XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Riforma dell'ordinamento della Repubblica - A.C. 4862 e abb. - Iter alla Camera (prima deliberazione) - Discussione in Assemblea: sedute dal 14 ottobre 2004 al 15 ottobre 2004
Serie: Progetti di legge    Numero: 580    Progressivo: 2
Data: 11/03/05
Descrittori:
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA   FEDERALISMO
ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA   PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
SENATO DELLA REPUBBLICA     
Riferimenti:
AC n.4862/14   AC n.2544/14

Servizio studi

 

progetti di legge

Riforma dell’ordinamento
della Repubblica

A.C. 4862 e abb.

Iter alla Camera (prima deliberazione)
Discussione in Assemblea:
sedute dal 14 ottobre 2004 al 15 ottobre 2004

n. 580/2

Parte XX


xiv legislatura

11 marzo 2005

 

Camera dei deputati


La documentazione predisposta in occasione dell’esame, in prima deliberazione, del disegno di legge costituzionale A.C. 4862, recante Modificazioni di articoli della parte II della Costituzione, e delle proposte di legge costituzionale abbinate, si articola nei seguenti volumi:

§         dossier n. 580, contenente la scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa, le schede di lettura, il testo a fronte tra la Costituzione vigente e le modifiche apportate dall’A.C. 4862, nonché la normativa di riferimento;

§         dossier n. 580/1, contenente i testi dei progetti di legge costituzionale;

§         dossier n. 580/2, suddiviso in più volumi, contenente l’iter dei progetti di legge al Senato e alla Camera, e gli atti e i documenti dell’indagine conoscitiva e delle audizioni informali svolte dalla I Commissione della Camera;

§         dossier n. 580/3, contenente una selezione della recente dottrina in materia;

§         dossier n. 580/4, contenente schede di comparazione su alcuni aspetti dei sistemi costituzionali di cinque Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna);

§         dossier n. 580/5, contenente schede di approfondimento su alcuni aspetti del disegno di legge costituzionale A.C. 4862 (procedimento legislativo; adempimenti normativi; regime dei quorum; sistema elettorale), e una sintesi per temi delle audizioni tenute nel corso dell’indagine conoscitiva svolta dalla I Commissione della Camera.

§         dossier n. 580/6, contenente le schede di lettura sul testo licenziato per l’Assemblea dalla I Commissione della Camera (A.C. 4862-A), il testo a fronte tra la Costituzione vigente e le modifiche apportate dall’A.C. 4862-A, la cronologia dell’iter in Commissione ed altra documentazione;

§         dossier n. 580/7 (Seconda edizione), contenente una scheda di lettura sul testo approvato dalla Camera in prima deliberazione, la cronologia dell’iter alla Camera e un testo a fronte.

 

DIPARTIMENTO istituzioni – sezione affari costituzionali

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ac0555bt.doc

 


SOMMARIO

 

Senato della Repubblica

 

PARTE I:

A.S. 2544 - Testi dei disegni di legge, voti e petizioni presentati al Senato della Repubblica

 

PARTE II:

A.S. 2544 – Tabelle riepilogative dell’iter del provvedimento. Esame in Commissione affari costituzionali dal 23 ottobre al 13 gennaio 2004

 

PARTE III:

A.S. 2544 - Esame in Commissione affari costituzionali dal 14 al 16 gennaio 2004. Esame in sede consultiva presso le Commissioni Difesa, Bilancio, Finanze, Istruzione, Industria, Igiene e sanità, Politiche Unione europea, Questioni regionali

 

PARTE IV:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 22 al 29 gennaio 2004

 

PARTE V:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 3 al 10 febbraio 2004

 

PARTE VI:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dall’11 al 25 febbraio 2004, seduta n. 547

 

PARTE VII:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 25 febbraio, seduta n. 548, al 3 marzo 2004

 

PARTE VIII:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea del 9 marzo al 16 marzo 2004, seduta n. 563

 

PARTE IX:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 16 marzo, seduta n. 564, al 17 marzo 2004, seduta n. 565

 

PARTE X:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 17 marzo, seduta n. 566, al 23 marzo 2004

 

PARTE XI:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea il 24 marzo 2004, sedute nn. 571 e 572

 

PARTE XII:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea il 25 marzo 2004. Approvazione.

 

Camera dei deputati

I testi dei progetti di legge costituzionale esaminati dalla Camera dei deputati in prima deliberazione sono riportati nel dossier n. 580/1.

 

PARTE XIII:

A.C. 4862 – Tabelle riepilogative dell’iter del provvedimento. Esame in sede referente e consultiva

 

PARTE XIV:

A.C. 4862 - Indagine conoscitiva: sedute dall’11 al 26 maggio 2004

 

PARTE XV

A.C. 4862 - Indagine conoscitiva: sedute dal 15 al 23 giugno 2004. Audizioni informali

 

PARTE XVI

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 3 agosto al 21 settembre 2004

 

PARTE XVII

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 22 settembre 2004 al 29 settembre 2004

 

PARTE XVIII

A.C. 4862 Discussione in Assemblea: sedute dal 30 settembre 2004 al 6 ottobre 2004

 

PARTE XIX

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 7 ottobre 2004 al 13 ottobre 2004

 

PARTE XX

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 14 ottobre 2004 al 15 ottobre 2004

 


INDICE della parte XX

Seguito discussione in Assemblea

Seduta del 14 ottobre 2004 (Esame artt. 26-30 e 43)3

Seduta del 15 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 43, esame ordini del giorno, votazione finale)183

 

 


Seguito discussione in Assemblea

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

528.

 

Seduta di GIOVedì 14 oTTOBRE 2004

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

PUBLIO FIORI

indi

DEL VICEPRESIDENTE

FABIO MUSSI,

DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

E DEL VICEPRESIDENTE

MARIO CLEMENTE MASTELLA

 

 


Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 9,37).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato approvato, da ultimo, l'articolo 22.

Avverto che prima dell'inizio della seduta sono stati ritirati gli emendamenti Zeller 43.6, 43.79 e 43.80, Olivieri 43.74 e Cossa 43.85 nonché il subemendamento Zeller 0.43.250.1.

 

(Esame dell'articolo 26 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 26 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Leoni 26.3, Mascia 26.1 e Boato 26.4. Esprime altresì parere contrario sui subemendamenti Boccia 0.26.200.2 e Lucchese 0.26.200.1.
La Commissione esprime infine parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 26.200, mentre il parere è contrario sull'emendamento Boato 26.9.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,40).

 

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

 

La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 10,05.

Si riprende la discussione.

 

PRESIDENTE. Avverto che i subemendamenti Zeller 0.43.250.8 e 0.43.250.9 si intendono sottoscritti dai deputati Boato, Bressa, Olivieri e Kessler.

 

(Ripresa esame dell'articolo 26 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 26.3.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, siamo dichiaratamente contrari all'emendamento Leoni 26.3, che intende sopprimere l'articolo 26 del provvedimento in esame, il primo articolo di quella parte della Costituzione che, in particolare noi del gruppo di Alleanza nazionale, riteniamo estremamente rilevante. È, infatti, quella parte della Costituzione che è volta a modernizzare il sistema ed a farci uscire definitivamente dalla cosiddetta fase di transizione che, ormai, ha superato il decennio.
In Italia, vi sono stati 53 anni di incertezza governativa; nel corso di questo periodo, fino al 2001, si sono alternati 53 Governi e non vi è stato alcun Governo di legislatura. Addirittura, ben 40 Governi non sono durati in carica nemmeno un anno. È fin troppo evidente che un esecutivo che resta in carica meno di un anno o poche settimane non è in grado di realizzare alcun programma e non può davvero incidere sui processi, sulle dinamiche politiche, sociali ed economiche.
Ci ha pensato la prassi, l'evoluzione spontanea della politica a correggere il sistema, tant'è che, dal 1994, vi è stato uno sforzo aggiuntivo per fare in modo che vi fossero Governi di legislatura, anche se poi non si è riusciti nell'intento; ma sicuramente dal 1994 vi è stata una spinta in questa direzione.
Da quell'anno, prima delle elezioni gli elettori hanno ricevuto proposte chiare; è stato proposto loro un Presidente del Consiglio ed un programma sul quale confrontarsi. Su quel programma si è tentato di conquistare la Presidenza del Consiglio, nonché la possibilità di governare.
Adesso, con l'articolo 26, si intende inserire nella Costituzione ciò che già oggi è nella coscienza degli italiani, il cosiddetto premierato. Agli italiani, prima di ogni elezione, dovrà essere proposto un candidato premier. Tale candidato avrà un suo programma e cercherà di conquistare una sua maggioranza. Mi sembra un grande passo in avanti verso la cosiddetta democrazia compiuta, la democrazia dell'alternanza.
Questo è il sistema che garantisce anche l'alternanza; fa in modo che gli italiani possano giudicare il premier e la maggioranza a fine mandato e, se lo ritengono opportuno, rinnovargli il mandato oppure attribuirlo ad altro premier e ad altra maggioranza. È un grande sforzo di modernizzazione, perché si lasciano alle spalle quegli anni in cui era più il tempo trascorso tra «andare e tornare» dal Quirinale che quello veramente dedicato al governo della nazione.
Siamo convinti che su tale obiettivo vi sia un grande consenso nella nazione e ciò costituirà, nel caso in cui dovesse svolgersi il referendum, uno degli argomenti che sicuramente giocherà a nostro favore rendendo esecutiva le presente riforma (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Presidente, siamo giunti all'ultima parte di questo iter di modifica della Costituzione e, dopo aver trattato del procedimento legislativo e di altri organi fondamentali per il funzionamento della nostra Repubblica, oggi affrontiamo la figura del primo ministro.
L'articolo 26, primo comma, modifica la dicitura dell'attuale Costituzione; infatti, invece di parlare di Presidente del Consiglio dei ministri, si fa riferimento al Primo ministro. Particolarmente interessante è il secondo comma dello stesso articolo, che si riferisce alla candidatura alla carica di Primo ministro, che avviene mediante collegamento con una o più liste di candidati all'elezione della Camera dei deputati, secondo modalità stabilite dalla legge.
La legge poi disciplina l'elezione dei deputati in modo da favorire la formazione di una maggioranza collegata al candidato alla carica di Primo ministro. Anche questo è un passaggio fondamentale volto a favorire la formazione di una maggioranza che possa governare il paese con alla guida il premier. Inoltre, il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati delle elezioni della Camera dei deputati, nomina il Primo ministro.
Si tratta di cambiamenti fondamentali rispetto all'attuale testo della nostra Costituzione in quanto, ad esempio, a seguito della riforma il Presidente della Repubblica è praticamente obbligato, sulla base dei risultati delle elezioni della Camera dei deputati, a nominare il Primo ministro, attribuendogli il compito di guidare il Governo del paese.
Quindi, siamo di fronte ad un Primo ministro posto a capo di una maggioranza che sarà il risultato delle elezioni in base ad una legge elettorale sulla quale la questione è ancora aperta. Infatti, nella Costituzione, non abbiamo ritenuto di dover specificare il modello di legge elettorale, lasciando ad una legge ordinaria il compito di stabilire quali saranno in pratica le metodologie per addivenire ad una maggioranza sicura, collegata alla figura del Primo ministro.
In questa legislatura, vi è un Presidente del Consiglio dei ministri che ha superato tutti i record per quanto riguarda la durata del suo Governo e anche ciò dimostra che la stabilità sta diventando una realtà anche nel nostro paese.

Con questa modifica dell'articolo 92 della Costituzione si definisce in maniera più esplicita la maggioranza collegata al candidato alla carica di Primo ministro.
Quindi, rivolgo un invito ai colleghi dell'opposizione - come abbiamo più volte fatto - a ritirare l'emendamento soppressivo in oggetto, perché altrimenti si tornerebbe al testo vigente della Costituzione, che prevede la figura ormai anacronistica del Presidente del Consiglio dei ministri. In tutti i paesi europei a democrazia avanzata, infatti, il Capo del governo si chiama Primo ministro.
Soprattutto, il secondo comma dell'articolo 26 contiene la parte centrale di questa riforma, in cui viene introdotto il collegamento tra il Primo ministro e le liste dei deputati a lui collegate, che potrà assicurare una maggioranza di Governo, per garantire l'azione amministrativa fondamentale per dare al paese certezze nella guida e continuità operativa, in modo da permettere la realizzazione del programma che gli elettori hanno mostrato di preferire con il voto espresso alle elezioni politiche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, sarò brevissimo. Come al solito, iniziamo la seduta con il tentativo da parte dell'opposizione di far mancare il numero legale.

MARCO BOATO. Siete voi che lo fate mancare, non noi!

ROBERTO MENIA. Stai zitto!

ALDO PERROTTA. Mi dispiace, ma il numero legale - come peraltro è stato già detto dall'onorevole Violante e più volte ripetuto dagli altri Presidenti della Camera, nonché dallo stesso Presidente della Repubblica - viene assicurato dai parlamentari, indipendentemente dall'appartenenza alla maggioranza o all'opposizione.

PIERO RUZZANTE. E nella scorsa legislatura? È dal 1997 che c'è il regolamento!

ALDO PERROTTA. Come sempre, i parlamentari dell'opposizione tentano di far mancare il numero legale. Anche in questa occasione, però, il tentativo andrà male perché il numero legale è stato raggiunto e quindi continueremo con forza a portare avanti il progetto della devolution.
Vorrei ricordare soltanto che, come al solito, il primo emendamento presentato dalla minoranza è soppressivo. Potete quindi immaginare cosa sarebbe la Costituzione se tale emendamento fosse approvato. Infatti, non vi sarebbe la disciplina sulla composizione del Governo né alcun accenno sul collegamento del Primo ministro con i candidati alle elezioni della Camera dei deputati, e così via.
Indipendentemente da questo emendamento, vorrei invitare i colleghi della minoranza a rientrare in aula perché anche questa mattina non è riuscito lo scherzetto di far mancare il numero legale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, intervengo ovviamente in senso contrario all'emendamento in oggetto, proposto dall'opposizione, che intende sopprimere del tutto il principio del premierato.
Mi sfuggono le ragioni di tale posizione, perché in tutti questi anni mi era parso di capire che la stessa sinistra fosse favorevole ad una sorta di bipolarismo dove, pur mantenendo le singole identità dei partiti, fossero presenti due coalizioni contrapposte, guidate in maniera chiara da una persona ben individuabile dagli elettori. Faccio quindi fatica a capire come mai l'opposizione voglia eliminare tale principio, quando nelle due ultime tornate elettorali ha sostanzialmente indicato il Primo ministro. In realtà, nella scorsa legislatura ne ha cambiati tre e nelle ultime elezioni ha fatto riferimento ad una figura politica, peraltro neppure candidata. Ma, al di là delle scelte, più o meno guidate da rigore mentale e intellettuale, ci sembrava che si andasse nella direzione dell'articolo 26.
Entrando nel merito, è ovvio che la presenza di una persona chiaramente indicata da una coalizione permette una scelta più oculata da parte degli elettori che, apponendo la croce su una certa casella, sapranno più o meno esattamente cosa si vota. Come questa legislatura sta dimostrando, anche se siamo ancora a metà di tale transizione, è questa la migliore garanzia della durata regolare della legislatura per tutti i cinque anni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, la nostra proposta emendativa è diretta a confermare una previsione normativa volta a dare a questo paese una guida certa e un Governo effettivamente collegato con la volontà dei cittadini elettori. Si tratta peraltro di un'esigenza che si è manifestata anche nel corso della precedente legislatura: ricordiamo i tre cambi di premier del centrosinistra. Al fine di evitare il verificarsi degli stessi problemi, proponiamo di modificare le norme costituzionali, prevedendo che le candidature alla carica di Primo ministro siano collegate con una o più liste di candidati, in modo da avere un premier certo, una maggioranza certa e programmi da sottoporre agli elettori all'inizio della legislatura.
Gli attacchi strumentali provenienti dalla sinistra, secondo cui si vorrebbe introdurre una figura di «super Primo ministro», anche in questo caso lasciano il tempo che trovano. Infatti, si prevede che la stessa maggioranza abbia il potere di sfiduciare il premier, nel caso in cui non dovesse rispettare il programma sottoposto al corpo elettorale.
Si tratta dunque di previsioni normative volte a garantire governi certi e maggioranze sicure e a dare al paese una guida duratura, diversamente da quanto accaduto con lo scempio dei Governi di sinistra degli anni scorsi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, chiediamo di respingere l'emendamento soppressivo in esame.
Stiamo affrontando le norme relative al premierato, e finalmente, con tali modifiche, la figura del premier verrà collegata a una maggioranza certa: si tratta di un'innovazione importante. Verranno attribuiti maggiori poteri al premier, il quale avrà la possibilità di realizzare effettivamente il programma sulla base del quale è stato eletto. Ciò finora non è accaduto, come hanno osservato i colleghi precedentemente intervenuti. Fino a pochi anni fa, i Presidenti del Consiglio trascorrevano più tempo nelle consultazioni con i partiti, andando sul Colle, conducendo per mesi mediazioni per la formazione della squadra, che non nell'azione di governo.
La riforma da noi proposta riuscirà anche ad andare incontro alla principale richiesta dei cittadini, che non vogliono più essere presi in giro ma vogliono che le promesse fatte dai politici, e in particolare dal candidato premier, siano mantenute dopo le elezioni. Ciò è quello che sta facendo questo Governo, il più lungo nella storia repubblicana, in quanto vi è una maggioranza ben definita e compatta, che sta tenendo fede alle promesse fatte in campagna elettorale. Con la modifica costituzionale in esame, attribuiremo ulteriori poteri al premier.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale...

PIERO RUZZANTE. Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, chiediamo il controllo delle tessere di votazione!

PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, assicuro che si procederà alle opportune verifiche nel senso da lei indicato. Prego i colleghi di votare ciascuno per sé.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 26.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

RENZO INNOCENTI. Quarto e quinto settore! Fanno addirittura la staffetta!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni) (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
(Presenti 248
Votanti 245
Astenuti 3
Maggioranza 123
Hanno votato
8
Hanno votato
no 237
Sono in missione 58 deputati).

Prendo atto che l'onorevole Spina Diana non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto contrario.

RENZO INNOCENTI. Ma che applaudite? Avete quaranta doppi voti!

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 26.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Stiamo per affrontare la parte più interessante del nostro dibattito: la materia del Governo e del Primo ministro, che sicuramente costituisce l'attacco più diretto alle ragioni del costituzionalismo contemporaneo.
La necessità di una revisione costituzionale della forma di governo è stata di frequente motivata con l'affermazione per cui la nostra Costituzione avrebbe irrigidito la forma di governo in modo tale che sarebbe impedito al sistema di evolvere fuori dal tracciato del sistema elettorale proporzionale e di consolidare la posizione dell'esecutivo, impedendo quindi di rimediare alla atavica instabilità dei governi italiani. Come è del tutto evidente, si tratta di una affermazione del tutto infondata. Completamente all'opposto, l'evoluzione in corso ha dimostrato proprio l'elasticità delle previsioni costituzionali, che non hanno affatto ostacolato l'evoluzione delle prassi relative alla nomina del Presidente del Consiglio dei ministri ed il loro adattamento al nuovo sistema elettorale.
Voi, però, non fate nessuna riflessione di questo genere e siete prigionieri di una sola vicenda politica: la caduta del Governo Berlusconi nel 1995. Ed è inquietante discutere di riforme costituzionali sempre ragionando solo di una vicenda politica! Di quella vicenda politica che voi avete chiamato ribaltone e che rappresenta la vostra autentica ossessione! Il paradosso di questa vostra riforma è che, dopo aver contestato per anni che il sistema politico italiano era prigioniero di una delega totalitaria ai partiti, state costruendo un sistema in cui si approda ad una delega totalitaria al Primo ministro! Nella storia costituzionale moderna il requisito fondamentale a cui deve corrispondere un sistema di governo che intenda dare forma ad una democrazia è rappresentato dalla divisione dei poteri e, nel caso di un sistema fondato su elezioni maggioritarie, da meccanismi di bilanciamento e di contrappeso tra poteri. O c'è questo, oppure tutti - da James Madison a Giuseppe Maranini - ci diranno che non c'è democrazia.
Si badi bene, non c'è nulla di male, né nulla di non democratico nello scegliere quella che si chiama democrazia di mandato, e quindi l'elezione diretta di un Presidente. Ma perché questa scelta sia coerente con l'irrinunciabile logica della divisione dei poteri, richiesta da una democrazia, occorre sganciare il Governo dal Parlamento e costringere il Presidente eletto a fare i conti con un Parlamento che egli non può domare con il voto di fiducia o con il potere di scioglimento. Se, invece, si pretende di eleggere, di fatto, direttamente un Primo ministro che si insedia in un sistema parlamentare e dispone verso la Camera sia della fiducia, con voto conforme, sia dello scioglimento, allora si distrugge il sistema parlamentare, si distrugge la divisione dei poteri...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Bressa.

GIANCLAUDIO BRESSA. Sono aspetti molto importanti, signor Presidente, mi lasci concludere. Non porterò via ulteriore tempo con altri interventi.
Così si distrugge il sistema parlamentare, si distrugge la divisione dei poteri e si realizza una forma di Governo in cui il principio di democrazia si indebolisce fino a scomparire. Specie poi se la maggioranza parlamentare che risponde al Primo ministro si attribuisce anche il potere di eleggere il Capo dello Stato e altri organi che dovrebbero essere di bilanciamento e di garanzia.
Ma la riforma proposta va oltre, perché si parte dalla promessa non sono che il premier debba essere direttamente eletto ma che, attraverso le elezioni, i cittadini trasferiscano a lui la loro sovranità...

CESARE RIZZI. Basta!

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, mi dispiace interromperla; concluda, altrimenti rischiamo di riprodurre la vicenda di ieri...

CESARE RIZZI. Basta! Basta!

GIANCLAUDIO BRESSA. Ancora pochi secondi, signor Presidente.

PRESIDENTE. La ringrazio.

GIANCLAUDIO BRESSA. Come dicevo, si tratta di un singolarissimo principio per una democrazia, ed è tanto più singolare sulla base del fortunatamente immutato articolo 1 della Costituzione, che attribuisce la sovranità al popolo, del quale fanno parte anche i cittadini che non hanno votato per il premier vincente, chiunque esso sia (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Credo che vi sia un equivoco di fondo: è come se, qui, qualcuno volesse la stabilità dei governi e qualcun altro no.
L'onorevole Carrara da vari giorni ci spiega quanto accaduto in cinquant'anni.
È ossessionato dal numero dei Governi che si sono succeduti in questi cinquant'anni, anche se poi tantissimi altri, anche della sua stessa maggioranza, parlano di quel periodo come se fosse stato un grande periodo della nostra democrazia! Quindi, mettiamoci un po' d'accordo: io credo che quando si esagera, si esagera in tutti i sensi.
Il problema non è che alcune forze vogliono la stabilità dei governi e che ad altre forze piace l'instabilità e il cambiarli in continuazione! Il problema è completamente diverso; il problema è stabilire a quali pezzi della democrazia si vuole rinunziare in nome della stabilità. È questo il problema che dobbiamo affrontare!
Tutti vogliamo la stabilità di governo e, ovviamente, quanto più la stabilità diventa forte e i poteri del Primo ministro diventano forti, tanto più perdono pezzi di autonomia e di democrazia le altre istituzioni. Questo è il problema dell'equilibrio dei poteri in una Costituzione.
Non è che noi attribuiamo poteri forti al premier e nel resto non cambia nulla. Se attribuiamo poteri forti ad un premier, questo significa che quei poteri li togliamo a qualcun altro ed in questo caso, nella vostra costruzione, quei poteri vengono tolti al Parlamento.
Questa è la riflessione che voi dovevate fare e non avete fatto! Anche perché, in tutta questa vostra costruzione della norma costituzionale, nell'idea che si possa risolvere tutto con una geometria costituzionale, ciò che manca di fondo è che non ci sia poi sempre la politica.
Voi state discutendo di una stabilità da conquistare e vi dimenticate che, a Costituzione invariata, cioè con questa Costituzione, state governando dal 2001 perché si è creato un sistema politico che garantisce la stabilità: questo è il dato oggettivo, senza bisogno di cambiare la Costituzione! Voi avete ottenuto la stabilità perché la politica ha consentito che questa stabilità vi fosse. Non abbiamo dovuto cambiare nessuna norma costituzionale, né abbiamo dovuto sacrificare alcun pezzo di democrazia parlamentare.
Con il meccanismo dell'articolo 26 voi introducete alcuni princìpi molto gravi. Innanzitutto, e lo diremo dopo, già prefigurate un sistema elettorale; e questo è sbagliato. Avevamo sempre detto che in Costituzione non si doveva fare: voi lo fate, anche se in maniera nascosta, e questo è gravissimo! Poi vedremo questo punto quando esamineremo le norme transitorie e vi dimostreremo come introducete il sistema elettorale.
Il secondo principio è che voi introducete praticamente un sistema di ricatto, perché mentre fino ad oggi, ovviamente, se il premier non otteneva la fiducia, era egli stesso ad andarsene a casa (come è giusto che sia in una democrazia parlamentare in quanto, l'attività parlamentare del premier non corrisponde alla volontà espressa dal risultato elettorale), oggi avviene esattamente il contrario: se quest'Assemblea parlamentare non desse la fiducia al premier, sarebbe l'Assemblea parlamentare stessa a tornarsene a casa! Questo è non solo un paradosso, ma un fatto gravissimo, perché si limita fortemente il potere decisionale dell'Assemblea parlamentare e della stessa maggioranza. È la maggioranza che è ricattata dal premier, oggi come oggi. Tutto questo in nome dell'idolo della stabilità di governo.
Lo ripeto: la stabilità è un concetto politico; c'è già oggi a Costituzione invariata. Stiamo attenti a quanto viene sacrificato della democrazia parlamentare con questo articolo rispetto all'obiettivo che intendete raggiungere.
E c'è anche un'altra illusione: si ritiene che qui si governa solo con le leggi! Le leggi sono una cosa, il Governo un'altra. Voi, con questo articolo 26, state veramente alterando in maniera sensibile gli equilibri costituzionali (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, vorrei solo che restasse agli atti la grande generosità con la quale i colleghi di maggioranza hanno provveduto a sostituire i colleghi della stessa maggioranza nel primo voto di questa mattina.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, la dottrina definisce il Governo un organo complesso, in quanto composto da un organo individuale, il Presidente del Consiglio dei ministri, e da un organo collegiale.
Va da sé che, per noi, la politica generale può trovare espressione solamente in termini di responsabilità politica e, quindi, in forma collegiale. Nella prima parte dell'emendamento 26.1, a mia prima firma, intendiamo ribadire il concetto della responsabilità collegiale.
Inoltre, affrontiamo una questione da tempo irrisolta, quanto meno da parte del Governo in carica: il conflitto di interessi e la connessa necessità di determinare le attribuzioni dei ministri, nonché le incompatibilità tra le cariche di Governo e la titolarità o lo svolgimento di attività private.
Infine, colleghiamo la candidatura di Primo ministro a quella dei candidati alla Camera dei deputati. Per quanto ci riguarda, come avremo occasione di verificare anche nel corso dell'esame degli articoli successivi, questa candidatura è tutta politica - non, per così dire, su scheda - e, mediante il riferimento al programma, consente un rapporto trasparente con i cittadini.

PRESIDENTE. Onorevole Mascia...

GRAZIELLA MASCIA. Il nostro Primo ministro viene sottoposto al voto del Parlamento. Ciò non avviene nel disegno proposto dalla maggioranza e dal Governo, che introduce surrettiziamente il nuovo sistema elettorale, dando per scontato ...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mascia.

GRAZIELLA MASCIA. ... che il Primo ministro verrà eletto direttamente...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mascia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bellillo. Ne ha facoltà.

KATIA BELLILLO. Signor Presidente, desidero preannunciare che i Comunisti italiani sosterranno con il loro voto favorevole l'emendamento Mascia 26.1.
Inoltre, poiché vedo che è presente il ministro Tremaglia, coglierei l'occasione per chiosare una sua esternazione...

PRESIDENTE. No, la prego, onorevole Bellillo: deve attenersi alla dichiarazione di voto sull'emendamento in esame!

KATIA BELLILLO. No, signor Presidente, lei mi deve permettere...

PRESIDENTE. La prego di attenersi alla dichiarazione di voto sull'emendamento, altrimenti le toglierò la parola.
Non può introdurre nel dibattito argomenti diversi approfittando della dichiarazione di voto su un emendamento. La prego!

KATIA BELLILLO. Mi scusi, signor Presidente, ma vorrei semplicemente dire che, poiché il ministro Tremaglia (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)... ha dichiarato (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale) ... che in Europa esistono una maggioranza ed una minoranza ...

PRESIDENTE. Onorevole Bellillo, la prego di attenersi alla dichiarazione di voto sull'emendamento in esame. È la seconda volta che le rivolgo questo invito!

ROBERTO MENIA. Basta!

ROBERTO ALBONI. Le tolga la parola, Presidente!

KATIA BELLILLO. Parlo di democrazia!

PRESIDENTE. Onorevole Bellillo, se insiste, sarò costretto a toglierle la parola!

KATIA BELLILLO. Io faccio parte della minoranza eterosessuale, ma il ministro non deve parlare a mio nome (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Onorevole Bellillo, se insiste, le tolgo la parola! Grazie.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.

DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente, stiamo entrando nel cuore di questo dibattito, che riguarda una riforma destinata a modificare profondamente gli assetti derivanti dalla Carta costituzionale del 1948.
Gli articoli 26 e seguenti del disegno di legge costituzionale al nostro esame esaltano il ruolo del Primo ministro (dell'attuale Presidente del Consiglio, definito, con formula nuova, Primo ministro), al quale vengono attribuite funzioni che, dal nostro punto di vista, sono assolutamente rivoluzionarie e non condivisibili.
Secondo la vostra proposta, il Primo ministro determina la politica generale del Governo. Si tratta già di una prima modifica profonda: oggi, il Presidente del Consiglio dirige la politica del Governo; lasciatemi dire, colleghi, che si tratta già di una bella differenza!
Inoltre, attribuite al Primo ministro il potere di dirigere l'attività dei ministri, mentre il Capo del governo svolge, secondo la Costituzione vigente, una funzione di promozione e di coordinamento. Anche questa è una differenza sostanziale.
La terza questione, della quale ci occuperemo più approfonditamente nel corso dell'esame degli articoli successivi, concerne il potere del Primo ministro di sciogliere il Parlamento, riducendo quest'ultimo ad un'Assemblea depotenziata.
Mi sia consentito dire che anche le disposizioni relative alla nomina del Primo ministro ne esaltano la figura. Invero, sebbene non venga introdotta l'elezione diretta del Capo del Governo, si fa in modo da sostanziare, attraverso il voto, un'immediata legittimazione popolare.
Quindi, diciamo la verità: il premier, nella scala dei valori della nostra Costituzione, sale al primo posto, sopra il Parlamento, sopra il Presidente della Repubblica e sopra le autorità di garanzia della nostra Costituzione. Il premier sembra il vero motore dell'intera macchina istituzionale del nostro paese e, anche se in Costituzione le sue funzioni vengono regolate successivamente rispetto a quelle del Parlamento e del Capo dello Stato, assume di fatto un primato tra gli organi costituzionali.
Questo riformismo della Casa delle libertà...

PRESIDENTE. Onorevole Pappaterra...

DOMENICO PAPPATERRA. Presidente, ho tempo a mia disposizione. Mi sembra curioso che...

PRESIDENTE. Onorevole Pappaterra, lei ha tre minuti di tempo a sua disposizione e finora ha consumato due minuti e 50 secondi. Quindi, le restano ancora 10 secondi; con la dovuta tolleranza, ma il suo tempo è questo.

DOMENICO PAPPATERRA. Perché tre minuti? Presidente, abbiamo ancora tempo da utilizzare.

PRESIDENTE. Per accordi intercorsi...

DOMENICO PAPPATERRA. D'accordo. Interverrò sull'emendamento successivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, vorrei chiarire che qui non c'è chi vuole Governi forti e chi vuole Governi fragili. A noi non piacciono i Governi fragili, perché diventerebbero ancor più preda dei poteri forti dell'economia e delle pressioni lobbistiche palesi ed occulte. Tuttavia, la forza e l'autorevolezza devono derivare da un rapporto equilibrato con il Parlamento - e nella vostra riforma questo rapporto è, a dir poco, squilibrato -, e dalla concezione del Governo quale organo collegiale. Il Governo non è il Primo ministro e non si risolve tutto affidando i poteri nelle mani di un'unica persona.
Per tali motivi, la prima parte dell'emendamento in esame, che condividiamo interamente, è particolarmente significativa, perché restituisce la visione collegiale del Consiglio dei ministri (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo esaminando uno dei tre grandi nodi che hanno caratterizzato questo pasticcio costituzionale, ossia quello del Primo ministro (non a caso, il Presidente del Consiglio dei ministri è chiamato in tal modo). Occorre innanzitutto capire i motivi che hanno indotto a presentare questa proposta. Successivamente, ne esamineremo il contenuto.

Il perché sia stata presentata questa proposta è sotto gli occhi di tutti. Doveva essere accontentata la Lega che voleva la devolution: di fatto non l'ha ottenuta, perché è circoscritta solo al nome. Per contrappeso, Alleanza nazionale ha chiesto un premierato forte. Poiché l'onorevole Fini è una persona cortese ed intelligente, penso che l'abbia fatto, non per se stesso, ma perché, nonostante i lavacri di Fiuggi, una forma autoritaria resta nella parte politica che lui rappresenta (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

DANIELE FRANZ. Come ti permetti!

LORENZO ACQUARONE. Una forma autoritaria resta nella tradizione della parte politica che lui rappresenta (Commenti del deputato Franz). La Lega è stata pseudoaccontentata e Forza Italia, sì, è vero, pensa ancora al ribaltone del 1994, ma credo che, in realtà, gliene importi poco. L'importante è tirare a campare.
Da tale conflitto di tesi contrapposte, nasce questo pasticcio sulla cui incostituzionalità, perché, pur fatto con legge costituzionale, contravviene ai principi fondamentali che devono reggere un costituzionalismo moderno (moderno nel senso da Montesquieu in poi), interverremo durante l'esame delle successive proposte emendative.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, intervengo sollecitato dalle parole del collega Acquarone. Vedo in giro confermata una certa ipocrisia da parte del centrosinistra. In un paese nel quale l'elezione diretta di chi governa è all'ordine del giorno ormai da undici anni, è ipocrita e fuori dalla storia continuare a sostenere cose che, evidentemente, per chi vuole ancora riferirsi a certi principi costituzionali, appartengono all'Ottocento se non addirittura al medioevo. Oggi noi eleggiamo direttamente i sindaci ed essi condizionano la vita delle assemblee elettive dei consigli comunali; i presidenti delle province condizionano la vita del consiglio provinciale; i governatori condizionano la vita dei consigli regionali, che sono assemblee legislative; nessuno si è scandalizzato che nel 2001, e ancora prima, l'onorevole Acquarone è stato eletto con un simbolo che diceva Rutelli presidente; noi siamo stati eletti - gran parte di noi - con un simbolo che diceva Berlusconi presidente; era nei fatti e rientra nei principi fondamentali della nostra Costituzione: il cittadino elettore partecipa alla decisione di indicare chi governa. L'abbiamo già fatto e metterlo chiaramente in Costituzione non significa fare, come qualcuno sta continuando a sostenere in quest'aula, un attentato alla Costituzione; significa essere coerente e trasferire in Costituzione quello che già è nella coscienza degli italiani. È evidente che chi ipocritamente continua a sostenere cose diverse in questa Assemblea è contro la volontà del popolo italiano. Ma questo lo vedremo, collega Acquarone, quando faremo il referendum; in quella occasione valuteremo chi è a favore della coscienza degli italiani e chi invece - come i molti che sento qui dentro - ipocritamente è rimasto al medioevo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Vorrei rivolgere a nome dell'Assemblea un saluto ai componenti della camera penale di Arezzo, che sono in questo momento in tribuna e sono a palazzo Montecitorio per una visita di studio (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, mi rivolgo al collega di Alleanza nazionale, uno dei pochi colleghi che in questo dibattito sta prendendo la parola. Qui non si tratta soltanto - e non siamo d'accordo - di lasciare al popolo il potere di nominare il premier...

DANIELE FRANZ. Eleggere!

MAURA COSSUTTA.... così come si fa per presidenti delle regioni e i sindaci; il problema è che conseguentemente si costruiscono delle trasformazioni profonde nel nostro sistema democratico, si determina uno sbilanciamento pesante del sistema delle garanzie, dei pesi e dei contrappesi, del rapporto tra esecutivo e legislativo, tra esecutivo e persino i poteri del Presidente della Repubblica ed ora si opera addirittura uno sbilanciamento tra il ruolo del premier ed i ministri...

PRESIDENTE. Onorevole Cossutta, la prego di concludere.

MAURA COSSUTTA. Presidente, parlo a nome del gruppo, a titolo personale aveva parlato precedentemente la mia collega, l'onorevole Bellillo.

PRESIDENTE. Onorevole Cossutta, ha esaurito il tempo che aveva a disposizione per il suo intervento.

MAURA COSSUTTA. Va bene, Presidente, allora parlerò successivamente.

MARCO BOATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, le voglio dare atto di essere sempre molto rispettoso delle prerogative di tutti, però le vorrei far rilevare - e per questo le chiederei di ridare la parola alla collega Cossutta - che la collega Bellillo ha parlato a titolo personale in riferimento ad una materia che lei ha ritenuto non inerente al dibattito che stavamo facendo (e le ha tolto la parola). A questo punto impedire alla collega Cossutta, che appartiene alla stessa componente, di parlare nel merito della questione che stiamo discutendo mi sembrerebbe un po' una forzatura.

ROBERTO MENIA. Basta!

MARCO BOATO. Comunque, rimettendomi alla sua valutazione discrezionale, le chiedo di considerare se non sia opportuno che la collega Cossutta possa parlare di ciò di cui stava parlando, perché è l'unico membro della sua componente che interverrebbe in questa circostanza. Mi sembrerebbe giusto che potesse farlo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Boato, un minuto non è un problema tale da far nascere un caso.

MARCO BOATO. Esatto!

PRESIDENTE. Vorrei ricordare che l'onorevole Bellillo ha comunque parlato per 2 minuti e 50 secondi, e dunque non è intervenuta a titolo personale; daremo comunque all'onorevole Maura Cossutta la possibilità di recuperare successivamente questo minuto e mezzo.

MAURA COSSUTTA. La ringrazio, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sembra che, da numerosi interventi svolti dai deputati dell'opposizione, traspaia un tentativo di togliere «nobiltà» al percorso di riforma della Costituzione che abbiamo intrapreso, in particolare con riferimento alla scelta di introdurre il premierato, con tutte le conseguenze che ne derivano. Il «chiavistello» attraverso il quale si vuole insinuare la subordinazione di questo nostro grande disegno ad altri interessi viene normalmente riassunto affermando che vi sarebbe uno scambio tra Alleanza nazionale e la Lega Nord Federazione Padana, per cui si concede qualcosa ad AN e qualcos'altro alla Lega, mentre Forza Italia sovrintende a tale scambio.
Vorrei far notare ai colleghi della sinistra che, in realtà, ciò che stiamo compiendo, attraverso l'introduzione del premierato, è, in fondo, il dato culminante di una evoluzione della cultura istituzionale che ha attraversato, a partire dagli anni Novanta, fino agli ultimi anni dell'attuale legislatura, la visione istituzionale sia del centrodestra, sia del centrosinistra.
Negli anni Novanta, infatti, si è manifestata in Italia un'opinione comune che voleva riportare il potere decisorio all'interno degli esecutivi, ma che talvolta, a mio avviso anche esagerando, ha mortificato i momenti assembleari. Vorrei riprendere, al riguardo, il già citato argomento dei sindaci, e vorrei altresì richiamare soprattutto la forma di governo delle regioni, che rappresentano un esempio di tale disistima dei consigli e delle assemblee a favore, invece, di un recupero della governabilità da parte del potere esecutivo.
Vorrei rilevare che, anche a livello di cultura politica colta e formalizzata, come posso leggere nei lavori della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali, è stato intrapreso un discorso molto semplice e chiaro, per cui se da una parte il centrodestra ha puntato sul presidenzialismo, la sinistra ha sempre proposto l'introduzione di forme di premierato. Potrei citare esempi di autorevoli colleghi, che siedono ancora in questa Assemblea, che hanno sottoscritto dichiarazioni esplicite in favore della soluzione del premierato. Vorrei altresì ricordare che, ad un certo momento, l'intero centrodestra sembrò concordare con la forma di governo semipresidenziale, anche se successivamente, dopo un'attenta riflessione, ha scelto invece il premierato.
La nostra accettazione del premierato, dunque, voleva significare, in fondo, la ricerca di forme di governo sulla quale fosse possibile ottenere un'unanimità di consensi. Ciò evidentemente non è stato possibile poiché, a mio avviso, non è comunque possibile, in questa democrazia mediatica, realizzare delle convergenze su grandi temi, e pertanto ci troviamo nuovamente a discutere di tale questione in termini di profonda contraddittorietà.
Nel concludere, signor Presidente, vorrei osservare che il problema di riequilibrare i rapporti tra il potere esecutivo ed il Parlamento sussiste sicuramente; vorrei suggerire, tuttavia, di non pensare che la Costituzione debba risolvere tutti i problemi esistenti. Credo, infatti, che occorra anche una riflessione veramente approfondita in ordine ad una riforma dei regolamenti parlamentari, vale a dire sul come si organizzano i lavori, sul modo con cui si svolgono le funzioni ispettive e di controllo e sulle modalità con cui, ad esempio, sia possibile recuperare la funzione delle Commissioni in sede redigente.
Vorrei segnalare, al riguardo, che una delle più grandi sorprese che ho avuto nel corso della mia esperienza di deputato è che l'unica volta che ho sentito parlare di un organo «redigente» è stato solo recentemente, attraverso le parole del presidente Violante...

PRESIDENTE. Onorevole Pacini...

MARCELLO PACINI. ... quando egli ha proposto di istituire una Costituente redigente.
In realtà, la funzione redigente dovrebbe essere importante, restituendo efficacia e stima ai lavori del Parlamento. Credo pertanto che dobbiamo, con grande serenità, concludere il percorso storico ultradecennale che rafforza l'esecutivo, e successivamente, iniziare una riflessione sulle modalità con cui si restituisce efficacia ed efficienza ai lavori delle Assemblee, proprio perché non tutto si risolve nelle Costituzioni (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, intervengo brevemente, per una doverosa testimonianza. Nonostante il lavoro svolto dal presidente Bruno e dalla Commissione, non riesco a convergere sul punto del premierato. Probabilmente, è la filosofia di fondo che non mi convince. Sarà, come dice l'onorevole Soda, che sono rimasto fermo a quindici anni fa e, quindi, non posso competere con tanti innovatori che paiono, purtroppo, troppo spesso improvvisati. Preferisco pertanto essere considerato un po' conservatore.

La questione di fondo che emerge si nota anche dal lessico scelto, laddove si prevede che il Primo ministro «determini» la politica generale del Governo, nel presupposto evidente che il compito di «dirigerla», che la Costituzione vigente gli assegna, risulti inadeguato. Non vi sarebbe ragione, altrimenti, di mutare, anche terminologicamente, tale elemento. Si pone, al riguardo, un problema: mentre il programma di governo sottoposto al corpo elettorale si configura come espressione di un accordo di coalizione, realizzato con il concorso di tutte le concorrenti della maggioranza, la politica generale del Governo, che deve tradurre tale programma in pratica, diverrebbe il prodotto di una solitaria decisione del premier. Questa è la conseguenza della terminologia scelta e questa è la logica del «bileaderismo», cui spesso ho fatto cenno, criticando gli eccessi della cosiddetta «seconda Repubblica». Il Governo inoltre sembra, in tal modo, perdere il carattere di organo politico, essendo ridotto ad un organo esecutivo chiamato ad attuare una linea politica determinata esclusivamente dal premier.
Mi chiedo, poiché sul tema della collegialità sono state riempite le pagine dei giornali, soprattutto negli ultimi mesi: come si concilia una simile scelta con il principio della collegialità, che rappresenta un elemento costitutivo dei governi di coalizione e, per immergerci nell'attualità, con la giusta rivendicazione che, da più parti, le viene rivolta? In realtà, più o meno consapevolmente, lo scivolo verso il quale siamo indirizzati è verso una sorta di bipartitismo, rispetto al quale il ruolo della leadership di Governo coincide con quella della leadership di partito. È un sistema verso il quale si sta andando, con buona pace del collega Bressa, che è molto più inglese di me (non mi riconosco)! Credo che l'onorevole Soda dovrebbe riflettere con una certa profondità sugli aspetti un po' stereotipati con i quali si svolge questo dibattito, perché il centrosinistra, che spesso accusa il centrodestra di voler forzare in una certa direzione, ha dato negli ultimi anni un contributo esattamente corrispondente alla direzione di marcia verso la quale ci si sta incamminando. Mi è capitato di dire, qualche volta, che Prodi fa, sia pur con altre parole, le stesse affermazioni di Berlusconi.
Prendo atto che il Parlamento vuole incamminarsi sul «bileaderismo», ma ho molti dubbi che ciò rientri negli interessi generali del paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, intervengo brevemente sulle questioni poste dai colleghi che mi hanno preceduto, in ordine alla nostra idea di premierato.
Il nostro disegno costituzionale, effettivamente, differisce da quello dell'onorevole Tabacci. Noi non siamo contrari al premierato e, anzi, l'abbiamo sostenuto ed introdotto nella scorsa legislatura. La nostra opinione, in realtà, è che non bisogna ridurre il premierato al Governo di uno solo. Ciò che contestiamo a questa riforma è la riduzione ad una sola persona del sistema politico.
Alcuni colleghi hanno richiamato il sistema politico dei comuni, delle province e delle regioni, quasi che si potesse proiettare a livello nazionale il sistema di governo locale. Non solo si tratta di realtà completamente diverse e con funzioni politiche nettamente diverse, ma credo che chiunque abbia esperienza di governi locali sappia quanto ormai sia necessario riequilibrare i poteri del sindaco, del presidente della provincia e del presidente della regione con i poteri dei consigli. Oggi vi è un'enorme disaffezione e crisi di rappresentanza all'interno degli organismi locali e regionali, perché vi è un eccesso di potere dei presidenti e dei sindaci rispetto al potere e alla possibilità di controllo e di rappresentanza dei consigli.
Voler proiettare questo meccanismo a livello nazionale - ciò è quello che fa questo progetto - a nostro avviso, è un errore gravissimo, non solo perché il Parlamento ha una sua ratio, una sua logica, una sua natura completamente diversa da quella dei consigli locali e regionali, ma anche perché ciò che ha salvato il nostro paese nei momenti di crisi profonda è stata proprio l'elasticità del sistema politico, pur nella sua complessità.
In sostanza, state costruendo - questa è la nostra opinione - un sistema del tutto anelastico, riducendo il potere del Governo al Presidente del Consiglio e la complessità dei poteri politici al solo potere del Governo, che poi è trasmesso al Presidente del Consiglio. Questa è la nostra critica profonda.
Onorevole Carrara, la stabilità, in sé, non è una qualità: dipende da chi governa e da come si governa. Abbiamo avuto Governi che sono durati vent'anni ed hanno portato alla rovina del paese; non è questo il punto. Se oggi leggiamo i giornali, riscontriamo che il Governo più stabile della nostra Repubblica ha fatto precipitare la competitività del nostro paese al posto successivo a quello del Botswana, dal ventiseiesimo posto (quale era nel 2001) al quarantottesimo, oggi divenuto quarantasettesimo.

PRESIDENTE. Onorevole Violante...

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Intendo dire che non conta la stabilità di per sé, bensì la capacità del Parlamento e delle stesse maggioranze parlamentari di influire sugli indirizzi politici. Con questo sistema voi non date nessuna possibilità alle stesse maggioranze parlamentari e al Parlamento di influire sugli indirizzi politici: voi li rendete prigionieri di un uomo solo. Questa è la critica profonda che muoviamo e ciò segna la sconfitta politica di questo disegno, perché evidentemente un sistema di questo genere non può reggere in situazioni di crisi politica (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, le mie considerazioni riguardano l'articolo 26 nel suo insieme e tornerò a prendere la parola al momento della dichiarazione di voto sullo stesso. Tuttavia, considerato che su questo tema si è innescata una discussione come sempre importante da parte di vari colleghi, vorrei precisare molto brevemente il mio pensiero.
Nel giudizio complessivo sul progetto di riforma costituzionale questo è, a mio avviso, uno dei punti fondamentali. Non nascondo - l'ho detto molte volte ai colleghi - di nutrire perplessità su una forma di Governo che, sostanzialmente, collega la scelta del Capo dell'Esecutivo ad una scelta diretta dell'elettorato. Non sono contrario a concepire questa impostazione, ma naturalmente la vedrei meglio in un sistema «americano», nel quale ai cittadini fosse attribuita la scelta del Capo dell'Esecutivo, ma anche il compito di eleggere una Camera e un Senato che non possono essere sciolti e che hanno le loro facoltà tipiche. Mi sembra che in questo caso si mettano insieme questi due elementi: il sistema parlamentare europeo ed il sistema direttamente elettivo americano. Ciò non mi piace e l'ho detto molte volte.
Mi rivolgo al presidente della Commissione, onorevole Bruno, ed ai valenti colleghi del Comitato dei nove: vi è un problema su cui vorrei richiamare all'attenzione. Qualche giorno fa, ho mosso al presidente Bruno l'obiezione che la norma contenuta nell'articolo 26 mi sembra molto pericolosa, perché stabilisce che la legge disciplina l'elezione dei deputati in modo da favorire la formazione di una maggioranza.
Ho chiesto al presidente Bruno di valutare l'ipotesi che il primo Parlamento successivo all'approvazione di questa riforma della Costituzione non approvi una legge elettorale che preveda la connessione fra la nomina della maggioranza parlamentare e l'individuazione del Primo ministro. Un Parlamento, infatti, non potrà essere obbligato da una norma costituzionale a legiferare. Liberamente il Parlamento negli anni Cinquanta non legiferò sulle regioni, sul Consiglio superiore della magistratura, eccetera. Quindi, ho chiesto ai colleghi cosa avviene se il Parlamento, dopo la nuova Costituzione, non approva una legge elettorale che la Costituzione considera necessaria per dare al Presidente della Repubblica il mandato.

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa...

GIORGIO LA MALFA. Concludo subito, ma è un punto delicato, signor Presidente.
Il presidente Bruno e i suoi colleghi hanno risposto a questo problema con una norma transitoria, l'articolo 43, il quale afferma che fino a quel momento vige la vecchia Costituzione. Allora, vi domando, rivolgendomi a tutta l'Assemblea: possiamo scrivere una Costituzione che sulla forma di Governo lascia la decisione se applicarla o meno ad una legge ordinaria, che è la legge elettorale di un Parlamento? Possiamo darci una Costituzione subordinata nel suo fondamento, qual è la forma di Governo, ad una decisione di una legge ordinaria, ossia la legge elettorale?
Inoltre, onorevole Bruno, supponiamo che il nuovo Parlamento abbia approvato la legge nel senso indicato dall'articolo 92 e che il successivo Parlamento decida di tornare alla legge proporzionale. Ciò è incostituzionale, ma non è illegittimo fino a quando la Corte costituzionale non lo dichiara. Qual è l'ordinamento costituzionale in quel momento?
Supponiamo che ci siano le lezioni dopo qualche mese, ma prima di una delibera della Corte costituzionale che cancelli l'atto del Parlamento. C'è questa contraddizione, onorevoli colleghi: o si scrive la legge elettorale nella Costituzione, e allora si ha una forma di governo, o questa forma non si scrive nella Costituzione e si assoggetta la forma costituzionale ad una legge ordinaria con gravi contraddizioni.
Non potrò votare a favore di questo articolo non solo per le ragioni di principio che ho richiamato, ma anche perché c'è un problema che prego i colleghi di voler considerare.
Grazie, Presidente, mi scuso per aver prolungato il mio intervento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Mi rivolgo al collega Pacini e agli altri che sono intervenuti: noi difendiamo quel che, dal punto di vista politologico, si chiama bipolarismo, ossia una democrazia dell'alternanza che funzioni. Eravamo chiamati in questa sede a darci regole e istituzioni più moderne per far sì che i diversi poteri fossero in equilibrio secondo le esigenze dell'oggi e non della Repubblica di impronta proporzionale nata dalla Costituzione.
Quello che si sta facendo ora con questo articolo è cosa tutt'affatto diversa. Qui si sta approvando un modello originale, inventato, frutto della fantasia costituzionale - ma le Costituzioni hanno una storia lunga - ossia un premierato assoluto. Si tratta di un premierato assoluto per il sistema elettorale e perché vi è un collegamento diretto che crea un vincolo costituzionale sulla legge elettorale, creando quel che denunciava, forse al contrario, il collega La Malfa, ossia l'impossibilità di una legge elettorale diversa e perché questo premier ha un potere di scioglimento della Camera e di annullamento dei poteri del Senato federale, con il meccanismo che abbiamo visto, e addirittura di annullamento delle leggi regionali.
Questo modello è fantasioso, assolutamente privo di contenuto democratico, privo e al di fuori di tradizioni costituzionali, non funziona e impoverisce la democrazia, anche quella dell'alternanza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 26.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 445
Astenuti 5
Maggioranza 223
Hanno votato
195
Hanno votato
no 250).

Prendo atto che l'onorevole Romano non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, desidero richiamare la sua attenzione sull'articolo 85, comma 7, del regolamento e sulla sua applicazione. Tale norma prevede che: «Su ciascun articolo, emendamento, subemendamento ed articolo aggiuntivo è consentita una dichiarazione di voto per non più di cinque minuti ad un deputato per gruppo». Nella seconda parte del suddetto comma è previsto che «Il Presidente concede la parola ad un deputato per ciascuna delle componenti politiche costituite nel gruppo misto e ai deputati che intendano esprimere un voto diverso rispetto a quello dichiarato dal proprio gruppo, stabilendo le modalità e i limiti di tempo degli interventi».
Signor Presidente, le singole componenti politiche del gruppo misto hanno ancora del tempo, rispettivamente 28 minuti i Comunisti italiani, 1 ora e 25 minuti i Socialisti democratici italiani, 59 minuti l'UDEUR, 4 minuti i Verdi, 1 ora e 18 minuti i Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI, 1 ora e 10 minuti le Minoranze linguistiche. Avendo tali componenti tempo a disposizione e non potendo andare comunque oltre il tempo contingentato, dato che su tale provvedimento è previsto il contingentamento dei tempi, non capisco perché, per la prima volta in questa legislatura, venga loro assegnato rigidamente il tempo di tre minuti per le dichiarazioni di voto.
Mi sento di porre tale questione come segretario del gruppo di opposizione con il maggior numero di deputati per tutelare le suddette componenti politiche. Le assicuro che possiamo trovare numerosi precedenti, in questa e nella passata legislatura, in cui alle componenti del gruppo misto è stato consentito di parlare cinque minuti per dichiarazione di voto sulle varie proposte emendative.
Signor Presidente, la questione che pongo ha due aspetti. In primo luogo, ritengo che il regolamento vada applicato in tutte le sue parti. Mi permetto di far notare alla Presidenza, in particolare a lei che più volte ha avuto modo di rispondermi sul punto, che dall'inizio della legislatura la Presidenza non è ancora riuscita a far applicare l'articolo 135-bis del regolamento. Dunque, il Presidente del Consiglio per primo non ha mai rispettato il nostro regolamento (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). Il regolamento va applicato in tutti i suoi articoli. Anche in questa riforma costituzionale avete scritto che il Presidente del Consiglio ha l'obbligo di venire in aula: iniziate ad applicarlo prima di scriverlo nella Costituzione, visto che il regolamento già lo prevede!
In secondo luogo, vorrei porre la questione dell'applicazione dei precedenti. Più volte la Presidenza ha fatto riferimento a precedenti e prassi applicati in questa sede. Credo sia corretto l'uso dei precedenti e della prassi, ma non può essere applicato in alcune occasioni e non in altre. Le assicuro - e sono in grado di dimostrarlo - che in questi tre anni e mezzo alle componenti del gruppo misto è stato consentito di intervenire per dichiarazione di voto per cinque minuti come agli altri gruppi. Tra l'altro, che un parlamentare decida di intervenire due volte per tre minuti o una volta per cinque minuti, comunque il tempo è contingentato.
Dunque, inviterei la Presidenza a continuare ad applicare il regolamento come è stato fino ad oggi applicato. Non cambierebbe assolutamente niente dal punto di vista dei tempi complessivi perché il tempo è contingentato, ma ciò consentirebbe ai deputati di scegliere quando intervenire e di svolgere un ragionamento compiuto. Credo si tratti di un'applicazione del regolamento di buon senso.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Ruzzante, perché mi dà modo di spiegare l'atteggiamento della Presidenza su tale argomento. Devo dirle, con tutto il rispetto, che non condivido la sua interpretazione. L'articolo 85, comma 7, attribuisce direttamente al Presidente dell'Assemblea il potere discrezionale di fissare un tempo che vada da uno a cinque minuti. Il Presidente, in questa circostanza, riferendosi a numerosissimi precedenti, ha fissato il termine di tre minuti. Ritengo che tale termine sia congruo e che si debba continuare su questa strada. Tra l'altro, uno è il problema del tempo affidato a ciascun parlamentare, altro, e completamente diverso, è quello riguardante il tempo complessivo delle singole componenti del gruppo Misto.
Le voglio tuttavia far presente, onorevole Ruzzante, che la Presidenza userà la normale prudenza e tolleranza, specialmente quando gli argomenti saranno di particolare rilevanza.

MARCO BOATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Boato, credo di aver già risposto sull'argomento. Comunque, ha facoltà di parlare.

MARCO BOATO. Sarò breve, signor Presidente. La ringrazio per il modo equilibrato con il quale, come sempre, lei ha risposto, pur nel dissenso da ciò che ha detto il collega Ruzzante. La Presidenza è a conoscenza della questione - non so se lo sia anche lei personalmente -, perché il sottoscritto ha già avuto modo di porla in altre circostanze, e forse in modo improprio anche nella seduta di ieri (sono stato richiamato, anche con una certa forza, dal Presidente Casini, il quale in quel momento presiedeva la seduta). Mi permetto, quindi, di lasciare agli atti di questo dibattito la mia condivisione della questione sollevata dal collega Ruzzante, che ho evitato di porre io stesso, proprio perché ieri avevo avuto questa interlocuzione difficile con il Presidente Casini.
La pregherei pertanto, signor Presidente, di porre all'attenzione del Presidente Casini l'opportunità di valutare, in una prossima riunione della Giunta per il regolamento, la questione in oggetto, che lei ha confermato nell'interpretazione, dicendo peraltro che verrà applicata con il giusto margine di equilibrio, per rispetto nei confronti del dibattito che stiamo svolgendo.

PRESIDENTE. Non c'è dubbio, onorevole Boato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 26.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Quella in esame è una disposizione a nostro avviso decisiva. Ci stiamo avviando verso un regime di premierato assoluto e pertanto l'emendamento che proponiamo è fondamentale per impedire una degenerazione in senso antidemocratico della nostra Repubblica. L'antitesi con lo Stato democratico, che la vostra riforma sta costruendo, mattone dopo mattone, sta anche nel fatto che avete immaginato una costruzione costituzionale interamente dalla parte del potere, trascurando quindi nel modo più assoluto il ruolo e la funzione dei cittadini, i quali anche se dovessero essere scontenti di come sono governati ed amministrati, e di chi li governa ed amministra, non disporrebbero però di mezzi efficaci per determinare un mutamento né direttamente, né attraverso mediazioni politiche (dal vostro modello totalmente neutralizzate).

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, la invito a concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. In un regime meramente rappresentativo, nel quale fosse concesso ai cittadini il solo potere di votare, tali cittadini sarebbero schiavi per cinque anni. Bisogna che vi sia la garanzia che il consenso democratico si formi liberamente. Pertanto, le questioni del conflitto di interesse e della libera e consapevole formazione delle scelte degli elettori diventano un dato primario, che deve essere tutelato con chiarezza in Costituzione, proprio in questo articolo, che tratta del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Tutte le volte che si rafforza un potere, si crea la necessità di prevedere norme di riequilibrio. Ciò a maggior ragione, nel momento in cui state ragionando di un premierato particolarmente forte. Si pone quindi il problema di una norma specifica riguardante le incompatibilità tra le cariche di Governo e lo svolgimento di attività pubbliche o private. Queste norme, colleghi, entreranno in vigore tra molti anni; quindi non credo che vi sarà più il problema di tutelare Berlusconi e il suo conflitto di interesse. Possiamo dunque ragionare serenamente di un problema, senza che voi siate obbligati a garantire il conflitto di interesse dell'attuale Presidente del Consiglio.
Proprio perché avete previsto un rafforzamento dei poteri del premier, la disposizione normativa prevista dall'articolo 51 della Costituzione non è più sufficiente, in quanto essa riguarda tutta una serie di altri soggetti, che non hanno poteri analoghi e neanche lontanamente avvicinabili a quelli del Primo ministro. Pertanto, con questo nostro emendamento, prevediamo che in Costituzione si affermi il principio che, tra le cariche di Governo e gli uffici o attività pubbliche e private, non ci siano incompatibilità o conflitti di interesse.
È un principio indispensabile nel momento in cui avete spostato l'asse costituzionale dal Parlamento al premier e completamente trasformato l'equilibrio costituzionale dei poteri, concentrando i medesimi su un premier onnipotente che può sciogliere le Camere, imporre la fiducia e dire: se non mi votate, ve ne andate a casa! A fronte di ciò, ci sembra indispensabile che vi sia la garanzia di un premier che non abbia conflitti di interesse.
Non comprendiamo il motivo per cui non intendete introdurre questa norma in Costituzione; è una norma importante che, oltretutto, garantisce, proprio nel momento in cui prevedete che vi sia, con riferimento ai sistemi elettorali, l'indicazione del premier, che l'eventuale conflitto di interesse non possa condizionare la volontà dell'elettorato. Sono problemi reali sui quali sarebbe stato indispensabile discutere. Si poteva farlo, perché si tratta di norme che entreranno in vigore quando, oramai, non vi sarà più il problema del conflitto di interesse dell'attuale premier. Evidentemente, su questo argomento non si può discutere e nemmeno quando state rafforzando i poteri del premier volete ragionare sulla questione del conflitto di interessi. Sarebbe stato utile ed indispensabile - ripeto - prevedere tale disposizione nella Costituzione.
Abbiamo proposto un emendamento specifico, ma voi, abbagliati dai problemi dell'attuale situazione politica, non volete prenderlo in considerazione: ritengo si tratti di un errore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, l'onorevole Pacini, ha svolto, rara avis, un discorso serio; io vorrei replicare allo stesso, con argomenti, se possibile, altrettanto seri. Il ragionamento da cui è mosso l'onorevole Pacini è tipicamente politologico: vogliamo o meno avere Governi stabili? A questo discorso politologico la risposta non può essere che positiva. Tuttavia, parlando a livello di diritto costituzionale, vale a dire del modo con cui tradurre le aspirazioni politologiche in norme giuridiche, non possiamo dimenticare i principi generali del costituzionalismo moderno.
Il costituzionalismo moderno richiede che, a fronte di un Esecutivo forte, vi sia un Parlamento altrettanto forte. Il collega ha citato l'esempio di comuni, province e regioni, ma chi quotidianamente tratta con questi enti, conosce lo scoramento dei membri dei consigli comunali, provinciali e regionali che non contano più nulla, perché tutto è accentrato nelle mani del presidente della provincia, della regione e del sindaco. Non mi pare sia un esempio da seguire, anche se a livello locale, e credo debba essere migliorato.
A lei posso citare Montesquieu, ma non posso fare altrimenti con l'onorevole Castelli a cui dovrei spiegare che non si tratta di un deputato dell'Ulivo della Valle d'Aosta della scorsa legislatura (Commenti del deputato Ballaman). Lei è una persona di cultura...
Il costituzionalismo moderno, da Montesquieu in poi, è basato sul principio di una netta separazione di poteri. Noi avviamo una riforma che uccide questo principio (la dichiarazione francese dei diritti dell'uomo affermava addirittura che dove non c'è separazione dei poteri, non c'è Costituzione), perché poniamo il Parlamento alla mercé di un premier che, non a caso, non si chiama più Presidente del Consiglio, quindi presidente di un organo collegiale, ma è investito quasi di poteri sovrani.
Questa è la ragione per cui, pur non essendo in contrasto con la tesi che lei sostiene, ritengo che lo strumento previsto con questa riforma, porti a deviazioni che lei stesso dovrebbe riconoscere, del tipo se non bonapartistico, almeno peronistico.
Questa è la ragione per cui siamo favorevoli ad un Governo forte, ma anche ad un Parlamento che deve essere altrettanto forte (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-UDEUR-Alleanza Popolare, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, intervengo anch'io in questa discussione molto importante.
Innanzitutto, intendo sottolineare che noi Comunisti italiani siamo ovviamente contrari a questa idea di premierato assoluto, ma siamo anche contrari ad ogni altra ipotesi di premierato un po' meno assoluto. Ciò in quanto in tal modo viene sbilanciato il sistema dei poteri e delle garanzie.
Siamo contrari in quanto - come sostiene anche l'onorevole Tabacci - si cambiano persino i termini delle funzioni: ad esempio, «determina la politica» anziché «dirige», «garantisce» invece che «mantiene».
Siamo contrari perché questo premier non gode neanche della fiducia del Parlamento, in quanto si parte dal presupposto che tale fiducia gli derivi già dalle urne. In questo modo, si introduce un pericolosissimo principio, una nuova gerarchia di valori e quindi di poteri, nel senso che il suffragio popolare è più democratico del voto dei parlamentari e che il potere supportato da questo suffragio è superiore persino a quello espresso dal Presidente della Repubblica.
Quindi, il principio fondamentale di questa controriforma è che la Repubblica parlamentare costituisce un impaccio al sistema democratico, che coincide di fatto con l'aumento del potere decisionale.
Siamo anche contrari al fatto di cercare nella Costituzione soluzioni per garantire la stabilità dei Governi. Infatti, quello della stabilità dei Governi è un problema del sistema politico che va affrontato con la politica e, semmai, con leggi elettorali. Ma la legge elettorale non è un principio - ha ragione l'onorevole La Malfa - da inserire nella Costituzione. La stabilità non è un valore costituzionale, mentre lo sono il pluralismo, la trasparenza delle decisioni, il bilanciamento tra il potere decisionale e quello di controllo nonché le incompatibilità.
Per tali motivi, siamo contrari a questo modello di premierato assoluto, ma non siamo favorevoli neanche ad emendamenti che propongano altre soluzioni per il premierato. Non serve né un premier assoluto né un premier forte; riteniamo invece occorra ricostruire anticorpi veri, molto più robusti di un premier robusto, al fine di contrastare una deriva populista, una nuova idea bonapartista che si sposa con questa ideologia dell'antipolitica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.

LAURA CIMA. Signor Presidente, sono intervenuta molto poco in questo dibattito, ma ritengo sia gravissima la rielaborazione della nostra Costituzione in esame, che non ha coinvolto in nessun modo coloro che sono alla base della sovranità, del patto sociale presente in ogni Costituzione.
Uno dei miei pochi interventi era relativo ai conflitti di competenza emersi da questa riforma che, in futuro, ci costeranno sicuramente molto. In particolare, con riferimento all'articolo in esame, vorrei sottolineare che si sta descrivendo la crisi della democrazia; infatti, si registra uno svuotamento degli organi elettivi a causa della mancanza in essi dei rappresentanti del popolo. L'Assemblea parlamentare dovrebbe essere l'assemblea più rispondente alla sovranità popolare e quindi al massimo del potere.
Abbiamo assistito, con le riforme degli ultimi anni - peraltro anche ad opera della mia parte politica - allo strisciante svuotamento di tutte le assemblee elettive locali. Ebbene, ora stiamo perfezionando tale disegno con lo svuotamento del Parlamento.
Non approvo questa ingegneria istituzionale, con cui molti colleghi si divertono, e riconosco solo quella fondata sui veri bisogni della nazione, ovvero quella che ha portato alla Costituzione che ho imparato ad amare a scuola insieme al mio paese, scritta dai nostri padri e dalle nostre madri costituenti. Vi invito a ricordare che quanto stiamo scrivendo lo dovremo insegnare a scuola ai nostri bambini e mi chiedo cosa potranno mai capire.
Vorrei, inoltre, aggiungere la mia firma all'emendamento in esame. Questa elaborazione di Costituzione la considero totalmente estranea alla mia esperienza, politica e di vita: voglio allora aggiungere la mia firma all'emendamento Boato 26.4 perché prevede che la legge «assicura la libera e consapevole formazione delle scelte degli elettori». Inoltre, aggiunge che la legge, oltre a questo, determina l'incompatibilità... Almeno questo vogliate riconoscerlo...!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.

DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente, consideriamo questo un emendamento di buon senso, perché forse potrebbe finalmente risolvere tutte le discussioni che da tre anni e mezzo - e anche da prima - si sono svolte in quest'aula.
Infatti, se ripercorriamo il tragitto di questa legislatura, possiamo verificare che per una serie interminabile di provvedimenti si è riproposto con forza il problema del conflitto di interessi, soprattutto da parte di chi oggi è alla guida del Governo. Adesso, l'attuale maggioranza, con questa riforma, che peraltro consideriamo sbagliata e semplificata, vuole persino pervenire ad una sorta di personalizzazione della politica; infatti, ricondurre in capo al premier tutti i poteri ci porta a questo, come prima sottolineava l'onorevole Violante. Nel momento in cui si sceglie questa deriva plebiscitaria, lasciando ampi poteri nelle mani di una sola persona, a maggior ragione questo emendamento, con il quale si mira a costituzionalizzare le incompatibilità tra carica pubblica ed interessi privati, indica la strada giusta. Quindi, da parte della maggioranza dovrebbe esserci assenso rispetto alla prospettiva indicata dall'emendamento in oggetto.
Peraltro, diciamoci un'altra verità: il riformismo che voi oggi proponente in maniera costituzionale vive nel contesto dell'esperienza della democrazia del mandato. Tutto passa attraverso il mandato popolare, con il conseguente svilimento della rappresentanza parlamentare e delle funzioni delle alte cariche dello Stato. L'onorevole Tabacci ha prima ricordato come persino la funzione del governo risulti indebolita rispetto a quella del premier. Esiste, soprattutto, l'indebolimento di quelli che fino ad oggi sono stati gli organi neutrali della nostra Costituzione, avendo avuto nelle mani il cosiddetto potere neutro. Mi riferisco al Capo dello Stato, che invece - come è stato rilevato durante la discussione sull'articolo 22 - vede distrutta la sua funzione e il suo ruolo, proprio di potere neutro. Eppure sappiamo che in questi cinquant'anni questo potere neutro di mediazione e di saggezza ha contribuito a far progredire il nostro sistema politico e costituzionale! Proponiamo che si continui a perseguire questa strada. Al contrario, si introduce un elemento che non condividiamo. Pertanto, siamo favorevoli all'emendamento in esame, perché farebbe chiarezza e porrebbe rimedio a livello costituzionale a un grave problema emerso nel corso di questa legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Misto-socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, ritengo che il dibattito sul premierato abbia evidenziato preoccupazione da parte di tutti i gruppi, compresi quelli della maggioranza (cito, ad esempio, gli onorevoli Pacini, La Malfa e Tabacci). Se le riforme costituzionali sono fatte per il domani e non per l'oggi, occorre riflettere e procedere con cautela. Infatti, lo squilibrio che con tali norme verrebbe introdotto nell'attuale assetto dei poteri, rischia di pregiudicare la futura vita democratica del nostro paese. È nostro dovere bloccare questa deriva antidemocratica: si tratta, onorevoli colleghi, di un rischio reale.
Mi auguro non si assumano posizioni sulla base di eventi contingenti e della presenza, o meno, di personaggi autorevoli. Dobbiamo pensare a quello che troveranno i nostri figli: mentre i padri costituenti ci hanno lasciato un assetto democratico che ci ha consentito di far crescere il nostro paese, noi, invece, corriamo il rischio di lasciare alle generazioni future un assetto pseudo-costituzionale fondato sul potere assoluto di un premier che non renderà conto a nessuno.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 12,35)

 

MARIO LETTIERI. La collegialità è un bene prezioso. È stato fatto riferimento a quanto accade nei consigli regionali, nelle province e nei comuni: ebbene, i cittadini sono insoddisfatti, perché abbiamo creato piccoli podestà! Gli assessori non contano nulla! Volete che anche i ministri diventino semplicemente i componenti dello staff di un premier? Si tratta di una preoccupazione che sottopongo all'attenzione di tutti colleghi, indipendentemente dallo schieramento di appartenenza (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 26.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 448
Astenuti 1
Maggioranza 225
Hanno votato
205
Hanno votato
no 243).

