XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento lavoro | ||||
Titolo: | Attuazione delle direttive 1999/63CE, organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare - Schema di D.Lgs. n. 451 (art. 1, L. n. 306/2003) | ||||
Serie: | Pareri al Governo Numero: 387 | ||||
Data: | 01/03/05 | ||||
Abstract: | Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa; schede di lettura; schema di decreto legislativo; normativa nazionale e comunitaria; giurisprudnza. | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | XI-Lavoro pubblico e privato | ||||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
pareri al governo |
Attuazione della direttiva 1999/63/CE, organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare Schema di D.Lgs. n. 451 (art. 1, L. n. 306/2003) |
n. 387
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1° marzo 2005 |
Camera dei deputati
SIWEB
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File: LA0482
INDICE
Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Conformità con la norma di delega
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Rispetto degli altri princìpi costituzionali
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
Normativa nazionale
§ Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 76 e 87)
§ Codice della navigazione (artt. 24, 181 e 323)
§ R.D.L. 14 dicembre 1933, n. 1773. Accertamento dell'idoneità fisica della gente di mare di prima categoria.
§ L. 28 ottobre 1962, n. 1602. Modifiche ed integrazioni del regio decreto-legge 14 dicembre 1933, n. 1773, convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 244, concernente l'accertamento della idoneità fisica della gente di mare.
§ L. 17 ottobre 1967, n. 977. Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti. (artt. 2, 3, 15 e 17)
§ L. 10 aprile 1981, n. 157. Ratifica ed esecuzione delle convenzioni numeri 74, 109, 129, 132, 134, 135, 136, 137, 138 e 139 dell'Organizzazione internazionale del lavoro. (Convenzione 109 – art. 20 e Convenzione 146 – art. 3)
§ L. 23 agosto 1988, n. 400 Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 14)
§ L. 6 dicembre 1991, n. 394. Legge quadro sulle aree protette. (art. 19)
§ D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 271. Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della L. 31 dicembre 1998, n. 485.
§ D.P.R. 9 maggio 2001, n. 324. Regolamento di attuazione delle direttive 94/58/CE e 98/35/CE relative ai requisiti minimi di formazione per la gente di mare. (art. 12)
§ D.M. 23 luglio 2002, n. 206. Regolamento recante l'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti tra il Ministero della salute ed i medici ambulatoriali, specialisti e generici, operanti negli ambulatori direttamente gestiti dal Ministero della salute per l'assistenza sanitaria e medico legale al personale navigante, marittimo e dell'aviazione civile. (art. 26)
§ D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66. Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (artt. 10 e 18)
§ L. 31 ottobre 2003, n. 306. Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003. (artt. 1 e 2)
Normativa comunitaria
§ C180 Seafarers' Hours of Work and the Manning of Ships Convention, 1996 Convention concerning Seafarers' Hours of Work and the Manning of Ships
§ Dir. 1999/63/CE del 21 giugno 1999. Direttiva del Consiglio relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST).
§ Dir. 1999/95/CE del 13 dicembre 1999. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione delle disposizioni relative all'orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità
§ Dir. 2001/25/CE del 4 aprile 2001. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare (considerando 12; art. 14)
Giurisprudenza
§ Sentenza della Corte (Quinta Sezione) 16 dicembre 2004
Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa
Numero dello schema di decreto legislativo |
n. 451 |
Titolo |
Attuazione della direttiva 1999/637CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FTS). |
Norma di delega |
Legge 31 ottobre 2003, n. 306 Artt. 1 e 2 e allegato B |
Settore d’intervento |
Occupazione |
Numero di articoli |
11 |
Date |
|
§ presentazione |
16 febbraio 2005 |
§ assegnazione |
16 febbraio 2005 |
§ termine per l’espressione del parere |
28 marzo 2005 |
§ scadenza della delega |
30 maggio 2005 |
Commissione competente |
11ª Commissione Lavoro |
Rilievi di altre Commissioni |
14ª Politiche dell’unione europea |
Lo schema di decreto legislativo in esame è stata emanato sulla base della delega contenuta negli articoli 1 e 2 e nell’allegato B della legge comunitaria 2003 (legge 31 ottobre 2003, n. 306), concernente l’attuazione della Direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, che recepisce il contenuto dell'accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare, concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) il 30 settembre 1998.
