XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Modifiche alla legge 157/1992, protezione della fauna selvatica e prelievo venatorio
Serie: Scheda di analisi    Numero: 284
Data: 13/09/05
Organi della Camera: XIII-Agricoltura
Riferimenti:
AC n.27/A/14     

Estremi del provvedimento

 

 

A.C.

 

27-A

Titolo breve:

 

Modifiche alla legge 157/1992, protezione della fauna selvatica e prelievo venatorio.

                                                                     

Iniziativa:

 

parlamentare

 

in prima lettura alla Camera

 

 

Commissione di merito:

 

XIII Commissione

 

Relatore per la

Commissione di merito:

 

 

Onnis

Gruppo:

AN

 

 

Relazione tecnica:

assente

 

 

 

 

 

 

 

Parere richiesto

 

Destinatario:

 

alla XIII Commissione in sede referente

Oggetto:

 

testo A e fascicolo n. 2 degli emendamenti

 

Scheda di analisi n. 284

 

 


 

INDICE

ARTICOLI 1 e 4. 2

Istituti regionali per la fauna selvatica.. 2

ARTICOLO 5. 4

Osservatorio nazionale per la fauna selvatica e gli habitat  4

ARTICOLO 6. 5

Protezione della fauna selvatica e pianificazione faunistico-venatoria   5

ARTICOLO 9. 6

Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale.. 6

ARTICOLO 14. 7

Controllo della fauna selvatica.. 7

ARTICOLO 17. 8

Fondo di garanzia per le vittime della caccia.. 8

ARTICOLO 18. 9

Risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e dall’attività venatoria   9


 

PREMESSA

Il provvedimento, di iniziativa parlamentare[1], reca modifiche alla legge 157/1992 (Disciplina del prelievo venatorio e norme per la protezione della fauna selvatica).

Il testo non è corredato di relazione tecnica.

Si esaminano, di seguito, le sole disposizioni suscettibili di determinare effetti finanziari.

 

 

ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI

 

ARTICOLI 1 e 4

Istituti regionali per la fauna selvatica

Normativa vigente – La legge 157/1992 disciplina, all’articolo 7, le finalità e le competenze dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), organo scientifico e tecnico di ricerca e di consulenza per lo Stato, le regioni e le province. Il comma 3 dell’articolo 7 precisa i principali compiti dell’Istituto[2], al quale altre norme della stessa legge 157 affidano una serie di competenze di carattere autorizzativo, di coordinamento e di controllo[3].  Il successivo D. lgs. 419/1999 (Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali) ha inoltre previsto – all’articolo 6 - che alla copertura delle spese di funzionamento dell’Istituto possano contribuire le regioni sulla base di apposite convenzioni.

L’articolo 4 della legge 157/1992 detta disposizioni in materia di cattura e inanellamento di uccelli per finalità scientifiche, prevedendo che tali attività siano organizzate e coordinate sull'intero territorio nazionale dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica e possano essere svolte esclusivamente su autorizzazione delle regioni con il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica; a quest’ultimo spettano anche le valutazioni di idoneità del personale degli impianti di cattura, i controlli e le certificazioni dell'attività degli impianti stessi, nonché la ricezione delle comunicazioni, obbligatorie, di cattura o di rinvenimento di uccelli inanellati.

 

Le norme – riformulando gli articoli 7 e 4 della legge 157/1992  – prevedono quanto segue:

Ÿ        le regioni possono istituire con legge gli Istituti regionali per la fauna selvatica, organi scientifici e tecnici di ricerca e di consulenza delle regioni e delle province. Gli Istituti svolgono, nell'ambito del territorio di competenza, i compiti indicati dall’articolo 7, comma 3, della legge 157/1992; collaborano, inoltre, con l'Istituto nazionale per la fauna selvatica - che ne coordina l'azione - nei progetti e nelle attività di carattere nazionale e internazionale (articolo 4, cpv. 2-bis e 2-ter);

Ÿ        alle funzioni attribuite agli Istituti regionali per la fauna selvatica provvedono gli organi istituiti per le corrispondenti funzioni “secondo le norme vigenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano” (articolo 4, cpv. 2-quater);

Ÿ        gli Istituti regionali, se istituiti, esprimono il parere (altrimenti di competenza dell’INFS) per l’autorizzazione regionale alla gestione degli impianti di cattura per l’inanellamento. Sempre se istituiti, inoltre, gli Istituti svolgono i compiti di controllo e di certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi e ricevono le comunicazioni, obbligatorie, di cattura o di rinvenimento di uccelli inanellati[4]; provvedono, quindi, ad informarne l’INFS (articolo 1).

