XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento trasporti | ||
Titolo: | Strutture per la nautica da diporto su aree private - A.C. 4067 | ||
Serie: | Progetti di legge Numero: 697 | ||
Data: | 27/01/05 | ||
Abstract: | Scheda di sintesi; progetto di legge; normativa di riferimento; giurisprudenza. | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | IX-Trasporti, poste e telecomunicazioni | ||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Strutture per la nautica da diporto A.C. 4067 |
n. 697 |
27 gennaio 2005 |
Camera dei deputati
Dipartimento Trasporti
SIWEB
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
§ Impatto sui destinatari delle norme
§ Contenuto della proposta di legge
§ A.C. 4067 - Disposizioni per la realizzazione di strutture per la nautica da diporto su aree private
Riferimenti normativi
§ Codice civile (art. 822)
§ Codice della navigazione (artt. 28, 29, 34, 49)
§ Ministero della Marina mercantile, Circolare 17 luglio 1987, n. 232 Regime giuridico di porti e darsene su terreni di proprietà privata in prossimità di foci fluviali
§ Ministero della Marina mercantile, Circolare 28 luglio 1970, n. 121 Costruzione di approdi turistici da gestire con criteri economici
§ Ministero della Marina mercantile, Circolare 24 maggio 1975, n. 154 Approdi per il diporto nautico da costruire e gestire in regime di concessione demaniale marittima
§ D.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328 Approvazione del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione (Navigazione marittima).
§ Regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione (art. 36)
§ D.M. 30 luglio 1998, n. 343 Regolamento recante norme per la determinazione di canoni per concessioni di beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.
§ L. 8 luglio 2003, n. 172. Disposizioni per il riordino e il rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico.
§ Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Circolare n. 140 del 15 settembre 2003 D.m. 30 luglio 1998, n.343,
Giurisprudenza
§ Corte di Cassazione – Sez. I – Sentenza 2 maggio 19962, n. 849
§ Corte di Cassazione – Sez. I – Sentenza 2 giugno 1978, n. 2756
§ Corte di Cassazione – Sezioni unite, Sentenza 5 febbraio 2002, n. 1552
§ Consiglio di Stato – Sentenza n. 1601 del 27 marzo 2003
§ Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sentenza n. 1265 del 19 febbraio 2001
Numero del progetto di legge |
4067 |
Titolo |
Disposizioni per la realizzazione di strutture per la nautica da diporto su aree private |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Trasporti |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
7 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
16 giugno 2004 |
§ annuncio |
16 giugno 2004 |
§ assegnazione |
21 luglio 2003 |
Commissione competente |
IX Trasporti |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali |
La proposta di legge in esame è volta ad introdurre la disciplina normativa per il rilascio, da parte delle autorità competenti, delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto in aree private.
L’articolo 1 esplicita le finalità della legge, ossia la disciplina delle strutture costruite su aree di proprietà privata fuori dall’ambito dei porti, destinate in maniera esclusiva allo stazionamento ed all’assistenza tecnica e turistica delle unità da diporto.
L’articolo 2 definisce il procedimento per la realizzazione di tali strutture: l’autorità competente deve approvarle nell’ambito della programmazione regionale in materia di diporto, prevedendo una conferenza di servizi nel caso in cui il procedimento coinvolga più soggetti pubblici. L’esecuzione delle opere è subordinata al permesso di costruire ed ai regimi fiscale e contributivo delle opere private.
L’articolo 3 demanda all’autorità competente la classificazione delle strutture per categorie e per classi.
L’articolo 4 estende la disciplina recata dalla legge anche alle strutture già esistenti.
L’articolo 5 prevede che il canale di collegamento della darsena privata al mare o alle acque interne sia classificato via d’acqua regionale, e che la manutenzione sia a cura del proprietario della struttura.
L’articolo 6, con riguardo alla sicurezza della navigazione, precisa che le strutture in esame restano sottoposte ai poteri di vigilanza e di polizia dell’autorità competente.
