così. Il premier si
gioca la sua credibilità politica in una votazione sulla fiducia: se sbaglia va
a casa e chi lo ha smentito continua a svolgere la sua funzione.
Qui avviene esattamente il contrario: il premier impone un'impostazione
su una legge e la Camera la deve votare perché, altrimenti, il premier
si dimette e la Camera va a casa.
Quindi, ciò significa che se c'è una dissonanza tra premier e Assemblea
si ha lo scioglimento dell'Assemblea. Questo significa, in termini pratici, che
qualsiasi Assemblea sarà nell'impossibilità di valutare serenamente se
approvare o non approvare un provvedimento.
Un ultimo aspetto: questa facoltà è esclusa solo per le leggi di revisione
costituzionale. Un premier può imporre all'Assemblea un sistema
elettorale e un'Assemblea deve votare quel sistema elettorale, altrimenti va a
casa!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Bressa 0.28.200.17, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 408
Votanti 401
Astenuti 7
Maggioranza 201
Hanno votato sì 161
Hanno votato no 240).
Prendo atto che
l'onorevole Nicotra non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo al subemendamento Boato 0.28.200.18.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Visto che avete introdotto il meccanismo assolutamente abominevole secondo il
quale il Presidente del Consiglio può ricattare il Parlamento con il voto di
fiducia conforme, cerchiamo di limitare i danni di questo vostro strapotere e,
quanto meno, cerchiamo di impedire che, sotto il ricatto, la maggioranza
parlamentare possa modificare la parte I della Costituzione.
Si tratta di una questione delicatissima. Voi sapete che per i principi
fondamentali (i rapporti civili e le questioni fondamentali che riguardano la
libertà personale, la libertà di riunione e di associazione, di religione, di
culto, di pensiero, di stampa e di cittadinanza, il giudice naturale e la
famiglia) è prevista la riserva di legge, cioè gli stessi si attuano con legge
ordinaria.
Se noi non escludiamo ciò dalla possibilità del voto di fiducia conforme, con
il voto bloccato, per cui il Primo ministro può ricattare la propria
maggioranza sciogliendo il Parlamento, mettiamo nelle mani del Primo ministro
stesso la possibilità di cambiare anche la prima parte della Costituzione, e di
cambiarla sotto il ricatto dello scioglimento del Parlamento. Si tratta di una
cosa abominevole a cui voi stessi dovreste ribellarvi!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente, con il subemendamento in esame cerchiamo, perlomeno, di porre alcuni limiti allo strapotere del premier ed al condizionamento assoluto dell'Assemblea rispetto alla volontà del premier stesso. Mi rendo conto che la questione non vi meravigli tanto. In questa legislatura, infatti, avete già dovuto ubbidire a tali e tante di quelle leggi imposte dal premier, non ultima quella oggi bocciata dall'Europa! Però, cerchiamo di far si che questa resti una vicenda eccezionale della Repubblica e costruiamo, invece, una Repubblica in cui ciò non avvenga più e, in cui, finalmente, governi la politica e non la volontà di un premier.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Boato 0.28.200.18, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 403
Astenuti 7
Maggioranza 202
Hanno votato sì 158
Hanno votato no 245).
Passiamo alla votazione
del subemendamento Leoni 0.28.200.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente, la possibilità di imporre le questioni all'Assemblea dovrebbe nascere dalla logica che, in quanto il premier è stato investito di un mandato, deve attuare quel programma. Allora, limitiamo il potere del premier al programma elettorale. Non è pensabile che anche su materie non ricomprese in tale programma egli possa esercitare tale funzione. Ciò è illogico anche rispetto alla costruzione delineata dalla maggioranza.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Leoni 0.28.200.9, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 415
Votanti 406
Astenuti 9
Maggioranza 204
Hanno votato sì 160
Hanno votato no 246).
Passiamo alla votazione
del subemendamento Bressa 0.28.200.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, la inviterei, visto che non dobbiamo solo votare ma anche
ragionare e capire di cosa stiamo parlando, ad avere un ritmo leggermente più
rilassato. Come vede, non stiamo facendo ostruzionismo, ma vorremmo almeno
avere il tempo di capire su cosa dobbiamo intervenire.
Il subemendamento in esame tratta una questione estremamente delicata.
Proponiamo di sopprimere le parole «con voto conforme alle proposte del
Governo». Ripeto quanto detto pochi istanti fa: se non vi è la possibilità di
eliminare tale meccanismo abominevole dalla Costituzione, il Primo ministro e
la sua maggioranza hanno la possibilità, sotto ricatto, di cambiare la prima
parte della Costituzione.
Presidente Bruno, la riserva di legge significa che i principi fondamentali
della nostra Costituzione vengono attuati con legge ordinaria. In merito, ad
esempio, alla libertà di stampa, alla questione della cittadinanza, alla
questione della famiglia un Primo ministro può imporre alla sua maggioranza,
pena lo scioglimento della Camera, di votare una legge a suo piacimento e, se
ciò non avviene, scioglie il Parlamento.
Vi rendete conto della gravità delle cose che state facendo? Introducete un
meccanismo, quello del voto di fiducia con il voto conforme, che nessuna
Costituzione contemporanea ha mai previsto. Quando dite che lo prevede la
Costituzione francese del 1958, dite una bugia perché in quel caso non vi è il
potere di ricatto dello scioglimento, ma le dimissioni del Governo.
Fatela finita con queste provocazioni al diritto costituzionale. State cercando
di distruggere non solo una Costituzione, ma i fondamenti elementari del
diritto costituzionale. Il diritto costituzionale deve porre limiti alla
politica. Voi state creando l'assurdo per cui la politica porrà limiti
inaccettabili ed inammissibili al diritto costituzionale (Applausi dei
deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Bressa 0.28.200.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 407
Astenuti 7
Maggioranza 204
Hanno votato sì 159
Hanno votato no 248).
Passiamo alla votazione
del subemendamento Bressa 0.28.200.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
innanzitutto vorrei rilevare come sia un paradosso che il premier chieda
di esprimersi con un voto conforme. Vi è una coartazione della volontà
individuale incredibile. Il premier pone la fiducia, non deve dire come
votare. Non può dire: votate così, altrimenti andate a casa. La terminologia è
assurda ed indicativa di una concezione sbagliata.
Detto ciò, vogliamo perlomeno eliminare una serie di materie dallo strapotere
del premier? Il subemendamento in esame cerca, per lo meno, di fare
questo.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Bressa 0.28.200.10, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato
della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 412
Astenuti 2
Maggioranza 207
Hanno votato sì 163
Hanno votato no 249).
Passiamo alla votazione
del subemendamento 0.28.200.251 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha
facoltà.
CARLO
LEONI. Avevo intenzione di
intervenire sul precedente subemendamento, ma comunque il tema è sempre quello
dei limiti da porre alla questione di fiducia. Credo peraltro sia un tema che
dovrebbe essere caro a tutti i colleghi.
Non bisogna immaginare infatti che oggi la si fa da padroni, pensando che
questo accadrà anche in futuro. Noi abbiamo proposto, con il subemendamento
precedente, che voi inconsapevolmente, immagino, avete bocciato - perché
continuo a pensare che tra di voi dovrebbe esserci qualcuno che ci tiene alle
garanzie democratiche del Parlamento, ma la maggioranza di voi evidentemente
non è così -, un elenco chiaro di temi attinenti alle libertà fondamentali, sui
quali non è lecito per un Governo porre la questione di fiducia.
Con questo subemendamento della Commissione fate un lieve passo avanti,
rispetto alle vostre iniziali posizioni, perché ci siamo battuti affinché
passasse il concetto che almeno non fosse ammissibile la questione di fiducia
sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale. Anche se è un
qualcosa, tuttavia è davvero troppo, troppo poco, e non può bastare a
bilanciare lo spostamento abnorme di poteri nei confronti del premier.
Pertanto, ci asterremo nella votazione di questo subemendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, il collega Bressa, il quale è intervenuto più volte in
questa materia relativa al secondo comma di quello che sarà (ma speriamo non
sia), o di quello che potrà essere, il nuovo articolo 94 della Costituzione -
così come risulterà a seguito dell'eventuale approvazione dell'emendamento
della maggioranza Elio Vito 28.200 -, ha già posto tutte le questioni di
carattere generale espresse dalle opposizioni e dal centrosinistra in
particolare. Proprio perché ho poco tempo, mi richiamo integralmente ad esse e
non le ripeto.
Riprendo invece quanto detto poco fa, correttamente, dal collega Leoni, che ha
annunciato l'astensione nella votazione di questo subemendamento della
Commissione. Esso recepisce solo in parte quanto da noi proposto nel precedente
subemendamento Bressa 0.28.200.10, che voi avete bocciato. Nel subemendamento
in esame si afferma che non è comunque ammessa la questione di fiducia sulle
leggi costituzionali e di revisione costituzionale. Noi condividiamo ciò, anzi
lo abbiamo chiesto proprio noi nel Comitato dei nove. Ma avevamo chiesto che
fossero sottratte alla questione di fiducia, oltre ovviamente alle modifiche
del regolamento della Camera, anche le disposizioni riguardanti le materie di
cui agli articoli 6, da 13 a 22, da 24 a 27, 29, 30, 31, secondo comma, 32,
secondo comma, della Costituzione, che sono quelle che riguardano la riserva di
legge in materia di principi fondamentali.
Questa richiesta non è stata accettata, e secondo noi ciò è grave; la nostra
richiesta quindi è stata recepita solo in piccola parte. Pertanto, analogamente
a quanto detto dal collega Leoni, confermo il nostro voto di astensione sul
subemendamento in oggetto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO
BIANCO. Signor Presidente,
credo che vi siano poche speranze di poter introdurre correzioni in questo
testo. Mi permetto pertanto di porre un problema di carattere più generale.
Com'è noto, dopo che fu scritta la Costituzione, ci fu un gruppo di linguisti
che si dedicarono, per dir così, a mettere in buona lingua il testo. Si propose
Benedetto Croce: qui non c'è nessun Benedetto Croce, quindi nessuno può
aspirare a fare questa operazione.
Vorrei però domandare, visto che ci sono parecchie difficoltà interpretative ed
anche qualche incertezza lessicale e sintattica, se non si pensa di sottoporre
ad una revisione linguistica questo testo di riforma, che, oltre ad essere a
mio avviso sballato dal punto di vista concettuale, lo è anche dal punto di
vista linguistico (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita,
DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE.
Onorevole Gerardo Bianco, le ricordo che già l'articolo 90 del nostro
regolamento prevede la possibilità di apportare eventuali correzioni di forma
da parte del Comitato dei nove.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento 0.28.200.251 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 412
Votanti 278
Astenuti 134
Maggioranza 140
Hanno votato sì 273
Hanno votato no 5).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Maura Cossutta
0.28.200.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 407
Votanti 334
Astenuti 73
Maggioranza 168
Hanno votato sì 93
Hanno votato no 241).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Mazzuca
Poggiolini 0.28.200.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 273
Astenuti 137
Maggioranza 137
Hanno votato sì 17
Hanno votato no 256).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.28.200.254
della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 407
Astenuti 3
Maggioranza 204
Hanno votato sì 246
Hanno votato no 161).
Avverto che, ove venisse approvato il subemendamento D'Alia 0.28.200.19, i subemendamenti Bressa 0.28.200.14 e Mazzuca Poggiolini 0.28.200.2 risulterebbero, rispettivamente, assorbito e precluso.
Passiamo alla votazione
del subemendameto D'Alia 0.28.200.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
MARCO BOATO. Più lentamente, Presidente, perché ci viene l'angoscia...
GIANCLAUDIO BRESSA. No, nessuna angoscia, solo che perdiamo di lucidità e quindi parliamo più di quanto non ci sarebbe consentito!
PRESIDENTE. Complimenti, onorevole Bressa, per questo «ricamo».
GIANCLAUDIO BRESSA.
Grazie, signor Presidente, ho avuto grandi maestri (Applausi).
Signor Presidente, «il Primo ministro si dimette, altresì, qualora la mozione
di sfiducia sia stata respinta con il voto determinante di deputati non
appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni». Avete introdotto un
ulteriore automatismo. In questa vostra ossessione «antiribaltonista» ne state
facendo una peggio del demonio (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza
Nazionale)!
Vi faccio un piccolo esempio. Cari colleghi della maggioranza, sicuramente
avrete una minima conoscenza della storia inglese (quella italiana, si è visto
dalle Iene, non è materia ben conosciuta da molti colleghi). Voi tutti
ricorderete Winston Churchill! Perché vi ricordate di lui? Perché è stato un
grande Primo ministro. Eppure, Winston Churchill è stato un ribaltonista: prima
era conservatore, poi divenne liberale e poi ritornò conservatore. Questa è la
politica! Churchill non è passato alla storia, perché passava «di qua e di là».
È passato alla storia perché fu un grande Primo ministro, un grande politico.
Colleghi, non vergognatevi della politica.
NUCCIO CARRARA. Ha ribaltato le proprie posizioni, non i Governi!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, si
continua ad introdurre nella Costituzione un concetto sbagliato; si parla di
maggioranza espressa dalle elezioni. La maggioranza è convinta che questo
concetto non esista, ma se esaminiamo le norme transitorie, risulta che, fino
all'adeguamento della legislazione elettorale, le disposizioni sullo
scioglimento della Camera dei deputati (articolo 28) non si applicano. Quindi,
stiamo prevedendo l'inserimento nella Costituzione di misure che poi non si
applicheranno mai. In nessun sistema si introduce nella normazione ordinaria, e
non nelle norme transitorie, un principio transitorio. È completamente
sbagliato!
State prefigurando un sistema elettorale ma non lo avete detto ai membri
dell'Assemblea (nessuno sa qual è); lo costruirete successivamente. Finché non
avverrà, la norma costituzionale resterà nel limbo. Una norma ordinaria, non
una norma transitoria... Non si fanno nemmeno le leggi in questo modo...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Marone.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento D'Alia 0.28.200.19, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 403
Votanti 392
Astenuti 11
Maggioranza 197
Hanno votato sì 236
Hanno votato no 156).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Maura Cossutta
0.28.200.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 411
Votanti 406
Astenuti 5
Maggioranza 204
Hanno votato sì 158
Hanno votato no 248).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.28.200.255
della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 416
Votanti 413
Astenuti 3
Maggioranza 207
Hanno votato sì 245
Hanno votato no 168).
Passiamo alla votazione
del subemendamento Bressa 0.28.200.13.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, vorrei che vi soffermaste su ciò che vi accingete a votare,
nel caso non fosse approvato il nostro subemendamento. Voi, che attualmente
siete deputati di maggioranza, avete una sovranità parlamentare limitata; avete
la possibilità di sfiduciare il Primo ministro, con la condizione di mandare a
casa il Parlamento. Se, invece, volete sfiduciare il Primo ministro e cambiarlo
con un altro appartenente alla vostra maggioranza, dovete essere almeno la metà
più uno dei componenti del Parlamento.
Questo significa che, se al vostro interno c'è un gruppo di fedelissimi del
Primo ministro che rifiuta di firmare questa mozione di sfiducia, non avete la
possibilità di cambiare il vostro premier che, per mille motivi, può
essere invece oggetto di cambiamento.
Nel nostro meccanismo, che non è ossessionato dall'antiribaltone e dagli automatismi
che sono la vostra costante in questa riforma, è il Presidente della Repubblica
che deve valutare se la nuova compagine del Governo che gli esponenti della
maggioranza sottopongono al voto dell'Assemblea sia coerente con il risultato
delle elezioni e con il programma di legislatura. Questo significa restare nel
regime parlamentare!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
attribuiamo enorme importanza a questo subemendamento, sul quale ripetutamente
abbiamo inutilmente richiamato l'attenzione del Comitato dei nove, della
maggioranza e del Governo.
Il nostro subemendamento si colloca in una logica equilibrata di rafforzamento
della figura del Primo ministro e in una logica antiribaltone - ma non di
un'ossessione, come giustamente diceva il collega Bressa -, reintroducendo
l'importante ruolo del Presidente della Repubblica, che definite garante della
Costituzione ma che poi non è in grado purtroppo di garantire la correttezza
dei rapporti tra Governo e Parlamento.
Con la nostra proposta emendativa si prevede che, dopo aver votato una mozione
in cui venga indicato un nuovo Primo ministro e quindi il precedente in carica
si dimette - la cosiddetta sfiducia costruttiva -, sia compito del Presidente
della Repubblica di verificare che la nomina del nuovo Primo ministro indicato
nella mozione sia coerente con il risultato delle elezioni e con il programma
di legislatura.
Quindi è un'idiozia quella affermata da qualcuno secondo cui da parte del
centrosinistra ci sarebbe una logica di favore nei confronti di norme
ribaltoniste. Da parte del centrosinistra c'è il rifiuto del cosiddetto
premierato assoluto, c'è una coerente proposta di rafforzamento del Governo e
del Primo ministro, ma in un equilibrato rapporto tra i poteri costituzionali,
Governo-Parlamento-elezioni; nel contempo si prevede che sia il Presidente
della Repubblica, garante della Costituzione, a verificare la coerenza con il
risultato delle elezioni e con il programma di legislatura del nuovo Primo
ministro, così come indicato dalla mozione di sfiducia costruttiva.
Per questo motivo, invitiamo l'Assemblea ad esprimere un voto favorevole sul
nostro subemendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Il nostro
subemendamento si riferisce ad una di quelle norme collocate in un «limbo», in
quanto potrebbe anche non applicarsi mai. Infatti, la norma antiribaltone non
si saprà mai se entrerà in vigore, in quanto ciò potrà accadere solo se ci sarà
un nuovo e diverso sistema elettorale. Voi, quando fate qualcosa, la smentite
subito dopo! Volete essere rigorosissimi sulla norma antiribaltone e poi
approvate un norma transitoria con la quale prevedete che la suddetta
disposizione non entri in vigore fino all'adeguamento del sistema elettorale.
Dunque, cerchiamo di evitare questo assurdo automatismo che proponete,
prevedendo un sistema attuabile sin da oggi.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Bressa 0.28.200.13, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 393
Votanti 385
Astenuti 8
Maggioranza 193
Hanno votato sì 149
Hanno votato no 236).
Il seguito del dibattito
è rinviato al prosieguo della seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16 con immediate votazioni.
(Ripresa esame dell'articolo 28 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Ricordo che nella seduta di questa mattina è stato votato, da ultimo, il
subemendamento Bressa 0.28.200.13.
Passiamo quindi alla votazione del subemendamento 0.28.200.256 della
Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha
facoltà.
PIETRO
FONTANINI. Signor Presidente, il
subemendamento 0.28.200.256 della Commissione completa l'emendamento Elio Vito
28.200, contribuendo a riscrivere, in pratica, l'articolo 94 della
Costituzione, oggetto del nostro dibattito.
In sostanza, si propone di sostituire la parte finale del quarto comma
dell'emendamento Elio Vito con la seguente formulazione: «(...) il Presidente
della Repubblica nomina il Primo ministro designato dalla mozione. La mozione
non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione
e deve essere votata per appello nominale».
Vi è quindi una specificazione con la quale vengono definiti i tempi per la
messa in discussione della mozione - non prima di tre giorni dalla sua
presentazione - nonché le modalità per la sua votazione. Infatti, si specifica
che la votazione deve avvenire per appello nominale. Tale norma intende dare
certezza al risultato della mozione, prima della cui votazione devono
trascorrere tre giorni dal momento della sua presentazione. Inoltre, il voto
deve essere espresso in modo palese.
Ogni deputato, quindi, dovrà esprimersi per appello nominale, dato che la
mozione si rivelerà fondamentale per il prosieguo non solo dell'attività di
governo del Primo ministro, ma anche per la durata della stessa legislatura,
che potrebbe essere interrotta qualora la mozione stessa non dovesse essere
approvata dalla maggioranza della Camera, in particolare dalla maggioranza
uscita dalla consultazione elettorale che ha dato vita al raggruppamento di
forze politiche che hanno ricevuto il mandato per potere intraprendere l'azione
amministrativa e governativa.
Si tratta di un subemendamento importante, che completa quello redatto dai
capigruppo della maggioranza - l'emendamento Elio Vito 28.200 - che sostituisce
integralmente l'articolo 94 della Costituzione.
Pertanto, invitiamo tutti i colleghi a votare in senso favorevole perché si
tratta di un subemendamento con finalità di completamento, di coerenza e di
chiarezza, rispetto ad un passaggio importante come quello previsto
dall'articolo 94 della Costituzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO
CARRARA. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, abbiamo ascoltato più volte segnali di allarme provenienti
dai banchi della sinistra: si afferma che vorremmo dare vita a un potere quasi
dittatoriale del Primo ministro, che potrebbe tenere sotto scacco la propria
maggioranza e che sarebbe attore unico della vita politica e detentore unico
del destino del Parlamento, che si ridurrebbe a mero organo di ratifica,
attraverso la maggioranza, della volontà del Primo ministro stesso.
Tutto ciò non è vero. Abbiamo tentato di dare vita a un sistema equilibrato e,
soprattutto, rispettoso della volontà popolare. Non ci spaventa quel continuum
tra Primo ministro e Parlamento, che insospettisce ed allarma l'onorevole
Violante, perché il continuum tra il Parlamento e il Presidente del
Consiglio vi è sempre stato in tutti i governi della Repubblica, che si sono
retti su maggioranze parlamentari.
La differenza tra il
passato e il futuro che auspichiamo è costituita da un modo diverso di
concepire tale continuum, che non è più tra maggioranza parlamentare e premier,
e dunque tra il Parlamento totalmente sovrano e il premier: il continuum
parte dall'elettore, e si instaura tra l'elettore, il Primo ministro eletto e
il Parlamento e la maggioranza eletti.
Le elezioni avvengono sulla base di un quadro politico chiaro, poiché prima
delle elezioni il Primo ministro indica la maggioranza e le forze politiche con
le quali intende governare e, soprattutto, presenta un programma che è tenuto a
rispettare. Il corpo elettorale è l'unico sovrano: smettiamola di dire che il
sovrano è il Parlamento, che viene meno la sovranità del Parlamento, e via
dicendo; va ribadito che la sovranità del Parlamento è una sovranità delegata,
e che il vero ed unico sovrano è il popolo, che vota un premier, un
programma e una maggioranza che sosterrà il premier.
Dunque, se il premier e la maggioranza sono parimenti legittimati a
governare, quando si rompe il continuum tra il corpo elettorale, il premier
e la maggioranza è ovvio che si debba ritornare alle urne. Se invece, ad
esempio, si dovesse rompere il rapporto tra il premier e la propria
maggioranza, non è assolutamente vero che si debba necessariamente andare alle
urne, perché quella stessa maggioranza, legittimata dal voto popolare, può
trovare al proprio interno un nuovo premier che sostituisca il Primo
ministro che dovesse cessare dalla carica per qualsiasi motivo, compreso il
voto di sfiducia.
Si potrà dunque avere un nuovo Primo ministro, ma sempre nell'ambito della
stessa maggioranza, perché non possiamo accedere all'idea del ribaltone, che è
un autentico tradimento del responso delle urne (Applausi dei deputati dei
gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione
Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Signor Presidente, sono favorevole al subemendamento in esame, predisposto dalla Commissione al fine di chiarire le norme relative al premierato. Riprendendo le osservazioni già svolte nella parte antimeridiana della seduta, sottolineo che si tratta di un passaggio fondamentale della riforma istituzionale, in quanto è indispensabile indicare con chiarezza agli elettori il programma e la coalizione che si apprestano a votare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO
POLLEDRI. Ritengo che vada
sottolineato un dato estremamente importante: la continuità tra la volontà
dell'elettore ed il percorso di formazione del governo e delle attività
governative. Pertanto, signor Presidente, faccio fatica a comprendere lo
stracciarsi di vesti da parte di illustri componenti della sinistra, che
evocano momenti estremamente felici nel passato.
Invece, in questo momento costituente, la maggioranza si assume
responsabilmente il compito di rendere questo paese più moderno e al passo con
i tempi, risolvendo alcuni nodi, alcuni bisogni di democrazia partecipativa e
di...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale, l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.
ANDREA
GIBELLI. Ritengo che l'insieme
di norme al nostro esame dimostrino che si segue una direzione opposta a quella
invece sottolineata stamane dai colleghi del centrosinistra.
Comprendo le ragioni di chi continua a considerare la centralità del
Parlamento; è altrettanto vero però che il potere, per Costituzione, appartiene
al popolo, che lo esprime nel momento delle elezioni. Quando vi è la
possibilità...
PRESIDENTE. Onorevole Gibelli, ha terminato il tempo a sua disposizione (Commenti).
ALESSANDRO CÈ. Presidente, per cortesia!
DARIO GALLI. Signor Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori!
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DARIO
GALLI. Preferirei non
intervenire, giacché ogni qual volta lo faccio si scatena il caos... Ma ora non
posso astenermi dal farlo. Io ho parlato al massimo 30 secondi, ora lei sta concedendo
ai colleghi di parlare tra i 40 e i 45 secondi.
Dopo aver concesso la parola, potrebbe almeno suonare il campanello e avvisare,
ringraziando, che si è terminato il tempo per l'intervento. Mi sembrerebbe il
minimo in un'aula parlamentare. Ridurre gli interventi ad una durata di 45
secondi, come sta avvenendo, non mi pare rispettoso del nostro lavoro.
PRESIDENTE. È stato così solo in occasione del primo intervento. In seguito, agli altri ho concesso un minuto ciascuno.
DARIO GALLI. Ho controllato con il mio orologio: erano 45 secondi!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.
LUIGINO
VASCON. Intervengo per
sottolineare la fondamentale importanza di questo passaggio al nostro esame. È
evidente che quanto ipotizziamo tende a concedere una maggior sovranità al
popolo, alla gente. La gente sa chi vota, sa quali sono i programmi, sa chi
sarà il Presidente del Consiglio e sa a chi affida il proprio voto.
Cosa ben diversa, ad esempio, dalla scorsa legislatura quando abbiamo visto
cambiare ben quattro Governi e tre Presidenti del Consiglio. Ciò significa che,
in buona sostanza, il voto in quel caso è stato affidato in maniera
pressappochista, non per dolo dell'elettore ma a causa della classe politica
che in quel momento governava il paese. Dare sicurezza, dare garanzia, è il
massimo che la politica in questo caso...
PRESIDENTE.
La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Le proposte emendative elaborate dalla Commissione sono la migliore risposta possibile alle accuse rivolte stamani dal centrosinistra sul rischio di deriva autoritaria. È chiaro, si persegue la centralità del Parlamento ma non come, purtroppo, fino a oggi è stata concepita. Si riconduce al popolo, ai cittadini e agli elettori la sovranità, la possibilità di determinare una maggioranza e un programma. Con un giusto meccanismo, un giusto equilibrio si consente il mantenimento, la continuità della volontà popolare attraverso la designazione del premier - questo sì - ma, mediante meccanismi come la mozione di sfiducia, si garantisce l'attuazione del programma qualora...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ercole. Ne ha facoltà.
CESARE
ERCOLE. Signor Presidente,
l'articolo 28, che modifica l'articolo 94 della Costituzione, si lega
direttamente a quanto abbiamo detto ieri a proposito della lettera d),
primo comma, dell'articolo 23, riguardante lo scioglimento della Camera dei
deputati.
Qui siamo di fronte ad un ragionamento semplice e corretto, che riguarda il
premierato, ed, in sostanza, la possibilità da parte dei cittadini di eleggere
direttamente il premier e la sua maggioranza, e anche da parte della
stessa maggioranza di sfiduciare il premier, così come prevede
l'articolo stesso.
Noi auspichiamo che il subemendamento 0.28.200.256 della Commissione venga
approvato...
PRESIDENTE. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO
DUSSIN. Signor Presidente,
intervengo per sottolineare positivamente il contenuto dell'articolo in
discussione che dà forza al collegamento tra programma di governo, figura del
Presidente del Consiglio e relativa maggioranza, la quale deve sostenerlo nella
sua azione di governo ma che, soprattutto, in quanto maggioranza, è interprete
della volontà popolare di vedersi governata da determinate forze politiche. Ebbene,
questo mix dovrebbe finalmente garantire una continuità di intenti al
governo del paese, cosa mancata non solo negli ultimi anni, ma negli ultimi
decenni, e di cui si sente la necessità in un quadro di cambiamento forte e
radicale.
Vi è, sì, una mozione di sfiducia, ma vi è anche la possibilità da parte della
maggioranza, quindi di riflesso dei cittadini, di riproporre eventualmente una
nuova figura di premier...
PRESIDENTE.
La ringrazio...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Didoné. Ne ha facoltà.
GIOVANNI
DIDONÈ. Signor Presidente,
anch'io intervengo a titolo personale. In questa riforma vengono poste le basi
di un cambiamento importante, secondo il mio punto di vista. Il popolo eleggerà
direttamente anche il Presidente del Consiglio; è ovvio che, in questo caso, la
sovranità popolare diventerà molto più forte e più ampia.
Le Camere devono avere anche il potere di presentare una mozione di sfiducia
con l'indicazione del nuovo Primo ministro, perché la sovranità popolare, che
si era espressa votando un Primo ministro che aveva presentato un programma e
che aveva avuto una maggioranza parlamentare, viene a completare il suo
programma elettorale con la proposta, appunto, di un nuovo Primo ministro.
Questo non era mai avvenuto fino ad ora...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Didonè.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Messa. Ne ha facoltà.
VITTORIO MESSA. Signor Presidente, sono stato indotto a prendere la parola per il tenore dell'intervento svolto dall'onorevole Intini nella parte finale della seduta di questa mattina; un intervento tracimante di insulti nei confronti della Casa delle libertà, della Lega e di Alleanza Nazionale. Io non sono abituato a rispondere con insulti agli insulti. Debbo, però, dire che l'onorevole Intini ha passato il segno e vorrei ricordare come nella mia giovinezza, prima di diventare deputato, quando facevo politica nelle piazze nelle fila pericolose del Movimento sociale, tutto potevo supporre tranne due cose: la prima, di diventare deputato, come poi è accaduto; l'altra, che un giorno, divenuto deputato, mi sarei sentito fare la predica dall'onorevole Intini (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fragalà. Ne ha facoltà.
VINCENZO FRAGALÀ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le critiche che sono state mosse, durante tutta la giornata, nei confronti di questo passaggio importantissimo della riforma costituzionale - che darà finalmente voce ai cittadini, i quali potranno eleggere direttamente il Capo dell'esecutivo e, soprattutto, potranno approvare un programma di governo - assumono questo pomeriggio, nella latitanza dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale) rispetto alla discussione in atto, un significato più chiaro: non si volevano pesi e contrappesi, ma si voleva soltanto ribadire una sorta di veto alla Casa delle libertà, la quale propone di rendere l'esecutivo finalmente stabile e responsabile rispetto ad un programma (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Fragalà.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO
STUCCHI. Signor Presidente,
mentre i nostri colleghi dell'opposizione sono ancora al bar, noi, le forze
politiche che compongono la Casa delle libertà, discutiamo una tematica
importante e ci confrontiamo. Ciò testimonia quanto sia stata condivisa la
scelta che ci apprestiamo a compiere dopo avere individuato la migliore
formulazione per disciplinare la questione della mozione di sfiducia. Quella
che proponiamo è una soluzione corretta perché stabilisce un corretto rapporto
tra il Primo ministro e la sua maggioranza ed anche con i cittadini.
Nel ribadire che la strada individuata è quella corretta, credo che la Casa
delle libertà faccia bene a percorrerla, perché è questo che i cittadini
vogliono!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.
ROBERTO
ROSSO. Signor Presidente,
risulta veramente incomprensibile il comportamento della sinistra all'interno
di quest'aula. Essa finisce per dimostrare irriverenza nei confronti di un
lavoro valido e serio, che anche noi apprezziamo spesso, svolto da alcuni
all'interno di questa istituzione. Sembrate quasi - almeno questa è l'opinione
che alcuni di noi si sono fatta - studenti costretti a svolgere, qui dentro, un
«compitino» nel quale non credono, in nome di un maestro che, fuori di qui, vi
giudica e vi bacchetta (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Avete tanti grandi oratori al vostro interno! Anche in questi giorni, alcuni di
loro hanno pronunciato frasi che ci hanno confortato. Stamattina, ad esempio,
l'onorevole Lettieri ha richiamato l'esigenza di rispettare il Parlamento, gli
eletti in questo Parlamento, i ministri. Per la verità, egli si è spinto anche
più in là: come hanno fatto altri colleghi, ha parlato di «leaderismo» e di
«ducismo», riferendosi al modo in cui i sindaci ed i presidenti delle province
e delle regioni guidano le loro amministrazioni. Vivaddio!
Oggi ho tacciato di faccia tosta l'onorevole Violante e l'onorevole Maccanico
perché c'è veramente una carenza totale di pudore! È davvero incredibile ed
anche in contraddizione con la vostra intelligenza: le stesse persone che hanno
votato alcune leggi in passato (dapprima nella prima Repubblica e poi nella
seconda) hanno il coraggio, oggi, di lamentare le conseguenze di ciò che loro
per primi hanno voluto! Addebitano a noi ciò che il loro maestro, Romano Prodi,
continua a chiedere loro, anzi, a pretendere da loro!
Vedo che è presente l'onorevole Rosy Bindi: mi piacerebbe che, da autentica
democratica, ci spiegasse come possano i suoi colleghi di partito o di
schieramento presentarsi all'interno di quest'aula per chiedere a noi ciò che,
quando vanno nelle sedi di partito e di coalizione, loro non rispettano!
Evidentemente, è il capo della vostra coalizione, il vostro direttore
d'orchestra, che vi fa suonare uno spartito diverso: qui proponete uno spartito
antico, che molti di noi, probabilmente, possono condividere (anzi, alcuni
emendamenti e modifiche vanno in tale direzione); poi, uscite da qui e,
improvvisamente, lo spartito cambia perché il direttore d'orchestra vi dice che
dovete scomparire come partito, che dovete annullarvi come parlamentari e
dovete riconoscere a lui, ed a lui solo, il compito di decidere chi saranno,
eventualmente, i vostri ministri.
Ebbene, lo applaudite con la stessa forza, con lo stesso entusiasmo con cui qui
applaudite gli oratori che dicono l'esatto opposto di ciò che Romano Prodi dice
al di fuori di quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Ora, tra qualche mese, tra due anni, proporrete agli italiani un referendum
abrogativo; vi consigliamo sinceramente di dirci quale sarà la motivazione per
la quale lo proporrete, perché qui abbiamo sentito tutto e il suo contrario.
L'hanno già ripetuto alcuni miei colleghi: abbiamo sentito da voi affermare che
la devolution impostata dalla Casa delle libertà avrebbe sfasciato il
paese; il giorno dopo, quando si è trattato di parlare dell'interesse nazionale,
avete detto che noi volevamo ricentralizzare la riforma dello Stato che voi
avevate fatto, negando autonomia alle regioni.
RENZO INNOCENTI. È un pateracchio!
ROBERTO ROSSO. Ma come è possibile nell'arco di un solo giorno cambiare così radicalmente opinione? La schizofrenia - dovreste saperlo meglio di noi - è un problema che altri fuori da quest'aula, con patente medica, dovrebbero curare, non i colleghi che vi ascoltano da questa parte dell'emiciclo. Ed è per questa ragione che ci piacerebbe davvero ritornare ad un piano di coerenza. Noi capiamo l'assurdo della vostra posizione. Avete cominciato l'esame di questa riforma costituzionale votando sostanzialmente in linea con la posizione della Casa delle libertà; avevate cercato di rimediare voi stessi ad un errore commesso nella scorsa legislatura. Fatta una riforma federale, basata tutta sul principio di concorrenza tra Stato e regioni, anziché di esclusività di competenze, vi eravate dimenticati semplicemente di fare il Senato federale, per cui non è possibile applicare leggi dello Stato; persino quella che ragionevolmente il sottosegretario Pescante ha portato all'interno di quest'aula (e in molti ci abbiamo provato, anche tra la sinistra): non si possono finanziare le società dilettantistiche di questo paese perché non viene riconosciuta allo Stato, da parte di regioni guidate dal centrosinistra e dalla sinistra, la possibilità di legiferare in quella materia. La coerenza sarebbe una condizione per rendervi ancora credibili ai vostri stessi elettori (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana)... Francamente quei rari momenti in cui la maggioranza interviene ed è necessitata a farlo perché non c'è il numero legale, come appunto sta avvenendo da tre quarti d'ora a questa parte (I deputati dell'opposizione entrano in aula - Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...
PRESIDENTE. Onorevole Marone, la prego di continuare.
RENZO INNOCENTI. È impossibile parlare!
RICCARDO MARONE. Ma non è possibile parlare in queste condizioni! Presidente, lei mi dovrebbe garantire di parlare (Prolungati applausi polemici dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega Nord Federazione Padana) ...
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di consentire al collega di parlare. Prego, onorevole Marone...
RICCARDO MARONE. In queste fasi in cui la maggioranza è costretta a parlare perché non ha il numero legale, si sente dire di tutto su questa riforma, anche perché credo che molti non se la siano neanche letta. Si sente parlare di premier eletto dal popolo - e non mi sembra sia questa l'ipotesi su cui stiamo discutendo - come se questo premier fosse investito direttamente dalla volontà popolare. Sarebbe stato giusto analizzare una ipotesi di questo tipo; forse ne avremmo potuto discutere, ma avremmo parlato di tutta una serie di altre problematiche connesse alla tematica del premier eletto dal popolo. È una forma che esiste in molti ordinamenti, ma non è quello di cui stiamo trattando.
Noi non stiamo prevedendo, nella Costituzione, un premier eletto direttamente dal popolo: infatti, stiamo semplicemente prevedendo...
PRESIDENTE. Onorevole Marone, concluda!
CESARE RIZZI. Tempo!
RICCARDO
MARONE. ... un premier
che si collega ad una serie di partiti e di liste; dunque, si tratta di una
questione completamente diversa!
Rispetto a questo punto, allora, è ovvio che occorreva prevedere, con
riferimento agli enormi poteri che avete conferito al Primo ministro, una serie
di limitazioni...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marone!
RICCARDO MARONE. ... in grado di garantire...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Marone (Commenti del deputato Rizzi)!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento 0.28.200.256 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 400
Votanti 394
Astenuti 6
Maggioranza 198
Hanno votato sì 257
Hanno votato no 137).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Elio Vito 28.200.
Avverto che, ove venisse approvato tale emendamento, interamente sostitutivo
dell'articolo 28, risulterebbero precluse, ovvero assorbite, le restanti
proposte emendative ad esso presentate e non si procederebbe alla votazione
dell'articolo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha
facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, l'emendamento in esame riformula, in buona sostanza, un
punto nodale della modifica costituzionale, che possiamo indicare come «il
Governo in Parlamento», e completa la configurazione del cosiddetto «premierato
assoluto».
La previsione del cosiddetto voto conforme alle proposte avanzate dal Governo
da parte della Camera, collegata allo scioglimento della Camera stessa, che
verrebbe introdotta nella Costituzione dall'articolo in esame, rappresenta
infatti un ulteriore tassello di questo astruso ed inedito modello che viene
chiamato «premierato assoluto», oppure, anche con una certa e dovuta ironia,
«Silvierato».
Sono state già efficacemente illustrate dal collega Mattarella le rigidità che
verranno introdotte nell'ordinamento costituzionale: basti pensare, ad esempio,
all'istituto della mozione di sfiducia, o al perimetro rigidissimo della...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Mantini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
stiamo esaminando l'emendamento con cui la maggioranza è finalmente riuscita a
trovare un accordo. Devo riconoscere che esso contiene una serie di previsioni
che appaiono davvero discutibili anche sotto il profilo formale, al di là delle
questioni di fondo che già abbiamo sollevato.
Vorrei innanzitutto osservare che, al primo comma dell'emendamento in esame,
l'idea che la Camera dei deputati si esprima con un voto sul programma
illustrato dal Primo ministro è davvero paradossale, poiché non si comprende la
ragione per la quale la Camera non debba approvare tale programma. A mio
avviso, voi proponete ciò proprio perché volete riaffermare il potere assoluto
del Primo ministro ed il ruolo subalterno della Camera.
Inoltre, se si legge il secondo comma dell'emendamento, si può constatare che è
scritto seguendo la stessa logica, perché il Primo ministro può chiedere che la
Camera dei deputati si esprima, con priorità su ogni altra proposta, con voto
conforme alle proposte del Governo. Pertanto, il Primo ministro non pone più la
questione di fiducia, come è stato sempre previsto dalla Costituzione vigente,
ma impone alla Camera il voto conforme alle sue proposte...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marone!
RICCARDO MARONE. ... pena lo scioglimento...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Marone (Commenti del deputato Marone)!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha
facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo una lunga e travagliata
discussione, sembra che la maggioranza si sia messa d'accordo sul
maxiemendamento in esame, il quale, a mio avviso, è peggiore delle diverse
soluzioni precedentemente prospettate. Prima, infatti, la possibilità per il
Primo ministro di imporre la propria volontà era legata alle questioni sulle
quali poneva la fiducia. Ora, invece, con il secondo comma, la questione è
attenuata e si rafforza il potere di ricatto del Primo ministro nei confronti
del Parlamento. Lo abbiamo già detto molte volte. Questo è un sistema che
altera il bilanciamento corretto tra i poteri dello Stato e rende, di fatto, il
Parlamento succube dell'esecutivo.
Su un aspetto vorrei insistere: su come si concilia la normazione al nostro
esame con il principio costituzionale secondo il quale i parlamentari
rappresentano l'intera nazione. Se vi è un mandato di rappresentanza - non è il
caso di esaminare, in questa sede, le diverse tesi sul rapporto giuridico che
intercorre tra elettori ed eletti, ma certamente si tratta di un rapporto
fiduciario, per cui il rappresentante è investito, per la durata del mandato,
di una facoltà di libera scelta, perché il medesimo deve anche interpretare il
mutamento del corpo elettorale - non si comprende questo irrigidimento
nell'ambito della stessa maggioranza: non contano i voti aggiuntivi, eccetera.
Non è una manovra antiribaltone, ma una manovra contro la libertà dei deputati.
A mio avviso, si tratta di uno di quei casi in cui, modificando la seconda
parte della Costituzione, si viola, in realtà, anche la prima parte. Si viola,
infatti, il principio di eguaglianza addirittura tra i parlamentari. Mi pare
che ciò sia veramente grave.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente,
capisco tutto ed anche che sono esauriti i tempi di molti gruppi. Non ritengo,
tuttavia, dignitoso per il Parlamento che ci si costringa, in pochi secondi, ad
esprimere una valutazione su un tema rilevante. Con questo emendamento - e, di
fatto - con l'articolo 28, si decide sostanzialmente che l'Italia esce fuori
dal sistema di Governo parlamentare. Si aumentano, infatti, tutti i poteri del
Primo ministro e si concentrano tutti i poteri in un'unica persona, a scapito
di tutti gli altri poteri, quelli del Governo come organismo collegiale, quelli
del Parlamento, quelli del Presidente della Repubblica e quelli delle autonomie
locali. Questo sta accadendo e questa è la ragione della nostra contrarietà
all'emendamento in esame all'articolo 28 ed alla filosofia complessiva che
ispira questa cosiddetta riforma costituzionale. È bene, quindi, che vi sia, da
parte di tutti, la possibilità di comprendere le nostre ragioni, di interloquire
e di discutere di argomenti che rischiano di segnare in negativo la vita futura
del nostro paese.
Tra breve, assisteremo ad una presa in giro, ossia al fatto che voi ci direte:
non vi preoccupate - lo direte a molti e lo direte ai senatori, in particolare
-, di tutto ciò se ne parlerà nel 2016 addirittura. In ogni caso oggi - ed a
quest'ora - si sta votando un grave salto della democrazia italiana fuori dalla
forma di governo parlamentare. Questa è la ragione della nostra radicale
opposizione a questo emendamento ed a questo articolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.
SESA
AMICI. Signor Presidente,
voglio continuare il ragionamento del collega Leoni, vista la nostra
impossibilità di intervenire compiutamente sull'articolato. Non solo siamo
contrari a questo articolo ma riteniamo che esso porti, dentro di sé, una
contraddizione di fondo: non solo la fuoriuscita dal sistema parlamentare, ma
anche il venir meno, assieme ai poteri assoluti del premier, anche
dell'idea della collegialità del Consiglio dei ministri, quasi a testimonianza
dell'inutilità e dell'inefficacia di un'azione di governo di tipo collegiale.
Vi sono, poi, norme sull'interesse nazionale. Tutto è invece collegato ad un
programma in cui la maggioranza domanda consensi elettorali, ma rispetto a tali
consensi elettorali si impedisce, nel momento della sfiducia, che la dialettica
politica possa determinare una maggioranza in sintonia con il programma
elettorale. Questo è l'aspetto grave. Ciò significa, infatti, ingessare un
meccanismo parlamentare, e - soprattutto - ingessare e coartare le coscienze
dei singoli parlamentari che, magari, su quel programma riconoscono una
filosofia necessitata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA
DEIANA. Signor Presidente,
credo che sia scandaloso discutere in maniera così affrettata su un emendamento
che rovescia radicalmente l'ordinamento democratico della Repubblica. È
scandaloso essere costretti ad un cambiamento così radicale ed obbrobrioso con
tempi ridicoli. Siamo allo svuotamento totale del Parlamento, ad una
concentrazione abnorme nelle mani del Primo ministro di tutti i poteri. Non
soltanto è lesa la normale e democratica dialettica politica all'interno del
Parlamento, ma credo - lo voglio sottolineare con forza - che i parlamentari,
ognuno di loro, vengano privati in maniera intrinseca della natura della
rappresentanza democratica, così come è assicurata dal moderno costituzionalismo:
mi riferisco al fatto che ogni parlamentare è rappresentante del popolo ed alla
trasformazione dei parlamentari, secondo la formulazione che ci obbligate a
votare e contro cui ci esprimeremo, in clientes del Primo ministro.
Vi è una massa di manovra - la maggioranza - che diventa clientes della
propria leadership, con un annullamento delle prerogative del Parlamento
dal punto di vista delle procedure, dei poteri, della possibilità di
connessione con il corpo elettorale e con la società, con un annullamento della
possibilità di cambiamento delle opinioni, attraverso un voto vincolato e
conforme alle proposte del Governo. Tutto ciò come si addice a dei servi. Si
prospetta, quindi, un Parlamento reso servile, ufficio notarile - l'ho detto
più volte e lo ripeteremo - della volontà del Primo ministro. La storia della
Repubblica ...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Deiana.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosso. Ne ha
facoltà.
ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, intervengo brevemente per rivolgermi al professor Acquarone, che già in alcune occasioni in quest'aula ha parlato del vincolo di mandato. Professore e onorevole, resta totale la possibilità di dissenso in quest'aula da parte di un membro della maggioranza. Però, c'è da dire una cosa: voi stessi ci avete insegnato - dopo averlo praticato - che il ribaltone era immorale. Ora, non potete cambiare opinione anche su questo.
Per anni avete detto - e
l'avete sostenuto anche al momento della riforma sui presidenti delle regioni -
che si può mandare a casa un presidente che viola il mandato contratto con gli
elettori, ma non si può costruire surrettiziamente con un ribaltone ciò che il
popolo non ha indicato.
Oggi il venire meno di questa minima coerenza è anche un segnale, onorevole
Acquarone: l'incoerenza rispetto a un leader che queste cose le ha
affermate continuamente davanti agli italiani.
Vorrei, poi, svolgere un'ultima considerazione rivolgendomi all'onorevole
Leoni. L'ho sentito coraggiosamente affermare, con uno spirito da ardito degno
della prima guerra mondiale, che non sarebbe dignitoso riservare così pochi
minuti ad una discussione su argomenti così importanti.
Ebbene, è da settimane che andiamo avanti: abbiamo ampliato i tempi e in
quest'aula consentiamo alla minoranza di praticare ogni gioco ostruzionistico.
Dire, oggi, che non vi si consente di fare il vostro mestiere, veramente lascia
esterrefatti (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo) ed invito l'onorevole Leoni a chiedere all'ex presidente
Violante, al suo attuale capogruppo, come si svolgeva il dibattito nella
legislatura in cui egli presiedeva questa Assemblea (Applausi dei deputati
del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA.
Signor Presidente, è l'ultima votazione riguardante il cosiddetto articolo
antiribaltone. Vorrei dire sommessamente che, secondo la mia opinione,
bisognerebbe chiamarlo diversamente: non è infatti un articolo antiribaltone.
La preoccupazione «antiribaltonista» nasce dalla necessità, comprensibile e
condivisibile, che un Primo ministro e un Governo che abbiano vinto le elezioni
non vengano rovesciati da un passaggio di fronte di alcuni deputati che, passando
all'opposizione, rovesciano il Governo mandandolo a casa.
In questo articolo è inserita una norma per cui se un Primo ministro che ha
vinto le elezioni e il suo Governo vedono un gruppetto di deputati, piccolo ma
decisivo, cambiare fronte e andare con l'opposizione e ricevono, invece, voti
sufficienti da qualcun altro dell'opposizione, vanno a casa.
Questa è una norma contro la stabilità di Governo. È la vittoria di un piccolo
gruppetto di deputati, piccolo ma decisivo, che, facendo un ribaltone, passa da
uno schieramento all'altro, fa cadere il Governo e porta il paese alle
elezioni.
Questa è una norma che esalta il ribaltonismo (Applausi dei deputati dei
gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo,
Misto-Comunisti italiani e Misto-Socialisti democratici italiani)!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Elio Vito 28.200, nel testo subemendato, interamente
sostitutivo dell'articolo 28, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 441
Votanti 438
Astenuti 3
Maggioranza 220
Hanno votato sì 242
Hanno votato no 196).
Prendo atto che l'onorevole Reduzzi ha espresso erroneamente un voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
(Esame dell'articolo 29 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 29 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 4).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.
ANTONIO
SODA. Colgo l'occasione,
nell'esprimere qualche riflessione sull'articolo 29, per riprendere alcune
considerazioni di carattere generale. Come stamattina ha affermato il
presidente del nostro gruppo, replicando anche all'onorevole Tabacci e
interloquendo con l'onorevole La Malfa, noi non siamo innamorati di una forma
di governo rigida, affidata a clausole numeriche e a meccanismi costituzionali
che negano i processi politici.
Vorrei dire all'onorevole La Malfa che i sistemi parlamentari europei, dalla
Francia alla Germania, alla Spagna, alle Costituzioni nate dopo la dissoluzione
dell'impero sovietico, non vedono una posizione debole del Governo nell'insieme
dei poteri. Sono Costituzioni che si sono poste il problema della
precipitazione del parlamentarismo classico in forme assembleari. Tutto il
costituzionalismo della seconda metà del secolo scorso si è indirizzato verso
la razionalizzazione del sistema parlamentare, non con le formule grottesche e
rozze introdotte in questo testo, ma con una combinazione di convenzione,
prassi e ristrutturazioni del sistema politico. Attraverso questa pluralità di
forme, che non negano i processi politici, hanno razionalizzato il sistema,
tentando di introdurre nelle democrazie un principio non rigido, non astratto
né assoluto della tendenza al divieto di una soluzione di continuità, di una
frattura, fra cittadini, corpo elettorale e governanti, e non soltanto al
divieto di una frattura fra corpo elettorale, cittadini e rappresentanti.
L'esaltazione dell'uno o dell'altro valore, il rapporto di continuità, il
principio secondo il quale le Assemblee elettive siano sempre espressione della
volontà dei cittadini e che il Governo sia sempre espressione della volontà dei
cittadini, sono principi che indubbiamente possono confliggere tra di loro.
Allora, le Costituzioni, di fronte a principi che tendenzialmente assolutizzati
possono confliggere, cercano equilibri e contemperamenti. Ciò è accaduto in
tutta Europa ed era il tentativo che, a partire dagli anni Novanta del secolo
scorso, si è tentato di fare in questo paese. Altra è la storia della
separazione netta tra Governo e Assemblee elettive tipiche dei sistemi
presidenziali.
Bagehot diceva che il Primo ministro in Gran Bretagna è il capo della
maggioranza e tale resta. Quando la maggioranza si ribella al Primo ministro,
quest'ultimo entra in una dialettica tesa con la Camera dei comuni e con la sua
maggioranza. La tendenza di quel sistema è che quando si spezzano tali
meccanismi fiduciari tra maggioranza e Primo ministro, tra corpo elettorale,
Governo e rappresentanze politiche, bisogna rivolgersi di nuovo al corpo
elettorale. Questo non deve spaventare, non è la morte della democrazia, non è
la morte del parlamentarismo. Quei sistemi hanno, però, in sé il rispetto per i
processi politici, tanto è vero che sia nella patria del cosiddetto premierato,
sia in altre forme razionalizzate dei sistemi costituzionali parlamentari non
esistono clausole rigide e meccaniche come quelle che voi avete introdotto. Sì,
dunque, al rafforzamento del Governo nell'equilibrio dei poteri. No al
predominio ed all'assolutezza del Governo.
Vengo agli emendamenti presentati all'articolo 29. Dovreste sapere che
l'articolo 49 della nostra Costituzione - articolo della parte I, quella che i
costituzionalisti definiscono la parte dei valori, degli obiettivi, dei
principi che devono guidare anche la struttura ordinamentale - assegna a tutti
i cittadini la funzione, il compito, il potere ed il dovere di concorrere a
determinare la politica nazionale.
PRESIDENTE. Onorevole Soda...
ANTONIO SODA. Scrivere in Costituzione che la politica nazionale debba essere «determinata» significa usare un verbo che esprime l'esercizio di una volontà che prevarica sugli altri. Voi passate - questo è il vero vulnus al principio di democrazia - da una democrazia che vuole essere partecipata, in cui tutti concorrono, in cui tutti elaborano (poi, indubbiamente, le maggioranze decidono e fanno la sintesi), ad una democrazia in cui il vertice assume in sé i poteri persino di determinare, oltre che di dirigere e di eseguire, la politica nazionale (Dai banchi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale si grida: Tempo!).
PRESIDENTE. Onorevole Soda, deve concludere.
ANTONIO SODA. Questo è un ulteriore elemento che non ci consente di approvare il vostro testo anche quando dite che, tutto sommato, si ispira al premierato del quale noi avremmo fatto...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Soda.
Saluto i rappresentanti del centro anziani di Chiaromonte Gulfi, in provincia
di Ragusa, presenti in tribuna (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.
DOMENICO PAPPATERRA.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo articolo riguarda il rapporto tra
il Primo ministro e i ministri. Già questa mattina avevo avuto modo di dire
che, a nostro giudizio, anche le disposizioni che riguardano questo aspetto
modificano profondamente il quadro costituzionale. Infatti, in base alla
vigente Costituzione, il Presidente del Consiglio ha dei compiti di assoluto
coordinamento tra i ministri. Se dovesse passare questo nuovo articolo 29, il
Primo ministro assommerebbe un potere di direzione sull'attività dei ministri
stessi. Allo stesso modo, in base alla vigente Costituzione, il Primo ministro
«dirige» la politica del Governo, mentre, se dovesse passare questo nuovo articolo
29, il Primo ministro la «determinerebbe».
