XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Riforma dell'ordinamento della Repubblica - A.C. 4862 e abb. - Iter alla Camera (prima deliberazione) - Discussione in Assemblea: sedute dal 30 settembre 2004 al 6 ottobre 2004
Serie: Progetti di legge    Numero: 580    Progressivo: 2
Data: 11/03/05
Descrittori:
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA   FEDERALISMO
ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA   PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
SENATO DELLA REPUBBLICA     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
Riferimenti:
AC n.4862/14   AS n.2544/14

Servizio studi

 

progetti di legge

Riforma dell’ordinamento
della Repubblica

A.C. 4862 e abb.

 

Iter alla Camera (prima deliberazione)
Discussione in Assemblea:
sedute dal 30 settembre 2004 al 6 ottobre 2004

n. 580/2

Parte XVIII


xiv legislatura

11 marzo 2005

 

Camera dei deputati


La documentazione predisposta in occasione dell’esame, in prima deliberazione, del disegno di legge costituzionale A.C. 4862, recante Modificazioni di articoli della parte II della Costituzione, e delle proposte di legge costituzionale abbinate, si articola nei seguenti volumi:

§         dossier n. 580, contenente la scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa, le schede di lettura, il testo a fronte tra la Costituzione vigente e le modifiche apportate dall’A.C. 4862, nonché la normativa di riferimento;

§         dossier n. 580/1, contenente i testi dei progetti di legge costituzionale;

§         dossier n. 580/2, suddiviso in più volumi, contenente l’iter dei progetti di legge al Senato e alla Camera, e gli atti e i documenti dell’indagine conoscitiva e delle audizioni informali svolte dalla I Commissione della Camera;

§         dossier n. 580/3, contenente una selezione della recente dottrina in materia;

§         dossier n. 580/4, contenente schede di comparazione su alcuni aspetti dei sistemi costituzionali di cinque Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna);

§         dossier n. 580/5, contenente schede di approfondimento su alcuni aspetti del disegno di legge costituzionale A.C. 4862 (procedimento legislativo; adempimenti normativi; regime dei quorum; sistema elettorale), e una sintesi per temi delle audizioni tenute nel corso dell’indagine conoscitiva svolta dalla I Commissione della Camera.

§         dossier n. 580/6, contenente le schede di lettura sul testo licenziato per l’Assemblea dalla I Commissione della Camera (A.C. 4862-A), il testo a fronte tra la Costituzione vigente e le modifiche apportate dall’A.C. 4862-A, la cronologia dell’iter in Commissione ed altra documentazione;

§         dossier n. 580/7 (Seconda edizione), contenente una scheda di lettura sul testo approvato dalla Camera in prima deliberazione, la cronologia dell’iter alla Camera e un testo a fronte.

 

DIPARTIMENTO istituzioni – sezione affari costituzionali

SIWEB

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ac0555br.doc

 


SOMMARIO

 

Senato della Repubblica

 

PARTE I:

A.S. 2544 - Testi dei disegni di legge, voti e petizioni presentati al Senato della Repubblica

 

PARTE II:

A.S. 2544 – Tabelle riepilogative dell’iter del provvedimento. Esame in Commissione affari costituzionali dal 23 ottobre al 13 gennaio 2004

 

PARTE III:

A.S. 2544 - Esame in Commissione affari costituzionali dal 14 al 16 gennaio 2004. Esame in sede consultiva presso le Commissioni Difesa, Bilancio, Finanze, Istruzione, Industria, Igiene e sanità, Politiche Unione europea, Questioni regionali

 

PARTE IV:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 22 al 29 gennaio 2004

 

PARTE V:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 3 al 10 febbraio 2004

 

PARTE VI:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dall’11 al 25 febbraio 2004, seduta n. 547

 

PARTE VII:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 25 febbraio, seduta n. 548, al 3 marzo 2004

 

PARTE VIII:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea del 9 marzo al 16 marzo 2004, seduta n. 563

 

PARTE IX:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 16 marzo, seduta n. 564, al 17 marzo 2004, seduta n. 565

 

PARTE X:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 17 marzo, seduta n. 566, al 23 marzo 2004

 

PARTE XI:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea il 24 marzo 2004, sedute nn. 571 e 572

 

PARTE XII:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea il 25 marzo 2004. Approvazione.

 

Camera dei deputati

I testi dei progetti di legge costituzionale esaminati dalla Camera dei deputati in prima deliberazione sono riportati nel dossier n. 580/1.

 

PARTE XIII:

A.C. 4862 – Tabelle riepilogative dell’iter del provvedimento. Esame in sede referente e consultiva

 

PARTE XIV:

A.C. 4862 - Indagine conoscitiva: sedute dall’11 al 26 maggio 2004

 

PARTE XV

A.C. 4862 - Indagine conoscitiva: sedute dal 15 al 23 giugno 2004. Audizioni informali

 

PARTE XVI

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 3 agosto al 21 settembre 2004

 

PARTE XVII

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 22 settembre 2004 al 29 settembre 2004

 

PARTE XVIII

A.C. 4862 Discussione in Assemblea: sedute dal 30 settembre 2004 al 6 ottobre 2004

 

PARTE XIX

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 7 ottobre 2004 al 13 ottobre 2004

 

PARTE XX

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 14 ottobre 2004 al 15 ottobre 2004

 


 

INDICE

Seguito discussione in Assemblea

Seduta del 30 settembre 2004 (Ripresa esame artt. 39, 36 e 38, esame art. 40)3

Seduta del 1° ottobre 2004 (Esame art. 2)107

Seduta del 4 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 2, esame art. 3)149

Seduta del 5 ottobre 2004 (Ripresa art. 3, esame artt. 4-6)207

Seduta del 6 ottobre 2004(Ripresa esame art. 6, esame artt. 7, 8, 10-12 e 19)329

 

 

 

 

 


Seguito discussione in Assemblea

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

518.

 

Seduta di GIOVedì 30 SETTEMBRE 2004

 

presidenza del vicepresidente PUBLIO FIORI

indi
DEI VICEPRESIDENTI
FABIO MUSSI
E ALFREDO BIONDI
E DEL PRESIDENTE
PIER FERDINANDO CASINI


 

Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 9,55).

 

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.

Ricordo che nella seduta di ieri sono iniziati gli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 39.

Avverto che prima dell'inizio della seduta è stato ritirato l'articolo aggiuntivo Leoni 39.010.

 

(Ripresa esame dell'articolo 39 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo dunque l'esame dell'articolo 39 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Lumia. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE LUMIA. Signor Presidente, ritorniamo, ancora una volta, sul tema dell'interesse nazionale. La proposta avanzata dal centrodestra non è assolutamente in grado di trovare un equilibrio tra l'importante ed insostituibile valore dell'unità del paese ed il ruolo legislativo che vogliamo affidare alle regioni. Non vi è equilibrio, ma vi sono scelte di fondo sbagliate, vi è confusione: è stato notato da più parti, da autorevoli opinionisti, da uomini di cultura che studiano quotidianamente questi temi. Vi è anche una percezione diretta, da parte dei cittadini e di coloro che rappresentano gli stessi interessi economico-sociali, che questa vostra impostazione sottopone la nostra Costituzione a profonde fibrillazioni. È una Costituzione che rischia di perdere il carattere fondante della nostra Repubblica e del nostro Stato, un carattere in grado di tenere bene insieme il rapporto tra cittadini e istituzioni e anche di regolare il rapporto tra i vari livelli istituzionali.

La vostra idea di interesse nazionale rischia di far perdere il carattere di autorevolezza della nostra Costituzione, il carattere autorevole di un'idea di statualità, quel carattere che aiuta il paese a crescere in diritti, in capacità, nelle opportunità, nella sua funzione sistemica di guidare il cammino economico, sociale e politico dei nostri territori, delle vocazioni locali, dello sviluppo locale.

Un paese bipolare, che fa del conflitto democratico regolato e mite una risorsa, ha bisogno di una Costituzione forte, condivisa, equilibrata. Ha bisogno di livelli di coesione istituzionale altrettanto forti ed ha bisogno di un'idea di Repubblica e di Stato che non sia quella che voi proponete oggi al paese: si tratta, infatti, di un'idea bislacca e sbagliata, che confonde addirittura il significato più profondo di queste parole. È un'idea che, ad esempio, collega il concetto di statualità con il carattere burocratico e centralista di un Governo che confonde il carattere della nostra Repubblica semplicemente con alcuni livelli istituzionali. Insomma, un paese che ha bisogno di ritrovarsi, di crescere, di fare un salto di qualità a tutti i livelli, sia sul versante sociale sia su quello economico e istituzionale, non ha bisogno di questa vostra idea di interesse nazionale.

Così come prevedete il riferimento all'interesse nazionale, non siete in grado di coprire il profondo valore dell'unità nazionale. Addirittura, l'interesse nazionale viene messo in mano ad una procedura confusa e farraginosa, ma non basta. La cosa ancora più rovinosa è che mettete l'interesse nazionale nelle mani dell'arbitrio della politica, quell'arbitrio della politica che la rende di basso profilo: la politica intesa come misera parte, come espressione di una semplice maggioranza parlamentare. Agli occhi degli italiani è un ulteriore colpo che indebolisce l'idea nobile della politica e che indebolisce le istituzioni dello stare insieme: insomma, quasi un trucco che organizzate, che sfibra ancor più il nostro paese, lo indebolisce e lo rende privo di quella coesione istituzionale che gli consente di regolare i processi, in una fase della globalizzazione che è in grado di imporre direttamente sui territori, senza quei filtri istituzionali e senza quelle forme di interposizione, le sue scelte, di condizionare i comportamenti, la vita quotidiana dei cittadini e di regolare e «sregolare» gli interessi dei nostri territori.

La maggioranza parlamentare non può «schiacciare» il ruolo legislativo di una regione: l'interesse nazionale deve germogliare e maturare nella coscienza del paese, perché in mano ai meccanismi istituzionali di alto profilo e di terzietà.

L'interesse nazionale, quello vero, quello colto che tiene conto del cammino storico del nostro paese e delle sfide che questo dovrà affrontare in Europa ed in un contesto globalizzato necessita di un'altra idea: è l'interesse nazionale che fa germogliare i diritti, è l'interesse nazionale che rafforza i livelli di partecipazione democratica. Un interesse nazionale che sa guardare al mercato con un approccio maturo, senza fare esami di libero mercato e senza naturalmente imboccare vecchie vie dirigiste che lasciano il tempo che trovano. Devono essere istituzioni di garanzia, di rappresentanza unitaria e di tutela costituzionale a dirimere i possibili conflitti fra le regioni ed il Parlamento, fra la potestà legislativa ed il valore stesso fondante dell'unità del nostro paese.

Insomma, vi sarebbe maggiore spazio da affidare alla Corte costituzionale o al Presidente della Repubblica; ci sarebbe da affidare un altro ruolo al nostro stesso Parlamento, che non è quello di essere concepito come la «casa della maggioranza», come bene privato di una maggioranza.

Abbiamo bisogno di funzioni di terzietà e di unità nelle quali tutti dobbiamo riconoscerci e nelle quali il paese, la sua articolazione ed i suoi interessi, si possono e si devono riconoscere. Rendere la maggioranza politica di un paese un falso garante dell'unità del paese è una strada pericolosa, una strada che rischia di frantumare il nostro paese, gettando un'ombra sul valore stesso dell'unità del paese stesso. Insomma, il vostro modo di procedere rende l'interesse nazionale nemico dell'unità nazionale.

L'unità del paese è già stata posta in pericolo da voi con la devolution e con la potestà esclusiva affidata alle regioni in materia di sanità, scuola, politiche sociali e sicurezza locale. In questo modo mettete in seria crisi la «questione nazionale», l'opportunità dei cittadini di crescere, migliorare e svilupparsi senza avere il vincolo oppressivo ed inamovibile del vivere in una regione piuttosto che in un'altra.

Con il rimedio che voi tentate di apportare per coprire le contraddizioni politico-culturali di fondo che presentate all'interno della maggioranza vi siete inventati questa idea sbagliata dell'interesse nazionale: così non recuperate il valore dell'unità nazionale, ma lo asservite al gioco odioso di una maggioranza politica. Un bel disastro! La devolution separa il paese, l'interesse nazionale umilia le funzioni legislative delle regioni e così perdiamo quell'ancoraggio e quelle forme di stabilità che ancora oggi servono per innovare, modernizzare e guidare il nostro paese.

Quando la politica diventa un gioco irresponsabile, una semplice composizione di equilibri, in questo caso all'interno della vostra maggioranza, e quando anche nel centrosinistra, in passato ed oggi, si pensa di poter trovare semplici accorgimenti per rincorrere il vostro progetto all'interno delle compatibilità che voi dettate, è chiaro che il nostro paese viene sottoposto a gravi errori. Lo «sfibriamo» e lo rendiamo più debole!

Quando la Costituzione diventa un'occasione per garantire gli interessi di parte dei partiti - in questo caso degli equilibri interni al centrodestra - alla fine le soluzioni sono sbagliate: non si trova più alcun equilibrio e si indebolisce la nostra Costituzione.

Vi state assumendo una grave responsabilità: infatti, pensate alla frantumazione dell'ordinamento, ai conflitti fra le istituzioni, alla perdita di significato del ruolo delle regioni. Pensate ancora all'eclissi del valore dell'unità nazionale, allo svilimento burocratico cui sottoporrete gli interessi del paese, ed infine ai costi che graveranno sui cittadini rispetto a questo pseudo Stato federale che voi avete organizzato.

Insomma, otterrete come risultato il fatto che saremo costretti tutti a subire scelte estremamente negative.

Vorrei chiedervi come si concilia il rapporto tra l'interesse nazionale e la specificità delle regioni a statuto autonomo. Si tratta di una questione che l'interesse nazionale non riesce assolutamente a coprire. Si è sovrapposta la specialità storica delle nostre regioni con l'assetto cosiddetto federalista: sono due cose ben diverse che possono anche non coincidere. Si può mantenere un profilo unitario del nostro paese, paradossalmente anche centralista, con la previsione di forti specialità. La specialità richiede procedure pattizie che mettano in condizione le regioni e le province autonome di raccordarsi pariteticamente con lo Stato, a prescindere dall'assetto più o meno federalista.

Già nei giorni passati abbiamo provato, in diverse occasioni, a salvaguardare il carattere speciale delle nostre regioni. Abbiamo cercato di convincervi, intervenendo su alcuni emendamenti, della necessità di mantenere la specialità ed il rapporto pattizio. Ricordo, ad esempio, che siamo riusciti a far passare da quattro quinti a due terzi il quorum dei consigli regionali - nel caso dell'assemblea regionale della Sicilia - per esprimere il diniego alla proposta di intesa da parte del Governo.

Con la definizione che ora date dell'interesse nazionale la specialità viene intaccata alla base. La specialità viene sottoposta ad un forte «scivolamento» perché perde l'ancoraggio pattizio nella regolazione degli interessi e dei profili legislativi di fondo. Ma non basta: con l'impianto complessivo che fornite non ci troveremo solo di fronte ad un'idea bislacca di Stato federale, ma alla perdita del profilo unitario su questioni centrali - è stato ripetutamente ricordato - come la sanità, la scuola, la polizia locale. In tal modo si rischia non solo di perdere l'unità nazionale, ma anche di trascinare le specialità in un vicolo cieco. Si rischia di destabilizzare l'assetto costituzionale e l'identità del nostro paese senza costruire un percorso costituente, senza costruire quell'innovazione equilibrata, matura, delicata che la nostra Costituzione potrebbe ancora vivere.

Le specialità non sono un totem: esse hanno una ragione storica, sono diverse l'una dall'altra. Meriterebbero una certa revisione, ma sempre per via pattizia. Ad esempio, l'autonomia siciliana nasce prima della Costituzione del 1948. Di tale autonomia non sempre si è fatto un buon uso ed essa richiederebbe una profonda revisione dal carattere riparatorio. Dovremmo passare ad una specialità di progetto per meglio modernizzare, sviluppare e valorizzare le specificità e le potenzialità. Dovremmo costruire una specialità come risorsa aggiuntiva e non come vincolo. Ciò richiede un assetto costituzionale del paese equilibrato fra il ruolo dello Stato centrale e quello delle regioni e delle autonomie locali. In tale contesto la specialità troverebbe una propria collocazione più matura e moderna.

Vedremo i danni finanziari che ricadranno sul diritto alla salute ed allo studio quando si supererà il carattere pattizio in merito al finanziamento di tali servizi. Ad esempio, la regione Sicilia dovrà recuperare il 58 per cento del mancato trasferimento dello Stato sulla sanità.

Vi erano alcuni emendamenti che avrei sottoscritto. In particolare, mi riferisco all'emendamento Carboni 39.72 ed all'emendamento Detomas 39.13, che proponevano l'esclusione dalla vostra organizzazione di interesse nazionale delle regioni e delle province a statuto speciale.

Vi è poi un altro aspetto da prendere in considerazione. Come prevedete di correggere l'approccio che avete utilizzato, dato che di fatto ci avete proposto la maggioranza parlamentare che si viene a creare in un determinato momento storico? Anche in questo caso vi è la possibilità di effettuare delle correzioni, anche se queste non ci faranno recuperare ciò che in questi giorni stiamo perdendo. Infatti, stiamo perdendo molto. Ecco perché è necessario prevedere altre strade, per ridare dignità alla dimensione più nobile della politica. Ecco perché è necessario prevedere altri cammini di cambiamento ed ecco perché si rende sempre più inevitabile il referendum confermativo, il solo in grado di rimettere in piedi la risorsa del cambiamento costituzionale, senza quegli stravolgimenti che (anche con l'interesse nazionale) state apportando alla Costituzione del nostro paese e al futuro della nostra democrazia (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,15).

 

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

 

Si riprende la discussione.

 

(Ripresa esame dell'articolo 39 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.

EMILIO DELBONO. Signor Presidente, nel leggere l'emendamento Elio Vito 39.200 che tra poco voteremo, ho visto che tra i suoi firmatari vi è l'onorevole Cè, il capogruppo della Lega. Devo dire che sono rimasto un po' sorpreso della presenza di questa firma, perché mi è venuto in mente che una volta c'era la Lega, che era un movimento federalista, che poi ha avuto una fase in cui è diventata un movimento secessionista, per poi ritornare federalista. Adesso, francamente, mi sembra un po' «poltronista», perché il testo di questo emendamento mette un timbro ulteriore su una riforma costituzionale che è lontana mille miglia da una riforma di stampo federalista ed autonomista, nonché da qualunque Carta costituzionale che abbia le caratteristiche di rispetto pieno ed evolutivo del sistema delle autonomie.

Dopo l'«annacquamento» della devolution - per così dire il bromuro alla Lega! -, dopo l'involuzione dell'articolo 117, che, se mi permettete, è di molti passi indietro rispetto alla riforma del Titolo V approvata dal centrosinistra, dopo le contorsioni sul Senato federale, che federale non è, dopo la trovata che si può sciogliere il consiglio regionale con un decreto del Presidente della Repubblica, sentito solo il Senato federale, che viene eletto contestualmente con i consigli regionali, essendo quindi in qualche modo paradossalmente in conflitto di interesse generale con la vita e la sopravvivenza dei consigli regionali, adesso questo emendamento che stiamo per votare mette il suggello finale su questa riforma, che non ha veramente nulla, ma proprio nulla, di federalista, né di autonomista.

Già ieri i colleghi hanno messo il dito nella piaga, chiedendo correzioni sostanziali. Come è possibile scrivere in Costituzione che un Governo - il Governo che voi prefigurate, quindi fortemente accentrato intorno alla figura del premier (cioè il Presidente del Consiglio)! -, se ritiene che una legge regionale, o parte di essa, pregiudichi l'interesse nazionale della Repubblica, chieda, dopo avere invitato le regioni a rimuovere le disposizioni pregiudizievoli, alle Camere di annullare a maggioranza assoluta una legge regionale?

Com'è a tutti chiaro, vi sono una serie di profili che sono sorprendenti. Il primo di questi è che si parla di interesse nazionale della Repubblica, quasi che esso confligga con l'interesse che anche le regioni devono inevitabilmente tutelare nel legiferare.

La nostra, infatti, è una Repubblica, secondo l'articolo 114 della Costituzione, che si articola in Stato centrale, regioni, città metropolitane, province e comuni. Dov'è finita la pari dignità costituzionale delle regioni di fronte al Governo, che dispone semplicemente del potere esecutivo, e al Parlamento, che è uno dei poteri legislativi del paese (non è il potere legislativo del paese)? Ciò è sorprendente, perché viene accolto da movimenti che, sul territorio, continuano ad usare parole roboanti, ma assolutamente fasulle.

Tra l'altro, si dice che le disposizioni possono essere pregiudizievoli, ma verso chi? È il pregiudizio della maggioranza? Del Governo? Poiché in Costituzione non è definito l'interesse nazionale, presumiamo che una legge regionale sia pregiudizievole rispetto ad orientamenti di natura politica della maggioranza che è in Parlamento. Ciò è paradossale, perché può accadere che tale maggioranza abbia interessi ed orientamenti assolutamente contrastanti rispetto a quelli di una o più regioni. È un rischio enorme che non viene in alcun modo risolto dalla norma.

Nel caso di un conflitto di competenza, come si affermava nel vecchio testo (quindi sulla base delle competenze esclusive o concorrenti delle regioni), veniva chiesto alla Corte costituzionale di dirimerlo, ma, in tal caso, l'oggetto non è la competenza, ma un fantomatico, quanto discrezionale o, come diceva ieri il collega Boccia, arbitrario interesse nazionale che viene interpretato, come si vuole, dalle maggioranze che si alternano alla guida del paese. Oggi ci siete voi, domani potremmo esserci noi. Non sappiamo come evolveranno le cose.

Come è possibile inserire nella Costituzione una previsione di questo genere che confligge in profondità con un impianto di natura autonomista? Si prevede che una maggioranza assoluta possa chiedere l'annullamento di una legge regionale; una maggioranza che, con il sistema maggioritario uninominale, come voi sapete, può anche non coincidere con la maggioranza assoluta dei cittadini. È un paradosso, perché una maggioranza parlamentare che non rappresenta la maggioranza dei cittadini può annullare una legge regionale, magari di una regione importante e grande come la Lombardia. Come è possibile?

Perché, inoltre, è scomparso il ruolo fondamentale di garanzia della Corte costituzionale nel caso di conflitto di attribuzione? Diciamo la verità: è scomparso, perché è entrato nel calderone del dibattito ridicolo sulla composizione della Corte costituzionale di oggi, quella nicchia di comunisti, come l'ha definita prima la Lega e poi Berlusconi. È mai possibile pensare di cancellare il ruolo della Corte costituzionale per una ragione di polemica politica di bassissimo livello e farla scomparire dalla Carta costituzionale? Tra l'altro, emerge una scarsa fiducia nella composizione della Corte costituzionale che voi avete previsto.

Anche il sistema degli enti locali concorre alla definizione di una parte della stessa. Se, pertanto, alla composizione della Corte costituzionale futura concorreranno anche le regioni, la stessa dovrà essere la sede naturale, nella quale dirimere i conflitti di attribuzione e le competenze. Se vi è, addirittura, un concorso degli enti locali, in particolare delle regioni, quale è il ruolo della Corte costituzionale se non quello di dirimere l'eventuale contrasto che può determinarsi in seguito all'approvazione di una legge regionale, rispetto, ovviamente, alle competenze di natura esclusiva da parte dello Stato o di natura concorrente, quando la regione si attribuisce una competenza esclusiva che non le compete? Quindi, questo ruolo fondamentale della Corte costituzionale scompare proprio quando avrebbe dovuto entrare in gioco nella sua nuova formulazione.

Se esaminate la Carta costituzionale di qualunque Stato federale, potrete notare che nessun federalismo al mondo prevede che una maggioranza parlamentare possa cancellare leggi emanate da poteri legislativi autonomi. Solo noi siamo capaci di costruire questo ircocervo, questo mostro che non è né uno Stato centralista né uno Stato federalista e autonomista.

Il testo al nostro esame è esattamente il prodotto di una mediazione politica al ribasso. Da una parte, la Lega ha piantato la sua bandierina sulla devolution che ormai ha subito uno svuotamento progressivo mentre, dall'altra, ha vinto un centralismo ed un accentramento politico apicale, addirittura sull'esecutivo, voluto da Alleanza nazionale e dal Presidente del Consiglio. Sinceramente, non so cosa c'entri il ministro Calderoli in questo Governo, se si decide di approvare questo articolo che poi diventerà parte della Costituzione.

Infatti, esiste una possibilità di censura di merito e non una censura di legittimità o di violazione dei principi costituzionali o di sviamento rispetto alle competenze, in quanto domani il Governo potrà decidere che una legge o parte di una legge regionale, nel merito, pregiudichi i suoi interessi, i suoi orientamenti politici.

Ieri il collega Boccia ha parlato di dittatura della maggioranza parlamentare - usando un'espressione un po' forte, ma molto vicina alla realtà -, che potrebbe non corrispondere alla maggioranza assoluta del paese.

Infine, occorre evidenziare la funzione del Presidente della Repubblica che qui viene fotografato nel suo ruolo notarile, avendo il potere di annullare semplicemente la legge senza avere la possibilità di svolgere esso stesso una funzione di garanzia che, nella storia repubblicana, ha sempre avuto e che spesso ha svolto in maniera decisiva per la tenuta del quadro istituzionale, costituzionale e politico del paese.

Quindi, si tratta evidentemente di una bassa mediazione; usando un'espressione usuale, qualcuno ha voluto la botte piena e la moglie ubriaca, creando uno scassato testo costituzionale che in futuro ci creerà un'infinità di problemi politici.

Vi chiediamo dunque di migliorare questo testo, accogliendo l'invito, rivolto anche dall'onorevole Berlusconi in questa sede, ad ascoltare le proposte dell'opposizione che abbiano fondamento; vi chiediamo di restituire alla Corte costituzionale il suo ruolo di dirimere eventualmente i conflitti di competenze tra le regioni e lo Stato centrale.

Vi chiediamo - mi rivolgo in particolare ai colleghi della Lega - di avere un minimo sussulto di dignità, chiedendo l'accantonamento di questo emendamento, affinché lo stesso sia formulato da costituenti che guardino non all'oggi ma al domani.

Purtroppo, temiamo che anche queste nostre richieste, queste nostre sollecitazioni cadano nel vuoto; infatti, non stiamo scrivendo la Carta costituzionale che guarda al futuro, ma un misero documento politico che produrrà grandi danni e che è frutto solo di un accordo per tenere insieme la maggioranza di governo. Ciò è triste per il paese e per le forze politiche che accettano di scrivere testi di questa portata.

Vi chiediamo, in sostanza, di ascoltarci e di accogliere con noi gli emendamenti che proponiamo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Leoni 39.5, Collè 39.14 e Soro 39.71. Esprime, altresì, parere contrario sui subemendamenti Buontempo 0.39.200.2 e Perrotta 0.39.200.3, presentati all'emendamento Elio Vito 39.200. La Commissione raccomanda invece l'approvazione del suo subemendamento 0.39.200.6. Il parere è contrario sui subemendamenti Leoni 0.39.200.5 e sugli identici subemendamenti Briguglio 0.39.200.1 e Mascia 0.39.200.4. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 39.200; il parere è invece contrario sugli emendamenti Leoni 39.73 e Taormina 39.70.

Se lo ritiene opportuno, posso esprimere il parere della Commissione anche sugli articoli aggiuntivi.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Bruno.

DONATO BRUNO, Relatore. Sull'articolo aggiuntivo Leoni 39.010...

PRESIDENTE. Mi risulta ritirato.

DONATO BRUNO, Relatore. Ne prendo atto. La Commissione esprime parere contrario sugli identici articoli aggiuntivi Fioroni 39.011 e Osvaldo Napoli 39.012. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.39.0200.25, presentato all'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0200. Il parere è contrario sui subemendamenti Perrotta 0.39.0200.1 e Mascia 0.39.0200.2. La Commissione esprime invece, parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0200.

La Commissione raccomanda altresì l'approvazione del suo subemendamento 0.39.0201.25 ed esprime parere favorevole sul subemendamento Leoni 0.39.0201.1 che peraltro risulterebbe assorbito, qualora fosse approvato il subemendamento della Commissione, nella cui stesura ne è stato recepito lo spirito.

La Commissione raccomanda infine l'approvazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0201. In realtà, allo stato, il parere è espresso in pratica soltanto con riferimento all'ultimo comma, visto che i primi due risulterebbero modificati a seguito dell'eventuale approvazione del subemendamento della Commissione...

PRESIDENTE. Quindi, il parere è contrario nel suo complesso...?

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, il parere è favorevole, considerando che la formulazione dei primi due commi dell'articolo aggiuntivo dovrebbe risultare modificata a seguito dell'approvazione dei subemendamenti presentati.

La Commissione raccomanda l'approvazione dei suoi due subemendamenti 0.39.0202.25 e 0.39.0202.26, presentati all'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0202. La Commissione invita i presentatori al ritiro del subemendamento Bressa 0.39.0202.1, il cui contenuto potrebbe essere trasfuso in ordine del giorno; altrimenti il parere è contrario.

Quanto all'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0202, la Commissione esprime parere favorevole, rilevando altresì che, nell'ambito di alcuni subemendamenti, la materia relativa alle autorità indipendenti risulta riferita all'articolo 98 della Costituzione. Occorre dunque considerare anche le proposte emendative che introducono modifiche a tale articolo, in particolare l'articolo aggiuntivo Bressa 30.01, sul quale, allo stato, la Commissione esprime parere contrario, ma che risulterebbe assorbito in caso di approvazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0202, ove subemendato.

La Commissione, infine, nel prendere atto che l'articolo aggiuntivo Schmidt 39.02 è stato ritirato dal presentatore, esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Olivieri 39.01 e parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0203.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

MAURA COSSUTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, ho chiesto di parlare per reiterare la richiesta di chiarimenti che ho già rivolto al termine della seduta di ieri. Come possiamo procedere alla votazione dell'articolo 39, che delinea funzioni del Senato federale, senza aver discusso e votato gli articoli relativi al Senato federale? Nessuno ha fornito una risposta a tale richiesta!

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Leoni 39.5, Collè 39.14 e Soro 39.71.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, alcuni colleghi intervenuti sul complesso degli emendamenti hanno sottolineato come l'articolo in esame vada inaccettabilmente a modificare l'articolo 127 della Costituzione. Il testo vigente di tale articolo è molto chiaro: esso delinea, infatti, un sistema nell'ambito del quale, sulla base delle competenze definite dalla Costituzione, il Governo può intervenire, ricorrendo alla Corte costituzionale, qualora una legge regionale ecceda la competenza della regione, e viceversa. Dunque, se una delle due istituzioni eccede la propria competenza, l'altra, in un percorso garantito nell'ambito dello Stato di diritto, può proporre ricorso alla Corte costituzionale.

Ritengo si tratti di un percorso trasparente e garantista. L'articolo in esame introduce invece una nozione di interesse nazionale assolutamente imprecisata. Non è infatti chiaro in cosa consista tale interesse nazionale: si tratta di una terminologia usata strumentalmente per tenere insieme una maggioranza che presenta al suo interno diverse e contrapposte ispirazioni e sensibilità e per rispondere all'esigenza di accontentare chi vuole il cosiddetto federalismo, la devoluzione o la secessione e gli interessi di altre forze politiche, in questo caso di Alleanza nazionale. Abbiamo dunque compreso che si tratta di un sistema politicista, che non ha nulla a che fare con i principi costituzionali e che introduce una nozione inaccettabile e incongrua anche dal punto di vista terminologico.

Dunque, che cos'è l'interesse nazionale, inserito nella parte II della Costituzione, che state riformulando, oscillando tra la frammentazione della Repubblica, la frantumazione dei diritti e un nuovo e moderno autoritarismo? Di ciò, infatti, si tratta, quando da una parte si frantuma l'ordinamento della Repubblica, dall'altra si disintegrano i diritti fondamentali e, in ultima istanza, si prevede sostanzialmente l'intervento dell'esecutivo per decidere in cosa consista l'interesse nazionale e quando esso venga leso. L'emendamento presentato dalla maggioranza prevede infatti che sia una maggioranza politica a decidere con un voto se tale presunto interesse nazionale sia stato o meno posto in discussione.

Dunque ritengo che non sia neanche in discussione una nuova forma di statalismo, come qualche collega ha sottolineato. In questo caso, infatti, si tratta di un'altra cosa: lo statalismo, giusto o sbagliato, rappresentava un insieme, un sistema centrale che governava la Repubblica attraverso regole stabilite, democratiche e trasparenti. Oggi, invece, ci troviamo a dover subire le decisioni di un esecutivo che, con arroganza, si assume la discrezionalità di stabilire cosa si intende per interesse nazionale, nozione, parola magica o inventata che non esiste in nessuna Carta costituzionale.

Per noi, ad esempio, interesse nazionale vorrebbe dire piena attuazione dei diritti descritti nella prima parte della Costituzione. Molti di questi diritti fino ad oggi non sono mai stati applicati compiutamente, mentre ve ne sono degli altri che, invece, verranno destrutturati attraverso questa nuova seconda parte della Costituzione che ci state proponendo. Per noi interesse nazionale vuol dire questo, ma vi sono delle figure, degli organi già istituiti, preposti a tutelare il rispetto di questi diritti costituzionali e a vigilare affinché le nostre legislazioni corrispondano in pieno, per poteri e per contenuti, ai principi costituzionali. Tali figure sono però diverse da quelle previste da questo nuovo testo, le quali potrebbero essere influenzate da una logica tutta politica di maggioranza. Gli organi a cui, invece, faccio riferimento sono, ad esempio, il Presidente della Repubblica, il Parlamento, la Corte costituzionale, i quali sono preposti alla tutela delle garanzie. Al contrario, attraverso questo articolo, voi intendete addirittura ridimensionare il ruolo del Presidente della Repubblica, che verrà ad assumere la veste di notaio firmando atti che gli verranno proposti da altri.

Crediamo, quindi, che questo articolo debba essere assolutamente soppresso al fine di mantenere l'attuale articolo 127 che, al contrario, ha una sua logica, una sua coerenza ed è coerente con tutto il resto della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, lo Stato partecipa alla Repubblica in posizione di parità e non più di supremazia gerarchica rispetto agli altri enti. La tutela degli interessi nazionali e delle esigenze unitarie della Repubblica non è parte delle caratteristiche di supremazia dello Stato, ma deve essere frutto dell'unico modo in cui dei soggetti di pari grado possono decidere attraverso l'accordo e la leale cooperazione. Questa impostazione - espressione diretta della riforma del Titolo V della Costituzione - non solo non è stata modificata (l'articolo 114 è rimasto tale e quale e cioè, come abbiamo detto in una precedente discussione, attuazione specifica dell'articolo 5), ma esce addirittura rafforzata, avendo voluto collocare i principi di leale collaborazione e di sussidiarietà all'articolo 114, che li qualifica come principi ispiratori dell'intero Titolo V: innovazione, a mio modo di vedere, sicuramente significativa.

Il Titolo V riformato e rafforzato da questo chiarimento sui principi ispiratori ci dice dove e come le esigenze unitarie possono e debbono trovare la loro tutela: nelle sedi e nelle forme paritarie della leale collaborazione e non in quelle di un intervento dello Stato ispirato a supremazia. Questa modifica ha rappresentato un cambiamento radicale di prospettiva, cambiamento rafforzato - come dicevo prima - dalla definizione della leale collaborazione e della sussidiarietà come principi di portata generale; ciò consente di superare anche quelle perplessità di parte della dottrina che attribuiva solo ad alcune ipotesi particolari la loro efficacia applicativa.

Questo cambiamento radicale, così rafforzato, è destinato - a mio avviso - a indurre anche un cambiamento nella giurisprudenza della Corte costituzionale. In passato la Corte costituzionale ha assecondato la trasformazione sistematica del limite di merito in limite di legittimità.

L'interesse nazionale si era infiltrato in ogni singolo limite di legittimità, dalle definizioni delle materie al territorio, dai principi fondamentali agli obblighi internazionali, per poi rovesciarsi in limite positivo nelle funzioni di indirizzo e coordinamento.

Tutto ciò è stato possibile in un sistema dominato dal principio di supremazia, che riconosceva nel Governo il soggetto deputato ad assicurare d'autorità il rispetto degli interessi nazionali. Oggi, con i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione è venuta meno la giustificazione giuridica che consentirebbe di continuare su questa strada.

Per questo la tutela dell'interesse nazionale, così come voi l'avete pensata e scritta, è incongrua, è un corpo estraneo rispetto alla realtà del Titolo V riformato e da voi non modificato. Questo «vostro» interesse nazionale è un vestito giuridico per tutte le decisioni che dipendono da valutazioni squisitamente politiche; questo è il senso dell'introduzione del vostro concetto di interesse nazionale.

La strada, però, è un'altra: cessata la supremazia dello Stato come tutore preventivo dell'unità dell'ordinamento giuridico, l'intera strumentazione della sussidiarietà e, nel suo ambito, della tutela dell'interesse nazionale e delle esigenze di coordinamento, è demandata alla cooperazione tra i diversi livelli di governo. È per questo che la domanda posta dalla collega Cossutta aveva un senso profondo; infatti, è importante capire che Senato federale abbiamo quando si discute di interesse nazionale.

Spetta alla contrattazione tra i diversi livelli di governo individuare le misure necessarie; infatti, abbiamo bisogno di procedure conciliative, non di procedure sanzionatorie: questa è la nuova strada, se si è convinti federalisti.

Deve essere chiaro a tutti che, sotto un profilo giuridico e istituzionale, quello che voi proponete, cioè la reintroduzione dell'interesse nazionale come limite, travolge le garanzie fondamentali di tutela nell'autonomia regionale, resa così vulnerabile da parte di prevedibili intrusioni centralistiche ispirate da logiche essenzialmente politiche.

Questo è il contenuto vero della reintroduzione del «vostro» interesse nazionale e questo è anche il poco esaltante risultato del vostro accordo di maggioranza che si fa Costituzione.

È un compromesso politico questo vostro interesse nazionale tra neocentralisti, tra vetero nazionalisti, tra leghisti domati, che si risolve, però, in un pasticcio costituzionale sulla testa delle regioni, delle autonomie e dei cittadini.

Con la votazione di questo articolo, stiamo per fare un enorme passo indietro; infatti, stiamo cancellando non solo questi anni di riforma del Titolo V, ma la prospettiva di un autentico federalismo nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Chiederei, se possibile, un attimo di attenzione al ministro, al presidente Bruno e ai colleghi del Comitato dei nove perché vorrei capire come si intrecciano i vari poteri dello Stato in ordine alle leggi regionali. Infatti, sulla base del disegno che è stato costruito, noi abbiamo i poteri sostitutivi di cui all'articolo 120, secondo comma, che possono essere esercitati anche dal Parlamento con leggi bicamerali - se non ricordo male - a maggioranza semplice; poi abbiamo la possibilità di far valere l'interesse nazionale - sempre per la stessa materia - con il Parlamento in seduta comune a maggioranza qualificata, ed infine abbiamo la possibilità di ricorrere alla Corte costituzionale da parte del Governo (articolo 127, primo comma).

In questo quadro, quale è il rapporto che intercorre tra questi strumenti, essendo la materia la stessa e avendo il Governo, volta a volta, la possibilità di attivare il procedimento legislativo ordinario, il procedimento davanti al Parlamento in seduta comune o le eccezioni di incostituzionalità?

Dico questo perché, Presidente, c'è un principio che si chiama economia dei mezzi giuridici, che vale soprattutto nelle Costituzioni: non bisogna mai avere più strumenti che realizzano lo stesso fine, perché questo può portare o ad una truffa delle «etichette», cioè ad usare l'uno o l'altro a seconda delle convenienze, oppure ad utilizzarli uno successivamente all'altro.

Qui stiamo parlando della Costituzione e, teoricamente, un Governo può esercitare tutti e tre i poteri uno dietro l'altro: se il primo fallisce c'è il secondo, se il secondo fallisce c'è il ricorso alla Corte costituzionale.

Credo che questo impianto non stia in piedi e che sia una delle tante incongruenze presenti in questo testo; quindi, vorrei capire, siccome il presupposto è lo stesso, anche se si chiama solo in modo diverso (quello che si chiama interesse nazionale e quello che si chiama diversamente nell'articolo 127 e, ancora diversamente, nell'articolo 120, primo comma), come si organizzano questi poteri.

Allora, si scelgano presupposti diversi, perché stiamo parlando dell'intervento sulle leggi della regione. Il Governo, lo ripeto, può intervenire con tre strumenti diversi riguardanti la stessa materia. Credo che tale tema vada approfondito, perché crea una grande confusione nel rapporto tra Stato e regioni. Il segno principale di questa riforma - non intendo offendere nessuno - è davvero la confusione, tanto per la ripartizione delle competenze quanto per l'intreccio di funzioni, poteri e procedure diverse riguardanti la stessa finalità.

Cari colleghi, è emerso un punto fondamentale: la differenza degli strumenti risponde ad un'altra ragione, ossia alla differenza di istanze presenti nel centrodestra. I colleghi di Alleanza nazionale hanno puntato i piedi sull'interesse nazionale ed è stato costruito l'interesse nazionale. Altri hanno chiesto poteri sostitutivi maggiori e sono passati i poteri sostitutivi. Ma non c'è una coerenza tra questi strumenti.

Chiederei al Governo o alla Commissione un chiarimento sui rapporti che esistono tra questi tre strumenti. Si tratta di un tema non secondario, perché riguarda il vero federalismo. Sono state distribuite in modo confuso le competenze fra Stato, regioni e così via, ma, se vi sono strumenti confusi per far valere interessi nazionali, questo non può che accrescere la conflittualità tra Stato e regioni e tra regioni. Credo che ciò non convenga a nessuno. Chiediamo, per cortesia, un chiarimento su questo punto (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, tutti gli Stati federali dispongono di una clausola che consente ai Parlamenti nazionali di far valere l'interesse nazionale e l'interesse federale. In questi anni, ciò è avvenuto per opera non del Parlamento, ma della Corte costituzionale, chiamata a fare da custode in proprio dell'interesse nazionale. Ma nessuno Stato federale ha l'intreccio di strumenti posto in rilievo dall'onorevole Violante; queste diverse disposizioni, fatalmente, genereranno conflitti e soprattutto celano una vera e propria presa in giro. Infatti, chiamare il Parlamento in seduta comune, come nel caso della dichiarazione di guerra, a decidere sull'interesse nazionale significa indicare uno strumento assolutamente inefficace, che rischia di essere un po' come la devolution, vale a dire annacquato, un totem per consentire ad Alleanza nazionale di salvare la faccia. Da qui l'inevitabile confusione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maurandi. Ne ha facoltà.

PIETRO MAURANDI. Signor Presidente, per quanto riguarda il problema dell'interesse nazionale, siamo alla terza formulazione, e non è detto che sia l'ultima.

Il testo originario affida la difesa del cosiddetto interesse nazionale al Senato, l'emendamento della maggioranza lo affida ad una Commissione paritetica e il subemendamento della Commissione niente meno che al Parlamento in seduta comune. Diverse formulazioni, una peggiore dell'altra, perché nessuna corregge davvero la logica di questa clausola, ossia sottoporre alla vigilanza e alla censura di un organo politico dello Stato le leggi regionali. Si tratta di uno dei casi di contraddizione profonda di questo disegno di legge, che esprime visioni contrastanti della maggioranza.

So da cosa deriva la preoccupazione di una parte della maggioranza di difendere l'interesse nazionale, a parte la vaghezza, l'indeterminatezza di tale espressione; nasce dal timore che gli umori e le spinte secessioniste prevalgano ed usino le materie devolute come un grimaldello per picconare l'unità della Repubblica. Ma il problema sta nel meccanismo che è stato messo in piedi con le attuali modifiche dell'articolo 117 e la difesa dell'interesse nazionale, in qualunque modo si possa intendere, non può essere affidata ad un organo politico, ma deve essere affidata in termini di legittimità alla Corte costituzionale; ogni altro modello è pasticciato e mortifica le autonomie regionali che la maggioranza dichiara di voler sostenere (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato, al quale ricordo che ha tre minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Grazie, Presidente; poi mi chiarirete la questione dei tre minuti...

La questione di cui stiamo discutendo é di un'enorme gravità, ma come vede, Presidente, come vedono i colleghi, non stiamo urlando, stiamo ragionando contrapponendoci radicalmente, ma cercando di far capire anche ai colleghi quale clamoroso errore costituzionale e anche politico si stia commettendo con l'introduzione di questo nuovo comma all'articolo 127 della Costituzione.

Proprio perché ho poco tempo, richiamo l'intervento che ha svolto ieri il collega Boccia in sede di illustrazione degli emendamenti nonché quelli del collega Bressa, e anche l'intervento che ha svolto il presidente Violante poco fa. Cito soltanto coloro che in modo più approfondito hanno posto la questione, ma anche gli altri lo hanno fatto congruamente.

Noi abbiamo più volte riconosciuto che è opportuno e necessario che in un sistema che va in direzione federale ci sia una clausola di salvaguardia del sistema. Questo non è l'interesse nazionale - la cui terminologia già è una spia della incapacità, della Casa delle libertà in questo caso, di adeguare anche i concetti costituzionali alla modifica del Titolo V, al nuovo articolo 114, che pure è stato in questa sede confermato e arricchito dal riferimento ai principi di leale cooperazione e di sussidiarietà -; è l'interesse della Repubblica da salvaguardare, sono i valori fondamentali della Costituzione da salvaguardare. Questa è una concezione adeguata non solo alla Repubblica delle autonomie, che è già la Repubblica del 1948, ma anche alla Repubblica che va ormai in direzione federale, altrimenti non si capirebbe l'istituzione di un Senato federale.

Quindi, la questione l'abbiamo posta anche noi e forse noi per primi, perché, se voi andate a vedere la numerazione degli emendamenti riferiti all'articolo 34, troverete che il nostro emendamento è stato presentato prima dei vostri. Qualcuno dice: perché non l'avete fatto nel 2001? Perché nel 2001 si trattava esplicitamente di una riforma stralcio, solo di alcuni articoli, che rinviava a questa legislatura il suo completamento. Leggete l'articolo 11, norma transitoria, della riforma del 2001, che stabilisce: fino alla riforma del titolo I (cioè di Camera e Senato), vale l'integrazione della Commissione per le questioni regionali. Era esplicito che questa riforma andasse completata.

Noi non ci opponiamo al completamento di tale riforma, ma al modo assolutamente inaccettabile con cui, anziché realizzare una riforma di sistema, con un suo equilibrio di potere, una sua organicità, una sua coerenza, si sono meccanicamente sovrapposti: la devolution voluta dalla Lega, la ricentralizzazione di 12 materie su 18 (tra quelle previste come materie concorrenti, che diventano statali), l'interesse nazionale, preteso da Alleanza nazionale (forse perché si chiama Alleanza nazionale bisognava inserire l'interesse nazionale!). Tutto questo rappresenta una sovrapposizione che sa più di un vestito di Arlecchino che non di una logica di sistema che, se venisse adottata dalla maggioranza come criterio ispiratore, noi riterremmo un terreno di confronto leale.

PRESIDENTE. Onorevole Boato, la prego di concludere.

MARCO BOATO. E ve lo abbiamo proposto! Lo ha proposto l'onorevole Tabacci, ma poi è scomparso dal dibattito; l'abbiamo proposto noi con il riferimento ai valori costituzionali e agli interessi della Repubblica. Voi a questo avete detto «no»: avete bocciato l'emendamento Tabacci, avete bocciato il nostro emendamento, avete rafforzato enormemente il potere sostitutivo; qui comunque ci si doveva fermare. E adesso introducete questo interesse nazionale proclamato dal Parlamento in seduta comune a maggioranza dei componenti, che, laddove dovesse suscitare - ammesso che si possa - un ricorso alla Corte costituzionale, dovrebbe portare la Corte costituzionale a smentire il Parlamento in seduta comune a maggioranza dei componenti. Invece di creare un armonico sistema di tutela sia degli interessi regionali sia di quelli della Repubblica nel suo insieme, si aprono conflitti su conflitti, si giustappongono norme a norme, anche in conflitto fra di loro.

Per questo motivo, noi siamo non per modificare, ma per sopprimere questo articolo. Eravamo per modificare l'articolo 120, eravamo per modificare il 117, ma questo deve essere soppresso...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Boato. Il doppio del tempo...! Onorevole Boato, tutti la ascoltiamo sempre con grande interesse, ma io debbo mantenere un minimo di regolarità.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, il sistema di garanzie che emerge dalla proposta di riforma in esame verte su tre capisaldi, diversi ma tra loro non confliggenti.

Il primo riguarda il potere sostitutivo rispetto alle inadempienze delle regioni; un altro concerne la verifica delle competenze, già indicata nel vigente articolo 127 della Costituzione, con la possibilità del Governo di ricorrere alla Corte costituzionale; l'ultimo, infine, riguarda l'interesse nazionale. Si tratta di questioni diverse, che attengono anche alla certezza dei tempi (questione inserita nella procedura). Una cosa, infatti, è contestare l'attribuzione delle competenze, un'altra è sostituirsi alle inadempienze, ed un'altra ancora è tutelare l'interesse nazionale.

Su questo aspetto, vorrei osservare che introdurre una procedura che garantisce tempi certi, come quella contenuta nella proposta emendativa presentata dalla maggioranza, conferisce certezza all'organismo individuato a tale scopo, vale a dire il Parlamento in seduta comune. Infatti, nel caso si manifesti la necessità di intervenire, perché qualche regione ha adottato una legge lesiva dell'interesse nazionale, il Parlamento definisce la procedura, «contesta l'infrazione» ed interviene. Vorrei osservare che la procedura attualmente prevista dall'articolo 127 della Costituzione è diversa, poiché rientrerebbe nel novero delle azioni del Governo sulle competenze della regione.

È forse competenza della regione la tutela dell'interesse nazionale? No; tuttavia, se la regione interviene ledendo l'interesse nazionale della Repubblica, il Parlamento in seduta comune si attiva e stabilisce, con procedure certe, che al massimo entro 55 giorni si può bloccare un'azione contraria all'interesse nazionale. Diversamente, se lasciassimo in vigore l'attuale norma costituzionale in materia, il Governo dovrebbe attivare la procedura adendo la Corte costituzionale, ma non vi sarebbe certezza nei tempi.

Resta sempre a favore delle regioni, nel nuovo articolo 127 della Costituzione, la possibilità di adire la Corte costituzionale contro l'azione del Parlamento. Dov'è il conflitto? Se la regione, successivamente all'adozione dell'intervento in difesa dell'interesse nazionale da parte del Parlamento in seduta comune, intende proseguire su quella linea, può proporre ricorso presso la Corte costituzionale; ma noi ci scandalizziamo del fatto che la Consulta possa confermare - perché non ha altra strada - quanto stabilito dal Parlamento?

Non credo che ciò leda qualche diritto; anzi, credo che rafforzi sia la responsabilità, sia le diverse competenze di ogni organo (Governo, Parlamento e regioni), nell'ambito di un quadro che ritengo armonioso. Per questo motivo, preannunzio che voteremo contro la soppressione dell'articolo 39 del provvedimento in esame, e riteniamo altresì che il lavoro svolto sia in grado di realizzare un'armonia complessiva tra i diversi poteri dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, in un minuto cercherò di replicare al collega Nespoli su due questioni.

In primo luogo, vorrei rilevare che il suo intervento non ha fugato i nostri dubbi e la nostra contrarietà, già espressi nelle preoccupazioni rappresentate dal presidente Violante, sull'articolo in esame.

In secondo luogo, vorrei rivolgere una domanda ai deputati di Alleanza nazionale, ed in particolare proprio al collega Nespoli, che tanto tengono a questa norma. L'articolo 120 della Costituzione, seppur modificato, prevede che vengano attivati i poteri sostitutivi in alcuni casi, tra i quali quelli di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedano l'unità giuridica ed economica, e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale.

La domanda che vi rivolgo è la seguente: sapete farmi un esempio in cui può scattare la clausola dell'interesse nazionale, che non sia già compreso nella casistica prevista dall'attuale articolo 120 della Costituzione? Cos'è questo interesse nazionale? Chiedo un chiarimento su ciò ai colleghi che tanto hanno premuto perché vi fosse questa formulazione così generica. Restiamo, inoltre, ancora in attesa di chiarimenti sull'intreccio tra i tre strumenti che avrebbe a disposizione il Governo per intervenire sulle regioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, credo che l'onorevole Violante e l'onorevole Boato tentino di realizzare un risultato irraggiungibile, ossia portare una certa razionalità in questo groviglio che si sta, via via, costruendo.

Ieri, ad un mio intervento finalizzato a comprendere quale fosse esattamente il punto della situazione, dopo un mio garbato apprezzamento per l'onorevole Bruno, quest'ultimo mi ha risposto in modo piuttosto piccato, dicendomi: «Solo lei, onorevole Gerardo Bianco, possiede lo spirito costituente». No, onorevole Bruno, non mi sento di possedere lo spirito costituente, perché tale spirito è qualcosa di diverso: è una tensione collettiva, è un grande slancio; se mi permette, è una cultura completamente diversa da quella che domina in quest'aula, perché si tratta della cultura di costruire regole che valgano per tutti e, come dice un grande maestro del nostro pensiero filosofico e teorico moderno, «sotto il velo dell'ignoranza».

L'onorevole Violante, l'onorevole Boato ed altri colleghi cercano di portare una razionalità che non può essere conquistata, perché in questo momento non prevale né Aristotele né Hegel: credo prevalga la logica partenopea del «tu dai una cosa a me ed io do una cosa a te» (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, vorremmo una risposta ai quesiti che abbiamo formulato.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi sembra che ciò che sta emergendo dal dibattito e, soprattutto, ciò che ha detto l'onorevole Nespoli, rappresenti la puntuale risposta ai dubbi...

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Bruno, ma vorrei far concludere gli interventi e, successivamente, le darei la parola, affinché possa esprimersi su tutti gli interventi, se lo riterrà.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo su un articolo che ritengo tra i peggiori di questa riforma costituzionale. Si tratta di un'impostazione non condivisibile in nulla, che lede un principio che mi sembra dovesse essere riconfermato in una revisione costituzionale che ci attendevamo di taglio completamente diverso, almeno dagli annunci.

Vi è, invece, una logica meramente politica che prevale su quella istituzionale; una logica che consentirebbe a qualsiasi Parlamento di modificare, per una scelta di tipo politico, una legge regionale assunta con un livello istituzionale di tipo diverso. Credo che ciò rappresenti un grave vulnus, lesivo delle autonomie delle regioni, e faccia compiere un grande passo indietro al nostro paese, in cui il pari livello istituzionale, istituito all'interno della modifica del Titolo V della seconda parte della Costituzione, garantiva, invece, una pari dignità a tutti livelli istituzionali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Signor Presidente, vorrei sottolineare un altro aspetto: definire «pregiudizievole dell'interesse nazionale» un atto legislativo di una regione è certamente un atto politico, del quale il Governo si assume la responsabilità.

Orbene, in tutti gli ordinamenti federali il rapporto tra Governo, Parlamento, regioni o comunità autonome o enti è sempre caratterizzato dalla mancata espropriazione dell'assemblea politica. Il Governo risponde dei suoi atti politici, in primo luogo, davanti all'assemblea con la quale intercorre il rapporto di fiducia. Di questo istituto, che voi inventate, non vi è traccia in altri ordinamenti federali. Voi create tre corsie di controllo delle regioni ed espropriate l'assemblea politica, che è l'unico organo in relazione di fiducia con il Governo, ponendo in essere uno degli atti più gravi politicamente che il Governo possa compiere: quello di definire pregiudizievole la libera manifestazione della volontà legislativa di una regione.

Mi domando se questo sia federalismo o non, invece, una fuoriuscita nella direzione autoritaria e presidenzialista di Alleanza nazionale, che rivela lo scambio del quale è frutto questo testo che state approvando; credo che non vi sia altro esempio da segnalare...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, con riferimento agli identici emendamenti in esame, desidero sottoporre all'attenzione del Parlamento quella che ritengo una grave incongruenza di questa norma. Certamente, non posso essere sospettato di essere contro la tutela dell'interesse nazionale e sono certo che il federalismo debba in qualsiasi modo avere cura di un'identità nazionale che non divida il paese. Tuttavia, il fatto che a verificare la congruità e la tutela dell'interesse nazionale delle leggi regionali debba essere il Senato federale, che è un organismo anomalo e discutibile, espressione di un regionalismo assai controverso e discutibile, è a mio avviso una contraddizione in termini. In questo sistema, l'interesse nazionale può essere custodito soltanto dalla Camera dei deputati e non da un organismo diverso, come quello cui si fa riferimento nel testo in esame.

Ed avverto, in questo caso, signor Presidente, il pericolo più grande: Stato contro regioni. Non vi sarà una secessione del paese, ma vi sarà una secessione culturale. Questo è il vero pericolo che sta dietro tali norme.

Per tali ragioni, chiedo all'Assemblea di approvare gli identici emendamenti in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei aggiungere la mia firma all'emendamento Soro 39.71 ed esprimere il mio profondo stupore nei confronti dei colleghi del gruppo della Lega Nord. Infatti, mi sembra che l'articolo 39, così come proposto all'attenzione dell'Assemblea, sostanzialmente codifichi per le nostre regioni uno stato di libertà vigilata. È vero che in uno Stato vi sono regole generali e che qualcuno deve sovrintendere ad esse. Tuttavia, mi sembra che, rispetto ad organismi parimenti politici quali i consigli regionali, assegnare ad una Camera il compito di controllare ed annullare, a maggioranza, un provvedimento legislativo significhi certamente avere una scarsissima considerazione del ruolo e delle potenzialità delle nostre regioni.

Quindi, colleghi della Lega, mi sembra che quello che proponete a questo Parlamento rappresenti obiettivamente un passo indietro rispetto al ruolo che assegnate alle regioni, se approverete il provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fistarol. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FISTAROL. Signor Presidente, anch'io intendo sottolineare l'importanza degli identici emendamenti in esame e, in particolare, vorrei mettere in evidenza un aspetto.

Una devolution prima velleitaria, poi svuotata, oggi sostanzialmente finta, e quindi, una finzione ha prodotto, in realtà, una cosa concretissima, ossia una pesantissima centralizzazione attraverso l'introduzione di tale principio.

Questo è il risultato straordinario che ha prodotto l'offensiva della Lega. Se mettiamo assieme tale risultato con quello, altrettanto significativo, che dal testo costituzionale è stata cancellata la possibilità di una diversa velocità tra le regioni - che potevano, in base all'articolo 116, terzo comma, richiedere poteri aggiuntivi allo Stato - il cerchio si chiude: nessuna elasticità, nessun federalismo, ma nuova rigidità e una fortissima ricentralizzazione dei poteri (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stradiotto. Ne ha facoltà.

MARCO STRADIOTTO. Signor Presidente, ritengo un grandissimo errore pensare che la politica debba fare da arbitro rispetto alle scelte regionali giuste o sbagliate. Non deve essere sicuramente il Parlamento a decidere se vi sono leggi regionali sbagliate, ma un arbitro esterno. Crediamo che la Corte costituzionale sia l'organo che meglio possa svolgere quel tipo di ruolo.

Per tale motivo, sosteniamo gli identici emendamenti soppressivi in esame. Infatti, se venisse approvato l'articolo 39, e se fosse approvato in questa formulazione, avremmo un mostro giuridico. Tale norma sembra proposta sulla base della convinzione che questa è e sarà sempre la maggioranza. Ricordatevi che le cose cambiano: tale norma diventerà negativa anche per voi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller, al quale ricordo che ha tre minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, anche noi riteniamo che la reintroduzione dell'interesse nazionale sia inutile ed anche dannosa. È inutile perché lo Stato ha tanti altri strumenti e poteri per intervenire nelle competenze regionali e salvaguardare le esigenze unitarie. Ricordiamo, ad esempio, l'articolo 120, che prevede un ampio potere sostitutivo per garantire l'unitarietà economica e giuridica del paese. Inoltre, lo Stato potrebbe impugnare le leggi regionali davanti alla Corte costituzionale, come ha fatto anche in passato.

È dannosa perché, come giustamente ha statuito la Corte costituzionale con la sentenza n. 303 del 2003, il criterio dell'interesse nazionale nella prassi legislativa previgente alla riforma del 2001 sorreggeva l'erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative. Pertanto, il nostro timore è che con la reintroduzione di tale criterio la Corte possa trovare spunto nella giurisprudenza che si svilupperà in base alle riforma e cambiare orientamento in senso meno federalista di oggi.

In sostanza, il nuovo articolo 127 reintroduce il sistema previgente alla riforma del 2001, peraltro mai applicato in cinquant'anni di storia, e stabilisce lo stesso sistema attualmente previsto nelle regioni a statuto speciale. Riteniamo che ciò costituisca un passo indietro e che non sia confacente con la riforma federalista.

Per tale motivo, voteremo contro l'introduzione dell'articolo 39 (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Minoranze linguistiche e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, siamo nettamente contrari all'impostazione del nuovo articolo 127, secondo il quale di fronte ad un conflitto tra Stato e regioni a dirimere la controversia non sarà, come avviene oggi, un terzo soggetto, ma una maggioranza politica - quella che ha aperto lo stesso conflitto -, che potrà stabilire ciò che è interesse nazionale della Repubblica e decidere l'eventuale cancellazione di leggi regionali.

Ritorno su una domanda già posta dal collega Leoni. Abbiamo votato il nuovo articolo 120 della Costituzione, dove prevediamo che le regioni debbano rispettare norme e trattati internazionali, il principio dell'incolumità e della sicurezza pubblica in caso di pericolo grave e la tutela dell'unità giuridica ed economica. Mi potreste quindi spiegare, ma non solo a me bensì a tutta l'Assemblea (perché credo sia importante), la differenza esistente fra l'articolo 120 e l'articolo 127? Cioè, cosa rientra nell'interesse nazionale della Repubblica, che non sia già ricompreso nell'articolo 120, visto che le forme di attuazione dei due articoli sono nettamente diverse? Infatti, nell'articolo 120 si prevede una maggioranza semplice, mentre nell'articolo 127 una maggioranza qualificata (con il Parlamento in seduta comune). Quindi, proprio perché le modalità di attuazione sono nettamente differenti, non mi è chiaro quali sono gli esempi di differenza. Vi chiedo quindi di farmi un esempio per il quale è attuabile l'articolo 127, anziché l'articolo 120.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.

EGIDIO BANTI. Uno degli argomenti che i colleghi della maggioranza hanno più volte sollevato per criticare la riforma del Titolo V, approvata dal centrosinistra alla fine della precedente legislatura, è quello relativo ai costi: il contenzioso, ci hanno detto, provoca costi aggiuntivi non tollerabili. Ebbene, un articolo come questo (l'articolo 39) è destinato non a ridurre, bensì a moltiplicare i contenziosi e i relativi costi. Infatti, dal tenore dell'articolo 39 si può evidenziare il profilarsi di ben tre tipi di contenzioso: quello fra il Governo e le regioni, quello fra il Governo e il Senato federale, quello fra il Senato federale e il Presidente della Repubblica. In quest'ultimo caso, fra l'altro, il contenzioso è accentuato dalla «possibilità» (anziché obbligatorietà) dell'intervento. Infatti, la disposizione normativa stabilisce che il Senato «può» (pare di capire anche in caso di accertato interesse pregiudizievole), anziché «deve», intervenire. A sua volta, il Presidente della Repubblica «può», anziché «deve», intervenire.

Voi credete che questo non sarà fonte di contenziosi infiniti? Invito, quindi, i colleghi della maggioranza a ripensarci.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Anch'io vorrei aggiungere brevemente la mia voce su questo problema.

Mi sembra infatti che l'articolo in esame produca degli effetti contraddittori e peggiorativi rispetto alla situazione attuale. Comprendo che, da un punto di vista di principio, vada rispettata la preoccupazione - che anche noi abbiamo - di tutelare l'interesse nazionale. Tuttavia, come sempre, le vie dell'inferno sono lastricate da buone intenzioni, se così posso dire! Qui, infatti, vi è una situazione in cui non si chiarisce chi decide cosa sia l'interesse nazionale in virtù del quale può essere annullata una legge regionale. Di conseguenza, affidando questo compito ad un organismo politico, anziché ad un organismo terzo, in quella «matrioska» che poi vede il potere vero risiedere nel legislativo, perché il Capo del Governo si affida alle Camere per annullare la legge regionale, mi sembra che le regioni ne escano un poco derelitte.

Pertanto, anch'io aggiungo la mia voce a quella dei colleghi che mi hanno preceduto per condannare questa situazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

RUGGERO RUGGERI. Vorrei che i colleghi ragionassero non per partito preso. Qui non si tratta di delineare un federalismo buono o cattivo, o migliore di un altro. C'è effettivamente una logica che non ha senso. Dove sta la terzietà per stabilire se una legge è più o meno conforme all'interesse nazionale? A stabilirlo non può essere uno dei soggetti contendenti. Non può esserlo addirittura la maggioranza del Senato federale.

Inoltre, vorrei dire ai colleghi che stiamo dando un potere enorme, in modo arbitrario, ad un organismo, il Senato federale, del quale finora nessuno sa niente. Quindi diamo un potere ad una scatola totalmente vuota! Questo mi pare veramente irrazionale ed illogico!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, questa norma è il simbolo della confusione con cui viene operata tale riforma costituzionale.

La soppressione dell'interesse nazionale nel Titolo V era stata disposta con una formulazione innovativa prevista dall'articolo 120. Se non eravate d'accordo sulla formulazione innovativa di tale articolo, certamente molto più moderna ed attuale rispetto all'antico concetto di interesse nazionale che tanto piace ad Alleanza nazionale, bisognava perlomeno abrogare l'articolo 120 della Costituzione.

Oggi, invece, voi, solo perché intendete mettere una bandierina per Alleanza nazionale, introducete nuovamente il principio di interesse nazionale, senza rendervi minimamente conto che tale concetto stride apertamente con la formulazione dell'articolo 120 che, invece, era molto più moderna ed attuale.

Oggi, però, si creano due procedimenti (vi è una duplicazione di procedimenti) e gli interpreti costituzionali ci dovranno chiarire come verranno utilizzati. Voi state facendo semplicemente un piacere ad Alleanza nazionale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, la questione della clausola di salvaguardia o norma di chiusura del sistema a tutela del cosiddetto interesse nazionale, dell'unità giuridica ed economica di un paese è sicuramente un problema vero; anche noi, quando riformammo il Titolo V della Costituzione, siamo intervenuti sulla disciplina dell'attuale articolo 120 della Costituzione, in modo particolare sul comma secondo, sul quale voi intervenite, apportando alcune modifiche, ma lasciando il merito assolutamente inalterato.

La questione, però, è un'altra. Non contenti di questa norma di chiusura, presente in tutti i sistemi federali e che ha una sua ratio in quanto ho poc'anzi affermato, introducete un altro strumento di controllo di merito assolutamente politico sotto la locuzione, assolutamente generica e quindi soggetta ad interpretazione politica, di interesse nazionale.

È una contraddizione clamorosa, che la dice lunga sul fatto che questa riforma di federale non ha assolutamente nulla. Anzi, è un processo esattamente contrario di forte centralizzazione di poteri in capo allo Stato centrale. Voi, quindi, andate contro la tradizione, ormai assolutamente costante, prevista dall'articolo 5 della Costituzione, ossia che la Repubblica, lo Stato si articola sulle autonomie locali. Voi con questa norma date origine ad un processo nettamente contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, come al solito la sinistra fa un po' di confusione e cerca di confonderci le idee. Mi riservo di intervenire successivamente più compiutamente, e spero più articolatamente.

All'onorevole Violante ha già ampiamente risposto l'onorevole Nespoli; io vorrei soltanto rispondere all'onorevole Zeller, che parla di «passo indietro» con riferimento all'introduzione dell'interesse nazionale, ed all'onorevole Bressa, che parla di «pasticcio istituzionale».

Poiché entrambi provengono dal Trentino-Alto Adige, vorrei leggere l'articolo 4 dello statuto di tale regione. Lo sintetizzo: la regione ha potestà di emanare norme legislative in armonia con la Costituzione e nel rispetto degli interessi nazionali. Devo supporre che si sappia bene cosa siano gli interessi nazionali, considerato che li hanno inseriti nel loro statuto regionale speciale, approvato con legge costituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, questa modifica è davvero sconcertante. Si vuole sostanzialmente porre fine, nei fatti, all'autonomia legislativa delle regioni, con un controllo di merito inaccettabile.

In un solo colpo si cancellano 34 anni di storia e di autonomia regionale: è un colpo che soltanto chi pensa in modo autoritario e chi ha un'idea distorta dei rapporti tra Stato e regioni e tra maggioranza ed istituzioni può osare proporre. E sono davvero sconcertato dal fatto che ciò sia stato proposto proprio dal capogruppo di Forza Italia.

L'idea che la maggioranza possa decidere nei rapporti tra le istituzioni a seconda del suo insindacabile giudizio è di per sé assai grave e preoccupante. L'interesse nazionale è altra cosa, non lo si può agitare come una bandiera nei confronti dei cittadini; è nei fatti che bisogna dimostrare di avere a cuore l'interesse nazionale e noi del centrosinistra - insieme agli onorevoli Tabacci, La Malfa e Biondi - avevamo presentato uno specifico emendamento, che purtroppo non è stato approvato.

Ora, la maggioranza, in maniera altrettanto irresponsabile, pretende di imporre una modifica che, di fatto, cancella l'autonomia regionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Merlo. Ne ha facoltà.

GIORGIO MERLO. Signor Presidente, vi sono due principi che, a mio avviso, è bene sottolineare in ordine a questi emendamenti, che condivido e sottoscrivo: il primo è che rischia di essere definitivamente affondata la cultura delle autonomie locali; il secondo è che prende piede in maniera sempre più forte il cosiddetto centralismo statale.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 11,30)

 

GIORGIO MERLO. Sarei curioso di conoscere dal partito sedicente federalista, la Lega Nord, cosa pensi su ciò. Anche perché - è bene ripeterlo - su tale tema in quest'aula vi è stato un silenzio assordante da parte di quel partito, di quella forza politica che, nelle regioni del nord, si erge ad alfiere del federalismo.

Se gli identici emendamenti in esame saranno respinti, il rischio è che nel nostro paese ritorni una cultura brutalmente centralista, che annulli tutte le conquiste fatte da chi da sempre coltiva la cultura delle autonomie locali (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, vorrei ricordare ai colleghi ciò che afferma un grande studioso del federalismo, Elazar, nel suo «Idee e forme del federalismo», secondo il quale, affinché vi sia uno Stato veramente federale, occorre prima di tutto che la cultura politica esprima un pensare federale. È proprio questo che non vedo tra le fila della maggioranza.

È vero, il federalismo ha quale scopo quello di tenere insieme l'unità e le differenze, il processo di unificazione politica e la diffusione del potere politico. Si tratta di due processi che, appunto, devono camminare insieme; uno Stato federale forte non può che combinare assieme questi due processi. E non è un caso che l'oggetto del contendere, fin dagli albori del federalismo moderno, sia stata proprio la questione della struttura; tuttavia, l'architettura da voi proposta non dispone né propone questa armoniosa combinazione dei due elementi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, pensavo che, fino ad ora, stessimo discutendo di federalismo, invece mi accorgo che stiamo discutendo di decentramento. Infatti, non può esistere una concezione federale che ponga sotto tutela di una delle parti che compongono il sistema l'altra parte. Non che le regioni non debbano avere un soggetto superiore che le controlli, ma quel soggetto non può essere che terzo, non può essere una parte del sistema, altrimenti stiamo discutendo di decentrare alle regioni poteri che di fatto rimangono in capo al Governo centrale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, la Costituzione - come ci viene insegnato da 200 anni a questa parte - è un insieme di regole con una connotazione precisa, ovvero la loro giuridicità. Ebbene, rispetto alla norma che introduce il concetto di interesse nazionale, anche in riferimento a quanto detto dall'onorevole Carrara, dobbiamo osservare che il suo carattere è politico piuttosto che giuridico, giacché pone un parametro assolutamente generico e di contenuto eminentemente politico.

Né vale - come ha fatto l'onorevole Carrara - richiamare analogo concetto, peraltro espresso in termini - questi sì - giuridici, presente in alcuni statuti, non ricordo se in quello della provincia di Trento e di Bolzano. Si tratta in questo caso di una norma giuridica e soprattutto di un limite che proviene dal basso. Nella norma in oggetto, viceversa, si impone un potere che viene dall'alto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bottino. Ne ha facoltà.

ANGELO BOTTINO. Signor Presidente, anch'io volevo sottoscrivere questo emendamento. Credo che quando si stabiliscono delle regole, occorra farlo in maniera precisa. In questo caso, quando si scrive la Costituzione, bisogna cercare di tener conto dell'obiettività e della qualità di queste regole.

Il testo è confuso, debole e creerà sicuramente problemi in futuro. Infatti, la norma che si vuol creare si basa soltanto su un criterio politico. Mi sembra che si centralizzi e non si decentri, in quanto si interviene sulle autonomie. Stiamo quindi scrivendo norme importanti della Costituzione, senza conoscere la determinazione definitiva del concetto di interesse nazionale (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, vorrei fare solo alcune considerazioni. Intanto, abbiamo ripristinato una norma, già presente nella Costituzione del 1948, con la sola variante dell'affidamento al Parlamento in seduta comune, quindi alla Camera e al Senato federale, del potere di annullamento delle leggi regionali, in contrasto con l'interesse nazionale.

Chi, a torto o a ragione, ha sostenuto in questi giorni la necessità di conservare, per quanto possibile, il testo della nostra Carta costituzionale, dovrebbe essere lieto della reintroduzione di una norma, che - secondo noi in maniera errata - era stata cancellata dall'ordinamento costituzionale.

Inoltre, convengo con l'onorevole Soda sul fatto che il concetto sia prevalentemente ed eminentemente politico. Per definizione, è quindi elastico e relativo, come peraltro lo abbiamo definito. Ma questa norma non ci sembra assolutamente in contrasto con il sistema delle garanzie e dei rapporti tra Stato e regioni, da noi costruito nel Titolo V della Costituzione. Purtroppo dobbiamo infatti partire dal quarto comma dell'articolo 117, che attribuisce in via ordinaria la funzione legislativa alle regioni, configurando la competenza legislativa statale - sia esclusiva che concorrente - come un'eccezione, tanto è vero che l'articolo 117 indica le materie che tassativamente vengono attribuite alla legislazione esclusiva o concorrente dello Stato.

Se non teniamo conto di questo, non possiamo comprendere il ragionamento grazie al quale abbiamo costruito un modello di Stato federale - che peraltro può piacere o meno - più equilibrato, più solidale e maggiormente legato ai princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione.

In questo scenario non sono state toccate le norme inerenti al ricorso alla Corte costituzionale nonché ai conflitti di competenza tra Stato e regioni. Tali norme restano ferme e rappresentano un presidio ed è una garanzia per tutti.

Abbiamo adeguato l'articolo 120 della Costituzione, quale strumento preventivo e successivo di garanzia dei valori unitari e dell'unitarietà giuridica dell'ordinamento. Abbiamo, inoltre, voluto salvaguardare l'interesse del corpo elettorale che esprime il Governo a che quest'ultimo possa intervenire attraverso una procedura in cui il Parlamento in seduta comune assume il ruolo di garante che il procedimento abbia luogo in modo non arbitrario nei confronti delle regioni. Siamo partiti dal presupposto che se la competenza legislativa esclusiva spetta in via ordinaria alle regioni, deve essere previsto un contrappeso con un ruolo di indirizzo politico che deve essere esercitato dal Governo e dal Parlamento.

Per tali ragioni, siamo convinti che la formulazione dell'articolo 127 derivante dall'approvazione delle proposte emendative formulate dalla Commissione chiuda il cerchio di un rapporto equilibrato fra lo Stato, le regioni e le autonomie locali, in un sistema federale che, in tali termini, condividiamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fanfani. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, ho chiesto di parlare per sottoscrivere l'emendamento Soro 39.71 e per richiamare l'attenzione dell'Assemblea sul pericolo derivante dall'approvazione di una norma in virtù della quale il Parlamento in seduta comune potrebbe annullare una legge regionale, quando la ritenesse contraria all'interesse nazionale. È evidente che una norma di questo tipo si presta, in primo luogo, ad abusi da parte della maggioranza, in un sistema maggioritario come quello che immaginiamo e che è stato enfatizzato nella riforma costituzionale in esame.

Ciò non costituirebbe un problema, qualora avessimo una definizione esatta del concetto di interesse nazionale, in assenza della quale, di volta in volta, il Parlamento potrebbe sottoporre la legislazione regionale, e quindi il sistema devolutivo, a una critica che risponderebbe esclusivamente agli interessi della maggioranza in un determinato momento storico. Mi domando, inoltre, se, fra gli interessi di carattere nazionale non vi sia anche quello ad una corretta evoluzione del decentramento regionale. Pertanto, raccomando all'Assemblea l'approvazione degli emendamenti soppressivi in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giacomo Angelo Rosario Ventura. Ne ha facoltà.

GIACOMO ANGELO ROSARIO VENTURA. Signor Presidente, ritengo che per uscire dalla confusione che sta caratterizzando il dibattito in corso, occorre tener conto che lo Stato federale verso il quale ci muoviamo potrebbe essere definito uno Stato federale «di derivazione», e non originato da un processo formativo genetico, così come è avvenuto per la maggior parte degli Stati federali nel mondo.

Ciò sta a significare che la Costituzione, che tutti noi vogliamo continui ad essere in vigore, è un valore che deve essere tutelato dallo Stato centrale, proprio in quanto derivante dalla legislazione costituente dello Stato centrale. Vi è certamente qualche preoccupazione o diffidenza nei confronti dei nuovi legislatori regionali, motivata proprio da questa caratteristica della nostra scelta di tipo federale. Stando così le cose, vi è un tenore profondamente diverso fra l'articolo 127 e l'articolo 120. Quest'ultimo, infatti, prevede l'adozione dei principi cornice che devono permeare la legislazione regionale, limitatamente alle finalità ivi tassativamente indicate. Ebbene, ritengo siano queste le scelte politiche: lo Stato, che ad esempio aderisce a trattati internazionali e tutela la sicurezza pubblica, adotta principi cornice frutto di una scelta politica, e si preoccupa che le regioni vi ottemperino. L'articolo 127, invece, è caratterizzato e permeato da principi assolutamente diversi, in quanto attiene alla competenza esclusiva delle regioni. In tal caso, la preoccupazione che scelte politiche possano inficiare la potestà legislativa delle regioni sarebbe fondata se non vi fosse l'articolo 117, che fissa i «paletti» per l'esercizio di tale potestà, affrancandola da scelte politiche: è tutt'altro che una scelta politica.

Ci si chiedeva cosa è l'interesse nazionale; l'articolo 117, ad esempio, lo dice espressamente quando precisa che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. Questo è un paletto non di natura politica, ma ordinamentale e costituzionale che lo Stato si preoccupa di tutelare laddove la legislazione regionale dovesse porre in essere norme in violazione di questi principi; quindi, mi chiedo quale sia la preoccupazione. Durante questo dibattito - come dire - si è veleggiato un po' a vista: i federalisti dall'oggi al domani sono diventati centralisti e viceversa. Personalmente non ho la preoccupazione che l'interesse nazionale sarà mai insidiato se un bizzarro legislatore regionale volesse, dall'oggi al domani, adottare una norma balzana attraverso la quale reclutare senza concorso personale alle dipendenze della sua regione o, se si facesse prendere la mano, finanziando «case del popolo». Gli amici della sinistra stiano tranquilli poiché in questo caso l'interesse nazionale non sarebbe insidiato...!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Piscitello. Ne ha facoltà.

RINO PISCITELLO. Signor Presidente, colleghi, non voglio di nuovo discutere sul concetto di interesse nazionale perché, di fatto, il giudizio sarebbe politico; tale giudizio compete al Parlamento ma non nell'ambito di un conflitto che coinvolge enti quali le regioni. La Sicilia - come, peraltro, le altre regioni a statuto speciale - attraverso questa norma, di fatto, avrebbe un doppio controllo. Mi riferisco al controllo ordinario del commissario dello Stato - previsto sempre su tutte le leggi di produzione regionale - e al controllo del Senato sull'interesse nazionale. Credo che, in questo caso, la regione a statuto speciale avrebbe un regime rafforzato in senso negativo; vorrei che su questo il Governo si pronunciasse, anche per tranquillizzare i siciliani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Camo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CAMO. Signor Presidente, intendo apporre anche la mia firma a questo emendamento poiché ritengo che il relatore stia aggiungendo confusione a confusione; in questo caso, infatti, non è in discussione il concetto di interesse nazionale, ma la soggettività di coloro o di colui che lo controlla. Si deve trattare di un organo terzo o di un organo politico? D'altra parte, questa Assemblea, in un recente passato, ha fatto i conti con un'operazione che, in questa direzione, è da considerarsi veramente straordinaria, e cioè l'ipotesi in cui un eletto viene escluso solo per un errore di trascrizione sul verbale; questa Assemblea, infatti, si è pronunciata contro l'apertura di due seggi. Vedete come interviene la politica...? Figuriamoci quando si tratterà di andare a verificare una legge approvata da una regione che è contro la maggioranza parlamentare!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Loddo. Ne ha facoltà.

SANTINO ADAMO LODDO. Signor Presidente, anch'io vorrei apporre la mia firma a questo emendamento, e agli amici della Lega chiedo: dove è il vostro federalismo, se attribuite alle Camere l'opportunità di sopprimere questo emendamento? Vedete un attimino di riflettere...!

Inoltre ai colleghi che appartengono a regioni a statuto speciale - mi riferisco in modo particolare ai molti siciliani - dico: fatevi sentire perché, altrimenti, quando saremo chiamati a governare alle prossime elezioni dovremo rifare di nuovo tutto da capo! Quindi, con umiltà, accettate queste nostre proposte (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Panattoni. Ne ha facoltà.

GIORGIO PANATTONI. Signor Presidente, a me pare che qui affiori il «vizietto», chiamiamolo strutturale, dell'attuale maggioranza e di questo Governo, che è già affiorato in altre occasioni, come nell'ipotesi di rendere i pubblici ministeri soggetti all'esecutivo.

Mi riferisco alla concezione dello Stato come impresa in cui comanda il padrone, al delirio di onnipotenza, cioè a questa teoria del «ghe pense mi» che è tipica del piccolo imprenditore lombardo; infatti, la terzietà viene assegnata all'esecutivo, cioè al presidente onnipotente, cioè al padrone dell'azienda Italia: prima egli valuta l'interesse nazionale e poi assegna la soluzione del conflitto alla sua maggioranza.

A me pare che, di fronte ad una fotografia di questa natura, il Parlamento abbia una sola alternativa, quella di rifiutarla, qualunque siano la maggioranza e il padrone dell'azienda; infatti, questo è il compito di un Parlamento sano che affronta il problema alla radice, senza infingimenti, senza strumentalizzazioni e senza dire una cosa pensandone un'altra.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Tuccillo. Ne ha facoltà.

DOMENICO TUCCILLO. Signor Presidente, intervengo anch'io per apporre la mia firma a questo emendamento che solleva il secondo grave rischio di sistema introdotto da questa riforma costituzionale; infatti, il primo l'abbiamo già visto nell'approvazione dell'articolo 34 con una formulazione che rischia di disarticolare il sistema nazionale per quel che riguarda la tutela dei diritti fondamentali; il secondo è questo, che cerca di tamponare quel pericolo, attraverso un nuovo errore, che è quello di gerarchizzare il sistema e di introdurre una logica impositiva dall'alto verso il basso e, quindi, di elevare di nuovo il conflitto fra le istituzioni, anziché recuperare una condizione di armonia e di concorrenzialità nella definizione del sistema e della legislazione.

Questo è un pericolo che comporta l'elevazione del conflitto e una paralisi del sistema; quindi, è sicuramente un rischio al quale l'emendamento in esame cerca di porre un rimedio giusto e corretto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Reduzzi. Ne ha facoltà.

GIULIANA REDUZZI. Signor Presidente, voglio anch'io sostenere questo emendamento, soppressivo di una norma che, così come è formulata, non dà alcuna garanzia della difesa dell'interesse nazionale; infatti, l'ultima parola sulla validità delle deliberazioni regionali viene affidata ad un organismo politico, quale è il Parlamento. È un organismo politico che deve valutare e decidere in base a criteri che non sono definiti; c'è quindi il rischio che possano essere criteri soggettivi, politici, non oggettivi e, perciò che si crei conflittualità tra organi politici.

Meglio sarebbe, a difesa veramente dell'interesse nazionale, che a decidere fosse un organo terzo, al di sopra delle parti (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, nel grande contenitore delle riforme, frutto di baratto, di scambio politico, bisognava inserire una norma contorta, contraddittoria e confusa, non per garantire il vero interesse nazionale, ma il voto di una forza politica di maggioranza.

A questo punto diventano chiare, però, due conseguenze: innanzitutto a garantire l'interesse nazionale non sarà più il Parlamento, ma un Governo, una maggioranza; in secondo luogo, si attacca ulteriormente l'autonomia delle regioni a statuto speciale, a dispetto dei tanti impegni assunti in difesa da alcuni esponenti di centrodestra nelle varie realtà territoriali (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Raffaldini. Ne ha facoltà.

FRANCO RAFFALDINI. Signor Presidente, qualche anno fa la Lega scelse la mia città, Mantova, come sede del governo della Padania; allora, bandiere verdi, foulards, fazzoletti e gazebi spuntavano ovunque; guardie padane presidiavano gli ingressi e si sentivano megafoni e slogan a tutto volume.

I ministri del governo padano si riunivano in una grande villa di campagna per delineare i tratti della secessione. Poi, tutto si è trasferito a Venezia e di nuovo bandiere, foulards, fazzoletti, slogan. I segnali di un nuovo inizio, lontano da Roma, fu la raccolta in un'ampolla dell'acqua pulita alle foci del Po. Oggi, la Lega decide che il Governo di Roma può addirittura cancellare le leggi regionali. Dalla secessione si è passati al federalismo ed oggi al centralismo di Roma. Dal garrire di bandiere si passa ormai al tintinnar di forchette e di bicchieri e al frusciar di tovaglioli. E dalle mie parti i leghisti si guardano tra di loro increduli e muti (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.

DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente, nel corso del dibattito, più volte, abbiamo denunciato il rischio che la nuova Costituzione, più che la nuova Carta dei diritti, si trasformi in un accordo di basso profilo che si cerca di portare avanti tra la spinta federalista, per la verità molto affievolita, della Lega nord - lo diceva, poc'anzi, il collega Raffaldini - ed il freno molto forte che hanno messo in campo Alleanza nazionale e l'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro. Per far questo, ovviamente, non ci si preoccupa di nulla, né delle norme che sono approvate né dei loro riflessi sia di carattere costituzionale sia di carattere politico. Come ha detto il compagno Villetti, alcune disposizioni vengono affogate in un quadro assolutamente scombinato. Sul piano giuridico si ritorna a questo formidabile tentativo di centralizzare i poteri in un balletto di norme che, da un parte, allunga i poteri dallo Stato alle regioni e, dall'altra, di colpo, li restringe. Soprattutto, viene sancita la fine dell'autonomia legislativa delle regioni, poste nelle condizioni di vedersi annullate, in ogni momento e in ogni circostanza, una legge dalla maggioranza delle Camere.

Sul piano politico, permetteteci di dire che è una norma scandalosa, perché viene consentito ad una maggioranza politica del Parlamento di valutare, in modo arbitrario e fazioso, se l'interesse nazionale è violato. Si sta superando ogni limite. Qui non c'entra, collega D'Alia, il principio né di sussidiarietà né di leale collaborazione. Qui si vuole sottoporre il potere legislativo delle regioni ad un controllo da parte del Parlamento che riteniamo dannoso, perché aprirà la strada a nuovi conflitti tra lo Stato e le regioni. Per questo abbiamo sottoscritto e voteremo a favore dell'emendamento soppressivo di questa norma (Applausi dei deputati del gruppo Misto-socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Crisci. Ne ha facoltà.

NICOLA CRISCI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere e sostenere questo emendamento perché ritengo dannoso e pericoloso affidare al Parlamento la decisione di annullare una legge regionale e consegnare, di fatto, non ad un organo terzo, ma alla politica il compito di definire e tutelare l'interesse nazionale. Si tratta, dunque, di una previsione normativa che ripropone il ruolo dello Stato tutore, che confligge chiaramente con ogni elementare ipotesi di federalismo e che aumenta la confusione che accompagna questa irragionevole revisione costituzionale; quest'ultima è solo il prodotto di un accordo tra posizioni assolutamente inconciliabili (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Trantino. Ne ha facoltà.

ENZO TRANTINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, provocato dal dibattito, mi sono chiesto cosa mai sia l'interesse nazionale e, ricorrendo ai padri, credo che l'avesse già definito Cicerone nel secondo libro del De legibus, quando scrisse: «Questa è la mia patria, questa è la patria di mio fratello, questa è la patria di quelli che amo e di quelli che non amo». Ma, rifacendomi ad autori più recenti, vorrei citare l'onorevole Gerardo Bianco...

PRESIDENTE. Egli certamente apprezzerà questo accostamento a Cicerone.

ENZO TRANTINO. Sicuramente, anche perché sono vicini dal punto di vista culturale, anche se non politico...

L'onorevole Gerardo Bianco, poco fa, ha spiegato la logica partenopea, ossia «io do una cosa a te e tu dai una cosa a me». Contro la logica partenopea è l'interesse nazionale, come lo vogliamo noi. Quindi, la spiegazione, se c'era ancora un dubbio, l'ha data, senza volerlo, l'onorevole Gerardo Bianco.

Infine, all'onorevole Santino Loddo, che si confonde davanti all'impresa titanica di cambiare nuovamente tutto quello che stiamo per realizzare, ove loro dovessero vincere, con molta amicizia, rispondo che eviteremo che vinciate, perché restino le cose che saggiamente abbiamo realizzato (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere questo emendamento, per le motivazioni che gli altri colleghi dell'opposizione hanno sottolineato, ma anche per dare una buona notizia al Parlamento: tutti coloro che hanno a cuore l'ambiente e il futuro credo possano accettare con soddisfazione l'annuncio, che è stato dato proprio pochi minuti fa, che la Russia ha sottoscritto il protocollo di Kyoto (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). È un grande successo per l'Europa e per il futuro e credo farà bene anche al nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, sta accadendo qualcosa di paradossale. Questa mattina, il presidente del gruppo dei Democratici di sinistra, il collega Violante, ha posto questioni fondamentali, questioni che sono al centro della confusione e delle contraddizioni tra gli articoli 120, 126 e 127 della Costituzione.

MARIO LANDOLFI. Ma cosa c'entra con l'ordine dei lavori!

PIERLUIGI CASTAGNETTI. In altre parole, si tratta degli articoli che concernono la possibilità di intervento dello Stato sulle potestà delle regioni. Dovrebbe essere questa l'occasione in cui - a sentire il Presidente del Consiglio - si dovrebbe sviluppare un dialogo fecondo. Tuttavia, neppure quando cerchiamo di evitare le contraddizioni c'è interlocuzione, perché il Governo, che è pure promotore di questa iniziativa legislativa di riforma costituzionale, ritiene di dover stare zitto! Perché il relatore si affida ad una argomentazione assolutamente evasiva fatta da un collega della maggioranza! Ma non ci si degna neppure di entrare nel merito! Non si ritiene opportuno farlo! Neanche di fronte a questa richiesta di sospensione dei lavori per cercare di evitare di scrivere in Costituzione delle cose che davvero non hanno senso!

Mi voglio rivolgere all'onorevole Follini, che ha vantato il merito di aver annegato la devolution in un mare di buonsenso: l'ha annegata in un mare di non senso (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Ed è per questo che noi chiediamo...

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente...!

PRESIDENTE. Onorevole La Russa, per gli interventi sull'ordine dei lavori sono previsti cinque minuti. L'onorevole Castagnetti sta sollecitando una risposta del presidente della Commissione, nonché relatore, che peraltro mi ha già chiesto di intervenire.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Vi chiediamo l'onere almeno dell'interlocuzione... Almeno dell'interlocuzione! Le questioni che abbiamo posto, che ha posto Violante, ma che condividiamo tutti, sono questioni centrali. E non a caso, in questo ampio dibattito, si è registrato un assordante silenzio; l'assordante silenzio di uno dei partiti della maggioranza, quello che ritiene di essere il più federalista. Ma questo non ci interessa: è un problema della maggioranza. A noi interessa il silenzio del Governo, il silenzio del relatore, il silenzio della maggioranza rispetto a questioni che sono centrali.

Le chiedo, quindi, signor Presidente, se rientra nelle sue prerogative, di sollecitare almeno la cortesia e la responsabilità di una interlocuzione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, come al solito, cerchiamo di fare un po' di ordine.

Io, tra l'altro, avevo già chiesto di intervenire, ma mi è stata tolta la parola. Il Presidente che ha presieduto prima di lei ha detto che un deputato aveva chiesto di parlare... Quindi, avevo già iniziato la mia brevissima replica alle richieste avanzate dai colleghi.

Credo, in primo luogo, che il presidente Castagnetti non si possa richiamare all'ordine dei lavori, perché l'intervento che ha fatto nulla ha a che vedere con l'ordine dei lavori (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). In secondo luogo, se egli fosse stato attento e avesse evitato la girandola degli interventi a titolo personale - interventi che rappresentano l'esercizio di un loro sacrosanto diritto, ma che certamente hanno diluito lo spirito vero del dibattito -, ci saremmo probabilmente meglio concentrati sulle considerazioni giuste dell'onorevole presidente Violante. A me sembra che il dibattito abbia dato risposte molto ampie a quelli che potevano essere i dubbi che il presidente Violante ha messo sul tavolo della discussione.

In particolare, credo che gli interventi svolti dai colleghi Nespoli e D'Alia - che non intendo riprendere, proprio per evitare lungaggini e perdite di tempo - rispondano esattamente ai quesiti posti dal presidente Violante.

Da ultimo, vorrei tranquillizzare l'onorevole Sinisi, il quale ha affermato che sarà il Senato ad occuparsi degli eventuali conflitti. Vorrei precisare, al riguardo, che la proposta emendativa che abbiamo presentato, e che ci auguriamo possa essere approvata dall'Assemblea - quindi, anche dagli altri colleghi e dall'onorevole Sinisi -, prevede che il Parlamento in seduta comune adotti una deliberazione in materia a maggioranza assoluta dei propri componenti: solo in tal caso, infatti, potranno essere eventualmente annullate leggi regionali o parti di esse (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Intervengo semplicemente per dire, signor Presidente, che capisco come l'onorevole Bruno sia preso dal delirio di onnipotenza essendo, oltre che presidente della I Commissione, anche relatore sul provvedimento, ma magari il presidente della Camera lo facesse fare (Proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...

Posso parlare, signor Presidente (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)?

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Il tuo è un delirio e basta!

ROBERTO GIACHETTI. La misura degli (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di lasciar proseguire l'onorevole Giachetti!

ROBERTO GIACHETTI. La misura degli epiteti che giungono dal centrodestra dimostra anche la qualità delle modifiche che vengono apportate alle norme costituzionali. Ripeto: saranno sempre gli elettori che poi, a prescindere dalla mia barba, guarderanno anche la vostra intelligenza (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

A parte questo, signor Presidente, mi richiamo all'articolo 8 del regolamento, il quale disciplina e regola le funzioni del Presidente della Camera. Il Presidente, come è noto, è un organo di garanzia per tutti i deputati, e pertanto, quando qualcuno di noi dice, a sproposito, cosa dovrebbe o non dovrebbe fare il Presidente, oppure cosa dovrebbe dire o cosa non dovrebbe dire un deputato, sarebbe molto utile che il Presidente lo interrompesse e gli dicesse che si tratta di una funzione che spetta al Presidente della Camera.

Il presidente della Commissione, bene o male, facesse il presidente della Commissione ed il relatore, bene o male, svolgesse il proprio ruolo di relatore (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...!

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, vorrei solamente dire che il collega che ha testè parlato le ha detto cosa deve fare. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Quella dell'onorevole Giachetti è una profezia che si autoavvera (Commenti del deputato Maura Cossutta)! Non riscontro francamente violazioni dell'articolo 8 del regolamento, onorevole Giachetti: se lo faccia dire francamente!

Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Leoni 39.5, Collè 39.14 e Soro 39.71, non accettati dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 473

Votanti 469

Astenuti 4

Maggioranza 235

Hanno votato 205

Hanno votato no 264).

Passiamo alla votazione del subemendamento Buontempo 0.39.200.2.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Trantino. Ne ha facoltà.

ENZO TRANTINO. Signor Presidente, sono convinto che la libertà sia perimetrata dalla libertà stessa. Manifestando la stima di sempre al collega Buontempo, mi permetto di dissentire dal subemendamento che egli ha presentato per ragioni che attengono ad una ambiguità terminologica, che si trasferisce successivamente in una ambiguità costituzionale. Sia detto questo senza mancare di riguardo, perché per ambiguità intendo una confusione interpretativa.

Infatti, quando si prevede, nella proposta emendativa in esame, che possano intervenire il Presidente della Repubblica «oppure» - si stia attenti all'avverbio - la maggioranza assoluta della Camera dei deputati, tale avverbio avversativo vuole significare che vi è una promiscuità inquinante tra il Capo dello Stato - che deve restare estraneo, dal soglio più alto di tutti, perché egli rappresenta non l'esecutivo, ma la nazione - e la maggioranza, che viene posta allo stesso livello del Presidente della Repubblica, poiché egli interverrebbe in alternativa.

Proseguendo ancora, nella proposta emendativa in esame è riportato che «(...) la maggioranza assoluta della Camera dei deputati, qualora ritengano». In quel plurale, è richiamato ancora il Presidente della Repubblica; orbene, nel momento in cui si evoca il Capo dello Stato, si richiama inevitabilmente un sindacato penalizzante, consistente nel fatto che laddove egli non dovesse, per altre attività, ritenere che una legge regionale pregiudichi l'interesse nazionale, si troverebbe colpevolizzato dal fatto che si impone di «ritenere», quando invece egli è arbitro di «ritenere» quando vuole, secondo legge, al fine di garantire un diritto che, per definizione, è di tutti, e non è diritto alternativo o supplente (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, colgo l'occasione dell'esame di questo subemendamento per rispondere amabilmente al collega Carrara che, poc'anzi, ha citato lo statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige, che - lo ricordo - fu approvato nel 1948 e modificato nel 1972.

Io, nel 1948, non ero ancora in vita, mi mancavano ancora otto anni per nascere. Nel 1972 avevo sedici anni. Ringrazio l'onorevole Carrara per l'enorme stima che annette alla mia capacità di legislatore, attribuendomi anche poteri telepatici o, comunque, di dedicarmi, in tenera età, a modificare la Costituzione, ma - come egli ben sa - tutto ciò non è possibile. Per cui, né io né il collega Zeller, più giovane di me, abbiamo alcuna responsabilità rispetto a quei testi.

NUCCIO CARRARA. Ci mancherebbe!

GIANCLAUDIO BRESSA. Al contrario, tanto io quanto il collega Zeller abbiamo la responsabilità di aver contribuito alla riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione, e la rivendichiamo con orgoglio. In tale riforma, l'interesse nazionale, tanto caro all'onorevole Carrara e ad Alleanza nazionale, non era cancellato, ma superato da una nuova forma, che era chiamata «interesse della Repubblica». Vi era, dunque, una nuova modalità di tutela degli interessi nazionali e delle esigenze unitarie della Repubblica, in cui lo Stato non aveva caratteristiche di supremazia. La tutela di tali esigenze unitarie era - ed è - frutto dell'unico modo in cui soggetti di pari grado possono decidere, ossia attraverso l'accordo e la leale collaborazione.

Onorevole Carrara, vorrei ricordarle che solo poco tempo fa - e, quindi, entrambi in vita e con la memoria molto sveglia - abbiamo modificato l'articolo 114 della Costituzione, inserendovi il principio di leale collaborazione e di sussidiarietà, che rafforza la novità introdotta nel Titolo V della seconda parte della Costituzione. Pertanto, se distrazione vi è stata, sicuramente non riguarda né il sottoscritto né il collega Zeller; forse riguarda più lei, onorevole Carrara, che noi. Lei, forse, farebbe bene a riflettere su ciò che ha votato. Ciò che lei ha votato qualche giorno fa, inserendo come principio di portata generale nell'articolo 114 della Costituzione la leale collaborazione e sussidiarietà, fa infatti a cazzotti con l'interesse nazionale che voi, tra qualche minuto, voterete e reintrodurrete in Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

NUCCIO CARRARA. Quel principio è dentro l'interesse nazionale!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, mi preoccupa quando un avvocato famoso legge il testo di un subemendamento senza inserirlo nel testo dell'articolo a cui si riferisce, facendo affermazioni fuori luogo. Infatti, se egli avesse letto anche il testo, avrebbe capito che il mio subemendamento aggiunge al Governo, previsto dall'articolo 39, «il Presidente della Repubblica oppure la maggioranza assoluta della Camera dei deputati», ossia i soggetti cui è riconosciuto il diritto di attivare il meccanismo a seguito del quale le Camere - non il Senato federale -, secondo la proposta emendativa che poi voteremo, possono definire se una legge abbia leso o no l'interesse nazionale.

L'onorevole Boccia, ieri, vi ha fatto riferimento, ma in senso opposto a ciò che intendo. Condivido che sia sollevata la questione dell'interesse nazionale, e nessuno se ne scandalizzi, perché ciò era previsto già dalla Costituzione del 1948 (e in quest'aula vi sono molti difensori della Costituzione del 1948). Ritengo che, come è pericoloso, onorevole Boccia, che solo il Governo possa attivare il meccanismo, perché potrebbe avere un interesse contrastante a quello della regione e utilizzare tale potere per annullare l'autonomia della regione stessa, così può avvenire il contrario, ossia che il Governo - qualunque esso sia - possa avere interesse a non attivare la questione dell'interesse nazionale, perché non ne ha una convenienza politica.

Ecco il motivo per il quale ho proposto tale subemendamento. Ciò, peraltro, è previsto dallo statuto della Valle d'Aosta e non a caso si fa riferimento alla violazione della Costituzione e all'interesse nazionale. Infatti, molti dei colleghi con i quali ho parlato fanno una gran fatica a capire che vi è una differenza tra la violazione dei diritti previsti dalla Costituzione, per cui si ricorre alla Corte costituzionale, e la violazione dell'interesse nazionale, che è un altra cosa.

Quindi, concludo, signor Presidente. Ritengo che non si possa non dare al Presidente della Repubblica il diritto di rivolgersi alle Camere per affermare che una determinata legge, presumibilmente, ha violato l'interesse nazionale e per chiedere di verificarlo. Infatti, questo provvedimento demanda tale funzione alle Camere. Inoltre, credo si debba prevedere che un parlamentare o cento parlamentari, con un documento parlamentare, chiedano al Parlamento - e, quindi, alla maggioranza più uno della Camera politica - se quella legge abbia violato o meno l'interesse nazionale. Qualora la Camera votasse in tal senso, a quel punto si attiverebbe il meccanismo delle due Camere, della commissione e via dicendo.

Pertanto, signor Presidente, il mio emendamento è volto ad offrire una garanzia. Coloro che ritengono che l'interesse nazionale sia una grande questione da difendere non possono limitare l'attivazione di tale strumento al solo Governo, perché ciò sarebbe riduttivo della tutela dell'interesse nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, ringrazio, innanzitutto, i colleghi Nespoli e D'Alia ed il presidente Bruno per le risposte che hanno fornito. Vorrei, però, precisare - se mi riesce - una questione. Mi sembra che, tanto il collega D'Alia quanto l'onorevole Nespoli abbiano segnalato le differenze procedurali fra i tre strumenti proposti: eccezione di incostituzionalità, far valere gli interessi nazionali attraverso il Parlamento in seduta comune oppure la legge bicamerale.

Però, il problema che abbiamo posto riguarda i presupposti. Infatti, il Governo può ricorrere alla Corte costituzionale, sollevando un'eccezione di incostituzionalità, quando la legge della regione ecceda la competenza della regione stessa. Il Parlamento in seduta comune può far valere l'interesse nazionale quando la legge della regione pregiudichi l'interesse nazionale. Può agire, invece, attraverso la legge ordinaria per tutelare l'unità giuridica o quando vi sia il mancato rispetto delle norme di trattati internazionali.

Colleghi, questi presupposti coincidono largamente e si sovrappongono l'uno sull'altro: questo è il problema che abbiamo posto. Sostanzialmente, per conseguire la stessa finalità, si possono usare tre strumenti diversi non coordinati tra loro. Poiché questa è la Costituzione, è bene chiarire perfettamente il rapporto fra tali strumenti, le priorità rispetto agli altri e definire meglio i presupposti, stabilendo quando si può usare l'uno e quando l'altro; oppure, la nostra opinione è che qualcuno di tali strumenti dovrebbe essere ridimensionato. In caso contrario, domani ci troveremo di fronte a problemi delicatissimi, anche di competenza. Infatti, una volta che avesse agito il potere legislativo per cancellare una legge regionale sulla base di uno di questi presupposti determinati, e la regione ritenesse, invece, che la cancellazione è ingiusta, potrebbe adire la Corte costituzionale, sollevando un conflitto di attribuzione. Si verifica, pertanto, un meccanismo che abbiamo più volte denunciato: questo tipo di riforma moltiplica i conflitti, non li risolve e innesca meccanismi ispirati piuttosto ai rapporti di forza che alla coesione istituzionale. Queste sono le questioni che stiamo ponendo, rilevando come la coincidenza dei presupposti non faccia che attivare ulteriori conflitti.

Vi chiediamo se sia possibile ridefinire con chiarezza i presupposti di esercizio di tali strumenti di intervento; altrimenti, non solo andremo davvero incontro a confusioni, ma delegheremo ad un organo giurisdizionale, come la Corte costituzionale, poteri squisitamente politici nei rapporti tra le istituzioni politiche dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Buontempo 0.39.200.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 443

Votanti 435

Astenuti 8

Maggioranza 218

Hanno votato 5

Hanno votato no 430).

Ricordo che il subemendamento Perrotta 0.39.200.3 è stato ritirato.

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.39.200.6. della Commissione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, veniamo alla questione centrale. Il Parlamento in seduta comune, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, può annullare la legge regionale o altre disposizioni. Questo subemendamento all'emendamento 39.200 presentato dagli onorevoli Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa e Moroni ha tutto il sapore di una norma manifesto, la cui applicazione sarà problematica, se non impossibile.

Soltanto per dimostrare la nostra non acritica disponibilità a discutere sul merito della questione, arrivo paradossalmente a dire che questa poteva essere una previsione che, al proprio interno, conteneva alcuni elementi interessanti di innovazione. Dico questo perché la procedimentalizzazione che voi proponete dava in ogni caso vita ad una forma di dialogo tra il Parlamento in seduta comune e i consigli regionali che avevano adottato le leggi che vengono impugnate.

Dicevo che questa poteva essere una cosa interessante perché avrebbe potuto individuare una forma originale di soluzione del problema della tutela dell'interesse nazionale, dando vita ad una vera e propria procedura formalizzata di conciliazione.

Si sarebbe potuto trattare di una procedura di conciliazione su una legge regionale, che restava vigente e quindi applicabile; pertanto non vi sarebbe stato più il problema precedente all'entrata in vigore delle modifiche introdotte al Titolo V della Costituzione, per cui il rinvio era un modo per rimandare indefinitivamente il legittimo esercizio da parte regionale della propria potestà normativa.

Ciò apriva uno spiraglio interessante di possibile discussione per provare a risolvere in modo originale questi problemi. Era un'indicazione che, peraltro, noi avevamo avuto in sede di audizione da parte del professor Balduzzi, che aveva elaborato qualcosa di simile.

Anche questa occasione è stata sciupata per una serie di motivazioni: sarebbe stato molto interessante arrivare ad una formalizzazione di questo dialogo tra il Senato federale ed i consigli regionali, sicuramente utile per fare emergere un interesse nazionale, al di là delle ipotesi in cui tale interesse emerge, perché attraverso questo processo di conciliazione sarebbe stato positivizzato e costituzionalizzato il complessivo sistema delle relazioni fra potestà legislativa statale e regionale. Anche quando avete idee che possono avere un barlume di originalità, le utilizzate nel peggiore dei modi possibili! Sarebbe stato interessante discutere di questo, ma così non è stato: infatti, anziché proporre un'ipotesi conciliativa, formulate un'ipotesi sanzionatoria, attraverso la previsione del tutto astrusa dell'annullamento presidenziale, che sembra al di fuori di ogni logica, se lo valutiamo per quello che è.

Si sarebbe potuto trattare di un'ipotesi interessante ma, anziché scegliere la via della conciliazione, voi avete scelto quella della sanzione.

Sarebbe stata una cosa interessante se vi fosse stato un Senato federale, autenticamente federale. Non vorrei anticipare argomenti che utilizzeremo quando affronteremo la questione della seconda Camera, ma tutto si può dire, meno che questo Senato sia federale.

Avete avuto in qualche modo anche voi la stessa consapevolezza di questo, perché avete fatto «slittare» questo tipo di decisione dal Senato federale al Parlamento in seduta comune, consapevoli, voi stessi, dei limiti del progetto che avete costruito.

Tutto questo perché siete sostanzialmente disinteressati ai contenuti della riforma costituzionale. Avete declinato il tema dell'interesse nazionale nel peggiore dei modi possibili. Avevate la possibilità di aprire uno spiraglio di relazione interessante tra Assemblee legislative nazionali e regionali: l'avete sprecata perché - ripeto - non siete interessati al contenuto della riforma che vi serve solo come strumento per ricompattare la maggioranza.

Con la logica mercantile di «una cosa a me, una cosa a te», l'altro giorno una cosa è andata alla Lega, oggi l'interesse nazionale va in conto ad Alleanza nazionale. Così non si fa nulla di più che un immenso, incommensurabile pasticcio costituzionale che porterà alla paralisi del paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Verdi-L'Ulivo e Misto-Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, non tornerò sul concetto di interesse nazionale, per nulla chiaro nonostante il lungo dibattito svoltosi in quest'aula. Mi riferisco anche agli interventi dei colleghi dell'UDC e di Alleanza nazionale cui è stato fatto riferimento da parte del presidente della Commissione. Sembra che tale concetto si presti a tutte le discrezionalità, non abbia nulla di oggettivo e sia difficile da interpretare secondo una nozione costituzionale.

La discrezionalità che verrebbe affidata ad una maggioranza politica rimane, nonostante il subemendamento in esame stabilisca che non si siano più le Camere ma il Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta a poter annullare la legge regionale imputata di lesione dell'interesse nazionale. Nonostante il subemendamento in esame faccia riferimento al Parlamento in seduta comune, rimane inalterato il giudizio negativo perché tale deliberazione viene adottata a maggioranza assoluta. Dunque, se vi fosse una possibilità di condividere tale nozione - che, ripeto, si manifesta in modo assolutamente non chiaro - bisognerebbe tradurre concretamente le conseguenze da un punto di vista dei numeri. Bisognerebbe stabilire che solo una maggioranza qualificata, quindi insieme alle opposizioni, possa annullare la legge di un altro livello istituzionale. Il fatto che si insista con la maggioranza assoluta ci costringe a mantenere la stessa opinione.

Inoltre, anche con le modifiche all'emendamento Elio Vito 39.200 apportate dal subemendamento in esame, rimarrebbe inalterato il ruolo notarile del Presidente della Repubblica: il Parlamento decide che una legge regionale non è rispettosa del vostro criterio di interesse nazionale ed il Presidente «emana» il decreto. La Costituzione attuale lascia la valutazione al Capo dello Stato, proprio per il suo ruolo di garante della Costituzione. In questo caso, invece, siamo di fronte ad un imperativo che dal Parlamento si indirizza al Presidente della Repubblica, che è obbligato - non ha più la facoltà - ad eseguire un mandato.

Credo che gli equilibri che hanno caratterizzato sino ad ora la nostra Costituzione in questo modo vengano seriamente compromessi. Ciò è solo l'anticipo di quanto ci aspetta nel prosieguo dell'esame degli articoli 2 e seguenti che tratteremo nelle prossime ore e nei prossimi giorni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Il subemendamento della Commissione al nostro esame è emblematico di tutto il percorso di questa riforma costituzionale.

Si è proceduto, infatti, sulla base di alcune grandi parole simbolo. La Lega ha sbandierato la devolution! Alleanza nazionale ha sbandierato l'interesse nazionale! Ognuno ha detto al paese, in particolare ai propri elettori, quanto fosse importante il concetto da essi portato avanti. Ma, ovviamente, bisognava far ingoiare ad Alleanza nazionale la devolution e alla Lega l'interesse nazionale (dato che sono due concetti contrastanti, che non possono stare insieme). Pertanto, si è cominciato a svuotare, un poco alla volta, i due concetti: si è cominciato a togliere un pezzo di qua e un pezzo di là alla devolution e alla fine questa è scomparsa, anche se poi avete detto lo stesso che avete approvato la devolution.

Analogamente si è fatto per l'interesse nazionale. Si è creato dapprima un procedimento di un certo tipo. Peraltro, si è detto che noi avevamo fatto scomparire l'interesse nazionale, quando invece ci eravamo limitati ad utilizzare una terminologia un po' più moderna, rispetto a quella del 1948, che penso sarebbe dovuta piacere alla Lega (perché non vedo come possa piacerle la terminologia «interesse nazionale»!); ad ogni modo, Alleanza nazionale, che è sempre un po' nostalgica, voleva questo vecchio termine ed allora lo si è ripescato. Poi ci si è resi conto, ancora una volta, che l'intervento, così come era stato previsto, era devastante ed allora adesso, con il procedimento che ci proponete, si sta cercando di lasciare il nome simbolo, ma di vanificarne gli effetti.

Si è previsto un procedimento talmente complesso e talmente rilevante dal punto di vista politico che ognuno di voi pensa in cuor suo che non lo applicherà mai nessuno (in particolare credo lo pensi la Lega!). Si è previsto, addirittura, che si debbano riunire le Camere in seduta comune per valutare se una legge regionale violi o meno l'interesse nazionale. Francamente, ci sembra un procedimento talmente complesso e rilevante sul piano politico che probabilmente non sarà mai attuato. O comunque - fatto ancor più grave -, qualora venisse attuato tale procedimento, il contrasto che si verrebbe a creare tra Stato e regione sarebbe di una tale rilevanza politica da essere certamente devastante per gli equilibri costituzionali.

Allora, delle due l'una: questa norma così assurda che avete concepito o non la si applicherà mai oppure il giorno in cui la si dovrà applicare essa avrà un effetto devastante sugli equilibri dello Stato, o meglio della Repubblica. E tutto ciò perché dovete gestire un equilibrio politico momentaneo di questa maggioranza! Ma riflettete, colleghi: si può cambiare la Costituzione sulla base di un così modesto obiettivo? Per reggere un momentaneo equilibrio politico, introduciamo concetti che possono essere gravi per l'equilibrio della Repubblica e per la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni! Tutto ciò quando già esiste una Corte costituzionale e quando già c'è un procedimento come quello previsto dall'articolo 120.

Inoltre, qual è il concetto di interesse nazionale? Chi decide se una norma regionale viola l'interesse nazionale oppure no? Noi, quando abbiamo parlato di interesse della Repubblica, abbiamo specificato quali sono i casi in cui si viola l'interesse della Repubblica. La casistica prevista dall'articolo 120 - sulla quale possiamo essere d'accordo oppure no - descrive infatti con precisione qual è l'interesse della Repubblica. Voi avete invece introdotto un concetto vago, che nessuno sa qual è, laddove il rischio può essere che lo determini una maggioranza di Governo (ovviamente, usandolo contro una regione che probabilmente sarà retta da una maggioranza politica diversa!). Quindi, avete introdotto non una chiusura del sistema, a difesa dell'unitarietà dell'ordinamento, bensì uno strumento di ricatto da parte di una maggioranza nazionale nei confronti di una diversa maggioranza regionale.

Questo è sbagliato. Ricordatevi che, fortunatamente, non governerete sempre voi e, pertanto, la Costituzione non si può cambiare sulla base di tale presupposto. Le modifiche alla Costituzione dovrebbero essere approvate con il fine di garantire l'equilibrio delle funzioni tra i vari enti della Repubblica, ma il principio dell'interesse nazionale da voi richiamato è vecchio.

Non è che noi non vogliamo difendere l'unità dell'ordinamento, al contrario del gruppo di Alleanza nazionale; il problema è che tale gruppo richiama un concetto giuridico di cinquant'anni fa. Noi, invece, ci siamo modernizzati e abbiamo cercato di ragionare nel terzo millennio.

Oggi, purtroppo, stiamo tornando indietro di cinquant'anni (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cristaldi. Ne ha facoltà.

NICOLÒ CRISTALDI. Signor Presidente, ogni emendamento viene utilizzato dall'opposizione per sostenere tesi contrarie a quelle della maggioranza: qualunque sia l'argomento trattato, qualunque sia la posizione della maggioranza o del Governo, l'importante è sostenere il contrario.

Oggi, in particolare, veniamo accusati, attraverso la difesa da parte della maggioranza del principio dell'interesse nazionale, di togliere autonomia alle regioni, di ledere i poteri delle stesse e, addirittura, di prevedere un grande deterrente per l'attuazione pratica del sistema federale italiano. Questo è l'esatto contrario di ciò che l'opposizione sosteneva ieri, quando, affermando il contrario di ciò che diceva il centrodestra, accusava la maggioranza di voler spezzettare l'Italia.

Sono due accuse contraddittorie. Vogliamo spezzettare l'Italia o limitare le autonomie? Se dobbiamo affinare le nostre posizioni e contrastare le vostre tesi, diteci, per favore, quale è l'accusa di cui siamo destinatari, perché non si può, a seconda dell'umore o dell'emendamento in esame, sostenere una tesi che deve convincervi del contrario della vostra stessa convinzione.

Vorrei adesso fare riferimento ad alcune affermazioni che sono state espresse in quest'aula, ad esempio a quella cordialissima dell'onorevole Mascia, che apprezzo come deputato (conosco il suo interesse particolare profuso in I Commissione): l'onorevole Mascia afferma che l'interesse nazionale è un'invenzione politica del gruppo di Alleanza nazionale, in particolare di Gianfranco Fini.

Non è affatto un'invenzione politica. L'interesse nazionale è un principio dell'ordinamento del nostro paese, richiamato da vari statuti regionali e, anche molto recentemente, oggetto specifico di analisi da parte della Corte costituzionale che, eliminando ogni equivoco, ha definito cosa si intenda per interesse nazionale. La verità è che si tratta di una parte fondamentale della riforma costituzionale che stiamo operando ed è con orgoglio che Alleanza nazionale rivendica tutte le azioni che sono state portate avanti in tal senso. Inserire nella Costituzione principi che garantiscano l'interesse nazionale significa garantire l'unità della Repubblica, e non si tratta di mera invenzione della politica.

Del resto, non si può nemmeno sostenere che, attraverso l'affermazione del principio dell'interesse nazionale, vengano lese le possibilità per chiunque di chiedere il pronunciamento della Corte costituzionale su qualunque provvedimento che si ritiene leda l'interesse di un cittadino, di una città, di una provincia o di una regione. Le prerogative garantiscono gli individui e le comunità, cosicché è possibile, attraverso strumenti diversi, adire la Corte costituzionale ai fini di un suo pronunciamento.

Il principio di tutela dell'interesse nazionale non deve comunque rispondere alla semplice domanda, posta, con dignità e grande cordialità, dall'onorevole Leoni. Non siamo di fronte ad un tema che deve immediatamente attuarsi. È un principio di garanzia. Inserire nella Costituzione il principio di interesse nazionale è una garanzia anche rispetto a cose che non possono essere toccate con mano nell'immediato.

Vorrei proporvi un esempio. Onorevole Leoni, cosa accadrebbe se ad una regione dovesse venire in mente di vietare, attraverso un suo provvedimento, l'attraversamento del proprio territorio da parte di un gasdotto proveniente da chissà dove?

Cosa accade, invece, quando l'attraversamento di quel gasdotto serve all'interesse nazionale, dunque all'intero popolo italiano, a tutte le imprese d'Italia per fornire energia? Lei, onorevole Leoni, ritiene che questo sia già inserito negli altri articoli della Costituzione? Sinceramente, ho qualche dubbio che quanto previsto nella Costituzione risponda pienamente anche a tale principio.

Allora, poiché non produce effetti pratici immediati, ma si tratta di una norma di garanzia, il principio dell'interesse nazionale dà dignità alla Carta costituzionale, assicura l'unità della Repubblica. Lo dice una persona, onorevoli colleghi, che ha avuto anche la possibilità di dotare, attraverso una legge regionale che porta la mia prima firma, la regione siciliana di una bandiera, costituita dai colori della Sicilia con in alto a sinistra il tricolore d'Italia. E, poiché lo statuto siciliano è lo statuto regionale più all'avanguardia del nostro paese e forse dell'intera Europa, al pari di quello della Catalogna, non vi è dubbio che abbiamo voluto dimostrare, anche in quel caso, che autonomia, unità nazionale e interesse nazionale, quando vengono posti sul piano della correttezza e della leggibilità assoluta, producono sicuramente risultati positivi (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, vorrei cogliere questa occasione per rispondere ai colleghi Cristaldi e Carrara.

Innanzitutto, non è vero che negli statuti speciali c'è ancora l'interesse nazionale in quanto, a seguito della clausola di favore contenuta nell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, questo limite alla competenza esclusiva delle province autonome e delle regioni a statuto speciale è stato implicitamente abrogato.

Inoltre, per quanto riguarda la Corte costituzionale, non è affatto vero che tale Corte ha spiegato la portata dell'interesse nazionale ma, anzi, nella sentenza da me citata nel precedente intervento, ha aspramente criticato questo criterio da utilizzare nel decidere il riparto delle competenze statali e regionali. La Corte costituzionale ha detto testualmente che, nel nuovo Titolo V - si riferiva al 2001 -, l'equazione elementare interesse nazionale uguale a competenza statale nella prassi legislativa previgente sorreggeva l'erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative. Dunque, emerge un'aspra critica a tale concetto che adesso si vuole reintrodurre.

Tornando al subemendamento in esame, devo prendere atto del fatto che tale proposta emendativa è sicuramente migliorativa del testo proposto dalla Commissione, in quanto aumenta le garanzie procedurali per le regioni. In questo senso, non ce la sentiamo di esprimere un voto contrario su tale subemendamento.

Vorrei anche sottolineare che le possibilità di applicare l'articolo 127 saranno assai scarse, in quanto tale articolo potrà essere applicato solo quando una legge regionale sia conforme alla Costituzione, agli obblighi internazionali e comunitari, e rispetti i limiti essenziali dei diritti civili e sociali nonché il principio di sussidiarietà. Inoltre, in caso di competenza concorrente, deve sussistere il rispetto dei principi fondamentali delle leggi dello Stato. Se così non fosse, il Governo deve impugnare questa legge di fronte alla Corte costituzionale; se invece la legge regionale rispetta tutti questi criteri, allora solo in questo caso sarà possibile richiamarsi all'interesse nazionale e investire il Parlamento.

Negli ultimi 60 anni il Governo ha sempre scelto la strada dell'impugnazione davanti alla Corte costituzionale, in quanto la procedura di investire il Parlamento è risultata troppo macchinosa e rappresenta un caso limite, che non credo potrà mai verificarsi. Riteniamo, quindi, l'articolo 127 una «tigre di carta» e null'altro. Auspichiamo, pertanto, che non venga mai applicato.

Per tali motivi, annuncio l'astensione del gruppo Misto-Minoranze linguistiche sul subemendamento 0.39.200.6 della Commissione, in quanto esso migliora le garanzie procedurali. Tuttavia, manteniamo la nostra contrarietà allo strumento in sé, e pertanto ci asterremo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, vorrei ringraziare l'onorevole Cristaldi perché ha inteso rispondere al quesito da me posto, facendo un esempio di come si possa applicare la clausola dell'interesse nazionale in fattispecie non previste dall'articolo 120.

Tuttavia, il suo esempio non mi ha convinto affatto, in quanto nel caso da lui citato - il gasdotto che passa sul territorio della regione - si può invocare, non dico l'incolumità e la sicurezza pubblica, ma almeno il criterio dell'unità giuridica ed economica della nazione. Quindi, siamo punto e daccapo ed esiste ancora una confusione che non ci aiuta a capire perché l'articolo 120, così come è stato formulato, non basta. Secondo noi, invece, basta ed avanza, unito anche alla possibilità - che rimane - di ricorrere alla Corte costituzionale.

Vorrei, inoltre, aggiungere che l'intervento dell'onorevole Zeller - che ha dichiarato il suo consenso in quanto il nuovo testo rappresenta un passo in avanti - rende chiaro il concetto, peraltro da noi non condiviso, espresso dall'onorevole Maroni. Si tratta cioè di una bandiera da agitare, mediante però una procedura che la scolorisce. Non credo, infatti, che si userà davvero il cannone per sparare ai passerotti, cioè che si riunirà mai il Parlamento in seduta comune per intervenire su una legge regionale. Se dovesse accadere una cosa del genere, ci troveremmo di fronte ad un'enormità.

Il meccanismo originariamente previsto dalla Commissione era ulteriormente farraginoso ed inaccettabile, ma adesso siamo davvero di fronte allo sventolio di una bandierina che, se sventolata davvero, rappresenterebbe un pericolo serio per i rapporti interni alla Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.39.200.6 della Commissione, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 443

Votanti 436

Astenuti 7

Maggioranza 219

Hanno votato 257

Hanno votato no 179).

Prendo atto che l'onorevole Zanella ha espresso voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.

Avverto che il subemendamento Leoni 0.39.200.5 risulta precluso.

Passiamo alla votazione degli identici subemendamenti Briguglio 0.39.200.1 e Mascia 0.39.200.4.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, il mio subemendamento 0.39.200.4 cerca di ripristinare il ruolo di garante dell'equilibrio tra i poteri dello Stato proprio del Presidente della Repubblica. Quindi, si chiede la sostituzione della parola «emana» con le parole «può emanare», proprio per non ridurre il ruolo del Presidente della Repubblica a quello di mero notaio di quanto operato dalle regioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colasio. Ne ha facoltà.

ANDREA COLASIO. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere il subemendamento Mascia 0.39.200.4, che è attenuativo, e colgo l'occasione per rivolgermi ai colleghi della Lega: è importante quello che si scrive nella Costituzione...

DONATO BRUNO, Relatore. È precluso!

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, se vi sono informazioni da comunicare all'Assemblea...

ANDREA COLASIO. Vi è una interlocuzione molto franca...

PRESIDENTE. Nel linguaggio diplomatico, una interlocuzione franca sono quasi schiaffi! Prego, onorevole Colasio.

ANDREA COLASIO. Sono abbastanza sconcertato, lo dico con chiarezza. In una Carta costituzionale è importante quello che si dice, anche implicitamente.

Nella seduta di ieri avete ricevuto una grande lezione di federalismo meridionalista dall'onorevole Boccia. So che ciò può non piacervi, poiché ritenete di avere il monopolio della cultura federalista: per la fortuna di questo paese, non è così. Giustino Fortunato, Dorso, Ulloa, Peres in Sicilia, Lussu in Sardegna hanno fatto sì che il nostro paese avesse una cultura federalista diffusa.

Ebbene, con l'articolo in esame state infrangendo un principio fondamentale della cultura federalista, e si tratta del compromesso di Philadelphia, non del compromesso di Lorenzago! In virtù del principio di Philadelphia, la sovranità non appartiene in modo esclusivo allo Stato, in termini monopolistici: i costituenti degli Stati Uniti hanno rotto a Philadelphia il monopolio della sovranità.

Onorevoli colleghi della Lega, ciò che state scrivendo cancella secoli di storia. Ne siate o meno consapevoli, ciò che state scrivendo contrasta con la migliore cultura federalista americana e con la migliore cultura federalista, anche meridionalista, del nostro paese.

In via del tutto incidentale, intendo rivolgere un'osservazione all'onorevole Cè. Se vi è qualcosa che contrasta con un'esplicita, forte e coerente cultura autonomista, è la categoria spuria - sottolineo spuria - dell'interesse nazionale. Coloro, fra cui numerosi colleghi, che hanno svolto a lungo il ruolo di amministratori locali o regionali sanno come questa categoria spuria e i cui limiti non sono definiti sia stata strumentalmente e surrettiziamente utilizzata dallo Stato centrale per impedire alle regioni l'esercizio del potere legislativo, vale a dire della forma compiuta della loro sovranità.

Onorevoli colleghi, state affermando che non esiste una sovranità eguale e che esiste una sovranità asimmetrica. È evidente che il Parlamento in seduta comune non si riunirà mai, perché se ciò dovesse accadere, come è stato ricordato, si verrebbe a delineare nel nostro sistema politico una situazione deflagrante. È stata proposta quanto meno l'introduzione di alcuni contrappesi, prevedendo ad esempio maggioranze qualificate, ma non avete accettato neppure tali proposte, che avrebbero definito un percorso di maggiore garanzia.

Con l'articolo in esame, state cancellando gli elementi forti della cultura federalista: esso non ha nulla a che vedere con una coerente cultura federalista. In questo Parlamento ho ascoltato troppe persone pronte ad iscriversi all'associazione combattenti e reduci del federalismo. Spiace dirlo, ma con questo articolo - altro che devolution! - state disegnando il de profundis del federalismo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi rivolgo all'onorevole Briguglio e all'onorevole Mascia, primi firmatari degli identici subemendamenti in esame: in essi si fa riferimento a un testo precedente. Mi permetto pertanto di invitare i medesimi a ritirarli (mantenendo, in subordine, il parere contrario), attesa la presentazione dell'emendamento Elio Vito 39.200.

Infatti, mi sembra che in questo caso l'attribuzione al Presidente della Repubblica del potere, e non dell'obbligo, di emanare ciò che ha stabilito la Camera potrebbe stridere. Quindi, invito i presentatori degli identici subemendamenti Briguglio 0.39.200.1 e Mascia 0.39.200.4 a ritirarli.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non intendano ritirare gli identici subemendamenti Briguglio 0.39.200.1 e Mascia 0.39.200.4.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici subemendamenti Briguglio 0.39.200.1 e Mascia 0.39.200.4, non accettati dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 438

Votanti 436

Astenuti 2

Maggioranza 219

Hanno votato 184

Hanno votato no 252).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 39.200.

Avverto che, a seguito dell'eventuale approvazione dell'emendamento Elio Vito 39.200, integralmente sostitutivo dell'articolo 39, risulteranno preclusi gli ulteriori emendamenti riferiti a tale articolo e non si procederà alla votazione dell'articolo 39 medesimo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, ci rendiamo conto che questo emendamento presentato dalla maggioranza rappresenta un punto di sutura molto delicato tra opinioni divergenti - o apparentemente divergenti - esistenti, in particolare, tra la Lega e il gruppo di Alleanza nazionale.

Ho ascoltato diverse argomentazioni da parte non del primo gruppo, che su tale questione è silente ma, soprattutto, dei colleghi di Alleanza nazionale e, in particolare, dell'onorevole Gastaldi, al quale intendo rivolgermi.

La nostra assoluta contrarietà a questo emendamento si può riassumere, sostanzialmente, attraverso l'uso di due argomentazioni strettamente collegate tra loro. Anzitutto, voglio parlare del concetto di interesse nazionale, il compromesso che favorisce Alleanza nazionale. Qualunque giurista che si volesse spogliare per un attimo della propria caratterizzazione politica - salvo riprenderla subito dopo - non potrebbe non convenire con me che questo termine non è sufficientemente definito nel complesso del dettato costituzionale. Se ci trovassimo di fronte ad un sistema matematico - ad esempio, al principio matematico di Russell - diremmo che questa formula è «indecidibile», espressione ancora più precisa.

In effetti, il termine «Nazione» compare nel dettato costituzionale - quello vero e non quello che stiamo brutalizzando -, stabilito dai costituenti del 1948, solamente all'articolo 9, secondo comma, in cui si fa riferimento alla tutela del paesaggio e al patrimonio artistico e storico della Nazione, con la «n» sempre e comunque maiuscola. In questo caso si vuole descrivere un insieme di territorio, di storia, di cultura, di comune sentire, di memoria: infatti, ci riferiamo al paesaggio e al patrimonio storico. Il termine in questione ritorna poi all'articolo 11 (quello chiave) - questa volta, giustamente, al plurale - dove si fa riferimento alle Nazioni. In questo caso il concetto è, addirittura, internazionale poiché deriva dalla Società delle nazioni e dalla appena costituita Organizzazione delle Nazioni Unite. In seguito il termine non compare più, se non nel vecchio testo della Costituzione, quello ante 2001.

Onorevole Gastaldi, il gruppo di Rifondazione comunista, che è stato contro i novellatori del 2001 e, a maggior ragione, è contro i novellatori del 2004, può impostare il suo ragionamento sul testo della Costituzione precedente a queste due disastrose modifiche, la prima già avvenuta, la seconda in fase di perversa attuazione.

Il termine «interesse nazionale» è evidentemente collegato ad un giudizio politico; in questo senso, contrariamente a quanto hanno detto tutti gli altri colleghi - mettiamoci d'accordo sulla semantica - il termine «nazionale» non è astratto, a meno che per termine astratto non intendiamo un senso comune, quindi scientificamente sbagliato. Se fosse astratto, sarebbe una cosa buona, nel senso di una legge tra le cui caratteristiche vi è quella di essere astratta e generale per poter essere definita tale; al contrario, è assolutamente concreto e contingente perché è politico.

Infatti, il vecchio e saggio - ahimè! - articolo 127 ante 2001 e, quindi, ante 2004 stabiliva che il Governo della Repubblica, quando ritenga una legge approvata dal Consiglio regionale eccedente la competenza della regione o contrastante con gli interessi nazionali - posti al plurale - o con quelli di altre regioni, la rinvia al consiglio regionale nel termine fissato per l'apposizione del visto. Se il consiglio insiste, due sono le strade, diceva il saggio legislatore di allora: o si individua un contrasto sul principio costituzionale e, allora, è la Corte costituzionale, un ente terzo, che interviene per dirimere la questione, o il contrasto non è costituzionale ma solo di merito, e a questo punto sono le Camere - come saggiamente ha detto il collega Soda - che hanno dato fiducia al Parlamento, a dover discutere la questione.

In ogni caso, vi è un'entità terza che interviene; quindi, non una maggioranza politica, che è comunque precostituita, vuoi nella prima versione farraginosa dell'emendamento Elio Vito 39.200, vuoi nella versione subemendata. In questo caso è come chiedere ad un ente che solleva il problema di risolverlo esso stesso.

Voglio fare un esempio - e concludo - per chiarire meglio il concetto di interesse nazionale: per me, ad esempio, è interesse nazionale che l'Alitalia rimanga una compagnia di bandiera, mentre evidentemente per la maggioranza questo non rappresenta un interesse nazionale. Dunque, dipende esclusivamente da una valutazione di politica economica, che è necessariamente contingente e transitoria e che riguarda i rapporti tra le classi e i punti di vista politici.

Evidentemente, non può stare nella Costituzione...

PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, lei ha superato di molto il tempo a sua disposizione.

ALFONSO GIANNI. Concludo, signor Presidente.

Noi mischiamo quella che è la forma, il perimetro, la casa comune, cioè la forma repubblicana, una e indivisibile, con il colore politico dei vari governi e facciamo un pasticcio meritevole di essere abrogato da futuro referendum (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor presidente, anche noi interveniamo per dichiarare il nostro voto contrario a questo emendamento, che è il nucleo del nuovo articolo 127 della Costituzione e, in qualche modo, la causa della mostruosità dell'articolo che uscirà se fosse approvato questo emendamento, come tutto fa pensare che possa accadere.

Anch'io vorrei invitare i colleghi distratti a paragonare - come ha fatto poco fa l'onorevole Alfonso Gianni - il nuovo testo dell'articolo 127 con il testo vigente dell'articolo 127 della Costituzione, che è un testo assolutamente «pulito», che definisce le competenze, la separazione dei poteri, il rispetto delle autonomie locali e il rispetto della sovranità delle regioni, come sottolineato poco fa dal collega Colasio. Mi rivolgo, in particolare, ai colleghi della Lega.

Siamo di fronte ad una sovranità asimmetrica, ad una disparità di sovranità, quindi, alla smentita del principio che pretendete di difendere e che il centrosinistra introdusse con la modifica dell'articolo 117, con la definizione della Repubblica, ribadita anche in questa sede. In base all'articolo 117, vi è il riconoscimento delle comunità originarie, tra cui abbiamo incluso anche le regioni.

Ma l'articolo 127 che uscirà dalle vostre proposte di modifica conferma ex post ulteriormente le ragioni esposte nelle questioni pregiudiziali di costituzionalità che abbiamo sollevato. Infatti, abbiamo constatato che, nel complesso della riforma, vengono violati alcuni principi fondamentali, tra cui il riconoscimento delle autonomie originarie, ex articolo 5 ed ex articolo 117, e la separazione dei poteri.

Signor ministro, rappresentanti del Governo, presidente Bruno, colleghi della maggioranza, assegnare ad un Governo (che è un potere costituito del tutto legittimo, ma è un potere politico assolutamente parziale, perché espressione di una maggioranza definita) eletto in regime di sistema elettorale maggioritario, come l'attuale, quindi accompagnato, nell'esercizio della sua funzione, da una maggioranza parlamentare che non corrisponde esattamente alla rappresentazione della volontà politica del paese, come avveniva con il sistema proporzionale, ma è una maggioranza che si occupa della governabilità ed è, quindi, rafforzata, alterata nella sua espressione numerica, assegnare ad un Governo così formato - dicevo - e ad una maggioranza corrispondente, che conferma la parzialità di questa espressione politica, il potere discrezionale di definire che cosa è e che cosa non è l'interesse nazionale (è questo il nodo), ci sembra un'enormità che collide con i principi supremi della nostra Carta costituzionale! E per quanto riguarda il rimedio che si ipotizza, sia pure non esplicitamente, ossia la possibilità assegnata alle regioni di reagire con ricorso alla Corte costituzionale contro il provvedimento di annullamento delle leggi, se il ricorso delle regioni fosse ammesso - e sarà ammesso -, già il giudizio di ammissibilità comporta l'espressione da parte della Corte di una valutazione politica, di un potere politico. Stiamo giurisdizionalizzando tutta la nostra procedura di conformità costituzionale ed involontariamente stiamo assegnando alla Corte costituzionale, in questa fattispecie, un potere politico che la Costituzione stessa non gli assegna, perché alla Corte deve essere richiesto un parere di conformità costituzionale.

Ma allora, presidente Bruno, colleghi della maggioranza, perché siete arrivati all'aberrazione di questo emendamento, all'aberrazione di questo articolo 39? Perché avete compiuto questa scelta? Io mi do una risposta: è la conseguenza della cosiddetta devolution.

PRESIDENTE. Onorevole Castagnetti...

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Siccome avete voluto assegnare poteri esclusivi alle regioni in materie che non sono divisibili, perché rappresentano esse stesse l'unità della Repubblica, avete ritenuto necessario prevedere un rimedio di questo genere. Ma il rimedio è immensamente più grave dell'errore che è a monte, cui volete rimediare.

Vorrei concludere, signor Presidente, svolgendo un'ultima osservazione. È vero che il potere discrezionale del Governo è formalmente bilanciato da un potere del Parlamento che però è costituito, come ho appena detto, ma la conseguenza di tutto ciò - è stato già affermato dal collega Marone - è l'impraticabilità di questa procedura. Marone sostiene che la Lega sta zitta perché tutto quello che si prevede nell'articolo 39 è impraticabile! Credo che l'onorevole Marone abbia in merito qualche informazione. Un collega della Lega, seduto al banco del Comitato dei nove, sta assentendo. C'è finzione, ipocrisia.

Siamo di fronte all'ipocrisia di una maggioranza che modifica la Costituzione introducendo una normativa che è impraticabile, e la maggioranza sa che sarà impraticabile e per questa ragione sta unita.

Non si era mai verificato un caso nel quale si dà valenza normativa - e per di più in sede costituzionale - alla ipocrisia politica, che è la ragione che tiene unita la maggioranza in questo processo.

Ciò è di una gravità enorme, straordinaria, e per questo ci costringete ad un atteggiamento che non può che essere radicalmente contrario (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, il collega Cristaldi prima chiedeva a noi se, secondo il nostro parere, questa riforma divide e spacca il paese o è una riforma centralistica.

Io ribadisco quello che hanno detto gli altri colleghi del centrosinistra, e cioè che la devolution contiene in sé una minaccia grave di divisione del paese, tanto che noi abbiamo presentato un emendamento, che non è stato accolto, che introduceva un concetto di tutela più corrispondente ad uno Stato federale e alla fisionomia della Repubblica che abbiamo disegnato con il nuovo articolo 114 votato nel 2001. In altre parole, per sventare un pericolo di divisione del paese, che riteniamo esista, abbiamo proposto il criterio dell'interesse generale della Repubblica e della tutela dei suoi valori fondamentali, affidando alla legge dello Stato questo compito.

Ora, voi fate invece un'altra scelta, che è grave innanzitutto per una ragione. Come tutti sanno, affinché sia efficace ed applicabile, una norma deve essere prevedibile nella sua applicazione. Il fatto che, a conclusione di questo dibattito, l'interesse nazionale risulti ancora un oggetto misterioso rende questa norma assolutamente imprevedibile nella sua applicazione e, quindi, lascia un varco enorme all'arbitrio politico.

Ho ascoltato prima un collega della maggioranza, di quelli non solo autorevoli ma che se ne intendono, rispondere ai nostri quesiti dicendo che l'obiettivo sarebbe quello di salvaguardare - è testuale - l'interesse di un corpo elettorale che vota un Governo, richiamando l'obiettivo dell'unità dell'indirizzo politico.

Se è così, significa che la maggioranza, non contenta degli strumenti coercitivi verso il Parlamento, dei quali discuteremo nei prossimi giorni a proposito di forma di Governo, ha l'obiettivo di mantenere una unità di indirizzo politico anche di fronte al potere legislativo delle regioni, le quali non sono chiamate a rispondere di fronte all'indirizzo politico di una maggioranza e di un Governo.

Torniamo a dire che, se si volevano evitare i danni prevedibili della devolution, andava introdotto un altro criterio (quello che prima ho richiamato); volendo, potrebbe bastare (anzi, avanza, altro che se avanza!) l'articolo 120, come è stato formulato. Invece, con questa clausola, come abbiamo già detto, si introducono tre strumenti su presupposti assolutamente sovrapponibili - ricorso alla Corte, clausola di sostituzione e clausola dell'interesse nazionale -, che possono essere usati tutti e tre per «sparare» contro le regioni e contro l'autonomia legislativa.

La cosa migliore che si poteva fare - cari colleghi di Alleanza nazionale, ma non avete avuto la forza per farlo (se volevate), e cari colleghi dell'UDC - era non fare la devolution e, quindi, non doversi preoccupare poi di rimediare malamente al pericolo che evidentemente anche voi avete voluto avvertire.

GIAMPIERO D'ALIA. L'avremmo fatta lo stesso!

CARLO LEONI. Voi avete poi immaginato - e concludo, signor Presidente - due procedure. La prima versione, che ritengo assolutamente barocca ed inaccettabile, prevedeva una Commissione mista paritetica, incaricata di deliberare in via definitiva su tale aspetto, con il Presidente della Repubblica che, a quel punto, non può far altro che emanare quanto stabilito dalla predetta Commissione. Ricordo, al riguardo, che vi avevamo già detto in tutte le salse che un sistema del genere non sarebbe stato in piedi, ma fino a luglio ci avete spiegato che si trattava, invece, del frutto di un grande filosofia giuridica; adesso lo avete capito, e finalmente lo avete tolto di mezzo!

Tuttavia ora, colleghi di Alleanza nazionale, si propone una procedura difficilmente applicabile, come onestamente sapete anche voi.

PRESIDENTE. Onorevole Leoni, concluda!

CARLO LEONI. Infatti, si tratta di sparare con il cannone contro i fringuelli, poiché si tratta di riunire il Parlamento in seduta comune per deliberare contro una legge adottata da una regione!

Questo compromesso politico, tuttavia - e vorrei precisare che, personalmente, ho un'idea nobile del compromesso politico in sé -, produrrà un danno. La Lega Nord, infatti, potrà sostenere di aver portato a casa la devolution, anche se la tutela della salute è stata nuovamente ricondotta tra le materie di competenza statale, mentre Alleanza nazionale potrà affermare di aver portato a casa il principio costituzionale dell'interesse nazionale, anche se la procedura per la sua effettiva tutela sarà inapplicabile!

Il risultato di tutto ciò sarà un sistema che non potrà funzionare! Vi sarà un paese senza guida istituzionale, e dunque destinato a frantumarsi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, prometto di essere breve. Il gruppo di Alleanza nazionale è stato più volte accusato di «portare a casa» la tutela dell'interesse nazionale. Mi sembra un'osservazione scarsamente politica, e perfino ingenerosa, poiché Alleanza nazionale non c'era quando entrò in vigore la Costituzione del 1947...

MAURA COSSUTTA. Lo sappiamo!

NUCCIO CARRARA. ... che conteneva espressamente, agli articoli 117 e 127, il richiamo all'interesse nazionale.