La direttiva, che ha l’obiettivo di proteggere la salute e la sicurezza della gente di mare attraverso la fissazione di livelli minimi di tutela in materia di orario di lavoro, è stata emanata anche per accelerare il recepimento della convenzione dell’OIL n. 180 del 22 ottobre 1996 (non ancora ratificata dall’Italia), il cui contenuto è appunto ripreso dal citato accordo europeo.
Il termine per l’attuazione era fissato al 30 giugno 2002. La Corte di Giustizia europea, con sentenza del 16 dicembre 2004 (causa C-313/03) ha accertato l’inadempimento dell’Italia alla direttiva.
L’articolo 1 determina, oltre all’oggetto, il campo di applicazione del provvedimento, che concerne i lavoratori che prestano servizio a bordo delle navi mercantili adibite alla navigazione marittima che battono bandiera italiana.
E’ inoltre disposto il divieto assoluto di imbarco per i lavoratori di età inferiore a 16 anni.
L’articolo 2 reca una serie di definizioni, mentre l’articolo 3 disciplina l’orario di lavoro a bordo della navi mercantili.
Gli articoli 4, 5 e 6 recano norme relative, rispettivamente, alla tenuta del registro dell’orario di lavoro a bordo, agli obblighi dell’armatore e del comandante relativi al rispetto delle disposizioni sull’orario ed alla definizione delle tabelle di armamento. L’articolo 7 disciplina la verifica dell’idoneità al lavoro del personale marittimo.
L’articolo 8 regolamenta le ferie dei lavoratori marittimi.
Gli articoli 9 e 10 prevedono sanzioni di carattere, rispettivamente, penale ed amministrativo.
L’articolo 11 dispone che dal provvedimento non derivano oneri a carico della finanza pubblica.
Per una disamina più approfondita delle disposizioni si rinvia alle schede di lettura.
Lo schema di decreto è accompagnato dalla relazione illustrativa – che ricorda che la relazione tecnica non risulta necessaria in quanto dal provvedimento non derivano oneri – e dalla analisi tecnico normativa.
Con riferimento alla conformità dello schema di decreto alle disposizioni della direttiva attuata si rinvia alla voce “esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria” (v. infra).
In relazione alla materia delle sanzioni, si ricorda che la legge comunitaria 2003 (legge n. 306/2003, art. 2, comma 1, lettera c)) prevede, tra i principi e i criteri direttivi di delega concernenti le sanzioni, che, «salva l'applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali … sono previste … solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. La sanzione amministrativa … è prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli sopra indicati. … In ogni caso sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi.»
Il provvedimento in esame si limita a sanzionare l’armatore della nave che non appronta le risorse necessarie per l’organizzazione del lavoro a bordo ed il comandante che non adotta tutti i provvedimenti necessari per il rispetto delle disposizioni relative all’orario di lavoro ed ai periodi di riposo (per un rilievo circa la genericità di quest’ultima fattispecie incriminatrice si rinvia alle osservazioni sulla formulazione del testo).
Si valuti l’opportunità, alla luce del citati principi e criteri di delega, che prevedono l’adozione di una sanzione penale laddove siano lesi o esposti a pericolo interessi costituzionalmente protetti:
§ di prevedere un illecito in caso di violazione del divieto di imbarcare lavoratori di età inferiore a 16 anni (divieto di cui all’art. 1, comma 3). La tutela dei minori e del lavoro dei minori rientra infatti sicuramente tra gli interessi costituzionalmente protetti ai sensi degli articoli 31, secondo comma, e 37, comma terzo, della Costituzione.
§ di articolare il sistema sanzionatorio con riferimento alla violazione delle singole disposizioni sull’orario, in considerazione anche della rilevanza costituzionale del diritto al riposo giornaliero e settimanale (art. 36, commi secondo e terzo, Cost.);
§ di sanzionare l’inosservanza della disposizione sul diritto alle ferie (art. 8), anch’esso costituzionalmente rilevante (art. 36, comma terzo, Cost.).
Il riferimento nell’art. 5, comma 2, alla mancata adozione dei provvedimenti necessari per il rispetto delle «disposizioni relative all’orario di lavoro … ed ai periodi di riposo» non sembra possa essere esteso fino a comprendere la disposizione sulle ferie, in base al principio di tassatività e al divieto di analogia in materia penale.
Le disposizioni dello schema di decreto attinenti alla disciplina del rapporto di lavoro rientrano nella materia dell’«ordinamento civile», di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettere l), della Costituzione.