Noi riteniamo, signor Presidente, che anche questa sia una grave ferita,
inferta nei confronti di questo rapporto tra il premier e i ministri. La
nostra proposta emendativa, che punta a ripristinare la situazione così come
essa si presenta nella vigente legislazione costituzionale, mira soprattutto ad
evitare un altro forte squilibrio nel rapporto tra il premier e i
ministri, così come poc'anzi abbiamo potuto verificare il profondo squilibrio
che è stato messo in campo nei rapporti tra il Governo e il Parlamento, a tutto
favore del primo. Mi sia consentito di dire che le conseguenze di tale scelta
ci porteranno, da un lato, a realizzare l'investitura del premier,
dall'altro, ad avere un Parlamento completamente esautorato di ogni potere
concreto di indirizzo e di controllo dell'Esecutivo - come è stato detto anche
da altri colleghi, in ultimo dall'onorevole Mattarella -, a meno di non
utilizzare, in caso estremo, l'arma suicida della mozione di sfiducia.
La maggioranza ha giustificato questa norma con la necessità, tra l'altro, di
impedire, appunto attraverso una norma costituzionale, un cambiamento di
maggioranza in corso d'opera, cioè nel corso della legislatura (i cosiddetti
ribaltoni). Riteniamo però che, per raggiungere tale fine, venga utilizzato un
mezzo assolutamente sbagliato, che altera i rapporti fra il premier, la
maggioranza e la stessa Camera, a tutto vantaggio del primo e con dubbia
utilità rispetto alla stabilità dello stesso sistema; anche perché abbiamo
visto che in altre analoghe situazioni istituzionali, dove è stato rafforzato
il potere di chi dirige gli enti locali (comuni, province e regioni), comunque
la rissosità politica non è venuta meno e spesso in quei casi assistiamo a
profonde turbative all'interno della maggioranza. Con la minaccia dello
scioglimento della Camera da parte del Primo ministro, questi può ricattare e
tenere in ostaggio un intero Parlamento. Il rischio è quello che si possa
modificare questo equilibrio assolutamente delicato fra i poteri e le
responsabilità costituzionali, che ha retto per più di cinquant'anni e che ha
caratterizzato la forma di Governo parlamentare.
Il collega Leoni diceva poco fa che con queste scelte vi è una rottura molto
chiara e molto netta della forma di governo parlamentare. Noi, per la parte che
ci riguarda, non solo contestiamo questa scelta di fondo, ma con le nostre
proposte emendative abbiamo preso anche le distanze da una procedura molto
rigida e ferrea, quella del prendere o lasciare, messa in campo con
l'emendamento a prima firma Elio Vito, con cui la Camera può opporsi a tale
ipotesi di scioglimento. Abbiamo visto infatti che la mozione con la quale
viene indicato il nome dell'eventuale nuovo premier potrebbe essere
presentata solo dai deputati della maggioranza, in numero assolutamente non
inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera. Questo ci dà l'idea che
se il premier in carica dovesse controllare un piccolo manipolo di
deputati potrebbe garantirsi la sua assoluta inamovibilità.
Per queste considerazioni e soprattutto perché riteniamo che il Primo ministro
punti a soffocare, attraverso questa formula, ogni velleità
politico-programmatica ed ogni ipotesi di dissenso all'interno del Parlamento,
consideriamo tutto ciò una grave ferita inferta al nostro ordinamento
costituzionale e ad un corretto dibattito democratico all'interno della Camera
dei deputati.
Consideriamo tutto ciò un'infezione introdotta all'interno del funzionamento
dei meccanismi parlamentari. Soprattutto, come affermato da molti colleghi del
centrosinistra, tale ipotesi rischia di condurre il nostro paese verso una vera
e propria tirannia del premier, che consideriamo inaccettabile e che,
molto probabilmente, tutti i cittadini respingeranno quando saranno chiamati,
attraverso il voto referendario, a decidere le sorti di questa riforma che
continuiamo a considerare sbagliata nel metodo e nel merito.
Nel corso del dibattito abbiamo chiesto una serie di chiarimenti in merito ad
alcune questioni, ma non sono mai giunti. Dubitiamo persino del fatto che
questa riforma possa andare avanti, anche rispetto alla credibilità che può
avere all'interno della stessa maggioranza di Governo. Abbiamo seri dubbi che,
all'interno dei quattro passaggi parlamentari, possa reggere un impianto di
questo tipo.
Signor Presidente, preannuncio pertanto l'espressione del voto favorevole da
parte del gruppo dei Socialisti democratici italiani sull'emendamento
soppressivo Bressa 29.1, presentato dai gruppi del centrosinistra, anche
perché, in questo caso, viene meno il rapporto di forte e serena responsabilità
tra il Capo del Governo ed i suoi ministri. Questi ultimi, se questa riforma
costituzionale venisse approvata, diventerebbero dei burattini manovrabili
nelle mani del Capo del Governo.
Preannunzio, inoltre, l'espressione del voto contrario sull'articolo 29 del
provvedimento, così come abbiamo fatto sugli articoli precedenti, perché
consideriamo questa disposizione, insieme alle altre, uno degli assi portanti
più negativi di una riforma sgangherata ed aleatoria che rischierà sicuramente
di trovare nel paese risposte efficaci di forte contrasto e di forte
contrarietà (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici
italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, non contento di diventare padrone del
Parlamento, il Primo ministro, come adesso si chiamerà, vuole diventare, sulla
base delle disposizioni dell'articolo 29, anche completo padrone del Consiglio
dei ministri. I ministri sono nominati e revocati dal Primo ministro, quindi ius
vitae et necis.
Qualcosa di simile, e mi rivolgo all'onorevole Rosso, sta accadendo anche in
alcune regioni ed enti locali e, se l'onorevole Rosso avesse la cortesia di
consultare i massimari delle ultime pronunce dei TAR e del Consiglio di Stato,
si accorgerebbe che viene adito il giudice amministrativo per provvedimenti di
revoca; ovviamente, contro le nomine è difficile esercitare il potere di azione
per revoche disposte dal presidente della regione, della provincia o dal
sindaco. Quindi, gli esempi di buon funzionamento degli enti locali non sono
largamente condivisibili. Ci troviamo di fronte ad enti locali nei quali queste
forme di eccesso di presidenzialismo hanno sminuito l'autorità degli organi
elettivi e con questo anche la passione politica nei loro confronti.
Non appartengo normalmente alla categoria dei pentiti, ma, se l'onorevole Rosso
vuole conoscere la mia personale opinione su ciò che è stata, nei fatti,
l'attività seguita alla modifica del sistema delle autonomie locali, non mi
vergogno a dire che, certamente, vi è stata maggiore stabilità, ma,
probabilmente, più debolezza e, nello stesso tempo, minore democrazia e
partecipazione. Ciò che accade a livello locale (peraltro, non avrei tanta
voglia che cambiasse, almeno per alcune grandi disposizioni in materia)
certamente non vorrei che fosse portato a livello del governo del paese.
Questo Primo ministro ha una forza che non ha in nessun altro sistema
democratico.
Un esecutivo stabile e forte ha bisogno di avere un contrappeso in un
Parlamento che sia ugualmente stabile e forte. Infatti, resto persuaso che uno
Stato è costituzionale se la separazione dei poteri è garantita. Invece, in
questo caso, si è eliminato il principio della separazione dei poteri con grave
vulnus per la democrazia e si è dato luogo ad un assetto che può
degenerare in forme bonapartistiche o peronistiche. Infatti, i dittatori
dell'ultimo secolo sono andati al potere quasi sempre non con colpi di forza,
ma con un voto popolare e, una volta impadronitisi del potere, hanno poi ucciso
gli organi elettivi e il Parlamento.
Abbiamo creato un Primo ministro che ha in mano una forza enorme; d'altra
parte, lo vediamo anche oggi, in quanto questa riforma sta per essere approvata
per accontentare a voce la Lega con la devolution - che poi non si sa
bene cosa sia - e Alleanza nazionale con una forma di premierato che fa parte
della loro formazione culturale, mentre Forza Italia, essendo il gruppo del
Presidente del Consiglio, in questo momento - come dimostrò un Presidente del
Consiglio democristiano - pensa sia meglio tirare a campare che tirare le
cuoia!
Pertanto, per una questione contingente, per la sopravvivenza di un Governo che
non riesce quasi a fare nulla, stiamo modificando la Costituzione e uccidendo
la rappresentanza parlamentare. Infatti, una rappresentanza parlamentare che
ogni volta è sottoposta al ricatto «o approvi quello che io voglio oppure te ne
vai a casa» o è composta da eroi o è composta da yesmen. Ma questa
prepotenza del Presidente del Consiglio non si registra solo nei confronti del
Parlamento, c'è anche all'interno del Governo in quanto, se è vero che il Primo
ministro deve dirigere la politica del Governo, qui lo fa con mano di ferro, in
quanto può revocare ad libitum i ministri.
Il Governo è organo costituzionale quale Consiglio dei ministri, è organo
costituzionale nella figura di ogni ministro o quantomeno di quelli titolari di
dicasteri. Siamo di fronte ad un Primo ministro al quale attribuiamo una forza
di ricatto nei confronti del Parlamento e un potere di vita o di morte nei
confronti dei suoi collaboratori, che mai potrebbero ribellarsi anche alle idee
più strampalate del Primo ministro, che li può licenziare da un momento
all'altro senza motivazione.
Francamente tutto ciò è stato detto dall'opposizione e sottovoce anche da molti
rappresentanti della maggioranza. Devo dire che su tali questioni gli amici e i
colleghi dell'UDC mi sembrano - non se l'abbia a male l'amico D'Alia - un po'
patetici, appartenenti alla categoria dei «vorrei ma non posso». Vorrei fare
determinate cose, vorrei modificare lo sconcio che si sta perpetrando ma non
posso perché già ora esiste la possibilità che la Lega esca dal Governo,
portando tutti alle urne con «l'alterna vicenda delle umane cose». Ecco la
ragione per la quale ho la sensazione che non possiamo votare l'articolo 29 e
siamo costretti ad esprimere voto contrario.
Intervenendo - dato che non sono da me firmate - sulle singole proposte
emendative, vorrei dire che mi sembra un po' scritta inutiliter la
determinazione con legge del numero e delle competenze dei ministri. Oggi,
secondo la legge, i ministri dovrebbero essere quattordici e quando sono tutti
presenti - cosa che fortunatamente capita di rado - non trovano posto né ai
banchi dei ministri né in quelli dei sottosegretari. Infatti, con i ministri
senza portafoglio si sono riempiti tutti gli uffici e si va disperatamente alla
ricerca di altre sedi.
A nome del gruppo Misto-Popolari-UDEUR, esprimo sul complesso degli emendamenti
fin da ora il nostro voto contrario, che ribadiremo emendamento per emendamento
in sede di dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, avendo i tempi contingentati mi limito semplicemente a fare un elogio e ad invitare ad una riflessione. Vorrei elogiare, infatti, la vostra fantasia creativa, mentre vi invito a riflettere sugli effetti di questa fantasia. Si tratta della stessa fantasia creativa già vista nel settore nella finanza e che ha portato l'Italia ad un deficit del 4,5 per cento, dietro al Botswana nell'indice di competitività internazionale. L'abbiamo vista con le vostre fantasie sessuofobiche e discriminatrici dei diritti civili in Europa, con la stessa Europa che ci ride dietro.
ROBERTO ROSSO. Ma va!
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, gli dica qualcosa!
PIERLUIGI MANTINI. Ora
la vediamo applicata anche sul piano costituzionale. Inventato un modello che
non esiste, create il premierato assoluto, ovvero un premier eletto che
scioglie la Camera, decide autonomamente le competenze del Senato e via
dicendo.
In questo modo non ci portate nella seconda Repubblica, ma ci fate sicuramente
uscire dalla prima. Ci fate fare passi indietro e affermo che dovreste
fermarvi. Dovreste riflettere perché il percorso costituzionale è ancora lungo
e il mondo ci ride dietro. Siamo preoccupati: fermatevi e riflettete da soli,
perché in caso contrario dovremo ricorrere al referendum.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Signor Presidente,
abbiamo poco tempo e vorremmo utilizzarlo per introdurre una riflessione seria,
che dovrebbe attraversare quest'aula, soprattutto in una fase in cui vi
assumete la responsabilità di cambiare la Carta costituzionale. Vedo però che
alcuni colleghi della maggioranza non rispondono e neppure ascoltano. Mi auguro
tuttavia che abbiano letto e si assumano la responsabilità di votare un testo
che muta nel profondo la natura, le finalità e la qualità del nostro sistema
democratico.
Come hanno già osservato numerosi colleghi, stiamo esaminando l'articolo che
completa le norme sulla forma di governo e sul ruolo del premier, che
delineano un premier assoluto, eletto, di fatto, direttamente dal
popolo, che ha il potere di scioglimento delle Camere e dunque,
sostanzialmente, un potere ricattatorio, non soltanto nei confronti del
Parlamento, ma persino nei confronti della sua maggioranza, e che può
intervenire anche nei procedimenti legislativi, facendo votare dalla Camera
modifiche a un testo legislativo su cui la competenza esclusiva spetterebbe al Senato.
Si tratta quindi di una concezione che accentra sempre di più i poteri nelle
mani dell'esecutivo, e, soprattutto, nelle mani di un solo uomo. Il premier,
infatti, non più dirige, ma determina la politica generale del Governo; non più
mantiene, ma garantisce l'unità di indirizzo politico. È il dominus, che
può nominare e revocare i ministri, superando i poteri e le funzioni del
Presidente della Repubblica e, dunque, smantellando il delicato e complesso
sistema di equilibrio dei poteri.
Ci troviamo, di fatto, di fronte all'introduzione di una monarchia
repubblicana. Lo abbiamo già detto, pesando le parole: vi sono numerosi
costituzionalisti che hanno lanciato un allarme. Tuttavia, non vi è stata
alcuna riflessione; eppure, essa dovrebbe attraversare la cultura democratica
che avrebbe dovuto accomunarci, all'interno della cultura costituzionalista
nata da un anelito, da un orizzonte e da un insieme di valori democratici. Si
rompe tale cultura costituzionalista, in quanto si rompe la cultura democratica.
Mi consenta, signor Presidente, un'osservazione conclusiva. Con questo testo di
controriforma costituzionale si esce contemporaneamente dallo Stato di diritto
e dallo Stato sociale: modificate l'assetto istituzionale e modificate anche il
modello sociale. Vi è un nesso strettissimo tra gli articoli che stiamo
esaminando e quelli relativi alla devolution: meno democrazia e più
oligarchia, più ingiustizia e meno uguaglianza. State infatti definendo un
sistema autoritario, con l'accentramento dei poteri nell'esecutivo e lo
svuotamento dei poteri legislativi, e rompete il nesso fecondo tra modello
istituzionale e modello sociale, piegando la prima parte della Costituzione
alle finalità della modifica della seconda parte.
Pertanto, insistiamo: fermatevi, colleghi. Questo è un provvedimento non
soltanto pasticciato, che creerà conflitti, ma soprattutto pericoloso, perché
porterà oggettivamente all'impazzimento del sistema: e quando impazzisce il
sistema e il modello democratico, le svolte autoritarie sono dietro l'angolo.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Bressa 29.1, Mascia 29.2, Tabacci 29.70 e sugli identici emendamenti Boato 29.6 e Tabacci 29.71.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme al relatore.
PRESIDENTE.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 29.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
proponiamo la soppressione dell'articolo 29, in quanto è sufficiente leggere il
testo vigente dell'articolo 95 della Costituzione per comprendere come
quest'ultimo sia meglio formulato. La vostra concezione di un Primo ministro
che determina la politica generale, dirigendo l'attività dei ministri, è da
presidente-imprenditore, per riprendere uno slogan che abbiamo visto sui
manifesti di qualche anno fa. Non si tratta certamente di una concezione
politica: fortunatamente, non esiste un uomo che può determinare la politica
generale di un paese. Vi sono gli interessi delle categorie, fortunatamente
esistono i soggetti sociali, e dunque vi sono numerosi fattori che determinano
la politica complessiva del paese. Neppure il Parlamento può determinarla: vi è
una pluralità di soggetti che concorrono a determinare la politica complessiva.
Questa concezione verticistica - da impresa, da imprenditore - non si può
neanche definire semplicemente sbagliata, è una concezione che non ha alcun
fondamento, né costituzionale né politico!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 17,31).
RICCARDO
MARONE. Avete minato ogni
collegialità del Consiglio dei ministri. Mi chiedo come il ministro proponente,
il ministro delle riforme, possa così declassificarsi rispetto al suo ruolo.
Sostanzialmente si esclude ogni forma di collaborazione nelle varie attività e
tutto viene determinato dal Primo ministro, che dirige i ministri nel loro
operato. Mi sembra uno scadimento del ruolo dei ministri così rilevante che,
francamente, non solo risulta incomprensibile ma certamente non fa neanche
pensare ad un Governo di qualità. Ma quale politico di qualità potrà mai
accettare di ricoprire un ruolo così subalterno rispetto ad una tale figura di
Primo ministro?
Allora forse non sarà vero niente e questa norma, come tante altre, non si
applicherà perché, ovviamente, vi saranno ministri che non si faranno dirigere
ma perseguiranno la loro politica. Come del resto avviene oggi; infatti,
nonostante abbiate un premier così forte e potente, non credo che in
questo Governo vi siano molti ministri che si facciano dirigere dal Presidente
del Consiglio!
Ritengo che questa formulazione sia sbagliata e irreale! Non ha alcuna
corrispondenza con la realtà politica e, pertanto, ne chiediamo la
soppressione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Gli
strumenti che prevedete per rafforzare la figura del Primo ministro non sono
pericolosi considerati singolarmente, tranne la fiducia con voto conforme che
abbiamo più volte illustrato. Sono pericolosi nel loro insieme e fanno uscire
dal modello parlamentare la forma di governo italiano che voi prefigurate. Si
costruirebbe, infatti, un sistema di governo in cui il Primo ministro sarebbe
più forte del Presidente degli Stati Uniti, che non può porre la questione né
può sciogliere le Camere. Ma sarebbe più forte anche del primo ministro e del
Presidente francese. E sarebbe più forte del premier israeliano, eletto
direttamente come avvenne negli anni tra il 1996 e il 2001. Non si poteva
sciogliere la Knesset, e le dimissioni del premier israeliano
determinavano il solo ricorso al voto per cambiare il primo ministro e non per
rinnovare la Knesset. Ed infine sarebbe ben più forte, ovviamente, del
presidente del governo spagnolo, del cancelliere tedesco e del primo ministro
svedese, i quali possono tutti essere disarcionati dalla loro maggioranza (ma
anche da una maggioranza parlamentare diversa).
Questa vostra ossessione contro i ribaltoni fa sì che questo Presidente
determini qualsiasi cosa, è un'autentica follia. Vorrei citare alcuni esempi europei
per dimostrare come altrove la politica conti sempre. Si possono ricordare
molti esempi di cambi di maggioranza in corso di legislatura. Nel 1981 in
Spagna, Adolfo Suárez venne sostituito da Leopoldo Calvo Sotelo. In Germania,
Adenauer venne sostituito da Erhardt nel 1963, a sua volta sostituito da
Kiesinger nel 1966 (si passò da un Governo democristiano liberale ad una grande
coalizione tra socialisti e democristiani); sempre in Germania, Schmidt venne
sostituito da Kohl nel 1982. In Svezia Erlander venne sostituito da Palme. Ed
infine Parsson prese il posto di Carlsson.
Questa è la politica in Europa; solo qui, invece si vuole imbalsamare la
politica con artifizi di ingegneria costituzionale. È una pazzia.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Bressa 29.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 423
Votanti 420
Astenuti 3
Maggioranza 211
Hanno votato sì 185
Hanno votato no 235).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 29.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Anche noi abbiamo chiesto la soppressione del concetto di determinazione della
politica da parte del premier; la materia che stiamo affrontando riguarda
un aspetto centrale dell'organizzazione delle funzioni delle attività di
indirizzo politico. Con questo emendamento riproponiamo sostanzialmente
l'attuale disposizione costituzionale in materia.
Riteniamo, infatti, che la determinazione della politica generale non possa
essere attribuita in forma esclusiva al solo Capo del Governo. Appare chiaro,
infatti, che la stessa è il risultato, innanzitutto, di un'azione di controllo
politico da parte del Parlamento ed, in secondo luogo, di una attività che non
può che esprimersi in termini di responsabilità politica in forma collegiale.
Pertanto, riteniamo sia più opportuno demandare al capo dell'esecutivo la mera
direzione, la promozione dell'azione di governo e la conseguente attività di
coordinamento dei singoli ministri.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, condividendo quanto detto dalla collega Mascia, vorrei che
rifletteste sull'ultimo periodo del nostro emendamento, laddove si dice che «I
ministeri possono essere istituiti solo nelle materie riservate alla competenza
dello Stato», cosa apparentemente secondaria, ma in realtà molto importante
perché dà il senso vero di come debba essere costruito un Governo in modo
moderno.
Voi siete talmente sciatti nel vostro tentativo di riforma che non vi ponete
assolutamente questo tipo di problema. D'altro canto, avete dimostrato
all'inizio di questa legislatura come l'opera di razionalizzazione dei
ministeri, fatta nella precedente legislatura, è stata da voi non solo
calpestata, ma addirittura maciullata.
Credo che questo aspetto, lodevolmente inserito nell'ultimo comma del nostro
emendamento, meriti l'attenzione di quest'aula.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, io
credo che questa sia la corretta formulazione delle funzioni e dei compiti di
un Primo ministro e di un Consiglio dei ministri e che questa, al di là della correttezza
della formulazione, sia la formula reale. Potete scrivere tutto quello che
volete in questa Costituzione; potete attribuirgli poteri straordinari: state
scrivendo norme irrealizzabili, state scrivendo norme che poi nella
Costituzione materiale non si verificheranno mai.
Immaginatevi la costruzione della politica di questo paese tra dodici anni,
perché ovviamente voi fate sempre le cose che poi in realtà non realizzate
veramente; tutto questo, infatti, sarà tra ben dodici anni! Quando, però, si parla
della direzione politica di un paese, è ovvio che potete scrivere quello che
volete in questa Costituzione, ma non potrà essere un solo uomo a determinare
la politica generale di un paese. Ci dovrà essere una collegialità, vi debbono
essere vari soggetti: allora perché scrivere nella Costituzione che un Primo
ministro determina la politica? Scriviamo correttamente: o lasciamo il testo
come era prima, o inseriamo una formula che lasci la collegialità delle
decisioni, assegnando al Primo ministro il compito della direzione della
politica e non certo della determinazione.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Mascia 29.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato
della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 426
Votanti 422
Astenuti 4
Maggioranza 212
Hanno votato sì 188
Hanno votato no 234).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabacci 29.70,
non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 422
Votanti 416
Astenuti 6
Maggioranza 209
Hanno votato sì 177
Hanno votato no 239).
Prendo atto che
l'onorevole D'Agrò non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto
contrario.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Boato 29.6 e Tabacci 29.71.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne
ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, non mi vorrà negare la gioia di parlare in onore di un emendamento nostro e di quello dell'onorevole Tabacci...!
PRESIDENTE. Non lo penso proprio, onorevole Alfonso Gianni!
ALFONSO
GIANNI. Esistendo in
quest'aula, dopo il tabagismo (che è l'afflizione da tabacco), il «tabaccismo»,
l'afflizione dell'onorevole Tabacci (che è più gradevole) ed essendo, però, il
suo emendamento in subordine al nostro, come dire, non lo inseguo ma lo
precedo!
Qui c'è un problema... Come faccio a spiegarglielo, Presidente?... È semantico!
I colleghi della destra pensano, usando il termine «determina», di essere più
dirigisti.
In realtà, non è così: «determinare» vuol dire «terminare da»; in altre parole,
ad un certo punto, uno, siccome è determinato, tronca la discussione! Ma questo
atteggiamento non dimostra grande forza egemonica di pensiero, in quanto può
essere l'effetto di mancanza di pazienza o di una scadenza temporale o di una
necessità di ruolo.
Il termine «dirigere», colleghi della destra, è più forte (e se conosceste la
semantica, sareste d'accordo con noi): un Presidente del Consiglio il quale
dirige un concerto di ministri - che, peraltro, può nominare e revocare - è più
autorevole di quello che determina la politica generale. In base a che, poi, la
determina?
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni...
ALFONSO
GIANNI. In base al fatto che
taglia la discussione ad un certo punto? Ma non facciamo ridere!
Allora, «dirigere» è più forte di «determinare». Se si vuole valorizzare la
figura del Primo ministro - in un contesto di equilibri istituzionali, noi
siamo per valorizzarla -, si usi il termine «dirigere». Questo reca in sé il
concetto di egemonia, che, a sua volta, rimanda ad un pensiero: a quel pensiero
di cui questa seconda Repubblica ha molto, molto bisogno (Applausi dei
deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)! Grazie, signor
Presidente.
PRESIDENTE.
Grazie a lei, onorevole Alfonso Gianni, anche per la lezione di semantica, di
cui faremo tesoro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, di fronte alla lezione dell'onorevole Alfonso Gianni, le mie
argomentazioni saranno pallidissime; tuttavia, le esporrò ugualmente,
soprattutto per mettere in risalto che alla parola «dirigere» (più forte, è
vero, della parola «determinare», nell'accezione ricordata poc'anzi dal collega
Alfonso Gianni) è connesso il principio della collegialità.
Invece, dal vostro progetto di riforma si evince con tutta evidenza che la
questione della collegialità vi fa venire l'orticaria! Voi avete la visione
dell'uomo solo al comando: tutto quello che disturba l'uomo solo al comando è
pernicioso e, pertanto, è molto meglio adattare anche i termini linguistici a
tale visione del mondo. In questo modo si può fare una campagna elettorale, ma
non si può riformare una Costituzione!
Ripeto per l'ennesima volta che, mattone dopo mattone, state costruendo un
oggetto non identificato nel costituzionalismo moderno. Ne porterete la
responsabilità fino a quando il referendum non cancellerà questa vostra brutale
riforma!
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Bressa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grandi. Ne ha
facoltà.
ALFIERO
GRANDI. Signor Presidente,
l'emendamento di cui stiamo ragionando e l'articolo a cui è riferito confermano
che questa modifica della Costituzione è, anzitutto, un abito su misura per il
delirio istituzionale di potere del Presidente del Consiglio, un vero e proprio
abito «carenato» per il Presidente del Consiglio, il quale non a caso ha
affermato esplicitamente, proprio in quest'aula, che provvederà personalmente a
garantire il funzionamento della Costituzione!
Solo che una Costituzione non può essere un abito su misura, una cabina di
regia per un uomo che immagina di controllare chi viene eletto e, nel dubbio
che possa avere ripensamenti, lo ricatta con la minaccia di scioglimento della
Camera, riducendo il Presidente della Repubblica ad una figura notarile (anche
questo sembra un abito su misura per l'attuale sottosegretario alla Presidenza
del Consiglio).
Insomma, siamo alla sartoria istituzionale su misura! Non importa alla
maggioranza se, per arrivare a tale risultato, l'unità nazionale verrà messa in
discussione, la Corte costituzionale sarà composta in modo da comprometterne la
funzionalità, i conti pubblici saranno a rischio per il peso della devolution,
il Senato diventerà un'entità farraginosa non federale (perché, in questa
versione, avrà contro le regioni), mentre la funzione legislativa ed i rapporti
tra Camera e Senato daranno vita ad un ingorgo che nessun regolatore potrà
risolvere, nemmeno arrivando a sottrarre drasticamente il ruolo al Parlamento!
Il tutto viene approvato con pervicacia ...
CESARE RIZZI. Tempo!
ALFIERO GRANDI. ... Ho quasi finito, signor Presidente ...
PRESIDENTE. È il «quasi» che mi preoccupa!
ALFIERO
GRANDI. ... malgrado i
messaggi di allarme che vengono dalle file della maggioranza.
Il voto favorevole a questa modifica costituzionale fa del nuovo premierato non
un'istituzione della Repubblica, ma un vero e proprio padrone che concede ai
dipendenti cinque anni di proroga nel loro ruolo attuale, salvo verifica! Era
meglio chiamarlo amministratore delegato d'Italia!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per ribadire un concetto molto semplice. Questa distinzione lessicale dà solo l'impressione di un rafforzamento dei poteri del premier; in realtà, nella psicologia dei colleghi, che legittimamente l'hanno prospettata, lo scopo è quello di colpire il principio di coalizione. Però questo lo si può fare solo con un atto di superficialità, perché poi la politica si vendica; non è che le opinioni possono essere costrette in un ambito bipartitico, se così non può essere perché non lo consente la tradizione politica italiana. Per cui è uno sforzo inutile quello di andare in una direzione lessicale che tende a concentrare tutte le funzioni politiche nella figura del premier, quando invece il principio sul quale si basano anche le coalizioni attuali è un principio di coalizione; lo è stato nella legislatura passata - e si è visto anche con quante difficoltà -, lo è anche con altrettante difficoltà nella legislatura in corso. Del resto, l'onorevole Fini ha più volte rivendicato il principio della collegialità, il che vuol dire che una coalizione vive quando questo principio lo si esercita sul campo. Il fatto di voler affermare invece lessicalmente questa distinzione sembra voler negare il principio della coalizione. Lo trovo politicamente sbagliato; poi capiterà di fare delle grida manzoniane, cioè di affermare cose che il tempo si determinerà di contraddire, ma questo fa parte delle vicende umane.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO
LETTIERI. Signor Presidente,
l'onorevole Tabacci ha spiegato che il lessico in questo caso non è affatto
indifferente. Io mi auguro innanzitutto che l'abbiano compreso i suoi colleghi
di gruppo e di maggioranza. Una cosa è certa. Voler adottare il termine
«determinare» significa semplicemente annullare, questo sì, il principio di
coalizione e il rispetto del programma di coalizione e, allo stesso tempo,
mortificare il ruolo sia del Parlamento sia dell'esecutivo.
Il vostro quindi, è un premierato - lo stava dicendo poc'anzi il collega Grandi
- fatto su misura. Io dico che è fatto sulla base di una fotografia attuale,
che credo molti probabilmente avranno sul comodino e che forse qualcuno adora
come un santino; ma essi sappiano che fra qualche anno, quando questa riforma
entrerà in funzione, quella sarà una fotografie ingiallita, una fotografia che
andrà nell'album dei ricordi. Ricordi amari per il popolo italiano, se
approviamo questa riforma (Applausi dei deputati del gruppo della
Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA.
Signor Presidente, mi rivolgo ai colleghi della maggioranza. Credo di ripetere
considerazioni che ha svolto forse l'onorevole Gianni, ma dal punto di vista
politico sostanziale è meglio assegnare al Presidente del Consiglio il compito
di dirigere la politica del Governo, di cui egli assume la responsabilità,
piuttosto che dichiarare che egli determina la politica del Governo. Infatti,
la politica del Governo non si determina, ma è l'espressione dell'attività che
svolge il Governo sotto il coordinamento e la direzione del Presidente del
Consiglio. Quindi, noi diamo un potere politico effettivo ad un Presidente del
Consiglio se scriviamo che dirige la politica del Governo di cui è responsabile,
altrimenti diciamo qualcosa che non corrisponde a nulla. Infatti, se uno è
stato in grado di determinare lo si saprà a posteriori, mentre la parola
dirigere è un'indicazione a priori, che assegna dei poteri a chi è
investito di questa carica.
Quindi, prego anche il collega Bruno di riflettere un momento su questo tema,
perché un voto favorevole alla norma in esame è migliorativo della logica alla
quale rispondono le proposte costituzionali della maggioranza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Signor Presidente, io
credo che questa sia una discussione importante, perché non stiamo trattando di
parole, dell'uso di alcuni verbi invece che di altri. È una discussione vera!
Ha ragione l'onorevole Tabacci, poiché dietro la parola «determina» vi è una
concezione (peraltro inefficace) che vuole «costringere» il sistema politico,
ma poi la politica si vendica! Sono assolutamente d'accordo sul fatto che i
problemi del sistema politico, come abbiamo detto e ripetuto insistentemente,
debbano essere sì affrontati con la politica, ma con una certa politica,
onorevole Tabacci: quella, appunto, dell'ascolto, del confronto e della fatica
della mediazione.
Il problema, onorevole Tabacci, è che in questo caso prevale una cultura che
non soltanto è autoritaria, perché affida tutti i poteri al premier, ma
che smantella, di fatto, la stessa cultura della politica. Emerge, infatti, una
concezione «antipolitica», ed è appunto ciò che intravedo dietro le espressioni
«determina» e «garantisce». Ritengo, altresì, che dietro tutto ciò vi sia anche
un atteggiamento «intimidatorio», per cui la maggioranza è proprietà del premier.
Non è un caso, infatti, che si tratti di un premier che è anche
proprietario di tutto: del potere economico, del potere esecutivo e di quello
legislativo.
Vorrei evidenziare che esiste una differenza profondissima tra autorità ed
autorevolezza; vi è soprattutto, onorevoli colleghi, una differenza
profondissima tra governo e comando. Ecco, questo premier non governerà:
comanderà soltanto!
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO
BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, vorrei osservare che gli identici emendamenti Boato 29.6 e
Tabacci 29.71, i cui presentatori comunque ringrazio, risentono probabilmente
della formulazione originaria del testo del provvedimento in esame. Infatti,
abbiamo convenuto e stabilito (perché ciò è stato ormai approvato) che il premier
presenti un programma ed abbia il potere di nominare e revocare i ministri. Ciò
significa che può nominare anche ministri non parlamentari, che non hanno
partecipato alla stesura del programma sul quale è stato richiesto il consenso
dell'elettorato.
Vorrei osservare, allora, che vi è stato un passaggio in cui si è ritenuto, a
torto o a ragione, che è il Primo ministro, eletto direttamente dal popolo...
RICCARDO MARONE. Non è eletto direttamente dal popolo!
DONATO
BRUNO, Relatore. ... a
determinare il programma sul quale si fonda la sua attività di legislatura
(anche nei momenti essenziali, come abbiamo visto, ad esempio, nel nuovo
articolo 120 della Costituzione, e perfino nell'iter formativo delle
leggi). È chiaro, allora, che il Primo ministro assume un ruolo diverso:
piaccia o non piaccia, è così!
Circa le questioni della dirigenza e la garanzia, vorrei rispondere che
l'articolo in esame già provvede in tal senso. Infatti, nella parte in cui
prevede che il Primo ministro garantisce l'unità di indirizzo politico e
amministrativo, è aggiunta l'espressione «dirigendo, promuovendo e coordinando
l'attività dei ministri».
Ritengo, pertanto, che le preoccupazioni che sono state sollevate anche dai
colleghi La Malfa e Tabacci trovino risposte adeguate, anche se vorrei ribadire
che possono anche non essere condivise dai colleghi dell'opposizione. Ciò che è
certo è che il Primo ministro opererà in un quadro istituzionale diverso da
quello nel quale eravamo abituati a ragionare, ma che mi sembra abbia
influenzato le convinzioni dei deputati che hanno presentato le proposte
emendative in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.
VINCENZO SINISCALCHI.
Signor Presidente, dobbiamo alla cortesia del relatore, onorevole Bruno, un chiarimento
che è avvenuto nell'ambito di uno «spirito di colleganza» e che è stato testè
ribadito. Vorrei permettermi di insistere, tuttavia, affinché vi sia una forte
revisione di tale posizione. Intendo associarmi a quanto sostenuto
dall'onorevole La Malfa ed esprimere la mia condivisione degli identici
emendamenti in esame, i quali non sono incentrati su una differenza linguistica
(che non avrebbe valore), ma tendono a conferire razionalità proprio al
concetto di premierato che si intende sostenere.
Vedete, anche dalla lettura dell'intero articolo 29 emerge, come ha d'altra
parte affermato chiaramente l'onorevole relatore, la volontà di fissare una
sorta di gerarchia decisionale nei confronti del premier in ordine al
principio - ovvio e comprensibile in tema di premierato, anche forte - del
dirigere, del promuovere e del coordinare.
Volevo far presente all'Assemblea che, se mettiamo in relazione questa
direzione e questo coordinamento, esso culmina in un significato superiore al
«dirigere» ed al «coordinare». Se, infatti, si sopprime la parola «determina»,
sostituendola con «decide» si è reso chiaramente il concetto del forte
contrasto che esiste all'interno di tale norma. Tale contrasto è tanto più
stridente, signor Presidente - e, sul punto, mi permetterei di chiedere un
chiarimento al relatore -, se si pone mente sia alla rubrica di quest'articolo
- non presente nel testo originario della Costituzione, molto cauta e prudente
- sia al capoverso. Se si parla, infatti, all'articolo 29, dei poteri del Primo
ministro e dei ministri, creando una sorta di equiparazione tra i due ruoli,
non si capisce perché i ministri, come afferma il capoverso dello stesso
articolo, sono «responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei
ministri e individualmente degli atti del loro dicastero». Ciò va bene nella
struttura attuale, ma non si capisce come possa sussistere tale principio dopo
l'assunzione di responsabilità nell'aver deciso i nuovi poteri del premier,
qualunque sia il tipo di coordinamento e disancorati da un programma di Governo
e da un programma elettorale, e dopo aver espropriato ormai quel Senato
federale, che da molto tempo ormai è uscito dall'attività del Governo. Di ciò,
francamente, non si può dare altra definizione che quella di un progetto autoritario
a vantaggio di uno, e di uno soltanto, quasi una sorta di «amministratore
unico», che non somiglia nemmeno all'amministratore delegato di una società per
azioni (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Boato 29.6 e Tabacci 29.71, non accettati dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 449
Astenuti 5
Maggioranza 225
Hanno votato sì 207
Hanno votato no 242).
Prendo atto che
l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'articolo 29.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha
facoltà.
GIULIANO PISAPIA.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono profondamente convinto che qualora
fosse approvato quest'articolo, che apparentemente sostituisce poche parole
dell'attuale articolo 95 della Costituzione, si creerebbe, soprattutto dopo
l'approvazione dell'articolo 28, un'ulteriore grave, e pericolosa situazione di
supremazia, di forza e di maggiore potere del Presidente del Consiglio, ossia
di una sola persona rispetto agli altri poteri dello Stato, primo fra tutti il
Parlamento. Ciò soprattutto dopo il ridimensionamento degli indispensabili pesi
e contrappesi, indeboliti a seguito delle ultime votazioni effettuate in
quest'aula e la politicizzazione del massimo organo di garanzia previsto dal
nostro ordinamento, ossia la Corte costituzionale, creando così una situazione
di inammissibile squilibrio tra i diversi poteri dello Stato.
Abbiamo già criticato fortemente, quale vulnus ai principi base di una
democrazia ed al suo pluralismo, le modalità di fiducia e sfiducia al Primo
ministro. Abbiamo inutilmente sottolineato e fortemente criticato la
possibilità di ricatto di pochi parlamentari che possono impedire la sfiducia
nei confronti del premier, nonché l'assurdità dell'inserimento di una
clausola per cui la mozione di sfiducia non può essere approvata se non votata
dalla maggioranza dei componenti della Camera, con la conseguenza che, in
futuro, si potrà governare addirittura con un esecutivo privo della fiducia
della maggioranza dei parlamentari.
Se, dopo l'articolo 28, fosse approvato anche l'articolo 29, tali difetti e
tali violazioni dei principi base di uno Stato di diritto sarebbero
ulteriormente aggravati.
Mi permetta un'ultima considerazione, signor Presidente, già rilevata
dall'onorevole Siniscalchi. Credo che in quest'articolo, ed invito il
presidente Bruno ed i componenti della Commissione a soffermarsi su tale
problema...
PRESIDENTE. Onorevole Bruno, l'onorevole Pisapia si sta rivolgendo a lei!
DONATO BRUNO, Relatore. Lo sto ascoltando, signor Presidente.
GIULIANO PISAPIA.
Credo che in quest'articolo vi sia una contraddizione in termini.
Nel momento stesso in cui si dice espressamente che il Primo ministro
«determina» la politica generale del Governo (non concordiamo su questo
termine, ma mi sembra che la maggioranza vada in tal senso), subito dopo - e
questa è, ripeto, una grave discrasia - si afferma che i ministri sono
responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri. Mi sembra
che la contraddizione sia assolutamente evidente, perché si diventa
responsabili anche di decisioni che non si sono condivise (Applausi dei
deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
intervengo brevemente, perché credo che l'argomento sia stato già approfondito.
Riconosco che l'articolo 29 è perfettamente coerente: una volta tanto, rinvengo
elementi di coerenza nella proposta della maggioranza rispetto alla loro
concezione del premier. Ovviamente, noi non accettiamo questa concezione
del premier, che è sinteticamente indicata nell'articolo e che, a mio
avviso, è irreale, implicando che un solo uomo possa determinare la politica
generale.
Tuttavia, si tratta della vostra concezione della politica e del premier
e, quindi, credo che questa sia la norma che può meglio concludere il
ragionamento sugli articoli 92 e seguenti della Costituzione. Per questo
motivo, siamo profondamente contrari ad essa.
Ho ascoltato l'intervento del relatore, presidente Bruno, il quale ha affermato
che avete sancito l'elezione diretta del premier. Al riguardo, in questa
riforma, rinvengo ulteriori elementi di ambiguità. Infatti, avete usato
formulazioni che, come sempre, da una parte, affermano e, dall'altra, negano;
da una parte, si fa qualche cosa, ma poi dall'altra non si ha il coraggio di andare
fino in fondo. Questo è il dato che caratterizza la riforma ed avete tenuto
tale comportamento su ogni tematica: sulla devolution, sull'interesse
nazionale ed ora anche sul premier.
Formalmente, nella vostra proposta di riforma costituzionale non esiste
l'elezione diretta del premier. Esiste una formula ambigua che avete
trovato ed approvato, che - lo ripeto - è scorretta, perché reca implicitamente
l'obbligo di una riforma elettorale: fin quando essa non verrà approvata,
questa Costituzione non si potrà applicare. Ma ci vorranno ancora dodici anni e
proprio per questo motivo, secondo voi, non vi sarebbe alcun problema.
PRESIDENTE. Onorevole Marone...
RICCARDO
MARONE. Concludo, signor
Presidente, e la ringrazio.
Tutto questo ci induce ad esprimere un voto contrario sull'articolo 29.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, è del tutto evidente che i poteri del Primo ministro escono
fortemente rafforzati da questo vostro impianto. Sono rafforzati nei confronti
del Presidente della Repubblica e del Parlamento e sono rafforzati anche verso
lo stesso Governo. Soprattutto il rafforzamento del premier nei
confronti dello stesso Governo, in qualche modo, disvela la vostra seconda
insana passione di questa riforma: da un lato, la passione per gli automatismi,
dall'altro, quella per il Governo personale.
Negare la collegialità, come ha ricordato il collega Tabacci, significa negare
la politica: ciò è estremamente grave! Trovo davvero inutile cercare di
risolvere i problemi di funzionalità del nostro sistema politico attraverso
regole costituzionali: è inutile, fuorviante e dannoso.
Se il problema della politica italiana è di avere un sistema partitico
frammentato e coalizioni raccogliticce, perennemente costrette al litigio, la
cura non è rafforzare i poteri giuridici e costituzionali del Presidente del
Consiglio dei ministri. Questa cura può ammazzare la democrazia, rendere
inutile il dibattito politico, svuotare il Parlamento e le sedi collegiali di
decisione e, perciò, peggiorare la qualità delle decisioni stesse; ma non
risolve affatto il problema.
I problemi della politica devono essere risolti dalla politica con gli
strumenti della politica. Quando riuscirete a capire questo, avrete compiuto un
grande passo in avanti. Noi l'abbiamo capito e siamo in grado di emendare gli
errori del passato; voi non solo non l'avete capito, ma state costruendo la
fine della vostra stessa coalizione (Applausi dei deputati dei gruppi della
Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
29.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 436
Votanti 429
Astenuti 7
Maggioranza 215
Hanno votato sì 242
Hanno votato no 187).
(Esame dell'articolo 30 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 30 e degli unici identici emendamenti interamente soppressivi
ad esso presentati (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 5).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Abbiamo più volte detto, da una parte e dall'altra, nel corso della discussione, magari quando si è parlato della cosiddetta devolution o del premierato...
PRESIDENTE.
Chiedo scusa, onorevole Leoni.
Colleghi, vi esorto a non allontanarvi perché voteremo tra poco.
CARLO
LEONI. Diversi colleghi -
dicevo - hanno affermato che stavamo entrando nel cuore della riforma. Con
l'articolo in esame, per continuare la metafora, arriviamo a parlare delle
gambe della riforma. Sino ad ora si è discusso di cosa vorremmo fosse scritto
in Costituzione; adesso dobbiamo discutere e verificare, concretamente e
realmente, cosa e quando accadrà. Questo è il senso delle norme transitorie...
Signor Presidente, mi scuso ma vi è stato un errore; ero iscritto a parlare sul
complesso degli emendamenti all'articolo 43...
PRESIDENTE. Ne prendo atto.
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti soppressivi Mascia 30.1 e Leoni 30.70
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
mantenimento dell'articolo 30.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 442
Votanti 437
Astenuti 5
Maggioranza 219
Hanno votato sì 250
Hanno votato no 187).
Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
(Esame dell'articolo 43 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 43 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 6).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Presidente, un così
breve tempo intercorso dall'inizio dell'intervento, erroneamente da me
cominciato prima, consente di riprendere il filo del discorso...
Dopo aver discusso di cosa vorremmo fosse scritto in Costituzione, ora
affrontiamo esattamente cosa e quando accadrà e scopriamo una situazione
abbastanza grottesca. Questa mattina, il collega Intini ha descritto l'iter che
ha portato alla formazione della proposta di riforma come una sorta di «giro in
un supermercato» dove ciascun gruppo della maggioranza prende, a proprio
piacimento, ciò a cui più è interessato: la devolution, l'interesse
nazionale, il premierato e così via. Affrontando l'esame delle norme
transitorie, scopriamo che alla fine del «giro nel supermercato» il pagamento
sarà rateale: ognuno pagherà qualcosa in un tempo sufficientemente lungo.
Porto alcuni esempi per cercare di rendere esplicito ciò che - come abbiamo
compreso - accadrà attraverso la scrittura dell'articolo in esame, peraltro
abbastanza complesso. Abbiamo tre casi di decorrenza: alcune norme avranno
decorrenza immediata, altre decorreranno dalla prima legislatura successiva a
quella in corso al momento dell'entrata in vigore (con due opzioni temporali,
2006 e 2011); altre ancora decorreranno dalla seconda legislatura successiva
all'approvazione. Guarda caso, vorrei dire al collega Carrara che ha molto
insistito su questo punto, le norme che entreranno in vigore più tardi,
sicuramente nel 2016, saranno quelle riguardanti la riduzione del numero dei
parlamentari. Il collega Carrara ed altri ci hanno spiegato che tale norma
serviva a risparmiare soldi dello Stato. La lungimiranza di tale intenzione
arriva fino a dire che ciò accadrà nel 2016. Il vero messaggio è: cari colleghi
deputati, cari colleghi senatori, approvate pure questa norma demagogica sulla
riduzione dei parlamentari. Ce la venderemo a buon mercato nelle piazze, tanto,
in realtà, accadrà nel 2016, cioè tra dodici anni.
PRESIDENTE. Onorevole Leoni...
CARLO
LEONI. Signor Presidente, mi
conceda altri 30 secondi.
Invece, entreranno in vigore immediatamente le modifiche al Titolo V integrate
dalla clausola dell'interesse nazionale e da quella dei poteri sostitutivi.
Cozza clamorosamente con la logica che entri subito in vigore la riforma del
Titolo V, ma non il Senato federale, non la sua nuova composizione. Quel
pilastro che tutti abbiamo definito così indispensabile perché lo Stato fosse
effettivamente federale e perché il Titolo V funzionasse effettivamente non
entra subito in vigore, ma viene rimandato alle calende greche!
Questa è la logica della rateizzazione dell'entrata in vigore della riforma
fatta per rassicurare i riformatori, ma che in realtà la dice lunga sul metodo
seguito per elaborare la riforma stessa (Applausi dei deputati del gruppo
dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fistarol. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FISTAROL.
Siamo quasi al termine di questo confronto parlamentare che è stato viziato fin
dall'origine dal fatto che il testo base di questa lunga vicenda costituzionale
è stato scritto in una baita. Non è quello il problema, perché l'aria fresca di
montagna può favorire buoni pensieri. Il problema, fin dall'origine, era quello
delle presenze nella baita. Nella baita stavano esponenti di partito intenti a
scrivere una riforma della nostra Carta costituzionale nell'interesse di una
maggioranza parlamentare, e non negli interessi del paese.
A quel testo sono seguiti adeguamenti, modifiche, anche miglioramenti, ma lievi
e marginali rispetto alla natura di quel testo. Il centrosinistra è stato
chiamato ad emendare una riforma già scritta, già definita per trovare un
delicato equilibrio tra i diversi interessi dei partiti della Casa delle
libertà. Le Costituzioni, perché siano buone, si dovrebbero, invece, scrivere
insieme. Nonostante ciò, in Commissione ed in aula, il centrosinistra ha
collaborato alla stesura della Carta presentando varie proposte, non si è
ritirato sull'Aventino.
Qualcuno ha detto che anche noi, nella scorsa legislatura, avevamo scritto una
riforma costituzionale a colpi di maggioranza. Vorrei ricordare che tale
riforma in larga parte assumeva i contenuti unitari della Commissione
bicamerale D'Alema. Soprattutto, tale riforma rispondeva a sollecitazioni e si
faceva carico di dare risposte non a partiti della maggioranza, ma ad istanze
diffuse nel paese.
Veramente pochi hanno ricordato un documento del 20 settembre 2000, nel quale
comuni, province e regioni italiane, sia di centrodestra sia di centrosinistra,
chiedevano al Parlamento di legiferare e di riformare, per non rendere vani gli
sforzi di quella legislatura. Oggi invece questo testo non è condiviso da
nessuno. Le modalità della vicenda costituzionale hanno voluto spingere il
centrosinistra a fare opposizione a questa riforma. La nostra, tuttavia, non è
un'opposizione conservatrice; essa è piuttosto l'opposizione di chi ha una
diversa posizione riformatrice sul tema, sia sulla forma di Stato, sia sulla
forma di governo.
Abbiamo criticato una finta devolution non perché troppo avanzata, ma
perché avete partorito un mix velenoso e confuso di velleitaria
devoluzione e di potente ritorno centralistico: un sistema rigido,
antifederalista, contro ogni misura flessibile, contro l'autonomia regionale e
contro l'elasticità consentita dalle velocità variabili.
PRESIDENTE. Onorevole Fistarol, la invito a concludere.
MAURIZIO FISTAROL. Abbiamo criticato il premierato assoluto e la minaccia di scioglimento, puntata alla tempia del Parlamento, non perché vogliamo Governi deboli, che manovre dei partiti possono far cadere in barba alla volontà dei cittadini sovrani - i Governi li scelgono i cittadini, non i segretari di partito! Al riguardo, non ho condiviso alcuni accenti nostalgici del nostro dibattito -, ma perché vogliamo pesi e contrappesi, un Governo forte e un Parlamento forte, con garanzie e controlli. Il ruolo del Parlamento non può rifarsi al parlamentarismo settecentesco, dove le decisioni prendevano forma nella libera discussione dei liberi rappresentanti del popolo.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 18,15)
MAURIZIO FISTAROL.
Quella centralità parlamentare non esiste più e questo lo sappiamo tutti.
Tuttavia, non è consigliabile svilire il ruolo parlamentare di indirizzo, di
efficace controllo e di robusta rappresentanza reale degli interessi.
Questi sono solo pochi esempi di due linee di riforma, che si confrontano e si
confronteranno davanti ai cittadini italiani. C'è una bella espressione,
contenuta nella dichiarazione dei diritti girondino-giacobina, che dice: una
generazione non ha il diritto di imporre la sua Costituzione alle generazioni
future. Noi condividiamo quell'affermazione. Le Costituzioni non sono
intoccabili, tuttavia se si modificano non si scrivono così, anteponendo
piccoli interessi di una maggioranza agli interessi dell'Italia (Applausi
dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Albonetti. Ne ha facoltà.
GABRIELE ALBONETTI.
All'interno di queste disposizioni transitorie, si annida una novità maligna,
un grimaldello per un nuovo, ulteriore, smembramento del paese, che sta nel
combinato disposto dei commi 8 e 9 dell'articolo 43, che consentono di dare
vita a nuove regioni di almeno 1 milione di abitanti. Si tratta di un
meccanismo semplificato, rispetto a quello previsto dall'articolo 132 della
Costituzione vgente, che apre la strada ad un ulteriore sminuzzamento
subregionale del paese, eliminando dal procedimento i filtri istituzionali di
comuni, province e regioni, e consegnando a forme di consultazione
plebiscitaria, limitate ai soli secessionandi, un'ulteriore ridefinizione degli
assetti istituzionali.
Sembra una norma generale e può diventarlo se il paese prenderà la mano al
legislatore, come può facilmente avvenire. Per ora, in realtà, tale nome ha un
nome e un cognome ben precisi, una scaturigine politica dichiarata, un
obiettivo non nascosto: si chiama volontà determinata di colpire l'unità
dell'Emilia Romagna, questa regione che, unita, è oggi nel novero delle prime
dieci regioni in Europa. L'idea perversa è quelle di dividerla ed indebolirla
attraverso un'astratta invenzione istituzionale. Mi si consenta di dire che
siamo di fronte ad un romagnolismo degli stenterelli, di chi, pur pretendendo di
rappresentare gli interessi di questa regione, non ama l'Emilia Romagna, non
ama né gli emiliani, né i romagnoli. Non c'è infatti alcuna ragione obiettiva
per separare l'Emilia dalla Romagna. Non c'è una Romagna penalizzata e
figliastra dell'Emilia matrigna. Tutti i dati dei trend economici e
sociali ci dicono, anzi, che negli ultimi anni le province romagnole vanno un
po' più forte di quelle emiliane.
L'analisi dei bilanci regionali ci dice che l'utilizzo delle risorse sul
territorio è equo ed equilibrato, anzi proprio la divisione provocherebbe danni
ad ambedue. L'unico vantaggio è per il ceto politico: una cinquantina di posti
da consiglieri regionali in più, una decina da assessori e via discorrendo.
Questo bisogno non nasce neppure dal territorio e dalla comunità romagnola.
L'identità culturale della Romagna ha una sua nobiltà, radici profonde, una
dignità e una suggestione che ha trovato interpreti straordinari che hanno
saputo proporre al mondo la malinconica dolcezza di questa terra. Penso a Federico
Fellini, a Tonino Guerra, nel passato a Giovanni Pascoli, a Francesco
Serantini, persino al liscio di Secondo Casadei. I cantori della Romagna sono
andati per il mondo, ma non hanno mai avuto un'idea piccola della loro terra. I
romagnoli sono fieri di sé, ma l'autonomismo istituzionale non ha alcun corso
reale nel corpo vivo della società romagnola e vorrei dirlo a chi di voi
pensasse di cavalcarlo per vantaggi elettorali. L'autonomismo romagnolo non dà
voti, come si è dimostrato ogni volta che qualcuno ha provato a testarne il
gradimento e la capacità di mobilitazione elettorale. Se non dà voti ai suoi
padri nobili, uomini di grande dignità, figure umane politiche di tutto
rispetto, come l'onorevole Servadei e il senatore Cappelli, ne darà ancora meno
ai loro improvvisati sponsor, la cui statura politica è assai più
incerta.
Dunque, non vi è alcuna ragione che giustifichi l'inserimento nella nuova Carta
costituzionale di una procedura diversa da quella prevista dal vigente articolo
132, perché, in questo modo, si apre la strada ad avventure di cui nessuno è in
grado di valutare le conseguenze. Chi potrà domani dire di «no» alla Lunezia,
al Sannio, alla Tuscia e via discorrendo?
Si delinea la prospettiva di un Vietnam istituzionale che aprirà ulteriori fratture
in un paese che ha, invece, urgente bisogno di ritrovare il senso dello stare
insieme nelle comunità locali, regionali ed in quella nazionale.