 

Al riguardo, pur tenuto conto del carattere facoltativo della previsione di cui all’articolo 4, capoverso 2-bis, appare opportuno acquisire elementi di informazione – da parte del Governo - in ordine ai possibili effetti finanziari delle norme in esame, con particolare riferimento:

Ÿ         all’entità e all’imputazione delle spese di funzionamento degli Istituti regionali per la fauna selvatica;

Ÿ         all’estensione delle funzioni attribuite agli Istituti, rispetto alla quale andrebbero commisurate le risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all’espletazione dei relativi compiti.

In particolare, non è chiaro in quale misura le funzioni esercitate dai nuovi Istituti regionali si configurino come aggiuntive o sostitutive rispetto a quelle attualmente svolte dall’INFS;

Ÿ         all’eventuale venir meno – a seguito della costituzione di Istituti regionali - dei finanziamenti attualmente corrisposti all’INFS dalle regioni.

Tali finanziamenti potrebbero infatti essere progressivamente ridotti a seguito del mancato rinnovo delle convenzioni fra regioni e INFS previste dall’articolo 6 del D. lgs. 419/1999.

 I predetti elementi di informazione appaiono necessari anche al fine di chiarire se la facoltà di cui all’articolo 4, capoverso 2-bis, sia esercitabile - da parte delle regioni - nell’ambito delle risorse disponibili e, comunque, nel rispetto dei limiti di spesa imposti dal patto interno di stabilità.

 

ARTICOLO 5

Osservatorio nazionale per la fauna selvatica e gli habitat

La norma – introducendo nella legge 157/1992 il nuovo articolo 7-bis  – dispone l’istituzione, presso il Ministero delle politiche agricole, dell'Osservatorio nazionale per la fauna selvatica e gli habitat (ONFSH), composto da 9 membri[5] e presieduto dal  ministro delle politiche agricole o da un suo delegato.

All'Osservatorio sono attribuiti i seguenti compiti:

-            assicurare la raccolta, la convalida e la diffusione delle ricerche concernenti la fauna selvatica e i suoi habitat;

-            elaborare i metodi tecnici necessari alla buona conoscenza delle specie selvatiche e alla gestione programmata delle loro popolazioni;

-            formulare proposte per la messa in opera di sistemi informativi che consentano di armonizzare i dati raccolti;

-            contribuire alla valorizzazione e alla diffusione dei lavori realizzati in materia di conoscenza e di gestione delle specie selvatiche.

 

Al riguardo si osserva che l’istituzione di un organismo ministeriale – del quale peraltro la norma non precisa il regime di regolazione e di attribuzione delle spese - è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri, connessi sia al riconoscimento di emolumenti al personale sia alla fornitura delle dotazioni strumentali e logistiche necessarie per il funzionamento dell’organo[6].

 

ARTICOLO 6

Protezione della fauna selvatica e pianificazione faunistico-venatoria

Normativa vigente – L’articolo 10 della legge 157/1992 assoggetta tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata alla conservazione delle effettive capacità riproduttive e al conseguimento della densità ottimale delle specie. La pianificazione è realizzata dalle regioni e dalle province mediante la destinazione differenziata del territorio ed attraverso misure di protezione della fauna (divieti di caccia, provvedimenti atti ad agevolare la sosta e la riproduzione della fauna). Nelle zone non sottoposte a tutela le regioni promuovono forme di gestione programmata della caccia.