L’articolo 7 detta norme transitorie e finali, prevedendo la cessazione dell’efficacia – a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge – di obblighi e prescrizioni delle concessioni demaniali anteriori, nonché la cessazione dei procedimenti in corso per il rilascio o per il rinnovo delle concessioni. L’articolo prevede inoltre l’approvazione di un regolamento ministeriale di attuazione della legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
Alla proposta di legge è allegata la relazione illustrativa, la quale tra l’altro ricostruisce in maniera dettagliata la giurisprudenza che si è venuta sviluppando sulla questione[1], dalle cui conclusioni si ritiene derivi l’esigenza di un intervento normativo chiarificatore.
La proposta di legge in esame interviene a modificare la disciplina in materia di concessioni di beni demaniali destinati alla nautica da diporto, limitatamente a strutture destinate all’ormeggio ed alla assistenza delle unità da diporto, costruite su aree di proprietà privata.
La disciplina del demanio marittimo è da ricondurre a norme sia del codice civile, sia del codice della navigazione; la proposta di legge in particolare esclude l’applicabilità a determinate strutture (poc’anzi sinteticamente indicate) dell’articolo 822 del codice civile e degli articoli 28 e 29 del codice della navigazione.
Si ricorda inoltre che il settore della nautica da diporto è stato da ultimo disciplinato, nel suo complesso, dalla legge 172 del 2003. A tal proposito, si segnala che la proposta di legge in esame riproduce in parte disposizioni già presenti nell’impianto originario della proposta di legge C1574, che ha dato origine alla legge 172/2003 (le relative disposizioni sono state soppresse durante l’iter del provvedimento[2])
V. anche la voce “impatto sui destinatari delle norme”
La nautica da diporto non è esplicitamente menzionata né tra le materie che il l’articolo 117, secondo comma, Cost. attribuisce allalegislazione esclusiva dello Stato, né tra quelle di legislazione concorrente, di cui all’articolo 117, terzo comma (per le quali spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato).
Peraltro, l’oggetto specifico della proposta concerne la sottrazione delle strutture per la nautica da diporto su aree private alla disciplina sulle concessioni demaniali recata dal codice civile e dal codice della navigazione, mediante una deroga espressa alle disposizioni dei codici citati. Pertanto, potrebbe rilevare più immediatamente la materia “ordinamento civile e penale”, attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato dall’articolo 117, secondo comma, lett. l) Cost.
La proposta di legge prevede che nell’approvazione dei progetti relativi alle strutture per la nautica costruite in aree private l’autorità competente si attenga alla programmazione regionale, nel rispetto delle competenze “programmatorie” delle autorità portuali; inoltre, si prevede che il canale di collegamento della darsena privata al mare o alle acque interne sia classificato via d’acqua regionale.
L’articolo 7 prevede che il Ministro delle attività produttive, con proprio decreto, adotti il regolamento di attuazione della legge entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
La normativa relativa alla nautica da diporto è stata da ultimo ridefinita dalla legge 8 luglio 2003, n. 172, che ha modificato ed integrato la disciplina previgente, recata in larga parte dalla legge 50 del 1971.
Per completezza si ricorda che la medesima legge, all’articolo 6, ha delegato il Governo ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo recante il codice delle disposizioni legislative sulla nautica da diporto, secondo un complesso di princìpi e criteri direttivi, orientati in particolare al coordinamento con la normativa comunitaria, alla semplificazione e snellimento delle procedure concernenti le unità da diporto[3], alla eliminazione delle duplicazioni di competenza[4], alla revisione della disciplina delle patenti nautiche.
Tale schema di decreto legislativo è soggetto al meccanismo del doppio parere parlamentare. Il decreto legislativo è adottato d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
La proposta di legge è volta a disciplinare la realizzazione delle strutture con darsene costruite a secco su aree di proprietà privata destinate al diporto nautico (nonché canali di collegamento con il mare realizzati in funzione delle stesse darsene), prevedendone la sottoposizione ad un regime autorizzatorio, in luogo di quello delle concessioni demaniali marittime.
Tale disciplina viene ricondotta dalla relazione illustrativa alla sentenza del Consiglio di Stato n. 1601 del 2003 (vedi infra), con la quale è stato sostanzialmente affermato che le opere in questione non possono essere ricomprese in alcuna delle categorie dei beni del demanio marittimo naturale (art. 28 c.n. e art. 822 c.c.), né tra i beni del demanio marittimo artificiale (art. 29 c.n.)