Prendo atto che l'onorevole Tabacci non è riuscito a votare e intendeva astenersi.
Prendo atto altresì che l'onorevole Masini non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Avverto che l'emendamento Boccia 0.26.200.2 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lucchese 0.26.200.1.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, a norma dell'emendamento in esame, di cui sono firmatario, il Primo ministro deve essere membro della Camera dei deputati. L'articolo 92, comma 2, della Costituzione, come modificato dall'articolo 26 del disegno di legge in esame, prevede che la candidatura alla carica di Primo ministro avvenga mediante collegamento con i candidati all'elezione della Camera dei deputati. Il fatto che sia collegato, non significa che venga votato, così come accade per il candidato sindaco, per il candidato presidente della provincia e per il candidato presidente della regione. Il comma 3 dell'articolo 92 citato prevede che il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati dell'elezione della Camera dei deputati, nomini il Primo ministro. Tale riferimento ai risultati dell'elezione della Camera, a mio avviso, deve intendersi non soltanto alla coalizione vincente, ma anche al candidato premier, che dunque deve essere eletto deputato. Infatti, un candidato premier che non sia deputato non ha il prestigio e l'autorevolezza di un candidato premier che venga anche eletto deputato. Inoltre, in tal modo si attribuisce maggiore autorevolezza al Parlamento, come è stato osservato poco fa dall'onorevole Acquarone.
Il problema si pone soprattutto con il comma 4 dell'articolo 92 citato, in virtù del quale in caso di morte, di impedimento permanente o di dimissioni del Primo ministro, il Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo ministro.
A questo punto, se il Primo ministro non è deputato si andrebbe incontro ad una sorta di commissariamento dello Stato, con l'incarico affidato ad un soggetto esterno al Parlamento.
Mi pare che negli ultimi tempi anche alcuni esponenti dell'opposizione abbiano affermato che il capo della minoranza, il leader della minoranza, dovrebbe essere deputato. Lo ha sostenuto lo stesso onorevole Rutelli, che ha invitato l'onorevole Prodi a candidarsi alle elezioni suppletive, in maniera tale da ricoprire il ruolo di capo dell'opposizione nelle vesti di deputato.
Come vedete, il problema si pone sia per la maggioranza sia per la minoranza (Applausi).

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Lucchese 0.26.200.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 377
Votanti 368
Astenuti 9
Maggioranza 185
Hanno votato
12
Hanno votato
no 356).

Prendo atto che gli onorevoli Bielli e Masini non sono riusciti ad esprimere il proprio voto e che avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 26.200.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Mi verrebbe da dire: «questo, di cotanta speme, oggi mi resta»...! Di tutta la complessa architettura ipotizzata dai colleghi dell'UDC, che così tanto interesse aveva destato, alla fine l'unico vero risultato che riescono a portare a casa è la modifica di queste poche parole: «La candidatura alla carica di Primo ministro avviene mediante il collegamento con i candidati, ovvero con una o più liste di candidati». Questo vuol dire che la legge elettorale può essere qualsiasi, anche una legge proporzionale. A dire la verità, rispetto agli obiettivi di ridimensionamento del premierato, di ridefinizione dello Stato federale, il risultato che alla fine si porta a casa è ben poca cosa.

Devo anche aggiungere che l'osservazione del collega La Malfa di pochi istanti fa, ossia che a definire l'assetto finale del Governo sia solo una legge elettorale ordinaria, solleva aspetti piuttosto inquietanti.
Per tutti questi motivi, il nostro voto su tale emendamento non può che essere contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montecchi. Ne ha facoltà.

ELENA MONTECCHI. La riforma elettorale è una delle tante ombre che hanno aleggiato sulle modifiche costituzionali. È naturale che, a fronte di una nuova definizione del Senato e alla riduzione del numero degli eletti, si debba ricorrere ad aggiustamenti del meccanismo elettorale.
Ma la modifica dell'articolo 92 della Costituzione non va in questo senso. Ha ragione il collega Bressa a ricordare che tale emendamento è espressione delle richieste che l'UDC avanzò a luglio, con motivazioni esplicite e molto precise sul piano politico: il ritorno ad un sistema proporzionale.
Peraltro, parallelamente a questa discussione, a palazzo Chigi si sta riunendo un tavolo in materia di sistema elettorale. Ne abbiamo letto sui giornali e ne conosciamo l'elenco dei componenti; ne fa parte anche lo stesso presidente della Commissione affari costituzionali, Donato Bruno. Tale tavolo, quindi, deve discutere, nell'ambito della maggioranza, la praticabilità di una proposta di riforma elettorale.
Allora, non prendiamoci in giro! Per quale ragione si vuole costituzionalizzare in quell'articolo della Costituzione la dizione «ovvero con una o più liste di candidati», presente in questo emendamento? Perché? Allo stato attuale, ad eventuale nuova modifica costituzionale in vigore, è possibile cambiare la legge elettorale mantenendo inalterato il sistema. Il collegamento ad un premier si può realizzare anche nell'attuale sistema. Dunque, qual è la questione che qui non viene esplicitamente espressa? Lo vorremmo sapere dai colleghi della maggioranza in quest'aula, perché almeno si sappia il motivo per cui si vota a favore e per quale cosa: noi infatti sappiamo per quale ragione votiamo contro.
Noi votiamo contro il merito e contro ciò che quest'ultimo sottende. Non vi è - insistiamo - alcuna preclusione ad «aggiustare» la legge ordinaria, stante la Costituzione e stante anche quel punto che suscita, in effetti, una qualche preoccupazione nelle norme transitorie. Noi diciamo, però, pur comprendendo che il combinato disposto sta a significare altre cose, che comunque occorre intervenire sul Senato e che, nel momento in cui vi siete votati un numero - a nostro parere esorbitante - di parlamentari pur sempre ridotto, occorre correggerlo. Si corregge anche senza inserirlo in Costituzione: è questa la ragione per cui noi votiamo contro.
Desideriamo, inoltre, dirvi anche che abbiamo ben chiari quali siano i vostri intenti sul piano politico; e su questi intenti chiediamo che si scoprano le carte, perché non vi è - insisto - alcuna ragione costituzionale: sono solo ed esclusivamente ragioni politiche, risolvibili all'interno di un dibattito politico normale e di una discussione su leggi ordinarie (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, anche noi siamo contrari ad una costituzionalizzazione del sistema elettorale, ma in questo emendamento, a differenza dei colleghi che mi hanno preceduto, non vedo il problema del sistema proporzionale.
Naturalmente, il campo rimane aperto a diverse ipotesi, ma ricordo che la preoccupazione dei colleghi dell'UDC, nell'introdurre queste modifiche relative al collegamento del premier «ad una o più liste di candidati», era stata quella di non creare un vincolo ad una lista unica. Era dunque una riflessione tutta politica all'interno delle vicende politiche italiane di questi mesi.
La nostra contrarietà a questo emendamento, quindi, non riguarda specificatamente il merito dello stesso, ma il complesso dell'articolo 26; infatti, il sistema elettorale che viene introdotto non è quello proporzionale, ma riguarda invece l'elezione diretta del premier. Questo è dimostrato non solo dalla prima parte dell'articolo, ma soprattutto dalla seconda parte, laddove si precisa che «il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati delle elezioni della Camera dei deputati, nomina il Primo ministro»; quindi non vi è neanche un passaggio parlamentare, perché l'articolo è congegnato in modo tale da far presupporre che l'elezione sarà diretta.
Per questo motivo, la nostra contrarietà all'emendamento in esame deriva dal contesto in cui esso si colloca.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 26.200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 456
Votanti 448
Astenuti 8
Maggioranza 225
Hanno votato
254
Hanno votato
no 194).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 26.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, con questa modifica della maggioranza sostanzialmente si dà per scontata una circostanza, che non è affatto vero che debba avvenire, e cioè che un premier duri tutta la legislatura. Infatti, voi vi limitate a dire che il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati delle elezioni, nomina il Primo ministro, dimenticando completamente di disciplinare i casi in cui potrebbero avvenire sostituzioni nel corso della legislatura (ipotesi che, del resto, prevedete anche voi nel disciplinare i poteri del Presidente della Repubblica, e cioè le ipotesi di dimissioni, impedimento permanente, nonché le altre ipotesi previste proprio dall'articolo 88 della Costituzione).
L'emendamento da noi proposto diventa ancora più importante dopo il pasticcio fatto dalla maggioranza nel bocciare l'articolo 24 della riforma, che oggi porta la stessa maggioranza a presentare un emendamento correttivo.
Tutto ciò è malamente armonizzato: il coordinamento tra le norme sul Presidente della Repubblica e sui suoi poteri - segnatamente gli articoli 87, 88 e 92 - non è ben effettuato.
Con l'emendamento Boato 26.9 cerchiamo di porre rimedio al vuoto che state creando.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 26.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 448
Votanti 445
Astenuti 3
Maggioranza 223
Hanno votato
188
Hanno votato
no 257).

Prendo atto che gli onorevoli Rotondi e Nicotra non sono riusciti a votare.
Passiamo alla votazione dell'articolo 26.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROSSO. Cari colleghi dell'opposizione, comprendo la vostra esigenza, in vista delle prossime tornate elettorali, di ricostruirvi una credibile immagine di oppositori di fronte ai vostri elettori, ai vostri «girotondi» ed al vostro stesso leader, il quale vi ha recentemente bacchettati (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Ma le «vergini ricucite» non hanno mai goduto di grande credibilità e di vasto mercato; perciò, considerata l'inanità dello sforzo, sarebbe davvero bello ed utile che il dibattito in corso in quest'aula recuperasse, pur nel contrasto radicale delle posizioni, un filo di razionalità e di obiettività. A tal fine, occorre partire da alcuni dati davvero inoppugnabili.
È indubitabile, ad esempio, che l'articolo 26, così come modificato, salvaguarda la nuova posizione attribuita al premier eletto nei confronti della Camera dei deputati; tuttavia, è altrettanto indubitabile che, grazie agli emendamenti approvati, esso riequilibra in modo significativo a favore della maggioranza parlamentare emersa dalle elezioni il ruolo del premier medesimo.
In tal modo, la maggioranza dimostra, da un lato, di volere assumere il modello di premierato lasciatoci in eredità proprio da voi, colleghi della sinistra - intendo dire dalla vecchia Commissione bicamerale presieduta dall'onorevole D'Alema -, e, dall'altro, di volerne stemperare quelle forzature leadearistiche che voi oggi lamentate, ma che proprio voi della sinistra avevate voluto imprimere al premier, rendendolo (nella vostra vecchia formulazione) assolutamente insostituibile. Oggi, invece, si consente alla maggioranza uscita dalle urne di sostituire il proprio leader, ma a due condizioni precise: che non lo si faccia con i trasformismi di cui, nel 1998, si avvantaggiò la sinistra (ne fu protagonista, allora, l'onorevole Mastella, alla faccia del povero Prodi!) e, inoltre, che si impedisca ad un Capo dello Stato il quale, come Oscar Luigi Scalfaro, si rivelasse troppo partigiano di una sola fazione, anziché garante di tutti, di stravolgere la volontà popolare emersa dalle elezioni.
In altre parole, abbiamo fatto tesoro dei vostri errori passati - e delle vostre esplicite ammissioni di colpa - e vi vogliamo impedire, cari colleghi della sinistra, di ripetere qualcosa di cui, peraltro, vi siete già pentiti pubblicamente.
Dovreste anche compiacervi che si sia ripristinata la possibilità di ricorrere ad un sistema elettorale con liste di partito e con risultato proporzionato al numero dei consensi ottenuti. Chi, in tutti questi anni, ci ha ossessionati imputando a Berlusconi tentazioni egemoniche - così avete detto - e simpatie plebiscitarie, dovrebbe rallegrarsi del fatto che proprio questa maggioranza, grazie all'emendamento Vito 26.200, consenta una rivalutazione del ruolo, delle funzioni e delle specificità dei partiti in seno alla coalizione che si candida a governare il paese.
Invece, no! Forse perché, colleghi della sinistra, mentre noi ci apprestiamo a ricostruire, pur se con arnesi talvolta spuntati, una democrazia di metodo liberale e di rappresentanza popolare, sulle ceneri di quella che Tangentopoli aveva seppellito, voi vi affaccendate, fuori da quest'aula - al seguito di un leader che, anche recentemente (l'ha ricordato l'onorevole Lucchese), pur dopo esserne stato richiesto dall'onorevole Rutelli, ha reso noto di non volere lavorare, oggi, all'interno di quest'aula, all'insegna, evidentemente, del principio per cui egli disprezza ciò che non comanda -, a sciogliere la ricchezza delle vostre culture e delle vostre appartenenze politiche nell'indistinto del solo ed unico leader, Romano Prodi, il quale vorrebbe applicare al vostro mondo ed alle vostre compagini una omologazione ben più forte e ben più soffocante di quella che contestate nella nostra attenuata riforma costituzionale.
Ho ascoltato tante critiche in questi giorni e, poiché la verità non sta mai da una parte sola, anch'io posso condividerne alcune. Posso condividere - è stato espresso ieri - il giudizio sulla farraginosità dell'articolo che disciplina il processo di formazione delle leggi e sul lessico un po' cacofonico. Ma, d'altronde, siamo seri. Voi, che nella scorsa legislatura non riusciste neanche a varare il Senato federale, lasciando la riforma costituzionale incompiuta, davvero avreste potuto ottenere dai senatori qualcosa in più del testo che, faticosamente, è stato qui formulato?
Qualcuno di voi - ieri l'onorevole Maccanico e, ancor prima, l'onorevole Violante - ha ricordato che tutto questo non sarebbe accaduto e che i senatori non avrebbero avuto un simile potere di condizionamento se si fosse ricorsi all'Assemblea costituente. È vero. Ma con quale coerenza, onorevole Maccanico, che vedo in aula, con quale coerenza, onorevole Violante, che non vedo in aula, con quale faccia tosta oggi riuscite a muovere quest'obiezione, voi che, nella scorsa legislatura, vi rifiutaste di indire quella stessa Assemblea costituente che inutilmente, per cinque anni, continuammo a richiedere?

PRESIDENTE. Onorevole Rosso, il tempo a sua disposizione è trascorso abbondantemente...

ROBERTO ROSSO. Sto per concludere, Presidente.
Un collega dell'opposizione, l'onorevole Alfonso Gianni, recentemente, ha ricordato l'aforisma di Churchill sulla democrazia, il minore di tutti i mali. Ascoltando in questi giorni le vostre considerazioni, devo confessare che ho pensato di ribaltarlo sulla mia parte politica nei confronti della vostra. Infatti, benché talvolta abbia avuto il pensiero, spero non insolente, di appuntare rilievi critici e pur avendo iniziato la discussione sul testo di riforma con taluni dubbi e qualche perplessità, devo riconoscere a me stesso e ai miei amici di partito e di coalizione che questa casa politica, la nostra casa politica, potrà pur lamentare qualche acciacco, ma, vivaddio, si è messa in confronto con la Babele del vostro linguaggio e degli vostri comportamenti. Dunque, può ben vantarsi di chiamarsi e di mostrarsi la Casa delle libertà (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.

SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, vorrei riportare il dibattito sulle questioni di merito attinenti alla modifica della Costituzione.
Esprimeremo un voto contrario sull'articolo in esame, perché è uno di quegli articoli che realizza una sterminata concentrazione di poteri nelle mani di una sola persona, configurando davvero il potere assoluto del Primo ministro.
Come per tutti gli aspetti e tutti i settori di questa riforma, vi sono anche qui contraddizioni ed incoerenze. La prima è nel primo comma che afferma una cosa non vera. Non sarà più vero che il Governo è composto dal Presidente del Consiglio - dal Primo ministro, come si chiamerà da adesso in poi con questa riforma - e dai ministri. Non vi sarà più questa collegialità, perché questa riforma, nel successivo articolo 29, parla di un Primo ministro che determina, lui solo, la politica generale di Governo: la politica del Governo apparterrà al solo Capo del Governo. In questo progetto è scomparsa la collegialità.
La sorte del Parlamento è rimessa, più che alla sorte politica del Primo ministro, ad una serie di circostanze che riguardano anche le vicende personali del Primo ministro: la morte, le malattie, l'impedimento, le dimissioni volontarie e le dimissioni obbligate per sfiducia, salvo un'eccezione assai macchinosa.
Si tratta, colleghi, di una serie di automatismi, meccanicamente esasperati e spinti al parossismo, che sfiorano l'inverosimile e provocheranno effetti non voluti. Sono poste limitazioni, strettoie, percorsi obbligati alla vita delle istituzioni che contrastano con la duttilità e la capacità di adattamento proprie delle norme costituzionali, per far fronte alle diverse situazioni che si presenteranno loro nel corso del tempo.
Si sostiene, Presidente, come noto, da tanto tempo e di continuo, che il mercato deve essere libero da lacci e lacciuoli, che occorre avere istituzioni moderne e agili, e poi si vogliono mettere alla politica, alla vita delle istituzioni, briglie e steccati, lacci e lacciuoli. Un esempio è in questo articolo, nel combinato disposto del terzo e quarto comma. È stato previsto, nell'ultimo comma, che in caso di dimissioni del Primo ministro può esserne nominato un altro dal Capo dello Stato, purché vi sia una mozione sottoscritta dalla maggioranza assoluta della Camera, che corrisponda alla maggioranza espressa dalle elezioni. Ebbene, questo significa che, se le elezioni non attribuissero una maggioranza assoluta allo schieramento più forte - cosa possibile sempre, con qualunque sistema elettorale democratico -, il Capo dello Stato non potrà far costituire alcun Governo ma dovrà sciogliere la Camera e far ripetere subito le elezioni. Infatti, il quarto comma introduce la regola, vincolante, perché così è formulata, che non può esistere una maggioranza parlamentare di governo che non sia maggioranza assoluta in Parlamento e che non coincida appieno con quella espressa dalle elezioni.
Nessun sistema elettorale, Presidente, colleghi, può imporre una maggioranza assoluta, perché questo lo decidono gli elettori con i loro voti, liberamente, tanto che nel secondo comma avete scritto, colleghi di maggioranza, che la legge elettorale deve favorire il formarsi una maggioranza. Questo vuol dire che è possibile che lo schieramento più forte non raggiunga la maggioranza assoluta, ma in tal caso, per effetto di questo quarto comma e del criterio dissennato in esso inserito, occorrerà ripetere subito le elezioni.
Questo è un effetto degli automatismi che avete introdotto, di questi parossistici meccanismi automatici, che mettono lacci e lacciuoli alla vita delle istituzioni. Ma vi sembra, colleghi, che si possa dar vita a norme di questo genere, su fattispecie così complesse, con tanta leggerezza? Non credo che ciò sia giusto. Si tratta della Costituzione! Ancora una volta vi invitiamo a riflettere (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-socialisti democratici italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, noi siamo contrari al testo proposto dalla maggioranza dell'articolo 26, su cui, secondo me, anche un mediocre italianista potrebbe sollevare una obiezione formale. Ma questo lo lascio ai posteri.
Le ragioni della contrarietà sono sostanzialmente, dal mio punto di vista, riassumibili in tre questioni.
La prima è l'idea, importata in modo sgangherato dal modello anglosassone, di una elezione diretta del premier senza avere il coraggio di dirlo esplicitamente e, quindi, attraverso il meccanismo più o meno surrettizio del collegamento alle liste.
La seconda - e qui, a mio parere, c'è un clamoroso errore anche di italiano, ma affari vostri! - è il fatto che si voglia costituzionalizzare, senza avere il coraggio di farlo fino in fondo, la materia elettorale, che attualmente è ordinata con legge ordinaria, con una espressione estremamente ambigua e imprecisa, aperta a più soluzioni. Che significa favorire la formazione di una maggioranza? Significa che la legge è perfettamente proporzionale e che poi semplicemente vi è un premio di maggioranza? In che misura è previsto questo premio di maggioranza? Perché la misura fa la qualità, in questo caso, come lei ben sa, Presidente. Infatti, se l'asso piglia tutto, allora cambia completamente la qualità della legge elettorale. O si favorisce un'espressione generica, semplicemente perché si sa che più elettori partecipano più è statisticamente - e lei se ne intende - improbabile che i risultati dei due schieramenti...

PRESIDENTE. La quantità fa qualità! Se vuole citare Engels...

ALFONSO GIANNI. Si, è quello che ho detto! Può anche avvenire il contrario, naturalmente, perché il concetto di qualità è «avalutativo», cioè non dice se è qualità negativa o positiva.
Significa favorire il fenomeno per cui più gente si reca a votare, più è improbabile che si determini una parità di risultati, come statisticamente risulta. Infatti, la tendenziale parificazione dei risultati avviene in elezioni bipolari cui partecipa meno della maggioranza degli elettori, come è avvenuto, in effetti, nel caso americano (e speriamo che ciò non si ripeta il 2 novembre prossimo). Insomma, è tutto ambiguo, è tutto un pasticcio!
Quando poi si prevede, nel testo dell'articolo in esame, che la legge disciplina l'elezione dei deputati in modo da favorire la formazione di una maggioranza collegata «al candidato» alla carica di Primo ministro, vorrei osservare che, in italiano, ciò significa che il candidato è uno solo - e non sono più due -, cui la maggioranza si collega successivamente.
Ciò a meno che non si scriva che la maggioranza è collegata «a un candidato», o si precisi che si tratta della maggioranza «collegata al Primo ministro». Si tratta, tuttavia, di annotazioni formali: si arrangeranno coloro che dovranno successivamente controfirmare questo disegno di legge costituzionale! Basta leggere, onorevoli colleghi: l'italiano non è ancora del tutto un'opinione! Dicevo prima al ministro Calderoli che glielo posso tradurre anche in milanese, ma l'errore rimane tale e quale come prima! Infatti, è sbagliato in tutti i dialetti, compresa la lingua italiana!

PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, concluda!

ALFONSO GIANNI. La terza ragione della nostra contrarietà, che abbiamo già espresso - e concludo, signor Presidente -, è rappresentata dal fatto che il ruolo del Presidente della Repubblica viene semplicemente ridotto ad una funzione puramente notarile, poiché egli non deve fare altro che riscontrare - come se fosse una commissione di verifica elettorale - i risultati delle elezioni.
Da tale sistema non è emersa alcuna stabilità: è stato statisticamente provato e storicamente accertato, infatti, che più si rendono complessi i vari passaggi istituzionali, meno stabilità politica si ottiene. Ciò perché la stabilità della maggioranza è il risultato solamente di una egemonia politica, e non avviene né per verbo costituzionale, né per legge ordinaria, né tanto meno per decreto-legge.
Il premierato assoluto e «sgangherato» produrrà instabilità e rissosità, anziché ottenere il risultato virtuoso che vi prefissate: è questo il motivo per cui preannunzio la nostra contrarietà all'articolo in esame (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, nell'ambito della tradizione politica alla quale mi onoro di appartenere - quella del Partito d'azione prima e del Partito repubblicano italiano dopo - hanno sempre convissuto idee e modelli diversi in ordine alla forma di Stato ed alla forma di governo. Infatti, uomini come Piero Calamandrei, Leo Valiani e Randolfo Pacciardi erano presidenzialisti convinti, mentre altri, come Oronzo Reale, mio padre Ugo La Malfa e Bruno Visentini, furono sempre a favore di un sistema parlamentare; ricordo che Tommaso Perassi era repubblicano e che difese la forma parlamentare chiedendo, attraverso un ordine del giorno, che venisse rafforzata.
Affermo ciò per rilevare che per noi sarebbe stato possibile essere favorevoli all'una o all'altra soluzione; vorrei ricordare, al riguardo, che nel 1992 io stesso avanzai la proposta dell'elezione diretta del Primo ministro. Ma tale impostazione presuppone di restituire al Parlamento l'indipendenza di giudizio, e dunque implica l'impossibilità di sciogliere le Camere ed anche la possibilità che l'elezione del Parlamento si svolga in un diverso periodo temporale (come avviene, ad esempio, negli Stati Uniti).
Pertanto, avremmo potuto e potremmo ancora aderire ad un'impostazione - che, ad esempio, i colleghi del gruppo di Alleanza nazionale hanno sempre privilegiato - che punti all'elezione diretta del Capo dell'esecutivo, ma a condizione di restituire al Parlamento una forma dialettica; potremmo altresì aderire alla ipotesi, elaborata dall'onorevole Maccanico e da altri nel corso degli anni, di realizzare un rafforzamento del Governo in Parlamento, sulla base dell'impostazione tedesca.
Ciò che non consente di votare a favore dell'articolo in esame, onorevoli colleghi, e che dunque, probabilmente, non mi consentirà di votare a favore dell'intero disegno di legge costituzionale è la commistione tra il sistema parlamentare e quello presidenziale. Mi rivolgo ai colleghi della maggioranza, perché il fatto che un partito della coalizione debba prendere le distanze da un'impostazione così importante costituisce una «rottura» non marginale.
Onorevole Rosso, vorrei dirle che, se vogliamo scrivere una Costituzione che risponda non a quanto hanno fatto o non hanno fatto il Presidente Scalfaro, l'onorevole Mastella, il Presidente Berlusconi o il Presidente Prodi, ma alle esigenze degli italiani tra trenta o quarant'anni (quando può darsi che ciascuno di noi non ci sarà più), tale commistione non è accettabile!
Non vorrei, quindi, che scrivessimo una Costituzione dettata dalle contingenze politiche, mentre la vigente Costituzione ha resistito alle contingenze politiche per cinquant'anni.
La seconda obiezione è quella che ho rivolto al presidente Bruno - e che non ha ricevuto risposta -: non possiamo avere una forma di governo che dipende, per la sua individuazione, da una legge ordinaria. Con una legge ordinaria di tipo elettorale, si arriva ad una forma di governo quale quella delineata nell'articolo 26 del provvedimento; se non vi è un'azione del Parlamento, si torna alla forma di governo precedente. Non si può dettare una forma di governo che è assoggettata, nella sua realizzazione, ad una Costituzione «doppia», che afferma che vi sarà tale forma di governo.
Per tali motivi, debbo astenermi su quest'articolo e, probabilmente, annuncerò il voto di astensione anche sulla votazione finale del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani e del deputato Burani Procaccini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando si effettua la scelta di affidare tutto il potere nelle mani di un uomo solo, si corrono alcuni rischi: li corre il Governo, la maggioranza, il Parlamento e l'intero paese.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 12,10).

 

CARLO LEONI. È di poco più di un'ora fa la notizia che l'Avvocato generale della Corte di giustizia dell'Unione europea ha bocciato la nuova normativa italiana sul falso in bilancio, nelle sue conclusioni dinanzi alla Corte. Ci avete fatto fare l'ennesima brutta figura, con le vostre leggi, di fronte all'Europa e di fronte al mondo!
La critica che abbiamo rivolto a questa vostra disciplina sul Primo ministro è stata anche con riferimento alla rigidità della norma: quei lacci e lacciuoli sulle istituzioni di cui parlava, poco fa, il collega Mattarella.
Alcuni degli articoli di questa proposta di legge sono scritti come fossero regolamenti parlamentari, allo scopo di rappresentare, fin nel dettaglio, gli equilibri politici all'interno della maggioranza, alla data odierna, 14 ottobre 2004. Oggi pomeriggio, quando probabilmente inizieremo a parlare di norme transitorie, ci accorgeremo che questa legge - così rigida e dettagliata -, nella sua gran parte, potrà entrare in vigore nel 2016. Ci separano dodici anni dal 2016. Dodici anni, nel mondo odierno, sono un'«epoca storica»: è la stessa distanza temporale che ci separa oggi dal 1992. Così come dal 1992 ad oggi, da oggi al 2016, cambierà totalmente lo scenario politico. Avremo, probabilmente, nuove forze politiche, un processo di integrazione dell'Unione europea ancora più avanzato, saranno ancora più avanzati - e speriamo non nel modo in cui stanno procedendo oggi - i processi di globalizzazione e, qualcuno, nel 2016, quando si assisterà all'entrata in vigore di questa riforma costituzionale, si troverà di fronte norme quali «una o più liste di candidati» o «favorire la formazione di una maggioranza».
Questa legge, dunque, non ha un futuro, e non solo perché se voi l'approvate i cittadini italiani la bocceranno con un referendum, ma perché, da qui a poco tempo, essa sarà archeologia, anche per il modo in cui voi l'avete costruita. Pensare di ingabbiare, con questi lacci e con queste rigidità, il sistema politico non è solo un errore in sé, ma lo é anche perché si compie una scelta non lungimirante: si pensa di ingabbiare la situazione odierna, soprattutto delle relazioni politiche tra la vostra attuale maggioranza, in questo momento politico, e di fissare la situazione politica ed il processo storico anche per gli anni a venire. Questa è la legge che voi state approvando (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, noi votiamo convintamente a favore di quest'articolo, perché - per quanto ci riguarda - esso è parte fondamentale di un percorso politico che, in grande coerenza, ci vede oggi modificare la Costituzione, non solo e non tanto rispetto a proposte che abbiamo sempre sostenuto nel tempo, ma soprattutto perché tali proposte sono ora unanimemente accettate dal popolo italiano e sono nella coscienza delle persone.
Quindi, riteniamo giusto continuare a sostenere questa modifica costituzionale, che porta ad una uniformità dei modelli gestionali, partendo dal sistema delle autonomie locali, passando per le regioni ed arrivando al Governo della nazione.
L'attuale situazione politica è frutto di una legge elettorale imposta ai partiti da un referendum popolare. Vi fu una rottura fra il cittadino elettore e i partiti. Il popolo italiano, attraverso un referendum, impose una legge elettorale che ha introdotto nella politica italiana e nelle istituzioni il concetto del maggioritario e del bipolarismo. Non è stata una scelta che le forze politiche hanno portato avanti con coscienza.
Oggi, invece, assistiamo ad un processo in cui una maggioranza consapevole, in applicazione dell'articolo 138 della Costituzione (quale altro meccanismo poteva essere ipotizzato, visti i fallimenti degli anni passati e considerato il tempo perduto per ammodernare il nostro modello costituzionale?) si appresta a modificare e ad introdurre nella Costituzione ciò che l'Italia vuole: decidere chi governa! Rispetto a questa voglia che nasce dal basso, la difesa di sistemi passati e la difesa del diritto costituzionale comparato - come se noi dovessimo per forza di cose riferirci a questo o a quel modello costituzionale vigente altrove, e non pensare a un modello italiano - ci vede tiepidi...

PRESIDENTE. Onorevole Nespoli...

VINCENZO NESPOLI. Concludo, signor Presidente. In questo modo, riteniamo, invece, di introdurre un moderno ed agile sistema costituzionale attraverso il quale si decide chi governa. Ci ha meravigliato non poco l'intervento del collega Mattarella, studioso dei sistemi elettorali. Certamente, con l'introduzione di questo articolo si collega il candidato premier ad una maggioranza parlamentare ed è chiaro che la legge elettorale di attuazione dovrà tener conto di questo dato. Abbiamo compiuto tale scelta, che - lo ripeto - va in sintonia con i desiderata del popolo italiano. E lo confermerà il referendum: anche su questo vi sfidiamo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, riducendo ai minimi termini il mio ragionamento, credo che, con l'approvazione di questa norma e l'introduzione del premierato, si vogliano ottenere due risultati: assicurare la stabilità ed enfatizzare il rapporto diretto con gli elettori. A mio parere, queste due esigenze sono perfettamente coerenti e sono, anzi, il momento culminante di una cultura politica ampiamente condivisa anche dalla sinistra, che è emersa a partire dalla seconda metà degli anni novanta.
Il rafforzamento degli esecutivi è avvenuto a tutti i livelli della Repubblica. Il rafforzamento del rapporto con gli elettori si è manifestato attraverso l'enfasi posta sul referendum, qualche volta addirittura, a mio parere, con norme eccessivamente favorevoli, quali quella introdotta all'articolo 123, che non prevede alcun quorum.
Mi rendo conto che si pongono due domande che rappresentano anche due preoccupazioni, tra cui quella già richiamata, sul fatto che ci allontaniamo dal Montesquieu. Ritengo che - il collega Acquarone converrà con me - ormai quello del Montesquieu, in una società mediatizzata, tecnicizzata e globalizzata, sia un riferimento cui siamo molto affezionati, ma retorico.
Bisogna andare molto più in profondità proprio per realizzare le finalità di Montesquieu.
Concludo, facendo un esempio e dando un suggerimento: esiste certamente il problema di ripensare il ruolo delle Assemblee per collocarle nuovamente al centro dell'attenzione e della stima degli italiani. Credo che ciò coinvolga anche la Camera dei deputati.
Tornando alla vecchia professione, mi permetto di dare un suggerimento al Presidente della Camera: nei prossimi anni dovremo affrontare il problema di riformulare il rapporto tra la Camera e la nuova forma di governo. Già esiste questo problema, perché mi pare che questa Camera debba definire i suoi rapporti fra i lavori in Assemblea e quelli delle Commissioni, tanto per fare un esempio. Siccome le riforme vengono bene quando c'è una cultura condivisa da tutti, mi permetto di suggerire al Presidente della Camera di incaricare la Fondazione della Camera dei deputati, un organo terzo, di dedicare le sue risorse non soltanto e sempre ad esaltare, giustamente, ciò che è accaduto nel passato, ma anche a fare dei programmi, con la sua autorevole terzietà, per capire come la Camera possa esercitare al meglio, nella nuova società non globalizzata e terziarizzata, le sue funzioni legislative e di controllo dell'attività dell'esecutivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.

DOMENICO PAPPATERRA. A nome dei Socialisti democratici preannuncio il voto contrario sull'articolo 26, per diverse ragioni, alcune delle quali abbiamo già illustrato nel corso dell'esame degli emendamenti.
A nostro avviso, questa nuova forma di Governo proposta dalla maggioranza individua nel premier il centro di gravità del sistema a cui riconduce tutti i poteri, soprattutto quelli di direzione della maggioranza, con un ruolo egemone e autosufficiente che viene utilizzato - è stato detto anche qui - persino contro la maggioranza stessa, perché essa è costretta a sottostare ad un premier scelto in campagna elettorale anche quando viene meno il rapporto di fiducia. Insomma, si vuole conferire al premier un potere di vita o di morte sul Parlamento e sulla stessa maggioranza scelta dal corpo elettorale.
Tutto questo per noi è assolutamente inconcepibile. Un Primo ministro così concepito non costituisce un tipo di Governo riconducibile al modello parlamentare - lo diceva anche prima l'onorevole La Malfa - che, pur presentando nei suoi diversi aspetti e in tutti i paesi differenze di funzionamento, però si fonda comunque sul principio dell'autonomia politica tra il Governo e la sua maggioranza. Questa forma, signor Presidente, sarebbe una forma di Governo del Primo ministro sui generis che è stata adattata alla realtà italiana, costruita su misura per l'attuale Capo del Governo.
Questo modello che si vuole approvare...

PRESIDENTE. Onorevole Pappaterra...

DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente, noi abbiamo ancora tempo...

PRESIDENTE. Ha ragione. Continui pure.

DOMENICO PAPPATERRA. Questo modello che si vuole approvare, infatti, è molto lontano da altre esperienze, perché persino nella gran Bretagna c'è stata la possibilità di sostituire il premier quando è venuto meno il rapporto di fiducia tra la sua maggioranza e lo stesso leader. Qui, invece, si va verso una deriva e un'esperienza, come quella israeliana, che va espressamente verso un Presidente che ha nelle sue mani il potere di scioglimento. Anche lì stanno ripensando molto a questa scelta che hanno compiuto.
L'altro elemento che volevo aggiungere - che è stato sottolineato per ultimo dal collega Lettieri, che ne ha parlato poc'anzi e la cui valutazione ritengo giusta - è il seguente: se diamo uno sguardo a ciò che accade nel variegato mondo delle autonomie locali e delle stesse regioni, ci rendiamo conto che questa proposta di riforma, se venisse approvata, anche su questo fronte avrebbe degli effetti assolutamente dirompenti.
Lì vi sono l'elezione diretta, il concentramento del potere nelle mani dell'esecutivo e dei suoi governatori, sindaci o presidenti, e una forte compressione delle assemblee elettive (ormai i consigli comunali, provinciali e regionali sono ridotti ad un rango costituzionale di basso profilo). Questi governatori che ormai personalizzano le loro funzioni non hanno garantito né stabilità né capacità di Governo.
Riteniamo che anche questa scelta, se venisse compiuta, non garantirà né stabilità né capacità di Governo, ma risponderà esclusivamente alla logica di dare maggiori poteri in capo ad una sola persona con l'idea che questa riforma valga per la fase attuale e non, come dovrebbe essere, per tanti prossimi anni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cento, al quale ricordo che ha due minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, credo che la mia componente abbia ancora tempo...

PRESIDENTE. No, onorevole Cento, anzi il mio è un atto di liberalità...

PIER PAOLO CENTO. I deputati Verdi voteranno contro l'articolo 26, che credo caratterizzi in maniera significativa e negativa questa riforma costituzionale. Tale articolo definisce ruoli e poteri del premier in maniera confusionaria ed equivoca, tenendo però ben chiaro un quadro di riferimento: la trasformazione del nostro da un sistema parlamentare ad un sistema fortemente caratterizzato dai poteri del premier, fuori da una dialettica parlamentare democratica e rappresentativa delle pluralità e della complessità del corpo elettorale.
Il premier assume poteri che erano propri - e bene abbiamo fatto a condurre, in sede di esame degli articoli precedenti, una rigorosa battaglia in proposito - del Presidente della Repubblica, che in questa nuova normativa non è più il punto di equilibrio del nostro sistema costituzionale, ma viene ridotto ad un notabile di scelte e di equilibri politici.
Noi abbiamo un'idea contrapposta della Costituzione e dell'equilibrio tra i diversi poteri. Certamente, il Governo ed il premier sono espressione della capacità di una parte politica di essere maggioranza. Tuttavia, quando il premier assume le funzioni autoritarie tipiche di un sistema non lineare rispetto alla storia della nostra Costituzione e della nostra Repubblica, dobbiamo esprimere non solo preoccupazioni ma forti contrarietà.

Siamo convinti - e accettiamo la sfida che anche negli interventi precedenti veniva lanciata sul referendum - che i cittadini sapranno scegliere, nel momento in cui dovranno pronunciarsi su tale riforma costituzionale, il sistema che meglio garantisce il pluralismo, la rappresentatività democratica ed anche la funzionalità dei Governi in un equilibrio costante con gli altri poteri dello Stato. Il cosiddetto premierato, che in maniera confusionaria traccia un'identità autoritaria della nuova Costituzione, sarà uno dei terreni della mobilitazione e della battaglia referendaria che condurremo con rigore e con convinzione nel paese quando tale proposta sarà approvata dal Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, l'onorevole Pacini - che, per la verità, è una delle poche voci serie ed intelligenti che ho ascoltato dai banchi della maggioranza - ritiene che Montesquieu sia datato e superato. Vede, onorevole Pacini, ritengo che, forse ancora più antico nel tempo, ma meno datato sia Rousseau, laddove dice che un sistema con il quale si attribuiscono i poteri, pure in via democratica, ad una persona sola dà vita ad uno Stato in cui il popolo è sovrano il giorno delle elezioni e poi è suddito per cinque anni. Se è datato Montesquieu è anche datato il bonapartismo, ma sempre si ripetono. Vi è sempre il rischio che chi è dotato di troppi poteri senza un contrappeso possa abusarne, e l'esperienza del secolo scorso ce ne dà atto.
Quindi, la tesi di un Governo stabile è condivisa, ma a fronte di un Governo stabile è nostro convincimento che debba esservi un Parlamento autorevole. Questa riforma pasticciata - me ne darà atto - e piena di compromessi, a fronte di un Presidente troppo forte, contrappone un Parlamento troppo debole. Queste sono le ragioni del mio personale - e credo di tutta la mia componente politica - dissenso rispetto all'articolo 26.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 26, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 445
Astenuti 4
Maggioranza 223
Hanno votato
252
Hanno votato
no 193).

Prendo atto che l'onorevole Antonio Pepe ha erroneamente espresso un voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole. Prendo altresì atto che l'onorevole Cardinale ha erroneamente espresso un voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
A seguito dell'approvazione dell'articolo 26, il Presidente del Consiglio assume la denominazione di Primo ministro. Per tale ragione tutte le ulteriori proposte emendative presentate al testo in esame che, riferendosi al Primo ministro, lo denominano diversamente, affinché possano essere messe in votazione, devono intendersi riformulate utilizzando la denominazione «Primo ministro», al fine di tenere in considerazione la determinazione assunta dalla Camera con questo voto.

ALFONSO GIANNI. Per Silvio Berlusconi...!

PRESIDENTE. Lasciamo perdere Berlusconi! Il problema non riguarda il Presidente del Consiglio di oggi, bensì il Presidente del Consiglio di domani!

DONATO BRUNO, Relatore. Di dopodomani, Presidente!

 

(Esame dell'articolo 27 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 27 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione esprime parere...

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, il collega Marone aveva chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 27!

PRESIDENTE. Mi dispiace, ma non me ne ero accorto. Comunque va bene, darò la parola all'onorevole Marone. Lei sa che avete esaurito i tempi (Commenti del deputato Ruzzante)?

ROBERTO ALBONI. Non fare l'arrogante!

PRESIDENTE. Mi consenta, onorevole Ruzzante, non è dolo! Al massimo, è colpa!
Ha chiesto di parlare l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Il nostro emendamento all'articolo 27 è abbastanza corposo. Crediamo infatti che, nella vostra fretta di costruire i poteri del premier e nella vostra fretta di esautorare un po' anche la funzione del Parlamento, abbiate dimenticato parecchie cose. Leggendo infatti il vostro articolo 26 ed il successivo articolo 28, ci rendiamo conto che sono stati certamente omessi alcuni passaggi, nell'individuazione del procedimento che deve portare alla nomina del Primo ministro ed anche al suo giuramento. Nell'attuale ordinamento, tutto ciò avviene in una combinazione di passaggi, che vede prima l'intervento del Presidente della Repubblica, poi il giuramento, infine la fiducia concessa da parte della Camera dei deputati. L'attuale previsione costituzionale serve a sancire e a garantire che i poteri del Primo ministro derivino da più organi: dal Presidente della Repubblica, che nomina il Primo ministro, e dal Parlamento, che gli accorda la fiducia. Vi è poi il giuramento, che il Primo ministro e i ministri fanno nelle mani del Presidente della Repubblica.
Nella vostra costruzione, non so se per dimenticanza o per scelta politica - vorrei sperare nella prima ipotesi! -, viene meno in modo significativo il ruolo del Parlamento, perché voi ovviamente date grande risalto, come è giusto che sia, all'indicazione del voto popolare. Avete inoltre svuotato completamente la discrezionalità del Presidente della Repubblica nella nomina del Primo ministro e nella sua sostituzione; di ciò abbiamo discusso a lungo, quando abbiamo esaminato i poteri di cui agli articoli 88 e 89 della Costituzione (sostanzialmente il Presidente della Repubblica è stato privato di tutti i suoi poteri, diventando semplicemente un esecutore di una serie di attività). Oggi però emerge, nell'articolo 28, primo comma (da qui la necessità di una nostra proposta emendativa), che se è vero che proponete comunque un passaggio parlamentare del Primo ministro, tuttavia non chiarite le conseguenze del voto sul programma, perché dite semplicemente che la Camera dei deputati si esprime con un voto sul programma.
È chiaro che, politicamente, non cambierà molto, perché se vi fosse un voto contrario, non credo che il premier potrebbe rimanere in carica, ma è indicativo che voi eliminate il ruolo fondamentale del Parlamento nel procedimento, mentre vi affidate alla volontà popolare e ai poteri del premier.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, credo davvero che con questo articolo e con quelli precedenti sulla forma di governo, sul ruolo del Presidente della Repubblica, ma anche sulla devoluzione, si stia definendo, ormai in modo chiaro, l'impianto di questo testo di controriforma. È una controriforma costituzionale che non c'entra più niente con l'idea del cosiddetto buon governo dei territori, né tantomeno con l'efficacia del sistema democratico. Lo abbiamo riscontrato nel corso della discussione sull'articolo 70 concernente l'attività legislativa, che avrebbe dovuto fornire una risposta per quanto riguarda il buon governo dei territori, mentre è venuto fuori un pasticcio che creerà ulteriori conflitti tra Stato e regioni.
Pertanto, non vi interessa razionalizzare, rendere più efficiente il sistema ed avvicinare il potere decisionale ai territori ed ai cittadini. Non è questo il vostro obiettivo!
Il vostro obiettivo, come emerge nell'articolato relativo alla forma di governo, al Presidente della Repubblica, alla devoluzione, è quello di smantellare la Costituzione materiale, la nostra Costituzione! È un testo costituzionalmente eversivo, perché voi siete contro i principi costituzionali: mi riferisco alla divisione dei poteri e alla Repubblica; la nostra è una Repubblica democratica, proprio perché basata sulla divisione e sul bilanciamento dei poteri, e parlamentare. Siete, inoltre, eversivi perché la seconda parte della Costituzione è certamente collegata alla prima, ma è la prima che deve condizionare la seconda, mentre voi fate l'operazione inversa (Commenti del deputato Menia). Smantellando la seconda parte, intervenite direttamente sulla prima parte della Costituzione, sull'articolo 3, quello cardine del dettato costituzionale.
Per tale motivo, siamo e vogliamo essere conservatori e non ci immischiamo in questa ideologia dell'innovazione! Non occorre modernizzare la nostra Costituzione, perché non è vecchia né superata. Voi la volete cambiare perché avete un progetto politico costituzionalmente eversivo, mentre, dal punto di vista sociale, la spinta vera a tale controriforma proviene dalle regioni forti, che vogliono essere competitive sui mercati internazionali, nonché dai ceti sociali forti, che vogliono fuoriuscire dal sistema universalistico e di solidarietà fiscale.
È un assetto autoritario; inoltre, la vostra è una concezione dell'antipolitica, dell'accentramento dei poteri nelle mani di un premier (dal potere esecutivo a quello legislativo), che inoltre, guarda caso, ha il potere politico perché ha prima quello economico.
Non è un caso che non vogliate introdurre nella Costituzione un unico elemento, quello del conflitto di interessi, dell'incompatibilità tra potere, interesse economico del premier e la sua funzione.
Voi siete la vergogna del nostro paese! Per questo lanceremo un allarme democratico (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...

ROBERTO MENIA. Vergognati te!

NINO STRANO. Mitrokhin!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...

MAURA COSSUTTA. Sì, un allarme! È la cultura dell'imprenditore (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, quando avrete terminato, l'onorevole Maura Cossutta potrà continuare il suo intervento (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Ciascuno può parlare!

ROBERTO MENIA. Non si può dire «vergogna»!

MAURA COSSUTTA. Sì, siete una vergogna (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ho sentito ciò che ha detto l'onorevole Maura Cossutta; ha usato un linguaggio che tante volte viene usato anche da altri colleghi. Pertanto, non devo esprimere giudizi, non devo fare la maestrina o il censore. Lasciatela parlare! Prego, onorevole Maura Cossutta.

MAURA COSSUTTA. Grazie, signor Presidente, anche perché se vi è un ministro della Repubblica che parla di «culattoni», io ho ben il diritto di dire che voi siete la vergogna di questo paese (Applausi polemici dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
Concludo, signor Presidente, perché, fino a prova contraria, ho la libertà di esprimere il mio pensiero.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è evidente che, se si vogliono creare incidenti in una fase così delicata, è possibile farlo...! Vi invito a far terminare l'onorevole Maura Cossutta.

MAURA COSSUTTA. Sostengo dunque che questa è la vostra cultura, una cultura autoritaria, una cultura cosiddetta moderna dell'imprenditore che si fa premier. Purtroppo, con questa cultura trasformate il Parlamento in una società per azioni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi atterrò rigidamente all'esame del testo. Preannuncio il voto contrario sull'articolo 27 per alcuni aspetti in esso previsti e per un altro che stranamente non c'è.
Con riferimento a quest'ultimo, vi è un errore, a mio avviso, già presente nella Costituzione vigente e che non ho compreso per quale motivo non si sia colta l'occasione per correggere. Mentre, per quanto riguarda il giuramento del Presidente della Repubblica, l'articolo 91 della Costituzione prevede che egli presti giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza alla Costituzione, l'articolo 93 diceva allora e ripete oggi che il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica. Non si precisa giuramento a chi e a che cosa: giurano forse fedeltà alla moglie? Francamente, ritengo che la ripetizione della formula usata per il giuramento del Presidente della Repubblica fosse necessaria; dunque, mi sembra un lapsus che la Commissione potrebbe correggere.
Per quanto concerne invece la contrarietà agli aspetti previsti in tale articolo, è un po' ridicola l'espressione secondo la quale il Primo ministro si sottopone al voto di fiducia, in quanto ciò darebbe la sensazione di un Parlamento autorevole che, viceversa, può essere sciolto dal Presidente del Consiglio tutte le volte che vuole. Quindi, l'espressione «si sottopone» mi sembra mal usata.
È vero che il Papa si firma come servus servorum dei - servo dei servi -, ma non insisto su questo argomento altrimenti l'onorevole Giachetti si offende!
A mio avviso, è grave aver tolto al Presidente della Repubblica la potestà di nomina dei ministri. Tutti sono al corrente di un episodio risalente alla formazione del primo Governo Berlusconi, quando il Presidente della Repubblica oppose il suo «no» alla nomina a ministro di grazia e giustizia di un nostro collega che poi ha avuto problemi con la giustizia. Mi auguro che questo collega - come lo auguro a tutte le persone sottoposte a giudizio - esca indenne dalle sue vicende giudiziarie ma, ove avesse ricoperto la carica di ministro della giustizia, non sarebbe stata una cosa molto elegante.
Quindi, riconoscere la potestà di nomina e revoca dei ministri solo al Primo ministro è un rafforzamento della tesi contro la quale ci battiamo in ogni momento, vale a dire quella che attribuisce eccessiva forza al Capo del Governo, a scapito di un Governo che veramente si sottopone al giudizio del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR).

PRESIDENTE. Avverto che l'emendamento Mascia 27.1 risulta precluso, limitatamente al primo capoverso, a seguito dell'approvazione dell'articolo 26.

Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, fa piacere ascoltare le dichiarazioni con cui il professor Acquarone ha criticato l'emendamento Mascia 27.1, firmato anche dagli onorevoli Bressa e Boato, che credo appartengano al suo gruppo. Infatti, egli ha ammesso che è scritto male. Questo è uno dei motivi per cui la Commissione è contraria all'emendamento in oggetto.
Inoltre, abbiamo espresso parere contrario anche perché su tale punto avevamo intenzione di confermare quanto i precedenti costituenti hanno scritto all'articolo 93. Pertanto, mi auguro che anche l'onorevole Maura Cossutta, che ha intenzione di non modificare nulla o quasi nulla, possa esprimere voto favorevole sull'articolo in esame, in quanto esso lascia invariate - con l'eccezione delle parole «Primo ministro» - tutte le funzioni che già il costituente del 1947-1948 aveva previsto.
Ribadisco pertanto il parere contrario sull'emendamento Mascia 27.1.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 27.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, l'emendamento in oggetto introduce nel sistema della forma di governo alcuni importanti elementi di razionalizzazione.
Anzitutto, si crea un collegamento politico tra il candidato alla carica di Primo ministro, come risulta dalla dichiarazione di collegamento, e il maggior numero di deputati che risultino eletti nell'ambito delle liste alle quali lo stesso candidato aveva precedentemente di dichiarato di collegarsi. Vorrei sottolineare il carattere politico della dichiarazione di collegamento, cosa diversa dall'indicazione su una scheda, come invece risulta dalla proposta della maggioranza. Si tratta di una differenza sostanziale.
Tale meccanismo non esime dal punto di vista della responsabilità politica il candidato a Primo ministro dal sottoporsi al voto di fiducia del Parlamento, non previsto nella riforma proposta dalla maggioranza.
A nostro avviso, tale passaggio è importante per due ragioni. In primo luogo, coinvolge aspetti di natura tecnica e giuridica, in quanto dal voto di fiducia ottenuto dal Parlamento il Governo nella sua interezza si sente investito formalmente della legittimità all'esercizio delle future azioni esecutive. In secondo luogo, è ancora più significativo il fatto che il passaggio in sede parlamentare consente politicamente di verificare, attraverso la presentazione di un programma di indirizzo politico, la corrispondenza della precedente dichiarazione di collegamento e formalizza, sotto forma di responsabilità politica, il rapporto tra la maggioranza e l'espressione che di quella maggioranza si ha nell'esecutivo.
Naturalmente, il giuramento del Primo ministro e dei ministri nelle mani del Capo dello Stato rimane invece invariato nella fase procedurale, come elemento indispensabile per l'assunzione delle funzioni di governo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti...

GIANCLAUDIO BRESSA. No, signor Presidente, avevo già chiesto di parlare.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Bressa. Ha a disposizione un minuto.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, volevo cogliere questa occasione per rispondere alla raffinatissima sottigliezza stilistica dell'onorevole Rosso che, rivolgendosi ai deputati del centrosinistra, li ha definiti «vergini ricucite».
È indubbio che lo stile costituente non è acqua, ma effettivamente si tratta di un'affermazione molto forte. Forse, l'unica cosa davvero da ricucire è la memoria del collega Rosso. Infatti, non è la prima volta che si ostina ad argomentare sul fatto che il premierato assoluto è frutto di una nostra invenzione, all'epoca della Commissione bicamerale. Allora, forse è questa la volta giusta per mettere la parola fine a queste strumentalizzazioni.
Intanto, occorre ricordare che il testo sul premierato fu bocciato - e quindi non fu oggetto di discussione presso la Commissione bicamerale - con i voti di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega. Quindi, se si deve chiedere coerenza a qualcuno, probabilmente bisogna chiederla a voi che allora eravate contrari, mentre adesso siete favorevoli. Certo, non a noi che votammo quella forma di governo.

NUCCIO CARRARA. C'era una opzione migliore: l'elezione diretta del Presidente!

GIANCLAUDIO BRESSA. Inoltre, esistono differenze sostanziali tra quel modello e quello da voi proposto. Nel testo Salvi, non vi era traccia della questione di fiducia con minaccia di scioglimento. La mozione di sfiducia non era connessa all'automatismo dello scioglimento anticipato, bensì configurata come una mozione di sfiducia costruttiva, simile a quella tedesca e spagnola. È qui la differenza di fondo: quello prefigurato in Commissione bicamerale era un premierato forte; quello da voi proposto, al contrario, è un premierato assoluto.

NUCCIO CARRARA. L'elezione diretta del Presidente della Repubblica cosa era?

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 27.1, limitatamente alla parte non preclusa, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 438
Astenuti 12
Maggioranza 220
Hanno votato
133
Hanno votato
no 305).

Prendo atto che l'onorevole Degennaro ha espresso erroneamente voto favorevole ed intendeva esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che gli onorevoli Santino Adamo Loddo e Papini hanno espresso erroneamente voto contrario ed intendevano esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 27.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 457
Votanti 450
Astenuti 7
Maggioranza 226
Hanno votato
262
Hanno votato
no 188).

 

(Esame dell'articolo 28 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 28 e delle proposte emendative ad esso riferite (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 3).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, la nostra generazione è stata cresciuta alla politica con il culto dell'Assemblea costituente. Abbiamo studiato e ammirato il clima di quei giorni, la capacità dei nostri padri di distinguere lo scontro politico quotidiano dal lavoro comune nello scrivere le regole della rinata democrazia italiana. Abbiamo anche invidiato quel lavoro, insieme così solenne e così unico: lavorare su un testo costituzionale significa avere la consapevolezza che anche solo cambiare una parola, pesare un aggettivo o spostare una virgola, può determinare un futuro diverso per lo Stato e per intere generazioni.
Per questo abbiamo sofferto - e con noi hanno sofferto tutti gli storici, i costituzionalisti di ogni orientamento politico e gli uomini delle istituzioni, anche di quelle più alte - vedendo il testo della Costituzione trattato come carne da macello e come merce di scambio per tentare di tenere disperatamente insieme una maggioranza logorata, divisa e senza più alcuna missione visibile per il paese.
Per questo abbiamo sofferto, e soffriamo, vedendo un'aula distratta e svogliata, e il comportamento offensivo e volgare con cui ieri sono state accolte le parole di un uomo di Stato, sempre serenamente al servizio delle istituzioni, come Antonio Maccanico. Vi abbiamo offerto non soltanto il confronto, ma la collaborazione, nel rispetto del principio per cui le regole della democrazia vengono scritte insieme dalla maggioranza e dall'opposizione.
Ci avete risposto con appelli al dialogo, smentiti quotidianamente dalla chiusura dei vostri comportamenti parlamentari. Avete, come un disco rotto, ricordato la riforma del Titolo V, fingendo di dimenticare che tale testo, seppure approvato dalla maggioranza, era stato stralciato dalla riforma proposta dalla Commissione bicamerale, era voluto da tutte le regioni italiane, comprese quelle da voi guidate, era già stato da voi votato in quest'aula ed è stato successivamente confermato dal popolo italiano con il referendum.
Abbiamo rispettato il principio della necessaria condivisione nella definizione delle regole della democrazia. Infatti, ci siamo fermati, su vostra richiesta, prima di approvare una legge elettorale che era stata costruita congiuntamente. Inoltre, ci fermammo quando l'attuale Presidente del Consiglio - in un periodo nel quale gli esponenti dell'opposizione erano ascoltati e rispettati - si alzò in quest'aula e disse, all'insaputa di tutti - compreso l'onorevole Fini, condannato anche in quell'occasione a vivere una vita politica «di rimessa» - che non sussistevano più le condizioni politiche per proseguire nel cammino riformatore della Commissione bicamerale.
Avete deciso di andare avanti da soli e ad ogni costo, producendo un testo assurdo. Valgano per tutte le parole pronunciate oggi un'intervista non dall'ultimo di voi, bensì dal Vicepresidente del Senato, Domenico Fisichella. Non servono altri giudizi.
In Italia, la politica ha vissuto una lunga stagione di battaglie e di scontri duri. I grandi partiti di allora, la Democrazia cristiana e il Partito comunista, con i loro alleati, sono stati divisi sulla visione del mondo, sull'economia, sulle alleanze internazionali, ma i gruppi dirigenti di quei partiti sapevano bene quando era il momento di accantonare lo scontro e di difendere insieme le istituzioni, il paese e le regole della convivenza democratica.
Lo sapevano perché lo avevano scritto nel DNA delle loro storie individuali e della loro storia collettiva: dalla Resistenza al fascismo e al razzismo, all'Assemblea costituente! Si chiamava, forse il signor Presidente lo ricorda, arco costituzionale; e non è un caso che le forze politiche eredi di quello che allora veniva definito così, siano tutte da questa parte dell'aula!
Intristisce oggi vedere i singoli esponenti che hanno scelto legittimamente il centrodestra, ma che quel clima avevano vissuto e condiviso, tentare di pulirsi la conoscenza con qualche intervista ferma ai giornali, che poi viene inesorabilmente smentita dal voto in quest'aula, un voto che si esprime favorevolmente sul tutto.
Oggi l'arco costituzionale torna a vivere, per difendere anche voi dal caos in cui volete portare l'Italia. Sappiate che non serviranno i trucchi e gli espedienti che state inventando per coprire lo scempio che state compiendo o per rinviare il referendum a dopo le elezioni politiche. Quel giorno arriverà comunque e al popolo sovrano, agli italiani a cui i padri costituenti - oggi possiamo dirlo - con tanta lungimiranza hanno affidato l'ultima parola, faranno giustizia della demagogia e della confusa mediocrità con cui state tentando di demolire i fondamenti della democrazia italiana (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le Costituzioni, di per sé stesse, sono solo dei pezzi di carta; hanno il loro immenso valore perché si reggono su pilastri radicati profondamente nella storia, nella cultura e nel sentimento popolare. Quali sono i pilastri delle nostre istituzioni? Il Risorgimento, la Resistenza, il mondo del lavoro e il sindacato, l'europeismo.
Le Costituzioni non sono intoccabili; i socialisti, infatti, alla fine degli anni Settanta, chiesero una grande riforma delle istituzioni. Ma la grande riforma che sognavamo nasceva nella continuità con tutti i valori fondamentali della Repubblica: Risorgimento, Resistenza, mondo del lavoro, europeismo. Volevamo rendere più saldi, rinnovandoli, i pilastri della Repubblica, difesi da un socialista che ci era caro (accanto al quale lavorava l'onorevole Maccanico): il Presidente Sandro Pertini.
Oggi, questa maggioranza distrugge la Costituzione. Può farlo perché, a monte, da anni, ha aggredito e lesionato a colpi di piccone tutti i pilastri delle nostre istituzioni. La Lega, con il suo «piccone verde» ha aggredito il Risorgimento e l'unità nazionale in nome della Padania (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana). I post-fascisti, con il loro «piccone nero» hanno aggredito il pilastro della Resistenza e dell'antifascismo, avvolgendo il bianco e il nero con la nebbia del revisionismo storico. Così da tentare di fare apparire tutto grigio: il bianco come il nero, la giustizia storica come l'ingiustizia (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Il piccone è stato usato anche contro il sindacato ed il mondo del lavoro. È stato manovrato, in questo caso, dalla parte aziendalista ed economicista della maggioranza, quella che desidererebbe un sindacato non com'è e come deve essere, ma un «sindacato giallo». Proprio per tali motivi questo piccone lo si potrebbe definire, appunto, giallo... (Commenti).

GIACOMO STUCCHI. Chiamate il 118!

UGO INTINI. Tutti e tre i picconi - verde, nero e giallo - hanno colpito il pilastro dell'europeismo, così che l'Italia, posta dai suoi padri fondatori all'avanguardia dell'integrazione europea, oggi si trova alla retroguardia. Tanto che Berlusconi sembra più vicino al Texas che a Nizza...(Commenti).
Ci domandiamo perché abbiamo e avremo crescenti difficoltà in Europa. Ma un ministro della Repubblica l'ha definita «forcolandia»; adesso, un altro ministro sostiene che è guidata da una maggioranza di omosessuali: da coerente fascista non ha dimenticato la propaganda di regime contro la Francia debosciata e la perfida Albione (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Ferite come queste non si dimenticano, perché entrano nel (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)... Scusi...

PRESIDENTE. Colleghi! Onorevole Intini, le posso chiedere scusa io?

NINO STRANO. Ma cosa sta dicendo?

PRESIDENTE. L'onorevole Intini sta dicendo quello che gli pare, poiché si sta attenendo ad una dichiarazione cui ha diritto!
Onorevoli colleghi, lo dico con chiarezza: non tollero questi lazzi in aula! Se continuerete così, sospenderò la seduta! Dopodiché ciascuno sarà contento, sia detto con chiarezza (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-socialisti democratici italiani).

UGO INTINI. Finalmente abbiamo capito cosa significhi «Casa delle libertà»: significa che ciascun piccone e ciascun partito della maggioranza ha la libertà di abbattere un pilastro della storia italiana, una radice della Repubblica e che gli altri partiti lo lasciano fare, magari facendo finta di non vedere: questa è la pars destruens; si sono colpiti i pilastri della Costituzione per poter cancellare la Carta costituzionale e per sostituirla. Poi, è cominciata la pars construens: la sua logica, che purtroppo esiste, non si può comprendere senza la precedente opera di distruzione.
Una parte di questa maggioranza crede, infatti, di avere compiuto una rivoluzione e di ripartire dall'anno zero; pensa che si debba fare tabula rasa del vecchio per costruire il nuovo. E come costruiscono il nuovo? Con lo stesso criterio usato per distruggere, consentendoci di capire una volta di più cosa significhi «Casa delle libertà».
Ciascun partito della Casa della libertà è corso al supermarket del costituzionalismo «fai da tè» ed ha comprato il materiale da costruzione. Dopo un lungo mercanteggiamento, sa quanto grande è il pezzo di Costituzione che gli spetta.
Al mercato tutti sono stati accontentati; tutti hanno avuto il loro pezzo, che presto esibiranno come un trofeo per la loro propaganda elettorale. I verdi hanno avuto il federalismo; presto diranno che il loro sogno comincia a realizzarsi ma che questo è soltanto un primo passo verso nuove battaglie antinazionali, verso la completa liberazione da Roma ladrona; i neri e Berlusconi hanno avuto un premierato che sostituisce la democrazia dei partiti con il liberismo caro alla tradizione autoritaria e fascista. Hanno anche ottenuto che diciotto deputati, potenzialmente decisivi per stabilire maggioranze e minoranze, siano eletti con un criterio che rasenta il ridicolo e che non dà garanzie democratiche; i gialli, in nome dell'aziendalismo e dell'economicismo, amano probabilmente lo slogan 'Qui si lavora e non si discute di politica': hanno ottenuto l'obiettivo di umiliare il luogo simbolo dove si discute di politica, ovvero il Parlamento; hanno distrutto, come ha spiegato l'onorevole Maccanico, il carattere parlamentare della Repubblica.
Ciascuno ha costruito il suo pezzo, i verdi, i neri e i gialli! Il patchwork è fatto, il vestito di Arlecchino, verde, nero e giallo è confezionato; non importa se i colori collidono, se il vestito ci rende ridicoli in Europa; non importa se è un vestito unico al mondo per il modo con il quale è stato creato e per il suo contenuto.
In nessuno paese al mondo uno Stato, nato e cresciuto unitario, è mai diventato federale per una decisione presa a tavolino, mai una nazione è stata spezzata in venti piccole patrie senza identità storica, culturale, politica, per accontentare le fantasie di chi trova le sue radici nella tradizione celtica. In nessun paese al mondo i conflitti possibili tra le due Camere sono risolti da una terza Camera, ovvero un ridicolo consesso ad hoc previsto da questa Costituzione.
La Costituzione, che avete distrutto, è nata da una spinta ideale e popolare, da una appassionata elaborazione culturale, da un lavoro di un anno nel quale si è trovato il punto di equilibrio tra tutte le forze politiche; in poche settimane avete scritto una nuova Costituzione, di cui pochi sentivano il bisogno, con l'ostilità di tutti i costituzionalisti, trovando un punto di equilibrio soltanto all'interno della maggioranza tra i suoi ricatti incrociati, con un comportamento autistico incapace di comunicare con chiunque fosse fuori dalla coalizione vostra ed estraneo ai vostri interessi. Per durare un anno di più al Governo avete distrutto istituzioni che funzionavano da cinquantacinque anni!
Chiederemo il voto popolare per ridare alla Repubblica il suo tricolore eliminando il patchwork verde, nero e giallo. Faremo una campagna referendaria spiegando un concetto semplice: chi difende il Risorgimento, la Resistenza, il mondo del lavoro e l'europeismo non è un conservatore: difende il cemento della nazione. I conservatori sono quelli come voi, quelli che vedono nella antipolitica lo strumento per conservare, appunto, i privilegi e il predominio del denaro.
Chiederemo - e concludo - di scegliere tra chi vuole conservare i pilastri della Repubblica e chi li vuole distruggere, tra chi ama le radici dell'Italia e chi no. Sappiamo che vinceremo, perché conosciamo il sentimento profondo degli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-socialisti democratici italiani, della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani - Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Grazie, signor Presidente.
Il parere della Commissione è contrario sugli emendamenti Leoni 28.9, Mascia 28.1, Leoni 28.8, è contrario sul subemendamento Maura Cossutta 0.28.200.4, è favorevole sul subemendamento Boato 0.28.200.15, è contrario sul subemendamento Leoni 0.28.200.16. A quanto mi risulta, il subemendamento Mascia 0.28.200.7 è stato ritirato.

PRESIDENTE. Sì.

DONATO BRUNO, Relatore. Il parere della Commissione è contrario sul subemendamento Boato 0.28.200.11. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.28.200.250. Il parere è contrario sui subemendamenti Leoni 0.28.200.12, Bressa 0.28.200.17, Boato 0.28.200.18, Leoni 0.28.200.9 e Bressa 0.28.200.8 e 0.28.200.10. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.28.200.251. Il parere è contrario sui subemendamenti Maura Cossutta 0.28.200.5 e Mazzuca Poggiolini 0.28.200.3. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.28.200.254. Il parere è favorevole sul subemendamento D'Alia 0.28.200.19, è contrario sul subemendamento Maura Cossutta 0.28.200.6. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.28.200.255. Il parere è contrario sul subemendamento Bressa 0.28.200.13. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.28.200.256. Il parere è contrario sui subemendamenti Bressa 0.28.200.14 e Mazzuca Poggiolini 0.28.200.2 ...

PRESIDENTE. Sono assorbiti.

DONATO BRUNO, Relatore. È esatto.
Infine, il parere della Commissione è favorevole sull'emendamento Elio Vito 28.200 ed è contrario sugli emendamenti Boato 28.71, Bressa 28.72, Boato 28.74, Leoni 28.73, Bressa 28.75, Leoni 28.76, Tabacci 28.82, Boato 28.77, Leoni 28.78, Bressa 28.79 e 28.81 e Boato 28.80.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 28.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

ANTONELLO CABRAS. Signor Presidente, noi proponiamo un emendamento soppressivo anche di questo articolo e richiamiamo l'attenzione dell'Assemblea su quegli stessi argomenti che, con molta efficacia, abbiamo ripetutamente segnalato (forse, qualcuno si sarà annoiato).
Se le cose proseguiranno di questo passo, non riusciremo a realizzare il bilanciamento tra il premier ed il Parlamento. Infatti, da un lato, avremo rafforzato enormemente la funzione del premier - rendendo il Parlamento suo prigioniero - e, dall'altro, all'interno del Parlamento, avremo imprigionato la maggioranza che esce dalle elezioni rendendo anche quest'ultima, in sostanza, prigioniera del Primo ministro.
Su questo aspetto già altri colleghi, prima di me, hanno cercato di richiamare la vostra ...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Cabras, se la interrompo.
Poiché noto una certa confusione, vorrei sapere cosa succede. Ad ogni modo, invito i colleghi che abbiano da fare eventuali rimostranze a segnalarle ai deputati questori ed ai deputati segretari dell'Ufficio di Presidenza e ad astenersi dal creare confusione.
Prego, onorevole Cabras, prosegua pure.

ANTONELLO CABRAS. È per questa ragione che proponiamo un emendamento soppressivo anche dell'articolo 28.
In realtà, non siamo divisi tra chi propone la stabilità e chi, al contrario, propone l'instabilità: la discussione riguarda il fatto che la stabilità deve essere assicurata in un contesto di bilanciamento tra i poteri, senza che uno di essi prevalga sull'altro (nel caso di specie, a prevalere sarebbe quello del Presidente del Consiglio).
Infine, vorrei proporre un'ultima considerazione. La vostra incertezza e la vostra debolezza sono «codificate» nelle disposizioni transitorie che accompagnano tutto un impianto di rafforzamento del premier. Fino a quando non si riuscirà ad approvare - se mai si riuscirà a farlo - la nuova legge elettorale che dovrà, per così dire, reggere questa riforma della Costituzione, una legge ordinaria finirà, in sostanza, per rendere inapplicabile una riforma della Costituzione!
È chiaro che avete scelto questo percorso in virtù del fatto che non avete ancora ben chiaro quale sia l'impianto riformatore che volete portare a compimento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, quella riguardante l'articolo 94 è, sicuramente, la modifica più pericolosa del vostro progetto di riforma. In questo testo stravolgete l'istituto della fiducia, introducendo il voto conforme alla proposta del Governo: da minaccia di dimissioni diventa una minaccia di scioglimento anticipato della Camera. Per tale motivo, la disposizione dell'articolo 28 è la più pericolosa tra quelle contenute nel disegno di legge approvato dal Senato. Si va oltre la Costituzione della V Repubblica francese nella quale il voto bloccato non produce né sfiducia né scioglimento; la questione di fiducia obbliga il Governo alle dimissioni e, se rigettata, non conduce automaticamente allo scioglimento dell'Assemblea. Voi andate oltre quel modello che tante volte avete richiamato.
È vero che, nella prassi parlamentare inglese, il Primo ministro può minacciare lo scioglimento della Camera (lo fece John Major nel 1993 contro gli euroscettici che non volevano ratificare il Trattato di Maastricht), ma è altrettanto vero che nel sistema inglese non vi è alcun automatismo del tipo di quello previsto nella vostra riforma. Questa voluttà di automatismi, per cui, se non viene accolta la richiesta del premier, si scioglie automaticamente Parlamento, è la negazione del costituzionalismo europeo e, in modo particolare, di quello britannico, tutto affidato a convenzioni costituzionali. È uno strumento che, oltre a conculcare la minoranza, può essere utilizzato anche contro i dissidenti interni alla maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, indubbiamente è difficile trovare in questo progetto di riforma l'articolo più pericoloso: c'è l'imbarazzo della scelta. A mio avviso, sono tutti negativi, ma quello in esame è sicuramente uno dei più perfidi. Infatti, avremo, non soltanto un premier surrettiziamente indicato dal popolo attraverso il collegamento ed un consistente premio di maggioranza che solidifica il suo schieramento parlamentare, ma anche un'arma di ricatto ed un percorso rafforzato. Poiché i regolamenti sono a maglie larghe rispetto alle questioni su cui si può porre la questione di fiducia (le esclusioni sono minimali e riguardano ovviamente il testo costituzionale), il Primo ministro avrebbe la garanzia di tenere il Parlamento come la corda tiene l'impiccato (espressione classica che risale ad altri periodi storici, ma che è il caso di rinovellare rispetto a questo articolato). Siamo di fronte ad un premierato assoluto e sgangherato. Ogni questione diventa un caso fondamentale per la sopravvivenza della carriera politica del Primo ministro. Non c'è più il merito, l'importanza e l'incidenza sul programma politico del Governo di ogni singola questione, c'è il totale arbitrio: «Chi non è con me, è contro di me». Non vorrei che arrivassimo all'espressione «molti nemici, molto onore». Siamo in un quadro di autoritarismo assoluto. Per questi motivi, siamo contrari (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, ho preferito rinunciare ad intervenire sul complesso delle proposte emendative, per soffermarmi su ogni singola proposta, anche perché ripetiamo inutilmente le stesse cose. A mio avviso, si dovrebbe votare a favore della soppressione di questo articolo, perché lo stesso, come è stato ricordato, è il più pericoloso tra tutti gli articoli proposti in questa riforma pasticciata. Effettivamente, può dar luogo a forme di bonapartismo: se il Presidente del Consiglio dei ministri (oggi lo chiamiamo Primo ministro) viene sfiduciato in Parlamento, le Camere vengano sciolte.
Allora, è evidente quale forma di pressione egli esercita nei confronti, non solo dell'intero Parlamento, ma anche e soprattutto della sua maggioranza. Si può ben dare il caso che durante l'iter della legislatura la maggioranza resti coesa, ma nello stesso tempo non si trovi in accordo con talune idee magari un po' strane del Primo ministro. Quindi, per questa ragione, reputo questa disposizione contraria ad ogni principio di separazione dei poteri, ad un costituzionalismo serio. Essa non ha nulla a che fare con la sfiducia costruttiva che noi chiedevamo e per questa ragione sono favorevole all'emendamento soppressivo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 28.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 399
Votanti 393
Astenuti 6
Maggioranza 197
Hanno votato
155
Hanno votato
no 238).

