XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento lavoro | ||
Titolo: | Disciplina delle forme pensionistiche complementari - Schema di D.lgs. n. 522 - art. 1, co. 1, co. 2, lett. e), h), i), l), v) e co. 44, L. 243/2004 | ||
Serie: | Pareri al Governo Numero: 449 | ||
Data: | 13/07/05 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | XI-Lavoro pubblico e privato | ||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
pareri al governo |
Disciplina delle forme Schema di D.Lgs. n. 522 (art.
1, co. 1, co. 2, lett. e), h), i), l), v) |
n. 449
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13 luglio 2005 |
Camera dei deputati
Il dossier è stato redatto con la collaborazione dei Dipartimenti Finanze e Giustizia.
Dipartimento Lavoro
SIWEB
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File: LA0578.doc
INDICE
Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Conformità con la norma di delega
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Rispetto degli altri princìpi costituzionali
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
§ Impatto sui destinatari delle norme
§ L’evoluzione della previdenza complementare
§ Articolo 1 (Ambito di applicazione e definizioni)
§ Articolo 3 (Istituzione delle forme pensionistiche complementari)
§ Articolo 4 (Costituzione dei fondi pensione e autorizzazione all’esercizio)
§ Articolo 5 (Partecipazione negli organi di amministrazione e di controllo e responsabilità)
§ Articolo 6 (Regime delle prestazioni e modelli gestionali)
§ Articolo 7 (Banca depositaria)
§ Articolo 10 (Misure compensative per le imprese)
§ Articolo 12 (Fondi pensione aperti)
§ Articolo 13 (Forme pensionistiche individuali)
§ Articolo 15 (Vicende del fondo pensione)
§ Articolo 16 (Contributo di solidarietà)
§ Articolo 17 (Regime tributario delle forme pensionistiche complementari)
§ Articoli 18 e 19 (Vigilanza sulle forme pensionistiche complementari. Compiti della COVIP)
§ Articolo 21 (Abrogazioni e modifiche)
§ Articolo 22 (Disposizioni finanziarie)
§ Articolo 23 (Entrata in vigore e norme transitorie)
Schema di D.Lgs. n. 522
Disciplina delle forme pensionistiche complementari
Allegato
La previdenza complementare: principali aspetti quantitativi
Normativa di riferimento
§ Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 76, 87 e 117)
§ Codice Civile (artt. 20, 21, 36, 2117, 2120, 2392-2396, 2407, 2621)
§ R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827 Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale (art. 128)
§ R.D. 16 marzo 1942, n. 267 Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa (art. 103)
§ D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle Pubbliche Amministrazioni (artt. 1 e 2)
§ L. 30 aprile 1969, n. 153 Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale (artt. 12 e 69)
§ D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili (art. 3)
§ D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi (artt. 23, 24, 26)
§ D.L. 8 aprile 1974, n. 95 Disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari (art. 1)
§ L. 24 gennaio 1978, n. 14 Norme per il controllo parlamentare sulle nomine negli enti pubblici
§ L. 24 novembre 1981, n. 689 Modifiche al sistema penale (art. 16)
§ L. 29 maggio 1982, n. 297 Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica (art. 2)
§ L. 23 marzo 1983, n. 77 Istituzione e disciplina dei fondi comuni d'investimento mobiliare (artt. 1, 6, 9, 10-ter)
§ D.L. 30 settembre 1983, n. 512 Disposizioni relative ad alcune ritenute alla fonte sugli interessi e altri proventi di capitale (art. 11-bis)
§ D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (artt. 10, 12, 17, 20, 44, 50, 52, 63, 105)
§ D.M. Lavoro 9 febbraio 1988 Adeguamento del contributo dovuto al Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto.
§ L. 23 agosto 1988, n. 400 Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 3)
§ L. 7 agosto 1990, n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (solo titolo)
§ D.L. 29 marzo 1991, n. 103 Disposizioni urgenti in materia previdenziale (art. 9-bis)
§ D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 84 Attuazione delle direttive n. 85/611/CEE e n. 88/220/CEE, relative agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari, operanti nella forma di società di investimento a capitale variabile (SICAV) (art. 14)
§ D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80 Attuazione della direttiva 80/987/CEE in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro (artt. 4, 5)
§ L. 23 ottobre 1992, n. 421 Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale (art. 3)
§ D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124 Disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera v), della L. 23 ottobre 1992, n. 421
§ L. 14 agosto 1993, n. 344 Istituzione e disciplina dei fondi comuni di investimento mobiliare chiusi (art. 11)
§ D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (artt. 23, 70-97-bis, 145)
§ D.M. Lavoro 23 giugno 1994 Determinazione dei criteri di accertamento della situazione di squilibrio finanziario per le forme pensionistiche complementari gestite in via prevalente secondo il sistema tecnico-finanziario della ripartizione
§ D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509 Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza
§ D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 174 Attuazione della direttiva 92/96/CEE in materia di assicurazione diretta sulla vita (art. 2, Allegato 1 tabella)
§ L. 8 agosto 1995, n. 335 Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare (artt. 3, 13)
§ D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103 Attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione
§ D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 565 Attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 33, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di riordino della disciplina della gestione «Mutualità pensioni» di cui alla L. 5 marzo 1963, n. 389
§ D.M. Tesoro 21 novembre 1996, n. 703 Regolamento recante norme sui criteri e sui limiti di investimento delle risorse dei fondi di pensione e sulle regole in materia di conflitto di interessi.
§ L. 23 dicembre 1996, n. 662 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica (art. 2, co. 100))
§ D.M. Lavoro 14 gennaio 1997, n. 211 Regolamento recante norme sui requisiti formali costitutivi, sugli elementi essenziali statutari, sui requisiti di onorabilità e professionalità dei componenti degli organi e sulle procedure per l'autorizzazione all'esercizio dei fondi pensione gestori di forme di previdenza complementare
§ L.R. 27 febbraio 1997, n. 2 Norme transitorie per il conseguimento dell'abilitazione alle funzioni di segretario comunale
§ L.R. 26 giugno 1997, n. 22 Interventi per promuovere e sostenere i fondi pensione a base territoriale regionale
§ D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni (artt. 17-29)
§ D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461 Riordino della disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi, a norma dell'articolo 3, comma 160, della L. 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 8)
§ L. 27 dicembre 1997, n. 449 Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica (art. 1)
§ D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52 (artt. 1, 13, 38)
§ L. 9 dicembre 1998, n. 431 Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo
§ D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 299 Trasformazione in titoli del trattamento di fine rapporto a norma dell'articolo 71, commi 1 e 2, della L. 17 maggio 1999, n. 144
§ D.P.C.M. 20 dicembre 1999 Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi pensione dei pubblici dipendenti
§ D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361 Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto (n. 17 dell'allegato 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59)
§ L.R. 15 febbraio 2000, n. 1 Disposizioni in materia di personale regionale e di organizzazione degli uffici regionali, di lavori pubblici, urbanistica, edilizia residenziale pubblica e risorse idriche, di previdenza, di finanza e di contabilità regionale, di diritto allo studio, di pari opportunità tra uomo e donna, di agricoltura, di commercio, di ricostruzione, di sanità, di disciplina delle nomine di competenza regionale in Enti ed Istituti pubblici e di riduzione del prezzo alla pompa delle benzine nel territorio regionale (artt. 31-35)
§ D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47 Riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare, a norma dell'articolo 3 della L. 13 maggio 1999, n. 133 (art. 1, comma 2)
§ D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (artt. 1, 3, 40-50)
§ D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A) (art. 3)
§ Direttiva 3 giugno 2003 n. 2003/41/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali
§ D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30
§ L.R. 27 febbraio 2004, n. 2 Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2004 (art. 10)
§ L. 23 agosto 2004, n. 243 Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria (Artt. 1, 50).
§ L. 30 dicembre 2004, n. 311 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (art. 1, comma 209)
§ D.L. 14 marzo 2005, n. 35 Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (artt. 4, comma 1, lett. a-ter, 13)
§ L. 25 giugno 2005, n. 109 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 26 aprile 2005, n. 63, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo e la coesione territoriale, nonché per la tutela del diritto d'autore. Disposizioni concernenti l'adozione di testi unici in materia di previdenza obbligatoria e di previdenza complementare (art. 2)
Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa
Numero dello schema di decreto legislativo |
522 |
Titolo |
Disciplina delle forme pensionistiche complementari |
Norma di delega |
Legge 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, co. 1, co. 2, lett. e), h), i), l), v) e co. 44 |
Settore d’intervento |
Previdenza |
Numero di articoli |
23 |
Date |
|
§ presentazione |
7 luglio 2005 |
§ assegnazione |
7 luglio 2005 |
§ termine per l’espressione del parere |
6 agosto 2005 |
§ scadenza della delega |
6 ottobre 2005 |
Commissione competente |
XI (Lavoro) |
Rilievi di altre Commissioni |
V (Bilancio) |
Lo schema di decreto legislativo in esame, che riordina il sistema della previdenza complementare in Italia, è predisposto in attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, comma 2, lettere e), h), i), l) e v) e comma 44 della legge n. 243 del 2004, legge per la riforma del sistema previdenziale.
Si ricorda che le principali finalità della delega sono rappresentate dalle seguenti:
- adozione di misure finalizzate ad incrementare l'entità dei flussi di finanziamento alle forme pensionistiche complementari;
- perfezionamento dell'unitarietà e dell'omogeneità del sistema di vigilanza sull'intero settore della previdenza complementare;
- ridefinizione della disciplina fiscale della previdenza complementare;
- previsione, per tutte le forme pensionistiche complementari, di esposizione, nel rendiconto annuale e, in modo sintetico, nelle comunicazioni inviate all'iscritto, se ed in quale misura siano presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali nella gestione delle risorse finanziarie derivanti dalle contribuzioni degli iscritti.
L’articolo 1 procede ad una definizione dell’ambito di applicazione del decreto legislativo e della nozione di forme pensionistiche complementari.
L’articolo 2 individua le categorie di lavoratori che possono aderire a forme pensionistiche complementari, facendo riferimento anche alle nuove figure di lavoratori subordinati e autonomi introdotte dal decreto legislativo n. 276 del 2003, di riforma del mercato del lavoro, e stabilisce quali tipologie di forme pensionistiche complementari possono essere istituite per i soggetti indicati nell’articolo medesimo.
L’articolo 3 indica le modalità di istituzione delle forme pensionistiche complementari, confermando la vigente disciplina e aggiungendo il riferimento alla possibilità di istituire fondi pensione da parte delle casse di previdenza privatizzate.
L’articolo 4 dispone in merito alla costituzione dei fondi pensione e all’autorizzazione all’esercizio della relativa attività. Si prevede che i fondi pensione possono costituirsi come associazioni (ai sensi dell’articolo 36 del codice civile) o come soggetti dotati di personalità giuridica. Rispetto alla vigente disciplina, si procede ad una semplificazione del procedimento di riconoscimento della personalità giuridica, ricondotta direttamente al provvedimento di autorizzazione della COVIP. Inoltre si dispone una riduzione dei termini del procedimento di autorizzazione di competenza della COVIP e si introducono sanzioni per l’esercizio dell’attività senza le prescritte autorizzazioni.
L’articolo 5 dispone in merito agli organi amministrativi e di controllo dei fondi pensione e alla relativa responsabilità. Si conferma che tale composizione, ad eccezione dei fondi pensione aperti e delle forme pensionistiche individuali, deve rispettare il criterio della partecipazione paritetica di rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro. Vengono, inoltre, dettate disposizioni che riguardano i requisiti richiesti per rivestire la carica di responsabile della forma pensionistica, nonché una serie di adempimenti funzionali ad una corretta gestione della forma pensionistica e ad un controllo da parte dell’organo di vigilanza.
L’articolo 6 dispone in merito ai modelli gestionali, anche in considerazione del regime delle prestazioni. Si prevede che i fondi pensione gestiscono le risorse mediante : convenzione con società autorizzate alla gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, oppure con imprese assicurative o con società di gestione del risparmio; sottoscrizione o acquisizione di azioni o quote di società immobiliari nelle quali il fondo pensione può detenere partecipazioni; sottoscrizione e acquisizione di quote di fondi comuni di investimento mobiliare. Si dispone inoltre che Il processo di selezione dei gestori deve essere condotto secondo le istruzioni emanate dalla COVIP e comunque in modo da garantire la trasparenza del procedimento e la coerenza tra obiettivi e modalità gestionali, decisi preventivamente dagli amministratori, e i criteri di scelta dei gestori. Si prevedono limitazioni riguardo agli investimenti finanziari dei fondi pensione e, in particolare, è disposto il divieto di concedere o assumere prestiti.
L’articolo 7 concerne la banca depositaria, presso la quale sono depositate le risorse dei fondi, affidate in gestione, e che esegue le istruzioni impartite dal soggetto gestore del patrimonio del fondo.
L’articolo 8, di particolare rilevanza, introduce sostanziali novità per il finanziamento della previdenza complementare. E’ innanzitutto stabilito che, per tutte le forme pensionistiche complementari, il finanziamento può essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente e attraverso il conferimento del TFR maturando. Si prevede la deducibilità entro certi limiti dal reddito complessivo dei contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro. La disposizione di maggiore novità riguarda il conferimento del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari, che può avvenire secondo modalità esplicite o tacite. Per quanto riguarda queste ultime, si prevede che, nel caso in cui il lavoratore, entro 6 mesi dalla data di prima assunzione (o, per i già assunti, entro sei mesi dal 1° gennaio 2006), non esprima alcuna volontà, a decorrere dal mese successivo, secondo un meccanismo di “silenzio-assenso”, il datore di lavoro trasferisca il TFR maturando alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi.
L’articolo 9 provvede ad istituire presso l’INPS una forma pensionistica complementare residuale, a cui affluiscono le quote di TFR maturando in caso di mancato accordo tra le parti sociali e in assenza di una forma pensionistica complementare della quale i lavoratori siano destinatari.
L’articolo 10 prevede misure compensative per le imprese, che consistono sia in agevolazioni fiscali e contributive sia nella maggiore facilità di accesso al credito.
L’articolo 11, che riguarda le prestazioni delle forme pensionistiche complementari, provvede in primo luogo a ridefinire i requisiti e le modalità di accesso alle stesse. Il diritto alle prestazioni si acquisisce nello stesso momento in cui maturano i requisiti di accesso alle prestazioni della previdenza pubblica. Si individuano anche i casi in cui si può chiedere un’anticipazione per particolari esigenze.
L’articolo 12 disciplina l’attività dei fondi pensione aperti, istituibili da parte dei soggetti con cui è possibile stipulare convenzioni per la gestione delle risorse dei fondi pensione. Le adesioni ai fondi pensione aperti, ai quali può essere destinato, oltre il TFR, anche la contribuzione a carico del datore di lavoro alla quale il lavoratore abbia diritto, avviene, oltre che su base individuale, anche su base collettiva.
L’articolo 13, intitolato alle forme pensionistiche individuali, prevede che tali forme sono attuate, oltre che attraverso l’adesione ai fondi pensione aperti, mediante la stipula di contratti di assicurazione sulla vita con imprese di assicurazioni autorizzate dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP). Si dettano una serie di disposizioni volte a garantire i sottoscrittori.
L’articolo 14 è dedicato alla portabilità della posizione individuale e alla disciplina delle prestazioni consentite in caso di cessazione dei requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare. In particolare il trasferimento ad altra forma pensionistica dell’intera posizione individuale è reso possibile in minor tempo (al decorrere di due anni, contro i tre o i cinque attuali, a seconda della fattispecie).
L’articolo 15, relativo alle vicende del fondo pensione, dispone per i casi di scioglimento o liquidazione del fondo pensione, confermando in pratica la vigente disciplina.
L’articolo 16, riordina la materia concernente il contributo di solidarietà del 10% previsto in favore della previdenza obbligatoria sulle somme a carico del datore di lavoro destinate a finalità di previdenza complementare.
L’articolo 17 riordina dettagliatamente il regime tributario delle forme pensionistiche complementari, utilizzando come criterio-base l’assoggettamento dei fondi pensione ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura dell'11 per cento, che si applica sul risultato netto maturato in ciascun periodo d'imposta.
Gli articoli 18 e 19 dispongono in merito alla vigilanza sulle forme pensionistiche complementari e quindi ai compiti della COVIP. L’esercizio delle funzioni di alta vigilanza sul settore spetta al Ministero del lavoro e delle politiche sociali mediante l’adozione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di direttive generali in materia. Nella COVIP sono concentrate le attività di vigilanza in riferimento a tutte le forme pensionistiche collettive e individuali previste dall’ordinamento, al fine di perfezionare l’unitarietà e l’omogeneità del complessivo sistema di vigilanza, attribuendo alla Commissione anche il compito di impartire disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali per tutte tali forme e di vigilare sulle modalità di offerta al pubblico di tutti i predetti strumenti previdenziali.
L’articolo 20 riguarda le forme pensionistiche complementari istituite alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (i cosiddetti fondi “preesistenti”), disponendo che debbano adeguarsi alle nuove disposizioni secondo criteri e termini stabiliti con decreto ministeriale.
L’articolo 21 provvede alle necessarie abrogazioni e modifiche.
L’articolo 22 prevede la spesa di 17 milioni di euro per la realizzazione di campagne informative intese a promuovere adesioni consapevoli alle forme pensionistiche complementari.
L’articolo 23 infine dispone in merito all’entrata in vigore della riforma.
Oltre alla Relazione illustrativa, è allegata la Relazione tecnica sugli oneri finanziari positivamente verificata dalla Ragioneria dello Stato.
Si evidenzia la particolarità per cui la delega non si limita a novellare il decreto legislativo n. 124 del 1993, che attualmente in sostanza contiene la disciplina dei fondi pensione, ma predispone un nuovo testo organico di disciplina della previdenza complementare, che contiene (citando al relazione di accompagnamento) “non solo le norme derivate dall’esercizio della deleghe sopra citate, ma anche le indispensabili modifiche, correzioni, ampliamenti e abrogazioni richieste dal nuovo assetto del sistema”. Contestualmente si prevede l’abrogazione del decreto legislativo n. 124 del 1993.
Talvolta le ulteriori “modifiche, correzioni, ampliamenti e abrogazione” a cui si riferisce la relazione non appaiono pienamente compatibili con i principi di delega.
All’articolo 5, comma 4, la previsione secondo cui i membri dell’organo di sorveglianza sono designati dai soggetti istitutori dei fondi appare in contrasto con il principio di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), numero 6) della legge delega, che sembra invece voler confermare la previsione secondo cui la composizione dell’organo di sorveglianza debba rispettare i criteri della composizione ripartita (partecipazione paritetica) di cui all’articolo 5, comma 1, della legge n. 124 del 1993.
L’articolo 10, comma 3, prevede l’istituzione con decreto ministeriale di un Fondo di garanzia per l’accesso al credito. La dotazione finanziaria del fondo è peraltro rimessa ad un successivo provvedimento legislativo.
Occorre valutare se il rinvio ad un successivo provvedimento legislativo della determinazione delle risorse da assegnare al fondo sia conforme alla previsione dell’art. 1, comma 42, della legge di delega – che prevede che i decreti legislativi la cui attuazione determini nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie - e, più in generale, al disposto dell’articolo 81 della Costituzione, tenendo presente che l’istituzione del Fondo costituisce diretta attuazione del principio di delega di cui all’art. 1, comma 2, lettera e), numero 9) (per un esame più dettagliato della questione si rinvia alla relativa scheda di lettura). Peraltro poiché tale principio di delega subordina il conferimento del t.f.r. ai fondi pensione all’assenza di oneri per le imprese, attraverso adeguate compensazioni in termini (tra l’altro) di facilità di accesso al credito, l’istituzione e il finanziamento del Fondo di garanzia dovrebbe aver luogo, al fine di renderlo operativo, entro l’entrata in vigore del decreto legislativo (1° gennaio 2006). Conseguentemente, al fine di evitare eventuali profili di illegittimità costituzionale per eccesso di delega, il decreto istitutivo e il provvedimento legislativo per la dotazione finanziaria dovrebbero entrare in vigore entro il 1° gennaio 2006.
All’articolo 11, andrebbe valutato se rientra nei limiti della delega la modifica dei requisiti per il diritto alla prestazione pensionistica complementare. Difatti, mentre la normativa vigente prevede un regime differenziato per le prestazioni pensionistiche di anzianità e di vecchiaia, il decreto legislativo prevede il diritto alla pensione complementare alla maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni del regime obbligatorio di appartenenza.
Allo stesso articolo andrebbe valutato inoltre il rispetto dei limiti della delega per quanto riguarda le modalità di erogazione delle prestazioni (comma 3), la possibilità di anticipare l’accesso alle prestazioni (comma 4), le prestazioni ai superstiti (comma 5), e i casi e le modalità di anticipazione delle prestazioni (comma 7).
Allo stesso articolo, al comma 10, andrebbe verificato il rispetto del principio di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), numero 10) della legge delega, per quanto riguarda la non assoggettabilità a vincoli di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità delle somme oggetto di anticipazione.
All’articolo 14, andrebbe verificato il rispetto dei limiti della delega per quanto riguarda le modifiche relative al riscatto della posizione individuale (comma 2) e al riscatto in caso di morte dell’iscritto (comma 3).
Lo schema di decreto rientra nella materia della «previdenza complementare e integrativa», attribuita alla competenza concorrente tra Stato e regioni ai sensi dell’art. 117, comma terzo, della Costituzione. Si ricorda che nelle materie di competenza concorrente lo Stato deve limitarsi a dettare i principi fondamentali della materia, mentre è di competenza delle regioni dare attuazione a tali principi con la disciplina di dettaglio.
Poiché viene riformata sostanzialmente la disciplina della previdenza complementare, andrebbe attentamente valutato se in effetti il provvedimento rispetti le competenze legislative attribuite alle regioni. A tal fine sono da considerare i singoli aspetti della materia su cui il provvedimento interviene. Difatti la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha chiarito che per verificare il rispetto della ripartizione delle competenze tra Stato e regioni non bisogna considerare solamente in astratto la materia disciplinata, quanto gli aspetti e i profili che il legislatore disciplina in concreto e che ben possono riguardare altre materie della elencazione e ripartizione effettuata dall’articolo 117 della Costituzione.
In sostanza, nel caso in esame, sembrano rientrare nella competenza esclusiva dello Stato le previsioni di modifica della disciplina vigente relative al finanziamento dei fondi pensione, con particolare riferimento alla destinazione del TFR alle forme pensionistiche complementari. Trattandosi della utilizzazione del TFR, tale disciplina sembra rientrare nella materia dell’”ordinamento civile” di cui alla lettera l) dell’articolo 117, comma 2.
Stesso discorso può farsi per le modifiche relative alla disciplina degli organi amministrativi e di controllo dei fondi pensione e alla relativa responsabilità, che rientrano ugualmente nella materia “ordinamento civile”.
Rientrano ugualmente nella competenza esclusiva dello Stato: le modifiche alla disciplina tributaria (“sistema tributario e contabile dello Stato”); le disposizioni relative ai compiti e alla composizione della COVIP (“ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”), alla vigilanza sulle forme pensionistiche complementari e alla trasparenza e alla garanzia degli aderenti (“tutela del risparmio e mercati finanziari”).
Il provvedimento, essendo volto ad incentivare la previdenza integrativa in considerazione della riduzione del “tasso di sostituzione” a seguito del passaggio al metodo contributivo di calcolo della pensione, appare coerente con l’articolo 38 della Costituzione, secondo cui i lavoratori hanno diritto a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, tra l’altro, nel caso di invalidità e vecchiaia.
Il provvedimento, introducendo norme volte ad assicurare trasparenza finanziaria e una più efficace vigilanza sulla gestione dei fondi, appare attuativo anche dell’articolo 47, comma 1, della Costituzione, secondo cui “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme”.
La Commissione ha inviato all’Italia, il 13 ottobre 2004, un parere motivato[1] nel quale rileva che la disciplina fiscale dei contributi ai fondi previdenziali e assicurativi (segnatamente di cui al D.Lgs. n. 124/93 recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, al D.Lgs. n. 47/2000 “Riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare”, e al D.P.R. n. 917/86 recante il testo unico delle imposte sui redditi - TUIR) presenta profili di discriminazione nei confronti dei fondi e delle imprese assicuratrici stabiliti all’estero[2].Secondo la Commissione,le norme in questione comporterebbero, infatti, la limitazione della deducibilità ai soli contributi versati ai fondi pensione italiani (ovvero quelli costituiti in conformità alle disposizioni del codice civile italiano e, se del caso, riconosciuti dalle autorità amministrative nazionali), con l’esclusione di quelli versati a fondi pensione aventi sede all’estero.
Ciò, secondo la Commissione, dissuaderebbe gli interessati ad affiliarsi alle imprese e fondi di previdenza stabiliti in altri Stati membri e disincentiverebbe questi ultimi a offrire i propri servizi previdenziali in Italia. Si configurerebbe, pertanto, la violazione del principio di libera prestazione dei servizi, sancito dall’art. 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea. Per altro, la normativa italiana costituirebbe una violazione anche della libertà di circolazione dei lavoratori dipendenti (art. 39 TCE) e della libertà di stabilimento di quelli autonomi (art. 43). Infatti, coloro che, avendo esercitato un’attività professionale in un altro Stato membro ed essendo iscritti ad un regime di previdenza complementare in tale Stato, si trasferiscano per lavoro in Italia, non sarebbero ammessi a beneficiare dello stesso trattamento fiscale riconosciuto ai contributi versati ai fondi italiani. Infine, nella misura in cui i trasferimenti effettuati dai lavoratori ai fondi pensione rappresentano movimenti di capitale, l’esclusione del beneficio della deducibilità per i versamenti ai fondi pensione stranieri costituirebbe una violazione del principio di libera circolazione dei capitali, sancito dall’art. 56 del TCE.
La Commissione rileva che, per le stesse osservazioni, si configurerebbero violazioni degli articoli omologhi dell’Accordo sullo Spazio economico e europeo (artt. 28, 31, 36 e 40).
Il 7 maggio 2004 la Commissione europea ha avviato un procedimento formale di indagine in materia di aiuti di Stato[3] sugli sgravi fiscali previsti dall’art. 12 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269[4], attraverso la riduzione dell’aliquota di imposta (dal 12,5% al 5%) per gli organismi di investimento collettivo dei valori mobiliari (Oicvm) che investono il proprio patrimonio in società quotate di piccola e media capitalizzazione[5].
La Commissione ritiene che le misure in questione concedono un vantaggio di entità equivalente all’importo non riscosso dell’imposta sostitutiva sui redditi di capitale degli strumenti di investimento specializzati, quantificabile ad un livello equivalente al 7,5% del risultato netto di gestione di tali strumenti. La Commissione rileva, inoltre, che le disposizioni in causa sembrano offrire un vantaggio indiretto in particolare agli strumenti di investimento specializzati in quanto, aumentandone i proventi al netto delle tasse, per qualunque reddito al lordo d’imposta, favorisce la domanda da parte degli investitori di azioni dei suddetti strumenti, agevolando così il loro accesso ai capitali. Secondo la Commissione l’art. 12 del DL 269/2003 sembra altresì conferire un vantaggio selettivo agli strumenti di investimento specializzati stranieri rispetto a quelli italiani e agli OICVM non specializzati, in quanto accorderebbe ai fondi pensione una riduzione del livello dell’imposta sostitutiva al 5% esclusivamente per i proventi derivanti da strumenti di investimento specializzati di diritto estero, mentre i proventi derivanti da strumenti italiani del medesimo tipo, assoggettati ad imposta sostituiva del 5%, sono gravati da un onere fiscale effettivo dell’11%. La Commissione rileva, infine, che non tutti i tipi di investimento potrebbero usufruire dei benefici fiscali, considerando che, ad esempio, i fondi chiusi investono solitamente i propri capitali in piccole e medie imprese non quotate in borsa.
La recente riforma del Patto di stabilità e crescita[6], attuata con l’approvazione il 27 giugno 2005 di alcune modifiche[7] ai regolamenti 1466/97[8] e 1467/97[9] annette particolare importanza, nelle valutazioni relative alla procedura per disavanzi eccessivi, all’attuazione di riforme pensionistiche che introducano un sistema multipilastro comprendente un pilastro obbligatorio finanziato integralmente.
In particolare, le modifiche introdotte al regolamento 1466/97 prevedono che:
- un'attenzione particolare sia prestata alle riforme delle pensioni che introducono un sistema multipilastro comprendente un pilastro obbligatorio, finanziato a capitalizzazione;
- agli Stati membri che attuano simili riforme sia consentita una maggiore gradualità nel percorso di aggiustamento verso il loro obiettivo di bilancio a medio termine (di regola un bilancio in attivo o prossimo al pareggio) o nella fissazione dell'obiettivo stesso, in modo che rispecchi il costo netto della riforma del pilastro a gestione pubblica. Tale deviazione rispetto all’obiettivo deve essere temporanea e assicurare un opportuno margine di sicurezza rispetto al valore di riferimento del disavanzo.
Analogamente, sono state modificate le disposizioni del regolamento (CE) n. 1467/97, prevedendo che:
- in tutte le valutazioni finanziarie nel quadro della procedura di disavanzo eccessivo la Commissione e il Consiglio tengano nella debita considerazione l'attuazione di riforme delle pensioni che introducono un sistema multipilastro comprendente un pilastro obbligatorio, finanziato a capitalizzazione.
- nel caso di Stati membri il cui disavanzo superi il valore di riferimento (3% del PIL), pur rimanendo prossimo ad esso, e qualora tale superamento rispecchi l'attuazione di riforme delle pensioni che introducono un sistema multipilastro comprendente un pilastro obbligatorio, finanziato a capitalizzazione, la Commissione e il Consiglio, nel valutare l'evoluzione delle cifre del disavanzo nell'ambito della procedura di disavanzo eccessivo, prendano in considerazione anche il costo della riforma per il pilastro pubblico. A tal fine, si tiene conto del costo netto della riforma in maniera linearmente decrescente per un periodo transitorio di cinque anni.
La Commissione ha avviato, il 15 settembre 2003, la seconda fase di consultazione delle parti sociali sul possibile contenuto di un’azione comunitaria in materia di trasferibilità dei diritti alla pensione complementare (SEC (2003) 916)[10].
Dopo una prima fase di consultazione conclusa nel corso del 2002, le parti sociali hanno concordato sulla necessità di un’azione a livello comunitario per garantire che i lavoratori non perdano diritti a pensione quando cambiano lavoro. La seconda fase di consultazione invita le parti sociali ad avanzare proposte quanto al possibile contenuto e portata di tali misure a livello comunitario.
La Commissione, ritenendo che l’assenza di misure che garantiscano il trasferimento dei diritti a pensione complementare costituisca un ostacolo alla libera circolazione delle persone e alla realizzazione del mercato interno nel settore delle pensioni professionali, si è dichiarata favorevole a un’iniziativa legislativa che determini i requisiti minimi da rispettare per migliorare il trasferimento dei diritti a pensione complementare nell’Unione europea.
Tali requisiti minimi, che andrebbero applicati progressivamente, dovrebbero facilitare l’acquisizione dei diritti a pensione professionale, garantire una protezione adeguata dei diritti accumulati dai lavoratori che abbandonano prematuramente il loro regime pensionistico, semplificare il trasferimento dei diritti a pensione acquisiti e garantire una informazione adeguata degli affiliati in caso di mobilità professionale.
La Commissione ha invitato le parti sociali, in particolare, a negoziare una convenzione collettiva su scala europea che preveda disposizioni più favorevoli alla mobilità in materia di pensione professionale.
Si ricorda, inoltre, che sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 24 marzo 2005 è stata pubblicata la direttiva 2005/1/CE, che istituisce una nuova struttura organizzativa per i comitati del settore dei servizi finanziari, estendendo, tra gli altri, anche al settore delle pensioni aziendali e professionali il modello Lamfalussy[11]. In particolare, sono stati istituiti il comitato europeo delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPC), composto da rappresentanti ad alto livello degli Stati membri, ed il comitato delle autorità europee di vigilanza sulle assicurazioni e sulle pensioni (CEIOPS), composto da rappresentanti delle autorità in questione. Tali comitati assistono la Commissione europea sia nella predisposizione delle proposte legislative che nell’esercizio dei suoi poteri di esecuzione.
Entro il 15 luglio 2005 gli Stati membri presenteranno, nell’ambito del metodo di coordinamento aperto[12], la seconda tornata di relazioni sulle strategie nazionali in materia di pensioni.
Sulla base delle relazioni strategiche nazionali[13] la Commissione e il Consiglio hanno presentato, nel marzo 2003, la prima relazione congiunta in materia di pensioni adeguate e sostenibili,accolta con favore dal Consiglio europeo del 20-21 marzo 2003, che ha invitato a proseguire l’applicazione del metodo di coordinamento aperto nel settore pensionistico, nonché a riesaminare nel 2006 i progressi compiuti anche per i nuovi Stati membri.
Con il metodo di coordinamento aperto l’Unione europea intende perseguire nel settore delle pensioni undici obiettivi comuni nel quadro di tre grandi princìpi:
- tutelare la capacità dei sistemi di conseguire gli obiettivi sociali prestabiliti: 1. prevenire l’esclusione sociale; 2. consentire alle persone di mantenere il proprio standard di vita; 3. promuovere la solidarietà (fra le generazioni, fra la popolazione anziana);
- mantenere la sostenibilità finanziaria: 4. innalzare i livelli occupazionali; 5. allungare la vita lavorativa; 6. rendere il sistema pensionistico sostenibile in un contesto di finanze pubbliche sane; 7. adattare benefici e contributi per condividere le conseguenze finanziarie in modo equilibrato; 8. garantire l’adeguatezza e la solidità finanziaria delle pensioni private;
- soddisfare le esigenze sociali che cambiano: 9. adattare i sistemi pensionistici ad un’occupazione e a percorsi professionali più flessibili; 10. soddisfare le aspirazioni di una maggiore uguaglianza tra uomini e donne; 11. dimostrare la capacità dei sistemi pensionistici di affrontare le sfide.
A gennaio 2005 la Commissione ha presentato una nota orientativa, approvata dal Comitato per la protezione sociale[14] e dal Comitato per la politica economica[15], per aiutare gli Stati membri a predisporre le relazioni strategiche nazionali.
Il documento tiene conto dell’esperienza maturata con il primo ciclo di strategie nazionali ed integra il risultato dell’attività di un gruppo di lavoro sugli indicatori, suggerendo indicatori adatti alle varie sezioni di cui si compone la relazione nazionale. Obiettivo principale delle relazioni nazionali è illustrare come gli Stati membri intendono perseguire gli undici obiettivi comuni stabiliti dal Consiglio europeo di Laeken, tenendo conto delle attuali sfide demografiche e socio-economiche con cui devono confrontarsi.
La Commissione intende esaminare le relazioni nazionali in autunno per poi presentare un documento conclusivo a dicembre 2005.
Il 3 marzo 2005 il Consiglio e la Commissione hanno adottato la relazione congiunta sulla protezione sociale e l’inclusione sociale, destinata al Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2005, che delinea un quadro integrato delle principali sfide che gli Stati membri dovranno affrontare per raggiungere gli obiettivi di Lisbona ed invita ad impegnarsi nel rinnovamento dei sistemi di protezione sociale mediante strategie di riforma credibili e risolutive. In un’unica relazione vengono integrati i settori contemplati dal metodo di coordinamento aperto, quali l’inclusione, la protezione sociale e le pensioni, che sinora formavano oggetto di relazioni distinte[16].
La relazione ritiene che l’innalzamento dell’età effettiva del pensionamento sia lo strumento fondamentale per conciliare adeguatezza e sostenibilità finanziaria delle pensioni; ricorda che il Comitato per la protezione sociale sta analizzando il ruolo dei regimi pensionistici privati e rileva che, anche se i regimi pubblici sono destinati a rimanere la principale fonte di reddito da pensione in quasi tutti i paesi, molti Stati membri prevedono per il futuro un ruolo più importante per il settore privato tramite regimi professionali o a titolo personale e sottolinea che l’informazione è estremamente importante per consentire alle persone di operare scelte difficili, con conseguenze a lungo termine sul loro reddito e tenore di vita.
A febbraio 2005 il Comitato per la protezione sociale ha presentato una relazione sui regimi pensionistici privati, al fine di illustrarne il ruolo nei sistemi pensionistici nazionali e di valutarne il futuro contributo all’adeguatezza e alla sostenibilità finanziaria. Scopo principale è quello di raccogliere in modo sistematico informazioni sul ruolo attuale e sull’eventuale ruolo futuro di tale sistema negli Stati membri, ciò che consentirà di descrivere l’organizzazione dei sistemi pensionistici nazionali nelle relazioni congiunte della Commissione e di individuare i temi chiave per le relazioni strategiche nazionali del 2005. Il documento conferma la tendenza verso un accresciuto ruolo delle pensioni private nei sistemi pensionistici degli Stati membri dell’UE, molti dei quali ritengono che la futura adeguatezza e sostenibilità dei sistemi pensionistici si basi su una combinazione di pilastri pubblici e privati. La relazione ribadisce, comunque, che l’accresciuto ruolo del sistema privatistico non diminuisce la responsabilità complessiva dei governi per la sostenibilità e l’adeguatezza delle pensioni.
La relazione congiunta sulla protezione sociale e l’inclusione sociale sottolinea che la modernizzazione delle pensioni, e più in generale dei sistemi di protezione sociale, va considerata un elemento cruciale per conseguire gli obiettivi della strategia di Lisbona; sottolinea che, per quanto attiene le pensioni, in tutta l’Unione europea la principale sfida consiste nel salvaguardare l’occupazione dei lavoratori anziani e che nel processo di riforma va considerato prioritario garantire la futura adeguatezza e sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici.
In relazione all’Italia, il documento afferma che la futura adeguatezza delle pensioni dipenderà sostanzialmente dallo sviluppo delle prestazioni complementari di sicurezza sociale: ritiene che la sfida futura consista nel controllare attentamente gli effetti della nuova riforma delle pensioni, soprattutto la sua idoneità a prolungare la vita lavorativa e ad istituire regimi complementari di sicurezza sociale.
Il Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2005 ha ribadito che l’aumento dei tassi di occupazione e il prolungamento della durata della vita lavorativa, combinati con la riforma dei sistemi di protezione sociale, costituiscono il mezzo migliore per mantenere l’attuale livello della protezione sociale.
L’articolo 4, comma 3, attribuisce ad uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali la disciplina di alcuni aspetti relativi alla costituzione e all’autorizzazione dei fondi pensione.
L’articolo 4, comma 6, sembra attribuire alla COVIP (pur non precisando lo strumento normativo) la disciplina delle ipotesi di decadenza dall’autorizzazione del fondo pensione.
L’articolo 10 prevede che con decreto ministeriale sia istituito un Fondo di garanzia per facilitare l’accesso al credito da parte delle imprese, a seguito del conferimento del TFR.
L’articolo 18, comma 4, attribuisce al potere regolamentare della COVIP, sottoposto alla verifica di legittimità del Ministero del lavoro di concerto con il Ministero dell’economia, la disciplina del proprio funzionamento e della propria organizzazione, nel rispetto dei criteri indicati dalla legge.
Si consideri che il disegno di legge A.S. 3328, recante Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari, approvato dalla Camera il 3 marzo 2005 e il cui esame è stato concluso il 6 luglio scorso in sede referente dalle Commissioni riunite 6° e 10° del Senato, prevede un ridimensionamento del ruolo della COVIP, rispetto alla normativa vigente e vieppiù rispetto al provvedimento in esame, per quanto riguarda alcuni aspetti di regolamentazione del settore della previdenza complementare relativi ai mercati finanziari, ampliando corrispondentemente i poteri della CONSOB.
In particolare, secondo il disegno di legge A.S. 3328, la CONSOB e non più la COVIP:
§ riceve la comunicazione, dalle imprese assicuratrici, delle condizioni di polizza dei contratti relativi alle forme pensionistiche individuali;
§ in conformità agli indirizzi del Ministero del lavoro, autorizza preventivamente le convenzioni tra fondi pensione e società di gestione, provvede ad assicurare la trasparenza e la corretta pubblicità dei fondi nei rapporti con gli aderenti e nelle comunicazioni con gli iscritti;
§ dispone del potere sanzionatorio relativo all’attività di vigilanza.
Tuttavia, con emendamenti approvati in sede referente, le Commissioni competenti del Senato hanno modificato le disposizioni in questione (articolo 24, commi 3, 4 e 5), sostanzialmente confermando le competenze attribuite dalla normativa vigente alla COVIP in materia di vigilanza e regolamentazione del settore della previdenza complementare. In particolare, fatte salve le competenze attribuite alla COVIP in materia di trasparenza e correttezza dei comportamenti relativi alla gestione dei fondi pensione, si precisa che essi sono esercitati dalla COVIP compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio. Conseguentemente il testo approvato dalle Commissioni competenti del Senato ripristina le competenze della COVIP e quindi supera sostanzialmente i problemi di coordinamento con lo schema di decreto legislativo in esame.
Si ricorda, inoltre, che il disegno di legge S. 3509 (legge comunitaria 2005), approvato dalla Camera il 21 giugno 2005 e attualmente all’esame del Senato, all’articolo 15, delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per recepire la direttiva 2003/41/CE, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP).
La citata direttiva, avente lo scopo di stimolare lo sviluppo della previdenza complementare, è stata predisposta allo scopo di conciliare nel miglior modo possibile la sicurezza ed il rendimento finanziario per salvaguardare le prestazioni dei pensionati. In sintesi, gli obiettivi principali della direttiva sono i seguenti: assicurare un’adeguata protezione degli aderenti e dei beneficiari delle prestazioni e la sicurezza ed efficienza degli investimenti; consentire la libera scelta dei gestori e dei depositari all’interno dell’UE e assicurare la parità delle condizioni di concorrenza tra tutti gli enti che corrispondono prestazioni complementari; promuovere le attività transfrontaliere e sviluppare un reale mercato unico delle pensioni integrative; stimolare gli investimenti degli EPAP nel complesso dell’UE.
Per ente pensionistico aziendale o professionale si intende un ente, a prescindere dalla sua forma giuridica, operante secondo il principio di capitalizzazione, distinto da qualsiasi impresa promotrice o associazione di categoria, costituito al fine di erogare prestazioni pensionistiche in relazione a un'attività lavorativa sulla base di un accordo o di un contratto stipulato individualmente o collettivamente tra datore di lavoro e lavoratore, o i loro rispettivi rappresentanti o con lavoratori autonomi, conformemente alla legislazione dello Stato membro di origine e dello Stato membro ospitante e che esercita le attività direttamente connesse. I diritti acquisiti non devono poter essere "riscattati" prima che sia raggiunta l'età della pensione (sistema pensionistico e non di risparmio).
In particolare l’articolo 15 del disegno di legge S. 3509 prevede che, nell’attuazione della delega, tra l’altro, si debbano integrare, anche mediante l’attribuzione di ulteriori poteri alla COVIP, le disposizioni sulla vigilanza, in particolare quelle dirette a conseguire la corretta gestione delle forme pensionistiche complementari. Inoltre si prevede l’irrogazione (attribuendone la competenza alla COVIP) di sanzioni amministrative di carattere pecuniario, prevedendo anche la responsabilità degli enti ai quali appartengono i responsabili delle violazioni. Si dispone inoltre l’esclusione dell’applicazione della direttiva alle forme pensionistiche che contano meno di cento aderenti.
Si prevede inoltre che il Governo provveda al coordinamento delle disposizioni di recepimento della direttiva in questione con le norme previste dall’ordinamento interno, in particolare con il decreto legislativo n. 124 del 1993, “eventualmente adattando le norme vigenti in vista del perseguimento delle finalità della medesima direttiva”.
Il provvedimento in esame è volto ad incrementare le risorse finanziarie destinate ai fondi pensione, con il meccanismo del silenzio assenso per l’utilizzazione a tal fine del trattamento di fine rapporto.
Per i lavoratori e i datori di lavoro si introduce una disciplina fiscale più favorevole, in particolare ampliando la deducibilità fiscale della contribuzione e, indirettamente, rivedendo la tassazione dei rendimenti delle attività dei fondi pensione.
Si introducono norme più favorevoli per quanto riguarda: la possibilità di trasferimento della posizione individuale maturata ad altra forma pensionistica, ora prevista dopo due anni; la possibilità di ottenere anticipazioni sulla posizione individuale, prevedendosi in particolare la possibilità di ottenere in qualsiasi momento un’anticipazione per spese sanitarie.
Inoltre gli aderenti sono garantiti da una più stringente e dettagliata disciplina relativa alla professionalità dei responsabili del fondo e alla vigilanza sui fondi pensione, in considerazione dei poteri attribuiti alla COVIP. A tal proposito si consideri la potestà di tale organo di convocare presso di sé gli organi di amministrazione del fondo e di richieder la convocazione degli stessi organi fissandone l’ordine del giorno.
Per quanto riguarda le imprese, andrebbe verificato attentamente se le misure compensative di cui all’articolo 10 siano sufficienti a garantire la perdita del TFR; ciò dipenderà anche dall’efficacia e dalla dotazione finanziaria del Fondo di garanzia per l’accesso al credito di cui al comma 3, il cui finanziamento e quindi la cui concreta operatività sono rinviati ad un successivo provvedimento legislativo. L’impatto sulle imprese dipenderà naturalmente dall’entità dell’adesione dei lavoratori al trasferimento del TFR ai fondi pensione.
All’articolo 1, comma 3, lettera b), sarebbe opportuno specificare che si intende far riferimento alle forme di cui alla lettera b) dell’articolo 13, cioè ai contratti di assicurazione sulla vita.
All’articolo 2, comma 1, lettera a), è da ritenere che il riferimento alle tipologie contrattuali previste dal decreto legislativo n. 276 del 2003 riguardi anche il contratto di inserimento, il lavoro ripartito e il lavoro intermittente e non riguardi invece, in considerazione delle caratteristiche di occasionalità, il lavoro accessorio di cui all’articolo 70 e seguenti.
All’articolo 3 comma 1, lettera f), non è chiaro l’inciso “sia direttamente sia secondo le disposizioni di cui alle lettere a) e b)”.
All’articolo 4, comma 3, sarebbe opportuno chiarire l’eventuale natura regolamentare dei decreti ministeriali e fissare un termine all’emanazione dei decreti.
All’articolo 5, comma 1, sarebbe opportuno specificare che il criterio della partecipazione paritetica dei rappresentanti di lavoratori e datori di lavoro vale esclusivamente nel caso di contribuzione bilaterale o unilaterale a carico del datore di lavoro.
All’articolo 5, comma 2, sarebbe opportuno un maggior dettaglio del testo sui compiti amministrativi del responsabile, chiarendo in particolare la sua posizione funzionale rispetto all’organo di amministrazione.
All’articolo 5, comma 8: non è chiaro se tra gli “organi collegiali” sia compreso l’organismo di sorveglianza; il riferimento all’articolo 16 appare erroneo, sarebbe invece necessario riferirsi all’articolo 19; il riferimento all’articolo 6, comma 7, non appare chiaro, poiché tale comma dispone in merito ai requisiti minimi patrimoniali richiesti ai soggetti gestori.
All’articolo 5, sarebbe opportuno un maggior coordinamento della formulazione dei commi 8 e 9, che provvedono a sanzionare una serie di violazioni sostanzialmente coincidenti.
All’articolo 5, comma 10, che specifica che le sanzioni amministrative sono applicate secondo la procedura di cui al Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, posto che l’attribuzione della competenza nel procedimento sanzionatorio è della COVIP e del Ministero del lavoro, non è chiaro se e in che modo siano applicabili alcune fasi del procedimento sanzionatorio di cui alla disciplina richiamata.
All’articolo 6, comma 1, lettera e), il testo, riproducendo la precedente formulazione della disposizione, fa riferimento a un decreto del Ministro del tesoro. La denominazione dovrebbe essere adeguata alle modificazioni intervenute nell’organizzazione del Governo.
All’articolo 6, comma 8, lettera c) e comma 11, si rileva che l’espressione “valori mobiliari”, nella legislazione attuale (articolo 1, comma 2, del TUF), è stata sostituita dall’espressione “strumenti finanziari”.
All’articolo 6, comma 9, l’ultimo periodo, per errore materiale, in luogo dell’espressione: “prova documentale” reca: “prova soggetto documentale”.
All’articolo 6, il comma 14 andrebbe formulato in maniera più chiara, in modo da evitare interpretazioni non conformi alla legge delega. In particolare andrebbe precisato che nei rendiconti e nelle comunicazioni periodiche i fondi pensione devono esporre, anche con riferimento all’esercizio dei diritti derivanti dalla titolarità dei titoli in portafoglio, se e in che misura siano stati presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali.
All’articolo 7, comma 1, sarebbe opportuno sostituire l’espressione: ”requisiti di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58” con la seguente: ”requisiti stabiliti ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”, poiché l’articolo 38 del TUF non reca l’indicazione espressa di particolari requisiti della banca depositaria, rinviando ad un provvedimento della Banca d’Italia
All’articolo 7, comma 3, che dispone che alla banca depositaria siano applicate, in quanto compatibili, le disposizioni del richiamato articolo 38 del TUF, sarebbe opportuno indicare espressamente le disposizioni applicabili alle fattispecie in esame, piuttosto che rimettere all’interprete la verifica della loro compatibilità.
All’articolo 10 sarebbe opportuno formulare in maniera più esplicita il comma 2, in modo da chiarire se si applica “a regime” l’aliquota dello 0,05% o se, invece, rimane ferma la possibilità di variare tale aliquota con il decreto ministeriale sulla base dell’andamento della gestione.
All’articolo 10, comma 3, sarebbe opportuno precisare se si tratta o meno di decreto di natura regolamentare. Inoltre, sarebbe opportuno stabilire un termine per l’emanazione del decreto in questione.
All’articolo 11, comma 3, sarebbe opportuno far riferimento disgiuntivamente ai regimi di contribuzione definita o prestazione definita.
All’articolo 13, comma 3, l’inciso “nel rispetto dei principi di cui all’articolo 6, comma 11, lettera c)” potrebbe essere più esattamente formulato facendo riferimento all’osservanza delle regole determinate a norma dell’articolo 6, comma 11, lettera c).
All’articolo 13, comma 3, andrebbe chiarito il riferimento all’età pensionabile, fermo restando che sembra volersi fare riferimento ai requisiti per la pensione di vecchiaia dei lavoratori subordinati. Occorre considerare che la disciplina vigente fino al termine del 2007 prevede una diversa età pensionabile a seconda del regime (contributivo o retributivo). Infatti la pensione di vecchiaia contributiva (per gli assunti dopo il 1° gennaio 2006) può essere percepita a 57 anni di età, mentre i requisiti per la pensione di vecchiaia retributiva e mista sono rappresentati da almeno 20 anni di contributi e 60 anni d’età, per le donne, e 65 per gli uomini. Inoltre è da considerare che dal 2008, con l’entrata in vigore della riforma previdenziale, cambiano ulteriormente i requisiti per la pensione nel sistema contributivo: si può accedere alla pensione con 65 anni per gli uomini e 60 per le donne e un quinquennio di contributi.
All’articolo 21, recante abrogazione o modificazione di altre disposizioni:
- al comma 1, il riferimento all’articolo 52 del TUIR dev’essere integrato con l’indicazione del comma 1;
- al comma 2, il richiamo all’articolo 11 del presente schema di decreto sembra doversi correttamente riferire all’articolo 8 del medesimo;
- al comma 3, il riferimento alla lettera a-bis) dell’articolo 17 del TUIR dev’essere integrato con l’indicazione del comma 1, e il riferimento alla lettera d-ter) dell’articolo 52 del TUIR dev’essere parimenti integrato con l’indicazione del comma 1;
- al comma 4,il richiamo all’articolo 10, comma 2, del presente schema di decreto deve essere correttamente riferito al comma 1.
L’articolo 22, pur recando un’autorizzazione di spesa relativa al 2005, entra in vigore, ai sensi dell’articolo 23, il 1° gennaio 2006. Apparirebbe dunque opportuno includere l’articolo 22 tra le disposizioni la cui entrata in vigore non è differita ai sensi dell’articolo 23. La norma di copertura finanziaria di cui all’articolo 22, comma 2, non appare correttamente formulata. Essa non provvede infatti alla quantificazione degli oneri derivanti dalle singole disposizioni del provvedimento. Si osserva inoltre che, come risulta anche dalla relazione tecnica, per gli anni successivi al 2005 il provvedimento comporta oneri che non sono configurati come limite massimo di spesa. Appare dunque opportuna la definizione di una specifica clausola di salvaguardia.
L’articolo 23, comma 6, lettera c), è volto a far salva la possibilità di ottenere la prestazione in capitale applicando integralmente la disciplina tributaria già vigente, anche sul montante accumulato successivamente al 1° gennaio 2006. Tuttavia, per evitare dubbi interpretativi, dovrebbe valutarsi l’opportunità di riformulare l’inciso nel seguente modo: “anche sul montante accumulato”.
Per ulteriori osservazioni si vedano le relative schede di lettura.
All'interno del nuovo assetto del sistema previdenziale introdotto dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, la previdenza complementare (il cd. "secondo pilastro" ) rappresenta la necessaria integrazione della previdenza obbligatoria: la minore copertura della pensione erogata dal sistema pubblico rispetto all'ultima retribuzione è infatti "integrata" con le prestazioni erogate dal sistema dei fondi pensione, che gestiscono, su base contrattuale, le contribuzioni dei lavoratori e quelle dei datori di lavoro.
Per trattamento complementare, infatti, si deve intendere un trattamento aggiuntivo rispetto alle pensioni di vecchiaia o di anzianità erogate dal sistema delle assicurazioni generali obbligatorie.
In Italia, l'edificazione del "secondo pilastro" ha storicamente presentato un rilevante ritardo rispetto agli altri ordinamenti: prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera v), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, infatti, non esisteva alcuna regolamentazione organica della previdenza complementare, benché esistessero taluni fondi pensione che operavano in base a disposizioni speciali e con regolamenti, regimi di prestazione e sistemi finanziari di gestione diversi.
Prima della riforma del sistema previdenziale attuata con la L. 335 del 1995, accanto al regime obbligatorio pubblico, il vero "secondo pilastro" era costituito dal trattamento di fine rapporto (TFR) - la cosiddetta liquidazione, nella sostanza vera e propria forma di previdenza complementare anomala con prestazione di mero capitale - che, una volta conseguito il capitale a scadenza, poteva essere utilizzato ai fini di un impiego (e tra questi la rendita assicurativa) destinato a fornire risorse aggiuntive. Il fondo pensione complementare era rimasto un fenomeno limitato, generalmente circoscritto a dirigenti o quadri aziendali o a talune specifiche categorie produttive (ad es., i lavoratori dei settori bancario ed assicurativo) e gestito in molti casi in base al principio della ripartizione.
Con il D.Lgs. 124 del 1993 è stato stabilito il principio della volontarietà di adesione al Fondo da parte del lavoratore (singolarmente considerato), differenziandosi sotto questo aspetto, oltre che dalla previdenza pubblica, anche dalle preesistenti forme pensionistiche complementari dove gli accordi tra le rappresentanze sindacali ed il datore di lavoro per la costituzione del Fondo pensione venivano obbligatoriamente estesi ai propri iscritti, così come qualsiasi altro istituto contrattuale.
A prescindere dalle differenze tra fondi di nuova istituzione e fondi preesistenti, per i quali ultimi il richiamato D.Lgs. 124 ha comunque previsto apposite norme di regolamentazione, tale provvedimento ha formulato per la prima volta una disciplina organica in materia di previdenza complementare.