La materie della «tutela della salute» e della «sicurezza del lavoro» sono invece di competenza concorrente tra Stato e regioni, ai sensi dell’articolo 117, comma terzo, della Costituzione.
Le disposizioni dello schema di decreto rientrano nell’ambito di applicazione:
§ dell’art. 32 della Costituzione, sulle tutela della salute;
§ dell’art. 36, commi secondo e terzo, della Costituzione, che prevede la determinazione con legge della durata massima della giornata lavorativa e sancisce il diritto irrinunciabile del lavoratore al riposo settimanale ed alle ferie annuali retribuite;
§ dell’art. 37, comma terzo, della Costituzione, che prevede la tutela del lavoro dei minori con speciali norme.
Si ricorda che la direttiva 1999/63/CE, attuata dal provvedimento in esame, prevede una serie di requisiti minimi per la tutela dei lavoratori marittimi. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli di quelle previste nella presente direttiva (art. 2, comma 1).
Ai sensi dell’art. 2, comma 2, inoltre, l'attuazione delle disposizioni della direttiva non costituisce in nessun caso motivo sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nell'ambito coperto dalla stessa. E’ fatto comunque salvo il diritto degli Stati membri e/o delle parti sociali di sviluppare, alla luce dell'evolversi della situazione, disposizioni diverse rispetto a quelle esistenti al momento dell'adozione della direttiva, a patto che i requisiti minimi previsti nella stessa siano rispettati.
Di conseguenza, ai fini della valutazione della compatibilità del provvedimento in esame con la normativa comunitaria, non solo occorre valutare la conformità delle disposizioni a quelle della direttiva ma è necessario anche operare un confronto con la disciplina interna attualmente vigente al fine di verificare che non vi sia una riduzione ingiustificata del livello di protezione dei lavoratori.
Si rileva in proposito che l’articolo 8 prevede per i lavoratori marittimi il diritto ad avere almeno due settimane di ferie retribuite nel corso dell’anno. Per i predetti lavoratori la materia delle ferie è attualmente disciplinata dall’art. 3, comma 3, della Convenzione OIL n. 146 del 29 ottobre 1997, ratificata con la legge n. 159 del 1981, che stabilisce che la durata del congedo annuale retribuito non deve essere inferiore a 30 giorni per ogni anno di servizio.
La riduzione del periodo minimo di ferie (da 30 giorni a due settimane) previsto a livello legislativo per il lavoratori marittimi appare in contrasto con l’art. 2, comma 2, della direttiva. Non sembrano esserci infatti mutamenti della situazione tali da giustificare un trattamento deteriore (la relazione illustrativa non vi fa cenno). Si ricorda inoltre che la disciplina generale sulle ferie (art. 10, d.lgs. n. 66/2003), applicabile anche ai lavoratori a bordo di navi da pesca (art. 18, d.lgs. n. 66/2003), prevede un periodo di ferie annuali di quattro settimane.
L’articolo 2 reca inoltre, tra le altre, la definizione di “ore di lavoro”, riprendendo il contenuto della clausola 2 dell’accordo europeo recepito dalla direttiva.
Sempre ai fini di un confronto con la normativa interna attualmente vigente, si ricorda che l’attuale testo dell’art. 11, comma 1, della legge n. 271/99 dispone che per «durata del lavoro a bordo della nave» si intende il tempo durante il quale un lavoratore marittimo è tenuto ad effettuare l'attività lavorativa connessa all'esercizio della navigazione. Fin qui la definizione è analoga a quella del art. 2 del provvedimento in esame. Il citato art. 11, comma 1, prosegue peraltro includendo esplicitamente alcune attività nella nozione di «durata del lavoro», fra le quali le esercitazioni e la formazione in materia di igiene e sicurezza del lavoro a bordo.
Si valuti dunque se la mancata esclusione dalla nozione di «durata del lavoro» delle attività sopra richiamate costituisca una riduzione del livello di protezione dei lavoratori e si ponga pertanto in contrasto con l’art. 2, comma 2, della direttiva.
