XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento trasporti | ||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento trasporti | ||||
Titolo: | Modifiche in materia di piano urbano di mobilità - A.C. 4995 | ||||
Serie: | Decreti-legge Numero: 674 | ||||
Data: | 15/11/04 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | IX-Trasporti, poste e telecomunicazioni | ||||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
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Modifiche in materia di A.C. 4995 |
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n. 674 |
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15 novembre 2004 |
Camera dei deputati
Alla elaborazione del
presente dossier ha partecipato il Dipartimento Ambiente
Dipartimento Trasporti
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono
destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi
parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni
responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non
consentiti dalla legge.
File: TR0340
INDICE
Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa
Elementi per
l’istruttoria legislativa
§
Necessità dell’intervento
con legge
§
Rispetto delle competenze
legislative costituzionalmente definite
§
Incidenza
sull’ordinamento giuridico
§
Impatto sui destinatari
delle norme
§
Art. 1
§
Confronto tra l’art. 36
del Codice della strada e la Pdl C4995
Numero del progetto di legge |
4995 |
Titolo |
Modifiche all'articolo
36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, concernenti l'istituzione
del piano urbano di mobilità |
Iniziativa |
parlamentare |
Settore d’intervento |
Trasporti |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
1 |
Date |
|
§
presentazione
o trasmissione alla Camera |
12 maggio 2004 |
§
annuncio |
|
§
assegnazione |
20 ottobre 2004 |
Commissione competente |
IX Trasporti |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
Commissioni I, V, VIII e
Commissione parlamentare per le questioni regionali |
La proposta di legge in esame mira ad introdurre modifiche ed integrazioni alla disciplina vigente in materia di Piani urbani di mobilità (PUM), al fine di qualificare meglio tale piano come strumento strategico di pianificazione e gestione di tutte le modalità di trasporto stradale in ambito comunale.
Le modifiche vengono introdotte mediante novella dell’art. 36 del codice della strada (d.lgs. 285/92), che attualmente riguarda esclusivamente il piano urbano del traffico (PUT).
Al comma 1 dell'articolo 1 della proposta di legge, è previsto quindi che i comuni si dotino del piano urbano di mobilità, istituito ai sensi dell'articolo 22 della legge 24 novembre 2000, n. 340, strumento strategico di pianificazione di tutte le modalità di trasporto stradale sul territorio. Il piano urbano di mobilità si articola su due diversi scenari d'intervento:
· il primo, di breve periodo, definito dal piano urbano del traffico, caratterizzato dalla scelta di tutti gli interventi che possono essere realizzati utilizzando la dotazione infrastrutturale esistente;
·
il secondo, di medio periodo, teso a definire anche gli interventi infrastrutturali necessari su
tutto il territorio comunale.
Al comma 2 viene previsto l'obbligo dell'aggiornamento ogni cinque anni da parte delle regioni
dell'elenco dei comuni tenuti a
predisporre il piano urbano di mobilità. È prevista inoltre la facoltà per tutti
i comuni, anche quelli che non rientrano negli obblighi di legge, di dotarsi di
questo strumento di programmazione e di intervento.
Il comma 3 prevede per le province,
nella fase di predisposizione dei piani del traffico per la viabilità
extraurbana, la necessità di raggiungere intese,
oltre che con gli enti proprietari delle strade interessate, anche con tutti i
comuni che hanno predisposto il piano urbano di mobilità e che insistono sul
territorio stesso.
Il comma 4 stabilisce che i piani urbani di mobilità integrino il piano regionale dei trasporti e delle
mobilità ne costituiscano variante; il
comma prevede inoltre che, per adeguarsi agli obiettivi di qualità della legge,
si operi anche con conferenze di servizi e accordi di programma al fine di predisporre gli strumenti
urbanistici di variante necessari, che possono essere avviati anche a scala
superiore a quella comunale.
Il comma 5 modifica la validità
temporale degli strumenti di programmazione. I due strumenti, proprio per
la loro diversa natura, pongono anche esigenze diverse per il loro
aggiornamento e, quindi, viene precisato che mentre il piano urbano di mobilità ha una scadenza quinquennale, il
piano urbano del traffico può essere aggiornato più frequentemente, e comunque
almeno ogni due anni, specialmente a
fronte di rilevanti variazioni insediative o di fruizione
del territorio.
I commi 6 e 7 recepiscono nell'ordinamento le modifiche introdotte
all'articolo 117 della Costituzione, e in particolare che la competenza in
ambito del governo del territorio è materia
concorrente tra lo Stato e le regioni, restando quindi in capo a queste
ultime la potestà regolamentare.
Il comma 8, infine, prevede la modifica della rubrica dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992,
conseguente alle modifiche apportate all'articolo stesso della presente
proposta di legge.
La pdl
in esame reca la relazione illustrativa, la quale tra l’altro riporta un
complesso di dati relativi all’inquinamento dei centri urbani ed agli obiettivi
di Kyoto, cui viene correlata l’esigenza di prevedere
con urgenza un adeguato strumento di pianificazione e gestione delle modalità
di trasporto stradale in ambito comunale.
Il provvedimento in esame
novella l’art. 36 del codice della strada (d.lgs.
285/92), che attualmente riguarda esclusivamente il piano urbano del traffico
(PUT), introducendo modifiche ed integrazioni alla disciplina relativa ai Piani
urbani di mobilità (PUM) e, correlativamente, alla
disciplina dei PUT appena richiamati.
La pdl
in esame, in considerazione delle finalità ultime segnalate dalla relazione
illustrativa, potrebbe apparire riconducibile alla materia della tutela dell’ambiente, attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato ai
sensi dell’art. 117, secondo comma, Cost, lett. s).
Peraltro, la medesima
relazione illustrativa sottolinea, quanto all’oggetto delle disposizioni della pdl, la riconducibilità della
disciplina alla materia del governo del
territorio, compresa tra quelle di legislazione
concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma Cost.,
ricordando altresì come la potestà regolamentare spetti pertanto alle Regioni,
ai sensi dell’art. 117, sesto comma Cost.[1]
La relazione illustrativa
segnala poi che i commi 6 e 7 dell’art.
1 della pdl sono stati elaborati tenendo conto del
riparto di competenze Stato-regioni sancito dal nuovo
articolo 117. Peraltro, il comma 6 si limita a prevedere che “la redazione del
piano urbano di mobilità deve essere predisposta nel rispetto delle direttive
emanate dalla regione, attuative dei princìpi e delle finalità di cui al presente decreto [il cui articolo 36 è stato modificato dalla pdl in esame], e che “sono fatte salve le ulteriori
competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento
e di Bolzano”[2]; il comma 7 prevede poi che “qualora i termini
fissati per gli adempimenti attuativi previsti dal presente articolo[3] decorrano inutilmente, la giunta regionale, sentito l'ente inadempiente, fissa immediatamente
un nuovo termine, che non può essere superiore a centoventi giorni, trascorso
il quale si surroga, anche mediante commissario, all'ente stesso”.
Si è già segnalato che le
modifiche alla disciplina dei PUM vengono introdotte mediante novella dell’art.
