XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Titolo: | Norme generali sull’azione amministrativa - A.C. n. 3890 e abb.-B | ||
Serie: | Progetti di legge Numero: 392 Progressivo: 2 | ||
Data: | 16/11/04 | ||
Abstract: | Schede di lettura; testo a fronte tra la legge n. 241/1990 ed il testo proposto dall’A.C. 3890-B; A.C. 3890-B; normativa di riferimento (ad integrazione di quella contenuta nel dossier n. 392, relativo a A.C. 3890). | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni | ||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Norme generali sull’azione amministrativa A.C. n. 3890 e abb.-B |
n. 392/2
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xiv legislatura 16 novembre 2004 |
Camera dei deputati
La documentazione predisposta in occasione dell’esame del disegno di legge recante “Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa” (A.C. 3890) e delle proposte di legge abbinate si articola nei seguenti volumi:
§ dossier n. 392, contenente la scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa, le schede di lettura, un testo a fronte tra la legge n. 241 del 1990 e le modifiche proposte dall’A.C. 3890, i testi dei progetti di legge, la normativa di riferimento ed altra documentazione;
§ dossier n. 392/1, diviso in più parti, recante l’iter del disegno di legge al Senato e alla Camera;
§ dossier n. 392/2 recante la documentazione per l’esame delle modificazioni apportate dal Senato al disegno di legge già approvato dalla Camera (schede di lettura, testo a fronte, testo del d.d.l. A.C. 3890-B e normativa di riferimento ulteriore ad integrazione di quella contenuta nel dossier n. 392).
DIPARTIMENTO istituzioni
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: ac0436c.doc
INDICE
§ I princìpi generali dell’azione amministrativa
§ Lo svolgimento del procedimento amministrativo
§ Il responsabile del procedimento
§ La partecipazione al procedimento
§ Atti di consenso per l’esercizio di attività private
§ La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi
§ Il diritto di accesso agli atti degli enti locali
§ Le regioni e le province autonome
I lavori nella XIII legislatura
L’iter del disegno di legge governativo
Le modificazioni introdotte dal Senato
Il disegno di legge approvato dal Senato
§ Princìpi generali (articoli 1-3)
§ Responsabile del procedimento (articolo 4)
§ Partecipazione al procedimento (articoli 5-7)
§ Conferenza di servizi (articoli 8-13)
§ Efficacia e invalidità del provvedimento (articolo 14)
§ Accesso ai documenti amministrativi (articoli 15-18, 20 e 23)
§ Competenze delle regioni e degli enti locali (articoli 19 e 22)
§ Inserimento delle rubriche degli articoli (articolo 21)
§ A.C. 3890-B, (Governo), Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990
§ Testo a fronte tra la legge n. 241 del 1990 ed il testo proposto dall’A.C. 3890-B
§ Testo a fronte delle modifiche ad altre disposizioni legislative
Normativa di riferimento
§ D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 Codice in materia di protezione dei dati personali (artt. 7, 8, 60)
Le norme generali sull’azione amministrativa sono contenute prevalentemente nella legge 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. La legge – in più punti modificata e integrata da successivi interventi legislativi – ha il duplice obiettivo di garantire una maggiore trasparenza all’attività della pubblica amministrazione attraverso il coinvolgimento dei soggetti interessati, e, nel contempo, di migliorarne la qualità, rendendola più efficiente ed economica.
Le disposizioni della legge sono applicabili ad ogni amministrazione dello Stato e delle autonomie locali, fatte salve le prerogative delle regioni.
La L. 241/1990 (art. 1) sancisce alcuni princìpi fondamentali che regolano l’attività amministrativa, quali:
§ il perseguimento di fini determinati dalla legge;
§ l’individuazione di modalità di esercizio dell’azione amministrativa basate sui criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità;
§ il divieto da parte della pubblica amministrazione di aggravare il procedimento con formalità e fasi ulteriori, se non in casi straordinari e motivati.
Accanto a questi principi di carattere generale, la L. 241/1990 individua alcune regole per disciplinare le fasi principali del procedimento amministrativo (artt. 2 e 3).
In primo luogo, in capo alla pubblica amministrazione è posto il preciso dovere di portare a compimento i procedimenti obbligatoriamente iniziati su istanza o d’ufficio, mediante l’adozione di un provvedimento formale; a tal fine deve essere fissato per ogni procedimento un termine di conclusione (qualora questo non sia già previsto per legge o regolamento), che è stabilito senz’altro in trenta giorni in assenza di specifiche determinazioni.
La fissazione del termine per ciascun tipo di procedimento è demandata ad ogni singola amministrazione che vi provvede con propria determinazione. Generalmente lo stesso atto che fissa i termini dei procedimenti stabilisce anche il responsabile del procedimento (vedi oltre).
Se il provvedimento non viene adottato entro i termini previsti sono previste due ipotesi: in alcuni casi specifici (si veda oltre il paragrafo relativo agli atti di consenso per l’esercizio di una attività privata) il provvedimento si ritiene per adottato (silenzio-assenso), salva la possibilità, per ragioni di pubblico interesse, da parte dell’amministrazione competente di annullare l’atto di assenso illegittimamente formato. In tutti gli altri casi, il provvedimento si ritiene negato (silenzio-rifiuto).
Per quanto riguarda le conseguenze sul piano della responsabilità penale derivanti dalla mancata o ritardata adozione dei provvedimenti amministrativi, si ricorda che l’art. 328 del codice penale, al secondo comma, prevede che il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, é punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa fino a lire due milioni. La richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta scritta.
Ogni provvedimento deve, inoltre, essere motivato e la motivazione non può essere espressa in modo generico, ma deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche in base alle quali ne è stato determinato il contenuto. L’atto sprovvisto di detta motivazione è da intendersi illegittimo e quindi soggetto a disapplicazione[1].
Sono esclusi dall’obbligo di motivazioni gli atti normativi e quelli a contenuto generale. Sono, invece, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, il personale e lo svolgimento dei pubblici concorsi.
L’obbligo della motivazione trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di garantire il diritto alla difesa degli interessati. Allo stesso scopo ogni atto notificato al destinatario deve contenere il termine entro cui è possibile ricorrere e l’autorità alla quale presentare l’eventuale ricorso[2].
Per ogni procedimento le pubbliche amministrazioni debbono determinare, con le previste forme di pubblicità, l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e degli altri adempimenti procedimentali, nonché dell’adozione del provvedimento finale (artt. 4-6, L. 241/1990). Nell’ambito di ciascuna unità organizzativa il dirigente assegna la responsabilità di ciascun procedimento ad un determinato dipendente, il cui nominativo è comunicato ai soggetti destinatari del provvedimento ed a chiunque altro vi abbia interesse. Fino a che non sia stata effettuata tale assegnazione, responsabile del singolo procedimento é il funzionario preposto all’unità organizzativa.
Il responsabile del procedimento cura gli atti istruttori necessari per l’adozione del provvedimento, tra cui l’indizione della conferenza di servizi (vedi oltre) – se è competente – altrimenti ne propone l’indizione. Parimenti, ove ne abbia competenza il responsabile adotta il provvedimento o ne trasmette gli atti all’organo competente.
L’avvio di ogni procedimento, salvo che non sussistano particolari esigenze di celerità, deve essere comunicato nei modi previsti dalla legge, ai soggetti destinatari del provvedimento finale ed a quanti possano subire da questo un pregiudizio, sempre che si tratti di soggetti individuati o facilmente individuabili (artt. 7-8, L. 241/1990)[3].
L’amministrazione non solo è obbligata a comunicare l’avviso dell’avvio del procedimento, ma tale avviso deve essere anche inviato tempestivamente, in modo da consentite al cittadino di avvalersi degli strumenti partecipativi previsti dalla legge[4].
Infatti, la comunicazione è strumentale alla facoltà di intervenire nel procedimento. Tale facoltà è garantita, oltre ai diretti interessati, anche a tutti i soggetti portatori di interessi pubblici o privati, nonché alle associazioni e ai comitati portatori di interessi diffusi che possono essere pregiudicati dall’adozione del provvedimento (art. 9).
La partecipazione al procedimento si realizza mediante la visione degli atti del procedimento e la presentazione di memorie scritte e di altri documenti che, se pertinenti, devono essere obbligatoriamente esaminate dell’amministrazione (art. 10).
Con gli interessati l’amministrazione procedente può concludere accordi volti a determinare il contenuto discrezionale del provvedimento o a sostituire il medesimo (art. 11).
Una forma particolare di pubblicità è riservata ai procedimenti relativi alle concessioni di contributi economici comunque denominati. In questi casi le amministrazioni procedenti sono obbligate a predeterminare e pubblicare i criteri e le modalità per l’assegnazione di tali contributi (art. 12)[5].
Dalle norme sulla partecipazione al procedimento restano escluse le attività dirette all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, i procedimenti tributari e quelli relativi alla protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia (art. 13), che restano disciplinati da disposizioni particolari.
La conferenza di servizi costituisce uno strumento organizzativo da attivarsi nella fase decisoria di procedimenti amministrativi complessi ed è volta ad accelerare l’espressione dei consensi delle amministrazioni coinvolte[6].
Quando risulti opportuno esaminare contestualmente più interessi pubblici ovvero sia necessario acquisire una pluralità di atti di intesa (concerti, nulla osta, pareri, etc.) l’amministrazione procedente può indire una conferenza di servizi, le cui decisioni sostituiscono, a tutti gli effetti, ogni atto di tutte le amministrazioni partecipanti.
Al di fuori di questa ipotesi, le amministrazioni pubbliche possono comunque concludere tra loro accordi volti a disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.
La legge prevede tre tipi di conferenza dei servizi:
§ conferenza c.d. istruttoria;
§ conferenza su istanze o progetti preliminari;
§ conferenza c.d. decisoria.
La conferenza istruttoria costituisce la fattispecie più generale, può, infatti, essere indetta ogni qual volta sia opportuno un confronto tra più amministrazioni portatrici di interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo. La conferenza è convocata dall’amministrazione responsabile del procedimento.
Una nuova figura di conferenza di servizi è la conferenza su istanza o progetti preliminari, istituita dalla L. 340/2000. Si tratta di un particolare tipo di conferenza “preliminare” convocata – su richiesta dell’interessato – per progetti di particolare complessità prima della presentazione di un’istanza o di un progetto definitivo.
L’obiettivo della conferenza preliminare è di verificare le condizioni alle quali potrebbe essere dato l’assenso sull’istanza o sul progetto definitivo stesso, in modo di eliminare, od almeno limitare, l’emersione di ostacoli amministrativi nelle fasi ulteriori della procedura. La conferenza, in tale sede, è tenuta a pronunciarsi entro un temine determinato (30 giorni).
Tempi più lunghi sono previsti nel caso in cui sia richiesta la valutazione di impatto ambientale (VIA). In ogni caso l’autorità competente alla VIA è tenuta ad esprimersi in tempi definiti, ed il suo intervento costituisce parte integrante della procedura di VIA che prosegue anche dopo la presentazione del progetto definitivo.
Le indicazioni fornite dalle amministrazioni coinvolte nella conferenza preliminare, comprese quelle eventuali dell’autorità competente alla VIA, non possono essere modificate in assenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento.
La terza e principale fattispecie è la conferenza decisoria. Essa interviene nei procedimenti che prevedono, per il loro perfezionamento, l’assenso, sotto forma di intesa, concerto, nulla osta, o comunque altrimenti denominato, di più autorità. In questi casi l’amministrazione responsabile del procedimento è tenuta prima ad esperire la procedura normale richiedendo formalmente, al momento dell’avvio del procedimento, l’assenso alle altre amministrazioni interessate. Se questo non è ottenuto entro 15 giorni si procede con la convocazione della conferenza.
La legge definisce le procedure di convocazione della conferenza, dello svolgimento e della conclusione dei lavori. In particolare, le amministrazioni convocate devono subito stabilire il termine per l’adozione della decisione conclusiva, che comunque non può pervenire oltre i 90 giorni dalla prima seduta, così come da ultimo stabilito dalla L. 340/2000 che per la prima volta definisce un termine certo per la conclusione dei lavori. Nel caso in cui è richiesto il VIA c’è la possibilità di prolungare i termini (di 30 o 60 giorni), ma essi devono comunque rientrare in limiti definiti.
Viene disciplinata l’espressione di eventuali dissensi in seno alla conferenza da parte di rappresentanti di una o più amministrazioni: in questi casi il dissenso deve essere espresso in sede di conferenza, deve essere motivato, deve riferirsi a questioni connesse al procedimento e, soprattutto, deve indicare le modifiche necessarie per l’ottenimento dell’assenso.
In ogni caso, la decisione finale è presa a maggioranza e diventa immediatamente esecutiva.
Una deroga a tale principio è prevista nel caso di dissenso espresso per motivi di tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o della salute. In questo caso la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri se l’amministrazione dissenziente è statale o, se è espressione delle autonomie locali, ai corrispondenti organi esecutivi[7].
Alla conferenza di servizi partecipano esclusivamente le amministrazioni il cui assenso è necessario per il perfezionamento del procedimento. Non vi partecipano gli organi consultivi tenuti ad esprimere l’eventuale parere nel corso del procedimento. Gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni sono tenuti a rendere i pareri entro 45 giorni. Tale termine si può interrompere una sola volta per richiesta di chiarimenti e comunque il parere deve essere reso entro 15 giorni dalla ricezione degli elementi richiesti.
Inoltre, viene introdotta una disciplina specifica per i pareri facoltativi per i quali è l’amministrazione richiedente a fissare i termini di espressione del parere.
La legge introduce in materia il principio del cosiddetto silenzio-assenso dell’amministrazione, realizzando in tal modo le condizioni per una piena tutela delle posizioni giuridiche dei cittadini in ordine ad attività iI cui esercizio sia subordinato ad un regime autorizzatorio.
In particolare, è prevista la possibilità per cui l’esercizio di un’attività privata, subordinato ad un atto della pubblica amministrazione, possa essere intrapreso su semplice denuncia da parte dell’interessato dell’inizio dell’attività stessa: spetterà all’amministrazione verificare d’ufficio l’esistenza dei presupposti richiesti e disporre, se del caso, il divieto di prosecuzione e la rimozione degli effetti prodotti (art. 19).
Tale procedura é, per altro, esclusa per alcuni tipi di attività, quali ad esempio le concessioni edilizie, e comunque nelle ipotesi in cui il rilascio dell’atto dipenda dal superamento di prove specifiche che comportano valutazioni tecniche discrezionali o per le attività per le quali è fissato un limite alle autorizzazioni.
Con regolamento governativo sono determinati, inoltre, i casi in cui la domanda da parte dei privati di rilascio di autorizzazioni licenze, nulla osta o altri atti di consenso necessari per lo svolgimento di una loro attività si considera accolta qualora non venga comunicato agli interessati, entro i termini stabiliti in relazione ai vari tipi di atto, il provvedimento di diniego; resta salva la possibilità per l’amministrazione di annullare l’atto di assenso illegittimamente formato (art. 20).
In attuazione delle disposizioni sopra richiamate è stato emanato il DPR n. 300 del 1992[8] che individua puntualmente:
§ le attività sottoposte al regime di denuncia di inizio attività che possono essere iniziate subito dopo la denuncia;
§ le attività che possono essere iniziate decorso un certo termine dalla denuncia;
§ le attività sottoposte al regime di cui all’articolo 20 della L. 241/1990.
La L. 241/1990 (artt. 22-24) riconosce a chiunque vi abbia interesse, per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, il diritto di accesso ai documenti amministrativi sulla base di modalità che vengono in parte contestualmente definite, in parte rinviate ad una successiva disciplina regolamentare (vedi oltre).
Il diritto di accesso è volto ad assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e a favorirne lo svolgimento imparziale. Esso può essere fatto valere nei confronti di tutte le amministrazioni dello Stato, comprese le aziende, gli enti pubblici, i gestori di pubblici servizi e le autorità di garanzia e di vigilanza e si esercita anche durante il corso del procedimento.
Sono esclusi dal diritto di accesso:
§ i documenti coperti da segreto di Stato;
§ i documenti relativi ai procedimenti riguardanti i testimoni di giustizia e i collaboratori con la giustizia;
§ gli altri documenti la cui segretezza o esclusione dalla divulgazione è prevista dall’ordinamento.
Inoltre, la legge autorizza il Governo a individuare altri casi di esclusione dal diritto di accesso, in funzione di particolari esigenze di interesse pubblico da salvaguardare, quali la sicurezza nazionale, la politica monetaria e valutaria, l’ordine pubblico[9].
Anche le singole amministrazioni sono tenute ad individuare con regolamento le categorie di documenti da esse formati sottratte all’accesso, sempre per i motivi di interesse pubblico sopra accennati.
Il diritto di accesso, inoltre, trova un preciso limite nel diritto alla riservatezza dei dati personali disciplinato dalla L. 675/1996 e dal D.Lgs. 135/1999[10]. Infatti, il regolamento di attuazione della L. 241/1990, adottato con il D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, individua tra le cause di limitazione del diritto all’accesso l’ipotesi di documenti che riguardano “la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono”. In ogni caso, deve essere garantita la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro stessi interessi giuridici (art. 8)[11].
È altresì possibile differire l’accesso ai documenti richiesti sin quando la loro conoscenza possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell’azione amministrativa (art. 24, comma 6, L 241/1990).
II diritto di accesso è esercitato dai cittadini mediante la possibilità di esaminare ed estrarre copia dei documenti amministrativi, sulla base di richieste motivate, formulate dagli interessati e rivolte all’amministrazione che ha formato il documento.
Contro l’eventuale rifiuto dell’amministrazione è dato ricorso al TAR, il quale decide in camera di consiglio entro 30 giorni dal deposito del ricorso. In alternativa, è possibile chiedere il riesame del provvedimento di rifiuto al difensore civico competente[12]. Se questi lo ritiene illegittimo deve essere emanato un nuovo provvedimento confermativo dall’amministrazione. Qualora anche questo atto non venisse compiuto entro 30 giorni, l’accesso è comunque garantito (art. 25).
Sempre al fine di consentire la trasparenza dell’azione amministrativa, è prevista la pubblicazione, secondo le norme contenute nei singoli ordinamenti, di tutti gli atti che dispongono in tema di organizzazione, di esercizio delle funzioni, di procedimenti amministrativi ovvero sono volti a dettare l’interpretazione di norme giuridiche o ad indicare modalità per la loro applicazione (art. 26).
I criteri per l’esercizio del diritto di accesso sono disciplinati in modo particolareggiato dal citato regolamento di attuazione della L. 241/1990, adottato con D.P.R. 352/1992.
Di particolare rilievo la previsione di una modalità di accesso in via informale al documento amministrativo, da esercitarsi mediante una semplice richiesta anche verbale. Se non è possibile l’accoglimento della richiesta informale, per motivi espressamente indicati dal regolamento, il cittadino può sempre presentare una richiesta formale.
Il regolamento individua, inoltre, i criteri generali per l’emanazione, da parte delle singole amministrazioni, dei regolamenti che individuano i casi di esclusione dal diritto di accesso.
Il regolamento specifica altresì che il diritto di accesso ai documenti amministrativi può essere esercitato non soltanto da singoli cittadini, ma anche dalle associazioni di tutela di interessi pubblici o diffusi.
Al fine di garantire la piena e corretta applicazione delle norme in materia di diritto di accesso, la legge ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un’apposita Commissione, composta anche di parlamentari, cui spetta il compito di vigilare sull’attuazione della legge relativamente all’accesso ai documenti amministrativi e di redigere una relazione annuale sulla trasparenza dell’attività della pubblica amministrazione[13] (art. 27).
La Commissione, rinnovata ogni tre anni, è nominata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, sentito il Consiglio dei ministri. Essa è presieduta dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed è composta da sedici membri, dei quali due senatori e due deputati designati dai Presidenti delle rispettive Camere, quattro scelti fra i magistrati (ordinari, amministrativi e della giustizia militare) e gli avvocati dello Stato, su designazione dei rispettivi organi di autogoverno, quattro fra i professori di ruolo in materie giuridico-amministrative e quattro fra i dirigenti dello Stato e degli altri enti pubblici.
Le competenze principali della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi sono le seguenti:
§ effettuare una vigilanza attiva, sia sotto il profilo ricognitivo che sotto quello propulsivo, affinché venga attuato il principio di piena conoscibilità dell’attività della pubblica amministrazione (art. 27, comma 5, L. 241/1990);
§ esprimere parere sui regolamenti con i quali le singole amministrazioni hanno l’obbligo di individuare le categorie di documenti – da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità – sottratti all’accesso (art. 24, comma 4, L. 241/1990 e art. 10, comma 1, D.P.R. 352/1992);
§ esprimere pareri, ove ne sia richiesta, sugli atti comunque attinenti all’esercizio e all’organizzazione del diritto di accesso (istanze e quesiti di pubbliche amministrazioni e di privati; art. 10, comma 1, D.P.R. 352/1992);
§ organizzare e gestire l’archivio dei regolamenti delle pubbliche amministrazioni concernenti la disciplina del diritto di accesso (art. 10, comma 3, D.P.R. 352/1992);
§ redigere una relazione annuale alle Camere e al Presidente del Consiglio sulla trasparenza dell’attività nella pubblica amministrazione (art. 27, comma 5, L. 241/1990);
§ proporre al Governo modifiche dei testi legislativi e regolamentari che siano utili a realizzare la più ampia garanzia del diritto di accesso (art. 27, comma 5, L. 241/1990).
Disposizioni particolari in materia di diritto di accesso dei documenti formati dalle amministrazioni comunali e provinciali sono state introdotte dalla L. 142/1990, adottata nello stesso periodo della L. 241/1990 e le cui disposizioni sono ora confluite nel testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000)[14].
In particolare, l’art. 6 del testo unico (già art. 4 della L. 142/1990) demanda agli statuti comunali e provinciali, tra l’altro, la definizione delle forme dell’accesso ai cittadini alle informazioni ed ai procedimenti amministrativi. Il successivo art. 10 (art. 7, L. 142/1990) stabilisce che tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione della legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia; demanda ai regolamenti degli enti la disciplina dell’accesso agli atti amministrativi, del rilascio delle relative copie e delle modalità per assicurare ai cittadini l’informazione sullo stato degli atti e delle procedure che comunque li riguardino; impone in generale agli enti locali di assicurare il diritto dei cittadini di accedere alle informazioni di cui è in possesso l’amministrazione[15].
Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dalla L. 241/1990 nell’ambito dei principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute che costituiscono principi generali dell’ordinamento giuridico; tali disposizioni comunque operano direttamente nei riguardi delle regioni stesse sino a quando queste ultime non avranno legiferato in materia (art. 29, comma 1).
Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano adeguano i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nella legge entro un anno dalla data della sua entrata in vigore (art. 29, comma 2).
Nell’ottobre 2000 la Camera dei deputati ha approvato quasi all’unanimità la proposta di legge A.C. 6844, recante Norme generali sull’attività amministrativa (A.S. 4860)[16]. Il progetto, che consta di 11 articoli, disciplina i principali istituti dell’attività amministrativa, lasciando inalterato il regime del procedimento amministrativo contenuto nella L. 241/1990.
Il testo dispone che – salvi i casi di poteri amministrativi espressamente conferiti da leggi o da regolamenti – le amministrazioni pubbliche agiscono secondo le norme del diritto privato. Specularmente, il testo chiarisce che “nell’esercizio di poteri amministrativi, le amministrazioni pubbliche agiscono mediante procedimenti amministrativi secondo la disciplina stabilita dalle leggi e dai regolamenti”.
Vengono prese in considerazione dalla proposta di legge le principali vicende dell’atto amministrativo, tra le quali la sospensione, la revoca, la nullità e l’annullabilità.
In particolare, gli ultimi due istituti citati presentano il maggior tasso di innovazione, laddove si riporta la categoria degli atti viziati da incompetenza sotto la previsione dell’annullabilità e non più della nullità del provvedimento. Inoltre, il vizio di incompetenza come causa di annullabilità si riduce all’ipotesi di provvedimento adottato in carenza di potere e cioè da parte di organo di un’amministrazione pubblica diversa da quella cui spetta il relativo potere. Restano viceversa esclusi da tale nozione, e non sono pertanto neanche causa di annullabilità, i casi di incompetenza meramente interna, con l’eccezione relativa alla violazione da parte di organi a composizione amministrativa degli ambiti di competenza funzionale attribuiti dalla legge agli organi di direzione politica.
Rilevante è anche la disposizione che impone la comunicazione integrale del provvedimento amministrativo ai destinatari, salvo deroghe espresse. Conseguentemente, l’efficacia del provvedimento si produce nei confronti dei destinatari solo ad avvenuta comunicazione, anche in questo caso salva espressa deroga stabilita dalla legge.
Il disegno di legge A.C. 3890-B in esame – come si legge nella relazione illustrativa del progetto originario presentato dal Governo (A.S. 1281) – trae origine dal testo approvato dalla Camera nella scorsa legislatura (vedi sopra).
Tale testo ha fornito la base per la Commissione governativa per l’esame di iniziative legislative in tema di attività amministrativa e tutela del cittadino, istituita all’inizio dell’attuale legislatura dal D.P.C.M. 23 luglio 2001 e presieduta dal Ministro per la funzione pubblica pro-tempore, di cui il testo in esame rappresenta il risultato di un approfondito lavoro di critica e sistemazione.
Lo schema del disegno di legge di modifica della L. 241/1990 è stato approvato in via preliminare nella seduta del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2001 ed è stato trasmesso per il parere alla Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali.
La Conferenza unificata ha reso il prescritto parere nella seduta del 28 febbraio 2002, con l’approvazione di due documenti: uno delle regioni (Allegato A) e uno degli enti locali (Allegato B)[17].
Il disegno di legge è stato presentato al Senato il 21 marzo 2002 ed assegnato alla 1ª Commissione (Affari costituzionali) che ne ha iniziato l’esame il 16 maggio con la relazione del senatore Bassanini.
La Commissione ha concluso l’esame il 14 novembre, dando mandato al relatore di riferire favorevolmente in Assemblea.
L’esame in Assemblea si è svolto dal 20 marzo al 10 aprile 2003; in quest’ultima seduta è stato approvato un testo, modificato rispetto a quello originario, con 179 voti favorevoli, 9 contrari (Gruppo dei Verdi e del Gruppo misto – componente di Rifondazione comunista) e 5 astenuti[18].
Alla Camera, l’esame del testo approvato dal Senato presso la I Commissione Affari costituzionali della Camera è iniziato il 15 maggio 2003 con la relazione dell’on. Bressa (A.C. 3890). Il progetto è stato successivamente esaminato dall’Assemblea della Camera che vi ha dedicato quattro sedute (dal 10 novembre 2003 al 14 gennaio 2004) - approvando un testo modificato rispetto a quello del Senato - con 403 voti favorevoli, 7 voti contrari (Gruppo di Rifondazione comunista) e 6 astenuti (Misto-Verdi)[19].