Il comma 6 dell’art. 11 della legge n. 271/99, sostituito dall’art. 3 dello schema di decreto in esame, prevede per il personale di guardia l’applicazione delle disposizioni sui periodi di riposo previste dall’articolo 12 del D.P.R. n. 324 del 2001. Questo articolo dispone la fruizione ogni 24 ore di un periodo di riposo di almeno 10 ore, che può tuttavia essere ridotto – a determinate condizioni - a 6 ore. Si tratta dunque di una disciplina più gravosa per il lavoratore rispetto alla disciplina generale, che prevede comunque un periodo di riposo di almeno 10 ore.
Per gli addetti alla guardia, il paragrafo 6 della clausola 5 dell’accordo europeo prevede la possibilità di deroghe alla disciplina generale sull’orario di lavoro. Tali deroghe sono però rimesse alla contrattazione collettiva, previa autorizzazione delle autorità competenti.
Si valuti pertanto la compatibilità del citato comma 6 con la clausola 5, paragrafo 6, dell’accordo europeo.
Si osserva infine che:
§ il comma 9 dell’art. 11 della legge n. 271/99, sostituito dall’art. 3 dello schema di decreto in esame, prevede la redazione della tabella dell’organizzazione del lavoro a bordo in italiano ed in inglese, mentre il paragrafo 8 della clausola 5 dell’accordo europeo dispone che la tabella deve essere redatta, oltre che in inglese, «nella lingua o nelle lingue di lavoro della nave». Si potrebbe porre un problema di compatibilità nel caso in cui sulla nave siano adottate lingue di lavoro diverse dall’italiano;
§ il comma 10 dell’art. 11 della legge n. 271/99, sostituito dall’art. 3 dello schema di decreto in esame, dispone la conservazione a bordo di una copia del contratto collettivo, per la consultazione di tutti, laddove il paragrafo 3 della clausola 8 dell’accordo europeo prevede la conservazione a bordo, oltre che dei contratti collettivi, di una copia delle pertinenti disposizioni della normativa nazionale.
Il provvedimento in esame interviene su alcune materie, quali l’orario di lavoro e le ferie dei lavoratori marittimi, nelle quali la disciplina normativa è ampiamente integrata dalla contrattazione collettiva.
L’articolo 3 dello schema di decreto in esame sostituisce l’art. 11 del decreto legislativo n. 271/99, relativo all’orario di lavoro a bordo delle navi mercantili. Ai fini della organicità del testo e della semplificazione normativa, si valuti l’opportunità di evitare la tecnica della novella e di mantenere la disposizione all’interno del provvedimento in esame – che contiene anche la disciplina sanzionatoria - sopprimendo contestualmente il citato art. 11. In tal modo il provvedimento in esame recherebbe una disciplina tendenzialmente completa sull’organizzazione dell’orario di lavoro a bordo delle navi mercantili.
Si osserva che la fattispecie di reato di cui all’art. 9, comma 2, del provvedimento in esame è formulata in maniera generica. Essa punisce infatti il comandante che non abbia adottato tutti i provvedimenti necessari al rispetto delle disposizioni concernenti l’orario di lavoro ed i periodi di riposo: non appare chiaro se il mancato rispetto di una singola disposizione sull’orario di lavoro sia sufficiente ad integrare la fattispecie di reato.
Il comma 7 dell’art. 11 della legge n. 271/99, sostituito dall’art. 3 dello schema di decreto in esame, prevede la facoltà del Ministero del lavoro di autorizzare i contratti collettivi a derogare alle disposizioni sull’orario di lavoro. Si osserva che dalla formulazione della norma – che prevede che le deroghe devono consentire la fruizione di congedi compensativi per i lavoratori delle navi impiegate in viaggi brevi - non risulta chiaro se le deroghe debbano riguardare esclusivamente tali soggetti o possano riguardare anche altri lavoratori.
Per ulteriori osservazioni tecniche sulla formulazione del testo e per la segnalazione di alcuni refusi si rinvia alle schede di lettura.
Lo schema di decreto legislativo in esame è stato emanato sulla base della delega contenuta negli articoli 1 e 2 e nell’allegato B della legge comunitaria 2003 (legge 31 ottobre 2003, n. 306), concernente l’attuazione della Direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, che recepisce il contenuto dell'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare, concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) il 30 settembre 1998.
Si ricorda che, ai fini dell’attuazione, la direttiva 1999/63/CE era già stata inserita nella legge comunitaria 2000 (L. 29 dicembre 2000, n. 422, articolo 22 e Allegato B) e nella legge comunitaria 2001 (L. 1° marzo 2002, n. 39, art. 22 e Allegato B).