 

La norma integra l’articolo 10 della legge 157/1992  prevedendo, fra l’altro, quanto segue:

Ÿ        lo Stato e le regioni sono tenuti[7], nell'ambito delle rispettive competenze, a garantire il rispetto delle percentuali di territorio agro-silvo-pastorale da destinare a protezione della fauna selvatica (cpv. comma 3-bis); in caso di inosservanza dei limiti previsti, il ministro delle politiche agricole interviene in via sostitutiva (cpv. comma 3-ter);

Ÿ        sono ricompresi nelle aree sottoposte alla gestione programmata della caccia, e soggetti alla programmazione venatoria, i territori e le foreste del demanio statale, regionale e degli enti pubblici in genere (cpv. comma 6);

Ÿ        nelle zone destinate dai piani faunistico-venatori all’addestramento dei cani da caccia l'attività cinofila può essere svolta in ogni periodo dell'anno [cpv. comma 8, lettera e)];

 

Al riguardo, appare opportuno acquisire elementi di informazione al fine di chiarire se le disposizioni in esame possano determinare incrementi di spesa. In particolare, con riferimento all’obbligo introdotto dal nuovo comma 3-bis, andrebbe chiarito se gli adempimenti finalizzati a garantire il rispetto delle percentuali di territorio da destinare alla protezione della fauna selvatica possano risultare onerosi per le amministrazioni interessate.

Relativamente all’estensione delle aree sottoposte a gestione programmata della caccia, con l’inclusione dei territori del demanio statale, regionale e degli enti pubblici, andrebbe chiarito se tale ampliamento non richieda attività di cooperazione e di coordinamento fra enti pubblici attualmente non previste dalla normativa e suscettibili di generare un aumento delle strutture amministrative chiamate a adempiere ai relativi compiti. Un eventuale aggravamento degli adempimenti amministrativi sugli enti interessati potrebbe infatti determinare effetti onerosi, sia pure differiti nel tempo.

 

ARTICOLO 9

Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale

La normaattribuisce al Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale il compito di stabilire l’indice di densità venatoria minima sia a livello nazionale (comma 1, capoverso 3) che per la zona faunistica delle Alpi (comma 1, capoverso 4).

Al riguardo, si rammenta che il Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale svolge, ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 157 del 1992, compiti di organo tecnico consultivo. Il testo dell’articolo 9, novellando l’articolo 14 della suddetta legge, trasferisce dal Ministero delle politiche agricole al Comitato tecnico scientifico faunistico venatorio il compito di stabilire con cadenza triennale l’indice di densità venatoria minima sia a livello nazionale che per il territorio compreso nella zona faunistica delle Alpi.

Appare, quindi, necessario acquisire l’avviso del Governo in merito alla congruità delle risorse previste a legislazione vigente a far fronte a tali nuovi compiti. In proposito si rammenta che nel bilancio 2005 sono destinate al funzionamento del suddetto Comitato le risorse in conto residui e cassa di cui al capitolo 1935 del Ministero delle politiche agricole e le risorse di cui al capitolo 2827 del Ministero dell’economia e delle finanze recante un Fondo da ripartire per il funzionamento del suddetto Comitato, per la partecipazione italiana al Consiglio internazionale della caccia e della conservazione della selvaggina per la dotazione delle associazioni venatorie nazionali riconosciute.

 

ARTICOLO 14

Controllo della fauna selvatica

La norma – integrando l’articolo 19, comma 2, della legge 157/1992  –prevede che le misure di controllo della fauna selvatica stabilite dalla legge possano essere assunte dalle regioni anche al di fuori dei periodi e degli orari consentiti per l’attività venatoria.

 

Nulla da osservare, nel presupposto – sul quale appare opportuno acquisire la conferma del Governo – che le regioni possano far fronte all’estensione dell’arco temporale del controllo, prevista dalla norma in esame, nell’ambito delle risorse umane e strumentali già disponibili in base alla legislazione vigente.

 

ARTICOLO 17

Fondo di garanzia per le vittime della caccia

Normativa vigente – L’articolo 25 della legge 157/1992 ha istituito un Fondo di garanzia per le vittime della caccia e per il risarcimento dei danni a terzi causati dall’attività venatoria. Il Fondo è alimentato mediante versamenti annuali di una parte dei premi incassati dalle imprese assicurative sulla prescritta assicurazione per responsabilità civile[8]; la quota, determinata annualmente con decreto ministeriale, non può superare il limite massimo del 5% dei predetti premi. L’articolo 25 della legge 157/1992 prevede che il risarcimento possa intervenire – entro i limiti[9] previsti dal comma 2 – esclusivamente nei seguenti casi: qualora il cacciatore responsabile del danno non sia stato identificato; qualora il cacciatore non risulti coperto dalla prescritta assicurazione per responsabilità civile.