36 del codice della strada (d.lgs. 285/92), che attualmente
riguarda esclusivamente il piano urbano del traffico (PUT).
Peraltro va ricordato che
nell’ordinamento esiste già una norma - l’art.
22 della legge 24 novembre 2000, n. 340 - che istituisce i PUM e che li
definisce in modo analogo a quanto fatto dalla pdl in
esame, attribuendo loro le medesime finalità previste dalla proposta di legge.
L’articolo 22 della legge 340/2000 tuttavia obbligava a dotarsi dei PUM i
comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, diversamente da quanto fa
la proposta di legge che obbliga a dotarsi di tale strumento gli stessi comuni
attualmente obbligati a dotarsi dei PUT, ossia quelli con popolazione superiore
a 30.000 abitanti. Il medesimo articolo 22 prevede inoltre l’emanazione di un
regolamento che definisca le modalità di erogazione delle somme per
l’attuazione dei PUM. Tale regolamento non è stato ancora. Peraltro, si ricorda
che l’art. 15 della legge 166/2002, con successiva norma, aveva precisato che
l’emanazione del regolamento doveva avvenire entro un anno dall’approvazione
della stessa legge 166 (ossia entro il mese di agosto 2003).
Tale articolo 22 non viene
dalla proposta né novellato, né abrogato, pur essendo riprodotte,
nell’articolato della pdl in esame, alcune delle sue
disposizioni (v. in particolare l’articolo 1, comma 1, secondo periodo, nonché
l’articolo 1, comma 4, lett. a)).
Sembrerebbe pertanto opportuno verificare l’opportunità di un migliore
coordinamento tra le due normative.
Per ulteriori esigenze di coordinamento con altre norme vigenti, v. la scheda di lettura.
Il ddl
AC 1798-D, all’esame dell’VIII
Commissione della Camera dei deputati, recante Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione
della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione,
individua fra i sette oggetti di delega in cui viene ripartito il complesso
della materia ambientale, anche la “tutela dell’aria e riduzione delle
emissioni in atmosfera” (art.1, comma 1, lettera d). Fra i criteri specifici relativi a
tale oggetto – al comma 9, lettera g),
numero 4) – vengono indicati anche “strumenti economici volti a incentivare
l’uso di veicoli, combustibili e carburanti che possono contribuire
significativamente alla riduzione delle emissioni e al miglioramento della
qualità dell’aria”.
La modifica apportata
dalla pdl in esame all’articolo 36 del codice fa
obbligo ai comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti a dotarsi del
PUM, attualmente previsto per i comuni con popolazione superiore ai 100.000
abitanti. Inoltre è prevista la facoltà, anche per i comuni con popolazione
inferiore a 30.000 abitanti, di dotarsi di tale strumento. Inoltre la pdl prevede che il PUM venga aggiornato dai comuni ogni
cinque anni, rispetto a gli attuali dieci.
Con riguardo all’articolo
1, comma 7, il quale prevede che, qualora i termini fissati per gli adempimenti
attuativi previsti dal presente articolo[4] decorrano inutilmente, la giunta regionale, sentito l'ente inadempiente, fissi immediatamente
un nuovo termine, (che non può essere superiore a centoventi giorni, trascorso
il quale si surroga, anche mediante commissario, all'ente stesso). Si ricorda
che - nel rispetto del riparto costituzionale di competenze fra Stato e
autonomie regionali - la legge statale non dovrebbe indicare specificamente
l’organo della Regione cui compete esercitare la competenza attribuita.
L’articolo unico della proposta di legge in esame interviene a modificare ed integrare l’articolo 36 del codice della strada (d.lgs. 285/92), che reca la disciplina dei piani urbani del traffico.
Il comma 1 intervene sul comma 1 dell’articolo 36, che reca l’ obbligo, per i comuni con popolazione residente superiore a trentamila abitanti, dell'adozione del piano urbano del traffico.
Il comma 1, a seguito
delle modifiche previste dalla proposta di legge, pone in capo ai medesimi
soggetti l’obbligo di adottare il piano
urbano di mobilità (in luogo del solo piano urbano del traffico) inteso
come strumento strategico di
pianificazione e gestione di tutte le modalita`
di trasporto stradale in ambito comunale. Il piano urbano di mobilità si configura
come l’insieme organico degli interventi
sulle infrastrutture di trasporto pubblico e sulle infrastrutture stradali,
sui parcheggi di interscambio, sulle
tecnologie, sul parco veicoli, sul governo della domanda di trasporto
attraverso:
- i mobility manager;
- i sistemi di controllo e regolazione del traffico;
- l’informazione all’utenza;
- la logistica e le tecnologie destinate alla riorganizzazione
della distribuzione delle merci nelle città.
Si ricorda che tale configurazione del piano urbano di mobilità è identica
a quella di cui all’articolo 22, comma 1 della legge 340/2000 citata.
Il piano urbano del traffico
diventa quindi l’ambito di intervento di breve periodo del piano urbano di
mobilità (che di per sé si configura come uno strumento di pianificazione di
medio periodo) e costituisce la prima fase di attuazione del piano urbano di
mobilità. Al piano urbano del traffico è demandata l’individuazione dei
provvedimenti di gestione della mobilita` all’interno
dei centri abitati appartenenti al comune, utilizzando la dotazione infrastrutturale esistente, mentre il piano urbano di
mobilità comprende anche interventi infrastrutturali
e si estende a tutto il territorio comunale.
Il Piano Urbano della Mobilità (PUM) è stato introdotto quale nuovo strumento di programmazione della mobilità in ambito urbano nel primo documento[5] del Nuovo Piano Generale dei Trasporti del marzo 1999. Gli orientamenti del piano sono stati enunciati nel primo capitolo del citato documento, ove è detto che “per le aree urbane e metropolitane, l’attenzione sarà rivolta alla promozione di sistemi integrati di mobilità costruiti in direzione di obiettivi fondamentali quali il risanamento ambientale, la sicurezza del trasporto e la qualità del servizio”.
Nel luglio del 1999, il Ministero dei trasporti e della navigazione ha diffuso le “Linee guida per la redazione e la gestione dei piani urbani di mobilità (PUM). In esse il PUM si configura come uno strumento attraverso il quale uno o più enti locali consorziati possono richiedere allo Stato un finanziamento per la realizzazione degli interventi atti a conseguire gli obiettivi generali del PUM ovvero: il soddisfacimento e lo sviluppo dei fabbisogni di mobilità, il risanamento ambientale, la sicurezza del trasporto, la qualità del servizio, il risanamento economico delle aziende di trasporto.
Le stesse linee guida affermano che il PUM è «nettamente differenziato dal PUT (Piano Urbano del Traffico – vedi infra) ma è con esso interagente.
Il primo è un piano strategico di medio-lungo termine con il quale si affrontano problemi di mobilità la cui soluzione richiede "investimenti" e quindi risorse finanziarie e tempi tecnici di realizzazione: gli obiettivi, cioè, vengono perseguiti "non a risorse infrastrutturali inalterate".