Vi prego, dunque, di fermarvi, di ripensarci e lo dico anche a nome della
stragrande maggioranza dei romagnoli di centrosinistra e di centrodestra che
hanno la testa sulle spalle.
Che strano destino il nostro: fummo annessi all'unità d'Italia con un
plebiscito e con un plebiscito si vorrebbe oggi disarticolarci, con la
differenza, non insignificante, che, allora, il promotore fu il conte di
Cavour, mentre oggi, nel migliore dei casi, sarà l'onorevole Carlo Giovanardi,
e con l'altra differenza che ci farete solo perdere tempo, perché quel
plebiscito questa volta lo perderete, andando incontro ad una nuova pesante
sconfitta (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e
Misto-Comunisti italiani)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.
MARCELLO
PACINI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, penso che sia l'ultima volta che prendo la parola in questa
sessione di lavori costituzionali della Camera e mi fa molto piacere farlo,
perché si sta discutendo di norme transitorie, le quali permettono di dare uno
sguardo d'insieme, di prevedere un calendario dell'attuazione della riforma e
di capire nessi fra l'oggi e il domani. Penso anche che sia possibile fare un
bilancio positivo del lavoro di questa Assemblea a partire dal 13 settembre,
perché abbiamo disegnato una nuova forma di governo e una nuova forma di Stato.
Abbiamo disegnato una Repubblica federale come era negli auspici. Penso anche
che la Casa delle libertà abbia fatto una scelta positiva, quando ha deciso di
proporre, in applicazione dell'articolo 138 della Costituzione, una grande
riforma.
Questa scelta è stata criticata, ma, in realtà, era nell'ordine delle cose. Non
vi erano altre possibilità operative, perché dopo questa esperienza, concordo
con quanti ritengono che la via delle Costituenti ormai è superata dalla storia
e dai tempi, perché viviamo in una società mediatizzata, in cui tutti sanno
tutto ed il grande dibattito politico si svolge in sedi diverse da quelle
parlamentari.
Ma questa nuova situazione dobbiamo giudicarla positivamente, perché non è mai
accaduto nella storia delle società europee, occidentali e mondiali che vi
siano stati cittadini così informati, così consapevoli e così partecipi della
vita politica, come quelli che vivono in questo momento nel nostro paese.
Quindi, questa società mediatizzata oltre ai difetti ha anche molti pregi.
Credo che, di fronte a questa situazione così diversa e così matura, si debba
prendere atto che il ricorso all'articolo 138 della Costituzione è la via per
proseguire anche nella riflessione costituzionale, che non mancherà di essere
svolta anche in futuro.
Un professore di diritto costituzionale potrebbe dire che il tempo della
Costituzione rigida è superato dagli eventi e dalla storia e che ora anche la
nostra Costituzione si avvia a divenire flessibile attraverso la procedura
rafforzata prevista nell'articolo 138.
Se osserviamo il calendario dei nostri lavori possiamo notare che vi sono
alcune scadenze immediate, in particolare con riferimento al nuovo articolo
117, e alcune scadenze differite. Il nuovo Senato entrerà in funzione nel 2011,
il Presidente della Repubblica sarà eletto con nuove norme nel 2016, ma tale
calendario non va considerato come una anomalia, costituendo il modo concreto
con cui si realizza un processo così importante e significativo come la piena
attuazione del federalismo.
Stiamo realizzando questa grande riforma sotto il profilo dell'istituzione del
federalismo, quando il federalismo è già in itinere. Infatti, già
esistono fiorenti rapporti tra le regioni e lo Stato, esiste già una Conferenza
Stato-regioni, che ora abbiamo costituzionalizzato, ma che di fatto è
pienamente operativa e idonea all'adempimento dei propri compiti.
Mi auguro che il federalismo effettivo possa realizzarsi compiutamente nelle
regioni senza essere influenzato dal dibattito politico e che i principi
generali di collaborazione e di sussidiarietà trovino immediata applicazione
nei rapporti tra le regioni e lo Stato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO
GIANNI. Siamo di fronte a
norme transitorie che, apparentemente, indicano una preveggenza del legislatore
per molti anni, visto che la durata degli avvenimenti politici si è molto
accorciata negli ultimi tempi; qui addirittura si parla del 2011, del 2016.
Immagino l'onorevole Donato Bruno dire ai propri nipoti di aver preparato il
loro futuro, ma non so se sarà una buona sorpresa per quei nipoti!
Mi pare che ci sia un procrastinamento dei tempi che denuncia una certa
titubanza del legislatore. Tale titubanza è indice di incertezza, al contrario
della determinazione che si vorrebbe per il Presidente del Consiglio. È il
contrario della «di-rezione», ovvero l'egemonia lungo una retta o un vettore
fisicamente determinato. Insomma, tutto questo mi pare un disastro. Per tale
ragione sono contrario all'articolo 43.
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni...
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, la ringrazio per la scampanellata, perché in questo modo mi toglie dall'imbarazzo. Sono contrario, contrario, contrario (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.
ENZO
RAISI. Signor Presidente, ho
ascoltato attentamente l'intervento del collega Albonetti. Non so, quindi, se
ai suoi conterranei romagnoli abbia fatto piacere di essere stati paragonati al
Sannio e alla Tuscia. Con tutto il rispetto per queste realtà, la Romagna ha
una tradizione culturale e storica e ha dato grandi personaggi a questo paese.
Credo che da anni, comunque da molto tempo, vi sia in questa parte d'Italia la
voglia di avere una propria autonomia e una propria realtà rappresentativa.
Mi dispiace che l'onorevole Albonetti riduca tutto a questioni puramente
elettorali. Infatti, sa bene che la richiesta di autonomia della Romagna viene
da lontano e non sono convinto - come lo è invece lui - che vi sia una
maggioranza in un senso o nell'altro. Credo però che sia giusto verificare
l'effettiva volontà dei romagnoli. Dico questo da emiliano, perché non ci vedo
nulla di male. Non credo che questo sia offensivo o che si voglia ridurre a
piccola entità un territorio così importante come la Romagna.
Oggi la Romagna vede già alcuni doppioni per quanto riguarda alcuni uffici
regionali o le università sul proprio territorio e indubbiamente nutre
obiettivi ed interessi forse molto diversi da quelli dell'Emilia. Credo però
che questo spetti stabilirlo proprio ai romagnoli. Non capisco la paura e il
timore, paternalistici e tipici della dirigenza di sinistra
dell'Emilia-Romagna, di impedire ai romagnoli di decidere il proprio futuro, se
mai questo potrà verificarsi.
In tutta serenità, credo
che la paura sia la vostra, la paura che dopo tanti anni di conformismo
politico e di sistema qualcosa possa cambiare in questi due territori, se
davvero la Romagna si dovesse dividere dall'Emilia. Ma non è su questo che si
basano il mio desiderio e la mia volontà. Auspico che i romagnoli possano
decidere in merito al loro futuro. Nutro il desiderio di poter vedere la possibilità
per i romagnoli di effettuare una scelta democratica per decidere sul loro
futuro.
Ben venga, quindi, tale opportunità tramite un referendum che dia la parola ai
romagnoli per dire la loro sul loro futuro e decidere sulla volontà di rimanere
insieme all'Emilia oppure diventare finalmente regione Romagna (Applausi del
deputato Polledri).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE
ROSATO. Signor Presidente,
siamo arrivati alle norme transitorie. Sono certo che ci siamo arrivati senza
nutrire alcuna soddisfazione per il lavoro svolto. La soddisfazione non la
nutriamo noi dell'opposizione, perché non condividiamo i contenuti di questa
riforma, ma probabilmente non c'è soddisfazione neppure nei colleghi della
maggioranza, non solo per il clima creatosi, ma anche per il profilo dei
principali temi inseriti all'interno di questo testo. Tali temi, infatti, non
corrispondono neppure alle attese e alle aspettative dell'inizio, annacquati in
una minestra diventata molto insapore.
Esiste una grossa differenza tra quanto abbiamo fatto in questi giorni e quello
che realizzò l'Assemblea costituente quando approvò il testo della
Costituzione, recependo lo spirito di un popolo, non le indicazioni di taluni
saggi chiusi in qualche baita. Affrontiamo, quindi, queste norme transitorie
che ormai non servono che a riempire qualche buco o qualche desiderio finora
rimasto inespresso o, infine, a piantare qualche bandierina che non si è
riusciti ancora a collocare all'interno del contesto generale. Sicuramente non
servono a rendere questo testo più confacente per il nostro paese, perché
sarebbe anche un tentativo inutile ed infruttuoso. Ci aspettiamo che gli
emendamenti da noi presentati siano valutati con grande attenzione...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Rosato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO.
Signor Presidente, ci troviamo ormai nella fase conclusiva dell'esame del
provvedimento di riforma della Carta costituzionale. Abbiamo chiesto ripetutamente
una pausa e una riflessione da parte del Parlamento e, in particolare, dei
colleghi della maggioranza. Non abbiamo tuttavia registrato tale riflessione,
in quanto alle continue richieste provenienti dai banchi dell'opposizione sono
state date ben poche risposte.
Si tratta di una riforma frutto di un compromesso, di un testo disarticolato e,
da molti punti di vista, contraddittorio e incomprensibile, in cui ciascuna
forza di maggioranza ha imposto qualcosa. Non registriamo alcuna armonia in
questa riforma. D'altronde, cosa aspettarsi quando la Lega è separatista,
Alleanza nazionale è statalista, Forza Italia è preoccupata del Governo per
domani mattina e l'UDC vorrebbe ma non può?
Onorevoli colleghi della Lega, avete la responsabilità di portare a casa la devolution,
una bandiera stralciata, ma la verità è che affidate questo paese a un
premierato forte (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita,
DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, rispondo brevemente alle osservazioni del collega Pacini, il
quale ha affermato che probabilmente abbiamo una Costituzione meno rigida. In
realtà, con l'«involution» si realizzano rigidità difficili da risolvere
e con il premierato, o «Silvierato» che dir si voglia, si determina una lesione
della forma parlamentare che è alla base dell'ordinamento repubblicano, come è
scritto nell'ordine del giorno Perassi dell'Assemblea costituente. Si tratta di
un tema che sarà oggetto di valutazioni anche da parte delle autorità di
garanzia e che affronteremo nuovamente.
La confusione emerge anche dalla disciplina transitoria. Vi sono, infatti, tre
categorie di norme: quelle ad efficacia immediata, quelle che decorrono dalla
legislatura successiva ed, infine, quelle destinate ad acquistare efficacia a
decorrere dalla seconda legislatura successiva, e dunque presumibilmente dal
2016. Anche da tali disposizioni transitorie emerge la mancanza di visione del
futuro e di credibilità della riforma (Applausi dei deputati del gruppo
della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, esaminando attentamente le disposizioni
transitorie di questo «pasticciaccio brutto» che sta ormai giungendo alla
conclusione, chi, come chi vi parla, è nettamente contrario alla riforma,
dovrebbe trarre qualche motivo di soddisfazione. Infatti, le norme transitorie
relative all'entrata in vigore della nuova disciplina sono talmente confuse e
pasticciate che è prevedibile ciò che si legge da più parti, vale a dire che
l'impianto costituzionale così delineato entrerà in vigore nel 2016.
Di qui al 2016 correrà tanto tempo, e non solo per il referendum che mi auguro
si svolga e faccia finire nel nulla queste storie. Vi è tutto il tempo affinché
il dio padano torni sull'Olimpo ed abbandoni le sorgenti del Po... Vi è tutto
il tempo perché il buonsenso torni a parlare nel nostro paese e perché il
ricatto continuo del mediatico Presidente del Consiglio - non ancora Primo
ministro - abbia a cessare.
Se veramente queste sono le norme transitorie, potremmo considerare quanto ci
accingiamo a votare ciò che i francesi definiscono uno chiffon de papier.
È il regalo fatto alla Lega perché non abbandoni il Governo e lo faccia durare
ancora un anno e mezzo; è il contentino ad Allenza nazionale affinché non si
vergogni troppo con i suoi elettori delle concessioni fatte alla Lega, almeno
nominalmente. Vorrei infatti sapere dai colleghi della Lega come faranno a
spiegare ai loro elettori che vi è stata una effettiva devoluzione...
Le parole, gli scritti, sono però come pietre. Resta questo fenomeno della
riforma costituzionale voluta (Commenti del deputato Guido Dussin)... Ho
tanto tempo, venti minuti, e ti annoio finché ne ho voglia...
Se dovessimo tener presente che ogni atto di questo Parlamento è come una
pietra nella storia della nostra Repubblica e del nostro paese, dovremmo dire
che il mese che abbiamo appena trascorso in quest'aula, tentando di compiere il
nostro dovere, passerà alla storia come un mese veramente nefasto. Abbiamo
approvato disposizioni tra loro contraddittorie che, se considerate
singolarmente, sono vergognose e, se considerate nel loro complesso, sono
ancora più vergognose!
Assistiamo ad un provvedimento che nasce, come ho ricordato poc'anzi, e come
per coscienza devo ripetere, grazie ad un compromesso. La Lega, con il suo leader
malato (al quale vanno personalmente i miei migliori auguri), insiste per
portare a casa qualcosa da vendere al popolo padano che si riunisce in quel di
Pontida. Tra l'altro, non ho mai compreso perché vogliano mettersi le corna, di
solito la gente tenta di nasconderle...
Vi è poi l'altro passaggio, che riguarda Alleanza nazionale, la quale
probabilmente crede di più al premierato, perché corrisponde al suo DNA, ma
che, ancora una volta, nonostante gli sforzi dialettici, encomiabili e seri,
dell'onorevole Pacini, riceve un sì da Forza Italia perché così si continua a
stare al Governo.
Devo ora tristemente ripetere quanto ho già ricordato. E cioè che i colleghi
dell'UDC hanno dato la patetica impressione di quelli che vorrebbero ma non
possono. Ogni tanto hanno avviato un tentativo di ribellione ma, poi, sono
stati richiamati all'ordine e diligentemente si sono allineati.
Questo sistema non è nell'animo di un'Assemblea costituente. Pensate che in
questa aula si è discussa la nostra Costituzione. Al mattino si litigava, a
causa dei gravissimi problemi di governo (si pensi a De Gasperi che cacciò i
comunisti dal Governo), mentre al pomeriggio vi era un reale spirito
costituente, che ha portato ad una Costituzione le cui radici risiedono in
culture e ideologie diverse ma che, tutto sommato, ha retto decorosamente
questo nostro paese, un paese andato avanti bene per oltre cinquant'anni.
Adesso noi stiamo per votare una Carta costituzionale nuova, che solo
apparentemente tocca la seconda parte della Costituzione, perché molti suoi
articoli hanno una connessione diretta con la prima parte. Pensate al principio
di eguaglianza dei deputati, che viene violato perché il deputato appartenente
alla maggioranza è soggetto a regole - che violano, oltretutto, anche il
principio del mandato imperativo - cui non è tenuto il deputato di minoranza,
il quale può cambiare opinione, mentre non la può cambiare il deputato di
maggioranza, con la possibilità di porre in crisi il Governo, riprendendo la
via delle elezioni.
Voi state per approvare una riforma costituzionale che ha almeno tre punti che
veramente confliggono con i principi del costituzionalismo moderno e più
razionale. Il primo è quello della cosiddetta devolution (Commenti)...Ti
ho già detto che le tue interruzioni non mi toccano: sono abituato a fare
questo mestiere!
Ecco qui che abbiamo la prima violazione, che è quella che può compromettere
l'unità del nostro paese. Ma vi rendete conto cosa vuol dire che il Presidente
della Repubblica garantisce l'unità federale? Ha cercato di spiegarlo bene
durante il dibattito Luciano Violante; è una contraddizione in re ipsa,
perché o è unità o è federazione. L'unità federale è qualcosa che non sta
insieme, se non per accontentare gli amici che si riuniscono in quel di
Pontida.
Debbo dire che francamente, esaminando il testo articolo per articolo, forse
questo principio di dissoluzione del paese non c'è, nel senso che le norme
della Costituzione che avete votato sono tali e talmente contraddittorie che
non portano alla dissoluzione, ma certamente portano ad uno stato di
grandissima confusione: avere lasciato le stesse materie sia alla competenza
esclusiva dello Stato sia alla competenza esclusiva delle regioni crea un caos
costituzionale che non ha eguali.
Per quanto riguarda il secondo punto, già discusso nei giorni scorsi, avete
sminuito gli istituti di garanzia tradizionali di una democrazia: la figura del
Presidente della Repubblica, che, in parte, ha perduto i propri poteri e, per
altra parte, è stata politicizzata; la Corte costituzionale, che è diventata
effettivamente un luogo politico e non un luogo di garanzia; infine, il più
grave vulnus al principio democratico di una libera Repubblica, è quello
che si è perpetrato oggi, affidando al Primo ministro, al cosiddetto premier
(va a sapere perché questo uso delle parole straniere: forse piacciono
all'attuale Presidente del consiglio!) poteri in forza dei quali abbiamo un
Parlamento succube del Primo ministro ed un Primo ministro che è il domatore di
ciò che avviene all'interno del Consiglio dei ministri.
Non so perché non abbiate scritto che il Primo ministro può usare durante la
seduta del Consiglio dei ministri anche la frusta, visto che può nominare i
ministri, revocarli, fare tutto ciò che vuole, senza che vi sia un
bilanciamento di poteri, che può risiedere soltanto nel Parlamento.
Con il voto di oggi, voi avete ucciso la centralità del Parlamento ed ogni
democrazia è viva se ha un Parlamento libero. Ecco le ragioni di fondo per cui,
da un lato, diciamo «no» a questa riforma e, dall'altro, esprimiamo l'auspicio
- lasciatemelo dire - che attraverso il gioco pasticciato dei rinvii e dei
controrinvii previsti dalle norme transitorie questa riforma non rappresenti
che un momento propagandistico. Non so a chi sia utile: lo dirà il referendum,
ma io mi auguro fermamente che, proprio per l'articolazione delle norme
transitorie, essa non abbia mai applicazione (Applausi dei deputati dei
gruppi Misto-UDEUR-Alleanza Popolare e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo -
Applausi polemici dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e
di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO
LETTIERI. Signor Presidente,
quando si approva una Costituzione, le norme finali e transitorie si rendono
oggettivamente necessarie, ma quelle contenute nell'articolo 43 del disegno di
legge costituzionale al nostro esame contengono, com'è già stato rilevato da
qualche collega, alcune «mine a tempo», assai pericolose per l'unità del nostro
paese e per quella coesione di cui si avverte la necessità.
Penso al comma 11, riguardante il sistema tributario ed attuativo dell'articolo
119 della Costituzione, ed al comma 8, che lascia aperta una porta alla
costituzione di eventuali nuove regioni. In particolare, credo che quest'ultima
norma andasse espunta in quanto pericolosa. Non sappiamo cosa potrà succedere,
caro Presidente, anche nel suo Sannio! Sono convinto che le popolazioni
emiliane o della Tuscia o del Sannio sapranno dimostrare saggezza rispetto a
questa scelta scellerata che mina l'unità del paese, della quale vi è tanto
bisogno.
Questa pseudoriforma mette a rischio l'unità del paese, svilisce il Parlamento
ed addensa tutte le competenze nelle mani di una persona che, già oggi, ordina
alla sua maggioranza di approvare leggi siffatte in maniera scellerata (Applausi
dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bielli. Ne ha facoltà.
VALTER
BIELLI. Signor Presidente, il
mio intervento riguarda soprattutto la possibilità di istituire nuove regioni.
Vorrei partire da un dato, rivolgendomi principalmente ai romagnoli, ma non
solo a costoro.
In Assemblea costituente si discusse molto della possibilità di istituire la
regione Romagna, con capoluogo Bologna. Se ne discusse a tal punto che, alla
fine, sembrò affermarsi la tesi orientata in tal senso. Tuttavia, giunti ad un
passo dall'adottare tale soluzione, i costituenti si fermarono. Li indusse a
desistere un intervento straordinario di Nilde Iotti. Ella affermò che il
tratto distintivo dell'Emilia Romagna era costituito dalla via Emilia, che
univa tutte le città emiliano-romagnole e che tracciava una linea continua
attorno alla quale si era sviluppata tutta la regione.
Oggi, ci sentiamo dire che si può fare una nuova regione purché questa abbia un
minimo di un milione di abitanti! Io vorrei invitare i colleghi a riflettere:
il caso della Romagna potrebbe riproporsi, ad esempio, per il Montefeltro; ma
la regione Marche e Pesaro cosa ne pensano? E perché non dovremmo pensare di
nuovo alla Romagna, visto che i costituenti stessi si posero, tanti anni fa, in
tale ottica?
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bielli...
VALTER BIELLI. È importante salvare la regione Emilia Romagna, che voi volete frantumare per avere un potere forte (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani )...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Bielli.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere
della Commissione.
DONATO
BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, il parere della Commissione è contrario sui subemendamenti
Boato 0.43.250.2, Leoni 0.43.250.3 e 0.43.250.6 e Bressa 0.43.250.4.
Il parere è favorevole sul subemendamento Zeller 0.43.250.7 purché riformulato,
sostituendo alle parole: «e Provincia autonoma» le parole: «o Provincia
autonoma»; è contrario sul subemendamento Boato 0.43.250.5 ed è favorevole sul
subemendamento Zeller 0.43.250.8.
Sul subemendamento
Zeller 0.43.250.9 il parere è favorevole, se viene accettata la seguente
riformulazione: «In caso di scioglimento del consiglio o assemblea regionale o
dei consigli delle province autonome in base all'articolo 126 (...)».
Il subemendamento Zeller 0.43.250.1 mi risulta ritirato. Raccomando
l'approvazione dell'emendamento 43.250 della Commissione, nel testo
riformulato, nel senso che al terzo e all'ottavo rigo va eliminato il
riferimento all'articolo 129, che va inserito nel secondo comma, dopo le parole
«126, primo comma,». La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti
Perrotta 43.75 e 43.76 e Leoni 43.5. L'emendamento Zeller 43.6 risulta
ritirato.
Il parere è contrario sugli identici emendamenti Costa 43.84 e Burtone 43.88,
mentre gli identici emendamenti Olivieri 43.74, Bressa 43.79 e Zeller 43.80 mi
risultano ritirati.
Il parere è favorevole sull'emendamento Boato 43.9, purché venga accettata la
riformulazione proposta dalla Commissione. La prima parte di questo emendamento
sarebbe infatti preclusa ove fosse approvato l'emendamento 43.250 della
Commissione; pertanto, la Commissione ha proposto la seguente riformulazione:
«In sede di prima applicazione dell'articolo 135 della Costituzione, come
modificato dalla presente legge costituzionale, alla scadenza del termine dei
giudici della Corte costituzionale già eletti dal Parlamento in seduta comune e
alle prime scadenze del termine di un giudice già eletto dalla suprema
magistratura ordinaria e di un giudice già nominato dal Presidente della
Repubblica, al Senato federale della Repubblica, integrato dai Presidenti delle
giunte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alla
Camera dei deputati è attribuita alternativamente l'elezione di ciascun giudice
in scadenza. Al Senato è attribuita l'elezione del primo giudice in scadenza».
Ribadisco che, qualora venisse accolta tale riformulazione, il parere sarebbe favorevole.
Infine il parere è contrario sugli emendamenti Bressa 43.11, Rosato 43.12 e
Leoni 43.16. L'emendamento Cossa 43.85 risulta ritirato.
Mi riservo di esprimere il parere sugli articoli aggiuntivi in un momento
successivo.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Zeller se accetti la riformulazione proposta dal relatore dei suoi subemendamenti 0.43.250.7 e 0.43.250.9.
KARL ZELLER. Sì, Presidente, accetto la riformulazione proposta.
PRESIDENTE.
Sta bene.
Chiedo ai presentatori dell'emendamento Boato 43.9 se accettino la
riformulazione proposta dalla Commissione.
GIANCLAUDIO BRESSA. Sì, Presidente, accettiamo la riformulazione.
PRESIDENTE.
Sta bene.
Passiamo alla votazione del subemendamento Boato 0.43.250.2
Indìco...
SESA AMICI. Presidente! Avevo chiesto di intervenire!
PRESIDENTE.
Sta bene, revoco l'indizione della votazione.
Ha facoltà di parlare, onorevole Amici.
SESA AMICI. Signor Presidente, le dico subito che chiediamo di parlare su tutti gli emendamenti relativi alle disposizioni transitorie (articolo 43). Così evitiamo questi incidenti...
PRESIDENTE. Sta bene. Prego, onorevole Amici.
SESA
AMICI. Nell'intervenire su
tutte le proposte emendative riguardanti le norme transitorie, mi guiderà una
categoria filosofica molto importante, che è quella del cominciamento, di
memoria hegeliana, secondo la quale, in pratica, le prefazioni di qualsiasi
libro non andrebbero mai lette per prime, ma bisognerebbe arrivare fino alla
fine del testo. Infatti è lì, nella prefazione, in questo caso nelle norme
transitorie, che si scoprono i punti di verità dell'operazione che si sta
compiendo con la revisione della nostra Costituzione.
Il subemendamento che noi proponiamo, riferito ad alcune parti dell'emendamento
43.250 della Commissione, che esamineremo successivamente, concerne la
contestualità dell'elezione del Senato federale con lo svolgimento delle
consultazioni regionali.
Vorrei osservare che, dopo avere discusso a lungo il merito degli articoli
precedenti, è assai singolare il fatto che la riforma entrerà subito a regime
per la Camera dei deputati, mentre, per quanto concerne il Senato federale, si
dovrà attendere fino al 2016. Ciò risulta assai singolare perché, nell'ambito
di una riforma che si vuole definire federale, di cui abbiamo contestato i
punti nodali, è del tutto evidente che tale idea federalista avrebbe dovuto
essere semplicemente legata alla contestualità tra il rinnovo dei consigli
regionali e le elezioni del Senato federale: è questo il primo elemento sul
quale vogliamo farvi riflettere.
La seconda questione che intendo evidenziare è che, nell'ambito della
discussione sulle modalità di elezione contestuale, voi proponete, attraverso
la riformulazione della norma transitoria predisposta dalla Commissione,
un'entrata a regime della riforma molto più lontana nel tempo, poiché vi è
l'idea...
PRESIDENTE. Onorevole Amici...
SESA
AMICI. ... per cui la
contestualità dell'elezione del Senato federale non è data dal suo legame con
il territorio; vorrei rilevare che si posticipa addirittura la durata dei
consigli regionali, quasi a dimostrare la subalternità proprio di quel Senato
federale, che avete concepito come un elemento determinante della riforma, ma
la cui costituzione avete invece condizionato ad una scadenza.
Sono questi i motivi per cui invito l'Assemblea ad approvare il subemendamento
in esame (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
CESARE RIZZI. Tempo!
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, tralascio le considerazioni testé svolte dalla collega
Amici, che condivido integralmente e che pertanto non riprendo.
Noi intendiamo proporre una formulazione che ha il pregio della chiarezza: il
Senato federale della Repubblica è eletto per la prima volta nel 2010, data del
rinnovo dei consigli regionali. In tal modo, si evitano tutte quelle
incredibili alchimie che costituiscono le pagine delle vostre norme
transitorie.
Inoltre, al comma 2-bis del subemendamento in esame, prevediamo che le
regioni e le province autonome che hanno scadenze diverse da quelle previste
dal comma 2 (come ho già detto, il 2010), in sede di prima applicazione della
riforma eleggono, nell'anno 2010, i propri senatori, che restano in carica fino
alla scadenza ordinaria dei rispettivi consigli. Si eviterebbe, così, di creare
un terremoto nella vita politica di tutte quelle regioni che non andranno a
votare nel 2010.
È del tutto evidente, allora, che ipotizzare il prolungamento del mandato
elettorale di un consiglio regionale, oppure la sua riduzione, costituisce
un'interferenza sulla normale vita politica, legislativa e amministrativa di
una regione, da evitare assolutamente!
Vorrei ribadire, pertanto, che il subemendamento che proponiamo, nella sua
formulazione, ha il pregio della chiarezza e della linearità, ma poiché è
chiaro e lineare, sicuramente non lo approverete (Applausi dei deputati dei
gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e
Misto-Verdi-L'Ulivo)!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Boato 0.43.250.2, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 439
Votanti 431
Astenuti 8
Maggioranza 216
Hanno votato sì 184
Hanno votato no 247).
Prendo atto che
l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.43.250.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha
facoltà.
SESA
AMICI. Signor Presidente, il
subemendamento in esame rappresenta un'operazione-verità relativa alla
composizione del Senato federale, con la conseguente riduzione del numero dei
parlamentari.
Nelle norme transitorie, infatti, è compresa quella che potrebbe essere
definita la «norma rassicurante» per noi deputati e senatori che approveremo il
testo esame (anzi, ve lo approverete voi, perché noi esprimeremo un voto
contrario)! Si tratta di una norma rassicurante perché voi posticipate di molto
la prevista riduzione dei parlamentari.
Noi, invece, vi lanciamo una sfida concreta, perché non è possibile che sia
introdotto anche nella Costituzione un elemento di demagogia allo stato puro!
Infatti, si introduce una norma che prevede la riduzione del numero dei
parlamentari, utilizzata nelle dialettica politica semplicemente per continuare
a diffondere un populismo antipolitico, ma quando si tratta di passare dalle
prediche all'entrata in vigore della misura in oggetto, invece, accade
esattamente il contrario!
La sfida vera è che, se siamo d'accordo sulla riduzione del numero dei parlamentari
- perché ciò abbiamo scritto nella Costituzione e negli articoli approvati -
bisogna avere il coraggio non solo di declinarlo, di predicarlo, ma soprattutto
di attuarlo, a partire dal 2010, quando entrerà in vigore la nuova
Costituzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, questo nostro subemendamento dovrebbe essere votato, quanto
meno dal collega Carrara, il quale - in più di un'occasione - ci ha ricordato
la straordinaria azione di risparmio energetico che la riduzione del numero dei
parlamentari produrrebbe in questo nostro disastrato paese. Dal momento che
egli è stato talmente bravo da conteggiare alla lira quanto risparmierebbe la
nostra democrazia nel ridurre il numero dei parlamentari, da subito gli
offriamo la possibilità di dimostrare di essere davvero virtuoso. Votando
questo subemendamento la riduzione del numero dei deputati e dei senatori
scatterebbe subito, dalla prossima legislatura.
Noi ci rivolgiamo, dunque, in modo particolare, all'onorevole Carrara, che è
stato così zelante nel dimostrarci i costi ed i risparmi della democrazia, e lo
invitiamo - quanto meno per un atto di solidarietà, dopo mesi di discussione -
a votare questo nostro subemendamento.
Gli altri colleghi della maggioranza sono esentati, poiché non hanno ancora
esattamente capito cosa stiamo votando dopo un mese e, sicuramente, non lo
faranno in quest'occasione (Commenti di deputati del gruppo di Alleanza
Nazionale)!
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Scemo!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente, il
collega Bressa ha ottenuto un risultato: far svegliare dal torpore qualche
collega della maggioranza, che essendosi appunto risvegliato ed avendo capito
cosa comporterebbe l'approvazione del nostro subemendamento - lo hanno capito
ora! - si è spaventato.
È, tuttavia, singolare, signor Presidente, che da parte di alcuni colleghi
della maggioranza vi sia un atteggiamento dialogico - per usare un eufemismo -
nelle fasi della mattinata e del pomeriggio, quando i loro colleghi non sono in
aula a votare e non hanno il numero legale - quelli che parlano hanno almeno il
merito di essere in aula - e, poi, improvvisamente il confronto, tanto evocato
e scongiurato, scompaia, quando si entra effettivamente nel merito delle norme.
Il futuro lettore degli atti parlamentari, infatti, si accorgerà che vi sono
decine di interventi di uno o due minuti per perdere tempo quando non vi è il
numero legale e, poi, scompare il confronto, quando noi iniziamo ad aprirlo sul
merito degli emendamenti.
Lo dico senza alzare la voce, perché credo che la maggior parte dei colleghi
siano perfettamente consapevoli di ciò che è successo...
STEFANO LOSURDO. Delle cazzate che dici!
MARCO BOATO. Signor Presidente, lei ha ascoltato? Non so se i resocontisti abbiano scritto: «Che cazzate stai dicendo?». Ciò è quello che io ho ascoltato da qui. Questo è il contributo costituente! Questo è lo spirito costituente!
PRESIDENTE. Mi spiace, onorevole Boato. Le chiedo scusa io per i colleghi.
MARCO
BOATO. Signor Presidente, lei
non ha bisogno di scusarsi, perché non ha alcuna responsabilità. Comunque, la
ringrazio della cortesia.
Questo è lo spirito costituente che aleggia in quest'aula! Ho, tra l'altro,
parlato in modo garbato ed ironico, ma non offensivo per alcuno.
Il merito di questo subemendamento che abbiamo presentato è esattamente ciò che
abbiamo chiamato - è stato già ricordato - un'«operazione-verità». Si sta,
infatti, varando una riforma costituzionale che incide sulla quasi totalità, o
sulla gran parte degli articoli, della seconda parte della Costituzione.
Qualche collega - non lo nomino, perché così evito reazioni - ha strombazzato,
nei giorni scorsi, il «grande coraggio riformatore», che consisterebbe
nell'aver riportato da 400 a 518 i deputati della Camera e da 200 a 252 - più
altri 42 - i membri del Senato. Ciò è, infatti, avvenuto nel passaggio dal
Senato alla Camera e dalla Commissione all'aula. Si è rivendicato il merito
alla Casa delle libertà della riduzione, comunque...
STEFANO LOSURDO. Guarda che Sofri è incazzato con te!
MARCO
BOATO. Se il collega che
m'insulta o che urla, magari chiedesse la parola con spirito costituente e
dicesse ciò che pensa, lo starei ad ascoltare, così come ho ascoltato tutti, in
questi giorni.
Signor Presidente, l'aspetto paradossale che almeno se non in quest'aula -
perché tutti sanno già tutto - ma fuori di essa, alcuni dovrebbero cogliere è
che l'entrata in vigore delle norme di questa riforma costituzionale è
dilazionata di una o di due legislature, a seconda delle disposizioni.
Alcune norme, presumibilmente, entreranno in vigore nel 2016, altre nel 2011,
salvo magari fare entrare in vigore alcune disposizioni di facciata, che
permettono di colorare di federale ciò che federale non è.
Con questo nostro subemendamento proponiamo - e concludo, signor Presidente -
di fare un'operazione-verità effettiva, facendo entrare in vigore ciò che è
stato strombazzato pubblicitariamente come una riduzione del numero dei
parlamentari.
Proponiamo che questa riduzione del numero dei parlamentari diventi operativa a
partire dall'entrata in vigore della riforma costituzionale, ovviamente dalle
elezioni immediatamente successive. Quindi, trasferiamo il riferimento
all'articolo 56, secondo comma, e all'articolo 57, secondo comma, del nuovo
testo, dal secondo comma della norma transitoria al primo comma, dove si
ipotizzano le norme che devono entrare in vigore a partire dalla data di
entrata in vigore della riforma costituzionale.
ROBERTO ALBONI. Basta! Tempo!
MARCO BOATO. Ringrazio soprattutto i colleghi di Alleanza nazionale per la decenza e il rispetto che hanno dimostrato in questa fase, che del resto è coerente con ciò che hanno fatto nei giorni scorsi (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO MARAN.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per sottolineare la necessità
di svolgere un'operazione-verità. Ciò che più colpisce, scorrendo le
disposizioni transitorie, è proprio la sproporzione tra l'enfasi posta nei mesi
scorsi sull'urgenza della riforma, sulla sua necessità e sulla necessità che i
tempi fossero ristretti e l'entrata in vigore prevista solo nel 2016 delle
norme più rilevanti, a cominciare da quelle sulla riduzione dei parlamentari,
tanto strombazzata dal punto di vista propagandistico e sulla federalizzazione
del Senato (quella che doveva essere la riforma federale).
In realtà, assistiamo, anzitutto, ad un effetto duramente centralistico.
Infatti, la modifica del Titolo V della Costituzione, comprese le norme
sull'interesse nazionale e la clausola di supremazia, è immediata ed entra in
vigore subito, mentre le norme sulla federalizzazione del Senato, che
dovrebbero poi rappresentare un bilanciamento, entreranno in vigore solo nel
2016. Perché questo slittamento invece di prevedere che il Senato si
federalizzi subito, dal 2010? Non sarebbe più semplice eliminare il riferimento
al 2016? E perché non facciamo in modo che entri in vigore da subito la norma
sulla riduzione dei parlamentari? Perché aspettare il 2016?
La ragione è molto semplice: la riforma che voi proponete è, in realtà, un atto
propagandistico, che mette insieme le cose più disparate, in maniera
raffazzonata, e che mira semplicemente a segnalare una serie di bandierine
elettorali utilizzate da parte di Alleanza nazionale con l'interesse nazionale
ed il premierato e da parte della Lega con la devolution.
Raggiungere davvero le condizioni per una vera riforma, che completi quella del
Titolo V della Costituzione avviata nella scorsa legislatura e che determini un
assetto federale bilanciato ed un equilibrio necessario dei poteri è qualcosa
che, tutto sommato, non vi riguarda. Mentre rimane ancora un'esigenza:
completare la riforma e portare a termine, dopo il passaggio dal
maggioritario...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Maran.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, subemendamento
Leoni 0.43.250.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 451
Astenuti 8
Maggioranza 226
Hanno votato sì 199
Hanno votato no 252).
Prendo atto che
l'onorevole Bellini non è riuscito ad esprimere il proprio voto
Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.43.250.6
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha
facoltà.
SESA AMICI. Signor Presidente, rispetto a questo subemendamento, sarebbe curioso capire la motivazione della norma transitoria.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 19,15)
SESA
AMICI. Infatti, mentre la
gran parte del Titolo V della Costituzione entra in vigore da subito, comprese
le norme riguardanti l'interesse nazionale ed i poteri sostitutivi nei
confronti delle regioni, proprio sulla base della norma sull'interesse
nazionale, non si riesce a capire perché non si formalizzi la questione
relativa al Senato nella sua composizione federale con la contestualità delle
regioni.
È ovvio che la domanda e la curiosità sono soltanto retoriche, perché è del
tutto evidente che anche questa è un'operazione che tende a dare soddisfazione
ad una parte della maggioranza che ha a cuore l'interesse nazionale, ma non
l'interesse generale di una Costituzione che deve avere valore per tutti ed una
propria coerenza, limpida ed intrinseca, per non rischiare un pasticcio
istituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Debbo scusarmi con i colleghi per l'intemperanza prima manifestata. Chiaramente
non si trattava di un gesto di disistima nei loro confronti, ma mi sembrava che
l'attenzione fosse calata ed ho voluto compiere una provocazione per vedere se
mi stavate ascoltando! Con mio grande stupore ho constatato che tutti quanti
stavate ascoltando! Di ciò vi ringrazio (Commenti di deputati del gruppo di
Alleanza Nazionale e del deputato Dozzo). Grazie, collega Dozzo, sei
veramente un «cioccolatino»...
Con il subemendamento in esame proviamo a stralciare il riferimento agli
articoli 120 e 127 della Costituzione. Mi rivolgo in particolare ai colleghi
del gruppo della Lega: vi rendete conto che la federalizzazione andrà in porto
quando si avrà il Senato federale, mentre i poteri di ricentralizzazione, quali
la definizione dell'interesse nazionale ed i poteri sostitutivi, entreranno in
vigore da subito? Mi sembra un modo alquanto singolare di avviarci verso il
processo di federalizzazione del paese. Tutto ciò che è ricentralizzazione ha
un avvio immediato, mentre tutto ciò che è collegato alla federalizzazione del
paese, il cui cuore pulsante si trova nel Senato federale, è rimandato, per
così dire, alle calende greche.
Sono consapevole, signor ministro, che lei vorrebbe rispondermi ma non può
farlo altrimenti mi darebbe l'occasione di parlare a lungo, e - debbo ammettere
- ne approfitterei un poco.
È un aspetto completamente irrazionale e poco serio non far coincidere i tempi
della federalizzazione con gli strumenti di introduzione di clausole di
flessibilità o, come nel caso vostro, di un potere sostitutivo abnorme o di un
interesse nazionale del tutto incongruo. È veramente difficile da comprendere.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Grazie signor
Presidente. Avevamo proposto, in sede di esame nel merito della riforma,
emendamenti da noi definiti «clausole di salvaguardia» (altri diversi erano
stati presentati dal collega Tabacci, ma questo aspetto è scomparso dal
dibattito), ritenendo che nell'ambito di un sistema di tipo federale fosse
giusta e corretta l'esistenza di una clausola di salvaguardia come quella che,
fin dal 1949, vi è nella Gründgesetz della Repubblica federale tedesca
all'articolo 72. Avevamo considerato ciò con riferimento ai valori
costituzionali ed alla salvaguardia di quei principi e valori che richiedessero
un trattamento uniforme sul territorio nazionale. Voi avete respinto le nostre
proposte ed avete, invece, implementato oltre misura i poteri sostitutivi, già
esistenti in Costituzione all'articolo 120, ed avete introdotto quella bandiera
ideologica pretesa dal gruppo di Alleanza nazionale, rappresentata dal
cosiddetto interesse nazionale proclamato dal Parlamento in seduta comune in
forza dell'articolo 127.
Avevamo un'ipotesi radicalmente alternativa, ma ci ponevamo la questione della
clausola di salvaguardia. Il senso di norme di questo tipo, pur da noi
contestate nel merito, è quello di prevedere strumenti che dovrebbero
riequilibrare il sistema costituzionale (un sistema complesso ad iniziare
dall'articolo 114, primo comma, che recita testualmente: «La Repubblica è
costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni
e dallo Stato»), nel momento in cui l'ordinamento di tipo federale fosse
pienamente messo in vigore.
Ciò che, invece, succede con le norme transitorie è che non entra in vigore
nella sua pienezza l'ordinamento di tipo federale ma entrano immediatamente in
vigore i poteri sostitutivi rafforzati e l'interesse nazionale recuperato con
le procedure incredibili introdotte dall'articolo 127. Il subemendamento Leoni
0.43.250.6 al nostro esame propone di cancellare, dal comma 1, primo periodo,
dell'emendamento 43.250 della Commissione, riguardante la prima serie delle
norme transitorie, il riferimento agli articoli 120 e 127.
Per questo motivo invitiamo l'Assemblea a votare a favore (Applausi dei
deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo, Democratici di sinistra-L'Ulivo e
Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO MARAN. Signor
Presidente, onorevoli colleghi, vogliamo sottolineare l'effetto fatalmente
centralistico determinato dalla circostanza che la correzione del Titolo V,
comprese le clausole di interesse nazionale e di supremazia, è immediata ma la
federalizzazione del Senato, che dovrebbe strutturalmente bilanciarla, partirà
dal 2016. Si tratta di una circostanza che dobbiamo sottolineare per indicare
una contraddizione non risolta.
Ciò senza contare che la perdita del potere fiduciario è soltanto un'apparenza
perché il Senato, se non si applica fino al 2016 il quarto comma dell'articolo
70, mantiene un ruolo paritario nel procedimento legislativo.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Leoni 0.43.250.6, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 444
Votanti 442
Astenuti 2
Maggioranza 222
Hanno votato sì 194
Hanno votato no 248).
Prendo atto che gli
onorevoli Perrotta e Santori non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.43.250.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha
facoltà.
LUIGI
OLIVIERI. Signor Presidente, già
tutti i colleghi dell'opposizione intervenuti hanno evidenziato il grandissimo
«pasticcio» costituito dalle norme transitorie. Con il subemendamento in esame
cerchiamo di portare avanti la logica della riduzione del danno.
Ormai è risaputo che con la riscrittura del primo e del secondo comma
dell'articolo 43 introducete sostanzialmente tre casi. In primo luogo, vi è una
parte di norme a decorrenza immediata. Si tratta della modifica al Titolo V e
di altre norme di poco rilievo. Non si capisce perché - saremmo ben lieti che
qualche collega della maggioranza o del Governo ce lo spiegasse - tra queste
ultime è compreso anche l'abbassamento dell'età per essere eletti a Presidente
della Repubblica e non altre norme molto più importanti che avrebbero dovuto
trovare un'immediata applicazione.
In secondo luogo, vi sono norme che decorrono dalla prima legislatura
successiva a quella in corso al momento dell'entrata in vigore. Non si sa bene
se sarà il 2006 o il 2011, dipende da quando verrà fatto il referendum. Si
tratta delle norme che disciplinano la nuova forma di governo ed il
procedimento legislativo, ad eccezione, evidentemente, della riduzione dei
parlamentari e della contestualità per il Senato.
In terzo luogo, vi sono le norme che decorrono dalla seconda legislatura
successiva, cioè quelle riguardanti la riduzione del numero dei parlamentari...
PRESIDENTE. Onorevole Olivieri...
LUIGI
OLIVIERI. Concludo, signor
Presidente.
Caro Carrara, non so come spiegherete ai cittadini italiani come mai fate i
risparmi economici dodici anni dopo rispetto a quando si potrebbero fare...!
DONATO BRUNO. Non sono dodici anni!
LUIGI OLIVIERI. Questo lo spiegherete voi e noi staremo lì a sentire le risposte.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Bressa 0.43.250.4, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 441
Astenuti 5
Maggioranza 221
Hanno votato sì 190
Hanno votato no 251).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Zeller
0.43.250.7, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 435
Astenuti 16
Maggioranza 218
Hanno votato sì 431
Hanno votato no 4).
Prendo atto che gli
onorevoli Arnoldi, Vitali e Volonté non sono riusciti ad esprimere il proprio
voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Boato 0.43.250.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Nel facoltà.
SESA
AMICI. Signor Presidente,
anche il subemendamento in esame è legato al fatto che l'Assemblea ha approvato
una norma riguardante l'abbassamento dell'età per l'elettorato attivo del
Senato da 40 a 25 anni. Nelle norme transitorie tale passaggio viene
posticipato dopo la prima legislatura. Ancora una volta, da un lato si decide
di fornire una certa possibilità, dall'altro la stessa possibilità viene
posticipata nel tempo. Sembra che si vogliano lasciare ai posteri le norme
transitorie: è una cosa poco seria.
Per tale motivo vi invitiamo a votare a favore del subemendamento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. È del tutto evidente che se si abbassa l'età da subito per essere eletti Presidente della Repubblica non si capisce perché l'abbassamento del requisito d'età per diventare senatore debba essere rinviato alle calende greche. Questo subemendamento corregge pertanto questa evidente disparità di trattamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Fra alcune poche
novità significative di questa riforma - e possiamo avere l'orgoglio di dire
che sono state tutte introdotte con le nostre proposte emendative, approvate
però da tutta l'Assemblea -, vi è quella della riduzione del requisito dell'età
per l'elettorato passivo per i deputati a ventuno anni, per l'elettorato passivo
per il Presidente della Repubblica a quaranta anni e per l'elettorato passivo
per i senatori a venticinque anni; questo dei venticinque anni è stato la
risultante del respingimento dell'emendamento che intendeva riportare tale
requisito a quaranta anni, ma in Commissione era stato l'unico emendamento del
centrosinistra che la maggioranza e il relatore Bruno avevano accettato, e lo
abbiamo confermato.
È vero che in queste ore - saluto con gioia questa nomina - il Presidente della
Repubblica ha nominato senatore a vita Mario Luzi, che è una nomina di
grandissimo prestigio (Applausi). Mi piace che questo applauso
dell'Assemblea lo saluti, anche perché questa nomina ha riportato...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Boato. Le sono grato anche dell'opera di supplenza del
Presidente che lei svolge annunciando (Applausi dei deputati dei gruppi di
Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)
.... Mi scusi, onorevole Boato, ma ci vuole anche un po' di (Applausi dei
deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord
Federazione Padana)...
Quindi, onorevole Boato, concluda sul tema, perché il resto sono comunicazioni
che darà il Presidente della Camera.
MARCO
BOATO. Ma no, Presidente, il
tema era l'età (Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Forza Italia,
di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...! Non so se
lei stesse ascoltando, ma il tema era l'età (Applausi polemici dei deputati
dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione
Padana)!
Lei, Presidente, ovviamente sta facendo molte cose, ma io stavo svolgendo un
ragionamento (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza
Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)... Però, Presidente, non si
può parlare così!
PRESIDENTE. Onorevole Boato, lei ha un po' torto...
MARCO BOATO. Ma non se la prenda con me, Presidente, se stanno schiamazzando! Lei lasci parlare me!
PRESIDENTE. Onorevole Boato, lei deve stare al tema dell'emendamento!
MARCO BOATO. Ma stavo al tema! Lei non stava ascoltando, Presidente (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)! Stavo parlando dell'età e ho detto: è vero che è stato nominato senatore a vita (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana) ...
PRESIDENTE. Onorevole Boato, adesso sono io che la devo tutelare. Per favore, colleghi, lasciate parlare l'onorevole Boato.
MARCO
BOATO. Stavo parlando
dell'età e facevo riferimento a chi ha un'elevata età. Però, dopo aver fatto -
devo dire unanimemente, ne do atto a quest'Assemblea - queste scelte, ci
ritroviamo nelle norme transitorie che i diciotto deputati della circoscrizione
estero vengono eletti subito, mentre per essere eletto senatore si reintroduce
nelle norme transitorie il limite dei quarant'anni, che avevamo buttato fuori
dalla porta e che ora viene reintrodotto dalla finestra. Ciò è indecente.
Invito pertanto l'Assemblea ad approvare questo subemendamento, per riportare a
venticinque anni...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Boato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Boato 0.43.250.5, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 447
Votanti 441
Astenuti 6
Maggioranza 221
Hanno votato sì 187
Hanno votato no 254).
Passiamo alla votazione del subemendamento Zeller 0.43.250.8.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione chiede di riformulare il subemendamento in oggetto nel seguente modo: le parole «e Provincia autonoma» dovrebbero diventare «o Provincia autonoma». Qualora venisse accolta tale riformulazione, il parere della Commissione è favorevole.
PRESIDENTE.
Prendo atto che il Governo concorda con il relatore e che i presentatori del
subemendamento accolgono la riformulazione proposta dalla Commissione e dal
Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Zeller 0.43.250.8, nel testo riformulato, accettato dalla
Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 462
Votanti 459
Astenuti 3
Maggioranza 230
Hanno votato sì 454
Hanno votato no 5).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Zeller
0.43.250.9, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 453
Votanti 450
Astenuti 3
Maggioranza 226
Hanno votato sì 443
Hanno votato no 7).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 43.250 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Loiero. Ne ha
facoltà.
AGAZIO
LOIERO. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, questo emendamento è volto a introdurre alcune norme
transitorie e costituisce di fatto l'epilogo di questa brutta storia delle riforme.
Poiché siamo in fase di bilancio, mi permetto di ringraziare l'amico Bressa,
tutta la I Commissione ed i colleghi della Margherita che sono intervenuti
numerosi, nonché tutta l'opposizione.
Mi domando chi sia soddisfatto in quest'aula di questa riforma e chi avverta
l'appagamento di un'impresa che va in porto. Dove è il clima di festa degli
approdi? Il centrosinistra certamente non è contento, costretto a passare dal
tentativo, sempre frustrato, della collaborazione all'ostruzionismo. Eppure non
siamo schizofrenici! La nostra ambizione era quella di migliorare il testo,
come capita quando si costruisce una casa comune, regole comuni che implicano
una passione comune che, in quest'aula, non esiste. Personalmente, avrei voluto
ritirare gli emendamenti, quando non è stata concessa la sospensione chiesta
dai segretari dei partiti.
Anche la maggioranza di centrodestra non è contenta. Sono convinto che questi
umori giungano al vicepremier Fini, perché, al di là del voto e del gioco delle
parti, vi è malessere ed inquietudine in quest'aula che serpeggiano intorno a
questa riforma.
Ho l'impressione che queste riforme, dove non devastano, pasticciano; queste
riforme, che non sono state condivise dall'inizio, verranno approvate, perché
il tempo politico è quello che è; alla vigilia di elezioni importanti ogni
deputato è meno libero. In tale fase, diventa più flebile la voce dei
parlamentari e più forte è la voce di chi decide la loro sorte.
Nel centrodestra, d'altra parte, poiché il potere è concentrato in una sola
mano, basta un battito di ciglia per decidere il destino di un parlamentare.
Perché queste riforme non sono condivise nel centrodestra?
Vorrei ricordare al vicepremier che la famosa devolution fu portata in
Consiglio dei ministri dal ministro Bossi cinque volte. Come mai? Si trattava
di sole tre righe da agganciare ad un articolo della nostra Costituzione! Vi
erano problemi; questo era il sigillo del patto civilistico tra Berlusconi e
Bossi che si rivelerà pesante per il paese e pesantissimo per il sud.
Perché devastante? Perché la capacità devastatrice sta nel conferimento alle
regioni della potestà esclusiva (Commenti dei deputati del gruppo della Lega
Nord Federazione Padana)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, è l'ultimo intervento segnalato dal gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo. Mi appello alla vostra intelligenza. Prego, onorevole Loiero.
AGAZIO
LOIERO. Alcuni territori
verrebbero abbandonati al loro destino. Affidare, per esempio, ad una regione
del sud la potestà esclusiva in materia di sanità, significa far saltare il
diritto ad essere curati, come pure è sancito nell'articolo 32 della
Costituzione.
La devolution è così devastante ed indigesta che, per farla passare,
siete dovuti pervenire ad una riforma ampia, apparentemente organica, ad uno spoils
system costituzionale che è una vera ignominia.
A tutti gli alleati avete dato qualcosa per tacitarli e per coinvolgerli, ma lo
spirito che aleggia dentro questa riforma è solo quello della Lega, amici del
gruppo di Alleanza nazionale. A cosa mi riferisco? A qualcosa che va contro il
concetto primigenio di democrazia, che aspira ad una cosa molto semplice: dove
c'è un potere, vi deve essere un contropotere, un antidoto, una garanzia in
più.
Esiste un lascito non minoritario della cultura inglese che non esalta il
potere, ma la resistenza ad esso. In questa riforma, tale concetto è capovolto.
Non è il potere ad essere arginato, ma le garanzie.
Vi è di più. Esiste un elemento di vendetta strisciante in questo testo. Il
Presidente della Repubblica è garante dell'unità? Allora lo si abbatte, lo si
spoglia per vestire il Primo ministro! Ma da noi non c'è la tradizione
americana o francese, non c'è patriottismo o spirito repubblicano: l'uomo
politico che vince le elezioni in Italia, nel paese dei guelfi e dei
ghibellini, apparterrà sempre ad una parte.
Ancora: la Corte costituzionale è un organo di garanzia? Difende con le sue
sentenze in forza dell'articolo 10 della nostra Carta i diritti dei
clandestini? Bene, la si cancella e la si trasforma in un organo di derivazione
politica, soggetto agli umori della maggioranza. Non più quindi un potere
neutro giuridico-formale a cui affidarsi con serenità!
Questo è lo spirito che permea le vostre riforme, che noi - siatene certi -
abbatteremo sicuramente con il referendum (Applausi dei deputati dei gruppi
della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE.
Signor Presidente, vorrei intervenire solo su una parte di questo
maxiemendamento proposto dalla Commissione, anche perché è talmente
incomprensibile che richiederebbe qualche giornata di approfondimento per
consentirci di rispondere a questa infinita serie di norme transitorie che
prevedete nella nuova Costituzione.
A quanto pare, questa maggioranza ha trovato un nuovo metodo legislativo, una
novità assoluta in termini di produzione legislativa costituzionale, infatti ha
previsto che l'entrata in vigore delle norme della Costituzione sia subordinata
ad una futura legge ordinaria.