La direttiva, che ha l’obiettivo di proteggere la salute e la sicurezza della gente di mare attraverso la fissazione di livelli minimi di tutela in materia di orario di lavoro, è stata emanata anche per accelerare il recepimento della convenzione dell’OIL n. 180 del 22 ottobre 1996 (non ancora ratificata dall’Italia), il cui contenuto è appunto ripreso dal citato accordo europeo.
Il termine per l’attuazione era fissato al 30 giugno 2002. La Corte di Giustizia europea, con sentenza del 16 dicembre 2004 (causa C-313/03) ha accertato l’inadempimento dell’Italia alla direttiva.
Si ricorda, in proposito, che il contenuto della direttiva 1999/63/CE è stato parzialmente anticipato dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, recante l’adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, che ha tenuto conto delle disposizioni della Convenzione OIL n. 180 del 1996.
Si ricorda, infine, che il lavoro della gente di mare, per le sue peculiarità, è escluso dal campo di applicazione generale della direttiva 2003/88/CE, relativa all'organizzazione dell'orario di lavoro.
Articolo 1
(Oggetto e campo di applicazione)
Lo schema di decreto in esame - come già ricordato - regolamenta l’organizzazione dell’orario di lavoro dei lavoratori marittimi dando attuazione alla direttiva 1999/63/CE che, a sua volta, recepisce le clausole dell’Accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare,concluso il 30 settembre 1998 tra l’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e la Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FST), e riportato in allegato alla medesima direttiva (comma 1).
Si ricorda che il testo normativo fondamentale in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro per il settore delle navi mercantili o da pesca - settoreperil quale il D.Lgs. n. 626/1994 non è direttamente applicabile ai sensi dell'art. 1, comma 2, del medesimo Decreto[1] - è il D. Lgs. n. 271/1999, emanato in attuazione della Legge n. 485/1998, che all’articolo 11 già reca specifiche disposizioni volte a disciplinare la durata del lavoro a bordo delle navi, tenendo conto delle prescrizioni della Convenzione OIL n. 180 del 1996, non ancora ratificata dall’Italia.
Lo schema di decreto in esame si applica nei confronti dei lavoratori che prestano servizio a bordo di tutte le navi mercantili adibite alla navigazione marittima che battono bandiera italiana (comma 2). Sono dunque escluse dall’ambito applicativo le navi da pesca.
Per i lavoratori di età inferiore a 16 anni è disposto il divieto assoluto di imbarco (comma 3), in ottemperanza al divieto posto dalla clausola 11 dell’accordo.
Il lavoro dei minori è regolato nell’ordinamento interno dall’art. 3 della Legge 17 ottobre 1967, n. 977[2], in base al quale l'età minima per l'ammissione al lavoro è fissata al momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria, e comunque non può essere inferiore ai 15 anni compiuti.
Nel periodo compreso tra i 15 e i 18 anni il minore (definito adolescente) può prestare lavoro, con l’eccezione delle lavorazioni e dei processi e lavori espressamente indicati nella legge stessa[3].
Per gli adolescenti occupati a bordo delle navi l’art. 2, comma 3, della medesima Legge n. 977/67 specifica che sono fatte salve le specifiche disposizioni legislative o regolamentari in materia di sorveglianza sanitaria, lavoro notturno e riposo settimanale.
Si segnala che, per un refuso, le parole «di età» sono ripetute due volte.
Articolo 2
(Definizioni)
L’articolo 2 reca una serie di definizioni.
Esso definisce in primo luogo «nave adibita alla navigazione marittima qualsiasi nave o unità diversa da quelle che navigano esclusivamente nelle acque interne, nelle acque protette o in quelle adiacenti alle acque protette.».
Il paragrafo 2 della clausola 1 dell’accordo rimette tale definizione, insieme a quella di «navi impegnate in operazioni di marina mercantile», in caso di dubbio, alle autorità competenti degli Stati membri, previa consultazione delle organizzazioni degli armatori e della gente di mare.
Per quanto concerne la definizione di “nave adibita alla navigazione marittima”, si ricorda che il Codice della navigazione distingue due tipi di navigazione:
- navigazione marittima;
- navigazione interna.
L’articolo 24 prevede che le navi addette alla navigazione interna possano entrare in acque marittime, debbano osservare le norme di polizia marittima ed essere sottoposte alla vigilanza degli organi competenti per la navigazione marittima e viceversa.