1. La disciplina dei fondi pensione
In generale, i fondi pensione possono essere classificati in funzione del piano pensionistico previsto, che può essere:
- a contribuzione definita.
L'erogazione della prestazione è determinata dal livello dei contributi versati e preventivamente stabiliti; i partecipanti al fondo hanno il vantaggio di conoscere l'ammontare delle contribuzioni a loro carico, ma non conoscono l'ammontare della prestazione finale se non in via presuntiva. Con questa formula la contribuzione è in cifra fissa e i beneficiari del fondo si assumono il rischio che la prestazione non risulti in linea con quanto sperato, in dipendenza della bontà degli investimenti effettuati dal responsabile della gestione finanziaria del fondo;
- a rendimento garantito.
In base a questo tipo di piano pensionistico, basato sul meccanismo della capitalizzazione, alle somme versate ai fondi pensione, che non sono stabilite in cifra fissa ma possono variare, è assicurato un determinato tasso annuale minimo di rendimento finanziario;
- a prestazione definita.
In questo caso, all'atto dell'adesione al fondo il contribuente non conosce l'onere che dovrà sostenere nel tempo, ma conosce la prestazione finale, che resta fissa e indipendente dall'andamento degli investimenti del fondo. Per questi fondi pensione la contribuzione è dunque variabile, e possono essere richiesti contributi una tantum per ripianare eventuali disavanzi di gestione o incrementare l'attività e le prestazioni.
1.1. Fondi pensione chiusi
I fondi pensione collettivi sono denominati fondi "chiusi", o ad "ambito definito", nel caso in cui siano riservati a gruppi omogenei di lavoratori, identificati nell'ambito di un determinato contesto associativo.
In particolare, l'articolo 2 del più volte richiamato D.Lgs. 124 del 1993 (così come modificato dalla L. 335 del 1995 e dal D.Lgs. 47 del 2000) individua le seguenti categorie:
a) lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, identificati per ciascuna forma secondo il criterio di appartenenza alla medesima categoria (chimici, metalmeccanici, etc.), comparto o raggruppamento, anche territorialmente delimitato, e distinti eventualmente anche per categorie contrattuali (dirigenti, quadri, impiegati ed operai) oltre che secondo il criterio dell'appartenenza alla medesima impresa, ente, gruppo di imprese o diversa organizzazione di lavoro e produttiva;
b) lavoratori autonomi (compresi i titolari di reddito d'impresa) ed i liberi professionisti, organizzati anche per aree professionali e per territorio;
c) soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, riuniti in raggruppamenti, anche unitamente ai dipendenti delle stesse cooperative interessate;
d) persone che svolgono lavori di cura non retribuiti in relazione a responsabilità familiari, in altri termini le "casalinghe", anche se non iscritte all'apposito fondo di previdenza pubblica, di cui al D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 565 (modificato dalla L. 17 maggio 1999, n. 144 e dal D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47).
Le precedenti esperienze straniere e soprattutto le difficoltà che hanno incontrato molti fondi a prestazione definita (dove è determinata in anticipo solo la prestazione pensionistica finale) hanno spinto il legislatore a privilegiare la figura dei fondi a contribuzione definita, che è l'unica prevista dal D.Lgs. 124 per i lavoratori dipendenti, per i soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro e per le casalinghe, mentre i fondi a prestazione definita sono consentiti dall'articolo 2 per i lavoratori autonomi allo scopo di "assicurare una prestazione determinata con riferimento al livello del reddito ovvero a quello del trattamento pensionistico obbligatorio".
Modalità di istituzione e requisiti di partecipazione
Le fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari (articolo 3 del D.Lgs. n. 124) sono costituite da:
- contratti e accordi collettivi, anche aziendali, o, in mancanza di essi, accordi fra lavoratori, promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro;
- accordi fra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi da loro sindacati o da associazioni di rilievo almeno regionale;
- regolamenti di enti o aziende, i cui rapporti di lavoro non siano disciplinati da contratti o accordi collettivi, anche aziendali;
- accordi tra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, promossi da associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo legalmente riconosciute;
- accordi tra soggetti destinatari del D.Lgs. 16 settembre 1996, n, 565 , istitutivo della mutualità per le pensioni delle casalinghe, promossi da sindacati o associazioni di rilievo almeno regionale.
Natura giuridica
Secondo le disposizioni dell'articolo 4 del D.Lgs. 124 del 1993 i fondi pensione chiusi possono assumere la configurazione di:
- associazione non riconosciuta ai sensi dell'articolo 36 c.c., distinta dai soggetti che promuovono l'iniziativa;
- soggetto dotato di personalità giuridica privata; il procedimento per il riconoscimento rientra nelle competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
- patrimonio di destinazione separato ed autonomo rispetto alla società o ente pubblico nel cui ambito il fondo è stato costituito ai sensi dell'articolo 2117 c.c.
I fondi di cui ai primi due punti hanno autonomia giuridica e sono pertanto "esterni" rispetto al datore di lavoro, mentre i fondi di cui al terzo punto sono "interni" al datore di lavoro, seppure con patrimonio di destinazione distinto da quello dell'azienda.
I fondi costituiti a livello di azienda o di aziende dello stesso gruppo possono anche assumere la forma giuridica di associazione non riconosciuta (articolo 36 c.c.); i fondi costituiti invece nell'ambito di categorie, comparti e raggruppamenti, devono essere necessariamente dotati di personalità giuridica (articolo 12 c.c.).
Si ricorda, inoltre, che l’articolo 5 della L. 335 del 1995 ha disposto che, a decorrere dall'entrata in vigore della legge stessa (cioè dal 17 agosto 1995), non fosse più possibile costituire nuovi fondi "interni", ad eccezione dei fondi pensione costituiti nell'ambito di società già sottoposte a controlli in materia di esercizio della funzione creditizia ed assicurativa, o nell'ambito delle autorità che vigilano sulle società stesse (Banca d'Italia, ISVAP, CONSOB). Restano anche salve le forme pensionistiche preesistenti all'entrata in vigore della L. 421 del 1992, a condizione di costituire un patrimonio separato e distinto rispetto a quello delle società o ente nel cui ambito sono stati istituiti.
Autorizzazione all'esercizio
Premessa indispensabile per l'istituzione dei fondi pensione è l'approvazione dello statuto o regolamento che ne regoli la vita; la costituzione del fondo stesso si perfeziona con l'ottenimento dell'autorizzazione degli organi pubblici di controllo. Nel regime vigente spetta alla Commissione di vigilanza il potere di rilascio delle autorizzazioni.
La Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) è stata istituita dall'articolo 16 del D.Lgs. 124 del 1993 (così come modificato dalla L. 335 del 1995 e dalla L. 449 del 1997) per il controllo della corretta e trasparente amministrazione e gestione dei Fondi pensione.
La Commissione - costituita agli inizi del 1996 - è un organismo dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, composto da un presidente e da 4 commissari, che durano in carica 4 anni (il mandato può essere rinnovato una sola volta).
La COVIP ha i seguenti compiti:
- autorizzazione all'esercizio dell'attività dei Fondi;
- tenuta dell'albo di iscrizione dei fondi istituiti ai sensi del D.Lgs. 124 del 1993 e della sezione speciale dell'albo per i fondi preesistenti;
- approvazione degli statuti ed i regolamenti dei fondi, e le relative modifiche;
- autorizzazione preventiva alle convenzioni tra fondi e gestori;
- accertamento dell'esistenza dei requisiti di onorabilità e professionalità dei componenti gli organi sociali dei fondi;
- verifica del rispetto dei criteri di individuazione e ripartizione dei rischi di investimento;
- esercizio del controllo sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile dei fondi, anche mediante ispezioni;
- autorizzazione alle richieste per l'erogazione diretta delle rendite;
- svolgimento dell’attività di assistenza e indirizzo a favore dei soggetti coinvolti nel sistema della previdenza complementare.
Per l'esercizio della vigilanza la COVIP ha la facoltà di richiedere ai fondi segnalazioni periodiche, dati, documenti, verbali delle riunioni degli organi di controllo, e può, altresì, convocare o far convocare gli organi di amministrazione e controllo dei fondi.
In particolare, il D.M. 14 gennaio 1997, n. 211, ha stabilito, all’articolo 2, che la costituzione del fondo pensione debba avvenire esclusivamente per atto pubblico. Lo stesso decreto ha altresì (articolo 4) dettato norme sugli elementi essenziali statutari, sui requisiti di moralità e professionalità dei componenti degli organi collegiali, nonché sulle procedure per l'autorizzazione all'esercizio dei Fondi pensione (art. 4). Inoltre, l’articolo 3, comma 2, del decreto in oggetto ha prescritto che lo statuto del fondo pensione debba prevedere che l'adesione sia preceduta dalla consegna ai potenziali aderenti di una scheda informativa sulle caratteristiche del fondo stesso, il cui schema è stato definito dalla COVIP con deliberazione 22 maggio 2001.
Il successivo D.M. 24 settembre 2002 ha individuato i requisiti di professionalità dei componenti degli organi collegiali e dei responsabili dei Fondi pensione.
Infine, l'articolo 74 della legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (legge finanziaria per il 2001), che ha modificato gli articoli 4 e 5 del D.Lgs. n. 124 del 1993, ha semplificato e snellito l'iter di autorizzazione all'esercizio dell'attività dei Fondi pensione, mediante l'ampliamento delle prerogative del C.d.A. provvisorio.
In proposito, il regolamento adottato dalla COVIP con deliberazione del 22 maggio 2001 (che ha abrogato la deliberazione del 27 gennaio 1998) ha previsto, infatti, che i Fondi pensione negoziali possano richiedere contestualmente sia l'autorizzazione all'esercizio che l'approvazione dello statuto e della scheda informativa (in precedenza l'autorizzazione all'esercizio era subordinata alla preventiva approvazione della scheda informativa e la relativa richiesta poteva essere inoltrata solo dopo l'insediamento degli organi definitivi di amministrazione e controllo, nonché successivamente alla fase di preadesione).
Requisiti per la partecipazione al Fondo
Lo statuto o il regolamento del fondo stabiliscono i requisiti per la partecipazione al fondo stesso (quali l'età minima o la permanenza di iscrizione per un certo numero di anni). Per ottenere le prestazioni viene poi richiesto un minimo ed un massimo di anni di contribuzione al fondo, nonché il raggiungimento dell'età pensionabile, che è quella con la quale scatta il diritto ad incassare la rendita vitalizia o il capitale.
I fondi pensione già esistenti prevedono normalmente un tetto massimo di anni di contribuzione cui corrisponde la prestazione massima ottenibile dall'iscritto; per periodi di contribuzione inferiori la prestazione si riduce. E' inoltre prevista la possibilità di "riscattare" periodi pregressi non coperti da contribuzione, mentre cautele specifiche riguardano il lavoratore che non abbia raggiunto i contributi sufficienti e l'età pensionabile o il livello contributivo minimale.
Organi di gestione del Fondo
Relativamente alla composizione degli organi di amministrazione e di controllo del fondo, il più volte citato D.Lgs. 124 del 1993, all’articolo 5, ha individuato criteri che realizzano la rappresentanza dei soggetti che hanno concorso alla costituzione del fondo stesso. In altre parole, i componenti degli organi collegiali ed i responsabili del fondo sono nominati in forma elettiva e paritetica dai datori di lavoro e dai lavoratori; nel caso di fondi alimentati unicamente dalla contribuzione dei lavoratori la composizione è determinata sulla base del criterio rappresentativo delle categorie e raggruppamenti interessati.
Gestione finanziaria
Salve alcune eccezioni, il D.Lgs. 124 del 1993 (articolo 6, così come modificato dall’articolo 3, comma 26, della L. 335 del 1995) vieta al Fondo pensione la gestione diretta delle risorse patrimoniali.
In particolare, è stato disposto che la gestione delle risorse debba essere affidata mediante convenzione ad uno o più gestori professionali da individuarsi tra:
- banche autorizzate a svolgere l'attività di gestione dei patrimoni mobiliari ;
- società di intermediazione mobiliare (SIM) autorizzate alla gestione dei valori mobiliari o che svolgano la medesima attività con sede statutaria in uno dei paesi U.E. e che abbiano ottenuto il mutuo riconoscimento;
- compagnie di assicurazione di cui all'articolo 2 del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 174, emanato in attuazione della direttiva 92/96/CEE in materia di assicurazione diretta sulla vita, mediante ricorso alle gestioni di cui al ramo VI della tabella A, che concerne "le operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l'erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell'attività lavorativa" ;
- società di gestione di fondi comuni di investimento mobiliare di cui alla legge 23 marzo 1983, n. 77 , istitutiva dei fondi comuni d'investimento mobiliare.
La gestione diretta delle risorse è ammessa solo per i fondi relativi ai dipendenti degli enti che svolgono funzione di vigilanza (es. Banca d'Italia).
Per tutti gli altri fondi gli investimenti diretti sono circoscritti all'acquisizione di:
- azioni o quote di società immobiliari;
- quote di fondi di investimento immobiliare o mobiliare chiusi.
In ogni caso al fondo pensione rimane la titolarità dei diritti di voto inerenti ai valori mobiliari nei quali risultino investite le risorse (articolo 6, comma 4-bis, lettera c), del D.Lgs. 124 del 1993). Il fondo può privarsi della titolarità qualora stipuli convenzioni per gestioni accompagnate dalla garanzia della restituzione del capitale o in regime di prestazioni definite.
Al Consiglio di amministrazione del Fondo è pertanto demandato il compito di individuare il gestore (o i gestori) con il quale concordare le strategie di investimento delle risorse sulla base della politica e dei criteri di ripartizione dei rischi stabiliti dallo statuto.
Gli articoli 6 e 6-bis del D.Lgs. 124 del 1993 fissano, inoltre, i seguenti limiti:
- i fondi non possono assumere o concedere prestiti;
- i fondi non possono detenere più dei 5% delle azioni di una società quotata o dei 10% se non quotata; in qualsiasi caso non possono detenere il controllo della società partecipata;
- il fondo non può investire più del 20% delle proprie risorse in azioni della società tenuta alla contribuzione al fondo in qualità di datore di lavoro (30% se al fondo partecipano più aziende).
I limiti di investimento delle risorse dei fondi e le regole da osservare in materia di conflitto di interessi sono contenuti in un regolamento approvato con il D.M. 21 novembre 1996, n. 703.
Il citato regolamento, nell'uniformarsi alla raccomandazione della Commissione U.E. n. 36018 del 17 dicembre 1994 sulla libera circolazione dei capitali in tema di fondi pensione, ha, peraltro, riconfermato che le risorse dei fondi devono essere impegnate secondo prudenza.
Il regolamento, in sintesi, prevede che:
- la quota di liquidità da detenere non sia superiore al 20%;
- l'investimento in quote di fondi chiusi, sia mobiliari che immobiliari, non possa essere superiore al 20% del patrimonio del Fondo pensione e del 25% del valore del fondo di investimento;
- il limite massimo per gli investimenti in titoli di debito e di capitale non negoziati sui mercati più importanti resta fissato nella misura del 50%;
- il patrimonio del fondo non può essere investito per più del 15% in titoli dello stesso emittente;
- le operazioni in contratti derivati devono escludere quelle di tipo speculativo.
Il regolamento detta, altresì, i comportamenti da osservare qualora si determinino situazioni di conflitto di interesse fra gli attori dei fondi pensione: organi sociali, gestori, contribuenti, banca depositaria. Da sottolineare che i principi fissati dal regolamento privilegiano più la trasparenza e la comunicazione piuttosto che i divieti.
Infine, nella convenzione gestoria deve essere inserito, ai fini della verifica dei risultati di gestione, un criterio di misurabilità dell'andamento del Fondo con il riferimento ad indici sintetici del mercato dei capitali (ad es.: MIB per la borsa di Milano).
Infine è stato stabilito, ai sensi dell’articolo 6-bis del D.Lgs. 124 del 1993 , che le risorse dei fondi affidate in gestione siano depositate presso una banca distinta rispetto al gestore. La banca depositaria esegue le istruzioni ricevute dal soggetto gestore in ordine alla movimentazione dei titoli e della liquidità depositati, verificandone la coerenza con le indicazioni contenute nello statuto del Fondo, nella convenzione di gestione e nel regolamento approvato con D.M. 21 novembre 1996, n. 703. Alla banca depositaria devono essere conferiti anche gli investimenti operati direttamente dal fondo (quote di società immobiliari, di fondi comuni immobiliari e mobiliari chiusi).
Gestione amministrativa
Per quanto concerne la gestione amministrativa, oltre ad una serie di oneri e vincoli di carattere contabile e organizzativi a carico del gestore (quali la raccolta e registrazione delle adesioni; la gestione dell'archivio anagrafico degli iscritti; la gestione dei contributi versati; la tenuta delle scritture contabili; l’erogazione diretta delle prestazioni), sono state emanate, ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. 124 del 1993, specifiche disposizioni dalla COVIP per quanto attiene alla trasparenza nei rapporti con gli iscritti . In particolare, si prevede l'obbligo, per l'organo amministrativo del Fondo, di comunicare a ciascun iscritto, con cadenza annuale ed entro 3 mesi dalla chiusura di ogni esercizio, l'andamento della gestione complessiva del Fondo nonché l'evoluzione della posizione individuale in termini di contributi versati, di quote assegnate e del relativo controvalore.
Finanziamento
La disciplina del finanziamento dei fondi pensione è contenuta nell'articolo 8 del più volte richiamato D.Lgs. 124 del 1993, così come modificato dall'articolo 8 della L. 335 del 1995.
In linea generale, le forme di previdenza complementare devono gravare sui destinatari delle stesse e, se sono rivolte a favore dei dipendenti o di agenti, rappresentanti di commercio, collaboratori coordinati e continuativi, anche sui datori di lavoro o sul committente secondo le previsioni delle fonti costitutive che determinano la misura dei contributi.
Per i lavoratori dipendenti l'importo complessivo dei contributi deve essere determinato in percentuale della retribuzione assunta come base per la determinazione del trattamento di fine rapporto. Il finanziamento dei fondi su base contrattuale collettiva può derivare anche dall'accantonamento del TFR, se le parti lo concordano nelle fonti istitutive, riducendo di pari importo gli accantonamenti annuali da destinare al trattamento di fine rapporto; per i nuovi assunti tutto l'accantonamento annuale al TFR deve essere destinato al fondo pensione.
Per quanto riguarda invece i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti il contributo è definito in percentuale del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato ai fini IRPEF, relativo al periodo d'imposta precedente; nel caso dei soci lavoratori di società cooperative il contributo è definito in percentuale degli imponibili considerati ai fini dei contributi previdenziali obbligatori.
Per i lavoratori pubblici l'ammontare dei contributi al fondo non può essere oggetto di apposita, separata contrattazione, ma va definito in occasione della definizione del trattamento economico (contratto di lavoro).
Prestazioni
Per quanto attiene alla disciplina delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 7 del D.Lgs. 124 del 1993 la fissazione dei requisiti per l'accesso alle prestazioni è rimessa alle fonti istitutive, purché risultino rispettati il criterio di corrispettività ed il principio di capitalizzazione, nonché le speciali disposizioni stabilite dall'articolo medesimo. In base a queste ultime l'età pensionabile utile per la prestazione di vecchiaia deve essere uguale a quella stabilita per l'erogazione delle prestazioni dell'ente gestore della previdenza obbligatoria di appartenenza dell'iscritto, con un minimo di cinque anni di partecipazione al fondo pensione; le prestazioni per anzianità possono invece essere concesse solo al lavoratore che abbia cessato l'attività lavorativa, nel concorso dei seguenti, ulteriori requisiti:
- almeno 15 anni di iscrizione al fondo;
- età di non più di 10 anni inferiore rispetto a quella prevista per la vecchiaia.
Il lavoratore con almeno 8 anni di contribuzione può ottenere anticipazioni per spese sanitarie e per esigenze di natura abitativa per sé o per i figli.
Ammontare delle prestazioni, modalità e rivalutazioni sono disciplinate dallo statuto del fondo. In base all'analisi degli statuti dei fondi esistenti si può dire che, in linea generale, la prestazione tipica di un fondo pensione è la rendita vitalizia rivalutabile; in taluni casi è prevista un'opzione per la liquidazione del capitale o prestazione intermedia rendita/capitale. Alcuni statuti prevedono l'erogazione di una pensione di reversibilità ai superstiti, anche a favore di persona designata o designabile o con maggiorazione per familiari a carico. Taluni fondi prevedono poi, accanto alle prestazioni previdenziali, anche prestazioni di carattere assistenziale, quali l'erogazione di rendite di invalidità, di prestiti per interventi chirurgici, per l'acquisto della prima casa e per il finanziamento degli studi dei figli a carico, nonché di una indennità di maternità. Di norma, infine, le prestazioni sono agganciate ad indici di rivalutazione, destinati a mantenerne inalterato nel tempo il potere di acquisto.
1.2 Fondi pensione aperti
In base all'articolo 9 del D.Lgs. 124 del 1993, i soggetti con i quali è consentita la stipula delle convenzioni per la gestione delle risorse dei fondi pensione, nonché le società di gestione dei fondi comuni di investimento mobiliare (legge 23 marzo 1983, n. 77), possono costituire appositi fondi aperti all'adesione dei lavoratori nei cui confronti non siano operanti Fondi pensione chiusi.
In sostanza, il legislatore, con l'istituto del Fondo aperto, ha offerto al lavoratore la possibilità di aderire individualmente a forme di previdenza integrativa, nel caso in cui, alternativamente:
- non siano operanti nei suoi confronti Fondi pensione chiusi;
- abbia perso i requisiti di partecipazione al Fondo di appartenenza.
Ai fondi pensione aperti possono aderire anche coloro che hanno perso i requisiti di partecipazione ai fondi pensione "ordinari". L'articolo 10 del D.Lgs. 124, infatti, prevede che lo statuto del fondo regoli i casi nei quali vengono meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare, prevedendo tre possibilità:
- trasferimento di quanto maturato presso altro fondo;
- trasferimento ad un fondo pensione aperto;
- riscatto della posizione individuale.
L'articolo 10 prevede, inoltre, che gli aderenti ai fondi possano trasferire la posizione individuale, cioè quanto maturato presso un determinato fondo, al fondo riservato ai lavoratori del diverso settore nel quale essi vengano successivamente a svolgere la loro attività. Le opzioni di trasferimento e riscatto possono essere utilizzate anche nei casi di scioglimento del fondo.
La L. 335 del 1995 (articoli 9 e 10) ha poi disposto che la facoltà di adesione a tali fondi potrà essere prevista anche dalle fonti istitutive su base contrattuale collettiva.
Oltre a ciò, allo scopo di assicurare un'effettiva concorrenza tra le diverse formule si è previsto che le disposizioni sui fondi aperti trovino applicazione dopo i primi sviluppi della contrattazione collettiva istitutiva di fondi pensione. Spetta alle fonti istitutive il compito di disciplinare la facoltà di trasferimento da un fondo all'altro per scelta individuale, con modalità tali da evitare che possano sorgere problemi per la stabilità finanziaria dei fondi e per la programmabilità degli investimenti.
I fondi aperti possono essere istituiti dagli stessi soggetti abilitati alla gestione dei Fondi chiusi, ossia:
a) banche;
b) società di investimento mobiliare (S.I.M.), comprese le imprese di investimento comunitarie;
c) società di gestione del risparmio (S.G.R.);
d) società di gestione di fondi comuni di investimento mobiliare;
e) compagnie di assicurazione.
I fondi aperti assumeranno, pertanto, la forma di "patrimonio di destinazione separato ed autonomo" da quello della fonte istitutiva.
In assenza di un apposito Fondo di categoria, l'adesione ai Fondi aperti può essere prevista, oltre che su base individuale, anche su base contrattuale collettiva.
Autorizzazione all’esercizio
Per ottenere l'autorizzazione all'esercizio da parte della Commissione di vigilanza deve essere seguita la procedura prevista dalla deliberazione COVIP del 22 maggio 2001, che ricalca quella dei Fondi chiusi, integrata dal coinvolgimento delle rispettive autorità di vigilanza (Consob per le società di fondi comuni e SIM, lSVAP per le assicurazioni e Banca d'Italia per le banche).
Il soggetto promotore - che deve essere una società per azioni o in accomandita per azioni e che deve aver sottoposto a certificazione i bilanci nei due esercizi antecedenti a quella dell'istanza di autorizzazione - una volta autorizzato, istituisce il Fondo pensione con provvedimento del Consiglio di Amministrazione, che delibera definitivamente il regolamento approvato dalla Commissione di vigilanza e contestualmente assume specifica delibera che riconosce che la contribuzione affluente al Fondo aperto, le risorse accumulate ed i relativi rendimenti costituiscono patrimonio separato ed autonomo, non distraibile dal fine previdenziale al quale è destinato. Trasmette, quindi, alla Commissione di vigilanza la deliberazione adottata per l'iscrizione del Fondo pensione all'Albo di cui all'articolo 4, comma 6, del più volte citato D.Lgs. 124 del 1993.
Entro 12 mesi dall'iscrizione all'Albo i fondi pensione aperti devono iniziare l'attività, a pena di decadenza.
Organi di amministrazione e controllo
Per i Fondi aperti gli organi di amministrazione e controllo si identificano con quelli della società istitutiva.
L'articolo 2, comma 2, del D.M. 14 gennaio 1997, n. 211, ha, inoltre, previsto l'istituzione della figura responsabile del fondo.
1.3. Vicende concorsuali, responsabilità civili e penali, controlli
Ai sensi dell'articolo 11 del D.Lgs. 124 del 1993, nei confronti dei fondi pensione che versino in stato di crisi possono trovare applicazione soltanto gli istituti dell'amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento e delle altre procedure concorsuali minori. Solo nel caso di procedura apertasi a carico dei soggetti (in genere società) che abbiano costituito un fondo pensione mediante la destinazione di un separato patrimonio si può procedere alla nomina di un commissario straordinario con compiti meramente liquidatori.
Per quanto riguarda la disciplina della responsabilità civile e penale, gli organi di amministrazione e di controllo sono sottoposti alle ordinarie disposizioni previste per le società di capitali (articolo 15 del D.Lgs. 124). Ai componenti degli organi interni di controllo è inoltre applicabile la disposizione di cui all'articolo 2407 c.c. sul mancato esercizio dei propri doveri circa la verità delle attestazioni e la conservazione del segreto sui fatti e sui documenti di cui siano venuti a conoscenza.
1.4. Forme di previdenza individuale
In attuazione della delega conferita al Governo dall'articolo 3 della legge 13 maggio 1999, n. 133, ai fini dell'introduzione nel nostro ordinamento di forme individuali di previdenza (il cosiddetto "terzo pilastro") è stato emanato il D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47.
In particolare, l'articolo 2 (che ha integrato il D.Lgs. 124 del 1993 con gli articoli 9-bis e 9-ter) dispone che i piani pensionistici individuali si realizzano mediante l'adesione ad un Fondo pensione aperto di cui al più volte citato articolo 9 del richiamato D.Lgs. 124 o mediante la stipula di un contratto di assicurazione sulla vita. I principi ispiratori della nuova disciplina sono in sintesi i seguenti:
- estensione della previdenza integrativa anche a soggetti che non svolgono attività di lavoro dipendente o autonomo;
- diritto alle prestazioni una volta in possesso dei requisiti di età e di anzianità contributiva previsti per i Fondi pensione complementari (articolo 7 del D.Lgs. 124 del 1993): età anagrafica corrispondente a quella stabilita nel regime pensionistico obbligatorio di appartenenza, con un minimo di 5 anni di partecipazione al piano previdenziale individuale, per la pensione di vecchiaia; età anagrafica di non più di 10 anni inferiore a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza, con almeno 15 anni di partecipazione al piano previdenziale individuale, per la pensione di anzianità;
- liquidazione della prestazione pensionistica in forma capitale per un ammontare non superiore al 50% dell'importo maturato, salvo che la rendita pensionistica annua non risulti inferiore al 50% dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e 7, della L. 335 del 1995 (principio quest'ultimo esteso anche ai Fondi complementari collettivi);
- l'età pensionabile per i soggetti aderenti non titolari di reddito di lavoro dipendente o d'impresa deve essere quella prevista dall'articolo 1, comma 20, della richiamata L. 335 (minimo 57 anni);
- possibilità di prosecuzione volontaria della contribuzione anche dopo il raggiungimento dell'età pensionabile, ma non oltre i 5 anni da tale limite: la previsione di un maggior periodo di contribuzione si giustifica col fatto che il trattamento pensionistico potrebbe anche essere l'unico usufruibile dal contraente e rivelarsi pertanto inadeguato;
- non ammissibilità dell'istituto dell'anticipazione, bensì di quello del riscatto, anche parziale, delle somme accantonate nei casi in cui nei Fondi pensione complementari è possibile ottenere anticipazioni (articolo 7, comma 4, del D.Lgs.124 del 1993);
- i contratti di assicurazione sulla vita, che garantiscono prestazioni previdenziali, devono essere stipulati con imprese di assicurazione autorizzate dall'ISVAP ad operare nel territorio dello Stato, e le relative condizioni di polizza devono essere comunicate prima della loro applicazione alla Commissione di vigilanza.
1.5. Dipendenti pubblici
La possibilità di costituzione di Fondi pensione per i dipendenti della pubblica amministrazione, prevista dall'articolo 3, comma 2, del più volte richiamato D.Lgs. 124 del 1993, ma che non ha avuto immediata attuazione a causa di difficoltà soprattutto di ordine finanziario, si è concretizzata, dopo un laborioso iter normativo, con l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 dicembre 1999, modificato dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2 marzo 2001.
La normativa, che recepisce i contenuti dell'accordo quadro stipulato in data 29 luglio 1999 tra l'ARAN ed i rappresentanti delle Confederazioni sindacali in tema di TFR e di previdenza complementare, dispone tra l'altro che:
a) la fonte istitutiva dei Fondi pensione è costituita dai contratti collettivi di comparto;
b) i Fondi operano in regime di contribuzione definita e forniscono prestazioni complementari dei trattamenti di pensione obbligatoria in forma di rendita e di capitale sulla base dei contributi accantonati e dei rendimenti realizzati (sistema a capitalizzazione);
c) i dipendenti già occupati al 31 dicembre 2000 (sia quelli in forza al 31 dicembre 1995 sia quelli assunti dal 1996), qualora scelgano di aderire al fondo pensioni istituito in sede di contrattazione collettiva, optano automaticamente per la trasformazione dell'indennità di fine servizio in TFR ex articolo 2120 c.c.;
d) per i dipendenti assunti dopo il 31 dicembre 2000, qualora scelgano di iscriversi al fondo pensioni di comparto, è prevista l'integrale destinazione al fondo delle quote di TFR maturande.
1.6. Fondi preesistenti
L'articolo 18 del D.Lgs. 124 del 1993 stabilisce, in deroga alla normativa generale, che le forme pensionistiche complementari già istituite alla data del 15 novembre 1992 (data di entrata in vigore della L. 421 del 1992) non sono soggette ai seguenti obblighi:
- assumere la personalità giuridica ai sensi dell'articolo 12 c.c., seppure costituiti nell'ambito di categorie, comparti, raggruppamenti tra lavoratori subordinati;
- gestire le risorse finanziarie mediante convenzione con soggetti abilitati.
- I cd. "vecchi" Fondi - ad eccezione di quelli costituiti all'interno di enti pubblici che esercitano la vigilanza in materia di tutela del risparmio, valutaria o assicurativa (Consob, Banca d'Italia, Isvap), nonché all'interno di enti, società o gruppi sottoposti a controlli dai predetti organi di vigilanza (quali banche, compagnie di assicurazione, imprese di investimento mobiliare) - hanno però l'obbligo:
- nel caso di fondi "interni" ex articolo 2117 c.c. (cioè già configurati come "patrimonio di destinazione separato ed autonomo") di dotarsi - entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 124 del 1993 - di strutture gestionali, amministrative e contabili separate da quelle della società o ente nel cui ambito sono stati costituiti (articolo 18, comma 1);
- nel caso di fondi interni privi di "patrimonio di destinazione", di adottare - entro due anni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 124 del 1993 - un'apposita delibera per la costituzione di un patrimonio di destinazione separato ed autonomo nell'ambito del complessivo patrimonio della società o dell'ente da cui originano (articolo 18, comma 4);
- di adeguarsi entro il 28 aprile 2003 - secondo le direttive emanate dal Ministero dell’economia e delle finanze - alle disposizioni di cui all'articolo 6, commi 4-quinques e 5, del D.Lgs. 124, concernente i limiti ed i criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti ed il divieto di concedere prestiti;
- di adeguarsi alle disposizioni di cui all'articolo 5 del D.Lgs. 124 concernente il criterio elettivo e la partecipazione paritetica degli organismi di amministrazione e controllo;
- di richiedere, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 124, l'autorizzazione all'esercizio dell'attività alla Commissione di vigilanza sui Fondi pensione;
- di adeguarsi, ai fini dell'autorizzazione all'esercizio, alle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 5, del D.Lgs. 124, che prescrivono, in caso di società:
a) che essa deve assumere la forma giuridica di società per azioni o in accomandita per azioni;
b) che la contabilità ed i bilanci della società siano sottoposti a controllo e a certificazione in almeno due degli esercizi chiusi antecedentemente alla richiesta di autorizzazione.
1.7 Il regime tributario della previdenza complementare
L'attuale assetto del regime tributario della previdenza complementare è il risultato di rilevanti modificazioni operate, nel corso della precedente legislatura, con l’intento di promuoverne la crescita. Particolare rilievo, al riguardo, assume il decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, adottato in attuazione delle disposizioni di delega di cui all’articolo 3 della legge 13 maggio 1999, n. 133.
Si può in proposito rilevare che già la cosiddetta riforma Dini, eseguita con la legge n. 335 del 1995, aveva tentato di modificare le relazioni fra gli istituti della previdenza pubblica obbligatoria e quelli della previdenza complementare, anche mediante l’introduzione di alcuni incentivi, in primo luogo di carattere tributario, volti a favorire lo sviluppo della seconda.
Principio del differimento di imposta.
Gli incentivi destinati allo sviluppo di forme di previdenza rispondono in primo luogo al principio del differimento di imposta, secondo il quale la tassazione viene differita dalla fase di accumulazione al momento in cui il soggetto interessato fruisce delle prestazioni previdenziali. L’ipotesi dell’esenzione degli accantonamenti destinati a fini previdenziali dall’imposizione fiscale deriva dal riflesso che le risorse accantonate, essendo sottratte alla disponibilità del soggetto interessato, non possono considerarsi un suo reddito attuale, né quindi essere incluse nella determinazione della base imponibile. Tale rilievo trova piena applicazione nell’ordinamento vigente per quanto concerne la previdenza pubblica, con riferimento alla quale è previsto che i relativi contributi siano deducibili (articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 - di seguito: TUIR), mentre le prestazioni pensionistiche sono trattate fiscalmente come reddito di lavoro dipendente.
Delega della legge n. 133 del 1999.
L’ipotesi di applicare alla previdenza complementare il principio del rinvio della tassazione ha posto alcuni problemi, concernenti in particolare il caso della previdenza in regime di capitalizzazione, per la quale la misura delle prestazioni pensionistiche dipende in larga parte dai rendimenti conseguibili nella fase di accumulazione. È stata quindi sottolineata l’esigenza di conciliare l’applicazione della regola del rinvio della tassazione del reddito con le regole e i princìpi che presiedono alla tassazione dei redditi finanziari. Tale esigenza trova riscontro nelle disposizioni di delega stabilite dall’articolo 3 della legge n. 133 del 1999, che, per un verso, prospettavano l’ampliamento della misura della deduzione per i contributi versati ai fondi pensione o alle forme previdenziali individuali e, per l’altro, prevedevano che ai redditi finanziari formatisi nella fase di accumulazione si applicasse l’imposta sostitutiva già prevista, in base al D.Lgs. n. 461 del 1997, per i redditi finanziari prodotti a seguito dell’adesione a forme di investimento collettivo del risparmio.
Tassazione dei rendimenti.
Una misura di maggior favore a sostegno dell’impiego del risparmio a fini previdenziali rispetto all’investimento finanziario è per altro costituita dalla previsione della possibilità di ridurre l’entità dell’aliquota, possibilità di cui il Governo si è avvalso nell'emanazione del decreto legislativo n. 47 del 2000 portando l’aliquota dal 12,5 all’11%. La misura dell’aliquota scelta dal Governo ha suscitato diffusi rilievi, anche in sede parlamentare; da più parti, infatti, si è affermato che una tassazione nella misura dell’11% dei redditi prodotti dal risparmio previdenziale non sarebbe sufficiente ad assicurare un efficace incentivo allo sviluppo della previdenza integrativa. È stata quindi ripetutamente sollecitata l’applicazione di un’aliquota più bassa, definita in misura tale da poter costituire per i soggetti interessati un’effettiva incentivazione al risparmio previdenziale e da compensare il sacrificio, sconosciuto alle forme di risparmio tipicamente finanziarie, del vincolo temporale di adesione.
Tassazione delle prestazioni.
Coerentemente con le scelte richiamate in precedenza, le disposizioni adottate in attuazione delle norme di delega cui si è fatto riferimento hanno stabilito, inoltre, la tassazione delle prestazioni previdenziali corrisposte ai soggetti interessati esclusivamente per la parte costituita dai contributi versati ed esentati, e non anche per quella costituita dai redditi derivanti dalla gestione dei medesimi contributi.
Un ulteriore aspetto meritevole di attenzione concerne la sostanziale assimilazione del regime previsto per la previdenza individuale, il cosiddetto terzo pilastro, a quello relativo alla previdenza complementare collettiva. I piani pensionistici individuali, la cui disciplina è stata definita proprio con il D.Lgs. n. 47, si possono realizzare mediante l’adesione su base individuale a fondi pensione, ovvero attraverso la stipulazione di contratti di assicurazione sulla vita le cui caratteristiche, tuttavia, debbono corrispondere a quelle proprie degli strumenti di carattere previdenziale.
Trattamento fiscale dei contributi alla previdenza integrativa.
Deducibilità dei contributi
In materia, il D.Lgs. n. 47 del 2000 ha provveduto ad una consistente semplificazione della normativa previgente, contenuta nell’articolo 10 del TUIR. Si è, infatti, generalizzato per tutti i soggetti il regime di deducibilità di cui all’articolo 10, comma 1, lettera e-bis), del TUIR. Pertanto, i contributi versati ai fondi pensione, nonché i contributi e premi versati alle forme pensionistiche individuali, sia da lavoratori autonomi e percettori di redditi d’impresa, sia da lavoratori dipendenti, sono deducibili fino all’importo di 10 milioni di lire (pari a 5.164,57 euro), e comunque entro il 12% del reddito complessivo, misura nettamente superiore a quella del 6%, prevista dalla normativa precedente per quanto riguarda specificamente i lavoratori autonomi.
Redditi di lavoro dipendente
Particolari disposizioni sono poi previste per i soggetti al cui reddito complessivo concorrano redditi da lavoro dipendente; si stabilisce, infatti, che “relativamente a tali redditi, la deduzione compete per un importo complessivamente non superiore al doppio della quota di TFR destinata alle forme pensionistiche collettive” (trattasi sia dei fondi chiusi che di quelli aperti, come ha precisato il Ministero delle finanze), fermi restando i limiti del 12% del reddito complessivo e di 10 milioni di lire (pari a 5.164,57 euro). In sostanza, i soggetti che siano percettori di reddito da lavoro dipendente sarebbero sottoposti ad uno specifico vincolo per cui, ai fini della determinazione della misura della deduzione fruibile, si dovrebbe procedere ad un calcolo separato, per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente, rispetto agli eventuali restanti redditi percepiti.
Va peraltro rilevato che, prevedendosi una deduzione personale onnicomprensiva, per tutti i contribuenti, dei contributi versati alle forme pensionistiche di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993, risulta indifferente, per quanto concerne in particolare i lavoratori dipendenti, se il contributo sia a carico del lavoratore o del datore di lavoro.
Si stabilisce, inoltre, che la deduzione relativa ai contributi versati nell’interesse di familiari a carico, spetta per l’importo che non sia stato già fruito dalle stesse persone, per il fatto che queste abbiano esaurito il reddito disponibile, fermo restando l’ammontare massimo di 10 milioni di lire (pari a 5.164,57 euro).
Pensione delle casalinghe.
Per quanto concerne l’individuazione delle categorie di soggetti che possono fruire della previdenza complementare, va ricordato che l’articolo 17 del D.Lgs. n. 47 del 2000 fa riferimento ai soggetti che svolgono, senza vincolo di subordinazione, lavori non retribuiti in relazione ad attività familiari e che non prestano attività lavorativa autonoma o alle dipendenze di terzi. Tali soggetti hanno la possibilità di costituire appositi fondi pensione, attraverso propri sindacati o associazioni di rilievo almeno regionale. Si tratta della cosiddetta “pensione delle casalinghe”, per la cui costituzione si è consentito il ricorso a forme di accantonamento assai originali, quali gli abbuoni risultanti da acquisti effettuati tramite moneta elettronica presso centri convenzionati.
Fondi interni non configurati.
L’articolo 1, comma 1, lettera f), del D.Lgs. n. 47 del 2000 ha poi stabilito, per quanto concerne i fondi previdenziali di cui all’articolo 2117 del codice civile (si tratta dei cosiddetti “fondi interni non configurati”, costituiti dal datore di lavoro anche senza contribuzione dei dipendenti) che la deducibilità è ammessa a condizione che gli accantonamenti siano costituiti “in conti individuali dei singoli dipendenti”.
Vecchi fondi.
Da ultimo, con l’articolo 4 del medesimo D.Lgs. n. 47 del 2000 è stato introdotto un regime speciale di maggior favore, che consente ai soggetti già iscritti a forme pensionistiche complementari di aumentare, per il periodo di cinque anni, l’importo massimo deducibile della differenza tra i contributi già versati nel 1999 e il limite di 10 milioni di lire (pari a 5.164,57 euro). La disposizione si riferisce ai cosiddetti “vecchi iscritti”, cioè a coloro che, alla data del 28 aprile 1993 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 124 del 1993), erano destinatari di prestazioni previdenziali, anche a carattere non pensionistico, assicurate da “vecchi fondi”, cioè da forme pensionistiche complementari che risultassero istituite alla data del 15 novembre 1992.
Regime fiscale dei fondi pensione.
Con il capo II del D.Lgs. n. 47 del 2000 si è provveduto anche a modificare la disciplina del trattamento tributario dei fondi, a decorrere dal 2001.
La normativa preesistente, contenuta nell’articolo 14 del D.Lgs. n. 124 del 1993, stabiliva che ai fondi si dovesse applicare un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura di 10 milioni di lire (pari a 5.164,57 euro) annui, ridotti a 5 milioni di lire (pari a 2.582,28 euro) per i primi 5 anni di attività. Un regime differente era previsto per i fondi pensione il cui patrimonio fosse direttamente investito in beni immobili. Per tali fondi, l’imposta sostitutiva si applicava sul patrimonio immobiliare con l’aliquota dello 0,50%.
Con la riforma si è provveduto a mutuare, per quanto concerne il regime ordinario di tassazione dei fondi pensione, i criteri previsti per gli organismi di investimento collettivo del risparmio in base al D.Lgs. n. 461 del 1997, determinando il risultato maturato di gestione al netto dei costi, con l’unica eccezione costituita dalla misura dell’imposta sostitutiva, che per i fondi pensione è fissata nell’11% anziché al 12,5%.
Per quanto attiene ai fondi pensione il cui patrimonio è costituito da immobili, il D.Lgs. n. 47 del 2000, nel confermare nello 0,50% del patrimonio immobiliare la misura dell’imposta sostitutiva, ha disposto che la stessa sia aumentata all’1,50% quando si tratti di immobili che il fondo abbia dato in locazione previa opzione per la libera determinazione dei canoni. Gli stessi fondi pensione sono comunque soggetti all’imposta sostitutiva, nella misura dell’11%, sul risultato maturato in riferimento alla restante parte del patrimonio. Pertanto, il fondo pensione dovrà procedere ad un calcolo separato dei due patrimoni, quello costituito da immobili, e quello investito in valori immobiliari, cui si applica, come detto, l’imposta sostitutiva.
L’articolo 12 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326), ha ridotto dal 12,50% al 5% l’aliquota dell’imposta sostitutiva applicabile sul risultato maturato di gestione degli organismi di investimento collettivo dei valori mobiliari (OICVM) che investono prevalentemente il proprio patrimonio in azioni quotate di società a piccola e media capitalizzazione. In conseguenza di tale previsione, il comma 5 dello stesso articolo 12, modificando il comma 1 dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 124 del 1993, ha escluso dal risultato maturato di gestione dei fondi pensione (assoggettato ad imposta sostitutiva nella misura dell’11%) i proventi derivanti dalla partecipazione nei suddetti OICVM che investono prevalentemente il proprio patrimonio in azioni quotate di società a piccola e media capitalizzazione. L’esclusione di tali proventi dal risultato maturato di gestione rende definitiva l’imposizione (nella misura del 5%) operata a monte dalla società di gestione .
Da ultimo, per quanto concerne il regime IVA dei fondi pensione, la nuova disciplina si fonda sulla natura finanziaria delle attività di gestione; quest’ultima viene, pertanto, inclusa tra le operazioni esenti, di cui all’articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972, analogamente a quanto già previsto per la gestione di fondi comuni di investimento.
Regime fiscale delle prestazioni.
Il capo III del D.Lgs. n. 47 reca, poi, il nuovo regime, applicabile dal 2001, in materia di trattamento tributario delle prestazioni pensionistiche complementari.
La normativa previgente includeva le rendite o pensioni erogate dalle forme pensionistiche complementari nell’ambito della categoria dei redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente, per l’87,5% dell’ammontare lordo complessivo, al fine di sterilizzare l’imposizione già avvenuta a carico del fondo per i rendimenti da questo percepiti. Nel caso di prestazioni in forma di capitale, in base alle disposizioni previgenti si applicava il principio della tassazione separata, evitando in tal caso l’applicazione di una aliquota marginale più alta.
Con il nuovo regime introdotto con il D.Lgs. n. 47 del 2000 si è affermato il principio per cui è esclusa dall’imposizione la parte di prestazione corrispondente ai redditi già assoggettati all’imposta, per trattare la restante parte come reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, quando si tratti di prestazioni periodiche (per cui si applicherebbe la tassazione progressiva). Nel caso in cui la prestazione assuma la forma di capitale, si procede alla tassazione separata. A tal fine, si suddivide l’importo risultante dall’ammontare del maturato, al netto delle imposte già applicate nella fase di accumulazione, per il numero degli anni di contribuzione, e si moltiplica il risultato per 12. Si applica, quindi, l’aliquota IRPEF di riferimento. Peraltro, l’erogazione di prestazioni in forma di capitale si avvale del regime cui si è fatto riferimento a condizione che il relativo ammontare non superi un terzo del montante maturato. È rimesso all’amministrazione finanziaria il compito di riliquidare l’imposta sulla base dell’aliquota media dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione, con conseguente obbligo di rimborsare le eventuali maggiori imposte versate.
Lo stesso regime si applica, in sostanza, per le prestazioni erogate nell’ambito di piani pensionistici individuali.
Disciplina tributaria del TFR.
L’articolo 11 del D.Lgs. n. 47 del 2000 ha profondamente modificato la disciplina tributaria del TFR, introducendo un nuovo regime, applicabile alle quote maturate e a quelle erogate a titolo di anticipazione a decorrere dal 1° gennaio 2001.
Il nuovo regime è ispirato al principio per cui i rendimenti maturati e gli altri importi erogati debbono essere tassati secondo le modalità previste per la prestazione dei fondi pensione. Pertanto, si divide il TFR maturato dal 1° gennaio 2001, al netto delle rivalutazioni già soggette a imposta sostitutiva, per gli anni e i mesi di servizio, e si moltiplica il risultato per 12. L’imposta si determina applicando gli scaglioni e le aliquote previste nell’anno in cui è maturato il diritto alla percezione del TFR stesso.
È prevista una detrazione pari a lire 120.000 (corrispondenti a 61,97 euro) per ciascun anno, nel caso di rapporto di lavoro a tempo determinato di durata non superiore a 2 anni.
Sui rendimenti annui si applica invece l’imposta sostitutiva con l’aliquota dell’11%.
Analogamente a quanto previsto per i fondi pensione, si stabilisce che l’amministrazione finanziaria proceda alla riliquidazione dell’importo dovuto sulla base dell’aliquota media del quinquennio precedente. Rispetto al regime vigente, vengono meno le riduzioni annuali previste ai fini della determinazione della base imponibile.
Regime tributario dei contratti di assicurazione.
L’articolo 13 del D.Lgs. n. 47 del 2000 contiene una nuova disciplina del trattamento tributario dei contratti di assicurazione, applicata a decorrere dal 1° gennaio 2001.
In base al nuovo regime, la detrazione, precedentemente stabilita nella misura di 2,5 milioni di lire (pari a 1.291,14 euro) annui, è fruibile soltanto nel caso di contratti aventi per oggetto esclusivo il rischio di morte o di invalidità permanente superiore al 5% ovvero di non autosufficienza nel compimento degli atti di vita quotidiana (c.d. long term care), come individuati dal decreto del Ministro delle finanze del 22 dicembre 2000.
Per quanto concerne le rendite, sia vitalizie che a tempo determinato, si è poi precisato che l’assimilazione ai redditi da lavoro dipendente vale soltanto se non abbiano funzione previdenziale. In questo caso, l’impresa erogatrice è tenuta ad applicare il regime ordinario IRPEF sull’intero importo della rendita. Al contrario, per le rendite che rispondano ad una funzione previdenziale si applica sui rendimenti maturati un’imposta sostitutiva nella misura del 12,5%.
2. Finanziamento della riforma della previdenza complementare
Di recente l’art. 13, comma 1, del D.L. n. 35/2005, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 80/2005 ha individuato, come previsto dall’art. 1, comma 42, della legge 23 agosto 2004, n. 243, le risorse necessarie a garantire la graduale attuazione delle deleghe legislative in materia di previdenza complementare.
E’ stato così previsto uno stanziamento pari a 20 milioni di euro per il 2005, 200 milioni per il 2006 e 530 milioni annui a decorrere dal 2007.
Ai fini della copertura finanziaria dello stanziamento è stato disposto:
§ la riduzione, nella misura di 20 milioni di euro per il 2005, 200 milioni per il 2006 e 506 milioni annui a decorrere dal 2007, dell'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali del Fondo speciale di parte corrente;
§ si l'utilizzo di una parte, pari a 14 milioni di euro annui a decorrere dal 2007, delle maggiori entrate derivanti dall'attuazione dell'articolo 7, comma 3, del medesimo D.L. n. 35/2005, in materia di apparecchi e congegni da intrattenimento;
§ la riduzione, nella misura di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2007, del "Fondo di riserva per l'integrazione delle autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente".
3. La direttiva 2003/41/CE
La Direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (di seguito EPAP)[17], fa seguito (“considerando” n. 3) alla comunicazione della Commissione dell’11 maggio 1999 sulle pensioni complementari e fa parte del piano d’azione per i servizi finanziari (PASF) di cui il Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 ha chiesto l’attuazione entro il 2005.
La direttiva mira a istituire una vigilanza prudenziale (“considerando” n. 4) dei citati enti, al fine di tutelare i diritti dei futuri pensionati (“considerando” n. 7). Nell'ottica del mercato integrato dei capitali e dell'introduzione dell'euro, il testo mira inoltre ad eliminare gli ostacoli agli investimenti dei fondi pensionistici.
Nell’ottica di contenere la sostenibilità dei regimi pubblici alla stregua dei loro crescenti costi, si è reso necessario, infatti, nell’affrontare il problema della ristrutturazione del sistema pensionistico pubblico, favorire lo sviluppo dei fondi pensione privati, soprattutto in quegli Stati membri, come l’Italia, in cui hanno prodotto modesti risultati, al fine di consentire ai lavoratori la possibilità di attenuare le conseguenze della riduzione pensionistica del regime obbligatorio pubblico.
In particolare, la Commissione Europea ha ritenuto che, pur considerando che né il sistema basato sulla capitalizzazione, né quello contributivo-redistributivo sono in grado di scongiurare del tutto le tensioni demografiche nei regimi pensionistici del futuro negli Stati membri dell’UE, con il sistema pensionistico a capitalizzazione è possibile, in un contesto globalizzato di capitali e investimenti, utilizzare in modo positivo gli effetti internazionali della crescita per le assicurazioni di vecchiaia individuali.
In relazione a ciò, la citata direttiva, avente lo scopo di stimolare lo sviluppo della previdenza complementare, atteso che i fondi pensione svolgono una funzione essenziale per la promozione della coesione sociale in molti Stati membri e per il finanziamento dell’economia europea, è stata predisposta allo scopo di conciliare nel miglior modo possibile la sicurezza ed il rendimento finanziario per salvaguardare le prestazioni dei pensionati.
In sintesi, gli obiettivi principali della direttiva sono i seguenti:
- assicurare un’adeguata protezione degli aderenti e dei beneficiari delle prestazioni e la sicurezza ed efficienza degli investimenti;
- consentire la libera scelta dei gestori e dei depositari all’interno dell’UE e assicurare la parità delle condizioni di concorrenza tra tutti gli enti che corrispondono prestazioni complementari;
- promuovere le attività transfrontaliere e sviluppare un reale mercato unico delle pensioni integrative;
- stimolare gli investimenti degli EPAP nel complesso dell’UE.
In particolare (“considerando” n. 6), la direttiva rappresenta un “primo passo nella direzione di un mercato interno degli schemi pensionistici aziendali e professionali organizzato su scala europea”. Inoltre, sulla base di investimenti realizzati secondo il principio della “persona prudente” e permettendo l’operatività transfrontaliera degli enti, si incoraggia il “riorentamento del risparmio verso il settore degli schemi pensionistici aziendali e professionali contribuendo in tal modo al progresso economico e sociale”
Si ricorda che per ente pensionistico aziendale o professionale (articolo 6, “considerando” n. 8) si intende un ente, a prescindere dalla sua forma giuridica, operante secondo il principio di capitalizzazione, distinto da qualsiasi impresa promotrice o associazione di categoria, costituito al fine di erogare prestazioni pensionistiche in relazione a un'attività lavorativa sulla base di un accordo o di un contratto stipulato:
§ individualmente o collettivamente tra datore di lavoro e lavoratore, o i loro rispettivi rappresentanti o
§ con lavoratori autonomi, conformemente alla legislazione dello Stato membro di origine e dello Stato membro ospitante e che esercita le attività direttamente connesse.
I diritti acquisiti non devono poter essere "riscattati" prima che sia raggiunta l'età della pensione (sistema pensionistico e non di risparmio).
Agli EPAP, in sostanza, viene attribuito un ruolo importante (“considerando” nn. 4 e 8) nei sistemi fondati sul principio della capitalizzazione, come completamento del regime pensionistico pubblico di base, in quanto “si tratta di una categoria importante di istituzioni finanziarie chiamate a svolgere un ruolo essenziale ai fini dell’integrazione, dell’efficienza e della liquidità dei mercati finanziari”; trattandosi infatti di investitori a lunghissimo termine, possono accrescere le prestazioni, integrando più efficacemente i regimi pubblici obbligatori, o di ridurre i contributi necessari per ottenere un determinato ammontare di prestazioni, con il risultato di realizzare un effetto positivo sulle prestazioni.