Il Senato ha nuovamente esaminato il disegno di legge (A.S. 1281) a partire dal 12 febbraio 2004. La 1ª Commissione (Affari costituzionali) del Senato ha approvato in sede deliberante un nuovo testo il 21 luglio 2004 che è stato trasmesso alla Camera il 27 luglio scorso.
Il disegno di legge in esame (A.C. 3890 B) apporta – rispetto al testo approvato dalla Camera in seconda lettura (A.S. 1281 B) – quattro modificazioni[20]:
§ all’art. 1, co. 1. lett. b) , che inserisce il co. 1-bis all’art. 1 della legge 241, si prevede il principio generale secondo cui la pubblica amministrazione - nell’adozione di atti di natura non autoritativa – agisce secondo le norme di diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente;
§ all’art. 6, che inserisce l’art. 10-bis nella legge 241 relativo alla comunicazione agli istanti dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, si prevede l’esclusione dell’applicabilità della disposizione introdotta non solo alle procedure concorsuali, ma anche ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale avviati su istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali;
§ all’art. 15, che modifica l’art. 22 della legge 241, si fa salvo – relativamente all’esercizio del diritto di accesso limitato alle sole informazioni contenute in documenti amministrativi – quanto previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali relativamente all’accesso ai dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono;
§ all’art. 16, che modifica l’art. 24 della legge 241 relativo ai casi di esclusione del diritto di accesso, si prevede che nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del codice suddetto in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
L’intervento di modifica contenuto nel progetto di riforma è concepito come novella alla legge n. 241 del 1990, nell’intenzione di rispettarne l’impianto originario, apportando a tale legge quelle correzioni e integrazioni rese necessarie nei quattordici anni della sua applicazione. Ciò anche al fine di adeguarne il contenuto alle innovazioni del sistema costituzionale e normativo nel frattempo intercorse[21].
L’articolo 1 modifica l’articolo 1 della L. n. 241 del 1990, che reca i princìpi generali dell’attività amministrativa.
Già dalle modifiche introdotte dall’art. 1, si manifesta la filosofia di fondo della riforma, che, nelle intenzioni del Governo[22], intende definire principi e norme generali ulteriori sull’attività amministrativa per favorire un rapporto sempre più paritario e garantistico fra cittadini e amministrazione.
Il comma 1, lett. a) dell’articolo in oggetto, riformula, infatti, il comma 1 dell’articolo 1 integrando i principi generali dell’attività amministrativaivi enunciati: ferma restando l’affermazione del principio di legalità (“L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge”), ai “criteri di economicità, efficacia e di pubblicità”, che reggono l’azione amministrativa ai sensi del vigente comma 1, vengono aggiunti la trasparenza e i princìpi del diritto comunitario.
Nel caso del principio di trasparenza, si tratta – come specificato nella relazione della I Commissione della Camera al d.d.l. 3890-A – di un principio diverso dalla pubblicità da considerare come base per un corretto rapporto con il cittadino, in grado di determinare una diminuzione del tasso di contenzioso. Con tale novella viene elevato a criterio fondante di tutta l’azione amministrativa un principio già presente nel testo della legge 241, ed in particolare nella parte relativa alla tutela del diritto di accesso ai documenti amministrativi, tutela volta ad assicurare, appunto, la trasparenza e l’imparzialità dell’attività amministrativa (art. 22 legge 241/1990). In quel contesto la trasparenza è intesa quale strumento teso a garantire lo svolgimento corretto dell’azione amministrativa, della quale i soggetti interessati sono posti in condizione di verificarne direttamente l’efficienza e l’imparzialità.
Per quanto riguarda i princìpi del diritto comunitario, le fonti per la loro identificazione sono essenzialmente il Trattato istitutivo dell’Unione europea, e successive modificazioni[23], la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma nel 1950 e richiamata dal citato Trattato istitutivo, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea di Nizza[24], e la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. Tra i princìpi fondamentali, interessanti il diritto amministrativo, fissati dalle fonti comunitarie si ricordano: il principio di legalità, secondo il quale le autorità pubbliche non possono agire in maniera difforme dal diritto; il principio di eguaglianza, o di imparzialità, per cui situazioni uguali devono essere trattate in modo uguale; il principio di proporzionalità, inteso nel senso che i mezzi utilizzati dall’amministrazione devono essere commisurati allo scopo cui sono preordinati e non devono comportare sacrifici sproporzionati per i privati; il principio di legittimo affidamento, in base al quale le amministrazioni devono tenere conto delle aspettative che i privati possono avere circa la stabilità degli effetti di precedenti decisioni dell’amministrazione. In particolare, alcuni di questi princìpi (imparzialità, proporzionalità e legittimo affidamento) erano espressamente elencati nel testo originario del disegno di legge in esame. Nel corso dell’esame presso la Camera si è scelto di privilegiare la sintesi in considerazione del fatto che tali principi sono già contenuti nel richiamo ai principi dell’ordinamento comunitario.[25]
Si ricorda, infine, che il generico richiamo ai princìpi del diritto comunitario, quale fonte di disciplina dell’azione amministrativa, è già contenuto nella legge n. 59 del 1997[26], art. 20, comma 5, lett. g-quater), che prevede, tra i princìpi informatori dell’ampia attività di delegificazione e semplificazione di procedimenti amministrativi ivi preconizzata, anche “l’adeguamento della disciplina sostanziale e procedimentale dell'attività e degli atti amministrativi ai princìpi della normativa comunitaria, anche sostituendo al regime concessorio quello autorizzatorio”.
Il comma 1, lett. b), aggiunge due commi (1-bis e 1-ter) al comma 1 dell’art. 1 della L. 241.
Il nuovo comma 1-bis, modificato nel corso dell’esame al Senato, introduce il principio generale secondo cui la pubblica amministrazione agisce secondo il diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente ed esclusivamente nei procedimenti volti all’adozione di atti di natura non autoritativa.
Il testo originario del disegno di legge presentato dal Governo (S. 1281) prevedeva la possibilità che l’Amministrazione potesse utilizzare, per il perseguimento dei propri fini istituzionali di cura dell’interesse pubblico, o gli strumenti del diritto pubblico o quelli del diritto privato.
Ad una formulazione della disposizione analoga a quella attuale, che sposa nettamente l’opzione del ricorso generalizzato agli strumenti del diritto privato, si è giunti con l’approvazione dell’emendamento 1.18 (testo 2) del relatore, approvato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato nella seduta del 10 luglio 2002. La disposizione ha poi subito ulteriori modifiche nel corso dell’esame in Assemblea.
Nel corso dell’esame in sede referente alla Camera, in seconda lettura, si è modificata ulteriormente la disposizione ripristinando il carattere facoltativo del ricorso alle norme del diritto privato, anche per evitare qualsiasi forma di automatismo nell’azione amministrativa, ed escludendo l’utilizzo delle norme del diritto privato per gli atti di natura autoritativa e per gli atti per i quali la legge stabilisce forme di diritto pubblico[27].
Il Senato, in seconda lettura, ha modificato ancora una volta la disposizione, mantenendo l’esclusione, introdotta dalla Camera, del ricorso al diritto privato per gli atti di natura autoritativa e per quelli per i quali la legge stabilisce diversamente, ma tenendo ferma la propria scelta, operata in prima lettura, per il principio dell’obbligatorietà, in tutti gli altri casi, dell’utilizzo delle norme di diritto privato[28].
Secondo la relazione presentata dalla Commissione Affari costituzionali della Camera a conclusione dell’esame in sede referente (A.C. 3890-A), la disposizione esprime la tendenza dell’ordinamento verso il superamento del dogma che storicamente attribuiva all’Amministrazione il dovere di agire mediante poteri di imperio e atti unilaterali. In tal senso, la riforma si inquadra nelle moderne tendenze di privatizzazione, volte a ridimensionare le connotazioni pubblicistiche dell’amministrare, e si configura non soltanto come una “scelta tecnica”, ma anche come una “scelta culturale e istituzionale”, volta a privilegiare un modello paritario e non gerarchico nei rapporti tra i cittadini e le amministrazioni.
Si fa presente che la previsione del ricorso, da parte delle amministrazioni pubbliche, agli strumenti del diritto privato per la realizzazione dei propri fini istituzionali trova dei precedenti nella XIII legislatura nell’art. 106 dell’articolato approvato dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali[29] e nell’art. 2 del progetto di legge approvato dalla Camera dei deputati il 25 ottobre 2000 e poi decaduto per la fine della legislatura[30].
Si tratta del riconoscimento normativo della preferenza (fatti salvi gli espressi divieti di legge), che le amministrazioni pubbliche operino in via generale attraverso gli strumenti del diritto privato anche nel perseguimento dei propri fini istituzionali, consistenti nella cura concreta degli interessi pubblici ad esse affidati dalla legge.
La nuova disposizione non incide, pertanto, sulla natura della funzione amministrativa - che rimane finalizzata al miglior perseguimento dell’interesse pubblico - ma soltanto sulla sua forma, che si esprimerà in via generale attraverso i moduli dell’agire consensuale, pur restando assoggettata ai principi di carattere pubblicistico enunciati nel nuovo comma 1 dell’art. 1, sopra richiamati.
Del resto il superamento della tradizionale distinzione tra l’attività di diritto pubblico e quella di diritto privato è un dato ormai acquisito nella pratica. Il Consiglio di Stato ha riconosciuto che “le leggi più recenti hanno introdotto normative sostanziali la cui applicabilità prescinde dalla distinzione tra soggetti pubblici e privati e dalla natura dei loro atti”, anche se questi devono essere comunque finalizzati al perseguimento dell’interesse generale (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 22 aprile 1999, n. 4).
Come accennato sopra, per il ricorso da parte della pubblica amministrazione agli strumenti del diritto privato si devono verificare due condizioni: non vi devono essere disposizioni di legge che impongano espressamente la forma pubblica e gli atti posti in essere non devono avere natura autoritativa.
Nell’ordinamento non vi è una definizione degli atti di natura autoritativa. Un riferimento a tali atti si rintraccia in ambito penalistico: l’art. 357 del codice penale, recante la nozione di pubblico ufficiale, definisce la “pubblica funzione amministrativa” quale funzione che, da un lato, è disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e, dall’altro, viene esercitata per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.
Tra le varie classificazioni degli atti amministrativi elaborate dalla dottrina un posto centrale occupa la suddivisione tra gli atti amministrativi unilaterali e gli accordi: i primi sono posti in essere dall’amministrazione nell’esercizio di poteri autoritativi, mentre nell’attività contrattuale la pubblica amministrazione si pone in una situazione di parità con i privati. L’emanazione di atti unilaterali è propria dell’attività amministrativa di diritto pubblico, mentre quella di diritto privato si esprime con la conclusione di accordi. In pratica, dunque, l’attività di diritto pubblico della pubblica amministrazione verrebbe a coincidere con l’attività autoritativa di essa.
Tale impostazione trova sostanzialmente conferma nella giurisprudenza che distingue tra atti autoritativi[31] e atti paritetici: i primi potenzialmente lesivi di interessi legittimi e impugnabili entro termini di scadenza, i secondi, lesivi di diritti soggettivi, e contestabili entro termini prescrizione[32]. Nell’ambito dei giudizi in tema di responsabilità erariale è invalsa la distinzione tra atti propri dell’attività gestionale e atti espressivi di poteri autoritativi o di funzioni pubbliche[33].
Il comma 1-terestende anche ai privati, che esercitano attività amministrative, l’obbligo di rispettare i princìpi che reggono l’attività della pubblica amministrazione indicati al comma 1. La disposizione è collegata strettamente a quella precedente che definisce il ricorso della pubblica amministrazione agli strumenti del diritto privato: il fine del bene pubblico deve informare tutta l’attività amministrativa a prescindere degli strumenti da essa utilizzati e dai soggetti (pubblici o privati) che la esercitano.
L’articolo 2interviene in materia di tutela giurisdizionale avverso il silenzio dell’amministrazione, una volta che sia decorso il termine per provvedere stabilito ai sensi dell’articolo 2 della L. 241.
Ogni amministrazione ha il dovere di concludere ciascun procedimento cui ha dato avvio con l’adozione di un provvedimento espresso ed entro termini prefissati. Il termine varia a seconda del tipo di procedimento ed è determinato, e reso pubblico, da ciascuna amministrazione per i procedimenti di propria competenza. Nel caso in cui l’amministrazione competente non abbia provveduto ad indicare un termine , questo si intende fissato in 30 giorni.
Attraverso l’inserimento nell’articolo 2 della L. 241 di un nuovo comma 4-bis,la novella stabilisce che, decorso il termine per la conclusione del procedimento amministrativo senza alcuna risposta da parte dell’amministrazione procedente, l’interessato possa ricorrere al Tribunale amministrativo regionale, ai sensi dell’articolo 21-bis della legge n. 1034 del 1971[34], senza bisogno di atto di diffida nei confronti dell’amministrazione inadempiente.
La diffida ad adempiere, ai sensi dell’art. 1454 del codice civile, consiste nell’intimazione per iscritto alla parte inadempiente di adempiere in un congruo termine. Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo è risoluto di diritto.
La diffida ad adempiere costituisce una facoltà e non un obbligo della parte adempiente, ed ha la funzione di determinare lo scioglimento di diritto del rapporto. Essa non condiziona in alcun modo l'esercizio dell'azione prevista dall'art. 2932 codice civile intesa ad ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto promesso (Cassazione civile, Sez.II, sent. 6 giugno 1983, n. 3854.
Il ricorso è proponibile non oltre un anno dalla scadenza del termine per la conclusione del procedimento e non preclude la possibilità da parte dell’interessato di presentare istanza di avvio del procedimento.
L’articolo 3, inserendo l’ articolo 3-bis nella legge 241, introduce il principio secondo il quale, a fini di efficienza, le pubbliche amministrazioni incentivano l’uso della telematica nei rapporti interni, tra amministrazioni, e tra amministrazioni e privati.
Si ricorda che la validità dei documenti formati elettronicamente e le modalità dell’utilizzo degli strumenti informatici nella pubblica amministrazione sono disciplinate dal D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, ed in particolare dai Capi III e IV.
L’articolo 4 introdotto dalla Camera in prima lettura[35] modifica l'articolo 6, comma 1, lettera e), della legge 241 del 1990, nel senso di prevedere che, laddove l'organo competente all'adozione del provvedimento finale sia diverso dal responsabile del procedimento, non possa discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria svolta dallo stesso responsabile, se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale.
Si rammenta che, alla stregua della formulazione vigente della legge 241 del 1990, il responsabile del procedimento cura gli atti istruttori necessari per l’adozione del provvedimento, tra cui l’indizione della conferenza di servizi (se è competente, altrimenti ne propone l’indizione). Parimenti, il responsabile adotta il provvedimento o (se non competente) trasmette gli atti all’organo competente per l’adozione.
L’articolo 5[36]inserisce al comma 2 dell’articolo 8 della L. 241, dopo la lettera c), due nuove lettere (c-bis e c-ter),con le quali vengono rafforzati gli istituti di partecipazione procedimentale e di trasparenza dell’azione amministrativa già previsti nella stessa legge n. 241.
Il Capo III (artt. 7-13) della legge n. 241 disciplina le modalità di partecipazione dei privati al procedimento amministrativo. In particolare, si prevede, quale presupposto indispensabile per consentire l’effettiva partecipazione, la comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento. La legge indica in modo dettagliato le informazioni che devono essere contenute nella comunicazione di avvio del procedimento: ossia l’amministrazione competente, l’oggetto del procedimento, il responsabile del procedimento e l’ufficio presso il quale si possono consultare gli atti.
La novella in commento stabilisce che, nella comunicazione con cui si dà notizia dell’avvio del procedimento, l’amministrazione indichi anche:
- la data di conclusione dello stesso nonché le conseguenze e i rimedi esperibili dall’interessato in caso di inerzia della medesima amministrazione (lett. c-bis)
- nei casi di procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione dell’istanza (lett. c-ter).
Si veda, in proposito, anche l’articolo 21-octies della legge 241, introdotto dall’articolo 14 del disegno di legge in esame, che stabilisce che la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento non costituisce casa di annullabilità del provvedimento se questo non poteva assumere contenuti diversi (vedi infra).
L’articolo 6 inserisce l’articolo 10-bis che introduce un nuovo istituto di partecipazione dei privati al procedimento amministrativo, ossia la comunicazione dei motivi ostatitivi all’accoglimento dell’istanza[37].
Qualora l’amministrazione ritenga di non poter accogliere una istanza è tenuta a informarne gli interessati, prima della formale conclusione del procedimento con l’adozione del provvedimento negativo. La comunicazione è effettuata per consentire agli interessati di presentare eventuali osservazioni e documenti dei quali l’amministrazione dovrà tener conto ai fini della decisione finale. Infatti, se l’amministrazione conferma definitivamente il rigetto dell’istanza, deve dar conto nelle motivazioni anche dei motivi per cui non ha ritenuto di accogliere le ulteriori osservazioni della contro parte.
Una clausola finale esclude l'applicabilità delle disposizioni in commento alle procedure concorsuali e – a seguito della modifica introdotta dal Senato - ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale avviati su istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali[38].
Per quanto riguarda le procedure concorsuali, si intende probabilmente fare riferimento alle procedure di reclutamento per le pubbliche amministrazioni (per l'accesso alle quali il principio del concorso ha rango costituzionale: art. 97, terzo comma ) e a quelle ad evidenza pubblica; tuttavia tale espressione ricorre nell’ordinamento anche con riferimento agli istituti del fallimento e similari.
L’articolo 7 novella l’articolo 11 della legge n. 241, che disciplina il ricorso ad accordi fra amministrazione e soggetti interessati al contenuto del provvedimento amministrativo.
In particolare, il comma 1, lett. a), provvede a generalizzare l’uso degli accordi sostitutivi di provvedimenti proponendo, all’art. 11, comma 1, della legge 241 la soppressione della clausola che prevede che tali accordi possano essere conclusi solo “nei casi previsti dalla legge”.
La disposizione è evidentemente collegata al principio, sancito all’articolo 1 del disegno di legge in esame, secondo il quale le amministrazioni pubbliche privilegiano gli strumenti del diritto privato per la realizzazione dei propri fini istituzionali (con la conseguente equiparazione fra atto autoritativo e atto negoziale ai fini del conseguimento dell’interesse pubblico).
La lettera b), introdotta al Senato in prima lettura[39], introduce all’art. 11 della L. n. 241 un comma 4-bis che prevede che la stipulazione dell’accordo, integrativo o sostitutivo, sia sempre preceduta da una determinazione dell’organo competente per l’adozione del provvedimento, a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa.
Gli articoli da 8 a 13 del disegno di legge apportano modifiche di rilievo alla disciplina delle conferenze di servizi recata dagli articoli 14 e seguenti della L. 241 del 1990.
L’articolo 8, composto da un solo comma ripartito in quattro lettere, novella in vari punti l’articolo 14 della legge, concernente le ipotesi in cui può o deve essere indetta la conferenza di servizi. Le principali novità introdotte dal testo in esame sono sottoelencate.
§ Nell’ipotesi (art. 14, comma 2) in cui l’amministrazione procedente non ottenga il necessario assenso di altre amministrazioni, la conferenza di servizi è indetta dopo 30 giorni dalla data di ricezione della richiesta e non, come prevede il testo vigente, decorsi 15 giorni dall’inizio del procedimento. La conferenza di servizi è altresì indetta qualora sia pervenuto esplicito dissenso da parte dell’amministrazione interpellata (lettera a);
§ I lavori pubblici non sono più soggetti alla specifica disciplina di cui all’art. 7 della L. 109/1994[40] (legge quadro sui lavori pubblici): la lettera b) del testo in esame sopprime infatti il rinvio all’art. 7 citato. Il successivo articolo 13 del disegno di legge in esame reca una disposizione di coordinamento con l’art. 14, comma 1, della L. 340/2000, conseguente alla disposizione soppressiva testé illustrata.
I commi da 7 a 14 dell’art. 7 della L. 109/1994 prevedono e disciplinano una specifica ipotesi di conferenza di servizi da convocare, “per l'acquisizione di intese, pareri, concessioni, autorizzazioni, licenze, nulla osta e assensi, comunque denominati, al fine dell'esecuzione di lavori pubblici”, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, su proposta del responsabile unico del procedimento nominato ai sensi del comma 1 dello stesso art. 7.
I citati commi 7-14 sono stati abrogati dall’art. 14, comma 1, della L. 340/2000[41], che tuttavia ha fatto espressamente salvo il richiamo a tali disposizioni operato dalla L. 241/1990 (art. 14, comma 3) secondo il quale “per i lavori pubblici si continua ad applicare l’articolo 7 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni”. Questo inciso è per l’appunto soppresso dalla lettera b) dell’articolo in esame.
§ La conferenza di servizi che riguardi l’affidamento di concessione di lavori pubblici può essere convocata non solo dal concedente ma anche ad istanza del concessionario, fermo restando il consenso del concedente al quale spetta, in ogni caso, il diritto di voto (lettera c).
§ Ai sensi della lettera d), introdotta dalla Camera in prima lettura, viene inserito un nuovo comma 5-bisnell'articolo 14, attraverso il quale si prevede che, previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e si svolge con l'utilizzo degli strumenti informatici disponibili, secondo tempi e modalità stabiliti dalle stesse amministrazioni. Tale disposizione è in relazione a quella posta dall'articolo 3 del d.d.l. in oggetto, la quale è volta ad incentivare l'uso della telematica - tra l'altro - nei rapporti tra amministrazioni.
L’articolo 9 (composto di un comma suddiviso in tre lettere) interviene sull’articolo 14-bis della L. 241 del 1990, che disciplina il ricorso alla conferenza di servizi c.d. “preliminare” per la realizzazione di “progetti di particolare complessità” e di opere pubbliche e di interesse pubblico, apportando le modificazioni sotto illustrate.
§ La disciplina è espressamente riferita anche alla realizzazione di insediamenti produttivi (lettera a), n. 1)).
§ La richiesta di convocazione della conferenza di servizi deve essere documentata, se non da un progetto preliminare, almeno da uno studio di fattibilità (lettera a), n. 2)).
§ Tra i c.d. “interessi sensibili” meritevoli di tutela costituzionale, specificamente elencati al comma 2 (tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o della salute), è inserita anche la tutela della pubblica incolumità (lettera b)).
§ La particolare procedura (art. 14-quater della L. 241) prevista nell’ipotesi in cui, in sede di conferenza di servizi, emerga il dissenso delle amministrazioni preposte alla tutela degli “interessi sensibili”, è estesa alla conferenza preliminare nelle ipotesi di dissenso espresso dalle amministrazione preposte alla tutela degli interessi sensibili (sopra indicati), ma esclusivamente con riferimento alle opere interregionali (lettera c) che introduce un comma 3-bis all’articolo 14-bis). In tale ipotesi, il vigente art. 14-quater, comma 3, prevede che la decisione sia rimessa – in base alla competenza territoriale – al Consiglio dei ministri ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali: l’art. 14-quater viene peraltro ampiamente modificato dal testo in esame (vedi infra).
Le modificazioni apportate dall’articolo 10 (che si compone di un unico comma suddiviso in otto lettere) all’articolo 14-ter della L. 241 del 1990 rispondono principalmente a finalità di snellimento procedurale (lettere a), b) e d))[42]: sono abbreviati o ridefiniti alcuni termini ed è introdotto – mediante un comma aggiuntivo, premesso al comma 1 – un termine per la prima riunione della conferenza di servizi. La parziale soppressione operata al comma 7 dalla lettera g) appare finalizzata ad obbligare ciascuna delle amministrazioni interessate ad esprimere in via definitiva la propria volontà in sede di conferenza di servizi.
Di particolare rilievo (lettera f) è il nuovo comma 6-bisintrodotto nell’articolo 14-ter, ai sensi del quale la determinazione adottata in esito ai lavori della conferenza deve tener conto delle “posizioni prevalenti” espresse in quella sede. Il testo vigente (art. 14-quater, comma 2, soppresso dal successivo art. 11 del d.d.l.) prevede invece che, in caso di dissenso espresso in sede di conferenza di servizi, la determinazione di conclusione del procedimento sia presa “sulla base della maggioranza” delle posizioni emerse. Viene ribadito, inoltre, quanto previsto dal comma 3, ossia che decorsi inutilmente i termini prefissati per la conclusione, si procede comunque all’adozione del provvedimento finale.
La modifica nasce dall’esigenza di superare le incertezze interpretative che il computo della maggioranza può determinare in presenza di amministrazioni di diversa natura e dimensione.
Anche il comma 9 dell’art. 14-ter viene altresì riformulato (lettera h)): in base al nuovo disposto il provvedimento si conforma alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi come indicata nel nuovo comma 6-bis (il testo vigente definisce invece tale provvedimento “conforme alla determinazione conclusiva favorevole” della conferenza).
Altre disposizioni (lettere c) ed e)) hanno prevalente finalità di coordinamento.
L’articolo 11 (composto da un solo comma articolato in tre lettere) modifica ed integra in misura rilevante la disciplina recata dall’articolo 14-quater della L. 241 del 1990, relativa all’espressione del dissenso da parte di una o più amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi ed agli effetti di tale dissenso sul procedimento.
Dei cinque commi di cui si compone l’attuale art. 14-quater solo il primo e l’ultimo restano immutati. I commi 2 e 4 sono soppressi (lettere a)[43] e c)) e il comma 3 è sostituito (lettera b) da cinque distinti commi (da 3 a 3-quinquies).
Le innovazioni proposte sono dichiaratamente[44] finalizzate:
§ ad integrare l’elenco degli “interessi sensibili costituzionalmente protetti”, in relazione ai quali si prevede che la conferenza di servizi non possa superare il motivato dissenso dell’amministrazione preposta alla relativa tutela, e che tale dissenso determini la rimessione della decisione ad altra, superiore istanza;
§ a ridefinire l’individuazione degli organi chiamati ad assumere la determinazione sostitutiva, adeguandola alla nuova ripartizione di competenze tra i diversi livelli di governo introdotta dalla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione;
§ a coordinare, secondo criteri di snellimento, tempi e modalità delle relative procedure.
Quanto al primo punto, agli “interessi sensibili” già elencati dal testo vigente – tutela ambientale; paesaggistico-territoriale; del patrimonio storico-artistico; della salute – il testo in esame aggiunge la tutela della pubblica incolumità.
Quanto al secondo, il testo vigente del comma 3 prevede che al motivato dissenso espresso da un'amministrazione preposta alla tutela di un “interesse sensibile” segua la rimessione della decisione “al Consiglio dei ministri, ove l'amministrazione dissenziente o quella procedente sia un'amministrazione statale, ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali, nelle altre ipotesi”. Tale formulazione è sostituita da uno schema di ipotesi e competenze più articolato, che la seguente tabella sinteticamente rappresenta.