Prendo atto che l'onorevole Scherini non è riuscito a votare e che avrebbe voluto votare contro e che l'onorevole Orsini ha erroneamente espresso un voto favorevole, mentre avrebbe voluto votare contro.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 28.1.
Avverto che a seguito dell'approvazione dell'articolo 23, che modifica il testo dell'articolo 88 della Costituzione, l'emendamento Mascia 28.1 è precluso limitatamente al terzo e al quinto comma. Pertanto verrà posto in votazione tutto l'emendamento, fatta eccezione per il terzo comma, che va dalle parole «In caso di dimissioni» alle parole «dell'articolo 92», e il quinto comma, che recita: «Il Primo ministro dimissionario non è immediatamente rieleggibile».
Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, è importante sottolineare gli elementi innovativi della dinamica dei rapporti tra Parlamento e Governo, che appare sicuramente nel modello della cosiddetta sfiducia costruttiva che sta alla base di questo emendamento.
Tale istituto, che non è nuovo nell'ambito di alcuni importanti ordinamenti democratici contemporanei - e in qualche caso è noto anche alle nostre istituzioni (per esempio le regioni) -, si inserisce, a nostro avviso, coerentemente nelle nuove dinamiche della nostra forma di governo. Infatti, alla base di tale scelta vi è l'esigenza, da sempre e da tutti manifestata, di evitare all'interno della vita costituzionale i cosiddetti vuoti di Governo, cioè lunghe fasi critiche che si instaurano tra il Parlamento e l'Esecutivo, prolungate nel tempo e quindi fonte di stabilità. L'ipotesi, come rappresentata, si muove in tal senso, mirando quindi a garantire la continuità di relazione sia rispetto ai soggetti che devono esercitare il controllo sull'attività di indirizzo, il Parlamento, sia rispetto ai soggetti che quell'indirizzo si trovano a doverlo attuare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 28.1, limitatamente alla parte non preclusa, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 411
Votanti 270
Astenuti 141
Maggioranza 136
Hanno votato
24
Hanno votato
no 246).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 28.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, questa è la nostra proposta sui poteri e la funzione del Primo ministro. Basta leggerla per vedere come è molto più equilibrata, come ottiene il medesimo risultato di un rafforzamento della stabilità, però con il rispetto di una democrazia parlamentare. Anche perché mi sembra di notare, negli interventi di molti, che si confonde tra il concetto dell'indicazione del premier da parte dell'elettorato e il concetto del rafforzamento del potere del premier, come se l'idea che un premier fosse indicato dal popolo dovesse rendere un soggetto indiscutibile, che non deve più dare conto della propria politica a nessuno, al di sopra di ogni altro organo costituzionale. Questa non è democrazia, questa è qualche altra cosa che forse esiste nella nostalgia di qualcuno. L'indicazione del premier ha un significato del tutto diverso e non riguarda minimamente i poteri del premier. Sono due temi distinti e separati che danno risposte a questioni completamente diverse. L'indicazione del premier ovviamente fa in modo che non venga da una mediazione politica la individuazione del Primo ministro, ma sia un'indicazione popolare. Questo è più che giusto, ma da qui poi a rafforzare enormemente i poteri del premier c'è molta differenza.
Venendo all'altra questione fondamentale, noi poniamo nuovamente la Camera dei deputati al centro del dibattito politico, perché ovviamente prevediamo che il programma debba essere votato in Parlamento e che possa essere respinto a maggioranza assoluta dei componenti. Questo cosa significa? Che noi esaminiamo un'ipotesi che voi non prendete minimamente in considerazione, cioè la possibilità di una maggioranza relativa che possa governare.
Quindi, solo una maggioranza assoluta contraria può negare la fiducia ad un premier e mandarlo a casa. Tutto ciò, tuttavia, non è presente nella vostra proposta, mentre nella nostra ipotesi il programma, e dunque la fiducia al Governo, deve essere ovviamente votato dalla Camera dei deputati.

PRESIDENTE. Onorevole Marone, concluda!

RICCARDO MARONE. Vorrei evidenziare che, nella vostra formulazione dell'articolo 28 del provvedimento in esame, non è previsto nemmeno questo, dal momento che il premier deve solo illustrare il programma e la Camera deve prenderne atto. Come vedete, proponiamo di introdurre un'impostazione ben più equilibrata nel rapporto tra il Primo ministro ed il Parlamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, vorrei formulare alcune osservazioni a sostegno dell'emendamento Leoni 28.8.
In primo luogo, mi sembra utile il fatto che, ogni anno, il Primo ministro debba presentare alle Camere il rapporto sull'attuazione del programma di governo. Al riguardo, occorre ricordare che, in ordine all'attuazione del programma, l'attuale Governo si è inventato addirittura un ministero, il quale, per l'alterna vicenda delle umane sorti, ha visto avvicendarsi alla guida di tale «ministero fantasma» colleghi che sono passati dalla polvere all'altare e viceversa, vale a dire dal ministero più importante (quello dell'interno) a questo, che non conta nulla, e viceversa. Tuttavia, cosa abbiano fatto i ministri che, nell'arco di tre anni e mezzo, si sono succeduti alla carica del dicastero per l'attuazione del programma di governo nessuno lo sa: conosciamo soltanto gli annunci per il futuro proclamati dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritengo molto importante, inoltre, che non possa essere posta la questione di fiducia - e, conseguentemente, che il Parlamento non debba essere costretto a votare a favore, salvo il suo scioglimento - sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, nonché sulle disposizioni riguardanti i diritti fondamentali dei cittadini. Mi sembra che si tratti, pertanto, di un emendamento meritevole di essere approvato da parte dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, l'emendamento in esame testimonia la differenza esistente tra il vostro e il nostro modo di concepire la forma di governo. Il vostro, infatti, è un premierato assoluto, mentre il nostro è un premierato forte; esso si inserisce nel solco della tradizione costituzionale dei governi parlamentari in cui si rafforza l'intero esecutivo, e non solo il Primo ministro.
Si tratta di un emendamento che contempla, al proprio interno, l'istituto della sfiducia costruttiva, e dunque non prevede l'abominevole strumento dello scioglimento anticipato delle Camere, usato come deterrente contro chiunque disturbi l'intoccabile Primo ministro, che voi, invece, indicate al secondo comma dell'articolo 28, per cui riducete la maggioranza ad una caserma a disposizione del premier, pronta ad approvare tutto ciò che egli chiede. Il nostro emendamento, inoltre, prevede il programma di legislatura, che deve specificare gli indirizzi e le misure che si intendono realizzare nel corso della legislatura stessa, nonché il voto su tale programma, che serve a circoscrivere parlamentarmente la maggioranza.
Constato che avete introdotto, in capo al Presidente del Consiglio, questa straordinaria ed incredibile potestà di forzare, in qualche modo, la volontà di Camera e Senato qualora sussista la necessità di tradurre in legge punti essenziali del proprio programma di governo. Avete inserito a più riprese tale clausola, ma essa rappresenta un'arma che mette, nelle mani del Primo ministro, la potestà sul potere legislativo, violando il principio della divisione dei poteri e trasformando, unico caso nella storia del costituzionalismo moderno, il premier in un dominus della legislazione.
Orbene, vorrei rappresentare che, per tutti questi motivi, l'emendamento Leoni 28.8 traccia una linea, corretta e coerente, di governo parlamentare e di premierato forte e non assoluto.

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, concluda!

GIANCLAUDIO BRESSA. Si tratta di una forma di governo che si inserisce nel solco della tradizione parlamentare del costituzionalismo moderno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.

DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente, vorrei ricordare che abbiamo sottoscritto con convinzione l'emendamento in esame, dal momento che la strada intrapresa dalla maggioranza è quella di abbandonare, sostanzialmente, la forma di governo parlamentare a favore, invece, di un sistema e di un modello plebiscitario che non condividiamo; si tratta peraltro, come ho già affermato precedentemente, di un modello costruito «su misura» ed in cui tutti i poteri di indirizzo politico sono sostanzialmente accentrati nelle mani di una sola persona, poiché sono attribuiti esclusivamente al premier.
Ciò, per quanto ci riguarda, acuisce molto, signor Presidente, il potere formidabile assegnato al premier di sciogliere le Camere e, quindi, di dominare con il ricatto la propria maggioranza, perché il maxiemendamento della maggioranza va proprio in questa direzione. Al premier è infatti affidato l'assoluto valore di poter stabilire quando sciogliere il Parlamento, forzando oltre modo la garanzia della stabilità dei governi, a discapito del ruolo del Parlamento, che ormai si è ridotto, di fatto, ad un organo in cui si ratificano decisioni assunte altrove.
Noi riteniamo, signor Presidente, che il Parlamento debba, invece, svolgere con forza la propria funzione, come negli ultimi cinquant'anni. Pertanto l'emendamento Leoni 28.8 va nella direzione di rafforzare, per certi versi, i poteri del premier, ma non di consegnare nelle sue mani una potestà esclusiva. Quanto alla possibilità di sciogliere anticipatamente il Parlamento, così com'è nelle sue possibilità, per quanto ci riguarda, sarebbe una forzatura che non possiamo assolutamente accettare e pertanto la escludiamo con l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 28.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 427
Votanti 417
Astenuti 10
Maggioranza 209
Hanno votato
171
Hanno votato
no 246).

Passiamo alla votazione del subemendamento Maura Cossutta 0.28.200.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Grazie, signor Presidente.
Voi, con l'emendamento della maggioranza, sostenete che il Primo ministro illustra il programma del Governo e, successivamente, la Camera si esprime con un voto sul programma illustrato. Si pone, dunque, una questione: anzitutto, non si capisce quale può essere la conseguenza di un voto negativo. Noi, nell'emendamento precedente, avevamo indicato in modo esplicito tale conseguenza: se il voto è negativo, il premier si deve dimettere. Voi non lo dite.
A monte, vi è anche un altro concetto, che abbiamo tentato di ribadire anche negli emendamenti precedenti. Voi non eliminate il voto di fiducia della Camera al premier, perché avete introdotto il principio che egli abbia già ricevuto la fiducia dalle urne. Ritengo, invece, che la fiducia al premier espressa dalla Camera non sia un atto formale, ma faccia parte di quell'intreccio di sistemi di poteri di controllo tra ruolo del Presidente della Repubblica e Parlamento. Non lo ritengo, quindi, un passaggio ininfluente e chiedo pertanto ai colleghi di votare a favore di questo subemendamento. Che il premier illustri pure il programma, ma la fiducia da parte della Camera deve essere votata.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Maura Cossutta 0.28.200.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 413
Votanti 284
Astenuti 129
Maggioranza 143
Hanno votato
34
Hanno votato
no 250).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boato 0.28.200.15, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 398
Astenuti 16
Maggioranza 200
Hanno votato
391
Hanno votato
no 7).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.28.200.16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, si pone un elemento - a nostro avviso - fondamentale. Non dimentichiamo che ieri abbiamo approvato una norma che afferma che, se il Primo ministro ritiene che una legge sia essenziale per l'attuazione del programma di Governo, si può addirittura espropriare il Senato delle sue competenze.
Cos'è il programma di Governo? Nel primo comma dell'articolo, così come lo propone la maggioranza, non si parla nemmeno di «programma di Governo», ma di «programma elettorale». Un minimo di specificazione sarebbe indispensabile, anche perché noi riteniamo che un programma elettorale, per essere compreso da tutti i cittadini, debba essere estremamente essenziale, semplice e di facile comunicazione, specialmente nella società attuale, in cui è necessario comunicare rapidamente.
Un conto, tuttavia, è un programma elettorale, altro conto è un programma di Governo, ed altro ancora è capire che cosa si deve fare in una legislatura, perché qualcuno, in particolare il Presidente della Repubblica, deve capire se una legge, o addirittura un emendamento o una modifica, rientra nel programma elettorale del Governo.
Noi proponiamo, dunque, un subemendamento in cui perlomeno si dica che la Camera approva gli indirizzi sottoposti al corpo elettorale ed i principali indirizzi politici, con le misure da adottare nell'attività governativa. Ciò ci sembra il minimo per indicare il binario per il premier e per il Presidente della Repubblica e per stabilire se si sta o meno attuando il programma di Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, è particolarmente importante stabilire che il programma specifica gli indirizzi sottoposti al corpo elettorale e contiene i principali indirizzi politici e le misure da adottare nell'attività governativa.
Ieri, abbiamo discusso molto a lungo sull'articolo 70, ed abbiamo visto che il Governo, quando ritenga che vi siano emendamenti particolarmente rilevanti per l'attuazione del proprio programma, può esercitare una determinata funzione e mettere in moto un meccanismo che modifica il procedimento legislativo.
Allora, si tratta di chiarire che, se viene approvato un programma che delinea in maniera chiara i punti fondamentali per l'attuazione del programma, ciò finisce anche per limitare l'uso, che potrebbe essere illimitato ed arbitrario, di questa sorta di imposizione che il Governo può esercitare nei confronti delle Camere nell'approvazione delle proprie leggi.
Senza questa specificazione e circoscrizione degli argomenti politici sui quali è possibile esercitare tale funzione - e, si badi bene, quella ancora più devastante della possibilità di sciogliere le Camere con il voto di fiducia e con il voto conforme alla richiesta del parere del Governo -, restiamo nelle mani di un arbitrio assoluto in capo al Primo ministro.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leoni 0.28.200.16, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 418
Votanti 413
Astenuti 5
Maggioranza 207
Hanno votato
166
Hanno votato
no 247).

Ricordo che il subemendamento Mascia 0.28.200.7 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione del subemendamento Boato 0.28.200.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, con questo subemendamento poniamo un problema che non mi sembra sia stato affrontato dalla maggioranza o, addirittura, che sia stato affrontato in termini negativi. Mi riferisco all'ipotesi che in una Camera si possa governare anche senza avere la maggioranza assoluta. È normale che sia così: ciò avviene un po' dovunque e non comprendiamo per quale motivo, in questo caso, non debba avvenire.
Noi proponiamo che il programma possa essere respinto solo a maggioranza assoluta dei componenti. In altri termini, un Primo ministro non può governare solo se ha la maggioranza assoluta contraria. Ma se, viceversa, è sostenuto da una maggioranza relativa - e non assoluta - e parte dell'Assemblea si astiene, non comprendiamo per quale motivo il programma non possa essere approvato e portato avanti. Anche in questo caso, o voi state già pensando - e lo avete già parzialmente detto nella Costituzione - ad un sistema elettorale che ancora non conosciamo (in tal caso, stiamo riformando la Costituzione sulla base di un sistema elettorale che solo voi conoscete ed immaginate di voler approvare), il che ci sembra scorretto e sbagliato; oppure, non comprendiamo il motivo per cui la norma da noi proposta non possa essere approvata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, nella proposta emendativa in esame sono affrontate due questioni di fondo.
La prima è che la Camera dei deputati vota il programma e con questo voto si definisce parlamentarmente qual è la maggioranza che sostiene il Primo ministro. Se ciò non accade, la maggioranza viene definita extraparlamentarmente e questa è una cosa priva di senso.

Tuttavia, è il secondo periodo che è particolarmente importante. Infatti, noi stabiliamo che la Camera dei deputati vota il programma, che può essere respinto solo a maggioranza assoluta dei componenti. Ciò consente che vi possano essere anche governi di minoranza. Nel vostro perfetto meccanismo vi siete dimenticati di verificare questa ipotesi: potrebbe anche darsi che le elezioni non esprimano una maggioranza parlamentare. In questo caso, con i vostri straordinari automatismi creereste una situazione del tutto ridicola e assurda: in virtù dell'assenza di una maggioranza espressa dalle elezioni, il Primo ministro di minoranza sarebbe addirittura più forte di quello di maggioranza; e potrebbe essere rovesciato solo con una mozione di sfiducia, che produce immediatamente nuove elezioni, ma non da un premier diverso da parte della stessa maggioranza iniziale, che in questo caso non esiste. Il nostro subemendamento consente di impedire questa assurdità...

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boato 0.28.200.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

MARCO BOATO. Presidente, neanche il tempo di votare!

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 393
Votanti 383
Astenuti 10
Maggioranza 192
Hanno votato
146
Hanno votato
no 237).

Prendo atto che gli onorevoli Boato e Bressa non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere un voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.28.200.250 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Guardi, Presidente!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ognuno voti per sé, perché non mi sembra proprio il caso di inserire elementi diversivi!

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 392
Votanti 244
Astenuti 148
Maggioranza 123
Hanno votato
244).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leoni 0.28.200.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 407
Astenuti 3
Maggioranza 204
Hanno votato
166
Hanno votato
no 241).

Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.28.200.17.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Il secondo comma dell'articolo 94 riguarda un problema a lungo dibattuto, che io vorrei ancora una volta sottolineare.
Questo è il cuore della vostra riforma, è ciò che spezza le regole della democrazia.

Questo secondo comma consente al Primo ministro di ricattare permanentemente il Parlamento, di ricattare la sua maggioranza e di conculcare le opposizioni. È un Primo ministro che ha il potere di fare le leggi come e quando vuole. È la rottura della divisione dei poteri tra il potere esecutivo e quello legislativo.
L'obiettivo fin troppo palese che si ottiene con l'arma dello scioglimento anticipato come deterrente preventivo contro chiunque disturbi un intoccabile Primo ministro è quello di mantenere saldamente in sella chi ci è salito, conservare Governo e legislatura ad ogni costo, evitando che tutto quanto possa imprimere dinamismo e flessibilità al sistema. Si vuole, cioè, attraverso una gabbia costituzionale, chiudere entro recinti certi la politica e impedire che possa fare il proprio corso e che possa avere un suo dispiegamento. Questo non è il meccanismo della sfiducia costruttiva, questo è un meccanismo che ingabbia il Parlamento, che lo ricatta e che ricatta la stessa maggioranza parlamentare.
Attraverso questo meccanismo la maggioranza parlamentare non è libera di scegliere al proprio interno un nuovo premier. È uno strumento assolutamente inconcepibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Qui c'è il ribaltamento delle responsabilità, Presidente. Lei come Presidente di quest'Assemblea dovrebbe essere particolarmente sensibile a questo tema.
Qui un premier può imporre ad un'Assemblea una votazione. Non è come oggi, in cui un premier può imporre una votazione su una legge ma poi se ne assume la responsabilità per cui, se viene smentito dal Parlamento, si dimette. Questo avviene oggi ed è giusto che sia così. Il premier si gioca la sua credibilità politica in una votazione sulla fiducia: se sbaglia va a casa e chi lo ha smentito continua a svolgere la sua funzione.
Qui avviene esattamente il contrario: il premier impone un'impostazione su una legge e la Camera la deve votare perché, altrimenti, il premier si dimette e la Camera va a casa.
Quindi, ciò significa che se c'è una dissonanza tra premier e Assemblea si ha lo scioglimento dell'Assemblea. Questo significa, in termini pratici, che qualsiasi Assemblea sarà nell'impossibilità di valutare serenamente se approvare o non approvare un provvedimento.
Un ultimo aspetto: questa facoltà è esclusa solo per le leggi di revisione costituzionale. Un premier può imporre all'Assemblea un sistema elettorale e un'Assemblea deve votare quel sistema elettorale, altrimenti va a casa!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.28.200.17, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 408
Votanti 401
Astenuti 7
Maggioranza 201
Hanno votato
161
Hanno votato
no 240).

Prendo atto che l'onorevole Nicotra non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo al subemendamento Boato 0.28.200.18.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Visto che avete introdotto il meccanismo assolutamente abominevole secondo il quale il Presidente del Consiglio può ricattare il Parlamento con il voto di fiducia conforme, cerchiamo di limitare i danni di questo vostro strapotere e, quanto meno, cerchiamo di impedire che, sotto il ricatto, la maggioranza parlamentare possa modificare la parte I della Costituzione.
Si tratta di una questione delicatissima. Voi sapete che per i principi fondamentali (i rapporti civili e le questioni fondamentali che riguardano la libertà personale, la libertà di riunione e di associazione, di religione, di culto, di pensiero, di stampa e di cittadinanza, il giudice naturale e la famiglia) è prevista la riserva di legge, cioè gli stessi si attuano con legge ordinaria.
Se noi non escludiamo ciò dalla possibilità del voto di fiducia conforme, con il voto bloccato, per cui il Primo ministro può ricattare la propria maggioranza sciogliendo il Parlamento, mettiamo nelle mani del Primo ministro stesso la possibilità di cambiare anche la prima parte della Costituzione, e di cambiarla sotto il ricatto dello scioglimento del Parlamento. Si tratta di una cosa abominevole a cui voi stessi dovreste ribellarvi!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, con il subemendamento in esame cerchiamo, perlomeno, di porre alcuni limiti allo strapotere del premier ed al condizionamento assoluto dell'Assemblea rispetto alla volontà del premier stesso. Mi rendo conto che la questione non vi meravigli tanto. In questa legislatura, infatti, avete già dovuto ubbidire a tali e tante di quelle leggi imposte dal premier, non ultima quella oggi bocciata dall'Europa! Però, cerchiamo di far si che questa resti una vicenda eccezionale della Repubblica e costruiamo, invece, una Repubblica in cui ciò non avvenga più e, in cui, finalmente, governi la politica e non la volontà di un premier.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boato 0.28.200.18, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 403
Astenuti 7
Maggioranza 202
Hanno votato
158
Hanno votato
no 245).

Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.28.200.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, la possibilità di imporre le questioni all'Assemblea dovrebbe nascere dalla logica che, in quanto il premier è stato investito di un mandato, deve attuare quel programma. Allora, limitiamo il potere del premier al programma elettorale. Non è pensabile che anche su materie non ricomprese in tale programma egli possa esercitare tale funzione. Ciò è illogico anche rispetto alla costruzione delineata dalla maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leoni 0.28.200.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 415
Votanti 406
Astenuti 9
Maggioranza 204
Hanno votato
160
Hanno votato
no 246).

Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.28.200.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, la inviterei, visto che non dobbiamo solo votare ma anche ragionare e capire di cosa stiamo parlando, ad avere un ritmo leggermente più rilassato. Come vede, non stiamo facendo ostruzionismo, ma vorremmo almeno avere il tempo di capire su cosa dobbiamo intervenire.
Il subemendamento in esame tratta una questione estremamente delicata. Proponiamo di sopprimere le parole «con voto conforme alle proposte del Governo». Ripeto quanto detto pochi istanti fa: se non vi è la possibilità di eliminare tale meccanismo abominevole dalla Costituzione, il Primo ministro e la sua maggioranza hanno la possibilità, sotto ricatto, di cambiare la prima parte della Costituzione.
Presidente Bruno, la riserva di legge significa che i principi fondamentali della nostra Costituzione vengono attuati con legge ordinaria. In merito, ad esempio, alla libertà di stampa, alla questione della cittadinanza, alla questione della famiglia un Primo ministro può imporre alla sua maggioranza, pena lo scioglimento della Camera, di votare una legge a suo piacimento e, se ciò non avviene, scioglie il Parlamento.
Vi rendete conto della gravità delle cose che state facendo? Introducete un meccanismo, quello del voto di fiducia con il voto conforme, che nessuna Costituzione contemporanea ha mai previsto. Quando dite che lo prevede la Costituzione francese del 1958, dite una bugia perché in quel caso non vi è il potere di ricatto dello scioglimento, ma le dimissioni del Governo.
Fatela finita con queste provocazioni al diritto costituzionale. State cercando di distruggere non solo una Costituzione, ma i fondamenti elementari del diritto costituzionale. Il diritto costituzionale deve porre limiti alla politica. Voi state creando l'assurdo per cui la politica porrà limiti inaccettabili ed inammissibili al diritto costituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.28.200.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 407
Astenuti 7
Maggioranza 204
Hanno votato
159
Hanno votato
no 248).

Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.28.200.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, innanzitutto vorrei rilevare come sia un paradosso che il premier chieda di esprimersi con un voto conforme. Vi è una coartazione della volontà individuale incredibile. Il premier pone la fiducia, non deve dire come votare. Non può dire: votate così, altrimenti andate a casa. La terminologia è assurda ed indicativa di una concezione sbagliata.
Detto ciò, vogliamo perlomeno eliminare una serie di materie dallo strapotere del premier? Il subemendamento in esame cerca, per lo meno, di fare questo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.28.200.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 412
Astenuti 2
Maggioranza 207
Hanno votato
163
Hanno votato
no 249).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.28.200.251 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Avevo intenzione di intervenire sul precedente subemendamento, ma comunque il tema è sempre quello dei limiti da porre alla questione di fiducia. Credo peraltro sia un tema che dovrebbe essere caro a tutti i colleghi.
Non bisogna immaginare infatti che oggi la si fa da padroni, pensando che questo accadrà anche in futuro. Noi abbiamo proposto, con il subemendamento precedente, che voi inconsapevolmente, immagino, avete bocciato - perché continuo a pensare che tra di voi dovrebbe esserci qualcuno che ci tiene alle garanzie democratiche del Parlamento, ma la maggioranza di voi evidentemente non è così -, un elenco chiaro di temi attinenti alle libertà fondamentali, sui quali non è lecito per un Governo porre la questione di fiducia.
Con questo subemendamento della Commissione fate un lieve passo avanti, rispetto alle vostre iniziali posizioni, perché ci siamo battuti affinché passasse il concetto che almeno non fosse ammissibile la questione di fiducia sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale. Anche se è un qualcosa, tuttavia è davvero troppo, troppo poco, e non può bastare a bilanciare lo spostamento abnorme di poteri nei confronti del premier.
Pertanto, ci asterremo nella votazione di questo subemendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il collega Bressa, il quale è intervenuto più volte in questa materia relativa al secondo comma di quello che sarà (ma speriamo non sia), o di quello che potrà essere, il nuovo articolo 94 della Costituzione - così come risulterà a seguito dell'eventuale approvazione dell'emendamento della maggioranza Elio Vito 28.200 -, ha già posto tutte le questioni di carattere generale espresse dalle opposizioni e dal centrosinistra in particolare. Proprio perché ho poco tempo, mi richiamo integralmente ad esse e non le ripeto.
Riprendo invece quanto detto poco fa, correttamente, dal collega Leoni, che ha annunciato l'astensione nella votazione di questo subemendamento della Commissione. Esso recepisce solo in parte quanto da noi proposto nel precedente subemendamento Bressa 0.28.200.10, che voi avete bocciato. Nel subemendamento in esame si afferma che non è comunque ammessa la questione di fiducia sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale. Noi condividiamo ciò, anzi lo abbiamo chiesto proprio noi nel Comitato dei nove. Ma avevamo chiesto che fossero sottratte alla questione di fiducia, oltre ovviamente alle modifiche del regolamento della Camera, anche le disposizioni riguardanti le materie di cui agli articoli 6, da 13 a 22, da 24 a 27, 29, 30, 31, secondo comma, 32, secondo comma, della Costituzione, che sono quelle che riguardano la riserva di legge in materia di principi fondamentali.
Questa richiesta non è stata accettata, e secondo noi ciò è grave; la nostra richiesta quindi è stata recepita solo in piccola parte. Pertanto, analogamente a quanto detto dal collega Leoni, confermo il nostro voto di astensione sul subemendamento in oggetto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, credo che vi siano poche speranze di poter introdurre correzioni in questo testo. Mi permetto pertanto di porre un problema di carattere più generale.
Com'è noto, dopo che fu scritta la Costituzione, ci fu un gruppo di linguisti che si dedicarono, per dir così, a mettere in buona lingua il testo. Si propose Benedetto Croce: qui non c'è nessun Benedetto Croce, quindi nessuno può aspirare a fare questa operazione.
Vorrei però domandare, visto che ci sono parecchie difficoltà interpretative ed anche qualche incertezza lessicale e sintattica, se non si pensa di sottoporre ad una revisione linguistica questo testo di riforma, che, oltre ad essere a mio avviso sballato dal punto di vista concettuale, lo è anche dal punto di vista linguistico (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Gerardo Bianco, le ricordo che già l'articolo 90 del nostro regolamento prevede la possibilità di apportare eventuali correzioni di forma da parte del Comitato dei nove.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.28.200.251 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 412
Votanti 278
Astenuti 134
Maggioranza 140
Hanno votato
273
Hanno votato
no 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Maura Cossutta 0.28.200.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 407
Votanti 334
Astenuti 73
Maggioranza 168
Hanno votato
93
Hanno votato
no 241).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Mazzuca Poggiolini 0.28.200.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 273
Astenuti 137
Maggioranza 137
Hanno votato
17
Hanno votato
no 256).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.28.200.254 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 407
Astenuti 3
Maggioranza 204
Hanno votato
246
Hanno votato
no 161).

Avverto che, ove venisse approvato il subemendamento D'Alia 0.28.200.19, i subemendamenti Bressa 0.28.200.14 e Mazzuca Poggiolini 0.28.200.2 risulterebbero, rispettivamente, assorbito e precluso.

Passiamo alla votazione del subemendameto D'Alia 0.28.200.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Più lentamente, Presidente, perché ci viene l'angoscia...

GIANCLAUDIO BRESSA. No, nessuna angoscia, solo che perdiamo di lucidità e quindi parliamo più di quanto non ci sarebbe consentito!

PRESIDENTE. Complimenti, onorevole Bressa, per questo «ricamo».

GIANCLAUDIO BRESSA. Grazie, signor Presidente, ho avuto grandi maestri (Applausi).
Signor Presidente, «il Primo ministro si dimette, altresì, qualora la mozione di sfiducia sia stata respinta con il voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni». Avete introdotto un ulteriore automatismo. In questa vostra ossessione «antiribaltonista» ne state facendo una peggio del demonio (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Vi faccio un piccolo esempio. Cari colleghi della maggioranza, sicuramente avrete una minima conoscenza della storia inglese (quella italiana, si è visto dalle Iene, non è materia ben conosciuta da molti colleghi). Voi tutti ricorderete Winston Churchill! Perché vi ricordate di lui? Perché è stato un grande Primo ministro. Eppure, Winston Churchill è stato un ribaltonista: prima era conservatore, poi divenne liberale e poi ritornò conservatore. Questa è la politica! Churchill non è passato alla storia, perché passava «di qua e di là». È passato alla storia perché fu un grande Primo ministro, un grande politico. Colleghi, non vergognatevi della politica.

NUCCIO CARRARA. Ha ribaltato le proprie posizioni, non i Governi!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, si continua ad introdurre nella Costituzione un concetto sbagliato; si parla di maggioranza espressa dalle elezioni. La maggioranza è convinta che questo concetto non esista, ma se esaminiamo le norme transitorie, risulta che, fino all'adeguamento della legislazione elettorale, le disposizioni sullo scioglimento della Camera dei deputati (articolo 28) non si applicano. Quindi, stiamo prevedendo l'inserimento nella Costituzione di misure che poi non si applicheranno mai. In nessun sistema si introduce nella normazione ordinaria, e non nelle norme transitorie, un principio transitorio. È completamente sbagliato!
State prefigurando un sistema elettorale ma non lo avete detto ai membri dell'Assemblea (nessuno sa qual è); lo costruirete successivamente. Finché non avverrà, la norma costituzionale resterà nel limbo. Una norma ordinaria, non una norma transitoria... Non si fanno nemmeno le leggi in questo modo...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marone.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento D'Alia 0.28.200.19, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 403
Votanti 392
Astenuti 11
Maggioranza 197
Hanno votato
236
Hanno votato
no 156).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Maura Cossutta 0.28.200.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 411
Votanti 406
Astenuti 5
Maggioranza 204
Hanno votato
158
Hanno votato
no 248).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.28.200.255 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 416
Votanti 413
Astenuti 3
Maggioranza 207
Hanno votato
245
Hanno votato
no 168).

Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.28.200.13.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, vorrei che vi soffermaste su ciò che vi accingete a votare, nel caso non fosse approvato il nostro subemendamento. Voi, che attualmente siete deputati di maggioranza, avete una sovranità parlamentare limitata; avete la possibilità di sfiduciare il Primo ministro, con la condizione di mandare a casa il Parlamento. Se, invece, volete sfiduciare il Primo ministro e cambiarlo con un altro appartenente alla vostra maggioranza, dovete essere almeno la metà più uno dei componenti del Parlamento.
Questo significa che, se al vostro interno c'è un gruppo di fedelissimi del Primo ministro che rifiuta di firmare questa mozione di sfiducia, non avete la possibilità di cambiare il vostro premier che, per mille motivi, può essere invece oggetto di cambiamento.
Nel nostro meccanismo, che non è ossessionato dall'antiribaltone e dagli automatismi che sono la vostra costante in questa riforma, è il Presidente della Repubblica che deve valutare se la nuova compagine del Governo che gli esponenti della maggioranza sottopongono al voto dell'Assemblea sia coerente con il risultato delle elezioni e con il programma di legislatura. Questo significa restare nel regime parlamentare!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, attribuiamo enorme importanza a questo subemendamento, sul quale ripetutamente abbiamo inutilmente richiamato l'attenzione del Comitato dei nove, della maggioranza e del Governo.
Il nostro subemendamento si colloca in una logica equilibrata di rafforzamento della figura del Primo ministro e in una logica antiribaltone - ma non di un'ossessione, come giustamente diceva il collega Bressa -, reintroducendo l'importante ruolo del Presidente della Repubblica, che definite garante della Costituzione ma che poi non è in grado purtroppo di garantire la correttezza dei rapporti tra Governo e Parlamento.
Con la nostra proposta emendativa si prevede che, dopo aver votato una mozione in cui venga indicato un nuovo Primo ministro e quindi il precedente in carica si dimette - la cosiddetta sfiducia costruttiva -, sia compito del Presidente della Repubblica di verificare che la nomina del nuovo Primo ministro indicato nella mozione sia coerente con il risultato delle elezioni e con il programma di legislatura.
Quindi è un'idiozia quella affermata da qualcuno secondo cui da parte del centrosinistra ci sarebbe una logica di favore nei confronti di norme ribaltoniste. Da parte del centrosinistra c'è il rifiuto del cosiddetto premierato assoluto, c'è una coerente proposta di rafforzamento del Governo e del Primo ministro, ma in un equilibrato rapporto tra i poteri costituzionali, Governo-Parlamento-elezioni; nel contempo si prevede che sia il Presidente della Repubblica, garante della Costituzione, a verificare la coerenza con il risultato delle elezioni e con il programma di legislatura del nuovo Primo ministro, così come indicato dalla mozione di sfiducia costruttiva.
Per questo motivo, invitiamo l'Assemblea ad esprimere un voto favorevole sul nostro subemendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Il nostro subemendamento si riferisce ad una di quelle norme collocate in un «limbo», in quanto potrebbe anche non applicarsi mai. Infatti, la norma antiribaltone non si saprà mai se entrerà in vigore, in quanto ciò potrà accadere solo se ci sarà un nuovo e diverso sistema elettorale. Voi, quando fate qualcosa, la smentite subito dopo! Volete essere rigorosissimi sulla norma antiribaltone e poi approvate un norma transitoria con la quale prevedete che la suddetta disposizione non entri in vigore fino all'adeguamento del sistema elettorale.
Dunque, cerchiamo di evitare questo assurdo automatismo che proponete, prevedendo un sistema attuabile sin da oggi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.28.200.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 393
Votanti 385
Astenuti 8
Maggioranza 193
Hanno votato
149
Hanno votato
no 236).

Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16 con immediate votazioni.

 

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 28 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Ricordo che nella seduta di questa mattina è stato votato, da ultimo, il subemendamento Bressa 0.28.200.13.
Passiamo quindi alla votazione del subemendamento 0.28.200.256 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, il subemendamento 0.28.200.256 della Commissione completa l'emendamento Elio Vito 28.200, contribuendo a riscrivere, in pratica, l'articolo 94 della Costituzione, oggetto del nostro dibattito.
In sostanza, si propone di sostituire la parte finale del quarto comma dell'emendamento Elio Vito con la seguente formulazione: «(...) il Presidente della Repubblica nomina il Primo ministro designato dalla mozione. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione e deve essere votata per appello nominale».
Vi è quindi una specificazione con la quale vengono definiti i tempi per la messa in discussione della mozione - non prima di tre giorni dalla sua presentazione - nonché le modalità per la sua votazione. Infatti, si specifica che la votazione deve avvenire per appello nominale. Tale norma intende dare certezza al risultato della mozione, prima della cui votazione devono trascorrere tre giorni dal momento della sua presentazione. Inoltre, il voto deve essere espresso in modo palese.
Ogni deputato, quindi, dovrà esprimersi per appello nominale, dato che la mozione si rivelerà fondamentale per il prosieguo non solo dell'attività di governo del Primo ministro, ma anche per la durata della stessa legislatura, che potrebbe essere interrotta qualora la mozione stessa non dovesse essere approvata dalla maggioranza della Camera, in particolare dalla maggioranza uscita dalla consultazione elettorale che ha dato vita al raggruppamento di forze politiche che hanno ricevuto il mandato per potere intraprendere l'azione amministrativa e governativa.
Si tratta di un subemendamento importante, che completa quello redatto dai capigruppo della maggioranza - l'emendamento Elio Vito 28.200 - che sostituisce integralmente l'articolo 94 della Costituzione.
Pertanto, invitiamo tutti i colleghi a votare in senso favorevole perché si tratta di un subemendamento con finalità di completamento, di coerenza e di chiarezza, rispetto ad un passaggio importante come quello previsto dall'articolo 94 della Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo ascoltato più volte segnali di allarme provenienti dai banchi della sinistra: si afferma che vorremmo dare vita a un potere quasi dittatoriale del Primo ministro, che potrebbe tenere sotto scacco la propria maggioranza e che sarebbe attore unico della vita politica e detentore unico del destino del Parlamento, che si ridurrebbe a mero organo di ratifica, attraverso la maggioranza, della volontà del Primo ministro stesso.
Tutto ciò non è vero. Abbiamo tentato di dare vita a un sistema equilibrato e, soprattutto, rispettoso della volontà popolare. Non ci spaventa quel continuum tra Primo ministro e Parlamento, che insospettisce ed allarma l'onorevole Violante, perché il continuum tra il Parlamento e il Presidente del Consiglio vi è sempre stato in tutti i governi della Repubblica, che si sono retti su maggioranze parlamentari.

La differenza tra il passato e il futuro che auspichiamo è costituita da un modo diverso di concepire tale continuum, che non è più tra maggioranza parlamentare e premier, e dunque tra il Parlamento totalmente sovrano e il premier: il continuum parte dall'elettore, e si instaura tra l'elettore, il Primo ministro eletto e il Parlamento e la maggioranza eletti.
Le elezioni avvengono sulla base di un quadro politico chiaro, poiché prima delle elezioni il Primo ministro indica la maggioranza e le forze politiche con le quali intende governare e, soprattutto, presenta un programma che è tenuto a rispettare. Il corpo elettorale è l'unico sovrano: smettiamola di dire che il sovrano è il Parlamento, che viene meno la sovranità del Parlamento, e via dicendo; va ribadito che la sovranità del Parlamento è una sovranità delegata, e che il vero ed unico sovrano è il popolo, che vota un premier, un programma e una maggioranza che sosterrà il premier.
Dunque, se il premier e la maggioranza sono parimenti legittimati a governare, quando si rompe il continuum tra il corpo elettorale, il premier e la maggioranza è ovvio che si debba ritornare alle urne. Se invece, ad esempio, si dovesse rompere il rapporto tra il premier e la propria maggioranza, non è assolutamente vero che si debba necessariamente andare alle urne, perché quella stessa maggioranza, legittimata dal voto popolare, può trovare al proprio interno un nuovo premier che sostituisca il Primo ministro che dovesse cessare dalla carica per qualsiasi motivo, compreso il voto di sfiducia.
Si potrà dunque avere un nuovo Primo ministro, ma sempre nell'ambito della stessa maggioranza, perché non possiamo accedere all'idea del ribaltone, che è un autentico tradimento del responso delle urne (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, sono favorevole al subemendamento in esame, predisposto dalla Commissione al fine di chiarire le norme relative al premierato. Riprendendo le osservazioni già svolte nella parte antimeridiana della seduta, sottolineo che si tratta di un passaggio fondamentale della riforma istituzionale, in quanto è indispensabile indicare con chiarezza agli elettori il programma e la coalizione che si apprestano a votare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Ritengo che vada sottolineato un dato estremamente importante: la continuità tra la volontà dell'elettore ed il percorso di formazione del governo e delle attività governative. Pertanto, signor Presidente, faccio fatica a comprendere lo stracciarsi di vesti da parte di illustri componenti della sinistra, che evocano momenti estremamente felici nel passato.
Invece, in questo momento costituente, la maggioranza si assume responsabilmente il compito di rendere questo paese più moderno e al passo con i tempi, risolvendo alcuni nodi, alcuni bisogni di democrazia partecipativa e di...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale, l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Ritengo che l'insieme di norme al nostro esame dimostrino che si segue una direzione opposta a quella invece sottolineata stamane dai colleghi del centrosinistra.
Comprendo le ragioni di chi continua a considerare la centralità del Parlamento; è altrettanto vero però che il potere, per Costituzione, appartiene al popolo, che lo esprime nel momento delle elezioni. Quando vi è la possibilità...

PRESIDENTE. Onorevole Gibelli, ha terminato il tempo a sua disposizione (Commenti).

ALESSANDRO CÈ. Presidente, per cortesia!

DARIO GALLI. Signor Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori!

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Preferirei non intervenire, giacché ogni qual volta lo faccio si scatena il caos... Ma ora non posso astenermi dal farlo. Io ho parlato al massimo 30 secondi, ora lei sta concedendo ai colleghi di parlare tra i 40 e i 45 secondi.
Dopo aver concesso la parola, potrebbe almeno suonare il campanello e avvisare, ringraziando, che si è terminato il tempo per l'intervento. Mi sembrerebbe il minimo in un'aula parlamentare. Ridurre gli interventi ad una durata di 45 secondi, come sta avvenendo, non mi pare rispettoso del nostro lavoro.

PRESIDENTE. È stato così solo in occasione del primo intervento. In seguito, agli altri ho concesso un minuto ciascuno.

DARIO GALLI. Ho controllato con il mio orologio: erano 45 secondi!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.

LUIGINO VASCON. Intervengo per sottolineare la fondamentale importanza di questo passaggio al nostro esame. È evidente che quanto ipotizziamo tende a concedere una maggior sovranità al popolo, alla gente. La gente sa chi vota, sa quali sono i programmi, sa chi sarà il Presidente del Consiglio e sa a chi affida il proprio voto.
Cosa ben diversa, ad esempio, dalla scorsa legislatura quando abbiamo visto cambiare ben quattro Governi e tre Presidenti del Consiglio. Ciò significa che, in buona sostanza, il voto in quel caso è stato affidato in maniera pressappochista, non per dolo dell'elettore ma a causa della classe politica che in quel momento governava il paese. Dare sicurezza, dare garanzia, è il massimo che la politica in questo caso...

PRESIDENTE. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Le proposte emendative elaborate dalla Commissione sono la migliore risposta possibile alle accuse rivolte stamani dal centrosinistra sul rischio di deriva autoritaria. È chiaro, si persegue la centralità del Parlamento ma non come, purtroppo, fino a oggi è stata concepita. Si riconduce al popolo, ai cittadini e agli elettori la sovranità, la possibilità di determinare una maggioranza e un programma. Con un giusto meccanismo, un giusto equilibrio si consente il mantenimento, la continuità della volontà popolare attraverso la designazione del premier - questo sì - ma, mediante meccanismi come la mozione di sfiducia, si garantisce l'attuazione del programma qualora...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ercole. Ne ha facoltà.

CESARE ERCOLE. Signor Presidente, l'articolo 28, che modifica l'articolo 94 della Costituzione, si lega direttamente a quanto abbiamo detto ieri a proposito della lettera d), primo comma, dell'articolo 23, riguardante lo scioglimento della Camera dei deputati.
Qui siamo di fronte ad un ragionamento semplice e corretto, che riguarda il premierato, ed, in sostanza, la possibilità da parte dei cittadini di eleggere direttamente il premier e la sua maggioranza, e anche da parte della stessa maggioranza di sfiduciare il premier, così come prevede l'articolo stesso.
Noi auspichiamo che il subemendamento 0.28.200.256 della Commissione venga approvato...

PRESIDENTE. La ringrazio.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, intervengo per sottolineare positivamente il contenuto dell'articolo in discussione che dà forza al collegamento tra programma di governo, figura del Presidente del Consiglio e relativa maggioranza, la quale deve sostenerlo nella sua azione di governo ma che, soprattutto, in quanto maggioranza, è interprete della volontà popolare di vedersi governata da determinate forze politiche. Ebbene, questo mix dovrebbe finalmente garantire una continuità di intenti al governo del paese, cosa mancata non solo negli ultimi anni, ma negli ultimi decenni, e di cui si sente la necessità in un quadro di cambiamento forte e radicale.
Vi è, sì, una mozione di sfiducia, ma vi è anche la possibilità da parte della maggioranza, quindi di riflesso dei cittadini, di riproporre eventualmente una nuova figura di premier...

PRESIDENTE. La ringrazio...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Didoné. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente, anch'io intervengo a titolo personale. In questa riforma vengono poste le basi di un cambiamento importante, secondo il mio punto di vista. Il popolo eleggerà direttamente anche il Presidente del Consiglio; è ovvio che, in questo caso, la sovranità popolare diventerà molto più forte e più ampia.
Le Camere devono avere anche il potere di presentare una mozione di sfiducia con l'indicazione del nuovo Primo ministro, perché la sovranità popolare, che si era espressa votando un Primo ministro che aveva presentato un programma e che aveva avuto una maggioranza parlamentare, viene a completare il suo programma elettorale con la proposta, appunto, di un nuovo Primo ministro. Questo non era mai avvenuto fino ad ora...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Didonè.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Messa. Ne ha facoltà.

VITTORIO MESSA. Signor Presidente, sono stato indotto a prendere la parola per il tenore dell'intervento svolto dall'onorevole Intini nella parte finale della seduta di questa mattina; un intervento tracimante di insulti nei confronti della Casa delle libertà, della Lega e di Alleanza Nazionale. Io non sono abituato a rispondere con insulti agli insulti. Debbo, però, dire che l'onorevole Intini ha passato il segno e vorrei ricordare come nella mia giovinezza, prima di diventare deputato, quando facevo politica nelle piazze nelle fila pericolose del Movimento sociale, tutto potevo supporre tranne due cose: la prima, di diventare deputato, come poi è accaduto; l'altra, che un giorno, divenuto deputato, mi sarei sentito fare la predica dall'onorevole Intini (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fragalà. Ne ha facoltà.

VINCENZO FRAGALÀ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le critiche che sono state mosse, durante tutta la giornata, nei confronti di questo passaggio importantissimo della riforma costituzionale - che darà finalmente voce ai cittadini, i quali potranno eleggere direttamente il Capo dell'esecutivo e, soprattutto, potranno approvare un programma di governo - assumono questo pomeriggio, nella latitanza dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale) rispetto alla discussione in atto, un significato più chiaro: non si volevano pesi e contrappesi, ma si voleva soltanto ribadire una sorta di veto alla Casa delle libertà, la quale propone di rendere l'esecutivo finalmente stabile e responsabile rispetto ad un programma (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Fragalà.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, mentre i nostri colleghi dell'opposizione sono ancora al bar, noi, le forze politiche che compongono la Casa delle libertà, discutiamo una tematica importante e ci confrontiamo. Ciò testimonia quanto sia stata condivisa la scelta che ci apprestiamo a compiere dopo avere individuato la migliore formulazione per disciplinare la questione della mozione di sfiducia. Quella che proponiamo è una soluzione corretta perché stabilisce un corretto rapporto tra il Primo ministro e la sua maggioranza ed anche con i cittadini.
Nel ribadire che la strada individuata è quella corretta, credo che la Casa delle libertà faccia bene a percorrerla, perché è questo che i cittadini vogliono!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, risulta veramente incomprensibile il comportamento della sinistra all'interno di quest'aula. Essa finisce per dimostrare irriverenza nei confronti di un lavoro valido e serio, che anche noi apprezziamo spesso, svolto da alcuni all'interno di questa istituzione. Sembrate quasi - almeno questa è l'opinione che alcuni di noi si sono fatta - studenti costretti a svolgere, qui dentro, un «compitino» nel quale non credono, in nome di un maestro che, fuori di qui, vi giudica e vi bacchetta (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Avete tanti grandi oratori al vostro interno! Anche in questi giorni, alcuni di loro hanno pronunciato frasi che ci hanno confortato. Stamattina, ad esempio, l'onorevole Lettieri ha richiamato l'esigenza di rispettare il Parlamento, gli eletti in questo Parlamento, i ministri. Per la verità, egli si è spinto anche più in là: come hanno fatto altri colleghi, ha parlato di «leaderismo» e di «ducismo», riferendosi al modo in cui i sindaci ed i presidenti delle province e delle regioni guidano le loro amministrazioni. Vivaddio!
Oggi ho tacciato di faccia tosta l'onorevole Violante e l'onorevole Maccanico perché c'è veramente una carenza totale di pudore! È davvero incredibile ed anche in contraddizione con la vostra intelligenza: le stesse persone che hanno votato alcune leggi in passato (dapprima nella prima Repubblica e poi nella seconda) hanno il coraggio, oggi, di lamentare le conseguenze di ciò che loro per primi hanno voluto! Addebitano a noi ciò che il loro maestro, Romano Prodi, continua a chiedere loro, anzi, a pretendere da loro!
Vedo che è presente l'onorevole Rosy Bindi: mi piacerebbe che, da autentica democratica, ci spiegasse come possano i suoi colleghi di partito o di schieramento presentarsi all'interno di quest'aula per chiedere a noi ciò che, quando vanno nelle sedi di partito e di coalizione, loro non rispettano! Evidentemente, è il capo della vostra coalizione, il vostro direttore d'orchestra, che vi fa suonare uno spartito diverso: qui proponete uno spartito antico, che molti di noi, probabilmente, possono condividere (anzi, alcuni emendamenti e modifiche vanno in tale direzione); poi, uscite da qui e, improvvisamente, lo spartito cambia perché il direttore d'orchestra vi dice che dovete scomparire come partito, che dovete annullarvi come parlamentari e dovete riconoscere a lui, ed a lui solo, il compito di decidere chi saranno, eventualmente, i vostri ministri.
Ebbene, lo applaudite con la stessa forza, con lo stesso entusiasmo con cui qui applaudite gli oratori che dicono l'esatto opposto di ciò che Romano Prodi dice al di fuori di quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia). Ora, tra qualche mese, tra due anni, proporrete agli italiani un referendum abrogativo; vi consigliamo sinceramente di dirci quale sarà la motivazione per la quale lo proporrete, perché qui abbiamo sentito tutto e il suo contrario. L'hanno già ripetuto alcuni miei colleghi: abbiamo sentito da voi affermare che la devolution impostata dalla Casa delle libertà avrebbe sfasciato il paese; il giorno dopo, quando si è trattato di parlare dell'interesse nazionale, avete detto che noi volevamo ricentralizzare la riforma dello Stato che voi avevate fatto, negando autonomia alle regioni.

RENZO INNOCENTI. È un pateracchio!

ROBERTO ROSSO. Ma come è possibile nell'arco di un solo giorno cambiare così radicalmente opinione? La schizofrenia - dovreste saperlo meglio di noi - è un problema che altri fuori da quest'aula, con patente medica, dovrebbero curare, non i colleghi che vi ascoltano da questa parte dell'emiciclo. Ed è per questa ragione che ci piacerebbe davvero ritornare ad un piano di coerenza. Noi capiamo l'assurdo della vostra posizione. Avete cominciato l'esame di questa riforma costituzionale votando sostanzialmente in linea con la posizione della Casa delle libertà; avevate cercato di rimediare voi stessi ad un errore commesso nella scorsa legislatura. Fatta una riforma federale, basata tutta sul principio di concorrenza tra Stato e regioni, anziché di esclusività di competenze, vi eravate dimenticati semplicemente di fare il Senato federale, per cui non è possibile applicare leggi dello Stato; persino quella che ragionevolmente il sottosegretario Pescante ha portato all'interno di quest'aula (e in molti ci abbiamo provato, anche tra la sinistra): non si possono finanziare le società dilettantistiche di questo paese perché non viene riconosciuta allo Stato, da parte di regioni guidate dal centrosinistra e dalla sinistra, la possibilità di legiferare in quella materia. La coerenza sarebbe una condizione per rendervi ancora credibili ai vostri stessi elettori (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana)... Francamente quei rari momenti in cui la maggioranza interviene ed è necessitata a farlo perché non c'è il numero legale, come appunto sta avvenendo da tre quarti d'ora a questa parte (I deputati dell'opposizione entrano in aula - Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...

PRESIDENTE. Onorevole Marone, la prego di continuare.

RENZO INNOCENTI. È impossibile parlare!

RICCARDO MARONE. Ma non è possibile parlare in queste condizioni! Presidente, lei mi dovrebbe garantire di parlare (Prolungati applausi polemici dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega Nord Federazione Padana) ...

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di consentire al collega di parlare. Prego, onorevole Marone...

RICCARDO MARONE. In queste fasi in cui la maggioranza è costretta a parlare perché non ha il numero legale, si sente dire di tutto su questa riforma, anche perché credo che molti non se la siano neanche letta. Si sente parlare di premier eletto dal popolo - e non mi sembra sia questa l'ipotesi su cui stiamo discutendo - come se questo premier fosse investito direttamente dalla volontà popolare. Sarebbe stato giusto analizzare una ipotesi di questo tipo; forse ne avremmo potuto discutere, ma avremmo parlato di tutta una serie di altre problematiche connesse alla tematica del premier eletto dal popolo. È una forma che esiste in molti ordinamenti, ma non è quello di cui stiamo trattando.

Noi non stiamo prevedendo, nella Costituzione, un premier eletto direttamente dal popolo: infatti, stiamo semplicemente prevedendo...

PRESIDENTE. Onorevole Marone, concluda!

CESARE RIZZI. Tempo!

RICCARDO MARONE. ... un premier che si collega ad una serie di partiti e di liste; dunque, si tratta di una questione completamente diversa!
Rispetto a questo punto, allora, è ovvio che occorreva prevedere, con riferimento agli enormi poteri che avete conferito al Primo ministro, una serie di limitazioni...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marone!

RICCARDO MARONE. ... in grado di garantire...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marone (Commenti del deputato Rizzi)!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.28.200.256 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 400
Votanti 394
Astenuti 6
Maggioranza 198
Hanno votato
257
Hanno votato
no 137).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 28.200.
Avverto che, ove venisse approvato tale emendamento, interamente sostitutivo dell'articolo 28, risulterebbero precluse, ovvero assorbite, le restanti proposte emendative ad esso presentate e non si procederebbe alla votazione dell'articolo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, l'emendamento in esame riformula, in buona sostanza, un punto nodale della modifica costituzionale, che possiamo indicare come «il Governo in Parlamento», e completa la configurazione del cosiddetto «premierato assoluto».
La previsione del cosiddetto voto conforme alle proposte avanzate dal Governo da parte della Camera, collegata allo scioglimento della Camera stessa, che verrebbe introdotta nella Costituzione dall'articolo in esame, rappresenta infatti un ulteriore tassello di questo astruso ed inedito modello che viene chiamato «premierato assoluto», oppure, anche con una certa e dovuta ironia, «Silvierato».
Sono state già efficacemente illustrate dal collega Mattarella le rigidità che verranno introdotte nell'ordinamento costituzionale: basti pensare, ad esempio, all'istituto della mozione di sfiducia, o al perimetro rigidissimo della...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mantini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, stiamo esaminando l'emendamento con cui la maggioranza è finalmente riuscita a trovare un accordo. Devo riconoscere che esso contiene una serie di previsioni che appaiono davvero discutibili anche sotto il profilo formale, al di là delle questioni di fondo che già abbiamo sollevato.
Vorrei innanzitutto osservare che, al primo comma dell'emendamento in esame, l'idea che la Camera dei deputati si esprima con un voto sul programma illustrato dal Primo ministro è davvero paradossale, poiché non si comprende la ragione per la quale la Camera non debba approvare tale programma. A mio avviso, voi proponete ciò proprio perché volete riaffermare il potere assoluto del Primo ministro ed il ruolo subalterno della Camera.
Inoltre, se si legge il secondo comma dell'emendamento, si può constatare che è scritto seguendo la stessa logica, perché il Primo ministro può chiedere che la Camera dei deputati si esprima, con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo. Pertanto, il Primo ministro non pone più la questione di fiducia, come è stato sempre previsto dalla Costituzione vigente, ma impone alla Camera il voto conforme alle sue proposte...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marone!

RICCARDO MARONE. ... pena lo scioglimento...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marone (Commenti del deputato Marone)!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo una lunga e travagliata discussione, sembra che la maggioranza si sia messa d'accordo sul maxiemendamento in esame, il quale, a mio avviso, è peggiore delle diverse soluzioni precedentemente prospettate. Prima, infatti, la possibilità per il Primo ministro di imporre la propria volontà era legata alle questioni sulle quali poneva la fiducia. Ora, invece, con il secondo comma, la questione è attenuata e si rafforza il potere di ricatto del Primo ministro nei confronti del Parlamento. Lo abbiamo già detto molte volte. Questo è un sistema che altera il bilanciamento corretto tra i poteri dello Stato e rende, di fatto, il Parlamento succube dell'esecutivo.
Su un aspetto vorrei insistere: su come si concilia la normazione al nostro esame con il principio costituzionale secondo il quale i parlamentari rappresentano l'intera nazione. Se vi è un mandato di rappresentanza - non è il caso di esaminare, in questa sede, le diverse tesi sul rapporto giuridico che intercorre tra elettori ed eletti, ma certamente si tratta di un rapporto fiduciario, per cui il rappresentante è investito, per la durata del mandato, di una facoltà di libera scelta, perché il medesimo deve anche interpretare il mutamento del corpo elettorale - non si comprende questo irrigidimento nell'ambito della stessa maggioranza: non contano i voti aggiuntivi, eccetera. Non è una manovra antiribaltone, ma una manovra contro la libertà dei deputati.
A mio avviso, si tratta di uno di quei casi in cui, modificando la seconda parte della Costituzione, si viola, in realtà, anche la prima parte. Si viola, infatti, il principio di eguaglianza addirittura tra i parlamentari. Mi pare che ciò sia veramente grave.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, capisco tutto ed anche che sono esauriti i tempi di molti gruppi. Non ritengo, tuttavia, dignitoso per il Parlamento che ci si costringa, in pochi secondi, ad esprimere una valutazione su un tema rilevante. Con questo emendamento - e, di fatto - con l'articolo 28, si decide sostanzialmente che l'Italia esce fuori dal sistema di Governo parlamentare. Si aumentano, infatti, tutti i poteri del Primo ministro e si concentrano tutti i poteri in un'unica persona, a scapito di tutti gli altri poteri, quelli del Governo come organismo collegiale, quelli del Parlamento, quelli del Presidente della Repubblica e quelli delle autonomie locali. Questo sta accadendo e questa è la ragione della nostra contrarietà all'emendamento in esame all'articolo 28 ed alla filosofia complessiva che ispira questa cosiddetta riforma costituzionale. È bene, quindi, che vi sia, da parte di tutti, la possibilità di comprendere le nostre ragioni, di interloquire e di discutere di argomenti che rischiano di segnare in negativo la vita futura del nostro paese.
Tra breve, assisteremo ad una presa in giro, ossia al fatto che voi ci direte: non vi preoccupate - lo direte a molti e lo direte ai senatori, in particolare -, di tutto ciò se ne parlerà nel 2016 addirittura. In ogni caso oggi - ed a quest'ora - si sta votando un grave salto della democrazia italiana fuori dalla forma di governo parlamentare. Questa è la ragione della nostra radicale opposizione a questo emendamento ed a questo articolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, voglio continuare il ragionamento del collega Leoni, vista la nostra impossibilità di intervenire compiutamente sull'articolato. Non solo siamo contrari a questo articolo ma riteniamo che esso porti, dentro di sé, una contraddizione di fondo: non solo la fuoriuscita dal sistema parlamentare, ma anche il venir meno, assieme ai poteri assoluti del premier, anche dell'idea della collegialità del Consiglio dei ministri, quasi a testimonianza dell'inutilità e dell'inefficacia di un'azione di governo di tipo collegiale.
Vi sono, poi, norme sull'interesse nazionale. Tutto è invece collegato ad un programma in cui la maggioranza domanda consensi elettorali, ma rispetto a tali consensi elettorali si impedisce, nel momento della sfiducia, che la dialettica politica possa determinare una maggioranza in sintonia con il programma elettorale. Questo è l'aspetto grave. Ciò significa, infatti, ingessare un meccanismo parlamentare, e - soprattutto - ingessare e coartare le coscienze dei singoli parlamentari che, magari, su quel programma riconoscono una filosofia necessitata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, credo che sia scandaloso discutere in maniera così affrettata su un emendamento che rovescia radicalmente l'ordinamento democratico della Repubblica. È scandaloso essere costretti ad un cambiamento così radicale ed obbrobrioso con tempi ridicoli. Siamo allo svuotamento totale del Parlamento, ad una concentrazione abnorme nelle mani del Primo ministro di tutti i poteri. Non soltanto è lesa la normale e democratica dialettica politica all'interno del Parlamento, ma credo - lo voglio sottolineare con forza - che i parlamentari, ognuno di loro, vengano privati in maniera intrinseca della natura della rappresentanza democratica, così come è assicurata dal moderno costituzionalismo: mi riferisco al fatto che ogni parlamentare è rappresentante del popolo ed alla trasformazione dei parlamentari, secondo la formulazione che ci obbligate a votare e contro cui ci esprimeremo, in clientes del Primo ministro.
Vi è una massa di manovra - la maggioranza - che diventa clientes della propria leadership, con un annullamento delle prerogative del Parlamento dal punto di vista delle procedure, dei poteri, della possibilità di connessione con il corpo elettorale e con la società, con un annullamento della possibilità di cambiamento delle opinioni, attraverso un voto vincolato e conforme alle proposte del Governo. Tutto ciò come si addice a dei servi. Si prospetta, quindi, un Parlamento reso servile, ufficio notarile - l'ho detto più volte e lo ripeteremo - della volontà del Primo ministro. La storia della Repubblica ...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Deiana.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, intervengo brevemente per rivolgermi al professor Acquarone, che già in alcune occasioni in quest'aula ha parlato del vincolo di mandato. Professore e onorevole, resta totale la possibilità di dissenso in quest'aula da parte di un membro della maggioranza. Però, c'è da dire una cosa: voi stessi ci avete insegnato - dopo averlo praticato - che il ribaltone era immorale. Ora, non potete cambiare opinione anche su questo.

Per anni avete detto - e l'avete sostenuto anche al momento della riforma sui presidenti delle regioni - che si può mandare a casa un presidente che viola il mandato contratto con gli elettori, ma non si può costruire surrettiziamente con un ribaltone ciò che il popolo non ha indicato.
Oggi il venire meno di questa minima coerenza è anche un segnale, onorevole Acquarone: l'incoerenza rispetto a un leader che queste cose le ha affermate continuamente davanti agli italiani.
Vorrei, poi, svolgere un'ultima considerazione rivolgendomi all'onorevole Leoni. L'ho sentito coraggiosamente affermare, con uno spirito da ardito degno della prima guerra mondiale, che non sarebbe dignitoso riservare così pochi minuti ad una discussione su argomenti così importanti.
Ebbene, è da settimane che andiamo avanti: abbiamo ampliato i tempi e in quest'aula consentiamo alla minoranza di praticare ogni gioco ostruzionistico. Dire, oggi, che non vi si consente di fare il vostro mestiere, veramente lascia esterrefatti (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo) ed invito l'onorevole Leoni a chiedere all'ex presidente Violante, al suo attuale capogruppo, come si svolgeva il dibattito nella legislatura in cui egli presiedeva questa Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.

SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, è l'ultima votazione riguardante il cosiddetto articolo antiribaltone. Vorrei dire sommessamente che, secondo la mia opinione, bisognerebbe chiamarlo diversamente: non è infatti un articolo antiribaltone. La preoccupazione «antiribaltonista» nasce dalla necessità, comprensibile e condivisibile, che un Primo ministro e un Governo che abbiano vinto le elezioni non vengano rovesciati da un passaggio di fronte di alcuni deputati che, passando all'opposizione, rovesciano il Governo mandandolo a casa.
In questo articolo è inserita una norma per cui se un Primo ministro che ha vinto le elezioni e il suo Governo vedono un gruppetto di deputati, piccolo ma decisivo, cambiare fronte e andare con l'opposizione e ricevono, invece, voti sufficienti da qualcun altro dell'opposizione, vanno a casa.
Questa è una norma contro la stabilità di Governo. È la vittoria di un piccolo gruppetto di deputati, piccolo ma decisivo, che, facendo un ribaltone, passa da uno schieramento all'altro, fa cadere il Governo e porta il paese alle elezioni.
Questa è una norma che esalta il ribaltonismo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Socialisti democratici italiani)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 28.200, nel testo subemendato, interamente sostitutivo dell'articolo 28, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 441
Votanti 438
Astenuti 3
Maggioranza 220
Hanno votato
242
Hanno votato
no 196).

Prendo atto che l'onorevole Reduzzi ha espresso erroneamente un voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.

 

(Esame dell'articolo 29 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 29 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 4).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Colgo l'occasione, nell'esprimere qualche riflessione sull'articolo 29, per riprendere alcune considerazioni di carattere generale. Come stamattina ha affermato il presidente del nostro gruppo, replicando anche all'onorevole Tabacci e interloquendo con l'onorevole La Malfa, noi non siamo innamorati di una forma di governo rigida, affidata a clausole numeriche e a meccanismi costituzionali che negano i processi politici.
Vorrei dire all'onorevole La Malfa che i sistemi parlamentari europei, dalla Francia alla Germania, alla Spagna, alle Costituzioni nate dopo la dissoluzione dell'impero sovietico, non vedono una posizione debole del Governo nell'insieme dei poteri. Sono Costituzioni che si sono poste il problema della precipitazione del parlamentarismo classico in forme assembleari. Tutto il costituzionalismo della seconda metà del secolo scorso si è indirizzato verso la razionalizzazione del sistema parlamentare, non con le formule grottesche e rozze introdotte in questo testo, ma con una combinazione di convenzione, prassi e ristrutturazioni del sistema politico. Attraverso questa pluralità di forme, che non negano i processi politici, hanno razionalizzato il sistema, tentando di introdurre nelle democrazie un principio non rigido, non astratto né assoluto della tendenza al divieto di una soluzione di continuità, di una frattura, fra cittadini, corpo elettorale e governanti, e non soltanto al divieto di una frattura fra corpo elettorale, cittadini e rappresentanti.
L'esaltazione dell'uno o dell'altro valore, il rapporto di continuità, il principio secondo il quale le Assemblee elettive siano sempre espressione della volontà dei cittadini e che il Governo sia sempre espressione della volontà dei cittadini, sono principi che indubbiamente possono confliggere tra di loro.
Allora, le Costituzioni, di fronte a principi che tendenzialmente assolutizzati possono confliggere, cercano equilibri e contemperamenti. Ciò è accaduto in tutta Europa ed era il tentativo che, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, si è tentato di fare in questo paese. Altra è la storia della separazione netta tra Governo e Assemblee elettive tipiche dei sistemi presidenziali.
Bagehot diceva che il Primo ministro in Gran Bretagna è il capo della maggioranza e tale resta. Quando la maggioranza si ribella al Primo ministro, quest'ultimo entra in una dialettica tesa con la Camera dei comuni e con la sua maggioranza. La tendenza di quel sistema è che quando si spezzano tali meccanismi fiduciari tra maggioranza e Primo ministro, tra corpo elettorale, Governo e rappresentanze politiche, bisogna rivolgersi di nuovo al corpo elettorale. Questo non deve spaventare, non è la morte della democrazia, non è la morte del parlamentarismo. Quei sistemi hanno, però, in sé il rispetto per i processi politici, tanto è vero che sia nella patria del cosiddetto premierato, sia in altre forme razionalizzate dei sistemi costituzionali parlamentari non esistono clausole rigide e meccaniche come quelle che voi avete introdotto. Sì, dunque, al rafforzamento del Governo nell'equilibrio dei poteri. No al predominio ed all'assolutezza del Governo.
Vengo agli emendamenti presentati all'articolo 29. Dovreste sapere che l'articolo 49 della nostra Costituzione - articolo della parte I, quella che i costituzionalisti definiscono la parte dei valori, degli obiettivi, dei principi che devono guidare anche la struttura ordinamentale - assegna a tutti i cittadini la funzione, il compito, il potere ed il dovere di concorrere a determinare la politica nazionale.

PRESIDENTE. Onorevole Soda...

ANTONIO SODA. Scrivere in Costituzione che la politica nazionale debba essere «determinata» significa usare un verbo che esprime l'esercizio di una volontà che prevarica sugli altri. Voi passate - questo è il vero vulnus al principio di democrazia - da una democrazia che vuole essere partecipata, in cui tutti concorrono, in cui tutti elaborano (poi, indubbiamente, le maggioranze decidono e fanno la sintesi), ad una democrazia in cui il vertice assume in sé i poteri persino di determinare, oltre che di dirigere e di eseguire, la politica nazionale (Dai banchi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale si grida: Tempo!).

PRESIDENTE. Onorevole Soda, deve concludere.

ANTONIO SODA. Questo è un ulteriore elemento che non ci consente di approvare il vostro testo anche quando dite che, tutto sommato, si ispira al premierato del quale noi avremmo fatto...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Soda.
Saluto i rappresentanti del centro anziani di Chiaromonte Gulfi, in provincia di Ragusa, presenti in tribuna (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.

DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo articolo riguarda il rapporto tra il Primo ministro e i ministri. Già questa mattina avevo avuto modo di dire che, a nostro giudizio, anche le disposizioni che riguardano questo aspetto modificano profondamente il quadro costituzionale. Infatti, in base alla vigente Costituzione, il Presidente del Consiglio ha dei compiti di assoluto coordinamento tra i ministri. Se dovesse passare questo nuovo articolo 29, il Primo ministro assommerebbe un potere di direzione sull'attività dei ministri stessi. Allo stesso modo, in base alla vigente Costituzione, il Primo ministro «dirige» la politica del Governo, mentre, se dovesse passare questo nuovo articolo 29, il Primo ministro la «determinerebbe».
Noi riteniamo, signor Presidente, che anche questa sia una grave ferita, inferta nei confronti di questo rapporto tra il premier e i ministri. La nostra proposta emendativa, che punta a ripristinare la situazione così come essa si presenta nella vigente legislazione costituzionale, mira soprattutto ad evitare un altro forte squilibrio nel rapporto tra il premier e i ministri, così come poc'anzi abbiamo potuto verificare il profondo squilibrio che è stato messo in campo nei rapporti tra il Governo e il Parlamento, a tutto favore del primo. Mi sia consentito di dire che le conseguenze di tale scelta ci porteranno, da un lato, a realizzare l'investitura del premier, dall'altro, ad avere un Parlamento completamente esautorato di ogni potere concreto di indirizzo e di controllo dell'Esecutivo - come è stato detto anche da altri colleghi, in ultimo dall'onorevole Mattarella -, a meno di non utilizzare, in caso estremo, l'arma suicida della mozione di sfiducia.
La maggioranza ha giustificato questa norma con la necessità, tra l'altro, di impedire, appunto attraverso una norma costituzionale, un cambiamento di maggioranza in corso d'opera, cioè nel corso della legislatura (i cosiddetti ribaltoni). Riteniamo però che, per raggiungere tale fine, venga utilizzato un mezzo assolutamente sbagliato, che altera i rapporti fra il premier, la maggioranza e la stessa Camera, a tutto vantaggio del primo e con dubbia utilità rispetto alla stabilità dello stesso sistema; anche perché abbiamo visto che in altre analoghe situazioni istituzionali, dove è stato rafforzato il potere di chi dirige gli enti locali (comuni, province e regioni), comunque la rissosità politica non è venuta meno e spesso in quei casi assistiamo a profonde turbative all'interno della maggioranza. Con la minaccia dello scioglimento della Camera da parte del Primo ministro, questi può ricattare e tenere in ostaggio un intero Parlamento. Il rischio è quello che si possa modificare questo equilibrio assolutamente delicato fra i poteri e le responsabilità costituzionali, che ha retto per più di cinquant'anni e che ha caratterizzato la forma di Governo parlamentare.
Il collega Leoni diceva poco fa che con queste scelte vi è una rottura molto chiara e molto netta della forma di governo parlamentare. Noi, per la parte che ci riguarda, non solo contestiamo questa scelta di fondo, ma con le nostre proposte emendative abbiamo preso anche le distanze da una procedura molto rigida e ferrea, quella del prendere o lasciare, messa in campo con l'emendamento a prima firma Elio Vito, con cui la Camera può opporsi a tale ipotesi di scioglimento. Abbiamo visto infatti che la mozione con la quale viene indicato il nome dell'eventuale nuovo premier potrebbe essere presentata solo dai deputati della maggioranza, in numero assolutamente non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera. Questo ci dà l'idea che se il premier in carica dovesse controllare un piccolo manipolo di deputati potrebbe garantirsi la sua assoluta inamovibilità.
Per queste considerazioni e soprattutto perché riteniamo che il Primo ministro punti a soffocare, attraverso questa formula, ogni velleità politico-programmatica ed ogni ipotesi di dissenso all'interno del Parlamento, consideriamo tutto ciò una grave ferita inferta al nostro ordinamento costituzionale e ad un corretto dibattito democratico all'interno della Camera dei deputati.
Consideriamo tutto ciò un'infezione introdotta all'interno del funzionamento dei meccanismi parlamentari. Soprattutto, come affermato da molti colleghi del centrosinistra, tale ipotesi rischia di condurre il nostro paese verso una vera e propria tirannia del premier, che consideriamo inaccettabile e che, molto probabilmente, tutti i cittadini respingeranno quando saranno chiamati, attraverso il voto referendario, a decidere le sorti di questa riforma che continuiamo a considerare sbagliata nel metodo e nel merito.
Nel corso del dibattito abbiamo chiesto una serie di chiarimenti in merito ad alcune questioni, ma non sono mai giunti. Dubitiamo persino del fatto che questa riforma possa andare avanti, anche rispetto alla credibilità che può avere all'interno della stessa maggioranza di Governo. Abbiamo seri dubbi che, all'interno dei quattro passaggi parlamentari, possa reggere un impianto di questo tipo.
Signor Presidente, preannuncio pertanto l'espressione del voto favorevole da parte del gruppo dei Socialisti democratici italiani sull'emendamento soppressivo Bressa 29.1, presentato dai gruppi del centrosinistra, anche perché, in questo caso, viene meno il rapporto di forte e serena responsabilità tra il Capo del Governo ed i suoi ministri. Questi ultimi, se questa riforma costituzionale venisse approvata, diventerebbero dei burattini manovrabili nelle mani del Capo del Governo.
Preannunzio, inoltre, l'espressione del voto contrario sull'articolo 29 del provvedimento, così come abbiamo fatto sugli articoli precedenti, perché consideriamo questa disposizione, insieme alle altre, uno degli assi portanti più negativi di una riforma sgangherata ed aleatoria che rischierà sicuramente di trovare nel paese risposte efficaci di forte contrasto e di forte contrarietà (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non contento di diventare padrone del Parlamento, il Primo ministro, come adesso si chiamerà, vuole diventare, sulla base delle disposizioni dell'articolo 29, anche completo padrone del Consiglio dei ministri. I ministri sono nominati e revocati dal Primo ministro, quindi ius vitae et necis.
Qualcosa di simile, e mi rivolgo all'onorevole Rosso, sta accadendo anche in alcune regioni ed enti locali e, se l'onorevole Rosso avesse la cortesia di consultare i massimari delle ultime pronunce dei TAR e del Consiglio di Stato, si accorgerebbe che viene adito il giudice amministrativo per provvedimenti di revoca; ovviamente, contro le nomine è difficile esercitare il potere di azione per revoche disposte dal presidente della regione, della provincia o dal sindaco. Quindi, gli esempi di buon funzionamento degli enti locali non sono largamente condivisibili. Ci troviamo di fronte ad enti locali nei quali queste forme di eccesso di presidenzialismo hanno sminuito l'autorità degli organi elettivi e con questo anche la passione politica nei loro confronti.
Non appartengo normalmente alla categoria dei pentiti, ma, se l'onorevole Rosso vuole conoscere la mia personale opinione su ciò che è stata, nei fatti, l'attività seguita alla modifica del sistema delle autonomie locali, non mi vergogno a dire che, certamente, vi è stata maggiore stabilità, ma, probabilmente, più debolezza e, nello stesso tempo, minore democrazia e partecipazione. Ciò che accade a livello locale (peraltro, non avrei tanta voglia che cambiasse, almeno per alcune grandi disposizioni in materia) certamente non vorrei che fosse portato a livello del governo del paese.
Questo Primo ministro ha una forza che non ha in nessun altro sistema democratico.
Un esecutivo stabile e forte ha bisogno di avere un contrappeso in un Parlamento che sia ugualmente stabile e forte. Infatti, resto persuaso che uno Stato è costituzionale se la separazione dei poteri è garantita. Invece, in questo caso, si è eliminato il principio della separazione dei poteri con grave vulnus per la democrazia e si è dato luogo ad un assetto che può degenerare in forme bonapartistiche o peronistiche. Infatti, i dittatori dell'ultimo secolo sono andati al potere quasi sempre non con colpi di forza, ma con un voto popolare e, una volta impadronitisi del potere, hanno poi ucciso gli organi elettivi e il Parlamento.
Abbiamo creato un Primo ministro che ha in mano una forza enorme; d'altra parte, lo vediamo anche oggi, in quanto questa riforma sta per essere approvata per accontentare a voce la Lega con la devolution - che poi non si sa bene cosa sia - e Alleanza nazionale con una forma di premierato che fa parte della loro formazione culturale, mentre Forza Italia, essendo il gruppo del Presidente del Consiglio, in questo momento - come dimostrò un Presidente del Consiglio democristiano - pensa sia meglio tirare a campare che tirare le cuoia!
Pertanto, per una questione contingente, per la sopravvivenza di un Governo che non riesce quasi a fare nulla, stiamo modificando la Costituzione e uccidendo la rappresentanza parlamentare. Infatti, una rappresentanza parlamentare che ogni volta è sottoposta al ricatto «o approvi quello che io voglio oppure te ne vai a casa» o è composta da eroi o è composta da yesmen. Ma questa prepotenza del Presidente del Consiglio non si registra solo nei confronti del Parlamento, c'è anche all'interno del Governo in quanto, se è vero che il Primo ministro deve dirigere la politica del Governo, qui lo fa con mano di ferro, in quanto può revocare ad libitum i ministri.
Il Governo è organo costituzionale quale Consiglio dei ministri, è organo costituzionale nella figura di ogni ministro o quantomeno di quelli titolari di dicasteri. Siamo di fronte ad un Primo ministro al quale attribuiamo una forza di ricatto nei confronti del Parlamento e un potere di vita o di morte nei confronti dei suoi collaboratori, che mai potrebbero ribellarsi anche alle idee più strampalate del Primo ministro, che li può licenziare da un momento all'altro senza motivazione.
Francamente tutto ciò è stato detto dall'opposizione e sottovoce anche da molti rappresentanti della maggioranza. Devo dire che su tali questioni gli amici e i colleghi dell'UDC mi sembrano - non se l'abbia a male l'amico D'Alia - un po' patetici, appartenenti alla categoria dei «vorrei ma non posso». Vorrei fare determinate cose, vorrei modificare lo sconcio che si sta perpetrando ma non posso perché già ora esiste la possibilità che la Lega esca dal Governo, portando tutti alle urne con «l'alterna vicenda delle umane cose». Ecco la ragione per la quale ho la sensazione che non possiamo votare l'articolo 29 e siamo costretti ad esprimere voto contrario.
Intervenendo - dato che non sono da me firmate - sulle singole proposte emendative, vorrei dire che mi sembra un po' scritta inutiliter la determinazione con legge del numero e delle competenze dei ministri. Oggi, secondo la legge, i ministri dovrebbero essere quattordici e quando sono tutti presenti - cosa che fortunatamente capita di rado - non trovano posto né ai banchi dei ministri né in quelli dei sottosegretari. Infatti, con i ministri senza portafoglio si sono riempiti tutti gli uffici e si va disperatamente alla ricerca di altre sedi.
A nome del gruppo Misto-Popolari-UDEUR, esprimo sul complesso degli emendamenti fin da ora il nostro voto contrario, che ribadiremo emendamento per emendamento in sede di dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, avendo i tempi contingentati mi limito semplicemente a fare un elogio e ad invitare ad una riflessione. Vorrei elogiare, infatti, la vostra fantasia creativa, mentre vi invito a riflettere sugli effetti di questa fantasia. Si tratta della stessa fantasia creativa già vista nel settore nella finanza e che ha portato l'Italia ad un deficit del 4,5 per cento, dietro al Botswana nell'indice di competitività internazionale. L'abbiamo vista con le vostre fantasie sessuofobiche e discriminatrici dei diritti civili in Europa, con la stessa Europa che ci ride dietro.

ROBERTO ROSSO. Ma va!

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, gli dica qualcosa!

PIERLUIGI MANTINI. Ora la vediamo applicata anche sul piano costituzionale. Inventato un modello che non esiste, create il premierato assoluto, ovvero un premier eletto che scioglie la Camera, decide autonomamente le competenze del Senato e via dicendo.
In questo modo non ci portate nella seconda Repubblica, ma ci fate sicuramente uscire dalla prima. Ci fate fare passi indietro e affermo che dovreste fermarvi. Dovreste riflettere perché il percorso costituzionale è ancora lungo e il mondo ci ride dietro. Siamo preoccupati: fermatevi e riflettete da soli, perché in caso contrario dovremo ricorrere al referendum.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, abbiamo poco tempo e vorremmo utilizzarlo per introdurre una riflessione seria, che dovrebbe attraversare quest'aula, soprattutto in una fase in cui vi assumete la responsabilità di cambiare la Carta costituzionale. Vedo però che alcuni colleghi della maggioranza non rispondono e neppure ascoltano. Mi auguro tuttavia che abbiano letto e si assumano la responsabilità di votare un testo che muta nel profondo la natura, le finalità e la qualità del nostro sistema democratico.
Come hanno già osservato numerosi colleghi, stiamo esaminando l'articolo che completa le norme sulla forma di governo e sul ruolo del premier, che delineano un premier assoluto, eletto, di fatto, direttamente dal popolo, che ha il potere di scioglimento delle Camere e dunque, sostanzialmente, un potere ricattatorio, non soltanto nei confronti del Parlamento, ma persino nei confronti della sua maggioranza, e che può intervenire anche nei procedimenti legislativi, facendo votare dalla Camera modifiche a un testo legislativo su cui la competenza esclusiva spetterebbe al Senato.
Si tratta quindi di una concezione che accentra sempre di più i poteri nelle mani dell'esecutivo, e, soprattutto, nelle mani di un solo uomo. Il premier, infatti, non più dirige, ma determina la politica generale del Governo; non più mantiene, ma garantisce l'unità di indirizzo politico. È il dominus, che può nominare e revocare i ministri, superando i poteri e le funzioni del Presidente della Repubblica e, dunque, smantellando il delicato e complesso sistema di equilibrio dei poteri.
Ci troviamo, di fatto, di fronte all'introduzione di una monarchia repubblicana. Lo abbiamo già detto, pesando le parole: vi sono numerosi costituzionalisti che hanno lanciato un allarme. Tuttavia, non vi è stata alcuna riflessione; eppure, essa dovrebbe attraversare la cultura democratica che avrebbe dovuto accomunarci, all'interno della cultura costituzionalista nata da un anelito, da un orizzonte e da un insieme di valori democratici. Si rompe tale cultura costituzionalista, in quanto si rompe la cultura democratica.
Mi consenta, signor Presidente, un'osservazione conclusiva. Con questo testo di controriforma costituzionale si esce contemporaneamente dallo Stato di diritto e dallo Stato sociale: modificate l'assetto istituzionale e modificate anche il modello sociale. Vi è un nesso strettissimo tra gli articoli che stiamo esaminando e quelli relativi alla devolution: meno democrazia e più oligarchia, più ingiustizia e meno uguaglianza. State infatti definendo un sistema autoritario, con l'accentramento dei poteri nell'esecutivo e lo svuotamento dei poteri legislativi, e rompete il nesso fecondo tra modello istituzionale e modello sociale, piegando la prima parte della Costituzione alle finalità della modifica della seconda parte.
Pertanto, insistiamo: fermatevi, colleghi. Questo è un provvedimento non soltanto pasticciato, che creerà conflitti, ma soprattutto pericoloso, perché porterà oggettivamente all'impazzimento del sistema: e quando impazzisce il sistema e il modello democratico, le svolte autoritarie sono dietro l'angolo.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Bressa 29.1, Mascia 29.2, Tabacci 29.70 e sugli identici emendamenti Boato 29.6 e Tabacci 29.71.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 29.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, proponiamo la soppressione dell'articolo 29, in quanto è sufficiente leggere il testo vigente dell'articolo 95 della Costituzione per comprendere come quest'ultimo sia meglio formulato. La vostra concezione di un Primo ministro che determina la politica generale, dirigendo l'attività dei ministri, è da presidente-imprenditore, per riprendere uno slogan che abbiamo visto sui manifesti di qualche anno fa. Non si tratta certamente di una concezione politica: fortunatamente, non esiste un uomo che può determinare la politica generale di un paese. Vi sono gli interessi delle categorie, fortunatamente esistono i soggetti sociali, e dunque vi sono numerosi fattori che determinano la politica complessiva del paese. Neppure il Parlamento può determinarla: vi è una pluralità di soggetti che concorrono a determinare la politica complessiva.
Questa concezione verticistica - da impresa, da imprenditore - non si può neanche definire semplicemente sbagliata, è una concezione che non ha alcun fondamento, né costituzionale né politico!

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 17,31).

 

RICCARDO MARONE. Avete minato ogni collegialità del Consiglio dei ministri. Mi chiedo come il ministro proponente, il ministro delle riforme, possa così declassificarsi rispetto al suo ruolo. Sostanzialmente si esclude ogni forma di collaborazione nelle varie attività e tutto viene determinato dal Primo ministro, che dirige i ministri nel loro operato. Mi sembra uno scadimento del ruolo dei ministri così rilevante che, francamente, non solo risulta incomprensibile ma certamente non fa neanche pensare ad un Governo di qualità. Ma quale politico di qualità potrà mai accettare di ricoprire un ruolo così subalterno rispetto ad una tale figura di Primo ministro?
Allora forse non sarà vero niente e questa norma, come tante altre, non si applicherà perché, ovviamente, vi saranno ministri che non si faranno dirigere ma perseguiranno la loro politica. Come del resto avviene oggi; infatti, nonostante abbiate un premier così forte e potente, non credo che in questo Governo vi siano molti ministri che si facciano dirigere dal Presidente del Consiglio!
Ritengo che questa formulazione sia sbagliata e irreale! Non ha alcuna corrispondenza con la realtà politica e, pertanto, ne chiediamo la soppressione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Gli strumenti che prevedete per rafforzare la figura del Primo ministro non sono pericolosi considerati singolarmente, tranne la fiducia con voto conforme che abbiamo più volte illustrato. Sono pericolosi nel loro insieme e fanno uscire dal modello parlamentare la forma di governo italiano che voi prefigurate. Si costruirebbe, infatti, un sistema di governo in cui il Primo ministro sarebbe più forte del Presidente degli Stati Uniti, che non può porre la questione né può sciogliere le Camere. Ma sarebbe più forte anche del primo ministro e del Presidente francese. E sarebbe più forte del premier israeliano, eletto direttamente come avvenne negli anni tra il 1996 e il 2001. Non si poteva sciogliere la Knesset, e le dimissioni del premier israeliano determinavano il solo ricorso al voto per cambiare il primo ministro e non per rinnovare la Knesset. Ed infine sarebbe ben più forte, ovviamente, del presidente del governo spagnolo, del cancelliere tedesco e del primo ministro svedese, i quali possono tutti essere disarcionati dalla loro maggioranza (ma anche da una maggioranza parlamentare diversa).
Questa vostra ossessione contro i ribaltoni fa sì che questo Presidente determini qualsiasi cosa, è un'autentica follia. Vorrei citare alcuni esempi europei per dimostrare come altrove la politica conti sempre. Si possono ricordare molti esempi di cambi di maggioranza in corso di legislatura. Nel 1981 in Spagna, Adolfo Suárez venne sostituito da Leopoldo Calvo Sotelo. In Germania, Adenauer venne sostituito da Erhardt nel 1963, a sua volta sostituito da Kiesinger nel 1966 (si passò da un Governo democristiano liberale ad una grande coalizione tra socialisti e democristiani); sempre in Germania, Schmidt venne sostituito da Kohl nel 1982. In Svezia Erlander venne sostituito da Palme. Ed infine Parsson prese il posto di Carlsson.
Questa è la politica in Europa; solo qui, invece si vuole imbalsamare la politica con artifizi di ingegneria costituzionale. È una pazzia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 29.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 423
Votanti 420
Astenuti 3
Maggioranza 211
Hanno votato
185
Hanno votato
no 235).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 29.2.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Anche noi abbiamo chiesto la soppressione del concetto di determinazione della politica da parte del premier; la materia che stiamo affrontando riguarda un aspetto centrale dell'organizzazione delle funzioni delle attività di indirizzo politico. Con questo emendamento riproponiamo sostanzialmente l'attuale disposizione costituzionale in materia.
Riteniamo, infatti, che la determinazione della politica generale non possa essere attribuita in forma esclusiva al solo Capo del Governo. Appare chiaro, infatti, che la stessa è il risultato, innanzitutto, di un'azione di controllo politico da parte del Parlamento ed, in secondo luogo, di una attività che non può che esprimersi in termini di responsabilità politica in forma collegiale.
Pertanto, riteniamo sia più opportuno demandare al capo dell'esecutivo la mera direzione, la promozione dell'azione di governo e la conseguente attività di coordinamento dei singoli ministri.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, condividendo quanto detto dalla collega Mascia, vorrei che rifletteste sull'ultimo periodo del nostro emendamento, laddove si dice che «I ministeri possono essere istituiti solo nelle materie riservate alla competenza dello Stato», cosa apparentemente secondaria, ma in realtà molto importante perché dà il senso vero di come debba essere costruito un Governo in modo moderno.
Voi siete talmente sciatti nel vostro tentativo di riforma che non vi ponete assolutamente questo tipo di problema. D'altro canto, avete dimostrato all'inizio di questa legislatura come l'opera di razionalizzazione dei ministeri, fatta nella precedente legislatura, è stata da voi non solo calpestata, ma addirittura maciullata.
Credo che questo aspetto, lodevolmente inserito nell'ultimo comma del nostro emendamento, meriti l'attenzione di quest'aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, io credo che questa sia la corretta formulazione delle funzioni e dei compiti di un Primo ministro e di un Consiglio dei ministri e che questa, al di là della correttezza della formulazione, sia la formula reale. Potete scrivere tutto quello che volete in questa Costituzione; potete attribuirgli poteri straordinari: state scrivendo norme irrealizzabili, state scrivendo norme che poi nella Costituzione materiale non si verificheranno mai.
Immaginatevi la costruzione della politica di questo paese tra dodici anni, perché ovviamente voi fate sempre le cose che poi in realtà non realizzate veramente; tutto questo, infatti, sarà tra ben dodici anni! Quando, però, si parla della direzione politica di un paese, è ovvio che potete scrivere quello che volete in questa Costituzione, ma non potrà essere un solo uomo a determinare la politica generale di un paese. Ci dovrà essere una collegialità, vi debbono essere vari soggetti: allora perché scrivere nella Costituzione che un Primo ministro determina la politica? Scriviamo correttamente: o lasciamo il testo come era prima, o inseriamo una formula che lasci la collegialità delle decisioni, assegnando al Primo ministro il compito della direzione della politica e non certo della determinazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 29.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 426
Votanti 422
Astenuti 4
Maggioranza 212
Hanno votato
188
Hanno votato
no 234).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabacci 29.70, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 422
Votanti 416
Astenuti 6
Maggioranza 209
Hanno votato
177
Hanno votato
no 239).

Prendo atto che l'onorevole D'Agrò non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Boato 29.6 e Tabacci 29.71.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, non mi vorrà negare la gioia di parlare in onore di un emendamento nostro e di quello dell'onorevole Tabacci...!

PRESIDENTE. Non lo penso proprio, onorevole Alfonso Gianni!

ALFONSO GIANNI. Esistendo in quest'aula, dopo il tabagismo (che è l'afflizione da tabacco), il «tabaccismo», l'afflizione dell'onorevole Tabacci (che è più gradevole) ed essendo, però, il suo emendamento in subordine al nostro, come dire, non lo inseguo ma lo precedo!
Qui c'è un problema... Come faccio a spiegarglielo, Presidente?... È semantico! I colleghi della destra pensano, usando il termine «determina», di essere più dirigisti.
In realtà, non è così: «determinare» vuol dire «terminare da»; in altre parole, ad un certo punto, uno, siccome è determinato, tronca la discussione! Ma questo atteggiamento non dimostra grande forza egemonica di pensiero, in quanto può essere l'effetto di mancanza di pazienza o di una scadenza temporale o di una necessità di ruolo.
Il termine «dirigere», colleghi della destra, è più forte (e se conosceste la semantica, sareste d'accordo con noi): un Presidente del Consiglio il quale dirige un concerto di ministri - che, peraltro, può nominare e revocare - è più autorevole di quello che determina la politica generale. In base a che, poi, la determina?

PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni...

ALFONSO GIANNI. In base al fatto che taglia la discussione ad un certo punto? Ma non facciamo ridere!
Allora, «dirigere» è più forte di «determinare». Se si vuole valorizzare la figura del Primo ministro - in un contesto di equilibri istituzionali, noi siamo per valorizzarla -, si usi il termine «dirigere». Questo reca in sé il concetto di egemonia, che, a sua volta, rimanda ad un pensiero: a quel pensiero di cui questa seconda Repubblica ha molto, molto bisogno (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)! Grazie, signor Presidente.

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Alfonso Gianni, anche per la lezione di semantica, di cui faremo tesoro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, di fronte alla lezione dell'onorevole Alfonso Gianni, le mie argomentazioni saranno pallidissime; tuttavia, le esporrò ugualmente, soprattutto per mettere in risalto che alla parola «dirigere» (più forte, è vero, della parola «determinare», nell'accezione ricordata poc'anzi dal collega Alfonso Gianni) è connesso il principio della collegialità.
Invece, dal vostro progetto di riforma si evince con tutta evidenza che la questione della collegialità vi fa venire l'orticaria! Voi avete la visione dell'uomo solo al comando: tutto quello che disturba l'uomo solo al comando è pernicioso e, pertanto, è molto meglio adattare anche i termini linguistici a tale visione del mondo. In questo modo si può fare una campagna elettorale, ma non si può riformare una Costituzione!
Ripeto per l'ennesima volta che, mattone dopo mattone, state costruendo un oggetto non identificato nel costituzionalismo moderno. Ne porterete la responsabilità fino a quando il referendum non cancellerà questa vostra brutale riforma!

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bressa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.

ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, l'emendamento di cui stiamo ragionando e l'articolo a cui è riferito confermano che questa modifica della Costituzione è, anzitutto, un abito su misura per il delirio istituzionale di potere del Presidente del Consiglio, un vero e proprio abito «carenato» per il Presidente del Consiglio, il quale non a caso ha affermato esplicitamente, proprio in quest'aula, che provvederà personalmente a garantire il funzionamento della Costituzione!
Solo che una Costituzione non può essere un abito su misura, una cabina di regia per un uomo che immagina di controllare chi viene eletto e, nel dubbio che possa avere ripensamenti, lo ricatta con la minaccia di scioglimento della Camera, riducendo il Presidente della Repubblica ad una figura notarile (anche questo sembra un abito su misura per l'attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio).
Insomma, siamo alla sartoria istituzionale su misura! Non importa alla maggioranza se, per arrivare a tale risultato, l'unità nazionale verrà messa in discussione, la Corte costituzionale sarà composta in modo da comprometterne la funzionalità, i conti pubblici saranno a rischio per il peso della devolution, il Senato diventerà un'entità farraginosa non federale (perché, in questa versione, avrà contro le regioni), mentre la funzione legislativa ed i rapporti tra Camera e Senato daranno vita ad un ingorgo che nessun regolatore potrà risolvere, nemmeno arrivando a sottrarre drasticamente il ruolo al Parlamento!
Il tutto viene approvato con pervicacia ...

CESARE RIZZI. Tempo!

ALFIERO GRANDI. ... Ho quasi finito, signor Presidente ...

PRESIDENTE. È il «quasi» che mi preoccupa!

ALFIERO GRANDI. ... malgrado i messaggi di allarme che vengono dalle file della maggioranza.
Il voto favorevole a questa modifica costituzionale fa del nuovo premierato non un'istituzione della Repubblica, ma un vero e proprio padrone che concede ai dipendenti cinque anni di proroga nel loro ruolo attuale, salvo verifica! Era meglio chiamarlo amministratore delegato d'Italia!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per ribadire un concetto molto semplice. Questa distinzione lessicale dà solo l'impressione di un rafforzamento dei poteri del premier; in realtà, nella psicologia dei colleghi, che legittimamente l'hanno prospettata, lo scopo è quello di colpire il principio di coalizione. Però questo lo si può fare solo con un atto di superficialità, perché poi la politica si vendica; non è che le opinioni possono essere costrette in un ambito bipartitico, se così non può essere perché non lo consente la tradizione politica italiana. Per cui è uno sforzo inutile quello di andare in una direzione lessicale che tende a concentrare tutte le funzioni politiche nella figura del premier, quando invece il principio sul quale si basano anche le coalizioni attuali è un principio di coalizione; lo è stato nella legislatura passata - e si è visto anche con quante difficoltà -, lo è anche con altrettante difficoltà nella legislatura in corso. Del resto, l'onorevole Fini ha più volte rivendicato il principio della collegialità, il che vuol dire che una coalizione vive quando questo principio lo si esercita sul campo. Il fatto di voler affermare invece lessicalmente questa distinzione sembra voler negare il principio della coalizione. Lo trovo politicamente sbagliato; poi capiterà di fare delle grida manzoniane, cioè di affermare cose che il tempo si determinerà di contraddire, ma questo fa parte delle vicende umane.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, l'onorevole Tabacci ha spiegato che il lessico in questo caso non è affatto indifferente. Io mi auguro innanzitutto che l'abbiano compreso i suoi colleghi di gruppo e di maggioranza. Una cosa è certa. Voler adottare il termine «determinare» significa semplicemente annullare, questo sì, il principio di coalizione e il rispetto del programma di coalizione e, allo stesso tempo, mortificare il ruolo sia del Parlamento sia dell'esecutivo.
Il vostro quindi, è un premierato - lo stava dicendo poc'anzi il collega Grandi - fatto su misura. Io dico che è fatto sulla base di una fotografia attuale, che credo molti probabilmente avranno sul comodino e che forse qualcuno adora come un santino; ma essi sappiano che fra qualche anno, quando questa riforma entrerà in funzione, quella sarà una fotografie ingiallita, una fotografia che andrà nell'album dei ricordi. Ricordi amari per il popolo italiano, se approviamo questa riforma (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, mi rivolgo ai colleghi della maggioranza. Credo di ripetere considerazioni che ha svolto forse l'onorevole Gianni, ma dal punto di vista politico sostanziale è meglio assegnare al Presidente del Consiglio il compito di dirigere la politica del Governo, di cui egli assume la responsabilità, piuttosto che dichiarare che egli determina la politica del Governo. Infatti, la politica del Governo non si determina, ma è l'espressione dell'attività che svolge il Governo sotto il coordinamento e la direzione del Presidente del Consiglio. Quindi, noi diamo un potere politico effettivo ad un Presidente del Consiglio se scriviamo che dirige la politica del Governo di cui è responsabile, altrimenti diciamo qualcosa che non corrisponde a nulla. Infatti, se uno è stato in grado di determinare lo si saprà a posteriori, mentre la parola dirigere è un'indicazione a priori, che assegna dei poteri a chi è investito di questa carica.
Quindi, prego anche il collega Bruno di riflettere un momento su questo tema, perché un voto favorevole alla norma in esame è migliorativo della logica alla quale rispondono le proposte costituzionali della maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, io credo che questa sia una discussione importante, perché non stiamo trattando di parole, dell'uso di alcuni verbi invece che di altri. È una discussione vera!
Ha ragione l'onorevole Tabacci, poiché dietro la parola «determina» vi è una concezione (peraltro inefficace) che vuole «costringere» il sistema politico, ma poi la politica si vendica! Sono assolutamente d'accordo sul fatto che i problemi del sistema politico, come abbiamo detto e ripetuto insistentemente, debbano essere sì affrontati con la politica, ma con una certa politica, onorevole Tabacci: quella, appunto, dell'ascolto, del confronto e della fatica della mediazione.
Il problema, onorevole Tabacci, è che in questo caso prevale una cultura che non soltanto è autoritaria, perché affida tutti i poteri al premier, ma che smantella, di fatto, la stessa cultura della politica. Emerge, infatti, una concezione «antipolitica», ed è appunto ciò che intravedo dietro le espressioni «determina» e «garantisce». Ritengo, altresì, che dietro tutto ciò vi sia anche un atteggiamento «intimidatorio», per cui la maggioranza è proprietà del premier. Non è un caso, infatti, che si tratti di un premier che è anche proprietario di tutto: del potere economico, del potere esecutivo e di quello legislativo.
Vorrei evidenziare che esiste una differenza profondissima tra autorità ed autorevolezza; vi è soprattutto, onorevoli colleghi, una differenza profondissima tra governo e comando. Ecco, questo premier non governerà: comanderà soltanto!

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, vorrei osservare che gli identici emendamenti Boato 29.6 e Tabacci 29.71, i cui presentatori comunque ringrazio, risentono probabilmente della formulazione originaria del testo del provvedimento in esame. Infatti, abbiamo convenuto e stabilito (perché ciò è stato ormai approvato) che il premier presenti un programma ed abbia il potere di nominare e revocare i ministri. Ciò significa che può nominare anche ministri non parlamentari, che non hanno partecipato alla stesura del programma sul quale è stato richiesto il consenso dell'elettorato.
Vorrei osservare, allora, che vi è stato un passaggio in cui si è ritenuto, a torto o a ragione, che è il Primo ministro, eletto direttamente dal popolo...

RICCARDO MARONE. Non è eletto direttamente dal popolo!

DONATO BRUNO, Relatore. ... a determinare il programma sul quale si fonda la sua attività di legislatura (anche nei momenti essenziali, come abbiamo visto, ad esempio, nel nuovo articolo 120 della Costituzione, e perfino nell'iter formativo delle leggi). È chiaro, allora, che il Primo ministro assume un ruolo diverso: piaccia o non piaccia, è così!
Circa le questioni della dirigenza e la garanzia, vorrei rispondere che l'articolo in esame già provvede in tal senso. Infatti, nella parte in cui prevede che il Primo ministro garantisce l'unità di indirizzo politico e amministrativo, è aggiunta l'espressione «dirigendo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri».
Ritengo, pertanto, che le preoccupazioni che sono state sollevate anche dai colleghi La Malfa e Tabacci trovino risposte adeguate, anche se vorrei ribadire che possono anche non essere condivise dai colleghi dell'opposizione. Ciò che è certo è che il Primo ministro opererà in un quadro istituzionale diverso da quello nel quale eravamo abituati a ragionare, ma che mi sembra abbia influenzato le convinzioni dei deputati che hanno presentato le proposte emendative in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, dobbiamo alla cortesia del relatore, onorevole Bruno, un chiarimento che è avvenuto nell'ambito di uno «spirito di colleganza» e che è stato testè ribadito. Vorrei permettermi di insistere, tuttavia, affinché vi sia una forte revisione di tale posizione. Intendo associarmi a quanto sostenuto dall'onorevole La Malfa ed esprimere la mia condivisione degli identici emendamenti in esame, i quali non sono incentrati su una differenza linguistica (che non avrebbe valore), ma tendono a conferire razionalità proprio al concetto di premierato che si intende sostenere.
Vedete, anche dalla lettura dell'intero articolo 29 emerge, come ha d'altra parte affermato chiaramente l'onorevole relatore, la volontà di fissare una sorta di gerarchia decisionale nei confronti del premier in ordine al principio - ovvio e comprensibile in tema di premierato, anche forte - del dirigere, del promuovere e del coordinare.
Volevo far presente all'Assemblea che, se mettiamo in relazione questa direzione e questo coordinamento, esso culmina in un significato superiore al «dirigere» ed al «coordinare». Se, infatti, si sopprime la parola «determina», sostituendola con «decide» si è reso chiaramente il concetto del forte contrasto che esiste all'interno di tale norma. Tale contrasto è tanto più stridente, signor Presidente - e, sul punto, mi permetterei di chiedere un chiarimento al relatore -, se si pone mente sia alla rubrica di quest'articolo - non presente nel testo originario della Costituzione, molto cauta e prudente - sia al capoverso. Se si parla, infatti, all'articolo 29, dei poteri del Primo ministro e dei ministri, creando una sorta di equiparazione tra i due ruoli, non si capisce perché i ministri, come afferma il capoverso dello stesso articolo, sono «responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri e individualmente degli atti del loro dicastero». Ciò va bene nella struttura attuale, ma non si capisce come possa sussistere tale principio dopo l'assunzione di responsabilità nell'aver deciso i nuovi poteri del premier, qualunque sia il tipo di coordinamento e disancorati da un programma di Governo e da un programma elettorale, e dopo aver espropriato ormai quel Senato federale, che da molto tempo ormai è uscito dall'attività del Governo. Di ciò, francamente, non si può dare altra definizione che quella di un progetto autoritario a vantaggio di uno, e di uno soltanto, quasi una sorta di «amministratore unico», che non somiglia nemmeno all'amministratore delegato di una società per azioni (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 29.6 e Tabacci 29.71, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 449
Astenuti 5
Maggioranza 225
Hanno votato
207
Hanno votato
no 242).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'articolo 29.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono profondamente convinto che qualora fosse approvato quest'articolo, che apparentemente sostituisce poche parole dell'attuale articolo 95 della Costituzione, si creerebbe, soprattutto dopo l'approvazione dell'articolo 28, un'ulteriore grave, e pericolosa situazione di supremazia, di forza e di maggiore potere del Presidente del Consiglio, ossia di una sola persona rispetto agli altri poteri dello Stato, primo fra tutti il Parlamento. Ciò soprattutto dopo il ridimensionamento degli indispensabili pesi e contrappesi, indeboliti a seguito delle ultime votazioni effettuate in quest'aula e la politicizzazione del massimo organo di garanzia previsto dal nostro ordinamento, ossia la Corte costituzionale, creando così una situazione di inammissibile squilibrio tra i diversi poteri dello Stato.
Abbiamo già criticato fortemente, quale vulnus ai principi base di una democrazia ed al suo pluralismo, le modalità di fiducia e sfiducia al Primo ministro. Abbiamo inutilmente sottolineato e fortemente criticato la possibilità di ricatto di pochi parlamentari che possono impedire la sfiducia nei confronti del premier, nonché l'assurdità dell'inserimento di una clausola per cui la mozione di sfiducia non può essere approvata se non votata dalla maggioranza dei componenti della Camera, con la conseguenza che, in futuro, si potrà governare addirittura con un esecutivo privo della fiducia della maggioranza dei parlamentari.
Se, dopo l'articolo 28, fosse approvato anche l'articolo 29, tali difetti e tali violazioni dei principi base di uno Stato di diritto sarebbero ulteriormente aggravati.
Mi permetta un'ultima considerazione, signor Presidente, già rilevata dall'onorevole Siniscalchi. Credo che in quest'articolo, ed invito il presidente Bruno ed i componenti della Commissione a soffermarsi su tale problema...

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, l'onorevole Pisapia si sta rivolgendo a lei!

DONATO BRUNO, Relatore. Lo sto ascoltando, signor Presidente.

GIULIANO PISAPIA. Credo che in quest'articolo vi sia una contraddizione in termini.
Nel momento stesso in cui si dice espressamente che il Primo ministro «determina» la politica generale del Governo (non concordiamo su questo termine, ma mi sembra che la maggioranza vada in tal senso), subito dopo - e questa è, ripeto, una grave discrasia - si afferma che i ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri. Mi sembra che la contraddizione sia assolutamente evidente, perché si diventa responsabili anche di decisioni che non si sono condivise (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, intervengo brevemente, perché credo che l'argomento sia stato già approfondito. Riconosco che l'articolo 29 è perfettamente coerente: una volta tanto, rinvengo elementi di coerenza nella proposta della maggioranza rispetto alla loro concezione del premier. Ovviamente, noi non accettiamo questa concezione del premier, che è sinteticamente indicata nell'articolo e che, a mio avviso, è irreale, implicando che un solo uomo possa determinare la politica generale.
Tuttavia, si tratta della vostra concezione della politica e del premier e, quindi, credo che questa sia la norma che può meglio concludere il ragionamento sugli articoli 92 e seguenti della Costituzione. Per questo motivo, siamo profondamente contrari ad essa.
Ho ascoltato l'intervento del relatore, presidente Bruno, il quale ha affermato che avete sancito l'elezione diretta del premier. Al riguardo, in questa riforma, rinvengo ulteriori elementi di ambiguità. Infatti, avete usato formulazioni che, come sempre, da una parte, affermano e, dall'altra, negano; da una parte, si fa qualche cosa, ma poi dall'altra non si ha il coraggio di andare fino in fondo. Questo è il dato che caratterizza la riforma ed avete tenuto tale comportamento su ogni tematica: sulla devolution, sull'interesse nazionale ed ora anche sul premier.
Formalmente, nella vostra proposta di riforma costituzionale non esiste l'elezione diretta del premier. Esiste una formula ambigua che avete trovato ed approvato, che - lo ripeto - è scorretta, perché reca implicitamente l'obbligo di una riforma elettorale: fin quando essa non verrà approvata, questa Costituzione non si potrà applicare. Ma ci vorranno ancora dodici anni e proprio per questo motivo, secondo voi, non vi sarebbe alcun problema.

PRESIDENTE. Onorevole Marone...

RICCARDO MARONE. Concludo, signor Presidente, e la ringrazio.
Tutto questo ci induce ad esprimere un voto contrario sull'articolo 29.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, è del tutto evidente che i poteri del Primo ministro escono fortemente rafforzati da questo vostro impianto. Sono rafforzati nei confronti del Presidente della Repubblica e del Parlamento e sono rafforzati anche verso lo stesso Governo. Soprattutto il rafforzamento del premier nei confronti dello stesso Governo, in qualche modo, disvela la vostra seconda insana passione di questa riforma: da un lato, la passione per gli automatismi, dall'altro, quella per il Governo personale.
Negare la collegialità, come ha ricordato il collega Tabacci, significa negare la politica: ciò è estremamente grave! Trovo davvero inutile cercare di risolvere i problemi di funzionalità del nostro sistema politico attraverso regole costituzionali: è inutile, fuorviante e dannoso.
Se il problema della politica italiana è di avere un sistema partitico frammentato e coalizioni raccogliticce, perennemente costrette al litigio, la cura non è rafforzare i poteri giuridici e costituzionali del Presidente del Consiglio dei ministri. Questa cura può ammazzare la democrazia, rendere inutile il dibattito politico, svuotare il Parlamento e le sedi collegiali di decisione e, perciò, peggiorare la qualità delle decisioni stesse; ma non risolve affatto il problema.
I problemi della politica devono essere risolti dalla politica con gli strumenti della politica. Quando riuscirete a capire questo, avrete compiuto un grande passo in avanti. Noi l'abbiamo capito e siamo in grado di emendare gli errori del passato; voi non solo non l'avete capito, ma state costruendo la fine della vostra stessa coalizione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 29.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 436
Votanti 429
Astenuti 7
Maggioranza 215
Hanno votato
242
Hanno votato
no 187).

 

(Esame dell'articolo 30 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 30 e degli unici identici emendamenti interamente soppressivi ad esso presentati (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 5).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Abbiamo più volte detto, da una parte e dall'altra, nel corso della discussione, magari quando si è parlato della cosiddetta devolution o del premierato...

PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Leoni.
Colleghi, vi esorto a non allontanarvi perché voteremo tra poco.

CARLO LEONI. Diversi colleghi - dicevo - hanno affermato che stavamo entrando nel cuore della riforma. Con l'articolo in esame, per continuare la metafora, arriviamo a parlare delle gambe della riforma. Sino ad ora si è discusso di cosa vorremmo fosse scritto in Costituzione; adesso dobbiamo discutere e verificare, concretamente e realmente, cosa e quando accadrà. Questo è il senso delle norme transitorie...
Signor Presidente, mi scuso ma vi è stato un errore; ero iscritto a parlare sul complesso degli emendamenti all'articolo 43...

PRESIDENTE. Ne prendo atto.

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti soppressivi Mascia 30.1 e Leoni 30.70

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 30.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 442
Votanti 437
Astenuti 5
Maggioranza 219
Hanno votato
250
Hanno votato
no 187).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.

 

(Esame dell'articolo 43 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 43 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 6).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Presidente, un così breve tempo intercorso dall'inizio dell'intervento, erroneamente da me cominciato prima, consente di riprendere il filo del discorso...
Dopo aver discusso di cosa vorremmo fosse scritto in Costituzione, ora affrontiamo esattamente cosa e quando accadrà e scopriamo una situazione abbastanza grottesca. Questa mattina, il collega Intini ha descritto l'iter che ha portato alla formazione della proposta di riforma come una sorta di «giro in un supermercato» dove ciascun gruppo della maggioranza prende, a proprio piacimento, ciò a cui più è interessato: la devolution, l'interesse nazionale, il premierato e così via. Affrontando l'esame delle norme transitorie, scopriamo che alla fine del «giro nel supermercato» il pagamento sarà rateale: ognuno pagherà qualcosa in un tempo sufficientemente lungo.
Porto alcuni esempi per cercare di rendere esplicito ciò che - come abbiamo compreso - accadrà attraverso la scrittura dell'articolo in esame, peraltro abbastanza complesso. Abbiamo tre casi di decorrenza: alcune norme avranno decorrenza immediata, altre decorreranno dalla prima legislatura successiva a quella in corso al momento dell'entrata in vigore (con due opzioni temporali, 2006 e 2011); altre ancora decorreranno dalla seconda legislatura successiva all'approvazione. Guarda caso, vorrei dire al collega Carrara che ha molto insistito su questo punto, le norme che entreranno in vigore più tardi, sicuramente nel 2016, saranno quelle riguardanti la riduzione del numero dei parlamentari. Il collega Carrara ed altri ci hanno spiegato che tale norma serviva a risparmiare soldi dello Stato. La lungimiranza di tale intenzione arriva fino a dire che ciò accadrà nel 2016. Il vero messaggio è: cari colleghi deputati, cari colleghi senatori, approvate pure questa norma demagogica sulla riduzione dei parlamentari. Ce la venderemo a buon mercato nelle piazze, tanto, in realtà, accadrà nel 2016, cioè tra dodici anni.

PRESIDENTE. Onorevole Leoni...

CARLO LEONI. Signor Presidente, mi conceda altri 30 secondi.
Invece, entreranno in vigore immediatamente le modifiche al Titolo V integrate dalla clausola dell'interesse nazionale e da quella dei poteri sostitutivi. Cozza clamorosamente con la logica che entri subito in vigore la riforma del Titolo V, ma non il Senato federale, non la sua nuova composizione. Quel pilastro che tutti abbiamo definito così indispensabile perché lo Stato fosse effettivamente federale e perché il Titolo V funzionasse effettivamente non entra subito in vigore, ma viene rimandato alle calende greche!
Questa è la logica della rateizzazione dell'entrata in vigore della riforma fatta per rassicurare i riformatori, ma che in realtà la dice lunga sul metodo seguito per elaborare la riforma stessa (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fistarol. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FISTAROL. Siamo quasi al termine di questo confronto parlamentare che è stato viziato fin dall'origine dal fatto che il testo base di questa lunga vicenda costituzionale è stato scritto in una baita. Non è quello il problema, perché l'aria fresca di montagna può favorire buoni pensieri. Il problema, fin dall'origine, era quello delle presenze nella baita. Nella baita stavano esponenti di partito intenti a scrivere una riforma della nostra Carta costituzionale nell'interesse di una maggioranza parlamentare, e non negli interessi del paese.
A quel testo sono seguiti adeguamenti, modifiche, anche miglioramenti, ma lievi e marginali rispetto alla natura di quel testo. Il centrosinistra è stato chiamato ad emendare una riforma già scritta, già definita per trovare un delicato equilibrio tra i diversi interessi dei partiti della Casa delle libertà. Le Costituzioni, perché siano buone, si dovrebbero, invece, scrivere insieme. Nonostante ciò, in Commissione ed in aula, il centrosinistra ha collaborato alla stesura della Carta presentando varie proposte, non si è ritirato sull'Aventino.
Qualcuno ha detto che anche noi, nella scorsa legislatura, avevamo scritto una riforma costituzionale a colpi di maggioranza. Vorrei ricordare che tale riforma in larga parte assumeva i contenuti unitari della Commissione bicamerale D'Alema. Soprattutto, tale riforma rispondeva a sollecitazioni e si faceva carico di dare risposte non a partiti della maggioranza, ma ad istanze diffuse nel paese.
Veramente pochi hanno ricordato un documento del 20 settembre 2000, nel quale comuni, province e regioni italiane, sia di centrodestra sia di centrosinistra, chiedevano al Parlamento di legiferare e di riformare, per non rendere vani gli sforzi di quella legislatura. Oggi invece questo testo non è condiviso da nessuno. Le modalità della vicenda costituzionale hanno voluto spingere il centrosinistra a fare opposizione a questa riforma. La nostra, tuttavia, non è un'opposizione conservatrice; essa è piuttosto l'opposizione di chi ha una diversa posizione riformatrice sul tema, sia sulla forma di Stato, sia sulla forma di governo.
Abbiamo criticato una finta devolution non perché troppo avanzata, ma perché avete partorito un mix velenoso e confuso di velleitaria devoluzione e di potente ritorno centralistico: un sistema rigido, antifederalista, contro ogni misura flessibile, contro l'autonomia regionale e contro l'elasticità consentita dalle velocità variabili.

PRESIDENTE. Onorevole Fistarol, la invito a concludere.

MAURIZIO FISTAROL. Abbiamo criticato il premierato assoluto e la minaccia di scioglimento, puntata alla tempia del Parlamento, non perché vogliamo Governi deboli, che manovre dei partiti possono far cadere in barba alla volontà dei cittadini sovrani - i Governi li scelgono i cittadini, non i segretari di partito! Al riguardo, non ho condiviso alcuni accenti nostalgici del nostro dibattito -, ma perché vogliamo pesi e contrappesi, un Governo forte e un Parlamento forte, con garanzie e controlli. Il ruolo del Parlamento non può rifarsi al parlamentarismo settecentesco, dove le decisioni prendevano forma nella libera discussione dei liberi rappresentanti del popolo.

 

 

 

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 18,15)

 

MAURIZIO FISTAROL. Quella centralità parlamentare non esiste più e questo lo sappiamo tutti. Tuttavia, non è consigliabile svilire il ruolo parlamentare di indirizzo, di efficace controllo e di robusta rappresentanza reale degli interessi.
Questi sono solo pochi esempi di due linee di riforma, che si confrontano e si confronteranno davanti ai cittadini italiani. C'è una bella espressione, contenuta nella dichiarazione dei diritti girondino-giacobina, che dice: una generazione non ha il diritto di imporre la sua Costituzione alle generazioni future. Noi condividiamo quell'affermazione. Le Costituzioni non sono intoccabili, tuttavia se si modificano non si scrivono così, anteponendo piccoli interessi di una maggioranza agli interessi dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Albonetti. Ne ha facoltà.

GABRIELE ALBONETTI. All'interno di queste disposizioni transitorie, si annida una novità maligna, un grimaldello per un nuovo, ulteriore, smembramento del paese, che sta nel combinato disposto dei commi 8 e 9 dell'articolo 43, che consentono di dare vita a nuove regioni di almeno 1 milione di abitanti. Si tratta di un meccanismo semplificato, rispetto a quello previsto dall'articolo 132 della Costituzione vgente, che apre la strada ad un ulteriore sminuzzamento subregionale del paese, eliminando dal procedimento i filtri istituzionali di comuni, province e regioni, e consegnando a forme di consultazione plebiscitaria, limitate ai soli secessionandi, un'ulteriore ridefinizione degli assetti istituzionali.
Sembra una norma generale e può diventarlo se il paese prenderà la mano al legislatore, come può facilmente avvenire. Per ora, in realtà, tale nome ha un nome e un cognome ben precisi, una scaturigine politica dichiarata, un obiettivo non nascosto: si chiama volontà determinata di colpire l'unità dell'Emilia Romagna, questa regione che, unita, è oggi nel novero delle prime dieci regioni in Europa. L'idea perversa è quelle di dividerla ed indebolirla attraverso un'astratta invenzione istituzionale. Mi si consenta di dire che siamo di fronte ad un romagnolismo degli stenterelli, di chi, pur pretendendo di rappresentare gli interessi di questa regione, non ama l'Emilia Romagna, non ama né gli emiliani, né i romagnoli. Non c'è infatti alcuna ragione obiettiva per separare l'Emilia dalla Romagna. Non c'è una Romagna penalizzata e figliastra dell'Emilia matrigna. Tutti i dati dei trend economici e sociali ci dicono, anzi, che negli ultimi anni le province romagnole vanno un po' più forte di quelle emiliane.
L'analisi dei bilanci regionali ci dice che l'utilizzo delle risorse sul territorio è equo ed equilibrato, anzi proprio la divisione provocherebbe danni ad ambedue. L'unico vantaggio è per il ceto politico: una cinquantina di posti da consiglieri regionali in più, una decina da assessori e via discorrendo. Questo bisogno non nasce neppure dal territorio e dalla comunità romagnola.
L'identità culturale della Romagna ha una sua nobiltà, radici profonde, una dignità e una suggestione che ha trovato interpreti straordinari che hanno saputo proporre al mondo la malinconica dolcezza di questa terra. Penso a Federico Fellini, a Tonino Guerra, nel passato a Giovanni Pascoli, a Francesco Serantini, persino al liscio di Secondo Casadei. I cantori della Romagna sono andati per il mondo, ma non hanno mai avuto un'idea piccola della loro terra. I romagnoli sono fieri di sé, ma l'autonomismo istituzionale non ha alcun corso reale nel corpo vivo della società romagnola e vorrei dirlo a chi di voi pensasse di cavalcarlo per vantaggi elettorali. L'autonomismo romagnolo non dà voti, come si è dimostrato ogni volta che qualcuno ha provato a testarne il gradimento e la capacità di mobilitazione elettorale. Se non dà voti ai suoi padri nobili, uomini di grande dignità, figure umane politiche di tutto rispetto, come l'onorevole Servadei e il senatore Cappelli, ne darà ancora meno ai loro improvvisati sponsor, la cui statura politica è assai più incerta.
Dunque, non vi è alcuna ragione che giustifichi l'inserimento nella nuova Carta costituzionale di una procedura diversa da quella prevista dal vigente articolo 132, perché, in questo modo, si apre la strada ad avventure di cui nessuno è in grado di valutare le conseguenze. Chi potrà domani dire di «no» alla Lunezia, al Sannio, alla Tuscia e via discorrendo?
Si delinea la prospettiva di un Vietnam istituzionale che aprirà ulteriori fratture in un paese che ha, invece, urgente bisogno di ritrovare il senso dello stare insieme nelle comunità locali, regionali ed in quella nazionale.
Vi prego, dunque, di fermarvi, di ripensarci e lo dico anche a nome della stragrande maggioranza dei romagnoli di centrosinistra e di centrodestra che hanno la testa sulle spalle.
Che strano destino il nostro: fummo annessi all'unità d'Italia con un plebiscito e con un plebiscito si vorrebbe oggi disarticolarci, con la differenza, non insignificante, che, allora, il promotore fu il conte di Cavour, mentre oggi, nel migliore dei casi, sarà l'onorevole Carlo Giovanardi, e con l'altra differenza che ci farete solo perdere tempo, perché quel plebiscito questa volta lo perderete, andando incontro ad una nuova pesante sconfitta (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che sia l'ultima volta che prendo la parola in questa sessione di lavori costituzionali della Camera e mi fa molto piacere farlo, perché si sta discutendo di norme transitorie, le quali permettono di dare uno sguardo d'insieme, di prevedere un calendario dell'attuazione della riforma e di capire nessi fra l'oggi e il domani. Penso anche che sia possibile fare un bilancio positivo del lavoro di questa Assemblea a partire dal 13 settembre, perché abbiamo disegnato una nuova forma di governo e una nuova forma di Stato. Abbiamo disegnato una Repubblica federale come era negli auspici. Penso anche che la Casa delle libertà abbia fatto una scelta positiva, quando ha deciso di proporre, in applicazione dell'articolo 138 della Costituzione, una grande riforma.
Questa scelta è stata criticata, ma, in realtà, era nell'ordine delle cose. Non vi erano altre possibilità operative, perché dopo questa esperienza, concordo con quanti ritengono che la via delle Costituenti ormai è superata dalla storia e dai tempi, perché viviamo in una società mediatizzata, in cui tutti sanno tutto ed il grande dibattito politico si svolge in sedi diverse da quelle parlamentari.
Ma questa nuova situazione dobbiamo giudicarla positivamente, perché non è mai accaduto nella storia delle società europee, occidentali e mondiali che vi siano stati cittadini così informati, così consapevoli e così partecipi della vita politica, come quelli che vivono in questo momento nel nostro paese.
Quindi, questa società mediatizzata oltre ai difetti ha anche molti pregi.
Credo che, di fronte a questa situazione così diversa e così matura, si debba prendere atto che il ricorso all'articolo 138 della Costituzione è la via per proseguire anche nella riflessione costituzionale, che non mancherà di essere svolta anche in futuro.
Un professore di diritto costituzionale potrebbe dire che il tempo della Costituzione rigida è superato dagli eventi e dalla storia e che ora anche la nostra Costituzione si avvia a divenire flessibile attraverso la procedura rafforzata prevista nell'articolo 138.
Se osserviamo il calendario dei nostri lavori possiamo notare che vi sono alcune scadenze immediate, in particolare con riferimento al nuovo articolo 117, e alcune scadenze differite. Il nuovo Senato entrerà in funzione nel 2011, il Presidente della Repubblica sarà eletto con nuove norme nel 2016, ma tale calendario non va considerato come una anomalia, costituendo il modo concreto con cui si realizza un processo così importante e significativo come la piena attuazione del federalismo.
Stiamo realizzando questa grande riforma sotto il profilo dell'istituzione del federalismo, quando il federalismo è già in itinere. Infatti, già esistono fiorenti rapporti tra le regioni e lo Stato, esiste già una Conferenza Stato-regioni, che ora abbiamo costituzionalizzato, ma che di fatto è pienamente operativa e idonea all'adempimento dei propri compiti.
Mi auguro che il federalismo effettivo possa realizzarsi compiutamente nelle regioni senza essere influenzato dal dibattito politico e che i principi generali di collaborazione e di sussidiarietà trovino immediata applicazione nei rapporti tra le regioni e lo Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Siamo di fronte a norme transitorie che, apparentemente, indicano una preveggenza del legislatore per molti anni, visto che la durata degli avvenimenti politici si è molto accorciata negli ultimi tempi; qui addirittura si parla del 2011, del 2016.
Immagino l'onorevole Donato Bruno dire ai propri nipoti di aver preparato il loro futuro, ma non so se sarà una buona sorpresa per quei nipoti!
Mi pare che ci sia un procrastinamento dei tempi che denuncia una certa titubanza del legislatore. Tale titubanza è indice di incertezza, al contrario della determinazione che si vorrebbe per il Presidente del Consiglio. È il contrario della «di-rezione», ovvero l'egemonia lungo una retta o un vettore fisicamente determinato. Insomma, tutto questo mi pare un disastro. Per tale ragione sono contrario all'articolo 43.

PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni...

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, la ringrazio per la scampanellata, perché in questo modo mi toglie dall'imbarazzo. Sono contrario, contrario, contrario (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, ho ascoltato attentamente l'intervento del collega Albonetti. Non so, quindi, se ai suoi conterranei romagnoli abbia fatto piacere di essere stati paragonati al Sannio e alla Tuscia. Con tutto il rispetto per queste realtà, la Romagna ha una tradizione culturale e storica e ha dato grandi personaggi a questo paese. Credo che da anni, comunque da molto tempo, vi sia in questa parte d'Italia la voglia di avere una propria autonomia e una propria realtà rappresentativa.
Mi dispiace che l'onorevole Albonetti riduca tutto a questioni puramente elettorali. Infatti, sa bene che la richiesta di autonomia della Romagna viene da lontano e non sono convinto - come lo è invece lui - che vi sia una maggioranza in un senso o nell'altro. Credo però che sia giusto verificare l'effettiva volontà dei romagnoli. Dico questo da emiliano, perché non ci vedo nulla di male. Non credo che questo sia offensivo o che si voglia ridurre a piccola entità un territorio così importante come la Romagna.
Oggi la Romagna vede già alcuni doppioni per quanto riguarda alcuni uffici regionali o le università sul proprio territorio e indubbiamente nutre obiettivi ed interessi forse molto diversi da quelli dell'Emilia. Credo però che questo spetti stabilirlo proprio ai romagnoli. Non capisco la paura e il timore, paternalistici e tipici della dirigenza di sinistra dell'Emilia-Romagna, di impedire ai romagnoli di decidere il proprio futuro, se mai questo potrà verificarsi.

In tutta serenità, credo che la paura sia la vostra, la paura che dopo tanti anni di conformismo politico e di sistema qualcosa possa cambiare in questi due territori, se davvero la Romagna si dovesse dividere dall'Emilia. Ma non è su questo che si basano il mio desiderio e la mia volontà. Auspico che i romagnoli possano decidere in merito al loro futuro. Nutro il desiderio di poter vedere la possibilità per i romagnoli di effettuare una scelta democratica per decidere sul loro futuro.
Ben venga, quindi, tale opportunità tramite un referendum che dia la parola ai romagnoli per dire la loro sul loro futuro e decidere sulla volontà di rimanere insieme all'Emilia oppure diventare finalmente regione Romagna (Applausi del deputato Polledri).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, siamo arrivati alle norme transitorie. Sono certo che ci siamo arrivati senza nutrire alcuna soddisfazione per il lavoro svolto. La soddisfazione non la nutriamo noi dell'opposizione, perché non condividiamo i contenuti di questa riforma, ma probabilmente non c'è soddisfazione neppure nei colleghi della maggioranza, non solo per il clima creatosi, ma anche per il profilo dei principali temi inseriti all'interno di questo testo. Tali temi, infatti, non corrispondono neppure alle attese e alle aspettative dell'inizio, annacquati in una minestra diventata molto insapore.
Esiste una grossa differenza tra quanto abbiamo fatto in questi giorni e quello che realizzò l'Assemblea costituente quando approvò il testo della Costituzione, recependo lo spirito di un popolo, non le indicazioni di taluni saggi chiusi in qualche baita. Affrontiamo, quindi, queste norme transitorie che ormai non servono che a riempire qualche buco o qualche desiderio finora rimasto inespresso o, infine, a piantare qualche bandierina che non si è riusciti ancora a collocare all'interno del contesto generale. Sicuramente non servono a rendere questo testo più confacente per il nostro paese, perché sarebbe anche un tentativo inutile ed infruttuoso. Ci aspettiamo che gli emendamenti da noi presentati siano valutati con grande attenzione...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Rosato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, ci troviamo ormai nella fase conclusiva dell'esame del provvedimento di riforma della Carta costituzionale. Abbiamo chiesto ripetutamente una pausa e una riflessione da parte del Parlamento e, in particolare, dei colleghi della maggioranza. Non abbiamo tuttavia registrato tale riflessione, in quanto alle continue richieste provenienti dai banchi dell'opposizione sono state date ben poche risposte.
Si tratta di una riforma frutto di un compromesso, di un testo disarticolato e, da molti punti di vista, contraddittorio e incomprensibile, in cui ciascuna forza di maggioranza ha imposto qualcosa. Non registriamo alcuna armonia in questa riforma. D'altronde, cosa aspettarsi quando la Lega è separatista, Alleanza nazionale è statalista, Forza Italia è preoccupata del Governo per domani mattina e l'UDC vorrebbe ma non può?
Onorevoli colleghi della Lega, avete la responsabilità di portare a casa la devolution, una bandiera stralciata, ma la verità è che affidate questo paese a un premierato forte (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, rispondo brevemente alle osservazioni del collega Pacini, il quale ha affermato che probabilmente abbiamo una Costituzione meno rigida. In realtà, con l'«involution» si realizzano rigidità difficili da risolvere e con il premierato, o «Silvierato» che dir si voglia, si determina una lesione della forma parlamentare che è alla base dell'ordinamento repubblicano, come è scritto nell'ordine del giorno Perassi dell'Assemblea costituente. Si tratta di un tema che sarà oggetto di valutazioni anche da parte delle autorità di garanzia e che affronteremo nuovamente.
La confusione emerge anche dalla disciplina transitoria. Vi sono, infatti, tre categorie di norme: quelle ad efficacia immediata, quelle che decorrono dalla legislatura successiva ed, infine, quelle destinate ad acquistare efficacia a decorrere dalla seconda legislatura successiva, e dunque presumibilmente dal 2016. Anche da tali disposizioni transitorie emerge la mancanza di visione del futuro e di credibilità della riforma (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esaminando attentamente le disposizioni transitorie di questo «pasticciaccio brutto» che sta ormai giungendo alla conclusione, chi, come chi vi parla, è nettamente contrario alla riforma, dovrebbe trarre qualche motivo di soddisfazione. Infatti, le norme transitorie relative all'entrata in vigore della nuova disciplina sono talmente confuse e pasticciate che è prevedibile ciò che si legge da più parti, vale a dire che l'impianto costituzionale così delineato entrerà in vigore nel 2016.
Di qui al 2016 correrà tanto tempo, e non solo per il referendum che mi auguro si svolga e faccia finire nel nulla queste storie. Vi è tutto il tempo affinché il dio padano torni sull'Olimpo ed abbandoni le sorgenti del Po... Vi è tutto il tempo perché il buonsenso torni a parlare nel nostro paese e perché il ricatto continuo del mediatico Presidente del Consiglio - non ancora Primo ministro - abbia a cessare.
Se veramente queste sono le norme transitorie, potremmo considerare quanto ci accingiamo a votare ciò che i francesi definiscono uno chiffon de papier. È il regalo fatto alla Lega perché non abbandoni il Governo e lo faccia durare ancora un anno e mezzo; è il contentino ad Allenza nazionale affinché non si vergogni troppo con i suoi elettori delle concessioni fatte alla Lega, almeno nominalmente. Vorrei infatti sapere dai colleghi della Lega come faranno a spiegare ai loro elettori che vi è stata una effettiva devoluzione...
Le parole, gli scritti, sono però come pietre. Resta questo fenomeno della riforma costituzionale voluta (Commenti del deputato Guido Dussin)... Ho tanto tempo, venti minuti, e ti annoio finché ne ho voglia...
Se dovessimo tener presente che ogni atto di questo Parlamento è come una pietra nella storia della nostra Repubblica e del nostro paese, dovremmo dire che il mese che abbiamo appena trascorso in quest'aula, tentando di compiere il nostro dovere, passerà alla storia come un mese veramente nefasto. Abbiamo approvato disposizioni tra loro contraddittorie che, se considerate singolarmente, sono vergognose e, se considerate nel loro complesso, sono ancora più vergognose!
Assistiamo ad un provvedimento che nasce, come ho ricordato poc'anzi, e come per coscienza devo ripetere, grazie ad un compromesso. La Lega, con il suo leader malato (al quale vanno personalmente i miei migliori auguri), insiste per portare a casa qualcosa da vendere al popolo padano che si riunisce in quel di Pontida. Tra l'altro, non ho mai compreso perché vogliano mettersi le corna, di solito la gente tenta di nasconderle...
Vi è poi l'altro passaggio, che riguarda Alleanza nazionale, la quale probabilmente crede di più al premierato, perché corrisponde al suo DNA, ma che, ancora una volta, nonostante gli sforzi dialettici, encomiabili e seri, dell'onorevole Pacini, riceve un sì da Forza Italia perché così si continua a stare al Governo.
Devo ora tristemente ripetere quanto ho già ricordato. E cioè che i colleghi dell'UDC hanno dato la patetica impressione di quelli che vorrebbero ma non possono. Ogni tanto hanno avviato un tentativo di ribellione ma, poi, sono stati richiamati all'ordine e diligentemente si sono allineati.
Questo sistema non è nell'animo di un'Assemblea costituente. Pensate che in questa aula si è discussa la nostra Costituzione. Al mattino si litigava, a causa dei gravissimi problemi di governo (si pensi a De Gasperi che cacciò i comunisti dal Governo), mentre al pomeriggio vi era un reale spirito costituente, che ha portato ad una Costituzione le cui radici risiedono in culture e ideologie diverse ma che, tutto sommato, ha retto decorosamente questo nostro paese, un paese andato avanti bene per oltre cinquant'anni.
Adesso noi stiamo per votare una Carta costituzionale nuova, che solo apparentemente tocca la seconda parte della Costituzione, perché molti suoi articoli hanno una connessione diretta con la prima parte. Pensate al principio di eguaglianza dei deputati, che viene violato perché il deputato appartenente alla maggioranza è soggetto a regole - che violano, oltretutto, anche il principio del mandato imperativo - cui non è tenuto il deputato di minoranza, il quale può cambiare opinione, mentre non la può cambiare il deputato di maggioranza, con la possibilità di porre in crisi il Governo, riprendendo la via delle elezioni.
Voi state per approvare una riforma costituzionale che ha almeno tre punti che veramente confliggono con i principi del costituzionalismo moderno e più razionale. Il primo è quello della cosiddetta devolution (Commenti)...Ti ho già detto che le tue interruzioni non mi toccano: sono abituato a fare questo mestiere!
Ecco qui che abbiamo la prima violazione, che è quella che può compromettere l'unità del nostro paese. Ma vi rendete conto cosa vuol dire che il Presidente della Repubblica garantisce l'unità federale? Ha cercato di spiegarlo bene durante il dibattito Luciano Violante; è una contraddizione in re ipsa, perché o è unità o è federazione. L'unità federale è qualcosa che non sta insieme, se non per accontentare gli amici che si riuniscono in quel di Pontida.
Debbo dire che francamente, esaminando il testo articolo per articolo, forse questo principio di dissoluzione del paese non c'è, nel senso che le norme della Costituzione che avete votato sono tali e talmente contraddittorie che non portano alla dissoluzione, ma certamente portano ad uno stato di grandissima confusione: avere lasciato le stesse materie sia alla competenza esclusiva dello Stato sia alla competenza esclusiva delle regioni crea un caos costituzionale che non ha eguali.
Per quanto riguarda il secondo punto, già discusso nei giorni scorsi, avete sminuito gli istituti di garanzia tradizionali di una democrazia: la figura del Presidente della Repubblica, che, in parte, ha perduto i propri poteri e, per altra parte, è stata politicizzata; la Corte costituzionale, che è diventata effettivamente un luogo politico e non un luogo di garanzia; infine, il più grave vulnus al principio democratico di una libera Repubblica, è quello che si è perpetrato oggi, affidando al Primo ministro, al cosiddetto premier (va a sapere perché questo uso delle parole straniere: forse piacciono all'attuale Presidente del consiglio!) poteri in forza dei quali abbiamo un Parlamento succube del Primo ministro ed un Primo ministro che è il domatore di ciò che avviene all'interno del Consiglio dei ministri.
Non so perché non abbiate scritto che il Primo ministro può usare durante la seduta del Consiglio dei ministri anche la frusta, visto che può nominare i ministri, revocarli, fare tutto ciò che vuole, senza che vi sia un bilanciamento di poteri, che può risiedere soltanto nel Parlamento.
Con il voto di oggi, voi avete ucciso la centralità del Parlamento ed ogni democrazia è viva se ha un Parlamento libero. Ecco le ragioni di fondo per cui, da un lato, diciamo «no» a questa riforma e, dall'altro, esprimiamo l'auspicio - lasciatemelo dire - che attraverso il gioco pasticciato dei rinvii e dei controrinvii previsti dalle norme transitorie questa riforma non rappresenti che un momento propagandistico. Non so a chi sia utile: lo dirà il referendum, ma io mi auguro fermamente che, proprio per l'articolazione delle norme transitorie, essa non abbia mai applicazione (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-UDEUR-Alleanza Popolare e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Applausi polemici dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, quando si approva una Costituzione, le norme finali e transitorie si rendono oggettivamente necessarie, ma quelle contenute nell'articolo 43 del disegno di legge costituzionale al nostro esame contengono, com'è già stato rilevato da qualche collega, alcune «mine a tempo», assai pericolose per l'unità del nostro paese e per quella coesione di cui si avverte la necessità.
Penso al comma 11, riguardante il sistema tributario ed attuativo dell'articolo 119 della Costituzione, ed al comma 8, che lascia aperta una porta alla costituzione di eventuali nuove regioni. In particolare, credo che quest'ultima norma andasse espunta in quanto pericolosa. Non sappiamo cosa potrà succedere, caro Presidente, anche nel suo Sannio! Sono convinto che le popolazioni emiliane o della Tuscia o del Sannio sapranno dimostrare saggezza rispetto a questa scelta scellerata che mina l'unità del paese, della quale vi è tanto bisogno.
Questa pseudoriforma mette a rischio l'unità del paese, svilisce il Parlamento ed addensa tutte le competenze nelle mani di una persona che, già oggi, ordina alla sua maggioranza di approvare leggi siffatte in maniera scellerata (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bielli. Ne ha facoltà.

VALTER BIELLI. Signor Presidente, il mio intervento riguarda soprattutto la possibilità di istituire nuove regioni. Vorrei partire da un dato, rivolgendomi principalmente ai romagnoli, ma non solo a costoro.
In Assemblea costituente si discusse molto della possibilità di istituire la regione Romagna, con capoluogo Bologna. Se ne discusse a tal punto che, alla fine, sembrò affermarsi la tesi orientata in tal senso. Tuttavia, giunti ad un passo dall'adottare tale soluzione, i costituenti si fermarono. Li indusse a desistere un intervento straordinario di Nilde Iotti. Ella affermò che il tratto distintivo dell'Emilia Romagna era costituito dalla via Emilia, che univa tutte le città emiliano-romagnole e che tracciava una linea continua attorno alla quale si era sviluppata tutta la regione.
Oggi, ci sentiamo dire che si può fare una nuova regione purché questa abbia un minimo di un milione di abitanti! Io vorrei invitare i colleghi a riflettere: il caso della Romagna potrebbe riproporsi, ad esempio, per il Montefeltro; ma la regione Marche e Pesaro cosa ne pensano? E perché non dovremmo pensare di nuovo alla Romagna, visto che i costituenti stessi si posero, tanti anni fa, in tale ottica?

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bielli...

VALTER BIELLI. È importante salvare la regione Emilia Romagna, che voi volete frantumare per avere un potere forte (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani )...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bielli.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, il parere della Commissione è contrario sui subemendamenti Boato 0.43.250.2, Leoni 0.43.250.3 e 0.43.250.6 e Bressa 0.43.250.4.
Il parere è favorevole sul subemendamento Zeller 0.43.250.7 purché riformulato, sostituendo alle parole: «e Provincia autonoma» le parole: «o Provincia autonoma»; è contrario sul subemendamento Boato 0.43.250.5 ed è favorevole sul subemendamento Zeller 0.43.250.8.