Tutto quello che avete affermato in quest'aula sul premier forte e sul
ribaltone in realtà non entra in vigore e non entrerà mai in vigore se il
Parlamento non approverà una legge ordinaria che disciplini la nuova
legislazione elettorale, sulla quale ho forti dubbi in ordine alla compattezza
della maggioranza.
La norma transitoria in esame è davvero paradossale sia perché viola qualsiasi
principio di gerarchia delle fonti - non si è mai visto che una norma
costituzionale sia subordinata ad una legge ordinaria -, sia perché pone nel
nulla tutto quello che avete promesso (Applausi dei deputati del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA.
Signor Presidente, intervengo per sottolineare soprattutto ai colleghi della
maggioranza, con riferimento alla grande innovazione costituita dai poteri del
Presidente del Consiglio, che si sottopone la nuova Costituzione - ed io
esprimerò un voto favorevole su questo testo - ad un duplice vincolo: in primo
luogo, quello del referendum e, in secondo luogo, quello in base al quale, se
non verrà varata una legge elettorale che abbia le caratteristiche di
connettere la maggioranza parlamentare al Presidente Consiglio, rimarrà in
vigore la Costituzione vigente.
Quindi, sostanzialmente, basterà il cambiamento della maggioranza politica del
Parlamento che nascerà con la nuova Costituzione perché tutto il lavoro
compiuto sia vanificato. È possibile assoggettare la forma di Governo al
vincolo di una legge ordinaria? È possibile scrivere una Costituzione in cui si
lasciano due opzioni circa la forma di Stato e di governo?
Io esprimerò un voto favorevole su questa norma transitoria, ma si tratta di
una materia sulla quale non potrà essere evitata una ulteriore riflessione in
sede di lettura al Senato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti
democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha a disposizione un minuto.
LUIGI OLIVIERI.
Signor Presidente, con l'emendamento 43.250 della Commissione, che introduce i
nuovi commi 1 e 2 all'articolo 43, abbiamo visto che esistono tre differenti
decorrenze: norme a decorrenza immediata, norme che decorreranno a partire
dalla prossima legislatura e norme che decorreranno a partire dalla seconda
legislatura a venire.
Vorrei allora rapidamente porre alcune domande e fare alcune valutazioni. Avete
con enfasi sostenuto l'urgenza di questa riforma. Ma allora, come mai la sua
parte più essenziale - relativa alla riduzione dei parlamentari e alla riforma
in senso federale del Senato - entrerà in vigore soltanto a partire dal 2016?
Ancora: assisteremo da subito ad un duro effetto centralistico, perché le
correzioni apportate al Titolo V della Costituzione, con l'introduzione
dell'interesse nazionale e della clausola di supremazia, a questo portano.
Invece, la riforma in senso federale del Senato, che avrebbe dovuto costituire
un bilanciamento, partirà soltanto nel 2016.
PRESIDENTE.
Onorevole Olivieri, la ringrazio.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 43.250 della Commissione, nel testo riformulato e come
subemendato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 434
Votanti 425
Astenuti 9
Maggioranza 213
Hanno votato sì 372
Hanno votato no 53).
Prendo atto che gli
onorevoli Gastaldi e Naro non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Prendo altresì atto che gli onorevoli Duca, Panattoni, Preda, Lion, Bulgarelli,
Monaco, Loiero, Motta e Olivieri hanno erroneamente votato a favore, mentre
avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Avverto che a seguito dell'approvazione dell'emendamento 43.250 (Nuova
formulazione) della Commissione si intendono assorbiti gli emendamenti
Perrotta 43.75 e 43.76, Leoni 43.5, Cossa 43.84, Burtone 43.88 e Leoni 43.16.
(Ripresa esame dell'articolo 43 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Boato 43.9, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione
e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 445
Votanti 441
Astenuti 4
Maggioranza 221
Hanno votato sì 434
Hanno votato no 7).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Bressa 43.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Preda. Ne ha
facoltà.
ALDO
PREDA. Signor Presidente,
chiedo all'Assemblea di valutare bene il nostro emendamento che sopprime i
commi 8 e 9 dell'articolo 43. Tali commi intendono cambiare la procedura
prevista dall'articolo 132 della Costituzione, relativo all'istituzione di
nuove regioni. Non si tratta soltanto di un aggiustamento tecnico, bensì di un
messaggio negativo per suscitare nuovi localismi, nuove rotture e tensioni.
Volete favorire la creazione di altre miniregioni che aumenteranno i costi e il
numero complessivo delle regioni.
Non esiste solo la Romagna, perché ci sono anche i vecchi ducati, le
repubbliche marinare e le tradizioni locali. Per le regioni i Costituenti
avevano utilizzato un grande equilibrio, che teneva conto dell'assetto dello
Stato e delle grandi tradizioni locali, e, nel nome di un più alto interesse,
avevano superato i gretti localismi locali.
Quelli passeranno alla storia come grandi Costituenti, voi, se non votate
questo emendamento, come quelli di Lorenzago.
GERARDO BIANCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, intendo manifestare il mio stupore per il fatto che la sua comunicazione relativa alla nomina di un senatore a vita non abbia suscitato alcuna presa di posizione da parte del Governo. È infatti consueto che il Governo esprima le proprie considerazioni su una nomina così rilevante, che riguarda uno dei più grandi poeti italiani...
PRESIDENTE.
Onorevole Gerardo Bianco, non è questo il momento per intervenire su tale
questione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Sedioli. Ne ha facoltà.
SAURO
SEDIOLI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, intervengo a favore dell'emendamento in esame, che intende
ristabilire un percorso razionale per l'istituzione di nuove regioni. Esso non
è volto ad impedire od ostacolare quella che è stata in più occasioni definita
in questa sede l'autodeterminazione dei popoli, bensì a stabilire un percorso
di vero coinvolgimento delle popolazioni e di vero e ragionevole confronto fra
le popolazioni stesse, al di fuori di dannose logiche di frammentazione e
separatiste.
Non si tratta di negare o censurare le spinte, anche quelle più bislacche, che
circolano in Puglia, in Emilia Romagna e in altre regioni, per spezzare sistemi
che si sono costruiti con grandi sforzi e con grande impegno civile e
lungimiranza, coinvolgendo istituzioni, imprese ed organizzazioni sociali e con
la partecipazione attiva dei cittadini. Non si tratta di impedire neppure di
spezzare una regione come l'Emilia-Romagna in tre parti, con il distacco di
Parma e Piacenza ad ovest e della Romagna ad est. Non propongo di adottare una
norma per respingere a priori tali spinte, ma di eliminare quelle
criticità introdotte nel provvedimento in esame, che possono soltanto favorire
la frammentazione di storiche collettività e di sistemi avanzati che già
guardano all'Europa e che in Europa hanno già trovato un loro spazio ed un loro
prestigio in termini di competitività, di cultura, di cultura istituzionale e
di sviluppo.
Si potrà sostenere che il percorso indicato nel disegno di legge in esame è
analogo a quello previsto per il distacco di province e comuni da una regione.
Ritengo sia evidente che si tratti di questioni diverse, soprattutto se si
considera una regione non un territorio ma un sistema. Si tratta di riconoscere
tale differenza, così come avviene in Germania, unico paese europeo che adotta
l'istituto del referendum a livello istituzionale ma che, con procedure
diverse, contempera le varie esigenze secondo il peso, l'entità e le ricadute
sul sistema sociale ed economico. Non vogliamo certo copiare, ma vogliamo pensare,
anche nel nostro paese, a percorsi istituzionali che facciano prevalere la
ragione, la responsabilità, l'interesse dei cittadini e la coesione sociale,
soprattutto quando si tratta di scelte così difficili e contrastate (Applausi
dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Bressa 43.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 423
Votanti 418
Astenuti 5
Maggioranza 210
Hanno votato sì 169
Hanno votato no 249).
Prendo atto che gli
onorevoli Volontè e De Laurentiis non sono riusciti a votare.
Passiamo all'emendamento Rosato 43.12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, ho votato a favore dell'emendamento precedente volto alla soppressione della norma in esame, ma se essa deve essere inserita, che almeno si consenta non soltanto di costituire nuove regioni, ma anche, con la stessa procedura e sentendo le popolazioni interessate, di modificare gli attuali confini regionali, così come richiesto da numerosi comuni del nostro paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gasperoni. Ne ha facoltà.
PIETRO GASPERONI.
Signor Presidente, ho chiesto di parlare precedentemente, ma evidentemente non
sono stato visto. Intendo comunque svolgere alcune osservazioni
sull'emendamento Boato 43.9, poc'anzi votato, volto a sopprimere i commi 8 e 9.
Considero tale norma anacronistica ed antistorica.
Se si volesse «tematizzare» davvero la revisione dei confini regionali,
l'esigenza sarebbe esattamente opposta a quella qui indicata. Vi sarebbe, cioè,
l'esigenza di normare processi di accorpamento, più che di ulteriore
frammentazione.
In Europa lo spazio vitale sarà riservato alle grandi regioni, non alle
dimensioni provinciali. Comprendo che voi guardiate con diffidenza all'Europa e
scommettiate sugli stravaganti risultati che potreste conseguire attraverso la
divisione dell'Emilia Romagna, a dire il vero per voi proibitivi nelle
condizioni in essere!
Concludo esortandovi a non farvi illusioni! Anche diviso in due o in quattro,
quel territorio resterebbe saldamente ancorato ai valori politici di riferimento,
che, com'è noto, sono quelli del centrosinistra!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Vorrei chiedere ai colleghi della maggioranza se ritengano adeguata la modifica dell'articolo 132 della Costituzione, in materia di formazione delle nuove regioni; se, cioè, questa sia compatibile con il principio di sussidiarietà. Perché istituire una nuova regione potrebbe anche non essere un peccato, ma pensare di farlo in modo centralistico, come voi state ipotizzando, cioè rimuovendo le condizioni previste dall'articolo 132 della Costituzione (che prevedono la proposta da parte di almeno un terzo dei consigli comunali) equivale esattamente a smentire il principio di sussidiarietà. Una nuova regione non dovrebbe nascere da esigenze sorte nel territorio e che nel territorio vengono valutate e proposte? O forse ritenete che, al contrario, dovrebbe nascere con un metodo centrale e centralistico? Mi auguro abbiate tempo e voglia di fornire risposte a questi quesiti, non certo così marginali. Spero anche vogliate rispondere a voi stessi; ma non so in quale sede ciò possa avvenire. Qui certo non lo state facendo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. In
realtà, avrei preferito intervenire sull'emendamento precedente, ma il tema mi
pare analogo. Vorrei solo ricordare ai colleghi quanto tutti - con qualche
sofferenza - abbiamo letto questa mattina sui giornali: dal 2001-2002 ad oggi,
l'Italia, nel giro di soli tre anni, è passata in termini di competitività dal
ventiseiesimo al quarantasettesimo posto nella graduatoria mondiale. Tra gli
elementi additati come cause di tale declino vi sono proprio una pubblica amministrazione
non particolarmente efficiente ed una burocrazia piuttosto frammentata e
disorganizzata. A me pare che votare questo emendamento, e complessivamente
questa parte della riforma, senza aver chiari i relativi costi (come più volte
chiesto da parte del centrosinistra), equivalga sostanzialmente a fare un salto
nel buio.
Si tratta, in sostanza, di introdurre un federalismo ideologicamente buono solo
perché qualcuno la pensa così, ma in definitiva di non produrre un federalismo
che comporterebbe, invece, maggiore efficienza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO LETTIERI. Leggo sul Messaggero (un autorevole quotidiano nazionale pubblicato a Roma) le affermazioni dell'onorevole senatore Fisichella. Egli dichiara che si tratta di riforme caotiche e che, così com'è adesso, il testo di questa riforma costituzionale ben difficilmente potrebbe trovare il consenso di tanti cittadini. Mi rivolgo al vice premier Fini. Il senatore Fisichella aggiunge che non si può escludere che, una volta ottenuto il risultato della riforma, la Lega si disimpegni dal Governo o alzi ulteriormente la posta del gioco. Allora abbiamo cagionato un danno per la nazione senza ottenere un vantaggio per la coalizione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Rosato 43.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 434
Votanti 433
Astenuti 1
Maggioranza 217
Hanno votato sì 182
Hanno votato no 251).
Prendo atto che
l'onorevole Volonté non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'articolo 43.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, credo che sia legittima una certa soddisfazione da parte
nostra nel constatare che l'articolo 119 della Costituzione, che è il cuore del
sistema federale (e cioè il federalismo fiscale), per la prima volta appare tra
le norme transitorie.
Credo sia quanto mai significativo il fatto che quell'articolo voi non l'avete
assolutamente toccato, a dimostrazione che il Titolo V, rispetto al problema
centrale del processo di federalizzazione della nostra Repubblica, e cioè le
risorse che devono essere allocate in periferia alle regioni, è stato da voi
considerato, costruendolo in modo tale da non dover essere riformato.
Devo dire che, nella passata legislatura, in I Commissione vi fu un lavoro
autenticamente bipartisan nella scrittura dell'articolo 119; furono
soprattutto due nostri colleghi, l'onorevole Salvati e l'onorevole Tremonti,
che si impegnarono nella redazione di quel testo, a dimostrazione che, quando
c'è consapevolezza e volontà di lavorare insieme, le norme si possono fare e
sono destinate a durare anche al di là di conflitti politici del momento.
Questo è un aspetto che - credo - dovrebbe insegnarci qualcosa. Il nostro
emendamento soppressivo nasce per il fatto che i tempi da voi proposti per
l'attuazione delle leggi che individuano i principi di coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario e che istituiscono un fondo
perequativo sono a nostro modo di vedere troppo lunghi e non accettabili.
Ciò significa rimandare ancora a tempo indeterminato la realizzazione del
federalismo nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi della
Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e
Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI
OLIVIERI. Signor Presidente, con
l'articolo testé illustrato dal collega Bressa, che tende a sopprimere il comma
11 della norma finale di questo provvedimento (poi vedremo gli articoli
aggiuntivi), e che risulta essere anche l'ultimo emendamento al nostro esame
per quanto riguarda l'articolo 43, noi cerchiamo di perseguire un intento che
dovrebbe trovare assolutamente sensibile anche parte, se non tutta, dei
colleghi della maggioranza (mi riferisco in modo essenziale e soprattutto ai
colleghi della Lega).
Infatti, con l'articolo 119 così formulato, per la sua entrata in vigore, dalla
norma transitoria al nostro esame di cui chiediamo la soppressione, in buona
sostanza si persegue la strada di negare la dichiarata ed enfatizzata urgenza
della riforma costituzionale.
Ho già avuto modo prima, Presidente e colleghi, di dire quali siano le enormità
tra proclami e risultati concreti, tra il fatto che entri in vigore solo la
parte più negativa, centralista, e, invece, non entri in vigore, se non al
2016, la parte più essenziale, più importante su cui voi avete costruito anche
un grande battage pubblicitario esterno, probabilmente per cercare già
fin da ora di avere argomentazioni a sostegno del referendum
confermativo.
Questa è una norma che dimostra che voi parlate bene, ma che poi non perseguite
gli obiettivi nella competenza della normazione...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Olivieri!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frigato. Ne ha
facoltà.
GABRIELE FRIGATO.
Signor Presidente, intervengo per completare anche la riflessione che proponevo
poco fa. Dicevo sostanzialmente che in quest'Aula, da parte del centrosinistra,
più volte autorevolmente abbiamo chiesto i conti ed i costi di questo
federalismo, di questa devolution e mai finora abbiamo ricevuto una vera
risposta bensì qualche timido accenno di risposta da parte del ministro, ma non
certamente fondato su analisi serie e su numeri.
Allora, quella di prevedere nella Costituzione la possibilità di aumentare il
numero delle regioni non mi sembra davvero una scelta seria, misurata e
positiva: si fa la scelta di un federalismo di bandiera che non ha a cuore
l'efficacia e l'efficienza dei servizi...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Frigato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bottino. Ne ha
facoltà.
ANGELO
BOTTINO. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, penso che le disposizioni transitorie in esame necessitino
di un maggiore approfondimento. Per quanto mi riguarda, faccio riferimento a ciò
che hanno dichiarato autorevoli costituzionalisti.
Credo che alla base di queste modifiche della Carta costituzionale debba
esservi necessariamente un'aggregazione: non è possibile che ogni maggioranza
si faccia una sua Costituzione! Dobbiamo lasciare a chi verrà dopo di noi
documenti certi: l'attuale Carta costituzionale è riuscita a reggere per tutti
questi anni proprio perché i nostri padri costituenti, nel dopoguerra, hanno
attentamente valutato tutti gli aspetti rilevanti. Adesso, forse per volontà di
gruppi politici che hanno intenzione di «portare a casa qualcosa», di
beneficiare ...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Bottino.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carbonella. Ne ha
facoltà.
GIOVANNI CARBONELLA. Signor Presidente, quello che riguarda le norme transitorie è un punto molto importante. Anche qui, però, si fa un pasticcio: queste norme sono frutto del compromesso, da noi già denunciato, tra coloro i quali hanno la necessità di vendere questa pseudoriforma costituzionale al nord, sbandierando...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Carbonella.
Passiamo (Commenti)... No, colleghi, sebbene i tempi fossero
abbondantemente esauriti, ho fatto parlare non uno, ma quattro o cinque
deputati per gruppo!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
43 ...
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, dobbiamo votare l'emendamento Leoni 43.16!
PRESIDENTE.
Colleghi, scusatemi, revoco la votazione per chiarire che non sono incorso in
errore: come ho già precisato in precedenza, l'emendamento Leoni 43.16 è
precluso a seguito dell'approvazione dell'emendamento 43.250 della Commissione
(in particolare, dal suo comma 10). Anche il successivo emendamento Cossa 43.85
è precluso; peraltro, esso è stato ritirato.
Pertanto, indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'articolo 43, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 436
Votanti 430
Astenuti 6
Maggioranza 216
Hanno votato sì 258
Hanno votato no 172).
Onorevole Bruno, prima
di darle la parola per esprimere il parere della Commissione sugli articoli
aggiuntivi riferiti all'articolo 43, debbo fare una comunicazione
all'Assemblea.
Avverto che la Commissione ha presentato gli articoli aggiuntivi 43.025 e
43.026, distribuiti in fotocopia, in relazione ai quali il termine per la
presentazione dei subemendamenti è scaduto alle 17,30.
Il primo articolo reca una modifica di coordinamento normativo all'articolo 89
della Costituzione. Il secondo riguarda gli statuti speciali e si ricollega
all'articolo 43-bis, già approvato. A questo secondo articolo,
l'onorevole Franz ha presentato il subemendamento 0.43.026.1 (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 sezione 6), che la Presidenza dichiara
inammissibile per estraneità di materia. Il subemendamento specifica, infatti,
alcuni contenuti obbligatori degli statuti speciali, che risultano quindi
vincolati all'adozione di determinate normative. Come tale, la materia oggetto
del subemendamento risulta estranea al contenuto del provvedimento, che reca
modifiche alla parte seconda della Costituzione e non invece interventi sul
merito specifico degli statuti speciali. Il subemendamento, inoltre, entra nel
merito della procedura necessaria per la definizione delle intese previste
dall'articolo 116 della Costituzione, dettando specifiche norme in materia di
votazioni per gruppi linguistici, che sono di fatto riferibili ad uno solo
degli statuti speciali.
Anche per tali profili
il subemendamento risulta pertanto estraneo al contenuto del provvedimento.
Invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sugli articoli
aggiuntivi all'articolo 43 e sui relativi subemendamenti.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione raccomanda l'approvazione dei suoi articoli aggiuntivi 43.025 e 43.026, da lei già citati (uno è sul coordinamento normativo, l'altro riguarda l'adeguamento degli statuti). La Commissione esprime parere contrario sul subemendamento Cabras 0.43.0200.4, mentre il subemendamento Leo 0.43.0200.1 risulta ritirato. Esprime altresì parere contrario sui subemendamenti Mascia 0.43.0200.2 e 0.43.0200.3. Il parere è favorevole sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0200, mentre è contrario sul subemendamento Cabras 0.43.0201.2. Il parere è favorevole sul subemendamento Leo 0.43.0201.1, così come sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201.
PRESIDENTE. Il Governo?
ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
ENZO BIANCO. Non ci sono gli articoli aggiuntivi!
PRESIDENTE.
Sono stati distribuiti a tutti in fotocopia. Comunque glieli forniamo subito...
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 43.025 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha
facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
questo articolo aggiuntivo, che non contesto (noi ci asterremo su questo)
apparentemente è di carattere formale; infatti era stato presentato in sede di
coordinamento formale, ma poi dal Comitato dei nove è stato tramutato in una
vera e propria proposta emendativa, perché modifica l'articolo 89 della
Costituzione vigente. Il voto dell'Assemblea di ieri l'altro ha bocciato il
nuovo articolo 89 della Costituzione, quindi resta in vigore l'articolo 89
della Costituzione vigente e, sia pure tardivamente, perché siamo ormai in fase
di disposizioni transitorie, c'è questo articolo aggiuntivo della Commissione,
che non poteva essere accettato come disposizione di coordinamento formale, che
sostituisce le parole «Presidente del Consiglio dei ministri» con le parole
«Primo ministro».
È ovvio che questo coordinamento, che incide sul testo vigente della
Costituzione andava fatto in relazione a tutte le altre norme che prevedono la
figura del Primo ministro e non quella del Presidente del Consiglio dei
ministri. È altrettanto ovvio che ciò che è avvenuto l'altro giorno ha delle
conseguenze, non solo formali, ma anche sostanziali.
Comunque, annuncio il voto di astensione su questo articolo aggiuntivo
presentato dalla Commissione.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo 43.025 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 430
Votanti 261
Astenuti 169
Maggioranza 131
Hanno votato sì 255
Hanno votato no 6).
Passiamo alla votazione
dell'articolo aggiuntivo 43.026 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha
facoltà.
LUIGI
OLIVIERI. Signor Presidente,
l'articolo aggiuntivo che la Commissione sottopone all'esame dell'Assemblea, il
quale recita che «Ai fini dell'adeguamento degli statuti di cui all'articolo
43-bis, nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di
Trento e Bolzano è riconosciuta parità di diritti ai cittadini, qualunque sia
il gruppo linguistico al quale appartengono», è la copia esatta dell'articolo 2
dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige (che, come voi sapete bene,
è stato approvato con leggi costituzionali nel 1971 e nel 1972, raccolte
successivamente nel decreto del Presidente della Repubblica del 31 agosto 1972,
n. 670), il quale dispone che «Nella regione è riconosciuta parità di diritti
ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono (...)».
È evidente, allora, che si tratta di una norma assolutamente tautologica, che
non dice nulla di più di quanto era già previsto in una legge costituzionale e
rispetto alla quale non si riesce a cogliere il motivo - o meglio, i motivi si
capiscono fin troppo bene - per cui venga proposta al nostro esame.
D'altronde, signor Presidente, per quanto ci riguarda non possiamo che
apprezzare il tardivo ravvedimento dell'attuale Alleanza nazionale, allora
Movimento sociale italiano, che nel 1971, con il suo esponente più importante,
l'onorevole Almirante, si oppose, presentando altresì una relazione di
minoranza, proprio a quella legge costituzionale che introduceva la norma che
ho poc'anzi ricordato all'Assemblea. Da questo punto di vista, dunque, non
possiamo che prendere atto di questo tardivo, ma comunque sempre apprezzato, riconoscimento
della validità di un principio costituzionale già esistente.
PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, concluda!
LUIGI OLIVIERI. Sto concludendo, signor Presidente! Tuttavia, vorrei rappresentare che non siamo assolutamente disponibili a riprodurre quanto già esiste, poiché renderemmo ancora più ridicolo un lavoro che presenta numerosi aspetti definibili con l'aggettivo che ho appena pronunciato; pertanto, preannunzio la nostra astensione dal voto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA.
Signor Presidente, vorrei osservare che ogni norma ha le sue motivazioni e
produce degli effetti; in particolare, se si tratta di una nuova norma da
introdurre nella Costituzione, devono evidentemente sussistere sia i motivi che
la fanno sorgere, sia gli effetti che essa produrrà.
In questo caso, sia i motivi che gli effetti sono incomprensibili, direi
imperscrutabili; è anche per questo, signor Presidente, che vi è da nutrire
qualche perplessità, nonché riserve molto forti, sul merito della norma in
esame.
Vorrei ricordare, signor Presidente, che nella Costituzione già esistono gli
articoli 3 (principio di uguaglianza) e 6 (tutela delle minoranze
linguistiche). Cosa vuol dire la norma in esame? Che rapporto ha con gli
articoli testè citati? Vuol dire che nelle regioni a statuto speciale e nelle
province autonome vi è una tutela delle minoranze linguistiche diversa da
quella prevista dall'articolo 6 della Costituzione?
Vi è inoltre un'altra ragione di riserva e di contrarietà alla proposta
emendativa in esame, signor Presidente. Mi permetto di richiamare la sua
attenzione, signor Presidente, nonché quella del Governo e del relatore: perché
questa specifica previsione di tutela delle minoranze per le regioni a statuto
speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano non vale anche per
le regioni ordinarie? Forse il diverso regime di autonomia comporta una
differenza nella tutela dei diritti dei cittadini? Certamente non è possibile!
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo e onorevole relatore,
vorrei osservare che, nell'approvazione degli statuti speciali, interviene il
Parlamento, che li approva con legge costituzionale; in altri termini,
interviene lo Stato. Negli statuti delle regioni ordinarie, invece, non è
previsto tale intervento da parte del Parlamento. Perché, allora, proporre
questa previsione di maggior tutela, o di diversa tutela, per le regioni a
statuto speciale e non anche per quelle ordinarie? Quale ne è la ragione? È
incomprensibile ed infondata!
Faccio un esempio: in Calabria ed in Sicilia vi sono, da secoli, comunità
storiche di albanesi. In Sicilia vi è una diocesi di albanesi storici e ve n'è
un'altra in Calabria. Avranno una tutela diversa tali minoranze?
Non è possibile immaginare che vi siano, in Costituzione, diverse tutele di
minoranze linguistiche, a seconda della regione, tra regioni speciali e
ordinarie. I diritti sono, evidentemente, uguali. Chiedo al Governo e al
relatore quale sia la ragione di prevedere un trattamento diverso delle
minoranze nei territori ad ordinamento speciale ed in quelli a statuto
ordinario. I cittadini sono gli stessi ovunque (Applausi dei deputati del
gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO MARAN.
Signor Presidente, si tratta di un articolo aggiuntivo, che non ha grandi
effetti a ben considerarlo, ma tradisce un fastidio che riguarda la tutela
delle minoranze e la volontà di contrapporre la tutela dei cittadini italiani
di nazionalità tedesca o slovena a quelli di nazionalità italiana; tradisce
un'idea anacronistica di nazione, come abbiamo potuto ascoltare proprio ieri.
Dopo la seconda guerra mondiale l'idea di nazione che si è affermata è di
natura processuale, pone al centro la cittadinanza. Sentirsi, oggi, cittadini
di un determinato paese dipende dalla democrazia e dallo sviluppo. Democrazia e
sviluppo dipendono, a loro volta, dall'avanzare della società civile internazionale;
dipendono, dunque, dall'intreccio tra antifascismo, welfare ed
interdipendenza, dall'articolo 6 della Costituzione, dalla ratifica della Carta
europea delle lingue regionali minoritarie, perché il bilinguismo è
l'alternativa all'apartheid e alla segregazione linguistica. È uno
strumento di integrazione.
Si può, infatti, essere cittadini italiani di nazionalità slovena o tedesca, di
lingua sarda, friulana, albanese ed accettare la democrazia fino in fondo. Per
accettare la democrazia, non basta accettarne le regole formali: bisogna
togliersi dalla testa la superiorità dello Stato sull'individuo e sulle forme
di vita costitutive della sua identità. È un aspetto che dovete ancora
affrontare, colleghi di Alleanza nazionale (Applausi dei deputati del gruppo
dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
condivido ciò che hanno detto i colleghi Mattarella e Maran, che mi hanno
preceduto, e condivido anche l'annuncio fatto da altri colleghi, che hanno
affermato che su un testo del genere, che è francamente risibile - non nel
contenuto, ma per il fatto che sia proposto in questa sede - vi sarà
un'astensione anche da parte nostra.
Voglio richiamare l'attenzione dell'Assemblea su due aspetti: il primo, che
abbiamo ascoltato poco fa - con grande rispetto ed anche, credo, con
condivisione - è una lunga e motivata dichiarazione del Presidente della
Camera, con cui il medesimo ha giustamente - giustamente lo aggiungo io, ma il
Presidente della Camera non ne ha bisogno - dichiarato inammissibile un altro
subemendamento, che avrebbe introdotto nel provvedimento al nostro esame una
materia totalmente estranea. Prendo, quindi, atto con soddisfazione che un
subemendamento presentato dai colleghi di Alleanza nazionale è stato dichiarato
inammissibile. Devo dare atto della correttezza di tutto ciò.
Mi chiedo, poi, signor Presidente - e lo chiedo anche ai colleghi - cosa
significhi che oggi, 14 ottobre 2004, votiamo un testo che recita: «(...) è
riconosciuta parità di diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo
linguistico e di appartenenza (...)». Tale testo è contenuto letteralmente - il
collega Olivieri ha commesso un piccolo errore nel fare riferimento al 1971 -
nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, votata dall'Assemblea
costituente in quest'aula - lo statuto di autonomia - a seguito dell'accordo De
Gasperi-Gruber del 1946, in cui, all'articolo 2, si dice: «(...) nella regione
è riconosciuta parità di diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo
linguistico al quale appartengono e sono salvaguardate le rispettive
caratteristiche etniche e culturali (...)».
Mi permetto rispettosamente di rivolgermi - non a lei, signor Presidente, perché
lei non presenta gli emendamenti - ai colleghi del Comitato dei nove e della
maggioranza che hanno adottato questo testo: non vi rendete conto di quanto vi
copriate di ridicolo nello scrivere in una norma transitoria, il 14 ottobre
2004, che entrerà in vigore, se va bene, tra due anni, ciò che è legge
costituzionale da cinquantasei anni? Da cinquantasei anni (Commenti di
deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Non solo: si dice «ai fini dell'adeguamento degli statuti di cui all'articolo
43-bis». Tuttavia, l'adeguamento degli statuti, per chi conosce i
fondamenti del diritto costituzionale, in forza dell'articolo 116 avviene per
legge costituzionale e, quindi, sarà questo Parlamento o il successivo, il
Parlamento della Repubblica, che, se vorrà, approverà la legge costituzionale
di adeguamento degli statuti del Trentino-Alto Adige come della Sicilia, della
Sardegna, della Valle d'Aosta e del Friuli-Venezia Giulia. Sarà il Parlamento
come legislatore costituzionale.
Quindi, il Parlamento con una norma transitoria stabilisce che, ai fini
dell'adeguamento degli statuti, si rispetta un principio che è in vigore da
cinquantasei anni, che nessuno ha mai contestato e su cui comunque il
Parlamento è sovrano (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
ROBERTO MENIA. Basta!
MARCO BOATO. Ciò rasenta il ridicolo! Non posso esprimere un voto contrario, perché questa frase la condivido fin da quando ero bambino: avevo quattro anni quando l'hanno approvata! La condivido, ma è ridicolo che cinquantasei anni dopo (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana - Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Boato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
Colleghi, però, non posso dare la parola a venti deputati per gruppo...
Prego, onorevole Bressa.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, riprendo solo una considerazione che ha svolto il collega Boato. Stiamo parlando dell'adeguamento, che avverrà con legge del Parlamento, degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano. Per fare ciò, diamo come indirizzo al Parlamento un principio sancito dall'articolo 2 dello statuto della regione Trentino-Alto Adige. È del tutto evidente che non posso che condividere questo principio; ma questo non è un articolo aggiuntivo, è una bolla di sapone! Noi stiamo dando un indirizzo al Parlamento, che sarà sovrano di qualcosa che già esiste dal 1948. Il senso del ridicolo ci impone di astenerci, perché non possiamo fare diversamente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL
ZELLER. Signor Presidente,
come hanno già rilevato i colleghi che mi hanno preceduto, si tratta di una
norma di non agevole interpretazione. Essa, però, contiene principi sacrosanti,
che condividiamo fino in fondo dal 1948, dai tempi del primo statuto di
autonomia.
A nostro giudizio, è un principio sacrosanto quallo secondo il quale tutti i
gruppi linguistici residenti nella nostra provincia, quella di Bolzano, devono
avere la stessa dignità e parità di diritti. È un po' strano che si inserisca
un principio di questo tipo nelle norme transitorie della Costituzione, perché
è difficile evincere dal testo della Costituzione che abbiamo appena modificato
norme che riguardano le minoranze linguistiche o i gruppi linguistici. L'unica
portata innovativa che si può immaginare è quella di estendere questo principio
anche alle altre regioni a statuto speciale come la Sicilia, la Sardegna e la
Valle d'Aosta, i cui statuti non lo prevedono ancora. Infatti, nella regione
Trentino-Alto Adige Südtirol esso è previsto all'articolo 2 e nella regione
Friuli-Venezia Giulia è contenuto nell'articolo 3. Pertanto, anche noi ci
asterremo su questo testo, in quanto non ci convince la formulazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cristaldi. Ne ha facoltà.
NICOLÒ CRISTALDI.
Signor Presidente, lei fa naturalmente bene su argomenti di questa natura a
dare spazio ed a concedere anche ampliamenti dei tempi concessi. Però, credo
che, quando si concedono tempi in eccesso, essi debbano essere utilizzati per
discutere il merito della materia e non soltanto per lanciare insulti a destra
e a manca. Quando si è eleganti, si parla del ridicolo a proposito delle
posizioni della maggioranza. Ho sentito dire che questo articolo aggiuntivo
sarebbe ridicolo, tranne poi affermare nell'ultimo intervento che anche la
Sicilia ha il diritto di determinare ciò che il Trentino-Alto Adige ha già
determinato. A me pare che non sia ridicolo prevedere la possibilità di
trasferire il contenuto dello statuto del Trentino-Alto Adige anche in altre
regioni. Non vi è alcun motivo di esasperare l'intervento e di trasformare il
tutto in cose incredibili.
Un'ultima osservazione, signor Presidente. Una cosa è modificare lo statuto
attraverso una precisa procedura, altra cosa è, sul piano dell'aristocrazia
della norma, che all'interno della Costituzione della Repubblica questo
principio, «sposato» negli statuti nell'Alto Adige e di un'altra regione, possa
essere esteso a tutte le regioni a statuto speciale.
PRESIDENTE.
La Presidenza autorizza, sulla base dei consueti criteri, la pubblicazione in
calce al resoconto della seduta odierna del testo delle dichiarazioni di voto
dell'onorevole Arnoldi, che ne ha fatto richiesta.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento 43.026 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 433
Votanti 261
Astenuti 172
Maggioranza 131
Hanno votato sì 258
Hanno votato no 3).
Prendo atto che
l'onorevole Volontè non è riuscito a votare.
Passiamo all'esame dell'articolo aggiuntivo Cabras 0.43.0200.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gerardo Bianco. Ne
ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, si stanno per concludere i lavori della giornata e mi permetto una breve, conclusiva e amara dichiarazione. Ritengo che l'articolo 138 della Costituzione non consentiva, dal punto di vista costituzionale, una così larga revisione della Costituzione che sconvolge l'attuale assetto. Penso che domani sarà un «venerdì nero» e dichiaro, fin d'ora, che non intendo partecipare ad una votazione che ritengo sostanzialmente, politicamente ed anche costituzionalmente illegittima.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Grazie signor Presidente, si tratta di una questione molto delicata,
riguardante la puntuale individuazione dei beni e delle risorse da trasferire
alle regioni ed agli enti locali e la loro ripartizione tra le regioni, per
garantire l'effettivo esercizio delle rispettive funzioni e competenze di cui
alla presente legge costituzionale. Inoltre, sulla scorta del lavoro effettuato
nella passata legislatura (quando intervennero le cosiddette leggi Bassanini, e
per il fatto che nell'arco di poco più di un anno e mezzo furono trasferite
circa 13 mila persone su 20 mila dall'apparato statale a quello regionale,
mentre le rimanenti non furono trasferite per scelte dell'attuale Governo che,
per così dire, rinazionalizzarono alcuni uffici che era previsto passassero
alle regioni), riteniamo che il tempo di cinque anni sia esagerato e che sia
sufficiente un anno.
Sarebbe serio presentare un apposito provvedimento per evitare che ciò avvenga
nelle «segrete stanze» della Presidenza del Consiglio dei ministri, bensì
attraverso lo strumento legislativo in modo che il confronto in Parlamento sia
libero e trasparente. Comunque, i tempi del regime transitorio, sempre secondo
la nostra ipotesi, non possono eccedere tre anni. Riteniamo che questa sia una
prospettiva di soluzione più equilibrata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.
SESA AMICI. Condivido anch'io, signor Presidente, le argomentazioni svolte dal collega Bressa. Si tratta di trasferimenti necessari per le regioni cui abbiamo concesso poteri concreti e cui dobbiamo fornire risorse materiali ed umane. Sono convinta che l'elemento di una certezza di massimo tre anni per il regime transitorio sia una garanzia per tutti affinché il provvedimento venga effettivamente attuato e non semplicemente rinviato senza una determinazione precisa del tempo.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Cabras 0.43.0200.4, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 413
Votanti 409
Astenuti 4
Maggioranza 205
Hanno votato sì 153
Hanno votato no 256).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Mascia
0.43.0200.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 419
Votanti 414
Astenuti 5
Maggioranza 208
Hanno votato sì 155
Hanno votato no 259).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Mascia
0.43.0200.3 non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 420
Votanti 413
Astenuti 7
Maggioranza 207
Hanno votato sì 157
Hanno votato no 256).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Elio Vito
43.0200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 427
Votanti 419
Astenuti 8
Maggioranza 210
Hanno votato sì 258
Hanno votato no 161).
Onorevoli colleghi, per
domani resta dunque da votare l'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201 con i
subemendamenti ad esso riferiti.
Avverto che sono stati ritirati tutti gli ordini del giorno preannunciati, ad
eccezione degli ordini del giorno Perrotta n. 9/4862/1, Paniz n. 9/4862/8 e
Scaltritti n. 9/4862/9.
Per ciò che riguarda i lavori di domani, comunico che la seduta inizierà alle
ore 10 con il seguito dell'esame del disegno di legge di riforma
costituzionale. Esaurito tale punto, e solo al termine del suo iter - si tratta
infatti di portare a compimento il calendario dei lavori a suo tempo deliberato
dalla Conferenza dei presidenti di gruppo - si passerà al seguito della
discussione del disegno di legge n. 5303 recante la conversione in legge del
decreto-legge riguardante il personale del CNIPA.
Vorrei far notare ai gruppi parlamentari che tale decreto-legge è in scadenza
nella giornata di martedì prossimo. Il Presidente della Camera, come voi
sapete, ha il dovere costituzionale di assicurare il voto dell'Assemblea per la
conversione in legge dei decreti-legge. Dunque, o l'esame del provvedimento in
questione viene concluso domani, oppure sarò costretto a prevedere votazioni
per martedì pomeriggio.
FRANCESCO GIORDANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, vorrei solo avere conferma della convocazione di domani della Conferenza dei presidenti di gruppo, come lei aveva annunciato.
PRESIDENTE. Onorevole Giordano, immagino che lei si riferisca alla questione dell'Iraq. Mi riservo domani, a conclusione dei lavori, di convocare la Conferenza dei presidenti di gruppo. Non so se potrà trattarsi di una Conferenza - per così dire - «conclusiva» ma, dato che avevo assunto tale impegno con lei, intendo mantenerlo.
GIANANTONIO ARNOLDI. Con
l'approvazione di oggi la riforma costituzionale compie un ulteriore passo
verso la sua attuazione.
In base alle nuove norme la sovranità ed il potere decisionale sono
multicentrici, ripartiti secondo il principio della sussidiarietà.
Un lungo ed articolato dibattito si è avuto sul fondamentale tema della
ripartizione della competenza legislativa tra lo Stato e le regioni, contenuto
nell'articolo 117 della Costituzione.
A tal proposito alcune categorie economiche hanno paventato la propria
esclusione da una normativa generale, in virtù dell'assenza dall'elenco, che
deve considerarsi esaustivo, delle competenze statali.
Sono state ad esempio manifestate apprensioni per la mancata previsione
espressa della materia assicurativa tra quelle di competenza esclusiva della
legislazione statale.
Va osservato che l'attività assicurativa rientra a pieno titolo nell'ambito
della «regolazione del risparmio e dei mercati finanziari», di cui è anzi parte
integrante, con riflessi anche sull'ordinamento civile, intendendo per tale
l'insieme delle norme che regolano i rapporti di diritto privato in senso ampio,
tra cui anche i rapporti rientranti nel diritto commerciale e societario.
Si tratta di rapporti che riguardano tutti i cittadini e che, quindi, devono
avere necessariamente valenza generale e collocazione in fonti primarie
altrettanto generali.
Va ricordato che l'attività assicurativa si basa sul concetto di mutualità che
necessita della definizione a monte di comuni regole del gioco, obiettivo,
quest'ultimo, reso possibile anzitutto dall'uniformità del sistema giuridico di
riferimento. Una eventuale segmentazione normativa a livello regionale potrebbe
costringere le imprese a dar vita a mutualità troppo ristrette e difficilmente
sostenibili sul piano economico.
Viceversa l'ambito assicurativo è oramai sopranazionale se si considera come la
progressiva unificazione dei mercati assicurativi europei proceda mediante il
ravvicinamento e l'armonizzazione dei diversi ordinamenti giuridici nazionali.
La normativa comunitaria tende a realizzare un «mercato unico assicurativo» e
ha dettato dettagliate regole in materia di autorizzazione, gestione, esercizio
e controllo delle imprese assicuratrici e della loro attività, imponendone agli
Stati membri il mero recepimento e lasciando spazio a questi ultimi solo per un
ridotto numero di opzioni.
A livello nazionale inoltre esiste un organismo di vigilanza per l'intero
settore assicurativo, la cui centralità è rafforzata dal fatto che esso deve
operare secondo il noto principio dello «home country control», posto a
tutela del mercato complessivamente considerato e dei consumatori.
Né va infine dimenticato che nel corso dell'iter della riforma costituzionale è
stata approvata la legge n.229 del 2003 (cosiddetta di semplificazione) la
quale ha delegato il Governo ad intervenire per il riassetto globale e unitario
della materia assicurativa.
Conclusivamente, perno centrale del nostro federalismo è, e sarà sempre, la
perequazione delle risorse e l'eguaglianza dei livelli dei servizi.
Non ci sarà la spaccatura del paese, né penalizzazioni per il meridione, in
quanto la Casa delle libertà ha reintrodotto l'interesse nazionale che proprio
la sinistra, con la sua riforma del 2001, aveva soppresso dall'articolo 117.
Allegato A
Seduta n. 528 del 14/10/2004
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)
ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Capo III
MODIFICHE AL TITOLO III DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art. 26.
(Governo e Primo ministro).
1. L'articolo 92 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 92. - Il Governo della Repubblica è composto dal Primo ministro e dai
ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
La candidatura alla carica di Primo ministro avviene mediante collegamento con
i candidati all'elezione della Camera dei deputati, secondo modalità stabilite
dalla legge. La legge disciplina l'elezione dei deputati in modo da favorire la
formazione di una maggioranza, collegata al candidato alla carica di Primo
ministro.
Il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati delle elezioni della
Camera dei deputati, nomina il Primo ministro.
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Capo III
MODIFICHE AL TITOLO III DELLA COSTITUZIONE
ART. 26.
(Governo e Primo ministro).
Sopprimerlo.
Conseguentemente,
all'articolo 29, capoverso Art. 95, sopprimere il primo comma.
26. 3. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 92 primo periodo, sostituire le parole da:
, che costituiscono fino alla fine del capoverso con le seguenti: «. Il
Primo Ministro e i Ministri costituiscono il Consiglio dei ministri.
La legge determina il numero e le attribuzioni dei Ministri, nonché le
incompatibilità tra le cariche di Governo e la titolarità o lo svolgimento
delle attività private.
La candidatura alla carica di Primo Ministro avviene mediante dichiarazione di
collegamento con i candidati alla Camera dei deputati.»
26. 1. Mascia, Leoni, Bressa, Boato, Zanella, Pisapia, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 92, dopo il primo comma, aggiungere il seguente:
«La legge determina le incompatibilità tra cariche di Governo ed uffici o
attività pubbliche e private. Detta le disposizioni idonee ad evitare conflitti
tra gli interessi privati dei membri del Governo e gli interessi pubblici.
Assicura la libera e consapevole formazione delle scelte degli elettori.»
26. 4. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani, Pistone, Cima.
Subemendamenti all'emendamento 26. 200.
All'emendamento 26. 200,
aggiungere la seguente parte consequenziale:
Conseguentemente all'articolo 26, capoverso Art.
92, secondo comma, secondo periodo, sostituire le parole da: favorire fino
a: alla carica di con le seguenti: assicurare la formazione di una
maggioranza, collegata al.
0. 26. 200. 2. Boccia.
All'emendamento 26. 200,
aggiungere la seguente parte consequenziale:
Conseguentemente all'articolo 26, capoverso Art.
92, secondo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Il Primo
ministro deve essere membro della Camera dei deputati.
0. 26. 200. 1. Lucchese.
Al comma 1, capoverso
Art. 92, secondo comma, primo periodo, dopo le parole:
i candidati aggiungere le seguenti: ovvero con una o più liste di
candidati.
26. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, Moroni.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 92, terzo comma, sostituire le parole da:
, sulla base fino a: nomina il con le seguenti: nomina il Primo
Ministro, sulla base dei risultati delle elezioni della Camera dei deputati
all'inizio della legislatura, nonché nei casi di dimissioni, di impedimento
permanente, accertato secondo modalità fissate dalla legge, ovvero di morte
del.
26. 9. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.
A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)
ARTICOLO 27 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 27.
(Giuramento del Primo ministro e dei ministri).
1. L'articolo 93 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 93. - Il Primo ministro e i ministri, prima di assumere le funzioni,
prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica».
PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 27 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 27.
(Giuramento del Primo ministro e dei ministri).
Sostituirlo con il
seguente:
1. L'articolo 93 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 93. - Il Presidente della Repubblica, alla proclamazione dei risultati
per l'elezione della Camera dei deputati nomina, con proprio decreto, il
candidato alla carica di Primo Ministro risultante dalla dichiarazione di
collegamento con il maggior numero di deputati eletti.
Il Primo Ministro nominato si sottopone al voto di fiducia del Camera dei
deputati.
Prima di assumere le funzioni, il Primo ministro ed i ministri prestano
giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.
Il Primo Ministro nomina e revoca con proprio decreto i Ministri».
Conseguentemente,
all'articolo 29, capoverso Art. 95, sopprimere il primo comma.
27. 1. Mascia, Leoni, Bressa, Boato, Giordano, Zanella.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 3)
ARTICOLO 28 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 28.
(Governo in Parlamento).
1. L'articolo 94 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 94. - Il Primo ministro illustra il programma del Governo alle Camere
entro dieci giorni dalla nomina. Ogni anno presenta il rapporto sulla sua
attuazione e sullo stato del Paese.
Egli può chiedere che la Camera dei deputati si esprima, con priorità su ogni
altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo. La votazione ha
luogo per appello nominale. In caso di voto contrario, il Primo ministro
rassegna le dimissioni.
In qualsiasi momento la Camera dei deputati può obbligare il Primo ministro
alle dimissioni, con l'approvazione di una mozione di sfiducia. La mozione di
sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera
dei deputati, non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua
presentazione, deve essere votata per appello nominale e approvata dalla
maggioranza assoluta dei componenti. Nel caso di approvazione, il Primo
ministro si dimette e il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento
della Camera dei deputati ed indìce le elezioni».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 28 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 28.
(Governo in Parlamento).
Sopprimerlo.
28. 9. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.
Sostituirlo con il
seguente:
1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 94. - La Camera dei deputati può esprimere la sfiducia al Primo Ministro
mediante l'approvazione di una mozione motivata, sottoscritta da almeno un
terzo dei membri dell'Assemblea stessa, contenente l'indicazione del successore,
con votazione per appello nominale a maggioranza dei suoi componenti. La
mozione non può essere messa in discussione prima che siano trascorsi tre
giorni dalla presentazione.
La nomina del nuovo Primo Ministro da parte del Presidente della Repubblica
comporta la revoca del Primo Ministro e la decadenza dei Ministri in carica.
In caso di dimissioni del Primo Ministro, di morte o di impedimento permanente
nell'esercizio delle funzioni, la Camera dei deputati elegge il successore
secondo le procedure dell'articolo 92.
L'impedimento permanente del Primo Ministro è dichiarato congiuntamente dal
Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente della Corte
costituzionale.
Il Primo Ministro dimissionario non è immediatamente rieleggibile».
28. 1. Mascia, Russo Spena.
Sostituirlo con il
seguente:
1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 94. - Il Primo Ministro, entro dieci giorni dalla nomina, illustra alle
Camere il programma di legislatura e la composizione del Governo. Il programma
specifica gli indirizzi sottoposti al corpo elettorale e contiene i principali
indirizzi politici e le misure da adottare nell'attività governativa. La Camera
dei deputati vota il programma che può essere respinto solo a maggioranza assoluta
dei componenti. Il rigetto del programma comporta le dimissioni del Primo
Ministro.
Ogni anno il Primo Ministro presenta alle Camere il rapporto sull'attuazione
del programma e sullo stato della Repubblica, su cui si svolge un dibattito.
Il Primo Ministro può chiedere alla Camera dei deputati il voto di fiducia su
un provvedimento, compreso nel programma di legislatura o ad esso
riconducibile. Il Regolamento della Camera disciplina i casi nei quali il
Governo ha la facoltà di porre la fiducia sull'approvazione di singoli articoli
o emendamenti, ferma l'applicazione del primo comma dell'articolo 72. Non è
comunque ammessa la questione di fiducia sulle modifiche al Regolamento della
Camera, sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, nonché su
disposizioni riguardanti materie di cui agli articoli 6, da 13 a 22, da 24 a
27, 29, 30, 31, secondo comma, 32, secondo comma. Il rigetto della fiducia
comporta le dimissioni del Primo Ministro.
La Camera dei deputati vota la sfiducia al Primo Ministro mediante mozione
motivata sottoscritta da almeno un quarto dei suoi componenti. La mozione non
può essere posta in votazione prima di tre giorni e oltre cinque giorni dalla
presentazione. L'approvazione della sfiducia comporta le dimissioni del Primo Ministro».
28. 8. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Zanella, Fanfani.
Subemendamenti all'emendamento 28. 200.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, sopprimere il primo comma.
0. 28. 200. 4. Maura Cossutta.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, primo comma, primo periodo, dopo la parola:
programma aggiungere le seguenti: di legislatura e la composizione.
0. 28. 200. 15. Boato, Bressa, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico,
Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.
(Approvato)
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, primo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente:
Il programma specifica gli indirizzi sottoposti al corpo elettorale e contiene
i principali indirizzi politici e le misure da adottare nell'attività
governativa.
0. 28. 200. 16. Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico,
Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, primo comma, secondo periodo, sostituire le parole da:
La Camera dei deputati si esprime con un voto fino alla fine
dell'emendamento con le seguenti: La Camera dei deputati può esprimere la
sfiducia al Primo ministro mediante l'approvazione di una mozione motivata,
sottoscritta da almeno un terzo dei membri dell'Assemblea stessa, contenente
l'indicazione del successore, con votazione per appello nominale a maggioranza
dei suoi componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima che
siano trascorsi tre giorni dalla presentazione.
La nomina del nuovo Primo ministro da parte del Presidente della Repubblica
comporta la revoca del Primo ministro e la decadenza dei ministri in carica.
In caso di dimissioni del Primo ministro, di morte o di impedimento permanente
nell'esercizio delle funzioni, la Camera dei deputati elegge il successore
secondo le procedure dell'articolo 92.
L'impedimento permanente del Primo ministro è dichiarato congiuntamente dal
Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente della Corte
costituzionale.
Il Primo ministro dimissionario non è immediatamente rieleggibile.
0. 28. 200. 7. Mascia, Mantovani.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, primo comma, sostituire il secondo periodo con il seguente:
La Camera dei deputati vota il programma, che può essere respinto solo a
maggioranza assoluta dei componenti.
0. 28. 200. 11. Boato, Bressa, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico,
Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, primo comma, secondo periodo, sostituire le parole:
programma illustrato dal Primo ministro. Ogni anno con le seguenti:
programma. Il Primo ministro ogni anno.
0. 28. 200. 250. La Commissione.
(Approvato)
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, primo comma, terzo periodo, sostituire le parole:
del Paese con le seguenti: della Repubblica, su cui si svolge un
dibattito.
0. 28. 200. 12. Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico,
Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, sopprimere il secondo comma.
0. 28. 200. 17. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta,
Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero,
Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca
Poggiolini, Russo Spena.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, sostituire il secondo comma con il seguente:
Il Primo Ministro può chiedere alla Camera dei deputati il voto di fiducia su
un provvedimento, compreso nel programma di legislatura o ad esso
riconducibile. Il regolamento della Camera dei deputati disciplina i casi nei
quali il Governo ha la facoltà di porre la fiducia sull'approvazione di singoli
articoli o emendamenti, ferma l'applicazione del primo comma dell'articolo 72.
Non è comunque ammessa la questione di fiducia sulle modifiche al regolamento
della Camera dei deputati, sulle leggi costituzionali e di revisione
costituzionale, nonché su disposizioni riguardanti materie di cui agli articoli
6, da 13 a 22, da 24 a 27, 29, 30, 31, secondo comma, 32, secondo comma. Il
rigetto della fiducia comporta le dimissioni del Primo Ministro.
0. 28. 200. 18. Boato, Bressa, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico,
Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, secondo comma, primo periodo, dopo le parole:
di fiducia aggiungere le seguenti: su un provvedimento compreso nel
programma di legislatura o ad esso riconducibile.
0. 28. 200. 9. Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Fanfani,
Lettieri, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, secondo comma, primo periodo, sopprimere le parole:
con voto conforme alle proposte del Governo,
0. 28. 200. 8. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra,
Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone,
Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini,
Russo Spena.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, secondo comma, primo periodo, sostituire le parole:
nei casi previsti dal suo regolamento con le seguenti: Non è comunque
ammessa la questione di fiducia sulle modifiche al regolamento della Camera,
sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, nonché su
disposizioni riguardanti materie di cui agli articoli 6, da 13 a 22, da 24 a
27, 29, 30, 31, secondo comma, 32, secondo comma.
0. 28. 200. 10. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta,
Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol,
Fanfani, Lettieri, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi,
Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Pisapia.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, secondo comma, aggiungere in fine il seguente periodo:
Non è comunque ammessa la questione di fiducia sulle leggi costituzionali e di
revisione costituzionale.
0. 28. 200. 251. La Commissione.
(Approvato)
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, sopprimere il terzo comma.
0. 28. 200. 5. Maura Cossutta.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, terzo comma, secondo periodo, sostituire le parole:
un quinto con le seguenti: un decimo.
0. 28. 200. 3. Mazzuca Poggiolini.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, terzo comma, terzo periodo, dopo le parole:
Nel caso di approvazione aggiungere le seguenti: il Primo ministro si
dimette e.
0. 28. 200. 254. La Commissione.
(Approvato)
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, dopo il terzo comma, aggiungere il seguente:
Il Primo ministro si dimette altresì
qualora la mozione di sfiducia sia stata respinta con il voto determinante di
deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. In tal caso
si applica l'articolo 88, secondo comma.
