XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento trasporti | ||
Titolo: | Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui problemi del trasporto aereo in Italia - Doc. XXII, n. 22 | ||
Serie: | Progetti di legge Numero: 778 | ||
Data: | 20/06/05 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | IX-Trasporti, poste e telecomunicazioni |
Servizio studi |
progetti di legge |
Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui problemi del trasporto aereo in Italia Doc. XXII, n. 22
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n. 778
|
20 giugno 2005 |
Camera dei deputati
Dipartimento Trasporti
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: TR0414
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Dati identificativi del provvedimento
Elementi per l'istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto degli altri princìpi costituzionali
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
§ Osservazioni sulla formulazione del testo
La disciplina generale delle Commissioni parlamentari di inchiesta
§ Istituzione della Commissione
§ Organizzazione interna e dei lavori
§ Poteri
§ Natura della Commissione d’inchiesta
§ Finalità dell’inchiesta parlamentare
§ Composizione e funzionamento della Commissione
§ Attività d'indagine e poteri della Commissione
§ Conclusione dei lavori e relazione finale
Proposta di inchiesta parlamentare
Riferimenti normativi
§ Costituzione della Repubblica (art. 82)
§ Regolamento della Camera dei deputati (artt. 20, 140-142)
§ Sentenza della Corte Costituzionale del 22 ottobre 1975, n. 231
Numero atto |
Doc. XXII, n. 22 |
Titolo |
Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui problemi del trasporto aereo in Italia |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Trasporto aereo |
Numero di articoli |
5 |
Date |
|
§ presentazione |
3 giugno 2005 |
§ annuncio |
14 giugno 2005 |
§ assegnazione |
20 giugno 2005 |
Commissione competente |
IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I, II e XI Commissione |
Il documento in esame (Doc XIII, n. 22) ha ad oggetto l’istituzione, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, di una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta, cui è affidato il compito di analizzare le problematiche funzionali e finanziarie del trasporto aereo in Italia.
Il documento in esame risulta corredato della relazione illustrativa.
Il provvedimento in esame ha la forma di un atto monocamerale, essendo di uguale natura la Commissione parlamentare d’inchiesta ivi prevista.
Il provvedimento in esame è adottato in conformità all’articolo 82 della Costituzione, a norma del quale “ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse” .
Si ricorda che, presso il Senato, risulta assegnato alla 8ªCommissione (Lavori pubblici, comunicazioni) il disegno di legge A.S. 733 recante l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul disastro aereo di Linate e sulle condizioni generali della sicurezza del volo e degli scali aerei nazionali[1].
La Commissione di inchiesta prevista dal suddetto disegno di legge ha natura bicamerale ed è chiamata a:
a) indagare ed accertare le cause e le eventuali responsabilità del disastro aereo di Linate dell’8 ottobre 2001;
b) procedere all’accertamento, a livello nazionale, delle condizioni di sicurezza aerea e alla verifica della legislazione vigente sul tema della sicurezza dei voli e degli scali aerei nazionali, con particolare riferimento agli scali aerei di Linate e Malpensa;
c) verificare, in merito all’ipotesi di ampliamento e massimo sfruttamento delle potenzialità degli aeroporti di Malpensa e Linate, le condizioni generali in termini di domanda di trasporto aereo, di sviluppo socio-economico dell’area interessata, di impatto ambientale e di sostenibilità sul territorio e di sicurezza per le popolazioni vicine.
Si segnala che il documento in esame non reca alcuna disposizione circa :
§ l’adozione di un regolamento interno che disciplini l’attività e il funzionamento della Commissione;
§ la disciplina da adottare sia in caso di audizioni e testimonianze sia in caso di richiesta di atti o documenti;
§ il regime del segreto e dell’ opponibilità dello stesso.
All’articolo 5, comma 1, relativo alla durata dell’attività della Commissione (sette mesi dalla data della costituzione), è prevista la possibilità di proroga fino alla fine della XIV legislatura. Al riguardo, si fa presente che la citata disposizione non indica le condizioni e le modalità della proroga.
La Costituzione prevede che “ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse” (art. 82, primo comma).
Nel prospetto di seguito riportato sono indicati il numero e la tipologia delle inchieste parlamentari finora deliberate nelle legislature repubblicane.
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Istituite con deliberazione monocamerale |
Istituite con deliberazione monocamerale |
I |
- |
2 |
- |
II |
- |
1[2] |
- |
III |
3 |
1 |
- |
IV |
1 |
- |
1 |
V |
2 |
- |
- |
VI |
1 |
- |
- |
VII |
3 |
- |
- |
VIII |
3[3] |
- |
- |
IX |
- |
2 |
- |
X |
3 |
1 |
3 |
XI |
3 |
- |
1 |
XII |
2 |
2 |
3 |
XIII |
3 |
1 |
1 |
XIV |
5 |
1 |
4 |
totale |
29 |
11 |
13 |
L’inchiesta parlamentare, nell’ambito degli strumenti volti a consentire lo svolgimento dell’attività di controllo del Parlamento, rappresenta quello più incisivo e penetrante del quale le Camere possono avvalersi per acquisire conoscenze; l’art. 82, secondo comma, della Costituzione, dispone infatti che la Commissione parlamentare d’inchiesta “procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria”.
L’inchiesta parlamentare si differenzia, pertanto, dall’indagine conoscitiva, che, pur essendo anch’essa preordinata a finalità conoscitive, non attribuisce all’organo titolare dell’indagine poteri coercitivi per l’acquisizione delle informazioni.
In base all’art. 82 Cost., l’inchiesta può essere deliberata anche da una sola Camera (evidentemente con atto non legislativo).
Si è però andata affermando la prassi di deliberare le inchieste con legge, affidandole a Commissioni composte di deputati e senatori.
In ogni caso, per quanto riguarda il procedimento di formazione, l’art. 140 del regolamento della Camera e l’art. 162 del regolamento del Senato stabiliscono che per l’esame delle proposte di inchiesta si segue il procedimento previsto per quelle legislative.
Si ricorda che, qualora le due Camere istituiscano Commissioni monocamerali sulla stessa materia, l’art. 162 del regolamento del Senato consente che le Commissioni possano deliberare di procedere in comune, rimanendo tuttavia distinte quanto ad imputazione giuridica dei rispettivi atti.
Per quanto riguarda la nomina dei commissari, il secondo comma dell’art. 82 Cost. prevede che la composizione della Commissione deve rispecchiare la proporzione dei gruppi; tale nomina, quindi, deve essere improntata al rispetto del principio di proporzionalità.
Di conseguenza si applicano l’art. 56, comma 3, del regolamento della Camera e l’art. 25, comma 3, del regolamento del Senato, i quali stabiliscono che per le nomine delle Commissioni che, per prescrizione di legge o regolamento, debbano essere composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari, il Presidente comunica ai gruppi il numero dei posti spettanti a ciascuno in base al suddetto criterio, richiedendo la designazione di un eguale numero di nomi.
Qualora sia espressamente previsto dall’atto costituivo, il Presidente è nominato, al di fuori della Commissione, dal Presidente dell’Assemblea ovvero d’intesa tra i Presidenti delle due Camere in caso di Commissione bicamerale.