Ambito soggettivo
Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, il campo si applicazione della direttiva in oggetto si riferisce a tutti gli EPAP che operano secondo il principio di capitalizzazione (pensioni private complementari) e non fanno capo al sistema previdenziale. La direttiva copre tutti i tipi di regimi gestiti dagli EPAP, tenendo altresì conto delle diversità nazionali in quanto gli EPAP funzionano in maniera molto diversa da uno Stato all'altro, operando sia come compagnie assicurative che come fondi di investimento.
Rimangono espressamente esclusi dall’applicazione della direttiva in oggetto (articolo 2, comma 2):
§ gli enti che gestiscono regimi di sicurezza sociale di cui ai regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72;
§ gli enti rientranti nel campo di applicazione delle direttive 73/209/CEE (assicurazioni dirette diverse dall’assicurazione sulla vita), 85/611/CEE (organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari), 93/22/CEE (servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari), 2000/12/CE (accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio), 2002/83/CE (assicurazioni sulla vita);
§ gli enti funzionanti secondo il principio della ripartizione;
§ gli enti in cui i dipendenti delle imprese promotrici non hanno legalmente diritto a prestazioni e in cui l'impresa promotrice può svincolare le attività in qualunque momento senza dover necessariamente far fronte ai propri obblighi di erogare prestazioni pensionistiche;
§ le società che utilizzano sistemi fondati sulla costituzione di riserve contabili per l'erogazione di prestazioni pensionistiche ai loro dipendenti.
E’ prevista un’applicazione facoltativa (articolo 4) di alcune disposizioni della direttiva in esame agli enti di cui alla citata direttiva 2002/83/CE, relativa all’assicurazione sulla vita.
E’ presente, inoltre, una clausola de minimis (“considerando” n. 15, articolo 5) che consente agli Stati membri di escludere dal campo di applicazione della direttiva i regimi pensionistici di ridotte dimensioni che non sono presumibilmente interessati a svolgere attività transfrontaliera.
Infine, si prevede (“considerando” n. 12) l’applicazione dei requisiti prudenziali minimi indicati nella direttiva in esame alle imprese di assicurazione sulla vita nel settore delle pensioni previdenziali ed assistenziali.
Tale previsione deriva dalla necessità di evitare effetti distorsivi nel mercato, in quanto tali imprese, che di regola dovrebbero essere escluse dal campo d’applicazione della direttiva in esame, potrebbero offrire prestazioni relative a pensioni aziendali o professionali.
Tra l’altro, lo stesso “considerando” afferma che la Commissione dovrebbe procedere al monitoraggio del mercato delle prestazioni pensionistiche, valutando altresì la possibilità di estendere l’applicazione facoltativa prevista al citato articolo 3 ad altre istituzioni finanziarie regolamentate.
Ambito oggettivo
Alle imprese è richiesto l’obbligo di soddisfare requisiti prudenziali minimi (“considerando” n. 20) in funzione della natura dell’EPAP e dei rischi coperti per consentire il riconoscimento dei regimi di vigilanza nazionali, comprendenti specificatamente disposizioni riguardanti la specializzazione delle attività, attraverso:
§ la separazione giuridica tra imprese promotrici ed EPAP (articolo 8), affinché, in caso di fallimento dell’impresa promotrice, l’attivo dell’ente pensionistico sia salvaguardato. Si ricorda che per impresa promotrice, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), si intende un’impresa, o altro organismo, a prescindere dalla sua composizione, che versi contributi ad un EPAP. Tra l’altro, in determinati casi (“considerando” n. 30) potrebbe essere l’impresa promotrice e non l’EPAP a coprire i rischi biometrici o a garantire determinate prestazioni o un dato rendimento degli investimenti;
§ le condizioni per lo svolgimento dell’attività (articolo 9). Tali condizioni prevedono che:
- l’ente sia registrato in un registro nazionale dalla competente attività di vigilanza o autorizzato;
- l’ente sia effettivamente gestito da persone in possesso dei requisiti di onorabilità e dotate di qualifiche ed esperienze professionali adeguate;
- siano applicate regole al funzionamento definite in maniera adeguate per ogni schema pensionistico (dove per schema pensionistico, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), si intende un contratto, un accordo un negozio fiduciario o un insieme di disposizioni che stabilisce le prestazioni pensionistiche erogabili nonché le condizioni per la loro erogazione);
- le riserve tecniche siano correttamente calcolate;
- l’impresa promotrice si impegni a finanziare regolarmente il pagamento delle prestazioni pensionistiche;
- sia garantita un’adeguata informazione ai soggetti aderenti in relazione a determinate situazioni
- per esercitare attività transfrontaliera un EPAP debba ottenere l’autorizzazione preventiva delle autorità di vigilanza competenti;
§ i conti annuali e la relazione annuale (articolo 10) che tengano conto di ogni schema pensionistico gestito dall’ente;
§ la comunicazione di informazioni e della politica d’investimento agli aderenti e ai beneficiari, nonché alle autorità di vigilanza (rispettivamente articoli 11, 12 e 13).
La direttiva in esame, infatti, riconosce la necessità di una adeguata informazione (“considerando” n. 23) agli aderenti e ai beneficiari (cioè, rispettivamente, gli aventi diritto - a motivo delle loro attività lavorative - a percepire le prestazioni pensionistiche, e le persone che percepiscono le prestazioni pensionistiche[18]).
In particolare, si richiede, tra gli altri, che gli aderenti e i beneficiari ricevano le informazioni rilevanti relative a modifiche delle regole dello schema pensionistico, oltre ai conti e relazioni annuali di cui all’articolo 10.
Inoltre, gli EPAP hanno l’obbligo di presentazione alle autorità di vigilanza (articolo 12, “considerando” n. 24), con periodicità triennale, e in ogni caso dopo eventuali modifiche significative della politica d’investimento, di un documento illustrante i principi alla base della loro politica d’investimento con riferimento alla natura ed alla durata degli impegni per prestazioni pensionistiche, con specifica descrizione dei metodi di misurazione del rischio e delle tecniche di gestione del rischio utilizzati.
§ le riserve tecniche e il loro finanziamento (articoli 15 e 16).
In particolare, lo Stato membro di origine ha l’obbligo di provvedere affinché gli EPAP gestori di schemi previdenziali che coprono rischi biometrici (cioè i rischi relativi a morte, invalidità e longevità[19]) e/o garantiscono o un rendimento degli investimenti o un determinato livello di prestazioni, costituiscano riserve tecniche sufficienti in relazione al complesso di schemi pensionistici gestiti.
Le riserve tecniche dovrebbero essere calcolate (“considerando” n. 26) utilizzando metodi attuariali riconosciuti e certificate da esperti qualificati, atteso che un calcolo prudente delle stesse è condizione essenziale per assicurare che l’ente possa far fronte alle sue obbligazioni di erogazione.
Inoltre, le riserve tecniche debbono essere in qualsiasi momento integralmente coperte da attività adeguate, prevedendo, peraltro, che gli Stati membri possano consentire agli enti, per un periodo limitato, di scostarsi dal principio della copertura integrale, fermo restando l’obbligo di un piano di ripristino della copertura che accompagni qualsiasi sospensione della copertura stessa.
Infine, atteso che i rischi coperti dagli enti in oggetto variano in maniera significativa da uno Stato membro all’altro, è prevista la facoltà, per gli Stati membri di origine, (“considerando” n. 27) di assoggettare il calcolo delle riserve tecniche a disposizioni supplementari più dettagliate rispetto a quelle contenute nella direttiva in esame.
§ i fondi propri obbligatori nel caso in cui gli EPAP assumano in proprio l’onere a copertura dei rischi biometrici (articolo 17) e le regole in materia di investimenti (articolo 18).
In particolare, lo Stato membro di origine ha l’obbligo di provvedere affinché gli EPAP gestori di schemi previdenziali in cui è l’ente stesso a coprire direttamente rischi biometrici e/o garantisce o un rendimento degli investimenti o un determinato livello di prestazioni a copertura, detengano, su base permanente, attività supplementari rispetto alle riserve tecniche gestite.
Inoltre, per quanto concerne le regole in materia di investimenti, la gestione dei portafogli d’investimento deve ispirarsi a criteri qualitativi (sicurezza, liquidità, qualità, rendimento, diversificazione) piuttosto che a criteri quantitativi uniformi, al fine di consentire ad ogni EPAP l’applicazione dei criteri indicati conformemente alla natura ed alla scadenza delle future pensionistiche previste.
Vigilanza
Ai sensi dell’articolo 14, le autorità di vigilanza hanno poteri sufficienti per esercitare le proprie funzioni e tutelare gli interessi degli aderenti e dei beneficiari, potendo svolgere anche accertamenti presso gli uffici degli EPAP e, se del caso, presso società esterne alle quali questi abbiano affidato delle funzioni.
In particolare (paragrafo 2), le autorità di vigilanza possono limitare o vietare la libera disponibilità dell’attivo dell’EPAP nel caso in cui l’ente stesso:
§ non abbia costituito riserve tecniche sufficienti in relazione all’attività complessiva;
§ non detenga fondi i fondi propri obbligatori.
Le autorità di vigilanza possono altresì trasferire (paragrafo 3), in tutto o in parte, i poteri attribuiti dalla legge dello Stato membro d’origine ai soggetti gestori dell’ente ad un rappresentante speciale, idoneo ad esercitare i poteri stessi.
Attività transfrontaliera
Ai sensi dell’articolo 20, si provvede alla rimozione degli ostacoli alla gestione transfrontaliera di regimi di pensione aziendali e professionali, armonizzando alcune norme prudenziali di base, prevedendo altresì il riconoscimento reciproco dei sistemi nazionali e proponendo un sistema di comunicazione e cooperazione tra le autorità competenti estabilendo, in particolare (paragrafo 1), che un ente che intenda gestire un regime in un altro Stato membro debba applicare le peculiari disposizioni legislative in materia sociale e di diritto del lavoro dello Stato membro nel quale ha sede l’impresa promotrice (si tratta essenzialmente di norme che stabiliscono quali tipi di prestazioni devono essere erogate). Inoltre, “l’elevatissimo numero degli enti operanti in alcuni Stati membri rende necessaria una soluzione pragmatica per quanto riguarda il requisito della loro autorizzazione preventiva” (“considerando” n. 21): a tal fine, come accennato in precedenza (articolo 9, paragrafo 5), per svolgere attività su scala transfrontaliera un EPAP deve disporre di una autorizzazione rilasciata dall’autorità competente dello Stato membro di origine (paragrafo 2).
Ai fini dell’attività transfrontaliera è inoltre previsto:
§ che gli Stati membri possano esigere dall’EPAP con sede nel loro territorio ma con impresa promotrice in un altro Stato membro ulteriori informazioni alla citata notificazione. Tali informazioni sono successivamente comunicate alle autorità competenti dello stato membro ospitante (paragrafo 4);
§ che le autorità dello Stato membro ospitante comunichino alle autorità dello Stato membro dell’EPAP che abbia iniziato a gestire uno schema pensionistico le disposizioni legislative in materia sociale e di diritto del lavoro conformemente alle quali lo schema pensionistico – avente un’impresa promotrice in uno Stato membro ospitante - debba essere gestito;
§ che l’EPAP inizi la sua attività una volta ricevuta la comunicazione di cui al precedente punto;
§ che gli EPAP aventi impresa promotrice in altro Stato osservino i requisiti di informazione di cui all’articolo 11;
§ che le autorità di vigilanza dello Stato membro ospitante comunichino alle autorità dello Stato membro di origine eventuali modifiche significative delle disposizioni legislative in materia sociale e di diritto del lavoro;
§ che le autorità di vigilanza dello Stato membro ospitante informino le autorità dello Stato membro di origine nel caso in cui rilevino irregolarità nell’attività dell’EPAP in relazione alle disposizioni legislative in materia sociale e di diritto del lavoro o in materia di informazione, prendendo opportune misure nel caso in cui tali irregolarità non cessino.
Articolo 1
(Ambito di applicazione e definizioni)
1 Il presente decreto legislativo disciplina le forme di previdenza per l'erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio, ivi compresi quelli gestiti dagli enti di diritto privato di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e 10 febbraio 1996, n. 103, al fine di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale.
2. L'adesione alle forme pensionistiche complementari disciplinate dal presente decreto è libera e volontaria.
3. Ai fini del presente decreto s'intendono per:
a) "forme pensionistiche complementari collettive": le forme di cui agli articoli 3, comma 1, lettere da a) a g), e 12 del presente decreto che hanno ottenuto l'autorizzazione all'esercizio dell'attività da parte della COVIP e di cui all'articolo 20 iscritte all'apposito albo, alle quali è possibile aderire collettivamente o individualmente e con l'apporto di quote del trattamento di fine rapporto;
b) "forme pensionistiche complementari individuali": le forme di cui all'articolo 13 che hanno ottenuto l'approvazione del regolamento da parte della COVIP alle quali è possibile destinare quote del trattamento di fine rapporto;
c) "COVIP": la Commissione di vigilanza sulle forme pensionistiche complementari istituita ai sensi dell'articolo 18 del presente decreto, di seguito definita "COVIP".
4. Le forme pensionistiche complementari sono attuate mediante la costituzione, ai sensi dell'articolo 4, di appositi fondi, la cui denominazione deve contenere l'indicazione di "fondo pensione", la quale non può essere utilizzata da altri soggetti.
L’articolo 1 definisce l’ambito di applicazione del decreto legislativo e la nozione di forme pensionistiche complementari, comprendendo tra queste quelle gestite dagli enti di diritto privato di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996.
Si ricorda che il decreto legislativo n. 509 del 1994 ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 1995, la trasformazione in persone giuridiche di diritto privato (fondazioni o associazioni) di alcuni enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. Si tratta in particolare di casse o enti di gestione previdenziale di lavoratori autonomi iscritti ad albi professionali.
In seguito il decreto legislativo n. 103 del 1996 ha previsto la creazione di forme di previdenza obbligatoria per i lavoratori iscritti ad albi o elenchi che ne fossero sprovvisti, a decorrere dal 1° gennaio 1996.
Si specifica che la finalità della previdenza complementare è quella di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale e che l’adesione alle forme pensionistiche complementari è libera e volontaria.
Il comma 3 definisce come:
- “forme pensionistiche complementari collettive”, le forme di origine negoziale (articolo 3: fondi pensione chiusi); i fondi pensione aperti promossi da intermediari bancari, finanziari e assicurativi (articolo 12); le forme pensionistiche preesistenti, cioè già istituite alla data di entrata in vigore della legge n. 4231 del 1992;
- “forme pensionistiche complementari individuali”, le forme di cui all’articolo 13 che hanno ottenuto l’approvazione del regolamento da parte della COVIP;
Sarebbe opportuno specificare che si intende far riferimento alle forme di cui alla lettera b) dell’articolo 13, cioè ai contratti di assicurazione sulla vita.
Con il comma 4 prevede poi che le forme pensionistiche complementari sono attuate mediante la costituzione di appositi fondi, la cui denominazione deve contenere l’indicazione di “fondo pensione”, la quale non può essere utilizzata da altri soggetti.
1. Alle forme pensionistiche complementari possono aderire in modo individuale o collettivo:
a) i lavoratori dipendenti, sia privati sia pubblici, anche secondo il criterio di appartenenza alla medesima impresa, ente, gruppo di imprese, categoria, comparto o raggruppamento, anche territorialmente delimitato, o diversa organizzazione di lavoro e produttiva, ivi compresi i lavoratori assunti in base alle tipologie contrattuali previste dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
b) i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, anche organizzati per aree professionali per territorio, ivi compresi i lavoratori autonomi impiegati nell'ambito di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
c) i soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, anche unitamente ai lavoratori dipendenti dalle cooperative interessate;
d) i soggetti destinatari del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565, anche se non i scritti al fondo ivi previsto.
2. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto possono essere istituite:
a) per i soggetti di cui al comma 1, lettere a), c) e d), esclusivamente forme pensionistiche complementari in regime di contribuzione definita;
b) per i soggetti di cui al comma 1, lettera b), anche forme pensionistiche complementari in regime di prestazioni definite volte ad assicurare una prestazione determinata con riferimento al livello del reddito, ovvero a quello del trattamento pensionistico obbligatorio.
L’articolo in esame, sostanzialmente coincidente con il vigente articolo 2 del decreto legislativo n. 124 del 1993, riguarda i destinatari delle forme pensionistiche complementari. In particolare possono aderire, in forma individuale o collettiva:
§ i lavoratori dipendenti, sia privati sia pubblici, compresi i lavoratori assunti in base alle tipologie contrattuali previste dal decreto legislativo n. 276 del 2003.
§ I criteri indicati di appartenenza dei lavoratori subordinati evidenziano, per quanto riguarda la “categoria, comparto o raggruppamento, anche territorialmente delimitato”, una notevole affinità con i criteri di aggregazione in materia di associazione sindacale.
Si ricorda che il decreto legislativo n. 276 del 2003 ha introdotto le tipologie contrattuali del lavoro accessorio (articolo 71), del lavoro intermittente o a chiamata (articolo 33), del lavoro ripartito (articolo 41) e del contratto di inserimento (articolo 54).
Il lavoro intermittente è basato sul contratto di lavoro mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che è tenuto a retribuirlo per i periodi effettivi di prestazione del lavoro, secondo le necessità dell’impresa. Nel caso in cui il contratto preveda l’obbligo del lavoratore di effettuare la prestazione ogni qualvolta richiesto dal datore di lavoro, il contratto medesimo deve prevedere la misura dell’indennità mensile di disponibilità, stabilita dai contratti collettivi. A parte tale indennità, per i periodi nei quali non vi è effettiva prestazione di lavoro, il lavoratore intermittente non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati (malattia, anzianità, trattamento di fine rapporto).
Il contratto di lavoro ripartito è caratterizzato dal fatto che due lavoratori sono obbligati in solido nei confronti del datore di lavoro per l’esecuzione di un’unica obbligazione lavorativa. E’ prevista la responsabilità personale e diretta di ciascun lavoratore per l’adempimento della intera obbligazione lavorativa, fermo restando il vincolo di solidarietà e quindi la possibilità di agire in via di regresso nei confronti dell’altro lavoratore. Inoltre, salve diverse previsioni contrattuali, è data la possibilità ai lavoratori di accordarsi discrezionalmente e in qualsiasi momento per sostituzioni tra di loro, nonché di modificare consensualmente la collocazione temporale del rispettivo orario di lavoro. Si rinvia alla contrattazione collettiva per l’ulteriore disciplina del lavoro ripartito, prevedendo che in mancanza si applica la normativa generale del rapporto di lavoro subordinato, in quanto compatibile con la particolare natura del rapporto di lavoro ripartito. Si equipara i lavoratori coobbligati, ai fini previdenziali e assistenziali, ai lavoratori a part-time. Il calcolo delle prestazioni e dei contributi è tuttavia effettuato mese per mese, salvo conguaglio a fine anno a seguito dell’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa.
Il contratto di inserimento in pratica sostituisce, anche nella denominazione, il contratto di formazione e lavoro, allo scopo di rendere “spendibili” le competenze lavorative dei lavoratori, giovani o in difficoltà a prescindere dall’età, in un determinato contesto lavorativo. I contratti di inserimento possono essere stipulati non solo da imprese, ma anche da alcune persone giuridiche ed associazioni.
Il decreto in oggetto ha inoltre riformato al disciplina del lavoro a tempo parziale, del lavoro interinale e del contratto di apprendistato.
E’ da ritenere che il riferimento di cui alla lettera a) alle tipologie contrattuali previste dal decreto legislativo n. 276 del 2003 riguardi anche il contratto di inserimento, il lavoro ripartito e il lavoro intermittente e non riguardi invece, in considerazione delle caratteristiche di occasionalità, il lavoro accessorio di cui all’articolo 70 e seguenti;
§ i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, ivi compresi i lavoratori autonomi impiegati nell’ambito di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto di cui al decreto n. 276 del 2003.
Si ricorda che gli articoli 61 e seguenti del decreto n. 276 prevedono l’obbligo di ricondurre i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Nel caso in cui tali rapporti siano instaurati senza individuare uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, essi vengono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dalla data di costituzione del rapporto. Da tale previsione sono esclusi le prestazioni meramente occasionali, le professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi, il rapporto di agenzia, i componenti degli organi amministrativi e di controllo delle società commerciali, i titolari di pensione di vecchiaia. Le nuove norme sul lavoro a progetto non riguardano le pubbliche amministrazioni. Pertanto esse potranno continuare ad utilizzare i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa senza le nuove stringenti limitazioni, secondo la disciplina previgente;
§ i soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, anche insieme ai lavoratori dipendenti dalle cooperative interessate;
Si ricorda che la disciplina del socio lavoratore di cooperativa è contenuta sostanzialmente nella legge n. 142 del 2001. Il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione, o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali. Dall’instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici previsti dalla legge;
§ i soggetti destinatari del decreto legislativo n. 565 del 1996, anche se non iscritti al fondo ivi previsto.
Si tratta di coloro che svolgono “lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari”, in sostanza le casalinghe. Il decreto n. 565 del 1996 ha istituito, al fine di armonizzare la disciplina della gestione “Mutualità pensioni” con le disposizioni di cui alla legge n. 335 del 1995, il “Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari”. A tale Fondo possono iscriversi, su base volontaria, i soggetti che svolgono, senza vincolo di subordinazione, lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari e che non prestano attività lavorativa autonoma o alle dipendenze di terzi e non sono titolari di pensione diretta.
Si consideri che la possibilità di aderire alle forme pensionistiche complementari della categoria in questione, “anche se non iscritti al fondo”, si discosta dal principio contenuto inizialmente nel decreto legislativo n. 124 del 1993, di affiancare la previdenza complementare (e relativo assetto dei benefici) esclusivamente per i lavoratori che siano già destinatari della previdenza pubblica. Tuttavia tale previsione è stata già introdotta nel decreto n. 124 con il decreto legislativo n. 47 del 2000 e quindi il provvedimento in esame si limita a confermare tale previsione.
Il comma 2, confermando quanto già previsto dalla vigente disciplina, prevede che per i lavoratori dipendenti, i soci lavoratori di cooperative e per le “casalinghe” possano essere istituite esclusivamente forme pensionistiche in regime di contribuzione definita, mentre per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti anche forme pensionistiche complementari in regime di prestazioni definite, che in pratica assicurano una prestazione agganciata al livello del reddito o a quello del trattamento pensionistico.
Si ricorda che in realtà, a differenza di quanto previsto dal testo, la prestazione definita potrebbe essere determinata con un importo già prefissato, oltre che espresso in percentuale all’ammontare del reddito ovvero all’ammontare della pensione a cui il soggetto avrà diritto.
La prestazione così garantita non muta, naturalmente, nel caso in cui i rendimenti della capitalizzazione dei contributi non permettano obiettivamente il raggiungimento dell’ammontare predefinito della prestazione pensionistica. Ciò comporterebbe che il rischio collegato all’andamento degli investimenti, i quali possono non raggiungere i livelli di rendimento necessari, dovrebbe essere posto a carico del fondo. In realtà spesso il rischio viene traslato a carico dei partecipanti, prevedendosi che possa mutare l’entità del contributo. Pertanto il meccanismo previsto per questa tipologia di fondo viene descritto in forma abbreviata nella sua stessa denominazione di fondo a prestazione definita e a contribuzione variabile.
L’altra forma (contribuzione definita – prestazione variabile) contempla l’esatta predeterminazione, al momento dell’adesione al fondo, dell’entità del contributo annuo da destinare al finanziamento del fondo. La prestazione finale, invece, è determinata dalla somma dei contributi versati diminuita o aumentata dai risultati della gestione. Il rischio finanziario viene pertanto sopportato in proprio dal futuro pensionato, ma in compenso, costui non è esposto al rischio di dover sopperire mediante un incremento della retribuzione agli squilibri che possono manifestarsi nel fondo.
Articolo 3
(Istituzione delle forme pensionistiche
complementari)
1. Le forme pensionistiche complementari possono essere istituite da:
a) contratti e accordi collettivi, anche aziendali, ovvero, in mancanza, accordi fra lavoratori, promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro; accordi, anche interaziendali per gli appartenenti alla categoria dei quadri, promossi dalle organizzazioni sindacali nazionali rappresentative della categoria membri del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro;
b) accordi fra lavoratori autonomi, compresi i collaboratori coordinati e continuativi e a progetto, o fra liberi professionisti, promossi anche da loro sindacati o associazioni di rilievo almeno regionale;
c) regolamenti di enti o aziende;
d) accordi fra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, promossi anche da associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo legalmente riconosciute;
e) accordi tra soggetti destinatari del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565, promossi anche da loro sindacati o associazioni di rilievo almeno regionale;
f) gli enti di diritto privato di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e 10 febbraio 1996, n. 103, con l'obbligo della gestione separata, sia direttamente sia secondo le disposizioni di cui alle lettere a) e b);
g) i soggetti di cui all'articolo 6, comma 1, limitatamente ai fondi pensione aperti di cui all'articolo 12;
h) i soggetti di cui all'articolo 13, limitatamente alle forme pensionistiche complementari individuali.
2. Per il personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le forme pensionistiche complementari possono essere istituite mediante i contratti collettivi di cui al titolo III del medesimo decreto legislativo. Per il personale dipendente di cui all'articolo 3, comma 1, del medesimo decreto legislativo le forme pensionistiche complementari possono essere istituite secondo le norme dei rispettivi ordinamenti, ovvero, in mancanza, mediante accordi tra i dipendenti stessi promossi da loro associazioni.
3. Le fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari stabiliscono le modalità di partecipazione garantendo la libertà di adesione individuale.
L’articolo in esame individua le specifiche fonti istitutive in relazione alla tipologia dei destinatari di cui all’articolo 2.
La lettera a) riguarda le fonti istitutive negoziali per i lavoratori subordinati. Si indicano come fonte istitutiva i contratti e accordi collettivi, anche a livello aziendale. In via suppletiva vengono poi previsti accordi tra lavoratori, promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro. Inoltre si prevedono accordi, anche interaziendali, per gli appartenenti alla categoria dei quadri, promossi dalle organizzazioni sindacali rappresentative della categoria membri del CNEL.
La lettera b) riguarda le fonti istitutive per i lavoratori autonomi, compresi i lavoratori a progetto, e per i liberi professionisti, facendo riferimento a sindacati o associazioni di rilievo almeno regionale.
La lettera c) prevede che le forme pensionistiche complementari possano essere istituite anche con regolamenti aziendali o di enti.
La lettera d) prevede, come fonte istitutiva, accordi tra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, mentre la lettera e) prevede come fonte istitutiva accordi tra soggetti destinatari del Fondo per la mutualità delle “casalinghe”.
La lettera f) rappresenta una novità rispetto alla vigente disciplina, poiché prevede come fonti istitutive anche gli enti di diritto privato (associazioni e fondazioni) di cui ai decreti n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 (vedi supra, articolo 1), con obbligo della gestione separata.
Non è chiaro l’inciso “sia direttamente sia secondo le disposizioni di cui alle lettere a) e b)”.
Infine le lettere g) ed h) prevedono rispettivamente che forme pensionistiche complementari possono essere istituite dai soggetti di cui all’articolo 6 (società assicurative, società di gestione del risparmio), limitatamente ai fondi aperti, e dalle imprese assicurative, con riferimento alle forme pensionistiche complementari individuali.
Il comma 2 conferma che, per il personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni “contrattualizzato” le forme pensionistiche complementari possono essere istituite mediante la contrattazione collettiva, mentre per il personale in regime di diritto pubblico (di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001) i fondi pensione possono essere istituiti secondo i rispettivi ordinamenti ovvero, in via subordinata, mediante accordi tra i dipendenti promossi dalle rispettive associazioni.
Si ricorda che l’articolo 3 prevede che non sono interessati dalla “privatizzazione “ del rapporto e pertanto rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, i professori e i ricercatori universitari e i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287.
Il comma 3 prevede che l’adesione alla previdenza complementare sia improntato ad un principio di libera scelta individuale.
Articolo 4
(Costituzione dei fondi pensione e
autorizzazione all’esercizio)
1. I Fondi pensione sono costituiti:
a) come soggetti giuridici, di natura associativa ai sensi dell'articolo 36 del codice civile, distinti dai soggetti promotori dell'iniziativa;
b) come soggetti dotati di personalità giuridica; in tal caso, in deroga alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, il riconoscimento della personalità giuridica consegue al provvedimento di autorizzazione all'esercizio dell'attività adottato dalla COVIP; per tali fondi pensione, la COVIP cura la tenuta del registro delle persone giuridiche e provvede ai relativi adempimenti.
2. I Fondi pensione istituiti ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettere, f), g) e h), possono essere costituiti altresì nell'ambito della singola società o del singolo ente attraverso la formazione, con apposita deliberazione, di un patrimonio di destinazione, separato ed autonomo, nell'ambito della medesima società od ente, con gli effetti di cui all'articolo 2117 del codice civile.
3 L'esercizio dell'attività delle forme pensionistiche complementari di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a g), è subordinato alla preventiva autorizzazione da parte della COVIP, la quale trasmette al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro dell'economia e delle finanze l'esito del procedimento amministrativo relativo a ciascuna istanza di autorizzazione; i termini per il rilascio del provvedimento che concede o nega l'autorizzazione sono fissati in sessanta giorni dal ricevimento da parte della COVIP dell'istanza e della prescritta documentazione, ovvero in trenta giorni dal ricevimento dell'ulteriore documentazione eventualmente richiesta entro trenta giorni dal ricevimento dell'istanza; la COVIP può determinare con proprio regolamento le modalità di presentazione dell'istanza, i documenti da allegare alla stessa ed eventuali diversi termini per il rilascio dell'autorizzazione comunque non superiori ad ulteriori trenta giorni. Con uno o più decreti da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina:
a) i requisiti formali di costituzione, nonché gli elementi essenziali sia dello statuto sia dell'atto di destinazione del patrimonio, con particolare riferimento ai profili della trasparenza nei rapporti con gli iscritti ed ai poteri degli organi collegiali;
b) i requisiti per l'esercizio dell'attività, con particolare riferimento all'onorabilità e professionalità dei componenti degli organi collegiali e, comunque, del responsabile della forma pensionistica complementare, facendo riferimento ai criteri definiti ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, da graduare sia in funzione delle modalità di gestione del fondo stesso sia in funzione delle eventuali delimitazioni operative contenute negli statuti;
c) i contenuti e le modalità del protocollo di autonomia gestionale.
4. Chiunque eserciti l'attività di cui al presente decreto senza le prescritte autorizzazioni o approvazioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.200 euro a 25.000 euro. E' sempre ordinata la confisca delle cose che sono servite o sono state destinate a commettere il reato o che ne sono il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato.
5. I fondi pensione costituiti nell'ambito di categorie, comparti o raggruppamenti, sia per lavoratori subordinati sia per lavoratori autonomi, devono assumere forma di soggetto riconosciuto ai sensi del comma 1, lettera b), ed i relativi statuti devono prevedere modalità di raccolta delle adesioni compatibili con le disposizioni per la sollecitazione al pubblico risparmio.
6. La COVIP disciplina le ipotesi di decadenza dall'autorizzazione quando il fondo pensione non abbia iniziato la propria attività, ovvero quando non sia stata conseguita la base associativa minima prevista dal fondo stesso, previa convocazione delle fonti istitutive.
L’articolo 4 disciplina le modalità di costituzione dei fondi pensione e l’autorizzazione all’esercizio degli stessi, modificando in alcuni punti la disciplina di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n. 124 del 1993.
Dopo aver confermato che i fondi pensione possono costituirsi come associazioni (ai sensi dell’articolo 36 del codice civile) o come soggetti dotati di personalità giuridica, si prevede che in tale ultimo caso, in deroga al D.P.R. 361 del 2000[20], il riconoscimento della personalità giuridica consegue direttamente al provvedimento di autorizzazione all’attività adottato dalla COVIP. Pertanto la COVIP provvede anche agli adempimenti connessi alla tenuta del registro delle persone giuridiche relativamente ai fondi pensione.
Per quel che concerne le forme promosse dagli enti di cui al D.Lgs. 509/1994, dai soggetti di cui all’articolo 13 limitatamente alle forme pensionistiche complementari individuali e dagli intermediari finanziari e assicurativi è previsto che esse possano essere costituite nell’ambito della singola società o ente attraverso la formazione, con apposita deliberazione, di un patrimonio di destinazione, separato e autonomo, con gli effetti di cui all’articolo 2117 del codice civile.
Il comma 3 del medesimo articolo rivede le previgenti disposizioni in tema di autorizzazione all’esercizio dell’attività, disponendo in primo luogo una riduzione dei termini dei relativi procedimenti amministrativi di competenza della COVIP. In particolare si riduce da novanta a sessanta giorni il termine per il rilascio del provvedimento che concede o nega l’autorizzazione; inoltre, nel caso di richiesta di documentazione integrativa, il termine si riduce da sessanta a trenta giorni rispetto al ricevimento della stessa documentazione.
La COVIP con regolamento determina le modalità di presentazione dell’istanza, i documenti da allegare alla stessa ed eventuali diversi termini per il rilascio dell’autorizzazione, comunque non superiori ad ulteriori trenta giorni rispetto al termine stabilito dall’articolo in esame.
Si conferma, rispetto alla normativa vigente, che con decreto del Ministero del lavoro si determinano: i requisiti formali della costituzione e gli elementi essenziali dello statuto; i requisiti per l’esercizio dell’attività, con particolare riferimento all’onorabilità e alla professionalità degli organi collegiali e del responsabile della forma pensionistica complementare; i contenuti e le modalità del protocollo di autonomia gestionale.
Con riferimento ai requisiti di onorabilità e professionalità, si prevede che il decreto del Ministro del lavoro faccia riferimento ai criteri definiti dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 58 del 1998.
Si ricorda che l’articolo 13 in questione dispone in merito ai requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso SIM, società di gestione del risparmio e SICAV, prevedendo che tali requisiti siano stabiliti con regolamento del Ministro dell’economia, adottato sentita la Banca d’Italia e la CONSOB. La materia è disciplinata dal decreto ministeriale 11 novembre 1998, n. 486.
L’articolo 13 del decreto legislativo n. 58 del 1998 prevede che il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica e che essa sia dichiarata dal consiglio di amministrazione, dal consiglio di sorveglianza o dal consiglio di gestione. Nel caso dei fondi pensione la competenza dovrebbe essere del consiglio di amministrazione. Inoltre, in caso di inerzia, la competenza alla pronuncia della decadenza dovrebbe essere della COVIP.
Si consideri che i criteri di cui all’articolo 13 non sono applicabili integralmente o automaticamente, poiché il decreto del Ministro del lavoro dovrebbe “graduare” tale requisiti sia in funzione delle modalità di gestione del fondo sia in funzione delle delimitazioni contenute negli statuti.
Si osserva che sarebbe opportuno chiarire l’eventuale natura regolamentare dei decreti ministeriali di cui al comma 3; sarebbe inoltre opportuno fissare un termine all’emanazione dei decreti. Inoltre, nelle more della pubblicazione di tali decreti, è da ritenere che i requisiti formali di costituzione, i requisiti di onorabilità e professionalità e i contenuti del protocollo di autonomia gestionale continuino ad essere disciplinati dal D.M. 14 gennaio 1997, n. 211, successivamente modificato dal D. M. 20 giugno 2003.
Il comma 4 prevede, sostanzialmente confermando le disposizioni di cui all’articolo 18-bis del decreto legislativo n. 124 del 1993, una fattispecie delittuosa, sanzionando con la reclusione da sei mesi a tre anni, nonché con la multa da 5.200 a 25.000 euro, chiunque eserciti attività relative alla previdenza complementare senza le prescritte autorizzazioni o approvazioni.
E’altresì prevista la confisca delle cose utilizzate o destinate alla commissione del reato o che ne costituiscano il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato.
Si ricorda che la legge n. 243/2004, nell’individuare i principi e i criteri direttivi cui il legislatore delegato si sarebbe dovuto attenere nella attuazione della delega, nulla disponeva in materia di sanzioni penali o amministrative: la norma di cui al comma 4 in commento, pertanto, andrebbe letta sia in rapporto alle disposizioni della legge delega che all’articolo 76 della Costituzione, in virtù del quale, per costante giurisprudenza della Corte costituzionale, i precetti contenuti nelle leggi deleganti costituiscono parametro nelle eventuali valutazioni sulla legittimità costituzionale degli atti governativi.
Il comma 5 dispone espressamente che i fondi pensione costituiti nell’ambito di categorie, comparti o raggruppamenti, sia per lavoratori subordinati sia per lavoratori autonomi, devono assumere la forma di soggetto con personalità giuridica e i relativi statuti devono prevedere forme di raccolta delle adesioni compatibili con le disposizioni sulla sollecitazione del pubblico risparmio.
Lo stesso comma prescrive altresì che gli statuti dei fondi pensione di categoria debbano prevedere modalità di raccolta delle adesioni compatibili con le disposizioni per la sollecitazione al pubblico risparmio.
La disposizione riproduce l’articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124.
Il riferimento alla “sollecitazione al pubblico risparmio”[21], qui come nell’articolo 9, comma 1, del medesimo decreto legislativo, deriva dalla disciplina vigente all’epoca della sua emanazione, costituita in particolare dal decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95 (Disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, e dalle leggi successivamente intervenute sulla materia degli investimenti finanziari.
La disciplina relativa alla sollecitazione del pubblico risparmio è stata successivamente raccolta nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nella cui parte IV il titolo II riguarda l’appello al pubblico risparmio, ossia l’offerta di prodotti finanziari al pubblico, in particolare nella forma della sollecitazione all’investimento, disciplinata dal capo I. Nell’articolo 1, comma 1, lettera t), del medesimo testo unico è definita sollecitazione all’investimento “ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari”, rimanendo esclusa da tale nozione la raccolta di depositi bancari o postali realizzata senza emissione di strumenti finanziari.
Il comma 6, infine, affida alla COVIP la disciplina delle ipotesi di decadenza dall’autorizzazione allorché il fondo pensione non abbia iniziato la propria attività, ovvero quando non sia stata raggiunta la base associativa minima prevista.
Si consideri che la vigente disciplina prevede la decadenza dall’autorizzazione decorsi dodici mesi dal rilascio. Pertanto sembra che l’articolo in esame affidi, tra l’altro, la fissazione di tale termine al potere regolamentare della COVIP.
Articolo 5
(Partecipazione negli organi di
amministrazione
e di controllo e responsabilità)
1. La composizione degli organi di amministrazione e di controllo delle forme pensionistiche complementari, escluse quelle di cui agli articoli 12 e 13, deve rispettare il criterio della partecipazione paritetica di rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro. Per quelle caratterizzate da contribuzione unilaterale a carico dei lavoratori, la composizione degli organi collegiali risponde al criterio rappresentativo di partecipazione delle categorie e raggruppamenti interessati. I componenti dei primi organi collegiali sono nominati in sede di atto costitutivo. Per la successiva individuazione dei rappresentanti dei lavoratori è previsto il metodo elettivo secondo modalità e criteri definiti dalle fonti costitutive.
2. II consiglio di amministrazione di ciascuna forma pensionistica complementare nomina il responsabile della forma stessa in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità, e per il quale non sussistano le cause di ineleggibilità e di decadenza così come previsto dal decreto di cui all'articolo 4, comma 3. Il responsabile della forma pensionistica svolge la propria attività in modo autonomo e indipendente riportando direttamente all'organo amministrativo della forma pensionistica complementare relativamente ai risultati dell'attività svolta. Per le forme pensionistiche di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a), b), d) ed e), l'incarico di responsabile della forma pensionistica può essere conferito anche ad uno degli amministratori della forma stessa.
3. II responsabile della forma pensionistica verifica che la gestione della stessa sia svolta nell'esclusivo interesse degli aderenti, nonché nel rispetto della normativa vigente e delle previsioni stabilite nei regolamenti e nei contratti; sulla base delle direttive emanate da COVIP provvede all'invio di dati e notizie sull'attività complessiva del fondo richieste dalla stessa COVIP: In particolare vigila sul rispetto dei limiti di investimento, complessivamente e per ciascuna linea in cui si articola il fondo, sulle operazioni in conflitto di interesse e sulle buone pratiche ai fini di garantire la maggiore tutela degli iscritti.
4. I fondi pensione aperti di cui all'articolo 12 prevedono l'istituzione di un organismo di sorveglianza composto da almeno due membri, designati dai soggetti istitutori dei fondi stessi, in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità, e per i quali non sussistano le cause di ineleggibilità e di decadenza previsti dal decreto di cui all'articolo 4, comma 3. La partecipazione all'organismo di sorveglianza è incompatibile con la carica di amministratore o di componente di altri organi sociali, nonché con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato, di consulenza, di prestazione d'opera continuativa, presso i soggetti istitutori dei fondi pensione aperti, ovvero presso le società da questi controllate o che li controllano. I componenti dell'organismo di sorveglianza non possono essere proprietari, usufruttuari o titolari di altri diritti – anche indirettamente o per conto terzi – relativamente a partecipazioni azionarie di soggetti istitutori di fondi pensione aperti, ovvero di società da questi controllate o che li controllano. La sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla presente disposizione deve essere attestata dal candidato mediante apposita dichiarazione sottoscritta. L'accertamento del mancato possesso anche di uno solo dei requisiti indicati determina la decadenza dall'ufficio che sarà dichiarata ai sensi del comma 8.
5. L'organismo di sorveglianza rappresenta gli interessi degli aderenti e verifica che l'amministrazione e la gestione complessiva del fondo avvenga nell'esclusivo interesse degli stessi, anche sulla base delle informazioni ricevute dal responsabile della forma pensionistica. L'organismo riferisce agli organi di amministrazione del fondo e alla COVIP delle eventuali irregolarità riscontrate.
6. Nei confronti dei componenti degli organi di cui al comma 1 e del responsabile della forma pensionistica si applicano gli articoli 2392, 2393, 2394, 2394-bis, 2395 e 2396 del codice civile.
7. Nei confronti dei componenti degli organi di controllo di cui ai commi 1 e 4, si applica l'articolo 2407 del codice civile.
8. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su proposta della COVIP, possono essere sospesi dall'incarico e, nei casi di maggiore gravità, dichiarati decaduti dall'incarico i componenti degli organi collegiali e il responsabile della forma pensionistica che:
a) non ottemperano alle richieste o non si uniformano alle prescrizioni della COVIP di cui all'articolo 16;
b) forniscono alla COVIP informazioni false;
c) violano le disposizioni dell'articolo 6, commi 7 e 13;
d) non effettuano le comunicazioni relative alla sopravvenuta variazione della condizione di onorabilità nel termine di quindici giorni dal momento in cui sono venuti a conoscenza degli eventi e delle situazioni relative.
9. I componenti degli organi di amministrazione e di controllo di cui all'articolo 5, comma 1, e i responsabili della forma pensionistica che: a) forniscono alla COVIP segnalazioni, dati o documenti falsi, sono puniti con l'arresto da sei mesi a tre anni salvo che il fatto costituisca più grave reato; b) nel termine prescritto non ottemperano, anche in parte, alle richieste della COVIP, sono puniti con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2.600 euro a 15.500 euro; c) non effettuano le comunicazioni relative alla sopravvenuta variazione delle condizioni di onorabilità di cui all'articolo 4, comma 3, lettera b), nel termine di quindici giorni dal momento in cui sono venuti a conoscenza degli eventi e delle situazioni relative, sono puniti con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2.600 euro a 15.500 euro.
10. Le sanzioni amministrative previste nel presente articolo sono applicate con la procedura di cui al titolo VIII, capo VI, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, fatta salva l'attribuzione delle relative competenze alla COVIP e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Non si applica l'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.
11. Ai commissari nominati ai sensi dell'articolo 15 si applicano le disposizioni contenute nel presente articolo.
L’articolo in esame stabilisce le regole relative alla composizione degli organi di amministrazione e di controllo delle forme pensionistiche complementari. Tale composizione, ad eccezione dei fondi pensione aperti e delle forme pensionistiche individuali, deve rispettare il criterio della partecipazione paritetica dei rappresentanti di lavoratori e datori di lavoro.
Sarebbe opportuno specificare che tale criterio vale esclusivamente nel caso di contribuzione bilaterale o unilaterale a carico del datore di lavoro.
Tuttavia, per le forme pensionistiche caratterizzate da contribuzione unilaterale a carico dei lavoratori, la composizione collegiale risponde al criterio rappresentativo di partecipazione delle categorie interessate.
Rispetto alla normativa vigente si prevede che i componenti dei primi organi collegiali siano nominati in sede di atto costitutivo.
Il comma 2 introduce espressamente la figura del responsabile del fondo, precisando che deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità previste dall’apposito decreto del ministro del lavoro.
Si consideri che attualmente il responsabile del fondo non è previsto dalla legislazione vigente (decreto legislativo n. 124 del 1993), ma è stato introdotto, per i fondi pensione aperti, in sede regolamentare con il decreto del Ministro del lavoro n. 211 del 1997.
Tale decreto, all’articolo 17, comma 2, prevede che all’istanza di autorizzazione venga allegata copia del verbale della riunione del consiglio di amministrazione della società che istituisce il fondo pensione aperto, nella quale il consiglio stesso ha verificato che in capo al dirigente responsabile del fondo sussistano i requisiti di professionalità ed onorabilità richiesti dal decreto. Da ciò si desume che per i fondi pensione aperti viene prevista la figura di un responsabile del fondo in capo al quale sono riconducibili una serie di attività analiticamente indicati dalla COVIP negli orientamenti regolamentari.
Sembra pertanto che la figura del responsabile del fondo venga introdotta, dall’articolo 5, anche per i fondi negoziali. Ciò si desume anche dall’ultimo periodo del comma 2.
Il responsabile della forma pensionistica viene configurato come un organo autonomo e indipendente, con funzioni da una parte di supervisione sulla gestione e dall’altra di vigilanza a garanzia degli aderenti al fondo.
Pertanto il responsabile, anche se il testo non è molto dettagliato sul punto, rinviando probabilmente alla disciplina di attuazione con decreto e al potere di indirizzo della COVIP, sembra rivestire in primo luogo un ruolo si supervisore sulla gestione amministrativa del fondo. Ciò emerge dal comma 2, allorché prevede che il responsabile esercita la propria attività in modo autonomo riferendo direttamente all’organo amministrativo sui risultati dell’attività svolta.
Sarebbe comunque opportuno un maggior dettaglio del testo sui compiti amministrativi del responsabile, chiarendo in particolare la sua posizione funzionale rispetto all’organo di amministrazione.
Contestualmente il responsabile viene investito di un compito di vigilanza sulla correttezza della gestione a garanzia degli interessi degli aderenti, svolgendo quindi un compito parzialmente ausiliario dell’organismo di sorveglianza. Difatti il responsabile (comma 3):
§ verifica che la gestione sia svolta nell’esclusivo interesse degli aderenti, nonché nel rispetto della normativa vigente;
§ sulla base delle direttive della COVIP informa la stessa Commissione sull’attività complessiva del fondo;
§ vigila in particolare sul rispetto dei limiti di investimento e sulle operazioni che potrebbero far ravvisare un conflitto di interessi.
Inoltre, come si desume dal comma 5, il rappresentante è tenuto ad informare l’organismo di sorveglianza (vedi infra) affinché la gestione del fondo avvenga nell’esclusivo interesse degli aderenti.
Il comma 4, per i fondi aperti, prevede l’istituzione di un organismo di sorveglianza composto da almeno due membri, designati dai soggetti istitutori del fondo stesso, in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità.
Si prevedono una serie di incompatibilità con altre cariche o prestazioni di lavoro presso i soggetti istitutori dei fondi pensione, in modo da evitare eventuali conflitti d’interesse.
Inoltre i membri dell’organismo di sorveglianza non possono possedere cointeressenze nei soggetti istitutrici dei fondi pensione aperti.
L’accertamento del mancato possesso di alcuno dei requisiti previsti comporta la decadenza dall’ufficio dichiarata ai sensi del comma 8 (vedi ultra).
L’organismo di sorveglianza svolto un compito di controllo sulla regolarità della gestione complessiva, affinché avvenga nell’interesse degli aderenti, e riferisce alla COVIP e all’organo di amministrazione su eventuali irregolarità riscontrate.
Si osserva che l’attribuzione della designazione dei membri dell’organismo di sorveglianza ai soggetti istitutori dei fondi stessi potrebbe confliggere con la necessità di una posizione di assoluta terzietà e separatezza rispetto agli interessi dei soggetti istitutori. Si determinerebbe in pratica una situazione per cui i controllori sono nominati dagli stessi controllati. Inoltre ciò potrebbe vanificare le previsioni di incompatibilità di cui al comma 4.
Si osserva che i compiti del responsabile e dell’organo di sorveglianza sembrano in parte sovrapporsi, esercitando entrambi una vigilanza affinché la gestione sia svolta nell’interesse degli aderenti. Il responsabile sembra comunque esercitare tale vigilanza su un piano più operativo e, per alcuni aspetti, appare configurato come un organo di supporto dell’organismo di vigilanza proprio perché responsabile dei risultati dell’attività svolta.
I commi 6 e 7 indicano le disposizioni del codice civile che disciplinano i doveri e le responsabilità dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo delle forme pensionistiche complementari.
Il comma 6 dichiara applicabili ai componenti dei suddetti organi e al responsabile della forma pensionistica (nominato ai sensi del precedente comma 2) i seguenti articoli del codice civile:
- articolo 2392, a norma del quale gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze e sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori.
Essi in ogni caso sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose. La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale.
- articolo 2393, che disciplina l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori.
L'azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa in seguito a deliberazione dell'assemblea, anche se la società è in liquidazione. La deliberazione può essere presa in occasione della discussione del bilancio, anche se non è indicata nell'elenco delle materie da trattare, quando si tratta di fatti di competenza dell'esercizio cui si riferisce il bilancio. L'azione può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell'amministratore dalla carica.
La deliberazione dell'azione di responsabilità importa la revoca dall'ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa col voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso l'assemblea stessa provvede alla loro sostituzione.
La società può rinunziare all'esercizio dell'azione di responsabilità e può transigere, purché la rinunzia e la transazione siano approvate con espressa deliberazione dell'assemblea, e purché non vi sia il voto contrario di una minoranza di soci che rappresenti almeno il quinto del capitale sociale o, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, almeno un ventesimo del capitale sociale, ovvero la misura prevista nello statuto per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità da parte dei soci (ai sensi dei commi primo e secondo dell'articolo 2393-bis).
- l’articolo 2394, riguardante la responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali.
Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale.
L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.
La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione revocatoria, quando ne ricorrono gli estremi.
- l’articolo 2394-bis, che attribuisce al curatore del fallimento, al commissario liquidatore e al commissario straordinario, rispettivamente in caso di fallimento[22], liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria, la competenza a promuovere le azioni di responsabilità previste dai precedenti articoli;
- l’articolo 2395, il quale fa salvo comunque il diritto al risarcimento del danno spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori.
L'azione può essere esercitata entro cinque anni dal compimento dell'atto pregiudizievole.
- l’articolo 2396, il quale estende ai direttori generali nominati dall'assemblea o per disposizione dello statuto l’applicazione delle disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori, in relazione ai compiti loro affidati, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società.
Il comma 7 dichiara applicabile ai componenti degli organi di controllo delle forme pensionistiche complementari (comma 1) e ai membri dell’organismo di sorveglianza del fondo pensione aperto (comma 4) le disposizioni dell’articolo 2407 del codice civile.
L’articolo 2407 del codice civile disciplina i doveri e la responsabilità dei sindaci.
Essi debbono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
All'azione di responsabilità contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395[23].
Il comma 8 prevede delle ipotesi in cui con decreto del Ministro del lavoro, su proposta della COVIP, possono essere sospesi dall’incarico o dichiarati decaduti i “componenti degli organi collegiali e il responsabile della forma pensionistica” che compiano una serie di irregolarità od omissioni.
Non è chiaro se tra gli “organi collegiali” sia compreso l’organismo di sorveglianza.
In particolare vengono sanzionate dal comma 8 le seguenti condotte:
§ la non ottemperanza alle richieste o alle prescrizioni della COVIP.
Si osserva che il riferimento all’articolo 16 appare erroneo; sarebbe opportuno riferirsi all’articolo 19;
§ forniscono alla COVIP informazioni false;
§ violano le disposizioni di cui all’articolo 6, commi 7 e 13.
Si osserva che il riferimento all’articolo 6, comma 7, non appare chiaro, poiché tale comma dispone in merito ai requisiti minimi patrimoniali richiesti ai soggetti gestori. Sarebbe più opportuno il riferimento al comma 8, relativo al processo di selezione dei gestori e al contenuto delle convenzioni sulla gestione dei fondi.
§ non effettuano le comunicazioni relative alla sopravvenuta variazione della condizione di onorabilità entro quindici giorni dal momento in cui ne sono venuti a conoscenza.
Il comma 9 provvede a sanzionare sul piano penale o amministrativo, riproducendo anche in questo caso le disposizioni di cui al richiamato articolo 18-bis del decreto legislativo 124 del 1993, una serie di violazioni, in parte coincidenti con quelle di cui al comma 8, in particolare con quelle di cui alle lettere a), b) e d).
Tuttavia le fattispecie presentano una formulazione in parte diversa. Per esempio, al comma 8 si fa riferimento solo ad informazioni false mentre al comma 9 a “segnalazioni, dati o documenti falsi”; al comma 8, con riferimento alla non ottemperanza alle richieste o alle prescrizioni della COVIP, ci si riferisce esclusivamente all’articolo 16 (vedi supra), mentre al comma 9 ci si riferisce genericamente alle richieste della COVIP.
Sarebbe opportuno un maggior coordinamento della formulazione dei due commi.
Il comma 10 specifica che le sanzioni amministrative sono applicate secondo la procedura di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia).
L’articolo 145 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia dispone che per le violazioni previste nello stesso Testo unico cui è applicabile una sanzione amministrativa, la Banca d'Italia o l'UIC, nell'ambito delle rispettive competenze, contestati gli addebiti alle persone e alla banca, alla società o all'ente interessati e valutate le deduzioni presentate entro trenta giorni, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte, propongono al Ministro dell'economia e delle finanze l'applicazione delle sanzioni. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base della proposta della Banca d'Italia o dell'UIC, provvede ad applicare le sanzioni con decreto motivato. Contro il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze è ammessa opposizione alla corte di appello di Roma. L'opposizione deve essere notificata all'autorità che ha proposto il provvedimento nel termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del decreto impugnato e deve essere depositata presso la cancelleria della corte di appello entro trenta giorni dalla notifica. L'autorità che ha proposto il provvedimento trasmette alla corte di appello gli atti ai quali l'opposizione si riferisce, con le sue osservazioni. L'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento. La corte di appello, se ricorrono gravi motivi, può disporre la sospensione con decreto motivato. La corte di appello, su istanza delle parti, fissa i termini per la presentazione di memorie e documenti, nonché per consentire l'audizione anche personale delle parti. La corte di appello decide sull'opposizione in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, con decreto motivato. Copia del decreto è trasmessa, a cura della cancelleria della Corte di appello, all'autorità che ha proposto il provvedimento.
Posto che l’attribuzione della competenza nel procedimento sanzionatorio, per quanto riguarda l’articolo in esame, è della COVIP e del Ministero del lavoro, non è chiaro se e in che modo siano applicabili alcune fasi del procedimento sanzionatorio di cui alla disciplina richiamata.
In particolare non appare applicabile il comma 3 dell’articolo 145 del Testo unico, non solo nella parte in cui si riferisce alla pubblicazione su due quotidiani del decreto di applicazione di specifiche sanzioni, ma anche ma anche per quanto riguarda la pubblicazione sul bollettino della Banca d’Italia.