Secondo la disciplina regolamentare e la prassi amministrativa affermatasi in precedenza, i privati che volessero costruire su aree di loro proprietà una cosiddetta “darsena a secco” soggiacevano alla disciplina sul demanio, in quanto si riteneva applicabile la normativa concessoria prevista dal codice della navigazione per i porti turistici realizzati su aree demaniali.
La proposta di legge in esame è volta a recare la disciplina per il rilascio, da parte delle autorità competenti, delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto su aree private.
Appare utile ricordare che la proposta di legge riproduce in parte disposizioni già presenti nell’impianto originario della proposta C1574, che ha dato origine alla legge 172/2003 (relativa al settore della nautica nel suo complesso), e che tali disposizioni sono state soppresse durante l’iter del provvedimento[5].
Più specificamente, la proposta di legge in esame reca la disciplina per il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione di strutture destinate all’ormeggio e all’assistenza tecnica e turistica delle unità da diporto costruite su aree di proprietà privata, con bacini acquei scavati a secco e collegati al mare o alle acque interne per mezzo di canali artificiali. Come segnalato nella relazione di accompagnamento, tale normativa si rende necessaria in seguito alle ultime decisioni della magistratura amministrativa, le quali hanno escluso che tali opere siano riconducibili al demanio marittimo naturale o artificiale – attualmente disciplinato dagli articoli 28 e 29 del codice della navigazione, oltre che dall’art. 822 del codice civile.
La proposta dispone quindi, all’articolo 2, che a queste strutture non si applicano gli articoli 28 e 29 del codice della navigazione e l'articolo 822 del codice civile.
L’art. 822 c.c elenca i beni appartenenti al demanio pubblico: fra di essi sono ricompresi il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti.
L’art. 28 cod. nav. elenca i beni appartenenti al demanio marittimo: il lido, la spiaggia, i porti, le rade; le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare; i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo.
L’art. 29 cod. nav. prevede che le costruzioni e le altre opere appartenenti allo Stato, che esistono entro i limiti del demanio marittimo e del mare territoriale, sono considerate come pertinenze del demanio stesso.
In particolare, la non applicabilità dell’articolo 822 del codice civile, il quale individua le categorie di beni appartenenti al demanio pubblico, intende escludere che le strutture ricettive nautiche che insistono su aree private ricadenti nell'ambito di una concessione possano essere incorporate nel demanio per il solo fatto che vengono messe in comunicazione con il mare attraverso manufatti costruiti su aree demaniali.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1601 del 27 marzo 2003, ha affrontato il tema delle cosiddette “darsene a secco”, definendone la natura giuridica. Sostanzialmente è stato affermato che le opere in questione – ossia le darsene costruite “a secco” su aree private, e nei canali di comunicazione con il mare realizzati in funzione delle stesse darsene – non possono essere ricomprese in alcuna delle categorie dei beni del demanio marittimo naturale, (elencate nell’articolo 28 del codice della navigazione oltre che nell’articolo 822 comma 1 prima parte del c.c.) e neppure tra i beni del demanio marittimo artificiale (di cui all’articolo 29 del codice della navigazione).
Nel ricostruire brevemente la vicenda, va in primo luogo ricordato che l’articolo 5, co. 2 del regolamento di cui decreto del Ministro dei trasporti 30 luglio 1998, n. 343, con il quale sono stati rideterminati i canoni per concessioni di beni del demanio e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto strutture dedicate alla nautica da diporto, aveva previsto che acquistassero la qualificazione demaniale marittima, con conseguente assoggettamento al pagamento del canone, anche :
- i canali di comunicazione con il mare;
- gli specchi acquei portuali realizzati in base alla concessione;
- le relative sponde, per ampiezza di banchina ritenuta dall’autorità concedente tale da assicurare la funzione portuale delle strutture e comunque non inferiore a metri sei dal ciglio.
Il Tar del Lazio, al quale l’associazione italiana approdi turistici dell’Adriatico aveva presentato ricorso contro tale regolamento, aveva annullato la disposizione citata, limitandosi a rilevare che la norma era inficiata da eccesso di delega, in relazione all’articolo 10, comma 4 della legge 449/1997 che aveva attribuito al Ministero il potere di determinare i canoni per le concessioni dei beni del demanio marittimo.