Il PUT, invece, essendo un piano tattico di breve periodo, assume "risorse infrastrutturali inalterate" e organizza al meglio l’esistente; esso è, quindi, sostanzialmente un piano di gestione». Inoltre il PUM non è limitato, come il PUT, alle sole infrastrutture stradali, ma è esteso a tutte le infrastrutture di trasporto presenti sul territorio, inoltre è un piano a lungo termine (10 anni) e non a scadenza biennale, come nel caso del PUT. La risoluzione dei problemi di traffico, viabilità, sicurezza stradale, impatti sull’ambiente, che riguardano aree complesse, caratterizzate spesso dalla continuità del tessuto urbanizzato tra comuni confinanti, richiede un’attività di coordinamento tra amministrazioni e un potere decisionale sugli interventi da adottare che con lo strumento del piano urbano del traffico (PUT) non è perseguibile. Pertanto, il compito di realizzare questo “progetto di sistema dei trasporti” viene affidato ai Piani Urbani della Mobilità (PUM).
Lo strumento dei piani urbani di mobilità (PUM) è stato istituito a livello normativo dall’articolo 22, comma 1, della legge n. 340 del 2000[6], al fine di soddisfare una serie di esigenze, tra cui i fabbisogni di mobilità della popolazione, la riduzione dei fenomeni di congestione nelle aree urbane e l'abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico.
Il PUM è il progetto del “sistema della mobilità” [7] di una determinata area urbana, nel quale sono contenute le linee di indirizzo programmatico ed operativo relative agli investimenti e alle innovazioni organizzativo-gestionali da realizzarsi in un periodo temporale non superiore a 10 anni. Si tratta, quindi, di un nuovo strumento di programmazione della mobilità in ambito urbano al fine di consentire alle amministrazioni locali un più razionale ed efficiente governo della mobilità e allo Stato di attuare una politica di finanziamento selettiva, per la prima volta in grado di finanziare "sistemi" piuttosto che singoli progetti.
Diversamente dal passato, il sistema delle autonomie locali (Comune o insieme di Comuni) definisce un insieme di interventi e non singole opere da finanziare; la novità è radicale, soprattutto se la si confronta con una realtà nella quale i Comuni erano tenuti a completare l'opera per ottenere il finanziamento anche quando la stessa non fosse risultata più funzionale all'obiettivo preesistente.
L’art. 22, comma 2, della legge 340 del 2000 ha previsto il cofinanziamento statale.
I soggetti beneficiari del cofinanziamento per l’attuazione degli interventi previsti dal PUM, e quindi tenuti alla redazione del PUM stesso vengono individuati in:
– singoli comuni o aggregazioni di comuni limitrofi con popolazione superiore a 100.000 abitanti;
– province aggreganti i comuni limitrofi con popolazione complessiva superiore a 100.000 abitanti, d’intesa con i comuni interessati;
– regioni, nel caso di aree metropolitane di tipo policentrico e diffuso, d’intesa con i comuni interessati.
Ai sensi del successivo
comma 3, una percentuale non superiore al 5% dell'importo complessivo derivante
dall'attuazione del comma 1 è destinata a comuni singoli che per ragioni
tecniche, geografiche o socio-economiche, non possono far parte delle aggregazioni
di cui al comma 2. Il CIPE stabilisce annualmente la ripartizione percentuale
del restante 95 per cento tra le città metropolitane di cui all'art. 22 del TU
delle leggi sull’ordinamento sugli enti locali n. 267 del 2000 ed i restanti
comuni di cui al comma 2.
Il comma 4 dell’articolo 22 della legge n. 340 del 2000, ha previsto l’adozione di un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dei trasporti, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dell'ambiente, d'intesa con la Conferenza unificata, e sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, che definisca l'elenco delle autorizzazioni legislative di spesa per il finanziamento dei piani, il procedimento di formazione e di approvazione degli stessi PUM, i requisiti minimi dei relativi contenuti, i criteri di priorità nell'assegnazione delle somme, nonché le modalità di erogazione del finanziamento statale, di controllo dei risultati e delle relative procedure.
Si tratta quindi di un regolamento indispensabile per l’avvio di questo strumento programmatorio, che potrà consentire, vistane l’interdipendenza, una migliore realizzazione dei piani urbani del traffico (PUT), ed integrarsi opportunamente con i PRUSST (piani regolatori urbanistici per lo sviluppo sostenibile del territorio) e con i PUP (piani urbani dei parcheggi).
L'art. 15, comma 2, della legge 1° agosto 2002, n. 166 (cosiddetto “collegato infrastrutture”) ha quindi prescritto, per una migliore sicurezza stradale, che il Governo, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della suddetta legge (18 agosto 2002), adotti il regolamento previsto dal citato comma 4 dell’art. 22, ai fini dell'attuazione dei Piani urbani di mobilità.
Si ricorda a tale ultimo
proposito che nel corso del 2002 è stata predisposta, d'intesa con la
Conferenza Unificata Stato-Regioni, la bozza del Regolamento per il cofinanziamento statale dei P.U.M.,
in osservanza dell'art. 22 della legge n. 340 del 2000 e della successiva
modifica del Titolo V della Costituzione. L'approvazione finale del Regolamento,
che ad oggi non risulta ancora emanato, è subordinata allo stanziamento di
adeguate risorse finanziarie.
Il Nuovo piano generale dei trasporti, approvato con DPR 14 marzo 2001, nell’affrontare il problema della mobilità urbana e metropolitana, ha riproposto il piano urbano di mobilità come strumento attraverso il quale da un lato le Amministrazioni locali definiscono l’insieme degli interventi più appropriato alla loro realtà territoriale e dall’altro lo Stato valuta l’opportunità e l’entità del proprio intervento finanziario. Nel piano generale dei trasporti si ripropone di lasciare ai Comuni o agli aggregati di comuni la più ampia libertà nella scelta delle soluzioni di intervento infrastrutturale, tecnologico, gestionale e organizzativo, riservando allo Stato il solo ruolo di cofinanziatore degli interventi, qualora essi vengano ritenuti capaci di raggiungere precisi e quantificabili obiettivi prefissati.
La novità dell’approccio è quindi da rinvenirsi nel fatto si ragiona in termini di sistema di mobilità - chiedendo alle amministrazioni locali di integrare le politiche ambientali, territoriali e di trasporto - e non di singoli progetti ed interventi. Inoltre attraverso il PUM il sistema di trasporto viene considerato nella sua globalità, come l’insieme di servizi collettivi e mobilità individuale, infrastrutture, gestione e regolamentazione del sistema.
Quanto ai soggetti beneficiari il PGT ha ribadito che essi possano essere gli agglomerati urbani con popolazione superiore a 100.000 abitanti, singoli Comuni, aggregazioni di Comuni limitrofi e Province aggreganti Comuni limitrofi. Per accedere ai finanziamenti - ottenuto il parere favorevole dalla Regione - le richieste potranno essere attivate in modo standardizzato a cadenza annuale (sulla base della legge Finanziaria).