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Se il motivato dissenso è espresso da un'amministrazione preposta alla tutela § ambientale § paesaggistico-territoriale § del patrimonio storico-artistico § della salute § della pubblica incolumità |
Se il motivato dissenso è espresso da una regione (o provincia autonoma) in una delle materie di propria competenza |
Se la Conferenza Stato-regioni o la Conferenza unificata, alla quale è rimessa la decisione, non provvede entro 30 giorni (salva proroga non superiore a 60 giorni) |
La decisione è rimessa al Consiglio dei ministri |
in caso di dissenso tra amministrazioni statali |
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quando verte in materia attribuita alla competenza statale ex artt. 117, comma 2°, e 118 Cost. |
La decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, che delibera con la partecipazione del Presidente della regione interessata |
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quando verte in materia non attribuita alla competenza statale, ma la Giunta regionale non abbia provveduto entro 30 giorni |
La decisione è rimessa alla Giunta regionale (o alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano) |
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quando verte in materia non attribuita alla competenza statale ex artt. 117, comma 2°, e 118 Cost. |
La decisione è rimessa alla Conferenza Stato-regioni |
in caso di dissenso § tra un’amministrazione statale e una regionale § tra amministrazioni regionali |
in caso di dissenso § tra una amministrazione statale e una regionale § tra amministrazioni regionali |
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La decisione è rimessa alla Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali |
in caso di dissenso § tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale § tra enti locali |
in caso di dissenso tra una regione (o provincia autonoma) e un ente locale |
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Come può notarsi, il testo contempla anche l’ipotesi di un motivato dissenso espresso da una regione o provincia autonoma su materie di propria competenza; in questo caso, ed ogni qual volta il dissenso coinvolga un’amministrazione regionale, la decisione finale è rimessa alla Conferenza Stato-regioni. La Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali è invece chiamata in causa quando il dissenso coinvolga uno o più enti locali.
Il testo in esame attribuisce pertanto alla Conferenza Stato-regioni ed alla Conferenza unificata competenze decisionali sulle materie in oggetto.
In caso di dissenso tra amministrazioni regionali, è espressamente fatta salva la possibilità per le regioni di definire modalità diverse per la composizione del dissenso mediante le intese di cui all’art. 117, ottavo comma della Costituzione.
Tale disposizione consente la stipulazione di intese tra regioni, da ratificare con legge regionale, per il migliore esercizio delle rispettive funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Qualora nelle sedi indicate non si giunga a una deliberazione entro i termini fissati (sui quali vedi infra), la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri o alla competente Giunta regionale (o Giunta delle province autonome di Trento e di Bolzano), a seconda che la questione verta su materia di competenza statale o regionale ai sensi degli articoli 117, secondo comma, e 118 della Costituzione.
In caso di inerzia da parte delle regioni, la decisione spetta in ultima istanza al Consiglio dei ministri, il quale peraltro delibera con la partecipazione del Presidente della regione interessata. Quest’ultima disposizione – secondo la relazione che accompagna il testo del d.d.l. licenziato per l’Assemblea al Senato – costituisce attuazione del potere sostitutivo di cui all’art. 120 Cost..
Il secondo comma dell’art. 120 Cost. consente allo Stato di sostituirsi a organi delle Regioni o degli enti locali in caso di mancato rispetto di norme internazionali o comunitarie oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. Le relative procedure – atte a garantire il rispetto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione – sono rimesse alla legge statale.
La disciplina generale attuativa dell’art. 120, secondo comma, Cost., è contenuta nella legge 5 giugno 2003, n. 131 recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 3/2001 (c.d. “La Loggia”). All’articolo 8 si prevede che il Presidente del consiglio, su proposta del ministro competente, anche su iniziativa delle regioni o degli enti locali assegni all’ente interessato un termine per adottare i procedimenti dovuti; decorso inutilmente tale termine il provvedimento, anche di tipo normativo, viene adottato dal Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente o del Presidente del Consiglio, sentito l’organo interessato. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa anche il Presidente della regione interessata.
Come già evidenziato, l’articolo in esame sopprime il comma 4 dell’articolo 14-quater che prevede la partecipazione del Presidente della regione al Consiglio dei ministri senza diritto di voto:tale disposizione, in una diversa formulazione, è contenuta nel comma 3-ter, oltre ad essere prevista, in via generale, come accennato, dall’articolo 8 della legge 131 del 2003.
Quanto, infine, alla definizione dei termini e delle modalità fissati per le procedure di cui all’art. 14-quater in esame, si può ricordare che:
§ la determinazione sostitutiva dev’essere richiesta dall’amministrazione procedente entro 10 giorni (decorrenti, presumibilmente, dalla formalizzazione del dissenso);
§ la decisione è assunta entro i 30 giorni successivi, “verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori”. Questo inciso, di nuova introduzione, farebbe presumere che il termine possa non iniziare a decorrere, qualora si riscontri l’incompletezza della documentazione, sino al momento in cui questa venga integrata;
§ in relazione alla complessità dell'istruttoria, il termine di 30 giorni può essere prorogato per un ulteriore periodo non superiore a 60 giorni;
§ il termine assegnato alle Giunte regionali o al Consiglio dei ministri per decidere in via sostitutiva è di 30 giorni.
Il nuovo comma 3-quinquies, infine, mira a salvaguardare le attribuzioni delle regioni a statuto speciale.
La Camera in prima lettura ha soppresso la previsione di un nuovo comma 5-bis (introdotto dal Senato) che rimette l’individuazione delle linee guida per l'applicazione delle disposizioni in materia di conferenza di servizi a una direttiva del Presidente del Consiglio, da adottare sentita la Conferenza unificata, ovvero previa intesa con la medesima a seconda che si tratti o meno di decisioni riguardanti il Consiglio dei ministri.
L’articolo 12 introduce nella L. 241/1990 l’articolo 14-quinquies, con il quale viene prevista la partecipazione, senza diritto di voto, alla conferenza di servizi indetta per l'approvazione del progetto definitivo nei casi di cui agli artt. 37-bis e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109, anche dei soggetti aggiudicatari di concessione individuati all'esito della procedura di cui all'art. 37-quater della L. 109/1994, ovvero delle società di progetto di cui all'art. 37-quinquies della medesima legge.
L’articolo in esame dispone quindi unaestensione dei partecipanti alla conferenza di servizi. In particolare, oltre ai soggetti che rappresentano i vari interessi pubblici coinvolti, si consente la partecipazione dei soggetti aggiudicatari di concessione ai sensi dell'articolo 37-quater della L. 109/1994 o delle società di progetto costituite ai sensi del successivo art. 37-quinquies, cioè di quei soggetti privati che intervengono in una operazione di project financing.
La disposizione specifica, tuttavia, che tale partecipazione esclude il diritto di voto[45].
Si ricorda che gli articoli 37-bis e seguenti della L. 109/1994 recano la disciplina della finanza di progetto (project financing) introdotta, in maniera organica, nel nostro ordinamento dalla legge 18 novembre 1998, n. 415.
La finanza di progetto ha lo scopo di favorire il ricorso alla particolare forma di realizzazione di lavori pubblici denominata concessione di costruzione e gestione di lavori pubblici, quale strumento attraverso cui convogliare capitali privati nella realizzazione di opere pubbliche.
La differenza di fondo tra la normativa sulla concessione (precedente alle innovazioni normative introdotte nel 1998) e quella che disciplina il project financing consiste nell’iniziativa del procedimento: mentre prima dell’innovazione normativa introdotta dalla L. 415/1998 era solo l’amministrazione aggiudicatrice che dava avvio alla procedura che si concludeva con il contratto di concessione di costruzione e gestione, le nuove regole sul project financing hanno attribuito al privato – promotore – una funzione decisiva di individuazione e di proposta di opere pubbliche (o di pubblica utilità) realizzabili attraverso il ricorso alla concessione di costruzione e gestione.
Si ricorda, inoltre, che In tema di finanza di progetto, la L. 166/2002 (c.d. “collegato infrastrutturale”) ha introdotto numerose modifiche procedurali relative alle modalità di inserzione della proposta del promotore nel programma triennale e ai criteri di aggiudicazione della concessione al promotore. Tali innovazioni hanno la finalità di rendere più flessibile il meccanismo di selezione e aggiudicazione delle opere in project financing.
L’art. 37-quater della L. 109/1994 prevede che – ove l’amministrazione abbia individuato, fra le proposte presentate, qualcuna che sia giudicata “di pubblico interesse” – sia indetta, entro tre mesi dalla pronuncia dell’amministrazione con cui si conclude la valutazione delle proposte, una gara[46] ponendo a base di gara il progetto preliminare presentato dal promotore[47]. La gara ha lo scopo di selezionare le migliori offerte.
L’amministrazione aggiudica quindi la concessione mediante procedura negoziata a cui parteciperanno il promotore e gli autori delle migliori offerte presentate nella gara. In base alle recenti modifiche apportate dalla L. 166/2002, nella procedura negoziata, il promotore potrà adeguare la propria proposta a quella giudicata più conveniente dall’amministrazione. In questo caso, il promotore risulterà aggiudicatario della concessione.
L’art. 37-quinquies disciplina la costituzione di società di progetto. Esso prevede che il bando di gara per l'affidamento di una concessione per la realizzazione o la gestione di una infrastruttura o di un nuovo servizio di pubblica utilità preveda che l'aggiudicatario possa, dopo l'aggiudicazione, costituire una società di progetto in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile. La società così costituita diventa la concessionaria subentrando nel rapporto di concessione all'aggiudicatario senza necessità di approvazione o autorizzazione. Ancora a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 166/2002, tale subentro non costituisce cessione del contratto, per cui la società di progetto diventa la concessionaria a titolo originario e sostituisce l'aggiudicatario in tutti i rapporti con l'Amministrazione concedente.
L’articolo 13 reca una norma di mero coordinamento[48].
L’articolo 14 del disegno di legge prevede l’inserimento di un nuovo capo – il IV-bis – nella L. 241/1990.
Si tratta di una serie di disposizioni relative all’efficacia, l’invalidità, la revoca e il recesso del provvedimento amministrativo, contenute in otto articoli concernenti rispettivamente:
§ l’efficacia del provvedimento che limita della sfera giuridica dei privati (art. 21-bis);
§ l’esecutorietà (art. 21-ter);
§ l’esecutività (art. 21-quater);
§ la revoca (art. 21-quinquies);
§ il recesso dai contratti (art. 21-sexies);
§ la nullità (art. 21- septies);
§ l’annullabilità (art. 21-octies);
§ l’annullamento d’ufficio e la convalida (art. 21-nonies).
L’articolo 21-bis interviene in materia di efficacia degli atti amministrativi disciplinando in via generale il profilo della comunicazione dei provvedimenti.
Viene recepita la regola secondo la quale gli atti con effetti limitativi della sfera giuridica dei destinatari acquistano efficacia con la comunicazione degli stessi, salva l’accertata impossibilità di procedervi.
Nel caso di irreperibilità del destinatario la comunicazione viene effettuate nelle forme previste per queste evenienze dal codice civile.
Ai sensi dell'articolo 140 del codice di procedura civile, se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità del destinatario e delle persone indicate nell'art. 139, l'ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affiggendo avviso del deposito alla porta della abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario, dandogliene notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.
Si prevede inoltre che per tutti i provvedimenti non aventi carattere sanzionatorio si possa apporre una clausola motivata d’immediata efficacia e che i provvedimenti cautelari ed urgenti siano immediatamente efficaci.
Secondo la relazione governativa che accompagna il disegno di legge, la disposizione in commento rappresenta un importante rafforzamento del profilo della trasparenza dell’azione amministrativa e degli istituti di difesa del cittadino destinatario di un provvedimento limitativo della sua sfera giuridica.
Il testo del disegno di legge, infatti, integra sul punto il vigente articolo 3, che già prevede l’obbligo di comunicare all’interessato la decisione amministrativa e, pur facendo salve le eventuali ragioni di urgenza dell’azione amministrativa mediante la facoltà generale di dichiarare i provvedimenti efficaci anteriormente alla loro comunicazione al destinatario, stabilisce che ciò possa avvenire sulla base di una congrua motivazione (verificabile in sede giudiziaria).
Fanno comunque eccezione i provvedimenti di carattere sanzionatorio, in relazione ai quali il principio della tutela del diritto dei cittadini a una tempestiva difesa resta insuperabile.
L’articolo 21-ter, introducendo per la prima volta nel nostro ordinamento una disciplina generale della cosiddetta esecutorietà del provvedimento amministrativo, prevede che le pubbliche amministrazioni possano imporre coattivamente l’adempimento degli obblighi nei loro confronti “nelle ipotesi e con le modalità stabiliti dalla legge”: si intende, così, ricondurre l’esecutorietà del provvedimento amministrativo al principio di legalità.
L’esecutorietà del provvedimento amministrativo si sostanzia nel potere dell’Amministrazione di portare ad esecuzione, anche coattivamente e contro la volontà del soggetto passivo, se necessario, i propri provvedimenti senza dover ricorrere al giudice. Si tratta di una manifestazione dell’autotutela dell’amministrazione pubblica, strumentale all’imperatività dello stesso provvedimento amministrativo[49].
Discusso in dottrina e in giurisprudenza è il fondamento giuridico dell’esecutorietà.
Secondo una prima tesi, l’esecutorietà sarebbe da ricondurre alla natura stessa del provvedimento, e quindi alla sua imperatività, di cui costituirebbe la naturale proiezione (Santi Romano, Virga).
A tale tesi si contrappone un diverso orientamento che tende al escludere l’immanenza dell’eseutorietà all’esercizio del potere amministrativo, stante il principio di legalità: pertanto, solo laddove esista un’esplicita previsione normativa l’Amministrazione può esercitare la facoltà di coercibilità, a prescindere da una pronuncia dell’autorità giudiziaria (Sandulli, Benvenuti, Cassese, Ledda).
Al comma 1 si specifica – dopo aver sancito in via generale il principio di legalità in tema di esecutorietà – che il provvedimento amministrativo recante obblighi[50] può essere eseguito coattivamente nelle ipotesi e secondo le modalità prevista dalla legge, in presenza di tali condizioni[51]:
§ inottemperanza da parte del soggetto interessato all’obbligo previsto dal provvedimento amministrativo, che deve indicare il termine e le modalità dell’esecuzione da parte del soggetto interessato;
§ previa diffida ad adempiere[52].
Per l’esecuzione degli obblighi aventi ad oggetto somme di denaro si rinvia alle disposizioni per l’esecuzione coattiva dei crediti dello Stato (comma 2).
Sin ricorda che ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 46 del 1999[53], la riscossione coattive di tutte le entrate delle Stato si effettua con le modalità previste dal DPR 602 del 1973[54].
L’articolo 21-quater disciplina, al comma 1, l’esecutività del provvedimento amministrativo, prevedendo che i provvedimenti amministrativi efficaci sono immediatamente eseguiti[55].
L’esecutività del provvedimento amministrativo consiste nella produzione automatica ed immediata degli effetti allorquando il provvedimento sia divenuto efficace (Giannini, Sandulli). Si realizza così una sorta di identificazione tra efficacia ed esecutività del provvedimento amministrativo.
Tale impostazione è contrastata da una parte della dottrina che riconduce l’esecutività del provvedimento amministrativo più al momento dell’esecuzione che a quello dell’efficacia: si tratterebbe, pertanto, dell’attitudine del provvedimento amministrativo ad essere portato ad esecuzione e sarebbe propria solo dei provvedimenti che necessitano di una fase dell’esecuzione (Virga, Guarino).
La disposizione in commento prevede in via generale una coincidenza tra l’efficacia e l’esecutività del provvedimento amministrativo; coincidenza che può venir meno solo nei casi in cui sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo.
Al comma 2 è disciplinato l’istituto della sospensione, che riveste carattere eccezionale rispetto alla regola generale dell’immediata esecuzione del provvedimento amministrativo. Si prevede, infatti, la possibilità di sospendere l’efficacia e, quindi, l’esecuzione del provvedimento amministrativo da parte dell’organo che lo ha emanato o di altro organo previsto dalla legge:
§ per gravi ragioni;
§ per il tempo strettamente necessario.
Il termine della sospensione deve essere espressamente indicato nell’atto di sospensione e può essere:
§ prorogato o differito per una sola volta;
§ ridotto per sopravvenute esigenze.
L’articolo 21-quinquesreca la disciplina generale dell’istituto della revoca.
La revoca è il provvedimento che produce la cessazione definitiva e irreversibile dell’efficacia durevole di un altro provvedimento, fermi restando gli effetti da questo già prodotti: essa opera, pertanto, con efficacia ex nunc.
Le ragioni di interesse pubblico che sottostanno all’adozione del provvedimento di revoca attengono ad una valutazione di incompatibilità dell’ulteriore efficacia del provvedimento con determinati interessi valutati preminenti dall’Amministrazione.
Si ritiene che la decisione di revocare un provvedimento amministrativo presupponga tre diversi ordini di valutazione:
1. un mutamento verificatosi nella situazione di fatto, tale da rendere incompatibile con essa l’assetto di interessi quale definito dal provvedimento;
2. una diversa valutazione degli interessi in gioco così da fare apparire non più conforme all’interesse pubblico l’assetto stesso quale definito dal provvedimento;
3. una diversa considerazione o valutazione di fatti pur sussistenti ab origine ma allora non presi in considerazione o diversamente valutati.
La disposizione prevede la possibilità di revocare un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole, da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero di altro organo previsto dalla legge, in presenza di una delle seguenti situazioni:
§ sopravvenuti motivi di interesse pubblico;
§ mutamento della situazione di fatto;
§ nuova valutazione dell’interesse pubblico originario[56].
La revoca determina l’inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti: si sancisce, così, l’efficacia ex nunc del provvedimento amministrativo di revoca.
Nel caso in cui l’adozione del provvedimento di revoca comporti pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, la pubblica amministrazione ha l’obbligo di provvedere all’indennizzo degli stessi. Le controversie in ordine alla determinazione e alla corresponsione dell’indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
L’articolo 21-sexies, introdotto in prima lettura dalla Commissione Affari costituzionali[57] del Senato e modificato in Assemblea, prevede che il recesso unilaterale dai contratti da parte della pubblica amministrazione sia ammesso nei soli casi previsti dalla legge o dallo stesso contratto e solo se lo richiedano rilevanti ragioni di interesse pubblico.
La disposizione è volta ad estendere all’attività negoziale dell’amministrazione il principio della stabilità degli obblighi contrattuali[58], per salvaguardare l’affidamento dei terzi che stipulano contratti con la pubblica amministrazione e assicurare, in tal modo, l’affidabilità del contraente pubblico.
Sul presupposto che il recesso unilaterale da parte dell’Amministrazione, consentito in caso di prevalenti ragioni di interesse pubblico, potrebbe comunque cagionare un danno al cittadino che abbia un legittimo affidamento, il comma in esame dispone l’applicazione, in questi casi, del principio generale dell’indennizzo, enunciato nell’articolo 21- quater.
Si fa presente che l’art. 21-quater, come modificato dalla presente legge, affida alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo il giudizio sulle controversie in materia di determinazione e corresponsione dell’indennizzo, in caso di revoca di provvedimenti amministrativi.
L’articolo è stato modificato nel corso dell’esame da parte della Camera in prima lettura omettendo tra le condizioni necessarie per il recesso la presenza di rilevanti ragioni di interesse pubblico sul presupposto che esse debbano essere da un lato insite nella ragione che ha portato la legge a prevedere in capo all’amminIstrazione un tale potere e dall’altro che sarà la clausola contrattuale a prevedere, se del caso, questo presupposto la cui applicazione in concreto sarà poi eventualmente oggetto di sindacato giurisdizionale[59]. Viene inoltre eliminato il riferimento al principio generale dell’indennizzo, enunciato nell’articolo 21-quinquies.
L’articolo 21-septiesreca la disciplina della nullità del provvedimento amministrativo.
L’istituto della nullità non risulta sancito in via generale da alcuna norma di diritto positivo. L’unica norma di carattere generale espressamente diretta a definire il regime dell’invalidità amministrativa (art. 26, testo unico Consiglio di Stato[60], art. 3 legge istitutiva dei TAR[61]) configura solo un regime di annullabilità e non di nullità.
Le vicende che riconducono – secondo l’interpretazione giurisprudenziale e dottrinale - alla nullità del provvedimento amministrativo sono:
1. la mancanza di un elemento essenziale del provvedimento, quale il soggetto, l’oggetto, al volontà, il contenuto, la forma;
2. la carenza di potere;
3. la violazione del giudicato;
4. le nullità comminate espressamente dalla legge.
Rientrano nell’ipotesi n. 2 i casi di incompetenza assoluta o difetto di attribuzione, ovvero quei casi in cui il potere esercitato attraverso l’atto di cui si tratta risulta attribuito dalla legge ad organo di altra amministrazione intesa come ente pubblico o, nell’ambito dello Stato, come branca organizzativa differenziata dello Stato stesso. La giurisprudenza tende a non riconoscere il vizio della carenza di potere, ma quello dell’incompetenza – per il quale la sanzione è l’annullabilità e non la nullità – nei casi di provvedimenti adottati da organi a cui non è attribuita alcuna legittimazione, ma comunque coinvolti nel procedimento amministrativo interessato.
La violazione del giudicato quale causa di nullità si collega ai mezzi di tutela di cui dispone il privato vittorioso innanzi al giudice amministrativo, ove l’Amministrazione si ostini a non osservare il giudicato, emanando provvedimenti formali che si pongono in contrasto con il giudicato medesimo. Il Consiglio di Stato in una pronuncia dell’Adunanza plenaria[62] seguita da altre determinazioni giurisprudenziali, ha a tale proposito sostenuto che in presenza di inosservanza da parte della pubblica amministrazione, i provvedimenti devono essere qualificati nulli.
L’ipotesi della nullità nei casi espressamente previsti dalla legge discende da un mutamento dell’orientamento giurisprudenziale a far data dal 1992. In precedenza i casi in cui il legislatore comminava la sanzione della nullità erano interpretati dalla giurisprudenza come casi di annullabilità , ritenendosi che, non essendo previsto alcun regime giuridico per la nullità, la nozione di tale forma di invalidità fosse usata in senso generico. A partire dal 1992[63] si è registrato un mutamento della giurisprudenza che ha interpretato come vera e propria nullità quella comminata da specifiche leggi (vedi art. 3, sesto comma, testo unico impiegati statali, a norma del quale sono nulli gli atti di assunzione dei pubblici impiegati senza l’esperimento del prescritto concorso). Rientrerebbe in tali ipotesi anche la comminatoria della nullità per gli atti provenienti dagli organi con titolari scaduti, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, e 6, co, 2, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444.
La disposizione, introducendo per la prima volta nell’ordinamento la disciplina generale della nullità, prevede, al comma 1, tale forma di invalidità[64] nei seguenti casi:
§ mancanza degli elementi essenziali del provvedimento amministrativo;
§ difetto assoluto di attribuzione;
§ violazione o elusione del giudicato;
§ espressa previsione della legge.
Al comma 2si precisa che sono deferite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le questioni inerenti la nullità dei provvedimenti amministrativi per violazione o elusione del giudicato.
L’articolo 21-octies, alcomma 1, reca la disciplina dell’annullabilità del provvedimento amministrativo.
Come già evidenziato, l’unica norma di carattere generale (art. 26, testo unico Consiglio di Stato) diretta a definire il regime di invalidità degli atti amministrativi riguarda l’annullabilità. Il provvedimento amministrativo è annullabile per:
§ incompetenza;
§ violazione di legge;
§ eccesso di potere.
L’incompetenza come vizio di annullabilità è la cosiddetta incompetenza relativa, che si verifica nei casi in cui lo sconfinamento riguardi attribuzioni appartenenti ad un organo facente parte dello stesso settore dell’amministrazione. Restano, pertanto, fuori le ipotesi di incompetenza assoluta o straripamento, con invasione quindi delle potestà pertinenti ad altro ordine di poteri o rami del tutto diversi dell’Amministrazione, rilevanti - come sopra precisato – solo ai fini della nullità.
Il vizio di violazione di legge ricorre quando sussiste il contrasto tra il provvedimento e la fattispecie normativa, che non riguardi il profilo soggettivo.
L’eccesso di potere si configura come vizio tipico delle scelte discrezionali della pubblica amministrazione ed è pertanto estraneo all’attività amministrativa vincolata. Nato, inizialmente, come caso di incompetenza particolarmente grave, uno straripamento di potere (esercizio di un potere spettante ad autorità totalmente diversa da quella che l’esercita), l’eccesso di potere è stato successivamente interpretato dalla giurisprudenza amministrativa come sviamento di potere, come esercizio scorretto della discrezionalità, che si configura laddove la pubblica amministrazione abbia esercitato un suo potere per un fine diverso da quello tipico.
Il vizio non si esaurisce solo nella figura dello sviamento di potere, che ha rappresentato il punto di partenza di una complessa evoluzione giurisprudenziale che ha portato all’elaborazione delle cosiddette figure sintomatiche dell’eccesso di potere (contradditorietà, disparità di trattamento, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità ecc.) in base ad un percorso logico di questo tipo: se nell’iter seguito dalla Pubblica Amministrazione si evidenziano lacune e quindi si ravvisano elementi di illogicità, irragionevolezza, incoerenza, si può ritenere sussistente il vizio dell’eccesso di potere.
La disposizione prevede l’annullabilità del provvedimento amministrativo nei casi classici:
§ violazione di legge;
§ eccesso di potere
§ incompetenza[65].
Al comma 2 si introduce il concetto proprio di altri ordinamenti (Spagna e Germania) in base al quale le violazioni di norme sul procedimento o sulla forma degli atti amministrativi non danno luogo ad annullabilità del provvedimento, se il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Inoltre, non è annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento nel caso l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso dal quello adottato.
Si sancisce così sul piano del diritto positivo l’istituto dell’irregolarità, relativo alla violazione di norme o comunque di regola di corretta redazione degli atti, prescriventi adempimenti di carattere formale, o comunque marginali rispetto alla sostanza della fattispecie.
Alla base di tale previsione vi è la convinzione - come si legge nella relazione della 1a Commissione Affari costituzionali del Senato all’Aula – secondo cui l’illegittimità “formale” assume rilievo, ai fini dell’annullamento, solo quando essa riverbera i propri effetti, diretti o indiretti, sul contenuto del provvedimento.
L’istituto dell’irregolarità non è attualmente previsto da alcuna disposizione normativa; si tratta di un istituto di elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria. La giurisprudenza e la dottrina prevalenti ritengono, infatti, che esistano anormalità, nel senso di difformità dello schema normativo, di minima rilevanza, tali da non dare luogo ad invalidità dei provvedimenti amministrativi, poiché l’interesse pubblico non ne risulta leso. Si ritiene che l’irregolarità non comporta alcuna conseguenza circa il regime giuridico dell’atto, che resta valido, ma può comportare conseguenze di ordine sanzionatorio in capo agli autori materiali dell’atto stesso.