In ordine alla comprensione del termine, la dice lunga il fatto che i padri costituenti abbiano inserito nella nostra Carta l'espressione «interesse nazionale». Tutti all'epoca, ovviamente, capivano cosa fosse l'interesse nazionale, ma non è colpa nostra se adesso si è smarrito, soprattutto tra di voi - anzi, solo tra di voi! -, il senso e il significato di tali parole.

Vorrei ricordare che l'espressione «interesse nazionale» è stata soppressa dalla nostra Costituzione proprio nel 2001, quando, invece, avremmo avuto maggiormente bisogno di mantenerla. La Costituzione del 1947, infatti, prevedeva un assetto «regionale»: in altri termini, lo Stato ricopriva sempre un ruolo di garante. Eppure, nonostante ciò, con riferimento alle materie devolute alle regioni, si richiamava l'interesse nazionale, poiché le regioni non potevano adottare norme con esso contrastanti. Orbene, vorrei sottolineare che, proprio nel momento in cui l'autonomia regionale è diventata più spinta e più forte, vale a dire quando sono stati attribuiti maggiori poteri alle autonomie periferiche locali, avremmo avuto maggiormente bisogno di mantenere il «faro» dell'interesse nazionale, ma è scomparso!

La Corte costituzionale ha tentato, in qualche caso, di porvi rimedio, quando alcune delle leggi da noi approvate sono state messe in discussione da alcune regioni, prevalentemente da quelle governate dalla sinistra, ed ha espresso più volte il sottile rammarico di non poter invocare l'interesse nazionale. Tale sottile rammarico è stato espresso dalla Consulta in almeno tre sentenze, che intendo citare a beneficio di coloro che volessero prendersi la briga di consultarle: la sentenza n. 303 del 2003, in ordine ad infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici; la sentenza n. 307 del 2003, in ordine alla legge che recava disposizioni in materia di asili nido; infine, la sentenza n. 16 del 2004, concernente la legge finanziaria per il 2002, che istituiva un fondo per la riqualificazione urbana dei comuni.

Vorrei sottolineare, pertanto, che per tre volte il Parlamento ha legiferato con l'intento di tutelare l'interesse nazionale, ma per ben tre volte la Corte costituzionale ha sostenuto che non poteva invocare tale principio.

Ciò significa che la Corte sa cosa sia l'interesse nazionale. La Corte afferma che avrebbe potuto utilizzare tale categoria, tale espressione, ma essa non vi è più. Vi sono, inoltre, ragioni di sistema e di equilibrio tra i poteri delle regioni. Se, infatti, si scorrono gli statuti delle regioni speciali - tralasciando di citare ancora la regione Alto Adige, che oggi è diventata anche Südtirol; se fosse rimasta Alto Adige forse nessuno avrebbe capito di che si parlava! - quali, ad esempio, quello della Sardegna, si nota che essi riportano sempre la stessa clausola secondo cui la regione ha potestà legislativa «in armonia con la Costituzione e nel rispetto degli interessi nazionali». Identica dicitura è contenuta nello statuto della regione Friuli-Venezia Giulia. La regione Valle d'Aosta, che oggi è diventata anche Vallée d'Aoste - perché, forse, non avremmo altrimenti capito di che parlavamo! -, dice, nel suo statuto, «in armonia con la Costituzione e con gli interessi nazionali».

Le regioni a statuto speciale, dunque, contengono tutte, nei loro statuti, il riferimento all'interesse nazionale. Perché tale principio elementare e facilmente comprensibile non deve anche valere per le regioni a statuto ordinario?

Ultima considerazione: la nazione, onorevole Bressa, non è una «carcassa», una forma: è l'anima della Repubblica. Non possiamo immaginare uno Stato privo di un'anima; abbiamo tutti la necessità di sentirci italiani e non c'è bisogno di spiegare cosa significhi ciò. Noi vogliamo, dunque, dare un'anima alla nostra costituzione...

GIANCLAUDIO BRESSA. Magari, nera...!

ALFONSO GIANNI. Sarà un corpo, non un'anima!

NUCCIO CARRARA. ... con un riferimento esplicito ai valori della nazione (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, intervengo brevemente, stimolato da alcuni interventi dell'opposizione che hanno affrontato il tema della coerenza con il principio federale dell'articolo che stiamo esaminando, in particolare della proposta della Commissione e della maggioranza.

Credo che su questo aspetto, quando si è parlato di falso federalismo come risultato dell'approvazione di quest'emendamento, sia sta detta una sostanziale falsità. Non si sta, infatti, creando assolutamente un ordinamento a sovranità asimmetrica. Si sta creando un federalismo la cui legittimazione si basa sulla solidarietà e sul concetto forte che o si entra in Europa e si vive meglio nel mondo o vi saranno problemi per tutti.

Credo che uno dei meriti di questa proposta della maggioranza sia sottolineare la previsione che la lesione dell'interesse nazionale sarà un evento eccezionale. Vi è, quindi, sotto certi aspetti, una visione ottimistica del modo con cui le regioni realizzeranno la propria attività legislativa. Leggo tale stima di eccezionalità nel fatto che è il Parlamento, riunito in seduta comune, a deliberare su tale problema di lesione dell'interesse nazionale. Il Parlamento in seduta comune è, di per sé, un fatto eccezionale: è sottoposto allo scrutinio dell'opinione pubblica e non credo che le forze politiche potrebbero abusare di tale possibilità teorica.

Credo anche che il problema della definizione dell'interesse nazionale sia, in questo momento, largamente difficile da definirsi. Ogni anno si presentano problemi nuovi e le fattispecie concrete in cui si può manifestare tale lesione sono difficili da prevedere: basti pensare, ad esempio, al nuovo problema che si pone con l'attuale conflitto tra culture diverse che spesso degenera tragicamente in atti terroristici e di violenza.

Ritengo che i problemi che ci pone l'attuale contesto internazionale, i cambiamenti che scaturiscono dall'avanzamento tecnologico siano così numerosi che è difficile riuscire a gestirli.

Credo anche che questo apprezzamento non possa essere delegato alla Corte costituzionale. Una Corte per definizione interpreta codici e norme scritte, mentre in questo caso dobbiamo anche attenderci un qualcosa di diverso e di nuovo. Tra l'altro, credo che questa, come norma di chiusura, possa diventare utile nel caso in cui emerga una materia del tutto nuova (e lo ricordo soltanto per esigenze retoriche), che rientra necessariamente nelle competenze delle regioni. In tale caso, questa norma permette il recupero, la correzione e il ritorno delle competenze al Parlamento nazionale. È anche un'attestazione di fiducia del Parlamento nazionale: proprio nel momento in cui creiamo il federalismo, abbiamo il dovere di manifestare tutta la fiducia verso questa Camera e anche verso l'altra Camera che andiamo a riformare (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

GIOVANNI RUSSO SPENA. Presidente...

PRESIDENTE. Onorevole Russo Spena, lei consentirà che l'emendamento venga posto in votazione, visto che non si può separare la dichiarazione di voto dal voto. Al suo buon cuore...

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 39.200, nel testo subemendato, interamente sostitutivo dell'articolo 39, accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 415

Votanti 412

Astenuti 3

Maggioranza 207

Hanno votato 248

Hanno votato no 164).

Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.

 

Sull'ordine dei lavori (ore 13,25).

 

MARCELLO PACINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, il mio intervento sarà brevissimo. È accaduto un incidente effettivamente spiacevole, nel senso che un errore tipografico ha alterato il senso di una mia proposta emendativa esaminata nei giorni scorsi: mi riferisco al mio subemendamento 0.34.200.38. Desidero, quindi, che venga messa agli atti l'esistenza di questo errore tipografico. Infatti, il testo del subemendamento pubblicato riportava l'espressione: «ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi». Questa dizione era sbagliata, perché in realtà il mio subemendamento avrebbe dovuto recare le parole: «ricerca scientifica e tecnologica a sostegno all'innovazione per i settori produttivi». La differenza fra la congiunzione «e» e la proposizione «a» ha alterato il senso del subemendamento. Desidero che questa precisazione rimanga agli atti.

PRESIDENTE. È platonico, visto che il subemendamento era stato respinto... Tuttavia, ne prendo atto ai fini della correttezza degli atti.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, vorrei anche che risultasse che non sono stato io a sbagliare.

PRESIDENTE. Sta bene. Il suo intervento è già agli atti dell'Assemblea.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ho ritenuto più opportuno prendere la parola (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...

ROBERTO GIACHETTI. Come dicevo, ho ritenuto opportuno prendere la parola a fine seduta e non nel momento in cui lei, signor Presidente, ha risposto al mio richiamo al regolamento, peraltro, legittimando con le sue parole, in qualche modo, l'intervento dell'ex presidente di gruppo di Alleanza nazionale. Intervengo al termine della seduta, affinché ciò che dico perlomeno rimanga agli atti. Credo che sarebbe utile - e lo dico a me stesso - che ciascuno di noi, prima di rispondere all'altro, ascoltasse bene ciò che quest'ultimo dice, in modo che la risposta assuma un contorno più appropriato.

Capisco la difficoltà di gestire il lavoro in determinati momenti, ma forse questo è un suggerimento che sarebbe utile rivolgere, oltre che a noi stessi, anche a chi svolge un determinato ruolo e le consiglia determinate risposte. Il richiamo al regolamento è l'unica occasione che la vita democratica della Camera fornisce a ciascun deputato per rimarcare al Presidente la necessità di attenersi alle regole e a quanto disposto dal regolamento. Non vi è un'altra sede e un'altra opportunità per ciascuno di noi, se non il richiamo al regolamento, per chiedere al Presidente di svolgere nel modo più adeguato un ruolo dettato dalle nostre norme.

Io mi sono semplicemente permesso di svolgere un richiamo al regolamento con riferimento all'articolo 8, dedicato alle funzioni del Presidente. Ritengo infatti che, nel momento in cui un collega, di qualunque parte politica, interviene (nella fattispecie mi riferisco al presidente Bruno, che sarebbe dovuto intervenire per replicare nel merito degli interventi) confutando il fatto che un altro collega, nella fattispecie l'onorevole Castagnetti, abbia o meno parlato in relazione ad un richiamo al regolamento o sull'ordine dei lavori, ciò rappresenti un argomento del quale non si deve certo occupare il presidente della Commissione, ancorché relatore. Ricordo - certamente i funzionari lo sanno bene - che il nostro regolamento prevede la disciplina delle funzioni del presidente della Commissione, al quale certamente non spetta, in un intervento che non sia per un richiamo al regolamento (perché a tale titolo tutti possiamo intervenire per richiamare la Presidenza all'applicazione del regolamento), di sostituirsi alla Presidenza stessa nello stigmatizzare se un collega stia parlando in modo appropriato rispetto al regolamento. Ritengo anzi che, proprio applicando il regolamento, il Presidente, che ha una funzione super partes, dovrebbe richiamare il collega invitandolo a parlare sul merito e non per richiamo al regolamento, perché è il Presidente il garante del regolamento.

Mi sembra che fosse proprio lei a presiedere allorquando formulai una richiesta affinché fosse ripreso un collega che pronunciava parole sconvenienti: in quella occasione lei ebbe modo di replicare che non riteneva ingiuriose le parole del collega Tabacci, nel momento in cui questi affermava che vi fosse ostruzionismo da parte dell'opposizione. Anche in questo caso mi limito a dirle con grande umiltà, sperando che sia utile ad un miglior chiarimento delle regole che presiedono lo svolgimento dei lavori di questa Assemblea, che se il regolamento parla di parole sconvenienti, non tratta invece di parole ingiuriose. Non mi sfugge quanto sia delicata per la Presidenza la valutazione circa la convenienza o meno di un termine rispetto allo svolgimento del dibattito in quest'aula. Sicuramente è un concetto diverso dalle ingiurie. Pertanto, penso che, quando si è in presenza di un regime di contingentamento dei tempi che di per sé nega la possibilità di fare ostruzionismo e qualcuno afferma che l'opposizione sta facendo ostruzionismo, ciò potrebbe essere apprezzato dal Presidente nei termini di una parola sconveniente in quanto non rispondente alla realtà. Ritengo che la Presidenza, in determinate occasioni - naturalmente è una mia umile valutazione -, dovrebbe riflettere maggiormente sulle norme del nostro regolamento.

Mi rivolgo a lei perché mi ha fatto intendere che mi sarei potuto risparmiare un richiamo al regolamento, parafrasando le parole del collega La Russa e concludendo come egli ha concluso il suo intervento: ritengo di non aver fatto altro che esercitare strettamente la facoltà prevista dal regolamento di chiedere che la Presidenza faccia rispettare il regolamento medesimo.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, sono un seguace dei teorici dei limiti del poteri. Quando si fa applicare un regolamento, si esercita un potere: tuttavia, ho l'impressione che nelle sue richieste esista una pretesa quasi censoria nei riguardi di tutte le espressioni che vengono pronunciate. Per esempio, ho fatto osservare al collega che ha parlato di ostruzionismo che non può darsi ostruzionismo nel caso in cui i tempi siano contingentati; tuttavia, non posso espellerlo dall'aula perché «ostruzionismo» è una parola ingiuriosa o sconveniente, in quanto esiste una certa libertà di dibattito in quest'aula. Infatti, il Presidente non può mettersi con la frusta in mano ad obiettare su qualunque parola quando non sia manifestamente ingiuriosa, sconveniente o tale da provocare un intralcio nei lavori dell'Assemblea. Le pare che vi siano stati intralci nei lavori dell'Assemblea nella seduta di questa mattina? A me sembra di no, anzi è stato garantito il buon andamento dei lavori. Quando è stato detto qualcosa di non esatto, è stato corretto dal Presidente ma, al di là di questo, mi sembrerebbe di invadere il campo di una dialettica parlamentare che non può essere tenuta con il pugno di ferro di chi a turno presiede questa Assemblea.

Quindi, lei invoca l'applicazione di tale articolo; io, invece, invoco da parte sua un principio di tolleranza che appartiene alle Costituzioni democratiche di tutti i paesi. Francamente, non mi sentirei di esercitare il ruolo attribuito alla Presidenza applicando il regolamento così come lei oggi mi chiede. Penso di averlo applicato; naturalmente, sta alle sue libere considerazioni ritenere il contrario.

GIUSEPPE GIULIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, intervengo per segnalare una questione che vorrei, attraverso la Presidenza, venisse sottoposta al Governo. In queste ore c'è, giustamente, un clima di grande gioia perché quattro persone, tra cui due ragazze italiane, sono state restituite alle loro famiglie. Tuttavia, vorrei segnalarle una lettera di Sandro Baldoni, a mio avviso angosciosa ed angosciante, apparsa oggi sul quotidiano la Repubblica. Credo che, proprio quando si festeggia, si debba ricordare che non tutte le vicende si sono concluse nello stesso modo. Sandro Baldoni, ricordando la vicenda del fratello, solleva, per l'ennesima volta, alcuni pesanti interrogativi sulle modalità con cui è stata seguita quella vicenda, su quello che accadde effettivamente in quelle ore, sul ruolo di persone che oggi tornano - come è legittimo - ad apparire ed a parlare, sui rapporti con la Croce rossa, su circostanze che sono già state poste in altre situazioni.

Penso sarebbe sbagliato chiudere occhi ed orecchie su tutto in queste ore, sarebbe un'interpretazione singolare di una vicenda così delicata. Senza attivare interpellanze ed interrogazioni - se necessario lo faremo - sarebbe opportuno che il Governo rispondesse in quest'aula anche a tali interrogativi in termini urgenti o, quanto meno, rispondesse anche a questa famiglia che credo abbia diritto a manifestare il proprio pensiero ed i dubbi che sono nelle menti di molti. Non vorrei che tutto ciò venisse rimosso.

Mi sembrava opportuno segnalare tale questione per verificare quali siano gli interventi possibili in tale direzione.

PRESIDENTE. Onorevole Giulietti, naturalmente la Presidenza trasmetterà al Governo la sua richiesta; le ricordo, tuttavia, che esistono anche gli strumenti del sindacato ispettivo, che impegnano il Governo, si spera rapidamente...

GIUSEPPE GIULIETTI. Mi auguro che non servano!

PRESIDENTE. Volevo solo dirle che sarebbe comunque possibile ricorrere agli strumenti del sindacato ispettivo nel caso non vi fosse un pronto accoglimento della sua richiesta verbale.

 

Sospendo la seduta fino alle 15,30.

 

La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 15,30.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

PUBLIO FIORI

 

Si riprende la discussione.

 

(Ripresa esame dell'articolo 39 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 39 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).

Avverto che sono stati ritirati dai rispettivi presentatori gli identici articoli aggiuntivi Fioroni 32.01 e Osvaldo Napoli 32.02, accantonati in altra seduta, nonché il subemendamento Perrotta 0.39.0200.1.

Ricordo che questa mattina è stato votato, da ultimo, l'emendamento Elio Vito 39.200.

Passiamo alla votazione degli identici articoli aggiuntivi Fioroni 39.011 e Osvaldo Napoli 39.012.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, invito i colleghi Fioroni e Osvaldo Napoli a ritirare gli articoli aggiuntivi in esame; diversamente, la Commissione confermerebbe il parere contrario. Al riguardo, rilevo che la preoccupazione prospettata dai proponenti è già stata recepita, perlomeno nello spirito, nelle proposte emendative esaminate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, con riferimento agli articoli aggiuntivi in esame, vorrei far osservare che con essi viene posta una questione di non poco conto, sulla quale bisogna riconoscere a tutti i membri del Comitato dei nove di avere svolto un'approfondita riflessione. Infatti, non ci siamo accostati al problema con le lenti dell'ideologia o comunque di parte (politica). La questione che si vuole porre con tali proposte emendative è quella di consentire ai comuni di adire direttamente la Corte costituzionale. Di fronte a tale questione, non si può essere pregiudizialmente contro e fare finta che non si tratti di un problema autentico. Quindi, in linea di principio, la Commissione ha convenuto che bisognasse dare ai comuni la possibilità di adire la Corte costituzionale.

In Italia, però, i comuni sono, se non vado errato, circa 8.200, e, legittimamente, hanno il diritto di ricorrere alla Corte costituzionale, qualora fossero lese le loro prerogative da parte dello Stato e delle regioni. Si tratta, però, di un numero altissimo ed è prevedibile che, se passasse il principio del ricorso immediato e diretto presso la Corte costituzionale, la stessa si vedrebbe sommersa da un elevato contenzioso.

Occorre rilevare che già oggi la Corte deve affrontare un numero di questioni come mai era capitato nella storia repubblicana. Il contenzioso costituzionale è aumentato a dismisura e ha già superato il livello di guardia. Se si consentisse anche ai comuni di adire la Corte in via diretta e immediata, tale contenzioso rischierebbe di bloccare la sua stessa attività.

È stata, pertanto, individuata una soluzione che fa salvo il diritto dei comuni di rivolgersi alla Corte costituzionale, coniugandolo con la necessità di non aggravare la Corte di ulteriori (il numero è incalcolabile in questo momento, ma è sicuramente enorme) contenziosi. In particolare, si è proposta una soluzione contenuta nella legge La Loggia; si sono posti dei filtri, in modo da consentire alla Corte stessa di non vedersi sommersa da una mole aggiuntiva, eventuale e probabile di ricorsi da parte dei comuni.

Riteniamo che la Commissione sia giunta ad un risultato equilibrato e di buon senso; pregherei, pertanto, i colleghi di valutare il testo della Commissione, senza adottare un atteggiamento di chiusura e aprioristico nei confronti del lavoro svolto, a cui la Commissione stessa si è dedicata con passione e con molta attenzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marino. Ne ha facoltà.

MAURO MARIA MARINO. Signor Presidente, raccolgo l'invito dell'onorevole Carrara a discutere in maniera franca e senza pregiudizi. Ci tengo però a sottolineare che le posizioni da lui espresse sono esattamente quelle avanzate dai presidenti delle regioni.

Con tale proposta di modifica, ci troviamo di fronte ad una questione: vogliamo dare un taglio veramente federale che prescinda da un centralismo di tipo regionalista e, quindi, concedere uno spazio ai comuni ed alle altre autonomie locali, oppure pensiamo di dover agire diversamente? La formulazione della proposta emendativa si discosta da quella del Governo perché non solleva il problema del «filtro».

Ci terrei a ricordare (si tende a dimenticarlo) che, già attualmente, la legge n. 131 del 2003, chiamata volgarmente legge La Loggia, consente il ricorso contro le leggi dello Stato da parte dei consigli delle autonomie locali. A parte il fatto che è stato istituito un solo consiglio delle autonomie locali (da parte della regione Toscana), sulla base di una previgente norma regionale e non in attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione, chiederei al collega se conosce il numero di ricorsi che, finora, sono stati presentati, usufruendo del meccanismo previsto dalla legge La Loggia. Uno (non so se siano due, ma a me ne risulta uno solo)! I comuni sono 8.103 e le regioni sono 20; si tratta di un elemento che finisce per mortificare di fatto il riconoscimento di uno status costituzionale dei comuni e ciò mi sembra si ponga in contrasto con la Costituzione attualmente vigente.

Con la riforma del Titolo V della Costituzione lo status costituzionale degli enti locali è cambiato: si agisce in un regime di pari dignità, è saltato il meccanismo rigido di gerarchia delle fonti e, con l'automatica abrogazione del vecchio articolo 128 della Costituzione, vi è stato a livello costituzionale un riconoscimento diretto dello status degli enti locali.

Se questa autonomia deve poter essere effettiva, innanzitutto mi chiedo le ragioni di questo filtro e, soprattutto, visto che sul piano delle garanzie oggettivamente resta sempre aperto il problema di un maggior raccordo dell'organo di garanzia costituzionale con le nuove funzioni delle regioni e delle autonomie locali - soprattutto con riferimento all'effettività delle attribuzioni costituzionali di comuni, province e città metropolitane -, mi sembra indispensabile prevedere espressamente nella Costituzione la possibilità di accesso al giudice costituzionale da parte degli enti locali. Tra l'altro, trovo assolutamente riduttiva l'argomentazione secondo la quale l'elevato numero degli enti locali, proprio della tradizione italiana, possa divenire un elemento di ingombro per lo svolgimento dei lavori della Corte costituzionale.

D'altra parte, non ci troviamo di fronte ad una novità assoluta, in quanto un meccanismo di questo tipo è già presente sia negli ordinamenti della Germania sia in quelli della Spagna. Quindi, mi preme riaffermare la bontà di questa proposta emendativa, sottolineando la forte differenziazione rispetto al testo proposto dal Governo che, introducendo il filtro del consiglio delle autonomie locali, finirebbe di fatto per mortificare quel nuovo status che gli enti locali hanno raggiunto all'interno della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, mi permetto di insistere nell'invito al ritiro degli articoli aggiuntivi in esame, in quanto la Commissione ha predisposto un subemendamento che conferisce agli enti locali la facoltà di ricorrere alla Corte costituzionale nel caso in cui leggi dello Stato o delle regioni invadessero le proprie competenze. In tale subemendamento non solo si enuncia il principio, ma si utilizza lo stesso sistema e lo stesso criterio previsto dall'articolo 137 della Costituzione per i ricorsi ordinari, affidando ad una legge costituzionale le condizioni, le forme e i termini per la proponibilità del ricorso.

Tale proposta emendativa è il frutto del lavoro svolto in sede di Comitato dei nove e ha quali presupposti: il riconoscimento della parità del ruolo delle autonomie locali, così come configurato dall'articolo 114 e il riconoscimento dell'autonomia normativa delle autonomie locali, così come ulteriormente precisato all'articolo 118 della Costituzione, nel testo da noi modificato. Ciò avviene senza introdurre ulteriori filtri come nella formulazione originaria, cioè attraverso una valutazione di non manifesta infondatezza da parte del consiglio delle autonomie locali e seguendo la stessa procedura che la Carta costituzionale ha previsto all'articolo 137 della Costituzione per i ricorsi di fronte alla Corte costituzionale da parte dello Stato e delle regioni rispetto ai propri atti legislativi.

Credo che tale soluzione sia la più coerente sotto il profilo costituzionale e assolutamente innovativa, in quanto riconosce ai comuni, alle province e alle città metropolitane la dignità costituzionale enunciata con l'articolo 114. Inoltre, consente, tramite una legge costituzionale, la definizione di procedure, facendo in modo che i giudizi innanzi alla Corte non siano in numero tale da intasare il lavoro della Corte stessa, perché sottoposti ad una verifica preliminare di ammissibilità introdotta proprio da legge costituzionale.

Sono stati fatti, quindi, grossi passi in avanti in questo senso; peraltro il gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro aveva proposto di introdurre la facoltà del ricorso anche per le autonomie locali, proprio come norma coerente con i princìpi di cui all'articolo 114. Ritengo pertanto che siano superate tutte le obiezioni e mi permetto di insistere con i presentatori affinché ritirino gli articoli aggiuntivi in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, per la verità comprendo il senso della proposta emendativa ed anche le sue finalità, ma la soluzione da essa prospettata mi sembra impropria. È infatti giusto che il comune, la provincia (organo peraltro in cui non credo) o la città metropolitana (organo, invece, difficile da costituire) possano promuovere la questione innanzi alla Corte costituzionale, qualora ritengano che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o della regione leda le proprie competenze.

È facile però ipotizzare che, qualora si verificasse tale circostanza, la Corte costituzionale, a fronte degli oltre 8 mila comuni, sarebbe letteralmente ingolfata dall'eccessivo incremento dei ricorsi. Possiamo immaginare, quindi, cosa potrebbe succedere, qualora fossero approvati gli identici articoli aggiuntivi in oggetto? Vogliamo forse scordarci che la gran parte degli oltre 8 mila comuni non dispone neppure di un ufficio legale? Quali strafalcioni arriveranno mai innanzi alla Corte? I poveri giudici della Corte sarebbero letteralmente subissati da ricorsi che nel 99 per cento dei casi non sarebbero dovuti sussistere a causa della mancanza di requisiti giuridici. Se dovessimo approvare questi articoli aggiuntivi, la Corte costituzione dovrebbe disporre di centinaia di giudici. Mi sembra una questione talmente illogica, magari corretta nella sua impostazione teorica, ma impossibile da applicare in pratica.

Comunque, ci siamo posti il problema e credo che sia stata trovata anche una soluzione idonea. Infatti, è stato presentato l'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0200 proprio per risolvere tale questione. Esso recita: «Ciascun Comune, Provincia o Città metropolitana, qualora ritenga che una legge o un atto avente forza di legge dello Stato o della regione leda le proprie competenze costituzionalmente attribuite, promuove dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale (...)». Occorrerebbe però anche aggiungere che una legge costituzionale è chiamata a disciplinare le modalità di ricorso. Il problema, infatti, è quello di stabilire tali modalità, aspetto che non possiamo risolvere in questa sede e che quindi siamo costretti a demandare alla Corte costituzionale. Infatti, non possiamo impadronirci di poteri propri della Corte e dobbiamo lasciarle la possibilità di disciplinare le modalità di ricorso. Si tratta di un aspetto che non possiamo determinare in questa sede, in quanto esula dalle nostre competenze.

È giusto che sia la Corte stessa a disciplinare le modalità per il ricorso innanzi ad essa. È infatti la Corte ad avere migliore consapevolezza di quali siano le modalità e le prerogative con le quali i comuni, le province e le città metropolitane possono ricorrere. Non mi sembra invece logico lasciare la situazione allo stato attuale, come proposto dall'onorevole Napoli, perché questo significherebbe intasare completamente la Corte costituzionale, senza risolvere nulla. Si avrebbero migliaia di ricorsi in assenza di decorrenza dei termini e in presenza, anzi, di un vuoto legislativo.

Nel frattempo, se la materia non viene disciplinata, le leggi restano in vigore. Se ciò dovesse accadere, ci troveremmo di fronte, da un lato, a un ricorso alla Corte costituzionale e, dall'altro, a una legge operante, sulla quale la Corte non è in grado di pronunciarsi per mancanza di tempo: si tratterebbe, dunque, di un duplice gravissimo problema (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, le argomentazioni dell'onorevole Perrotta ci hanno convinto e pertanto annuncio il ritiro dell'articolo aggiuntivo Fioroni 39.011, di cui sono cofirmatario.

PRESIDENTE. Prendo atto che è stato altresì ritirato l'articolo aggiuntivo Osvaldo Napoli 39.012.

Passiamo pertanto alla votazione del subemendamento 0.39.0200.25 della Commissione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, gli articoli aggiuntivi che sono stati poc'anzi ritirati ponevano un problema al quale risponde il subemendamento in esame, vale a dire l'esigenza che anche i comuni, le province e le città metropolitane possano promuovere dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale.

Si tratta di un tema che non soltanto è stato posto dagli stessi enti locali (tale circostanza, in questa sede, può non essere particolarmente rilevante) ma sul quale anche il Parlamento si è impegnato da molto tempo. Ricordo infatti che si tratta di un tema discusso, nella scorsa legislatura, nella Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, e sul quale si registrò una convergenza ampia e generale delle forze parlamentari. Nel momento in cui affrontiamo la riforma della Parte II della Costituzione ed entriamo nel merito dell'organizzazione dei poteri interni alla Repubblica e dei rapporti fra Stato ed autonomie (non condividiamo, come è noto, la disciplina complessiva che viene proposta), non può non essere nuovamente preso in considerazione un tema sul quale in questo Parlamento si era già registrata una convergenza.

Facciamo nostra la preoccupazione che la Corte costituzionale possa, a seguito di tale opportunità che viene data alle autonomie locali, trovarsi sommersa da un carico di lavoro difficilmente affrontabile. Su questo aspetto è stata condotta una riflessione nel Comitato dei nove. A nostro avviso, l'ultimo periodo del subemendamento in esame può contribuire a risolvere tale questione, rimettendo a una legge costituzionale il compito di disciplinare le condizioni di proponibilità del ricorso alla Corte costituzionale da parte degli enti locali. Riteniamo si tratti di una soluzione equilibrata, che risponde sia all'esigenza principale, prevedendo l'attribuzione di tale possibilità ai comuni, alle province e alle città metropolitane, sia alla preoccupazione, che non va considerata con leggerezza, relativa al carico di lavoro della Corte costituzionale. Il rinvio a una legge costituzionale per quanto riguarda la disciplina delle condizioni di proponibilità del ricorso costituisce una soluzione equilibrata, che condividiamo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per risparmiare tempo. Vorrei anzi segnalare a lei e alla Presidenza che da ora in avanti interverrò sempre a titolo personale, salvo che non segnali esplicitamente il contrario. Sarò quindi brevissimo.

Condivido ciò che ha detto il collega Carlo Leoni che mi ha preceduto e vorrei sottolineare il fatto che noi riteniamo importante che, sulla base del nuovo articolo 114, primo comma - che individua i soggetti costitutivi della Repubblica nei comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato - si preveda la possibilità di ricorso alla Corte costituzionale per questioni di legittimità anche da parte degli enti locali che non hanno potere legislativo. Dall'altra parte, è evidente a tutti che dobbiamo evitare di sovraccaricare la Corte costituzionale di ricorsi, di inflazionare questi ricorsi e di impedire di fatto un corretto ed equilibrato funzionamento della stessa Corte.

Riteniamo quindi corretta - abbiamo peraltro partecipato a questa elaborazione - la proposta contenuta nel subemendamento della Commissione secondo cui, una volta stabilito in Costituzione questo diritto, analogamente a quanto previsto dal primo comma dell'articolo 137 della Costituzione vigente, si rinvii ad una legge costituzionale per disciplinare le condizioni e quindi le forme e i limiti del ricorso. Pertanto, voteremo a favore del subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Perché a titolo personale?

PRESIDENTE. Perché per il suo gruppo è già intervenuto l'onorevole Marino.

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo scusa, Presidente, non lo sapevo. Allora sarò breve. È del tutto evidente che questo subemendamento della Commissione in qualche modo va a dare sostanza all'articolo 114...

Mi scusi, Presidente, mi sembrava che l'onorevole Marino fosse intervenuto sull'articolo aggiuntivo ritirato poc'anzi. Comunque non importa, sarò breve lo stesso.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Bressa, ha ragione lei, prego.

GIANCLAUDIO BRESSA. Come dicevo, è del tutto evidente che il subemendamento presentato dalla Commissione dà ancora maggiore forza e sostanza all'articolo 114 modificato con la riforma del Titolo V. Non mi stancherò mai di ripetere che quell'articolo è il punto di partenza della dimensione federale che vogliamo dare alla nostra Repubblica, è il patto tra enti che sono equiordinati tra di loro: comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato.

Se comuni, province e città metropolitane sono i soggetti che contraggono il patto, il foedus, è del tutto evidente che a questi soggetti deve essere riconosciuta la possibilità di tutelare i propri diritti davanti alla Corte. La formulazione che la Commissione ha elaborato, riprendendo una previsione già contenuta nella nostra Costituzione all'articolo 137 - «una legge costituzionale stabilisce le condizioni» - credo sia la soluzione migliore e più adatta per evitare l'unico rischio che questo tipo di riconoscimento a comuni, province e città metropolitane poteva portare con sé, cioè quello di un sovraccarico di lavoro per la Corte costituzionale.

Credo si tratti di una soluzione equilibrata e per questa ragione voteremo a favore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.39.0200.25 della Commissione, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

RENZO INNOCENTI. Presidente, ci sono un po' troppi doppi voti!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 323

Votanti 318

Astenuti 5

Maggioranza 160

Hanno votato 315

Hanno votato no 3).

Prendo atto che gli onorevoli Fanfani, Cicala e Lucchese non sono riusciti a votare e che gli onorevoli Lucchese e Fanfani avrebbero voluto esprimere un voto favorevole.

Avverto che, a seguito dell'approvazione del subemendamento 0.39.0200.25 della Commissione, il subemendamento Mascia 0.39.0200.2 risulta precluso.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0200, nel testo subemendato, accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 384

Votanti 264

Astenuti 120

Maggioranza 133

Hanno votato 255

Hanno votato no 9).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Fanfani non è riuscito a votare.

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.39.0201.25 della Commissione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, intervengo solo per illustrare il problema che pone il subemendamento in oggetto anche rispetto alla successiva proposta emendativa che vede come primo firmatario l'onorevole Elio Vito. Non è una questione da poco, poiché la proposta emendativa presentata dall'onorevole Elio Vito, che riscrive il coordinamento interistituzionale da parte del Senato federale della Repubblica, ipotizza che la disciplina delle forme e delle modalità del coordinamento per garantire rapporti di reciproca informazione e collaborazione tra senatori e rappresentanti degli enti locali - enti di cui all'articolo 114 - (quella funzione cioè che dovrebbe ulteriormente confermare il Senato quale luogo di raccordo con i territori) sarebbe affidata unicamente al regolamento del Senato.

La nostra richiesta è che sia la legge dello Stato a disciplinare quel rapporto in relazione all'articolo 70, terzo comma, quindi al procedimento bicamerale ivi previsto. Infatti, la relazione che il Senato dovrebbe istituire con quei territori dovrebbe essere informata non semplicemente a decisioni regolamentari o ad una disciplina interna al Senato, ma ad una legge che garantisca i principi generali, un rapporto di coordinamento e una garanzia di reciproca informazione e collaborazione tra i senatori e i rappresentanti degli enti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, continuando il ragionamento svolto poco fa dal collega Maran, vorrei prendere atto pubblicamente del fatto che il subemendamento della Commissione che stiamo discutendo recepisce la nostra richiesta di cui egli parlava giustamente. È la legge dello Stato, approvata ai sensi - se così sarà - dell'articolo 70, terzo comma, a promuovere il coordinamento tra il Senato federale e i soggetti facenti capo al sistema delle autonomie regionali e locali.

Il regolamento del Senato, invece, disciplinerà i rapporti di reciproca informazione e collaborazione tra i senatori e i rappresentanti degli enti che abbiamo citato.

Riformulata in questo modo questa proposta emendativa recepisce il nostro precedente subemendamento, Quindi, quando si dice: «fatte salve le competenze amministrative delle conferenze di cui all'articolo 118», ovviamente noi riteniamo che le conferenze abbiano competenze amministrative - poiché si tratta di conferenze tra esecutivi (esecutivo statale ed esecutivi regionali e degli enti locali) -, ma al tempo stesso esercitino, come di fatto già avviene, un potere consultivo sulle proposte di legge di iniziativa governativa, su cui poi, ovviamente, è sovrano il Parlamento.

Con questa precisazione, annuncio il nostro voto favorevole sul subemendamento in esame, che abbiamo contribuito ad elaborare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intendo esprimere una contrarietà di principio rispetto all'ipotesi di costituzionalizzazione dei regolamenti parlamentari; tale questione peraltro verrà affrontata anche quando esamineremo gli articoli successivi.

Dunque noi partiamo da una mancata condivisione delle ipotesi formulate dalla maggioranza.

È stato sottolineato dai colleghi come questo subemendamento recepisca, invece, una proposta di modifica dei colleghi del centrosinistra che, più adeguatamente, ipotizzano una regolamentazione, un coordinamento attraverso una legge dello Stato; ciò credo corrisponda ad una logica diversa da quella che ora mi affretterò a denunciare e mi pare che possa più adeguatamente rappresentare l'esigenza che è stata espressa.

Viene recepita l'istanza, ma non si cancella l'aspetto relativo al regolamento: si fa riferimento alla legge dello Stato e poi al regolamento che garantisce i rapporti di reciproca informazione e collaborazione tra i senatori e i rappresentanti degli enti locali.

Il punto politico è che si istituisce un altra forma di consultazione, di informazione, di collaborazione che mette in evidenza la debolezza della proposta del Senato federale.

I colleghi del centrosinistra hanno ipotizzato un modello assolutamente rispettoso, rigoroso anche relativamente alle altre esperienze internazionali; invece, l'ipotesi che incontreremo nel modello proposto dalla maggioranza non corrisponde per nulla alla dichiarata volontà di stabilire una relazione stretta tra il cosiddetto Senato federale ed i territori.

Ciò è dimostrato esattamente dalla necessità di «inventarsi» non solo delle prerogative, delle caratteristiche per poter diventare senatori (la residenza, l'elezione precedente in qualche istituzione territoriale) ma, a seguito di ciò, dalla necessità di stabilire ulteriori modalità di raccordo, di informazione per poter giustificare l'idea che si voglia rappresentare i territori nel Senato federale, e, invece, l'assoluta inadeguatezza, incongruenza di questo elemento con la realtà concreta che si andrà a determinare; quindi, si deve ricorrere per questa via ad altre modalità e ad altre forme di coordinamento.

Noi proponiamo un modello tutto diverso che risolve alla radice il problema della rappresentanza territoriale o dell'istanza territoriale presente nel Senato, da noi denominato Senato delle regioni, attraverso una proposta di elezione di secondo livello nell'ambito delle stesse regioni all'interno delle quali, naturalmente, gli eletti possono essere scelti tra cittadini comuni, sindaci o rappresentanti degli enti locali.

Si tratta di raccordo naturalmente stretto e immediatamente rappresentativo dei territori, rigoroso, serio che risponde, anche questo, ad esperienze diverse e che in questo caso non avrebbe alcun bisogno di «inventarsi» altre modalità per poter determinare quei luoghi di confronto, di composizione che si rendono necessari alla luce di una Costituzione così riformata, anche recentemente, che chiede proprio queste nuove istanze.

È per questa ragione che noi non possiamo condividere né la formulazione originaria proposta dal Governo e dalla maggioranza e, neanche, la nuova formulazione presentata dalla Commissione, che prevede una modifica, un correttivo migliorativo, ma che, per quanto ci riguarda, presenta una contraddizione strutturale ed organica proprio rispetto alla nostra idea di Senato federale, anzi di Senato delle regioni, e che nel Senato federale che si va configurando invece non ci sarà.

Per questa ragione il nostro voto sarà con il contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Il subemendamento in esame, che vedrà il nostro voto favorevole, richiama due questioni che è utile sottolineare. La prima è una questione in qualche modo di stile, che svela un retroscena.

L'espressione «Fatte salve le competenze amministrative delle Conferenze di cui all'articolo 118», sembra essere una forma di rassicurazione per i nostri senatori che si sentivano depotenziati di una loro sacrale funzione, ma ingiustamente. Infatti, poiché molte volte in quest'aula è stato dimostrato che il diritto è il rovescio, è giusto che i nostri senatori non abbiano di che affaticarsi in interpretazioni circa il loro futuro! È giusto, dunque, che vi sia stata questa precisazione.

Prevedere che il coordinamento tra il Senato federale della Repubblica, le regioni, le provincie, i comuni, e le città metropolitane sia fatto con legge dello Stato e non con regolamento del Senato, come era nella prima versione, è un fatto importante. Infatti - e lo illustreremo in maniera chiara quando arriveremo al punto -, riteniamo che il Senato che proponete tutto sia meno che un Senato federale. Tuttavia, poiché lo definite federale, era del tutto inopportuno stabilire che il Senato decidesse con il proprio regolamento il livello dei rapporti con le autonomie locali.

È giusto invece che sia la legge dello Stato a farlo, ed è giusto che ciò avvenga in un confronto tra Senato e Camera, per essere coerenti con quanto abbiamo stabilito all'articolo 117, comma 2, dove la legislazione in materia di autonomia locali è demandata alla competenza esclusiva dello Stato. Per questa serie di motivi voteremo a favore del subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.39.0201.25 della Commissione, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 412

Votanti 410

Astenuti 2

Maggioranza 206

Hanno votato 400

Hanno votato no 10).

Prendo atto che gli onorevoli Montecuollo e Potenza non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere un voto favorevole.

Avverto che, a seguito dell'approvazione del subemendamento 0.39.0201.25 della Commissione, risulta assorbito il subemendamento Leoni 0.39.0201.1.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0201, accettato dalla Commissione e dal Governo, nel testo subemendato.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 425

Votanti 264

Astenuti 161

Maggioranza 133

Hanno votato 250

Hanno votato no 14).

Ricordo che l'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0202 è volto ad aggiungere un nuovo articolo nella Costituzione, l'articolo 130, teso a disciplinare l'istituzione delle Autorità indipendenti. La Commissione ha presentato il subemendamento 0.39.0202.25 che modifica l'articolo aggiuntivo in questione nel senso di collocare la nuova disciplina dopo l'articolo 98 della Costituzione. Ricordo, peraltro, che, sulla stessa materia, è stato presentato dall'onorevole Bressa l'articolo aggiuntivo 30.01. La proposta emendativa dell'onorevole Bressa che, a sua volta, collocava la disciplina delle Autorità indipendenti dopo l'articolo 98 della Costituzione, è stata testé ritirata dai presentatori.

Passiamo ai voti

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.39.0202.25 della Commissione, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 418

Votanti 415

Astenuti 3

Maggioranza 208

Hanno votato 404

Hanno votato no 11).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.39.0202.26 della Commissione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, la Commissione ha accolto la nostra proposta di una riformulazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0202, ha accettato di inserire il riferimento alle materie di diritti e libertà garantiti dalla Costituzione e, correttamente, ha mantenuto la previsione che nell'articolo aggiuntivo dell'onorevole Vito era già inserita, riguardante materie di competenza dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma.

Mentre è opportuno fare questo riferimento all'articolo 117, secondo comma, perché ci sono delle materie importanti che possono prevedere la costituzione di authority, è del tutto evidente che è ancora più importante che in materia di diritti di libertà garantiti vi sia un'esplicita previsione in Costituzione, perché proprio la tutela di tali diritti è all'origine dell'introduzione nell'ordinamento delle authority.

È questo un altro passo importante che viene fatto. Si tratta di uno strumento moderno, che ovviamente ai tempi dell'Assemblea costituente non poteva essere nemmeno immaginato, perché non era ancora mai apparso nel panorama delle istituzioni contemporanee, ed è opportuno e giusto che venga debitamente previsto in Costituzione.

La prima volta che si è parlato di questi argomenti lo si è fatto in sede di Commissione bicamerale e l'emendamento che noi abbiamo presentato riproponeva testualmente il testo dell'articolo aggiuntivo.

Credo che sia una prova di maturità quella di addivenire alla decisione di introdurre in Costituzione le autorità di garanzia. È un passo molto importante e credo debba essere giustamente sottolineato in questa occasione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, condivido quanto detto poco fa dal collega Bressa ed aggiungo quindi solo poche parole. Questa materia per la prima volta a livello costituzionale fu discussa in Commissione bicamerale; votammo all'epoca pressoché all'unanimità una proposta di inserimento, dopo l'articolo 98, anche se lì la numerazione era diversa, della previsione di copertura costituzionale dell'Autorità di vigilanza e di garanzia, demandando poi alla legge ordinaria il potere di stabilirne la durata e il mandato, i requisiti di eleggibilità e le condizioni di indipendenza.

Questo è un elemento molto importante ed è altrettanto importante che già nella scorsa legislatura la I Commissione affari costituzionali fece una lunga indagine conoscitiva in questa materia, discutendo sia di una possibile legge quadro ordinaria, ma anche di una copertura costituzionale da inserire in Costituzione. Ciò è tanto più necessario dal momento che la maggioranza - discuteremo tra qualche giorno, dell'argomento - prevede che la nomina dei presidenti delle Autorità di garanzia sia in capo al Presidente della Repubblica; sarebbe paradossale prevedere un potere del Presidente della Repubblica di nomina quando poi in Costituzione queste Autorità di garanzia non fossero previste. Quindi noi riteniamo positivo il subemendamento della Commissione 0.39.0202.26 richiamato poco fa dal collega Bressa e voteremo a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, volevo ringraziare i colleghi del centrosinistra, ma anche i colleghi della maggioranza, perché la proposta che noi abbiamo avanzato di dare copertura costituzionale alle autorità indipendenti ha una logica che certamente è giuridica e nasce dalla circostanza che, come ricordava correttamente il collega Boato, qualsiasi disciplina sulle autorità indipendenti o autorità amministrative di garanzia aveva sempre il limite di non riuscire ad essere perfettamente in sintonia, per le funzioni indispensabili che queste autorità devono svolgere, con la Costituzione. Ma essa ha anche una motivazione di carattere squisitamente politico. Nel momento in cui noi andiamo verso un rafforzamento dell'esecutivo e andiamo quindi verso la necessità di costruire un sistema complessivo di contrappesi, le autorità di garanzia le cui funzioni, come nel testo vediamo, riguardano i diritti di libertà garantiti dalla Costituzione, ma anche le materie in cui lo Stato ha una legislazione esclusiva, diventano uno strumento attraverso il quale si pone un freno ad un eventuale esercizio arbitrario o parzialmente arbitrario dei poteri dell'esecutivo.

Quindi, riteniamo fondamentale l'articolo aggiuntivo in esame, anche per le ragioni sopra esposte. Vorrei ricordare, al riguardo, che in passato abbiamo condotto una battaglia affinché tale materia facesse il suo ingresso nella Costituzione, e dunque siamo lieti di constatare come oggi si registri un consenso unanime, poiché ritengo che abbiamo svolto un ottimo lavoro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, intervengo per esprimere una valutazione positiva in merito all'accoglimento della nostra formulazione, sebbene opportunamente integrata dal riferimento all'articolo 117 della Costituzione, che specifica come l'attività di garanzia e di vigilanza possa essere esercitata anche nella materia dei diritti di libertà garantiti dalla Costituzione. Infatti, la costruzione federale dello Stato, che ci accingiamo a definire con le note difficoltà, ed anche con punti di vista diversi e contrapposizioni che non abbiamo mai taciuto, richiede che si completi un disegno che punti sia alla distribuzione articolata del potere pubblico, sia ad assicurare la possibilità di contrapporre pesi e garanzie ad un uso concentrato del potere pubblico.

Concludo il mio intervento sottolineando come si tratti di una scelta che, oggi, proprio la concentrazione di poteri di cui dispone il Presidente del Consiglio rende quanto mai necessaria.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.39.0202.26 della Commissione, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 413

Votanti 411

Astenuti 2

Maggioranza 206

Hanno votato 403

Hanno votato no 8).

Passiamo al subemendamento Bressa 0.39.0202.1.

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

GIANCLAUDIO BRESSA. Sì, signor Presidente, lo ritiriamo.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0202.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, vorrei osservare che ci troviamo di fronte ad una moltiplicazione delle cosiddette authority. Tale sistema, come è noto, è declinato, ma in modo inesatto, da modelli istituzionali e di organizzazione democratica di tipo anglosassone, nei quali, in sostanza, tali organismi, che tendono ad identificarsi in un'unica persona - indubbiamente, di grande saggezza ed autorevolezza e di buona sapienza giuridica -, sono molto diffusi. Nel nostro sistema giuridico, tuttavia, dove grazie a Dio - lo afferma un ateo - abbiamo ancora un 70 per cento di cittadini che partecipano alle elezioni, e che dunque elegge degli organi, seppur attraverso un meccanismo di democrazia delegata e non diretta, tale pletora di authority non ha ragione di esistere.

Siamo di fronte, in altri termini, ad uno «scimmiottamento» da parte della maggioranza: si tratta, a mio avviso, di una logica alla Eurodisney, ma di una Eurodisney di «serie B». Non si offendano, i colleghi della maggioranza; in fondo, il paragone con Topolino dovrebbe farli felici, perché ricorda il Natale, la famiglia e gli affetti più intimi, e dunque ci può stare. La questione, tuttavia, è che ciò non può stare all'interno di una Costituzione!

Non possiamo moltiplicare le authority, signor Presidente. Non possiamo renderle arbitri del dettato costituzionale, quando vi è un impianto che prevede una Corte costituzionale, che prevede un Presidente della Repubblica, che non è dotato di poteri decisionali, ma di poteri di garanzia, che ha due Camere - io le vorrei ridurre ad una - ed è dotato di una magistratura e, quindi, di una più che sufficiente divisione dei poteri, in base ai principi affermati da Montesquieu.

Non c'è bisogno di una moltiplicazione di authority. Ciò non vuol dire che siamo contrari alle autorità esistenti. Ad esempio, l'autorità sulla privacy è importante, perché tende a governare una situazione nuova derivante da un progresso o, comunque, un'innovazione tecnologica che non poteva essere prevista, né nei suoi tempi né nella sua incidenza, da parte del legislatore. Possiamo prevedere anche altre autorità, ma in modo molto ristretto. Moltiplicarle è una cattiva prova di democrazia, signor Presidente; è la dimostrazione che la democrazia delegata, in ultima analisi, tende a restringersi, affidando la propria fiducia ad un soggetto unico, che può essere anche un organo composto da un presidente più altre persone, ma ciò non cambia la sostanza della questione.

In ogni caso, allontaniamo dal popolo il potere decisionale, allontaniamo dal popolo i poteri di controllo sulle decisioni, e non esiste un potere decisionale effettivamente espresso che sia deprivato del controllo sugli effetti che le decisioni delegate provocano. Ciò è l'ABC della democrazia, lo si confronti con i migliori testi liberali, con i migliori testi della democrazia occidentale cui molti di voi fanno riferimento e non si troveranno né parole né accenti diversi da quelli che ho testé usato.

Questa è la ragione della nostra contrarietà a questo articolo aggiuntivo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0202, nel testo subemendato accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 404

Votanti 362

Astenuti 42

Maggioranza 182

Hanno votato 352

Hanno votato no 10).

Prendo atto che gli onorevoli Bressa e Boato hanno erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto astenersi.

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Olivieri 39.01. Avverto che a tale articolo aggiuntivo hanno aggiunto la propria firma i deputati Boato, Bressa, Collè, Zeller, Brugger, Widmann e Detomas.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, inizialmente sull'articolo aggiuntivo Olivieri 39.01 era stato espresso da parte della Commissione un parere contrario. A ben vedere, con una norma di coordinamento, non abbiamo modificato l'articolo 116 della Costituzione, ed in tale articolo ricorrono le stesse denominazioni che questo articolo aggiuntivo intende ristabilire all'articolo 131, in cui vi è l'elencazione di tutte le regioni italiane sia in lingua italiana sia in lingua locale.

A questo punto, credo, avendo ascoltato il Comitato dei nove, che si possa esprimere un parere favorevole, perciò invito l'Assemblea ad approvare questo articolo aggiuntivo che risponde più ad una esigenza di coordinamento che di sostanza.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione, concordo con il relatore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, intervengo brevemente per dire che ci troviamo di fronte ad un articolo aggiuntivo che, come ha detto il presidente, è, in realtà, una sorta di coordinamento formale del testo.

All'articolo 116, comma 1, vi è la doppia denominazione, in italiano e in tedesco, del Trentino-Alto Adige (Südtirol) e, in italiano e in francese, della Valle d'Aosta (Vallée d'Aoste). Chiedo scusa per essere stato poc'anzi eccessivamente ironico ed anche sarcastico nello stigmatizzare l'uso di diverse lingue nella Costituzione italiana. Va da sé che si sarebbe potuto porre in essere un altro coordinamento del testo, eliminando dall'articolo 116 le espressioni non italiane. Ma ciò ovviamente avrebbe richiesto un diverso tipo di sensibilità.

Per quanto mi riguarda, non mi sento di esprimere un voto del tutto favorevole, perché credo che per tutto il territorio italiano e per tutti i cittadini italiani debba essere sufficiente l'uso della lingua italiana nella Costituzione italiana. Pertanto, lascio al mio gruppo libertà di coscienza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, intervengo solo per dare atto al Governo della modificazione del parere espresso. Si tratta di mutuare la dizione già presente nell'articolo 116 della Costituzione e, pertanto, il parere favorevole del Governo ci rende soddisfatti.

MARCO BOATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, siccome sono anche cofirmatario dell'articolo aggiuntivo Olivieri 39.01, vorrei precisare che, con riferimento all'articolo aggiuntivo in esame, nella parola Südtirol occorre inserire la dieresi o l'umlaut - in tedesco - che dir si voglia.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Olivieri 39.01, accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (vedi votazioni).

(Presenti 401

Votanti 397

Astenuti 4

Maggioranza 199

Hanno votato 333

Hanno votato no 64).

Prendo atto che l'onorevole Volontè non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0203, accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

GIANCLAUDIO BRESSA. Presidente, chiedo di parlare...

PRESIDENTE. Colleghi, se voi non alzate la mano...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 382

Votanti 378

Astenuti 4

Maggioranza 190

Hanno votato 369

Hanno votato no 9).

Chiedo al presidente della I Commissione di fornire indicazioni all'Assemblea in ordine al prosieguo dei lavori.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, stiamo affrontando un tema importante. Ho notato che lei ha indetto la votazione e che il collega Bressa - onestamente - aveva chiesto di intervenire. Probabilmente, non si era prenotato e lascio a lei ogni decisione in proposito. È un problema che riguarda il Presidente della Camera e, certamente, non mi sento di intervenire al riguardo (Commenti). Sto cercando di ricostruire ciò che è accaduto...

PRESIDENTE. Presidente Bruno, le ho chiesto come dobbiamo procedere e, in particolare, se dobbiamo passare all'esame degli articoli aggiuntivi...

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, ho chiesto un'informazione al presidente Bruno. Le darò la parola non appena il Collega Bruno avrà concluso il suo intervento.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, vi sono delle proposte emendative accantonate e, prima di passare all'esame dell'articolo 40, dobbiamo porle in votazione; dopodiché, possiamo porre in votazione l'articolo 38 e, poi, esaminare l'articolo 40. Pertanto, dovremo porre in votazione gli articoli aggiuntivi Carrara 36.05 e Boato 36.04, esaminare l'emendamento Elio Vito 38.200, porre in votazione l'articolo 38 e poi passare all'esame dell'articolo 40.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Bressa, ha facoltà di parlare sull'ordine dei lavori.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, mi scuso perché normalmente segnalo per tempo l'intenzione di parlare, ma capita anche che sia sufficiente alzare la mano. Non ne farei una questione se nel voto che abbiamo espresso non fosse stato clamorosamente commesso uno sbaglio da parte dei miei colleghi; i quali, non avendo ricevuto da noi alcuna indicazione di voto, hanno votato a favore di un articolo aggiuntivo rispetto al quale la nostra posizione è esattamente contraria. Infatti, abbiamo votato un articolo aggiuntivo che istituisce le città metropolitane «sentite le province interessate», mentre la nostra posizione è, da sempre, che ciò avvenga di intesa con le province interessate. Pertanto, agli atti parlamentari compare un voto completamente favorevole su un articolo aggiuntivo che ci vede da sempre schierati su una posizione diversa.

Credo fosse quanto mai opportuno avere la possibilità di fare almeno la dichiarazione di voto. D'altra parte, non sarebbe stata la prima volta - è accaduto anche questa mattina - che, una volta aperta la votazione, questa venisse sospesa. Se si fosse trattato di un argomento irrilevante non avrei insistito. Poiché si tratta di un articolo aggiuntivo importante, le chiedo di rivedere la sua decisione: senza riaprire la discussione ci conceda di ripetere la votazione.

MARCO BOATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, mi rendo conto che lei deve svolgere in questo momento una funzione delicata, quindi le parlo con il massimo rispetto. Siamo in una situazione in cui il collega Bressa ha chiesto - e ad alta voce - la parola mentre lei aveva già aperto, ma non chiuso, la votazione (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Colleghi, cerchiamo di consentire ai colleghi di parlare!

MARCO BOATO. Lo sto dicendo per cercare di evitare problemi all'Assemblea.

Il collega Bressa avrebbe espresso la posizione del centrosinistra. In quel momento, per una disattenzione reciproca, la votazione è stata dichiarata chiusa. Nessuno ha avuto indicazione di voto e vi è stato un voto chiaramente sbagliato nel merito. E stiamo parlando della Costituzione...

STEFANO STEFANI. È giusto fino a tre quarti, perché tu hai dato indicazioni di voto!

MARCO BOATO. Se qualche collega della Lega che non parla mai smettesse di gridare...

Signor Presidente, l'alternativa è questa: tutti noi che abbiamo sbagliato il voto, uno alla volta, potremmo annunciare il nostro errore in modo che se ne prenda atto nel resoconto parlamentare. È un procedimento un po' lungo e macchinoso. A mio avviso, la soluzione migliore - prendendo atto che il malinteso si è verificato in totale buona fede ma non ha permesso a tutta l'opposizione di esprimere legittimamente il proprio voto - sarebbe quella di annullare la votazione. Il presidente della Commissione non si è opposto a tale soluzione ed ha correttamente rimesso a lei, perché è giusto sia così, la decisione.

Il mio suggerimento è questo. L'alternativa è che, uno alla volta, ci alziamo ad annunciare il voto che avremmo voluto esprimere (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

STEFANO STEFANI. Devi imparare a dire la verità, perché nella prima parte avevi ragione!

MARCO BOATO. Io non sono neanche riuscito a votare e sono sempre seduto qui!

RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, anche per il nostro gruppo si pone il problema sollevato da chi mi ha preceduto. È noto che siamo di fronte ad un errore sulla votazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0203. Avremmo voluto dare l'indicazione di voto contrario ed è ovvio che, in qualche modo, dovremo cercare di farlo esprimere. Dunque, o vi è una dichiarazione a nome del gruppo da parte di qualcuno che la motiva, o i singoli parlamentari saranno costretti a dichiarare, uno alla volta, alla Presidenza la loro vera intenzione, perché io non posso, ovviamente, interpretare se un collega ha sbagliato o meno. Signor Presidente, lascio a lei tale valutazione.

Vorrei spiegare che nella votazione precedente è stata necessaria una maggiore attenzione perché vi è stato un cambiamento nel parere espresso dal relatore. Ciò ha comportato una concentrazione da parte di tutti su quell'articolo aggiuntivo.

MARCO BOATO. Un effetto trascinamento!

RENZO INNOCENTI. Poi lei ha proceduto subito alla votazione dell'articolo aggiuntivo in questione, pur con le mani alzate di due colleghi dell'opposizione che chiedevano di parlare per dichiarazione di voto.

Quindi c'è una motivazione legata anche al succedersi degli eventi. Pertanto anche il nostro gruppo le rivolge la richiesta di valutare quale soluzione adottare, tra le due prospettate. Se ce n'è una terza, lei ce lo dirà.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. In base a come si sono svolti i lavori in Commissione, devo confermare che la posizione assunta dai colleghi dell'opposizione corrisponde esattamente a quella espressa dal collega Bressa. Quindi, signor Presidente, pur nell'assoluto rispetto dei lavori dell'Assemblea, credo però che, proprio per l'economia dei nostri lavori, vadano prese in considerazione le richieste avanzate dal collega Bressa e dal relatore, presidente Bruno, affinché tutto possa svolgersi nella più serena e tranquilla prosecuzione dei nostri lavori.

NUCCIO CARRARA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Anche se non spetta a noi dare consigli, vorrei però esprimere la mia posizione concorde con quanto detto dal ministro, anche perché oggettivamente i nostri rapporti devono essere corretti. In effetti, avevo visto anch'io l'onorevole Bressa alzare la mano. Comunque, signor Presidente, valuti lei, ma in effetti i fatti stanno così.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Anch'io, signor Presidente, vorrei chiederle di considerare l'ipotesi dell'annullamento della votazione effettuata. D'altronde, io stesso prima, impropriamente, le avevo chiesto di chiudere la votazione, ma credo che la stessa magnanimità che lei ha usato prima, sia corretto, ancor di più, usarla adesso, dato che tutti sappiamo che su questo tema le posizioni sono state diverse sia in Commissione sia in Assemblea. Sarebbe quindi inutile, ai fini della correttezza dei rapporti fra gli schieramenti, oltre che dispersivo per i lavori, far finta che non sia così.

PRESIDENTE. Colleghi, ascoltati i gruppi ed il Governo, e visto anche che si tratta di una materia costituzionale delicata, dispongo l'annullamento della votazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0203, precisando che tale decisione non costituisce precedente. (Applausi).

Passiamo ai voti.

Indico...

CARLO LEONI. Presidente, vorrei fare la dichiarazione di voto (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

ROBERTO ALBONI. Abbiamo detto senza interruzioni...!

PRESIDENTE. Colleghi, ho disposto l'annullamento della votazione proprio per consentire ai colleghi che lo desiderino di svolgere la loro dichiarazione di voto, non essendovi riusciti prima. Altrimenti è inutile aver disposto, con un procedimento extra ordinem, l'annullamento della votazione!

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Le sarò grato, onorevole, se sarà succinto nello svolgimento del suo intervento. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, in effetti stavo per dirle esattamente questo - anche per tranquillizzare chi impropriamente si innervosisce - soprattutto perché il collega Bressa poco fa ha espresso una posizione nella quale si rispecchia anche il mio gruppo.

Si prevede una disciplina di istituzione delle città metropolitane, che è un obiettivo giusto, ma non si prevede un coinvolgimento, come sarebbe invece necessario, delle altre istituzioni. Penso in particolare alle province, che in questo processo non possono semplicemente essere sentite, ma devono essere coinvolte. Questa è la ragione per la quale anche il mio gruppo, con le considerazioni svolte prima dal collega Bressa, voterà contro questo articolo aggiuntivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, le posizioni mi sembrano chiare: la maggioranza intende favorire e certamente riconoscere l'iniziativa di singole autonomie comunali per costituire una città metropolitana, sentite le province e le regioni, attraverso una legge dello Stato, mentre altre sensibilità politiche, che non attengono direttamente alla maggioranza, ritengono che non basti l'ascolto delle province e della regione (oltre che la legge dello Stato), ma che ci voglia un'intesa.

Riteniamo che l'intesa vada a tarpare quell'autonomia, quel libero associarsi dei comuni che possono essere, invece, favoriti, e ciò non esclusivamente per il proprio parere o piacere, ma sentendo le altre autonomie locali e, soprattutto, valutata la loro associazione attraverso una legge dello Stato.

Sono due i modi di intendere le città metropolitane e la loro costituzione e, nello stesso tempo, due i modi per comprendere la valorizzazione di ciò che si mette insieme ed è riconosciuto dallo Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, preannuncio l'espressione di un voto contrario sull'articolo aggiuntivo in esame, come già espresso precedentemente. Non ci eravamo sbagliati e la ragione è la stessa che è stata illustrata dai colleghi del centrosinistra.

L'istituzione di nuovi livelli istituzionali come le città metropolitane deve essere rigorosamente normata, sulla base di criteri precisi. Dunque, non è sufficiente, a nostro avviso, che si determini una volontà dei comuni interessati, ma vi deve essere una vera e propria intesa con le province. Questa è la ragione per cui il nostro voto è stato e sarà ancora contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, la verità è che dal 1975 non si riesce a creare una città metropolitana ed il motivo si rinviene nell'atto istitutivo. Mi riferisco al termine «sentite». Non vi sarà alcuna provincia che cederà mai un millimetro di territorio, soldi o poteri ad un'area metropolitana.

Vi siete sempre nascosti dietro la bugia dell'intesa per non istituire le aree metropolitane.

Questa volta, con il termine «sentite», state certi che saranno istituite le città metropolitane (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 39.0203, accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 417

Votanti 411

Astenuti 6

Maggioranza 206

Hanno votato 237

Hanno votato no 174).

 

Ricordo che l'articolo aggiuntivo Schmidt 39.02 è stato ritirato.

 

(Ripresa esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 36 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Come prospettato dal presidente della Commissione, passiamo all'esame degli articoli aggiuntivi precedentemente accantonati (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Carrara 36.05.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, in seguito alla discussione avvenuta sul punto presso il Comitato dei nove, invito l'onorevole Carrara a riconsiderare la formulazione dell'articolo aggiuntivo in esame, nel senso di sostituire l'espressione «la composizione e» con l'espressione «anche i criteri di composizione e».

A tale riguardo, sono state avanzate posizioni diverse da parte dei componenti il Comitato dei nove. Pertanto, non posso esprimere un parere favorevole, perché non rispecchia esattamente quanto è emerso.

PRESIDENTE. Si tratta, quindi, di un parere contrario?

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, sull'articolo aggiuntivo in esame vi è un invito al ritiro, altrimenti la Commissione si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, anche il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Carrara se accetti la riformulazione proposta dalla Commissione.

NUCCIO CARRARA. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dalla Commissione, perché credo sia in linea con lo spirito che ci ha spinto a presentare l'emendamento.

PRESIDENTE. Presidente Bruno, conferma il parere precedentemente espresso?

DONATO BRUNO, Relatore. Sì, signor Presidente, la Commissione si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Leggo dunque la nuova formulazione dell'articolo aggiuntivo Carrara 36.05: dopo le parole: «stabilisce anche» sono aggiunte le seguenti: «i criteri di composizione e».

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, colleghi, preannuncio il nostro voto contrario sull'articolo aggiuntivo Carrara 36.05, ma non perché non riconosciamo l'esigenza di evitare il dilatarsi delle assemblee regionali. In realtà riteniamo che, proprio nell'azione volta a costruire i rispettivi statuti, siano venute a galla una serie di difficoltà da parte delle regioni, che renderebbero necessario un intervento più complesso, come quello - già contenuto in un nostro emendamento - di stabilire come principio costituzionale la stessa elezione diretta del presidente della regione, indicando anche un limite temporale al mandato, dunque la non ricandidabilità, la non rieleggibilità immediata dopo il secondo mandato consecutivo.

Un intervento organico avrebbe consentito di intervenire in maniera puntuale su diversi aspetti relativi alla situazione delle assemblee regionali (quali la composizione ed il numero), evitando anche che la formazione degli statuti sia dominata dalla tentazione di tornare indietro rispetto all'elezione diretta. Sarebbe stato opportuno integrare la necessaria elezione diretta con l'impossibilità di una immediata rielezione.

Questi erano gli elementi che avrebbero potuto consentirci di comporre una previsione condivisa. Limitarsi ad uno solo di tali elementi, a nostro avviso, è del tutto insufficiente e diventa inutilmente punitivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, la nuova formulazione dell'articolo aggiuntivo in esame è, a mio parere, accettabile, anche se devo prendere atto che, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra, la scelta di rimettersi all'Assemblea da parte del relatore e del Governo provocherà voti differenziati, comunque legittimi.

Tuttavia, non trovo scandalosa la definizione introdotta nell'articolo 122 della Costituzione, proprio perché tale articolo stabilisce che sia la legge della Repubblica a definire i principi fondamentali e prevede - a seguito della modifica apportata nel 1999 con la legge costituzionale n. 1 - che la legge stabilisca anche la durata degli organi elettivi. Se nell'articolo aggiuntivo fosse rimasta la precedente formulazione, avrei espresso un voto contrario, ma parlando dei criteri di composizione ritengo che ciò sia non solo accettabile, ma condivisibile.

Dobbiamo sapere che la composizione dei consigli delle regioni a statuto speciale è definita in leggi costituzionali, approvate dal Parlamento addirittura con procedura aggravata. Se ciò avviene per le regioni a statuto speciale, che godono di una forte autonomia, che i criteri di composizione per le regioni a statuto ordinario siano stabiliti con legge dello Stato mi sembra un'ipotesi assolutamente condivisibile. Per tale motivo esprimerò un voto favorevole sul presente articolo aggiuntivo, nel testo riformulato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, l'onorevole Boato ha espresso un ragionamento di una certa forza. Ritengo però che il problema non sia quello di trovare scandalosa o meno la previsione dei criteri circa la composizione dei consigli regionali. Ripeto: non è scandalosa, è sbagliata.

Credo infatti che l'autonomia statutaria delle regioni debba prevedere libertà di scelta relativamente alla forma di Governo, al sistema elettorale e, quindi, anche alla composizione. L'unica cosa che non può essere diversa è la durata, perché in questo caso, per motivi che non starò a ripetere adesso, c'è bisogno di un ordine almeno minimo. Quindi, eccezione fatta per la durata, tutto il resto deve essere lasciato all'autonomia degli statuti regionali.

Pertanto annuncio il voto contrario del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, il gruppo della Lega Nord Federazione Padana nutre alcune perplessità su questo emendamento. Siamo gelosi dell'autonomia delle regioni; già l'articolo 122 della Costituzione, a nostro modo di vedere, norma in maniera completa le prerogative e anche gli obblighi cui debbono attenersi i consiglieri regionali.

La filosofia alla base di questo emendamento è sicuramente nobile, perché si preoccupa di quanto sta accadendo presso alcuni consigli regionali, dove negli statuti si sta operando un'eccessiva proliferazione dei nuovi consiglieri delle assemblee regionali. Visto che il Parlamento si sta impegnando nella riduzione dei parlamentari, risulta piuttosto anomalo il tentativo da parte dei consigli regionali di aumentare i loro componenti.

Tuttavia, proprio perché siamo rispettosi delle prerogative dei consigli regionali e, soprattutto, del loro strumento base, rappresentato dallo statuto, non ci sentiamo di introdurre nella Costituzione una norma che preveda criteri di composizione per i consigli regionali.

Per tali ragioni, signor Presidente, annuncio il voto di astensione da parte del gruppo della Lega Nord Federazione Padana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, mi rendo conto che l'emendamento, così come era stato formulato originariamente, potesse sembrare restrittivo delle autonomie regionali, ma farò comunque alcune considerazioni.

I consigli regionali sono organi di rilievo costituzionale e non esistono organi di tale rilevanza che non vedano la loro disciplina, anche in riferimento al numero dei loro componenti, direttamente stabilita dalla Costituzione. Ad esempio, il numero di deputati e senatori è fissato nella Costituzione; parimenti, il numero dei componenti del Consiglio superiore della magistratura è fissato nella Costituzione, così come quello dei membri della Corte costituzionale.

Come ha bene osservato l'onorevole Boato, le regioni a statuto speciale non possono modificare il numero dei componenti dei loro consigli perché il loro statuto viene approvato con legge costituzionale. Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un fenomeno che sicuramente non piace ai cittadini italiani. Mentre in sede nazionale il Parlamento si sta sforzando di porre un freno al costo della politica, riducendo drasticamente il numero di deputati e senatori, lo stesso costo sta invece lievitando in maniera impressionante in periferia.

Già fino ad oggi dieci consigli regionali di regioni a statuto ordinario su quindici hanno deliberato, o si accingono a deliberare, un aumento del numero dei propri componenti, a seguito del quale si determinerà un aumento complessivo pari ad oltre 140 consiglieri regionali (e il fenomeno potrebbe in seguito travolgere anche le cinque regioni a statuto speciale, che ancora non si sono mosse in questa direzione).

Se si pensa che un consigliere regionale oggi costa quasi quanto un deputato o un senatore - se non di più, considerando altre prebende che si sono concessi in sede locale - si può stimare che il costo annuale di ciascun ulteriore consigliere regionale sia pari a circa mezzo miliardo di vecchie lire! Moltiplicando tale costo per i 140 consiglieri che si apprestano ad entrare nei consigli regionali, si raggiunge una cifra ragguardevole.

Dal momento che siamo rispettosi delle autonomie locali, abbiamo ritenuto di attenuare il nostro articolo aggiuntivo, non demandando alla legge dello Stato la definizione tassativa del numero dei consiglieri regionali, bensì soltanto la determinazione di criteri che saranno gestiti in sede locale dai consigli, nella loro piena autonomia. Del resto, ciò non può scandalizzare, perché, ad esempio, in materia elettorale i principi fondamentali sono stabiliti dallo Stato, mentre ciascuna regione adotta la propria legge elettorale, e la durata dei consigli è stabilita dalla legge dello Stato. Non chiediamo dunque molto, proponendo che lo Stato si faccia altresì carico di indicare i criteri per la composizione dei consigli, in modo da porre un limite a questo proliferare sconsiderato di consiglieri, e che si stabiliscano criteri validi per tutto il territorio nazionale, che comunque non possono essere lesivi della libertà e dell'autonomia dei singoli consigli.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 17,05)

 

NUCCIO CARRARA. Ciò è necessario, a mio avviso, perché abbiamo anche un dovere morale nei confronti di tutto il corpo elettorale, che non può assistere all'innalzamento dei costi della politica in periferia mentre si abbassano a livello centrale. Vi è una discrasia di comportamenti, che non è certamente gradita al popolo che ci elegge, consentendoci di rappresentarlo in questa sede.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, voterò a favore dell'articolo aggiuntivo in esame, nel testo riformulato. Tuttavia, ritengo che esso sia riduttivo, nel momento in cui stiamo entrando nel cuore della proposta di riforma costituzionale in esame. I criteri di composizione dei consigli regionali riguardano il numero minimo e il numero massimo dei consiglieri, anche in relazione alla popolazione. Si tratta di un grave problema, e con questo articolo aggiuntivo Alleanza nazionale sta conducendo una campagna di moralizzazione, inserendola nel disegno di legge in esame.

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, la prego di concludere.

TEODORO BUONTEMPO. Richiamo anche i miei colleghi di Alleanza nazionale, per affermare che, nello stesso modo...

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, lei non può richiamare i colleghi, perché il tempo a sua disposizione è esaurito!

TEODORO BUONTEMPO. Intendo richiamarne l'attenzione in termini politici, signor Presidente: apprezzo il suo spirito cortese, ma lei comprende a cosa mi riferisco. Onorevoli colleghi, se non si vuole adottare una legge costituzionale, impegniamoci - preannuncio la presentazione di un ordine del giorno al riguardo - ad adottare una legge ordinaria, per modificare la legge n. 165 del 2004, in modo che possano essere stabiliti criteri unici nazionali anche per l'elezione dei presidenti delle giunte, nonché per quanto riguarda, oltre i presidenti delle giunte...

PRESIDENTE. ...gli assessori! Onorevole Buontempo, la prego di concludere!

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, la prego, lei è appena arrivato...

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, lei disponeva di un minuto, sta parlando da due! Io la ascolto sempre volentieri ed anche con affetto, ma...

TEODORO BUONTEMPO. Le chiedo scusa, Presidente, sto concludendo. Di fronte alle anomalie, che non solo vedono variare il numero dei consiglieri ma lo stesso sistema di elezione del consiglio, dovremmo stabilire dei criteri nazionali secondo i quali poi le autonomie regionali possano deliberare.

PRESIDENTE. È stato chiaro, la ringrazio, onorevole Buontempo. Sono costretto a richiamare i colleghi a rispettare i tempi perché io sono buono d'animo, ma il regolamento è severo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, inviterei anche i colleghi dell'opposizione, proprio per come si è sviluppato il dibattito in seno al Comitato dei nove, a ripensare il voto contrario su questo articolo aggiuntivo. Dico questo per due ragioni, di cui la prima è stata egregiamente illustrata dal collega Carrara. In questi mesi stiamo assistendo ad uno sconcio, ad una vergogna che nulla ha a che fare con il federalismo, con le autonomie regionali, con i poteri che ciascuna regione si è vista attribuire da parte della Costituzione, ed io ritengo che questo non ce lo possiamo permettere nel momento in cui ciascuno di noi è richiamato alle proprie responsabilità e ad adottare comportamenti istituzionali. Quindi, su questo profilo, vorrei che anche i colleghi della Margherita e dei Democratici di sinistra si soffermassero a riflettere.

La seconda ragione è che questo articolo aggiuntivo, così come è stato riformulato, non fa altro che supplire ad una lacuna dell'articolo 122, il quale affida alla legge dello Stato la determinazione dei principi fondamentali su questioni quali l'eleggibilità, l'incompatibilità e la durata degli organi, ma dimentica di inserire anche la composizione degli organi. Oggi noi ci troviamo di fronte al problema di consigli regionali che in maniera autoreferenziale decidono di aumentare il numero dei consiglieri, ma teoricamente potrebbe capitare l'esatto opposto, cioè potrebbe capitare che dei consigli regionali, in maniera altrettanto autoreferenziale, riducano a tal punto il numero dei loro componenti da non garantire la rappresentanza territoriale delle province; e tutto ciò dovrebbe essere soggetto solo ed esclusivamente ad una impugnativa davanti alla Corte costituzionale. Tutto questo è possibile che si verifichi, considerata l'autonomia piena ed esclusiva statutaria, che tra l'altro i consigli regionali si sono autoattribuiti in forza dell'articolo 123. Io credo che un attimo di riflessione in più ed un maggior senso di responsabilità su questo articolo aggiuntivo sarebbero necessari ed invito i colleghi a votare a favore, come farà il gruppo dell'UDC.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, poche parole per affermare in primo luogo che il gruppo di Forza Italia voterà a favore di questo articolo aggiuntivo, perché siamo tutti profondamente convinti che gli organi di governo regionale siano di fronte ad una grande sfida, quella di far fronte ai nuovi compiti che assegna loro il federalismo che stiamo costruendo e che faranno aumentare in maniera esponenziale l'attività di natura legislativa.

Penso, in particolare, ai consigli regionali che dovranno riempire di provvedimenti concreti il lungo elenco delle materie del terzo comma dell'articolo 117, del quarto sulla devolution, comprese anche tutte quelle materie che spettano loro come fatto residuale.

Credo che di fronte a questo grande compito vi sia il problema di conciliare l'efficienza con la rappresentanza democratica dei territori e con la capacità di salvaguardare nel modo migliore le minoranze e le varie ricchezze culturali appartenenti a ciascuna regione; quindi, credo si tratti di un compito difficile, ma possibile. Di fronte a questa prospettiva, tra l'altro, bisogna anche cercare di non trasformare la diversità delle singole regioni in una corsa alla differenza; occorre, cioè, avere anche dei principi attraverso cui convergere verso un sistema armonico.

Per tutti questi motivi credo che inserire nell'ambito dell'articolo 122 della Costituzione la dizione «criteri per la composizione» sia una soluzione non solo efficace, ma anche rispondente agli interessi nazionali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Verdini. Ne ha facoltà.

DENIS VERDINI. Signor Presidente, annuncio che il mio voto sarà contrario a questo articolo aggiuntivo per le modalità attraverso cui è stato chiesto di esprimere, al contrario, parere favorevole. Si parla di autoreferenzialità e si trattano le regioni come se fossero composte da individui deficienti, cioè incapaci di intendere e di volere. Si parla di un aumento sconsiderato dei consiglieri regionali nel momento in cui stiamo approvando una norma che trasferisce una serie di funzioni alle regioni. Quindi, chiedo che su questo argomento si rifletta; se è vero che potrebbe essere inserita una cornice - una sorta di contenimento -, è pur vero che l'esposizione attraverso cui si è chiesto all'Assemblea di votare a favore di questa proposta emendativa non mi convince e, pertanto, mi pronuncerò esprimendo un voto contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fistarol. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FISTAROL. Signor Presidente, annunzio che voterò contro l'articolo aggiuntivo in oggetto poiché nella nostra discussione riemerge costantemente una tendenza anche se, talvolta, in modo mascherato. Sto parlando della tendenza del Parlamento a porre le regioni sotto tutela e a ritenere che il sistema delle autonomie nel nostro paese costituisca, di fatto, un pericolo, un rischio da evitare. Invece, colleghi, non è così! Noi ci riempiamo la bocca del termine federalismo, ma la parola chiave per quest'ultimo è «responsabilità». Noi, quindi, dobbiamo scommettere sulla responsabilità di coloro che gestiscono i livelli territoriali, i quali debbono essere chiamati a partecipare responsabilmente alla definizione di politiche di risanamento del debito pubblico. Insomma, le regioni italiane sono maggiorenni e vaccinate e noi non possiamo intervenire - anche attraverso l'approvazione di questo articolo aggiuntivo - su questioni inerenti solamente ai consigli regionali, i quali debbono essere messi in condizione di rispondere del loro operato ai propri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI. Signor Presidente, intervengo solo per annunciare che il mio gruppo voterà a favore di questo articolo aggiuntivo, che ci sembra coerente ed adeguato. Infatti, riteniamo che l'omogeneità e la disciplina dell'aspetto quantitativo relativamente alla composizione dei consigli regionali siano adeguate. Ci auguriamo che questo rappresenti un primo passo per tornare ad avere un'omogeneità anche per quanto riguarda i sistemi elettorali concernenti le elezioni regionali.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Carrara 36.05, nel testo riformulato, sul quale la Commissione ed il Governo si rimettono all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale e di deputati del gruppo di Forza Italia) (Vedi votazioni).

(Presenti 433

Votanti 407

Astenuti 26

Maggioranza 204

Hanno votato 225

Hanno votato no 182).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Boato 36.04.

Invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor presidente, esprimo parere contrario (Commenti del deputato Boato).

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi scusi ma debbo precisare che il Comitato dei nove, dopo avere espresso in un primo momento parere contrario sull'articolo aggiuntivo Boato 36.04, ha svolto un ulteriore approfondimento ed ha stabilito, invece, di esprimere un parere favorevole.

Pertanto, modificando la precedente dichiarazione, preciso che su tale proposta emendativa il parere è favorevole.

PRESIDENTE. Ne prendo atto, onorevole relatore.

Anche il Governo cambia parere... ?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Sì, signor Presidente, anche il Governo esprime parere favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Boato 36.04, accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 419

Votanti 413

Astenuti 6

Maggioranza 207

Hanno votato 412

Hanno votato no 1).

 

(Ripresa esame dell'articolo 38 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 38 e della proposta emendativa ad esso presentata, precedentemente accantonati (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 3).

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, come i colleghi ricorderanno, nella seduta di ieri avevamo accantonato l'esame dell'emendamento Elio Vito 38.200, nonché la votazione dell'articolo 38, a seguito di un intervento del collega Boccia, il quale aveva posto una questione che questa mattina è stata riproposta e nuovamente discussa in sede di Comitato dei nove.

In sintesi, l'onorevole Boccia sostiene che, per assicurare uniformità al sistema, si debba valutare se anche per quanto riguarda il caso di morte o di impedimento del presidente della giunta regionale si possa prevedere lo stesso trattamento adottato per il Presidente del consiglio, così come andremo a definire nei prossimi giorni.

Dopo una attenta valutazione da parte di tutto il Comitato dei nove, si è ritenuto di non accogliere questo suggerimento. Peraltro su questo punto non è stato presentato alcun emendamento; del resto, la Commissione, ove avesse ritenuto di dover recepire l'istanza del collega Boccia, avrebbe potuto promuoverlo essa stessa.

Ringrazio quindi il collega Boccia per aver posto il problema ma, ritenendo che le due elezioni - quella del presidente della Giunta regionale e quella del premier - non siano comparabili in quanto legate a valutazioni e regimi diversi, abbiamo ritenuto di confermare il parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 38.200.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 17,20)

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di dare la parola all'onorevole Boato, che ha chiesto di intervenire, vorrei cogliere l'occasione per salutare, esprimendo i sentimenti di amicizia del popolo italiano al popolo rumeno, il presidente della Repubblica di Romania Ion Iliescu, presente in tribuna (Applausi). Grazie, presidente, per la sua visita.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, il vigente articolo 126 recita: «Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione dei deputati e senatori [..]».

L'emendamento Elio Vito 38.200 prevede, invece, che il decreto di scioglimento sia adottato previo parere del Senato federale della Repubblica. Siamo contrari a quest'ipotesi ed esprimeremo un voto contrario sull'emendamento in esame. Non comprendo come, poche ore fa, l'Assemblea abbia deliberato che, in materia di interesse nazionale, sia il Parlamento in seduta comune e a maggioranza assoluta dei componenti a pronunciarsi. Invece, nel caso di scioglimento di un consiglio regionale o di rimozione di un presidente della giunta che abbia compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, si prevede che il decreto sia adottato semplicemente previo parere del Senato federale. Se vi fosse una logica in questo sistema - ma purtroppo appare privo di logica -, la competenza dovrebbe rimanere o ad una Commissione bicamerale o a Camera e Senato, non certo al solo Senato federale della Repubblica. Per questo motivo, esprimeremo un voto contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, condividendo in pieno quanto ha espresso il collega Boato, avverto la necessità di dare un'interpretazione dell'emendamento in esame. Questo testo è precedente alla modifica che ha previsto che la sede di definizione di interesse nazionale sia il Parlamento in seduta comune. In qualche modo, è la spia di quello che considerate essere il Senato federale. Poiché il Senato federale non è tale, l'avete trasformato in una sorta di comitato di controllo sull'operato delle regioni. Non essendo riusciti a fare pulizia in tempo, avete previsto il Parlamento in seduta comune per quanto riguarda l'interesse nazionale e, di fronte ad un atto grave quale lo scioglimento di un consiglio e la rimozione di un presidente, si prevede il parere del Senato federale quasi fosse un comitato di controllo delle regioni. Evidentemente, una logica di questo genere ci vede fortemente contrari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, anche noi, deputati di Rifondazione comunista, esprimeremo un voto contrario sull'emendamento in esame. Il nostro voto contrario l'avevamo preannunziato ieri in Commissione e si inserisce nella critica complessiva che rivolgiamo all'impianto che sta emergendo dai voti di quest'Assemblea. Infatti, come è stato rilevato dal presidente Boato e dall'onorevole Bressa, l'emendamento in esame, di fatto, allude a due errori, a due derive, anche sul piano istituzionale; il primo riguarda il Senato federale. L'emendamento in esame, firmato dai presidenti di gruppo della maggioranza, confessa la concezione che del Senato federale emerge all'interno della maggioranza: un comitato di controllo sull'attività degli enti autarchici territoriali, delle province, dei comuni, delle regioni; addirittura, evoca all'interno di una sorta di conflitto di interessi. In secondo luogo, l'emendamento della maggioranza allude ad un imperfetto, poco garantista e preoccupante sistema delle garanzie. Infatti, è sostituito il terzo periodo del primo comma dell'articolo 126 che stabilisce che il decreto sia adottato sentita una Commissione bicamerale, ossia una Commissione di deputati e senatori, costituita per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica, riducendo, invece, il percorso decisionale al puro e semplice Senato federale ed eliminando la Camera dei deputati.

Al limite, all'interno del sistema, che non accettiamo, ma che sta delineando la maggioranza con il suo voto, in qualche modo poteva essere comprensibile una competenza, oltre che del Senato federale, anche della Camera di deputati. Ma questo non avviene, per questo, l'emendamento allude ad un distorto e criticabile - e lo stiamo criticando, infatti - sistema costituzionale.

Ricordo che lo scioglimento e la rimozione di consigli regionali o di presidenti della giunta regionale sono atti di grande gravità, di massima importanza, che vanno valutati con grande attenzione, non soltanto nel giudizio, ma nel sistema e nei rapporti istituzionali. È questo che ci preoccupa. Non basta dire che il Senato federale valuterà con molta attenzione, come abbiamo sentito ieri; noi vogliamo fissare - questo è lo Stato di diritto - un sistema di regole e di garanzie che di per sé, istituzionalmente, garantiscano l'equilibrio di fronte ad un caso così grave come lo scioglimento e la rimozione.

Quindi, ci sembra che questo emendamento sia da respingere, anche perché è preoccupante all'interno dello stesso sistema di garanzie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, annuncio il nostro voto contrario, perché anche in questo caso si ripropone una questione che sta dominando la discussione in queste settimane, cioè il ruolo, il carattere, le competenze, la funzione, la stessa composizione del Senato federale. Di nuovo si pone una valutazione sulla opportunità che sia il Senato della Repubblica ad esprimere un parere. Infatti, la domanda che dovremmo porci si rifà al ruolo del Senato federale. Il Senato federale è il luogo dove si compongono le diverse istanze o diventa un organo di controllo delle regioni? Che cos'è? O è l'una o è l'altra cosa! In un sistema federale, domina il ruolo di composizione e non quello di arbitro e di controllo di merito dello svolgimento dei poteri delle regioni. In questo caso, di nuovo, questa valutazione dovrebbe essere affidata alla Camera, in quanto organo preposto alla legislazione che ha un rilievo nazionale, o, nella formulazione precedente, più propriamente dovrebbe essere affidata ad una commissione composta da deputati e senatori o ancora, in maniera più coerente con il disegno che sta prendendo forma, dovrebbe essere affidata al Parlamento in seduta comune, per quanto improbabile; ma allora è improbabile anche nel caso dell'interesse nazionale (in quella sede il Parlamento dovrebbe valutare ed esprimere un parere in merito alle disposizioni contenute).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, lo spirito con cui mi accingo a dare il mio voto favorevole al nuovo articolo della Costituzione potrei riassumerlo in questo modo: meglio questo che niente! Nel senso che io ero a favore di una completa liberalizzazione delle forme di Governo sulla base di due considerazioni.

La prima è che dopo la sentenza della Corte costituzionale sullo statuto della Calabria è impossibile trovare forme di presidenzialismo che si differenzino minimamente da quanto prescrive questo articolo 126. In secondo luogo, avendo introdotto il divieto del terzo mandato, che ora abbiamo addirittura posto in Costituzione, questo principio del simul stabunt, simul cadent, a cui noi ci siamo affidati per avere stabilità, diventa un'arma spuntata che vale soltanto per il primo mandato, perché per il secondo mandato non vale affatto.

Io avevo presentato un emendamento in questa direzione, ma poi l'ho ritirato, perché mi sono accorto che la cultura politica e la cultura parlamentare non hanno sufficiente esperienza, ad oggi, per poter apprezzare questa situazione.

Quindi, in questo momento, numerose istanze delle regioni italiane non ricevono una risposta positiva; mi auguro che potranno averla in futuro. Ripeto, il nuovo articolo è comunque un progresso rispetto al passato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo solo per preannunziare il mio voto contrario sull'emendamento Elio Vito 38.200, poiché, a mio avviso, rende sostanzialmente disarmonica l'azione sanzionatoria del potere centrale. Nella parte antimeridiana della seduta, infatti, a seguito dell'approvazione di una proposta emendativa maggiormente garantista, si è stabilito che il Parlamento in seduta comune possa annullare una legge in conflitto con l'interesse nazionale della Repubblica.

In questo caso, in cui si contempla una sanzione maggiore, vale a dire lo scioglimento del consiglio regionale, è prevista invece una garanzia minore, perché è sufficiente un semplice parere, peraltro espresso dal solo Senato federale. Mi sembra vi sia un assetto complessivamente disarmonico in ordine alle sanzioni; francamente, avrei previsto anche in tal caso la competenza del Parlamento in seduta comune, poiché lo scioglimento del consiglio regionale costituisce un atto sicuramente più grave dell'annullamento di una legge (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo e del deputato Boato).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 38.200, accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e Votanti 405

Maggioranza 203

Hanno votato 235

Hanno votato no 170).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 38, nel testo emendato.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 413

Votanti 411

Astenuti 2

Maggioranza 206

Hanno votato 238

Hanno votato no 173).

Chiedo al relatore di indicarci come ritenga più opportuno proseguire i nostri lavori.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, propongo di procedere con l'esame dell'articolo 40.

PRESIDENTE. Sta bene.

 

(Esame dell'articolo 40 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 40 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 4).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo sul complesso degli emendamenti presentati all'articolo 40 del provvedimento in esame per esplicitare meglio il nostro obiettivo. Il testo in questione, infatti, rende evidente a tutti l'idea di federalismo che ha in mente la maggioranza di Governo, poiché si propone di abrogare tutte le forme e le condizioni particolari di autonomia stabilite dal vigente articolo 116 della Costituzione.

La proposta di riforma costituzionale in esame prevede di abrogare tutte le previsioni di un'autonomia differenziata, ma se questa è la riforma che dovrebbe introdurre il federalismo o la devolution, di cui si è parlato in questi mesi, che doveva attribuire addirittura competenze esclusive, ciò risulta davvero incomprensibile.

Vorrei osservare come la devolution sia stata largamente annacquata, e successivamente si sia cercato di imprimere maggiore coerenza alla riforma, attraverso interventi del tutto occasionali, come il potere sostitutivo e l'interesse nazionale, che dovevano cercare di imbrigliare l'attribuzione delle competenze esclusive. Ciò che più conta, tuttavia, è che alla fine è stato cancellata, con un tratto di penna, la possibilità per le regioni di ampliare le proprie competenze, peraltro su iniziativa delle stesse regioni, non solo su tutte le materie previste dal vigente comma 3 dell'articolo 117 della Costituzione (le materie concorrenti), ma anche per una serie di materie di competenza esclusiva, come ad esempio la giurisdizione e le norme processuali, l'ordinamento civile e penale, la giustizia amministrativa, oppure l'organizzazione della giustizia di pace, le norme generali sull'istruzione e perfino la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

Si tratta di materie per le quali ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia potevano essere attribuite alle regioni, con legge dello Stato, su iniziativa delle regioni interessate, sentiti gli enti locali, ed era sufficiente che la legge fosse approvata dalle Camere, a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base, naturalmente, di un'intesa fra lo Stato e la regione interessata

Condizioni, quindi, d'autonomia che il testo oggi comprime, a dimostrazione del fatto che gran parte del disegno di riforma costituzionale proposto all'attenzione della Camera non fa altro che organizzare, in maniera raccogliticcia, una serie di slogan elettorali: infatti, la devolution è un totem ormai relativamente innocuo, anche se l'origine e la ratio di quel disegno erano incompatibili con l'evoluzione in senso cooperativo che il federalismo riveste ormai in tutti i paesi.

È un totem che serve alla Lega per non perdere la faccia. L'interesse nazionale, come abbiamo constatato, è un altro totem che serve, invece, ad Alleanza nazionale, per non perdere a sua volta la faccia, anche se le Camere riunite in sessione comune sono un'eventualità remota per intervenire nell'affermazione di tale interesse.

Alla finire, che rimane? Un accentramento molto vistoso, non solo nel tentativo di redistribuire e riscrivere le materie e la separazione delle materie tra competenze esclusive dello Stato, quelle concorrenti e quelle regionali, anziché - come si sarebbe dovuto fare - individuare i luoghi della cooperazione istituzionale, organizzando un Senato federale degno di tale nome.

Si pensa di risolvere i problemi che potrebbero derivare da un'eccessiva, o ritenuta eccessiva, autonomia delle regioni stralciando completamente il comma che consentiva quell'autonomia differenziata che costituisce una risposta ragionevole al profondo dualismo che presenta il nostro paese. Il nostro paese, infatti - forse superato in ciò solo dalla Germania unificata -, mantiene un divario profondo tra alcune regioni, quelle settentrionali ed altre, quelle meridionali.

Un'organizzazione flessibile avrebbe consentito di offrire una risposta alle esigenze che lo strumento «federalismo» è nato per soddisfare. Si sarebbe trattato della possibilità di reagire in maniera rapida ai cambiamenti e alle sollecitazioni del nuovo quadro competitivo, in forma flessibile ed in maniera adatta a territori così differenziati tra loro. Tale possibilità è cancellata. Sarebbe stata una possibilità che sarebbe passata al vaglio delle Camere, una possibilità che sarebbe dipesa da un'iniziativa che le regioni avrebbero dovuto assumere valutando costi, benefici e rischi (l'autonomia, infatti, non è solo vantaggio, ma anche un rischio: richiede capacità organizzative e risorse finanziarie).

Si esclude inoltre la possibilità di mantenere una procedura negoziata che, anch'essa, ricalca uno tra gli elementi centrali del federalismo: la cooperazione, la negoziazione e la possibilità di stabilire canali comunicativi che rispondano ad alcune esigenze, senza sacrificarne altre.

Tale ipotesi è cancellata, per fare posto ad una sedicente «organizzazione esclusiva» che, poi, si rivela esclusiva fino ad un certo punto, perché come la Corte costituzionale ha rilevato in più occasioni, lo Stato mantiene la possibilità d'intervento pressoché in tutte le materie, a garanzia di alcuni principi essenziali ed anche di previsioni in determinate materie, quali la tutela dell'ambiente, la tutela della concorrenza, eccetera.

Si pensa di eliminare la possibilità di accrescere l'autogoverno e la responsabilità, per far posto semplicemente ad alcune «bandierine».

Ciò è un elemento che va sottolineato, perché bisogna sgomberare il campo dagli equivoci prodotti. Anche a noi era sembrato che, nella prima formulazione, la devolution fosse uno strumento per spaccare il paese, per determinare alcune regioni a realizzare, come meglio credevamo, il proprio autogoverno su determinate materie, a scapito delle altre regioni. In seguito, si è rivelato che quelle richieste si sono dovute adattare alle pressioni provenienti da altri settori della Casa delle libertà e pertanto si sono ridotte a poco. Si sono mantenuti un principio di rottura ed un'ideologia federalista, che puntano a separare ed a dividere, ma, in realtà, sono molto depotenziate.

D'altra parte, l'interesse nazionale, con tali clausole, rimane una «bandierina». Tali spinte contrapposte, alla fine, non fanno che svilire e depotenziare la faticosa costruzione di una Repubblica solidale ed autonomista che sta lentamente mettendo radici e che rischia di essere impoverita con il processo che voi tentate di portare a compimento.

Abbiamo cercato di sottolinearlo per ciò che riguardava la fantomatica clausola di supremazia. Tutti gli Stati federali dispongono di una clausola di supremazia (è il caso degli Stati Uniti) o di una competenza generale ancorata alla tutela dell'unità giuridica ed economica dello Stato (è il caso della Germania). Infatti, è naturale che un moderno riparto non deve sacrificare le esigenze di raccordo, né deve sacrificare una funzione unificante che l'ordinamento esige sulle materie più disparate. Ma nessuno Stato federale possiede due o tre clausole di supremazia di interesse nazionale. Dal momento che queste clausole sono presenti poiché le avete volute introdurre nel testo, perché mai sottrarre alle regioni la possibilità di guadagnare, come prevede l'articolo 116, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia? Quelle clausole, infatti, dovrebbero allontanare ogni timore che si possano «sfondare» condizioni determinate, controllate e monitorate dallo Stato. Quale paura vi era? Evidentemente, si è voluta allontanare la possibilità di un'organizzazione federale e differenziata, perché ciò che non si vuole è che questa riforma porti a compimento la riforma federalista avviata con la modifica del Titolo V. Non si vuole completare quella Repubblica autonomista. Si immagina in maniera ottocentesca che, davvero, lo Stato possa controllare e determinare tutto e che possa essere in grado di promuovere lo sviluppo come decisore unico, quando ciò nella realtà di ogni giorno è ormai lontano dalla possibilità di realizzarsi.

Infatti, le politiche di sviluppo non dipendono più da un unico decisore, ma dalla possibilità di cooperare, di mettere assieme diversi livelli e diversi pezzi di società, di territorio - dalle autonomie funzionali, all'università, agli enti locali - che sono la condizione perché il nostro paese possa vincere la sfida competitiva.

Oggi si torna indietro rispetto a quella che era stata la scommessa di questi anni. Da una parte, si immagina di poter accontentare la Lega con il simbolo della devolution (con Braveheart e tutto ciò che si è raccontato in questi anni), per poi ridursi ad accettare una formulazione non solo insoddisfacente, ma addirittura ridicola con riferimento alle competenze esclusive. Dall'altra parte, si pensa di contenere il resto ricorrendo ad un interesse nazionale che non è esercitabile e che si limita a descrivere un'altra delle bandierine elettorali.

Vi è, poi, chi racconta che questo ingorgo dovrebbe essere risolto attribuendo al premier quei poteri che lo Stato ha ingarbugliato. Ma questa è un'altra illusione. Non è possibile pensare di affidare ad un unico decisore - come sottolineavo poco fa - la determinazione delle politiche. Per procedere nella strada della costruzione di una Repubblica autonomista e solidale bisogna finalmente accettare che le opportunità che in futuro saranno assicurate al nostro paese dipendono, in larga misura, dalla possibilità di ottenere assieme ad altri ciò che non possiamo ottenere da soli. Mi riferisco alla possibilità di lavorare e cooperare assieme ai diversi livelli territoriali, consentendo tutte le forme di autonomia necessarie nel rispetto di alcune clausole unificanti. Questo era possibile fare con il vecchio Titolo V, solo che si fosse cercato di portare a compimento l'unica riforma necessaria: dotarsi, finalmente, di un Senato federale degno di questo nome.

Ciò non si vuole fare perché quella composizione e le competenze rimangono ancora, da un lato, assolutamente insoddisfacenti e, dall'altro lato, debordanti rispetto a qualunque organizzazione federale. Un Senato che abbia l'ultima parola su un certo numero di materie non esiste in nessun ordinamento federale e si cerca di risolvere questa mancanza - e questo continua ad essere un nodo irrisolto, un vizio di fondo - con una serie di totem di nessun significato.

È questo che vogliamo dire al paese e che vogliamo contrastare (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, nel febbraio 1997 si insediava la Commissione bicamerale, che aveva davanti a sé molte questioni da affrontare.

Una delle più delicate, perché in quel momento l'Italia premeva, era la ridefinizione in senso federale dell'assetto e della nostra Repubblica.

Ricordo che durante i lavori della Commissione bicamerale, in estate, presentai per la prima volta l'emendamento che, in qualche modo, fu il «padre» del terzo comma dell'articolo 116, che poi è diventata norma costituzionale.

Per la prima volta in quell'occasione veniva avanzata l'ipotesi secondo cui le regioni a statuto ordinario avrebbero potuto avere forme e condizioni particolari di autonomia, concesse loro con legge ordinaria.

Ricordo che allora ci fu una sollevazione da parte di tutti i nostri colleghi della Commissione bicamerale - quel mio emendamento fu posto ai voti e raccolse il mio voto, quello del collega Boato e del collega Zeller - e vi fu anche una certa contrarietà della dottrina che accusò il sottoscritto di avere commesso un peccato di lesa maestà nel parlare di specialità con legge ordinaria.

Devo dire che all'interno della Commissione bicamerale, durante la discussione che si svolse nei mesi successivi, la situazione ed il clima mutarono notevolmente. Quel primo emendamento fu «affinato» nella scrittura fino a quando non fu fatto proprio dal Comitato dei nove, chiamiamolo così, della Commissione bicamerale, che lo propose all'Assemblea, che lo votò.

Ritengo importante questa ricostruzione, perché essa sta a significare come allora, in Commissione bicamerale, tutte le forze politiche votarono quell'articolo, votarono cioè quel terzo comma. Quando poi si arrivò all'approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione, quel terzo comma fu di fatto ripetuto alla lettera, integralmente.

Per quale ragione ho voluto svolgere questa ricostruzione? Perché nel corso dei lavori della Commissione bicamerale, i partiti d'opposizione di allora, con l'esclusione della Lega Nord che aveva abbandonato i lavori - parliamo quindi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e del CCD-CDU di allora - votarono in maniera compatta questo terzo comma dell'articolo 116.

Lo votò il Presidente Berlusconi, il Vicepresidente Fini: non ricordo se l'onorevole Nania facesse parte della Commissione bicamerale, ma lo votò anche l'onorevole Nania.

L'onorevole Nania, oggi senatore, utilizza in maniera strumentale e a mo' di propaganda l'argomentazione secondo la quale il terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione sarebbe stata la secessione per legge di questo Paese.

Vorrei che riflettessimo seriamente su quanto afferma il terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, perché questa Assemblea, prima di compiere lo scempio di cancellarlo definitivamente, abbia chiaro quello che sta facendo.

La norma prevede la possibilità per alcune regioni, evidentemente dotate di maggiori capacità di governo - si badi bene, di maggiori capacità di governo: quello che conta nel terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione è l'iniziativa politica, non altro! - di proporre un progetto di autonomia differenziata. Infatti, si parla di forme e condizioni particolari di autonomia, tali da estendere le funzioni di governo ad ulteriori materie rispetto a quelle previste per tutte le regioni, con un regime di autonomia finanziaria differenziata e la possibilità di maggiori mezzi finanziari a disposizione.

Il progetto di autonomia differenziata viene negoziato dalla singola regione con il Governo, deve essere approvato dal Parlamento con legge, secondo un modello che in Spagna ha avuto qualche successo. Si badi bene: sono previste l'iniziativa da parte delle regioni, sentite le autonomie locali (e quindi il parere), un'intesa raggiunta con il Governo, l'approvazione da parte della legge dello Stato (quindi del Parlamento).

Ditemi voi come è possibile immaginare una secessione che deve vedere prima l'intesa con le autonomie locali, poi un voto in una delle assemblee regionali e quindi un'intesa con il Governo ed infine un voto a maggioranza assoluta da parte del Parlamento. Se le rivoluzioni o le secessioni avessero avuto questo percorso logico, la storia sarebbe ferma! Non saremmo stati in grado di leggere nei nostri libri di storia una sola forma di secessione o una sola forma di rivoluzione!

Ecco, quindi, svelata la strumentalità propagandistica delle argomentazioni di Alleanza nazionale e del senatore Nania.

Accanto a tale riflessione ne va svolta un'altra perché si tratta non di un obbligo di legge per tutti, ma di un'opportunità che viene concessa a singole regioni e di uno strumento che la Costituzione, quanto alla decisione finale, pone nelle mani del Governo e del Parlamento. Quindi, si ha a che fare con la responsabilità e la capacità politica delle singole regioni e con il ruolo fondante di Governo e Parlamento per la definizione del proprio assetto istituzionale. Altro che secessione, questo è, né più né meno, un processo di contrattazione! È il federalismo che si incarna, che si fa sistema. Questo è il terzo comma dell'articolo 116.

Si tratta di un'opportunità - non un obbligo o un vincolo - tesa a rendere più elastico il sistema di governo complessivo del paese al fine di adeguarne l'impostazione, laddove necessario, ad esigenze di differenziazione territoriale. Abbiamo sentito più volte, nella passata legislatura e nell'attuale, che il federalismo non poteva portare con sé motivi di divisione del paese. Oggi voi ci proponete un meccanismo quale quello della devolution che costruisce scientificamente in laboratorio la possibilità di una secessione dei diritti nel nostro paese.

Quello che avevamo proposto noi con il terzo comma costituiva, passo dopo passo, la costruzione di una cultura istituzionale federalista. Infatti, è del tutto evidente che non tutte le quindici regioni a statuto ordinario sono in grado di fare contemporaneamente le stesse cose. È del tutto evidente che la velocità tra le varie regioni possa essere diversa e - si badi bene - la velocità e la maturazione non dipendono dalle risorse, ma dalla capacità e dal senso di responsabilità delle classi politiche. Ecco perché, per costruire il federalismo nel nostro paese, aveva una funzione straordinariamente importante il terzo comma dell'articolo 116.

Il motivo per cui tale strumento debba essere eliminato è cosa, quindi, del tutto incomprensibile. In tal modo si privano le regioni più avanzate - politicamente più avanzate, non economicamente o finanziariamente - e gli stessi Governo e Parlamento, nella loro funzione più alta di definire l'assetto complessivo del paese, della capacità di proporre progetti più avanzati di autonomia e, perciò, di realizzare in concreto il federalismo. Abbiamo discusso tante volte in quest'aula sul fatto che le autonomie speciali, quelle garantite dalla Costituzione, sono state da sempre la frontiera della cultura autonomista nel nostro paese. Con il terzo comma dell'articolo 116 nulla di più si faceva che consentire alle quindici regioni a statuto ordinario di affrontare con coraggio, con determinazione e con responsabilità politica la nuova fase storica del paese che era garantita dall'introduzione di un modello federale nella nostra Repubblica.

Il terzo comma significava consentire a ciascuna comunità territoriale di darsi l'assetto e la capacità di governo più consoni alle proprie esigenze. Era, cioè, una forma moderna ed originale di costruzione di uno Stato federale partendo da uno Stato centrale. Come ricordo sempre, infatti, la nostra Repubblica è uno Stato centrale. Nel momento in cui si è deciso di dare una forma federale all'assetto istituzionale bisognava riempirlo di contenuti e di strumenti. L'articolo 114, come ho ripetuto tante volte, è uno di tali strumenti. Il terzo comma dell'articolo 116 era forse, lo strumento più proprio ed innovativo.

In cambio dell'abrogazione del terzo comma dell'articolo 116 la vostra riforma ci propone la devolution, che è un'impossibilità logica - lo abbiamo detto più volte e lo ripeto - poiché vi sono due competenze esclusive sulla stessa materia. Vi rendete perfettamente conto che tutto questo, prima o poi, verrà sanzionato duramente dalla Corte costituzionale e della vostra devolution resteranno solo le macerie.

Accanto a ciò proponete il recupero dell'interesse nazionale. L'interesse nazionale viene richiamato quale elemento idoneo a tradursi in un'impropria censura politica da parte del Parlamento. Non è da trascurare che nell'esperienza precedente la riforma costituzionale del 2001 la previsione in Costituzione dell'interesse nazionale, configurato nel 1948 come limite di merito per la legislazione regionale demandato alle valutazioni del Parlamento, aveva generato una delle più rilevanti distorsioni degli equilibri complessivi tra Stato e regioni senza costituire alcun reale elemento di tutela dell'unitarietà sostanziale del sistema.

L'esperienza passata, relativamente all'interesse nazionale, si presenta quindi particolarmente e brutalmente significativa in senso anti-regionale. La riproposizione dell'interesse nazionale smentisce tutto il percorso compiuto in questi anni. Sotto un profilo giuridico ed istituzionale, la sua reintroduzione, come limite, travolge le garanzie fondamentali di tutela dell'autonomia regionale, resa così vulnerabile da parte di prevedibili intrusioni centralistiche, ispirate da logiche essenzialmente politiche. Questo è quello che voi state proponendo: la cancellazione dell'elemento di dinamismo nella costruzione, in senso federale, della nostra Repubblica e la reintroduzione dell'interesse nazionale. Vi rendete conto dell'enorme pasticcio che state facendo? Ma, soprattutto, vi rendete conto della scarsissima credibilità che avete, nel momento in cui cercate di accreditare questo vostro progetto come un progetto di modernizzazione del paese e delle sue istituzioni?

Cancellate gli elementi di modernità, introducete presunte fughe in avanti - qual è la devolution, che si risolverà, come ho detto prima, in un cumulo di macerie, nel momento in cui la Corte costituzionale sanzionerà l'illogicità di due competenze esclusive sulle stesse materie - e recuperate l'interesse nazionale nel peggiore dei modi possibili, cancellando il grandissimo sforzo culturale, che la riforma del Titolo V aveva portato nel nostro paese. Certo, il Titolo V aveva bisogno di essere corretto, perché così come era, alla prova dei fatti, aveva dimostrato dei limiti, ma voi, anziché correggere quei limiti, state facendo fare dei grandissimi passi indietro al nostro sistema istituzionale e, quel che è peggio, terremotate quel minimo di autonomia, che stava prendendo forza e piede all'interno delle regioni.

Devo dire che, se una delusione c'è stata, da parte mia, nell'attuazione del Titolo V, è stata proprio nel vedere che le regioni non hanno saputo utilizzare convenientemente il comma terzo dell'articolo 116. Vorrei chiedere, per esempio, al presidente della mia regione, Galan, il quale molte volte parla di federalismo e della frontiera del federalismo come la frontiera per il Veneto, che cosa ha fatto in questi quattro anni. Dov'è il suo progetto di autonomia differenziata e speciale, che la Costituzione poteva garantire? La stessa domanda potremmo farla al presidente Formigoni, ma anche ai presidenti Errani, Bassolino, Martini, che sono esponenti della nostra parte politica. Ciò probabilmente dimostra che c'è un deficit culturale e politico molto grave nel nostro paese, ma questo deficit culturale e politico nella costruzione di un assetto federale non si recupera sicuramente con la vostra medicina, cioè con il recupero dell'interesse nazionale e con la trasformazione del Senato pseudofederale in un comitato di controllo, che ha come unico compito quello di comprimere l'autonomia legislativa regionale e le sue funzioni di modernizzazione del paese.

Non sono abituato a scherzare, quando parlo di riforme costituzionali. Nella passata legislatura non abbiamo scherzato. Abbiamo fatto una scommessa per il paese. Oggi vediamo che questa maggioranza e questo Governo non solo rifiutano quella scommessa, ma ci fanno tornare indietro, pericolosamente indietro, e non solo rispetto alla Costituzione del 1948. Ci fanno fare dei passi indietro dopo che la società, le istituzioni e la cultura amministrativa stavano faticosamente avviandosi lungo un nuovo percorso. Questa è una responsabilità gravissima, che voi vi prendete, e lo è ancor di più perché il vostro progetto non ha un'anima costituente, bensì è semplicemente una verifica di maggioranza, che vi consente di tirare avanti in vista delle prossime elezioni. È una delle poche cose che immaginate di poter portare, come risultato, in un bilancio di questo Governo assolutamente fallimentare. Ma le verifiche di maggioranza non possono trasformarsi in Costituzione! Quando ciò succede, a pagare questo prezzo sono tutti i cittadini italiani.

Credo però che i cittadini italiani lo abbiano capito e ne siano consapevoli. E quando ci sarà, se ci sarà (ma credo senz'altro che ci sarà), l'occasione del referendum, avremo molti argomenti, non per smontare questa vostra riforma, ma per dire quanto poco riformatori siete voi, quanta poca cultura di riforma costituzionale siete stati in grado di dare a questo paese, quanto poco federalisti siete stati, quanto neocentralisti vi siete dimostrati e quanto disastrosamente dimostrate di essere non padri costituenti, ma «nipotastri» costituenti (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, ricordo che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento Elio Vito 38.200, che, nella parte consequenziale, recava la soppressione del comma 2, l'articolo 40 risulta composto di un solo comma.

I due emendamenti Bressa 40.10, soppressivo dell'intero articolo, e Boato 40.1, soppressivo del comma 1, hanno, pertanto, analoga portata emendativa, nel senso di risultare entrambi volti alla soppressione del residuo comma 1 e saranno, quindi, posti in votazione congiuntamente. Successivamente, in caso di reiezione dei citati emendamenti soppressivi, si procederà alla votazione dell'articolo.

Invito il relatore ad esprimere il parere su tali emendamenti.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Bressa 40.10 e Boato 40.1.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 40.10.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, i colleghi Bressa e Maran hanno illustrato, in sede di interventi sul complesso degli emendamenti (oramai si sono ridotti a due e nei confronti dei medesimi si procederà ad un'unica votazione, come lei ha correttamente precisato), le ragioni della nostra radicale contrarietà al comma 1 dell'articolo 40 che abroga il terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione.

Non solo abbiamo una posizione fortemente critica su molte, non tutte, innovazioni che vengono introdotte nella Costituzione, ma riteniamo grave che uno degli elementi più fortemente riformatori ed innovativi, introdotto nella Costituzione nel 2001, con la legge costituzionale del 2001, venga ora abrogato, anche se in prima lettura (l'iter di questa riforma costituzionale sarà ancora lungo e complesso, ma la scelta costituzionale politica è chiarissima).

Si parla di federalismo, sul quotidiano La Padania si scrivono articoli sul federalismo ma, contestualmente, in aula, si sopprime la vera ed autentica forma di federalismo potenziale che doveva essere inverata dalle regioni, sulla base di un'intesa con lo Stato e di una legge votata dalle Camere a maggioranza assoluta.

Il terzo comma dell'articolo 116 prevede ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti una serie di materie, che possono (è un comma ancora in vigore) essere attribuite ad altre regioni (rispetto alle cinque regioni a statuto speciale) con legge dello Stato, su iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119 (il federalismo fiscale). Il comma in vigore prevede, inoltre, che la legge sia approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intese tra lo Stato e la regione interessata.

Questa doveva essere la strada maestra (potrebbe ancora esserlo, perché è ancora in vigore) che le regioni a statuto ordinario avrebbero potuto seguire per ottenere un'autonomia differenziata e realizzare i livelli massimi di autonomia possibili, secondo questo testo costituzionale, e ciò soprattutto per quelle regioni che ritenessero, ritengano o ritenevano di avere le potenzialità istituzionali e politiche per realizzare forme più avanzate di autonomia.

Abrogare il terzo comma dell'articolo 116 vuol dire sopprimere nella nostra Carta costituzionale il caposaldo più avanzato di un autentico disegno federalista dello Stato e, quindi, avere come corrispettivo un appiattimento di tutte le quindici regioni a statuto ordinario ed una soppressione di un principio federalista introdotto nel 2001.

Per tale motivo esprimeremo un voto favorevole sui due emendamenti soppressivi rispettivamente dell'articolo 40 e del primo comma dello stesso e, nel caso in cui fossero respinti, esprimeremo un voto contrario sull'articolo 40.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

ANTONELLO CABRAS. Signor Presidente, anche noi esprimeremo un voto favorevole sull'emendamento volto a sopprimere l'articolo 40, tenendo conto del fatto che, oltre alle considerazioni svolte dal collega Boato, questo articolo richiama una discussione molto approfondita, che si svolse nella scorsa legislatura affrontando il tema della riforma del Titolo V della Costituzione, sull'opportunità o meno che nel nostro ordinamento dovessero continuare ad esistere le regioni a statuto speciale.

Chi partecipò a quella discussione ricorderà che esisteva un'opinione abbastanza diffusa in modo trasversale secondo la quale le ragioni che, nella prima applicazione della Costituzione, determinarono l'istituzione delle regioni ad autonomia differenziata erano in larga parte venute meno e che quindi con la riforma del Titolo V, oltre agli altri importanti e qualificanti punti di modificazione, dovesse essere introdotta anche quella secondo la quale tutte le regioni avrebbero dovuto godere della stessa forma di autonomia.

La discussione fu molto ampia e si giunse anche a momenti di evidente conflitto, finché non si raggiunse una mediazione - dal mio punto di vista, alta - che confermò le ragioni della specialità nella riforma del Titolo V e che tuttavia introdusse la possibilità che le regioni con statuto ordinario potessero, con legge del Parlamento, ottenere forme differenziate e più avanzate di autonomia.

Mi permetto di affermare che questa è la vera devoluzione, che viene costruita attorno a principi che, sia nel percorso cosiddetto di formazione dei poteri di autogoverno differenziati sia anche nel merito, garantivano un passo avanti rispetto alla riforma.

So che i principali sostenitori della cancellazione di questa norma sono i colleghi di Alleanza nazionale che, in maniera un po' semplificata, definiscono questa forma di autonomia differenziata una sorta di federalismo à la carte, in cui ognuno si ritaglia la forma di autonomia che ritiene.

Ritengo che soprattutto coloro che hanno votato insieme a noi le norme sulla specialità sappiano che un modo per rendere più difficile in futuro il mantenimento della specialità è quello di continuare a ritenere questa differenza così netta, così rigida. Cosa che state facendo abrogando questa norma del Titolo V. Infatti, implicitamente, create le condizioni affinché in qualche circostanza si possa determinare l'alleanza di tutte le regioni ordinarie contro le regioni a statuto speciale.

Nella passata legislatura avevamo presentato una proposta che metteva al riparo dalla possibilità che si riproducesse questo evento assolutamente deleterio per i rapporti istituzionali. Sopprimendo l'articolo 116 della Costituzione di fatto rideterminate le potenziali condizioni perché tale conflitto possa verificarsi.

Ci rivolgiamo allora in modo particolare ai colleghi della Camera, provenienti dalle regioni a statuto speciale e appartenenti alla maggioranza: se voi votate per la soppressione di questa norma, votate contro le regioni a statuto speciale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fistarol. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FISTAROL. Signor Presidente, sull'abrogazione del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, si confrontano in realtà in modo netto due diverse concezioni in ordine alla modifica della forma di Stato. Quella del centrodestra è il frutto di due rigidità: da un lato, la cosiddetta devolution, prima dal sapore vagamente eversivo e poi sempre più vuota parola d'ordine, vessillo senza contenuti, la cui pericolosità è data ormai soltanto dalla sua indeterminatezza e dalla confusione istituzionale che può ingenerare.

L'altra rigidità, richiamata appunto dalla devolution, è dovuta ad un pericoloso ritorno centralistico. Come abbiamo detto più volte, queste due rigidità stanno insieme per reciproca convenienza dei partiti della Casa delle libertà, non certo per varare una riforma costituzionale nell'interesse dell'Italia e degli italiani.

Contro queste due rigidità noi opponiamo, invece, il concetto fondamentale di un serio federalismo, basato sull'elasticità e sulla flessibilità. La riforma non può prevedere una nuova rigida gabbia istituzionale, ma appunto una struttura federale, adattabile alle esigenze e alle differenze di cui è ricco il nostro territorio nazionale. La geometria variabile - come è stata chiamata quella prevista dal terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione - è appunto questo. Si tratta dell'opportunità, data alle regioni, di richiedere ulteriori poteri. Si deve semmai stigmatizzare il fatto che molte regioni - penso soprattutto al Veneto, che in questi anni ha molto urlato e polemizzato vanamente e in maniera sterile contro lo Stato - non hanno utilizzato davvero le opportunità date loro dal terzo comma dell'articolo 116.

Se qualcuno di noi ha conoscenza della struttura istituzionale del paese del «federalismo reale», ovvero gli Stati Uniti d'America, sa che quella nazione, dal punto di vista istituzionale, è un «multiverso» di competenze, di poteri e di regole diverse, da Stato a Stato, da contea a contea.

Questo è il federalismo, se di federalismo vogliamo parlare. E la geometria variabile non è sinonimo di divisione, di penalizzazione o di ingiuste disuguaglianze; né l'anticamera della secessione, come pure hanno affermato autorevoli esponenti della Casa delle libertà, anche perché - come è noto - tutto questo avviene secondo la previsione del terzo comma dell'articolo 116, con la regia del Parlamento nazionale che garantisce un equilibrio istituzionale nella devoluzione dei poteri alle regioni.

Insomma, le differenze di cui è ricco il nostro paese vengono consentite, previste e valorizzate da questo articolo della Costituzione, in un disegno, la cui unica unitarietà è garantita dal Parlamento nazionale. Insomma, onorevoli colleghi, questo è il vero federalismo.

In questo modo, la maggioranza della Casa delle libertà cancella, con la disposizione in esame, il federalismo, e introduce altro. Del federalismo, dunque, non vi è più traccia nel disegno di legge costituzionale che sottoponete alle Camere (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, intervengo brevemente per spiegare ciò di cui stiamo parlando, perché, come al solito, dalla sinistra non vengono elementi di chiarezza. La sinistra vorrebbe mantenere il terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione. Tale comma è stato definito da alcuni ambienti vicini alla Presidenza della Repubblica come una disposizione che conduce a una sorta di secessionismo mascherato. Esso, infatti, nel testo purtroppo vigente, dà la facoltà, ad una regione a statuto ordinario, di richiedere allo Stato poteri straordinari in tutte le materie di legislazione concorrente, nonché in altre materie di cui si propone il trasferimento alla competenza esclusiva dello Stato (ad esempio, le norme generali sull'istruzione).

È stato affermato, da parte della sinistra, che avremo venti sistemi scolastici, venti sistemi sanitari, e via dicendo. Ma la norma di cui proponiamo l'abrogazione è ancora più pericolosa. La devoluzione, infatti, ha fatto chiarezza e ha rafforzato i poteri di tutte le regioni, perché li ha chiariti meglio; ha rafforzato i poteri dello Stato, perché li ha chiariti meglio. Dunque, bene ha fatto il Senato a prevedere l'abrogazione di questa norma, che, fra l'altro, affida alla maggioranza politica del momento la possibilità di attribuire, ad una regione anziché ad un'altra, alcuni specifici poteri in materie di notevole rilevanza (si tratta di tutte le materie di legislazione concorrente, nonché di alcune materie di competenza dello Stato), quando è fin troppo ovvio che le competenze di rilievo costituzionale debbono essere attribuite con legge costituzionale, come proponiamo con il disegno di legge in esame, che a voi non piace.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli emendamenti Bressa 40.10 e Boato 40.1, di identico contenuto normativo, non accettati dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 411

Votanti 410

Astenuti 1

Maggioranza 206

Hanno votato 176

Hanno votato no 234).

Passiamo alla votazione dell'articolo 40.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, i colleghi del centrosinistra che mi hanno preceduto hanno ampiamente dimostrato, con interventi di alto livello, la portata e la valenza dei nostri emendamenti soppressivi dell'articolo 40 del disegno di legge in esame, che abroga il terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio l'onorevole Carrara, che è l'unico ad avere interloquito su una delle questioni di fondo sulle quali si registrano le distinzioni fra le fondamenta di una determinata concezione della Costituzione, dell'autonomismo, del regionalismo e del federalismo e una concezione che riteniamo fortemente centralista.

L'onorevole Carrara ha poc'anzi affermato che l'abrogazione proposta dalla maggioranza e dal Governo costituisce un intervento volto ad eliminare quello che viene definito una sorta di secessionismo mascherato (tale definizione viene attribuita ad alcuni ambienti, ma ritengo che la responsabilità di essa debba essere assunta soprattutto dall'onorevole Carrara e della maggioranza). Ebbene, signor Presidente, quando ho ascoltato tale definizione sono sobbalzato, perché se fossi un leghista chiederei conto al collega di Alleanza nazionale dei motivi di tale definizione (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

Perché, se è vero com'è vero che la Lega predica un certo tipo di devoluzione, è vero che poi nella sostanza - come dicevano giustamente sia il collega Cabras sia il collega Fistarol - di poca cosa si è trattato dal punto di vista della devoluzione. Pertanto il pericolo più grosso che noi abbiamo innanzi in questo momento è la confusione assoluta nella quale verrà gettato il nostro paese, nel caso in cui questo disegno di legge diventi riforma della Costituzione (modificherebbe ben 43 articoli della parte II, un terzo del complesso della nostra Carta costituzionale).

Vedete, colleghi, prima giustamente il collega Cabras richiamava il dotto intervento e la dotta disquisizione che vi sono stati nella legislatura precedente, prima nella Commissione bicamerale D'Alema e poi nel ragionamento che ha trovato un consenso anche alla Camera dei deputati durante la prima lettura del lavoro della Bicamerale. Ma in modo particolare va richiamato il ragionamento che poi ha portato all'approvazione di quello che è conosciuto come Titolo V: la legge costituzionale n. 3 del 2001. Se noi fossimo stati in grado di riportare qui quel ragionamento - che è stato per alcuni aspetti riportato, ma che è stato fatto in modo compiuto nell'ambito dell'indagine conoscitiva che opportunamente la Commissione di merito ha svolto sul disegno di legge, da dotti cultori della materia costituzionale - ebbene, se fossimo stati in grado di portarlo alla conoscenza compiuta dei colleghi, forse oggi il voto di questa Assemblea, il voto di noi tutti sull'abrogazione dell'articolo 116 del testo vigente della Costituzione non andrebbe nella direzione in cui sta andando, con la maggioranza e il Governo che esprimono parere favorevole e l'opposizione che tende a tenere in vita quella che è veramente la dimostrazione più avanzata di una prospettiva di regionalismo differenziato, di un paese a diverse velocità, a geometria variabile, di quella che è la peculiarità e la diversità dei territori che rappresentano - questo sì - l'unità del nostro paese e della nostra nazione.

Negare questo, colleghi, significherebbe negare l'essenza stessa di quella che prima avete chiamato Repubblica federale. Anzi, significherebbe negare l'essenza stessa del lavoro, della cospicua produzione legislativa sul regionalismo avanzato, sull'autonomismo convinto, e equivarrebbe a fare un grandissimo passo indietro. Ciò che vi accingete a fare in questo momento è la rappresentazione più eclatante di una eterogenesi dei fini, una prospettiva che andava in un certo senso e che si risolverà soltanto in una confusa manipolazione del testo costituzionale, il che, dal punto di vista del regionalismo e del federalismo, è un grandissimo passo indietro.

L'intento del terzo comma dell'articolo 116 era assolutamente importante, perché, attraverso una legge dello Stato - quindi votata da questa Camera, all'interno e nel complesso della verifica del mantenimento dell'unità nazionale -, conferiva alle regioni che avevano la volontà e la capacità di scommettere su una diversificazione dei loro poteri delle competenze, alcune delle quali attualmente sono in capo alla potestà esclusiva dello Stato ed altre invece rientrano nella legislazione concorrente.

Negare questo significa negare l'essenza della storia del nostro paese. Quindi, colleghi della maggioranza, voi vi accingete a fare un grandissimo passo indietro e a commettere un errore gravissimo: non permettetevi più di parlare né di regionalismo né di autonomismo e tanto meno di federalismo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colasio. Ne ha facoltà.

ANDREA COLASIO. Signor Presidente, l'abrogazione del terzo comma dell'articolo 116, da un certo punto di vista, è il portato, la conseguenza logica di un processo che abbiamo delineato prima. Ahimè, abbiamo costruito un processo a sovranità asimmetrica, per cui lo Stato - e sconcerta che colleghi autorevolmente federalisti abbiano accettato questo - è sovraordinato rispetto alle sovranità regionali.

D'altro canto noi, con la riforma del Titolo V, avevamo delineato un tentativo che ha un fondamento culturale forte: il processo federativo inteso come un processo pattizio e negoziale.

È questo il dato culturale sotteso a questo comma: il federalismo è un processo negoziale e pattizio. L'altro giorno, discutendo di devolution scolastica, si è detto che voi avete introdotto con la devoluzione una modalità non flessibile, rigida, univoca. Le cose si tengono perché quello che sfugge, quello che viene cancellato con l'abrogazione del terzo comma dell'articolo 116 è proprio la consapevolezza, la percezione che il nostro paese è attraversato da grande differenze culturali e di comunità che si riverberano in differenze di natura istituzionale. Poter accedere ad un federalismo negoziato era una grande opportunità. Voglio ricordare ai colleghi leghisti che il processo di costruzione in Spagna di un modello federale incentrato sulle comunità autonome è iniziato con una fase che ha visto alcune regioni - Andalusia e Catalogna - avere nella contrattazione poteri legislativi superiori a quelli delle altre quindici comunità autonome. Questa è la storia! Ebbene, noi siamo consapevoli che il nostro paese era in grado, in alcune realtà territoriali, di assumere competenze legislative con una modalità - quella delineata dal terzo comma dell'articolo 116 - coerentemente federalista; vi era la presa d'atto della sovranità di una comunità territoriale che negoziava con il centro autonomia speciale. Cancellando il terzo comma dell'articolo 116 abbiamo costruito una gabbia istituzionale ed un sistema che non è in grado di garantire il fondamento del federalismo: una comunità politica che si autorappresenta e negozia alla pari con altre comunità politiche.

Ebbene, colleghi autonomisti e federalisti - in modo particolare colleghi della Lega - credo che questo rappresenti chiaramente un segnale in controtendenza coerente con quello che avete votato in precedenza e cioè che esiste una sovranità sovraordinata ad un'altra sovranità. Ebbene, come ricordavo prima, è proprio nel procedimento legislativo che si definisce compiutamente - attraverso il nomos, la legge - il carattere federalista di un governo territoriale; voi però lo avete negato in forma di principio riconoscendo - ahimè - una sovranità marginale e residuale per i territori regionali. Oggi negate la possibilità che vi sia un territorio che si autorappresenti politicamente. Direi che per quanto riguarda il processo devolutivo, mi dispiace dirlo, colleghi, ma abbiamo spostato leggermente - e questa è la verità poiché io non ho mai percepito la devoluzione (così com'è scritta oggi) così eversiva del sistema istituzionale - il margine di competenza negoziale, delineando la concorrenza legislativa esclusiva o concorrente delle regioni su materie sì rilevanti, ma sempre all'interno di una cornice istituzionale dove il vero limite è la rigidità, quando invece il federalismo può essere solo negoziale, pattizio e flessibile e prende atto delle diversità, delle specificità che contraddistinguono il nostro paese. Queste diversità dovevano o avrebbero dovuto e potuto trovare forma nella procedura prevista dal terzo comma. Il fatto incredibile è che - come ricordava il collega Bressa - regioni come il Veneto (che hanno rivendicato a parole un'autonomia speciale) non hanno mai utilizzato questo strumento. Ciò sta ad indicare una cosa: non avete voluto prendere sul serio quello che era un fatto serio. Abbiamo scritto una Costituzione coerentemente federale e voi oggi la state cancellando (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, colleghi parlamentari, non riesco a seguire la logica secondo cui per il centrosinistra un giorno facciamo a pezzi l'Italia e un altro giorno diventiamo centralisti, quando tutte le proposte all'attenzione di questa Assemblea hanno una logica ed un'uniformità di vedute.

L'abolizione del terzo comma dell'articolo 116 risponde alle intervenute modifiche dell'articolo 117, dove noi abbiamo in modo chiaro stabilito quali sono le competenze dello Stato, quali sono le materie concorrenti e quali sono le materie di esclusiva competenza delle regioni.

È palese che, con questo chiarimento sull'articolo 117, quell'autonomia differenziata che è stata richiamata poc'anzi dal collega Olivieri non ha più ragione di esistere, perché noi vogliamo che sulle materie concorrenti ci siano degli indirizzi, stabiliti dal Parlamento, che siano validi per tutte le regioni perché noi non vogliamo una crescita differenziata delle regioni rispetto alla gestione delle materie che sono loro delegate.

Sentire, invece, il collega Bressa affermare che abolendo questo comma le regioni «politicamente più avanzate» non possono mettere in moto meccanismi propri di gestione delle competenze che possono ricevere con legge dallo Stato ci porta ad una definizione tutta nuova; infatti, sappiamo, per bocca del collega Bressa, che esistono regioni politicamente avanzate ed altre, evidentemente, politicamente arretrate.

È evidente che questo è un giudizio di merito che l'onorevole Bressa dà, ad esempio, sulla mia Campania, dove certamente in questi anni abbiamo assistito dal punto di vista politico ad una gestione non sempre in sintonia con la regola del buon Governo; ma queste sono, evidentemente, valutazioni di ordine politico.

NUCCIO CARRARA. È politicamente avanzata la campagna!

VINCENZO NESPOLI. Nel novero della proposta di eliminare il comma terzo dell'articolo 116 abbiamo sentito addirittura qualcuno ipotizzare che questa abolizione è contro le regioni a statuto speciale (si tratta dell'abolizione di una norma introdotta soltanto da tre anni); quindi, non riesco a capire che cosa ci fosse prima nella Costituzione per poter far dire ai colleghi del centrosinistra che sono intervenuti che addirittura abolendo questo comma ci sarà la rivolta contro le regioni a statuto speciale. Come se quella in questione fosse una norma che negli anni ha dato dei risultati (che qualcuno, evidentemente, non ha saputo illustrare).

Noi riteniamo, invece, che abolire questo comma è indispensabile perché rende organica la divisione che abbiamo introdotto con l'articolo 117, in cui si stabilisce chiaramente che cosa fa lo Stato, quali sono le materie che debbono essere regolate nel rapporto fra Stato e regione e che cosa fanno le regioni.

Io voglio solo ricordare agli amici del centrosinistra che con questa autonomia differenziata, per usare un'aggettivazione più blanda utilizzata da voi stessi, voi prevedevate - e prevedete - in Costituzione che una regione potesse legiferare anche su materie di competenza statale (l'organizzazione della giustizia di pace, norme generale sull'istruzione, tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e dei beni culturali); quindi, volevate avere la possibilità che le regioni - usando l'espressione di Bressa - «politicamente più avanzate» potessero chiedere allo Stato di gestirsi in proprio queste autonomie.

In questo modo, a nostro modo di vedere, saremmo andati incontro a quella che giustamente il collega Carrara ha indicato come «secessione mascherata»..

Per questo motivo siamo favorevoli all'abolizione di questo comma (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor presidente, noi voteremo in modo convinto contro questo articolo, come voteremo contro tutti gli articoli di questa idea folle delle riforme costituzionali che vi ha guidato creando un testo pasticciato e pericoloso.

Vorrei però precisare, dopo aver ascoltato con grande attenzione e rispetto le argomentazioni dei colleghi di Alleanza nazionale e dell'opposizione, che il nostro voto contrario sull'articolo in esame deriva da un giudizio molto duro sul significato di questo testo di controriforma costituzionale. Non credo sia solo un pasticcio istituzionale. Certamente, è un grande pasticcio istituzionale molto insidioso che farà impazzire il sistema, che porterà inefficienze e conflitti. E se impazzisce il modello istituzionale, le conseguenze riguarderanno anche il modello sociale. Ma, a nostro avviso, il giudizio negativo su questo articolo e su questo testo di legge deriva dalla presenza di elementi pericolosi, di derive istituzionali. Credo che tale pasticcio sia coerente con un'idea fondamentale. Voi, di fatto, togliete valore e forza - l'abbiamo visto anche nella discussione sulle competenze del Presidente della Repubblica e sulla Corte costituzionale - alla Carta costituzionale e, attraverso la seconda parte, intervenite nella prima.

Per quanto riguarda il terzo comma, non capisco perché il collega di Alleanza nazionale critichi gli argomenti dei colleghi del centrosinistra, quando poi accetta quella che per me, invece, è un atto di secessionismo, la devolution. Quindi, dovrebbe far pace con la sua coscienza. Per quanto mi riguarda, sono contro la devolution, ossia l'atto istituzionalmente palese di secessione voluto da questa controriforma. Sinceramente, invito a riflettere anche sul terzo comma dell'articolo 116. Bisogna tener conto della discussione che abbiamo sviluppato, durante la quale sono emerse determinate preoccupazioni. Vi sono forme particolari di autonomia previste nelle materie di cui alle lettere l), n) e s) dell'articolo 117, quindi, non materie di poco conto. All'articolo 116, comma terzo, era previsto persino il voto a maggioranza assoluta di ciascuna Camera. Personalmente, continuo a vedere in quel terzo comma il rischio di accompagnare le spinte delle regioni forti e di socchiudere purtroppo una porta a progetti molto più chiari, dal punto di vista costituzionale eversivi, che rappresentano le spinte centrifughe di queste regioni forti.

Siamo, dunque, contro questo articolo, contro la devolution e contro un'idea di un federalismo che umilia il sistema delle autonomie. Con coerenza e con argomenti leggermente diversi da quelli che ho ascoltato in quest'aula, esprimeremo un voto contrario sull'articolo 40.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, ringrazio in modo particolare i colleghi Carraro e Nespoli per essere intervenuti e per aver interloquito con l'opposizione. Rispetto alla riforma delle destre e in particolare alla scelta compiuta sull'articolo 40, emerge chiaramente ciò che il collega Carrara ha avuto il coraggio di affermare, ossia che la riforma del centrosinistra sicuramente era più federale della vostra. Si tratta di un passo indietro rispetto al concetto di federalismo che avevamo saputo esprimere nella nostra riforma, una riforma voluta e votata non solo dal centrosinistra, ma anche dal popolo italiano, caro collega Carrara. Tale riforma, lo ripeto, fu votata non solo in Parlamento; anche il popolo italiano l'ha confermata attraverso un referendum. Vedremo se avrete lo stesso consenso da parte del popolo italiano.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 40.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 435

Votanti 434

Astenuti 1

Maggioranza 218

Hanno votato 256

Hanno votato no 178).

Onorevoli colleghi, all'ordine del giorno è prevista la discussione di tre documenti in materia di insindacabilità. Vi sono, inoltre, richieste di interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo successivo; se non sarà possibile esaurirli nella giornata odierna, potranno proseguire nella parte antimeridiana della seduta di domani.

Ritengo pertanto che si possa sospendere ora l'esame del disegno di legge costituzionale per procedere alla discussione dei documenti in materia di insindacabilità di cui al punto 2 dell'ordine del giorno.

 

 


 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)

 

ARTICOLO 39 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 39.

(Leggi regionali ed interesse nazionale della Repubblica).

1. All'articolo 127 della Costituzione, dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Il Governo, qualora ritenga che una legge regionale o parte di essa pregiudichi l'interesse nazionale della Repubblica, può sottoporre la questione al Senato federale della Repubblica, entro trenta giorni dalla pubblicazione della legge regionale. Il Senato federale della Repubblica, entro i successivi trenta giorni, decide sulla questione e può rinviare la legge alla Regione, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri componenti, indicando le disposizioni pregiudizievoli. Qualora entro i successivi trenta giorni il Consiglio regionale non rimuova la causa del pregiudizio, il Senato federale della Repubblica con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri componenti, entro gli ulteriori trenta giorni, può proporre al Presidente della Repubblica di annullare la legge o sue disposizioni. Il Presidente della Repubblica, entro i successivi quindici giorni, può emanare il conseguente decreto di annullamento».

 

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 39 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 39.

(Leggi regionali ed interesse nazionale della Repubblica).

Sopprimerlo.

*39. 5. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Bottino, Fanfani, Camo, Santino Adamo Loddo, Tuccillo, Realacci.

 

 

Sopprimerlo.

*39. 14. Collè, Detomas, Zeller, Brugger, Widmann.

 

 

Sopprimerlo.

*39. 71. Soro, Carboni, Ladu, Tonino Loddo, Maurandi, Frigato.

Subemendamenti all'emendamento 39. 200.

 

 

All'emendamento 39. 200., Art. 39, comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: qualora ritenga con le seguenti: , il Presidente della Repubblica oppure la maggioranza assoluta della Camera dei deputati, qualora ritengano.

0. 39. 200. 2. Buontempo.

 

 

All'emendamento 39. 200., Art. 39, comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: quindici giorni con la seguente: trenta giorni.

0. 39. 200. 3. Perrotta.

 

 

All'emendamento 39. 200., Art. 39, comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole da: alle Camere fino alla fine del terzo periodo con le seguenti: la questione al Parlamento in seduta comune che, entro gli ulteriori quindici giorni, con deliberazione adottatata a maggioranza assoluta dei propri componenti, può annullare la legge o sue disposizioni.

0. 39. 200. 6. La Commissione.

(Approvato)

All'emendamento 39. 200., Art. 39, comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole da: , che è deferita fino alla fine del comma con le seguenti: . La delibera di annullamento della legge o di sue disposizioni deve essere adottata dalla Camera dei deputati e dal Senato rispettivamente a maggioranza assoluta e a maggioranza dei tre quinti dei componenti di ciascuna Camera.

0. 39. 200. 5. Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

 

All'emendamento 39. 200., Art. 39, comma 1, capoverso, ultimo periodo, sostituire la parola: emana con le seguenti: può emanare.

*0. 39. 200. 1. Briguglio, Cirielli.

 

 

All'emendamento 39. 200., Art. 39, comma 1, capoverso, ultimo periodo, sostituire la parola: emana con le seguenti: può emanare.

*0. 39. 200. 4. Mascia, Giordano, Leoni, Boato, Bressa, Colasio.

 

 

Sostituirlo con il seguente:

Art. 39.

(Leggi regionali ed interesse nazionale della Repubblica.).

1. All'articolo 127 della Costituzione, dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Il Governo, qualora ritenga che una legge regionale o parte di essa pregiudichi l'interesse nazionale della Repubblica, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione invita la Regione a rimuovere le disposizioni pregiudizievoli. Qualora entro i successivi quindici giorni il Consiglio regionale non rimuova la causa del pregiudizio, il Governo, entro gli ulteriori quindici giorni, sottopone alle Camere la questione, che è deferita ad una Commissione mista paritetica di deputati e di senatori, formata secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere. La Commissione propone al Presidente della Repubblica, entro gli ulteriori quindici giorni, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri componenti, di annullare la legge o sue disposizioni. Il Presidente della Repubblica, entro i successivi dieci giorni, emana il conseguente decreto di annullamento».

39. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Approvato)

 

 

Al comma 1, capoverso, sopprimere il terzo ed il quarto periodo.

39. 73. Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

 

Al comma 1, capoverso, terzo periodo, sostituire le parole da: al Presidente fino alla fine del capoverso, con le seguenti: ricorso alla Corte costituzionale che decide, entro i successivi quindici giorni, di annullare la legge o le sue disposizioni.

39. 70. Taormina.

 

 

Dopo l'articolo 39, aggiungere il seguente:

Art. 39-bis. (Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le autonomie e Conferenze interregionali di cooperazione). - 1. Dopo l'articolo 127 della Costituzione, è aggiunto il seguente:

«Art. 128. La legge disciplina la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le autonomie. La Conferenza promuove intese per l'esercizio delle rispettive funzioni di governo e svolge le altre funzioni previste dalla legge.

Per l'esercizio delle competenze in materia di sanità, istruzione e polizia locale, le Regioni, sulla base del principio di leale collaborazione, istituiscono Conferenze interregionali, anche al fine di garantire i livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117».