Il PGT ribadisce inoltre che i principali obiettivi che devono essere perseguiti con le opere previste dai PUM, ai quali se ne possono aggiungere altri d'interesse locale , sono:
- il soddisfacimento dei bisogni di mobilità;
- il rispetto degli obiettivi fissati con il protocollo di Kyoto;
- la sicurezza del trasporto;
- la qualità del servizio;
- l'efficienza economica del trasporto.
Quanto al rispetto degli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto, richiamati anche nella relazione della pdl in esame, si ricorda che esso - sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla terza sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici - impegna i Paesi industrializzati ed i Paesi con economia in transizione a ridurre le emissioni di gas in grado di alterare l’effetto serra del pianeta entro il 2012.
Oggetto del Protocollo è uno degli aspetti del cambiamento climatico: la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra, ossia di sei gas, ritenuti responsabili di una delle cause del riscaldamento del pianeta[8]. Il protocollo di Kyoto non prevede vincoli alle emissioni per tutti i paesi firmatari (oltre 160), ma solo per 39 paesi (paesi OCSE e quelli con economie in transizione verso il mercato).[9]
Gli impegni generali previsti dal Protocollo sono:
il miglioramento dell’efficienza energetica
la correzione delle imperfezioni del mercato (attraverso incentivi fiscali e sussidi)
la promozione dell’agricoltura sostenibile
la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti
l’informazione a tutte le altre Parti sulle azioni intraprese (cd “comunicazioni nazionali”)
La misura complessiva di riduzione deve essere del 5,2% rispetto ai livelli di emissione del 1990. L’onere, tuttavia, è stato ripartito fra i Paesi industrializzati in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito, dei livelli di efficienza energetica.
Il comma 2 della proposta di legge in esame interviene sul comma 2 dell’articolo 36 del codice della strada.
L’articolo 36 comma 2 del codice della strada obbliga all’adozione del PUT anche i comuni con popolazione residente inferiore a trentamila abitanti i quali però impegnati per altre particolari ragioni alla soluzione di rilevanti problematiche derivanti da congestione della circolazione stradale anche in periodi dell’anno per ragioni turistiche, di pendolarismo o di altra natura. L’elenco di tali comuni deve essere predisposto dalla regione e pubblicato in Gazzetta ufficiale a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Secondo la formulazione del comma, come risultante dalle modifiche introdotte dalla pdl in esame:
§
i comuni con popolazione residente inferiore a
trentamila abitanti che registrino problematiche derivanti da congestione della
circolazione stradale anche per periodi dell’anno risultano obbligati all’adozione del piano urbano di mobilità (e non più
del piano urbano del traffico);
§
l’elenco dei comuni interessati deve essere
aggiornato ogni cinque anni;
§
l’elenco venga pubblicato nel Bollettino
Ufficiale della Regione;
Il comma prevede inoltre la facoltà per tutti i comuni, compresi quelli che non rientrano negli obblighi di legge, di dotarsi di un piano urbano di mobilità per le finalità individuate dal comma 4, come modificato dalla pdl in esame.
Il comma 3 interviene sul comma 3 dell’articolo 36 del codice della strada.
L’articolo 36, comma 3 prevede che anche le province adottino piani del traffico per la viabilità extraurbana d'intesa con gli altri enti proprietari delle strade interessate. La legge regionale può prevedere che alla redazione del piano urbano del traffico delle aree metropolitane provvedano gli organi della città metropolitana.
Secondo
la modifica che si intende introdurre con il comma 3 della pdl
in esame, le province provvedono all'adozione di piani del traffico per la
viabilità extraurbana d'intesa sia con gli altri enti proprietari delle strade
interessate sia con i comuni che hanno
già predisposto il piano urbano di mobilità.
Si segnala a tale proposito che sarebbe opportuno, in sede di novella
del comma 3, novellare anche il secondo periodo facendo correttamente
riferimento all’articolo 22 del testo unico sugli enti locali (D. Lgs. 267/2000), quanto alla definizione delle aree
metropolitane, e all’articolo 24 del medesimo testo unico, quanto all’esercizio coordinato di funzioni.
Il comma 4 della pdl in esame interviene a riformulare il comma 4
dell’articolo 36 del codice della strada.
Il
comma 4 del l’articolo 36 del codice della strada dispone in merito alle
finalizzazioni del piano di traffico; i PUT sono finalizzati ad ottenere il miglioramento
delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione degli
inquinamenti acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico, in accordo con
gli strumenti urbanistici vigenti e con i piani di trasporto e nel rispetto dei
valori ambientali, stabilendo le priorità e i tempi di attuazione degli
interventi. Il comma prevede inoltre che il piano urbano del traffico preveda
il ricorso a sistemi tecnologici di regolamentazione e controllo del traffico,
nonché di verifica del rallentamento della velocità e di dissuasione della
sosta, anche al fine di consentire modifiche ai flussi della circolazione
stradale che si rendano necessarie in relazione agli obiettivi da perseguire.
La nuova formulazione del
comma dispone in merito alle finalizzazioni del piano urbano di mobilità; accanto a quelle già previste dal codice
per il PUT, il comma prevede che il piano urano di mobilità si finalizzato
anche:
§ alla minimizzazione dell’uso individuale dell’automobile privata e alla moderazione del traffico;
§ all’incremento della capacità di trasporto a all’aumento della percentuale di cittadini trasportati dai sistemi collettivi anche con soluzioni di car pooling e car sharing;
§ alla riduzione dei fenomeni di congestione nelle aree urbane.
Anche in questo caso, come già per il comma 1, si fa presente che la nuova formulazione delle finalizzazioni del PUM ricalca esattamente quella recata dall’articolo22, comma 1 della legge 340/2000 citata.
La pdl aggiunge inoltre alcune disposizioni in merito alla relazione tra piani urani di mobilità e piani regionali di trasporto e alle procedure di adozione dei PUM.
Ai sensi di quanto
disposto dalla pdl i piani urbani di mobilità
integrano le indicazioni del piano regionale dei trasporti e della mobilità e
ne costituiscono una variante. Quanto alle procedure di adozione e approvazione
dei PUM la proposta prevede che esse siano quelle previste per le varianti al
piano regionale dei trasporti e della mobilità. Se per le finalità indicate nel
comma in esame si configuri la necessità - a seguito dell’effettuazione di
analisi e dell’individuazione di conseguenti strategie - di variare gli
strumenti urbanistici comunali o i piani di trasporto o i piani della viabilità
vigenti, anche di scala superiore a quella comunale, devono essere predisposte
le opportune varianti, secondo le rispettive procedure urbanistiche di legge e
anche, se necessario, mediante gli strumenti della conferenza di servizi e
degli accordi di programma, ai fini di adeguare gli strumenti vigenti agli
obiettivi di cui allea disposizione in esame.
Si ricorda che il Piano
generale dei trasporti di cui al DPR 14 marzo 2001 ha precisato che il piano
urbano di mobilità si differenzia dai Piani
Regionali dei Trasporti (PRT) per le dimensioni dell'area sulla quale esso agisce.