Poteri inerenti alla organizzazione dei lavori sono quelli riguardanti la fissazione del programma dei lavori e l’istituzione di sottocommissioni, nonché l’elaborazione e l’approvazione di un regolamento interno. Al riguardo, si è venuta formando la prassi secondo la quale le Commissioni d’inchiesta adottano un proprio regolamento, ferma restando l’applicabilità del regolamento della Camera di appartenenza del Presidente della Commissione, per quanto non espressamente previsto dal predetto regolamento interno.
La durata dei lavori della Commissione è stabilita dal relativo atto istitutivo, che fissa la data di presentazione della relazione (che è atto conclusivo dell’attività, anche se il termine assegnato alla Commissione non è ancora scaduto) o assegna un termine finale ai lavori stessi, a partire dalla costituzione o dall’insediamento della Commissione ovvero dalla data di entrata in vigore della provvedimento istitutivo.
Si ricorda che le Commissioni istituite con atto non legislativo cessano comunque la propria attività con la fine della legislatura mentre quelle istituite con legge possono essere prorogate con una nuova legge.
L’art. 82, comma secondo, Cost. stabilisce che la Commissione d’inchiesta procede alle indagini ed agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria (c.d. principio del parallelismo).
I poteri coercitivi che la Commissione d’inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase “istruttoria” delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni.
In particolare, per le convocazioni di testimoni davanti alla Commissione si applicano gli articoli 366 – rifiuto di uffici legalmente dovuti da parte dei periti, interpreti, o custode di cose sottoposte a custodia e da parte dei testimoni – e 372 – falsa testimonianza – del codice penale, ferme restando le competenze dell’autorità giudiziaria.
Si ricorda che per tali reati, dopo la riforma del codice di procedura penale, non è più previsto l’arresto ma, rispettivamente, la reclusione fino a sei mesi o la multa da 30,00 euro a 516,00 euro (art. 366) e la reclusione da 2 anni a 6 anni (art. 372, come modificato dall’art. 11 del D.L. 306/1992[4], che ha aumentato l’originaria pena consistente nella reclusione da sei mesi a tre anni).
La Commissione deve comunque assicurare il rispetto dei diritti fondamentali di difesa discendenti dal disposto dell’art. 24 Cost., riconoscendo, ad esempio, il diritto all’assistenza del difensore ogni volta che il suo mancato esercizio possa pregiudicare la posizione processuale della persona interrogata.
Il parallelismo con i poteri della magistratura disposto dal citato comma secondo dell’articolo 82 Cost. si estende agli aspetti relativi alle limitazioni dei poteri della Commissione stessa. In via generale, si può affermare che lo svolgimento dell’inchiesta trova gli stessi limiti che la vigente legislazione pone alle indagini dell’autorità giudiziaria, fermo restando che l’atto istitutivo della Commissione può disporne di ulteriori ovvero prevedere l’inapplicabilità nei confronti della Commissione stessa di disposizioni limitative dell’attività d’indagine dell’autorità giudiziaria; al riguardo si rammenta, in via esemplificativa, che l’art. 3, comma 2, della L. 430/1994[5], istitutiva della c.d. Commissione antimafia nel corso della XII legislatura, ha disposto la non opponibilità alla Commissione del segreto di Stato (di cui alla citata L. 801/1977) con riferimento ai fatti di mafia, camorra ed altre associazioni criminali similari. Tale disposizione è stata confermata nelle leggi istitutive della Commissione antimafia nella XIII e XIV legislatura[6].
Particolarmente complesso è il problema dei rapporti tra l’attività delle Commissioni d’inchiesta e le concorrenti indagini della autorità giudiziaria, specie per quanto riguarda i profili di reciproca opponibilità del segreto: su questo tema è fondamentale la sentenza n. 231/1975 della Corte costituzionale, che ha risolto il conflitto di attribuzioni tra Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia ed i tribunali di Torino e di Milano.
La Corte ha stabilito che la Commissione non ha l’obbligo di trasmettere ai tribunali gli atti e documenti da essa formati o direttamente disposti, gli scritti e gli anonimi ad essa originariamente rivolti, che la Commissione abbia ritenuto di mantenere segreti (c.d. segreto funzionale), nonché gli atti già a disposizione del potere giudiziario.
La Corte ha stabilito invece l’obbligo per la Commissione di trasmettere ai tribunali predetti gli altri atti e documenti in suo possesso che non siano coperti all’origine da segreto o siano coperti da segreto non opponibile all’autorità giudiziaria.
Si segnala tuttavia che la più recente esperienza legislativa in materia (cfr. art. 4, comma 2, della L. 430/94 e art. 4, comma 5, della L. 386/2001) ha innovato tale principi, disponendo l’inopponibilità nei confronti dell’autorità giudiziaria (nonché alla Commissione d’inchiesta istituita con la predetta normativa, con evidente applicazione del principio del parallelismo sopra illustrato) del segreto funzionale cui siano stati assoggettati atti e documenti da parte delle competenti Commissioni d’inchiesta.
Il documento in esame (Doc XIII, n. 22) ha ad oggetto l’istituzione, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, di una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta, cui è affidato il compito di analizzare le problematiche funzionali e finanziarie del trasporto aereo in Italia.
Il provvedimento in esame istituisce una Commissione di inchiesta monocamerale: in tale ottica si spiega il ricorso allo strumento dell’atto monocamerale.
Si ricorda che l’art. 82 della Costituzione prevede la possibilità di istituzione di Commissioni monocamerali. L’articolo 140 del regolamento della Camera prevede, in proposito, che per l’istituzione di Commissioni monocamerali si seguono le procedure indicate per le proposte di legge.
I compiti affidati all’istituenda Commissione dal provvedimento in esame sono finalizzati a consentire alla stessa Commissione l’analisi - come sopra precisato - delle “problematiche funzionali e finanziarie del trasporto aereo in Italia” (art. 3, co. 1).
La relazione illustrativa delinea i principali problemi del settore del trasporto aereo - individuati peraltro come oggetto dell’analisi che la Commissione d’inchiesta è chiamata a svolgere[7] - evidenziando come da essi derivi “un danno forte per l’intero sistema Paese in quanto il trasporto aereo rappresenta oggi una componente essenziale sia per la vita civile, sia per lo sviluppo delle attività economiche in molti settori, in particolare nel turismo, che costituisce una delle principali fonti di reddito del nostro Paese”.
In particolare, la Commissione è chiamata a :
§ individuare le cause degli alti costi del trasporto aereo in Italia e dei troppo frequenti disservizi che lo caratterizzano (art. 3, co. 1, lett. a));
§ indagare sulle cause della eccessiva frammentazione sindacale delle categorie operanti nel settore del trasporto aereo (art. 3, co. 1, lett. b));
§ analizzare le ragioni strutturali e quelle contingenti, in virtù delle qualii principali vettori aerei italiani si trovano da tempo in difficoltà finanziarie (art. 3, co. 1, lett. c));
§ valutare le modalità di inserimento nel settore del trasporto aereo italiano delle compagnie aeree a basso costo e quali sono gli effetti di tale inserimento (art. 3, co. 1, lett. c));
§ indicare le azioni necessarie per migliorare, sostanzialmente e in tempi brevi, l'efficienza, nonché per ridurre i costi del trasporto aereo in Italia (art. 3, co. 1, lett. d)).
La Commissione è formata da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati in modo che siano rispettati proporzionalmente tutti i gruppi parlamentari (art. 1, co. 2).