39. 010. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

 

Dopo l'articolo 39, aggiungere il seguente:

Art. 39-bis.- 1. Dopo l'articolo 127 della Costituzione, è aggiunto il seguente:

«Art. 128. - Il Comune, la Provincia e la Città metropolitana, quandoritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o della Regione, leda le proprie competenze costituzionalmente attribuite, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi la Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente forza di legge».

*39. 011. Fioroni, Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Mascia.

 

 

Dopo l'articolo 39, aggiungere il seguente:

Art. 39-bis. - 1. Dopo l'articolo 127 della Costituzione, è aggiunto il seguente:

«Art. 128. - Il Comune, la Provincia e la Città metropolitana, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o della Regione, leda le proprie competenze costituzionalmente attribuite, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi la Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente forza di legge».

*39. 012. Osvaldo Napoli.

 

 

Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 39. 0200.

All'articolo aggiuntivo 39.0200, capoverso Art. 128, primo comma, primo periodo, sostituire le parole da: Ciascun Comune fino alla parola: disciplina con le seguenti: I Comuni, le province e le città metropolitane, qualora ritengano che una legge o un atto avente forza di legge dello Stato o della regione leda le proprie competenze costituzionalmente attribuite, possono promuovere dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale. Una legge costituzionale disciplina le condizioni.

0.39.0200.25. La Commissione.

(Approvato)

 

 

All'articolo aggiuntivo 39. 0200., Art. 39-bis, comma 1, capoverso Art. 128, primo periodo, sopprimere la parola: Provincia.

0. 39. 0200. 1. Perrotta.

 

 

All'articolo aggiuntivo 39. 0200., Art. 39-bis, comma 1, capoverso Art. 128, primo periodo, sopprimere le parole da: , salvo che fino alla fine del periodo.

0. 39. 0200. 2. Mascia, Russo Spena.

 

 

 

 

Dopo l'articolo 39, aggiungere il seguente:

Art. 39-bis. (Garanzie per le autonomie locali). - 1. Dopo l'articolo 127 della Costituzione, è aggiunto il seguente:

«Art. 128. - Ciascun Comune, Provincia o Città metropolitana, qualora ritenga che una legge o un atto avente forza di legge dello Stato o della Regione leda le proprie competenze costituzionalmente attribuite, promuove dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale, salvo che il Consiglio delle autonomie locali della propria Regione ne dichiari la manifesta infondatezza. La legge dello Stato, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, disciplina le forme ed i termini di proponibilità della questione».

39. 0200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè.

(Approvato)

 

 

Subemendamento all'articolo aggiuntivo 39. 0201.

All'articolo aggiuntivo 39.0201 Elio Vito, capoverso Art. 129, sostituire i commi primo e secondo con i seguenti:

Fatte salve le competenze amministrative delle Conferenze di cui all'articolo 118, terzo comma, la legge dello Stato, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, promuove il coordinamento tra il Senato federale della Repubblica e i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni e ne disciplina forme e modalità.

Il regolamento del Senato garantisce rapporti di reciproca informazione e collaborazione tra i senatori e i rappresentanti degli enti di cui al secondo comma dell'articolo 114.

0. 39. 0201. 25. La Commissione.

(Approvato)

 

All'articolo aggiuntivo 39. 021, Art. 39-bis, comma 1, capoverso Art. 129, secondo comma, sostituire le parole: Il regolamento del Senato con le seguenti: La legge dello Stato, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, .

0. 39. 0201. 1. Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

 

 

Dopo l'articolo 39, aggiungere il seguente:

Art. 39-bis. (Coordinamento interistituzionale da parte del Senato federale della Repubblica). 1. Dopo l'articolo 127 della Costituzione, è aggiunto il seguente:

«Art. 129. - Il Senato federale della Repubblica promuove il coordinamento tra Comuni, Città metropolitane, Province, Regioni ed il Senato medesimo, nonché la circolazione delle informazioni tra gli stessi.

Il regolamento del Senato disciplina le forme e le modalità di tale coordinamento e garantisce rapporti di reciproca informazione e collaborazione tra i senatori e i rappresentanti degli enti di cui all'articolo 114.

I senatori possono essere sentiti, ogni volta che lo richiedono, dal Consiglio della Regione ovvero della Provincia autonoma in cui sono stati eletti con le modalità e nei casi previsti dai rispettivi regolamenti».

39. 0201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Approvato)

 

 

Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 39. 0202.

All'articolo aggiuntivo 39.0202, comma 1, alinea, sostituire le parole: Dopo l'articolo 127 con le seguenti: Dopo l'articolo 98.

 

 

Conseguentemente, sostituire il capoverso Art. 130 con il seguente: Art. 98-bis.

0.39.0202.25. La Commissione.

(Approvato)

 

 

All'articolo aggiuntivo 39.0202, capoverso Art. 130, primo comma, sostituire le parole: su determinate con le seguenti: in materia di diritti di libertà garantiti dalla Costituzione e su.

0. 39. 0202. 26. La Commissione.

(Approvato)

 

 

All'articolo aggiuntivo 39. 022, Art. 39, comma 1, capoverso Art. 130, secondo comma, dopo la parola: riferiscono aggiungere la seguente: annualmente.

0. 39. 0202. 1. Bressa, Boato, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

 

 

Dopo l'articolo 39, aggiungere il seguente:

Art. 39-bis. (Autorità amministrative indipendenti nazionali). - 1. Dopo l'articolo 127 della Costituzione, è aggiunto il seguente:

«Art. 130 - Per lo svolgimento di attività di garanzia o di vigilanza su determinate materie di competenza dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, la legge approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, può istituire apposite Autorità indipendenti, stabilendone la durata del mandato, i requisiti di eleggibilità e le condizioni di indipendenza.

Le Autorità riferiscono alle Camere sui risultati delle attività svolte».

39. 0202. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Approvato)

 

 

Dopo l'articolo 39, aggiungere il seguente:

Art. 39-bis. - 1. All'articolo 131 della Costituzione le parole: «Valle d'Aosta» e «Trentino-Alto Adige» sono sostituite rispettivamente dalle parole «Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste» e «Trentino-Alto Adige/Sudtirol».

39. 01. Olivieri, Kessler, Maran, Boato, Bressa, Collè, Zeller, Brugger, Widmann, Detomas.

(Approvato)

 

 

Dopo l'articolo 39, aggiungere il seguente:

Art. 39-bis. - (Città metropolitane). - 1. All'articolo 133 della Costituzione è premesso il seguente comma:

«L'istituzione di Città metropolitane nell'ambito di una Regione è stabilita con legge dello Stato, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, su iniziativa dei Comuni interessati, sentite le Province interessate e la stessa Regione».

39. 0203. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Approvato)

 

 

Dopo l'articolo 39, aggiungere il seguente:

Art. 39-bis. - 1. All'articolo 133 della Costituzione, primo comma, le parole: «sentita la stessa Regione» sono sostituite dalle seguenti «d'intesa con la stessa Regione».

39. 02. Schmidt.

 

 

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 36 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Dopo l'articolo 36, aggiungere il seguente:

Art. 36-bis. - 1. All'articolo 122, primo comma, della Costituzione dopo le parole: «stabilisce anche» sono aggiunte le seguenti: «i criteri di composizione e».

36. 05. (Testo modificato nel corso della seduta) Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino.

(Approvato)

 

 

Dopo l'articolo 36, aggiungere il seguente:

Art. 36-bis. - 1. All'articolo 122, quinto comma, primo periodo, della Costituzione sono aggiunte, in fine, le parole: «e non è immediatamente rieleggibile dopo il secondo mandato consecutivo».

36. 04. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Giordano, Zanella.

(Approvato)

 

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 3)

 

ARTICOLO 38 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 38.

(Modifiche all'articolo 126 della Costituzione).

1. All'articolo 126, terzo comma, della Costituzione, al primo periodo, sono soppresse le parole: «, l'impedimento permanente, la morte» e il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «Non si fa luogo a dimissioni della Giunta e a scioglimento del Consiglio in caso di morte o impedimento permanente del Presidente della Giunta. In tale caso, lo statuto regionale disciplina la nomina di un nuovo Presidente, cui si applicano le disposizioni previste per il Presidente sostituito. In ogni caso le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio».

 

 

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 38 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 38.

(Modifiche all'articolo 126 della Costituzione).

Al comma 1, premettere il seguente:

01. All'articolo 126, primo comma, della Costituzione, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente:

«Il decreto è adottato previo parere del Senato federale della Repubblica».

 

 

Conseguentemente, all'articolo 40, sopprimere il comma 2.

38. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Approvato)

 

 

 

 

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 4)

ARTICOLO 40 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 40.

(Abrogazioni).

1. All'articolo 116 della Costituzione, il terzo comma è abrogato.

2. All'articolo 126, primo comma, della Costituzione, l'ultimo periodo è soppresso.

 

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 40 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

ART. 40.

(Abrogazioni).

Sopprimerlo.

40. 10. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

 

Sopprimere il comma 1.

40. 1. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Zanella.

 

 

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

519.

 

Seduta di venerdì 1° ottobre 2004

 

presidenza del vicepresidente PUBLIO FIORI
indi
DEL VICEPRESIDENTE
FABIO MUSSI
E DEL PRESIDENTE
PIER FERDINANDO CASINI

 

 

 


La seduta comincia alle 9,30.

 

Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 9,45).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.

Ricordo che nella seduta di ieri è stato approvato, da ultimo, l'articolo 40.

Come già comunicato all'Assemblea nella seduta del 15 settembre scorso, riprenderemo l'esame dall'articolo 2.

Avverto che prima della seduta sono stati ritirati i seguenti emendamenti: Perrotta 2.73, 2.74, 2.75 e 2.76 nonché il subemendamento Perrotta 0.2.200.1. Inoltre, sono stati ritirati gli emendamenti Leoni 3.12, Zeller 3.97 e 3.99 e Boato 3.93, nonché i subemendamenti Zeller 0.3.203.1 e 0.3.203.2, Kessler 0.3.203.3, Cossa 0.3.203.8, Boato 0.3.203.10, Olivieri 0.3.203.4 e gli ulteriori emendamenti Olivieri 3.17, Boato 3.76, Zeller 3.100, 3.98 e 3.101 e Bressa 3.18.

Avverto, altresì, che la Commissione ha presentato l'emendamento 3.25: il termine per la presentazione di eventuali subemendamenti è fissato per le ore 12 di oggi.

Avverto, inoltre, che l'emendamento Bressa 2.79 è sottoscritto anche dall'onorevole Mascia e che le firme degli onorevoli Russo Spena e Mascia devono intendersi ritirate dall'emendamento Bressa 3.13.

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su quale argomento?

PIERO RUZZANTE. Vorrei fare riferimento alla comunicazione relativa al termine per la presentazione di eventuali subemendamenti all'emendamento 3.25 della Commissione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.

PIERO RUZZANTE. La seduta sta iniziando adesso ed è evidente che i deputati devono essere in aula. La Commissione ha presentato l'emendamento soltanto qualche minuto fa; pertanto chiediamo che il termine sia prorogato almeno fino alle 14, ovvero mezz'ora dopo la conclusione dei lavori dell'aula. Mi sembra che questo sia un tempo assolutamente congruo: ripeto, l'emendamento è stato presentato questa mattina, solo qualche minuto fa in sede di Comitato dei nove.

Crediamo che vadano garantite almeno quattro ore e mezzo di tempo, in particolare su un tema così delicato come le riforme costituzionali.

PRESIDENTE. Onorevole relatore, le chiedo il suo parere in proposito.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor presidente, forse l'onorevole Ruzzante non ha avuto il tempo di coordinarsi con i colleghi del suo gruppo presenti in sede di Comitato dei nove. L'emendamento della Commissione, infatti, recepisce in massima parte un emendamento presentato dai colleghi dell'opposizione e uno presentato dalla maggioranza (Commenti del deputato Ruzzante). Sto solo cercando di spiegare. L'emendamento è stato approvato all'unanimità.

GRAZIELLA MASCIA. Non all'unanimità!

DONATO BRUNO, Relatore. Ha ragione: ad eccezione della collega Mascia. Con questa sola eccezione, è stato approvato all'unanimità, in quanto tutti gli altri colleghi erano rappresentati in sede di Comitato dei nove e hanno ritenuto di aderire a quel testo.

Visto lo spirito con cui l'Assemblea ha iniziato i lavori, forse non riusciremo ad affrontare questa mattina le disposizioni relative al Senato federale.

Signor Presidente, decida lei cosa ritiene più opportuno. Penso però che il termine da lei indicato sia sufficiente per consentire ulteriori riflessioni.

PRESIDENTE. Il comma 5-bis dell'articolo 86 del regolamento dispone che il Presidente della Camera può rinviare per non più di tre ore l'esame degli emendamenti e articoli aggiuntivi presentati ai sensi del comma 5. Stiamo parlando di emendamenti presentati dalla Commissione. In via del tutto eccezionale, posso differire di mezz'ora il termine già fissato.

PIERO RUZZANTE. Quindi alle 13,30?

PRESIDENTE. Mezz'ora oltre il termine precedentemente fissato.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, vorrei porre alla vostra attenzione e valutazione una questione costruttiva. L'emendamento presentato dalla Commissione produce un aumento del numero dei rappresentanti delle regioni e del sistema delle autonomie locali presso il Senato federale, pur senza diritto di voto.

Non si specifica a carico di chi saranno poste le relative spese. Se esse dovessero essere a carico degli enti che designano i rappresentanti, si tratterebbe di un emendamento tale da comportare un aumento di spesa per la pubblica amministrazione, in particolare per le regioni e le autonomie locali, che dovrebbero erogare quanto meno l'indennità di missione.

Signor Presidente, la prego pertanto, senza tornare sulla questione posta dall'onorevole Ruzzante, che lei ha risolto, a mio avviso, con ragionevolezza, di far svolgere una valutazione all'Ufficio di Presidenza, perché, qualora vi fosse una diretta e inequivocabile incidenza sulla spesa, occorrerebbe applicare, come lei sa, un'altra norma regolamentare.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).

Nessuno chiedendo di parlare dovremmo passare ai voti.

Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,54).

 

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 9,55, è ripresa alle 10,15.

 

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sulle proposte emendative riferite all'articolo 2.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, prima di esprimere il parere della Commissione e sempre in considerazione di quanto ho detto circa l'eventuale mancata replica al termine della discussione sulle linee generali e cioè che mi sarei brevissimamente intrattenuto sulle motivazioni articolo per articolo - almeno su quelli che si ritiene siano gli articoli più significativi di questa riforma -, vorrei sottolineare che l'Assemblea questa mattina si accinge ad esaminare la nuova struttura della Camera dei deputati.

Sostanzialmente non vi sono modifiche tali da ritenere che, sia in sede di attività dei colleghi del Senato sia per quanto riguarda la Commissione affari costituzionali della Camera, vi siano stati stravolgimenti. In particolare, vorrei porre l'attenzione - ed invito i colleghi dell'Assemblea a fare altrettanto - su quelli che sono i tre punti qualificanti della riforma: la composizione dell'Assemblea, l'elettorato attivo e la diversa qualificazione e sistemazione degli odierni senatori a vita.

Come l'Assemblea avrà occasione di vedere sulla base dei pareri che andrò a formulare, qualora le proposte emendative su cui la Commissione è favorevole saranno approvate - all'unanimità o mi auguro quanto meno con la maggioranza dell'Assemblea -, avremo un testo nel quale la Camera dei deputati vedrà una riduzione dei propri membri da 630 a 500, l'elettorato passivo verrà portato a 21 anni, mentre per quanto attiene gli odierni senatori a vita si è ritenuto di portarli, attesa la configurazione che viene data al Senato federale, alla Camera dei deputati. Un'altra modifica riguarda...

PRESIDENTE. Presidente Bruno, quando ritiene, la pregherei di esprimere i pareri, grazie.

DONATO BRUNO, Relatore. Presidente, cercavo solo di spiegare quello che mi è stato sollecitato anche dall'opposizione, ma va bene. La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Leoni 2.70, Mascia 2.1, Emerenzio Barbieri 2.81 e Boato 2.80, sui subemendamenti Bressa 0.2.200.2 e Boccia 0.2.200., sugli identici emendamenti Boato 2.71 e Pacini 2.77, sull'emendamento Perrotta 2.75...

PRESIDENTE. Onorevole relatore, è stato ritirato.

ALDO PERROTTA. Non, è ritirato!

DONATO BRUNO, Relatore. Il parere è comunque contrario. Il parere è altresì contrario sull'emendamento Bressa 2.79, mentre è favorevole sull'emendamento Elio Vito 2.200 e sugli identici emendamenti Boato 2.3 e Buontempo.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 2.70, non accettato dalla Commissione né dal Governo...

PIERO RUZZANTE. Presidente!

RENZO INNOCENTI. Stanno votando per due!

PRESIDENTE. Scusate, colleghi, revoco la votazione perché l'onorevole Perrotta aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Fate quello che volete, quando avete finito chiamateci...!

ALDO PERROTTA. Onorevoli colleghi, sopprimere questo articolo significa compiere un'azione gravissima in quanto, come sosteneva giustamente il Presidente della I Commissione e relatore, il testo in esame interviene sulla composizione della Camera dei deputati, i cui componenti, attualmente, sono 630. La nuova disciplina costituirebbe l'architrave del sistema della devolution in quanto riduce i deputati a 512; curiosamente, però - lo si è considerato anche ieri -, mentre il Parlamento, per così dire, si autoriduce, assistiamo invece, se mi permettete di avanzare un'obiezione solo politica, ad un aumento sistematico per quanto riguarda la composizione degli organi delle regioni. Sicché, se mi si consente una digressione politica, potrei sostenere che mentre noi risparmiamo, le regioni, inopinatamente, stanno aumentando notevolmente i costi della loro organizzazione.

È inoltre significativo che nel numero considerato siano compresi anche i deputati assegnati alla circoscrizione Estero che, nel passato, non era mai stata istituita: in tal senso, è recente l'approvazione della legge che l'ha creata.

Sicché, nell'architrave rappresentato dalle norme recate da questo articolo, vi è non solo la riduzione del numero complessivo dei parlamentari di questo ramo del Parlamento a 512 ma, altresì, l'inserimento, all'interno, dei deputati della circoscrizione Estero.

Sono poi indicati i limiti di età che, come riferiva il presidente della I Commissione e relatore, sono diminuiti; limiti di età che, indicati per l'elettorato attivo e soprattutto passivo, sono stati ridotti in modo da dare la possibilità di una più ampia partecipazione politica del corpo elettorale.

Non dimentichiamo, infine, la ripartizione dei seggi effettuata per numero di abitanti: la differenza, rispetto alla precedente disciplina, risiede nell'eliminazione, dalla normativa architrave recata dalla disciplina elettorale, dei resti nazionali in quanto riportati direttamente in Costituzione quando si indica che si distribuiscono i seggi in proporzione degli abitanti «sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti».

La verità è che, quando si propone di sopprime l'articolo, si compie un attacco deliberato rispetto alla devolution in quanto si vorrebbe non approvarla; si fa ostruzione continua in questo Parlamento, per una ragione che riteniamo assolutamente sbagliata.

Dissi già in occasione del mio intervento in sede di discussione sulle linee generali del provvedimento che ogni volta che sarei intervenuto, almeno sulle previsioni principali, avrei sempre ricordato al centrosinistra che essi riformarono la forma di Stato approvando con solo quattro voti di scarto il nuovo Titolo V della Costituzione. Vi ricordo, altresì, che allora approvaste una devolution che, per così dire, non aveva né testa né coda.

Ricordo, sulla base degli atti parlamentari del tempo, che noi esponemmo già la questione circa l'eccessivo numero di parlamentari e voi ne prendeste atto. Considerando i resoconti degli interventi allora svolti, più volte, già nella precedente legislatura, si convenne che 630 parlamentari deputati erano eccessivi per cui si sarebbe dovuto ridurre il loro numero.

Oggi, voler votare contro l'approvazione dell'articolo, significa lasciare, peraltro, l'attuale numero di parlamentari che, oggettivamente, pur con tutta la disponibilità, è un numero eccessivo nella costruzione di una nuova organizzazione dello Stato.

Dunque, sempre per riprendere il discorso, Presidente, e concludo il mio intervento, dirò quanto segue.

Vorrei dire che questo è un fatto tattico. Si tratta di una richiesta da parte dell'opposizione di rimettere continuamente in discussione la devolution. Sappiate che la faremo!

PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, deve concludere.

ALDO PERROTTA. Sappiate che, a differenza dell'opposizione, stiamo facendo una grande devolution e che, a differenza vostra, non l'approveremo con quattro voti ma, anche se voi non ci sarete, con almeno settanta, ottanta, novanta voti di vantaggio!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Credo che l'articolo che stiamo affrontando e, soprattutto, l'emendamento proposto dai colleghi Leone ed altri ci dia l'esatta cognizione del confronto in atto in quest'aula e della reale volontà degli schieramenti di affrontare la questione di un'effettiva riforma, anche della parte della Costituzione che riguarda la forma di Governo.

Abbiamo già messo in atto un intervento poderoso di modifica del Titolo V così com'era stato riformato dal centrosinistra. Ora, con questo articolo, entriamo nell'altro aspetto della proposta di modifica della Costituzione che vogliamo affrontare. Si tratta di una modifica delle competenze delle due Camere, del superamento del bicameralismo perfetto all'italiana e dell'introduzione del premierato. Tutti questi concetti sono nella coscienza del popolo italiano e sono anche oggetto del confronto politico degli ultimi anni.

Vorrei ricordare a tutti quanti noi che alcune delle questioni che anche in questa sede vengono riproposte (che riguardano, ad esempio, la rappresentanza degli italiani all'estero e il concetto dell'elezione diretta del premier) sono elementi che abbiamo affrontato e inserito nella Costituzione in tempi recenti. Su questi temi si è trovata un'unanimità di vedute, sia per quanto riguarda la rappresentanza degli italiani all'estero all'interno del Parlamento italiano, sia per quanto riguarda, ad esempio, l'elezione diretta dei presidenti delle regioni.

Da questi principi si muove questa modifica che proponiamo, che raggiunge una serie di obiettivi condivisi dalla pubblica opinione, quali la riduzione del numero dei parlamentari. So, perché nel confronto politico molto spesso siamo messi di fronte alla valutazione delle proposte degli avversari, che il centrosinistra in epoca recentissima ha proposto la riduzione del numero dei parlamentari. Quindi, questa proposta è coerente anche con una condivisione di taluni obiettivi.

Intervenire sulla composizione della Camera dei deputati, così come facciamo in quest'articolo, diminuendo il numero dei componenti della stessa ma dando alla Camera dei deputati anche la rappresentatività della delegazione estera dei nostri concittadini (trasferendo alla Camera dei deputati il concetto della rappresentatività dei cittadini italiani residenti all'estero) e andare oltre, consentendo che questo processo di svecchiamento della politica si possa determinare anche con la partecipazione diretta dei giovani all'attività politica, introducendo la possibilità che si possa essere eletti parlamentari non più a venticinque anni ma a ventuno (come una serie di emendamenti propongono - e siamo in sintonia con questo tipo di proposta), significa tenere conto del fatto che da quando è stata approvata la Costituzione ad oggi molte cose sono cambiate.

È cambiato il processo di partecipazione alla vita della Repubblica. Vi sono stati cambiamenti anche in ordine alla partecipazione dei giovani diciottenni all'attività politica e all'assunzione di ruoli importanti. Attualmente, un diciottenne può essere eletto sindaco di una grande città o presidente di una regione. In questo modo, andiamo incontro alla necessità di una nazione che, da questo punto, si è evoluta.

Non comprendiamo la ratio dell'emendamento soppressivo in esame, se non come forma di becero ostruzionismo, che non ha alcuna motivazione sostanziale seria e che vuole sfuggire ad un confronto di merito sulle questioni che abbiamo posto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale, l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, intervengo per rilevare l'importanza dell'articolo che speriamo di approvare e per invitare i colleghi dell'opposizione a ritirare l'emendamento soppressivo in esame, perché sottende la volontà di voler mantenere l'attuale composizione della Camera dei deputati a 630 deputati. Noi, invece, abbiamo proposto di ridurre il numero dei deputati a 500, rispettando la volontà del popolo italiano. Il popolo italiano, infatti, ci chiede di ridurre il costo della politica. In campagna elettorale ci siamo impegnati a realizzare questo obiettivo e, quindi, inviterei i colleghi a ritirare l'emendamento soppressivo in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, l'articolo 2, come hanno ricordato i colleghi, avvia il disegno del bicameralismo imperfetto, vale a dire la scelta di fondo di questa riforma. Approfondiremo il tema del bicameralismo imperfetto in occasione dell'esame delle modifiche all'articolo 70 che attribuiscono alla Camera il ruolo unico di organo di indirizzo politico in rapporto fiduciario con il premier.

Nell'articolo in esame sono presenti molte novità, alcune delle quali sono state ricordate, quali la riduzione del numero dei deputati. La scelta di prevedere 500 deputati (la precedente formulazione della Commissione e del testo del Senato ne prevedeva 400) non nasce da un calcolo affrettato o superficiale, ma dall'esigenza di garantire, ancorché con la drastica riduzione del numero, una rappresentanza territoriale; la relativa legge elettorale dovrà garantire che le circoscrizioni o i collegi elettorali siano composti in maniera tale da assicurare il rapporto tra deputato e territorio.

L'altra novità importante di questo assetto è l'allineamento dei diritti di elettorato attivo a 18 anni, sia per la Camera sia per il Senato. Si tratta, a nostro avviso, di un'altra novità di rilievo considerato il cambiamento di ruolo e di natura del Senato federale che esamineremo all'articolo 3.

È previsto anche l'aumento del numero dei deputati assegnati alla circoscrizione Estero, posto che questi non sono più presenti nel Senato federale (non ve ne sarebbe la ragione); questo ci dovrà far riflettere sulla circostanza di approfondire il ruolo, la funzione e le prerogative che questi deputati dovranno avere, considerato che quella che disciplina l'elezione dei deputati assegnati alla circoscrizione Estero è una legge elettorale basata sul sistema proporzionale sganciata dal meccanismo previsto nel nuovo assetto costituzionale dell'elezione diretta o dell'investitura popolare del premier.

Quindi, bisognerà verificare al riguardo, considerato il numero e quindi la potenziale incidenza che questi deputati possono avere nei rapporti tra maggioranza ed opposizione, come questo inserimento corposo di deputati, assegnati alla circoscrizione Estero, potrà essere reso coerente con il premierato, con il rapporto fiduciario con la Camera dei deputati e con la garanzia degli equilibri tra maggioranza ed opposizione. Quindi, su questo tema credo che nel corso dell'esame del provvedimento dovremo fare ulteriori approfondimenti. Anche in questo caso, il testo prevede alcune innovazioni, come lo spostamento dei senatori a vita alla Camera dei deputati, che diventano deputati a vita, e anche questo si colloca in un'ottica coerente con il sistema bicamerale imperfetto che stiamo introducendo.

Quindi, io credo che il testo di questo articolo possa tutto sommato trovare conferma da parte dell'Assemblea, anche con riferimento ad alcuni emendamenti che sono stati proposti, che vengono incontro anche alle esigenze dell'opposizione e che sono stati recepiti nell'ambito delle iniziative dei gruppi di maggioranza.

PRESIDENTE. Onorevole, la prego di concludere.

GIAMPIERO D'ALIA. Ho quasi concluso, Presidente, ancora 30 secondi.

Certo è che, una volta approvato questo articolo, noi dobbiamo avere la consapevolezza che cambia l'aspetto complessivo del nostro sistema e quindi dovremo dedicare grande attenzione sia all'esame del premierato sia a quello del procedimento legislativo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, l'articolo 2 che stiamo esaminando - e l'emendamento proposto dai colleghi della sinistra vuole sopprimerlo - è parte fondamentale di questo progetto di riforma della nostra Costituzione.

Come hanno già detto i miei colleghi, il numero dei deputati si riduce significativamente: passiamo da 630 a 500 deputati, e questo anche per dare un segnale al paese che i costi della politica devono essere contenuti, anche se la rappresentanza di 500 persone resta un numero significativo per rappresentare le istanze dello Stato.

Altre novità. C'è il discorso dei deputati della circoscrizione Estero, che verranno in pratica collocati all'interno di questa Assemblea, proprio perché dovranno rispondere ad un vincolo partitico, ad un vincolo politico nei confronti di chi li manderà a rappresentare le istanze di cui saranno portatori.

Deputati a vita. Anche questa è un'altra novità; non più senatori, perché il Senato federale ha un'altra natura, di rappresentatività territoriale, e, quindi, è giusto che coloro che dovranno ricoprire un ruolo politico siedano all'interno di questa Assemblea e non nel Senato federale.

Sono novità importanti quelle che stiamo introducendo ed è molto strano che i colleghi della sinistra, che all'interno della Commissione collaborano con noi per dare alla parte relativa alla Camera (ma direi a tutto il resto di questa riforma) maggiore compiutezza, propongano di sopprimere con questo emendamento l'articolo 2.

È una posizione abbastanza strana, che probabilmente riflette diktat politici provenienti dall'esterno di questa Assemblea. Essa, infatti, contrasta con la volontà di collaborazione che si respira all'interno della Commissione affari costituzionali, nella quale, in alcuni casi, numerose proposte emendative proposte dalla sinistra vengono accolte.

Vorrei sottolineare al riguardo che, come già annunziato dal relatore, onorevole Bruno, verrà accolta una proposta emendativa, anch'essa presentata da coloro che intendono sopprimere l'articolo 2 del provvedimento in esame, volta ad abbassare il requisito dell'età per essere eletti alla Camera dei deputati da 25 a 21 anni.

Pertanto, vorrei precisare che, da parte nostra, vi è un atteggiamento di collaborazione ed anche di attenzione verso le istanze di chi cerca di demonizzare questa riforma, proprio perché intendiamo accogliere alcuni spunti, che riteniamo interessanti anche se provenienti perfino dai banchi dell'opposizione.

Desidero ribadire che si tratta di una riforma importante, poiché proprio la Camera dei deputati diventerà l'Assemblea che dovrà imprimere l'impulso politico alle riforme che porteranno a compimento il progetto di un paese avviato verso il federalismo. Tale progetto federalista si concretizzerà in due Assemblee legislative: da una parte, la Camera dei deputati, con una funzione prettamente politica, e dall'altra il Senato federale, che dovrà garantire una rappresentanza molto più attenta delle istanze provenienti dalle regioni, anche grazie alla presenza significativa di esponenti che il territorio, in maniera molto più chiara rispetto alla Camera dei deputati, esprimerà.

È questo il motivo per cui, signor Presidente, mi permetto anch'io di invitare i colleghi della minoranza a ritirare l'emendamento soppressivo Leoni 2.70, poiché la riforma della Camera dei deputati risponde a nuove esigenze, provenienti da tutto il paese e non da una sola parte politica, come qualcuno potrebbe pensare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.

MICHELE SAPONARA. Signor Presidente, rivolgo anch'io ai colleghi dell'opposizione l'invito a non insistere per la votazione dell'emendamento soppressivo Leoni 2.70. Se dovessero insistere, infatti, dimostrerebbero un comportamento gravemente contraddittorio, atteso che l'articolo 2 del provvedimento in esame costituisce una parte importante della riforma costituzionale, alla cui elaborazione stanno partecipando attivamente tutti i componenti del Comitato dei nove, e dunque anche quelli appartenenti all'opposizione.

Abbiamo recepito l'invito, rivolto sia dal Presidente della Repubblica, sia dall'opinione pubblica, a non procedere all'approvazione di questa riforma costituzionale a colpi di maggioranza; pertanto, vorrei segnalare che siamo disponibili ad accogliere tutti i suggerimenti provenienti dalle opposizioni.

Vorrei formulare un'osservazione sulla questione del costo della riforma, poiché si tende a criminalizzare la riforma in esame, definendola eccessivamente costosa. Vogliamo allora venire incontro anche alle richieste di riduzione dei costi della riforma, vale a dire dei costi della democrazia; pertanto, così come nella seduta di ieri abbiamo approvato un emendamento circa la composizione dei consigli regionali, per scoraggiare l'aumento del numero dei consiglieri, proprio al fine di non aumentare le spese a carico dello Stato...

PRESIDENTE. Onorevole Saponara, concluda!

MICHELE SAPONARA. ...oggi proponiamo di ridurre il numero dei parlamentari per abbassare i costi di funzionamento del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

GERARDO BIANCO. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, in attesa che si raccolgano le forze (Commenti) per costituire quello spirito costituente necessario a mantenere viva l'attenzione nell'approvazione del disegno di legge in esame, mi permetto di intervenire per un piccolo richiamo al regolamento.

Signor Presidente, lei sa che nutro grande considerazione per la sua direzione e per la saggezza con la quale governa i lavori dell'Assemblea. Vorrei rilevare, tuttavia, che ieri ha assunto una decisione sulla base delle indicazioni fornite da tutti i gruppi; credo che abbia applicato l'articolo 57 del regolamento, anche se forse la procedura più corretta - ma comprendo la sua decisione - sarebbe stata quella suggerita dall'onorevole Boato, in base alla quale, dopo la proclamazione di una votazione, è possibile correggere il voto espresso individualmente.

Credo, comunque, che il rispetto rigoroso del regolamento sia una garanzia, per tutti noi, di estremo rilievo e importanza. L'interpretazione in merito non può essere, a mio avviso, che restrittiva, non aperta alle varie opportunità del momento.

Mi permetto di richiamare l'articolo 50, comma 3, del regolamento in cui è detto espressamente che quando s'inizia una votazione può essere soltanto dichiarato il risultato del voto. Capisco che la sua decisione, signor Presidente, sia stata dettata anche da motivi di opportunità, nel senso che è stata concepita in base alla decisione precedente, ma il voto era iniziato e doveva essere solo proclamato il risultato. Mi pare che questa sia una regola alla quale bisogna attenersi.

Lei, signor Presidente, ha opportunamente affermato che quello di ieri non era un precedente e ritengo che, non essendo un precedente, non possa essere tenuto in conto. Quando s'inizia una votazione ed il Presidente non vede chi ha alzato la mano, deve essere solo proclamato il risultato della votazione stessa; tornare indietro, crea un'arbitrarietà nelle decisioni, che può essere anche poco dominabile dal punto di vista dell'andamento dei lavori della Camera.

Signor Presidente, le riconfermo, in ogni caso, tutta la mia considerazione e la mia stima, per la saggezza con la quale lei governa i nostri lavori.

PRESIDENTE. Onorevole Gerardo Bianco, la ringrazio.

Desidero solo farle presente che ieri ho annullato una votazione su richiesta dei gruppi e del Governo, in considerazione dell'importanza del dibattito in aula su una riforma della Costituzione e l'ho fatto dicendo esplicitamente che ciò non avrebbe costituito precedente.

Oggi abbiamo fatto una cosa molto diversa, nel senso che ho revocato la votazione, come è prassi costante di questa Camera. Come lei - lei da un po' più di me -, sono presente in questo Parlamento da molti anni ed ho assistito innumerevoli volte a votazioni aperte che sono state successivamente annullate - non le votazioni, ma l'apertura delle stesse -, per consentire ad un collega di parlare.

Credo che il compito più importante del Presidente dell'Assemblea sia consentire il più ampio dibattito possibile, proprio perché crediamo che il Parlamento abbia una funzione centrale nella vita democratica del paese.

LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, vorrei segnalare una questione. Insieme a tutti i colleghi capigruppo dell'opposizione abbiamo segnalato, nei giorni scorsi, il problema dei costi di questa riforma. Ci è stato risposto, se non ricordo male sia dal ministro sia da altri colleghi, che questa riforma non comportava oneri e pertanto il problema non si poneva. In realtà, oggi, il Capo dello Stato, in un'intervista al Corriere della Sera ripropone il problema dei costi del federalismo.

Vorrei dire, molto serenamente, che la riforma realizzata dal centrosinistra nella scorsa legislatura non aveva una previsione di costi. I colleghi ricorderanno che si disse che non era necessario che il progetto di quella riforma passasse al vaglio della Commissione bilancio, proprio perché non comportava costi. In realtà, i costi - come sappiamo - vi sono stati. Ricordo un intervento del collega Volontè, che quantificava in 66 milioni, se non ricordo male (Commenti)...

DONATO BRUNO, Relatore. La legge Bassanini...!

LUCIANO VIOLANTE. Certo, nel complesso...

Dicevo che il collega Volontè quantificava in 66 milioni di euro, mentre altri dicevano addirittura 100 milioni di euro, il costo di quella riforma.

Questa riforma è obiettivamente molto più costosa di quella varata dal centrosinistra, perché si tratta di una riforma che conduce ad una profonda duplicazione di soggetti. Ossia, invece di spostare le materie da un soggetto ad un altro, si sono duplicate le stesse. Le faccio qualche esempio, signor Presidente: la salute allo Stato e l'organizzazione sanitaria alle regioni comporterà una duplicazione. La promozione internazionale del sistema economico allo Stato e il commercio estero alla legislazione concorrente comporterà altresì una duplicazione di costi. Sicurezza e qualità alimentare...

NUCCIO CARRARA. È una duplicazione già esistente, non faccia finta di non saperlo!

LUCIANO VIOLANTE. Onorevole Carrara, non si arrabbi! Potrà replicare e l'ascolteremo con interesse. Dicevo, la sicurezza e la qualità alimentare allo Stato e l'alimentazione alla legislazione concorrente come si risolve? Con una duplicazione!

Signor Presidente insisto, dunque, su questo punto: che la Camera sappia qual è la posizione del Governo sulla questione dei costi, perché, ormai, tale questione la stanno ponendo tutti.

Non si può neanche dire che il federalismo fiscale risolverà alcuni di questi problemi, perché all'interno del Governo oggi è in corso un conflitto tra il Vicepresidente Fini e il Presidente Berlusconi in ordine a tale questione (Commenti del deputato Landolfi). In questo conflitto si è inserita anche la Lega per difendere l'attuale ripartizione del federalismo fiscale che, come sappiamo, penalizza enormemente il Mezzogiorno...

MARIO LANDOLFI. L'avete fatto voi!

NUCCIO CARRARA. È una provocazione !

LUCIANO VIOLANTE. Collega, ha scarso interesse chi l'ha fatto: il problema è chi paga, non so se è chiaro!

MARIO LANDOLFI. Ne avete fatti tanti di errori!

LUCIANO VIOLANTE. Se è stato commesso un errore, duplicare l'errore (Commenti del deputato Landolfi)... Onorevole Landolfi, non faccia il portavoce di se stesso: lei è il portavoce dell'onorevole Fini e non di se stesso...!

Come dicevo, se è stato fatto un errore - cosa di cui si deve discutere - e lo replicate è molto peggio. Oggi avete davanti tre anni di applicazione della riforma del centrosinistra con i suoi aspetti positivi e negativi: a mio avviso, avete ridotto gli aspetti positivi ed accentuato quelli negativi e, tra quelli negativi, vi è l'enorme aumento dei costi.

È possibile che il Parlamento non abbia una parola chiara, una relazione tecnica, un documento serio che ci dica quali sono i costi?

Signor Presidente, se il Governo non intende intervenire, la prego di sottoporre tale questione al Presidente della Camera, affinché valuti nei suoi poteri ed anche nella sua opera di convinzione e di moral suasion...

NUCCIO CARRARA. Parla italiano, per favore!

LUCIANO VIOLANTE. ...qual è il modo migliore perché il Parlamento, il paese e il Capo dello Stato siano informati su tale questione di fondo: quanto costerà agli italiani questa riforma.

PRESIDENTE. Onorevole Violante, trasmetterò questa sua richiesta al Presidente della Camera, affinché assuma le iniziative che riterrà opportune.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, vorrei fare un inciso molto breve e costruttivo per chiederle la cortesia di verificare una situazione che si è registrata questa mattina. La Commissione bilancio ha iniziato l'esame della nota di aggiornamento del documento di programmazione economico-finanziaria e, purtroppo, si è verificato che la relazione previsionale e programmatica, che avrebbe dovuto essere allegata alla nota, non è stata ancora presentata.

Siccome essa deve essere presentata all'Assemblea e poi trasmessa alla Commissione, il presidente Giorgetti molto correttamente ha affermato che entro le 11 avrebbe fornito questo testo, poiché oggi alle 14 avrà inizio la discussione. In Commissione non risulta che il testo sia pervenuto dall'Assemblea e, visto che ci troviamo in aula, le chiedo la cortesia di farci sapere se tale relazione sia giunta o meno. Di conseguenza, la invito a chiedere al Presidente della Camera di organizzare i lavori di esame della nota di variazione che, in mancanza della relazione programmatica, non potrà cominciare.

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, assumerò le informazioni necessarie e la informerò.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, anche con riferimento a questo articolo - ne ha parlato poco fa il collega Boccia - occorrerà avere una parola chiara per quanto riguarda i costi e ciò vale anche per le disposizioni concernenti il Senato. La questione posta dal presidente Violante nella giornata di oggi è assolutamente stringente e credo, davvero, che nessuno possa eluderla. Basti pensare che, con la cosiddetta legge Bassanini, per la polizia amministrativa, regionale e locale, era prevista un'oscillazione di costo di un certo tipo e oggi che tale riferimento viene inserito nella Costituzione tale questione diventa ancora più stringente e impegnativa.

Vengo ora al mio emendamento soppressivo 2.70. Vorrei rassicurare il collega Fontanini sul fatto che questo e gli altri emendamenti soppressivi non li abbiamo presentati per obbedire a un Diktat politico esterno al lavoro che stiamo svolgendo in Commissione e in Assemblea. Essi recano le nostre firme, che testimoniano la nostra assoluta responsabilità.

Infatti, con quello in esame e con gli altri emendamenti soppressivi noi intendiamo non soltanto esprimere un giudizio negativo complessivo sulla riforma, ma anche cogliere l'occasione per sottolineare ciò che non «funziona» in relazione allo specifico articolo ed anche rispetto alle modifiche delle quali si parla.

È infatti vero, come diremo nel corso della discussione, che rispetto al testo approvato e difeso strenuamente in Commissione a luglio vi sono alcuni cambiamenti, ma questi ultimi li giudichiamo ancora del tutto insufficienti.

Provo a dire per quale ragione. Le questioni relative all'articolo 2 sono essenzialmente tre. La prima attiene al numero dei parlamentari. L'obiettivo di riduzione del numero dei parlamentari non è un'invenzione di oggi, perché è sempre stato al centro delle riflessioni non soltanto scientifiche, ma anche istituzionali da parte di tutte le Commissioni bicamerali, fino all'ultima della scorsa legislatura; un obiettivo da perseguire non per agitare una bandiera propagandistica e sollecitare i sentimenti dell'antiparlamentarismo, né soltanto per ridurre i costi della vita parlamentare. Infatti, per perseguire questi ultimi obiettivi si potrebbero scegliere anche altre strade.

Noi immaginiamo invece una procedura legislativa più snella e capace di stare al passo con i tempi. È sufficiente per questa procedura, un numero minore di parlamentari rispetto a quelli di oggi, e, nel caso al nostro esame, un numero minore di deputati rispetto a quelli che oggi siamo: ne sono, insomma, sufficienti meno!

Il testo licenziato dal Senato prevedeva 400 membri della Camera: noi, con i nostri emendamenti, confermiamo questa scelta. Vogliamo cioè che i membri della futura Camera dei deputati siano esattamente 400.

Il testo che invece abbiamo di fronte, rispetto alla scelta adottata dal Senato e da noi condivisa, riporta questa cifra a 500. Non stiamo, come è ovvio, facendo una guerra esclusivamente di numeri; mi sembra tuttavia del tutto evidente che in tal modo si entra in un ragionamento di confronto razionale - nessuno quindi potrà agitare bandiere propagandistiche e sollecitare le spinte antiparlamentaristiche che prima ricordavo - perché penso che la cifra di 400 deputati sia la più congrua per un reale cambiamento di sistema.

Il secondo tema è un argomento sul quale la maggioranza, dopo averci detto di no a luglio, ci viene incontro a settembre: mi riferisco al fatto che, se Senato federale deve essere, non ha alcun senso che in quel Senato federale ci siano i senatori a vita...

PRESIDENTE. Onorevole Leoni, si avvii a concludere.

CARLO LEONI. Devo già concludere, signor Presidente? Ho già superato i cinque minuti?

PRESIDENTE. Onorevole Leoni, intendevo avvertirla che il tempo a sua disposizione è in via di esaurimento.

CARLO LEONI. Le chiedo ancora qualche secondo.

Non ha alcun senso inoltre la presenza nel Senato federale di rappresentanti della Circoscrizione estero.

Queste nostre due istanze, formulate nella scorsa tarda primavera, sono state finalmente accolte, ma in una Camera che viene ridotta a 500 componenti e non a 400, come chiediamo. Diciotto rappresentanti della circoscrizione Estero, tanto più perché, almeno alla data di oggi, eletti con una legge elettorale diversa dall'attuale, sono troppi in proporzione e rischiano di determinare gli equilibri politici della maggioranza parlamentare.

Infine, si accoglie un nostro emendamento che in un certo senso mirava alla riduzione del danno e che abbassava l'età richiesta per l'elettorato passivo a ventuno anni; tuttavia, non si comprende per quale ragione non si accolga poi il nostro emendamento, che rispetto alla questione era quello principale, che invece prevede l'età di 18 anni.

Ne parleremo nel merito: ho inteso tuttavia dire queste cose per sottolineare che i passi in avanti che voi fate in direzione delle nostre istanze sono ancora largamente insufficienti (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, nel condividere integralmente le argomentazioni utilizzate dal collega Leoni, vorrei svolgere qualche ulteriore considerazione.

Innanzitutto, vorrei soffermarmi sul senso del nostro emendamento soppressivo, che ha un significato politico chiaro e preciso. Infatti, soprattutto quando cominciamo a parlare di riforma del Parlamento, la nostra impostazione è radicalmente diversa dalla vostra e vogliamo che ciò sia chiaro in tutti gli atti di vita parlamentare.

Accanto a tale motivazione squisitamente politica, credo sia utile svolgere un'ulteriore considerazione di sistema. Oggi cominciano ad affrontare un processo riformatore che porta a superare il bicameralismo perfetto. Si tratta di un obiettivo anche da noi condiviso: riteniamo che il sistema di un bicameralismo paritario abbia concluso la sua stagione ed il suo ruolo positivo nel nostro paese. Proprio perché abbiamo cominciato a ragionare su un diverso assetto della Repubblica che si dovrebbe avviare ad un'organizzazione di tipo federale, il bicameralismo perfetto risulterebbe uno strumento inadatto a garantire tale nuova stagione di vita istituzionale del nostro paese.

Quando affronteremo la questione del Senato, illustreremo le ragioni che per cui riteniamo che il vostro modello di Senato non sia per nulla federale, per nulla una Camera territoriale e sia ancora, per molti aspetti, una Camera di tipo politico; ma non voglio anticipare tali argomentazioni. Invece, è opportuno affrontare un'altra questione: nel momento in cui usciamo dalla dimensione paritaria, è del tutto evidente che le competenze della Camera abbiano una logica circoscrizione in alcuni temi, in alcune materie ed il ruolo della Camera venga regolamentato in maniera diversa rispetto ad oggi. Non considero questa una diminuzione della Camera, ma una sua diversa stagione che sta per iniziare. Perché tale operazione sia credibile, occorre che all'interno della riforma il ruolo del Parlamento non venga sminuito.

Si tratta di un altro dei temi forti che sarà oggetto della nostra discussione quando affronteremo la modifica della forma di Governo e quello che viene chiamato, con una felice espressione, il premierato assoluto. In tale occasione avremo modo di vedere come il premierato assoluto possa costituire la rottura del sistema parlamentare, la rottura del principio fondamentale della separazione dei poteri. Proprio perché la prospettiva verso cui ci state portando è quella di un superamento del sistema parlamentare, l'organizzazione della Camera diventa ancora più importante e significativa.

Le considerazioni svolte dal collega Leoni sono sacrosante: nel momento in cui vogliamo mettere mano alla riforma della Camera dobbiamo dare razionalità alla Camera stessa. Non possiamo immaginare che nella Camera riformata vi siano elementi di distonia o elementi non riconducibili ad un processo riformatore razionale del Parlamento.

Per tutti questi motivi, il nostro voto sull'emendamento soppressivo in esame sarà favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, anche noi voteremo a favore dell'emendamento Leoni 2.70, non certamente per riportare la situazione quale essa attualmente è, ma per modificarla in modo molto diverso. Ciò, del resto, è del tutto chiaro dalla lettura dei nostri emendamenti che seguono, ma per fare strada ai medesimi dobbiamo necessariamente sopprimere le modifiche proposte dalla maggioranza.

La maggioranza propone una riduzione del numero dei parlamentari. Tale riduzione ha subito varie elasticizzazioni: adesso il numero proposto è di 500 deputati, se non ricordo male - non avendo seguito tutti i lavori della Commissione posso ogni tanto commettere qualche errore e ne chiedo venia in anticipo -, più i deputati eletti nella Circoscrizione estero, più i senatori a vita, che diventano, pour cause, deputati a vita (beati loro, verrebbe da dire, ma naturalmente lunga vita ai deputati! Alla fine dei conti, la riduzione è effettivamente assai modesta: si tratta forse, se ci si arriva, di un centinaio di persone. Anche se non è questo il punto essenziale, va però ricordato che uno dei cavalli di battaglia, in realtà alquanto demagogici, era la riduzione del numero dei parlamentari, perché ciò comporta una riduzione della spesa per lo Stato. Dato che questo è un aspetto che ha un valore metapolitico, o meglio metapartitico, dal momento che la nostra professione non è considerata in modo molto delicato da parte dell'opinione pubblica, è ovvio che quando si propone di abbassare il numero dei parlamentari si va più o meno incontro ad un comune, anche se generico, sentire. Ma, in realtà, la questione è ben più seria.

Come potete vedere, noi effettivamente realizziamo una riduzione del numero dei parlamentari, visto che ne prevediamo 400 per la Camera, come vedremo nelle proposte emendative successive, e 200 per il Senato, che sia però effettivamente un Senato delle regioni, quindi eletto in seconda istanza, sulla base dei consigli regionali eletti. In questo modo, si dimezzerebbe, o quasi, il numero complessivo degli eletti nel nostro sistema rappresentativo. Noi però lo facciamo non in una concezione di tipo demagogico o in base ad un'ottica semplicemente di risparmio della spesa - che non mi pare l'asse principale sul quale ragionare, quando si parla di Costituzione repubblicana -, ma perché nella nostra visione istituzionale il Parlamento deve avere di nuovo una sua centralità, in quanto riveste una posizione centrale nella produzione legislativa, e non deve essere invece subordinato ad un allargamento delle funzioni, anche sul piano legislativo, del Governo, oltre che schiacciato da quello che è venuto chiamandosi premierato assoluto.

Da questo punto di vista, la riduzione del numero dei parlamentari è coerente con l'aumento dell'autorevolezza dell'organismo. Non vi è ombra di dubbio che, in tutti i sistemi di organizzazione umana, sia quelli politici, sia quelli economici, sia persino quelli che derivano dalla cosiddetta teoria dei giochi, più un organo è ristretto nei suoi componenti, maggiore è la sua autorevolezza. Più un organo è ristretto nei suoi componenti, maggiore è l'autorevolezza e la responsabilità del singolo parlamentare nei confronti dell'organo di cui fa parte e dell'elettorato che lo ha espresso. Un Parlamento di 400 persone è dunque un Parlamento estremamente autorevole. Un Parlamento all'interno di un sistema monoparlamentare, che quindi ha la titolarità esclusiva della produzione legislativa - dove non c'è una seconda battuta, o una terza, o una quarta -, è ancora, e ancor di più, autorevole.

È su questa concezione di semplificazione, per una maggiore autorevolezza dell'istituto parlamentare, che noi abbiamo impostato la nostra attività emendativa, rispetto ad un testo della maggioranza che consideriamo, per tutti i motivi che ho detto, inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.

VALDO SPINI. L'articolo 81, quarto comma, della Costituzione recita che ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.

Chi è chiamato ad eseguire l'ultimo controllo sull'applicazione della Costituzione? Il Presidente della Repubblica, almeno fino a che non gli verranno tolti quei poteri, come sembra prevedere questa maggioranza.

Oggi, il Presidente, lo ha ricordato l'onorevole Violante, alla domanda: «È vero che lei ha chiesto un calcolo sui costi del federalismo?», ha risposto: «No, anche se certo vorrei conoscerli».

Non mi sembra che il Parlamento possa fare orecchie da mercante rispetto ad una indicazione di questo genere, perché diventa avventuristico procedere all'esame ed alla votazione di un progetto di legge continuando a negare la verifica dell'aspetto economico. Ciò pone tutto il provvedimento sotto la tagliola, la pendenza dell'incostituzionalità.

È un fatto molto grave e mi sento di denunciarlo anche con questo mio comportamento personale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, l'abolizione del bicameralismo non può che avere una sua logica nel momento in cui si prevedono differenziazioni di funzioni tra i due rami del Parlamento. È per tale motivo che siamo contrari alla vostra impostazione e, quindi, abbiamo presentato l'emendamento in esame.

In realtà, voi, nell'abolire il bicameralismo, ponete solo il problema del procedimento legislativo e di una sua distinzione, ma non risolvete quello della funzione diversa che i due rami del Parlamento devono avere: la Camera deve assolvere ad una funzione politica e il Senato a quella di temperamento dei problemi federali dello Stato, nell'ambito di un rapporto corretto tra Stato e regioni.

Tutto ciò non è previsto nella riforma oggi in esame. Il Senato federale, in realtà, non è tale e, pertanto, siamo contrari a tale impostazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, colleghi, il collega Marone ha sottolineato un'incongruenza di fondo. Egli pensa di ridisegnare un bicameralismo perfetto, mantenendo però una grande confusione tra le competenze delle due Camere.

L'ampiezza dei poteri del Senato federale costituisce un'anomalia di fondo del progetto di riforma e non è coerente né con il rafforzamento del Governo e del primo ministro, che si vuole perseguire, né tantomeno con una funzione politica che sarebbe attribuita alla Camera. Ciò naturalmente diventa un intralcio che si scontra con l'esigenza di governabilità, ma anche con quella di definire meglio il ruolo della Camera politica.

È, quindi, evidente che, in tale contesto, la riduzione dei parlamentari è un espediente (un maquillage) che si cerca di introdurre, mantenendo inalterata la confusione e l'ingorgo, che è il vero vizio di fondo della riforma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, il collega Leoni ha già ricordato il motivo del nostro dissenso su tale articolo.

In primo luogo, la maggioranza di centrodestra sta proponendo un aumento del numero dei deputati rispetto alla proposta emersa al Senato. Si passerebbe da 400 a 500 deputati.

In secondo luogo, per quanto riguarda l'incidenza dei deputati eletti all'estero, si passa dall'attuale rapporto di 12 deputati eletti all'estero su 630, pari all'1,9 per cento, ad un raddoppio, 18 su 500, pari al 3,6 per cento. Ciò incide in maniere enorme sulle possibili maggioranze di Governo.

In terzo luogo, non si capisce il motivo per cui un giovane di 18 anni possa diventare sindaco di Roma, di Milano, presidente della regione Lombardia, della regione Sicilia, mentre non può diventare parlamentare di questa Camera.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, Giordano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, l'onorevole Alfonso Gianni ha già preannunziato che l'espressione del nostro voto favorevole all'abrogazione dell'articolo in esame non deriva da un puro istinto di conservazione.

Originariamente, avevamo un'idea molto precisa, un'idea monocamerale, oggi abbiamo organicamente presentato una proposta alternativa.

Come ha spiegato l'onorevole Alfonso Gianni, abbiamo proposto 400 deputati per la Camera e 200 per il nuovo Senato, a fronte di una riduzione francamente del tutto esigua da parte della maggioranza. Quindi, anche la campagna demagogica sul tema del numero dei parlamentari è radicalmente tramontata.

Tuttavia, il punto prioritario della nostra impostazione è quello della ricostruzione di una centralità delle assemblee elettive, anche in virtù di una sistematica alterazione dei rapporti tra esecutivo e Parlamento e di uno svuotamento delle assemblee elettive che, oramai, dal provvedimento delle destre, sono ridotte a pura funzione di rappresentanza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 2.70, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 382

Votanti 376

Astenuti 6

Maggioranza 189

Hanno votato 168

Hanno votato no 208).

Prendo atto che l'onorevole Bellini avrebbe voluto esprimere un voto favorevole anziché contrario e che gli onorevoli Ranieli, Maccanico, Micheli, Taormina e Arnoldi non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 2.1.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, siamo di fronte ad un'altra «bandiera», piantata in questa riforma per essere agitata all'esterno ma che, in realtà, ha ben poco di sostanziale.

Abbiamo visto che la Lega si è giocata la bandiera della devolution, che poi si è completamente svuotata di significato, ieri abbiamo visto la partita relativa all'interesse nazionale del quale non è rimasto quasi nulla e, oggi, trattiamo l'altro importante argomento della riduzione dei parlamentari. Serve una norma che possa consentire, appunto, di comunicare al paese che avete ridotto il numero dei parlamentari, anche se poi nella realtà la riduzione risulta notevolmente contenuta.

Su tale aspetto il Senato era stato più coraggioso, fissando il numero dei deputati a 400, mentre voi lo riportate a 500. Ciò significa che non cambia molto rispetto all'attuale composizione della Camera dei deputati, anche se questa modifica vi consentirà di dire al paese che avete operato la grande riduzione dei deputati. Francamente, questo è l'unico filo conduttore che riesco ad individuare nella riforma proposta dalla maggioranza.

Dunque, con questo emendamento, riproponiamo la riduzione del numero dei deputati a 400 componenti. Infatti, o un organo si riduce in termini sostanziali oppure non hanno alcun senso ritocchi che non servono a nulla.

Inoltre, proponiamo una questione che già a luglio ci era sembrata evidentemente logica e che voi avevate ritenuto errata, vale a dire il fatto che in un Senato federale non fosse opportuno far sedere i parlamentari esteri e i senatori a vita. Nella formulazione di luglio a voi sembrava normale che, in un Senato federale, vale a dire in un Senato rappresentativo dei territori di questo paese, sedessero senatori esteri.

Francamente, si trattava di una proposta assolutamente incomprensibile, in quanto non si capiva quali interessi federali e territoriali del paese dovessero essere rappresentati da questi signori. Tali parlamentari hanno una funzione di rappresentanza politica, e dunque non possono che fare parte della Camera politica, e non certamente del Senato che chiamate federale ma che, in realtà, di federale non ha nulla.

Sarebbe stato inoltre paradossale che i senatori a vita continuassero a sedere nel Senato federale, e dunque in una Camera priva di funzione politica, pur essendo evidente che le funzioni dei senatori a vita derivano esclusivamente dal prestigio e dell'esperienza maturata e dal conseguente contributo all'azione politica per il governo del paese. Era dunque evidente che anche i senatori a vita non potessero che far parte di questo ramo del Parlamento, non certo del Senato federale.

Riproponiamo, dunque, il nostro emendamento. Prendiamo atto che tra luglio e settembre vi è stata una riflessione nella maggioranza e improvvisamente ci si è accorti che le nostre proposte emendative potevano essere prese in considerazione, in quanto apportano un serio contributo alla riforma. Ne prendiamo atto; tuttavia insistiamo affinché, se deve essere prevista una riduzione dei componenti di questa Camera, si tratti di una riduzione seria e non soltanto di una riduzione introdotta per poterla spendere nel paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, con l'emendamento in esame si comprende come, da parte nostra, si abbia un'idea compiuta del modello che si dovrebbe andare a disegnare, e non ci si limiti alla contestazione delle proposte formulate dalla maggioranza. Si tratta di una riflessione che parte da lontano, nella quale si inserisce la conferma di una Camera dei deputati eletta a suffragio universale, e dunque con il riconoscimento del diritto di voto a tutte le cittadine e a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, censo ed istruzione, contrariamente a quanto previsto dalla proposta originaria. Al riguardo, vale la pena di introdurre un'ulteriore riflessione, già parzialmente affrontata e sulla quale torneremo, relativa al concetto di cittadinanza e alla distinzione tra coloro che nascono e coloro che risiedono.

Dunque, a partire dalla conferma del diritto di voto a suffragio universale, si affronta il tema della composizione della Camera. Ricordo che l'originaria formulazione dell'articolo 56 della Costituzione prevedeva un rapporto numerico costante fra elettori ed eletti, in modo che il numero dei deputati potesse mutare in relazione alle variazioni della popolazione. A seguito della legge costituzionale 9 febbraio 1963, n. 2, il numero dei deputati è stato fissato in 630 (peraltro tale numero, come sappiamo, oggi non è raggiunto, per le note vicende elettorali che hanno coinvolto la Camera dei deputati). Si è dunque scelto di introdurre un numero fisso, senza possibilità di modificazioni in diminuzione o in aumento. Tale scelta è stata compiuta rispondendo alla specificità dei compiti svolti dall'Assemblea parlamentare. Da parte di molti è stato sostenuto che si tratta di un numero troppo alto per il nostro paese; tuttavia, esistono numerose realtà nelle quali sussiste un analogo rapporto numerico. Non si tratta, dunque, di un elemento assolutamente dirimente, ma, come ha ricordato l'onorevole Alfonso Gianni, un numero inferiore di componenti offre all'organismo parlamentare maggiore autorevolezza e responsabilità.

Dunque, di questi tempi, in un momento in cui il ruolo dei Parlamenti viene sacrificato e a volte ridimensionato pesantemente - non solo nel nostro paese, ma anche in Europa e nel mondo, dove si afferma invece il primato degli esecutivi -, riteniamo che ragionare su una maggiore autorevolezza dell'organismo legislativo sia un elemento forte della democrazia.

La riproposizione del numero di 400 deputati nella nostra Assemblea è una vecchia proposta della sinistra (anche il Partito comunista italiano proponeva una sola Camera). Oggi ragioniamo su un bicameralismo imperfetto, come poi vedremo successivamente, ma in una occasione come questa a noi pare che questo numero - che era un numero ragionato e pensato - oggi abbia una grande validità.

Ricordiamo che anche la prima stesura del testo della maggioranza proponeva 400 deputati e 200 senatori. Poi, in virtù della «conservazione della specie», naturalmente le cose sono cambiate in corso d'opera, a dimostrazione che, per poter modificare seriamente e in modo rigoroso la Costituzione, senza essere legati agli interessi di chi deve assumere le scelte, forse le sedi sono altre.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 11,30)

 

GRAZIELLA MASCIA. Detto ciò, vorrei sottolineare che nel nostro emendamento affrontiamo anche i punti successivi, come il fatto che i senatori a vita non possono più rimanere tali perché l'unica camera politica, che conferisce il voto di fiducia al Governo, rimane la Camera dei deputati. Così pure i deputati a nomina presidenziale diventano deputati a vita, sostituendo i senatori a nomina presidenziale.

Vi è una coerenza di ragionamento, quindi, che si sviluppa nell'intero articolato, in cui questi aspetti si possono ritrovare. Così come diciamo da subito che per quanto riguarda i parlamentari eletti all'estero, su cui noi non eravamo d'accordo - infatti votammo contro quella modifica costituzionale - è certo che oggi non possono più essere dodici deputati e sei senatori. Quei 6 senatori non possono più esistere, perché sarebbe un po' complicato spiegare che al Senato vi debbano essere sei rappresentanti del proprio territorio quando queste persone risiedono da altre parti.

PRESIDENTE. Onorevole Mascia, la prego di concludere.

GRAZIELLA MASCIA. Ho terminato, Presidente. Questo emendamento dunque offre la possibilità di comprendere fin da subito che il nostro è stato un ragionamento complesso e compiuto, che poi ritroveremo nella definizione di un modello alternativo a quello proposto dalla maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questo emendamento accende i riflettori su due questioni che io ritengo molto importanti e delicate, vale a dire i deputati assegnati alla circoscrizione Estero e i deputati a vita di cui all'articolo 59. Comincerò da questa seconda questione.

Per quale ragione noi proponiamo che i deputati a vita vengano assegnati alla Camera e non più al Senato? Perché vogliamo prendere sul serio la vostra affermazione - che comunque dimostreremo essere fallace - che il Senato che voi state costruendo sia una Camera federale. È del tutto evidente che se il Senato diventa una Camera federale - anche se sedicente federale - e la Camera cui appartiene l'indirizzo politico e la possibilità di attribuire la fiducia al Governo è la sola Camera dei deputati, la figura dei senatori a vita è incongrua in quella Camera e non può far altro che trasformarsi in quella dei deputati a vita. Questo è il primo problema che questo emendamento pone alla nostra attenzione.

La seconda questione è ancora più delicata e riguarda i deputati eletti nella circoscrizione Estero. Credo sia assolutamente improponibile immaginare che un Senato federale - anche se sedicente federale - che quindi dovrebbe rappresentare - anche se nella maniera distorta che avremo modo di spiegare compiutamente a suo tempo - i territori, veda la partecipazione di persone che sono elette in paesi stranieri.

Se quella rappresentanza territoriale deve esserci, al Senato, tuttavia, dovrebbero essere rappresentati solo gli esponenti dei suddetti territori e delle regioni; non ha senso che siedano al Senato rappresentanti dell'Oceania o delle Americhe.

Ma tale questione deve farci riflettere anche su un altro aspetto; abbiamo mantenuto l'ipotesi di dodici deputati proprio perché immaginiamo di sopprimere, per quanto riguarda il Senato, la presenza dei senatori eletti nella circoscrizione Estero. Ciò anche perché il numero di dodici rispetto a cinquecento - si ha così la conferma del numero previsto rispetto ai 630 - si giustifica proprio per il tentativo di eliminare i senatori eletti nella circoscrizione Estero. Però, la presenza di questi deputati eletti in tale circoscrizione dovrebbe farci riflettere su un problema che si pone e che affronteremo al momento in cui valuteremo la modifica da voi proposta per quanto riguarda la forma di Governo.

Si introduce, infatti, un meccanismo basato sulla definizione della maggioranza politica che ha sostenuto il Presidente del Consiglio al momento delle elezioni; è del tutto evidente che, con l'attuale legge elettorale e con il meccanismo proporzionale previsto per questi dodici parlamentari della circoscrizione Estero, si produce, per così dire, un corto circuito. Come possiamo conteggiare questi deputati eletti con un meccanismo elettorale diverso e privi di qualsiasi collegamento con la figura del Presidente del Consiglio il quale, anche se non di diritto, però di fatto viene eletto direttamente? Un problema non trascurabile.

Un'altra questione che voglio affrontare relativamente ai deputati della circoscrizione Estero riguarda la circostanza che, con la proposta emendativa da voi presentata, li portereste da dodici a diciotto. È intuibile perché abbiate fatto questo passo; avendo tolto i senatori eletti nella circoscrizione Estero, li avete, per così dire, aggregati ai deputati. Vi induco, tuttavia, a fare la seguente riflessione; dapprima, giusta la previsione di 630 deputati e dodici senatori, già qualcuno aveva cominciato a meditare sulla eccentricità politica di tali persone, che, pure, avrebbero potuto condizionare la formazione dei Governi. Adesso, la questione diventa ancora più delicata e importante in quanto si tratta di diciotto deputati che hanno il potere di contribuire a dare la fiducia al Governo. È un problema non lieve; abbiamo già avuto dei precedenti in cui le maggioranze parlamentari erano molto risicate. Diciotto deputati su cinquecento non sono un numero irrilevante; potrebbero costituire un gruppo parlamentare di una certa consistenza e potrebbero essere determinanti nella formazione del nuovo Governo o nella sua dissoluzione. A mio avviso, si tratta di una questione che per la sua serietà deve essere affrontata e la nostra proposta emendativa la affronta e la risolve confermando il numero di dodici (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e del Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, intervengo anzitutto per sottoscrivere l'emendamento che, tra l'altro, corrisponde alla ratio della proposta di legge C. 1608 che reca anche la mia firma. Ebbene, la riduzione del numero dei componenti della Camera dei deputati costituirebbe un passo importante, anche perché risponderebbe ad una proposta che da tempo è avanzata dalle associazioni delle autonomie e degli enti locali.

Si tratta, naturalmente, di una proposta che riguarda l'insieme delle Assemblee rappresentative nazionali ovvero la Camera dei deputati ed il Senato federale; è del tutto evidente che una riduzione drastica del numero dei componenti la Camera dei deputati deve ottenersi insieme ad un Senato federale esso stesso numericamente ridotto e fortemente rappresentativo dei territori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, anch'io voglio ribadire che, dietro il numero - il dato quantitativo di 400 - sta un ragionamento politico che viene da molto lontano e che, soprattutto, tende a legare la riduzione anche all'autorità ed all'autorevolezza dell'organismo di tipo rappresentativo.

La riduzione, contestualmente a tutta una serie di elementi che ricordava poc'anzi il collega Bressa (l'istituzione dei deputati a vita al posto dei senatori e, conseguentemente, la possibilità per la circoscrizione Estero di votare solamente per i deputati, essendo nel complesso il disegno una riforma della Camera politica e, quindi, non avrebbe alcun senso l'elezione dei senatori), ci paiono essere il frutto di un ragionamento che guarda ai livelli della responsabilità e dell'autorevolezza dell'organismo piuttosto che alla qualità della legislazione.

L'operazione della maggioranza è alla fine un tentativo di rispondere in termini populistici alla riduzione del numero dei parlamentari e concretamente l'operazione che si compie è esattamente contraria al senso che si voleva dare (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. L'anomalia di fondo del progetto di riforma - come abbiamo cercato di dire anche nei giorni scorsi - è costituita proprio dall'ampiezza dei poteri del Senato federale. Infatti, il modello di un Senato con competenza prevalente - nel senso che abbia l'ultima parola su tutte le materie di cui all'articolo 117, sicuramente tutte quelle del terzo comma, che sono rilevanti per il programma di Governo - si scontra con le esigenze di governabilità. Inoltre, la distribuzione di competenze fra Camera dei deputati e Senato provoca il risultato paradossale per cui la titolarità del rapporto fiduciario finisce per indebolire la Camera e rafforzare il Senato.

Riteniamo che bisogna introdurre delle correzioni per raggiungere un equilibrio necessario ad assicurare al circuito rappresentativo una sufficiente unità di intenti. Allora, o si sceglie un'ipotesi che rafforza la governabilità riducendo il numero dei parlamentari - ma sul serio, non in maniera demagogica - oppure si ritorna all'idea che ormai è un'anomalia italiana quella delle due Camere entrambe con potere fiduciario e quindi scioglibili.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Ciò che colpisce di tutta questa discussione sulle votazioni delle controriforme costituzionali, è che ogni volta che si cerca di fare, e raramente, un passo in avanti, immediatamente vi sono due passi indietro.

Mi riferisco - ed annuncio anche di sottoscrivere questo emendamento - alla proposta di riaumentare il numero dei deputati, che al Senato erano stati previsti nel numero di quattrocento e oggi, invece, sono previsti nel numero di cinquecento. Ciò avviene in una situazione che - come tutti sanno - comporterà in ogni caso, vista la riforma complessiva del Titolo V della Costituzione e altre norme, che avremo un rilevante aumento del numero complessivo dei deputati e dei consiglieri regionali, creando, quindi, un aggravio di spesa estremamente negativo che già è stato sottolineato in altri momenti.

Aggiungo, concludendo, che mi sembra altresì estremamente negativo che si mantenga il principio dei senatori a vita. I deputati a vita hanno un senso in quanto sarebbero proprio quei saggi nominati sulla base degli altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario e hanno un ruolo di propulsione. Si tratta di saggi veri, non autonominati, che devono avere un compito politico e che, quindi, saranno sicuramente più utili nel Parlamento nell'ambito della Camera dei deputati, piuttosto che in un Senato regionale che, se approvato, avrà delle funzioni del tutto diverse (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. La maggioranza compie un passo indietro rispetto a quanto aveva deciso sei mesi fa al Senato.

Continuo a ribadire che qui non c'è una riduzione di parlamentari, ma c'è un aumento del numero dei deputati che passa da quattrocento, come la vostra maggioranza aveva deciso al Senato non più tardi di sei mesi fa, a cinquecento proposti dall'emendamento dell'onorevole Vito.

Faccio notare all'onorevole Carrara, il quale ieri ha intrattenuto l'Assemblea con un ragionamento un po' demagogico sui costi della politica, che ciò che ieri avete realizzato in ordine ai consigli regionali, oggi torna indietro con l'aumento del numero dei deputati.

Il secondo aspetto riguarda i deputati eletti nelle circoscrizioni Estero. Diciotto deputati su cinquecento incidono in maniera rilevante rispetto al precedente rapporto di dodici su seicentotrenta. Potrebbe verificarsi addirittura un cambio di maggioranza rispetto alle scelte degli elettori in Italia. L'Assemblea dovrebbe riflettere su quest'aspetto e riportare alle giuste dimensioni il numero dei deputati. È corretto consentire ai deputati di essere eletti anche nelle circoscrizioni Estero. Credo, tuttavia, che il numero debba essere riportato nelle giuste percentuali e nelle giuste dimensioni (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 2.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 376

Votanti 375

Astenuti 1

Maggioranza 188

Hanno votato 160

Hanno votato no 215).

Ricordo che l'emendamento Perrotta 2.73 è stato ritirato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Emerenzio Barbieri 2.81.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Presidente, non c'è Emerenzio Barbieri!

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, l'emendamento del collega Emerenzio Barbieri è la dimostrazione di ciò che ho testé ricordato.

ANTONIO LEONE. Presidente, non c'è il presentatore!

PIERO RUZZANTE. Chiedo scusa, colleghi, ma vorrei avere la possibilità di parlare.

L'emendamento in esame non fa altro che riproporre ciò che il centrodestra, la Casa delle libertà, ha approvato, non più di sei mesi fa, al Senato, ossia la riduzione effettiva del numero dei deputati da cinquecento a quattrocento. Ringrazio il collega Emerenzio Barbieri, perché, da deputato della maggioranza, con il suo emendamento fa chiarezza attorno a questo dibattito. Il rischio è che, fuori di qui, si possa dare l'idea che stiamo per approvare la riduzione del numero di deputati, ma così non è. Infatti, la vostra maggioranza politica al Senato, in un dibattito in cui ha fatto propria l'idea della riduzione del numero dei parlamentari, aveva ipotizzato una composizione di quattrocento deputati, esattamente come proponiamo attraverso le nostre proposte emendative ed esattamente come chiede il collega Emerenzio Barbieri con il suo emendamento, che mi auguro sarà approvato. Non si possono usare due metri di valutazione. Sei mesi fa, il Senato ha proposto quattrocento deputati; ora invece si prevede un aumento di oltre cento deputati, che porterà il numero complessivo a cinquecento. Non si possono fare all'esterno ragionamenti demagogici, come quelli che sono stati sviluppati ieri sui costi della politica. Non credo che la questione del numero dei parlamentari riguardi i costi della politica. Purtroppo, sono altri i costi della politica che, più volte, abbiamo denunciato in quest'aula. Per richiamare un esempio, durante il question time di questa settimana abbiamo ricordato che un ministro del vostro Governo ha concesso fondi e contributi ad un'associazione della quale era presidente (mi riferisco al ministro Sirchia). Si tratta di soldi spesi per la gestione della politica e non per servizi ai cittadini o per altre scelte di carattere sociale ed economico. Non accetto il ragionamento troppo facile e demagogico che spesso viene sviluppato all'esterno di quest'aula e talvolta anche in questa sede.

Credo che l'emendamento in esame sia assolutamente giusto; ne condividiamo il contenuto anche se proviene dalle file della maggioranza ed il gruppo dei Democratici di sinistra esprimerà su di esso un voto favorevole. Chiedo alla Presidenza di sottoscrivere l'emendamento in esame, ringraziando il collega Emerenzio Barbieri per aver avuto il coraggio di fare ciò che la sua maggioranza politica ha deciso di non fare più, ossia attuare un'effettiva riduzione.

Infatti, è evidente che passare da seicentotrenta a quattrocento vuol dire passare ad una riduzione effettiva, che non si avrebbe con la riduzione a cinquecento, perché ai cinquecento bisognerebbe poi aggiungere i diciotto deputati della circoscrizione estero e i deputati a vita. Quindi, credo che l'emendamento del collega Emerenzio Barbieri vada sostenuto e mi auguro che tutti i gruppi dell'opposizione, ma anche alcuni colleghi della maggioranza, possano votare questo emendamento, che chiedo di nuovo alla Presidenza di poter sottoscrivere.

NICOLÒ CRISTALDI. È chiaro! L'abbiamo capito!

PIERO RUZZANTE. Ritornerò sugli altri temi..

PRESIDENTE. Sì, però, onorevole Ruzzante, se vuole approfondire ha ancora 41 secondi di tempo.

PIERO RUZZANTE. La ringrazio, Presidente.

ROBERTO MENIA. L'ha già detto quattro volte!

PRESIDENTE. Lo so, ma il tempo può usarlo. Il tempo è contingentato. Quello che usa ora non lo potrà usare dopo; quindi, dovrete consentire ad un parlamentare di impiegarlo come meglio crede. Prego onorevole, può proseguire.

PIERO RUZZANTE. Presidente, ovviamente le chiedo di recuperare questo tempo che si è perduto.

PRESIDENTE. Sì, onorevole, le consentirò di recuperare questi 20 secondi perduti.

PIERO RUZZANTE. Grazie, Presidente. Non capisco perché il collega Cristaldi se la prenda così tanto, oltretutto con un emendamento della sua maggioranza, nel senso che è firmato da un deputato della sua maggioranza. Quindi, noi non facciamo altro che ringraziare e sostenere l'emendamento 2.81 del collega Emerenzio Barbieri.

Torneremo poi sul ragionamento relativo alla questione della circoscrizione Estero, perché riteniamo veramente che bisogna ragionare su questo tema. Guardate, nel 1996, con diciotto parlamentari, si poteva cambiare la maggioranza che i cittadini italiani avevano deciso. Non ragioniamo sul 1996, guardiamo avanti: indipendentemente da chi possa avere la maggioranza dei voti dei cittadini italiani residenti in Italia, credo che non possiamo consentire ad una presenza di rappresentanza...

ROBERTO MENIA. Basta!

PIERO RUZZANTE. ... di cambiare...

PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante...

PIERO RUZZANTE. ... di modificare la maggioranza parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Colleghi, il primo firmatario, onorevole Emerenzio Barbieri, non è presente, tuttavia l'emendamento è stato sottoscritto dai deputati Boato, Ruzzante e Bressa.

Passiamo ai voti.

Indico...

GIOVANNI RUSSO SPENA. Presidente!

PRESIDENTE. Colleghi, basta segnalarlo! Onorevole Russo Spena, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, mi sembra ovvio che anche noi sottoscriviamo questo emendamento del collega Emerenzio Barbieri, in quanto, essendo identico a un nostro emendamento precedente, ne riconosciamo la validità.

Non credo, peraltro, come è stato già ampiamente argomentato dai colleghi testé intervenuti, nonché prima ancora dalla collega Mascia, poi dal collega Pisapia e precedentemente dal collega Gianni, che la riduzione che qui proponiamo risponda di fatto ad un'idea di sistema complessivo parlamentare che noi abbiamo, non da ora; potremmo risalire alla discussione dei lavori dell'Assemblea costituente, in cui i comunisti, ma non solo, insieme ad altre forze democratiche, ai socialisti, agli azionisti e a una parte del mondo cattolico, sostennero la necessità del monocameralismo. Poi un'altra parte del mondo cattolico e del mondo laico non fu d'accordo con la tesi del monocameralismo - tra l'altro con numero di parlamentari molto ridotto, più ridotto anche dei quattrocento (si parlava di trecentoquaranta, trecentoquarantasei, trecentocinquanta) -, e si addivenne ad una mediazione, il bicameralismo più o meno perfetto, che, peraltro, non rispondeva a nessuna delle tesi in questione. Non rispondeva alle tesi del monocameralismo, che voleva dare il senso di una unicità di rappresentanza alla Camera dei deputati, collegandosi quindi al suffragio universale; non corrispondeva nemmeno alla proposta del mondo laico - i repubblicani, i liberali - e di gran parte del mondo cattolico, che pensavano, pur con differenze e articolazioni fra loro, ad una seconda Camera, quindi ad un Senato fondato o su basi più o meno corporative, cioè il Senato delle professioni e così via, o fondato sostanzialmente su base regionale.

Passò, appunto, la tesi del bicameralismo, più o meno perfetto, con una seconda Camera a base regionale. Ciò condusse anche a creare il caos successivo, non essendo stato, più o meno giustamente (personalmente, credo ingiustamente) costituzionalizzato il sistema elettorale. Ritengo, infatti, che l'intero sistema costituzionale si regga soltanto su un impianto di tipo proporzionale; tuttavia, anche sulla spinta di demagogici referendum elettorali - rivelatisi successivamente falsi, visto il loro bilancio - si è pervenuti all'adozione di un sistema maggioritario, che ha ulteriormente impedito un reale funzionamento del Parlamento.

Pertanto, come già precedentemente ricordato dalla collega Mascia, ci siamo adoperati affinché venisse realizzato adesso, in una fase di riforma costituzionale, un sistema maggiormente compiuto; avanziamo pertanto una riforma della Camera dei deputati - ed invito l'Assemblea ad esaminarla attentamente - strettamente collegata a quella del Senato (che esamineremo successivamente), che concerne anche il numero di elette e di eletti, che proponiamo di ridurre a quattrocento.

Vi sarebbe, infatti, un Senato non più eletto su base regionale, che proponiamo di eleggere con metodo proporzionale (recuperando, dunque, il senso della proporzionalità che ci sembra intrinseco all'assetto costituzionale), attraverso un'elezione indiretta, sulla base della rappresentanza già esistente nei consigli regionali. Crediamo, in questo senso, che il sistema che proponiamo venga da lontano, e che abbia un senso la riduzione dei deputati da cinquecento a quattrocento.

Gli argomenti addotti sia dalla maggioranza, sia dal collega Carrara, che ne ha parlato diffusamente...

PRESIDENTE. Onorevole Russo Spena...

GIOVANNI RUSSO SPENA. ... non ci convincono.

Innanzitutto, sono contraddetti dalla circostanza che si verifica un ping-pong stranissimo, per un sistema costituzionale che dovrebbe essere compiuto, nel numero di deputati, che oscilla tra i cinquecento ed i quattrocento (non a caso, infatti, un emendamento presentato dalla maggioranza propone di fissarne il numero in quattrocento); tuttavia, non accettiamo assolutamente la motivazione relativa ai costi, poiché la democrazia, di per sé, non costa, ma possiede funzioni di formazione e di rappresentanza della sovranità popolare.

So che qualcuno della maggioranza gradirebbe forse...

ROBERTO MENIA. Tempo!

GIOVANNI RUSSO SPENA. ... un Parlamento a costo zero, vale a dire la sua eliminazione...

PRESIDENTE. Onorevole Russo Spena, concluda!

GIOVANNI RUSSO SPENA. ... ma vorrei osservare che si tratta di un argomento veramente demagogico, che consiglierei di non usare nell'ambito del dibattito parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, intervengo per sottolineare che, se l'intento era davvero quello di eliminare il bicameralismo perfetto, con la proposta in esame si dà vita, in realtà, ad una diarchia parlamentare estremamente conflittuale, cui occorrerà porre rimedio, poiché si accompagnerà inevitabilmente all'insorgere di contenziosi e di diversità interpretative, e dunque ad una scarsa funzionalità.

Se l'intento era, invece, quello di ridurre davvero il numero dei parlamentari, allora la soluzione proposta, come evidenzia l'emendamento presentato dall'onorevole Emerenzio Barbieri, è un espediente che non toglie nulla alla situazione attuale e non aggiunge nulla alla funzionalità ed alla governabilità del sistema!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duca, al quale ricordo che ha a disposizione un minuto di tempo. Ne ha facoltà.

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, impiegherò anche un tempo minore, poiché intervengo soltanto per chiedere ai colleghi di essere maggiormente rispettosi nei confronti di coloro che parlano e di non richiamare continuamente al tempo, come se fossimo in uno stadio in cui bisogna chiedere all'arbitro di far terminare la partita, perché la propria squadra sta vincendo (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Una voce: «Tempo!»)!

Ecco: questa è appunto l'educazione che state dimostrando! Da questo momento, se intendete proseguire così, penso che possano essere richiesti una decina di interventi a titolo personale in più per guadagnare del tempo. Un po' di educazione, colleghi (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Colleghi, se vi fossero obiezioni sulla procedura adottata, vorrei far presente che i colleghi Ruzzante e Boato hanno naturalmente titolo a far proprio l'emendamento. Lo preciso affinché risulti agli atti, in caso di eventuali obiezioni.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Emerenzio Barbieri 2.81, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

RENZO INNOCENTI. Ci sono troppi doppi voti!

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente! Il primo, secondo, terzo e quarto settore!

NICOLÒ CRISTALDI. Ruzzante, guarda anche dietro di te!

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, dietro Leone... !

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ho già fatto un richiamo ieri. Stiamo discutendo di Costituzione. Per favore, usate una mano sola per votare ! Da tutte le parti, naturalmente !

Dichiaro chiusa la votazione.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, guardi quanti doppi voti!

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, guardi anche dall'altro lato!

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 344

Votanti 340

Astenuti 4

Maggioranza 171

Hanno votato 140

Hanno votato no 200).

Ricordo che l'emendamento Perrotta 2.74 è stato ritirato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 2.80.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, con quest'emendamento vogliamo porre un problema. Come potrà essere risolto tale problema lo vedremo in seguito. Se quest'emendamento non piace, si potrebbe anche modificare; il problema, tuttavia, permane. Nella formulazione proposta dalla maggioranza, vi è, sostanzialmente, la questione che sia i deputati eletti sul territorio nazionale sia i deputati eletti nella circoscrizione Estero potrebbero essere considerati come numero complessivo per determinare la maggioranza.

Il problema che noi solleviamo si collega alla discussione sul premier, sulla maggioranza, sulla fiducia, eccetera, e sul fatto che il premier stesso deve essere collegato alla maggioranza.

Noi ci chiediamo che cosa si debba intendere per «maggioranza». Poniamo tale problema fin d'ora. Quando, infatti, lo discuteremo, parleremo della composizione della Camera e della maggioranza che sarà determinata dalla composizione della Camera. Si porrà allora il problema di stabilire che la maggioranza - nel territorio italiano, anche perché ricordo all'Assemblea che il sistema di elezione dei deputati nella circoscrizione Estero è completamente diverso da quello nazionale, oltretutto a base proporzionale e non collegato al premier - collegata al premier è stata espressa dall'elezione sul territorio nazionale e, quindi, non potrà che essere quella la maggioranza cui si farà riferimento nel discutere di sostituzione del premier. Si tratta di un tema su cui, me lo auguro, vi sarà un serio approfondimento.

Noi ci chiediamo: possiamo includere in tale concezione di maggioranza anche i deputati della circoscrizione Estero, che sono eletti con un criterio completamente diverso (che, lo ripeto, abbiamo - allo stato - deciso sia un criterio proporzionale e non collegato ad alcun premier)? Come sono considerati tali deputati? Come deputati collegati al premier? È una problematica estremamente rilevante, lo ripeto ancora. Essa è tanto rilevante quanto più questa maggioranza vuole aumentare il numero dei deputati.

Non stiamo discutendo di una piccola porzione del Parlamento, ma di diciotto deputati, che attualmente costituirebbero il quinto o sesto gruppo di quest'aula, per consistenza numerica. Se tale consistente rappresentanza politica debba essere considerata come maggioranza credo che sia un tema che è giusto porre sin d'ora, nel momento in cui stiamo discutendo della composizione della Camera, perché altrimenti non lo potremo affrontare quando tratteremo i temi del premier e della maggioranze che lo esprimono (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, l'inserimento dell'inciso «elettivi» - che, d'altra parte, viene mutuato dall'attuale articolo 57 della Costituzione, laddove si dice che il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero - non determina alcun tipo di forzatura letterale del testo costituzionale, ma è la riproposizione di una dizione già esistente in Costituzione. Tuttavia, come ha ricordato il collega Marone, pone una questione molto seria.

Voi avete deciso che i deputati eletti nella circoscrizione Estero siano diciotto. Facendo una proporzione, constatiamo che diciotto deputati su cinquecento corrispondono a ventitré deputati su seicentotrenta. Oggi, ventitré deputati su seicentotrenta rappresenterebbero un gruppo parlamentare molto consistente e molto significativo. Ciò significa che l'incidenza dei deputati eletti nella circoscrizione Estero, ai fini della definizione di una maggioranza o della mozione di sfiducia ad un governo, è estremamente consistente. Al momento, non ho chiari i dati, ma in questo Parlamento ventitré deputati sicuramente potrebbero costituire un gruppo autonomo, uno dei gruppi maggiori. Comprenderete che si tratta di una questione estremamente rilevante. Credo che dobbiamo porci questo problema con grande serietà e rigore. Infatti, nella riforma che state portando avanti (e che mi auguro non giunga a positiva conclusione) - nel momento in cui si modifica sostanzialmente il governo parlamentare, nel momento in cui si introduce in Costituzione la forma del premierato assoluto e il concetto di maggioranza parlamentare, che è alla base di una serie di automatismi con effetti molto significativi relativamente alla durata del Parlamento, alla formazione delle maggioranze e alla fiducia dei Governi - diciotto parlamentari eletti nella circoscrizione Estero sono un numero sicuramente esorbitante.

Non è in discussione il diritto dei cittadini che risiedono all'estero di vedere una propria rappresentanza sedere sui banchi del Parlamento; qui è in gioco l'equilibrio complessivo del sistema. Noi riteniamo che stiate realizzando un intervento totalmente squilibrato e al di fuori della cultura del costituzionalismo moderno, il quale rompe il principio di democrazia, rompe il principio di rappresentanza e la divisione dei poteri. Diciotto deputati su cinquecento sono un elemento difficile da digerire sul piano complessivo dell'equilibrio. Credo che, in questo caso, una riflessione vada fatta.

Noi abbiamo posto il tema in questa sede, perché fossimo avvertiti della delicatezza del passaggio. Ma è del tutto evidente che, se in questa sede non si dovesse trovare una soluzione al problema, lo riproporremo a tempo debito, quando parleremo di forma di governo, di votazioni di fiducia, di mozioni di sfiducia e di maggioranza parlamentare, che diventa in qualche modo arbitra non solo della vita del governo, ma anche della durata del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, intervengo per un richiamo all'articolo 8 del regolamento. Le chiederei di disporre il controllo delle schede di votazione: vi sono diverse schede visibili sui banchi, anche in questo momento, con deputati non presenti in aula (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).

CESARE RIZZI. Sei un fenomeno!

PIERO RUZZANTE. È evidente che i colleghi potrebbero trovarsi fuori dall'aula, ma chiederei comunque un controllo preventivo prima del voto.

ELIO VITO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, è evidente che il collega Giachetti nei giorni scorsi ha fatto diversi richiami al regolamento affinché nel processo verbale e nel resoconto stenografico non comparissero cose non corrispondenti al vero; ciò, in quanto l'opposizione non poteva in alcun modo praticare ostruzionismo, perché i tempi sono contingentati.

Signor Presidente, questa mattina - ne darà atto il collega Giachetti - l'opposizione al primo voto ha abbandonato l'aula; dopodiché, è rientrata, avendo constatato che vi era il numero legale, e ora chiaramente abbandona di nuovo l'aula: si sta praticando un legittimo ma evidente tentativo di ostruzionismo. Ostruzionismo, cari colleghi dell'opposizione, anche di facile praticabilità, dal momento che attuarlo il venerdì mattina, a mezzogiorno e all'ultimo voto - converrà, signor Presidente - non è una grande battaglia politica e parlamentare. Ma tant'è: è un loro diritto, però di questo si tratta!

D'altra parte, un'ulteriore controprova di questo atteggiamento ostruzionistico l'abbiamo avuta addirittura stamattina quando il presidente Bruno, relatore sul provvedimento, ha illustrato un emendamento della Commissione riferito all'articolo 3, che accoglieva alcune proposte di modifica formulate dall'opposizione e che è stato approvato all'interno del Comitato dei nove dagli stessi gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo.

Su quell'emendamento della Commissione, che accoglieva un suo emendamento, l'onorevole Ruzzante ha chiesto la fissazione di un'ulteriore termine per presentare proposte subemendative. Presumibilmente, si presenteranno subemendamenti - in caso contrario non comprenderei per quale ragione si chieda il relativo termine - ad un loro emendamento che è stato accolto dalla Commissione.

Credo che anche in questo caso, collega Giachetti, lei dovrà darmi atto che siamo in presenza di un legittimo tentativo di ostruzionismo. A questo punto, dal momento che è prevista un'eventuale prosecuzione notturna dei lavori per la prossima settimana, credo che quell'eventualità debba essere rimossa di fronte a questo atteggiamento. Occorre, cioè, prevedere con certezza, a partire dalla seduta di lunedì, la prosecuzione notturna dei lavori (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). Di questo, naturalmente, si faranno carico i colleghi della maggioranza, che sono ben consapevoli che siamo in presenza di un non dichiarato, ma effettivo, tentativo ostruzionistico, rispetto al quale essi dovranno assicurare il numero legale; tuttavia, questo, a mio avviso, è anche il modo di dimostrare come noi teniamo al tema delle riforme costituzionali.

In conclusione, vorrei aggiungere come, personalmente ed in qualità di capogruppo di un partito della maggioranza, dispiaccia che si arrivi a questo, perché noi avremmo preferito, ed abbiamo cercato - prova ne siano i numerosi voti svolti congiuntamente con l'opposizione su diverse proposte di modifica avanzate dall'opposizione stessa - di fare in modo che ci potesse essere un confronto nel merito di una riforma costituzionale così importante con l'opposizione.

È opportuno quindi che l'opposizione non si sottragga, che non fugga e che non si auguri «il tanto peggio, tanto meglio», o la peggiore riforma possibile! Che non seguiti cioè a dire: «fate soltanto disastri, è un disastro!»

Sono dieci anni che si parla della necessità di modificare la nostra Costituzione senza stravolgerla: a questo dibattito, la sinistra, la sinistra democratica ed il centrosinistra hanno sempre portato un loro contributo.

Ora che siamo, per la prima volta, prossimi all'obiettivo, perché non era mai accaduto che una riforma così ampia raccogliesse già il voto di un ramo del Parlamento e che fosse in uno stato così avanzato d'esame da parte dell'altro ramo del Parlamento, la sinistra contraddice sé stessa e abbandona i lavori, cercando di provocare la dilatazione dei tempi e la mancanza del numero legale, in modo infine da spostare il termine per la conclusione dell'esame del testo di riforma da parte di questo ramo del Parlamento dall'8 ottobre al 15 o al 22 dello stesso mese. Con quale spirito costituente, è sotto gli occhi di tutti...!

Se lei consente, al fine di verificare se stamattina vi siano le condizioni per proseguire l'esame del testo, considerato che una parte del lavoro è stata opportunamente svolta, mi rimetterei alla valutazione del presidente Bruno, che a sua volta rimetterà tale analisi alla Presidenza; naturalmente, le comunico che la richiesta relativa alla possibilità di stabilire sin da oggi, per la prossima settimana, la prosecuzione notturna di tutte le nostre sedute è stata da me sottoposta anche al Presidente Casini, il quale mi ha dato atto del fatto che si trattava di una richiesta corretta (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

PIERO RUZZANTE. È già stabilita!

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con il consueto garbo, il presidente Vito ha esposto le ragioni della maggioranza.

Mi consenta, al di là di una serie di argomentazioni che giudico strumentali e sulle quali non ritengo opportuno aprire in questo momento il dibattito, di sintetizzare la posizione che tutte le opposizioni intendono esprimere, e che in ogni caso io adesso confermo in questi termini: noi questa «bruttura» di riforma costituzionale non possiamo in alcun modo contribuire a porla in essere. Non facciamo attività tipicamente ostruzionistica, tant'è che abbiamo avanzato una serie di proposte emendative al fine di migliorare il testo. Tuttavia, non si può assolutamente chiedere di continuare l'esame del provvedimento grazie ai voti dell'opposizione.

La maggioranza garantisca la presenza in aula dei propri deputati, garantisca il numero legale e vada avanti. Noi faremo un'opposizione costruttiva. Se poi la maggioranza non ha i numeri per andare avanti, non può scaricare sull'opposizione le sue difficoltà (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana). Questo deve essere chiaro ed inequivocabile, notturne o non notturne (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

DARIO GALLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, mi associo alle considerazioni svolte dal collega Elio Vito e vorrei sottolineare alcuni aspetti. Ho l'onore di appartenere ad un movimento che quanto a battaglie parlamentari credo non sia secondo a nessuno in quest'aula. Quindi, non ho nulla da dire, da un punto di vista di principio puramente regolamentare, sugli interventi del collega Ruzzante o sul comportamento della sinistra. Allora, però, chiariamo i termini della questione.

Nella scorsa legislatura è passata una riforma federale con quattro-cinque ore di discussione e l'allora Presidente della Camera aveva una tecnicalità diversa e gestiva l'Assemblea - come probabilmente dovrebbe essere giusto - con un favore netto nei confronti della maggioranza. Mi pare che in questo caso, invece, vi sia un atteggiamento di più larghe vedute, che non so quanti vantaggi potrà portare alla fine della legislatura.

Al di là di ciò, mi pare che in questa occasione ci sia voluto più di un mese per accordarsi tra maggioranza e minoranza sulle modalità del dibattito. L'enorme quantità di ore da dedicare al dibattito è stata il frutto di tale accordo. Dunque, una volta decisa tale organizzazione dei lavori, che stride in maniera evidente con la ristrettezza del dibattito della scorsa legislatura, è evidente che il tempo debba essere dedicato ad intervenire sui concetti. Quindi, se il venerdì mattina - quarto giorno, per alcuni quinto, di lavoro in aula - vi è qualche persona in meno, non dovrebbe diventare un problema. Ripeto quanto detto all'inizio; poiché noi per chi battaglia abbiamo il massimo rispetto, mi rivolgo alla maggioranza ed alla Presidenza della Camera: comportiamoci di conseguenza.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 12,15)

 

DARIO GALLI. A questo punto chiediamo, già da adesso, che non vi sia da parte del Presidente della Camera nessuna deroga sui tempi: quando vi sarà una richiesta in tal senso, la Presidenza non conceda neanche un secondo in più, visto l'atteggiamento.

Sono d'accordo con il collega Vito sul fatto che la settimana prossima si svolgano le sedute notturne finché si arriverà all'approvazione del provvedimento. Quella che poteva essere un'occasione di dibattito sereno tra maggioranza e minoranza diventerà un normale e tecnico dibattito tra maggioranza ed opposizione. Va bene lo stesso, l'importante è che la maggioranza faccia quello che deve fare: non concedere più nulla ad un'opposizione che dimostra di non saper apprezzare la larghezza di vedute della Presidenza e della maggioranza stessa (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Vai al mare!

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, ovviamente non entro nel merito del dibattito sulle presenze.

Ripetutamente sono state poste alcune domande sui presunti costi del federalismo a cui il Governo ha già dato risposta. Nonostante tutto ciò, viene continuamente sollevato il problema richiamandosi, come nel caso odierno, all'intervista rilasciata dal Presidente della Repubblica, come se lo stesso avesse voluto introdurre l'argomento dei costi del federalismo. Invece, ciò deriva da una domanda strumentale in cui si chiede al Presidente se abbia commissionato o meno gli studi sul federalismo, cosa che il Presidente ha negato. Mi auguro di chiudere una volta per tutte la questione, visto che un comunicato di quell'istituto che è sempre stato richiamato per aver fatto gli studi su tali presunti costi dice: in merito alle notizie diffuse da tutti gli organi di stampa relativi agli studi condotti dall'ISAE, Istituto di studi e analisi economica, sull'attuazione del federalismo, si tiene a precisare che essi non si sono occupati di quantificare i presunti costi aggiuntivi del federalismo. Gli studi dell'ISAE si limitano, al pari di altre analisi apparse in tempi recenti, a stimare il valore delle funzioni pubbliche oggi in capo allo Stato centrale e destinate in futuro, nell'ipotesi di piena attuazione del federalismo, a spostarsi sui bilanci delle autonomie locali.

Pertanto, i 61 miliardi di euro, spesso citati come stima dei costi del federalismo, sono invece un tentativo di stima delle funzioni oggi gestite dallo Stato del valore che in futuro, sulla base delle modifiche costituzionali intercorse nella passata legislatura, dovrebbero passare alle amministrazioni di regioni, province e comuni. Si precisa, inoltre, che nessun mistero esiste in relazione alla disponibilità degli studi dell'ISAE sul federalismo, sempre consultabili e scaricabili sul sito Internet dell'istituto. Tale comunicato è firmato dal professor Alberto Majocchi, che è il presidente dell'ISAE.

Credo di doverlo dire, e mi auguro sia l'ultima volta (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana), perché non si può utilizzare un dato, riferendolo ad una cosa, quando invece esso è riferito ad un'altra cosa, ma soprattutto non lo si può utilizzare a sproposito quando l'argomento non c'entra assolutamente niente (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

NUCCIO CARRARA. Così Violante non ci racconterà la solita barzelletta!

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Noi, Presidente, stavamo discutendo l'emendamento Boato 2.80. Già in sede di Comitato dei nove questo emendamento ha avuto diverse valutazioni, ma alla fine è prevalso il parere contrario. Prima è intervenuto il collega Marone, il quale ha ampliato lo spettro del dibattito. Poiché il Comitato dei nove non esclude un'eventuale ripensamento, ai fini dell'espressione di un parere favorevole - anche se credo che l'inserimento non vada fatto in questa sede, ma in una sede a seguire -, chiederei, se possibile, una sospensione del dibattito, per convocare il Comitato dei nove ai fini di un ulteriore approfondimento della questione.

Pertanto, signor Presidente, ci rimettiamo al suo conseguente apprezzamento.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Innocenti, Landolfi e Castagnetti mi hanno chiesto di intervenire. Vorrei però capire se i loro interventi si riferiscono a questa proposta di accantonamento oppure no. Infatti, anche a beneficio dei colleghi e dal momento che anch'io ho qualcosa da aggiungere a quello che è stato detto nel dibattito, vorrei capire se si intenda sospendere l'esame dell' emendamento e aggiornare la seduta o se invece si ritiene di procedere alla votazione.

Pertanto, vorrei sapere dai gruppi cosa pensino in ordine alla proposta avanzata dal presidente Bruno.

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Se il presidente Bruno ritiene che la sospensione dell'esame dell'emendamento possa preludere ad una modifica del parere del Comitato dei nove, allora questo ha un senso. Se invece, con molta franchezza, il parere del Comitato dei nove non può cambiare, credo allora che convenga procedere nella votazione.

PRESIDENTE. La richiesta del presidente Bruno è motivata dalla necessità di rivalutare la posizione della Commissione, alla luce del dibattito svoltosi sull'emendamento Boato 2.80. È chiaro che la procedura è un po' inusuale, perché si sono già svolte le dichiarazioni di voto.

Peraltro prendo atto che vi è il consenso del Comitato dei nove e pertanto la Presidenza, in via eccezionale, può accedere alla richiesta.

RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, vorrei intervenire in merito alle dichiarazioni testé svolte dal ministro Calderoli ed anche per una puntualizzazione riguardo all'atteggiamento del nostro gruppo in ordine all'andamento dei lavori.

Per quanto riguarda la prima questione, signor ministro, lei ci ha letto un comunicato che conferma le nostre richieste di andare ad accertare l'entità dei costi.

Sapevamo già prima che lei leggesse il comunicato, perché è stato ripetuto altre volte, che le stime compiute fanno riferimento agli effetti delle modifiche del Titolo V della Costituzione avvenute nella scorsa legislatura.

In questa sede, è stato ripetutamente affermato da lei e da autorevoli colleghi della maggioranza che, rispetto alla situazione precedente, che è comunque l'attuale, a Costituzione vigente, vi è una certa stima, ma sono state ampliate le funzioni...

NUCCIO CARRARA. Non è così, sono state razionalizzate!

RENZO INNOCENTI. Il presidente Violante, questa mattina, richiamando all'attenzione del Presidente della Camera questo tema, ha affermato che vi è la necessità di verificare quanto comporti, sul piano degli effetti economici, l'ulteriore modifica apportata, con riferimento agli articoli 35 e seguenti, concernente la concorrenza legislativa o l'esclusività da parte dello Stato su alcune materie, perché ciò cambia la stima dei costi operata dall'ISAE.

A maggior ragione, proprio perché vi è un ampliamento delle competenze ed è prevedibile vi sia anche un aumento delle strutture e, quindi, dei costi, chiediamo una verifica di tali costi.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 12,25)

 

RENZO INNOCENTI. Fra l'altro, se non ho capito male - e non credo - nella lettura del comunicato, il ministro ha affermato che l'ISAE non si è occupato degli incrementi che si sarebbero potuti verificare attraverso le modifiche ulteriori. Quindi, a maggior ragione insistiamo, perché siamo convinti che, con le modifiche apportate, vi sarà una sovrapproduzione di strumentazione, di burocrazie, di procedure, di competenze e, quindi, di incrementi di costi.

Non ci consideriamo, pertanto, assolutamente soddisfatti della risposta, anche un po' stizzita, se mi permette (come a dire: «questa è l'ultima volta che ne parliamo»); continueremo a porre questo problema, finché non sarà fatta chiarezza sull'effettivo costo derivante dalle modifiche intervenute con riferimento agli articoli esaminati.

In secondo luogo, lo spirito costituente, cui si riferiva il collega Vito, non comporta che non vi sia la presenza del numero legale in aula e nemmeno la possibilità di verificare che, per ogni voto, corrisponda una persona. Lo spirito costituente, anzi, dovrebbe essere garante della necessità della presenza in aula dei colleghi. L'atteggiamento delle opposizioni, di fronte ad una chiara assenza anche di questa mattina dei colleghi di maggioranza (erano in aula poco più di centosessanta, rispetto ai trecentosessanta che compongono la maggioranza in questo ramo del Parlamento), è evidente.

Vi è un atteggiamento di rifiuto nel prendere in seria considerazione le nostre proposte, quindi di un confronto approfondito che entri nello spirito delle proposte che avanziamo per modificare la Costituzione; addirittura, per due o tre votazioni i colleghi della maggioranza hanno espresso una dimensione quantitativa inferiore rispetto al numero legale.

Pertanto, noi chi siamo, la ruota di scorta della maggioranza? Questo mai! Non lo abbiamo mai fatto, non abbiamo intenzione di farlo né lo faremo nei giorni successivi, al di là delle questioni delle modifiche di calendario. Notturne o non notturne, questo sarà l'atteggiamento rigoroso che manterremo per avere la possibilità di discutere con spirito positivo, anche richiamando tutti al rispetto di comportamenti rigorosi che credo occorra tenere sempre e non solo nelle occasioni di modifica della Costituzione.

Fra l'altro, poiché il collega Vito ha avanzato la richiesta di modificare il calendario nel senso di eliminare il riferimento all'eventualità delle sedute notturne, anche noi ne avanziamo un'altra alla Presidenza.

Vale a dire quella di prevedere un incremento, almeno del 20 per cento, dei tempi stabiliti nel primo calendario, al fine di poter continuare a svolgere un approfondito lavoro per modificare 43 articoli della nostra Costituzione! Il tempo attribuito nel primo calendario non è soddisfacente, quindi reiteriamo questa richiesta che avevamo già avanzato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, chiedo l'attenzione del ministro, in quanto vorrei richiamarmi al suo precedente intervento.

Stamattina tutti abbiamo letto un altro importante intervento del Presidente della Repubblica, sulla materia attualmente al centro dei lavori del Parlamento. Se c'è una cosa che sorprende e che sconcerta è che parla il Presidente della Repubblica e non viene preso in considerazione...!

L'associazione dei costituzionalisti italiani si è pronunciata all'unanimità, richiamando il Parlamento ad un senso di responsabilità, in quanto questa riforma scardina principi fondamentali della Costituzione. Le regioni sono intervenute nella stessa direzione e il Presidente della Repubblica, da qualche giorno a questa parte, ripete interventi allarmati, invitando ad una ulteriore riflessione, ad un approfondimento.

Di fronte ad un'intervista del Presidente della Repubblica come quella di stamattina, un Governo responsabile avrebbe chiesto un attimo di riflessione, in quanto le parole sono così autorevoli per la fonte e per il merito che non possono non essere prese in considerazione. Niente! Non vi è alcun tipo di reazione, è come se fosse l'intervista di uno di noi! Invece, è il Capo dello Stato che richiama tutto il Parlamento - in primo luogo, la maggioranza - ad una ulteriore riflessione.

In ordine alla questione dei costi, signor ministro, non smetteremo di tediare il Governo con questo interrogativo. Lei ha letto il comunicato dell'ISAE che, fino a prova contraria, è un istituto partecipato dal Ministero dell'economia - quindi con un collegamento strutturale al Governo -, che tuttavia a nostro avviso mantiene la sua autorevolezza.

L'ISAE ha svolto un conteggio sulla legislazione data e, giustamente, voi evocate la responsabilità del centrosinistra che ha operato queste modifiche. Ma l'ISAE nel suo sito afferma anche che, per quanto conosciuta, la nuova riforma aumenterà la spesa; in particolare, tale istituto afferma che, su cento dipendenti che dovevano essere trasferiti in considerazione delle nuove funzioni attribuite alle regioni, solo 40 dipendenti sono stati effettivamente trasferiti, in quanto il provvedimento attuativo di questo Governo ha dovuto prendere atto di diverse difficoltà.

Per di più, i pochi dipendenti interessati dal trasferimento sono stati trasferiti dal ministero alla regione Lazio.

Dunque, tutto fa prevedere che i trasferimenti derivanti dalla nuova formulazione dell'articolo 117 della Costituzione, in particolare in materia di sanità e di istruzione, non si realizzeranno. Quindi, già oggi, siamo di fronte ad un prevedibilissimo aumento di spesa, che vi chiediamo solo di quantificare.

Vorremmo saperlo e vorremmo sapere anche come pensate di finanziare tutta la riforma.

Signor ministro, non esiste solo lo studio dell'ISAE. Abbiamo letto più volte su qualificatissimi quotidiani della stampa nazionale la notizia che la Ragioneria generale dello Stato ha incaricato la Scuola superiore di economia e finanza di quantificare il prevedibile aumento di spesa. Vorrei sapere per quale ragione non è stata smentita questa notizia. La Ragioneria generale dello Stato è stata tirata in ballo più volte dal quotidiano Il Sole 24 Ore e più volte anche dal Corriere della Sera, che hanno appunto riportato l'incarico conferito alla Scuola superiore di economia e finanza. Ci porterete qualche prova cartacea, immagino: dal momento che la Scuola superiore dipende dallo Stato, ci sarà pure qualche dichiarazione più o meno a compiacente. Anche perché non credo che la stessa Scuola abbia potuto quantificare alcunché, visto che per lo Stato il calcolo risulta così difficile.

Inoltre, il professor Vitaletti, presidente dell'Alta commissione per il federalismo fiscale, ripete egualmente che si possono fare soltanto delle previsioni. Ancora: il dipartimento economico della Presidenza del Consiglio dei ministri ha ipotizzato l'aumento del 40 per 100 della spesa pubblica. Sono cose che abbiamo letto; per fortuna viviamo in un paese in cui tutti sanno farlo! Ripeto: un aumento del 40 per cento. Ancora: i professori Bordignon e Ceniglia hanno ipotizzato la stessa percentuale di aumento della spesa pubblica.

E voi venite in quest'aula a dirci che la spesa pubblica non aumenterà? Non affermiamo che aumenterà troppo, vogliamo soltanto sapere il suo effettivo incremento per poterci rendere conto se la riforma è attuabile. È questo il problema che abbiamo posto.

L'altra questione posta dal Presidente della Repubblica è quella delle modalità con cui si procede all'approvazione di questa riforma. Avete osservato giustamente che nella precedente legislatura il centrosinistra commise l'errore di procedere da solo. Abbiamo tentato di giustificare tale scelta, ma almeno formalmente le cose andarono così. Non si può però ripetere un errore. Di fronte alla nostra richiesta, di fatto avete risposto negativamente, perché avete detto che intendete proseguire da soli. Se così avere intenzione di fare, allora a voi spetta l'onere di assicurare la maggioranza, come ha detto l'onorevole Boccia. Non potete, infatti, chiedere la nostra complicità per l'approvazione di una legge che devasta l'impianto e l'architettura costituzionale del nostro paese. Non potete avere la nostra complicità!

È questa la ragione per cui non possiamo acconsentire alla vostra richiesta, sia che nelle prossime settimane si voti di giorno sia che si voti di notte. I pianisti devono scomparire! Siamo pronti anche ad incatenarci, se continuerete a modificare la Costituzione con solo 150 deputati in aula. È una vergogna (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)! Con soli 150 deputati volete dissestare l'impianto della nostra Costituzione! Volete votare di giorno, di notte, al mattino? Fate la costituzione notturna! Fate quello che volete! Abbiate però la responsabilità di essere presenti e di votare (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, mi scuso con gli altri deputati iscritti a parlare, ma purtroppo si riunisce il Comitato dei nove, dove sono stato convocato dal presidente...

MAURA COSSUTTA. No, il Comitato dei nove si convoca dopo, alla fine dei lavori dell'Assemblea!

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. È stato autorizzato dall'Assemblea...

PRESIDENTE. Confermo che il Comitato dei nove è convocato al termine della seduta. Comunque, il Governo può chiedere di parlare in qualunque momento.

COSIMO GIUSEPPE SGOBIO. Questa è cosa diversa dalle motivazioni che ha dato...!

MAURA COSSUTTA. La seduta è in corso!

PRESIDENTE. Ripeto: il Comitato dei nove è convocato a fine seduta.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Se qualcuno, oltre a criticare la riforma, leggesse attentamente anche la Costituzione vigente, troverebbe la specificazione di quando il Governo può eventualmente chiedere la parola...

Onorevole Castagnetti, non voglio essere male interpretato, ma vorrei dirle che condivido integralmente il contenuto dell'intervista che il Presidente della Repubblica ha rilasciato oggi al Corriere della Sera. Non vorrei però che qualcuno la utilizzasse per fargli dire qualcosa che in realtà non ha detto. Non ho trovato in alcuno dei passaggi di questa intervista nulla che possa essere definito come un richiamo al Parlamento.

Mi sembra che l'intervista sia a carattere generale, con puntuali domande del giornalista. Credo che i princìpi richiamati in quella intervista siano gli stessi reintrodotti ieri dalla Camera, su cui invece da parte vostra c'è stata notevole ostilità.

Si può dire tutto, ma non si può non capire - e voglio sottolineare il secondo «non» - che la frase «non si sono occupati di quantificare i presunti costi aggiuntivi del federalismo» si riferisce ai costi oggi di competenza dello Stato, che dovrebbero essere spostati ovviamente a livello periferico.

Credo che sommare i costi centrali e i costi a livello periferico, qualora fossero trasferiti con tale modalità, porterebbe effettivamente ad una duplicazione degli stessi. Non si tratterebbe di federalismo, bensì di finto federalismo. Faccio sempre riferimento ad atti scritti, e invito, anche se sono stato informato che era già noto, a rileggere attentamente questo comunicato. Ritengo che nessun altro istituto debba smentire affermazioni che, quanto ad altri istituti, sono già state smentite, soltanto perché qualcuno ha utilizzato tali affermazioni a fini giornalistici.

PIER PAOLO CENTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione la replica parziale del ministro Calderoli, che tuttavia sfugge al nodo politico che è stato posto oggi in questa sede e che emerge anche dalla discussione dei giorni scorsi.

Tale nodo politico risiede nel fatto grave - e bene ha fatto l'opposizione a uscire dall'aula e a porre con forza la questione del numero legale - costituito dalla pretesa arrogante del Governo e della maggioranza di centrodestra di approvare, con un calendario forzato, una riforma costituzionale così profonda e radicale, senza neanche garantire la presenza della maggioranza. Si tratta di un fatto rilevante, che dimostra e conferma le divisioni esistenti nel centrodestra che ancora non emergono nettamente, anche se ritengo che certamente il richiamo rivolto oggi dal Presidente della Repubblica Ciampi su questi temi non lascerà il centrodestra, e in particolare la sua parte più consapevole dei rischi derivanti dalla riforma, in silenzio ancora per molto. Tale fatto accresce inoltre la consapevolezza che i Verdi e tutta l'opposizione non potranno da oggi in poi coprire, con un atteggiamento responsabile dal punto di vista parlamentare, il vuoto dei banchi del centrodestra, che è anche un vuoto politico, perché nasconde le difficoltà, le differenze e le contraddizioni esistenti al suo interno. Il patto di potere tra la Lega, Forza Italia e Alleanza nazionale, che rende tale riforma costituzionale «pasticciata», può e deve saltare. Per tale ragione, abbiamo assunto l'iniziativa di chiedere la verifica del numero legale.

Vi sono poi numerose ragioni politiche e di merito, che non richiamo e che sono state affrontate nel corso degli interventi di chi mi ha preceduto e nel lavoro svolto dai rappresentanti dell'opposizione nel Comitato dei nove e nella Commissione affari costituzionali, di cui abbiamo trovato un'eco nelle affermazioni condivisibili del Presidente della Repubblica.

Affermiamo con chiarezza che la vicenda dell'approvazione della riforma costituzionale in esame - lo sappia la Presidenza della Camera, lo sappia il Governo, lo sappia il ministro competente - non può continuare ad essere affrontata come se si trattasse di una questione ordinaria. Si vogliono modificare radicalmente oltre 40 articoli della Costituzione e dobbiamo elevare il livello della consapevolezza dell'opposizione, in Parlamento e nel paese. Se la maggioranza intende andare avanti come un rullo compressore, sappia che, pure compiendo tutte le possibili forzature del regolamento e facendo convocare la Camera anche di notte, deve portare i propri deputati a svolgere il lavoro parlamentare. Se vi sono contraddizioni, è opportuno che emergano, in quanto ritengo sia un bene per il paese che questa riforma si fermi e che si avvii la riflessione da più parti auspicata.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti i colleghi intervenuti.

Il Presidente mi ha pregato di informare l'Assemblea che valuterà le richieste di sedute notturne per la prossima settimana, avanzate, in particolare, dal gruppo di Forza Italia.

Quanto alla richiesta formulata dal gruppo dei Democratici di sinistra circa l'ampliamento dei tempi, riferirò presente al Presidente della Camera.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 17,10.


 


DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)


 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)

 

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 2.

(Camera dei deputati).

1. L'articolo 56 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 56. - La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.

La Camera dei deputati è composta da cinquecento deputati e dai dodici deputati assegnati alla circoscrizione Estero.

Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.

La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per cinquecento e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

Capo I

MODIFICHE AL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

ART. 2.

(Camera dei deputati).

 

Sopprimerlo.

2. 70. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, sostituire le parole da: cinquecento fino alla fine del comma con le seguenti: quattrocento deputati, da dodici deputati assegnati alla circoscrizione estero e dai deputati a vita di cui all'articolo 59.

Conseguentemente:

all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: e dai senatori a vita di cui all'articolo 59;

all'articolo 5:

al comma 1, premettere il seguente comma: 01. All'articolo 59, primo comma, della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato»;

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita;

al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori di nomina presidenziale con le seguenti: deputati di nomina presidenziale;

alla rubrica, sostituire la parola: senatori con la seguente: deputati;

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita;

all'articolo 43, comma 10, sopprimere le parole da: anche fino alla fine del comma.

2. 1. Mascia, Leoni, Bressa, Boato, Russo Spena, Zanella, Quartiani, Pisapia.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, sostituire le parole: cinquecento deputati e dai dodici con le seguenti: cinquecentodieci deputati e dai sei.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, quarto comma, sostituire la parola: cinquecento con la seguente: cinquecentodieci.

2. 73. Perrotta.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, sostituire la parola: cinquecento con la seguente: quattrocento.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, quarto comma, sostituire la parola: cinquecento con la seguente: quattrocento.

2. 81. Emerenzio Barbieri, Boato, Ruzzante, Bressa, Russo Spena.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, sostituire la parola: cinquecento con la seguente: cinquecentodieci.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, quarto comma, sostituire la parola: cinquecento con la seguente: cinquecentodieci.

2. 74. Perrotta.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, dopo le parole: cinquecento deputati aggiungere la seguente: elettivi.

2. 80. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Ttti De Simone, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Subemendamenti all'emendamento 2. 200.

 

 

All'emendamento 2. 200., sostituire la parola: diciotto con la seguente: dodici.

0. 2. 200. 2. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Russo Spena.

 

 

All'emendamento 2. 200., sostituire, ovunque ricorrano, le parole: deputati a vita con le seguenti: deputati per la legislatura.

Conseguentemente, al medesimo emendamento, nella parte consequenziale, dopo le parole: Deputati di diritto e a vita aggiungere le seguenti: e deputati di nomina presidenziale.

0. 2. 200. 1. Perrotta.

 

 

All'emendamento 2. 200., aggiungere la seguente parte consequenziale:

all'articolo 43, comma 10, sostituire le parole da: anche fino alla fine del comma con le seguenti: . Il Presidente della Repubblica, fino alla data di insediamento del Senato federale della Repubblica, può nominare senatori a vita ai sensi dell'articolo 59, secondo comma, della Costituzione, prima della modifica di cui all'articolo 3 della presente legge, purché il numero totale degli stessi nel Senato non sia superiore a tre. I senatori a vita in carica alla data di insediamento del Senato federale della Repubblica diventano nello stesso giorno, con comunicazione del Presidente della Repubblica alle Camere, deputati a vita.

0. 2. 200. 4. Boccia.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, sostituire le parole da: e dai dodici deputati fino alla fine del comma con le seguenti:, dai diciotto deputati assegnati alla circoscrizione Estero e dai deputati a vita di cui all'articolo 59.

Conseguentemente:

all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: e dai senatori a vita di cui all'articolo 59;

all'articolo 5:

al comma 1, premettere il seguente comma: 01. All'articolo 59, primo comma, della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato»;

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita;

al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori di nomina presidenziale con le seguenti: deputati di nomina presidenziale;

sostituire la rubrica con la seguente: Deputati di diritto e a vita;

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

2. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, aggiungere in fine le parole:, nonché dai deputati a vita di cui all'articolo 59.

Conseguentemente:

all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: e dai senatori a vita di cui all'articolo 59.

all'articolo 5:

al comma 1, premettere il seguente comma: 01. All'articolo 59, primo comma, della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato»;

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita;

al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori di nomina presidenziale con le seguenti: deputati di nomina presidenziale;

alla rubrica, sostituire la parola: senatori con la seguente: deputati;

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita;

all'articolo 43, comma 10, sopprimere le parole da: anche fino alla fine del comma.

*2. 71. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Giordano, Zanella.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, aggiungere in fine le parole: , nonché dai deputati di cui all'articolo 59.

Conseguentemente:

all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: e dai senatori a vita di cui all'articolo 59;

all'articolo 5:

al comma 1, premettere il seguente comma: 01. All'articolo 59, primo comma, della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato»;

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita;

al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori di nomina presidenziale con le seguenti: deputati di nomina presidenziale;

alla rubrica, sostituire la parola: senatori con la seguente: deputati;

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita;

all'articolo 43, comma 10, sopprimere le parole da: anche fino alla fine del comma.

*2. 77. Pacini.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, aggiungere, in fine, le parole: nonché dai deputati nominati dal Presidente della Repubblica per la durata della legislatura ai sensi dell'articolo 59.

Conseguentemente:

all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: e dai senatori a vita di cui all'articolo 59;

all'articolo 5:

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati per la durata della legislatura;

al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati per la durata della legislatura;

sostituire la rubrica con la seguente: Deputati nominati dal Presidente della Repubblica;

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati per la durata della legislatura.

2. 75. Perrotta.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, terzo comma, sostituire le parole: venticinque anni con le seguenti: diciotto anni.

2. 79. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Deiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Ruzzante, Raffaella Mariani, Mascia.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, terzo comma, sostituire le parole: venticinque anni con le seguenti: ventuno anni.

*2. 3. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, terzo comma, sostituire le parole: venticinque anni con le seguenti: ventuno anni.

*2. 78. Buontempo.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, terzo comma, aggiungere, in fine, le parole: e sono residenti in Italia.

2. 76. Perrotta.



 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

520.

 

Seduta di lunedì 4 OTTOBRE 2004

 

presidenza del vicepresidente
Alfredo Biondi

indi

DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

E DEL VICEPRESIDENTE

MARIO CLEMENTE MASTELLA

 

 


La seduta comincia alle 11,30.

 

Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 17,46).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.

Ricordo che nella seduta di venerdì 30 settembre è stato votato, da ultimo, l'emendamento Perrotta 2.4. Nella stessa giornata, la Commissione ha presentato l'ulteriore emendamento 2.25.

 

 (Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A. C. 4862 ed abbinate sezione 1).

Chiedo al relatore ed al Governo di esprimere i pareri sul subemendamento 2.25 della Commissione e sui subemendamenti ad esso presentati.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, ricordo all'Assemblea che dal sottoscritto era stata chiesta un'interruzione dei lavori, per convocare il Comitato dei nove sull'emendamento Boato 2.80. Tale emendamento, su cui era stato espresso un parere contrario da parte dello stesso Comitato dei nove, ha indotto la Commissione a presentare un proprio emendamento, dalla cui eventuale approvazione il predetto emendamento Boato 2.80 risulterebbe assorbito.

Detto questo, la Commissione, esprime parere contrario sulle proposte emendative Bressa 0.2.25.1 e Perrotta 0.2.25.2, 0.2.25.3 e 0.2.25.4, mentre raccomanda l'approvazione dell'emendamento 2.25 della Commissione. Inoltre, la Commissione invita a ritirare l'emendamento Boato 2.80, in quanto risulterebbe assorbito dall'approvazione dell'emendamento 2.25 della Commissione; allo stesso modo, risulterebbero preclusi alcuni dei successivi emendamenti.

PRESIDENTE. Le faccio presente che, se venisse approvato l'emendamento 2.25 della Commissione, sarebbero preclusi tutti gli emendamenti fino a Bressa 2.79. La invito, comunque, ad esprimere il parere su tutti gli emendamenti presentati.

DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sui subemendamenti Bressa 0.2.200.2 e Boccia 0.2.200.4, mentre invita a ritirare l'emendamento Elio Vito 2.200, che risulterebbe assorbito a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2.25 della Commissione e sul quale, comunque, il parere è favorevole. Risulterebbero, altresì, assorbiti gli identici emendamenti Boato 2.71 e Pacini 2.77, sui quali il parere è contrario. Il parere è, altresì, contrario sugli emendamenti Perrotta 2.75 e Bressa 2.79.

La Commissione, infine, esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Boato 2.3 e Buontempo 2.78.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.2.25.1.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, come qualcuno ricorderà, noi ponemmo il problema dell'estraneità dei rappresentanti eletti nella circoscrizione Estero in un Senato federale. È un tema che sollevammo in Commissione nel mese di luglio. Allora, l'atteggiamento della maggioranza era di totale chiusura e non fummo neanche in grado di spiegare le nostre ragioni. Si trattava di ragioni più che evidenti: un Senato federale dovrebbe rappresentare la territorialità delle regioni di questo paese e non si vede cosa c'entrino i membri eletti nella circoscrizione Estero.

Come sappiamo, l'estate ha portato consiglio, su questo punto si è svolta una riflessione e si è deciso, giustamente, che ai rappresentanti eletti nella circoscrizione Estero nel Senato federale spettano poche competenze. Peraltro, ancora non conosciamo quali saranno le competenze del Senato federale: da quanto apprendo, la maggioranza ci sta pensando e, certamente, mi auguro che esso non avrà le enormi competenze che gli sono state attribuite dal Senato in prima lettura.

Si tratta di un aspetto sul quale riflettere, ma è paradossale che, senza ancora conoscere le funzioni di un organo, ne stabiliamo la composizione ed i soggetti che ne entreranno a far parte. Sarebbe stato utile svolgere una valutazione complessiva.

Non si è fatto nulla di più che aumentare il numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero, che sono stati portati a diciotto: quindi, non vi è stata una riduzione di tali rappresentanti al Senato, ma essi sono stati trasferiti alla Camera. Ciò comporta, ovviamente, una sovrabbondanza di rappresentanza rispetto al principio, che contestualmente state affermando, della riduzione dei componenti della Camera.

Pertanto, vi sono due proposte contrapposte: da una parte, proponete una riduzione (anche se, in questa sede, vi è un aumento rispetto alla riduzione dei deputati alla Camera) e, dall'altra parte, proponete una partecipazione di ben diciotto deputati eletti nella circoscrizione Estero, che rispetto ai 500 deputati della Camera, ossia ai 251 deputati che formano la maggioranza, rappresentano il 10 per cento di una maggioranza. È un partito politico: ciò evidenzia l'assurdità della mediazione che avete raggiunto, che, ancora una volta, serve ad uno dei partiti della maggioranza per affermare un qualche intoccabile principio.

Vorrei porre in termini problematici al ministro, alla maggioranza e al relatore Bruno, la questione del rapporto tra questa norma ed il nuovo articolo 92 della Costituzione. Come deve leggersi la norma sulla fiducia o sfiducia al primo ministro, che deve essere espressa dalla maggioranza scaturita dalle elezioni?

Questi diciotto deputati stanno nella maggioranza, non ci stanno, hanno un sistema elettorale diverso, non sono collegati al premier, o saranno collegati?

Credo che sia opportuno esaminare insieme tutta questa materia, perché altrimenti avremmo una situazione per cui, quando andremo ad interpretare l'articolo 92 nella stesura definitiva oggi proposta nel Comitato dei nove, non capiremo ovviamente se questi diciotto deputati fanno parte di quella famosa maggioranza elettorale.

Oltretutto - lo dico fin d'ora - è un gravissimo errore perché, a Costituzione e a sistema elettorale vigenti, non esiste una maggioranza elettorale. State scrivendo una cosa sbagliata nella Costituzione, ma è un problema che esamineremo rispetto all'articolo 92.

È fuori discussione che questi diciotto deputati sono fuori della maggioranza. Allora, che succede? Questi diciotto deputati votano la fiducia, non votano, non sono determinanti ai fini della mozione di sfiducia? Sono problemi rilevanti e lo sono ancora di più dal momento che avete portato il numero dei deputati della circoscrizione Estero ad un livello così rilevante. Ripeto che si tratta di diciotto deputati su cinquecento.

È un numero che può condizionare una maggioranza di Governo perché è così rilevante da poter determinare la fiducia o la sfiducia di un Governo. Ricordo che in questo paese solo con il primo ministro Berlusconi si è avuta una maggioranza così vasta, ma fino al 2001 le maggioranze si sono sempre rette su numeri abbastanza contenuti.

ALFREDO BIONDI. Il Governo Berlusconi 2!

RICCARDO MARONE. Nel secondo Governo Berlusconi, certamente. Il primo Governo Berlusconi si reggeva solo sulla Lega e poi cadde perché la Lega non lo sostenne più.

Credo che sarebbe utile una riflessione, perché allo stato con l'organizzazione che avete creato e con quest'equilibrio, il numero è certamente sbagliato. Siamo stati tutti d'accordo sulla necessità di una rappresentanza estera - questo è fuori discussione - ma il problema è che ovviamente, come in tutte le cose della vita, nel momento in cui si affermano dei principi bisogna adeguarli a quelli esistenti nell'ordinamento.

Quindi, se vogliamo che ci sia una rappresentanza estera, dobbiamo essere anche equilibrati e fare in modo che questa rappresentanza abbia la giusta dimensione e la giusta rilevanza politica nel nostro paese e che non possa avere, invece, con questo emendamento una rilevanza che sarebbe certamente eccessiva rispetto a quella che hanno i deputati eletti e residenti in questo paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Come ricordava qualche istante fa il collega Marone, ci troviamo di fronte ad uno di quegli esempi che oserei definire «di isteria costituzionale». Infatti, avete accettato un principio che riteniamo saggio, cioè quello di non prevedere in un Senato che, per salvare le apparenze, continuate ad ostinarvi a ritenere federale, anche se federale non è, la rappresentanza dei deputati della circoscrizione Estero.

È del tutto evidente che i deputati della circoscrizione Estero non vengono qui in rappresentanza del Queensland o della Nigeria, ma vengono perché vogliono essere in qualche modo rappresentanti delle istanze dei nostri cittadini all'estero. È del tutto evidente che i territori dai quali provengono poco o nulla hanno a che fare con l'assetto federale del nostro paese.

Quindi, se mentre si sottolinea un passaggio positivo, si registra, però, il massimo danno possibile nel far traslocare i rappresentanti della circoscrizione Estero dal Senato alla Camera. La Camera dei deputati è un organo politico. Ha la possibilità di votare la maggioranza e di dare la fiducia o la sfiducia al primo ministro. È una Camera che viene modificata sostanzialmente nei suoi poteri e viene sublimata come l'unica occasione di politica autentica del Parlamento.

Anche su questo aspetto ci sarebbe da dire, e lo diremo, che il Senato, così come lo pensate, alla fine sarà anch'esso una Camera di rappresentanza politica, ma siccome voi volete salvare le apparenze e continuate a definire il Senato come federale, è giusto che salviate le apparenze fino in fondo.

Invece non è così, perché si tratta di diciotto deputati. Capisco che il numero diciotto sia frutto dei dodici attuali più i sei che erano al Senato e che non si vogliono perdere, ma il risultato che ottenete è assolutamente abnorme.

Oggi si tratta di dodici deputati su 630: diciotto deputati su 500 equivarrebbero a ventitré di oggi, un consistente gruppo parlamentare. Davvero pensate che, su 500 deputati, la rappresentanza dei cittadini all'estero debba essere così consistente? Se davvero lo pensate, volete spiegarci qual è la motivazione per cui devono essere diciotto?

Quando si è affrontato il problema di garantire la rappresentanza dei cittadini all'estero lo si è fatto per garantire un diritto. Tale diritto si garantisce per effetto della norma costituzionale, non già per il numero delle persone che vengono elette. Davvero pensate che diciotto su 500 - che, ripeto, rapportati al Parlamento attuale, sarebbero ventitré su 630 - sia un numero equilibrato? Non credete che tale numero potrebbe rappresentare nel sistema politico italiano, perennemente in transizione, un elemento di difficoltà potenziale?

Ritengo che tali riflessioni siano tutt'altro che campate in aria. Stiamo discutendo della Camera politica in cui è giusto vedere riconosciuta la presenza dei cittadini eletti nella circoscrizione Estero perché la Costituzione garantisce loro tale diritto. Tuttavia, un conto è garantire un diritto, un conto è sovraccaricare tale diritto di numeri che poco o nulla hanno a che fare con la razionalità e l'equilibrio di una riforma.

Anche in questo caso siete prigionieri di una logica politica. Le logiche di accomodamento interne alla maggioranza vi portano ad indicare diciotto parlamentari perché non si vuole perdere la faccia di diminuirne nemmeno uno rispetto a quanto stabilito nella passata legislatura ed approvato nella presente. Tutto questo che senso ha? Credo che siamo veramente al paradosso: attraverso un accordo di maggioranza, rischiate di rompere un equilibrio e una correttezza nella formazione della Camera dei deputati. Si tratta di qualcosa di molto serio che rischia di diventare molto grave. Credo che una riflessione su questo sarebbe consigliabile per tutti. Stiamo parlando della Camera politica, quella che ha la possibilità di concedere o revocare la fiducia al primo ministro, in cui il ruolo della maggioranza che voi definite in Costituzione è nuovo e rilevante rispetto al passato.

I diciotto deputati della circoscrizione Estero attualmente vengono eletti con meccanismi elettorali completamente diversi: si tratta di un'elezione proporzionale che avviene senza alcun riferimento diretto al candidato Presidente del Consiglio. Come si concilia tutto questo con l'equilibrio di fondo di una riforma che dovrebbe avere elementi di razionalità? In nessuno dei modi possibili perché - come ho detto prima - anche questo è frutto di un compromesso politico. Ma con i compromessi politici si creano pasticci costituzionali, non si fanno buone riforme (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, questa è una materia di grande delicatezza. Innanzitutto, vorrei dare atto di alcuni cambiamenti che vi sono stati, sia pure tardivi. Il testo del Senato prevedeva 400 deputati e 12 deputati assegnati alla circoscrizione Estero; il testo della Commissione prevede 500 deputati e dodici deputati assegnati alla circoscrizione Estero. Il testo del Senato prevedeva 200 senatori e i sei senatori assegnati alla circoscrizione Estero; il testo della Commissione prevede 252 senatori più i sei senatori assegnati alla circoscrizione Estero. Il testo del Senato ed il testo della Commissione prevedono i senatori a vita ed i senatori di diritto.

Ora, grazie alle proposte che abbiamo avanzato in Commissione, dove però sono state respinte, la maggioranza ed il Governo hanno accettato, sia pure tardivamente, ciò che abbiamo sostenuto invano per mesi, cioè che non ha più senso che vi siano senatori a vita, o di diritto e a vita, in un Senato cosiddetto federale, così come non ha alcun senso che vi siano senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero in un Senato federale, che dovrebbe rappresentare il territorio. Pertanto, i senatori a vita (che da cinque passano a tre) diventano deputati a vita e scompaiono i senatori della circoscrizione Estero. Queste sono le parti che, con ritardo, dopo aver perso mesi e dopo avere eretto muri alle nostre proposte emendative, nell'ultima settimane sono state recepite, sia pure parzialmente, da emendamenti della maggioranza (che invece aveva respinto i nostri emendamenti in Commissione referente!).

Fatta questa «svolta», che comunque dovrebbe avere un significato positivo, si è invece gravemente peggiorata la situazione per quanto riguarda la composizione politica della Camera dei deputati, che ha un rapporto fiduciario con il Governo e poteri di indirizzo politico. In base alla Costituzione attualmente vigente, il Parlamento del 2006 sarà composto da 630 deputati e 315 senatori (quindi complessivamente 945 parlamentari), che comprenderanno anche dodici deputati e sei senatori della circoscrizione Estero; pertanto, complessivamente, i parlamentari eletti nella circoscrizione Estero saranno diciotto su 945. Con le previsioni dell'emendamento 2.25 della Commissione, che noi intendiamo subemendare con la proposta in esame, a favore della quale vi invitiamo a votare, voi portate da dodici (il numero previsto nel testo varato sia dal Senato, sia dalla Commissione in sede referente) a diciotto i deputati eletti in Asia, in Africa, in Oceania, in America del nord e in America del sud. Questi siederanno nella Camera dei deputati e con il loro voto - pensate che il primo Governo Berlusconi al Senato aveva un voto in meno della maggioranza e pensate che il Governo Prodi alla Camera aveva cinque o sei voti di maggioranza - determineranno (o comunque potranno determinare) la caduta o la nascita di un Governo. Le decisioni sulla legge finanziaria o sul bilancio potranno essere determinate da diciotto persone, che sicuramente contribuiscono al prestigio dell'Italia all'estero - su questo il ministro Tremaglia ha detto cose sempre molto solenni ed importanti -, ma che però non hanno alcun rapporto con la fiscalità del nostro paese. Pertanto, essi decideranno, in sede di approvazione della legge finanziaria, le tasse che pagheranno gli italiani, pur non essendo responsabili, dal punto di vista fiscale, nei confronti della realtà italiana. E pensate, colleghi, che la democrazia politica nasce con un'espressione, che tutti noi conosciamo, no taxation without representation! In questo caso, questo principio è stato esattamente rovesciato.

Invito quindi alla riflessione i colleghi della maggioranza ed il Governo, compreso il ministro Tremaglia, perché nulla toglie alla battaglia storica che egli ha fatto. Noi infatti non proponiamo di eliminare i deputati eletti nella circoscrizione Estero, bensì diciamo che è spropositato il numero di diciotto, a fronte di 518 deputati complessivi! È spropositata la possibilità di rovesciare Governi, maggioranze, e provocare persino lo scioglimento della Camera dei deputati! Così com'è spropositata la possibilità di effettuare, magari con potere «di condizionamento» - stavo per dire «di ricatto»! - nei confronti del Governo, le scelte di politica economica e finanziaria. Rispetto a tali scelte, infatti, gli altri deputati risponderanno ai cittadini elettori nel loro collegio, mentre i deputati eletti nella circoscrizione Estero a chi risponderanno delle scelte di politica economica e finanziaria del nostro paese? Ai cittadini dell'Asia? Dell'Oceania? Dell'Africa?

Credo di essere stato equilibrato nel dare il giudizio. Ho riconosciuto i cambiamenti positivi, che ci sono stati, nel passaggio dalla sede referente all'Assemblea con gli emendamenti.

Ve lo avevamo chiesto tre mesi fa e ci avete dato una risposta negativa, mentre adesso lo avete accettato. Tuttavia, invece di migliorare la situazione, l'avete drasticamente peggiorata, rispetto a quella che sarà la configurazione costituzionale della futura Camera politica, la Camera dei deputati, nel sistema del bicameralismo differenziato.

Vi invitiamo, a tale riguardo, ad una riflessione e ad esprimere un voto favorevole sul subemendamento in esame che, ripeto, non cancella, ma riporta a dodici il numero dei deputati della circoscrizione Estero; dodici su 512 rispetto alla Costituzione attuale che prevede il numero di dodici su 630. Quindi, comunque il rapporto è proporzionalmente aumentato. Per questo, vi invito ad esprimere un voto favorevole sul subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, credo che le argomentazioni addotte dal collega Boato dovrebbero far riflettere anche i colleghi che, nel corso della passata legislatura, hanno scelto di modificare l'articolo 48 della Costituzione per consentire alla circoscrizione Estero di esprimere le proprie rappresentanze. Credo sia stata una scelta sbagliata. Non l'abbiamo condivisa allora e riteniamo ancora non abbia alcun senso una scelta di questo tipo; anzi, se davvero abbiamo a cuore le condizioni degli italiani all'estero, forse, sono altre le esigenze che questi cittadini esprimono.

Questa vicenda viene alla luce in particolare da un altro punto di vista, nella misura in cui ci troviamo a dover affrontare un aspetto di grande rilevanza. I colleghi hanno già sottolineato come ognuno di noi abbia un'ipotesi diversa rispetto al Parlamento che vorremmo determinare. Si è discusso molto la scorsa settimana sul numero probabile di 400 deputati, mentre nell'emendamento della maggioranza si prevede il numero di 500. Prendiamo atto del dato emerso dalle votazioni precedenti per sollevare un problema di grande rilevanza istituzionale, quello degli eletti nella circoscrizione Estero.

È stato proposto il numero di 400 deputati alla Camera, di 200 al Senato e, di conseguenza, prendendo atto che, comunque, il Parlamento aveva determinato la scelta di eleggere dodici deputati all'estero per la Camera e sei al Senato, si è ragionato sull'ipotesi di dodici deputati alla Camera. I sei al Senato, di conseguenza, erano da considerare ormai superflui, poiché il Senato assume, dal vostro punto di vista, un altro ruolo ed è, persino, fuori dal vincolo di fiducia con il Governo.

Ci sembrava un ragionamento di buonsenso ed il ragionamento che si è sviluppato in Commissione ha portato la stessa maggioranza a modificare, di volta in volta, le proprie posizioni; queste posizioni, tuttavia, non sono state modificate, al punto da risolvere il problema, perché, al di là di valutazioni diverse sull'uno e sull'altro tema, sul numero dei componenti della Camera e sulla scelta compiuta dagli elettori circa la possibilità di eleggere rappresentanti dalla circoscrizione Estero, questo nodo istituzionale rimane aperto.

Abbiamo sentito parole preoccupate anche in Commissione da parte di colleghi della maggioranza, anche perché nessuno è in grado di prevedere cosa accadrà la prima volta che questi cittadini dovranno esprimere dei rappresentanti. Nessuno ha certezze rispetto alle modalità di voto e alla sua segretezza (nella maggioranza vi sono anche queste preoccupazioni). Ma, soprattutto, come è già stato sottolineato, quando si ragiona in termini astratti, si pongono tutti i problemi che emergono, al di là di ipotesi diverse che ognuno di noi può sostenere.

Comunque vi saranno sei deputati in più, perché si sceglie di aumentare il numero di dodici portandolo a diciotto, per ragioni evidenti di equilibrio del tutto interne, come è stato su ognuno degli articoli che abbiamo affrontato. Questi sei deputati in più potrebbero determinare dei risultati molto significativi rispetto agli equilibri parlamentari.

Le leggi elettorali di cui disponiamo, e i riferimenti elettorali previsti, sono diversi dai nostri, gli equilibri della maggioranza non sono prevedibili: questo è un punto che riguarda in questo momento la attuale maggioranza e che domani potrebbe riguardare le attuali opposizioni, ma che in ogni caso riguarda il Parlamento e gli equilibri istituzionali in quanto tali.

È stato ricordato che a questi si aggiungeranno i deputati a vita perché anche negli emendamenti che seguiranno abbiamo voluto coerentemente proporre una modifica, incontrando anche qui una riflessione e una condivisione di alcuni princìpi che sono oggettivi; in questo caso si sceglie di non risolvere un problema enorme, molto importante, alla luce semplicemente di una esigenza interna.

Credo che questo sia un errore grave, di cui soltanto successivamente, se venisse confermato, potremo tutti trarne delle conseguenze. Invito i colleghi anche della maggioranza ad una ulteriore riflessione e ad accettare la riduzione prevista dal subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cristaldi. Ne ha facoltà.

NICOLÒ CRISTALDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quelli della mia generazione, soprattutto dell'ambiente politico nel quale ho vissuto, hanno sempre immaginato che un giorno le parole a difesa degli italiani nel mondo potessero trasformarsi in una realtà.