Sul subemendamento Zeller 0.43.250.9 il parere è favorevole, se viene accettata la seguente riformulazione: «In caso di scioglimento del consiglio o assemblea regionale o dei consigli delle province autonome in base all'articolo 126 (...)».
Il subemendamento Zeller 0.43.250.1 mi risulta ritirato. Raccomando l'approvazione dell'emendamento 43.250 della Commissione, nel testo riformulato, nel senso che al terzo e all'ottavo rigo va eliminato il riferimento all'articolo 129, che va inserito nel secondo comma, dopo le parole «126, primo comma,». La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Perrotta 43.75 e 43.76 e Leoni 43.5. L'emendamento Zeller 43.6 risulta ritirato.
Il parere è contrario sugli identici emendamenti Costa 43.84 e Burtone 43.88, mentre gli identici emendamenti Olivieri 43.74, Bressa 43.79 e Zeller 43.80 mi risultano ritirati.
Il parere è favorevole sull'emendamento Boato 43.9, purché venga accettata la riformulazione proposta dalla Commissione. La prima parte di questo emendamento sarebbe infatti preclusa ove fosse approvato l'emendamento 43.250 della Commissione; pertanto, la Commissione ha proposto la seguente riformulazione: «In sede di prima applicazione dell'articolo 135 della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, alla scadenza del termine dei giudici della Corte costituzionale già eletti dal Parlamento in seduta comune e alle prime scadenze del termine di un giudice già eletto dalla suprema magistratura ordinaria e di un giudice già nominato dal Presidente della Repubblica, al Senato federale della Repubblica, integrato dai Presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alla Camera dei deputati è attribuita alternativamente l'elezione di ciascun giudice in scadenza. Al Senato è attribuita l'elezione del primo giudice in scadenza». Ribadisco che, qualora venisse accolta tale riformulazione, il parere sarebbe favorevole.
Infine il parere è contrario sugli emendamenti Bressa 43.11, Rosato 43.12 e Leoni 43.16. L'emendamento Cossa 43.85 risulta ritirato.
Mi riservo di esprimere il parere sugli articoli aggiuntivi in un momento successivo.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Zeller se accetti la riformulazione proposta dal relatore dei suoi subemendamenti 0.43.250.7 e 0.43.250.9.

KARL ZELLER. Sì, Presidente, accetto la riformulazione proposta.

PRESIDENTE. Sta bene.
Chiedo ai presentatori dell'emendamento Boato 43.9 se accettino la riformulazione proposta dalla Commissione.

GIANCLAUDIO BRESSA. Sì, Presidente, accettiamo la riformulazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione del subemendamento Boato 0.43.250.2
Indìco...

SESA AMICI. Presidente! Avevo chiesto di intervenire!

PRESIDENTE. Sta bene, revoco l'indizione della votazione.
Ha facoltà di parlare, onorevole Amici.

SESA AMICI. Signor Presidente, le dico subito che chiediamo di parlare su tutti gli emendamenti relativi alle disposizioni transitorie (articolo 43). Così evitiamo questi incidenti...

PRESIDENTE. Sta bene. Prego, onorevole Amici.

SESA AMICI. Nell'intervenire su tutte le proposte emendative riguardanti le norme transitorie, mi guiderà una categoria filosofica molto importante, che è quella del cominciamento, di memoria hegeliana, secondo la quale, in pratica, le prefazioni di qualsiasi libro non andrebbero mai lette per prime, ma bisognerebbe arrivare fino alla fine del testo. Infatti è lì, nella prefazione, in questo caso nelle norme transitorie, che si scoprono i punti di verità dell'operazione che si sta compiendo con la revisione della nostra Costituzione.
Il subemendamento che noi proponiamo, riferito ad alcune parti dell'emendamento 43.250 della Commissione, che esamineremo successivamente, concerne la contestualità dell'elezione del Senato federale con lo svolgimento delle consultazioni regionali.
Vorrei osservare che, dopo avere discusso a lungo il merito degli articoli precedenti, è assai singolare il fatto che la riforma entrerà subito a regime per la Camera dei deputati, mentre, per quanto concerne il Senato federale, si dovrà attendere fino al 2016. Ciò risulta assai singolare perché, nell'ambito di una riforma che si vuole definire federale, di cui abbiamo contestato i punti nodali, è del tutto evidente che tale idea federalista avrebbe dovuto essere semplicemente legata alla contestualità tra il rinnovo dei consigli regionali e le elezioni del Senato federale: è questo il primo elemento sul quale vogliamo farvi riflettere.
La seconda questione che intendo evidenziare è che, nell'ambito della discussione sulle modalità di elezione contestuale, voi proponete, attraverso la riformulazione della norma transitoria predisposta dalla Commissione, un'entrata a regime della riforma molto più lontana nel tempo, poiché vi è l'idea...

PRESIDENTE. Onorevole Amici...

SESA AMICI. ... per cui la contestualità dell'elezione del Senato federale non è data dal suo legame con il territorio; vorrei rilevare che si posticipa addirittura la durata dei consigli regionali, quasi a dimostrare la subalternità proprio di quel Senato federale, che avete concepito come un elemento determinante della riforma, ma la cui costituzione avete invece condizionato ad una scadenza.
Sono questi i motivi per cui invito l'Assemblea ad approvare il subemendamento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

CESARE RIZZI. Tempo!

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, tralascio le considerazioni testé svolte dalla collega Amici, che condivido integralmente e che pertanto non riprendo.
Noi intendiamo proporre una formulazione che ha il pregio della chiarezza: il Senato federale della Repubblica è eletto per la prima volta nel 2010, data del rinnovo dei consigli regionali. In tal modo, si evitano tutte quelle incredibili alchimie che costituiscono le pagine delle vostre norme transitorie.
Inoltre, al comma 2-bis del subemendamento in esame, prevediamo che le regioni e le province autonome che hanno scadenze diverse da quelle previste dal comma 2 (come ho già detto, il 2010), in sede di prima applicazione della riforma eleggono, nell'anno 2010, i propri senatori, che restano in carica fino alla scadenza ordinaria dei rispettivi consigli. Si eviterebbe, così, di creare un terremoto nella vita politica di tutte quelle regioni che non andranno a votare nel 2010.
È del tutto evidente, allora, che ipotizzare il prolungamento del mandato elettorale di un consiglio regionale, oppure la sua riduzione, costituisce un'interferenza sulla normale vita politica, legislativa e amministrativa di una regione, da evitare assolutamente!
Vorrei ribadire, pertanto, che il subemendamento che proponiamo, nella sua formulazione, ha il pregio della chiarezza e della linearità, ma poiché è chiaro e lineare, sicuramente non lo approverete (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boato 0.43.250.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 439
Votanti 431
Astenuti 8
Maggioranza 216
Hanno votato
184
Hanno votato
no 247).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.43.250.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, il subemendamento in esame rappresenta un'operazione-verità relativa alla composizione del Senato federale, con la conseguente riduzione del numero dei parlamentari.
Nelle norme transitorie, infatti, è compresa quella che potrebbe essere definita la «norma rassicurante» per noi deputati e senatori che approveremo il testo esame (anzi, ve lo approverete voi, perché noi esprimeremo un voto contrario)! Si tratta di una norma rassicurante perché voi posticipate di molto la prevista riduzione dei parlamentari.
Noi, invece, vi lanciamo una sfida concreta, perché non è possibile che sia introdotto anche nella Costituzione un elemento di demagogia allo stato puro! Infatti, si introduce una norma che prevede la riduzione del numero dei parlamentari, utilizzata nelle dialettica politica semplicemente per continuare a diffondere un populismo antipolitico, ma quando si tratta di passare dalle prediche all'entrata in vigore della misura in oggetto, invece, accade esattamente il contrario!
La sfida vera è che, se siamo d'accordo sulla riduzione del numero dei parlamentari - perché ciò abbiamo scritto nella Costituzione e negli articoli approvati - bisogna avere il coraggio non solo di declinarlo, di predicarlo, ma soprattutto di attuarlo, a partire dal 2010, quando entrerà in vigore la nuova Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questo nostro subemendamento dovrebbe essere votato, quanto meno dal collega Carrara, il quale - in più di un'occasione - ci ha ricordato la straordinaria azione di risparmio energetico che la riduzione del numero dei parlamentari produrrebbe in questo nostro disastrato paese. Dal momento che egli è stato talmente bravo da conteggiare alla lira quanto risparmierebbe la nostra democrazia nel ridurre il numero dei parlamentari, da subito gli offriamo la possibilità di dimostrare di essere davvero virtuoso. Votando questo subemendamento la riduzione del numero dei deputati e dei senatori scatterebbe subito, dalla prossima legislatura.
Noi ci rivolgiamo, dunque, in modo particolare, all'onorevole Carrara, che è stato così zelante nel dimostrarci i costi ed i risparmi della democrazia, e lo invitiamo - quanto meno per un atto di solidarietà, dopo mesi di discussione - a votare questo nostro subemendamento.
Gli altri colleghi della maggioranza sono esentati, poiché non hanno ancora esattamente capito cosa stiamo votando dopo un mese e, sicuramente, non lo faranno in quest'occasione (Commenti di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Scemo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, il collega Bressa ha ottenuto un risultato: far svegliare dal torpore qualche collega della maggioranza, che essendosi appunto risvegliato ed avendo capito cosa comporterebbe l'approvazione del nostro subemendamento - lo hanno capito ora! - si è spaventato.
È, tuttavia, singolare, signor Presidente, che da parte di alcuni colleghi della maggioranza vi sia un atteggiamento dialogico - per usare un eufemismo - nelle fasi della mattinata e del pomeriggio, quando i loro colleghi non sono in aula a votare e non hanno il numero legale - quelli che parlano hanno almeno il merito di essere in aula - e, poi, improvvisamente il confronto, tanto evocato e scongiurato, scompaia, quando si entra effettivamente nel merito delle norme. Il futuro lettore degli atti parlamentari, infatti, si accorgerà che vi sono decine di interventi di uno o due minuti per perdere tempo quando non vi è il numero legale e, poi, scompare il confronto, quando noi iniziamo ad aprirlo sul merito degli emendamenti.
Lo dico senza alzare la voce, perché credo che la maggior parte dei colleghi siano perfettamente consapevoli di ciò che è successo...

STEFANO LOSURDO. Delle cazzate che dici!

MARCO BOATO. Signor Presidente, lei ha ascoltato? Non so se i resocontisti abbiano scritto: «Che cazzate stai dicendo?». Ciò è quello che io ho ascoltato da qui. Questo è il contributo costituente! Questo è lo spirito costituente!

PRESIDENTE. Mi spiace, onorevole Boato. Le chiedo scusa io per i colleghi.

MARCO BOATO. Signor Presidente, lei non ha bisogno di scusarsi, perché non ha alcuna responsabilità. Comunque, la ringrazio della cortesia.
Questo è lo spirito costituente che aleggia in quest'aula! Ho, tra l'altro, parlato in modo garbato ed ironico, ma non offensivo per alcuno.
Il merito di questo subemendamento che abbiamo presentato è esattamente ciò che abbiamo chiamato - è stato già ricordato - un'«operazione-verità». Si sta, infatti, varando una riforma costituzionale che incide sulla quasi totalità, o sulla gran parte degli articoli, della seconda parte della Costituzione. Qualche collega - non lo nomino, perché così evito reazioni - ha strombazzato, nei giorni scorsi, il «grande coraggio riformatore», che consisterebbe nell'aver riportato da 400 a 518 i deputati della Camera e da 200 a 252 - più altri 42 - i membri del Senato. Ciò è, infatti, avvenuto nel passaggio dal Senato alla Camera e dalla Commissione all'aula. Si è rivendicato il merito alla Casa delle libertà della riduzione, comunque...

STEFANO LOSURDO. Guarda che Sofri è incazzato con te!

MARCO BOATO. Se il collega che m'insulta o che urla, magari chiedesse la parola con spirito costituente e dicesse ciò che pensa, lo starei ad ascoltare, così come ho ascoltato tutti, in questi giorni.
Signor Presidente, l'aspetto paradossale che almeno se non in quest'aula - perché tutti sanno già tutto - ma fuori di essa, alcuni dovrebbero cogliere è che l'entrata in vigore delle norme di questa riforma costituzionale è dilazionata di una o di due legislature, a seconda delle disposizioni.
Alcune norme, presumibilmente, entreranno in vigore nel 2016, altre nel 2011, salvo magari fare entrare in vigore alcune disposizioni di facciata, che permettono di colorare di federale ciò che federale non è.
Con questo nostro subemendamento proponiamo - e concludo, signor Presidente - di fare un'operazione-verità effettiva, facendo entrare in vigore ciò che è stato strombazzato pubblicitariamente come una riduzione del numero dei parlamentari.
Proponiamo che questa riduzione del numero dei parlamentari diventi operativa a partire dall'entrata in vigore della riforma costituzionale, ovviamente dalle elezioni immediatamente successive. Quindi, trasferiamo il riferimento all'articolo 56, secondo comma, e all'articolo 57, secondo comma, del nuovo testo, dal secondo comma della norma transitoria al primo comma, dove si ipotizzano le norme che devono entrare in vigore a partire dalla data di entrata in vigore della riforma costituzionale.

ROBERTO ALBONI. Basta! Tempo!

MARCO BOATO. Ringrazio soprattutto i colleghi di Alleanza nazionale per la decenza e il rispetto che hanno dimostrato in questa fase, che del resto è coerente con ciò che hanno fatto nei giorni scorsi (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per sottolineare la necessità di svolgere un'operazione-verità. Ciò che più colpisce, scorrendo le disposizioni transitorie, è proprio la sproporzione tra l'enfasi posta nei mesi scorsi sull'urgenza della riforma, sulla sua necessità e sulla necessità che i tempi fossero ristretti e l'entrata in vigore prevista solo nel 2016 delle norme più rilevanti, a cominciare da quelle sulla riduzione dei parlamentari, tanto strombazzata dal punto di vista propagandistico e sulla federalizzazione del Senato (quella che doveva essere la riforma federale).
In realtà, assistiamo, anzitutto, ad un effetto duramente centralistico. Infatti, la modifica del Titolo V della Costituzione, comprese le norme sull'interesse nazionale e la clausola di supremazia, è immediata ed entra in vigore subito, mentre le norme sulla federalizzazione del Senato, che dovrebbero poi rappresentare un bilanciamento, entreranno in vigore solo nel 2016. Perché questo slittamento invece di prevedere che il Senato si federalizzi subito, dal 2010? Non sarebbe più semplice eliminare il riferimento al 2016? E perché non facciamo in modo che entri in vigore da subito la norma sulla riduzione dei parlamentari? Perché aspettare il 2016?
La ragione è molto semplice: la riforma che voi proponete è, in realtà, un atto propagandistico, che mette insieme le cose più disparate, in maniera raffazzonata, e che mira semplicemente a segnalare una serie di bandierine elettorali utilizzate da parte di Alleanza nazionale con l'interesse nazionale ed il premierato e da parte della Lega con la devolution.
Raggiungere davvero le condizioni per una vera riforma, che completi quella del Titolo V della Costituzione avviata nella scorsa legislatura e che determini un assetto federale bilanciato ed un equilibrio necessario dei poteri è qualcosa che, tutto sommato, non vi riguarda. Mentre rimane ancora un'esigenza: completare la riforma e portare a termine, dopo il passaggio dal maggioritario...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Maran.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, subemendamento Leoni 0.43.250.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 451
Astenuti 8
Maggioranza 226
Hanno votato
199
Hanno votato
no 252).

Prendo atto che l'onorevole Bellini non è riuscito ad esprimere il proprio voto
Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.43.250.6
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, rispetto a questo subemendamento, sarebbe curioso capire la motivazione della norma transitoria.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 19,15)

SESA AMICI. Infatti, mentre la gran parte del Titolo V della Costituzione entra in vigore da subito, comprese le norme riguardanti l'interesse nazionale ed i poteri sostitutivi nei confronti delle regioni, proprio sulla base della norma sull'interesse nazionale, non si riesce a capire perché non si formalizzi la questione relativa al Senato nella sua composizione federale con la contestualità delle regioni.
È ovvio che la domanda e la curiosità sono soltanto retoriche, perché è del tutto evidente che anche questa è un'operazione che tende a dare soddisfazione ad una parte della maggioranza che ha a cuore l'interesse nazionale, ma non l'interesse generale di una Costituzione che deve avere valore per tutti ed una propria coerenza, limpida ed intrinseca, per non rischiare un pasticcio istituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Debbo scusarmi con i colleghi per l'intemperanza prima manifestata. Chiaramente non si trattava di un gesto di disistima nei loro confronti, ma mi sembrava che l'attenzione fosse calata ed ho voluto compiere una provocazione per vedere se mi stavate ascoltando! Con mio grande stupore ho constatato che tutti quanti stavate ascoltando! Di ciò vi ringrazio (Commenti di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale e del deputato Dozzo). Grazie, collega Dozzo, sei veramente un «cioccolatino»...
Con il subemendamento in esame proviamo a stralciare il riferimento agli articoli 120 e 127 della Costituzione. Mi rivolgo in particolare ai colleghi del gruppo della Lega: vi rendete conto che la federalizzazione andrà in porto quando si avrà il Senato federale, mentre i poteri di ricentralizzazione, quali la definizione dell'interesse nazionale ed i poteri sostitutivi, entreranno in vigore da subito? Mi sembra un modo alquanto singolare di avviarci verso il processo di federalizzazione del paese. Tutto ciò che è ricentralizzazione ha un avvio immediato, mentre tutto ciò che è collegato alla federalizzazione del paese, il cui cuore pulsante si trova nel Senato federale, è rimandato, per così dire, alle calende greche.
Sono consapevole, signor ministro, che lei vorrebbe rispondermi ma non può farlo altrimenti mi darebbe l'occasione di parlare a lungo, e - debbo ammettere - ne approfitterei un poco.
È un aspetto completamente irrazionale e poco serio non far coincidere i tempi della federalizzazione con gli strumenti di introduzione di clausole di flessibilità o, come nel caso vostro, di un potere sostitutivo abnorme o di un interesse nazionale del tutto incongruo. È veramente difficile da comprendere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Grazie signor Presidente. Avevamo proposto, in sede di esame nel merito della riforma, emendamenti da noi definiti «clausole di salvaguardia» (altri diversi erano stati presentati dal collega Tabacci, ma questo aspetto è scomparso dal dibattito), ritenendo che nell'ambito di un sistema di tipo federale fosse giusta e corretta l'esistenza di una clausola di salvaguardia come quella che, fin dal 1949, vi è nella Gründgesetz della Repubblica federale tedesca all'articolo 72. Avevamo considerato ciò con riferimento ai valori costituzionali ed alla salvaguardia di quei principi e valori che richiedessero un trattamento uniforme sul territorio nazionale. Voi avete respinto le nostre proposte ed avete, invece, implementato oltre misura i poteri sostitutivi, già esistenti in Costituzione all'articolo 120, ed avete introdotto quella bandiera ideologica pretesa dal gruppo di Alleanza nazionale, rappresentata dal cosiddetto interesse nazionale proclamato dal Parlamento in seduta comune in forza dell'articolo 127.
Avevamo un'ipotesi radicalmente alternativa, ma ci ponevamo la questione della clausola di salvaguardia. Il senso di norme di questo tipo, pur da noi contestate nel merito, è quello di prevedere strumenti che dovrebbero riequilibrare il sistema costituzionale (un sistema complesso ad iniziare dall'articolo 114, primo comma, che recita testualmente: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato»), nel momento in cui l'ordinamento di tipo federale fosse pienamente messo in vigore.
Ciò che, invece, succede con le norme transitorie è che non entra in vigore nella sua pienezza l'ordinamento di tipo federale ma entrano immediatamente in vigore i poteri sostitutivi rafforzati e l'interesse nazionale recuperato con le procedure incredibili introdotte dall'articolo 127. Il subemendamento Leoni 0.43.250.6 al nostro esame propone di cancellare, dal comma 1, primo periodo, dell'emendamento 43.250 della Commissione, riguardante la prima serie delle norme transitorie, il riferimento agli articoli 120 e 127.
Per questo motivo invitiamo l'Assemblea a votare a favore (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo, Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vogliamo sottolineare l'effetto fatalmente centralistico determinato dalla circostanza che la correzione del Titolo V, comprese le clausole di interesse nazionale e di supremazia, è immediata ma la federalizzazione del Senato, che dovrebbe strutturalmente bilanciarla, partirà dal 2016. Si tratta di una circostanza che dobbiamo sottolineare per indicare una contraddizione non risolta.
Ciò senza contare che la perdita del potere fiduciario è soltanto un'apparenza perché il Senato, se non si applica fino al 2016 il quarto comma dell'articolo 70, mantiene un ruolo paritario nel procedimento legislativo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leoni 0.43.250.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 444
Votanti 442
Astenuti 2
Maggioranza 222
Hanno votato
194
Hanno votato
no 248).

Prendo atto che gli onorevoli Perrotta e Santori non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.43.250.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, già tutti i colleghi dell'opposizione intervenuti hanno evidenziato il grandissimo «pasticcio» costituito dalle norme transitorie. Con il subemendamento in esame cerchiamo di portare avanti la logica della riduzione del danno.
Ormai è risaputo che con la riscrittura del primo e del secondo comma dell'articolo 43 introducete sostanzialmente tre casi. In primo luogo, vi è una parte di norme a decorrenza immediata. Si tratta della modifica al Titolo V e di altre norme di poco rilievo. Non si capisce perché - saremmo ben lieti che qualche collega della maggioranza o del Governo ce lo spiegasse - tra queste ultime è compreso anche l'abbassamento dell'età per essere eletti a Presidente della Repubblica e non altre norme molto più importanti che avrebbero dovuto trovare un'immediata applicazione.
In secondo luogo, vi sono norme che decorrono dalla prima legislatura successiva a quella in corso al momento dell'entrata in vigore. Non si sa bene se sarà il 2006 o il 2011, dipende da quando verrà fatto il referendum. Si tratta delle norme che disciplinano la nuova forma di governo ed il procedimento legislativo, ad eccezione, evidentemente, della riduzione dei parlamentari e della contestualità per il Senato.
In terzo luogo, vi sono le norme che decorrono dalla seconda legislatura successiva, cioè quelle riguardanti la riduzione del numero dei parlamentari...

PRESIDENTE. Onorevole Olivieri...

LUIGI OLIVIERI. Concludo, signor Presidente.
Caro Carrara, non so come spiegherete ai cittadini italiani come mai fate i risparmi economici dodici anni dopo rispetto a quando si potrebbero fare...!

DONATO BRUNO. Non sono dodici anni!

LUIGI OLIVIERI. Questo lo spiegherete voi e noi staremo lì a sentire le risposte.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.43.250.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 441
Astenuti 5
Maggioranza 221
Hanno votato
190
Hanno votato
no 251).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Zeller 0.43.250.7, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 435
Astenuti 16
Maggioranza 218
Hanno votato
431
Hanno votato
no 4).

Prendo atto che gli onorevoli Arnoldi, Vitali e Volonté non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Boato 0.43.250.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Nel facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, anche il subemendamento in esame è legato al fatto che l'Assemblea ha approvato una norma riguardante l'abbassamento dell'età per l'elettorato attivo del Senato da 40 a 25 anni. Nelle norme transitorie tale passaggio viene posticipato dopo la prima legislatura. Ancora una volta, da un lato si decide di fornire una certa possibilità, dall'altro la stessa possibilità viene posticipata nel tempo. Sembra che si vogliano lasciare ai posteri le norme transitorie: è una cosa poco seria.
Per tale motivo vi invitiamo a votare a favore del subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. È del tutto evidente che se si abbassa l'età da subito per essere eletti Presidente della Repubblica non si capisce perché l'abbassamento del requisito d'età per diventare senatore debba essere rinviato alle calende greche. Questo subemendamento corregge pertanto questa evidente disparità di trattamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Fra alcune poche novità significative di questa riforma - e possiamo avere l'orgoglio di dire che sono state tutte introdotte con le nostre proposte emendative, approvate però da tutta l'Assemblea -, vi è quella della riduzione del requisito dell'età per l'elettorato passivo per i deputati a ventuno anni, per l'elettorato passivo per il Presidente della Repubblica a quaranta anni e per l'elettorato passivo per i senatori a venticinque anni; questo dei venticinque anni è stato la risultante del respingimento dell'emendamento che intendeva riportare tale requisito a quaranta anni, ma in Commissione era stato l'unico emendamento del centrosinistra che la maggioranza e il relatore Bruno avevano accettato, e lo abbiamo confermato.
È vero che in queste ore - saluto con gioia questa nomina - il Presidente della Repubblica ha nominato senatore a vita Mario Luzi, che è una nomina di grandissimo prestigio (Applausi). Mi piace che questo applauso dell'Assemblea lo saluti, anche perché questa nomina ha riportato...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Boato. Le sono grato anche dell'opera di supplenza del Presidente che lei svolge annunciando (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana) .... Mi scusi, onorevole Boato, ma ci vuole anche un po' di (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...
Quindi, onorevole Boato, concluda sul tema, perché il resto sono comunicazioni che darà il Presidente della Camera.

MARCO BOATO. Ma no, Presidente, il tema era l'età (Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...! Non so se lei stesse ascoltando, ma il tema era l'età (Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
Lei, Presidente, ovviamente sta facendo molte cose, ma io stavo svolgendo un ragionamento (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)... Però, Presidente, non si può parlare così!

PRESIDENTE. Onorevole Boato, lei ha un po' torto...

MARCO BOATO. Ma non se la prenda con me, Presidente, se stanno schiamazzando! Lei lasci parlare me!

PRESIDENTE. Onorevole Boato, lei deve stare al tema dell'emendamento!

MARCO BOATO. Ma stavo al tema! Lei non stava ascoltando, Presidente (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)! Stavo parlando dell'età e ho detto: è vero che è stato nominato senatore a vita (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana) ...

PRESIDENTE. Onorevole Boato, adesso sono io che la devo tutelare. Per favore, colleghi, lasciate parlare l'onorevole Boato.

MARCO BOATO. Stavo parlando dell'età e facevo riferimento a chi ha un'elevata età. Però, dopo aver fatto - devo dire unanimemente, ne do atto a quest'Assemblea - queste scelte, ci ritroviamo nelle norme transitorie che i diciotto deputati della circoscrizione estero vengono eletti subito, mentre per essere eletto senatore si reintroduce nelle norme transitorie il limite dei quarant'anni, che avevamo buttato fuori dalla porta e che ora viene reintrodotto dalla finestra. Ciò è indecente.
Invito pertanto l'Assemblea ad approvare questo subemendamento, per riportare a venticinque anni...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Boato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boato 0.43.250.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 447
Votanti 441
Astenuti 6
Maggioranza 221
Hanno votato
187
Hanno votato
no 254).

Passiamo alla votazione del subemendamento Zeller 0.43.250.8.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione chiede di riformulare il subemendamento in oggetto nel seguente modo: le parole «e Provincia autonoma» dovrebbero diventare «o Provincia autonoma». Qualora venisse accolta tale riformulazione, il parere della Commissione è favorevole.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo concorda con il relatore e che i presentatori del subemendamento accolgono la riformulazione proposta dalla Commissione e dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Zeller 0.43.250.8, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 462
Votanti 459
Astenuti 3
Maggioranza 230
Hanno votato
454
Hanno votato
no 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Zeller 0.43.250.9, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 453
Votanti 450
Astenuti 3
Maggioranza 226
Hanno votato
443
Hanno votato
no 7).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 43.250 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Loiero. Ne ha facoltà.

AGAZIO LOIERO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo emendamento è volto a introdurre alcune norme transitorie e costituisce di fatto l'epilogo di questa brutta storia delle riforme. Poiché siamo in fase di bilancio, mi permetto di ringraziare l'amico Bressa, tutta la I Commissione ed i colleghi della Margherita che sono intervenuti numerosi, nonché tutta l'opposizione.
Mi domando chi sia soddisfatto in quest'aula di questa riforma e chi avverta l'appagamento di un'impresa che va in porto. Dove è il clima di festa degli approdi? Il centrosinistra certamente non è contento, costretto a passare dal tentativo, sempre frustrato, della collaborazione all'ostruzionismo. Eppure non siamo schizofrenici! La nostra ambizione era quella di migliorare il testo, come capita quando si costruisce una casa comune, regole comuni che implicano una passione comune che, in quest'aula, non esiste. Personalmente, avrei voluto ritirare gli emendamenti, quando non è stata concessa la sospensione chiesta dai segretari dei partiti.
Anche la maggioranza di centrodestra non è contenta. Sono convinto che questi umori giungano al vicepremier Fini, perché, al di là del voto e del gioco delle parti, vi è malessere ed inquietudine in quest'aula che serpeggiano intorno a questa riforma.
Ho l'impressione che queste riforme, dove non devastano, pasticciano; queste riforme, che non sono state condivise dall'inizio, verranno approvate, perché il tempo politico è quello che è; alla vigilia di elezioni importanti ogni deputato è meno libero. In tale fase, diventa più flebile la voce dei parlamentari e più forte è la voce di chi decide la loro sorte.
Nel centrodestra, d'altra parte, poiché il potere è concentrato in una sola mano, basta un battito di ciglia per decidere il destino di un parlamentare. Perché queste riforme non sono condivise nel centrodestra?
Vorrei ricordare al vicepremier che la famosa devolution fu portata in Consiglio dei ministri dal ministro Bossi cinque volte. Come mai? Si trattava di sole tre righe da agganciare ad un articolo della nostra Costituzione! Vi erano problemi; questo era il sigillo del patto civilistico tra Berlusconi e Bossi che si rivelerà pesante per il paese e pesantissimo per il sud.
Perché devastante? Perché la capacità devastatrice sta nel conferimento alle regioni della potestà esclusiva (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, è l'ultimo intervento segnalato dal gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo. Mi appello alla vostra intelligenza. Prego, onorevole Loiero.

AGAZIO LOIERO. Alcuni territori verrebbero abbandonati al loro destino. Affidare, per esempio, ad una regione del sud la potestà esclusiva in materia di sanità, significa far saltare il diritto ad essere curati, come pure è sancito nell'articolo 32 della Costituzione.
La devolution è così devastante ed indigesta che, per farla passare, siete dovuti pervenire ad una riforma ampia, apparentemente organica, ad uno spoils system costituzionale che è una vera ignominia.
A tutti gli alleati avete dato qualcosa per tacitarli e per coinvolgerli, ma lo spirito che aleggia dentro questa riforma è solo quello della Lega, amici del gruppo di Alleanza nazionale. A cosa mi riferisco? A qualcosa che va contro il concetto primigenio di democrazia, che aspira ad una cosa molto semplice: dove c'è un potere, vi deve essere un contropotere, un antidoto, una garanzia in più.
Esiste un lascito non minoritario della cultura inglese che non esalta il potere, ma la resistenza ad esso. In questa riforma, tale concetto è capovolto. Non è il potere ad essere arginato, ma le garanzie.
Vi è di più. Esiste un elemento di vendetta strisciante in questo testo. Il Presidente della Repubblica è garante dell'unità? Allora lo si abbatte, lo si spoglia per vestire il Primo ministro! Ma da noi non c'è la tradizione americana o francese, non c'è patriottismo o spirito repubblicano: l'uomo politico che vince le elezioni in Italia, nel paese dei guelfi e dei ghibellini, apparterrà sempre ad una parte.
Ancora: la Corte costituzionale è un organo di garanzia? Difende con le sue sentenze in forza dell'articolo 10 della nostra Carta i diritti dei clandestini? Bene, la si cancella e la si trasforma in un organo di derivazione politica, soggetto agli umori della maggioranza. Non più quindi un potere neutro giuridico-formale a cui affidarsi con serenità!
Questo è lo spirito che permea le vostre riforme, che noi - siatene certi - abbatteremo sicuramente con il referendum (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, vorrei intervenire solo su una parte di questo maxiemendamento proposto dalla Commissione, anche perché è talmente incomprensibile che richiederebbe qualche giornata di approfondimento per consentirci di rispondere a questa infinita serie di norme transitorie che prevedete nella nuova Costituzione.
A quanto pare, questa maggioranza ha trovato un nuovo metodo legislativo, una novità assoluta in termini di produzione legislativa costituzionale, infatti ha previsto che l'entrata in vigore delle norme della Costituzione sia subordinata ad una futura legge ordinaria.
Tutto quello che avete affermato in quest'aula sul premier forte e sul ribaltone in realtà non entra in vigore e non entrerà mai in vigore se il Parlamento non approverà una legge ordinaria che disciplini la nuova legislazione elettorale, sulla quale ho forti dubbi in ordine alla compattezza della maggioranza.
La norma transitoria in esame è davvero paradossale sia perché viola qualsiasi principio di gerarchia delle fonti - non si è mai visto che una norma costituzionale sia subordinata ad una legge ordinaria -, sia perché pone nel nulla tutto quello che avete promesso (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo per sottolineare soprattutto ai colleghi della maggioranza, con riferimento alla grande innovazione costituita dai poteri del Presidente del Consiglio, che si sottopone la nuova Costituzione - ed io esprimerò un voto favorevole su questo testo - ad un duplice vincolo: in primo luogo, quello del referendum e, in secondo luogo, quello in base al quale, se non verrà varata una legge elettorale che abbia le caratteristiche di connettere la maggioranza parlamentare al Presidente Consiglio, rimarrà in vigore la Costituzione vigente.
Quindi, sostanzialmente, basterà il cambiamento della maggioranza politica del Parlamento che nascerà con la nuova Costituzione perché tutto il lavoro compiuto sia vanificato. È possibile assoggettare la forma di Governo al vincolo di una legge ordinaria? È possibile scrivere una Costituzione in cui si lasciano due opzioni circa la forma di Stato e di governo?
Io esprimerò un voto favorevole su questa norma transitoria, ma si tratta di una materia sulla quale non potrà essere evitata una ulteriore riflessione in sede di lettura al Senato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha a disposizione un minuto.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, con l'emendamento 43.250 della Commissione, che introduce i nuovi commi 1 e 2 all'articolo 43, abbiamo visto che esistono tre differenti decorrenze: norme a decorrenza immediata, norme che decorreranno a partire dalla prossima legislatura e norme che decorreranno a partire dalla seconda legislatura a venire.
Vorrei allora rapidamente porre alcune domande e fare alcune valutazioni. Avete con enfasi sostenuto l'urgenza di questa riforma. Ma allora, come mai la sua parte più essenziale - relativa alla riduzione dei parlamentari e alla riforma in senso federale del Senato - entrerà in vigore soltanto a partire dal 2016? Ancora: assisteremo da subito ad un duro effetto centralistico, perché le correzioni apportate al Titolo V della Costituzione, con l'introduzione dell'interesse nazionale e della clausola di supremazia, a questo portano. Invece, la riforma in senso federale del Senato, che avrebbe dovuto costituire un bilanciamento, partirà soltanto nel 2016.

PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, la ringrazio.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 43.250 della Commissione, nel testo riformulato e come subemendato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 434
Votanti 425
Astenuti 9
Maggioranza 213
Hanno votato
372
Hanno votato
no 53).

Prendo atto che gli onorevoli Gastaldi e Naro non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Prendo altresì atto che gli onorevoli Duca, Panattoni, Preda, Lion, Bulgarelli, Monaco, Loiero, Motta e Olivieri hanno erroneamente votato a favore, mentre avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Avverto che a seguito dell'approvazione dell'emendamento 43.250 (Nuova formulazione) della Commissione si intendono assorbiti gli emendamenti Perrotta 43.75 e 43.76, Leoni 43.5, Cossa 43.84, Burtone 43.88 e Leoni 43.16.

 

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 43 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 43.9, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 445
Votanti 441
Astenuti 4
Maggioranza 221
Hanno votato
434
Hanno votato
no 7).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 43.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Preda. Ne ha facoltà.

ALDO PREDA. Signor Presidente, chiedo all'Assemblea di valutare bene il nostro emendamento che sopprime i commi 8 e 9 dell'articolo 43. Tali commi intendono cambiare la procedura prevista dall'articolo 132 della Costituzione, relativo all'istituzione di nuove regioni. Non si tratta soltanto di un aggiustamento tecnico, bensì di un messaggio negativo per suscitare nuovi localismi, nuove rotture e tensioni. Volete favorire la creazione di altre miniregioni che aumenteranno i costi e il numero complessivo delle regioni.
Non esiste solo la Romagna, perché ci sono anche i vecchi ducati, le repubbliche marinare e le tradizioni locali. Per le regioni i Costituenti avevano utilizzato un grande equilibrio, che teneva conto dell'assetto dello Stato e delle grandi tradizioni locali, e, nel nome di un più alto interesse, avevano superato i gretti localismi locali.
Quelli passeranno alla storia come grandi Costituenti, voi, se non votate questo emendamento, come quelli di Lorenzago.

GERARDO BIANCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, intendo manifestare il mio stupore per il fatto che la sua comunicazione relativa alla nomina di un senatore a vita non abbia suscitato alcuna presa di posizione da parte del Governo. È infatti consueto che il Governo esprima le proprie considerazioni su una nomina così rilevante, che riguarda uno dei più grandi poeti italiani...

PRESIDENTE. Onorevole Gerardo Bianco, non è questo il momento per intervenire su tale questione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sedioli. Ne ha facoltà.

SAURO SEDIOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo a favore dell'emendamento in esame, che intende ristabilire un percorso razionale per l'istituzione di nuove regioni. Esso non è volto ad impedire od ostacolare quella che è stata in più occasioni definita in questa sede l'autodeterminazione dei popoli, bensì a stabilire un percorso di vero coinvolgimento delle popolazioni e di vero e ragionevole confronto fra le popolazioni stesse, al di fuori di dannose logiche di frammentazione e separatiste.
Non si tratta di negare o censurare le spinte, anche quelle più bislacche, che circolano in Puglia, in Emilia Romagna e in altre regioni, per spezzare sistemi che si sono costruiti con grandi sforzi e con grande impegno civile e lungimiranza, coinvolgendo istituzioni, imprese ed organizzazioni sociali e con la partecipazione attiva dei cittadini. Non si tratta di impedire neppure di spezzare una regione come l'Emilia-Romagna in tre parti, con il distacco di Parma e Piacenza ad ovest e della Romagna ad est. Non propongo di adottare una norma per respingere a priori tali spinte, ma di eliminare quelle criticità introdotte nel provvedimento in esame, che possono soltanto favorire la frammentazione di storiche collettività e di sistemi avanzati che già guardano all'Europa e che in Europa hanno già trovato un loro spazio ed un loro prestigio in termini di competitività, di cultura, di cultura istituzionale e di sviluppo.
Si potrà sostenere che il percorso indicato nel disegno di legge in esame è analogo a quello previsto per il distacco di province e comuni da una regione. Ritengo sia evidente che si tratti di questioni diverse, soprattutto se si considera una regione non un territorio ma un sistema. Si tratta di riconoscere tale differenza, così come avviene in Germania, unico paese europeo che adotta l'istituto del referendum a livello istituzionale ma che, con procedure diverse, contempera le varie esigenze secondo il peso, l'entità e le ricadute sul sistema sociale ed economico. Non vogliamo certo copiare, ma vogliamo pensare, anche nel nostro paese, a percorsi istituzionali che facciano prevalere la ragione, la responsabilità, l'interesse dei cittadini e la coesione sociale, soprattutto quando si tratta di scelte così difficili e contrastate (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 43.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 423
Votanti 418
Astenuti 5
Maggioranza 210
Hanno votato
169
Hanno votato
no 249).

Prendo atto che gli onorevoli Volontè e De Laurentiis non sono riusciti a votare.
Passiamo all'emendamento Rosato 43.12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, ho votato a favore dell'emendamento precedente volto alla soppressione della norma in esame, ma se essa deve essere inserita, che almeno si consenta non soltanto di costituire nuove regioni, ma anche, con la stessa procedura e sentendo le popolazioni interessate, di modificare gli attuali confini regionali, così come richiesto da numerosi comuni del nostro paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gasperoni. Ne ha facoltà.

PIETRO GASPERONI. Signor Presidente, ho chiesto di parlare precedentemente, ma evidentemente non sono stato visto. Intendo comunque svolgere alcune osservazioni sull'emendamento Boato 43.9, poc'anzi votato, volto a sopprimere i commi 8 e 9. Considero tale norma anacronistica ed antistorica.
Se si volesse «tematizzare» davvero la revisione dei confini regionali, l'esigenza sarebbe esattamente opposta a quella qui indicata. Vi sarebbe, cioè, l'esigenza di normare processi di accorpamento, più che di ulteriore frammentazione.
In Europa lo spazio vitale sarà riservato alle grandi regioni, non alle dimensioni provinciali. Comprendo che voi guardiate con diffidenza all'Europa e scommettiate sugli stravaganti risultati che potreste conseguire attraverso la divisione dell'Emilia Romagna, a dire il vero per voi proibitivi nelle condizioni in essere!
Concludo esortandovi a non farvi illusioni! Anche diviso in due o in quattro, quel territorio resterebbe saldamente ancorato ai valori politici di riferimento, che, com'è noto, sono quelli del centrosinistra!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Vorrei chiedere ai colleghi della maggioranza se ritengano adeguata la modifica dell'articolo 132 della Costituzione, in materia di formazione delle nuove regioni; se, cioè, questa sia compatibile con il principio di sussidiarietà. Perché istituire una nuova regione potrebbe anche non essere un peccato, ma pensare di farlo in modo centralistico, come voi state ipotizzando, cioè rimuovendo le condizioni previste dall'articolo 132 della Costituzione (che prevedono la proposta da parte di almeno un terzo dei consigli comunali) equivale esattamente a smentire il principio di sussidiarietà. Una nuova regione non dovrebbe nascere da esigenze sorte nel territorio e che nel territorio vengono valutate e proposte? O forse ritenete che, al contrario, dovrebbe nascere con un metodo centrale e centralistico? Mi auguro abbiate tempo e voglia di fornire risposte a questi quesiti, non certo così marginali. Spero anche vogliate rispondere a voi stessi; ma non so in quale sede ciò possa avvenire. Qui certo non lo state facendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. In realtà, avrei preferito intervenire sull'emendamento precedente, ma il tema mi pare analogo. Vorrei solo ricordare ai colleghi quanto tutti - con qualche sofferenza - abbiamo letto questa mattina sui giornali: dal 2001-2002 ad oggi, l'Italia, nel giro di soli tre anni, è passata in termini di competitività dal ventiseiesimo al quarantasettesimo posto nella graduatoria mondiale. Tra gli elementi additati come cause di tale declino vi sono proprio una pubblica amministrazione non particolarmente efficiente ed una burocrazia piuttosto frammentata e disorganizzata. A me pare che votare questo emendamento, e complessivamente questa parte della riforma, senza aver chiari i relativi costi (come più volte chiesto da parte del centrosinistra), equivalga sostanzialmente a fare un salto nel buio.
Si tratta, in sostanza, di introdurre un federalismo ideologicamente buono solo perché qualcuno la pensa così, ma in definitiva di non produrre un federalismo che comporterebbe, invece, maggiore efficienza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Leggo sul Messaggero (un autorevole quotidiano nazionale pubblicato a Roma) le affermazioni dell'onorevole senatore Fisichella. Egli dichiara che si tratta di riforme caotiche e che, così com'è adesso, il testo di questa riforma costituzionale ben difficilmente potrebbe trovare il consenso di tanti cittadini. Mi rivolgo al vice premier Fini. Il senatore Fisichella aggiunge che non si può escludere che, una volta ottenuto il risultato della riforma, la Lega si disimpegni dal Governo o alzi ulteriormente la posta del gioco. Allora abbiamo cagionato un danno per la nazione senza ottenere un vantaggio per la coalizione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rosato 43.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 434
Votanti 433
Astenuti 1
Maggioranza 217
Hanno votato
182
Hanno votato
no 251).

Prendo atto che l'onorevole Volonté non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'articolo 43.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, credo che sia legittima una certa soddisfazione da parte nostra nel constatare che l'articolo 119 della Costituzione, che è il cuore del sistema federale (e cioè il federalismo fiscale), per la prima volta appare tra le norme transitorie.
Credo sia quanto mai significativo il fatto che quell'articolo voi non l'avete assolutamente toccato, a dimostrazione che il Titolo V, rispetto al problema centrale del processo di federalizzazione della nostra Repubblica, e cioè le risorse che devono essere allocate in periferia alle regioni, è stato da voi considerato, costruendolo in modo tale da non dover essere riformato.
Devo dire che, nella passata legislatura, in I Commissione vi fu un lavoro autenticamente bipartisan nella scrittura dell'articolo 119; furono soprattutto due nostri colleghi, l'onorevole Salvati e l'onorevole Tremonti, che si impegnarono nella redazione di quel testo, a dimostrazione che, quando c'è consapevolezza e volontà di lavorare insieme, le norme si possono fare e sono destinate a durare anche al di là di conflitti politici del momento.
Questo è un aspetto che - credo - dovrebbe insegnarci qualcosa. Il nostro emendamento soppressivo nasce per il fatto che i tempi da voi proposti per l'attuazione delle leggi che individuano i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e che istituiscono un fondo perequativo sono a nostro modo di vedere troppo lunghi e non accettabili.
Ciò significa rimandare ancora a tempo indeterminato la realizzazione del federalismo nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, con l'articolo testé illustrato dal collega Bressa, che tende a sopprimere il comma 11 della norma finale di questo provvedimento (poi vedremo gli articoli aggiuntivi), e che risulta essere anche l'ultimo emendamento al nostro esame per quanto riguarda l'articolo 43, noi cerchiamo di perseguire un intento che dovrebbe trovare assolutamente sensibile anche parte, se non tutta, dei colleghi della maggioranza (mi riferisco in modo essenziale e soprattutto ai colleghi della Lega).
Infatti, con l'articolo 119 così formulato, per la sua entrata in vigore, dalla norma transitoria al nostro esame di cui chiediamo la soppressione, in buona sostanza si persegue la strada di negare la dichiarata ed enfatizzata urgenza della riforma costituzionale.
Ho già avuto modo prima, Presidente e colleghi, di dire quali siano le enormità tra proclami e risultati concreti, tra il fatto che entri in vigore solo la parte più negativa, centralista, e, invece, non entri in vigore, se non al 2016, la parte più essenziale, più importante su cui voi avete costruito anche un grande battage pubblicitario esterno, probabilmente per cercare già fin da ora di avere argomentazioni a sostegno del referendum confermativo.
Questa è una norma che dimostra che voi parlate bene, ma che poi non perseguite gli obiettivi nella competenza della normazione...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Olivieri!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, intervengo per completare anche la riflessione che proponevo poco fa. Dicevo sostanzialmente che in quest'Aula, da parte del centrosinistra, più volte autorevolmente abbiamo chiesto i conti ed i costi di questo federalismo, di questa devolution e mai finora abbiamo ricevuto una vera risposta bensì qualche timido accenno di risposta da parte del ministro, ma non certamente fondato su analisi serie e su numeri.
Allora, quella di prevedere nella Costituzione la possibilità di aumentare il numero delle regioni non mi sembra davvero una scelta seria, misurata e positiva: si fa la scelta di un federalismo di bandiera che non ha a cuore l'efficacia e l'efficienza dei servizi...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Frigato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bottino. Ne ha facoltà.

ANGELO BOTTINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che le disposizioni transitorie in esame necessitino di un maggiore approfondimento. Per quanto mi riguarda, faccio riferimento a ciò che hanno dichiarato autorevoli costituzionalisti.
Credo che alla base di queste modifiche della Carta costituzionale debba esservi necessariamente un'aggregazione: non è possibile che ogni maggioranza si faccia una sua Costituzione! Dobbiamo lasciare a chi verrà dopo di noi documenti certi: l'attuale Carta costituzionale è riuscita a reggere per tutti questi anni proprio perché i nostri padri costituenti, nel dopoguerra, hanno attentamente valutato tutti gli aspetti rilevanti. Adesso, forse per volontà di gruppi politici che hanno intenzione di «portare a casa qualcosa», di beneficiare ...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bottino.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carbonella. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CARBONELLA. Signor Presidente, quello che riguarda le norme transitorie è un punto molto importante. Anche qui, però, si fa un pasticcio: queste norme sono frutto del compromesso, da noi già denunciato, tra coloro i quali hanno la necessità di vendere questa pseudoriforma costituzionale al nord, sbandierando...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Carbonella.
Passiamo (Commenti)... No, colleghi, sebbene i tempi fossero abbondantemente esauriti, ho fatto parlare non uno, ma quattro o cinque deputati per gruppo!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 43 ...

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, dobbiamo votare l'emendamento Leoni 43.16!

PRESIDENTE. Colleghi, scusatemi, revoco la votazione per chiarire che non sono incorso in errore: come ho già precisato in precedenza, l'emendamento Leoni 43.16 è precluso a seguito dell'approvazione dell'emendamento 43.250 della Commissione (in particolare, dal suo comma 10). Anche il successivo emendamento Cossa 43.85 è precluso; peraltro, esso è stato ritirato.
Pertanto, indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 43, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 436
Votanti 430
Astenuti 6
Maggioranza 216
Hanno votato
258
Hanno votato
no 172).

Onorevole Bruno, prima di darle la parola per esprimere il parere della Commissione sugli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 43, debbo fare una comunicazione all'Assemblea.
Avverto che la Commissione ha presentato gli articoli aggiuntivi 43.025 e 43.026, distribuiti in fotocopia, in relazione ai quali il termine per la presentazione dei subemendamenti è scaduto alle 17,30.
Il primo articolo reca una modifica di coordinamento normativo all'articolo 89 della Costituzione. Il secondo riguarda gli statuti speciali e si ricollega all'articolo 43-bis, già approvato. A questo secondo articolo, l'onorevole Franz ha presentato il subemendamento 0.43.026.1 (vedi l'allegato A - A.C. 4862 sezione 6), che la Presidenza dichiara inammissibile per estraneità di materia. Il subemendamento specifica, infatti, alcuni contenuti obbligatori degli statuti speciali, che risultano quindi vincolati all'adozione di determinate normative. Come tale, la materia oggetto del subemendamento risulta estranea al contenuto del provvedimento, che reca modifiche alla parte seconda della Costituzione e non invece interventi sul merito specifico degli statuti speciali. Il subemendamento, inoltre, entra nel merito della procedura necessaria per la definizione delle intese previste dall'articolo 116 della Costituzione, dettando specifiche norme in materia di votazioni per gruppi linguistici, che sono di fatto riferibili ad uno solo degli statuti speciali.

Anche per tali profili il subemendamento risulta pertanto estraneo al contenuto del provvedimento.
Invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sugli articoli aggiuntivi all'articolo 43 e sui relativi subemendamenti.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione raccomanda l'approvazione dei suoi articoli aggiuntivi 43.025 e 43.026, da lei già citati (uno è sul coordinamento normativo, l'altro riguarda l'adeguamento degli statuti). La Commissione esprime parere contrario sul subemendamento Cabras 0.43.0200.4, mentre il subemendamento Leo 0.43.0200.1 risulta ritirato. Esprime altresì parere contrario sui subemendamenti Mascia 0.43.0200.2 e 0.43.0200.3. Il parere è favorevole sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0200, mentre è contrario sul subemendamento Cabras 0.43.0201.2. Il parere è favorevole sul subemendamento Leo 0.43.0201.1, così come sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

ENZO BIANCO. Non ci sono gli articoli aggiuntivi!

PRESIDENTE. Sono stati distribuiti a tutti in fotocopia. Comunque glieli forniamo subito...
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 43.025 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, questo articolo aggiuntivo, che non contesto (noi ci asterremo su questo) apparentemente è di carattere formale; infatti era stato presentato in sede di coordinamento formale, ma poi dal Comitato dei nove è stato tramutato in una vera e propria proposta emendativa, perché modifica l'articolo 89 della Costituzione vigente. Il voto dell'Assemblea di ieri l'altro ha bocciato il nuovo articolo 89 della Costituzione, quindi resta in vigore l'articolo 89 della Costituzione vigente e, sia pure tardivamente, perché siamo ormai in fase di disposizioni transitorie, c'è questo articolo aggiuntivo della Commissione, che non poteva essere accettato come disposizione di coordinamento formale, che sostituisce le parole «Presidente del Consiglio dei ministri» con le parole «Primo ministro».
È ovvio che questo coordinamento, che incide sul testo vigente della Costituzione andava fatto in relazione a tutte le altre norme che prevedono la figura del Primo ministro e non quella del Presidente del Consiglio dei ministri. È altrettanto ovvio che ciò che è avvenuto l'altro giorno ha delle conseguenze, non solo formali, ma anche sostanziali.
Comunque, annuncio il voto di astensione su questo articolo aggiuntivo presentato dalla Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 43.025 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 430
Votanti 261
Astenuti 169
Maggioranza 131
Hanno votato
255
Hanno votato
no 6).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 43.026 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, l'articolo aggiuntivo che la Commissione sottopone all'esame dell'Assemblea, il quale recita che «Ai fini dell'adeguamento degli statuti di cui all'articolo 43-bis, nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano è riconosciuta parità di diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono», è la copia esatta dell'articolo 2 dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige (che, come voi sapete bene, è stato approvato con leggi costituzionali nel 1971 e nel 1972, raccolte successivamente nel decreto del Presidente della Repubblica del 31 agosto 1972, n. 670), il quale dispone che «Nella regione è riconosciuta parità di diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono (...)».
È evidente, allora, che si tratta di una norma assolutamente tautologica, che non dice nulla di più di quanto era già previsto in una legge costituzionale e rispetto alla quale non si riesce a cogliere il motivo - o meglio, i motivi si capiscono fin troppo bene - per cui venga proposta al nostro esame.
D'altronde, signor Presidente, per quanto ci riguarda non possiamo che apprezzare il tardivo ravvedimento dell'attuale Alleanza nazionale, allora Movimento sociale italiano, che nel 1971, con il suo esponente più importante, l'onorevole Almirante, si oppose, presentando altresì una relazione di minoranza, proprio a quella legge costituzionale che introduceva la norma che ho poc'anzi ricordato all'Assemblea. Da questo punto di vista, dunque, non possiamo che prendere atto di questo tardivo, ma comunque sempre apprezzato, riconoscimento della validità di un principio costituzionale già esistente.

PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, concluda!

LUIGI OLIVIERI. Sto concludendo, signor Presidente! Tuttavia, vorrei rappresentare che non siamo assolutamente disponibili a riprodurre quanto già esiste, poiché renderemmo ancora più ridicolo un lavoro che presenta numerosi aspetti definibili con l'aggettivo che ho appena pronunciato; pertanto, preannunzio la nostra astensione dal voto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.

SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, vorrei osservare che ogni norma ha le sue motivazioni e produce degli effetti; in particolare, se si tratta di una nuova norma da introdurre nella Costituzione, devono evidentemente sussistere sia i motivi che la fanno sorgere, sia gli effetti che essa produrrà.
In questo caso, sia i motivi che gli effetti sono incomprensibili, direi imperscrutabili; è anche per questo, signor Presidente, che vi è da nutrire qualche perplessità, nonché riserve molto forti, sul merito della norma in esame.
Vorrei ricordare, signor Presidente, che nella Costituzione già esistono gli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 6 (tutela delle minoranze linguistiche). Cosa vuol dire la norma in esame? Che rapporto ha con gli articoli testè citati? Vuol dire che nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome vi è una tutela delle minoranze linguistiche diversa da quella prevista dall'articolo 6 della Costituzione?
Vi è inoltre un'altra ragione di riserva e di contrarietà alla proposta emendativa in esame, signor Presidente. Mi permetto di richiamare la sua attenzione, signor Presidente, nonché quella del Governo e del relatore: perché questa specifica previsione di tutela delle minoranze per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano non vale anche per le regioni ordinarie? Forse il diverso regime di autonomia comporta una differenza nella tutela dei diritti dei cittadini? Certamente non è possibile!
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo e onorevole relatore, vorrei osservare che, nell'approvazione degli statuti speciali, interviene il Parlamento, che li approva con legge costituzionale; in altri termini, interviene lo Stato. Negli statuti delle regioni ordinarie, invece, non è previsto tale intervento da parte del Parlamento. Perché, allora, proporre questa previsione di maggior tutela, o di diversa tutela, per le regioni a statuto speciale e non anche per quelle ordinarie? Quale ne è la ragione? È incomprensibile ed infondata!
Faccio un esempio: in Calabria ed in Sicilia vi sono, da secoli, comunità storiche di albanesi. In Sicilia vi è una diocesi di albanesi storici e ve n'è un'altra in Calabria. Avranno una tutela diversa tali minoranze?
Non è possibile immaginare che vi siano, in Costituzione, diverse tutele di minoranze linguistiche, a seconda della regione, tra regioni speciali e ordinarie. I diritti sono, evidentemente, uguali. Chiedo al Governo e al relatore quale sia la ragione di prevedere un trattamento diverso delle minoranze nei territori ad ordinamento speciale ed in quelli a statuto ordinario. I cittadini sono gli stessi ovunque (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, si tratta di un articolo aggiuntivo, che non ha grandi effetti a ben considerarlo, ma tradisce un fastidio che riguarda la tutela delle minoranze e la volontà di contrapporre la tutela dei cittadini italiani di nazionalità tedesca o slovena a quelli di nazionalità italiana; tradisce un'idea anacronistica di nazione, come abbiamo potuto ascoltare proprio ieri. Dopo la seconda guerra mondiale l'idea di nazione che si è affermata è di natura processuale, pone al centro la cittadinanza. Sentirsi, oggi, cittadini di un determinato paese dipende dalla democrazia e dallo sviluppo. Democrazia e sviluppo dipendono, a loro volta, dall'avanzare della società civile internazionale; dipendono, dunque, dall'intreccio tra antifascismo, welfare ed interdipendenza, dall'articolo 6 della Costituzione, dalla ratifica della Carta europea delle lingue regionali minoritarie, perché il bilinguismo è l'alternativa all'apartheid e alla segregazione linguistica. È uno strumento di integrazione.
Si può, infatti, essere cittadini italiani di nazionalità slovena o tedesca, di lingua sarda, friulana, albanese ed accettare la democrazia fino in fondo. Per accettare la democrazia, non basta accettarne le regole formali: bisogna togliersi dalla testa la superiorità dello Stato sull'individuo e sulle forme di vita costitutive della sua identità. È un aspetto che dovete ancora affrontare, colleghi di Alleanza nazionale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, condivido ciò che hanno detto i colleghi Mattarella e Maran, che mi hanno preceduto, e condivido anche l'annuncio fatto da altri colleghi, che hanno affermato che su un testo del genere, che è francamente risibile - non nel contenuto, ma per il fatto che sia proposto in questa sede - vi sarà un'astensione anche da parte nostra.
Voglio richiamare l'attenzione dell'Assemblea su due aspetti: il primo, che abbiamo ascoltato poco fa - con grande rispetto ed anche, credo, con condivisione - è una lunga e motivata dichiarazione del Presidente della Camera, con cui il medesimo ha giustamente - giustamente lo aggiungo io, ma il Presidente della Camera non ne ha bisogno - dichiarato inammissibile un altro subemendamento, che avrebbe introdotto nel provvedimento al nostro esame una materia totalmente estranea. Prendo, quindi, atto con soddisfazione che un subemendamento presentato dai colleghi di Alleanza nazionale è stato dichiarato inammissibile. Devo dare atto della correttezza di tutto ciò.
Mi chiedo, poi, signor Presidente - e lo chiedo anche ai colleghi - cosa significhi che oggi, 14 ottobre 2004, votiamo un testo che recita: «(...) è riconosciuta parità di diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico e di appartenenza (...)». Tale testo è contenuto letteralmente - il collega Olivieri ha commesso un piccolo errore nel fare riferimento al 1971 - nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, votata dall'Assemblea costituente in quest'aula - lo statuto di autonomia - a seguito dell'accordo De Gasperi-Gruber del 1946, in cui, all'articolo 2, si dice: «(...) nella regione è riconosciuta parità di diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono e sono salvaguardate le rispettive caratteristiche etniche e culturali (...)».
Mi permetto rispettosamente di rivolgermi - non a lei, signor Presidente, perché lei non presenta gli emendamenti - ai colleghi del Comitato dei nove e della maggioranza che hanno adottato questo testo: non vi rendete conto di quanto vi copriate di ridicolo nello scrivere in una norma transitoria, il 14 ottobre 2004, che entrerà in vigore, se va bene, tra due anni, ciò che è legge costituzionale da cinquantasei anni? Da cinquantasei anni (Commenti di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Non solo: si dice «ai fini dell'adeguamento degli statuti di cui all'articolo 43-bis». Tuttavia, l'adeguamento degli statuti, per chi conosce i fondamenti del diritto costituzionale, in forza dell'articolo 116 avviene per legge costituzionale e, quindi, sarà questo Parlamento o il successivo, il Parlamento della Repubblica, che, se vorrà, approverà la legge costituzionale di adeguamento degli statuti del Trentino-Alto Adige come della Sicilia, della Sardegna, della Valle d'Aosta e del Friuli-Venezia Giulia. Sarà il Parlamento come legislatore costituzionale.
Quindi, il Parlamento con una norma transitoria stabilisce che, ai fini dell'adeguamento degli statuti, si rispetta un principio che è in vigore da cinquantasei anni, che nessuno ha mai contestato e su cui comunque il Parlamento è sovrano (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

ROBERTO MENIA. Basta!

MARCO BOATO. Ciò rasenta il ridicolo! Non posso esprimere un voto contrario, perché questa frase la condivido fin da quando ero bambino: avevo quattro anni quando l'hanno approvata! La condivido, ma è ridicolo che cinquantasei anni dopo (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana - Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Boato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
Colleghi, però, non posso dare la parola a venti deputati per gruppo...
Prego, onorevole Bressa.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, riprendo solo una considerazione che ha svolto il collega Boato. Stiamo parlando dell'adeguamento, che avverrà con legge del Parlamento, degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano. Per fare ciò, diamo come indirizzo al Parlamento un principio sancito dall'articolo 2 dello statuto della regione Trentino-Alto Adige. È del tutto evidente che non posso che condividere questo principio; ma questo non è un articolo aggiuntivo, è una bolla di sapone! Noi stiamo dando un indirizzo al Parlamento, che sarà sovrano di qualcosa che già esiste dal 1948. Il senso del ridicolo ci impone di astenerci, perché non possiamo fare diversamente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, come hanno già rilevato i colleghi che mi hanno preceduto, si tratta di una norma di non agevole interpretazione. Essa, però, contiene principi sacrosanti, che condividiamo fino in fondo dal 1948, dai tempi del primo statuto di autonomia.
A nostro giudizio, è un principio sacrosanto quallo secondo il quale tutti i gruppi linguistici residenti nella nostra provincia, quella di Bolzano, devono avere la stessa dignità e parità di diritti. È un po' strano che si inserisca un principio di questo tipo nelle norme transitorie della Costituzione, perché è difficile evincere dal testo della Costituzione che abbiamo appena modificato norme che riguardano le minoranze linguistiche o i gruppi linguistici. L'unica portata innovativa che si può immaginare è quella di estendere questo principio anche alle altre regioni a statuto speciale come la Sicilia, la Sardegna e la Valle d'Aosta, i cui statuti non lo prevedono ancora. Infatti, nella regione Trentino-Alto Adige Südtirol esso è previsto all'articolo 2 e nella regione Friuli-Venezia Giulia è contenuto nell'articolo 3. Pertanto, anche noi ci asterremo su questo testo, in quanto non ci convince la formulazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cristaldi. Ne ha facoltà.

NICOLÒ CRISTALDI. Signor Presidente, lei fa naturalmente bene su argomenti di questa natura a dare spazio ed a concedere anche ampliamenti dei tempi concessi. Però, credo che, quando si concedono tempi in eccesso, essi debbano essere utilizzati per discutere il merito della materia e non soltanto per lanciare insulti a destra e a manca. Quando si è eleganti, si parla del ridicolo a proposito delle posizioni della maggioranza. Ho sentito dire che questo articolo aggiuntivo sarebbe ridicolo, tranne poi affermare nell'ultimo intervento che anche la Sicilia ha il diritto di determinare ciò che il Trentino-Alto Adige ha già determinato. A me pare che non sia ridicolo prevedere la possibilità di trasferire il contenuto dello statuto del Trentino-Alto Adige anche in altre regioni. Non vi è alcun motivo di esasperare l'intervento e di trasformare il tutto in cose incredibili.
Un'ultima osservazione, signor Presidente. Una cosa è modificare lo statuto attraverso una precisa procedura, altra cosa è, sul piano dell'aristocrazia della norma, che all'interno della Costituzione della Repubblica questo principio, «sposato» negli statuti nell'Alto Adige e di un'altra regione, possa essere esteso a tutte le regioni a statuto speciale.

PRESIDENTE. La Presidenza autorizza, sulla base dei consueti criteri, la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo delle dichiarazioni di voto dell'onorevole Arnoldi, che ne ha fatto richiesta.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 43.026 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 433
Votanti 261
Astenuti 172
Maggioranza 131
Hanno votato
258
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che l'onorevole Volontè non è riuscito a votare.
Passiamo all'esame dell'articolo aggiuntivo Cabras 0.43.0200.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, si stanno per concludere i lavori della giornata e mi permetto una breve, conclusiva e amara dichiarazione. Ritengo che l'articolo 138 della Costituzione non consentiva, dal punto di vista costituzionale, una così larga revisione della Costituzione che sconvolge l'attuale assetto. Penso che domani sarà un «venerdì nero» e dichiaro, fin d'ora, che non intendo partecipare ad una votazione che ritengo sostanzialmente, politicamente ed anche costituzionalmente illegittima.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Grazie signor Presidente, si tratta di una questione molto delicata, riguardante la puntuale individuazione dei beni e delle risorse da trasferire alle regioni ed agli enti locali e la loro ripartizione tra le regioni, per garantire l'effettivo esercizio delle rispettive funzioni e competenze di cui alla presente legge costituzionale. Inoltre, sulla scorta del lavoro effettuato nella passata legislatura (quando intervennero le cosiddette leggi Bassanini, e per il fatto che nell'arco di poco più di un anno e mezzo furono trasferite circa 13 mila persone su 20 mila dall'apparato statale a quello regionale, mentre le rimanenti non furono trasferite per scelte dell'attuale Governo che, per così dire, rinazionalizzarono alcuni uffici che era previsto passassero alle regioni), riteniamo che il tempo di cinque anni sia esagerato e che sia sufficiente un anno.
Sarebbe serio presentare un apposito provvedimento per evitare che ciò avvenga nelle «segrete stanze» della Presidenza del Consiglio dei ministri, bensì attraverso lo strumento legislativo in modo che il confronto in Parlamento sia libero e trasparente. Comunque, i tempi del regime transitorio, sempre secondo la nostra ipotesi, non possono eccedere tre anni. Riteniamo che questa sia una prospettiva di soluzione più equilibrata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Condivido anch'io, signor Presidente, le argomentazioni svolte dal collega Bressa. Si tratta di trasferimenti necessari per le regioni cui abbiamo concesso poteri concreti e cui dobbiamo fornire risorse materiali ed umane. Sono convinta che l'elemento di una certezza di massimo tre anni per il regime transitorio sia una garanzia per tutti affinché il provvedimento venga effettivamente attuato e non semplicemente rinviato senza una determinazione precisa del tempo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Cabras 0.43.0200.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 413
Votanti 409
Astenuti 4
Maggioranza 205
Hanno votato
153
Hanno votato
no 256).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Mascia 0.43.0200.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 419
Votanti 414
Astenuti 5
Maggioranza 208
Hanno votato
155
Hanno votato
no 259).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Mascia 0.43.0200.3 non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 420
Votanti 413
Astenuti 7
Maggioranza 207
Hanno votato
157
Hanno votato
no 256).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 427
Votanti 419
Astenuti 8
Maggioranza 210
Hanno votato
258
Hanno votato
no 161).

Onorevoli colleghi, per domani resta dunque da votare l'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201 con i subemendamenti ad esso riferiti.
Avverto che sono stati ritirati tutti gli ordini del giorno preannunciati, ad eccezione degli ordini del giorno Perrotta n. 9/4862/1, Paniz n. 9/4862/8 e Scaltritti n. 9/4862/9.
Per ciò che riguarda i lavori di domani, comunico che la seduta inizierà alle ore 10 con il seguito dell'esame del disegno di legge di riforma costituzionale. Esaurito tale punto, e solo al termine del suo iter - si tratta infatti di portare a compimento il calendario dei lavori a suo tempo deliberato dalla Conferenza dei presidenti di gruppo - si passerà al seguito della discussione del disegno di legge n. 5303 recante la conversione in legge del decreto-legge riguardante il personale del CNIPA.
Vorrei far notare ai gruppi parlamentari che tale decreto-legge è in scadenza nella giornata di martedì prossimo. Il Presidente della Camera, come voi sapete, ha il dovere costituzionale di assicurare il voto dell'Assemblea per la conversione in legge dei decreti-legge. Dunque, o l'esame del provvedimento in questione viene concluso domani, oppure sarò costretto a prevedere votazioni per martedì pomeriggio.

FRANCESCO GIORDANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, vorrei solo avere conferma della convocazione di domani della Conferenza dei presidenti di gruppo, come lei aveva annunciato.

PRESIDENTE. Onorevole Giordano, immagino che lei si riferisca alla questione dell'Iraq. Mi riservo domani, a conclusione dei lavori, di convocare la Conferenza dei presidenti di gruppo. Non so se potrà trattarsi di una Conferenza - per così dire - «conclusiva» ma, dato che avevo assunto tale impegno con lei, intendo mantenerlo.


 

 


 

DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO GIANANTONIO ARNOLDI SULL'ARTICOLO AGGIUNTIVO 43.026 DELLA COMMISSIONE AL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE N. 4862 ED ABBINATE

 

 


GIANANTONIO ARNOLDI. Con l'approvazione di oggi la riforma costituzionale compie un ulteriore passo verso la sua attuazione.
In base alle nuove norme la sovranità ed il potere decisionale sono multicentrici, ripartiti secondo il principio della sussidiarietà.
Un lungo ed articolato dibattito si è avuto sul fondamentale tema della ripartizione della competenza legislativa tra lo Stato e le regioni, contenuto nell'articolo 117 della Costituzione.
A tal proposito alcune categorie economiche hanno paventato la propria esclusione da una normativa generale, in virtù dell'assenza dall'elenco, che deve considerarsi esaustivo, delle competenze statali.
Sono state ad esempio manifestate apprensioni per la mancata previsione espressa della materia assicurativa tra quelle di competenza esclusiva della legislazione statale.
Va osservato che l'attività assicurativa rientra a pieno titolo nell'ambito della «regolazione del risparmio e dei mercati finanziari», di cui è anzi parte integrante, con riflessi anche sull'ordinamento civile, intendendo per tale l'insieme delle norme che regolano i rapporti di diritto privato in senso ampio, tra cui anche i rapporti rientranti nel diritto commerciale e societario.
Si tratta di rapporti che riguardano tutti i cittadini e che, quindi, devono avere necessariamente valenza generale e collocazione in fonti primarie altrettanto generali.
Va ricordato che l'attività assicurativa si basa sul concetto di mutualità che necessita della definizione a monte di comuni regole del gioco, obiettivo, quest'ultimo, reso possibile anzitutto dall'uniformità del sistema giuridico di riferimento. Una eventuale segmentazione normativa a livello regionale potrebbe costringere le imprese a dar vita a mutualità troppo ristrette e difficilmente sostenibili sul piano economico.
Viceversa l'ambito assicurativo è oramai sopranazionale se si considera come la progressiva unificazione dei mercati assicurativi europei proceda mediante il ravvicinamento e l'armonizzazione dei diversi ordinamenti giuridici nazionali.
La normativa comunitaria tende a realizzare un «mercato unico assicurativo» e ha dettato dettagliate regole in materia di autorizzazione, gestione, esercizio e controllo delle imprese assicuratrici e della loro attività, imponendone agli Stati membri il mero recepimento e lasciando spazio a questi ultimi solo per un ridotto numero di opzioni.
A livello nazionale inoltre esiste un organismo di vigilanza per l'intero settore assicurativo, la cui centralità è rafforzata dal fatto che esso deve operare secondo il noto principio dello «home country control», posto a tutela del mercato complessivamente considerato e dei consumatori.
Né va infine dimenticato che nel corso dell'iter della riforma costituzionale è stata approvata la legge n.229 del 2003 (cosiddetta di semplificazione) la quale ha delegato il Governo ad intervenire per il riassetto globale e unitario della materia assicurativa.
Conclusivamente, perno centrale del nostro federalismo è, e sarà sempre, la perequazione delle risorse e l'eguaglianza dei livelli dei servizi.
Non ci sarà la spaccatura del paese, né penalizzazioni per il meridione, in quanto la Casa delle libertà ha reintrodotto l'interesse nazionale che proprio la sinistra, con la sua riforma del 2001, aveva soppresso dall'articolo 117.

 


 

 

 


 

Allegato A
Seduta n. 528 del 14/10/2004

 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)

 

 


(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)

 

ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Capo III
MODIFICHE AL TITOLO III DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

 

Art. 26.
(Governo e Primo ministro).

1. L'articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 92. - Il Governo della Repubblica è composto dal Primo ministro e dai ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
La candidatura alla carica di Primo ministro avviene mediante collegamento con i candidati all'elezione della Camera dei deputati, secondo modalità stabilite dalla legge. La legge disciplina l'elezione dei deputati in modo da favorire la formazione di una maggioranza, collegata al candidato alla carica di Primo ministro.
Il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati delle elezioni della Camera dei deputati, nomina il Primo ministro.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Capo III
MODIFICHE AL TITOLO III DELLA COSTITUZIONE

 

ART. 26.
(Governo e Primo ministro).