Contro questa sentenza il Ministero dei trasporti si è appellato al Consiglio di Stato, il quale con la sentenza 1601 del 27 marzo 2003 ha respinto il ricorso in appello, definendo quindi la natura giuridica delle opere in questione.
Secondo quanto detto nella sentenza del Consiglio di Stato, il giudice di prime cure aveva quindi ritenuto che al Ministero fosse stato attribuito il potere di determinazione dei canoni di concessione e non anche quello di introdurre un regime automatico di demanializzazione in relazione alle opere indicate. Alla base della motivazione della sentenza c’è il convincimento che la norma regolamentare impugnata avrebbe carattere ricognitivo e non innovativo, rispetto alle disposizioni normative sulla demanialità marittima contenute nell’articolo 822 del codice civile e nell’articolo 28 del codice ella navigazione. Il Consiglio ha quindi deciso che le opere suddette – ossia le darsene costruite “a secco” su aree private, e nei canali di comunicazione con il mare realizzati in funzione delle stesse darsene – non possono essere ricomprese in alcuna delle categorie dei beni del demanio marittimo naturale, elencate nell’articolo 28 del codice della navigazione oltre che nell’articolo 822 comma 1 prima parte del c.c. e neppure tra i beni del demanio marittimo artificiale di cui all’articolo 29 del codice della navigazione.
Inoltre diversamente da quanto opposto dal Ministero, il Consiglio ha ritenuto che le darsene non fossero riconducili alla nozione di “porto”, presupponendo questa nozione una realtà che deve esistere naturalmente, ed assolvere la propria funzione anche senza opere di adattamento o perfezionamento. Il Consiglio di Stato ha inoltre precisato che la demanialità non deriva dall’aver realizzato un bacino mediante lo scavo artificiale del terreno e dalla conseguente utilizzazione dello specchio d’acqua per le necessità dei natanti, ma solo dalla particolare natura fisica di tale specchio d’acqua e cioè dal fatto che esso costituisce un tratto di mare chiuso.
L’articolo 1 esplicita le finalità della legge, ossia l’ordinamento delle strutture con darsene, ivi compresi moli, banchine, specchi acquei e canali di collegamento con il mare o le acque interne, costruite su aree di proprietà privata, fuori dall’ambito dei porti, marittimi e delle acque interne, con i bacini acquei scavati a secco e collegati al mare, o alle acque interne, a mezzo di canali artificiali, e destinate in maniera esclusiva allo stazionamento e all’assistenza tecnica e turistica delle unità da diporto.
L’articolo 2 definisce le fasi di programmazione e realizzazione delle opere, compresi, come esplicitato dal comma 4, gli edifici costruiti intorno alla darsena, come pertinenza della struttura e ricadenti su suolo di proprietà privata. In particolare il comma 1 prevede che i progetti siano approvati dall’autorità competente nell’ambito della programmazione regionale in materia di diporto, turismo e di commercio e senza pregiudizio per eventuali competenze programmatorie delle autorità portuali.
Il comma 2 prevede l’indizione di una conferenza di servizi ovvero la promozione di un accordo di programma nel caso in cui il procedimento coinvolga più soggetti pubblici.
Ai sensi del comma 3 l’esecuzione delle opere è soggetta, in quanto relativa ad opere private, al regime del permesso di costruire nonché a quello contributivo e fiscale delle opere private non in concessione demaniale.
Il comma 5 precisa che alle opere suddette e alle aree di proprietà privata sulle quali esse insistono, non si applicano gli articoli 28 e 29 del codice della navigazione e l’articolo 822 del codice civile (per i quali vedi supra).
L’articolo 3 disciplina laclassificazione delle strutture, demandando all’autorità competente la ripartizione per categorie e per classi delle strutture stesse.