Credo che la maggior parte dei componenti di quest'aula abbiano ricoperto nella loro vita numerosi incarichi istituzionali, da consigliere comunale ad assessore a sindaci a consiglieri regionali, deputati regionali, e credo che un po' tutti abbiano avuto l'occasione nella loro vita di incontrarsi con i rappresentanti degli italiani all'estero.

Non c'è stato sicuramente soggetto che sia sfuggito dal confrontarsi con gli italiani che vivono fuori dall'Italia, ipotizzando la possibilità che un giorno essi potessero contare direttamente nelle scelte della politica italiana, contare direttamente non soltanto attraverso gli organismi rappresentativi, che pure svolgono la loro funzione, ma attraverso proprio il ruolo legislativo.

Occorre mettere i rappresentanti degli italiani all'estero sullo stesso piano degli italiani che vivono in Italia: non immaginare una sorta di colonia di soggetti che fuori dal nostro paese si commuovono di fronte ad una bandiera o ad una partita di calcio, ma trasformare quei soggetti in punti di riferimento importanti, di guisa tale che possano contribuire con la loro attività allo sviluppo ed al progresso di un paese, ma anche allo sviluppo ed al progresso legislativi di un popolo, di una nazione, di uno Stato.

A me pare che qui la vicenda del numero dei parlamentari sia anche un po' pretestuosa, e certamente da noi può essere definita anche infinitesimale. Non penso che si risolvano i problemi, anche economici di un paese, riducendo di qualche unità il numero dei parlamentari in rappresentanza degli italiani all'estero. Non si guadagna nulla dal punto di vista economico e invece si creano grossi problemi dal punto di vista rappresentativo.

Immaginate i tre milioni e mezzo di italiani che hanno diritto di votare essendo all'estero ed immaginate quanto grande diventi la circoscrizione, quale sia la percentuale di rappresentanza di questa gente all'interno di questo Parlamento. Che senso ha, al di là della giustezza o meno della posizione, metterci a discutere per vedere di ridurre di una, due o tre unità la rappresentanza parlamentare, creando seri problemi, visto che gli italiani all'estero non si trovano soltanto in un continente ma in tutti i continenti?

Vivono in modi diversi, sono collegati alla nostra storia, alle nostre tradizioni; hanno necessità diverse, punti di riferimento diversi; andare a giostrare sul numero infinitesimale non ci sembra una cosa corretta.

Del resto, vale la pena di ricordare che già di diciotto parlamentari si discuteva quando si dava per scontato che l'intero Parlamento si sarebbe ridotto!

Si dava per scontato che, mantenendo diciotto rappresentanti parlamentari all'estero, noi avremmo avuto davanti una Camera dei deputati composta da 400 componenti e soltanto 200 componenti del Senato.

Siamo di fronte ad un numero inalterato di parlamentari. Siamo di fronte a diciotto deputati, anche se, per decisione del Senato e della Camera, i deputati non sono più 400, ma diventano 500. I senatori non sono più 200, ma diventano 252.

Ecco perché ci sembra pretestuoso l'atteggiamento dell'opposizione tendente a diminuire la rappresentanza degli italiani all'estero. Non è soltanto un aspetto formale, è anche un aspetto pratico: diciotto parlamentari, a nostro parere, sono sufficienti a garantire la rappresentanza degli italiani che vivono fuori dall'Italia. Un numero inferiore non costituirebbe oggetto di una seria riflessione da parte di coloro che pensano che tutto questo vada contrastato.

Insistiamo quindi, signor Presidente, nel sostenere la rappresentanza di diciotto parlamentari, cogliendo l'occasione anche per ricordare i nostri anni giovanili, intorno a Mirko Tremaglia, quando una cosa del genere sembrava inimmaginabile e irrealizzabile. Il destino ha voluto, la storia del nostro paese ha voluto, che un uomo come Mirko Tremaglia diventasse ministro della Repubblica, proprio per portare avanti questi interessi! Per me, e per tutti i parlamentari di Alleanza nazionale, è un momento di grande gioia (Applausi dei deputati di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, per effetto di una spinta ideologica ed emotiva, si è a suo tempo voluto introdurre, alla Camera, deputati eletti all'estero, con un sistema unico al mondo.

Unico al mondo, perché ovunque, nei paesi civili, i cittadini residenti all'estero votano, sì, certo, ma votano per eleggere dei deputati legati al territorio nazionale. Con l'attuale legge votano persone che in teoria, e purtroppo in pratica, potrebbero anche non parlare italiano, e non avere la più lontana idea di cosa sia la politica italiana. Potrebbero votare persone portate in massa a votare da capi clientela;

potrebbero votare persone che neppure lontanamente conoscono il candidato per il quale stanno votando.

Con l'attuale sistema contribuiscono a decidere la legge finanziaria deputati eletti da chi non paga le tasse in Italia. Un tempo, i rivoluzionari e padri fondatori dell'America dicevano no taxation without representation: non paghiamo le tasse senza avere rappresentanza politica. Con l'attuale sistema, non si accetta la logica che dovrebbe stabilire, per reciprocità, il principio del no representation without taxation: non decidono il bilancio del mio Stato quelli che non pagano le imposte dello Stato italiano.

Quando l'attuale legislazione è passata, mi sono opposto, insieme ad altri parlamentari di schieramento trasversale, se così si può dire, per un motivo di principio: molti parlamentari concordavano sul fatto che si stava facendo una pazzia, ma si disse: «pazienza, ormai il pasticcio è fatto». D'altronde anche il centrosinistra era stato d'accordo nella legislatura precedente, sul voto degli italiani all'estero, come sul federalismo. È vero, anche il centrosinistra ha, seppure molto minori, le sue colpe.

Ma adesso il pasticcio si aggrava e provoca conseguenze non solo di principio. Noi stiamo per introdurre in una Camera ridotta di numero, diciotto deputati eletti in un modo unico al mondo. Diciotto deputati diventano in questo modo un partito, un gruppo parlamentare, che finirà per trasformarsi in gruppo di pressione, e magari chiedere anche un ministro. Con questa norma cervellotica si aggiunge un altro tocco di ridicolo e di paradosso ad una Costituzione che si sta scrivendo con tale superficialità da costituire una offesa per le istituzioni. Un simile pasticcio non si corregge più: si può soltanto eliminare con un referendum, per poi ripartire da zero (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-socialisti democratici italiani, Misto-Verdi-L'Ulivo e di Rifondazione comunista)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Le argomentazioni che sono state svolte a favore del numero di diciotto deputati, in particolare quelle svolte dal collega Cristaldi, sono, nel merito, condivisibili.

Il problema già posto dai colleghi Boato, Bressa e da altri, è tutt'altro, è una questione diciamo, anche di proporzioni. Noi avevamo dodici deputati su 630; adesso abbiamo diciotto deputati su 518. Questo significa che i deputati nazionali vengono eletti nella proporzione di uno ogni 150 mila abitanti, probabilmente uno ogni 120 mila elettori, mentre invece in questo modo all'estero ne avremo probabilmente uno ogni cinque o diecimila elettori.

Quando, qui alla Camera, ci saranno diciotto persone che avranno ovviamente un collegamento con gli interessi esteri, saremo di fronte, di fatto, ad un piccolo partito. Questo 4 per cento condiziona le decisioni della Camera dei deputati in maniera sproporzionata!

La questione riguarda una armonica ed equilibrata architettura istituzionale, non il diritto o meno di vedere rappresentati i nostri connazionali; ciò lo abbiamo già riconosciuto, prevedendo che dodici onorevoli facessero parte dell'Assemblea. Colleghi, credo si stia commettendo un gravissimo errore (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, approfitto della sua presenza per svolgere una considerazione forse un po' ripetitiva. Lei, in più occasioni, ha richiamato la maggioranza e l'opposizione ad una forma di collaborazione; peraltro, in modo assai puntuale, ha ribadito un concetto sacrosanto, vale a dire quello di scrivere le regole costituzionali tutti insieme.

Credo che, al di là del suo ammonimento, peraltro giusto, non vi sia la possibilità di raggiungere tale obiettivo proprio per ragioni strutturali, in quanto mancano le condizioni di base per poterlo perseguire. Non è una questione di cattiva volontà, in quanto l'impossibilità deriva dalle stesse modalità con le quali si sta sviluppando questo dibattito.

Vorrei ricordare un precedente che ritengo possa essere illuminante, al di là delle reazioni, talvolta un po' risentite, del pur cortesissimo relatore. Quando si affrontò la questione della formazione dell'Assemblea costituente, il dibattito fu estremamente intenso sul fatto se tale Assemblea dovesse avere anche poteri di carattere legislativo o se il suo ruolo dovesse essere solo costituente.

Com'è noto, De Gasperi - che, anche in quell'occasione, fu un personaggio di grande acutezza - precisò che non si poteva creare un corto circuito tra la materia costituente e la normale legislazione. Inevitabilmente, tali regole vengono redatte secondo ottiche di partito, ecco perché, al di là della buona volontà, dovremmo tornare indietro, accettare la proposta - ripetuta più volte anche dal presidente Violante - di istituire un'Assemblea costituente con riferimento alla seconda parte della Costituzione, rimetterci al popolo italiano e tornare qui in aula con una delega precisa per riscrivere le regole. Allora sì che si potrà elaborare una Costituzione decente!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, colgo anch'io l'occasione dell'intervento del collega Cristaldi per puntualizzare che il diritto degli italiani all'estero di essere rappresentati nel nostro Parlamento è una riforma che il centrosinistra ha sostenuto. Quindi, non è in discussione questo diritto e vorrei che questo rimanesse agli atti. Ciò che contestiamo in questa norma è l'idea che nella Camera dei deputati - che dopo la riforma assumerà funzioni diverse dalle attuali - debba essere raddoppiato il peso specifico dei parlamentari eletti nella circoscrizione Estero. Ritengo, infatti, che il 4 per cento costituisca un peso notevole nell'ambito dell'Assemblea elettiva.

Vorrei anche far notare che abbiamo avuto modo di discutere, durante il dibattito su queste riforme, un altro tema molto simile.

Con i nostri emendamenti abbiamo infatti tentato di dare la possibilità a chi vive sul nostro territorio e paga le tasse per lo Stato italiano di potere esercitare i propri diritti di voto; tale possibilità è stata però preclusa. Esiste, quindi, una discrasia di comportamento da parte della maggioranza; riteniamo che l'emendamento in oggetto sia di assoluto buon senso e invitiamo pertanto gli esponenti della maggioranza a votarlo.

MIRKO TREMAGLIA, Ministro per gli italiani nel mondo. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MIRKO TREMAGLIA, Ministro per gli italiani nel mondo. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sembra di dover iniziare da capo ancora una volta.

Vorrei subito correggere un'osservazione che ho ascoltato, sollevata - credo - dall'onorevole Boccia e relativa ai numeri. L'Italia conta 56 milioni di abitanti e la futura Camera sarà composta da 500 deputati. Ciò significa che ci sarà un deputato ogni 115 mila abitanti. Volendo far valere, giustamente e doverosamente, lo stesso criterio per gli italiani all'estero, in numero di tre milioni e 500 mila, il numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero dovrebbe corrispondere a trentuno, una volta introdotte le nuove norme costituzionali.

Non si è ragionato in questi termini; però, a chi oggi si lamenta sul numero eccessivo di diciotto deputati, dovrei contrapporre il numero di trentuno. Vorrei poi ricordare che l'iter della riforma costituzionale è iniziato al Senato; dopo un momento di riflessione, vennero inizialmente assegnati alla circoscrizione Estero sei senatori, successivamente aboliti nel seguito dei lavori. A fronte della loro eliminazione, si è pensato di portare a diciotto i deputati della circoscrizione Estero, non a trentuno.

Ho ascoltato ancora una volta discorsi ormai vecchi, come se non fosse mai intervenuta la riforma costituzionale. I cittadini italiani all'estero hanno gli stessi, uguali, e precisi diritti dei cittadini residenti in Italia. Si obietta che non hanno funzioni; mi sembra però di dover ricordare a tutti gli onorevoli presenti quanta strada sia stata fatta e quanti riconoscimenti siano stati dati agli italiani all'estero. È stata persino costituita la Confederazione degli imprenditori italiani all'estero, che costituisce una grande risorsa ed addirittura un impero economico. Sotto questo aspetto, sottolineo la grande importanza di creare un collegamento tra i futuri deputati nel Parlamento italiano e i 395 parlamentari di origine italiana, attualmente presenti nel mondo. Soltanto questo dovrebbe suggerirvi la necessità assoluta di non ritornare a vecchi concetti, ormai superati, perché è stata costituita la circoscrizione Estero, sempre che non si voglia abolirla.

Ho preso la parola perché mi è sembrato doveroso ricordare tutto questo, sia alla maggioranza che all'opposizione, che pure mi conosce. È un grave errore ritornare a certi ragionamenti perché tutti insieme abbiamo fatto una grande operazione politica e morale quando abbiamo conferito il voto agli italiani nel mondo, completando l'iter democratico. Senza quel voto, infatti, non esiste certamente democrazia, perché essa è fondata sul suffragio universale e sul riconoscimento dei diritti. Milioni di cittadini italiani non avevano il diritto di voto. Non roviniamo questa grande operazione che abbiamo condotto insieme!

Ritengo pertanto che il subemendamento in esame debba essere respinto, affinché si possa continuare a procedere sul tema degli italiani nel mondo con un'ampia convergenza, nell'interesse della nazione italiana. Mi dispiacerebbe se su questo punto ci dividessimo: credo infatti vi sia un'amplissima maggioranza in favore degli italiani all'estero, e auspico che su questo tema, del quale mi sto occupando da lungo tempo, non vi sia una divisione tra opposizione e maggioranza. Rivolgo pertanto un appello al Parlamento, affinché esso sia ancora una volta unito per gli interessi degli italiani all'estero, che sono gli interessi di tutta l'Italia, e non dei partiti (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, il problema che è stato sollevato non mette in discussione il diritto, già riconosciuto da questo Parlamento, di voto e di elettorato passivo per gli italiani all'estero. Nessuno mette in discussione ciò: è stata una conquista alla quale hanno concorso tutte le forze parlamentari. La questione che poniamo è un'altra: in virtù delle riforme costituzionali proposte dal Governo, si determina una modifica del quadro parlamentare, che è stata poc'anzi illustrata.

Signor Presidente, l'interlocutore non è il ministro per gli italiani nel mondo, bensì il ministro per le riforme istituzionali. Ci troviamo di fronte a diciotto deputati su 518; in virtù della riforma costituzionale approvata nella scorsa legislatura si trattava di dodici deputati su 630, pari al 2 per cento, mentre ora sono pari al 4 per cento. A volte abbiamo l'impressione che si vada avanti per forza di inerzia, e riscontro che alcuni colleghi della maggioranza condividono la nostra preoccupazione. Si dice tuttavia: non c'è niente da fare. Vi sono, inoltre, alcuni colleghi che sono usciti dall'aula, in quanto non se la sentono di votare una norma che modifica la natura di questo Parlamento. Abbiamo l'impressione che anche voi vi affidiate all'esito del referendum: ma che riforma state facendo, se sperate che gli italiani la annullino in sede di referendum?

Il Governo non è interlocutore, e consente l'approvazione di alcune norme molto gravi. Mi rivolgo a lei, signor Presidente: lei è il Presidente della Camera dei deputati, e stiamo discutendo della formazione della Camera e della modificazione della sua struttura. Mi rivolgo al Governo, se vi è qualcuno disposto ad ascoltare ed interloquire: chiedo se sia possibile accantonare la questione in esame, e rinviarla al momento in cui discuteremo della forma di governo, che interferisce anche nel funzionamento del Parlamento. Non vi è dubbio, infatti, che la previsione di diciotto deputati eletti all'estero su 518 possa alterare anche il disegno relativo alla forma di governo.

Vi invito pertanto ad accantonare la questione, al fine di poter compiere un'ulteriore riflessione. Dopo tutto, la confusione avvantaggia l'opposizione, in vista del referendum. Al contrario, ritengo che la maggioranza abbia l'esigenza opposta. Propongo pertanto un supplemento di riflessione: il problema sollevato dall'opposizione è largamente condiviso nel merito anche dalla maggioranza, che tuttavia non ha la libertà di poterlo affrontare. Un breve rinvio consentirebbe di evitare ulteriori guai: mi rivolgo a lei, signor Presidente, affinché verifichi la possibilità di un'iniziativa da parte sua (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Castagnetti, come lei sa, nella tradizione italiana il Presidente della Camera non partecipa neppure al voto; può esercitare una moral suasion, il più delle volte inascoltato.

Le sue considerazioni, quindi, vanno giustamente rivolte al plenum dell'Assemblea. Lei propone l'accantonamento delle proposte emendative; credo che la risposta alla sua richiesta competa in primo luogo alla Commissione e, qualora questa non avesse idee in proposito, spetterebbe all'Assemblea. Personalmente, più di questo non posso fare.

Ho chiamato in causa il Governo, ha chiesto la parola il ministro per gli italiani nel mondo, l'onorevole Tremaglia che, su questa materia, rappresenta con piena titolarità il Governo; francamente non vedo come assicurare un dibattito serio se non con tali modalità.

VALERIO CALZOLAIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VALERIO CALZOLAIO. Nell'intervento del ministro Tremaglia sono presenti opinioni che non condividiamo; egli, però, ci ha al contempo fornito una notizia importante, sulla quale invito l'Assemblea a riflettere. Il ministro ha appena dichiarato che gli italiani all'estero sono circa 3 milioni e 500 mila. Non vorrei che sottovalutassimo queste informazioni.

In pratica, signor ministro, le ci informa che l'anagrafe, predisposta sulla base di una legge varata nella scorsa legislatura, è stata portata a termine e che finalmente i consolati e gli enti locali sono in grado di garantire il numero certo dei nostri concittadini italiani all'estero? Signor ministro, come saprà, in occasione del referendum svoltosi lo scorso anno vi fu una discrepanza nei due elenchi per un totale di circa 800 mila nostri concittadini. A nostro avviso, sono quindi 800 mila i nostri concittadini italiani all'estero che hanno visto negato un diritto riconosciuto loro dalla Costituzione in vigore e dalle leggi del nostro Paese.

Come lei saprà, in questi mesi si moltiplicano gli appelli in quanto i contrattisti assunti per questo incarico sembra non possano completare il loro lavoro e l'anagrafe, quindi, non sia ancora pronta. Rispetto a tale quadro, signor ministro, il fatto che lei dichiari l'esistenza di un dato certo ci tranquillizza ma le fa anche assumere una grande responsabilità. Noi abbiamo la sensazione che i nostri concittadini all'estero siano di più e che, ancora oggi, questi elenchi non siano pronti e siano lontani dall'essere definitivi. Inoltre, come le sarà noto, in relazione all'esercizio di voto già attuato sono sorti molti dubbi sul funzionamento delle procedure, ed in particolare sulla loro segretezza.

Anche sotto questo punto di vista, quindi, il suo intervento consegna all'aula una tranquillità che forse non è condivisa dai nostri cittadini italiani all'estero, dai consolati, dai loro rappresentanti, dai COMITES e dal CGIE. Anzi, come lei saprà, in relazione al provvedimento attualmente in discussione è diffusa la protesta fra i nostri cittadini italiano all'estero (nei COMITES e nel CGIE), che non condividono l'esclusione da una delle Assemblee.

Ovviamente tale esclusione nasce dalla particolare configurazione istituzionale, che con questo provvedimento state prospettando al paese. Ipotizzate, infatti, un Senato federale che però mantiene alcuni dei poteri e delle attuali funzioni. Tuttavia, sono diffuse la perplessità, la protesta e la mancanza di condivisione di queste scelte.

Peraltro, è questa la ragione per la quale lei, signor ministro, non ci ha convinto. Non abbiamo mai messo in discussione certe ipotesi, anzi abbiamo sempre auspicato la previsione di un numero definito di parlamentari; però, quando si è ipotizzato il numero di dodici parlamentari più sei, non si è fatta una proporzione legata ai collegi elettorali e al numero degli abitanti in Italia, ma si è affermato che è necessaria una rappresentanza quantitativamente significativa.

Se non erro, le modalità di elezione di questi diciotto parlamentari sarebbero diverse da quelle dei restanti 500 componenti del Parlamento. È proprio su tale questione che abbiamo concentrato la nostra attenzione. Ci sembra, infatti, che l'ipotesi di diciotto deputati (su un numero di parlamentari ridotto) non vada intesa con il meccanismo di dodici parlamentari più sei, che riteniamo un travisamento - anche politico - della futura configurazione della Camera.

In tal senso, allora, condivido il subemendamento presentato dal collega Bressa e invito i colleghi a valutare attentamente se non vi sia il rischio di una sommatoria dei sei ex senatori. Portandoli alla Camera non si facilita la rappresentanza degli italiani all'estero e si altera la composizione politica della futura Camera dei deputati (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

ALFONSO GIANNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor ministro, avrei preferito intervenire più tardi, in occasione dell'esame delle successive proposte emendative. Siccome lei ha preso la parola, mi permetto di intervenire adesso, se avrà la pazienza di ascoltare.

Signor ministro, io l'ascolto da molti anni (da un quarto di secolo esatto, per quanto mi riguarda, cioè dal 1979 quando lei faceva parte di un gruppo di trentuno deputati, il capogruppo era Alfredo Pazzaglia e c'erano tante altre persone che ora non sono più tra noi e non solo perché non sono in quest'aula), e le riconosco una coerenza, una «tigna» - direi persino, in modo gentile però - nel portare avanti questi temi; quindi, concederà anche a noi la stessa coerenza.

Noi di Rifondazione comunista non abbiamo votato la legge sugli italiani all'estero e non l'abbiamo fatto perché non sappiamo che ci sono tanti italiani; non l'abbiamo fatto perché non riteniamo che questi italiani debbano avere dei diritti; non l'abbiamo fatto sostanzialmente in base a due principi: uno antico, dei tempi che furono, cioè un principio liberale, rispetto al quale anche un pezzo della sua cultura non dovrebbe essere insensibile, quello cioè che già richiamava l'onorevole Intini che si riassume nella formula inglese: no taxation, no representation, che è un punto essenziale nella cultura statuale attraverso i secoli. La seconda ragione è un principio più moderno di cui noi siamo portatori, ma rispetto al quale mi è parso di intendere che neppure il segretario del suo partito si è dimostrato insensibile quando ha proposto il voto degli immigrati extracomunitari in Italia.

Si tratta cioè del principio (anche lei lo sa bene, ma volevo citare un autorità che per lei, per cui le autorità contano, poteva essere addirittura più alta), in base al quale la cittadinanza non si regola sull'appartenenza di sangue, ma sull'appartenenza ad una comunità e di luogo.

Questo è un principio moderno che supera tanti problemi, tante incomprensioni, ma sarebbe, se diventasse generale, un principio fondativo di una nuova cultura della pace, capace di superare le vecchie discriminazioni ideologiche.

Allora si lasci dire (con molta franchezza, da parte di chi non ha unto le sue ruote, da parte di chi, pur avendola ascoltata, non dico con deferenza, ma certamente con attenzione e con rispetto per la coerenza e la tenacia da un quarto di secolo e, che tuttavia non è rimasto convinto) che l'operazione di questo emendamento non si può fare.

Questo lo dico per lei, per la sua dignità personale, per la dignità dell'incarico che lei ricopre. Ho sentito prima una dichiarazione un po' comica del suo collega Cristaldi, il quale è indubbiamente una autorità in campo di diritto, ma di matematica evidentemente non capisce molto; infatti, parlava di numeri infinitesimali (dicendo che diciotto è addirittura il prodotto di tre numeri primi, tre per tre per due). È un numero alto, consistente, corposo, significativo, percentualisticamente corrisponde al 4 per cento di quest'Assemblea; quindi, sarebbe quasi il doppio del nostro gruppo parlamentare.

Lei dice che gli italiani all'estero sono tre milioni e 500 mila e, dunque, percentualmente dovrebbero essere sui trentuno membri; però, lei ha sentito le considerazioni che faceva l'onorevole Calzolaio e ricorda le mie interrogazioni sul fatto che il mancato funzionamento - che non attribuisco a lei - ma, ad una responsabilità collettiva, ha impedito a questi tre milioni e mezzo d'italiani di partecipare effettivamente al voto.

Le vorrei ricordare che il principio percentualistico degli eletti sul corpo degli elettori è stato superato nel nostro paese nel 1962, tant'è vero che abbiamo fissato una cifra fissa e, quindi, non può più essere richiamato, se non facendo un'operazione storicamente non corretta, peraltro.

Tuttavia, con il cuore in mano (è una metafora, non è che glielo voglio dare, perché mi serve), le domando, ministro Tremaglia; come può un uomo della sua esperienza, della sua età dire che poiché non potevamo «far trentuno, allora abbiamo fatto diciotto»? A questo punto, non potendo «far trentuno» lasciate dodici, perché diciotto non è negli interessi degli italiani, ma solo negli interessi di sei aspiranti senatori.

E una volta che è stata cambiata la ragione elettiva del Senato, non ha più alcuna funzione, né aritmetica, né matematica, se non di puro interesse di cassetta, riportare tali numeri dentro la Camera. Conviene a lei, per la dignità dell'operazione e della sua battaglia, lasciare a dodici il numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero. Mi sembra che possano rappresentare più che dignitosamente la nostra comunità oltre frontiera. Questa è la ragione del mio voto a favore del subemendamento dell'onorevole Bressa (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, vorrei ricordare al ministro che stiamo discutendo della possibilità di ritornare al numero di dodici deputati assegnati alla circoscrizione Estero, così com'era stabilito nel testo uscito dal Senato e dalla Commissione. Nessuno vuole ripercorrere antiche strade e pronunziare vecchi discorsi come se non fosse intervenuta la riforma costituzionale. Mi permetto di far osservare, con il massimo rispetto, al ministro che i calcoli che ha fatto sono, in qualche modo, sbagliati. Probabilmente, l'operazione che ha fatto non tiene conto dei centosettantacinque deputati eletti con il sistema proporzionale. Inoltre, la divisione, il cui risultato, a suo avviso, sarebbe trentuno anziché diciotto, è sbagliata anche sul piano dell'aritmetica.

Ma, ministro, è errata anche sul piano politico. Dobbiamo assicurare ai cittadini residenti all'estero un diritto costituzionalmente garantito. Non siamo chiamati a fare un'opera di assistenza sindacale ai futuri eligendi alla Camera in rappresentanza dei cittadini residenti all'estero. Nessuno di noi sta facendo questo discorso. Vogliamo semplicemente far riflettere l'Assemblea sul fatto che diciotto su cinquecento è come, oggi, ventitré su seicentotrenta! Si tratta di un gruppo parlamentare molto consistente. Per di più, sono eletti attraverso un meccanismo elettorale completamente diverso. Non c'è alcun collegamento con il Presidente designato. È un sistema proporzionale. Stiamo realizzando un pasticcio assoluto. Non c'è in gioco il diritto dei cittadini residenti all'estero di essere rappresentati in Parlamento. C'è il diritto da parte del Parlamento di rappresentare politicamente la nostra nazione, la nostra Repubblica. Questo è in gioco! Non facciamo confusione! Non mettiamo insieme discorsi completamente diversi. Nessuno vuole tornare indietro. Vogliamo semplicemente attuare una riforma che abbia un senso ed un briciolo di razionalità. Diciotto su cinquecento non ha né senso né un briciolo di razionalità (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, rispetto a questo pasticcio, noto una disattenzione come se, in mezzo ai tanti pasticci che state compiendo, un pasticcio in più o in meno non faccia differenza.

Ho posto un problema al ministro delle riforme che, devo dire, sta esaminando questa materia con molta attenzione e che, opportunamente, in questo momento è uscito dall'aula per non rispondere su questo tema rispetto al quale non è particolarmente sensibile. Questi diciotto deputati rappresentano il 3,5 per cento di quest'Assemblea (sono tanti quanti i deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana, che da dieci anni sta conducendo una grande battaglia e fa fatica a rendere consistente la sua rappresentanza); una percentuale, dunque, di gran lunga superiore a quella di tanti partiti rappresentati in quest'aula. Questi diciotto deputati rappresentano la maggioranza? Come si concilia questa norma con l'articolo 92, laddove ponete il problema della fiducia, della maggioranza che si è costituita in sede elettorale? Questi signori non fanno parte di quella maggioranza? Come dovranno votare la mozione di sfiducia? Possono sfiduciare il Presidente? Sono temi molto rilevanti che nulla hanno a che fare con il tema degli italiani nel mondo. Esiste un problema di equilibrio costituzionale che può essere affrontato solo dal ministro delle riforme. Credo sarebbe opportuno accantonare tali questioni, fino a quando non risolveremo il problema dell'articolo 92, per capire se questi diciotto deputati facciano parte della maggioranza e in che modo parteciperanno al voto di fiducia. È un punto fondamentale. Stiamo parlando della fiducia al Governo. I diciotto deputati assegnati alla circoscrizione Estero che ruolo avranno in quel momento?

Non lo sappiamo; in quanto non conosciamo come voteremo sul nuovo articolo 92 della Carta; oggi, in sede di Comitato dei nove, si è sottolineato che, se approvato nel testo attuale, le due norme sarebbero assolutamente inconciliabili tra loro. Quindi, state approvando disposizioni errate dal punto di vista degli equilibri costituzionali.

MIRKO TREMAGLIA, Ministro per gli italiani nel mondo. La Costituzione...

RICCARDO MARONE. Vorrei ricordare al ministro Tremaglia che il fondamento di una Costituzione risiede nella ricerca di un equilibrio tra le varie funzioni che si esprimono in un paese. Questo è il fondamento di una Carta costituzionale.

MIRKO TREMAGLIA, Ministro per gli italiani nel mondo. È stata cambiata, la Costituzione...!

RICCARDO MARONE. Non ritengo che possiamo condizionare l'Assemblea rispetto ad una tale battaglia; battaglia sacrosanta, sia o meno condivisibile. Molti in quest'Assemblea non l'hanno condivisa e oggi siedono tra i banchi del Governo insieme con il ministro; ma non credo che tale tema possa condizionare una valutazione completamente diversa all'interno di questa Assemblea che verte sul tema dell'equilibrio (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)

MIRKO TREMAGLIA, Ministro per gli italiani nel mondo. La Costituzione è stata cambiata appositamente!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, lo scopo di questa nostra riforma è correggere il bicameralismo perfetto, possibilmente realizzando un sistema che dia ad una Camera la titolarità del rapporto fiduciario con il Governo ed all'altra le rappresentanze territoriali. Devo riconoscere che forse una soluzione più logica e coerente con tali propositi - soluzione che abbiamo prospettato anche in proposte di legge di revisione costituzionale (di una, sono primo firmatario) - vorrebbe che le rappresentanze degli italiani all'estero trovassero espressione nel Senato federale. Ciò, in modo da evitare, al di là dei ragionamenti correttamente proposti dai colleghi Bressa e Marone sul numero, il rischio che il voto fiduciario possa essere condizionato - o addirittura dipendente - dalle rappresentanze elette all'estero. È un argomento in più che ripropongo nella logica, che mi auguro sia recepita, dell'accantonamento e della maggiore riflessione sul punto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Onorevoli colleghi, il collega Marone ha già affrontato la questione; vorrei se possibile portare un argomento ulteriore nel dibattito. Stiamo esaminando la composizione della Camera dei deputati; passeremo poi al Senato. I due rami del Parlamento sono diversi da quelli attuali non solo per il numero dei parlamentari ma anche per la loro composizione; mi sembra, infatti, che la maggioranza proponga, per la Camera dei deputati, che ne facciano parte anche i deputati eletti all'estero; per il Senato, che ne facciano parte, con poteri limitati, se non ho capito male, anche i rappresentanti delle regioni e delle autonomie.

Se non sappiamo bene quale sia il compito della Camera e quale quello del Senato e quale rapporto sussista tra essi ed il Presidente del Consiglio dei ministri e nell'ambito del procedimento legislativo, come facciamo ad affrontare il problema della composizione? I numeri qui citati - se diciotto o meno - fanno strettamente riferimento ad un certo tipo di funzione.

Mi permetto di insistere: definiamo prima chiaramente quali siano funzioni e compiti; poi definiamo la composizione, essendo quest'ultima una variabile che dipende dalle funzioni. Altrimenti, mi pare che francamente accumuliamo pasticci su pasticci; ritengo che ciò non giovi a nessuno.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.2.25.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

RENZO INNOCENTI. Presidente, ci sono voti doppi!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 387

Votanti 380

Astenuti 7

Maggioranza 191

Hanno votato 174

Hanno votato no 206).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Perrotta 0.2.25.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 344

Votanti 340

Astenuti 4

Maggioranza 171

Hanno votato 33

Hanno votato no 307).

Prendo atto che l'onorevole Perrotta non è riuscito a votare.

Prendo atto altresì che l'onorevole Motta ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.

Passiamo al subemendamento Perrotta 0.2. 25.3.

ALDO PERROTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor presidente, intervengo solo per sottolineare un aspetto alquanto strano; nel momento in cui eleggiamo i parlamentari della quota estero, ci troviamo dinanzi una circostanza strana. Detti parlamentari, infatti, non pagano alcune tasse, non quella sui rifiuti, non quelle comunali, non quelle regionali, e via dicendo.

Ho dunque presentato il subemendamento a mia firma solo per porre all'attenzione dell'Assemblea il problema cui ho fatto testé riferimento. Sicché lo ritiro e preannuncio la presentazione di un ordine del giorno al riguardo.

PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, ritira anche il suo successivo subemendamento 0.2.25.4?

ALDO PERROTTA. Analogamente, signor Presidente, lo ritiro, preannunciando la presentazione di un ordine del giorno in proposito.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.25 della Commissione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, quest'emendamento è piuttosto paradossale perché, da una parte, si è molto generosi sui numeri e, dall'altra, si compie un'improvvisa restrizione. Mentre si portano a diciotto i deputati eletti nella circoscrizione Estero, si riducono i deputati a vita a tre. Mi sembra che la coerenza dovrebbe essere premiata di più, in quest'aula.

Quest'emendamento è la sintesi di una serie di errori. Esso è, anzitutto, tipico di come sta procedendo questa riforma. La maggioranza, infatti, lancia una serie di slogan e, lentamente, se li rimangia nei fatti, salvo poi continuare a usare tali slogan in pubblico. Uno di tali slogan è la grande riduzione del numero dei parlamentari. Dopo che il Senato ha approvato la riduzione a quattrocento deputati, qualcuno ci ha ripensato, portando il numero degli stessi a cinquecento, e lo stesso è avvenuto - ed avverrà - con il Senato della Repubblica. Lo slogan è pertanto: diminuzione dei deputati, ma in modo tale che la riduzione sia accettabile e non provochi particolari danni.

Inoltre, si inserisce questa sproporzione gigantesca rispetto ai deputati eletti nella circoscrizione Estero, che, lo ripeto, potranno condizionare in modo determinante, non solo la vita politica - perché ciò sarebbe il loro ruolo -, ma anche la caduta di maggioranze, in aperto contrasto con i principi che voi volete stabilire nell'articolo 92 della Costituzione, ossia lo stretto collegamento tra il premier e la sua maggioranza (tanto che lo stesso premier, nel corso della legislatura, non può essere sostituito).

Voi state, quindi, immaginando un sistema costituzionale in cui vi sia una diretta connessione tra il premier e la sua maggioranza, addirittura non modificabile, se non in determinate condizioni, e poi prevedete soggetti estranei a tale sistema costituzionale. Qualcuno dovrebbe spiegarci il funzionamento di questo meccanismo.

Si prevede, inoltre, una riduzione dei deputati a vita che, francamente, non riesco a capire che senso abbia. Non è certamente proporzionale al numero dei deputati che sono ridotti, perché se tale riduzione è di solo cento deputati, la corrispondente riduzione dei deputati a vita non avrebbe dovuto essere da cinque a tre. Tali soggetti possono offrire un contributo alla vita politica del paese e non rappresentano alcuna maggioranza. Questa sì è l'ipotesi di soggetti che non devono essere inseriti in una maggioranza, perché i medesimi, per la loro storia, in vari campi - politici, intellettuali, eccetera - dovrebbero rappresentare il massimo dell'esperienza, dell'equilibrio politico, della saggezza e, quindi, dovrebbero rappresentare un importante contributo per i lavori di quest'Assemblea. Credo, tuttavia, che il contributo di saggezza sia rifiutato da questa maggioranza: saggezza è una parola che non mi pare alberghi in quest'aula, negli ultimi tempi.

Stiamo facendo di tutto, tranne che una riforma saggia. Stiamo varando una riforma che serve a dare contentini un po' a tutti. Stiamo facendo un gran pasticcio. Stiamo stabilendo la composizione della Camera e del Senato, senza sapere quali siano le loro competenze. Stiamo approvando la composizione della Camera e del Senato senza sapere quali leggi le stesse dovranno approvare, perché sul provvedimento legislativo questa maggioranza ancora non sa quali emendamenti proporre.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 19).

 

RICCARDO MARONE. Oggi abbiamo discusso, in Comitato dei nove, i pareri su tutti gli articoli, tranne che su quelli inerenti il procedimento legislativo - che sono accantonati -, perché non avete ancora le idee chiare in merito. Mi auguro che non sosterrete quell'assurdità approvata dal Senato, ma non siete stati ancora in grado di sostituire quel procedimento con un altro.

Farete un procedimento in cui vi sia la prevalenza della Camera oppure uno in cui vi sia la prevalenza del Senato? E quali materie attribuirete alla competenza della Camera e quali a quella del Senato? Questi temi sono fondamentali per stabilire la composizione della Camera e del Senato.

Se si fosse proceduto sulla strada intrapresa dal Senato, ossia con un sistema caratterizzato dalla prevalenza del Senato, sarebbe stato logico prevedere un Senato con un numero di componenti superiore a quello della Camera: sarebbe stata una scelta coerente da parte dei senatori.

Noi, oggi, non conosciamo la composizione e la competenza della Camera ed approviamo una norma che prevede cinquecentodiciotto deputati e tre deputati a vita.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, vorrei sapere quanto tempo ho a disposizione.

PRESIDENTE. Onorevole Pacini, lei ha cinque minuti di tempo a disposizione. Come al solito, mi pone questi problemi di aritmetica...

MARCELLO PACINI. Ne utilizzerò una quantità minore.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo emendamento, che introduce i deputati a vita, è uno di quelli che segnano la differenza fra un progetto di riforma della Costituzione ed un altro. Nel testo licenziato dal Senato mancava un approfondimento della definizione di Camera politica e di Camera di rappresentanza dei territori. E la dimostrazione di tale mancanza di approfondimento derivava proprio dalla permanenza del pregiudizio per cui i cittadini emeriti, coloro che meritavano una nomina nel massimo consesso politico della Repubblica, dovessero ancora far parte di un'Assemblea cui spettava rappresentare i territori e gli interessi concreti e non, invece, di un'Assemblea che rappresentasse al massimo le istanze politiche della Repubblica e della nazione. Dobbiamo riconoscere il grande progresso di maturazione che ha avuto luogo e la presa d'atto della differenza intercorrente fra la Camera dei deputati ed il futuro Senato federale. Naturalmente, tutto ciò senza pregiudizio per il grande ruolo del Senato federale; ma, certo, si deve riconoscere che tale differenza esiste.

Prendo atto anche che la Casa delle libertà ha attuato un grande progresso di maturazione e che in questi mesi all'interno di essa è stato possibile esprimersi liberamente e compiutamente, avendo anche il coraggio politico di ridefinire il progetto di tale coalizione.

Constato con grande soddisfazione che il mio emendamento 2.77 coincide con l'emendamento 2.25 della Commissione: prendendo atto di questa coincidenza, chiedo di considerare ritirato tale emendamento (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Pacini, sebbene questa volta avrebbe potuto parlare più a lungo, ha utilizzato una minore quantità di tempo. Poi, non se la prenda con me in altre circostanze...

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, approvando l'emendamento 2.25 della Commissione, ci stiamo accingendo a dare forma compiuta quanto meno alla Camera dei deputati.

Come ricordava qualche istante fa il collega Marone, vi è una certa stravaganza istituzionale. Stiamo definendo la composizione di una Camera, che si immagina sia la Camera di rappresentanza politica, senza avere la minima idea di come si svolgerà la formazione delle leggi e di come sarà il nuovo articolo 70 sul procedimento legislativo. Anche oggi non abbiamo avuto occasione di conoscere al riguardo i nuovi orientamenti di Governo e maggioranza. Però, come è giusto che sia, i lavori devono continuare e proseguono in questa sorta di dimensione irreale del procedimento di revisione costituzionale. Per effetto di questo emendamento sono scomparsi i senatori eletti nella circoscrizione Estero ed i senatori a vita. Parrebbe, quindi, di capire che la Camera dei deputati diventa la Camera di rappresentanza politica del nostro Parlamento.

È del tutto evidente che la funzione della Camera non sarà solo quella di votare la maggioranza, ma anche quella di votare delle leggi. Quali saranno le leggi che la Camera avrà competenza ad approvare non è dato sapere.

Allora, concentriamoci solo sull'aspetto che ci è noto - diciamo così - per intuizione più che per lettura del testo nel suo complesso. La Camera dei deputati è la Camera di rappresentanza politica.

Ma mentre arriviamo a questa conclusione, vediamo magicamente passare da dodici a diciotto i rappresentanti della circoscrizione Estero. Tali rappresentanti - come abbiamo detto e ripetiamo anche in questa occasione - vengono eletti con meccanismi elettorali diversi e in un clima e in un contesto politico diversi. Questi deputati non saranno riconducibili ad un candidato premier perché la legge elettorale prevede che vengano eletti con un criterio rigidamente proporzionale nella circoscrizioni Estero senza nessun collegamento.

Allora - questo sì lo sappiamo perché oggi nel Comitato dei nove è stato affrontato questo tema - viene introdotto il principio della maggioranza parlamentare, unica titolata, attraverso l'appartenenza alla medesima, a definire la possibilità per un parlamentare di sottoscrivere mozioni di sfiducia al Governo, nonché di rappresentare la maggioranza nel momento in cui si dovesse passare in corso d'opera, durante l'attività di una legislatura, ad un nuovo Governo.

Voi tutti comprendete come questa situazione sia assolutamente paradossale. Andiamo avanti a spizzichi e bocconi, andiamo avanti sotto la bussola - che è una pessima bussola per una riforma costituzionale - degli accordi politici. L'abbiamo detto tante volte e lo ripetiamo questa sera: la vostra bussola è stata quella di fare una verifica di maggioranza e avete avuto la presunzione - e io dico anche la scelleratezza - di volerla chiamare riforma costituzionale.

Questo è un altro esempio, uno dei moltissimi, di quanto state facendo. Solo che, state attenti, questa che potrebbe sembrare una banalità potrà avere in futuro delle conseguenze straordinariamente importanti per l'equilibrio politico del nostro paese. Ma per voi non vale la pena di considerare queste cose con un minimo di attenzione. Procedete come un treno lungo il binario che avete intrapreso. Peccato che, alla fine di questo binario, non ci sia una stazione di arrivo ma un burrone. Peccato che, oltre a finire nel burrone voi, porterete nel burrone l'intero paese (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Avverto che, ove fosse approvato l'emendamento della Commissione 2.25, risulterebbero assorbiti ovvero preclusi i seguenti emendamenti riferiti all'articolo 2: Boato 2.80, Elio Vito 2.200 e relativi subemendamenti, Boato 2.71 e Perrotta 2.75.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento della Commissione 2.25, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 401

Votanti 397

Astenuti 4

Maggioranza 199

Hanno votato 225

Hanno votato no 172).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 2.79.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Questo emendamento, che io stesso ho sottoscritto, propone l'elettorato passivo a diciotto anni. Attualmente la nostra Costituzione prevede che per la Camera dei deputati si possa essere eletti a venticinque anni.

Nel frattempo, da quando è stata decisa quest'età per l'accesso alla Camera, è cambiato il mondo, possiamo dire.

Non solo è stata introdotta la possibilità per qualsiasi cittadino che ha compiuto diciotto anni di essere elettore nel nostro paese, ma a diciotto anni oggi un giovane può diventare presidente di una regione anche importante come la Lombardia o la Sicilia e può diventare sindaco di una grande città come Milano o Roma. Tuttavia, secondo le indicazioni emerse nell'ambito del Comitato dei nove, a diciotto anni un cittadino non può diventare deputato. Riteniamo si tratti di una scelta assolutamente sbagliata ed invitiamo l'Assemblea ad esprimersi favorevolmente sull'emendamento esame.

Sappiamo che è stato presentato un emendamento che ipotizza la possibilità di diventare parlamentari a ventuno anni, ma inviterei il Comitato dei nove a riflettere su tale elemento. Che senso ha l'età di ventuno anni? Non c'è alcun riferimento nell'ambito della nostra Costituzione ai ventuno anni. Inviterei il Comitato dei nove a mettere a posto le lancette dell'orologio: dal 1975 c'è il diritto di voto per i diciottenni. Prima era per i ventunenni, ma sono passati trent'anni da quella data! Che senso ha ipotizzare l'elettorato passivo a ventuno anni? In tal modo potremmo avere un giovane di diciotto anni che diventa, con responsabilità straordinarie, sindaco di Milano o presidente della regione Veneto e non può diventare deputato della Repubblica perché deve aspettare i ventuno anni. Si tratta veramente di una scelta illogica! Inoltre, è un arretramento rispetto a quanto tutti i gruppi parlamentari votarono nell'ambito della riforma prevista dalla bicamerale, nella quale si erano introdotti i diciotto anni come limite per l'accesso alla Camera dei deputati.

La Commissione ha stabilito che siano eleggibili a senatori coloro che hanno compiuto i venticinque anni di età. Faccio notare che è stato presentato all'articolo 4 un emendamento del collega Vito, che immagino verrà approvato, che ripropone di nuovo il tetto dei quaranta anni. Si tratta di due scelte sbagliate da parte della maggioranza e del Comitato dei nove.

Vorrei aggiungere un ulteriore elemento di valutazione: ormai siamo l'Europa dei venticinque. L'Italia e la Polonia sono gli unici due Stati dell'Europa a venticinque che non hanno istituito una diretta rappresentanza giovanile. In tutti gli altri paesi si sono istituiti consigli nazionali dei giovani che indicano le priorità per i1 mondo giovanile, aiutano i Governi a decidere e vengono consultati. Fino ad oggi in Italia abbiamo impedito ai giovani di autorappresentarsi attraverso i consigli nazionali della gioventù. Con questa scelta continuiamo ad impedire loro di decidere sul loro futuro.

Mi sento di lanciare un appello a tutte le forze politiche, a tutti i gruppi parlamentari ed al Comitato dei nove: ripensate a tale scelta. Se avete fatto lo sforzo di venire incontro a tale esigenza portando da venticinque a ventuno anni l'età per l'accesso alla Camera dei deputati, facciamolo fino in fondo. Che senso ha distinguere un elettore attivo da un elettore passivo tra i diciotto ed i ventuno anni? Se dobbiamo fare tale scelta facciamola fino in fondo: consentiamo quanto è consentito ad un giovane in un consiglio regionale o comunale anche nel Parlamento.

L'emendamento in esame mi sembra decisamente più logico di quello successivo. Facciamo la scelta fino in fondo: consentiamo ad un giovane di diciotto anni non solo di essere elettore ma anche di essere eletto alla Camera dei deputati e di rappresentare una generazione (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, era il 1975 quando il Parlamento decise di spostare la maggiore età a diciotto anni. Sono passati trent'anni e credo si tratti di un tempo congruo per dare un altro segnale al paese relativo alla maturità dei nostri giovani.

Con questo emendamento proponiamo che a diciotto anni un cittadino italiano possa essere eletto al Parlamento italiano. Lo facciamo non solo perché abbiamo molta fiducia nei cittadini italiani diciottenni, ma anche perché l'ordinamento italiano prevede che a diciotto anni si possa diventare Presidente del Consiglio dei ministri, presidente di una regione (come il Lazio o la Lombardia) o sindaco (di una città come Roma o Milano). Non si capisce, pertanto, quale sia la logica per cui si può presiedere un esecutivo, mentre non si può svolgere un'attività legislativa. È del tutto irragionevole pensare che ciò possa avvenire.

Occorre però sottolineare anche un'altra questione, sulla quale vi è un atteggiamento molto prudenziale da parte della maggioranza. Lo ricordava poco fa il collega Ruzzante: per essere eletti al Senato di anni ne occorreranno quaranta! Allora che tipo di segnale pensiamo di dare? Che cosa rappresenta la scelta di ventuno anni? Una mediazione che deriva da cosa? Dalla media europea delle altre età con cui si può accedere in Parlamento negli altri paesi europei? Mi sembra francamente un'argomentazione molto debole. Allora facciamo un gesto di serietà. In Italia a diciotto anni si può essere Presidente del Consiglio dei ministri, Presidente della regione, sindaco di una grande città. Pertanto, è giusto che si possa essere anche parlamentari della Repubblica.

Inviterei pertanto il relatore ad illuminare la Commissione, perché possa esservi una modifica del parere già espresso, ed invito quindi l'Assemblea a votare questo emendamento, che consente ai diciottenni di diventare parlamentari della Repubblica (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Chi nella sua vita o nei suoi studi, piuttosto che in questi mesi, settimane, giorni, ha letto saggi, interviste, volumi, dichiarazioni di costituzionalisti, si sarà reso conto che, finora, da parte degli esperti, vi sono stati soltanto giudizi negativi rispetto alle riforme e alle norme approvate da questa Camera. Le riserve sono state fortissime. Una riforma non condivisa, pericolosa, che rischia fortemente di creare disparità e discriminazioni, anche rispetto alla tutela di diritti fondamentali, individuali, collettivi, sociali ed economici. Ho sentito la necessità di fare questa premessa perché il voto su questo emendamento potrebbe effettivamente creare un'inversione di rotta, ai fini di un'unanimità che su questo punto l'Assemblea potrebbe (anzi dovrebbe) trovare.

Come è già stato detto, stiamo approvando una riforma non saggia, una riforma malfatta, una riforma difficilmente funzionante. Eppure, se venisse approvato questo emendamento, credo, anzi ne sono convinto profondamente, che creeremmo le premesse per avere un Parlamento, nello specifico una Camera dei deputati, in cui forte sarebbe il contributo di chi poi deve «subire» le leggi che saranno approvate nei prossimi anni. L'emendamento in esame, che chiedo anch'io di sottoscrivere, prevede espressamente che, in contrapposizione o diciamo in evoluzione rispetto a quanto oggi previsto dall'articolo 56 della Costituzione, siano eleggibili a deputati tutti gli elettori che, nel giorno delle elezioni, abbiano compiuto i diciotto anni di età. L'approvazione di questo emendamento dimostrerebbe un forte senso di maturità ed una forte espressione di fiducia nei confronti dei giovani, già maturi, i quali dimostrano quotidianamente la loro volontà di partecipazione alle scelte politiche del nostro paese e ai quali dovremmo riconoscere anche il diritto di esprimersi nelle competenti sedi istituzionali, per far sì che le leggi abbiano anche il loro apporto costruttivo.

La finalità dell'emendamento è quella di arricchire il contributo ed il confronto nella formazione delle leggi e, contemporaneamente, di fornire ai giovani, oramai maturi, la possibilità effettiva e concreta di partecipazione al confronto e al dibattito democratico, nella convinzione che questa scelta non può che incidere positivamente anche rispetto all'obiettivo di evitare che l'esclusione e l'indifferenza dei più giovani aumentino.

È indubbio, infatti, che le questioni che riguardano le generazioni più giovani sono sempre più discusse e decise da generazioni più anziane, con un'evidente parzialità sulla qualità di quelle decisioni. Il senso dell'emendamento è dunque quello di includere una più ampia massa di persone giovani nella vita e nell'attività di istituzioni a cui molti, purtroppo, si sentono estranei. Anticipare l'età non solo del diritto di voto attivo (in questo senso vorrei ricordare che vi è una mia proposta di legge che prevede l'elettorato attivo anche per chi ha compiuto i sedici anni) o quanto meno prevedere un elettorato passivo per chi ha compiuto diciotto anni significa anche prendere atto che l'evoluzione rapida della tecnologia, delle comunicazioni e dell'organizzazione sociale consente ai giovani una maggiore partecipazione attiva che prima, fino a qualche anno o qualche decennio fa, era obiettivamente impossibile.

L'approvazione dell'emendamento consentirà ai cittadini più giovani, di fatto già socialmente attivi, di partecipare non solo in maniera passiva, ma anche in maniera attiva a scelte che li toccano personalmente e che li riguardano direttamente, come, ad esempio, quelle concernenti la scuola, il lavoro e, più in generale, i diritti ed i doveri sociali e anche quelle che li riguarderanno in futuro. Penso, ad esempio, alle pensioni e al diritto al lavoro.

Del resto, non sarebbe non solo politicamente illogico, ma anche giuridicamente anomalo prevedere che i diciottenni possano, come è già stato ricordato, essere indicati ed eletti come Presidenti del Consiglio, essere nominati ed eletti come consiglieri regionali, mentre non possono partecipare, con la consapevolezza che stanno dimostrando in questi anni, alla formazione delle leggi e quindi anche, lo dico con estremo rispetto nei confronti di quest'aula, ma anche con forza, allo sviluppo della nostra democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Coluccini. Ne ha facoltà.

MARGHERITA COLUCCINI. Signor Presidente, attraverso tale emendamento si vuole stabilire un principio di equità e di vera e propria pari opportunità. Resta un mistero come possano ancora sussistere motivi di vera e propria discriminazione riguardo coloro che possono a diciotto anni esercitare il diritto di voto e non vengono invece giudicati idonei ad essere eletti. Il diritto di voto infatti, oltre che rappresentare la capacità giuridica di giudizio, indica anche capacità di scegliere e, quindi, contribuire alla formazione degli assetti istituzionali. Dovrebbe, quindi, anche indicare la facoltà e la capacità di portare contributi di merito sulle questioni che riguardano la vita politica del paese.

Ritengo che solo una classe politica ripiegata su se stessa può non ravvisare la naturalezza e l'opportunità insita in questa proposta, tanto più per tentare di ridurre il divario che c'è tra i cittadini e la politica. Sarebbe, quindi, utile cogliere la necessità che vengano rappresentate ed espresse istanze e bisogni moderni, a cui spesso si adattano soluzioni e risposte inadeguate ed inefficaci (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, vorrei sottoscrivere anch'io l'emendamento Bressa 2.79 e spiegarne i motivi, partendo da una semplice e banale considerazione, espressa più volte da numerosi colleghi che mi hanno preceduto. Attualmente, per quanto riguarda il diritto elettorale passivo, vale a dire la possibilità di farsi eleggere come deputati e senatori, è prevista l'età di venticinque anni per la Camera dei deputati e quaranta anni per il Senato della Repubblica.

Secondo la proposta in essere il limite di età dovrebbe essere diciotto: sappiamo che vi è un emendamento dell'opposizione ed un altro di un componente della maggioranza, il collega Buontempo, che tende a portarla a ventuno anni per la Camera; e sappiamo anche che vi è un altro emendamento, che modifica il lavoro fatto in Commissione da parte della maggioranza, che tende a riportare il diritto elettorale passivo per il Senato a quaranta.

Dico questo, Presidente: tutto ciò è nato nel 1948; su queste norme non vi sono state modifiche. Allora, che senso ha, Presidente, prevedere che un qualsiasi giovane possa diventare presidente di regione, ad esempio della Lombardia, e poi far parte del Senato federale, senza essere nel contempo eleggibile quale componente della Camera dei deputati: è veramente un anacronismo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.

EGIDIO BANTI. Signor Presidente, vorrei aggiungere la mia firma a questo emendamento e dichiarare il mio stupore per l'atteggiamento, che spero sia rivisto, della maggioranza, la quale sembra non rendersi conto di ciò che è un errore politico e quindi ancora peggiore di un delitto, secondo l'antica definizione di Taillerand. Anche in vista del probabile referendum, questo è di sicuro un errore politico: come si fa a non capire che ingeneriamo in questo modo un senso di sfiducia grave nelle nuove generazioni, le quali sempre di più (non siamo più nel 1947, come è stato detto) considerano la politica come una cosa distante? E laddove non sia distante essa deve essere «partecipazione», non semplicemente partecipazione al voto, ma partecipazione attiva alla costruzione delle scelte. Dunque, l'elettorato attivo e passivo, tanto più nella concezione delle nuove generazioni, non può essere disgiunto in questo modo.

È dunque un errore politico grave, colleghi della maggioranza, e noi vi invitiamo a ripensarci (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, naturalmente intervengo per condividere il contenuto di questo emendamento Bressa 2.79, ma anche per far rilevare la grande contraddizione verso la quale stiamo avvicinandoci a passi veloci.

L'elettorato attivo e quello passivo al Senato: noi siamo in un sistema perfettamente simmetrico. Ci avviciniamo secondo l'impostazione proposta dalla maggioranza ad un sistema che fa comunque del Senato una Camera con valore eguale rispetto alla Camera dei deputati; ebbene, alla Camera accettiamo che l'elettorato attivo sia previsto per i diciotto anni, al Senato addirittura a venticinque. Vi è una fetta di popolazione cui viene confiscato il diritto di voto.

In questa logica e con questa motivazione, io sosterrò questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 2.79, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 390

Votanti 386

Astenuti 4

Maggioranza 194

Hanno votato 165

Hanno votato no 221).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Boato 2.3 e Buontempo 2.78.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, ringrazio la Commissione ha che ha trovato il giusto punto di equilibrio tra le esigenze manifestate poc'anzi - che ritengo legittime e anche molto giuste - e quella di creare un equilibrio accettabile da parte di tutti.

Abbiamo la Costituzione del 1948 che, essendo prevista per legge la maggiore età a ventuno anni, stabiliva all'articolo 56 il requisito dei 25 anni di età per essere eletti parlamentari.

Come ricordava il collega, dato che la maggiore età non è più prevista a ventuno, ma a diciotto anni, con questo emendamento noi chiediamo che si possa essere eletti parlamentari sin dall'età dei ventuno anni ed è questo un punto di equilibrio, anche perché in tutte le democrazie più avanzate si consegue l'elettorato attivo e passivo con la maggiore età. Un gruppo di circa diciassette paesi industrializzati e con democrazia avanzata fissa a ventuno anni l'età per essere eletti parlamentari. Solo in alcuni paesi, dove la democrazia fra l'altro fa fatica ad affermarsi, sono previste età più alte. Quindi io credo che il maggiorenne, a diciotto anni, abbia tutto il diritto di poter votare per dei deputati che, all'età di ventuno anni, sono ben in grado di rappresentare i diritti dei cittadini e la nazione. Noi abbiamo il dovere di creare la maggiore apertura possibile ai giovani per renderli partecipi della vita politica. Se noi diciamo che un giovane dai ventuno ai ventiquattro anni non può neppure essere, qualora ne avesse il consenso, eletto deputato, è come se noi lo respingessimo fuori dalla politica, obbligandolo ad una attività extraparlamentare, oppure ad ignorare la politica. Io ringrazio quindi la Commissione e mi auguro che questo emendamento da me presentato, simile all'emendamento presentato da altri colleghi dell'opposizione (cioè Boato, Bressa ed altri), si possa votare con molta serenità, in questo modo rendendo un atto di giustizia verso i giovani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Intervengo per sottolineare che noi, insieme ad altri colleghi del centrosinistra, siamo firmatari di questo emendamento che consideriamo come finalizzato alla riduzione del danno, poiché il nostro obiettivo principale era quello di prevedere la possibilità di essere eletti già a diciotto anni. Le ragioni di questa proposta, già espresse dal collega Pisapia, sono state più che esaurienti. Riteniamo che, proprio nel momento in cui la Camera riforma il sistema parlamentare, sia importante tener conto dei mutamenti avvenuti nella società italiana e della rinnovata voglia di protagonismo che in questo momento, proprio mentre vi è una crisi della politica, si registra invece, in modo quasi contraddittorio, nelle giovani generazioni. Questa scelta coraggiosa è stata impedita, la Camera non ha avuto il coraggio di andare in questa direzione; chiediamo ora l'approvazione di un emendamento che noi consideriamo importante, anche se naturalmente non soddisfacente, che prevede di poter essere eletti a ventuno anni.

Si verificherà naturalmente una contraddizione per cui, per essere eletto alla Camera una persona deve aver compiuto i ventuno anni, mentre per poter fare il sindaco di Roma è sufficiente aver compiuto i diciotto. Ora, le dimensioni delle rispettive responsabilità mi sembrano evidenti. Si evidenzia una contraddizione che non solo non verrà sanata in questa fase, ma addirittura verrà particolarmente aggravata laddove, quando si affronterà il tema del Senato, si prevederà addirittura ancora la necessità di avere quaranta anni.

Questo proprio nel momento in cui il Senato assume un ruolo tutto diverso. Si moltiplicano quindi le contraddizioni e le inadeguatezze di questa legge. Tuttavia, avendo noi presentato questo emendamento, come ripeto, nella logica di riduzione del danno, pur mantenendo fermo il nostro obiettivo, e auspicando che nel prosieguo dell'iter legislativo costituzionale si possa tornare ad una ipotesi di diciotto anni, raccomandiamo l'approvazione dell'emendamento Boato 2.3.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Ci troviamo di fronte ad un altro dei paradossi di questa riforma. Quando si tratta di concedere l'elettorato attivo siamo generosisimi. Al Senato lo abbiamo portato a diciotto anni, poi allarghiamo il numero dei parlamentari, insomma, siamo generosi. Quando si tratta, invece, dell'elettorato passivo, cioè di difendere un apparato esistente, diventiamo molto rigorosi. Riteniamo che la gente abbia la capacità di intendere e di volere quando ci deve votare e che non ce l'abbia quando invece debba governare o sedere in questo Parlamento. Ciò è assolutamente assurdo, a meno che non si rientri nella logica dell'autodifesa di un apparato e dell'autoconservazione.

L'esempio più lampante è l'elettorato passivo per il Senato fissato a quarant'anni, che poteva avere una logica ai tempi in cui fu scritta la Costituzione, quando la funzione del Senato era diversa e non dovevano coincidere i tempi di elezione tra i due organi legislativi. Oggi che parliamo di un Senato federale, mantenere il limite a quarant'anni manifesta esclusivamente un'autoconservazione, una paura di allargare la concorrenza rispetto a coloro che sono già all'interno delle istituzioni. Tuttavia, questa è una strada che porterà alla disgregazione delle istituzioni (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il mio voto favorevole sugli emendamenti in esame, anche se confidavo fermamente in un sussulto di democrazia e di dignità di quest'Assemblea in occasione del voto sul precedente emendamento.

Essendo stato respinto il precedente emendamento, ritengo che gli emendamenti in esame possano costituire una riduzione del danno e un piccolo passo avanti. Colgo anche l'occasione per precisare che sull'emendamento Bressa 2.79 ho erroneamente espresso un voto contrario, mentre avrei voluto esprimerne uno favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, preannuncio il nostro voto favorevole sugli identici emendamenti in esame, anche se avremmo preferito che il segnale che questa Camera sta per fornire fosse un po' diverso dalla logica della burocrazia che ci impone di fare la media tra le età in cui si vota negli altri Parlamenti.

A mio modo di vedere, l'investimento nei confronti dei nostri giovani doveva essere pieno e totale. L'ho detto prima e lo ricordo adesso: non ha alcun senso consentire ai diciottenni di assumere compiti esecutivi importantissimi e non consentire loro di svolgere degnamente, con altrettanta responsabilità e maturità, il compito di legislatori in questo paese.

Ciò ci dispiace moltissimo ma, nella logica della riduzione dei danni, meglio ventuno che venticinque (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 2.3 e Buontempo 2.78, accettati dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 394

Votanti 392

Astenuti 2

Maggioranza 197

Hanno votato 390

Hanno votato no 2).

Passiamo alla votazione dell'articolo 2.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, la scorsa settimana abbiamo posto mano al Titolo V - mi pare che abbiamo fatto sufficienti danni - e ora cominciamo a fare danni su questo Titolo I.

Ho già detto che giudico paradossale il metodo seguito. La Costituzione è un complesso di norme equilibrato; la saggezza dovrebbe costituire una delle qualità di chi mette mano ad una Costituzione, il cui equilibrio è dato dall'armonica ripartizione delle funzioni, degli organi e di tutto il resto. Noi, invece, siamo decidendo alcuni aspetti, senza avere sotto gli occhi il quadro complessivo della situazione. È gravissimo: stiamo decidendo la composizione di Camera e Senato, senza aver chiare quali competenze e funzioni dovranno avere le due Assemblee.

Non si può procedere in questa maniera. È sbagliato, perché nessuno di noi ha davanti il quadro complessivo della situazione e non può quindi formarsi correttamente l'opinione se quanto stiamo facendo sia giusto o sbagliato. Stiamo modificando la composizione della Camera e del Senato, senza sapere cosa questi organi dovranno fare. Tutti siamo favorevoli all'abolizione del bicameralismo anche se, dal momento che non siete in grado di trovare una soluzione accettabile, forse potremo assistere ad una vostra resa anche su questo principio. Infatti, non siete ancora in grado di stabilire quale monocameralismo porre in atto e quali competenze assegnare alle nuove assemblee.

Detto questo, stiamo comunque procedendo in avanti. Soltanto oggi, in sede di Comitato dei nove, avete detto che non si sarebbe potuto esaminare il procedimento legislativo. Procediamo facendo dei salti; abbiamo cominciato dalla fine ed ora stiamo tornando indietro; poi si procederà in avanti, quindi si proseguirà con la definizione dei poteri del premier, anche se in questo caso ancora non avremo chiaro quale sarà il procedimento legislativo. In tutto questo, non siamo ancora però in grado di valutare se la composizione prevista dall'articolo 2 sia corretta o se forse non sarebbe stato meglio prevedere un diverso assetto. Noi, ovviamente, siamo certi che sarebbe stata migliore qualche altra soluzione. Ci chiediamo però come voi possiate essere certi di aver individuato la composizione giusta per Camera e Senato, se ancora non sono state stabilite le loro precise competenze né cosa volete loro attribuire.

Si tratta di un'obiezione di fondo, perché mette in discussione l'impianto complessivo, il quadro in cui si sta ragionando e, quindi, tutto il contesto, cui siamo fortemente contrari. Se esaminiamo soltanto l'emendamento oggi approvato, ci accorgiamo di quanti siano gli aspetti che non vanno. Al termine della giornata di oggi avremo infatti dato vita ad una Camera estremamente sbilanciata e sproporzionata nelle rappresentanze. Non abbiamo ascoltato l'intervento del ministro delle riforme, allontanatosi temporaneamente e opportunamente dall'aula, bensì del ministro per gli italiani nel mondo. Il ministro Tremaglia ha spiegato un complicato meccanismo, in base al quale i 18 deputati eletti presso la circoscrizione Estero sarebbero pochi. Il risultato è che avremo una Camera ridotta nei seggi rispetto all'attuale - anche se più ampia di quanto deciso in prima lettura dal Senato - ma in cui la rappresentanza dei deputati all'estero risulterà fortemente sbilanciata rispetto a quella degli italiani residenti sul territorio nazionale.

Non si comprende bene quali funzioni politiche tale rappresentanza potrà svolgere in quest'aula, perché non è ancora chiara l'applicazione concreta che darete ai concetti di maggioranza e premierato, che state elaborando con l'articolo 92. Francamente tutto questo procedimento risulta incomprensibile. L'unica occasione in cui avete abbassato i numeri è stato in occasione della determinazione del numero dei deputati a vita; ritengo però paradossale il loro abbassamento a tre unità, perché invece sarebbe stata l'occasione per aggiungere un contributo di cultura, esperienza ed intellettualità ad un Parlamento che ne ha forte bisogno (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, ribadiamo la nostra contrarietà all'articolo 2 in esame, che modifica l'articolo 56 della Costituzione relativo alla composizione della Camera dei deputati. Tale contrarietà deriva dalla posizione che abbiamo sempre assunto al riguardo, in virtù della quale se riduzione ci deve essere, al fine di aumentare l'autorevolezza dell'organo e dei suoi singoli componenti, essa deve essere significativa: la nostra proposta è che la Camera sia composta di 400 deputati.

Al di là della confusione di ruoli con il Senato, sulla quale ci soffermeremo successivamente, ci troviamo di fronte a 500 deputati, nonché a diciotto eletti nella circoscrizione Estero e ai deputati a vita. Contrariamente al collega Marone - mi si consenta, signor Presidente, una battuta - trovo logica la riduzione del numero dei deputati a vita: gli estensori della norma, in considerazione dell'aumento dell'età media della vita (come nel caso della riforma delle pensioni), hanno pensato di contenere il carico stipendiale, riducendo il numero dei deputati a vita!

Ci troviamo comunque di fronte a una riduzione delle dimensioni dell'organo non significativa, e si continua inoltre a pasticciare per quanto concerne l'età per il riconoscimento dell'elettorato passivo. Il limite di età è stato ulteriormente ridotto rispetto al testo iniziale, e ciò è positivo, ma tale modifica genererà una disparità fra le due Camere. La logica avrebbe voluto che si facessero coincidere i requisiti per l'elettorato attivo e passivo con il raggiungimento della maggiore età, come accade per tutte le altre funzioni nella nostra società, stabilendo una norma di carattere generale che avrebbe avuto un valore simbolico, avvicinando le istituzioni alla popolazione e, segnatamente, alle giovani generazioni. Non credo che ciò avrebbe provocato una diminuzione del senno complessivo dei componenti della Camera dei deputati, in quanto esso non deriva dall'età media, bensì da processi culturali, storici e formativi di tutt'altra natura, come potrei facilmente dimostrare analizzando la storia delle legislature italiane della Repubblica, dalla quale emerge come il contributo delle giovani generazioni in momenti di particolare tensione storica sia stato portatore di grande consapevolezza e di senso nazionale, più ancora che non nei periodi in cui l'età media del Parlamento è stata più elevata.

Da tali ragioni deriva la nostra contrarietà all'articolo in esame. Esse saranno più chiare quando analizzeremo l'articolo successivo, riguardante il Senato. Le due questioni sono indubbiamente collegate: oggi abbiamo un bicameralismo perfetto, che riteniamo ormai superato storicamente e che a nostro avviso deve essere radicalmente modificato, mentre con l'approvazione della riforma della composizione del Senato proposta dalla maggioranza ci troveremmo di fronte a un bicameralismo imperfetto. Infatti, non essendovi differenza nella natura elettiva delle due Camere, la diversità di funzioni sarebbe molto dubbia e ci troveremmo dunque in una situazione peggiore rispetto a quella vigente.

Da vent'anni a questa parte, fin dall'ormai lontana Commissione presieduta dallo scomparso onorevole Aldo Bozzi, abbiamo sempre sostenuto tali posizioni. Per tali ragioni, che riteniamo ampie ed esaustive, ribadiamo la nostra contrarietà all'articolo 2 in esame (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Intervengo brevemente per sottolineare che con l'approvazione di questo articolo si mantiene fede ad un impegno assunto con tutto il corpo elettorale: diminuire il numero dei parlamentari.

Gentilmente, gli uffici hanno svolto una piccola ricerca di cui vorrei informare gli onorevoli Violante e Castagnetti, se vorranno ascoltarmi. Da tale ricerca risulta che il costo annuale di un deputato ammonta a poco più di 500 milioni delle vecchie lire. Essendo prevista una diminuzione del numero dei deputati di 112 unità, ne risulterà un risparmio annuo di circa 56 miliardi delle vecchie lire e di conseguenza anche un risparmio per ogni legislatura pari a 280 miliardi delle vecchie lire. A ciò si aggiunga il risparmio che deriverà dalla necessità di dover erogare un numero inferiore di vitalizi, nonché le minori spese per i deputati cessati dal mandato.

Chiedo, allora, agli onorevoli Violante e Castagnetti se non ritengano questi numeri un autentico, reale e verificabile risparmio, dal momento che finora hanno sempre parlato di costi non dimostrati e non dimostrabili, irreali e surreali (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Intervengo rapidamente solo per far sì che non restino agli atti esclusivamente delle corbellerie.

NUCCIO CARRARA. La matematica non è una corbelleria!

ANTONIO BOCCIA. Le spese per i deputati sono a carico del bilancio della Camera...

NUCCIO CARRARA. Ma paga sempre Pantalone (Commenti del deputato Castagnetti)!

ANTONIO BOCCIA. ...e, quindi, non riguardano assolutamente le spese complessive (le documenteremo nel dettaglio sino alla conclusione di questo iter) deriveranti dall'approvazione di questo provvedimento sul federalismo astratto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. A prescindere dalle valutazioni espresse poc'anzi dal collega Boccia, in ordine alle quali continuiamo a ribadire la richiesta di informazioni precise sul costo di questa riforma costituzionale, mi permetto di far presente all'onorevole Carrara che, nel passaggio del provvedimento dal Senato alla Camera, avete aumentato il numero dei deputati di 118 unità: dagli iniziali 400, i deputati sono ora diventati 518. Pertanto, tutti i costi che lei ha valutato essere in riduzione, nel passaggio dal Senato alla Camera risultano, in realtà, incrementati. E questo vale anche per i 56 miliardi di vecchie lire, da lei citati in maniera un po' demagogica. Onorevole Carrara, chi siede in questi banchi dovrebbe valutare più attentamente questi temi.

È evidente che nel passaggio del provvedimento dal Senato alla Camera, le spese che lei afferma essere diminuite, in realtà vanno esattamente nella direzione opposta; e questo proprio perché, lo ripeto, avete aumentato di 118 unità il numero dei deputati della Camera e vi apprestate ad aumentare di altre 52 unità il numero dei senatori. Si va, allora, in una direzione diametralmente opposta a quella che il collega Carrara ha pomposamente annunciato in quest'aula: vi sarà un aumento dei costi per il pagamento dei deputati e di senatori!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Anche se non ce ne rendiamo conto, questo è un voto estremamente importante perché ridefinisce le competenze, i compiti e le funzioni della Camera in un tentativo di superare il bicameralismo perfetto.

Chiedo gentilmente all'onorevole Carrara di non allontanarsi e di ascoltare perché sto parlando di una cosa importante ed è rivolta anche a lui.

Noi stiamo per votare un po' a cuor leggero. La funzione legislativa del nostro Parlamento sarà modificata. Ma come sarà modificata? Non lo sappiamo ancora; non è solo una questione riguardante il numero dei deputati, ma é soprattutto una questione di competenze e di funzione legislativa della Camera.

L'onorevole Carrara ha fatto i conti della spesa affermando che c'è un risparmio di 56 miliardi all'anno; quindi, se eliminiamo tutti i deputati, azzeriamo addirittura il costo...

NUCCIO CARRARA. Ci allineiamo all'Europa!

GIANCLAUDIO BRESSA. Lascia stare! Se vogliamo ragionare in maniera così banalmente demagogica e populista, io invito l'onorevole Carrara a fare i conti di quanto costerà la paralisi del paese dopo che voi approverete una riforma che paralizzerà il Parlamento.

NUCCIO CARRARA. Siamo il paese più virtuoso!

GIANCLAUDIO BRESSA. Ancora non siete in grado di produrre l'articolo 70 e sapete perfettamente che il testo uscito dal Senato è ingestibile perché provoca la paralisi del Parlamento. Se non riuscirete a sistemarlo convenientemente - e credo che non ci riuscirete - caro onorevole Carrara, cosa costerà al paese la paralisi legislativa del nostro Parlamento?

NUCCIO CARRARA. La paralisi l'avete voluta voi!

GIANCLAUDIO BRESSA. Questi sono i conti che voi dovete fare, non la demagogia dei 50 miliardi in meno all'anno per un deputato «risparmiato», anche se - come ha ricordato il collega Ruzzante - dal Senato alla Camera i deputati sono aumentati di 100.

Votiamo contro questo articolo non solo per le ragioni che ho testè ricordato, ma anche perché c'è una somma complessiva di contraddizioni in questo emendamento, la più eclatante delle quali è quella riferita alla presenza dei parlamentari della circoscrizione Estero.

Io non ripeterò per l'ennesima volta cose già dette, ma se la funzione politica appartiene alla Camera, cosa ci stanno fare diciotto deputati in rappresentanza dei cittadini che vivono all'estero?

Vi rendete conto che voi, in questo momento, non state garantendo un diritto costituzionalmente legittimo e sancito dalla Costituzione, ma state facendo del sindacalismo parlamentare a favore dei futuri eletti nella circoscrizione Estero? Questa è la realtà!

Qualcuno si era impegnato per diciotto membri - dodici alla Camera e sei al Senato - e quindi diciotto devono essere. In barba e in spregio della coerenza e della razionalità di una riforma, voi mettete in mano la Camera politica a diciotto persone che vengono elette completamente avulse dalla discussione politica nazionale, completamente scollegate dai meccanismi di elezione dei parlamentari nazionali!

Queste sono le contraddizioni brutali; noi stiamo superando il bicameralismo perfetto e stiamo andando, non verso un bicameralismo imperfetto, ma verso un bicameralismo confuso, demagogico e pasticcione.

Questi sono i contenuti della vostra riforma ed è per questo che noi votiamo contro questo articolo (Applausi dei deputati dei gruppi Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, prendo la parola a titolo personale perché non riesco a comprendere questo assalto verbale nei confronti di ciò che ha detto l'onorevole Carrara.

In realtà, il collega non è entrato nel merito dei costi, ma ha solo detto che 518 parlamentari costeranno meno di 630 e che - è noto a tutti - dal paese reale sale una richiesta per la diminuzione dei parlamentari.

C'è un altro aspetto da considerare. Quando abbiamo qualche titolo di merito godiamocelo, non parliamo sempre contro: ad esempio, la Francia - parlo di paesi che hanno, più o meno, il numero degli abitanti dell'Italia - ha 577 deputati, la Germania 630, il Regno Unito 659 e l'Italia ne avrà 518.

Quindi, siamo al di sotto di tutti gli altri paesi europei che hanno la nostra stessa popolazione. È fatto positivo, è un risparmio, è una questione di moralizzazione. Il paese lo chiede e tutti i partiti hanno risposto positivamente. Ritengo che sia stato compiuto un buon lavoro nel presentare questa proposta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 375

Votanti 373

Astenuti 2

Maggioranza 187

Hanno votato 217

Hanno votato no 156).

Prendo atto che l'onorevole Stradella non è riuscito a votare e che l'onorevole De Mita si è erroneamente astenuto, mentre avrebbe voluto esprimere un voto contrario.

 

Si riprende la discussione.

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, mi sembrerebbe ragionevole la seguente ipotesi: atteso che vi sono iscritti a parlare sul complesso degli emendamenti, per evitare di sospendere la seduta ed eventualmente riprenderla più tardi - come sembrava si fosse orientata l'Assemblea -, proporrei quanto segue. Si potrebbe proseguire l'esame del complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 3 - sapendo, i colleghi, che, evidentemente, non si passerebbe più ai voti - e addivenire così all'espressione dei pareri del relatore e del Governo; si rinvierebbe quindi l'esame alla seduta di domani mattina.

PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, ritengo si possa procedere nel senso proposto dall'onorevole Antonio Leone. Onorevoli colleghi, presumibilmente, dunque, i nostri lavori proseguiranno sino alle ore 20,45.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, l'articolo 3 si occupa della composizione del Senato cosiddetto federale; esso rappresenta dunque un punto centrale dell'intero disegno di riforma costituzionale.

Abbiamo già dichiarato, e scritto nei testi del nostro progetto di riforma, che la correzione del bicameralismo perfetto è un obiettivo di ammodernamento delle istituzioni del paese assolutamente necessario; l'Italia è l'unico paese, in Europa - e per certi versi, al mondo - che ha un sistema bicamerale perfetto. Le due Camere si occupano esattamente delle stesse materie ed hanno gli stessi poteri legislativi e di fiducia nei confronti del Governo.

Sono dunque ragioni di efficienza del procedimento legislativo che inducono alle necessarie correzioni; sono, altresì, esigenze di giusta rappresentanza delle articolazioni del potere pubblico su base territoriale, che necessitano di avere, anche sul piano legislativo, un esito in una Camera delle autonomie e delle regioni o in una Camera di rappresentanza federale.

Dunque, condividiamo l'esigenza di ammodernamento, che costituisce uno dei punti fondamentali del completamento della riforma federalista; un federalismo molto aggettivato, nella nostra concezione: un federalismo della solidarietà e dell'efficienza. Non un federalismo competitivo, divisivo e disgregatore quale quello propostoci dalla maggioranza.

Ma la modifica del bicameralismo perfetto deve corrispondere ad alcuni canoni; soprattutto, dobbiamo rispondere all'esigenza di avere una Camera rappresentativa delle regioni e dei territori la quale, non duplichi le funzioni che fanno capo alla Camera politica ma neppure sovrapponga confusamente, sul piano del procedimento legislativo, i propri poteri a quelli dell'altro ramo del Parlamento.

Occorre, dunque, una chiarezza di modello. Tale chiarezza, a dire il vero, voi non l'avete mai avuta. A fronte delle diverse sensibilità illustrate e sollecitate anche nel corso delle audizioni dei rappresentanti della dottrina costituzionale, non si è mai avuta la forza e la chiarezza di idee di scegliere un modello sulla base delle esperienze di diritto comparato e internazionale esistenti. Non si è fatto riferimento al Bundesrat, fondato sul modello della designazione dei rappresentanti da parte dei diversi länder. Si è un po' troppo frettolosamente liquidata tale esperienza, sostenendo che il modello Bundesrat sarebbe distante dal nostro ordinamento ed impraticabile. Non ripercorro, in questa sede, i temi e gli argomenti - tutti molto discutibili - usati a sostegno di tale conclusione. Voglio solo affermare che il modello Bundesrat è stato frettolosamente accantonato, senza una valutazione che ne consentisse di studiare, in modo approfondito, l'applicabilità al nostro sistema. È stato, tuttavia - e lo dico con chiarezza -, troppo presto accantonato anche il riferimento agli altri modelli federali, in particolare a quello degli Stati Uniti, a quello svizzero ed anche a quello adottato, secondo un criterio misto, in Spagna.

A dire il vero, noi abbiamo chiare le ragioni che inducono a configurare un modello di rappresentanza della Camera cosiddetta federale sulla base del principio della rappresentatività dei territori. Noi abbiamo proposto una composizione del Senato federale che - sia pur diversificando, in qualche modo, la rappresentatività in ragione della popolazione - facesse salvo il criterio di fondo che i rappresentanti delle regioni, eletti contestualmente agli organi regionali, fossero tali da garantire un livello paritario tra le diverse regioni. Eravamo partiti dall'idea - simile a quella degli Stati Uniti - di avere due senatori per ogni regione, pensando anche ad una riduzione ad un senatore per le regioni più piccole, quali il Molise e la Valle d'Aosta. Ciò per far sì che, attraverso una Camera così composta, fossero i territori ad avere una loro rappresentanza e fossero le regioni ad esprimersi attraverso i propri delegati eletti.

Via via che il dibattito è - confusamente - proseguito, la maggioranza ha ritenuto di alterare tale principio di fondo, che avrebbe anche potuto avere una sua più duttile articolazione, in favore di un pasticcio incomprensibile. Dal disegno di legge della maggioranza, infatti, emerge una composizione del Senato di 252 membri, il che, grosso modo - absit iniuria verbis -, fa sì che la Lombardia possa avere trentatré rappresentanti, e una regione più piccola due o tre. È evidente che non si tratterebbe più di una Camera espressiva della rappresentanza territoriale ed è anche evidente che le maggioranze che si formerebbero in tale organo sarebbero maggioranze politiche, che accrescerebbero il difetto tipico delle rappresentanze federali, ossia che si è eletti per rappresentare un territorio, ma la rappresentanza tende a divenire un mandato generale di tutta la nazione.

Il modello che voi proponete, ossia 252 senatori, è la quintessenza di tale difetto, che voi amplificate. Non vi saranno rappresentanti dei territori, ma maggioranze che rifletteranno semplicemente gli orientamenti politici nazionali, con il risultato che basterà sommare i rappresentanti delle regioni più popolose, per avere la maggioranza del Senato cosiddetta federale.

Si tratta, dunque, di un sistema sbagliato, che impedisce di definire il Senato come federale (su questo punto tornerò tra breve, alla conclusione del mio intervento). Inoltre, la composizione di tale organo, il Senato federale, si definisce nel quadro di una confusione assai grave, che riguarda le competenze dello stesso.

Egregi colleghi, onorevole rappresentante del Governo, sarebbe stato assai facile prevedere un sistema razionale e semplice, ossia immaginare che il Senato federale avesse una competenza paritaria sulle materie di legislazione concorrente e sulla fissazione dei livelli essenziali dei servizi, con un procedimento legislativo che prevedeva nelle materie a legislazione concorrente la competenza paritaria di entrambe le Camere e sulla fissazione dei livelli essenziali la competenza del Senato.

In questo caso, come è noto, si procede, invece, con un procedimento legislativo quadripartito, su cui attendiamo ancora, in corso d'opera, emendamenti a sorpresa, magari in qualche seduta notturna. È difficile, dunque, parlare di composizione corretta del Senato, quando voi stessi non sapete neppure quali saranno le competenze di tale organo di cui ci accingiamo ad approvare la composizione.

Questo modo di procedere è frutto della vostra insipienza, della vostra irresponsabilità e della modalità, tutta politichese, con la quale pensate di riformare la Costituzione, per riprodurre in essa le ragioni della vostra sgangherata alleanza politica. È una responsabilità assai grave che vi contestiamo.

In conclusione, se il Senato che emerge anche nella sua composizione non può dirsi federale, lasciamo a voi la risposta al seguente quesito: che Senato è? Non è un Senato federale per composizione, perché non si rifà neppure al modello degli Stati Uniti e non ha una rappresentanza che rifletta i singoli territori in modo paritario; e non lo è, perché non è composto da designati, secondo il modello Bundesrat, dai singoli länder o regioni.

È il solito pasticcio all'italiana, di cui recate tutta intera la responsabilità, una responsabilità che vi contestiamo dinanzi al paese e su cui certamente chiameremo il popolo ad esprimersi (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, anch'io riprendo il tema testé sollevato sulla indeterminatezza e confusione che caratterizza la proposta del cosiddetto Senato federale, che è tutto, fuorché un Senato federale. È stato affermato - e lo ripeto - che lo sconquasso dell'ordinamento repubblicano è iscritto nella proposta della Casa delle libertà relativa alla revisione costituzionale. Questo sconquasso, a nostro avviso, nasce da un intreccio perverso, dall'invenzione di confusi meccanismi istituzionali di cui non sono chiare funzioni e competenze.

Finora, abbiamo parlato - lo dicevano prima alcuni colleghi - di una Camera in termini di numero, di italiani all'estero rispetto a cui non si sa come possano partecipare alla formazione della Camera politica, di diciottenni esclusi dal loro sacrosanto diritto di essere cittadini a pieno titolo, come l'età consentirebbe loro. In altri termini, abbiamo parlato degli accessori della Camera politica, senza sapere assolutamente nulla su funzionalità, funzione, competenze e, soprattutto, poteri della stessa.

Allora, riprendo il discorso: vi è lo sconquasso che nasce tra l'invenzione di questi incredibili meccanismi, di cui la confusione è la caratteristica maggiore, e la tenacia e la determinazione - perché questo, invece, è molto chiaro - nel proposito di svuotare il Parlamento e, nel caso della vostra proposta, la Camera politica di ogni reale potere.

Il Senato federale da questo punto di vista è l'ennesimo pastrocchio, destinato ad aumentare la confusione delle funzioni e delle competenze delle rappresentanze democratiche, svuotandone significato, valore e - ripeto - soprattutto potere.

Questo Senato, che voi chiamate federale, non ha nessuna affinità e nessuna parentela, neanche lontana, con alcuno degli analoghi sistemi, quanto al nome, vigenti nei paesi occidentali. Non sarà un caso, credo, che ciò avvenga, perché quei sistemi federali sono nati e sono il frutto di una storia e di uno sforzo reali di costruire un insieme di condivisioni, dettate da una soggettività, che aveva la massima preoccupazione, appunto, nella ricerca di una condivisione tra storie ed esigenze diverse.

Qui tutto l'impianto della vostra revisione costituzionale nasce, al contrario, dalla volontà dichiarata attraverso la storia, i documenti e le esternazioni di una delle forze massimamente artefici della proposta, ossia la Lega nord, che nasce appunto dalla volontà di sfasciare l'unitarietà della Repubblica e dello Stato.

Sappiamo - lo abbiamo detto più volte - che la rappresentanza è individuale oppure territoriale. Negli Stati Uniti, tanto per fare un esempio molto emblematico, il congresso esprime la rappresentanza individuale e il Senato quella territoriale. Ogni Stato pesa in eguale misura, con due senatori ciascuno, a prescindere dalla popolazione che abita quel territorio.

Il criterio con cui un'Assemblea viene eletta ne determina la natura e l'elezione - sappiamo anche questo - può essere diretta, come avviene negli Stati Uniti, oppure indiretta e di secondo grado, come in Germania, dove il Bundesrat accoglie i rappresentanti delle assemblee regionali.

Il vostro Senato federale non ha nulla a che vedere né con un sistema né con l'altro, che sono sistemi rodati e dai quali ci sarebbe stata la necessità di apprendere qualche cosa nel momento in cui si mette mano all'articolo 57 della Costituzione e si pretende di modificare il vigente bicameralismo perfetto.

Ma, appunto, parlate di Senato federale, eppure dov'è la rappresentanza territoriale? In che modo quest'organismo potrebbe diventare espressione delle regioni, con quel meccanismo di elezione indifferenziata, in realtà di tipo nazionale, che è alla base della formazione di questo fantomatico Senato federale? Dov'è quella fondamentale caratteristica di concorso differente nel raccordo tra i diversi livelli dei poteri della Repubblica, che costituisce l'unica condizione, oltre che l'unica ragione, che può, a nostro avviso, giustificare la modifica dell'articolo 57 della Carta costituzionale?

Nella vostra proposta non esiste niente di tutto questo. In essa si configura una sostanziale parità di posizione tra Senato e Camera per quanto attiene le competenze prevalenti differenziate.

Per altri versi, in essa si annida il rischio di una sostanziale subalternità della Camera politica rispetto al Senato. Dunque, all'interno del fine fondamentale di tutta l'architettura inventata da voi, accanto alla devolution vi è anche lo svuotamento, se non proprio la cancellazione, dei poteri effettivi della rappresentanza democratica. Quest'ultima viene ridotta ad una specie di cassa di risonanza e di ufficio notarile delle decisioni prese dall'esecutivo.

Noi avanziamo una proposta radicalmente alternativa che, a nostro giudizio, è in grado di configurare un'efficace rappresentanza territoriale tale da rispondere contemporaneamente alla necessità di una connessione equilibrata tra i diversi livelli istituzionali previsti dall'ordinamento. Proponiamo un Senato delle regioni e lo chiamiamo così perché le regioni sono l'unica realtà territoriale definita e configurabile e, quindi, l'unica realtà concretamente oggetto di un provvedimento di questo genere. Altrimenti, non si capisce di cosa parliamo.

Proponiamo, dunque, che i senatori vengano eletti con sistema proporzionale dai consiglieri regionali stessi. Quindi, proponiamo una formazione affidata ad una nomina di secondo grado. Una tale proposta risponderebbe, a nostro avviso, a molte delle istanze avanzate più volte dagli stessi rappresentanti degli enti locali che sono espressione concreta - oserei dire incarnata - delle esigenze territoriali e, quindi, potrebbero in parte rientrare nella formazione di questa rappresentanza delle regioni.

Il vigente bicameralismo perfetto ha i ben noti vizi di appesantimento dell'attività legislativa: questo è il motivo per cui acconsentiremmo ad una modifica di tale sistema laddove tale modifica andasse nel senso di una più rapida ed efficace esplicazione del potere legislativo. Tali vizi hanno rappresentato per molti esecutivi, per questo in maniera emblematica, l'alibi per l'ossessivo ed autoritario ricorso ai decreti-legge. Il bicameralismo, con i suoi vizi, verrebbe in tal modo superato operando un reale passaggio in avanti, qualificando in positivo il rapporto tra la Camera politica ed il Senato e rispondendo all'esigenza di un confronto ravvicinato tra diversi livelli istituzionali oggi afflitti, viceversa, da una logica di contrattazione che spesso non produce nulla di positivo ed inceppa le rispettive funzioni.

L'approvazione della riforma del Titolo V ha aperto una fase di conflittualità di cui sappiamo molto anche attraverso gli interventi della Corte costituzionale in merito ai rapporti tra Stato e regioni su materie importanti come energia, grandi reti, infrastrutture, eccetera. Crediamo che la nostra proposta potrebbe efficacemente risanare tale situazione di conflittualità e l'impasse che inevitabilmente ne deriva.

Nel nuovo sistema che voi delineate, d'altra parte, viene prefigurato un intreccio di modalità legislative, degne di un rompicapo, che non farà che accentuare i vizi già esistenti: leggi monocamerali a volontà prevalente della Camera, leggi monocamerali a volontà prevalente del Senato, leggi bicamerali a partecipazione paritaria. Dunque, una tripartizione fondata su lunghi elenchi di materie, che aprirà una voragine di conflitti di giurisdizioni e di competenze, rispetto alla quale a trarne i benefici - ma ovviamente questa è l'implicita conseguenza del primo obiettivo, quello di svuotare il Parlamento - non potrà che essere il premier (il signor Berlusconi, nel vostro caso). Non parliamo poi dell'assenza di ogni chiarezza sul procedimento legislativo, sulle competenze e sui ruoli di ciascuna delle due Assemblee. Ovviamente, noi crediamo che si sarebbe dovuto partire da qui, cioè dalle funzioni, dalle competenze e dai ruoli, per poi disegnare l'ingegneria, al fine di rendere efficaci quelle competenze, quei ruoli, quelle funzioni e quei poteri.

Noi pensiamo che sarebbe stato questo il modo migliore per procedere e non, invece, il capovolgimento, che indica esattamente come in realtà l'obiettivo sia da una parte demagogico - far vedere che vi state dando da fare per rispondere all'antiparlamentarismo e all'antipolitica, che anima così fortemente una parte del vostro elettorato -, dall'altra, quello di assestare colpi durissimi a quella forma di democrazia rappresentativa, che fino adesso ha costituito uno dei beni più preziosi della grande esperienza democratica, perlomeno degli ultimi tre secoli, ma che ora è sottoposta ad una operazione di svuotamento e di sfinimento, che fa da contraltare all'esaltazione delle procedure elettorali, a cui la democrazia rappresentativa viene ridotta (come dimostrano anche vicende internazionali e pretese di esportare la democrazia sulla punta delle baionette: basta che si voti, poi la volontà popolare, così definita, diventa una specie di ancora di riferimento per giustificare tutto).

Quindi, i conti a questo punto tornano: svuotamento delle Assemblee rappresentative e concentrazione dei poteri nelle mani del premier «piglia tutto». A tutto ciò, noi contrapponiamo una proposta alternativa. Non ci limitiamo alle critiche, bensì proponiamo un'alternativa, proprio perché partiamo dall'idea che intorno alla Camera politica e al Senato federale si giochi una parte importante della partita che voi avete aperto, mettendo sotto tiro la Costituzione e l'ordinamento dello Stato nei suoi punti nodali, in particolare il potere legislativo e l'autenticità della rappresentanza democratica (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, brevemente, visto anche lo stato dei nostri lavori e dell'Assemblea - perché parlare a noi a stessi non è mai sicuramente la cosa migliore -, siamo arrivati ad uno dei punti più importanti del nostro dibattito (anche se, evidentemente, sono tutte importanti le modifiche della nostra Carta costituzionale), ossia la riforma del bicameralismo e la questione del Senato federale, da tutti considerati punti chiave dell'intera riforma, in quanto evidenziano un ragionamento attorno all'adeguamento del sistema bicamerale, ritenuto necessario per razionalizzare anche la forma di Governo e il sistema delle autonomie territoriali.

Per parlare di tutto ciò, è necessario affrontare i nodi della rappresentanza territoriale, la questione del vincolo di mandato, le questioni attinenti la composizione e l'organizzazione del Senato federale, nonché il suo sistema di elezione e la questione della contestualità.

Sappiamo che, a tale riguardo, è aperta la problematica concernente in modo particolare le regioni a statuto differenziato. Ciò significa, anche se non riguarda l'articolo 3, ma l'articolo 70, discutere sulle leggi monocamerali (sappiamo che il provvedimento individua leggi monocamerali a prevalenza Camera e Senato), affrontare le questioni della competenza; è, in particolare, uno dei nodi di fondo della questione e su tale argomento, tra l'altro, il Servizio studi della Camera, super partes, ci ha rappresentato una situazione che porterebbe all'assoluta ingestibilità, ingovernabilità, nonché al non funzionamento del sistema, proprio con riferimento alla questione inerente al ramo del Parlamento competente ad intervenire (vi sarà la prevalenza della Camera o del Senato?). Vi è poi la questione delle leggi bicamerali. È evidente che le competenze del Senato federale hanno un'immediata rilevanza sulla forma di Governo.

I nodi stanno venendo al pettine; sta emergendo la debolezza del nostro processo di riforma costituzionale, perché è fuori discussione (mi rendo conto che i colleghi della maggioranza non possono dirlo, ma noi dell'opposizione lo possiamo dire tranquillamente) che, se non avessimo la necessità di ottenere il consenso del Senato per approvare questa riforma, considerato che l'articolo 138 prevede questa procedura, ben diversa sarebbe la nostra proposta di riforma.

Di qui, il vizio di origine di tutto il processo riformatore, quindi la necessità di addivenire ad un sistema diverso rispetto a quello previsto dall'articolo 138 (mi riferisco all'Assemblea costituente). Vi abbiamo chiesto di intervenire sul Titolo V della Costituzione e di rettificare alcune questioni che, anche secondo l'opposizione, necessitavano di un intervento riformatore. Ora vi abbiamo chiesto di ragionare (lo ho fatto, da ultimo, il rappresentante del mio gruppo, l'onorevole Violante) sull'ipotesi di una commissione redigente.

Risulta necessario - e, concludo, signor Presidente, perché sui vari emendamenti avremo modo di intervenire successivamente (è stato presentato un emendamento soppressivo, nonché altri emendamenti che si pongono nell'ottica della riduzione del danno) - ovvio, direi quasi inconfutabile discutere in primo luogo su cosa deve fare l'organo, quindi il procedimento legislativo, per poi affrontare la questione della composizione dell'organo.

Fare il processo al contrario significa prima andare a costituire un organo, con le problematiche evidenziate, per poi discutere sulle competenze da attribuire a questo organismo così importante che avete definito Senato federale, ma che, nella realtà, come diceva poc'anzi la collega che è intervenuta, di federale ha poco o niente.

Queste saranno le tematiche che saranno affrontate con i nostri emendamenti all'articolo 3. È evidente che, indirettamente, non potremo non parlare anche degli articoli 4 e 5 che contengono la vostra ipotesi complessiva di Senato federale.

È un processo che possiamo definire al contrario non accantonare gli articoli richiamati per discutere prima sull'articolo 70 che riguarda la strutturazione delle competenze e delle modalità di funzione e di produzione legislativa. In questo senso, la nostra volontà di soppressione dell'articolo rimane in tutta la sua valenza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, cercherò di essere estremamente breve, rinviando a domani un ulteriore approfondimento della questione. La prima considerazione che voglio esprimere è che il problema grave della composizione del Senato federale si avvia ormai ad una positiva e seria conclusione.

Com'è noto (era stato indicato come uno dei punti più innovativi nel dibattito ed anche uno dei più controversi) il testo della riforma, approvato dal Senato e poi esaminato anche a luglio, senza particolari novità, dalla I Commissione, è stato oggetto di critiche sia dal punto di vista scientifico che politico. Ora però, dopo una attenta riflessione e un dibattito, siamo di fronte ad un testo che presenta delle soluzioni particolarmente interessanti, accentuate, originali, che non si ispirano a modelli stranieri ma che presentano una notevole positività.

In primo luogo, sono stati superati e gestiti la forza del contesto, cioè i condizionamenti che sono soprattutto tre: la nota tradizione politica e parlamentare da sempre bicamerale perfetta, i reali rapporti in corso tra Senato e regioni col sistema delle autonomie, e - occorre riconoscerlo - il reale ingombrante problema di introdurre il Senato federale attraverso l'approvazione di un Senato esistente e operante, abituato ad operare in un sistema di bicameralismo perfetto.

Pure in presenza di questi condizionamenti, la soluzione che andremo ad assumere appare adeguata ed equilibrata. L'equilibrio della soluzione viene però meglio apprezzato ove lo si esamini in correlazione con gli altri articoli della riforma che delineano meglio il nuovo Senato ed il nuovo assetto istituzionale della Repubblica: possiamo farlo perché alcuni sono già stati approvati, altri sono stati esaminati e approvati in seno alla I Commissione.

Credo che il Senato federale, sia pure rinnovato, doveva essere configurato come una istituzione che rappresenti l'interesse degli enti regionali e locali e, in particolare, che partecipi all'attività legislativa in un quadro di superamento del tradizionale bicameralismo perfetto e che sia un luogo di mediazione politica in cui si possa svolgere un efficace e permanente coordinamento tra i rappresentanti delle diverse componenti territoriali, anche per realizzare la composizione di eventuali conflitti di competenza tra Stato e regioni.

Una volta che si è accettato questo presupposto, il modello che a molti sarebbe sembrato auspicabile e preferibile era quello del Bundesrat tedesco. Occorre però anche prendere atto che esso è diventato rapidamente quasi subito improponibile, in quanto avrebbe reso praticamente impossibile, nella situazione ricordata di un Senato già esistente, quello che, con una metafora ardita, era stato chiamato il «suicidio» del Senato e dei senatori.

Una volta che il Senato fosse stato costituito da soggetti non eletti, ma tutti nominati dagli esecutivi regionali, la prima conseguenza tangibile sarebbe stata la scomparsa dei senatori, che andava contro ogni possibilità di realizzazione pratica, alla luce della naturale conservazione delle istituzioni. Non restava che una terza via e quanto è delineato è una dimostrazione che questa terza via era possibile.

Io avevo cercato di dare un contributo proponendo l'emendamento 3.88, che prevedeva una diminuzione del numero dei senatori elettivi e l'introduzione di un certo numero di senatori che fossero allo stesso tempo componenti delle giunte regionali e da queste ultime delegate. Ogni regione sarebbe stata rappresentata da un minimo di uno ad un massimo di cinque senatori, in base ad un sistema di ponderazione. Ciascuna delegazione avrebbe disposto di un voto unitario nel senso che i voti di ogni delegazione sarebbero stati espressi unitariamente, secondo le direttive delle giunte di provenienza. I senatori eletti a suffragio universale sarebbero stati liberi dal vincolo di mandato, mentre i senatori rappresentanti direttamente le giunte avrebbero operato attraverso un mandato imperativo al fine di tutelare gli interessi regionali.

Devo riconoscere che molte di queste indicazioni e motivazioni, che mi avevano consigliato di riflettere e di proporre questo modello, sono state accolte nell'impianto complessivo di questa riforma. Di queste novità, di cui cinque ritengo di particolare rilevanza, parlerò domani mattina illustrando alcuni degli emendamenti presentati.

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, invito il relatore ed il Governo ad esprimere il parere sugli emendamenti riferiti all'articolo 3.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, il parere è contrario sui seguenti emendamenti: Leoni 3.20; Emerenzio Barbieri 3.104; Mascia 3.1; Pacini 3.88; Bressa 3.19; Mascia 3.73, nonché sul subemendamento Boccia 0.3.200.1.

Il parere è favorevole sugli identici emendamenti Boato 3.11, Zeller 3.5, Perrotta 3.78 ed Elio Vito 3.200.

Il parere è contrario sui seguenti emendamenti: Bressa 3.89 e Bressa 3.13; Emerenzio Barbieri 3.103; Perrotta 3.79 e 3.80; sugli identici emendamenti Tonino Loddo 3.86 e Zeller 3.96; nonché sugli emendamenti Zeller 3.35 e 3.95.

Il parere è favorevole sugli identici emendamenti Olivieri 3.14 e Boato 3.75.

Sull'emendamento Elio Vito 3.201 la Commissione formula un invito al ritiro, in quanto, pur essendo il parere favorevole, tale emendamento dovrebbe essere assorbito dalla votazione degli identici emendamenti Olivieri 3.14 e Boato 3.75.

La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Boato 3.90.

La Commissione esprime un invito al ritiro sull'emendamento Tabacci 3.102, altrimenti il parere è contrario.

La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Perrotta 3.77 e 3.84.

La Commissione esprime parere contrario sul subemendamento Perrotta 0.3.202.1 e parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 3.202, mentre formula un invito al ritiro sull'emendamento Leoni 3.15, che dovrebbe essere assorbito dall'eventuale approvazione dell'emendamento Elio Vito 3.202.

La Commissione esprime altresì parere contrario sugli emendamenti Leoni 3.91, Mascia 3.74 e Perrotta 3.85. Formula un invito al ritiro, esprimendo diversamente parere contrario, sull'emendamento Bressa 3.92, in ordine al quale occorrerà svolgere una precisazione in quanto una prima parte è confluita nell'emendamento 3.22 della Commissione, mentre l'ultima parte risulterebbe assorbita dall'articolo aggiuntivo 39.02.01 nel testo riformulato. Raccomanda quindi l'approvazione del suo emendamento 3.25.

Il parere è inoltre contrario sui subemendamenti Boato 0.3.203.9, Briguglio 0.3.203.5, Landolfi 0.3.203.6, Osvaldo Napoli 0.3.203.7 e sugli identici subemendamenti Cabras 0.3.203.11, Detomas 0.3.203.12 e Cossa 0.3.203.13, mentre vi è un invito al ritiro sull'emendamento Elio Vito 3.203, che dovrebbe risultare assorbito dall'eventuale approvazione dell'emendamento 3.25 della Commissione.

Infine, la Commissione esprime parere contrario sugli identici subemendamenti Cabras 0.3.10.1, Boato 0.3.10.2 e Cossa 0.3.10.3, sugli emendamenti Detomas 3.10 e Nuvoli 3.94 e sugli identici articoli aggiuntivi Fioroni 3.01 e Osvaldo Napoli 3.02.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Il seguito dell'esame è rinviato ad altra seduta.

La seduta termina alle 20,50.

 

 



Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)

 


(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)

 

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 2.

(Camera dei deputati).

1. L'articolo 56 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 56. - La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.

La Camera dei deputati è composta da cinquecento deputati e dai dodici deputati assegnati alla circoscrizione Estero.

Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.

La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per cinquecento e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Capo I

MODIFICHE AL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

 

ART. 2.

(Camera dei deputati).

 

Subemendamenti all'emendamento 2. 25.

All'emendamento 2. 25., sostituire la parola: cinquecentodiciotto con la seguente: cinquecentododici.

Conseguentemente, al medesimo emendamento, sostituire la parola: diciotto con la seguente: dodici.

0. 2. 25. 1. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Russo Spena.

 

 

All'emendamento 2. 25., sostituire la parola: diciotto con la seguente: otto.

0. 2. 25. 2. Perrotta.

 

 

All'emendamento 2. 25., dopo la parola: Estero, aggiungere le seguenti: che devono risiedere in Italia dopo le elezioni,

0. 2. 25. 3. Perrotta.

 

 

All'emendamento 2. 25., sostituire le parole: a vita con le seguenti: di diritto e per la durata della legislatura.

Conseguentemente, al medesimo emendamento, nella parte consequenziale:

all'articolo 5:

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: deputati a vita con le seguenti: deputati per la durata della legislatura;

alla rubrica, sostituire le parole: a vita con le seguenti: per la durata della legislatura;

all'articolo 24, sostituire le parole: deputati a vita con le seguenti: deputati per la durata della legislatura.

0. 2. 25. 4. Perrotta.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, sostituire le parole da: cinquecento fino alla fine del comma, con le seguenti: cinquecentodiciotto deputati elettivi, diciotto dei quali eletti nella circoscrizione Estero, e dai deputati a vita di cui all'articolo 59.

Conseguentemente:

all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: e dai senatori a vita di cui all'articolo 59.

all'articolo 5:

al comma 1, premettere il seguente:

01. All'articolo 59, primo comma, della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato».

 

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

 

al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori di nomina presidenziale con le seguenti: deputati di nomina presidenziale;

sostituire la rubrica con la seguente: Deputati di diritto e a vita.

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

2. 25. La Commissione.

(Approvato)

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, dopo le parole: cinquecento deputati aggiungere la seguente: elettivi.

2. 80. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Ttti De Simone, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Subemendamenti all'emendamento 2. 200.

 

 

All'emendamento 2. 200., sostituire la parola: diciotto con la seguente: dodici.

0. 2. 200. 2. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Russo Spena.

 

 

All'emendamento 2. 200., aggiungere la seguente parte consequenziale:

all'articolo 43, comma 10, sostituire le parole da: anche fino alla fine del comma con le seguenti: . Il Presidente della Repubblica, fino alla data di insediamento del Senato federale della Repubblica, può nominare senatori a vita ai sensi dell'articolo 59, secondo comma, della Costituzione, prima della modifica di cui all'articolo 3 della presente legge, purché il numero totale degli stessi nel Senato non sia superiore a tre. I senatori a vita in carica alla data di insediamento del Senato federale della Repubblica diventano nello stesso giorno, con comunicazione del Presidente della Repubblica alle Camere, deputati a vita.

0. 2. 200. 4. Boccia.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, sostituire le parole da: e dai dodici deputati fino alla fine del comma con le seguenti: , dai diciotto deputati assegnati alla circoscrizione Estero e dai deputati a vita di cui all'articolo 59.

Conseguentemente:

all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: e dai senatori a vita di cui all'articolo 59.

all'articolo 5:

al comma 1, premettere il seguente:

01. All'articolo 59, primo comma, della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato».

 

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

 

al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori di nomina presidenziale con le seguenti: deputati di nomina presidenziale;

sostituire la rubrica con la seguente: Deputati di diritto e a vita.

 

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

2. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, aggiungere in fine le parole: , nonché dai deputati a vita di cui all'articolo 59.

Conseguentemente:

all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: e dai senatori a vita di cui all'articolo 59.

all'articolo 5:

al comma 1, premettere il seguente:

 

01. All'articolo 59, primo comma, della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato».

 

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori di nomina presidenziale con le seguenti: deputati di nomina presidenziale;

alla rubrica, sostituire la parola: senatori con la seguente: deputati.

 

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

 

all'articolo 43, comma 10, sopprimere le parole da: anche fino alla fine del comma.

*2. 71. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Giordano, Zanella.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, aggiungere in fine le parole: , nonché dai deputati a vita di cui all'articolo 59.

Conseguentemente:

all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: e dai senatori a vita di cui all'articolo 59.

all'articolo 5:

al comma 1, premettere il seguente:

01. All'articolo 59, primo comma, della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato».

 

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

 

al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori di nomina presidenziale con le seguenti: deputati di nomina presidenziale;

alla rubrica, sostituire la parola: senatori con la seguente: deputati.

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

all'articolo 43, comma 10, sopprimere le parole da: anche fino alla fine del comma.

*2. 77. Pacini.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, secondo comma, aggiungere, in fine, le parole: nonché dai deputati nominati dal Presidente della Repubblica per la durata della legislatura ai sensi dell'articolo 59.

Conseguentemente:

all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: e dai senatori a vita di cui all'articolo 59;

all'articolo 5:

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati per la durata della legislatura;

al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati per la durata della legislatura;

sostituire la rubrica con la seguente: Deputati nominati dal Presidente della Repubblica;

 

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti:deputati per la durata della legislatura.

2. 75. Perrotta.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, terzo comma, sostituire le parole: venticinque anni con le seguenti: diciotto anni.

2. 79. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Deiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Ruzzante, Raffaella Mariani, Mascia, Pisapia, Olivieri, Banti.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, terzo comma, sostituire le parole: venticinque anni con le seguenti: ventuno anni.

*2. 3. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Pistone.

(Approvato)

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 56, terzo comma, sostituire le parole: venticinque anni con le seguenti: ventuno anni.

*2. 78. Buontempo.

(Approvato)

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)

 

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 3.

(Struttura del Senato federale della Repubblica).

1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 57. - Il Senato federale della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto su base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Il Senato federale della Repubblica è composto da duecentocinquantadue senatori eletti in ciascuna Regione contestualmente all'elezione dei rispettivi Consigli regionali, dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero e dai senatori a vita di cui all'articolo 59.

L'elezione del Senato federale della Repubblica è disciplinata con legge dello Stato, che garantisce la rappresentanza territoriale da parte dei senatori.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a cinque; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno.

La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del quarto comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

I Presidenti delle Giunte regionali ed i Presidenti dei Consigli regionali sono sentiti, ogni volta che lo richiedono, dal Senato federale della Repubblica con le modalità e nei casi previsti dal suo regolamento. I senatori sono sentiti, ogni volta che lo richiedono, dal Consiglio regionale della Regione in cui sono stati eletti con le modalità e nei casi previsti dai rispettivi regolamenti».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 3.

(Struttura del Senato federale della Repubblica).

Sopprimerlo.

3. 20. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57,sopprimere il primo comma.

Conseguentemente:

al medesimo capoverso:

al secondo comma, sostituire le parole: contestualmente all'elezione dei rispettivi consigli regionali con le seguenti: dai rispettivi Consigli regionali nella prima seduta utile.

sopprimere il sesto comma.

all'articolo 6, capoverso Art. 60, sopprimere il terzo comma.

3. 104. Emerenzio Barbieri, Giuseppe Gianni, Mongiello.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sostituire le parole da: federale fino alla fine dell'articolo con le seguenti: delle regioni è composto da duecento membri eletti dai rispettivi Consigli regionali.

L'elezione del Senato delle regioni avviene con sistema proporzionale ed è disciplinata dalla legge dello Stato la quale garantisce la rappresentanza territoriale da parte dei senatori e promuove la parità di rappresentanza tra donne e uomini.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a cinque; il Molise ne ha due e la Valle d'Aosta ne ha uno.

La ripartizione dei seggi tra le regioni, salve le disposizioni del terzo comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni quale risulta dall'ultimo censimento generale«.

3. 1. Mascia, Pisapia.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sostituire le parole da: è eletto fino alla fine dell'articolo con le seguenti: è composto da centocinquantaquattro senatori eletti a suffragio universale e diretto in ciascuna Regione contestualmente all'elezione dei rispettivi Consigli regionali.

L'elezione del Senato federale della Repubblica è disciplinata con legge dello Stato, che garantisce la rappresentanza territoriale da parte dei senatori.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a tre; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno.

La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero di cui all'ottavo comma, previa applicazione delle disposizioni del terzo comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

Il Senato federale della Repubblica è composto altresì da senatori membri delle Giunte regionali che li nominano e li revocano. Essi possono farsi rappresentare da altri membri delle rispettive Giunte.

Ogni Giunta regionale può inviare tanti membri quanti sono i voti attribuiti alla rispettiva Regione, sulla base delle disposizioni di cui al settimo comma. I senatori nominanti da ciascuna Giunta regionale possono votare soltanto unitariamente e i voti possono essere espressi soltanto dai membri presenti o dai loro rappresentanti.

Le Regioni con meno di seicentomila abitanti hanno un voto; le Regioni con più di seicentomila abitanti hanno due voti; quelle con più di un milione e seicentomila abitanti hanno tre voti; quelle con più di quattro milioni ne hanno quattro; quelle con più di sette milioni ne hanno cinque.

Fanno inoltre parte del Senato federale della Repubblica sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero.

I Presidenti dei Consigli regionali sono sentiti, ogni volta che lo richiedono, dal Senato federale della Repubblica con le modalità e nei casi previsti dal suo regolamento. I senatori sono sentiti, ogni volta che lo richiedono, dal Consiglio regionale della Regione di provenienza con le modalità e nei casi previsti dai rispettivi regolamenti».

Conseguentemente:

all'articolo 11, comma 1, capoverso Art. 67, dopo la parola: senatore aggiungere la seguente: elettivo;

all'articolo 19, comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, primo periodo, sostituire le parole: delle due Camere con le seguenti: della Camera dei deputati, dai senatori elettivi.

3. 88. Pacini.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sostituire le parole da: su base regionale fino alla fine del capoverso con le seguenti: su base regionale.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a cinque; il Trentino-Alto Adige/Südtirol ne ha tre per ciascuna Provincia autonoma; il Molise ne ha due; la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste uno. Le Regioni con più di un milione e fino a tre milioni di abitanti hanno sei seggi; le Regioni con più di tre e fino a cinque milioni di abitanti hanno sette seggi; le Regioni con più di cinque e fino a sette milioni di abitanti hanno otto seggi; le Regioni con più di sette milioni di abitanti hanno nove seggi.

Le elezioni dei senatori si svolgono, in ogni Regione e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, contestualmente alle elezioni dei rispettivi Consigli, in data comunque diversa dalle elezioni per la Camera dei deputati.

Il Senato federale della Repubblica è integrato da rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali, che partecipano alla sua attività senza diritto di voto. Ogni Consiglio regionale e ogni Consiglio delle autonomie locali eleggono un proprio rappresentante all'inizio di ogni legislatura regionale. Per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol i Consigli delle Province autonome ed i rispettivi Consigli delle autonomie locali eleggono ciascuno un proprio rappresentante.

Sono disciplinati con legge dello Stato i modi di reciproca informazione e collaborazione tra i senatori eletti nella regione, il Consiglio regionale e il Consiglio delle autonomie locali».

3. 19. Bressa, Leoni, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Rosato.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sostituire le parole da: su base regionale fino alla fine del secondo comma, con le seguenti: su base regionale.

Il Senato federale della Repubblica è composto da duecento senatori eletti in ciascuna Regione contestualmente all'elezione dei rispettivi Consigli regionali.

Conseguentemente:

al medesimo capoverso, quinto comma, sopprimere le parole: , fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

all'articolo 5:

al comma 1, premettere il seguente:

01. All'articolo 59, primo comma, della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato».

 

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

 

al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori di nomina presidenziale con le seguenti: deputati di nomina presidenziale;

alla rubrica, sostituire la parola: senatori con la seguente: deputati.

 

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

 

all'articolo 43, comma 10, sopprimere le parole da: anche fino alla fine del comma.

3. 73. Mascia, Pisapia.

 

Subemendamento agli identici emendamenti 3.11, 3.5, 3.78 e 3.200

 

Agli identici emendamenti 3.11, 3.5, 3.78 e 3.200, nella parte consequenziale, sostituire le parole: , dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero con le seguenti: ed in collegamento funzionale con i candidati alla carica di Presidente della Regione o, in mancanza, alle liste presentate per l'elezione dei consiglieri regionali.

0. 3. 200. 1. Boccia.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sopprimere le parole: , salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Conseguentemente, al medesimo capoverso:

al secondo comma, sopprimere le parole: , dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero;

al quinto comma, sopprimere le parole: , fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

*3. 11. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Giordano, Alfonso Gianni.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sopprimere le parole: , salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Conseguentemente, al medesimo capoverso:

al secondo comma, sopprimere le parole: , dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero;

al quinto comma, sopprimere le parole: , fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

*3. 5. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sopprimere le parole: , salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Conseguentemente, al medesimo capoverso:

al secondo comma, sopprimere le parole: , dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero;

al quinto comma, sopprimere le parole: , fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

*3. 78. Perrotta.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sopprimere le parole: , salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Conseguentemente, al medesimo capoverso:

al secondo comma, sopprimere le parole: , dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero;

al quinto comma, sopprimere le parole: , fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

*3. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, sostituire il secondo comma con i seguenti:

«Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a cinque; il Trentino-Alto Adige/Südtirol ne ha tre per ciascuna Provincia autonoma; il Molise ne ha due; la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste uno. Le Regioni con più di un milione e fino a tre milioni di abitanti hanno sei seggi; le Regioni con più di tre e fino a cinque milioni di abitanti hanno sette seggi; le Regioni con più di cinque e fino a sette milioni di abitanti hanno otto seggi; le Regioni con più di sette milioni di abitanti hanno nove seggi.

Le elezioni dei senatori si svolgono, in ogni Regione e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, contestualmente alle elezioni dei rispettivi Consigli, in data comunque diversa dalle elezioni per la Camera dei deputati».

Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il quarto e il quinto comma.

3. 89. Bressa, Boato, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Rosato.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sostituire la parola: duecentocinquantadue con la seguente: centocinquanta.

3. 13. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda.

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sostituire la parola: duecentocinquantadue con la seguente: duecento.

3. 103. Emerenzio Barbieri.

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sostituire la parola: duecentocinquantadue con la seguente: duecentocinquantacinque.

3. 79. Perrotta.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: in ciascuna Regione contestualmente all'elezione dei rispettivi Consigli regionali.

Conseguentemente, all'articolo 6, capoverso Art. 60, sopprimere il terzo comma.

3. 80. Perrotta.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: contestualmente all'elezione dei rispettivi Consigli regionali.

Conseguentemente, all'articolo 6, capoverso Art. 60, sopprimere il terzo comma.

*3. 86. Tonino Loddo, Carboni, Ladu, Maurandi, Soro.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: contestualmente all'elezione dei rispettivi Consigli regionali.

Conseguentemente, all'articolo 6, capoverso Art. 60, sopprimere il terzo comma.

*3. 96. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sostituire le parole: contestualmente all'elezione dei rispettivi consigli regionali con le seguenti: , dai Presidenti delle Giunte regionali, dai Presidenti delle Regioni a statuto speciale e dai Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, sesto comma, sopprimere le parole: I Presidenti delle Giunte regionali ed.

3. 35. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, dopo le parole: Consigli regionali aggiungere le seguenti: dai Presidenti delle Giunte regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, sesto comma, sopprimere le parole: I Presidenti delle Giunte regionali ed.

3. 95. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, dopo le parole: Consigli regionali aggiungere le seguenti: e, per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, dei Consigli provinciali.

*3. 14. Olivieri, Kessler, Maran.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, dopo le parole: Consigli regionali aggiungere le seguenti: e, per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, dei Consigli provinciali.

*3. 75. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Zanella, Pisapia, Rosato.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, dopo le parole: Consigli regionali aggiungere le seguenti: e, per il Trentino - Alto Adige, dei consigli provinciali.

3. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, dopo le parole: Consigli regionali, aggiungere le seguenti: in data comunque diversa dalle elezioni per la Camera dei deputati,

3. 90. Boato, Leoni, Bressa, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, aggiungere in fine il seguente periodo: I Presidenti delle Giunte regionali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano sono membri di diritto del Senato federale della Repubblica.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, al settimo comma, sopprimere le parole: I Presidenti delle Giunte regionali ed.

3. 102. Tabacci, Malgieri, Landolfi, La Malfa, Biondi, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, terzo comma, dopo la parola: Repubblica aggiungere le seguenti: ha luogo con sistema proporzionale ed.

3. 77. Perrotta.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, quarto comma, sostituire le parole da: a cinque fino alla fine del comma con le seguenti: ad uno.

3. 84. Perrotta.

 

Subemendamento all'emendamento 3. 202.

 

All'emendamento 3. 202., sostituire la parola: sei con la seguente: due.

0. 3. 202. 1. Perrotta.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, quarto comma, sostituire la parola: cinque con la seguente: sei.

3. 202. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, quarto comma, dopo la parola: cinque; aggiungere le seguenti: il Trentino-Alto Adige/Südtirol ne ha sei,

3. 15. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Zanella, Giordano, Rosato.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, sopprimere il quinto comma.

3. 91. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, quinto comma, sopprimere le parole da: , fatto salvo fino a: quarto comma,

3. 74. Mascia.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, sopprimere il sesto comma.

3. 85. Perrotta.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, sostituire il sesto comma con i seguenti:

«Il Senato federale della Repubblica è integrato da rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali, che partecipano alla sua attività senza diritto di voto. Ogni Consiglio regionale e ogni Consiglio delle autonomie locali elegge un proprio rappresentante all'inizio di ogni legislatura regionale. Per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol i Consigli delle Province autonome ed i rispettivi Consigli delle autonomie locali eleggono ciascuno un proprio rappresentante.

Sono disciplinati con legge dello Stato i modi di reciproca informazione e collaborazione tra i senatori eletti nella regione, il Consiglio regionale e il Consiglio delle autonomie locali».

3. 92. Bressa, Boato, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Rosato.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, sostituire il sesto comma con il seguente:

«Partecipano all'attività del Senato federale della Repubblica, senza diritto di voto, secondo le modalità previste dal suo regolamento, rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali. All'inizio di ogni legislatura regionale, ciascun Consiglio regionale elegge un rappresentante tra i propri componenti e ciascun Consiglio delle autonomie locali elegge un rappresentante tra i sindaci, presidenti di Provincia o Città metropolitana della Regione. Per la Regione Trentino Alto-Adige/Südtirol i Consigli delle Preovince autonome e i rispettivi Consigli delle autonomie locali eleggono ciascuno un proprio rappresentante.»

3. 25. La Commissione.

Subemendamenti all'emendamento 3. 203.

 

 

All'emendamento 3. 203., sostituire le parole da: Possono partecipare fino a: Bolzano ed con le seguenti: Il Senato federale della Repubblica è integrato dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e da.

Conseguentemente, al medesimo emendamento, aggiungere, in fine, le parole: , i quali partecipano alla sua attività con diritto di voto, secondo le modalità previste dal regolamento.

0. 3. 203. 9. Boato, Bressa, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

 

 

All'emendamento 3. 203., sopprimere le parole: , senza diritto di voto,

0. 3. 203. 5. Briguglio, Cirielli.

All'emendamento 3. 203., sopprimere le parole da: ed un rappresentante per ogni Regione fino alla fine dell'emendamento.

0. 3. 203. 6. Landolfi, Briguglio, Cirielli.

All'emendamento 3. 203., sostituire le parole: , presidenti di Provincia o Città metropolitana con le seguenti: , sindaci delle Città metropolitane e presidenti di Provincia.

0. 3. 203. 7. Osvaldo Napoli.

 

 

All'emendamento 3.203., aggiungere, in fine, il seguente periodo:

«Nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, la partecipazione dei rispettivi rappresentanti è disciplinata dagli Statuti speciali e dalle relative norme di attuazione».

Conseguentemente, all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente:

16. Sino all'adeguamento dei relativi Statuti, la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinata con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 203. 11. Cabras, Olivieri, Kessler, Lumia, Maran, Finocchiaro, Maurandi, Soro, Carboni, Tonino Loddo, Ladu.

 

 

All'emendamento 3.203., aggiungere, in fine, il seguente periodo:

«Nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, la partecipazione dei rispettivi rappresentanti è disciplinata dagli Statuti speciali e dalle relative norme di attuazione».

Conseguentemente, all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente:

 

16. Sino all'adeguamento dei relativi Statuti, la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinata con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 203. 12. Detomas, Boato, Bressa, Rosato, Mattarella, Burtone.

 

 

All'emendamento 3.203., aggiungere, in fine, il seguente periodo:

«Nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di

Bolzano, la partecipazione dei rispettivi rappresentanti è disciplinata dagli Statuti speciali e dalle relative norme di attuazione».

Conseguentemente, all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente:

 

16. Sino all'adeguamento dei relativi Statuti, la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinata con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 203. 13. Cossa.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, sostituire il sesto comma con il seguente:

«Possono partecipare ai lavori del Senato federale della Repubblica, senza diritto di voto, secondo le modalità previste dal suo regolamento, i Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano ed un rappresentante per ogni Regione, eletto dal rispettivo Consiglio delle autonomie locali, tra i sindaci, presidenti di Provincia o Città metropolitana della Regione».

3. 203. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.

Subemendamenti all'emendamento 3. 10.

 

 

All'emendamento 3. 10., al primo comma sostituire le parole da: il sistema fino a: è disciplinato con le seguenti: le modalità di elezione dei senatori sono disciplinate.

Conseguentemente:

al medesimo emendamento, sopprimere il secondo comma;

all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente:

 

16. Sino all'adeguamento dei rispettivi Statuti, le modalità di elezione dei senatori nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano sono disciplinate con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 10. 1. Cabras, Olivieri, Kessler, Lumia, Maran, Finocchiaro, Maurandi, Soro, Carboni, Tonino Loddo, Ladu.

 

 

All'emendamento 3.10., al primo comma sostituire le parole da: il sistema fino a: è disciplinato con le seguenti: le modalità di elezione dei senatori sono disciplinate.

Conseguentemente:

al medesimo emendamento, sopprimere il secondo comma;

all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente:

16. Sino all'adeguamento dei rispettivi Statuti, le modalità di elezione dei senatori nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano sono disciplinate con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 10. 2. Boato, Detomas, Bressa, Rosato, Mattarella, Burtone, Rosato.

 

 

All'emendamento 3.10., al primo comma sostituire le parole da: il sistema

fino a: è disciplinato con le seguenti: le modalità di elezione dei senatori sono disciplinate.

Conseguentemente:

al medesimo emendamento, sopprimere il secondo comma;

all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente:

16. Sino all'adeguamento dei rispettivi Statuti, le modalità di elezione dei senatori nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano sono disciplinate con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 10. 3. Cossa.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, aggiungere, in fine, i seguenti commi:

«Nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, il sistema di elezione dei senatori che garantisce la rappresentanza territoriale del Senato federale della Repubblica è disciplinato dagli Statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.

Sino all'adeguamento degli Statuti speciali, il sistema di elezione dei senatori nelle predette Regioni e Province autonome è disciplinato con norme di attuazione statutaria».

3. 10. Detomas, Zeller, Brugger, Widmann, Collè.

 

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, aggiungere, in fine, il seguente comma:

«Lo scioglimento del Consiglio regionale dà luogo alla decadenza dei rispettivi senatori ed all'indizione di elezioni suppletive».

Conseguentemente, all'articolo 6, capoverso Art. 60, sopprimere il terzo comma.

3. 94. Nuvoli, Marras.

 

 

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis. - Dopo l'articolo 57 della Costituzione è aggiunto il seguente:

«Art. 57-bis. È istituita all'interno del Senato federale della Repubblica la Commissione federale per le Autonomie composta in modo paritario dai rappresentati dei Comuni, delle Città metropolitane, delle Province e delle Regioni. Entro trenta giorni dalla prima seduta dell'Assemblea, il Presidente del Senato convoca la Commissione federale per le Autonomie.

La Commissione federale per le Autonomie ha iniziativa legislativa, partecipa al procedimento legislativo, esprimendo parere sui progetti di legge riguardanti le materie di cui agli articoli 117, secondo comma, lettere m) e p), e terzo comma, 118 e 119. Qualora la Commissione abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate sulle corrispondenti parti del progetto di legge, il Senato federale delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti».

Conseguentemente, all'articolo 14, capoverso Art. 71, primo comma, capoverso, dopo le parole: rispettive competenze aggiungere le seguenti: , alla Commissione federale per le Autonomie.

*3. 01. Fioroni, Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis. - Dopo l'articolo 57 della Costituzione è aggiunto il seguente:

«Art. 57-bis. È istituita all'interno del Senato federale della Repubblica la Commissione federale per le Autonomie composta in modo paritario dai rappresentati dei Comuni, delle Città metropolitane, delle Province e delle Regioni. Entro trenta giorni dalla prima seduta dell'Assemblea, il Presidente del Senato convoca la Commissione federale per le Autonomie.

La Commissione federale per le Autonomie ha iniziativa legislativa, partecipa al procedimento legislativo, esprimendo parere sui progetti di legge riguardanti le materie di cui agli articoli 117, secondo comma, lettere m) e p), e terzo comma, 118 e 119. Qualora la Commissione abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate sulle corrispondenti parti del progetto di legge, il Senato federale delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti».

Conseguentemente, all'articolo 14, capoverso Art. 71, primo comma, capoverso, dopo le parole: rispettive competenze aggiungere le seguenti: , alla Commissione federale per le Autonomie.

*3. 02. Osvaldo Napoli.


 

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

521.

 

Seduta di MARTedì 5 OTTOBRE 2004

 

presidenza del vicepresidente MARIO CLEMENTE MASTELLA

indi

DEI VICEPRESIDENTI PUBLIO FIORI

E ALFREDO BIONDI,

DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI

E DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI

 

 


 

La seduta comincia alle 9,30.

 

Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 9,33).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale già approvato, in prima deliberazione, dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziative dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.

Ricordo che nella seduta di ieri si sono svolti gli interventi sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 3 e che il relatore ed il Governo hanno espresso il prescritto parere.

 

(Ripresa esame dell'articolo 3 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 3.20.

Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

 

Preavviso di votazioni elettroniche.

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 9,35, è ripresa alle 10.

 

Si riprende la discussione.

 

(Ripresa esame dell'articolo 3 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, l'emendamento soppressivo Leoni 3.20 costituisce certamente un attacco premeditato volto a cancellare il Senato federale. I colleghi si rendono conto del fatto che, approvando l'emendamento soppressivo, si determinerebbe, quale effetto immediato, la decadenza della riforma. È dunque insita nell'emendamento stesso la cancellazione della devolution. Si tratta dell'ennesimo tentativo compiuto dalla minoranza nel disperato bisogno di dimostrare che la riforma da noi proposta è errata. Tuttavia, anche in questo caso il dibattito e l'esito della votazione dimostreranno che una larga maggioranza di questa Camera è favorevole al Senato federale e alla devolution nel suo complesso. Successivamente esamineremo un subemendamento presentato dalla maggioranza, che introduce alcune lievi modifiche all'articolo 3 rispetto al testo licenziato dal Senato. Il lavoro svolto dal ministro, dal presidente e dai rappresentanti dei gruppi nella Commissione, venendo incontro alle sollecitazioni e alle istanze della Confindustria, della Confartigianato, delle organizzazioni sindacali e degli stessi gruppi parlamentari sia di maggioranza che di minoranza...

FRANCESCO GIORDANO. Opposizione!

ALDO PERROTTA. ...ha limato il testo in esame, migliorandolo. Dunque, sopprimendo l'articolo 3, sopprimeremmo anche il lavoro svolto dalla Commissione. Alla base di tale proposta vi è un ragionamento parzialmente falso: da un lato, si chiede alla Commissione di migliorare il testo, si partecipa a tale lavoro e si arriva ad affermare che si tratta di un buon testo; dall'altro, si chiede la soppressione del comma 3, vanificando l'intero lavoro.

L'assurdità della proposta di soppressione dell'articolo 3 è tale da non rendersi conto che nessuno nella maggioranza avrebbe consentito e consentirebbe che scompaia il Senato delle regioni. Ritengo che esso sia stato ben definito: è stato stabilito che deve essere eletto a suffragio universale, su base regionale; è stato previsto il numero dei componenti, certamente notevolmente minore rispetto a quello attuale; si è fatto in modo che tutte le regioni abbiano una propria rappresentanza e che il numero dei seggi sia proporzionale alla popolazione.

Il dibattito dei giorni scorsi, e probabilmente anche di quelli a venire, ha sempre riguardato le funzioni del Senato; noi questo tema lo abbiamo affrontato in altri emendamenti. Ma dov'è che si assiste ad un attacco proditorio?

PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere.

ALDO PERROTTA. Un attimo, signor Presidente.

L'attacco probatorio si verifica quando...

MARCO BOATO. Dire proditorio è esagerato...!

ALDO PERROTTA. Ho piacere che il collega Boato ogni tanto mi interrompa: è un piacere...

PRESIDENTE. Onorevole, ha esaurito il tempo a sua disposizione.

ALDO PERROTTA. Ho concluso. Vi è un attacco proditorio, al quale risponderemo con forza ed efficacia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Grazie, signor presidente. Il collega Perrotta aveva

l'evidente obiettivo di far trascorrere il tempo per consentire ai colleghi di giungere in aula. Lo si è capito dalla debolezza delle sue argomentazioni. Fra queste la più debole di tutte è che questa ipotesi rappresenterebbe un attacco proditorio alla riforma. Se vi è qualcosa di veramente incredibile, è il Senato come voi lo avete prefigurato!

Sappiamo tutti che quella del Titolo V è stata una riforma profonda, una discontinuità rispetto al testo della Costituzione del 1948, che richiedeva risposte chiare. Il nuovo Titolo V ci consentiva l'ingresso in una dimensione federale della Repubblica. Esiste, infatti, l'esigenza di una Camera territoriale che sia il luogo della corresponsabilizzazione delle funzioni indivisibili tra centro e periferia; e questo meccanismo il Titolo V, con il suo percorso riformatore, lo aveva in qualche modo costruito. Vi è, quindi, bisogno di un Senato federale. Quello che voi ci proponete tutto è meno che un Senato federale; si tratta, piuttosto, di una Camera che in qualche modo continua la propria funzione di rappresentanza politica con un blandissimo legame territoriale. Affronteremo questo tema più avanti.

In questa fase della discussione giova sottolineare le motivazioni alla base del nostro emendamento soppressivo. Infatti, piuttosto che avere un Senato così scarsamente federale, direi così inutilmente federale, così pericolosamente inutile, sarebbe molto meglio lasciare invariato il testo della Costituzione. Quando non si ha la capacità di cogliere l'evidenza dei fatti è meglio non avventurarsi in soluzioni pasticciate!

Il costituzionalista statunitense di origine tedesca, Wechsler, ha elaborato negli anni Cinquanta una teoria estremamente importante in merito alle camere federali: la cosiddetta teoria delle salvaguardie politiche. Negli anni Cinquanta gli Stati Uniti si sono posti un problema molto serio in relazione alla propria caratteristica di Stato federale. L'equilibrio tra federazione e Stati era stato garantito sempre da clausole costituzionali sulla competenza. L'articolo 1, comma 8, della Costituzione americana, che sarebbe l'equivalente dell'articolo 117 della nostra Costituzione - magari lo fosse veramente! - e la Corte suprema, attraverso una funzione di tipo giurisdizionale, avrebbero garantito che eventuali sconfinamenti o conflitti tra poteri federali e poteri statali sarebbero stati risolti dalla Corte.

Ma il mondo è cambiato; negli Stati Uniti se ne sono accorti e hanno cercato una risposta a questo cambiamento. È nata, quindi, l'idea che fosse necessario non più un federalismo di tipo competitivo ma di tipo cooperativo. Quando ci si riferisce ad un federalismo di tipo cooperativo, il problema che si deve affrontare non è più tanto il dover garantire attraverso procedure giurisdizionali l'equilibrio delle relazioni tra Stato e federazione quanto piuttosto assicurare agli Stati la partecipazione ai processi decisionali della federazione.

Sarebbe questo un modo culturalmente moderno di affrontare i temi di una Camera federale. Ciò che conta non è più il ruolo arbitrale di una Corte ma fare in modo che gli Stati membri partecipino ai processi decisionali dello Stato federale. Su questi aspetti ha riflettuto a lungo anche l'Europa allorché ha affrontato tali tematiche.

Varrebbe ricordare che un'esperienza in qualche modo analoga è contenuta nella nostra Costituzione europea che dovremmo ratificare, in un rapporto dialettico tra il Parlamento europeo, organismo elettivo, e la Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Capi di Stato europei, che, in qualche modo, rappresenta una forma molto simile al modello di federalismo americano. Tutto questo non è minimamente affrontato da voi e neanche di striscio preso in considerazione. Quello che ci proponete è un Senato che ha come unica caratteristica quella di salvaguardare il posto a 252 futuri senatori perché questa è stata la tensione che vi ha animato: non entrare in contrasto con gli interessi corporativi degli attuali senatori.

Quello che avete prodotto, nulla è se non un tentativo maldestrissimo di non entrare in contraddizione con i nostri colleghi senatori, ma la Camera che ci presentate nulla ha di federale e di riconducibile a queste teorie costituzionali moderne, che hanno cercato di porre seriamente il problema di che cosa debba essere una Camera territoriale: il luogo della composizione degli interessi di funzioni indivisibili tra Stato e regione che devono trovare la composizione al centro: quello che voi fate tutto è meno che questo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, il collega Bressa ha già sottolineato come il nuovo Senato federale ipotizzato dalla maggioranza e dal Governo di federale abbia solo il nome. Anziché risolvere l'eventuale problema di collegamento centro-periferia introduce un'ipotesi di seconda Camera nazionale che potremmo chiamare irresponsabile, perché non ha il vincolo fiduciario con il Governo, e soprattutto in competizione con l'altra. Dunque, dove sta il collegamento tra i senatori federali e il territorio? Già oggi nell'articolo 57 della Costituzione è previsto che l'elezione del Senato debba avvenire a base regionale.

Tuttavia, nel modello che ci viene proposto la cosiddetta rappresentanza territoriale da parte dei senatori non solo risulta assolutamente indeterminata ma potremmo chiamarla persino ridicola, laddove si introducono dei requisiti come l'aver ricoperto delle cariche pubbliche nel territorio oppure quello della residenza. Da una parte, dunque, si introducono requisiti che non offrono alcuna garanzia rispetto alla rappresentanza territoriale e, dall'altra, proprio attraverso questi requisiti, si introducono degli elementi di discriminazione rispetto al concetto di eguaglianza dei cittadini e, quindi, in palese contrasto con questi principi fondamentali. La cosa certa è che il Senato federale che voi disegnate non corrisponde a nessuno dei modelli di bicameralismo federale di cui si abbia notizia nel mondo e, forse, si aggiunge anche qualche altro elemento di confusione.

La previsione, infatti, che il Senato federale debba essere eletto a suffragio universale e diretto ne escluderebbe ogni parentela con il Bundesrat, che è espressione dei soli esecutivi nella Germania federale e delle entità ai quali si pretenderebbe di assimilare le nostre regioni. La composizione dell'organo, visto che verrebbe confermata quella prevista dal vigente articolo 57 della Costituzione, al di là del numero che viene ridotto, escluderebbe anche qualsiasi derivazione dal noto modello federale degli Stati Uniti, il cui Senato è eletto a suffragio universale dagli elettori dei singoli Stati, ma a ciascuno di questi spetta l'elezione di due soli senatori, cioè di un numero fisso qualunque sia la rispettiva popolazione.

Il Senato che, invece, proponete si collocherebbe in una posizione sostanzialmente paritaria alla Camera dei deputati, laddove si determinerebbero competenze prevalenti differenziate.

Ma, nei fatti, dall'iter legislativo è facile prevedere una subalternità della Camera dei deputati rispetto a questo pseudo Senato federale. A nostro avviso, con riferimento all'articolo 70, che ancora non conosciamo nella sua versione definitiva, potrebbe determinarsi, nella migliore delle ipotesi, un'impasse istituzionale in questo percorso legislativo e, naturalmente, il modo per sbloccarlo è il rimando ai poteri dell'esecutivo, con una penalizzazione nuova ed assoluta rispetto all'esecutivo e allo stesso Presidente del Consiglio.

Dunque, emergono problemi riguardanti gli obiettivi da voi declamati e concernenti la corrispondenza reale di uno pseudo Senato federale all'effettiva rappresentanza territoriale e all'effettiva possibilità di determinare...

PRESIDENTE. Onorevole Mascia, la invito a concludere.

GRAZIELLA MASCIA. ...una seconda Camera (sto per concludere, Presidente) che possa svolgere il ruolo di incontro e di composizione tra le istituzioni. Vi è, inoltre, la mortificazione del Parlamento che, in questo percorso, rimanda ai poteri dell'esecutivo. Questi due nodi fondamentali costituiscono il cuore della vostra riforma. Per tali motivi, pensiamo sia giusto sopprimere l'intero articolo 3 (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, come abbiamo avuto modo più volte di ricordare, abbiamo presentato un emendamento soppressivo per ogni articolo, perché non ci piace l'impianto complessivo che state costruendo. Dunque, abbiamo voluto segnare una netta distinzione tra la nostra e la vostra concezione di riforma della parte seconda della Costituzione.

Per quanto riguarda l'articolo in esame, concernente la struttura del cosiddetto Senato federale della Repubblica (lo chiamate in questo modo solo per far credere che state istituendo il Senato federale), non possiamo che presentare un emendamento soppressivo, poiché non ci convince. Innanzitutto, non comprendiamo quali siano le competenze di questo Senato. Se leggiamo la riforma che avete approvato al Senato, constatiamo che le competenze che il Senato si è attribuito nulla hanno a che vedere con la funzione di un Senato federale. Quindi, ci confermano che in realtà non volete costruire un sistema fondato su una Camera politica e su un organo che rappresenti un elemento di composizione tra Stato e regioni. In realtà, non avete alcuna concezione federalista e regionalista. L'errore fondamentale che si commette con questa riforma è non prendere atto delle necessarie decisioni che bisogna assumere a seguito dell'approvazione del titolo V della Costituzione. Non è una valutazione solo politica; è un invito che la Corte costituzionale ci rivolge ogni volta che esamina i conflitti di attribuzione tra Stato e regioni. Ovviamente, di fronte ad un sistema in cui la delimitazione rigida delle materie è estremamente complessa e nel quale esiste una serie di materie di carattere trasversale, la risoluzione delle controversie e dei conflitti tra Stato e regioni deve trovare una sede di composizione in cui si ragioni, non più in termini di contrapposizione, ma in termini di composizione delle controversie tra Stato e regioni.

Questo è il Senato federale, un luogo dove Stato e regioni si confrontino sui temi di rispettiva competenza e dove, altresì, si affrontino e si confrontino innanzitutto sui temi delle materie concorrenti. Ciò significa configurare una vera Camera delle rappresentanze territoriali, dove si risolvano in via preventiva i conflitti, non solo in via successiva - come oggi sta avvenendo -, attraverso la Corte costituzionale. Oggi, infatti, la causa si deve ricondurre alla mancanza di un Senato federale; ma continuerà ad avvenire così in quanto non state provvedendo a costruire la Camera delle regioni e delle autonomie locali.