L’articolo 21-nonies disciplina gli istituti dell’annullamento d’ufficio e della convalida degli provvedimenti amministrativi annullabili.
Il comma 1 prevede l’istituto dell’annullamento d’ufficio.
L’annullamento d’ufficio consiste nell’eliminazione del provvedimento amministrativo illegittimo. Nell’ordinamento vigente non si riscontra alcuna norma che preveda un potere di carattere generale di tal tipo: la sussistenza di tale potere in capo ad ogni autorità amministrativa è generalmente riconosciuta da una tradizione giurisprudenziale consolidata. L’annullamento non presuppone solo lo stato di annullabilità del provvedimento oggetto del riesame, essendo altresì necessaria una congrua e puntuale motivazione sull’interesse pubblico concreto ed attuale all’eliminazione del provvedimento illegittimo. Connessa alla sussistenza di una ragione specifica di interessa pubblico è la questione del “fattore tempo”: secondo la giurisprudenza, non esistono termini perentori che circoscrivano nel tempo il potere di annullamento della pubblica amministrazione, essendo solo sufficiente che quest’ultimo sia esercitato in ragionevole collegamento logico e causale con la situazione illegittima da rimuovere[66], per cui l’eccessivo decorso del tempo può determinare l’illegittimità dell’annullamento d’ufficio.
La disposizione precisa che il provvedimento illegittimo ai sensi del precedente articolo 21-septies può essere annullato d’ufficio dall’organo che lo ha emanato o da altro organo previsto dalla legge:
§ qualora sussistano le ragioni di interesse pubblico;
§ entro un “termine ragionevole”[67];
§ tendendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati[68].
Il comma 2 reca la disciplina della convalida del provvedimento annullabile.
La convalida è il provvedimento amministrativo di riesame diretto alla rimozione del vizio di cui un precedente provvedimento – che ne costituisce oggetto – risulta affetto. Esso ha come scopo quello di sanare i vizi dell’atto precedente, che resta comunque l’atto di esercizio del potere sostanziale. La convalida produce, pertanto, effetti retroattivi: gli effetti sostanziali restano però quelli decorrenti dall’atto convalidato. Il vizio la cui presenza dà luogo a convalida deve essere per sua natura rimuovibile, e perciò attinente alla competenza, alla procedura, ferma restando la sostanza del provvedimento, il cui contenuto dispositivo si suppone risulti conforme alla legge e all’interesse pubblico.
La disposizione prevede la possibilità di convalida:
· in presenza di ragioni di interesse pubblico;
· entro un termine ragionevole[69].
Gli articoli 15 - 18 del progetto di legge in esame modificano il Capo V della L. 241 del 1990 (artt. 22 – 27), nel quale sono dettati i principi generali in materia di accesso ai documenti amministrativi da parte dei cittadini. Le modalità di esercizio del diritto di accesso e i casi di esclusione sono disciplinati dal regolamento di attuazione della legge (D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352).
L’articolo 23 reca alcune disposizioni transitorie riferite alla materia dell’accesso ai documenti amministrativi, tra cui l’autorizzazione al Governo a modificare il citato regolamento di attuazione.
L’articolo 15, non contenuto nel disegno di legge originario e introdotto nel corso dell’esame in Commissione al Senato[70], sostituisce integralmente l’articolo 22 della L. n. 241.
Il comma 1del nuovo articolo 22, secondo una tecnica redazionale derivata dai testi normativi comunitari e divenuta ormai abituale, introduce la definizione dei termini principali contenuti nel Capo V della L. n. 241, permettendo, ogni volta che ricorrono nell’ambito dello stesso Capo, una loro indicazione in forma abbreviata. Il comma 1 si articola in cinque lettere.
La lettera a)definisce il “diritto di accesso” facendo riferimento al diritto, riconosciuto ai soggetti interessati, di prendere visione dei documenti amministrativi e di ottenerne copia.
Il regolamento di attuazione della L. 241 (artt. 3, 4 e 5) specifica che il diritto di accesso può essere esercitato in via informale (anche con una richiesta verbale) oppure mediante una richiesta formale.
In entrambe le ipotesi la richiesta deve essere rivolta all'ufficio dell'amministrazione centrale o periferica competente a formare l'atto conclusivo del procedimento o a detenerlo stabilmente (con probabile riferimento agli uffici di archiviazione degli atti e dei documenti).
L'interessato deve:
- indicare gli estremi del documento oggetto della richiesta, oppure gli elementi che ne consentono l'individuazione;
- specificare e, se occorre, dimostrare, il fondamento del proprio interesse connesso all'oggetto della richiesta;
- fornire gli elementi relativi alla propria identità e, nel caso di soggetti (amministrazioni, associazioni, comitati) portatori di interessi pubblici o diffusi, comprovare i propri poteri rappresentativi.
La richiesta informale viene esaminata immediatamente e senza formalità ed è soddisfatta mediante indicazione della pubblicazione contenente le notizie, oppure attraverso l’esibizione del documento, o l’estrazione di copie, o altre modalità che siano idonee al suo soddisfacimento.
Il diritto di accesso, quale presupposto per la partecipazione al procedimento amministrativo, può essere esercitato anche nel corso del procedimento e con riferimento a singoli atti del procedimento.
In questo caso, la richiesta di accesso deve essere rivolta al responsabile del procedimento (dirigente, o il dipendente da lui delegato, competente all'adozione dell'atto conclusivo, ovvero a detenerlo stabilmente).
L’accesso formale può essere sempre prescelto dall’interessato in sostituzione di quello informale.
L’Amministrazione invita comunque il richiedente a presentare una richiesta formale di accesso quando non sia possibile l'accoglimento immediato della sua richiesta in via informale, oppure quando sorgano dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità, sui suoi poteri rappresentativi, sulla sussistenza dell'interesse sulla base delle informazioni e delle documentazioni fornite o sull'accessibilità del documento.
Nel caso in cui una richiesta formale di accesso sia presentata ad un ufficio diverso da quello nei cui confronti va esercitato il diritto di accesso, è cura di quest’ultimo ufficio trasmettere la richiesta a quello competente, informandone l'interessato.
Con la richiesta di accesso formale si instaura un procedimento amministrativo al quale si applicano le disposizioni relative all’identificazione e agli altri requisiti richiesti all’interessato (indicazione degli estremi del documento; fondamento del proprio interesse rispetto all'oggetto della richiesta, ecc.) nonché le disposizioni relative ai termini e al responsabile del procedimento.
Il procedimento di accesso deve concludersi nel termine di 30 giorni decorrenti dalla presentazione della richiesta all'ufficio competente o dalla recezione della medesima quando questa sia stata smistata da un altro ufficio non competente al quale sia stata presentata per errore.
Il responsabile del procedimento di accesso è il dirigente o un altro dipendente, dallo stesso designato, addetto all'unità organizzativa competente a formare l'atto o a detenerlo stabilmente.
La richiesta di accesso formale viene accolta mediante un atto dell’amministrazione competente in cui sono contenuti l’indicazione dell'ufficio, completa della sede, cui rivolgersi, e di un congruo periodo di tempo, comunque non inferiore a 15 giorni, per prendere visione dei documenti o per ottenerne copia.
L'accoglimento della richiesta di accesso a un documento comporta anche la facoltà di accesso agli altri documenti richiamati nello stesso e appartenenti al medesimo procedimento, fatte salve le eccezioni di legge o di regolamento.
Il Consiglio di Stato ha affermato che il soggetto legittimato ad accedere alla documentazione amministrativa ha diritto di prendere visione degli atti originali, dei quali può acquisire la copia, ove ne faccia richiesta; l’amministrazione non può limitarsi ad esibire la copia degli atti stessi, con arbitraria limitazione del diritto di accesso (Sez. VI, 16 giugno 1994, n. 1015).
L’amministrazione può inoltre rifiutare, limitare o differire l’accesso ai documenti nei casi e nei limiti stabiliti dall’art. 24 della L. 241 e dai regolamenti emanati dalle singole amministrazioni ai sensi dello stesso articolo, con cui sono individuati i casi di esclusione del diritto di accesso.
Gli atti con cui viene disposto il rifiuto, la limitazione o il differimento dell’accesso devono essere motivati, a cura del responsabile del procedimento di accesso, con riferimento specifico alla normativa vigente, alla individuazione delle categorie per le quali è escluso il diritto di accesso, alle circostanze di fatto per cui la richiesta non può essere accolta così come proposta.
Il differimento dell'accesso è disposto nel caso in cui sia necessario assicurare una temporanea tutela agli interessi di cui all'art. 24, comma 2, della L. 241[71], o per salvaguardare esigenze di riservatezza dell'amministrazione, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti, in relazione a documenti la cui conoscenza possa compromettere il buon andamento dell'azione amministrativa.
L'atto che dispone il differimento dell'accesso ne indica la durata.
La lettera b) individua l’ambito soggettivo attivo del diritto di accesso, designando come titolari del diritto tutti i privati, ricomprendendo tra essi anche i portatori di interessi pubblici o diffusi (quali le associazioni, i comitati, ecc.), i quali comprovino di avere un interesse diretto, concreto e attuale, che corrisponda ad una situazione giuridicamente tutelata, la quale sia connessa al documento al quale si richiede l’accesso.
I concetti richiamati nella disposizione in esame sono stati precisati dalla giurisprudenza amministrativa.
Per esercitare il diritto di accesso agli atti dell'amministrazione è necessario che l'istante vanti un interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (vigente art. 22, comma 1, della L. 241 del 1990). L'interesse deve essere personale e concreto (art. 2, comma 1, del regolamento di attuazione) Proprio per assicurare la finalizzazione della domanda di accesso alla sussistenza di tale concreto interesse, che non può ravvivarsi nel generico, comune interesse alla trasparenza dell'azione amministrativa, l'istanza deve essere motivata con riferimento a detto interesse (Consiglio di Stato, sez. IV, 11 gennaio 1994, n. 8).
L'interesse che sorregge il diritto d'accesso è quello concretamente collegato alle esigenze specifiche del richiedente, vale a dire agli atti che direttamente lo riguardano o siano, in ogni caso, pertinenti con le particolari ragioni esposte a sostegno della istanza (Consiglio di Stato, sez. V, 14 ottobre 1998, n. 1477).
Ai fini del diritto di accesso agli atti della P.A., l'interesse del richiedente deve essere personale e concreto, quindi fondato e non emulativo, né riconducibile a mera curiosità, il dato essenziale del suo sussistere è costituito dal collegamento con una situazione giuridicamente rilevante la quale non coincide necessariamente con una posizione d'interesse legittimo o di diritto soggettivo (Consiglio di Stato, sez. IV, 3 febbraio 1996 n. 98).
Pur essendo il diritto di accesso concepito dalla L. 241 del 1990 come un potere d’azione non esclusivamente finalizzato alla protezione di un interesse individualistico ma, altresì, a consentire il controllo della legittimità dell’azione amministrativa – in specifica attuazione dei principi di trasparenza e imparzialità di essa – nonché della sua conformità ai contenuti del potere amministrativo, il diritto stesso può essere esercitato soltanto quando è concreta e attuale l’esigenza per l’interessato di tutelare situazioni per lui giuridicamente rilevanti; di conseguenza la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata e sorretta da un interesse concreto (TAR Calabria, sez. Reggio Calabria, sent. n. 360 del 17 maggio 2001).
L'interesse che legittima l'esercizio del diritto di accesso è qualificato dalla normativa in materia (art. 22, primo comma, della L.. 241, come chiarito dall'art. 2 del regolamento di attuazione), oltre che come diretto alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, anche come "personale", cioè immediatamente riferibile al soggetto che pretende di essere ammesso alla conoscenza dei documenti e specificamente inerente alla situazione da tutelare, nonché concreto, cioè reale effettivo ed attuale (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 1190 del 19 ottobre 1995).
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, riconosciuto dall'art. 22 della L. 241, non è necessariamente ed esclusivamente correlato alla proposizione di azioni in sede giurisdizionale, ma costituisce un autonomo diritto soggettivo all'informazione, accordato al cittadino per la tutela, nel senso più ampio ed onnicomprensivo del termine, di situazioni giuridicamente rilevanti e al fine di assicurare la trasparenza e l'imparzialità dell'azione amministrativa, diritto all'informazione che consenta cioè agli amministrati di orientare i propri comportamenti sul piano sostanziale per "curare o difendere i loro interessi giuridici", come stabilisce il vigente art. 24, comma 2, lett. d), della L. 241 (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 febbraio 1994, n. 148).
La giurisprudenza ha inoltre individuato un ambito di soggetti legittimati più ampio di quello dei portatori dei diritti e degli interessi legittimi, evidenziando che il riferimento della norma è "ad una posizione non necessariamente individuale, purché funzionalmente collegata ad una situazione rilevante per l’ordinamento" (Consiglio di Stato, Adunanza generale, 17 maggio 1993).
Con riferimento alla nozione di soggetti collettivi portatori di interessi pubblici o diffusi quali soggetti legittimati all'accesso, il Consiglio di Stato ha affermato che deve riconoscersi il diritto di accesso ai documenti, ai sensi dell'art. 22 della L. 241, alle associazioni di consumatori quali portatrici di interessi generali degli associati (Sez. IV, 26 novembre 1993, n. 1036).
La lettera c) individua i soggetti “controinteressati” nei soggetti terzi che hanno interesse alla riservatezza dei documenti richiesti con la domanda di accesso.
Per un quadro sulla evoluzione della giurisprudenza concernente il rapporto tra diritto di accesso e tutela della riservatezza dei terzi, si rinvia al commento dell’art. 16, comma 7, del disegno di legge in esame.
La lettera d) definisce l’oggetto del diritto di accesso, indicando i supporti materiali utilizzati per rappresentare gli atti della pubblica amministrazione (“documenti amministrativi”) o comunque inerenti ad un procedimento amministrativo.
La disposizione riprende, ampliandola, la formulazione già contenuta nel vigente art. 22, comma 2, della L. 241. In particolare, la nuova accezione del termine ricomprende anche gli atti che non sono relativi ad un procedimento specifico; quelli che sono comunque “detenuti”, e non solo formati, come è attualmente previsto, da una pubblica amministrazione, e che si riferiscono ad attività di pubblico interesse, prescindendo dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale. L’ampia formulazione della norma comprende nella nozione di documento amministrativo anche gli atti formati dai soggetti privati, purché significativamente collegati con lo svolgimento dell’attività amministrativa (sul punto, vedi infra, Consiglio di Stato, sez. VI, 16 dicembre 1998, n. 1683 e Adunanza Plenaria, decisioni n. 4 e 5 del 1999, con cui è stato chiarito che la disciplina dell’accesso si estende anche agli atti di diritto privato, purché correlati al perseguimento degli interessi pubblici affidati alla cura dell’amministrazione).
La lettera e) enuclea i soggetti nei confronti dei quali (i soggetti passivi) può essere esercitato il diritto di accesso: oltre ai soggetti di diritto pubblico, sono quelli che svolgano un’attività di pubblico interesse regolamentata dalla normativa nazionale o comunitaria.
L’accesso ai documenti si estende anche all’attività di diritto privato, ha affermato il Consiglio di Stato, specie quando il rapporto, per la sua concreta fisionomia sostanziale, attribuisce rilievo significativo a profili di carattere pubblicistico, in relazione agli interessi perseguiti dal committente pubblico. In tale eventualità, resta ferma la necessità di vagliare con cura la sussistenza di un interesse differenziato del soggetto che richiede l’accesso (Consiglio di Stato, sez. V, 30 gennaio 2003, n. 501).
Secondo il Consiglio di Stato, “gli atti provenienti dai soggetti privati sono equiparati, ai fini dell’accesso, ai documenti amministrativi e sono, quindi, suscettibili di ostensione, solo se ed in quanto “utilizzati ai fini dell’attività amministrativa”, ovverosia allorché, indipendentemente dalla caratterizzazione soggettiva, abbiano avuto un'incidenza nelle determinazioni amministrative (Sez. VI, 16 dicembre 1998, n.1683), giacché, in tal caso, si è ritenuto che il controllo sul soggetto pubblico e la difesa degli interessi incisi dall’attività amministrativa non possano prescindere dalla conoscenza anche degli atti dei terzi che ne sono stati a presupposto (fermi restando, in ogni caso, i limiti imposti dal diritto di costoro alla riservatezza in rapporto allo spessore dell’interesse alla visione). Va, invece, escluso - sostiene il Consiglio di Stato - che la normativa sul diritto di accesso possa essere invocata per accedere agli atti dei privati che siano occasionalmente detenuti dell’Amministrazione o siano entrati in possesso di quest’ultima per contiguità o non scorporabilità con documenti direttamente utilizzati per l’attività amministrativa” (Consiglio di Stato, sez. VI, 22 gennaio 2001, n. 191).
Ai sensi del comma 2, il principio dell’accesso ai documenti amministrativi è elevato, in ragione delle sue finalità di interesse pubblico generale, a principio generale dell’attività amministrativa ed è ricondotto tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che, in base all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, spetta alla potestà legislativa esclusiva dello Stato garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale.
La disposizione, che è volta ad adeguare la disciplina del diritto di accesso alle modifiche costituzionali intervenute con la revisione del Titolo V della Costituzione, fa comunque salva la potestà delle regioni e degli enti locali di garantire livelli ulteriori di tutela nell'ambito delle rispettive competenze e dell’esercizio dei propri poteri normativi.
Il comma 3afferma il principio generale dell’accessibilità di tutti i documenti amministrativi, rinviando, per l’individuazione dei casi di esclusione, all’art. 24.
La giurisprudenza ha chiarito che l’art. 24 della L. 241, il quale stabilisce che il diritto di accesso è escluso per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dell'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, nonché nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento, “ridimensiona la portata sistematica del segreto amministrativo, il quale, ora, non esprime più un principio generale dell’agire dei pubblici poteri, ma rappresenta un’eccezione al canone della trasparenza, rigorosamente circoscritta ai soli casi in cui viene in evidenza la necessità obiettiva di tutelare particolari e delicati settori dell’amministrazione.
Ma l’innovazione legislativa, per quanto radicale, non travolge le diverse ipotesi di segreti, previsti dall’ordinamento, finalizzati a tutelare interessi specifici, diversi da quello, riconducibile, secondo l’impostazione più tradizionale, alla mera protezione dell’esercizio della funzione amministrativa.
In tali eventualità, i documenti, seppure formati o detenuti dall’amministrazione, non sono suscettibili di divulgazione, perché il principio di trasparenza cede (o, quanto meno, viene circoscritto sul piano oggettivo o temporale) a fronte dell’esigenza di salvaguardare l’interesse protetto dalla normativa speciale sul segreto” (Consiglio di Stato, sez. V, 2 aprile 2001, n. 1893).
L’esercizio del diritto di accesso è circoscritto, dal comma 4, alle sole informazioni contenute in documenti amministrativi, con espressa esclusione di quelle che non rivestono la forma di documento, fatto salvo, come precisato nel corso dell’esame del Senato[72], quanto previsto dal Codice in materia di protezione dei dati personali[73] relativamente all’accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono. Tale precisazione – introdotta su indicazione del Garante per la protezione dei dati personali[74] - è volta a coordinare la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi contenuta nella L. 241 con quella del Codice della privacy relativa ai dati personali. Si chiarisce così che resta ferma la disciplina prevista dal Codice relativamente al diritto di accesso ai dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono, anche se tali dati non siano contenuti in un documento amministrativo, ma detenuti da una pubblica amministrazione in altre forme e con altre modalità. Rimangono pertanto nettamente distinti gli ambiti di applicazione delle due norme: le disposizioni della L. 241 valgono per tutti gli “interessati” ed hanno però ad oggetto esclusivamente il diritto di accesso a documenti amministrativi, mentre quelle del Codice riguardano solamente “le persone cui i dati si riferiscono” che possono accedere a tutti i propri dati personali in qualunque forma detenuti dalla pubblica amministrazione.
Il Codice della privacy prevede al Titolo III (Diritti dell’interessato), ed in particolare all’articolo 7, il riconoscimento del diritto all’accesso ai propri dati personali: rientrano in tale diritto l’accesso non solamente al contenuto di essi, ma anche una serie di informazioni ulteriori, quali l’origine dei dati, le finalità e modalità di trattamento ecc., che per loro natura possono essere anche detenuti in forme diverse dal documento amministrativo.
I soggetti pubblici, secondo quanto stabilisce il comma 5, si devono attenere al principio di leale collaborazione tra le istituzioni quando procedono all’acquisizione di documenti in possesso di pubbliche amministrazioni.
Viene posta comunque una eccezione a tale principio nel caso in cui una pubblica amministrazione o un gestore di pubblico servizio consulti direttamente gli archivi di una amministrazione certificante, per procedere all'accertamento d'ufficio di stati, qualità e fatti, oppure al controllo sulle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini (art. 43, comma 2, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali).
Il comma 6introduce un ulteriore limite, oltre a quello dettato dal comma 4, all’esercizio del diritto di accesso, stabilendo che può essere avanzata richiesta di visione o copia degli atti amministrativi fino al momento in cui l’amministrazione è obbligata a conservare gli stessi.
L’articolo 16, non presente nel disegno di legge originario e introdotto nel corso dell’esame in Commissione al Senato[75], sostituisce integralmente l’articolo 24 della L. n. 241 relativo ai casi di esclusione del diritto di accesso.
Il comma 1 del nuovo articolo 24 stabilisce una serie di limitazioni all’esercizio del diritto di accesso in relazione ad esigenze di segreto o di riservatezza concernenti determinati documenti amministrativi, poste sia nell’interesse pubblico sia nell’interesse di terzi.
Il primo di questi limiti riguarda i documenti coperti dal segreto di Stato.
L’art. 12 della L. 801 del 1977[76] stabilisce che sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno alla integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato.
Lo stesso articolo 12 dispone che in nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale.
Sul punto si veda anche, infra,Consiglio di Stato, sez. V, 2 aprile 2001, n. 1893.
Il comma 1 esclude inoltre dal diritto di accesso i procedimenti tributari, gli atti di pianificazione e programmazione che riguardano materie specifiche (urbanistica – ad es. piani regolatori - , economia, commercio, sanità, ecc.), i procedimenti selettivi (vale a dire i concorsi, le prove di selezione per l’assunzione di personale, ecc.) con riferimento ai documenti recanti informazioni di tipo psicoattitudinale sui candidati.
Il comma 2 del nuovo articolo 24 ripete, con alcune differenze, il dettato del comma 4 dello stesso articolo nella formulazione attualmente vigente, prevedendo che le singole amministrazioni individuino le categorie di documenti da esse formati, o comunque rientranti nella loro disponibilità, sottratti all’accesso.
La nuova formulazione della norma non pone più l’obbligo per le singole amministrazioni di adottare i regolamenti in questione, non fissa un limite temporale (entro sei mesi dalla entrata in vigore della legge n. 241) per la loro emanazione e non fa più riferimento all’osservanza delle esigenze di tutela della riservatezza indicate dall’art. 24, comma 2 (vedi infra).
Viene sancita, in via generale, (comma 3) l’inammissibilità delle richieste di accesso finalizzate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni.
Si ricorda in proposito che il primo comma del vigente art. 22 della L. n. 241 riconosce il diritto di accesso ai documenti amministrativi a "chiunque vi abbia interesse". Secondo la giurisprudenza, la norma non ha, tuttavia, inteso introdurre alcun tipo di azione popolare, dal momento che ricollega, successivamente, tale interesse all'esigenza di tutelare situazioni soggettive "giuridicamente rilevanti" (Consiglio di Stato, sez. VI, 26 marzo 1992, n. 193).
Il comma 4stabilisce un ulteriore principio di carattere generale tendente ad assicurare il massimo di accessibilità ai documenti amministrativi: secondo tale principio, nei casi in cui sia sufficiente, per potere salvaguardare le esigenze di riservatezza, differire l’accesso ai documenti, l’amministrazione deve comunque assicurare l’esercizio del diritto di accesso. Tale principio, già contenuto nell’art. 8, comma 3, del regolamento di attuazione della L. 241, viene pertanto ad essere legificato.
Il comma 5 circoscrive il campo di applicazione delle limitazioni all’esercizio del diritto di accesso in relazione alla tutela del segreto.
La disposizione (riprendendo il dettato dell’art. 8, comma 2, del regolamento di attuazione della L. 241) prevede che i documenti soggetti a limitazioni del diritto di accesso in quanto contenenti informazioni soggette alle esigenze di segreto o di riservatezza previste dal comma 1 dell’articolo in esame (segreto di Stato, procedimenti tributari, atti di pianificazione e programmazione, procedimenti selettivi, ecc.) possono essere considerati segreti (e quindi non accessibili) soltanto nell’ambito e nei limiti in cui essi sono in connessione con le esigenze di segretezza da tutelare. E’ inoltre previsto che le singole amministrazioni stabiliscano tempi certi circa la segretazione di ciascuna categoria di documenti.
Il comma 6 ricalca sostanzialmente il comma 2 dell’articolo 24 vigente della L. 241, specificando ulteriormente i casi già individuati dalla normativa attuale attraverso la “legificazione” dei principi già contenuti nell’art. 8, comma 5, del regolamento di attuazione.
La disposizione autorizza il Governo ad adottare un regolamento di delegificazione per disciplinare i casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi al fine di salvaguardare i valori, alcuni di rilievo costituzionale, indicati dai criteri direttivi posti dal comma in esame.
Tali esigenze di tutela riguardano in larga parte gli interessi pubblici antitetici e prevalenti rispetto alle richieste di accesso. Esse sono connesse:
§ alla sicurezza, alla difesa nazionale, alle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione. Si tratta, nei primi due casi, di limitazioni che possono essere ritenute già ricomprese nel segreto di Stato, che peraltro viene espressamente richiamato;
§ alla politica monetaria e valutaria. In questi casi l’esigenza di riservatezza è connessa con la necessità di evitare che la conoscenza di documenti riservati possa creare situazioni di vantaggio a favore di alcuni o causare turbamenti dei mercati finanziari;
§ alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità, all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini;
§ alla riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni;
§ alle attività connesse alla contrattazione collettiva nazionale di lavoro in corso di svolgimento.
In proposito il Consiglio di Stato ha precisato: “Il legislatore ha inteso contemperare nel modo più efficace e coerente possibile, secondo i principi fissati dall’art. 97 della Costituzione, gli opposti interessi in gioco; quello del privato, di accedere agli atti dell’amministrazione in ossequio al principio di trasparenza dell’azione amministrativa; e quello pubblico, di sottrarre all’accesso determinate categorie di atti, la cui pubblicità avrebbe potuto recare pregiudizio agli interessi, ritenuti prevalenti, individuati nelle lettere a), b), c) e d) del comma 2 dell’art. 24 della legge n. 241 del 1990.