L’articolo 4 prevede l’applicazione della nuova disciplina anche alle strutture già esistenti; in particolare il comma 1 prevede che le disposizioni recate dalla legge si applichino alle strutture per la nautica da diporto già esistenti alla data di entrata in vigore della legge. Nel caso in cui su tali strutture siano in atto concessioni demaniali, gli uffici competenti, su richiesta del proprietario delle strutture stesse, provvedono alla sostituzione della concessione con il permesso di costruire e alla compensazione dei relativi oneri contributivi e fiscali con le somme già versate in relazione alle scadenze dei titoli concessori (comma 2). Il comma 3 precisa che alle strutture già esistenti non si applica in ogni caso l’articolo 49 del codice della navigazione.
L’articolo 49 del c.n. prevede che, salva diversa disposizione inclusa nell'atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili costruite sulla zona demaniale restino acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso; rimane salva la facoltà dell'autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nello stato originale, demolizione che può avvenire d’ufficio ove il concessionario non esegua l'ordine di demolizione.
L’articolo 31 del regolamento attuativo del codice e l’articolo 12 del regolamento attuativo del codice della navigazione interna precisano che, salvo che non sia diversamente stabilito nelle condizioni speciali che regolano la concessione, nei casi di revoca, di decadenza o di scadenza, il concessionario, se l'amministrazione non intenda avvalersi della facoltà di acquisire le opere, ha l'obbligo di provvedere, a sua cura e spese, alla demolizione delle opere stesse e al ripristino e riconsegna dei beni concessigli, nei termini che gli saranno notificati.
L’articolo 5 prevede che il canale di collegamento tra le strutture in oggetto e il mare o le acque interne, comprese tutte le opere che ne assicurano la funzionalità, sia classificato via d’acqua regionale a servizio del bacino artificiale delle strutture stesse.
La costruzione e la manutenzione del canale e delle opere che ne assicurano a funzionalità spettano al proprietario delle strutture al servizio delle quali sono stati realizzati.
L’articolo 6 disciplina i poteri di vigilanza e di polizia sulle strutture oggetto della proposta, disponendo che per quanto attiene alla sicurezza della navigazione esse restino sottoposte - quanto allo specchio acqueo e al canale di collegamento - ai poteri di vigilanza e di polizia dell’autorità competente e alle disposizioni generali o speciali da essa adottate.
L’articolo 7 detta le norme transitorie e finali, prevedendo che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, riguardo alle strutture oggetto della proposta, cessino di avere efficacia le prescrizioni e gli obblighi imposti dalle concessioni demaniali rilasciate anteriormente a tale data e le amministrazioni competenti dispongano la cessazione dei procedimenti in corso per il rilascio o il rinnovo delle concessioni.
Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro delle attività produttive, da adottare entro sei mesi dalla data dell’entrata in vigore della legge - il regolamento di attuazione della legge stessa.
N. 4067
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato MURATORI ¾ |
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Disposizioni per la realizzazione di strutture |
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Presentata il 16 giugno 2003
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Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge prende atto del vuoto legislativo aperto dalle ultime decisioni della magistratura amministrativa e si propone di colmarlo fornendo i princìpi giuridici di base su cui fondare la corretta normativa per il rilascio, da parte delle autorità competenti, delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione delle strutture, destinate all'ormeggio e all'assistenza tecnica e turistica delle unità da diporto, costruite, fuori dall'ambito dei porti (marittimi e delle acque interne), su aree di proprietà privata e con i bacini acquei scavati a secco e successivamente collegati al mare, o alle acque interne, a mezzo di canali artificiali.
Quando si cominciarono a richiedere le autorizzazioni per queste nuove strutture, l'Amministrazione competente non si pose il problema ritenendo, erroneamente, che ricadessero nella disciplina demaniale sancita dagli articoli 822 del codice civile e 28 e 29 del codice della navigazione. Ritenne, perciò, di poter operare applicando, in base a circolare del Ministero della marina mercantile n. 121 del 28 luglio 1970, successivamente sostituita dalla n. 154 del 24 maggio 1975, la normativa concessoria, prevista dal codice della navigazione per i porti turistici realizzati su aree demaniali.