Solo una composizione del Senato federale diversa da quella da voi proposta potrà portare ad una soluzione rispetto alla quale la Corte stessa sta rivolgendo al Parlamento molteplici inviti; si deve sposare una diversa idea di rappresentanza rispetto a quella costruita nel testo del quinto comma del nuovo articolo 57 di cui all'articolo 3 del progetto di riforma; una rappresentanza che non sia più proporzionale alla popolazione delle regioni.

Questa concezione, che voi esprimete nel comma citato è proprio la negazione della concezione del Senato federale e, più in generale, di un organo federale. Uno dei cardini di caratterizzazione di un organo federale, infatti, è che appunto la rappresentanza sia non in proporzione alla popolazione delle regioni, bensì in funzione dei territori. Dunque, le regioni, devono valere per se stesse e non in ragione della loro popolazione; devono valere per quanto rappresentano rispetto agli interessi del territorio e non rispetto al numero degli abitanti. La proporzionalità rispetto alla popolazione è tipica di una Camera politica e, quindi, è giusto che si collochi in tale contesto; ma assolutamente non è tipica di una Camera federale in cui, invece, la rappresentanza deve avere caratteristiche completamente diverse.

Quindi, tutto ciò conferma che non state varando la riforma consequenziale all'approvazione del nuovo Titolo V della Costituzione e non state approntando un vero Senato federale. Da ciò nasce la proposizione del nostro emendamento soppressivo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 3.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e Votanti 344

Maggioranza 173

Hanno votato 78

Hanno votato no 266).

Prendo atto che gli onorevoli Daniele Galli, Rosso e Sanza non sono riusciti a votare per il mancato funzionamento del dispositivo di voto; prendo, altresì, atto che anche gli onorevoli Buffo, Bielli e Crucianelli, per identica ragione, non hanno potuto esprimere il loro voto e che avrebbero voluto votare a favore. Gli onorevoli Realacci, Reduzzi e Zanella, inoltre, avrebbero voluto votare a favore e, invece, hanno votato contro.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Emerenzio Barbieri 3.104.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Emerenzio Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, vorrei illustrare il mio emendamento con due premesse rivolte a tutta l'Assemblea ma, in modo particolare, al presidente della Commissione ed al ministro Calderoli.

Ho grande rispetto per il lavoro che esperti e tecnici hanno svolto durante l'estate; ritengo che abbiano condotto un buon lavoro. Devo anche dire che avevo altresì rispetto dei tecnici e degli esperti di Lorenzago, che, per così dire, sono stati accantonati, a mio giudizio, con troppa rapidità.

Mi pare però che lo spirito con il quale viene portato all'attenzione dell'Assemblea il risultato del lavoro svolto nel corso dell'estate dovrebbe presupporre anche la disponibilità - non formale ma sostanziale - a pensare che seicento deputati possano migliorare il testo prodotto, atteso e considerato che non si tratta di una legge ordinaria ma di un provvedimento di fondamentale rilevanza. Vorrei dunque mi si spiegasse come si può teorizzare il Senato federale e poi non percorrere la strada - che a mio giudizio è quella maestra - percorsa dalla vicina Austria.

Immagino un Senato federale nel quale i senatori, proprio perché devono rappresentare le regioni, vengano eletti non dal popolo, bensì dai consiglieri regionali.

Vorrei anche capire, ovviamente nella misura in cui vi è la disponibilità a rispondere a queste mie domande, perché l'eventuale votazione di quest'emendamento non dovrebbe essere considerata migliorativa del testo. Mi è, infatti, capitato un fatto un po' strano anche nel dibattito interno al gruppo del quale faccio parte. Molti colleghi mi hanno detto che l'idea di un Senato eletto dai consigli regionali è ottima, ma non praticabile. Da questo punto vista, devo dire - e lo dico con un'attenzione particolare soprattutto ai colleghi della Lega Nord - che ritengo che realizzeremmo compiutamente il disegno del Senato federale se riuscissimo a fare in modo che i senatori fossero eletti con il sistema proporzionale - e lo dico perché, come gruppo dell'UDC, abbiamo fatto del ritorno al sistema elettorale proporzionale una questione fondamentale - dalle assemblee regionali.

Chiedo pertanto una cortesia non umana, ma politica: valutate nel merito la bontà e la validità di quest'emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questo è un esempio di come si potrebbe fare una riforma più seria rispetto a quella che state per varare, nel senso che è accolto un principio di una Camera federale sul modello di quella austriaca che, anche se non è la migliore tra le camere territoriali possibili, ha comunque una sua logicità ed una sua dignità.

È del tutto evidente che noi non possiamo essere completamente d'accordo con questo emendamento, che lascia il numero di senatori a 252, numero sicuramente spropositato rispetto alla composizione di una Camera territoriale, che dovrebbe essere molto meno numerosa. Pertanto il nostro sarà un voto di astensione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Emerenzio Barbieri 3.104, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 378

Votanti 234

Astenuti 144

Maggioranza 118

Hanno votato 15

Hanno votato no 219).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 3.1.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, il nostro emendamento, che tende a prefigurare l'ipotesi su cui abbiamo immaginato il nuovo Parlamento, si basa su tre principi di fondo.

La prima considerazione riguarda la storia del bicameralismo perfetto. Anche la sinistra, il partito comunista in particolare, ha sempre considerato prevalente l'approccio monocamerale, perché il rischio del bicameralismo perfetto era di creare una Camera quale doppione dell'altra. Si temevano, come conseguenza del bicameralismo, le possibili difficoltà in sede di procedimento legislativo di norme di discipline innovative. Negli anni Settanta ed Ottanta, infatti, la media temporale per l'approvazione delle leggi era di 260 giorni, come prodotto dell'effetto distorto di un sistema che, nelle difficoltà del Parlamento di adottare provvedimenti e di intervenire, ha determinato uno spostamento illegittimo dell'esercizio dalla sede legislativa a quella del Governo.

Dagli anni Settanta in poi si è determinata, dunque, una forte caratterizzazione di interventi normativi per decreti-legge, con cui il Governo interveniva a causa della difficoltà delle Camere, disciplinando materie mediante gli stessi decreti-legge.

A tutti sono noti gli anni dei «decreti-catenaccio», che - pur non convertiti nell'ambito dei sessanta giorni previsti dalla Costituzione - venivano ripresentati per l'approvazione.

La legge n. 400 del 1988 e la sentenza n. 360 della Corte costituzionale hanno limitato gli effetti di questi decreti-legge per riportarli in sede parlamentare.

Oggi l'ipotesi di mantenere un sistema di bicameralismo perfetto non si giustifica più; peraltro, siamo rimasti tra i pochissimi paesi al mondo a conservare tale sistema. Per questo motivo, è possibile e necessario differenziare e trasformare le competenze di una Camera e dell'altra.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 10,30)

 

GRAZIELLA MASCIA. Riteniamo che siano maturi i tempi e questa, forse, sarebbe dovuta essere l'unica vera modifica costituzionale da introdurre.

Tuttavia, anche laddove si faccia questa scelta - e noi la riteniamo opportuna - bisogna ispirarsi a principi rigorosi per immaginare tali differenziazioni. Noi partiamo dal presupposto che la Camera dei deputati debba essere il soggetto centrale delle attività legislative e della forma di Governo; la seconda Camera delle regioni si trasformerebbe in una sorta di assemblea in cui sono proiettate le esigenze rappresentate dai diversi momenti del territorio corrispondenti alle regioni. Queste ultime hanno già alcune competenze specifiche che richiederebbero un coordinamento tra azioni di livello territoriale e di indirizzo politico generale. E tale indirizzo politico generale deve essere di esclusiva competenza delle autorità centrali del Parlamento e dell'esecutivo.

Risulta, dunque, evidente che, per la composizione della seconda Camera, si è scelta un'ipotesi di rappresentanza indiretta mediante i consigli regionali: una scelta coerente con la premessa, perché solo i consigli e non anche i singoli esecutivi sono in grado di garantire un pluralismo di rappresentanza in questa seconda assemblea. Ciò in quanto l'individuazione dei componenti fatta in sede regionale, sintesi cioè della migliore espressione di democrazia, può garantire alle minoranze di poter essere rappresentate nel Parlamento. Quest'ultimo, infatti, necessariamente non può risolversi, nella sua composizione, come somma della maggioranza dei governi, ma come espressione delle diversità e delle identità culturali che si articolano e si esprimono nel territorio in diversi momenti storici.

Conseguentemente, appare ovvio che il modello elettorale di riferimento che indichiamo è quello proporzionale: in quanto tale, questo meccanismo appare l'unico in grado di garantire la rappresentanza plurale nelle istituzioni. In questo caso, riteniamo questo riferimento necessario.

Nell'ultimo comma dell'emendamento, sottolineiamo, inoltre, con riferimento alla distribuzione tra le varie regioni dei membri della seconda Camera, l'opzione del rapporto di proporzionalità che si instaura tra la popolazione di ogni singola regione ed il numero effettivo dei seggi. Concludo mettendo in evidenza che in questa rappresentanza territoriale indichiamo anche la rappresentanza di genere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, anche il modello prospettato in questo emendamento è sicuramente preferibile al vostro: ha una sua razionalità intrinseca ed è anch'esso ispirato al modello austriaco. Noi abbiamo fatto un'opzione diversa, ossia quella dell'elezione diretta e di un Senato molto compatto con pochi rappresentanti, ma avremo occasione di illustrarla tra breve. Questa ipotesi è, comunque, sicuramente di gran lunga preferibile alla vostra; ma, avendo noi compiuto una scelta di base molto diversa, ci asterremo su questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, mi unisco alle considerazioni svolte dal collega Bressa pochi minuti fa. Nella discussione svolta in sede di Commissione, in numerose audizioni e nei pareri che abbiamo potuto raccogliere in varie sedi da parte dei costituzionalisti è stato detto più volte che, se si vuole davvero superare il bicameralismo paritario, se si vuole che anche in Italia vi sia una sola Camera politica e l'altra sia rappresentativa delle realtà territoriali, si possono percorrere soltanto due strade. La prima è quella illustrata poco fa dalla collega Mascia, che veniva rappresentata come ispirata al modello austriaco; l'altra è quella indicata in un emendamento che verrà esaminato tra poco dai parlamentari dei gruppi dell'Ulivo.

Mi riferisco a quella strada, che è la seconda, che fa riferimento ad un'idea di rappresentanza pressoché paritaria tra le diverse regioni con un'elezione diretta. Per fare un esempio, che in questo caso potrebbe essere addirittura forzato - ma lo faccio per capirci - richiamo il Senato americano.

Queste due strade sono possibili, perfettibili e adattabili alla situazione italiana, com'è giusto che sia per non esportare modelli che non rientrano nelle tradizioni del nostro paese, però sono due vie maestre. Noi preferiamo la seconda e ci asteniamo sull'emendamento Mascia 3.1, però riconosciamo a questa proposta la dignità e la forza di una proposta coerente.

La via di mezzo confusa, che propone la maggioranza, non risolverà il problema che l'Italia ha, se vuole fare le riforme e non fermarsi a mezza strada, di superare definitivamente il bicameralismo paritario e di eleggere un Senato che sia effettivamente federale.

La proposta della maggioranza non dà questa garanzia. Noi sosteniamo, e lo faremo tra poco, l'emendamento che propone la nostra visione di un Senato federale con elezione diretta e rappresentanza pressoché paritaria, ma riconosciamo la forza e la dignità di un progetto coerente a quanto propongono i colleghi di Rifondazione comunista. Per questa ragione anche il mio gruppo si asterrà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Volevo ribadire, come già illustrato dalla collega Mascia, che questo emendamento è di particolare importanza perché costituisce un'alternativa reale e un punto di vista costruttivo rispetto all'errore, che riteniamo grave, alla confusione e anche alla concezione di un sistema monocamerale o bicamerale - non si comprende bene - che la maggioranza ha in qualche modo delineato nella sua proposta.

Si è parlato di sistema austriaco. In qualche modo la nostra proposta assume anche il dato di centralità del sistema tedesco, dove le istanze tradizionali regionali, quelle dei Länder, hanno uno specifico luogo di sintesi nella Camera alta, il Bundesrat, che ha una rilevante centralità istituzionale. A questo sistema si aggiungono alcune correzioni, fra le quali la principale è che non c'è il mandato imperativo.

Dall'altra parte vi è un sistema di rappresentanza non solo esecutiva ma un sistema proporzionale di rappresentanza dei consigli regionali.

Insomma, a noi pare che questo sistema, che non mutua passivamente e meccanicisticamente i sistemi di altri ordinamenti giuridici, ma che, comunque, traduce nel sistema italiano la complessità dei sistemi federali che funzionano a livello internazionale, costituisca la risposta migliore e più coerente rispetto alla confusione e all'errore che le forze di maggioranza ci propongono.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 3.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 395

Votanti 241

Astenuti 154

Maggioranza 121

Hanno votato 17

Hanno votato no 224).

Prendo atto che l'onorevole Nicotra non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 3.19.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Questo emendamento costituisce il nostro modello di Senato federale. La nostra proposta è seria, molto razionale e corrisponde esattamente alle esigenze del paese in questo momento.

Quando è stata approvata la riforma del Titolo V, l'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 faceva esplicito riferimento alla necessità di riformare il Parlamento e di dotarsi di una Camera di rappresentanza territoriale.

Si diceva allora che la Commissione affari regionali veniva integrata da rappresentanti delle regioni e delle autonomie per consentire l'attuazione del Titolo V stesso. La maggioranza attuale ha avviato su un binario morto la costituzione di tale Commissione e ha bloccato il processo di riforma.

L'emendamento in esame illustra il senso del nostro Senato. Abbiamo cercato, sulla scorta delle importanti teorie costituzionali di razionalizzazione del parlamentarismo, di muoverci lungo due direttrici importanti. Innanzitutto, si tratta di differenziare i compiti rispetto alla prima Camera; in secondo luogo, si tratta di lavorare sul numero dei rappresentanti.

L'aspetto più interessante, quando si parla di Camera territoriale, è proprio costituito dalla proporzione nella rappresentanza. I modelli di seconda Camera che funzionano bene hanno numeri particolari: si tratta di numeri piccoli, vi sono pochi rappresentanti. Lasciando perdere l'esempio classico del Senato americano - in cui vi sono due senatori per ogni Stato, sia che si tratti del Montana, del Rhode-Island, del Texas o della California - vi sono anche modelli europei, ad esempio quello tedesco. In tale modello la Baviera, che ha 12 milioni di abitanti, ha sei rappresentanti nel Bundesrat; il Land di Brema, che ha 660 mila abitanti, ha tre rappresentanti nel Bundesrat. Ciò sta a significare che una rappresentanza così definita proporzionalmente è in grado di rappresentare i territori, e non la politica di quei territori.

Abbiamo seguito quella strada perché le seconde Camere che funzionano sono sempre Camere piccole. Il nostro modello è composto da 122 senatori: una Camera piccola capace di rappresentare territorialmente la nostra Repubblica. La Lombardia, la regione con il maggior numero di rappresentanti, ne avrà nove; la Basilicata, una delle regioni meno popolose, ne avrà tre. Questo è il modello sul quale abbiamo cercato di lavorare. Siamo convinti di avere fatto un'opera positiva perché c'è bisogno di una Camera federale che funzioni davvero.

Vi è il rischio di una grave frammentazione perché il sistema si sta divaricando. Voi non avete modificato in maniera significativa il Titolo V, per cui la questione dal punto di vista istituzionale è identica a quella che c'era fino a ieri. Ad esempio, se confrontiamo - come ha fatto recentemente una ricerca - le leggi finanziarie delle varie regioni vedremo che tra la legge finanziaria della Lombardia e quella della Campania vi è poco o nulla in comune. Il problema, allora, è di passare rapidamente da questa forma di dualismo ad una forma di cooperazione al centro: è essenziale cucire prima piuttosto che intervenire su conflitti scoppiati dopo. Questa è la necessità impellente che abbiamo.

Vi è poi un'ulteriore questione estremamente importante: la funzione legislativa è stata modificata. Il futuro Parlamento non avrà solo meno deputati e senatori perché la funzione legislativa è anche regionale, ma perché il rapporto con l'amministrazione è diverso in quanto quest'ultima è essenzialmente regionale e locale. Quindi, il rapporto fra legge e amministrazione non sarà più quello che si è conosciuto fino ad oggi. La legge parlamentare futura avrà anche limiti di contenuto, oltre che di materia, in ragione del fatto che l'autonomia organizzativa è collocata altrove. Quindi, o siamo in grado di avere un luogo al centro in cui si discute reciprocamente e razionalmente di queste cose, o vi sarà una grande confusione.

Il problema della Camera territoriale non è quello dell'autogestione al centro dei problemi locali. Il Senato non è il luogo in cui le realtà vanno a difendere se stesse al centro, ma un pezzo di corresponsabilizzazione delle funzioni indivisibili che non possono che essere centrali. Ciò comporta un aspetto istituzionalmente e politicamente importante: bisogna distinguere ciò che è centro e ciò che è statale. Dire che questa è la stagione della costruzione del centro istituzionale, e cioè di una seconda Camera territoriale, è esattamente quello che dobbiamo fare ed è esattamente quello che voi non state facendo. Il vostro Senato non è una Camera territoriale, ma una Camera politica dai poteri affievoliti e con un sacco di problemi che vedremo più avanti (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montecchi. Ne ha facoltà.

ELENA MONTECCHI. Il collega Bressa ha ricordato che il Polo non si è impegnato nell'attuazione del Titolo V, abbandonando l'ipotesi di costruzione della partecipazione del sistema regionale delle autonomie locali nella Commissione bicamerale per le regioni. Ricordo anch'io questo aspetto, che la dice lunga sulla coerenza di indirizzo del Polo, rispetto alla possibilità di costruire, all'interno di questa riforma, il Senato federale. Invece noi, con questo emendamento, indichiamo quella che è la nostra ipotesi di Senato federale, a partire da un punto decisivo, proclamato da tutti, ma non praticato dal Polo: cioè la differenziazione delle funzioni fra la Camera politica e il Senato federale. La nostra proposta di Senato federale muove dal principio che vuole tale istituzione come luogo di cooperazione e di composizione dei conflitti, che inevitabilmente emergono in ogni sistema federale.

Dunque, per noi, il Senato federale non è ciò che molto efficacemente un costituzionalista, Paolo Pombeni, ha descritto, facendo l'analisi della vostra ipotesi di Senato federale: una sorta di Ghino di Tacco sulla strada per Roma, un luogo di conflitto selvaggio rispetto al premier e fra territori! Noi, ipotizzando il Senato federale come sede di composizione dei conflitti fra Stato e realtà territoriali, ipotizzando un Senato incentrato sulla responsabilità territoriale, un Senato con un numero ridotto di rappresentanti, partiamo dal concetto che tutte le regioni sono uguali; vi è dunque una base comune di riferimento, per quanto concerne la rappresentanza, e poi naturalmente parametri di assegnazione numerici riferiti alla composizione demografica. Vedete, colleghi, anche il punto di composizione è dirimente rispetto all'obiettivo che si vuole raggiungere. Noi ipotizziamo la contestualità dell'elezione dei consigli regionali con l'elezione dei senatori, che devono comunque avvenire in una data diversa da quella delle elezioni per la Camera politica. Noi ipotizziamo un Senato federale integrato dai rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali.

Dunque, con la nostra proposta di composizione, che prevediamo snella, e con il legame di territorialità strettamente connesso alle finalità, abbiamo cercato di rispondere alla domanda su cosa il Senato federale deve fare, quali ne sono le competenze e quale il rapporto tra una composizione coerente del Senato federale con le finalità - che ho sommariamente descritto - di composizione e di equilibrio. Noi, a tutt'oggi, non sappiamo ad esempio qual è la vostra ipotesi di procedimento legislativo, quali saranno i compiti precisi e distinti tra il Senato federale e la Camera politica. Resta, perciò, inevaso l'interrogativo, che emerge dal vostro disegno, su questo punto assai incerto: qual è il luogo di raccordo e di cooperazione tra le istituzioni?

Ecco, vi preghiamo di riflettere su questo punto, perché non si può pensare di comunicare una proposta federalista, che trovi dei punti di equilibrio, quando quei punti di equilibrio, anche in questo momento, sono assolutamente incerti, soprattutto per quanto riguarda il procedimento legislativo e la compiutezza della proposta sul Senato federale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, come hanno rilevato i colleghi che mi hanno preceduto, l'ipotesi proposta dai colleghi del centrosinistra è diversa da quella illustrata e votata precedentemente; è diversa dalla nostra idea di Senato delle regioni. A tale ipotesi riconosciamo la dignità istituzionale di un modello consolidato e sperimentato in altri paesi del mondo; soprattutto, riconosciamo lo sforzo di ipotizzare una seconda Camera che presenti quelle caratteristiche che sono legate all'obiettivo di superare il bicameralismo perfetto.

Credo debba essere riconosciuta a tale ipotesi l'adesione al principio della centralità della Camera dei deputati nelle attività legislative della nostra forma di Governo, nonché il riconoscimento, seppure in una modulazione diversa rispetto alla storia del Senato federale degli Stati Uniti d'America, di maggiore proporzionalità e ristrettezza dei numeri (non sono numeri fissi), come elemento di rappresentanza territoriale.

Riconosciamo, dunque, il rigore che ispira questa ipotesi, anche se noi naturalmente operiamo una scelta diversa che presenta caratteristiche che, a nostro avviso, sono più realisticamente espressione del territorio. Successivamente, vedremo che, in tale caso, si possono anche superare quei problemi che possono emergere, come la presenza di esponenti degli enti locali o delle regioni.

Riconosciamo, comunque, a tale ipotesi - lo ripeto - una dignità ed un rigore istituzionale che quella del Governo e della maggioranza non hanno. È per tali ragioni che, con riferimento al voto sull'emendamento in esame, preannunzio la nostra astensione (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 3.19, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 398

Votanti 377

Astenuti 21

Maggioranza 189

Hanno votato 153

Hanno votato no 224).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 3.73.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, vorrei intervenire sull'emendamento in esame con il quale, con riferimento al nostro modello di Senato delle regioni, si intende sopprimere l'elezione diretta a suffragio universale. Questa è la premessa, la prerogativa indispensabile per ipotizzare un Senato delle regioni che abbia le caratteristiche di cui si è parlato precedentemente, sulla base di un'elezione di secondo livello che, come viene precisato, dovrebbe essere a base regionale.

Con riferimento a questo tipo di elezione, i consigli regionali potrebbero esprimere all'interno del Senato delle regioni rappresentanti del consiglio regionale stesso o cittadini comuni o esponenti degli enti locali. Ricordo che si tratta di un tema molto dibattuto e sollecitato proprio dalle rappresentanze territoriali che, molto spesso, hanno sottolineato la loro preferenza nei confronti del sistema tedesco, quello del Bundesrat, con gli esponenti degli esecutivi. Sono, tuttavia, sistemi che vanno ponderati nel loro insieme.

Inoltre, la valutazione complessiva della maggioranza è stata del tipo: «vorrei, ma non posso», perché si è registrata una resistenza, soprattutto da parte dei membri del Senato, a modificare quella Camera con caratteristiche diverse da quella attuale. Ritengo che si tratti di una delle ragioni che dimostrano come questa non sia la sede, la modalità giusta per intervenire su modifiche costituzionali di così grande rilievo.

In ogni caso, questo è l'elemento cui siamo stati posti di fronte, tale per cui oggi ci troviamo a doverci misurare con un cosiddetto Senato federale eletto a suffragio universale che noi, naturalmente, contestiamo (perché, di per sé, pone un problema di competizione e di competenza rispetto all'altra Camera, quella dei deputati). Quindi, l'emendamento che abbiamo presentato tende a ribadire la nostra ipotesi, cioè un'elezione di secondo livello a base regionale e, soprattutto, un Senato regionale composto da 200 senatori eletti contestualmente all'elezione dei rispettivi consigli regionali.

Anche questo, come vedremo, è uno dei temi che maggiormente ha fatto discutere. Qui non c'è il problema di produrre effetti di trascinamento, ma c'è una soluzione automatica che si determina in una elezione di secondo livello: contestualmente all'elezione del consiglio regionale, si può dare luogo all'elezione dei senatori senza scompensi di sorta dal punto di vista istituzionale.

I 200 senatori che noi proponiamo sono coerenti con i ragionamenti fatti nei giorni scorsi (a proposito dei 400 membri della Camera dei deputati). Si tratta dunque di un numero molto minore rispetto alla situazione attuale e, proporzionalmente, sarebbe anche un Senato delle regioni che si ridimensiona non per ragioni qualunquistiche o per ragionamenti come quelli che abbiamo sentito ieri, per lo più molto discutibili, su eventuali risparmi: la democrazia non ha costi. Tuttavia, l'autorevolezza di una Camera è anche determinata dai suoi numeri che si collocano, naturalmente, dentro le diverse fasi storiche.

Non sono elementi, questi - i numeri -, di per sé e in assoluto determinanti nella valutazione dell'autorevolezza di un Parlamento (sappiamo che altri paesi hanno numeri superiori), ma certamente lo diventano sulla base dei principi e delle finalità che si propongono e delle fasi storiche in cui si affrontano questi temi.

Noi pensiamo che oggi una Camera dei deputati di 400 membri e un Senato delle regioni di 200 membri corrispondono, per i numeri ma anche, soprattutto, per le competenze, le articolazioni istituzionali e i compiti che dovrebbero assolvere, ad una necessità - l'unica - che noi intravediamo rispetto a ipotesi di modifica della seconda parte della Costituzione.

La parte successiva dell'emendamento determina coerentemente la sostituzione del termine «senatori» laddove, in base a questa impostazione, se ne ravvisa la necessità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 3.73, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 410

Votanti 405

Astenuti 5

Maggioranza 203

Hanno votato 169

Hanno votato no 236

Passiamo alla votazione del subemendamento Boccia 0.3.200.1.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, quando qualche studente universitario sarà chiamato a spiegare che cosa c'è di federale in questa riforma, quando la dottrina dovrà approfondire questo aspetto, sicuramente la risposta sarà: niente!

Infatti, salvo la denominazione «federale», che è chiaramente un falso istituzionale, tutta l'intelaiatura e l'impostazione del Senato, in buona sostanza, non risponde ad alcuna tipologia di federalismo che la dottrina e le esperienze esistenti in altri paesi possono ricordare: non vi è un barlume di corrispondenza!

Cosa c'è in questa riforma che consente di parlare di un qualche collegamento tra il Senato e le regioni? C'è il fatto che i senatori sono eletti lo stesso giorno in cui si elegge il consiglio regionale. Questa è la grande intuizione contenuta nella riforma costituzionale! Il semplice collegamento elettorale tra elezioni dei senatori e dei consiglieri regionali - senza, ovviamente, alcuna interconnessione tra i due voti espressi dagli elettori - non può rispondere all'esigenza di denominare con il termine «federale» la Camera eletta attraverso questo metodo.

A parte la burla, si tratta di un pasticcio: infatti, quando in seguito si cercherà di riempire questo Senato di contenuti di collegamento con la realtà regionale, si troveranno escamotage per stabilire coordinamenti nei due sensi tra senatori e consiglieri regionali. Inoltre, si troveranno escamotage in relazione alla partecipazione ai lavori del Senato di rappresentanti delle regioni e del sistema delle autonomie locali senza diritto di voto. Si capisce cioè che il costituente - in questo caso il «carro armato» rappresentato della maggioranza di centrodestra, che va avanti senza ascoltare ragioni - si rende conto che di federale non vi è niente e cerca di riempire di contenuti questa previsione attraverso palliativi che rappresentano più che altro fumo negli occhi di chi è stato imbottito di chiacchiere sulla prospettiva federalista.

Debbo dire che questo pasticcio - in maniera propria, puntuale e compiuta - poteva essere corretto dal collega Emerenzio Barbieri che, attraverso l'emendamento 3.104, ha tentato di convincere la sua stessa maggioranza circa la costituzione di un collegamento proprio che avrebbe - questo sì - dato il senso di un approccio ad un Senato sicuramente a maggior contenuto federale. Ciò perché, se i senatori fossero eletti dai consigli regionali, ciò determinerebbe uno strettissimo collegamento nella rappresentanza degli interessi della regione nel Senato federale, facendo divenire la denominazione «federale» un po' più pregna di contenuti. Questo, però, non è accaduto poiché la maggioranza ha respinto l'emendamento del collega Emerenzio Barbieri e, quindi, siamo alla burla ed al pasticcio.

La proposta emendativa in esame non ha la stessa valenza di quella presentata dal collega Emerenzio Barbieri, ma almeno intende collegare l'elezione dei senatori ai candidati alla presidenza della regione; ciò, in maniera che tali elezioni avvengano nello stesso giorno e siano espressione di un collegamento politico. In questo modo, attraverso il sistema ed il voto elettorale, si realizza un maggiore collegamento tra interessi regionali ed interessi del Senato.

Signor Presidente, penso che questa possa rappresentare una soluzione migliorativa rispetto all'attuale previsione per chi crede veramente non tanto nel federalismo - poiché in questo caso di federale non vi è niente -, ma almeno nel regionalismo, quello serio e non quello della burla e dei pasticci causati dalla disposizione in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.3.200.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 401

Votanti 390

Astenuti 11

Maggioranza 196

Hanno votato 160

Hanno votato no 230).

Prendo atto che l'onorevole D'Agrò non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Boato 3.11, Zeller 3.5, Perrotta 3.78 e Elio Vito 3.200.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, la proposta complessiva del centrosinistra in ordine all'organizzazione costituzionale del Senato è stata illustrata dal collega Bressa in riferimento al suo emendamento 3.19.

Si tratta di una proposta, a nostro parere, autenticamente federale, per le ragioni illustrate dal collega Bressa nonché per molte altre che anche illustri costituzionalisti hanno rappresentato in sede di audizione in I Commissione.

Trattandosi di una proposta radicalmente alternativa quanto all'impianto, esprimeremo un voto contrario sull'articolo in esame. L'unica possibilità di rilevare aspetti positivi, di riduzione del danno, rispetto alla proposta originaria della maggioranza e del Governo consiste nel fatto che, nonostante per mesi si sia insistito nello spiegare che in un Senato federale non avrebbe avuto alcun senso la presenza di senatori eletti nella circoscrizione Estero - dovendo il Senato federale rappresentare i territori del nostro paese -, e nonostante si sia spiegato che non avrebbe avuto più alcun senso la presenza nel Senato dei senatori di diritto e a vita - che avrebbero dovuto essere invece collocati nella Camera politica -, in queste ultime settimane anche la Casa delle libertà ha convenuto sulla nostra proposta volta ad espungere dal Senato federale i senatori assegnati alla circoscrizione Estero. Tra l'altro, già ieri, abbiamo approvato il principio che i senatori di diritto e a vita dovranno diventare deputati di diritto e a vita, salvo la fase transitoria, com'è ovvio.

Dunque, permanendo il nostro dissenso radicale sull'ipotesi di Senato prospettata dalla maggioranza, esprimeremo comunque un voto favorevole sugli identici emendamenti in esame, che prevedono che del Senato federale non facciano parte i senatori eletti nella circoscrizione Estero.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Questa è una battaglia che noi abbiamo cominciato per fornire un minimo di logica alla composizione del Senato. Infatti, se deve trattarsi di un Senato che dovrebbe rappresentare le regioni e il territorio, non avrebbe alcun senso prevedere nella sua composizione anche i senatori eletti nella circoscrizione Estero.

Tuttavia, accogliendo tale principio, avete trovato un rimedio peggiore del male in quanto, anziché eliminarli - come sarebbe stato logico -, avete incrementato il numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero. Quindi, se prima vi era una equa e giusta proporzionalità tra deputati eletti sul territorio italiano e deputati eletti nella circoscrizione Estero, oggi questo equilibrio è venuto meno.

Avete realizzato un'operazione puramente aritmetica e l'altimetrica, ovviamente, non sempre regge gli equilibri. Infatti, avete sommato i 6 senatori eletti nella circoscrizione Estero ai 12 eletti previsti per la Camera dei deputati, giungendo al numero di 18 deputati esteri. Ciò è sbagliato ed evidenzia il fatto che procedete senza una logica complessiva.

Il ragionamento è sempre lo stesso; ne abbiamo già discusso a lungo, ma non seriamente, anche se non so il perché. Sospetto che ieri il ministro Calderoli si sia appositamente allontanato dall'aula, per non partecipare alla discussione, in quanto, visti anche i precedenti, non poteva che essere contrario all'operazione che invece è stata varata.

Ma si può cambiare la Costituzione solo seguendo logiche elettoralistiche e contingenti, senza pensare minimamente a cosa stiamo costruendo? È mai possibile fare operazioni di questo tipo? Crediamo di no e il nostro emendamento soppressivo relativo ai senatori ci sembrava - e ci sembra tuttora - opportuno. Avete accolto il nostro emendamento, ma, tuttavia, ieri avete compiuto un'operazione ancora peggiore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, qualche minuto fa un autorevolissimo giornalista di una nota emittente televisiva mi ha telefonato, chiedendomi se stessimo discutendo la legge finanziaria. Sono rimasto estremamente sorpreso, e ho risposto che stiamo riscrivendo le regole della nostra convivenza politica e civile e trattando la materia della revisione costituzionale.

È questo il clima in cui si sta svolgendo tale discussione. Non entro nel merito del «pastrocchio» che si sta realizzando e che mi costringe ad usare un termine piuttosto aspro. Vorrei però chiederle, signor Presidente, se non sia il caso di effettuare un sondaggio presso l'opinione pubblica italiana per capire quanti cittadini sanno effettivamente cosa si sta discutendo in merito alla riforma costituzionale. Sarebbe importante sapere quanti sanno cosa stiamo trattando.

Visto che si fanno sondaggi di minore importanza, che attengono ai comportamenti individuali, alle relazioni interpersonali e perfino ai comportamenti sessuali, forse sarebbe opportuno svolgere un'indagine a campione per capire quanti sono a conoscenza del fatto che stiamo riscrivendo le regole della riforma costituzionale. Signor Presidente, tutto ciò è grave. So di essere ripetitivo e forse anche noioso, ma ripeto che non è questa la strada da percorrere.

Pregherei, quindi, i colleghi di rendersi consapevoli di questa situazione. Non si può scrivere una riforma che non entra nella coscienza della gente; non è possibile che il popolo ne resti completamente estraniato; non possiamo pretendere di poter scrivere le regole che debbono appartenere alla conoscenza profonda del popolo italiano senza che il popolo stesso ne sia consapevole. È questa la situazione in cui ci troviamo, ed ecco perché concordo con l'onorevole Violante. Bisognerebbe fermarsi, adesso che la Lega ha ottenuto la cosiddetta devoluzione, fatta peraltro come sappiamo.

Ho ascoltato con grande attenzione l'onorevole Bressa, che ha saputo dimostrare con molta chiarezza che il problema non riguarda tanto il Senato federale, di cui peraltro non si comprende la natura. Apprezzo inoltre la buona volontà dell'onorevole Boato, che milita tra le correnti cosiddette «buone» del Parlamento, perché nutre fiducia sull'effettiva possibilità di rinnovamento e cambiamento.

A mio avviso, invece, esiste un errore di fondo e quando la radice è sbagliata non può nascerne alcun frutto e conviene ripiantare l'albero. Occorre, quindi, rivolgersi direttamente al popolo italiano, chiedere una delega e dar vita ad un'Assemblea costituente, come proposto non solo dall'onorevole Violante, ma anche da altre personalità. Mi meraviglio del comportamento dei colleghi di Alleanza nazionale: l'Assemblea costituente non era forse un vostro cavallo di battaglia?

NUCCIO CARRARA. Vi siete convertiti fuori tempo massimo!

GERARDO BIANCO. L'onorevole Malgieri, collega di grande dignità intellettuale, ha ripetuto questo concetto, che sarebbe anche storicamente importante perché darebbe l'opportunità di riscrivere una Costituzione con la presenza del suo gruppo. Invece, state combinando un «pastrocchio», secondo la logica perversa dello scambio. In questo modo non si possono creare Costituzioni vitali.

Pertanto, saremo costretti a rivolgerci al popolo italiano e spero che questo, finalmente consapevole di quanto è stato fatto, cancelli le brutture che stiamo scrivendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, l'onorevole Gerardo Bianco, che è stato uno dei maestri della mia iniziazione politica, a volte sbaglia, e in questo momento, a mio avviso, si è sbagliato, in quanto la Commissione, come già in altre occasioni, ha accettato alcuni emendamenti sia dell'opposizione sia della maggioranza. Vi è un emendamento della Commissione...

MARCO BOATO. Non è un emendamento della Commissione!

ALDO PERROTTA. ... che recepisce l'emendamento 3.78 a mia firma, nonché gli emendamenti Boato 3.11 e Zeller 3.5.

Ciò dimostra che non è vero che non vi sia stato un lavoro di collaborazione: la Commissione ha lavorato talmente bene che, laddove sono state formulate obiezioni condivisibili, da parte della maggioranza o dell'opposizione, esse sono state accolte. Ringraziando la Commissione per l'ottimo lavoro, annuncio il ritiro degli emendamenti a mia firma 3.79 e 3.80, che risultano inutili a seguito dell'accoglimento degli identici emendamenti in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, anche il mio intervento è volto ad esternare tutta l'amarezza per il modo in cui procede questo dibattito.

L'onorevole Gerardo Bianco ha affermato che tali argomenti non sono nella coscienza della gente; ritengo che, purtroppo, non vi sia tra tutti noi parlamentari - lo dico senza offesa per alcuno - la consapevolezza della rilevanza della riforma costituzionale, il cui esame sarebbe peraltro opportuno fosse affidato ad un'assemblea costituente.

Il confronto non è affatto reale, neppure sulle proposte migliorative. Mi riferisco, ad esempio, alla grave sottovalutazione che vi è stata in occasione dell'esame dell'emendamento Emerenzio Barbieri 3.104, volto ad accentuare la connotazione federale del Senato. L'emendamento è stato respinto con nonchalance, e si continua a costruire un pasticcio, vale a dire un Senato federale che è tutto e il contrario di tutto, ma che certamente non rappresenterà il territorio né le regioni: chiamiamolo pure federale, ma sapendo che si tratta di un inganno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, il collega Perrotta ha descritto una realtà non corrispondente allo svolgimento dei fatti. Non vi è dubbio - e gli emendamenti in esame ne sono una riprova - che la maggioranza ha deciso di accogliere alcuni emendamenti dell'opposizione, che a luglio aveva giudicato non accoglibili. Ciò è accaduto anche sulla base di una critica generale relativa all'insensatezza di alcune misure, come, ad esempio, il mantenimento nel Senato cosiddetto «federale» degli eletti nella circoscrizione Estero.

Tutto ciò, onorevole Perrotta, è stato deciso dalla maggioranza, che ha fatto il bello e il cattivo tempo: a luglio vi erano argomenti che non potevano essere discussi; oggi gli stessi argomenti vengono presi in considerazione. Rilevo tuttavia che, pur essendo stati accolti alcuni nostri emendamenti, non viene intaccata la sostanza del provvedimento. Se si intendeva andare effettivamente incontro alle ragioni dell'opposizione - mi riferisco alle disposizioni già approvate da questa Camera -, sarebbe stato necessario rimuovere la devolution ed eliminare la norma sull'interesse nazionale, la cui gravità abbiamo denunciato nei giorni scorsi.

Vi sono alcuni aggiustamenti, perché la maggioranza non riusciva più a difendere l'indifendibile, ma continuiamo a non condividere il provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 3.11, Zeller 3.5, Perrotta 3.78 e Elio Vito 3.200, accettati dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 421

Votanti 419

Astenuti 2

Maggioranza 210

Hanno votato 409

Hanno votato no 10).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 3.89.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

ANTONELLO CABRAS. Questo emendamento ci riporta alla discussione già sviluppatasi nel corso dell'esame dei precedenti emendamenti. Si evidenzia - come già efficacemente sottolineato - la differenza fra il nostro punto di vista e quello della maggioranza su come realizzare il superamento del bicameralismo attuale con l'istituzione di una Camera federale.

Si sta commettendo un grave errore; anzi, direi che soprattutto voi lo state commettendo, considerato che siete i principali proponenti e responsabili delle decisioni che stiamo adottando nel corso dell'iter di questo provvedimento. Mi riferisco al limite più rilevante di questa ipotesi: si prefigura una seconda Camera che piaccia agli attuali senatori, i quali, però, sono in carica in un sistema completamente diverso da quello che - almeno dichiaratamente - vorremmo realizzare.

Se così non è, come si spiegano, allora, i continui cambiamenti che voi stessi introducete nelle procedure, nella composizione di questo ramo del Parlamento? E addirittura non si sa ancora quale sarà la definitiva versione del procedimento legislativo. Penso, allora, che non potremo affrontare questo tema immediatamente dopo aver deciso la composizione del Senato. Tutto ciò mette in evidenza i dubbi, le perplessità e i continui cambiamenti di questo progetto. Si evidenzia, pertanto, che neanche voi siete profondamente e concretamente convinti che il modello che alla fine verrà varato risponderà all'esigenza di fondo di realizzare una Camera veramente federale. E allo stesso modo non siete convinti del procedimento legislativo.

Come abbiamo sottolineato nei precedenti interventi, quello ipotizzato non è un Senato federale, non lo è nei numeri. Pensate ad un Senato sostanzialmente uguale a quello attuale ma con un piccolo «sconto»: in realtà, nella vostra proposta si pensa ad una Camera federale con 252 senatori, appena 60 in meno di quelli attualmente in carica. La nostra proposta, invece, prevede una Assemblea con 182 senatori, un numero in grado di soddisfare l'esigenza di un'effettiva rappresentanza prevalentemente paritaria delle regioni. È questo il modello da seguire per le Camere federali!

Evidenzio, inoltre, il sistema di elezione che introducete. Al riguardo, poco fa abbiamo votato a favore del subemendamento del collega Boccia; ebbene, se aveste ulteriormente riflettuto sul collegamento tra l'elezione dei senatori e quella del presidente della regione, avreste verificato che questo è un modo per affermare un principio di rappresentanza territoriale anche nel meccanismo di elezione. Infine, segnalo la struttura stessa, l'impianto, il sistema del procedimento legislativo: oggi comprendiamo che ancora non si tratta della versione definitiva.

Ebbene, tutto ciò evidenzia che - nella confusione generale che ancora regna fra di voi sulle conclusioni definitive - avete in mente un sistema il quale, in realtà, non supera del tutto il bicameralismo perfetto e non attua una riforma tale per cui - inequivocabilmente e in modo definitivo - una sia la Camera politica e l'altra una Camera federale.

Per questa ragione, con l'emendamento Bressa 3.89 ci sforziamo di richiamare ancora la vostra attenzione sulla composizione, sul numero e sulla rappresentanza del Senato federale, per mettere in evidenza gli aspetti contraddittori, con la speranza che nel prosieguo del dibattito prevalga in voi quel buon senso che, finora, in qualche occasione si è manifestato e in molte altre, purtroppo, è venuto meno (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, stiamo discutendo di un modello di bicameralismo non più paritario ma differenziato: questo dovrebbe imporci un dovere di coerenza e di razionalità. Dovremmo cercare di costruire un centro, cioè un luogo istituzionale di corresponsabilizzazione delle funzioni indivisibili ma, per farlo, bisogna avere chiaro che il centro e lo Stato sono due cose diverse; bisogna scinderli e lo Stato è un pezzo del centro. É la mancanza di capacità di comprendere questa dimensione che vi ha portato a riproporre l'interesse nazionale nei modi e nelle forme che ci avete sottoposto e che noi abbiamo così duramente criticato.

Deve essere chiaro che vi sono una serie di sedi che sono centrali ma non statali: le conferenze, che abbiamo costituzionalizzato, sono centrali ma non statali; il Senato, come Camera territoriale e delle autonomie, è centrale ma non statale. Questo deve essere chiaro quando si affronta il tema del federalismo e della seconda Camera di rappresentanza dei territori perché, altrimenti, si creano dei pasticci.

In qualche modo stiamo facendo il sindacato per la difesa del posto dei senatori attuali e questo non serve a nessuno, nemmeno ai senatori attuali: è questa la dimensione culturalmente sbagliata della vostra proposta. La Camera delle autonomie deve essere un momento di cooperazione, non un momento di autogestione di questioni locali in sede centrale, né una sorta di novello comitato di controllo, in questo caso non più regionale ma senatoriale, dell'attività legislativa e complessiva delle regioni.

Sostanzialmente, state proponendo questo: tutto ciò è cosa diversa da una Camera territoriale e da un Senato delle autonomie. La responsabilità che vi assumete è grandissima, perché le esigenze di cooperazione che non sono affrontate e risolte trovano poi il loro modo di rappresentarsi.

Questa Camera è a conoscenza che attualmente esistono, presso i ministeri, 265 commissioni e collegi a composizione mista Stato-regioni-enti locali? Ci sono 265 unità di cooperazione, che sono nate senza una razionalità ed un coordinamento (45 all'agricoltura, 43 alla sanità e 18 all'ambiente). É del tutto evidente che, se non c'è un meccanismo razionale, il sistema cerca delle forme di autoadattamento perché la cooperazione è indispensabile; ma queste forme di autoadattamento tutto sono meno che il luogo centrale della condivisione, della corresponsabilizzazione e della razionalità istituzionale.

Voi state costruendo un modello che non ha né capo né coda. Ripeto, vi siete assunti l'ingratissimo compito di difendere le poltrone degli attuali senatori, cosa che non serve allo Stato federale, ad una Camera delle autonomie e, lo ripeto ancora una volta, nemmeno ai nostri attuali senatori (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 3.89, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 409

Votanti 396

Astenuti 13

Maggioranza 199

Hanno votato 168

Hanno votato no 228).

Prendo atto che l'onorevole Lezza non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 3.13.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, il problema del numero dei componenti di un'Assemblea non è irrilevante né si possono «dare i numeri» quando si decide quanti debbano essere.

Ovviamente, la decisione sul numero dei componenti del Senato federale non può essere neanche la motivazione demagogica addotta ieri in quest'aula dall'onorevole Carrara a sostegno della sua tesi. Non credo che il problema sia il costo di cinquanta deputati in più. Francamente, mi sembra un'argomentazione demagogica e anche un po' ridicola. Il problema è quanti debbano essere i membri di un'Assemblea affinché essa funzioni il più possibile. Questo è il tema sul quale occorre discutere, non certo il costo del singolo deputato! Quest'ultimo è un argomento di basso profilo, che forse serve a convincere qualcuno che di politica non capisce alcunché.

Nel ribadire che non sappiamo ancora cosa dovrà fare questo Senato federale - quindi, stiamo discutendo al buio -, vorrei far notare che un Senato federale, come insegnano tutti gli Stati federali del mondo, è un organo molto ristretto sotto il profilo numerico e proporzionato alla rappresentanza dei territori. Voi, invece, riducendo il numero dei senatori, vi preparate a tenere un discorso propagandistico, ossia che farete risparmiare lo Stato non pagando cinquanta senatori. Non fate un discorso più serio su cosa sia il Senato federale.

Che i senatori siano 315, com'è previsto attualmente, o 252, come prevedete voi, francamente, non mi sembra particolarmente rilevante. Ciò che, invece, fa la differenza è prevedere, come noi facciamo, una rappresentanza molto inferiore a quell'attuale: o quella che abbiamo previsto nel nostro emendamento, che ha la logica di rapportare il numero dei senatori al numero delle regioni, con un correttivo sulla popolazione, o quella prevista nell'emendamento precedentemente respinto (150 senatori). Questo numero ha una sua ragione e giustifica un intervento costituzionale.

Ciò che proponete servirà (già ieri vi sono stati alcuni accenni in tal senso) solo a vendervi la bandierina per qualche referendum sulla riduzione dei deputati e dei senatori, abbracciando un argomento di tipo qualunquistico che in quest'aula, cinquant'anni fa, qualcuno sbandierava e che oggi ritorna. Francamente, mi sembra un argomento misero. Occorre, invece, ragionare sulla corretta composizione del Senato federale e sulla previsione di un numero adeguato (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 11,30).

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 3.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 413

Votanti 405

Astenuti 8

Maggioranza 203

Hanno votato 170

Hanno votato no 235).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Emerenzio Barbieri 3.103.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, la nostra posizione è stata espressa poc'anzi in occasione dell'esame dell'emendamento Bressa 3.13. Evidentemente, siamo a favore di un Senato federale composto da 150 senatori eletti con le modalità e con il sistema previsto nell'emendamento Bressa 3.89, che avete respinto.

L'emendamento Emerenzio Barbieri 3.103, sicuramente, rientra nella logica della riduzione del danno. Ciò la dice lunga sulla confusione che vi è all'interno della maggioranza e del Governo su come debba essere composto il Senato federale.

Ma vi è di più; probabilmente, questa Camera non è completamente libera di scegliere nel modo migliore le attività, le competenze, la procedura legislativa e la composizione che devono caratterizzare il nuovo Senato federale, Camera che dovrebbe avere la rappresentanza dei territori e non già portare ad un esperienza di bicameralismo quasi analoga alla precedente, con una competenza legislativa che, su molte questioni, è paritaria tra i due rami del Parlamento.

A tale riguardo, non può non ribadirsi quanto più volte si è sostenuto - da ultimo, da parte del collega Violante - circa l'esigenza che la riforma venga effettuata da un organismo che non incontri queste difficoltà ovvero la necessità di avere, a tutti i costi, il consenso dell'altra Camera. Differentemente, infatti, a norma dell'articolo 138 della Costituzione, l'iter della riforma costituzionale non può procedere; si tratta, quindi, di una forma di ricatto da parte di un ramo del Parlamento che tende a conservare a sé stesso un proprio ruolo e, quindi, non permette un intervento al riguardo.

Tale è la situazione di fatto mentre ci apprestiamo a votare la proposta emendativa che prevede il numero di duecento senatori, cui tra l'altro ne vanno aggiunti altri quaranta che intervengono in rappresentanza dei consigli regionali e del consiglio delle autonomie, senza diritto di voto. Nella sostanza, dunque, non cambia assolutamente nulla; viene invece a peggiorare tutto il sistema di produzione legislativa e di rappresentanza nel suo complesso.

Peraltro, Presidente e colleghi, non abbiamo avuto ancora la possibilità di apprendere dalla maggioranza e dal Governo perché i senatori debbano essere duecentocinquantadue anziché centocinquanta o duecento; circa la Camera, abbiamo avuto modo di sentire l'assoluto silenzio - il frastuono del silenzio - circa il numero dei deputati. Non si capisce perché un certo numero anziché un altro; probabilmente si gioca al lotto! Certo, la riforma costituzionale non può essere approvata con queste metodologie e non può non avere un disegno complessivo (sicuramente assente invece nel progetto in esame).

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI (ore 11,35).

LUIGI OLIVIERI. Per tali motivi, è stato proposto questo emendamento teso a ridurre, quantomeno, il danno che si produrrebbe.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, voteremo a favore dell'emendamento Emerenzio Barbieri 3.103 in quanto riscontriamo un'incongruenza rispetto a quanto comunicato all'esterno circa l'ipotesi di riduzione del numero dei parlamentari; in realtà, la Camera dei deputati sta addirittura aumentando il numero dei membri del Senato che i senatori stessi avevano previsto come congruo.

Ricordo che abbiamo già ipotizzato una Camera dei deputati composta da cinquecento, anziché quattrocento, deputati; ebbene, oggi, ipotizziamo che la composizione del Senato passi da duecento a duecentocinquantadue senatori. Quindi, un aumento netto rispetto a quanto il Senato aveva già deciso; ricordo, al riguardo, l'intervento di ieri dell'onorevole Carrara che, in maniera un po' demagogica, aveva ipotizzato la riduzione dei costi: no, caro onorevole Carrara, si produce, piuttosto, un aumento dei costi.

Oltretutto, faccio notare ai membri della Camera dei deputati che la riduzione dei membri del Senato da trecentoquindici a duecentonovantadue senatori è nettamente inferiore alla riduzione decisa per la Camera, da seicentotrenta a cinquecentodiciotto deputati.

Ringrazio il collega Barbieri per avere presentato tale emendamento; certo, preferivamo l'emendamento Bressa 3.13, che proponeva il numero di 150 deputati. Ma, siccome si tratta, per così dire, di ridurre il danno - passando da 352 a 200 deputati -, voteremo a favore dell'emendamento in esame e invitiamo i colleghi a fare altrettanto. Ciò, per rendere almeno congrua la riduzione dei membri del Senato rispetto a quella testé decisa per la Camera dei deputati.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Emerenzio Barbieri 3.103, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 431

Votanti 427

Astenuti 4

Maggioranza 214

Hanno votato 194

Hanno votato no 233).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tonino Loddo 3.86, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 424

Votanti 419

Astenuti 5

Maggioranza 210

Hanno votato 56

Hanno votato no 363).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zeller 3.35, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 440

Votanti 425

Astenuti 15

Maggioranza 213

Hanno votato 184

Hanno votato no 241).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Zeller 3.95.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, intervengo sul mio emendamento 3.14, analogo all'emendamento Boato 3.75. Su di essi, se non erro, vi è il parere favorevole della Commissione...

PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, le ricordo che stiamo esaminando l'emendamento Zeller 3.95. Le ricordo altresì che lei non potrà intervenire sui successivi identici emendamenti Olivieri 3.14 e Boato 3.75.

LUIGI OLIVIERI. Domando scusa per l'errore, signor Presidente.

Con l'emendamento Zeller 3.95 si tende ad introdurre un principio comune anche agli emendamenti successivi, ossia far mutuare con questa riforma costituzionale il sistema tripolare della specialità del Trentino-Alto Adige/Südtirol. Dovrebbe essere noto a tutti, o comunque a coloro che si interessano di riforme costituzionali e degli statuti di autonomia delle regioni e delle province a statuto differenziato, che per quanto riguarda tale sistema autonomistico, che è molto importante e ha anche una valenza di natura internazionale, vi è stata una modifica dal punto di vista della sua costituzione, con la riforma intervenuta nel 2001, passando da una visione federale ad una confederale. Ora il centro dell'autonomia, dal punto di vista legislativo - basterebbe leggere l'articolo 8 dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol - non è più la regione, ma le due province di cui è costituita la stessa regione. È pertanto evidente che è necessario mutuare nell'ambito della riforma costituzionale tali novità e questo emendamento va in tal senso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zeller 3.95, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 435

Votanti 427

Astenuti 8

Maggioranza 214

Hanno votato 189

Hanno votato no 238).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Olivieri 3.14 e Boato 3.75, accettati dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 442

Votanti 438

Astenuti 4

Maggioranza 220

Hanno votato 435

Hanno votato no 3).

Avverto che, a seguito della votazione testé svolta, l'emendamento Elio Vito 3.201 si intende assorbito.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 3.90.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, sul punto si pone una questione apparentemente secondaria ed invece sostanziale. Si propone che le elezioni debbano sempre avvenire in data diversa da quelle previste per la Camera dei deputati. Questo non è uno sfizio che si vuole concedere, ma un'esigenza di tipo politico fondamentale.

In questo vostro pallidissimo Senato federale, infatti, la cui rappresentanza territoriale è poco o nulla, almeno vi sia la possibilità per chi decide di candidarsi a questo «fantasma» di Camera territoriale di svolgere una campagna elettorale in cui i temi dei territori e delle regioni abbiano una certa rilevanza.

Se dovessimo immaginare che anche l'elezione di questo Senato pseudofederale deve avvenire contestualmente alle elezioni politiche, è del tutto evidente che l'effetto di trascinamento da parte della competizione politica finirebbe per azzerare qualsiasi attenzione per le esigenze di carattere locale, regionale e territoriale.

Ecco perché, se vogliamo dare un segnale comprensibile, un segnale di razionalità che possa qualificare in senso autonomista e territoriale questa seconda Camera, anche se in maniera molto marginale e lieve, almeno vi sia la possibilità di svolgere una campagna elettorale incentrata sui temi del territorio e del federalismo. Non riuscite a concedere neppure questo! La vostra seconda Camera è sempre più - emendamento dopo emendamento respinto - un fantasma di se stessa.

Noi, invece, abbiamo bisogno di una seconda Camera che sia il luogo della corresponsabilizzazione, della coesione e del confronto. Non siete in grado di garantire tutto questo; almeno, cercate di creare un'opportunità; che, almeno, politicamente vi sia davvero la possibilità di un confronto su temi regionali, locali e federali (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, credo che la Commissione non si sia soffermata a sufficienza su questo problema, partendo dal presupposto che, quando tale riforma andrà a regime, ossia nel 2011, le elezioni non saranno contestuali. Tuttavia, ciò potrebbe benissimo avvenire: sarebbe sufficiente uno scioglimento anticipato della Camera dei deputati, che potrebbe portare ad una contestualità tra elezioni politiche ed elezioni del Senato federale. Ciò, a nostro avviso, fa saltare l'idea della contestualità delle elezioni del Senato e delle regioni.

Avendo voi recepito, finalmente, il nostro principio della contestualità delle elezioni di Senato e regioni, se si verificasse anche l'ipotesi di una contestualità fra le elezioni del Senato e della Camera, avrebbe luogo un mega election day. In altri termini, in una giornata si terranno le elezioni per Camera dei deputati, Senato della Repubblica e regioni. Questo ci sembra assolutamente sbagliato.

È ovvio che, se questa coincidenza si verificherà, si determinerà la prevalenza della battaglia per il voto politico per la Camera dei deputati, che farà passare in secondo piano i temi più specifici e tipici di una battaglia federalista per un Senato federale.

Credo che, al riguardo, sia necessaria una riflessione. Non vi può essere una contestualità nell'elezione di tutti gli organi dello Stato: Camera dei deputati, Senato della Repubblica e regioni. Se poi si aggiungessero, come è accaduto nel 2001, anche le elezioni amministrative, si risolverebbe il problema! Certo, l'onorevole Carrara sarebbe contento, perché si avrebbe una riduzione delle spese elettorali e questo sarebbe un grande risultato...

NUCCIO CARRARA. Il popolo italiano sarà contento!

RICCARDO MARONE. Ma credo che sarà, invece, un grosso errore dal punto di vista della diversificazione dei contenuti e dei temi che devono animare queste diverse campagne elettorali (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 3.90, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 432

Votanti 431

Astenuti 1

Maggioranza 216

Hanno votato 198

Hanno votato no 233).

Onorevoli colleghi, vorrei interrompere i nostri lavori per aprire una parentesi.

Come comunicato ieri, nella seduta di oggi procederemo all'elezione di un nuovo segretario di Presidenza, in sostituzione dell'onorevole Alberta De Simone.

Desidero cogliere l'occasione per ringraziare l'onorevole De Simone per il suo apporto competente, prezioso e leale, per le doti di equilibrio e sensibilità istituzionale con cui ha sempre collaborato con l'Ufficio di Presidenza, del quale è stata componente sin dalla passata legislatura (Generali applausi).

Passiamo all'emendamento Tabacci 3.102.

Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabacci 3.102, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 435

Votanti 264

Astenuti 171

Maggioranza 133

Hanno votato 8

Hanno votato no 256).

Passiamo all'emendamento Perrotta 3.77.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, lo ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Perrotta 3.84.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Si tratta di un emendamento molto importante. In effetti, secondo il comma 1, capoverso articolo 57, nessuna regione può avere meno di cinque senatori.

Chiedo un attimo di attenzione. Abbiamo detto che il numero dei senatori deve essere proporzionale a quello degli abitanti. Quando diciamo che nessuna regione ne può avere un numero inferiore a cinque, vuol dire che alcune regioni non subiscono più il sistema proporzionale ma vanno oltre e hanno più senatori rispetto al sistema proporzionale. Ciò vuol dire restringere il numero relativo alle rimanenti regioni. Ci sono alcune regioni, come l'Umbria, le Marche e il Friuli-Venezia Giulia, che avrebbero più senatori di quelli che dovrebbero avere in base alla popolazione.

Allora, quando propongo di sostituire la parola «cinque» con la parola «uno», lo faccio per rispettare il criterio proporzionale. Bocciando questo emendamento, tre regioni avranno più senatori di quelli che dovrebbero avere in base alla popolazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Perrotta 3.84, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e Votanti 447

Maggioranza 224

Hanno votato 7

Hanno votato no 440).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Perrotta 0.3.202.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 443

Votanti 440

Astenuti 3

Maggioranza 221

Hanno votato 9

Hanno votato no 431).

Prendo atto che l'onorevole D'Agrò ha espresso erroneamente voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 3.202, accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 446

Votanti 434

Astenuti 12

Maggioranza 218

Hanno votato 413

Hanno votato no 21).

Prendo atto che l'onorevole Mattarella si è erroneamente astenuto mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Passiamo la votazione dell'emendamento Leoni 3.91.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. L'attuale quinto comma dell'articolo 57 prevede un criterio che secondo noi è antitetico ad un Senato federale. Il quinto comma stabilisce che la ripartizione dei seggi tra le regioni si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni quale risulta dall'ultimo censimento.

Questo è il criterio per stabilire come si ripartiscono i seggi per una Camera politica, non certo per un Senato federale. La ripartizione dei seggi per un Senato federale non può essere fatta in proporzione alla popolazione, perché, altrimenti, non riusciamo a comprendere come si possa avere una corretta rappresentazione in quell'organo delle esigenze dei territori e dell'uguaglianza di queste esigenze.

Ci sono temi di fondo che riguardano le regioni rispetto ai quali il numero degli abitanti delle regioni stesse è assolutamente irrilevante. Non è giusto che regioni più popolose possano essere prevalenti rispetto a regioni meno popolose. Il principio deve essere completamente diverso e deve essere quello della rappresentanza in rapporto alle regioni che i senatori rappresentano, ma non certo rispetto al numero della popolazione.

Ancora una volta viene in evidenza che quello che state approvando è un Senato assolutamente tradizionale, identico nella composizione e - pensiamo - anche nelle competenze a quello già esistente, che non ha nulla di federale se non il nome.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 3.91, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 447

Votanti 443

Astenuti 4

Maggioranza 222

Hanno votato 197

Hanno votato no 246).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 3.74.

Avverto che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento Elio Vito 3.202, l'emendamento Mascia 3.74 deve intendersi riformulato come soppressivo delle parole da «previa applicazione» fino a «quarto comma,».

Onorevole Mascia, insiste comunque per la votazione del suo emendamento 3.74?

GRAZIELLA MASCIA. Sì, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, come lei ha precisato, l'emendamento in esame va inteso in modo diverso perché l'approvazione dell'emendamento Elio Vito 3.200 ha soppresso la parte relativa ai senatori assegnati alla circoscrizione Estero. Tuttavia, la validità di questo emendamento rimane.

Il testo approvato in Commissione individua un numero di senatori non inferiore a sei: ciò non è compatibile con il sistema da noi proposto. Abbiamo proposto che nessuna regione possa avere un numero di senatori inferiore a cinque - tranne il Molise (due senatori) e la Valle d'Aosta (un senatore) -, basandoci su un'ipotesi di Senato delle regioni di duecento membri. Inizialmente, il testo del Senato prevedeva quattrocento deputati e duecento senatori. Nel corso dei lavori, la maggioranza ha cambiato opinione aumentando di nuovo il numero di senatori e deputati. Noi, come spiegato precedentemente, manteniamo l'ipotesi di un Senato delle regioni composto da duecento membri eletti dai consigli regionali.

Il mantenimento del nostro emendamento sta proprio ad argomentare coerentemente un'idea di Senato delle regioni che ha una sua integrità, una sua omogeneità, una sua organicità. Dunque, nonostante la soppressione della parte relativa alla circoscrizione Estero, l'emendamento in esame ha una sua ragione d'essere perché compone nell'insieme il Senato delle regioni di cui siamo proponenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, vi sono diverse condizioni affinché il Senato federale possa essere degno di questo nome, e non le si stanno rispettando. La più importante è ancora un oggetto misterioso: di che cosa dovrà occuparsi il Senato federale? Qual è la procedura legislativa nei rapporti tra Camera e Senato e nei rapporti con il Governo? Sarà questo che darà la sostanza definitiva alla parola «federale». Soprattutto, sarà questo a dire se vi sarà il coraggio oppure no - da ciò che vediamo nell'orientamento della maggioranza sembra proprio di no - di realizzare la vera riforma matura nell'Italia del 2000: la fine del bicameralismo paritario.

La condizione più importante - come dicevo - è quella della procedura legislativa, cioè definire di cosa dovrà occuparsi il Senato federale. Stiamo discutendo di come debba essere composto senza ancora il suddetto oggetto, che rimane misterioso: ciò la dice lunga!

La seconda condizione, oltre ai criteri di composizione di cui abbiamo già parlato, è quella del numero. Non esiste al mondo un Senato federale che possa essere rappresentativo delle realtà territoriali con un numero di componenti così ampio come quello che prevede la Casa delle libertà. Quel Senato federale, tenendo conto della partecipazione di rappresentanti delle regioni e dei consigli delle autonomie locali, sarà un'Assemblea troppo vasta per poter essere una sede di confronto tra realtà territoriali regionali e Governo, che dovrebbe essere l'obiettivo prioritario di un Senato federale.

L'emendamento in esame ci pare vada nella direzione che abbiamo auspicato: quella di avere un Senato federale contenuto nel numero, tale da essere funzionante e funzionale all'obiettivo che abbiamo ricordato. Per tale ragione sosteniamo questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 3.74, nel testo riformulato, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 431

Votanti 420

Astenuti 11

Maggioranza 211

Hanno votato 184

Hanno votato no 236).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.

Onorevoli colleghi, do il benvenuto all'onorevole Gianluigi Boiardi, che siede oggi per la prima volta tra i banchi della Camera dei deputati (Applausi).

Avverto che sono stati ritirati i successivi emendamenti Perrotta 3.85 e Bressa 3.92.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.25 della Commissione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Questo emendamento della Commissione ha tenuto in considerazione alcune proposte che erano presenti nell'emendamento precedente, il 3.92, a mia prima firma, che è stato ritirato. In esso è stato accolto il principio che partecipano all'attività del Senato federale, senza diritto di voto, i rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali.

Giova ricordare che il nostro emendamento era uno stralcio dell'impostazione che abbiamo voluto dare al nostro modello di Senato federale, laddove questo era costituito di centoventidue senatori; quindi, una rappresentanza territoriale molto ben definita e compatta (piccoli numeri, grande capacità di rappresentanza). Avevamo accompagnato tale impostazione con la necessità di consentire una presenza, ai lavori del Senato, di coloro che sono diretti rappresentanti dei consigli regionali e dei consigli delle autonomie locali di ogni singola regione. Ciò per favorire, ancora di più, quell'operazione di interscambio, di collaborazione e di continua e costante comunicazione tra i mondi delle autonomie e il Senato federale.

Era del tutto evidente che un'impostazione di quel tipo, quindi una presenza senza diritto di voto, che garantisse però la partecipazione politica al dibattito, si giustificava perché quel Senato federale (di centoventidue senatori) aveva una forte capacità di rappresentanza dei territori. Giova ricordare, ancora una volta, che il Senato veniva eletto mediante elezioni che non avvenivano mai contestualmente alle elezioni politiche, e quindi la rappresentanza territoriale veniva in qualche modo esaltata anche dalle modalità delle elezioni.

Dunque, la nostra proposta prevedeva un Senato di pochi rappresentanti e soprattutto in cui i territori avevano una rappresentanza paritaria: con l'eccezione della Valle d'Aosta, che ne aveva uno, e del Molise, che ne aveva due, tutte le altre regioni oscillavano tra tre e nove senatori, o tra tre e sei, con l'unica eccezione della Lombardia, che ne aveva nove. Era quindi prevista una rappresentanza paritaria dei territori, che politicamente veniva eletta centrando l'attenzione sui territori, le regioni e il federalismo. Era dunque un Senato completamente diverso da quello che voi ci proponete.

Ecco perché l'inserimento di questa clausola di partecipazione dei rappresentanti dei consigli regionali e dei consigli delle autonomie locali, eletti in ogni singola regione, è del tutto superflua, se non addirittura incongrua. Voi «attaccate» questa rappresentanza in un Senato di duecentocinquantadue membri, che diventa una Camera di rappresentanza politica, direi non affievolita ma confusa, che non ha alcuna delle caratteristiche di rappresentanza territoriale che dovrebbe avere. Pertanto, anche se è stata accolta la nostra impostazione, il fatto di averla «attaccata» ad un modello non congruente con la nostra impostazione non ci può consentire di votare a favore di questo emendamento della Commissione, bensì ci spingerà a votare contro. Il vostro è un sistema assolutamente indigeribile!

Voi cercate di sistemarlo e di abbellirlo, ma si tratta solo di operazioni cosmetiche che danno qualche colore in più, ma non mutano la sostanza di una Camera che non è federale e non rappresenta i territori. Si tratta di una Camera che consente agli attuali senatori di non perdere il loro status, la loro funzione e, lo dico tra virgolette, la loro «dignità» (nessuno ha mai pensato di metterla in discussione) che questi ultimi hanno deciso di autoproteggere ad oltranza, con il risultato di impedire che la nostra Repubblica abbia davvero una seconda Camera in rappresentanza autentica dei territori ed autenticamente federale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, credo che l'emendamento della Commissione sia la conferma più evidente dell'incongruità del sistema adottato; un sistema che è sostanzialmente uguale all'attuale sistema elettorale, poiché si elegge un Senato cosiddetto federale attraverso il suffragio universale, con un numero di componenti ridimensionato di poco. Pertanto, si pone al di fuori di qualsiasi logica che possa essere vicina ad un'effettiva rappresentanza territoriale.

Naturalmente, l'esigenza di rappresentare i territori all'interno del Senato federale e di fare in modo che vi sia la composizione delle diverse esigenze non si realizza attraverso le proposte della maggioranza e del Governo, tant'è che in questo emendamento la Commissione propone che possano partecipare all'attività del Senato federale della Repubblica, senza diritto di voto, un esponente dei consigli regionali indicati dagli stessi ed un esponente indicato dal consiglio delle autonomie locali.

Mi pare che questo sia l'esempio più clamoroso della mancata soddisfazione delle esigenze espresse dal consiglio delle autonomie locali, dai presidenti delle regioni nell'iter dei lavori del Senato prima e della Camera poi sotto il profilo della rappresentanza (queste esigenze non sono state soddisfatte dal modello che è stato indicato nel provvedimento in esame), nonché del fatto che si è cercato di sopperire, in ultima analisi, al tentativo di prevedere la rappresentanza territoriale attraverso una partecipazione che non potrà incidere se non dal punto di vista formale (si prevede di intervenire senza diritto di voto).

Credo che questa sia la conferma più eclatante dell'incongruenza di questo Senato cosiddetto federale e di come l'organo che voi proponete di federale non ha proprio niente. Non è in grado di svolgere il ruolo che dovrebbe ricoprire rispetto alle rappresentanze territoriali. Noi, a tale riguardo, indichiamo un modello diverso ed, inoltre, questa ipotesi si colloca in un contesto da noi non ritenuto condivisibile e, pertanto, preannuncio l'espressione da parte del gruppo di Rifondazione comunista del voto contrario sull'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, prendiamo atto che non vi è un orientamento favorevole ad introdurre una vera Camera federale. Noi della Südtiroler Volkspartei, della componente delle minoranze linguistiche siano sempre stati favorevoli ad un modello del tipo del Bundestag. Solo un modello di questo tipo consentirebbe la previsione di un organo in grado di fungere da vera Camera di bilanciamento degli interessi statali e di quelli regionali.

Siamo del parere che ciò sarà difficilmente possibile con un Senato eletto direttamente che non sarà mai una vera rappresentanza territoriale. Risentirà sempre anche dei riflessi politici del gioco di maggioranza e di opposizione. È, altresì, vero che, nell'emendamento della Commissione, sono state recepite alcune delle nostre richieste, in special modo quella di tenere conto del particolare ordinamento della regione Trentino-Alto Adige.

Per tale motivo, preannuncio la nostra astensione con riferimento alla votazione dell'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Con questo emendamento si tocca uno dei temi più discussi e controversi sia nei lavori parlamentari, in Commissione in particolare, sia nella discussione pubblica e anche negli incontri tra il Governo e i rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali.

Tutti sanno che il testo licenziato dalla Commissione era assolutamente insufficiente perché si limitava ad affermare che i presidenti delle giunte regionali e dei consigli regionali sono «sentiti» ogni volta che lo richiedono dal Senato federale della Repubblica: una norma così blanda non meritava, come è evidente a tutti, neppure di essere scritta nella Costituzione.

Poi, ad un certo punto, ha cominciato a circolare l'idea da parte della maggioranza che si potesse dare ai presidenti delle giunte regionali la facoltà di partecipare ai lavori del Senato senza diritto di voto. Qui si commetteva un errore di altro segno ma altrettanto clamoroso perché si chiamava chi rappresenta i governi regionali, eletti direttamente dai cittadini, a partecipare ai lavori ma senza diritto di voto. Quest'ultima formulazione della Commissione è naturalmente meglio di quelle che circolavano precedentemente e raccoglie anche lo spirito di un nostro precedente emendamento. Tuttavia, pur riconoscendo questo aspetto, non possiamo, al tempo stesso, non porci responsabilmente una domanda. Diciamo che i rappresentanti eletti dalle regioni e dai consigli delle autonomie partecipano ai lavori del Senato federale, ma in quale contesto operativo del Senato federale? Partecipano per fare cosa nel Senato federale? Questo è l'oggetto ancora misterioso.

In secondo luogo, un conto è prevedere questa partecipazione, che può essere significativa, in un Senato - come dovrebbe essere - ristretto nella composizione - intorno ai 150 membri -, altro conto è prevedere una loro partecipazione che assomiglierebbe allo «strapuntino» in un Senato di 252 membri. Un conto è prevedere la loro partecipazione in un Senato dove i membri eletti lo sono con un criterio di tendenziale parità fra le regioni (allora ciò ha un senso), altro conto è prevedere la loro partecipazione in un Senato composto, regione per regione, sulla base di una proporzione diretta rispetto al numero degli abitanti e, infine, con quella incongruenza, che rimane, rispetto alla contestualità (che abbiamo denunciato ma che rimane perché non avete voluto accogliere il nostro emendamento che proponeva in ogni caso una data diversa per l'elezione della Camera dei deputati) e che rischia di restare ancora affievolita.

Quindi, nel momento in cui riconosciamo che la maggioranza si è resa conto dei limiti, dei difetti della sua impostazione iniziale, rimangono ancora questi punti che sono insormontabili per giungere ad un giudizio favorevole. Per questo motivo, voteremo contro questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Mi associo alle osservazioni dei colleghi dell'opposizione e aggiungo solo poche parole per illustrare il mio voto contrario. Questo Senato, cosiddetto federale, è un oggetto misterioso, unico e mai sperimentato al mondo. Non è davvero una seconda Camera, non è davvero un luogo di compensazione degli interessi regionali, non è davvero un luogo di compensazione tra interessi locali e nazionali e non se ne capiscono con precisione né le competenze, né l'utilità.

Ciò che impressiona è la frammentarietà e la superficialità del lavoro che stiamo facendo in una materia non solo delicata ma che dovrebbe essere addirittura solenne.

La bussola non è un obiettivo alto ma un obiettivo tutto interno alla maggioranza, che nasce da motivazioni ideologiche e di propaganda.

Per accontentare sul piano ideologico e propagandistico la Lega si è fatto questo Senato federale (Commenti del deputato Rizzi).

Per accontentare sul piano ideologico e propagandistico Alleanza nazionale ieri si sono portati a diciotto i parlamentari eletti nella confusa galassia dei collegi esteri (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana). Vorrei porre una semplice domanda: perché in nessun paese al mondo esiste un Senato federale come questo? Perché in nessun paese al mondo i cittadini residenti all'estero votano come in Italia? Questo paese sperimenta soluzioni uniche al mondo perché rappresenta il legislatore più brillante del mondo? No, temo che lo faccia perché in Italia, soltanto in Italia, si è giunti al punto di redigere un nuovo assetto costituzionale con lo spirito ed il metodo che oggi stiamo seguendo. In questo caso, non vi sono stati e non vi sono padri costituenti, ma mercanteggiatori ricostituenti che hanno mercanteggiato un colossale pasticcio allo scopo di far quadrare i conti all'interno della maggioranza, ovvero di un palazzo del potere completamente estraneo agli interessi del paese. Apprezzo la pazienza e la competenza con le quali i colleghi dell'opposizione tentano, attraverso le loro proposte emendative, di limitare i danni. Si tratta di una grande manifestazione di correttezza istituzionale; intervengo e voto con diligenza, ma quando un pasticcio nasce come è nato questo pasticcio, l'unica strada è cancellarlo ripartendo da zero (Applausi polemici dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

RENZO INNOCENTI. Non è possibile tollerare tutto ciò!

ROBERTO GIACHETTI. È una vergogna (Commenti del deputato Intini)!

PRESIDENTE. Onorevole Intini, il microfono è spento (Commenti dei deputati dei gruppi Misto-socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

ROBERTO GIACHETTI. Dategli la voce!

RENZO INNOCENTI. Dategli la voce!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi richiamo all'ordine...! Onorevole Intini, scusi ma non capisco. Se capivo poco prima, ora che continuate ad urlare non capisco proprio niente! Onorevole Intini, non ho capito, qual è il problema?

UGO INTINI. Signor Presidente, non si accettano le critiche e si interrompono i lavori che in questo momento si stanno svolgendo in aula!

DONATO BRUNO, Relatore. Non hanno interrotto!

NUCCIO CARRARA. Non hanno interrotto!

UGO INTINI. Si interrompe, si strepita e si dimostra, ancora una volta, che non si cambia la Costituzione in questo clima e in questo modo. Si tratta, infatti, di un clima da ricatto! Questo è un clima da ricatto, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo - Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE Onorevole Intini, lei ha terminato il tempo a sua disposizione.

Debbo dire che al gruppo della Lega nord si possono rivolgere tutte le accuse del mondo, ma visto che da venti giorni si sta discutendo solo attaccando la riforma, credo si possa acconsentire a delle critiche!

MARISA ABBONDANZIERI. Al dileggio, signor Presidente!

PRESIDENTE. Mi faccio garante nell'acconsentire a delle critiche.

ROBERTO GIACHETTI. Lei è il Presidente della Camera dei deputati!

PRESIDENTE. Lo so, lo so, molto più di tanti altri!

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi avrebbe fatto molto piacere interloquire con l'onorevole Intini nel merito di questa proposta emendativa che stiamo per votare. Egli però affronta in maniera generica i problemi e non invece le questioni serie che, credo, la maggioranza e l'opposizione in questi giorni hanno trattato.

In riferimento all'emendamento 3.25 della Commissione, ho chiesto la parola proprio per descrivere all'Assemblea lo spirito che ha animato la maggioranza e l'opposizione all'interno del Comitato dei nove. Vede, signor Presidente, l'emendamento 3.92 ritirato dall'onorevole Bressa e dagli altri firmatari, nella prima parte afferma le stesse cose che noi abbiamo recepito nell'emendamento 3.25; tra l'altro, è stato recepito anche l'emendamento del collega Elio Vito 3.203. Ci siamo resi conto cioè che quanto da loro rappresentato era un modo ragionevole per poter modificare questa parte della Costituzione. Ebbene, credo che i colleghi dell'opposizione avrebbero dovuto prendere atto non solo dello spirito collaborativo, ma anche del recepimento totale di quanto da loro rappresentato nell'emendamento 3.92.

Tuttavia, stranamente, mi sento dire dal collega Leoni che il suo gruppo esprimerà un voto contrario sull'emendamento della Commissione 3.25.

Vorrei capire - non mi è stato dato il modo di comprendere appieno - come mai, su un emendamento che la Commissione ha cercato di rendere condivisibile da tutti, oggi in aula vi è una posizione di distanza da parte dei colleghi dell'opposizione. Vi è stato un ripensamento sul merito, è una scelta di carattere politico? Se fosse un ripensamento sul merito, siamo ancora disposti a trovare una soluzione condivisa, altrimenti lascio il giudizio all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.25 della Commissione, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 443

Votanti 434

Astenuti 9

Maggioranza 218

Hanno votato 244

Hanno votato no 190).

A seguito dell'approvazione dell'emendamento 3.25 della Commissione risultano precluse o assorbite le restanti proposte emendative riferite al sesto comma dell'articolo 57.

Avverto che sono stati ritirati l'emendamento Nuvoli 3.94 e l'articolo aggiuntivo Osvaldo Napoli 3.02.

Passiamo dunque alla votazione degli identici subemendamenti Cabras 0.3.10.1, Boato 0.3.10.2 e Cossa 0.3.10.3.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurandi. Ne ha facoltà.

PIETRO MAURANDI. Signor Presidente, il nostro emendamento riguarda la cosiddetta contestualità tra elezione del Senato ed elezione dei consigli regionali delle regioni a statuto speciale. Dunque, proponiamo che questo aspetto sia regolato dalle norme di attuazione statutaria.

Voglio ricordare che gli statuti delle regioni a statuto speciale sono approvati con leggi costituzionali e che, quindi, sarebbe poco coerente con questo impianto approvare norme contenute nella Costituzione che vanifichino le disposizioni statutarie.

Questo problema si è già presentato nei giorni scorsi relativamente al Titolo V ed è stato risolto nel senso che le norme del Titolo V presenti nel disegno di legge al nostro esame non si applicano alle regioni a statuto speciale.

Con questo emendamento chiediamo che tali norme non si applichino alle regioni a statuto speciale in quanto, in questo caso, ci sembra razionale e coerente con la natura costituzionale degli statuti speciali demandare la soluzione di tale problema alle norme di attuazione.

Inoltre, intendo ricordare al ministro competente - che purtroppo non vedo presente in aula - che sulla questione della contestualità esiste una richiesta formulata dai presidenti delle regioni a statuto speciale nel senso prospettato dal nostro emendamento.

Vorremmo comprendere qual è la risposta del Governo alla richiesta dei presidenti delle regioni a statuto speciale. In ogni caso, ci sembra che questo modo di affrontare la questione sia il più giusto al fine di evitare che, in gran parte delle regioni a statuto speciale, nel 2011, i consigli regionali eletti nel 2009 siano sciolti dopo due anni.

Quindi, chiedo all'Assemblea di prestare attenzione alla presente proposta emendativa e invito il Governo a fornire risposta alla richiesta - sostanzialmente analoga a quella contenuta nel nostro emendamento - formulata dai presidenti delle regioni a statuto speciale.

Vorrei ricordare che il ministro Calderoli aveva manifestato ai presidenti delle regioni a statuto speciale la disponibilità ad esaminare tale richiesta. Prima di votare l'emendamento, vorrei quindi capire se tale disponibilità possa tradursi in un atteggiamento positivo da parte del Governo, oppure se il Governo stesso preferirà ignorare le richieste avanzate dai presidenti, con un atteggiamento certamente non corretto nell'ambito dei rapporti tra Stato e regioni a statuto speciale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, si tratta in questo caso di stabilire un principio ormai ricorrente nel nostro ordinamento. Le regioni a statuto speciale disciplineranno attraverso lo strumento proprio, ovvero le norme di attuazione, le modalità di elezione dei senatori sul proprio territorio. Credo che questo non sia altro che il riconoscimento di una modalità, che rende la nostra Repubblica un esempio nel panorama costituzionale europeo.

Le regioni italiane a statuto speciale nel corso degli anni hanno costruito un modello, tramite le norme di attuazione, in qualche modo invidiato e studiato negli altri paesi europei. Non si capisce perché un argomento così delicato e importante debba essere sottratto a questa normativa speciale. Si tratta di utilizzare le norme di attuazione per tradurre in legge i princìpi sanciti dalla Costituzione: niente di più di quanto abbiamo fatto nel corso di questi decenni!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici subemendamenti Cabras 0.3.10.1, Boato 0.3.10.2 e Cossa 0.3.10.3, non accettati dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 449

Votanti 438

Astenuti 11

Maggioranza 220

Hanno votato 195

Hanno votato no 243).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Detomas 3.10.

Ha chiesto di parlare dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, con l'emendamento in oggetto viene affrontata la stessa questione prima ricordata dagli onorevoli Maurandi e Bressa e trattata dalle proposte emendative precedentemente discusse. In buona sostanza, si chiede al Parlamento un'assunzione di responsabilità e il rispetto della dignità di quelle leggi costituzionali rappresentate dagli statuti delle regioni a statuto speciale. Altrimenti, infatti, e con una sola eccezione, nel 2011 i consigli regionali di tali regioni andrebbero incontro ad una scadenza anticipata, qualora in questo anno partisse effettivamente la riforma costituzionale.

Non si capiscono le ragioni di una così forte invadenza da parte del Parlamento. Tengo inoltre a precisare che in queste regioni non mancherebbero i senatori del Senato federale, in quanto tutto sarebbe rimandato alla produzione legislativa autonoma, meritoria per la Repubblica. Anzi, come ricordava l'onorevole Bressa poc'anzi, tale produzione rappresenta addirittura un esempio, uno stimolo e un modello positivo per tutti i sistemi a regionalismo e autonomismo avanzato o a federalismo mitigato. Tale sistema di produzione legislativa dà vita a norme con forza di legge subcostituzionale, garantendo l'assoluta coincidenza tra le due esigenze: da un lato, il varo del Senato federale e, dall'altro, il rispetto dei patti su cui si fondano gli statuti autonomi.

Per raggiungere tale obiettivo, sarebbe opportuno che la Commissione accantonasse tale riflessione per ricomprenderla nelle norme transitorie finali, all'articolo 43. Si tratta di una questione delicata e, pertanto, non si possono non tenere nella dovuta considerazione questi cinque importantissimi territori della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Detomas 3.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 439

Votanti 431

Astenuti 8

Maggioranza 216

Hanno votato 192

Hanno votato no 239).

Ricordo che l'emendamento Nuvoli 3.94 è stato ritirato.

Passiamo alla votazione dell'articolo 3.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, ci accingiamo a votare l'istituzione di una seconda Camera federale o, meglio, sedicente federale. Stiamo perdendo una straordinaria occasione politica: la riforma del Titolo V aveva indicato la strada, e la nostra Repubblica si stava avviando verso un assetto di tipo federale. Tale assetto porta inevitabilmente con sé la necessità di una Camera che garantisca l'effettiva rappresentanza dei territori. La storia del federalismo indica che la formula della seconda Camera a struttura federale, vale a dire la rappresentanza degli Stati e dei territori, ha un'origine storica molto antica, che risale alla costituzione degli Stati Uniti, ma quello che sfugge ai più è che essa ha anche un'applicazione modernissima. Negli scorsi mesi, infatti, ci si è ispirati proprio al modello statunitense: mi riferisco alla Costituzione europea. Essa prevede, agli articoli 33 e 23, primo comma, che il Consiglio dei ministri eserciti di fatto il ruolo di colegislatore. Sono infatti previsti sostanzialmente due legislatori: il Parlamento europeo, eletto a suffragio universale e diretto, e il Consiglio dei ministri, composto dai rappresentanti dei governi degli Stati. Si prevedono pertanto due colegislatori: da un lato, i rappresentanti dei governi degli Stati; dall'altro, i rappresentanti del corpo elettorale. Si tratta, dunque, di un'impostazione concettualmente identica a quella statunitense.

Dunque, avevamo - o meglio, avevate - a disposizione un esempio estremamente chiaro e razionale. Sarebbe stato molto interessante se il Parlamento italiano, nel momento in cui l'Italia si sta avviando a divenire uno Stato federale, avesse intrapreso una via analoga. Tuttavia, non lo avete voluto fare, ed avete scelto la strada peggiore, vale a dire l'istituzione di una Camera che non ha sostanzialmente alcuna caratteristica federale.

L'idea della seconda Camera quale sede di rappresentanza degli Stati membri e dei territori è dunque antica, ed è stata ripresa recentemente, nel momento in cui l'Europa ha ritenuto di dotarsi di una Costituzione. Ma è l'intera storia del federalismo, dal 1787 ai giorni nostri, che ha visto un percorso di progressiva razionalizzazione delle seconde Camere. Tale processo ha trovato negli anni Trenta, in un giurista di origine russa ma che ha vissuto e lavorato in Francia, Mirkine-Guetzevich, il massimo esempio di razionalizzazione del parlamentarismo.

Quella strada forniva chiaramente due indicazioni: la razionalizzazione si può realizzare differenziando i compiti della Camera federale rispetto alla prima Camera, ovvero intervenendo sulla consistenza numerica e sulla proporzione della rappresentanza. Il nostro modello tiene conto di entrambe le indicazioni; quanto al vostro modello, non è ancora definito il processo di formazione delle leggi e dunque non è ancora noto in che modo saranno diversificati i compiti fra le due Camere, ma esso ha sicuramente «deragliato» per quanto concerne la riduzione delle proporzioni nella rappresentanza. Una seconda Camera composta da 252 senatori, infatti, non ha neppure lontanamente le caratteristiche di una Camera federale, di piccole dimensioni ma con una notevole capacità di funzionamento e con una rappresentanza paritaria dei territori. La storia europea insegna che le seconde Camere che funzionano bene sono sempre di piccole dimensioni, mentre state costruendo un carrozzone incomprensibile.

Tutto questo ci porta ad affermare che la vostra la riforma non ha affrontato seriamente la questione del Senato federale. Non vi siete posti la questione centrale: realizzare un luogo dove si eserciti la corresponsabilizzazione di funzioni indivisibili. Ancora una volta avete dimostrato di non aver compreso quali siano gli assi portanti della riforma del Titolo V, che non vi sognate nemmeno di contestare perché non avete la cultura politica istituzionale di contestare fino in fondo.

Quando l'articolo 114 sancisce che la Repubblica è costituita da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato, si realizza una rivoluzione che ha bisogno di una seconda Camera che sia il luogo della rappresentanza, il luogo istituzionale in cui viene esercitata la corresponsabilizzazione di funzioni indivisibili.

È necessario un Senato federale che sia centrale ma non statale, che rappresenti un momento di cooperazione e non di autogestione di questioni locali in sede centrale né di controllo delle attività legislative in sede regionale. Non siete riusciti a realizzare nulla di tutto ciò. Ripeto, avete prodotto un'azione di sindacato, in difesa degli attuali senatori, di una tristezza infinita, che però avrà conseguenze drammatiche per la funzionalità del sistema.

Fuori da quest'aula autorevoli rappresentanti della società civile ci invitano a realizzare riforme che consentano una maggiore funzionalità del sistema, che non è solamente una questione di risorse ma anche di capacità, celerità e razionalità nelle risposte. Voi a tali sollecitazioni rispondete con un pasticcio di questa portata, con un pasticcio di questa levatura!

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 12,35)

GIANCLAUDIO BRESSA. È estremamente triste vedere che questa Camera si avvia così distrattamente a decidere per una Assemblea parlamentare che porterà alla paralisi il sistema legislativo nella nostra Repubblica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Il problema della composizione del Senato federale è ormai avviato a felice soluzione. La sfida concettuale che la Casa delle libertà ha dovuto affrontare è stata difficile ma sostanzialmente è stata vinta. È stata individuata una soluzione in linea, in primo luogo, con la nostra tradizione parlamentare (da sempre profondamente ancorata al bipolarismo perfetto) e, in secondo luogo, con i reali rapporti in essere da decenni tra Stato, regioni e sistema delle autonomie.

Su un aspetto la maggioranza e l'opposizione hanno concordato nel dibattito ma anche nel paese: mi riferisco all'impossibilità di importare nel nostro ordinamento il modello del Senato federale tedesco, il famoso Bundesrat. Da qui è emersa la necessità di trovare una soluzione originale che fosse realmente radicata nella situazione del nostro paese. Questa soluzione che si innesta nella realtà italiana non si ricava da un solo articolo del provvedimento, ma da un complesso di articoli, tutti egualmente necessari per definire il nuovo Senato federale, il suo ruolo e le sue funzioni.

L'articolo 3, che ci apprestiamo a votare, è quindi un mattone di un edificio più complesso; un mattone essenziale, ma di per sé non sufficiente a definire l'architettura del nuovo Senato. Tale architettura è emersa chiaramente nei lavori di questa Assemblea nel settembre appena trascorso ed è emersa attraverso alcune novità di grande peso rispetto al testo a suo tempo approvato dal Senato.

Tali novità sono rilevantissime e di ciò dovrebbe tener conto l'opposizione, se fosse capace di liberarsi dal calcolo elettorale o dalla paura di perdere la sua compattezza e se passasse da un atteggiamento di irrazionale preconcetto e opposizione ad un comportamento che sappia valutare decine di atteggiamenti politici applicando criteri di razionalità nel valutare i singoli provvedimenti.

Le novità di grande peso sono almeno cinque. In primo luogo, l'aver previsto la partecipazione ai lavori del Senato federale di due rappresentanti per ogni regione: uno eletto dal consiglio regionale e uno dal consiglio delle autonomie (è questa la novità specifica che ci apprestiamo ad approvare con l'articolo 3).

L'ingresso nel Senato di questi soggetti favorirà la costruzione di logiche di schieramento non soltanto politico o partitico, ma più propriamente territoriale; dunque, si tratta di un progresso rilevantissimo rispetto al testo precedente. Questa è, infatti, una soluzione in cui si sente la volontà di dare voce diretta alle regioni e agli enti locali, aprendo a modelli che prevedono la rappresentanza diretta di questi ultimi.

Il secondo elemento di grande novità è rappresentato dall'eliminazione della figura del senatore a vita, con la parallela introduzione del deputato a vita, modifica che abbiamo approvato ieri e condivisa, al di là dei risultati dello specifico voto, anche dall'opposizione.

La terza novità è consistita nell'abolizione della circoscrizione Estero per l'elezione del Senato federale; l'abolizione dei senatori a vita e della circoscrizione Estero hanno dato un contributo decisivo all'identità del nuovo Senato federale.

La quarta novità, forse la più importante, è l'introduzione della contestualità piena nell'elezione del consiglio regionale e dei senatori; approfondiremo questo aspetto quando esamineremo l'articolo 6, ma fin d'ora si può dire che questa innovazione rappresenterà una «rivoluzione copernicana» rispetto al testo approvato dal Senato, perché chiarisce, meglio di qualunque altra norma, il rapporto di reciproca autonomia, ma di identico collegamento con le realtà politiche, economiche e culturali dei territori, delle istituzioni regionali e del Senato federale. Autonomia che spingerà necessariamente alla collaborazione e alla sinergia, perché il giudizio degli elettori sarà contestuale e legherà in modo indissolubile i destini dei consiglieri regionali e dei senatori.

La quinta novità è esterna al Senato federale, ma è decisiva per definire ruolo e fisionomia del modello istituzionale adottato: il riconoscimento costituzionale della Conferenza Stato-regioni è contenuto nel nuovo articolo 118, già approvato. La costituzionalizzazione della Conferenza permetterà di scongiurare quanto da molti paventato, cioè un Senato rappresentativo anche delle istanze regionali di natura amministrativa o addirittura gestionale che avrebbe assorbito le funzioni della Conferenza stessa e si sarebbe posto in diretta concorrenza con quest'ultima.

In conclusione, con l'approvazione di questo articolo introduciamo un tassello essenziale di un progetto di riforma complessiva del Senato federale; quindi, un nuovo Senato che costituirà uno strumento efficace per la realizzazione di un federalismo cooperativo e solidale, efficiente ed efficace, come è nelle aspettative e nei desideri di tutti.

In questo difficile compito di individuare una forma originale di Senato federale, di possibile introduzione nel nostro paese, la Casa delle Libertà e Forza Italia, in questo settembre del 2004, hanno dimostrato di avere le risorse delle grandi forze politiche che sanno fare la storia del paese: essere ferme nei principi e nei valori, essere duttili e flessibili nelle soluzioni concrete (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, noi avevamo presentato molti emendamenti nella speranza che ci potesse essere una qualche riflessione, ma prendiamo atto che l'impostazione che la maggioranza ha dato nei lavori del Senato, in prima lettura, non è stata solo un'autodifesa corporativa dei senatori e, in particolare, di quelli della maggioranza, ma è stata proprio la prova di quello che voi intendete costruire.

Voi, infatti, non volete affatto costruire un sistema in cui vi sia una Camera politica e un Senato federale, ma in realtà intendete edificare un sistema con due Camere politiche e poi non sapete bene come ripartire le competenze legislative tra le due Camere.

Questa non è un'opinione, ma è la realtà perché, ancora oggi, noi stiamo aspettando di conoscere la proposta della maggioranza sulla ripartizione delle competenze fra Camera e Senato.

Ma, lo ripeto, la conferma che non si ha l'intenzione di istituire un Senato federale arriva dalla previsione, in prima lettura, di un organo con prevalenza legislativa, ossia il Senato. Ciò è logico e francamente paradossale. Non si è mai visto che una Camera federale abbia prevalenza su quella politica. Voi state realizzando questo sistema, salvo ripensamenti dell'ultimo momento o a meno che non troviate una formula diversa. State per approvare la riforma di un Senato che ha piena competenza legislativa, superiore a quella che dovrebbe avere (almeno per quanto riguarda la prima lettura del Senato), ed una composizione che contraddice le caratteristiche di uno Stato federale.

L'iter di questa riforma costituzionale è pieno di fughe in avanti e di timidi passi indietro; ciò ha riguardato la devolution, l'interesse nazionale e la riduzione dei componenti dei due rami del Parlamento. Al Senato, dopo aver approvato una drastica riduzione, quasi di un terzo, dei membri della Camera dei deputati (si trattava, quindi, di un incisivo intervento), ci avete ripensato; la misura vi è sembrata eccessiva, esagerata ed avete riportato il numero dei deputati a cinquecento. Per il Senato, avete fatto una cosa analoga, riportando i componenti a duecentocinquantadue, senza alcuna logica.

Non si comprende per quale motivo non si riduca l'attuale numero dei parlamentari in maniera coerente con l'impostazione che si vuole dare alla riforma. Si vuole realizzare un Senato federale snello in cui vi sia la rappresentanza degli interessi territoriali delle regioni? Allora, questo Senato deve essere composto da un numero di parlamentari estremamente ridotto. Noi abbiamo proposto di portare il numero dei senatori a centotrenta, massimo centocinquanta; voi lo portate a duecentocinquantadue solo ed esclusivamente per vendervi l'argomento demagogico della riduzione dei parlamentari, senza considerare quanto tale argomento possa far male ed accrescere la già esistente sfiducia nella classe politica di questo paese. Portate argomenti a favore di chi non ha fiducia nella classe politica. Il nostro compito dovrebbe essere invece quello di lavorare in quest'aula per accrescere la fiducia dei cittadini nella classe politica.

Credo che il vostro sia un obiettivo miope e sbagliato. Dovremmo approfittare di quest'occasione importante (dovrebbe essere storica) per costruire una moderna organizzazione della Repubblica che risponda alle esigenze del terzo millennio. A tutti noi è apparsa necessaria la riforma della parte II della Costituzione a seguito dell'ammodernamento del Titolo V, ma, francamente, tutto questo ammodernamento nell'impianto che avete costruito non lo vedo assolutamente. Avete previsto un numero esagerato di senatori rispetto alla natura che dovrebbe avere l'organo ed una ripartizione dei seggi in proporzione alla popolazione delle regioni e non alle regioni, com'è giusto che sia in qualsiasi Stato federale.

PRESIDENTE. Onorevole Marone...

RICCARDO MARONE. Le regioni devono contare nell'organizzazione del Senato in misura paritaria, con qualche correttivo. Non si può prevedere lo stesso criterio che è stato previsto per la Camera. Quindi, esprimeremo un voto contrario sull'articolo in esame (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, voteremo contro l'approvazione della proposta avanzata dalla maggioranza, non per spirito conservativo ma, al contrario, per spirito innovativo.

Abbiamo già ribadito, nei numerosi interventi svolti, come, per differenziare le funzioni tra i due organi, il primo presupposto sia diversificarne la platea elettiva e le modalità di elezione; se ciò non avviene, inevitabilmente si ricade in soluzioni pasticciate e confuse. Si tratta di un principio semplice riguardante l'organizzazione dei sistemi democratici, ed è riscontrabile nella pratica.

Siamo dinanzi, cari colleghi, ad una delle tante conseguenze drammatiche - ne vedremo, purtroppo, ancora, e di più gravi - di un federalismo a discendere anziché ad ascendere. Altro è, infatti, un federalismo che storicamente si produce a partire dall'unificazione di realtà istituzionali, territoriali o, addirittura, statuali, processo nel quale ognuno dei soggetti cede una parte delle proprie caratteristiche e delle proprie potestà in favore dell'esistenza di uno Stato unitario ma federale (ed è il processo costitutivo del federalismo americano); altro è invece seguire la tendenza opposta: partire da uno Stato unitario, che peraltro, come osservava il collega Soda, ri-conosce in Costituzione preesistenti realtà locali, e disarticolarlo a scendere, cadendo, come spesso avviene nel testo in esame, in situazioni assolutamente ridicole.

Questa costruzione del Senato è l'esempio palese di quanto sopra affermato; se si vuole un Senato federale, bisogna partire dal livello elettorale dei Consigli regionali; al di là della questione sui numeri - questione del tutto secondaria, sulla quale peraltro tornerò -, bisogna, infatti, prevedere che, contestualmente all'insediamento dei Consigli regionali, avvenga l'elezione, da parte dei membri, del Senato federale. Altrimenti, non si ha alcun Senato federale.

Quanto voi proponete - basta leggere il testo - è una pura sciocchezza, in termini istituzionali è costituzionali; anche un federalismo discendente avrebbe almeno potuto, onorevole Donato Bruno, tenere conto delle esperienze esistenti più evolute.

Certo, nessun meccanismo, nessun sistema può essere esportato o importato acriticamente; quanti addirittura vogliono esportare la democrazia a suon di carri armati e di bombardamenti dovrebbero stare attenti a tali parole.

Sicché, non si può importare il metodo americano, tantomeno quello inglese, e neppure quello tedesco o francese. Ma di tutti questi - che costituiscono una esperienza storica della costruzione statuale del sistema democratico - si potrebbe anche cercare di cogliere il meglio e non il peggio.

Signor Presidente, Winston Churchill - famoso non solamente per le sue capacità di direzione nel contesto drammatico della seconda guerra mondiale, ma anche per i numerosi detti e aforismi che ci lasciò - dichiarò, una volta, che il sistema democratico è il peggiore dei Governi esistenti, fatti salvi tutti gli altri.

Sostanzialmente, sosteneva una verità molto semplice; la democrazia rappresentativa, per così dire, sarebbe il meno peggio.

Non visse abbastanza, Churchill, per vedere scientificamente verificata la sua ipotesi, il che avvenne con il celebre teorema di Arrow, che dimostrò matematicamente l'impossibilità della perfezione in un sistema di democrazia rappresentativa.

Ciò non significa che dobbiamo fare del nostro peggio. Ciò significa, semplicemente, che dobbiamo rendere migliore la democrazia rappresentativa, integrarla con quella diretta - altrimenti, una democrazia più avanzata non la otterremo mai - ed evitare operazioni scandalose, quali un bicameralismo che da perfetto diventa imperfetto, o «bastardo», nella definizione filosofica del termine che lei mi concederà, signor Presidente...

PRESIDENTE. Onorevole, Alfonso Gianni, lei deve, però, trattenere la sua eloquenza e la sua cultura, per tenerle all'altezza della media dei presenti...!

ALFONSO GIANNI. Concludo, signor Presidente.

Quanto, poi, al problema dei costi, la maggioranza è già caduta nel ridicolo. Vorrei ricordare - e, se non lo si sa, è bene che rimanga agli atti - che, ad un certo punto della discussione in Senato, la maggioranza, per convincere i senatori che non sarebbero più stati tali in seguito alla riduzione del numero dei componenti del Senato, propose addirittura uno «scivolo» di cinque anni, per godere di una consistente pensione, mentre la si toglie a tutti gli altri italiani...

PRESIDENTE. Ed io le devo togliere la parola, onorevole Alfonso Gianni...

ALFONSO GIANNI. Poiché il fatto era troppo clamoroso, rientrò. Ma ciò la dice lunga su come il tema dei costi sia assolutamente ipocrita (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Commenti).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, quando il collega Alfonso Gianni fa riferimenti così interessanti, bisogna che il tempo consenta alla cultura di espandersi...

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara, che è altrettanto colto dell'onorevole Alfonso Gianni, ma spero più contenuto. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Lei è troppo buono, signor Presidente...

Intervengo per annunciare il voto favorevole di Alleanza nazionale, sulla base di alcune considerazioni. La prima è che abbiamo posto fine al bicameralismo perfetto, con l'introduzione del cosiddetto Senato federale. A questo punto, abbiamo visto i colleghi dell'opposizione discettare sul Senato federale e dire che quello che noi votiamo non è federale, non rappresenta il territorio. Abbiamo anche ascoltato l'onorevole Bressa affermare che il loro modello di Senato federale è una proposta seria, autenticamente di tipo federale e radicalmente alternativa.

È giusto che sia i colleghi sia gli italiani sappiano che non c'è, agli atti, alcuna proposta, non solo radicalmente alternativa, ma neppure pallidamente alternativa. Se, infatti, la proposta alternativa è quella che abbiamo esaminato, ossia l'emendamento Bressa 3.19...

MARCO BOATO. Se non è alternativa, perché l'hai votata?

NUCCIO CARRARA. ...bisogna chiarire che tale emendamento è stato sostanzialmente accolto nel testo della maggioranza, in ogni sua parte. Un cenno ne ha fatto anche, giustamente, il presidente della Commissione, nella fase finale dell'approvazione degli emendamenti.

Voglio inoltre ricordare che i colleghi dell'opposizione non hanno neppure previsto - come, invece, hanno lasciato intendere - la partecipazione dei rappresentanti delle autonomie locali, con diritto di voto....

MARCO BOATO. Carrara, leggi l'emendamento, a pagina 10 del fascicolo: vi è il diritto di voto!

NUCCIO CARRARA... perché il loro emendamento prevede che possano partecipare rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali, senza diritto di voto.

Ed allora, dov'è la differenza tra la nostra proposta e la vostra? Qual è la differenza sostanziale e radicalmente alternativa? La verità è che l'opposizione deve sempre sforzarsi di trovare un pretesto di lite. L'emendamento alternativo è quello Bressa 3.19, ho preso anche gli appunti...

Noi ci siamo, dunque, sforzati di andare incontro alle istanze delle opposizioni, quando ragionevolmente abbiamo accettato l'idea che, per rendere il Senato ancor più federale, si potesse consentire ai rappresentanti del territorio di potervi prendere parte. Ci siamo posti anche alcune questioni in ordine alla funzionalità dello stesso Senato, chiedendoci se avessimo riconosciuto il pieno diritto di voto a coloro che vi partecipavano in nome e per conto del territorio. Non abbiamo, dunque, trovato alcuna proposta alternativa.

MARCO BOATO. Non hai letto gli emendamenti!

NUCCIO CARRARA. Scusa Boato, poi interverrai tu!

PRESIDENTE. Onorevole Boato, la prego di lasciar parlare l'onorevole Carrara.

MARCO BOATO. Signor Presidente, se l'onorevole Carrara parla dei nostri emendamenti dovrebbe dimostrare di averli letti!

NUCCIO CARRARA. Altra questione di contenzioso è riferita al numero dei senatori. Anche sul punto abbiamo constatato che, se noi proponiamo un certo numero, è chiaro che tale numero è sempre «basso», perché loro ne troveranno sempre un altro.

Allora, come giustificano ciò, visto che essi hanno un animo nobile e per loro i costi non contano? Lo giustificano in termini di funzionalità, per cui un Senato con duecento componenti sarebbe più funzionale di un Senato con duecentocinquantadue membri. Ciò, ovviamente, sulla base di parametri tutti loro, che non abbiamo la fortuna di conoscere.

MARCO BOATO. Sulla base delle rappresentanze territoriali, non di parametri tutti nostri! Stai almeno ascoltare!

NUCCIO CARRARA. Non ti arrabbiare!

Noi abbiamo utilizzato un criterio europeo, che ci sembra ragionevole. Abbiamo osservato il comportamento degli altri Stati d'Europa con un numero di abitanti grosso modo uguale al nostro ed abbiamo constatato che noi, già oggi, rientriamo pienamente all'interno della media europea con una percentuale di 1,6 parlamentari per cento mila abitanti. Con la nostra riforma, tale rapporto migliorerà raggiungendo l'1,3 per cento e, in Europa, sotto questo profilo, saremo la nazione più virtuosa, se ci paragoniamo agli altri Stati con un assetto istituzionale simile al nostro.

Vorrei fare un ultimo accenno ai costi. Capisco che in proposito i nostri avversari si innervosiscono, ma i numeri sono duri e resistono anche alle osservazioni più faziose. Le opposizioni aprirono il dibattito dicendo che la nostra riforma sarebbe costata tantissimo (senza dire il motivo e sulla base di quali parametri): noi rispondiamo che già la riduzione dei parlamentari (che alla fine sarà di 176 unità) comporterà per ogni legislatura un risparmio di circa 500 miliardi di vecchie lire. Credo che sia una cifra notevole!

Ritengo che il popolo italiano accoglierà questa nostra determinazione e si sentirà soddisfatto, anche perché era stato assunto un preciso impegno elettorale in questa direzione, che oggi è stato onorato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, mi fa piacere intervenire dopo il collega Carrara, e non è la prima volta. Sebbene egli sviluppi ragionamenti assolutamente legittimi con una propria logica, le sue ultime considerazioni sono fortemente omissive: egli, infatti, ha omesso di dire una cosa assolutamente reale, che dovrà essere spiegata al popolo italiano nel momento in cui si terrà il referendum.

Se volete operare un risparmio - che, secondo la vostra logica, è l'unico motivo a sostegno della riduzione del numero dei parlamentari -, perché fate decorrere il vigore di questa norma dal 2011? Perché per altri cinque anni ponete a carico del bilancio dello Stato questo sovrannumero di parlamentari, che deve essere ridotto per ottenere un risparmio? Perché i colleghi della maggioranza non spiegano questo non solamente a noi, ma, in modo particolare, signor Presidente, all'opinione pubblica? Perché, se è così necessario, non attuate un intervento che entri in vigore alla prossima scadenza elettorale (che, se sarà quella naturale, cadrà nel 2006)? Per il semplice motivo che, altrimenti, il Senato non approverà questa riforma! Questa è la verità che va detta agli italiani, onorevole Carrara!

PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, non sia pessimista: Senatus mala bestia, senatores boni viri...

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, anch'io preannuncio con convinzione il mio voto contrario sull'articolo 3, riguardante la composizione del Senato, che credo confermi davvero che non si può parlare di Senato federale.

Cosa sia questa Camera che emerge da tale disegno di legge costituzionale credo debba dirlo la maggioranza che lo propone. Non somiglia al Bundesrat, non somiglia al modello degli Stati Uniti né a quello svizzero, non somiglia neanche al criterio misto di composizione vigente in Spagna, con una designazione che proviene dagli enti delle autonomie territoriali. È una vera anomalia italiana.

Di una cosa do atto al collega Carrara: che abbiamo corretto il bicameralismo perfetto; adesso è imperfetto, anzi direi che è una vera mostruosità di cui vi prendete tutto il merito!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Presidente, noi voteremo contro l'articolo 3. Già il collega Marone e gli altri colleghi dell'opposizione ne hanno spiegato le motivazioni. Ne vorrei aggiungere un'altra, perché è facile fare demagogia fuori da quest'aula e, a volte, anche all'interno di essa, ma resta un dato di fatto.

Abbiamo iniziato questa discussione sulle riforme costituzionali con un voto del Senato che aveva deciso una riduzione del numero dei senatori a duecento e del numero di deputati a quattrocento. A seguito degli emendamenti approvati in quest'aula oggi, avremo una Camera composta da cinquecento deputati, più diciotto eletti nella circoscrizione Estero, e da duecentocinquantadue senatori, più i quaranta aggiuntivi, che così diventano duecentonovantadue.

Il risultato dell'approvazione degli emendamenti voluti dalla maggioranza è che avremo duecentodieci parlamentari in più rispetto a quanto il Senato aveva previsto. Credo che si possa fare ben poca demagogia. Non c'è una riduzione dei parlamentari, ma l'esatto opposto: l'aumento di duecentodieci parlamentari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Anch'io non riesco a trovare motivi sufficienti per esprimere un voto favorevole su questo articolo. D'altronde, come qualche collega ha sottolineato, si tratta della fine del bicameralismo perfetto. Però, mi pare che inauguriamo un sistema del tutto imperfetto, senza una forma precisa e sicuramente pasticciato e privo di una linearità e anche di una sua funzionalità.

D'altronde, questo Senato federale, così come viene nominato, non assomiglia certamente al Senato federale degli Stati Uniti, dove due senatori, in maniera precisa per ogni Stato, vengono eletti. Non assomiglia neppure al Bundesrat della Repubblica federale tedesca, dove i consigli regionali eleggono i propri rappresentanti nel Senato federale.

Mi pare proprio un tira e molla all'italiana, dove la Lega ci mette ancora il titolo, ma il contenuto è ben altro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Preda. Ne ha facoltà.

ALDO PREDA. Nella discussione sull'articolo 3, sul quale voteremo in senso contrario in maniera molto convinta, mi dà un po' noia il ragionamento che è stato fatto in questi ultimi giorni sulla virtuosità legata al numero dei membri del futuro Senato federale dal 2011, senza dimenticare che la democrazia costa e senza fare altri ragionamenti.

L'articolo 3, infatti, è un elemento importante della riforma. Il ragionamento che doveva essere fatto in merito all'adeguamento del sistema bicamerale era necessario anche per razionalizzare la forma di Governo e il sistema delle autonomie locali con alcuni nodi: la rappresentanza territoriale, il vincolo di mandato, la composizione, l'organizzazione del Senato, il sistema di elezione e la contestualità. Forse, abbiamo privilegiato altri ragionamenti e non questi che, probabilmente, toccano l'essenza di questa riforma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, il mio voto non può che essere contrario.

Quella scritta oggi con l'istituzione del Senato federale è una pagina certamente non storica. Ho già detto che a tale Senato manca una chiara connotazione federale nella composizione e il vincolo territoriale, che dovrebbe esserci ed invece non c'è.

Vorrei esprimere la mia solidarietà al collega Emerenzio Barbieri perché ha fatto uno sforzo personale. Tuttavia, lo sforzo dell'UDC, che ne ha parlato per un intera estate, non si è visto! Si sta approvando un mostro con la vostra complicità e con il vostro sostegno (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo solo per lasciare traccia di una fortissima contraddizione presente nell'articolo in esame sia per quanto riguarda la fase transitoria dei senatori a vita, sia per quanto concerne l'inesistenza di un serio collegamento tra i senatori eletti in elezioni contemporanee con i consigli regionali.

Avevo presentato due emendamenti, uno per disciplinare la fase transitoria della nomina dei senatori a vita e l'altro per stabilire che i senatori fossero eletti in collegamento con il presidente della regione. Né l'uno, né l'altro sono stati accolti dalla maggioranza. Quindi, permangono tutti gli elementi di dubbio e di contrarietà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Milana. Ne ha facoltà.

RICCARDO MILANA. Signor Presidente, anch'io non posso che esprimere un voto contrario su questo articolo: è l'ennesimo pasticcio che la maggioranza fa alla ricerca di un equilibrio impossibile tra le posizioni e le varie anime che la compongono. Tale pasticcio viene fatto su un argomento molto delicato: si smonta un sistema che da molti punti di vista andava ritoccato ma non si costruisce nulla di nuovo.

Come hanno già detto altri colleghi, questo modello non è simile a nulla e l'equilibrio dei poteri all'interno del Parlamento non esiste più. Da ultimo, il collega Boccia ha fatto presente come i senatori eletti non in collegamento con i consigli regionali potrebbero non rappresentare pienamente le autonomie locali che dovrebbero rappresentare.

Quindi, non possiamo che continuare ad essere fermamente contrari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.

EMILIO DELBONO. Cari colleghi della maggioranza, leggendo questo articolo mi pare di ricordare quando alle elementari ci davano un titolo e poi si andava fuori tema. In effetti, l'articolo è rubricato «Struttura del Senato federale della Repubblica», ma il contenuto parla d'altro.

Come hanno detto giustamente i colleghi che mi hanno preceduto, non si tratta di un Senato federale perché non ha alcuna analogia con nessun Senato federale del mondo. Non è neanche tradizionalmente una Camera politica come quella che abbiamo conosciuto fino a ieri. È un pasticcio rispetto al quale la Lega dimostra, ancora una volta, di essere stata «bromurizzata». Si tratta di una funzione inutile perché nel testo scompare qualunque possibilità di incidenza da parte del sistema delle autonomie locali nel processo legislativo. Quindi, siamo veramente fuori tema. Bisognerebbe eliminare la parola «federale» dalla rubrica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, in questa Costituzione-Arlecchino che sta emergendo dal dibattito credo che la pezza più colorata sia proprio quella costituita dal Senato federale.

Un Senato che è federale solo nel nome: non si è scelta infatti la strada che sarebbe stata più chiara, che avrebbe potuto essere mutuata dal sistema americano, dove ogni territorio esprime, in un clima di omogeneità nazionale, i suoi rappresentanti; in tal modo, vi sarebbe stata effettivamente una rappresentanza territoriale. Non si è scelto il sistema della designazione, utilizzato in altri paesi, anche europei, che avrebbe consentito di avere, da una parte, la Camera come organo politico, dall'altra parte, un Senato federale come organo di rappresentanza dei territori. Si è scelta invece la strada della demagogia, che ha accontentato un po' tutti all'interno della maggioranza, mentre non si è scelta sicuramente quella che servirà al paese per riscrivere meglio le sue istituzioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

RUGGERO RUGGERI. Certamente nessuno disconosce alla Lega il merito di avere introdotto il tema del federalismo, che è una battaglia politica anche vera. Vorrei però sentire il ministro in merito alla struttura di questo Senato, che è composto da duecentocinquantadue senatori, eletti in ciascuna regione. Ma dove stanno le autonomie? Dove sta il senso del federale? Questo infatti non c'è!

Rispetto quindi ad una politica che si fa sempre più mediatica e rispetto ai contenuti, dove conta di più quello che si dice e che si grida, certamente la Lega ha raggiunto l'obiettivo di poter dire: abbiamo costruito finalmente un Senato federale. Ma di federale, signor ministro, ci sono solo i senatori eletti in ciascuna regione! Dove sta invece il contenuto? Avete quindi raggiunto - per ora - solo un obiettivo mediatico. Sentiremo i veri federalisti, che per fortuna sono presenti ancora all'interno della Lega.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.

EGIDIO BANTI. Il voto contrario sull'articolo 3, che anch'io preannuncio, non può non tenere conto del dibattito che si è svolto. Agli atti del Parlamento rimarranno le proposte emendative che l'opposizione e in particolare il mio gruppo hanno presentato, ma che sono state respinte. Lo dico perché è troppo facile affermare che, votando contro - come qualche giornale titola questa mattina -, votiamo contro la riduzione del numero dei parlamentari. Mi sembra esattamente il contrario!

Sottolineiamo cioè l'illogicità e la contraddittorietà di una navetta parlamentare che, di volta in volta, aumenta il numero dei parlamentari rispetto al testo normativo iniziale, aumentando gli elementi di confusione e di possibile conflitto rispetto a quelli che c'erano nelle letture precedenti. Il rischio è che si vada avanti così. Ovviamente, il voto contrario è sull'insieme del dibattito che è avvenuto ed è espressivo del giudizio fortemente negativo che esprimiamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Anch'io voterò contro questo articolo, che è l'emblema di una serie di modifiche che hanno come motivo fondante quello che alcuni hanno definito un pasticcio, altri un compromesso, mentre secondo me è solo il frutto di ricatti e veti incrociati che si sono scambiati i partiti della maggioranza.

Al di là delle belle parole del collega Barbieri e di tanti colleghi dell'UDC, si è dimostrato che anche la posizione di tale partito all'interno della maggioranza era una posizione farsa, che tendeva a dare l'immagine di un partito che difende alcuni interessi, anche nazionali, mentre in realtà, all'interno di quest'aula, tale partito ha prodotto, insieme a tutti gli altri - con questo articolo e con i voti fino ad oggi espressi sulle cosiddette riforme costituzionali (in realtà sono riforme che stanno distruggendo la Costituzione!) -, uno sfascio (ma era quello che cercavate!), riducendo a pezzi la nostra Italia, attraverso la modifica della Costituzione in un modo così barbaro (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, vorrei annunziare il mio voto contrario sull'articolo 3, sia per le motivazioni già esposte in maniera così adeguata e coerente dall'onorevole Alfonso Gianni, sia perché questo che stiamo per votare non è né un Senato federale, né un Senato regionale, ma un ibrido!

È esattamente l'opposto rispetto alla volontà della maggioranza e di parte dell'opposizione di giungere ad un punto di equilibrio istituzionale derivante dal confronto, dal dialogo, nonché dall'incontro di posizioni opposte.

Per chi, come me ed i colleghi del mio gruppo parlamentare, è decisamente contrario al federalismo, mentre è assolutamente favorevole al decentramento amministrativo, il più ampio possibile, il voto contrario è ancora più convinto (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.

(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Presidente, troppi doppi voti!

RENZO INNOCENTI. Presidente!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 419

Votanti 413

Astenuti 6

Maggioranza 207

Hanno votato 234

Hanno votato no 179).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Fioroni 3.01.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, si tratta di una richiesta che è stata avanzata dall'Associazione nazionale dei comuni italiani. È un po' stupefacente che il collega Osvaldo Napoli abbia ritirato l'articolo aggiuntivo 3.02, mentre il collega Fioroni ha mantenuto il suo articolo aggiuntivo 3.01.

Siamo convinti che sia un'ipotesi da prendere in considerazione. All'interno del Senato federale viene costituita una Commissione federale per le autonomie, la quale ha competenze precise, relativamente all'iniziativa legislativa, sulle materie che investono direttamente le autonomie locali.

Credo sarebbe un gesto di razionalità esprimere un voto favorevole sull'articolo aggiuntivo in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Fioroni 3.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 404

Votanti 401

Astenuti 3

Maggioranza 201

Hanno votato 172

Hanno votato no 229).

Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta, che sospendo brevemente, prima di procedere all'elezione di un Segretario di Presidenza.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,22).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi dispiace intervenire ancora una volta sull'argomento, ma vorrei esprimere considerazioni che - come lei può immaginare - non sono rivolte alla sua persona.

Oggi la ripresa pomeridiana dei lavori parlamentari era fissata per le 15,30, ma le operazioni di voto per l'elezione di un segretario di Presidenza si sono protratte. Abbiamo ripreso i lavori con un certo ritardo; lei aveva convocato la seduta per le 16,15, ma anche in questa occasione i lavori sono ripresi con cinque minuti di ritardo.

Signor Presidente, è inutile soffermarsi sul fatto che il problema non riguarda uno, due, cinque o venti minuti di ritardo: esso attiene all'economia dei nostri lavori delicati e particolari, come ho già avuto modo di dire in altre occasioni. Sono lavori nei quali ciascuno di noi è impegnato anche per tentare di dare un contributo positivo. Come già ho avuto modo di ripetere più volte, si tratta di lavori che la maggioranza non può in alcun modo inquadrare nell'ambito di un atteggiamento ostruzionistico da parte dell'opposizione. Credo, infatti, che ormai sia di dominio pubblico: è chiaro a tutti noi, a lei signor Presidente, ma anche ai colleghi della maggioranza, che nel momento in cui i tempi sono contingentati è difficile, se non impossibile, praticare ostruzionismo. Ritengo che, nel momento in cui vengono contingentati i tempi, la Presidenza, in applicazione del regolamento, consideri l'economia dei tempi utilizzati nel dibattito come qualcosa di prezioso.

Allora, signor Presidente, se siamo tenuti a rispettare il regolamento - e mi riferisco innanzitutto a noi dell'opposizione - e veniamo puntualmente richiamati dalla Presidenza nel momento in cui sforiamo i tempi di cinque o dieci secondi (ad esempio, quando interveniamo a titolo personale), credo che, a prescindere dalla volontà del Presidente di turno, sia necessario anche da parte della Presidenza un assoluto rispetto dei tempi. D'altronde, questo si richiede all'opposizione in un dibattito difficile, che ci vede contrapposti.

Lo ripeto: non mi rivolgo a lei, signor Presidente, ma si tratta di minuti nei quali ci illudiamo che ciascuno di noi possa portare un argomento che potrebbe convincere i nostri interlocutori a rivedere la loro posizione su una materia così importante quale la riforma costituzionale.

La pregherei, signor Presidente, di aiutarci a fare in modo che i nostri lavori siano maggiormente rispettosi dei tempi (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. La ringrazio per la sua «persistenza» rispetto ad un tema così importante. Infatti, il rispetto dei tempi è una regola di precisione ed anche di leale adempimento rispetto alle scadenze che abbiamo di fronte.

La ringrazio anche per aver detto che non si rivolge a me, essendo la Presidenza impersonale: infatti è impersonata ora dall'uno ora dall'altro Presidente di turno.

Devo aggiungere che peraltro, all'orario stabilito per la ripresa della seduta, mi trovavo di fronte alla porta dell'aula, ma vi erano problemi di ordine temporale che impedivano al tempo di essere scandito con la precisione kantiana che lei richiede.

La ringrazio per questo richiamo e credo che la Presidenza ne terrà conto. La sua considerazione non è ingiusta, ma gli adempimenti che hanno preceduto la ripresa della seduta avevano una loro temporalità non facilmente controllabile: infatti, la messa in opera dei «tunnel» predisposti per le votazioni o il comportamento di parlamentari che giungono in ritardo, allungando in tal modo i tempi della votazione, esigono un tempo supplementare, che non si nega nemmeno nelle partite di calcio. Non vorrei che fosse negato proprio in questa circostanza (Applausi).

Comunque, la ringrazio, perché tutto ciò che richiama al regolamento contribuisce anche alla correttezza dei rapporti, che è molto importante.

 

La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,20.

 

Si riprende la discussione.

 

PRESIDENTE. Ricordo che nella seduta di questa mattina è stato votato, da ultimo, l'articolo aggiuntivo 3.01.

 

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 sezione 2).

Nessuno chiedendo di parlare sull'articolo 4 e sul complesso degli emendamenti ad esso riferiti, invito il relatore e il Governo ad esprimere il parere.

DONATO BRUNO, Relatore. Per quanto riguarda il parere sugli emendamenti all'articolo 4, relativo ai requisiti per l'eleggibilità a senatore, si è ritenuto da parte della Commissione di esprimere parere favorevole solo sull'emendamento Elio Vito 4.200, lasciando immodificato il testo della Commissione, così com'era stato deciso, con l'unica variante di portare da venticinque a quarant'anni l'età per coloro che vogliono diventare senatori della Repubblica. Pertanto, il parere è contrario su tutti gli altri emendamenti.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione.

Il parere del Governo è conforme a quello del relatore, signor Presidente.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 4.4.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Grazie, signor Presidente. Nel dibattito di oggi, nonostante tutto è emersa una verità: ci stiamo sforzando almeno di modernizzare lo Stato e abbiamo dato vita ad un Senato federale che oggettivamente e incontrovertibilmente segna alcuni punti di assoluta novità.

La novità non sta soltanto nella riduzione del numero, che è notevole ed in controtendenza rispetto a quanto sta avvenendo in Europa. Si pensi, per esempio, alla Francia, che l'anno scorso ha deciso di aumentare di venticinque unità il numero complessivo dei senatori. Noi, invece, abbiamo già votato un articolo che ne diminuisce il numero, portandoli a duecentocinquantadue.

Altro elemento di novità - com'è stato detto - è la partecipazione ai lavori del Senato di rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali. Altra novità ancora, che nessuno ha sottolineato, è che si è portata l'età dell'elettorato attivo a diciotto anni sia per la Camera sia per il Senato. Per la Camera l'età per votare era già di diciotto anni, ma i colleghi sanno che nel testo vigente si può votare per l'elezione del Senato a venticinque anni.

A questo punto, dovremmo parlare di un elemento che non è di novità ma di conservazione, cioè i quarant'anni per l'elettorato passivo. In realtà, si è sviluppata parecchio la riflessione su questo argomento. Lo testimonia il fatto che il testo della Commissione aveva proposto la riduzione dell'età per l'elettorato passivo a venticinque anni. Non è casuale che alla fine si è deciso, come maggioranza, di riportare l'età per l'elettorato passivo a quarant'anni. All'epoca, quando venne votata la Costituzione entrata in vigore nel 1948, i quarant'anni servivano, quanto meno, per introdurre un minimo di differenza tra le due Camere.

Oggi il bicameralismo perfetto non c'è più, però, alla fine, abbiamo concluso che i quarant'anni sono un limite di età ragionevole, perché il presupposto per accedere alla carica di senatore, che si vorrebbe fosse quello più importante, è quello di avere alle spalle un cursus onorum, una carriera politica, magari di rappresentanza, presso le regioni e gli enti locali. Quindi, è inevitabile che, volendo spingere in tale direzione, sia opportuno mantenere il limite dei quarant'anni in modo che il Senato sia composto da persone che abbiano maturato un'autentica esperienza nel proprio territorio come amministratori locali o consiglieri regionali.

In conclusione, ritengo che tale norma risulterà di grande equilibrio, pur mantenendo fortemente lo spirito di novità e di modernizzazione del nostro assetto istituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, con l'emendamento soppressivo l'opposizione vuole eliminare uno degli elementi qualificanti di questa riforma. I requisiti per l'eleggibilità a senatore nel Senato federale della Repubblica rispondono, a nostro avviso, agli elementi fondamentali del federalismo che stiamo introducendo in Costituzione.

Per diventare senatore del Senato federale della Repubblica bisogna aver maturato un'esperienza amministrativa a contatto con il territorio. Infatti, uno degli elementi qualificanti della riforma è proprio il collegamento con il territorio, con le istanze delle autonomie locali quali le regioni, le province, i comuni, le città metropolitane. Si tratta degli enti amministrativi fondamentali nella vita della nostra Repubblica. Ecco perché vogliamo che tale legame sia forte e costituisca uno dei requisiti previsti per partecipare alle elezioni come candidato al Senato federale della Repubblica.

Oltre al limite di età dei quarant'anni - come è stato bene esplicitato dal collega Carrara - un altro elemento fondante è proprio quello del legame con il territorio. Il territorio, dunque, troverà all'interno del Senato federale della Repubblica un momento di alta partecipazione, con esponenti che avranno una sensibilità forte nei confronti del territorio stesso.

Il Senato federale - lo vedremo esaminando l'articolo 13 riguardante la formazione delle leggi - avrà un ruolo fondamentale. In particolare, dovrà esaminare i disegni di legge concernenti la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117. Dunque, il Senato deve essere formato da persone che conoscano il territorio e le amministrazioni che sul territorio portano avanti le istanze più vicine ai cittadini.

Ecco perché non riusciamo a comprendere il tentativo da parte dell'opposizione di sopprimere l'articolo 4, in cui vengono esplicitati i requisiti per l'eleggibilità a senatore. A mio avviso, i colleghi del centrosinistra dovrebbero ritirare l'emendamento soppressivo in esame, che andrebbe ad incidere fortemente sulla riforma federale della nostra Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, richiamo l'attenzione della Commissione e del Governo nella speranza che tale parte della riforma possa essere riesaminata. Il testo licenziato dal Senato prevedeva che per essere eletti al Senato si dovessero avere quarant'anni di età.

La Commissione in sede referente della Camera dei deputati ha ridotto i quaranta anni a venticinque anni. Fra poco, dovremo votare l'emendamento Elio Vito 4.200, che riporta tale requisito dell'età a quaranta anni. Al riguardo, ritengo che la Commissione in sede referente abbia svolto un buon lavoro, abbassando tale requisito di età, perché il vecchio Senato (quello attuale, in base alla vigente Costituzione) era considerato una Camera alta, dunque con un corpo elettorale diverso da quello...

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, la invito a concludere.

TEODORO BUONTEMPO. Pertanto vorrei far presente a coloro che hanno presentato l'emendamento soppressivo in discussione che, qualora esso venisse approvato, si tornerebbe al requisito dei quarant'anni, perché si eliminerebbe quanto proposto della Commissione.

PRESIDENTE. Si dice che la vita comincia a quarant'anni!

TEODORO BUONTEMPO. Vorrei votare a favore dell'emendamento, per gli altri aspetti in esso contenuti, ma poiché preferisco il requisito dei venticinque anni, ritengo sia meglio che il testo resti quello attualmente in essere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. In effetti è difficile comprendere le ragioni di questo emendamento, così come del complesso dell'articolo 4, sui requisiti per l'eleggibilità a senatore, come esso risulterà dal testo emendato dalla maggioranza, quindi dovremmo dire dal testo autoemendato, secondo lo stile autocratico che si sta seguendo in tutta la riforma.

Faccio notare che il testo dell'articolo 4 prevede l'eleggibilità a senatore di una regione per gli elettori che hanno compiuto i quarant'anni - come risulterà a seguito dell'approvazione dell'emendamento Elio Vito 4.200, sul quale vi è il parere favorevole della Commissione - ed hanno ricoperto o ricoprono cariche pubbliche elettive in enti territoriali locali o regionali, all'interno della regione, o sono stati eletti senatori o deputati nella regione o risiedono nella regione alla data di indizione delle elezioni. Ho voluto richiamare l'attuale formulazione del testo per dar conto di alcune inesattezze ascoltate da parte del collega Carrara, che sono state usate a sostegno di questa innovazione. Iniziamo dal primo punto, quello dell'età. Francamente non è affatto vero che riportare a quarant'anni il limite di età per l'elezione a senatore sia il logico risultato di quello che vorrebbe essere l'esplicazione di un cursus honorum, svolto attraverso l'esercizio di funzioni di rappresentanza elettiva in ambito locale (nei comuni, nelle province e nella regione).

Non è vero - stando al testo della maggioranza -, perché nell'articolo 4, come credo di aver ricordato ai colleghi con la lettura del testo, si prevedono delle fattispecie disgiuntive, nel senso che possono essere eletti senatori coloro che hanno ricoperto cariche pubbliche o che risiedono, alla data di indizione delle elezioni, nella regione. Quindi, non è necessario aver ricoperto cariche elettive; si può anche essere semplicemente residenti nella regione. Se così stanno le cose, l'argomento usato dal collega Carrara è del tutto sbagliato, inconferente, improprio. Vi è semplicemente una previsione di stampo conservatore del limite di età di quaranta anni, senza alcuna ragione plausibile. Si può invocare la tradizione, ma bisognerebbe tenere conto della realtà, visto che stiamo procedendo ad un ammodernamento della Costituzione e delle regole istituzionali.

Una prima obiezione, nel motivare la nostra contrarietà nei confronti di questa previsione, è che non vi è alcuna ragione per differenziare i limiti di età richiesti per l'eleggibilità nella Camera politica nazionale, la Camera dei deputati, e nella Camera di rappresentanza dei territori.

Non si capisce il motivo per cui si può essere eletti a ventuno anni nella Camera dei deputati, mentre è necessario avere quarant'anni per essere eletti nella Camera di rappresentanza dei territori. Non ne è stato spiegato il motivo, che credo sia palesemente in contrasto con l'evoluzione delle cose, in particolare con il fatto che vogliamo una partecipazione consapevole e matura dei giovani alla politica e che la suddetta partecipazione e le funzioni di rappresentanza possano essere espresse nella Camera nazionale, vale a dire nella Camera dei deputati, e, ugualmente, in rappresentanza dei territori, ammesso che si tratti di una rappresentanza territoriale. Non vi è alcuna ragione, neppure logica, per una differenziazione dei limiti di età tra le due Camere così forte come quella che la maggioranza vuole proporci ed anche imporci.

Inoltre, vorrei esprimere alcune considerazioni a sostegno dell'emendamento, su cui interverremo tra breve, con il quale si prevede che il requisito della residenzialità (si richiede la residenza nella regione alla data di indizione delle elezioni) sia accompagnato da un limite di tempo. Noi proponiamo che si risieda nella regione da almeno centottanta giorni per evitare quel fenomeno, spesso deprecato, ma anche in modo ipocrita, dei candidati paracadutati nei vari collegi. Pertanto, se deve esservi almeno un elemento di collegamento territoriale, come è giusto che avvenga, sarebbe più corretta la previsione di un limite (almeno centottanta giorni) per la residenza nella regione nella quale si viene eletti.

Anche tale articolo è il segno di un pasticcio, di una confusione, perché non si segue alcun modello. Si poteva virtuosamente seguire la strada spagnola, per esempio, dove vi è una rappresentanza di consigli e di giunte. In questo caso, vi è un ingiustificato ritorno al passato, con la previsione dell'aumento dell'età in un modo assolutamente inconsapevole e senza alcun collegamento territoriale tra i requisiti soggettivi e la rappresentanza. Lo abbiamo visto ...

PRESIDENTE. Onorevole Mantini, è stato molto chiaro.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, abbiamo presentato un emendamento soppressivo di ogni articolo, a prescindere dal contenuto dell'articolo stesso, perché riteniamo che anche una buona norma, se inserita in un contesto sbagliato, è una norma che non può funzionare.

NUCCIO CARRARA. È irrazionale!

RICCARDO MARONE. Questo è il motivo per cui su ogni articolo abbiamo presentato un emendamento soppressivo. In questo caso, al di là dell'impostazione di carattere generale, vi sono alcune ragioni specifiche a supporto delle mie considerazioni.

Una di queste è la vostra decisione di riportare i limiti di età a quarant'anni. Non vi è alcuna giustificazione logica in ciò. Ho ascoltato, al riguardo, le argomentazioni dell'onorevole Carrara, le quali potrebbero valere se nel testo non vi fosse un «o» disgiuntivo, vale a dire se vi fosse la possibilità di candidare solo coloro che hanno ricoperto cariche elettive. In questo caso, si deve presumere che un minimo di età ci voglia.

Poiché, però, basta essere residenti in una regione, l'argomentazione dell'onorevole Carrara è completamente fuori posto, perché prevedete, come requisiti di eleggibilità, di elettorato passivo, o l'aver ricoperto cariche pubbliche nella regione o l'essere residenti nella stessa.

Mi dovete allora spiegare perché per un soggetto residente nella regione debba valere la previsione della notevole età di quarant'anni.

In qualsiasi paese del mondo ormai si va verso un abbassamento dell'età della classe politica, noi invece continuiamo in controtendenza a produrre norme di conservazione di un gruppo politico esistente. Questo è sbagliato: è un'autoconservazione, non ha alcuna logica e per questo motivo siamo profondamente contrari.

Vorrei poi segnalare un ulteriore problema che emerge da questa norma. Nel momento in cui prevedete che possano essere eletti coloro che abbiano ricoperto o coloro che ricoprono cariche elettive, voi rendete, se dovesse essere approvato questo testo, immediatamente incostituzionali tutte le norme che prevedono le ineleggibilità attualmente esistenti nell'ordinamento.

In base a questa norma un sindaco si potrà candidare, mentre attualmente un sindaco non può farlo, in quanto vi è una norma sulle ineleggibilità che non lo consente. State modificando notevolmente il quadro di partecipazione e di elettorato passivo; state eliminando importanti cause di ineleggibilità; utilizzare infatti il termine «ricoprono» significa dire che qualsiasi soggetto sia in carica - credo anche il presidente della giunta regionale, a meno che la incompatibilità non sia prevista in un'altra parte della Costituzione -, e che attualmente è ineleggibile e non si può candidare, con questa norma diventerebbe soggetto titolare dell'elettorato passivo. Infatti, non si dice «che abbiano ricoperto» e quindi non occorre rimuovere la causa prima delle elezioni; si dice invece «ricoprono» e dunque ciò vuol dire che si può essere in carica.

Invito ad una riflessione: non so se questa scelta sia voluta, «comunque» si tratta di una formulazione che avrebbe come conseguenza - ve lo segnalo - la illegittimità costituzionale, qualora venisse approvato questo testo, delle norme che prevedono le attuali ineleggibilità delle cariche elettive.

Ripeto l'invito alla riflessione: se questa scelta è voluta, allora, ovviamente, noi non siamo d'accordo ma andrebbe bene per voi, se invece non è voluta, credo sia opportuna una pausa di riflessione.

Tutte queste ragioni ci spingono a ritenere che questi requisiti per l'eleggibilità a senatore non vadano bene, anche se devo dire che sono perfettamente coerenti con la vostra impostazione del Senato, perché non avete alcuna intenzione reale e vera di costituire un Senato federale, nel quale le limitazioni di età non avrebbero alcuna giustificazione.

Qualcuno ci dovrebbe spiegare perché voi mettiate queste limitazioni, a meno che non si tratti di autoconservazione dei senatori attualmente in carica. È chiaro che, lasciando un limite di età elevato, si ridurrebbe la concorrenza.

Mi auguro - e voglio sperare - che la vera ragione non sia questa; non ci avete spiegato però qual è la vera ragione: noi comunque siamo contrari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, questo articolo, di cui auspichiamo la soppressione, evidenzia, se ancora ve ne fosse bisogno, l'incongruità del sistema proposto dalla maggioranza. Si potrebbe dire «qui casca l'asino», perché la figura anomala, inefficace, e anche un po' astrusa giuridicamente, di Senato federale che la maggioranza ha immaginato e fatto votare, respingendo anche ogni confronto basato sul buon senso e sulla ragionevolezza (si è passati, per così dire, dalla tremontiana «finanza creativa» ad una specie di procedura costituzionale «creativa»), ha partorito questa sede parlamentare che al contempo, colleghi, è senza identità politica e senza rappresentanza territoriale, come abbiamo tentato di dimostrare.

Esaminiamo, infatti, anche letteralmente ciò che recita l'articolo 4. Alcune osservazioni venivano fatte poco fa anche dal collega Marone.

Innanzitutto, vi è il passaggio dai venticinque ai quaranta anni di età che, attraverso un successivo emendamento, la maggioranza impone rispetto al precedente testo approvato in Commissione. Inoltre, per quanto riguarda l'elettorato passivo, l'articolo in questione afferma testualmente che sono eleggibili a senatori di una regione gli elettori che hanno compiuto i quaranta anni di età e che hanno ricoperto o ricoprono cariche pubbliche elettive. Questa, in qualche modo, mi sembra una incredibile motivazione per relationem - per usare l'espressione tipica di un giurista - che restringe il bacino dell'elettorato passivo. L'articolo poi continua affermando che tali cariche pubbliche elettive debbono essere ricoperte - o essere state ricoperte - in enti territoriali locali o regionali. In questo caso, tra l'altro, andrebbe anche spiegato cosa si intende per enti territoriali locali o regionali; ci si riferisce cioè agli enti territoriali o agli enti autarchici territoriali? È questa una distinzione che il nostro legislatore costituzionale - come dire - riesce in qualche modo a dimenticare pur di far quadrare il cerchio. Infine, l'articolo termina precisando - ecco un'altra chicca - che possono essere candidati anche coloro i quali sono stati eletti senatori o deputati nella regione o risiedono nella regione alla data di indizione delle elezioni. Noi sosteniamo che questa composizione - il disposto dell'articolo 4 - dimostra l'incongruità dell'articolo 3 su cui altri colleghi e colleghe si sono pronunciati ieri e stamattina. Tale sistema elettorale conferma che questo luogo, questa sede istituzionale, non ha né identità politica né rappresentanza territoriale; infatti gli interessi regionali sono già identificati nel nostro paese. Perché allora la rappresentanza di tali interessi nell'istituzione rappresentativa nazionale - il Senato - non viene seriamente e pienamente attribuita agli organi cui è costituzionalmente riconosciuta? Colleghe e colleghi della maggioranza, sto facendo riferimento all'articolo 121 della Costituzione. Perché nel federalismo tedesco, di cui tanto abbiamo discusso ieri e questa mattina, si rifiuta poi la suggestione principale e caratterizzante - quella che attribuisce ai presidenti degli enti esponenziali delle realtà territoriali (i Länder, corrispondenti alle nostre regioni) - e cioè la funzione di rappresentare, nell'istituzione che, appunto - come sappiamo - vuole essere rappresentativa sul piano nazionale, tali realtà? La verità è che la maggioranza abbina funzioni diverse per natura e per fini. Si attribuisce all'organo che dovrebbe rappresentare gli interessi regionali un compito improprio che è opposto alla sua ragion d'essere: questo è l'aspetto astruso e mistificatore di cui parlavo all'inizio del mio intervento; non a caso, guardiamo al sistema dei Länder che, invece, hanno una loro composizione ed una loro correttezza. La loro composizione è diretta da membri di governo dei Länder che li nominano e li revocano. Ogni Länder, infatti, dispone di tre rappresentanti che diventano quattro se si ha a che fare con due milioni di abitanti, cinque con sei milioni di abitanti, sei con sette milioni di abitanti: il sistema poi è quello rigido della Camera alta. Ogni regione, cioè, ha un numero di voti indivisibile secondo classi di grandezza in modo da impedire, comunque, che poche regioni più forti possano avere sempre la maggioranza: piaccia o no, questo è un sistema costituzionale. A tale sistema - ovviamente adeguato all'equilibrio costituzionale italiano - si rifà (non certamente per esterofilia, ma per scelta di un modello) la nostra proposta emendativa, ribadita - per le modalità dell'articolo 4 - nell'emendamento successivo presentato dalla collega Mascia e dal collega Giordano che illustreremo. La nostra proposta emendativa propone il Senato delle regioni eletto con elezioni di secondo livello: quindi senatrici e senatori risulteranno eletti da ciascun consiglio regionale nell'ambito della prima seduta utile in ragione del numero dei seggi loro assegnati e proporzionalmente alla consistenza dei gruppi regionali. Così si delinea una sede istituzionale che può essere sede di compensazione di un confronto serrato fra le varie forme ed i vari ordinamenti e nello stesso tempo di reale rappresentanza dell'ordinamento regionale. Altrimenti il sistema non funziona.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti (Commenti della Lega Nord Federazione Padana)... Scusate colleghi, ma ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, sarò breve anche perché vedo che i colleghi della Lega sono ansiosi di votare.