In tal senso l’indicazione degli atti sottratti all’accesso contenuta nei decreti adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dei più volte ricordati articoli 24, comma 4, della legge n. 241 del 1990 e 8 del D.P.R. n. 352 del 1992 [...] è il frutto di una valutazione fatta dall’Amministrazione, in virtù dello specifico potere conferito dal legislatore, circa la prevalenza in quei casi degli interessi pubblici attinenti ai motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero ai fini di prevenzione della criminalità, rispetto all’interesse dei privati” (Consiglio di Stato, sez. IV, 10 aprile 2001, n. 64).
La tutela della riservatezza dei dati, stabilisce il comma 7, deve comunque garantire, agli interessati che lo richiedono, l'accesso ai documenti relativi ai procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per l’esercizio del diritto di difesa o per far valere un diritto in giudizio. Anche in questo caso, si tratta di un principio già contenuto nel regolamento di attuazione della L. 241 (art. 8, comma 5, ultimo periodo), il quale sul punto specifica che in questi casi il diritto di accesso va esercitato mediante la visione dei documenti, escludendo, sia pur tacitamente, la possibilità di estrazione di copie degli stessi.
Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, precisa la disposizione in esame, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e – come specificato nel corso dell’esame del Senato[77] - nei termini previsti dall’articolo 60 del citato Codice in materia di protezione dei dati personali[78]in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Si tratta di dati rientranti nella categoria dei dati sensibili (come definiti nell’art. 4, comma 1, lett. d) del Codice) e pertanto meritevoli di una tutela particolare. Tale integrazione raccoglie una indicazione del Garante per la privacy: si intende, così, completare il raccordo con la normativa in materia di protezione dei dati personali, precisando che per il trattamento dei dati sensibili più “delicati” ai fini della tutela effettiva dei diritti fondamentali della persona (quelli, cioè, idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale) restano le specifiche garanzie previste dall’articolo 60 del Codice. In base a tale disposizione i dati “supersensibili” possono essere oggetto di trattamento da parte della pubblica amministrazione – al fine di corrispondere ad una richiesta di accesso a documenti – quando la situazione giuridicamente rilevante che si intende far valere è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale o inviolabile.
In tale contesto incidono la L. n. 675 del 1996[79], che ha dettato alcune disposizioni in materia di trattamento di dati personali da parte della pubblica amministrazione e il D.Lgs. n. 135 del 1999[80], entrambi confluiti nel citato Codice in materia di protezione dei dati personali.
L’art. 22, comma 1, della L. 675 (ora art. 4, comma 1, lett. d) e art. 26, comma 1, del Codice) definisce sensibili i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Tali dati possono essere oggetto di trattamento solo con il consenso scritto dell'interessato e previa autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali.
L’art. 22, comma 3, della L. 675 (ora art. 20 del Codice) stabilisce che i soggetti pubblici possono richiedere al Garante, nelle more della specificazione legislativa, l'individuazione delle attività, tra quelle demandate ai medesimi soggetti dalla legge, che perseguono rilevanti finalità di interesse pubblico e per le quali è conseguentemente autorizzato il trattamento dei dati sensibili.
Diritto di accesso ai documenti amministrativi e tutela della privacy nella giurisprudenza.
Il problema del rapporto tra l’esigenza della accessibilità dei documenti amministrativi e la necessità di una adeguata tutela della privacy dei soggetti ai quali si riferiscono i dati contenuti negli atti ai quali si richiede l’accesso è stato affrontato più volte dalla giurisprudenza amministrativa.
Il rapporto tra diritto di accesso e riservatezza ha trovato una definizione generalmente condivisa soltanto nell’ipotesi in cui non siano implicati dati ritenuti ‘riservati’ ai sensi della L. n. 675 del 1996: in questi casi, l’accesso è consentito soltanto se è necessario per la cura e la difesa di interessi giuridici, nella forma della visione degli atti, senza possibilità di estrazione di copia degli stessi (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 4 febbraio 1997, n. 5).
Una decisione del Consiglio di Stato (sez. VI, 30 marzo 2001, n. 1882) ricostruisce le tappe fondamentali del dibattito sviluppatosi sulla questione in esame, distinguendo tre fasi evolutive, corrispondenti agli interventi normativi fondamentali succedutisi in materia: la L. 241/90, la L. 675/96, il D.Lgs. n. 135/99.
La L. n. 241 del 1990
“Prima del varo della L. n. 675/96 - volta ad approntare un’incisiva tutela della riservatezza, soprattutto per quel che attiene alla sfera più intima costituita dai c.d. dati sensibili il bilanciamento tra accesso e riservatezza […] era direttamente ed espressamente risolto in via generale ed astratta dalla previsione di cui all’art. 24, comma 2, lett. d), della L. n. 241/90, fedelmente riprodotta dall’art. 8, cpv., del relativo regolamento di esecuzione del 1992: a mente di tale disciplina, infatti, l'accesso, pur teoricamente precluso allorchè riguardante dati riservati di terzi, persone, gruppi o imprese, va assicurato - nella meno invasiva forma della visione, senza estrazione di copia - allorchè necessario per la cura o difesa di interessi giuridici.
In linea, quindi, con l’intonazione complessiva della disciplina dettata in tema di trasparenza amministrativa dalla L. n. 241/90, volta alla ‘massimizzazione della circolazione informativa’, la disciplina richiamata accorda prevalenza al principio di pubblicità rispetto a quello di tutela della privacy, consentendo l’accesso anche quando involgente dati riservati, sempre che l’istanza ostensiva sia sorretta dalla necessità di difendere i propri interessi e con il limite modale costituito dalla non percorribilità della via più penetrante e potenzialmente lesiva dell’estrazione di copia (cfr., in termini, Consiglio di Stato, Ad. Plen., 4 febbraio 1997, n. 5)”. […]
La L. n. 675 del 1996
“Il panorama normativo si evolve per effetto dell’entrata in vigore della L. n. 675/96 […] orientata a contrarre al minimo la possibilità di incisioni della sfera più intima del singolo, anche quando le stesse possano derivare dal dispiegarsi del principio di trasparenza della struttura amministrativa”. […]
Ricostruendo il quadro normativo, il Consiglio di Stato prende in considerazione le seguenti disposizioni della L. n. 675:
“L’art. 27, comma 3, della L. n. 675/96, stabilisce che la comunicazione e la diffusione di dati personali da parte dei soggetti pubblici a privati o a enti pubblici economici sono ammesse solo se previste da norme di legge o di regolamento.
L’art. 22, specificamente riguardante l’ipotesi in cui il trattamento abbia per oggetto quella peculiare tipologia di dati personali costituita dai dati sensibili, in quanto idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, politico o sindacale, ovvero lo stato di salute e la vita sessuale, statuiva (prima dell’innovazione introdotta dal D. Lgs. n. 135/99) che il trattamento stesso è ‘consentito a patto che sia autorizzato da specifica disposizione di legge nella quale siano indicati i dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite o per adempiere o esigere l’adempimento di obblighi specificamente imposti dalla legge’.
L’art. 43, comma 2, infine, dispone che ‘restano ferme le … norme in materia di accesso ai documenti amministrativi …’.” […]
Le due linee interpretative del Consiglio di Stato
Dopo l’entrata in vigore della L. n. 675, si sono profilati nella giurisprudenza due fondamentali ed alternativi filoni interpretativi.
“Da un lato, si è sostenuto che la L. n. 675/96 non ha apportato alcuna novità sul previgente regime giuridico volto a comporre il rapporto tra accesso e riservatezza, sicchè il primo va in ogni caso garantito, ancorchè riguardante dati riservati, con le sole esposte limitazioni indicate nella pronuncia n. 5/97 dell’Adunanza plenaria in punto di legittimazione (necessità del dato da visionare ai fini della difesa) e di modalità (visione, senza estrazione)”. […]
“Su altro versante si colloca, invece, l’indirizzo interpretativo diretto a riconoscere una portata dirompente alla L. n. 675/96 rispetto alla previgente disciplina dettata dalla L. n. 241/90 con riguardo ai rapporti tra accesso e riservatezza, in specie quando ad entrare in relazione di conflittuale interferenza siano le esigenze difensive sottese all’istanza ostensiva ed il nucleo duro della privacy.
Come sostenuto da questa stessa Sezione, infatti, anche a fronte di una domanda di ostensione di documenti amministrativi, la comunicazione di dati personali deve aver luogo nel rispetto delle condizioni dettate dal nuovo intervento legislativo.
Nel dettaglio, allorchè l’actio ad exhibendum abbia per oggetto documenti contenenti dati ‘sensibili’, l’Amministrazione destinataria deve tener conto della citata previsione di cui all’art. 22, comma 3, L. n. 675/96, in forza della quale il trattamento di siffatta tipologia di notizie può aver luogo soltanto sulla base di ‘espressa disposizione di legge nella quale siano specificati i dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite’: con la conseguenza, quindi, per cui, all’indomani del varo della L. n. 675/96, ‘il diritto alla difesa prevale su quello alla riservatezza solo se una disposizione di legge espressamente consente al soggetto pubblico di comunicare a privati i dati oggetto della richiesta’ (in termini, C.d.S., sez. VI, 26 gennaio 1999, n. 59)”.
“Alla stregua di questo differente indirizzo, quindi, si profila un regime a doppio binario a seconda che la richiesta ostensiva riguardi documenti contenenti i dati personali ordinari di cui all’art. 27, L. n. 675/96 (nel qual caso trova applicazione la disciplina di cui all’art. 24, comma 2, lett. d), L. n. 241/90, come ricostruita dall’Adunanza plenaria nella citata pronuncia n. 5/97), ovvero i dati sensibili ex art. 22 della legge del 1996: in quest’ultimo caso, infatti, ed in attesa dell’intervento di quella disciplina legislativa cui rinvia il richiamato art. 22, comma 3, L. n. 675/96, le ragioni della trasparenza amministrativa sono reputate subvalenti rispetto a quelle di gelosa e rigorosa salvaguardia della privacy, ancorchè sia chiamato in causa il fondamentale principio di cui all’art. 24 Cost.”
Quest’ultima opzione ricostruttiva […] è parsa, secondo il Consiglio di Stato, prestare il fianco ai medesimi rilievi critici mossi in passato, sia pure a contrario, con riferimento al precedente quadro normativo, in quanto: “se il legislatore del ‘90 ha operato un bilanciamento tra i due contrapposti interessi in gioco volto a dare prevalenza, in via aprioristica e meccanicistica, alle ragioni della conoscenza finalizzata all’esercizio del diritto di difesa rispetto a quelle di salvaguardia del patrimonio più intimo del singolo, il legislatore del ’96, per contro, sembra essere incorso in un’opposta rigidità normativa finendo per sottrarre all’accesso, in modo altrettanto assoluto, i dati sensibili per i quali manchi una apposita regolamentazione primaria legittimante il trattamento”.
Il D.Lgs. n. 135 del 1999
Una differente soluzione normativa è stata adottata - con specifico riguardo ai dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale - dal D. Lgs. n. 135/99, diretto ad integrare la previsione di cui al citato art. 22, comma 3, della L. n. 675/96.
“Con specifico riguardo ai dati sensibili idonei a rivelare lo stato di salute […], l’art. 16, comma 2, [del D.Lgs. n. 135] statuisce che il relativo trattamento “è consentito se il diritto da far valere o difendere, di cui alla lett. b) del comma 1, è di rango almeno pari a quello dell’interessato”.
“Si tratta di previsione con la quale, nell’integrare con specifico riferimento ai dati afferenti allo stato di salute ed alla vita sessuale la previsione di cui al citato art. 22, comma 3, L. n. 675/96, si ripropone quel parametro comparativo già utilizzato dal comma 4° della disposizione da ultimo citata [l’art. 22 della L. n. 675] in sede di disciplina del trattamento di siffatta tipologia di dati da parte di soggetti non pubblici: questa disposizione, infatti, subordina il trattamento alla condizione che lo stesso ‘sia necessario a far valere o difendere in sede giudiziaria un diritto di rango pari a quello dell’interessato’, oltre che alla preventiva autorizzazione del Garante”.
Secondo il Consiglio di Stato, “il legislatore ha ritenuto, quindi, di dettare una regolamentazione ad hoc per quella specifica categoria di dati sensibili che, idonei a rivelare lo stato di salute dell’interessato, richiedono una rafforzata garanzia di adeguata protezione, senza che ciò implichi, peraltro, la relativa sottrazione ad ogni forma di disvelazione”.
“L’avvertita necessità di una più incisiva protezione dell’indicata categoria di dati ha indotto il legislatore, quindi, a subordinare ogni forma di trattamento ad una previa valutazione diretta a verificare che la relativa conoscenza sia necessaria, non già genericamente all’esercizio del diritto di difesa, bensì alla cura o difesa di un diritto di ‘rango almeno pari a quello dell’interessato’: la disvelazione del dato non è automaticamente imposta per il solo fatto che lo stesso risulti necessario all’esercizio del diritto di cui all’art. 24 Cost., ma presuppone, al contrario, una ponderazione comparativa dei diritti antagonisti”.
Tale valutazione comparativa dell’Amministrazione, e, in sede di controllo, del Giudice, va effettuata - è questo l’elemento di novità della sentenza n. 1882 del 2001 ampiamente riportata - , procedendo ad una valutazione in concreto degli interessi in gioco, che tenga conto delle specifiche circostanze di fatto destinate a connotare il singolo caso concreto, in modo da “evitare il rischio di soluzioni precostituite poggianti su una astratta scala gerarchica dei diritti in contesa”.
L’articolo 17, non presente nel disegno di legge originario e introdotto nel corso dell’esame in Commissione al Senato[81], sostituisce i commi 4, 5 e 6 dell’articolo 25 della L. n. 241, e inserisce un comma 5-bis nello stesso articolo, provvedendo ad alcune abrogazioni.
La disposizione introduce alcune modifiche alle norme sulla tutela giurisdizionale del diritto di accesso.
L’art. 25, commi 4, 5 e 6, della L. 241 (come modificato dall’art. 15 della L. n. 340 del 2000) stabilisce che, contro il rifiuto tacito (silenzio – rifiuto) e contro i provvedimenti che negano, differiscono o limitano il diritto di accesso ai documenti amministrativi, l’interessato può ricorrere al T.A.R. entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento di rifiuto, differimento o limitazione all’accesso ovvero dal formarsi del provvedimento implicito di rifiuto, configurando un’ipotesi di giurisdizione esclusiva posta a tutela del diritto di accesso.
Per prevenire il contenzioso in sede giurisdizionale, l’art. 15 della legge 24 novembre 2000, n. 340, (modificando l’art. 25, comma 4, della L. 241) ha introdotto l’intervento in via amministrativa dei difensori civici a presidio del corretto esercizio del diritto di accesso. A tale scopo la disposizione citata ha previsto che, in caso di rifiuto o differimento della richiesta di accesso, il richiedente può chiedere, entro 30 giorni, al difensore civico competente che sia riesaminato il diniego, espresso o tacito. Se il difensore civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, lo comunica all’Amministrazione che l’ha disposto. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l’accesso è consentito. Quando il richiedente l’accesso si rivolge al difensore civico, il termine di 30 giorni per il ricorso giurisdizionale decorre, da parte del richiedente, dall’esito della sua istanza al difensore civico.
L’art. 25, comma 5 e 6, della L. 241 detta particolari regole processuali volte a garantire agli interessati una tutela giurisdizionale rapida attraverso un procedimento abbreviato (nei termini per la notificazione del ricorso, per la conclusione del giudizio, per il ricorso in appello).
L’interessato è legittimato all’esperimento del ricorso, nel termine di 30 giorni, al T.A.R., che decide in camera di consiglio entro 30 giorni dalla scadenza per il deposito del ricorso, udite le parti od i loro difensori che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del T.A.R. è appellabile, entro 30 giorni dalla sua notifica, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità ed entro gli stessi termini.
Il giudice amministrativo, nel caso di totale o parziale accoglimento del ricorso, ove ne ricorrano i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti (art. 25, comma 6).
La lettera a) del primo comma della disposizione in esame sostituisce il comma 4 dell’art. 25 della L. 241. Per effetto di tale modifica:
- è estesa agli atti delle amministrazioni locali e regionali la possibilità di richiedere l’intervento del difensore civico ai fini della risoluzione in via preliminare del contenzioso in materia di diritto di accesso; la disposizione inoltre precisa che l’organo ricevente è il difensore civico competente per ambito territoriale; nel caso in cui tale organo non sia stato costituito, la competenza a ricevere le istanze spetta al difensore civico competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore;
- è prevista, nei modi e nei termini analoghi a quelli previsti per il difensore civico - e limitatamente agli atti delle pubbliche amministrazioni - , la possibilità per l’interessato di richiedere preventivamente l’intervento della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, al fine di vedersi riconosciuto il diritto di accesso;
- nelle ipotesi in cui l'accesso sia negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi, viene prevista la consultazione preventiva, da parte della Commissione, del Garante per la protezione dei dati personali;
- il Garante è tenuto ad acquisire il parere (non vincolante) della Commissione nel caso in cui un procedimento, previsto dagli articoli da 145 a 151 o di cui agli articoli 154, 157, 158, 159 e 160 del Codice della privacy e relativo al trattamento pubblico di dati personali da parte di una pubblica amministrazione, interessi l'accesso ai documenti amministrativi.
La lettera b) aggiunge un periodo al comma 5 dell’articolo 25 della L. 241 prevedendo una norma processuale speciale di carattere acceleratorio con cui si stabilisce che, in pendenza di un ricorso presentato ai sensi della L. n. 1034 del 1971[82] (e quindi di un eventuale processo amministrativo in corso), il ricorso contro i provvedimenti che negano, differiscono o limitano il diritto di accesso ai documenti amministrativi può essere proposto con istanza presentata direttamente al presidente della sezione cui è assegnato il ricorso amministrativo; viene inoltre assicurata la rapidità della decisione concernente la tutela del diritto di accesso in quanto è prevista che questa venga adottata in camera di consiglio con ordinanza istruttoria.
La disposizione in esame è attualmente contenuta nell’art. 21, primo comma, terzo periodo, della L. n. 1034 del 1971 (nel quale è stata aggiunta dall’art. 1 della L. n. 205 del 2000); essa viene abrogata dal comma 2 dell’articolo in esame.
La lettera c), introducendo il comma 5-bis all’articolo 25 della L. 241, stabilisce che, nei giudizi in materia di accesso, le parti possono stare in giudizio personalmente, senza l’assistenza del difensore e l’amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente purché con qualifica di dirigente ed autorizzato dal rappresentante legale dell’ente.
La disposizione riproduce in identico testo l’art. 4, comma 3, della L. n. 205 del 2000[83], che viene conseguentemente abrogato ad opera del successivo comma 2 dell’articolo in esame.
La lettera d), interviene sul comma 6 dell’articolo 25 della L. 241, sopprimendo l’incipit della disposizione (“In caso di totale o parziale accoglimento del ricorso”) e quindi disponendo sostanzialmente che il giudice amministrativo possa ordinare l’esibizione dei documenti richiesti nel caso in cui ne ricorrano i presupposti, prescindendo dall’esito del ricorso.
Conseguentemente aIle previsioni di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo in esame, il comma 2 provvede all’abrogazione:
- dell’art. 4, comma 3, della L. n. 205 del 2000, ai sensi del quale, nei giudizi concernenti la tutela giurisdizionale del diritto di accesso, il ricorrente può stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore e l'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente.
- dell’art. 21, primo comma, terzo periodo, della L. n. 1034 del 1971, con cui si dispone che, in pendenza di un ricorso amministrativo, l'impugnativa contro il diniego o il differimento dell’accesso ai documenti amministrativi può essere proposta con istanza presentata al presidente della sezione cui è assegnato il ricorso.
L’art. 18 sostituisce l’articolo 27 della legge n. 241/1990 che disciplina l’istituzione, la composizione e le funzioni della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi.
La Commissione, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in base alla normativa vigente svolge le seguenti principali funzioni[84]:
§ effettua una vigilanza attiva, sia sotto il profilo ricognitivo che sotto quello propulsivo, "affinché venga attuato il principio di piena conoscibilità dell'attività della pubblica amministrazione" (art.27, comma 5, L. 241/90);
§ esprime parere sui regolamenti con i quali le singole amministrazioni hanno l'obbligo di individuare le categorie di documenti - da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità - sottratti all'accesso (art. 24, comma 4, L. 241/90 e art. 10, comma 1, DPR 352/92);
§ esprime pareri, ove ne sia fatta richiesta, sugli atti comunque attinenti all'esercizio e all'organizzazione del diritto di accesso (istanze e quesiti di pubbliche amministrazioni e di privati - art. 10, comma 1, DPR 352/92);
§ organizza e gestisce l'archivio dei regolamenti delle pubbliche amministrazioni concernenti la disciplina del diritto di accesso (art. 10, comma 3, DPR 352/92);
§ redige una relazione annuale alle Camere e al Presidente del Consiglio sulla trasparenza dell'attività nella pubblica amministrazione (art.27, comma 5, L. 241/90);
§ propone al Governo modifiche dei testi legislativi e regolamentari che siano utili a realizzare la più ampia garanzia del diritto di accesso (art. 27, comma 5, L. 241/90).
La novella recata dall’art. 14 in commento non intacca il vigente comma 1 dell’articolo 27, che istituisce la suddetta Commissione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ma interviene in primo luogo sull’atto che ne dispone la nomina e sulla sua composizione: nella nuova formulazione del comma 2 dell’art. 27 si prevede, infatti, che la Commissione sia nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (e non più con decreto del Presidente della Repubblica), sentito il Consiglio dei ministri, e si rinvengono alcune variazioni al numero dei componenti (ridotto da 16 a 12) e alla loro tipologia (viene introdotto un membro di diritto).
In seguito alla riforma, la Commissione risulterebbe quindi composta da 12 membri, così individuati[85]:
- il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, che la presiede;
- due senatori e due deputati, designati dai Presidenti delle rispettive Camere;
- quattro membri scelti fra il personale di cui alla legge n. 97 del 1979[86], designati dai rispettivi organi di autogoverno;
- due membri scelti fra i professori di ruolo in materie giuridiche (la disposizione vigente ne prevede quattro);
- un membro scelto tra i dirigenti dello Stato e di altri enti pubblici (la disposizione vigente ne prevede quattro);
- un membro di diritto, introdotto ex novo dalla disposizione in commento: il capo della struttura della Presidenza del Consiglio che fornisce il supporto organizzativo per il funzionamento della Commissione[87].
Viene introdotta la possibilità che la Commissione si avvalga di esperti nominati in base all’art. 29 della legge n. 400 del 1988, il cui numero non potrà comunque superare le cinque unità[88].
Resta invariato il comma 3 dell’articolo 27, sul rinnovo della Commissione, mentre viene modificato il successivo comma 4, che attualmente pone in capo allo stato di previsione della Presidenza del Consiglio gli oneri di funzionamento della Commissione.
La nuova formulazione del comma 4, introdotta dalla Camera[89], stabilisce che i compensi dei componenti e degli esperti siano determinati, a decorrere dal 2004, con decreto del Presidente della Repubblica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze nei limiti degli ordinari stanziamenti del bilancio della Presidenza del Consiglio.
L’articolo in commento, infine, modifica il comma 5 dell’art. 27, per inserire nell’elencazione delle attribuzioni della Commissione ivi recata, il riferimento alla nuova funzione della Commissione in materia di diniego o differimento dell’accesso agli atti amministrativi, introdotta dal presente disegno di legge nel comma 4 dell’art. 25 (vedi sopra).
Restano invariati i successivi commi dell’art. 27.
L’articolo 20 abroga l’articolo 31 della legge 241 contenente una norma transitoria - ormai sostituita da quella contenuta nel comma 2 dell’art. 23 (vedi oltre) - che posticipava l’entrata in vigore delle norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi alla data di entrata in vigore dei decreti di cui all’articolo 24 relativi alla disciplina dell’esercizio di tale diritto e alle individuazione di ulteriori categorie di documenti esclusi dall’accesso.
L’articolo 23, introdotto nel corso dell’esame al Senato in prima lettura, reca alcune disposizioni transitorie riferite alla materia dell’accesso ai documenti amministrativi.
Il comma 1 stabilisce un termine di tre mesi, che decorre dalla data di entrata in vigore della riforma, entro il quale la Presidenza del Consiglio dei ministri dovrà provvedere a ricostituire la Commissione per l’accesso di cui all’articolo 27 della legge n. 241, per adeguarne la composizione alle modifiche introdotte dal presente disegno di legge (vedi sopra).
Si prevede inoltre che l’attuale Commissione per l’accesso decada, in ogni caso, decorso tale termine.
Il comma 2 autorizza il Governo ad adottare, entro tre mesi dall’entrata in vigore del disegno di legge di riforma, un regolamento per adeguare il vigente regolamento sul diritto d’accesso, il D.P.R. n. 352 del 1992[90], alle ampie modifiche introdotte dalla presente riforma alla disciplina del diritto d’accesso ai documenti amministrativi.
Si tratta anche in questo caso, come nel caso del D.P.R. n. 352/1992, di un regolamento di delegificazione, adottato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988.
Il comma 3, introdotto nel corso dell’esame in prima lettura della Camera, rinvia all’entrata in vigore del regolamento di cui al comma precedente le disposizioni di cui agli articoli 15, 16 e 17, comma 1, lettera a) del disegno di legge in commento.
Il comma 4, infine, dispone che ciascuna pubblica amministrazione, nel rispetto della propria autonomia, provveda, se necessario, ad adeguare i propri regolamenti alle modifiche apportate dalla presente riforma al Capo V della legge 241 in materia di accesso ai documenti amministrativi, e alle modifiche che verranno introdotte al regolamento governativo sull’accesso di cui al comma 2.
L’articolo 19 sostituisce integralmente l’articolo 29 della L. 241 del 1990.
Il testo vigente dell’art. 29 stabilisce:
§ al comma 1, che le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dalla stessa L. 241/1990 nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute, che costituiscono princìpi generali dell'ordinamento giuridico e che operano direttamente nei riguardi delle regioni fino a quando esse non avranno legiferato in materia;
§ al comma 2, che entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali.
Il comma 1 dell’art. 29 come modificato dispone l’applicazione:
§ di tutte le disposizioni della legge ai procedimenti amministrativi che si svolgono nell’ambito delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali;
§ delle sole disposizioni in tema di giustizia amministrativa a tutte le amministrazioni pubbliche[91].
Considerando che attengono ai profili sostanziali della tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione solo gli istituti della nullità e dell’annullabilità, sembrerebbe doversi escludere l’applicazione a tutte le amministrazioni pubbliche dei restanti istituti (esecutorietà, esecutività, revoca, annullamento d’ufficio, convalida) disciplinati dal Capo IV-bis della legge n. 241, come introdotto dall’art 10 del provvedimento in commento.
Talune disposizioni concernenti la Conferenza di servizi (vedi supra) sembrano riferibili a procedimenti amministrativi che si svolgono interamente a livello regionale o locale; non risulta ben chiaro, alla luce del comma in esame, in che misura esse risultino effettivamente applicabili.