Pertanto, malgrado le conclusioni contrarie di una autorevole dottrina (Acquarone, Benvenuti Impallomeni, Romanelli, Tranquilli Leali) e di numerosa giurisprudenza (Corte di cassazione a sezioni unite 2 maggio 1962, n. 849, Corte di cassazione sezione prima 2 giugno 1978, n. 2756 e 14 febbraio 1979, n. 968, tribunale di Venezia sezione prima 16 novembre 1994, n. 3114, tribunale di Bologna 22 marzo 1999, n. 559, Corte di cassazione sezioni unite 5 febbraio 2002, n. 1552), l'Amministrazione continuò a operare in base a queste circolari arrogandosi il potere di dare concessioni su aree private, destinate dal proprietario a ospitare strutture ricettive per il diporto, nell'erroneo convincimento di poterle incamerare, sic et simpliciter, fra i beni demaniali in uno con tutto quanto si andava a realizzare su di esse.
Solo nel 1998 l'Amministrazione esplicitò formalmente la sua posizione al riguardo con il regolamento di cui al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 30 luglio 1998, n. 343: riconobbe il principio generale per cui le aree non demaniali e gli impianti, i manufatti e le opere su di esse edificati conservano la loro natura giuridica preesistente ma, confermando l'erronea interpretazione dell'articolo 28 del codice della navigazione, decretò che questo principio non si applica agli specchi acquei portuali, alle relative sponde e ai canali di comunicazione con il mare.
Infatti, il comma 1 dell'articolo 5 del citato regolamento di cui al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione n. 343 del 1998 sancisce il principio per cui le aree non demaniali marittime e gli impianti, i manufatti e le opere sulle stesse edificate, anche se compresi nel perimetro del porto turistico, conservano la loro natura giuridica preesistente, indipendentemente dalle trasformazioni strutturali e funzionali dei luoghi, ma, purtroppo, con il successivo comma 2, contraddicendo se stessa, l'Amministrazione decreta che la previsione del comma 1 non si applica ai canali di comunicazione con il mare, agli specchi acquei portuali e alle relative sponde e, pertanto, queste opere assumono immediatamente la qualificazione demaniale marittima ai sensi dell'articolo 28 del codice della navigazione.
Questa volta, però, trattandosi non più di circolari ma di un regolamento, i diretti interessati e l'Unione nazionale industrie nautiche ed affini possono ricorrere al tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio e chiedere l'annullamento del comma 2 del citato articolo 5 in quanto l'articolo 28 del codice della navigazione, riferendosi al solo demanio naturale, non può essere utilizzato per le strutture realizzate artificialmente su aree private.
La sezione III-ter del TAR del Lazio accolse il ricorso e con sentenza n. 1265 del 19 febbraio 2001 annullò il comma contestato.
Contro questa sentenza, il Ministero dei trasporti e della navigazione interpose appello al Consiglio di Stato che, però, in data 29 ottobre 2002, con sentenza n. 3239 della sezione sesta, respinse il ricorso in quanto:
1) "Le opere anzidette - che si identificano in pratica nelle darsene costruite "a secco" su aree private, e nei canali di comunicazione con il mare realizzati in funzione delle stesse darsene - non possono essere ricomprese in alcuna delle categorie dei beni del demanio marittimo naturale, così come elencate nell'articolo 28 del codice della navigazione (oltre che nell'articolo 822, primo comma, parte prima, del codice civile), e neppure tra i beni del demanio marittimo artificiale di cui al successivo articolo 29 del codice della navigazione";
2) "La nozione di porto, cui fa riferimento l'articolo 28 del codice della navigazione, presuppone una realtà che deve esistere naturalmente, e come tale assolvere alla funzione sua propria, anche senza opere di adattamento o perfezionamento, intendendosi con tale nozione il tratto di mare chiuso che per la sua particolare natura fisica è atto al rifugio, all'ancoraggio ed all'attracco delle imbarcazioni provenienti dall'alto mare. In questo contesto è evidente che la darsena costruita a secco su area privata non è assimilabile al porto e non fa parte del demanio marittimo naturale. La demanialità non deriva infatti dall'aver realizzato un bacino mediante lo scavo artificiale del terreno e dalla conseguente utilizzazione dello specchio d'acqua per le necessità dei natanti, ma solo dalla particolare natura fisica di tale specchio d'acqua, e cioè dal fatto che esso costituisce un tratto di mare chiuso.