Vorrei aggiungere anch'io la mia voce al coro di contestazione, che ritengo sia fondato e non strumentale, su questo articolo 4, che modifica l'articolo 58 della vigente Costituzione e che prevede i requisiti di eleggibilità a senatore.

Sono convinto che in questa occasione vi sia un ulteriore tentativo di introdurre qualche dispositivo di carattere federale, inserendo il concetto della contestualità piena per quanto riguarda l'elezione dei senatori. Inoltre, si prevedono alcune limitazioni del diritto all'elettorato passivo per giustificare qualche radicamento nel territorio.

Tuttavia, ciò non solo non raggiunge tali obiettivi, anzi li lascia assolutamente non risolti, ma introduce elementi di contraddizione e di disparità. Infatti, non si riesce a comprendere perché si debbano avere quarant'anni per essere eletti senatori e come mai debba sussistere il requisito della residenza.

È una norma che non ha alcun senso, se non quello di far apparire serio ciò che serio non è.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 4.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 440

Votanti 437

Astenuti 3

Maggioranza 219

Hanno votato 193

Hanno votato no 244).

Avverto che l'emendamento Mascia 4.1 è precluso.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 4.7.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. La finalità del presente emendamento è, in primo luogo, quella di confermare la decisione, assunta da tutta la Commissione lo scorso luglio, di stabilire quale limite di età per l'elegibilità a senatore i 25 anni - rispetto ai quali vi è stato un ravvedimento improvviso della maggioranza - e, in secondo luogo, quella di prevedere un radicamento della residenza con riferimento a coloro che devono candidarsi.

Prima stabilite un criterio molto forte quando si tratta di individuare coloro che sono stati amministratori in enti locali - l'onorevole Carrara ci ha spiegato che deve trattarsi di persone che devono aver acquisito grande esperienza sul territorio - e poi prevedete la via d'uscita, la valvola di sicurezza per non scontentare nessuno, stabilendo che tali soggetti debbano risiedere nella regione. Ciò per continuare nella cattiva abitudine di candidare le persone nei collegi sicuri.

Dunque, si può smentire facilmente la prima parte del comma che richiede una forte esperienza amministrativa su quel territorio, in quanto basta essere residente nel territorio di quella regione al momento delle elezioni per potersi candidare.

In questo modo, basterà spostarsi un mese prima sapendo della scadenza elettorale, trasferendo la residenza in un'altra parte d'Italia e, improvvisamente, si diventerà esperti di quel territorio, che magari neanche si conosce, ma che rappresenta un collegio sicuro per essere eletti.

Tutto questo non può funzionare. Non può funzionare in una Camera politica, anche se in questo caso l'esempio non è del tutto felice, perché la rappresentanza politica vale su tutto il territorio nazionale e, quindi, il problema è meno avvertito. Non può però funzionare, a maggior ragione, per il Senato federale, dove invece la rappresentanza ha carattere territoriale. Allora avevamo previsto almeno un livello minimo di radicamento, grazie ad una norma che non rendesse strumentale ai soli fini elettorali la residenza in una determinata zona.

Con l'emendamento in oggetto, su cui la Commissione ha espresso parere contrario, abbiamo quindi previsto che si risieda nel territorio della regione da almeno centottanta giorni, ovvero da un periodo precedente alle trattative sulle candidature che normalmente intercorrono tra i partiti. È infatti difficile che si possa conoscere con centottanta giorni di anticipo il proprio collegio e quindi in tal modo, aumentano le possibilità che la candidatura avvenga laddove si è radicati storicamente e si può effettivamente ben rappresentare il territorio all'interno del Senato.

Rispetto a tale ovvia norma, avete espresso parere contrario e vi accingete a respingerla. Con la formulazione che vi apprestate ad approvare non state però creando alcuna rappresentanza territoriale, perché chiunque potrà candidarsi dove vuole. Allora dovete dirci quanto effettivamente sarà federale il nuovo Senato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, mi collego direttamente all'intervento dell'onorevole Marone. La grande territorialità che siete riusciti ad esprimere in questa seconda Camera si risolve in una gigantesca bolla di sapone.

In un intervento assai appassionato dell'onorevole Carrara, in attesa che si facesse più folta la presenza dei suoi colleghi in aula, abbiamo ascoltato parole alate sul nuovo modello di Senato e sulle caratteristiche necessarie per rappresentare al meglio i rispettivi territori di appartenenza. Abbiamo sentito che esiste un grande afflato di modernità nel nuovo testo, talmente moderno che, non più tardi di qualche settimana fa, in sede di Commissione, avevate deciso che un venticinquenne poteva essere eletto senatore, ma poi, improvvisamente, sempre sulla spinta della modernità, siete tornati alla norma che stabilisce in quaranta anni l'età per diventare senatori.

Le argomentazioni messe in campo sono molto poco convincenti; la più convincente in assoluto resta quella che la beneamata accolita dei senatori in carica continua a giocare sulla difensiva... Pertanto, si può immaginare che la soglia minima dei quarant'anni per l'elezione a senatore riesca in qualche modo a restringere la platea dei possibili concorrenti. Quindi, se la fanno, se la raccontano e se la cantano, ma per favore non contrabbandiamo il nuovo testo come un afflato di modernità...!

E anche la vostra territorialità si è risolta in poco o nulla. Sempre nel suo memorabile intervento, l'onorevole Carrara ha ricordato come fosse molto importante avere una grande esperienza amministrativa. Vivaddio, stiamo parlando di un Senato federale! Sono i territori a dover essere rappresentati, non generiche istanze politiche. È la terra, la gente che vi abita a dover essere eletta! E cosa si fa, per dare garanzia alla gente di quella terra di essere eletta? Si stabilisce che i candidati devono aver ricoperto cariche nei consigli regionali, provinciali e comunali, devono essere deputati e senatori in carica o risiedere in quella regione. Se andiamo alla clausola minima, quella di dissolvenza della territorialità del vostro modello, ci accorgiamo che è ben poca cosa la residenza in quel territorio per poterne rappresentare le istanze da un punto di vista federale.

Non dobbiamo mai dimenticare che stiamo parlando della seconda Camera, vale a dire della Camera che rappresenta i territori. Ebbene, per essere eletti è sufficiente essere residenti da qualche settimana per rispondere al requisito del radicamento nel territorio e rappresentare degnamente una regione presso la Camera federale.

Neppure l'ipotesi di prevedere il requisito della residenza da almeno centottanta giorni è in grado di garantire la piena rappresentatività delle istanze territoriali, ma, quanto meno, ha il pregio di allineare i termini con quelli previsti in materia di ineleggibilità dalle leggi ordinarie vigenti per l'elezione della Camera e del Senato: chi decide di diventare senatore di una terra, lo decida almeno con centottantuno giorni di anticipo. Non è una previsione pienamente soddisfacente, ma quanto meno consentirebbe di evitare «paracadutismi» nei collegi senatoriali, che - ripeto - eleggono i membri della Camera federale.

L'emendamento in esame, ispirato alla logica della riduzione del danno, propone due elementi correttivi: il ripristino dell'età minima di venticinque anni per l'elettorato passivo al Senato e la previsione di una parvenza di serietà per quanto riguarda la residenza in una regione quale requisito di eleggibilità a senatore della regione stessa. Si tratta di ben poca cosa, che quasi ci vergogniamo ad illustrare, ma è sicuramente molto rispetto al testo proposto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intervengo per sottolineare che non siamo particolarmente appassionati alla questione della residenza, in quanto riteniamo che ciò non sia assolutamente risolutivo per stabilire la relazione fra gli eletti e il territorio. Va da sé che, se deve essere utilizzato tale criterio, l'emendamento sottoscritto dai colleghi del centrosinistra è sorretto da una ragione oggettiva. Si tratta, infatti, di un parametro quanto mai labile e non sufficiente a determinare il rapporto con il territorio. Andrebbe scelto almeno un criterio oggettivo, quale quello previsto dai colleghi del centrosinistra, con l'adeguamento del termine per la residenza a quello già previsto, di centottanta giorni, dalle leggi ordinarie in materia di ineleggibilità.

L'aspetto più rilevante dell'emendamento in esame è tuttavia quello relativo all'età. Ritengo che i colleghi della maggioranza abbiano difficoltà a motivare le ragioni per cui, dopo l'abbassamento del limite di età a venticinque anni deliberato dalla Commissione, si proponga oggi di tornare al limite di quaranta anni. Il limite di venticinque anni era stato comunque considerato da parte nostra insufficiente: le due Camere, infatti, pur assumendo competenze diverse, non sono poste in una posizione di supremazia l'una sull'altra. Al contrario, la storia della Camera e del Senato ha portato a differenziare l'età per l'esercizio dell'elettorato passivo: una volta il Senato era la Camera alta, nella proposta di riforma non solo non lo è più, ma addirittura si sgancia dal rapporto fiduciario con il Governo.

Dunque, al di là del modo in cui verrà definito il procedimento legislativo, che determinerà una serie di incongruenze nei rapporti fra le due Camere, per l'accesso alla Camera che ha la pretesa di essere espressione territoriale non può che essere mantenuta la stessa età prevista per l'accesso alla Camera dei deputati.

In questo caso, grazie all'emendamento approvato ieri, l'età necessaria per essere eletti alla Camera dei deputati è fissato a ventun anni. Noi avevamo sostenuto che tale limite di età dovesse essere di diciotto anni. Riteniamo inoltre che questa sia l'età giusta anche per essere eletti quali rappresentanti territoriali; e tanto più lo è nella misura in cui, fra i requisiti proposti dalla maggioranza, vi è quello considerato prevalente: essere già stato eletto quale rappresentante di un ente locale.

Tutto ciò, naturalmente, comporta che vi saranno dei presidenti di regione, dei sindaci o dei consiglieri comunali di diciotto anni di età. Ebbene, tali signori, che potranno essere eletti al governo della cosa pubblica o legiferare in una regione importante, non potranno essere eletti al Senato, lo stesso organo che pretende di essere un Senato cosiddetto federale.

Inoltre, non ha alcuna giustificazione logica il motivo per cui questa maggioranza è costretta a riportare a quarant'anni il limite di età per essere eletti al Senato. Si tratta in realtà di una richiesta giunta espressamente dai senatori. Penso che questo nulla abbia a che vedere neanche con le ipotesi di sistema parlamentare che ognuno di noi ha privilegiato (che sono contestabili e discutibili sotto altri aspetti).

Quella in oggetto è una norma che non si giustifica in nessun'altra maniera; non ha alcuna spiegazione logica se non l'esigenza di tutelare se stessi, quasi come una sorta di conservazione della specie, di condizione posta dai senatori per poter condividere un testo che la maggioranza ha la pretesa di definire in modo assoluto e definitivo. Si ha la pretesa che il testo approvato da questa Camera sia lo stesso di quello approvato al Senato per prevedere, così, una procedura veloce. Tale iter, comunque, si potrà concludere per parte nostra solo con un referendum.

In ogni caso, credo che il rigore e la serietà che dovrebbero essere propri di una norma presente in Costituzione dovrebbero accompagnarsi alla coerenza dal punto di vista della sostanza, che in questo caso nessuno credo sia in grado di giustificare.

Consideriamo il secondo requisito, la residenza, come un elemento di buonsenso che, però, è per noi indifferente dal punto di vista del modello che ci si propone.

Riteniamo che questo emendamento debba essere assolutamente approvato soprattutto per la questione del limite di età (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor presidente, neppure nella Camera dei Lord, in Gran Bretagna, dove si diventa senatori per nomina, è necessario avere quarant'anni (Commenti del deputato Rizzi)!

Non riesco a capire, allora, come si possa ricoprire la carica di governatore eletto dal popolo avendo diciotto anni, con i poteri che stiamo prevedendo per questa carica, né comprendo come si possa svolgere il ruolo di assessori al bilancio di una regione come la Lombardia, il Lazio o la Campania, a diciotto, diciannove o venti anni...

CESARE RIZZI. E allora?

TEODORO BUONTEMPO. ...mentre per fare il senatore - che i governatori possono mandare a casa - ne occorrono quaranta! Se il governatore si dimette, non solo si scioglie il consiglio regionale, ma vanno a casa anche i senatori di quella regione e si tengono nuove elezioni. Pertanto un governatore di vent'anni può mandare a casa un intero consiglio e un gruppo senatoriale, mentre ne occorrono quaranta per essere eletti senatori! Lo vogliamo dire, onorevoli colleghi?

Spero che la Commissione rifletta su ciò. Questa norma di autotutela dei senatori - perché si ha paura che non votino quando questo progetto tornerà al Senato - è indecente (Applausi di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

Il presidente Bruno e i membri della Commissione, senza stimolo alcuno ma per loro equilibrio e intelligenza, avevano previsto nel testo il limite di venticinque anni. Allora non è possibile, non è accettabile, non è ipotizzabile un tale ricatto...

LUIGI OLIVIERI. Questa è la verità!

TEODORO BUONTEMPO. ... perché chi è senatore oggi, infatti, vuole sostenere che solo egli si potrà candidare (anche se si è trasferito sul territorio soltanto un mese prima delle elezioni) mentre gli assessori o quei presidenti che, magari, hanno amministrato 5 milioni di persone non si potranno candidare! È indecente! Spero in un ripensamento.

Nel frattempo voterò a favore di questo emendamento che fissa a venticinque anni il limite di età per essere eletti senatori. A meno che, come detto, non vi sia un ripensamento su tutta la materia!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, in questo emendamento ci sono due punti che io terrei distinti: uno riguarda la questione del requisito dei venticinque anni che, ovviamente, ci trova d'accordo; l'altra questione, invece, riguarda il requisito della residenza da almeno centottanta giorni.

Mi rivolgo ai colleghi del centrosinistra, perché siamo tutti d'accordo sul fatto che, rispetto all'impianto complessivo di questa controriforma, non c'è possibilità di confronto così come abbiamo verificato anche durante l'esame delle disposizioni concernenti la struttura del Senato federale. Credo che non ci sia possibilità neanche di una politica di riduzione del danno, perché siamo di fronte ad una distorsione dell'idea stessa - mi riferisco al requisito della residenza - della rappresentanza; rispetto al ruolo e alle funzione che deve avere un Senato federale, si affida al territorio la sovranità che è data dal suffragio universale, con un rischio molto pesante. Il territorio infatti potrebbe diventare ed essere fonte di diritto, non con la garanzia di un decentramento, ma con la conseguenza di uno «spezzettamento» dell'unità e dell'universalità del sistema.

Rispetto a questa distorsione dell'idea della rappresentanza e, quindi, della forma istituzionale, noi non siamo d'accordo - anche con riferimento all'emendamento che ci trova concordi sul requisito dei venticinque anni - sulla cosiddetta politica di riduzione del danno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, ringrazio il collega Buontempo per il suo intervento; purtroppo, però, la maggioranza di centrodestra si conferma contraria alle nuove generazioni. Infatti, l'atteggiamento che ha tenuto ieri rispetto all'elettorato passivo alla Camera è confermato, anzi peggiorato, con l'atteggiamento che ora sta assumendo in materia di requisiti per l'eleggibilità a senatore.

Si tratta di un atteggiamento di tipo assolutamente conservativo che non comprende come è cambiato il mondo nel corso di questi cinquant'anni; questa, infatti è una norma assolutamente illogica.

A questo proposito mi rivolgo anche al Comitato dei nove e al rappresentante del Governo per domandare: perché avete cambiato opinione? Perché, a luglio, avevate votato per i venticinque anni per l'accesso al Senato e ora riproponete, con l'emendamento Vito, l'età minima di quarant'anni? Quali sono i motivi che comportano questo mutamento di opinione?

Tra l'altro, vorrei far notare che a diciotto anni un qualsiasi elettore può diventare Presidente del Consiglio, presidente di una giunta regionale, può diventare ministro della Repubblica e, oggi, noi non gli consentiamo di diventare senatore della Repubblica o deputato (Commenti del deputato Stefani)... Escludiamo la possibilità che un presidente della provincia - cito quello di Treviso - possa diventare senatore!

Questa è una cosa che non sta né in cielo né in terra e, quindi, mi auguro che l'aula possa approvare l'emendamento Leoni 4.7 o, eventualmente, bocciare il successivo emendamento Elio Vito 4.200.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, l'emendamento in esame risponde ad un'esigenza oggettiva ed ovvia: dare la possibilità dell'elettorato passivo ai giovani di venticinque anni.

Abbiamo giovani imprenditori, giovani professionisti di grande valore; perché impedire loro di dare un contributo all'attività del Senato della Repubblica? Quindi, mi sembra proprio una assurdità voler mantenere l'età di quarant'anni.

Non vale l'osservazione o la preoccupazione espressa dal collega Buontempo circa il fatto che i senatori non votino perché interessati; mi rifiuto di pensarlo.

L'obbligo della residenza nella regione mi sembra una norma di buonsenso, oltre che rappresentare l'essenza stessa dell'idea di Senato federale. Il legame con la regione che esprime l'eletto deve essere necessario e, inoltre, servirà a mettere fine, una buona volta, al «turismo elettorale», per cui viene candidata in Basilicata una persona del nord o viceversa. Il Senato federale dovrebbe impedirlo!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 4.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 451

Votanti 439

Astenuti 12

Maggioranza 220

Hanno votato 205

Hanno votato no 234).

Prendo atto che l'onorevole Buontempo ha espresso un voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 4.200.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, in sede referente nella Commissione presieduta dal collega Donato Bruno sono state presentate quattrocento proposte emendative; di queste, trecentotrenta appartenevano ai deputati della Casa delle libertà, mentre cento erano dei rappresentanti dei gruppi del centrosinistra o di Rifondazione comunista. Di questi cento emendamenti, ne è stato accolto solo uno, ossia l'emendamento a mia prima firma, ma condiviso da tutto il centrosinistra e da tutta l'opposizione, che chiedeva la riduzione dell'età per l'elettorato passivo dei senatori - non avendo più il ruolo che ha nel sistema attuale, ma dovendo essere una Camera federale - da quarant'anni a venticinque anni. Ironicamente, ho ringraziato il relatore, presidente Bruno, per avere accolto almeno una proposta emendativa dell'opposizione, dopo averne respinte novantanove!

Ebbene, la previsione dell'unico emendamento accolto in Commissione verrebbe eliminata dall'approvazione dell'emendamento in esame che riporta l'età a quarant'anni. Non credo di aver bisogno di urlare, come ha fatto poco fa il collega Buontempo, per illustrare le ragioni che lui, urlando, ha spiegato bene.

PRESIDENTE. Ma anche sommessamente... Il tempo è passato!

MARCO BOATO. Sommessamente, ricordo che si tratta di un mero emendamento di autoconservazione del ceto attuale. Credo sarebbe un atto di decenza da parte di tutti noi (non si tratta, in questo caso, di centrodestra o di centrosinistra) respingere l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Coluccini. Ne ha facoltà.

MARGHERITA COLUCCINI. Signor Presidente, intervengo sull'emendamento in esame per rimarcare la poca lucidità con la quale continuate ad intrecciare norme senza che si intraveda la razionalità del vostro disegno riformatore. Man mano che si va avanti appare sempre più evidente la confusione di uno schema che vede, quale obiettivo primario, tenere insieme i pezzi e che non considera le incongruenze, le debolezze e l'assoluta inadeguatezza del sistema di norme che state allegramente votando rispetto a ciò che si muove nel paese ed a quello di cui il paese ha realmente bisogno.

Premesso che il sedicente Senato federale che avete immaginato ha perso ogni connotazione di organo rappresentativo degli enti territoriali, che esso non realizza alcuna idea attendibile di federalismo e che, anzi, sarà motivo scatenante di conflitto istituzionale e di paralisi politica, francamente, non si riesce a comprendere la necessità di confermare la qualità anagrafica, se così possiamo dire, più anacronistica e conservatrice che si possa immaginare, ossia quella attuale. Il segnale di apertura che c'è stato ieri con la votazione dell'articolo che abbassa a 21 gli anni richiesti per essere eletti deputati - segnale comunque non soddisfacente per le considerazioni svolte ieri dall'opposizione -, oggi segna una radicale inversione di marcia che conferma la miopia con cui guardare al futuro di questo paese.

Una classe politica illuminata, infatti, dovrebbe saper guardare con fiducia alla volontà di protagonismo delle giovani generazioni, dovrebbe sollecitarne le istanze, contribuire alla creazione di condizioni favorevoli perché vi sia un riavvicinamento dei giovani alla politica e, più in generale, dei cittadini alla vita politica del paese, perché il contributo di modernità che i più giovani possono dare è linfa vitale per il funzionamento e l'ammodernamento del sistema politico ed istituzionale; è elemento essenziale per condurre questo paese a livelli di crescita più dinamici e più vicini agli standard europei ed internazionali. Invece, anche questa volta, avete giocato al ribasso in maniera del tutto incomprensibile andando a ledere seriamente il diritto alle varie opportunità per le giovani generazioni.

Tra l'altro, la considerazione complessiva che, in Commissione, ha ispirato l'accordo della maggioranza circa l'abbassamento dell'età necessaria per ricoprire il mandato parlamentare di senatore - e, quindi, l'eventuale allineamento tra l'elettorato passivo dei due rami del Parlamento - ha incontrato, in quella stessa sede, la vostra sostanziale disponibilità. Basterebbe, al riguardo, leggere i resoconti degli interventi; in particolare, quelli della collega Moroni e, in qualche misura, anche del collega D'Alia. Tanto che, nel testo della Commissione si fissano a venticinque gli anni necessari per essere eletti al Senato federale; cosa sia successo dopo - perché, perentoriamente, si voglia cancellare una novità che caratterizzerebbe positivamente questa parte della riforma -, non è dato sapere. È chiaro come prevalga la logica di privilegio di un ceto politico arroccato e per niente propenso ad accogliere spunti di novità e di innovazione che minerebbero status e rendite di posizione.

La sfiducia che avete nei confronti delle nuove generazioni, delle loro idee soprattutto, non depone certo a vostro favore; anzi, la «dice lunga» sulla grande debolezza di un sistema politico che, per così dire, mostra la corda e che, tuttavia, nonostante la portata demagogia dei vostri programmi, contate di tenere ben fermo e uguale a se stesso.

Nel merito, poi, la vostra intenzione è ancora più indecifrabile ed insensata. Un Senato federale che non è più la Camera alta; che ha perso, per definizione, le «stigmate» della saggezza e, quindi, dell'esperienza politica; che, al contrario, dovrebbe essere, invece, esperienza diretta di quanto i territori rivendicano ed auspicano per loro stessi; ebbene, siffatto organo non potrebbe essere composto da senatori con meno di quarant'anni.

In virtù di quale ragionamento astratto si giustifichi una tale misura, francamente è difficile dirlo; l'unica certezza è che, ad esempio, un giovane sindaco - eppure under quaranta ve ne sono - che, giusta la previsione recata dalla disposizione in oggetto, ricopra o abbia ricoperto tale carica, dovrà restare in una sorta di limbo anagrafico esistenziale, in attesa di poter essere candidato ed eletto senatore.

Ciò mentre, invece, ad esempio, si prevede, nello stesso Senato federale, anche se senza diritto di voto, la presenza di rappresentanti delle regioni eletti dai consigli delle autonomie locali, rappresentanti per i quali almeno, invece, per fortuna, non avete imposto limiti di età.

Insomma, una contraddizione generale, una confusione senza precedenti che segna indubbiamente mancanza di coraggio, e, inoltre, scarsa comprensione della necessità di aderenza, vera e stringente, ai territori; aderenza che i giovani possono senz'altro contribuire a realizzare. Avete mancato, a mio giudizio, un'altra occasione; soprattutto, avete ancora una volta rinunciato a imprimere carattere e timbro nuovi, di prospettiva, alla Costituzione che si va riscrivendo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Mi corre l'obbligo di portare a conoscenza dei colleghi la presenza, in tribuna, di una squadra di calcio di Potenza, composta di atleti ultraquarantenni accompagnati dalle loro consorti, che li marcano ad uomo...!

A nome di quanti i «quaranta» li hanno superati, auguro loro una lunga vita e di giocare ancora bene: palle lunghe, e pedalare (Applausi)!

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, voteremo contro la proposta emendativa in esame, che prevede un ritorno all'ipotesi del limite dei quarant'anni per l'eleggibilità a senatore; vorrei, però, richiamare la sua attenzione sul fatto che sussiste una ragione in base alla quale la Commissione - che prima aveva accettato l'ipotesi dei venticinque - è poi tornata all'ipotesi dei quaranta anni. Quarant'anni che, atteso che abbiamo in questa sede approvato la proposta emendativa che porta l'età fissata per l'elettorato passivo alla Camera dei deputati a ventuno anni, rappresentano un momento della forbice rispetto alla condizione attuale.

La ragione è in ciò che ho ricordato in precedenza. I senatori, che avevano chiesto lo «scivolo» dei cinque anni di pensione, non lo hanno ottenuto, perché il fatto era scandaloso. In cambio, tuttavia, si riconosce loro lo status di coloro che ancora sono considerati, per pure ragioni anagrafiche, «Camera alta» o «saggi», il che non ha più alcun senso né alcun valore, in un sistema in cui il Senato non è più «Camera alta» e - per quanto sia un pasticcio - dovrebbe esprimere sostanzialmente una rappresentanza regionale, ossia un organo di qualità addirittura inferiore rispetto alla funzione politica, che dovrebbe essere esercitata dalla Camera dei deputati.

Non siamo, quindi, d'accordo, onorevoli colleghi - e non rifuggite da questo punto di vista -, ad una sciocchezza sesquipedale, che non sta né in cielo né in terra! Noi eravamo favorevoli a che l'età dell'elettorato passivo nelle assemblee elettive coincidesse con la maggiore età, diciotto anni. Pensavamo, tuttavia, che ventuno anni fosse un buon compromesso e che la stessa età potesse valere per il Senato. Se, tuttavia, si poneva il limite di venticinque anni, per quanto strambo, stravagante e del tutto ingiustificabile, esso era pur sempre alla portata della vita reale.

Ritornare sul limite dei quarant'anni non ha alcuna giustificazione. Non vi è ombra di dubbio che, come si suol dire un po' retoricamente, le giovani generazioni bussano alla porta della storia e della politica. Non c'è ombra di dubbio - e, in merito, le narrerò molto volentieri un episodio, signor Presidente - che vi è anche un'«assemblarsi» di chi è vicino all'età limite per entrare in un'assemblea elettiva.

Molti anni fa, quando, sia lei sia io, signor Presidente, eravamo in quest'aula, vi era un giovane senatore - che oggi non è più tale - eletto pochi giorni dopo il compimento dei quarant'anni, il quale continuava a frequentare i primi talk-show, trasmessi dalle prime televisioni private - allora non vi è ancora l'impero di Berlusconi, eravamo nell'era Craxi, ossia di chi lo precedette - dicendo: io sono il senatore più giovane della Repubblica. Un giorno tale senatore trovò, in un dibattito, un interlocutore non alto di statura - non mi riferisco al mio capogruppo, per carità! -, il quale gli disse: e chi se ne frega! Io sono il nano più alto del mondo! E la cosa fini lì. Il senatore la smise di ripetere di essere il più giovane senatore, poiché aveva quarant'anni e due settimane. Cito quest'episodio, un po' ridicolo, per far capire come limiti di età artatamente ideati, che creano differenze rispetto ai limiti di età concepiti per l'esercizio di funzioni mature nella società civile, sono anacronistici, non hanno senso!

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 17,35)

 

ALFONSO GIANNI. Voi volete semplicemente proteggere una casta di non più eletti - eletti con la e maiuscola - e concedete loro, non si capisce perché, questa sorta di beneficio.

Almeno, questo errore, questo vulnus al senso comune, al modo di concepire, come le persone sanno, il funzionamento delle cose, lo potremmo, per cortesia, evitare, riportando almeno l'età dei quarant'anni alla soglia dei venticinque, che era stata precedentemente decisa? Vogliamo abbassare tale limite d'età? Non ha più senso, infatti, stabilire, per i senatori, una simile maggiore età.

È un punto di dignità di una riforma anche all'interno di un disegno complessivamente sbagliato. Conviene a chi la porta avanti, non fare strafalcioni tanto clamorosi. Questo, d'altro canto, mi pareva il senso anche dell'intervento dell'onorevole Buontempo.

Noi invitiamo pertanto - e sfidiamo anche i colleghi della maggioranza, che non la pensano così - a votare contro l'emendamento Elio Vito 4.200 (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, intervengo solo per preannunciare il voto favorevole su questo emendamento, rinviando alle argomentazioni che ho esposto nel mio precedente intervento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, mi sorprende molto l'intervento del collega Carrara e, sinceramente, ci saremmo aspettati da parte del relatore e del rappresentante del Governo una motivazione valida sulle ragioni per cui la maggioranza decide di tornare indietro con una scelta sbagliata, conservativa ed anacronistica. Temo che le ragioni addotte prima dal collega Buontempo nel suo intervento fossero quelle reali e mi sorprende vedere che l'emendamento Elio Vito 4.200 sia stato sottoscritto anche dai colleghi Volontè, che non ha quarant'anni, e Moroni, che è la più giovane deputata eletta in questa Assemblea.

Sull'emendamento in esame esprimeremo un voto contrario e continuiamo a non capire le ragioni di questa marcia indietro da parte della maggioranza.

Il Senato che stanno ipotizzando non è federale e non lo sarà, perché, da un lato, consente comunque un turismo, un'emigrazione politica; dall'altro lato, non è innovativo ed esclude l'accesso ai giovani che possono assumersi mille responsabilità.

Vi sono sottosegretari del vostro Governo che non hanno quarant'anni e che, secondo le regole che imponete in questa Costituzione, non potranno diventare senatori della Repubblica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, non devo chiedere scusa ai colleghi; semmai, sono loro a doverlo fare poiché vogliono approvare una norma anacronistica, fuori dalla storia. Intervengo perché lo ritengo un punto fondamentale: del resto, la modernizzazione della nostra Costituzione era uno dei presupposti per cui si è avviata questa riforma. L'obiettivo era quello di avvicinarsi alle grandi democrazie.

Continuo, quindi, ad invitare il Governo e la Commissione ad evitare di approvare questa brutta norma, che segna per i giovani un dato negativo. Ritengo, infatti, che si dovrà arrivare al referendum: onorevoli colleghi della maggioranza, quanti giovani dai ventuno ai quarant'anni voteranno a favore di questa riforma, nel momento in cui li escludete dalla possibilità della rappresentanza politica? Al referendum i giovani batteranno questa riforma (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

Ecco perché parlo responsabilmente e non contro la mia maggioranza! Parlo per evitare che la maggioranza sia ricattata da un gruppo di senatori che vorrebbero il loro nome e cognome sulla Costituzione per ricandidarsi! Signor Presidente, lo vogliono lì, sia che abbiano fatto i consiglieri o i deputati sia che abbiano compiuto quarant'anni. Onorevole Vito, primo firmatario dell'emendamento...

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, concluda...

TEODORO BUONTEMPO. La ringrazio e interverrò di nuovo in occasione dell'esame del mio successivo emendamento. Ma invito a rivedere questa norma: essa non pone la Costituzione all'avanguardia nella modernizzazione del nostro paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sabattini. Ne ha facoltà.

SERGIO SABATTINI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale. Già il collega Buontempo ha usato un argomento assolutamente convincente, che paradossalmente mi convincerebbe a votare a favore dell'emendamento per poi vincere al referendum. Però, rivolgo un invito al buonsenso di tutti: io sono stato comunista, appartenente al PCI. Ricordo che quando eravamo giovani comunisti usavamo fare tra noi una battuta. Si parlava dei sovietici e del komsomol, che era l'organizzazione giovanile comunista, i cui segretari non potevano avere meno di cinquant'anni. In genere, il komsomol era una sorta di gerontocrazia su cui si costituiva l'architrave di quel regime. Ricorderete tutti Breznev e Suslov in televisione tremanti, affetti dal morbo di Parkinson, che si attaccavano le medaglie. Questa è la vostra proposta. Mi auguro che vada avanti e la faremo saltare; però, è priva di buonsenso (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, questo doveva essere un Senato federale nelle idee di chi lo ha proposto: sta diventando tutt'altro e lo dimostra anche questo dibattito.

Come si può pensare che le autonomie locali e i territori non possano essere rappresentati da chi abbia tra i venticinque e i quarant'anni? Quale logica politica sottende a questa decisione che è stata assunta in maniera così strana e anomala? Credo che ci sia veramente una differenza culturale di fondo.

Voi, per quanto riguarda il Senato federale, ci avete messo solo il nome. Tutto il resto è assolutamente demagogia. Lo dimostra anche la scelta di non radicare l'elettorato passivo nel territorio, neanche con una norma così lieve come l'ultima che è stata proposta e testè bocciata, pretendendo almeno la residenza negli ultimi sei mesi.

Questo elemento, collegato con la decisione del limite di età, che non ha nulla a che vedere con la buona rappresentanza del territorio, dimostrano che questo è tutto tranne un Senato federale (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.

CARMINE SANTO PATARINO. Apprezzo moltissimo la critica che ha fatto poco fa l'onorevole Sabattini. Vorrei soltanto chiedergli se venticinque anni fa avrebbe detto le stesse parole (Commenti)!

NUCCIO CARRARA. Bravo!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 4.200, accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo) (Vedi votazioni).

(Presenti 449

Votanti 440

Astenuti 9

Maggioranza 221

Hanno votato 218

Hanno votato no 222).

Prendo atto che l'onorevole Buontempo avrebbe voluto esprimere voto contrario.

Prendo atto inoltre che l'onorevole Nicotra non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

Prendo atto altresì che l'onorevole Arrighi non è riuscito ad esprimere il proprio voto, mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Taormina 4.70 e Buontempo 4.72.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Presidente, intervengo per dichiarare il voto contrario su questi emendamenti, che sono sostanzialmente soppressivi della parte realmente modernizzatrice ed innovativa dell'articolo 4 del disegno di legge.

Infatti, questi emendamenti eliminano, contrariamente alle intenzioni fin troppo apertamente espresse e dichiarate, quell'aggancio con il territorio che vorrebbe richiedere ai futuri senatori. Si elimina cioè la previsione che chi vuole essere senatore deve dimostrare di avere un aggancio con il proprio territorio, avendo ricoperto cariche pubbliche su quel territorio o dimostrando di risiedervi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Ho presentato l'emendamento 4.72 perché ritengo che iscriversi all'anagrafe un mese prima della presentazione delle liste non costituisca alcuna garanzia di legame con il territorio. Tutti gli interventi hanno sostenuto che il senatore deve essere agganciato alla vita del territorio. Ciò ha una sua logica. Ma quando si dice che basta trasferirsi nel momento in cui si presentano le liste, allora escludiamo il cittadino normale e colui che non è all'interno dei partiti e includiamo i più furbi.

Ritengo che sia assurdo che il deputato...

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, la invito a concludere.

TEODORO BUONTEMPO. Presidente, questo emendamento è mio!

PRESIDENTE. Lo so, però il tempo è sempre quello!

TEODORO BUONTEMPO. Dovrei avere cinque minuti...

PRESIDENTE. No, lei ha un minuto perché ha parlato l'onorevole Carrara.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, mi perdoni, l'emendamento 4.72 è a mia firma: se uno parla contro non può togliere tempo a me!

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, le ripeto che per il suo gruppo ha già parlato l'onorevole Carrara.

TEODORO BUONTEMPO. Carrara ha parlato contro l'emendamento, io sono il presentatore e, ovviamente, parlo a favore!

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, se lei mi chiede di parlare un po' di più perché è presentatore dell'emendamento è un discorso. Se lei, invece, invoca un dato di natura regolamentare, le dico che ha torto. Si appelli alla clemenza: in questo caso è meglio.

TEODORO BUONTEMPO. Non posso che onorare la sua alta maestria nel compromesso.

PRESIDENTE. Ha anche il suggeritore, non è che io sia talmente maestro...

Prego, onorevole Buontempo.

TEODORO BUONTEMPO. Ritengo fuori dal mondo che un deputato che rappresenta la nazione non si possa candidare in una regione a senatore. Oppure, chi è sindaco di Roma potrebbe essere nato in Puglia e recarvisi ogni anno. Si vuole impedire a tale soggetto di candidarsi senatore in Puglia?

Mi pare - lo dico con il massimo rispetto - che tali norme siano state scritte sotto la fretta ed il condizionamento. Sarebbe bastato un minimo di serenità in più per raggiungere l'obiettivo che i colleghi della Lega chiamano «radicamento». Questa norma, come quella relativa al limite d'età dei quarant'anni, danneggia il Parlamento e, in particolare, la Casa delle libertà che non merita un testo di riforma costituzionale scritto in una maniera così provvisoria, pressappochista e superficiale.

MASSIMO POLLEDRI. Vai dall'altra parte!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, mi rivolgo al relatore ed al ministro perché la bocciatura dell'emendamento Elio Vito 4.200 cambia radicalmente la situazione per una questione linguistica. Senatus significa - come è noto - persona anziana. Allora, suggerirei di rivedere la denominazione e propongo, ad esempio, Juvenilia. Credo che ci troviamo di fronte, ancora una volta, ad una situazione piuttosto assurda e schizofrenica. Per suffragare la mia indicazione vorrei ricordare che la Chiesa cattolica non usa mai il termine senex, ma dice sempre adiuve juventutem meam. In questo caso chiedo che possa essere aiutata la ragione che mi pare sempre più venga meno nell'esame di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Taormina 4.70 e Buontempo 4.72, non accettati dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 461

Votanti 452

Astenuti 9

Maggioranza 227

Hanno votato 7

Hanno votato no 445).

Avverto che l'emendamento Buontempo 4.75 sarà posto in votazione prima dell'emendamento Leoni 4.76 nonostante nel fascicolo sia collocato, per un errore di stampa, successivamente.

Passiamo, dunque, alla votazione dell'emendamento Buontempo 4.75.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto contrario del gruppo di Alleanza nazionale. Nell'articolo 7 vi sono alcune previsioni che vogliono favorire la nascita di un Senato in cui i senatori siano realmente rappresentanti del territorio ed abbiano realmente un aggancio di tipo istituzionale (cioè abbiano ricoperto cariche pubbliche) o almeno risiedano su quel territorio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Ho una stima infinita del collega Carrara e gli faccio i complimenti per l'ottimo lavoro svolto. Tuttavia, la politica è politica e quando si tratta di argomenti importanti ognuno ha le sue idee.

Quindi, onorevoli colleghi, con questo emendamento chiedo di sopprimere il requisito della copertura degli incarichi. Ritengo con molta serenità che chi è stato sindaco o consigliere comunale in una grande città e magari ha avuto i natali in una regione diversa, possa candidarsi comunque in quella regione. Per esempio, io che sono abruzzese avrei tutti i titoli per candidarmi in quella regione. Ho fatto per sedici anni il consigliere comunale a Roma e sono stato per quattro legislature alla Camera dei deputati, ma amo il mio Abruzzo che è la mia terra madre. E pensare che noi facciamo una norma con la quale si vuole impedire ad una persona che vive a Milano, ma che è nata in Puglia o in Calabria e che avuto incarichi prestigiosi nelle istituzioni, di candidarsi nella regione natia!

Onorevoli colleghi, questo è un errore per tutti noi e per il paese, perché magari il sud avesse la possibilità di riportare al sud le persone che a Milano, a Torino, a Genova, sono diventate professionisti qualificati! Ciò aiuterebbe la nostra terra del sud in una crescita legata alle radici, alla cultura e all'identità. Così invece si vogliono sradicare, in particolare dalle regioni del sud, i suoi concittadini sparsi in tutta Italia. È un errore e pertanto voterò a favore del mio emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Buontempo 4.75, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 473

Votanti 462

Astenuti 11

Maggioranza 232

Hanno votato 217

Hanno votato no 245).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 4.76.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Anche in questo caso, preannuncio il voto contrario del mio gruppo, sulla base del ragionamento che ho svolto poc'anzi per l'emendamento precedente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 4.76, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 465

Votanti 460

Astenuti 5

Maggioranza 231

Hanno votato 209

Hanno votato no 251).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 4.74.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Anche in questo caso, annuncio il voto contrario del gruppo di Alleanza nazionale. Le motivazioni sono sempre le stesse: con questo emendamento vi è un tentativo di lasciare sostanzialmente tutto com'è attualmente, anziché modernizzare il sistema.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. No, onorevole Carrara, non è così. L'emendamento ha un'altra finalità, proprio quella di evitare questa autoconservazione che fanno i deputati e i senatori. Non si capisce infatti perché i deputati e i senatori possano (come hanno fatto fino ad oggi) presentarsi in qualsiasi collegio del paese; al riguardo, al di là del discutibile costume politico, non c'è alcuna obiezione da fare. Adesso, invece, prevediamo un Senato federale e quindi un radicamento con il territorio. Pertanto, per essere eletti senatori, i candidati o devono essere stati amministratori di quella regione oppure devono risiedere in quella regione. Quelli che invece sono già senatori, possono essere eletti anche se non risiedono in quella regione, purché siano stati eletti in quella regione. Ciò significa che gli attuali senatori, che sono eletti in collegi - segnalo questo aspetto all'onorevole Buontempo, viste le considerazioni che egli ha svolto fino ad ora - lontani dalle proprie radici politiche, saranno gli unici soggetti che potranno candidarsi appunto lontano dalle proprie radici politiche. Questa è l'ennesima norma di autoconservazione dell'apparato esistente. È un grave errore, che non comprendiamo. Non abbiamo condiviso questo emendamento perché riteniamo che il radicamento debba essere molto più forte, che occorrano i centottanta giorni di residenza, perché riteniamo che quello debba essere il vero radicamento e non tutte queste cose che avete escogitato. Ma, nel momento in cui avete pensato questo meccanismo, avete come sempre continuato a garantire e a salvaguardare i privilegi esistenti.

Questo è sbagliato! Ci dovete spiegare il motivo per cui il senatore eletto attualmente in un collegio non di propria residenza potrà continuare a candidarsi in quel collegio e non nella zona di residenza, come dovranno fare tutti gli altri. Costituiranno l'unica eccezione nel prossimo Senato federale ed è un altro regalo che volete fare agli attuali eletti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 4.74, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 470

Votanti 464

Astenuti 6

Maggioranza 233

Hanno votato 214

Hanno votato no 250).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Zeller 4.3.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, preannuncio il voto contrario del gruppo di Alleanza nazionale sull'emendamento in esame.

Ci troviamo, ancora una volta, di fronte ad un emendamento che assomiglia molto a quelli precedenti e, pertanto, valgono le stesse considerazioni svolte precedentemente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, capisco che il collega Carrara voglia intervenire su tutti gli emendamenti presentati per impedire al collega Buontempo di intervenire più lungamente (è suo diritto farlo a nome del suo gruppo), ma che almeno li legga!

L'emendamento in esame tende ad eliminare l'obbligo della residenza nella regione alla data di indizione delle elezioni; pertanto, anche noi esprimeremo un voto contrario sul medesimo, perché abbiamo adottato una logica diversa, quella di prevedere un radicamento nella regione con la finalità di far assomigliare, almeno pallidamente, questo Senato ad una rappresentanza dei territori.

Noi proponiamo, come abbiamo già fatto con l'emendamento Leoni 4.7 e come, in forma diversa, faremo con il mio emendamento 4.73, la previsione di una residenza da almeno centottanta giorni.

L'onorevole Carrara, tuttavia, non può esprimere un giudizio all'ingrosso, perché, in questo modo, offende l'intelligenza di Buontempo, a cui vuole togliere la parola o limitarla e, soprattutto, quella dei colleghi che devono esprimere il proprio voto.

Noi, comunque, su tale emendamento esprimeremo, per coerenza, un voto contrario, mentre, come spiegheranno altri colleghi, esprimeremo un voto favorevole sull'emendamento 4.73 che reca la mia prima firma.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zeller 4.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 472

Votanti 465

Astenuti 7

Maggioranza 233

Hanno votato 33

Hanno votato no 432).

Avverto che l'emendamento Perrotta 4.71 è stato ritirato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 4.73.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo su un argomento precedentemente affrontato.

La dimensione della territorialità di questo vostro Senato è una specie di storiella. Cerchiamo almeno di dare un senso alle cose che già esistono! Se, per essere eletti ad una certa carica o rimuovere le condizioni di ineleggibilità, la legge ordinaria stabilisce un tempo congruo di centottanta giorni, il periodo di almeno centottanta giorni dovrebbe essere, al contrario, necessario, dopo aver acquisito la residenza nella regione in cui ci si vuole trasferire, per essere eletti come rappresentanti nella Camera federale.

È un elemento molto fragile che, comunque, pone una questione di razionalità rispetto ad una norma che non solo è fragile, ma è anche molto poco saggia. Vi invitiamo, pertanto, ad esprimere un voto favorevole sull'emendamento in esame che restituirebbe almeno un barlume di razionalità a tale norma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, il collega Carrara precedentemente, nel sostenere (lo ha fatto con un po' di fatica) la bontà del testo dell'articolo 4 in esame, ha affermato che lo stesso garantisce un radicamento dei senatori o dei candidati senatori nel territorio.

Ora, respingere l'emendamento che noi presentiamo va nella direzione esattamente contraria, perché prevedere che possa essere candidato ed eletto chi risiede in quella regione alla data della indizione delle elezioni non garantisce nessuno sulla effettiva presenza o radicamento o conoscenza del territorio da parte dello stesso candidato. Infatti, può darsi abbastanza facilmente l'idea che venga catapultato improvvisamente da un'altra regione a candidarsi in un determinato luogo, all'ultimo momento utile, qualcuno che quella regione non la conosce affatto.

L'unica garanzia possibile e vera, non le altre che abbiamo discusso e che sono - se va bene - dei palliativi, è che la residenza in quella regione duri da almeno centottanta giorni, e cioè che vi sia un dato di permanenza dell'interessato nel territorio regionale che autorizzi chiunque a dire che quella persona conosca almeno un po' il territorio della regione che intende rappresentare (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 4.73, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 451

Votanti 445

Astenuti 6

Maggioranza 223

Hanno votato 193

Hanno votato no 252).

Prendo atto che l'onorevole Di Serio D'Antona ha erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Passiamo alla votazione dell'articolo 4.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, si è consumato il tempo per arrivare all'approvazione di un altro inutile articolo, inutile non perché non sia necessario prevedere i requisiti per l'eleggibilità a senatore, ma inutile per i contenuti che si sono affermati attraverso la votazione degli emendamenti.

Diciamo che, inaspettatamente, un successo è stato conseguito. Avere respinto l'emendamento a prima firma Elio Vito che riportava a quaranta gli anni necessari per diventare senatori ci ha perlomeno risparmiato, sventandola, la clausola che il federalismo sia una cosa per adulti maturi. Come voi tutti ricordate, vi era una classificazione tanti anni fa che consigliava la visione o meno dei film: noi abbiamo scoperto che per fortuna il federalismo non è cosa per adulti maturi!

Al di là di questo risultato positivo, poc'altro possiamo sottolineare come significativo.

Abbiamo già visto che le vostre pretese di territorialità sono poco o nulla, anche perché alla fine è sufficiente risiedere da qualche settimana in quel territorio per poterlo degnamente rappresentare; ma il problema non è costituito dai vostri artifizi per qualificare come federale un Senato che tutto è meno che federale; il problema vero, che continuate a non volere prendere in considerazione, è che noi stiamo uscendo da un meccanismo parlamentare paritario e che ci avviamo verso una forma di parlamentarismo estremamente confuso: è differenziato rispetto ad oggi perché ci porterà in una galassia di confusione totale.

Questa, continuate a sottovalutarlo, è una questione fondamentale, perché un Parlamento che non funziona è un Parlamento che paralizza il paese. Non è sufficiente modificare l'articolo 117, cercare faticosamente e irrazionalmente, irragionevolmente, come avete fatto voi, di recuperare l'interesse nazionale, nel peggiore delle forme possibili, per restituire razionalità al sistema.

C'è bisogno di un meccanismo parlamentare che funzioni; e un meccanismo parlamentare che funzioni in una realtà federale deve presupporre una seconda Camera che sia realmente interprete delle istanze territoriali.

Quello che voi avete prodotto è tutto meno che questo.

Ecco perché in questo momento - sempre per le solite ragioni di convenienza politica: infatti avete fatto una verifica elettorale e l'avete chiamata riforma costituzionale - voi state portando il paese verso la paralisi istituzionale. Con questo meccanismo di parlamentarismo imperfetto e confuso accentuerete ancora di più il conflitto di poteri in questo paese: ciò, sicuramente, non aiuta coloro che guardano alla riforma delle nostre istituzioni come ad un'occasione per modernizzare il paese. È inutile che ci appelliamo a voi per invitarvi alla riflessione perché siete in grado di riflettere e sapete perfettamente che le cose che noi diciamo sono sensate ed hanno una loro forza. Questo, però, serve a poco; voi, infatti, andate - come nella carica di Balaklava - verso il disastro istituzionale. Noi stiamo facendo il possibile per impedire che questo avvenga in tale sede, non ci stiamo riuscendo ma faremo di tutto affinché il paese non consenta che una cosa così pasticciata e così poco razionale possa diventare la nuova Costituzione italiana (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, annuncio che il mio gruppo si esprimerà contro l'approvazione dell'articolo 4 che non è soltanto inutile - come ha detto il collega Bressa -, ma anche profondamente dannoso poiché collegato e funzionale ad un disegno complessivo che riteniamo pernicioso per la democrazia del nostro paese. Faccio di nuovo presente che l'articolo sui criteri di eleggibilità del cosiddetto Senato federale è incongruo, così com'è stato detto e ripetuto da coloro che mi hanno preceduto. Tale articolo è del tutto funzionale alla realizzazione di quel pastrocchio istituzionale che voi state realizzando attraverso le modifiche degli articoli 57 e 58. L'ostinazione con cui, come maggioranza, avete difeso l'assurdo criterio sull'età necessaria per essere eletti al Senato federale dimostra l'indifferenza totale verso questa operazione e la non conoscenza della realtà che caratterizza la nostra contemporaneità: mi riferisco alle dinamiche sociali e culturali. Tutto questo marchingegno vi serve, invece, come elemento ideologico: mi riferisco all'antiparlamentarismo, all'antipolitica e alla conservazione - che volete far passare per diminuzione - di burocrazie e di ceti politici. Per affrontare il tema della riforma del Senato dovremmo rispondere seriamente a due domande di fondo. In primo luogo, perché superare il vigente bicameralismo perfetto? Credo che a questa domanda bisognerebbe rispondere nel seguente modo: perché così si potrebbe rendere più efficace e tempestiva l'azione legislativa. Perché poi - è questa la seconda domanda - cambiare la natura della rappresentanza di uno dei rami del Parlamento a carattere nazionale? La risposta non può che essere questa: per dar vita ad una istituzione di valenza nazionale che - visti i processi di diversificazione dei poteri della rappresentanza - andrebbe incardinata su una rappresentanza territoriale al fine di stabilire un concorso differente per un più efficace equilibrio tra i poteri della Repubblica. Ma, evidentemente - come abbiamo detto e ripetuto - questi non sono assolutamente gli obiettivi che vi siete prefissi nell'affrontare la revisione di questi articoli della Costituzione.

Date vita in questo modo ad una proposta che non qualifica positivamente la rappresentanza nazionale e non configura nessuna reale rappresentanza territoriale.

Non volete realizzare l'obiettivo dell'efficacia legislativa, in quanto l'obiettivo che inseguite è quello del radicale depotenziamento del potere legislativo, che volete ridurre appunto ad un ufficio notarile dell'esecutivo. Tuttavia, non si realizza neanche la rappresentanza territoriale, perché siete soprattutto alla ricerca di formule ideologiche che tengano insieme le diverse anime, le diverse spinte che animano la vostra coalizione tra il localismo «etnicizzante» della Lega e i richiami «nazionalalleati» di Alleanza nazionale.

Il Senato federale che avete proposto è un vero obbrobrio, in quanto non vi è alcuna radice né concettuale né fattuale che renderà effettivamente federale il pastrocchio che ci avete proposto.

L'emendamento Mascia 4.1, che è stato dichiarato precluso, riproponeva nei criteri di eleggibilità la nostra proposta di Senato delle regioni, che consideriamo l'unica che potrebbe mettere insieme la costruzione di una rappresentanza nazionale con radice e significato territoriale con la realtà, il nome con la cosa. Dunque, un Senato delle regioni, un Senato incardinato su un criterio di elezione di secondo grado, che sarebbe l'unico in grado di realizzare effettivamente un'istituzione fortemente connessa alle realtà operative, alle esperienze e quindi alle persone concretamente legate al territorio e riconosciute come tali dall'istanza regionale di primo grado, vale a dire il consiglio regionale.

Per tutte queste ragioni esprimeremo un voto nettamente contrario sul presente articolo (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Preannuncio il nostro voto contrario sull'articolo 4, anche perché ritengo che contenga tanti elementi di disordine e di contraddizione, tanto è vero che non se ne riesce a comprendere la logica.

Abbiamo sventato un innalzamento del limite di età, che avrebbe costituito veramente un obbrobrio rispetto alla natura del Senato federale, essendo esclusivamente ispirato alla volontà di garantire una cerchia più ristretta di elettorato per chi era già eletto. Dunque, da questo punto di vista, questa Assemblea un minimo danno lo ha evitato.

Tuttavia, all'interno di questa norma, vi sono altri elementi che non ci convincono; infatti, continuate a non essere chiari nelle definizioni che inserite in questa modifica costituzionale. Sembra sempre che vogliate compiere un grande passo, sembra sempre che vogliate affermare un grande principio e poi lentamente ve lo rimangiate, cercando scappatoie che rendono tutto ambiguo, confuso e non condivisibile.

Dite di voler costituire il Senato federale, ma su questo punto ci troveremmo tutti d'accordo perché sarebbe il naturale completamento della riforma fatta dal centrosinistra. Il Senato da voi ipotizzato, tuttavia, è federale per modo di dire, in quanto i suoi membri possono essere soggetti senza alcun radicamento sul territorio. I soggetti, inoltre, non sarebbero altro che gli attuali deputati e senatori, che possono candidarsi nei collegi senza alcun radicamento di residenza o territorio. Non se ne comprende il perché; evidentemente, solo per garantire a qualcuno un collegio sicuro.

Si prevede, inoltre, il requisito della residenza, peraltro non radicata, perché il suo ottenimento è sufficiente a partire dalla data di indizione delle elezioni. Ciò comporta che non si potrà minimamente evitare lo spostamento di candidati nell'ambito del territorio nazionale. Tale norma, quindi, contraddice apertamente quanto affermato nel periodo precedente, ovvero che per diventare senatori occorre addirittura essere candidati di «secondo grado», avendo svolto attività amministrativa sul territorio. Sarebbe un criterio ragionevole, che si può condividere, ma che invece contraddite, perché basterà essere residenti nella regione al momento delle elezioni. Sarà, dunque, sufficiente essere capitati o catapultati in un territorio per poterne diventare rappresentanti.

Tutto questo non è condivisibile perché in tal modo non si radica la natura di Senato federale e non si risponde ad un disegno organico, mancando una norma chiara in questa modifica costituzionale. Si tratta del continuo tentativo di affermare principi per poi contraddirli, di modificarli per poi trovare scappatoie ed eludere quegli stessi principi che voi intendete affermare.

In tali condizioni, non intendiamo votare l'articolo 4. Lo riteniamo coerente con l'articolo 3, ovvero con il fatto che non state dando vita ad un vero Senato federale. Pertanto, anche in questo caso, annuncio il voto contrario del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 396

Votanti 393

Astenuti 3

Maggioranza 197

Hanno votato 240

Hanno votato no 153).

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 3).

A seguito dell'approvazione dell'articolo 2, è stato introdotta la figura dei deputati a vita. Chiedo, dunque, ai presentatori degli emendamenti Leoni 5.70 e Bressa 5.71 se intendano riferire gli stessi al nuovo testo risultante dall'approvazione dell'articolo.

MARCO BOATO. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, l'articolo al nostro esame, che interviene sull'articolo 59 della Costituzione, potrebbe apparire di secondaria importanza. Invece, come direbbero gli amministrativisti, tra cui l'onorevole Marone, appare come la figura sintomatica del vizio dell'atto amministrativo. Sto facendo questo paragone perché è un elemento che permette di capire come l'intervento novellatore su questa norma da parte del Governo e della sua maggioranza non abbia logica oppure, semmai, l'abbia contorta. Si contraddice, infatti, tutta l'attività svolta su altri istituti assolutamente importanti, ma sostanziati da numeri. Per essere maggiormente comprensibile, vorrei spiegare quanto stiamo facendo.

Il Presidente ha poc'anzi illustrato le conseguenze derivanti dall'approvazione dell'emendamento 2.200. Le proposte emendative intervengono sia sul primo comma sia sul secondo comma del vigente articolo 59 della Costituzione relativo alla nomina dei senatori a vita, ora deputati a vita. Occorre partire dal testo vigente di tale articolo, in quanto, fino a prova contraria, discutiamo della Costituzione vigente, le cui proposte di modifica avanzate dalla maggioranza, che non condividiamo, tentiamo di contrastare.

Il testo vigente dell'articolo 59 della Costituzione recita, al primo comma: «È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica». Il secondo comma reca: «Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario». Il Senato della Repubblica e la I Commissione (Affari costituzionali), in sede referente, hanno lasciato inalterato il primo comma e sono intervenuti modificando sostanzialmente il secondo comma. Il testo scaturito da tale lavoro emendativo è il seguente: «Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero totale dei senatori di nomina presidenziale non può in alcun caso essere superiore a tre».

A seguito dell'approvazione dell'emendamento 2.200 da parte della Camera dei deputati, sono stati modificati sia il primo sia il secondo comma. Su tale testo intervengono gli emendamenti volti a ripristinare il testo della Costituzione vigente, nell'ambito di una logica costruttiva, e in particolare gli emendamenti Leoni 5.70 e Bressa 5.71. L'articolo 5, ove approvato senza emendamenti, modificherebbe nel modo seguente l'articolo 59 della Costituzione: «È deputato di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica può nominare deputati a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero totale dei deputati di nomina presidenziale non può in alcun caso essere superiore a tre».

Ho inteso richiamare tutta l'attività emendativa in quanto ritengo che non vi sia logica nella proposta formulata dalla maggioranza, poiché vengono trattate situazioni analoghe dal punto di vista numerico con metodologie e risultati assolutamente contrastanti e dunque in modo diseguale. Infatti, nel testo licenziato dal Senato della Repubblica, si prevedeva il numero di duecento senatori, che sono stati fatti lievitare a duecentocinquantadue, ai quali vanno aggiunti altri quaranta senatori con diritti limitati nominati dai consigli regionali e dai consigli delle autonomie locali.

Vi è di più. In relazione alla composizione della Camera dei deputati il Senato aveva assunto (gli era costato molto poco...) un intervento «purgativo», diminuendo il numero dei deputati da seicentotrenta a quattrocento. Noi, anzi, voi, per spirito di conservazione, avete fatto lievitare tale numero a cinquecentodiciotto: un incremento assolutamente significativo.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, il tempo!

LUIGI OLIVIERI. Ma vi è dell'altro. Avevamo la possibilità di razionalizzare la questione dei rappresentanti dei nostri concittadini italiani residenti all'estero, cariche che ritengo doverose, riconosciute e sulle quali siamo tutti d'accordo. Si trattava di dodici deputati e sei senatori. Ebbene, se si ipotizza un Senato a rappresentanza territoriale (voi pensiate che lo sia, in realtà così non è) i sei senatori eletti nell'ambito della circoscrizione Estero dovrebbero venire meno. E di conseguenza si dovrebbe ridurre la rappresentanza della Camera dei deputati, la Camera politica, quella che ha un rapporto fiduciario con il Governo e le cui dinamiche interessano anche la forma di Governo. Avremmo dovuto stabilire, quindi, che i deputati eletti nella circoscrizione Estero fossero dodici. Ma voi avete mantenuto il loro numero a diciotto, portando il numero complessivo dei deputati a cinquecentodiciotto! Ma così non si attua un intervento riduttivo, peraltro giustificato dalla riduzione complessiva del numero dei parlamentari.

Guarda caso, però, si interviene sulla figura altamente meritoria dei senatori a vita, che rispondono ai requisiti di cui al secondo comma dell'articolo 59 della Costituzione. In tal caso, realizzate un intervento riduttivo assolutamente ingiustificato e riducete del 40 per cento l'attuale previsione costituzionale! Non vi è stata la capacità di leggere adeguatamente il lavoro dei colleghi senatori, né tantomeno vi è una giustificazione razionale di cui poter discutere. Infatti, avete introdotto queste proposte nel corso del lavoro emendativo in Commissione e le avete sostenute con ancor più vigore nel lavoro emendativo in aula.

Perché riducete i senatori a vita da cinque a tre? Qual è la giustificazione di ciò? Siamo forse di fronte ai numeri del lotto? Forse il numero di coloro che vi erano antipatici va ridotto, mentre i senatori ed i deputati vanno aumentati e i deputati eletti nella circoscrizione Estero vanno mantenuti nella loro situazione specifica? Pensate forse che i nostri concittadini residenti all'estero voteranno la vostra componente oppure voteranno l'attuale maggioranza alle prossime elezioni politiche? Qual è la ragione per cui intervenite su tali aspetti? Avete forse una riserva mentale che non vi consente di dirvi contrari alla figura del senatore a vita? Affrontiamo questa tematica!

Siamo convinti che il Presidente della Repubblica abbia la possibilità, anzi il diritto, di nominare deputati a vita i nostri concittadini che abbiano illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario, e che il loro numero debba restare cinque, come è nell'attuale quantificazione di cui all'articolo 59 della Costituzione.

Il successivo emendamento interviene su una logica riduttiva; vi è stata una riduzione insignificante del numero dei parlamentari al Senato ed un loro aumento alla Camera, per spirito conservativo. È necessario, quindi, un intervento di riduzione del danno; l'emendamento successivo, pertanto, prevede il numero di quattro senatori a vita. Non è tempo perso affrontare questi aspetti.

In conclusione, signor Presidente, tali questioni forse sembreranno insignificanti ma sono invece sintomatiche dell'incapacità di rappresentare in modo logico un disegno di riforma nel suo complesso. Spero quindi che, quanto meno il collega Carrara, fornisca una giustificazione di un intervento riduttivo che non ha assolutamente alcuna logica. Si rischia di pensare che voi e il Governo abbiate un atteggiamento negativo nei confronti di donne e uomini che hanno acquisito meriti e che - giustamente - il Presidente della Repubblica può nominare deputati a vita (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sia sull'emendamento Leoni 5.70, sia sull'emendamento Bressa 5.71.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 5.70.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, vorrei ribadire che questa è un'altra di quelle norme che non comprendiamo, perché questo improvviso rigore nel ridurre il numero dei deputati a vita francamente non ha né una sua logica né una sua motivazione, specie se consideriamo la generosità che c'è stata ieri, da parte della maggioranza, nell'individuare il numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero.

Si tratta, sempre, di mantenere degli equilibri; infatti, una qualche logica nella riduzione ci poteva essere di fronte ad una sensibile riduzione dei componenti della Camera; si trattava quindi di stabilire un qualche equilibrio rispetto a questa forte diminuzione.

Oggi che voi avete già, con i vostri voti, riportato ad un numero, non dico uguale, ma molto simile all'attuale o di poco distante l'entità complessiva di quella Assemblea, francamente non comprendiamo perché volete diminuire il numero dei deputati a vita.

Del resto questo numero non può certamente influenzare o influire sulle maggioranze, perché è un numero abbastanza contenuto rispetto, invece, al numero dei deputati eletti all'estero; infatti, ieri vi abbiamo ripetuto in continuazione quanto quella previsione potesse essere grave e quanto potesse influire sulle maggioranze, ma questo argomento non vi ha minimamente turbato, mentre due deputati a vita in più sembra che vi turbino terribilmente. Sembra infatti che cambierà i destini della nazione avere la presenza di due deputati a vita in più.

A meno che - condivido e anticipo quello che dirà l'onorevole Giordano - ciò non rientri nel disegno complessivo che voi avete di ridurre i poteri del Presidente della Repubblica e di ridisegnare l'equilibrio dei poteri tra Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio o premier, come amate chiamarlo voi.

Questo sembrerebbe l'unica logica di questa norma e rappresenta un altro piccolo tassello per ridurre le competenze, le prerogative e i poteri del Presidente della Repubblica, in modo da cambiare l'equilibrio oggi esistente nella Costituzione; infatti, tutti sappiamo quanto sono delicati questi equilibri e quanto bisognerebbe ragionare prima di modificarli; ma di questo parleremo a lungo quando affronteremo gli articoli riguardanti tale argomento.

Noi vi chiediamo: perché questa riduzione? Da che cosa nasce?

Se deve essere una riduzione conseguente a quella del numero dei deputati, allora sarebbe logico perlomeno il parere favorevole sul successivo emendamento: quanto meno dovrebbero essere quattro; invece, oggi avete stabilito un numero - tre - che è al di fuori di qualsiasi contesto e di qualsiasi logica, semplicemente perché non vi piace che il Presidente della Repubblica possa nominare deputati a vita (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà

FRANCESCO GIORDANO. Signor presidente, questo articolo sui deputati a vita è così balzano da risultare, ai più, incomprensibile, a meno che non lo si decodifichi in virtù dei millimetrici equilibri interni alla vostra maggioranza; quindi, gli esegeti di questi equilibri poi proveranno a spiegarlo ai più.

Chiedo al ministro - se mi degna di un po' di attenzione - e a chiunque di questa maggioranza sia in grado di dirlo: perché diminuire da cinque a tre, come originariamente avevate proposto, i deputati a vita?

Qual è la ratio? Vi siete battuti - noi eravamo contrari - per aumentare il numero dei deputati assegnati alla circoscrizione Estero. Riportate da quattrocento a cinquecentodiciotto i componenti della Camera dei deputati. Perché vi accanite in modo stringente sul numero dei senatori a vita? Mi piacerebbe conoscere la ratio di tale accanimento. E la ratio, a mio avviso, non può che essere quella espressa dall'onorevole Marone per il quale voi perseguite l'obiettivo di ribaltare gli equilibri propri del vecchio assetto costituzionale a tutto svantaggio del Presidente della Repubblica e a tutto vantaggio del Presidente del Consiglio e degli esecutivi. È un'operazione inequivoca, perché, sia pure su un aspetto apparentemente non di primissimo rilievo, continuate a ridurre le prerogative del Presidente della Repubblica e, come si vede in altri passaggi di questa struttura costituzionale, ad accentuare le prerogative del Presidente del Consiglio, fino a rendere questo testo assolutamente autoritario. Questa è la vostra ratio, altrimenti, sarebbe assolutamente incomprensibile l'accanimento contro la nomina dei deputati a vita; incomprensibile per quanto riguarda il criterio generale del ridimensionamento, perché si ritorna a cinquecentodiciotto; incomprensibile per l'aumento dei deputati eletti nella circoscrizione Estero.

Continuate, in maniera meccanica, quasi automatica, pur inseguendo le tante opzioni corporative dei singoli componenti di questa maggioranza, ad inseguire una stessa cultura politica. Al fondo, vi è una cultura politica autoritaria (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, era possibile intravedere un barlume di logicità nella riduzione a tre dei deputati a vita quando si trattava di riflettere su una Camera composta da quattrocento deputati. Essendo la Camera composta da cinquecento deputati, più diciotto eletti nella circoscrizione Estero, voler mantenere il limite di tre perde davvero di significato, anche perché stiamo parlando di figure che, come recita la Costituzione, hanno reso illustre, con loro attività nel campo scientifico, culturale, sociale ed economico, il nostro paese. È la storia dei senatori a vita di questa nostra Repubblica che spiega come mai siano stati determinanti nella formazione di un Governo, proprio per il tipo di caratteristiche che queste persone avevano nella vita sociale e culturale quotidiana, caratteristiche che hanno mantenuto nella loro nuova veste di senatori a vita della Repubblica. È pertanto davvero incomprensibile questo tipo di riduzione. In questo caso, stiamo ragionando sulla possibilità, per il Presidente della Repubblica, non di fare qualche grazioso regalo ad una maggioranza parlamentare in difficoltà, ma di consentire a personaggi illustri della nostra Repubblica di vedere coronata la loro attività civile in quella che dovrebbe essere l'Assemblea maggiormente rappresentativa del popolo e della nazione: una volta era il Senato della Repubblica, oggi è la Camera dei deputati.

Insistere su questa riduzione a tre ci pare sia non oltre modo giustificabile; pertanto, noi chiediamo una riflessione circa la possibilità di consentire di portare a cinque il numero dei deputati a vita.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, intervengo soprattutto per rispondere al collega Giordano, il quale ha posto la questione in termini problematici in quanto non riesce a comprendere il motivo per il quale la maggioranza ha deciso di portare il numero dei deputati a vita, anziché a cinque, a tre. L'argomento che fa sponda al ragionamento del collega Giordano afferisce ai diciotto deputati eletti nella circoscrizione Estero. Si tratta di deputati che non hanno collegamento con il premier. Noi infatti ci preoccupiamo del funzionamento del sistema, a differenza sua, caro collega Giordano. Non avendo tale collegamento, possono spostare la maggioranza.

Con ogni probabilità, qualche disposizione a venire stabilirà che i colleghi eletti nella circoscrizione Estero, non vivendo il rapporto di colleganza con il premier, non entreranno nel computo numerico della maggioranza elettorale.

GIANCLAUDIO BRESSA. Si tratterebbe in tal caso di «turisti»!

DONATO BRUNO, Relatore. Su questo presupposto mi auguro che lei adesso comprenderà che il numero di deputati a vita deve necessariamente diminuire in quanto anche essi - che invece hanno e avranno il diritto di voto...

FRANCESCO GIORDANO. E i diciotto?

DONATO BRUNO, Relatore. Abbiamo diminuito il numero dei deputati a vita. Potrebbero, questi sì, rappresentare una differenza, come è già accaduto. Questo è il motivo per cui abbiamo ritenuto di portare a tre il numero.

Non solo; abbiamo risolto anche un altro problema. Ricordo che qualche Presidente della Repubblica aveva sposato la tesi che ogni Capo dello Stato potesse, nel corso del suo settennato, nominare cinque senatori a vita. La clausola in questione prevede invece che comunque non potranno essere superiori a tre quelli di nomina presidenziale. Credo che le farà piacere ciò e mi auguro che voterà contro l'approvazione della proposta emendativa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Ringrazio il presidente e relatore Bruno per l'intervento e anche per il tono dialogico, che del resto lo contraddistingue sempre; credo che quanto testé da lui detto ci dia l'occasione di chiarire in questa Assemblea alcune questioni.

Per la prima volta, in questo istante - ne prendo atto politicamente; poi ne prenderemo atto formalmente quando la Commissione formulerà qualche proposta emendativa - il presidente Bruno dichiara esplicitamente quanto segue. La questione da noi posta ieri - circa il numero esorbitante di deputati eletti nella circoscrizione Estero in una Camera politica titolare del rapporto fiduciario con il Governo - sarebbe un problema di natura costituzionale da affrontare e correggere. È la prima volta che viene dichiarato in questa Assemblea; non vi è un emendamento del Governo al riguardo. Il ministro Tremaglia si è ben guardato ieri dall'affrontare la questione. Lo stesso relatore ed i presidenti dei gruppi della maggioranza non hanno mai affrontato il tema.

Non sto polemizzando; sto invece asserendo che per la prima volta...

PRESIDENTE. Onorevole...

MARCO BOATO. Concludo, signor Presidente. Per la prima volta viene posta la questione, che però per ora non trova alcun riscontro nelle proposte emendative.

Per quanto riguarda la questione dei senatori a vita, oggi (in base alla Costituzione vigente), e deputati a vita, domani, credo non vi sia un solo caso nella storia della Repubblica - mi permetto al riguardo un appunto con cui amabilmente polemizzo - nel quale parlamentari a vita (non parlo dei parlamentari di diritto, che è altra questione riguardante gli ex Presidenti della Repubblica) siano stati determinanti per qualche maggioranza parlamentare. Mai nella storia della Repubblica ciò è avvenuto.

La questione di prevedere che il tetto non riguardi il singolo Presidente della Repubblica ma riguardi la composizione dell'organo - per inciso, noi proponiamo che il tetto sia di cinque e perciò voteremo a favore dell'approvazione di questo emendamento; la maggioranza propone, invece, un tetto di tre - è già risolta nella prassi ma è opportuno risolverla anche sotto il profilo costituzionale.

Un solo Presidente della Repubblica derogò a tale principio: fu - lo ricordiamo tutti - l'amatissimo Pertini; lo fece previo un parere della Giunta per il regolamento del Senato. Non si sarebbe mai permesso, altrimenti, di dare tale interpretazione. Dopo la Presidenza Pertini, si è tornati alla costante interpretazione, seguita dal 1948 ad oggi: non più di cinque senatori a vita, complessivamente. A noi pare, quindi, equilibrato e serio riproporre, alla Camera in questo caso, di arrivare ad un massimo di cinque deputati a vita.

Invitiamo pertanto a votare a favore dell'emendamento Leoni 5.70.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, l'ha già detto il collega Boato: l'intervento del presidente Bruno ha rivelato all'Assemblea un dato molto chiaro (ed io apprezzo l'onestà con la quale si è voluto rendere chiaro un problema). Nel momento in cui la maggioranza affermava - testardamente, nonostante i nostri argomenti di merito - che i rappresentanti della circoscrizione Estero alla Camera dovevano essere diciotto - e non era possibile discutere altrimenti - compiva un atto a rischio. Tale presenza, infatti, entrava in contraddizione con la logica del voto di fiducia e delle maggioranze parlamentari, ma - dice il presidente Bruno - con ogni probabilità, potranno intervenire norme successive a sanare, in qualche modo, tale incongruenza. Se detta probabilità si verificherà, naturalmente la esamineremo nel merito. Stiamo, tuttavia, parlando di ciò che la Camera, finora, ha votato. La Camera, fin qui, ha votato che i rappresentanti della circoscrizione Estero siano diciotto e, a quest'ora ed in questa data, con pari poteri rispetto agli altri deputati; ha votato che la riduzione dei membri della Camera stessa dovesse essere assai contenuta, e lo stesso principio vale per quanto riguarda la cifra complessiva dei membri del Senato.

Nonostante, quindi, la presa d'atto di un problema creato dal voto di maggioranza, come poco fa ha esplicitato il presidente Bruno, restano in piedi tutti gli argomenti addotti sia dal collega Giordano sia da altri colleghi, tesi ad affermare che l'unico numero che viene ridotto - del 40 per cento, peraltro - è quello dei deputati a vita o, meglio, che l'unico potere che viene limitato è quello del Presidente della Repubblica di nomina dei deputati a vita.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 5.70, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 435

Votanti 432

Astenuti 3

Maggioranza 217

Hanno votato 188

Hanno votato no 244).

Prendo atto che l'onorevole Buontempo non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 5.71.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, ho ascoltato il presidente Bruno che - a quanto pare - ha inaugurato una nuova prassi: l'emendamento a futura memoria...

DONATO BRUNO, Relatore. In Commissione...

RICCARDO MARONE. Prendo atto, appunto, che è un argomento di cui abbiamo trattato a lungo ieri.

Non posso fare a meno di notare che siete un po' lenti nei riflessi, perché quando abbiamo presentato gli emendamenti, a luglio, li avete considerati tutti sbagliati (erano buoni solo quelli presentati dall'UDC, o forse neanche quelli). L'estate vi ha portato a riflettere e, alla fine, quasi tutti i nostri emendamenti sono stati alla base delle riflessioni attuali.

Ieri, si è svolta una lunga discussione su questo argomento e sembrava che nulla fosse successo. Ci fa piacere verificare che, invece, evidentemente vi è stata una riflessione.

Tuttavia, rispetto a ciò, vorrei fare un'osservazione: l'unico argomento portato dal presidente Bruno è la riduzione del numero dei componenti l'Assemblea. Alla luce di ciò, allora, l'emendamento in esame va approvato, perché tale riduzione deve essere proporzionale a quella che avete approvato. Voi avete bocciato la proposta che prevedeva un numero di membri pari a quattrocento unità ed avete proposto un aumento a cinquecento unità.

A questo punto, la tesi di prevedere tre senatori a vita non regge più: la riduzione deve essere proporzionale alla riduzione che avete approvato o, meglio, alla mancata riduzione ossia all'aumento che avete approvato ieri in quest'aula. Se ieri avete approvato la proposta che prevedeva un'Assemblea di cinquecento componenti, oggi il presidente Bruno dovrebbe esprimere un parere favorevole sulla proposta di innalzare a quattro il numero dei senatori a vita (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 5.71, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 435

Votanti 432

Astenuti 3

Maggioranza 217

Hanno votato 188

Hanno votato no 244).

Passiamo alla votazione dell'articolo 5.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, anch'io vorrei tornare sul tema dei senatori (ormai deputati) eletti nella circoscrizione Estero per ribadire che la notizia di cui ci ha informato, in modo preventivo, il presidente Bruno conferma tutte le argomentazioni che abbiamo sostenuto nel corso di questi mesi e persino nella giornata di ieri.

Il ministro Tremaglia ha tentato di convincerci non solo che diciotto senatori eletti in tale circoscrizione erano più che legittimi, ma che addirittura essi sarebbero dovuti essere trentuno con riferimento ai membri della Camera dei deputati. Oggi, apprendiamo che questo argomento naturalmente non era sostenibile e che, quindi, si dovrà inventare una norma apposita: la modifica costituzionale che ha consentito il voto agli italiani all'estero, di fatto, diventa un intralcio; pertanto, a questi signori verrà data rappresentanza, ma senza che essi possano esprimere un loro protagonismo nella elezione del Governo.

Questa è la conferma che, quando si è modificata la Costituzione per istituire questo diritto, è stata approvata una norma sbagliata in sé e che, quando si inventano norme che si rifanno alle ideologie, poi si è costretti a correre ai ripari con ulteriori pasticci.

Detto ciò, vorrei tornare al tema affrontato dall'articolo 5, per ricordare che nella nostra Costituzione la nomina di cinque senatori a vita è determinata dal fatto che questi cittadini hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Allora, già il testo di questo articolo dimostra come tale norma sia stata prevista dai padri e dalle madri costituenti in virtù del contesto storico in cui essa si inserisce. Si richiede che abbiano «illustrato la patria»: si usciva dalla Resistenza e da una dittatura e, dunque, si ritenne che la presenza di personaggi che avevano segnato la storia repubblicana e che, non per questo, in quel momento, avevano preferito essere presenti nella vita politica di tutti i giorni, meritava un riconoscimento nell'assemblea parlamentare, nella realtà istituzionale più importante. È lì che va contestualizzata questa scelta e, naturalmente, questa nomina non poteva che spettare al Presidente della Repubblica, figura super partes, garante della Costituzione, l'unico che può, da un punto di vista istituzionale, esercitare questo potere.

Allora, oggi il punto è un altro: o la nomina di questi senatori a vita (che diventano deputati per le ragioni che sono state dette) ha ancora un senso e, se è così, non si comprende perché debba esserne modificato il numero; oppure, essa può ritenersi superata o messa in discussione in quanto superata nei fatti, dato che siamo nel 2004 e quella storia è lontana.

Questo, a mio avviso avrebbe una dignità culturale e istituzionale; giocare sui numeri è francamente poco dignitoso. Comprendo benissimo le ragioni tecniche motivate dal presidente Bruno, ma sono proprio quelle ragioni che rendono questo articolo molto discutibile, perché se si ritiene che debba essere riconosciuta questa prerogativa e per queste ragioni, allora cinque erano previsti e cinque devono rimanere, visto che ci avete spiegato che dal punto di vista numerico una Camera che si riduce soltanto a cinquecento deputati non è tale da sconvolgere gli equilibri. Il numero di cinque è stato previsto con una motivazione, evidentemente, visto che coloro che hanno scritto la Costituzione hanno pesato le virgole e non solo i numeri.

Se questa possibilità deve rimanere, è giusto che essa rimanga così com'è previsto attualmente dalla Costituzione, semplicemente spostando dal Senato alla Camera la nomina di questi signori che hanno illustrato la patria, come dice la Costituzione. Se questa deve diventare una cosa «di bottega» - passatemi il termine -, che deve stare dentro le logiche degli equilibri della maggioranza, penso che ciò non sia dignitoso per una Carta costituzionale che mantiene, nonostante tutto, una forte dignità.

Dunque, il nostro voto sarà contrario (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Bastano poche parole, signor Presidente, per confermare gli argomenti di un voto contrario su questo articolo. Dico «confermare» perché già tutti i colleghi dell'opposizione che sono intervenuti hanno spiegato assai bene dove sta la totale contraddittorietà e incongruenza della norma così come viene prevista dalla posizione della maggioranza.

Stiamo parlando di un argomento delicato che è stato anche assai controverso nel passato, cioè come interpretare il testo della Costituzione vigente, che afferma che il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, artistico e così via.

Siamo assolutamente d'accordo con la necessità di risolvere questa controversia che c'è stata nel passato, se cioè si trattava di un tetto massimo di senatori a vita, oppure di un tetto massimo di cittadini che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica nell'esercizio della sua funzione presidenziale.

Però, ciò che non va, non soltanto in sé (perché il numero di tre deputati è troppo basso), ma anche nel contesto della riforma così come sta procedendo, è il fatto che l'unica vera riduzione secca - ripeto, come ho detto poco fa, del 40 per cento (da cinque a tre) - avviene per i poteri presidenziali di nomina dei deputati a vita, mentre altre riduzioni, come quelle del numero complessivo dei componenti la Camera dei deputati e il Senato federale della Repubblica, sono assai più contenute. Anzi, nel passaggio tra il Senato e la Camera, si è andati ad approvare un ulteriore incremento invece che una riduzione.

Inoltre, come abbiamo ricordato, il numero dei deputati appartenenti alla circoscrizione Estero non solo non viene ridotto ma, per ciò che riguarda le presenze previste alla Camera dei deputati, viene aumentato e portato a diciotto, con tutte le viscosità e i rischi che tutti a questo punto conosciamo, visto che anche il presidente della Commissione è intervenuto prima mostrando la consapevolezza dei rischi ai quali si può andare incontro.

Mi auguro sia possibile trovare una norma che eviti quei rischi e quelle vischiosità. Ho molti dubbi perché non si potrà andare nella direzione di considerarli deputati di serie B se tutti ancora crediamo - come tutti abbiamo creduto - che la concessione, per riforma costituzionale e poi per legge ordinaria, del voto ai cittadini italiani residenti all'estero sia stata un evento epocale, se tutti ancora condividiamo l'enfasi con la quale si fece quella scelta. Vedremo se sarà presentata una norma che ripara quel danno. Allo stato attuale tale norma non c'è e resta quell'incongruenza, mentre l'unico provvedimento che si prende è quello di ridurre i poteri del Presidente della Repubblica con riguardo alla nomina dei deputati a vita.

Queste sono le ragioni che portano anche il mio gruppo a votare contro l'articolo in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, anche noi voteremo contro l'articolo 5. Abbiamo argomentato lungamente su come la riduzione complessiva del numero dei parlamentari da cinque a tre sia scarsamente giustificabile. Non ripeterò argomenti che ho già usato, ma vorrei sottolineare un aspetto.

Tra non molto cominceremo a discutere delle prerogative del Presidente della Repubblica. Assisteremo, in questo vostro progetto riformatore, ad una progressiva spoliazione dei poteri e delle prerogative del Presidente. Si tratta di un aspetto molto marginale, molto piccolo, se volete potrebbe addirittura apparire irrilevante, ma irrilevante non è perché è indicativo dell'atteggiamento politico-culturale che caratterizza la riforma. Mi riferisco alla marginalizzazione della posizione del Presidente della Repubblica nell'equilibrio dei poteri della nostra istituzione.

Per tali motivi voteremo contro l'articolo in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 426

Votanti 424

Astenuti 2

Maggioranza 213

Hanno votato 241

Hanno votato no 183).

Prendo atto che l'onorevole Nicotra non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 4).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, l'articolo 6 del progetto di legge in esame interviene sull'articolo 60 della Costituzione, riscrivendolo sostanzialmente, e riguarda la durata delle Camere. Tale articolo è stato modificato in prima lettura al Senato e, poi, dalla Commissione in sede referente. Si è eliminata dal primo comma dell'articolo 60 la definizione della durata del Senato, dato che si tratta di Senato federale che, secondo il principio della contestualità, trova la propria rappresentanza mediante l'elezione dei senatori contestuale a quella dei consigli regionali.

Quindi, la durata di questi senatori è legata alla sorte dei consigli regionali dei territori nei quali essi vengono eletti.

Il Senato, come poi confermato dalla Commissione in sede referente, ha introdotto un comma (nel capoverso articolo 60 del comma 1 dell'articolo 6) in base al quale il Senato federale della Repubblica è eletto per cinque anni. Invece, secondo l'emendamento Elio Vito 6.200, i senatori eletti in ciascuna regione rimangono in carica fino alla data della proclamazione dei nuovi senatori della medesima regione. Inoltre, l'emendamento Elio Vito 6.200 elimina il comma introdotto dalla Commissione in sede referente, che disciplina le conseguenze derivanti dallo scioglimento dei consigli regionali in base all'articolo 126 o ad altra norma costituzionale. Infine, l'emendamento Elio Vito 6.200 riscrive totalmente l'ultimo comma del capoverso articolo 60, già frutto di un lavoro emendativo in Commissione referente.

Con tale emendamento della maggioranza, si prevede che la durata della Camera dei deputati e dei consigli regionali non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra. Con la proroga dei consigli regionali sono inoltre prorogati anche i senatori in carica.

Vi sono pertanto emendamenti giustamente soppressivi di alcune disposizioni normative del testo in esame. In alcune di esse vi è infatti un'invasione da parte statale di competenze che non possono che essere regionali.

Per quanto riguarda l'affermazione della contestualità nel 2011 - secondo la norma transitoria che farà slittare di cinque anni l'intervento della riduzione del numero dei senatori e dei deputati (che aveva subito ben altro ridimensionamento nel lavoro svolto dal Senato!) -, tale contestualità può avere la sua piena razionalità nel primo intervento, ma non vi possono essere interventi normativi statuali che provocano lo scioglimento dei consigli regionali.

Su questa materia abbiamo presentato degli emendamenti, il primo dei quali è soppressivo dell'articolo 6, nella logica di affermare la nostra visione di Senato federale, dal momento che quello che si è andato configurando, come abbiamo visto, federale non è. I successivi emendamenti da noi presentati vanno invece inquadrati in una logica limitativa del danno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, ho presentato il subemendamento 0.6.200.2, ma preferisco intervenire adesso perché la speranza è l'ultima a morire e spero di convincere il presidente Bruno ed il Comitato dei nove ad esprimere un parere favorevole sul medesimo.

La maggioranza ha presentato l'emendamento 6.200, che reca la prima firma dell'onorevole Elio Vito, nel quale si prevede che «con la proroga dei Consigli regionali sono prorogati anche i senatori in carica». A tale riguardo, ho presentato un subemendamento per sopprimere questa espressione pleonastica, meramente ripetitiva e quindi superflua.

Quando la maggioranza non accoglie nemmeno le correzioni di forma che cercano di limitare i danni di questo «pasticcio», allora si capisce lo spirito con il quale intende confrontarsi con l'opposizione.

Signor Presidente, il comma 2 dell'articolo 57 prevede che i senatori siano eletti in ciascuna regione, contestualmente all'elezione dei rispettivi consigli regionali. Al primo comma dell'emendamento Elio Vito 6.200 si prevede che «i senatori eletti in ciascuna regione rimangono in carica fino alla data della proclamazione dei nuovi senatori della medesima regione». Da qui si evince che, se sono prorogati i consigli regionali, automaticamente e, quindi, conseguentemente, sono prorogati i senatori, in virtù del combinato disposto del comma 2 dell'articolo 57 e del comma 1 dell'emendamento presentato dalla maggioranza.

Per un mero coordinamento formale, il periodo «con la proroga dei Consigli regionali sono prorogati anche i senatori in carica» è pleonastico e ripetitivo.

Stiamo inserendo nella Costituzione una frase che è già automaticamente compresa in un'altra parte del testo.

Mi auguro che il Comitato dei nove si ravveda, ma constato che i suoi membri sono coinvolti in altri affari e capisco che non hanno alcuna intenzione di migliorare la qualità del testo, perché quello che conta è votare questa «robaccia» per sostenere che è stato approvato il federalismo, tanto poi si sa che o non sarà approvato dal Senato o non sarà approvato dal Parlamento in questa legislatura o sarà bocciato dagli elettori tramite referendum. Pertanto, si possono tranquillamente inserire nel testo previsioni inutili e superflue, tanto tutto è inutile e superfluo...!

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Leoni 6.5, Bressa 6.3 e Leoni 6.74, nonché sui subemendamenti Mascia 0.6.200.1 e Boccia 0.6.200.2, raccomandando ovviamente l'approvazione del suo subemendamento 0.6.200.25 ed esprimendo parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 6.200. Esprime, altresì, parere contrario sugli emendamenti Pacini 6.73, Mascia 6.1, Ladu 6.72, Boato 6.78, Zeller 6.75 e Carboni 6.71.

La Commissione esprime infine parere contrario sull'articolo aggiuntivo Mantini 6.01, mentre raccomanda l'approvazione del suo articolo aggiuntivo 6.025.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, vorrei capire, visto che il presidente della Commissione, onorevole Bruno, ha dato il parere anche sugli emendamenti Pacini 6.73 e Mascia 6.1, se questi siano preclusi da altra votazione. Mi potrebbe dire quali sarebbero gli emendamenti preclusi?

PRESIDENTE. Quando arriveremo a quel punto, ove fossero preclusi, la Presidenza lo dichiarerà, comunque dopo l'emendamento Elio Vito 6.200.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 6.5.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, avevo chiesto di intervenire sul complesso degli emendamenti, perché volevo fare un rilievo che - credo - possa interessare un po' tutta la Camera. Infatti, su questo articolo 6, attraverso gli emendamenti, si esprime il sostanziale consenso di tutte le forze politiche verso la soluzione che poi sarà approvata soltanto dalla maggioranza e questo mi sembra francamente un grande fenomeno degno di un'analisi sociologica. Persino il gruppo di Rifondazione comunista ha presentato un emendamento sostanzialmente conforme alla soluzione che accetteremo tutti!

Intervenendo sul complesso degli emendamenti, avrei voluto svolgere una considerazione amara sul modo in cui si sta procedendo, considerato che non siamo liberi dal contesto generale da nessun punto di vista. Noi stiamo ragionando di una importante legge costituzionale, che resterà in vita per moltissimi decenni, auspicabilmente, e siamo condizionati nelle scelte, - sostanzialmente ne è condizionata l'opposizione - dal contesto politico. Vorrei quindi invitare, anche in ossequio alle indicazioni che ci ha dato il Presidente della Repubblica, ad un atteggiamento più distaccato. Ho presentato l'emendamento 6.73, nel quale sostenevo le stesse cose contenute nell'emendamento della Commissione, e dunque della maggioranza; quindi, lo ritiro.

Credo però che sarebbe importante, al di là delle polemiche del quotidiano, uscire perlomeno da quest'aula stasera con la convinzione che vi siano alcuni aspetti di questa Costituzione, che andiamo approvando, sui quali conveniamo. La contestualità è una innovazione di straordinaria importanza, che risolve moltissimi problemi: ne ho parlato anche stamattina in sede di dichiarazione di voto e non vi è quindi bisogno di ribadirlo ancora. Ma le stesse convergenze si sono verificate quando si è parlato di trasformare i senatori a vita in deputati a vita, quando si è deciso di abolire la circoscrizione Estero per il Senato, e - se ricordo bene - anche quando abbiamo costituzionalizzato la Conferenza Stato-regioni. Questi sono i principi basilari, le colonne portanti, che caratterizzano il nuovo Senato.

Se vi è un accordo sul perimetro generale del nuovo Senato federale, ritengo che molte di queste opposizioni sono pretestuose, sotto certi aspetti legate a motivi che nulla hanno a che fare con questo importante impegno che abbiamo di modificare la Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, questo è un articolo importante, seppure a leggere il testo come risulterebbe se gli emendamenti della maggioranza venissero approvati potrebbe apparire indiscutibile, perfino ovvio.

L'articolo 6 è invece importante perché tocca un nodo decisivo per tutta l'impalcatura che si va a costruire; in particolare, mi riferisco alla qualificazione di federale per il nuovo Senato della Repubblica. Il testo approvato dalla Commissione escludeva, di fatto, un importante principio dato dalla contestualità tra l'elezione dei consigli regionali e quella dei senatori che debbono rappresentare la regione. Questa contestualità la si definiva affievolita ma, in realtà, era sostanzialmente inesistente, e questa inesistenza era resa chiara dal testo dell'articolo 6, così come approvato dalla Commissione. Tale articolo, infatti, affermava che il Senato federale della Repubblica era eletto per cinque anni. Una norma del genere valeva a significare che non si procedeva prevedendo uno stretto legame tra elezione del consiglio ed elezione dei senatori di quella regione. In particolare, non si prevedeva la clausola ovvia - ovvia per un Senato veramente federale - secondo cui dovevano essere rieletti i nuovi senatori assieme al consiglio regionale se, per qualunque ragione, si fosse sciolto il consiglio regionale; infatti - lo ripeto - si stabiliva che il Senato federale era eletto per cinque anni.

I colleghi che non fanno parte della Commissione, o comunque coloro che non hanno potuto partecipare ai lavori svoltisi in quella sede nei mesi precedenti l'estate, non hanno potuto assistere - penso comunque che maggioranza ed opposizione ne possano dar conto - all'insistenza con cui i gruppi dell'opposizione avevano premuto affinché venisse accolta l'idea di una piena contestualità, corrispondente al superamento della norma secondo cui il Senato della Repubblica veniva eletto per cinque anni. Alla fine, dopo tanti dinieghi, i partecipanti ai vertici di maggioranza convocati durante l'estate si sono guardati negli occhi e si sono resi conto che, effettivamente, la norma non stava in piedi.

Quindi, anche se per quanto riguarda il procedimento legislativo stiamo sempre parlando al buio - poiché le agenzie attraverso le quali il ministro ha fatto delle anticipazioni sul tema debbono essere tradotte in testi da esaminare nell'ambito del Comitato dei nove e in Assemblea - si è andati incontro (per fortuna e, soprattutto, per il buon funzionamento del Senato) a quella che, fino a luglio, è stata ritenuta un'istanza non accoglibile: la piena contestualità. Però, anche in questo caso - come in quello relativo alla riduzione dell'età per l'elettorato passivo, o quello concernente la riduzione del numero dei parlamentari e così via - ci si ferma ad un passo dal compimento di un progetto effettivamente degno di questo nome. Ieri - se non ricordo male -, infatti, è stato respinto l'emendamento presentato dai gruppi del centrosinistra secondo cui le elezioni dei consigli regionali e dei corrispondenti senatori debbono svolgersi in data comunque diversa dalle elezioni per la Camera dei deputati; con ciò si intendeva promuovere elezioni effettivamente ed indubitabilmente federaliste. Tali elezioni non dovevano cioè essere stravolte da una competizione politica nazionale senza altra distinzione di carattere locale.

Il fatto che ci si sia fermati a ciò prima di tale soglia rende questa contestualità - mi dispiace dirlo, ma è così - ancora non piena e questa è la ragione per la quale anche un testo, che ad una prima lettura potrebbe apparire indiscutibile e perfino ovvio, non può essere da noi condiviso perché tale contestualità non si realizza effettivamente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, come ricordava qualche istante fa il collega Leoni, siamo di fronte ad un articolo che, a leggerlo, si potrebbe affermare che nulla è cambiato. La risposta è semplice: è cambiata una questione sicuramente rilevante e ritengo che se la maggioranza è giunta a riflettere su tale aspetto ciò sia dovuto in larga parte agli emendamenti che abbiamo presentato in Commissione, attraverso i quali abbiamo lungamente insistito in ordine al fatto che non poteva esservi altro che la contestualità piena.

Il Senato, durante i propri lavori, aveva inventato una formula, definita non a caso contestualità affievolita, che costituiva un vero e proprio scherzo giuridico. La contestualità affievolita significava sostanzialmente la politicizzazione delle elezioni per la scelta dei senatori.

Abbiamo affermato in più occasioni - lo ripetiamo anche adesso - che immaginare che l'elezione della Camera federale avvenisse contestualmente alle elezioni politiche significava uno svilimento della territorialità. È del tutto evidente che, se si facessero coincidere l'elezione della Camera e quella del Senato con la scelta del premier, le prime sarebbero fortemente condizionate dalla competizione politica sul premier. Ecco perché appare importante far coincidere la durata in carica dei senatori con la durata in carica dei consigli regionali di riferimento.

Tuttavia, accanto a questa positiva innovazione, permane un elemento di perplessità, che si deduce dall'esito dei lavori parlamentari di questa giornata. Avevamo presentato un emendamento volto esplicitamente a prevedere che le elezioni per la seconda Camera non potevano mai svolgersi contestualmente a quelle politiche. Non aver accettato questa ipotesi, che definiva in maniera chiara il differimento delle due competizioni elettorali e, quindi, negava la possibilità di una loro sovrapposizione, indebolisce anche questa vostra nuova formulazione.

Proprio per tali ragioni esprimeremo un voto contrario sull'articolo 6, mentre ne esprimeremo uno favorevole sul presente emendamento che lo sopprime.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, gli interventi dei colleghi dell'opposizione si sono prevalentemente soffermati su due aspetti che considero giusti.

Mi riferisco in primo luogo alla preoccupazione dell'onorevole Boccia relativamente alla formulazione di questo articolo, in ordine al quale anche alcune frasi che possono essere considerate pleonastiche potrebbero indebolire la forza di qualsiasi dettato costituzionale.

Il meccanismo inventato per sorreggere l'ipotesi di pseudo Senato federale è tale da pregiudicare persino una scrittura accettabile da questo punto di vista.

Vi è, inoltre, un'altra ragione di merito, come hanno sottolineato gli onorevoli Leoni e Bressa, che ripercorre i passaggi svolti in Commissione, con cui è stata determinata la modifica a tale articolo da parte della maggioranza. In particolare, è stato cambiato un punto che forniva elementi di contraddizione molto evidenti: da un lato, si aveva l'ambizione di dar vita ad un Senato federale e, allo stesso tempo, si faceva scaturire l'elezione dei consigli regionali dal Senato federale stesso. In questa «contestualità affievolita» era presente un effetto di trascinamento nel giorno delle elezioni, cui dovevano soccombere i consigli regionali.

Questo elemento è stato corretto in corso d'opera, ma, come sottolineato giustamente dai colleghi, non al punto tale da rendere accettabile, neppure dal loro punto di vista, questa norma su cui pure hanno tanto insistito. Infatti, non esiste una piena contestualità fra le elezioni del Senato e quelle dei consigli regionali; allora, potrebbe verificarsi una situazione in cui, nello stesso giorno e quindi una volta per tutte, si eleggono Camera dei deputati, Senato federale e consigli regionali, assemblee con compiti e competenze differenti che dovrebbero, più adeguatamente, svolgere le proprie elezioni in momenti distinti.

Devo aggiungere che abbiamo inoltre una ragione in più nel chiedere la soppressione di questo articolo. Mi riferisco, ovviamente, all'impianto da noi proposto per definire quello che abbiamo chiamato Senato delle regioni. Automaticamente, il carattere e le prerogative previste dal nostro modello, configurano un'elezione di secondo livello, che parte proprio dalle regioni e dà forza all'istituto della rappresentanza territoriale; allo stesso tempo, risolve automaticamente tutti i problemi lasciati invece aperti dal marchingegno della maggioranza.

Nel chiedere, quindi, la soppressione di questo articolo, vogliamo ribadire quanto esplicitamente previsto dall'emendamento a seguire, ovvero che la nostra proposta del Senato delle regioni - rinnovato contestualmente all'elezione dei consigli regionali, in maniera parziale o totale - testimonia come il nostro impianto abbia una forza e una coerenza che risiedono nell'esperienza di altri paesi. Tale impianto avrebbe comunque una logica e una coerenza, se davvero si volesse modificare in modo adeguato un sistema a bicameralismo perfetto in un altro a bicameralismo imperfetto, con nuove connotazioni e nuove prerogative. In questo modo, dunque, si costruirebbe in modo logico ed organico un impianto trasparente, assolutamente e immediatamente leggibile dal punto di vista della scrittura. Ci troviamo, invece, a dover chiedere la soppressione di una norma che, se entrerà in vigore, determinerà incongruenze persino dal punto di vista delle giornate delle elezioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, ho chiesto la parola perché intendo aggiungere la mia firma all'emendamento Leoni 6.5, soppressivo dell'articolo 6. Anche qui si conferma l'atteggiamento poco federalista - o in questo caso poco regionalista - da parte della maggioranza di centrodestra. La maggioranza, infatti, ha ispirato tutta la sua idea della riforma costituzionale ai temi del federalismo e del regionalismo, ma in realtà dimostra ben poco di esserlo con questo articolo, che prevede la stessa data di elezione per il Senato federale, organo legato alle regioni, e per la Camera politica.

Crediamo che, da questo punto di vista, si tratti dell'ennesima riprova dell'atteggiamento che tiene poco conto delle realtà differenziate del nostro territorio. Si pensi, nel giorno in cui si dovrà eleggere il futuro primo ministro, o meglio, la maggioranza che sosterrà il nuovo Governo della Repubblica, quanta attenzione vi potrà essere da parte dei cittadini nella scelta del presidente della regione. Riteniamo pertanto che debba essere approvato l'emendamento soppressivo in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 6.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 403

Votanti 401

Astenuti 2

Maggioranza 201

Hanno votato 174

Hanno votato no 227).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 6.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 409

Votanti 407

Astenuti 2

Maggioranza 204

Hanno votato 178

Hanno votato no 229).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 6.74, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 398

Votanti 397

Astenuti 1

Maggioranza 199

Hanno votato 171

Hanno votato no 226).

Passiamo alla votazione del subemendamento Mascia 0.6.200.1.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, l'emendamento in esame costituisce l'estrinsecazione, sul piano della durata del Senato federale, del senso della nostra proposta, radicalmente alternativa rispetto a quella avanzata dalla maggioranza. Abbiamo ripetutamente sottolineato, come ha ricordato l'onorevole Mascia, che il vizio di fondo del Senato federale è dato dal fatto che non si tratta di un Senato federale, mancando la radice materiale, politica, sociale e culturale che potrebbe renderlo tale, vale a dire la connessione reale con il territorio. Soltanto la volontà di configurare effettivamente una natura diversa, a partire dalla composizione e dai requisiti di eleggibilità, rispetto alla Camera politica, può giustificare una modifica così radicale del sistema della rappresentanza democratica finora in vigore, ovvero il bicameralismo. Non riscontriamo affatto, nella proposta in esame, questa alternativa reale, che sarebbe invece assolutamente necessaria.

Abbiamo dunque proposto un impianto radicalmente diverso, che, qualora accolto, risolverebbe in modo lineare tutti i problemi posti dalla scelta di costituire un rapporto diverso tra la Camera politica e la Camera di rappresentanza territoriale, che nella nostra proposta è definita Senato delle regioni, proprio per indicare che l'unica realtà territoriale fattuale configurabile nella nostra storia è costituita dalle regioni. Pertanto, l'emendamento in esame propone che il Senato delle regioni si rinnovi, parzialmente o totalmente, contestualmente alle elezioni dei consigli regionali, poiché riteniamo che la radice della legittimazione del Senato delle regioni risieda, appunto, nei consigli regionali e nel meccanismo di elezione di secondo grado che proponiamo (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Avverto che, a seguito dell'approvazione dell'articolo 1, il Senato ha assunto la denominazione di «Senato federale». Le proposte emendative dell'onorevole Mascia, recanti una denominazione diversa, dovranno intendersi pertanto conseguentemente riformulate.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Non siamo d'accordo...

PRESIDENTE. Colleghi, è una conseguenza dell'approvazione dell'articolo 1.

DONATO BRUNO, Relatore. Ma non sono d'accordo!

PRESIDENTE. Si tratta di una questione tecnica, mi sembra che per la riformulazione siate d'accordo.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Sì, ma non politicamente!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Questa evoluzione, di tipo esclusivamente procedurale, intervenuta - come chiarito dalla Presidenza - a seguito di votazioni già svolte, rimuove l'unica nostra perplessità. Come i colleghi sanno, abbiamo sempre condiviso la dizione di Senato federale. Non abbiamo mai condiviso, invece, lo sviluppo in articoli ed emendamenti di tale dizione intesa come concetto più ampio del semplice Senato delle regioni.

La comunicazione del Presidente, ovviamente, rimuove questa riserva e consente al mio gruppo di annunciare il voto favorevole su questo emendamento. Tale proposta, sancisce in maniera chiara e inequivoca quanto da tempo affermiamo, ossia che il Senato federale si rinnova (parzialmente o totalmente) contestualmente alle elezioni dei consigli regionali. Mi sembra un concetto espresso con estrema chiarezza e al riguardo non comprenderei le ragioni di un'opposizione da parte dei colleghi della maggioranza. Diciamo, quindi, nuovamente il voto favorevole del gruppo dei Democratici di sinistra.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Debbo convenire che il subemendamento Mascia 0.6.200.1 è scritto veramente bene; infatti trasmette immediatamente il senso di quella che dovrebbe essere una vera Camera federale, ossia la durata dell'elezione dei senatori collegata alla durata dei consigli regionali. In questa formulazione è insito un chiaro richiamo al modello del Senato federale americano, che come tutti sappiamo si rinnova con cadenza sfalsata. Mi sembra che ciò sia utile per garantire una rappresentanza reale della volontà degli Stati e non delle volontà politiche del momento.

Tale testo ci convince e, con molta chiarezza, determina la contestualità piena tra l'elezione dei senatori e quella dei consigli regionali e introduce un elemento di novità molto significativo rappresentato dal parziale rinnovo del Senato. A mio avviso tutto ciò rende l'idea che la Camera federale non procede in maniera eguale e non ha una durata uniforme. Possono, cioè, intervenire degli elementi che causano lo svolgimento di più elezioni; queste ultime potranno, quindi, essere elezioni plurime perché ciò che conta non è il dato di un'elezione politica generale quanto piuttosto il riferimento costituito delle elezioni dei singoli consigli regionali. Ripeto, si tratta di un subemendamento ben redatto che votiamo convintamente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Mascia 0.6.200.1, nel testo riformulato, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 411

Votanti 408

Astenuti 3

Maggioranza 205

Hanno votato 175

Hanno votato no 233).

Prendo atto che gli onorevoli Tarditi e Cima non sono riusciti a votare e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Avverto che, a seguito dell'eventuale approvazione del subemendamento della Commissione 0.6.200.25, risulterebbe precluso il successivo subemendamento Boccia 0.6.200.2.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.6.200.25 della Commissione, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 404

Votanti 400

Astenuti 4

Maggioranza 201

Hanno votato 399

Hanno votato no 1).

Prendo atto che gli onorevoli Nicotra e Cima non sono riusciti ad esprimere il proprio voto e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Avverto che, a seguito dell'eventuale approvazione dell'emendamento Elio Vito 6.200, risulterebbero preclusi i restanti emendamenti riferiti all'articolo 6.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 6.200, nel testo subemendato, accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 409

Votanti 406

Astenuti 3

Maggioranza 204

Hanno votato 240

Hanno votato no 166).

Passiamo alla votazione dell'articolo 6.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carlo Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, confermo quanto è già stato detto anche dagli altri colleghi in precedenza e, cioè che un testo che poteva essere condiviso a condizione che si fosse arrivati ad un disegno organico e pieno di contestualità vedrà invece il nostro voto contrario; voto contrario che noi esprimiamo su ciascun articolo, come i colleghi avranno visto, anche per rimarcare il nostro giudizio negativo sull'insieme del disegno di legge di riforma della Costituzione presentato dalla maggioranza.

Un giudizio negativo che viene confermato, nonostante - e qui non abbiamo mai avuto difficoltà a riconoscerlo - da parte della maggioranza si sia deciso, talvolta e, comunque, sempre autonomamente, di venire incontro a talune istanze dell'opposizione, quale quella che rimuove - come è accaduto in questo caso - la fissazione dei cinque anni per la durata del Senato federale portandola ad una contestualità più piena di quella che veniva immaginata prima e che contestualità non era affatto.

Abbiamo già detto qual è il tassello che è mancato per arrivare ad una vera contestualità fra le elezioni dei consigli regionali e quelle dei rappresentanti delle regioni nel Senato federale della Repubblica e la mancanza di questo elemento di coerenza, oltre al giudizio politico generale sulla legge, che noi confermiamo, articolo per articolo, giustifica e motiva il voto contrario del mio gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, come abbiamo ripetutamente argomentato, quando si affronta un'impresa come quella di voler mettere mano ad una riforma così corposa della Costituzione, dobbiamo prestare attenzione al disegno coerente e complessivo del provvedimento che siamo chiamati a votare.

Noi non siamo iscrivibili tra coloro i quali non vogliono cambiare la Costituzione; infatti, siamo convinti che la Costituzione abbia bisogno di essere cambiata in alcune sue parti. Come abbiamo detto più volte nella storia di questi decenni, ci sono stati degli elementi di discontinuità che hanno bisogno di trovare in Costituzione il riscontro di un ammodernamento.

Quello che, però, noi rivendichiamo è che quando si vuole cambiare la Costituzione bisogna avere la capacità di mantenere una linea coerente, che purtroppo manca a questa vostra ipotesi di riforma. Uno degli esempi è dato anche da questo articolo, che definisce una cosa assolutamente pacifica; infatti, è evidente che la durata delle Camere debba essere stabilita in ambito costituzionale, ma anche di fronte a questioni così normali, logiche e di buonsenso vi deve essere una coerenza di fondo, che - lo abbiamo ripetutamente sottolineato - non riusciamo a riscontrare.

Nel caso specifico, mentre va riconosciuto il sicuro passo avanti compiuto con il superamento di quella sorta di buffa costruzione istituzionale (approntata al Senato) della contestualità affievolita - costruzione di bizzarra argomentazione -, si osserva anche come si addivenga ad una contestualità piena. Anche riconoscendo che tale passo in avanti è intervenuto, non è riconoscibile fino in fondo quel disegno coerente al quale noi, invece, vogliamo sempre puntare.

Restano, comunque, margini di ambiguità; resta la possibilità di immaginare elezioni molto ravvicinate nel tempo tra Camera politica e Camera federale; tutto ciò ci conferma nella nostra posizione: il voto contrario all'approvazione di questo articolo ci consente di dare una valutazione corretta del lavoro da voi svolto.

Non è la prima volta, e non sarà l'ultima, che, per ragioni di coerenza complessiva, argomentiamo il voto contrario all'approvazione di articoli che pure possono rappresentare - e anzi, rappresentano sicuramente - un passo in avanti rispetto al testo prodotto dal Senato. Ma ribadisco che si tratta della Costituzione, la quale non può essere banalizzata; la nostra Carta non può essere tirata da una parte o dall'altra a seconda del momento. Deve avere, di fondo, razionalità, coerenza e armonia; non riscontrando ciò, il nostro voto non può che essere contrario all'approvazione dell'articolo 6.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, le ragioni della nostra contrarietà sono state ben espresse dai colleghi. Pertanto, riprenderò l'argomento testé portato dal collega Bressa per ribadire, una volta in più, come, su alcuni testi, il nostro voto si sarebbe orientato diversamente se diverso fosse stato lo spirito con cui questa riforma costituzionale, sin dall'inizio, è stata impostata, vale a dire, in contrasto con l'articolo 138 della Costituzione; non alla ricerca delle maggioranze qualificate che la Carta impone per la propria modifica ma esclusivamente all'interno del perimetro della maggioranza, in un'architettura - ormai ben nota e svelata - di interessi di partito e di equilibri raccolti nella sola maggioranza.

Non si è cercato lo spirito costituente; non si è cercato alcun compromesso nobile. Devo, ancora una volta, sottolineare come racchiudere, in un solo progetto di 48 articoli, l'intera riforma - anziché procedere alla deliberazione di più progetti di riforma costituzionale -, come più volte anche la dottrina ha richiesto...

PRESIDENTE. Onorevole Mantini...

PIERLUIGI MANTINI. ..., impedisce un corretto uso del referendum.

La ringrazio, signor Presidente.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, considerato il numero di quanti chiedono ancora di parlare, proporrei di proseguire i nostri lavori fino all'approvazione dell'articolo 6 del provvedimento; quindi - dopo una sospensione della seduta, all'incirca tra le 20 e le 21 -, riprenderemo i nostri lavori in seduta notturna (Commenti dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Il nostro voto contrario all'approvazione dell'articolo emerge dall'illustrazione dei nostri emendamenti; è tutto l'articolo che, purtroppo, conferma come la confusione sia sovrana in questa azione di riforma costituzionale.

Se vi è stata, da parte della maggioranza, una volontà ferrea, questa è consistita nell'intenzione di portare a conclusione l'iter del provvedimento a qualsiasi costo, senza tenere conto della necessità di essere aperti al confronto e di accogliere almeno le proposte di semplice buonsenso. Proposte che l'opposizione di centrosinistra ha prodotto copiose ma che, purtroppo, hanno incontrato il diniego da parte dei colleghi del centrodestra.

Si sono assunti una grande responsabilità, finanche sull'inserimento dei giovani tra coloro che hanno il diritto di essere eletti senatori.

Con molta franchezza, credo che ciò sia stato anche un grande errore politico. Ecco perché il nostro voto negativo sull'articolo 6 è coerente...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lettieri.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, le chiedo di ripensare l'organizzazione dei nostri lavori, così come lei l'ha annunciata. È vero che era prevista l'eventualità di sedute notturne, ma mi pare che oggi la Camera abbia lavorato abbastanza speditamente e, soprattutto, mi pare di poter dire che la seduta notturna avrebbe dovuto essere annunciata all'inizio dei lavori, perché i gruppi hanno organizzato incontri, questa sera. Credo pertanto che la seduta notturna, non essendo stata annunciata all'inizio dei lavori, crei disagi. Il rischio concreto è che non vi sia il numero legale. Se dobbiamo fare questa «ginnastica» per il numero legale, facciamo pure, ma mi pare vi siano le ragioni affinché lei possa riconsiderare la comunicazione testé resa.

PRESIDENTE. Onorevole Castagnetti, per quanto mi riguarda, l'avrei già riconsiderata.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, premesso che vorrei dire al collega Castagnetti che la seduta notturna si prevede in quanto bisogna lavorare di più: non significa che poiché si è già lavorato molto, non si debba continuare. Avanzo una proposta di mediazione. Considerato che siamo giunti alla votazione dell'articolo 6, si può protrarre la seduta oltre le ore 20, al fine di concludere l'esame anche dell'articolo 7, rinviando il seguito del dibattito alla seduta di domani.

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, oggi abbiamo votato l'articolo 3, l'articolo 4, l'articolo 5 ed ora ci apprestiamo a votare l'articolo 6. È evidente a tutti che il lavoro odierno è stato proficuo, dal punto di vista parlamentare. Credo sia successo anche un evento importante, ossia che un emendamento proposto dalla maggioranza è stato bocciato in quest'aula.

Ritengo pertanto vi debba essere il rispetto delle regole che ci siamo dati. La seduta era prevista fino alle ore 20, mentre ora si profila l'eventualità della seduta notturna. A questo punto, chiediamo il rispetto delle regole: alle ore 20 si sospendano i lavori. È una decisione della maggioranza utilizzare la seduta notturna: ovviamente la maggioranza stessa si assumerà anche gli oneri di tale decisione.

Credo che non abbiamo la possibilità di derogare alle decisioni assunte nella Conferenza dei presidenti di gruppo, che prevedono il termine della seduta alle ore 20.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, onestamente, non ho ben compreso la richiesta del presidente Castagnetti e dell'onorevole Ruzzante. L'uno chiede di non tenere la seduta notturna e l'altro chiede di sospendere alle ore 20 e, successivamente ...

PRESIDENTE. No, onorevole Bruno, chiedono entrambi di non tenere la seduta notturna.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, non mi pare che abbia detto questo l'onorevole Ruzzante.

PIERO RUZZANTE. Sì...!

DONATO BRUNO, Relatore. Sulla base anche della richiesta avanzata dall'onorevole Antonio Leone, do atto a tutti che l'Assemblea oggi ha lavorato. È anche vero, tuttavia, che era stata prevista la seduta notturna e, quindi, comunque sapevamo tutti che, con ogni probabilità, i lavori si sarebbero potuti prolungare.

Poiché stiamo per votare l'articolo 6 del provvedimento, e dato che all'articolo 6 è stato presentato anche un articolo aggiuntivo su cui è già stato espresso il parere, credo che potremmo procedere anche all'esame dell'articolo 7, che si può discutere e votare rapidamente; potremmo poi lasciare eventualmente a chi ha interesse di continuare con la discussione sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 8; dopodiché, si potrebbe terminare la seduta.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, mi sembra la stessa proposta avanzata dall'onorevole Antonio Leone.

DONATO BRUNO, Relatore. No, signor Presidente, la proposta avanzata dal collega Antonio Leone non prevedeva la discussione generale sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 8. Io credo, invece, che sia opportuno e giusto che questa sera, chi ne ha interesse, possa continuare ad occuparsi del provvedimento.

LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, non siamo d'accordo con la proposta del presidente Bruno e capirà benissimo il motivo. Onorevole presidente, non ci prendiamo in giro...

DONATO BRUNO, Relatore. Non sto prendendo in giro nessuno.

NUCCIO CARRARA. Siete voi che cercate...

LUCIANO VIOLANTE. Ciò significa utilizzare la seduta notturna per svolgere la discussione sul complesso degli emendamenti. Allora, andiamo avanti come abbiamo deciso e poi si vedrà.

PRESIDENTE. Vorrei avanzare una proposta di mediazione, perché non si arriverà ad esaminare l'articolo 7. Potremmo eventualmente porre in votazione l'articolo 6 e passare all'esame degli articoli aggiuntivi; dopodiché, potremmo interrompere i nostri lavori.

Mi rivolgo al presidente Bruno: se l'opposizione dice che vi farete carico di una seduta notturna in cui evidentemente sarà faticoso raggiungere il numero legale...

NINO STRANO. Presidente, bisogna lavorare!

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, premetto che non sono abituato a contestare il suo ruolo: a me va benissimo ciò che decide lei...

PRESIDENTE. Io non ho deciso, perché non sono la maggioranza...

DONATO BRUNO, Relatore. Allora, deve decidere ciò che ritiene più opportuno. Se vuole interrompere i lavori, allora facciamolo, ma le chiedo sin d'ora che per domani sera sia prevista una seduta notturna.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, le sedute notturne sono già previste.

DONATO BRUNO, Relatore. Però vanno fatte!

PRESIDENTE. Ho tentato di mediare rispetto all'impazienza del vecchio popolo che un tempo definivo dei peones, ma, a questo punto, confermo quanto precedentemente preannunciato: continuiamo con l'esame dell'articolo 6; dopodiché, si sospenderà la seduta dalle ore 20 alle ore 21 per poi riprendere i nostri lavori in seduta notturna.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, esprimo il voto contrario del mio gruppo sull'articolo 6 per le ragioni che abbiamo più volte sottolineato e che vale la pena ancora ribadire, vista una certa durezza delle menti e, soprattutto, una palese non volontà di misurarsi con i problemi.

Noi riteniamo che mettere mano a parti della Costituzione così fondamentali, come quelle di cui stiamo discutendo, relative alla rappresentanza democratica del paese, debba significare per lo meno due cose in prima battuta. Innanzitutto, la chiarezza sulle ragioni di queste modifiche e su cosa si vuole realizzare. In secondo luogo, l'altro elemento che dovrebbe essere presente è la fedeltà alle ragioni democratiche della Costituzione, al nocciolo duro di queste ragioni. Senza tale fedeltà riteniamo che la revisione che si avvia abbia un carattere molto negativo, che rischia di determinare addirittura l'apertura di un percorso che porta non ad una revisione costituzionale, bensì ad un impianto - come dicono molti costituzionalisti - di «Costituzione anticostituzionale».

A noi sembra che, rispetto alla questione del Senato federale, punto cardinale della vostra proposta, manchi sia la chiarezza sulle ragioni sia la fedeltà al nocciolo duro della concezione democratica che la Costituzione del 1948 ci ha assicurato fino ad oggi.

Lo ripeto: abbiamo avanzato l'idea di un sistema di Senato federale completamente diverso: un Senato delle regioni con una serie di meccanismi illustrati con gli emendamenti relativi a questo articolo, che costituivano sia uno strumento di diminuzione del danno rispetto al pastrocchio che avete proposto con la coincidenza tra elezioni regionali e la formazione parziale o totale del Senato federale, sia l'illustrazione della nostra proposta di sistema alternativo per quanto attiene alla durata del Senato federale.

Nulla di questo è passato e quindi il nostro voto sull'articolo 6 come emendato è contrario (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6 nel testo emendato.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 350

Votanti 345

Astenuti 5

Maggioranza 173

Hanno votato 220

Hanno votato no 125).

Prendo atto che l'onorevole Ladu ha espresso erroneamente voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.

Sospendo la seduta fino alle 21.

 

La seduta, sospesa alle 20,05, è ripresa alle 21.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI

 

Si riprende la discussione.

 

(Ripresa esame dell'articolo 6 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 6 e delle proposte emendative ad esso presentate.

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Mantini 6.01.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, siamo alla solita esagerazione. Non possiamo in questa sede ritenere che il gioco del «tanto peggio, tanto meglio» sia positivo. Infatti, ciò non ci darà mai la possibilità di articolare un ragionamento tra la maggioranza e l'opposizione.

Abbiamo chiesto sistematicamente la vostra collaborazione che, sistematicamente, continua a venire meno. Dunque, ci costringete sistematicamente a ricordarvelo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!

I vostri emendamenti, fermo restando il valore di chi li presenta, molto spesso hanno intenti ostruzionistici. In particolare, volendo analizzare l'articolo aggiuntivo in esame, si capisce che l'unica volontà del presentatore è impedire che l'articolo 6 vada in porto. Sappiamo bene che si tratta di un articolo particolare al quale abbiamo dato un valore notevole perché non si può assolutamente consentire (Commenti) ... Però, Presidente, devo parlare...

PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, le voci vengono dai banchi... L'opposizione è silente in questo momento, quindi faccio appello alla maggioranza.

PIERO RUZZANTE. Anche perché l'opposizione...

ALDO PERROTTA. Con la proposta emendativa in esame, l'onorevole Mantini propone che: «La legge disciplina le forme del finanziamento delle campagne elettorali, ne assicura la trasparenza e fissa i limiti delle spese elettorali, garantisce ai candidati, ai partiti, alle coalizioni tra partiti condizioni di parità nell'accesso al sistema, pubblico e privato, delle comunicazioni di massa. La legge stabilisce inoltre disposizioni idonee a prevenire l'insorgere di conflitti tra gli interessi privati di chi accede ad uffici pubblici e a cariche elettive e gli interessi generali che il pubblico ufficiale deve tutelare. In ogni caso, non possono ricoprire uffici pubblici né sono eleggibili a cariche elettive coloro che detengono la proprietà o hanno il controllo, anche indiretto, di mezzi di comunicazione di massa diffusi nell'area interessata». Vi rendete conto di cosa c'è scritto? In questo articolo aggiuntivo si scrive l'assurdità per cui chi detiene i mezzi di comunicazione di massa diffusi nell'area interessata non si può candidare! Un proprietario di una televisione privata, di una radio privata, di un piccolo giornale non si può candidare! Stiamo scherzando?

È la negazione della democrazia! Perché chi ha il controllo di un piccolo giornale o di una piccola radio non si può candidare, a differenza del proprietario di una grande industria, residente in quel collegio, che invece può farlo? Non è certamente più influente il proprietario di una grande industria, in un determinato collegio, rispetto al proprietario di una piccola radio? Non è più logico che siano ineleggibili determinate persone che ricoprono un certo incarico di responsabilità? Mi sembra strano che sistematicamente ci fissiamo sempre sui mezzi di comunicazione. Una volta tanto, colleghi, finiamola con questa storia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

Il collega Mantini, il quale è un ottimo deputato...

GIANCLAUDIO BRESSA. È un fine giurista!

ALDO PERROTTA. ... che gode non solo della mia stima, ma anche di quella di molti altri, questa volta è incappato in un infortunio politico, chiaramente ostruzionistico, come ho già detto all'inizio. Peraltro, dopo tale articolo aggiuntivo, ve n'è un altro, il 6.025 della Commissione (del quale comunque parleremo dopo), che modifica l'articolo 61 della Costituzione, con l'inserimento dell'articolo 6-bis.

Invito, pertanto, i colleghi a votare contro l'articolo aggiuntivo in esame, perché esso non solo non risolverà nulla, ma non permette neanche il dialogo tra maggioranza e opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana - Applausi polemici dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Finora eravamo abituati a vedere dei provvedimenti cosiddetti omnibus e qualche volta anche noi in questa legislatura siamo incappati in questo peccatuccio, venendo peraltro fortemente ripresi dalle opposizioni, che però adesso ci presentano una proposta emendativa omnibus, nel quale, per dirla con una battuta pubblicitaria, c'è di tutto e di più. Esaminandola infatti più attentamente, l'incipit è il seguente: la legge disciplina le forme del finanziamento delle campagne elettorali. Ma non c'era stato un referendum contro il finanziamento delle campagne elettorali? È proprio il caso di introdurre una previsione così impopolare nella Costituzione?

MARCO BOATO. Il referendum era contro il finanziamento pubblico dei partiti!

NUCCIO CARRARA. Se finanzi le campagne elettorali, finanzi i partiti che le fanno!

Tale articolo aggiuntivo chiede poi che vengano stabilite condizioni di parità di accesso al sistema pubblico e privato delle comunicazioni di massa. È giusto costituzionalizzare questa materia o, piuttosto, si tratta di una materia da legislazione ordinaria? Vi è poi un elemento di assoluta novità. Viene introdotto il divieto per conflitto di interessi. Mi sembra che questa espressione «conflitto di interessi» sia ricorrente prima e durante questa legislatura, perché i nostri colleghi dell'opposizione si sono sempre appassionati al conflitto di interessi, che c'è sempre quando sono in gioco gli interessi degli altri, mentre quando sono in gioco i propri, il conflitto non c'è mai! Da questo punto di vista, forse sarebbe giusto inserirlo nella Costituzione, perché è un elemento sicuramente non nuovo! Inoltre, per specificare meglio cosa si vuole dire, nell'articolo aggiuntivo in esame si prevede che non possano ricoprire incarichi in uffici pubblici, né siano eleggibili, coloro che detengono la proprietà o hanno il controllo, anche indiretto (lo sottolineo), di mezzi di comunicazione di massa diffusi nell'area interessata, cioè nel territorio in cui ci sarebbero le elezioni.

Ciò significa che nessun proprietario di una piccola radio o televisione potrebbe candidarsi ed essere eletto. Anche questa è una ricorrenza quasi maniacale nella mente dell'opposizione, poiché è convinta che il nostro leader sia diventato Presidente del Consiglio solo ed esclusivamente per via televisiva e non per altri meriti oggettivi o perché, magari, il popolo italiano lo ha voluto votare. Spegniamo, pertanto, le radio e le televisioni o impediamo a coloro i quali vi possono comparire o possono essere ascoltati dagli italiani di essere eletti.

Si badi bene: non devono essere proprietari neanche in via indiretta. Non possono influire nemmeno indirettamente sul controllo dei mezzi di comunicazione locali. Mi sembra che tale articolo aggiuntivo si proponga un solo scopo: quello di provocare e di suscitare un po' di ilarità.

È un articolo aggiuntivo ostruzionistico, per usare un termine parlamentare, ma è sicuramente inaccettabile per chiunque, anche per coloro che hanno avuto la sfacciataggine di proporlo (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, l'esame di questo articolo aggiuntivo si pone in un momento molto particolare del nostro dibattito. Precedentemente, è stato approvato l'articolo 6 concernente la durata della Camera e la contestualità delle elezioni del Senato della Repubblica e dei consigli regionali. Ora si prevede l'introduzione nel testo della Costituzione di un articolo aggiuntivo, l'articolo 60-bis, concernente varie questioni: dalla disciplina delle forme del finanziamento delle campagne elettorali alla prevenzione dell'insorgere di probabili conflitti di interesse, vale a dire di conflitti tra gli interessi privati di chi accede ad uffici pubblici ed a cariche elettive e gli interessi generali che il pubblico ufficiale deve tutelare.

Sono questioni che, tra l'altro, sono state affrontate con legge ordinaria e, quindi, è abbastanza strano che il collega Mantini le voglia introdurre nella Costituzione (dovrebbero essere disciplinate con leggi ordinarie). Probabilmente, il motivo è legato alla volontà di provocare e di aprire ancora su questi argomenti dibattiti che si sono già svolti in quest'aula, con riferimento all'esame di leggi ordinarie. Forse, anche in tal caso vi è da parte dell'opposizione il tentativo di creare confusione nel processo di riforma della Costituzione. È stato detto tante volte che intendiamo introdurre nella seconda parte della medesima elementi innovativi che rispondono ad un quadro generale di riforma del nostro paese, attraverso la Carta costituzionale, che si propone l'obiettivo di introdurre il federalismo, di dare all'esecutivo maggiori certezze in termini di governabilità e al Presidente della Repubblica una collocazione più consona rispetto ad alcuni aspetti di una società che, dal 1948, si è trasformata ed ha trovato e trova altri momenti significativi della sua vita politica.

L'introduzione di elementi strani, come prevede l'articolo aggiuntivo 60-bis, crea in chi ci ascolta, nell'opinione pubblica una certa confusione e difficoltà nel capire la logica di questa riforma della Costituzione che è fondata sul federalismo, sull'introduzione di una nuova Assemblea, il Senato federale della Repubblica, con cui si intende fornire alcune risposte ad una società che, in questi anni, si è trasformata e che avverte alcune esigenze significative che devono trovare all'interno delle istituzioni dei momenti di ascolto molto particolari.

Quindi, dobbiamo rifiutare questi emendamenti e questi articoli aggiuntivi, perché sono estranei alla riforma della Costituzione, come noi la stiamo portando avanti; tra l'altro, anche la minoranza in alcuni momenti soprattutto, non in quest'aula, ma nel Comitato dei nove o in Commissione affari costituzionali, trova momenti di confronto molto più seri di quanto non avvenga in questa sede.

Allora, è auspicabile che si ritorni ad un clima più sereno per riformare la Carta costituzionale attraverso un confronto che non introduca elementi spuri o estranei alla logica della riforma che noi abbiamo manifestato, in sintonia tra l'altro con quanto adottato dal Senato in prima lettura.

Invitiamo ancora una volta i colleghi della minoranza ad essere più propositivi, a dare quel contributo che - ripeto - in momenti particolari, come quelli vissuti in Commissione affari costituzionali, hanno fornito: infatti alcuni degli emendamenti da essi proposti sono stati recepiti dalla Commissione, così come il successivo articolo aggiuntivo 6.025 della Commissione è stato condiviso, discusso ed elaborato anche con il contributo dei colleghi dell'opposizione

Questo dovrebbe essere il percorso da seguire in quest'aula per affrontare la riforma della Costituzione, e non quello disegnato dall'articolo aggiuntivo del collega Mantini, che crea invece turbative e che introduce argomenti che non hanno niente a che fare con questa riforma della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.

MICHELE SAPONARA. Signor Presidente, mi dispiace di non poter parlare più a lungo, ma ci tengo ad esprimere il mio parere su questo articolo aggiuntivo.

Siamo abituati a vedere emendamenti omnibus, ne abbiamo visti tanti, ma rispondevano a certe esigenze di disciplinare una materia che altrimenti non avrebbe trovato una adeguata sede; tuttavia quello proposto è veramente un argomento fuori posto, estraneo, e non so come spiegarmelo. Evidentemente corrisponde all'esigenza di Mantini di aumentare la sua produzione di emendamenti; anche l'amico Perrotta produce molti emendamenti - gliene do atto - ma sono molto più apprezzabili. Questo invece è un emendamento che risponde, oltreché alla produttività, anche ad un senso di divisibilità e di presenzialità.

Cosa c'entra l'interesse privato ed il conflitto di interessi, signor Presidente e onorevoli colleghi? È anche incostituzionale, perché qui addirittura si abolisce il diritto di proprietà garantito dalla Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, siamo contrari a questo articolo aggiuntivo per una serie di ragioni, non perché non condividiamo lo scopo e le finalità dello stesso, ma perché introdurre in Costituzione una disciplina naturalmente affidata a legge ordinaria significa stravolgere e dover modificare anche altre parti della Costituzione, ad esempio quelle che disciplinano il ruolo e la funzione costituzionale dei partiti politici.

Infatti, il contenuto dell'articolo aggiuntivo del collega Mantini, tra le altre cose, obbliga sostanzialmente ad introdurre una normativa che disciplini lo statuto e l'organizzazione dei partiti, cosa che - come è noto - non è mai avvenuta. Peraltro anche in sede di esame di atti comunitari, anche in Commissione affari costituzionali, ci siamo trovati di fronte alla difficoltà, non avendo noi uno statuto dei partiti disciplinato con legge e quindi avendo una confederazione dei partiti politici che ha natura giuridica meramente codicistica, di recepire alcune norme e princìpi comunitari all'interno del nostro ordinamento.

Tutto questo dovrebbe comportare, peraltro, la necessità di modificare le norme relative al finanziamento pubblico; infatti, il presupposto è cambiare anche la natura giuridica - inserendo norme di carattere pubblico ed introducendo una serie di controlli interni all'organizzazione dei partiti - che, evidentemente, non può essere oggetto di disciplina costituzionale.

In altri termini, nel caso in cui questo articolo aggiuntivo venisse approvato, ci troveremmo a disciplinare in Costituzione la parte marginale relativa all'organizzazione e all'ordinamento dei partiti senza aver modificato la norma costituzionale che disciplina nella fonte primaria gli stessi partiti politici. Ciò avverrebbe in simmetria alla normativa - già in vigore nel nostro ordinamento - che riguarda il finanziamento pubblico.

Vi è poi un ulteriore problema concernente l'ultimo capoverso dell'articolo aggiuntivo Mantini 6.01; tale proposta emendativa, infatti, introduce ulteriori profili di ineleggibilità e incompatibilità per quanto riguarda gli uffici pubblici. Ciò ad integrazione della legge sul conflitto di interessi che già disciplina questa materia. Tra l'altro noi abbiamo approvato una proposta emendativa che prevede l'introduzione in Costituzione delle autorità indipendenti - quindi, delle autorità di garanzia - che svolgono, oltre ad un compito di regolazione del mercato, anche una funzione di controllo sulle attività poste in essere dall'esecutivo. Quindi, la disciplina introdotta da questo articolo aggiuntivo sarebbe incompatibile e fuori dal contesto ordinamentale della riforma in oggetto.

Noi siamo d'accordo sulla necessità di disciplinare ancor più e ancor meglio tutti i meccanismi ed i rapporti che legano la politica e l'economia (i finanziamenti, la parità di accesso al sistema pubblico e privato e così via). In ogni caso, stiamo parlando di enunciazioni contenenti principi già previsti dalla nostra Carta costituzionale, sicché si potrebbe immaginare anche una forma di restringimento dei diritti di libertà sanciti nella prima parte della Costituzione. Si propone di intervenire in maniera disorganica in una materia che, invece, ha bisogno di norme essenziali sotto il profilo costituzionale e di un esame organico e ordinato della stessa disciplina.

In conclusione, faccio presente che l'onorevole Mantini dovrebbe ritirare l'articolo aggiuntivo a sua firma perché tratta una materia che può essere oggetto di ulteriore approfondimento in sede legislativa ordinaria. Tra l'altro, noi ne condividiamo - almeno in parte - lo spirito; tuttavia riteniamo che questa materia non possa essere così rigidamente disciplinata nell'ambito della Carta costituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Messa. Ne ha facoltà.

VITTORIO MESSA. Signor Presidente, un minuto è poco ma mi basterà per dire ciò che ho intenzione di dire. Credo che l'articolo aggiuntivo presentato dall'onorevole Mantini sia permeato di integralismo e mi chiedo - e chiedo a lui - chi possa influire di più sull'elettorato: il proprietario, il socio di una piccola o grande televisione o il giornalista, l'anchorman che passa una o due ore ogni sera ad intrattenere milioni di telespettatori? Credo che se un vincolo, un limite deve essere posto, semmai andrebbe previsto nei confronti di chi ha la possibilità ogni sera, in diretta, di «bucare» il teleschermo, peraltro senza rimanere super partes.

Vede, Presidente, sono contento che ci sia lei, perché questo retrogusto di estremismo che noto nell'articolo aggiuntivo in esame è lo stesso emerso da un collega di gruppo dell'onorevole Mantini, che pretendeva che lei espellesse dall'aula il mite collega Tabacci perché si era permesso di chiederle...

PRESIDENTE. Non era una richiesta di espulsione...

VITTORIO MESSA. Di iscrizione nel registro dei cattivi...! Lei, Presidente, ha giustamente disatteso quella pretesa, ma in quell'occasione vi è stato lo stesso sapore di integralismo che noi rifiutiamo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

PIERO RUZZANTE. Presidente, controlli le tessere!

PRESIDENTE. Colleghi, naturalmente, data la situazione, è del tutto evidente che non saranno tollerati doppi voti.

ELIO VITO. È tutto il giorno che siamo tolleranti!

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mantini 6.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Ultima fila, I e IV settore!

RENZO INNOCENTI. Lassù ci sono otto voti!

PRESIDENTE. Invito i deputati segretari a procedere al controllo delle tessere di votazione (I deputati segretari ottemperano all'invito del Presidente).

PIERO RUZZANTE. Penultima fila, IV settore! Non potete chiedere il rispetto delle regole solo quando siete all'opposizione!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione (Commenti del deputato Ruzzante).

MASSIMO POLLEDRI. Smettila!

RENZO INNOCENTI. Ma come smettila (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)...?

PRESIDENTE. No, «smettila» non va bene! Prego i colleghi di rimanere seduti (Commenti).

Colleghi, non bisogna approfittare del fatto che in alcuni banchi vi siano pochi deputati ed in altri ve ne siano molti. Vi prego di mantenere un contegno adeguato.

RENZO INNOCENTI. Presidente, c'è un collega che inserisce adesso la tessera!

PRESIDENTE. Onorevole Innocenti, come lei sa, se un deputato è presente in aula...

PIERO RUZZANTE. Nel IV settore ci sono luci accese!

PRESIDENTE. Il sistema elettronico di votazione rileva che la Camera non è in numero legale per diciassette deputati.

Il sistema ha già computato autonomamente otto deputati, aggiunti figurativamente in conseguenza della richiesta di voto nominale. Ai fini della verifica del numero legale dobbiamo, secondo la prassi consolidata, aggiungere, ove siano in eccedenza rispetto a quelli già inclusi figurativamente dal sistema, i deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non sono presenti in aula e i deputati, presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione, cosiddetti «inerti».

Constato che non vi sono deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non hanno votato, né deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione, salvo il collega Romele, il quale ha segnalato che il suo meccanismo di voto non ha funzionato. Pertanto, la Camera non è in numero legale per sedici deputati.

Rinvio la seduta, che riprenderà alle 22,30.

Il presidente del gruppo di maggioranza relativa suggerisce alla Presidenza di apprezzare le circostanze; tuttavia, essendo stata richiesta la prosecuzione notturna, confermo che la seduta riprenderà alle 22,30.

 

La seduta, sospesa alle 21,30, è ripresa alle 22,30.

 

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Dovremmo ora procedere alla votazione dell'articolo aggiuntivo Mantini 6.01, su cui precedentemente è mancato il numero legale.

Prendo atto che sussiste la richiesta di votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Apprezzate le circostanze, la votazione dell'articolo aggiuntivo Mantini 6.01 è rinviata alla seduta di domani.

ANDREA LULLI. Che figura avete fatto!

DONATO BRUNO, Relatore. Che avete fatto voi!

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, mi si consenta di far notare all'Assemblea che se la maggioranza avesse accolto la proposta del presidente di turno, onorevole Mastella, avremmo proseguito nell'esame di più di quanto non sia accaduto con le prove di forza. Ritengo tale precisazione sia dovuta.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani, che avrà inizio alle 9,30 con immediate votazioni, a partire dall'articolo aggiuntivo Mantini 6.01.

La seduta termina alle 22,35.


 


allegato a

 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)

 


(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)

 

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.

(Struttura del Senato federale della Repubblica).

1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 57. - Il Senato federale della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto su base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Il Senato federale della Repubblica è composto da duecentocinquantadue senatori eletti in ciascuna Regione contestualmente all'elezione dei rispettivi Consigli regionali, dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero e dai senatori a vita di cui all'articolo 59.

L'elezione del Senato federale della Repubblica è disciplinata con legge dello Stato, che garantisce la rappresentanza territoriale da parte dei senatori.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a cinque; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno.

La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del quarto comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

I Presidenti delle Giunte regionali ed i Presidenti dei Consigli regionali sono sentiti, ogni volta che lo richiedono, dal Senato federale della Repubblica con le modalità e nei casi previsti dal suo regolamento. I senatori sono sentiti, ogni volta che lo richiedono, dal Consiglio regionale della Regione in cui sono stati eletti con le modalità e nei casi previsti dai rispettivi regolamenti».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

Capo I

MODIFICHE AL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

ART. 3.

(Struttura del Senato federale della Repubblica).

Sopprimerlo.

3. 20. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57,sopprimere il primo comma.

Conseguentemente:

al medesimo capoverso:

al secondo comma, sostituire le parole: contestualmente all'elezione dei rispettivi consigli regionali con le seguenti: dai rispettivi Consigli regionali nella prima seduta utile.

sopprimere il sesto comma.

all'articolo 6, capoverso Art. 60, sopprimere il terzo comma.

3. 104. Emerenzio Barbieri, Giuseppe Gianni, Mongiello.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sostituire le parole da: federale fino alla fine dell'articolo con le seguenti: delle regioni è composto da duecento membri eletti dai rispettivi Consigli regionali.

L'elezione del Senato delle regioni avviene con sistema proporzionale ed è disciplinata dalla legge dello Stato la quale garantisce la rappresentanza territoriale da parte dei senatori e promuove la parità di rappresentanza tra donne e uomini.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a cinque; il Molise ne ha due e la Valle d'Aosta ne ha uno.

La ripartizione dei seggi tra le regioni, salve le disposizioni del terzo comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni quale risulta dall'ultimo censimento generale».

3. 1. Mascia, Pisapia.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sostituire le parole da: su base regionale fino alla fine del capoverso con le seguenti: su base regionale.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a cinque; il Trentino-Alto Adige/Südtirol ne ha tre per ciascuna Provincia autonoma; il Molise ne ha due; la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste uno. Le Regioni con più di un milione e fino a tre milioni di abitanti hanno sei seggi; le Regioni con più di tre e fino a cinque milioni di abitanti hanno sette seggi; le Regioni con più di cinque e fino a sette milioni di abitanti hanno otto seggi; le Regioni con più di sette milioni di abitanti hanno nove seggi.

Le elezioni dei senatori si svolgono, in ogni Regione e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, contestualmente alle elezioni dei rispettivi Consigli, in data comunque diversa dalle elezioni per la Camera dei deputati.

Il Senato federale della Repubblica è integrato da rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali, che partecipano alla sua attività senza diritto di voto. Ogni Consiglio regionale e ogni Consiglio delle autonomie locali eleggono un proprio rappresentante all'inizio di ogni legislatura regionale. Per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol i Consigli delle Province autonome ed i rispettivi Consigli delle autonomie locali eleggono ciascuno un proprio rappresentante.

Sono disciplinati con legge dello Stato i modi di reciproca informazione e collaborazione tra i senatori eletti nella regione, il Consiglio regionale e il Consiglio delle autonomie locali«.

3. 19. Bressa, Leoni, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Rosato.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sostituire le parole da: su base regionale fino alla fine del secondo comma, con le seguenti: su base regionale.

Il Senato federale della Repubblica è composto da duecento senatori eletti in ciascuna Regione contestualmente all'elezione dei rispettivi Consigli regionali.

Conseguentemente:

al medesimo capoverso, quinto comma, sopprimere le parole: , fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

all'articolo 5:

al comma 1, premettere il seguente:

01. All'articolo 59, primo comma, della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato».

al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: senatori di nomina presidenziale con le seguenti: deputati di nomina presidenziale;

alla rubrica, sostituire la parola: senatori con la seguente: deputati.

all'articolo 24, comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: senatori a vita con le seguenti: deputati a vita.

all'articolo 43, comma 10, sopprimere le parole da: anche fino alla fine del comma.

3. 73. Mascia, Pisapia.