Si ricorda che il Piano nazionale dei trasporti ha ribadito al competenza delle Regioni degli interventi sulle infrastrutture non incluse nello SNIT (Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti) che provvedono alla redazione dei loro Piani Regionale dei Trasporti (PRT). Le Regioni sono invitate ad aderire ad una metodologia generale di pianificazione dei trasporti per consentire omogeneità dei contenuti e confrontabilità delle esigenze e delle proposte; il piano generale dei trasporti propone - anche per i PRT - un «processo di pianificazione» e cioè una costruzione continua nel tempo del disegno di riassetto dei sistemi di trasporto regionali (tutti i modi, collettivi ed individuali, pubblici e privati) attraverso azioni che tendano a superare la tradizionale separazione fra una programmazione tipicamente settoriale, qual è quella dei trasporti, e le politiche territoriali.
Il comma 5 interviene sul comma 5 dell’articolo 36 del codice, modificando in particolare la validità temporale dello strumento di programmazione.
L’articolo 36, comma 5 del cds reca, tra le altre, la disposizione che prevede che il PUT sia aggiornato ogni due anni.
La pdl in esame prevede che il PUT sia aggiornato con cadenza almeno biennale, o anche più frequentemente a seguito di modifiche rilevanti delle situazioni insediative e delle condizioni di fruizione del territorio cui si riferisce; per il PUM la validità temporale è fissata in cinque anni.
Il comma 6 dell’articolo unico della pdl interviene sul comma 6 dell’articolo 36 del cds, in particolare ridefinendo alcune competenze istituzionali.
In particolare il comma 6
dell’articolo 36 prevede tra l’altro che la redazione dei piani di traffico sia
predisposta nel rispetto di direttive emanate dal Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, sulla base delle indicazioni formulate dal CIPE nel trasporto.
La pdl in esame:
- prevede che la redazione del PUM sia predisposta nel rispetto delle direttive emanate dalla regione, attuative dei princìpi e delle finalità di cui al “presente decreto” (d.lgs. 285/92);
- reca una disposizione di salvaguardia delle ulteriori competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
- abroga la disposizione ai sensi della quale il piano urbano del traffico veicolare venga adeguato agli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale, fissati dalla regione ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (attualmente articolo 5, comma 1 del TU sull’ordinamento delle leggi sugli enti locali – D.Lgs 267/2000 citato).
Il comma 7 interviene a modificare il comma 10 dell’articolo 36 del cds, che dispone in merito al potere sostitutivo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in caso di inadempienza.
In particolare il comma 10
prevede che i comuni e gli enti inadempienti siano invitati, su segnalazione
del prefetto, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a provvedere
entro un termine assegnato, trascorso il quale il Ministero provvede alla esecuzione
d'ufficio del piano e alla sua realizzazione.
Il comma 7 in esame prevede invece che in caso di
decorrenza dei termini fissati per gli adempimenti previsti in ordine al piano
urbano di mobilità, la giunta regionale,
sentito l’ente inadempiente, fissi immediatamente un nuovo termine, non
superiore a centoventi giorni, trascorso il quale si surroga all’ente stesso anche mediante commissario.
Il comma
8 , conseguentemente alle modifiche apportate dai precedenti articoli della
pdl, provvede a sostituire l’attuale rubrica
dell’articolo 36 del cds,”
Piani urbani del traffico e piani del traffico per la viabilità extraurbana” con “Piano urbano di mobilita`”.
D.Lgs 285/1992 |
Pdl C4995 |
1. Ai comuni, con popolazione residente superiore a trentamila
abitanti, è fatto obbligo dell'adozione del |
1. Ai comuni, con popolazione residente superiore a trentamila
abitanti, è fatto obbligo dell'adozione del piano urbano di mobilità , che rappresenta
lo strumento strategico di pianificazione e gestione di tutte le modalità di
trasporto stradale in ambito comunale. Il piano urbano di mobilità è
l’insieme organico degli interventi sulle infrastrutture di trasporto
pubblico e stradali, sui parcheggi di interscambio, sulle tecnologie, sul
parco veicoli, sul governo della domanda di trasporto attraverso la struttura
dei mobility manager, i sistemi di controllo e
regolazione del traffico, l’informazione all’utenza, la logistica e le tecnologie
destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci nelle città .
Il piano urbano di mobilità individua due ambiti d’intervento: di breve periodo,
definito dal piano urbano del traffico, e di medio periodo. Il piano urbano
del traffico individua i provvedimenti di gestione della mobilità all’interno
dei centri abitati appartenenti al comune, utilizzando la dotazione infrastrutturale esistente e costituisce la prima fase di
attuazione del piano urbano di mobilità , che comprende anche interventi infrastrutturali e si estende a tutto il territorio
comunale |
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2. All'obbligo di cui al comma 1 sono tenuti ad adempiere i
comuni con popolazione residente inferiore a trentamila abitanti i quali
registrino, anche in periodi dell'anno, una particolare affluenza turistica,
risultino interessati da elevati fenomeni di pendolarismo
o siano, comunque, impegnati per altre particolari ragioni alla soluzione di
rilevanti problematiche derivanti da congestione della circolazione stradale.
L'elenco dei comuni interessati viene predisposto dalla regione e pubblicato,
|
2.