Conseguentemente, al
medesimo capoverso, sopprimere il quinto comma.
0. 28. 200. 19. D'Alia, Fontanini, Carrara, Saponara.
(Approvato)
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, sopprimere il quarto comma.
0. 28. 200. 6. Maura Cossutta.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, quarto comma, primo periodo, sostituire le parole:
presentata una mozione di sfiducia, con l'indicazione con le seguenti:
presentata e approvata una mozione di sfiducia, con la designazione.
0. 28. 200. 255. La Commissione.
(Approvato)
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, quarto comma, primo periodo, sostituire le parole da:
dei deputati appartenenti fino alla fine del comma, con le seguenti: di
un quarto dei componenti della Camera, nel caso in cui la mozione venga
approvata il Primo ministro in carica si dimette. Il Presidente della
Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora verifichi che la nomina
del Primo Ministro indicato nella mozione e il voto della Camera sono coerenti
con il risultato delle elezioni della Camera dei deputati e con il programma di
legislatura.
0. 28. 200. 13. Bressa, Boato, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico,
Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, quarto comma, primo periodo, sostituire le parole da:
in carica fino alla fine del comma, con le seguenti: si dimette e il
Presidente della Repubblica nomina il Primo ministro designato dalla mozione.
La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua
presentazione e deve essere votata per appello nominale.
0. 28. 200. 256. La Commissione.
(Approvato)
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, sopprimere il quinto comma.
0. 28. 200. 14. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta,
Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero,
Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca
Poggiolini, Giordano.
All'emendamento 28. 200,
capoverso Art. 94, quinto comma, secondo periodo, sostituire le parole:
Qualora il Primo ministro non si dimetta, con le seguenti: In tal caso,
a seguito della richiesta del Presidente della Repubblica, il Primo ministro
deve dimettersi ed.
0. 28. 200. 2. Mazzuca Poggiolini.
Sostituirlo con il
seguente:
1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 94. - Il Primo ministro illustra il programma del Governo alle Camere
entro dieci giorni dalla nomina. La Camera dei deputati si esprime con un voto
sul programma illustrato dal Primo ministro. Ogni anno presenta il rapporto
sulla sua attuazione e sullo stato del Paese.
Il Primo ministro può porre la questione di fiducia e chiedere che la Camera
dei deputati si esprima, con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme
alle proposte del Governo, nei casi previsti dal suo regolamento. La votazione
ha luogo per appello nominale. In caso di voto contrario, il Primo ministro si
dimette.
In qualsiasi momento la Camera dei deputati può obbligare il Primo ministro
alle dimissioni, con l'approvazione di una mozione di sfiducia. La mozione di
sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera
dei deputati, non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua
presentazione, deve essere votata per appello nominale e approvata dalla
maggioranza assoluta dei componenti. Nel caso di approvazione, il Presidente
della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indìce le
elezioni.
Qualora sia presentata una mozione di sfiducia, con l'indicazione di un nuovo
Primo ministro, da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa
dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della
Camera, il Primo ministro in carica si dimette. Il nuovo Primo ministro
illustra alle Camere, entro cinque giorni, il programma, sul quale la Camera
dei deputati si esprime con voto per appello nominale.
Il Presidente della Repubblica richiede le dimissioni del Primo ministro nel
caso in cui, per il voto favorevole su una proposta ai sensi del secondo comma
ovvero per la reiezione della mozione di sfiducia ai sensi del terzo comma, sia
stato determinante il voto di deputati non appartenenti alla maggioranza
espressa dalle elezioni. Qualora il Primo ministro non si dimetta, il
Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati,
fatto salvo quanto previsto dall'articolo 88, secondo comma».
28. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 94, primo comma, primo periodo, dopo la parola:
programma aggiungere le seguenti: di legislatura e la composizione.
28. 71. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Titti De Simone,
Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 94, primo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente:
Il programma specifica gli indirizzi sottoposti al corpo elettorale e contiene
i principali indirizzi politici e le misure da adottare nell'attività
governativa.
28. 72. Bressa, Boato, Leoni, Provera, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 94, primo comma, dopo il primo periodo, aggiungere i seguenti:
La Camera dei deputati vota il programma, che può essere respinto solo a
maggioranza assoluta dei componenti. Il rigetto del programma comporta le
dimissioni del Primo ministro.
28. 74. Boato, Leoni, Bressa, Mantovani, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 94, primo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente:
La Camera dei deputati vota il programma, che può essere respinto solo a
maggioranza assoluta dei componenti.
28. 73. Leoni, Bressa, Boato, Valpiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 94, primo comma, sostituire il secondo periodo con il seguente:
Ogni anno il Primo ministro presenta alle Camere il rapporto sull'attuazione
del programma e sullo stato della Repubblica, su cui si svolge un dibattito.
28. 75. Bressa, Boato, Leoni, Deiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 94, sopprimere il secondo comma.
28. 76. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Titti De Simone,
Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 94, sostituire il secondo comma con i seguenti:
Su richiesta del Governo sono, con
priorità, iscritti all'ordine del giorno delle Camere i disegni di legge
presentati o accettati dal Governo. Il Governo può chiedere che un disegno di
legge sia esaminato e votato entro una data determinata, secondo le modalità
stabilite dai regolamenti parlamentari. Può, altresì, chiedere che, decorso il
termine, secondo le modalità ed entro i limiti stabiliti dai regolamenti
parlamentari, la Camera deliberi su ciascun articolo, con gli emendamenti
proposti o accettati dal Governo, e proceda alla votazione finale.
Il regolamento della Camera dei deputati disciplina i casi in cui il Governo ha
la facoltà di porre la questione di fiducia sull'approvazione di atti di
indirizzo, singoli articoli o emendamenti. La questione di fiducia non può
essere in ogni caso posta sulle modifiche del regolamento della Camera, sulle
leggi costituzionali o di revisione costituzionale, nonché su disposizioni
riguardanti materie di cui agli articoli 6, da 13 a 22, da 24 a 27, 29, 30, 31,
secondo comma, 32, secondo comma. In caso di rigetto della fiducia, il Primo
ministro presenta le dimissioni.
28. 82. Tabacci, Malgieri, Landolfi, La Malfa, Biondi, Craxi, Cossa,
Giuseppe Gianni.
Al comma 1, capoverso
Art. 94, sostituire il secondo comma con il seguente:
Il Primo ministro può chiedere alla
Camera dei deputati il voto di fiducia su un provvedimento, compreso nel
programma di legislatura o ad esso riconducibile. Il regolamento della Camera
dei deputati disciplina i casi nei quali il Governo ha la facoltà di porre la
fiducia sull'approvazione di singoli articoli o emendamenti, ferma
l'applicazione del primo comma dell'articolo 72. Non è comunque ammessa la
questione di fiducia sulle modifiche al regolamento della Camera, sulle leggi
costituzionali e di revisine costituzionale, nonché su disposizioni riguardanti
materie di cui agli articoli 6, da 13 a 22, da 24 a 27, 29, 30, 31, secondo
comma, 32, secondo comma. Il rigetto della fiducia comporta le dimissioni del
Primo ministro.
28. 77. Boato, Bressa, Leoni, Alfonso Gianni, Pappaterra, Cusumano,
Zanella, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 94, sopprimere il terzo comma.
28. 78. Leoni, Boato, Bressa, Maura Cossutta, Vendola, Pappaterra,
Cusumano, Zanella, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 94, sostituire il terzo comma con il seguente:
La Camera dei deputati vota la sfiducia
al Primo ministro mediante mozione motivata sottoscritta da almeno un quarto
dei suoi componenti. La mozione non può essere posta in votazione prima di tre
giorni e oltre cinque giorni dalla presentazione. L'approvazione della sfiducia
comporta le dimissioni del Primo ministro.
28. 79. Bressa, Leoni, Boato, Provera, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 94, terzo comma, secondo periodo, dopo le parole:
tre giorni aggiungere le seguenti: e non oltre cinque giorni.
28. 81. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Mantovani, Pappaterra,
Cusumano, Zanella, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 94, terzo comma, terzo periodo, sopprimere le parole da:
e il Presidente della Repubblica fino alla fine del capoverso.
28. 80. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Valpiana, Pappaterra,
Cusumano, Zanella, Fanfani.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 4)
ARTICOLO 29 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 29.
(Poteri del Primo ministro e dei ministri).
1. L'articolo 95 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 95. - I ministri sono nominati e revocati dal Primo ministro.
Il Primo ministro determina la politica generale del Governo e ne è
responsabile. Garantisce l'unità di indirizzo politico e amministrativo,
dirigendo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri.
I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei
ministri e individualmente degli atti dei loro dicasteri.
La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il
numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 29 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 29.
(Poteri del Primo ministro e dei ministri).
Sopprimerlo.
29. 1. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.
Sostituirlo con il
seguente:
1. L'articolo 95 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 95. - Il Primo Ministro dirige la politica generale del Governo e ne è
responsabile. Promuove e coordina l'attività dei Ministri.
Il Primo Ministro ed i Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del
Consiglio dei ministri.
I Ministri sono individualmente responsabili degli atti dei loro dicasteri. La
legge provvede all'ordinamento del Governo e determina le attribuzioni e
l'organizzazione dei ministeri.
I ministeri possono essere istituiti solo nelle materie riservate alla
competenza dello Stato.»
29. 2. Mascia, Leoni, Bressa, Boato, Giordano, Zanella.
Al comma 1, capoverso
Art. 95, primo comma, sostituire le parole:
dal Primo ministro con le seguenti: dal Presidente della Repubblica su
proposta del Primo ministro.
29. 70. Tabacci, Malgieri, La Malfa, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.
Al comma 1, capoverso Art. 95, secondo comma, primo periodo, sostituire la parola: determina con la seguente: dirige.
Conseguentemente, al
medesimo comma, secondo periodo, sopprimere la parola:
dirigendo,
*29. 6. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.
Al comma 1, capoverso Art. 95, secondo comma, primo periodo, sostituire la parola: determina con la seguente: dirige.
Conseguentemente, al
medesimo comma, secondo periodo, sopprimere la parola:
dirigendo,
*29. 71. Tabacci, Malgieri, La Malfa, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 5)
ARTICOLO 30 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 30.
(Disposizioni sui reati ministeriali).
1. L'articolo 96 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 96. - Il Primo ministro e i ministri, anche se cessati dalla carica, sono
sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla
giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato federale della
Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge
costituzionale».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 30 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 30.
(Disposizioni sui reati ministeriali).
Sopprimerlo.
*30. 1. Mascia, Pisapia.
Sopprimerlo.
*30. 70. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol,
Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra,
Soda, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
A.C. 4862 ed abb. - Sezione 6)
ARTICOLO 43 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Capo VII
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 43.
(Disposizioni transitorie).
1. Le disposizioni di
cui al titolo I, al titolo II ed al titolo III della Parte II della
Costituzione e le disposizioni di cui agli articoli 104, 126, 127 e 135 della
Costituzione, come modificate dalla presente legge costituzionale, nonché le
disposizioni di cui all'articolo 41, comma 2, della presente legge costituzionale
si applicano a decorrere dall'inizio della XV legislatura, ad eccezione degli
articoli 56, secondo e quarto comma, 57, secondo comma, e 59, secondo comma,
della Costituzione, come modificati dagli articoli 2, 3 e 5 della presente
legge costituzionale, che trovano applicazione per la successiva formazione
della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica, trascorsi
cinque anni dalle sue prime elezioni, salvo quanto previsto dai commi 2 e 3.
Per la formazione del Senato federale della Repubblica della XV legislatura,
nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne
ha due; la Valle D'Aosta uno.
2. In sede di prima applicazione della presente legge costituzionale, le prime
elezioni del Senato federale della Repubblica, successive alla data di entrata
in vigore della medesima legge, hanno luogo contestualmente a quelle della
Camera dei deputati ed i senatori così eletti durano in carica per cinque anni.
Alla scadenza dei cinque anni hanno luogo le nuove elezioni del Senato federale
della Repubblica, nella composizione di cui all'articolo 57 della Costituzione,
come modificato dall'articolo 3 della presente legge costituzionale. Tali
elezioni sono indette dal Presidente della Repubblica ed hanno luogo contestualmente
a quelle di tutti i Consigli o Assemblee regionali in carica a tale data, che
sono conseguentemente sciolti.
3. Per le elezioni del Senato federale della Repubblica e della Camera dei
deputati, successive alla data di entrata in vigore della presente legge
costituzionale, e fino all'adeguamento della legislazione elettorale alle
disposizioni della presente legge costituzionale, trovano applicazione le leggi
elettorali per il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati, vigenti
alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
4. Le disposizioni dei regolamenti parlamentari vigenti alla data di entrata in
vigore della presente legge costituzionale continuano ad applicarsi fino alla
data di entrata in vigore delle loro modificazioni conseguenti alla medesima
legge. Le norme regolamentari incompatibili con la presente legge
costituzionale cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di entrata in
vigore della legge medesima.
5. In sede di prima applicazione della presente legge costituzionale, il Senato
federale della Repubblica, integrato dai Presidenti delle Giunte delle Regioni
e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nomina i giudici della Corte
costituzionale di propria competenza alle prime due scadenze di giudici già
eletti dal Parlamento in seduta comune, ai sensi dell'articolo 135, primo
comma, della Costituzione, vigente alla data di entrata in vigore della
presente legge costituzionale, ed alle prime scadenze di un giudice già eletto
dalla suprema magistratura ordinaria e di un giudice già nominato dal
Presidente della Repubblica. La Camera dei deputati nomina i giudici della
Corte costituzionale di propria competenza alle ulteriori scadenze di giudici
già eletti dal Parlamento in seduta comune.
6. Il quarto comma dell'articolo 135 della Costituzione, come sostituito
dall'articolo 41 della presente legge costituzionale, non si applica nei
confronti dei giudici costituzionali in carica alla data di entrata in vigore
della presente legge costituzionale.
7. In caso di cessazione anticipata dall'incarico di singoli componenti del
Consiglio superiore della magistratura, già eletti dal Parlamento in seduta
comune, il Senato federale della Repubblica procede alle conseguenti elezioni
suppletive fino alla concorrenza del numero di componenti di sua competenza, ai
sensi dell'articolo 104, quarto comma, della Costituzione, come modificato
dall'articolo 31 della presente legge costituzionale.
8. Nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della presente
legge costituzionale si possono, con leggi costituzionali, formare nuove
Regioni con un minimo di un milione di abitanti, a modificazione dell'elenco di
cui all'articolo 131 della Costituzione, senza il concorso delle condizioni
richieste dal primo comma dell'articolo 132 della Costituzione, fermo restando
l'obbligo di sentire le popolazioni interessate.
9. Le popolazioni interessate di cui al comma 8 sono costituite dai cittadini
residenti nei Comuni o nelle Province di cui si propone il distacco dalla
Regione.
10. I senatori a vita in carica alla data di entrata in vigore della presente
legge costituzionale permangono in carica anche se il loro numero supera quello
indicato dall'articolo 59, secondo comma, della Costituzione, come modificato
dall'articolo 5 della presente legge costituzionale.
11. Fino alla data di entrata in vigore delle leggi che, in attuazione
dell'articolo 119, secondo e terzo comma, della Costituzione, individuano i
princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario ed
istituiscono un fondo perequativo e comunque per un periodo non superiore a
cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge
costituzionale, i disegni di legge attinenti ai bilanci ed al rendiconto
consuntivo dello Stato sono esaminati secondo il procedimento di cui al terzo
comma dell'articolo 70 della Costituzione, come sostituito dall'articolo 13
della presente legge costituzionale. Tali disegni di legge sono esaminati
secondo la procedura normale di cui all'articolo 72, quarto comma, della
Costituzione, come sostituito dall'articolo 15 della presente legge
costituzionale.
12. All'articolo 5 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n.1, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, lettera b), sono soppresse le parole: «,
impedimento permanente o morte»;
b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
«2-bis. Nel caso di impedimento permanente o morte del Presidente della
Giunta, il Consiglio nomina un nuovo Presidente».
13. Le disposizioni di
cui al comma 12 si applicano in via transitoria anche nei confronti delle
Regioni nelle quali, alla data di entrata in vigore della presente legge
costituzionale, siano già entrati in vigore i nuovi statuti regionali, ai sensi
della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1.
14. All'articolo 1, comma 3, della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n.2,
nel primo periodo le parole: «il primo rinnovo» sono sostituite dalle seguenti:
«i rinnovi» e la parola: «successivo» è sostituita dalla seguente:
«successivi».
15. Fino all'adeguamento dei rispettivi statuti e salvo quanto previsto
dall'articolo 34, comma 6, le disposizioni della presente legge costituzionale
si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di
Trento e di Bolzano.
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 43 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Capo IV
MODIFICHE AL TITOLO IV DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Capo VII
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
ART. 43.
(Disposizioni transitorie).
Subemendamenti all'emendamento 43. 250.
All'emendamento 43.250,
comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: agli articoli fino
alla fine comma 2-quinquies con le seguenti: alla presente legge
costituzionale trovano applicazione a decorrere dalla XVI legislatura, fatto
salvo quanto previsto dai commi 2 e 2-bis.
2. Il Senato federale della Repubblica, nella composizione di cui all'articolo
57, così come modificato dalla presente legge costituzionale, è eletto per la
prima volta nel 2010, data per il rinnovo dei Consigli regionali delle Regioni
a statuto ordinario. Contestualmente alle elezioni dei Consigli regionali
vengono eletti i rappresentanti del Senato federale.
2-bis. Le Regioni e le Province autonome che hanno scadenze diverse da
quella del comma 2, in sede di prima applicazione, eleggono nel 2010 i propri
senatori, che durano in carica fino alla scadenza ordinaria dei rispettivi
Consigli regionali.
0. 43. 250. 2. Boato, Bressa, Leoni, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano,
Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi,
Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.
All'emendamento 43.250, comma 1, primo periodo, dopo le parole: agli articoli aggiungere le seguenti: 56, secondo comma, 57, secondo comma,
Conseguentemente, al
medesimo emendamento, comma 2, secondo periodo, sostituire le parole da:
articoli 56, secondo fino a: 57, secondo con le seguenti:
articoli 56, terzo e quarto comma, 57.
0. 43. 250. 3. Leoni, Boato, Bressa, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano,
Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi,
Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.
All'emendamento 43.250,
comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: 120 fino a: 127 con
le seguenti: 122, 123, 126, terzo comma.
0. 43. 250. 6. Leoni, Bressa, Boato, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano,
Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi,
Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.
All'emendamento 43.250, comma 2, primo periodo, sostituire le parole da: 56, primo comma fino a: 60, primo comma con le seguenti: 56, 57, 58, 59, 60.
Conseguentemente, al
medesimo comma, sopprimere il secondo periodo.
0. 43. 250. 4. Bressa, Leoni, Boato, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano,
Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi,
Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.
All'emendamento 43.250,
comma 2-ter, lettera a), dopo la parola: Regione aggiungere
le seguenti: o Provincia autonoma.
0. 43. 250. 7. (Testo modificato nel corso della seduta) Zeller,
Brugger, Widmann, Collè, Detomas.
(Approvato)
All'emendamento 43.250,
comma 2-ter, lettera a), sostituire le parole: quaranta
anni con le seguenti: venticinque anni.
0. 43. 250. 5. Boato, Leoni, Bressa, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano,
Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi,
Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.
All'emendamento 43.250,
comma 2-ter, lettera b), dopo la parola: Regione aggiungere
le seguenti: o Provincia autonoma.
0. 43. 250. 8. (Testo modificato nel corso della seduta) Zeller,
Brugger, Widmann, Collè, Detomas, Boato, Bressa, Olivieri, Kessler.
(Approvato)
All'emendamento 43.250,
comma 2-quater, sostituire le parole da: nel caso di scioglimento
dei Consigli fino a: legislatura regionale con le seguenti: in
caso di scioglimento del Consiglio o Assemblea regionale o dei Consigli delle
Province autonome in base all'articolo 126 o ad altra norma costituzionale, la
durata della successiva legislatura regionale o provinciale.
0. 43. 250. 9. (Testo modificato nel corso della seduta) Zeller,
Brugger, Widmann, Collè, Detomas, Boato, Bressa, Olivieri, Kessler.
(Approvato)
All'emendamento 43.250,
comma 2-quater, sostituire le parole da: di cui all'articolo 57,
secondo comma fino alla fine del medesimo comma con le seguenti:
di cui al comma 2-ter, lettera d).
0. 43. 250. 1. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.
Sostituire i commi 1 e 2
con i seguenti:
1. Le disposizioni di cui agli articoli 65, 69, 76, 84, 98-bis, 114, 116, 117,
118, 120, 122, 123, 126, terzo comma, 127, 128, 131 e 133 della Costituzione,
come modificati dalla presente legge costituzionale, si applicano a decorrere
dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Ogni
richiamo all'articolo 70 della Costituzione, contenuto negli articoli 65, 69,
98-bis, 118 e 133 della Costituzione, come modificati dalla presente legge
costituzionale, è riferito, fino all'applicazione dell'articolo 13 della
presente legge costituzionale, all'articolo 70 della Costituzione nel testo
vigente alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
2. Fatto salvo quanto previsto dai commi 2-bis, 2-ter e 2-quinquies
del presente articolo, le disposizioni di cui agli articoli 55, 56, primo
comma, 57, primo e sesto comma, 58, 59, 60, primo comma, 61, 63, 64, 66, 67,
70, 71, 72, 73, 74, 77, 80, 81, 82, 83, 85, 86, 87, 88, 91, 92, 93, 94, 95, 96,
104, 126, primo comma, 129, 135 e 138 della Costituzione, come modificati dalla
presente legge costituzionale, e le disposizioni di cui all'articolo 41, comma
2, della presente legge costituzionale si applicano con riferimento alla prima
legislatura successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore della
presente legge costituzionale. Gli articoli 56, secondo, terzo e quarto comma,
57, secondo, terzo, quarto e quinto comma, 60, secondo e terzo comma, della
Costituzione, come modificati dalla presente legge costituzionale, si applicano
per la successiva formazione della Camera dei deputati, nonché del Senato
federale della Repubblica trascorsi cinque anni dalle prime elezioni del Senato
medesimo, salvo quanto previsto dai commi 2-ter e 3 del presente
articolo. Fino alla prima applicazione delle disposizioni costituzionali di cui
al presente comma, continuano ad applicarsi i corrispondenti articoli della
Costituzione nel testo vigente alla data di entrata in vigore della presente
legge costituzionale.
2-bis. Fino all'adeguamento della legislazione elettorale, ivi comprese
le norme concernenti le elezioni nella circoscrizione Estero, alle disposizioni
di cui all'articolo 92, secondo comma, della Costituzione, come modificato
dalla presente legge costituzionale:
a) a decorrere dalla prima legislatura della Camera dei deputati
successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore della presente
legge costituzionale, il Governo, entro dieci giorni dalla sua formazione, si
presenta alla Camera per ottenerne la fiducia; la Camera accorda o revoca la
fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale;
b) non si applica il quarto comma dell'articolo 70 della Costituzione,
come modificato dalla presente legge costituzionale;
c) ai fini dello scioglimento della Camera dei deputati si applica
l'articolo 88 della Costituzione, nel testo vigente alla data di entrata in
vigore della presente legge costituzionale.
2-ter. In sede di
prima applicazione della presente legge costituzionale:
a) le prime elezioni del Senato federale della Repubblica, successive
alla data di entrata in vigore della medesima legge, sono indette dal
Presidente della Repubblica, che ne fissa la prima riunione non oltre il
ventesimo giorno dalle elezioni medesime, hanno luogo contestualmente a quelle
della Camera dei deputati ed i senatori così eletti durano in carica per cinque
anni; sono eleggibili a senatori di una Regione gli elettori che hanno compiuto
i quaranta anni di età; sono eletti nella circoscrizione Estero solamente i
diciotto deputati di cui all'articolo 56, secondo comma, della Costituzione,
come modificato dalla presente legge costituzionale; ai fini dell'applicazione
dell'articolo 56, quarto comma, della Costituzione, la ripartizione dei seggi
fra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla
circoscrizione Estero, si effettua dividendo per seicentododici il numero degli
abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della
popolazione;
b) alla scadenza dei cinque anni di cui alla lettera a) hanno
luogo le nuove elezioni del Senato federale della Repubblica, nella
composizione di cui all'articolo 57 della Costituzione, come modificato dalla
presente legge costituzionale; sono eleggibili a senatori di una Regione gli
elettori che hanno compiuto i venticinque anni di età;
c) la legislatura di ciascuna Assemblea o Consiglio regionale e di
provincia autonoma, in carica trascorsi trenta mesi dalla data di indizione
delle prime elezioni di cui alla lettera a), dura fino alla data di
indizione delle nuove elezioni di cui alla lettera b); è fatto salvo il
caso di scioglimento ai sensi del comma 2-quater;
d) le nuove elezioni di cui alla lettera b) sono indette dal Presidente
della Repubblica, che fissa la prima riunione del Senato federale della
Repubblica entro il ventesimo giorno dalle elezioni medesime, ed hanno luogo
contestualmente a quelle di tutte le Assemblee o Consigli regionali o di
provincia autonoma, in carica alla data delle elezioni, che sono
conseguentemente sciolti.
2-quater. Con
esclusivo riferimento al quinquennio successivo alle prime elezioni del Senato
federale della Repubblica, di cui alla lettera a) del comma 2-ter;
nel caso di scioglimento dei Consigli o delle Assemblee regionali in base
all'articolo 126 o ad altra norma costituzionale, la durata della successiva
legislatura regionale è ridotta conseguentemente, in modo da assicurare, nelle
nuove elezioni del Senato federale della Repubblica, la contestualità di cui
all'articolo 57, secondo comma, della Costituzione, come modificato dalla
presente legge costituzionale.
2-quinquies. Per le prime elezioni del Presidente della Repubblica
successive alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale,
il termine di quindici giorni di cui all'articolo 85, terzo comma, della
Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, è fissato in
quarantacinque giorni.
Conseguentemente:
al comma 4, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Fino alla
determinazione dei criteri generali di cui all'articolo 70, sesto comma, della
Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, il
Presidente di ciascuna Camera verifica che un disegno di legge non contenga
disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti
diversi;
dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
4-bis. Le funzioni attribuite ai Consigli delle autonomie locali da
disposizioni costituzionali sono esercitate dai rispettivi Consigli regionali o
delle province autonome di Trento e di Bolzano, fino alla data della
istituzione di ciascun Consiglio delle autonomie locali;
al comma 8, dopo le parole: articolo 131 della Costituzione aggiungere
le seguenti: , come modificato dalla presente legge costituzionale;
sostituire i commi 10 e 11 con il seguente:
10. I senatori a vita in carica alla data di inizio della prima legislatura
successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore della presente
legge costituzionale permangono in carica presso il Senato federale della
Repubblica.
43. 250. (Testo modificato nel corso della seduta) La
Commissione.
(Approvato)
Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: e 59, secondo comma.
Conseguentemente, al
medesimo periodo, sopprimere le parole:
e 5.
43. 75. Perrotta.
Al comma 1, primo
periodo, sostituire le parole: dai commi 2 e 3 con
le seguenti: dal comma 2.
43. 76. Perrotta.
Sostituire il comma 2
con i seguenti:
2. Il Senato federale della Repubblica, nella composizione di cui all'articolo
57, è eletto per la prima volta nel 2010, data per il rinnovo dei Consigli
regionali delle Regioni a Statuto ordinario. Contestualmente alle elezioni dei
Consigli regionali vengono eletti i rappresentanti del Senato federale.
2-bis. Le Regioni e le Province autonome che hanno scadenze diverse da
quella del comma 2, in sede di prima applicazione, eleggono nel 2010 i propri
senatori, che durano in carica fino alla scadenza ordinaria dei rispettivi
Consigli regionali. In conseguenza della prima elezione del Senato federale
della Repubblica, trovano applicazione gli articoli 65, 69, 70 e 72-bis.
43. 5. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Zanella.
Al comma 2, sopprimere
il terzo periodo.
43.
6.
Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.
Dopo il comma 2,
aggiungere il seguente:
2-bis. Fino all'adeguamento dei
rispettivi statuti, nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome
di Trento e di Bolzano, sono fatte salve la durata e le modalità di elezione
degli organi regionali e provinciali prevista dagli statuti medesimi, anche ove
ciò comporti la non contestualità tra le elezioni del Senato federale e quelle
dell'Assemblea regionale siciliana e dei Consigli o dei Consigli provinciali;
con specifiche norme di attuazione sono disciplinate in via transitoria le
modalità di coordinamento con le norme sull'elezione del Senato federale nonché
le forme e le modalità di raccordo tra l'Assemblea regionale siciliana, i
Consigli regionali ed i Consigli provinciali delle Province autonome e la
rappresentanza regionale eletta nel Senato federale.
*43. 84. Cossa, Nicolosi.
Dopo il comma 2,
aggiungere il seguente:
2-bis. Fino all'adeguamento dei
rispettivi statuti, nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome
di Trento e di Bolzano, sono fatte salve la durata e le modalità di elezione
degli organi regionali e provinciali prevista dagli statuti medesimi, anche ove
ciò comporti la non contestualità tra le elezioni del Senato federale e quelle
dell'Assemblea regionale siciliana e dei Consigli o dei Consigli provinciali;
con specifiche norme di attuazione sono disciplinate in via transitoria le
modalità di coordinamento con le norme sull'elezione del Senato federale nonché
le forme e le modalità di raccordo tra l'Assemblea regionale siciliana, i
Consigli regionali ed i Consigli provinciali delle Province autonome e la
rappresentanza regionale eletta nel Senato federale.
*43. 88. Burtone, Enzo Bianco, Finocchiaro, Cardinale, Cusumano, Lumia,
Rosato.
Dopo il comma 2,
aggiungere il seguente:
2-bis. Fino all'adeguamento dei
rispettivi statuti, nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome
di Trento e di Bolzano, sono fatte salve la durata e le modalità di elezione
degli organi regionali e provinciali prevista dagli statuti medesimi, anche ove
ciò comporti la non contestualità tra le elezioni del Senato federale e quelle
dei Consigli o delle Assemblee regionali o dei Consigli provinciali; con
specifiche norme di attuazione sono disciplinate in via transitoria le modalità
di coordinamento con le norme sull'elezione del Senato federale nonché le forme
e le modalità di raccordo tra i Consigli regionali ed i Consigli provinciali
delle Province autonome e la rappresentanza regionale eletta nel Senato
federale.
**43. 74. Olivieri, Kessler, Maran.
Dopo il comma 2,
aggiungere il seguente:
2-bis. Fino all'adeguamento dei
rispettivi statuti, nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome
di Trento e di Bolzano, sono fatte salve la durata e le modalità di elezione
degli organi regionali e provinciali prevista dagli statuti medesimi, anche ove
ciò comporti la non contestualità tra le elezioni del Senato federale e quelle
dei Consigli o delle Assemblee regionali o dei Consigli provinciali; con
specifiche norme di attuazione sono disciplinate in via transitoria le modalità
di coordinamento con le norme sull'elezione del Senato federale nonché le forme
e le modalità di raccordo tra i Consigli regionali ed i Consigli provinciali
delle Province autonome e la rappresentanza regionale eletta nel Senato
federale.
**43. 79. Bressa, Boato, Leoni, Provera, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Rosato.
Dopo il comma 2,
aggiungere il seguente:
2-bis. Fino all'adeguamento dei
rispettivi statuti, nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome
di Trento e di Bolzano, sono fatte salve la durata e le modalità di elezione
degli organi regionali e provinciali prevista dagli statuti medesimi, anche ove
ciò comporti la non contestualità tra le elezioni del Senato federale e quelle
dei Consigli o delle Assemblee regionali o dei Consigli provinciali; con
specifiche norme di attuazione sono disciplinate in via transitoria le modalità
di coordinamento con le norme sull'elezione del Senato federale nonché le forme
e le modalità di raccordo tra i Consigli regionali ed i Consigli provinciali
delle Province autonome e la rappresentanza regionale eletta nel Senato
federale.
**43. 80. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.
Sostituire il comma 5
con il seguente:
«In sede di prima applicazione dell'articolo 135 della Costituzione, come
modificato dalla presente legge costituzionale, alla scadenza del termine dei
giudici della Corte costituzionale già eletti dal Parlamento in seduta comune e
alle prime scadenze del termine di un giudice già eletto dalla suprema
magistratura ordinaria e di un giudice già nominato dal Presidente della
Repubblica, al Senato federale della Repubblica, integrato dai Presidenti delle
Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, e alla
Camera dei deputati è attribuita alternativamente l'elezione di ciascun giudice
in scadenza. Al Senato è attribuita l'elezione del primo giudice in scadenza».
43. 9.
(Nuova formulazione) Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano,
Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri,
Pappaterra, Soda, Zanella.
(Approvato)
Sopprimere i commi 8 e
9.
43. 11. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al comma 8, sostituire e
parole da: , con leggi
costituzionali fino a: abitanti con le seguenti: modificare i
confini regionali e, con leggi costituzionali, formare nuove regioni.
43. 12. Rosato.
Sopprimere il comma 11.
43. 16. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Giordano, Maura Cossutta, zanella, Sgobio.
Sopprimere il comma 15.
43. 85. Cossa, Nicolosi.
Dopo l'articolo 43, aggiungere il seguente:
Art. 43-bis.
1. All'articolo 89 della
Costituzione, al secondo comma, le parole: «Presidente del Consiglio dei ministri»
sono sostituite dalle seguenti: «Primo ministro».
43. 025. La Commissione.
(Approvato)
Subemendamento all'emendamento 43.026 della Commissione
Dopo il primo comma
aggiungere il seguente:
Gli statuti devono quindi contenere norme che garantiscano alla componente
linguistica italiana la partecipazione attiva negli organismi politici e
amministrativi.
L'intesa di cui all'articolo 116, primo comma, per le modifiche agli statuti
speciali in attuazione del presente articolo può essere negata solo con la
maggioranza di due terzi dei rappresentanti di ciascun gruppo linguistico.
0.43.026.1. Franza, Carrara, Crimi.
Dopo l'articolo 43, aggiungere il seguente:
Art. 43-ter.
Ai fini dell'adeguamento
degli statuti di cui all'articolo 43-bis, nelle regioni a statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano è riconosciuta parità di
diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale
appartengono.
43. 026. La Commissione.
(Approvato)
Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 43. 0200.
All'articolo aggiuntivo 43. 0200., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: un anno.
Conseguentemente:
al medesimo periodo, aggiungere, in fine, le parole:
, e presenta un apposito disegno di legge;
aggiungere, in fine, il seguente periodo: I tempi del regime transitorio
di cui al secondo periodo non possono eccedere i tre anni.
0. 43. 0200. 4. Cabras, Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cusumano, Fistarol,
Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra,
Soda, Zanella.
All'articolo aggiuntivo
43. 0200., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole:
cinque anni con le seguenti: tre anni.
0. 43. 0200. 1. Leo, Armani, Carrara.
All'articolo aggiuntivo
43. 0200., Art. 44, comma 1, primo periodo, dopo la parola:
risorse aggiungere le seguenti: materiali ed umane.
0. 43. 0200. 2. Mascia, Vendola, Boato, Bressa, Leoni.
All'articolo aggiuntivo
43. 0200., Art. 44, comma 1, secondo periodo, sostituire le parole:
congrui rispetto con le seguenti: adeguati e comunque sufficienti e
corrispondenti.
0. 43. 0200. 3. Mascia, Provera, Leoni, Bressa, Boato.
Dopo l'articolo 43
aggiungere il seguente:
Art. 44. (Trasferimento di beni e di risorse). - 1. Entro cinque anni
dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, il Governo
assicura la puntuale individuazione dei beni e delle risorse da trasferire alle
Regioni ed agli enti locali, la loro ripartizione tra le Regioni e tra Regioni
ed enti locali, per garantire l'effettivo esercizio delle rispettive funzioni e
competenze di cui alla presente legge costituzionale ed alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. La legge dello Stato, approvata ai sensi
dell'articolo 70, terzo comma, della Costituzione, come modificato dalla
presente legge costituzionale, stabilisce le modalità ed i tempi per la
ripartizione dei beni e delle risorse indi viduati ed i successivi
trasferimenti, che debbono comunque essere congrui rispetto alle funzioni ed
alle competenze esercitate e comportano l'adeguamento delle amministrazioni
statali, in rapporto ad eventuali compiti residui.
43. 0200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.
(Approvato)
Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 43. 0201.
All'articolo aggiuntivo 43. 0201., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei mesi.
Conseguentemente, al
secondo periodo, sostituire le parole da:
l'attribuzione dell'autonomia fino alla fine del comma con le seguenti:
la definizione di norme in materia di entrata e di spesa alle Regioni, alle
Province, alle Città metropolitane e ai Comuni può prevedere un incremento
della pressione fiscale complessiva per far fronte ai costi delle funzioni
trasferite. Il disegno di legge non può prevedere periodi transitori superiori
ai dieci anni per la realizzazione della piena autonomia impositiva.
0. 43. 0201. 2. Cabras, Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cusumano, Fistarol,
Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra,
Soda, Zanella.
All'articolo aggiuntivo
43. 0201., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole:
cinque anni con le seguenti: tre anni.
0. 43. 0201. 1. Leo, Armani, Carrara.
Dopo l'articolo 43
aggiungere il seguente:
Art. 44. (Federalismo fiscale e finanza statale). - 1. Entro cinque anni
dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, le leggi
dello Stato assicurano l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. In
nessun caso l'attribuzione dell'autonomia impositiva alle Regioni, alle
Province, alle Città metropolitane e ai Comuni può determinare un incremento
della pressione fiscale complessiva.
43. 0201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
______________ ______________
529.
Seduta di VENERdì 15 oTTOBRE 2004
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
FABIO MUSSI
indi
DEL PRESIDENTE
PIER FERDINANDO CASINI
E DEI VICEPRESIDENTI
PUBLIO FIORI
E ALFREDO BIONDI
Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044).
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge
costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione
di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di
legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini
e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva;
Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini
ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri;
Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri;
Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del
Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei
deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed
altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Avverto che la Commissione ha presentato l'ulteriore articolo aggiuntivo
43.027.
Ricordo altresì che nella seduta di ieri è stato da ultimo votato l'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0200.
(Ripresa esame articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 43 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Riprendiamo l'esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 43 e delle proposte
subemendative
ad essi presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
Passiamo alla votazione del subemendamento Cabras 0.43.0201.2.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento
elettronico.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,15).
PRESIDENTE.
Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento
elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e
venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la
seduta.
La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 10,40.
Si riprende la discussione.
(Ripresa esame articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 43 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Cabras 0.43.0201.2, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 442
Votanti 441
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato sì
169
Hanno votato no 272).
Prendo
atto che l'onorevole Giulio Conti non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Leo 0.43.0201.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente,
indubbiamente questo subemendamento del collega Leo pone un problema serio,
vale a dire quello dei tempi con cui avverrà questa fase di passaggio ed è
sicuramente vero che è opportuno immaginare un tempo più ridotto.
Tuttavia, essendo contrari al contenuto dell'articolo aggiuntivo Elio Vito
43.0201, anche se apprezziamo l'intento di accorciare i tempi di attuazione del
federalismo fiscale e della finanza statale, non possiamo esprimere un voto
favorevole e pertanto ci asterremo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco...
MAURIZIO LEO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole
Leo; revoco l'indizione della votazione.
Prego, onorevole Leo ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.
MAURIZIO LEO. Signor Presidente, il
presente subemendamento chiarisce i termini per il federalismo fiscale.
È noto che non ci sono stati interventi con riferimento all'articolo 119 della
Costituzione, che delinea le entrate necessarie per dar vita al cosiddetto
federalismo fiscale. Le entrate sono rappresentate da tributi propri, da compartecipazioni
e dalla cosiddetta perequazione.
Sul versante della perequazione non poche difficoltà ha ingenerato il decreto
legislativo n. 56 del 2000, che ha formato oggetto di aspre censure soprattutto
da parte dei governatori delle regioni meridionali.
Il subemendamento che propongo si va a collocare nel contesto del successivo
articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201 ed è volto a fornire certezza sui termini
per attuare il federalismo fiscale. In buona sostanza, si dice che, entro tre
anni, occorrerà dar corso a tutte quelle procedure necessarie per rendere
effettiva l'acquisizione delle risorse indispensabili per il federalismo
fiscale.
Quindi, in tal modo si completa il disegno dell'articolo 119 della Costituzione
prevedendo termini certi per il reperimento delle risorse volte ad attuare le
nuove disposizioni della Costituzione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Leo 0.43.0201.1, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 457
Votanti 286
Astenuti 171
Maggioranza 144
Hanno votato sì
283
Hanno votato no 3).
Passiamo
alla votazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, sto
per svolgere il mio ultimo intervento in questo dibattito, e a parziale
consolazione di tutti voglio dirvi che il primo a non poterne più di sentirmi
sono io, e dunque questo ultimo intervento è una liberazione (Applausi)!
L'articolo aggiuntivo in esame pone una questione molto delicata. Se, da un
lato, è condivisibile il termine entro il quale deve essere data attuazione
all'articolo 119 della Costituzione, dall'altro vi è una previsione
assolutamente illogica in un processo di federalizzazione del paese. L'ultimo
periodo dell'articolo aggiuntivo prevede che in nessun caso l'attribuzione
dell'autonomia impositiva alle regioni, alle province, alle città metropolitane
ed ai comuni può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva.
Si tratta di una previsione contraddittoria rispetto al disegno di legge
finanziaria, in cui la diminuzione della pressione fiscale a livello centrale
viene scaricata sugli enti locali. A maggior ragione, come si può pensare di
irrigidire un processo di passaggio storico, costituito dal trasferimento dei
poteri dal centro alla periferia? Si tratta di una mera petizione di principio,
peraltro profondamente sbagliata, e dell'ennesima clausola di rigidità che
viene introdotta nella riforma costituzionale, rendendola un autentico mostro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, nel
corso dell'esame di un precedente emendamento abbiamo rilevato - lo ha fatto in
particolare il collega Bressa - che, nonostante numerosi articoli della seconda
parte della Costituzione vengano modificati dal disegno di legge in esame, non
si interviene sull'articolo 119, che resta pertanto in vigore nel testo
approvato nella scorsa legislatura e confermato dal referendum popolare
dell'ottobre 2001.
Ciò, a nostro avviso, è significativo, perché, dopo le numerose critiche che
sono state rivolte alla riforma del Titolo V della Costituzione della scorsa
legislatura, emerge ora per tabulas che quel testo è stato scritto
correttamente. Esso è stato elaborato dalla I Commissione con la partecipazione
di colleghi dell'uno e dall'altro schieramento - questo è stato, infatti, il
metodo seguito dal centrosinistra quando era maggioranza - e non viene modificato
dal disegno di legge di riforma.
Con l'articolo aggiuntivo in esame, introdotto nelle norme transitorie, sembra
che si preveda maggior rigore nell'attuazione dell'articolo 119, per effetto
del subemendamento poc'anzi approvato, che riduce il termine a tre anni. Si
tratta, in realtà, di una «foglia di fico» per nascondere il fatto che il nuovo
testo dell'articolo 119 è in vigore quale norma costituzionale dall'ottobre
2001. Il Governo pro tempore, vale a dire il Governo Berlusconi, avrebbe
dovuto iniziare ad attuare tale norma dall'ottobre 2001, il giorno dopo il
referendum costituzionale confermativo. Dunque, a tre anni e una settimana
dall'entrata in vigore del nuovo testo dell'articolo 119, nulla concretamente è
accaduto.
Il collega Bressa poco fa ha fatto emergere con forza il carattere
legislativamente ipocrita anche del secondo periodo di questo testo. È questo
il motivo per cui non apprezziamo questa proposta e riteniamo che,
nell'apparente rigore dell'aver stabilito un termine, si celi in realtà
un'ulteriore dilazione. Infatti, nella migliore delle ipotesi questa riforma
costituzionale entrerà in vigore fra due anni, ma comunque sarà necessario un
periodo di ulteriori tre anni e quindi l'attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione potrà avvenire fra cinque anni.
È questo il motivo per cui voteremo contro questo articolo aggiuntivo che, in
realtà, ritarda di ulteriori cinque anni l'attuazione di quell'articolo 119
della Costituzione già in vigore da tre anni e una settimana.
PRESIDENTE. Ho ascoltato molti commiati nel corso degli ultimi interventi. Vorrei informare i colleghi che dovremo votare ancora una proposta emendativa della Commissione.
GIANCLAUDIO BRESSA. Ma non parleremo...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.
SESA AMICI. Anch'io intervengo per
motivare il nostro voto contrario su questo articolo aggiuntivo. Riprendendo i
ragionamenti svolti dai colleghi Bressa e Boato, la Camera si appresta a votare
una norma che delegifica, di fatto, l'attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione, che viene posticipata di cinque anni. Del resto, lo stesso
collega Leo, con il suo subemendamento 0.43.0201.1, ha tentato di porre la
questione del termine di tre anni per tale attuazione. Si tratta di un elemento
sostanziale: l'articolo 119 della Costituzione, che riguarda l'attribuzione
impositiva alle regioni, e quindi il federalismo fiscale, permette di dare
sostanza ad un processo di federalizzazione di tipo politico.
Stabilire un termine di cinque anni e contestualmente sostenere che comunque
l'attribuzione dell'autonomia impositiva alle regioni non può determinare un
incremento della pressione fiscale complessiva rappresenta veramente un
esercizio di fantasia poco credibile. Sono queste le motivazioni per cui
esprimeremo un voto contrario.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Le ragioni della nostra contrarietà all'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201 non risiedono esclusivamente nel meccanismo curioso della dilazione nel tempo dell'entrata in vigore di alcune norme. La mia attenzione si sposta invece principalmente sulla rigidità del principio fiscale qui previsto. Mi pare che si contraddica perfettamente ogni logica di autonomia locale. Infatti, costituzionalizzare la disposizione secondo la quale, in nessun caso, l'attribuzione di autonomia impositiva può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva mi pare francamente fuori di senno. Posso comprendere che ciò lo stabilisca la legge ordinaria, anche in relazione alla capacità contributiva dei cittadini (una tale ipotesi andrebbe discussa caso per caso), ma stabilirlo costituzionalmente appare una captatio benevolentiae, oppure una excusatio non petita, scelga lei, signor Presidente. In ogni caso non può entrare nella Costituzione!
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Desidero informare i colleghi che l'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201 che ci accingiamo a votare deve essere riformulato, nel senso di citare nell'ordine: comuni, province, città metropolitane e regioni, così come stabilito nell'articolo 114 della Costituzione. Chiedo, quindi, al collega Elio Vito, di voler riformulare la sua proposta in tal senso, fermo restando il contenuto del testo da egli presentato.
PRESIDENTE.
Sta bene.
Prendo atto che i presentatori dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201
accedono all'invito rivolto loro dal relatore e che il rappresentante del
Governo esprime parere favorevole.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo Elio Vito 43.0201, come subemendato, nel testo riformulato,
accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 483
Votanti 478
Astenuti 5
Maggioranza 240
Hanno votato sì
288
Hanno votato no 190).
Prendo
atto che l'onorevole De Laurentiis non è riuscito ad esprimere il proprio voto;
prendo atto, altresì, che l'onorevole Buffo non è riuscita ad esprimere il
proprio voto e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 43.027 (Nuova formulazione)
della Commissione.
Prendo atto che il rappresentante del Governo esprime parere favorevole.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha
facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, ci
avviamo davvero alla conclusione di questa maratona costituzionale, una
maratona poco felice per gli esiti. Siete riusciti ad introdurre in
Costituzione l'«involution» e il «Silvierato» o premierato assoluto, fantasie
costituzionali pericolose, e lo vedremo ben presto nel prosieguo di questo
percorso; ma la Costituzione è un'altra cosa.
Diceva Calamandrei in una nota lezione agli studenti milanesi: «Quando io leggo
nell'articolo 2 della Costituzione l'adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale, o quando leggo nell'articolo 11 che
l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli, dico: ma questo è Mazzini, è la voce di Mazzini; quando io leggo
nell'articolo 8 che tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere
davanti alla legge: ma questo è Cavour, è la voce di Cavour; e quando leggo
nell'articolo 5 che la Repubblica è una e indivisibile e riconosce e promuove
le autonomie locali: ma questo è Cattaneo; e quando leggo nell'articolo 27 che
non è ammessa la pena di morte: ma questo, studenti milanesi, è Beccaria;
grandi voce lontane, grandi nomi lontani...!»
Ora non è il caso di fare paragoni, abbiamo tutti il senso della misura e
avvertiamo la nostra distanza da quegli uomini, ma le voci, quelle che oggi
ascoltiamo dietro questo vostro testo costituzionale, sono voci incomparabili,
voci che parlano in modo ipocrita, che parlano di piccole patrie e di modesti
interessi di partito; trasmettono confusione e divisione: il contrario di ciò
che dovrebbe fare una Costituzione che voglia dare forza al futuro dell'Italia
e delle sue generazioni.
Nel nuovo millennio noi vorremmo per l'Italia e per il mondo più democrazia...
PRESIDENTE. Onorevole Mantini...!
PIERLUIGI MANTINI. ...più qualità della democrazia, per vincere le sfide globali delle povertà, del terrorismo, dell'ambiente. Voi ne garantite di meno; ci fate uscire dalle istituzioni della prima Repubblica non andando avanti ma indietro; ve ne assumete tutta la responsabilità dinanzi al Paese (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo 43.027 (Nuova formulazione) della Commissione, accettato dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 483
Votanti 297
Astenuti 186
Maggioranza 149
Hanno votato sì
290
Hanno votato no 7).
Prendo atto che l'onorevole Raffaella Mariani non è riuscita ad esprimere il proprio voto e avrebbe voluto astenersi.
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame
degli ordini del
giorno
presentati (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del
giorno presentati.
ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme costituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il Governo accoglie tutti e tre gli ordini del giorno presentati: Perrotta n. 9/4862/1, Paniz n. 9/4862/8 e Scaltritti 9/4862/9.
MARCO BOATO. Se avessimo saputo che li accoglieva, avremmo mantenuto anche i nostri...!
PRESIDENTE. Onorevole Boato, ma
questo lo si sa nel momento in cui si chiede il parere al Governo: non vi sono
anticipazioni!
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione.
È così esaurita la trattazione degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alle
dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha
facoltà.
PINO PISICCHIO. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, onorevole ministro, rappresentanti del Governo, a voler
giudicare secondo ermeneutiche esclusivamente giuridiche il processo che si è
consumato in quest'aula, nelle ultime settimane, intorno alla Costituzione si
dovrebbe aprire ben altro è più profondo dibattito, in grado di penetrare
l'essenza del potere costituente.
Ciò che è avvenuto, infatti, somiglia assai da vicino ad una revisione totale
dell'impianto ordinamentale, al ribaltamento di quella che costituzionalisti
come Mortati, Barile, De Siervo e De Vergottini identificano come la
«supercostituzione», intesa come l'organizzazione statuale affermatasi nel
tempo e riconosciuta come immodificabile in una Costituzione rigida come la
nostra, tranne che non si torni alla fonte del potere costituente, che nei
regimi democratici è esercitato dal popolo sovrano attraverso speciali
assemblee rappresentative: le assemblee costituenti.
Ho
umanamente apprezzato il fervore riformista che ha animato i colleghi della
maggioranza, ed anche la partecipazione dei colleghi di minoranza, in queste
lunghe sedute. Perdonatemi, però, illustri colleghi, se non sono riuscito a
provare il vostro stesso sentimento. Io non ho presentato un solo emendamento
all'articolato proposto: non per un gesto irrispettoso nei confronti di un'Assemblea
ai cui lavori ha preso parte interamente, ma perché ho ritenuto e ritengo che
una riforma così radicale della regola costituzionale non possa essere fatta
con la logica della contrapposizione insita nel sistema maggioritario.
Mi domando come possa un Parlamento eletto per esprimere il Governo, a parziale
detrimento della rappresentanza, far passare - a colpi di maggioranza
governativa - modifiche relative alla filosofia stessa su cui si basa
l'ordinamento costituzionale, tradendo così lo spirito dell'articolo 138. I
costituenti, infatti, previdero sì la possibilità di una modifica della Carta
attraverso quell'articolo, ma immaginando riforme circoscritte, non
stravolgimenti di sistema, e, soprattutto, pensando ad un Parlamento
espressione di uno spirito proporzionalistico, capace, cioè, di rappresentare
davvero le culture politiche di tutto il paese.
Quello che, invece, si sta facendo oggi è un aggiustamento ad uso di una
maggioranza di Governo - così come fu anche, non ho trascurato di segnalarlo,
la riforma del Titolo V votata dalla maggioranza di allora sul finire della
passata legislatura -, non già la legge in cui possono riconoscersi tutti gli
italiani!
La Costituzione è fatta per durare nel tempo: la Costituzione federale
americana è del 1789; il Parliament Act inglese è del 1949; la
Costituzione francese della Quinta Repubblica è del 1958; quella tedesca è del
1949; la nostra Costituzione del 1948, invece, rischia di cambiare ad ogni
nuova legislatura, ad ogni cambio di maggioranza!
È vero: una parte di essa, quella relativa all'ordinamento dello Stato, non
certo quella relativa ai principi, deve essere riformata; ma non sarà
certamente un Parlamento «maggioritarista» e diviso a farlo: solo un'Assemblea
costituente eletta con il sistema proporzionale e, dunque, pienamente
rappresentativa degli italiani potrà portare a termine il processo riformatore,
che non potrà dirsi certamente compiuto con l'esibizione delle muscolarità
delle maggioranze.
Nel ribadire, pertanto, il mio voto contrario all'impianto proposto, anche per
le ragioni metodologiche richiamate oltre che per cospicue ragioni di merito,
dichiaro che, da oggi, mi sentirò impegnato, insieme ad altri colleghi, a
lavorare nel paese per creare movimenti a difesa della Carta costituzionale del
1948.
Il grande misfatto che, insieme ad altri, si è consumato in questi mesi in
quest'aula è l'aver celato al popolo sovrano l'entità della posta in gioco,
realizzando uno stravolgimento della Costituzione come fosse un banale rito da
vivere solo all'interno di un ceto politico rassegnato, e forse anche inopinato
detentore di un potere costituente che non gli spetta (Applausi dei deputati
del gruppo Misto-socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, è
ovvio che quella di oggi è una delle sedute più importanti di questa
legislatura, a conclusione di un complesso lavoro che ha visto una discussione
molto elevata nei toni. È quindi giusto che ci sia una riflessione molto
profonda su quello che abbiamo fatto e sulle sue implicazioni.
Devo dire che la mia parte politica, che ha sempre partecipato alla vita
repubblicana dal dopoguerra, ha sempre guardato con grande preoccupazione e
diffidenza al grande sforzo di riforma della Costituzione di cui si parla ormai
da vent'anni.
Il problema italiano, lo abbiamo sempre pensato e io lo penso tuttora, non era
e non è un problema costituzionale, ma è un problema politico. I difetti, le
debolezze della vita istituzionale del nostro paese hanno riflesso la sua
storia nel corso del secolo XX.
In
fondo, la grande riforma costituzionale italiana è avvenuta con il congresso
della Bolognina e con il congresso di Fiuggi, onorevoli colleghi, quando cioè è
intervenuta la possibilità di immettere nel gioco democratico forze politiche
che non erano precedentemente includibili nello stesso, in ragione delle loro
ideologie o delle loro posizioni politiche, mantenute per larga parte del
secolo XX.