 

Subemendamento agli identici emendamenti 3.11, 3.5, 3.78 e 3.200

Agli identici emendamenti 3.11, 3.5, 3.78 e 3.200, nella parte consequenziale, sostituire le parole: , dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero con le seguenti: ed in collegamento funzionale con i candidati alla carica di Presidente della Regione o, in mancanza, alle liste presentate per l'elezione dei consiglieri regionali.

0. 3. 200. 1. Boccia.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sopprimere le parole: , salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Conseguentemente, al medesimo capoverso:

al secondo comma, sopprimere le parole: , dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero;

al quinto comma, sopprimere le parole: , fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

*3. 11. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Giordano, Alfonso Gianni.

(Approvato)

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sopprimere le parole: , salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Conseguentemente, al medesimo capoverso:

al secondo comma, sopprimere le parole: , dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero;

al quinto comma, sopprimere le parole: , fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

*3. 5. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

(Approvato)

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sopprimere le parole: , salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Conseguentemente, al medesimo capoverso:

al secondo comma, sopprimere le parole: , dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero;

al quinto comma, sopprimere le parole: , fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

*3. 78. Perrotta.

(Approvato)

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, primo comma, sopprimere le parole: , salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Conseguentemente, al medesimo capoverso:

al secondo comma, sopprimere le parole: , dai sei senatori elettivi assegnati alla circoscrizione Estero;

al quinto comma, sopprimere le parole: , fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

*3. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.

(Approvato)

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, sostituire il secondo comma con i seguenti:

«Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a cinque; il Trentino-Alto Adige/Südtirol ne ha tre per ciascuna Provincia autonoma; il Molise ne ha due; la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste uno. Le Regioni con più di un milione e fino a tre milioni di abitanti hanno sei seggi; le Regioni con più di tre e fino a cinque milioni di abitanti hanno sette seggi; le Regioni con più di cinque e fino a sette milioni di abitanti hanno otto seggi; le Regioni con più di sette milioni di abitanti hanno nove seggi.

Le elezioni dei senatori si svolgono, in ogni Regione e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, contestualmente alle elezioni dei rispettivi Consigli, in data comunque diversa dalle elezioni per la Camera dei deputati«.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il quarto e il quinto comma.

3. 89. Bressa, Boato, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Rosato.

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sostituire la parola: duecentocinquantadue con la seguente: centocinquanta.

3. 13. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sostituire la parola: duecentocinquantadue con la seguente: duecento.

3. 103. Emerenzio Barbieri.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sostituire la parola: duecentocinquantadue con la seguente: duecentocinquantacinque.

3. 79. Perrotta.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: in ciascuna Regione contestualmente all'elezione dei rispettivi Consigli regionali.

Conseguentemente, all'articolo 6, capoverso Art. 60, sopprimere il terzo comma.

3. 80. Perrotta.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sopprimere le parole: contestualmente all'elezione dei rispettivi Consigli regionali.

Conseguentemente, all'articolo 6, capoverso Art. 60, sopprimere il terzo comma.

3. 86. Tonino Loddo, Carboni, Ladu, Maurandi, Soro.

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, sostituire le parole: contestualmente all'elezione dei rispettivi consigli regionali con le seguenti: , dai Presidenti delle Giunte regionali, dai Presidenti delle Regioni a statuto speciale e dai Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, sesto comma, sopprimere le parole: I Presidenti delle Giunte regionali ed.

3. 35. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, dopo le parole: Consigli regionali aggiungere le seguenti: dai Presidenti delle Giunte regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, sesto comma, sopprimere le parole: I Presidenti delle Giunte regionali ed.

3. 95. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, dopo le parole: Consigli regionali aggiungere le seguenti: e, per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, dei Consigli provinciali.

*3. 14. Olivieri, Kessler, Maran.

(Approvato)

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, dopo le parole: Consigli regionali aggiungere le seguenti: e, per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, dei Consigli provinciali.

*3. 75. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Zanella, Pisapia, Rosato.

(Approvato)

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, dopo le parole: Consigli regionali aggiungere le seguenti: e, per il Trentino - Alto Adige, dei consigli provinciali.

3. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, dopo le parole: Consigli regionali, aggiungere le seguenti: in data comunque diversa dalle elezioni per la Camera dei deputati,

3. 90. Boato, Leoni, Bressa, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, secondo comma, aggiungere in fine il seguente periodo: I Presidenti delle Giunte regionali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano sono membri di diritto del Senato federale della Repubblica.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, al settimo comma, sopprimere le parole: I Presidenti delle Giunte regionali ed.

3. 102. Tabacci, Malgieri, Landolfi, La Malfa, Biondi, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 57, terzo comma, dopo la parola: Repubblica aggiungere le seguenti: ha luogo con sistema proporzionale ed.

3. 77. Perrotta.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, quarto comma, sostituire le parole da: a cinque fino alla fine del comma con le seguenti: ad uno.

3. 84. Perrotta.

Subemendamento all'emendamento 3. 202.

All'emendamento 3. 202., sostituire la parola: sei con la seguente: due.

0. 3. 202. 1. Perrotta.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, quarto comma, sostituire la parola: cinque con la seguente: sei.

3. 202. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.

(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 57, quarto comma, dopo la parola: cinque; aggiungere le seguenti: il Trentino-Alto Adige/Südtirol ne ha sei,

3. 15. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Zanella, Giordano, Rosato.

Al comma 1, capoverso Art. 57, sopprimere il quinto comma.

3. 91. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, quinto comma, sopprimere le parole da: previa applicazione a: quarto comma,

3. 74. Mascia.

(Testo modificato nel corso della seduta)

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, sopprimere il sesto comma.

3. 85. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 57, sostituire il sesto comma con i seguenti:

«Il Senato federale della Repubblica è integrato da rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali, che partecipano alla sua attività senza diritto di voto. Ogni Consiglio regionale e ogni Consiglio delle autonomie locali elegge un proprio rappresentante all'inizio di ogni legislatura regionale. Per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol i Consigli delle Province autonome ed i rispettivi Consigli delle autonomie locali eleggono ciascuno un proprio rappresentante.

Sono disciplinati con legge dello Stato i modi di reciproca informazione e collaborazione tra i senatori eletti nella regione, il Consiglio regionale e il Consiglio delle autonomie locali».

3. 92. Bressa, Boato, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Rosato.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, sostituire il sesto comma con il seguente:

«Partecipano all'attività del Senato federale della Repubblica, senza diritto di voto, secondo le modalità previste dal suo regolamento, rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali. All'inizio di ogni legislatura regionale, ciascun Consiglio regionale elegge un rappresentante tra i propri componenti e ciascun Consiglio delle autonomie locali elegge un rappresentante tra i sindaci, presidenti di Provincia o Città metropolitana della Regione. Per la Regione Trentino Alto-Adige/Südtirol i Consigli delle Preovince autonome e i rispettivi Consigli delle autonomie locali eleggono ciascuno un proprio rappresentante».

3. 25. La Commissione.

(Approvato)

 

Subemendamento all'emendamento 3.203.

 

All'emendamento 3. 203., sostituire le parole da: Possono partecipare fino a: Bolzano ed con le seguenti: Il Senato federale della Repubblica è integrato dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e da.

Conseguentemente, al medesimo emendamento, aggiungere, in fine, le parole: , i quali partecipano alla sua attività con diritto di voto, secondo le modalità previste dal regolamento.

0. 3. 203. 9. Boato, Bressa, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

 

All'emendamento 3. 203., sopprimere le parole: , senza diritto di voto,

0. 3. 203. 5. Briguglio, Cirielli.

All'emendamento 3. 203., sopprimere le parole da: ed un rappresentante per ogni Regione fino alla fine dell'emendamento.

0. 3. 203. 6. Landolfi, Briguglio, Cirielli.

 

All'emendamento 3. 203., sostituire le parole: , presidenti di Provincia o Città metropolitana con le seguenti: , sindaci delle Città metropolitane e presidenti di Provincia.

0. 3. 203. 7. Osvaldo Napoli.

All'emendamento 3.203., aggiungere, in fine, il seguente periodo:

«Nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, la partecipazione dei rispettivi rappresentanti è disciplinata dagli Statuti speciali e dalle relative norme di attuazione».

Conseguentemente, all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente:

16. Sino all'adeguamento dei relativi Statuti, la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinata con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 203. 11. Cabras, Olivieri, Kessler, Lumia, Maran, Finocchiaro, Maurandi, Soro, Carboni, Tonino Loddo, Ladu.

 

All'emendamento 3.203, aggiungere, in fine, il seguente periodo:

«Nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, la partecipazione dei rispettivi rappresentanti è disciplinata dagli Statuti speciali e dalle relative norme di attuazione».

Conseguentemente, all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente:

16. Sino all'adeguamento dei relativi Statuti, la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinata con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 203. 12. Detomas, Boato, Bressa, Rosato, Mattarella, Burtone.

 

All'emendamento 3.203., aggiungere, in fine, il seguente periodo:

«Nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, la partecipazione dei rispettivi rappresentanti è disciplinata dagli Statuti speciali e dalle relative norme di attuazione».

Conseguentemente, all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente:

16. Sino all'adeguamento dei relativi Statuti, la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinata con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 203. 13. Cossa.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, sostituire il sesto comma con il seguente:

«Possono partecipare ai lavori del Senato federale della Repubblica, senza diritto di voto, secondo le modalità previste dal suo regolamento, i Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano ed un rappresentante per ogni Regione, eletto dal rispettivo Consiglio delle autonomie locali, tra i sindaci, presidenti di Provincia o Città metropolitana della Regione».

3. 203. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa.

Subemendamenti all'emendamento 3. 10.

All'emendamento 3. 10., al primo comma sostituire le parole da: il sistema fino a: è disciplinato con le seguenti: le modalità di elezione dei senatori sono disciplinate.

Conseguentemente:

al medesimo emendamento, sopprimere il secondo comma;

all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente:

16. Sino all'adeguamento dei rispettivi Statuti, le modalità di elezione dei senatori nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano sono disciplinate con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 10. 1. Cabras, Olivieri, Kessler, Lumia, Maran, Finocchiaro, Maurandi, Soro, Carboni, Tonino Loddo, Ladu.

 

All'emendamento 3.10., al primo comma sostituire le parole da: il sistema fino a: è disciplinato con le seguenti: le modalità di elezione dei senatori sono disciplinate.

Conseguentemente:

al medesimo emendamento, sopprimere il secondo comma;

all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente: 16. Sino all'adeguamento dei rispettivi Statuti, le modalità di elezione dei senatori nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano sono disciplinate con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 10. 2. Boato, Detomas, Bressa, Rosato, Mattarella, Burtone.

 

All'emendamento 3.10., al primo comma sostituire le parole da: il sistema fino a: è disciplinato con le seguenti: le modalità di elezione dei senatori sono disciplinate.

Conseguentemente:

al medesimo emendamento, sopprimere il secondo comma;

all'articolo 43, dopo il comma 15, aggiungere il seguente:

16. Sino all'adeguamento dei rispettivi Statuti, le modalità di elezione dei senatori nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano sono disciplinate con norme di attuazione statutaria.

*0. 3. 10. 3. Cossa.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, aggiungere, in fine, i seguenti commi:

«Nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, il sistema di elezione dei senatori che garantisce la rappresentanza territoriale del Senato federale della Repubblica è disciplinato dagli Statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.

Sino all'adeguamento degli Statuti speciali, il sistema di elezione dei senatori nelle predette Regioni e Province autonome è disciplinato con norme di attuazione statutaria».

3. 10. Detomas, Zeller, Brugger, Widmann, Collè.

 

Al comma 1, capoverso Art. 57, aggiungere, in fine, il seguente comma:

«Lo scioglimento del Consiglio regionale dà luogo alla decadenza dei rispettivi senatori ed all'indizione di elezioni suppletive».

Conseguentemente, all'articolo 6, capoverso Art. 60, sopprimere il terzo comma.

3. 94. Nuvoli, Marras.

 

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis. - Dopo l'articolo 57 della Costituzione è aggiunto il seguente:

«Art. 57-bis. È istituita all'interno del Senato federale della Repubblica la Commissione federale per le Autonomie composta in modo paritario dai rappresentati dei Comuni, delle Città metropolitane, delle Province e delle Regioni. Entro trenta giorni dalla prima seduta dell'Assemblea, il Presidente del Senato convoca la Commissione federale per le Autonomie.

La Commissione federale per le Autonomie ha iniziativa legislativa, partecipa al procedimento legislativo, esprimendo parere sui progetti di legge riguardanti le materie di cui agli articoli 117, secondo comma, lettere m) e p), e terzo comma, 118 e 119. Qualora la Commissione abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate sulle corrispondenti parti del progetto di legge, il Senato federale delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti».

Conseguentemente, all'articolo 14, capoverso Art. 71, primo comma, capoverso, dopo le parole: rispettive competenze aggiungere le seguenti: , alla Commissione federale per le Autonomie.

*3. 01. Fioroni, Leoni, Bressa, Boato, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis. - Dopo l'articolo 57 della Costituzione è aggiunto il seguente:

«Art. 57-bis. È istituita all'interno del Senato federale della Repubblica la Commissione federale per le Autonomie composta in modo paritario dai rappresentati dei Comuni, delle Città metropolitane, delle Province e delle Regioni. Entro trenta giorni dalla prima seduta dell'Assemblea, il Presidente del Senato convoca la Commissione federale per le Autonomie.

La Commissione federale per le Autonomie ha iniziativa legislativa, partecipa al procedimento legislativo, esprimendo parere sui progetti di legge riguardanti le materie di cui agli articoli 117, secondo comma, lettere m) e p), e terzo comma, 118 e 119. Qualora la Commissione abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate sulle corrispondenti parti del progetto di legge, il Senato federale delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti».

Conseguentemente, all'articolo 14, capoverso Art. 71, primo comma, capoverso, dopo le parole: rispettive competenze aggiungere le seguenti: , alla Commissione federale per le Autonomie.

*3. 02. Osvaldo Napoli.

 

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)

 

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 4.

(Requisiti per l'eleggibilità a senatore).

 

1. L'articolo 58 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 58. - Sono eleggibili a senatori di una Regione gli elettori che hanno compiuto i venticinque anni di età e hanno ricoperto o ricoprono cariche pubbliche elettive in enti territoriali locali o regionali, all'interno della Regione, o sono stati eletti senatori o deputati nella Regione o risiedono nella Regione alla data di indizione delle elezioni».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 4.

(Requisiti per l'eleggibilità a senatore).

 

Sopprimerlo.

4. 4. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:

«Art. 58. - I senatori sono eletti da ciascun Consiglio regionale nell'ambito della prima seduta utile, in ragione del numero dei seggi loro assegnati e proporzionalmente alla consistenza dei gruppi regionali».

4. 1. Mascia, Giordano.

 

Al comma 1, capoverso Art. 58, primo comma, sostituire le parole da: di una Regione fino alla fine dell'articolo, con le seguenti: tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età e che risiedono da almeno centottanta giorni nella Regione».

4. 7. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

 

Al comma 1, capoverso Art. 58, primo comma, sostituire la parola: venticinque con la seguente: quaranta.

4. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

 

Al comma 1, capoverso Art. 58, sopprimere le parole da: e hanno ricoperto fino a: o risiedono nella Regione.

*4. 70. Taormina.

 

Al comma 1, capoverso Art. 58, sopprimere le parole da: e hanno ricoperto fino a: o risiedono nella Regione.

*4. 72. Buontempo.

Al comma 1, capoverso Art. 58, sopprimere le parole da: hanno ricoperto fino a: all'interno della Regione, o.

4. 76. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

Al comma 1, capoverso Art. 58, sopprimere le parole da: hanno ricoperto fino a: deputati nella Regione o.

4. 75. Buontempo.

 

Al comma 1, capoverso Art. 58, sopprimere le parole: o sono stati eletti senatori o deputati nella Regione.

4. 74. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

Al comma 1, capoverso Art. 58, sopprimere le parole: o risiedono nella Regione alla data di indizione delle elezioni.

4. 3. Zeller, Brugger, Widmann, Colle, Detomas.

 

Al comma 1, capoverso Art. 58, sostituire le parole: o risiedono con le seguenti: e che risiedono.

4. 71. Perrotta.

 

Al comma 1, capoverso Art. 58, dopo le parole: o risiedono aggiungere le seguenti: da almeno centottanta giorni.

4. 73. Boato, Leoni, Bressa, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 3)

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 5.

(Senatori a vita).

1. All'articolo 59 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente:

«Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero totale dei senatori di nomina presidenziale non può in alcun caso essere superiore a tre».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 5.

(Senatori a vita).

 

Al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire la parola tre con la seguente: cinque.

5. 70. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Vendola, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

Al comma 1, capoverso, secondo periodo, sostituire la parola tre con la seguente: quattro.

5. 71. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Provera, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 4)

 

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 6.

(Durata delle Camere).

 

1. L'articolo 60 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 60. - La Camera dei deputati è eletta per cinque anni.

Il Senato federale della Repubblica è eletto per cinque anni.

La legge, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, stabilisce, nel caso di scioglimento dei Consigli regionali in base all'articolo 126 o ad altra norma costituzionale, la durata della successiva legislatura regionale in modo da assicurare la contestualità di cui all'articolo 57, secondo comma».

La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra. Con la proroga del Senato federale della Repubblica sono prorogati anche i Consigli regionali in carica».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

ART. 6.

(Durata della Camere).

Sopprimerlo.

6. 5. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Ruzzante.

 

Al comma 1, capoverso Art. 60, sopprimere il secondo e il terzo comma.

6. 3. Bressa, Leoni, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

Al comma 1, capoverso Art. 60, sopprimere il secondo comma.

6. 74. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Valpiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

Subemendamento all'emendamento 6. 200.

 

All'emendamento 6. 200, sostituire il primo comma con il seguente:

«Il Senato federale della Repubblica si rinnova, parzialmente o totalmente, contestualmente alle elezioni dei consigli regionali»

0. 6. 200. 1. Mascia, Mantovani.

(Testo modificato nel corso della seduta)

 

All'emendamento 6. 200, primo comma, dopo le parole: ciascuna Regione aggiungere le seguenti: o Provincia autonoma.

Conseguentemente:

al medesimo comma, dopo le parole: medesima Regione aggiungere le seguenti: o Provincia autonoma;

al secondo comma, primo periodo, dopo le parole: e dei Consigli regionali aggiungere le seguenti: e delle Province autonome;

al secondo comma, secondo periodo, dopo le parole: dei Consigli regionali aggiungere le seguenti: e delle Province autonome.

0. 6. 200. 25. La Commissione.

(Approvato)

 

All'emendamento 6. 200, secondo comma, secondo periodo, sopprimere le paole da: Con la proroga fino a: in senatori in carica.

0. 6. 200. 2. Boccia.

 

Al comma 1, capoverso Art. 60, sostituire il secondo, il terzo e il quarto comma con i seguenti:

«I senatori eletti in ciascuna Regione rimangono in carica fino alla data della proclamazione dei nuovi senatori della medesima Regione.

La durata della Camera dei deputati e dei Consigli regionali non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra. Con la proroga dei Consigli regionali sono prorogati anche i senatori in carica».

Conseguentemente, alla rubrica, sostituire le parole: delle Camere con le seguenti: in carica dei senatori e della Camera dei deputati.

6. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Approvato)

 

Al comma 1, capoverso Art. 60, sostituire il secondo e il terzo comma con il seguente:

«In caso di scioglimento di un Consiglio regionale, decadono i senatori eletti nella Regione interessata e in quest'ultima si procede, contestualmente al rinnovo del Consiglio regionale, all'elezione di nuovi senatori, che restano in carica fino alle successive elezioni regionali».

6. 73. Pacini.

 

Al comma 1, capoverso Art. 60, sostituire il secondo e il terzo comma con il seguente:

«Il Senato delle Regioni si rinnova, parzialmente o totalmente, contestualmente alle elezioni dei Consigli regionali».

6. 1. Mascia, Giordano.

 

Al comma 1, capoverso Art. 60, sopprimere il terzo comma.

6. 72. Ladu, Carboni, Tonino Loddo, Maurandi, Soro, Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Mantovani, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 60, terzo comma, primo periodo, sopprimere le parole: o ad altra norma costituzionale.

6. 78. Boato, Bressa, Leoni, Alfonso Gianni, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

Al comma 1, capoverso Art. 60, terzo comma, primo periodo, dopo le parole: norma costituzionale aggiungere le seguenti: e dei Consigli provinciali delle Province autonome.

6. 75. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

 

Al comma 1, capoverso Art. 60, quarto comma, sopprimere il secondo periodo.

6. 71. Carboni, Ladu, Tonino Loddo, Maurandi, Soro, Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Deiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

Dopo l'articolo 6 aggiungere il seguente:

Art. 6-bis. - 1. Dopo l'articolo 60 della Costituzione è inserito il seguente:

«Art. 60-bis. La legge disciplina le forme del finanziamento delle campagne elettorali, ne assicura la trasparenza e fissa i limiti delle spese elettorali, garantisce ai candidati, ai partiti, alle coalizioni tra partiti condizioni di parità nell'accesso al sistema, pubblico e privato, delle comunicazioni di massa. La legge stabilisce inoltre disposizioni idonee a prevenire l'insorgere di conflitti tra gli interessi privati di chi accede ad uffici pubblici e a cariche elettive e gli interessi generali che il pubblico ufficiale deve tutelare. In ogni caso, non possono ricoprire uffici pubblici né sono eleggibili a cariche elettive coloro che detengono la proprietà o hanno il controllo, anche indiretto, di mezzi di comunicazione di massa diffusi nell'area interessata».

6. 01. Mantini.

 

Dopo l'articolo 6, aggiungere il seguente:

Art. 6-bis. - 1. L'articolo 61 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 61. L'elezione della Camera dei deputati ha luogo entro settanta giorni dalla fine della precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalla elezione.

Finché non è riunita la nuova Camera sono prorogati i poteri della precedente».

6. 025. La Commissione.


 

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

522.

 

Seduta di MERCOLedì 6 OTTOBRE 2004

 

presidenza del vicepresidente Alfredo Biondi

indi

DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI

E DEI VICEPRESIDENTI PUBLIO FIORI,

MARIO CLEMENTE MASTELLA

E FABIO MUSSI

 

TESTO AGGIORNATO ALL'8 OTTOBRE 2004

 

 


La seduta comincia alle 9,35.

 

Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 9,33).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale già approvato, in prima deliberazione, dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Ricordo che nella seduta di ieri è mancato il numero legale nella votazione dell'articolo aggiuntivo Mantini 6.01. Dobbiamo pertanto ripetere la votazione su tale articolo aggiuntivo.
Avverto che, prima dell'inizio della seduta, è stato ritirato l'emendamento 22.250 della Commissione e che la Commissione ha presentato l'ulteriore emendamento 22.251, con riferimento al quale il termine per la presentazione di eventuali subemendamenti è stato fissato per le 12 di oggi.

(Ripresa esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 6 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 6 (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
Passiamo, dunque, alla votazione dell'articolo aggiuntivo Mantini 6.01.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

 

Preavviso di votazioni elettroniche.

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

 

La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 10,50.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI

 

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Vorrei chiedere scusa ai colleghi per gli inconvenienti che si sono verificati questa mattina e rassicurarli sulle condizioni del Vicepresidente Alfredo Biondi, che, colpito da lieve malore, si trova ancora in infermeria, ma sta abbastanza bene (Applausi).
Credo che questo vostro applauso sia anche il segno della stima unanime che circonda il nostro collega (Applausi).

(Ripresa esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 6 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mantini 6.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale, nella seduta di ieri, è mancato il numero legale.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 376
Votanti 374
Astenuti 2
Maggioranza 188
Hanno votato
142
Hanno votato
no 232).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 6.025 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, intervengo sull'articolo aggiuntivo in esame, ma vorrei esprimere qualche parola anche sull'articolo aggiuntivo testé votato, a seguito della mancanza del numero legale in una seduta notturna che forse non costituisce il momento migliore per esaminare le riforme costituzionali: ciò la dice lunga sulla tensione che anima la maggioranza. Non credo sia espressione del miglior clima la modifica nottetempo della Costituzione.
Vorrei rispondere brevemente ad alcuni rilievi mossi. Quello sull'integralismo lo respingerei al mittente. In quest'occasione, come in altre, abbiamo proposto alcuni principi di garanzia. Le garanzie sono l'opposto dell'integralismo. Personalmente, non sono animato da questi sentimenti. Al contrario, credo che le libertà ed i poteri vadano divisi ed equilibrati. Ritengo, inoltre, che sia necessario inserire in Costituzione alcuni principi, che possono essere riformulati (in tal senso, è stata già offerta la disponibilità anche durante i lavori in Commissione), sul corretto finanziamento della politica, volti a prevenire l'insorgere dei conflitti di interesse (Il Vicepresidente Biondi fa il suo ingresso in aula - Generali applausi)...

PRESIDENTE. Adesso, onorevole Biondi, potrebbe andare a casa e riposarsi, così questa sera potrà presiedere (Si ride)...

ANTONIO LEONE. Ci sono gli altri Vicepresidenti!

PIERLUIGI MANTINI. Saluto anch'io il Presidente Biondi. Egli e tanti altri spiriti liberali non sono, in linea di principio, contrari a quest'articolo aggiuntivo né ad alcune proposte emendative che illustreremo, volte ad inserire garanzie di trasparenza democratiche in una Costituzione moderna che tutti vorremmo equilibrata nell'esercizio dei poteri.
Mi auguro che, su questi temi, che riprenderemo tra breve, non vi saranno ostruzionismi di maniera e che il dialogo possa svolgersi all'altezza delle decisioni che dobbiamo assumere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, il mio gruppo esprimerà un voto favorevole sull'articolo aggiuntivo 6.025 della Commissione.
Come i colleghi possono constatare confrontando i testi, si tratta esattamente della stessa disposizione contenuta nella Costituzione vigente; l'unica modifica consiste nella declinazione al singolare. La parola «Camera» sostituirebbe l'espressione «le Camere» in quanto stiamo prefigurando un sistema diverso rispetto al precedente. Sicché sarebbe più giusto che il testo della Costituzione prevedesse la durata della Camera dei deputati mentre, per quanto riguarda il Senato federale della Repubblica - come i colleghi sanno; ne abbiamo discusso solo ieri - sarebbe previsto tutt'altro meccanismo legato alle scadenze dei consigli regionali. Quindi, voteremo a favore dell'articolo aggiuntivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Facendo mie le motivazioni del collega Leoni, intervengo per dichiarare che anche il gruppo della Margherita voterà a favore dell'approvazione dell'articolo aggiuntivo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 6.025 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, il deputato Rossiello vota per due!

PRESIDENTE. Io non vedo niente.
Onorevoli colleghi! Onorevoli colleghi, richiamo rigorosamente tutti: ciascuno voti per sé!

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)
(Presenti 396
Votanti 394
Astenuti 2
Maggioranza 198
Hanno votato
393
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che gli onorevoli Baldi e Cossiga non sono riusciti ad esprimere il loro voto per il mancato funzionamento del dispositivo elettronico.

(Esame dell'articolo 7 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il punto dell'iter del disegno di legge di riforma cui siamo giunti potrebbe, forse, non lasciare trasparire tutta l'importanza della materia.
Stiamo affrontando, infatti, l'articolo 63 della Costituzione vigente; al riguardo, il testo al nostro esame, mentre lascia inalterato il secondo comma, interviene sul primo modificando l'attuale previsione ivi recata.
La disposizione vigente stabilisce che «ciascuna Camera elegge tra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di Presidenza»; il testo al nostro esame sostiuirebbe il primo comma con il seguente: «Ciascuna Camera elegge tra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di Presidenza. Il Presidente è eletto con la maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta».
Nell'ambito del lavoro della Commissione - ma soprattutto nell'ambito del lavoro che si svolgerà sugli emendamenti della maggioranza con il parere conforme del Governo -, si deve riflettere sul fatto che la sostanza della norma costituzionale non viene modificata. Nel senso che il Presidente delle Camere viene eletto con la maggioranza dei due terzi e, dopo il terzo scrutinio, è sufficiente la maggioranza assoluta.
Troviamo poi un'ulteriore proposta che conseguirebbe al recepimento eventuale - ma la maggioranza è ben disposta - dell'emendamento 7.200, che integra l'articolo 7 aggiungendo il seguente periodo: «Il regolamento del Senato federale della Repubblica disciplina le modalità di rinnovo anche periodico dell'Ufficio di Presidenza».
Ho voluto - anche a costo di apparire pedante - ricostruire il lavoro svolto dal Senato, dalla Commissione e ciò che è chiamata a decidere su quest'articolo la Camera, per introdurre l'importante riflessione sulle motivazioni per le quali noi riteniamo fondamentale l'approvazione dell'emendamento Leoni 7.1, che ha come obiettivo quello di prevedere che la maggioranza dei due terzi dei voti espressi sia comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti - vi sia sempre. Altrimenti la seconda parte del primo comma del novellato articolo 63 della Costituzione, che possiamo chiamare «clausola dissolvente», nell'ammettere che al terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta - ha poca importanza se dei componenti o meno - consegna, di fatto, l'elezione dei Presidenti di Camera e Senato federale in mano alla maggioranza politica. È evidente che ciò non è assolutamente accettabile, data la necessaria figura di super partes e di garante della correttezza dello svolgimento e della funzionalità del lavoro della Camera posta in capo al Presidente medesimo.
Onorevoli colleghi, quest'articolo è uno tra i primi momenti nei quali introduciamo, o meglio, affrontiamo in modo compiuto la questione delle prerogative dell'opposizione. Affrontiamo, in particolar modo, la questione della necessarietà o meno della costituzionalizzazione di tali prerogative, volte a rafforzare gli strumenti di garanzia.
Su ciò abbiamo avuto modo di assistere ad un dibattito - sia attraverso le audizioni di valenti costituzionalisti svolte nell'ambito della Commissione, sia in aula -, con una riflessione comune di tutti, o almeno di tutti coloro che hanno avuto la volontà di spendere una parte del proprio tempo su tali questioni. È necessaria la costituzionalizzazione di questi strumenti di garanzia ed il perché si può riassumere in due filoni di argomentazioni.
Il primo filone riguarda la necessità di bilanciare il notevole aumento dei poteri del Capo del Governo con un parallelo rafforzamento del sistema delle garanzie. Voi ci proponete una forma di Governo in cui la figura del Primo ministro è decisamente rafforzata rispetto al quadro dettato dalla Costituzione vigente e quindi, come contrappeso, è assolutamente necessario un rafforzamento del sistema delle garanzie.
Il secondo filone di argomentazioni riguarda l'esigenza, sorta già a seguito della riforma elettorale del 1993, di temperare taluni effetti del sistema maggioritario, che rende possibile - come si è verificato in modo concreto nel 2001 - la formazione di maggioranze parlamentari più ampie rispetto al passato e, di riflesso, la possibilità che tali maggioranze parlamentari, in assenza di un bilanciamento forte, attuato con strumenti di garanzia per le opposizioni, «facciano un sol boccone» delle opposizioni stesse e si trasformino in elementi non di funzionalità del sistema, ma di assoluto predominio sul sistema medesimo, con conseguenze facilmente immaginabili.
Siamo, quindi, in presenza di una questione assolutamente rilevante. Il quesito che dobbiamo dunque porci ed al quale va data una risposta è se sia sufficiente che ciò sia compiuto nell'ambito del regolamento delle due Camere, oppure sia necessaria una costituzionalizzazione dell'argomento. Tale costituzionalizzazione, poi, è sufficiente che avvenga sulla base dei principi generali oppure occorre una sua più dettagliata e precisa articolazione?
Per quanto ci riguarda, la risposta è conseguente: noi pensiamo non sia sufficiente lasciare la definizione di tale questione ai regolamenti parlamentari di disciplina del funzionamento delle due Camere, e che sia necessario non un ragionamento sui principi - anche se ci rendiamo conto che siamo in sede di revisione della Carta costituzionale, e pertanto è vero che meno si scrive, meglio si scrive -, ma una riflessione volta a considerare un dettaglio ulteriore.
Vi sono alcune questioni di fondo che vanno affrontate e che non trovano un compiuto soddisfacimento nell'ambito del provvedimento al nostro esame. Mi riferisco, ad esempio, al problema del quorum, ossia della maggioranza necessaria per eleggere i Presidenti e gli Uffici di Presidenza delle rispettive Camere. Non si tratta di un aspetto di secondo piano poiché investe anche le prerogative dell'opposizione.
Vi sono poi altre questioni, come la necessità della salvaguardia di un tempo congruo per permettere alle opposizioni di svolgere un'iniziativa di contrasto legittimo, dialettico e parlamentare nei confronti delle politiche del Governo. Vi è la necessità di salvaguardare e predisporre efficaci poteri di sindacato ispettivo per l'opposizione, chiunque sia. E speriamo che questo lavoro sia compiuto per garantire voi, dato che siamo convinti di sapere quale sarà l'esito delle prossime elezioni. Ciò per dare la possibilità di svolgere un vero sindacato ispettivo nei confronti di questo Governo, con una valenza che finora non abbiamo conosciuto.
Vi è la necessità di limitare la possibilità per la maggioranza di modificare profondamente, all'ultimo momento, le proprie proposte, perché altrimenti è evidente l'incapacità di reazione dell'opposizione. Ed è necessario prevedere per le opposizioni un ruolo privilegiato nell'ambito del sindacato ispettivo nonché una maggiore pubblicità del dibattito parlamentare, anche al fine di consentire che le loro argomentazioni vengano conosciute dall'opinione pubblica nel paese.
Occorre prevedere l'istituzione di Commissioni d'inchiesta su iniziativa delle minoranze (poi, vedremo come questa richiesta sia stata parzialmente accolta). Occorre, altresì, prevedere a favore dell'opposizione la dotazione di congrue misure finanziarie, affinché possa svolgere compiutamente la propria attività, e riconoscere ad essa uno statuto. Vi è la necessità che vengano chiaramente definite le sue prerogative nell'ambito della Costituzione ed occorre una ponderata apertura alla giustiziabilità di fronte alla Corte costituzionale dei rapporti interni alla Camera.
Esprimiamo l'assoluta insoddisfazione rispetto alla norma riguardante i requisiti di eleggibilità e di incompatibilità dei componenti della Camera (sappiamo come è andata a finire, ma avremo modo di tornare sull'argomento), emulando ordinamenti costituzionali come quello della Germania o della Francia.
Infine, vi è la questione dell'innalzamento del quorum. Colleghi, il fatto che l'Ufficio di Presidenza e, in particolare, il Presidente della Camera, che è garante dell'imparzialità del trattamento e del buon andamento dei lavori della Camera dei deputati e del Senato federale, possano essere eletti dopo il terzo scrutinio con la maggioranza dei componenti sottrae alle opposizioni una loro prerogativa. Infatti, è fuori discussione che, se non vi è la capacità di interloquire, la clausola di dissolvenza finale permette ad una maggioranza ampia (come si è verificato nell'ultima elezione del 2001) di far andare a vuoto le tre votazioni e di eleggere il Presidente con una maggioranza specifica. Ciò esclude la necessità di un confronto per la ricerca di una persona che sia effettivamente super partes ed abbia quelle doti di equilibrio e competenza che devono essere necessariamente riconosciute ad un Presidente della Camera dei deputati e del Senato federale e permette designazioni che possono anche non essere all'altezza della situazione.
Per questo motivo - e concludo signor Presidente, onorevoli colleghi - vi chiediamo di riflettere adeguatamente sulla norma in esame e vi invitiamo ad accogliere i nostri emendamenti che introducono correzioni in modo assolutamente garantista per tutti noi. Le maggioranze cambiano, ma è importante che le istituzioni siano in grado di svolgere fino in fondo il compito cui sono chiamate (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, chiedo al relatore di esprimere il parere sugli emendamenti riferiti all'articolo 7.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Boato 7.70, nonché sull'emendamento Leoni 7.1. La Commissione esprime parere favorevole sugli emendamenti Leoni 7.71 ed Elio Vito 7.200.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore, signor Presidente.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 7.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Come è stato ricordato poco fa, la nostra Costituzione oggi assegna al regolamento il compito di decidere le modalità di elezione del Presidente della Camera. Credo sia importante sottolineare questo punto di partenza, perché - lo vedremo nell'articolo successivo - noi siamo contrari alla costituzionalizzazione dei regolamenti.
Tuttavia, in questo caso abbiamo sottoscritto e condiviso un emendamento che fissa, in modo diverso da quanto proposto dalla maggioranza, la necessità di inserire nella Costituzione le modalità per eleggere il Presidente della Camera. Ciò, a nostro avviso, non solo perché oggi c'è il sistema maggioritario (perché ciò potrebbe valere anche per lo stesso Regolamento) e per la necessità di organizzare i lavori della Camera nel rispetto delle minoranze - lo vedremo successivamente -, e naturalmente non soltanto per il ruolo già importante che svolge oggi il Presidente della Camera.
Sappiamo che i regolamenti delle Camere sono molto importanti e che, per dare loro attuazione, è necessario addivenire ad interpretazioni delle norme scritte anche per quanto attiene alle soluzioni di casi non contemplati dal regolamento stesso. Dunque, il Presidente della Camera già svolge un ruolo da protagonista e di primo piano.
Sappiamo anche che nel corso di questi ultimi anni il Presidente della Camera ha svolto un ruolo particolare anche nella nomina di membri di Commissioni di garanzia parlamentare. Si tratta di un compito nuovo rispetto al momento in cui la Costituzione è stata scritta (pensiamo alle autorità indipendenti, eccetera). Riteniamo che tutto ciò sia importante, ma non lo è sufficientemente, forse, per decidere di inserire nella Costituzione le modalità di voto del Presidente della Camera.
Quello che ci ha fatto decidere per questa scelta e che mi convince particolarmente è il nuovo ruolo che avrà il Presidente della Camera a seguito delle modifiche della parte II della Costituzione.
Ognuno di noi ha un'opinione diversa rispetto al Senato federale, come lo chiamate voi, Senato delle regioni, come lo chiamiamo noi. Il dato di partenza è che la Camera dei deputati rimarrà l'unica Camera politica, la Camera più importante nel procedimento legislativo, al di là delle modalità con cui questo andrà organizzato.
Quindi, coerentemente a questo, proporremo - lo vedremo esaminando gli articoli successivi - non solo che il Presidente della Camera, come oggi è previsto nella Costituzione, e il suo Ufficio di Presidenza siano quelli delle Camere riunite, ma che il Presidente della Camera diventi il sostituto del Presidente della Repubblica nei casi contemplati dalla Costituzione e dalle leggi.
Riteniamo opportuno che questa carica costituzionale, già oggi di grande rilievo, perché si tratta della terza carica dello Stato, diventi nei fatti la seconda in seguito alle modifiche della parte II della Costituzione.
Credo che tutti questi elementi, ma in particolare quest'ultima considerazione, costituiscano le ragioni fondamentali per chiedere di regolamentare nella Costituzione le norme che siano di garanzia per tutti rispetto a un ruolo di principale rilievo istituzionale che il Presidente della Camera dovrà assumere (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, con l'articolo 7, riguardante la Presidenza della Camera dei deputati ed il Senato federale della Repubblica, cominciamo ad entrare in un argomento nuovo e molto importante della riforma costituzionale. Mi riferisco alla questione delle garanzie costituzionali, che credo vadano analizzate sotto il profilo della loro coerenza con l'intero sistema.
Partiamo da un dato assolutamente pacifico: vi siete posti l'obiettivo della stabilizzazione dell'indirizzo politico ed avete immaginato una riforma della forma di governo che noi definiamo di premierato assoluto, come avremo occasione di illustrare a tempo debito. Nel momento in cui rafforzate in maniera così netta i poteri del primo ministro, appare del tutto evidente l'esigenza di introdurre contestualmente in Costituzione alcuni strumenti volti a garantire la coerenza del sistema. Il sistema di pesi e contrappesi, a mio avviso, non deve tendere solamente all'equilibrio dei poteri, quanto soprattutto alla limitazione dei poteri contro qualsiasi forma di arbitrio.
Avendo voi introdotto un meccanismo relativo alla forma di governo molto squilibrato a vantaggio dei poteri, che diventano strapoteri, del primo ministro, è del tutto evidente che debba esservi una forma di riequilibrio che garantisca al Parlamento la possibilità di controbilanciare tale arbitrio in capo al primo ministro. Nasce in tutta evidenza la questione del ruolo dell'opposizione in Parlamento e del modo in cui la Costituzione debba trattare tale questione.
Il ruolo dell'opposizione è definibile attraverso due elementi: da un lato, quello che viene chiamato in dottrina l'animus oppositus, cioè la contrapposizione politica che si registra massimamente al momento delle elezioni e della formazione del governo; dall'altro, la capacità oppositoria, la capacità organizzativa di fare opposizione. L'opposizione non può essere qualificata solo per i propri atteggiamenti politici che si manifestano fuori dal Parlamento o il giorno dell'insediamento del Governo, ma deve avere garantita la capacità organizzativa di esercitare la funzione costituzionale di opposizione. Solo nel momento in cui si combinano da un lato l'animus oppositus e, dall'altro, la capacità oppositoria si delinea in maniera chiara la figura dell'opposizione parlamentare in una prospettiva di istituzionalizzazione. Credo sia importante ragionare su tali punti perché l'opposizione può entrare a far parte dell'organizzazione costituzionale del sistema e non solo attraverso riferimenti espressi in Costituzione, attraverso altre questioni precise e delineate, la prima delle quali è la definizione dei quorum per l'elezione degli organi di garanzia del Presidente della Repubblica e dei Presidenti delle Assemblee.
Accanto a ciò vi sono altre questioni riguardanti le norme dei regolamenti parlamentari, le convenzioni costituzionali e le prassi che dovrebbero definire compiutamente il ruolo dell'opposizione dal punto di vista costituzionale. L'opposizione, infatti, esercita ad assolve una funzione importantissima della Costituzione. Pertanto, non si possono sottovalutare tali passaggi fondamentali. È necessario che vengano definiti chiaramente le procedure e gli strumenti che danno corpo al ruolo politico ed organizzativo dell'opposizione. La verifica dell'azione di governo, la limitazione del potere della maggioranza, la funzione conoscitiva, la funzione ispettiva, la possibilità di adire la Corte costituzionale per vizi di legittimità relativi all'azione del governo sono tutte questioni fondamentali. Voi, anziché rafforzare tali poteri e consentire che la Costituzione e i regolamenti organizzino il suddetto modo di essere dell'opposizione, avete liquidato tutto con la definizione del capo dell'opposizione.
Vi siete in qualche modo salvati l'anima, ma avete utilizzato una scorciatoia, una via breve, che non dà invece sostanza e corpo al ruolo costituzionale, che l'opposizione in una moderna Costituzione dovrebbe assolvere, soprattutto - qui veniamo al dunque - quando stiamo ragionando di un Parlamento eletto con un sistema maggioritario. L'altra grande discontinuità che c'è stata dopo il 1948 è stata l'introduzione del sistema maggioritario. Tale introduzione deve portare a modificare il quorum di elezione dei Presidenti delle due Camere; deve inoltre garantire all'opposizione la possibilità di essere determinante nella scelta degli organismi di garanzia.
Voi dunque cominciate con il piede sbagliato: l'elezione dei Presidenti di Camera e Senato dopo il terzo scrutinio si fa a maggioranza assoluta. Ciò significa negare qualsiasi ruolo politico e costituzionale all'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. A parole, tutti - o più o meno tutti - diciamo che è necessario portare a compimento la lunga transizione italiana da un sistema politico a un altro. Spesso, però, ho l'impressione che quando si dice questo non si fa che inserire ulteriori elementi di precarietà e una sensazione di instabilità nel sistema politico italiano. Ritengo infatti che su alcuni aspetti non si possa più tornare indietro. Ad esempio, sono convinto che i cittadini italiani ormai, dopo molte lezioni locali e nazionali, abbiano acquisito la convinzione che è davvero più vantaggioso e più giusto un sistema che garantisca il bipolarismo e l'alternanza politica.
Voi ci proponete un'idea, che non condividiamo affatto, secondo la quale la chiave di volta per completare la transizione italiana sarebbe quella del rafforzamento dei poteri del primo ministro. Non condividiamo dal punto di vista politico e culturale la scelta di concentrare prevalentemente nelle mani di una sola persona il destino del paese, anche perché pensiamo che secondo il principio dell'eterogenesi dei fini potrebbe accadere esattamente il contrario.
Voglio dire che quello che manca effettivamente al completamento della transizione italiana è quello che definiva il collega Bressa poco fa un sistema di contrappesi e di garanzie democratiche. Se non lavoriamo su questa assoluta priorità, possono accadere due cose: la prima è che si passi da un sistema maggioritario ad un predominio della maggioranza o ad una dittatura della maggioranza, che è una cosa ben diversa; la seconda è che per prevenire questo tipo di pericolo possano rafforzarsi le tendenze di chi punta a buttare via il bambino con l'acqua sporca, cioè a dire travolgiamo, insieme al pericolo di una dittatura della maggioranza lo stesso sistema maggioritario, tant'è che ricominciano a suonare anche in quest'aula le sirene del ritorno al sistema elettorale proporzionale. L'unico modo democratico e giusto per consolidare il sistema politico maggioritario è quindi quello di lavorare sui contrappesi e sulle garanzie. Ciò significa tante cose: contrappeso è un potere reale - che voi con i voti di qualche giorno fa avete già compromesso - per le regioni e per le autonomie locali; contrappeso è vera separazione dei poteri e piena autonomia e indipendenza della magistratura; contrappeso è un sistema di informazione veramente pluralista (questi peraltro sono i temi di una lunga battaglia, che le opposizioni stanno conducendo). Contrappeso significa, inoltre, un Parlamento non schiacciato dal Governo e dalla maggioranza, come in gran parte già sta avvenendo.
La proliferazione dei decreti-legge e di leggi delega, il rifiuto da parte del Presidente del Consiglio di venire in aula a rispondere alle interrogazioni a risposta immediata anche se il regolamento lo prevede significa che ci troviamo già in una fase di schiacciamento del Parlamento. A ciò aggiungo la scomparsa di alcuni provvedimenti di interesse dell'opposizione, come nel caso della proposta di legge del Governo sulla libertà religiosa, tanto per fare un esempio. Occorre, pertanto, assolutamente introdurre determinati correttivi, quindi (è il tema di questo e del prossimo articolo) misure per l'approvazione dei regolamenti parlamentari, individuando, nel caso di tale articolo, criteri di elezione dei vertici istituzionali e, per quanto ci riguarda, quello di elezione del Presidente della Camera dei deputati.
Successivamente, esprimeremo altre considerazioni nel dettaglio su tale argomento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, gli interventi dei colleghi Mascia, Bressa e Leoni hanno posto un problema che anche la maggioranza ed il Comitato dei nove hanno dovuto affrontare. Ho chiesto di intervenire, dopo che il collega Leoni ha parlato di dittatura della maggioranza, quasi a fare intendere che, così com'è strutturato il provvedimento, la maggioranza, forte dei numeri che dovrebbe avere, può, a suo piacimento, stabilire le regole del gioco, senza quel bilanciamento che, invece, credo sia nello spirito e nell'animo di tutti.
Non vorrei, però, che seguendo il ragionamento del collega Leoni, si parlasse poi di dittatura della minoranza.
Noi abbiamo ragionato in questi termini ed è giusto che l'Assemblea ne venga a conoscenza: laddove si trattava di eleggere un organo monocratico, impantanarsi su una nomina e su maggioranze qualificate poteva comportare una vacatio infinita. Quindi, abbiamo ritenuto che, dopo il tentativo di una maggioranza qualificata, si potesse tornare alla previsione di una maggioranza assoluta.
Diverso è il caso in cui vi è da modificare, ad esempio, il regolamento, laddove già esiste comunque la norma regolamentare: in questo caso, abbiamo ritenuto opportuna la previsione di maggioranze qualificate.
Qualora non vi fosse l'accordo tra maggioranza ed opposizione, comunque esiste il regolamento e la vita parlamentare può continuare. Quindi, rispondo al collega Leoni, dicendo che non si tratta di una dittatura della maggioranza, ma, ripeto, del tentativo di evitare una dittatura dell'opposizione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 7.70, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 442
Votanti 440
Astenuti 2
Maggioranza 221
Hanno votato
187
Hanno votato
no 253).

Prendo atto che l'onorevole Pinto non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 7.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, il tema che viene affrontato nell'emendamento al nostro esame è già stato sviluppato da chi mi ha preceduto ed in particolare dagli onorevoli Mascia, Leoni e Bressa. Tutti hanno sottolineato la delicatezza del tema, evidenziata anche dal Presidente Bruno con il suo usuale garbo e le sue argomentazioni sicuramente apprezzabili, anche se non condivisibili. Il tema è importante, perché riguarda la Camera dei deputati, luogo dove noi lavoriamo e operiamo quotidianamente e soprattutto il suo Presidente.
Credo sia opportuno, come ha fatto anche l'onorevole Olivieri, ricordare le differenze tra l'attuale testo, quello approvato in Commissione e le previsioni contenute nell'emendamento dell'opposizione.
L'attuale articolo 63 della Costituzione prevede che ciascuna Camera elegga fra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di Presidenza, senza indicare alcun tipo di quorum rispetto a questa elezione che, quindi, potrebbe avvenire anche da parte di una minoranza di parlamentari. L'articolo 64 della Costituzione delega, invece, al regolamento della Camera l'elezione anche del suo Presidente. È opportuno ricordare che il Presidente della Camera, soprattutto in un sistema maggioritario, deve essere un soggetto di tutela di tutti, maggioranza e opposizione, e, soprattutto, di garanzia costituzionale ed istituzionale per un corretto funzionamento della Camera dei deputati che ha un ruolo primario e fondamentale sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista legislativo.
Tale organo dovrà inoltre decidere a livello legislativo sui temi più importanti per il nostro paese, per i nostri cittadini, dunque sulle leggi che determinano e determineranno lo sviluppo dell'Italia e che incidono e incideranno sui diritti individuali e collettivi dei cittadini, indipendentemente dalla loro collocazione politica.
Ma vi è di più: in futuro il Presidente della Camera dovrà avere anche un ruolo super partes tra i colleghi parlamentari in quanto avrà anche il compito di indicare i presidenti di alcune Commissioni parlamentari, il presidente della Commissione giurisdizionale, ed avrà una incidenza significativa, ad esempio, anche sulle autorità di garanzia.
È proprio in tale contesto, soprattutto se si considera l'attuale sistema maggioritario, che occorre prevedere - come proposto dal presente emendamento - che il Presidente della Camera, garante dei diritti individuali e collettivi di tutti, garante dei diritti e delle prerogative dei parlamentari, sia eletto non da un numero di deputati che può costituire minoranza in Parlamento o nel paese, ma da un numero di deputati che sia maggioranza qualificata e che, quindi, non rappresenti solo una parte politica.
È essenziale che all'elezione del Presidente della Camera concorra un arco di forze superiore alla maggioranza di Governo proprio perché, in un sistema rappresentativo, il Parlamento è la casa di tutti e non la casa della maggioranza. Occorre dunque che la sua elezione avvenga con un quorum qualificato, in quanto il passaggio dal proporzionale al maggioritario richiede garanzie che non possono essere riconosciute prevedendo, seppur dopo un determinato numero di votazioni, la mera maggioranza assoluta.
Sono profondamente convinto che l'approvazione dell'emendamento in base al quale il Presidente della Camera deve essere eletto con la maggioranza dei due terzi dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti la Camera, costituisca una garanzia per tutti gli elettori e per tutti gli eletti, per le istituzioni in generale e in particolare per la Camera dei deputati.
Evidentemente, se l'emendamento in esame dovesse essere respinto, esprimeremo un voto contrario sull'intero articolo (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, ritengo sia sempre opportuno ricordare una questione di partenza: stiamo ragionando di una norma costituzionale che deve affrontare una situazione molto delicata, vale a dire un Parlamento eletto con una legge elettorale maggioritaria. Si tratta di uno degli elementi di discontinuità rispetto alla Costituzione del 1948; dunque, dobbiamo avere la capacità e l'intelligenza di gestire questa nuova fase politica.
Molto abilmente, nell'intervento precedente, il relatore Bruno ha posto una questione vera: quella del rischio di una vacatio infinita, vale a dire di un Parlamento che diventa ostaggio della maggioranza.
Partendo dal presupposto che immaginare che per cinque anni vi sia un Parlamento privo del suo Presidente appare un'ipotesi abbastanza irrealistica, la preoccupazione del presidente Bruno misura la cultura politica che sottende questo progetto di riforma, vale a dire l'idea che chi vince le elezioni per cinque anni fa un po' come vuole. Presidente Bruno, mi rendo conto di aver brutalizzato la questione, ma non sono molto lontano dalla realtà.
Di fronte alla preoccupazione concreta del presidente e relatore Bruno, relativa alla possibilità di diventare ostaggio della minoranza, il nostro emendamento pone comunque una questione molto seria.
Infatti, il Presidente deve essere eletto con la maggioranza dei due terzi dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti. I due terzi dei voti espressi implicano il riconoscimento, dal punto di vista parlamentare, di un ruolo all'opposizione, ma allo stesso tempo la garanzia che tale ruolo non può diventare interdittivo. La nostra posizione parte da un dato culturale profondamente diverso da quello della maggioranza, in quanto si basa sulla fiducia che questo sistema politico possa avere al suo interno la capacità di uscire da un'infinita transizione e dalla logica di una contrapposizione aspra, che ci costringe a schierarci l'uno contro l'altro su tutto.
Se non facciamo nostra la prospettiva politica di una maturazione dei partiti presenti in Parlamento, diamo un'immagine di totale sfiducia verso l'attuale sistema politico. Diamo, inoltre, un segnale all'esterno sul fatto che non siamo in grado di puntare sulla responsabilità parlamentare. Se partiamo dal presupposto che la stessa Costituzione neghi che vi possa essere la responsabilità delle forze elette in Parlamento, diamo un messaggio devastante al paese. La previsione dei due terzi dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti è una garanzia che i presidenti di Camera o Senato possano essere eletti, ma rappresenta anche un investimento fiduciario verso il senso di responsabilità e la capacità politica delle forze presenti in Parlamento a rappresentare la nazione. Infine, è un segnale forte del fatto che l'opposizione viene considerata, al pari della maggioranza, forza costituzionalmente rilevante, nel momento in cui vengono assunte importanti decisioni, quali quelle relative alla Presidenza di Camera o Senato.
Per questi motivi, il gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo ha sottoscritto l'emendamento in esame; per gli stessi motivi lo difendiamo con forza e, pertanto, se non dovesse essere approvato, saremo costretti a votare contro l'intero articolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, vorrei chiarire che il pericolo di una dittatura della maggioranza, riferita non ad una specifica parte politica o ad uno specifico progetto di riforma, rappresenta un'eventualità incombente in un sistema maggioritario.
Con questo emendamento, viene posto all'attenzione il tema di come assicurare, anche in un sistema maggioritario, che il Presidente della Camera e i vertici istituzionali garantiscano al massimo il ruolo super partes, tanto più necessario oggi. Intendiamoci, benché espressi da maggioranze politiche, spesso i Presidenti delle due Camere fanno il possibile, sforzandosi con successo di svolgere un ruolo super partes. Il problema, però, riguarda l'architettura costituzionale e il disegno politico che si vuole perseguire. Lo stesso problema, d'altronde, si era presentato anche nella cosiddetta prima Repubblica; in quel caso la soluzione - oggi peraltro non più proponibile, almeno negli stessi termini - dimostrò come l'insieme delle forze politiche condividesse la medesima preoccupazione. Infatti, benché l'Italia si trovasse in un clima di conventio ad excludendum verso il principale partito di opposizione, allora rappresentato dal Partito comunista italiano, esisteva la convenzione secondo cui la Presidenza di uno dei due rami del Parlamento spettasse proprio all'opposizione. In tal modo, in quella fase storica la Camera fu guidata da eccellenti Presidenti garantisti, quali gli onorevoli Ingrao, Iotti e Napolitano.
Naturalmente, oggi non possiamo riproporre una strada del genere, in quanto tipica di un sistema proporzionale, nel quale era presente la mannaia della conventio ad excludendum, ma non possiamo neppure trascurare - tanto più oggi, in un sistema maggioritario dove i rischi sono maggiori di allora - la disciplina di uno strumento del genere, per assicurare quelle finalità di garanzia che tutti dovremmo condividere fino in fondo.
Non c'è dubbio che fra le nostre preoccupazioni vi è quella di evitare una vacatio. Sono tuttavia certo che, introducendo l'elemento di garanzia rappresentato dai due terzi dei voti espressi, a condizione che comunque rappresentino la maggioranza assoluta dei componenti, si determinerebbe un concorso tra maggioranza e opposizione per la scelta della soluzione da tutti avvertita come la più garantista per la vita parlamentare e per ciascuna delle coalizioni che competono fra loro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oramai molto tempo fa un autorevole studioso di diritto costituzionale, che ha onorato anche i banchi di questa Assemblea dopo essere stato un brillante funzionario della stessa, il professor Giovanni Ferrara, ha scritto un libro estremamente interessante sui poteri del Presidente dell'Assemblea. Tale libro si basava proprio sul presupposto della differenza tra il presidente di un'assemblea in un sistema proporzionale rispetto al presidente di un'assemblea in un sistema maggioritario.
Rifacendosi alla posizione super partes e di garanzia del presidente dell'epoca prefascista, quando vigeva il sistema maggioritario, Ferrara spiegava che l'introduzione del sistema proporzionale aveva mutato il ruolo del Presidente della Camera, che si configurava quale esponente della maggioranza perché, pur tutelando i diritti della minoranza, doveva altresì garantire alla maggioranza la possibilità di portare a compimento il proprio compito. A sostegno di questa tesi, Ferrara spiegava come il sistema proporzionale, consentendo la rappresentanza di tutti i raggruppamenti che concorrevano alla formazione delle nuove assemblee, contenesse di per sé la garanzia delle posizioni di tutte le forze parlamentari, e dunque anche della minoranza.
Abbiamo compiuto un passo indietro, per quanto concerne la posizione dei presidenti di assemblea, rispetto alle tesi di Giovanni Ferrara. Infatti, nel momento in cui siamo tornati da un sistema proporzionale a un sistema prevalentemente maggioritario, ritengo abbia riacquistato pienezza l'esigenza che il presidente di assemblea ritorni ad essere presidente di garanzia, del buon andamento dei lavori ma anche delle minoranze nonché, ovviamente, della maggioranza che deve pur realizzare il suo programma di governo, e dunque di tutto il Parlamento. Le vecchie tesi manualistiche della fine dell'ottocento - ricordo per tutti quelle di Racioppi e Brunelli - tornano oggi in vigore.
Fino a quando vi sarà il sistema maggioritario, il Presidente della Camera avrà per sua natura un ruolo fondamentale di garanzia, e dunque deve essere espressione, se possibile, di una larghissima maggioranza dei componenti; ove ciò non sia possibile, deve avere almeno il consenso della maggioranza assoluta dei membri dell'Assemblea. Pertanto, ritengo che l'emendamento in esame sia coerente con la dottrina costituzionalista e comunque rispondente a criteri razionali, per cui esprimeremo su di esso voto favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, intendo rivolgermi alla maggioranza e, in particolare, al presidente Bruno, con lo stesso tono pacato e con lo stesso spirito con il quale egli è intervenuto poc'anzi.
A me pare che questo sia un punto molto importante del cammino che stiamo compiendo. Sono convinto, al pari di altri colleghi dell'opposizione che hanno appena parlato, che un sistema bipolare, maggioritario, abbia bisogno di trovare in alcune figure, massimamente nella figura del Presidente della Repubblica ma anche in altre, quali i Presidenti delle due Camere, le garanzie di unità del sistema.
Tale sistema è molto articolato, ma ha bisogno di trovare dei punti di incontro in cui tutti si riconoscano. Le istituzioni della Repubblica devono avere alcuni snodi, che siano condivisi da tutti e che tutti sentano come rappresentativi di un'autorevolezza istituzionale che serve a garantire l'unità del sistema.
Debbono esserci dei punti di incontro in un sistema - maggioritario - che è sempre più «diviso» da una dialettica fra poli contrapposti (una contrapposizione che comincia in sede elettorale e che è destinata a continuare anche nel corso della legislatura): dei punti di incontro devono esserci. Del resto, in che cosa consiste l'invito, l'appello che il Presidente della Repubblica va ripetendo di fare le riforme in modo condiviso? Non si tratta di un invito ad un certo atteggiamento, non è una questione di galateo: condividere vuol dire lavorare per trovare dei punti di condivisione del sistema, all'interno del sistema istituzionale!
Vorrei, proprio per rendere più credibile questa nostra posizione, che voi rifletteste su un dato politico su cui non si riflette abbastanza qui dentro. Noi, come è noto, legittimamente - le nostre aspirazioni hanno pari dignità delle vostre - aspiriamo a vincere le prossime elezioni: apprezzate questo fatto! Non stiamo chiedendo una garanzia, la stiamo offrendo! Noi siamo convinti di vincere: valutate questo aspetto!
Allora, è possibile ragionare con un po' più di distacco, di disponibilità, anche da parte vostra, rispetto al tema che proponiamo con questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sabattini. Ne ha facoltà.

SERGIO SABATTINI. Signor Presidente solo un minuto per poter interloquire con il presidente Bruno.
È evidente che siamo di fronte ad un problema di equilibri. Il presidente Bruno osservava che non ci può essere la dittatura della maggioranza ma, parimenti, che non può esservi una dittatura da parte della minoranza.
Noi abbiamo un problema, in questo momento, che non mi pare ben risolto dalla soluzione che la maggioranza avalla. Non è ben risolto perché, forse, si potrebbe ricercare qualcosa in più in quanto l'equilibrio in un sistema maggioritario è importante. Voi mi insegnate che in altri paesi liberali, come gli Stati Uniti d'America o l'Inghilterra, gli strumenti di controllo della minoranza e dell'opposizione, anche a partire da chi gestisce le Assemblee elettive (il Congresso o la Camera dei comuni, in cui esiste lo speaker), sono più equilibrati di quelli che stiamo affrontando oggi con la vostra proposta, che noi cerchiamo di emendare. Siccome siamo in una fase di passaggio che riguarda anche altre assemblee elettive (ricordo che sui comuni si è ragionato nelle leggi ordinarie nel senso di introdurre gli statuti dei diritti delle opposizioni), mi permetto di dire al presidente Bruno che la proposta contenuta in quest'emendamento non va nella direzione di contestare un equilibrio bensì di costruirlo e renderlo in qualche misura più sostenibile per il sistema democratico, che è in progress (lo abbiamo costruito e lo stiamo costruendo).
Ricordo questo non per allungare i tempi, ma per invitare a ragionare ancora su questo punto, perché mi pare che, alla fine, dopo la terza votazione, si scelga la strada di tagliare il nodo gordiano con una spada. Forse è possibile, rispetto all'emendamento che vi sottoponiamo, che in qualche misura cerca di rendere più sostenibile questa scelta, trovare soluzioni, come ricordava anche il collega Castagnetti, più equilibrate.
Non credo sia sensato attribuire alle maggioranze, ad un certo punto ed in questo modo, il potere di decidere sulle assemblee elettive. Forse, andrebbe ricercata una diversa soluzione, che non è presente nell'emendamento, ma andrebbe comunque ricercata.
Rischiamo di costruire un sistema che, «a cascata», riproduce in modo gerarchico ed assolutamente autoritativo i rapporti tra maggioranza e minoranza, in modo non sostenibile per la nostra democrazia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche noi insistiamo, onorevole Bruno, su questo profilo perchè lo riteniamo assai importante anche per comprendere quale possibile «bussola» comune di riferimento occorra per poter andare avanti.
Infatti, vi sarà l'esame di questo articolo e poi passeremo all'esame degli articoli sul premierato e sulla forma di Governo: esiste, a mio avviso, un nesso ed un rapporto fra l'idea di un Presidente della Camera eletto a maggioranza e quella di un premierato assoluto.
Per questa ragione, insistiamo nel ricercare con voi un momento di riflessione, dal momento che in questo caso si introduce un vulnus assai pericoloso. Non si tratta soltanto, anche se è questione assai rilevante, come sottolineato dai colleghi, di trasformare le funzioni, il ruolo e le prerogative del Presidente della Camera, che non sarebbe più un Presidente super partes, un Presidente di tutti, ma verrebbe eletto da una maggioranza attraverso l'esercizio di una dittatura della maggioranza.
In realtà, c'è qualcosa di più: questa idea di un Presidente eletto a maggioranza snatura, svilisce e condiziona le funzioni del Parlamento; un Presidente eletto a maggioranza significa affidare il Parlamento ad una logica stringente in mano all'esecutivo e alla maggioranza che lo sostiene.
Questo articolo è strettamente connesso alla vostra idea di un premier assoluto, che condiziona il ruolo del Parlamento. Attenzione: sappiamo anche che il rapporto fra tale articolo ed il premierato assoluto sottolinea un'altra logica rispetto al ruolo del Parlamento, indipendentemente da un'altra posizione sul premierato e sulle funzioni del premier.
Qui c'è un passaggio decisivo: non si tratta soltanto di garantire le funzioni ed il sistema delle garanzie del Presidente della Camera. Mi rivolgo anche a lei, onorevole Casini, perché probabilmente il Presidente della Camera oggi avrebbe e dovrebbe avere la possibilità di esprimersi pubblicamente in questo Parlamento, proprio in qualità di Presidente della Camera. Questo articolato infatti tocca il suo ruolo, le sue funzioni e le sue prerogative; è un passaggio che snatura, a mio avviso, anche le funzioni e ed il ruolo del Parlamento.
Mi rivolgo ai colleghi, sottolineando la bussola comune di quella cultura istituzionale che dovrebbe avere qualcosa che ci lega. Se non esiste neanche questa, credo che gli appelli al confronto e volti a cercare di migliorare questo testo siano non soltanto ipocriti, ma anche vergognosi!

PRESIDENTE. Onorevole Cossutta, lei ha chiamato in causa l'attuale Presidente della Camera. È una concezione, le devo dire, alquanto singolare quella secondo cui dovrei intervenire in questa sede perché è in discussione il mio ruolo.
Non credo sia un problema di persone o di questa legislatura; credo invece sia un problema che deve essere inquadrato in un'ottica di assoluta terzietà, da parte non soltanto mia, ma anche di tutti i membri di questa Camera.
Peraltro, ciò che ho detto in proposito rispetto al ruolo del Presidente nel sistema maggioritario - ne ha parlato molto bene anche il collega Acquarone - l'ho detto pubblicamente, ed è quindi possibile comprendere il mio pensiero al riguardo. Mi sembrerebbe in questo caso un'interferenza nel dibattito ribadirlo, dal momento che è all'esame un emendamento che affronta tale questione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Invito la maggioranza e, soprattutto, l'opposizione a riflettere su alcune delle accuse che ho sentito rivolgere anche oggi in merito alla tirannia della maggioranza e al pericolo per la democrazia.
Prendo spunto dall'articolo della nostra Carta costituzionale oggi vigente - cui tutti teniamo - dove non si parla di alcuna maggioranza qualificata. Se tale rilievo (che immagino sia stato sollevato seguendo un ragionamento di garanzia) dovesse continuare ad essere la vera accusa da cui muovono le critiche, obiettivamente allora questa andrebbe ricondotta ad una critica ancor più feroce nei confronti del testo attuale. Intendo richiamare l'attenzione proprio su questo passaggio; nell'articolo 63 della Carta costituzionale, attualmente vigente nel nostro paese - non in quello della «tirannia della maggioranza» -, è sancito che ciascuna Camera elegge i propri componenti, il Presidente e l'Ufficio di presidenza; tutto qui! Non è presente alcun riferimento a maggioranze qualificate dei due terzi o dei quattro quinti: non vi è scritto nient'altro.
È evidente, allora, che il vostro emendamento va in una direzione ancor più rafforzativa delle garanzie e degli organi di garanzia nei due rami del Parlamento. Ma la direzione seguita dalla maggioranza con il suo emendamento è proprio questa, nessun'altra. Inoltre, non vi sarà sfuggito che, in base alla vostra formulazione, se qualunque opposizione (ripeto: qualunque, non quella attuale), anche quella futura, non si presentasse, difficilmente si potrebbe eleggere il Presidente dell'organo.
Con le mie osservazioni intendo chiarire che la direzione seguita dalla maggioranza nell'elaborazione del suo documento è dovuta alla preoccupazione e alla sensibilità che non sono esclusive dell'attuale minoranza ma di chiunque possa, con un minimo di lungimiranza, pensare al futuro, ossia di chi, pur essendo convinto di poter vincere le elezioni, non può però escludere di poter essere la minoranza.
Vi è un'altra riflessione che sottopongo ai colleghi. Oggi le garanzie della Costituzione sono inferiori rispetto a qualunque ipotesi di garanzia, sia la vostra sia quella rafforzata della maggioranza. E questo pericolo, nella prassi parlamentare per le elezioni dei due Presidenti delle Camere, sin da quando vige il sistema maggioritario, oggettivamente non ha portato la maggioranza ad usare la clava della propria tirannia. Non mi sembra sia accaduto, sia nella scorsa sia nell'attuale legislatura.
Inoltre, se vi fosse una disponibilità a ragionare su tali prospettive, a partire da questo dato di partenza, si potrebbe immaginare (con il consenso unanime dell'aula) di inserire in questa ipotesi una garanzia ulteriore; mi riferisco alla maggioranza dei due terzi e dei tre quinti, come elaborato dalla maggioranza anche per l'ipotesi del Capo dello Stato.
È evidente, però, che questo ulteriore passaggio, che prende il via dagli elementi oggettivamente presenti nell'attuale sistema, deve indurre (se vi è un possibile ragionamento comune) ad un voto che affermi una comune preoccupazione.
Concludo il mio semplice ragionamento, ritornando ai termini attuali e alle reali possibilità, con una preoccupazione ed una sensibilità che, di per sé, non sono proprie dell'attuale minoranza ma di chiunque sieda in questo Parlamento. Si tratta di una considerazione realistica: oggi la Costituzione, sotto tali aspetti, non è garantista quanto lo è, invece, l'emendamento della maggioranza.
Invito, quindi, ad una maggior attenzione nel ricorrere a certi termini. Non si può sostenere di voler difendere la Carta costituzionale vigente per poi, dinanzi a proposte di ulteriori garanzie, accusare la maggioranza di voler usare la «tirannia» della propria forza (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e del democratici di centro).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 7.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

ANTONIO LEONE. Presidente, vede?

PIERO RUZZANTE. Leone girati, guarda i tuoi!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, ognuno voti per sé!
Non mettetemi in condizioni di imbarazzo...!

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 407
Votanti 404
Astenuti 3
Maggioranza 203
Hanno votato
175
Hanno votato
no 229).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 7.71, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Colleghi, ognuno voti per sé.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 435
Votanti 432
Astenuti 3
Maggioranza 217
Hanno votato
422
Hanno votato
no 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 7.200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 440
Votanti 269
Astenuti 171
Maggioranza 135
Hanno votato
265
Hanno votato
no 4).

Prendo atto che l'onorevole Antonio Russo non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'articolo 7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, esprimeremo un voto contrario sull'articolo 7 per i motivi di critica complessiva che muoviamo al provvedimento e, in particolare, per le posizioni che abbiamo già evidenziato. Vogliamo arrivare ad una soluzione che renda chiaro, in un sistema maggioritario, che il Presidente della Camera è eletto con il concorso di tutte le forze politiche in modo da essere, effettivamente ed indubitabilmente, una garanzia per tutti.
Al collega Volontè vorrei precisare che, precedentemente, parlando del pericolo di tirannia della maggioranza, mi riferivo in particolare ad un elemento potenzialmente presente in ogni sistema maggioritario. Dobbiamo riflettere sugli strumenti atti a contenere questo rischio, senza, tuttavia, tornare indietro rispetto alla scelta del maggioritario e dell'alternanza che gli elettori italiani sentono come propria dopo averla sperimentata per oltre un decennio.
Dobbiamo preoccuparci in generale (non mi riferisco, dunque, né a questa né alla prossima legislatura) di un pericolo incombente in ogni sistema maggioritario, tant'è che vari paesi che vivono da diverso tempo questa esperienza hanno trovato - come ha ricordato precedentemente il collega Sabattini - contrappesi che pongono il sistema in equilibrio.
Evidentemente, la proposta del collega Volontè, avanzata per contenere le diverse esigenze espresse in questa sede, non corrisponde alla nostra. Nonostante la bocciatura dell'emendamento, siamo favorevoli al mantenimento della maggioranza dei due terzi dei voti espressi e della garanzia di necessaria convergenza. Naturalmente, quella prospettata dal collega Volontè potrebbe essere una soluzione da «male minore»; tuttavia, bisognerebbe capire se la sua proposta è condivisa dai colleghi della maggioranza e, qualora lo fosse, come sia possibile «ripescarla» nell'iter legislativo che stiamo portando avanti. Allo stato, rimaniamo convinti che il modo migliore per assicurare una Presidenza della Camera effettivamente super partes, perché condivisa nella scelta da entrambi gli schieramenti, sia quello indicato nell'emendamento che abbiamo presentato e che, purtroppo, la maggioranza ha respinto. Per queste ragioni, esprimeremo un voto contrario sull'articolo 7.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, per la verità, ho apprezzato molto l'intervento del collega Volontè che, tuttavia, non ha prodotto alcun effetto pratico. Il collega Volontè ha posto un elemento di discussione in più che credo avrebbe meritato maggiore attenzione da parte della maggioranza.
Anche la sua ipotesi, non era, poi, così risolutiva; rispetto alla nostra, la consideravamo, infatti, più debole. Comunque, essa era indirizzata a superare questa sorta di contrapposizione artificiale che stiamo coltivando da tempo, da quando il sistema maggioritario è stato introdotto nel nostro paese.
È del tutto evidente che un sistema maggioritario può portare con sé il rischio di degenerazione nella «tirannia della maggioranza»; non è un fenomeno recente. Tocqueville, ha chiaramente e puntualmente illustrato tale evenienza, in epoca non sospetta e con riferimento ad altre situazioni storiche e costituzionali. Quindi, non viene, improvvisamente, immaginata una questione irreale; è insita nel sistema maggioritario la possibilità che ciò accada se non sussistano pesi, contrappesi e contrappesi equilibrati.
Sono convintamente favorevole al sistema elettorale maggioritario; vorrei che tale meccanismo elettorale venisse confermato. Ciò consentirebbe al paese - finalmente, anche se faticosamente -, di uscire da una situazione di transizione infinita. Ebbene, proprio perché favorevole, vorrei, però, che, nel momento in cui modifichiamo la Costituzione, prendessimo anche atto dell'innovazione intervenuta e producessimo quelle scelte atte a consentire - con serenità, ma con razionalità - la costruzione di un modello accettabile.
È estremamente importante definire strumenti di equilibrio; è quanto ho ribadito molto spesso e che ripeto anche in questa occasione. Infatti, la Costituzione, nella concezione più corretta, non è atto che si occupi della mera organizzazione dei poteri; è piuttosto un atto che si occupa di organizzare i poteri in modo funzionale alla garanzia dei diritti fondamentali.
Il sistema delle garanzie da noi immaginato, il sistema pluralistico dei valori e dei poteri in funzione di garanzia, sono questioni troppo importanti perché si possano, per così dire, liquidare solo per la pigrizia intellettuale di non voler affrontarle sistematicamente. Noi, in qualche modo, siamo tutti prigionieri di come oggi ci atteggiamo politicamente; ci preoccupiamo dei nostri più meschini utili personali e politici, senza riuscire ad avere quel respiro costituzionale che temi di tale rilevanza e di tale portata richiederebbero.
Quando Maranini ricordava che il sistema pluralistico dei valori e dei poteri in funzione di garanzia è una testata d'angolo su cui si costruiscono le Costituzioni, faceva riflettere su una delle questioni fondamentali. Non possiamo immaginare che chi vinca le elezioni, per cinque anni abbia potere assoluto circa la durata della legislatura, del Governo e circa, altresì, i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione. La figura del Presidente di una Assemblea parlamentare corrisponde necessariamente ad una funzione di garanzia, soprattutto stante il potere di un primo ministro accresciuto nei modi previsti dalla vostra riforma.
Dunque, cerchiamo, per così dire, di uscire dalla gabbia, dalla corazza del nostro meschino utile politico immediato e cerchiamo di seguire un ragionamento che abbia un respiro riformatore costituzionale vero. Ecco perché sono rimasto molto deluso dal fatto che la maggioranza non abbia nemmeno prestato attenzione ad una apertura - quella del collega Volontè - che non era risolutiva ma era sicuramente indicativa di una volontà di procedere su un terreno culturalmente ed istituzionalmente diverso da quello che avete deciso di sposare nel momento in cui vi siete cimentati in questa sciagurata riforma della Costituzione. Per tali motivi, preannuncio il voto contrario del mio gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Intervengo brevemente, signor Presidente, per sottolineare ancora, non vorrei dire, il senso di irresponsabilità...

MARCO BOATO. Il senso di....

NUCCIO CARRARA. ...ma voglio dire un atteggiamento di chiusura delle opposizioni che disegnano uno scenario apocalittico che non è pensabile.

MARCO BOATO. Il tuo è quello degli integrati...!

NUCCIO CARRARA. Per oltre cinquant'anni, la Costituzione ha previsto - e prevede tuttora - che ciascuna Camera elegga tra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di Presidenza.
Noi abbiamo pensato di introdurre un meccanismo che garantisse maggiormente le opposizioni. Abbiamo previsto che il Presidente sarà eletto con la maggioranza dei due terzi per le prime due votazioni, dopodiché basterà la maggioranza assoluta.
Non possiamo, infatti, come ha spiegato il presidente Bruno, dare alle opposizioni un diritto di veto, che si tradurrebbe in un'autentica dittatura delle minoranze o delle opposizioni. A conferma di ciò, voglio ricordare un episodio, riguardante l'elezione di due giudici costituzionali, De Siervo e Vaccarella. Per l'elezione dei giudici costituzionali è previsto il quorum dei due terzi. Sono state necessarie dodici votazioni per eleggere tali giudici: la prima si è tenuta il 5 luglio 2002, e l'ultima il 24 aprile 2003, ossia quasi un anno dopo. Si può pensare di bloccare la Camera dei deputati sull'elezione del suo Presidente?
Noto e sottolineo, infine, che le opposizioni troveranno le loro garanzie nel regolamento, e nel quorum introdotto per l'approvazione del regolamento stesso, perché esso è lo strumento idoneo a prevedere le garanzie delle opposizioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, noi voteremo a favore di questo articolo, anche se ci dispiace molto che sia i colleghi della maggioranza sia quelli dell'opposizione non abbiano colto il senso della nostra proposta. Il punto è, infatti, che siamo d'accordo nel non bloccare l'elezione del Presidente della Camera, e, quindi, con l'emendamento proposto dal centrosinistra si denunciava un principio contenuto anche nel nostro emendamento, ma che, di fatto, rischiava di bloccare l'elezione del Presidente della Camera. Modificare, tuttavia, il testo in maniera tale da agevolare un percorso unitario nell'elezione del Presidente della Camera è il senso del nostro emendamento e perciò voteremo questo articolo, che poteva essere ulteriormente migliorato. Ho colto nell'intervento del collega Sabattini tale disponibilità.

Credo che su questi argomenti dovremo prestare attenzione, sia noi della maggioranza sia i colleghi dell'opposizione. A tale riguardo, mi permetto di segnalare che i colleghi dell'opposizione spiegheranno perché hanno presentato un emendamento che riguarda i regolamenti parlamentari e la soppressione della figura del capo dell'opposizione: si tratta di un tema che affronteremo nell'esame dei prossimi articoli.
Queste sono le ragioni per le quali voteremo a favore dell'articolo 7, anche se, ripeto, avremmo preferito trovare un terreno di incontro migliore con l'opposizione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).

(Presenti 402
Votanti 398
Astenuti 4
Maggioranza 200
Hanno votato
230
Hanno votato
no 168).

 

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 3).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, affrontiamo le questioni, costituzionalmente assai rilevanti, relative al funzionamento della Camera e su ciò richiamo l'attenzione, se mi permette, signor Presidente, anche sua. Credo che dobbiamo riflettere attentamente sulla funzione del legislativo in un sistema, quale il nostro, che è bipolare, pluripartitico e maggioritario.
Intendo dire che stiamo correndo il rischio, forse inconsapevolmente, di separare il legislativo generale, ossia la Camera, in due parti: la maggioranza e l'opposizione, sicché la maggioranza tende a costituirsi, qualunque essa sia - è capitato anche nella scorsa legislatura, sia ben chiaro - come una sorta di braccio esecutivo del Governo e l'opposizione come organismo di controllo.
Ricordo un episodio, e prego i colleghi di non considerarlo come una boutade: un Presidente del Consiglio, recentemente, ha fatto un regalo prezioso ai deputati e senatori della maggioranza che avevano votato più frequentemente. La cosa in sé, gradevole per chi ha ricevuto il dono, significa che (Commenti)... Non si tratta di una accusa, sto cercando di fotografare una situazione. Riconoscere il ruolo particolarmente significativo svolto da alcuni deputati della maggioranza da parte del Presidente del Consiglio tradisce un continuum tra Governo e maggioranza politica. Allora, mi pongo questo tipo di domanda: il Parlamento è la rappresentanza generale del paese nella sua complessità oppure il paese ha due forme di rappresentanza, la maggioranza e l'opposizione? È una questione non secondaria.
Ricordo un'osservazione dell'onorevole Tatarella nell'ambito di un dibattito che si svolse qualche anno fa a proposito di scontri parlamentari. L'onorevole Tatarella disse una cosa molto saggia, ossia che lo scontro in Parlamento, molto spesso, tende ad evitare uno scontro nel paese. Infatti, essendovi la rappresentanza complessiva degli interessi e anche dei valori, uno scontro in Parlamento ha l'effetto di evitare che vi sia uno scontro nella società. Riflettendo su tale considerazione, osservai che, in effetti, gli scontri sociali più forti vi sono nei paesi con un Parlamento debole, ad esempio la Francia. La Francia è un paese in cui vi è un Parlamento assai debole, nel quale gli scontri sociali (pensiamo, ad esempio, agli agricoltori), quando si verificano, sono violentissimi, perché non trovano una forma di rappresentanza.
Allora, la mia preoccupazione è questa: il contrappeso rispetto all'esecutivo è il Parlamento oppure l'opposizione? Se riteniamo che sia l'opposizione, mi sembra che il corso che stiamo prendendo sia assolutamente lineare. Ma se riteniamo che sia il Parlamento, dobbiamo riflettere un po' di più.
Mi chiedo un'altra cosa: per quale motivo la Camera nel suo complesso non rivendica la presenza del Governo in Parlamento, del Presidente del Consiglio?

MICHELE SAPONARA. C'è!

LUCIANO VIOLANTE. No, non in questo momento! Ciò accade in questa legislatura come in quella passata: non sto muovendo un'accusa, ma sto svolgendo un discorso di tipo generale. Il motivo di tutto ciò è che la maggioranza tende a sentirsi un pezzo dell'esecutivo con questo sistema. La maggioranza non rivendica la presenza del Governo in Parlamento, perché non rivendica il suo essere Parlamento, bensì il suo essere maggioranza. E ciò vuol dire, cari colleghi, che scompare la rappresentanza generale. Questa non è una questione di ridotta rilevanza, perché dobbiamo decidere se vogliamo proseguire per questa strada, codificando al massimo diritti e poteri di maggioranza e opposizione. In tal caso, si andrebbe nella direzione della scomparsa della rappresentanza generale, aprendo una via di rigidità politica che credo non giovi alla complessità del nostro paese e non giovi neanche alla capacità del Parlamento di rappresentare tutte le complessità presenti.
Da questo punto di vista, mi chiedo e chiedo al presidente Bruno, che segue e indirizza i nostri lavori, se non sia il caso di essere molto più sobri nella definizione dei poteri di maggioranza e di opposizione, lasciando poi alla dinamica politica le definizione dei singoli ruoli.
Vi sono emendamenti presentati dal presidente Tabacci e dall'onorevole Mantini che mi sembrano eccessivamente minuziosi, che vanno nella direzione di una rottura del Parlamento e di una ridefinizione di questi ruoli come assolutamente contrapposti, ciascuno tendente ad essere un tutto. Questo mi pare possa essere un errore: chiedo scusa ai colleghi Tabacci e Mantini se è una visione, forse, parziale e sbagliata.
Vorrei sapere se sia possibile recuperare la capacità del Parlamento di rappresentare in modo flessibile la complessità della società ed evitare di dividere il Parlamento in due pezzi perennemente ed istituzionalmente contrapposti.
Vi è questo particolare problema perché il nostro non è un paese bipartitico. In un paese bipartitico come l'Inghilterra questo problema non si pone. In Germania, ad esempio, accade che deputati dell'opposizione presiedano Commissioni parlamentari di merito e non di garanzia. Questo è il sistema con il quale si cerca di tenere insieme il funzionamento del Parlamento. D'altra parte, i tedeschi, avendo un paese federale, hanno bisogno di una rappresentanza che tenga più unito possibile il paese.
Chiedo scusa per il tempo che ho portato via e mi avvio alla conclusione.
In un paese federale (che, come tutti i paesi federali, ha conflitti) credo possa essere un errore che non giova alla modernizzazione e alla funzionalità del nostro paese non pensare al Parlamento come una forma di rappresentanza generale degli interessi e dei valori presenti sul territorio, ma come un luogo a sua volta pregiudizialmente contrapposto e diviso tra maggioranza ed opposizione, strutturalmente suddiviso, con la maggioranza, di centrodestra o di centrosinistra - quella che sarà -, che tende a sentirsi sempre di più organo di applicazione delle direttive dell'esecutivo, e l'opposizione, che tende a sentirsi sempre di più come rappresentante di un altro pezzo del paese.
Mi chiedo, quindi, se non sia il caso di operare per forme molto sintetiche e sobrie, tali da lasciare alla discussione politica parlamentare quello che deve essere la concreta regolamentazione, cercando di salvaguardare al massimo la funzione di rappresentanza generale del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Devo dire che questo è uno dei casi in cui mi spiace non poter intervenire nel dibattito. È chiaro che il discorso che lei ha fatto ha anche un'attinenza, per esempio, con i regolamenti parlamentari e anche con quello che si è fatto. Quando il capo del Governo è capo della maggioranza, evidentemente, se pensiamo al passato della storia italiana o guardiamo all'oggi, questo è segno di un mutamento politico. Di solito, le istituzioni... Comunque, io non posso parlare di questo argomento.
Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo in questa sede non sul complesso degli emendamenti, ma per riferirmi alle parole che adesso ha pronunciato l'onorevole Violante. Vorrei dire ai colleghi della maggioranza, al Presidente e al relatore, onorevole Bruno, che le ragioni esposte dal collega Violante sono ragioni delle quali dobbiamo farci carico, perché rappresentano uno dei punti fondamentali di questa norma e, in particolare, della disposizione con cui si identifica la figura del capo dell'opposizione. Credo che questo sarebbe uno degli aspetti caratterizzanti della riforma costituzionale - mi duole dirlo - in un senso che non potrei in alcun modo condividere.
Ritengo che l'onorevole Violante abbia esposto le ragioni in modo molto saggio. La dialettica politica del nostro paese non può essere ridotta semplicemente all'istituzione di un capo della maggioranza e di un capo dell'opposizione. Il giorno nel quale la dialettica politica, forzata dalla riforma costituzionale, venisse ridotta a questo, scomparirebbe la funzione delle Assemblee rappresentative.
Questa è la ragione - sono molto attento al problema sollevato dall'onorevole Violante - per la quale non c'è la mia firma sull'emendamento dell'onorevole Tabacci. Io ho firmato quasi tutti gli emendamenti che l'onorevole Tabacci ha predisposto, ma non c'è la mia firma all'emendamento dell'onorevole Tabacci che identifica un capo dell'opposizione.
Non possiamo stabilire che la dialettica politica del nostro paese venga ridotta forzatamente a un sistema nel quale non c'è più una molteplicità delle posizioni politiche e c'è soltanto una rappresentanza così limitata.
Può ancora valere introdurre norme nella Costituzione, anche se io non le ritengo indispensabili, volte a rafforzare la posizione del Governo nei confronti della maggioranza, perché la funzione di Governo ha una sua unità che non può essere compromessa dal libero gioco parlamentare. Quindi, bisogna trovare l'equilibrio tra la complessità politica della maggioranza e l'unità, che deve essere del Governo.
Non si capisce, tuttavia, per quale ragione la stessa disciplina che trova la sua giustificazione nelle ragioni di efficienza o di efficacia di un'azione di Governo debba essere applicata all'opposizione che, negli anni in cui svolge la sua funzione di opposizione, può avere la necessità di un pluralismo di voci attraverso le quali scegliere colui il quale rappresenterà la guida, se ce ne sarà necessità, al momento delle elezioni.
Se l'articolo 8 non viene modificato, introduciamo un sistema costituzionale fondamentalmente diverso anche da quello del premierato forte. Si introduce una sorta di bipolarismo inglese in un sistema che forse un giorno evolverà in tal senso, ma non lo è in questo momento. Non possiamo far sì che la Costituzione vieti lo sviluppo libero della dialettica politica di una democrazia occidentale. Si tratta di un errore compiuto per molti anni in questo paese. Pensare che i processi politici potessero essere determinati attraverso l'imposizione di regole costituzionali è un errore che ha una lunga storia in questa Assemblea e di cui tutti pagheremo amaramente le conseguenze.
La vita democratica richiede una pluralità di evoluzioni politiche. La Costituzione, i regolamenti e le leggi elettorali non possono impedire - se non a prezzo di indebolire, alla lunga, il sistema democratico - la possibilità alla pluralità delle posizioni di esprimersi (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, indubbiamente questo punto del dibattito richiede una certa attenzione di tipo politico. Ho apprezzato molto le considerazioni svolte dall'onorevole Violante, così come mi sono parse del tutto coerenti le valutazione del collega La Malfa.
Onorevole Violante, siamo giunti a questo punto del dibattito attraverso un percorso ambiguo nel corso dell'ultimo decennio. Non ci siamo arrivati, quindi, per caso. Ho presentato un emendamento che tende a regolamentare l'opposizione, come una sorta di provocazione. Infatti, non credo né al bi-leaderismo, né agli eccessi di premierismo. Però, vorrei fare notare sommessamente che nella discussione della Commissione bicamerale presieduta dall'onorevole D'Alema le indicazioni legate ad una sorta di subordinazione del ruolo del Parlamento alla politica del Governo erano già scritte. Stava già scritto nella relazione del collega Salvi, che oggi credo non la rivendichi più come tale, il potere di scioglimento del Parlamento affidato al premier. Stava già in quella filosofia la scomparsa di fatto dei partiti e del loro ruolo politico. Stava in quel clima di grande confusione l'elaborazione che ha portato gradualmente al dibattito di questi anni e di questi giorni.
Con il mio collega Bressa vi è un apprezzamento reciproco per la passione con cui svolgiamo i ragionamenti, ma una distanza notevole rispetto alle prospettive politiche. Egli pensa ad un sistema bipolare che punti al modello inglese; io penso invece ad un sistema che guardi più al modello tedesco nel quale il ruolo dei partiti non è finto. A mio avviso, tutta questa parte andrebbe rivista, rimeditata, ridiscussa senza avere la fretta di decidere sulla base di modelli che sembrano essere diventati oggi, dopo l'esperienza dei cinque anni precedenti e di quelli attuali, la Costituzione materiale. Tali modelli mal si adattano alle tradizioni politiche e culturali del nostro paese.
Non voglio nessuna opposizione ingabbiata perché non voglio nessuna maggioranza ingabbiata. Penso ad una distinzione netta tra il ruolo del Governo ed il ruolo del Parlamento. Sono per una democrazia parlamentare nella quale i partiti non siano finzione, ma rappresentanza democratica del rapporto con la gente.
Però, per essere coerenti con questo pensiero, bisognerebbe che ognuno di noi facesse una parte rilevante di autocritica, rispetto all'elaborazione politica che siamo andati svolgendo nel corso degli ultimi anni.
L'onorevole Prodi dice e fa cose che non sono molto diverse da quelle che dice e fa l'onorevole Berlusconi! È questo il punto politico, di fronte al quale siamo. Personalmente non do a questo un giudizio di valore, non dico che è negativo. È un'altra la valutazione, dico che è un po' impolitico, antipolitico, è una cosa diversa dalla tradizione parlamentare e dalla tradizione politica, che invece dovrebbe esprimere il nostro modo di essere in Parlamento.
Questo è il punto sul quale riflettere. Si vota una volta sola e poi, una volta votato, magari domani, dovremo assistere al fatto che votano i capigruppo o uno per tutti...? Ma questa è la logica di una società per azioni, non è la logica di un Parlamento che elegge dei deputati senza vincolo di mandato (Applausi di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)! È una cosa del tutto diversa!
Il dialogo con l'onorevole Violante lo accetto volentieri, però presuppone un'autocritica di fondo da parte dell'opposizione, perché l'impostazione che egli dà oggi è radicalmente diversa da quella che è venuta fuori nel corso di questi anni. Se vogliamo fare il punto, facciamolo! Certo, il mio emendamento lo ritiro volentieri; l'ho presentato proprio perché volevo provocare questa discussione. Non voglio certamente irreggimentare l'opposizione, così come non voglio irreggimentare neanche la maggioranza. Voglio che viva il Parlamento ma, per fare questo, bisogna essere tutti coerenti e non pensare di attaccarci a qualche emendamento (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e di deputati dei gruppi di Forza Italia, della Lega Nord Federazione Padana, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Ho ascoltato con interesse ed attenzione le parole del presidente Violante, il quale faceva riferimento anche ad un mio emendamento, del quale discuteremo a breve. Naturalmente, ho ascoltato con uguale interesse le parole del collega Tabacci. Credo che i temi posti - che sono cruciali per l'equilibrio tra il Parlamento ed il Governo e per lo stesso ruolo del Parlamento in un sistema bipolare - debbano essere tutti approfonditi. Pertanto, il dibattito che si è aperto credo avremo modo di continuarlo nell'esame dei testi delle proposte emendative e forse anche al di fuori delle aule parlamentari.
Tuttavia, non posso dimenticare che con questa riforma costituzionale il nostro obiettivo è duplice: da una parte, quello di completare la cosiddetta riforma federalista in modo equilibrato (un federalismo solidale ed efficiente); dall'altra, quello di completare e scrivere le istituzioni e le regole del bipolarismo. Posso comprendere i dubbi e le perplessità del collega Tabacci, il quale in qualche modo dice: abbiate la capacità di indicare con chiarezza la direzione di marcia. Infatti, camminando lungo un percorso, è certamente lecito, e a volte opportuno, soffermarsi a riflettere. In tal senso, interpreto l'indicazione del presidente Violante. Credo anche che l'invito ad usare formule più sintetiche o ellittiche, ma non elusive del tema, sia da condividere; credo pertanto che la Commissione possa, e debba, tenerne conto. Tuttavia, credo anche di dover sottolineare che noi la direzione di marcia l'abbiamo chiara. Quando pensiamo alla necessità di scrivere le regole e le istituzioni di un sistema bipolare, pensiamo in primo luogo alla necessità di introdurre ruolo e garanzie delle opposizioni nel Parlamento. Questo non penso sia assolutamente un modo per negare il fatto che il Parlamento è la sede del confronto e delle decisioni prese attraverso il confronto e il dialogo. Non credo che in questo modo si isteriliscano le posizioni.
Credo, anzi, che le regole della democrazia governante, quindi dell'alternanza di Governo, debbano essere inizialmente scritte e tra le suddette vi è il riequilibrio del potere del Parlamento. Quando proponiamo quorum più elevati per la definizione in comune dei regolamenti o per l'elezione delle autorità di garanzia non lo facciamo, dando corso al fastidio della democrazia che, talvolta, nei banchi della maggioranza viene manifestato, ma perché le regole comuni devono essere condivise, esattamente con quorum e maggioranze qualificate.
Quando affermiamo che i poteri del Parlamento devono essere più forti, per esempio costituzionalizzando i limiti sulla decretazione di urgenza, nonché i poteri del Parlamento sulle leggi delegate, ci riferiamo alla regola del buon funzionamento del Governo e di riequilibrio dei poteri. Quando prospettiamo il ricorso alla Corte costituzionale da parte delle opposizioni, proponiamo una regola di riequilibrio dei poteri tra Governo e Parlamento. Dunque, non credo che queste nostre proposte che riguardano l'articolo 8, nonché altri punti della riforma vogliano sclerotizzare i ruoli e dividere la maggioranza dalle opposizioni qualunque esse siano.
Al contrario, credo segnino l'inizio di una cultura diversa che riconosce il bipolarismo e, all'interno dello stesso, il fondamentale ruolo governante della maggioranza ed il fondamentale ruolo dell'opposizione che, insieme nel Parlamento, devono esercitare i poteri propri dello stesso. Secondo Tocqueville, il voto non basta a rendere gli uomini liberi. Dovremmo andare oltre, inserendo e riformando le nostri istituzioni in modo democratico ed equilibrato, ma, tuttavia, lungo la strada del bipolarismo, che è una strada dalla quale non vi è ritorno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, colleghi deputati, credo che il dibattito che si è aperto su tale articolo abbia una doppia faccia: da una parte, le buone intenzioni e, dall'altra, la realtà degli emendamenti proposti. Per quanto riguarda il merito dei suddetti, quando i colleghi del centrosinistra propongono di sopprimere l'articolo 8, così come viene proposto, significa che vogliono tenere in vita quello vigente. Riflettendo su questo dato, ne dovremmo dedurre che quello attuale non consente alcuna tutela nei confronti delle minoranze. Non stabilisce alcun quorum; è un riferimento costituzionale che rimanda a maggioranze certamente non qualificate.
Cosa si intende prevedere con l'approvazione degli emendamenti che modificano non solo il testo approvato al Senato, ma anche quello approvato in Commissione alla Camera? In primo luogo, si intende garantire che il regolamento della Camera venga approvato dai tre quinti dei suoi componenti e non con un quorum diverso, come alcuni emendamenti (fra questi anche quello proposto dall'onorevole Tabacci ed altri) prevedono. È diversa la previsione dei tre quinti dei partecipanti al voto e quella dei tre quinti i componenti l'Assemblea.
Si tratta di un elemento importante che difendiamo con forza, che va al di là delle diverse dittature annunciate, sia di maggioranza sia di opposizione. Prevedere regolamenti condivisi in ordine alle attività parlamentari significa dettare le regole all'interno di un contesto bipolare.
L'introduzione del premierato cambia il rapporto tra Governo e Parlamento; infatti non è indifferente il fatto che introduciamo nella Costituzione l'elezione diretta del Capo del Governo. Evidentemente, tale dato determina una complessità di rapporti diversa dalla attuale, diversa da quella rappresentata negli interventi precedenti.
Nessuno può pensare che, con l'introduzione del premierato, si possano mantenere in vita prassi e atteggiamenti propri di un Parlamento sclerotizzato, lottizzato, fermo, perché i partiti vorrebbero che continuasse ad essere cosa diversa rispetto all'azione del Governo.
Se chiediamo al popolo italiano di votare un premier e di riferirlo ad una maggioranza, se garantiamo a tale premier, attraverso una modifica della Costituzione, una maggioranza parlamentare, è chiaro che il rapporto tra Parlamento e Governo cambia.
Nell'articolo in esame si prendono in considerazione le modifiche intervenute nel paese, non nella Costituzione o nel Parlamento. Il paese è bipolare, il paese è per l'elezione diretta di chi governa.
Nei regolamenti previsti nell'articolo in esame non solo indichiamo maggioranze qualificate che tutelino l'opposizione, ma riconosciamo al capo dell'opposizione il ruolo di portatore degli interessi emersi nel confronto elettorale. Chiaramente, anche la modalità di approvazione dei regolamenti nel Senato federale è diversa, in quanto in questo organo non dovrebbero sussistere maggioranze precostituite, vista la sua funzione di rappresentanza territoriale.

Per tale motivo, ritengo che il riferimento svolto dall'onorevole Violante, ricordando l'onorevole Tatarella, sia vero. E questo confronto, che le forze politiche sono state costrette a recepire, lo sosteniamo fino in fondo, ritenendo che l'introduzione del premierato porterà ad un rapporto diverso tra Parlamento e Governo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.

VALDO SPINI. Signor Presidente, questo dibattito segna punti molto importanti. Il primo è di metodo; infatti, mi pare veramente difficile disciplinare nella Costituzione il tema delle garanzie dell'opposizione senza il consenso di quest'ultima.
Mi sembra francamente un'operazione assurda e contraria alle regole di un corretto confronto parlamentare. Nel metodo, farò un esempio che forse piacerà all'onorevole La Malfa. Nel 1940 Churchill mandò via Chamberlain per allearsi con i laburisti e poter fare la guerra contro i nazifascisti. Con una Costituzione di questo genere, questo non sarebbe mai stato possibile.
In altre parole, la tutela dell'opposizione - come ha ricordato molto bene l'onorevole Violante - si fa in un bipolarismo che si afferma nel costume politico, si sostanzia nei regolamenti parlamentari, non irrigimentandola costituzionalmente. A parte il vostro rifiuto di inserire in Costituzione il conflitto di interessi, quando invece introducete la regolamentazione dell'opposizione - e questo francamente fa gridare vendetta! - il problema di sostanza è il miscuglio che fate tra il modello inglese e quello francese.
Il modello francese toglie alcuni poteri al Parlamento, ma li conferisce se non altro ad un organo eletto direttamente dal popolo, come il Presidente della Repubblica in quel regime. Al contrario, voi volete un premierato con poteri francesi e, viceversa, non fate del modello inglese l'abolizione della proporzionale. Altro miscuglio che non si regge da nessuna parte è il voler avere un premierato che funzioni all'inglese, mentre con l'altra mano si mantiene il sistema proporzionale e, quindi, una pluralità dei partiti.
Siamo allora davvero di fronte ad uno dei nodi su cui sarebbe importante un ripensamento e una riflessione. Non possiamo ingabbiare questa realtà. Non possiamo, con un atto costituzionale, mettere in difficoltà e in dubbio la dialettica parlamentare. Soprattutto, vi chiediamo di osservare un normale ed evidente principio democratico: una maggioranza che vuole normare costituzionalmente lo statuto dell'opposizione, senza il consenso e il dialogo con l'opposizione stessa, infligge un colpo che stravolge la dialettica democratica e parlamentare. Credo che su questo punto tutte le coscienze ben intenzionate e illuminate di questo Parlamento debbano riflettere.
Occorre anche riflettere sulla dinamica del nostro sistema; si è fatto un pasticcio tra vari modelli, creando una situazione in cui non esiste logica. È questo il motivo per il quale, onorevole Nespoli, l'opposizione presenta l'emendamento soppressivo. Quando infatti si è di fronte ad un articolo senza logica, che mette in difficoltà l'opposizione e la dialettica parlamentare e vuole irrigimentare la naturale evoluzione dell'azione politica, l'opposizione non solo può, ma deve proporne la soppressione, chiedere un ripensamento e lo spazio per costruire davvero qualcosa di serio e condiviso (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, anche io mi inserisco in questo dibattito per esprimere parole di apprezzamento e di condivisione agli interventi degli onorevoli Violante, La Malfa e Tabacci.
Si tratta di una riflessione seria, uno scampolo di dialogo nel dibattito sulle riforme che fino ad adesso non era stato registrato. In sostanza, è il primo dialogo vero tra maggioranza e opposizione. Siamo tutti d'accordo - come è già stato detto - sul fatto che non vogliamo trasformare la democrazia bipolare in una democrazia «bivocale», dove parlano soltanto due persone, da una parte e dall'altra. Abbiamo avuto alcune sollecitazioni autorevoli: il Presidente della Repubblica ha più volte, anche in occasione del messaggio rivolto alle Camere, sollecitato ad individuare le garanzie per le opposizioni. Credo che il senso del messaggio inviato dal Presidente della Repubblica sia stato accolto nelle argomentazioni ricordate finora. Non si tratta, infatti, di proteggere l'opposizione in una sorta di steccato o riserva indiana a lei riconosciuta. Le garanzie dell'opposizione stanno all'interno delle garanzie del sistema democratico stesso. Chiediamo semplicemente questo: un modello istituzionale che rechi con sé le garanzie per tutti, non per l'opposizione in particolare. Le garanzie di libertà sono quelle del sistema informativo; non ci sarà alcuna norma se non quella che ribadisce, irrobustisce ed articola le garanzie contenute nell'articolo 21 della Costituzione.
Le garanzie che chiediamo in quanto opposizione - e domani all'opposizione saranno altri - sono quelle che dobbiamo trovare nel pluralismo, nell'articolazione e nella dialettica fra le varie istituzioni.
Le garanzie che andiamo chiedendo e che devono essere assicurate, non solo all'opposizione ma anche alla maggioranza, sono scritte nella separazione, nel «contrappesamento» e nel bilanciamento dei poteri. Si tratta di una delle eredità più importanti che ci ha lasciato il dibattito nell'Assemblea costituente: la separazione, il bilanciamento e il «contrappesamento» dei poteri.
Onorevoli colleghi, consentitemi di ricordare che siamo alla vigilia dell'apertura, a Bologna, della Settimana sociale dei cattolici italiani. Mi vengono in mente i discorsi svolti in quest'aula nell'Assemblea costituente dagli esponenti politici cattolici, quando fu posto loro il problema di garantire la libertà religiosa nel paese. Essi sostenevano, giustamente, che la libertà religiosa era garantita dal sistema delle libertà per tutti: non vi era alcuna libertà specifica e particolare, ma se è garantita la libertà nel paese, all'interno di essa trova certamente spazio anche la libertà religiosa. Se è garantita la democrazia per tutti e se è garantita la funzione del Parlamento, sicuramente è garantita l'opposizione.
È questo ciò che chiediamo, non abbiamo bisogno di un capo dell'opposizione. Il paragone con il sistema britannico è improprio, perché in tal caso il capo dell'opposizione è il capo di un Governo-ombra espresso dall'opposizione: si tratta di un sistema diverso e più articolato. L'opposizione dunque, sulla base delle osservazioni che abbiamo svolto nel corso degli interventi odierni, chiede per sé le garanzie che sono necessarie a tutti, e, nella fattispecie, la garanzia per il Parlamento di poter funzionare, di essere riconosciuto nella sua autonoma, primaria ed essenziale funzione e di essere certamente coordinato con la maggioranza e con il Governo ma non di soggiacere e di essere sottoposto alla prevaricazione, alla prepotenza e all'arroganza di un potere che non ha alcun titolo e alcun diritto per interferire negli altri poteri, limitandoli. Mi riferisco, in particolare, al potere di cui siamo espressione, vale a dire il potere della sovranità del popolo. Non è possibile, nel pluralismo delle istituzioni, introdurre gerarchie, in quanto tutte le istituzioni sono essenziali, tutte si tengono e sono «contrappesate» fra loro. Tuttavia, se fosse possibile introdurre una gerarchia, non vi è dubbio che l'istituzione primaria e più importante è quella che rappresenta la sovranità del popolo, vale a dire il Parlamento.
Pertanto, vi diciamo, anzi diciamo a noi stessi, che è necessario riflettere ed approfondire. Cercate di aprirvi, anche alla luce degli interventi di alcuni colleghi della maggioranza (mi riferisco, ad esempio, all'onorevole La Malfa e all'onorevole Tabacci), alla possibilità di qualche revisione degli emendamenti da voi presentati. Infatti, lo spirito con il quale intendiamo affrontare il tema della garanzia dell'opposizione è quello descritto dall'onorevole Violante e dagli altri colleghi che mi hanno preceduto (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono stato piuttosto riluttante, nel corso del dibattito, ad entrare nel merito delle singole problematiche poste da ciascun articolo, in quanto ritengo, come ho ripetutamente osservato, che sussista un errore di fondo, costituito dalle modalità attraverso le quali si pensa di poter rivedere la parte II della Costituzione.
L'articolo in esame a mio avviso apre all'interno del nostro assetto costituzionale un problema perfino più grave rispetto a quello introdotto dalla cosiddetta devoluzione, che riguarda questioni attinenti comunque allo spirito autonomistico della Costituzione. Nel caso in esame, invece, ci troviamo di fronte a un capovolgimento della stessa logica della Costituzione, derivante dalla combinazione di questo articolo con le norme in materia di procedimento legislativo e di modalità di elezione.
Ecco perché, onorevole Tabacci, mi rivolgo a te - togliamo di mezzo il «lei», che è dell'uso parlamentare - per dire che anche la buona intenzione - qui siamo pieni di buone intenzioni - di introdurre un emendamento che, in qualche maniera, articoli meglio la formulazione che è stata data del rapporto fra maggioranza e opposizione, non va al cuore del problema. Capisco che è stato presentato per provocare un dibattito e poi è stato ritirato dopo avere ottenuto, comunque, una presa di coscienza del problema...
Mi rivolgo a lei, signor Presidente, a cui spetta tutta la responsabilità di presiedere questa Camera - lo fa egregiamente - per denunciare un dato: con questa riforma si distrugge il Parlamento!
Non è pensabile che si possa combinare insieme una Camera eletta con sistema diretto con un collegamento previsto con il premier, cioè, praticamente assistiamo alla trasformazione vassallatica del nostro ruolo, che poi, solennemente, viene richiamato come quello di «rappresentanti della nazione senza vincolo di mandato»: ma quale vincolo di mandato può essere in qualche maniera negato nel momento in cui ci si collega ad un Presidente e si diventa «tutti gli uomini del Presidente»? Questa è la logica che viene a determinarsi attraverso questo collegamento! Quale logica si può determinare nella nostra democrazia nel momento in cui si incatenano le situazioni?
Il discorso è ampio e vasto e dovrebbe essere portato finalmente alla meditazione di tutti, così come hanno ricordato l'onorevole Violante e l'onorevole Castagnetti poco fa. Bisognerebbe fermarsi un attimo per riflettere, perché oggi si è maggioranza ma domani si può esser minoranza. Vogliamo decidere le cose secondo un principio di universalità e di interesse generale del paese?
Questa è la problematica che dovremmo affrontare con uno spirito completamente diverso dalle combinazioni e dagli atteggiamenti che si celano dietro tanti discorsi: si rovescia il rapporto! Il problema del rafforzamento dell'esecutivo è presente già negli anni Settanta. Abbiamo presentato proposte di legge in tal senso fin da allora (ce ne sono perfino con la sua firma, signor Presidente!) Ma si può affrontare in questo modo la situazione, personalizzando la politica e portando via via il sistema democratico verso una concezione plebiscitaria?
Anche in questo caso, a proposito dell'idea di un capo dell'opposizione: ma si pensa di poter veramente irrigidire la politica fino al punto di sopprimere le culture che animano la nostra passione?
Noi stiamo già procedendo con errori politici, della maggioranza e dell'opposizione, verso una sorta di mortificazione delle grandi idee! Ieri c'è stato un appello che dovrebbe animare la nostra democrazia. Dove sta questa democrazia delle idee? Politologia che poi vuole essere trasformata in norme giuridiche: questi sono gli errori che stiamo commettendo (la passione mi prende, signor Presidente).
Ritengo che non vi sia altra strada se non quella di fermarsi un momento, di prendersi una pausa prima di decidere alcune cose. Fermiamoci e cerchiamo di decidere insieme per il bene del paese, perché quando i parlamenti declinano, declina anche la libertà del nostro paese, così come in tutti i paesi dove i parlamenti sono stati offuscati da una pretesa logica di efficienza dei governi mentre invece dietro quest'ultima si è celato l'autoritarismo e la mancanza di difesa che solo i Parlamenti, in tutto il mondo come nel nostro paese, possono porre al declino delle libertà (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Verdi-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, e Misto-socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Ringrazio i colleghi e, in particolare, l'onorevole Tabacci perché stiamo aprendo una discussione molto importante, una riflessione utile - direi necessaria - che riguarda tutti. Ha ragione l'onorevole Tabacci: questa riflessione riguarda la maggioranza, l'opposizione, il presente ma anche il passato. Noi siamo pronti ad affrontare una discussione seria come, anche in questa circostanza, l'onorevole Tabacci ha aperto...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di lasciar parlare l'onorevole Cossutta.

MAURA COSSUTTA. Grazie, signor Presidente. Vorrei segnalare un aspetto che ritengo il più importante; è necessaria una riflessione su dove ci condurranno queste controriforme. Ma ancora prima dobbiamo chiederci se, effettivamente, queste controriforme - io le definisco così, queste riforme costituzionali, per voi, effettivamente necessarie.
Credo che dalla discussione aperta dalle considerazioni dell'onorevole Tabacci debba discendere una riflessione coerente. Siamo stati attraversati da un mito, forse vi è stato un affascinamento - sia da quella sia da questa parte - rispetto al cosiddetto mito delle riforme costituzionali (non è una mia definizione ma di un illustre costituzionalista). Mi riferisco all'idea che, attraverso il mito delle riforme costituzionali (si pensi anche alla Bicamerale), dell'ingegneria istituzionale e costituzionale si potessero affrontare alcuni nodi che, invece, sono squisitamente politici, propri del sistema politico. E ciò vale anche per le conseguenze del sistema elettorale sul sistema politico.
Non c'entra la Costituzione! Non si può inserire nella Costituzione il valore della stabilità o dell'efficienza del sistema politico. Non è un valore costituzionale! I problemi della politica vanno risolti con gli strumenti della politica. Nella Costituzione vanno inseriti altri concetti, quei principi - certo costituzionali - che garantiscono la stabilità, la forma e l'efficienza del sistema politico. Penso al valore della Repubblica parlamentare, al valore costituzionale della rappresentanza, al valore costituzionale del pluralismo, della divisione dei poteri, del sistema dei poteri e del sistema delle garanzie.
Non si deve inserire in Costituzione il valore della stabilità, sia delle maggioranze sia del sistema elettorale, non è un valore costituzionale. I problemi del sistema politico vanno affrontati dalla politica.

Credo che questa sia la riflessione più giusta da compiere.
Mi rivolgo all'onorevole Tabacci. Noi siamo pronti (lo abbiamo ricordato anche in sede di discussione generale e continuiamo a ribadirlo in sede di articolazione degli emendamenti) ad aprire una riflessione critica anche sul Titolo V e non soltanto sul problema metodologico per l'errore di aver votato a maggioranza il nuovo Titolo V. Quindi entriamo anche nel merito, di più, noi comunisti italiani compiamo una riflessione che vada più lontano, persino della Bicamerale, (indicavo prima il mito delle riforme costituzionali).
È necessario però porre una condizione. Onorevole Tabacci, lei deve chiedere, insieme a noi, di fermarci qui, perché questa riforma costituzionale, proprio per la riflessione giusta, sacrosanta, che lei ha aperto, va completamente nell'altra direzione. Va nella direzione di una cultura autoritaria che rompe, svilisce e smantella esattamente quei principi costituzionali che ricordavo poc'anzi. Credo allora, onorevole Tabacci, che lei, insieme a noi, dovrebbe intervenire per bloccarne l'iter; non c'è miglioramento che tenga, si deve bloccare questa riforma, che va esattamente in senso opposto alla riflessione che lei giustamente e correttamente ha introdotto in quest'aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, ho ascoltato con interesse le riflessioni dell'onorevole Tabacci. Egli ha ricordato il ruolo dei partiti, sono d'accordo con lui. La distruzione e la crisi dei partiti hanno portato al leaderismo e alla personalizzazione della politica, ad un predominio totale del mercato sulla politica, sino a quella che si potrebbe definire la privatizzazione della politica. Hanno portato alla spettacolarizzazione e allo svuotamento dei contenuti della politica. Ma, soprattutto, hanno portato con sé anche il localismo.
Vedete, tutto si tiene: il localismo esasperato che istituiamo con questa riforma sarebbe meno dannoso se ci fossero partiti autorevoli, organizzati, capaci di contenere i particolarismi e gli egoismi provinciali; grandi partiti democratici, di destra e di sinistra, portatori di una visione politica unitaria. Così non è. La maggioranza cerca, con il premierato, di ristabilire un minimo di autorità centrale perché vede il pericolo della disgregazione. Ma il rimedio è inefficace perché risponde alla stessa logica che negli ultimi anni ha voluto ridimensionare o distruggere la politica e i partiti, senza i quali la politica vera non esiste.
Il leaderismo, come il localismo, è figlio dell'antipolitica, dell'efficienza contrapposta artificiosamente alla politica. Fa parte, non della cura, ma della malattia che, negli ultimi anni, ha corroso le nostre istituzioni.
Questa riforma costituzionale aggrava il pasticcio ad ogni passo, perché da uno squilibrio nasce un altro squilibrio, da una deformità ne nasce un'altra. Come gli altri deputati dell'opposizione, faccio il mio dovere, anche per rispetto alle istituzioni, ossia voto e discuto proposte emendative, ma condivido gli argomenti dell'onorevole Gerardo Bianco. Sappiamo che ogni sforzo è inutile. Ci si dovrebbe fermare. Poiché non ci si vuole fermare, lo farà il voto popolare con un referendum. So che anche molti deputati della maggioranza la pensano così. Sono rassegnati al grande pasticcio, lo approvano, turandosi il naso, ma sperano che il danno non sia irreparabile (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-socialisti democratici italiani e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, anch'io vorrei approfittare di questo spazio di discussione e di confronto. In realtà, con quest'ipotesi, che tutti noi, membri dell'opposizione, avversiamo, costruite uno schema radicalmente anticostituzionale che tende ad irrigidire (cerco di cogliere gli elementi di diversità delle culture politiche) il sistema dell'alternanza ed il sistema bipolare. Questi sistemi non erano previsti dai nostri padri costituenti. Infatti, provate a torcere la trama costituzionale esattamente in questa logica. Credo sia un errore. Per rispondere in maniera chiara al nodo riguardante il deficit della rappresentanza, credo vi sia una sola via maestra e che questa riguardi il tema delle leggi elettorali: è il sistema proporzionale. Ciò risolve il problema della rappresentanza alla radice. Su ciò, da sempre, abbiamo stabilito un'opzione netta ed inequivoca.
Per quanto riguarda il rapporto tra società e Parlamento (qui si evidenziano le differenze delle culture politiche), è del tutto evidente che, con il sistema maggioritario e con lo schema bipolare, si è accentuato - come diceva, poc'anzi, l'onorevole Intini - un processo di spettacolarizzazione della politica e si è determinato un aumento della passività di settori significativi della società italiana. Il sistema bipolare e il modello americano determinano questa logica di passività. Basti guardare la procedura adottata per le elezioni dei Presidenti degli Stati Uniti d'America per constatare che l'irrigidimento del sistema bipolare determina una riduzione delle forme di protagonismo. In effetti, si tende a costruire una struttura istituzionale che, irrigidendosi nello schema dell'alternanza, trova il proprio baricentro negli esecutivi e nell'impermeabilità degli stessi alle dinamiche sociali.
Il Presidente Casini, intervenendo in questa nostra discussione, seppure di straforo, ha colto un elemento che, a mio avviso, è giustissimo. In questi anni, si è determinata, anche in forma surrettizia, una modificazione del rapporto tra esecutivi, Parlamento ed Assemblee elettive. I regolamenti della Camera di questi ultimi anni hanno definito un procedimento restrittivo degli spazi di quest'Assemblea e, per questa via, hanno supportato questa alterazione dei rapporti tra esecutivo ed Assemblea.
Ritengo che questo sia un dato assolutamente inequivoco ed indiscusso; dovremmo poterlo rovesciare ma vi è un protagonismo di massa, diffuso. Dovremmo tentare di ricostruire un canale di rapporti diretti tra società e Parlamento, ridando centralità a quest'ultimo; l'esatto contrario di quanto voi fate. Non basta - ben si comprende - uno statuto delle opposizioni né, tantomeno, l'individuazione del leader delle opposizioni. Ciò fa parte della spettacolarizzazione della politica, ma è strutturalmente altro da un rapporto reale di democrazia.
Non siamo chiamati in questa sede a mediare il conflitto sociale; siamo piuttosto chiamati a dare diretta rappresentanza agli interessi per la tutela dei quali siamo stati eletti (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà.

GIORGIO JANNONE. Molto rapidamente, signor Presidente, analizzerò le motivazioni della volontà riformatrice - della Costituzione - della maggioranza, anche se mi piacerebbe poter dire: di questo Parlamento. Ebbene, per capire tale volontà, si deve partire dall'analisi dello status quo.
Pur avendo ascoltato tutti gli interventi, non ritengo che realmente si possa affermare che, oggi, questo Parlamento - nei due rami di Camera e Senato - possa esercitare a pieno il ruolo cui è stato chiamato. La volontà di cambiamento e di riforma che questa maggioranza, riguardo a così tanti argomenti della vita civile, ha voluto affrontare è strettamente legata proprio all'analisi dello status quo. Per comprendere come questo Parlamento, già oggi, sia in parte svilito nel compito inizialmente attribuitogli oltre mezzo secolo fa, basta analizzare il ricorso sempre più frequente, negli ultimi decenni, alla decretazione d'urgenza. Tanto basta a dimostrare come i tempi di decisione e di dibattito di un sistema bicamerale perfetto mal si concilino con le esigenze della nostra epoca. Da ciò nasce la volontà di giungere all'approvazione di una riforma che si ponga come primo obiettivo la governabilità.
Se, infatti, è vero, come sostiene l'onorevole Tabacci, che il ruolo dei partiti è fondamentale, è altresì vero che essi esprimono idee, uomini e programmi: gli elettori vogliono soprattutto cercare di comprendere se questi ultimi vengano realizzati; ma per la loro attuazione occorrono tempi certi, modalità e procedure che, probabilmente, una Costituzione quale quella stabilita dai padri costituenti, oggi, non può più assicurare.
Quando, non molti anni or sono, era stata attuata la riforma elettorale riguardante i sindaci, molti avevano, per così dire, gridato allo scandalo in quanto l'elezione diretta avrebbe comportato sicuramente una rinuncia da parte delle forze politiche ad un potere costituito. È invece vero che l'elezione diretta dei sindaci ha portato ad una stabilità delle amministrazioni locali certamente maggiore e ben più visibile rispetto al passato. È senz'altro vero, infatti, che il ruolo dei sindaci nelle amministrazioni locali oggi è nettamente più «sentito» e visibile di quanto non lo fosse negli anni precedenti.
La riforma che si vuole attuare cerca di individuare, in qualche maniera, due figure molto chiare (il premier e l'opposizione) in modo da procedere in questa logica. Si cerca, perciò, di arrivare ad un sistema bipolare, a figure riconoscibili e, in estrema sintesi, anche ad una realizzazione dei programmi dei partiti più rapida e più in linea con i tempi di oggi.
Non credo che la ricerca di governabilità possa avere una matrice di destra o di sinistra, in quanto la stessa costituisce un bene comune che oggi spetta a questa maggioranza e che certamente, un giorno - ci auguriamo il più lontano possibile -, potrà spettare ad altri. La governabilità è un bene di tutti, dei cittadini, dei partiti, di chi è chiamato ad esprimere un voto e di chi, infine, dovrà decidere se tale voto sia stato bene attribuito (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia e del deputato Mantini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, se non trattassimo una questione estremamente seria e delicata, sosterrei che, allo stato, dovremmo occuparci non solo dello statuto dell'opposizione, ma anche di quello della maggioranza. Infatti, vorrei sapere chi, in questa Assemblea - salvo i rari casi in cui la voce del padrone si fa sentire pesantemente -, sia il capo della maggioranza.
Dato che parliamo per il futuro, per una Costituzione, e parliamo quindi di cose serie, debbo dire con molta franchezza, che è netto...

BENITO PAOLONE. Chi è il capo dell'opposizione?

EDMONDO CIRIELLI. Chi è il capo dell'opposizione?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, scusate, non mi sembra questo il modo di procedere. Onorevole Paolone! Onorevoli colleghi! Non capisco perché introdurre elementi di disturbo, quando si parla con grande serenità, come in questo dibattito, che fa onore al Parlamento.
Onorevole Acquarone, continui.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, quando si parla della voce del padrone, gli schiavi sono sempre un po' irrequieti (Commenti di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

MASSIMO POLLEDRI. È un signore!

NINO STRANO. Che espressioni!

PRESIDENTE. Onorevole Acquarone, la prego di andare avanti!

LORENZO ACQUARONE. Ad ogni modo, tornando a parlare di questioni costituzionali, l'ingessatura alla quale (Commenti dei deputati di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...

NINO STRANO. Signor Presidente, lei governa la Camera. Deve stigmatizzare le espressioni offensive!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non capisco...Onorevole Strano, per favore, lasci parlare l'onorevole Acquarone. Delle espressioni usate dall'onorevole Acquarone ne risponde lo stesso onorevole Acquarone. Delle espressioni usate dagli altri ne rispondono gli altri. Onorevole Acquarone, continui.

LORENZO ACQUARONE. Parliamo di cose serie. La previsione di un capo dell'opposizione contrasta con la struttura, attuale e futura, del nostro Parlamento e della nostra vita politica. Se noi pensiamo, infatti, ad un modello - quale quello che mi sembra si stia disegnando - di tipo maggioritario (anche se non so fino a che punto) difficilmente avremo un'opposizione, ma ci troveremo di fronte ad una pluralità di opposizioni, magari unite dal «no» al Governo, ma certamente non unite dalla previsione dello stesso programma.
Se si esamina il modello inglese, si riscontra che il capo dell'opposizione normalmente è individuato - come è stato giustamente ricordato dall'onorevole Castagnetti - nel capo di un Governo-ombra, ma se, ad esempio, il partito liberale riuscisse ad avere maggiore successo nei collegi uninominali del Regno Unito di quanto ne abbiano avuto i conservatori o i laburisti, quale sarebbe il vero capo dell'opposizione? Nella nostra struttura, dover congelare un capo dell'opposizione è una visione antistorica (per quel che riguarda il passato), ma anche per quanto concerne il futuro. Se, infatti, guardiamo ad un futuro più razionale, probabilmente potremo avere l'organizzazione di un centro con due opposizioni, una alla sua destra, ed una alla sua sinistra (quod est in votis e di cui si parla molto).
Avere, dunque, un capo dell'opposizione è senza senso e non può essere scritto in Costituzione, perché soltanto l'evoluzione politica potrà dirci se vi sarà un bipartitismo e, quindi, la possibilità di avere un capo dell'opposizione. Noi potremmo avere più opposizioni, che non si riconoscono in nessun capo! Sotto tale angolo visuale, l'interruzione che ho subito all'inizio del mio intervento non era del tutto inesatta: anch'io, qualche volta, in quest'aula, stento a capire chi è il capo dell'opposizione. Meno male che c'è il mio amico Antonio Boccia che offre a tutti buone indicazioni (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo - Commenti)!
Altrimenti, da un punto di vista politico, qualche dubbio lo avrei anch'io. Dunque, se ciò è vero, è vero anche che questa norma non può essere introdotta nella Costituzione.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, continuo nella mia solitaria battaglia per ottenere che la Presidenza, in talune occasioni, prenda posizione. Questa è un'occasione - mi dispiace per il collega Acquarone, che è, tra l'altro, una persona che stimo - nella quale probabilmente la Presidenza sarebbe dovuta intervenire, per sottolineare che in quest'aula non ci sono «schiavi», ma persone elette dai cittadini, da una parte e dall'altra, e che, forse, una affermazione del genere - a ciascuno di noi capita di pronunciare frasi «sconvenienti», come recita il regolamento - è una frase sconveniente per quest'Assemblea, a prescindere da dove siede ciascuno di noi (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e di deputati di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 8 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti i colleghi intervenuti nel dibattito e credo che essi troveranno delle risposte nei pareri che esprimerò. Peraltro, ad una lettura attenta della modifica dell'articolo 64 della Costituzione, credo che tante risposte troveranno accoglimento.
Passiamo all'espressione dei pareri. La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 8.1 e Bressa 8.70, nonché sull'emendamento Mantini 8.2. Il parere è, inoltre, contrario sui subemendamenti Boccia 0.8.200.2 e Leoni 0.8.200.1...

PRESIDENTE. Onorevole Strano, la prego, per cortesia! Il presidente Bruno deve esprimere i pareri: se vuole telefonare vada fuori dall'aula! Lei sta urlando da mezz'ora e prima non le ho detto niente per un fatto di cortesia.

DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 8.200, mentre il parere è contrario sugli emendamenti Perrotta 8.73, Boato 8.3, Tabacci 8.80 e Boato 8.77. Il parere è favorevole sull'emendamento Elio Vito 8.201, mentre è contrario sugli identici emendamenti Perrotta 8.74 e Bressa 8.78, nonché sull'emendamento Tabacci 8.81. La Commissione invita a ritirare l'emendamento Bressa 8.71, altrimenti il parere è contrario. Il parere è altresì contrario sugli emendamenti Mascia 8.4, Perrotta 8.75 e Taormina 8.72. L'emendamento Leoni 8.79 è stato ritirato. La Commissione propone una riformulazione dell'emendamento Pacini 8.76, nel senso di eliminare le parole «in ogni fase dell'attività parlamentare»; se tale riformulazione venisse accettata, il parere sarebbe favorevole, altrimenti il parere contrario. La Commissione esprime parere contrario sui subemendamenti Boccia 0.8.202.2 e Bressa 0.8.202.1, mentre il parere è favorevole sull'emendamento Elio Vito 8.202. Il parere è contrario sul subemendamento Boccia 0.8.203.1, mentre è favorevole sugli identici emendamenti Boato 8.6 ed Elio Vito 8.203.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 8.1 e Bressa 8.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, come è già stato detto nel dibattito, ritengo vi siano diverse ragioni per chiedere la soppressione dell'articolo 8. Una di queste ragioni sta nella nostra valutazione secondo cui l'attuale Costituzione è più che adeguata rispetto anche alle nuove esigenze che si determinano nella vita politica del paese. La Costituzione attuale fa riferimento alla necessità di adottare il regolamento a maggioranza assoluta dei componenti: è sufficiente modificare questa percentuale per rispondere anche alle esigenze di una realtà politica che si misura con un sistema maggioritario.
Riteniamo che ciò sia più che sufficiente, anche perché siamo dell'opinione che vada salvaguardata la natura interna delle norme parlamentari. La Corte costituzionale ha avuto più volte occasione di esprimersi al riguardo, escludendo la propria competenza a controllare la legittimità costituzionale delle norme e dei regolamenti: noi siamo per mantenere questo principio. Dunque, dal punto di vista costituzionale, lo ripeto, è sufficiente modificare le modalità di voto e la garanzia rispetto a questa modalità di voto.
C'è poi naturalmente tutta la ragione politica, che in parte è emersa dal dibattito sul complesso degli emendamenti, che attiene al fatto che l'idea di costituzionalizzare i regolamenti delle Camere non ci piace, fermo restando che, se ognuna delle forze politiche presenti avesse un livello di sensibilità così elevato, sarebbe sufficiente trasferire questa sensibilità democratica di garanzia dentro lo stesso regolamento, senza bisogno che esso sia chiamato a rispondere ad una Costituzione. È l'idea della costituzionalizzazione che si rifà al modello anglosassone e la logica dell'alternanza si traduce esattamente in una logica bipartitica.
È una logica che contestiamo perché abbiamo un'idea diversa della democrazia. Pensiamo che nessuno possa ritenere di schiacciare la ricchezza politica e culturale a due. Nessun sistema elettorale e nessun regolamento lo può fare. Si può escludere certamente una parte di questa società, si può escluderla dalla rappresentanza istituzionale e dal Parlamento e la si può escludere dalla vita politica, ma nessuno può impedire che nella società queste idee, queste culture politiche e queste articolazioni si affermino nelle diverse maniere.
Se si affronta il problema della rappresentanza - l'ha già detto il collega Giordano - si deve ritornare a mettere in discussione il sistema elettorale, perché non si può affrontare il tema del rapporto tra la rappresentanza del Parlamento e i suoi esecutivi senza passare attraverso questo tema.
C'è certamente un problema che attiene al rapporto tra gli esecutivi e il Parlamento in quanto tale. Lo troveremo anche negli articoli successivi.
Inoltre, c'è l'idea di che cosa vogliamo fare di questo Parlamento nei suoi rapporti con la società, il rapporto della politica con il conflitto sociale. Su questo aspetto - come si è capito - anche tra gli esponenti delle opposizioni vi sono opinioni diverse.
La nostra esperienza del movimento nel movimento costituisce il richiamo più opportuno, seppure solo un richiamo, per parlare di quella che sta crescendo come un'idea di democrazia anche rispetto alle rappresentanze istituzionali e, in particolare, sulla questione del Governo.
Detto ciò, fermo restando che si dovrà tornare ad approfondire questo tema, naturalmente stiamo discutendo su un articolo che afferma esattamente il contrario di questa idea, che in modo diverso si è espressa in quest'aula fino in questo momento. Stiamo discutendo di uno statuto dell'opposizione che tende esattamente a ridurre a due le realtà istituzionali che si devono misurare: la maggioranza e un'opposizione.

PRESIDENTE. Onorevole Mascia...

GRAZIELLA MASCIA. Concludo, Presidente. Questo passa anche attraverso il ruolo del capo dell'opposizione, che respingiamo nel modo più totale, e lo facciamo nel nostro insieme, in modo unitario con tutte le opposizioni. Pensiamo che questo non sia l'unico punto da respingere e che vada respinto proprio il tema della costituzionalizzazione di un sistema regolamentare.

PRESIDENTE. Vorrei darvi il quadro della situazione per i vostri impegni. Adesso darò la parola all'onorevole Violante. Voteremo quindi gli identici emendamenti soppressivi, per cui vi prego di rimanere tutti in aula; dopo di ciò, sospenderò la seduta fino alle ore 14,30.
Mi è stata fatta la richiesta di proseguire i lavori in seduta notturna da parte del gruppo di Forza Italia: da parte mia non vi sono difficoltà. Consentitemi solo di dare più tardi all'Assemblea la comunicazione definitiva in proposito, perché prima vorrei consultare gli altri gruppi per capire se sia possibile raggiungere un'intesa o meno. Alle 17,30 sarete messi nelle condizioni di sapere se stasera ci sarà la seduta notturna, affinché non si riproponga la situazione di ieri, quando si è deciso di proseguire in seduta notturna alle 20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Mi pare che nella gran parte degli interventi che ci sono stati sinora sia emersa la preoccupazione comune di contrastare un processo di svuotamento della democrazia parlamentare. Questo ci anima.
Credo che anche il parere favorevole dato dal Governo sull'emendamento dell'opposizione che riguarda la presenza del Governo in Parlamento vada in questa direzione.
Volevo fissare l'attenzione su un aspetto. La forza del Parlamento nei confronti del Governo non è determinata tanto dai poteri che l'opposizione ha dentro quel Parlamento, ma dai poteri che il Parlamento complessivamente ha nei confronti del Governo.
Mi spiego: il fatto che, per esempio, il Governo debba venire in Parlamento lo pagò caramente Carlo Stuart, che fu decapitato perché si rifiutava di obbedire alle richieste del Parlamento, come sappiamo. L'Inghilterra ha una grande tradizione in questo senso.
Faccio un esempio perché vorrei fare una richiesta al presidente della I Commissione.
Quando si è parlato del taglio del 2 per cento delle spese si è fatto riferimento alla procedura inglese. Tuttavia, nella procedura inglese quel taglio è accompagnato da una mole di documenti e da relazioni semestrali al Parlamento che consentono al Parlamento stesso di controllare.
Il collega Jannone faceva prima riferimento alla procedura legislativa che sta prendendo piede con riguardo ai decreti-leggi, alle leggi delegate, e così via. Una delle carenze di questo testo costituzionale è che non riordina il sistema delle fonti, che oggi è profondamente confuso tra direttive europee, sistema dei decreti-leggi, leggi delegate. Inoltre, non si capisce se la Camera debba dare o meno il parere e che peso abbia tale parere. Si tratta di elementi abbastanza confusi che non sono ancora ordinati.
Adesso, però, vorrei fare un'altra richiesta. Posto che abbiamo fissato il punto relativo alla presenza del Governo in Parlamento, mi chiedo se non debba demandarsi ai regolamenti il potere di controllo della Camera sul Governo. Mi chiedo se oltre alla clausola che comporta la presenza del Governo in Parlamento non si debba demandare al regolamento la determinazione dei poteri della Camera nei confronti del Governo. I due aspetti sono questi.
Sono in questo Parlamento da molti anni, ma il potere legislativo si andrà affievolendo ineluttabilmente perché avremo sempre più bisogno di decisioni parlamentari rapide e veloci che, purtroppo, non sono compatibili con la democrazia parlamentare. La democrazia parlamentare deve fissare i grandi principi e verificare se gli atti normativi del Governo siano corrispondenti a tali principi, ma esplica il suo primato sulla capacità di controllare e correggere l'azione di Governo. Su tale terreno siamo ancorati eccessivamente al vecchio, non abbiamo colto tale aspetto. Credo che, invece, vada colto nel senso di vedere in che termini si può fissare il punto per il quale la Camera ha funzioni di controllo nei confronti del Governo. Va anche preso in esame il riordino delle fonti legislative, che vedremo successivamente. Tuttavia, mi pare che questo, nell'articolo in esame, possa essere un elemento utile per evitare il meccanismo che abbiamo adesso.
Nel futuro avremo sempre più spesso Presidenti del Consiglio che sono capi dell'opposizione e capi del partito di maggioranza. Si va ineluttabilmente in tale direzione, ma ciò fa sì che sempre più frequente sarà il rischio di avere una maggioranza parlamentare che è puramente e semplicemente un braccio esecutivo del Governo.
Da tale punto di vista credo giovi rafforzare poteri e funzioni del Parlamento nel suo complesso perché ciò riconduce alla tripartizione della divisione dei poteri. Perciò, presidente Bruno, le chiedo - se ritiene - di valutare nel Comitato dei nove tale possibilità. Credo che ciò aiuterebbe a difendere la democrazia parlamentare, che tutti noi vogliamo difendere, dando al Parlamento non solo poteri legislativi ma anche di controllo degli atti del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Ringrazio il presidente Violante. Egli ha posto un problema, che purtroppo non ha fatto parte degli argomenti che abbiamo affrontato in questi mesi di discussione, neppure nel Comitato dei nove. Devo dire però - non me ne abbia il presidente Violante - che egli oggi ha assunto una posizione istituzionale e politica diversa da quella che abbiamo conosciuto nella scorsa legislatura e mi fa molto piacere che vi sia stata questa inversione di tendenza.
Verso le ore 14-14,30 si riunirà il Comitato dei nove, nel cui ambito porrò dunque la questione posta dall'onorevole Violante, che mi auguro possa essere valutata positivamente, ai fini di una eventuale deliberazione da parte del Comitato dei nove di un'apposita proposta emendativa. Ad ogni modo, ringrazio nuovamente il presidente Violante per aver posto l'attenzione su un problema che certamente esiste e che è giusto il Comitato dei nove approfondisca.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 8.1 e Bressa 8.70, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 407
Votanti 399
Astenuti 8
Maggioranza 200
Hanno votato
162
Hanno votato
no 237).

Onorevoli colleghi, la questione, che prego i capigruppo di esaminare per darmi una risposta nel pomeriggio, è la seguente: si preferisce andare avanti ininterrottamente fino alle 21,30-22 oppure si preferisce interrompere i nostri lavori alle 20 per poi riprendere alle 21? Alle 17,30 l'Assemblea sarà informata al riguardo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 14,30 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

 

La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 14,30.

 

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 8 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 8 e delle proposte emendative ad esso presentate.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono stati votati, da ultimo, gli identici emendamenti Mascia 8.1 e Bressa 8.70.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mantini 8.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nuccio Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, l'onorevole Mantini è persona amabile ma ha qualche fissazione, come abbiamo visto ieri: vorrebbe reintrodurre il finanziamento per le campagne elettorali, ce l'ha con la proprietà delle televisioni e con il conflitto di interessi.
Oggi, con questo emendamento, egli si occupa di garanzie, garanzie che noi siamo convinti di avere introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento, o almeno stiamo tentando di introdurle, e che costituiscono una autentica rivoluzione rispetto al passato ed una forte innovazione del nostro sistema istituzionale.
Su alcuni punti siamo d'accordo con l'onorevole Mantini, almeno in linea di principio: è giusto che i regolamenti non vengano in futuro approvati, come avviene oggi, dalla maggioranza assoluta dei componenti la Camera ed il Senato, ma da una maggioranza rafforzata. Noi proponiamo la maggioranza di tre quinti in un subemendamento, successivo; l'onorevole Mantini propone la maggiorazione di due terzi, ma siamo ancora nell'ambito della ragionevolezza. Noi abbiamo inoltre proposto che le presidenze delle Commissioni di garanzia vengano affidate a parlamentari della opposizione; abbiamo introdotto la figura del capo dell'opposizione (checché se ne dica, è un elemento di forte novità e di garanzia per le opposizioni), però non riusciamo a capire un passaggio in ordine al quorum delle deliberazioni della Camera e del Parlamento in generale: qui francamente ci viene un dubbio. Non sappiamo se l'onorevole Mantini voglia introdurre delle garanzie più forti di quelle proposte da noi, o più deboli.
Tento di fare una simulazione: se oggi proponessi alla Camera dei deputati di approvare una legge con una maggioranza di 106 deputati, si urlerebbe di rabbia e si direbbe che vogliamo stravolgere i princìpi della democrazia; se oggi dicessi che potrebbero bastare 53 senatori per votare una legge, mi si darebbe dell'eversivo, del rivoluzionario! Ebbene, è esattamente quello che propone l'onorevole Mantini! Egli propone, praticamente, di sconvolgere la nozione attuale del numero legale e di ricondurlo non alla maggioranza più uno dei componenti del Parlamento, ma semplicemente ad un terzo dei componenti della Camera e del Senato.
Capisco che l'onorevole Mantini ha un grande ispiratore. E vorrei che questo...

MARCO BOATO. In seduta comune non si fanno leggi!

NUCCIO CARRARA. Poi chiarirai, Boato! Vorrei che questo fosse chiaro: l'ispiratore è il cosiddetto «Vangelo secondo D'Alema»; mi riferisco alla proposta adottata dalla Commissione bicamerale. Io, onorevoli colleghi, ve la leggo e, se non mi ascoltate, che almeno rimanga agli atti!

MARCO BOATO. L'avete votata anche voi!

NUCCIO CARRARA. Il bipolarismo ed il maggioritario esistevano già quando la Bicamerale di D'Alema tentò di trovare delle soluzioni istituzionali; i regolamenti potevano essere normati anche allora!
Ebbene, la Bicamerale di D'Alema, in ordine al regolamento, stabilì che ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Noi, che oggi prevediamo il quorum dei tre quinti, abbiamo fatto meglio di D'Alema o no? A voi la risposta!
Per quanto riguarda le deliberazioni di ciascuna Camera, la proposta della Bicamerale, che l'onorevole Mantini ha copiato pari pari, prevedeva che le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento in seduta comune non sono valide se non è presente un terzo dei loro componenti e se non sono adottate a maggioranza dei presenti. Ciò significa che vorreste che, in futuro, la Camera possa approvare le leggi con 87 parlamentari e che il Senato le possa approvare con 43. Se queste sono le vostre garanzie, noi diciamo: no, grazie!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco...

MARIO PEPE. Presidente!

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di iscrivervi a parlare per dichiarazione di voto in tempo utile!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Pepe. Ne ha facoltà.

MARIO PEPE. L'atteggiamento dell'opposizione mi sembra del tutto distruttivo.
Proprio in questi giorni ho letto che, quando le truppe di Carlo VIII varcarono le Alpi, cantavano una canzoncina il cui ritornello diceva: nous allons a conquérir les Italies! Ebbene, vorrei tranquillizzare il mio amico Sterpa sul fatto che questa riforma non porterà ad un ritorno delle Italie, perché vi sono garanzie di unità e di solidarietà, anche se ci troviamo di fronte all'Italia del nord (quella ricca) e all'Italia del sud (quella povera). Ma la povertà del sud non è tanto economica, quanto culturale; infatti, in questi anni, abbiamo assistito ad una vera e propria fuga di cervelli con riferimento ai vertici dello Stato, alla magistratura, ai vertici militari e anche ai componenti di questa Assemblea che, anche se eletti al nord, sono di origine meridionale (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).
In questi anni, per il sud è stato realizzato un sistema di economia assistita degno della Bulgaria, che tuttavia non ha risolto i problemi del meridione. La regione Campania ancora non ha approvato il bilancio di previsione - e siamo ad ottobre del 2004 -, ancora non ha risolto il problema dei rifiuti né quello delle aree interne!
Quindi, occorre formare una nuova classe dirigente al sud, e ciò potrà avvenire solo approvando tale progetto di riforma e attribuendo maggiore responsabilità alle regioni meridionali (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, della Lega Nord Federazione Padana e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Dopo avere ascoltato le interessanti esternazioni del collega Mario Pepe, vorrei tornare sul merito del nostro provvedimento e, in particolare, sull'emendamento Mantini 8.2.
Come diceva l'onorevole Carrara, questo emendamento risulta peggiorativo. Tra l'altro, è stato segnalato anche da alcuni esponenti dell'opposizione e lo stesso presidente Violante ha individuato nell'emendamento in oggetto qualcosa di regressivo, relativamente ad un regolamento rispettoso delle prerogative delle minoranze. In effetti, è proprio così. La maggioranza, invece, propone un passo in avanti riguardo ad un maggior rispetto e ad una maggiore tutela dell'Assemblea parlamentare, in particolare del dibattito che deve svolgersi all'interno di questo consesso. Tale dibattito non deve essere condizionato dalla maggioranza né da un legame troppo stretto con l'Esecutivo.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 16)

PRESIDENTE. Onorevole Fontanini, mi scusi se la interrompo.
Vorrei cogliere l'occasione della sua presenza in tribuna per salutare con grande affetto e amicizia il Presidente federale della Repubblica di Austria, Heinz Fischer. Come sapete, in passato è stato a lungo Presidente del Nationalrat austriaco e a lui rinnovo i sentimenti di amicizia tra il popolo italiano e quello austriaco. Grazie, Presidente (Generali applausi).
Onorevole collega, mi scusi per l'interruzione. Prosegua pure.