Il comma 2stabilisce che le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, regoleranno autonomamente le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto:
§ del sistema costituzionale;
§ delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come definite dai princìpi stabiliti dalla presente legge.
La disposizione in commento sembra riconoscere, quindi, un fondamento costituzionale diretto al provvedimento, in particolare – come si legge nella relazione della 1ª Commissione Affari costituzionali del Senato all’Aula – negli articoli 3 e 97 della Costituzione. Tali disposizioni costituzionali, insieme al principio del giusto procedimento connesso a quello di buon andamento dell’amministrazione, al principio democratico e alle riserve di legge a tutela delle libertà personali ed economiche “costituiscono il primo nucleo della disciplina generale dell’attività amministrativa”.
Con riferimento al vincolo posto dai princìpi della L. 241/1990 alle regioni e agli enti locali, si deve ricordare che, mentre nel precedente assetto costituzionale i princìpi di tale legge vincolavano le regioni in quanto princìpi generali dell’ordinamento (per le regioni a statuto ordinario) e princìpi di grande riforma (per le regioni a statuto speciale), dopo la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione la competenza delle regioni, che in alcune materie ha assunto natura esclusiva, non incontra più il limite dei princìpi generali dell’ordinamento o dei princìpi di grande riforma. Secondo il nuovo articolo 117 della Costituzione, gli unici limiti alla potestà legislativa esclusiva delle regioni sono rappresentati dalla Costituzione, dal vincolo comunitario e dal vincolo internazionale.
Ci si è pertanto chiesti quale sia il fondamento costituzionale di una legislazione statale quale quella della L. 241/1990 che detta princìpi in materia di attività amministrativa con valore vincolante anche per la competenza legislativa regionale.
Considerato che nell’attuale testo costituzionale la definizione di princìpi in materia di attività amministrativa non figura tra le materie rimesse alla competenza esclusiva o concorrente dello Stato, sembrerebbero rilevare al riguardo – come precisato nella citata relazione della Commissione affari costituzionali del Senato all’Aula – le materie di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere l) (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa) ed m) (determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni corrispondenti ai diritti civili e sociali da assicurare su tutto il territorio nazionale)[92].
Con riferimento alla lettera l), nella relazione si precisa che l’ambito oggettivo della stessa, relativamente alla giustizia amministrativa, non può considerarsi coincidente con le disposizioni sulla giurisdizione amministrativa e con la disciplina processuale in senso stretto, comprendendo anche le disposizioni che attengono ai profili sostanziali della tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, per cui la riserva di competenza statale “potrebbe ritenersi comprensiva dei principi e delle norme che configurano gli atti amministrativi come oggetto di possibile sindacato giurisdizionale”.
Con riferimento alla lettera m), la normativa della L. 241/1990 sembra fissare i contenuti comuni degli obblighi a cui le pubbliche amministrazioni sono tenute nei confronti dei cittadini, volti a rendere effettivi i diritti civili e sociali riconosciuti ai cittadini.
L’articolo 22 del disegno di legge in esame precisa che fino alla data di entrata in vigore della normativa regionale prevista all’art. 29, comma 2, della L. 241/1990, come modificato dall’articolo 19 del provvedimento in commento, i procedimenti amministrativi sono regolati dalle leggi regionali vigenti.
In mancanza di una normativa regionale vigente in materia, prosegue l’articolo 22, si applicano le disposizioni della L. 241/1990, come modificata dal provvedimento in esame.
Si segnala che attraverso tale disposizione si prevederebbe l’applicabilità alle regioni di norme statali (le modifiche alla L. 241/1990 introdotte dal presente provvedimento) adottate al di fuori dei limiti di competenza sanciti dalla Costituzione dopo l’entrata in vigore del nuovo Titolo V.
L’articolo 21 provvede ad inserire in tutti gli articoli della legge n. 241 le apposite rubriche al fine di facilitarne la lettura ed adeguare anche sotto tale profilo la legge alle moderne tecniche di redazione dei testi normativi.
L’opportunità di corredare di una rubrica gli articoli degli atti legislativi, ad eccezione di quelli costituiti da un solo articolo, è affermata dalla Circolare sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi del 20 aprile 2001 (paragrafo 5), adottata in un testo identico dai Presidenti di Camera e Senato e dal Presidente del Consiglio. Una raccomandazione analoga nella Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2001, Guida alla redazione dei testi normativi (paragrafo 2.3.2).
N. 3890-B
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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DISEGNO DI LEGGE |
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DISEGNO DI LEGGE APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA il 10 aprile 2003 MODIFICATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI il 14 gennaio 2004 (v. stampato Senato n. 1281-B) NUOVAMENTE MODIFICATO DALLA I COMMISSIONE PERMANENTE (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA il 21 luglio 2004 presentato dal presidente del consiglio dei ministri (BERLUSCONI) e dal ministro per la funzione pubblica (FRATTINI) di concerto con il ministro per gli affari regionali (LA LOGGIA) ¾ |
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Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull'azione amministrativa |
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Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 27 luglio 2004
¾¾¾¾¾¾¾¾
TESTO approvato dalla Camera dei Deputati |
modificato dalla I Commissione permanente del Senato della Repubblica |
Art. 1. |
Art. 1. |
1. All'articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni: |
1. Identico: |
a) al comma 1, le parole: «e di pubblicità» sono sostituite dalle seguenti: «, di pubblicità e di trasparenza» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché dai princìpi dell'ordinamento comunitario»; |
a) identica; |
b) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti: |
b) identico: |
«1-bis. La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, può agire secondo le norme di diritto privato, con i criteri e le condizioni stabiliti dalla legge e salvo che la legge disponga diversamente. |
«1-bis. La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente. |
1-ter. I soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei princìpi di cui al comma 1». |
1-ter. Identico». |
Art. 2. |
Art. 2. |
1. All'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo il comma 4, è aggiunto il seguente: |
Identico. |
«4-bis. Decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio, ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, può essere proposto anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente fin tanto che perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai commi 2 o 3. È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti». |
|
Art. 3. |
Art. 3. |
1. Dopo l'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è inserito il seguente: |
Identico. |
«Art. 3-bis. (Uso della telematica). - 1. Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati». |
|
Art. 4. |
Art. 4. |
1. All'articolo 6, comma 1, lettera e), della legge 7 agosto 1990, n. 241, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale». |
Identico. |
Art. 5. |
Art. 5. |
1. All'articolo 8, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo la lettera c), sono inserite le seguenti: |
Identico. |
«c-bis) la data entro la quale, secondo i termini previsti dall'articolo 2, commi 2 o 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione; |
|
c-ter) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza;». |
|
Art. 6. |
Art. 6. |
1. Dopo l'articolo 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è inserito il seguente: |
1. Identico: |
«Art. 10-bis. (Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza). - 1. Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali». |
«Art. 10-bis. (Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza). - 1. Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali». |
Art. 7. |
Art. 7. |
1. All'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni: |
Identico. |
a) al comma 1, sono soppresse le parole: «, nei casi previsti dalla legge,»; |
|
b) dopo il comma 4, è inserito il seguente: |
|
«4-bis. A garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma 1, la stipulazione dell'accordo è preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento». |
|
Art. 8. |
Art. 8. |
1. All'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni: |
Identico. |
a) al comma 2: |
|
1) le parole da: «entro quindici giorni» fino a: «richiesti» sono sostituite dalle seguenti: «entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta»; |
|
2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate»; |
|
b) al comma 3, il terzo periodo è soppresso; |
|
c) al comma 5: |
|
1) dopo le parole: «dal concedente» sono inserite le seguenti: «ovvero, con il consenso di quest'ultimo, dal concessionario»; |
|
2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Quando la conferenza è convocata ad istanza del concessionario spetta in ogni caso al concedente il diritto di voto»; |
|
d) dopo il comma 5, è aggiunto il seguente: |
|
«5-bis. Previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime amministrazioni». |
|
Art. 9. |
Art. 9. |
1. All'articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni: |
Identico. |
a) al comma 1, primo periodo: |
|
1) dopo la parola: «complessità» sono inserite le seguenti: «e di insediamenti produttivi di beni e servizi»; |
|
2) le parole: «su motivata e documentata richiesta dell'interessato» sono sostituite dalle seguenti: «su motivata richiesta dell'interessato, documentata, in assenza di un progetto preliminare, da uno studio di fattibilità»; |
|
b) al comma 2, secondo periodo, dopo le parole: «della salute» sono inserite le seguenti: «e della pubblica incolumità»; |
|
c) dopo il comma 3, è inserito il seguente: |
|
«3-bis. Il dissenso espresso in sede di conferenza preliminare da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, con riferimento alle opere interregionali, è sottoposto alla disciplina di cui all'articolo 14-quater, comma 3». |
|
Art. 10. |
Art. 10. |
1. All'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n.241, sono apportate le seguenti modificazioni: |
Identico. |
a) al comma 1 è anteposto il seguente: |
|
«01.La prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell'istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione»; |
|
b)al comma 2, le parole: «almeno dieci giorni» sono sostituite dalle seguenti: «almeno cinque giorni»; |
|
c)al comma 3, le parole: «ai sensi dei commi 2 e seguenti dell'articolo 14-quater» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi dei commi 6-bis e 9 del presente articolo»; |
|
d) al comma 4, primo periodo, dopo le parole: «valutazione medesima» sono inserite le seguenti: «ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso, per un massimo di novanta giorni, fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale»; |
|
e) al comma 5, in fine, la parola: «pubblica» è sostituita dalle seguenti: «, del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumità»; |
|
f) dopo il comma 6 è inserito il seguente: |
|
«6-bis. All'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede»; |
|
g)al comma 7, sono soppresse le parole da: «e non abbia notificato» fino alla fine del comma; |
|
h)il comma 9 è sostituito dal seguente: |
|
«9. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza». |
|
Art. 11. |
Art. 11. |
1. All'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni: |
Identico. |
a) il comma 2 è abrogato; |
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b) il comma 3 è sostituito dai seguenti: |
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«3. Se il motivato dissenso è espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la decisione è rimessa dall'amministrazione procedente, entro dieci giorni: a) al Consiglio dei ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali; b) alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato-regioni", in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali; c) alla Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei ministri, della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell'istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni. |
|
3-bis. Se il motivato dissenso è espresso da una regione o da una provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, la determinazione sostitutiva è rimessa dall'amministrazione procedente, entro dieci giorni: a) alla Conferenza Stato-regioni, se il dissenso verte tra un'amministrazione statale e una regionale o tra amministrazioni regionali; b) alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra una regione o provincia autonoma e un ente locale. Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell'istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni. |
|
3-ter. Se entro i termini di cui ai commi 3 e 3-bis la Conferenza Stato-regioni o la Conferenza unificata non provvede, la decisione, su iniziativa del Ministro per gli affari regionali, è rimessa al Consiglio dei ministri, che assume la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni, ovvero, quando verta in materia non attribuita alla competenza statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, e dell'articolo 118 della Costituzione, alla competente Giunta regionale ovvero alle competenti Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano, che assumono la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni; qualora la Giunta regionale non provveda entro il termine predetto, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, che delibera con la partecipazione dei Presidenti delle regioni interessate. |
|
3-quater. In caso di dissenso tra amministrazioni regionali, i commi 3 e 3-bis non si applicano nelle ipotesi in cui le regioni interessate abbiano ratificato, con propria legge, intese per la composizione del dissenso ai sensi dell'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, anche attraverso l'individuazione di organi comuni competenti in via generale ad assumere la determinazione sostitutiva in caso di dissenso. |
|
3-quinquies. Restano ferme le attribuzioni e le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dagli statuti speciali di autonomia e dalle relative norme di attuazione»; |
|
c) il comma 4 è abrogato. |
|
Art. 12. |
Art. 12. |
1. Dopo l'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, è inserito il seguente: |
Identico. |
«Art. 14-quinquies. (Conferenza di servizi in materia di finanza di progetto) - 1. Nelle ipotesi di conferenza di servizi finalizzata all'approvazione del progetto definitivo in relazione alla quale trovino applicazione le procedure di cui agli articoli 37-bis e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109, sono convocati alla conferenza, senza diritto di voto, anche i soggetti aggiudicatari di concessione individuati all'esito della procedura di cui all'articolo 37-quater della legge n. 109 del 1994, ovvero le società di progetto di cui all'articolo 37-quinquies della medesima legge». |
|
Art. 13. |
Art. 13. |
1. All'articolo 14, comma 1, della legge 24 novembre 2000, n. 340, le parole da: «, salvo quanto previsto» sino alla fine del comma sono soppresse. |
Identico. |
Art. 14. |
Art. 14. |
1. Dopo l'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è inserito il seguente capo: |
Identico. |
«Capo IV-bis EFFICACIA ED INVALIDITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO. REVOCA E RECESSO |
|
Art. 21-bis. (Efficacia del provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati). - 1. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati non avente carattere sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. I provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci. |
|
Art. 21-ter. (Esecutorietà). - 1. Nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge, le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l'adempimento degli obblighi nei loro confronti. Il provvedimento costitutivo di obblighi indica il termine e le modalità dell'esecuzione da parte del soggetto obbligato. Qualora l'interessato non ottemperi, le pubbliche amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all'esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge. |
|
2. Ai fini dell'esecuzione delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni per l'esecuzione coattiva dei crediti dello Stato. |
|
Art. 21-quater. (Efficacia ed esecutività del provvedimento). - 1. I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo. |
|
2. L'efficacia ovvero l'esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell'atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze. |
|
Art. 21-quinquies. (Revoca del provvedimento). - 1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell'indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. |
|
Art. 21-sexies. (Recesso dai contratti). - 1. Il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione è ammesso nei casi previsti dalla legge o dal contratto. |
|
Art. 21-septies. (Nullità del provvedimento). - 1. È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge. |
|
2. Le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti amministrativi in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. |
|
Art. 21-octies. (Annullabilità del provvedimento). - 1. È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. |
|
2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. |
|
Art. 21-nonies. (Annullamento d'ufficio). - 1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. |
|
2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole». |
|
Art. 15. |
Art. 15. |
1. L'articolo 22 della legge 7 agosto 1990, n.241, è sostituito dal seguente: |
1. Identico: |
«Art. 22. (Definizioni e princìpi in materia di accesso). - 1. Ai fini del presente capo si intende: |
«Art. 22. (Definizioni e princìpi in materia di accesso). - 1. Identico. |
a) per "diritto di accesso", il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi; |
|
b) per "interessati", tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso; |
|
c) per "controinteressati", tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza; |
|
d) per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale; |
|
e) per "pubblica amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario. |
|
2. L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Resta ferma la potestà delle regioni e degli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela. |
2. Identico. |
3. Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all'articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6. |
3. Identico. |
4. Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo. |
4. Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono. |
5. L'acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell'articolo 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale. |
5. Identico. |
6. Il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere». |
6. Identico». |
Art. 16. |
Art. 16. |
1. L'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è sostituito dal seguente: |
1. Identico: |
«Art. 24. (Esclusione dal diritto di accesso). - 1. Il diritto di accesso è escluso: |
«Art. 24. (Esclusione dal diritto di accesso). - 1. Identico. |
a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo; |
|
b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; |
|
c) nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; |
|
d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi. |
|
2. Le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all'accesso ai sensi del comma 1. |
2. Identico. |
3. Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni. |
3. Identico. |
4. L'accesso ai documenti amministrativi non può essere negato ove sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento. |
4. Identico. |
5. I documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell'ambito e nei limiti di tale connessione. A tale fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l'eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all'accesso. |
5. Identico. |
6. Con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi: |
6. Identico. |
a) quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all'esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione; |
|
b) quando l'accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria; |
|
c) quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini; |
|
d) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono; |
|
e) quando i documenti riguardino l'attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all'espletamento del relativo mandato. |
|
7. Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile». |
7. Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale». |
Art. 17. |
Art. 17. |
1. All'articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n.241, sono apportate le seguenti modificazioni: |
Identico. |
a) il comma 4 è sostituito dal seguente: |
|
«4. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell'accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell'articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore. Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l'accesso di cui all'articolo 27. Il difensore civico o la Commissione per l'accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza. Scaduto infuttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l'accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all'autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l'accesso è consentito. Qualora il richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il termine di cui al comma 5 decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico o alla Commissione stessa. Se l'accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il parere si intende reso. Qualora un procedimento di cui alla sezione III del capo I del titolo I della parte III del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, o di cui agli articoli 154, 157, 158, 159 e 160 del medesimo decreto legislativo n. 196 del 2003, relativo al trattamento pubblico di dati personali da parte di una pubblica amministrazione, interessi l'accesso ai documenti amministrativi, il Garante per la protezione dei dati personali chiede il parere, obbligatorio e non vincolante, della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi. La richiesta di parere sospende il termine per la pronuncia del Garante sino all'acquisizione del parere, e comunque per non oltre quindici giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Garante adotta la propria decisione»; |
|
b) al comma 5, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio»; |
|
c) dopo il comma 5, è inserito il seguente: |
|
«5-bis. Nei giudizi in materia di accesso, le parti possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore. L'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell'ente»; |
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d) il comma 6 è sostituito dal seguente: |
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«6. Il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione dei documenti richiesti». |
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2. Il comma 3 dell'articolo 4 della legge 21 luglio 2000, n.205, è abrogato. All'articolo 21, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n.1034, e successive modificazioni, il terzo periodo è soppresso. |
|
Art. 18. |
Art. 18. |
1. L'articolo 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è sostituito dal seguente: |
Identico. |
«Art. 27. - (Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi). - 1. È istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi. |
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2. La Commissione è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri. Essa è presieduta dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed è composta da dodici membri, dei quali due senatori e due deputati, designati dai Presidenti delle rispettive Camere, quattro scelti fra il personale di cui alla legge 2 aprile 1979, n. 97, su designazione dei rispettivi organi di autogoverno, due fra i professori di ruolo in materie giuridiche e uno fra i dirigenti dello Stato e degli altri enti pubblici. È membro di diritto della Commissione il capo della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri che costituisce il supporto organizzativo per il funzionamento della Commissione. La Commissione può avvalersi di un numero di esperti non superiore a cinque unità, nominati ai sensi dell'articolo 29 della legge 23 agosto 1988, n. 400. |
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3. La Commissione è rinnovata ogni tre anni. Per i membri parlamentari si procede a nuova nomina in caso di scadenza o scioglimento anticipato delle Camere nel corso del triennio. |
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4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, a decorrere dall'anno 2004, sono determinati i compensi dei componenti e degli esperti di cui al comma 2, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri. |
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5. La Commissione adotta le determinazioni previste dall'articolo 25, comma 4; vigila affinché sia attuato il principio di piena conoscibilità dell'attività della pubblica amministrazione con il rispetto dei limiti fissati dalla presente legge; redige una relazione annuale sulla trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione, che comunica alle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri; propone al Governo modifiche dei testi legislativi e regolamentari che siano utili a realizzare la più ampia garanzia del diritto di accesso di cui all'articolo 22. |
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6. Tutte le amministriazioni sono tenute a comunicare alla Commissione, nel termine assegnato dalla medesima, le informazioni ed i documenti da essa richiesti, ad eccezione di quelli coperti da segreto di Stato. |
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7. In caso di prolungato inadempimento all'obbligo di cui al comma 1 dell'articolo 18, le misure ivi previste sono adottate dalla Commissione di cui al presente articolo». |
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Art. 19. |
Art. 19. |
1. L'articolo 29 della legge 7 agosto 1990, n.241, è sostituito dal seguente: |
Identico. |
«Art. 29. (Ambito di applicazione della legge). - 1. Le disposizioni della presente legge si applicano ai procedimenti amministrativi che si svolgono nell'ambito delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali e, per quanto stabilito in tema di giustizia amministrativa, a tutte le amministrazioni pubbliche. |
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2. Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell'azione amministrativa, così come definite dai princìpi stabiliti dalla presente legge». |
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Art. 20. |
Art. 20. |
1. L'articolo 31 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è abrogato. |
Identico. |
Art. 21. |
Art. 21. |
1. Ai seguenti articoli della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apposte, rispettivamente, le rubriche di seguito indicate: |
Identico. |
a) articolo 1: «(Princìpi generali dell'attività amministrativa)»; |
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b) articolo 2: «(Conclusione del procedimento)»; |
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c) articolo 3: «(Motivazione del provvedimento)»; |
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d) articolo 4: «(Unità organizzativa responsabile del procedimento)»; |
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e) articolo 5: «(Responsabile del procedimento)»; |
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f) articolo 6: «(Compiti del responsabile del procedimento)»; |
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g) articolo 7: «(Comunicazione di avvio del procedimento)»; |
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h) articolo 8: «(Modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento)»; |
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i) articolo 9: «(Intervento nel procedimento)»; |
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l) articolo 10: «(Diritti dei partecipanti al procedimento)»; |
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m) articolo 11: «(Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento)»; |
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n) articolo 12: «(Provvedimenti attributivi di vantaggi economici)»; |
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o) articolo 13: «(Ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione)»; |
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p) articolo 14: «(Conferenza di servizi)»; |
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q) articolo 14-bis: «(Conferenza di servizi preliminare)»; |
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r) articolo 14-ter: «(Lavori della conferenza di servizi)»; |
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s) articolo 14-quater: «(Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi)»; |
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t) articolo 15: «(Accordi fra pubbliche amministrazioni)»; |
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u) articolo 16: «(Attività consultiva)»; |
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v) articolo 17: «(Valutazioni tecniche)»; |
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z) articolo 18: «(Autocertificazione)»; |
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aa) articolo 19: «(Denuncia di inizio attività)»; |
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bb) articolo 20: «(Silenzio assenso)»; |
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cc) articolo 21: «(Disposizioni sanzionatorie)»; |
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dd) articolo 23: «(Ambito di applicazione del diritto di accesso)»; |
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ee) articolo 25: «(Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi)»; |
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ff) articolo 26: «(Obbligo di pubblicazione)»; |
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gg) articolo 28: «(Modifica dell'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, in materia di segreto di ufficio)»; |
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hh) articolo 30: «(Atti di notorietà)». |
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Art. 22. |
Art. 22. |
1. Fino alla data di entrata in vigore della disciplina regionale di cui all'articolo 29, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n.241, come sostituito dall'articolo 19 della presente legge, i procedimenti amministrativi sono regolati dalle leggi regionali vigenti. In mancanza, si applicano le disposizioni della legge n.241 del 1990 come modificata dalla presente legge. |
Identico. |
Art. 23. |
Art. 23. |
1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Presidenza del Consiglio dei ministri adotta le misure necessarie alla ricostituzione della Commissione per l'accesso. Decorso tale termine, l'attuale Commissione decade. |
Identico. |
2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo è autorizzato ad adottare, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.400, un regolamento inteso a integrare o modificare il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n.352, al fine di adeguarne le disposizioni alle modifiche introdotte dalla presente legge. |
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3. Le disposizioni di cui agli articoli 15, 16 e 17, comma 1, lettera a), della presente legge hanno effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2 del presente articolo. |
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4. Ciascuna pubblica amministrazione, ove necessario, nel rispetto dell'autonomia ad essa riconosciuta, adegua i propri regolamenti alle modifiche apportate al capo V della legge 7 agosto 1990, n.241, dalla presente legge nonché al regolamento di cui al comma 2 del presente articolo. |
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Nelle tabelle che seguono il testo vigente della Legge 7 agosto 1990, n. 241 - e quello di alcune disposizioni recate in altri provvedimenti (Legge 340 del 2000, Legge 205 del 200 e Legge 1034 del 1971) - sono posti a confronto con il testo proposto dal disegno di legge A.C. 3890-B nel testo trasmesso dal Senato il 27 luglio 2004.
Il carattere neretto segnala le modifiche apportate al testo delle disposizioni vigenti.
Il carattere sottolineato
e barrato
evidenziano le differenze fra il testo del disegno di legge A.C.
3890-B e quello approvato a suo tempo dalla Camera dei deputati in prima
lettura il 14 gennaio 2004 e successivamente trasmesso al Senato (A.S. 1281-B).
Il contenuto delle modifiche è indicato nelle note a piè di pagina.