 

La norma prevede che il risarcimento a carico del Fondo di garanzia di cui all’articolo 25 della legge 157/1992  possa intervenire anche nel caso in cui il cacciatore responsabile del danno risulti assicurato presso un’impresa che si trovi in stato di liquidazione coatta amministrativa.

La disposizione precisa che nel caso in esame si applica l’articolo 25 della legge 990/1969 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per i veicoli a motore). Quest’ultima norma, relativamente ai limiti di  risarcibilità, opera un rinvio alla tabella attualmente contenuta nel DPR 19 aprile 1993 (Minimi di garanzia per l’assicurazione obbligatoria RC auto).

 

Al riguardo, appare opportuno un chiarimento, da parte del Governo, in ordine all’adeguatezza del Fondo di garanzia per fronteggiare l’estensione dei casi di risarcimento, prevista dalla norma in esame, nell’ambito del limite massimo ai versamenti annuali disposto dall’articolo 25 della legge 157/1992 (5% dei premi raccolti dalle imprese assicuratrici).

Si osserva, peraltro, che l’incremento dei massimali di copertura assicurativa previsto dall’articolo 7 del provvedimento in esame[10] potrebbe determinare un aumento della consistenza del Fondo di garanzia collegato ad una possibile crescita dei premi.

 

ARTICOLO 18

Risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e dall’attività venatoria

Normativa vigente – L’articolo 23 della legge 157/1992 autorizza le regioni ad istituire una tassa di concessione regionale per il rilascio dell’abilitazione all’esercizio venatorio, prevedendo finalità[11] e limiti all’entità del tributo. L’articolo 26 della stessa legge dispone che ciascuna regione costituisca un Fondo destinato alla prevenzione e ai risarcimenti per i danni arrecati alla produzione agricola dalla fauna selvatica e dall'attività venatoria; al Fondo affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'articolo 23.

 

La norma – sostituendo l’articolo 26 della legge 157/1992  – dispone quanto segue:

Ÿ        le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano costituiscono un Fondo per il contributo al risarcimento dei danni causati alle produzioni agricole e agli allevamenti dalla fauna selvatica ammessa al prelievo venatorio. Il Fondo è alimentato dalle tasse di concessione regionale versate annualmente per il rilascio e il rinnovo dell'abilitazione venatoria (cpv. art. 26, comma 2);

La disposizione in esame sembra innovare la legislazione vigente per i seguenti profili:

-            il Fondo risarcimento danni è unificato per tutte le regioni;

-            al Fondo partecipano anche le province autonome;

-            Il Fondo è alimentato esclusivamente dalle tasse di concessione regionale per l’autorizzazione alla caccia.

Ÿ        le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano incentivano la realizzazione di ripristini e di miglioramenti ambientali attraverso l'erogazione di contributi economici  (cpv. art. 26, comma 3). 

A tal fine le regioni e le province autonome stabiliscono le tipologie ammesse alla contribuzione e le modalità di erogazione.

 

Al riguardo, appare opportuno acquisire elementi di informazione in ordine ai seguenti profili:

Ÿ         riguardo al comma 2, andrebbe chiarito se le modifiche proposte possano alterare l’equilibrio finanziario del Fondo risarcimento danni.

Infatti, mentre da una parte la partecipazione delle province autonome alla costituzione del Fondo genera presumibilmente un incremento della relativa dotazione, dall’altra l’indicazione delle tasse di concessione regionale come fonte esclusiva di alimentazione del Fondo potrebbe determinare un effetto opposto.

Ÿ         riguardo al comma 3, si segnala che la previsione relativa all’incentivazione economica di interventi per miglioramenti ambientali è suscettibile di determinare nuovi oneri a carico delle regioni interessate.