PIETRO FONTANINI. Nessun problema, grazie signor Presidente.
Il testo da noi proposto in merito al nuovo articolo 64 rappresenta un passo in avanti anche rispetto allo stesso articolo della Costituzione, attualmente in vigore. Infatti, al suo interno prevediamo, ad esempio, che il regolamento della Camera dei deputati sia adottato con maggioranza dei tre quinti dei componenti. L'attuale testo, invece, prescrive che ciascuna Camera adotti il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei componenti.
Si tratta, quindi, di un passo in avanti perché il quorum dei tre quinti implica che devono partecipare anche membri dell'Assemblea che non si riconoscono nella maggioranza. Siamo, quindi, davanti ad un testo rispettoso delle prerogative delle minoranza, che può permettere all'Assemblea di legiferare con una forte attenzione nei confronti di coloro che non la pensano allo stesso modo. Questo evita il rischio di forzature da parte della maggioranza, dando segnali di grande rispetto nei confronti dell'opposizione.
Per tali motivi, chiediamo di esprimere voto contrario sull'emendamento dell'onorevole Mantini 8.2 e di appoggiare, invece, gli emendamenti al testo della Commissione, presentati dai capigruppo della maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Trantino. Ne ha facoltà.

ENZO TRANTINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, leggevo oggi, interessato come tutti coloro che si occupano di politica, un articolo sulle riforme apparso sull'Unità e intitolato «La solitudine di Ciampi», scritto da Nicola Tranfaglia. L'articolo si conclude - senza che io intenda sfiorare neanche per un istante la figura del Presidente della Repubblica, che non può essere mai coinvolto nelle nostre polemiche - nel seguente modo: «La destra italiana non ha nessuna volontà effettiva di dialogare con l'opposizione». Dal che si ricava subito un concetto, ovvero che le maggioranze sono rispettabili soltanto se si arrendono. Se, invece, esercitano il ruolo, non di arroganza o di prevalenza in forza dei numeri, ma di diritto di rappresentanza di una maggioranza liberamente espressa dal libero consenso, esse diventano intrattabili.
In un secondo passaggio si afferma: «da essa lo divide non soltanto il dissenso politico sull'una o sull'altra questione, ma una diversa concezione del passato e del presente, della democrazia italiana come di quella internazionale»
Il che significa che avremmo attuato un impedimento all'esercizio della democrazia, noi che siamo le vittime, ancora vive, dell'arco costituzionale; noi che abbiamo votato per la guerra di D'Alema, che era, in quel momento, necessaria e approvata dal popolo italiano e, quindi, anche da noi; noi che abbiamo votato, ancor prima, per il Patto atlantico, per il prestigio internazionale della Nazione, senza mai badare a topografia d'aula.
Infine: «il dialogo, in simile condizione, appare necessità difficile, per non dire impossibile». Non ho mai visto un dialogo tra chi già sa che l'interlocutore ha torto, ancor prima di sapere quello che deve dire. Credo che la riflessione si imponga, se vi sono espressioni dell'opposizione che, animando la buona fede, cercano di utilizzarla a fini di ragionevolezza (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia).

PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

PIERLUIGI MANTINI. Per annunciare il ritiro dell'emendamento a mia firma 8.2 e per illustrarne le ragioni.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, annuncio il ritiro dell'emendamento a mia firma 8.2, in quanto ritengo che questo dibattito sia stato di notevole utilità. Esso, a dire il vero, è stato alimentato non solo dall'emendamento a mia firma, bensì dal tema in esame, che riguarda la materia delicatissima dell'equilibrio fra i poteri e del peso del Parlamento nei confronti del Governo in un sistema bipolare.
Si tratta di un tema centrale per la riforma. Il dibattito odierno è stato approfondito e credo che sia stato anche compiuto qualche progresso, come emergerà dalle successive proposte emendative, almeno per quanto concerne i quorum. Sono state certamente spese anche molte parole in libertà (il collega Carrara è andato probabilmente oltre le intenzioni), e non intendo tornare polemicamente su ciascuna di esse.
Ciò detto, ritengo sia sbagliato anche distinguere la questione delle garanzie per le opposizioni rispetto al tema dei poteri del Parlamento. Si tratta della stessa questione: il tema del riequilibrio dei poteri del Parlamento nei confronti del Governo coincide in larga misura con il tema delle garanzie per le opposizioni. In tal senso, ritengo non siano stati raggiunti risultati soddisfacenti. La critica principale riguarda il fatto che si va verso un premierato squilibrato, in quanto mancano le garanzie. Sono lieto che il dibattito sia stato utile a qualcosa, anche se, purtroppo, a poco.


PRESIDENTE. Prendo dunque atto che l'emendamento Mantini 8.2 è stato ritirato.
Passiamo al subemendamento Boccia 0.8.200.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, ci troviamo di fronte ad un nodo apparentemente complesso e comunque importante. Nella futura struttura delle Camere, soltanto una di esse, vale a dire la Camera dei deputati, conoscerà lo strumento del voto di fiducia sul programma di governo. Dunque, per quanto riguarda la Camera dei deputati si può parlare di un'opposizione politica, tenendo conto della necessità di un accordo tra la maggioranza politica e l'opposizione politica sul regolamento della Camera. Si prevede infatti, per l'approvazione di tale regolamento, la maggioranza di tre quinti. Si propone invece per il Senato federale la maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di una considerazione in sé condivisibile, secondo cui nel Senato, per il modo in cui esso è eletto, non esistono una vera maggioranza politica e una vera opposizione politica, perché tale Camera non conosce il voto di fiducia sul programma e viene eletta con modalità radicalmente diverse.
Ora, questo è vero; però, ad avviso dei gruppi dell'opposizione, la soglia della maggioranza assoluta per l'approvazione del regolamento del Senato non è assolutamente sufficiente e non risolve problemi che comunque si porranno, tanto più per le modalità e i criteri di elezione - che noi non abbiamo condiviso - previsti dal disegno della maggioranza, cioè, dei criteri che assicurano una stretta proporzionalità tra il numero dei senatori di ciascuna regione e la popolazione di questa. Qual è il rischio di fronte al quale si troverà quel Senato?
Il rischio è che le regioni più forti, quelle che hanno il maggior numero di abitanti e, quindi, il maggior numero di senatori secondo la procedura che voi avete previsto - colleghi della maggioranza - potranno farla da padrone nel Senato federale, potendo raggiungere una soglia della maggioranza assoluta in modo da approvare un regolamento del Senato che però non tiene conto di un'articolazione (che non sarà, come alla Camera, una logica maggioranza-opposizione) tra regioni più o meno popolose, che saranno, quindi, più o meno rappresentate.
Per questa ragione, noi proponiamo che i tre quinti per l'approvazione del regolamento vadano previsti anche per il Senato federale della Repubblica, così come - lo vedremo anche in un emendamento successivo - non è secondo noi sufficiente, per la validità delle deliberazioni, che partecipino a questo voto un terzo delle regioni rappresentate poiché serve invece la metà.
In altre parole, noi abbiamo criticato la procedura di elezione dei senatori da voi prevista perché favorisce le regioni più grandi con un danno consistente per quelle più piccole, le quali rischiano di essere schiacciate nel nuovo Senato federale.
Così, è opportuno che almeno nell'approvazione dei regolamenti si tenga conto dell'esigenza che i tre quinti dei senatori - quindi regioni grandi e meno grandi - condividano la scelta di elaborazione e di voto sul regolamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Al di là delle osservazioni del collega Leoni, che condivido integralmente, questa è la dimostrazione di come i nodi, alla fine, vengano al pettine.
Ieri abbiamo lungamente discusso del vostro Senato come di un'istituzione che ha poco o nulla di federale. È un Senato che ha una composizione troppo sproporzionata a favore delle grandi regioni e poco rappresentativa delle istanze territoriali.


La prova provata è che voi ragionate come se questa fosse tout court una Camera politica. Negate il fatto che ci possa essere una opposizione ma sapete perfettamente che in un'Assemblea vi possono benissimo essere delle minoranze che non si qualificano soltanto per un fatto politico.
L'esempio più eclatante è che, secondo il vostro modello, sarebbe possibile approvare un regolamento con un accordo di alcune regioni. Basterebbe che Lombardia, Veneto, Emilia, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia fossero d'accordo fra di loro circa l'approvazione di un regolamento a tutto svantaggio delle restanti regioni. Questo perché le regioni che ho appena citato, sommate fra di loro, superano di gran lunga la metà più uno dei voti al Senato.
Voi capite, allora, che in questo caso le restanti regioni, che, comunque, sono la maggioranza - anche se non in base al numero dei rappresentati - resterebbero completamente escluse dalla possibilità di discutere il regolamento del Senato, dell'Assemblea, cioè, alla quale i loro rappresentanti sono stati eletti per svolgere le loro funzioni di rappresentanza.
Questa è la dimostrazione patente di come non si possa portare avanti un imbroglio troppo a lungo: avete ipotizzato una Camera squisitamente fondata su una rappresentanza di tipo politico e non territoriale. Alla vostra logica distorta potrebbe parzialmente far fronte l'ipotesi che per approvare il regolamento del Senato sia necessario il voto di almeno tre quinti dei suoi componenti. Non a caso ho citato l'esempio di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Puglia e Sicilia; basterà che tali regioni giungano ad un accordo per fare ciò che vogliono e decidere un regolamento del Senato ad immagine e somiglianza degli interessi di quelle stesse grandi regioni!
Riflettete su cosa significherebbe tutto ciò! Può sembrare paradossale questa mia affermazione? Si lo è ma nella Costituzione non si possono inserire tali paradossi. La Carta costituzionale definisce le regole, non si possono prevedere regioni di serie A e altre di serie B. Tutti gli eletti al Senato hanno gli stessi diritti. È quindi fondamentale individuare uno strumento di riequilibrio nel tipo di rappresentanza che vi siete inventati.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.8.200.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 397
Votanti 395
Astenuti 2
Maggioranza 198
Hanno votato
150
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che l'onorevole Tarantino non è riuscito a votare.

 

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Avverto che, poiché i gruppi non hanno raggiunto un accordo, mi assumo la responsabilità di decidere che oggi non vi sarà seduta notturna, ma la seduta si protrarrà fino alle ore 21,30-22. Se sarà possibile, termineremo i nostri lavori alle ore 21,30, piuttosto che alle 22. Invito, comunque, tutti ad organizzarsi in modo tale che si sappia che le votazioni sono previste fino ad un orario compreso tra le 21,30 e le 22.

(Ripresa esame dell'articolo 8 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.8.200.1
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, voglio completare l'analisi iniziata con la discussione del subemendamento precedente, per invitare i colleghi a riflettere su tale questione. Come dicevo in precedenza, sette regioni su venti possono farsi il regolamento a propria immagine e somiglianza. Tredici regioni sono, di fatto, estromesse da tale possibilità. Si tratta di un fatto di una gravità assoluta, soprattutto se siete convinti - come immagino lo siate - di avere votato un Senato federale.
Se non vi rendete conto dell'enormità di ciò che state votando, fatemi pensare male - farò peccato, ma ci indovino -: voi vi comportate in questo modo perché avete piena coscienza che quello che avete votato tutto è meno che un Senato federale. Riflettete pertanto su ciò: sette regioni su venti possono imporre alle altre tredici un regolamento del Senato fatto a loro immagine e somiglianza.
Non è un grande sacrificio ciò che vi si chiede, ma una prova di coerenza rispetto ad un'azione che ieri avete dichiarato di avere compiuta, ossia avere dotato la nostra Repubblica di una Camera delle autonomie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, sottoscrivo l'intervento del collega Bressa. Se si sceglie di delineare un Senato che rappresenti effettivamente le realtà territoriali e regionali del nostro paese - e noi abbiamo criticato la scelta da voi operata per il metodo di elezione dei senatori che non va pienamente in questa direzione - allora, si devono stabilire meccanismi e regole di funzionamento interne allo stesso Senato federale che lo rendano effettivamente rappresentativo di tutte queste realtà.
Stabilire un meccanismo per cui contano solo le regioni più grandi non concorre a delineare un sistema federalista: gli Stati federali non danno questo vantaggio a chi ha una maggiore popolazione, ma pongono tutte le regioni in una condizione di parità, consentendo loro di svolgere insieme il loro lavoro.
Siamo contrari al meccanismo della maggioranza assoluta per quanto attiene all'approvazione del regolamento: anche per il Senato sarebbe necessaria la maggioranza prevista per l'approvazione del regolamento per la Camera dei deputati.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leoni 0.8.200.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 405
Maggioranza 203
Hanno votato
179
Hanno votato
no 226).

Prendo atto che gli onorevoli Tabacci, Sandi e Cima non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 8.200.
Avverto che, in caso di approvazione di tale emendamento, saranno preclusi gli emendamenti Perrotta 8.73, Boato 8.3, Tabacci 8.80 e Boato 8.77.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, siamo giunti ad un tema centrale. Tale emendamento nel primo periodo introduce un principio apprezzabile e condivisibile: la Camera dei deputati adotta il proprio regolamento a maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti. Si dà atto che il regolamento è qualcosa sul quale dovrebbe convergere un consenso più largo della maggioranza assoluta dei componenti, soprattutto se ragioniamo - come stiamo facendo - di una Camera eletta con sistema maggioritario.
Tuttavia, è il secondo periodo che ci impedisce di esprimere un voto favorevole su questo emendamento. Infatti, si prevede in maniera netta e precisa che il Senato federale della Repubblica adotta il proprio regolamento con la maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Non ripeterò le argomentazioni che ho usato nei miei precedenti interventi, ma vorrei che ancora una volta si svolgesse un minimo di riflessione. Inviterei i colleghi della maggioranza che appartengono alle regioni della Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Piemonte, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna a riflettere, perché quando tornerete nelle vostre regioni dovrete spiegare ai vostri futuri senatori che verranno a fare le comparse: infatti, è sufficiente che i senatori eletti da Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia si mettano d'accordo per renderli delle assolute comparse, dei fantasmi che vengono a fare turismo parlamentare, turismo senatoriale.
Stiamo discutendo di una Camera che rappresenta i territori! Come potete essere così stolidi e non comprendere l'enormità di ciò che state facendo. Si chiede la maggioranza dei tre quinti non per favorire le opposizioni politiche, ma per garantire le minoranze territoriali, che in questo caso non sono le minoranze linguistiche. Si tratta di tredici regioni su venti! È veramente inconcepibile questa vostra stolidità ed incapacità! Avete deciso di adottare una decisione così assurda, quale quella contenuta in questo vostro emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, intervengo solo per annunciare, sulla base delle considerazioni che condivido del collega Bressa, il voto contrario del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo su questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, mi permetto di chiedere se sia possibile porre in votazione l'emendamento Elio Vito 8.200 per parti separate. Infatti, in caso di approvazione, tra gli altri risulterebbe precluso anche il mio emendamento 8.80 e rilevo che la prima parte dell'emendamento Elio Vito 8.200 che riguarda la Camera deputati, interpreta correttamente il senso della mia proposta emendativa.

Quindi, su questo aspetto sono assolutamente d'accordo, anzi ringrazio la Commissione per il modo in cui ha interpretato questo passaggio.
Invece, non riesco a capire come mai si faccia una distinzione per il Senato, dove, invece, ci vorrebbe un po' più di cautela proprio perché si dà vita ad un Senato federale. C'è il problema delle garanzie e delle modalità per l'adozione del proprio regolamento, che devono essere più impegnative. È vero che si discute se ci sia o meno una maggioranza politica, ma non si può certo immaginare di accettare le maggioranze territoriali. Pertanto c'è bisogno di un po' più di prudenza. Inviterei la Commissione a tornare su questo aspetto. Diversamente, non mi sento di dare il voto a questo emendamento nel caso in cui non venga messo in votazione per parti separate.

GERARDO BIANCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Ovviamente mi rimetto alle sue decisioni, Presidente, però ritengo che, in base al principio del regolamento che afferma che bisogna votare prima l'emendamento che più si allontana dal testo originario, siano da votare prima gli emendamenti Perrotta 8.73, Boato 8.3, e Tabacci 8.80, e poi l'emendamento Vito 8.200, trattandosi di emendamenti sicuramente più lontani dal testo.
Chiedo scusa, signor Presidente, ovviamente gli uffici le daranno un parere, però richiamo la sua personale attenzione sul fatto che gli emendamenti 8.73, 8.3 e 8.80 sono più lontani dal testo e quindi dovrebbero essere votati prima dell'emendamento Elio Vito 8.200. Quindi, si dovrebbe effettuare prima la votazione di questi tre emendamenti.

PRESIDENTE. Onorevole Gerardo Bianco, non mi sento di accedere alla sua tesi.
Vorrei dire, invece, che è ammissibile la proposta di votare l'emendamento Elio Vito 8.200 per parti separate: la prima parte dalle parole: «La Camera dei deputati» fino alla parola: «componenti»; la seconda parte dalle parole: «Il Senato» alle parole: «suoi componenti».
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla prima parte dell'emendamento Elio Vito 8.200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 448
Votanti 265
Astenuti 183
Maggioranza 133
Hanno votato
260
Hanno votato
no 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla seconda parte dell'emendamento Elio Vito 8.200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 440
Votanti 436
Astenuti 4
Maggioranza 219
Hanno votato
241
Hanno votato
no 195).

Sono pertanto preclusi i successivi emendamenti Perrotta 8.73, Boato 8.3, Tabacci 8.80 e Boato 8.77.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 8.201, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 447
Votanti 434
Astenuti 13
Maggioranza 218
Hanno votato
398
Hanno votato
no 36).

Prendo atto che l'onorevole Lion ha espresso erroneamente voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Perrotta 8.74 e Bressa 8.78.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Stiamo affrontando una questione analoga a quella che abbiamo affrontato nei precedenti interventi.
Il testo del terzo comma dell'articolo 64 finirebbe così: «Le deliberazioni del Senato federale della Repubblica non sono altresì valide se non sono presenti i senatori espressi da almeno un terzo delle regioni». Noi proponiamo che ciò valga per almeno la metà delle regioni per le motivazioni che abbiamo sostenuto in precedenza.
Se si tratta di un Senato federale è giusto che i territori concorrano alla determinazione delle decisioni in maniera paritaria e che non ci siano dei pesi diversi tra l'una e l'altra. È giusto e corretto che, poiché sono lì a rappresentare i territori e non proporzionalmente la popolazione, che almeno la metà delle regioni possa in qualche modo concorrere attivamente alla formazione della decisione.
È anche questa una proposta che aiuta a trasformare in federale il vostro fantasma dell'opera: lo pseudo-Senato federale che avete votato ieri.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Perrotta 8.74 e Bressa 8.78, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 443
Votanti 441
Astenuti 2
Maggioranza 221
Hanno votato
198
Hanno votato
no 243).

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il ritiro del mio emendamento 8.81. Innanzitutto, non voglio ingabbiare - come è ovvio - l'opposizione avendo sostenuto una certa tesi parlamentare. In secondo luogo, tale materia può più opportunamente essere inserita all'interno del regolamento della Camera.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'emendamento Bressa 8.71. Onorevole Bressa, accede all'invito al ritiro formulato dal relatore?

GIANCLAUDIO BRESSA. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 8.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questa mattina vi è stato un dibattito molto serio, innestato dall'intervento del presidente Violante, relativamente a quale debba essere la funzione legislativa del Parlamento. Credo che il presidente Violante abbia posto una questione molto seria dicendo che, quando si ragiona di pesi e contrappesi, il contrappeso ad un aumentato potere del Governo deve essere rappresentato dal Parlamento e non dall'opposizione. Ciò è sicuramente vero, ma vorrei che svolgessimo un'ulteriore considerazione che ci porta a spiegare perché vogliamo sopprimere il secondo periodo del quarto comma del capoverso sull'articolo 64 che riguarda le modalità di elezione e le prerogative del capo dell'opposizione.
È del tutto evidente che il Parlamento sia il contrappeso ad un Governo rafforzato, ma in questo Parlamento quale deve essere il ruolo dell'opposizione? Si tratta di una domanda alla quale dobbiamo assolutamente rispondere. Precedentemente abbiamo sostenuto che l'opposizione svolge un ruolo ed una funzione costituzionale e che tale funzione deve essere garantita non tanto attraverso l'inciso che proponete, ma attraverso una serie di previsioni in Costituzione di prerogative del ruolo che l'opposizione è chiamata a sostenere.
Vorrei che riflettessimo su un aspetto: stiamo parlando di un futuro modello di Governo diverso dall'attuale. Voi avete sposato l'ipotesi di un premierato assoluto, che criticheremo al momento opportuno. Noi abbiamo abbracciato un modello di tipo inglese in cui il rapporto fra la maggioranza ed il Governo è molto stretto. Seguendo la più limpida tradizione inglese il Gabinetto è un comitato scelto per il governo della nazione in base alla fiducia dell'Assemblea legislativa. Tale nuova dimensione porta a far sì che il ruolo della maggioranza sia diverso nel Parlamento. Si tratta di un Parlamento più forte perché il Governo è parlamentare: vi è una forte maggioranza ma deve esservi anche una forte opposizione. Perché vi sia una forte opposizione devono esservi alcune garanzie di fondo: come dicevamo stamattina, non deve esservi solo l'animus oppositus, ma anche la possibilità organizzativa di essere opposizione.
Ecco perché una serie di questioni è decisiva ed importante. Ecco perché sarebbe sbagliato inserire all'interno della Costituzione una previsione così rigida come quella del capo dell'opposizione. Ciò non solo per una ragione di tipo politologico perché nel nostro paese non esiste un'opposizione ma esistono opposizioni, bensì per una garanzia di tipo costituzionale. Non si può forzare la politica attraverso strumenti di ingegneria costituzionale. Ecco perché è importante in Costituzione prevedere una serie di questioni che possano garantire il ruolo dell'opposizione. Tale ruolo, in un Parlamento contrappeso ad un Governo che ha visto aumentati i suoi poteri, è una questione decisiva.
Noi vogliamo sventare quello che viene definito dalla scienza della politica l'anatema di Rousseau, il quale si era scagliato contro quei regimi che rendevano liberi gli elettori nel solo giorno delle elezioni. Noi non vogliamo che i cittadini siano liberi solo nel giorno in cui votano. Vogliamo che essi possano essere liberi durante tutti i cinque anni della legislatura. Se questo è l'animo che ci spinge a fare un certo tipo di battaglia, per l'inserimento in Costituzione di garanzie per il lavoro dell'opposizione, si può capire che non stiamo costruendo uno statuto dell'opposizione, bensì uno statuto a garanzia dei diritti dei cittadini. Questo è un aspetto fondamentale: l'opposizione diventa strumento costituzionale, per la garanzia e l'affermazione dei diritti di libertà e di democrazia dei cittadini. Questo è il motivo per cui deve essere previsto l'inserimento di una serie di norme in Costituzione.
Fra poco discuteremo della soluzione individuata dalla Commissione, sollecitata in qualche modo dal presidente Violante nella seduta antimeridiana. La strada giusta per garantire i diritti dell'opposizione passa attraverso una loro previsione in Costituzione. Tuttavia, norme troppo rigide e troppo dettagliate, come potevano essere quelle proposte dall'onorevole Tabacci - che peraltro mi sentirei di sottoscrivere dalla prima all'ultima parola, tuttavia come norme regolamentari e non come norme costituzionali -, sono tipiche norme regolamentari. È importante però che quel regolamento possa essere costruito con la collaborazione della maggioranza e dell'opposizione. Tutto questo ci fa capire come le garanzie per l'opposizione, previste in Costituzione, sono una cosa importante. Soltanto, esse non devono diventare un qualcosa di troppo rigido, una gabbia che costringe la politica a determinati comportamenti. Esse devono invece essere uno strumento per dare garanzia ai cittadini che l'operato delle opposizioni, in un Parlamento rafforzato, di fronte ad un Governo rafforzato, sia una cosa seria.
È per tutti questi motivi che non ci sentiamo di sottoscrivere ed approvare la comoda via d'uscita, che voi avete individuato, scrivendo in Costituzione: «stabilisce le modalità di elezione e le prerogative del capo dell'opposizione» (quarto comma, capoverso articolo 64, del comma 1 dell'articolo 8). Questo è un modo sbrigativo di affrontare i problemi delle garanzie delle opposizioni. Quello che ho cercato di illustrare è un modo più impegnativo ma corretto e soprattutto è una garanzia per i cittadini che l'opposizione possa svolgere il proprio ruolo, come del resto è giusto che lo possano svolgere la maggioranza e il Governo.
Ecco dunque che alla domanda posta dal presidente Violante - cosa è importante, la funzione legislativa del Parlamento o quella dell'opposizione? - penso di poter rispondere che la funzione legislativa del Parlamento è tale se l'opposizione viene garantita fino in fondo nelle sue prerogative, nelle sue funzioni e nelle sue potenzialità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Noi, signor Presidente, onorevoli colleghi, teniamo talmente tanto alle prerogative e alle garanzie delle opposizioni (alla Camera dei deputati) e delle minoranze (nel Senato federale), al punto che, come state vedendo, facciamo su ogni proposta emendativa una battaglia insistente, affinché queste prerogative siano pienamente e realmente riconosciute. Ci teniamo talmente tanto da non volerle limitare ad una mera funzione di nicchia. Vogliamo infatti che esse siano valorizzate all'interno di una più piena valorizzazione dell'istituto parlamentare, come ha ricordato con nettezza il presidente Violante questa mattina.
Quindi per noi è importante che ogni parlamentare, sia della minoranza, sia della maggioranza, abbia poteri di controllo, poteri ispettivi e di indirizzo, nei confronti di un'attività di Governo che, sebbene, come è comprensibile, sia sostenuta da una maggioranza politica, tuttavia non può vedere i parlamentari appartenenti a tale maggioranza politica soltanto come degli esecutori delle volontà del Governo.
Il modo con il quale intendete affrontare sbrigativamente la questione, cioè quella di citare il capo dell'opposizione, non risolve i problemi; anzi, è una via che porta lontano, rispetto all'esigenza di affrontare chiaramente, uno per uno, i problemi che riguardano la vita del Parlamento.
Peraltro, a parte il fatto che la dizione è abbastanza sgradevole ed allude ad un'idea della politica che non ci appartiene - il Capo dell'opposizione (con la «c» maiuscola) - non si tiene conto del fatto che, anche in una sistema bipolare, può accadere, come è accaduto anche nella precedente legislatura, che di gruppi dell'opposizione ve ne sia più di uno e tra loro politicamente non sommabili. Pertanto, sarebbe davvero assai difficile definire le prerogative di un capo dell'opposizione, quando si potrebbero avere, anche in un sistema bipolare, opposizioni di segno politico diverso o addirittura opposto.
Queste sono le ragioni per le quali non condividiamo la vostra dizione e preannunciamo l'espressione di un voto favorevole sull'emendamento in esame.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, il riferimento al capo dell'opposizione ci perviene dai lavori del Senato; è in quella sede che l'opposizione ha chiesto che venisse regolamentata e costituzionalizzata la funzione e la figura del capo dell'opposizione.
Nel rispetto dei colleghi del Senato, ma anche nel rispetto nostro, se i colleghi dell'opposizione hanno cambiato idea, credo che il Comitato del nove possa riunirsi per rivedere la questione, perché non ha sposato alcuna tesi.
Dai ragionamenti che i colleghi del Senato dell'opposizione hanno portato avanti ci sembrava un elemento vitale. Mi pare che così non è, e, quindi, credo sia opportuno che la questione venga valutata e rappresentata meglio in seno al Comitato dei nove. Pertanto, le chiedo l'accantonamento di tale questione per dare al Comitato dei nove la possibilità di esprimere le sue valutazioni.

GRAZIELLA MASCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, è vero che le opposizioni la pensano diversamente sullo statuto dell'opposizione, ma sul capo dell'opposizione si è votato insieme in Commissione e questo emendamento non è stato approvato per un solo voto. Pertanto, va benissimo se voi ci ripensate, ma sia chiaro che non siamo noi a ripensarci, ma è la maggioranza a farlo. Ci tengo a dirlo.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, vorrei dire, in aggiunta a ciò che ha affermato il presidente Bruno, che anche alla Camera l'opposizione si è fatta portatrice di una regolamentazione della figura del capo dell'opposizione, tanto è vero che in Giunta per il regolamento è pervenuta una richiesta in tal senso che è stata sottoposta al vaglio della stessa (fummo nominati relatori io e, mi pare, il collega Boccia).
Con queste mie considerazioni vorrei testimoniare la posizione che aveva assunto l'opposizione su tale tema.

PRESIDENTE. La questione fa parte del dibattito politico, che non mi interessa in questo momento. Comunque, preso atto dell'assenso del relatore e del rappresentante del Governo e non essendovi obiezioni, l'esame degli emendamenti Mascia 8.4, Perrotta 8.75 e Taormina 8.72 deve intendersi accantonato.

Passiamo all'emendamento Pacini 8.76, identico all'emendamento Leoni 8.79, che è stato ritirato.
Chiedo al presentatore, onorevole Pacini, se accolga la proposta di riformulazione del relatore.

MARCELLO PACINI. Sì, signor Presidente, la accetto.

PRESIDENTE. Sta bene.
Avverto che, a seguito dell'accoglimento da parte del presentatore della riformulazione dell'emendamento Pacini 8.76, che è stato reso identico all'emendamento Elio Vito 8.202, esso sarà posto in votazione successivamente, congiuntamente al richiamato emendamento Elio Vito 8.202.
Passiamo dunque alla votazione del subemendamento Boccia 0.8.202.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, il subemendamento in esame mette in evidenza un'altra contraddizione della riforma che la maggioranza sta portando avanti. Non è una contraddizione strettamente connessa al testo della norma, ma all'impostazione generale che la maggioranza dà della composizione e del ruolo del Senato nella vita della Repubblica.
La maggioranza afferma che nel regolamento del Senato occorre garantire le minoranze. Sempre secondo la maggioranza, al Senato, essendo questo eletto nello stesso giorno in cui vengono eletti i consigli regionali (per questo motivo è un Senato federale), non esisterebbero maggioranze ed opposizioni tradizionali, cioè centrodestra e centrosinistra, ma maggioranze ed opposizioni si dovrebbero conformare in relazione agli interessi che i rappresentanti delle regioni esprimeranno in quella sede.
Se questa è la filosofia che sottende al cosiddetto Senato federale, perché si prevede che nel regolamento del Senato debbano essere rispettate e garantite le minoranze? Ovviamente, si capisce anche l'utilizzo del plurale, perché mentre alla Camera è prevista l'elezione di un capo dell'opposizione (e quindi si unifica l'intera opposizione), al Senato si prevedono al plurale le minoranze: e già questo ingenera una confusione, che potrebbe essere al limite spiegata se effettivamente per «minoranze» al Senato non si intendessero le minoranze politiche o politicizzate, ma quelle relative agli interessi messi in campo dalle regioni.
Insomma, Presidente, c'è una grandissima confusione. «Minoranze» al plurale che cosa significa? Perché al Senato ci devono essere minoranze e perché una tutela della minoranza, se si è voluto che al Senato non si costituissero forme proprie di maggioranza e di opposizione in relazione alle impostazioni politiche nazionali, ma solo in relazione gli interessi regionali?
Per affondare il bisturi nella piaga, mi sono messo in linea con l'impostazione della maggioranza e, provocatoriamente, ho proposto un emendamento secondo cui, se proprio dobbiamo garantire le regioni e gli interessi regionali, più che garantire le minoranze bisognerebbe garantire i soggetti deboli, cioè le regioni più piccole.
È un modo per dire che, o prevediamo maggioranze e minoranze politiche all'interno del Senato, oppure prevediamo maggioranze e minoranze degli interessi. È un'opzione che riceve una diversa risposta a seconda delle scelte che si fanno: se si parla di maggioranza e minoranza politica, come alla Camera, allora occorre usare il singolare; se, invece, per minoranze si intendono quelle degli interessi regionali che si vogliono garantire, allora bisogna introdurre una previsione per garantire i soggetti più deboli, vale a dire le regioni più deboli.
Il mio è un subemendamento provocatorio, che mette in evidenza un'altra delle contraddizioni contenute nella riforma proposta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.8.202.2 , non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 425
Votanti 410
Astenuti 15
Maggioranza 206
Hanno votato
174
Hanno votato
no 236).

Prendo atto che l'onorevole D'Agrò non è riuscito a votare.
Avverto che la Commissione ha testé presentato l'ulteriore subemendamento 0.8.203.25 (vedi l'allegato A - A.C. 4862 sezione 3), già posto in distribuzione.
Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.8.202.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, nel testo trasmessoci dal Senato vi era un comma relativo all'articolo 64 della Costituzione che così recitava: «Il regolamento del Senato federale della Repubblica garantisce i diritti delle minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare». In modo incauto, in I Commissione, con il nostro totale dissenso, la maggioranza soppresse tale comma che, invece, a noi pareva equilibrato e condivisibile.
Avevamo dunque presentato l'emendamento Leoni 8.79, che abbiamo ritirato in quanto abbiamo deciso di presentare un subemendamento all'emendamento della maggioranza Elio Vito 8.202, che recupera solo in parte il testo approvato al Senato e poi soppresso alla Camera, prevedendo che: «Il regolamento del Senato federale della Repubblica garantisce i diritti delle minoranze», evitando di specificare «in ogni fase dell'attività parlamentare». Dunque, con il nostro subemendamento proponiamo di ripristinare integralmente il testo approvato dal Senato, aggiungendo le parole: «in ogni fase dell'attività parlamentare».
Invitiamo quindi l'Assemblea ad esprimere un voto favorevole sul subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.8.202.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 441
Votanti 439
Astenuti 2
Maggioranza 220
Hanno votato
192
Hanno votato
no 247).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 8.202.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, a mio parere, questo emendamento, che reintroduce il diritto ad ogni garanzia per le minoranze, risponde ad un criterio di sano realismo, in quanto il nuovo Senato dovrà continuare a svolgere importanti funzioni legislative, statuendo ad esempio in ordine ai principi generali delle materie contenute nel terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione.
Questi principi generali saranno necessariamente oggetto di valutazioni di natura politica, in quanto vi saranno richiami a sistemi di valore e alle culture politiche.
Quindi, pur sapendo e auspicando che con il passare degli anni il Senato si differenzi in maniera sempre più marcata dalla Camera politica e che, quindi, acquistino sempre più importanza gli interessi, i problemi e le valutazioni legati al territorio, dobbiamo pensare che, perlomeno all'inizio del suo lavoro, il peso della cultura politica resterà prevalente.
È quindi un sano principio di democrazia quello di tutelare le minoranze. Bene ho fatto, insieme alla maggioranza, a specificare il termine plurale «minoranze», abolendo il termine «opposizione», come ha già fatto il Senato, perché certamente quest'ultimo avrà una vita diversa rispetto a questa Camera. Si può però già adesso presumere l'esistenza di minoranze che vanno democraticamente tutelate.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Pacini 8.76, nel testo riformulato, e Elio Vito 8.202, accettati dalla Commissione e dal Governo (Commenti).
Calma, onorevoli colleghi!
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 430
Votanti 428
Astenuti 2
Maggioranza 215
Hanno votato
238
Hanno votato
no 190).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.8.203.25 della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Questa mattina, a seguito del pregevole dibattito svoltosi, il presidente Violante aveva chiesto al sottoscritto, riferendosi al Comitato dei nove, di valutare la possibilità di occuparsi dell'attività di indirizzo e controllo del Parlamento nei confronti del Governo.
Il Comitato dei nove è stato convocato e ha convenuto che questo subemendamento - e mi auguro che tutta l'Assemblea voti in senso favorevole - va incontro a tale esigenza. In fondo, abbiamo costituzionalizzato la parte del regolamento che prevede come le funzioni ispettive di indirizzo e controllo possano essere svolte da tutti i parlamentari, ma in particolare dalle opposizioni e dalle minoranze.
Quindi, mi auguro che il subemendamento sia valutato positivamente affinché l'Assemblea possa approvarlo.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo lo accetta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, il presidente Bruno ha correttamente ricostruito la genesi del subemendamento della Commissione che recita: «I regolamenti parlamentari definiscono gli strumenti e disciplinano le modalità di esercizio della funzione ispettiva, di indirizzo e di controllo nei confronti del Governo e stabiliscono i casi in cui il Governo è tenuto a fornire informazioni anche a richiesta delle opposizioni o delle minoranze». Quindi, esso si collega ad un altro emendamento che afferma che i suddetti regolamenti «stabiliscono altresì i casi nei quali il Governo deve essere comunque rappresentato da un primo ministro o dal ministro competente».
L'augurio espresso dal presidente Bruno è anche il mio, affinché si voti all'unanimità questo subemendamento, originato dall'intervento del presidente Violante di questa mattina.
Le pongo però, da ultimo, una questione, signor Presidente: questo subemendamento si riferisce agli identici emendamenti 8.6, a mia prima firma, e Elio Vito 8.203. Formalmente si collega all'emendamento Elio Vito 8.203, ma il mio emendamento 8.6 che lo precede è ad esso identico e, quindi, dovrebbero essere votati congiuntamente. Le chiedo, pertanto, di riferire questo subemendamento ad entrambi gli emendamenti che ho richiamato.

PRESIDENTE. Sono d'accordo, onorevole Boato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, non intendo ripercorrere i termini della discussione ampia ed interessante svoltasi questa mattina e sollecitata dal gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, in particolare dal suo presidente. È nostra opinione che questo subemendamento recepisce in modo apprezzabile le questioni da noi poste, ovvero l'esigenza di prevedere nella Costituzione il ruolo del Parlamento nei confronti del Governo.
Riteniamo altresì si tratti di una questione centrale per un sistema costituzionale che ha bisogno di essere rinnovato e riformato, ma senza abbandonare la forma di governo parlamentare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Il ministro Calderoli mi sollecita a svolgere un intervento favorevole al lavoro svolto dalla Commissione e accolgo ben volentieri tale sollecitazione!
Abbiamo continuamente ripetuto che l'opposizione esercita una funzione costituzionale, e al riguardo ritengo condivisibile la previsione contenuta nel subemendamento in esame. Mi farebbe piacere che vi fossero analoghi gesti di disponibilità al confronto.
Vi sono posizioni divergenti per quanto riguarda l'ampliamento del quorum per l'elezione di figure istituzionali di garanzia. Ritengo sarebbe importante anche riflettere sull'opportunità di introdurre nuove norme per la verifica della regolarità della composizione della Camera, con l'introduzione di un giudice terzo. Tuttavia, quanto al potenziamento degli strumenti di controllo politico per garantire non solo l'animus oppositus, ma anche la capacità oppositoria, il subemendamento in esame è certamente positivo e deve essere accolto con favore.
Siamo fermamente convinti che, quando si consente all'opposizione di esercitare il proprio ruolo, attraverso principi e procedure costituzionalmente definiti che non siano gabbie che irrigidiscono i comportamenti politici, si compie un passo importante. Infatti, quello che viene definito impropriamente statuto dell'opposizione è in realtà uno statuto di garanzia per i diritti fondamentali dei cittadini.
Non è sufficiente prevedere elezioni ogni cinque anni per poter definire democratico un ordinamento: è importante poter esercitare il proprio potere democratico ogni giorno, ed è ciò che fa l'opposizione in Parlamento, che deve poterlo fare nel migliore dei modi possibili. Ritengo che il subemendamento in esame contribuisca ad andare in questa direzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, non faccio parte della I Commissione né del Comitato dei nove, ma proprio per questo prego i colleghi che ne fanno parte di ascoltarmi.
Mi rivolgo soprattutto ai colleghi del centrosinistra: sono assolutamente contrario al subemendamento in esame. Vedo l'occhio «furbetto» del presidente Donato Bruno, che dà la carota e nasconde il bastone, ma non intendo dargliela vinta!
Il subemendamento in esame, se le parole hanno un significato, contiene due concetti. In virtù del primo, i regolamenti parlamentari definiscono i regolamenti parlamentari: ciò è puramente tautologico, e quindi del tutto sciocco.

DONATO BRUNO, Relatore. Ha sostituito, non è così...!

ALFONSO GIANNI. In virtù del secondo, vengono stabiliti i casi in cui il Governo è tenuto a fornire informazioni anche a richiesta delle opposizioni o delle minoranze.
Signor Presidente, si tratta dunque di un subemendamento che nella prima parte è tautologico e privo di significato, perché già il regolamento della Camera disciplina la funzione ispettiva che, a sua volta, è ricompresa nello spirito e nella lettera della Costituzione. Quanto alla seconda parte, ci troviamo di fronte a una limitazione inaccettabile: si costituzionalizza il fatto che i regolamenti stabiliscono i casi in cui il Governo è tenuto a fornire informazioni. Il Governo è tenuto a fornire informazioni sempre, anche su richiesta di un singolo deputato! L'unica eccezione è contenuta nel regolamento e riguarda le informazioni.
Se uno chiede cosa fa la moglie del principe o del Presidente del Consiglio, è ovvio che il Governo non è tenuto a rispondere, anzi, semmai, è tenuto a dare uno schiaffo al deputato o al gruppo che richiede simili informazioni; ma questa è tutta materia regolamentare-regolamentata e, come lei ben sa, poiché conosce tutte le circolari della Presidenza della Camera, è ampiamente materia di giurisdizione domestica (mi riferisco alle circolari della Presidenza della Camera).
Allora, onorevole Bruno, lei può prendere in giro qualcun altro ma, come le ripeto, la prima parte del subemendamento in esame è tautologica. Testualmente, gliela potrei riproporre in un'equazione matematica. I regolamenti parlamentari definiscono i regolamenti, cioè, X è uguale a X: contenuto 0!
La seconda parte limita le funzioni ispettive del singolo deputato, che non appartengono a minoranze o opposizioni ma sono del singolo parlamentare. Torno a ripeterlo: è una funzione inderogabile del componente dell'organo parlamentare, indipendentemente dal fatto che sia della maggioranza, della minoranza, che stia a metà, che sia trasversale, astronomico o subacqueo. Non ha alcuna importanza! Questo è un diritto costituzionalmente previsto e regolamentarmente già protetto. Se vogliamo migliorare il regolamento della Camera, siamo pronti.
Sulla questione che riguarda la Giunta del regolamento, che si è riunita da 25 anni a questa parte, non sempre con merito, ma si è riunita, vi dico: costituzionalizzare questo è francamente una presa in giro! Noi, per quanto riguarda il gruppo di Rifondazione comunista, non ci stiamo e voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, a me dispiace che il collega Alfonso Gianni parli di presa in giro, anche perché non sarebbe al sottoscritto che andrebbe rivolta questa eventuale considerazione, bensì a tutto il Comitato dei nove.
Se lei, onorevole Alfonso Gianni, non è in condizione di leggere esattamente il testo del subemendamento, mi creda, non me ne posso fare carico io. A proposito dei regolamenti parlamentari, noi eliminiamo la parola «stabiliscono». Il fatto che lei citi due volte questo termine significa che non ha compreso appieno il contenuto del subemendamento, ma ciò non è grave. Quello che è grave è che lei considera sullo stesso livello il regolamento, che qualsiasi maggioranza, ancorché con maggioranze qualificate, può modificare e la norma costituzionale.
Credo che lo sforzo che il Comitato dei nove ha fatto sia stato quello di rendere costituzionale comunque un obbligo che potrebbe essere cambiato in ogni momento.

PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, i rapporti di amicizia personale fra di noi, che posso svelare, sono tali che, francamente, mi portano a ritenere che la precisazione dell'onorevole Bruno non faccia una grinza. Poi, si può anche decidere di non votare o di respingere un emendamento - l'Assemblea è sovrana -, ma che ci sia un vincolo costituzionale, un binario, entro cui i regolamenti si devono muovere mi sembra che, rispetto alle preoccupazioni che sono state avanzate da più parti, non sia una cosa sbagliata.

LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, mi pare che il collega Alfonso Gianni abbia posto un problema diverso. Il problema è se, per caso, attraverso questa formulazione, non venga sufficientemente difeso il diritto del singolo parlamentare. Questa è la questione posta dai colleghi.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Il testo del subemendamento dice: «(...) i casi in cui il Governo è tenuto a fornire informazioni anche a richiesta (...)».
Quindi, non so se oggi pomeriggio vogliamo dilungarci su questo punto.

LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Onorevole Bruno, mi riferisco alla prima parte di ciò che afferma il collega Gianni. I regolamenti parlamentari definiscono gli strumenti e disciplinano le modalità di esercizio della funzione ispettiva, di indirizzo e di controllo. Ciò che affermano alcuni colleghi è che, mentre oggi nella tradizione regolamentare questi sono poteri esercitabili dal singolo parlamentare, in questo modo potrebbe accadere che si limitino i diritti del singolo parlamentare.
È una preoccupazione che i colleghi hanno. In qualche modo, senza irritazione, ritengo che dovremmo rispondere ad una preoccupazione che alcuni colleghi manifestano.
Non so se sia il caso di accantonare l'esame del subemendamento 0.8.203.25 della Commissione, oppure riflettere ulteriormente su come evitare che alcuni colleghi nutrano tali preoccupazioni. Mi pare che lo spirito di questa ipotesi sia di costituzionalizzare alcuni poteri delle Camere nei confronti del Governo. Si tratta di uno spirito condiviso.
È necessario, però, evitare che questa forma di regolamentazione schiacci i diritti dei singoli: si chiede una garanzia anche per il diritto del singolo. Forse, un'ulteriore riflessione ci consentirà di giungere ad una formulazione più adeguata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.

LAURA CIMA. Desidero brevemente riaffermare la mia preoccupazione rispetto ad eventuali limitazioni dei diritti dei singoli parlamentari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Gran parte delle considerazioni che desideravo svolgere sono già state esposte dal collega Alfonso Gianni. Mi limiterò, pertanto, a sottolineare che, nell'attuale Costituzione italiana, non esiste una disciplina del potere di sindacato ispettivo dei gruppi e di ogni singolo parlamentare. E ciò non a caso!
Una rapida consultazione delle Costituzioni europee, da quella tedesca e quella francese, ci consente di notare l'assenza dai testi costituzionali di tali previsioni. La ragione di ciò è storica: i Parlamenti nascono per sindacare l'esecutivo, per esercitare un controllo su di esso. È questa l'essenza del Parlamento!
Infatti, nella nostra Costituzione non è presente un articolo che definisce i poteri ispettivi del singolo parlamentare. Nel momento in cui voi - a mio avviso, sciaguratamente - vi avventurate nel demandare ad un regolamento della Camera la definizione, i casi, i limiti ed il contenuto del sindacato ispettivo, introducete un vulnus gravissimo all'essenza del Parlamento, non solo del singolo parlamentare. Da una rapida consultazione delle 15 Costituzioni dei paesi più avanzati non troverete una disciplina di questo tipo. La ragione alla base di ciò è storica ed essenziale.
Ho notato che tutte le volte in cui, in sede di elaborazione legislativa, di partecipazione di ogni singolo deputato al processo di formazione delle leggi, il regolamento è intervenuto proprio per limitare i diritti dei deputati...

PRESIDENTE. Onorevole Soda, la invito a concludere.

ANTONIO SODA. Vede, signor Presidente, questo scampanellio non le sarebbe consentito se non ci fosse un regolamento che ha compresso i diritti dei deputati (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

TOMMASO FOTI. Lo hai votato tu quel regolamento!

ANTONIO SODA. Avete già compresso i diritti dei deputati nei dibattiti sulle leggi; se ora comprimerete le capacità di esercizio del sindacato ispettivo, il Parlamento si spezzerà!
Al di là della formula scelta, sia essa il parlamentarismo o il premierato (si tratta di astrattezze), questa problematica specifica riguarda le funzioni e l'essenza del Parlamento! Comprendo che il Comitato dei nove ha avuto le migliori intenzioni, ma rischiamo di prendere una cantonata che sarebbe meglio evitare (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Il presidente Violante, prima, e il presidente Castagnetti, poi, hanno posto stamane una questione che, francamente, esula dal tema specifico posto dall'argomento e dalle proposte emendative che stiamo ora esaminando.
Con la questione posta si intende richiamare l'attenzione sul rischio che, in un modello fortemente presidenziale e maggioritario, la dialettica tra maggioranza e opposizione sia incentrata internamente al Parlamento quando, invece, la Costituzione dovrebbe più propriamente garantirla sul fronte dei rapporti tra Parlamento e Governo. Il rischio è tanto maggiore se tale dialettica sarà personalizzata e semplificata tra due soggetti, il capo della maggioranza e quello dell'opposizione; quindi, con la maggioranza collegata al premier ed al Governo e l'opposizione sul versante opposto.
Prendo atto che il Comitato dei nove ha cercato di fornire una risposta, ma la stessa deve affermare un principio, non può essere una risposta regolamentare. Se la risposta è che i parlamentari hanno il diritto di esercitare la funzione ispettiva e di ricevere informazioni, se i gruppi di opposizione hanno il diritto di esercitare la funzione di controllo e di ottenere una risposta dal Governo, l'affermazione di un principio e di un diritto risponde all'esigenza posta durante il dibattito.
Signor Presidente, la questione è più grande di quello che sembra. Se in un altro passaggio della riforma (lei lo ricorderà) si prevede la possibilità per il Capo del Governo di sciogliere il Parlamento, ora il tema non riguarda i regolamenti parlamentari, ma il rapporto tra Parlamento e Governo. Se proprio vogliamo fare una previsione - in qualche modo il collega Soda aveva ragione -, ritengo che la proposta in esame vada riformulata nel senso di riconoscere un diritto e non di rinviare ai regolamenti parlamentari. Credo che ciò debba essere fatto, ma fatto bene.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, ho consultato i colleghi del Comitato dei nove. Abbiamo riflettuto sulle considerazioni del presidente Violante e abbiamo registrato alcuni dubbi che non ci tranquillizzano come Commissione.
Per questo motivo, ritira il subemendamento 0.8.203.25 della Commissione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Onorevoli colleghi, sono presenti in tribuna il Presidente della Camera dei deputati della Repubblica del Cile, il collega Pablo Lorenzini Basso, ed il ministro degli esteri (Applausi). Salutiamo, in particolare, il Presidente Lorenzini, perché, come voi sapete, è un Presidente di Parlamento di origine italiana, quindi, siamo particolarmente legati a lui (Applausi).
Passiamo alla votazione del subemendamento Boccia 0.8.203.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, il nostro gruppo esprimerà un voto favorevole sul subemendamento Boccia 0.8.203.1 - che chiedo di sottoscrivere - presentato agli identici emendamenti Boato 8.6 ed Elio Vito 8.203, che recitano: «I regolamenti parlamentari stabiliscono i casi nei quali il Governo deve essere comunque rappresentato dal Primo ministro o dal Ministro competente».
È un peccato che la questione posta - ed è bene che tale previsione sia inserita in Costituzione - sia già presente negli attuali regolamenti parlamentari. Infatti, l'articolo 135-bis del regolamento della Camera individua le situazioni nelle quali il primo ministro o il vice primo ministro devono obbligatoriamente essere presenti o nelle quali devono essere presenti i ministri competenti.
L'articolo 135-bis del nostro regolamento prevede che, per due volte al mese, alle interrogazioni a risposta immediata devono rispondere il Presidente del Consiglio o il Vicepresidente del Consiglio dei ministri.
Ringrazio veramente l'onorevole Elio Vito per aver voluto portare addirittura all'interno della Costituzione tale disposizione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 17,35).

PIERO RUZZANTE. Noi ci accontenteremmo anche solo di una effettiva applicazione dell'articolo 135-bis del regolamento della Camera dei deputati; basterebbe applicarlo e non sarebbe necessario costituzionalizzarlo. Ormai, sono novantatre le sedute durante le quali si sono tenuti i question time, in diretta televisiva, tutti i mercoledì; ma solo cinque volte abbiamo avuto l'onore di avere la presenza del Vicepresidente del Consiglio, onorevole Fini. Mai si è osservato il regolamento, nonostante il Presidente della Camera dei deputati abbia inviato alcune missive al Presidente del Consiglio, lamentando proprio la mancanza di osservanza del suddetto articolo. Si tratta, invero, di una mancanza di rispetto nei confronti tutti i parlamentari assisi su questi scranni.
L'articolo 135-bis interviene anche sulla materia normata dagli identici emendamenti Elio Vito 8.203 e Boato 8.6, disciplinando i casi in cui è obbligatoria la presenza dei ministri competenti. L'articolo 135-bis prevede che, a differenza delle normali interrogazioni, per quelle a risposta immediata, debbano essere presenti il ministro o i ministri competenti per materia. Vorrei ricordare solo quanto avvenuto, fatta eccezione per quella odierna, nelle ultime due sedute di question time; ebbene, su otto interrogazioni a risposta immediata presentate da tutti i gruppi, a sette ha risposto il ministro Giovanardi, sostituendo i ministri competenti che non erano presenti in Assemblea.
Dunque, intervengo non solo per sostenere l'emendamento Boccia 8.6 e per sottoscriverlo, ma anche per porre il tema nei confronti della Presidenza della Camera e del Governo, affinché sia applicato e rispettato il regolamento già vigente in questa legislatura, regolamento che i Governi di centrosinistra hanno rispettato. Su cento question time della passata legislatura, in 50 occasioni sono intervenuti il Presidente del Consiglio o il Vicepresidente del Consiglio. Inoltre, sulle 50 rimanenti sedute, ad una sola interrogazione a risposta immediata, e non a 300 - come avvenuto in questa legislatura -, ha risposto un ministro diverso da quello competente.

PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, la prego...


Pag. 77


PIERO RUZZANTE. Questa è la differenza. Dunque, prima di prevedere la riforma della Costituzione, cari colleghi della maggioranza e cari colleghi del Governo, imparate a rispettare il regolamento già vigente in questa Camera (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Il collega Ruzzante ha già sottolineato che quanto si propone di inserire in Costituzione è già previsto dal regolamento; noi siamo contrari a trasferire in Costituzione disposizioni che invece devono continuare ad essere contenute nei regolamenti parlamentari. Diversamente, dovremmo ricorrere alla Corte costituzionale ogni volta che il ministro Giovanardi non viene a rispondere in Assemblea. Pertanto, preannuncio il voto contrario del mio gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, ho presentato il subemendamento 0.8.203.1, apparentemente formale, per rafforzare una previsione che maggioranza ed opposizione avevano deciso di proporre all'Assemblea; infatti, gli identici emendamenti Boato 8.6 ed Elio Vito 8.203 sono firmati praticamente da tutti i gruppi. Si tratta di prevedere i casi nei quali il Governo deve essere «comunque» rappresentato dal primo ministro e dal ministro competente.
Però, signor Presidente, l'esigenza si è rappresentata come non mai proprio nella discussione svolta precedentemente; anzi, con il ritiro da parte del presidente Bruno della proposta emendativa della Commissione abbiamo ricevuto proprio la dimostrazione di come una maggioranza parlamentare, in maniera poco dialogante (uso questa espressione), possa troncare una discussione ed affermare una propria volontà.
La questione è proprio questa: perché prevediamo nel regolamento della Camera la possibilità - e qualche volta il dovere, come nel caso poc'anzi ricordato dal collega Ruzzante - della presenza del primo ministro, o del vice primo ministro o dei ministri al question time? Il nostro regolamento prevede l'obbligo della loro presenza. Che senso ha, dunque, fare tali previsioni nel regolamento, quando, poi, vi è un primo ministro che, in maniera pervicace, si rifiuta di sottostare agli obblighi che lo stesso regolamento della Camera gli impone?
Nel momento in cui si presenta la possibilità di costituzionalizzare un principio - allo stesso modo in cui si presentava, in precedenza, la possibilità di costituzionalizzare il diritto dei parlamentari e, quindi, anche delle opposizioni e delle minoranze, di svolgere l'attività ispettiva - la annacquiamo con un «comunque», che dice e non dice, lasciando la possibilità al primo ministro ed al vice primo ministro di continuare a fare ciò che già stanno facendo. Allora, l'«obbligatoriamente» non risolve il problema, perché un primo ministro che voglia essere inadempiente lo può essere comunque. Allo stesso modo in cui ho già sostenuto la necessità di affermare il diritto - non le modalità -, ora sostengo la necessità di affermare un obbligo e di non limitarsi ad un «comunque».
Certo, con un regolamento non risolveremo i problemi (anche su tale aspetto vi è, infatti, il rinvio al regolamento), ma poiché lo costituzionalizziamo, e spetta a noi costituenti farlo, cerchiamo almeno di ottenere che i nostri diritti siano scritti in maniera categorica e forte; altrimenti è chiaro che lasciamo al regolamento la possibilità di essere più tenue ed al primo ministro di non rispettarlo.
Per il resto, sottoscrivo ciò che ha detto il collega Ruzzante, che dall'inizio della legislatura, ancor più di me, sta conducendo una battaglia affinché il Presidente Berlusconi venga a rispondere al question time, e sottolineo come ciò sia l'esempio del fatto che noi dovremmo essere più rigorosi in questa previsione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.8.203.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 425
Astenuti 6
Maggioranza 213
Hanno votato
173
Hanno votato
no 252).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Boato 8.6 ed Elio Vito 8.203.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, voteremo a favore di questi emendamenti, pur comprendendo le ragioni di quanti ritengono che la materia dovrebbe essere propria dello strumento del regolamento parlamentare, e non della Costituzione. É anche vero, d'altro lato, che in un sistema maggioritario alcuni elementi di garanzia debbono essere anche previsti nell'ambito della Carta costituzionale.
Questo è uno dei casi in cui noi riteniamo sia giusta e corretta tale impostazione. Abbiamo presentato l'emendamento Boato 8.6; successivamente è stato presentato anche l'emendamento Elio Vito 8.203.
Ribadisco i concetti che ho già espresso in precedenza, visto che altri colleghi della maggioranza non sono intervenuti sul punto. Ritengo che l'emendamento Elio Vito 8.203, presentato dalla maggioranza parlamentare, non solo sia impegnativo quando la Costituzione frutto di questa riforma entrerà in vigore - fra molto tempo, dopo il referendum confermativo -, ma rappresenti anche un impegno immediato.
Ciò alla luce di quanto affermato in aula dal ministro per i rapporti con il Parlamento, Giovanardi, interrogato sul motivo per cui il Presidente del Consiglio non rispetta il regolamento, di cui tutti noi ci siamo dotati come elemento di garanzia della maggioranza e dell'opposizione.
Il ministro Giovanardi ha, infatti, risposto ad una nostra interrogazione a risposta immediata, in cui chiedevamo il motivo per cui il Presidente del Consiglio è il primo a dare il cattivo esempio, non rispettando il nostro regolamento, regolamento che noi, come deputati dell'opposizione, rispettiamo - come ricordava prima il collega Soda - quando il Presidente ci richiama suonando il campanello o quando i tempi sono contingentati, come in questo dibattito sulle riforme costituzionali. Noi rispettiamo il nostro regolamento; chi non lo rispetta è il capo della maggioranza, è il Presidente del Consiglio, che per 93 volte non ha trovato tre minuti per venire in aula a dare delle risposte (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

DONATO BRUNO, Relatore. Parla delle riforme!

PIERO RUZZANTE. È anche un diritto dei deputati della maggioranza, e non solo di quelli dell'opposizione, interrogare il Presidente del Consiglio.
Allora, riteniamo che la presentazione dell'emendamento Elio Vito 8.203 da parte di tutti i presidenti di gruppo della maggioranza sia impegnativo, visto che gli impegni non sono stati rispettati. Mi riferisco agli impegni assunti dal ministro Giovanardi il quale, rispondendo ad una nostra interrogazione a risposta immediata, aveva dichiarato che entro poche settimane il primo ministro, Presidente del Consiglio Berlusconi, sarebbe venuto in Assemblea per rispondere alle interrogazioni a risposta immediata. Sono passate 40 settimane da quella dichiarazione del ministro Giovanardi (Commenti del deputato Rizzi)!
Allora, crediamo che vada portato rispetto non nei confronti - badate bene - dei gruppi dell'opposizione, non nei confronti di chi ha rivolto quel quesito in quest'aula, ma nei confronti di tutta l'Assemblea e del Presidente della Camera, che più volte ha sollecitato il Presidente del Consiglio a venire in Assemblea.
Chiediamo che l'impegno che i presidenti di gruppo della maggioranza hanno assunto firmando tale emendamento sia rispettato a partire dalla prossima settimana: chiediamo ufficialmente che alle interrogazioni a risposta immediata venga a rispondere il premier (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire a titolo personale, perché esprimerò un voto contrario su questi identici emendamenti. Il collega Ruzzante mi ha convinto: egli ha svolto due interventi, l'uno in antitesi all'altro. Non vorrei - e rivolgo un invito a tutti i colleghi della maggioranza - che ciò che oggi viene più volte definito in Assemblea come un dispregio al regolamento possa diventare, domani, un dispregio alla Costituzione.
Quindi, visto che già esiste una previsione in tal senso nel regolamento, lasciamo nel regolamento questa norma e rispettiamo altre disposizioni inserite nella Costituzione, considerato anche che il centrosinistra si deve mettere d'accordo su ciò che intende sostenere.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 8.6 ed Elio Vito 8.203, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 435
Votanti 428
Astenuti 7
Maggioranza 215
Hanno votato
417
Hanno votato
no 11).

Riprendiamo l'esame dell'emendamento Mascia 8.4, precedentemente accantonato.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, ho consultato i membri del Comitato dei nove: modificando il parere precedentemente espresso, per quanto riguarda l'emendamento Mascia 8.4, il parere della Commissione è favorevole. Rimane contrario il parere sugli emendamenti Perrotta 8.75 e Taormina 8.72, ma credo che questi ultimi sarebbero preclusi dall'eventuale approvazione dell'emendamento Mascia 8.4.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il Governo concorda con il relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 8.4, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 452
Votanti 448
Astenuti 4
Maggioranza 225
Hanno votato
446
Hanno votato
no 2).

Avverto che sono preclusi gli emendamenti Perrotta 8.75 e Taormina 8.72.
Passiamo alla votazione dell'articolo 8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

ANTONELLO CABRAS. Noi voteremo contro questo articolo. Gli argomenti che sono stati sviluppati nel corso della lunga discussione iniziata questa mattina (nella quale, a dire la verità, si sono confrontate due posizioni molto chiare rispetto al ruolo che il Parlamento dovrebbe svolgere in un contesto nel quale si rafforzano la funzione del Governo e quella del primo ministro e che ha visto una partecipazione dei presidenti di gruppo e di altri colleghi, che hanno ricordato il ruolo dei partiti e il fatto che l'Italia è un paese a democrazia bipartitica e che, quindi, non possiamo importare modelli di altri paesi) hanno trovato un terreno favorevole di discussione, perché, in realtà, parliamo senza avere chiaro, neanche nella maggioranza, come debba concludersi questa ormai più che decennale fase di transizione nel nostro paese.
Infatti, se avessimo discusso dei regolamenti parlamentari, essendo tutti consapevoli e condividendo tutti un chiaro sistema bipolare, accanto al quale c'è una legge elettorale chiara e precisa che regola l'elezione della Camera politica e che favorisce l'alternanza degli schieramenti al Governo, se non avessimo dubbi su tutto questo e se non dovessimo discutere nelle prossime ore e nei prossimi giorni di come evitare i ribaltoni parlamentari (perché, se ne discutiamo, è perché evidentemente non abbiamo ancora raggiunto una condivisione precisa e chiara su quale debba essere il modello), non continueremmo ad interrogarci guardando al passato.
Mi permetto di richiamare l'attenzione di quanti sono intervenuti anche questa mattina. Si tratta di un passato di cinquant'anni nel quale non si è mai conosciuta l'alternanza di Governo in questo paese. Quindi, quando ci occupiamo del passato e di come ha funzionato il Parlamento nel passato, non possiamo omettere di sottolineare che quel passato stava in un sistema politico che virtuosamente non garantiva un'alternanza al Governo del paese.
Pertanto, mi permetto di dire che, parlando di modifica della Costituzione e cercando di indovinare la soluzione, quale sia il modello giusto e il giusto equilibrio fra il Governo e il Parlamento, non possiamo dimenticare che anche il sistema politico deve rinnovarsi. Esso deve andare verso un modello funzionante e virtuoso come quello degli altri paesi, che spesso citiamo nei nostri dibattiti, dimenticando però che ci sono grandi differenze fra la storia democratica di questo paese e quella degli altri paesi ai quali ci riferiamo.
Allora, penso che continueremo a commettere degli errori. Avremo dei modelli imperfetti, se non guardiamo definitivamente al futuro, ossia al fatto che dobbiamo modificare, innovandola, la nostra Costituzione, e se non pensiamo anche che il sistema politico del nostro paese deve fare passi in avanti e che deve essere innovato. Si deve avere chiaro, quindi, un modello di rapporti tra il Parlamento e il Governo che sia proiettato verso il futuro, anziché guardare un giorno al futuro e il giorno dopo al passato.
Penso che nella discussione che abbiamo sviluppato finora questo elemento di contraddizione sia stato presente e, probabilmente, sia anche la causa delle insufficienze, delle contraddizioni e delle incertezze che sono ancora presenti nelle proposte che stiamo presentando.
Per questa ragione, voteremo contro l'articolo in esame, che contiene grandi incertezze ed insufficienze. La nostra Costituzione ha bisogno di discussione e di approfondimento per essere modificata in modo migliore, come tutti pensiamo debba essere (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, anche il gruppo di Rifondazione comunista voterà contro l'articolo 8, pur prendendo atto dei miglioramenti che vi sono stati rispetto al testo licenziato dal Senato ed a quello licenziato dalla I Commissione. I miglioramenti sono derivati dall'approvazione di nostri emendamenti e dal ritiro di emendamenti sicuramente «pericolosi» per la nostra democrazia e la rappresentanza di tutte le opposizioni, di tutti coloro che non condividono la politica della maggioranza.
Votiamo contro perché sono rimasti, però, punti focali che ci preoccupano fortemente. La discussione e la votazione di questo articolo avviene in un contesto complessivo in cui la cultura politica ed istituzionale è fortemente condizionata e, a nostro avviso, fortemente degradata a seguito della sciagurata approvazione del sistema elettorale tendenzialmente maggioritario, che di fatto ha già modificato in gran parte la Costituzione materiale. Tale sistema non solo non ha prodotto una semplificazione del sistema politico, ma ha anche eliminato un effettivo pluralismo, che è alla base di ogni democrazia, costringendo molti di noi alla formazione di coalizioni di maggioranza o di minoranza fortemente disomogenee al loro interno.
In tale quadro, i partiti, strumenti fondamentali di democrazia - come prevede l'articolo 49 della Costituzione secondo cui «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale» - sono ormai ridotti a macchine elettorali, costretti a contingenti, spesso non nobili, mediazioni. Oggi, con l'articolo in esame, si vuole costituzionalizzare una situazione che ci preoccupa. Vi sono pericoli forti, che non possiamo accettare, rispetto alla partecipazione democratica, al principio di uguaglianza e, soprattutto, di rappresentanza popolare.
In particolare, l'articolo 8 favorisce le regioni più grandi ed economicamente più forti. Permette inoltre ai rappresentanti di alcune regioni di bloccare totalmente i lavori del Senato (mi riferisco al quarto comma che modifica l'articolo 64 della Costituzione). Per fortuna, è stato eliminato il principio di porre in Costituzione la figura del capo dell'opposizione, che avrebbe inciso profondamente sul pluralismo delle opposizioni e sull'articolo 67 della Costituzione per cui «Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato».
Di fronte a tale situazione, pur apprezzando le modifiche migliorative rispetto al testo originario, voteremo contro, convinti che, se venisse approvato questo articolo, creeremmo un vulnus ulteriore nel nostro sistema democratico (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, molto opportunamente l'onorevole Cabras ci invitava a guardare al futuro. Troppe volte nella nostra discussione abbiamo la testa rivolta al passato. Ciò ci induce ad assumere comportamenti non coerenti con quanto è accaduto nel corso della nostra più recente storia politica.
Guardare al futuro significa riconoscere che nel corso degli ultimi decenni il sistema maggioritario ha cambiato la politica in questo paese. Il sistema maggioritario ha squilibrato i sistemi di garanzia e la previsione delle garanzie, che la Costituzione del 1948 aveva immaginato. Questa, infatti, aveva prefigurato strumenti di garanzia in Parlamenti eletti con il sistema proporzionale. Non aveva previsto la straordinaria potenzialità, che gli strumenti di comunicazione di massa avrebbero potuto garantire, o non garantire, ai fini alla serenità e della democraticità del confronto politico. Quella del 1948 è una Costituzione che ha tantissimi meriti, ma non poteva avere anche quello di immaginare un futuro diverso da quello che si stava scrivendo in quel momento.
Per questo sarebbe stato importante cogliere questa occasione per riconoscere in Costituzione, in maniera seria e ragionevole, il ruolo delle opposizioni. Ad ogni modo, è stato importante eliminare l'ingessatura che la definizione di un capo dell'opposizione cercava artatamente di inserire nelle nostre regole costituzionali. Ma se questo è stato positivo, sono però mancati tanti altri aspetti, che invece avrebbero consentito di fare un ragionamento davvero serio sul riconoscimento in Costituzione del ruolo delle opposizioni. L'opposizione, a mio modo di vedere, esercita e deve esercitare, assolve e deve assolvere, ad una funzione costituzionale, che pertanto deve essere garantita. Per questo sarebbe stato opportuno affrontare, in maniera seria, una serie di questioni, come l'ampliamento dei quorum per l'elezione di figure e istituzioni di garanzia, a cominciare dai Presidenti delle Assemblee parlamentari. Non ripeterò quanto abbiamo detto per il Senato federale, che finisce con l'essere prigioniero della volontà delle regioni più grandi, qualora queste decidessero di unificarsi, a tutto svantaggio delle altre regioni più piccole.
Sarebbe stato opportuno introdurre nuove disposizioni per verificare la regolarità della composizione della Camera; vedremo comunque se, nel prosieguo del dibattito, la maggioranza accoglierà nostre proposte emendative in tal senso. Sarebbe stato opportuno, ma non siamo riusciti a farlo convenientemente, potenziare gli strumenti di controllo politico, per garantire - lo ripeto ancora una volta - non solo l'animus oppositus, ma anche la capacità oppositoria. Essere opposizione a parole, essere opposizione politica, senza poi avere strumenti costituzionali, che garantiscano l'esercizio di tale opposizione, è un errore grave, ma noi non siamo stati capaci di correggere questa impostazione.
Quando si parla di statuto di garanzie per l'opposizione, si utilizza, a mio modo di vedere - l'ho detto prima, lo ripeto adesso -, una formula sbagliata. Noi dobbiamo costruire uno statuto di garanzia per i diritti fondamentali dei cittadini. Esposito ha scritto una pagina memorabile a questo proposito. Egli diceva che il contenuto della democrazia non è che il popolo costituisca la fonte storica o ideale del potere, ma che abbia il potere. Allora, come è pensabile che il popolo possa esercitare il proprio potere, in un sistema maggioritario, con un Governo rafforzato, se l'opposizione non è in grado di esercitare, giorno dopo giorno, iniziativa legislativa dopo iniziativa legislativa, la propria funzione di controllo, la propria funzione ispettiva, la propria funzione di verifica dell'azione di Governo e la propria funzione conoscitiva? È questo che non siamo stati capaci di mettere in Costituzione e ciò costituisce un grave limite politico, culturale e costituzionale.
Credo sia pericoloso immaginare che votare ogni cinque anni esaurisca la capacità democratica di un paese...

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, la invito a concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. Bisogna poter esercitare il proprio potere democratico ogni giorno. Perché ciò possa essere fatto, vi è bisogno di un Governo forte, di una maggioranza forte, ma anche di un'opposizione forte. Noi invece, con questo articolo, abbiamo fatto tutt'altro (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, purtroppo, siamo figli di un Dio minore; noi di destra non siamo politicamente corretti, per cui, qualunque cosa si faccia, è sbagliata per principio, anche quando rischiamo di fare ciò che l'opposizione ci chiede! Un ultimo esempio è quello della soppressione della previsione della figura del capo dell'opposizione. Era una norma che era stata chiesta dalla sinistra al Senato e poi alla Camera, con fare schizofrenico, ci si chiede di eliminarla. Era una norma a cui noi del gruppo di Alleanza nazionale eravamo affezionati. Abbiamo votato compattamente insieme alla Casa delle libertà per dovere di coalizione, ma, sostanzialmente, riteniamo che aver abolito la figura del capo dell'opposizione sia un arretramento, perché non accediamo al suggestivo, ma sofisticato ragionamento dell'onorevole Violante.
L'onorevole Violante mi pare abbia confuso il sistema presidenziale con quello parlamentare, perché è fin troppo logico che, in un sistema presidenziale, come quello degli Stati Uniti, il Presidente abbia poteri forti e li eserciti, mentre il Parlamento ha poteri altrettanto forti che esercita, anche, quando ciò dovesse occorrere, in contrapposizione al Presidente. Ma in un sistema parlamentare, inevitabilmente, nelle Camere ci si divide tra maggioranza e opposizione.
Un tempo ci si divideva tra maggioranza ed opposizione sulla base di coalizioni che si formavano all'interno del Parlamento, a prescindere dalla volontà dell'elettore. Oggi, grazie al cielo, le maggioranze di coalizione si costituiscono prima e si spiega prima all'elettore cosa si vuole. Quindi, ci troviamo di fronte ad un sistema maggioritario e bipolare e, pertanto, è fin troppo ovvio che bisogna garantire chi, in campagna elettorale prima e all'interno del Parlamento poi, ha rappresentato le istanze di quella quota di elettorato che poi si è trovato ad essere all'opposizione. Pertanto, chi non rappresenta quell'elettorato ha il dovere di controllare, di essere il contraltare del primo ministro.
Ecco perché pensiamo che sia stato compiuto un passo indietro.
Tornando al nostro articolato, ancora una volta dalle opposizioni non è pervenuta alcuna proposta alternativa.
L'unica proposta realmente diversa dalle nostre, in ordine alle garanzie delle opposizioni, è pervenuta dall'onorevole Mantini che, a sua volta, l'aveva copiata da un testo politicamente corretto, dal «Vangelo secondo l'Ulivo», scritto dall'«apostolo» D'Alema. In quel periodo storico, vi era anche il bipolarismo ed il maggioritario e non furono previste quelle garanzie che noi oggi introduciamo e che a voi sembrano deboli. Intanto, registriamo di aver compiuto un grande passo in avanti rispetto al vostro testo e di aver reso un servizio agli italiani, al Parlamento ed alle opposizioni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 400
Votanti 395
Astenuti 5
Maggioranza 198
Hanno votato
235
Hanno votato
no 160).

Prendo atto che gli onorevoli Lezza e Volontè non sono riusciti a votare. Prendo, altresì, atto che l'onorevole Cima non è riuscita a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, dovremmo adesso procedere all'esame dell'articolo 9, a cui sono stati presentati due identici emendanenti soppressivi, ma rilevo che l'articolo 65, come modificato dall'articolo 9 (il cui testo prevede di sostituire il primo comma dell'articolo 65 della Costituzione), differisce dal testo vigente, in quanto precisa la procedura di approvazione della legge cui rimanda.
In questo caso appare pertanto opportuno procedere all'accantonamento dell'articolo fino all'approvazione dell'articolo 13, che disciplina l'articolo 70 della Costituzione. Le sarei quindi grato Presidente, se potessimo accantonarlo e passare all'esame dell'articolo 10.

PRESIDENTE. Avverto che, non essendovi obiezioni, l'esame dell'articolo 9 e degli emendamenti ad esso riferiti deve intendersi accantonato.

 

(Esame dell'articolo 11 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 5).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini.

PIERLUIGI MANTINI. L'articolo 11 pone delle questioni che ci interrogano anche da un punto di vista culturale, dato che tale articolo riguarda il divieto di mandato imperativo, in base al quale ogni deputato e ogni senatore rappresenta la nazione e la Repubblica ed esercita le proprie funzioni senza vincolo di mandato.
Anche questo principio, consolidato nel nostro ordinamento costituzionale, andrebbe riconsiderato alla luce del bicameralismo perfetto e quindi alla luce della istituzione ed introduzione del Senato federale. La prima riflessione, che credo vada fatta, è che secondo uno schema - neanche poi così scolastico - il senatore, cioè chi rappresenta il territorio nella Camera federale, non dovrebbe di per sé esprimere il mandato nei confronti della nazione, ma dovrebbe rappresentare forse più chiaramente il territorio che lo elegge.
Non si è avuta la chiarezza di idee e la forza di affermarlo nella Costituzione, come sarebbe stato del tutto logico, e non si è avuta per le ragioni che abbiamo già ampiamente illustrato; questa riforma, infatti, sul punto del Senato federale e della correzione del bicameralismo perfetto è una riforma che non dirò che non ha un idealtypus, ma che è priva di qualunque modello di riferimento non solo straniero, di diritto costituzionale comparato, ma anche di qualunque riferimento logico.
Abbiamo creato un Senato federale che di federale non ha assolutamente nulla; l'abbiamo detto, ripetuto e visto nel meccanismo delle elezioni, nella composizione del Senato, lo vedremo ancora una volta quando esamineremo le competenze legislative del Senato.
Il punto critico non è solo questo: la riflessione va fatta anche con riferimento ai deputati, quindi alla necessità di una rilettura del ruolo della Camera politica nel nuovo assetto costituzionale; e quindi una rilettura anche del principio di rappresentanza che, secondo il testo proposto dalla maggioranza, è quello che poc'anzi riferivo, cioè il fatto che ogni deputato e senatore rappresentano la nazione e la Repubblica. Questa espressione è sicuramente discutibile, e credo che andrà discussa serenamente con un dibattito all'altezza del tema; abbiamo indicato una formula diversa, cioè la formula secondo cui il deputato o il senatore rappresentano la nazione e non la Repubblica.
È una formula assolutamente semplice, comprensibile, anche risalente alla dottrina costituzionale, dove la nazione è un prius rispetto all'ordinamento statuale ed è del tutto ovvio che i parlamentari rappresentino, in particolare i deputati nella Camera politica, la nazione più che la Repubblica.
Voglio però soffermarmi sulle ragioni, facendo credito alla proposta proveniente dalla maggioranza, che uniscono alla rappresentanza della nazione anche quella della Repubblica; e voglio riflettere con voi sul significato di questa endiade nazione-Repubblica: secondo il testo della maggioranza, i deputati rappresentano la nazione e la Repubblica. Devo dedurne, poiché anche la discussione sulle forme istituzionali ha un certo tasso di storicità e anche di convenzionalità, che l'orientamento, attraverso il testo che ci viene proposto dalla maggioranza, tenda a volere esaltare il ruolo del Parlamento, come soggetto che esprime lo Stato-ordinamento, cioè come soggetto che in qualche modo, avendo la rappresentanza dell'intera Repubblica, rappresenta anche gli altri soggetti quali ordinamenti generali: le regioni, le province, i comuni e le città metropolitane.
Abbiamo ritenuto in modo condiviso che i tempi fossero maturi per considerare lo Stato solo uno dei pubblici poteri, e quindi, con le modifiche dell'articolo 114 della Costituzione, di equiparare la soggettività dello Stato a quella dei comuni, province, regioni e città metropolitane.
In un precedente intervento ho già affermato che, personalmente, non ritengo che questa equiparazione costituisca un'equivalenza, nel senso che lo Stato ha pur sempre un ordinamento generale che riguarda tutti i soggetti, quindi anche i comuni, le province e gli enti territoriali.
Tuttavia, il testo che ci viene proposto - se dovessi usare una battuta politica sintetica, forse imprecisa - è antifederale. Lo dico in particolare ai colleghi della Lega: affermando che i deputati e i senatori esprimono la rappresentanza sia della nazione sia della Repubblica si vuole dire che in qualche modo il Parlamento si trova in una posizione di superiorità rispetto alle altre assemblee elettive e che, quindi, effettivamente lo Stato non può essere posto in una posizione di equiparazione, di equivalenza, ma di superiorità. Si tratta di una tesi che, naturalmente, può essere anche discussa; dunque valuteremo anche la coerenza tra il testo ed il contesto, cioè tra gli argomenti che li sostengono.
Si può anche ritenere che il Parlamento non sia soltanto l'Assemblea elettiva dello Stato, ma qualcosa di diverso e che, quindi, i parlamentari, a questo titolo, non rappresentino solo la nazione, ma anche la Repubblica.
Sull'articolo 11 sono stati presentati diversi emendamenti che tendono a reintrodurre sostanzialmente l'immunità parlamentare. Pur rispettando le intenzioni dei proponenti - i colleghi Moroni, Taormina, Saponara ed altri -, non posso non rilevare che la sede è davvero sbagliata. Infatti, il tema dell'immunità parlamentare non può essere affrontato nelle pieghe della riforma costituzionale, che ha un altro assetto e anche altre finalità, quelle cioè di ridisegnare le istituzioni democratiche e parlamentari in modo adeguato ai cambiamenti, al federalismo, al bipolarismo, alla globalizzazione.
Siamo dunque contrari al merito di tali emendamenti, in quanto la reintroduzione di misure relative all'immunità parlamentare, al di là dell'inopportunità politica, riapre una questione che ci vede favorevoli ad un riequilibrio delle garanzie, che giustamente i parlamentari devono avere, e degli altri principi dell'ordinamento. Anche qui si tratta di operare una scelta legislativa in modo equilibrato, e non per ribadire o riaffermare l'assoluta immunità e l'assoluta autodichia del Parlamento. Sarebbe, questa, una formula vista ancora una volta come un privilegio del Palazzo, difficile anche da inserire all'interno del faticoso rapporto, fatto anche di spiegazioni, tra le istituzioni e la società, con cui si alimenta la democrazia.
Tornare all'immunità parlamentare, senza un adeguato dibattito e senza un bilanciamento tra i diversi diritti, è azione profondamente sbagliata, su cui naturalmente anticipo il voto contrario del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo, auspicando al contempo che i firmatari degli emendamenti li ritirino. Faccio riferimento ai criteri di bilanciamento ed equilibrio. Infatti, è naturalmente possibile pensare anche a formule e soluzioni diverse da quelle che ci siamo date e che oggi garantiscono la funzione parlamentare, il diritto di esprimere opinioni connesse a tale funzione. Tali formule proteggono i parlamentari da perquisizioni, ispezioni e restrizioni varie della libertà personale, ma certamente non impediscono l'esercizio dell'azione penale. Credo che, qualora si pensasse a formule diverse, dovremmo rivolgerci a meccanismi che esprimano un certo grado di bilanciamento.
Quando leggo in una proposta emendativa dell'onorevole Saponara all'articolo 11 la riproposizione della facoltà delle Camere di sospendere l'azione penale, potrei forse non scandalizzarmi di per sé. Vorrei però chiedere all'onorevole presentatore - si tratta infatti di una domanda che il paese si pone - cosa succederebbe nel caso in cui il parlamentare venisse rieletto più volte. Non è un caso che pongo soltanto io, visto che è stato sollevato anche dalla Corte costituzionale a proposito del cosiddetto «lodo Cirami»; pertanto, si rende necessaria una risposta. Infatti, qualora intervenisse l'elezione e successivamente la rielezione, magari stimolata anche dal problema di giustizia penale del parlamentare, si avrebbe la sostanziale impossibilità di esercitare l'azione penale.
Anche in tale materia, il tema delle garanzie, dell'equilibrio e delle soluzioni trasparenti è un aspetto di assoluta importanza, che però non riuscite a porre in maniera corretta, presi come siete dalla smania che, purtroppo, ha già fatto danni all'inizio di questa legislatura e che poteva essere certamente impiegata in maniera più virtuosa, a favore di riforme per l'efficienza della giustizia.
Pertanto, confermo la contrarietà a questi emendamenti e l'interesse del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo al dibattito su un punto relativo alla rappresentanza della nazione e della Repubblica - che magari può apparire accademico, culturale e di scarso rilievo politico -, a patto che sia sviluppato in maniera coerente con le finalità di questa riforma, che a mio avviso avete smarrito, tanto che il paese fa fatica ad identificarle.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei occuparmi in particolare delle proposte emendative che riguardano l'articolo 11-bis, con particolare riferimento alla sostanziale modifica dell'articolo 68 della Costituzione in tema di insindacabilità e, in generale, di immunità.
Ho letto attentamente tali proposte emendative che incidono, come del resto i proponenti sanno, in maniera fondamentale su uno dei valori fondanti della nostra Costituzione, in relazione allo status del parlamentare. Francamente, mi auguro - e qui risiede la vera sostanza del mio invito - che queste proposte emendative vengano ritirate. Infatti, se così non dovesse essere, i proponenti dovrebbero rendersi conto dell'imponenza della materia che affrontano.
Si tratta di una materia che incide non soltanto sulla condizione del parlamentare nell'ambito dello Stato democratico e della rappresentanza democratica, ma anche su una serie di altri istituti riguardanti, ad esempio, l'officialità e l'esercizio dell'azione penale e l'autonomia dell'attività processuale relativa all'approfondimento di determinati fatti illeciti commessi da un parlamentare.
Ricordo che, non più tardi dell'anno scorso, abbiamo lungamente affrontato tale materia in sede di esame della legge n. 140 del 2003, con una discussione ampia sia nella I Commissione sia in Assemblea e con uno spirito di notevole convergenza. Si tratta di una legge di derivazione costituzionale, che si collega direttamente alla riforma costituzionale del 1993, con la quale venne espunto dall'articolo 68 il riferimento all'autorizzazione a procedere, con una decisione unanime del Parlamento, nota a tutti. Dopo tale revisione costituzionale, vi sono stati numerosi interventi normativi da parte dei Governi che si sono succeduti, quando era possibile la reiterazione dei decreti-legge (ne furono emanati ben 17), tendenti a dare attuazione al nuovo testo dell'articolo 68, anche in conformità alle decisioni della Corte costituzionale in materia di insindacabilità, di autorizzazione all'arresto, alla perquisizione, all'intercettazione, al sequestro di corrispondenza, e via dicendo. Questa Camera, in tale sede, non si è mai occupata delle materie che oggi vengono riproposte dagli importanti articoli aggiuntivi presentati dalla collega Moroni e dai colleghi Saponara e Taormina.
Ritengo che si debba tenere conto del lavoro compiuto, in modo peraltro sostanzialmente concorde, anche se la legge suscita possibilità di interpretazioni diverse, ad esempio sulla definizione dell'esercizio della funzione parlamentare. La Camera ha comunque fornito - parlo anche quale presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere, richiamando l'autorevole testimonianza dei componenti della Giunta stessa - uno strumento di individuazione delle regole fondamentali, anche discrezionali, con le quali dare all'immunità parlamentare il senso vero che essa ha avuto nel corso di tutte le legislature repubblicane, vale a dire il senso non di un'impunità, bensì di una garanzia di esercizio libero del mandato e della necessità di assicurare la pienezza del collegio parlamentare nel momento in cui assume le sue decisioni. Si tratta inoltre di una garanzia volta ad impedire gli abusi, che pure si possono verificare, con iniziative avventate di carattere giudiziario nei confronti di parlamentari. Però, vi chiedo di riflettere su questo tipo di emendamento, di impianto, che è completamente diverso dai principi sui quali tutti quanti abbiamo convenuto.
Quando leggo, per esempio, in un emendamento che, su richiesta delle Camere di appartenenza, sono sospesi nei confronti dei deputati e dei senatori le indagini e i processi penali in corso in ogni fase, stato e grado, per qualsiasi reato - conosciamo il «qualsiasi» a quale gamma terrorizzante di reati può fare riferimento -, anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della funzione e fino alla cessazione della medesima, ditemi voi se questa è materia sulla quale - voglio essere, com'è mio dovere, sereno e tranquillo - non è opportuna una riflessione ben più attenta, più accurata, rispettosa non solo dei diritti sacrosanti del parlamentare in Parlamento ma anche dei diritti di terzi che, come afferma in più pronunzie la Corte europea, potrebbero essere stati parenti di vittime quei «qualsiasi» reati che sono stati commessi, di terzi che potrebbero rientrare tra le vittime, non ultimo lo Stato nei casi di reati contro la pubblica amministrazione!
Il problema di dare una supremazia al mandato parlamentare è certamente un problema importante, che abbiamo discusso a lungo e che ben conosciamo in questi ormai lunghi anni di legislatura. Tuttavia, che sensazione diamo in una così rilevante riforma costituzionale che, tra l'altro - si dice -, è rivolta ad affrontare questioni completamente diverse? Quali che siano le nostre divisioni, è certo che la riforma proposta originariamente in forma di devolution non era una riforma che aveva ad oggetto la singolarità di creare delle nuove sacche di garanzie in forma di impunità nei confronti dei deputati. Ditemi voi che sensazione daremmo noi alla generalità dell'opinione pubblica, ai nostri elettori, alla nostra democrazia! Ragionare è sempre opportuno e sempre necessario.
L'approfondimento, quali che siano i motivi che ne stanno alla base - certamente, sono motivi che esprimono preoccupazioni nobilissime -, è sempre opportuno e necessario ma, onorevole Presidente, io mi sono preoccupato di richiamare l'attenzione sul profondo disvalore che potrebbe assumere l'esaltazione di un valore perché, qualche volta, proprio nella ricerca dell'esaltazione di una garanzia estrema nei confronti di un istituto, che certamente è sovrano - il mandato parlamentare -, noi commettiamo un autentico sfregio nei confronti dei diritti di vittime e, soprattutto, non rendiamo omaggio al carattere non corporativo, non privato della nostra funzione.
Noi vorremmo dare la sensazione, davvero, che qui dentro non si decide soltanto a colpi di maggioranza l'elezione di questo o quel parlamentare, cosa grave ma certamente non preoccupante, come invece è la sensazione che diamo al nostro paese di esserci associati in una sorta di casta di intoccabili, il che, assolutamente, nessuno vuole, meno che mai - credo - gli autori di questi emendamenti.
Non credo che occorra spendere molte parole per richiamare l'attenzione di tutti sulla necessità di questo approfondimento.
Più che enunciare l'ovvia e profonda contrarietà mia e del mio gruppo a questo tipo di emendamenti e all'introduzione dell'articolo 11-bis in questa così delicata e complessa riforma (che guarda ad altri valori), e più che radicalizzare le nostre richieste, vorrei invitare vivamente i colleghi e i presentatori di questi emendamenti a ritirarli. Mi rivolgo loro con il cuore di un collega, con quell'intelligenza di legislatore che tutti noi abbiamo in quest'aula.
Certo, il dibattito al riguardo va comunque portato avanti e probabilmente sarà necessario approfondire queste proposte in forma di leggi che ineriscano i criteri di applicazione dell'articolo 68 della Costituzione. Non credo, però, che sia opportuno inserirle ora nel testo. Non si tratta di comuni e normali emendamenti ad una legge. Infatti, vi è la richiesta di inserire queste ipotesi, che riguardano i processi penali e civili, l'azione penale, civile e amministrativa, come norme costituzionali. A me pare che così non si esalti la Costituzione, ma soprattutto non se ne esalti il suo rispetto. Auspico quindi che dall'intelligenza, dalla sensibilità e, anche, dalla sofferenza dei colleghi che hanno proposto questi emendamenti scaturisca un loro temporaneo ripensamento.
Sono certamente pronto a partecipare alla discussione che potrà svolgersi in altra sede su queste ipotesi di riforma dell'articolo 68 della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Frigato.

GABRIELE FRIGATO. Intervengo sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 11, ringraziando anzitutto il collega Siniscalchi. Non voglio richiamare le argomentazioni che egli ha già espresso in riferimento agli articoli aggiuntivi. Mi pare, comunque, che quello delle garanzie del ruolo di parlamentare sia un argomento particolarmente delicato ed importante.
Nell'intervento del collega Siniscalchi ho colto un elemento in particolare. Proprio perché trattasi di garanzie del ruolo di parlamentare, dovremmo avere la massima attenzione. Dico ciò affinché non si susciti l'impressione che i parlamentari, il Parlamento, abbiano il desiderio di tutela della persona del parlamentare.
Nella nostra Repubblica le persone hanno tutte pari dignità, come sancito dalla nostra Carta costituzionale e dai tanti documenti internazionali che l'Italia riconosce da lungo tempo, direi da decenni. Si tratta, piuttosto, di tutelare, di offrire delle garanzie al ruolo del parlamentare. Pertanto, questa materia delicata va affrontata con estrema attenzione a quel rapporto che tutti dobbiamo migliorare tra questa Camera, le istituzioni e i cittadini (coloro che con tanta passione ognuno di noi cerca di rappresentare).
Signor Presidente, colleghi, l'elemento che maggiormente mi induce ad intervenire riguarda il nuovo testo dell'articolo 67, in cui si recita che ogni deputato ed ogni senatore rappresenta la nazione e la Repubblica. Riteniamo che, per molti aspetti, vi sia una contraddizione rispetto all'articolo 114 della Costituzione, allorché si cita la Repubblica come entità costituita da regioni, province e da comuni. È, allora, facile chiedersi con quale diritto e quale rispetto - aggiungo io - nei confronti di questi enti locali ci autodefiniamo rappresentanti della Repubblica, e quindi anche degli stessi comuni, delle province e delle regioni.
A me pare un eccesso di zelo, se non un'appropriazione indebita. Noi rappresentiamo la nazione perché questo è il mandato che abbiamo ricevuto e credo che se riusciamo a ben rappresentare la nazione abbiamo sicuramente fatto bene e fino in fondo la nostra parte. Non escludo, colleghi, che vi sia del buono in questa formulazione, perché probabilmente a tutti nell'attività parlamentare è chiesta sensibilità, attenzione, rispetto, collaborazione e complementarietà nei confronti delle autonomie regionali e locali in genere. Dunque, si possono trovare formulazioni diverse, si può esprimere il concetto delle autonomie locali in maniera più rispettosa e soprattutto, dal mio punto di vista, si può trovare una maggiore chiarezza nelle competenze (non è questo l'articolo, l'abbiamo già votato, e, a mio modo di vedere, in maniera troppo confusa), verificare meglio l'efficacia dei controlli ed individuare gli equilibri tra i poteri. Sono elementi ancora poco presenti nella formulazione della nostra Carta costituzionale.

PRESIDENTE. Onorevole Frigato...

GABRIELE FRIGATO. Allora, affidare il parlamentare alla rappresentanza della nazione e della Repubblica, a nostro avviso, significa aggiungere confusione a confusione. Per questo motivo, ancora una volta, chiediamo un ripensamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, non ho alcuna pretesa né illusione di catturare l'attenzione dei colleghi che, ovviamente, sono stanchi. Sicuramente, ho la possibilità di essere ascoltato dal relatore e dal Comitato dei nove che, peraltro, hanno lavorato molto.
Credo, pur senza essere un giurista, che l'articolo 67 sia, com'è noto, uno dei cardini del costituzionalismo, ossia la definizione della rappresentanza senza vincolo di mandato. Presidente Bruno, credo che questo principio, che viene qui ripetuto, nella strutturazione che è stata data alla revisione costituzionale, venga completamente svuotato di significato. Infatti, quando il parlamentare è legato all'elezione del Presidente, quando il parlamentare si trova ad essere vincolato in una maggioranza, quando il parlamentare - è altro elemento su cui vorrei qualche chiarimento - si trova ad essere limitato anche rispetto all'iniziativa legislativa, contraddicendo la limpidezza dell'articolo 71 della Costituzione, mi domando che cosa resti del principio cardine fondamentale della rappresentanza senza vincolo di mandato. Mi sembra, ma mi rimetto alla vostra saggezza giuridica, che anche la revisione dell'articolo 67, che recita «Ogni deputato e senatore rappresenta la nazione e la Repubblica» (la Repubblica comprensiva non solo dello Stato, ma anche delle autonomie), dovrebbe significare, sotto certi aspetti, la possibilità di operare con una rappresentanza di carattere generale.
Per quanto riguarda l'articolo 71, che stabilisce che l'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere, nell'ambito delle rispettive competenze, mi domando se non vi sia una sorta di forma anchilosata (uso un'espressione inusuale) per l'esercizio dell'iniziativa legislativa.
È chiaro che, a questo punto, la rappresentanza di carattere generale, di fatto, viene meno; viene meno, e non viene esercitata con l'ampiezza prevista dall'articolo del 71 della Costituzione vigente, che limpidamente dichiarava come ogni membro della Camera avesse il potere di iniziativa delle leggi. Ci troviamo dinanzi ad una sorta di amputazione dell'attività parlamentare, una limitazione della stessa che incide non solo sulle iniziative legislative ma anche sull'attività di controllo, contraddicendo peraltro la definizione secondo la quale il membro del Parlamento - sia che appartenga alla Camera dei deputati sia che appartenga al Senato - rappresenterebbe la nazione e la Repubblica. Ci troviamo di fronte, ancora una volta, a contraddizioni che ritengo insanabili; ma, poi, soprattutto, si compie lo svuotamento di un principio fondamentale, quello della rappresentanza senza vincolo di mandato, principio che da questo testo viene completamente - uso appositamente il termine - abrogato.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere sulle proposte emendative riferite all'articolo 11. Ricordo che l'emendamento Boato 11.7 è stato ritirato.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, il parere è contrario sugli identici emendamenti Mascia 11.1 e Leoni 11.6; nonché sugli emendamenti Zeller 11.70 e Bressa 11.8.
Per quanto riguarda gli articoli aggiuntivi Moroni 11.05, 11.04 e 11.03, Saponara 11.07 e 11.08, Moroni 11.01 e Taormina 11.02, nonché i subemendamenti Boccia 0.11.08.2 e Antonio Leone 0.11.08.1, rivolgerei ai colleghi presentatori un invito. Anzitutto, assumerei l'impegno a cercare di far calendarizzare, per quanto compatibile e dopo le eventuali intese - mi pare sia pendente dinanzi al Senato un provvedimento di analogo contenuto -, l'esame della modifica riguardante l'articolo 68 della Costituzione vigente. Sicché, nella certezza che la questione verrà affrontata e risolta in quella sede, inviterei i presentatori a ritirare le proposte emendative.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 11.1 e Leoni 11.6.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, non siamo intervenuti sul complesso degli emendamenti e non interverremo ulteriormente; riteniamo, tuttavia, molto importante questo emendamento soppressivo dell'articolo 11 in quanto attiene ad un'importante questione che il costituzionalismo democratico deve porsi. In pochi minuti, tenterò di spiegare perché proponiamo la soppressione dell'articolo.
La questione è chiara ed è la seguente; la maggioranza propone che al testo dell'articolo 67 della Costituzione - secondo il quale «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato» - si sostituisca la disposizione secondo la quale ogni membro del Parlamento rappresenterebbe «la Nazione e la Repubblica».
Noi interverremo su questo punto - che ci sembra importante -, anzitutto facendo una osservazione; la Costituzione italiana, non a caso - e i lavori dell'Assemblea costituente dimostrano con quanta precisione lavorassero le nostre madri ed i nostri padri costituenti -, conosce entrambe le espressioni, distinguendole con attenzione. Infatti, parla di Repubblica agli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 9.
Si parla cioè, di cittadini stranieri - ed è, forse il punto centrale - che, insieme agli italiani, formano la nazione. Il concetto di nazione, onorevoli colleghi, è nella narrazione costituzionale, perlomeno dalla rivoluzione francese in poi, la rappresentazione che richiede appunto la costituzione vigente dalla comunità, ossia un insieme indivisibile di popolo vivo, che risiede all'interno di un territorio. La proposta della maggioranza vuole, invece, dividerlo, segmentarlo. Tale è lo spirito di fondo, che ancora non si coglie.
Noi vogliamo, invece, tornare, con il nostro subemendamento, allo spirito cosmopolita, di grande civiltà, delle madri e dei padri costituenti (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 11.1 e Leoni 11.6 non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 380
Votanti 375
Astenuti 5
Maggioranza 188
Hanno votato
121
Hanno votato
no 254).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zeller 11.70, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 383
Votanti 287
Astenuti 96
Maggioranza 144
Hanno votato
34
Hanno votato
no 253).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 11.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 382
Votanti 378
Astenuti 4
Maggioranza 190
Hanno votato
125
Hanno votato
no 253).

Prendo atto che l'onorevole Sanza non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).

(Presenti 388
Votanti 383
Astenuti 5
Maggioranza 192
Hanno votato
255
Hanno votato
no 128).

Prendo atto che l'onorevole Boato non è riuscito ad esprimere il proprio voto e che avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Onorevole Moroni, accede all'invito al ritiro dei suoi articoli aggiuntivi 11.05, 11.04, 11.03 e 11.01, formulato dal relatore?

CHIARA MORONI. Si, signor Presidente, accolgo l'invito al ritiro formulato dal presidente Bruno, certa che una discussione in Commissione possa meglio sviscerare tale tema. La presentazione dei miei articoli aggiuntivi 11.05, 11.04, 11.03 e 11.01 voleva sollevare un problema che credo oggi, dopo anni, il Parlamento debba discutere seriamente ed approfonditamente. Sono certa che la discussione sarà tale in Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Saponara accede all'invito al ritiro dei suoi articoli aggiuntivi 11.07 e 11.08?

MICHELE SAPONARA. Sì, signor Presidente, ritiro i miei articoli aggiuntivi 11.07 ed 11.08 e spero di poter continuare l'elaborazione di questi temi in Commissione, al più presto possibile.

PRESIDENTE. Avverto che i subemendamenti Boccia 0.11.08.2 e 0.11.08.1 devono intendersi decaduti a seguito del ritiro dell'articolo aggiuntivo Saponara 11.07, cui si riferivano.
Prendo atto altresì che l'articolo aggiuntivo Taormina 11.02 è stato ritirato.

(Esame dell'articolo 12 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 6).
Nessuno chiedendo di parlare, prendo atto che il relatore ed il Governo esprimono parere contrario sulle proposte emendative presentate.
Avverto che, essendo stato ritirato l'emendamento Perrotta 12.71, ed essendo gli identici emendamenti Mascia 12.1 e Leoni 12.70 interamente soppressivi dell'articolo 12, si voterà il mantenimento dell'articolo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 12.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 381
Votanti 377
Astenuti 4
Maggioranza 189
Hanno votato
250
Hanno votato
no 127).

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, avendolo concordato con i colleghi del Comitato dei nove, propongo di passare all'esame dell'articolo 19, con una precisazione: se lei lo dovesse ritenere opportuno, potremmo svolgere la discussione sul complesso degli emendamenti riferiti al medesimo articolo.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non essendovi obiezioni, procediamo ora agli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 19. Poi, lei, onorevole Bruno, nel corso della seduta di questa sera, esprimerà i pareri sulle proposte emendative riferite all'articolo 19.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, non si voterà, mi pare di capire ... Lo dico per i colleghi.

PRESIDENTE. No, posso dire ai colleghi che non si voterà.

(Esame dell'articolo 19 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 19 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 sezione 7).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, attendo che i colleghi defluiscano in modo regolare...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, scusatemi. Voi state defluendo, ma, evidentemente, se ha chiesto di parlare solo l'onorevole Olivieri, si voterà. Erano stati preannunciati diversi interventi sul complesso degli emendamenti, ma est modus in rebus, lo capiamo tutti...
Prego, onorevole Olivieri.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, siamo giunti ad esaminare il capo II del disegno di legge, recante nella rubrica modifiche al titolo II della Costituzione, e, in particolare, l'articolo 19 sull'elezione del Presidente della Repubblica.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 21,05)

LUIGI OLIVIERI. Anche in questo contesto è opportuno svolgere una minima comparazione con ciò che finora è stato fatto da parte del Senato della Repubblica e della Commissione in sede referente, per poi esprimere alcune considerazioni di merito sugli emendamenti al nostro esame e, per quanto ci riguarda, su quelli a firma delle opposizioni.
Che l'attuale articolo 83 della Costituzione non avesse bisogno di alcuna modifica risulta in modo diretto e concludente dal fatto che abbiamo presentato, anche su questo articolo, un emendamento soppressivo. Si tratta di un emendamento soppressivo non di maniera, ma con un suo contenuto costruttivo. Riteniamo, infatti, che, così come è disciplinata, la materia non abbia bisogno di interventi di novellazione. Ma così non è stato, dato che la maggioranza, prima al Senato e poi ancora alla Camera, ha ritenuto necessario effettuare interventi di novellazione per riportare il sistema ad una congruità, ad una regolarità e ad una logica. Quindi, il problema è quello di costruire un'Assemblea che poi eleggerà il Presidente della Repubblica, che viene - come i colleghi sanno - fortemente depotenziato dal punto di vista del ruolo di equilibrio istituzionale che tale figura ha sempre avuto e che, secondo noi, dovrà avere anche nella nostra futura Carta costituzionale.
Ebbene, questa Assemblea della Repubblica viene costruita in modo tale che non ci trova assolutamente d'accordo. Non per nulla abbiamo presentato emendamenti al riguardo e non per nulla riteniamo che le modalità con le quali viene eletto il Presidente della Repubblica non siano conformi al nuovo sistema nel quale cerchiamo di costruire regole di riferimento.
Quindi, in buona sostanza ci troviamo innanzi ad una proposta che deve essere fortemente modificata. Va modificata, innanzitutto, perché pensavamo fosse ormai assodato, da parte dei colleghi della maggioranza e anche del Governo, che il regionalismo - o quanto meno la storia delle regioni e delle province ad autonomia differenziata - avessero una diversa collocazione, anche dal punto di vista costituzionale. Pensavamo che tutto ciò fosse ormai acquisito e che fosse, quindi, patrimonio comune.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 21,10)

LUIGI OLIVIERI. Invece, abbiamo dovuto presentare numerosissimi emendamenti. Ne cito alcuni: l'emendamento Zeller 19.81, i subemendamenti Boato 0.19.200.5 e Zeller 0.19.200.1 ed altri emendamenti che - benché sia stato presentato da parte della maggioranza l'emendamento Elio Vito 19.200 - tendono a riparare ad un'evidente manchevolezza che, da questo punto di vista, non si capisce se sia politica, voluta o se sia una mera dimenticanza.
Dico questo perché, Presidente, ormai è assolutamente risaputo che il sistema della tripolarità nell'autonomia speciale della regione Trentino-Alto Adige ha avuto una sua evoluzione costituzionale. È una delle regioni, insieme alla Sicilia, che hanno dato vita a una delle forme più avanzate di regionalismo, anche dal punto di vista degli strumenti attraverso i quali è stato riconosciuto il proprio statuto di autonomia.
L'Assemblea regionale siciliana ha conosciuto il proprio... Le chiedo, Presidente, di richiamare all'ordine i colleghi della Lega, che vengono a disturbarmi per farmi perdere il filo del discorso (Commenti)!

MARCO BOATO. Lo difendiamo noi!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, onorevole Olivieri, abbiamo ancora diverse giornate di lavoro davanti. Pertanto, vi prego! Capisco che siamo tutti stanchi. La stanchezza ha contagiato anche il sottoscritto, visto che prima ho detto che non si votava perché c'erano diversi iscritti a parlare. Gli iscritti sono scomparsi e adesso sono ricomparsi...
Pertanto, penso che si possa far continuare con tranquillità l'onorevole Olivieri, che mi ha annunciato un intervento corposo. Dopo di lui, parlerà, in modo altrettanto corposo, l'onorevole Frigato. I problemi sono risolti, però consentitemi di non crearne degli altri.
Onorevole Olivieri, le chiedo scusa: prosegua pure.

LUIGI OLIVIERI. La ringrazio, signor Presidente, per il suo intervento.
È ormai notoria la storia della tripolarità del sistema autonomistico nel Trentino-Alto Adige Südtirol e anche il fatto che esso ha subito cospicue modifiche di natura costituzionale, che hanno configurato un sistema sempre in evoluzione che risponde, ovviamente, alla mutazione dei tempi e alla centralità che hanno acquisito in quel territorio le due province rispetto alla configurazione della regione, così com'era stata voluta dal legislatore costituzionale del 1948.
Ricordo a me, ancor prima che ai colleghi, che la prima legge costituzionale, la n. 1, è proprio la legge che ha approvato quello statuto di autonomia.
Ancora di più, come dicevo prima, è nota l'autonomia speciale, che per molti è materia assolutamente sconosciuta. Suggerisco ai colleghi che vogliono vedere almeno un modello compiuto dal punto di vista formale di autonomia avanzata e di federalismo, quanto meno formalmente molto avanzato, di studiarsi lo statuto di autonomia della regione Sicilia, che - come sappiamo - è stato approvato con lo strumento normativo che ha anticipato nei tempi anche l'approvazione della Carta costituzionale, la quale, agli articoli 116 e 123, riconosce specificamente quelle autonomie.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 21,15)

LUIGI OLIVIERI. Ebbene, si pensava che fossero ormai acquisite queste notizie di fondo, ossia, in buona sostanza, che con la risoluzione delle questioni che riguardavano l'Alto-Adige, il Südtirol, che ha portato al secondo statuto di autonomia, approvato con una legge costituzionale del 1971, fosse ormai conosciuto e risaputo che i motori del sistema autonomistico e, quindi, il maggiore soggetto di competenza primaria legislativa non è più l'istituto regionale ma le due province autonome.
Ancora di più si pensava che fosse conosciuto l'intervento novellativo che vi è stato nel 2001, con le leggi costituzionali n. 2 e n. 3, meglio conosciuta come legge di riforma del Titolo V della Costituzione. La prima è intervenuta dando una soluzione per quanto riguarda la forma di Governo e le competenze nel campo della legge elettorale. La seconda legge fa seguito ad un medesimo intervento che avevamo operato alcuni mesi prima sulle regioni a statuto ordinario.
Ebbene, con quella legge, ma soprattutto con la legge successiva, abbiamo configurato il sistema autonomistico non più come un sistema federale, ma come un sistema confederale. Gli statuti di autonomia hanno al loro centro, come motore del sistema, le province. Infatti, l'articolo 8 di quello statuto individua come competenze primarie legislative gran parte delle cose essenziali della vita di tutti i giorni di quella comunità. Per di più, abbiamo modificato l'articolo 116 della Costituzione nel senso di configurare la regione come la sommatoria dei due consigli provinciali.
Quindi, è evidente che l'Assemblea che va ad eleggere il Presidente della Repubblica debba rappresentare tutti i territori, non possa non tener conto di tale specificità autonomistica territoriale e preveda, quindi, la presenza dei consigli delle province autonome di Trento e Bolzano.
Signor Presidente, mi rendo conto dell'ora tarda. Purtroppo, l'aula si è svuotata, spero non per colpa mia. Mi riservo di intervenire sulle singole proposte emendative per illustrarne la bontà e chiedere un voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, vorrei solo lasciare traccia della nostra preoccupazione rispetto all'articolo 19.
Colleghi, vi dico soltanto - e non voglio tediare nessuno - che mi sembra contraddittorio decidere il modo in cui si eleggono le cariche, in questo caso la più alta carica dello Stato, ma non trovare intese sull'accantonamento degli articoli riguardanti i compiti di tali cariche. Mi auguro che il dibattito dei prossimi giorni possa essere più sereno e più chiaro (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Leoni 19.2, Buontempo 19.76, Mascia 19.4, Bressa 19.11 e Boato 19.77. L'emendamento Perrotta 19.74 è stato ritirato. La Commissione esprime inoltre parere contrario sull'emendamento Zeller 19.81. Sono stati invece ritirati i subemendamenti Boato 0.19.200.4 e 0.19.200.5.
La Commissione esprime parere favorevole sul subemendamento Zeller 0.19.200.1, a condizione che sia così riformulato: «Per il Trentino-Alto Adige/Südtiroler ciascun consiglio provinciale elegge un delegato». La Commissione esprime parere contrario sui subemendamenti Duca 0.19.200.3, Boccia 0.19.200.7 e 0.19.200.6 e Carrara 0.19.200.2. La Commissione esprime invece parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 19.200; peraltro, all'espressione «Valle d'Aosta» andrebbe aggiunta anche la corrispondente espressione in francese (Valée d'Aoste). Eventualmente, dovremmo introdurre anche un'altra norma di coordinamento, ma credo sia importante comunque ripeterlo anche in questo punto, come abbiamo fatto.
La Commissione esprime inoltre parere contrario sugli emendamenti Leoni 19.73 e 19.78, Boato 19.9 e 19.10, Bressa 19.79 e Boato 19.80. Il parere è invece favorevole sull'emendamento Elio Vito 19.201, mentre è contrario sugli emendamenti Perrotta 19.75 e Bressa 19.12.
La Commissione esprime infine parere contrario sull'articolo aggiuntivo Boato 19.01.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

La seduta termina alle 21,20.



 


Allegato A

 

 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE


Dopo l'articolo 6 aggiungere il seguente:

Art. 6-bis. - 1. Dopo l'articolo 60 della Costituzione è inserito il seguente:

«Art. 60-bis. La legge disciplina le forme del finanziamento delle campagne elettorali, ne assicura la trasparenza e fissa i limiti delle spese elettorali, garantisce ai candidati, ai partiti, alle coalizioni tra partiti condizioni di parità nell'accesso al sistema, pubblico e privato, delle comunicazioni di massa. La legge stabilisce inoltre disposizioni idonee a prevenire l'insorgere di conflitti tra gli interessi privati di chi accede ad uffici pubblici e a cariche elettive e gli interessi generali che il pubblico ufficiale deve tutelare. In ogni caso, non possono ricoprire uffici pubblici né sono eleggibili a cariche elettive coloro che detengono la proprietà o hanno il controllo, anche indiretto, di mezzi di comunicazione di massa diffusi nell'area interessata».

6. 01. Mantini.

Dopo l'articolo 6, aggiungere il seguente:

Art. 6-bis. - 1. L'articolo 61 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 61. L'elezione della Camera dei deputati ha luogo entro settanta giorni dalla fine della precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalla elezione.

Finché non è riunita la nuova Camera sono prorogati i poteri della precedente».

6. 025. La Commissione.

(Approvato)

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 7.

(Presidenza della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica).

1. All'articolo 63 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:

«Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di Presidenza. Il Presidente è eletto con la maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

ART. 7.

(Presidenza della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica).

Sopprimerlo.

7. 70. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso, terzo periodo, sostituire le parole: è sufficiente la maggioranza assoluta con le seguenti: il Presidente è eletto con la maggioranza dei due terzi dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti.

7. 1. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso, terzo periodo, aggiungere, in fine, le parole: dei componenti.

7. 71. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Titti De Simone, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

(Approvato)

Al comma 1, capoverso, aggiungere in fine il seguente periodo: «Il regolamento del Senato federale della Repubblica disciplina le modalità di rinnovo anche periodico dell'Ufficio di Presidenza».

7. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Approvato)

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 3)

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 8.

(Modalità di funzionamento delle Camere).

1. L'articolo 64 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 64. - Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti.

Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento in seduta comune possono deliberare di adunarsi in seduta segreta.

Le deliberazioni della Camera dei deputati, del Senato federale della Repubblica e del Parlamento in seduta comune non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale. Le deliberazioni del Senato federale della Repubblica non sono altresì valide se non sono presenti senatori espressi da almeno un terzo delle Regioni.

Il regolamento della Camera dei deputati garantisce le prerogative del Governo e della maggioranza ed i diritti delle opposizioni. Stabilisce le modalità di elezione e le prerogative del Capo dell'opposizione. Riserva a deputati appartenenti a gruppi di opposizione la Presidenza delle commissioni, diverse da quelle di cui agli articoli 70, terzo comma, e 72, primo comma, delle Giunte e degli organismi interni diversi dal comitato di cui all'articolo 70, quarto comma, cui sono attribuiti compiti ispettivi, di controllo o di garanzia.

Il regolamento del Senato federale della Repubblica disciplina le modalità ed i termini per l'espressione del parere che ogni Consiglio o Assemblea regionale può esprimere, sentito il Consiglio delle autonomie locali, sui disegni di legge di cui all'articolo 70, secondo comma.

I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto e, se richiesti, obbligo di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

ART. 8.

(Modalità di funzionamento delle Camere).

Sopprimerlo.

*8. 1. Mascia, Russo Spena.

Sopprimerlo.

*8. 70. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:

«Art. 64. - Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento con la maggioranza

dei due terzi dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei suoi componenti.

Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento in seduta comune possono deliberare di riunirsi in riunione segreta.

Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento in seduta comune non sono valide se non è presente almeno un terzo dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale.

I membri del governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.

I regolamenti parlamentari stabiliscono i casi nei quali il Governo deve essere comunque rappresentato dal Primo ministro o dal Ministro competente.

I regolamenti parlamentari disciplinano le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza e quelli dell'opposizione nella organizzazione e nello svolgimento dei lavori parlamentari. Disciplinano i casi nei quali il Governo ha facoltà di porre la fiducia sulla approvazione di singoli articoli o emendamenti. Riservano adeguati spazi ai gruppi di opposizione nella formazione dell'ordine del giorno e nella organizzazione dei lavori dell'Aula e delle Commissioni.

I regolamenti parlamentari individuano le Commissioni, le Giunte o gli organismi interni ai quali sono attribuiti compiti ispettivi, di inchiesta, di controllo o di garanzia: la presidenza dei medesimi è riservata a parlamentari designati dai gruppi di opposizione».

8. 2. Mantini.

Subemendamenti all'emendamento 8. 200.

All'emendamento 8.200, sostituire le parole: adotta il proprio regolamento con la maggioranza dei tre quinti dei suoi con le seguenti: e il Senato federale della Repubblica adottano il proprio regolamento e le relative modificazioni con la maggioranza dei tre quinti dei loro.

Conseguentemente, al medesimo emendamento, sopprimere il secondo periodo.

0. 8. 200. 2. Boccia.

All'emendamento 8.200, sostituire le parole: adotta il proprio regolamento con la maggioranza dei tre quinti dei suoi con le seguenti: e il Senato federale della Repubblica adottano il proprio regolamento con la maggioranza dei tre quinti dei loro.

Conseguentemente, al medesimo emendamento, sopprimere il secondo periodo.

0. 8. 200. 1. Leoni, Bressa, Boato, Mascia, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

Al comma 1, capoverso Art. 64, sostituire il primo comma con il seguente:

«La Camera dei deputati adotta il proprio regolamento con la maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti. Il Senato federale della Repubblica adotta il proprio regolamento con la maggioranza assoluta dei suoi componenti».

8. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 64, sostituire il primo comma con il seguente:

«Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento con la maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti»

8. 73. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 64, sostituire il primo comma con il seguente:

«Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento con la maggioranza dei due terzi dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei suoi componenti».

8. 3. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Giordano, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 64, sostituire il primo comma con il seguente:

«La Camera dei deputati ed il Senato federale della Repubblica adottano il proprio regolamento con la maggioranza dei tre quinti dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti».

8. 80. Tabacci, Malgieri, Landolfi, La Malfa, Biondi, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 64, sostituire il primo comma con il seguente:

«Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento con la maggioranza dei tre quinti dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei suoi componenti».

8. 77. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Vendola, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 64, secondo comma, sostituire la parola: adunarsi con la seguente: riunirsi.

8. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 64, terzo comma, secondo periodo, sostituire le parole: un terzo con le seguenti: la metà.

*8. 74. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 64, terzo comma, secondo periodo, sostituire le parole: un terzo con le seguenti: la metà.

*8. 78. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Provera, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 64, quarto comma, primo periodo, sopprimere le parole da: ed i diritti delle opposizioni fino alla fine del comma.

Conseguentemente, dopo l'articolo 8, aggiungere il seguente:

Art. 8-bis (Diritti dell'opposizione e delle minoranze) - 1. Dopo l'articolo 64 della Costituzione è aggiunto il seguente:

«Art. 64-bis. - Il regolamento della Camera dei deputati garantisce i diritti dell'opposizione e delle altre minoranze. L'opposizione è costituita dall'insieme dei deputati eletti senza collegamento con il Primo ministro, composto da uno o più gruppi parlamentari tra loro federati e dotato della più estesa consistenza numerica. Le altre minoranze sono costituite da uno o più gruppi della Camera, anche tra loro federati, composti da deputati eletti senza collegamento con il Primo ministro e non facenti parte dell'opposizione.

Il Capo dell'opposizione e i componenti dell'organo collegiale di direzione dell'opposizione, ove costituito, sono membri della Camera dei deputati. Le prerogative del Capo dell'opposizione e le relative modalità di elezione sono stabilite dal regolamento della Camera dei deputati. Il Capo dell'opposizione interviene di diritto, con tempo equivalente, alle sedute delle Camere nelle quali prende la parola il Primo ministro. Può richiedere la convocazione straordinaria della Camera dei deputati. È consultato dal Presidente della Repubblica, d'intesa con il Primo ministro, in caso di emergenza interna ed internazionale.

L'opposizione dispone di una propria sede e delle dotazioni materiali e finanziarie per lo svolgimento delle proprie funzioni.

Il regolamento della Camera dei deputati riserva ai deputati appartenenti a gruppi di opposizione e di minoranza la Presidenza delle Commissioni, diverse da quelle di cui agli articoli 70, terzo comma, e 72, primo comma, delle Giunte e degli organismi interni diversi dal Comitato di cui all'articolo 70, quarto comma, cui sono attribuiti compiti ispettivi, di controllo o di garanzia.

Il regolamento della Camera dei deputati disciplina la partecipazione del Capo dell'opposizione e dei componenti dell'organo collegiale di direzione dell'opposzione nonché delle altre minoranze alla programmazione ed allo svolgimento dei lavori parlamentari».

8. 81. Tabacci, Malgieri, Landolfi, Biondi, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 64, quarto comma, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole: in ogni fase dell'attività parlamentare. Prevede le modalità di iscrizione all'ordine del giorno di proposte e iniziative indicate dalle opposizioni, con riserva di tempi e previsione del voto finale.

8. 71. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 64, quarto comma, sopprimere il secondo periodo.

8. 4. Mascia, Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 64, quarto comma, secondo periodo, sostituire le parole: Capo dell'opposizione con le seguenti: candidato del partito o della coalizione perdente che ha ottenuto più voti dopo quella del Primo ministro nominato ai sensi dell'articolo 92, terzo comma.

8. 75. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 64, quarto comma, secondo periodo, sostituire le parole: dell'opposizione con le seguenti: delle opposizioni, che è eletto dalla maggioranza assoluta dei componenti dei gruppi di opposizione, rimane in carica per due anni ed è rieleggibile.

8. 72. Taormina.

Al comma 1, capoverso Art. 64, dopo il quarto comma aggiungere il seguente:

«Il regolamento del Senato federale della Repubblica garantisce i diritti delle minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare.»

*8. 79. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Subemendamenti all'emendamento 8. 202.

All'emendamento 8.202., aggiungere, in fine, le parole: e dei senatori eletti nelle Regioni più piccole.

0. 8. 202. 2. Boccia.

All'emendamento 8.202., aggiungere, in fine, le parole: in ogni fase dell'attività parlamentare.

0. 8. 202. 1. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

Al comma 1, capoverso Art. 64, dopo il quarto comma aggiungere il seguente:

«Il regolamento del Senato federale della Repubblica garantisce i diritti delle minoranze».

*8. 202. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 64, dopo il quarto comma aggiungere il seguente:

«Il regolamento del Senato federale della Repubblica garantisce i diritti delle minoranze».

*8. 76. Pacini.

(Testo modificato nel corso della seduta)

(Approvato)

Subemendamenti agli identici emendamenti *8.203 e *8. 6.

Agli identici emendamenti 8.203 e 8.6, sostituire le parole: I regolamenti parlamentari stabiliscono con le seguenti: I regolamenti parlamentari definiscono gli strumenti e disciplinano le modalità di esercizio della funzione ispettiva, di indirizzo e di controllo nei confronti del Governo e stabiliscono i casi in cui il Governo è tenuto a fornire informazioni anche a richiesta delle opposizioni o delle minoranze; stabiliscono altresì.

0. 8. 203. 25. La Commissione.

Agli identici emendamenti *8.203 e *8. 6., sostituire la parola: comunque con la seguente: obbligatoriamente.

0. 8. 203. 1. Boccia, Ruzzante.

Al comma 1, capoverso Art. 64, sesto comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «I regolamenti parlamentari stabiliscono i casi nei quali il Governo deve essere comunque rappresentato dal Primo ministro o dal Ministro competente».

*8. 6. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Sgobio.

(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 64, sesto comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «I regolamenti parlamentari stabiliscono i casi nei quali il Governo deve essere comunque rappresentato dal Primo ministro o dal Ministro competente».

*8. 203. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Approvato)

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 4)

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 10.

(Giudizio sui titoli di ammissione dei deputati e dei senatori).

1. L'articolo 66 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 66. - Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità, entro termini stabiliti dal proprio regolamento. L'insussistenza dei titoli o la sussistenza delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità dei parlamentari proclamati sono accertate con deliberazione adottata dalla Camera di appartenenza a maggioranza dei propri componenti».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

ART. 10.

(Giudizio sui titoli di ammissione dei deputati e dei senatori).

Sopprimerlo.

*10. 1. Mascia, Pisapia.

Sopprimerlo.

*10. 70. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 10. - 1. All'articolo 66 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Sulle elezioni contestate ciascuna Camera delibera entro i termini stabiliti dal proprio regolamento. Contro la deliberazione, o decorso inutilmente il termine, l'interessato può proporre ricorso alla Corte costituzionale entro quindici giorni.».

10. 2. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Pisapia, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 66, secondo periodo, dopo le parole: a maggioranza aggiungere le seguenti: dei tre quinti.

10. 71. Perrotta.

Subemendamento all'emendamento 10. 73.

All'emendamento 10. 73., dopo le parole: Corte costituzionale aggiungere le seguenti: , che decide definitivamente,

0. 10. 73. 1. Boccia.

Al comma 1, capoverso Art. 66, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Contro la deliberazione, o scaduto inutilmente il termine, l'interessato può proporre ricorso alla Corte costituzionale entro il termine di trenta giorni.

10. 73. Tabacci, Malgieri, Landolfi, Biondi, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 66, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Contro la deliberazione, o decorsi inutilmente i termini, l'interessato può proporre ricorso alla Corte costituzionale entro quindici giorni.

10. 72. Boato, Leoni, Bressa, Valpiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Maura Cossutta.

 (A.C. 4862 ed abb. - Sezione 5)

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 11.

(Divieto di mandato imperativo).

1. L'articolo 67 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 67. - Ogni deputato e ogni senatore rappresenta la Nazione e la Repubblica ed esercita le proprie funzioni senza vincolo di mandato».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

ART. 11.

(Divieto di mandato imperativo).

Sopprimerlo.

*11. 1. Mascia, Pisapia.

Sopprimerlo.

*11. 6. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 67, sostituire le parole: e ogni senatore rappresenta la Nazione e con la seguente: rappresenta.

11. 70. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

Al comma 1, capoverso Art. 67, sostituire le parole: rappresenta la Nazione e la Repubblica ed esercita con le seguenti: rappresentano la Nazione e la Repubblica ed esercitano.

11. 7. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 67, sopprimere le parole: e la Repubblica.

11. 8. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:

Art. 11-bis. - L'articolo 68 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 68. I membri del Parlamento beneficiano dell'immunità parlamentare e non possono essere perseguiti per l'espressione di un'opinione o di un voto nell'esercizio del loro mandato.

Ogni richiesta da una autorità competente volta a revocare l'immunità a un membro del Parlamento è comunicata al Parlamento riunito in seduta plenaria e deferita alla Commissione competente.

Ogni membro del Parlamento, o ex deputato o senatore, può richiedere al Presidente della rispettiva Camera la difesa della propria immunità. La richiesta è comunicata al Parlamento in seduta plenaria e deferita alla Commissione competente.

La Commissione competente presenta una proposta di decisione che si limita a raccomandare l'accoglimento o la reiezione della richiesta di revoca dell'immunità, e può chiedere all'autorità interessata tutte le informazioni che ritiene necessarie. All'interessato è offerta l'opportunità di essere ascoltato. Egli può produrre tutti i documenti o altri elementi di giudizio che ritiene pertinenti e può farsi rappresentare da un altro membro del Parlamento.

Nel caso in cui la richiesta di revoca dell'immunità comporti vari capi di accusa, ciascuno di essi può essere oggetto di distinta decisione. In via eccezionale, la relazione della Commissione può proporre che la revoca dell'immunità si riferisca esclusivamente alla prosecuzione del procedimento penale, senza che ciò comporti la limitazione o la privazione della libertà personale dell'interessato.

La Commissione può fornire un parere motivato sulla competenza dell'autorità interessata e sulla ricevibilità della richiesta. In nessun caso si pronuncia sulla colpevolezza o meno del membro del Parlamento né sull'opportunità o l'inopportunità di perseguire penalmente le opinioni o gli atti che gli sono attribuiti.

La relazione della Commissione è iscritta d'ufficio all'ordine del giorno della seduta successiva alla sua presentazione. Dopo l'esame del Parlamento si procede su ciascuna proposta figurante nella relazione della Commissione.

Il Presidente della Camera cui appartiene il membro del Parlamento oggetto della questione comunica immediatamente all'interessato e all'autorità competente la decisione del Parlamento, chiedendo di essere informato su qualsiasi nuovo sviluppo nel relativo procedimento.

La Commissione competente può redigere un elenco indicativo delle autorità competenti a presentare una richiesta di revoca dell'immunità di un membro del Parlamento.

Contro nessun deputato o senatore, senza autorizzazione del Parlamento, può essere adottata alcuna misura privativa o limitativa della sua libertà o qualsiasi altra misura, compresa la sottoposizione a perquisizione personale o domiciliare o a procedimento penale, che gli impedisca di esercitare le funzioni proprie del mandato; salvo che sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l'ordine di cattura».

11. 05. Moroni

Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:

Art. 11-bis. - L'articolo 68 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 68. I membri del Parlamento beneficiano dell'immunità parlamentare e non possono essere perseguiti per l'espressione di un'opinione o di un voto nell'esercizio del loro mandato.

Ogni richiesta da una autorità competente volta a revocare l'immunità a un membro del Parlamento è comunicata al Parlamento riunito in seduta plenaria e deferita alla Commissione competente.

La Commissione competente presenta una proposta di decisione che si limita a raccomandare l'accoglimento o la reiezione della richiesta di revoca dell'immunità, e può chiedere all'autorità interessata tutte le informazioni che ritiene necessarie. All'interessato è offerta l'opportunità di essere ascoltato. Egli può produrre tutti i documenti o altri elementi di giudizio che ritiene pertinenti.

Nel caso in cui la richiesta di revoca dell'immunità comporti vari capi di accusa, ciascuno di essi può essere oggetto di distinta decisione. In via eccezionale, la relazione della Commissione può proporre che la revoca dell'immunità si riferisca esclusivamente alla prosecuzione del procedimento penale, senza che ciò comporti la limitazione o la privazione della libertà personale dell'interessato.

La Commissione può fornire un parere motivato sulla competenza dell'autorità interessata e sulla ricevibilità della richiesta. In nessun caso si pronuncia sulla colpevolezza o meno del membro del Parlamento né sull'opportunità o l'inopportunità di perseguire penalmente le opinioni o gli atti che gli sono attribuiti.

La relazione della Commissione è iscritta d'ufficio all'ordine del giorno della seduta successiva alla sua presentazione. Dopo l'esame del Parlamento si procede su ciascuna proposta figurante nella relazione della Commissione.

Il Presidente della Camera cui appartiene il membro del Parlamento oggetto della questione comunica immediatamente all'interessato e all'autorità competente la decisione del Parlamento, chiedendo di essere informato su qualsiasi nuovo sviluppo nel relativo procedimento.

La Commissione competente può redigere un elenco indicativo delle autorità competenti a presentare una richiesta di revoca dell'immunità di un membro del Parlamento.

Contro nessun deputato o senatore, senza autorizzazione del Parlamento, può essere adottata alcuna misura privativa o limitativa della sua libertà o qualsiasi altra misura, compresa la sottoposizione a perquisizione personale o domiciliare o a procedimento penale, che gli impedisca di esercitare le funzioni proprie del mandato; salvo che sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l'ordine di cattura».

11. 04. Moroni.

Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:

Art. 11-bis. - L'articolo 68 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 68. I membri del Parlamento beneficiano dell'immunità parlamentare e non possono essere perseguiti per l'espressione di un'opinione o di un voto nell'esercizio del loro mandato.

Ogni richiesta dell'autorità competente volta a revocare l'immunità a un membro del Parlamento è comunicata al Parlamento riunito in seduta plenaria e deferita alla Commissione competente.

La Commissione presenta una proposta di decisione che si limita a raccomandare l'accoglimento o la reiezione della richiesta di revoca dell'immunità, e può chiedere all'autorità interessata tutte le informazioni che ritiene necessarie. All'interessato è offerta l'opportunità di essere ascoltato.

Dopo l'esame della Commissione competente il Parlamento procede a votazione e la decisione adottata è comunicata all'interessato e all'autorità competente.

Contro nessun deputato o senatore, senza autorizzazione del Parlamento, può essere adottata alcuna misura privativa o limitativa della sua libertà o qualsiasi altra misura, compresa la sottoposizione a processo penale, che gli impedisca di esercitare le funzioni proprie del mandato, salvo che sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato di ordine di cattura».

11. 03. Moroni.

Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:

Art. 11-bis. - L'articolo 68 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 68. I deputati e senatori non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Detta norma si applica in ogni caso per la presentazione di disegni e proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denunzia politica connessa alla funzione parlamentare, espletata anche fuori dal Parlamento.

Su richiesta delle Camere di appartenenza, sono sospesi nei confronti dei deputati e dei senatori le indagini e i processi penali in corso in ogni fase, stato e grado, per qualsiasi reato, anche riguardante fatti antecedenti all'assunzione della funzione e fino alla cessazione della medesima.

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni, e a sequestro di corrispondenza».

11. 07. Saponara.

Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 11. 08.

All'articolo aggiuntivo 11. 08., capoverso Art. 68, sopprimere il secondo comma.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, quarto comma, aggiungere il seguente periodo: Nel caso di intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e di sequestro di corrispondenza nei confronti di terzi, le parti riguardanti i membri del Parlamento vanno immediatamente soppresse.

0. 11. 08. 2. Boccia.

All'articolo aggiuntivo 11. 08., capoverso Art. 68, sostituire il secondo, il terzo ed il quarto comma con i seguenti:

I membri del Parlamento beneficiano dell'esenzione da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario. L'immunità non può essere invocata nel caso di flagrante delitto e non può pregiudicare il diritto di ciascuna Camera di togliere l'immunità ad uno dei suoi membri.

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, ad intercettazione, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.

0. 11. 08. 1. Antonio Leone, Taormina.

Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:

Art. 11-bis. - L'articolo 68 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 68. I membri della Camera e del Senato non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni, esercitate anche fuori dal Parlamento.

Su richiesta delle Camere di appartenenza, sono sospesi nei confronti dei deputati e dei senatori le indagini e i processi penali in corso in ogni fase, stato e grado, per qualsiasi reato, anche riguardante fatti antecedenti all'assunzione della funzione e fino alla cessazione della medesima.

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni, e a sequestro di corrispondenza».

11. 08. Saponara.

Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:

Art. 11-bis. 1. L'articolo 68 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 68. - I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e per i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale; né può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l'ordine di cattura.

Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile».

11. 01. Moroni.

Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:

Art. 11-bis - 1. Dopo il primo comma dell'articolo 68 della Costituzione sono inseriti i seguenti:

«I deputati e i senatori non possono essere sottoposti a procedimenti penali e quelli pendenti al momento della elezione non proseguono fino alla scadenza del mandato. Tuttavia, il giudice può chiedere alla Camera alla quale appartiene il parlamentare l'autorizzazione a procedere per l'eccezionale gravità del fatto delittuoso, per la elevata rilevanza degli elementi acquisiti e per la sussistenza di speciali esigenze processuali. In ogni caso, l'improcedibilità non pregiudica l'assunzione degli elementi di prova urgenti o non ripetibili.

Nessun membro del Parlamento può essere tratto in arresto o mantenuto in detenzione in esecuzione di una sentenza, anche irrevocabile, fino alla scadenza del mandato. Il pubblico ministero può chiedere alla Camera di appartenenza l'autorizzazione alla esecuzione dell'ordine di carcerazione per la eccezionale gravità dei fatti delittuosi e per la rilevante entità della pena da scontare».

2. Al secondo comma dell'articolo 68 della Costituzione, le parole: «in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se» sono soppresse.

11. 02. Taormina.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 6)

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 12.

(Indennità parlamentare).

1. L'articolo 69 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 69. - I membri delle Camere ricevono un'identica indennità stabilita dalla legge, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma.

La legge disciplina i casi di non cumulabilità delle indennità o emolumenti derivanti dalla titolarità contestuale di altre cariche pubbliche».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

ART. 12.

(Indennità parlamentare).

Sopprimerlo.

*12. 1. Mascia, Russo Spena.

Sopprimerlo.

*12. 70. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 69, sopprimere il secondo comma.

12. 71. Perrotta.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 7)

ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Capo II

MODIFICHE AL TITOLO II DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

 

Art. 19.

(Elezione del Presidente della Repubblica).

1. L'articolo 83 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 83. - Il Presidente della Repubblica è eletto dall'Assemblea della Repubblica, presieduta dal Presidente della Camera dei deputati, costituita dai componenti delle due Camere, dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e dai delegati eletti dai Consigli regionali in modo che sia assicurata la rappresentanza proporzionale rispetto alla composizione di ciascun Consiglio. Ciascun Consiglio regionale elegge tre delegati. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. Ciascun Consiglio regionale elegge altresì un numero ulteriore di delegati in ragione di un delegato per ogni milione di abitanti nella Regione. I delegati sono eletti, per non meno della metà, tra i sindaci, presidenti di Provincia o Città metropolitana della Regione.

Il Presidente della Repubblica è eletto a scrutinio segreto con la maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea della Repubblica. Dopo il quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

Capo II

MODIFICHE AL TITOLO II DELLA COSTITUZIONE

 

ART. 19.

(Elezione del Presidente della Repubblica).

Sopprimerlo.

Conseguentemente, sopprimere l'articolo 20.

19. 2. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Sostituirlo con il seguente:

1. L'articolo 83 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 83. Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto a maggioranza assoluta dei voti validi.

Quando non è raggiunta la maggioranza assoluta, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno riportato il maggior numero di voti. È eletto colui che ottiene il maggior numero di voti.

Sono elettori i cittadini iscritti nelle liste elettorali per l'elezione della Camera dei deputati.

Il Presidente della Repubblica è eletto per cinque anni».

Conseguentemente:

sostituire l'articolo 20 con il seguente:

Art. 20. - 1. L'articolo 85 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 85. - Trenta giorni prima della scadenza del termine di cinque anni, i presidenti dei gruppi parlamentari e i presidenti o segretari dei partiti politici rappresentati in Parlamento, con la sottoscrizione di cinquantamila elettori, e i comitati promotori, con la sottoscrizione di centomila elettori, presentano alle presidenze delle Camere le candidature alla carica di Presidente della Repubblica con dichiarazione autografa di accettazione del candidato.

I Presidenti delle due Camere indicono i comizi elettorali fra il trentesimo ed il quindicesimo giorno antecedente la scadenza del termine di cinque anni.

Quando una delle due Camere è sciolta, o mancano meno di tre mesi alla sua cessazione, l'elezione ha luogo entro trenta giorni dalla riunione della nuova Camera. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente della Repubblica in carica.

Le modalità dell'elezione sono regolate con legge dello Stato.»;

all'articolo 21, sostituire il comma 2 con il seguente:

2. All'articolo 86 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente:

«Dal giorno della constatazione di impedimento permanente, della morte ovvero delle dimissioni del Presidente della Repubblica, i Presidente delle due Camere assegnano un termine di otto giorni per la presentazione delle candidature ed indicono i comizi elettorali per il ventiduesimo giorno successivo, salvo i maggiori termini quando le Camere sono sciolte o mancano meno di tre mesi alla loro cessazione».

19. 76. Buontempo.

Sostituirlo con il seguente:

1. All'articolo 83 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente:

«All'elezione partecipano i Presidenti di ciascun Consiglio regionale e i Presidenti dei Consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano.».

Conseguentemente, sostituire l'articolo 20 con il seguente:

Art. 20 - 1. All'articolo 85 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente: «Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento, integrato dai Presidenti di ciascun Consiglio regionale e i Presidenti dei Consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.».

19. 4. Mascia, Giordano.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, sostituire le parole da: costituita dai fino alla fine del comma con le seguenti: e composta per metà dai deputati e per metà dai senatori e da rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali. I rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali sono eletti per metà dai Consigli regionali e per metà dai Consigli delle autonomie locali, secondo le disposizioni stabilite dalla legge.

Conseguentemente, all'articolo 43, dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

3-bis. Fino all'entrata in vigore della legge di cui all'articolo 83 della Costituzione, i rappresentanti delle autonomie locali sono eletti dal Consiglio regionale. La suddivisione dei rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali è effettuata in proporzione alla popolazione delle Regioni, come risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

19. 11. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, primo periodo, sopprimere le parole da: dai Presidenti fino a: di Bolzano.

19. 77. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Provera, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, primo periodo, sopprimere le parole: e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

19. 74. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, primo periodo, dopo le parole: e dai delegati eletti dai Consigli regionali aggiungere le seguenti: e dai Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano.

19. 81. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

Subemendamenti all'emendamento 19. 200.

 

All'emendamento 19. 200, primo periodo, sostituire le parole: elegge due con le seguenti: e, per il Trentino Alto Adige, ciascun Consiglio provinciale elegge tre.

0. 19. 200. 4. Boato, Bressa, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Pisapia.

All'emendamento 19. 200, primo periodo, sostituire la parole: elegge con le seguenti: e, per il Trentino Alto Adige, ciascun Consiglio provinciale elegge.

0. 19. 200. 5. Boato, Bressa, Detomas, Kessler, Olivieri.

All'emendamento 19. 200., dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ha due delegati, eletti uno dal Consiglio provinciale di Trento ed uno dal Consiglio provinciale di Bolzano.

0. 19. 200. 1. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas, Boato, Bressa, Olivieri, Kessler.

All'emendamento 19. 200., secondo periodo, sopprimere la parola: solo.

0. 19. 200. 3. Duca.

All'emendamento 19. 200., terzo periodo, dopo la parola: milione aggiungere le seguenti: , o frazione superiore e cinquecentomila,

0. 19. 200. 7. Boccia.

All'emendamento 19. 200., ultimo periodo, sostituire le parole: che sia assicurata comunque la rappresentanza delle minoranze con la seguente: proporzionale.

0. 19. 200. 6. Boccia.

All'emendamento 19. 200., ultimo periodo, sostituire la parola: minoranze con le seguenti: opposizioni.

0. 19. 200. 2. Carrara, Nespoli, Cristaldi, Saia, Lo Presti.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, primo periodo, sostituire le parole da: in modo che fino alla fine del comma con le seguenti: . Ciascun Consiglio regionale, elegge due delegati. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. Ciascun Consiglio regionale elegge altresì un numero ulteriore di delegati in ragione di un delegato per ogni milione di abitanti nella Regione. L'elezione di tutti i delegati avviene in modo che sia assicurata comunque la rappresentanza delle minoranze.

19. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, primo periodo, sostituire le parole da: in modo che fino a: tre delegati con le seguenti: . Ciascun Consiglio regionale elegge tre delegati, in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze.

19. 73. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Pisapia.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, primo periodo, sostituire le parole da: proporzionale fino alla fine del periodo con le seguenti: delle minoranze.

19. 78. Leoni, Bressa, Boato, Vendola, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, secondo periodo, dopo le parole: Consiglio regionale aggiungere le seguenti: e, per la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, ciascun Consiglio provinciale.

19. 9. Boato, Leoni, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, sopprimere il terzo periodo.

19. 10. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, sopprimere il quarto periodo.

19. 79. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Valpiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, sostituire il quinto periodo con il seguente: I rappresentanti delle Regioni sono eletti per metà dai Consigli regionali e per metà dai Consigli delle autonomie lecali, secondo le disposizioni stabilite dalla legge.

19. 80. Boato, Leoni, Bressa, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 83, secondo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti.

Conseguentemente, al secondo periodo, sostituire la parola: quarto con la seguente: quinto.

19. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

 

Al comma 1, capoverso Art. 83, secondo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Dopo il secondo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti l'Assemblea.

19. 75. Perrotta.

 

Al comma 1, capoverso Art. 83, secondo comma, secondo periodo, sostituire la parola: assoluta con le seguenti: dei due terzi dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti.

19. 12. Bressa, Leoni, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Zanella.

Dopo l'articolo 19, aggiungere il seguente:

Art. 19-bis. (Età minima del Presidente della Repubblica). - 1. All'articolo 84, primo comma, della Costituzione, le parole «cinquant'anni» sono sostituite dalle seguenti: «quarant'anni».

19. 01. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Zanella.


 


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 524 dell'8/10/2004

 

 

ERRATA CORRIGE

 

Nel resoconto stenografico della seduta del 6 ottobre 2004, a pagina 1, prima colonna, quindicesima riga, il nome «, Valducci», si intende soppresso.