Testo vigente |
Testo proposto |
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Capo I - Princìpi |
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Art. 1 |
[Art. 21, lett. a)] Art. 1 (Principi generali dell’attività amministrativa) |
1. L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti. |
[Art. 1] 1. L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario. |
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1-bis. La pubblica amministrazione,
nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce
secondo le norme di diritto privato |
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1-ter. I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi di cui al comma 1. |
2. La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria. |
2. Identico. |
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Art. 2 |
[Art. 21, lett. b)] Art. 2 (Conclusione del procedimento) |
1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. |
1. Identico. |
2. Le pubbliche amministrazioni determinano per ciascun tipo di procedimento, in quanto non sia già direttamente disposto per legge o per regolamento, il termine entro cui esso deve concludersi. Tale termine decorre dall’inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda se il procedimento è ad iniziativa di parte. |
2. Identico. |
3. Qualora le pubbliche amministrazioni non provvedano ai sensi del comma 2, il termine è di trenta giorni. |
3. Identico. |
4. Le determinazioni adottate ai sensi del comma 2 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti. |
4. Identico. |
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[Art. 2] 4-bis. Decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio, ai sensi dell’articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, può essere proposto anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente fin tanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai commi 2 o 3. E’ fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. |
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Art. 3 |
[Art. 21, lett. c)] Art. 3 (Motivazione del provvedimento) |
1. Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria. |
1. Identico. |
2. La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale. |
2. Identico. |
3. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l'atto cui essa si richiama. |
3. Identico. |
4. In ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere. |
4. Identico. |
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[Art. 3] Art. 3-bis (Uso della telematica) |
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1. Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati. |
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Capo II - Responsabile del procedimento |
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Art. 4 |
[Art. 21, lett. d)] Art. 4 (Unità organizzativa responsabile del procedimento) |
1. Ove non sia già direttamente stabilito per legge o per regolamento, le pubbliche amministrazioni sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento relativo ad atti di loro competenza l'unità organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell'adozione del provvedimento finale. |
1. Identico. |
2. Le disposizioni adottate ai sensi del comma 1 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti. |
2. Identico. |
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Art. 5 |
[Art. 21, lett. e)] Art. 5 (Responsabile del procedimento) |
1. Il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad assegnare a sé o ad altro dipendente addetto all'unità la responsabilità della istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento nonché, eventualmente, dell'adozione del provvedimento finale. |
1. Identico. |
2. Fino a quando non sia effettuata l'assegnazione di cui al comma 1, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto alla unità organizzativa determinata a norma del comma 1 dell'articolo 4. |
2. Identico. |
3. L'unità organizzativa competente e il nominativo del responsabile del procedimento sono comunicati ai soggetti di cui all'articolo 7 e, a richiesta, a chiunque vi abbia interesse. |
3. Identico. |
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Art. 6 |
[Art. 21, lett. f)] Art. 6 (Compiti del responsabile del procedimento) |
1. Il responsabile del procedimento: |
1. Identico. |
a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l'emanazione di provvedimento; |
a) Identico. |
b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all'uopo necessari, e adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali; |
b) Identico. |
c) propone l'indizione o, avendone la competenza, indìce le conferenze di servizi di cui all'articolo 14; |
c) Identico. |
d) cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le modificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti; |
d) Identico. |
e) adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all'organo competente per l'adozione. |
[Art. 4] e) adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all'organo competente per l'adozione. L’organo competente per l’adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale. |
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Capo III - Partecipazione al procedimento amministrativo |
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Art. 7 |
[Art. 21, lett. g)] Art. 7 (Comunicazione di avvio del procedimento) |
1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento. |
1. Identico. |
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari. |
2. Identico. |
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Art. 8 |
[Art. 21, lett. h)] Art. 8 (Modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento) |
1. L’amministrazione provvede a dare notizia dell’avvio del procedimento mediante comunicazione personale. |
1. Identico. |
2. Nella comunicazione debbono essere indicati: |
2. Identico. |
a) l’amministrazione competente; |
a) Identico. |
b) l’oggetto del procedimento promosso; |
b) Identico. |
c) l’ufficio e la persona responsabile del procedimento; |
c) Identico. |
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[Art. 5] c-bis) la data entro la quale, secondo i termini previsti dall’articolo 2, commi 2 e 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione. c-ter) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza. |
d) l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti. |
d) Identico. |
3. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima. |
3. Identico. |
4. L'omissione di taluna delle comunicazioni prescritte può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista. |
4. Identico. |
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Art. 9 |
[Art. 21, lett. i)] Art. 9 (Intervento nel procedimento) |
1. Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento. |
1. Identico. |
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Art. 10 |
[Art. 21, lett. l)] Art. 10 (Diritti dei partecipanti al procedimento) |
1. I soggetti di cui all’articolo 7 e quelli intervenuti ai sensi dell’articolo 9 hanno diritto: |
1. Identico. |
a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall’articolo 24; |
a) Identico. |
b) di presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento. |
b) Identico. |
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[Art. 6] Art. 10-bis (Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza) |
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1. Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali[94]. |
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Art. 11 |
[Art. 21, lett. m)] Art. 11 (Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento) |
1. In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'articolo 10, l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero, nei casi previsti dalla legge, in sostituzione di questo. |
[Art. 7] 1. In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'articolo 10, l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo. |
1-bis. Al fine di favorire la conclusione degli accordi di cui al comma 1, il responsabile del procedimento può predisporre un calendario di incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati. |
1. bis. Identico. |
2. Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. |
2. Identico. |
3. Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi. |
3. Identico. |
4. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione recede unilateralmente dall'accordo, salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato. |
4. Identico. |
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4-bis. A garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma 1, la stipulazione dell’accordo è preceduta da una determinazione dell’organo che sarebbe competente per l’adozione del provvedimento. |
5. Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui al presente articolo sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. |
5. Identico. |
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Art. 12 |
[Art. 21, lett. n)] Art. 12 (Provvedimenti attributivi di vantaggi economici) |
1. La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi. |
1. Identico. |
2. L'effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi agli interventi di cui al medesimo comma 1. |
2. Identico. |
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Art. 13 |
[Art. 21, lett. o)] Art. 13 (Ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione) |
1. Le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione. |
1. Identico. |
2. Dette disposizioni non si applicano altresì ai procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano, nonché ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni. |
2. Identico. |
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Capo IV - Semplificazione dell'azione amministrativa |
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Art. 14 |
[Art. 21, lett. p)] Art. 14 (Conferenza di servizi) |
1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi. |
1. Identico. |
2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro quindici giorni dall'inizio del procedimento, avendoli formalmente richiesti. |
[Art. 8] 2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell’amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate. |
3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente. Per i lavori pubblici si continua ad applicare l'articolo 7 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. L'indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta. |
3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente. L'indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.
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4. Quando l'attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, dall'amministrazione competente per l'adozione del provvedimento finale. |
4. Identico. |
5. In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA). |
5. In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente ovvero, con il consenso di quest’ultimo, dal concessionario entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA). Quando la conferenza è convocata ad istanza del concessionario spetta in ogni caso al concedente il diritto di voto. |
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5-bis. Previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informativi disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime amministrazioni. |
Art. 14-bis |
[Art. 21, lett. q)] Art. 14-bis (Conferenza di servizi preliminare) |
1. La conferenza di servizi può essere convocata per progetti di particolare complessità, su motivata e documentata richiesta dell'interessato, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. In tale caso la conferenza si pronuncia entro trenta giorni dalla data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente. |
[Art. 9] 1. La conferenza di servizi può essere convocata per progetti di particolare complessità, e di insediamenti produttivi di beni e servizi su motivata richiesta dell'interessato, documentata, in assenza di un progetto preliminare, da uno studio di fattibilità prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. In tale caso la conferenza si pronuncia entro trenta giorni dalla data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente. |
2. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente. In tale sede, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute, si pronunciano, per quanto riguarda l'interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni progettuali prescelte. Qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi comunque preclusivi della realizzazione del progetto, le suddette amministrazioni indicano, entro quarantacinque giorni, le condizioni e gli elementi necessari per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, gli atti di consenso. |
2. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente. In tale sede, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, si pronunciano, per quanto riguarda l'interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni progettuali prescelte. Qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi comunque preclusivi della realizzazione del progetto, le suddette amministrazioni indicano, entro quarantacinque giorni, le condizioni e gli elementi necessari per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, gli atti di consenso. |
3. Nel caso in cui sia richiesta VIA, la conferenza di servizi si esprime entro trenta giorni dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio d'impatto ambientale, secondo quanto previsto in materia di VIA. Ove tale conclusione non intervenga entro novanta giorni dalla richiesta di cui al comma 1, la conferenza di servizi si esprime comunque entro i successivi trenta giorni. Nell'àmbito di tale conferenza, l'autorità competente alla VIA si esprime sulle condizioni per la elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale. In tale fase, che costituisce parte integrante della procedura di VIA, la suddetta autorità esamina le principali alternative, compresa l'alternativa zero, e, sulla base della documentazione disponibile, verifica l'esistenza di eventuali elementi di incompatibilità, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto e, qualora tali elementi non sussistano, indica nell'àmbito della conferenza di servizi le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso. |
3. Identico. |
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3-bis. Il dissenso espresso in sede di conferenza preliminare da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, con riferimento alle opere interregionali, è sottoposto alla disciplina di cui all’articolo 14-quater, comma 3. |
4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, la conferenza di servizi si esprime allo stato degli atti a sua disposizione e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto definitivo. |
4. Identico. |
5. Nel caso di cui al comma 2, il responsabile unico del procedimento trasmette alle amministrazioni interessate il progetto definitivo, redatto sulla base delle condizioni indicate dalle stesse amministrazioni in sede di conferenza di servizi sul progetto preliminare, e convoca la conferenza tra il trentesimo e il sessantesimo giorno successivi alla trasmissione. In caso di affidamento mediante appalto concorso o concessione di lavori pubblici, l'amministrazione aggiudicatrice convoca la conferenza di servizi sulla base del solo progetto preliminare, secondo quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. |
5. Identico. |
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Art. 14-ter |
[Art. 21, lett. r)] Art. 14-ter (Lavori della conferenza di servizi) |
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[Art. 10] 01. La prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell’istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione. |
1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all'organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti. |
1. Identico. |
2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno dieci giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l'effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l'amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima. |
2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno cinque giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l'effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l'amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima. |
3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo ai sensi dell'articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 2 e seguenti dell'articolo 14-quater. |
3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo ai sensi dell'articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 6-bis e 9 del presente articolo. |
4. Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l'adozione del relativo provvedimento, l'amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori. |
4. Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso, per un massimo di novanta giorni, fino all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l'adozione del relativo provvedimento, l'amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori. |
5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute pubblica. |
5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumità. |
6. Ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa. |
6. Identico. |
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6-bis. All’esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede. |
7. Si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata e non abbia notificato all'amministrazione procedente, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della determinazione di conclusione del procedimento, il proprio motivato dissenso, ovvero nello stesso termine non abbia impugnato la determinazione conclusiva della conferenza di servizi. |
7. Si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata. |
8. In sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell'istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all'esame del provvedimento. |
8. Identico. |
9. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva favorevole della conferenza di servizi sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare, alla predetta conferenza. |
9. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza. |
10. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all'estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati. |
10. Identico. |
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Art. 14-quater |
[Art. 21, lett. s)] Art. 14-quater (Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi) |
1. Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso. |
1. Identico. |
2. Se una o più amministrazioni hanno espresso nell'àmbito della conferenza il proprio dissenso sulla proposta dell'amministrazione procedente, quest'ultima, entro i termini perentori indicati dall'articolo 14-ter, comma 3, assume comunque la determinazione di conclusione del procedimento sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza di servizi. La determinazione è immediatamente esecutiva. |
[Art. 11] Abrogato. |
3. Qualora il motivato dissenso sia espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, ove l'amministrazione dissenziente o quella procedente sia un'amministrazione statale, ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali, nelle altre ipotesi. Il Consiglio dei ministri o gli organi collegiali esecutivi degli enti territoriali deliberano entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei ministri o il presidente della giunta regionale o il presidente della provincia o il sindaco, valutata la complessità dell'istruttoria, decidano di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni. |
3. Se il motivato dissenso è espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la decisione è rimessa dall’amministrazione procedente, entro dieci giorni: a) al Consiglio dei ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali; b) alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata “Conferenza Stato-regioni“, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali; c) alla Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei ministri, della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell’istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni. |
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3-bis. Se il motivato dissenso è espresso da una regione o da una provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, la determinazione sostitutiva è rimessa dall’amministrazione procedente, entro dieci giorni: a) alla Conferenza Stato-regioni, se il dissenso verte tra un’amministrazione statale e una regionale o tra amministrazioni regionali; b) alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra una regione o provincia autonoma e un ente locale. Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell’istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni. |
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3-ter. Se entro i termini di cui ai commi 3 e 3-bis la Conferenza Stato-regioni o la Conferenza unificata non provvede, la decisione, su iniziativa del Ministro per gli affari regionali, è rimessa al Consiglio dei ministri, che assume la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni, ovvero, quando verta in materia non attribuita alla competenza statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, e dell’articolo 118 della Costituzione, alla competente Giunta regionale ovvero alle competenti Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano, che assumono la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni; qualora la Giunta regionale non provveda entro il termine predetto, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, che delibera con la partecipazione dei Presidenti delle regioni interessate. |
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3-quater. In caso di dissenso tra amministrazioni regionali, i commi 3 e 3-bis non si applicano nelle ipotesi in cui le regioni interessate abbiano ratificato, con propria legge, intese per la composizione del dissenso ai sensi dell’articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, anche attraverso l’individuazione di organi comuni competenti in via generale ad assumere la determinazione sostitutiva in caso di dissenso. |
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3-quinquies. Restano ferme le attribuzioni e le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dagli statuti speciali di autonomia e dalle relative norme di attuazione. |
4. Quando il dissenso è espresso da una regione, le determinazioni di competenza del Consiglio dei ministri previste al comma 3 sono adottate con l'intervento del presidente della giunta regionale interessata, al quale è inviata a tal fine la comunicazione di invito a partecipare alla riunione, per essere ascoltato, senza diritto di voto. |
Abrogato. |
5. Nell'ipotesi in cui l'opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l'articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303. |
5. Identico. |
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[Art. 12] Art. 14-quinquies (Conferenza di servizi in materia di finanza di progetto) |
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1. Nelle ipotesi di conferenza di servizi finalizzata all’approvazione del progetto definitivo in relazione alla quale trovino applicazione le procedure di cui agli articoli 37-bis e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109, sono convocati alla conferenza, senza diritto di voto, anche i soggetti aggiudicatari di concessione individuati all’esito della procedura di cui all’articolo 37-quater della legge n. 109 del 1994, ovvero le società di progetto di cui all’articolo 37-quinquies della medesima legge. |
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Art. 15 |
[Art. 21, lett. t)] Art. 15 (Accordi fra pubbliche amministrazioni) |
1. Anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune. |
1. Identico. |
2. Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dall'articolo 11, commi 2, 3 e 5. |
2. Identico. |
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Art. 16 |
[Art. 21, lett. u)] Art. 16 (Attività consultiva) |
1. Gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, sono tenuti a rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora siano richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti a dare immediata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine entro il quale il parere sarà reso. |
1. Identico. |
2. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere o senza che l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, è in facoltà dell'amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall'acquisizione del parere. |
2. Identico. |
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano in caso di pareri che debbano essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini. |
3. Identico. |
4. Nel caso in cui l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie il termine di cui al comma 1 può essere interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro quindici giorni dalla ricezione degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate. |
4. Identico. |
5. Qualora il parere sia favorevole, senza osservazioni, il dispositivo è comunicato telegraficamente o con mezzi telematici. |
5. Identico. |
6. Gli organi consultivi dello Stato predispongono procedure di particolare urgenza per l'adozione dei pareri loro richiesti. |
6. Identico. |
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Art. 17 |
[Art. 21, lett. v)] Art. 17 (Valutazioni tecniche) |
1. Ove per disposizione espressa di legge o di regolamento sia previsto che per l'adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi ed enti non provvedano o non rappresentino esigenze istruttorie di competenza dell'amministrazione procedente nei termini prefissati dalla disposizione stessa o, in mancanza, entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento deve chiedere le suddette valutazioni tecniche ad altri organi dell'amministrazione pubblica o ad enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari. |
1. Identico. |
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica in caso di valutazioni che debbano essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini. |
2. Identico. |
3. Nel caso in cui l'ente od organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie all'amministrazione procedente, si applica quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 16. |
3. Identico. |
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Art. 18 |
[Art. 21, lett. z)] Art. 18 (Autocertificazione) |
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le amministrazioni interessate adottano le misure organizzative idonee a garantire l'applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti da parte di cittadini a pubbliche amministrazioni di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni e integrazioni. Delle misure adottate le amministrazioni danno comunicazione alla Commissione di cui all'articolo 27. |
1. Identico. |
2. Qualora l'interessato dichiari che fatti, stati e qualità sono attestati in documenti già in possesso della stessa amministrazione procedente o di altra pubblica amministrazione, il responsabile del procedimento provvede d'ufficio all'acquisizione dei documenti stessi o di copia di essi. |
2. Identico. |
3. Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare. |
3. Identico. |
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Art. 19 |
[Art. 21, lett. aa)] Art. 19 (Denuncia di inizio attività) |
1. In tutti i casi in cui l'esercizio di un'attività privata sia subordinato ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato, ad esclusione delle concessioni edilizie e delle autorizzazioni rilasciate ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089, della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l'esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo per il rilascio degli atti stessi, l'atto di consenso si intende sostituito da una denuncia di inizio di attività da parte dell'interessato alla pubblica amministrazione competente, attestante l'esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge, eventualmente accompagnata dall'autocertificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste. In tali casi, spetta all'amministrazione competente, entro e non oltre sessanta giorni dalla denuncia, verificare d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e disporre, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all'interessato entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall'amministrazione stessa. |
1. Identico. |
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Art. 20 |
[Art. 21, lett. bb)] Art. 20 (Silenzio assenso) |
1. Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono determinati i casi in cui la domanda di rilascio di una autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso od altro atto di consenso comunque denominato, cui sia subordinato lo svolgimento di un'attività privata, si considera accolta qualora non venga comunicato all'interessato il provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di atti, in relazione alla complessità del rispettivo procedimento, dal medesimo predetto regolamento. In tali casi, sussistendone le ragioni di pubblico interesse, l'amministrazione competente può annullare l'atto di assenso illegittimamente formato, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a sanare i vizi entro il termine prefissatogli dall'amministrazione stessa. |
1. Identico. |
2. Ai fini dell'adozione del regolamento di cui al comma 1, il parere delle Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato deve essere reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, il Governo procede comunque all'adozione dell'atto. |
2. Identico. |
3. Restano ferme le disposizioni attualmente vigenti che stabiliscono regole analoghe o equipollenti a quelle previste dal presente articolo. |
3. Identico. |
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Art. 21 |
[Art. 21, lett. cc)] Art. 21 (Disposizioni sanzionatorie) |
1. Con la denuncia o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l'interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell'attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi ed il dichiarante è punito con la sanzione prevista dall'articolo 483 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato. |
1. Identico. |
2. Le sanzioni attualmente previste in caso di svolgimento dell'attività in carenza dell'atto di assenso dell'amministrazione o in difformità di esso si applicano anche nei riguardi di coloro i quali diano inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20 in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente. |
2. Identico. |
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[Art. 14] Art. 21-bis (Efficacia del provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati) |
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1. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione provvede mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati non avente carattere sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. I provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci. |
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Art. 21-ter (Esecutorietà) |
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1. Nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge, le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l’adempimento degli obblighi nei loro confronti. Il provvedimento costitutivo di obblighi indica il termine e le modalità dell’esecuzione da parte del soggetto obbligato. Qualora l’interessato non ottemperi, le pubbliche amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all’esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge. |
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2. Ai fini dell’esecuzione delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni per l’esecuzione coattiva dei crediti dello Stato. |
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Art. 21-quater (Efficacia ed esecutività del provvedimento) |
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1. I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo. |
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2. L’efficacia ovvero l’esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell’atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze. |
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Art. 21-quinquies (Revoca del provvedimento) |
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1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell’indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. |
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Art. 21-sexies (Recesso dai contratti) |
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1. Il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione è ammesso nei casi previsti dalla legge o dal contratto. |
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Art. 21-septies (Nullità del provvedimento) |
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1. È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge. |
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2. Le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti amministrativi in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. |
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Art. 21-octies (Annullabilità del provvedimento) |
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1. È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. |
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2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. |
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Art. 21-nonies (Annullamento d’ufficio) |
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1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. |
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2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole |
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Capo V - Accesso ai documenti amministrativi |
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Art. 22 |
[Art. 15] Art. 22 (Definizioni e princìpi in materia di accesso) |
1. Al fine di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalità stabilite dalla presente legge. |
1. Ai fini del presente capo si intende: a) per “diritto di accesso“, il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi; b) per “interessati“, tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso; c) per “controinteressati“, tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza; |
2. È considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività amministrativa. |
d) per “documento amministrativo“, ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale; |
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e) per “pubblica amministrazione“, tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario. |
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2. L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Resta ferma la potestà delle regioni e degli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela. |
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3. Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6. |
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4. Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personale da parte della persona cui i dati si riferiscono[95]. |
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5. L’acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell’articolo 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale. |
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6. Il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere. |
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le amministrazioni interessate adottano le misure organizzative idonee a garantire l'applicazione della disposizione di cui al comma 1, dandone comunicazione alla Commissione di cui all'articolo 27. |
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Art. 23 |
[Art. 21, lett. dd)] Art. 23 (Ambito di applicazione del diritto di accesso) |
1. Il diritto di accesso di cui all'articolo 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, secondo quanto previsto dall'articolo 24. |
1. Identico. |
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Art. 24 |
[Art. 16] Art. 24 (Esclusione dal diritto di accesso) |
1. Il diritto di accesso è escluso per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dell'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, per quelli relativi ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni nonché nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento. |
1.Il diritto di accesso è escluso: a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo; b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; c) nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi. |
4. Le singole amministrazioni hanno l'obbligo di individuare, con uno o più regolamenti da emanarsi entro i sei mesi successivi, le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all'accesso per le esigenze di cui al comma 2. |
2. Le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso ai sensi del comma 1. |
5. Restano ferme le disposizioni previste dall'articolo 9, L. 1 aprile 1981, n. 121, come modificato dall'articolo 26, L. 10 ottobre 1986, n. 668, e dalle relative norme di attuazione, nonché ogni altra disposizione attualmente vigente che limiti l'accesso ai documenti amministrativi. |
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6. I soggetti indicati nell'articolo 23 hanno facoltà di differire l'accesso ai documenti richiesti sino a quando la conoscenza di essi possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa. Non è comunque ammesso l'accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all'articolo 13, salvo diverse disposizioni di legge. |
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3. Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni. |
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4. L’accesso ai documenti amministrativi non può essere negato ove sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento. |
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5. I documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell’ambito e nei limiti di tale connessione. A tale fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l’eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all’accesso. |
2. Il Governo è autorizzato ad emanare, ai sensi del comma 2 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti intesi a disciplinare le modalità di esercizio del diritto di accesso e gli altri casi di esclusione del diritto di accesso in relazione alla esigenza di salvaguardare: |
6. Con regolamento, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di sottrazione all’accesso di documenti amministrativi: |
a) la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali; |
a) quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall’articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all’esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione; |
b) la politica monetaria e valutaria; |
b) quando l’accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria; |
c) l'ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità; |
c) quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini; |
d) la riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese, garantendo peraltro agli interessati la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici. |
d) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono. |
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e) quando i documenti riguardino l’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all’espletamento del relativo mandato. |
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7. Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dal’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale[96]. (vedi art. 2, lett. d) L. 241/90) |
3. Con i decreti di cui al comma 2 sono altresì stabilite norme particolari per assicurare che l'accesso ai dati raccolti mediante strumenti informatici, fuori dei casi di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono, avvenga nel rispetto delle esigenze di cui al medesimo comma 2. |
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Art. 25 |
[Art. 21, lett. ee)] Art. 25 (Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi) |
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1. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L'esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura. |
1. Identico. |
2. La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata. Essa deve essere rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente. |
2. Identico. |
3. Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dall'articolo 24 e debbono essere motivati. |
3. Identico. |
4. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di rifiuto, espresso o tacito, o di differimento ai sensi dell'articolo 24, comma 6, dell'accesso, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5 del presente articolo, ovvero chiedere, nello stesso termine, al difensore civico competente che sia riesaminata la suddetta determinazione. Se il difensore civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, lo comunica a chi l'ha disposto. Se questi non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l'accesso è consentito. Qualora il richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico, il termine di cui al comma 5 decorre dalla data del ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico. |
[Art. 17] 4. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell’accesso,espresso o tacito, o di differimentodello stessoai sensi dell’articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore. Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l’accesso di cui all’articolo 27. Il difensore civico o la Commissione per l’accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l’accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all’autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l’accesso è consentito. Qualora il richiedente l’accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il termine di cui al comma 5 decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell’esito della sua istanza al difensore civico o alla Commissione stessa. Se l’accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il parere si intende reso. Qualora un procedimento di cui alla sezione III del capo I del titolo I della parte III del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, o di cui agli articoli 154, 157, 158, 159 e 160 del medesimo decreto legislativo n. 196 del 2003, relativo al trattamento pubblico di dati personali da parte di una pubblica amministrazione, interessi l’accesso ai documenti amministrativi, il Garante per la protezione dei dati personali chiede il parere, obbligatorio e non vincolante, della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. La richiesta di parere sospende il termine per la pronuncia del Garante sino all’acquisizione del parere, e comunque per non oltre quindici giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Garante adotta la propria decisione. |
5. Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4 è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini. |
5. Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4 è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all’amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini. |
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5-bis. Nei giudizi in materia di accesso, le parti possono stare in giudizio personalmente senza l’assistenza del difensore. L’amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell’ente. |
6. In caso di totale o parziale accoglimento del ricorso il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione dei documenti richiesti. |
6.Il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti. |
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Art. 26 |
[Art. 21, lett. ff)] Art. 26 (Obbligo di pubblicazione) |
1. Fermo restando quanto previsto per le pubblicazioni nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dalla legge 11 dicembre 1984, n. 839, e dalle relative norme di attuazione, sono pubblicati, secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti di una pubblica amministrazione ovvero nel quale si determina l'interpretazione di norme giuridiche o si dettano disposizioni per l'applicazione di esse. |
1. Identico. |
2. Sono altresì pubblicate, nelle forme predette, le relazioni annuali della Commissione di cui all'articolo 27 e, in generale, è data la massima pubblicità a tutte le disposizioni attuative della presente legge e a tutte le iniziative dirette a precisare ed a rendere effettivo il diritto di accesso. |
2. Identico. |
3. Con la pubblicazione di cui al comma 1, ove essa sia integrale, la libertà di accesso ai documenti indicati nel predetto comma 1 s'intende realizzata. |
3. Identico. |
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Art. 27 |
[Art. 18] Art. 27 (Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi) |
1. È’ istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi. |
1. È istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. |
2. La Commissione è nominata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri. Essa è presieduta dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed è composta da sedici membri, dei quali due senatori e due deputati designati dai Presidenti delle rispettive Camere, quattro scelti fra il personale di cui alla legge 2 aprile 1979, n. 97, su designazione dei rispettivi organi di autogoverno, quattro fra i professori di ruolo in materie giuridico-amministrative e quattro fra i dirigenti dello Stato e degli altri enti pubblici. |
2. La Commissione è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri. Essa è presieduta dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed è composta da dodici membri, dei quali due senatori e due deputati, designati dai Presidenti delle rispettive Camere, quattro scelti fra il personale di cui alla legge 2 aprile 1979, n. 97, su designazione dei rispettivi organi di autogoverno, due fra i professori di ruolo in materie giuridiche e uno fra i dirigenti dello Stato e degli altri enti pubblici. È membro di diritto della Commissione il capo della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri che costituisce il supporto organizzativo per il funzionamento della Commissione. La Commissione può avvalersi di un numero di esperti non superiore a cinque unità, nominati ai sensi dell’articolo 29 della legge 23 agosto 1988, n. 400. |
3. La Commissione è rinnovata ogni tre anni. Per i membri parlamentari si procede a nuova nomina in caso di scadenza o scioglimento anticipato delle Camere nel corso del triennio. |
3. Identico |
4. Gli oneri per il funzionamento della Commissione sono a carico dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri. |
4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, a decorrere dall’anno 2004, sono determinati i compensi dei componenti e degli esperti di cui al comma 2, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri. |
5. La Commissione vigila affinché venga attuato il principio di piena conoscibilità dell'attività della pubblica amministrazione con il rispetto dei limiti fissati dalla presente legge; redige una relazione annuale sulla trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione, che comunica alle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri; propone al Governo modifiche dei testi legislativi e regolamentari che siano utili a realizzare la più ampia garanzia del diritto di accesso di cui all'articolo 22. |
5.La Commissione adotta le determinazioni previste dall’articolo 25, comma 4; vigila affinché sia attuato il principio di piena conoscibilità dell’attività della pubblica amministrazione con il rispetto dei limiti fissati dalla presente legge; redige una relazione annuale sulla trasparenza dell’attività della pubblica amministrazione, che comunica alle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri; propone al Governo modifiche dei testi legislativi e regolamentari che siano utili a realizzare la più ampia garanzia del diritto di accesso di cui all’articolo 22. |
6. Tutte le amministrazioni sono tenute a comunicare alla Commissione, nel termine assegnato dalla medesima, le informazioni ed i documenti da essa richiesti, ad eccezione di quelli coperti da segreto di Stato. |
6. Identico. |
7. In caso di prolungato inadempimento all'obbligo di cui al comma 1 dell'articolo 18, le misure ivi previste sono adottate dalla Commissione di cui al presente articolo. |
7. Identico. |
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Art. 28 |
[Art. 21, lett. gg)] Art. 28 (Modifica dell’articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, in materia di segreto di ufficio) |
1. [97] |
1. Identico. |
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Capo VI - Disposizioni finali |
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Art. 29 |
[Art. 19] Art. 29 (Ambito di applicazione della legge) |
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1. Le disposizioni della presente legge si applicano ai procedimenti amministrativi che si svolgono nell’ambito delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali e, per quanto stabilito in tema di giustizia amministrativa, a tutte le amministrazioni pubbliche. |
1. Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute, che costituiscono principi generali dell'ordinamento giuridico. Tali disposizioni operano direttamente nei riguardi delle regioni fino a quando esse non avranno legiferato in materia. |
2. Le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come definite dai princìpi stabiliti dalla presente legge. |
2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nella legge medesima. |
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Art. 30 |
[Art. 21, lett. hh)] Art. 30 (Atti di notorietà) |
1. In tutti i casi in cui le leggi e i regolamenti prevedono atti di notorietà o attestazioni asseverate da testimoni altrimenti denominate, il numero dei testimoni è ridotto a due. |
1. Identico. |
2. È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni e alle imprese esercenti servizi di pubblica necessità e di pubblica utilità di esigere atti di notorietà in luogo della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà prevista dall'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, quando si tratti di provare qualità personali, stati o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato. |
2. Identico. |
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Art. 31 |
[Art. 20] Art. 31 |
1. Le norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al capo V hanno effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'articolo 24. |
Abrogato. |
Modifiche ad altre disposizioni legislative
Testo
vigente della
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Testo proposto |
Art. 14 (Abrogazioni e norma di raccordo) |
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1. All'articolo 7 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come da ultimo sostituito dall'articolo 5 della legge 18 novembre 1998, n. 415, i commi da 7 a 14 sono abrogati, salvo quanto previsto dall'articolo 14, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall'articolo 9, comma 1, della presente legge.