Sopprimerlo.

Conseguentemente, all'articolo 29, capoverso Art. 95, sopprimere il primo comma.
26. 3. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 92 primo periodo, sostituire le parole da: , che costituiscono fino alla fine del capoverso con le seguenti: «. Il Primo Ministro e i Ministri costituiscono il Consiglio dei ministri.
La legge determina il numero e le attribuzioni dei Ministri, nonché le incompatibilità tra le cariche di Governo e la titolarità o lo svolgimento delle attività private.
La candidatura alla carica di Primo Ministro avviene mediante dichiarazione di collegamento con i candidati alla Camera dei deputati.»
26. 1. Mascia, Leoni, Bressa, Boato, Zanella, Pisapia, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 92, dopo il primo comma, aggiungere il seguente:
«La legge determina le incompatibilità tra cariche di Governo ed uffici o attività pubbliche e private. Detta le disposizioni idonee ad evitare conflitti tra gli interessi privati dei membri del Governo e gli interessi pubblici. Assicura la libera e consapevole formazione delle scelte degli elettori.»
26. 4. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani, Pistone, Cima.

Subemendamenti all'emendamento 26. 200.

All'emendamento 26. 200, aggiungere la seguente parte consequenziale:
Conseguentemente all'articolo 26, capoverso Art.
92, secondo comma, secondo periodo, sostituire le parole da: favorire fino a: alla carica di con le seguenti: assicurare la formazione di una maggioranza, collegata al.
0. 26. 200. 2. Boccia.

All'emendamento 26. 200, aggiungere la seguente parte consequenziale:
Conseguentemente all'articolo 26, capoverso Art.
92, secondo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Il Primo ministro deve essere membro della Camera dei deputati.
0. 26. 200. 1. Lucchese.

Al comma 1, capoverso Art. 92, secondo comma, primo periodo, dopo le parole: i candidati aggiungere le seguenti: ovvero con una o più liste di candidati.
26. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, Moroni.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 92, terzo comma, sostituire le parole da: , sulla base fino a: nomina il con le seguenti: nomina il Primo Ministro, sulla base dei risultati delle elezioni della Camera dei deputati all'inizio della legislatura, nonché nei casi di dimissioni, di impedimento permanente, accertato secondo modalità fissate dalla legge, ovvero di morte del.
26. 9. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.

 

A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)

 

ARTICOLO 27 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 27.
(Giuramento del Primo ministro e dei ministri).

1. L'articolo 93 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 93. - Il Primo ministro e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica».

 

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 27 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 27.
(Giuramento del Primo ministro e dei ministri).

Sostituirlo con il seguente:
1. L'articolo 93 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 93. - Il Presidente della Repubblica, alla proclamazione dei risultati per l'elezione della Camera dei deputati nomina, con proprio decreto, il candidato alla carica di Primo Ministro risultante dalla dichiarazione di collegamento con il maggior numero di deputati eletti.
Il Primo Ministro nominato si sottopone al voto di fiducia del Camera dei deputati.
Prima di assumere le funzioni, il Primo ministro ed i ministri prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.
Il Primo Ministro nomina e revoca con proprio decreto i Ministri».

Conseguentemente, all'articolo 29, capoverso Art. 95, sopprimere il primo comma.
27. 1. Mascia, Leoni, Bressa, Boato, Giordano, Zanella.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 3)

 

ARTICOLO 28 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 28.
(Governo in Parlamento).

1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 94. - Il Primo ministro illustra il programma del Governo alle Camere entro dieci giorni dalla nomina. Ogni anno presenta il rapporto sulla sua attuazione e sullo stato del Paese.
Egli può chiedere che la Camera dei deputati si esprima, con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo. La votazione ha luogo per appello nominale. In caso di voto contrario, il Primo ministro rassegna le dimissioni.
In qualsiasi momento la Camera dei deputati può obbligare il Primo ministro alle dimissioni, con l'approvazione di una mozione di sfiducia. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera dei deputati, non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione, deve essere votata per appello nominale e approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti. Nel caso di approvazione, il Primo ministro si dimette e il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indìce le elezioni».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 28 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 28.
(Governo in Parlamento).

Sopprimerlo.
28. 9. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.

Sostituirlo con il seguente:
1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 94. - La Camera dei deputati può esprimere la sfiducia al Primo Ministro mediante l'approvazione di una mozione motivata, sottoscritta da almeno un terzo dei membri dell'Assemblea stessa, contenente l'indicazione del successore, con votazione per appello nominale a maggioranza dei suoi componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima che siano trascorsi tre giorni dalla presentazione.
La nomina del nuovo Primo Ministro da parte del Presidente della Repubblica comporta la revoca del Primo Ministro e la decadenza dei Ministri in carica.
In caso di dimissioni del Primo Ministro, di morte o di impedimento permanente nell'esercizio delle funzioni, la Camera dei deputati elegge il successore secondo le procedure dell'articolo 92.
L'impedimento permanente del Primo Ministro è dichiarato congiuntamente dal Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente della Corte costituzionale.
Il Primo Ministro dimissionario non è immediatamente rieleggibile».
28. 1. Mascia, Russo Spena.

Sostituirlo con il seguente:
1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 94. - Il Primo Ministro, entro dieci giorni dalla nomina, illustra alle Camere il programma di legislatura e la composizione del Governo. Il programma specifica gli indirizzi sottoposti al corpo elettorale e contiene i principali indirizzi politici e le misure da adottare nell'attività governativa. La Camera dei deputati vota il programma che può essere respinto solo a maggioranza assoluta dei componenti. Il rigetto del programma comporta le dimissioni del Primo Ministro.
Ogni anno il Primo Ministro presenta alle Camere il rapporto sull'attuazione del programma e sullo stato della Repubblica, su cui si svolge un dibattito.
Il Primo Ministro può chiedere alla Camera dei deputati il voto di fiducia su un provvedimento, compreso nel programma di legislatura o ad esso riconducibile. Il Regolamento della Camera disciplina i casi nei quali il Governo ha la facoltà di porre la fiducia sull'approvazione di singoli articoli o emendamenti, ferma l'applicazione del primo comma dell'articolo 72. Non è comunque ammessa la questione di fiducia sulle modifiche al Regolamento della Camera, sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, nonché su disposizioni riguardanti materie di cui agli articoli 6, da 13 a 22, da 24 a 27, 29, 30, 31, secondo comma, 32, secondo comma. Il rigetto della fiducia comporta le dimissioni del Primo Ministro.
La Camera dei deputati vota la sfiducia al Primo Ministro mediante mozione motivata sottoscritta da almeno un quarto dei suoi componenti. La mozione non può essere posta in votazione prima di tre giorni e oltre cinque giorni dalla presentazione. L'approvazione della sfiducia comporta le dimissioni del Primo Ministro».
28. 8. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Fanfani.

Subemendamenti all'emendamento 28. 200.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, sopprimere il primo comma.
0. 28. 200. 4. Maura Cossutta.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, primo comma, primo periodo, dopo la parola: programma aggiungere le seguenti: di legislatura e la composizione.
0. 28. 200. 15. Boato, Bressa, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.
(Approvato)

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, primo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Il programma specifica gli indirizzi sottoposti al corpo elettorale e contiene i principali indirizzi politici e le misure da adottare nell'attività governativa.
0. 28. 200. 16. Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, primo comma, secondo periodo, sostituire le parole da: La Camera dei deputati si esprime con un voto fino alla fine dell'emendamento con le seguenti: La Camera dei deputati può esprimere la sfiducia al Primo ministro mediante l'approvazione di una mozione motivata, sottoscritta da almeno un terzo dei membri dell'Assemblea stessa, contenente l'indicazione del successore, con votazione per appello nominale a maggioranza dei suoi componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima che siano trascorsi tre giorni dalla presentazione.
La nomina del nuovo Primo ministro da parte del Presidente della Repubblica comporta la revoca del Primo ministro e la decadenza dei ministri in carica.
In caso di dimissioni del Primo ministro, di morte o di impedimento permanente nell'esercizio delle funzioni, la Camera dei deputati elegge il successore secondo le procedure dell'articolo 92.
L'impedimento permanente del Primo ministro è dichiarato congiuntamente dal Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente della Corte costituzionale.
Il Primo ministro dimissionario non è immediatamente rieleggibile.
0. 28. 200. 7. Mascia, Mantovani.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, primo comma, sostituire il secondo periodo con il seguente: La Camera dei deputati vota il programma, che può essere respinto solo a maggioranza assoluta dei componenti.
0. 28. 200. 11. Boato, Bressa, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, primo comma, secondo periodo, sostituire le parole: programma illustrato dal Primo ministro. Ogni anno con le seguenti: programma. Il Primo ministro ogni anno.
0. 28. 200. 250. La Commissione.
(Approvato)

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, primo comma, terzo periodo, sostituire le parole: del Paese con le seguenti: della Repubblica, su cui si svolge un dibattito.
0. 28. 200. 12. Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, sopprimere il secondo comma.
0. 28. 200. 17. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Russo Spena.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, sostituire il secondo comma con il seguente:
Il Primo Ministro può chiedere alla Camera dei deputati il voto di fiducia su un provvedimento, compreso nel programma di legislatura o ad esso riconducibile. Il regolamento della Camera dei deputati disciplina i casi nei quali il Governo ha la facoltà di porre la fiducia sull'approvazione di singoli articoli o emendamenti, ferma l'applicazione del primo comma dell'articolo 72. Non è comunque ammessa la questione di fiducia sulle modifiche al regolamento della Camera dei deputati, sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, nonché su disposizioni riguardanti materie di cui agli articoli 6, da 13 a 22, da 24 a 27, 29, 30, 31, secondo comma, 32, secondo comma. Il rigetto della fiducia comporta le dimissioni del Primo Ministro.
0. 28. 200. 18. Boato, Bressa, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, secondo comma, primo periodo, dopo le parole: di fiducia aggiungere le seguenti: su un provvedimento compreso nel programma di legislatura o ad esso riconducibile.
0. 28. 200. 9. Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Fanfani, Lettieri, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, secondo comma, primo periodo, sopprimere le parole: con voto conforme alle proposte del Governo,
0. 28. 200. 8. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Russo Spena.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, secondo comma, primo periodo, sostituire le parole: nei casi previsti dal suo regolamento con le seguenti: Non è comunque ammessa la questione di fiducia sulle modifiche al regolamento della Camera, sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, nonché su disposizioni riguardanti materie di cui agli articoli 6, da 13 a 22, da 24 a 27, 29, 30, 31, secondo comma, 32, secondo comma.
0. 28. 200. 10. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Fanfani, Lettieri, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Pisapia.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, secondo comma, aggiungere in fine il seguente periodo: Non è comunque ammessa la questione di fiducia sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale.
0. 28. 200. 251. La Commissione.
(Approvato)

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, sopprimere il terzo comma.
0. 28. 200. 5. Maura Cossutta.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, terzo comma, secondo periodo, sostituire le parole: un quinto con le seguenti: un decimo.
0. 28. 200. 3. Mazzuca Poggiolini.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, terzo comma, terzo periodo, dopo le parole: Nel caso di approvazione aggiungere le seguenti: il Primo ministro si dimette e.
0. 28. 200. 254. La Commissione.
(Approvato)

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, dopo il terzo comma, aggiungere il seguente:
Il Primo ministro si dimette altresì qualora la mozione di sfiducia sia stata respinta con il voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. In tal caso si applica l'articolo 88, secondo comma.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il quinto comma.
0. 28. 200. 19. D'Alia, Fontanini, Carrara, Saponara.
(Approvato)

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, sopprimere il quarto comma.
0. 28. 200. 6. Maura Cossutta.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, quarto comma, primo periodo, sostituire le parole: presentata una mozione di sfiducia, con l'indicazione con le seguenti: presentata e approvata una mozione di sfiducia, con la designazione.
0. 28. 200. 255. La Commissione.
(Approvato)

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, quarto comma, primo periodo, sostituire le parole da: dei deputati appartenenti fino alla fine del comma, con le seguenti: di un quarto dei componenti della Camera, nel caso in cui la mozione venga approvata il Primo ministro in carica si dimette. Il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora verifichi che la nomina del Primo Ministro indicato nella mozione e il voto della Camera sono coerenti con il risultato delle elezioni della Camera dei deputati e con il programma di legislatura.
0. 28. 200. 13. Bressa, Boato, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, quarto comma, primo periodo, sostituire le parole da: in carica fino alla fine del comma, con le seguenti: si dimette e il Presidente della Repubblica nomina il Primo ministro designato dalla mozione. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione e deve essere votata per appello nominale.
0. 28. 200. 256. La Commissione.
(Approvato)

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, sopprimere il quinto comma.
0. 28. 200. 14. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Giordano.

All'emendamento 28. 200, capoverso Art. 94, quinto comma, secondo periodo, sostituire le parole: Qualora il Primo ministro non si dimetta, con le seguenti: In tal caso, a seguito della richiesta del Presidente della Repubblica, il Primo ministro deve dimettersi ed.
0. 28. 200. 2. Mazzuca Poggiolini.

Sostituirlo con il seguente:
1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 94. - Il Primo ministro illustra il programma del Governo alle Camere entro dieci giorni dalla nomina. La Camera dei deputati si esprime con un voto sul programma illustrato dal Primo ministro. Ogni anno presenta il rapporto sulla sua attuazione e sullo stato del Paese.
Il Primo ministro può porre la questione di fiducia e chiedere che la Camera dei deputati si esprima, con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo, nei casi previsti dal suo regolamento. La votazione ha luogo per appello nominale. In caso di voto contrario, il Primo ministro si dimette.
In qualsiasi momento la Camera dei deputati può obbligare il Primo ministro alle dimissioni, con l'approvazione di una mozione di sfiducia. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera dei deputati, non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione, deve essere votata per appello nominale e approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti. Nel caso di approvazione, il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indìce le elezioni.
Qualora sia presentata una mozione di sfiducia, con l'indicazione di un nuovo Primo ministro, da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, il Primo ministro in carica si dimette. Il nuovo Primo ministro illustra alle Camere, entro cinque giorni, il programma, sul quale la Camera dei deputati si esprime con voto per appello nominale.
Il Presidente della Repubblica richiede le dimissioni del Primo ministro nel caso in cui, per il voto favorevole su una proposta ai sensi del secondo comma ovvero per la reiezione della mozione di sfiducia ai sensi del terzo comma, sia stato determinante il voto di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. Qualora il Primo ministro non si dimetta, il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 88, secondo comma».
28. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 94, primo comma, primo periodo, dopo la parola: programma aggiungere le seguenti: di legislatura e la composizione.
28. 71. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Titti De Simone, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 94, primo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Il programma specifica gli indirizzi sottoposti al corpo elettorale e contiene i principali indirizzi politici e le misure da adottare nell'attività governativa.
28. 72. Bressa, Boato, Leoni, Provera, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 94, primo comma, dopo il primo periodo, aggiungere i seguenti: La Camera dei deputati vota il programma, che può essere respinto solo a maggioranza assoluta dei componenti. Il rigetto del programma comporta le dimissioni del Primo ministro.
28. 74. Boato, Leoni, Bressa, Mantovani, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 94, primo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: La Camera dei deputati vota il programma, che può essere respinto solo a maggioranza assoluta dei componenti.
28. 73. Leoni, Bressa, Boato, Valpiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 94, primo comma, sostituire il secondo periodo con il seguente: Ogni anno il Primo ministro presenta alle Camere il rapporto sull'attuazione del programma e sullo stato della Repubblica, su cui si svolge un dibattito.
28. 75. Bressa, Boato, Leoni, Deiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 94, sopprimere il secondo comma.
28. 76. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Titti De Simone, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 94, sostituire il secondo comma con i seguenti:
Su richiesta del Governo sono, con priorità, iscritti all'ordine del giorno delle Camere i disegni di legge presentati o accettati dal Governo. Il Governo può chiedere che un disegno di legge sia esaminato e votato entro una data determinata, secondo le modalità stabilite dai regolamenti parlamentari. Può, altresì, chiedere che, decorso il termine, secondo le modalità ed entro i limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari, la Camera deliberi su ciascun articolo, con gli emendamenti proposti o accettati dal Governo, e proceda alla votazione finale.
Il regolamento della Camera dei deputati disciplina i casi in cui il Governo ha la facoltà di porre la questione di fiducia sull'approvazione di atti di indirizzo, singoli articoli o emendamenti. La questione di fiducia non può essere in ogni caso posta sulle modifiche del regolamento della Camera, sulle leggi costituzionali o di revisione costituzionale, nonché su disposizioni riguardanti materie di cui agli articoli 6, da 13 a 22, da 24 a 27, 29, 30, 31, secondo comma, 32, secondo comma. In caso di rigetto della fiducia, il Primo ministro presenta le dimissioni.
28. 82. Tabacci, Malgieri, Landolfi, La Malfa, Biondi, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 94, sostituire il secondo comma con il seguente:
Il Primo ministro può chiedere alla Camera dei deputati il voto di fiducia su un provvedimento, compreso nel programma di legislatura o ad esso riconducibile. Il regolamento della Camera dei deputati disciplina i casi nei quali il Governo ha la facoltà di porre la fiducia sull'approvazione di singoli articoli o emendamenti, ferma l'applicazione del primo comma dell'articolo 72. Non è comunque ammessa la questione di fiducia sulle modifiche al regolamento della Camera, sulle leggi costituzionali e di revisine costituzionale, nonché su disposizioni riguardanti materie di cui agli articoli 6, da 13 a 22, da 24 a 27, 29, 30, 31, secondo comma, 32, secondo comma. Il rigetto della fiducia comporta le dimissioni del Primo ministro.
28. 77. Boato, Bressa, Leoni, Alfonso Gianni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 94, sopprimere il terzo comma.
28. 78. Leoni, Boato, Bressa, Maura Cossutta, Vendola, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 94, sostituire il terzo comma con il seguente:
La Camera dei deputati vota la sfiducia al Primo ministro mediante mozione motivata sottoscritta da almeno un quarto dei suoi componenti. La mozione non può essere posta in votazione prima di tre giorni e oltre cinque giorni dalla presentazione. L'approvazione della sfiducia comporta le dimissioni del Primo ministro.
28. 79. Bressa, Leoni, Boato, Provera, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 94, terzo comma, secondo periodo, dopo le parole: tre giorni aggiungere le seguenti: e non oltre cinque giorni.
28. 81. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Mantovani, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 94, terzo comma, terzo periodo, sopprimere le parole da: e il Presidente della Repubblica fino alla fine del capoverso.
28. 80. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Valpiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 4)

 

ARTICOLO 29 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 29.
(Poteri del Primo ministro e dei ministri).

1. L'articolo 95 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 95. - I ministri sono nominati e revocati dal Primo ministro.
Il Primo ministro determina la politica generale del Governo e ne è responsabile. Garantisce l'unità di indirizzo politico e amministrativo, dirigendo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri.
I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri e individualmente degli atti dei loro dicasteri.
La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 29 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 29.
(Poteri del Primo ministro e dei ministri).

Sopprimerlo.
29. 1. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.

Sostituirlo con il seguente:
1. L'articolo 95 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 95. - Il Primo Ministro dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Promuove e coordina l'attività dei Ministri.
Il Primo Ministro ed i Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri.
I Ministri sono individualmente responsabili degli atti dei loro dicasteri. La legge provvede all'ordinamento del Governo e determina le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri.
I ministeri possono essere istituiti solo nelle materie riservate alla competenza dello Stato.»
29. 2. Mascia, Leoni, Bressa, Boato, Giordano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 95, primo comma, sostituire le parole: dal Primo ministro con le seguenti: dal Presidente della Repubblica su proposta del Primo ministro.
29. 70. Tabacci, Malgieri, La Malfa, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 95, secondo comma, primo periodo, sostituire la parola: determina con la seguente: dirige.

Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sopprimere la parola: dirigendo,
*29. 6. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 95, secondo comma, primo periodo, sostituire la parola: determina con la seguente: dirige.

Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sopprimere la parola: dirigendo,
*29. 71. Tabacci, Malgieri, La Malfa, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 5)

 

ARTICOLO 30 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 30.
(Disposizioni sui reati ministeriali).

1. L'articolo 96 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 96. - Il Primo ministro e i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato federale della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 30 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 30.
(Disposizioni sui reati ministeriali).

Sopprimerlo.
*30. 1. Mascia, Pisapia.

Sopprimerlo.
*30. 70. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

A.C. 4862 ed abb. - Sezione 6)

 

ARTICOLO 43 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Capo VII
DISPOSIZIONI TRANSITORIE

 

Art. 43.
(Disposizioni transitorie).

1. Le disposizioni di cui al titolo I, al titolo II ed al titolo III della Parte II della Costituzione e le disposizioni di cui agli articoli 104, 126, 127 e 135 della Costituzione, come modificate dalla presente legge costituzionale, nonché le disposizioni di cui all'articolo 41, comma 2, della presente legge costituzionale si applicano a decorrere dall'inizio della XV legislatura, ad eccezione degli articoli 56, secondo e quarto comma, 57, secondo comma, e 59, secondo comma, della Costituzione, come modificati dagli articoli 2, 3 e 5 della presente legge costituzionale, che trovano applicazione per la successiva formazione della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica, trascorsi cinque anni dalle sue prime elezioni, salvo quanto previsto dai commi 2 e 3. Per la formazione del Senato federale della Repubblica della XV legislatura, nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due; la Valle D'Aosta uno.
2. In sede di prima applicazione della presente legge costituzionale, le prime elezioni del Senato federale della Repubblica, successive alla data di entrata in vigore della medesima legge, hanno luogo contestualmente a quelle della Camera dei deputati ed i senatori così eletti durano in carica per cinque anni. Alla scadenza dei cinque anni hanno luogo le nuove elezioni del Senato federale della Repubblica, nella composizione di cui all'articolo 57 della Costituzione, come modificato dall'articolo 3 della presente legge costituzionale. Tali elezioni sono indette dal Presidente della Repubblica ed hanno luogo contestualmente a quelle di tutti i Consigli o Assemblee regionali in carica a tale data, che sono conseguentemente sciolti.
3. Per le elezioni del Senato federale della Repubblica e della Camera dei deputati, successive alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, e fino all'adeguamento della legislazione elettorale alle disposizioni della presente legge costituzionale, trovano applicazione le leggi elettorali per il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
4. Le disposizioni dei regolamenti parlamentari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle loro modificazioni conseguenti alla medesima legge. Le norme regolamentari incompatibili con la presente legge costituzionale cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge medesima.
5. In sede di prima applicazione della presente legge costituzionale, il Senato federale della Repubblica, integrato dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nomina i giudici della Corte costituzionale di propria competenza alle prime due scadenze di giudici già eletti dal Parlamento in seduta comune, ai sensi dell'articolo 135, primo comma, della Costituzione, vigente alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, ed alle prime scadenze di un giudice già eletto dalla suprema magistratura ordinaria e di un giudice già nominato dal Presidente della Repubblica. La Camera dei deputati nomina i giudici della Corte costituzionale di propria competenza alle ulteriori scadenze di giudici già eletti dal Parlamento in seduta comune.
6. Il quarto comma dell'articolo 135 della Costituzione, come sostituito dall'articolo 41 della presente legge costituzionale, non si applica nei confronti dei giudici costituzionali in carica alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
7. In caso di cessazione anticipata dall'incarico di singoli componenti del Consiglio superiore della magistratura, già eletti dal Parlamento in seduta comune, il Senato federale della Repubblica procede alle conseguenti elezioni suppletive fino alla concorrenza del numero di componenti di sua competenza, ai sensi dell'articolo 104, quarto comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 31 della presente legge costituzionale.
8. Nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale si possono, con leggi costituzionali, formare nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, a modificazione dell'elenco di cui all'articolo 131 della Costituzione, senza il concorso delle condizioni richieste dal primo comma dell'articolo 132 della Costituzione, fermo restando l'obbligo di sentire le popolazioni interessate.
9. Le popolazioni interessate di cui al comma 8 sono costituite dai cittadini residenti nei Comuni o nelle Province di cui si propone il distacco dalla Regione.
10. I senatori a vita in carica alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale permangono in carica anche se il loro numero supera quello indicato dall'articolo 59, secondo comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 5 della presente legge costituzionale.
11. Fino alla data di entrata in vigore delle leggi che, in attuazione dell'articolo 119, secondo e terzo comma, della Costituzione, individuano i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario ed istituiscono un fondo perequativo e comunque per un periodo non superiore a cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, i disegni di legge attinenti ai bilanci ed al rendiconto consuntivo dello Stato sono esaminati secondo il procedimento di cui al terzo comma dell'articolo 70 della Costituzione, come sostituito dall'articolo 13 della presente legge costituzionale. Tali disegni di legge sono esaminati secondo la procedura normale di cui all'articolo 72, quarto comma, della Costituzione, come sostituito dall'articolo 15 della presente legge costituzionale.
12. All'articolo 5 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n.1, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, lettera b), sono soppresse le parole: «, impedimento permanente o morte»;
b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
«2-bis. Nel caso di impedimento permanente o morte del Presidente della Giunta, il Consiglio nomina un nuovo Presidente».

13. Le disposizioni di cui al comma 12 si applicano in via transitoria anche nei confronti delle Regioni nelle quali, alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, siano già entrati in vigore i nuovi statuti regionali, ai sensi della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1.
14. All'articolo 1, comma 3, della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n.2, nel primo periodo le parole: «il primo rinnovo» sono sostituite dalle seguenti: «i rinnovi» e la parola: «successivo» è sostituita dalla seguente: «successivi».
15. Fino all'adeguamento dei rispettivi statuti e salvo quanto previsto dall'articolo 34, comma 6, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 43 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Capo IV
MODIFICHE AL TITOLO IV DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

 

Capo VII
DISPOSIZIONI TRANSITORIE

ART. 43.
(Disposizioni transitorie).

 

Subemendamenti all'emendamento 43. 250.

All'emendamento 43.250, comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: agli articoli fino alla fine comma 2-quinquies con le seguenti: alla presente legge costituzionale trovano applicazione a decorrere dalla XVI legislatura, fatto salvo quanto previsto dai commi 2 e 2-bis.
2. Il Senato federale della Repubblica, nella composizione di cui all'articolo 57, così come modificato dalla presente legge costituzionale, è eletto per la prima volta nel 2010, data per il rinnovo dei Consigli regionali delle Regioni a statuto ordinario. Contestualmente alle elezioni dei Consigli regionali vengono eletti i rappresentanti del Senato federale.
2-bis. Le Regioni e le Province autonome che hanno scadenze diverse da quella del comma 2, in sede di prima applicazione, eleggono nel 2010 i propri senatori, che durano in carica fino alla scadenza ordinaria dei rispettivi Consigli regionali.
0. 43. 250. 2. Boato, Bressa, Leoni, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano, Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

All'emendamento 43.250, comma 1, primo periodo, dopo le parole: agli articoli aggiungere le seguenti: 56, secondo comma, 57, secondo comma,

Conseguentemente, al medesimo emendamento, comma 2, secondo periodo, sostituire le parole da: articoli 56, secondo fino a: 57, secondo con le seguenti: articoli 56, terzo e quarto comma, 57.
0. 43. 250. 3. Leoni, Boato, Bressa, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano, Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

All'emendamento 43.250, comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: 120 fino a: 127 con le seguenti: 122, 123, 126, terzo comma.
0. 43. 250. 6. Leoni, Bressa, Boato, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano, Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

All'emendamento 43.250, comma 2, primo periodo, sostituire le parole da: 56, primo comma fino a: 60, primo comma con le seguenti: 56, 57, 58, 59, 60.

Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere il secondo periodo.
0. 43. 250. 4. Bressa, Leoni, Boato, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano, Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

All'emendamento 43.250, comma 2-ter, lettera a), dopo la parola: Regione aggiungere le seguenti: o Provincia autonoma.
0. 43. 250. 7. (Testo modificato nel corso della seduta) Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.
(Approvato)

All'emendamento 43.250, comma 2-ter, lettera a), sostituire le parole: quaranta anni con le seguenti: venticinque anni.
0. 43. 250. 5. Boato, Leoni, Bressa, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano, Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

All'emendamento 43.250, comma 2-ter, lettera b), dopo la parola: Regione aggiungere le seguenti: o Provincia autonoma.
0. 43. 250. 8. (Testo modificato nel corso della seduta) Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas, Boato, Bressa, Olivieri, Kessler.
(Approvato)

All'emendamento 43.250, comma 2-quater, sostituire le parole da: nel caso di scioglimento dei Consigli fino a: legislatura regionale con le seguenti: in caso di scioglimento del Consiglio o Assemblea regionale o dei Consigli delle Province autonome in base all'articolo 126 o ad altra norma costituzionale, la durata della successiva legislatura regionale o provinciale.
0. 43. 250. 9. (Testo modificato nel corso della seduta) Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas, Boato, Bressa, Olivieri, Kessler.
(Approvato)

All'emendamento 43.250, comma 2-quater, sostituire le parole da: di cui all'articolo 57, secondo comma fino alla fine del medesimo comma con le seguenti: di cui al comma 2-ter, lettera d).
0. 43. 250. 1. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

Sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti:
1. Le disposizioni di cui agli articoli 65, 69, 76, 84, 98-bis, 114, 116, 117, 118, 120, 122, 123, 126, terzo comma, 127, 128, 131 e 133 della Costituzione, come modificati dalla presente legge costituzionale, si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Ogni richiamo all'articolo 70 della Costituzione, contenuto negli articoli 65, 69, 98-bis, 118 e 133 della Costituzione, come modificati dalla presente legge costituzionale, è riferito, fino all'applicazione dell'articolo 13 della presente legge costituzionale, all'articolo 70 della Costituzione nel testo vigente alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
2. Fatto salvo quanto previsto dai commi 2-bis, 2-ter e 2-quinquies del presente articolo, le disposizioni di cui agli articoli 55, 56, primo comma, 57, primo e sesto comma, 58, 59, 60, primo comma, 61, 63, 64, 66, 67, 70, 71, 72, 73, 74, 77, 80, 81, 82, 83, 85, 86, 87, 88, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 104, 126, primo comma, 129, 135 e 138 della Costituzione, come modificati dalla presente legge costituzionale, e le disposizioni di cui all'articolo 41, comma 2, della presente legge costituzionale si applicano con riferimento alla prima legislatura successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Gli articoli 56, secondo, terzo e quarto comma, 57, secondo, terzo, quarto e quinto comma, 60, secondo e terzo comma, della Costituzione, come modificati dalla presente legge costituzionale, si applicano per la successiva formazione della Camera dei deputati, nonché del Senato federale della Repubblica trascorsi cinque anni dalle prime elezioni del Senato medesimo, salvo quanto previsto dai commi 2-ter e 3 del presente articolo. Fino alla prima applicazione delle disposizioni costituzionali di cui al presente comma, continuano ad applicarsi i corrispondenti articoli della Costituzione nel testo vigente alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
2-bis. Fino all'adeguamento della legislazione elettorale, ivi comprese le norme concernenti le elezioni nella circoscrizione Estero, alle disposizioni di cui all'articolo 92, secondo comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale:
a) a decorrere dalla prima legislatura della Camera dei deputati successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, il Governo, entro dieci giorni dalla sua formazione, si presenta alla Camera per ottenerne la fiducia; la Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale;
b) non si applica il quarto comma dell'articolo 70 della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale;
c) ai fini dello scioglimento della Camera dei deputati si applica l'articolo 88 della Costituzione, nel testo vigente alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

2-ter. In sede di prima applicazione della presente legge costituzionale:
a) le prime elezioni del Senato federale della Repubblica, successive alla data di entrata in vigore della medesima legge, sono indette dal Presidente della Repubblica, che ne fissa la prima riunione non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni medesime, hanno luogo contestualmente a quelle della Camera dei deputati ed i senatori così eletti durano in carica per cinque anni; sono eleggibili a senatori di una Regione gli elettori che hanno compiuto i quaranta anni di età; sono eletti nella circoscrizione Estero solamente i diciotto deputati di cui all'articolo 56, secondo comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale; ai fini dell'applicazione dell'articolo 56, quarto comma, della Costituzione, la ripartizione dei seggi fra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo per seicentododici il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione;
b) alla scadenza dei cinque anni di cui alla lettera a) hanno luogo le nuove elezioni del Senato federale della Repubblica, nella composizione di cui all'articolo 57 della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale; sono eleggibili a senatori di una Regione gli elettori che hanno compiuto i venticinque anni di età;
c) la legislatura di ciascuna Assemblea o Consiglio regionale e di provincia autonoma, in carica trascorsi trenta mesi dalla data di indizione delle prime elezioni di cui alla lettera a), dura fino alla data di indizione delle nuove elezioni di cui alla lettera b); è fatto salvo il caso di scioglimento ai sensi del comma 2-quater;
d) le nuove elezioni di cui alla lettera b) sono indette dal Presidente della Repubblica, che fissa la prima riunione del Senato federale della Repubblica entro il ventesimo giorno dalle elezioni medesime, ed hanno luogo contestualmente a quelle di tutte le Assemblee o Consigli regionali o di provincia autonoma, in carica alla data delle elezioni, che sono conseguentemente sciolti.

2-quater. Con esclusivo riferimento al quinquennio successivo alle prime elezioni del Senato federale della Repubblica, di cui alla lettera a) del comma 2-ter; nel caso di scioglimento dei Consigli o delle Assemblee regionali in base all'articolo 126 o ad altra norma costituzionale, la durata della successiva legislatura regionale è ridotta conseguentemente, in modo da assicurare, nelle nuove elezioni del Senato federale della Repubblica, la contestualità di cui all'articolo 57, secondo comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale.
2-quinquies. Per le prime elezioni del Presidente della Repubblica successive alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, il termine di quindici giorni di cui all'articolo 85, terzo comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, è fissato in quarantacinque giorni.

Conseguentemente:
al comma 4, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Fino alla determinazione dei criteri generali di cui all'articolo 70, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, il Presidente di ciascuna Camera verifica che un disegno di legge non contenga disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi;
dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
4-bis. Le funzioni attribuite ai Consigli delle autonomie locali da disposizioni costituzionali sono esercitate dai rispettivi Consigli regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano, fino alla data della istituzione di ciascun Consiglio delle autonomie locali;
al comma 8, dopo le parole: articolo 131 della Costituzione aggiungere le seguenti: , come modificato dalla presente legge costituzionale;
sostituire i commi 10 e 11 con il seguente:
10. I senatori a vita in carica alla data di inizio della prima legislatura successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale permangono in carica presso il Senato federale della Repubblica.
43. 250. (Testo modificato nel corso della seduta) La Commissione.
(Approvato)

Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: e 59, secondo comma.

Conseguentemente, al medesimo periodo, sopprimere le parole: e 5.
43. 75. Perrotta.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: dai commi 2 e 3 con le seguenti: dal comma 2.
43. 76. Perrotta.

Sostituire il comma 2 con i seguenti:
2. Il Senato federale della Repubblica, nella composizione di cui all'articolo 57, è eletto per la prima volta nel 2010, data per il rinnovo dei Consigli regionali delle Regioni a Statuto ordinario. Contestualmente alle elezioni dei Consigli regionali vengono eletti i rappresentanti del Senato federale.
2-bis. Le Regioni e le Province autonome che hanno scadenze diverse da quella del comma 2, in sede di prima applicazione, eleggono nel 2010 i propri senatori, che durano in carica fino alla scadenza ordinaria dei rispettivi Consigli regionali. In conseguenza della prima elezione del Senato federale della Repubblica, trovano applicazione gli articoli 65, 69, 70 e 72-bis.
43. 5. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

Al comma 2, sopprimere il terzo periodo.
43. 6. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-bis. Fino all'adeguamento dei rispettivi statuti, nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, sono fatte salve la durata e le modalità di elezione degli organi regionali e provinciali prevista dagli statuti medesimi, anche ove ciò comporti la non contestualità tra le elezioni del Senato federale e quelle dell'Assemblea regionale siciliana e dei Consigli o dei Consigli provinciali; con specifiche norme di attuazione sono disciplinate in via transitoria le modalità di coordinamento con le norme sull'elezione del Senato federale nonché le forme e le modalità di raccordo tra l'Assemblea regionale siciliana, i Consigli regionali ed i Consigli provinciali delle Province autonome e la rappresentanza regionale eletta nel Senato federale.
*43. 84. Cossa, Nicolosi.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-bis. Fino all'adeguamento dei rispettivi statuti, nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, sono fatte salve la durata e le modalità di elezione degli organi regionali e provinciali prevista dagli statuti medesimi, anche ove ciò comporti la non contestualità tra le elezioni del Senato federale e quelle dell'Assemblea regionale siciliana e dei Consigli o dei Consigli provinciali; con specifiche norme di attuazione sono disciplinate in via transitoria le modalità di coordinamento con le norme sull'elezione del Senato federale nonché le forme e le modalità di raccordo tra l'Assemblea regionale siciliana, i Consigli regionali ed i Consigli provinciali delle Province autonome e la rappresentanza regionale eletta nel Senato federale.
*43. 88. Burtone, Enzo Bianco, Finocchiaro, Cardinale, Cusumano, Lumia, Rosato.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-bis. Fino all'adeguamento dei rispettivi statuti, nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, sono fatte salve la durata e le modalità di elezione degli organi regionali e provinciali prevista dagli statuti medesimi, anche ove ciò comporti la non contestualità tra le elezioni del Senato federale e quelle dei Consigli o delle Assemblee regionali o dei Consigli provinciali; con specifiche norme di attuazione sono disciplinate in via transitoria le modalità di coordinamento con le norme sull'elezione del Senato federale nonché le forme e le modalità di raccordo tra i Consigli regionali ed i Consigli provinciali delle Province autonome e la rappresentanza regionale eletta nel Senato federale.
**43. 74. Olivieri, Kessler, Maran.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-bis. Fino all'adeguamento dei rispettivi statuti, nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, sono fatte salve la durata e le modalità di elezione degli organi regionali e provinciali prevista dagli statuti medesimi, anche ove ciò comporti la non contestualità tra le elezioni del Senato federale e quelle dei Consigli o delle Assemblee regionali o dei Consigli provinciali; con specifiche norme di attuazione sono disciplinate in via transitoria le modalità di coordinamento con le norme sull'elezione del Senato federale nonché le forme e le modalità di raccordo tra i Consigli regionali ed i Consigli provinciali delle Province autonome e la rappresentanza regionale eletta nel Senato federale.
**43. 79. Bressa, Boato, Leoni, Provera, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Rosato.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-bis. Fino all'adeguamento dei rispettivi statuti, nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, sono fatte salve la durata e le modalità di elezione degli organi regionali e provinciali prevista dagli statuti medesimi, anche ove ciò comporti la non contestualità tra le elezioni del Senato federale e quelle dei Consigli o delle Assemblee regionali o dei Consigli provinciali; con specifiche norme di attuazione sono disciplinate in via transitoria le modalità di coordinamento con le norme sull'elezione del Senato federale nonché le forme e le modalità di raccordo tra i Consigli regionali ed i Consigli provinciali delle Province autonome e la rappresentanza regionale eletta nel Senato federale.
**43. 80. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.

Sostituire il comma 5 con il seguente:
«In sede di prima applicazione dell'articolo 135 della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, alla scadenza del termine dei giudici della Corte costituzionale già eletti dal Parlamento in seduta comune e alle prime scadenze del termine di un giudice già eletto dalla suprema magistratura ordinaria e di un giudice già nominato dal Presidente della Repubblica, al Senato federale della Repubblica, integrato dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, e alla Camera dei deputati è attribuita alternativamente l'elezione di ciascun giudice in scadenza. Al Senato è attribuita l'elezione del primo giudice in scadenza».

43. 9. (Nuova formulazione) Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.
(Approvato)

Sopprimere i commi 8 e 9.
43. 11. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 8, sostituire e parole da: , con leggi costituzionali fino a: abitanti con le seguenti: modificare i confini regionali e, con leggi costituzionali, formare nuove regioni.
43. 12. Rosato.

Sopprimere il comma 11.
43. 16. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Giordano, Maura Cossutta, zanella, Sgobio.

Sopprimere il comma 15.
43. 85. Cossa, Nicolosi.

Dopo l'articolo 43, aggiungere il seguente:

Art. 43-bis.

1. All'articolo 89 della Costituzione, al secondo comma, le parole: «Presidente del Consiglio dei ministri» sono sostituite dalle seguenti: «Primo ministro».
43. 025. La Commissione.
(Approvato)

Subemendamento all'emendamento 43.026 della Commissione

Dopo il primo comma aggiungere il seguente:
Gli statuti devono quindi contenere norme che garantiscano alla componente linguistica italiana la partecipazione attiva negli organismi politici e amministrativi.
L'intesa di cui all'articolo 116, primo comma, per le modifiche agli statuti speciali in attuazione del presente articolo può essere negata solo con la maggioranza di due terzi dei rappresentanti di ciascun gruppo linguistico.
0.43.026.1. Franza, Carrara, Crimi.

Dopo l'articolo 43, aggiungere il seguente:

Art. 43-ter.

Ai fini dell'adeguamento degli statuti di cui all'articolo 43-bis, nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano è riconosciuta parità di diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono.
43. 026. La Commissione.
(Approvato)

Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 43. 0200.

All'articolo aggiuntivo 43. 0200., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: un anno.

Conseguentemente:
al medesimo periodo, aggiungere, in fine, le parole:
, e presenta un apposito disegno di legge;
aggiungere, in fine, il seguente periodo: I tempi del regime transitorio di cui al secondo periodo non possono eccedere i tre anni.
0. 43. 0200. 4. Cabras, Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

All'articolo aggiuntivo 43. 0200., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: tre anni.
0. 43. 0200. 1. Leo, Armani, Carrara.

All'articolo aggiuntivo 43. 0200., Art. 44, comma 1, primo periodo, dopo la parola: risorse aggiungere le seguenti: materiali ed umane.
0. 43. 0200. 2. Mascia, Vendola, Boato, Bressa, Leoni.

All'articolo aggiuntivo 43. 0200., Art. 44, comma 1, secondo periodo, sostituire le parole: congrui rispetto con le seguenti: adeguati e comunque sufficienti e corrispondenti.
0. 43. 0200. 3. Mascia, Provera, Leoni, Bressa, Boato.

Dopo l'articolo 43 aggiungere il seguente:
Art. 44. (Trasferimento di beni e di risorse). - 1. Entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, il Governo assicura la puntuale individuazione dei beni e delle risorse da trasferire alle Regioni ed agli enti locali, la loro ripartizione tra le Regioni e tra Regioni ed enti locali, per garantire l'effettivo esercizio delle rispettive funzioni e competenze di cui alla presente legge costituzionale ed alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. La legge dello Stato, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, stabilisce le modalità ed i tempi per la ripartizione dei beni e delle risorse indi viduati ed i successivi trasferimenti, che debbono comunque essere congrui rispetto alle funzioni ed alle competenze esercitate e comportano l'adeguamento delle amministrazioni statali, in rapporto ad eventuali compiti residui.
43. 0200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.
(Approvato)

Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 43. 0201.

All'articolo aggiuntivo 43. 0201., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei mesi.

Conseguentemente, al secondo periodo, sostituire le parole da: l'attribuzione dell'autonomia fino alla fine del comma con le seguenti: la definizione di norme in materia di entrata e di spesa alle Regioni, alle Province, alle Città metropolitane e ai Comuni può prevedere un incremento della pressione fiscale complessiva per far fronte ai costi delle funzioni trasferite. Il disegno di legge non può prevedere periodi transitori superiori ai dieci anni per la realizzazione della piena autonomia impositiva.
0. 43. 0201. 2. Cabras, Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

All'articolo aggiuntivo 43. 0201., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: tre anni.
0. 43. 0201. 1. Leo, Armani, Carrara.

Dopo l'articolo 43 aggiungere il seguente:
Art. 44. (Federalismo fiscale e finanza statale). - 1. Entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, le leggi dello Stato assicurano l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. In nessun caso l'attribuzione dell'autonomia impositiva alle Regioni, alle Province, alle Città metropolitane e ai Comuni può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva.

43. 0201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.

 


 

 

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

529.

 

Seduta di VENERdì 15 oTTOBRE 2004

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

FABIO MUSSI

indi

DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

E DEI VICEPRESIDENTI

PUBLIO FIORI

E ALFREDO BIONDI

 

 


Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Avverto che la Commissione ha presentato l'ulteriore articolo aggiuntivo 43.027.

Ricordo altresì che nella seduta di ieri è stato da ultimo votato l'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0200.

 

(Ripresa esame articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 43 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 43 e delle proposte subemendative ad essi presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
Passiamo alla votazione del subemendamento Cabras 0.43.0201.2.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,15).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

 

La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 10,40.

Si riprende la discussione.

 

(Ripresa esame articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 43 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Cabras 0.43.0201.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 442
Votanti 441
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato
169
Hanno votato
no 272).

Prendo atto che l'onorevole Giulio Conti non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Leo 0.43.0201.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, indubbiamente questo subemendamento del collega Leo pone un problema serio, vale a dire quello dei tempi con cui avverrà questa fase di passaggio ed è sicuramente vero che è opportuno immaginare un tempo più ridotto.
Tuttavia, essendo contrari al contenuto dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201, anche se apprezziamo l'intento di accorciare i tempi di attuazione del federalismo fiscale e della finanza statale, non possiamo esprimere un voto favorevole e pertanto ci asterremo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco...

MAURIZIO LEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Leo; revoco l'indizione della votazione.
Prego, onorevole Leo ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, il presente subemendamento chiarisce i termini per il federalismo fiscale.
È noto che non ci sono stati interventi con riferimento all'articolo 119 della Costituzione, che delinea le entrate necessarie per dar vita al cosiddetto federalismo fiscale. Le entrate sono rappresentate da tributi propri, da compartecipazioni e dalla cosiddetta perequazione.
Sul versante della perequazione non poche difficoltà ha ingenerato il decreto legislativo n. 56 del 2000, che ha formato oggetto di aspre censure soprattutto da parte dei governatori delle regioni meridionali.
Il subemendamento che propongo si va a collocare nel contesto del successivo articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201 ed è volto a fornire certezza sui termini per attuare il federalismo fiscale. In buona sostanza, si dice che, entro tre anni, occorrerà dar corso a tutte quelle procedure necessarie per rendere effettiva l'acquisizione delle risorse indispensabili per il federalismo fiscale.
Quindi, in tal modo si completa il disegno dell'articolo 119 della Costituzione prevedendo termini certi per il reperimento delle risorse volte ad attuare le nuove disposizioni della Costituzione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leo 0.43.0201.1, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 457
Votanti 286
Astenuti 171
Maggioranza 144
Hanno votato
283
Hanno votato
no 3).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, sto per svolgere il mio ultimo intervento in questo dibattito, e a parziale consolazione di tutti voglio dirvi che il primo a non poterne più di sentirmi sono io, e dunque questo ultimo intervento è una liberazione (Applausi)!
L'articolo aggiuntivo in esame pone una questione molto delicata. Se, da un lato, è condivisibile il termine entro il quale deve essere data attuazione all'articolo 119 della Costituzione, dall'altro vi è una previsione assolutamente illogica in un processo di federalizzazione del paese. L'ultimo periodo dell'articolo aggiuntivo prevede che in nessun caso l'attribuzione dell'autonomia impositiva alle regioni, alle province, alle città metropolitane ed ai comuni può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva.
Si tratta di una previsione contraddittoria rispetto al disegno di legge finanziaria, in cui la diminuzione della pressione fiscale a livello centrale viene scaricata sugli enti locali. A maggior ragione, come si può pensare di irrigidire un processo di passaggio storico, costituito dal trasferimento dei poteri dal centro alla periferia? Si tratta di una mera petizione di principio, peraltro profondamente sbagliata, e dell'ennesima clausola di rigidità che viene introdotta nella riforma costituzionale, rendendola un autentico mostro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, nel corso dell'esame di un precedente emendamento abbiamo rilevato - lo ha fatto in particolare il collega Bressa - che, nonostante numerosi articoli della seconda parte della Costituzione vengano modificati dal disegno di legge in esame, non si interviene sull'articolo 119, che resta pertanto in vigore nel testo approvato nella scorsa legislatura e confermato dal referendum popolare dell'ottobre 2001.
Ciò, a nostro avviso, è significativo, perché, dopo le numerose critiche che sono state rivolte alla riforma del Titolo V della Costituzione della scorsa legislatura, emerge ora per tabulas che quel testo è stato scritto correttamente. Esso è stato elaborato dalla I Commissione con la partecipazione di colleghi dell'uno e dall'altro schieramento - questo è stato, infatti, il metodo seguito dal centrosinistra quando era maggioranza - e non viene modificato dal disegno di legge di riforma.
Con l'articolo aggiuntivo in esame, introdotto nelle norme transitorie, sembra che si preveda maggior rigore nell'attuazione dell'articolo 119, per effetto del subemendamento poc'anzi approvato, che riduce il termine a tre anni. Si tratta, in realtà, di una «foglia di fico» per nascondere il fatto che il nuovo testo dell'articolo 119 è in vigore quale norma costituzionale dall'ottobre 2001. Il Governo pro tempore, vale a dire il Governo Berlusconi, avrebbe dovuto iniziare ad attuare tale norma dall'ottobre 2001, il giorno dopo il referendum costituzionale confermativo. Dunque, a tre anni e una settimana dall'entrata in vigore del nuovo testo dell'articolo 119, nulla concretamente è accaduto.
Il collega Bressa poco fa ha fatto emergere con forza il carattere legislativamente ipocrita anche del secondo periodo di questo testo. È questo il motivo per cui non apprezziamo questa proposta e riteniamo che, nell'apparente rigore dell'aver stabilito un termine, si celi in realtà un'ulteriore dilazione. Infatti, nella migliore delle ipotesi questa riforma costituzionale entrerà in vigore fra due anni, ma comunque sarà necessario un periodo di ulteriori tre anni e quindi l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione potrà avvenire fra cinque anni.
È questo il motivo per cui voteremo contro questo articolo aggiuntivo che, in realtà, ritarda di ulteriori cinque anni l'attuazione di quell'articolo 119 della Costituzione già in vigore da tre anni e una settimana.

PRESIDENTE. Ho ascoltato molti commiati nel corso degli ultimi interventi. Vorrei informare i colleghi che dovremo votare ancora una proposta emendativa della Commissione.

GIANCLAUDIO BRESSA. Ma non parleremo...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Anch'io intervengo per motivare il nostro voto contrario su questo articolo aggiuntivo. Riprendendo i ragionamenti svolti dai colleghi Bressa e Boato, la Camera si appresta a votare una norma che delegifica, di fatto, l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, che viene posticipata di cinque anni. Del resto, lo stesso collega Leo, con il suo subemendamento 0.43.0201.1, ha tentato di porre la questione del termine di tre anni per tale attuazione. Si tratta di un elemento sostanziale: l'articolo 119 della Costituzione, che riguarda l'attribuzione impositiva alle regioni, e quindi il federalismo fiscale, permette di dare sostanza ad un processo di federalizzazione di tipo politico.
Stabilire un termine di cinque anni e contestualmente sostenere che comunque l'attribuzione dell'autonomia impositiva alle regioni non può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva rappresenta veramente un esercizio di fantasia poco credibile. Sono queste le motivazioni per cui esprimeremo un voto contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Le ragioni della nostra contrarietà all'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201 non risiedono esclusivamente nel meccanismo curioso della dilazione nel tempo dell'entrata in vigore di alcune norme. La mia attenzione si sposta invece principalmente sulla rigidità del principio fiscale qui previsto. Mi pare che si contraddica perfettamente ogni logica di autonomia locale. Infatti, costituzionalizzare la disposizione secondo la quale, in nessun caso, l'attribuzione di autonomia impositiva può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva mi pare francamente fuori di senno. Posso comprendere che ciò lo stabilisca la legge ordinaria, anche in relazione alla capacità contributiva dei cittadini (una tale ipotesi andrebbe discussa caso per caso), ma stabilirlo costituzionalmente appare una captatio benevolentiae, oppure una excusatio non petita, scelga lei, signor Presidente. In ogni caso non può entrare nella Costituzione!

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Desidero informare i colleghi che l'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201 che ci accingiamo a votare deve essere riformulato, nel senso di citare nell'ordine: comuni, province, città metropolitane e regioni, così come stabilito nell'articolo 114 della Costituzione. Chiedo, quindi, al collega Elio Vito, di voler riformulare la sua proposta in tal senso, fermo restando il contenuto del testo da egli presentato.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201 accedono all'invito rivolto loro dal relatore e che il rappresentante del Governo esprime parere favorevole.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 43.0201, come subemendato, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 483
Votanti 478
Astenuti 5
Maggioranza 240
Hanno votato
288
Hanno votato
no 190).

Prendo atto che l'onorevole De Laurentiis non è riuscito ad esprimere il proprio voto; prendo atto, altresì, che l'onorevole Buffo non è riuscita ad esprimere il proprio voto e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 43.027 (Nuova formulazione) della Commissione.
Prendo atto che il rappresentante del Governo esprime parere favorevole.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, ci avviamo davvero alla conclusione di questa maratona costituzionale, una maratona poco felice per gli esiti. Siete riusciti ad introdurre in Costituzione l'«involution» e il «Silvierato» o premierato assoluto, fantasie costituzionali pericolose, e lo vedremo ben presto nel prosieguo di questo percorso; ma la Costituzione è un'altra cosa.
Diceva Calamandrei in una nota lezione agli studenti milanesi: «Quando io leggo nell'articolo 2 della Costituzione l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, o quando leggo nell'articolo 11 che l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, dico: ma questo è Mazzini, è la voce di Mazzini; quando io leggo nell'articolo 8 che tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge: ma questo è Cavour, è la voce di Cavour; e quando leggo nell'articolo 5 che la Repubblica è una e indivisibile e riconosce e promuove le autonomie locali: ma questo è Cattaneo; e quando leggo nell'articolo 27 che non è ammessa la pena di morte: ma questo, studenti milanesi, è Beccaria; grandi voce lontane, grandi nomi lontani...!»
Ora non è il caso di fare paragoni, abbiamo tutti il senso della misura e avvertiamo la nostra distanza da quegli uomini, ma le voci, quelle che oggi ascoltiamo dietro questo vostro testo costituzionale, sono voci incomparabili, voci che parlano in modo ipocrita, che parlano di piccole patrie e di modesti interessi di partito; trasmettono confusione e divisione: il contrario di ciò che dovrebbe fare una Costituzione che voglia dare forza al futuro dell'Italia e delle sue generazioni.
Nel nuovo millennio noi vorremmo per l'Italia e per il mondo più democrazia...

PRESIDENTE. Onorevole Mantini...!

PIERLUIGI MANTINI. ...più qualità della democrazia, per vincere le sfide globali delle povertà, del terrorismo, dell'ambiente. Voi ne garantite di meno; ci fate uscire dalle istituzioni della prima Repubblica non andando avanti ma indietro; ve ne assumete tutta la responsabilità dinanzi al Paese (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 43.027 (Nuova formulazione) della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 483
Votanti 297
Astenuti 186
Maggioranza 149
Hanno votato
290
Hanno votato
no 7).

Prendo atto che l'onorevole Raffaella Mariani non è riuscita ad esprimere il proprio voto e avrebbe voluto astenersi.

 

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme costituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il Governo accoglie tutti e tre gli ordini del giorno presentati: Perrotta n. 9/4862/1, Paniz n. 9/4862/8 e Scaltritti 9/4862/9.

MARCO BOATO. Se avessimo saputo che li accoglieva, avremmo mantenuto anche i nostri...!

PRESIDENTE. Onorevole Boato, ma questo lo si sa nel momento in cui si chiede il parere al Governo: non vi sono anticipazioni!
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione.
È così esaurita la trattazione degli ordini del giorno presentati.

 

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole ministro, rappresentanti del Governo, a voler giudicare secondo ermeneutiche esclusivamente giuridiche il processo che si è consumato in quest'aula, nelle ultime settimane, intorno alla Costituzione si dovrebbe aprire ben altro è più profondo dibattito, in grado di penetrare l'essenza del potere costituente.
Ciò che è avvenuto, infatti, somiglia assai da vicino ad una revisione totale dell'impianto ordinamentale, al ribaltamento di quella che costituzionalisti come Mortati, Barile, De Siervo e De Vergottini identificano come la «supercostituzione», intesa come l'organizzazione statuale affermatasi nel tempo e riconosciuta come immodificabile in una Costituzione rigida come la nostra, tranne che non si torni alla fonte del potere costituente, che nei regimi democratici è esercitato dal popolo sovrano attraverso speciali assemblee rappresentative: le assemblee costituenti.

Ho umanamente apprezzato il fervore riformista che ha animato i colleghi della maggioranza, ed anche la partecipazione dei colleghi di minoranza, in queste lunghe sedute. Perdonatemi, però, illustri colleghi, se non sono riuscito a provare il vostro stesso sentimento. Io non ho presentato un solo emendamento all'articolato proposto: non per un gesto irrispettoso nei confronti di un'Assemblea ai cui lavori ha preso parte interamente, ma perché ho ritenuto e ritengo che una riforma così radicale della regola costituzionale non possa essere fatta con la logica della contrapposizione insita nel sistema maggioritario.
Mi domando come possa un Parlamento eletto per esprimere il Governo, a parziale detrimento della rappresentanza, far passare - a colpi di maggioranza governativa - modifiche relative alla filosofia stessa su cui si basa l'ordinamento costituzionale, tradendo così lo spirito dell'articolo 138. I costituenti, infatti, previdero sì la possibilità di una modifica della Carta attraverso quell'articolo, ma immaginando riforme circoscritte, non stravolgimenti di sistema, e, soprattutto, pensando ad un Parlamento espressione di uno spirito proporzionalistico, capace, cioè, di rappresentare davvero le culture politiche di tutto il paese.
Quello che, invece, si sta facendo oggi è un aggiustamento ad uso di una maggioranza di Governo - così come fu anche, non ho trascurato di segnalarlo, la riforma del Titolo V votata dalla maggioranza di allora sul finire della passata legislatura -, non già la legge in cui possono riconoscersi tutti gli italiani!
La Costituzione è fatta per durare nel tempo: la Costituzione federale americana è del 1789; il Parliament Act inglese è del 1949; la Costituzione francese della Quinta Repubblica è del 1958; quella tedesca è del 1949; la nostra Costituzione del 1948, invece, rischia di cambiare ad ogni nuova legislatura, ad ogni cambio di maggioranza!
È vero: una parte di essa, quella relativa all'ordinamento dello Stato, non certo quella relativa ai principi, deve essere riformata; ma non sarà certamente un Parlamento «maggioritarista» e diviso a farlo: solo un'Assemblea costituente eletta con il sistema proporzionale e, dunque, pienamente rappresentativa degli italiani potrà portare a termine il processo riformatore, che non potrà dirsi certamente compiuto con l'esibizione delle muscolarità delle maggioranze.
Nel ribadire, pertanto, il mio voto contrario all'impianto proposto, anche per le ragioni metodologiche richiamate oltre che per cospicue ragioni di merito, dichiaro che, da oggi, mi sentirò impegnato, insieme ad altri colleghi, a lavorare nel paese per creare movimenti a difesa della Carta costituzionale del 1948.
Il grande misfatto che, insieme ad altri, si è consumato in questi mesi in quest'aula è l'aver celato al popolo sovrano l'entità della posta in gioco, realizzando uno stravolgimento della Costituzione come fosse un banale rito da vivere solo all'interno di un ceto politico rassegnato, e forse anche inopinato detentore di un potere costituente che non gli spetta (Applausi dei deputati del gruppo Misto-socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, è ovvio che quella di oggi è una delle sedute più importanti di questa legislatura, a conclusione di un complesso lavoro che ha visto una discussione molto elevata nei toni. È quindi giusto che ci sia una riflessione molto profonda su quello che abbiamo fatto e sulle sue implicazioni.
Devo dire che la mia parte politica, che ha sempre partecipato alla vita repubblicana dal dopoguerra, ha sempre guardato con grande preoccupazione e diffidenza al grande sforzo di riforma della Costituzione di cui si parla ormai da vent'anni.
Il problema italiano, lo abbiamo sempre pensato e io lo penso tuttora, non era e non è un problema costituzionale, ma è un problema politico. I difetti, le debolezze della vita istituzionale del nostro paese hanno riflesso la sua storia nel corso del secolo XX.

In fondo, la grande riforma costituzionale italiana è avvenuta con il congresso della Bolognina e con il congresso di Fiuggi, onorevoli colleghi, quando cioè è intervenuta la possibilità di immettere nel gioco democratico forze politiche che non erano precedentemente includibili nello stesso, in ragione delle loro ideologie o delle loro posizioni politiche, mantenute per larga parte del secolo XX.
Questa considerazione, onorevoli colleghi, è tanto vera che, all'indomani di quegli eventi, del 1994 l'uno, del 1989-1990 l'altro, la vita politica italiana ha preso il corso del bipolarismo, dell'alternanza, di tutto quello che si riteneva, e tuttora si ritiene, di dover determinare attraverso la riforma costituzionale. Non è affatto così. Anche se volessimo condividere l'affermazione che era necessario per il paese il cambiamento costituzionale, debbo dire che, dal punto di vista, per esempio, delle sue condizioni economiche e sociali, è stato maggiore il progresso che ha compiuto l'Italia sotto il vecchio sistema costituzionale di quello che sta compiendo sotto il nuovo assetto politico istituzionale che si è venuto a determinare negli ultimi dieci anni.
L'Italia ha scalato posizioni nella graduatoria dei grandi paesi industriali sotto quel sistema di instabilità che si vuole eliminare e le sta perdendo sotto il sistema bipolare che si è voluto testardamente, distruggendo le forze politiche, distruggendo i partiti politici e indebolendo il Parlamento.
Questa è la mia convinzione, per cui guardo con malinconia all'idea che si modifichino 40 articoli della Costituzione del nostro paese alla ricerca di cose che il buonsenso politico, la saggezza politica hanno già determinato in anni lontani e potrebbero determinare domani mattina, se solo ne fossimo capaci.
Ai colleghi del centrosinistra devo dire, senza alcuna polemica, che essi portano la responsabilità principale di questo stato di cose, che nel complesso non posso giudicare positivamente. Penso a quel voto alla fine della scorsa legislatura, onorevoli colleghi, onorevole Violante, onorevole Fassino, sotto le elezioni, con una maggioranza ristretta. All'epoca io facevo parte del centrosinistra. L'onorevole Violante ricevette una lettera, così come l'onorevole Veltroni, e vi furono colloqui nei quali io li scongiurai di non creare un precedente di questo genere. Mi fu risposto che, quando una maggioranza ha i numeri, l'articolo 138 rappresenta sufficiente motivo per votare.
Quindi, in politica non bisogna creare precedenti, perché smontare un precedente è molto più difficile che rinunziare ad un precedente. Ma questo non giustificherebbe, onorevoli colleghi, e non giustifica una riforma costituzionale che nel complesso non è soddisfacente. Dico ai colleghi che io ho votato con piena convinzione la riforma del Titolo V della Costituzione, che secondo il mio avviso è migliorativa. Non sono sicuro che una struttura regionalistica nel nostro paese farà funzionare meglio l'Italia, ma sono convinto che si possa esplorare questo terreno; e sono convinto che ci sia stata una elaborazione sufficiente, tra quella del centrosinistra e quella dell'attuale maggioranza, per tentare un aggiustamento costituzionale. Ma non sono convinto, onorevoli colleghi (mi rivolgo ai miei colleghi della maggioranza), che l'elaborazione sia stata sufficiente sui poteri del Senato e su quelli della Camera, sul nuovo processo legislativo; non sono affatto convinto che stiamo scrivendo una buona riforma per quanto riguarda il premier! La riforma che noi abbiamo scritto sul premier - che voi avete scritto sul premier - è una riforma che, più che al futuro, guarda al passato, guarda alle vicende del 1994, alle decisioni del Presidente Scalfaro; non si può scrivere una Costituzione pensando ad ipotesi che probabilmente non sono più realistiche.
In questa legislatura non c'è stato un ribaltone, non ci potrebbe essere, ci sono fenomeni politici. Ancora una volta non si può pensare di obbligare il mondo politico dentro il «corsetto istituzionale»; l'evoluzione politica è molto più importante delle leggi costituzionali. E l'evoluzione politica ha reso impossibile e renderebbe impossibile il ribaltamento delle coalizioni; la stabilità del Governo Berlusconi è quinquennale e, probabilmente, nella prossima legislatura ci sarà un Governo stabile.
Trovo molto pericoloso scrivere norme sul premierato che indeboliscono troppo il Parlamento. È indispensabile: noi non possiamo sacrificare alla cosiddetta governabilità la molteplicità di voci, che, in una società democratica, esprime e deve continuare ad esprimere il Parlamento. Noi non possiamo rischiare di sacrificare il valore della partecipazione dei cittadini, che si esprime attraverso l'elezione di 600 deputati, attraverso un sistema nel quale ci sia la voce del capo dell'opposizione e la voce del capo della maggioranza. Ma negli Stati Uniti c'è la voce del capo della maggioranza, del capo dell'opposizione! Ma nel Senato il Presidente degli Stati Uniti conta come una voce, per così dire, e il Senato ha la libertà di bocciare le leggi proposte dal Governo, ha la libertà di fare le leggi che esso ritiene, e il Presidente degli Stati Uniti, al massimo, può ricorrere al diritto di veto. O si sceglie una dialettica con l'uomo scelto per guidare l'esecutivo dal popolo o si sceglie un Governo espresso dal Parlamento, con il Parlamento che mantiene il potere sostanziale di costituzione e di formazione dei governi. Una forma come quella che è delineata nella Costituzione, che io spero possa essere modificata dal Senato, che fa coincidere la maggioranza parlamentare con il potere del Primo ministro, scelto dai cittadini, è una forma che non potrà funzionare, perché mortificherà la vita democratica del nostro paese.
Queste sono le ragioni, onorevoli colleghi, per le quali, al termine di questo dibattito, bilanciando le ragioni di favore verso alcune parti della riforma con le preoccupazioni molto profonde che sento per le altre parti della riforma, non potrò andare oltre un voto di astensione su questo provvedimento. E mi rendo conto che, avendo noi repubblicani scelto una alleanza con la Casa cosiddetta delle libertà, con l'attuale maggioranza, il fatto che su una legge costituzionale, che è uno dei fondamenti di un accordo politico, noi prendiamo le distanze debba dire qualche cosa al capo della coalizione, al Presidente del Consiglio e ai colleghi della maggioranza. È una rottura di cui io non sottovaluto l'importanza ed è la ragione per la quale la manifestiamo in un voto di astensione.
Ma certamente avremmo preferito concentrare il nostro impegno e la nostra attività sul funzionamento politico del paese. Noi non crediamo - fatemelo dire alla fine di questo intervento - che le leggi possano sostituire la volontà politica, la capacità politica, la passione politica e gli ideali politici. Questi ideali vi sono stati nell'Italia repubblicana del dopoguerra che, nonostante i difetti di quell'impianto costituzionale, è diventata un grande paese.
Non sarà una riforma costituzionale ad assicurare il successo di ciò che gli uomini politici, nella loro capacità, nella loro passione e nei loro ideali non saprebbero fare da soli. È questa la ragione per la quale il nostro è più un invito alla passione politica che alla riforma istituzionale (Applausi di deputati dei gruppi Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI e Misto-socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Collè. Ne ha facoltà.

IVO COLLÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi la necessità di plasmare e modellare la Costituzione italiana in senso federalista è diventata indispensabile per l'evoluzione ed il futuro del nostro paese; una prerogativa sostenuta da tutti, almeno nelle intenzioni.
Se si ritrova, infatti, una collegialità ed una condivisione sui principi generali che dovrebbero determinare il nuovo Stato federale, ben diversa è la situazione per quanto concerne l'applicabilità concreta di questi concetti e le strade che sin qui si sono percorse e che si dovranno percorrere.
Più volte abbiamo evidenziato la necessità di assumere, quale modello di riferimento per una vera riforma in senso federale, proprio le regioni e le province autonome a statuto speciale. Ciò, senza sminuire l'interesse nazionale, ma consolidando quel principio cardine dal quale il vero federalismo non può prescindere: il principio di sussidiarietà.
Le indicazioni e le precise richieste da noi avanzate come gruppo delle minoranze linguistiche al fine di rafforzare questi principi, nel rispetto delle autonomie speciali già esistente, trovano oggi parziale soddisfazione.
Da un lato, prendiamo atto della disponibilità dimostrata dal ministro Calderoli e da tutto il Parlamento - e di questo li ringraziamo - per il raggiungimento di un risultato per noi importante e da tempo auspicato: l'approvazione dell'intesa fra Stato, regioni a statuto speciale e province autonome. Il provvedimento è stato votato quasi all'unanimità e rappresenta, indubbiamente, un segnale forte ed un'assunzione di responsabilità comune nel rispetto delle autonomia locali. Un segnale positivo che si è ripetuto successivamente con la reintroduzione della clausola di salvaguardia inserita all'articolo 43-bis, fortemente voluta dai presidenti delle regioni, dei consigli e delle province autonome che, collegati con i propri parlamentari, l'hanno sostenuta sino alla sua definitiva approvazione. L'articolo 117, così riscritto, se da una parte non porterà ad un federalismo paragonabile a quello di Stati federali quali la Germania o la Svizzera, dall'altra impedirà l'applicazione di norme peggiorative mantenendo così invariate le competenze autonomistiche sino all'adeguamento degli statuti, previa intesa con le regioni e province autonome.
Dall'altro lato, dobbiamo, purtroppo, constatare come il percorso in senso federale di questa riforma sia venuto meno in diverse occasioni. Il nuovo Senato federale, non attribuendo una rappresentanza vera alle autonomie, poco si discosta dal modello attuale, pur promettendo una rappresentanza allargata e diversificata. A questo va aggiunto il discorso dello scioglimento anticipato e la relativa contestualità per la sua istituzione, che ci trova contrari. Inoltre, sono state eliminate numerose competenze attribuite alle regioni sotto il falso pretesto del mantenimento della salvaguardia dell'interesse nazionale.
Nel merito, se il testo approvato dal Senato poteva essere condivisibile, ora si sono creati, chiaramente, i presupposti per un centralismo rigido e poco conciliante con una riforma costituzionale che voglia valorizzare il ruolo delle regioni in senso federale. A tal riguardo, pur considerando come proprio la clausola di salvaguardia, introdotta all'articolo 43-bis, escluda da queste modifiche regioni e province a statuto speciale, riteniamo sia importante sottolineare come la tendenza a ricentralizzare materie oggi di competenza concorrente delle regioni stesse - ad esempio, tutela della salute, sicurezza sul lavoro e trasporto su larga scala -, rendendole materie esclusive dello Stato, non incrementerà le competenze regionali assegnate, pur tenendo conto della cosiddetta devolution in atto.
Auspichiamo, dunque, che si riprenda il dibattito ed il confronto su questi aspetti, per permettere di giungere ad una soluzione condivisa.
A conclusione del mio intervento, desidero ringraziare per l'ottimo lavoro svolto, l'amico e collega onorevole Zeller, degno portavoce delle nostre istanze, nonché i colleghi, di maggioranza ed opposizione, che hanno sostenuto le nostre richieste e dichiaro, signor Presidente, il mio voto di astensione.