In proposito andrebbe chiarita la portata applicativa della disposizione, in quanto essa sembrerebbe avere carattere obbligatorio. Appare inoltre opportuna una precisazione in ordine al rapporto fra la presente disposizione e l’articolo 23, comma 4, della legge 157/1992, che destina parte dei proventi della tassa di concessione regionale a finalità analoghe[12].

 



[1] Il testo, attualmente all’esame dell’Assemblea, deriva dall’unificazione di 12 proposte di legge in materia.

[2] Il comma 3 indica i seguenti compiti:

-            censimento e studio della fauna selvatica, anche nel rapporto con le componenti ambientali;

-            elaborazione di progetti di intervento ricostitutivo o migliorativo delle comunità animali e degli ambienti;

-            effettuazione e coordinamento delle attività di inanellamento a scopo scientifico sull'intero territorio nazionale;

-            collaborazione con gli organismi europei ed internazionali aventi analoghe finalità;

-            collaborazione con le università e con gli altri organismi di ricerca nazionali;

-            controllo e valutazione degli interventi faunistici operati dalle regioni;

-            formulazione dei pareri tecnico-scientifici richiesti dallo Stato e dalle regioni.

[3] Si tratta, in particolare, delle seguenti norme: art. 1 (Protezione della Fauna selvatica.); art. 5 (Detenzione e utilizzo dei richiami vivi); art. 10 (Piani faunistico-venatori); art. 11 (Zona faunistica delle Alpi); art. 16 (Aziende faunistico-venatorie); art. 18 (Specie cacciabili e periodi di attività venatoria); art. 19 (Controllo della fauna selvatica); art. 19-bis (Deroghe relative alla conservazione degli uccelli selvatici); art. 20 (Introduzione di fauna selvatica dall'estero); art. 21 (Divieti).

[4] Anche questi compiti spettano attualmente all’Istituto nazionale per la fauna selvatica, rispetto al quale subentrerebbero gli Istituti regionali solo se istituiti (poiché, come previsto dal articolo 4  cpv. 2-bis,  l’istituzione degli organismi regionali è facoltativa).

[5] L’Osservatorio è composto dai seguenti 9 membri: 1 rappresentante nominato dal Ministro delle politiche agricole; 1 rappresentante nominato dal Ministro dell'ambiente; 1 rappresentante degli Istituti regionali per la fauna selvatica nominato dalla Conferenza permanente Stato-regioni; il presidente dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica; 1 rappresentante nominato dal Consiglio nazionale delle ricerche; 3 rappresentanti di atenei nominati dal Consiglio universitario nazionale; il rappresentante italiano nel Comitato per l'adeguamento alla direttiva sulla conservazione dell'avifauna selvatica.

[6] Si ricorda in proposito che l’articolo 18, comma 1 (Riordino degli organismi collegiali), della legge 448/2001  (legge finanziaria 2002) dispone fra l’altro il divieto per le pubbliche amministrazioni - a fini del contenimento della spesa - di istituire organismi collegiali, ad eccezione di quelli di carattere tecnico e ad elevata specializzazione indispensabili per la realizzazione di obiettivi istituzionali non perseguibili attraverso l'utilizzazione del proprio personale.

[7] Entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

[8] Ai sensi dell’articolo 12, comma 8, della stessa legge 157/1992, l’assicurazione per responsabilità civile è obbligatoria per tutti i cacciatori. Si ricorda che l’articolo 7 del provvedimento in esame prevede un incremento dei massimali di copertura per danni a persone e cose stabiliti dal richiamato articolo 12.

[9] Tali limiti riguardano la gravità minima dei danni procurati dal cacciatore e i massimali di copertura per la responsabilità civile verso terzi.

[10] V. nota 8.

[11] In particolare, il comma 4 dell’articolo 23 prevede che proventi della tassa siano utilizzati, fra l’altro, per il finanziamento o il concorso al finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio che contemplino la creazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica, la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica, l'adozione di forme di lotta integrata, il ricorso a tecniche colturali non pregiudizievoli per l'ambiente, la valorizzazione agri-turistica di percorsi per l'accesso alla natura,  la manutenzione dei boschi.

[12] V. nota precedente.