Per quanto riguarda la scelta del Presidente della Commissione, il documento prevede l'elezione dello stesso da parte della Commissione tra i propri membri. L'elezione avviene - a norma dell’articolo 20, comma 2, del regolamento della Camera - a scrutinio segreto e, qualora nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta dei voti, si prevede il ballottaggio tra i candidati che hanno riportato il maggior numero di voti; in caso di parità, è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano per età (art. 1, co. 3).
La Commissione elegge, inoltre, tra i propri membri, due vicepresidenti e due segretari, che, insieme al Presidente, formano l’ufficio di presidenza. Tale elezione avviene – a norma dell’articolo 20, comma 3, del regolamento della Camera – secondo il sistema del voto limitato: ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome, risultando eletti coloro che avranno riportato il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, si procede secondo quanto sopra riportato per l’elezione del Presidente della Commissione (art. 1, co. 3).
Per quanto riguarda l’attività da svolgere, il documento prevede che la Commissione:
§ svolge le proprie funzioni ai sensi degli articoli 140, 141 e 142 del regolamento della Camera (art. 4, co. 1)
Ai sensi dell’articolo 140 del regolamento della Camera, le proposte di inchiesta parlamentare seguono la procedura prevista per i progetti di legge.
Quando la Camera decide di procedere ad una inchiesta, la Commissione è nominata in modo che la sua composizione rispecchi la proporzione dei Gruppi parlamentari. La Camera può delegarne la nomina al Presidente. La Commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Se anche il Senato delibera un'inchiesta sull'identica materia, le Commissioni delle due Camere possono deliberare di procedere congiuntamente (art. 141 del regolamento della Camera)
Quando una Commissione d'inchiesta ritenga opportuno di trasferirsi o di inviare alcuno dei suoi componenti fuori della sede del Parlamento, ne informa, prima di deliberare al riguardo, il Presidente della Camera (art. 142 del regolamento).
§ si avvale di personale e di strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera (art. 4, co. 2);
§ può avvalersi - ove ritenuto necessario – della collaborazione di persone esperte in materia di trasporto aereo (art. 2, co. 2).
Le spese di funzionamento della Commissione sono poste a carico del bilancio interno della camera dei deputati (art. 4, co. 3).
Si segnala che il documento in esame nulla prevede circa l’adozione di un regolamento interno che disciplini l’attività e il funzionamento della Commissione[8]
Il documento in esame – ribadendo la previsione costituzionale – prevede che la Commissione operi con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria (art. 2, co. 1).
Si segnala che il documento in esame non reca alcuna disposizione sulla disciplina da adottare sia in caso di audizioni e testimonianze sia in caso di richiesta di atti o documenti. Analogamente, non si riscontra nel testo alcuna disposizione che rechi il regime del segreto e la opponibilità dello stesso[9].
Il termine per il completamento dei lavori della Commissione è fissato in sette mesi dalla data di costituzione: tale termine può essere prorogato fino alla fine della XIV legislatura (art. 5, co. 1).
Si segnala che la disposizione citata non specifica le condizioni e le modalità della proroga dell’attività della Commissione[10].
Al termine dei propri lavori – e quindi entro il termine sopra riportato - la Commissione approva una relazione conclusiva recante anche “proposte per rendere più funzionale ed economicamente efficiente il trasporto aereo in Italia”.
Doc. XXII n. 22
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE |
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d’iniziativa dei deputati MURATORI, DE LAURENTIIS, MEROI, TESTONI, DUCA, PASETTO ¾ |
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Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui problemi del trasporto aereo in Italia |
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Presentata il3 giugno 2005
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Onorevoli Colleghi! - La condizione generale del trasporto aereo nel nostro Paese non può dirsi certo soddisfacente. I maggiori vettori nazionali si trovano, non da oggi, in difficili condizioni sia finanziarie, sia operative, il che ha dato e dà luogo a notevoli disservizi per gli utenti italiani e stranieri e ha comportato, in passato, notevoli esborsi di denaro pubblico per tentare di risanare la compagnia di bandiera. Tutto questo malgrado il livello piuttosto elevato delle tariffe praticate dai vettori italiani per i voli sia nazionali, sia internazionali.
A fronte di una situazione economica e patrimoniale in equilibrio dei soggetti che gestiscono i principali aeroporti e dell'Ente nazionale di assistenza al volo, si riscontrano ricorrenti difficoltà finanziarie per i vettori italiani che, tra l'altro, soffrono molto, specie in questi ultimi tempi, della crescente concorrenza delle compagnie aeree a basso costo.
Un'altra caratteristica negativa del settore è l'eccessiva frammentazione sindacale, che determina ricorrenti e gravi disservizi a danno dei cittadini-utenti, che si trovano praticamente «presi in ostaggio» nell'ambito di controversie più o meno fondate.
Ne deriva un danno forte per l'intero sistema-Paese in quanto il trasporto aereo rappresenta oggi una componente essenziale sia per la vita civile, sia per lo sviluppo delle attività economiche in molti settori, in particolare nel turismo, che costituisce una delle principali fonti di reddito del nostro Paese.
Di fronte a questo stato di cose, si impone un intervento del Parlamento che deve poter effettuare una inchiesta approfondita, ma celere, utilizzando l'agile strumento della Commissione parlamentare di inchiesta monocamerale, per individuare i principali nodi, antichi e recenti, che condizionano negativamente l'attività dei vettori aerei nazionali, nonché le cause dei troppi disservizi che penalizzano gli utenti.
La Commissione parlamentare di inchiesta che proponiamo di istituire dovrà concludere i propri lavori entro sette mesi dalla data delle sua costituzione (prorogabili sino al termine della legislatura in corso) e dovrà fornire, non solo un quadro esauriente della situazione attuale, ma anche e soprattutto un contributo di proposte concrete per risolvere le varie problematiche individuate, al fine di poter eliminare rapidamente disfunzioni e disservizi nell'interesse preminente della ripresa dello sviluppo economico e sociale del nostro Paese.
proposta di inchiesta parlamentare ¾¾¾
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Art. 1.
1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sui problemi del trasporto aereo in Italia, di seguito denominata «Commissione». 2. La Commissione è composta da venti deputati nominati dal Presidente della Camera dei deputati in modo che siano rappresentati proporzionalmente tutti i gruppi parlamentari. 3. La Commissione elegge al suo interno il presidente, due vice presidenti e due segretari, ai sensi dell'articolo 20, commi 1, 2, 3 e 4, del Regolamento della Camera dei deputati.
Art. 2.
1. La Commissione ha gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. 2. La Commissione può avvalersi, ove lo ritenga necessario, della collaborazione di persone esperte in materia di trasporto aereo.
Art. 3.
1. La Commissione ha il compito di analizzare le problematiche funzionali e finanziarie del trasporto aereo in Italia e in particolare deve: a) individuare le cause degli alti costi del trasporto aereo in Italia e dei troppo frequenti disservizi che lo caratterizzano; b) indagare sulle cause della eccessiva frammentazione sindacale delle categorie operanti nel settore del trasporto aereo; c) analizzare le ragioni strutturali e quelle contingenti per cui i principali vettori aerei italiani si trovano da tempo in difficoltà finanziarie; d) valutare come si stanno inserendo nel contesto del trasporto aereo italiano le compagnie aeree a basso costo e quali sono gli effetti di tale inserimento; e) indicare quali azioni si rendono necessarie per migliorare, sostanzialmente e in tempi brevi, l'efficienza e per ridurre i costi del trasporto aereo in Italia.