PRESIDENTE. Avverto che è in distribuzione la proposta di correzioni di forma formulate dal Comitato dei nove.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, a nome dei repubblicani europei, con determinazione e dolore, esprimo voto contrario su questo provvedimento, che induce in tutti i democratici italiani autentica preoccupazione. I repubblicani europei non possono, dunque, che stigmatizzare anch'essi, così come i colleghi di opposizione ed un'isolata ma autorevole voce nella maggioranza, la pervicace volontà di modificare l'equilibrio tra i poteri dello Stato, la composizione ed i poteri del Parlamento, la formazione delle leggi, oltre che inserire elementi di separazione tra le regioni, che saranno motivo di devastante conflittualità.
Con la velleitaria volontà di ridisegnare per intero lo Stato, è stata messa in discussione la Repubblica, che, come ho ascoltato più volte ricordare in quest'aula, non è solo la denominazione di una forma di Stato: al contrario, essa è la sostanza della nostra democrazia, fondata sulla divisione dei poteri - che avete abolito -, sul potere di rappresentanza parlamentare - che avete azzoppato -, sull'equilibrio tra i vari poteri, che è l'unica garanzia del permanere del sistema democratico. Tale equilibrio voi lo avete distrutto, a favore di una forma di presidenzialismo arretrato e pericoloso.
Quanto alla cosiddetta devolution, alibi per tale sciagurato disegno, ne è venuto fuori un federal-centralismo o un central-federalismo, con cui si tenta di dare una sovranità impossibile alle regioni ed ai loro popoli.
Se questo vuole la Lega Nord - e questo vuole - occorre che tutti coloro che hanno a cuore l'identità repubblicana della nazione italiana affermino con chiarezza che questo è un progetto inaccettabile. La sovranità appartiene al popolo, come era stato definito nella tradizione politica popolare italiana, a partire dalla Costituzione della Repubblica romana del 1849: un popolo, un patto, una nazione.
Quando fu il momento, nel 1861 e nel 1870, non prevalse né l'idea federalista di Cattaneo, né quella di Mazzini (che avrebbe voluto, da subito, un'Italia repubblicana). Solo nel 1946, a seguito del referendum che trasformò l'Italia in Repubblica, il popolo ha eletto un'Assemblea costituente ed ha scritto una Costituzione per mano di tali eletti. Un popolo sovrano, quindi, che elesse i nostri padri costituenti, consapevoli tutti - siano stati di maggioranza o di opposizione - del compito impegnativo ed esaltante che avrebbero dovuto affrontare, e che hanno egregiamente risolto.
Voi volete rompere quel patto, con il rafforzamento, anzi con la prevaricazione consentita al potere del Governo rispetto al Parlamento, volete dare al popolo una semisovranità, quella per cui ognuno è padrone, a casa propria, di farsi la scuola che vuole e la sanità che vuole, e volete affidare il Governo ad un vero e proprio padrone.
Voi non siete qui ad unirci con un patto federalista; siete, invece, venuti a dividerci in un conflitto federalista, perché il federalismo, cari colleghi, rappresenta - ed ha sempre rappresentato - lo strumento, in sede costituente, di aggregazione di popoli sovrani, che non rinunciano completamente, ognuno di loro, alla propria sovranità. Non si è mai visto che uno Stato unitario si trasformi in uno Stato federale, né che un sistema parlamentare si trasformi in presidenziale per effetto di una revisione costituzionale compiuta da un Parlamento eletto - aspetto assurdo - con il sistema maggioritario!
Mi chiedo, insieme al collega Gerardo Bianco, che lo ha detto in modo sintetico ed estremamente efficace: è stato legittimo tutto ciò? È legittimo che una maggioranza, forte di più di cento voti di differenza, stravolga la Costituzione in vigore? Allora, chiedo a tutti i colleghi della maggioranza - poiché vi sono ancora dei passaggi da fare - una lunga pausa di riflessione sulla volontà di qualcuno in quest'aula di portare a casa una revisione costituzionale che è una vera e propria rivoluzione costituzionale, ossia un concetto che nella scienza politica è pura contraddizione. Tra l'altro, state mettendo in atto una riforma della seconda parte della Costituzione che è in netto contrasto con la prima parte: è un assurdo sul quale le generazioni future studieranno e, probabilmente, rideranno con qualche scherno.
Volete cambiare la Costituzione e il sistema, da parlamentare in presidenziale spinto, e volete dividere l'Italia, frammentando la stessa sovranità popolare tra più popoli, ognuno a casa sua. Se questo è il vostro intento, allora, come minimo, occorre convocare comizi elettorali per eleggere un'Assemblea costituente. Non è vietato tutto ciò, ma occorre farlo nella misura e con le persone giuste, con le procedure giuste, perché, fino a prova contraria, il popolo italiano è ancora uno ed è sovrano e noi, in questa sede, lo rappresentiamo tutto e non per settori. Esso non potrà mai accettare limitazioni territoriali di sovranità che non abbia direttamente, rappresentativamente, proporzionalmente e non maggioritariamente votato ed approvato per mezzo di ogni sua componente politica, culturale e sociale. Allo stesso modo, non potrà mai accettare un sistema presidenziale che ha in sé tutte le possibilità di trasformarsi in dispotico ed autoritario.
Chi è coerente con questa impostazione non può, quindi, che rifiutare in toto questo provvedimento, richiamando tutti ad una più attenta riflessione sul costituzionalismo democratico e sui suoi presupposti, dei quali tutti i repubblicani in questo Parlamento si sono impegnati a risollevare le sorti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Craxi. Ne ha facoltà.

BOBO CRAXI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le perplessità che avevo manifestato all'avvio di questo dibattito, nella seduta del 3 agosto, si mutano oggi in un giudizio negativo. Allora, intervenendo, avevo ricordato che una riforma costituzionale deve essere frutto di un consenso ampio e condiviso e non il parto frettoloso fatto a colpi di ultimatum politici. Purtroppo, tutte le mie speranze sono svanite giorno dopo giorno: il testo sottoposto all'approvazione della Camera oggi non è condivisibile ed ancora meno i modi in cui si è giunti a questo voto, e non per responsabilità della sola maggioranza.
In questo dibattito ho visto i quattro o cinque protagonisti della riforma del Titolo V della Costituzione, approvata alla fine della scorsa legislatura con qualche voto di maggioranza, rinfacciarsi l'un l'altro la responsabilità di quell'atto, che è costato allo Stato un numero record di contenziosi con le regioni. Temo che, fra non molto, anche questa riforma non avrà né un padre né una madre.
L'esigenza della revisione di alcune parti della nostra Costituzione era e resta, anche dopo il voto che tra poco sarà espresso in questa sede, un problema da affrontare. Infatti, questa riforma, più che risolvere il problema di una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, deprime il già modesto spirito di unità nazionale. Più che rassicurare la stabilità e l'efficienza dei governi, per cui io penso dovrebbe essere modificata la legge elettorale, stabilisce l'inamovibilità del Capo dell'esecutivo ed un'eccessiva concentrazione di potere nelle sue mani, indebolisce il contrappeso parlamentare fino a svilire il ruolo del Parlamento. Il giusto decentramento, invocato da diversi anni, del nostro sistema istituzionale non è accompagnato né da una semplificazione delle procedure né da un convincente piano di contenimento della spesa. Vi è una verità lampante di fronte a noi: non si modifica così la Costituzione.
Nel passato, per evitare la via maestra di un'Assemblea costituente figlia di un'elezione popolare, si è fatto ricorso alle Bicamerali, fallite una dopo l'altra. Nella scorsa legislatura e in quella in corso si è voluto provare con l'articolo 138. Si è fallito ieri e si fallirà anche questa volta.
Per la riforma della Costituzione l'unica via maestra è un'Assemblea costituente eletta con sistema proporzionale. Solo così - io penso - si potrà avere una riforma sana e duratura.
Piero Calamandrei, illustrando ai giovani studenti lo spirito della nostra Costituzione, diceva: «Nei suoi articoli c'è tutta la nostra storia, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Dietro questi articoli si sentono voci lontane». Egli citava Mazzini, Cavour, Cattaneo, Garibaldi e Beccaria.
La Costituzione, entrata in vigore il 1o gennaio del 1948, regge le nostre sorti da più di mezzo secolo, avendoci assicurato libertà e progresso. Penso che solo per questo essa meriti più considerazione e più rispetto di quello che abbiamo sin qui dimostrato nel momento in cui ci accingiamo a riformarla.
Per questo motivo, con tutta libertà, certo di interpretare il sentimento e l'opinione della maggioranza dei socialisti in questo paese, non sottovalutando le ragioni che oggi mi dividono dai colleghi della stessa maggioranza, non sosterrò questa riforma costituzionale e mi asterrò nel voto finale (Applausi di deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo, Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI e Misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rodeghiero. Ne ha facoltà.

FLAVIO RODEGHIERO. Nel dibattito di questi giorni ho potuto verificare che per 240 volte si è parlato di Europa e per 521 volte di Nazione. Ciò ci dice, nel momento in cui affrontiamo un dibattito così rilevante per il futuro del nostro paese (il dibattito sulla Carta costituzionale), la capacità che abbiamo di elevarci in un confronto che superi il respiro provinciale. Nell'analisi di quello che viviamo del nostro paese, non consci pienamente della portata globale che riveste anche una Carta costituzionale nei meccanismi di funzionamento non solo del contesto nazionale, ma anche nei rapporti internazionali.
Ho voluto fare questo riferimento perché credo che vada svolta una considerazione tra il cammino che si sta facendo in Europa, in previsione dell'adozione di una Carta costituzionale europea, e quanto stiamo facendo qui in questo momento. Abbiamo adottato il termine federalismo, finalmente, nella Carta costituzionale, oltre a prevederne l'applicazione dei principi. Proudhon ha detto: «Il XX secolo sarà il secolo del federalismo, oppure l'umanità dovrà attraversare mille anni di purgatorio». In verità, il XX secolo è stato quello dei totalitarismi, epigono tragico della centenaria storia degli Stati nazionali, eminentemente europei, che entrano in crisi proprio nel momento in cui i mercati si fanno globali ed altri Stati e Nazioni si affacciano, sul finire del XIX secolo, sulla scena mondiale.

PRESIDENTE. Onorevole Rodeghiero...

FLAVIO RODEGHIERO. Due parole ancora...
È così che l'Europa si riscopre federalista sul finire del secondo dopoguerra, proprio quando diventa terreno di scontro e di divisione tra USA e URSS, e lo fa per recuperare ruoli e funzioni in un cammino lento, ma inesorabile, fino al prossimo appuntamento con la Costituzione.
L'Europa degli Stati si ricostruisce sulla rovina degli Stati, i quali, desovranizzati dall'economia, devolvono ad organi comuni parte delle loro competenze, anche politiche.
In questa realtà di globalizzazione quello che entra più in crisi è l'identità e l'Europa diventa luogo per dare spazio alla politica senza costruire identità fittizie: la riscoperta delle identità, della storia dei popoli, della storia delle nazioni, che non coincidono con quella degli Stati, camminano insieme. Ecco il cammino che stiamo facendo con questa riforma. Si tratta di un cammino già tracciato dalla riforma del Titolo V e che qui parzialmente completiamo. Manca ancora il federalismo fiscale.
I padri costituenti hanno previsto la maggioranza assoluta e non quella qualificata per attenuare la rigidità della nostra Costituzione, ben sapendo che sarebbe stato oltremodo difficile rivedere un'identità di valori e di intenti quale quella uscita dal secondo conflitto. Sarà la Corte costituzionale...

PRESIDENTE. Colleghi, vi invito al rispetto dei tempi che non è un optional. Onorevole Rodeghiero, lei ha già parlato tre minuti e 46 secondi.

FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, pensavo di avere a disposizione più tempo. Concludo, dicendo che caposaldo dell'Unione europea è il principio di sussidiarietà la cui formulazione è storicamente ascrivibile alla dottrina sociale della Chiesa. In base a tale principio, dal punto di vista politico, spetta alle amministrazioni più vicine ai cittadini adoperarsi per rendere più effettivo il loro servizio. Lo stiamo applicando in Europa, vogliamo applicarlo anche in Italia: porre al centro la persona, al cui servizio stanno le istituzioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sterpa, al quale chiedo di rispettare il tempo a sua disposizione. Ne ha facoltà.

EGIDIO STERPA. Signor Presidente, sarò brevissimo perché mi richiamo all'intervento che ho svolto il 15 ottobre scorso in cui ho argomentato a fondo i motivi per cui dico «no» a questa riforma. In estrema sintesi, il mio «no» nasce dalle convinzioni liberali, da un'analisi attenta della storia nazionale e dal timore che questa riforma possa determinare una rottura esiziale nel nostro paese.
Il mio «no» non è un fatto viscerale, ma è razionale e convinto e vuole essere un atto di lealtà verso la coalizione di cui mi onoro di far parte con convinzione. È anche un atto che vuole dimostrare come in tale coalizione si possa essere uomini liberi come io mi ritengo (Applausi di deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, inizialmente avevo immaginato che questo dibattito consentisse di inquadrare la devoluzione nella revisione del Titolo V correggendo la riforma voluta erroneamente dal centrosinistra nella passata legislatura e di trasferire in sede di Assemblea costituente la revisione delle altre parti. Infatti, Governo, rapporti tra Governo e Parlamento e procedimento legislativo non apparivano argomenti del tutto maturi. Inoltre, cambiare le regole insieme avrebbe evitato lo sbocco referendario che fatalmente sarà giocato su qualche slogan semplificatore.
Purtroppo, la cultura che ha guidato il nostro dibattito scaturisce dalla superficialità autoreferenziale che aleggiava attorno alla Commissione bicamerale D'Alema, interprete di un pericoloso clima antiparlamentare che era la condizione nella quale quella Commissione ha sostanzialmente operato. Si tratta di una cultura che si è diffusa ed oggi viene coperta da uno scontro parlamentare di facciata, in qualche modo pregiudizievole di ogni approfondimento efficace.
Devo comunque dare atto alla Commissione del tentativo di correggere il testo licenziato dal Senato. Al Senato il lavoro era stato fortemente influenzato da presunti saggi che avevano operato in un clima ferragostano e da una tentazione un po' sindacale di quel ramo del Parlamento. Quindi, era molto difficile che le cose potessero essere politicamente raddrizzate. Riconosco che uno sforzo importante è stato fatto, ma restano elementi di grave confusione nel rapporto tra premierato, Parlamento ed istituzioni rappresentative da un lato, e procedimento legislativo dall'altro.

PRESIDENTE. Onorevole Tabacci...

BRUNO TABACCI. Se il cammino parlamentare proseguirà così - e concludo - vi sarà uno sbocco referendario duro, semplificatore e strumentale. Mi dispiace per i colleghi della Lega, che avevano l'opportunità di completare un percorso di inserimento della devoluzione all'interno di un contesto costituzionale che camminasse.
Mi dispiace anche per i miei colleghi dell'UDC, i quali, avendo il desiderio giusto di fare una battaglia per un modello di tipo proporzionale, si trovano ora in contraddizione politica rispetto ad un testo che avrebbe bisogno di un rafforzamento del sistema maggioritario. Sono aspetti ai quali ho cercato di porre rimedio con la modestia delle mie forze. Tuttavia, non mi resta che testimoniare un dissenso, che resta profondo (Applausi di deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di Forza Italia e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, svolgerò un intervento brevissimo, per leggervi esattamente cosa disse Mussi, quando era il capogruppo dei Democratici di sinistra, che fu l'ultimo a parlare sulla riforma del Titolo V. Egli disse: «È evidente che si tratta di un grande passo, ma altri ne dovranno seguire; ci si rimanda a sua volta al tema della riforma del Governo, del meccanismo con cui le Camere danno la fiducia al Governo, della sfiducia costruttiva, dell'istituzione per esempio del premierato; se si va avanti su un'ipotesi di riforma elettorale, per esempio, un'indicazione del premier, che prefigura un cambiamento, e una riforma del Governo è un altro passo che si può compiere». Vi chiedo, allora, perché siete tornati indietro. Questo è il primo aspetto.
Il secondo è il seguente. A proposito di chi è democratico, ci avete detto che nella discussione di questa riforma non c'è stata democrazia. Vi vorrei ricordare che quando avete fatto la riforma del Titolo V avete concesso complessivamente 35 ore per la discussione sulle linee generali e per il seguito dell'esame del provvedimento! Noi complessivamente abbiamo dato 180 ore! Diteci qual è stata la maggioranza democratica (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, naturalmente le risponderò quando mi capiterà di stare sui banchi del mio gruppo, perché dal banco della Presidenza non posso permettermi di farlo! Comunque la ringrazio per la citazione!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossa. Ne ha facoltà.

MICHELE COSSA. Siamo oggi arrivati all'epilogo di un dibattito che è stato di alto livello, adeguato al tema sottoposto all'esame dell'Assemblea. Credo si debba dare atto alle forze della maggioranza di aver fatto un grosso sforzo di miglioramento del testo originario, temperando molti degli eccessi che avrebbero avuto effetti fortemente negativi sugli assetti istituzionali del nostro paese. Mi riferisco soprattutto alle norme che riportano alla competenza dello Stato le grandi infrastrutture strategiche, alla norma che riserva allo Stato la possibilità di esercitare un potere sostitutivo per salvaguardare i livelli essenziali nei servizi sociali e sanitari in tutto il territorio nazionale, così come mi riferisco alle norme che salvaguardano le prerogative delle regioni a statuto speciale.
Eppure non riesco a vincere le perplessità per una riforma che minaccia di attaccare i presupposti di solidarietà nazionale e di rafforzare quegli elementi, per i quali chi è indietro rischia di restarci ancor di più (mi riferisco soprattutto alle regioni economicamente e socialmente più deboli). Le perplessità derivano dall'impressione che si sia voluto procedere in fretta, troppo in fretta, senza nemmeno sforzarsi di cercare quel minimo di consenso all'interno delle Assemblee parlamentari. Non si è fatto nemmeno lo sforzo di individuare strumenti nuovi e diversi, quale ad esempio un'Assemblea costituente, eletta su base proporzionale, che avrebbe garantito la piena rappresentanza di tutte le forze politiche che si muovono all'interno del paese.
Per questo motivo, signor Presidente, annuncio il mio voto di astensione sul provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Südtiroler Volkspartei è un partito di raccolta delle minoranze tedesca e ladina, che governa la provincia di Bolzano, assieme ai partner di lingua italiana, dal 1948.

Tale sua particolare natura è, in un certo modo, antitetica ad un sistema bipolare ed il nostro partito si colloca da sempre al centro e non all'interno dei due blocchi...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Zeller, sono costretto ad interromperla per comunicare che la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente.

MARCO BOATO. Chi deve intervenire, come fa a partecipare?

PRESIDENTE. Onorevole Boato, la Presidenza le consentirà di intervenire al termine della Conferenza dei presidenti di gruppo.
Prego, onorevole Zeller, mi scusi per l'interruzione.

KARL ZELLER. Dicevo che il nostro partito si colloca da sempre al centro e non all'interno dei due blocchi (Casa delle libertà e centrosinistra). Noi deputati rappresentanti della provincia autonoma di Bolzano nel Parlamento italiano, siamo abituati a guardare la sostanza delle cose, senza preconcetti ideologici e, da sempre, ci battiamo per il federalismo e l'attribuzione di maggiori poteri alle regioni.
La popolazione della nostra terra, ancor prima di far parte dell'impero austroungarico e fino al 1918, godeva di una particolare forma di autogoverno e ciò spiega anche la nostra particolare sensibilità e tenacia con la quale, sin dal 1948, abbiamo lottato per l'attuazione dell'accordo De Gasperi-Gruber e per ottenere l'autonomia legislativa ed amministrativa seria e degna di questo nome.
Un primo passo venne compiuto nel 1971, in attuazione di accordi italo-austriaci sul cosiddetto pacchetto. Poi nel 2001 venne effettuato un ulteriore passo in direzione federalista, ma, purtroppo, la riforma del 2001 risultava, in un certo modo, monca, non affrontando la trasformazione del Senato in Camera rappresentativa delle regioni, affinché potesse fungere da contrappeso alla Camera politica.
Eravamo, pertanto, favorevoli al completamento del processo riformatore portato avanti dalla Lega Nord, partito al quale va attribuito il grande merito di aver portato la questione del federalismo nell'agenda nazionale. Ma dopo i voti nelle ultime settimane, oramai si è maggiormente chiarito lo scenario e, in seguito, cercheremo di fornire un nostro giudizio obiettivo sul testo in esame.
Il testo contiene aspetti indubbiamente positivi, ma anche parecchie ombre e vorrei partire dalle questioni che ci lasciano non del tutto soddisfatti. Il Senato federale, in verità, ha poco di federale. I senatori non sono espressione dei consigli o delle giunte regionali, ma saranno oggi, come dal 1948, eletti direttamente.
Manca un collegamento vero con il territorio. Basta, infatti, essere residente nella regione per poter essere eletto senatore. Tale lacuna non è stata nemmeno temperata dalla possibilità dei presidenti delle regioni e province autonome di partecipare, con diritto di voto, ai lavori del Senato federale: voto negato nel testo che ci accingiamo a votare.
Si ha l'impressione che la primaria esigenza sia quella di garantire l'elezione diretta di un numero consistente di senatori e non di una rappresentanza vera delle regioni e province autonome. Anche il procedimento legislativo appare assai farraginoso; di difficile applicazione sarà la prescrizione che un disegno di legge non possa contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi.
Non abbiamo apprezzato le modifiche che hanno concentrato troppi poteri nelle mani del premier.
Riteniamo, invece, positiva la sfiducia costruttiva introdotta da quest'aula, ma un Parlamento ostaggio del premier non potrà mai vederci favorevoli.
Ci siamo fermamente opposti, purtroppo senza successo, alla reintroduzione dell'interesse nazionale quale limite delle competenze legislative delle regioni. Va ricordato che uno dei pregi della riforma del 2001 era, per l'appunto, l'abolizione dell'interesse nazionale e la sostituzione di tale parametro con i criteri della sussidiarietà e dell'adeguatezza.
Nella ormai celebre sentenza n. 303, la stessa Corte costituzionale ha salutato con favore tale nuova impostazione, mettendo in evidenza come l'equazione: «l'interesse nazionale uguale alla competenza statale», in passato avesse sorretto, e cito testualmente la Corte, l'erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative delle regioni.
Fatto sta che la Corte è riuscita a risolvere i contenziosi tra Stato e regioni con l'ausilio dei criteri di sussidiarietà e di adeguatezza senza necessità alcuna di ricorrere all'anacronistico criterio dell'interesse nazionale.
Nel nuovo articolo 117, rispetto al testo vigente, si notano alcuni passi indietro. Non ci pare sostenibile la tesi secondo la quale le modifiche apportate siano state effettuate solo per scrivere meglio il testo o solo per chiarire i passaggi ambigui.
È innegabile la tendenza a ricentralizzare una serie di materie, quali la tutela della salute, la sicurezza del lavoro, le grandi reti di trasporto e la localizzazione delle stesse, l'ordinamento delle comunicazioni e delle professioni intellettuali. Tali materie sono trasferite alla competenza esclusiva dello Stato, mentre oggi rientrano nella competenza concorrente. E le competenze regionali per reti di trasporto e navigazioni locali, la comunicazione di interesse regionale e la produzione, trasporto e distribuzione di energia di interesse locale da competenze esclusive vengono declassate in competenze concorrenti.
C'è solo da sperare che tale tendenza possa essere controbilanciata dalla cosiddetta devolution - che ci vede favorevoli -, in forza della quale alle regioni vengono trasferite competenze esclusive in materia di organizzazione e assistenza e, in particolare, nel settore della scuola. Tuttavia, stante la formulazione ambigua del testo, temo che purtroppo non vi sarà un significativo aumento delle competenze regionali rispetto alla situazione normativa vigente. In sintesi, la riscrittura della Costituzione, a nostro avviso, non conduce ad un federalismo paragonabile a quello di altri Stati federali, quali la Germania e la Svizzera.
Sebbene il nostro giudizio sui punti sopraelencati non sia del tutto positivo, non nascondiamo la nostra soddisfazione per l'introduzione della clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale, già contenuta nel testo approvato dal Senato e, in un primo momento, attenuata dalla Commissione affari costituzionali. Anche grazie all'intervento deciso e compatto dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano e dopo un confronto costruttivo con il ministro Calderoli, è stato possibile ripristinare la clausola di maggior favore, impedendo l'applicazione alle regioni speciali e alle province autonome delle norme peggiorative contenute nel Capo V.
Ciò riguarda in particolar modo gli articoli 120 e 127 novellati, vale a dire il potere sostitutivo e l'annullamento di leggi regionali in nome dell'interesse nazionale, il corpus delle competenze autonomistiche come assegnato dagli statuti, da norme di attuazione e da altre leggi costituzionali.
Quindi l'autonomia vigente al momento dell'entrata in vigore del presente testo di riforma resta cristallizzata e così rimarrà fino all'adeguamento degli statuti; e questo per noi costituisce un successo. Tale adeguamento - e ciò costituisce indubbiamente un grande passo in avanti - in futuro sarà possibile solo previa intesa con le regioni e con le province autonome.
Il novellato articolo 116 della Costituzione costituzionalizza infatti, per la prima volta nella storia della Repubblica, il carattere pattizio delle regioni speciali, che possono negare entro un termine sufficientemente ampio l'assenso all'intesa con una maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti il consiglio. In tal modo è stata completata in senso federalista la procedura introdotta dai colleghi del Senato.
Un altro punto decisamente positivo è il riconoscimento del ruolo delle due province autonome di Trento e Bolzano, alle quali viene riconosciuta la dignità di regioni vere e proprie: i senatori non sono più della regione, ma delle province autonome; i rappresentanti locali nel Senato federale sono eletti dai consigli provinciali e dai rispettivi consigli delle autonomie locali; i delegati per l'elezione del Presidente della Repubblica sono anch'essi nominati dai consigli provinciali e i presidenti delle province partecipano, per la prima volta, all'elezione del Presidente della Repubblica e dei quattro giudici costituzionali nominati dal Senato federale.
Un punto particolarmente delicato riguarda la contestualità tra l'elezione delle assemblee regionali e quella del Senato federale.
Siamo anche in questo caso soddisfatti che in aula sia stato tolto il vincolo della durata della legislatura regionale, o rispettivamente dell'ente provinciale, con quella del Senato federale. Come avevamo chiesto, il Senato si rinnoverà parzialmente, limitatamente alla componente rappresentativa della singola regione o provincia autonoma, in concomitanza con l'elezione dei rispettivi organi elettivi.
Anche per il periodo transitorio, crediamo di aver trovato una soluzione soddisfacente, che garantisce entro certi limiti di evitare lo scioglimento anticipato.
A nome della Südtiroler Volkspartei, ringrazio i colleghi della maggioranza, ma anche quelli dell'opposizione. Ringrazio in particolare il ministro Calderoli, il sottosegretario Brancher e anche il relatore presidente Donato Bruno per la sensibilità dimostrata nei confronti della nostra terra. La larga convergenza è dimostrata anche dal fatto che gli emendamenti e gli articoli riguardanti le regioni speciali e le province autonome hanno trovato il consenso pressoché unanime dell'aula.
Per i motivi sopra illustrati, annuncio il voto di astensione da parte della componente della Südtiroler Volkspartei (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Costituzione repubblicana del 1948 fu il frutto di un confronto e di un dibattito approfondito fra forze politiche e culturali certamente diverse, che seppero dar vita ad un compromesso alto, che ha portato alla costruzione di un sistema coerente ed efficiente, in grado di garantire al nostro paese sviluppo e ampi spazi di modernizzazione.
È evidente che una modifica sostanziale di quella Carta costituzionale non può non comportare un eccezionale senso di responsabilità del legislatore. Le istituzioni - giova ricordarlo - sono patrimonio di tutti; è evidente che l'approvazione di riforme costituzionali a colpi di maggioranza non fa parte di quella cultura del dialogo che sola può ispirare riforme condivise, efficaci ed efficienti. Purtuttavia, il vulnus introdotto nella scorsa legislatura con l'approvazione della riforma del Titolo V condiziona e condizionerà profondamente l'intero futuro delle revisioni costituzionali. Alcune prese di posizione dell'opposizione, come il voto contrario sull'articolo 24 che avrebbe attribuito al Presidente della Repubblica l'autonomo potere di concessione della grazia, dimostrano come il pregiudizio contrario abbia impedito qualsiasi discussione nel merito.
Il progetto che ci accingiamo a votare è certamente ambizioso: modifica in modo significativo il nostro assetto costituzionale ed è ispirato da quella volontà modernizzatrice, valore fondante di questa maggioranza. È innegabile ed evidente la necessità di correggere, per un verso, e portare a compimento, per l'altro, la riforma del Titolo V, approvata nella scorsa legislatura. Tale riforma - approvata in fretta e furia sul finire di legislatura, con pochissimi voti di maggioranza e con l'evidente scopo puramente elettorale, quindi non certo animata da quello spirito costituente che avete, cari colleghi della sinistra, tanto richiamato nel corso del dibattito di queste settimane - non ha fatto altro che concretizzare una sostanziale destrutturazione dello Stato unitario, proprio quell'unitarietà tanto invocata in questo dibattito dal centrosinistra. L'innumerevole quantità di materie concorrenti, identificate in quel testo, ha - come era ovvio - aumentato a dismisura il numero dei conflitti di competenza fra lo Stato e le regioni, oltre a compromettere gravemente il funzionamento e l'organizzazione dello Stato stesso. Questo testo ha il pregio di dare nuova sistemazione, quantomeno, a quelle materie che risultano in modo macroscopico essere necessariamente di competenza dello Stato. Penso alla tutela della salute, alle grandi reti di trasporto e di navigazione, all'energia.
La modifica dell'articolo 117 contemporaneamente affida alla competenza esclusiva delle regioni alcune materie importanti, completando il sistema di devoluzione di competenze. È stata introdotta quella clausola di supremazia, presente in tanti sistemi federali che, insieme all'interesse nazionale, è garanzia di un sistema federale solidaristico ed unitario e che consente allo Stato di legiferare, in ogni caso, per garantire la tutela dell'unità giuridica ed economica nonché del principio di eguaglianza dei cittadini.
La costruzione di un sistema federale, per così dire dall'alto, non è cosa facile e quasi certamente comporterà un percorso di approssimazione successiva, nel quale vanno contemporaneamente consolidati i valori unitari e collaborativi. La volontà di dare avvio a questo percorso ha portato a pensare ad un sistema federale coerente che non si risolve nella devoluzione di competenze alle regioni, ma che necessita di un'architettura organicamente costruita.
Una Camera federale diventa elemento fondamentale. La separazione delle competenze legislative e il superamento del bicameralismo perfetto sono elementi positivi anche dal punto di vista dell'efficienza e dell'efficacia del processo legislativo, anche se quest'ultimo, a nostro parere, dovrebbe articolarsi, come in tutti gli ordinamenti federali, in due fattispecie: quella a prevalenza della Camera politica e quella bicamerale.
Per quanto riguarda la composizione del Senato federale, non abbiamo condiviso e non condividiamo la presenza, seppure senza diritto di voto, di rappresentanti delle autonomie locali eletti dai consigli delle autonomie fra i sindaci e i presidenti di provincia e città metropolitana.
La nostra contrarietà parte non già da questo testo, ma dalla riforma del 2001, rispetto alla quale, su questo tema, il testo in esame si pone in assoluta continuità. A nostro avviso, le modifiche dovrebbero partire dall'articolo 114 della Costituzione vigente. Tale articolo affida allo Stato il ruolo di elemento costitutivo della Repubblica in modo paritario rispetto agli altri enti territoriali, scindendo pericolosamente lo Stato dalla Repubblica, che rimane termine vuoto laddove perde la sua sostanziale coincidenza con lo Stato. Non esistono ordinamenti federali che siano articolati in più di due livelli. L'attuale articolo 114 segue una logica di disarticolazione dello Stato che non può trovarci concordi. Queste ragioni, oltre che evidenti motivi di funzionalità, giustificano il nostro dissenso per quanto concerne la possibilità degli enti locali di promuovere la questione di legittimità costituzionale di fronte alla Corte.
In ordine alla forma di governo, e quindi al premierato, che il testo propone come soluzione, siamo stati fra coloro che hanno sostenuto la necessità di corretti pesi e contrappesi, della tutela del principio della separazione dei poteri e della valorizzazione del ruolo centrale del Parlamento. Ad un rafforzamento del Primo ministro e dell'esecutivo, in rapporto dialettico con la propria maggioranza, non può che fare da contraltare un Parlamento forte e un ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica. Indubbiamente nel testo finale sono stati compiuti numerosi passi in avanti sul tema. L'introduzione della possibilità di una mozione di sfiducia costruttiva da parte della maggioranza collegata al premier rappresenta certamente un bilanciamento fondamentale dei poteri del premier rispetto alla sua stessa maggioranza.
Vorrei infine affrontare, seppure marginalmente, un tema che ci è caro, quello della riforma del sistema elettorale. Appare ovvio come la riforma elettorale non sia tema da inserire nella Costituzione, ma certamente deve essere oggetto di riflessione. Una revisione dell'assetto istituzionale dello Stato e la scelta di una nuova forma di governo non sono e non devono essere separati da una riflessione sui sistemi elettorali. L'Italia ha sperimentato in questi ultimi dieci anni un sistema elettorale inefficiente dal punto di vista della rappresentatività democratica, un maggioritario imperfetto e un bipolarismo, se possibile, ancora più imperfetto e governi eletti da coalizioni disomogenee e conflittuali. Riteniamo che una riforma elettorale di tipo proporzionale, con sistemi che agevolino la formazione di maggioranze e la stabilità dei governi, attribuendo un ruolo centrale al Parlamento, sia una possibilità concreta per dare all'Italia un sistema organico e coerente e possa rappresentare un bilanciamento della forma di Stato e della forma di governo.
Abbiamo un compito arduo: rivedere una Carta costituzionale che si è rivelata negli anni straordinariamente efficiente e funzionale. Nel farlo, non dobbiamo perdere di vista l'elemento fondamentale: l'interesse costituzionale del paese e la necessità di ricomporre quella frattura che oggi ancora esiste fra i cittadini e le loro istituzioni.
Annuncio quindi il voto favorevole del Nuovo PSI, dando correttamente conto di voti difformi di alcuni colleghi della componente, che ne hanno già esposto le motivazioni (Applausi di deputati del gruppo Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, i Verdi, insieme a tutto il centrosinistra e a tutte le opposizioni, voteranno contro il disegno di legge di revisione costituzionale in esame.
Non si tratta di un atteggiamento pregiudiziale: il centrosinistra ha sempre condiviso la necessità di un'organica riforma della seconda parte della Costituzione, che non riguarda i principi fondamentali, sempre validi, ma l'ordinamento della Repubblica in materia di forma di governo, forma di Stato, bicameralismo e sistema delle garanzie.
Di tutto questo si era già discusso, in sede consultiva, nella IX legislatura, con la Commissione Bozzi. Nell'XI legislatura, anche sotto l'impulso del neoeletto Presidente della Repubblica, Scalfaro, con legge costituzionale fu istituita la prima Commissione bicamerale con poteri referenti, che fu egregiamente presieduta prima da Ciriaco De Mita e poi dalla compianta Nilde Iotti.
Quella Bicamerale interruppe i propri lavori solo per lo scioglimento anticipato delle Camere, nel 1994. Quando nacque l'Ulivo, e vinse le elezioni del 1996, il centrosinistra propose subito il diretto coinvolgimento anche delle opposizioni di centrodestra, con l'istituzione - in forza di una legge costituzionale - di una nuova Commissione bicamerale con il compito di riformare l'intera seconda parte della Costituzione. Fu la Bicamerale presieduta da Massimo D'Alema che propose a quest'aula un progetto di revisione costituzionale allora ampiamente condiviso da centrosinistra e centrodestra. Ma fu il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, dopo un anno e mezzo di lavoro parlamentare comune, a decretarne la fine il 2 giugno del 1998, in quest'aula.
Il centrosinistra, tuttavia, non interruppe allora il percorso riformatore. Abbiamo approvato quasi all'unanimità la riforma dell'articolo 111 della Costituzione in materia di giusto processo, e - colleghi di centrodestra, ricordatelo - in quell'occasione il centrosinistra nominò relatore Marcello Pera, allora senatore dell'opposizione proprio di centrodestra. Abbiamo approvato quasi all'unanimità una nuova forma di governo regionale, con l'elezione diretta dei presidenti delle regioni e l'autonomia statutaria per le regioni a statuto ordinario, e questo è già parte del Titolo V. Abbiamo poi approvato, quasi all'unanimità, anche la riforma, con legge costituzionale, degli statuti delle cinque regioni a statuto speciale e, quindi, anche delle province autonome di Trento e Bolzano. Tutto ciò è avvenuto nella scorsa legislatura, con il centrosinistra maggioranza politica. Ed è avvenuto quasi sempre l'unanimità!
La stessa ulteriore riforma parziale del Titolo V è stata affrontata sulla base di un testo originariamente condiviso; non è il centrosinistra che lo ha imposto ma è il centrodestra che, alla fine, si è sottratto al processo riformatore. Questa è la verità storica, non a caso condivisa allora anche dai presidenti delle regioni governate dal centrodestra, il presidente Ghigo in testa!
In questa legislatura è avvenuto esattamente l'opposto: il centrodestra ha perso i primi due anni di legislatura ad approvare proprie leggi in materia di giustizia di carattere «particolare». E sempre il centrodestra ha imposto la revisione costituzionale in materia di devolution, ma poi ha abbandonato quella riforma dopo la prima lettura. Dopo aver perso così due anni di legislatura, l'iter riformatore è stato ripreso non con una proposta di coinvolgimento di tutto il Parlamento nel processo riformatore - come noi avevamo fatto nel 1996 -, ma con un metodo che è poco definire unilaterale e al limite dell'incredibile!
Tutti ricordiamo le riunioni in una baita a Lorenzago la scorsa estate. Questo è stato lo spirito costituente della Casa delle libertà! Tutti ricordiamo che, dopo l'imposizione di un testo esclusivo del centrodestra al Senato, si sono alzate le voci di decine di costituzionalisti, di tutti gli orientamenti politici e culturali, centrodestra compreso: voci fortemente critiche su quel testo. Tutti ricordiamo che ben 36 di quei costituzionalisti li abbiamo ascoltati in Commissione affari costituzionali qui alla Camera. Sono state audizioni di grande interesse, ma sono rimaste inascoltate. Infatti, in sede referente, il centrodestra ha fatto muro e ha impedito qualunque dialogo e confronto nel merito. Noi abbiamo presentato 100 emendamenti, il centrodestra ne ha presentati 330 ed ha votato solo ed esclusivamente le proprie proposte. Vi è stato un vero ostruzionismo del centrodestra in sede referente rispetto a qualunque possibilità di dialogo e confronto parlamentare.
Do atto al ministro Calderoli che solo nell'ultimo mese - su tre anni di legislatura e un anno di procedimento di revisione -, ripeto, solo nell'ultimo mese, dopo un anno intero, si è aperto un minimo di confronto che ha portato ad alcune limitate correzioni del testo, a cui abbiamo partecipato. Ma la verità è che l'impianto della riforma è rimasto nei suoi aspetti radicalmente non condivisibile. In materia di forma di governo, anziché un rafforzamento del Primo ministro, che sarebbe stato da noi condiviso - basta leggere i nostri emendamenti -, si è introdotto un premierato assoluto che non ha precedenti nella storia delle democrazie parlamentari di tutta Europa, non solo di quella continentale ma anche del Regno Unito!
In materia di forma di Stato, vi è uno schizofrenico processo di ristatalizzazione, da una parte, e di sovrapposizione della devolution, dall'altra, con in più il rafforzamento dei poteri sostitutivi e quell'incredibile imposizione dell'interesse nazionale col Parlamento a Camere riunite che riannulla le leggi regionali.
In materia di bicameralismo, era certo necessario arrivare ad un bicameralismo differenziato, ma il testo contro il quale noi voteremo prevede un Senato federale che di federale ha solo il nome ed un procedimento legislativo confuso e contraddittorio, che vedrà l'esposizione sistematica del Parlamento attraverso una sorta di terza Camera, la Commissione paritetica di trenta più trenta, nonché l'arbitrio dei presidenti eletti dalla maggioranza con quorum che permettono alla maggioranza stessa di eleggerseli da sola, che avranno il potere esclusivo di decidere competenze e procedimenti nel rapporto tra le due Camere, con l'aggiunta di un altro comitato paritetico di quattro più quattro.
In materia di garanzie, vi è stato un sistematico abbassamento dei quorum che consegna quasi ogni decisione, salvo il regolamento della Camera, in mano alla maggioranza pro tempore e si è introdotto un inaccettabile sbilanciamento nella composizione della Corte costituzionale.
Queste, in sintesi necessaria, sono le ragioni del voto contrario dei Verdi, del centrosinistra, di tutte le opposizioni.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 12,10)

 

MARCO BOATO. È questa la ragione per cui, se l'iter arriverà alla conclusione - conservo qualche dubbio -, noi fin d'ora annunciamo che, come già abbiamo fatto anche sulla nostra riforma nel 2001, ci rivolgeremo comunque al popolo sovrano, perché sia il popolo sovrano a dare il suo giudizio definitivo.
Lo dico senza demagogia, ma con fermezza, se mi permettete: noi siamo convinti che il popolo sovrano saprà mettere la parola fine non ad una riforma - perché noi una riforma equilibrata l'avremmo condivisa - ma ad un inaccettabile stravolgimento della Costituzione repubblicana (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-socialisti democratici italiani - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Boato. Desidero ringraziarla anche per il contributo che lei ha dato in questi giorni ai lavori parlamentari, sempre con grande passione, competenza e puntualità.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cusumano. Ne ha facoltà.

STEFANO CUSUMANO. Signor Presidente, esprimiamo tutta la nostra preoccupazione e contrarietà per la riforma del Titolo V della Costituzione che la Camera si accinge a votare, una riforma che definisce un assetto costituzionale pasticciato con un evidente conflitto tra le diverse rappresentanze istituzionali, assolutamente incapaci di funzionare.
Si è volutamente ignorata la natura intrinseca della Costituzione, quale testo strutturale della nostra democrazia, fondamento normativo generale delle istituzioni democratiche e dei poteri che hanno il compito di applicarne regole e princìpi.
La Costituzione è il testo unificante della Repubblica, che nel dispiegamento delle sue norme regolamenta ogni ulteriore attività legislativa e attua l'insieme di valori cui un popolo fa riferimento, in cui si riconosce.
La Costituzione è il patto forte che unisce tutti i cittadini di uno stesso Stato e ne rappresenta ed esprime l'identità stessa. Ovviamente, non c'è alcuna preclusione ad appositi emendamenti o modificazioni che l'arricchiscano e la rendano ancora più flessibile rispetto al mutare dei tempi e alla complessità dei problemi.
Resta vero, però, che il dettato costituzionale deve mantenere la sua coerenza interna e la sua valenza generale; al contrario, il centrodestra sta seguendo una prassi che, volutamente, ignora e vìola le caratteristiche generali di quel patto forte, che è il nostro primo punto di riferimento istituzionale identitario e che viene invece usato come oggetto di trattativa e di scambio tra i partiti della maggioranza.
Tutto ciò per noi rimane inaccettabile. La riforma risulta tra l'altro insufficiente in tutte le sue ricadute e sfumature; demolisce la Costituzione repubblicana e dilania il paese, con conseguenze negative di non poco conto.
L'unico obiettivo che emerge sembra essere un forte indebolimento delle garanzie, dei diritti e delle libertà costituzionali. Scrivere norme sul premierato che indeboliscono la natura parlamentare della nostra Repubblica è un atto di grave alterazione della lunga storia democratica del nostro paese, è l'anticamera di un processo disgregativo della nostra democrazia, che rischia di avviarsi verso una preoccupante deriva plebiscitaria costruita sulla dittatura del Primo ministro.
Inoltre, in un momento delicato come quello attuale, esigenze nazionali ed internazionali avrebbero richiesto di adottare riforme che migliorassero, non che peggiorassero, l'efficienza del nostro sistema. È impensabile che si possa modificare, in un solo colpo, parte della nostra Costituzione senza cercare un punto di incontro, un consenso e, per di più, in quell'ottica distruttiva e frettolosa che, invece, caratterizza la maggioranza di centrodestra. Le riforme si fanno insieme: la modifica della Costituzione deve essere frutto di un percorso di riflessione in grado di recuperare al meglio l'unitarietà dello Stato!
Le riforme che la stessa maggioranza ci ha imposto, con un lungo rosario di dissertazioni contraddittorie ed approssimative, sono contro la storia e la civiltà stesse del nostro paese. A questo punto, è il caso di chiedersi se valga la pena di stravolgere la Costituzione repubblicana che, nel bene e nel male, in tutti questi anni ha garantito la coesistenza democratica, la certezza dei diritti e delle libertà fondamentali: dalle riforme istituzionali dipende il futuro del nostro paese!
Si conclude così una fase della nostra vita parlamentare: con un risultato deludente che spazza via ogni residua possibilità di confronto serio tra maggioranza ed opposizione. La chiusura a riccio della stessa maggioranza nella difesa di alcuni punti della riforma conferma, da un lato, le difficoltà interne della maggioranza stessa e, dall'altro lato, la permanente vocazione del centrodestra a considerare ancora le riforme costituzionali una questione tutta interna alla maggioranza.
Prendiamo atto di questo atteggiamento e rinnoviamo tutta la nostra contrarietà al testo della riforma in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR, Misto-socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cusumano.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.

DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la componente dello SDI voterà contro il disegno di legge costituzionale di modifica della seconda parte della Costituzione.
Oggi cala il sipario sulla prima parte della scandalosa sceneggiata, caratterizzata da ricatti, minacce di crisi di Governo, continui vertici di maggioranza, di una riforma voluta ed imposta da una delle forze di maggioranza, la Lega nord di Umberto Bossi e del ministro Calderoli. La Costituzione che oggi si sta per distruggere - diceva, ieri, il mio capogruppo, onorevole Intini - era nata sotto una forte spinta ideale popolare ed aveva visto la luce dopo un lavoro che, per quasi due anni, aveva impegnato le forze politiche nella ricerca dei punti di equilibrio sui principi fondamentali, sui diritti e doveri dei cittadini, sui rapporti economici e sociali e, soprattutto, sulla costruzione di un equilibrato ordinamento costituzionale. Altro che spirito costituente: questo lavoro è profondamente distante da quello svolto dai padri della Carta costituzionale!
Si è pensato soltanto a salvaguardare i precari equilibri politici, a costruire un mostro giuridico, forti solo di una maggioranza parlamentare che, per fortuna, è ormai molto lontana dai reali rapporti di forza nel paese. È stata scritta, in questo mese, una delle pagine più negative della storia del nostro paese; è stato compiuto un assalto indecente alla Costituzione repubblicana che l'opposizione ha tentato di impedire unitariamente, con ogni mezzo democratico a disposizione in questo Parlamento.
Speriamo che siano i cittadini a bloccare definitivamente tale assalto. La devastazione della Costituzione va fermata nel solo modo possibile: il referendum costituzionale. Da oggi, la parola d'ordine dovrà essere una ed una sola: la difesa popolare della Costituzione.
La maggioranza non si è fermata di fronte a nulla: in primis, ha rigettato tutti gli appelli e le preoccupazioni che venivano da autorevoli costituzionalisti del nostro paese; ma non si è fermata neanche di fronte agli appelli delle massime cariche istituzionali.
A nulla sono valsi gli appelli del Presidente della Camera e del Presidente della Repubblica. Vorrei ricordare in quest'aula che nel mese di marzo, quasi come un presagio, il Presidente della Camera dei deputati, dall'alto della sua autorevolezza istituzionale e politica, rilasciò un'intervista dove rivolgeva un caloroso invito a tutte le forze politiche a scrivere insieme le riforme, ed avvertiva: « vedo una nuvola di veleni che si aggira sulla Repubblica, e allora sento la responsabilità istituzionale di dire a tutti, ma proprio a tutti, di non inquinare i pozzi della vita pubblica italiana».
In queste parole c'era tutta la preoccupazione di recuperare un dialogo istituzionale con l'opposizione sulle grandi questioni di fondo del nostro paese. A nulla sono valsi gli appelli del Capo dello Stato, i suoi continui richiami alla salvaguardia dell'unità nazionale, ad evitare di mettere in campo un forte squilibrio fra aree forti e aree deboli del nostro paese.
A questi autorevoli inviti, la risposta è stata profondamente diversa tra maggioranza e opposizione. Nel centrodestra è prevalsa la linea dei falchi, di quelli che vogliono affermare la dittatura della maggioranza; è prevalso uno spirito riformatore esasperato, teso a concentrare poteri abnormi in capo al Primo ministro, all'indebolimento degli organi di garanzia, come la Corte costituzionale e il Presidente della Repubblica, ad imporre la cosiddetta devolution, che poi si è tentato di mitigare con la clausola di salvaguardia dell'interesse nazionale.
Di contro, il centrosinistra, è intervenuto prima attraverso tutti i suoi leader, tutti i leader dell'opposizione, e poi attraverso un atto formale di tutti presidenti dei gruppi di opposizione della Camera, che nel mese di luglio hanno inviato al presidente della Camera una lettera.
In questa lettera i presidenti dei gruppi dell'opposizione, in via preliminare, ponevano una grande questione di fondo, e dicevano che siamo di fronte ad un passaggio decisivo, e quindi dobbiamo decidere quale strada imboccare. Ne abbiamo due a disposizione: la prima strada è quella di una riforma equilibrata e condivisa, che possa completare la transizione costituzionale. Il centrosinistra è pronto a percorrerla tutta. Ciò è dimostrato anche dal lavoro brillante e qualificato che hanno svolto tutti deputati dell'opposizione all'interno della Commissione affari costituzionali, e in quest'aula, con grande spirito costruttivo. L'altra strada era quella opposta, quella che poi è stata scelta dal centrodestra, di mettere a rischio le basi democratiche della nostra Repubblica, di compromettere definitivamente un rapporto tra le forze politiche, e soprattutto di lavorare attorno alla modifica del nostro sistema ordinamentale, ponendo il Parlamento in una condizione di sottomissione rispetto al Governo.
Il centrodestra ha scelto questa strada, perché ha ritenuto di andare avanti con i soli voti della maggioranza a sua disposizione. La conseguenza più immediata, lasciatemelo dire, oltre al logoramento dei rapporti politico istituzionali, è che questa riforma non chiude la transizione. Ne sono convinti, lo abbiamo sentito in quest'aula, molti autorevoli rappresentanti anche tra le file del centrodestra.
Questa riforma non dà avvio ad uno Stato federale, stretta com'è tra spinte localistiche e forti spiriti centralisti. Essa non costruisce una vera democrazia dell'alternanza, non adegua il nostro impianto costituzionale al maggioritario, perché l'unica strada scelta è stata quella di avere investito di poteri cesaristi il Capo del Governo, quasi come se il premier dovesse governare l'Italia per i prossimi cinquant'anni.
Anche in materia di devoluzione, è stata scelta la strada più sbagliata, introducendo la clausola di poteri esclusivi alle regioni in materia di sanità, di ordinamento scolastico e di polizia regionale, sapendo poi, diciamoci la verità (lo stanno facendo già in queste ore, soprattutto in alcune aree del paese), che molti deputati di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro stanno cercando di convincere molti elettori che questa strada comunque non sarà portata avanti, perché alla fine sarà lo Stato ad avere una funzione prevalente anche rispetto a queste materie.
È un percorso che noi socialisti giudichiamo sbagliato. Anche il nostro approccio è stato fortemente costruttivo, però avete voluto fare questa riforma da soli, e l'avete voluta fare con un solo filo conduttore: quello di provocare una frattura irresponsabile di tutta la struttura portante della Repubblica, e di avviare una lenta ma inesorabile eutanasia della nostra Costituzione.
Da oggi, lasciatemelo dire, questa cosiddetta riforma diventa per noi, per tanti di noi, una grande questione nazionale, che non dovrà più riguardare solo il ceto politico, ma dovrà riguardare in primis tutti i cittadini, che, attraverso il referendum, dovranno manifestare la loro netta contrarietà a questa riforma, che, più che entrare nella coscienza del paese o essere avvertita come elemento di progresso e di rinnovamento, è recepita solo come la distruzione della nostra grande Carta costituzionale.
Per queste ragioni, a nome del gruppo dei socialisti democratici italiani, voteremo con convinzione contro la riforma della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armando Cossutta. Ne ha facoltà.

ARMANDO COSSUTTA. Signor Presidente, colleghi, ho seguito attentamente, ogni giorno, per circa un mese, come tutti voi, questo dibattito; l'ho seguito con sconcerto, anche con sgomento. Si sono cambiati oltre 40 articoli della Costituzione, si è stravolto l'intero impianto istituzionale della Repubblica, e tutto questo è avvenuto con votazioni a raffica, senza possibilità di un serio approfondimento, senza un reale confronto.
Ecco, quello che più colpisce, credetemi, è la mancanza del confronto, una situazione che non ha precedenti nella nostra storia. Ricordo come nei momenti cruciali della nostra vita politica, di fronte a decisioni davvero rilevanti - penso al Patto atlantico, alla «legge truffa», ai decretoni economico sociali -, il dibattito nelle aule parlamentari era reale ed il confronto anche. A volte, era un dibattito infuocato, allora l'ostruzionismo raggiungeva pagine epiche - c'erano deputati che parlavano per ore ed ore, lucidamente, senza uscire dal tema (il record assoluto fu raggiunto dall'onorevole Almirante) -, ma nel Parlamento e nel paese riuscivano ad emergere chiaramente i motivi del contrasto ed il confronto si trasferiva nella società, nelle fabbriche, nelle scuole.
Adesso non c'è nulla di tutto questo. Manca quel comune tessuto di valori che, pur nel contrasto, può consentire il confronto leale e poi la sintesi. Non c'è, manca il pathos democratico capace di suscitare una comune ed intensa emozione.
E ho seguito con sgomento le esagitate interruzioni al nobilissimo discorso dell'onorevole Maccanico da parte di chi voleva tagliare non le ore, ma i pochi minuti necessari per concludere il suo ragionamento. Né hanno trovato eco le preoccupazioni, le perplessità, pur prudentemente esposte da personalità eminenti della stessa maggioranza (liberali, repubblicani, socialisti, cattolici democratici). Eppure si sono volute decidere cose enormi!
Primo. Si è infranto il principio di eguaglianza, base di ogni convivenza democratica; si è cancellata l'universalità dei diritti all'istruzione, alla salute, alla sicurezza, determinando uno stravolgimento immondo all'opera illuminata dei padri della Repubblica.
Secondo. Si è spezzata l'unità nazionale, ignorando che le radici storiche della democrazia italiana risiedono nell'unità, raggiunta con il Risorgimento, consolidata dalla sinistra con l'alleanza tra lavoratori del nord e contadini meridionali, difesa durante la Resistenza da coloro che - tanti - non a caso si chiamavano garibaldini, definita dalla Costituzione del 1948, una delle migliori del mondo.
Terzo. Si è imposta una deriva autoritaria, oligarchica, anzi monarchica, come si è detto, se per monarchia si intende quello che essa significa: potere di uno solo; potere del premier. Ed il tutto con contraddizioni, squilibri, confusione, che renderanno impossibile il governo democratico e ordinato del paese. Una confusione voluta lucidamente e cinicamente, perché nel caos possa farsi avanti prepotentemente la richiesta non di autonomia, non di devoluzione, ma della secessione.
Qui si sta scrivendo la pagina più nera della storia parlamentare italiana. Si tratta di un testo inemendabile, un testo eversivo: non rimane altro che respingerlo! Qui non ci riusciremo, perché gli eversori hanno una maggioranza blindata di voti.
Avete stravolto, attraverso un uso improprio e con un'arbitrarietà che grida vendetta, l'articolo 138 non per correggere o innovare qualche articolo della Costituzione, ma per sovvertirne interamente il testo. Qui non vi sono possibilità di mediazione: la parola, ormai, spetta al popolo.
Il referendum si terrà, e dovrà annullare questo disastro. Per questo, amici e compagni carissimi della nostra grande alleanza democratica, dobbiamo rivolgerci esplicitamente, chiaramente ed energicamente al popolo, superando non soltanto le esitazioni, ma gli stessi errori compiuti in passato. Infatti, quattro o cinque anni fa, si è creduto che esistesse nel paese una propensione al federalismo; tuttavia, ammesso che allora essa vi fosse, oggi non è più così. Tale propensione ormai crolla, sommersa dal dissenso sociale, dalle obiezioni culturali e dalle perplessità finanziarie; in sostanza, dall'opposizione di quanti - i sindacati, l'intero Mezzogiorno, gli insegnanti e le famiglie popolari - paventano, giustamente, la differenziazione dei diritti sociali.
Per troppo tempo, infatti, anche a sinistra ha fatto premio un costituzionalismo di recente conio...

PRESIDENTE. Onorevole Armando Cossutta, concluda!

ARMANDO COSSUTTA. ... incantato da velleità moderniste di efficienza. Credo che si volesse rendere più vicino il popolo alle istituzioni, ma si è trascurato che già esisteva il regionalismo e che andava potenziata, semmai, l'autonomia dei comuni. Non vi sono scorciatoie: andando per sentieri, si rischia di smarrire la via maestra! Con le concessioni al federalismo, si è cercato di intercettare e di introitare quello che, invece, doveva essere respinto.
La difesa e lo sviluppo della democrazia non ammettono palliativi: crollando la seconda parte della Costituzione, nei suoi capisaldi, vengono meno i principi stessi della prima parte, che li avevano generati per essere garantiti ed attuati.
Si apre oggi una fase grave per la Repubblica, ma si è aperta anche la fase della riscossa democratica. Con il referendum, possiamo abrogare questo misfatto; con la vittoria elettorale del 2006, potremmo abrogare le leggi ingiuste di Berlusconi: quella sul conflitto di interessi, la legge n. 30 del 2003 per i lavoratori, la controriforma Moratti per la scuola e la legge Bossi-Fini sugli immigrati.
Forse, onorevoli colleghi, oggi abbiamo toccato il fondo, ma da oggi possiamo, dobbiamo e riusciremo a risalire alla luce (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, preannunzio che il gruppo di Rifondazione comunista voterà contro il disegno di legge recante queste modifiche costituzionali, poiché esse riguardano la parte II della Costituzione, ma incideranno sulla prima, contenente i diritti fondamentali.
Si tratta di una riforma che produce la frammentazione della Repubblica e la frantumazione dei vincoli di solidarietà politica, economica e sociale. Infatti, i diritti sociali dei cittadini si riducono a livelli essenziali minimi, si introducono disparità di trattamento tra le regioni ricche e quelle povere e si spezza il principio di uguaglianza. Si produce, in altri termini, un effetto di demolizione dei diritti e della politica.

Mi riferisco anche alla politica, poiché, assieme ad un finto Senato federale, si introduce un elemento ibrido, anomalo e pericoloso, quale il «premierato assoluto». Vi sarà, infatti, un Primo ministro che potrà esercitare arbitrariamente il suo potere, fino allo scioglimento delle Camere, ed un Presidente della Repubblica ridotto a notaio.
Si è determinata una rottura di quella cultura dei contrappesi propria del costituzionalismo: è stata prevista, infatti, una Corte costituzionale che rischia di subire un processo di politicizzazione, un Parlamento che viene espropriato dei suoi poteri, un Capo dello Stato che perde il suo ruolo super partes ed i Presidenti delle Camere che perdono la loro funzione di garanzia, essendo tutti piegati agli interessi governativi.
Insomma, a fronte di una domanda sempre più forte di partecipazione dei cittadini, in particolare dei giovani, alla vita politica del paese, voi rispondete con un nuovo, moderno autoritarismo, con una destrutturazione del sistema democratico ed istituendo una carica monocratica, eletta dal popolo, che dovrebbe incarnare il bene assoluto.
Signor Presidente, in una dialettica politica ed istituzionale che ponga al centro la riforma di un ordinamento democratico, esistono due momenti di democrazia: uno appartiene alla fisica e l'altro alla metafisica. Sono ascrivibili certamente alla fisica tutte quelle espressioni di pensiero che mirano a garantire un miglior funzionamento delle istituzioni democratiche. In tal senso, si parla di premierati forti o deboli, di parlamenti perfetti o imperfetti e di centralizzazione o di decentramento dei poteri. Vi è, poi, un momento metafisico della democrazia, che certa filosofia antica pone quale insieme di principi primi rispetto a qualsiasi realtà ci si trovi a vivere. In questi casi, in altre parole, le regole della fisica seguono ai valori della morale e della metafisica.
La nostra Carta costituzionale, in qualche misura, pare seguire tale stima, aprendo metafisicamente con i principi fondamentali, per arrivare, poi, fisicamente all'ordinamento della Repubblica. Solo in tal modo molti aspetti delle nostre istituzioni possono trovare un'effettiva spiegazione. Nel 1948, gli ideali e i valori della metafisica democratica furono il cemento che tenne insieme uomini e donne della classe politica che aveva diretto la guerra di liberazione ed era giunta, sia pure attraverso conflitti, al Patto costituzionale. Da un lato, i conservatori rinunciarono ad un - allora impossibile - ritorno al passato e, dall'altro, le sinistre accantonarono il programma rivoluzionario della «dittatura del proletariato», coniando la formula della «democrazia progressiva» e, per bocca degli stessi Togliatti e Morandi, parlarono, con insistenza, di valori, ideali e metodi democratici.
Che fine ha fatto quel Patto? È indubbio che la Costituzione non è immutabile. Ciò lo sapevano gli stessi costituenti, quando introdussero l'articolo 138. La metafisica della nostra democrazia impone, tuttavia, che non tutte le norme che furono alla base di quel Patto siano modificabili. Anche Mortati parlava di un nucleo immodificabile quale forma di humus culturale che appartiene, quale codice genetico unico, ad ogni popolo. Quando si modifica solo uno di questo insieme di valori e di principi, non si tratta più di revisione costituzionale, perché non si salva l'identità e la continuità della Costituzione, ovvero la tradizione autentica e i valori della storia.
Gli articoli delle costituzioni, scriveva Piero Calamandrei, sono come membra di un corpo vivo, di cui non si può fare a meno: vivono finché gli circola dentro il sangue che le alimenta. Il sangue, in questo caso, si chiama correttezza politica e lealtà costituzionale. Così, se nella Costituzione italiana si volesse cambiare alcuno di questi elementi identificatori, la Costituzione perderebbe la propria identità. Ciò vorrebbe dire far crollare tutta la Costituzione e ricominciare da capo, tornando dal piano della legalità a quello della forza. Diverrebbe la fine e l'instaurazione ex novo, di fatto e non di diritto, di un nuovo regime.

Solo se si tiene ferma tale premessa, si può passare al secondo momento, quello che riguarda la fisica della democrazia e che si traduce nel problema del governo democratico, che non è solo il governo del popolo e neppure il governo della maggioranza aritmetica del popolo, ma quel governo nel quale si ottiene la maggiore possibile identificazione fra governanti e governati e la minore possibile oppressione di governanti sui governati. Ciò era alla base del sacro Patto costituzionale del 1948, che oggi viene tradito (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, oggi è un giorno importante. Vi è il voto su una grande riforma. Ciò costituisce un passaggio decisivo. Dopo 143 anni di centralismo, ormai ci avviamo allo Stato federale. Si spezzano le catene che hanno soggiogato il nord, il centro ed il sud del paese. È una rivincita di Cattaneo nei confronti di chi ha voluto questo Stato centralista.
Il futuro sarà quello dell'unità nella diversità, che sarà il vero collante di questo paese. Ciò costituisce anche il passaggio tra la prima e la seconda Repubblica ed è un successo della Casa delle libertà. Rappresenta il traguardo di un percorso iniziato ben cinque anni fa e che sta ora producendo risultati.
È una vera riforma: la devoluzione è importante, perché si attribuiscono veri poteri alle regioni, non come avete fatto voi della sinistra. Si istituisce un Senato che inizierà una dinamica virtuosa: all'interno del Senato i rappresentanti delle regioni dialogheranno fra loro e rappresenteranno certamente gli interessi delle regioni, ma nell'ambito di un disegno complessivo che porrà al centro l'interesse di tutto il paese. Certo, in questo testo vi sono degli equilibri, vi è una clausola di eccezionalità, ma ciò è giusto. In questo paese sono varie le forze politiche, anche all'interno della maggioranza, e sono diversificati gli interessi esistenti nel centro, nel sud e nel nord del paese: noi abbiamo trovato un equilibrio.
Sarebbe lungo descrivere i pregi del federalismo, ma li riassumiamo rapidamente. Innanzitutto, ripristiniamo il principio di sovranità, di vera democrazia, di sussidiarietà. Governa la persona, la comunità, la gente, l'ente locale e, via via, secondo una giusta applicazione del principio di sussidiarietà, i vari enti territoriali o lo Stato.
Si introduce la puntualità: il federalismo è puntualità delle risposte, è dare risposte precise alle esigenze reali e diversificate dei cittadini. Ciò comporta una migliore soddisfazione dei cittadini ed un minore sperpero di denaro pubblico: due piccioni con una fava.
Si introduce la responsabilità: fino ad oggi, anche i pessimi amministratori - ne abbiamo avuti molti, ad esempio in Campania - spesso venivano premiati dai loro cittadini perché distribuivano privilegi, prebende ed assistenzialismo. Con il federalismo ciò non sarà più possibile, perché il presidente della regione o l'assessore decideranno le norme da applicare nella sanità, nella scuola, nella polizia locale e decideranno l'imposizione fiscale, ma dovranno rispondere ai cittadini, che saranno messi in grado di giudicare se il loro amministratore o il loro presidente è un furfante o è un bravo amministratore. Per cui, anche da questo punto di vista, la responsabilità è importante ed il federalismo è responsabilità.
Introduciamo la concorrenza istituzionale, per cui le regioni che produrranno i risultati migliori nella sanità o nella scuola costringeranno le regioni vicine ad emularle, perché, altrimenti, gli amministratori o i presidenti delle regioni che non daranno servizi adeguati saranno mandati a casa dai loro cittadini.
La conferma che è una grande riforma è nell'atteggiamento, nello sconforto e nel nervosismo che il centrosinistra dimostra. È una doppia sconfitta ideologica e di interessi: è una sconfitta ideologica, perché si sconfigge definitivamente la vostra logica dell'Ulivo mondiale, per cui vi è una visione del mondo dove il potere è sempre più lontano dai cittadini, è sempre più accentrato e sempre più delegittimato, perché la gente non ha più nessuna connessione con il potere.
È la sconfitta di quel mondo nel quale voi vorreste imporre quattro regolette illuministiche e vorreste che gli uomini fossero uguali, senza distinzione di storia, di cultura, di religione. Voi vorreste che gli uomini non avessero alcun legame con il territorio. Pertanto, è la sconfitta di quel disegno di globalizzazione nel quale, secondo voi, le merci, i capitali, la finanza ed anche gli uomini possono distribuirsi nel mondo senza alcun confine, senza alcun limite e senza alcun legame con la storia ed il territorio di determinate parti del paese.
Lo strumento che avevate messo in campo era la legge sull'immigrazione, per consentire a tutti di entrare nel nostro paese. L'obiettivo era quello di scardinare l'identità dei popoli, di allontanare sempre di più il potere politico e di dare sempre più spazio ai grandi interessi finanziari. Il vostro obiettivo era quello di una società anonima, dove l'uomo non contava più niente. La Casa delle libertà ha rimesso al centro l'uomo, la persona (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
È anche la sconfitta di un'altra ideologia, del centralismo, dello statalismo. È la sconfitta dell'idea che deriva da Plauto dell'homo homini lupus, che voi avete sempre portato avanti per legittimare il potere e lo Stato centralista. È la sconfitta della vostra filosofia, che si ispira a Hobbes, Hegel, Marx e Gramsci. È la sconfitta anche dei vostri interessi, perché i vostri interessi da sempre sono stati tutelati dal centralismo, perché è più facile governare tutto dal centro. È più facile fare assistenzialismo, avere clientele, gestire il voto di scambio. È più facile mantenere una burocrazia elefantiaca, pletorica e inefficiente. È più facile fare grandi favori alle grandi aziende (Una voce dai banchi dell'opposizione grida: «Mediaset!») assistite dallo Stato. È facile stare dalla parte del nuovo corporativismo e della grande finanza.
A tal fine, in quest'aula avete sollevato la polemica sui costi del federalismo, mobilitando Montezemolo, i sindacati, i vostri giornali e strattonando Ciampi e mobilitando intellettuali di regime.
Avete collezionato solo brutte figure. Il ministro Calderoli è intervenuto in aula e vi ha spiegato che il riferimento all'ISAE era legato alla vostra riforma, e voi non lo sapevate. Quei 60 mila miliardi dei quali parlavate costituivano il costo della vostra riforma nel caso in cui ci fosse stata una duplicazione di organico e di personale. Allora, o non lo sapevate, o siete incoscienti.
Noi, tuttavia, che abbiamo visto bene i costi del centralismo, come tutti gli italiani, sappiamo che i costi del centralismo, costituiti da un debito pubblico di 2 milioni e cinquecentomila miliardi, sono da addossare a voi e alle vostre politiche dissennate.
Avete cercato per molti anni di ingannare i cittadini sul federalismo, oltre che avere governato male, con la legge Bassanini, trasferendo delle competenze senza trasferire risorse, con un falso federalismo fiscale, con la riforma del Titolo V, addirittura senza un Senato federale. Come può esistere un federalismo senza una Camera di compensazione dove le regioni si confrontano? Tutto ciò lo avete fatto per screditare il federalismo, perché voi a malapena volete un decentramento nel quale il centro imponga sempre le regole.
Ora siete arrabbiati e confusi. Vi dà tremendamente fastidio che noi rispettiamo il patto elettorale e che la Casa delle libertà stia cambiando il paese.
Avete dimostrato in quest'aula mille contraddizioni: avete affermato, da una parte, che la riforma sfascia il paese, e, dall'altra, che sarebbe una riforma accentratrice. Mettetevi d'accordo con voi stessi! Avete tra l'altro votato a favore di molti emendamenti proposti dalla Casa delle libertà. Dovrete spiegarlo agli elettori. La verità è che voi esistete solo contro qualcuno, non siete nulla, non avete un punto di riferimento e non avete un programma (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)! L'unico vostro programma è la difesa del centralismo e del potere centralizzato.
Prodi è la vostra foglia di fico. Dopo averlo mandato a casa e averlo sfiduciato nella scorsa legislatura, dopo che ha fatto una pessima figura in Europa, adesso è l'unica cosa che blandite, perché non avete una vera leadership. Non avete compreso il corso della storia, mi dispiace per voi, centrosinistra.
La storia non è finita. Il federalismo serve proprio per contrastare gli effetti negativi della globalizzazione e per bilanciare un'Europa tecno-burocratica, dove sembra avere spazio solo un positivismo di stampo keynesiano (Commenti dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo). I popoli non si arrendono - mi spiace per voi - all'omologazione. Essi difendono la loro identità e vogliono vera democrazia. È necessario tra l'altro - questo l'hanno capito ormai tutti - demitizzare gli aspetti negativi dello Stato-Nazione statalista e centralista.
Cambiare la forma di Stato è una necessità ineludibile anche per motivi economici. Il welfare, ormai, è insostenibile con un Stato centralista, uno Stato troppo pesante.
Il paese non può più avere competitività. Non c'è più la svalutazione della moneta, siamo nell'euro. C'è il patto di stabilità, giustamente. Non c'è più il debito pubblico, fortunatamente. Non c'è più il protezionismo, quel circuito che teneva in piedi il paese per cui una parte produceva di più, l'altra parte consumava di più, ma il denaro restava all'interno del circuito nazionale. Oggi la ricchezza si allontana sempre più dal nostro paese. Inoltre, c'è l'allargamento ad est per cui verranno meno anche quelle risorse. Da qui la necessità reale di uno Stato più leggero.
Non è stato facile non rispondere alle vostre provocazioni, amici dell'Ulivo. Però, la Lega è un movimento forte e determinato. Il Governo di centrosinistra degli ultimi decenni ha dato pessimi risultati. Basterebbe ricordare i numerosi scandali che hanno caratterizzato la gestione del paese da parte vostra. Ricordiamo il debito pubblico, i milioni di dipendenti pubblici con un'amministrazione inefficiente ed un Mezzogiorno che avete letteralmente abbandonato.
Ancor più difficile è stato non rispondere alle provocazioni di alcuni discepoli di Martinazzoli e di De Mita presenti in quest'aula, come gli onorevoli Frigato, Delbono ed altri che, anche nei metodi, hanno continuato sulla stessa strada. Vanno al nord, promettono mille cose al nord e vengono eletti al nord. Vengono a Roma e votano contro il nord (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
Ancor più difficile è stato non rispondere a lei, presidente Castagnetti, ed alle sue provocazioni. Stiamo cambiando il paese, stiamo facendo cose concrete, non chiacchiere come lei e molti altri del suo schieramento in questi anni. Voi avete fatto un grosso errore, e capisco che adesso dobbiate nascondere gli errori storici che avete fatto: siete diventati veri e propri vassalli della sinistra. Avete tradito i vostri principi, il concetto di persona, il concetto di sussidiarietà, l'autonomismo. Avete svenduto, addirittura, un vostro simbolo nobile, quello del Partito popolare italiano.

GABRIELE FRIGATO. Calma!

PRESIDENTE. Onorevole Cè, deve concludere.

ALESSANDRO CÈ. Concludo, signor Presidente e la ringrazio del tempo che mi ha dato in più...

PRESIDENTE. Non gliene ho dato poco in più.