Per altro verso, nemmeno è possibile ricomprendere le darsene nel demanio marittimo artificiale, a norma dell'articolo 29 del codice della navigazione, dal momento che "le costruzioni e le altre opere" realizzate "entro i limiti del demanio marittimo" entrano a far parte di detto demanio solo in ragione della loro appartenenza allo Stato";
3) "Non possono annoverarsi tra i beni del demanio marittimo, secondo il vigente codice delle navigazione, i "canali di comunicazione con il mare" (e "relative sponde") costruiti in funzione della darsena e ciò per la decisiva considerazione che, ai sensi dell'articolo 28, lettera c), del codice della navigazione, sono definiti come demaniali i soli canali "utilizzati ad uso pubblico marittimo", mentre il canale che colleghi al mare una darsena, ove questa sia privata, non assolve certamente ad un uso pubblico".
Accertato che le strutture realizzate su aree private conservano la loro natura giuridica preesistente, anche dopo essere state artificialmente collegate con il mare o con le acque interne, e che la "nozione di porto", cui fa riferimento l'articolo 28 del codice della navigazione, non si può applicare al nostro caso, risulta fin troppo evidente che il settore delle strutture per la nautica da diporto, di cui trattasi, non rientra in nessuna delle leggi vigenti che regolano la portualità.
Da queste considerazioni deriva la proposta di legge volta anche ad evitare nuovi equivoci e conflitti di competenze.
In particolare:
a) l'articolo 1 specifica le finalità della legge;
b) ai sensi dell'articolo 2:
1) l'autorità competente per l'approvazione dei progetti relativi alle strutture di cui all'articolo 1 deve attenersi alla programmazione regionale e a quella eventuale dell'autorità portuale competente;
2) è prevista una conferenza di servizi qualora siano coinvolti più soggetti pubblici;
3) per l'esecuzione delle opere sono previsti i regimi del permesso a costruire e quelli contributivi e fiscali;
4) alle aree e alle opere non si applicano gli articoli 28 e 29 del codice della navigazione e 822 del codice civile;
c) ai sensi dell'articolo 3 la classificazione delle strutture è stabilita dall'autorità competente;
d) l'articolo 4 detta norme per regolarizzare la posizione delle strutture e delle concessioni esistenti alla data di entrata in vigore della legge;
e) l'articolo 5 detta norme sul canale di collegamento della darsena privata al mare o alle acque interne. Nessun problema per le quote di aree demaniali impegnate dal canale di collegamento. Sono già di competenza regionale e pertanto non è necessario seguire le procedure previste dagli articoli 34 del codice della navigazione e 36 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 1952;
f) l'articolo 6 tratta i poteri di vigilanza e di polizia sui bacini acquei delle strutture;
g) l'articolo 7 reca norme transitorie e prevede l'adozione del regolamento di attuazione della legge.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità).
1. La presente legge disciplina l'ordinamento delle strutture con darsene, ivi compresi i relativi moli, banchine, specchi acquei e canali di collegamento con il mare o le acque interne, costruite, fuori dall'ambito dei porti, marittimi e delle acque interne, su aree di proprietà privata con i bacini acquei scavati a secco e collegati al mare, o alle acque interne, a mezzo di canali artificiali, e destinate in maniera esclusiva e precipua allo stazionamento e all'assistenza tecnica e turistica delle unità da diporto.
Art. 2.
(Programmazione
e realizzazione
delle opere).
1. I progetti per la realizzazione delle strutture di cui all'articolo 1 sono approvati dall'autorità competente nel rispetto della programmazione regionale in materia di diporto, di turismo e di commercio e senza pregiudizio per eventuali competenze programmatorie delle autorità portuali.
2. Qualora il procedimento di approvazione dei progetti di cui al comma 1 coinvolga più soggetti pubblici, l'amministrazione procedente provvede all'indizione di una conferenza di servizi, ovvero promuove la conclusione di un accordo di programma ai sensi della disciplina vigente in materia.
3. L'esecuzione delle opere di realizzazione delle strutture di cui all'articolo 1 è soggetta, in quanto relativa ad opere private, al regime del permesso di costruire nonché a quello contributivo e fiscale delle opere private non in concessione demaniale.