Appare invece applicabile il comma 9, relativo alla riscossione mediante ruolo.
Dubbi sussistono relativamente all’applicabilità del comma 10, che prevede la responsabilità in solido dei soggetti a cui appartengono i responsabili delle violazioni, non trattandosi in senso stretto di una norma “procedurale”.
Sarebbe opportuno un chiarimento al riguardo.
Non si applica la definizione delle sanzioni in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge n. 689 del 1981.
Infine, il comma 11 dell’articolo in esame estende le disposizioni in esso contenute ai commissari nominati in caso di scioglimento del fondo.
Articolo 6
(Regime delle prestazioni e modelli
gestionali)
1. I fondi pensione gestiscono le risorse mediante:
a) convenzioni con soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività di cui all'articolo 1, comma 5, lettera d) del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ovvero soggetti che svolgono la medesima attività, con sede statutaria in uno dei Paesi aderenti all'Unione Europea, che abbiano ottenuto il mutuo riconoscimento;
b) convenzioni con imprese assicurative di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, mediante ricorso alle gestioni di cui al ramo VI del punto A) della tabella allegata allo stesso decreto legislativo, ovvero con imprese svolgenti la medesima attività, con sede in uno dei Paesi aderenti all'Unione Europea, che abbiano ottenuto il mutuo riconoscimento;
c) convenzioni con società di gestione del risparmio, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni, ovvero con imprese svolgenti la medesima attività, con sede in uno dei Paesi aderenti all'Unione Europea, che abbiano ottenuto il mutuo riconoscimento;
d) sottoscrizione o acquisizione di azioni o quote di società immobiliari nelle quali il fondo pensione può detenere partecipazioni anche superiori ai limiti di cui al comma 13, lettera a), nonché di quote di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi nei limiti di cui alla lettera e);
e) sottoscrizione e acquisizione di quote di fondi comuni di investimento mobiliare chiusi secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministro del tesoro di cui al comma 11, ma comunque non superiori al 20 per cento del proprio patrimonio e al 25 per cento del capitale del fondo chiuso.
2. Gli enti gestori di forme pensionistiche obbligatorie, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, possono stipulare con i fondi pensione convenzioni per l'utilizzazione del servizio di raccolta dei contributi da versare ai fondi pensione e di erogazione delle prestazioni e delle attività connesse e strumentali anche attraverso la costituzione di società di capitali di cui debbono conservare in ogni caso la maggioranza del capitale sociale; detto servizio deve essere organizzato secondo criteri di separatezza contabile dalle attività istituzionali del medesimo ente.
3 Alle prestazioni di cui all'articolo 11 erogate sotto forma di rendita i fondi pensione provvedono mediante convenzioni con una o più imprese assicurative di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174.
4 I fondi pensione possono essere autorizzati dalla COVIP ad erogare direttamente le rendite, affidandone la gestione finanziaria ai soggetti di cui al comma 1 nell'ambito di apposite convenzioni in base a criteri generali determinati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la COVIP. L'autorizzazione è subordinata alla sussistenza di requisiti e condizioni fissati dal citato decreto, con riferimento alla dimensione minima dei fondi per numero di iscritti, alla costituzione e alla composizione delle riserve tecniche, alle basi demografiche e finanziarie da utilizzare per la conversione dei montanti contributivi in rendita, e alle convenzioni di assicurazione contro il rischio di sopravvivenza in relazione alla speranza di vita oltre la media. I fondi autorizzati all'erogazione delle rendite presentano alla COVIP, con cadenza almeno triennale, un bilancio tecnico contenente proiezioni riferite ad un arco temporale non inferiore a quindici anni.
5. Per le forme pensionistiche in regime di prestazione definita e per le eventuali prestazioni per invalidità e premorienza, sono in ogni caso stipulate apposite convenzioni con imprese assicurative. Nell'esecuzione di tali convenzioni non si applica l'articolo 7.
6. Per la stipula delle convenzioni di cui ai commi 3, 4, e 5, e all'articolo 7, i competenti organismi di amministrazione dei fondi, individuati ai sensi dell'articolo 5, comma 1, richiedono offerte contrattuali, per ogni tipologia di servizio offerto, attraverso la forma della pubblicità notizia su almeno due quotidiani fra quelli a maggiore diffusione nazionale o internazionale, a soggetti abilitati che non appartengono ad identici gruppi societari e comunque non sono legati, direttamente o indirettamente, da rapporti di controllo. Le offerte contrattuali rivolte ai fondi sono formulate per singolo prodotto in maniera da consentire il raffronto dell'insieme delle condizioni contrattuali con riferimento alle diverse tipologie di servizio offerte.
7. Con deliberazione delle rispettive autorità di vigilanza sui soggetti gestori, che conservano tutti i poteri di controllo su di essi, sono determinati i requisiti patrimoniali minimi, differenziati per tipologia di prestazione offerta, richiesti ai soggetti di cui al comma 1 ai fini della stipula delle convenzioni previste nei precedenti commi.
8. Il processo di selezione dei gestori deve essere condotto secondo le istruzioni emanate dalla COVIP e comunque in modo da garantire la trasparenza del procedimento e la coerenza tra obiettivi e modalità gestionali, decisi preventivamente dagli amministratori, e i criteri di scelta dei gestori. Le convenzioni possono essere stipulate, nell'ambito dei rispettivi regimi, anche congiuntamente fra loro e devono in ogni caso:
a) contenere le linee di indirizzo dell'attività dei soggetti convenzionati nell'ambito dei criteri di individuazione e di ripartizione del rischio di cui al comma 11 e le modalità con le quali possono essere modificate le linee di indirizzo medesime; nel definire le linee di indirizzo della gestione, i fondi pensione possono prevedere linee di investimento che consentano di garantire rendimenti comparabili al tasso di rivalutazione del trattamento di fine rapporto;
b) prevedere i termini e le modalità attraverso cui i fondi pensione esercitano la facoltà di recesso, contemplando anche la possibilità per il fondo pensione di rientrare in possesso del proprio patrimonio attraverso la restituzione delle attività finanziarie nelle quali risultano investite le risorse del fondo all'atto della comunicazione al gestore della volontà di recesso dalla convenzione;
c) prevedere l'attribuzione in ogni caso al fondo pensione della titolarità dei diritti di voto inerenti ai valori mobiliari nei quali risultano investite le disponibilità del fondo medesimo.
9. I fondi pensione sono titolari dei valori e delle disponibilità conferiti in gestione, restando peraltro in facoltà degli stessi di concludere, in tema di titolarità, diversi accordi con i gestori a ciò abilitati nel caso di gestione accompagnata dalla garanzia di restituzione del capitale. I valori e le disponibilità affidati ai gestori di cui al comma 1 secondo le modalità ed i criteri stabiliti nelle convenzioni costituiscono in ogni caso patrimonio separato ed autonomo, devono essere contabilizzati a valori correnti e non possono essere distratti dal fine al quale sono stati destinati né formare oggetto di esecuzione sia da parte dei creditori dei soggetti gestori, sia da parte di rappresentanti dei creditori stessi, né possono essere coinvolti nelle procedure concorsuali che riguardano il gestore. Il fondo pensione è legittimato a proporre la domanda di rivendicazione di cui all'articolo 103 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Possono essere rivendicati tutti i valori conferiti in gestione, anche se non individualmente determinati o individuati ed anche se depositati presso terzi, diversi dal soggetto gestore. Per l'accertamento dei valori oggetto della domanda è ammessa ogni prova soggetto documentale, ivi compresi i rendiconti redatti dal gestore o dai terzi depositari.
10. Con delibera della COVIP, assunta previo parere dell'autorità di vigilanza sui soggetti convenzionati, sono fissati criteri e modalità omogenee per la comunicazione ai fondi dei risultati conseguiti nell'esecuzione delle convenzioni in modo da assicurare la piena comparabilità delle diverse convenzioni.
11. I criteri di individuazione e di ripartizione del rischio, nella scelta degli investimenti, devono essere indicati nello statuto di cui all'articolo 4, comma 3, lettera a). Con decreto dei Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la COVIP , sono individuati:
a) le attività nelle quali i fondi pensione possono investire le proprie disponibilità, con i rispettivi limiti massimi di investimento, avendo particolare attenzione per il finanziamento delle piccole e medie imprese;
b) i criteri di investimento nelle varie categorie di valori mobiliari;
c) le regole da osservare in materia di conflitti di interesse compresi quelli eventuali attinenti alla partecipazione dei soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive dei fondi pensione ai soggetti gestori di cui al presente articolo.
12. I fondi pensione, costituiti nell'ambito delle autorità di vigilanza sui soggetti gestori a favore dei dipendenti delle stesse, possono gestire direttamente le proprie risorse.
13. I fondi non possono comunque assumere o concedere prestiti, né investire le disponibilità di competenza:
a) in azioni o quote con diritto di voto, emesse da una stessa società, per un valore nominale superiore al cinque per cento del valore nominale complessivo di tutte le azioni o quote con diritto di voto emesse dalla società medesima se quotata, ovvero al dieci per cento se non quotata, né comunque, azioni o quote con diritto di voto per un ammontare tale da determinare in via diretta un'influenza dominante sulla società emittente;
b) in azioni o quote emesse da soggetti tenuti alla contribuzione o da questi controllati direttamente o indirettamente, per interposta persona o tramite società fiduciaria, o agli stessi legati da rapporti di controllo ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in misura complessiva superiore al venti per cento delle risorse del fondo e, se trattasi di fondo pensione di categoria, in misura complessiva superiore al trenta per cento;
c) fermi restando i limiti generali indicati alla lettera precedente, i fondi pensione aventi come destinatari i lavoratori di una determinata impresa non possono investire le proprie disponibilità in strumenti finanziari emessi dalla predetta impresa, o, allorché l'impresa appartenga a un gruppo, dalle imprese appartenenti al gruppo medesimo, in misura complessivamente superiore, rispettivamente, al cinque e al dieci per cento patrimonio complessivo del fondo. Per la nozione di gruppo si fa riferimento all'articolo 23 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.
14. Le forme pensionistiche complementari sono tenute ad esporre nel rendiconto annuale e, sinteticamente, nelle comunicazioni periodiche agli iscritti, se ed in quale misura nella gestione delle risorse si siano presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali, nonché, le linee seguite nell'esercizio dei diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio.
L’articolo 6 reca la disciplina del regime delle prestazioni e dei diversi modelli gestionali che possono essere adottati dai fondi pensione.
In particolare, i commi da 1 a 5 riguardano il regime di gestione delle risorse.
I commi 6, 7 e 8 disciplinano il procedimento di selezione dei gestori.
I commi da 9 a 14 recano la disciplina del regime degli investimenti delle risorse gestite.
Le norme esaminate riprendono sostanzialmente quanto già previsto dall’articolo 6 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari.
Il comma 1 dell’articolo 6 determina le forme attraverso le quali i fondi pensione possono gestire le risorse loro affidate.
Nel dettaglio, la lettera a) del comma 1 prevede la possibilità di stipulare convenzioni con soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività di gestione su base individuale di portafogli d’investimento per conto terzi, di cui all’articolo 1, comma 5, lettera d), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (di séguito: TUF), ovvero con soggetti che svolgono la medesima attività, con sede statutaria in uno dei Paesi aderenti all’Unione europea, che abbiano ottenuto il mutuo riconoscimento.
La lettera b) del comma 1 prevede la possibilità di stipulare convenzioni con imprese assicurative di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, mediante ricorso alle gestioni di cui al ramo VI del punto A) della tabella allegata allo stesso decreto, ovvero con imprese svolgenti la medesima attività, con sede in uno dei Paesi aderenti all’Unione europea, che abbiano ottenuto il mutuo riconoscimento.
Il richiamato articolo 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, recante l’attuazione della direttiva 92/96/CEE in materia di assicurazione diretta sulla vita, riguarda:
a) le imprese aventi la sede legale nel territorio della Repubblica, per l'attività da queste esercitata nel predetto territorio e per quella esercitata in regime di stabilimento o in regime di libertà di prestazione di servizi nel territorio di altri Stati membri o di Stati terzi, nonché per quella svolta in regime di libertà di prestazione di servizi nel territorio della Repubblica attraverso sedi secondarie situate in altri Stati membri;
b) le imprese aventi la sede legale in un altro Stato membro, per l'attività da queste esercitata nel territorio della Repubblica, in regime di stabilimento o di libertà di prestazione di servizi;
c) le imprese aventi la sede legale in Stati terzi, per l'attività da queste esercitata nel territorio della Repubblica in regime di stabilimento.
Il ramo VI del punto A) della tabella allegata allo stesso decreto fa riferimento alle operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l'erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell'attività lavorativa.
Si segnala che la materia dovrà confluire nel codice delle assicurazioni, da emanarsi in attuazione della delega legislativa conferita dall’articolo 4 della legge 29 luglio 2003, n. 229, il cui schema, già sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari, all’articolo 376 prevede la conseguente abrogazione del decreto legislativo n. 174 del 1995.
La lettera c) del comma 1 prevede la possibilità di stipulare convenzioni con società di gestione del risparmio (SGR), disciplinate dal TUF, ovvero con imprese svolgenti la medesima attività, con sede in uno dei Paesi aderenti all’Unione europea, sempre che abbiano ottenuto il mutuo riconoscimento.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera o), del TUF la società di gestione del risparmio (SGR) è la società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia autorizzata a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio.
Per gestione collettiva del risparmio si intende la raccolta di capitali da un gruppo di risparmiatori e la gestione complessiva, a fini di rendimento, del patrimonio cumulato (cosiddetta gestione “in monte”), diversificata su una vasta gamma di investimenti e quindi con un rischio contenuto.
La lettera d) del comma 1 prevede la possibilità di sottoscrizione o di acquisizione di azioni o quote di società immobiliari nelle quali il fondo pensione può detenere:
a) partecipazioni anche superiori ai limiti stabiliti al comma 13, lettera a) (cioè anche oltre il cinque per cento del valore nominale complessivo di tutte le azioni o quote con diritto di voto emesse dalla società, se quotata, e anche oltre il dieci per cento se non quotata, anche qualora la quota sia tale da determinare in via diretta un'influenza dominante sulla società emittente);
b) quote di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi nei limiti di cui alla lettera e) (cioè non superiori al 20 per cento del proprio patrimonio e al 25 per cento del capitale del fondo chiuso).
Il fondo comune di investimento è un patrimonio autonomo rispetto al patrimonio della società che lo gestisce (o che lo ha istituito e lo promuove), suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di investitori. Il patrimonio viene gestito “in monte”, ossia collettivamente, sulla base delle linee d’investimentoprefissate dal regolamento del fondo medesimo. Sottoscrivendo l'acquisto di una quota di un fondo comune di investimento, quindi, il risparmiatore acquisisce una compartecipazione nella gestione collettiva del patrimonio comune, effettuata sulla base delle scelte di investimento predefinite nel regolamento.
Il fondo può avere al suo interno più comparti, ossia più linee di gestione e, perciò, la scelta di un diverso tipo di investimento può avvenire solitamente tramite il passaggio da un comparto ad un altro (cosiddetto switch).
Il fondo comune di investimento è un patrimonio autonomo rispetto al patrimonio della SGR: se il fondo è multicomparto il principio della separatezza si applica a ciascun comparto. Il TUF specifica, a tal fine, che i creditori della società non possono rivalersi sul fondo per i propri crediti, mentre i creditori del sottoscrittore possono aggredire il fondo solo nella quota parte di pertinenza del loro debitore. Specularmente, la SGR non può in alcun caso utilizzare i beni di pertinenza dei fondi gestiti per fini propri della società o di terzi.
Il documento fondamentale che disciplina il rapporto tra la SGR eil sottoscrittore è il regolamento del fondo, che ne definisce, tra l'altro, la durata, i beni e gli strumenti finanziari in cui è possibile investire, le disponibilità, i criteri per la determinazione dei risultati della gestione e le modalità di distribuzione dei proventi, le spese, le forme di pubblicità del valore della quota. La struttura dell'investimento è quindi definita dal regolamento del fondo, che deve essere formulato sulla base dei criteri generali definiti dal Ministero dell'economia e delle finanze (art. 37 del TUF e decreto del Ministro del Tesoro 24 maggio 1999, n. 228), ed è oggetto di approvazione da parte della Banca d'Italia, sulla base del principio del silenzio assenso, avendo l'Autorità un termine di 4 mesi per adottare un provvedimento di diniego.
La classificazione dei fondi comuni d’investimento si ritrova solo in parte nell'articolo 37 del TUF, secondo il quale il Ministro dell'economia e delle finanze “definisce i criteri ai quali attenersi per l'organizzazione di un fondo comune di investimento con riguardo, tra l'altro, alle modalità di “partecipazione in fondi" chiusi o aperti (decreto del Ministro del Tesoro 24 maggio 1999, n. 228).
La definizione di gestione collettiva del risparmio delineata dal TUF (art. 1, comma 1, lett. n), prevede che l'investimento del patrimonio possa avvenire in strumenti finanziari, crediti o altri beni mobili o immobili. Ne deriva che, in linea di principio, un fondo può effettuare investimenti sia mobiliari che immobiliari. La distinzione, tuttavia, è stata affermata a livello di disciplina secondaria. A seconda del carattere della partecipazione, si distinguono fondi chiusi e aperti e, a seconda del tipo d’investimento, fondi mobiliari e immobiliari.
In particolare, i fondi comuni d’investimento chiusi, disciplinati dal TUF e dal regolamento di attuazione emanato con decreto del Ministro del Tesoro 24 maggio 1999, n. 228, sono patrimoni autonomi gestiti in monte, suddivisi in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, il cui diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto solo a scadenze predeterminate. I capitali versati dai sottoscrittori formano un compendio patrimoniale autonomo (fondo comune) sul quale la SGR esercita le funzioni di amministrazione e la banca depositaria quelle di custodia dei titoli e di controllo sull’attività svolta dalla SGR, assumendo le relative responsabilità. Il fondo può essere gestito dalla SGR che lo ha istituito o da altra SGR. Ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 37 del TUF, con il regolamento ministeriale previsto dal comma 1 dello stesso articolo sono individuate le materie sulle quali i partecipanti dei fondi chiusi si riuniscono in assemblea per adottare deliberazioni vincolanti per la società di gestione del risparmio. L'assemblea delibera in ogni caso sulla sostituzione della società di gestione del risparmio, sulla richiesta di ammissione a quotazione ove non prevista e sulle modifiche delle politiche di gestione. L'assemblea è convocata dal consiglio di amministrazione della società di gestione del risparmio anche su richiesta dei partecipanti che rappresentino almeno il 10 per cento del valore delle quote in circolazione e le deliberazioni sono approvate con il voto favorevole del 50 per cento più una quota degli intervenuti all'assemblea. Il quorum deliberativo non può essere comunque inferiore al 30 per cento del valore di tutte le quote in circolazione. Le deliberazioni dell'assemblea sono trasmesse alla Banca d'Italia per l'approvazione e s’intendono approvate quando il diniego non sia stato adottato entro quattro mesi dalla trasmissione.
La lettera e) prevede, infine, la possibilità di sottoscrizione e di acquisizione di quote di fondi comuni d’investimento mobiliare chiusi secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e dellefinanze di cui al comma 11.
Il testo, riproducendo la precedente formulazione della disposizione, fa riferimento a un decreto del Ministro del tesoro. La denominazione dovrebbe essere adeguata alle modificazioni intervenute nell’organizzazione del Governo.
Tali quote non devono superare:
a) il 20 per cento del patrimonio del fondo pensione;
b) il 25 per cento del capitale del fondo chiuso.
Il comma 1 dell’articolo 6 riproduce sostanzialmente le previsioni del comma 1 dell’articolo 6 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari.
Il comma 2 dell’articolo 1 in esame facoltizza gli enti gestori di forme pensionistiche obbligatorie a stipulare con i fondi pensione convenzioni per l’utilizzazione del servizio di raccolta dei contributi, da versare ai fondi pensione stessi, e di erogazione delle prestazioni e delle attività connesse e strumentali, anche mediante la costituzione di società di capitali.
La stipulazione di tali convenzioni può essere effettuata previa consultazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Gli enti previdenziali debbono comunque mantenere la maggioranza del capitale sociale di tali società.
Il servizio va organizzato secondo criteri di separatezza contabile dalle attività istituzionali dell’ente.
Il comma 1-bis dell’articolo 6 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, prevede che gli enti gestori di forme pensionistiche obbligatorie, ai fini della gestione delle risorse raccolte dai fondi pensione, acquisiscono partecipazioni nei soggetti abilitati di cui al comma 1.
Gli enti gestori di forme pensionistiche obbligatorie, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, possono stipulare con i fondi pensione convenzioni per l'utilizzazione del servizio di raccolta dei contributi da versare ai fondi pensione e di erogazione delle prestazioni; detto servizio deve essere organizzato secondo criteri di separatezza contabile dalle attività istituzionali del medesimo ente.
Ai sensi del comma 3, i fondi pensione devono provvedere alle prestazioni pensionistiche di cui all’articolo 11 erogate sotto forma di rendita mediante convenzioni con una o più imprese assicurative di cui all’articolo 2 del decreto legislativo n. 174 del 1995, sopra richiamato.
Il comma 3 riproduce sostanzialmente le previsioni del comma 2 dell’articolo 6 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124.
Il comma 4 dell’articolo 1 prevede che i fondi pensione possano essere autorizzati dalla COVIP ad erogare direttamente le rendite.
In tal caso, la gestione finanziaria viene affidata ai soggetti indicati al comma 1 nell’ambito di apposite convenzioni, in base a criteri generali che sono determinati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la COVIP.
L’autorizzazione è subordinata alla sussistenza di requisiti e condizioni fissati dal decreto ministeriale, con riferimento:
a) alla dimensione minima dei fondi per numero di iscritti;
b) alla costituzione e alla composizione delle riserve tecniche;
c) alle basi demografiche e finanziarie da utilizzare per la conversione dei montanti contributivi in rendita;
d) alle convenzioni di assicurazione contro il rischio di sopravvivenza in relazione alla speranza di vita oltre la media.
I fondi che vengono così autorizzati all’erogazione diretta delle rendite sono tenuti a presentare alla COVIP, almeno ogni tre anni, un bilancio tecnico contenente proiezioni riferite ad un arco temporale non inferiore a quindici anni.
Il comma 4 riproduce sostanzialmente le previsioni del comma 2-bis dell’articolo 6 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124.
Il comma 5 pone l’obbligo di stipulare apposite convenzioni con imprese assicurative per le forme pensionistiche in regime di prestazione definita e per le eventuali prestazioni per invalidità e premorienza.
Nell’esecuzione di tali convenzioni non si applica l’articolo 7, riguardante l’affidamento delle risorse dei fondi ad una banca depositaria.
Il comma 5 riproduce sostanzialmente le previsioni del comma 3 dell’articolo 6 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124.
I commi 6, 7 e 8 dell’articolo 6 in esame disciplinano il procedimento di selezione dei gestori.
Ai sensi del comma 6, i competenti organismi di amministrazione dei fondi devono procedere alla richiesta di offerte contrattuali, per ogni tipologia di servizio offerto, ai fini della stipulazione delle convenzioni di cui ai commi 3, 4e 5, nonché all’articolo 7, mediante la forma della pubblicità notizia su almeno due quotidiani fra quelli a maggiore diffusione nazionale o internazionale.
I soggetti destinatari della richiesta di offerte sono individuati in soggetti abilitati che:
a) non appartengono a identici gruppi societari;
b) non sono comunque legati, direttamente o indirettamente, da rapporti di controllo.
Si richiede che le offerte contrattuali rivolte ai fondi siano formulate per singolo prodotto, in modo tale da permettere la comparazione delle condizioni contrattuali, in relazione alle diverse tipologie di servizio offerte.
La determinazione dei requisiti patrimoniali minimi necessari ai soggetti abilitati per la stipulazione delle convenzioni, differenziati per tipologia di prestazione offerta, viene demandata dal comma 7 alladeliberazione delle autorità di vigilanza sui soggetti gestori, che conservano tutti i poteri di controllo su di essi.
Il procedimento di selezione dei gestori viene condotto secondo le istruzioni emanate dalla COVIP, ai sensi del comma 8.
In ogni caso, debbono essere garantite la trasparenza del procedimento e la coerenza tra gli obiettivi e le modalità gestionali, decisi preventivamente dagli amministratori, e i criteri di scelta dei gestori.
Si specifica che le convenzioni possono essere stipulate, nell’ambito dei rispettivi regimi, anche congiuntamente fra loro.
Le convenzioni devono in ogni caso determinare le linee d’indirizzo dell’attività dei soggetti convenzionati nell’ambito dei criteri di individuazione e di ripartizione del rischio di cui al comma 11 nonché le modalità con le quali possono essere modificate le linee di indirizzo medesime.
I fondi pensione, nel definire le linee di indirizzo della gestione, possono prevedere linee d’investimento che assicurino rendimenti comparabili al tasso di rivalutazione del trattamento di fine rapporto.
Le convenzioni devono inoltre prevedere:
a) i termini e le modalità attraverso cui i fondi pensione esercitano la facoltà di recesso. In particolare, dev’essere previsto che il fondo pensione possa rientrare in possesso del proprio patrimonio attraverso la restituzione delle attività finanziarie nelle quali risultano investite le risorse del fondo all’atto della comunicazione al gestore della volontà di recesso dalla convenzione;
b) l’attribuzione al fondo pensione della titolarità dei diritti di voto inerenti ai valori mobiliari nei quali risultano investite le disponibilità del fondo.
Si rileva che l’espressione “valori mobiliari”, nella legislazione attuale (articolo 1, comma 2, del TUF), è stata sostituita dall’espressione “strumenti finanziari”.
I commi 6, 7 e 8 riproducono sostanzialmente le previsioni dei commi 4 e 4-bis dell’articolo 6 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124.
I commi da 9 a 14 delineano il regime sostanziale della gestione delle risorse dei fondi pensione.
Il comma 9 attribuisce ai fondi pensione la titolarità dei valori e delle disponibilità conferiti in gestione.
Resta comunque in facoltà dei fondi di concludere, in tema di titolarità, diversi accordi con i gestori a ciò abilitati, solo nel caso in cui la gestione sia munita della garanzia di restituzione del capitale.
Con riguardo al regime giuridico dei valori e delle disponibilità affidati ai gestori, essi:
a) costituiscono in ogni caso patrimonio separato e autonomo;
b) devono essere contabilizzati a valori correnti;
c) non possono essere distratti dal fine al quale sono stati destinati;
d) non possono formare oggetto di esecuzione né da parte dei creditori dei soggetti gestori, né da parte di rappresentanti dei creditori stessi;
e) non possono essere coinvolti nelle procedure concorsuali che riguardano il gestore.
Si riconosce al fondo pensione la legittimazione a proporre la domanda di rivendicazione di cui all’articolo 103 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante la disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa.
Secondo il richiamato articolo 103, le disposizioni degli articoli da 93 a 102 dello stesso regio decreto n. 267 del 1942 si applicano anche alle domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dal fallito.
In base all'elenco di tutte le domande il giudice forma uno stato delle domande accolte o respinte ai sensi degli articoli 95, 96 e 97. Se le domande sono proposte tardivamente a norma dell'articolo 101, il giudice delegato può sospendere la vendita delle cose rivendicate, chieste in restituzione o separate, con cauzione o senza. In ogni caso il giudice, prima di provvedere sulle domande, deve, in quanto possibile, sentire il fallito.
Le domande di rivendicazione, restituzione e separazione sul prezzo non pregiudicano le ripartizioni anteriori, e possono essere fatte valere sulle somme ancora da distribuire.
In particolare, si chiarisce che possono essere rivendicati tutti i valori conferiti in gestione, anche se non individualmente determinati o individuati e anche se depositati presso terzi, diversi dal soggetto gestore.
È ammessa ogni prova documentale, compresi i rendiconti redatti dal gestore o dai terzi depositari, ai fini dell’accertamento dei valori oggetto della domanda.
Per errore materiale, in luogo dell’espressione: “prova documentale” il testo del comma 9, ultimo periodo, reca: “prova soggetto documentale”.
Il comma 9 riproduce sostanzialmente le previsioni del comma 4-ter dell’articolo 6 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124.
Al fine di garantire la piena comparabilità delle diverse convenzioni, il comma 10 affida ad una delibera della COVIP, da adottarsi con il previo parere dell’autorità di vigilanza sui soggetti convenzionati, il compito di determinare criteri e modalità omogenee per la comunicazione ai fondi dei risultati conseguiti nell’esecuzione delle convenzioni.
Il comma 10 riproduce sostanzialmente le previsioni del comma 4-quater dell’articolo 6 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124.
Il comma 11 demanda allo statuto del fondo previsto dall’articolo 4, comma 3, lettera a) del presente schema di decreto il compito di indicare i criteri di individuazione e di ripartizione del rischio, nella scelta degli investimenti.
Spetta invece a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la COVIP, il compito di individuare, fra l’altro, le attività nelle quali i fondi pensione possono investire le proprie disponibilità, i criteri d’investimento nelle varie categorie di valori mobiliari, le regole da osservare in materia di conflitti d’interessi.
Il comma 11 riproduce sostanzialmente le previsioni del comma 4-quinquies dell’articolo 6 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124.
Come già rilevato in relazione al comma 8, l’espressione “valori mobiliari”, nella legislazione attuale (articolo 1, comma 2 del TUF), risulta sostituita dall’espressione “strumenti finanziari”.
Il comma 12facoltizza i fondi pensione, costituiti nell’ambito delle autorità di vigilanza sui soggetti gestori a favore dei dipendenti delle stesse, a gestire direttamente le proprie risorse.
Il comma 12 riproduce sostanzialmente le previsioni del comma 4-sexies dell’articolo 6 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124.
Il comma 13 pone innanzitutto ai fondi pensione il divieto di assumere o concedere prestiti.
Ai fondi è inoltre vietato effettuare determinati tipi d’investimenti delle disponibilità di competenza.
Nel dettaglio, la lettera a) del comma 13 pone il divieto di investire:
a) in azioni o quote con diritto di voto, emesse da una stessa società, per un valore nominale superiore al 5 per cento del valore nominale complessivo di tutte le azioni o quote con diritto di voto emesse dalla società medesima se quotata, ovvero al 10 per cento se non quotata;
b) in azioni o quote con diritto di voto per un ammontare tale da determinare in via diretta un'influenza dominante sulla società emittente.
Si può ricordare che, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile,sono considerate società controllate:
a) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
b) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
c) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi. Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.
La lettera b) del comma 13 pone il divieto di investire in azioni o quote emesse da soggetti tenuti alla contribuzione o da questi controllati direttamente o indirettamente, per interposta persona o tramite società fiduciaria, o agli stessi legati da rapporti di controllo ai sensi dell’articolo 23 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (di seguito: TUB), in misura complessiva superiore al 20 per cento delle risorse del fondo o, se trattasi di fondo pensione di categoria, in misura complessiva superiore al 30 per cento.
Il richiamato articolo 23 del TUB stabilisce, al comma 1, che il controllo sussiste, anche con riferimento a soggetti diversi dalle società, nei casi previsti dall'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile e in presenza di contratti o di clausole statutarie che abbiano per oggetto o per effetto il potere di esercitare l'attività di direzione e coordinamento.
Ai sensi del comma 2, il controllo si considera esistente nella forma dell'influenza dominante, salvo prova contraria, allorché ricorra una delle seguenti situazioni:
1) esistenza di un soggetto che, sulla base di accordi, ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza degli amministratori o del consiglio di sorveglianza ovvero dispone da solo della maggioranza dei voti ai fini delle deliberazioni relative alle materie di cui agli articoli 2364 e 2364-bis del codice civile;
2) possesso di partecipazioni idonee a consentire la nomina o la revoca della maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza;
3) sussistenza di rapporti, anche tra soci, di carattere finanziario ed organizzativo idonei a conseguire uno dei seguenti effetti:
a) la trasmissione degli utili o delle perdite;
b) il coordinamento della gestione dell'impresa con quella di altre imprese ai fini del perseguimento di uno scopo comune;
c) l'attribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dalle partecipazioni possedute;
d) l'attribuzione, a soggetti diversi da quelli legittimati in base alla titolarità delle partecipazioni, di poteri nella scelta degli amministratori o dei componenti del consiglio di sorveglianza o dei dirigenti delle imprese;
4) l’assoggettamento a direzione comune, in base alla composizione degli organi amministrativi o per altri concordanti elementi.
La lettera c) del comma 13, fermi restando i limiti generali indicati alla lettera precedente, vieta ai fondi pensione aventi come destinatari i lavoratori di una determinata impresa di investire le proprie disponibilità in strumenti finanziari emessi dall’impresa stessa.
Qualora l’impresa appartenga a un gruppo, è vietato investire le proprie disponibilità in strumenti finanziari emessi dalle imprese appartenenti al gruppo, in misura complessivamente superiore, rispettivamente, al 5 e al 10 per cento del patrimonio complessivo del fondo.
Per la nozione di gruppo si fa riferimento all'articolo 23 del TUB, sopra richiamato.
Il comma 5 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, stabilisce che i fondi non possono comunque assumere o concedere prestiti, né investire le disponibilità di competenza:
a) in azioni o quote con diritto di voto, emesse da una stessa società, per un valore nominale superiore al 5 per cento del valore nominale complessivo di tutte le azioni o quote con diritto di voto emesse dalla società medesima se quotata, ovvero al 10 per cento se non quotata, né, comunque, azioni o quote con diritto di voto per un ammontare tale da determinare in via diretta un'influenza dominante sulla società emittente;
b) in azioni o quote emesse da soggetti tenuti alla contribuzione o da questi controllati direttamente o indirettamente, per interposta persona o tramite società fiduciaria, o agli stessi legati da rapporti di controllo ai sensi dell'art. 27, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, in misura complessiva superiore al 20 per cento delle risorse del fondo e, se trattasi di fondo pensione di categoria, in misura complessiva superiore al 30 per cento.
Il comma 14 dell’articolo 6 fa obbligo alle forme pensionistiche complementari di esporre nel rendiconto annuale e, sinteticamente, nelle comunicazioni periodiche agli iscritti:
a) la misura in cui, nella gestione delle risorse, si siano eventualmente presi in considerazione aspetti sociali, etici e ambientali;
b) le linee seguite nell’esercizio dei diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio.
La disposizione dà attuazione alla norma di delega recata dalla lettera l) del comma 2 dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, recante norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria.
Si rileva che la richiamata norma di delega, a differenza di quanto disposto dal comma 14 in esame, prevede che tutte le forme pensionistiche complementari siano tenute ad esporre nel rendiconto annuale e, in modo sintetico, nelle comunicazioni inviate all'iscritto, se ed in quale misura siano presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali non solo nella gestione delle risorse finanziarie derivanti dalle contribuzioni degli iscritti, bensì anche nell'esercizio dei diritti legati alla proprietà dei titoli in portafoglio.
Articolo 7
(Banca depositaria)
1. Le risorse dei fondi, affidate in gestione, sono depositate presso una banca distinta dal gestore che presenti i requisiti di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
2. La banca depositaria esegue le istruzioni impartite dal soggetto gestore del patrimonio del fondo, se non siano contrarie alla legge, allo statuto del fondo stesso e ai criteri stabiliti nel decreto ministeriale di cui all'articolo 6, comma 11.
3. Si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni di cui al citato articolo 38 del decreto n. 58 del 1998. Gli amministratori e i sindaci della banca depositaria riferiscono senza ritardo alla COVIP sulle irregolarità riscontrate nella gestione dei fondi pensione.
L’articolo 7 prevede il deposito delle risorse dei fondi presso una banca depositaria, tenuta ad eseguire le istruzioni impartite dal soggetto gestore del patrimonio del fondo.
Nell’ambito dell’attività di gestione collettiva del risparmio, così come disciplinata dagli articoli 33 e seguenti del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, la banca depositariasvolge in primo luogo l'attività di custodia e deposito dei titoli e delle liquidità del fondo comune d’investimento.
La banca depositaria è responsabile anche di un'attività di verifica della legittimità dell'operato del gestore, poiché esegue le istruzioni del gestore a condizione che non siano contrarie alla legge, al regolamento e alle prescrizioni delle Autorità di vigilanza e vigila sul calcolo delle quote e sulle operazioni di emissione e rimborso.
In pratica la banca depositaria si comporta come soggetto terzo rispetto al gestore, sia con riguardo al rapporto diretto con l'investitore, vigilando sulla correttezza del gestore, sia con riferimento agli investimenti posti in essere dal gestore, verificandone la legittimità rispetto agli spazi di manovra che sono riconosciuti al gestore dalla legge, dai regolamenti, dal regolamento o dalle linee di investimento del fondo.
Nel dettaglio, il comma 1 stabilisce che la banca depositaria, distinta dal gestore, debba possedere i requisiti previsti dall’articolo 38 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (di séguito, TUF).
Ai sensi del richiamato articolo 38, comma 1, del TUF, la banca depositaria, nell'esercizio delle proprie funzioni:
a) accerta la legittimità delle operazioni di emissione e rimborso delle quote del fondo, nonché la destinazione dei redditi del fondo;
b) accerta la correttezza del calcolo del valore delle quote del fondo o, su incarico della SGR, provvede essa stessa a tale calcolo;
c) accerta che nelle operazioni relative al fondo la controprestazione sia ad essa rimessa nei termini d'uso;
d) esegue le istruzioni della società di gestione del risparmio se non sono contrarie alla legge, al regolamento o alle prescrizioni degli organi di vigilanza.
Il comma 2 stabilisce che la banca depositaria è responsabile nei confronti della società di gestione del risparmio e dei partecipanti al fondo di ogni pregiudizio da essi subìto in conseguenza dell'inadempimento dei propri obblighi.
Secondo il comma 3, la Banca d'Italia, sentita la CONSOB, determina le condizioni per l'assunzione dell'incarico di banca depositaria e le modalità di subdeposito dei beni del fondo. Ai sensi del comma 4, gli amministratori e i sindaci della banca depositaria riferiscono senza ritardo alla Banca d'Italia e alla CONSOB, ciascuna per le proprie competenze, sulle irregolarità riscontrate nell'amministrazione della società di gestione del risparmio e nella gestione dei fondi comuni.
Con provvedimento della Banca d’Italia del 14 aprile 2005 è stato emanato il regolamento sulla gestione collettiva del risparmio, che reca anche l’indicazione dei requisiti della banca depositaria.
Si rileva che l’articolo 38 del TUF non reca l’indicazione espressa di particolari requisiti della banca depositaria, cui invece fa riferimento la normativa secondaria di attuazione sopra richiamata. Sarebbe pertanto opportuno sostituire l’espressione: ”requisiti di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58” con la seguente: ”requisiti stabiliti ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”.
Il comma 2 fa obbligo alla banca depositaria di eseguire le istruzioni impartite dal soggetto gestore del patrimonio del fondo.
Tale obbligo viene meno se le istruzioni:
a) sono contrarie alla legge;
b) sono contrarie allo statuto del fondo stesso;
c) sono contrarie ai criteri stabiliti nel decreto ministeriale previsto dall'articolo 6, comma 11, dello schema di decreto.
Il comma 3 dispone che siano applicate, in quanto compatibili, le disposizioni del richiamato articolo 38 del TUF.
Sarebbe opportuno indicare espressamente le disposizioni applicabili alle fattispecie in esame, piuttosto che rimettere all’interpretazione la verifica della loro compatibilità.
Lo stesso comma 3 prescrive agli amministratori e ai sindaci della banca depositaria di riferire senza ritardo alla COVIP sulle irregolarità riscontrate nella gestione dei fondi pensione.
Tale disposizione applica alla fattispecie in esame il disposto dell’articolo 38, comma 4, del TUF, secondo cui gli amministratori e i sindaci della banca depositaria riferiscono senza ritardo alla Banca d'Italia e alla CONSOB, ciascuna per le proprie competenze, sulle irregolarità riscontrate nell'amministrazione della società di gestione del risparmio e nella gestione dei fondi comuni.
1. Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari può essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente e attraverso il conferimento del TFR maturando. Nel caso di lavoratori autonomi e di liberi professionisti il finanziamento delle forme pensionistiche complementari è attuato mediante contribuzioni a carico dei soggetti stessi. Nel caso di soggetti diversi dai titolari di reddito di lavoro o d'impresa il finanziamento alle citate forme è attuato dagli stessi o dai soggetti nei confronti dei quali sono a carico.
2. Ferma restando la facoltà per tutti i lavoratori di determinare liberamente l'entità della contribuzione a proprio carico, relativamente ai lavoratori dipendenti la misura minima della contribuzione a carico del datore di lavoro o del committente e del lavoratore stesso sono fissati dai contratti e dagli accordi collettivi, anche aziendali, ovvero, in mancanza, dai regolamenti di enti o aziende; gli accordi fra soli lavoratori determinano il livello minimo della contribuzione a carico degli stessi. Il contributo da destinare alle forme pensionistiche complementari è stabilito in cifra fissa oppure: per i lavoratori dipendenti, in percentuale della retribuzione assunta per il calcolo del TFR o con riferimento ad elementi particolari della retribuzione stessa; per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, in percentuale del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato ai fini IRPEF, relativo al periodo d'imposta precedente; per i soci lavoratori di società cooperative, secondo la tipologia del rapporto di lavoro, in percentuale della retribuzione assunta per il calcolo del TFR ovvero degli imponibili considerati ai fini dei contributi previdenziali obbligatori ovvero in percentuale del reddito di lavoro autonomo dichiarato ai fini IRPEF relativo al periodo d'imposta precedente.
3. Nel caso di forme pensionistiche complementari di cui siano destinatari i dipendenti della pubblica amministrazione, i contributi alle forme pensionistiche debbono essere definiti in sede di determinazione del trattamento economico, secondo procedure coerenti alla natura del rapporto.
4. I contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente alle forme di previdenza complementare sono deducibili, ai sensi dell'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, dal reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57; ai fini del computo del predetto limite si tiene conto anche delle quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi di previdenza di cui all'articolo 105, comma 1, del citato D.P.R. Per la parte dei contributi versati che non hanno fruito della deduzione, compresi quelli eccedenti il suddetto ammontare, il contribuente comunica alla forma pensionistica complementare, entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui è stato effettuato il versamento, ovvero, se antecedente, alla data in cui sorge il diritto alla prestazione, l'importo non dedotto o che non sarà dedotto nella dichiarazione dei redditi.
5. Per i contributi versati nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che si trovino nelle condizioni ivi previste, spetta al soggetto nei confronti del quale dette persone sono a carico la deduzione per l'ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l'importo complessivamente stabilito nel comma 4.
6. Ai lavoratori di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto e, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito, nei venti anni successivi al quinto anno di partecipazione a tali forme, dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro pari alla differenza positiva tra l'importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro annui.
7. Il conferimento del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari comporta l'adesione alle forme stesse e avviene secondo:
a) modalità esplicite: entro 6 mesi dalla data di prima assunzione il lavoratore può conferire l'intero importo del TFR maturando ad una forma di previdenza complementare dallo stesso prescelta; qualora, in alternativa, il lavoratore decida, nel predetto periodo di tempo, di mantenere il TFR maturando presso il proprio datore di lavoro, tale scelta può essere successivamente revocata e il lavoratore può conferire il TFR maturando ad una forma pensionistica complementare dallo stesso prescelta;
b) modalità tacite: nel caso in cui il lavoratore nel periodo di tempo indicato alla lett. a) non esprima alcuna volontà, a decorrere dal mese successivo alla scadenza dei sei mesi ivi previsti:
1) il datore di lavoro trasferisce il TFR maturando dei propri dipendenti alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo sia intervenuto un diverso accordo aziendale tra le parti che preveda la destinazione del TFR a una forma collettiva tra quelle previste all'articolo 1, comma 2, lettera e),n. 2), della legge 23 agosto 2004, n. 243; tale accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore, in modo diretto e personale;
2) in caso di presenza di più forme pensionistiche di cui al n. 1) alle quali l'azienda abbia aderito, il TFR maturando è trasferito ad una di esse, individuata in accordo tra le parti; in caso di mancato accordo il TFR maturando è conferito a quella delle predette forme pensionistiche alla quale l'azienda abbia aderito con il maggior numero di lavoratori;
3) in caso di mancato accordo tra le parti e in assenza di una forma pensionistica complementare collettiva prevista da accordi o contratti collettivi della quale i lavoratori siano destinatari, il datore di lavoro trasferisce il TFR maturando alla forma pensionistica complementare istituita presso l'INPS;
c) con riferimento ai lavoratori già assunti antecedentemente alla data del 29 aprile 1993:
1) fermo restando quanto previsto all'articolo 20, qualora risultino iscritti, alla data di entrata in vigore del presente decreto, a forme pensionistiche complementari, è consentito scegliere, entro sei mesi dalla predetta data, se mantenere il residuo TFR maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo, anche nel caso in cui non esprimano alcuna volontà, alla forma complementare collettiva alla quale gli stessi abbiano già aderito;
2) qualora non risultino iscritti, alla data di entrata in vigore del presente decreto, a forme pensionistiche complementari, è consentito scegliere, entro sei mesi dalla predetta data, se mantenere il TFR maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo, nella misura non inferiore al 50 per cento, con possibilità di incrementi successivi, ad una forma pensionistica complementare; nel caso in cui non esprimano alcuna volontà, si applica quanto previsto alla lettera b).
8. Gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari prevedono, in caso di conferimento tacito del TFR, l'investimento di tali somme nella linea a contenuto più prudenziale.
9. L'adesione a una forma pensionistica realizzata tramite il solo conferimento esplicito o tacito del TFR non comporta l'obbligo della contribuzione a carico del lavoratore e del datore di lavoro. Il lavoratore può decidere, tuttavia, di destinare una parte della retribuzione alla forma pensionistica prescelta in modo autonomo ed anche in assenza di accordi collettivi; in tal caso comunica al datore di lavoro l'entità del contributo e il fondo di destinazione. Il datore può a sua volta decidere, anche in assenza di accordi collettivi e sulla base del regolamento aziendale o accordo aziendale con i lavoratori, di contribuire alla forma pensionistica collettiva alla quale il lavoratore ha già aderito, ovvero a quella prescelta in base al citato accordo o regolamento. Nel caso in cui il lavoratore intenda contribuire alla forma pensionistica complementare e qualora abbia diritto ad un contributo del datore di lavoro in base ad accordi collettivi, accordi aziendali, regolamenti di enti e aziende, detto contributo affluisce alla forma pensionistica prescelta dal lavoratore stesso.
10. La contribuzione alle forme pensionistiche complementari può proseguire volontariamente fino ad un massimo di sette anni oltre il raggiungimento dell'età pensionabile prevista dal regime obbligatorio di appartenenza, a condizione che l'aderente, alla data del pensionamento, possa far valere almeno tre anni di contribuzione continuativa a favore delle forme di previdenza complementare. E' fatta salva la facoltà del soggetto che decida di proseguire volontariamente la contribuzione, di determinare autonomamente il momento di fruizione delle prestazioni pensionistiche.
11. Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari può essere altresì attuato delegando il centro servizi o l'azienda emittente la carta di credito o di debito al versamento con cadenza trimestrale alla forma pensionistica complementare dell'importo corrispondente agli abbuoni accantonati a seguito di acquisti effettuati tramite moneta elettronica o altro mezzo di pagamento presso i centri vendita convenzionati. Per la regolarizzazione di dette operazioni deve ravvisarsi la coincidenza tra il soggetto che conferisce la delega al centro convenzionato con il titolare della posizione aperta presso la forma pensionistica complementare medesima.
12. Fermo restando che non è consentito contribuire contemporaneamente a più di una forma pensionistica complementare, gli statuti e i regolamenti disciplinano, secondo i criteri stabiliti dalla COVIP, le modalità in base alle quali l'aderente può suddividere i flussi contributivi anche su diverse linee di investimento all'interno della forma pensionistica medesima, nonché le modalità attraverso le quali può trasferire l'intera posizione individuale a una o più linee.
L’articolo 8 innova profondamente la disciplina del finanziamento delle forme pensionistiche complementari, rispetto alle disposizioni di cui all’analogo articolo 8 del D.Lgs. 124 del 1993.
Al riguardo, il citato articolo 8 del D.Lgs. 124 definisce (comma 1) i soggetti sui quali grava il finanziamento delle forme pensionistiche complementari.
In particolare, i lavoratori autonomi e i professionisti possono usufruire solamente dei propri versamenti, mentre i lavoratori dipendenti, i lavoratori legati al committente da rapporti di prestazione d’opera coordinata e continuativa prevalentemente a carattere personale senza rapporto di subordinazione e i soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro possono avvalersi, ai fini della contribuzione, oltre che sui propri versamenti, anche sulle quote a carico dei datori di lavoro, tra i quali si ricomprendono i committenti e le società cooperative.
Il comma 1-bis, introdotto dall’articolo 17 del D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47 e successivamente modificato dal comma 14 dell'articolo 78 della legge finanziaria per il 2001 (L. 388 del 2000) si riferisce ai soggetti che possono iscriversi al “Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari” (cd. fondo per le casalinghe). In particolare, ai soggetti in questione sono consentite contribuzioni saltuarie e non fisse. I medesimi soggetti possono altresì delegare il centro servizi o l'azienda emittente la carta di credito o di debito al versamento con cadenza trimestrale al fondo pensione dell'importo corrispondente agli abbuoni accantonati a seguito di acquisti effettuati tramite moneta elettronica o altro mezzo di pagamento presso i centri vendita convenzionati. Per la regolarizzazione di dette operazioni deve ravvisarsi la coincidenza tra il soggetto che conferisce la delega al centro convenzionato non più con il titolare della moneta elettronica, ma con il titolare della posizione aperta presso il fondo pensione medesimo. Le modifiche introdotte dalla legge finanziaria per il 2001 tendono ad ampliare le previsioni della norma modificata consentendo gli abbuoni per acquisti effettuati con qualsiasi mezzo di pagamento (non solo con moneta elettronica) e anche nel caso in cui il titolare della posizione previdenziale non coincida con il titolare della moneta elettronica.
Lo stesso articolo definisce (comma 2) i parametri di riferimento per la determinazione delle contribuzioni ai fondi pensione. In particolare, per i lavoratori dipendenti si fa riferimento ad una percentuale, da concordare in sede di contrattazione collettiva, applicabile alla retribuzione assunta a base della determinazione del T.F.R. stesso.
Per i lavoratori autonomi, invece, la contribuzione si definisce in relazione al reddito d’impresa o di lavoro autonomo, mentre per i soci di cooperative come parametro di riferimento si utilizza la retribuzione imponibile ai fini contributivi[24].
Lo stesso comma, inoltre, prevede un’ulteriore fonte di finanziamento a favore dei fondi pensione, consistente nella possibilità di smobilizzo di parte degli accantonamenti annuali al T.F.R., determinando le quote a carico del datore di lavoro e del lavoratore. Inoltre, si stabilisce che, qualora si preveda l’utilizzazione della quota dell’accantonamento annuale al T.F.R., si determini la misura della riduzione della quota degli accantonamenti annuali futuri al T.F.R. stesso.
Il successivo comma 3 prevede la destinazione integrale ai fondi pensione degli accantonamenti al T.F.R. successivi all’iscrizione ai fondi pensione, per i lavoratori di prima occupazione assunti dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 124, e cioè a decorrere dal 28 aprile 1993.
L’articolo in oggetto, inoltre, detta disposizioni (comma 4) per i lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione. In particolare, si dispone che i contributi ai fondi pensione debbano, nel caso in cui appunto i destinatari siano i dipendenti pubblici, siano definiti dagli accordi collettivi in sede di determinazione del trattamento economico.
Infine (comma 5), si dispone che le convenzioni per il servizio di raccolta dei contributi nonché dell’erogazione delle prestazioni sono ammesse a condizione che l’ente che presta il servizio attui il criterio di separazione contabile rispetto alle proprie attività istituzionali.
Il comma 1 prevede che il finanziamento delle forme pensionistiche complementari possa essere attuato sia mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente, nonché attraverso il conferimento del TFR maturando.
Lo stesso comma stabilisce altresì che il finanziamento delle forme pensionistiche complementari, nel caso di lavoratori autonomi e di liberi professionisti, è attuato mediante contribuzioni a carico dei soggetti stessi. Nel caso di soggetti diversi dai titolari di reddito di lavoro o d’impresa il richiamato finanziamento è attuato dagli stessi o dai soggetti nei confronti dei quali sono a carico.
In particolare, il successivo comma 2 stabilisce che, ferma restando la facoltà per tutti i lavoratori di determinare liberamente l’entità della contribuzione a proprio carico, per i lavoratori dipendenti la misura minima della contribuzione a carico del datore di lavoro o del committente e del lavoratore stesso sono fissati dai contratti e dagli accordi collettivi, anche aziendali. In mancanza di tali accordi, la contribuzione è fissata dai regolamenti di enti o aziende.
Il livello minimo della contribuzione a carico dei lavoratori, inoltre, può essere determinato dagli accordi tra soli lavoratori.
Il contributo da destinare alle forme pensionistiche complementari è stabilito in cifra fissa oppure:
§ per i lavoratori dipendenti: in percentuale della retribuzione assunta per il calcolo del TFR o con riferimento ad elementi particolari della retribuzione stessa;
§ per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti: in percentuale del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato ai fini IRPEF, relativo al periodo d'imposta precedente;
§ per i soci lavoratori di società cooperative: secondo la tipologia del rapporto di lavoro, in percentuale della retribuzione assunta per il calcolo del TFR, ovvero degli imponibili considerati ai fini dei contributi previdenziali obbligatori, ovvero in percentuale del reddito di lavoro autonomo, dichiarato ai fini IRPEF, relativo al periodo d'imposta precedente.
Il comma 3 conferma le disposizioni di cui al comma 4 dell’articolo 8 del D.Lgs. 124 del 193: nel caso in cui i destinatari delle forme pensionistiche complementari sono i dipendenti della pubblica amministrazione, i contributi alle forme pensionistiche debbono essere definiti in sede di determinazione del trattamento economico, secondo procedure coerenti alla natura del rapporto.
In attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), numeri 1) e 2), della più volte richiamata L. 243 del 2004, il conferimento del TFR maturando (escludendo così il T.F.R. maturato, che resta eventualmente accantonato presso l’azienda) alle forme pensionistiche complementari avviene secondo modalità esplicite o tacite (comma 7).
Si ricorda, in proposito, che i numeri 1) e 2) della lettera e) concernono il conferimento del trattamento di fine rapporto (T.F.R.) alle forme pensionistiche complementari.
Il T.F.R. del settore privato, regolato dall'articolo 2120 del codice civile, come sostituito dall'articolo 1 della L. 29 maggio 1982, n. 297, si configura come una sorta di retribuzione differita e si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso, divisa per 13,5. Esso è rivalutato annualmente, su base composta, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'ISTAT rispetto all'anno precedente.
Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso le stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta, per far fronte a spese sanitarie per terapie e interventi straordinari o all’acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli.
La legge di riforma del sistema pensionistico n. 335 del 1995 ha proceduto ad uniformare il trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici alla disciplina del trattamento di fine rapporto.[25]
Si ricorda infine che con il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 299, emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 71 della legge 17 maggio 1999, n. 144 (cd. collegato ordinamentale in materia di investimenti, occupazione e riordino degli enti previdenziali) ha previsto – per un periodo limitato - la possibilità di trasformare in titoli il TFR[26].