All'obbligo di cui al comma 1 sono tenuti ad adempiere i comuni con popolazione
residente inferiore a trentamila abitanti i quali registrino, anche in
periodi dell'anno, una particolare affluenza turistica, risultino interessati
da elevati fenomeni di pendolarismo o siano, comunque,
impegnati per altre particolari ragioni alla soluzione di rilevanti
problematiche derivanti da congestione della circolazione stradale. L'elenco
dei comuni interessati viene predisposto dalla regione, aggiornato ogni cinque anni e pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione. Tutti i comuni hanno facoltà
di dotarsi di un piano urbano di mobilità per le finalità di cui al comma 4. |
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3. Le province provvedono
all'adozione di piani del traffico per la viabilità extraurbana d'intesa con
gli altri enti proprietari delle strade interessate. La legge regionale può prevedere, ai sensi
dell'art. 19 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che alla redazione del piano urbano del traffico delle aree, indicate
all'art. 17 della stessa, provvedano gli organi della città metropolitana. |
3. Le province provvedono
all'adozione di piani del traffico per la viabilità extraurbana d'intesa con
gli altri enti proprietari delle strade interessate e con i comuni
che hanno già predisposto il piano urbano di mobilità. La legge regionale può
prevedere, ai sensi dell'art. 19 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che alla redazione del piano urbano del traffico delle
aree, indicate all'art. 17 della stessa, provvedano gli organi della città
metropolitana. |
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4. I piani di traffico sono finalizzati ad
ottenere il miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza Segue
comma 4 stradale, la riduzione degli inquinamenti
acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico, … … in accordo con gli strumenti urbanistici
vigenti e con i piani di trasporto e nel rispetto dei valori ambientali, stabilendo
le priorità e i tempi di attuazione degli interventi. Segue
comma 4
|
4. I
piani urbani di mobilità hanno lo scopo di soddisfare i fabbisogni di
mobilità della popolazione, assicu- Segue
comma 4 rare
l’abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la
riduzione dei consumi energetici, l’aumento dei livelli di sicurezza del
trasporto e della circolazione stradale, la minimizzazione dell’uso individuale
dell’automobile privata e la moderazione del traffico, l’incremento della
capacità di trasporto, l’aumento della percentuale di cittadini trasportati
dai sistemi collettivi anche con soluzioni di car pooling e car sharing e la riduzione dei fenomeni di congestione nelle
aree urbane, in accordo con
gli strumenti urbanistici vigenti e con i piani di trasporto e nel rispetto
dei valori ambientali, stabilendo le priorità e i tempi di attuazione degli
interventi. I piani urbani di mobilità
integrano le indicazioni del piano regionale dei trasporti e della mobilità e
costituiscono variante al piano stesso. Le procedure di adozione e approvazione
dei piani urbani di mobilità sono quelle previste per le varianti al citato
piano regionale dei trasporti e della mobilità. Qualora, a seguito delle
analisi condotte e delle conseguenti strategie individuate, per le finalità
di cui al presente comma, si configuri la necessità di variare gli strumenti
urbanistici comunali o i piani di trasporto o i piani della viabilità
vigenti, anche di scala superiore a quella comunale, devono essere
predisposte le opportune va Segue
comma 4 rianti, secondo le
rispettive procedure urbanistiche di legge e anche, se necessario, mediante
gli strumenti della conferenza di servizi e degli accordi di programma, ai
fini di adeguare gli strumenti vigenti, con gli obiettivi di cui al presente
comma. Il
piano urbano di mobilità prevede il ricorso
ad adeguati sistemi tecnologici, su base informatica di regolamentazione e
controllo del traffico, nonché di verifica del rallentamento della velocità e
di dissuasione della sosta, al fine anche di consentire modifiche ai flussi
della circolazione stradale che si rendano necessarie in relazione agli obiettivi
da perseguire. |
|
|
5. Il Il sindaco o il sindaco metropolitano, ove
ricorrano le condizioni di cui al comma 3, sono tenuti a darne comunicazione
al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'inserimento nel sistema
informativo previsto dall'art. 226, comma 2. Allo stesso adempimento è tenuto
il presidente della provincia Segue
comma 5 quando sia data attuazione
alla disposizione di cui al comma 3. |
5. Il piano
urbano di mobilità viene aggiornato
ogni cinque anni; il piano urbano del
traffico può essere aggiornato più frequentemente e comunque almeno ogni due
anni, in particolare a seguito di modifiche rilevanti delle situazioni insediative e delle condizioni di fruizione del
territorio cui si riferisce. Il sindaco o il sindaco
metropolitano, ove ricorrano le condizioni di cui al comma 3, sono tenuti a
darne comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per
l'inserimento nel sistema informativo previsto dall'art. 226, comma 2. Allo
stesso adempimento è tenuto il presidente della provincia Segue
comma 5 quando sia data attuazione
alla disposizione di cui al comma 3. |
|
|
6. La redazione dei piani di traffico deve essere predisposta
nel rispetto delle direttive emanate dal Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, di concerto con il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio, sulla base delle indicazioni formulate dal
Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto. |
6. La redazione del piano urbano di
mobilità deve essere predisposta nel rispetto delle direttive emanate dalla
regione, attuative dei princìpi
e delle finalità di cui al presente decreto. Sono fatte salve le ulteriori
competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di
Trento e di Bolzano. |
|
|
7. Per il perseguimento dei fini di cui ai commi 1 e 2 e anche
per consentire la integrale attuazione di quanto previsto dal comma 3, le
autorità indicate dall'art. 27, comma 3, della legge 8 giugno 1990,
n. 142, convocano una conferenza tra
i rappresentanti delle amministrazioni, anche statali, interessate. |
Non modificato |
|
|
8. È istituito, presso il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti l'albo degli esperti in materia di piani di traffico, formato
mediante concorso biennale per titoli. Il bando
di concorso è ap- Segue
comma 8 provato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti di concerto con il Ministro
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. |
Non modificato |
|
|
9. A partire dalla data di formazione dell'albo degli esperti di
cui al comma 8 è fatto obbligo di conferire l'incarico della redazione dei
piani di traffico, oltre che a tecnici specializzati appartenenti al proprio
Ufficio tecnico del traffico, agli esperti specializzati inclusi nell'albo
stesso. |
Non modificato |
|
|
10. I comuni e gli enti inadempienti sono invitati, su
segnalazione del prefetto, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
a provvedere entro un termine assegnato, trascorso il quale il Ministero provvede
alla esecuzione d'ufficio del piano e alla sua realizzazione. |
10. Qualora i
termini fissati per gli adempimenti attuativi previsti dal presente articolo
decorrano inutilmente, la giunta regionale, sentito l’ente inadempiente,
fissa immediatamente un nuovo termine, che non può essere superiore a
centoventi giorni, trascorso il quale si surroga, anche mediante commissario,
all’ente stesso |
N.
4995
¾
CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
|
PROPOSTA DI LEGGE |
|
d’iniziativa dei deputati ROSATO, IANNUZZI,
MARAN, DAMIANI, ALBONETTI, ANNUNZIATA, CAMO, CARBONELLA, FRANCESCHINI,
MEDURI, PANATTONI, PASETTO, RAFFALDINI, REDUZZI, ROCCHI, RUGGERI, ZANELLA ¾ |
|
Modifiche
all'articolo 36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, concernenti
l'istituzione del piano urbano di mobilità |
|
——————
Presentata il 12 maggio 2004
——————
Onorevoli Colleghi! - Le nostre città
sono sature di autoveicoli e il problema dell'inquinamento causato dal cospicuo
flusso di traffico che grava sulle arterie urbane rappresenta ormai da anni il
cruccio fisso di ogni amministrazione cittadina da nord a sud; il problema di
una mobilità sostenibile nelle aree urbane rientra così tra i principali ambiti
di lavoro di istituzioni e di aziende pubbliche e private.
In relazione agli accordi stipulati nel
Protocollo di Kyoto (reso esecutivo dall'Italia con
legge n. 120 del 2002), l'Unione europea si è impegnata a ridurre dell'8 per
cento le emissioni di gas serra entro l'anno 2010. Ma, come afferma il
dettagliato rapporto «Ecosistema Urbano 2004» stilato da Legambiente,
«l'assoluta prevalenza del trasporto su gomma, con oltre due terzi del traffico
merci terrestre su gomma e il 92 per cento di quello passeggeri, il primato
mondiale di auto per abitante - con oltre 33 milioni di veicoli in circolazione
- e un contributo determinante e crescente alle emissioni climalteranti
- con circa il 30 per cento delle emissioni di CO2 prodotte ogni anno in Italia
dal settore dei trasporti - hanno aggravato la situazione generale: il
trasporto merci su gomma ha assorbito per intero la crescita del traffico a
scapito di quello ferroviario, è aumentata la congestione nelle città e sulla
rete, il contributo alle emissioni climalteranti è in
netta controtendenza rispetto agli obiettivi di Kyoto».