Art. 4.
1. L'attività della Commissione è esercitata ai sensi degli articoli 140, 141 e 142 del Regolamento della Camera dei deputati. 2. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione si avvale di personale e di strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati. 3. Le spese di funzionamento della Commissione sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.
Art. 5.
1. La Commissione deve concludere i suoi lavori entro sette mesi dalla data della sua costituzione, prorogabili fino alla fine della XIV legislatura. 2. Al termine dei propri lavori la Commissione approva una relazione conclusiva che deve contenere anche proposte per rendere più funzionale ed economicamente efficiente il trasporto aereo in Italia.
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Costituzione della Repubblica (art. 82)
Art. 82.
Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.
A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni della Autorità giudiziaria (82).
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(82) Vedi, anche, Capo XV Reg. Senato e Capo XV Reg. Camera.
Regolamento della Camera dei deputati (artt. 20, 140-142)
Parte I: Organizzazione e funzionamento della Camera
Capo V: Delle Commissioni Permanenti
(omissis)
Art. 20
1. Il Presidente della Camera convoca ciascuna Commissione permanente per la propria costituzione, la quale ha luogo mediante la elezione dell'ufficio di Presidenza composto di un Presidente, di due Vicepresidenti e di due Segretari.
2. Nella elezione del Presidente, se nessuno riporti la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti. Nel caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio l'anziano come deputato e, tra deputati di pari anzianità, il più anziano per età.
3. Per la nomina, rispettivamente, dei due Vicepresidenti e dei due Segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti; nel caso di parità di voti si procede a norma del comma 2.
4. Le stesse disposizioni si applicano per le elezioni suppletive.
5. Dalla data della loro costituzione, le Commissioni permanenti sono rinnovate ogni biennio e i loro componenti possono essere riconfermati.
(omissis)
Parte III: Procedure di indirizzo, di controllo e di informazione
Capo XXXII: Delle Inchieste Parlamentari
Art. 140
1. Le proposte di inchiesta parlamentare seguono la procedura prevista per i progetti di legge.
Art. 141
1. Quando la Camera decide di procedere ad una inchiesta, la Commissione è nominata in modo che la sua composizione rispecchi la proporzione dei Gruppi parlamentari. La Camera può delegarne la nomina al Presidente.
2. La Commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
3. Se anche il Senato delibera un'inchiesta sull'identica materia, le Commissioni delle due Camere possono deliberare di procedere congiuntamente.
Art. 142
Quando una Commissione d'inchiesta ritenga opportuno di trasferirsi o di inviare alcuno dei suoi componenti fuori della sede del Parlamento, ne informa, prima di deliberare al riguardo, il Presidente della Camera.
Sentenza della Corte Costituzionale del 22 ottobre 1975, n. 231
La Corte Costituzionale
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nei giudizi riuniti, promossi con le ordinanze emesse il 18 apri le 1975 dal Tribunale di Torino (II Sezione penale) ed il 16 aprile 1975 dal Tribunale di Milano (I Sezione penale), rispettivamente iscritte ai nn. 15 e 16 del registro ricorsi 1975, per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito del rifiuto, opposto dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia, di trasmettere documenti richiesti dai predetti tribunali.
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia;
udito nell'udienza pubblica dell'8 ottobre 1975 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;
uditi gli avvocati Aldo Sandulli e Gian Domenico Pisapia, per la Commissione parlamentare, e gli avvocati Alberto Dall'Ora e Giovanni Bovio, per il Tribunale di Milano.
Considerato in diritto
l. - I giudizi per conflitto di attribuzione, promossi con le due ordinanze dei Tribunali di Torino e di Milano nei confronti della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della «mafia», a seguito del rifiuto da questa opposto di trasmettere ai tribunali medesimi, che ne avevano fatto formale richiesta, determinati atti e documenti in suo possesso, ritenuti dai giudici predetti necessari ai fini dell'accertamento della verità nei rispettivi processi, involgono sostanzialmente le stesse questioni e vanno perciò decisi con unica sentenza.
2. - La difesa della Commissione eccepisce pregiudizialmente l'inammissibilità dei conflitti, sia sotto il profilo soggettivo che sotto il profilo oggettivo. Deduce, infatti, per un verso, che né i tribunali ricorrenti né essa Commissione sarebbero legittimati - rispettivamente - a sollevare i conflitti in oggetto ed a resistervi, non essendo organi «competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono», come prescritto dall'art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e che mancherebbe altresì, per altro verso, la materia di conflitto e difetterebbe nei tribunali l'interesse a ricorrere, perché gli atti e documenti, cui si riferivano le loro richieste e i dinieghi della Commissione, o non sarebbero validamente utilizzabili come mezzi di prova nei processi in corso in sede dibattimentale o avrebbero potuto e potrebbero essere richiesti ai soggetti, pubbliche autorità e privati, che li avevano autonomamente formati e da cui provenivano.
Gli argomenti addotti, peraltro, non sono tali da indurre la Corte a mutare l'avviso già espresso in linea di prima delibazione nella ordinanza n. 228 del 1975 e ord. n. 229 del 1975, alla motivazione delle quali, con le ulteriori precisazioni che seguono, si fa quindi espresso rinvio.
3. - Più particolarmente, sotto il profilo soggettivo, riecheggiando una nota tesi dottrinale che, nell'interpretazione del primo comma dell'art. 37 L. n. 87 del 1953, tende a distinguere gli organi che possono entrare tra loro in conflitto da quelli legittimati al relativo giudizio (i quali ultimi sarebbero unicamente gli organi supremi dei poteri cui i primi appartengono), si assume che, nella specie, i conflitti avrebbero dovuto essere proposti dalla Corte di cassazione, anziché dai tribunali direttamente interessati, e nei confronti delle Camere, anziché della Commissione d'inchiesta. Senonché, a prescindere dalle difficoltà che all'accoglimento, in generale, di siffatta tesi, derivano dallo stesso testo dell'art. 37 L. n. 87 del 1953, dove parlandosi di «conflitto» si allude all'oggetto del giudizio, e non viceversa al giudizio sul conflitto, e dove pertanto il riferimento agli organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà dei poteri va inteso come rivolto a designare gli organi confliggenti, e non soltanto quelli legittimati ad processum, è significativo rilevare che la difesa della Commissione esplicitamente ammette - da un lato - che alle Commissioni d'inchiesta deve riconoscersi (ed è positivamente riconosciuta) un'amplissima autonomia, tanto più quando, come nel caso in oggetto, siano istituite con legge e senza prefissione di termini, quindi destinati a durare oltre le singole legislature; ed altresì ammette - d'altro lato - che attualmente l'ordinamento non predispone (almeno, «espressamente») i congegni attraverso i quali l'organo giudiziario «minore» potrebbe sollecitare l'intervento della Corte di Cassazione, la quale a sua volta (si aggiunge) non può essere considerata giuridicamente come «superiore» rispetto agli altri, senza dire delle perplessità (anch'esse accennate, ma non risolte, nelle deduzioni di costituzione della Commissione) che la struttura «composita» della stessa Corte di Cassazione farebbe sorgere quando si volesse più precisamente stabilire in quale delle sue articolazioni (Primo Presidente, Sezioni Unite, ecc.) dovrebbe ritenersi concentrata la competenza a proporre conflitto.