In particolare, è stato introdotto l’istituto del silenzio-assenso:il conferimento del TFR a forme pensionistiche complementari ha luogo solo se il lavoratore non decida diversamente, in maniera espressa, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione ovvero dall’assunzione (se avvenuta dopo la predetta entrata in vigore).
Nel caso in cui decida per il conferimento del T.F.R., il lavoratore ha inoltre facoltà di scegliere, sempre entro sei mesi, la forma pensionistica complementare cui destinarlo.
Si ricorda che la legge delega prevede un’adeguata informazione ai lavoratoriin merito alla facoltà di scelta delle forme pensionistiche cui destinare il T.F.R.,“previa omogeneizzazione delle stesse in materia di trasparenza e tutela”, e anche in deroga alle disposizioni legislative che già prevedono l'accantonamento del trattamento di fine rapporto e altri accantonamenti previdenziali presso gli enti di previdenza privatizzati, di cui al D.Lgs. 509 del 1994, per titoli diversi dalla previdenza complementare di cui al citato D.Lgs. 124. L’informazione al lavoratore, che riguarda esplicitamente solo le modalità di funzionamento dei fondi pensione, ma non la disciplina del T.F.R., concerne in particolare la tipologia, le condizioni per il recesso anticipato ed i rendimenti stimati dei fondi di previdenza complementari. Inoltre il numero 2) della lettera e) prevede l’individuazione, In caso di silenzio-assenso, di modalità tacite di conferimento del T.F.R. ai fondi istituiti o promossi dalle regioni, ai fondi pensione chiusi previsti dalla contrattazione collettiva, ai fondi pensione aperti disciplinati dal D.Lgs. 124 del 1993 o ai fondi istituiti da regolamenti di enti o aziende, i cui rapporti di lavoro non siano disciplinati da contratti o accordi collettivi, e ai fondi istituiti sulla base di accordi fra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro (articolo 3, comma 1, lettere c) e c-bis), del D.Lgs. 124 del 1993.
Per quanto attiene alle forme pensionistiche complementari istituite o promosse dalle Regioni, si ricorda che ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, la previdenza complementare ed integrativa è materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni[27].
Alcune regioni hanno emanato disposizioni al riguardo[28]. In particolare, alcune regioni (Trentino-Alto Adige) hanno costituito una società di servizi e consulenza ai fini della gestione amministrativa dei fondi pensione costituiti su base territoriale regionale; in altre realtà (Friuli-Venezia Giulia) è stato creato un fondo speciale, costituito presso società con fini di orientamento dell’impiego del risparmio, al quale è affidata la gestione dei fondi pensione sotto il profilo amministrativo-contabile. Altre regioni (Valle d’Aosta) hanno scelto di contribuire alla costituzione, all'avviamento e al funzionamento dei fondi sotto il profilo amministrativo – contabile, attraverso la costituzione di una società di servizi e consulenza per la gestione amministrativa. Infine, altre realtà (Lazio) hanno finalizzato l’intervento alla promozione ed al sostegno dei fondi pensione destinati ai dipendenti della Regione stessa, dei suoi enti pubblici strumentali, delle società ad essa collegate e delle ASL della Regione, nonché ai dipendenti del settore pubblico regionale.
Sulla base delle disposizioni di delega, il richiamato comma 7 prevede che il conferimento avvenga mediante:
§ modalità esplicite (lettera a)): queste prevedono che, entro 6 mesi dalla data di prima assunzione, il lavoratore possa conferire l’intero importo del TFR maturando ad una forma qualsiasi di previdenza complementare, scelta dal lavoratore stesso. E’ inoltre previsto che, nel caso in cui il lavoratore decida di mantenere il T.F.R. maturando presso il proprio datore di lavoro, tale scelta possa essere successivamente revocata.
Al riguardo, il successivo articolo 23, comma 7, dispone che il termine di 6 mesi per la predetta scelta vale anche per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del provvedimento in esame, con il termine dei 6 mesi che inizia a decorrere dal 1° gennaio 2006;
§ modalità tacite (lettera b)): tali modalità operano nel caso in cui il lavoratore, entro il periodo di tempo in precedenza indicato, non abbia espresso alcuna volontà (cd. “silenzio-assenso”) in ordine al conferimento del T.F.R..
In questo caso, a decorrere dal mese successivo alla scadenza prevista:
- il datore di lavoro trasferisce il T.F.R. maturando dei propri dipendenti alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo sia intervenuto un diverso accordo aziendale tra le parti che preveda la destinazione del T.F.R. ai fondi istituiti o promossi dalle regioni, ai fondi pensione chiusi previsti dalla contrattazione collettiva o ai fondi pensione aperti, ai fondi istituiti da regolamenti di enti o aziende (vedi supra). Tale accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore, in modo diretto e personale (lettera b), n. 1);
- in caso di presenza di più forme pensionistiche alle quali l’azienda abbia aderito, il T.F.R. è trasferito a quella individuata in accordo dalle parti. In caso di mancato accordo, il T.F.R. maturando è conferito alla forma pensionistica alla quale l’azienda abbia aderito con il maggior numero di lavoratori (lettera b), n. 2);
- infine, nel caso in cui contemporaneamente non ci sia accordo tra le parti e non esista una forma pensionistica complementare collettiva prevista da accordi o contratti collettivi della quale i lavoratori siano destinatari, il datore di lavoro trasferisce il TFR maturando alla forma pensionistica complementare residuale istituita presso l’INPS, di cui al successivo articolo 9 (vedi infra) (lettera b), n. 3).
Anche le modalità tacite di adesione seguono la disposizione di cui al successivo articolo 23, comma 7, secondo la quale per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del presente provvedimento il periodo di 6 mesi in cui si forma il c.d. “silenzio-assenso” inizia a decorrere dal 1° gennaio 2006.
La successiva lettera c) reca disposizioni per i lavoratori assunti prima del 29 aprile 1993, data di entrata in vigore del D.Lgs. 124 del 1993, per i quali era già previsto un diverso regime, concernente la possibilità di aderire alle forme pensionistiche complementari attraverso il conferimento parziale del T.F.R.
In particolare, per i richiamati soggetti:
§ nel caso in cui risultano già iscritti a forme pensionistiche complementari alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, è consentito di scegliere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, se mantenere il residuo T.F.R. maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo (ciò vale anche nel caso in cui non esprimano alcuna volontà) alla forma complementare collettiva alla quale gli stessi abbiano già aderito (lettera c), n. 1);
§ nel caso in cui non risultino iscritti a forme pensionistiche complementari alla stessa data, è consentito di scegliere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, se mantenere il T.F.R. maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo, nella misura non inferiore al 50%, con possibilità di incrementi successivi, ad una forma pensionistica complementare Nel caso in cui tali soggetti non esprimano alcuna volontà, si applica quanto previsto alla lettera b) (lettera c), n. 2).
Come già accennato in precedenza, attualmente il T.F.R. accantonato, ai sensi dell’articolo 2120, quinto comma, c.c., con esclusione della quota maturata nell'anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall'ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente.
Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del D.M. 21 novembre 1996, n. 703, gli statuti dei fondi pensione possono individuare al loro interno diverse linee di investimento, ad una delle quali gli iscritti hanno facoltà di aderire per un periodo di tempo predeterminato. Le linee di investimento si differenziano in relazione alla loro politica di investimento (ad esempio, si può avere una maggiore presenza di investimenti azionari oppure obbligazionari).
A ciascuna linea di investimento si applicano, con riferimento alle risorse gestite, i limiti e i criteri previsti dal D.Lgs. 124 del 1993 e dal D.M. 703 del 1996 per i fondi pensione.
I fondi pensione (articolo 3, comma 1, del D.M. 703 del 1996) possono investire le proprie disponibilità in:
a) titoli di debito (titoli emessi da Stati o da organismi internazionali; obbligazioni, anche convertibili; certificati di deposito e di investimento; cambiali finanziarie; altri strumenti finanziari, diversi da quelli assicurativi, che prevedono a scadenza la restituzione del capitale);
b) titoli di capitale (come azioni; quote di società immobiliari a responsabilità limitata; altri strumenti finanziari negoziabili rappresentativi del capitale di rischio);
c) parti di OICVM (organismi di investimento collettivo di cui alla direttiva 85/611/CEE);
d) quote di fondi comuni di investimento mobiliare e immobiliare chiusi.
Possono inoltre:
a) effettuare operazioni di pronti contro termine che prevedano l'acquisto a pronti e la rivendita a termine ovvero la vendita a pronti ed il riacquisto a termine di strumenti finanziari ed il prestito titoli;
b) detenere liquidità;
c) effettuare operazioni in contratti derivati (futures su strumenti finanziari, tassi di interesse, valute, e relativi indici; contratti di scambio a pronti e a termine – swaps - su tassi di interesse, valute e indici; contratti di opzione per acquistare o vendere titoli di debito, titoli di capitale ed altri strumenti finanziari, contratti futures o swaps, indici, valute e tassi di interesse).
Non sono invece ammesse le vendite allo scoperto.
I fondi pensione possono stipulare accordi, con i soggetti di cui all’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. 124 del 1993 (società di intermediazione mobiliare, imprese assicurative, società di gestione dei fondi comuni di investimento mobiliare), per la gestione delle disponibilità loro affidate, che prevedano la garanzia di restituzione del capitale (articolo 6 del D.M. 703 del 1996). Non è invece prevista dalla legislazione vigente la stipula di accordi che garantiscano, oltre alla restituzione del capitale, un rendimento in misura comparabile al tasso di rivalutazione del T.F.R.
I commi da 4 a 6 dell’articolo 8 introducono benefìci fiscali diretti ad incentivare l’adesione ai fondi pensione da parte dei soggetti interessati.
In particolare, vengono aumentati i limiti di deducibilità dal reddito imponibile per i contributi versati dai lavoratori e vengono introdotte ulteriori agevolazioni per coloro che inizino a lavorare dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Si rileva, in via generale, che sarebbe possibile individuare la sedes materiae nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Lo schema di decreto opera una diversa scelta, collocando le disposizioni tributarie nella disciplina della previdenza complementare e inserendo nel testo unico – mediante il successivo articolo 21 – i rinvii alle disposizioni qui contenute.
Il comma 4 consenteche i contributi versati dal lavoratore, dal datore di lavoro o dal committente alle forme di previdenza complementari possano essere dedotti ai sensi dell’articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito: TUIR).
L’articolo 10 del TUIR, nell’ambito del Titolo I concernente l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), reca disposizioni riguardanti gli oneri deducibili dal reddito complessivo.
In particolare, ai sensi del comma 1, lettera e-bis), sono deducibili i contributi versati alle forme pensionistiche complementari e i contributi e premi versati alle forme pensionistiche individuali, previste dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124[29], entro i limiti d’importo fissati. La deduzione non può essere superiore al 12% del reddito complessivo (limite percentuale) e, in ogni caso, è ammessa nell’importo massimo di 5.164,57 euro (limite d’importo fisso). Inoltre, se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro dipendente, relativamente a tali redditi la deduzione compete per un importo complessivamente non superiore al doppio della quota di TFR destinata alle forme pensionistiche collettive (ulteriore limite per lavoratori dipendenti) e, comunque, entro i predetti limiti del 12% del reddito complessivo e di euro 5.164,57. L’ulteriore limite relativo al lavoro dipendente non opera se la fonte istitutiva sia costituita unicamente da accordi tra lavoratori, nonché nei riguardi dei soggetti iscritti entro il 28 aprile 1993 alle forme pensionistiche complementari che risultano istituite alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e se le forme pensionistiche collettive istituite non siano operanti dopo due anni. Ai fini del computo dei predetti limiti si deve tenere conto di tutti i versamenti che affluiscono alle forme pensionistiche, collettive e individuali, con la sola eccezione del TFR. In altre parole, come precisato anche nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 29/E del 21 marzo 2001, concorrono alla determinazione dell’importo:
1) le somme versate dall’iscritto;
2) le somme versate dal datore di lavoro;
3) le quote accantonate dal datore di lavoro per fondi di previdenza interni, ai sensi dell’articolo 105, comma 1 del TUIR;
4) i contributi eccedenti il massimale contributivo versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ai fondi pensione.
Ai sensi del comma 2 dell'articolo 10 del TUIR è ammessa la deduzione delle somme versate alle forme di previdenza per le persone fiscalmente a carico, per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l’importo complessivamente stabilito.
Le disposizioni sopra illustrate sono modificate dall’articolo 21 del presente schema nei termini sotto indicati:
- è sostituita la lettera e-bis) del comma 1, prevedendosi la deducibilità dei contributi versati alle forme pensionistiche complementari alle condizioni e nei limiti previsti dall’articolo 11 dello schema di decreto [il corretto riferimento sembra essere al presente articolo 8];
- è abrogato l’ultimo periodo del comma 2, in relazione a quanto disposto dal successivo comma 5 del presente articolo.
Le disposizioni contenute nell’articolo 10 del TUIR riguardano gli oneri deducibili dal reddito complessivo delle persone fisiche e non interessano, invece, gli oneri deducibili ai fini della determinazione del reddito d’impresa.
Pertanto, per quanto concerne l’ambito soggettivo, si ritiene che il rinvio all’articolo 10 del TUIR interessi esclusivamente la deducibilità da parte dei lavoratori e non anche quella relativa ai datori di lavoro o committenti.
Per quanto riguarda il datore di lavoro, l'intero importo dei contributi versati costituisce costo per lavoro dipendente e, pertanto, risulta integralmente deducibile ai sensi dell’articolo 95 del TUIR.
L’articolo 3 del D.Lgs. n. 47 del 2000 ha abrogato, con effetto dal 1° gennaio 2001, i commi 2 e 6 dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 124 del 1993. Ai sensi del comma 2 i contributi erano deducibili, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, in misura non superiore, per ciascun dipendente, al 2% della retribuzione annua complessiva assunta come base per la determinazione del TFR, e comunque per un importo non eccedente 1.291,14 euro. Ai sensi del comma 6, la deducibilità, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, era limitata al 3% delle quote di accantonamento annuale al TFR destinate a forme pensionistiche complementari.
Con riferimento all’ambito soggettivo, il comma in esame, inoltre, include tra i soggetti destinatari della disposizione, oltre al lavoratore e al datore di lavoro, anche il committente. La disciplina, pertanto, risulterebbe applicabile non esclusivamente ai contratti di lavoro subordinato, ma anche ad altri contratti quali, ad esempio, i contratti di lavoro a progetto o contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
La disposizione prevede un importo massimo deducibile determinato – esclusivamente in cifra fissa – in 5.164,57 euro per ciascun anno.
Quest’importo, come già ricordato, coincide con quello stabilito dall’articolo 10 del TUIR, il quale, tuttavia, dispone anche un limite percentuale e, per i lavoratori dipendenti, anche un ulteriore limite massimo rapportato al TFR.
La soppressione del limite in valori percentuali non sembrerebbe conforme alla disciplina di delega la quale prevede, tra l’altro, la definizione di limiti sia in valore assoluto che in valore percentuale.
Per quanto riguarda i datori di lavoro o committenti non appare chiaro se la norma intenda introdurre un limite alla deducibilità dei contributi in argomento. Sembrerebbe opportuno un chiarimento a questo riguardo.
Ai fini del computo dell’importo massimo deducibile si deve tenere conto, oltre ai contributi versati dall’iscritto, anche delle quote accantonate dal datore di lavoro come trattamento di fine rapporto e quelle accantonate nei fondi di previdenza del personale.
In altre parole, rispetto all’articolo 10 del TUIR, non rilevano, ai fini della determinazione del limite massimo di importo deducibile, i contributi versati ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 335 del 1995, eccedenti il massimale contributivo stabilito dal D.Lgs. n. 579 del 1995[30].
L’ultimo periodo del presente comma reca disposizioni circa la comunicazione dei contributi non dedotti che il contribuente deve effettuare nei riguardi del fondo pensione di riferimento.
Si ricorda che, sulla base della disciplina fiscale introdotta, modificando il TUIR, dal D.Lgs. n. 47 del 2000, le prestazioni previdenziali riferibili ai contributi e ai premi non dedotti (anche per il superamento dei limiti previsti) non concorrono alla formazione della base imponibile della prestazione erogata dalla forma pensionistica (collettiva o individuale).
In particolare, l’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 47 del 2000 dispone che, se l'ammontare dei contributi o dei premi versati alle forme pensionistiche previste dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, non ha fruito, anche parzialmente, della deduzione ai sensi della lettera e-bis) del comma 1 dell'articolo 10 del TUIR, “il contribuente comunica al fondo pensione o all'impresa di assicurazione, entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello in cui è stato effettuato il versamento ovvero, se antecedente, alla data in cui sorge il diritto alla prestazione, l'importo non dedotto o che non sarà dedotto in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi”.
Inoltre, come precisato nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 29/E del 2001, “l'ammontare della prestazione corrispondente ai contributi non dedotti non va in ogni caso assoggettato a tassazione, in quanto la nuova disciplina prevede, in via di principio, la sola tassazione delle prestazioni riferibili alle somme che hanno fruito della deducibilità fiscale durante la fase di costituzione della prestazione stessa”.
In proposito appare opportuno segnalare, infine, che l’Agenzia delle entrate, con risoluzione del n. 245/E del 23 luglio 2002, ha ritenuto che il fondo pensione, in qualità di sostituto d’imposta, non possa escludere i contributi, non dedotti dall’iscritto, dalla base imponibile della prestazione previdenziale da erogare, quando quest’ultimo non abbia provveduto a comunicarli al fondo stesso ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 47 del 2000.
In particolare, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in qui è stato effettuato il versamento il contribuente deve comunicare al fondo pensione la parte dei contributi che non ha fruito della deduzione.
Qualora il versamento sia successivo alla data in cui sorge il diritto alla prestazione, il termine per la presentazione della comunicazione è fissato al 31 dicembre dell’anno successivo a quest’ultima data.
Il comma 5, modificando la disciplina attualmente contenuta nell’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 10 del TUIR [che viene conseguentemente abrogato dal successivo articolo 21, comma 3, lettera a)], dispone la deducibilità dei contributi versati per le persone fiscalmente a carico, indicate nell’articolo 12 del TUIR.
L’articolo 12 del TUIR fa riferimento al coniuge non legalmente ed effettivamente separato, ai figli, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonché alle altre persone indicate nell'articolo 433 del codice civile[31] che convivano con il contribuente o percepiscano assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.
In particolare, il soggetto che versa contributi per le persone a carico può dedurre gli importi corrisposti, entro i limiti fissati nel comma 4, limitatamente alla parte non dedotta dalle persone stesse.
Il rinvio ai limiti fissati dal comma 4 comporta, anche in questo caso, l’inapplicabilità dei limiti percentuali fissati dall’articolo 10 del TUIR, nonché di quelli ulteriori, correlati al TFR, previsti per i lavoratori dipendenti.
Il comma 6introduce ulteriori agevolazione in favore dei lavoratori il cui primo rapporto di lavoro venga instaurato successivamente alla data di entrata in vigore del presente schema di decreto.
In particolare, se nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari è stato superato il limite di 5.164,57 euro, è consentito a questi soggetti di portare in deduzione l’eccedenza nei venti anni successivi al quinto, ossia dal sesto al venticinquesimo anno.
L’eccedenza deducibile, tuttavia, non può superare complessivamente l’importo di 25.822,85 euro e, annualmente, l’importo di 2.582,29 euro.
Sulla base del testo normativo, sembrerebbe possibile, per il lavoratore, fruire del beneficio anche nel caso in cui l’adesione avvenga in un momento successivo all’inizio del rapporto di lavoro.
Sarebbe opportuno chiarire se per “lavoratori di prima occupazione” debbano intendersi esclusivamente i lavoratori subordinati ovvero anche altre categorie di lavoratori assimilate a lavoratori dipendenti. In quest’ultimo caso potrebbe essere utile individuare le modalità per la determinazione della “prima occupazione”.
Occorrerebbe altresì formulare più chiaramente l’inciso: “limitatamente ai cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari”, la cui collocazione logico-sintattica non appare perspicua.
L’articolo in esame, inoltre, prevede che:
§ l’adesione ad una forma pensionistica realizzata tramite il solo conferimento esplicito o tacito del T.F.R. non comporta l’obbligo della contribuzione (ulteriore rispetto al T.F.R.) a carico del lavoratore e del datore di lavoro, anche se è facoltà del lavoratore decidere di destinare una parte della retribuzione alla forma pensionistica prescelta in modo autonomo, anche in assenza di accordi collettivi. In tal caso, il lavoratore comunica al datore di lavoro l’entità del contributo ed il fondo pensione di destinazione (comma 9, primo e secondo periodo);
§ il datore di lavoro possa a sua volta decidere, anche in assenza di accordi collettivi e sulla base del regolamento aziendale o accordo aziendale con i lavoratori, di contribuire alla forma pensionistica collettiva alla quale il lavoratore ha già aderito, oppure a quella prescelta in base ai richiamati accordi o regolamenti (comma 9, terzo periodo);
§ in attuazione del principio di delega di cui alla lettera e), numero 3), nel caso in cui il lavoratore intenda contribuire al fondo pensione e nel caso in cui abbia diritto ad un contributo del datore di lavoro sulla base di accordi collettivi o aziendali o regolamenti di enti od aziende, il contributo del lavoratore affluisca alla forma pensionistica prescelta dal lavoratore stesso (comma 9, ultimo periodo);
§ la contribuzione alle forme pensionistiche complementari possa proseguire volontariamente fino ad un massimo di sette anni oltre il raggiungimento dell’età pensionabile prevista dal regime obbligatorio di appartenenza. Tale facoltà opera a condizione che l’aderente, alla data del pensionamento, possa far valere almeno tre anni di contribuzione continuativa a favore delle forme di previdenza complementare. In ogni caso, è fatta salva la facoltà del soggetto interessato di determinare autonomamente il momento di fruizione delle prestazioni pensionistiche (comma 10);
Si ricorda che tale disposizione dà attuazione alla lettera e), numero 5) dell’articolo 1, comma 2, della legge delega.
§ non è consentito contribuire contemporaneamente a più di una forma pensionistica complementare, ma è possibile solamente suddividere i flussi contributivi anche su diverse linee di investimento all’interno della medesima forma pensionistica, nonché trasferire l’intera posizione individuale a una o più linee di investimento. In particolare, gli statuti e i regolamenti disciplinano, secondo criteri stabiliti dalla COVIP, le modalità in base alle quali l’aderente può effettuate la citata suddivisione nonché le modalità attraverso le quali si può trasferire la posizione da una linea ad un’altra (comma 12).
Infine, il comma 11, riprendendo quanto disposto dal comma 1-bis dell’articolo 8 del D.Lgs. 124 del 1993 (vedi supra), così come modificato dall’articolo 78, comma 14, della L. 388 del 2000, estende del meccanismo di finanziamento introdotto per sovvenzionare il cd. Fondo per le casalinghe a tutte le forme pensionistiche complementari. Anche in questo caso, affinché le operazioni possano considerarsi regolari è obbligatoria la coincidenza tra il soggetto che conferisce la delega al centro convenzionato con il titolare della posizione aperta presso la forma pensionistica complementare.
Articolo 9
(Istituzione e disciplina della forma
pensionistica complementare residuale presso l'INPS)
1. Presso l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) è costituita la forma pensionistica complementare a contribuzione definita prevista dall'articolo 1 comma 2, lettera e), n. 7), della legge 23 agosto 2004, n. 243, alla quale affluiscono le quote di TFR maturando nell'ipotesi prevista dall'articolo 8, comma 7, lettera b), n. 3). Tale forma pensionistica è integralmente disciplinata dalle norme del presente decreto.
2 La forma pensionistica di cui al presente articolo è amministrata da un comitato composto da tre membri che abbiano maturato una particolare esperienza nel settore della previdenza complementare. I membri del comitato sono nominati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e restano in carica per quattro anni. I membri del comitato devono possedere i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza stabiliti con decreto di cui all'articolo 4, comma 3.
3. La posizione individuale costituita presso la forma pensionistica di cui al presente articolo può essere trasferita, su richiesta del lavoratore, anche prima del termine di cui all'articolo 10, comma 6, ad altra forma pensionistica dallo stesso prescelta, ovvero viene trasferita alla forma pensionistica collettiva alla quale l'azienda aderisca, previa informazione diretta e personale da parte del datore di lavoro al lavoratore almeno trenta giorni prima del trasferimento della posizione stessa.
L’articolo 9 istituisce presso l’INPS la forma pensionistica complementare residuale a contribuzione definita di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), n. 7, della L. 243 del 2004.
Si ricorda che la citata lettera e), n. 7, del comma 2 dell’articolo 1 della L. 243, completando il quadro della normativa sulla destinazione del TFR, ha previsto la costituzione, presso enti di previdenza obbligatoria, di forme pensionistiche alle quali destinare in via residuale le quote del TFR non altrimenti devolute.
La disposizione dovrebbe disciplinare, quindi, i casi di devoluzione tacita del TFR nel caso in cui non sia possibile il conferimento ai fondi di cui al precedente numero 2) della lettera e). Il citato numero 2) dispone che, in caso di silenzio-assenso - ossia nel caso in cui il lavoratore, nel citato termine di sei mesi, non esprima la volontà di non aderire ad alcune forma pensionistica e non scelga una forma pensionistica complementare – il TFR, sia conferito:
§ ai fondi istituiti o promossi dalle regioni, tramite l’istituzione di strutture pubbliche o a partecipazione pubblica;
§ ai fondi pensione chiusi previsti dalla contrattazione collettiva o ai fondi pensione aperti disciplinati dal D.Lgs. 124 del 1993;
§ ai fondi istituiti da regolamenti di enti o aziende, i cui rapporti di lavoro non siano disciplinati da contratti o accordi collettivi, e ai fondi istituiti sulla base di accordi fra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro (articolo 3, comma 1, lettere c) e c-bis), del D.Lgs. 124 del 1993.
In particolare, il comma 1 prevede, come riportato anche nella relazione illustrativa al provvedimento, l’istituzione, presso l’INPS (che viene così riconosciuto come unico ente al quale destinare il T.F.R. non altrimenti conferito), della forma pensionistica complementare a contribuzione definita, alla quale affluiscono le quote di TFR maturando nell’ipotesi di mancato accordo tra le parti e in assenza di una forma pensionistica complementare collettiva prevista da accordi o contratti collettivi della quale i lavoratori siano destinatari. Tale forma pensionistica è integralmente disciplinata dalle norme del presente decreto.
Il successivo comma 2 prevede che tale forma pensionistica sia amministrata da un comitato composto da tre membri che abbiano maturato una particolare esperienza nel settore della previdenza complementare. I membri del comitato sono nominati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e restano in carica per quattro anni. I membri del comitato, inoltre, devono possedere i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza stabiliti con il decreto di cui al precedente articolo 4, comma 3.
Al riguardo, si segnala che il testo non prevede il termine entro il quale debbano essere nominati i membri del richiamato comitato.
Infine, il comma 3 prevede la facoltà del lavoratore di trasferire la propria posizione individuale, costituita presso la forma pensionistica di cui al presente articolo, anche in deroga al rispetto del termine di due anni di cui al successivo articolo 14, comma 6, ad altra forma pensionistica scelta dal lavoratore stesso (vedi infra). E’ inoltre previsto che la posizione venga trasferita alla forma pensionistica collettiva alla quale l’azienda (successivamente) aderisca, previa informazione diretta e personale da parte del datore di lavoro al lavoratore almeno trenta giorni prima del trasferimento della posizione stessa.
Dal combinato disposto dei commi 1 e 3 (vedi infra), sembrerebbe che al fondo in questione affluiscano solamente le quote di T.F.R. nell’ipotesi residuale di conferimento tacito.
Sarebbe da valutare l’opportunità di permettere al lavoratore, in maniera speculare rispetto al comma 3, di trasferire, nel rispetto del termine di cui all’articolo 14, comma 6, la propria posizione individuale costituita presso altra forma pensionistica presso il fondo complementare INPS. Si evidenzia, al riguardo, che il criterio di delega, disponendo la costituzione di un fondo residuale, presso enti di previdenza obbligatoria, al quale destinare le quote del trattamento di fine rapporto non altrimenti devolute, non impedisce la previsione di una facoltà di adesione volontaria al Fondo complementare INPS, al di là della sua funzione residuale.
Articolo 10
(Misure compensative per le imprese)
1. Dal reddito d'impresa è deducibile un importo pari al quattro per cento dell'ammontare del TFR annualmente destinato a forme pensionistiche complementari; per le imprese con meno di 50 addetti tale importo è elevato al 6 per cento.
2. Il datore di lavoro è esonerato dal versamento del contributo al fondo di garanzia previsto dall'articolo 2 della legge 28 maggio 1982, n. 297, nella stessa percentuale di TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari, ferma restando l'applicazione del contributo previsto ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n. 80.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è istituito un Fondo di garanzia per facilitare l'accesso al credito, in particolare per le piccole e medie imprese, a seguito del conferimento del TFR alle forme pensionistiche complementari di cui al presente decreto legislativo e la cui dotazione finanziaria è stabilita con successivo provvedimento legislativo.
L’articolo 10, per compensare il venir meno della disponibilità degli importi accantonati quale trattamento di fine rapporto, dispone misure di carattere tributario e contributivo in favore delle imprese e prevede l’istituzione di un fondo per agevolarne l’accesso al credito.
La disposizione si richiama al criterio di delega posto dall’articolo 1, comma 2, lettera e), numero 9), della legge n. 243 del 2004.
Esso prescrive che il conferimento del T.F.R. a forme pensionistiche complementari non determini oneri per le imprese, richiedendo a questo fine “l'individuazione delle necessarie compensazioni in termini di facilità di accesso al credito, in particolare per le piccole e medie imprese, di equivalente riduzione del costo del lavoro e di eliminazione del contributo relativo al finanziamento del fondo di garanzia del trattamento di fine rapporto”.
Il comma 1 stabilisce che dal reddito d’impresa sia deducibile un importo pari al 4 per cento dell’ammontare del trattamento di fine rapporto annualmente destinato a forme pensionistiche complementari.
La misura della deduzione è aumentata al 6 per cento per le imprese con meno di cinquanta addetti.
A norma degli articoli 2424 e 2424-bis, comma 4, del codice civile, gli accantonamenti destinati al trattamento di fine rapporto (calcolati secondo l’articolo 2120) sono iscritti nel bilancio delle società in apposita voce del passivo dello stato patrimoniale. Essi sono altresì iscritti nel conto economico, a norma dell’articolo 2425, e classificati nell’apposita voce fra i costi della produzione relativi al personale.
Secondo i princìpi contabili italiani, la passività per il trattamento di fine rapporto è rilevata sulla base del debito nominale maturato alla data di chiusura del bilancio; secondo i princìpi contabili internazionali (IAS), l'istituto rientra nella tipologia dei piani a benefici definiti, soggetti a valutazioni di natura attuariale per esprimere il valore attuale del beneficio, erogabile al termine del rapporto di lavoro, che i dipendenti hanno maturato alla data di bilancio. Pertanto, il valore attuale finanziario-attuariale della passività dev’essere ricalcolato, per ciascun dipendente, col "metodo di proiezione del credito unitario" previsto dallo IAS 19.
La disciplina tributaria vigente relativamente agli accantonamenti destinati ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente istituiti ai sensi dell'articolo 2117 del codice civile è attualmente contenuta nell’articolo 105 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
A norma del comma 1, tali fondi, se costituiti in conti individuali dei singoli dipendenti, sono deducibili dal reddito dell’impresa o della società nei limiti delle quote maturate nell'esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi[32].
Il comma 3 ammette inoltre la deduzione di un importo non superiore al 3 per cento delle quote di accantonamento annuale del TFR destinate a forme pensionistiche complementari.
L’articolo 21, comma 4, del presente schema di decreto modifica il comma 3 dell’articolo 105 del TUIR, richiamando la disciplina della deduzione contemplata nel comma 2 del presente articolo. Il richiamo ivi operato dev’essere correttamente riferito al comma 1 qui illustrato.
Il comma 2 prevede l’esonero, a favore del datore di lavoro, del versamento del contributo al Fondo di garanzia per il T.F.R., istituito dall’articolo 2 della L. 28 maggio 1982, n. 297, nella stessa percentuale di T.F.R. maturando conferito alle forme pensionistiche complementari.
Si ricorda, al riguardo, che il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto (T.F.R.) è stato istituito dal richiamato articolo 2 con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del T.F.R. stesso, di cui all'articolo 2120 del codice civile, spettante ai lavoratori o loro aventi diritto.
Lo stesso articolo, inoltre, ha stabilito che tale Fondo, per le cui entrate ed uscite è tenuta una contabilità separata nella gestione dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, sia alimentato con un contributo a carico dei datori di lavoro a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° luglio 1982.
L’entità di tale contributo, originariamente pari allo 0,03% della retribuzione di cui all'articolo 12 della L. 30 aprile 1969, n. 153, è stata successivamente elevata allo 0,15% dal D.M. 9 febbraio 1988, a decorrere dal periodo di paga in corso al primo giorno del mese successivo a quello della pubblicazione del decreto stesso, e cioè dal marzo 1988.
Ai sensi dell’articolo 4 del citato D.Lgs. 80 del 1992, per l'anno 1992 l'aliquota contributiva è stata elevata dello 0,05% e, per gli anni successivi, si prevede che sia determinata sulla base dell'andamento gestionale del Fondo stesso.
Si ricorda, infine, che per tale contributo si osservano le stesse disposizioni vigenti per l'accertamento e la riscossione dei contributi dovuti al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti. E’ previsto un vincolo di destinazione del contributo alle finalità istituzionali del fondo stesso. Al fine di assicurare il pareggio della gestione, l'aliquota contributiva può essere modificata, in diminuzione o in aumento, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale (attualmente Ministro del lavoro e delle politiche sociali), di concerto con il Ministro del tesoro (attualmente Ministro dell’economia e delle finanze), sentito il consiglio di amministrazione dell'INPS, sulla base delle risultanze del bilancio consuntivo del fondo medesimo.
Lo stesso comma dispone altresì che resta ferma l’applicazione del contributo di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80. La disposizione va interpretata nel senso che rimane fermo, per il datore di lavoro, l’obbligo di versare il contributo al Fondo di garanzia relativo al finanziamento dell’intervento dello stesso Fondo per i crediti di lavoro (con esclusione del T.F.R.). Tale contributo è previsto nella misura dello 0,05% dall’articolo 4 su citato, ma tale aliquota può essere variata anno per anno, sulla base dell’andamento gestionale del Fondo, con decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia, sentito il consiglio di amministrazione dell’INPS[33].
Sarebbe opportuno formulare in maniera più esplicita il comma in questione, in modo da chiarire se si applica “a regime” l’aliquota dello 0,05% o se, invece, rimane ferma la possibilità di variare tale aliquota con il su citato decreto ministeriale sulla base dell’andamento della gestione.
Il comma 3, infine, demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l’istituzione di un Fondo di garanzia, al fine di facilitare l’accesso al credito delle imprese (in particolare per le piccole e medie imprese), a seguito della diminuzione di autofinanziamento determinatasi dal venir meno della liquidità garantita dal T.F.R.. Lo stesso comma dispone altresì che la dotazione finanziaria di tale fondo sia stabilita con un successivo provvedimento legislativo.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 42, della legge di delega (legge n. 243/2004), i decreti legislativi la cui attuazione determini nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
Si ricorda inoltre che, ai sensi dell’art. 1, commi 41 e 43, della legge di delega – commi non coordinati con il disposto del comma 42 - l’individuazione delle risorse per la copertura dei decreti delegati sarebbe dovuta avvenire con la legge finanziaria, in coerenza con gli obiettivi del DPEF.
Le risorse sono invece state stanziate, ai sensi del comma 42, con il decreto-legge n. 35/2005 (cd. decreto-legge “competitività”).
La modalità di copertura prevista dalla legge di delega, adottata anche per altri importanti provvedimenti di riforma[34], riveste, come rilevato dalla Corte dei Conti[35], carattere di assoluta eccezionalità. Essa costituisce infatti una deroga al principio, enunciato dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui spetta in linea di principio alla legge di delega il compito di individuare i mezzi necessari per far fronte agli oneri determinati dalle sue disposizioni.[36] Il ricorso a modalità di copertura di questo tipo deve dunque essere «operato con grande prudenza, anche per evitare l’enunciazione di principi normativi privi di rispondenza attuativa.»
Sempre secondo la Corte dei Conti, il punto fermo della normativa delle legge di delega in materia previdenziale, ai fini del rispetto dell’articolo 81 della Costituzione, è costituito dalla «regola secondo cui la copertura, anche se successiva, deve comunque precedere l’operatività del disegno normativo della legge di delega attraverso i decreti delegati».
Alla luce di queste considerazioni e tenendo presente che l’istituzione del Fondo di garanzia per l’accesso al credito costituisce diretta attuazione del principio di delega di cui all’art. 1, comma 2, lettera e), numero 9), occorre dunque valutare se il rinvio ad un successivo provvedimento legislativo della determinazione delle risorse da assegnare al predetto Fondo sia conforme alla previsione dell’art. 1, comma 42, della legge di delega e, più in generale, al disposto dell’articolo 81 della Costituzione.
Poiché il principio di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), numero 9, subordina il conferimento del t.f.r. ai fondi pensione all’assenza di oneri per le imprese, attraverso adeguate compensazioni in termini (tra l’altro) di facilità di accesso al credito, l’istituzione e il finanziamento del Fondo di garanzia dovrebbe comunque aver luogo, al fine di renderlo operativo, entro l’entrata in vigore del decreto legislativo (1° gennaio 2006). Conseguentemente, al fine di evitare eventuali profili di illegittimità costituzionale per eccesso di delega, il decreto istitutivo e il provvedimento legislativo per la dotazione finanziaria dovrebbero entrare in vigore entro la stessa data.
Sarebbe inoltre opportuno precisare se si tratta o meno di decreto di natura regolamentare. Inoltre, sarebbe opportuno stabilire un termine per l’emanazione del decreto in questione.
Si ricorda, in proposito, che nel nostro ordinamento è già presente un Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese con funzioni analoghe a quello in oggetto.
In particolare, il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è stato istituito presso il Mediocredito centrale dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1997), allo scopo di fornire una parziale assicurazione ai crediti concessi dalle banche a favore delle piccole e medie imprese; la Sezione speciale del Fondo di garanzia, istituita dal decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie del 15 giugno 2004, è riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti concessi a piccole e medie imprese finalizzati all’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto mediante l’uso di tecnologie digitali.
Ad essa il decreto ha destinato le risorse di cui all’art. 27 della legge n. 3 del 2003, concernenti il Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico, per un importo pari a 20 milioni di euro per l’anno 2004, 20 milioni di euro per l’anno 2005, 20 milioni di euro per il 2006 (art. 1).
Il decreto istitutivo prevede, in particolare, che la Sezione speciale del fondo di garanzia sia riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti di durata non inferiore a 36 mesi e non superiore a 10 anni, a fronte di programmi di investimento delle piccole e medie imprese, finalizzati a introdurre innovazioni di prodotto e di processo attraverso l’utilizzo di tecnologiche digitali.
Successivamente, l’articolo 1, comma 209, della legge finanziaria per il 2005 (L 311 del 2004) ha integrato finanziariamente la Sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, consentendo altresì l’utilizzazione delle somme stanziate, limitatamente a quelle non impegnate al termine di ciascun anno, anche per altri interventi del Fondo.
Da ultimo, l’articolo 4, comma 1, lettera a-ter), del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80 (cd. decreto sulla competitività) ha modificato l'ultimo periodo del richiamato comma 209, disponendo che il decreto, di natura non regolamentare, per la rideterminazione delle caratteristiche degli interventi del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (rideterminazione da effettuarsi in conformità a quanto stabilito dall’Accordo di Basilea, che reca la disciplina sui requisiti minimi di capitale per le banche) sia emanato dal Ministro delle attività produttive unitamente al Ministro per l'innovazione e le tecnologie.
1. Le forme pensionistiche complementari definiscono i requisiti e le modalità di accesso alle prestazioni nel rispetto di quanto disposto dal presente articolo.
2. Il diritto alla prestazione pensionistica si acquisisce al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza, con almeno cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari.
3. Le prestazioni pensionistiche in regime di contribuzione definita e di prestazione definita possono essere erogate in capitale, secondo il valore attuale, fino ad un massimo del 50 per cento del montante finale accumulato, e in rendita. Nel computo dell'importo complessivo erogabile in capitale sono detratte le somme erogate a titolo di anticipazione per le quali non si sia provveduto al reintegro. Nel caso in cui la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70 per cento del montante finale sia inferiore al 50 per cento dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335, la stessa può essere erogata in capitale.
4. Le forme pensionistiche complementari prevedono che, in caso di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi, le prestazioni pensionistiche siano, su richiesta dell'aderente, consentite con un anticipo massimo di cinque anni rispetto ai requisiti per l'accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza.
5. A miglior tutela dell'aderente, gli schemi per l'erogazione delle rendite possono prevedere, in caso di morte del titolare della prestazione pensionistica, la restituzione ai beneficiari dallo stesso indicati del montante residuo o, in alternativa, l'erogazione ai medesimi di una rendita calcolata in base al montante residuale. In tal caso è autorizzata la stipula di contratti assicurativi collaterali contro i rischi di morte o di sopravvivenza oltre la vita media.
6. Le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale sono imponibili per il loro ammontare complessivo, al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta. Le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di rendita sono imponibili per il loro ammontare complessivo, al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e a quelli di cui alla lettera g-quinquies) del comma 1 dell'articolo 44 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, se determinabili. Sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche comunque erogate è operata una ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. Nel caso di prestazioni erogate in forma di capitale la ritenuta di cui al periodo precedente è applicata dalla forma pensionistica a cui risulta iscritto il lavoratore; nel caso di prestazioni erogate in forma di rendita tale ritenuta è applicata dai soggetti eroganti. La forma pensionistica complementare comunica ai soggetti che erogano le rendite i dati in suo possesso necessari per il calcolo della parte delle prestazioni corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta se determinabili.
7. Gli aderenti alle forme pensionistiche complementari possono richiedere un'anticipazione della posizione individuale maturata:
a) in qualsiasi momento, per un importo non superiore al 75 per cento, per spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche. Sull'importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, è applicata una ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali;
b) decorsi otto anni di iscrizione, per un importo non superiore al 50 per cento, per l'acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile, o per la realizzazione degli interventi di cui alle lettere a), b), c), e d) del comma 1 dell'art. 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativamente alla prima casa di abitazione, documentati come previsto dalla normativa stabilita ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Sull'importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento;
c) decorsi otto anni di iscrizione, per un importo non superiore al 30 per cento, per ulteriori esigenze degli aderenti. Sull'importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento;
d) le ritenute di cui alle lettere a), b) e c) sono applicate dalla forma pensionistica che eroga le anticipazioni.
8. Le somme percepite a titolo di anticipazione, che complessivamente non possono mai eccedere il cinquanta per cento della posizione individuale tempo per tempo maturata, ad eccezione delle ipotesi di cui al comma 7, lettera a), che inibisce, fino al riassorbimento al di sotto del 50 per cento, qualsiasi ulteriore anticipazione relativamente ai casi di cui alle lettere b) e c), possono essere reintegrate, a scelta dell'aderente, in qualsiasi momento anche mediante contribuzioni annuali eccedenti il limite di 5.164,57 euro. Sulle somme eccedenti il predetto limite, corrispondenti alle anticipazioni reintegrate, è riconosciuto al contribuente un credito d'imposta pari all'imposta pagata al momento della fruizione dell'anticipazione, proporzionalmente riferibile all'importo reintegrato.
9. Ai fini della determinazione dell'anzianità necessaria per la richiesta delle anticipazioni e delle prestazioni pensionistiche sono considerati utili tutti i periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari maturati dall'aderente per i quali lo stesso non abbia esercitato il riscatto totale della posizione individuale.
10. Ferma restando l'intangibilità delle posizioni individuali costituite presso le forme pensionistiche complementari nella fase di accumulo, le prestazioni pensionistiche in capitale e rendita, e le anticipazioni di cui al comma 7, lettera a), sono sottoposti agli stessi limiti di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità in vigore per le pensioni a carico degli istituti di previdenza obbligatoria previsti dall'articolo 128 del Regio Decreto legge 4 ottobre 1935, n. 1827 e dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, e successive modificazioni e integrazioni. I crediti relativi alle somme oggetto di riscatto totale e parziale e le somme oggetto di anticipazione di cui al comma 7, lettere b) e c), non sono assoggettate ad alcun vincolo di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità.
L’articolo 11 reca disposizioni in merito alle prestazioni delle forme pensionistiche complementari.
Si ricorda, al riguardo, che analoghe disposizioni sono contenute nell’articolo 7 del D.Lgs. 124 del 1993.
Nel richiamato articolo 7 i requisiti ai fini dell’adesione al fondo pensione da parte dell’aderente sono legati alle tipologie delle prestazioni pensionistiche per anzianità e vecchiaia.
In particolare, i commi 2 e 3 del citato articolo 7 indicano analiticamente i requisiti che consentono la corresponsione delle prestazioni pensionistiche citate a favore dell’aderente.
Più specificamente per la prestazione di vecchiaia si richiede (comma 2):
§ il raggiungimento da parte dell’aderente dell’età pensionabile nel regime obbligatorio di appartenenza. Per i soggetti iscritti al Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari l’età pensionabile si raggiunge a 57 anni;
§ una pregressa permanenza nel fondo pensione per almeno 5 anni;
Per la prestazione di anzianità si richiede che l’aderente (comma 3):
§ abbia cessato l’attività lavorativa;
§ abbia una pregressa permanenza nel fondo pensione per almeno 15 anni;
§ abbia un’età di non più di 10 anni inferiore a quella prevista per il pensionamento nell’ordinamento pensionistico obbligatorio di appartenenza.
Lo stesso comma, inoltre, prevede che all'atto della costituzione di forme pensionistiche complementari, le fonti costitutive possano graduare l’accesso alle prestazioni in ragione dell'anzianità già maturata dal lavoratore.
Particolarmente importante risulta essere, da un punto di vista interpretativo, il ruolo che è stato assegnato dal legislatore alle prestazioni per anzianità e vecchiaia. Più specificamente, occorre precisare se le prestazioni richiamate esauriscono le prestazioni consentite alla previdenza complementare o meno. Al riguardo, si segnala che le disposizioni di cui al precedente articolo 3, comma 3, hanno regolamentato anche le eventuali prestazioni per invalidità o premorienza. In base a ciò, e considerando che l’elencazione di cui all’articolo 7 non appare tassativa, la tutela previdenziale si dovrebbe considerare estesa ad una pluralità di eventi, quali l’invalidità, l’inabilità o la premorienza.
Le fonti istitutive definiscono altresì i criteri con i quali valutare ai fini del presente comma la posizione dei lavoratori che si avvalgono della facoltà di trasferimento presso un altro fondo pensione, cui il lavoratore acceda in relazione alla sua nuova attività.
Riguardo all’entità delle prestazioni, il comma 5 prevede che la determinazione degli importi delle prestazioni pensionistiche sia demandata alle scelte statutarie e contrattuali effettuate all'atto della costituzione di ciascun fondo pensione, secondo criteri di corrispettività ed in conformità al principio della capitalizzazione, nell'ambito della distinzione fra regimi a contribuzione definita e regimi a prestazione definita.
L’articolo in oggetto, inoltre, disciplina anche le modalità con le quali può essere liquidata la prestazione pensionistica complementare. In proposito, il comma 6 attribuisce alle fonti costitutive del fondo pensione la possibilità di prevedere:
- la facoltà del titolare del diritto di chiedere la liquidazione della prestazione pensionistica complementare in capitale secondo il valore attuale, per un importo non superiore al 50% dell'importo maturato, salvo che l'importo annuo della prestazione pensionistica in forma periodica risulti di ammontare inferiore al 50% dell'assegno sociale[37] di cui, all'articolo 3, commi 6 e 7, della L. 335 del 1995;
- l'adeguamento delle prestazioni nel rispetto dell'equilibrio attuariale e finanziario di ciascuna forma.
Tale comma introduce un sostanziale indirizzo previdenziale, consistente nella limitazione della liquidazione della prestazione pensionistica in capitale in un ammontare predefinito, prevedendo altresì che la restante parte sia liquidata sotto forma di rendita.
Infine, il comma 4 dispone la possibilità, per l’aderente, di conseguire un’anticipazione in conto capitale della prestazione.
Più specificamente, l’aderente iscritto al fondo pensione da almeno 8 anni può conseguire un'anticipazione dei contributi accumulati per:
- eventuali spese sanitarie per terapie ed interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
- l'acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile,
- la realizzazione degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 1 della L. 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), con facoltà di reintegrare la propria posizione nel fondo secondo modalità stabilite dal fondo stesso.
Non sono ammessi altre anticipazioni o riscatti diversi da quello concernente la posizione individuale. Ai fini della determinazione dell'anzianità necessaria per avvalersi della facoltà richiamata, sono considerati utili tutti i periodi di contribuzione a forme pensionistiche complementari maturati dall'iscritto per i quali l'interessato non abbia esercitato il riscatto della posizione individuale.
L’articolo in esame oltre a precisare (comma 1) che spetta alle forme pensionistiche complementari definire i requisiti e le modalità di accesso alle prestazioni, stabilisce che (comma 2), come riportato anche nella relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, “fermo restando il possesso di almeno cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, il diritto alla prestazione pensionistica si acquisisce al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza”.
Andrebbe valutata la conformità ai limiti della delega del comma 2 (vedi amplius supra).
Ai sensi del successivo comma 3, le prestazioni pensionistiche, in regime di prestazione definita e contribuzione definita, possono essere erogate in capitale, al valore attuale, fino ad un massimo del 50% del montante finale accumulato, e in rendita. Nel computo dell’importo complessivo erogabile in capitale sono detratte le somme erogate a titolo di anticipazione per le quali non si sia provveduto al reintegro.
Sul piano formale sarebbe opportuno far riferimento disgiuntivamente ai regimi di contribuzione definita o prestazione definita.
Lo stesso comma inoltre, prevede che, nel caso in cui la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale sia inferiore al 50% dell’assegno sociale (vedi supra), la rendita stessa possa essere erogata in capitale.
La disposizione sembra da intendersi nel senso che, nel caso in cui la rendita che corrisponde al 70% del montante finale sia inferiore al 50% dell’assegno sociale, allora può derogarsi al limite massimo di cui al periodo precedente e quindi le prestazioni possono essere erogate sotto forma di capitale anche oltre il 50%.
Completamente nuova è la previsione di cui al comma 4, che dispone la possibilità, da parte delle forme pensionistiche complementari, di anticipare le prestazioni, su richiesta dell’aderente, per un periodo massimo di 5 anni rispetto ai normali requisiti per l’accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza. Tale agevolazione opera a condizione che l’attività lavorativa cessi comportando uno stato di inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi.
Il comma 5 provvede a definire le prestazioni in caso di morte del titolare, con ciò superando alcune incertezze interpretative che hanno caratterizzato l’articolo 7 del D.Lgs. 124 in merito alle cause danti diritto alle prestazioni stesse (vedi supra). In questi casi gli schemi per l’erogazione delle rendite possono prevedere la restituzione ai beneficiari indicati dal titolare del montante residuo o, in alternativa, l’erogazione ai beneficiari di una rendita calcolata in base al montante residuale. In tal caso è autorizzata la stipulazione di contratti assicurativi collaterali contro i rischi di morte o di sopravvivenza oltre la vita media.
Il comma 6 reca disposizioni concernenti il regime tributario delle prestazioni pensionistiche complementari.
Si rileva, in via generale, che sarebbe possibile individuare la sedes materiae nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Lo schema di decreto opera una diversa scelta, collocando le disposizioni tributarie nella disciplina della previdenza complementare e inserendo nel testo unico – mediante il successivo articolo 21 – i rinvii alle disposizioni qui contenute.
Ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera h-bis), del TUIR, le prestazioni erogate, in forma periodica o in forma di capitale, dalle forme pensionistiche disciplinate dal D.Lgs. n. 124 del 1993 sono qualificate redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
Le prestazioni erogate in forma periodica sono soggette a tassazione ordinaria e concorrono alla formazione del reddito imponibile. Tuttavia, l’articolo 52, comma 1, lettera d), del TUIR stabilisce che le richiamate prestazioni si assumono al netto dei redditi già assoggettati a tassazione e di quelli indicati alla lettera g-quinquies) dell'articolo 44, comma 1, del TUIR, se determinabili. Si tratta, in particolare:
- dei redditi assoggettati ad imposta sostitutiva in capo al fondo pensione, ovvero di quelli assoggettati a ritenuta o ad imposta sostitutiva nella fase di accumulazione dei contributi e di gestione degli stessi nel periodo di tempo che precede il diritto all’accesso alla prestazione;
- dei redditi di capitale derivanti dai rendimenti della posizione individuale maturata che dà origine alle prestazioni pensionistiche in corso di erogazione.
Le prestazioni pensionistiche erogate in forma capitale sono assoggettate a tassazione separata ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a-bis) del TUIR. Sono incluse in questa tipologia di prestazioni il riscatto anche parziale della posizione individuale ai sensi dell'articolo 10, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 124, il riscatto della posizione individuale ai sensi del medesimo articolo 10, comma 1, lettera c), esercitato per effetto del pensionamento o per la cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, e le anticipazioni. Con il regime della tassazione separata, ai sensi dell’articolo 20 del TUIR, il fondo pensione, in qualità di sostituto d’imposta, trattiene una ritenuta a titolo di acconto determinata tenendo conto del numero degli anni di effettiva contribuzione e dei redditi già assoggettati a tassazione. Gli uffici finanziari, dopo aver rideterminato, in via definitiva, l’imposta dovuta applicando l’aliquota fiscale media del contribuente nei cinque anni precedenti quello in cui è maturato il diritto alla percezione, provvedono alla iscrizione a ruolo della differenza dovuta dal contribuente, ovvero al rimborso allo stesso della maggiore ritenuta trattenuta dal fondo pensione. Ai sensi del D.Lgs. n. 124 del 1993, l'esclusione dei redditi assoggettati ad imposta spetta, in ogni caso, nelle seguenti ipotesi:
- riscatto a causa di morte dell’iscritto prima del pensionamento di vecchiaia;
- riscatto della posizione individuale esercitato a seguito di pensionamento o per la cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti quali, ad esempio, il licenziamento derivante dal dissesto finanziario del datore di lavoro, dal fallimento o altra procedura concorsuale;
- qualora l’importo annuo della prestazione spettante in forma periodica sia inferiore al 50% dell’assegno sociale.
Il presente comma 6 prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta sulle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale o di rendita.
La base imponibile è costituita dall’ammontare complessivo della prestazione, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta. Per le prestazioni periodiche, inoltre, sono esclusi dalla base imponibile anche i redditi indicati nell’articolo 44, comma 1, lettera g-quinquies), del TUIR, se determinabili.
L’articolo 44, comma 1, lettera g-quinquies), del TUIR classifica tra i redditi di capitale i redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale.
L’aliquota è determinata nella misura del 15 per cento.
Al fine di incentivare la permanenza nel fondo pensione, inoltre, la predetta aliquota è ridotta di 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari. La riduzione complessiva non può eccedere, tuttavia, i sei punti percentuali: pertanto, l’aliquota d’imposta sostitutiva non può essere inferiore al 9 per cento. In altre parole, poiché i sei punti percentuali corrispondono a venti anni di iscrizione eccedenti il quindicesimo, la riduzione non opera nei confronti dei soggetti iscritti da oltre trentacinque anni.