Gli spostamenti compiuti all'interno
delle nostre città costituiscono la maggior parte dei viaggi realizzati dai
cittadini e il traffico veicolare è riconosciuto come la causa principale dei
fenomeni di inquinamento e il settore al quale attribuire l'aliquota più elevata
dei consumi energetici complessivi. Relativamente al trasporto passeggeri, i
problemi risiedono nella carenza di infrastrutture o di servizi, che spesso non
hanno saputo adattarsi alle crescenti esigenze dei cittadini, e in un
atteggiamento diffuso della cosiddetta «cultura del benessere», che fa
preferire al cittadino sempre in misura maggiore l'utilizzo dell'automobile privata
rispetto a ogni altra modalità di trasporto, permettendogli la soddisfazione
individuale del proprio bisogno.
La densità automobilistica rappresenta
uno degli elementi più critici per le città e distingue l'Italia nel panorama
mondiale. L'indice di motorizzazione privata in Italia è ovunque elevato: secondo
il citato rapporto di Legambiente, «dopo la forte
crescita registrata nella prima metà degli anni novanta, il numero di auto
circolanti nei 103 comuni capoluogo è aumentato di circa il 2 per cento nel
periodo 1995-1998 fino a raggiungere i 10 milioni e mezzo di vetture, dato che
si è sostanzialmente stabilizzato nel successivo biennio 1998-2000 (con una
crescita limitata allo 0.3 per cento) per tornare nuovamente a crescere in modo
piuttosto consistente nel 2001 (+1.5 per cento)». Ad oggi, soltanto il 50 per
cento delle auto, il 33 per cento dei Tir e l'11 per cento degli autobus del
servizio pubblico rispondono agli standard europei.
«Con 64 auto ogni 100 abitanti - testimonia
ancora il rapporto di Legambiente - i 103 comuni
capoluogo confermano un dato medio nettamente superiore a quello nazionale
(56). Soltanto Genova e Venezia hanno un tasso inferiore alle 50 auto per 100
abitanti, mentre in ben 68 città, 17 in più rispetto al 1998, si supera il
valore di 60 auto ogni 100 abitanti».
Nei centri urbani è quindi la mobilità il
fattore più critico, quello che richiede gli interventi più urgenti. Tutti gli
indicatori ambientali che si muovono in senso negativo sono determinati o
influenzati dai trasporti e dal traffico: emissioni di CO2, benzene e Pm10,
inquinamento acustico, mortalità, occupazione di suolo, frammentazione delle
aree verdi.
Sempre più spesso il tasso delle polveri
sottili oltrepassa la soglia di sicurezza e le pressanti richieste di misure
drastiche volte a contenere lo smog sono all'ordine del giorno. Poco
significative sono state le politiche per la riduzione dei gas serra, e Pm10 e
benzene fanno registrare un numero allarmante di superamenti annui delle
soglie-limite. Per le città che hanno effettuato il monitoraggio del Pm10 -
importante indicatore della qualità dell'aria - le situazioni peggiori non
sembrano essere più una prerogativa delle sole grandi aree metropolitane
(Torino e Milano in testa); anche in città di dimensioni medie (Taranto e
Parma) e piccole (Frosinone) si sono registrati
valori che superano i 60 mg/mc, quando il limite per
la protezione della salute umana previsto dalla direttiva comuni-taria per il
Pm10 è di 44.8 mg/mc. Ben 9 città sulle 12 monitorate
superano di gran lunga la soglia limite di 56 mg/mc
di NO2. Altissime, nel corso del 2002, sono state le concentrazioni di polveri
sottili a Torino, Milano, Genova e Bari (+50 per cento rispetto al valore
obiettivo di 40 mg/mc previsto per il 2005). A Genova
vengono superati i limiti previsti per il biossido di zolfo (125 mg/mc da non superare più di tre giorni all'anno), mentre il
valore limite di 10 mg/mc previsto per il benzene è superato
a Firenze (13), Roma (9,4), Napoli (11) e Bari (11). Nel corso del 2002,
nessuna grande città è risultata in regola con tutti e quattro gli inquinanti
considerati (Fonte: rapporto «Eco-sistema Urbano 2004» di Legambiente).
Un sistema efficiente ed equilibrato che
regoli la miriade di spostamenti di mezzi pubblici e privati all'interno delle
città è condizione indispensabile per un Paese moderno: ma la mobilità sostenibile
è una sfida che l'Italia dovrà necessariamente affrontare negli anni a venire e
che dovrà prefiggersi obiettivi di «sistema»: occorrerà cambiare il modo di
concepire la mobilità e sperimentare nuovi sistemi per ridisegnare insieme
centri vivibili e a misura d'uomo. Il piano urbano del traffico sancito dall'articolo
36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada)
si dimostra ormai inadeguato e obsoleto rispetto al crescente bisogno di
snellire e di ridurre la circolazione. Si intende quindi apportare delle
modifiche volte a qualificare tale piano come strumento strategico di
pianificazione e gestione di tutte le modalità di trasporto stradale in ambito
comunale, con scenari d'intervento diversi a seconda che si consideri il medio
o il lungo periodo.
Al comma 1 dell'articolo 1 della proposta
di legge, è previsto quindi che i comuni si dotino del piano urbano di
mobilità, istituito ai sensi dell'articolo 22 della legge 24 novembre 2000, n.
340, strumento strategico di pianificazione di tutte le modalità di trasporto
stradale sul territorio. Il piano urbano di mobilità si articola su due diversi
scenari d'intervento: il primo, di breve periodo, caratterizzato dalla scelta
di tutti gli interventi che possono essere realizzati utilizzando la dotazione infrastrutturale esistente; il secondo, di medio periodo,
teso a definire anche gli interventi infrastrutturali
necessari su tutto il territorio comunale.
Al comma 2 viene previsto l'obbligo
dell'aggiornamento ogni cinque anni da parte delle regioni dell'elenco dei comuni
tenuti a predisporre il piano urbano di mobilità. È prevista inoltre la facoltà
per tutti i comuni, anche quelli che non rientrano negli obblighi di legge, di
dotarsi di questo strumento di programmazione e di intervento.
Il comma 3 prevede per le province, nella
fase di predisposizione dei piani del traffico per la viabilità extraurbana, la
necessità di raggiungere intese, oltre che con gli enti proprietari delle
strade interessate, anche con tutti i comuni che hanno predisposto il piano
urbano di mobilità e che insistono sul territorio stesso.
Il comma 4 stabilisce che, per adeguarsi
agli obiettivi di qualità della legge, si operi anche con conferenze di servizi
e accordi di programma al fine di predisporre gli strumenti urbanistici di
variante necessari, che possono essere avviati anche a scala superiore a quella
comunale.
Il comma 5 modifica la validità tem-porale
degli strumenti di programma-zione. I due strumenti, proprio per la loro
diversa natura, pongono anche esigenze diverse per il loro aggiornamento e,
quindi, viene precisato che mentre il piano urbano di mobilità ha una scadenza
quinquennale, il piano urbano del traffico può essere aggiornato più frequentemente,
specialmente a fronte di rilevanti variazioni insediative
o di fruizione del territorio.