Ma tutte queste ammissioni, riserve e perplessità finiscono per avvalorare indirettamente, anche sul terreno pratico, le conclusioni cui la Corte ebbe a pervenire nella ord. n. 228 del 1975 e nell'ord. n. 229 del 1975, evidenziando - da un lato - il carattere «diffuso» che tipicamente contrassegna il potere giudiziario, ciascuna componente del quale è idonea a porre in essere pronuncie sulle quali la Corte di Cassazione non sarebbe in grado di esercitare il proprio sindacato, se non nei casi previsti dai codici di rito e (con la sola eccezione di cui all'art. 41 c.p.c., primo comma) sempre dietro iniziativa di chi sia parte in giudizio;
nonché - d'altro lato - l'indipendenza di cui godono, durante il corso del loro mandato, le Commissioni parlamentari d'inchiesta, anche nei confronti delle Camere, le quali, come non potrebbero procedere esse stesse, direttamente, ad inchieste ex art. 82 Cost., così nemmeno sono autorizzate ad interferire nelle deliberazioni adottate dalle Commissioni medesime per il più proficuo svolgimento dei loro lavori.
È da soggiungere che l'art. 37 della legge n. 87 del 1953, nel definire i conflitti tra poteri la cui risoluzione spetta alla Corte Costituzionale, non muove dal criterio della definitività degli atti che ne possono essere all'origine, ché anzi in tali conflitti (a differenza che in quelli tra Stato e Regioni o tra Regioni) un atto può addirittura mancare, essendo sufficiente a determinarli un mero comportamento, anche omissivo; ma designa gli organi legittimati a sollevarli ed a resistervi alla stregua della loro capacità ad impegnare l'intero potere. Ne, in tale ordine di idee, ha riferimento agli organi che in concreto abbiano dichiarato definitivamente la volontà del potere, quanto invece agli organi a ciò «competenti», vale a dire che ne abbiano l'astratta possibilità.
Perde perciò consistenza il rilievo della difesa della Commissione, secondo cui, a norma dell'art. 200 cod. proc. pen., le ordinanze istruttorie dei Tribunali ricorrenti, alle quali seguirono le risposte negative della Commissione, sarebbero state (e sarebbero), oltre che revocabili come ogni ordinanza, impugnabili unitamente alla sentenza di merito.
4. - È anche da disattendere l'eccezione di inammissibilità sotto il profilo oggettivo, per mancanza di materia di conflitto e carenza di interesse, che, peraltro, nella parte in cui accenna a distinguere tra le diverse specie di atti richiesti dai tribunali e rifiutati dalla Commissione, finisce per involgere questioni inerenti al merito della controversia, o comunque con questo strettamente connesse, sulle quali occorrerà soffermarsi in prosieguo.
Ferma restando tale riserva, può e deve essere ribadito che sussiste indubbiamente nei casi in esame materia di conflitto e interesse a sollevarlo, assumendosi dai tribunali ricorrenti che dal rifiuto illegittimamente opposto dalla Commissione risulterebbe menomata la sfera di attribuzioni ad essi garantita dalla Costituzione, per l'impedimento derivantene all'acquisizione delle prove ritenute necessarie per l'accertamento della verità. Né può contestarsi che ogni valutazione sulla utilità e sulla valida utilizzabilità in giudizio dei mezzi di prova è di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria procedente, sottraendosi pertanto a qualsiasi sindacato che non sia quello esplicabile dal giudice eventualmente adito in sede di gravame.
5. - Nel merito, la controversia concerne determinati atti e documenti dell'inchiesta antimafia, non inseriti negli Atti parlamentari (Documento n. XXIII-2, Septies, della V Legislatura) come allegati alla «Relazione sui lavori svolti e sullo stato del fenomeno mafioso al termine della V Legislatura», ivi pubblicata, ma specificatamente indicati nell'elenco, anch'esso allegato alla relazione predetta (n. 62), denominato «Indice analitico della documentazione esistente agli atti della Commissione». Ed il problema di fondo che si dibatte in entrambi i giudizi e, dunque, più precisamente, se la Commissione abbia l'obbligo giuridico di trasmettere all'autorità giudiziaria tali atti e documenti, potendo esimersene soltanto nei casi ed alle condizioni di cui all'art. 342 cod. proc. pen. (in relazione anche all'art. 352), ovvero se, in considerazione delle finalità di pubblico interesse cui è costituzionalmente preordinato il potere di inchiesta e delle prerogative di cui godono le Assemblee legislative ed i loro organi, nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali (delle quali soltanto è questione nella specie e tra le quali certamente rientra la funzione ispettiva, esprimentesi tra l'altro attraverso le inchieste), sia da riconoscere alla Commissione predetta la facoltà di stabilire se e quali dei suoi atti e relativa documentazione debbano essere coperti da segreto, opponibile anche agli organi giudiziari.
La posizione «di assoluta indipendenza» del Parlamento, come di altri organi «ai vertici dello Stato», anche nei loro rapporti reciproci ( si veda sent. n. 143 del 1968), è stata più volte riaffermata da questa Corte (si vedano sent. n. 15 del 1969 e sent. n. 110 del 1970: quest'ultima, con particolare riferimento alle deroghe alla giurisdizione, ammissibili nei loro confronti pur se «sempre di stretta interpretazione»), che non ha mancato, in occasione del conflitto in sorto tra la Commissione parlamentare inquirente per i giudizi di accusa e il giudice istruttore del Tribunale di Roma, di sottolineare la necessità di contemperare «l'autonomia e l'indipendenza del potere giudiziario da ogni altro potere» con «l'indipendenza del potere politico rispetto ad ogni indebita ingerenza», anche da parte del potere giudiziario (si veda sent. n. 13 del 1975).
Più analiticamente, l'indipendenza delle Camere (riflettentesi naturalmente sui loro organi) si articola, nella normativa direttamente dettata dal Testo Costituzionale, nell'autonomia organizzativa e normativa spettante a ciascuna di esse («riserva di regolamento»: art. 64 Cost., primo comma); nella loro esclusiva competenza alla convalida dei propri membri ( art. 66 Cost.); nella non responsabilità dei medesimi «per i voti dati e le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni» ( art. 68 Cost., primo comma: immunità, sotto questo aspetto, assoluta, che, in omaggio al principio democratico rappresentativo, l'art. 122 Cost., ultimo comma, estende anche ai membri dei Consigli regionali), oltre che nella immunità, che può dirsi relativa, di cui al secondo comma del detto art. 68 (non proseguibilità dell'azione penale e divieto di arresto e perquisizione personale o domiciliare senza autorizzazione dell'Assemblea, fuori dei casi di flagrante delitto che comporti obbligatorietà di mandato di cattura).
Alle quali disposizioni, contenute nella Costituzione, si aggiungono poi, svolgendone ed applicandone i principi, quelle dei regolamenti parlamentari, tra cui sono specialmente da ricordare, ai fini che qui interessano, l'art. 62 del Regolamento della Camera e il corrispondente art. 69 del Regolamento del Senato, che attribuiscono ai rispettivi Presidenti l'esercizio dei poteri di polizia e la disposizione della forza pubblica nell'interno delle Assemblee: poiché da queste disposizioni, per lunga tradizione, si suole trarre la regola della così detta «immunità della sede (valevole anche per gli altri supremi organi dello Stato) in forza della quale nessuna estranea autorità potrebbe far eseguire coattivamente propri provvedimenti rivolti al Parlamento ed ai suoi organi. Di guisa che, ove gli organi parlamentari non vi ottemperassero, sarebbe unicamente possibile provocare l'intervento di questa Corte, in sede di conflitto di attribuzione, così come precisamente è avvenuto nel caso in oggetto.