Sarebbe opportuno chiarire se la tassazione sostitutiva prevista in luogo di quella ordinaria rilevi anche per la determinazione della base imponibile agli effetti delle addizionali regionali e comunali all’IRPEF.
Con riferimento, infine, al sostituto d’imposta, il presente comma dispone che, nel caso di prestazioni in forma di capitale, la ritenuta è operata dalla forma pensionistica a cui risulta iscritto il lavoratore.
Per le prestazioni in forma di rendita, invece, il sostituto d’imposta è rappresentato dal soggetto erogatore; in tal caso la forma pensionistica è tenuta a comunicare al soggetto che eroga le rendite i dati necessari per la determinazione delle prestazioni già assoggettate a imposta, se determinabili.
Il successivo comma 7 estende il sistema delle anticipazioni della posizione individuale maturata.
Ai fini della determinazione dell’anzianità necessaria per la richiesta delle anticipazioni, sono considerati utili (comma 9) tutti i periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari maturati dall’aderente, a condizione che l’aderente stesso non abbia esercitato il riscatto totale della posizione individuale relativamente alle forme pensionistiche interessate.
È infatti previsto che un’anticipazione possa essere richiesta:
§ in qualsiasi momento, per un importo non superiore al 75% della posizione individuale maturata, per spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni relative all’iscritto o al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche. In questa ipotesi, alle somme anticipate viene applicato il medesimo regime fiscale previsto dal comma 6 per le prestazioni pensionistiche. Infatti, sull’importo erogato viene applicata, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, una ritenuta a titolo d’imposta del 15%, ridotta di 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali (lettera a));
§ decorsi otto anni di iscrizione alla forma pensionistica complementare, per un importo non superiore al 50% della posizione individuale maturata, per l’acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, o per la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia, di cui all’articolo 1, comma 3, della L. 449 del 1997. Il regime fiscale relativo a questa forma di anticipazione prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta, nella misura del 23% sull’importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta (lettera b)). L’aliquota fiscale fissata è, pertanto, superiore di almeno otto punti percentuali rispetto a quella fissata nel comma 6.;
§ decorsi otto anni di iscrizione alla forma pensionistica complementare, per un importo non superiore al 30% della posizione individuale maturata, per ulteriori esigenze degli aderenti. Analogamente al punto precedente, viene prevista l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 23% sull’importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta (lettera c)).
Si segnala, al riguardo, che il testo appare generico laddove non specifica le “ulteriori esigenze” che rendono possibile la richiesta di anticipazione.
Per quanto riguarda il sostituto d’imposta, viene confermato quanto previsto nel comma 6 relativamente alle prestazioni erogate in forma di capitale. Infatti, ai sensi della lettera d) del comma in esame, le ritenute a titolo d’imposta sono applicate dalla forma pensionistica complementare erogante le anticipazioni.
Con il comma 8 si pone un limite all’entità delle anticipazioni. In particolare, si stabilisce che, in ogni caso, le somme percepite a titolo di anticipazione complessivamente non possono mai eccedere il cinquanta per cento della posizione individuale tempo per tempo maturata, ad eccezione delle ipotesi più gravi richiamate dalla lettera a) del precedente comma 7.
Si dispone, inoltre, in favore dell’aderente la facoltà di reintegrazione di tali somme, in qualsiasi momento, anche mediante contribuzioni annuali eccedenti il limite annuo di deducibilità fiscale dei contributi versati, fissato in 5.164,57 euro.
Sulla somma eccedente, relativa a contributi versati per la reintegrazione delle somme percepite a titolo di anticipazioni, viene riconosciuto al contribuente un credito d’imposta. L’importo del richiamato credito è determinato in modo da neutralizzare, in misura proporzionale all’importo reintegrato, le ritenute operate dal sostituto d’imposta al momento del pagamento dell’anticipazione. In altre parole, qualora il contribuente versi contributi in misura tale da reintegrare l’intera somma ricevuta come anticipazione, avrà diritto ad un credito d’imposta di importo pari all’intera ritenuta trattenuta dal fondo pensione al momento dell’erogazione.
Infine, il comma 10 prevede, ferma restando l’intangibilità delle posizioni individuali costituite presso le forme pensionistiche complementari nella fase di accumulo, che le prestazioni pensionistiche in capitale e rendita e le anticipazioni di cui al precedente comma 7, lettera a), siano sottoposti agli stessi limiti di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità in vigore per le pensioni a carico degli istituti di previdenza obbligatoria, di cui all’articolo 128 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e all’articolo 2 del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180.
Al riguardo, si ricorda che l'assoggettamento delle prestazioni di previdenza complementare a vincoli in tema di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità, analoghi a quelli previsti per la previdenza di base, è stato disposto dal criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lett. e), n. 11, della più volte richiamata L. 243 del 2004,
In materia di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità della pensione, l’articolo 128 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, ha disposto che le pensioni, gli assegni, e le indennità spettanti in forza del presente decreto non sono cedibili, né sequestrabili, né pignorabili, ad eccezione delle pensioni, che possono essere cedute, sequestrate e pignorate soltanto nell'interesse di ospedali pubblici o di ricoveri per il pagamento delle diarie relative, e non oltre l'importo delle stesse.
A tale principio una seconda eccezione, è stata introdotta dall'articolo 69 della legge 153 del 30 aprile 1969, che prevede che l'INPS può cedere, sequestrare e pignorare, nei limiti di un quinto del loro ammontare, le pensioni, gli assegni e le indennità eccedenti l'importo della pensione minima ai fini del recupero di crediti vantati dal medesimo Istituto per omissioni contributive o prestazioni indebite.
Per quanto concerne le prestazioni a carico dell’INPDAP, l'articolo 2, comma 1, numero 3, del D.P.R. 180 del 5 gennaio 1950, stabilisce che le pensioni e gli altri assegni di quiescenza corrisposti dallo Stato e dagli altri enti sono assoggettati a sequestro e pignoramento fino a concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute per tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto di impiego o di lavoro.
La Corte costituzionale, con la sentenza 506 del 20 novembre 2002, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato articolo 128 del R.D.L. n. 1827 del 1935, nella parte nella quale esclude la pignorabilità per ogni credito dell'intero ammontare di pensioni, assegni e indennità erogati dall'INPS, anziché prevedere l'impignorabilità, con le eccezioni stabilite dalla legge per crediti qualificati, della sola parte della pensione, assegno o indennità indispensabile per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte (cd. soglia minima vitale).
Lo stesso discorso vale per i trattamenti pensionistici dei dipendenti pubblici a seguito della dichiarata illegittimità costituzionale degli articoli 1 e 2, comma 1, del citato D.P.R. 180 del 1950.
Si ricorda, inoltre, che ulteriori modifiche ed integrazioni alla disciplina in oggetto sono state apportate all’articolo 1, commi 137 e 1398, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005)[38], dall’articolo 13-bis del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, recante il piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (cd. decreto competitività)[39], e, infine, dall’articolo 16, commi 2-3, del ddl 5736 recante il Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (cd. provvedimento sulla competitività), attualmente all’esame dell’assemblea presso la Camera dei deputati[40].
Lo stesso comma prevede altresì che non sono invece assoggettabili ad alcun vincolo di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità i crediti relativi alle somme oggetto di anticipazione di cui al comma 7, lettere b) e c).
Si segnala, in proposito, che la legge delega non ha previsto differenziazioni né deroghe in ordine all'assoggettamento delle prestazioni di previdenza complementare a vincoli in tema di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità. Andrebbe verificato il rispetto del principio di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), numero 10) della legge delega, per quanto riguarda la non assoggettabilità a vincoli di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità delle somme oggetto di anticipazione.
Articolo 12
(Fondi pensione aperti)
1. I soggetti con i quali è consentita la stipulazione di convenzioni ai sensi dell'articolo 6, comma 1, possono istituire e gestire direttamente, forme pensionistiche complementari mediante la costituzione di appositi fondi nel rispetto dei criteri di cui all'articolo 4, comma 2. Detti fondi sono aperti alle adesioni dei destinatari del presente decreto legislativo, i quali vi possono destinare anche la contribuzione a carico del datore di lavoro a cui abbiano diritto, nonché le quote del trattamento di fine rapporto.
2. L'adesione ai fondi pensione aperti può avvenire, oltre che su base individuale, anche su base collettiva mediante contratti e accordi collettivi, anche aziendali, accordi fra soli lavoratori, ovvero mediante regolamenti di enti o aziende.
3. Ferma restando l'applicazione delle norme del presente decreto legislativo in tema di finanziamento, prestazioni e trattamento tributario, l'autorizzazione alla costituzione e all'esercizio è rilasciata, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, dalla COVIP, d'intesa con le rispettive autorità di vigilanza sui soggetti promotori.
4. I regolamenti dei fondi pensione aperti, redatti in base alle direttive impartite dalla COVIP e dalla stessa preventivamente approvati, stabiliscono le modalità di partecipazione secondo le norme di cui al presente decreto.
L’articolo 12 disciplina l’attività dei fondi pensione aperti.
La disciplina dei fondi pensione aperti è attualmente regolamentata dall’articolo 9 del D.Lgs. 124 del 1993.
Il fondo pensione aperto non necessita, per costituirsi, a differenza dei fondi pensione contrattuali (cosiddetti fondi chiusi), di una fonte istitutiva promossa da soggetti che rappresentino gli iscritti al fondo stesso. Quindi, mentre nei fondi chiusi la fonte e la forma sono dei soggetti promotori e il gestore rimane del tutto estraneo ad essi, nei fondi pensione aperti si determina una totale compenetrazione tra promotore e gestore. Per la costituzione di un fondo aperto, quindi, non occorre un atto di autonomia collettiva per i lavoratori subordinati oppure un accordo associativo o sindacale peri lavoratori autonomi e liberi professionisti, bensì occorre un atto costitutivo da parte del gestore. Fonte istitutiva è quindi la deliberazione del consiglio di amministrazione dell’ente che lo costituisce.
Possono quindi istituire e gestire i fondi pensione aperti:
§ le banche;
§ le società di gestione del risparmio;
§ le SIM;
§ le società fiduciarie autorizzate;
§ le compagnie di Assicurazione;
§ le imprese di investimento comunitarie, previa autorizzazione rilasciata dalla COVIP, d'intesa con le rispettive autorità preposte alla vigilanza sui soggetti istitutori dei fondi (Banca d'Italia, CONSOB, e ISVAP).
In particolare, il comma 1 dell’articolo 9 dispone che nella costituzione dei fondi pensione aperti i soggetti istitutori devono rispettare le disposizioni inerenti alla forma del pregresso fondo interno, cioè la forma del patrimonio interno autonomo e separato, regolato dalle disposizioni di cui all’articolo 2117 c.c., di cui al precedente articolo 4, comma 2.
I fondi aperti, quindi, sono stati concepiti, almeno inizialmente, come forme previdenziali per i lavoratori privi dei requisiti necessari per l’iscrizione ad un fondo chiuso.
Ai sensi del successivo comma 2, vengono identificati gli aderenti al fondo aperto, mediante un rinvio ai destinatari previsti per i fondi chiusi.
Possono quindi aderire ai fondi aperti, purché non sussistano o non operino le fonti istitutive negoziali, i lavoratori subordinati, i lavoratori autonomi o liberi professionisti, i soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro. Possono inoltre essere iscritti ai fondi aperti i lavoratori per i quali si determini il venir meno dei requisiti di partecipazione al fondo pensione[41].
L’adesione ad un fondo aperto è quindi consentita:
- ai lavoratori non iscritti a sindacati o ad associazioni professionali;
- a lavoratori iscritti, i cui contratti o accordi collettivi non prevedano l’istituzione di forme pensionistiche complementare;
- ai lavoratori iscritti ad un fondo chiuso che perdono i requisiti partecipativi previsti dal relativo statuto;
- ai lavoratori iscritti ad un fondo chiuso che chiedano volontariamente il trasferimento della propria posizione individuale ai sensi del richiamato articolo 10.
Il comma 3, infine, stabilisce che, ferma restando l'applicazione delle norme del D.Lgs. 124 del 1993 in tema di finanziamento, prestazioni e trattamento tributario, l'autorizzazione alla costituzione e all'esercizio è rilasciata ai sensi dell'articolo 4, comma 3, dalla COVIP, d'intesa con le rispettive Autorità di vigilanza sui soggetti promotori dei fondi pensione aperti.
Il comma 1 consente l’istituzione e la diretta gestione di fondi pensione aperti ai soggetti che, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, possono gestire, su convenzione, le risorse dei fondi pensione (soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, lett. d), del D.Lgs. n. 58 del 1998, imprese assicurative e società di gestione del risparmio).
La costituzione del fondo pensione aperto avviene, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, attraverso la formazione, con apposita deliberazione di una società od ente, di un patrimonio di destinazione, separato ed autonomo, nell'ambito della medesima società o ente.
L’adesione ai fondi pensione aperti, ai quali può essere destinata, oltre il TFR, anche la contribuzione a carico del datore di lavoro alla quale il lavoratore abbia diritto, a norma del comma 2 può avvenire, oltre che su base individuale, anche su base collettiva.
Si tratta di una delle novità più rilevanti del provvedimento, poiché viene introdotta, in attuazione del principio di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), numero 4, la completa equiparazione delle forme pensionistiche al fine dell’adesione dei lavoratori.
Pertanto, al contrario di quanto previsto dalla normativa vigente, anche i lavoratori per i quali operino le fonti istitutive negoziali potranno, sin dall’inizio, optare per l’adesione ad un fondo aperto.
Anche con riferimento a tali forme pensionistiche è ribadita la centralità del ruolo della COVIP, che rilascia infatti, d’intesa con le rispettive autorità di vigilanza sui soggetti promotori, l’autorizzazione alla costituzione e all’esercizio (comma 3), e approva i regolamenti dei fondi dopo aver impartito le direttive sui quali i regolamenti medesimi sono redatti (comma 4).
Articolo 13
(Forme pensionistiche individuali)
1. Ferma restando l'applicazione delle norme del presente decreto in tema di finanziamento, prestazioni e trattamento tributario, le forme pensionistiche individuali sono attuate mediante:
a) adesione ai fondi pensione di cui all'articolo 12;
b) contratti di assicurazione sulla vita stipulati con imprese di assicurazioni autorizzate dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), ad operare nel territorio dello Stato o quivi operanti in regime di stabilimento o di prestazioni di servizi.
2. L'adesione avviene, su base individuale, anche da parte di soggetti diversi da quelli di cui all'articolo 2.
3. I contratti di assicurazione di cui al comma 1, lettera b) sono corredati da un regolamento, redatto in base alle direttive impartite dalla COVIP e dalla stessa preventivamente approvato nei termini temporali di cui all'articolo 4, comma 3, recante disposizioni circa le modalità di partecipazione, il trasferimento delle posizioni individuali verso altre forme pensionistiche, la comparabilità dei costi e dei risultati di gestione e la trasparenza dei costi e delle condizioni contrattuali nonché le modalità di comunicazione, agli iscritti e alla COVIP, delle attività della forma pensionistica e della posizione individuale. II suddetto regolamento è parte integrante dei contratti medesimi. Le condizioni generali dei contratti devono essere comunicate dalle imprese assicuratrici alla COVIP, prima della loro applicazione. Le risorse delle forme pensionistiche individuali costituiscono patrimonio autonomo e separato con gli effetti di cui all'articolo 4, comma 2. La gestione delle risorse delle forme pensionistiche di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo, avviene secondo le regole d'investimento di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, e nel rispetto dei principi di cui all'articolo 6, comma 11, lettera c).
4. L'ammontare dei contributi, definito anche in misura fissa all'atto dell'adesione, può essere successivamente variato. I lavoratori possono destinare a tali forme anche le quote dell'accantonamento annuale al trattamento di fine rapporto e le contribuzioni del datore di lavoro alle quali abbiano diritto.
5. Per i soggetti non titolari di reddito di lavoro o d'impresa si considera età pensionabile quella vigente nel regime obbligatorio di base.
L’articolo 13 determina le forme pensionistiche individuali e ne disciplina le condizioni.
La delega legislativa conferita dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421, all’articolo 3, comma 1, lettera v), aveva delineato forme di previdenza, anche articolate secondo criteri di flessibilità e diversificazione per categorie di beneficiari, per la erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio pubblico, su base volontaria, collettiva o individuale, con garanzia di autonomia e separazione contabile e patrimoniale, mediante gestioni dirette o convenzionate affidate, in regime di concorrenza, agli organismi gestori delle forme obbligatorie di previdenza e assistenza, nonché alle imprese assicurative abilitate alla gestione di fondi collettivi costituiti per l'erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell'attività lavorativa, alle società di intermediazione mobiliare (SIM) e ad operatori pubblici e privati, con l'osservanza di sistemi di capitalizzazione.
L’articolo 3 della legge 13 maggio 1999, n. 133, conferì ulteriore delega legislativa per il riordinamento del regime fiscale delle forme di previdenza complementare, la disciplina di forme di risparmio individuali vincolate a finalità previdenziali, la modificazione del trattamento fiscale dei contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, nonché il riordinamento del regime fiscale del trattamento di fine rapporto e delle altre indennità. In attuazione di essa, con l’articolo 2 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, sono stati introdotti neldecreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, gli articoli 9-bis e 9-ter, che disciplinano specificamente le forme pensionistiche individuali attuate, rispettivamente, mediante fondi pensione aperti e contratti di assicurazione sulla vita.
A quest’assetto ha fatto riferimento la delega legislativa conferita dalla legge 23 agosto 2004, n. 243, che, all’articolo 1, comma 2, lettera e), ha previsto l’adozione di misure volte a incrementare l'entità dei flussi di finanziamento alle forme pensionistiche complementari, collettive e individuali, mentre, alla lettera h), ha prescritto di perfezionare l'unitarietà e l'omogeneità del sistema di vigilanza sull'intero settore della previdenza complementare, con riferimento a tutte le forme pensionistiche collettive e individuali previste dall'ordinamento, fra l’altro con l'attribuire alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) la vigilanza regolamentare sulla trasparenza delle condizioni contrattuali fra tutte le forme pensionistiche collettive e individuali, comprese quelle di cui all'articolo 9-ter del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e il compito di disciplinare e di vigilare sulle modalità di offerta al pubblico di tutti i predetti strumenti previdenziali, compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio, al fine di tutelare l'adesione consapevole dei soggetti destinatari.
Il comma 1 stabilisce che, ferma restando l’applicazione delle disposizioni riguardanti il finanziamento, le prestazioni e il trattamento tributario della previdenza complementare secondo quanto previsto nel presente schema di decreto, le forme pensionistiche individuali sono attuate mediante:
a) adesione ai fondi pensione indicati all’articolo 12 (ossia i fondi pensione aperti, già disciplinati dagli articoli 9 e 9-bis del decreto legislativo 21 aprile 1993 n. 124);
b) contratti di assicurazione sulla vita stipulati con imprese di assicurazione autorizzate dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) a operare nel territorio dello Stato, ovvero operanti in esso in regime di stabilimento o di prestazione di servizi.
L’attuazione di forme pensionistiche individuali mediante contratti di assicurazione sulla vita è attualmente disciplinata dall’articolo 9-ter del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124. Esso stabilisce che i contratti di assicurazione possono essere stipulati, anche in assenza di specifiche previsioni delle fonti istitutive, con imprese di assicurazione autorizzate dall'ISVAP a operare nel territorio dello Stato o quivi operanti in regime di stabilimento o di prestazione di servizi[42], e debbono garantire prestazioni a condizioni e con modalità conformi a quelle previste per i fondi aperti, consentendo parimenti la prosecuzione volontaria non oltre cinque anni dal raggiungimento dell’età pensionabile e la liquidazione in forma di capitale negli stessi limiti per quelli previsti.
L'ammontare dei premi, definito anche in misura fissa all'atto della conclusione del contratto, può essere successivamente variato.
Le condizioni di polizza dei contratti, prima della loro applicazione, debbono essere comunicate alla COVIP dalle imprese assicuratrici.
Il comma 2 dispone che alle forme pensionistiche individuali possono aderire, su base individuale, anche soggetti diversi da quelli indicati all’articolo 2 (lavoratori dipendenti pubblici e privati, lavoratori autonomi e liberi professionisti, soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, soggetti che svolgono, senza vincolo di subordinazione, lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari e che non prestano attività lavorativa autonoma o alle dipendenze di terzi e non sono titolari di pensione diretta).
A norma del comma 3, i predetti contratti di assicurazione debbono essere corredati da un regolamento, redatto in base alle direttive impartite dalla COVIP e dalla stessa preventivamente approvato nei termini indicati all’articolo 4, comma 3.
Questo regolamento deve disciplinare le modalità di partecipazione, il trasferimento delle posizioni individuali verso altre forme pensionistiche, la comparabilità dei costi e dei risultati di gestione e la trasparenza dei costi e delle condizioni contrattuali, nonché le modalità di comunicazione, agli iscritti e alla COVIP, delle attività della forma pensionistica e della posizione individuale. Esso costituisce parte integrante dei contratti di assicurazione stessi.
Le imprese assicuratrici debbono comunicare alla COVIP le condizioni generali dei contratti, prima della loro applicazione.
Le risorse delle forme pensionistiche individuali costituiscono patrimonio autonomo e separato con gli effetti indicati all’articolo 4, comma 2.
L’articolo 4, comma 2, del presente schema di decreto consente la costituzione di fondi pensione da parte dei soggetti indicati nelle lettere f), g) e h) del comma 1 dell’articolo 3, nell’ambito della singola società o ente, prescrivendo in tal caso la formazione di un patrimonio di destinazione, separato e autonomo, con gli effetti indicati dall’articolo 2117 del codice civile.
L’articolo 2117 del codice civile stabilisce che i fondi speciali per la previdenza e l'assistenza che l'imprenditore abbia costituiti, anche senza contribuzione dei prestatori di lavoro, non possono essere distratti dal fine al quale sono destinati e non possono formare oggetto di esecuzione da parte dei creditori dell'imprenditore o del prestatore di lavoro.
Poiché nell’articolo 4, comma 2, mediante il richiamo delle lettere g) e h) dell’articolo 3, comma 1, sono compresi i soggetti istitutori delle forme pensionistiche individuali disciplinate rispettivamente dagli articoli 12 e 13, la presente disposizione appare ripetitiva di quella ivi contenuta.
Nella gestione delle risorse delle forme pensionistiche attuate mediante contratti di assicurazione sulla vita debbono osservarsi le regole d’investimento prescritta dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174.
Il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, reca l’attuazione della direttiva 92/96/CEE in materia di assicurazione diretta sulla vita. In particolare, l’articolo 26 determina gli attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche.
a) investimenti:
1) titoli emessi o garantiti da Stati appartenenti alla zona A), ai sensi della direttiva n. 89/647/CEE, ovvero emessi da enti locali o da enti pubblici di Stati membri e/o da organizzazioni internazionali cui aderiscono uno o più di detti Stati membri;
- obbligazioni o altri titoli assimilabili negoziati in un mercato regolamentato o emessi da società o enti creditizi il cui bilancio sia da almeno tre anni certificato da parte di una società di revisione debitamente autorizzata;
- altre obbligazioni o titoli assimilabili purché con scadenza residua inferiore all'anno;
- pronti contro termine, con l'obbligo di riacquisto e di deposito di titoli presso un istituto di credito nonché accettazioni bancarie effettuate o rilasciate da istituti di credito;
- cambiali finanziarie di cui alla legge 13 gennaio 1994, n. 43;
- altri strumenti del mercato monetario e dei capitali che verranno identificati con provvedimento di carattere generale dell'ISVAP, il quale indicherà anche i criteri per l'utilizzazione e la valutazione di strumenti derivati, quali opzioni, futures, swaps in relazione agli attivi che coprono le riserve tecniche;
2) mutui e prestiti fruttiferi garantiti da ipoteche, o da garanzie bancarie o assicurative, o da altre idonee garanzie prestate da enti locali territoriali;
3) quote della Banca d'Italia, quote di società cooperative ovvero azioni e warrants negoziati in mercati regolamentati o emessi da società il cui bilancio sia stato certificato da almeno tre anni da parte di una società di revisione debitamente autorizzata;
4) partecipazioni in società immobiliari, nelle quali l'impresa detenga più del 50 per cento del capitale sociale, aventi ad oggetto esclusivo la costruzione o la gestione di immobili per l'edilizia residenziale non di lusso o per uso industriale o commerciale o per l'esercizio dell'attività agricola, per l'importo iscritto in bilancio nel limite del valore economico degli immobili in proporzione alla quota di capitale sociale detenuto ed al netto delle passività complessivamente iscritte nel bilancio della società immobiliare;
5) quote in organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e altri fondi d'investimento;
6) terreni, fabbricati e diritti immobiliari di godimento per le quote libere da ipoteche;
b) crediti:
1) crediti verso riassicuratori al netto delle partite debitorie, comprese le quote di riserve tecniche a loro carico, debitamente documentati, fino al 90 per cento del loro ammontare;
2) depositi e crediti al netto delle partite debitorie presso le imprese cedenti, debitamente documentati, fino al 90 per cento del loro ammontare;
3) crediti nei confronti di assicurati ed intermediari, al netto delle partite debitorie derivanti da operazioni di assicurazione diretta e di riassicurazione, nella misura in cui siano effettivamente esigibili da meno di tre mesi;
4) anticipazioni su polizze;
5) crediti d'imposta, definitivamente accertati o per i quali sia decorso il termine prescritto per l'accertamento;
6) crediti verso fondi di garanzia;
c) altri attivi:
1) immobilizzazioni materiali strumentali all'esercizio dell'impresa, diverse dai terreni e dai fabbricati, nel limite del 30 per cento del valore di bilancio rettificato dal relativo fondo di ammortamento;
2) immobilizzazioni materiali non strumentali all'esercizio dell'impresa, diverse da terreni e fabbricati, debitamente documentati, nel limite del 10 per cento del valore di bilancio;
3) depositi bancari; depositi presso altri enti creditizi o qualsiasi altro istituto autorizzato dalla competente autorità di vigilanza a ricevere depositi, al netto delle partite debitorie;
4) provvigioni di acquisizione da ammortizzare nei limiti del 90 per cento del loro ammontare;
5) ratei attivi per interessi su titoli idonei alla copertura delle riserve tecniche, ratei attivi per canoni di locazione nel limite del 30 per cento del loro ammontare;
6) interessi reversibili.
Si segnala che la materia dovrà confluire nel codice delle assicurazioni, da emanarsi in attuazione della delega legislativa conferita dall’articolo 4 della legge 29 luglio 2003, n. 229, il cui schema, già sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari, all’articolo 376 prevede la conseguente abrogazione del decreto legislativo n. 174 del 1995.
Nella gestione delle risorse delle forme pensionistiche attuate mediante contratti di assicurazione sulla vita debbono altresì osservarsi i princìpi indicati all’articolo 6, comma 11, lettera c), del presente schema di decreto.
L’articolo 6, comma 11, lettera c), dello schema di decreto stabilisce che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la COVIP, siano individuate le regole da osservarsi in materia di conflitti d’interessi, compresi quelli eventualmente attinenti alla partecipazione dei soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive dei fondi pensione ai soggetti gestori dei fondi medesimi.
La disposizione potrebbe essere più esattamente formulata facendo riferimento all’osservanza delle regole determinate a norma dell’articolo 6, comma 11, lettera c).
Il comma 4 stabilisce che l’ammontare dei contributi, definito anche in misura fissa all’atto dell’adesione, può essere successivamente variato.
La disposizione, applicabile sia ai fondi aperti disciplinati dal precedente articolo 12, sia ai contratti d’assicurazione regolati dal presente articolo, riproduce quanto è previsto, rispettivamente, negli articoli 9-bis, comma 3, e 9-ter, comma 2, del decreto legislativo n. 124 del 1993, che, in relazione alla seconda fattispecie, trattandosi di contratti d’assicurazione, fa più correttamente riferimento all’ “ammontare dei premi”.
Viene aggiunto, inoltre, che i lavoratori possono destinare a tali forme anche le quote dell’accantonamento annuale riferito al trattamento di fine rapporto e le contribuzioni del datore di lavoro alle quali abbiano diritto.
Il comma 5 precisa infine che per i soggetti che aderiscono alle forme pensionistiche individuali, che non siano titolari di reddito di lavoro o d’impresa, in materia di età pensionabile si applicano le disposizioni vigenti per il “regime obbligatorio di base”.
La legge n. 243/2004 ha lasciato immutato il sistema previdenziale fino al 2008 per quanto attiene ai requisiti di accesso al pensionamento.
Pertanto i requisiti della maturazione del diritto alle prestazioni pensionistiche di anzianità e di vecchiaia restano quelli definiti dalla legge n. 335 del 1995 e dalla legge n. 449 del 1997, siano esse calcolate con il metodo retributivo, con quello contributivo o con quello misto. Pertanto, per i lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato che maturano i requisiti per la pensione entro la fine del 2007, il diritto alla pensione di anzianità è riconosciuto in presenza di 57 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, qualora ricorra un requisito contributivo più elevato (39 anni per il biennio 2006-2007).
Per i lavoratori dipendenti è confermato il regime anagrafico ridotto per gli operai ed i “lavoratori precoci”, essendo richiesti 56 anni di età per il 2004-2005 e 57 per il 2006-2007.
Per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS sono attualmente richiesti 58 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, 40 anni di contributi.
Per la pensione di vecchiaia i requisiti per le pensioni retributive e miste sono rappresentati da almeno 20 anni di contributi e 60 anni d’età, per le donne, e 65 per gli uomini.
Per la nuova pensione di vecchiaia, calcolata esclusivamente con il sistema contributivo, valgono invece le seguenti condizioni di accesso: almeno 5 anni di contributi, 57 anni di età ed una pensione da liquidare di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. Si prescinde dal requisito legato all’importo della pensione al compimento dei 65 anni di età.
Pertanto i lavoratori che fino al 2007 conseguiranno i requisiti sopra indicati potranno accedere al relativo trattamento pensionistico secondo la normativa e le stesse decorrenze vigenti anteriormente alle innovazioni della riforma.
Questi stessi lavoratori, inoltre, potranno esercitare il diritto alla prestazione in un qualsiasi momento successivo alla maturazione dei predetti requisiti, indipendentemente da ogni modifica normativa, grazie all’istituto della “certificazione del diritto alla pensione”. Tale certificazione assume valenza garantistica dei diritti quesiti, consentendo agli interessati di pensionarsi in base alle regole del previgente regime anche laddove sia intervenuta una revisione della normativa in materia.
Dal 2008 si assisterà alla riforma strutturale, con i seguenti requisiti per accedere al pensionamento.
Per la pensione di anzianità nel sistema retributivo e misto i requisiti per l'accesso alla pensione sono: 35 anni di contributi e 60 anni di età (61 per gli autonomi), con incremento di 1 anno nel 2010 e poi ancora di uno nel 2014, salvo verifica degli effetti finanziari; 40 anni di anzianità contributiva a prescindere dal requisito anagrafico.
Per la pensione nel sistema contributivo: si può accedere alla pensione con 65 anni per gli uomini e 60 per le donne e un quinquennio di contributi; 40 anni di contributi a prescindere dall'età; 35 anni di contributi e 60 anni di età (61 per gli autonomi) con gli incrementi anagrafici di cui al precedente punto.
Come eccezione è consentito, in via sperimentale fino al 2015, alle lavoratrici che optano per la liquidazione della pensione con il sistema contributivo, di conseguire la pensione di anzianità ancora con 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 anni per le lavoratrici autonome).
Non è chiaro il riferimento all’età pensionabile. Fermo restando che sembra volersi fare riferimento ai requisiti per la pensione di vecchiaia dei lavoratori subordinati, occorre considerare che disciplina vigente fino al termine del 2007 prevede una diversa età pensionabile a seconda del regime (contributivo o retributivo). Infatti la pensione di vecchiaia contributiva (per gli assunti dopo il 1° gennaio 2006) può essere percepita a 57 anni di età, mentre i requisiti per la pensione di vecchiaia retributiva e mista sono rappresentati da almeno 20 anni di contributi e 60 anni d’età, per le donne, e 65 per gli uomini. Inoltre è da considerare che dal 2008, con l’entrata in vigore della riforma previdenziale, cambiano ulteriormente i requisiti per la pensione nel sistema contributivo: si può accedere alla pensione con 65 anni per gli uomini e 60 per le donne e un quinquennio di contributi.
Articolo 14
(Permanenza nella forma pensionistica
complementare e cessazione dei requisiti di partecipazione e portabilità)
1. Gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari stabiliscono le modalità di esercizio relative alla partecipazione alle forme medesime, alla portabilità delle posizioni individuali e della contribuzione, nonché al riscatto parziale o totale delle posizioni individuali, secondo quanto disposto dal presente articolo.
2. Ove vengano meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare gli statuti e i regolamenti stabiliscono:
a) il trasferimento ad altra forma pensionistica complementare alla quale il lavoratore acceda in relazione alla nuova attività;
b) il riscatto parziale, nella misura del 50 per cento della posizione individuale maturata, nei casi di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria;
c) il riscatto totale della posizione individuale maturata per i casi di invalidità permanente e a seguito di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi. Tale facoltà non può essere esercitata nel quinquennio precedente la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche complementari; in questi casi si applicano le previsioni di cui al comma 4 dell'articolo 11.
3. In caso di morte dell'aderente ad una forma pensionistica complementare prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica l'intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari dallo stesso designati, siano essi persone fisiche o giuridiche. In mancanza di tali soggetti la posizione resta acquisita alla forma pensionistica complementare.
4. Sulle somme percepite a titolo di riscatto della posizione individuale relative alle fattispecie previste ai commi 2 e 3, è operata una ritenuta a titolo di imposta con l'aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali, sul medesimo imponibile di cui all'articolo 11, comma 6.
5. Sulle somme percepite a titolo di riscatto per cause diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3, si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento sul medesimo imponibile di cui all'articolo 11, comma 6.
6. Decorsi due anni dalla data di partecipazione ad una forma pensionistica complementare l'aderente ha facoltà di trasferire l'intera posizione individuale maturata ad altra forma pensionistica Gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche prevedono esplicitamente la predetta facoltà e non possono contenere clausole che risultino, anche di fatto, limitative del suddetto diritto alla portabilità dell'intera posizione individuale. Sono comunque inefficaci clausole che, all'atto dell'adesione o del trasferimento, consentano l'applicazione di voci di costo, comunque denominate, significativamente più elevate di quelle applicate nel corso del rapporto e che possono quindi costituire ostacolo alla portabilità. In caso di esercizio della predetta facoltà di trasferimento della posizione individuale, il lavoratore ha diritto al versamento alla forma pensionistica da lui prescelta del TFR maturando nonché delle contribuzioni a carico del datore di lavoro o del committente in precedenza godute.
7. Le operazioni di trasferimento delle posizioni pensionistiche sono esenti da ogni onere fiscale, a condizione che avvengano a favore di forme pensionistiche disciplinate dal presente decreto. Sono altresì esenti da ogni onere fiscale i trasferimenti delle risorse o delle riserve matematiche da un fondo pensione o da una forma pensionistica individuale ad altro fondo pensione o ad altra forma pensionistica individuale.
8 Gli adempimenti a carico delle forme pensionistiche complementari conseguenti all'esercizio delle facoltà di cui al presente articolo devono essere effettuati entro il termine massimo di due mesi dall'esercizio stesso.
L'articolo 14 regolamenta la permanenza nel fondo pensione e la cessazione dei requisiti di partecipazione, innovando parzialmente il precedente disposto dell’articolo 10 del decreto 124 del 1993, e rinviando agli statuti ed ai regolamenti dei fondi le modalità di esercizio inerenti la partecipazione, la portabilità delle posizioni individuali e le eventualità di riscatto delle medesime (comma 1).
Il comma 2 dispone che, nel caso in cui vengano meno i requisiti di partecipazione al fondo pensione, lo statuto dei fondi debba consentire la possibilità di optare, nei termini stabiliti dal medesimo statuto, tra:
a) il trasferimento ad altro fondo cui il lavoratore acceda in relazione alla nuova attività.
In tale caso dovrebbero ritenersi ricompresi anche i passaggi tra fondi a contribuzione definita e quelli a prestazione definita, che potrebbero presentare, in concreto, rilevanti difficoltà attuative.
b) il riscatto della posizione individuale, ed in particolare:
b1) riscatto parziale (50% della posizione maturata) in caso di:
- cessazione dell’attività lavorativa con conseguente inoccupazione per un periodo compreso tra i 12 ed i 48 mesi;
- ricorso a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria.
b2) riscatto totale in caso di:
- invalidità permanente;
- cessazione dell’attività lavorativa con conseguente inoccupazione per un periodo superiore a 48 mesi.
La facoltà di riscatto totale non può essere esercitata nei cinque anni precedenti la maturazione dei diritti previdenziali: in questo caso opera infatti il disposto dell’articolo 11, comma 4, dello schema che consente – dietro richiesta del soggetto interessato ed in presenza di uno stato di inoccupazione superiore a 48 mesi – l’anticipo delle prestazioni pensionistiche fino ad un massimo di cinque anni rispetto ai requisiti richiesti nel regime pensionistico obbligatorio cui appartiene il soggetto.
Il comma 3 disciplina l’eventualità in cui il soggetto aderente deceda prima della maturazione del diritto alla prestazione previdenziale: il testo in esame prevede il riscatto dell’intera posizione maturata da parte degli eredi o dei soggetti, sia persone fisiche sia giuridiche, indicati dal titolare.
In mancanza di tali soggetti la posizione resta acquisita al fondo pensione.
Si ricorda che il comma 3-ter dell’articolo 10 del D.Lgs. 124 prevede l’esercizio della facoltà di riscatto solo da parte del coniuge, ovvero dei figli, o dei genitori (qualora questi siano stati a carico dell’iscritto quando questi era in vita) e solo nel caso in cui il lavoratore sia deceduto prima del pensionamento per vecchiaia.
Il comma 4 stabilisce che nei casi di riscatto della posizione individuale previsti dai precedenti commi 2 (riscatto parziale o totale per cessazione dell’attività lavorativa o in caso di invalidità permanente) e 3 (riscatto in favore degli eredi o dei beneficiari in caso di morte dell’iscritto), sulle somme percepite è operata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento, ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali, sul medesimo imponibile indicato dall’articolo 11, comma 6 (ossia sull’ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati a imposta e a quella derivante dai rendimenti, se determinabili).
Il comma 5 prevede che sulle somme percepite a titolo di riscatto per cause diverse da quelle previste nei precedenti commi 2 e 3 si applica una ritenuta a titolo d’imposta, nella misura del 23 per cento, sul medesimo imponibile indicato dall’articolo 11, comma 6 (ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati a imposta e a quella derivante dai rendimenti, se determinabili).
L’articolo 52, comma 1, lettera d-ter), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), esclude l’applicazione del regime, previsto dal precedente articolo 51 per la determinazione dei redditi da lavoro dipendente, alle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale a seguito di riscatto della posizione individuale, quando non si tratti di riscatto conseguente a pensionamento o a cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti.
In sostanza, il riscatto totale per sopravvenuta mancanza dei requisiti di partecipazione al fondo pensione viene assoggettato a imposizione progressiva IRPEF per l'importo corrispondente alle somme dedotte dal reddito complessivo (cioè l'ammontare erogato al netto dei redditi già assoggettati a imposta e dei contributi non dedotti), in quanto in quest’ipotesi viene meno la finalità previdenziale per la quale il contribuente ha fruito della deduzione.
In caso di riscatto per cessazione del rapporto di lavoro a seguito di pensionamento o per mobilità o altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, si applica invece la tassazione separata [articolo 17, comma 1, lettera a-bis), TUIR] sull'importo al netto dei redditi già assoggettati ad imposizione, secondo i criteri sopra menzionati [articolo 20 TUIR].
Le citate disposizioni dell’articolo 17, comma 1, lettera a-bis), dell’articolo 20 e dell’articolo 52, comma 1, lettera d-ter), del TUIR sono abrogate dall’articolo 21, comma 4, lettere b), c) e d), dello schema di decreto.
Il testo in esame conferma al comma 6 il diritto di trasferimento della posizione individuale maturata presso un’altra forma pensionistica, con l’unico limite costituito dall’esclusione della possibilità di effettuare il trasferimento prima di due anni dalla data di partecipazione ad un fondo (nel disposto dell’art. 10, comma 3-quinquies, del D.Lgs. n. 124/1993 sono indicati invece tre anni dalla data di adesione o di conclusione del contratto).
Rispetto alla disciplina attualmente vigente, il testo in esame esclude qualsiasi clausola limitativa a tale diritto di trasferimento negli statuti o nei regolamenti dei fondi, comprese eventuali previsioni di voci di costo volte a ostacolare la portabilità. Resta inteso che nel nuovo fondo scelto dal lavoratore confluiranno sia il TFR sia le contribuzioni a carico del datore di lavoro o del committente.
Per le operazioni di trasferimento delle posizioni pensionistiche, il comma 7 prevede l’esenzione da ogni onere fiscale, a condizione che avvengano in favore di altre forme pensionistiche disciplinate dal presente schema di decreto.
Sono altresì esenti da ogni onere fiscale i trasferimenti delle risorse o delle riserve matematiche da un fondo pensione o da una forma pensionistica individuale ad altro fondo pensione o ad altra forma pensionistica individuale.
La disposizione contenuta nel comma 7 in esame riprende l’analoga disposizione prevista dal comma 13 dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 124 del 1993, il quale stabilisce che le operazioni di trasferimento delle posizioni pensionistiche sono esenti da ogni onere fiscale, a condizione che avvengano a favore di forme pensionistiche disciplinate dal medesimo decreto legislativo n. 124 del 1993. Sono altresì esenti da ogni onere fiscale i trasferimenti delle risorse o delle riserve matematiche da un fondo pensione o da una forma pensionistica individuale ad altro fondo pensione o ad altra forma pensionistica individuale.
Il comma 8 fissa il termine massimo di due mesi, decorrenti dall'esercizio delle predette opzioni, per l'espletamento da parte del fondo dei conseguenti adempimenti.
Articolo 15
(Vicende del fondo pensione)
1. Nel caso di scioglimento del fondo pensione per vicende concernenti i soggetti tenuti alla contribuzione, si provvede alla intestazione diretta della copertura assicurativa in essere per coloro che fruiscono di prestazioni in forma pensionistica. Per gli altri destinatari si applicano le disposizioni di cui all'articolo 14.
2. Nel caso di cessazione dell'attività o di sottoposizione a procedura concorsuale del datore di lavoro che abbia costituito un fondo pensione ai sensi dell'articolo 4, comma 2, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali nomina, su proposta della COVIP, un commissario straordinario che procede allo scioglimento del fondo.
3. Le determinazioni di cui ai commi 1 e 2 devono essere comunicate entro sessanta giorni alla COVIP, che ne dà comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
4. Nel caso di vicende del fondo pensione capaci di incidere sull'equilibrio del fondo medesimo, individuate dalla COVIP, gli organi del fondo e comunque i suoi responsabili devono comunicare preventivamente alla COVIP stessa i provvedimenti ritenuti necessari alla salvaguardia dell'equilibrio del fondo pensione.
5. Ai fondi pensione si applica esclusivamente la disciplina dell'amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento, ai sensi degli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni ed integrazioni, attribuendosi le relative competenze esclusivamente al Ministro del lavoro e delle politiche sociali ed alla COVIP.
Le disposizioni dell’articolo in esame riproducono in modo sostanzialmente identico il contenuto dell’articolo 11 del citato D.Lgs. n. 124/1993 in merito alle vicende del fondo pensione, con prevalente riguardo per le situazioni di scioglimento ed eventuali difficoltà o crisi di carattere finanziario, ed alle conseguenze che ne derivano per gli iscritti.
Vengono così previste le seguenti fattispecie:
a) scioglimento del fondo per vicende inerenti i soggetti tenuti alla contribuzione (comma 1). Tali vicende possono essere costituite dalla cessazione dell’attività o sottoposizione a procedura concorsuale del datore di lavoro che abbia costituito un fondo “interno” (comma 2).
In tal caso il legislatore distingue tra:
1. i soggetti che già usufruiscono delle prestazioni del fondo (ovvero i pensionati)
2. i soggetti che devono ancora maturare il diritto al trattamento previdenziale.
Nel primo caso l’iscritto al fondo subentra direttamente nella contraenza della copertura assicurativa in essere, nel secondo il testo in esame rinvia alle disposizioni dell’art. 14, che prevedono il trasferimento della posizione presso un altro fondo oppure il riscatto totale o parziale della posizione maturata.
La cessazione di ogni attività da parte di un’impresa - alla quale viene equiparata la procedura concorsuale a carico del datore di lavoro - nella quale figura un fondo interno costituito nella forma di patrimonio autonomo e separato, comporta la nomina di un commissario straordinario da parte del Ministro del lavoro, su proposta della COVIP, in modo da porre in essere le procedure di scioglimento del fondo con conseguente tutela dei diritti dei singoli aderenti.
I casi sopra indicati (scioglimento del fondo o cessazione dell’attività) vanno comunicati entro 60 giorni alla COVIP che a sua volta informerà il Ministero del lavoro (comma 3).
b) eventuale stato di squilibrio del fondo individuato dalla COVIP.
Viene previsto l’obbligo di comunicare alla COVIP i provvedimenti che si intendono adottare ai fini della salvaguardia del fondo.
Alla fattispecie del dissesto economico del fondo pensione si applica la disciplina dell’amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrativa, mentre viene esclusa l’applicazione della disciplina del fallimento, di cui all’articolo 70 del D.Lgs. 385 del 1993; il controllo della fase liquidativa viene affidato al Ministero del lavoro ed alla COVIP (comma 5).
Si ricorda che gli articoli 70 e seguenti del testo unico bancario di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993 (TUB) escludono l’applicabilità alle banche della disciplina fallimentare ordinaria, assoggettandole alla particolare procedura concorsuale della liquidazione coatta amministrativa. Per quanto non espressamente previsto si applicano comunque le disposizioni della legge fallimentare, se compatibili. Prima di procedere alla liquidazione coatta amministrativa, la banca può essere assoggettata all’amministrazione straordinaria.
Nel dettaglio, l’articolo 70, comma 1, del TUB prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca d'Italia, può disporre con decreto lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo delle banche quando:
a) risultino gravi irregolarità nell'amministrazione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie che regolano l'attività della banca;
b) siano previste gravi perdite del patrimonio;
c) lo scioglimento sia richiesto con istanza motivata dagli organi amministrativi ovvero dall'assemblea straordinaria.
Le funzioni delle assemblee e degli altri organi diversi da quelli indicati nel comma 1 sono sospese per effetto del provvedimento di amministrazione straordinaria.
L'amministrazione straordinaria dura un anno dalla data di emanazione del decreto previsto dal comma 1, salvo che il decreto preveda un termine più breve o che la Banca d'Italia ne autorizzi la chiusura anticipata. In casi eccezionali la procedura può essere prorogata, per un periodo non superiore a sei mesi, con il medesimo procedimento indicato nel comma 1. La Banca d'Italia può disporre proroghe non superiori a due mesi del termine della procedura, anche se prorogato, per gli adempimenti connessi alla chiusura della procedura quando le relative modalità di esecuzione siano state già approvate dalla medesima Banca d'Italia.
Alle banche non si applica il titolo IV della legge fallimentare e l'articolo 2409 del codice civile. Se vi è fondato sospetto che i soggetti con funzioni di amministrazione, in violazione dei propri doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla banca o ad una o più società controllate, l'organo con funzioni di controllo od i soci che il codice civile abilita a presentare denuncia al tribunale, possono denunciare i fatti alla Banca d'Italia, che decide con provvedimento motivato.
Ai sensi dell’articolo 71 del TUB, la Banca d'Italia, con provvedimento da emanarsi entro quindici giorni dalla data del decreto previsto dall'art. 70, comma 1, nomina:
a) uno o più commissari straordinari;
b) un comitato di sorveglianza, composto da tre a cinque membri, che nomina a maggioranza di voti il proprio presidente.
L’articolo 80 del TUB prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca d'Italia, può disporre con decreto la revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria e la liquidazione coatta amministrativa delle banche, anche quando ne sia in corso l'amministrazione straordinaria ovvero la liquidazione secondo le norme ordinarie, qualora le irregolarità nell'amministrazione o le violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie o le perdite previste dall'art. 70 siano di eccezionale gravità.
La liquidazione coatta può essere disposta su istanza motivata degli organi amministrativi, dell'assemblea straordinaria, dei commissari straordinari o dei liquidatori.
Ai sensi dell’articolo 83, comma 1, del TUB, dalla data di insediamento degli organi liquidatori ai sensi dell'articolo 85, e comunque dal terzo giorno successivo alla data di adozione del provvedimento che dispone la liquidazione coatta, sono sospesi il pagamento delle passività di qualsiasi genere e le restituzioni di beni di terzi. La data di insediamento dei commissari liquidatori, con l'indicazione del giorno, dell'ora e del minuto, è rilevata dalla Banca d'Italia sulla base del processo verbale previsto all'articolo 85.
Dal termine indicato nel comma 1 si producono gli effetti previsti dagli articoli 42, 44, 45 e 66, nonché dalle disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV della legge fallimentare. Dal termine previsto nel comma 1 contro la banca in liquidazione non può essere promossa né proseguita alcuna azione, salvo quanto disposto dagli articoli 87, 88, 89 e 92, comma 3, né, per qualsiasi titolo, può essere parimenti promosso né proseguito alcun atto di esecuzione forzata o cautelare. Per le azioni civili di qualsiasi natura derivanti dalla liquidazione è competente esclusivamente il tribunale del luogo dove la banca ha la sede legale.
Articolo 16
(Contributo di solidarietà)
1. Fermo restando l'assoggettamento a contribuzione ordinaria nel regime obbligatorio di appartenenza di tutte le quote ed elementi retributivi di cui all'articolo 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, anche se destinate a previdenza complementare, a carico del lavoratore, sulle contribuzioni o somme a carico del datore di lavoro, diverse da quella costituita dalla quota di accantonamento al TFR, destinate a realizzare le finalità di previdenza pensionistica complementare di cui all'articolo 1 del presente decreto legislativo, è applicato il contributo di solidarietà previsto nella misura del 10 per cento dall'articolo 9-bis del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, nella legge 1° giugno 1991, n. 166.
2. A valere sul gettito del contributo di solidarietà di cui al comma 1:
a) è finanziato, attraverso l'applicazione di una aliquota pari all'1 per cento, l'apposito fondo di garanzia istituito, mediante evidenza contabile nell'ambito della gestione delle prestazioni temporanee dell'INPS, contro il rischio derivante dall'omesso o insufficiente versamento da parte dei datori di lavoro sottoposti a procedura di fallimento, di concordato preventivo, di liquidazione coatta amministrativa ovvero di amministrazione controllata, come previsto ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80;
b) è destinato al finanziamento della COVIP l'importo di ulteriori 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2005, a incremento dell'importo previsto dall'articolo 13, comma 2, della legge 8 agosto 1995, n. 335, come integrato dall'articolo 59, comma 39, della legge 27 dicembre 1997, n. 449; a tal fine è autorizzata, a decorrere dall'anno 2005, la spesa di 3 milioni di euro annui a favore dell'INPS.
L’articolo 16 reca disposizioni in merito alla contribuzione obbligatoria relativa alle somme destinate alle forme di previdenza complementare.
In particolare, il comma 1 riproduce quasi totalmente le disposizioni di cui all’articolo 12, comma 1, del D.Lgs. 124 del 1993, che ha confermato l’applicabilità dell’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 29 marzo 1991, n. 103, convertito dalla L. 1° giugno 1991, n. 166, recante disposizioni urgenti in materia previdenziale, che ha previsto, per gli accantonamenti o versamenti effettuati a favore di forme pensionistiche complementari da parte dei datori di lavoro, l’assoggettamento ad un’aliquota contributiva pari al 10%.
Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 9-bis, comma 2, del citato D.L. 103 del 1991 aveva stabilito che, fino alla data di entrata in vigore di norme in materia di previdenza integrativa che disciplinassero i regimi contributivi cui assoggettare le contribuzioni versate ad enti, fondi, istituti gestori di forme di previdenza o assistenza integrativa nonché le prestazioni erogate dai fondi stessi, a decorrere dal periodo di paga successivo alla data del 1° giugno 1991 (data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. richiamato), per le contribuzioni o le somme versate o accantonate, anche con il sistema della mancata trattenuta da parte del datore di lavoro nei confronti del lavoratore, a finanziamento di casse, fondi, gestioni o forme assicurative previsti da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari, nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione, fosse dovuto un contributo di solidarietà ad esclusivo carico dei datori di lavoro nella misura del 10% in favore delle gestioni pensionistiche di legge cui fossero iscritti i lavoratori.
Più specificamente, l’articolo in esame dispone l’assoggettamento a contribuzione ordinaria, nel regime obbligatorio di appartenenza, per le contribuzioni a carico dei lavoratori dipendenti. Tali contribuzioni, pertanto, non usufruiscono di alcuna agevolazione.
Allo stesso tempo, si definisce l’assoggettamento ad una contribuzione obbligatoria agevolata, pari, appunto, al 10%, sugli accantonamenti o versamenti a carico del datore di lavoro, confermando la non imponibilità contributiva delle quote di T.F.R. a condizione che queste siano state smobilizzate a favore di forme pensionistiche complementari.
Infine, la norma conferma che il richiamato contributo agevolato debba essere applicato anche alle contribuzioni, sempre a carico del datore di lavoro, relative ad altre forme di previdenza complementare, quali, ad esempio, le assicurazioni.
Si segnala, al riguardo, che con tale disposizione è definitivamente messo a regime il citato contributo di solidarietà, originariamente previsto in forma transitoria dal richiamato articolo 9-bis del D.L. 103 del 1991 e successivamente confermato dal citato articolo 12 del D.Lgs. 124 del 1993.
Il successivo comma 2 vincola la destinazione di parte delle somme derivanti dal contributo di cui al comma precedente.
In particolare:
§ si finanzia (lettera a), riprendendo sostanzialmente le disposizioni di cui all’articolo 5 del D.L.gs 27 gennaio 1992, n. 80, recante l’attuazione della direttiva 80/987/CEE in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, l’apposito fondo di garanzia istituito contro il rischio derivante dall’omesso o insufficiente versamento dei contributi dovuti per forme di previdenza complementare di cui al citato articolo 9-bis del D.L. 103 del 1991, per prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, da parte dei datori di lavoro sottoposti a procedura di fallimento, di concordato preventivo, di liquidazione coatta amministrativa ovvero di amministrazione controllata. A differenza di quanto disposto dal comma 5 del richiamato articolo 5, che rimandava ad uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale (attualmente Ministro del lavoro e delle politiche sociali), di concerto con il Ministro del tesoro (attualmente Ministro dell’economia e delle finanze) la determinazione della parte del contributo di solidarietà che doveva essere destinata al finanziamento del Fondo, si stabilisce che tale Fondo debba essere finanziato attraverso l’applicazione di un’aliquota pari all’1% del contributo;
§ si destina (lettera b) al finanziamento della COVIP un ulteriore importo, nella misura di 3 milioni di euro, ad incremento dell’importo previsto dall’articolo 13, comma 2, della L. 335 del 1995[43]. A tal fine è autorizzata, a decorrere dall’anno 2005, la spesa di 3 milioni di euro annui a favore dell’INPS.