Questa considerazione, onorevoli colleghi, è tanto vera che, all'indomani di
quegli eventi, del 1994 l'uno, del 1989-1990 l'altro, la vita politica italiana
ha preso il corso del bipolarismo, dell'alternanza, di tutto quello che si
riteneva, e tuttora si ritiene, di dover determinare attraverso la riforma
costituzionale. Non è affatto così. Anche se volessimo condividere
l'affermazione che era necessario per il paese il cambiamento costituzionale,
debbo dire che, dal punto di vista, per esempio, delle sue condizioni
economiche e sociali, è stato maggiore il progresso che ha compiuto l'Italia
sotto il vecchio sistema costituzionale di quello che sta compiendo sotto il
nuovo assetto politico istituzionale che si è venuto a determinare negli ultimi
dieci anni.
L'Italia ha scalato posizioni nella graduatoria dei grandi paesi industriali
sotto quel sistema di instabilità che si vuole eliminare e le sta perdendo
sotto il sistema bipolare che si è voluto testardamente, distruggendo le forze
politiche, distruggendo i partiti politici e indebolendo il Parlamento.
Questa è la mia convinzione, per cui guardo con malinconia all'idea che si
modifichino 40 articoli della Costituzione del nostro paese alla ricerca di
cose che il buonsenso politico, la saggezza politica hanno già determinato in
anni lontani e potrebbero determinare domani mattina, se solo ne fossimo
capaci.
Ai colleghi del centrosinistra devo dire, senza alcuna polemica, che essi
portano la responsabilità principale di questo stato di cose, che nel complesso
non posso giudicare positivamente. Penso a quel voto alla fine della scorsa
legislatura, onorevoli colleghi, onorevole Violante, onorevole Fassino, sotto
le elezioni, con una maggioranza ristretta. All'epoca io facevo parte del
centrosinistra. L'onorevole Violante ricevette una lettera, così come
l'onorevole Veltroni, e vi furono colloqui nei quali io li scongiurai di non
creare un precedente di questo genere. Mi fu risposto che, quando una
maggioranza ha i numeri, l'articolo 138 rappresenta sufficiente motivo per
votare.
Quindi, in politica non bisogna creare precedenti, perché smontare un
precedente è molto più difficile che rinunziare ad un precedente. Ma questo non
giustificherebbe, onorevoli colleghi, e non giustifica una riforma
costituzionale che nel complesso non è soddisfacente. Dico ai colleghi che io
ho votato con piena convinzione la riforma del Titolo V della Costituzione, che
secondo il mio avviso è migliorativa. Non sono sicuro che una struttura
regionalistica nel nostro paese farà funzionare meglio l'Italia, ma sono
convinto che si possa esplorare questo terreno; e sono convinto che ci sia
stata una elaborazione sufficiente, tra quella del centrosinistra e quella
dell'attuale maggioranza, per tentare un aggiustamento costituzionale. Ma non
sono convinto, onorevoli colleghi (mi rivolgo ai miei colleghi della
maggioranza), che l'elaborazione sia stata sufficiente sui poteri del Senato e
su quelli della Camera, sul nuovo processo legislativo; non sono affatto
convinto che stiamo scrivendo una buona riforma per quanto riguarda il premier!
La riforma che noi abbiamo scritto sul premier - che voi avete scritto
sul premier - è una riforma che, più che al futuro, guarda al passato,
guarda alle vicende del 1994, alle decisioni del Presidente Scalfaro; non si può
scrivere una Costituzione pensando ad ipotesi che probabilmente non sono più
realistiche.
In questa legislatura non c'è stato un ribaltone, non ci potrebbe essere, ci
sono fenomeni politici. Ancora una volta non si può pensare di obbligare il
mondo politico dentro il «corsetto istituzionale»; l'evoluzione politica è
molto più importante delle leggi costituzionali. E l'evoluzione politica ha
reso impossibile e renderebbe impossibile il ribaltamento delle coalizioni; la
stabilità del Governo Berlusconi è quinquennale e, probabilmente, nella
prossima legislatura ci sarà un Governo stabile.
Trovo molto pericoloso scrivere norme sul premierato che indeboliscono troppo
il Parlamento. È indispensabile: noi non possiamo sacrificare alla cosiddetta
governabilità la molteplicità di voci, che, in una società democratica, esprime
e deve continuare ad esprimere il Parlamento. Noi non possiamo rischiare di
sacrificare il valore della partecipazione dei cittadini, che si esprime
attraverso l'elezione di 600 deputati, attraverso un sistema nel quale ci sia
la voce del capo dell'opposizione e la voce del capo della maggioranza. Ma
negli Stati Uniti c'è la voce del capo della maggioranza, del capo
dell'opposizione! Ma nel Senato il Presidente degli Stati Uniti conta come una
voce, per così dire, e il Senato ha la libertà di bocciare le leggi proposte
dal Governo, ha la libertà di fare le leggi che esso ritiene, e il Presidente
degli Stati Uniti, al massimo, può ricorrere al diritto di veto. O si sceglie
una dialettica con l'uomo scelto per guidare l'esecutivo dal popolo o si
sceglie un Governo espresso dal Parlamento, con il Parlamento che mantiene il
potere sostanziale di costituzione e di formazione dei governi. Una forma come
quella che è delineata nella Costituzione, che io spero possa essere modificata
dal Senato, che fa coincidere la maggioranza parlamentare con il potere del
Primo ministro, scelto dai cittadini, è una forma che non potrà funzionare,
perché mortificherà la vita democratica del nostro paese.
Queste sono le ragioni, onorevoli colleghi, per le quali, al termine di questo
dibattito, bilanciando le ragioni di favore verso alcune parti della riforma
con le preoccupazioni molto profonde che sento per le altre parti della
riforma, non potrò andare oltre un voto di astensione su questo provvedimento.
E mi rendo conto che, avendo noi repubblicani scelto una alleanza con la Casa
cosiddetta delle libertà, con l'attuale maggioranza, il fatto che su una legge
costituzionale, che è uno dei fondamenti di un accordo politico, noi prendiamo
le distanze debba dire qualche cosa al capo della coalizione, al Presidente del
Consiglio e ai colleghi della maggioranza. È una rottura di cui io non
sottovaluto l'importanza ed è la ragione per la quale la manifestiamo in un
voto di astensione.
Ma certamente avremmo preferito concentrare il nostro impegno e la nostra
attività sul funzionamento politico del paese. Noi non crediamo - fatemelo dire
alla fine di questo intervento - che le leggi possano sostituire la volontà
politica, la capacità politica, la passione politica e gli ideali politici.
Questi ideali vi sono stati nell'Italia repubblicana del dopoguerra che,
nonostante i difetti di quell'impianto costituzionale, è diventata un grande
paese.
Non sarà una riforma costituzionale ad assicurare il successo di ciò che gli
uomini politici, nella loro capacità, nella loro passione e nei loro ideali non
saprebbero fare da soli. È questa la ragione per la quale il nostro è più un
invito alla passione politica che alla riforma istituzionale (Applausi di
deputati dei gruppi Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI e
Misto-socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Collè. Ne ha facoltà.
IVO COLLÈ. Signor Presidente, onorevoli
colleghi, oggi la necessità di plasmare e modellare la Costituzione italiana in
senso federalista è diventata indispensabile per l'evoluzione ed il futuro del
nostro paese; una prerogativa sostenuta da tutti, almeno nelle intenzioni.
Se si ritrova, infatti, una collegialità ed una condivisione sui principi
generali che dovrebbero determinare il nuovo Stato federale, ben diversa è la
situazione per quanto concerne l'applicabilità concreta di questi concetti e le
strade che sin qui si sono percorse e che si dovranno percorrere.
Più volte abbiamo evidenziato la necessità di assumere, quale modello di
riferimento per una vera riforma in senso federale, proprio le regioni e le
province autonome a statuto speciale. Ciò, senza sminuire l'interesse nazionale,
ma consolidando quel principio cardine dal quale il vero federalismo non può
prescindere: il principio di sussidiarietà.
Le indicazioni e le precise richieste da noi avanzate come gruppo delle
minoranze linguistiche al fine di rafforzare questi principi, nel rispetto
delle autonomie speciali già esistente, trovano oggi parziale soddisfazione.
Da un lato, prendiamo atto della disponibilità dimostrata dal ministro
Calderoli e da tutto il Parlamento - e di questo li ringraziamo - per il
raggiungimento di un risultato per noi importante e da tempo auspicato:
l'approvazione dell'intesa fra Stato, regioni a statuto speciale e province
autonome. Il provvedimento è stato votato quasi all'unanimità e rappresenta,
indubbiamente, un segnale forte ed un'assunzione di responsabilità comune nel
rispetto delle autonomia locali. Un segnale positivo che si è ripetuto
successivamente con la reintroduzione della clausola di salvaguardia inserita
all'articolo 43-bis, fortemente voluta dai presidenti delle regioni, dei
consigli e delle province autonome che, collegati con i propri parlamentari,
l'hanno sostenuta sino alla sua definitiva approvazione. L'articolo 117, così
riscritto, se da una parte non porterà ad un federalismo paragonabile a quello
di Stati federali quali la Germania o la Svizzera, dall'altra impedirà
l'applicazione di norme peggiorative mantenendo così invariate le competenze
autonomistiche sino all'adeguamento degli statuti, previa intesa con le regioni
e province autonome.
Dall'altro lato, dobbiamo, purtroppo, constatare come il percorso in senso
federale di questa riforma sia venuto meno in diverse occasioni. Il nuovo
Senato federale, non attribuendo una rappresentanza vera alle autonomie, poco
si discosta dal modello attuale, pur promettendo una rappresentanza allargata e
diversificata. A questo va aggiunto il discorso dello scioglimento anticipato e
la relativa contestualità per la sua istituzione, che ci trova contrari.
Inoltre, sono state eliminate numerose competenze attribuite alle regioni sotto
il falso pretesto del mantenimento della salvaguardia dell'interesse nazionale.
Nel merito, se il testo approvato dal Senato poteva essere condivisibile, ora
si sono creati, chiaramente, i presupposti per un centralismo rigido e poco
conciliante con una riforma costituzionale che voglia valorizzare il ruolo
delle regioni in senso federale. A tal riguardo, pur considerando come proprio
la clausola di salvaguardia, introdotta all'articolo 43-bis, escluda da
queste modifiche regioni e province a statuto speciale, riteniamo sia
importante sottolineare come la tendenza a ricentralizzare materie oggi di
competenza concorrente delle regioni stesse - ad esempio, tutela della salute,
sicurezza sul lavoro e trasporto su larga scala -, rendendole materie esclusive
dello Stato, non incrementerà le competenze regionali assegnate, pur tenendo
conto della cosiddetta devolution in atto.
Auspichiamo, dunque, che si riprenda il dibattito ed il confronto su questi
aspetti, per permettere di giungere ad una soluzione condivisa.
A conclusione del mio intervento, desidero ringraziare per l'ottimo lavoro
svolto, l'amico e collega onorevole Zeller, degno portavoce delle nostre
istanze, nonché i colleghi, di maggioranza ed opposizione, che hanno sostenuto
le nostre richieste e dichiaro, signor Presidente, il mio voto di astensione.
PRESIDENTE. Avverto che è in
distribuzione la proposta di correzioni di forma formulate dal Comitato dei
nove.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzuca Poggiolini.
Ne ha facoltà.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, a
nome dei repubblicani europei, con determinazione e dolore, esprimo voto
contrario su questo provvedimento, che induce in tutti i democratici italiani
autentica preoccupazione. I repubblicani europei non possono, dunque, che
stigmatizzare anch'essi, così come i colleghi di opposizione ed un'isolata ma
autorevole voce nella maggioranza, la pervicace volontà di modificare
l'equilibrio tra i poteri dello Stato, la composizione ed i poteri del
Parlamento, la formazione delle leggi, oltre che inserire elementi di
separazione tra le regioni, che saranno motivo di devastante conflittualità.
Con la velleitaria volontà di ridisegnare per intero lo Stato, è stata messa in
discussione la Repubblica, che, come ho ascoltato più volte ricordare in
quest'aula, non è solo la denominazione di una forma di Stato: al contrario,
essa è la sostanza della nostra democrazia, fondata sulla divisione dei poteri
- che avete abolito -, sul potere di rappresentanza parlamentare - che avete
azzoppato -, sull'equilibrio tra i vari poteri, che è l'unica garanzia del
permanere del sistema democratico. Tale equilibrio voi lo avete distrutto, a
favore di una forma di presidenzialismo arretrato e pericoloso.
Quanto alla cosiddetta devolution, alibi per tale sciagurato disegno, ne
è venuto fuori un federal-centralismo o un central-federalismo, con cui si
tenta di dare una sovranità impossibile alle regioni ed ai loro popoli.
Se questo vuole la Lega Nord - e questo vuole - occorre che tutti coloro che
hanno a cuore l'identità repubblicana della nazione italiana affermino con
chiarezza che questo è un progetto inaccettabile. La sovranità appartiene al
popolo, come era stato definito nella tradizione politica popolare italiana, a
partire dalla Costituzione della Repubblica romana del 1849: un popolo, un
patto, una nazione.
Quando fu il momento, nel 1861 e nel 1870, non prevalse né l'idea federalista
di Cattaneo, né quella di Mazzini (che avrebbe voluto, da subito, un'Italia
repubblicana). Solo nel 1946, a seguito del referendum che trasformò l'Italia
in Repubblica, il popolo ha eletto un'Assemblea costituente ed ha scritto una
Costituzione per mano di tali eletti. Un popolo sovrano, quindi, che elesse i
nostri padri costituenti, consapevoli tutti - siano stati di maggioranza o di
opposizione - del compito impegnativo ed esaltante che avrebbero dovuto
affrontare, e che hanno egregiamente risolto.
Voi volete rompere quel patto, con il rafforzamento, anzi con la prevaricazione
consentita al potere del Governo rispetto al Parlamento, volete dare al popolo
una semisovranità, quella per cui ognuno è padrone, a casa propria, di farsi la
scuola che vuole e la sanità che vuole, e volete affidare il Governo ad un vero
e proprio padrone.
Voi non siete qui ad unirci con un patto federalista; siete, invece, venuti a
dividerci in un conflitto federalista, perché il federalismo, cari colleghi,
rappresenta - ed ha sempre rappresentato - lo strumento, in sede costituente,
di aggregazione di popoli sovrani, che non rinunciano completamente, ognuno di
loro, alla propria sovranità. Non si è mai visto che uno Stato unitario si
trasformi in uno Stato federale, né che un sistema parlamentare si trasformi in
presidenziale per effetto di una revisione costituzionale compiuta da un
Parlamento eletto - aspetto assurdo - con il sistema maggioritario!
Mi chiedo, insieme al collega Gerardo Bianco, che lo ha detto in modo sintetico
ed estremamente efficace: è stato legittimo tutto ciò? È legittimo che una
maggioranza, forte di più di cento voti di differenza, stravolga la
Costituzione in vigore? Allora, chiedo a tutti i colleghi della maggioranza -
poiché vi sono ancora dei passaggi da fare - una lunga pausa di riflessione
sulla volontà di qualcuno in quest'aula di portare a casa una revisione
costituzionale che è una vera e propria rivoluzione costituzionale, ossia un
concetto che nella scienza politica è pura contraddizione. Tra l'altro, state
mettendo in atto una riforma della seconda parte della Costituzione che è in
netto contrasto con la prima parte: è un assurdo sul quale le generazioni
future studieranno e, probabilmente, rideranno con qualche scherno.
Volete cambiare la Costituzione e il sistema, da parlamentare in presidenziale
spinto, e volete dividere l'Italia, frammentando la stessa sovranità popolare
tra più popoli, ognuno a casa sua. Se questo è il vostro intento, allora, come
minimo, occorre convocare comizi elettorali per eleggere un'Assemblea
costituente. Non è vietato tutto ciò, ma occorre farlo nella misura e con le
persone giuste, con le procedure giuste, perché, fino a prova contraria, il
popolo italiano è ancora uno ed è sovrano e noi, in questa sede, lo
rappresentiamo tutto e non per settori. Esso non potrà mai accettare
limitazioni territoriali di sovranità che non abbia direttamente,
rappresentativamente, proporzionalmente e non maggioritariamente votato ed
approvato per mezzo di ogni sua componente politica, culturale e sociale. Allo
stesso modo, non potrà mai accettare un sistema presidenziale che ha in sé tutte
le possibilità di trasformarsi in dispotico ed autoritario.
Chi è coerente con questa impostazione non può, quindi, che rifiutare in
toto questo provvedimento, richiamando tutti ad una più attenta riflessione
sul costituzionalismo democratico e sui suoi presupposti, dei quali tutti i
repubblicani in questo Parlamento si sono impegnati a risollevare le sorti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Craxi. Ne ha facoltà.
BOBO CRAXI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, le perplessità che avevo manifestato all'avvio di questo
dibattito, nella seduta del 3 agosto, si mutano oggi in un giudizio negativo.
Allora, intervenendo, avevo ricordato che una riforma costituzionale deve
essere frutto di un consenso ampio e condiviso e non il parto frettoloso fatto
a colpi di ultimatum politici. Purtroppo, tutte le mie speranze sono svanite
giorno dopo giorno: il testo sottoposto all'approvazione della Camera oggi non
è condivisibile ed ancora meno i modi in cui si è giunti a questo voto, e non
per responsabilità della sola maggioranza.
In questo dibattito ho visto i quattro o cinque protagonisti della riforma del
Titolo V della Costituzione, approvata alla fine della scorsa legislatura con
qualche voto di maggioranza, rinfacciarsi l'un l'altro la responsabilità di
quell'atto, che è costato allo Stato un numero record di contenziosi con le
regioni. Temo che, fra non molto, anche questa riforma non avrà né un padre né
una madre.
L'esigenza della revisione di alcune parti della nostra Costituzione era e
resta, anche dopo il voto che tra poco sarà espresso in questa sede, un
problema da affrontare. Infatti, questa riforma, più che risolvere il problema
di una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, deprime il già
modesto spirito di unità nazionale. Più che rassicurare la stabilità e
l'efficienza dei governi, per cui io penso dovrebbe essere modificata la legge
elettorale, stabilisce l'inamovibilità del Capo dell'esecutivo ed un'eccessiva
concentrazione di potere nelle sue mani, indebolisce il contrappeso
parlamentare fino a svilire il ruolo del Parlamento. Il giusto decentramento,
invocato da diversi anni, del nostro sistema istituzionale non è accompagnato
né da una semplificazione delle procedure né da un convincente piano di
contenimento della spesa. Vi è una verità lampante di fronte a noi: non si
modifica così la Costituzione.
Nel passato, per evitare la via maestra di un'Assemblea costituente figlia di
un'elezione popolare, si è fatto ricorso alle Bicamerali, fallite una dopo
l'altra. Nella scorsa legislatura e in quella in corso si è voluto provare con
l'articolo 138. Si è fallito ieri e si fallirà anche questa volta.
Per la riforma della Costituzione l'unica via maestra è un'Assemblea
costituente eletta con sistema proporzionale. Solo così - io penso - si potrà
avere una riforma sana e duratura.
Piero Calamandrei, illustrando ai giovani studenti lo spirito della nostra
Costituzione, diceva: «Nei suoi articoli c'è tutta la nostra storia, tutti i
nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Dietro questi articoli si
sentono voci lontane». Egli citava Mazzini, Cavour, Cattaneo, Garibaldi e
Beccaria.
La Costituzione, entrata in vigore il 1o gennaio del 1948, regge le
nostre sorti da più di mezzo secolo, avendoci assicurato libertà e progresso.
Penso che solo per questo essa meriti più considerazione e più rispetto di
quello che abbiamo sin qui dimostrato nel momento in cui ci accingiamo a
riformarla.
Per questo motivo, con tutta libertà, certo di interpretare il sentimento e
l'opinione della maggioranza dei socialisti in questo paese, non sottovalutando
le ragioni che oggi mi dividono dai colleghi della stessa maggioranza, non
sosterrò questa riforma costituzionale e mi asterrò nel voto finale (Applausi
di deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo, Misto-Liberal-democratici,
Repubblicani, Nuovo PSI e Misto-Socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rodeghiero. Ne ha facoltà.
FLAVIO RODEGHIERO. Nel dibattito di
questi giorni ho potuto verificare che per 240 volte si è parlato di Europa e
per 521 volte di Nazione. Ciò ci dice, nel momento in cui affrontiamo un
dibattito così rilevante per il futuro del nostro paese (il dibattito sulla
Carta costituzionale), la capacità che abbiamo di elevarci in un confronto che
superi il respiro provinciale. Nell'analisi di quello che viviamo del nostro
paese, non consci pienamente della portata globale che riveste anche una Carta
costituzionale nei meccanismi di funzionamento non solo del contesto nazionale,
ma anche nei rapporti internazionali.
Ho voluto fare questo riferimento perché credo che vada svolta una
considerazione tra il cammino che si sta facendo in Europa, in previsione
dell'adozione di una Carta costituzionale europea, e quanto stiamo facendo qui
in questo momento. Abbiamo adottato il termine federalismo, finalmente, nella
Carta costituzionale, oltre a prevederne l'applicazione dei principi. Proudhon
ha detto: «Il XX secolo sarà il secolo del federalismo, oppure l'umanità dovrà
attraversare mille anni di purgatorio». In verità, il XX secolo è stato quello
dei totalitarismi, epigono tragico della centenaria storia degli Stati
nazionali, eminentemente europei, che entrano in crisi proprio nel momento in
cui i mercati si fanno globali ed altri Stati e Nazioni si affacciano, sul
finire del XIX secolo, sulla scena mondiale.
PRESIDENTE. Onorevole Rodeghiero...
FLAVIO RODEGHIERO. Due parole ancora...
È così che l'Europa si riscopre federalista sul finire del secondo dopoguerra,
proprio quando diventa terreno di scontro e di divisione tra USA e URSS, e lo
fa per recuperare ruoli e funzioni in un cammino lento, ma inesorabile, fino al
prossimo appuntamento con la Costituzione.
L'Europa degli Stati si ricostruisce sulla rovina degli Stati, i quali,
desovranizzati dall'economia, devolvono ad organi comuni parte delle loro
competenze, anche politiche.
In questa realtà di globalizzazione quello che entra più in crisi è l'identità
e l'Europa diventa luogo per dare spazio alla politica senza costruire identità
fittizie: la riscoperta delle identità, della storia dei popoli, della storia
delle nazioni, che non coincidono con quella degli Stati, camminano insieme.
Ecco il cammino che stiamo facendo con questa riforma. Si tratta di un cammino
già tracciato dalla riforma del Titolo V e che qui parzialmente completiamo.
Manca ancora il federalismo fiscale.
I padri costituenti hanno previsto la maggioranza assoluta e non quella
qualificata per attenuare la rigidità della nostra Costituzione, ben sapendo
che sarebbe stato oltremodo difficile rivedere un'identità di valori e di
intenti quale quella uscita dal secondo conflitto. Sarà la Corte
costituzionale...
PRESIDENTE. Colleghi, vi invito al rispetto dei tempi che non è un optional. Onorevole Rodeghiero, lei ha già parlato tre minuti e 46 secondi.
FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, pensavo di avere a disposizione più tempo. Concludo, dicendo che caposaldo dell'Unione europea è il principio di sussidiarietà la cui formulazione è storicamente ascrivibile alla dottrina sociale della Chiesa. In base a tale principio, dal punto di vista politico, spetta alle amministrazioni più vicine ai cittadini adoperarsi per rendere più effettivo il loro servizio. Lo stiamo applicando in Europa, vogliamo applicarlo anche in Italia: porre al centro la persona, al cui servizio stanno le istituzioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sterpa, al quale chiedo di rispettare il tempo a sua disposizione. Ne ha facoltà.
EGIDIO STERPA. Signor Presidente,
sarò brevissimo perché mi richiamo all'intervento che ho svolto il 15 ottobre
scorso in cui ho argomentato a fondo i motivi per cui dico «no» a questa
riforma. In estrema sintesi, il mio «no» nasce dalle convinzioni liberali, da
un'analisi attenta della storia nazionale e dal timore che questa riforma possa
determinare una rottura esiziale nel nostro paese.
Il mio «no» non è un fatto viscerale, ma è razionale e convinto e vuole essere
un atto di lealtà verso la coalizione di cui mi onoro di far parte con
convinzione. È anche un atto che vuole dimostrare come in tale coalizione si
possa essere uomini liberi come io mi ritengo (Applausi di deputati del
gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente,
inizialmente avevo immaginato che questo dibattito consentisse di inquadrare la
devoluzione nella revisione del Titolo V correggendo la riforma voluta
erroneamente dal centrosinistra nella passata legislatura e di trasferire in
sede di Assemblea costituente la revisione delle altre parti. Infatti, Governo,
rapporti tra Governo e Parlamento e procedimento legislativo non apparivano
argomenti del tutto maturi. Inoltre, cambiare le regole insieme avrebbe evitato
lo sbocco referendario che fatalmente sarà giocato su qualche slogan
semplificatore.
Purtroppo, la cultura che ha guidato il nostro dibattito scaturisce dalla
superficialità autoreferenziale che aleggiava attorno alla Commissione
bicamerale D'Alema, interprete di un pericoloso clima antiparlamentare che era
la condizione nella quale quella Commissione ha sostanzialmente operato. Si
tratta di una cultura che si è diffusa ed oggi viene coperta da uno scontro
parlamentare di facciata, in qualche modo pregiudizievole di ogni
approfondimento efficace.
Devo comunque dare atto alla Commissione del tentativo di correggere il testo
licenziato dal Senato. Al Senato il lavoro era stato fortemente influenzato da
presunti saggi che avevano operato in un clima ferragostano e da una tentazione
un po' sindacale di quel ramo del Parlamento. Quindi, era molto difficile che
le cose potessero essere politicamente raddrizzate. Riconosco che uno sforzo
importante è stato fatto, ma restano elementi di grave confusione nel rapporto
tra premierato, Parlamento ed istituzioni rappresentative da un lato, e
procedimento legislativo dall'altro.
PRESIDENTE. Onorevole Tabacci...
BRUNO TABACCI. Se il cammino
parlamentare proseguirà così - e concludo - vi sarà uno sbocco referendario
duro, semplificatore e strumentale. Mi dispiace per i colleghi della Lega, che
avevano l'opportunità di completare un percorso di inserimento della devoluzione
all'interno di un contesto costituzionale che camminasse.
Mi dispiace anche per i miei colleghi dell'UDC, i quali, avendo il desiderio
giusto di fare una battaglia per un modello di tipo proporzionale, si trovano
ora in contraddizione politica rispetto ad un testo che avrebbe bisogno di un
rafforzamento del sistema maggioritario. Sono aspetti ai quali ho cercato di
porre rimedio con la modestia delle mie forze. Tuttavia, non mi resta che
testimoniare un dissenso, che resta profondo (Applausi di deputati dei
gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di
Forza Italia e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.
ALDO PERROTTA. Signor Presidente,
svolgerò un intervento brevissimo, per leggervi esattamente cosa disse Mussi,
quando era il capogruppo dei Democratici di sinistra, che fu l'ultimo a parlare
sulla riforma del Titolo V. Egli disse: «È evidente che si tratta di un grande
passo, ma altri ne dovranno seguire; ci si rimanda a sua volta al tema della
riforma del Governo, del meccanismo con cui le Camere danno la fiducia al
Governo, della sfiducia costruttiva, dell'istituzione per esempio del
premierato; se si va avanti su un'ipotesi di riforma elettorale, per esempio,
un'indicazione del premier, che prefigura un cambiamento, e una riforma
del Governo è un altro passo che si può compiere». Vi chiedo, allora, perché
siete tornati indietro. Questo è il primo aspetto.
Il secondo è il seguente. A proposito di chi è democratico, ci avete detto che
nella discussione di questa riforma non c'è stata democrazia. Vi vorrei
ricordare che quando avete fatto la riforma del Titolo V avete concesso
complessivamente 35 ore per la discussione sulle linee generali e per il
seguito dell'esame del provvedimento! Noi complessivamente abbiamo dato 180
ore! Diteci qual è stata la maggioranza democratica (Applausi dei deputati
dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione
Padana)!
PRESIDENTE. Onorevole Perrotta,
naturalmente le risponderò quando mi capiterà di stare sui banchi del mio
gruppo, perché dal banco della Presidenza non posso permettermi di farlo!
Comunque la ringrazio per la citazione!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossa. Ne ha
facoltà.
MICHELE COSSA. Siamo oggi arrivati
all'epilogo di un dibattito che è stato di alto livello, adeguato al tema
sottoposto all'esame dell'Assemblea. Credo si debba dare atto alle forze della
maggioranza di aver fatto un grosso sforzo di miglioramento del testo
originario, temperando molti degli eccessi che avrebbero avuto effetti
fortemente negativi sugli assetti istituzionali del nostro paese. Mi riferisco
soprattutto alle norme che riportano alla competenza dello Stato le grandi
infrastrutture strategiche, alla norma che riserva allo Stato la possibilità di
esercitare un potere sostitutivo per salvaguardare i livelli essenziali nei
servizi sociali e sanitari in tutto il territorio nazionale, così come mi riferisco
alle norme che salvaguardano le prerogative delle regioni a statuto speciale.
Eppure non riesco a vincere le perplessità per una riforma che minaccia di
attaccare i presupposti di solidarietà nazionale e di rafforzare quegli
elementi, per i quali chi è indietro rischia di restarci ancor di più (mi
riferisco soprattutto alle regioni economicamente e socialmente più deboli). Le
perplessità derivano dall'impressione che si sia voluto procedere in fretta,
troppo in fretta, senza nemmeno sforzarsi di cercare quel minimo di consenso
all'interno delle Assemblee parlamentari. Non si è fatto nemmeno lo sforzo di
individuare strumenti nuovi e diversi, quale ad esempio un'Assemblea
costituente, eletta su base proporzionale, che avrebbe garantito la piena
rappresentanza di tutte le forze politiche che si muovono all'interno del
paese.
Per questo motivo, signor Presidente, annuncio il mio voto di astensione sul
provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Südtiroler Volkspartei è un partito di raccolta delle minoranze tedesca e ladina, che governa la provincia di Bolzano, assieme ai partner di lingua italiana, dal 1948.
Tale sua particolare natura è, in un certo modo, antitetica ad un sistema bipolare ed il nostro partito si colloca da sempre al centro e non all'interno dei due blocchi...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Zeller, sono costretto ad interromperla per comunicare che la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente.
MARCO BOATO. Chi deve intervenire, come fa a partecipare?
PRESIDENTE. Onorevole Boato, la
Presidenza le consentirà di intervenire al termine della Conferenza dei
presidenti di gruppo.
Prego, onorevole Zeller, mi scusi per l'interruzione.
KARL ZELLER. Dicevo che il nostro
partito si colloca da sempre al centro e non all'interno dei due blocchi (Casa
delle libertà e centrosinistra). Noi deputati rappresentanti della provincia
autonoma di Bolzano nel Parlamento italiano, siamo abituati a guardare la
sostanza delle cose, senza preconcetti ideologici e, da sempre, ci battiamo per
il federalismo e l'attribuzione di maggiori poteri alle regioni.
La popolazione della nostra terra, ancor prima di far parte dell'impero
austroungarico e fino al 1918, godeva di una particolare forma di autogoverno e
ciò spiega anche la nostra particolare sensibilità e tenacia con la quale, sin
dal 1948, abbiamo lottato per l'attuazione dell'accordo De Gasperi-Gruber e per
ottenere l'autonomia legislativa ed amministrativa seria e degna di questo
nome.
Un primo passo venne compiuto nel 1971, in attuazione di accordi
italo-austriaci sul cosiddetto pacchetto. Poi nel 2001 venne effettuato un
ulteriore passo in direzione federalista, ma, purtroppo, la riforma del 2001
risultava, in un certo modo, monca, non affrontando la trasformazione del
Senato in Camera rappresentativa delle regioni, affinché potesse fungere da
contrappeso alla Camera politica.
Eravamo, pertanto, favorevoli al completamento del processo riformatore portato
avanti dalla Lega Nord, partito al quale va attribuito il grande merito di aver
portato la questione del federalismo nell'agenda nazionale. Ma dopo i voti
nelle ultime settimane, oramai si è maggiormente chiarito lo scenario e, in
seguito, cercheremo di fornire un nostro giudizio obiettivo sul testo in esame.
Il testo contiene aspetti indubbiamente positivi, ma anche parecchie ombre e
vorrei partire dalle questioni che ci lasciano non del tutto soddisfatti. Il
Senato federale, in verità, ha poco di federale. I senatori non sono
espressione dei consigli o delle giunte regionali, ma saranno oggi, come dal
1948, eletti direttamente.
Manca un collegamento vero con il territorio. Basta, infatti, essere residente
nella regione per poter essere eletto senatore. Tale lacuna non è stata nemmeno
temperata dalla possibilità dei presidenti delle regioni e province autonome di
partecipare, con diritto di voto, ai lavori del Senato federale: voto negato
nel testo che ci accingiamo a votare.
Si ha l'impressione che la primaria esigenza sia quella di garantire l'elezione
diretta di un numero consistente di senatori e non di una rappresentanza vera
delle regioni e province autonome. Anche il procedimento legislativo appare
assai farraginoso; di difficile applicazione sarà la prescrizione che un
disegno di legge non possa contenere disposizioni relative a materie per cui si
dovrebbero applicare procedimenti diversi.
Non abbiamo apprezzato le modifiche che hanno concentrato troppi poteri nelle
mani del premier.
Riteniamo, invece, positiva la sfiducia costruttiva introdotta da quest'aula,
ma un Parlamento ostaggio del premier non potrà mai vederci favorevoli.
Ci siamo fermamente opposti, purtroppo senza successo, alla reintroduzione dell'interesse
nazionale quale limite delle competenze legislative delle regioni. Va ricordato
che uno dei pregi della riforma del 2001 era, per l'appunto, l'abolizione
dell'interesse nazionale e la sostituzione di tale parametro con i criteri
della sussidiarietà e dell'adeguatezza.
Nella ormai celebre sentenza n. 303, la stessa Corte costituzionale ha salutato
con favore tale nuova impostazione, mettendo in evidenza come l'equazione:
«l'interesse nazionale uguale alla competenza statale», in passato avesse sorretto,
e cito testualmente la Corte, l'erosione delle funzioni amministrative e delle
parallele funzioni legislative delle regioni.
Fatto sta che la Corte è riuscita a risolvere i contenziosi tra Stato e regioni
con l'ausilio dei criteri di sussidiarietà e di adeguatezza senza necessità
alcuna di ricorrere all'anacronistico criterio dell'interesse nazionale.
Nel nuovo articolo 117, rispetto al testo vigente, si notano alcuni passi
indietro. Non ci pare sostenibile la tesi secondo la quale le modifiche apportate
siano state effettuate solo per scrivere meglio il testo o solo per chiarire i
passaggi ambigui.
È innegabile la tendenza a ricentralizzare una serie di materie, quali la
tutela della salute, la sicurezza del lavoro, le grandi reti di trasporto e la
localizzazione delle stesse, l'ordinamento delle comunicazioni e delle
professioni intellettuali. Tali materie sono trasferite alla competenza
esclusiva dello Stato, mentre oggi rientrano nella competenza concorrente. E le
competenze regionali per reti di trasporto e navigazioni locali, la
comunicazione di interesse regionale e la produzione, trasporto e distribuzione
di energia di interesse locale da competenze esclusive vengono declassate in
competenze concorrenti.
C'è solo da sperare che tale tendenza possa essere controbilanciata dalla
cosiddetta devolution - che ci vede favorevoli -, in forza della quale
alle regioni vengono trasferite competenze esclusive in materia di
organizzazione e assistenza e, in particolare, nel settore della scuola.
Tuttavia, stante la formulazione ambigua del testo, temo che purtroppo non vi
sarà un significativo aumento delle competenze regionali rispetto alla
situazione normativa vigente. In sintesi, la riscrittura della Costituzione, a
nostro avviso, non conduce ad un federalismo paragonabile a quello di altri
Stati federali, quali la Germania e la Svizzera.
Sebbene il nostro giudizio sui punti sopraelencati non sia del tutto positivo,
non nascondiamo la nostra soddisfazione per l'introduzione della clausola di
salvaguardia per le regioni a statuto speciale, già contenuta nel testo
approvato dal Senato e, in un primo momento, attenuata dalla Commissione affari
costituzionali. Anche grazie all'intervento deciso e compatto dei presidenti
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano
e dopo un confronto costruttivo con il ministro Calderoli, è stato possibile
ripristinare la clausola di maggior favore, impedendo l'applicazione alle
regioni speciali e alle province autonome delle norme peggiorative contenute
nel Capo V.
Ciò riguarda in particolar modo gli articoli 120 e 127 novellati, vale a dire
il potere sostitutivo e l'annullamento di leggi regionali in nome
dell'interesse nazionale, il corpus delle competenze autonomistiche come
assegnato dagli statuti, da norme di attuazione e da altre leggi
costituzionali.
Quindi l'autonomia vigente al momento dell'entrata in vigore del presente testo
di riforma resta cristallizzata e così rimarrà fino all'adeguamento degli
statuti; e questo per noi costituisce un successo. Tale adeguamento - e ciò
costituisce indubbiamente un grande passo in avanti - in futuro sarà possibile
solo previa intesa con le regioni e con le province autonome.
Il novellato articolo 116 della Costituzione costituzionalizza infatti, per la
prima volta nella storia della Repubblica, il carattere pattizio delle regioni
speciali, che possono negare entro un termine sufficientemente ampio l'assenso
all'intesa con una maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti il
consiglio. In tal modo è stata completata in senso federalista la procedura
introdotta dai colleghi del Senato.
Un altro punto decisamente positivo è il riconoscimento del ruolo delle due
province autonome di Trento e Bolzano, alle quali viene riconosciuta la dignità
di regioni vere e proprie: i senatori non sono più della regione, ma delle
province autonome; i rappresentanti locali nel Senato federale sono eletti dai
consigli provinciali e dai rispettivi consigli delle autonomie locali; i
delegati per l'elezione del Presidente della Repubblica sono anch'essi nominati
dai consigli provinciali e i presidenti delle province partecipano, per la
prima volta, all'elezione del Presidente della Repubblica e dei quattro giudici
costituzionali nominati dal Senato federale.
Un punto particolarmente delicato riguarda la contestualità tra l'elezione
delle assemblee regionali e quella del Senato federale.
Siamo anche in questo caso soddisfatti che in aula sia stato tolto il vincolo
della durata della legislatura regionale, o rispettivamente dell'ente
provinciale, con quella del Senato federale. Come avevamo chiesto, il Senato si
rinnoverà parzialmente, limitatamente alla componente rappresentativa della
singola regione o provincia autonoma, in concomitanza con l'elezione dei rispettivi
organi elettivi.
Anche per il periodo transitorio, crediamo di aver trovato una soluzione
soddisfacente, che garantisce entro certi limiti di evitare lo scioglimento
anticipato.
A nome della Südtiroler Volkspartei, ringrazio i colleghi della maggioranza, ma
anche quelli dell'opposizione. Ringrazio in particolare il ministro Calderoli,
il sottosegretario Brancher e anche il relatore presidente Donato Bruno per la
sensibilità dimostrata nei confronti della nostra terra. La larga convergenza è
dimostrata anche dal fatto che gli emendamenti e gli articoli riguardanti le
regioni speciali e le province autonome hanno trovato il consenso pressoché
unanime dell'aula.
Per i motivi sopra illustrati, annuncio il voto di astensione da parte della
componente della Südtiroler Volkspartei (Applausi dei deputati del gruppo
Misto-Minoranze linguistiche).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.
CHIARA MORONI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, la Costituzione repubblicana del 1948 fu il frutto di un
confronto e di un dibattito approfondito fra forze politiche e culturali
certamente diverse, che seppero dar vita ad un compromesso alto, che ha portato
alla costruzione di un sistema coerente ed efficiente, in grado di garantire al
nostro paese sviluppo e ampi spazi di modernizzazione.
È evidente che una modifica sostanziale di quella Carta costituzionale non può
non comportare un eccezionale senso di responsabilità del legislatore. Le
istituzioni - giova ricordarlo - sono patrimonio di tutti; è evidente che
l'approvazione di riforme costituzionali a colpi di maggioranza non fa parte di
quella cultura del dialogo che sola può ispirare riforme condivise, efficaci ed
efficienti. Purtuttavia, il vulnus introdotto nella scorsa legislatura
con l'approvazione della riforma del Titolo V condiziona e condizionerà
profondamente l'intero futuro delle revisioni costituzionali. Alcune prese di
posizione dell'opposizione, come il voto contrario sull'articolo 24 che avrebbe
attribuito al Presidente della Repubblica l'autonomo potere di concessione
della grazia, dimostrano come il pregiudizio contrario abbia impedito qualsiasi
discussione nel merito.
Il progetto che ci accingiamo a votare è certamente ambizioso: modifica in modo
significativo il nostro assetto costituzionale ed è ispirato da quella volontà
modernizzatrice, valore fondante di questa maggioranza. È innegabile ed
evidente la necessità di correggere, per un verso, e portare a compimento, per
l'altro, la riforma del Titolo V, approvata nella scorsa legislatura. Tale
riforma - approvata in fretta e furia sul finire di legislatura, con pochissimi
voti di maggioranza e con l'evidente scopo puramente elettorale, quindi non
certo animata da quello spirito costituente che avete, cari colleghi della
sinistra, tanto richiamato nel corso del dibattito di queste settimane - non ha
fatto altro che concretizzare una sostanziale destrutturazione dello Stato
unitario, proprio quell'unitarietà tanto invocata in questo dibattito dal centrosinistra.
L'innumerevole quantità di materie concorrenti, identificate in quel testo, ha
- come era ovvio - aumentato a dismisura il numero dei conflitti di competenza
fra lo Stato e le regioni, oltre a compromettere gravemente il funzionamento e
l'organizzazione dello Stato stesso. Questo testo ha il pregio di dare nuova
sistemazione, quantomeno, a quelle materie che risultano in modo macroscopico
essere necessariamente di competenza dello Stato. Penso alla tutela della
salute, alle grandi reti di trasporto e di navigazione, all'energia.
La modifica dell'articolo 117 contemporaneamente affida alla competenza
esclusiva delle regioni alcune materie importanti, completando il sistema di
devoluzione di competenze. È stata introdotta quella clausola di supremazia,
presente in tanti sistemi federali che, insieme all'interesse nazionale, è
garanzia di un sistema federale solidaristico ed unitario e che consente allo
Stato di legiferare, in ogni caso, per garantire la tutela dell'unità giuridica
ed economica nonché del principio di eguaglianza dei cittadini.
La costruzione di un sistema federale, per così dire dall'alto, non è cosa
facile e quasi certamente comporterà un percorso di approssimazione successiva,
nel quale vanno contemporaneamente consolidati i valori unitari e
collaborativi. La volontà di dare avvio a questo percorso ha portato a pensare
ad un sistema federale coerente che non si risolve nella devoluzione di
competenze alle regioni, ma che necessita di un'architettura organicamente
costruita.
Una Camera federale diventa elemento fondamentale. La separazione delle
competenze legislative e il superamento del bicameralismo perfetto sono
elementi positivi anche dal punto di vista dell'efficienza e dell'efficacia del
processo legislativo, anche se quest'ultimo, a nostro parere, dovrebbe
articolarsi, come in tutti gli ordinamenti federali, in due fattispecie: quella
a prevalenza della Camera politica e quella bicamerale.
Per quanto riguarda la composizione del Senato federale, non abbiamo condiviso
e non condividiamo la presenza, seppure senza diritto di voto, di
rappresentanti delle autonomie locali eletti dai consigli delle autonomie fra i
sindaci e i presidenti di provincia e città metropolitana.
La nostra contrarietà parte non già da questo testo, ma dalla riforma del 2001,
rispetto alla quale, su questo tema, il testo in esame si pone in assoluta
continuità. A nostro avviso, le modifiche dovrebbero partire dall'articolo 114
della Costituzione vigente. Tale articolo affida allo Stato il ruolo di elemento
costitutivo della Repubblica in modo paritario rispetto agli altri enti
territoriali, scindendo pericolosamente lo Stato dalla Repubblica, che rimane
termine vuoto laddove perde la sua sostanziale coincidenza con lo Stato. Non
esistono ordinamenti federali che siano articolati in più di due livelli.
L'attuale articolo 114 segue una logica di disarticolazione dello Stato che non
può trovarci concordi. Queste ragioni, oltre che evidenti motivi di
funzionalità, giustificano il nostro dissenso per quanto concerne la
possibilità degli enti locali di promuovere la questione di legittimità
costituzionale di fronte alla Corte.
In ordine alla forma di governo, e quindi al premierato, che il testo propone
come soluzione, siamo stati fra coloro che hanno sostenuto la necessità di
corretti pesi e contrappesi, della tutela del principio della separazione dei
poteri e della valorizzazione del ruolo centrale del Parlamento. Ad un
rafforzamento del Primo ministro e dell'esecutivo, in rapporto dialettico con
la propria maggioranza, non può che fare da contraltare un Parlamento forte e
un ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica. Indubbiamente nel testo
finale sono stati compiuti numerosi passi in avanti sul tema. L'introduzione
della possibilità di una mozione di sfiducia costruttiva da parte della
maggioranza collegata al premier rappresenta certamente un bilanciamento
fondamentale dei poteri del premier rispetto alla sua stessa maggioranza.
Vorrei infine affrontare, seppure marginalmente, un tema che ci è caro, quello
della riforma del sistema elettorale. Appare ovvio come la riforma elettorale
non sia tema da inserire nella Costituzione, ma certamente deve essere oggetto
di riflessione. Una revisione dell'assetto istituzionale dello Stato e la
scelta di una nuova forma di governo non sono e non devono essere separati da
una riflessione sui sistemi elettorali. L'Italia ha sperimentato in questi
ultimi dieci anni un sistema elettorale inefficiente dal punto di vista della
rappresentatività democratica, un maggioritario imperfetto e un bipolarismo, se
possibile, ancora più imperfetto e governi eletti da coalizioni disomogenee e
conflittuali. Riteniamo che una riforma elettorale di tipo proporzionale, con
sistemi che agevolino la formazione di maggioranze e la stabilità dei governi,
attribuendo un ruolo centrale al Parlamento, sia una possibilità concreta per
dare all'Italia un sistema organico e coerente e possa rappresentare un
bilanciamento della forma di Stato e della forma di governo.
Abbiamo un compito arduo: rivedere una Carta costituzionale che si è rivelata
negli anni straordinariamente efficiente e funzionale. Nel farlo, non dobbiamo
perdere di vista l'elemento fondamentale: l'interesse costituzionale del paese
e la necessità di ricomporre quella frattura che oggi ancora esiste fra i
cittadini e le loro istituzioni.
Annuncio quindi il voto favorevole del Nuovo PSI, dando correttamente conto di
voti difformi di alcuni colleghi della componente, che ne hanno già esposto le
motivazioni (Applausi di deputati del gruppo Misto-Liberal-democratici,
Repubblicani, Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente,
signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, i Verdi,
insieme a tutto il centrosinistra e a tutte le opposizioni, voteranno contro il
disegno di legge di revisione costituzionale in esame.
Non si tratta di un atteggiamento pregiudiziale: il centrosinistra ha sempre
condiviso la necessità di un'organica riforma della seconda parte della
Costituzione, che non riguarda i principi fondamentali, sempre validi, ma
l'ordinamento della Repubblica in materia di forma di governo, forma di Stato,
bicameralismo e sistema delle garanzie.
Di tutto questo si era già discusso, in sede consultiva, nella IX legislatura,
con la Commissione Bozzi. Nell'XI legislatura, anche sotto l'impulso del
neoeletto Presidente della Repubblica, Scalfaro, con legge costituzionale fu
istituita la prima Commissione bicamerale con poteri referenti, che fu
egregiamente presieduta prima da Ciriaco De Mita e poi dalla compianta Nilde
Iotti.
Quella Bicamerale interruppe i propri lavori solo per lo scioglimento
anticipato delle Camere, nel 1994. Quando nacque l'Ulivo, e vinse le elezioni
del 1996, il centrosinistra propose subito il diretto coinvolgimento anche
delle opposizioni di centrodestra, con l'istituzione - in forza di una legge
costituzionale - di una nuova Commissione bicamerale con il compito di
riformare l'intera seconda parte della Costituzione. Fu la Bicamerale
presieduta da Massimo D'Alema che propose a quest'aula un progetto di revisione
costituzionale allora ampiamente condiviso da centrosinistra e centrodestra. Ma
fu il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, dopo un anno e mezzo di
lavoro parlamentare comune, a decretarne la fine il 2 giugno del 1998, in
quest'aula.
Il centrosinistra, tuttavia, non interruppe allora il percorso riformatore.
Abbiamo approvato quasi all'unanimità la riforma dell'articolo 111 della
Costituzione in materia di giusto processo, e - colleghi di centrodestra,
ricordatelo - in quell'occasione il centrosinistra nominò relatore Marcello
Pera, allora senatore dell'opposizione proprio di centrodestra. Abbiamo
approvato quasi all'unanimità una nuova forma di governo regionale, con
l'elezione diretta dei presidenti delle regioni e l'autonomia statutaria per le
regioni a statuto ordinario, e questo è già parte del Titolo V. Abbiamo poi
approvato, quasi all'unanimità, anche la riforma, con legge costituzionale,
degli statuti delle cinque regioni a statuto speciale e, quindi, anche delle
province autonome di Trento e Bolzano. Tutto ciò è avvenuto nella scorsa
legislatura, con il centrosinistra maggioranza politica. Ed è avvenuto quasi
sempre l'unanimità!
La stessa ulteriore riforma parziale del Titolo V è stata affrontata sulla base
di un testo originariamente condiviso; non è il centrosinistra che lo ha
imposto ma è il centrodestra che, alla fine, si è sottratto al processo
riformatore. Questa è la verità storica, non a caso condivisa allora anche dai
presidenti delle regioni governate dal centrodestra, il presidente Ghigo in
testa!
In questa legislatura è avvenuto esattamente l'opposto: il centrodestra ha
perso i primi due anni di legislatura ad approvare proprie leggi in materia di
giustizia di carattere «particolare». E sempre il centrodestra ha imposto la
revisione costituzionale in materia di devolution, ma poi ha abbandonato
quella riforma dopo la prima lettura. Dopo aver perso così due anni di
legislatura, l'iter riformatore è stato ripreso non con una proposta di
coinvolgimento di tutto il Parlamento nel processo riformatore - come noi
avevamo fatto nel 1996 -, ma con un metodo che è poco definire unilaterale e al
limite dell'incredibile!
Tutti ricordiamo le riunioni in una baita a Lorenzago la scorsa estate. Questo
è stato lo spirito costituente della Casa delle libertà! Tutti ricordiamo che,
dopo l'imposizione di un testo esclusivo del centrodestra al Senato, si sono
alzate le voci di decine di costituzionalisti, di tutti gli orientamenti
politici e culturali, centrodestra compreso: voci fortemente critiche su quel
testo. Tutti ricordiamo che ben 36 di quei costituzionalisti li abbiamo
ascoltati in Commissione affari costituzionali qui alla Camera. Sono state
audizioni di grande interesse, ma sono rimaste inascoltate. Infatti, in sede
referente, il centrodestra ha fatto muro e ha impedito qualunque dialogo e
confronto nel merito. Noi abbiamo presentato 100 emendamenti, il centrodestra
ne ha presentati 330 ed ha votato solo ed esclusivamente le proprie proposte.
Vi è stato un vero ostruzionismo del centrodestra in sede referente rispetto a
qualunque possibilità di dialogo e confronto parlamentare.
Do atto al ministro Calderoli che solo nell'ultimo mese - su tre anni di
legislatura e un anno di procedimento di revisione -, ripeto, solo nell'ultimo
mese, dopo un anno intero, si è aperto un minimo di confronto che ha portato ad
alcune limitate correzioni del testo, a cui abbiamo partecipato. Ma la verità è
che l'impianto della riforma è rimasto nei suoi aspetti radicalmente non
condivisibile. In materia di forma di governo, anziché un rafforzamento del
Primo ministro, che sarebbe stato da noi condiviso - basta leggere i nostri
emendamenti -, si è introdotto un premierato assoluto che non ha precedenti
nella storia delle democrazie parlamentari di tutta Europa, non solo di quella
continentale ma anche del Regno Unito!
In materia di forma di Stato, vi è uno schizofrenico processo di
ristatalizzazione, da una parte, e di sovrapposizione della devolution,
dall'altra, con in più il rafforzamento dei poteri sostitutivi e
quell'incredibile imposizione dell'interesse nazionale col Parlamento a Camere
riunite che riannulla le leggi regionali.
In materia di bicameralismo, era certo necessario arrivare ad un bicameralismo
differenziato, ma il testo contro il quale noi voteremo prevede un Senato
federale che di federale ha solo il nome ed un procedimento legislativo confuso
e contraddittorio, che vedrà l'esposizione sistematica del Parlamento
attraverso una sorta di terza Camera, la Commissione paritetica di trenta più
trenta, nonché l'arbitrio dei presidenti eletti dalla maggioranza con quorum
che permettono alla maggioranza stessa di eleggerseli da sola, che avranno il
potere esclusivo di decidere competenze e procedimenti nel rapporto tra le due
Camere, con l'aggiunta di un altro comitato paritetico di quattro più quattro.
In materia di garanzie, vi è stato un sistematico abbassamento dei quorum
che consegna quasi ogni decisione, salvo il regolamento della Camera, in mano
alla maggioranza pro tempore e si è introdotto un inaccettabile
sbilanciamento nella composizione della Corte costituzionale.
Queste, in sintesi necessaria, sono le ragioni del voto contrario dei Verdi,
del centrosinistra, di tutte le opposizioni.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 12,10)
MARCO BOATO. È questa la ragione
per cui, se l'iter arriverà alla conclusione - conservo qualche dubbio -, noi
fin d'ora annunciamo che, come già abbiamo fatto anche sulla nostra riforma nel
2001, ci rivolgeremo comunque al popolo sovrano, perché sia il popolo sovrano a
dare il suo giudizio definitivo.
Lo dico senza demagogia, ma con fermezza, se mi permettete: noi siamo convinti
che il popolo sovrano saprà mettere la parola fine non ad una riforma - perché
noi una riforma equilibrata l'avremmo condivisa - ma ad un inaccettabile
stravolgimento della Costituzione repubblicana (Applausi dei deputati dei
gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della
Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-socialisti democratici italiani -
Congratulazioni).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole
Boato. Desidero ringraziarla anche per il contributo che lei ha dato in questi
giorni ai lavori parlamentari, sempre con grande passione, competenza e
puntualità.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cusumano. Ne ha
facoltà.
STEFANO CUSUMANO. Signor Presidente,
esprimiamo tutta la nostra preoccupazione e contrarietà per la riforma del
Titolo V della Costituzione che la Camera si accinge a votare, una riforma che
definisce un assetto costituzionale pasticciato con un evidente conflitto tra
le diverse rappresentanze istituzionali, assolutamente incapaci di funzionare.
Si è volutamente ignorata la natura intrinseca della Costituzione, quale testo
strutturale della nostra democrazia, fondamento normativo generale delle
istituzioni democratiche e dei poteri che hanno il compito di applicarne regole
e princìpi.
La Costituzione è il testo unificante della Repubblica, che nel dispiegamento
delle sue norme regolamenta ogni ulteriore attività legislativa e attua
l'insieme di valori cui un popolo fa riferimento, in cui si riconosce.