6. - Ma è soprattutto da rilevare che, fermo restando che il principio fondamentale in materia è quello della pubblicità degli atti parlamentari ( art. 64 Cost., secondo comma), è tuttavia rimesso alla valutazione delle Camere (e rientra nella autonomia costituzionale ad esse, come sopra accennato, garantita) di derogarvi in singoli casi, deliberando di riunirsi in seduta segreta (nella quale ipotesi, l'art. 34, punto 3, Regolamento della Camera e l'art. 60, punto 4, Regolamento del Senato consentono che possano altresì stabilire di non farne stendere processo verbale). A sua volta, l'art. 72 Cost., nel terzo comma, demanda ai regolamenti parlamentari di determinare le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni legislative: al che, codificando una prassi già formatasi sotto il vigore dei precedenti regolamenti, provvede ora l'art. 65 del Regolamento della Camera, disponendo che tale pubblicità sia assicurata «mediante resoconti pubblicati nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari», a cura del Segretario Generale. E del principio implicito in questa disposizione, espressamente dettata per le Commissioni legislative, ha fatto applicazione, nel caso in oggetto, la Commissione di inchiesta, così stabilendo nell'art. 1 del suo Regolamento interno del 31 luglio 1969 e nell'art. 1 del successivo Regolamento del 16 maggio 1973.
Sempre in tema di pubblicità, a parte per ora le disposizioni regolamentari che prevedono il segreto delle Commissioni «nell'interesse dello Stato» (art. 65, punto 3, Regolamento della Camera, ed analogamente, seppure con formulazione più generica, parlando di «documenti, notizie o discussioni che interessano lo Stato», l'art 31, punto 3, Regolamento del Senato), sulle quali dovrà tornarsi subito appresso, mette conto rammentare in particolar modo quelle dettate per le indagini conoscitive esperite dalle Commissioni, cui viene data facoltà di decidere di non fare verbale né resoconto stenografico delle sedute a dette indagini dedicate (art. 144, punto 4, Regolamento della Camera, e art. 48, Regolamento del Senato):
trattandosi evidentemente di un settore di attività parlamentare molto vicino a quello delle inchieste.
7. - Dal complesso dei principi e delle disposizioni richiamate nei precedenti nn. 5 e 6 si ricava, dunque, che le Commissioni parlamentari d'inchiesta, le quali, sostituendo necessariamente a norma dell'art. 82 Cost., primo comma, il plenum delle Camere, a buon diritto possono configurarsi come le stesse Camere nell'atto di procedere all'inchiesta, sono libere di organizzare i propri lavori, anche stabilendo - in tutto od in parte - il segreto delle attività da esse direttamente svolte e della documentazione risultante dalle indagini esperite: e ciò in funzione del conseguimento dei fini istituzionalmente ad esse propri, specificamente indicati, nel caso in oggetto, dall'art. 2 della legge 20 dicembre 1962, n. 1720, a termini del quale a La Commissione, esaminate la genesi e le caratteristiche del fenomeno della mafia, dovrà proporre le misure necessarie per reprimerne le manifestazioni ed eliminarne le cause.
Non vale in contrario l'argomento che l'ordinanza del Tribunale di Milano vorrebbe trarre proprio dalle disposizioni dei regolamenti parlamentari, ricordate alla fine del punto precedente, relative al segreto «nell'interesse dello Stato», poiché tali disposizioni, che letteralmente non tanto consentono, quanto impongono, la segretezza di determinate sedute delle Commissioni, in realtà rimettono pur sempre all'apprezzamento politico delle stesse (sicuramente non sindacabile dall'Autorità giudiziaria) di verificare se e quando l'ipotesi prevista concretamente ricorra; e perciò, nella sostanza, lungi dall'intaccare i principi sopra enunciati, ne offrono indiretta conferma. Senza dire che la circostanza che, per particolari casi, sia prescritto un obbligo non basterebbe ad escludere, per ogni altro, una facoltà, che appare invece, secondo il già detto, insita nell'autonomia delle Camere e dei loro organi, e segnatamente delle Commissioni di inchiesta da esse istituite; per le quali ultime la segretezza, che può circondarne i lavori, è funzionalizzata al conseguimento dei fini alle medesime assegnati.
Ora, com'è riconosciuto, può ben dirsi, unanimemente dalla dottrina antica e recente, tali fini differiscono nettamente da quelli che caratterizzano le istruttorie delle autorità giudiziarie. Compito delle Commissioni parlamentari di inchiesta non è di «giudicare», ma solo di raccogliere notizie e dati necessari per l'esercizio delle funzioni delle Camere; esse non tendono a produrre, né le loro relazioni conclusive producono, alcuna modificazione giuridica (com'è invece proprio degli atti giurisdizionali), ma hanno semplicemente lo scopo di mettere a disposizione delle Assemblee tutti gli elementi utili affinché queste possano, con piena cognizione delle situazioni di fatto, deliberare la propria linea di condotta, sia promuovendo misure legislative, sia invitando il Governo a adottare, per quanto di sua competenza, i provvedimenti del caso. L'attività di inchiesta rientra, insomma, nella più lata nozione della funzione ispettiva delle Camere; muove da cause politiche ed ha finalità del pari politiche; né potrebbe rivolgersi ad accertare reati e connesse responsabilità di ordine penale, ché se cosi per avventura facesse, invaderebbe indebitamente la sfera di attribuzioni del potere giurisdizionale. E, ove nel corso delle indagini vengano a conoscenza di fatti che possano costituire reato, le Commissioni sono tenute a farne rapporto all'autorità giudiziaria, cosi come, nel caso in oggetto, la Commissione antimafia si è vincolata a fare con i propri regolamenti interni sopra citati, del 1969 e del 1973, e, stando a quanto affermato nella relazione, in pratica ha fatto.
Come sono diversi i fini, così differiscono o possono differire i mezzi di cui si valgono le Commissioni parlamentari d'inchiesta, rispetto a quelli tipici dell'autorità giudiziaria. Il secondo comma dell'art. 82 Cost. attribuisce, bensì, alle prime «gli stessi poteri», e prescrive «le stesse limitazioni», di quest'ultima, e ciò per consentire loro di superare, occorrendo, anche coercitivamente, gli ostacoli nei quali potrebbero scontrarsi nel loro operare. Ma le Commissioni restano libere di prescegliere modi di azione diversi, più duttili ed esenti da formalismi giuridici, facendo appello alla spontanea collaborazione dei cittadini e di pubblici funzionari, al contributo di studiosi, ricorrendo allo spoglio di giornali e riviste, e via dicendo. Come esattamente fu notato da una antica dottrina, le persone dalle Commissioni interrogate non depongono propriamente quali «testimoni», ma forniscono informazioni; e lo stesso è a dirsi delle relazioni varie che pubbliche autorità possono, su richiesta delle Commissioni, ad esse presentare con riferimento a determinate situazioni e circostanze ambientali, tra cui bene possono trovar posto anche stati d'animo e convincimenti diffusi, registrati per quel che sono, indipendentemente dalla loro fondatezza, da chi, per la sua particolare esperienza o per l'ufficio ricoperto, sia meglio in grado di averne diretta notizia.