Secondo la relazione tecnica, dalla disposizione di cui alla lettera b) (che comporta oneri solamente come limite massimo di spesa), conseguono quindi “maggiori oneri a decorrere dall’anno 2005 pari a 3 milioni di euro annui, per effetto del trasferimento da effettuare a favore dell’INPS a ristoro della quota del contributo di solidarietà destinata all’incremento del finanziamento alla COVIP”.
Si ricorda, infine, che nell’ordinamento sono presenti ulteriori contributi di solidarietà di somme versate alla previdenza complementare.
In particolare, il D.Lgs. 579 del 1995, nel disciplinare il trattamento fiscale e contributivo della parte eccedente l’importo del massimale annuo della base contributiva e pensionabile di cui all’articolo 2, comma 18, della più volte richiamata L 335 del 1995, ove destinata al finanziamento dei fondi pensione di cui al D.Lgs. 124 del 93, all’articolo 1, comma 5, lett. b), poneva a carico del lavoratore un contributo di solidarietà del 2%, determinato sulla parte oggetto di ulteriore deduzione fiscale, da devolvere alla gestione pensionistica obbligatoria cui il medesimo lavoratore era iscritto.
Essendosi succedute nel tempo una serie di modifiche normative che hanno reso problematica l’individuazione della base imponibile per il versamento del predetto contributo, a decorrere dal 1° gennaio 2001[44], il contributo di solidarietà in argomento non è più dovuto, in quanto il richiamato articolo 1, comma 5, lettera b), sebbene non espressamente abrogato, non può più trovare concreta applicazione, sia per l’impossibilità di rinvenire la base imponibile su cui calcolare l’importo del contributo di solidarietà, nei termini di riferimento percentuali già fissati dal legislatore, sia per il venir meno della precedente disciplina fiscale derogatoria che ne costituiva il fondamento.
Ulteriore contributo di solidarietà concerne le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali o di secondo livello, di cui all’articolo 2 del D.L. 67 del 1997, convertito dalla L. 135 del 1997, recanti disposizioni urgenti per l’occupazione[45]. Tale norma prevede (commi 1 e 2) che siano escluse dalla base imponibile ai fini contributivi le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali, ovvero di secondo livello, delle quali sono incerti la corresponsione o l’ammontare e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità ed altri elementi di competitività assunti come indicatori dell’andamento economico dell’impresa e dei suoi risultati, nell’ambito di un tetto massimo pari al 3% della retribuzione imponibile percepita, nell’anno solare di riferimento, dai lavoratori che ne godono. Il successivo comma 3 prevede, inoltre, che le predette erogazioni siano assoggettate ad un contributo di solidarietà del 10%, a carico del datore di lavoro, in favore delle gestioni pensionistiche di legge cui sono iscritti i lavoratori. Il predetto contributo non è dovuto quando tali erogazioni sono destinate ai fondi pensione. Infine, se è destinata a tale finalità solo una parte di dette erogazioni, il predetto contributo si applica sulla parte residua.
In proposito, la circolare INPS n. 167 del 2004 ha recato alcuni chiarimenti in merito a tale forma di contribuzione[46].
Si ricorda, infine, che il comma 7 del successivo articolo 21 (cfr. al riguardo la relativa scheda) prevede l’abrogazione dei commi 5 e 6 dell’articolo 5 del D.Lgs. 80 del 1992.
Articolo 17
(Regime tributario delle forme pensionistiche
complementari)
1. I fondi pensione sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura dell'11 per cento, che si applica sul risultato netto maturato in ciascun periodo d'imposta.
2. Per i fondi pensione in regime di contribuzione definita, per i fondi pensione il cui patrimonio, alla data del 28 aprile 1993, sia direttamente investito in immobili relativamente alla restante parte del patrimonio e per le forme pensionistiche complementari di cui all'articolo 20, comma 1, in regime di contribuzione definita o di prestazione definita, gestite in via prevalente secondo il sistema tecnico finanziario della capitalizzazione, il risultato si determina sottraendo dal valore del patrimonio netto al termine di ciascun anno solare, al lordo dell'imposta sostitutiva, aumentato delle erogazioni effettuate per il pagamento dei riscatti, delle prestazioni previdenziali e delle somme trasferite ad altre forme pensionistiche, e diminuito dei contributi versati, delle somme ricevute da altre forme pensionistiche nonché dei redditi soggetti a ritenuta, del 54,55 per cento dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi d'investimento collettivo del risparmio di cui al quarto periodo del comma 1 dell'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, nonché dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 5 per cento di cui ai commi da 1 a 4 dell'articolo 8 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, dei redditi esenti o comunque non soggetti ad imposta e il valore del patrimonio stesso all'inizio dell'anno. I proventi derivanti da quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio soggetti ad imposta sostitutiva con l'aliquota del 12,50 per cento concorrono a formare il risultato della gestione se percepiti o se iscritti nel rendiconto del fondo e su di essi compete un credito d'imposta del 15 per cento. II credito d'imposta concorre a formare il risultato della gestione ed è detratto dall'imposta sostitutiva dovuta. Il valore del patrimonio netto del fondo all'inizio e alla fine di ciascun anno è desunto da un apposito prospetto di composizione del patrimonio. Nel caso di fondi avviati o cessati in corso d'anno, in luogo del patrimonio all'inizio dell'anno si assume il patrimonio alla data di avvio del fondo, ovvero in luogo del patrimonio alla fine dell'anno si assume il patrimonio alla data di cessazione del fondo. Il risultato negativo maturato nel periodo d'imposta, risultante dalla relativa dichiarazione, è computato in diminuzione del risultato della gestione dei periodi d'imposta successivi, per l'intero importo che trova in essi capienza o utilizzato in tutto o in parte, dal fondo in diminuzione del risultato di gestione di altre linee di investimento da esso gestite, a partire dal medesimo periodo d'imposta in cui è maturato il risultato negativo, riconoscendo il relativo importo a favore della linea di investimento che ha maturato il risultato negativo. Nel caso in cui all'atto dello scioglimento del fondo pensione il risultato della gestione sia negativo, il fondo stesso rilascia agli iscritti che trasferiscono la loro posizione individuale ad altra forma di previdenza, complementare o individuale, un'apposita certificazione dalla quale risulti l'importo che la forma di previdenza destinataria della posizione individuale può portare in diminuzione del risultato netto maturato nei periodi d'imposta successivi e che consente di computare la quota di partecipazione alla forma pensionistica complementare tenendo conto anche del credito d'imposta corrispondente all'11 % di tale importo.
3. Le ritenute operate sui redditi di capitale percepiti dai fondi di cui al comma 2 sono a titolo d'imposta. Non si applicano le ritenute previste dal comma 2 dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n 600, sugli interessi e altri proventi dei conti correnti bancari e postali, nonché le ritenute previste, nella misura del 12,50 per cento e del 5 per cento, dal comma 3-bis dell'articolo 26 del predetto decreto e dal comma 1 dell'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77.
4. I redditi di capitale che non concorrono a formare il risultato della gestione e sui quali non è stata applicata la ritenuta a titolo d'imposta o l'imposta sostitutiva sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con la stessa aliquota della ritenuta o dell'imposta sostitutiva.
5. Per i fondi pensione in regime di prestazioni definite, per le forme pensionistiche individuali di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b), e per le forme pensionistiche complementari di cui all'articolo 20, comma 1, gestite mediante convenzioni con imprese di assicurazione, il risultato netto si determina sottraendo dal valore attuale della rendita in via di costituzione, calcolato al termine di ciascun anno solare, ovvero determinato alla data di accesso alla prestazione, diminuito dei contributi versati nell'anno, il valore attuale della rendita stessa all'inizio dell'anno. Il risultato negativo è computato in riduzione del risultato dei periodi d'imposta successivi, per l'intero importo che trova in essi capienza.
6. I fondi pensione il cui patrimonio, alla data del 28 aprile 1993, sia direttamente investito in beni immobili, sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura dello 0,50 per cento del patrimonio riferibile agli immobili, determinato, in base ad apposita contabilità separata, secondo i criteri di valutazione previsti dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, per i fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, calcolato come media annua dei valori risultanti dai prospetti periodici previsti dal citato decreto. Sul patrimonio riferibile al valore degli immobili per i quali il fondo pensione abbia optato per la libera determinazione dei canoni di locazione ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, l'imposta sostitutiva di cui al periodo precedente è aumentata all'1,50 per cento.
7. Le forme pensionistiche complementari di cui all'articolo 20, comma 1, in regime di prestazioni definite gestite in via prevalente secondo il sistema tecnico finanziario della ripartizione, se costituite in conti individuali dei singoli dipendenti, sono soggette a imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nella misura dell'11 per cento, applicata sulla differenza, determinata alla data di accesso alla prestazione, tra il valore attuale della rendita e i contributi versati.
8. L' imposta sostitutiva di cui ai commi 1, 6 e 7 è versata dai fondi pensione, dai soggetti istitutori di fondi pensione aperti, dalle imprese di assicurazione e dalle società e dagli enti nell'ambito del cui patrimonio il fondo è costituito entro il 16 febbraio di ciascun anno. Si applicano le disposizioni del capo IIl del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
9. La dichiarazione relativa all'imposta sostitutiva è presentata dai fondi pensione con le modalità e negli ordinari termini previsti per la dichiarazione dei redditi. Nel caso di fondi costituiti nell'ambito del patrimonio di società ed enti la dichiarazione è presentata contestualmente alla dichiarazione dei redditi propri della società o dell'ente. Nel caso di fondi pensione aperti e di forme pensionistiche individuali di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b), la dichiarazione è presentata rispettivamente dai soggetti istitutori di fondi pensione aperti e dalle imprese di assicurazione.
10. Le operazioni di costituzione, trasformazione, scorporo e concentrazione tra fondi pensione sono soggette ad imposta di registro e ad imposta catastale e ipotecaria in misura fissa per ciascuna di esse.
L’articolo 17 definisce il trattamento fiscale dei redditi conseguiti dalle diverse forme di previdenza complementare disciplinate dal presente schema di decreto.
Il comma 1, corrispondente al primo periodo del comma 1 dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 124 del 1993, conferma nella misura dell’11 per cento l’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi applicabile al risultato netto maturato dal fondo pensione in ciascun periodo di imposta. Tale imposta sostitutiva si applica nella suddetta misura dell’11 per cento a tutte le forme pensionistiche complementari, ad eccezione dei fondi pensione indicati al comma 6 (fondi il cui patrimonio, al 28 aprile 1993, fosse direttamente investito in beni immobili).
I successivi commi da 2 a 7 individuano, in relazione a ciascuna forma di previdenza complementare, la base imponibile sulla quale si applica l’imposta sostitutiva.
Il comma 2 individua il regime tributario delle seguenti forme di previdenza complementare:
§ i fondi pensione in regime di contribuzione definita (attualmente disciplinati dall’articolo 14 del D.Lgs. n. 124 del 1993);
§ i fondi pensione il cui patrimonio, alla data del 28 aprile 1993[47], fosse direttamente investito in immobili, limitatamente alla parte del patrimonio non investita in immobili (attualmente disciplinati dall’articolo 14-ter del D.Lgs. n. 124 del 1993);
§ le forme pensionistiche complementari istituite alla data del 15 novembre 1992 (entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421), in regime di contribuzione definita o di prestazione definita e gestite in via prevalente secondo il sistema tecnico-finanziario della capitalizzazione (attualmente disciplinate dall’articolo 14-quater, comma 1, del D.Lgs. n. 124 del 1993).
Il risultato netto delle suddette forme previdenziali, sul quale si applica l’imposta sostitutiva nella misura dell’11 per cento, fissata dal comma 1, è pari alla differenza tra il valore del patrimonio netto al termine dell’anno solare, al lordo dell'imposta sostitutiva, e il valore del patrimonio stesso all’inizio del medesimo anno solare[48].
Nel primo periodo del comma 2 qui illustrato si legge che “il risultato si determina sottraendo dal valore del patrimonio netto al termine di ciascun anno solare [...] e il valore del patrimonio stesso all’inizio dell’anno”. La congiunzione è stata evidentemente introdotta per mero errore materiale.
Il valore del patrimonio netto al termine dell’anno solare deve essere aumentato delle erogazioni effettuate per il pagamento:
§ dei riscatti;
§ delle prestazioni previdenziali;
§ delle somme trasferite ad altre forme pensionistiche.
Il suddetto importo deve inoltre essere diminuito:
§ dei contributi versati;
§ delle somme ricevute da altre forme pensionistiche;
§ dei redditi soggetti a ritenuta;
§ del 54,55 per cento dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi d'investimento collettivo del risparmio, di cui al quarto periodo del comma 1 dell'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77;
Gli organismi di cui al citato quarto periodo sono gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) di diritto estero, situati negli Stati membri dell’Unione Europea, conformi alle direttive comunitarie (c.d. armonizzati), il cui regolamento di investimento preveda che non meno dei due terzi del relativo attivo siano investiti in azioni di società di piccola o media capitalizzazione, ammesse alla quotazione nei mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea. Sui proventi di tali organismi è prevista l’applicazione di una ritenuta del 5 per cento[49], la quale però, ai sensi del comma 3 del presente articolo 17, non si applica ai proventi in esame se percepiti dalle forme previdenziali di cui al presente comma 2.
La previsione di una parziale concorrenza alla formazione del risultato netto dei proventi derivanti dalla partecipazione agli OICVM di cui sopra consente alle forme previdenziali in oggetto di fruire sostanzialmente di un’aliquota ridotta sui suddetti proventi. Infatti l’assoggettamento dei proventi derivanti dalla partecipazione ai suddetti OICVM all’imposta sostitutiva dell’11 per cento riferita a una quota pari al 45,45 per cento dei proventi medesimi comporta un onere impositivo pari a circa il 5 per cento del loro ammontare.
§ dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 5 per cento, di cui ai commi da 1 a 4 dell’articolo 8 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461
Gli organismi di cui ai citati commi da 1 a 4 sono:
- i fondi comuni di investimento mobiliare, di cui all’articolo 9 della legge 23 marzo 1983, n. 77 (si veda ora il capo II del titolo III del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.- 58 – di seguito: TUF);
- le società di investimento a capitale variabile (SICAV), di cui all’articolo 14 del D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 84 (si veda ora il capo III del titolo III del TUF);
- i fondi comuni di investimento mobiliare chiusi, di cui all’articolo 11 della legge 14 agosto 1993, n. 344;
- i fondi comuni esteri di investimento mobiliare autorizzati al collocamento sul territorio dello Stato, c.d. “lussemburghesi storici”, di cui all’articolo 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1983, n. 649.
I suddetti organismi sono soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 5 per cento, in applicazione dell’articolo 12 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, qualora investano il proprio patrimonio in azioni emesse da società a piccola o media capitalizzazione, quotate nei mercati regolamenti italiani o di altro Stato membro dell’Unione europea.
L’esclusione di tali proventi dalla formazione del risultato netto del soggetto percipiente rende definitiva l’imposizione nella suddetta misura del 5 per cento operata a monte sulla società di gestione.
Attualmente (articolo 14, comma 1, del D.Lgs. n. 124 del 1993) i proventi derivanti dalla partecipazione ai sopra indicati organismi, soggetti ad imposta sostitutiva nella misura del 5 per cento, concorrono a formare il risultato netto del soggetto che li percepisce e sono pertanto assoggettati all’imposta sostitutiva dell’11 per cento. A fronte di tali proventi è riconosciuto un credito di imposta nella misura del 6 cento[50], il quale concorre a formare il risultato della gestione ed è detratto dall’imposta sostitutiva dovuta.
Si osserva che l’espressione utilizzata dal testo in esame per individuare gli organismi dai quali derivano i sopra indicati proventi non appare perfettamente idonea. I commi da 1 a 4 dell’articolo 8 del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, sostituiscono ciascuno un articolo di un provvedimento precedente[51] avente ad oggetto l’imposta sostitutiva applicabile, nella misura del 12,50 per cento, ai rendimenti di ciascuno degli organismi sopra indicati.
La riduzione dell’imposta sostitutiva alla misura del 5 per cento, nella fattispecie sopra illustrata, è stata infatti successivamente operata dal citato articolo 12 del D.L. n. 269 del 2003, modificando direttamente gli articoli sostituiti dai primi quattro commi dell’articolo 8 del D.Lgs. n. 461 del 1997 e non quest’ultimo articolo.
§ dei redditi esenti o comunque non soggetti ad imposta.
Sui proventi derivanti da quote o azioni di organismi d’investimento collettivo del risparmio, soggetti ad imposta sostitutiva con l’aliquota del 12,50 per cento, che concorrono a formare il risultato netto della forma pensionistica complementare che li percepisce, è riconosciuto un credito d’imposta nella misura del 15 per cento. Esso concorre a formare il risultato della gestione ed è detratto dall’imposta sostituiva dovuta dalla forma pensionistica complementare.
L’eventuale risultato negativo è computato in diminuzione del risultato dei periodi d’imposta successivi, ovvero utilizzato, in tutto o in parte, dal fondo in diminuzione del risultato di altre linee d’investimento da esso gestite, fin dal medesimo periodo d’imposta in cui è maturato il risultato negativo. In questa seconda ipotesi, il fondo riconosce un importo corrispondente a favore della linea d’investimento che ha maturato il risultato negativo.
L’eventuale risultato negativo della gestione, risultante all’atto dello scioglimento della forma di previdenza, può essere portato in diminuzione da parte di altra forma di previdenza, destinataria della posizione individuale dell’iscritto.
Queste disposizioni corrispondono al vigente comma 2 dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 124 del 1993.
Il comma 3, corrispondente al comma 3 dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 124 del 1993, detta la disciplina fiscale dei redditi di natura finanziaria conseguiti dalle forme di previdenza complementare indicate al primo periodo del comma 2 del presente articolo 17.
Il primo periodo del comma 3 prevede che le ritenute operate sui redditi di capitale percepiti dai soggetti in esame sono a titolo d’imposta e pertanto i relativi redditi, assoggettati a tassazione con le aliquote ordinariamente previste per tali tipologie di redditi, non concorrono a formare la base imponibile del soggetto che li percepisce.
Il secondo periodo elenca invece alcune ritenute che non si applicano quando i redditi sono percepiti dai soggetti in esame. Tali redditi sono pertanto soggetti all’imposta sostitutiva di cui al comma 1 dell’articolo in esame con l’aliquota dell’11 per cento. Si tratta di:
§ ritenute, nella misura del 27 per cento, sugli interessi e sugli altri proventi dei conti correnti bancari e postali, di cui all’articolo 26, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600;
§ ritenute, nella misura del 12,50 per cento, sui proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute e sui proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito, di cui all’articolo 26, comma 3-bis, del citato D.P.R. n. 600 del 1973;
§ ritenute, nella misura del 5 per cento, sui proventi derivanti dalla partecipazione ad OICVM c.d. armonizzati, che investono in azioni di società quotate di piccola e media capitalizzazione, di cui al comma 1 dell'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, già sopra illustrato nel commento al comma 1 del presente articolo 17.
Ai sensi del comma 4, corrispondente al comma 4 dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 124 del 1993, i redditi di capitale che non concorrono a formare il risultato della gestione in quanto assoggettabili a ritenuta a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva, ma sui quali il prelievo non è stato effettuato, sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con la stessa aliquota della ritenuta o dell'imposta sostitutiva[52].
Il comma 5, corrispondente agli articoli 14-bis e 14-quater, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo n. 124 del 1993, disciplina la determinazione del risultato netto, che costituisce la base imponibile per l’applicazione dell’imposta sostitutiva prevista dal comma 1, per le seguenti forme pensionistiche complementari:
§ i fondi pensione in regime di prestazioni definite (attualmente disciplinati dall’articolo 14-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 124 del 1993);
§ le forme pensionistiche individuali attuate mediante i contratti di assicurazione sulla vita di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), del presente schema (attualmente disciplinati dall’articolo 14-bis, comma 2, del D.Lgs. n. 124 del 1993);
§ le forme pensionistiche complementari istituite alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (15 novembre 1992), gestite mediante convenzioni con imprese di assicurazioni (attualmente disciplinate dall’articolo 14-quater, commi 2 e 2-bis, del D.Lgs. n. 124 del 1993);
Il risultato netto delle sopra indicate forme pensionistiche è dato dalla differenza tra il valore attuale della rendita in via di costituzione, calcolato al termine di ciascun anno solare, ovvero alla data di accesso alla prestazione, diminuito dei contributi versati nell’anno, e il valore attuale della rendita stessa all'inizio dello stesso anno solare. Analogamente a quanto previsto dal sesto periodo del comma 2, anche per queste forme pensionistiche il risultato negativo conseguito in un periodo di imposta è computato a riduzione del risultato dei periodi di imposta successivi.
Il comma 6, corrispondente all’articolo 14-ter, comma 1, del D.Lgs. n. 124 del 1993, fissa nella misura dello 0,50 per cento l’imposta sostitutiva applicabile ai fondi pensione che, alla data del 28 aprile 1993[53], avevano un patrimonio direttamente investito in beni immobili.
L’imposta si applica limitatamente alla parte di patrimonio riferibile a detti beni[54].
Qualora tali beni siano locati in regime di libera determinazione dei canoni, ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, l’aliquota dell’imposta sostitutiva applicabile sul loro valore è elevata all’1,50 per cento.
La base imponibile per l’applicazione dell’imposta sostitutiva ai fondi in esame è il patrimonio riferibile agli immobili, determinato, in base ad apposita contabilità separata, secondo i criteri di valutazione previsti dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, per i fondi comuni d’investimento immobiliare chiusi[55], calcolato come media annua dei valori risultanti dai prospetti periodici previsti dal citato decreto legislativo.
L’articolo 6, comma 1, lettera c), numero 5), del decreto legislativo n. 58 del 1998 non determina direttamente i criteri di valutazione, ma ne rimette la competenza alla Banca d’Italia. Sarebbe pertanto più corretto prevedere che la contabilità separata sia tenuta “secondo i criteri di valutazione determinati ai sensi del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”.
Il comma 7, corrispondente all’articolo 14-quater, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 124 del 1993, prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nella misura dell’11 per cento, alle forme pensionistiche complementari, esistenti al 15 novembre 1992[56], in regime di prestazioni definite, gestite in via prevalente secondo il sistema tecnico-finanziario della ripartizione e costituite in conti individuali dei singoli dipendenti. L’imposta sostitutiva si applica sulla differenza, determinata alla data di accesso alla prestazione, tra il valore attuale delle rendita e i contributi versati.
A norma del comma 8, corrispondente all’articolo 14, comma 5, del D.Lgs. n. 124 del 1993, le imposte sostitutive disciplinate ai commi 1, 6 e 7 devono essere versate entro il 16 febbraio di ciascun anno dai seguenti soggetti:
§ fondi pensione;
§ soggetti istitutori di fondi pensione aperti;
§ imprese di assicurazione;
§ società ed enti nell’ambito del cui patrimonio il fondo è costituito.
Il comma 9 stabilisce che la dichiarazione relativa all’imposta sostitutiva è presentata dai fondi pensione con le modalità e nei termini[57] previsti per la dichiarazione dei redditi. La dichiarazione relativa a fondi costituiti nell'ambito del patrimonio di società ed enti è presentata contestualmente alla dichiarazione dei redditi della società o dell'ente[58]. La dichiarazione relativa ai fondi pensione aperti deve essere presentata dai soggetti istitutori dei fondi stessi, mentre quella relativa alle forme pensionistiche individuali, attuate mediante i contratti di assicurazione sulla vita, di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), dello schema in esame, deve essere presentata dalle imprese di assicurazione.
Attualmente l’articolo 14, comma 6, del D.Lgs. n. 124 del 1993, collega il termine di presentazione della dichiarazione, relativa all’imposta sostitutiva, all’approvazione del bilancio o del rendiconto del fondo.
Il comma 10 infine, confermando quanto già previsto dal comma 7 dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 124 del 1993, prevede che le operazioni di costituzione, trasformazione, scorporo e concentrazione tra fondi pensione sono soggette all’imposta di registro e all’imposta catastale e ipotecaria in misura fissa.
L’importo dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastale in misura fissa, precedentemente stabilito in 250.000 lire (pari a 129,11 euro), è stato recentemente aumentato a 168,00 euro dall’articolo 7 del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.
Come già indicato nel commento ai singoli commi, la disciplina dettata dal presente articolo 17 corrisponde sostanzialmente, tranne quanto espressamente indicato, a quella contenuta negli articoli 14, 14-bis, 14-ter e 14-quater del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, il quale è abrogato dall’articolo 21, comma 8, dello schema in esame.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 2, lettera i), della legge n. 243 del 2004, ha delegato il Governo a rivedere la tassazione dei rendimenti delle attività delle forme pensionistiche, rendendone più favorevole il trattamento in ragione della finalità pensionistica.
A tal proposito che si osserva che il trattamento fiscale dei rendimenti delle attività delle forma pensionistiche non ha subìto modifiche sostanziali rispetto a quanto attualmente previsto dal D.Lgs. n. 124 del 1993.
Articoli 18 e 19
(Vigilanza sulle forme pensionistiche
complementari.
Compiti della COVIP)
Art. 18
1. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali vigila sulla COVIP ed esercita l'attività di alta vigilanza sul settore della previdenza complementare, mediante l'adozione, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, di direttive generali volte a determinare le linee di indirizzo in materia di previdenza complementare.
2. La COVIP è istituita con lo scopo di perseguire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione delle forme pensionistiche complementari, avendo riguardo alla tutela degli iscritti e dei beneficiari e al buon funzionamento del sistema di previdenza complementare. La COVIP ha personalità giuridica di diritto pubblico.
3. La COVIP è composta da un presidente e da quattro membri, scelti tra persone dotate di riconosciuta competenza e specifica professionalità nelle materie di pertinenza della stessa e di indiscussa moralità e indipendenza, nominati ai sensi della legge 24 gennaio 1978, n. 14, con la procedura di cui all'articolo 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400; la deliberazione del Consiglio dei ministri è adottata su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il presidente e i commissari durano in carica quattro anni e possono essere confermati una sola volta. Ad essi si applicano le disposizioni di incompatibilità, a pena di decadenza, di cui all'articolo 1, quinto comma, del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216. Al presidente e ai commissari competono le indennità di carica fissate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. E' previsto un apposito ruolo del personale dipendente della COVIP. La COVIP può avvalersi di esperti nelle materie di competenza; essi sono collocati fuori ruolo ove ne sia fatta richiesta.
4. Le deliberazioni della COVIP sono adottate collegialmente, salvo casi di urgenza previsti dalla legge o dal regolamento di cui al presente comma. Il presidente sovrintende all'attività istruttoria e cura l'esecuzione delle deliberazioni. Il presidente della COVIP tiene informato il Ministro del lavoro e delle politiche sociali sugli atti e sugli eventi di maggior rilievo e gli trasmette le notizie ed i dati di volta in volta richiesti. La COVIP delibera con apposito regolamento, nei limiti delle risorse disponibili e sulla base dei principi di trasparenza e celerità dell'attività, del contraddittorio e dei criteri di organizzazione e di gestione delle risorse umane di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in ordine al proprio funzionamento e alla propria organizzazione, prevedendo per il coordinamento degli uffici la qualifica di direttore generale determinandone le funzioni, al numero dei posti della pianta organica, al trattamento giuridico ed economico del personale, all'ordinamento delle carriere, nonché circa la disciplina delle spese e la composizione dei bilanci preventivo e consuntivo che devono osservare i principi del regolamento di cui all'articolo 1, settimo comma, del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216. Tali delibere sono sottoposte alla verifica di legittimità del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e sono esecutive decorsi venti giorni dal ricevimento, ove nel termine suddetto non vengano formulati rilievi sulle singole disposizioni. Il trattamento economico complessivo del personale delle carriere direttiva e operativa della COVIP è definito, nei limiti dell'ottanta per cento del trattamento economico complessivo previsto per il livello massimo della corrispondente carriera o fascia retributiva per il personale dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Al personale in posizione di comando o distacco è corrisposta una indennità pari alla eventuale differenza tra il trattamento erogato dall'amministrazione o dall'ente di provenienza e quello spettante al corrispondente personale di ruolo. La Corte dei Conti esercita il controllo generale sulla COVIP per assicurare la legalità e l'efficacia del suo funzionamento e riferisce annualmente al Parlamento.
5. I regolamenti, le istruzioni di vigilanza e i provvedimenti di carattere generale emanati dalla COVIP per assolvere i compiti di cui all'articolo 19 sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e nel bollettino della COVIP.
Art. 19
1. Le forme pensionistiche complementari di cui al presente decreto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 20, commi 1, 3 e 8, nonché i fondi che assicurano ai dipendenti pubblici prestazioni complementari al trattamento di base e al trattamento di fine rapporto, comunque risultino gli stessi configurati nei bilanci di società o enti ovvero determinate le modalità di erogazione, ad eccezione delle forme istituite all'interno di enti pubblici, anche economici, che esercitano i controlli in materia di tutela del risparmio, in materia valutaria o in materia assicurativa sono iscritte in un apposito albo, tenuto a cura della COVIP.
2. In conformità agli indirizzi generali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e ferma restando la vigilanza di stabilità esercitata dalle rispettive autorità di controllo sui soggetti abilitati di cui all'articolo 6, comma 1, la COVIP esercita, anche mediante l'emanazione di istruzioni di carattere generale e particolare, la vigilanza su tutte le forme pensionistiche complementari. In tale ambito:
a) definisce le condizioni che, al fine di garantire il rispetto dei principi di trasparenza, comparabilità e portabilità, le forme pensionistiche complementari devono soddisfare per poter essere ricondotte nell'ambito di applicazione del presente decreto ed essere iscritte all'albo di cui al comma 1;
b) approva gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari, verificando la ricorrenza dei requisiti di cui al comma 3 dell'articolo 4 e delle altre condizioni richieste dal presente decreto e valutandone anche la compatibilità rispetto ai provvedimenti di carattere generale da essa emanati; nel disciplinare, con propri regolamenti, le procedure per l'autorizzazione dei fondi pensione all'esercizio dell'attività e per l'approvazione degli statuti e dei regolamenti dei fondi, nonché delle relative modifiche, la COVIP individua procedimenti di autorizzazione semplificati, prevedendo anche l'utilizzo del silenzio assenso e l'esclusione di forme di approvazione preventiva. Tali procedimenti semplificati devono in particolar modo essere utilizzati nelle ipotesi di modifiche statutarie e regolamentari conseguenti a sopravvenute disposizioni normative. Ai fini di sana e prudente gestione, la COVIP può richiedere di apportare modifiche agli statuti e ai regolamenti delle forme pensionistiche complementari, fissando un termine per l'adozione delle relative delibere;
c) verifica il rispetto dei criteri di individuazione e ripartizione del rischio come individuati ai sensi dei commi 11 e 13 dell'articolo 6;
d) definisce, sentite le autorità di vigilanza sui soggetti abilitati a gestire le risorse delle forme pensionistiche complementari, i criteri di redazione delle convenzioni per la gestione delle risorse, cui devono attenersi le medesime forme pensionistiche e i gestori nella stipula dei relativi contratti;
e) verifica le linee di indirizzo della gestione e vigila sulla corrispondenza delle convenzioni per la gestione delle risorse ai criteri di cui all'articolo 6, nonché alla lettera d) del presente comma;
f) indica criteri omogenei per la determinazione del valore del patrimonio delle forme pensionistiche complementari, della loro redditività, nonché per la determinazione della consistenza patrimoniale delle posizioni individuali accese presso le forme stesse; detta disposizioni volte all'applicazione di regole comuni a tutte le forme pensionistiche circa la definizione del termine massimo entro il quale le contribuzioni versate devono essere rese disponibili per la valorizzazione; detta disposizioni per la tenuta delle scritture contabili, prevedendo: il modello di libro giornale, nel quale annotare cronologicamente le operazioni di incasso dei contributi e di pagamento delle prestazioni nonché ogni altra operazione, gli eventuali altri libri contabili, il prospetto della composizione e del valore del patrimonio della forma pensionistica complementare attraverso la contabilizzazione secondo i criteri definiti in base al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, evidenziando le posizioni individuali degli iscritti e il rendiconto annuale della forma pensionistica complementare; il rendiconto e il prospetto sono considerati quali comunicazioni sociali agli effetti di cui all'articolo 2621 del codice civile;
g) detta disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali di tutte le forme pensionistiche complementari, al fine di tutelare l'adesione consapevole dei soggetti destinatari e garantire il diritto alla portabilità della posizione individuale tre le varie forme pensionistiche complementari, avendo anche riguardo all'esigenza di garantire la comparabilità dei costi; disciplina, tenendo presenti le disposizioni in materia di sollecitazione del pubblico risparmio, le modalità di offerta al pubblico di tutte le predette forme pensionistiche, dettando disposizioni volte all'applicazione di regole comuni per tutte le forme pensionistiche complementari, sia per la fase inerente alla raccolta delle adesioni sia per quella concernente l'informativa periodica agli aderenti circa l'andamento amministrativo e finanziario delle forme pensionistiche complementari, anche al fine di eliminare distorsioni che possano arrecare pregiudizio agli aderenti; a tal fine elabora schemi per gli statuti, i regolamenti, le schede informative, i prospetti e le note informative da indirizzare ai potenziali aderenti a tutte le forme pensionistiche complementari, nonché per le comunicazioni periodiche da inoltrare agli aderenti alle stesse; vigila sull'attuazione delle predette disposizioni nonché, in generale, sull'attuazione dei principi di trasparenza nei rapporti con gli aderenti, nonché sulle modalità di pubblicità, con facoltà di sospendere o vietare la raccolta delle adesioni in caso di violazione delle disposizioni stesse;
h) detta disposizioni volte a disciplinare le modalità con le quali le forme pensionistiche complementari sono tenute ad esporre nel rendiconto annuale e, sinteticamente, nelle comunicazioni periodiche agli iscritti, se ed in quale misura nella gestione delle risorse si siano presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali, nonché le linee seguite nell'esercizio dei diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio;
i) esercita il controllo sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale, contabile delle forme pensionistiche complementari, anche mediante ispezioni presso le stesse, richiedendo l'esibizione dei documenti e degli atti che ritenga necessari;
l) riferisce periodicamente al Ministro del lavoro e delle politiche sociali formulando anche proposte di modifiche legislative in materia di previdenza complementare;
m)pubblica e diffonde informazioni utili alla conoscenza dei problemi previdenziali;
n) programma ed organizza ricerche e rilevazioni nel settore della previdenza complementare anche in rapporto alla previdenza di base; a tal fine, le forme pensionistiche complementari sono tenute a fornire i dati e le informazioni richiesti, per la cui acquisizione la COVIP può avvalersi anche dell'Ispettorato del lavoro.
3. Per l'esercizio della vigilanza, la COVIP può disporre che le siano fatti pervenire, con le modalità e nei termini da essa stessa stabiliti:
a) le segnalazioni periodiche nonché ogni altro dato e documento richiesti;
b) i verbali delle riunioni e degli accertamenti degli organi interni di controllo delle forme pensionistiche complementari.
4 La COVIP può altresì:
a) convocare presso di sé gli organi di amministrazione e di controllo delle forme pensionistiche complementari;
b) richiedere la convocazione degli organi di amministrazione delle forme pensionistiche complementari, fissandone l'ordine del giorno.
5. Nell'esercizio della vigilanza, la COVIP ha diritto di ottenere le notizie e le informazioni richieste alle pubbliche amministrazioni. I dati, le notizie, le informazioni acquisiti dalla COVIP nell'esercizio delle proprie attribuzioni sono tutelati dal segreto d'ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni ad eccezione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e fatto salvo quanto previsto dal codice di procedura penale sugli atti coperti dal segreto. I dipendenti e gli esperti addetti alla COVIP nell'esercizio della vigilanza sono incaricati di un pubblico servizio. Essi sono vincolati al segreto d'ufficio e hanno l'obbligo di riferire alla COVIP tutte le irregolarità constatate, anche quando configurino fattispecie di reato.
6. Accordi di collaborazione possono intervenire tra la COVIP, le Autorità preposte alla vigilanza sui gestori soggetti di cui all'articolo 6 e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato al fine di favorire lo scambio di informazioni e di accrescere l'efficacia dell'azione di controllo.
7. Entro il 31 maggio di ciascun anno la COVIP trasmette al Ministro del lavoro e delle politiche sociali una relazione sull'attività svolta, sulle questioni in corso di maggior rilievo e sugli indirizzi e le linee programmatiche che intende seguire. Entro il 30 giugno successivo il Ministro del lavoro e delle politiche sociali trasmette detta relazione al Parlamento con le proprie eventuali osservazioni.
Gli articoli 18 e 19 del testo in esame attuano il principio di delega di cui all’art. 1, comma 2, lettera h, nn. 1) e 2)della L. 243 del 2004, concernente il perfezionamento dell'unitarietà e dell'omogeneità del sistema di vigilanza sull'intero settore della previdenza complementare e la semplificazione delle procedure amministrative.
Il comma 1 dell’articolo 18 prevede pertanto l'esercizio, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, della vigilanza sulla COVIP e dell'attività di alta vigilanza nel settore della previdenza complementare mediante l'adozione di direttive generali in materia adottate di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.
Si osserva che la previsione non ha carattere innovativo rispetto alla normativa vigente (di cui al comma 1 dell'articolo 16 del più volte richiamato D.Lgs. 124 del 1993).
I successivi commi 2, 3, 4 e 5 dell’articolo 18 riguardano il funzionamento della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP).
Nell’ordinamento vigente la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), istituita dall'articolo 16 del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124 [59], ha personalità giuridica di diritto pubblico, ed è dotata di autonomia regolamentare, organizzativa e contabile. Al Ministro del lavoro è attribuita la funzione di vigilanza sulla Commissione.
Quest'ultima è composta da un presidente e da quattro membri, nominati dal Consiglio dei ministri su proposta del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia; dispone di un apposito organico, la cui assunzione, trattamento giuridico ed economico sono stabiliti con apposito regolamento.
La Commissione ha il compito di perseguire la corretta e trasparente amministrazione e gestione dei fondi di previdenza complementare; restano sottratte a tale vigilanza le forme pensionistiche complementari istituite all'interno di enti pubblici, anche economici, che esercitano i controlli in materia di tutela del risparmio, in materia valutaria o in materia assicurativa.
Si ricorda che il comma 1 dell'articolo 14 della Legge n. 335/1995 ha ridisegnato completamente la disciplina dei compiti della Commissione; tra tali compiti si segnalano in particolare:
a) tenere l'albo dei fondi pensione autorizzati ai sensi dell'articolo 4 del Decreto Legislativo n. 124 del 1993;
b) approvare gli statuti ed i regolamenti dei fondi pensione;
c) istruire gli atti di autorizzazione alla costituzione ed all'esercizio dei fondi pensione (anche dei fondi aperti di cui all'articolo 9 del Decreto Legislativo n. 124);
d) definire con le autorità di vigilanza dei singoli gestori (Banca d'Italia, CONSOB e ISVAP) schemi tipo di convenzione tra i fondi ed i gestori ed autorizzare in via preventiva le convenzioni tra fondi e gestori, verificando il rispetto dei predetti schemi tipo;
e) indicare criteri omogenei per la determinazione del valore del patrimonio dei fondi e della loro redditività
f) valutare l'attuazione dei princìpi di trasparenza nei rapporti tra i partecipanti ai fondi ed i fondi medesimi, mediante l'elaborazione di appositi schemi, criteri e modalità di verifica, nonché in ordine alla comunicazione periodica, da parte dei fondi, agli iscritti circa l'andamento amministrativo e finanziario dei fondi stessi;
g) esercitare il controllo, anche mediante l'effettuazione di ispezioni e la richiesta di esibizione di documenti ed atti, sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile dei fondi;
h) pubblicare e diffondere informazioni utili alla conoscenza dei problemi previdenziali.
La COVIP è dotata di ampia autonomia: essa può infatti deliberare, nei limiti delle risorse disponibili, in ordine alla propria organizzazione e al proprio ordinamento, al trattamento giuridico ed economico del personale e all’ordinamento delle carriere. La Commissione può altresì deliberare in ordine alla disciplina delle spese e alla composizione dei bilanci preventivo e consuntivo, i quali devono osservare i principi del regolamento di cui all’articolo 1, comma 7, del D.L. n. 95/74, convertito dalla L. n. 216/74 (disposizioni relative al mercato mobiliare e trattamento fiscale dei titoli azionari), in merito alla gestione autonoma delle spese necessarie al proprio funzionamento.
Tali deliberazioni devono essere sottoposte al Ministro del lavoro che, di concerto con il Ministro del tesoro, ne verifica la legittimità. Esse diventano esecutive decorsi 20 giorni dal ricevimento senza che siano formulati rilievi; questi ultimi devono essere effettuati, in ogni caso, unitariamente e in unico contesto sulle singole disposizioni. La norma stabilisce altresì che il trattamento economico complessivo del personale delle carriere direttive ed operativa della COVIP viene ridefinito nei limiti dell'80% di quello complessivo previsto per il livello massimo della corrispondente carriera o fascia retributiva del personale dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Al personale in posizione di comando o distacco è corrisposta un'indennità pari all'eventuale differenza tra il trattamento erogato dall'amministrazione o dall'ente di provenienza e quello spettante al corrispondente personale di ruolo.
I regolamenti, le istruzioni di vigilanza ed i provvedimenti di carattere generale emanati dalla COVIP vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
Si osserva che l’articolo 18 del testo in esame riprende sostanzialmente le disposizioni dell’ordinamento vigente.
I compiti della COVIP vengono delineati nell’articolo 19 dello schema in esame, in attuazione del principio di delega di cui all’art. 1, comma 2, lettera h), n. 2) della Legge n. 243/2004 che, rispetto all’ordinamento vigente, ha previsto l’attribuzione alla Commissione dei seguenti ulteriori compiti:
- impartire disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali fra tutte le forme pensionistiche collettive ed individuali, incluse le forme pensionistiche individuali attuate mediante contratti di assicurazione sulla vita;
- vigilare sulle modalità di offerta al pubblico di tutti i predetti strumenti previdenziali, al fine di tutelare l'adesione consapevole dei soggetti destinatari, compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio, al fine di tutelare l’adesione consapevole dei soggetti destinatari.
Le previsioni del comma 1 riproducono sostanzialmente le norme già vigenti in materia di iscrizione dei fondi all’albo e di tenuta del medesimo da parte della Commissione (art. 17, D.Lgs. n. 124/1993).
Il comma 2 amplia e ridefinisce le funzioni della Commissione in materia di vigilanza per quanto riguarda trasparenza, comparabilità dei costi, portabilità, delle forme pensionistiche complementari, da esercitarsi in conformità agli indirizzi generali del Ministero del lavoro, emanati di concerto con quello dell’Economia, ferma restando la vigilanza sulla stabilità (ovvero sui requisiti patrimoniali) degli intermediari finanziari da parte delle autorità competenti (ISVAP, CONSOB, Banca d’Italia) in relazione alla natura degli stessi intermediari.
Le funzioni di vigilanza, esercitate anche mediante l'emanazione di istruzioni a carattere generale e particolare, riguardano in particolare:
§ tenuta dell'albo delle forme pensionistiche complementari;
§ definizione delle condizioni che - allo scopo di garantire l'attuazione dei principi di trasparenza, comparabilità e portabilità - le forme pensionistiche complementari devono soddisfare;
§ autorizzazione dell'esercizio dell'attività dei fondi pensione mediante procedimenti di autorizzazione semplificati soprattutto nelle ipotesi di modifiche statutarie e regolamentari conseguenti a sopravvenute disposizioni normative, anche con l'utilizzo del silenzio-assenso e l'esclusione di forme di approvazione preventiva;
§ richiesta di apportare modifiche agli statuti e ai regolamenti dei fondi pensione, fissando un termine per l'assunzione di queste delibere, per una sana e prudente gestione;
§ approvazione degli statuti e dei regolamenti dei fondi con le relative modifiche valutandone anche la compatibilità con i propri provvedimenti di carattere generale già emanati;
§ verifica dell'osservanza dei criteri di individuazione e ripartizione del rischio come individuato nei commi 11 (ad esempio, criteri di investimento nelle varie categorie di valori mobiliari) e 13 (i fondi pensione non possono comunque assumere o concedere prestiti e determinati limiti nell'investimento delle disponibilità di competenza) dell'articolo 6 dello schema in esame;
§ indicazione di criteri omogenei per la determinazione del valore del patrimonio delle forme pensionistiche complementari e della loro redditività;
§ disposizioni per la tenuta delle scritture contabili con la previsione del modello di libro giornale nel quale annotare cronologicamente le operazioni di incasso dei contributi e di pagamento delle prestazioni e gli eventuali altri libri contabili;
§ disposizioni per assicurare la trasparenza delle condizioni contrattuali di tutte le forme pensionistiche complementari allo scopo di tutelare l'adesione consapevole dei soggetti destinatari e di garantire il diritto alla portabilità della posizione individuale tra le varie forme pensionistiche complementari anche sotto il profilo della comparabilità dei costi;
§ esercizio del controllo sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile dei fondi, anche mediante ispezioni;
Per l'esercizio della vigilanza la COVIP può disporre di una serie di misure quali l'ottenimento dei verbali delle riunioni e degli accertamenti degli organi interni di controllo delle forme pensionistiche complementari e di ogni altro dato o documento richiesti. Sempre per poter attuare il potere di vigilanza, la COVIP ha diritto di ottenere notizie e informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni (comma 3).
La COVIP può inoltre procedere a (comma 4):
§ convocazione degli organi di amministrazione e di controllo delle forme pensionistiche obbligatorie;
§ richiesta di convocazione degli organi di amministrazione delle forme pensionistiche con fissazione dell'ordine del giorno.
I successivi commi 5, 6 e 7 dell’articolo 19 riproducono le disposizioni già vigenti nell’ordinamento (art. 17, commi 5-7, D.Lgs. n. 125/1993) in merito all’esercizio della vigilanza.
Si segnala, al comma 7, che vengono modificati i termini di trasmissione al Ministro del lavoro della relazione sull’attività svolta (31 maggio, anziché 31 marzo) e della trasmissione della relazione al Parlamento (30 giugno, anziché 31 maggio).
Articolo 20
(Forme pensionistiche complementari
istituite alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421)
1. Fino alla emanazione del decreto di cui al comma 2, alle forme pensionistiche complementari che risultano istituite alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, non si applicano gli articoli 4, comma 5, e 6, commi 1, 3 e 5. Salvo quanto previsto al comma 3, dette forme, se già configurate ai sensi dell'art. 2117 del codice civile ed indipendentemente dalla natura giuridica del datore di lavoro, devono essere dotate di strutture gestionali amministrative e contabili separate.
2. Le forme di cui al comma 1 devono adeguarsi alle disposizioni del presente decreto legislativo secondo i criteri, le modalità e i tempi stabiliti, anche in relazione alle specifiche caratteristiche di talune delle suddette forme, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali sentita la COVIP, da emanarsi entro 180 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto. Le operazioni necessarie per l'adeguamento alle disposizioni di cui al presente comma sono esenti da ogni onere fiscale. Le forme di cui ai commi 1 sono iscritte in una sezione speciale dell'albo di cui all'articolo 19, comma 1.
3 Qualora le forme pensionistiche di cui al comma 1 intendano comunque adeguarsi alle disposizioni di cui all'articolo 6, comma 1, lettera d), le operazioni di conferimento non concorrono in alcun caso a formare il reddito imponibile del soggetto conferente e i relativi atti sono soggetti alle imposte di registro, ipotecarie e catastali nella misura fissa di euro 51,64 per ciascuna imposta; a dette operazioni si applicano, agli effetti dell'imposta sull'incremento di valore degli immobili, le disposizioni di cui all'articolo 3, secondo comma, secondo periodo, e 6, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, e successive modificazioni.
4. L'attività di vigilanza sulle forme pensionistiche di cui al comma 1 è svolta dalla COVIP secondo piani di attività differenziati temporalmente anche con riferimento alle modalità di controllo e alle diverse categorie delle predette forme pensionistiche. La COVIP riferisce al riguardo al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.
5. Per i destinatari iscritti alle forme pensionistiche di cui al comma 1, successivamente alla data del 28 aprile 1993, si applicano le disposizioni stabilite dal presente decreto e, per quelli di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), non possono essere previste prestazioni definite volte ad assicurare una prestazione determinata con riferimento al livello del reddito, ovvero a quello del trattamento pensionistico obbligatorio.
6. L'accesso alle prestazioni per anzianità e vecchiaia assicurate dalle forme pensionistiche di cui al comma 1, che garantiscono prestazioni definite ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, è subordinato alla liquidazione del predetto trattamento.
7. Le forme pensionistiche di cui al comma 1, gestite in via prevalente secondo il sistema tecnico finanziario della ripartizione e con squilibri finanziari, che siano già state destinatarie del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali con il quale è stata accertata una situazione di squilibrio finanziario derivante dall'applicazione del previgente decreto legislativo n. 124/93, possono deliberare di continuare, sotto la propria responsabilità, a derogare agli articoli 8 e 11 del presente decreto. Ai relativi contributi versati continua ad applicarsi, anche per gli iscritti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, il trattamento tributario previsto dalle norme previgenti.
8. Le forme pensionistiche di cui al comma 7, debbono presentare annualmente alla COVIP e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il bilancio tecnico nonché documentazione idonea a dimostrare il permanere della situazione finanziaria di cui al precedente comma 7; con cadenza quinquennale un piano che, con riguardo a tutti gli iscritti attivi e con riferimento alle contribuzioni e alle prestazioni, nonché al patrimonio investito, determini le condizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio finanziario della gestione ed il progressivo allineamento alle norme generali del presente decreto. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previo parere della COVIP, accerta la sussistenza delle predette condizioni.
9. Le deliberazioni assembleari delle forme di cui al comma 1 continuano a essere validamente adottate secondo le procedure previste dai rispettivi statuti, anche con il metodo referendario, non intendendosi applicabili ad esse le modalità di presenza previste dagli articoli 20 e 21 del codice civile.
L'articolo in esame ha la finalità di raccordare la nuova normativa alla situazione attualmente esistente nel settore della previdenza complementare, ovvero alle forme pensionistiche complementari che risultavano già istituite alla data del 15 novembre 1992 (data di entrata in vigore della legge delega n. 421/1992).
Si osserva che disposizioni volte a disciplinare il regime dei fondi preesistenti sono attualmente contenute nell’articolo 18 del D.Lgs. n. 124/1993.
Si osserva che la mancanza di una disciplina previdenziale specifica ha determinato il realizzarsi di una varietà di forme gestionali, nel cui ambito si hanno gestioni previdenziali complementari di origine direttamente legale (tra le principali: quella per gli impiegati delle esattorie, per i dipendenti delle aziende private del gas, per gli agenti e rappresentanti di commercio), che erogano una integrazione della pensione obbligatoria fornita dall'INPS; gestioni private ma dotate di personalità giuridica (specialmente nelle aziende di credito, in quanto derivanti dalla trasformazione in integrativi di precedenti fondi esonerativi); gestioni complementari private prive di riconoscimento giuridico (la maggior parte, di cui più di un centinaio nel settore creditizio e le restanti - qualche migliaio, secondo studi di settore, ma non si hanno dati precisi - in ambito aziendale).
In relazione ai fondi pensione preesistenti il comma 1 dell’articolo in esame prevede innanzitutto l’esclusione delle disposizioni contemplate:
§ nel comma 5 dell’articolo 4: pertanto i fondi chiusi, costituiti nell’ambito di comparti o raggruppamenti, sono esentati sia dall’obbligo di assumere la forma di personalità giuridica riconosciuta; sembrerebbe che siano esentati anche dall’obbligo di prevedere modalità di raccolta delle adesioni compatibili con le disposizioni per la sollecitazione al pubblico risparmio;
Sarebbe opportuno un chiarimento sulla questione, valutando se sia effettivamente opportuno e congruo esentare i fondi in oggetto dalle disposizioni sulla sollecitazione al pubblico risparmio.
§ nei commi 1, 3 e 5 dell’articolo 6: i fondi preesistenti sono quindi esentati dall’osservanza delle norme concernenti la gestione diretta o convenzionata delle risorse patrimoniali, dall’obbligo di erogare le rendite mediante convenzione con un’impresa di assicurazione e – per i fondi a prestazione definita e per le prestazioni per invalidità e premorienza – dall’obbligo di stipulare apposita polizza con imprese di assicurazioni.
L’ultimo periodo del comma 1 stabilisce che i fondi preesistenti “interni” costituiti come patrimonio autonomo e separato all’interno del patrimonio complessivo dell’azienda, ed indipendentemente dalla natura giuridica del datore di lavoro, devono dotarsi di strutture gestionali amministrative e contabili separate.
Il regime di esclusione sopra descritto opera tuttavia in una fase transitoria, ovvero fino all’emanazione degli appositi provvedimenti da parte del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro del lavoro e sentita la COVIP, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore dello schema in esame (comma 2), con i quali saranno indicati criteri, modalità e tempi per l’adeguamento dei fondi alle disposizioni dello provvedimento in esame.
Dal tenore delle disposizioni sopra illustrate si deve evincere che le norme del provvedimento non richiamate espressamente vengono integralmente applicate ai fondi preesistenti.
Il testo in esame specifica inoltre al comma 2 che i fondi preesistenti saranno iscritti in una sezione speciale dell’albo tenuto dalla COVIP e che le operazioni necessarie ai fini dell’adeguamento alle nuove disposizioni saranno esentate da qualsiasi onere fiscale.
Il comma 3 dello schema disciplina specificamente l’eventualità che le forme pensionistiche esistenti alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, intendano adottare la forma di gestione delle proprie risorse prevista dall’articolo 6, comma 1, lettera d), sottoscrivendo o acquisendo azioni o quote di società immobiliari o di fondi d’investimento immobiliare chiusi.
La disposizione riproduce l’articolo 18, comma 5, secondo periodo, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124.
In tale ipotesi, le operazioni di conferimento non concorrono in alcun caso a formare il reddito imponibile del soggetto conferente.
A norma dell’articolo 9, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in caso di conferimento o apporto in società o altri enti, si considera corrispettivo conseguito il valore normale dei beni o dei crediti conferiti. Se le azioni o i titoli ricevuti sono negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e il conferimento o l'apporto è proporzionale, il corrispettivo non può essere inferiore al valore normale determinato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell'ultimo mese; qualora non siano negoziati in mercati regolamentati, il valore normale è determinato in proporzione al valore effettivo del patrimonio netto della società o dell’ente, ovvero, per i soggetti di nuova costituzione, proporzionalmente all'ammontare complessivo dei conferimenti.
Gli atti di conferimento vengono assoggettati alle imposte di registro, ipotecarie e catastali nella misura fissa di euro 51,64 per ciascuna imposta (lire centomila nell’originaria formulazione dell’articolo 18, comma 5, del D.P.R. n. 124 del 1993).
Secondo quanto disposto dall'articolo 9 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2002, n. 410, atti relativi all'istituzione dei fondi immobiliari e alla sottoscrizione ovvero al rimborso delle relative quote[60] non sono soggetti a obbligo di registrazione (applicandosi l’articolo 7 della tabella allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131)[61]. Tuttavia, in caso di registrazione volontaria e per gli atti stipulati per atto pubblico o scrittura privata autenticata, a norma dell’articolo 7 del medesimo decreto, l'imposta di registro è applicata in misura fissa (stabilita in euro 168 dall’articolo 11 della parte prima della tariffa allegata allo stesso decreto).
Pertanto, gli atti aventi ad oggetto l'apporto di beni immobili, che devono essere necessariamente redatti per atto pubblico o scrittura privata, scontano l'imposta di registro in misura fissa. Inoltre, in mancanza di una specifica disposizione di deroga, gli stessi atti sono soggetti alle imposte ipotecarie e catastali nelle ordinarie misure proporzionali, rispettivamente, del 2 per cento e dell'1 per cento.