ALESSANDRO CÈ ....anche perché in questo dibattito abbiamo parlato poco e ci siamo riservati di intervenire alla fine.
In conclusione, devo rivolgere alcuni doverosi ringraziamenti nei confronti del ministro Calderoli, del quale abbiamo apprezzato la professionalità, la grande capacità, la grande convinzione e la grande determinazione (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale). Devo soprattutto - e credo che ciò possa essere condiviso da tutta l'Assemblea - dire un grosso «grazie» ad Umberto Bossi per la tenacia, la forza, il grande acume politico e l'amore che ha dimostrato per la nostra terra (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro). Grazie, innanzitutto, ad Umberto Bossi per averci insegnato che essere uomini significa comprendere che nella vita è importante lottare per cause nobili: per la nostra dignità, per il nostro popolo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare del dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella seduta odierna voteremo la riforma costituzionale. Abbiamo lavorato a questo testo avendo a cuore il bene del paese e delle future generazioni. Perciò, almeno per noi, la riforma non ha mai assunto l'idea simbolica del totem, un dio a cui sacrificare le nostre ragioni o il bene comune.
All'opposto, le ragioni che in questi anni hanno mosso le nostre proposte venivano e vengono da realismo, dal confronto con le emergenze della realtà italiana, dai danni e dai costi finanziari e burocratici del Titolo V approvato nella scorsa legislatura che, come tutti sappiamo, ha prodotto costi pari a 60 miliardi di euro stimati da un istituto internazionale e ha contribuito fortemente a portare l'Italia dietro il Botswana per i costi burocratici.
Dicevo che le ragioni che in questi anni hanno determinato le nostre proposte venivano appunto da questo realismo. Nella primavera del 2002, a fronte della richiesta da parte di un alleato, la Lega, di attuare il programma della Casa delle libertà sulla devolution, abbiamo chiesto di ampliare le riflessioni sulle lacune e sugli errori del Titolo V; da lì in poi la storia di questa riforma più ampia ha preso il via. Si tratta di una riforma nella quale il principio di sussidiarietà, che è nell'articolo 114, la sussidiarietà fiscale, cioè più libertà per le persone e per la società, che è nell'articolo 118, il fatto che le autonomie funzionali non dovranno più temere che una qualche regione approvi una norma contro di essa, le materie che sono state riportate alla competenza dello Stato e le nuove materie che sono state inserite - pensiamo ad esempio alla tutela del sistema Italia -, trovando finalmente la loro chiara nuova allocazione, la devolution, che vuol dire più competenze per le regioni, ma anche più tutele generali da parte dello Stato, e la cosiddetta clausola di supremazia, di cui al nuovo articolo 120, fortemente voluta da noi, rendono questo sistema senza ombra di dubbio un federalismo equilibrato e solidale, tra il centro e la periferia, tra il nord e il sud, tra la società e lo Stato.
Il principio di sussidiarietà è stato applicato anche in altri ambiti, come nella formazione delle città metropolitane, nella possibilità del ricorso alla Corte costituzionale da parte dei comuni e nel riparto delle competenze amministrative tra Stato, regioni e autonomie locali. Oggi possiamo dire con chiarezza e con orgoglio che nella nostra Carta costituzionale c'è, più forte, l'applicazione e la realtà del principio di sussidiarietà. Per nostra esplicita volontà c'è la premessa costituzionale per un sistema elettorale proporzionale. C'è la sfiducia costruttiva verso il premier. C'è un Senato federale, dove le regioni finalmente, con gli enti locali, sono presenti e si assumono, davanti allo Stato e all'interno del Parlamento, le proprie responsabilità. C'è la tutela e la valorizzazione delle regioni a statuto speciale.
In questa riforma ci sono molti correttivi alla tentazione del neocentralismo regionale.

Permettetemi, però, di soffermarmi su una riflessione. Qualcuno pensa che il solo sistema proporzionale potrà da sé cambiare le cose, che il dialogo tra le parti, attraverso questo sistema, riprenderà. Non penso sia così. Non sarà così, se l'atteggiamento di ognuno di noi e di ciascuna forza politica rimarrà quello che abbiamo vissuto in questo dibattito. Non vi è dubbio che per noi la legge elettorale proporzionale con premio di coalizione è una meta positiva da raggiungere. Più libertà per gli elettori però significa più responsabilità per i rappresentanti del popolo. Il nostro bipolarismo è malato, a causa di un atteggiamento antipolitico, che vede un nemico al posto dell'avversario. Ci sono appunto avversari in politica, e non nemici, e gli avversari, oggi come ieri, devono vivere - lo dico prima di tutti a me - da rappresentanti del popolo e quindi fare il bene del paese, nel confronto per un lavoro comune, su quelle regole e su quelle prospettive che sono di tutti, di chi oggi è maggioranza e di chi oggi è opposizione: la politica estera, la lotta al terrorismo, ma anche - e non può che essere così - la Carta costituzionale, i pilastri dello sviluppo, la sussidiarietà e il valore della famiglia.
Non nascondiamoci, però, l'evoluzione politica grave di questi ultimi mesi. A luglio eravamo stati imputati come responsabili di una crisi della maggioranza per le stesse ragioni e per gli stessi emendamenti dei quali oggi la maggioranza va in gran parte fiera. Se questo nostro piglio di allora oggi è divenuto patrimonio comune e condiviso, non può che stupire e sconcertare quanto l'opposizione pregiudizievole abbia preso il posto dell'opposizione costruttiva, che allora lanciava fiori al nostro passaggio. Il metodo del confronto con la società italiana, da noi chiesto al ministro Calderoli e da lui attuato durante i mesi estivi, non è piaciuto e così ai nostri emendamenti di luglio si è votato «no» perché essi erano stati firmati dall'intera maggioranza. Purtroppo nemmeno queste risposte avremo oggi. Tutti sappiamo il perché del vostro atteggiamento qui, lo sottolineo, in aula: è un «no» a prescindere! Lo avete detto in molte occasioni, in quest'ultimo mese. Merito di Prodi o meglio demerito suo e di chi, come lui, ha scelto di non contribuire alla costruzione comune della Carta costituzionale di tutti!
La disponibilità, da parte nostra, vi è stata; un'umile e prudente atteggiamento ci ha guidato, ricordando le nostre radici, e ci ha guidato con forza anche in questi mesi. Una cosa è mancata: la vostra - perdonatemi - passione civile, la vostra utile volontà di lavorare insieme ad un progetto comune per tutti, e lo considero un peccato, un'occasione persa per tutti, di cui vi assumete per intero la responsabilità.
Non vi è merito alcuno ad evitare il dialogo! Non vi è merito alcuno ad evitare il confronto ed il lavoro comune per il bene del paese! Non vi è merito alcuno a vestire i panni, come avete fatto, della tirannia dell'opposizione!
Dire sempre «no» a prescindere, impedire un voto unanime ed ampio anche su temi condivisi e così importanti è, nei fatti, un vero e proprio tentativo di far valere il pericolo della tirannia dell'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e di Alleanza Nazionale). È l'evidenziarsi di poca responsabilità e dispiace a noi, dispiace per il paese e per il futuro.
Tutto, purtroppo, avete fatto non per un ideale, ma per un uomo; un uomo solo al comando, un uomo i cui ordini avete anteposto anche al dibattito ed al confronto per un lavoro comune. Cadono anche qui tutte le vostre critiche al premierato attenuato inserito in questa riforma. Voi avete scelto di seguire un imperatore che non ha nemmeno il coraggio di venire qui, da eletto, a confrontarsi nell'aula del Parlamento, un capo extra parlamentare.

ROSY BINDI. Ma che dici?

LUCA VOLONTÈ. Il vostro atteggiamento getta un'ombra su questo voto, un voto per noi favorevole e positivo per i molti aspetti migliorati in questi mesi.

Vi è un velo di tristezza davanti alla presa d'atto che non vi è stata la possibilità di un lavoro comune, ma vi è anche il velo di una certa soddisfazione, perché vi è più equilibrio, più solidarietà, più sussidiarietà e più chiarezza in questo testo di quanto non ve ne fosse in quello approvato dal Senato.
Tutti sappiamo che il testo in esame poteva ancora essere migliorato e tutti sappiamo quanto poco abbiate fatto per fare in modo che ciò accadesse.
Un grazie, infine, da parte mia, a tutti i componenti della Commissione, di destra e di sinistra, al presidente della Commissione, onorevole Donato Bruno, che ha guidato con intelligenza e con grande disponibilità i nostri lavori, al ministro Calderoli ed al sottosegretario Brancher (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
Pensiamo di aver fatto il nostro dovere e di averlo fatto bene; tutto ciò che poteva essere fatto meglio, purtroppo, è stato impossibile, a causa del vostro atteggiamento a parole costruttivo dentro quest'aula...

KATIA BELLILLO. Per Buttiglione... Vergogna!

LUCA VOLONTÈ. ...a parole polemico fuori da quest'aula e, certamente, in entrambi casi, completamente all'opposto di ciò che avete detto quando il Capo dello Stato ha invitato tutti al dialogo costruttivo, che voi non avete consentito (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

ANDREA LULLI. Sei un servo!

KATIA BELLILLO. Giuda!

PRESIDENTE. Onorevole Bellillo, sono urla da stadio! Non è questa la sede!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Mita. Ne ha facoltà.

CIRIACO DE MITA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, avremmo voluto e dovuto decidere insieme e, quindi, non dire «no» al vostro invito, ma voi, onorevole Volontè, avete fatto un patto mediocre e un po' rozzo di maggioranza e a questo la minoranza è costretta a dire «no».
Lo dico con amarezza: lo spettacolo che abbiamo offerto non è esaltante, non per la durezza dello scontro, ma per la sua inutilità, ma ciò non è figlio del caso, di un momento di distrazione o di rilassatezza. Ciò perché un'opera alta e straordinaria, come il riordino delle istituzioni e delle regole della convivenza, è stata trattata come merce di scambio tra i vari segmenti della maggioranza.
Vi è un rilievo che vorrei fare: abbiamo perso e perdiamo una straordinaria occasione.
Infatti, la democrazia dell'alternanza, di cui tutti abbiamo parlato e che tutti abbiamo avvertito come una necessità, non si fonda sulla definizione dei diritti comuni, ma sulla definizione del privilegio di parte.
Quando la maggioranza, non come regola di individuazione della norma ma come coalizione, pretende di dettare le regole della convivenza, crea un solco molto duro rispetto alla prospettiva di ripresa democratica del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).
Vorrei che tutti riflettessimo su ciò: l'alternanza è fondata sull'uso discrezionale del potere, non sulla definizione del diritto tra una parte e l'altra. Quindi, il decidere insieme non è atto di cortesia, il decidere insieme è una necessità. E quando questa necessità non è realizzata, rimaniamo tutti sconfitti di fronte ad un'opera che avremmo dovuto attuare.
Non a caso - amici del Parlamento, amici della maggioranza -, la liturgia che abbiamo praticato - lo voglio dire all'onorevole Fini, presente alla conclusione del dibattito - è stata abbastanza anomala. Il Parlamento, sia in Commissione sia in aula, ha discusso su proposte che si sapeva non erano definite; infatti, le proposte definite sono state avanzate in conclusione dal ministro attraverso l'emendamento, che non era un espediente tecnico, in quanto obbediva alla logica che la soluzione non era del Parlamento nella sua totalità. Discutere insieme significa tener conto del Parlamento nella sua totalità, non dei vertici e della maggioranza attraverso l'utilizzo di un supporto tecnico che squalifica la scienza giuridica e il diritto costituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).
Infatti, le norme non sono concetti approssimati, le norme hanno una loro razionalità, ubbidiscono ad esigenze, ma non sostituiscono i comportamenti. Quando qualcuno leggerà i resoconti di questa discussione scoprirà che, nella logica della formulazione giuridica, abbiamo fatto straordinari passi indietro rispetto allo Stato laico, che prefigura la norma come sollecitazione di comportamenti. La norma stabilisce che qualcuno possa fare qualcosa per noi; in realtà, abbiamo introdotto norme che impediscono qualcosa o sostituiscono il comportamento delle persone. Stiamo procedendo verso una forma di logica teocratica: altro che forma laica e democratica (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo)!
La mostruosità - lo dico all'amico Follini - non è in questo o in quel particolare, ma nella logica del complesso dell'ordinamento che abbiamo definito. Dunque, mi soffermerò su tre questioni.
La prima è quella relativa alla semplificazione del bicameralismo. Si tratta di una questione che la Costituzione lasciò irrisolta, dando vita ad una sorta di bicameralismo perfetto.
Nella contrapposizione tra la tesi del bicameralismo - sostenuta prevalentemente dalla Democrazia cristiana e dagli alleati - e quella del monocameralismo - sostenuta dalla sinistra - si pervenne ad una sorta di bipartitismo perfetto. Si tratta di un vizio che, onestamente, non ci ha impedito di progredire durante cinquant'anni di vita democratica.
Ciò poteva essere corretto, ma voi avete organizzato una forma di bicameralismo fondata sulla presunzione della convergenza, per cui quando una Camera non è d'accordo con l'altra si dà vita all'arbitrato, discettando come se si trattasse di norme private e non di norme a difesa dell'interesse pubblico (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).
Il bicameralismo si fonda sul dissenso, non sul consenso coatto, altrimenti il bicameralismo sarebbe inutile!
Questo non significa che il bicameralismo non esiste dove c'è l'accordo, ma il bicameralismo esiste per registrare il dissenso quando questo effettivamente si verifica.
Dico questo all'onorevole Bruno, di cui ho stima e a cui posso quindi rivolgermi senza il timore di reazioni eccessive. Sarebbe stato molto semplice stabilire che alla Camera spetta la competenza sulle materie che riguardano l'attività di governo, perché essa ha un rapporto di fiducia con l'Esecutivo. Il Senato, viceversa, ha competenza per le materie che riguardano la tutela delle autonomie. Il bicameralismo da conservare - non è infatti da cancellare - riguarda materie quali la difesa, la definizione dei diritti di libertà e delle norme costituzionali.
Onorevole Bruno: Napoleone, che si intendeva di tecnica istituzionale, dettava norme di tre righe, brevi e oscure (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Verdi-L'Ulivo, Misto-socialisti democratici italiani). Leggete quello che avete scritto. Eppure, quando l'ho fatto osservare, mi è stato risposto che non si trattava soltanto di questo, quasi a dire che, al di là della sintassi, ci fosse ben altro!
Insomma, i Costituenti - tra cui erano presenti in quantità notevole persone di cultura - per la definizione delle norme scelsero linguisti di chiara fama e grande capacità. Adesso esistono norme costituzionali che fanno richiami come fossero norme di condominio. Le norme sono sollecitatrici di comportamenti e alla sollecitazione deve corrispondere il comportamento politico. Queste norme non fanno riferimento ai comportamenti politici né definiscono le sollecitazioni: in realtà, sono un grande pasticcio.
Passando alla devoluzione, mi rivolgo agli onorevoli della Lega e affermo che si trattava di una delle riforme da fare. In proposito, ho sentito l'onorevole Cè far riferimento ai limiti e ai vizi dello Stato centrale. Lo stesso onorevole Cè dovrebbe convenire con me che lo Stato centrale non lo modifichiamo noi con la riforma, in quanto ha perso la sua funzione con l'avvio del processo di integrazione europea. Lo Stato centrale storicamente è stato funzionale alla costruzione di un'aggregazione tra comunità diverse. Era l'ultimo orizzonte; adesso quell'orizzonte è scomparso ed innanzi a noi si profila l'orizzonte alto dell'Europa. È rispetto a quell'orizzonte che il processo federativo esige una risposta. La federazione va in quella direzione, viceversa sul piano interno, pur ammettendo che voi ben vi preoccupiate dei limiti dello Stato centrale, in realtà stiamo operando nella direzione di trasferire i poteri della centralità dello Stato al centralismo regionale, commettendo un errore che si moltiplica (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-socialisti democratici italiani).
Amici dell'UDC: altro che una correzione alla distorsione! Dall'altra parte, mentre cresce il processo di federazione verso l'Europa, sorge la necessità del governo delle autonomie. Da questo punto di vista, credo che la brevità del tempo a mia disposizione non lo consenta, ma esiste una quantità di spiegazioni che portano a questa sollecitazione, non solo tecniche ed istituzionali, ma anche culturali.
Nei secoli scorsi, dalla rivoluzione francese in poi, l'individuo era garantito all'interno dell'ordinamento dello Stato centrale. Era la persona nella sua solitudine che si muoveva in questo coordinamento di sollecitazioni più vaste. L'orizzonte europeo mette la persona nella sua solitudine e nella necessità di organizzare la comunità per reggere la sua presenza rispetto all'orizzonte più alto. Da qui l'esigenza della ripresa del governo delle autonomie
La sussidiarietà, onorevole Volontè, non è una parola che si aggiunge all'altra. La sussidiarietà è una concezione della sovranità che capovolge il tipo di ordinamento. Quella non avrebbe richiesto norme protettive a difesa dell'interesse nazionale e tutte le altre disposizioni farraginose che avete messo nell'ordinamento. Infatti, una siffatta concezione dell'ordinamento si garantisce automaticamente. La sovranità delegata è garantita dal delegante e dal delegato, non vi è bisogno di introdurre nella Costituzione norme di salvaguardia.
Altro che miglioramento! Voi avete costruito la macchina che usa contemporaneamente il freno e l'acceleratore, non una volta il freno e l'altra l'acceleratore, e quando si usano insieme il freno e l'acceleratore la macchina non cammina: non potete mandare avanti la riforma (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-socialisti democratici italiani e Misto Verdi-L'Ulivo)! Questo è quanto di più mostruoso vi sia sul piano dell'ordinamento.
La terza questione è relativa al Governo. Onorevole Fini, ho l'abitudine - confesso tale limite - di osservare le esigenze istituzionali non tanto partendo dalla norma, quanto partendo dal fatto. Non a caso, come ho detto nel corso dell'intervento durante la discussione sulle linee generali, mi ispiro molto alla scelta giuridica romana - ex facto oritur ius - non ignorando che negli ultimi secoli è maturata, soprattutto nell'intelligenza europea, l'illusione di prefigurare il futuro e di imporlo alla storia. Ne abbiamo visto le conseguenze, tuttavia questa intelligenza, bene o male, vi è stata. Ma in questo caso non vi è alcun disegno generale da imporre alla realtà da correggere: in questo caso vi è un pasticcio. C'è la realtà da governare, e voi pretendete di ingabbiarla dentro un insieme di convenienze tra di loro contraddittorie.
Il problema del Governo, intorno al quale ci siamo accapigliati...

PRESIDENTE. Onorevole De Mita, mi dispiace, la prego di concludere.
È quasi una crudeltà da parte tua (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)...

LAURA CIMA. Questa è storia, Presidente! Abbiamo sentito chiacchiere!

UGO PAROLO. Il terremoto...

LUCIANO DUSSIN. È un rompiballe!

DARIO GALLI. Basta!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sono io che interrompo... Onorevole De Mita, le chiedo la cortesia di concludere... Ci siamo capiti a vicenda...

CIRIACO DE MITA. Signor Presidente, le chiedo ancora pochi secondi per concludere.

PRESIDENTE. Onorevole De Mita, mi ricordo dal passato che la sua concezione dei tempi era un po' relativa...!

CIRIACO DE MITA. Non sono mai stato presidenzialista - mi rivolgo in particolare all'onorevole Fini - ma sono sempre stato convinto del valore del governo parlamentare. Tuttavia, ho sempre ritenuto e ritengo che il presidenzialismo conservi la logica della democrazia rappresentativa, perché a fronte della stabilità e dell'autonomia del Governo elegge un libero Parlamento, che non è obbligato a votare le leggi del Governo ma si pone in un rapporto dialettico nei confronti di quest'ultimo.
L'anomalia, o, se volete, la mostruosità della norma che voi proponete non è né il governo parlamentare né il governo presidenziale, ma è il governo personale, la cui logica porta all'annullamento del Parlamento, istituzione della democrazia rappresentativa: in ciò risiede il dissenso (Applausi dei deputati del gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-socialisti democratici italiani e Misto Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole De Mita...

CIRIACO DE MITA. In ciò risiede il dissenso; pertanto, voteremo contro ma con la speranza (Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, basta! L'onorevole De Mita sta terminando. Onorevole De Mita, concluda!

LUCIANO DUSSIN. L'ora d'aria è finita!

PRESIDENTE. Onorevole Luciano Dussin...! L'onorevole De Mita sta concludendo. Onorevole De Mita, concluda!

CIRIACO DE MITA. Signor Presidente, quando affermo che votiamo «no», lo affermo con una grande speranza: che il «no» sia sollecitazione al rinsavimento, e vorrei ricordare a me e a tutti voi un versetto biblico, che recita: mai le tenebre sono così intense prima che sorga l'aurora (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-socialisti democratici italiani e Misto Verdi-L'Ulivo - Congratulazioni - Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara (Commenti del deputato Gibelli. - Scambio di apostrofi tra i deputati Gibelli e Cento, il quale lancia un fascicolo recante documenti di seduta all'indirizzo del deputato Gibelli, che glielo rilancia. Una voce dai banchi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo: Coglione...)...
Onorevole collega... Onorevole Cento, la richiamo all'ordine! Onorevole Gibelli... È stato appena lanciato un fascicolo, l'ho visto io...
Onorevoli colleghi, l'intervento dell'onorevole De Mita non merita in alcun modo una gazzarra! È un intervento da rispettare, anche se non lo si condivide.
Onorevole Carrara, a lei la parola e le chiedo scusa.

NUCCIO CARRARA. Se i colleghi...

PRESIDENTE. Onorevole Carrara, mi aiuti, inizi pure il suo intervento!

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, le vengo incontro, aspetto solo che si calmino i colleghi della sinistra, che dimostrano un entusiasmo credo un po' eccessivo; a parte il lirismo... (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Non è lesa maestà parlare di entusiasmo (Commenti del deputato Nespoli)! Onorevole Nespoli, la prego!
Abbiamo discusso quattro settimane; ciascuno di noi ha passione civile. Ho ascoltato l'onorevole Cè, l'onorevole Volontè e l'onorevole De Mita: sono stati tutti interventi di grande spessore perché sentiti. E questo fa onore al Parlamento, non guastiamolo così (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale, Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)! Onorevole Carrara, anche lei ha seguito il dibattito con grande passione, prosegua.

NUCCIO CARRARA. Anche io mi sono appassionato a questo dibattito, ma in questo momento cerco di essere più lucido che appassionato.
Svolgo una prima osservazione sugli interventi che mi hanno preceduto, con riferimento a quelli dei colleghi dell'opposizione; ancora non ho trovato un argomento che fosse in linea con la verità storica (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo). E negli interventi «migliori», come quello dell'onorevole De Mita, non si è andati oltre un certo lirismo costituzionale che non tiene conto che la Costituzione esplica effetti pratici... (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia! Onorevole Carrara, sono io a doverle chiedere scusa. Onorevoli accanto al banco del deputato Franceschini, per cortesia! Onorevole Alfonso Gianni, non parli al banco del Governo, con il Governo lei non parla spesso... Non lo faccia proprio oggi.
Dopo l'intervento dell'onorevole Carrara sono previsti gli interventi degli onorevoli Violante e Saponara. Credo sia interesse di tutti ascoltare, ma se qualcuno vuole parlare, allora esca. Ci vuole un po' di rispetto! Prosegua, onorevole Carrara.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 13,20)

 

NUCCIO CARRARA. Ogni Costituzione produce effetti pratici che riguardano la vita di tutti noi, anche nella quotidianità. È allora giusto rimettere le cose a posto e ripartire dalla verità storica. La prima accusa rivolta è che non stiamo facendo una riforma condivisa. È la prima falsità che va smentita. Anzitutto perché la predica non può venire dai banchi della sinistra e dell'Ulivo, lo stesso Ulivo che nel 2001 votò una modifica alla Costituzione con soli quattro voti di differenza (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo). Non mi sembra sia stata quella una riforma che ha riscosso un grande consenso parlamentare.
Ma ci sono altre verità che devono essere rimesse a posto. Partiamo dalla Costituzione esistente - che tanto amano i colleghi della sinistra - e vediamo quali effetti ha prodotto. Un dato incontrovertibile lo possiamo trovare nell'enorme contenzioso accumulatosi presso la Corte costituzionale. Tale contenzioso nasce da una riforma improvvisata, che non delimita con esattezza quali sono le competenze fra Stato e regioni, e che ha forti spinte centrifughe; una riforma che potrei benissimo definire secessionista, e se me ne date il tempo ve lo spiegherò (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Quella era una riforma secessionista, perché al comma 3 dell'articolo 116 - vi invito a rileggerlo - vi è una norma che prevede, ed è una norma oggi in Costituzione, dunque vigente, che una regione possa assumere particolare autonomia, quindi poteri speciali, su tutte le materie concorrenti, equivalenti a tutto lo scibile umano e - udite udite! - anche poteri di particolare autonomia rispetto a quelli che oggi sono di esclusiva competenza dello Stato, come ad esempio le norme generali sull'istruzione.
È o non è questa una spinta secessionista? E noi che abbiamo cancellato quella norma siamo secessionisti, oppure abbiamo ridato senso all'attività dello Stato e abbiamo riportato al centro ciò che andava riportato al centro?
Vi è poi un'altra norma, piccola piccola, quasi insignificante: mi riferisco al comma 8 dell'articolo 117, che prevede che le regioni che lo vogliano possano anche costituire organi comuni per poter esplicitare le proprie funzioni, e non si precisa se debbano essere o non essere anche legislative. Questo significa che oggi, a Costituzione vigente, potremmo avere delle macroregioni: una macroregione del Nord (una Padania, per esempio), una macroregione al Centro e una macroregione al Sud (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana), con una spinta centrifuga e secessionista, che noi non possiamo accettare; anche questa norma è stata cancellata dal Senato.
E voglio citare un'altra norma. Nella Costituzione del 1948 all'articolo 117 si parla di tutela dell'interesse nazionale: ebbene, in uno Stato che non era ancora federale si menzionava l'interesse nazionale come legame, collante tra tutti gli italiani. Bene! Anche se nella Commissione bicamerale De Mita fu ripreso il concetto di 'interesse nazionale', esso scompare nella Costituzione del 2001, proprio in quella Costituzione che pone le basi del federalismo e delle autonomie.
Allora, abbiamo fatto bene o male a reintrodurre il princìpio dell'interesse nazionale? Giudicate voi! Stiamo spaccando l'Italia, oppure la stiamo rendendo più coesa, più vicina alla sensibilità degli italiani?
E poi invito tutti a leggere l'attuale articolo 117 della Costituzione, che distribuisce le materie tra lo Stato e le regioni, e vedrete che vi sono tante materie che, incomprensibilmente, sono andate a finire nel comma 3 dell'articolo 117, ad esempio l'energia. A Costituzione vigente le norme di dettaglio riguardanti il settore energetico saranno dettate dalle regioni: e noi non dovevamo cambiare questo? Non dovevamo dire che l'energia, quando ha valenza nazionale, deve competere allo Stato e che le grandi reti di trasporto, la cui legislazione di dettaglio è oggi demandata alle regioni, non dovevano ritornare nella competenza dello Stato, come anche le libere professioni, lo sport, il made in Italy, che ritorna nelle competenze dello Stato?
Allora, abbiamo contribuito a rendere più unita l'Italia o la stiamo separando, spaccando, dilaniando, come dite voi? È vero, abbiamo anche rafforzato le autonomie locali, perché si tratta di un princìpio elementare: quello che prevede che quanto più forte e solido è il centro, tanto più forte e solida può essere anche l'istituzione periferica.
Questo è quello che noi abbiamo inserito nella Costituzione, che in altre parole significa «princìpio di sussidiarietà», che a sua volta significa «ciascuno faccia il passo secondo la lunghezza delle proprie gambe»: nessuno faccia il passo più lungo della gamba. Quindi, abbiamo riequilibrato i poteri fra lo Stato e le regioni, creando un federalismo equilibrato e solidale.
E perché vi scandalizzate dei termini «federale» o «federalismo», che voi, nel vostro programma elettorale, avete introdotto e citato esplicitamente? Nel vostro programma elettorale si parla di realizzazione del federalismo, nel vostro programma elettorale si parla di Camera federale. Perché, quando certe cose le facciamo noi, sono sbagliate? Sono sbagliate per princìpio, noi sbagliamo sempre, noi siamo figli di un dio minore, siamo scorretti politicamente, quindi, anche quando facciamo cose da voi condivise in aula, ci fate ostruzionismo.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 13,25)

 

NUCCIO CARRARA. Non volete modernizzare lo Stato e non volete dare una spinta al cambiamento: lo si è visto soprattutto quando si è discusso di premierato.
Ebbene, anche il premierato, amici della sinistra, era esplicitato nel vostro programma. Capisco che il pentitismo vi caratterizzi. Capisco anche che abbiate difficoltà a prendere impegni con gli elettori: solo voi, nel 1996, avete potuto scegliere Prodi, per poi sostituirlo con D'Alema, per poi sostituire quest'ultimo con Amato e, infine, per sostituire tutti e tre con Rutelli! Questo principio noi lo neghiamo: non fa parte della nostra cultura! Allora, abbiamo inserito nella Costituzione ciò che piace agli italiani.
Onorevole De Mita, il voto di fiducia al premier ed al suo Governo non deve darlo il Parlamento: il voto di fiducia nasce dalla sovranità popolare (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana). È il popolo il vero sovrano! Noi, come Parlamento, siamo sovrani, ma la nostra sovranità è delegata: alla fine, dovremo rendere conto al popolo, come Governo e come maggioranza, di quello che avremo saputo realizzare, in maniera tale che la gente possa premiarci o punirci.
Con il premierato abbiamo introdotto il principio di responsabilità (Commenti del deputato Katia Bellillo), il cui significato è quello di potere individuare perfettamente chi è alla guida del Governo e qual è la maggioranza che si assume le responsabilità insieme al Governo. Noi siamo contrari ai pasticci.

KATIA BELLILLO. Voi siete un pasticcio!

NUCCIO CARRARA. Noi siamo contrari ai ribaltoni, che confondono soltanto le idee agli italiani. Noi vogliamo lasciarci alle spalle quella Repubblica che, in cinquantatré anni - lo dico per gli italiani, i quali non possono avere tutte le informazioni -, ha avuto cinquantatré Governi. Cinquantatré Governi in 53 anni! Di questi, poi, quaranta non sono riusciti a durare un anno e ventuno neanche sei mesi (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana), mentre cinque sono nati già morti!
La stessa cosa non succedeva e non succede in Europa: in Germania, ad esempio, dal 1949, si sono succeduti soltanto sette Cancellieri e in Francia trentanove Governi; ma - udite, udite! - in Gran Bretagna, dal 1771, in ben 283 anni, si sono avuti soltanto cinquantuno Primi ministri, meno dell'Italia dal 1948 ad oggi!

KATIA BELLILLO Dacci i Primi ministri italiani!

NUCCIO CARRARA. Negli Stati Uniti, dal 1789, si sono avvicendati trenta Presidenti e cinquantaquattro Governi!
Ebbene, noi vogliamo allinearci all'Europa; vogliamo essere in linea con il mondo; vogliamo costruire istituzioni che rendano l'Italia grande e capace di affrontare le sfide che vengono da una società sempre più complessa e che richiedono risposte sempre più rapide e più precise.
Noi abbiamo fatto questa riforma non per noi stessi o per un uomo o per più uomini: l'abbiamo fatta per l'Italia! Grazie (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Carrara.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, colleghi del Governo, colleghi deputati, noi riteniamo che una riforma della seconda parte della Costituzione sia urgente per dare modernità ed efficacia alle istituzioni e per dare competitività al paese sulla scena internazionale. È per questi motivi che, nella scorsa legislatura, abbiamo avviato la riforma federale dello Stato e, nel corso dei lavori sul disegno di legge costituzionale in esame, abbiamo presentato proposte idonee a perseguire quegli obiettivi, proposte da voi respinte.
Ma, con questa vostra riforma, federalismo e premierato sono diventati pure etichette che, come dirò tra un momento, nascondono rischi di rottura dell'unità nazionale e pericolosi autoritarismi. Il sistema di decisione politica è paralizzato ed i costi sono inaccettabili. È per questo che voteremo contro.
Come ha detto l'onorevole De Mita pochi attimi fa, stiamo perdendo una grande occasione. Dinanzi alle grandi sfide del mondo che cambia, questa riforma costituzionale non aiuta l'Italia a conquistare un posto migliore nella gerarchia globale, ma anzi la rende vecchia, rigida, e priva della capacità di utilizzare le grandi riserve di intelligenza e di creatività proprie della nostra esperienza nazionale.
È sfuggita alla vostra riforma l'idea che un sistema politico, per funzionare in modo adeguato, ha bisogno di consenso, ha bisogno di procedure che nella vita politica quotidiana ne attivino la ricerca.
Voi date l'impressione di ritenere di poter fare a meno del consenso. Non parlo naturalmente del consenso elettorale, mi riferisco ad una idea di democrazia che non sia una parentesi tra una elezione e la successiva, ma costruzione permanente di coesione civile, sociale e politica.
Il fatto stesso che adesso voi stiate per votare la sesta versione di una riforma che ogni volta è stata presentata come perfetta e immodificabile, e che ogni volta avete modificato voi stessi, dopo interminabili conciliaboli interni, è segno che non avete per nulla considerato la costruzione comune fra tutte le forze politiche, di un nuovo modello costituzionale come fattore di credibilità e di legittimazione di quel modello.
Le norme che vi apprestate a votare sono un punto di equilibrio all'interno della coalizione, non sono il frutto di una strategia costituente per il paese. Per questo non avrebbe retto ad un confronto vero con l'opposizione, e per questo voi, il confronto, non lo avete potuto praticare.
Il nostro sistema politico è ancora immaturo e ha in sé il rischio di far ritenere i vincenti nelle elezioni generali come figli di un dio maggiore. In questa legislatura il rischio è diventato realtà, per la differenza elevata di seggi tra maggioranza e opposizione, per la presenza all'interno del centrodestra di filoni culturali fortemente autoritari e per la specifica cultura politica del Presidente del Consiglio, che non sempre distingue i meccanismi del mercato da quelli dello Stato e della politica.
I figli di un dio maggiore ritengono di essere autosufficienti, considerano gli organismi di controllo come un fastidioso intralcio, non distinguono gli interessi privati da quelli pubblici, disdegnano il principio fondamentale del costituzionalismo per il quale le regole servono a disciplinare l'esercizio del potere, costruiscono invece meccanismi per i quali l'esercizio del potere disciplina l'applicazione delle regole.
Da questo impianto teorico nascono i difetti principali di questa riforma. Il primo difetto sta nel fatto che non avete mai voluto confrontarvi con l'opposizione sul progetto complessivo, a differenza di quanto facemmo noi nella scorsa legislatura.

Nella scorsa legislatura il centrosinistra, lo dico ai colleghi del centrodestra, propose una Commissione bicamerale che venne istituita con legge costituzionale, alla quale voi partecipaste.
Insieme, centrosinistra e centrodestra, costruimmo un progetto complessivo che venne portato in aula: insieme. Ma nel maggio 1998, tre settimane dopo l'ingresso dell'Italia nel sistema della moneta unica, ingresso che era frutto del riconosciuto risanamento del bilancio pubblico fatto dal Governo Prodi, l'allora capo dell'opposizione decise di rompere unilateralmente il patto costituente, e il processo di riforma venne bloccato.
Molti mesi dopo, per la pressione delle regioni, di centrosinistra e di centrodestra, la maggioranza approvò la prima riforma federale del nostro paese con pochi voti di scarto. La riforma fu confermata dal referendum popolare. Quindi noi avviammo un processo di riforma consensuale, foste voi che vi sottraeste al confronto per calcolo politico.
E allora, cari colleghi, delle due l'una: o nel processo costituente vale il potere di veto delle minoranze, e voi dovreste fermarvi, oppure facemmo bene noi a procedere. In questa legislatura, mentre di elezione in elezione si è assottigliato il favore della società italiana nei vostri confronti, voi, afflitti dal complesso di autosufficienza, avete continuato a sottrarvi al confronto con l'opposizione. Avete certamente accolto qualche nostro suggerimento anche qui in aula, ma dovete riconoscere, cari colleghi, che si è trattato di cose assai piccole che lasciano intatto il modello politico come, permettetemi il paragone, qualche chiazza di fard su un viso devastato dal vizio, che non riesce a nascondere, anzi mette meglio in rilievo i difetti della decadenza.
Una Costituzione deve creare un ordine. Questo ordine deve essere destinato a durare nel tempo e deve chiaramente fissare i rapporti tra gli organi della Repubblica, deve rendere prevedibile i comportamenti di ciascuna istituzione, e deve dare la possibilità di reggere attraverso i mutamenti sociali e civili, senza andare in frantumi.
L'ordine costituzionale democratico, per questo motivo, è costruito attraverso il consenso e vive per la sua capacità di continuare a costruire consenso e di rappresentare in ogni momento - in ogni momento - problemi, bisogni e aspirazioni del paese. Ma il sistema che avete costruito è fondato sul conflitto e sulla instabilità permanente, perché ciascuna delle parti politiche in voi rappresentate ha preteso il suo pezzo di riforma - il federalismo, il premierato, il centralismo -, dando a ciascuno di essi il massimo di espansione possibile, senza curarsi né della contraddittorietà tra le varie ipotesi, né del funzionamento complessivo del sistema.
Colleghi, abbiamo assistito poco fa a una cosa assai significativa: l'onorevole Cè ha fatto l'elogio del federalismo sino alla secessione; il collega Carrara ha fatto l'elogio del centralismo fino allo statalismo. Entrambi si sono riconosciuti, in questo testo, in logiche assolutamente contraddittorie e incompatibili tra loro. Questo è il difetto di fondo del vostro testo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-socialisti democratici italiani). Ed è per questo che, dovendo trovare una quadra - come direbbe, credo, l'onorevole Calderoli -, avete cercato alla fine soluzioni autoritarie, come unica forma di chiusura dei conflitti: l'attribuzione di poteri politici imperativi ai Presidenti delle Camere e al Presidente della Repubblica, il ricatto del Primo ministro nei confronti della Camera, e così via. La stretta autoritaria è il vostro pericoloso tentativo di uscire dal caos istituzionale creato da questa riforma.
Il vostro modello non è il federalismo, sul quale noi siamo d'accordo, ma la secessione, che contrastiamo duramente, perché questo modello che avete costruito si basa su attribuzioni di competenze tra Stato e regioni che si sdoppiano e si sovrappongono, creando una perenne in certezza sulla titolarità dei poteri e paralizzando il sistema delle decisioni. Da queste norme nasce non un ordine, ma solo la definizione dei campi di scontro tra Stato e regioni. Poi nello scontro, di volta in volta, vincerà il più forte e si sbriciolerà l'unità nazionale, concetto, colleghi di Alleanza nazionale, che avete consapevolmente ed espressamente abrogato dalla nostra Costituzione.

ROBERTO MENIA. Non è vero!

LUCIANO VIOLANTE. È un modello che per i costi, la conflittualità e l'imprevedibilità discrimina i cittadini in relazione alla regione di appartenenza (in particolare, i costi economici sono inaccettabili per tutti, per le famiglie e per le imprese). Avete rifiutato di discuterne perché sapete che diciamo la verità, ma torneremo incessantemente su questo aspetto dei costi, che sarà uno dei punti di forza della campagna referendaria.
Agendo sulla stessa linea, avete praticamente cancellato il Parlamento e la sua capacità di rappresentanza generale del paese. Questo Parlamento, il Parlamento italiano, nella sua secolare storia, è sempre stato, tranne la parentesi fascista, il luogo del confronto e della faticosa costruzione dell'unità nazionale. Voi cancellate questa esperienza: la Camera dei deputati diventa un servo muto degli interessi del Primo ministro; il Senato diventa un organo ambiguo e ambivalente, non dà l'indirizzo politico, ma può approvare definitivamente leggi di grande rilievo. Si doveva cancellare il bicameralismo perfetto - questione sulla quale eravamo e siamo d'accordo -, ma l'avete reintrodotto per una miriade di materie. Si doveva istituire il premierato - questione sulla quale eravamo e siamo d'accordo -, ma avete invece costruito un despota.
Il modello del Primo ministro, cari colleghi, non è stato né Schroeder, né Blair, né Bush; dietro questa riforma c'è l'ombra di Putin, modello che andrà bene per la Russia, ma che a noi non piace per nulla (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-socialisti democratici italiani - Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). È l'amico del Presidente del Consiglio, colleghi, non trattatelo così (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

ROBERTO MENIA. Pensa a Breznev!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, calma e sangue freddo!

LUCIANO VIOLANTE. Un paese moderno ha bisogno di un sistema flessibile, capace di adattarsi alle evenienze, ma avete costruito un tenebroso giocattolo: diktat e strozzature. È scomparsa la capacità di mediazione della politica e la scena è dominata dalla illusione autoritaria.
Il comando unico, in questa legislatura, vi ha fatto commettere un sacco di errori: vi ha fatto approvare leggi che hanno riempito di vergogna il nostro paese, ha fatto passare la competitività dell'Italia al di sotto del pur nobile Botswana...

PRESIDENTE. Onorevole Violante...

LUCIANO VIOLANTE. ... ed ha fatto aumentare povertà e sfiducia. Tutto questo, onorevoli colleghi, perché un uomo solo al comando può sbagliare, ed è indotto a sbagliare sempre più spesso se il sistema non ha in sé gli anticorpi per correggerlo.
Se la riforma in esame dovesse essere approvata, noi siamo pronti a chiedere al paese di respingerla, attraverso un referendum; poi, dovremo sederci attorno allo stesso tavolo e decidere quali siano le procedure più idonee per una riforma che serva al paese, non ad un ramo del Parlamento, o ad un gruppo politico, oppure ad una determinata e transitoria maggioranza, o addirittura ad una singola persona.
Decideremo poi se si tratterà di una Commissione redigente, come pensano alcuni, oppure di una Commissione costituente, come pensano altri, ma essa deve essere eletta direttamente dagli italiani con il sistema proporzionale. Lo vedremo insieme, e ribadisco insieme, colleghi del centrodestra, sia perché sappiamo che non siamo autosufficienti, sia perché i vostri errori ci sono serviti da lezione. Inoltre, avendo chiesto un percorso comune nell'attuale legislatura, non potremmo certamente sottrarci a tale impostazione nella prossima, qualora dovessimo vincere le elezioni politiche.
Prima di concludere, onorevoli colleghi, permettetemi di ringraziare di cuore, ed in modo non formale, quelle deputate e quei deputati del mio gruppo, nonché di tutta l'opposizione, che hanno profuso, in questo duro impegno parlamentare, doti di esperienza politica, di competenza e di grande pazienza. Da tutti loro abbiamo imparato molto in questi giorni, ed il loro impegno ci sarà prezioso nella battaglia referendaria che ci attende (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.

MICHELE SAPONARA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei rappresentare che il gruppo di Forza Italia esprime soddisfazione e gratitudine per il lavoro svolto dalla Camera dei deputati e per il risultato conseguito. Esso esprime, altresì, apprezzamento per l'intelligenza politica del ministro Calderoli e del sottosegretario Brancher, e preannunzia che voterà compatto e convinto a favore del disegno di legge costituzionale in esame.
Si tratta di un momento importante, poiché il Governo Berlusconi fornisce un'altra ed importante prova di essere in grado di realizzare il programma proposto ai cittadini italiani, il quale prevedeva, tra l'altro, l'ammodernamento dello Stato. È proprio questo aspetto ad aver scatenato, da parte dell'opposizione, una campagna di delegittimazione del Presidente Berlusconi, che avrebbe sostenuto questa riforma solo per far contenta la Lega Nord, nonché di criminalizzazione della riforma costituzionale stessa.
Abbiamo sentito affermare che, con tale riforma, si sarebbe spaccata l'Italia e che vi sarebbe stata, da una parte, un'Italia povera che sarebbe diventata sempre più povera e, dall'altra, un'Italia ricca che sarebbe stata sempre più ricca. Ma è stato taciuto agli italiani che di riforma dello Stato avevano parlato Spadolini e Craxi e che se ne erano occupate la Commissione Bozzi, la Commissione De Mita-Iotti e, infine, la Commissione bicamerale presieduta dall'onorevole D'Alema. È stato altresì taciuto agli italiani che la devoluzione nasce dalla Costituzione del 1947, allorché furono previste sia le regioni, sia le autonomie amministrative, nonché dalla riforma del Titolo V della nostra Carta, approvata con la maggioranza risicata di soli quattro voti.
Ora, esponenti qualificati dell'allora maggioranza riconoscono che si trattò di un errore. L'onorevole Gerardo Bianco ha definito infausta tale riforma, ma essi vogliono negare a noi il diritto-dovere di attuare il programma di governo, sostenendo che riforme importanti vanno varate con una larga maggioranza, che comprenda anche parte, o gran parte, dell'opposizione. Si tratta di un'esigenza sicuramente avvertita anche da noi, e vorrei sottolineare che abbiamo ascoltato il monito che è venuto prima dal Capo dello Stato, e successivamente dal Presidente della Camera.
Si è sostenuto, inoltre, che una riforma così impegnativa avrebbe richiesto la convocazione di un'assemblea costituente, e comunque lo stesso «spirito costituente» che animò la Commissione dei settantacinque, di cui facevano parte La Pira, Dossetti, Calamandrei ed altri grandi padri della nostra democrazia. È chiaro che è illusorio pensare di ricostituire quello spirito. I tempi sono cambiati e non ci sono la tensione morale e la passione civile proprie di un contesto diverso. Vorrei ricordare, infatti, che c'era stata la guerra, c'era stato il Ventennio, c'era stata la tragedia della guerra civile, c'era l'ansia della riappacificazione e c'era anche la speranza di riconquistare la libertà.
Oggi c'è la libertà che, evidentemente, non apprezziamo a sufficienza. Allora, non vi era il Parlamento e, quindi, bisognava creare un organismo nel quale far convivere tutti i cittadini e fare esprimere agli stessi cittadini le loro ansie, le loro istanze e le loro proposte. Oggi, vi sono la Camera dei deputati, il Senato, le Commissioni, e pertanto non vi sarebbe assolutamente bisogno di un'assemblea costituente.
Noi abbiamo cercato, accogliendo il monito del Capo dello Stato, di creare lo spirito costituente, nella Commissione e in Assemblea. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci siamo riusciti, perché in Commissione abbiamo avuto la collaborazione determinante, effettiva ed efficace dei colleghi dell'opposizione, ai quali va il mio ringraziamento, così come è andato loro il ringraziamento dell'onorevole Violante.
Ciononostante, i leader dell'opposizione hanno ritenuto di fare muro contro muro e di far votare contro gli articoli, che pure avevano accolto i loro emendamenti. Hanno votato anche contro l'articolo 24 del provvedimento, che riconosceva al Presidente della Repubblica la facoltà di concedere la grazia, senza proposta del ministro della giustizia. In tal modo, una loro battaglia in favore della liberazione di Sofri - condotta, in special modo, dall'onorevole Boato - è stata caducata dalla cecità del fare muro contro muro.
In quanto al merito della riforma, noi ci riteniamo pienamente soddisfatti. Si è affermato che la devolution avrebbe spaccato l'Italia. Sono stati corretti i guasti prodotti dalla riforma del 2001, che avevano determinato, tra l'altro, un consistente contenzioso tra Stato e regioni davanti alla Corte costituzionale.
In quanto al timore di spaccare l'Italia, tra quella povera e quella ricca, sono state introdotte norme che dovrebbero tranquillizzare, nel modo più assoluto, tutti coloro che avevano espresso tale paura. È stato riformato l'articolo 114, secondo cui comuni, province, città metropolitane e regioni esercitano le loro funzioni secondo i principi di sussidiarietà e solidarietà; vi è l'articolo 18 del provvedimento, che prevede il coordinamento tra tali enti, sulla base dei principi di leale collaborazione e solidarietà. Vi è, inoltre, il riformato articolo 120, secondo cui lo Stato può sostituirsi a regioni, province, città metropolitane e comuni ogni qual volta ciò sia necessario per la tutela dell'unità giuridica ed economica e per la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Vi è, ancora, la riforma dell'articolo 127, che accenna all'interesse nazionale, prevalente su tutto e che rappresenta, quindi, la ratio riformatrice di tutta la riforma.
Per quanto riguarda il Senato federale, l'onorevole De Mita - del quale ho apprezzato, come di consueto, la cultura da «Magna Grecia» - ha accennato al problema del bipolarismo e del monocameralismo, che fu posto cinquant'anni fa, ma che non è stato mai risolto. Noi lo abbiamo risolto. Se si considerano gli interventi dei relatori e di coloro che sono intervenuti nella legislatura, tutti hanno parlato della necessità di istituire un organo che svolgesse il ruolo di «camera di compensazione» tra lo Stato e le regioni. L'attuale opposizione non la definì, non la creò. Si riprometteva di farlo nella legislatura successiva, nella speranza - purtroppo per essa delusa - di vincere le elezioni.
Per quanto riguarda il premierato, abbiamo assicurato la governabilità del paese, che si inseguiva fin dalla «legge truffa», che tanto dispiacere provocò a De Gasperi; ed è sotto gli occhi di tutti e, specialmente, dell'onorevole De Mita - il quale ha partecipato a molte sfibranti consultazioni - che, in cinquant'anni, vi sono stati più di quaranta Governi, che restavano in carica, in media, undici mesi.
Noi riteniamo che si tratti di una buona riforma, peraltro da tutti ritenuta necessaria. Da Spadolini a Craxi, nelle Commissioni De Mita e Iotti, tutti hanno parlato della necessità di aggiornare la Costituzione. Io avevo introdotto anche l'argomento dell'articolo 68 sull'immunità dei parlamentari, cercando di adeguarla all'immunità prevista dal Parlamento europeo, e il tema della riforma dell'articolo 79, circa la maggioranza richiesta per l'amnistia e l'indulto; ma abbiamo ritenuto di rinviare ad altra sede questa riforma, peraltro molto sentita ed importante.
L'opposizione ha ritenuto di fare muro contro muro e minaccia di ricorrere al referendum, alla piazza, ai cittadini. Il professor Ceccanti, costituzionalista non certo amico della destra, aveva scritto su Il riformista che l'articolo 120 aveva svuotato completamente il referendum e che nessuno avrebbe avvertito l'esigenza di votare contro questa riforma.
Questa mattina i colleghi dell'opposizione hanno ripetuto che, oramai, essi fidano e confidano solo nel referendum, per poi sedersi al tavolo con noi e realizzare una riforma più condivisa, a differenza di quanto è stato fatto in questa occasione. Ebbene, noi non temiamo il referendum. Voi sarete costretti a dire ai cittadini solo cose non vere. Noi, invece, diremo e dimostreremo che abbiamo corretto la vostra riforma del 2001 e che siamo riusciti ad approvare la riforma dello Stato che, affrontata fin dagli anni Ottanta, non si era riusciti a realizzare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Saponara. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Vorrei ringraziare, peraltro, gli onorevoli Savo e Sgarbi che hanno accettato di consegnare eventualmente il testo delle loro dichiarazioni di voto finale, di cui la Presidenza, sulla base dei consueti criteri, autorizza la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna.
Onorevoli colleghi, pur nelle aspre contrapposizioni, vorrei dire che la passione civile che ha animato il dibattito di oggi, di tutti i gruppi, di maggioranza come di opposizione, fa onore al Parlamento.
Prima di dare la parola al presidente Bruno, vorrei rivolgere un ringraziamento non formale al presidente della Commissione affari costituzionali, che con grande intelligenza e duttilità ha lavorato assieme al Comitato dei nove (Applausi). A questo proposito, vorrei ringraziare, in particolare, i membri dell'opposizione del Comitato dei nove, che non sempre si sono trovati in una condizione agevole, ma che hanno veramente assolto con grande senso del dovere il loro incarico (Applausi). Naturalmente, ringrazio anche il ministro ed il sottosegretario che hanno assistito ai nostri lavori (Applausi).
Credo che il ministro Calderoli intenda prendere la parola, solo per rivolgere ringraziamenti e non per esprimere considerazioni politiche. Prego, ministro Calderoli.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, intervengo brevemente per rivolgere dei ringraziamenti ed un augurio.
Vorrei ringraziare tutti i deputati, di maggioranza e di opposizione, perché credo che tutti abbiano compiuto uno sforzo notevole (I deputati Cento, Bulgarelli, Zanella e Lion espongono cartelli recanti la scritta: «L'Italia piange la Costituzione della Repubblica condannata a morte dal Governo Berlusconi»)...

PRESIDENTE. Per cortesia, onorevole Cento, onorevole Bulgarelli, onorevole Zanella, onorevole Lion... Vi richiamo all'ordine!
Togliete quei cartelli, per favore! Vi richiamo ancora all'ordine! Onorevole Cento, onorevole Lion...
Prego, ministro Calderoli, prosegua pure.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Grazie, Presidente.
Voglio rivolgere un ringraziamento al Comitato dei nove. Maggioranza e opposizione hanno lavorato e dato tanto.

Un ringraziamento è rivolto anche al presidente Bruno, per la pazienza e il lavoro svolto.
Infine, un ringraziamento a lei, Presidente, per questo tour de force e questa lunga maratona.
Voglio, infine, fare un augurio. Ieri è uscito un francobollo della Royal mail con la scritta: Get well soon Umberto (Guarisci presto Umberto) (Applausi). Credo che questo, al di là delle ideologie, possa essere l'augurio che tutta quest'Assemblea può rivolgere all'onorevole Bossi (Applausi).

PRESIDENTE. La ringrazio, ministro Calderoli.

 

(Correzioni di forma - A.C. 4862 ed abbinate)

 

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi consenta di spendere pochi minuti, in primo luogo, per ringraziare tutto il personale degli uffici (Applausi), perché se siamo giunti a questo punto credo che molto lo si debba a loro. Ringrazio, quindi, non solo il Presidente, il Vicepresidente e il Comitato dei nove, ma anche tutta l'Assemblea.
È chiaro che non posso dimenticare di ringraziare il sottosegretario Brancher e il ministro Calderoli e di riconoscere loro di avere compiuto un'opera di mediazione in cui nessuno si è risparmiato ed è rimasto inascoltato.
È chiaro altresì che il pensiero in questo momento non può che andare, come tanti amici hanno già detto, al ministro Bossi, al quale formulo l'augurio di una pronta ripresa.
Un ringraziamento rivolgo altresì ai colleghi, soprattutto dell'opposizione, ma anche della maggioranza, della Commissione e del Comitato dei nove, perché in questi giorni siamo stati tutti sottoposti ad un lavoro enorme, sia sotto il profilo fisico, sia sotto il profilo tecnico e culturale. Credo che a loro si debba molto di quello che oggi ci accingiamo a votare. Rimarrà per me un pensiero costante e un ricordo perenne di queste faticose giornate.
Mi sia consentito, tuttavia, di spendere ancora un minuto per una riflessione sulle posizioni della Lega, dell'UDC e di Alleanza nazionale. Vorrei tentare di sfatare quanto ho ascoltato in questi giorni circa i ricatti, ora dell'una, ora dell'altra parte, della forza politica... (Commenti dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

ELETTRA DEIANA. Lascia stare!

PRESIDENTE. Onorevole Bruno (Commenti)...
Scusate, secondo voi ho bisogno della vostra tutela (Commenti)?
Non facciamo considerazioni politiche, non apriamo problemi politici, ma limitiamoci al coordinamento formale.

DONATO BRUNO, Relatore. Comunque, ringrazio tutte le quattro forze politiche.

PRESIDENTE. Grazie dell'assistenza! Il resto delle considerazioni politiche sarà svolto in sala stampa.

DONATO BRUNO, Relatore. Consentitemi solo di dire che ho provato una certa amarezza in tutto questo percorso quando si è votato l'articolo 89 della Costituzione, che è l'unica occasione in cui la Camera ha espresso un voto contrario sulle proposte che sono state sottoposte al voto dell'Assemblea. Era la seduta del 12 ottobre, in cui è stato respinto l'articolo 24 del disegno di legge costituzionale.
In particolare, questo articolo (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, se introduce questo argomento, vi sono altri deputati che chiederanno la parola. Pertanto, le chiedo di limitarsi al coordinamento formale. Lei ha capito tutto, perché tra noi ci intendiamo!

DONATO BRUNO, Relatore. Va bene. Mi dispiace molto, però va bene lo stesso, perché capisco anche le esigenze dei colleghi, vista l'ora.

ELETTRA DEIANA. Non vista l'ora, visto il merito!

DONATO BRUNO, Relatore. Avevo riservato per ultimo un ringraziamento, che dedico a lei, Presidente, e ai Vicepresidenti.

PRESIDENTE. Questo lo doveva fare, anzi lo aspettavo (Applausi)!

DONATO BRUNO, Relatore. Detto questo, passo ad illustrare la proposta di coordinamento formale. Mi dovete scusare, ma si tratta di sei pagine e ho l'obbligo di leggerle interamente.
Ai fini del coordinamento formale delle disposizioni del disegno di legge costituzionale A.C. 4862, il Comitato dei nove propone le seguenti correzioni di forma:
all'articolo 3, comma 1, capoverso articolo 57, secondo comma, le parole: «dei rispettivi Consigli regionali e, per il Trentino Alto-Adige/Südtirol, dei Consigli provinciali» sono sostituite dalle seguenti: «del rispettivo Consiglio o Assemblea regionale e, per la Regione Trentino Alto-Adige/Südtirol, dei Consigli delle Province autonome»;
all'articolo 3, comma 1, capoverso articolo 57, sesto comma, secondo periodo, le parole: «ciascun Consiglio regionale» sono sostituite dalle seguenti: «ciascun Consiglio o Assemblea regionale»;
all'articolo 3, comma 1, capoverso articolo 57, sesto comma, secondo periodo, le parole «tra i sindaci, presidenti di provincia o» sono sostituite con le seguenti: «tra i sindaci e i presidenti di provincia o di»;
all'articolo 6, capoverso articolo 60, terzo comma, primo periodo e secondo periodo, le parole «e dei consigli regionali e delle province autonome» sono sostituite dalle seguenti: «, di ciascun Consiglio o Assemblea regionale e dei Consigli delle province autonome»;
all'articolo 6-bis: al comma 1, capoverso articolo 61, secondo comma, le parole «la nuova Camera» sono sostituite dalle seguenti: «la nuova Camera dei deputati»; è inserita la seguente rubrica: (Elezione della Camera dei deputati);
all'articolo 8, capoverso articolo 64, quarto comma, le parole «quarto comma» sono sostituite dalle seguenti: «sesto comma»;
all'articolo 8, capoverso articolo 64, sesto comma, dopo le parole «ogni Consiglio o Assemblea regionale» sono aggiunte le seguenti: «o Consiglio delle province autonome»;
all'articolo 13, capoverso articolo 70, primo comma, secondo periodo, le parole «Camera dei deputati» sono sostituite dalle seguenti: «Camera»;
all'articolo 13, capoverso articolo 70, quarto comma, primo periodo, la parola «Senato» è sostituita dalle seguenti: «Senato federale della Repubblica», la parola «Camera» è sostituita con le seguenti: «Camera dei deputati» e le parole «Senato federale» sono sostituite dalla seguente «Senato»;
all'articolo 13, capoverso articolo 70, quarto comma, secondo periodo, le parole «Camera dei deputati» sono sostituite dalla seguente: «Camera»;
all'articolo 13, capoverso articolo 70, quinto comma, le parole «precedente comma» sono sostituite dalle seguenti «quarto comma» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ai sensi del secondo periodo del secondo comma»;
all'articolo 15, comma 1, capoverso articolo 72, primo comma, le parole «dalla Camera stessa» sono sostituite con le seguenti: «dall'Assemblea»;
all'articolo 15, comma 1, capoverso articolo 72, terzo comma, secondo periodo, le parole «è rimesso alla Camera» sono sostituite dalle seguenti: «è rimesso all'Assemblea»;
all'articolo 15, comma 1, capoverso articolo 72, terzo comma, secondo periodo, le parole «votato dalla Camera stessa» sono sostituite dalle seguenti: «votato dall'Assemblea»;
all'articolo 19, comma 1, capoverso articolo 83, primo comma, primo periodo, le parole «dai Consigli regionali» sono sostituite dalle seguenti: «dal Consiglio o dall'Assemblea regionale»...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, lasciamo parlare con tranquillità l'onorevole Bruno. Vorrei, inoltre, ricordare a tutti che a seguire dobbiamo esaminare il decreto-legge di cui al secondo punto all'ordine del giorno.
Prego, onorevole Bruno, continui pure.

DONATO BRUNO, Relatore. All'articolo 19, comma 1, capoverso articolo 83, primo comma, secondo periodo, le parole «Ciascun Consiglio regionale» sono sostituite dalle seguenti: «Ciascun Consiglio o Assemblea regionale»;
all'articolo 19, comma 1, capoverso articolo 83, primo comma, quinto periodo, le parole «Ciascun Consiglio regionale» sono sostituite dalle seguenti: «Ciascun Consiglio o Assemblea regionale»;
all'articolo 19, comma 1, capoverso articolo 83, secondo comma, terzo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «dei componenti»;
all'articolo 22, comma 1, capoverso articolo 87, terzo comma, le parole «prima riunione della Camera» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «prima riunione della Camera dei deputati»;
all'articolo 22, comma 1, capoverso articolo 87, dodicesimo comma, dopo le parole «Senato federale della Repubblica» sono aggiunte le seguenti: «ai fini di cui all'articolo 70, commi quarto e quinto» e dopo la parola «presupposti» è aggiunta la seguente: «costituzionali»;
all'articolo 33, comma 1, secondo periodo, le parole «Consiglio regionale o della Provincia autonoma» sono sostituite dalle seguenti: «Consiglio o Assemblea regionale o del Consiglio della Provincia autonoma»;
all'articolo 34, comma 3, dopo le parole «politica monetaria» è inserito il seguente segno di interpunzione: «,»;
all'articolo 34, comma 3, dopo la parola «credito» è soppresso il segno di interpunzione: «;»;
all'articolo 34, comma 3-bis, dopo le parole «tutela della salute» il segno di interpunzione: «,» è sostituito dal seguente: «;»;
all'articolo 34, comma 3-quinquies, le parole «l'emittenza in ambito regionale, la promozione» sono sostituite dalle seguenti: «l'emittenza in ambito regionale; promozione»;
all'articolo 35, comma 1, capoverso articolo 118, quarto comma, è soppressa la parola «competenti»;
all'articolo 35, comma 1, capoverso articolo 118, sesto comma, dopo le parole «sulla base del medesimo principio» il segno di interpunzione «;» è sostituito dal seguente: «.»;
all'articolo 35, la rubrica è sostituita dalla seguente: «(Modifica dell'articolo 118 della Costituzione)»;
i due articoli aggiuntivi all'articolo 36, concernenti entrambi modifiche all'articolo 122 della Costituzione, introdotti dagli articoli aggiuntivi 36.05 e 36.04, sono accorpati in un unico articolo 36-bis, avente la seguente rubrica: «(Modifiche all'articolo 122 della Costituzione)»;
all'articolo 39-bis, concernente le garanzie per le autonomie locali, al comma 1, capoverso, le parole: «Art.128» sono sostituite dalle seguenti: «Art.127-bis»;
all'articolo 39-bis, concernente il coordinamento interistituzionale da parte del Senato federale della Repubblica: a) al comma 1, capoverso, le parole: «Art.129 » sono sostituite dalle seguenti: «Art.127-ter»; b) al comma 1, capoverso, secondo comma, le parole: «Il regolamento del Senato» sono sostituite dalle seguenti: «Il regolamento del Senato federale della Repubblica»; c) al comma 1, capoverso, terzo comma, le parole: «dal Consiglio della regione ovvero della Provincia autonoma» sono sostituite dalle seguenti: «dal Consiglio o Assemblea della Regione ovvero dal Consiglio della Provincia autonoma»;
all'articolo 39-bis, recante una modifica all'articolo 131 della Costituzione, è aggiunta la seguente rubrica: «(Modifica all'articolo 131 della Costituzione)»;
l'articolo 43-bis, introdotto dall'articolo aggiuntivo 43.027 della Commissione, è inserito all'articolo 41, come comma 1-bis;
all'articolo 43, comma 2, primo periodo: a) dopo le parole «87, 88» è aggiunta la seguente: «89,»; b) le parole «articolo 41, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «articolo 41, commi 1-bis e 2»;
all'articolo 43, comma 4-bis, le parole «dai rispettivi Consigli regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano» sono sostituite dalle seguenti: «dal rispettivo Consiglio o Assemblea regionale o Consiglio della Provincia autonoma»;
le parole «Valle d'Aosta» sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti: «Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste»;
le parole «Trentino Alto-Adige» sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti: «Trentino Alto-Adige/Südtirol»;
all'articolo 43-bis, introdotto dall'articolo aggiuntivo 43.025 della Commissione, è aggiunta la seguente rubrica: «(Modifica all'articolo 89 della Costituzione)»;
all'articolo 43-bis, introdotto dall'articolo aggiuntivo 43.026 della Commissione, è aggiunta la seguente rubrica: «(Adeguamento degli statuti speciali)»;
al titolo, le parole «Modificazione di articoli della» sono sostituite dalle seguenti: «Modifiche alla».

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, la ringrazio per questa fatica supplementare...!
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione la proposta formulata dal relatore in relazione alle correzioni di forma da apportare al testo del provvedimento a norma dell'articolo 90, comma 1, del regolamento.
(È approvata).

 

(Coordinamento formale - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata a procedere al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Ricordo ai colleghi che dopo la votazione finale del provvedimento in esame sono previste altre votazioni.

 

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge costituzionale n. 4862, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 2544 - «Modifiche alla parte II della Costituzione» (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862):
Presenti 506
Votanti 497
Astenuti 9
Maggioranza 249
Hanno votato sì
295
Hanno votato no 202.
(La Camera approva -
Vedi votazioni) (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana e di deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)

Dichiaro così assorbite le proposte di legge costituzionale n. 72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044.

Prendo atto che l'onorevole Dorina Bianchi ha erroneamente espresso il proprio voto.

 


 

 


 

DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO BENITO SAVO SUL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE N. 4862 ED ABBINATE

 


BENITO SAVO. Signor Presidente, prendo la parola per la nobiltà dell'argomento per esprimere il mio voto favorevole ad una riforma costituzionale equilibrata.
Si ripristina la sovranità dello Stato dopo le crepe formate dalla riforma dell'Ulivo, passata alla Camera con soli 4 voti, che ha generato contenzioso anche tra Stato e regioni.
La riforma in esame esalta il valore del cittadino elettore consentendo in periferia un controllo amministrativo con giudizio conseguente in termini di voto.
Essa celebra le singole comunità della nazione, da porsi in concorrenza positiva, ognuna con qualità culturali, geografiche e storiche proprie.
Esaltando la sussidiarietà verticale ed orizzontale, sotto l'occhio vigile dello Stato repubblicano, si concretizza la solidarietà nazionale.
Infatti, signor Presidente, la solidarietà giustifica la ragion d'essere dello Stato e la sua funzione essenziale, esaltando i valori dei singoli nel libero confronto e il valore delle comunità in territori diversi.
Mentre la solidarietà e solo essa sostanzia l'unità della nazionale, la diversità nostra è un valore che anima la sua democrazia.
Finalmente l'unità nazionale, dopo secoli di lotta, sarà il fenomeno popolare come sognava Ippolito Nievo dopo la spedizione dei Mille.


 

 


 

Allegato A
Seduta n. 529 del 15/10/2004

 


DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 43 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Capo VII
DISPOSIZIONI TRANSITORIE

 

ART. 43.
(Disposizioni transitorie).

Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 43. 0201.

All'articolo aggiuntivo 43. 0201., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: sei mesi.

Conseguentemente, al secondo periodo, sostituire le parole da: l'attribuzione dell'autonomia fino alla fine del comma con le seguenti: la definizione di norme in materia di entrata e di spesa alle Regioni, alle Province, alle Città metropolitane e ai Comuni può prevedere un incremento della pressione fiscale complessiva per far fronte ai costi delle funzioni trasferite. Il disegno di legge non può prevedere periodi transitori superiori ai dieci anni per la realizzazione della piena autonomia impositiva.
0. 43. 0201. 2. Cabras, Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

All'articolo aggiuntivo 43. 0201., Art. 44, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: tre anni.
0. 43. 0201. 1. Leo, Armani, Carrara.
(Approvato)

Dopo l'articolo 43 aggiungere il seguente:
Art. 44. (Federalismo fiscale e finanza statale). - 1. Entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, le leggi dello Stato assicurano l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. In nessun caso l'attribuzione dell'autonomia impositiva ai comuni, alle Province, alle città metropolitane e alle Regioni può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva.
43. 0201. (Testo modificato nel corso della seduta) Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.
(Approvato)

Dopo l'articolo 43, aggiungere il seguente:

Art. 43-bis.
(Modifica all'articolo 2 delle legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2).

1. All'articolo 2 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2, le parole: dal Parlamento sono sostituite dalle seguenti: dalla Camera dei deputati.
43. 027. (Nuova formulazione) . La Commissione.
(Approvato)

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)

 

ORDINI DEL GIORNO

 

La Camera,
premesso che:
nella riformulazione delle modifiche di alcuni articoli della parte II della Costituzione sono previsti i deputati eletti all'estero;
gli stessi si troverebbero in una situazione anomala poiché, essendo cittadini con residenza all'estero, avrebbero gli stessi diritti dei cittadini italiani, in quanto parlamentari, ma meno doveri perché, non avendo la residenza in Italia, eviterebbero di pagare una serie di tasse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le più idonee iniziative normative affinché si possa evitare tale disparità fra i cittadini.
9/4862/1 Perrotta, Santori.

La Camera,
esaminato il disegno di legge costituzionale n. 4862;
considerata in particolare la valorizzazione, assicurata dalla riforma, del ruolo e delle funzioni di tutte le autonomie territoriali;
evidenziato il precipuo rilievo dei principi costituzionali preordinati all'esercizio delle funzioni amministrative da parte dei diversi livelli di governo, ed in particolare dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza;
rilevato che il principio di differenziazione trova ulteriore conferma nell'ultimo comma dell'articolo 118 della Costituzione, nel testo approvato, in cui sono previste specifiche disposizioni per i comuni minori e per quelli situati nelle zone montane;
considerato che le province collocate nelle zone montane non possono che ricevere trattamento di carattere analogo, in considerazione della loro specificità;
sottolineato in particolare che la specificità trova ulteriori forme di copertura costituzionale nell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, che collega, tra l'altro, l'effettuazione di interventi speciali e l'attribuzione di risorse aggiuntive per «determinati» enti locali alla promozione dello sviluppo economico, alla coesione ed alla solidarietà sociale ed alla rimozione degli squilibri economici e sociali;
considerate le condizioni in cui versano i territori delle province collocate nelle zone montane ed in particolare di quelle confinanti con altri Stati o contigue con Regioni a statuto speciale,

impegna il Governo

a porre in essere, nella fase di attuazione della riforma costituzionale e dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, strumenti e soluzioni idonee affinché forme e condizioni particolari di autogoverno e di autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel quadro dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, siano attribuite, in ragione della loro specificità, a province situate in misura preminente nelle zone montane di confine nazionale con altri Stati o contigue con Regioni a statuto speciale.
9/4862/8 Paniz, Scherini, Zanetta.

La Camera,
premesso che è necessario restituire chiarezza al mondo della pesca marittima in materia di «diritto a legiferare», come è stato anche rilevato in diverse audizioni presso la XIII Commissione Agricoltura negli ultimi mesi con i rappresentanti del mondo ittico;
nel vigente articolo 117 della Costituzione la pesca in acque marine non è riportata né tra le competenze esclusive dello Stato, né tra quelle concorrenti e ciò dà adito molto spesso ad inefficienze che si ripercuotono su tutto il settore e soprattutto sugli addetti ai lavori; a causa del citato articolo 117 si è aperto un forte contenzioso tra Stato e Regioni, con il rallentamento dell'iter legislativo e spesso la perdita di occasioni per gli stessi pescatori;
alcune materie in qualche modo relative al settore della pesca sono ancora di competenza esclusiva dello Stato, quali la tutela della concorrenza, la difesa e la tutela dell'ecosistema e le nonne di carattere ambientale e che una parte considerevole della normativa è riconducibile all'ordinamento comunitario;
la pesca marittima per definizione non può essere agganciata a nessuna porzione specifica di territorio, essendo le risorse ittiche in movimento, così come le imbarcazioni da pesca e che, per lo stesso motivo di non stanzialità le grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e le relative norme di sicurezza sono appena state spostate dall'attuale potestà legislativa concorrente a quella esclusiva dello Stato;
l'attuale riforma in itinere ha apportato modifiche all'articolo114 della Costituzione nel senso di prevedere che i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni e lo Stato esercitano le loro funzioni secondo i princìpi di leale collaborazione e di sussidiarietà e, all'articolo 117, secondo comma, lettera a), che tra le materie di esclusiva competenza statale, oltre alla politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ai rapporti dello Stato con l'Unione europea, al diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, sia ricompresa anche la promozione internazionale del sistema economico e produttivo nazionale;
in definitiva l'attività e l'esercizio della pesca marittima professionale è strettamente correlata all'esistenza e alla mobilità delle risorse ittiche che non hanno alcun riferimento territoriale e alla necessità di promuovere a livello europeo ed internazionale complessivamente il comparto ittico nazionale rispetto a flotte esistenti e nascenti di altri Paesi, e che tra Stato e Regioni debbono vigere principi di leale collaborazione e sussidiarietà attraverso una visione legislativa unitaria;

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assicurare per il settore della pesca marittima professionale, sia nell'attività amministrativa che legislativa, la necessaria unitarietà di intervento in rapporto al fatto che la gestione della risorsa ittica e quindi dell'ecosistema è già competenza della normativa nazionale;
a valutare la possibilità di determinare in modo chiaro e specifico quale sono i confini nel «diritto a legiferare» tra lo Stato e le Regioni nel settore della pesca marittima professionale, partendo da quanto stabilito nei principi generali dettati dalla Costituzione, prevalentemente riscontrabili nelle norme vigenti e successive modifiche degli articoli 114 e 117 della stessa.
9/4862/9 Scaltritti.