La Costituzione è il patto forte che unisce tutti i cittadini di uno stesso Stato
e ne rappresenta ed esprime l'identità stessa. Ovviamente, non c'è alcuna
preclusione ad appositi emendamenti o modificazioni che l'arricchiscano e la
rendano ancora più flessibile rispetto al mutare dei tempi e alla complessità
dei problemi.
Resta vero, però, che il dettato costituzionale deve mantenere la sua coerenza
interna e la sua valenza generale; al contrario, il centrodestra sta seguendo
una prassi che, volutamente, ignora e vìola le caratteristiche generali di quel
patto forte, che è il nostro primo punto di riferimento istituzionale
identitario e che viene invece usato come oggetto di trattativa e di scambio
tra i partiti della maggioranza.
Tutto ciò per noi rimane inaccettabile. La riforma risulta tra l'altro
insufficiente in tutte le sue ricadute e sfumature; demolisce la Costituzione
repubblicana e dilania il paese, con conseguenze negative di non poco conto.
L'unico obiettivo che emerge sembra essere un forte indebolimento delle
garanzie, dei diritti e delle libertà costituzionali. Scrivere norme sul
premierato che indeboliscono la natura parlamentare della nostra Repubblica è
un atto di grave alterazione della lunga storia democratica del nostro paese, è
l'anticamera di un processo disgregativo della nostra democrazia, che rischia
di avviarsi verso una preoccupante deriva plebiscitaria costruita sulla
dittatura del Primo ministro.
Inoltre, in un momento delicato come quello attuale, esigenze nazionali ed
internazionali avrebbero richiesto di adottare riforme che migliorassero, non
che peggiorassero, l'efficienza del nostro sistema. È impensabile che si possa
modificare, in un solo colpo, parte della nostra Costituzione senza cercare un
punto di incontro, un consenso e, per di più, in quell'ottica distruttiva e
frettolosa che, invece, caratterizza la maggioranza di centrodestra. Le riforme
si fanno insieme: la modifica della Costituzione deve essere frutto di un
percorso di riflessione in grado di recuperare al meglio l'unitarietà dello
Stato!
Le riforme che la stessa maggioranza ci ha imposto, con un lungo rosario di
dissertazioni contraddittorie ed approssimative, sono contro la storia e la
civiltà stesse del nostro paese. A questo punto, è il caso di chiedersi se
valga la pena di stravolgere la Costituzione repubblicana che, nel bene e nel
male, in tutti questi anni ha garantito la coesistenza democratica, la certezza
dei diritti e delle libertà fondamentali: dalle riforme istituzionali dipende
il futuro del nostro paese!
Si conclude così una fase della nostra vita parlamentare: con un risultato
deludente che spazza via ogni residua possibilità di confronto serio tra
maggioranza ed opposizione. La chiusura a riccio della stessa maggioranza nella
difesa di alcuni punti della riforma conferma, da un lato, le difficoltà
interne della maggioranza stessa e, dall'altro lato, la permanente vocazione
del centrodestra a considerare ancora le riforme costituzionali una questione
tutta interna alla maggioranza.
Prendiamo atto di questo atteggiamento e rinnoviamo tutta la nostra contrarietà
al testo della riforma in esame (Applausi dei deputati dei gruppi
Misto-Popolari-UDEUR, Misto-socialisti democratici italiani e
Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole
Cusumano.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha
facoltà.
DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, la componente dello SDI voterà contro il disegno di legge
costituzionale di modifica della seconda parte della Costituzione.
Oggi cala il sipario sulla prima parte della scandalosa sceneggiata,
caratterizzata da ricatti, minacce di crisi di Governo, continui vertici di
maggioranza, di una riforma voluta ed imposta da una delle forze di
maggioranza, la Lega nord di Umberto Bossi e del ministro Calderoli. La
Costituzione che oggi si sta per distruggere - diceva, ieri, il mio capogruppo,
onorevole Intini - era nata sotto una forte spinta ideale popolare ed aveva
visto la luce dopo un lavoro che, per quasi due anni, aveva impegnato le forze
politiche nella ricerca dei punti di equilibrio sui principi fondamentali, sui
diritti e doveri dei cittadini, sui rapporti economici e sociali e,
soprattutto, sulla costruzione di un equilibrato ordinamento costituzionale.
Altro che spirito costituente: questo lavoro è profondamente distante da quello
svolto dai padri della Carta costituzionale!
Si è pensato soltanto a salvaguardare i precari equilibri politici, a costruire
un mostro giuridico, forti solo di una maggioranza parlamentare che, per
fortuna, è ormai molto lontana dai reali rapporti di forza nel paese. È stata
scritta, in questo mese, una delle pagine più negative della storia del nostro
paese; è stato compiuto un assalto indecente alla Costituzione repubblicana che
l'opposizione ha tentato di impedire unitariamente, con ogni mezzo democratico
a disposizione in questo Parlamento.
Speriamo che siano i cittadini a bloccare definitivamente tale assalto. La
devastazione della Costituzione va fermata nel solo modo possibile: il
referendum costituzionale. Da oggi, la parola d'ordine dovrà essere una ed una
sola: la difesa popolare della Costituzione.
La maggioranza non si è fermata di fronte a nulla: in primis, ha
rigettato tutti gli appelli e le preoccupazioni che venivano da autorevoli
costituzionalisti del nostro paese; ma non si è fermata neanche di fronte agli
appelli delle massime cariche istituzionali.
A nulla sono valsi gli appelli del Presidente della Camera e del Presidente
della Repubblica. Vorrei ricordare in quest'aula che nel mese di marzo, quasi
come un presagio, il Presidente della Camera dei deputati, dall'alto della sua
autorevolezza istituzionale e politica, rilasciò un'intervista dove rivolgeva
un caloroso invito a tutte le forze politiche a scrivere insieme le riforme, ed
avvertiva: « vedo una nuvola di veleni che si aggira sulla Repubblica, e allora
sento la responsabilità istituzionale di dire a tutti, ma proprio a tutti, di
non inquinare i pozzi della vita pubblica italiana».
In queste parole c'era tutta la preoccupazione di recuperare un dialogo
istituzionale con l'opposizione sulle grandi questioni di fondo del nostro
paese. A nulla sono valsi gli appelli del Capo dello Stato, i suoi continui
richiami alla salvaguardia dell'unità nazionale, ad evitare di mettere in campo
un forte squilibrio fra aree forti e aree deboli del nostro paese.
A questi autorevoli inviti, la risposta è stata profondamente diversa tra
maggioranza e opposizione. Nel centrodestra è prevalsa la linea dei falchi, di
quelli che vogliono affermare la dittatura della maggioranza; è prevalso uno
spirito riformatore esasperato, teso a concentrare poteri abnormi in capo al
Primo ministro, all'indebolimento degli organi di garanzia, come la Corte
costituzionale e il Presidente della Repubblica, ad imporre la cosiddetta devolution,
che poi si è tentato di mitigare con la clausola di salvaguardia dell'interesse
nazionale.
Di contro, il centrosinistra, è intervenuto prima attraverso tutti i suoi leader,
tutti i leader dell'opposizione, e poi attraverso un atto formale di
tutti presidenti dei gruppi di opposizione della Camera, che nel mese di luglio
hanno inviato al presidente della Camera una lettera.
In questa lettera i presidenti dei gruppi dell'opposizione, in via preliminare,
ponevano una grande questione di fondo, e dicevano che siamo di fronte ad un
passaggio decisivo, e quindi dobbiamo decidere quale strada imboccare. Ne
abbiamo due a disposizione: la prima strada è quella di una riforma equilibrata
e condivisa, che possa completare la transizione costituzionale. Il
centrosinistra è pronto a percorrerla tutta. Ciò è dimostrato anche dal lavoro
brillante e qualificato che hanno svolto tutti deputati dell'opposizione
all'interno della Commissione affari costituzionali, e in quest'aula, con
grande spirito costruttivo. L'altra strada era quella opposta, quella che poi è
stata scelta dal centrodestra, di mettere a rischio le basi democratiche della
nostra Repubblica, di compromettere definitivamente un rapporto tra le forze
politiche, e soprattutto di lavorare attorno alla modifica del nostro sistema
ordinamentale, ponendo il Parlamento in una condizione di sottomissione
rispetto al Governo.
Il centrodestra ha scelto questa strada, perché ha ritenuto di andare avanti
con i soli voti della maggioranza a sua disposizione. La conseguenza più
immediata, lasciatemelo dire, oltre al logoramento dei rapporti politico
istituzionali, è che questa riforma non chiude la transizione. Ne sono
convinti, lo abbiamo sentito in quest'aula, molti autorevoli rappresentanti
anche tra le file del centrodestra.
Questa riforma non dà avvio ad uno Stato federale, stretta com'è tra spinte
localistiche e forti spiriti centralisti. Essa non costruisce una vera
democrazia dell'alternanza, non adegua il nostro impianto costituzionale al
maggioritario, perché l'unica strada scelta è stata quella di avere investito
di poteri cesaristi il Capo del Governo, quasi come se il premier
dovesse governare l'Italia per i prossimi cinquant'anni.
Anche in materia di devoluzione, è stata scelta la strada più sbagliata,
introducendo la clausola di poteri esclusivi alle regioni in materia di sanità,
di ordinamento scolastico e di polizia regionale, sapendo poi, diciamoci la
verità (lo stanno facendo già in queste ore, soprattutto in alcune aree del
paese), che molti deputati di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici
cristiani e dei democratici di centro stanno cercando di convincere molti
elettori che questa strada comunque non sarà portata avanti, perché alla fine
sarà lo Stato ad avere una funzione prevalente anche rispetto a queste materie.
È un percorso che noi socialisti giudichiamo sbagliato. Anche il nostro
approccio è stato fortemente costruttivo, però avete voluto fare questa riforma
da soli, e l'avete voluta fare con un solo filo conduttore: quello di provocare
una frattura irresponsabile di tutta la struttura portante della Repubblica, e
di avviare una lenta ma inesorabile eutanasia della nostra Costituzione.
Da oggi, lasciatemelo dire, questa cosiddetta riforma diventa per noi, per
tanti di noi, una grande questione nazionale, che non dovrà più riguardare solo
il ceto politico, ma dovrà riguardare in primis tutti i cittadini, che,
attraverso il referendum, dovranno manifestare la loro netta contrarietà a
questa riforma, che, più che entrare nella coscienza del paese o essere
avvertita come elemento di progresso e di rinnovamento, è recepita solo come la
distruzione della nostra grande Carta costituzionale.
Per queste ragioni, a nome del gruppo dei socialisti democratici italiani,
voteremo con convinzione contro la riforma della Costituzione (Applausi dei
deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani, dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e
Misto-Verdi-L'Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armando Cossutta. Ne ha facoltà.
ARMANDO COSSUTTA. Signor Presidente,
colleghi, ho seguito attentamente, ogni giorno, per circa un mese, come tutti
voi, questo dibattito; l'ho seguito con sconcerto, anche con sgomento. Si sono
cambiati oltre 40 articoli della Costituzione, si è stravolto l'intero impianto
istituzionale della Repubblica, e tutto questo è avvenuto con votazioni a
raffica, senza possibilità di un serio approfondimento, senza un reale
confronto.
Ecco, quello che più colpisce, credetemi, è la mancanza del confronto, una
situazione che non ha precedenti nella nostra storia. Ricordo come nei momenti
cruciali della nostra vita politica, di fronte a decisioni davvero rilevanti -
penso al Patto atlantico, alla «legge truffa», ai decretoni economico sociali
-, il dibattito nelle aule parlamentari era reale ed il confronto anche. A
volte, era un dibattito infuocato, allora l'ostruzionismo raggiungeva pagine
epiche - c'erano deputati che parlavano per ore ed ore, lucidamente, senza
uscire dal tema (il record assoluto fu raggiunto dall'onorevole Almirante) -,
ma nel Parlamento e nel paese riuscivano ad emergere chiaramente i motivi del
contrasto ed il confronto si trasferiva nella società, nelle fabbriche, nelle
scuole.
Adesso non c'è nulla di tutto questo. Manca quel comune tessuto di valori che,
pur nel contrasto, può consentire il confronto leale e poi la sintesi. Non c'è,
manca il pathos democratico capace di suscitare una comune ed intensa
emozione.
E ho seguito con sgomento le esagitate interruzioni al nobilissimo discorso
dell'onorevole Maccanico da parte di chi voleva tagliare non le ore, ma i pochi
minuti necessari per concludere il suo ragionamento. Né hanno trovato eco le
preoccupazioni, le perplessità, pur prudentemente esposte da personalità
eminenti della stessa maggioranza (liberali, repubblicani, socialisti,
cattolici democratici). Eppure si sono volute decidere cose enormi!
Primo. Si è infranto il principio di eguaglianza, base di ogni convivenza
democratica; si è cancellata l'universalità dei diritti all'istruzione, alla
salute, alla sicurezza, determinando uno stravolgimento immondo all'opera
illuminata dei padri della Repubblica.
Secondo. Si è spezzata l'unità nazionale, ignorando che le radici storiche
della democrazia italiana risiedono nell'unità, raggiunta con il Risorgimento,
consolidata dalla sinistra con l'alleanza tra lavoratori del nord e contadini
meridionali, difesa durante la Resistenza da coloro che - tanti - non a caso si
chiamavano garibaldini, definita dalla Costituzione del 1948, una delle
migliori del mondo.
Terzo. Si è imposta una deriva autoritaria, oligarchica, anzi monarchica, come
si è detto, se per monarchia si intende quello che essa significa: potere di
uno solo; potere del premier. Ed il tutto con contraddizioni, squilibri,
confusione, che renderanno impossibile il governo democratico e ordinato del
paese. Una confusione voluta lucidamente e cinicamente, perché nel caos possa
farsi avanti prepotentemente la richiesta non di autonomia, non di devoluzione,
ma della secessione.
Qui si sta scrivendo la pagina più nera della storia parlamentare italiana. Si
tratta di un testo inemendabile, un testo eversivo: non rimane altro che
respingerlo! Qui non ci riusciremo, perché gli eversori hanno una maggioranza
blindata di voti.
Avete stravolto, attraverso un uso improprio e con un'arbitrarietà che grida
vendetta, l'articolo 138 non per correggere o innovare qualche articolo della
Costituzione, ma per sovvertirne interamente il testo. Qui non vi sono
possibilità di mediazione: la parola, ormai, spetta al popolo.
Il referendum si terrà, e dovrà annullare questo disastro. Per questo, amici e
compagni carissimi della nostra grande alleanza democratica, dobbiamo
rivolgerci esplicitamente, chiaramente ed energicamente al popolo, superando
non soltanto le esitazioni, ma gli stessi errori compiuti in passato. Infatti,
quattro o cinque anni fa, si è creduto che esistesse nel paese una propensione
al federalismo; tuttavia, ammesso che allora essa vi fosse, oggi non è più
così. Tale propensione ormai crolla, sommersa dal dissenso sociale, dalle
obiezioni culturali e dalle perplessità finanziarie; in sostanza,
dall'opposizione di quanti - i sindacati, l'intero Mezzogiorno, gli insegnanti
e le famiglie popolari - paventano, giustamente, la differenziazione dei
diritti sociali.
Per troppo tempo, infatti, anche a sinistra ha fatto premio un
costituzionalismo di recente conio...
PRESIDENTE. Onorevole Armando Cossutta, concluda!
ARMANDO COSSUTTA. ... incantato da
velleità moderniste di efficienza. Credo che si volesse rendere più vicino il
popolo alle istituzioni, ma si è trascurato che già esisteva il regionalismo e
che andava potenziata, semmai, l'autonomia dei comuni. Non vi sono scorciatoie:
andando per sentieri, si rischia di smarrire la via maestra! Con le concessioni
al federalismo, si è cercato di intercettare e di introitare quello che,
invece, doveva essere respinto.
La difesa e lo sviluppo della democrazia non ammettono palliativi: crollando la
seconda parte della Costituzione, nei suoi capisaldi, vengono meno i principi
stessi della prima parte, che li avevano generati per essere garantiti ed
attuati.
Si apre oggi una fase grave per la Repubblica, ma si è aperta anche la fase
della riscossa democratica. Con il referendum, possiamo abrogare questo
misfatto; con la vittoria elettorale del 2006, potremmo abrogare le leggi
ingiuste di Berlusconi: quella sul conflitto di interessi, la legge n. 30 del
2003 per i lavoratori, la controriforma Moratti per la scuola e la legge
Bossi-Fini sugli immigrati.
Forse, onorevoli colleghi, oggi abbiamo toccato il fondo, ma da oggi possiamo,
dobbiamo e riusciremo a risalire alla luce (Applausi dei deputati dei gruppi
Misto-Comunisti italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione
comunista - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente,
preannunzio che il gruppo di Rifondazione comunista voterà contro il disegno di
legge recante queste modifiche costituzionali, poiché esse riguardano la parte
II della Costituzione, ma incideranno sulla prima, contenente i diritti
fondamentali.
Si tratta di una riforma che produce la frammentazione della Repubblica e la
frantumazione dei vincoli di solidarietà politica, economica e sociale.
Infatti, i diritti sociali dei cittadini si riducono a livelli essenziali
minimi, si introducono disparità di trattamento tra le regioni ricche e quelle
povere e si spezza il principio di uguaglianza. Si produce, in altri termini,
un effetto di demolizione dei diritti e della politica.
Mi
riferisco anche alla politica, poiché, assieme ad un finto Senato federale, si
introduce un elemento ibrido, anomalo e pericoloso, quale il «premierato
assoluto». Vi sarà, infatti, un Primo ministro che potrà esercitare
arbitrariamente il suo potere, fino allo scioglimento delle Camere, ed un
Presidente della Repubblica ridotto a notaio.
Si è determinata una rottura di quella cultura dei contrappesi propria del
costituzionalismo: è stata prevista, infatti, una Corte costituzionale che
rischia di subire un processo di politicizzazione, un Parlamento che viene
espropriato dei suoi poteri, un Capo dello Stato che perde il suo ruolo super
partes ed i Presidenti delle Camere che perdono la loro funzione di
garanzia, essendo tutti piegati agli interessi governativi.
Insomma, a fronte di una domanda sempre più forte di partecipazione dei
cittadini, in particolare dei giovani, alla vita politica del paese, voi
rispondete con un nuovo, moderno autoritarismo, con una destrutturazione del
sistema democratico ed istituendo una carica monocratica, eletta dal popolo,
che dovrebbe incarnare il bene assoluto.
Signor Presidente, in una dialettica politica ed istituzionale che ponga al
centro la riforma di un ordinamento democratico, esistono due momenti di
democrazia: uno appartiene alla fisica e l'altro alla metafisica. Sono
ascrivibili certamente alla fisica tutte quelle espressioni di pensiero che
mirano a garantire un miglior funzionamento delle istituzioni democratiche. In
tal senso, si parla di premierati forti o deboli, di parlamenti perfetti o
imperfetti e di centralizzazione o di decentramento dei poteri. Vi è, poi, un
momento metafisico della democrazia, che certa filosofia antica pone quale
insieme di principi primi rispetto a qualsiasi realtà ci si trovi a vivere. In
questi casi, in altre parole, le regole della fisica seguono ai valori della
morale e della metafisica.
La nostra Carta costituzionale, in qualche misura, pare seguire tale stima,
aprendo metafisicamente con i principi fondamentali, per arrivare, poi,
fisicamente all'ordinamento della Repubblica. Solo in tal modo molti aspetti
delle nostre istituzioni possono trovare un'effettiva spiegazione. Nel 1948,
gli ideali e i valori della metafisica democratica furono il cemento che tenne
insieme uomini e donne della classe politica che aveva diretto la guerra di
liberazione ed era giunta, sia pure attraverso conflitti, al Patto
costituzionale. Da un lato, i conservatori rinunciarono ad un - allora
impossibile - ritorno al passato e, dall'altro, le sinistre accantonarono il
programma rivoluzionario della «dittatura del proletariato», coniando la
formula della «democrazia progressiva» e, per bocca degli stessi Togliatti e
Morandi, parlarono, con insistenza, di valori, ideali e metodi democratici.
Che fine ha fatto quel Patto? È indubbio che la Costituzione non è immutabile.
Ciò lo sapevano gli stessi costituenti, quando introdussero l'articolo 138. La
metafisica della nostra democrazia impone, tuttavia, che non tutte le norme che
furono alla base di quel Patto siano modificabili. Anche Mortati parlava di un
nucleo immodificabile quale forma di humus culturale che appartiene,
quale codice genetico unico, ad ogni popolo. Quando si modifica solo uno di
questo insieme di valori e di principi, non si tratta più di revisione
costituzionale, perché non si salva l'identità e la continuità della
Costituzione, ovvero la tradizione autentica e i valori della storia.
Gli articoli delle costituzioni, scriveva Piero Calamandrei, sono come membra
di un corpo vivo, di cui non si può fare a meno: vivono finché gli circola
dentro il sangue che le alimenta. Il sangue, in questo caso, si chiama
correttezza politica e lealtà costituzionale. Così, se nella Costituzione
italiana si volesse cambiare alcuno di questi elementi identificatori, la
Costituzione perderebbe la propria identità. Ciò vorrebbe dire far crollare
tutta la Costituzione e ricominciare da capo, tornando dal piano della legalità
a quello della forza. Diverrebbe la fine e l'instaurazione ex novo, di
fatto e non di diritto, di un nuovo regime.
Solo se si tiene ferma tale premessa, si può passare al secondo momento, quello che riguarda la fisica della democrazia e che si traduce nel problema del governo democratico, che non è solo il governo del popolo e neppure il governo della maggioranza aritmetica del popolo, ma quel governo nel quale si ottiene la maggiore possibile identificazione fra governanti e governati e la minore possibile oppressione di governanti sui governati. Ciò era alla base del sacro Patto costituzionale del 1948, che oggi viene tradito (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente,
oggi è un giorno importante. Vi è il voto su una grande riforma. Ciò
costituisce un passaggio decisivo. Dopo 143 anni di centralismo, ormai ci
avviamo allo Stato federale. Si spezzano le catene che hanno soggiogato il
nord, il centro ed il sud del paese. È una rivincita di Cattaneo nei confronti
di chi ha voluto questo Stato centralista.
Il futuro sarà quello dell'unità nella diversità, che sarà il vero collante di
questo paese. Ciò costituisce anche il passaggio tra la prima e la seconda
Repubblica ed è un successo della Casa delle libertà. Rappresenta il traguardo
di un percorso iniziato ben cinque anni fa e che sta ora producendo risultati.
È una vera riforma: la devoluzione è importante, perché si attribuiscono veri
poteri alle regioni, non come avete fatto voi della sinistra. Si istituisce un
Senato che inizierà una dinamica virtuosa: all'interno del Senato i rappresentanti
delle regioni dialogheranno fra loro e rappresenteranno certamente gli
interessi delle regioni, ma nell'ambito di un disegno complessivo che porrà al
centro l'interesse di tutto il paese. Certo, in questo testo vi sono degli
equilibri, vi è una clausola di eccezionalità, ma ciò è giusto. In questo paese
sono varie le forze politiche, anche all'interno della maggioranza, e sono
diversificati gli interessi esistenti nel centro, nel sud e nel nord del paese:
noi abbiamo trovato un equilibrio.
Sarebbe lungo descrivere i pregi del federalismo, ma li riassumiamo
rapidamente. Innanzitutto, ripristiniamo il principio di sovranità, di vera
democrazia, di sussidiarietà. Governa la persona, la comunità, la gente, l'ente
locale e, via via, secondo una giusta applicazione del principio di
sussidiarietà, i vari enti territoriali o lo Stato.
Si introduce la puntualità: il federalismo è puntualità delle risposte, è dare
risposte precise alle esigenze reali e diversificate dei cittadini. Ciò
comporta una migliore soddisfazione dei cittadini ed un minore sperpero di
denaro pubblico: due piccioni con una fava.
Si introduce la responsabilità: fino ad oggi, anche i pessimi amministratori -
ne abbiamo avuti molti, ad esempio in Campania - spesso venivano premiati dai
loro cittadini perché distribuivano privilegi, prebende ed assistenzialismo.
Con il federalismo ciò non sarà più possibile, perché il presidente della
regione o l'assessore decideranno le norme da applicare nella sanità, nella
scuola, nella polizia locale e decideranno l'imposizione fiscale, ma dovranno
rispondere ai cittadini, che saranno messi in grado di giudicare se il loro
amministratore o il loro presidente è un furfante o è un bravo amministratore.
Per cui, anche da questo punto di vista, la responsabilità è importante ed il
federalismo è responsabilità.
Introduciamo la concorrenza istituzionale, per cui le regioni che produrranno i
risultati migliori nella sanità o nella scuola costringeranno le regioni vicine
ad emularle, perché, altrimenti, gli amministratori o i presidenti delle
regioni che non daranno servizi adeguati saranno mandati a casa dai loro
cittadini.
La conferma che è una grande riforma è nell'atteggiamento, nello sconforto e
nel nervosismo che il centrosinistra dimostra. È una doppia sconfitta
ideologica e di interessi: è una sconfitta ideologica, perché si sconfigge
definitivamente la vostra logica dell'Ulivo mondiale, per cui vi è una visione
del mondo dove il potere è sempre più lontano dai cittadini, è sempre più
accentrato e sempre più delegittimato, perché la gente non ha più nessuna
connessione con il potere.
È la sconfitta di quel mondo nel quale voi vorreste imporre quattro regolette
illuministiche e vorreste che gli uomini fossero uguali, senza distinzione di
storia, di cultura, di religione. Voi vorreste che gli uomini non avessero
alcun legame con il territorio. Pertanto, è la sconfitta di quel disegno di
globalizzazione nel quale, secondo voi, le merci, i capitali, la finanza ed
anche gli uomini possono distribuirsi nel mondo senza alcun confine, senza
alcun limite e senza alcun legame con la storia ed il territorio di determinate
parti del paese.
Lo strumento che avevate messo in campo era la legge sull'immigrazione, per
consentire a tutti di entrare nel nostro paese. L'obiettivo era quello di
scardinare l'identità dei popoli, di allontanare sempre di più il potere
politico e di dare sempre più spazio ai grandi interessi finanziari. Il vostro
obiettivo era quello di una società anonima, dove l'uomo non contava più
niente. La Casa delle libertà ha rimesso al centro l'uomo, la persona (Applausi
dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
È anche la sconfitta di un'altra ideologia, del centralismo, dello statalismo.
È la sconfitta dell'idea che deriva da Plauto dell'homo homini lupus,
che voi avete sempre portato avanti per legittimare il potere e lo Stato
centralista. È la sconfitta della vostra filosofia, che si ispira a Hobbes,
Hegel, Marx e Gramsci. È la sconfitta anche dei vostri interessi, perché i
vostri interessi da sempre sono stati tutelati dal centralismo, perché è più
facile governare tutto dal centro. È più facile fare assistenzialismo, avere
clientele, gestire il voto di scambio. È più facile mantenere una burocrazia
elefantiaca, pletorica e inefficiente. È più facile fare grandi favori alle
grandi aziende (Una voce dai banchi dell'opposizione grida: «Mediaset!»)
assistite dallo Stato. È facile stare dalla parte del nuovo corporativismo e
della grande finanza.
A tal fine, in quest'aula avete sollevato la polemica sui costi del
federalismo, mobilitando Montezemolo, i sindacati, i vostri giornali e
strattonando Ciampi e mobilitando intellettuali di regime.
Avete collezionato solo brutte figure. Il ministro Calderoli è intervenuto in
aula e vi ha spiegato che il riferimento all'ISAE era legato alla vostra
riforma, e voi non lo sapevate. Quei 60 mila miliardi dei quali parlavate
costituivano il costo della vostra riforma nel caso in cui ci fosse stata una
duplicazione di organico e di personale. Allora, o non lo sapevate, o siete
incoscienti.
Noi, tuttavia, che abbiamo visto bene i costi del centralismo, come tutti gli
italiani, sappiamo che i costi del centralismo, costituiti da un debito
pubblico di 2 milioni e cinquecentomila miliardi, sono da addossare a voi e
alle vostre politiche dissennate.
Avete cercato per molti anni di ingannare i cittadini sul federalismo, oltre
che avere governato male, con la legge Bassanini, trasferendo delle competenze
senza trasferire risorse, con un falso federalismo fiscale, con la riforma del
Titolo V, addirittura senza un Senato federale. Come può esistere un
federalismo senza una Camera di compensazione dove le regioni si confrontano?
Tutto ciò lo avete fatto per screditare il federalismo, perché voi a malapena
volete un decentramento nel quale il centro imponga sempre le regole.
Ora siete arrabbiati e confusi. Vi dà tremendamente fastidio che noi
rispettiamo il patto elettorale e che la Casa delle libertà stia cambiando il
paese.
Avete dimostrato in quest'aula mille contraddizioni: avete affermato, da una
parte, che la riforma sfascia il paese, e, dall'altra, che sarebbe una riforma
accentratrice. Mettetevi d'accordo con voi stessi! Avete tra l'altro votato a
favore di molti emendamenti proposti dalla Casa delle libertà. Dovrete
spiegarlo agli elettori. La verità è che voi esistete solo contro qualcuno, non
siete nulla, non avete un punto di riferimento e non avete un programma (Applausi
dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione
Padana)! L'unico vostro programma è la difesa del centralismo e del potere
centralizzato.
Prodi è la vostra foglia di fico. Dopo averlo mandato a casa e averlo
sfiduciato nella scorsa legislatura, dopo che ha fatto una pessima figura in
Europa, adesso è l'unica cosa che blandite, perché non avete una vera leadership.
Non avete compreso il corso della storia, mi dispiace per voi, centrosinistra.
La storia non è finita. Il federalismo serve proprio per contrastare gli
effetti negativi della globalizzazione e per bilanciare un'Europa
tecno-burocratica, dove sembra avere spazio solo un positivismo di stampo
keynesiano (Commenti dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
I popoli non si arrendono - mi spiace per voi - all'omologazione. Essi
difendono la loro identità e vogliono vera democrazia. È necessario tra l'altro
- questo l'hanno capito ormai tutti - demitizzare gli aspetti negativi dello
Stato-Nazione statalista e centralista.
Cambiare la forma di Stato è una necessità ineludibile anche per motivi economici.
Il welfare, ormai, è insostenibile con un Stato centralista, uno Stato
troppo pesante.
Il paese non può più avere competitività. Non c'è più la svalutazione della
moneta, siamo nell'euro. C'è il patto di stabilità, giustamente. Non c'è più il
debito pubblico, fortunatamente. Non c'è più il protezionismo, quel circuito
che teneva in piedi il paese per cui una parte produceva di più, l'altra parte
consumava di più, ma il denaro restava all'interno del circuito nazionale. Oggi
la ricchezza si allontana sempre più dal nostro paese. Inoltre, c'è
l'allargamento ad est per cui verranno meno anche quelle risorse. Da qui la
necessità reale di uno Stato più leggero.
Non è stato facile non rispondere alle vostre provocazioni, amici dell'Ulivo.
Però, la Lega è un movimento forte e determinato. Il Governo di centrosinistra
degli ultimi decenni ha dato pessimi risultati. Basterebbe ricordare i numerosi
scandali che hanno caratterizzato la gestione del paese da parte vostra.
Ricordiamo il debito pubblico, i milioni di dipendenti pubblici con
un'amministrazione inefficiente ed un Mezzogiorno che avete letteralmente
abbandonato.
Ancor più difficile è stato non rispondere alle provocazioni di alcuni
discepoli di Martinazzoli e di De Mita presenti in quest'aula, come gli
onorevoli Frigato, Delbono ed altri che, anche nei metodi, hanno continuato
sulla stessa strada. Vanno al nord, promettono mille cose al nord e vengono
eletti al nord. Vengono a Roma e votano contro il nord (Applausi dei
deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
Ancor più difficile è stato non rispondere a lei, presidente Castagnetti, ed
alle sue provocazioni. Stiamo cambiando il paese, stiamo facendo cose concrete,
non chiacchiere come lei e molti altri del suo schieramento in questi anni. Voi
avete fatto un grosso errore, e capisco che adesso dobbiate nascondere gli
errori storici che avete fatto: siete diventati veri e propri vassalli della
sinistra. Avete tradito i vostri principi, il concetto di persona, il concetto
di sussidiarietà, l'autonomismo. Avete svenduto, addirittura, un vostro simbolo
nobile, quello del Partito popolare italiano.
GABRIELE FRIGATO. Calma!
PRESIDENTE. Onorevole Cè, deve concludere.
ALESSANDRO CÈ. Concludo, signor Presidente e la ringrazio del tempo che mi ha dato in più...
PRESIDENTE. Non gliene ho dato poco in più.
ALESSANDRO CÈ ....anche perché in
questo dibattito abbiamo parlato poco e ci siamo riservati di intervenire alla
fine.
In conclusione, devo rivolgere alcuni doverosi ringraziamenti nei confronti del
ministro Calderoli, del quale abbiamo apprezzato la professionalità, la grande
capacità, la grande convinzione e la grande determinazione (Applausi dei
deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di
Alleanza Nazionale). Devo soprattutto - e credo che ciò possa essere
condiviso da tutta l'Assemblea - dire un grosso «grazie» ad Umberto Bossi per
la tenacia, la forza, il grande acume politico e l'amore che ha dimostrato per
la nostra terra (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord
Federazione Padana, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei
democratici cristiani e dei democratici di centro). Grazie, innanzitutto,
ad Umberto Bossi per averci insegnato che essere uomini significa comprendere
che nella vita è importante lottare per cause nobili: per la nostra dignità,
per il nostro popolo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord
Federazione Padana, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei
democratici cristiani e dei democratici di centro)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare del dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, nella seduta odierna voteremo la riforma costituzionale.
Abbiamo lavorato a questo testo avendo a cuore il bene del paese e delle future
generazioni. Perciò, almeno per noi, la riforma non ha mai assunto l'idea
simbolica del totem, un dio a cui sacrificare le nostre ragioni o il bene
comune.
All'opposto, le ragioni che in questi anni hanno mosso le nostre proposte
venivano e vengono da realismo, dal confronto con le emergenze della realtà
italiana, dai danni e dai costi finanziari e burocratici del Titolo V approvato
nella scorsa legislatura che, come tutti sappiamo, ha prodotto costi pari a 60
miliardi di euro stimati da un istituto internazionale e ha contribuito
fortemente a portare l'Italia dietro il Botswana per i costi burocratici.
Dicevo che le ragioni che in questi anni hanno determinato le nostre proposte
venivano appunto da questo realismo. Nella primavera del 2002, a fronte della
richiesta da parte di un alleato, la Lega, di attuare il programma della Casa
delle libertà sulla devolution, abbiamo chiesto di ampliare le
riflessioni sulle lacune e sugli errori del Titolo V; da lì in poi la storia di
questa riforma più ampia ha preso il via. Si tratta di una riforma nella quale
il principio di sussidiarietà, che è nell'articolo 114, la sussidiarietà
fiscale, cioè più libertà per le persone e per la società, che è nell'articolo
118, il fatto che le autonomie funzionali non dovranno più temere che una
qualche regione approvi una norma contro di essa, le materie che sono state
riportate alla competenza dello Stato e le nuove materie che sono state
inserite - pensiamo ad esempio alla tutela del sistema Italia -, trovando
finalmente la loro chiara nuova allocazione, la devolution, che vuol
dire più competenze per le regioni, ma anche più tutele generali da parte dello
Stato, e la cosiddetta clausola di supremazia, di cui al nuovo articolo 120,
fortemente voluta da noi, rendono questo sistema senza ombra di dubbio un
federalismo equilibrato e solidale, tra il centro e la periferia, tra il nord e
il sud, tra la società e lo Stato.
Il principio di sussidiarietà è stato applicato anche in altri ambiti, come
nella formazione delle città metropolitane, nella possibilità del ricorso alla
Corte costituzionale da parte dei comuni e nel riparto delle competenze
amministrative tra Stato, regioni e autonomie locali. Oggi possiamo dire con
chiarezza e con orgoglio che nella nostra Carta costituzionale c'è, più forte,
l'applicazione e la realtà del principio di sussidiarietà. Per nostra esplicita
volontà c'è la premessa costituzionale per un sistema elettorale proporzionale.
C'è la sfiducia costruttiva verso il premier. C'è un Senato federale,
dove le regioni finalmente, con gli enti locali, sono presenti e si assumono,
davanti allo Stato e all'interno del Parlamento, le proprie responsabilità. C'è
la tutela e la valorizzazione delle regioni a statuto speciale.
In questa riforma ci sono molti correttivi alla tentazione del neocentralismo
regionale.
Permettetemi,
però, di soffermarmi su una riflessione. Qualcuno pensa che il solo sistema
proporzionale potrà da sé cambiare le cose, che il dialogo tra le parti, attraverso
questo sistema, riprenderà. Non penso sia così. Non sarà così, se
l'atteggiamento di ognuno di noi e di ciascuna forza politica rimarrà quello
che abbiamo vissuto in questo dibattito. Non vi è dubbio che per noi la legge
elettorale proporzionale con premio di coalizione è una meta positiva da
raggiungere. Più libertà per gli elettori però significa più responsabilità per
i rappresentanti del popolo. Il nostro bipolarismo è malato, a causa di un
atteggiamento antipolitico, che vede un nemico al posto dell'avversario. Ci
sono appunto avversari in politica, e non nemici, e gli avversari, oggi come
ieri, devono vivere - lo dico prima di tutti a me - da rappresentanti del
popolo e quindi fare il bene del paese, nel confronto per un lavoro comune, su
quelle regole e su quelle prospettive che sono di tutti, di chi oggi è
maggioranza e di chi oggi è opposizione: la politica estera, la lotta al
terrorismo, ma anche - e non può che essere così - la Carta costituzionale, i
pilastri dello sviluppo, la sussidiarietà e il valore della famiglia.
Non nascondiamoci, però, l'evoluzione politica grave di questi ultimi mesi. A
luglio eravamo stati imputati come responsabili di una crisi della maggioranza
per le stesse ragioni e per gli stessi emendamenti dei quali oggi la maggioranza
va in gran parte fiera. Se questo nostro piglio di allora oggi è divenuto
patrimonio comune e condiviso, non può che stupire e sconcertare quanto
l'opposizione pregiudizievole abbia preso il posto dell'opposizione
costruttiva, che allora lanciava fiori al nostro passaggio. Il metodo del
confronto con la società italiana, da noi chiesto al ministro Calderoli e da
lui attuato durante i mesi estivi, non è piaciuto e così ai nostri emendamenti
di luglio si è votato «no» perché essi erano stati firmati dall'intera
maggioranza. Purtroppo nemmeno queste risposte avremo oggi. Tutti sappiamo il
perché del vostro atteggiamento qui, lo sottolineo, in aula: è un «no» a
prescindere! Lo avete detto in molte occasioni, in quest'ultimo mese. Merito di
Prodi o meglio demerito suo e di chi, come lui, ha scelto di non contribuire
alla costruzione comune della Carta costituzionale di tutti!
La disponibilità, da parte nostra, vi è stata; un'umile e prudente
atteggiamento ci ha guidato, ricordando le nostre radici, e ci ha guidato con
forza anche in questi mesi. Una cosa è mancata: la vostra - perdonatemi -
passione civile, la vostra utile volontà di lavorare insieme ad un progetto
comune per tutti, e lo considero un peccato, un'occasione persa per tutti, di
cui vi assumete per intero la responsabilità.
Non vi è merito alcuno ad evitare il dialogo! Non vi è merito alcuno ad evitare
il confronto ed il lavoro comune per il bene del paese! Non vi è merito alcuno
a vestire i panni, come avete fatto, della tirannia dell'opposizione!
Dire sempre «no» a prescindere, impedire un voto unanime ed ampio anche su temi
condivisi e così importanti è, nei fatti, un vero e proprio tentativo di far
valere il pericolo della tirannia dell'opposizione (Applausi dei deputati
dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e
di Alleanza Nazionale). È l'evidenziarsi di poca responsabilità e dispiace
a noi, dispiace per il paese e per il futuro.
Tutto, purtroppo, avete fatto non per un ideale, ma per un uomo; un uomo solo
al comando, un uomo i cui ordini avete anteposto anche al dibattito ed al
confronto per un lavoro comune. Cadono anche qui tutte le vostre critiche al
premierato attenuato inserito in questa riforma. Voi avete scelto di seguire un
imperatore che non ha nemmeno il coraggio di venire qui, da eletto, a
confrontarsi nell'aula del Parlamento, un capo extra parlamentare.
ROSY BINDI. Ma che dici?
LUCA VOLONTÈ. Il vostro atteggiamento getta un'ombra su questo voto, un voto per noi favorevole e positivo per i molti aspetti migliorati in questi mesi.
Vi
è un velo di tristezza davanti alla presa d'atto che non vi è stata la
possibilità di un lavoro comune, ma vi è anche il velo di una certa
soddisfazione, perché vi è più equilibrio, più solidarietà, più sussidiarietà e
più chiarezza in questo testo di quanto non ve ne fosse in quello approvato dal
Senato.
Tutti sappiamo che il testo in esame poteva ancora essere migliorato e tutti
sappiamo quanto poco abbiate fatto per fare in modo che ciò accadesse.
Un grazie, infine, da parte mia, a tutti i componenti della Commissione, di
destra e di sinistra, al presidente della Commissione, onorevole Donato Bruno,
che ha guidato con intelligenza e con grande disponibilità i nostri lavori, al
ministro Calderoli ed al sottosegretario Brancher (Applausi dei deputati dei
gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione
Padana).
Pensiamo di aver fatto il nostro dovere e di averlo fatto bene; tutto ciò che
poteva essere fatto meglio, purtroppo, è stato impossibile, a causa del vostro
atteggiamento a parole costruttivo dentro quest'aula...
KATIA BELLILLO. Per Buttiglione... Vergogna!
LUCA VOLONTÈ. ...a parole polemico fuori da quest'aula e, certamente, in entrambi casi, completamente all'opposto di ciò che avete detto quando il Capo dello Stato ha invitato tutti al dialogo costruttivo, che voi non avete consentito (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
ANDREA LULLI. Sei un servo!
KATIA BELLILLO. Giuda!
PRESIDENTE. Onorevole Bellillo,
sono urla da stadio! Non è questa la sede!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Mita. Ne ha
facoltà.
CIRIACO DE MITA. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, avremmo voluto e dovuto decidere insieme e, quindi, non
dire «no» al vostro invito, ma voi, onorevole Volontè, avete fatto un patto
mediocre e un po' rozzo di maggioranza e a questo la minoranza è costretta a
dire «no».
Lo dico con amarezza: lo spettacolo che abbiamo offerto non è esaltante, non
per la durezza dello scontro, ma per la sua inutilità, ma ciò non è figlio del
caso, di un momento di distrazione o di rilassatezza. Ciò perché un'opera alta
e straordinaria, come il riordino delle istituzioni e delle regole della
convivenza, è stata trattata come merce di scambio tra i vari segmenti della
maggioranza.
Vi è un rilievo che vorrei fare: abbiamo perso e perdiamo una straordinaria
occasione.
Infatti, la democrazia dell'alternanza, di cui tutti abbiamo parlato e che
tutti abbiamo avvertito come una necessità, non si fonda sulla definizione dei
diritti comuni, ma sulla definizione del privilegio di parte.
Quando la maggioranza, non come regola di individuazione della norma ma come coalizione,
pretende di dettare le regole della convivenza, crea un solco molto duro
rispetto alla prospettiva di ripresa democratica del nostro paese (Applausi
dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-socialisti democratici
italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).
Vorrei che tutti riflettessimo su ciò: l'alternanza è fondata sull'uso
discrezionale del potere, non sulla definizione del diritto tra una parte e
l'altra. Quindi, il decidere insieme non è atto di cortesia, il decidere
insieme è una necessità. E quando questa necessità non è realizzata, rimaniamo
tutti sconfitti di fronte ad un'opera che avremmo dovuto attuare.
Non a caso - amici del Parlamento, amici della maggioranza -, la liturgia che
abbiamo praticato - lo voglio dire all'onorevole Fini, presente alla
conclusione del dibattito - è stata abbastanza anomala. Il Parlamento, sia in
Commissione sia in aula, ha discusso su proposte che si sapeva non erano
definite; infatti, le proposte definite sono state avanzate in conclusione dal
ministro attraverso l'emendamento, che non era un espediente tecnico, in quanto
obbediva alla logica che la soluzione non era del Parlamento nella sua
totalità. Discutere insieme significa tener conto del Parlamento nella sua
totalità, non dei vertici e della maggioranza attraverso l'utilizzo di un
supporto tecnico che squalifica la scienza giuridica e il diritto
costituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita,
DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista,
Misto-Comunisti italiani, Misto-socialisti democratici italiani e
Misto-Verdi-L'Ulivo).
Infatti, le norme non sono concetti approssimati, le norme hanno una loro
razionalità, ubbidiscono ad esigenze, ma non sostituiscono i comportamenti.
Quando qualcuno leggerà i resoconti di questa discussione scoprirà che, nella
logica della formulazione giuridica, abbiamo fatto straordinari passi indietro
rispetto allo Stato laico, che prefigura la norma come sollecitazione di
comportamenti. La norma stabilisce che qualcuno possa fare qualcosa per noi; in
realtà, abbiamo introdotto norme che impediscono qualcosa o sostituiscono il
comportamento delle persone. Stiamo procedendo verso una forma di logica
teocratica: altro che forma laica e democratica (Applausi dei deputati dei
gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di
Rifondazione comunista, Misto-socialisti democratici italiani e
Misto-Verdi-L'Ulivo)!
La mostruosità - lo dico all'amico Follini - non è in questo o in quel
particolare, ma nella logica del complesso dell'ordinamento che abbiamo
definito. Dunque, mi soffermerò su tre questioni.
La prima è quella relativa alla semplificazione del bicameralismo. Si tratta di
una questione che la Costituzione lasciò irrisolta, dando vita ad una sorta di
bicameralismo perfetto.
Nella contrapposizione tra la tesi del bicameralismo - sostenuta
prevalentemente dalla Democrazia cristiana e dagli alleati - e quella del
monocameralismo - sostenuta dalla sinistra - si pervenne ad una sorta di
bipartitismo perfetto. Si tratta di un vizio che, onestamente, non ci ha
impedito di progredire durante cinquant'anni di vita democratica.
Ciò poteva essere corretto, ma voi avete organizzato una forma di bicameralismo
fondata sulla presunzione della convergenza, per cui quando una Camera non è
d'accordo con l'altra si dà vita all'arbitrato, discettando come se si
trattasse di norme private e non di norme a difesa dell'interesse pubblico (Applausi
dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani,
Misto-socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).
Il bicameralismo si fonda sul dissenso, non sul consenso coatto, altrimenti il
bicameralismo sarebbe inutile!
Questo non significa che il bicameralismo non esiste dove c'è l'accordo, ma il
bicameralismo esiste per registrare il dissenso quando questo effettivamente si
verifica.
Dico questo all'onorevole Bruno, di cui ho stima e a cui posso quindi
rivolgermi senza il timore di reazioni eccessive. Sarebbe stato molto semplice
stabilire che alla Camera spetta la competenza sulle materie che riguardano
l'attività di governo, perché essa ha un rapporto di fiducia con l'Esecutivo.
Il Senato, viceversa, ha competenza per le materie che riguardano la tutela
delle autonomie. Il bicameralismo da conservare - non è infatti da cancellare -
riguarda materie quali la difesa, la definizione dei diritti di libertà e delle
norme costituzionali.
Onorevole Bruno: Napoleone, che si intendeva di tecnica istituzionale, dettava
norme di tre righe, brevi e oscure (Applausi dei deputati dei gruppi della
Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo,
Misto-Verdi-L'Ulivo, Misto-socialisti democratici italiani). Leggete quello
che avete scritto. Eppure, quando l'ho fatto osservare, mi è stato risposto che
non si trattava soltanto di questo, quasi a dire che, al di là della sintassi,
ci fosse ben altro!
Insomma, i Costituenti - tra cui erano presenti in quantità notevole persone di
cultura - per la definizione delle norme scelsero linguisti di chiara fama e
grande capacità. Adesso esistono norme costituzionali che fanno richiami come
fossero norme di condominio. Le norme sono sollecitatrici di comportamenti e
alla sollecitazione deve corrispondere il comportamento politico. Queste norme
non fanno riferimento ai comportamenti politici né definiscono le
sollecitazioni: in realtà, sono un grande pasticcio.
Passando alla devoluzione, mi rivolgo agli onorevoli della Lega e affermo che
si trattava di una delle riforme da fare. In proposito, ho sentito l'onorevole
Cè far riferimento ai limiti e ai vizi dello Stato centrale. Lo stesso
onorevole Cè dovrebbe convenire con me che lo Stato centrale non lo
modifichiamo noi con la riforma, in quanto ha perso la sua funzione con l'avvio
del processo di integrazione europea. Lo Stato centrale storicamente è stato
funzionale alla costruzione di un'aggregazione tra comunità diverse. Era
l'ultimo orizzonte; adesso quell'orizzonte è scomparso ed innanzi a noi si
profila l'orizzonte alto dell'Europa. È rispetto a quell'orizzonte che il
processo federativo esige una risposta. La federazione va in quella direzione,
viceversa sul piano interno, pur ammettendo che voi ben vi preoccupiate dei
limiti dello Stato centrale, in realtà stiamo operando nella direzione di
trasferire i poteri della centralità dello Stato al centralismo regionale,
commettendo un errore che si moltiplica (Applausi dei deputati dei gruppi
della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di
Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-socialisti democratici
italiani).
Amici dell'UDC: altro che una correzione alla distorsione! Dall'altra parte,
mentre cresce il processo di federazione verso l'Europa, sorge la necessità del
governo delle autonomie. Da questo punto di vista, credo che la brevità del
tempo a mia disposizione non lo consenta, ma esiste una quantità di spiegazioni
che portano a questa sollecitazione, non solo tecniche ed istituzionali, ma
anche culturali.
Nei secoli scorsi, dalla rivoluzione francese in poi, l'individuo era garantito
all'interno dell'ordinamento dello Stato centrale. Era la persona nella sua
solitudine che si muoveva in questo coordinamento di sollecitazioni più vaste.
L'orizzonte europeo mette la persona nella sua solitudine e nella necessità di
organizzare la comunità per reggere la sua presenza rispetto all'orizzonte più
alto. Da qui l'esigenza della ripresa del governo delle autonomie
La sussidiarietà, onorevole Volontè, non è una parola che si aggiunge
all'altra. La sussidiarietà è una concezione della sovranità che capovolge il
tipo di ordinamento. Quella non avrebbe richiesto norme protettive a difesa
dell'interesse nazionale e tutte le altre disposizioni farraginose che avete
messo nell'ordinamento. Infatti, una siffatta concezione dell'ordinamento si
garantisce automaticamente. La sovranità delegata è garantita dal delegante e
dal delegato, non vi è bisogno di introdurre nella Costituzione norme di
salvaguardia.
Altro che miglioramento! Voi avete costruito la macchina che usa
contemporaneamente il freno e l'acceleratore, non una volta il freno e l'altra
l'acceleratore, e quando si usano insieme il freno e l'acceleratore la macchina
non cammina: non potete mandare avanti la riforma (Applausi dei deputati dei
gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di
Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-socialisti democratici
italiani e Misto Verdi-L'Ulivo)! Questo è quanto di più mostruoso vi sia
sul piano dell'ordinamento.
La terza questione è relativa al Governo. Onorevole Fini, ho l'abitudine -
confesso tale limite - di osservare le esigenze istituzionali non tanto
partendo dalla norma, quanto partendo dal fatto. Non a caso, come ho detto nel
corso dell'intervento durante la discussione sulle linee generali, mi ispiro
molto alla scelta giuridica romana - ex facto oritur ius - non ignorando
che negli ultimi secoli è maturata, soprattutto nell'intelligenza europea,
l'illusione di prefigurare il futuro e di imporlo alla storia. Ne abbiamo visto
le conseguenze, tuttavia questa intelligenza, bene o male, vi è stata. Ma in
questo caso non vi è alcun disegno generale da imporre alla realtà da correggere:
in questo caso vi è un pasticcio. C'è la realtà da governare, e voi pretendete
di ingabbiarla dentro un insieme di convenienze tra di loro contraddittorie.
Il problema del Governo, intorno al quale ci siamo accapigliati...
PRESIDENTE. Onorevole De Mita, mi
dispiace, la prego di concludere.
È quasi una crudeltà da parte tua (Commenti dei deputati del gruppo della
Lega Nord Federazione Padana)...
LAURA CIMA. Questa è storia, Presidente! Abbiamo sentito chiacchiere!
UGO PAROLO. Il terremoto...
LUCIANO DUSSIN. È un rompiballe!
DARIO GALLI. Basta!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sono io che interrompo... Onorevole De Mita, le chiedo la cortesia di concludere... Ci siamo capiti a vicenda...
CIRIACO DE MITA. Signor Presidente, le chiedo ancora pochi secondi per concludere.
PRESIDENTE. Onorevole De Mita, mi ricordo dal passato che la sua concezione dei tempi era un po' relativa...!
CIRIACO DE MITA. Non sono mai stato
presidenzialista - mi rivolgo in particolare all'onorevole Fini - ma sono
sempre stato convinto del valore del governo parlamentare. Tuttavia, ho sempre
ritenuto e ritengo che il presidenzialismo conservi la logica della democrazia
rappresentativa, perché a fronte della stabilità e dell'autonomia del Governo
elegge un libero Parlamento, che non è obbligato a votare le leggi del Governo
ma si pone in un rapporto dialettico nei confronti di quest'ultimo.
L'anomalia, o, se volete, la mostruosità della norma che voi proponete non è né
il governo parlamentare né il governo presidenziale, ma è il governo personale,
la cui logica porta all'annullamento del Parlamento, istituzione della
democrazia rappresentativa: in ciò risiede il dissenso (Applausi dei
deputati del gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani,
Misto-socialisti democratici italiani e Misto Verdi-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole De Mita...
CIRIACO DE MITA. In ciò risiede il dissenso; pertanto, voteremo contro ma con la speranza (Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, basta! L'onorevole De Mita sta terminando. Onorevole De Mita, concluda!
LUCIANO DUSSIN. L'ora d'aria è finita!
PRESIDENTE. Onorevole Luciano Dussin...! L'onorevole De Mita sta concludendo. Onorevole De Mita, concluda!
CIRIACO DE MITA. Signor Presidente, quando affermo che votiamo «no», lo affermo con una grande speranza: che il «no» sia sollecitazione al rinsavimento, e vorrei ricordare a me e a tutti voi un versetto biblico, che recita: mai le tenebre sono così intense prima che sorga l'aurora (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-socialisti democratici italiani e Misto Verdi-L'Ulivo - Congratulazioni - Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara (Commenti del deputato
Gibelli. - Scambio di apostrofi tra i deputati Gibelli e Cento, il quale lancia
un fascicolo recante documenti di seduta all'indirizzo del deputato Gibelli,
che glielo rilancia. Una voce dai banchi dei deputati del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo: Coglione...)...
Onorevole collega... Onorevole Cento, la richiamo all'ordine! Onorevole
Gibelli... È stato appena lanciato un fascicolo, l'ho visto io...
Onorevoli colleghi, l'intervento dell'onorevole De Mita non merita in alcun
modo una gazzarra! È un intervento da rispettare, anche se non lo si condivide.
Onorevole Carrara, a lei la parola e le chiedo scusa.
NUCCIO CARRARA. Se i colleghi...
PRESIDENTE. Onorevole Carrara, mi aiuti, inizi pure il suo intervento!
NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, le vengo incontro, aspetto solo che si calmino i colleghi della sinistra, che dimostrano un entusiasmo credo un po' eccessivo; a parte il lirismo... (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Non è lesa maestà
parlare di entusiasmo (Commenti del deputato Nespoli)! Onorevole
Nespoli, la prego!
Abbiamo discusso quattro settimane; ciascuno di noi ha passione civile. Ho
ascoltato l'onorevole Cè, l'onorevole Volontè e l'onorevole De Mita: sono stati
tutti interventi di grande spessore perché sentiti. E questo fa onore al
Parlamento, non guastiamolo così (Applausi dei deputati del gruppo di
Alleanza Nazionale, Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei
democratici di centro)! Onorevole Carrara, anche lei ha seguito il dibattito
con grande passione, prosegua.
NUCCIO CARRARA. Anche io mi sono
appassionato a questo dibattito, ma in questo momento cerco di essere più
lucido che appassionato.
Svolgo una prima osservazione sugli interventi che mi hanno preceduto, con
riferimento a quelli dei colleghi dell'opposizione; ancora non ho trovato un
argomento che fosse in linea con la verità storica (Commenti dei deputati
del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
E negli interventi «migliori», come quello dell'onorevole De Mita, non si è
andati oltre un certo lirismo costituzionale che non tiene conto che la
Costituzione esplica effetti pratici... (Commenti dei deputati dei gruppi
dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi,
per cortesia! Onorevole Carrara, sono io a doverle chiedere scusa. Onorevoli
accanto al banco del deputato Franceschini, per cortesia! Onorevole Alfonso
Gianni, non parli al banco del Governo, con il Governo lei non parla spesso...
Non lo faccia proprio oggi.
Dopo l'intervento dell'onorevole Carrara sono previsti gli interventi degli
onorevoli Violante e Saponara. Credo sia interesse di tutti ascoltare, ma se
qualcuno vuole parlare, allora esca. Ci vuole un po' di rispetto! Prosegua,
onorevole Carrara.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 13,20)
NUCCIO CARRARA. Ogni Costituzione
produce effetti pratici che riguardano la vita di tutti noi, anche nella
quotidianità. È allora giusto rimettere le cose a posto e ripartire dalla
verità storica. La prima accusa rivolta è che non stiamo facendo una riforma
condivisa. È la prima falsità che va smentita. Anzitutto perché la predica non
può venire dai banchi della sinistra e dell'Ulivo, lo stesso Ulivo che nel 2001
votò una modifica alla Costituzione con soli quattro voti di differenza (Applausi
dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Commenti dei deputati dei
gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo). Non
mi sembra sia stata quella una riforma che ha riscosso un grande consenso
parlamentare.
Ma ci sono altre verità che devono essere rimesse a posto. Partiamo dalla
Costituzione esistente - che tanto amano i colleghi della sinistra - e vediamo
quali effetti ha prodotto. Un dato incontrovertibile lo possiamo trovare
nell'enorme contenzioso accumulatosi presso la Corte costituzionale. Tale
contenzioso nasce da una riforma improvvisata, che non delimita con esattezza
quali sono le competenze fra Stato e regioni, e che ha forti spinte centrifughe;
una riforma che potrei benissimo definire secessionista, e se me ne date il
tempo ve lo spiegherò (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza
Nazionale)!
Quella era una riforma secessionista, perché al comma 3 dell'articolo 116 - vi
invito a rileggerlo - vi è una norma che prevede, ed è una norma oggi in
Costituzione, dunque vigente, che una regione possa assumere particolare
autonomia, quindi poteri speciali, su tutte le materie concorrenti, equivalenti
a tutto lo scibile umano e - udite udite! - anche poteri di particolare
autonomia rispetto a quelli che oggi sono di esclusiva competenza dello Stato,
come ad esempio le norme generali sull'istruzione.
È o non è questa una spinta secessionista? E noi che abbiamo cancellato quella
norma siamo secessionisti, oppure abbiamo ridato senso all'attività dello Stato
e abbiamo riportato al centro ciò che andava riportato al centro?
Vi è poi un'altra norma, piccola piccola, quasi insignificante: mi riferisco al
comma 8 dell'articolo 117, che prevede che le regioni che lo vogliano possano
anche costituire organi comuni per poter esplicitare le proprie funzioni, e non
si precisa se debbano essere o non essere anche legislative. Questo significa
che oggi, a Costituzione vigente, potremmo avere delle macroregioni: una
macroregione del Nord (una Padania, per esempio), una macroregione al Centro e
una macroregione al Sud (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza
Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana), con una spinta centrifuga
e secessionista, che noi non possiamo accettare; anche questa norma è stata
cancellata dal Senato.
E voglio citare un'altra norma. Nella Costituzione del 1948 all'articolo 117 si
parla di tutela dell'interesse nazionale: ebbene, in uno Stato che non era
ancora federale si menzionava l'interesse nazionale come legame, collante tra
tutti gli italiani. Bene! Anche se nella Commissione bicamerale De Mita fu
ripreso il concetto di 'interesse nazionale', esso scompare nella Costituzione
del 2001, proprio in quella Costituzione che pone le basi del federalismo e
delle autonomie.
Allora, abbiamo fatto bene o male a reintrodurre il princìpio dell'interesse
nazionale? Giudicate voi! Stiamo spaccando l'Italia, oppure la stiamo rendendo
più coesa, più vicina alla sensibilità degli italiani?
E poi invito tutti a leggere l'attuale articolo 117 della Costituzione, che
distribuisce le materie tra lo Stato e le regioni, e vedrete che vi sono tante
materie che, incomprensibilmente, sono andate a finire nel comma 3
dell'articolo 117, ad esempio l'energia. A Costituzione vigente le norme di
dettaglio riguardanti il settore energetico saranno dettate dalle regioni: e
noi non dovevamo cambiare questo? Non dovevamo dire che l'energia, quando ha
valenza nazionale, deve competere allo Stato e che le grandi reti di trasporto,
la cui legislazione di dettaglio è oggi demandata alle regioni, non dovevano
ritornare nella competenza dello Stato, come anche le libere professioni, lo
sport, il made in Italy, che ritorna nelle competenze dello Stato?
Allora, abbiamo contribuito a rendere più unita l'Italia o la stiamo separando,
spaccando, dilaniando, come dite voi? È vero, abbiamo anche rafforzato le
autonomie locali, perché si tratta di un princìpio elementare: quello che
prevede che quanto più forte e solido è il centro, tanto più forte e solida può
essere anche l'istituzione periferica.
Questo è quello che noi abbiamo inserito nella Costituzione, che in altre
parole significa «princìpio di sussidiarietà», che a sua volta significa
«ciascuno faccia il passo secondo la lunghezza delle proprie gambe»: nessuno
faccia il passo più lungo della gamba. Quindi, abbiamo riequilibrato i poteri
fra lo Stato e le regioni, creando un federalismo equilibrato e solidale.
E perché vi scandalizzate dei termini «federale» o «federalismo», che voi, nel
vostro programma elettorale, avete introdotto e citato esplicitamente? Nel
vostro programma elettorale si parla di realizzazione del federalismo, nel
vostro programma elettorale si parla di Camera federale. Perché, quando certe
cose le facciamo noi, sono sbagliate? Sono sbagliate per princìpio, noi
sbagliamo sempre, noi siamo figli di un dio minore, siamo scorretti
politicamente, quindi, anche quando facciamo cose da voi condivise in aula, ci
fate ostruzionismo.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 13,25)
NUCCIO CARRARA. Non volete
modernizzare lo Stato e non volete dare una spinta al cambiamento: lo si è
visto soprattutto quando si è discusso di premierato.
Ebbene, anche il premierato, amici della sinistra, era esplicitato nel vostro
programma. Capisco che il pentitismo vi caratterizzi. Capisco anche che abbiate
difficoltà a prendere impegni con gli elettori: solo voi, nel 1996, avete
potuto scegliere Prodi, per poi sostituirlo con D'Alema, per poi sostituire
quest'ultimo con Amato e, infine, per sostituire tutti e tre con Rutelli!
Questo principio noi lo neghiamo: non fa parte della nostra cultura! Allora,
abbiamo inserito nella Costituzione ciò che piace agli italiani.
Onorevole De Mita, il voto di fiducia al premier ed al suo Governo non
deve darlo il Parlamento: il voto di fiducia nasce dalla sovranità popolare (Applausi
dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega
Nord Federazione Padana). È il popolo il vero sovrano! Noi, come Parlamento,
siamo sovrani, ma la nostra sovranità è delegata: alla fine, dovremo rendere
conto al popolo, come Governo e come maggioranza, di quello che avremo saputo
realizzare, in maniera tale che la gente possa premiarci o punirci.
Con il premierato abbiamo introdotto il principio di responsabilità (Commenti
del deputato Katia Bellillo), il cui significato è quello di potere
individuare perfettamente chi è alla guida del Governo e qual è la maggioranza
che si assume le responsabilità insieme al Governo. Noi siamo contrari ai
pasticci.
KATIA BELLILLO. Voi siete un pasticcio!
NUCCIO CARRARA. Noi siamo contrari ai
ribaltoni, che confondono soltanto le idee agli italiani. Noi vogliamo
lasciarci alle spalle quella Repubblica che, in cinquantatré anni - lo dico per
gli italiani, i quali non possono avere tutte le informazioni -, ha avuto
cinquantatré Governi. Cinquantatré Governi in 53 anni! Di questi, poi, quaranta
non sono riusciti a durare un anno e ventuno neanche sei mesi (Applausi dei
deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord
Federazione Padana), mentre cinque sono nati già morti!
La stessa cosa non succedeva e non succede in Europa: in Germania, ad esempio,
dal 1949, si sono succeduti soltanto sette Cancellieri e in Francia trentanove
Governi; ma - udite, udite! - in Gran Bretagna, dal 1771, in ben 283 anni, si
sono avuti soltanto cinquantuno Primi ministri, meno dell'Italia dal 1948 ad
oggi!
KATIA BELLILLO Dacci i Primi ministri italiani!
NUCCIO CARRARA. Negli Stati Uniti, dal
1789, si sono avvicendati trenta Presidenti e cinquantaquattro Governi!
Ebbene, noi vogliamo allinearci all'Europa; vogliamo essere in linea con il
mondo; vogliamo costruire istituzioni che rendano l'Italia grande e capace di
affrontare le sfide che vengono da una società sempre più complessa e che
richiedono risposte sempre più rapide e più precise.
Noi abbiamo fatto questa riforma non per noi stessi o per un uomo o per più
uomini: l'abbiamo fatta per l'Italia! Grazie (Applausi dei deputati del gruppo
di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole
Carrara.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha
facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente,
colleghi del Governo, colleghi deputati, noi riteniamo che una riforma della
seconda parte della Costituzione sia urgente per dare modernità ed efficacia
alle istituzioni e per dare competitività al paese sulla scena internazionale.
È per questi motivi che, nella scorsa legislatura, abbiamo avviato la riforma
federale dello Stato e, nel corso dei lavori sul disegno di legge
costituzionale in esame, abbiamo presentato proposte idonee a perseguire quegli
obiettivi, proposte da voi respinte.
Ma, con questa vostra riforma, federalismo e premierato sono diventati pure
etichette che, come dirò tra un momento, nascondono rischi di rottura
dell'unità nazionale e pericolosi autoritarismi. Il sistema di decisione
politica è paralizzato ed i costi sono inaccettabili. È per questo che voteremo
contro.
Come ha detto l'onorevole De Mita pochi attimi fa, stiamo perdendo una grande
occasione. Dinanzi alle grandi sfide del mondo che cambia, questa riforma
costituzionale non aiuta l'Italia a conquistare un posto migliore nella
gerarchia globale, ma anzi la rende vecchia, rigida, e priva della capacità di
utilizzare le grandi riserve di intelligenza e di creatività proprie della
nostra esperienza nazionale.
È sfuggita alla vostra riforma l'idea che un sistema politico, per funzionare
in modo adeguato, ha bisogno di consenso, ha bisogno di procedure che nella
vita politica quotidiana ne attivino la ricerca.
Voi date l'impressione di ritenere di poter fare a meno del consenso. Non parlo
naturalmente del consenso elettorale, mi riferisco ad una idea di democrazia
che non sia una parentesi tra una elezione e la successiva, ma costruzione
permanente di coesione civile, sociale e politica.
Il fatto stesso che adesso voi stiate per votare la sesta versione di una
riforma che ogni volta è stata presentata come perfetta e immodificabile, e che
ogni volta avete modificato voi stessi, dopo interminabili conciliaboli
interni, è segno che non avete per nulla considerato la costruzione comune fra
tutte le forze politiche, di un nuovo modello costituzionale come fattore di
credibilità e di legittimazione di quel modello.
Le norme che vi apprestate a votare sono un punto di equilibrio all'interno
della coalizione, non sono il frutto di una strategia costituente per il paese.
Per questo non avrebbe retto ad un confronto vero con l'opposizione, e per
questo voi, il confronto, non lo avete potuto praticare.
Il nostro sistema politico è ancora immaturo e ha in sé il rischio di far
ritenere i vincenti nelle elezioni generali come figli di un dio maggiore. In
questa legislatura il rischio è diventato realtà, per la differenza elevata di
seggi tra maggioranza e opposizione, per la presenza all'interno del
centrodestra di filoni culturali fortemente autoritari e per la specifica
cultura politica del Presidente del Consiglio, che non sempre distingue i
meccanismi del mercato da quelli dello Stato e della politica.
I figli di un dio maggiore ritengono di essere autosufficienti, considerano gli
organismi di controllo come un fastidioso intralcio, non distinguono gli
interessi privati da quelli pubblici, disdegnano il principio fondamentale del
costituzionalismo per il quale le regole servono a disciplinare l'esercizio del
potere, costruiscono invece meccanismi per i quali l'esercizio del potere
disciplina l'applicazione delle regole.
Da questo impianto teorico nascono i difetti principali di questa riforma. Il
primo difetto sta nel fatto che non avete mai voluto confrontarvi con
l'opposizione sul progetto complessivo, a differenza di quanto facemmo noi
nella scorsa legislatura.
Nella
scorsa legislatura il centrosinistra, lo dico ai colleghi del centrodestra,
propose una Commissione bicamerale che venne istituita con legge
costituzionale, alla quale voi partecipaste.
Insieme, centrosinistra e centrodestra, costruimmo un progetto complessivo che
venne portato in aula: insieme. Ma nel maggio 1998, tre settimane dopo
l'ingresso dell'Italia nel sistema della moneta unica, ingresso che era frutto
del riconosciuto risanamento del bilancio pubblico fatto dal Governo Prodi,
l'allora capo dell'opposizione decise di rompere unilateralmente il patto
costituente, e il processo di riforma venne bloccato.
Molti mesi dopo, per la pressione delle regioni, di centrosinistra e di
centrodestra, la maggioranza approvò la prima riforma federale del nostro paese
con pochi voti di scarto. La riforma fu confermata dal referendum popolare.
Quindi noi avviammo un processo di riforma consensuale, foste voi che vi
sottraeste al confronto per calcolo politico.
E allora, cari colleghi, delle due l'una: o nel processo costituente vale il
potere di veto delle minoranze, e voi dovreste fermarvi, oppure facemmo bene
noi a procedere. In questa legislatura, mentre di elezione in elezione si è
assottigliato il favore della società italiana nei vostri confronti, voi,
afflitti dal complesso di autosufficienza, avete continuato a sottrarvi al
confronto con l'opposizione. Avete certamente accolto qualche nostro
suggerimento anche qui in aula, ma dovete riconoscere, cari colleghi, che si è
trattato di cose assai piccole che lasciano intatto il modello politico come,
permettetemi il paragone, qualche chiazza di fard su un viso devastato dal
vizio, che non riesce a nascondere, anzi mette meglio in rilievo i difetti
della decadenza.
Una Costituzione deve creare un ordine. Questo ordine deve essere destinato a
durare nel tempo e deve chiaramente fissare i rapporti tra gli organi della
Repubblica, deve rendere prevedibile i comportamenti di ciascuna istituzione, e
deve dare la possibilità di reggere attraverso i mutamenti sociali e civili,
senza andare in frantumi.
L'ordine costituzionale democratico, per questo motivo, è costruito attraverso
il consenso e vive per la sua capacità di continuare a costruire consenso e di
rappresentare in ogni momento - in ogni momento - problemi, bisogni e aspirazioni
del paese. Ma il sistema che avete costruito è fondato sul conflitto e sulla
instabilità permanente, perché ciascuna delle parti politiche in voi
rappresentate ha preteso il suo pezzo di riforma - il federalismo, il
premierato, il centralismo -, dando a ciascuno di essi il massimo di espansione
possibile, senza curarsi né della contraddittorietà tra le varie ipotesi, né
del funzionamento complessivo del sistema.
Colleghi, abbiamo assistito poco fa a una cosa assai significativa: l'onorevole
Cè ha fatto l'elogio del federalismo sino alla secessione; il collega Carrara
ha fatto l'elogio del centralismo fino allo statalismo. Entrambi si sono
riconosciuti, in questo testo, in logiche assolutamente contraddittorie e
incompatibili tra loro. Questo è il difetto di fondo del vostro testo (Applausi
dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo della Margherita,
DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-socialisti democratici italiani).
Ed è per questo che, dovendo trovare una quadra - come direbbe, credo,
l'onorevole Calderoli -, avete cercato alla fine soluzioni autoritarie, come
unica forma di chiusura dei conflitti: l'attribuzione di poteri politici
imperativi ai Presidenti delle Camere e al Presidente della Repubblica, il
ricatto del Primo ministro nei confronti della Camera, e così via. La stretta
autoritaria è il vostro pericoloso tentativo di uscire dal caos istituzionale
creato da questa riforma.
Il vostro modello non è il federalismo, sul quale noi siamo d'accordo, ma la
secessione, che contrastiamo duramente, perché questo modello che avete
costruito si basa su attribuzioni di competenze tra Stato e regioni che si
sdoppiano e si sovrappongono, creando una perenne in certezza sulla titolarità
dei poteri e paralizzando il sistema delle decisioni. Da queste norme nasce non
un ordine, ma solo la definizione dei campi di scontro tra Stato e regioni. Poi
nello scontro, di volta in volta, vincerà il più forte e si sbriciolerà l'unità
nazionale, concetto, colleghi di Alleanza nazionale, che avete consapevolmente
ed espressamente abrogato dalla nostra Costituzione.
ROBERTO MENIA. Non è vero!
LUCIANO VIOLANTE. È un modello che per i
costi, la conflittualità e l'imprevedibilità discrimina i cittadini in
relazione alla regione di appartenenza (in particolare, i costi economici sono
inaccettabili per tutti, per le famiglie e per le imprese). Avete rifiutato di
discuterne perché sapete che diciamo la verità, ma torneremo incessantemente su
questo aspetto dei costi, che sarà uno dei punti di forza della campagna
referendaria.
Agendo sulla stessa linea, avete praticamente cancellato il Parlamento e la sua
capacità di rappresentanza generale del paese. Questo Parlamento, il Parlamento
italiano, nella sua secolare storia, è sempre stato, tranne la parentesi
fascista, il luogo del confronto e della faticosa costruzione dell'unità
nazionale. Voi cancellate questa esperienza: la Camera dei deputati diventa un
servo muto degli interessi del Primo ministro; il Senato diventa un organo
ambiguo e ambivalente, non dà l'indirizzo politico, ma può approvare
definitivamente leggi di grande rilievo. Si doveva cancellare il bicameralismo
perfetto - questione sulla quale eravamo e siamo d'accordo -, ma l'avete
reintrodotto per una miriade di materie. Si doveva istituire il premierato -
questione sulla quale eravamo e siamo d'accordo -, ma avete invece costruito un
despota.
Il modello del Primo ministro, cari colleghi, non è stato né Schroeder, né
Blair, né Bush; dietro questa riforma c'è l'ombra di Putin, modello che andrà
bene per la Russia, ma che a noi non piace per nulla (Applausi dei deputati
dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo,
Misto-Comunisti italiani e Misto-socialisti democratici italiani - Commenti dei
deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). È l'amico del Presidente del
Consiglio, colleghi, non trattatelo così (Commenti dei deputati del gruppo
di Alleanza Nazionale)!
ROBERTO MENIA. Pensa a Breznev!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, calma e sangue freddo!
LUCIANO VIOLANTE. Un paese moderno ha
bisogno di un sistema flessibile, capace di adattarsi alle evenienze, ma avete
costruito un tenebroso giocattolo: diktat e strozzature. È scomparsa la
capacità di mediazione della politica e la scena è dominata dalla illusione
autoritaria.
Il comando unico, in questa legislatura, vi ha fatto commettere un sacco di
errori: vi ha fatto approvare leggi che hanno riempito di vergogna il nostro
paese, ha fatto passare la competitività dell'Italia al di sotto del pur nobile
Botswana...
PRESIDENTE. Onorevole Violante...
LUCIANO VIOLANTE. ... ed ha fatto
aumentare povertà e sfiducia. Tutto questo, onorevoli colleghi, perché un uomo
solo al comando può sbagliare, ed è indotto a sbagliare sempre più spesso se il
sistema non ha in sé gli anticorpi per correggerlo.
Se la riforma in esame dovesse essere approvata, noi siamo pronti a chiedere al
paese di respingerla, attraverso un referendum; poi, dovremo sederci attorno
allo stesso tavolo e decidere quali siano le procedure più idonee per una
riforma che serva al paese, non ad un ramo del Parlamento, o ad un gruppo
politico, oppure ad una determinata e transitoria maggioranza, o addirittura ad
una singola persona.
Decideremo poi se si tratterà di una Commissione redigente, come pensano
alcuni, oppure di una Commissione costituente, come pensano altri, ma essa deve
essere eletta direttamente dagli italiani con il sistema proporzionale. Lo
vedremo insieme, e ribadisco insieme, colleghi del centrodestra, sia perché
sappiamo che non siamo autosufficienti, sia perché i vostri errori ci sono
serviti da lezione. Inoltre, avendo chiesto un percorso comune nell'attuale
legislatura, non potremmo certamente sottrarci a tale impostazione nella
prossima, qualora dovessimo vincere le elezioni politiche.
Prima di concludere, onorevoli colleghi, permettetemi di ringraziare di cuore,
ed in modo non formale, quelle deputate e quei deputati del mio gruppo, nonché
di tutta l'opposizione, che hanno profuso, in questo duro impegno parlamentare,
doti di esperienza politica, di competenza e di grande pazienza. Da tutti loro
abbiamo imparato molto in questi giorni, ed il loro impegno ci sarà prezioso
nella battaglia referendaria che ci attende (Applausi dei deputati dei
gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di
Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-socialisti democratici
italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.
MICHELE SAPONARA. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, vorrei rappresentare che il gruppo di Forza Italia esprime
soddisfazione e gratitudine per il lavoro svolto dalla Camera dei deputati e
per il risultato conseguito. Esso esprime, altresì, apprezzamento per
l'intelligenza politica del ministro Calderoli e del sottosegretario Brancher,
e preannunzia che voterà compatto e convinto a favore del disegno di legge
costituzionale in esame.
Si tratta di un momento importante, poiché il Governo Berlusconi fornisce
un'altra ed importante prova di essere in grado di realizzare il programma
proposto ai cittadini italiani, il quale prevedeva, tra l'altro,
l'ammodernamento dello Stato. È proprio questo aspetto ad aver scatenato, da
parte dell'opposizione, una campagna di delegittimazione del Presidente
Berlusconi, che avrebbe sostenuto questa riforma solo per far contenta la Lega
Nord, nonché di criminalizzazione della riforma costituzionale stessa.
Abbiamo sentito affermare che, con tale riforma, si sarebbe spaccata l'Italia e
che vi sarebbe stata, da una parte, un'Italia povera che sarebbe diventata
sempre più povera e, dall'altra, un'Italia ricca che sarebbe stata sempre più
ricca. Ma è stato taciuto agli italiani che di riforma dello Stato avevano
parlato Spadolini e Craxi e che se ne erano occupate la Commissione Bozzi, la
Commissione De Mita-Iotti e, infine, la Commissione bicamerale presieduta
dall'onorevole D'Alema. È stato altresì taciuto agli italiani che la
devoluzione nasce dalla Costituzione del 1947, allorché furono previste sia le
regioni, sia le autonomie amministrative, nonché dalla riforma del Titolo V
della nostra Carta, approvata con la maggioranza risicata di soli quattro voti.
Ora, esponenti qualificati dell'allora maggioranza riconoscono che si trattò di
un errore. L'onorevole Gerardo Bianco ha definito infausta tale riforma, ma
essi vogliono negare a noi il diritto-dovere di attuare il programma di
governo, sostenendo che riforme importanti vanno varate con una larga
maggioranza, che comprenda anche parte, o gran parte, dell'opposizione. Si
tratta di un'esigenza sicuramente avvertita anche da noi, e vorrei sottolineare
che abbiamo ascoltato il monito che è venuto prima dal Capo dello Stato, e
successivamente dal Presidente della Camera.
Si è sostenuto, inoltre, che una riforma così impegnativa avrebbe richiesto la
convocazione di un'assemblea costituente, e comunque lo stesso «spirito
costituente» che animò la Commissione dei settantacinque, di cui facevano parte
La Pira, Dossetti, Calamandrei ed altri grandi padri della nostra democrazia. È
chiaro che è illusorio pensare di ricostituire quello spirito. I tempi sono
cambiati e non ci sono la tensione morale e la passione civile proprie di un
contesto diverso. Vorrei ricordare, infatti, che c'era stata la guerra, c'era
stato il Ventennio, c'era stata la tragedia della guerra civile, c'era l'ansia
della riappacificazione e c'era anche la speranza di riconquistare la libertà.
Oggi c'è la libertà che, evidentemente, non apprezziamo a sufficienza. Allora,
non vi era il Parlamento e, quindi, bisognava creare un organismo nel quale far
convivere tutti i cittadini e fare esprimere agli stessi cittadini le loro
ansie, le loro istanze e le loro proposte. Oggi, vi sono la Camera dei
deputati, il Senato, le Commissioni, e pertanto non vi sarebbe assolutamente
bisogno di un'assemblea costituente.
Noi abbiamo cercato, accogliendo il monito del Capo dello Stato, di creare lo
spirito costituente, nella Commissione e in Assemblea. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, ci siamo riusciti, perché in Commissione abbiamo avuto la
collaborazione determinante, effettiva ed efficace dei colleghi
dell'opposizione, ai quali va il mio ringraziamento, così come è andato loro il
ringraziamento dell'onorevole Violante.
Ciononostante, i leader dell'opposizione hanno ritenuto di fare muro
contro muro e di far votare contro gli articoli, che pure avevano accolto i
loro emendamenti. Hanno votato anche contro l'articolo 24 del provvedimento,
che riconosceva al Presidente della Repubblica la facoltà di concedere la
grazia, senza proposta del ministro della giustizia. In tal modo, una loro
battaglia in favore della liberazione di Sofri - condotta, in special modo,
dall'onorevole Boato - è stata caducata dalla cecità del fare muro contro muro.
In quanto al merito della riforma, noi ci riteniamo pienamente soddisfatti. Si
è affermato che la devolution avrebbe spaccato l'Italia. Sono stati
corretti i guasti prodotti dalla riforma del 2001, che avevano determinato, tra
l'altro, un consistente contenzioso tra Stato e regioni davanti alla Corte
costituzionale.
In quanto al timore di spaccare l'Italia, tra quella povera e quella ricca,
sono state introdotte norme che dovrebbero tranquillizzare, nel modo più
assoluto, tutti coloro che avevano espresso tale paura. È stato riformato
l'articolo 114, secondo cui comuni, province, città metropolitane e regioni
esercitano le loro funzioni secondo i principi di sussidiarietà e solidarietà;
vi è l'articolo 18 del provvedimento, che prevede il coordinamento tra tali
enti, sulla base dei principi di leale collaborazione e solidarietà. Vi è,
inoltre, il riformato articolo 120, secondo cui lo Stato può sostituirsi a
regioni, province, città metropolitane e comuni ogni qual volta ciò sia
necessario per la tutela dell'unità giuridica ed economica e per la tutela dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Vi è, ancora, la riforma dell'articolo 127, che accenna all'interesse
nazionale, prevalente su tutto e che rappresenta, quindi, la ratio
riformatrice di tutta la riforma.
Per quanto riguarda il Senato federale, l'onorevole De Mita - del quale ho
apprezzato, come di consueto, la cultura da «Magna Grecia» - ha accennato al
problema del bipolarismo e del monocameralismo, che fu posto cinquant'anni fa,
ma che non è stato mai risolto. Noi lo abbiamo risolto. Se si considerano gli
interventi dei relatori e di coloro che sono intervenuti nella legislatura,
tutti hanno parlato della necessità di istituire un organo che svolgesse il
ruolo di «camera di compensazione» tra lo Stato e le regioni. L'attuale
opposizione non la definì, non la creò. Si riprometteva di farlo nella
legislatura successiva, nella speranza - purtroppo per essa delusa - di vincere
le elezioni.
Per quanto riguarda il premierato, abbiamo assicurato la governabilità del
paese, che si inseguiva fin dalla «legge truffa», che tanto dispiacere provocò
a De Gasperi; ed è sotto gli occhi di tutti e, specialmente, dell'onorevole De
Mita - il quale ha partecipato a molte sfibranti consultazioni - che, in
cinquant'anni, vi sono stati più di quaranta Governi, che restavano in carica,
in media, undici mesi.
Noi riteniamo che si tratti di una buona riforma, peraltro da tutti ritenuta
necessaria. Da Spadolini a Craxi, nelle Commissioni De Mita e Iotti, tutti
hanno parlato della necessità di aggiornare la Costituzione. Io avevo
introdotto anche l'argomento dell'articolo 68 sull'immunità dei parlamentari,
cercando di adeguarla all'immunità prevista dal Parlamento europeo, e il tema
della riforma dell'articolo 79, circa la maggioranza richiesta per l'amnistia e
l'indulto; ma abbiamo ritenuto di rinviare ad altra sede questa riforma,
peraltro molto sentita ed importante.
L'opposizione ha ritenuto di fare muro contro muro e minaccia di ricorrere al
referendum, alla piazza, ai cittadini. Il professor Ceccanti, costituzionalista
non certo amico della destra, aveva scritto su Il riformista che
l'articolo 120 aveva svuotato completamente il referendum e che nessuno avrebbe
avvertito l'esigenza di votare contro questa riforma.
Questa mattina i colleghi dell'opposizione hanno ripetuto che, oramai, essi
fidano e confidano solo nel referendum, per poi sedersi al tavolo con noi e
realizzare una riforma più condivisa, a differenza di quanto è stato fatto in
questa occasione. Ebbene, noi non temiamo il referendum. Voi sarete costretti a
dire ai cittadini solo cose non vere. Noi, invece, diremo e dimostreremo che
abbiamo corretto la vostra riforma del 2001 e che siamo riusciti ad approvare la
riforma dello Stato che, affrontata fin dagli anni Ottanta, non si era riusciti
a realizzare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza
Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Saponara.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Vorrei ringraziare, peraltro, gli onorevoli Savo e Sgarbi che hanno accettato
di consegnare eventualmente il testo delle loro dichiarazioni di voto finale,
di cui la Presidenza, sulla base dei consueti criteri, autorizza la
pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna.
Onorevoli colleghi, pur nelle aspre contrapposizioni, vorrei dire che la
passione civile che ha animato il dibattito di oggi, di tutti i gruppi, di
maggioranza come di opposizione, fa onore al Parlamento.
Prima di dare la parola al presidente Bruno, vorrei rivolgere un ringraziamento
non formale al presidente della Commissione affari costituzionali, che con
grande intelligenza e duttilità ha lavorato assieme al Comitato dei nove (Applausi).
A questo proposito, vorrei ringraziare, in particolare, i membri
dell'opposizione del Comitato dei nove, che non sempre si sono trovati in una
condizione agevole, ma che hanno veramente assolto con grande senso del dovere
il loro incarico (Applausi). Naturalmente, ringrazio anche il ministro
ed il sottosegretario che hanno assistito ai nostri lavori (Applausi).
Credo che il ministro Calderoli intenda prendere la parola, solo per rivolgere
ringraziamenti e non per esprimere considerazioni politiche. Prego, ministro
Calderoli.
ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le
riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, intervengo
brevemente per rivolgere dei ringraziamenti ed un augurio.
Vorrei ringraziare tutti i deputati, di maggioranza e di opposizione, perché
credo che tutti abbiano compiuto uno sforzo notevole (I deputati Cento,
Bulgarelli, Zanella e Lion espongono cartelli recanti la scritta: «L'Italia
piange la Costituzione della Repubblica condannata a morte dal Governo
Berlusconi»)...
PRESIDENTE. Per cortesia,
onorevole Cento, onorevole Bulgarelli, onorevole Zanella, onorevole Lion... Vi
richiamo all'ordine!
Togliete quei cartelli, per favore! Vi richiamo ancora all'ordine! Onorevole
Cento, onorevole Lion...
Prego, ministro Calderoli, prosegua pure.
ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le
riforme istituzionali e la devoluzione. Grazie, Presidente.
Voglio rivolgere un ringraziamento al Comitato dei nove. Maggioranza e
opposizione hanno lavorato e dato tanto.
Un
ringraziamento è rivolto anche al presidente Bruno, per la pazienza e il lavoro
svolto.
Infine, un ringraziamento a lei, Presidente, per questo tour de force e
questa lunga maratona.
Voglio, infine, fare un augurio. Ieri è uscito un francobollo della Royal
mail con la scritta: Get well soon Umberto (Guarisci presto Umberto)
(Applausi). Credo che questo, al di là delle ideologie, possa essere
l'augurio che tutta quest'Assemblea può rivolgere all'onorevole Bossi (Applausi).
PRESIDENTE. La ringrazio, ministro Calderoli.
(Correzioni di forma - A.C. 4862 ed abbinate)
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, mi consenta di spendere pochi minuti, in primo luogo, per
ringraziare tutto il personale degli uffici (Applausi), perché se siamo
giunti a questo punto credo che molto lo si debba a loro. Ringrazio, quindi,
non solo il Presidente, il Vicepresidente e il Comitato dei nove, ma anche
tutta l'Assemblea.
È chiaro che non posso dimenticare di ringraziare il sottosegretario Brancher e
il ministro Calderoli e di riconoscere loro di avere compiuto un'opera di
mediazione in cui nessuno si è risparmiato ed è rimasto inascoltato.
È chiaro altresì che il pensiero in questo momento non può che andare, come
tanti amici hanno già detto, al ministro Bossi, al quale formulo l'augurio di
una pronta ripresa.
Un ringraziamento rivolgo altresì ai colleghi, soprattutto dell'opposizione, ma
anche della maggioranza, della Commissione e del Comitato dei nove, perché in
questi giorni siamo stati tutti sottoposti ad un lavoro enorme, sia sotto il
profilo fisico, sia sotto il profilo tecnico e culturale. Credo che a loro si
debba molto di quello che oggi ci accingiamo a votare. Rimarrà per me un
pensiero costante e un ricordo perenne di queste faticose giornate.
Mi sia consentito, tuttavia, di spendere ancora un minuto per una riflessione
sulle posizioni della Lega, dell'UDC e di Alleanza nazionale. Vorrei tentare di
sfatare quanto ho ascoltato in questi giorni circa i ricatti, ora dell'una, ora
dell'altra parte, della forza politica... (Commenti dei deputati del gruppo
di Rifondazione comunista).
ELETTRA DEIANA. Lascia stare!
PRESIDENTE. Onorevole Bruno (Commenti)...
Scusate, secondo voi ho bisogno della vostra tutela (Commenti)?
Non facciamo considerazioni politiche, non apriamo problemi politici, ma
limitiamoci al coordinamento formale.
DONATO BRUNO, Relatore. Comunque, ringrazio tutte le quattro forze politiche.
PRESIDENTE. Grazie dell'assistenza! Il resto delle considerazioni politiche sarà svolto in sala stampa.
DONATO BRUNO, Relatore.
Consentitemi solo di dire che ho provato una certa amarezza in tutto questo
percorso quando si è votato l'articolo 89 della Costituzione, che è l'unica
occasione in cui la Camera ha espresso un voto contrario sulle proposte che
sono state sottoposte al voto dell'Assemblea. Era la seduta del 12 ottobre, in
cui è stato respinto l'articolo 24 del disegno di legge costituzionale.
In particolare, questo articolo (Commenti)...
PRESIDENTE. Onorevole Bruno, se introduce questo argomento, vi sono altri deputati che chiederanno la parola. Pertanto, le chiedo di limitarsi al coordinamento formale. Lei ha capito tutto, perché tra noi ci intendiamo!
DONATO BRUNO, Relatore. Va bene. Mi dispiace molto, però va bene lo stesso, perché capisco anche le esigenze dei colleghi, vista l'ora.
ELETTRA DEIANA. Non vista l'ora, visto il merito!
DONATO BRUNO, Relatore. Avevo riservato per ultimo un ringraziamento, che dedico a lei, Presidente, e ai Vicepresidenti.
PRESIDENTE. Questo lo doveva fare, anzi lo aspettavo (Applausi)!
DONATO BRUNO, Relatore. Detto
questo, passo ad illustrare la proposta di coordinamento formale. Mi dovete scusare,
ma si tratta di sei pagine e ho l'obbligo di leggerle interamente.
Ai fini del coordinamento formale delle disposizioni del disegno di legge
costituzionale A.C. 4862, il Comitato dei nove propone le seguenti correzioni
di forma:
all'articolo 3, comma 1, capoverso articolo 57, secondo comma, le parole: «dei
rispettivi Consigli regionali e, per il Trentino Alto-Adige/Südtirol, dei
Consigli provinciali» sono sostituite dalle seguenti: «del rispettivo Consiglio
o Assemblea regionale e, per la Regione Trentino Alto-Adige/Südtirol, dei
Consigli delle Province autonome»;
all'articolo 3, comma 1, capoverso articolo 57, sesto comma, secondo periodo,
le parole: «ciascun Consiglio regionale» sono sostituite dalle seguenti:
«ciascun Consiglio o Assemblea regionale»;
all'articolo 3, comma 1, capoverso articolo 57, sesto comma, secondo periodo,
le parole «tra i sindaci, presidenti di provincia o» sono sostituite con le
seguenti: «tra i sindaci e i presidenti di provincia o di»;
all'articolo 6, capoverso articolo 60, terzo comma, primo periodo e secondo
periodo, le parole «e dei consigli regionali e delle province autonome» sono
sostituite dalle seguenti: «, di ciascun Consiglio o Assemblea regionale e dei
Consigli delle province autonome»;
all'articolo 6-bis: al comma 1, capoverso articolo 61, secondo comma, le
parole «la nuova Camera» sono sostituite dalle seguenti: «la nuova Camera dei
deputati»; è inserita la seguente rubrica: (Elezione della Camera dei
deputati);
all'articolo 8, capoverso articolo 64, quarto comma, le parole «quarto comma»
sono sostituite dalle seguenti: «sesto comma»;
all'articolo 8, capoverso articolo 64, sesto comma, dopo le parole «ogni
Consiglio o Assemblea regionale» sono aggiunte le seguenti: «o Consiglio delle
province autonome»;
all'articolo 13, capoverso articolo 70, primo comma, secondo periodo, le parole
«Camera dei deputati» sono sostituite dalle seguenti: «Camera»;
all'articolo 13, capoverso articolo 70, quarto comma, primo periodo, la parola
«Senato» è sostituita dalle seguenti: «Senato federale della Repubblica», la
parola «Camera» è sostituita con le seguenti: «Camera dei deputati» e le parole
«Senato federale» sono sostituite dalla seguente «Senato»;
all'articolo 13, capoverso articolo 70, quarto comma, secondo periodo, le
parole «Camera dei deputati» sono sostituite dalla seguente: «Camera»;
all'articolo 13, capoverso articolo 70, quinto comma, le parole «precedente
comma» sono sostituite dalle seguenti «quarto comma» e sono aggiunte, in fine,
le seguenti parole: «ai sensi del secondo periodo del secondo comma»;
all'articolo 15, comma 1, capoverso articolo 72, primo comma, le parole «dalla
Camera stessa» sono sostituite con le seguenti: «dall'Assemblea»;
all'articolo 15, comma 1, capoverso articolo 72, terzo comma, secondo periodo,
le parole «è rimesso alla Camera» sono sostituite dalle seguenti: «è rimesso
all'Assemblea»;
all'articolo 15, comma 1, capoverso articolo 72, terzo comma, secondo periodo,
le parole «votato dalla Camera stessa» sono sostituite dalle seguenti: «votato
dall'Assemblea»;
all'articolo 19, comma 1, capoverso articolo 83, primo comma, primo periodo, le
parole «dai Consigli regionali» sono sostituite dalle seguenti: «dal Consiglio
o dall'Assemblea regionale»...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi,
lasciamo parlare con tranquillità l'onorevole Bruno. Vorrei, inoltre, ricordare
a tutti che a seguire dobbiamo esaminare il decreto-legge di cui al secondo
punto all'ordine del giorno.
Prego, onorevole Bruno, continui pure.
DONATO BRUNO, Relatore.
All'articolo 19, comma 1, capoverso articolo 83, primo comma, secondo periodo,
le parole «Ciascun Consiglio regionale» sono sostituite dalle seguenti:
«Ciascun Consiglio o Assemblea regionale»;
all'articolo 19, comma 1, capoverso articolo 83, primo comma, quinto periodo,
le parole «Ciascun Consiglio regionale» sono sostituite dalle seguenti:
«Ciascun Consiglio o Assemblea regionale»;
all'articolo 19, comma 1, capoverso articolo 83, secondo comma, terzo periodo,
sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «dei componenti»;
all'articolo 22, comma 1, capoverso articolo 87, terzo comma, le parole «prima
riunione della Camera» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «prima
riunione della Camera dei deputati»;
all'articolo 22, comma 1, capoverso articolo 87, dodicesimo comma, dopo le
parole «Senato federale della Repubblica» sono aggiunte le seguenti: «ai fini
di cui all'articolo 70, commi quarto e quinto» e dopo la parola «presupposti» è
aggiunta la seguente: «costituzionali»;
all'articolo 33, comma 1, secondo periodo, le parole «Consiglio regionale o
della Provincia autonoma» sono sostituite dalle seguenti: «Consiglio o
Assemblea regionale o del Consiglio della Provincia autonoma»;
all'articolo 34, comma 3, dopo le parole «politica monetaria» è inserito il
seguente segno di interpunzione: «,»;
all'articolo 34, comma 3, dopo la parola «credito» è soppresso il segno di
interpunzione: «;»;
all'articolo 34, comma 3-bis, dopo le parole «tutela della salute» il
segno di interpunzione: «,» è sostituito dal seguente: «;»;
all'articolo 34, comma 3-quinquies, le parole «l'emittenza in ambito
regionale, la promozione» sono sostituite dalle seguenti: «l'emittenza in
ambito regionale; promozione»;
all'articolo 35, comma 1, capoverso articolo 118, quarto comma, è soppressa la parola
«competenti»;
all'articolo 35, comma 1, capoverso articolo 118, sesto comma, dopo le parole
«sulla base del medesimo principio» il segno di interpunzione «;» è sostituito
dal seguente: «.»;
all'articolo 35, la rubrica è sostituita dalla seguente: «(Modifica
dell'articolo 118 della Costituzione)»;
i due articoli aggiuntivi all'articolo 36, concernenti entrambi modifiche
all'articolo 122 della Costituzione, introdotti dagli articoli aggiuntivi 36.05
e 36.04, sono accorpati in un unico articolo 36-bis, avente la seguente
rubrica: «(Modifiche all'articolo 122 della Costituzione)»;
all'articolo 39-bis, concernente le garanzie per le autonomie locali, al
comma 1, capoverso, le parole: «Art.128» sono sostituite dalle seguenti:
«Art.127-bis»;
all'articolo 39-bis, concernente il coordinamento interistituzionale da
parte del Senato federale della Repubblica: a) al comma 1, capoverso, le
parole: «Art.129 » sono sostituite dalle seguenti: «Art.127-ter»; b)
al comma 1, capoverso, secondo comma, le parole: «Il regolamento del Senato»
sono sostituite dalle seguenti: «Il regolamento del Senato federale della
Repubblica»; c) al comma 1, capoverso, terzo comma, le parole: «dal
Consiglio della regione ovvero della Provincia autonoma» sono sostituite dalle
seguenti: «dal Consiglio o Assemblea della Regione ovvero dal Consiglio della
Provincia autonoma»;
all'articolo 39-bis, recante una modifica all'articolo 131 della
Costituzione, è aggiunta la seguente rubrica: «(Modifica all'articolo 131 della
Costituzione)»;
l'articolo 43-bis, introdotto dall'articolo aggiuntivo 43.027 della
Commissione, è inserito all'articolo 41, come comma 1-bis;
all'articolo 43, comma 2, primo periodo: a) dopo le parole «87, 88» è
aggiunta la seguente: «89,»; b) le parole «articolo 41, comma 2» sono
sostituite dalle seguenti: «articolo 41, commi 1-bis e 2»;
all'articolo 43, comma 4-bis, le parole «dai rispettivi Consigli
regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano» sono sostituite
dalle seguenti: «dal rispettivo Consiglio o Assemblea regionale o Consiglio
della Provincia autonoma»;
le parole «Valle d'Aosta» sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti:
«Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste»;
le parole «Trentino Alto-Adige» sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle
seguenti: «Trentino Alto-Adige/Südtirol»;
all'articolo 43-bis, introdotto dall'articolo aggiuntivo 43.025 della
Commissione, è aggiunta la seguente rubrica: «(Modifica all'articolo 89 della
Costituzione)»;
all'articolo 43-bis, introdotto dall'articolo aggiuntivo 43.026 della
Commissione, è aggiunta la seguente rubrica: «(Adeguamento degli statuti
speciali)»;
al titolo, le parole «Modificazione di articoli della» sono sostituite dalle
seguenti: «Modifiche alla».
PRESIDENTE. Onorevole Bruno, la
ringrazio per questa fatica supplementare...!
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione la proposta formulata dal relatore in relazione alle
correzioni di forma da apportare al testo del provvedimento a norma
dell'articolo 90, comma 1, del regolamento.
(È approvata).
(Coordinamento formale - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Prima di passare alla
votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata a procedere al
coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
Ricordo ai colleghi che dopo la votazione finale del provvedimento in esame sono previste altre votazioni.
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alla
votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul
disegno di legge costituzionale n. 4862, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 2544 - «Modifiche alla parte II della Costituzione» (Approvato, in prima
deliberazione, dal Senato) (4862):
Presenti 506
Votanti 497
Astenuti 9
Maggioranza 249
Hanno votato sì 295
Hanno votato no 202.
(La Camera approva - Vedi
votazioni)
(Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e
della Lega Nord Federazione Padana e di deputati del gruppo dell'Unione dei
democratici cristiani e dei democratici di centro)
Dichiaro così assorbite le proposte di legge costituzionale n. 72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044.
Prendo atto che l'onorevole Dorina Bianchi ha erroneamente espresso il proprio voto.
BENITO SAVO. Signor Presidente,
prendo la parola per la nobiltà dell'argomento per esprimere il mio voto
favorevole ad una riforma costituzionale equilibrata.
Si ripristina la sovranità dello Stato dopo le crepe formate dalla riforma
dell'Ulivo, passata alla Camera con soli 4 voti, che ha generato contenzioso
anche tra Stato e regioni.
La riforma in esame esalta il valore del cittadino elettore consentendo in
periferia un controllo amministrativo con giudizio conseguente in termini di
voto.
Essa celebra le singole comunità della nazione, da porsi in concorrenza
positiva, ognuna con qualità culturali, geografiche e storiche proprie.
Esaltando la sussidiarietà verticale ed orizzontale, sotto l'occhio vigile
dello Stato repubblicano, si concretizza la solidarietà nazionale.
Infatti, signor Presidente, la solidarietà giustifica la ragion d'essere dello
Stato e la sua funzione essenziale, esaltando i valori dei singoli nel libero
confronto e il valore delle comunità in territori diversi.
Mentre la solidarietà e solo essa sostanzia l'unità della nazionale, la
diversità nostra è un valore che anima la sua democrazia.
Finalmente l'unità nazionale, dopo secoli di lotta, sarà il fenomeno popolare
come sognava Ippolito Nievo dopo la spedizione dei Mille.
Allegato A
Seduta n. 529 del 15/10/2004
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 43 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Capo
VII
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
ART.
43.
(Disposizioni transitorie).
Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 43. 0201.
All'articolo aggiuntivo 43. 0201., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei mesi.
Conseguentemente,
al secondo periodo, sostituire le parole da: l'attribuzione
dell'autonomia fino alla fine del comma con le seguenti: la definizione
di norme in materia di entrata e di spesa alle Regioni, alle Province, alle
Città metropolitane e ai Comuni può prevedere un incremento della pressione
fiscale complessiva per far fronte ai costi delle funzioni trasferite. Il
disegno di legge non può prevedere periodi transitori superiori ai dieci anni
per la realizzazione della piena autonomia impositiva.
0. 43. 0201. 2. Cabras, Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cusumano, Fistarol,
Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra,
Soda, Zanella.
All'articolo
aggiuntivo 43. 0201., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: cinque anni con le
seguenti: tre anni.
0. 43. 0201. 1. Leo, Armani, Carrara.
(Approvato)
Dopo
l'articolo 43 aggiungere il seguente:
Art. 44. (Federalismo fiscale e finanza statale). - 1. Entro cinque anni
dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, le leggi
dello Stato assicurano l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. In
nessun caso l'attribuzione dell'autonomia impositiva ai comuni, alle Province,
alle città metropolitane e alle Regioni può determinare un incremento della
pressione fiscale complessiva.
43. 0201. (Testo modificato nel corso della seduta) Elio Vito,
Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.
(Approvato)
Dopo l'articolo 43, aggiungere il seguente:
Art. 43-bis.
(Modifica all'articolo 2 delle legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2).
1.
All'articolo 2 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2, le parole:
dal Parlamento sono sostituite dalle seguenti: dalla Camera dei
deputati.
43. 027. (Nuova formulazione) . La Commissione.
(Approvato)
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)
La
Camera,
premesso che:
nella riformulazione delle modifiche di alcuni articoli della parte II della
Costituzione sono previsti i deputati eletti all'estero;
gli stessi si troverebbero in una situazione anomala poiché, essendo cittadini
con residenza all'estero, avrebbero gli stessi diritti dei cittadini italiani,
in quanto parlamentari, ma meno doveri perché, non avendo la residenza in
Italia, eviterebbero di pagare una serie di tasse,
impegna il Governo
a
valutare l'opportunità di adottare le più idonee iniziative normative affinché
si possa evitare tale disparità fra i cittadini.
9/4862/1 Perrotta, Santori.
La
Camera,
esaminato il disegno di legge costituzionale n. 4862;
considerata in particolare la valorizzazione, assicurata dalla riforma, del
ruolo e delle funzioni di tutte le autonomie territoriali;
evidenziato il precipuo rilievo dei principi costituzionali preordinati
all'esercizio delle funzioni amministrative da parte dei diversi livelli di
governo, ed in particolare dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza;
rilevato che il principio di differenziazione trova ulteriore conferma
nell'ultimo comma dell'articolo 118 della Costituzione, nel testo approvato, in
cui sono previste specifiche disposizioni per i comuni minori e per quelli
situati nelle zone montane;
considerato che le province collocate nelle zone montane non possono che
ricevere trattamento di carattere analogo, in considerazione della loro
specificità;
sottolineato in particolare che la specificità trova ulteriori forme di
copertura costituzionale nell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione,
che collega, tra l'altro, l'effettuazione di interventi speciali e
l'attribuzione di risorse aggiuntive per «determinati» enti locali alla
promozione dello sviluppo economico, alla coesione ed alla solidarietà sociale
ed alla rimozione degli squilibri economici e sociali;
considerate le condizioni in cui versano i territori delle province collocate
nelle zone montane ed in particolare di quelle confinanti con altri Stati o
contigue con Regioni a statuto speciale,
impegna il Governo
a
porre in essere, nella fase di attuazione della riforma costituzionale e
dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, strumenti e soluzioni
idonee affinché forme e condizioni particolari di autogoverno e di autonomia
finanziaria di entrata e di spesa, nel quadro dei principi di coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario, siano attribuite, in ragione
della loro specificità, a province situate in misura preminente nelle zone
montane di confine nazionale con altri Stati o contigue con Regioni a statuto
speciale.
9/4862/8 Paniz, Scherini, Zanetta.
La
Camera,
premesso che è necessario restituire chiarezza al mondo della pesca marittima
in materia di «diritto a legiferare», come è stato anche rilevato in diverse
audizioni presso la XIII Commissione Agricoltura negli ultimi mesi con i
rappresentanti del mondo ittico;
nel vigente articolo 117 della Costituzione la pesca in acque marine non è
riportata né tra le competenze esclusive dello Stato, né tra quelle concorrenti
e ciò dà adito molto spesso ad inefficienze che si ripercuotono su tutto il
settore e soprattutto sugli addetti ai lavori; a causa del citato articolo 117
si è aperto un forte contenzioso tra Stato e Regioni, con il rallentamento
dell'iter legislativo e spesso la perdita di occasioni per gli stessi
pescatori;
alcune materie in qualche modo relative al settore della pesca sono ancora di
competenza esclusiva dello Stato, quali la tutela della concorrenza, la difesa
e la tutela dell'ecosistema e le nonne di carattere ambientale e che una parte
considerevole della normativa è riconducibile all'ordinamento comunitario;
la pesca marittima per definizione non può essere agganciata a nessuna porzione
specifica di territorio, essendo le risorse ittiche in movimento, così come le
imbarcazioni da pesca e che, per lo stesso motivo di non stanzialità le grandi
reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e le
relative norme di sicurezza sono appena state spostate dall'attuale potestà legislativa
concorrente a quella esclusiva dello Stato;
l'attuale riforma in itinere ha apportato modifiche all'articolo114
della Costituzione nel senso di prevedere che i Comuni, le Province, le Città
metropolitane, le Regioni e lo Stato esercitano le loro funzioni secondo i
princìpi di leale collaborazione e di sussidiarietà e, all'articolo 117,
secondo comma, lettera a), che tra le materie di esclusiva competenza
statale, oltre alla politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ai
rapporti dello Stato con l'Unione europea, al diritto di asilo e condizione
giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, sia
ricompresa anche la promozione internazionale del sistema economico e
produttivo nazionale;
in definitiva l'attività e l'esercizio della pesca marittima professionale è
strettamente correlata all'esistenza e alla mobilità delle risorse ittiche che
non hanno alcun riferimento territoriale e alla necessità di promuovere a
livello europeo ed internazionale complessivamente il comparto ittico nazionale
rispetto a flotte esistenti e nascenti di altri Paesi, e che tra Stato e
Regioni debbono vigere principi di leale collaborazione e sussidiarietà
attraverso una visione legislativa unitaria;
impegna il Governo
a
valutare la possibilità di assicurare per il settore della pesca marittima
professionale, sia nell'attività amministrativa che legislativa, la necessaria
unitarietà di intervento in rapporto al fatto che la gestione della risorsa
ittica e quindi dell'ecosistema è già competenza della normativa nazionale;
a valutare la possibilità di determinare in modo chiaro e specifico quale sono
i confini nel «diritto a legiferare» tra lo Stato e le Regioni nel settore
della pesca marittima professionale, partendo da quanto stabilito nei principi
generali dettati dalla Costituzione, prevalentemente riscontrabili nelle norme
vigenti e successive modifiche degli articoli 114 e 117 della stessa.
9/4862/9 Scaltritti.