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[Art. 13] 1. All'articolo 7 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come da ultimo sostituito dall'articolo 5 della legge 18 novembre 1998, n. 415, i commi da 7 a 14 sono abrogati. |
Testo
vigente della
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Testo proposto |
Art. 4 (Disposizioni particolari sul processo in determinate materie) |
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3. Nei giudizi ai sensi dell'articolo 25, commi 5 e seguenti, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il ricorrente può stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore. L'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell'ente. |
[Art. 17] Abrogato. |
Testo
vigente della
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Testo proposto |
Art. 21 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali) |
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Il ricorso deve essere notificato tanto all'organo che ha emesso l'atto impugnato quanto ai controinteressati ai quali l'atto direttamente si riferisce, o almeno ad alcuno tra essi, entro il termine di sessanta giorni da quello in cui l'interessato ne abbia ricevuta la notifica, o ne abbia comunque avuta piena conoscenza, o, per gli atti di cui non sia richiesta la notifica individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione, se questa sia prevista da disposizioni di legge o di regolamento, salvo l'obbligo di integrare le notifiche con le ulteriori notifiche agli altri controinteressati, che siano ordinate dal tribunale amministrativo regionale. Tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all'oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti. In pendenza di un ricorso l'impugnativa di cui dall'articolo 25, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241, può essere proposta con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione ed ai controinteressati, e viene decisa con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. |
[Art. 17] Il ricorso deve essere notificato tanto all'organo che ha emesso l'atto impugnato quanto ai controinteressati ai quali l'atto direttamente si riferisce, o almeno ad alcuno tra essi, entro il termine di sessanta giorni da quello in cui l'interessato ne abbia ricevuta la notifica, o ne abbia comunque avuta piena conoscenza, o, per gli atti di cui non sia richiesta la notifica individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione, se questa sia prevista da disposizioni di legge o di regolamento, salvo l'obbligo di integrare le notifiche con le ulteriori notifiche agli altri controinteressati, che siano ordinate dal tribunale amministrativo regionale. Tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all'oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti.
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[1] Corte di cassazione. Sez. I penale, sent. 26 aprile 1995, n. 4536.
[2] Anche contro il silenzio dell’amministrazione è possibile presentare il ricorso, che viene esaminato dal giudice amministrativo con la speciale procedura prevista dall’art. 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, Istituzione dei tribunali amministrativi regionali.
[3] La partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo prevista dagli artt. 7 e seguenti della L. 241/1990 costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico: pertanto ogni disposizione che limiti o escluda tale diritto va interpretata in modo rigoroso, al fine di evitare di vanificare od eludere il principio stesso (Consiglio di Stato, sez. IV, 25 settembre 1998, n. 569). I casi di esclusione dell’obbligo di comunicazione sono stati indicati di recente dal giudice amministrativo (Consiglio di Stato, sez. V, 22 maggio 2001, n. 2823).
[4] Consiglio di Stato, sez. V, 26 maggio 1997, n. 560).
[5] Si veda in proposito il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 123, Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, che individua i princìpi che regolano i procedimenti amministrativi concernenti gli interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive concessi da amministrazioni pubbliche. Si veda, inoltre, il D.P.R. 7 aprile 2000 n. 118, Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento per la disciplina degli albi dei beneficiari di provvidenze di natura economica, a norma dell’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[6] L’istituto della conferenza di servizi, la cui disciplina generale è stata fissata dalla L. 241/1990 (artt. 14-15), è stato in seguito modificato più volte e parzialmente riformato dalla L. 127/1997. Una completa riforma è stata operata dalla legge di semplificazione per il 1999, la legge 24 novembre 2000, n. 340 (artt. 9-15).
[7] Relativamente alla rimessione della decisione al Consiglio dei ministri, si veda Presidenza del Consiglio dei Ministri, Norme in materia di conferenza di servizi. Linee guida operative per la remissione al Consiglio dei Ministri. (Legge 7 agosto 1990, n. 241, articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater), pubblicate sulla Gazzetta ufficiale n. 1 del 2 gennaio 2003.
[8] D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300, Regolamento concernente le attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, modificato ed integrato dai successivi DPR 9 maggio 1994, n. 407 e DPR 9 maggio 1994, n. 411.
[9] Il regolamento in questione, che disciplinano anche le modalità di disciplina del diritto di accesso, è stato adottato con il D.P.R. 27 giugno1992 n. 352, Regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell’art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 , recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
[10] L. 31 dicembre 1996, n. 675, Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali; D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 135, Disposizioni integrative della L. 31 dicembre 1996, n. 675 sul trattamento di dati sensibili da parte dei soggetti pubblici.
[11] Sul rapporto tra diritto di accesso e privacy si veda: Consiglio di Stato, sez. VI, sen. 30 marzo 2001, n.1882.
[12] Tale possibilità è stata introdotta dalla L. 340/2000 (art. 15).
[13] Per informazioni dettagliate sull’attività della Commissione si veda l’apposita sezione sul sito della Presidenza del Consiglio: www.governo.it/Presidenza/ACCESSO, dove è possibile, tra l’atro, consultare l’ultima relazione sullo stato di attuazione della legge relativa agli anni 2001 e 2002: Relazione per gli’anni 2001-2002 sulla trasparenza dell’attività della pubblica amministrazione.
[14] D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.
[15] Per quanto riguarda il rapporto tra tali disposizioni e le norme in materia di diritto di accesso previste dalla L. 241/1990 si veda in particolare la Direttiva della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi del 10 febbraio 1996, n. 1703, Disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi secondo le leggi 7 agosto 1990 n. 241 e 8 giugno 1990 n. 142; differenze e problemi di coordinamento tra le due leggi, consultabile in www.go-verno.it/Presidenza/ACCESSO/direttive.html. Il Consiglio di Stato ha affermato che le norme che disciplinano il diritto di accesso ai documenti degli enti locali non hanno introdotto un istituto ulteriore rispetto a quello di cui alla legge sul procedimento amministrativo. In particolare, l’art. 10 del testo unico n. 267/2000 ha introdotto una disposizione per gli enti locali che si pone semplicemente in termini integrativi rispetto a quella, di contenuto generale, di cui all’art. 22 della legge 241/90 (Sez. V, 18 marzo 2004, n. 1412 e 7 aprile 2004, n. 1969).
[16] Il progetto di legge è stato approvato dall’Assemblea della Camera con 431 voti favorevoli, 2 contrari e 3 astenuti. Hanno dichiarato voto favorevole tutti i rappresentanti dei gruppi intervenuti in sede di dichiarazione di voto finale (Forza Italia, Verdi, Lega Nord, Alleanza nazionale, Popolari e democratici e Democratici di sinistra). Successivamente il progetto è stato trasmesso al Senato (A.S. 4860) dove, prima del sopraggiungere della fine della legislatura, ha iniziato l’esame in sede referente presso la 1ª Commissione (Affari costituzionali).
[17] Gli atti, i comunicati, i report e i verbali delle sedute della Conferenza sono consultabili in: www.palazzochigi.it/Conferenze/c_unificata/index.html.
[18] I lavori parlamentari al Senato sono pubblicati nel dossier progetti di legge n. 392/1 (parte prima) del Servizio studi.
[19] L’iter parlamentare relativo all’esame della Camera e a quelo in seconda lettura del Senato è raccolto nel dossier progetti di legge n. 392/1 (parte seconda) del Servizio studi.
[20] Per un’analisi approfondita delle modifiche introdotte si rinvia al paragrafo successivo relativo all’illustrazione di tutto il disegno di legge approvato dal Senato.
[21] Cfr. la relazione della 1a Commissione permanente del Senato a conclusione dell’esame in sede referente, presentata l’11 marzo 2003 (S. 1281-A).
[22] Cfr. la relazione illustrativa del disegno di legge S. 1281.
[23] Confluito nel Trattato che istituisce la Costituzione europea firmato a Roma il 29 ottobre scorso. Il Trattato entrerà in vigore dopo il deposito degli strumenti di ratifica di tutti i 25 Statimembri.
[24] Anche la Carta di Nizza è ora confluita nel nuovo Trattato di Roma.
[25] Si veda la relazione della I Commissione della Camera sul d.d.l. 3890-A.
[26] L. 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa. La disposizione in questione è stata successivamente introdotta nella legge n. 59 dall’art. 1 della L. 16 giugno 1998, n. 191, recante Modifiche ed integrazioni alle L. 15 marzo 1997, n. 59 e L. 15 maggio 1997, n. 127, nonché norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di edilizia scolastica.
[27] Così l’art. 1, lett. a) della proposta di testo base elaborata dal comitato ristretto, come modificato dall’em. 1.4 Iannuzzi, I Commisione, seduta del 21 ottobre 2003, e ulteriormente modificato dall’em. 1.1 Iannuzzi, approvato dall’Assemblea il 2 dicembre 2003.
[28] La modifica è stata introdotta con l’approvazione dell’em. 1.1 (testo 2) del relatore, approvato nella seduta della Commissione del 30 giugno 2004. Si veda, inoltre, la relazione del sen. Bassanini il 12 febbraio 2004 che ribadendo l’opportunità della scelta operata in prima lettura, in linea con la tendenza a riconoscere una condizione paritaria al cittadino in sede di contrattazione con la pubblica amministrazione.
[29] Secondo l’art. 106 dell’articolato approvato dalla Commissione bicamerale (nel testo del 4 novembre 1997, risultante dalla pronuncia della Commissione sugli emendamenti, AC 3931-A) “Le pubbliche amministrazioni operano nell'interesse dei cittadini, secondo principi di imparzialità, ragionevolezza e trasparenza. Sono distinte dagli organi di direzione politica, che ne determinano gli indirizzi e i programmi e ne verificano i risultati. Le pubbliche amministrazioni, salvo i casi previsti dalla legge per ragioni di interesse pubblico, agiscono in base alle norme del diritto privato. Sono tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato a terzi, secondo le regole del diritto civile. (…)”.
[30] L’art. 2 dell’A.S. 4860 (Norme generali sull’attività amministrativa, prevedeva che “1. Salvi i casi di poteri amministrativi espressamente conferiti da leggi o da regolamenti, le amministrazioni pubbliche agiscono secondo le norme del diritto privato. In ogni caso le amministrazioni pubbliche agiscono per la realizzazione dei pubblici interessi”
[31] Ovvero provvedimenti amministrativi in senso proprio (Corte dei conti, sent. 26 settembre 2002, n. 320).
[32] Tale distinzione risale ad una storica decisione della V sezione del Consiglio di Stato del 1° dicembre 1939. In epoca più recente si veda Consiglio di Stato, sez. VI, 17 febbraio 2004, n. 1196.
[33] Cass. civile, sez. unite, ordinanze 20 febbraio 2003, n. 2605 e 19 febbraio 2004, n. 3351; Corte di conti, sez. giur. Emilia-Romagna, sen. 16 febbraio 2004, n. 235.
[34] L. 6 dicembre 1971, n. 1034, Istituzione dei tribunali amministrativi regionali. L’art. 21-bis, inserito dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, recante Disposizioni in materia di giustizia amministrativa, disciplina il ricorso dinanzi al TAR avverso il silenzio dell’Amministrazione.
[35] Em. 3.01 del Governo approvato dall’Assemblea il 2 dicembre 2003.
[36] Emendamento 2.7 sen. Maffioli e Pastore, approvato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato nella seduta del 6 novembre 2002
[37] La disposizione è stata introdotta nel coso dell’esame in prima lettura alla Camera (em. Zeller 2.7 (seconda versione), approvato dalla Commissione il 30 ottobre 2003).
[38] Emendamento Pastore 6.1 approvato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato in sede deliberante il 7 luglio 2004. In quella occasione il relatore sen. Bassanini ha motivato il proprio parere favorevole all’emendamento in considerazione della natura fortemente garantistica della disposizione che potrebbe presentare problemi in termini di funzionalità, soprattutto per gli enti previdenziali. Anche il rappresentante del Governo si è espresso a favore dell’emendamento che risponde “ad una esigenza effettiva e pressante degli enti previdenziali”.
[39] Emendamento 3.100 (Governo), approvato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato nella seduta del 17 luglio 2002. L’articolo è stato in seguito ulteriormente modificato nel corso dell’esame in Assemblea.
[40] Legge 11 febbraio 1994, n. 109, Legge quadro in materia di lavori pubblici.
[41] L. 24 novembre 2000, n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999.
[42] Peraltro, come osserva al Senato in prima lettura lo stesso relatore, la sospensione del termine in attesa della valutazione di impatto ambientale, prevista dalla lettera d), non sembra rispondere a tale ratio.
[43] Della soppressione del comma 2 si è detto poc’anzi, in relazione all’art. 6, comma 1, lett. f) del disegno di legge.
[44] Cfr. al riguardo la relazione della 1ª Commissione (Affari costituzionali) del Senato al testo del d.d.l. licenziato per l’Assemblea (A.S. 1281-A; relatore, il sen. Bassanini).
[45] Sia il testo originario del d.d.l. sia quello licenziato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato in prima lettura prevedeva che tali soggetti partecipassero alla conferenza di servizi a pieno titolo e con diritto di voto; tale previsione è stata tuttavia ribaltata nel corso dell’esame in Assemblea (seduta del 9 aprile 2003; emendamenti 8.175 testo 2 ed 8.178 Turroni ed altri; favorevoli relatore e Governo).
[46] La gara sarà indetta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (di cui all’art. 21, comma 2, lett. b): concessione mediante licitazione privata).
[47] Eventualmente con modifiche apportate dall’amministrazione stessa.
[48] Sul punto si veda l’illustrazione dell’art. 8, co. 1, lett. b) del disegno di legge in esame.
[49] L’imperatività si sostanzia in quella particolare forza del provvedimento amministrativo in virtù della quale le modificazioni della sfera giuridica dei destinatari e il regolamento degli interessi prefigurato, non hanno bisogno, per la loro realizzazione, della collaborazione dei destinatari medesimi.
[50] In tale categoria sembrerebbero rientrare – vista la previsione al comma successivo di provvedimenti costitutivi di obblighi fungibili - i provvedimenti costitutivi di obblighi infungibili e di obblighi di consegnare una cosa determinata.
[51] Nel testo originario del disegno di legge (A.S. 1281, art. 4) non era contemplata la disciplina dell’esecutorietà dei provvedimenti amministrativi costitutivi di obblighi non fungibili. Tale previsione è stata introdotta nel corso dell’esame del provvedimento presso la 1a Commissione Affari costituzionali del Senato (vedi subem. 4.22/1 del relatore approvato nella seduta del 6 novembre 2002) che prevedeva altresì che il provvedimento poteva essere eseguito senza necessità di previa pronuncia giurisdizionale.
[52] La condizione della previa diffida è stata inserita nel corso dell’esame del provvedimento presso l’Assemblea del Senato (vedi emendamento 10.181 nella seduta del 9 aprile 2003).
[53] D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della L. 28 settembre 1998, n. 337.
[54] D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.
[55] Nel testo originario del disegno di legge (A.S. 1281, art.4) il comma 1 non figurava. Esso è stato introdotto nel corso dell’esame del provvedimento presso la 1a costituzionali del Senato (vedi subemendamento 4.22/2 (testo 2) nella seduta del 6 novembre 2002).
[56] Nel testo originario del disegno di legge (A.S. 1281) non figuravano le circostanze in presenza delle quali è possibile far cessare l’efficacia di un provvedimento amministrativo. L’articolo è stato modificato nei termini sopra indicati in sede di esame presso la 1a Commissione Affari costituzionali del Senato nella seduta del 6 novembre 2002 (vedi il subemendamento 4.22/3 testo 2).
[57] Emendamento 1.18 (testo 2) del Relatore, approvato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato nella seduta del 10 luglio 2002.
[58] Stabilito per i contraenti privati dall’art. 1372 del Codice civile.
[59] Si veda la relazione all’A.C. 3890-A.
[60] R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato.
[61] L. 6 dicembre 1971 n. 1034, Istituzione dei tribunali amministrativi regionali.
[62] Consiglio di Stato, 19 marzo 1984, n. 6.
[63] Si vedano le decisioni del Consiglio di Stato 1, 2 e 5 del 1992.
[64] Nel testo originario del disegno di legge (A.S.1281, art. 4) si prevedeva, inoltre, quanto al regime giuridico della nullità, l’applicabilità delle norme e dei principi in materia di nullità dei contratti, in quanto compatibili. Il riferimento a tale applicabilità è stato eliminato in corso dell’esame del provvedimento in Assemblea al Senato (vedi emendamento 10.187 del Governo nella seduta del 9 aprile 2003)
[65] Nel testo originario del disegno di legge (A.S. 1281) si prevedeva l’annullabilità del provvedimento amministrativo in caso di: 1) violazione di leggi o di regolamenti, di disposizioni di fonte comunitarie; 2) eccesso di potere; 3) violazione di disposizioni legislative e regolamentari sulla competenza (art. 4). Il testo, modificato inizialmente in Commissione Affari costituzionali del Senato in prima lettura con l’inserimento della violazione delle norme di diritto internazionale vigenti nell’ordinamento interno come ulteriore ipotesi di annullabilità (vedi emendamento 4. 22 del Governo nella seduta del 6 novembre 2002), è stato ulteriormente modificato in Assemblea (vedi emendamento del Governo 10.189 nella seduta del 9 aprile 2003) prevedendo due casi di annullabilità: per violazione di norme imperative e per eccesso di potere. Il testo definitivo è stato adottato con l’approvazione dell’em. Carrara 10.16 (riformulato) da parte della I Commissione della Camera (I lettura) nella seduta del 30 ottobre 2003. Per i motivi che hanno indotto la Commissione a privilegiare la tradizionale tripartizione si veda la relazione all’A.C. 3890-A.
[66] Si veda Consiglio di Stato, sez. VI, 16 ottobre 1989 n. 641.
[67] Nel corso dell’esame del provvedimento in Commissione Affari costituzionali del Senato (emendamento 4.22 del Governo nella seduta del 6 novembre 2002) è stato introdotto un termine massimo di due anni dall’efficacia per disporre l’annullamento d’ufficio del provvedimento illegittimo. La Camera dei deputati in prima lettura ha ripristinato la formula originaria priva del riferimento ad un termine massimo (em. 11.41 del relatore, I Commissione, 30 ottobre 2003).
[68] Quest’ultima condizione è stata inserita ad opera dell’em. 11.41 (vedi nota precedente).
[69] Nel testo originario del disegno di legge (A.S.1281) si prevedeva, inoltre, che la convalida potesse comunque essere esercitata nei limiti stabiliti dall’articolo 6 della legge 18 marzo 1968, n. 249 (Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali), a norma del quale alla convalida degli atti viziati di incompetenza può provvedersi anche in pendenza di gravame in sede amministrativa e giurisdizionale. Tale previsione è stata espunta nel corso del provvedimento in Aula al Senato (vedi emendamento 10.205 del Governo nella seduta del 9 aprile 2003).
[70] Emendamento 10.0.1 del Governo, approvato nella seduta della Commissione Affari costituzionali del 14 novembre 2002 (pomer.).
[71] Si tratta degli interessi relativi a:
a) sicurezza, difesa nazionale e relazioni internazionali;
b) politica monetaria e valutaria;
c) ordine pubblico e prevenzione e repressione della criminalità;
d) riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese, garantendo peraltro agli interessati la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici.
[72] Em. 15.1 del relatore approvato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato in sede deliberante il 21 luglio 2004.
[73] D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
[74] Si veda quanto dichiarato dal relatore sen. Bassanini nel corso della seduta della Commissione Affari costituzionali del Senato il 7 luglio 2004.
[75] Emendamento 11.3 del Governo, approvato nella seduta della Commissione affari costituzionali del 14 novembre 2002 (pomer.). L’Assemblea ha approvato il 9 aprile 2003 (antimerid.) l’emendamento 12.211 del Governo, modificativo del testo proposto dalla Commissione.
[76] L. 24 ottobre 1977, n. 801, Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato.
[77] Em. 16.1 del relatore approvato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato in seconda lettura.
[78] D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
[79] L. 31 dicembre 1996, n. 675, Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali
[80] D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 135, Disposizioni integrative della L. 31 dicembre 1996, n. 675 (2), sul trattamento di dati sensibili da parte dei soggetti pubblici
[81] Emendamento 12.3 (testo 2) del Governo, approvato nella seduta della Commissione affari costituzionali del 14 novembre 2002 (pomer.).
[82] L. 6 dicembre 1971, n.1034, Istituzione dei tribunali amministrativi regionali
[83] L. 21 luglio 2000, n. 205, Disposizioni in materia di giustizia amministrativa
[84] Un quadro completo delle competenze della Commissione sull’accesso si ricava dal combinato disposto dell’art. 27, comma 5, della L. n. 241 del 1990 (che ne reca la disciplina generale), dell’art. 24, comma 4, della L. n. 241 e dell’art. 10 del D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, Regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell'art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
Ulteriori informazioni sull’attività della Commissione sono rinvenibili sul sito Internet del Governo: www.governo.it/presidenza/accesso/.
[85] Si riportano in grassetto gli elementi di variazione proposti dalla riforma.
[86] Si tratta della L. 2 aprile 1979, n. 97, recante Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato.
[87] La struttura in questione è il Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, che annovera tra i suoi compiti anche la funzione di supporto alle attività della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi.
[88] Il disegno di legge originario del Governo prevedeva che il numero dei componenti di cui la Commissione può avvalersi fosse “non inferiore” alle cinque unità. Nel corso dell’esame del provvedimento da parte della Commissione Bilancio del Senato, è stato osservato dal relatore (sen. Ferrara) che l’assenza di un limite massimo al numero di esperti avrebbe reso impossibile la quantificazione degli oneri recati dall’articolo in commento. Acquisita dal Governo la relazione tecnica di quantificazione degli oneri connessi a tale provvedimento, la Commissione Bilancio ha successivamente formulato un parere di nulla osta a condizione che il numero degli esperti diventasse “non superiore” alle cinque unità e che fosse inserita una specifica quantificazione degli oneri recati dalla mutata composizione della Commissione per l’accesso. La Commissione Affari costituzionali ha quindi approvato, nella seduta del 14 novembre 2002, due emendamenti (13.100 e 13.101, entrambi del Relatore) volti a recepire tali condizioni.
[89] Le disposizioni sulla Commissione per l’accesso, soppresse in sede referente, sono state reintrodotte in Assemblea (em. 16.02 Governo del 14 gennaio 2004) nel testo precedente ad eccezione del comma 4 che, nel testo approvato dal Senato, provvedeva anzitutto a quantificare una parte degli oneri in 336.000,00 euro annui, a decorrere dal 2003, così ripartendoli: 257.400,00 euro, per compensi ai componenti; 79.200,00 euro, per compensi agli esperti. A tale fabbisogno si prevedeva si provvedesse nell’ambito delle risorse quantificate annualmente nella tabella C della legge finanziaria, alla voce Ministero dell’economia e delle finanze – D.Lgs. n. 303 del 1999. Tutti gli altri oneri derivanti dal funzionamento della Commissione sarebbero stati posti a carico dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
[90] D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, Regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell'art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
[91] Tale previsione è stata inserita nel disegno di legge nel corso dell’esame del provvedimento presso la 1a Commissione Affari Costituzionali del Senato (vedi emendamento 14.2 del relatore nella seduta del 14 novembre 2002).
[92] Nella relazione si richiama anche la lettera e) del secondo comma dell’articolo 117 (tutela della concorrenza), visto che possono essere definite regole dirette ad assicurare la concorrenza nel mercato e per il mercato “ivi comprese quelle che debbono essere osservate dalle pubbliche amministrazioni per la scelta dei contraenti pubblici o privati”.
[93] Comma così modificato dal Senato. Il testo approvato dalla Camera recava: “La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, può agire secondo le norme di diritto privato, con i criteri e le condizioni stabiliti dalla legge e salvo che la legge disponga diversamente
[94] Comma così modificato dal Senato.
[95] Comma così modificato dal Senato.
[96] Comma così modificato dal Senato.
[97] Sostituisce l'art. 15, D.P.R. 1 0 gennaio 1057, n. 3