I commi 6 e 7 recepiscono nell'ordinamento
le modifiche introdotte all'articolo 117 della Costituzione, e in particolare
che la competenza in ambito del governo del territorio è materia concorrente
tra lo Stato e le regioni, restando quindi in capo a queste ultime la potestà
regolamentare.
Il comma 8, infine, prevede la modifica
della rubrica dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992, conseguente
alle modifiche apportate all'articolo stesso della presente proposta di legge.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Al comma 1
dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive
modificazioni, di seguito denominato «decreto legislativo n. 285 del 1992», le
parole: «del piano urbano del traffico» sono sostituite dalle seguenti: «del piano
urbano di mobilità, che rappresenta lo strumento strategico di pianificazione e
gestione di tutte le modalità di trasporto stradale in ambito comunale. Il
piano urbano di mobilità è l'insieme organico degli interventi sulle infrastrutture
di trasporto pubblico e stradali, sui parcheggi di interscambio, sulle
tecnologie, sul parco veicoli, sul governo della domanda di trasporto
attraverso la struttura dei mobility manager, i
sistemi di controllo e regolazione del traffico, l'informazione all'utenza, la logistica
e le tecnologie destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci
nelle città. Il piano urbano di mobilità individua due ambiti d'intervento: di
breve periodo, definito dal piano urbano del traffico, e di medio periodo. Il
piano urbano del traffico individua i provvedimenti di gestione della mobilità
all'interno dei centri abitati appartenenti al comune, utilizzando la dotazione
infrastrutturale esistente e costituisce la prima
fase di attuazione del piano urbano di mobilità, che comprende anche interventi
infrastrutturali e si estende a tutto il territorio
comunale».
2. Al comma 2
dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) dopo le parole:
«viene predisposto dalla regione» sono inserite le seguenti: «, aggiornato ogni
cinque anni»;
b) le parole: «, a cura
del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana» sono sostituite dalle seguenti: «nel Bollettino Ufficiale
della regione»;
c) è aggiunto, in fine,
il seguente periodo: «Tutti i comuni hanno facoltà di dotarsi di un piano
urbano di mobilità per le finalità di cui al comma 4».
3. Al comma 3
dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992, dopo le parole: «con
gli altri enti proprietari delle strade interessate» sono inserite le seguenti:
«e con i comuni che hanno già predisposto il piano urbano di mobilità».
4. Al comma 4
dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) le parole: «I piani
di traffico sono finalizzati ad ottenere il miglioramento delle condizioni di
circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione degli inquinamenti acustico
ed atmosferico ed il risparmio energetico» sono sostituite dalle seguenti: «I
piani urbani di mobilità hanno lo scopo di soddisfare i fabbisogni di mobilità
della popolazione, assicurare l'abbattimento dei livelli di inquinamento
atmosferico ed acustico, la riduzione dei consumi energetici, l'aumento dei
livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la minimizzazione
dell'uso individuale dell'automobile privata e la moderazione del traffico, l'incremento
della capacità di trasporto, l'aumento della percentuale di cittadini trasportati
dai sistemi collettivi anche con soluzioni di car pooling e car sharing
e la riduzione dei fenomeni di congestione nelle aree urbane»;
b) dopo le parole: «i
tempi di attuazione degli interventi.» sono inserite le seguenti: «I piani
urbani di mobilità integrano le indicazioni del piano regionale dei trasporti e
della mobilità e costituiscono variante al piano stesso. Le procedure di adozione
e approvazione dei piani urbani di mobilità sono quelle previste per le varianti
al citato piano regionale dei trasporti e della mobilità. Qualora, a seguito
delle analisi condotte e delle conseguenti strategie individuate, per le finalità
di cui al presente comma, si configuri la necessità di variare gli strumenti
urbanistici comunali o i piani di trasporto o i piani della viabilità vigenti,
anche di scala superiore a quella comunale, devono essere predisposte le
opportune varianti, secondo le rispettive procedure urbanistiche di legge e
anche, se necessario, mediante gli strumenti della conferenza di servizi e
degli accordi di programma, ai fini di adeguare gli strumenti vigenti, con gli
obiettivi di cui al presente comma»;
c) le parole: «Il piano
urbano del traffico» sono sostituite delle seguenti: «Il piano urbano di
mobilità».
5. Al comma 5
dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992, le parole: «Il piano
urbano del traffico viene aggiornato ogni due anni» sono sostituite dalle
seguenti: «Il piano urbano di mobilità viene aggiornato ogni cinque anni; il
piano urbano del traffico può essere aggiornato più frequentemente e comunque
almeno ogni due anni, in particolare a seguito di modifiche rilevanti delle
situazioni insediative e delle condizioni di
fruizione del territorio cui si riferisce».
6. Il comma 6
dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992 è sostituito dal
seguente:
«6. La redazione del
piano urbano di mobilità deve essere predisposta nel rispetto delle direttive
emanate dalla regione, attuative dei princìpi e delle finalità di cui al presente decreto. Sono
fatte salve le ulteriori competenze delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano».
7. Il comma 10
dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992 è sostituito dal
seguente:
«10. Qualora i termini
fissati per gli adempimenti attuativi previsti dal presente articolo decorrano
inutilmente, la giunta regionale, sentito l'ente inadempiente, fissa
immediatamente un nuovo termine, che non può essere superiore a centoventi
giorni, trascorso il quale si surroga, anche mediante commissario, all'ente
stesso».
8. La rubrica
dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992, come da ultimo
modificato dal presente articolo, è sostituita dalla seguente: «Piano urbano di
mobilità».
[1] Si ricorda che testualmente il sesto comma dell’art. 117 sancisce che “la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle [sole] materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni”.
[2] Il comma 6 sostituisce l’attuale comma 6 dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992.
[3] Il comma 7 sostituisce il comma 10 dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992.
[4] Il comma 7 sostituisce il comma 10 dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 285 del 1992 .
[5]
Ministero dei trasporti e della navigazione, il Nuovo Piano Generale dei Trasporti – indirizzi e linee guida, in
collaborazione con il Ministero dell’ambiente e il Ministero dei lavori
pubblici.
[6]
Recante Disposizioni
per la delegificazione di norme e per la
semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999
[7] La valenza sistemica di tali piani si evince dal novero degli aspetti che devono esservi inclusi: l'insieme organico degli interventi sulle infrastrutture di trasporto pubblico e stradali, sui parcheggi di interscambio, sulle tecnologie, sul parco veicoli, sul governo della domanda di trasporto attraverso la struttura dei mobility manager, i sistemi di controllo e regolazione del traffico, l'informazione all'utenza, la logistica e le tecnologie destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci nelle città.
[8] anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ossido di azoto (N2O), esafluoruro di zolfo (SF6), idrofluorocarburi (HFCs) e perfluorocarburi (PFCs).
[9] Tale scelta è stata operata in attuazione del principio di “responsabilità comune ma differenziata” secondo il quale, nel controllo delle emissioni i paesi industrializzati si fanno carico di maggiori responsabilità, in considerazione dei bisogni di sviluppo economico dei PVS.