4. Gli edifici costruiti intorno alla darsena, come pertinenza della struttura e ricadenti su suolo di proprietà privata, sono sottoposti al regime di cui ai commi 1, 2 e 3.
5. Alle opere di cui al presente articolo, nonché alle aree di proprietà privata sulle quali insistono, non si applicano gli articoli 28 e 29 del codice della navigazione e l'articolo 822 del codice civile.
Art. 3.
(Classificazione delle strutture).
1. L'autorità competente provvede alla ripartizione per categorie e per classi delle strutture di cui all'articolo 1.
Art. 4.
(Strutture preesistenti).
1. Le disposizioni della presente legge si applicano anche alle strutture per la nautica da diporto, di cui all'articolo 1, già esistenti alla data di entrata in vigore della medesima legge.
2. Qualora sulle strutture di cui al comma 1 siano in atto concessioni demaniali, gli uffici competenti, su richiesta del proprietario delle strutture stesse, provvedono, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 2, comma 3, alla sostituzione della concessione con il permesso di costruire e alla compensazione dei relativi oneri contributivi e fiscali con le somme già versate in relazione alle scadenze dei titoli concessori.
3. Alle strutture di cui al presente articolo non si applica in ogni caso il disposto dell'articolo 49 del codice della navigazione.
Art. 5.
(Canale di collegamento).
1. Il canale di collegamento tra le strutture di cui all'articolo 1 e il mare o le acque interne, comprese tutte le opere che ne assicurano la funzionalità, è classificato via d'acqua regionale a servizio del bacino artificiale delle strutture stesse.
2. La costruzione e la manutenzione del canale e delle opere di cui al comma 1 spettano alla proprietà delle strutture al servizio delle quali sono stati realizzati.
Art. 6.
(Poteri di vigilanza e di polizia).
1. Per quanto attiene alla sicurezza della navigazione, le strutture di cui all'articolo 1 restano sottoposte, per quanto attiene allo specchio acqueo e al canale di collegamento, ai poteri di vigilanza e di polizia dell'autorità competente e alle disposizioni generali o speciali da essa adottate in proposito.
Art. 7.
(Norme transitorie e finali).
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per quanto attiene alle strutture di cui all'articolo 1, cessano di avere efficacia le prescrizioni e gli obblighi imposti dalle concessioni demaniali rilasciate anteriormente a tale data e le amministrazioni competenti dispongono la cessazione dei procedimenti in corso per il rilascio o il rinnovo delle concessioni.
2. Con proprio decreto, il Ministro delle attività produttive adotta il regolamento di attuazione della presente legge, entro sei mesi dalla data della sua entrata in vigore.
[1] Si fa presente, a fini di maggior chiarezza nella consultazione dei possibili documenti utili, che nella relazione di accompagnamento la sentenza del Consiglio di Stato (citata come sentenza n. 3239 del 2002), è da individuare in effetti nella sentenza n. 1603 del 2003.
[2] Si precisa che le disposizioni originariamente introdotte nella pdl C1574 si differenziavano da quelle attualmente in esame sotto alcuni profili; in particolare la pdl 1574 prevedeva il pagamento dei canoni in atto fino alla fine della concessione e sanciva che le aree acquisite per concessioni scadute prima della data di entrata in vigore della legge restassero allo Stato.
[3] anche attinenti al rilascio e al rinnovo del certificato di sicurezza nonché alla istituzione di registri nazionali.
[4] Con revisione delle competenze degli uffici marittimi e della motorizzazione civile in materia di nautica da diporto; affidamento al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero delle attività produttive della vigilanza sulla rispondenza alle norme tecniche di attrezzature e dotazione da utilizzare a bordo di unità da diporto; previsione di soluzioni organizzative tali da garantire una completa, efficace e tempestiva informazione a favore dell'utenza;
[5] Si precisa che le disposizioni originariamente introdotte nella pdl C1574 si differenziavano da quelle attualmente in esame sotto alcuni profili; in particolare la pdl 1574 prevedeva il pagamento dei canoni in atto fino alla fine della concessione e sanciva che le aree acquisite per concessioni scadute prima della data di entrata in vigore della legge restassero allo Stato.