Ma siffatti obiettivi e mezzi di azione, nella loro reciproca connessione, postulano logicamente che le Commissioni d'inchiesta abbiano il potere di opporre il segreto alle risultanze di volta in volta acquisite nel corso della loro indagine, libere rimanendo di derogarvi, quando non lo vietino altri principi, ogni qual volta non possano derivarne conseguenze tali da impedire o intralciare gravemente l'assolvimento del loro compito: specie per venire incontro a richieste provenienti da autorità giudiziarie, in uno spirito di doverosa collaborazione tra organi di poteri distinti e diversi, per fini di giustizia. In questo senso, il segreto delle Commissioni di inchiesta non corrisponde, a rigore, ai vari specifici tipi di segreto previsti dalle norme dei codici di diritto e procedura penale, ma può qualificarsi piuttosto, più genericamente, come un segreto funzionale, del quale spetta alle Commissioni medesime determinare la necessità ed i limiti. E non importa che, nella specie, la Commissione antimafia, nel suo ricordato regolamento interno del 1973, abbia ritenuto di affermare un «segreto istruttorio» e poi un «segreto di ufficio», ed a quest'ultimo abbia fatto riferimento nelle lettere di risposta ai tribunali ricorrenti, che stanno alle origini dei sollevati conflitti, adoperando anche circonlocuzioni e perifrasi non sempre necessarie, poiché quel che conta è la sostanza, e la sostanza è quella che emerge dalle considerazioni fin qui svolte. Comunque, che la Commissione antimafia potesse opporre un segreto alle richieste delle autorità giudiziarie non viene contestato, se ben si guarda, dallo stesso Tribunale di Torino, che, in un primo momento, nell'ordinanza 4 giugno 1973, dopo aver affermato in premessa che al Parlamento «unicamente spetta, nell'esercizio della discrezionalità politica, di stabilire e in quali limiti dare pubblicità agli atti» dell'inchiesta, invitava l'organo parlamentare al riesame «dell'opportunità di aderire alla richiesta» precedentemente avanzata, con riferimento alla documentazione «non pubblicata, pur se di essa vi è cenno nel testo delle relazioni». Mentre poi, nell'ordinanza - ricorso del 18 aprile 1975, il Tribunale medesimo sollevava il conflitto, assumendo che con la intervenuta pubblicazione, nel 1972, della «Relazione sui lavori svolti e sullo stato del fenomeno mafioso, al termine della V Legislatura», sarebbe venuto meno il segreto per determinazione della stessa Commissione, per avere questa disposto di pubblicare tra gli allegati alla Relazione predetta l'indice analitico cui si è sopra accennato al punto 5.
Ma si tratta di un equivoco, nel quale d'altronde cade anche la difesa del Tribunale di Milano, insistendo, sia pure in linea subordinata, su analoga tesi. Altro e, infatti, pubblicare una serie di documenti, quali appunto quelli di cui agli allegati da 1 a 61 uniti alla relazione presentata al termine della V Legislatura, altro pubblicare un indice di documenti tuttora detenuti dalla Commissione; altra cosa è esteriorizzare il contenuto di certi atti, altro limitarsi a renderne nota l'esistenza.
E poiché, come a suo luogo non si è mancato di rilevare, il contrasto tra Commissione e tribunali ricorrenti verte esclusivamente intorno a documenti inclusi nell'indice, rimangono ferme le conclusioni fin qui raggiunte, nel senso che la Commissione d'inchiesta disponeva e dispone, in funzione delle proprie finalità, del regime di pubblicità o di segretezza dei documenti in questione.
8. - Tali conclusioni, peraltro, come dovrebbe risultare implicito nel già detto, valgono limitatamente alla documentazione relativa ad accertamenti svolti o direttamente disposti dalla Commissione, oltre che alle discussioni che hanno avuto luogo nel corso delle sue sedute e alle valutazioni ed apprezzamenti in quella sede espressi, ma non divulgati attraverso le relazioni pubblicate, e sono logicamente estensibili ad esposti ed anonimi ad essa rivolti.
Le considerazioni che precedono quanto ai particolari metodi di indagine cui una Commissione d'inchiesta può ricorrere, alla natura confidenziale o comunque riservata che possono avere le informazioni ad essa fornite o da essa raccolte, delle quali non sempre la Commissione è in grado di accertare con sufficiente sicurezza la piena conformità al vero, giustificano, infatti, la eventuale segretezza dei risultati in tali forme acquisiti, e di questi soltanto, anche per non esporre quanti forniscono informazioni al rischio di conseguenze dannose. Ed è ovvio che anche la sola prospettiva di consimili rischi costituirebbe una remora non indifferente per gli interessati, minacciando di compromettere il conseguimento, non soltanto delle finalità della singola inchiesta, ma altresì, in prospettiva, di ogni possibile inchiesta futura, vanificando in definitiva il potere che l'art. 82 Cost. conferisce alle Camere.
9. - Entro l'ambito testè precisato, il limite che dal segreto funzionale delle Commissioni d'inchiesta (cui esse soltanto hanno facoltà di derogare) può derivare all'esercizio della funzione giurisdizionale al diritto di difesa delle parti, essenzialmente connaturato al suo vario esplicarsi, non può essere giudicato illegittimo.
A criteri analoghi si è ispirata la sentenza n. 13 del 1975, sopra citata, in tema di rapporti tra giurisdizione penale e potere politico; mentre, per quel che più particolarmente con cerne il diritto di difesa garantito nell'art. 24 Cost., la Corte nella sua giurisprudenza, costantemente affermandone il carattere di diritto fondamentale, ha più volte avuto occasione di rilevare come non sia da escludere che esso abbia ad incontrare determinati limiti, necessari a contemperarne la tutela con quella pure spettante ad altri interessi costituzionalmente rilevanti; purché in ogni caso detti limiti «non siano di entità tale da comprometterne seriamente l'esercizio» (si veda sent. n. 175 del 1970), o peggio da ridurlo ad un nome vano.
Il che non si verifica quando una Commissione d'inchiesta si attenga al criterio, nella specie adottato, come risulta dal resoconto della seduta del 16 novembre 1972, di indicare alle autorità che ad essa richiedono documenti coperti dal suo segreto «le fonti delle notizie raccolte in modo che le predette autorità siano poste in grado di svolgere in materia propri autonomi accertamenti».
Può aggiungersi, con specifico riguardo alla presente controversia, che non soltanto l'ampiezza delle relazioni già pubblicate e l'abbondanza della documentazione allegata, ma la stessa formulazione dell'indice, che costituisce, come accennato, un vero e proprio sommario, sono suscettibili di offrire ai tribunali ricorrenti una traccia tutt'altro che esigua per pro cedere essi stessi, ove lo ritengano, agli incombenti istruttori del caso, nei modi e nelle forme previste dal codice di rito.
10. - D'altro canto, non tutti i documenti nella specie richiesti dai tribunali ricorrenti e rifiutati dalla Commissione si riferiscono ad atti da questa formati o direttamente disposti ai propri fini e secondo i propri metodi di lavoro. Sono, infatti, tra essi ricompresi anche atti precostituiti da altre autorità o da enti pubblici, nell'esplicazione dei loro compiti istituzionali; come pure documenti privati e scritti anonimi.