Agli effetti dell’imposta sull’incremento di valore degli immobili (INVIM), si applicano le disposizioni dell’articolo 3, secondo comma, secondo periodo, e 6, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, e successive modificazioni, riguardanti l’applicazione dell’imposta per gli immobili appartenenti a società incorporate o partecipanti ad una fusione.
L’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, disciplina l’applicazione dell’INVIM per decorso del periodo decennale. Il secondo periodo del secondo comma stabilisce che nei casi di fusione tra più società, per il computo del decennio, si tiene conto anche del periodo di tempo in cui gli immobili sono appartenuti alle società fuse o incorporate.
L’articolo 6, settimo comma, stabilisce, con riferimento alla medesima ipotesi, che per la determinazione dell'incremento di valore degli immobili già appartenenti a società fuse o incorporate, alienati dalla società risultante dalla fusione o incorporante o a questa appartenenti al compimento del decennio, il valore iniziale è quello degli immobili stessi alla data dell'acquisto da parte delle società fuse o incorporate ovvero quello assunto a base della precedente tassazione nei confronti di tali società.
Si segnala per altro che l'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili è stata soppressa dall’articolo 17, commi 6, 7 e 8, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, con effetto dal 1° gennaio 1993, continuando ad essere dovuta anche nel caso in cui il presupposto si verificasse dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 2003, limitatamente all'incremento di valore maturato fino al 31 dicembre 1992. L'articolo 8 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ha quindi anticipato il termine della cessazione al 1° gennaio 2002. Pertanto, la disposizione riprodotta sembra disciplinare una fattispecie non più attuale.
Il comma 4 del testo in esamespecifica che la COVIP eserciterà l’attività di vigilanza anche sui fondi preesistenti e riferirà in tal senso al Ministro del lavoro ed al Ministro dell’economia.
Le disposizioni dei commi 5 e 6 ripropongono norme già presenti nel Decreto 124: pertanto a coloro che si sono iscritti ai fondi pensione dopo il 28 aprile 1993 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 124/1993) viene prevista l’applicazione delle disposizioni recate dal testo in esame, mentre tutti i lavoratori dipendenti sia pubblici sia privati – compresi i lavoratori assunti in base alle tipologie contrattuali previste dal D.Lgs. n. 276/2003 – non possono aderire a fondi pensione a prestazione definita.
Viene inoltre confermato quanto già previsto dal comma 8-quinquies dell’articolo 18 del Decreto 124: pertanto i fondi di tipo integrativo potranno erogare le prestazioni solo al momento in cui il lavoratore percepirà la pensione pubblica (ciò significa che hanno perso l'eventuale caratteristica di 'fondi sostituitivi, non potendo erogare pensioni in via anticipata).
Il comma 7 reca disposizioni derogatorie riguardanti le forme pensionistiche esistenti alla data di entrata in vigore della legge n. 421 del 1992, gestite in via prevalente secondo il sistema tecnico-finanziario della ripartizione e con squilibri finanziari, che siano già state destinatarie del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali con il quale è stata accertata una situazione di squilibrio finanziario derivante dall'applicazione del decreto legislativo n. 124 del 1993.
La materia è attualmente disciplinata nei commi 8-bis, 8-ter e 8-quater dell’articolo 18 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, riguardanti le forme pensionistiche esistenti alla data di entrata in vigore della legge n. 421 del 1992, gestite in via prevalente secondo il sistema tecnico-finanziario della ripartizione e interessate da rilevanti squilibri finanziari derivanti dall'applicazione delle disposizioni previste dagli articoli 7, commi 3 e 5 (in materia di trattamenti di anzianità e di entità delle prestazioni), e 8, comma 2 (in materia di determinazione dei contributi),
Il comma 8-bis consente a tali forme pensionistiche, per un periodo di otto anni[62], l'iscrizione di nuovi soggetti in deroga alle citate disposizioni degli articoli 7 e 8. A tal fine, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sentita la COVIP, sono determinati i criteri di accertamento della predetta situazione di squilibrio, con riguardo, in particolare, alla variazione dell'aliquota contributiva necessaria al riequilibrio della gestione, senza aggravio degli oneri a carico degli enti del settore pubblico allargato.
Il comma 8-ter richiede a questo fine la presentazione di istanza al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, con la documentazione idonea a dimostrare l'esistenza dello squilibrio finanziario e un piano che determini le condizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio finanziario della gestione alla scadenza dei suddetti otto anni. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previo parere della COVIP, accerta la sussistenza delle predette condizioni.
Il comma 8-quater dispone infine che ai contributi versati ai fondi di previdenza complementare che abbiano presentato istanza per l'applicazione delle disposizioni sopra illustrate, anche per gli iscritti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 124 del 1993, continui ad applicarsi il trattamento tributario previsto dalle norme vigenti alla stessa data[63].
Alla determinazione dei criteri di accertamento della situazione di squilibrio finanziario per le forme pensionistiche complementari gestite in via prevalente secondo il sistema tecnico-finanziario della ripartizione si è provveduto con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 23 giugno 1994 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 16 luglio 1994, n. 165).
L’articolo 9, comma 1-bis, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, ha stabilito che, per i fondi pensione che abbiano presentato la suddetta istanza al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sull’imposta sostitutiva[64] dovuta continui ad applicarsi, fino al termine del predetto periodo transitorio, l'addizionale dell'1 per cento del patrimonio netto contabile risultante dall'ultimo bilancio approvato dal fondo, secondo quanto stabilito dall'articolo 15, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Il presente comma stabilisce che le suddette forme pensionistiche per le quali siano state accertate situazioni di squilibrio possono deliberare di continuare, sotto la propria responsabilità, a derogare alle disposizioni riguardanti il finanziamento e la determinazione delle prestazioni, contenute rispettivamente negli articoli 8 e 11 dello schema di decreto.
Ai contributi versati a queste forme pensionistiche continua ad applicarsi, anche per gli iscritti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, il trattamento tributario previsto dalle norme previgenti, in forza delle quali i contributi medesimi usufruiscono della totale deducibilità nella determinazione dell’imponibile agli effetti dell’imposta sui redditi.
Il comma 8 prevede che i fondi debbano trasmettere annualmente alla COVIP il bilancio tecnico e la documentazione relativa alla situazione finanziaria, nonché un piano volto a garantire il progressivo riequilibrio della gestione (comma 8).
Si ricorda che il D.M. 23 giugno 1994 ha stabilito le condizioni di ammissibilità al regime di deroga per i fondi che presentano una situazione di squilibrio sulla base del bilancio tecnico-attuariale e della relativa relazione.
Con il comma 9 si precisa che ai fini della validità delle assemblee dei fondi pensione valgono le disposizioni indicate nei rispettivi statuti, non applicandosi alle stesse le disposizioni civilistiche in materia.
Al riguardo si ricorda che l’art. 20 c.c. precisa che l'assemblea delle associazioni deve essere convocata dagli amministratori una volta l'anno per l'approvazione del bilancio, quando se ne ravvisa la necessità o quando ne è fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli associati, mentre l’art. 21 c.c. stabilisce che le deliberazioni dell'assemblea sono prese a maggioranza di voti e con la presenza di almeno la metà degli associati; in seconda convocazione la deliberazione è valida qualunque sia il numero degli intervenuti. Per modificare l'atto costitutivo e lo statuto, qualora non sia disposto altrimenti, occorrono la presenza di almeno tre quarti degli associati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti, mentre per deliberare lo scioglimento dell'associazione e la devoluzione del patrimonio occorre il voto favorevole di almeno tre quarti degli associati.
Articolo 21
(Abrogazioni e modifiche)
1. La lettera d) dell'articolo 52 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni è sostituita dalla seguente:
"d) per le prestazioni pensionistiche di cui alla lett. h-bis) del comma 1, dell'articolo 50, comunque erogate, si applicano le disposizioni dell'articolo 11 e quelle di cui all'articolo 23, comma 6 del decreto legislativo recante disciplina delle forme pensionistiche complementari".
2. La lettera e-bis) del comma 1, dell'articolo 10, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni è sostituita dalla seguente:
"e-bis) i contributi versati alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo recante disciplina delle forme pensionistiche complementari, alle condizioni e nei limiti previsti dall'articolo 11 del medesimo decreto;".
3. Sono abrogate le seguenti disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni:
a) l'ultimo periodo del comma 2, dell'articolo 10;
b) la lettera a-bis) dell'articolo 17;
c) l'articolo 20;
d) la lettera d-ter) dell'articolo 52.
4. Il comma 3 dell'articolo 105 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 è sostituito dal seguente:
"3. L'ammontare del TFR annualmente destinato a forme pensionistiche complementari è deducibile nella misura prevista dall'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo recante disciplina delle forme pensionistiche complementari.".
5. All'articolo 24 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, aggiungere il seguente comma:
"1-quater.Sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche complementari di cui all'articolo 50, comma 1, lettera h-bis) del testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è operata una ritenuta con l'aliquota stabilita con l'articolo 11 del decreto legislativo recante disciplina delle forme pensionistiche complementari.".
6. Sono abrogati altresì l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, e la lettera d-bis) del comma 2, dell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
7. Sono abrogati i commi 5 e 6 dell'articolo 5 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80.
8. E' abrogato il decreto legislativo 21 aprile 1993, n 124.
L’articolo 21 abroga o modifica norme del testo unico sulle imposte sui redditi approvato con il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), e di altri atti legislativi, in conseguenza delle disposizioni contenute nel presente schema di decreto.
In particolare, il comma 1 modifica l’articolo 52 del TUIR, concernente la determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, sostituendo la lettera d) (il riferimento dev’essere integrato con l’indicazione del comma 1).
Il testo vigente della richiamata lettera d) del comma 1 dell’articolo 52 del TUIR prevede che per le prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1 dell'articolo 50, erogate in forma periodica, non si applicano le disposizioni del richiamato articolo 51. Le stesse si assumono al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e di quelli di cui alla lettera g-quinquies) del comma 1, dell'articolo 44 (redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale), se determinabili.
La novella recata dal presente comma 1 dispone che per le prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1 dell’articolo 50, comunque erogate, si applicano le disposizioni dell’articolo 11 e quelle di cui all’articolo 23, comma 6, del presente schema di decreto legislativo.
Correlativamente, il comma 3, lettera d), abroga la lettera d-ter) dello stesso articolo 52, riguardante le prestazioni erogate in forma di capitale.
Il comma 2 sostituisce la lettera e-bis) del comma 1 dell’articolo 10 del TUIR prevedendo la deducibilità dei contributi versati alle forme pensionistiche complementari disciplinate dal presente schema di decreto, alle condizioni e nei limiti previsti dall’articolo 11 del medesimo schema.
Il richiamo sembra doversi correttamente riferire all’articolo 8 dello schema, che, ai commi da 4 a 6, disciplina il regime tributario dei contributi destinati alla previdenza complementare. L’articolo 11 riguarda infatti il regime delle prestazioni.
La lettera e-bis), nel testo vigente, prevede la deducibilità dei contributi versati alle forme pensionistiche complementari e dei contributi e premi versati alle forme pensionistiche individuali, previste dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, per un importo complessivamente non superiore al 12% del reddito complessivo e comunque non eccedente 10 milioni di lire. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro dipendente, relativamente a tali redditi la deduzione compete per un importo complessivamente non superiore al doppio della quota di TFR destinata alle forme pensionistiche collettive istituite ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e, comunque, entro i predetti limiti del 12% del reddito complessivo e di 10 milioni di lire. Tali previsioni non si applicano nel caso in cui la fonte istitutiva sia costituita unicamente da accordi tra lavoratori, nonché ai soggetti iscritti entro il 28 aprile 1993 alle forme pensionistiche complementari che risultano istituite alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e se le forme pensionistiche collettive istituite non siano operanti dopo due anni. Ai fini del computo del predetto limite di lire 10 milioni si tiene conto: delle quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi di previdenza di cui all'articolo 105, comma 1; dei contributi versati ai sensi dell'articolo 2 della legge 8 agosto 1995, n. 335, eccedenti il massimale contributivo stabilito dal decreto legislativo 14 dicembre 1995, n. 579. Per le persone che sono fiscalmente a carico di altri soggetti non si tiene conto del predetto limite percentuale, nonché, nei riguardi del soggetto di cui sono a carico, della condizione di destinazione delle quote di TFR alle forme pensionistiche complementari.
Il comma 3 dispone l’abrogazione delle seguenti disposizioni del TUIR:
§ l’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 10, relativo alla quota degli oneri deducibili relativi ai contributi versati alle forme pensionistiche complementari e ai contributi e premi versati alle forme pensionistiche nell’interesse di prossimi congiunti, in quanto ora disciplinato dall’articolo 8, comma 5, del presente schema di decreto;
§ la lettera a-bis) dell’articolo 17 (il riferimento dev’essere integrato con l’indicazione del comma 1), relativo alla tassazione separata di talune prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale, in quanto la disciplina è ora determinata dall’articolo 11, comma 6, del presente schema di decreto;
§ l’articolo 20, relativo alla misura dell’assoggettamento ad imposta delle prestazioni pensionistiche indicate dall’abrogata lettera a-bis) del comma 1 dell’articolo 17, in quanto la disciplina è ora determinata dall’articolo 11, comma 6, del presente schema di decreto;
§ la lettera d-ter) dell’articolo 52 (il riferimento dev’essere integrato con l’indicazione del comma 1), concernente l’esclusione delle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma capitale a seguito di riscatto della posizione individuale dalla determinazione dei redditi assimilati a quello di lavoro dipendente, in quanto la materia è ora disciplinata dall’articolo 14, commi 4 e 5, del presente schema di decreto.
Il comma 4 sostituisce il comma 3 dell’articolo 105 del TUIR, stabilendo che l’ammontare del trattamento di fine rapporto (TFR) annualmente destinato a forme pensionistiche complementari è deducibile nella misura prevista dal precedente articolo 10, comma 2 [recte: 1], del presente schema di decreto.
La normativa vigente ammette la deduzione per un importo non superiore al 3% delle quote di accantonamento annuale del TFR destinate a forme pensionistiche complementari.
Il richiamo operato all’articolo 10 dello schema in esame deve essere correttamente riferito al comma 1, nel quale è contenuta la disciplina relativa alla deduzione.
Il comma 5 novella l’articolo 24 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, relativo alla ritenuta sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, introducendo un nuovo comma 1-quater, con cui si stabilisce che sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche complementari di cui all’articolo 50, comma 1, lettera h-bis), del TUIR è operata una ritenuta con l’aliquota stabilita dall’articolo 11, comma 6, del presente schema di decreto.
Il comma 6 dispone l’abrogazione:
- dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, relativo alla comunicazione che l’iscritto deve inviare al fondo pensione circa l'ammontare dei contributi o dei premi versati alle forme pensionistiche complementari che non sia stato portato, anche parzialmente, in deduzione. La relativa disciplina è ora contenuta nell’articolo 8, comma 4, ultimo periodo, del presente schema di decreto.
- della lettera d-bis) del comma 2 dell’articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973, relativamente alla ritenuta alla fonte da operarsi sulle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale soggette a tassazione separata a norma dell’articolo 20 del TUIR. La disciplina è ora contenuta nell’articolo 11, comma 6, del presente schema di decreto.
Il comma 7 abroga i commi 5 e 6 dell’articolo 5 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, recante attuazione della direttiva 80/987/CEE in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro.
L’articolo 5 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, reca disposizioni in materia di previdenza complementare.
In particolare il comma 1 stabilisce che fino alla data di entrata in vigore di norme in materia di previdenza complementare, contro il rischio derivante dall'omesso o insufficiente versamento da parte dei datori di lavoro sottoposti a una delle procedure di cui all'articolo 1 dei contributi dovuti per forme di previdenza complementare di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge n. 103 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 1991, per prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, sia istituito un apposito Fondo di garanzia presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale.
Il richiamato comma 5 dispone che, con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, da emanarsi ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, sentito il consiglio di amministrazione dell'INPS, vengano determinate:
a) le modalità di funzionamento e di gestione del Fondo di garanzia previsto dal comma 1 del medesimo articolo 5;
b) la parte del contributo di solidarietà di cui al comma 2 dell'art. 9-bis del decreto-legge n. 103 del 1991, convertito, con modificazioni dalla legge n. 166 del 1991, che deve essere destinata al finanziamento del Fondo stesso.
Il comma 6 prescrive che, a partire dal 1° gennaio 1993, se necessario, si proceda all'elevazione della misura del contributo medesimo, in relazione alle esigenze di gestione del Fondo di garanzia di cui al comma 1 dell’articolo 5.
Infine il comma 8 abroga il decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari.
Articolo 22
(Disposizioni finanziarie)
1. Al fine di realizzare gli obiettivi di cui al presente decreto, volti al rafforzamento della vigilanza sulle forme pensionistiche complementari e alla realizzazione di campagne informative intese a promuovere adesioni consapevoli alle medesime forme pensionistiche complementari è autorizzata, per l'anno 2005, la spesa di 17 milioni di euro.
2. All'onere derivante dall'attuazione del presente decreto, per gli anni a decorrere dal 2005, si provvede mediante utilizzazione dello stanziamento previsto, all'articolo 13, comma 1, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
Il comma 1dell’articolo 22 autorizza la spesa di 17 milioni di euro per il 2005 per il rafforzamento della vigilanza sulle forme pensionistiche complementari e per la realizzazione di campagne di informazione volte a promuovere l’adesione consapevole alle medesime forme pensionistiche.
Si osserva che la disposizione in esame, pur recando un’autorizzazione di spesa relativa al 2005, entra in vigore, ai sensi dell’art. 23, il 1° gennaio 2006. Apparirebbe dunque opportuno includere l’art. 22 tra le disposizioni la cui entrata in vigore non è differita ai sensi dell’art. 23.
Il comma 2 dispone in ordine alla copertura degli oneri, prevedendo l’utilizzo dello stanziamento di cui all’articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 35/2005[65] (Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale).
Si ricorda che l’articolo 1, comma 42, della legge di delega (legge 23 agosto 2004, n. 243) prevede che i decreti legislativi previsti dalla medesima legge dalla cui attuazione derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie[66].
In attuazione di tale comma 42, il citato articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 35/2005 ha autorizzato la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2005, 200 milioni di euro per l'anno 2006 e 530 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.
Per la copertura finanziaria di tale stanziamento, l’art. 13, comma 1:
§ ha ridotto, nella misura di 20 milioni di euro per il 2005, 200 milioni per il 2006 e 506 milioni annui a decorrere dal 2007, l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali del Fondo speciale di parte corrente;
§ ha previsto l'utilizzo di una parte, pari a 14 milioni di euro annui a decorrere dal 2007, delle maggiori entrate derivanti dall'attuazione dell'articolo 7, comma 3, del decreto-legge n. 35/05, in materia di apparecchi e congegni da intrattenimento;
§ ha ridotto, nella misura di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2007, il "Fondo di riserva per l'integrazione delle autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente".
Si osserva che la norma di copertura finanziaria di cui all’articolo 22, comma 2, non appare correttamente formulata.
Si ricorda infatti che l’art. 11-ter, comma 1, della legge n. 468/78, prevede che «in attuazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime.»
La disposizione in esame invece non provvede alla quantificazione degli oneri derivanti dalle singole disposizioni del provvedimento. Come risulta dalla relazione tecnica, essi dovrebbero essere complessivamente pari a 20 milioni di euro per il 2005, 200 milioni di euro per l'anno 2006 e 530 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007; ne conseguirebbe dunque l’integrale utilizzazione delle risorse stanziate dall’art. 13, comma 1, del decreto-legge n. 35/2005.
Si osserva inoltre che, come risulta anche dalla relazione tecnica, per gli anni successivi al 2005 il provvedimento comporta oneri che non sono configurati come limite massimo di spesa. Appare dunque opportuna la definizione di una specifica clausola di salvaguardia.
Articolo 23
(Entrata in vigore e norme transitorie)
1. Il presente decreto entra in vigore il 1° gennaio 2006, salvo per quanto attiene alle disposizioni di cui agli articoli 16, comma 2, lettera b), 18 e 19, che entrano il vigore il giorno successivo alla pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
2. Entro 30 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del presente decreto, la COVIP emana le direttive, a tutte le forme pensionistiche, sulla base dei contenuti del presente decreto. Entro 3 mesi dall'emanazione delle predette direttive:
a) tutte le forme pensionistiche devono adeguarsi, sulla base delle citate direttive, alle norme del presente decreto;
b) le imprese di assicurazione, per le forme pensionistiche individuali attuate prima della predetta data mediante contratti di assicurazione sulla vita provvedono:
1) alla costituzione del patrimonio autonomo e separato di cui dell'articolo 13, comma 3, con l'individuazione degli attivi posti a copertura dei relativi impegni secondo criteri di proporzionalità dei valori e delle tipologie degli attivi stessi;
2) alla predisposizione del regolamento di cui all'articolo 13, comma 3.
3. A decorrere dal 1° gennaio 2006, solo le forme pensionistiche complementari che hanno provveduto agli adeguamenti richiesti e hanno ricevuto la relativa autorizzazione o approvazione, anche tramite procedura di silenzio assenso, da parte della COVIP, possono ricevere nuove adesioni anche con riferimento al finanziamento tramite conferimento del trattamento di fine rapporto.
4. Per i soggetti che risultino iscritti a forme pensionistiche complementari alla data di entrata in vigore del presente decreto le disposizioni concernenti la deducibilità dei premi e contributi versati e in regime di tassazione delle prestazioni erogate si rendono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2006. Per i medesimi soggetti, relativamente alle prestazioni maturate fino tale data, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti ad eccezione dell'articolo 20. comma 1, secondo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Per le prestazioni erogate anteriormente alla suddetta data per le quali gli uffici finanziari non hanno provveduto, a tale data, all'iscrizione a ruolo per le maggiori imposte dovute ai sensi dell'articolo 20, comma 1, secondo periodo, del predetto testo unico, non si dà luogo all'attività di riliquidazione prevista dal medesimo secondo periodo del comma 1 dell'articolo 20 del medesimo testo unico.
5. Fino all'emanazione del decreto legislativo di attuazione dell'articolo 1, comma 2, lett. p), della legge 23 agosto 2004, n 243, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applica esclusivamente ed integralmente la previgente normativa.
6. Per i lavoratori assunti antecedentemente al 29 aprile 1993 e che entro tale data risultino iscritti a forme pensionistiche complementari istituite al momento dell'entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421:
a) alle contribuzioni versate a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto si applicano le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 8;
b) alle prestazioni pensionistiche maturate entro il 31 dicembre 2005 si applica il regime tributario vigente alla predetta data;
c) alle prestazioni pensionistiche maturate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ferma restando la possibilità di richiedere la liquidazione della intera prestazione pensionistica complementare in capitale secondo il valore attuale con applicazione del regime tributario vigente alla data del 31 dicembre 2005 sul montante accumulato a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è concessa la facoltà al singolo iscritto di optare per l'applicazione del regime di cui all'articolo 11.
7. Ai lavoratori assunti prima dell'entrata in vigore del presente decreto si applicano, per quanto riguarda le modalità di conferimento del TFR, le disposizioni di cui all'articolo 8, comma 7, e il termine di sei mesi ivi previsto a decorre dal 1° gennaio 2006.
L’articolo 23 stabilisce al 1° gennaio 2006 (comma 1) la data di entrata in vigore del provvedimento in esame, eccetto che per alcune disposizioni (commi 2-5):
§ destinazione del contributo di solidarietà al finanziamento della COVIP (art. 16, comma 2, lettera b): il giorno successivo alla pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale;
§ disposizioni in materia di vigilanza della COVIP e compiti della medesima (artt. 18 e 19): il giorno successivo alla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale;
§ emanazione delle direttive COVIP sulla base delle nuove disposizioni contenute nel provvedimento in esame: entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale;
§ adeguamento alle direttive COVIP: entro 3 mesi dall’emanazione delle direttive medesime;
§ adeguamento delle imprese di assicurazione (per le forme pensionistiche preesistenti) alla costituzione del patrimonio autonomo e separato ed alla predisposizione del regolamento: entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale;
§ ricevimento di nuove adesioni da parte delle forme pensionistiche autorizzate dalla COVIP: 1° gennaio 2006;
§ deducibilità dei premi e contributi per i soggetti già iscritti a forme di previdenza complementare alla data di entrata in vigore del provvedimento: 1° gennaio 2006 (si veda sotto);
§ applicazione esclusiva ed integrale delle normativa previgente per i dipendenti della P.A.: fino alla emanazione del decreto attuativo previsto dall’art. 1, comma 2, lettera p) della legge n. 243/2004[67].
In particolare il comma 4 prevede che, a decorrere dalla loro entrata in vigore (1° gennaio 2006), le disposizioni del presente schema di decreto legislativo, relative alla deducibilità dei premi e dei contributi versati e al regime di tassazione[68] delle prestazioni erogate, si applicheranno anche ai soggetti che a tale data risultano già iscritti a forme pensionistiche complementari.
Le prestazioni maturate[69], in favore dei menzionati soggetti, sino al 31 dicembre 2005 sono assoggettate alla disciplina previgente, ad eccezione dell’articolo 20, comma 1, secondo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
Il citato articolo 20 del TUIR disciplina il trattamento fiscale delle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale. Tali prestazioni, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a-bis), del TUIR sono soggette a tassazione separata, ad esclusione di quelle derivanti da riscatto della posizione individuale per motivo diverso dal pensionamento o dalla cessione del rapporto di lavoro per mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, con applicazione, in analogia con quanto previsto per la tassazione dell’indennità di fine rapporto, dell’aliquota determinata con riferimento all’anno nel quale è maturato il diritto alla percezione.
Il secondo periodo del comma 1 del citato articolo 20 demanda agli uffici finanziari la riliquidazione dell’imposta in base all'aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione, con rimborso o iscrizione a ruolo, rispettivamente, delle minori o maggiori imposte dovute. La riliquidazione deve essere effettuata entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione da parte del sostituto di imposta.
La previsione dell’inapplicabilità del secondo periodo dell’articolo 20, comma 1, del TUIR comporta che diviene definitiva la tassazione separata delle prestazioni pensionistiche complementari, erogate in forma di capitale, effettuata secondo l’aliquota determinata con riferimento all’anno nel quale è maturato il diritto alla percezione della suddetta prestazione.
Il trattamento testé illustrato si applica anche alle prestazioni erogate entro il 31 dicembre 2005 e per le quali, entro la stessa data, l’amministrazione finanziaria non ha provveduto all’iscrizione a ruolo delle maggiori imposte dovute. A decorrere dal 1° gennaio 2006 non dovrà più essere effettuata la riliquidazione dell’imposta.
La norma vigente contempla anche l’eventualità di rimborso dell’imposta versata in eccedenza e non dovuta. Poiché dal 2006 l’amministrazione finanziaria non dovrà proseguire l’attività di riliquidazione relativamente alle prestazioni erogate fino al 2005, non sarà possibile l’individuazione dei casi in cui si verifichi questa seconda ipotesi.
Sarebbe quindi opportuno chiarire se la disposta inapplicabilità dell’articolo 20, comma 1, secondo periodo, del TUIR renda definitiva anche la tassazione nei casi in cui entro il 31 dicembre 2005 non sia stato effettuato il rimborso della minore imposta dovute.
Si ricorda che, ai sensi del comma 3, dell’articolo 21, la lettera a-bis) del comma 1 dell’articolo 17 e l’articolo 20 del TUIR sono abrogati. Il nuovo sistema di tassazione delle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale è disciplinato dall’articolo 11, comma 6, del presente schema di decreto.
I commi 6 e 7 del testo in esame recano disposizioni transitorie per le seguenti categorie di lavoratori:
1) lavoratori assunti prima del 29 aprile 1993 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 124/1993) ed iscritti entro tale data a forme pensionistiche complementari istituite alla data del 15 novembre 1992 (data di entrata in vigore della legge delegante, Legge n. 421/1992):
- ai contributi versati dopo la data di entrata in vigore del provvedimento in esame si applicano le disposizioni di carattere tributario indicate all’articolo 8, commi 4 e 5 (cfr. supra);
- per le prestazioni previdenziali maturate fino al 31 dicembre 2005 si applica il regime tributario vigente a tale data;
- per le prestazioni previdenziali maturate dopo l’entrata in vigore del provvedimento in esame, il soggetto interessato può chiedere l’applicazione del regime previsto dall’articolo 11 dello schema in esame (cfr. supra). Resta ferma la possibilità di richiedere la liquidazione della prestazione pensionistica in capitale con applicazione del regime tributario vigente al 31 dicembre 2005 “sul montante accumulato a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.
La disposizione è volta a far salva la possibilità di ottenere la prestazione in capitale applicando integralmente la disciplina tributaria già vigente, anche sul montante accumulato successivamente al 1° gennaio 2006. Tuttavia, per evitare dubbi interpretativi, dovrebbe valutarsi l’opportunità di riformulare l’inciso nel seguente modo: “anche sul montante accumulato”.
2) lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del provvedimento in esame: entro la data del 30 giugno 2006 dovranno indicare le modalità di conferimento del TFR alla previdenza complementare, secondo le modalità indicate all’articolo 8, comma 7 (cfr. supra).
[1] Procedura 2002/2291.
[2] Da notizie di stampa, risulta che la Commissione ha avviato procedure di infrazione in materia di tassazione della previdenza nei confronti di altri sette Paesi dell’UE: Belgio, Danimarca, Irlanda, Francia, Portogallo, Spagna e Regno Unito.
[3] Ex art. 88, paragrafo 2, del Trattato istitutivo della Comunità europea.
[4] Convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326.
[5] Ovvero le società con una capitalizzazione di mercato non superiore a 800 milioni di euro, determinata sulla base dei prezzi rilevati per l'ultimo giorno di quotazione di ciascun trimestre solare.
[6] Vedi dossier “La riforma del Patto di stabilità e crescita” del 26 maggio 2005, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.
[7] Il Regolamento (CE) n. 1055/2005 che modifica il regolamento 1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche, ed il regolamento (CE) 1056/2005 che modifica il reg. 1467/97 per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi, sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 7 luglio 2005.
[8] Regolamento per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche.
[9] Regolamento per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi.
[10] La Commissione utilizza il termine “pensioni complementari” per indicare in modo generale le pensioni professionali.
[11] Tale procedura prevede l’articolazione del processo decisionale comunitario in quattro fasi successive, caratterizzate dall’intervento di appositi comitati di rappresentanti dei Governi e delle autorità di vigilanza nazionali.
[12] I Consigli europei di Stoccolma (marzo 2001) e di Goteborg (giugno 2001) hanno chiesto l’applicazione del metodo aperto di coordinamento all’ambito della politica delle pensioni, sulla base di una cooperazione del Comitato di protezione sociale e del Comitato di politica economica. Il metodo di coordinamento aperto, conformemente al principio della sussidiarietà, completa e sostiene le iniziative nazionali senza addivenire all’adozione di misure legislative a livello europeo. In particolare, il metodo implica la fissazione di obiettivi comuni, la loro attuazione nelle strategie di politica nazionali e, come parte integrante di un processo di scambio reciproco di esperienze, il controllo regolare dei progressi raggiunti sulla base, per quanto possibile, di indicatori concordati e definiti congiuntamente.
[13] Nel settembre 2002 sono state presentate le relazioni strategiche nazionali, nelle quali gli Stati membri hanno illustrato in che modo hanno cercato di conseguire gli undici obiettivi comuni. Successivamente i servizi della Commissione hanno analizzato le relazioni strategiche nell’intento di valutare i risultati ottenuti nella realizzazione di detti obiettivi.
[14] Il Comitato per la protezione sociale è stato istituito con decisione del Consiglio 2000/436/CE del 29 giugno 2000, con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri in materia di politiche di protezione sociale, nel pieno rispetto del trattato e tenendo conto delle competenze delle istituzioni e degli organi comunitari. Il Comitato è composto da due rappresentanti designati da ciascuno Stato membro e da due rappresentanti della Commissione.
[15] Il Comitato per la politica economica, previsto dall’articolo 272 del Trattato che istituisce la Comunità europea, è stato istituito con decisione del Consiglio del 18 febbraio 1974 (74/122/CEE). Secondo quanto stabilito dalla decisione 2003/475/CE, che modifica la decisione 2000/604/CE sulla composizione e lo statuto del comitato di politica economica, gli Stati membri, la Commissione e la Banca entrale europea nominano ciascuno due membri del Comitato per la politica economica.
[16] L’inclusione sociale e le strategie nazionali di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale hanno una posizione preminente nella relazione; anche se in modo meno esteso, vengono affrontate anche le pensioni, sulla base della relazione congiunta su pensioni adeguate e sostenibili presentata nel 2003.
[17] Ai sensi dell’articolo 22, la presente direttiva deve essere attuata entro il 31 dicembre 2005.
[18] Rispettivamente, articolo 6, paragrafo 1, lettere e) ed f).
[19] Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera h).
[20] Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto.
[21] Negli stessi termini è formulato l’articolo 1, comma 2, lettera h), numero 2), della legge di delega 23 agosto 2004, n. 243, che prevede sia attribuito alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione il compito di impartire disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali fra tutte le forme pensionistiche collettive e individuali e di disciplinare e di vigilare sulle modalità di offerta al pubblico di tutti i predetti strumenti previdenziali, compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio, al fine di tutelare l'adesione consapevole dei soggetti destinatari.
[22] L’ipotesi del fallimento non può verificarsi per i fondi pensione, cui, a norma dell’articolo 15, comma 5, si applicano esclusivamente gli istituti dell’amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrativa.
[23] L’articolo 2393-bis del codice civile disciplina l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità da parte dei soci. Il contenuto degli altri articoli è illustrato sopra, in relazione al precedente comma 6.
[24] L’articolo 12 della L. 153 del 1969, così come sostituito dall’articolo 6 del D.Lgs. 314 del 1997, ha disposto che costituiscono redditi di lavoro dipendente ai fini contributivi quelli di cui all'articolo 49, comma 1, del TUIR,maturati nel periodo di riferimento. Inoltre, per il calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 51 del richiamato TUIR, salvo specifiche eccezioni. Le somme ed i valori di cui al comma 1 dell'articolo 51 del TUIR si intendono al lordo di qualsiasi contributo e trattenuta, ivi comprese quelle trattenute al dipendente come oneri deducibili.
[25] Prima della riforma del sistema pensionistico attuata dalla legge n. 335 del 1995, l'indennità di fine servizio riconosciuta ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni aveva natura previdenziale (con eccezione dei dipendenti del parastato, per i quali operava un sistema simile a quello privatistico), consistendo in una prestazione - determinata su parametri costituiti dalla base contributiva e dal periodo di servizio computabile - a cui concorrevano, in misura diversa, i dipendenti, con contributi trattenuti mensilmente dallo stipendio, e le singole amministrazioni di appartenenza.
In particolare, la base contributiva era costituita dall'80% dello stipendio annuo lordo (compresa la tredicesima mensilità nonché - nella misura del 60% per i dipendenti statali - l'indennità di contingenza). L'aliquota contributiva non risultava identica nelle varie gestioni; in quella relativa ai dipendenti dello Stato, la misura era pari al 9,60%, ripartita tra lavoratore (2,50%) e datore di lavoro (7,10%); quote differenti vigevano nella gestione per i dipendenti degli enti locali, ove il contributo era del 6,10%, di cui 3,60 a carico dell'ente ed il 2,50 a carico del dipendente. L'importo dell'indennità si determinava moltiplicando per il numero degli anni di servizio computabili il dodicesimo (il quindicesimo nella gestione relativa ai dipendenti degli enti locali) della base contributiva dell'ultimo stipendio (proiettato su scala annua).
L'articolo 2, comma 5, della L. 335 del 1995, ha disposto, per i soggetti assunti dal 1° gennaio 1996 alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, l'applicazione della normativa sul trattamento di fine rapporto relativo ai lavoratori privati. Il comma 6 del medesimo articolo 2 ha inoltre demandato alla contrattazione collettiva nazionale dei comparti pubblici la definizione - entro il 30 novembre 1995 - delle norme attuative, ai fini delle conseguenti modificazioni della struttura contributiva e retributiva del personale.
Il successivo comma 7 ha altresì previsto che i contratti collettivi nazionali (sempre dei comparti pubblici) definiscano le modalità di applicazione della nuova disciplina ai lavoratori pubblici già in servizio alla data del 31 dicembre 1995. Le misure previste dai citati commi 6 e 7 sono state recepite con il D.P.C.M. 20 dicembre 1999 (Gazz. Uff. 15 maggio 2000, n. 111). recante disposizioni in materia di trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi pensione dei pubblici dipendenti.
In sostanza, dall'omologazione tra settore pubblico e privato è derivata, per i dipendenti pubblici, un calcolo non più basato sull'ultima retribuzione, ma sull'entità degli accantonamenti annuali.
Successivamente, l’articolo 74 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001), ha dettato disposizioni volte a garantire l’erogazione degli importi finanziari necessari per avviare le forme di previdenza complementare per i pubblici dipendenti, agendo sia sul versante dei contributi dovuti dalle amministrazioni pubbliche, quali datori di lavoro, sia su quello dei contributi dovuti dai dipendenti che abbiano esercitato l'opzione per l'applicazione del regime privatistico in materia di TFR.
[26] In particolare, le disposizioni di cui all’articolo 71, che avevano lo scopo di accelerare lo sviluppo dei fondi pensione, prevedevano la trasformazione del debito per TFR in titoli emessi dal debitore, di gradimento del creditore, da assegnare al fondo pensione costituito dagli stessi soggetti, in base ad uno specifico e preventivo accordo in tal senso. In tal modo è stata prospettata una sorta di “cartolarizzazione” del TFR che, oltre ad assicurare evidenti vantaggi per l’impresa direttamente interessata e a favorire la crescita dei fondi pensione, poteva contribuire allo sviluppo dei mercati finanziari mediante l’offerta di nuovi strumenti. Con tale operazione - eseguibile previo l’accordo fra le fonti istitutive del Fondo pensione -, la minore liquidità per l’impresa, derivante dal mancato accantonamento del TFR, veniva recuperata tramite l’emissione di strumenti finanziari da parte della stessa.
Il citato D.Lgs. 299 del 1999 prevede dunque (articolo 2) che le fonti istitutive dei fondi pensione possano attribuire, in alternativa all’accantonamento dell’importo, ai Fondi stessi determinati strumenti finanziari aventi valore corrispondente. Tale facoltà è tuttavia limitata al 1999 e ai tre anni solari successivi. La trasformazione del TFR in strumenti finanziari deve comunque essere esplicitamente accettata dal lavoratore. A tal fine le fonti istitutive devono determinare le modalità di manifestazione del consenso del lavoratore, ferma restando la necessità della forma scritta e specifica.
L’attribuzione ai Fondi pensione di strumenti finanziari, secondo le modalità richiamate, può riguardare, in alternativa all’importo del solo accantonamento annuale, anche, cumulativamente, un ammontare corrispondente agli accantonamenti di più esercizi, purché compresi tra quelli indicati in precedenza.
L’attribuzione del TFR non opera con riferimento alle quote di accantonamento annuali al TFR già in precedenza impegnate in forma di previdenza complementare sulla base di disposizioni di legge o contratti collettivi nazionali.
Lo stesso provvedimento, inoltre, individua ulteriori modalità di finanziamento dei fondi pensione, differenziandoli sulla base delle caratteristiche dei soggetti debitori del TFR medesimo. In particolare, si disciplina la trasformazione del TFR in strumenti finanziari emessi, rispettivamente, da emittenti quotati (articolo 3), emittenti quotandi (articolo 4) e qualificati operatori finanziari (articolo 5).
[27] Si ricorda, in proposito, che l’attribuzione della competenza legislativa concorrente alle regioni in materia di previdenza complementare e integrativa ha rappresentato una novità assoluta, non riconducibile né ad una evoluzione interpretativa del vecchio testo dell’articolo 117 in oggetto né il risultato di specifici indirizzi normativi o giurisprudenziali, come ad esempio è successo nel trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle regioni in alcuni settori per effetto delle disposizioni della L. 59 del 1997 e del D.Lgs. 112 del 1998.
[28] Friuli-Venezia Giulia, legge regionale 15 febbraio 2000 n. 1, articoli 31-35; Lazio, legge regionale 27 febbraio 2004 n. 2, articolo 10; Trentino-Alto Adige, legge regionale 27 febbraio 1997 n. 3; Valle d’Aosta, legge regionale 26 giugno 1997 n. 22.
[29] Ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 124 del 1993 sono forme pensionistiche complementari quelle derivanti da contratti e accordi collettivi; accordi fra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi da loro sindacati o associazioni di rilievo almeno regionale; regolamenti di enti o aziende; accordi fra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, promossi da associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo legalmente riconosciute; accordi tra soggetti destinatari del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565, promossi da loro sindacati o associazioni di rilievo almeno regionale. Ai sensi degli articoli 9-bis e 9-ter del medesimo decreto legislativo, le forme pensionistiche individuali sono attuate mediante adesione ai fondi pensione aperti (articolo 9) nonché mediante stipulazione di contratti di assicurazione sulla vita con imprese di assicurazione autorizzate dall’ISVAP.
[30] L’articolo 1 del decreto legislativo n. 579 del 1995 disciplina il trattamento fiscale e contributivo della parte eccedente l'importo del massimale annuo della base contributiva e pensionabile, stabilito in lire 132 milioni ai sensi dell'art. 2, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ove destinata al finanziamento di fondi di previdenza complementare.
I contributi eccedenti i limiti percentuali di importo della contribuzione, versati ai predetti fondi dai datori di lavoro e dai lavoratori appartenenti a regimi pensionistici in precedenza privi di massimale contributivo, sono deducibili ai fini fiscali in misura complessivamente non superiore al 10 per cento del reddito annuo eccedente il suddetto massimale della base contributiva, e comunque per un ammontare non superiore a lire 16.800.000.
Qualora tali contributi superino complessivamente la misura del 10 per cento del reddito annuo, la deduzione fiscale a favore del datore di lavoro può operare nella misura massima della differenza tra tale misura del 10 per cento e la misura del contributo del lavoratore.
Alla contribuzione, nei confronti della quale opera la suddetta deduzione fiscale, si applica inoltre un contributo di solidarietà.
[31] Si tratta, oltre al coniuge e ai figli, dei discendenti prossimi, anche naturali; dei genitori e ascendenti prossimi, anche naturali; degli adottanti; dei generi e delle nuore; del suocero e della suocera; dei fratelli e delle sorelle germani o unilaterali.
[32] Il comma 4 estende l’applicazione di questa disposizione agli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all'articolo 17, comma 1, lettere c), d) e f), dello stesso testo unico (indennità per la cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di rapporti di agenzia e dell’attività degli sportivi professionisti).
[33] Ai sensi dell’articolo 2, comma 8, della legge n. 297 del 1982.
[34] Cfr. la legge 28 marzo 2003, n. 53, recante delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, e la legge 7 aprile 2003, n. 80, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale.
[35] Cfr. la relazione al Parlamento della Corte dei Conti sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativamente alle leggi approvate dal Parlamento nel quadrimestre settembre-dicembre 2004 (Doc. XLVIII n. 12), p. 69-73.
[36] Cfr. sentenza della Corte costituzionale n. 226 del 1976. Nella medesima sentenza la Corte afferma tuttavia che «qualora eccezionalmente non fosse possibile, in sede di conferimento della delega, predeterminare rigorosamente in anticipo i mezzi per finanziare le spese che l'attuazione della stessa comporta, sia sufficiente che il Governo venga a ciò espressamente delegato, beninteso con prefissione di principi e criteri direttivi, come vuole l'art. 76.»
[37] L’assegno sociale, di cui all’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è una prestazione di natura assistenziale che a decorrere dal 1° gennaio 1996 ha sostituito la pensione sociale, che continua comunque ad essere erogata a coloro che, avendone i requisiti, ne hanno fatto domanda entro il 31 dicembre 1995.
L’assegno sociale è riservato ai cittadini italiani che abbiano 65 anni di età, siano residenti in Italia ed abbiano un reddito pari a zero o di importo comunque inferiore ai limiti stabiliti annualmente dalla legge. Se il soggetto interessato è coniugato si tiene conto anche del reddito del coniuge.
Sono equiparati ai cittadini italiani gli abitanti della Repubblica di San Marino, i rifugiati politici, i cittadini dell'Unione europea ed i cittadini extracomunitari che hanno ottenuto la carta di soggiorno.
L'importo dell'assegno viene stabilito anno per anno ed è esente da imposta. Per il 2005 è pari a € 374,97 al mese. L’assegno non è esportabile e pertanto si perde se l’interessato si trasferisce all’estero. L’assegno non è reversibile e quindi non può essere trasmesso ai familiari superstiti. Coloro che percepiscono l’assegno sociale possono, a determinate condizioni, avere diritto alle maggiorazioni sociali
[38] Tali commi hanno esteso - novellando il disposto dell’articolo 1, primo comma, del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 - la disciplina concernente il sequestro, pignoramento e cessione di stipendi, salari e pensioni dei dipendenti pubblici ai dipendenti delle aziende private.
[39] Tale articolo ha recato una serie di modifiche all’articolo 1 del richiamato D.P.R. 180. In particolare:
- è stato specificato che le deroghe al divieto di sequestro, di pignoramento e di cessione dei trattamenti erogati ai dipendenti pubblici possono essere previste non solo dal Testo Unico, ma anche da altre disposizioni di legge;
- viene consentita, a tutti i titolari di trattamento pensionistico (e non solo ai soggetti che abbiano lavorato presso pubbliche amministrazioni) la stipula di prestiti - mediante la cessione di una quota del trattamento previdenziale non superiore ad un quinto, calcolato al netto delle ritenute fiscali - con le banche e gli intermediari finanziari che, ai sensi dell’articolo 106 del D.Lgs. 385 del 1993 (TUB) , sono iscritti in un apposito elenco tenuto dall'UIC. La durata del prestito non potrà superare i dieci anni (nuovo comma terzo dell’articolo 1 del D.P.R: 180);
- è stata introdotta la facoltà di cedere specifici trattamenti economici (quali, tra gli altri, le pensioni e gli assegni di invalidità, gli assegni vitalizi).
Lo stesso articolo, inoltre, ha introdotto modifiche agli articoli 52 e 55 del richiamato D.P.R. 180.
[40] In particolare, il comma 2 del citato articolo 16 specifica che le condizioni contrattuali dei prestiti da estinguersi con cessione di quote della pensione debbano essere determinate sulla base di convenzioni stipulate, con le banche e gli intermediari finanziari (cfr. nota precedente) dal Ministero dell’economia o dagli enti eroganti le pensioni e gli altri assegni Tale articolo ha disposto
[41] Il comma 1 di tale articolo prevede infatti che, ove vengano meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare, lo statuto del fondo pensione deve consentire le seguenti opzioni stabilendone misure, modalità e termini di esercizio:
- il trasferimento presso altro fondo pensione complementare, cui il lavoratore acceda in relazione alla nuova attività;
- il trasferimento ad uno dei fondi di cui all'art. 9 o a una delle forme pensionistiche individuali di cui agli articoli 9-bis e 9-ter);
- il riscatto della posizione individuale.
[42] Le disposizioni relative allo stabilimento in altro Stato membro da parte di imprese di assicurazione autorizzate in uno Stato membro dell’Unione europea e allo svolgimento di attività in regime di libera prestazione di servizi sono contenute nel titolo IV della direttiva n. 2002/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativa all'assicurazione sulla vita.
[43] Tale comma ha disposto, per il funzionamento della COVIP, un’autorizzazione di spesa di 2.582.284,50 euro (5 miliardi di lire) a decorrere dall'anno 1996. Successivamente, l’articolo 59, comma 39, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) ha incrementato tale spesa, per il 1998, di 516.456,90 euro (1 miliardo di lire) e, per gli anni successivi, di 2.582.284,50 euro (5 miliardi di lire). Si ricorda, infine, che le modalità tecnico-contabili per il finanziamento della COVIP sono state definite con il D.M. 15 aprile 1998.
[44] Data di entrata in vigore del D.Lgs. 47 del 2000, concernente la riforma della disciplina della previdenza complementare.
[45] E riprodotto dall’articolo 12, comma 4, lettera della L. 153 del 1969, così come modificato dall’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. 314 del 1997. Si ricorda che il citato articolo 12 ha sostituito gli articoli 1 e 2 del D.Lgt. 1° agosto 1945, n. 692, recepiti negli articoli 27 e 28 del D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, e l'articolo 29 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.
[46] Più specificamente, la circolare richiamata, ha chiesto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali “se la normativa in argomento esaurisca o meno la disciplina relativa al versamento della contribuzione di solidarietà gravante sulle erogazioni di cui al citato articolo 2 del D.L. n. 67/1997, o se debba, invece, tenersi comunque conto delle previsioni dell’art. 6, co. 4, lett. f) del D.Lgs. n. 314/1997 (rectius: articolo 12 comma 4, lettera f), della L. 153 del 1969). Al riguardo, il predetto Dicastero ha fatto presente che le erogazioni in argomento, qualora vengano destinate a finanziare trattamenti pensionistici complementari, debbano in ogni caso essere assoggettate allo specifico contributo di solidarietà del 10 per cento, sempre a carico del datore di lavoro, previsto dall’art. 6, co. 4, lett. f) del citato D.Lgs. n. 314/1997.
Conseguentemente:
- sulle erogazioni direttamente corrisposte ai lavoratori, il datore di lavoro è tenuto a versare il contributo di solidarietà del 10 per cento ex art. 2, co. 3, del D.L. n. 67/1997, riprodotto nell’art. 6, co. 4, lett. e) del D.Lgs. n. 314/1997 (rectius: articolo 12 comma 4, lettera f), della L. 153 del 1969);
- qualora tali erogazioni vengano destinate al finanziamento di trattamenti pensionistici complementari, il datore di lavoro è comunque tenuto a versare sull’intero accantonamento, il diverso contributo di solidarietà del 10 per cento, ex art. 9-bis della legge n. 166/91, dovuto a suo carico in virtù del richiamo espresso operato dall’art. 6, co. 4, lett. f) del citato D.Lgs. n. 314/1997 (rectius: articolo 12 comma 4, lettera f), della L. 153 del 1969)”.
[47] Il 28 aprile 1993 è entrato in vigore il D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124.
[48] Nel caso di fondi iniziati o cessati nel corso dell’anno, si considerano rispettivamente il patrimonio alla data d’inizio e a quella di cessazione.
[49] La riduzione, dal 12,50 per cento al 5 per cento, dell’aliquota dell’imposta sostitutiva applicabile agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), che investono il proprio patrimonio in azioni emesse da società a piccola o media capitalizzazione, quotate nei mercati regolamenti italiani o di altro Stato membro dell’Unione Europea, è stata disposta dall’articolo 12 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.
[50] Tale credito è stato introdotto dall’articolo 12, comma 5, del citato D.L. n. 269 del 2003.
[51] Si tratta, rispettivamente, dell'articolo 9 della legge 23 marzo 1983, n. 77; dell'articolo 14 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84; dell'articolo 11 della legge 14 agosto 1993, n. 344; dell'articolo 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512.
[52] La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 29/E del 20 marzo 2001, di commento del D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, cita ad esempio il caso dei proventi degli OICVM esteri non armonizzati collocati all'estero e percepiti senza l'intervento di un soggetto residente incaricato del loro pagamento.
[53] Il 28 aprile 1993 è entrato in vigore il D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124.
[54] Alla restante parte del patrimonio di detti fondi si applica l’imposta sostitutiva nell’ordinaria misura dell’11 per cento e la base imponibile è determinata ai sensi del comma 2 del presente articolo 17.
[55] La valutazione dei beni immobili dei fondi comuni di investimento immobiliare chiusi è effettuata da esperti indipendenti, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera c), n. 5), del D.Lgs. n. 58 del 1998 e dell’articolo 17 del successivo regolamento di attuazione di cui al D.M. 24 maggio 1999, n. 228
[56] Data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
[57] Il termine per la presentazione della dichiarazione dei soggetti IRES è fissato all’ultimo giorno del settimo mese successivo alla chiusura dell’esercizio, per la dichiarazione cartacea (nel caso in cui sia ammessa la presentazione di tale tipo di dichiarazione), e all’ultimo giorno del decimo mese successivo alla chiusura dell’esercizio, per la dichiarazione telematica (articolo 2 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322).
[58] Questa disposizione corrisponde all’ultimo periodo dell’articolo 14, comma 6, del D.Lgs. n. 124 del 1993.
[59] Il disposto originario dell’art. 16 del Decreto 124 è stato successivamente modificato dall'articolo 13 della legge 8 agosto 1995, n. 335, dall’articolo 71 della Legge 17 marzo 1999, n. 144, e dall’articolo 59, comma 40, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449.
[60] L’Agenzia delle entrate, con circolare n. 47/E del 2003, ha chiarito che nella nozione di atti relativi all’istituzione o alla sottoscrizione di fondi immobiliari debbono rientrare anche gli atti relativi alle sottoscrizioni effettuate mediante apporto di beni.
[61] L’articolo 7 ìndica fra gli atti per cui non vi è obbligo di chiedere la registrazione gli “atti relativi alla istituzione di fondi comuni di investimento mobiliare autorizzati, alla sottoscrizione e al rimborso delle quote, anche in sede di liquidazione, e all'emissione ed estinzione dei relativi certificati, compresi le quote ed i certificati di analoghi fondi esteri autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato”.
[62] Decorrenti dalla data di emanazione del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 14 gennaio 1997, n. 211, recante norme per l'autorizzazione all'esercizio dei fondi pensione (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 11 luglio 1997, n. 160).
[63] L’articolo 4, comma 3-bis, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, ha confermato che “per i soggetti iscritti ai fondi di previdenza complementare che abbiano presentato istanza al Ministero del lavoro e della previdenza sociale per l'applicazione del periodo transitorio di cui al comma 8-bis dell'articolo 18 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, nei termini ivi previsti, ai fini della deducibilità di cui all'articolo 10, comma 1, lettera e-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, continua ad applicarsi, fino al termine del predetto periodo transitorio, il comma 8-quater dell'articolo 18 del citato decreto legislativo”.
[64] Si veda anche la risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 169/E del 29 ottobre 2001.
[65] Decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
[66] La disposizione vale per tutte le deleghe conferite dalla legge, con l’eccezione di quella relativa al riordino degli enti pubblici di previdenza e assistenza obbligatoria (comma 33), dalla quale non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
[67] La norma prevede la progressiva applicazione delle disposizioni oggetto della delega di cui alla Legge 243, nonché della normativa sugli incentivi al posticipo del pensionamento (prevista per i dipendenti del settore privato) ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001.
Tale previsione si inscrive in una evoluzione normativa tesa a ravvicinare il rapporto di lavoro pubblico ed il relativo trattamento previdenziale alla disciplina vigente per i rapporti di lavoro privato.
L’applicazione sarà effettuata con le necessarie armonizzazioni, previo confronto con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori, con le regioni, gli enti locali e le autonomie funzionali, tenendo conto non solo delle specificità dei singoli settori ma anche dell’interesse pubblico connesso all’organizzazione del lavoro e all’esigenza di efficienza della pubblica amministrazione.
[68] Deve essere corretto l’errore materiale “in regime di tassazione” con l’espressione “il regime di tassazione”.
[69] La norma si applica alle prestazioni maturate entro il 31 dicembre 2005, indipendentemente dal momento della loro erogazione.