Di questi ultimi, consistenti in un esposto rivolto alla Commissione da Michele Pantaleone nonché in lettere anonime aventi riguardo al medesimo, del pari indirizzate alla Commissione (doc. di cui al n. 846 dell'indice allegato alla relazione pubblicata nel 1972, nn. 2 e 3), si è già detto sopra, al punto 8 della motivazione, che debbono essere assimilati a quelli formati o disposti dalla Commissione, perché nessuna differenza sostanziale sussiste tra deposizioni o confidenze da questa raccolte ed esposti o lettere, anche se anonime, ad essa direttamente pervenuti. Non vi e, pertanto, obbligo di trasmetterli ai giudici richiedenti.
Tra gli altri atti che la Commissione semplicemente detiene, una considerazione a parte meritano quelli indicati ai nn. 787 e 788 dell'indice più volte citato, e precisamente i verbali di trascrizione delle intercettazioni telefoniche, nonché le trascrizioni dei relativi nastri magnetici, riferentisi al l'apparecchio di Italo Jalongo, trasmessi dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma e dalla Questura di Roma. Questi documenti, inerendo ad un procedimento penale in corso di istruttoria, erano e sono già a disposizione del potere giudiziario, complessivamente considerato, entro l'ambito del quale non mancano gli strumenti suscettibili di consentirne ai giudici che vi abbiano interesse l'acquisizione, né gli strumenti per dirimere eventuali contrasti tra l'una e l'altra autorità giudiziaria (art. 51 cod. proc. pen.). E non può ritenersi illegittimamente menomata la sfera di attribuzioni del potere giudiziario, per il fatto che la Commissione parlamentare, organo di un diverso potere, abbia rifiutato di consegnarli al Tribunale di Milano, invitandolo per l'appunto a procurarseli presso l'altra autorità giudiziaria investita del processo cui originariamente pertengono.
Per tutto il resto, e sempre nell'ambito della specie di atti e documenti di cui ora si discorre, in ordine ai quali la Commissione non può invocare il proprio segreto funzionale (e non lo ha, in effetti, invocato), si tratta di accertare se e per quali tra essi i soggetti da cui originariamente provengono fossero, alla stregua di specifiche norme di legge (della cui legittimità costituzionale non sorge questione nei presenti conflitti) tenuti ad un segreto opponibile anche all'autorità giudiziaria penale.
Ma l'ipotesi non ricorre nella specie. Ed infatti:
1) il prospetto dei voti preferenziali delle elezioni regionali 1963 nella Provincia di Palermo, trasmesso da quella Prefettura (doc. di cui al n. 69 dell'indice, richiesto dal Tribunale di Torino) non può considerarsi comunque segreto e la Commissione pertanto ha l'obbligo di trasmetterlo al Tribunale predetto;
2) considerazioni analoghe e identiche conclusioni valgono per gli atti della Commissione d'inchiesta del Consiglio della Regione Lazio sul caso Rimi ed i relativi resoconti stenografici (doc. di cui ai nn. 736 e 784 dell'indice, richiesti dal Tribunale di Milano);
3) appartengono alla categoria di atti coperti da segreto d'ufficio o professionale, non opponibile peraltro all'autorità giudiziaria in sede penale:
- le copie delle deliberazioni della Cassa di Risparmio «Vittorio Emanuele» di Palermo, relative ai rapporti tra la Cassa medesima ed il Vassallo, e gli estratti conti delle varie operazioni (doc. di cui al n. 8, nn. 1 e 2, richiesti dal Tribunale di Torino);
- la «documentazione varia» della Questura di Palermo, relativa alla proposta di assegnazione a soggiorno obbligato di Francesco Vassallo (doc. di cui al n. 627, richiesto dal Tribunale di Torino);
- il fascicolo personale intestato al medesimo presso il Comando della Guardia di finanza di Palermo, riferentesi alle infrazioni valutarie accertate nei suoi confronti e comprendente altresì note informative, documentazione e corrispondenza varia (doc. di cui al n. 12, richiesto dal Tribunale di Torino);
- l'altro fascicolo personale, intestato ad Italo Jalongo e trasmesso dalla Questura di Roma (doc. di cui al n. 790, richiesto dal Tribunale di Milano).
In ordine ai quali tutti va pertanto affermato l'obbligo della Commissione parlamentare di trasmetterli ai tribunali richiedenti, restando pur sempre esclusi, in conformità dei principi sopra affermati ai punti 7 e 8 della motivazione eventuali atti inseriti nei documenti ora elencati, ma formati dietro specifica richiesta della Commissione medesima e ad essa rivolti.
Per questi motivi
la Corte Costituzionale
dichiara:
a) che la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia non ha l'obbligo di trasmettere ai Tribunali di Torino e di Milano gli atti e documenti da essa formati o direttamente disposti, gli scritti e gli anonimi ad essa originariamente rivolti, atti tutti che la Commissione medesima abbia ritenuto di mantenere segreti ai fini dell'adempimento delle proprie funzioni; nonché gli atti già a disposizione di organi del potere giudiziario;
b) che ha l'obbligo di trasmettere ai tribunali predetti gli altri atti e documenti in suo possesso, che, a norma di legge, non siano coperti all'origine da segreto o siano coperti da segreto non opponibile all'autorità giudiziaria penale, e in conseguenza:
annulla le note della Commissione n. 1250/D 4369, in data 21 febbraio 1975, e n. 1294/D 4399 in data 26 marzo 1975, in relazione anche alla precedente n. 1139/D 4340 del 6 dicembre 1974, indirizzate rispettivamente al Presidente della II Sezione penale del Tribunale di Torino e alla cancelleria della I Sezione penale del Tribunale di Milano, limitatamente al rifiuto di trasmettere gli atti e documenti di cui alla lettera b, indicati nel punto 10 della motivazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 1975.
[1] L’esame del provvedimento sopra citato non risulta ancora avviato.
[2] La Commissione d'inchiesta sulle condizioni dei lavoratori fu istituita con distinte deliberazioni della Camera e del Senato
[3] Nell'VIII legislatura la Commissione d'inchiesta sulle commesse d'armi e mezzi di uso militare, già costituita nella legislatura precedente, fu nuovamente istituita per due volte con leggi successive (L. 18 dicembre 1980, n. 865 e L. 29 aprile 1982, n. 196).
[4] D.L. 8 giugno 1992, n. 306, “Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa”, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356.
[5] L. 30 giugno 1994, n. 430, “Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari”.
[6] Si tratta rispettivamente della L. 1° ottobre 1996, n. 509 e della L. 19 ottobre 2001, n. 386.
[7] Sul punto vedi infra.
[8] Cfr deliberazione della Camera dei deputati 31 luglio 2003 recante “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin” , pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 180 del 5 agosto 2003 (art. 6); legge 21 maggio 2002, n. 99 recante “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’affare Telekom-Serbia”(art. 5); legge 7 maggio 2002, n. 90 recante “Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il "dossier Mitrokhin" e l'attività d'intelligence italiana”(art. 2).
[9] Cfr deliberazione della Camera dei deputati 31 luglio 2003 recante Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 180 del 5 agosto 2003 (artt. 3, 4 e 5); legge 21 maggio 2002, n. 99 recante “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’affare Telekom-Serbia” (artt. 3 e 4); legge 7 maggio 2002, n. 90 recante “Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il "dossier Mitrokhin" e l'attività d'intelligence italiana”(artt. 3 e 4).
[10] Cfr legge 21 maggio 2002, n. 99 recante “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’affare Telekom-Serbia” (art. 2).