Per ciò che attiene alle acque protette, si ricorda che che il Ministero dell'Ambiente - Servizio Difesa del Mare, nell’ambito della politica di rivalutazione e valorizzazione del mare e delle coste ha dato negli ultimi anni un forte impulso alla politica delle Aree Marine Protette.
Le principali finalità della istituzione delle Aree Marine Protette sono:
- la protezione di aree ritenute di particolare interesse per caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche e biochimiche;
- la diffusione dell'educazione ambientale e dell'amore per il mare, anche attraverso la conoscenza degli ambienti marini;
- la promozione delle attività di ricerca e di studio in ambiente naturale.
L’art. 19 della legge n. 394/1991[4] individua le attività vietate nelle aree protette marine, quelle cioè che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell'ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell'area. I decreti istitutivi delle aree marine protette, considerando la natura e le attività socio - economiche dei luoghi, possono però prevedere alcune eccezioni (deroghe) ai divieti stabiliti dalla legge n. 394/91, oltre a dettagliare in modo più esaustivo i vincoli.
Tra gli altri, la legge n. 394/91 reca il divieto della navigazione a motore[5] in tali aree.
L’articolo 2 reca inoltre le definizioni di “ore di lavoro”, “ore di riposo”, “lavoratore marittimo” ed “armatore”, riprendendo il contenuto della clausola 2 dell’accordo.
Con riferimento alla nozione di orario di lavoro si ricorda che l’attuale testo dell’art. 11, comma 1, della legge n. 271/99 dispone che per «durata del lavoro a bordo della nave» si intende il tempo durante il quale un lavoratore marittimo è tenuto ad effettuare l'attività lavorativa connessa all'esercizio della navigazione. Fin qui la definizione è analoga a quella del art. 2, comma 1, lettera b), del provvedimento in esame. L’art. 11, comma 1, prosegue peraltro includendo esplicitamente alcune attività nella nozione di «durata del lavoro» e precisamente:
a) gli appelli per le esercitazioni di emergenza e tutte le esercitazioni previste dalla normativa;
b) le attività richieste dal comandante inerenti la sicurezza della navigazione, in caso di pericolo per l'equipaggio e la nave;
c) le attività di formazione in materia di igiene e sicurezza del lavoro a bordo;
d) le attività di manutenzione ordinaria della nave;
e) le attività richieste dal comandante nel caso di operazioni di soccorso.
Si ricorda che ai sensi dell’art. 2, comma 2, della direttiva n. 1999/63/CE, l’attuazione della direttiva medesima non costituisce in nessun caso motivo sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nell’ambito coperto dalla stessa.
Si valuti se la mancata esclusione dalla nozione di «durata del lavoro» delle attività sopra richiamate costituisca una riduzione del livello di protezione dei lavoratori e si ponga pertanto in contrasto con l’art. 2, comma 2, della direttiva.
Il problema si pone soprattutto per le attività di cui alle lettere a), c) e d) (esercitazioni, formazione, manutenzione ordinaria). Per le attività di cui alle lettere b) ed e) (attività relative alla sicurezza ed al soccorso), il nuovo testo dell’art. 11, commi 11 e 12, del d.lgs. n. 271/99, modificato dall’art. 3 del provvedimento in esame, prevede comunque il diritto ad un riposo compensativo.
Articolo 3
(Orario di lavoro a bordo delle
navi mercantili)
L’articolo 3 disciplina l’orario di lavoro a bordo della navi mercantili, sostituendo l’art. 11 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271[6].
Il testo originario dell’art. 11 faceva riferimento non alle navi mercantili ma anche a quelle da pesca. La disciplina dell’orario di lavoro a bordo di queste ultime è stata peraltro superata dall’art. 18 del decreto legislativo n. 66 del 2003[7].
Il nuovo testo dell’art. 11 modificato dallo schema di decreto in esame non contiene più le definizioni relative alle ore di lavoro e alle ore di riposo, ora previste dall’art. 2 dello schema di decreto in esame. Per un’osservazione circa la nuova definizione di orario di lavoro si rinvia a pag.
Il comma 1 dà attuazione alla clausola 4 dell’accordo recepito dalla direttiva n. 1999/63/CE, disponendo che l’orario di lavoro a bordo delle navi mercantili si basa su una durata di otto ore giornaliere, con un giorno di riposo a settimana e riposo nei giorni festivi.
Rispetto all’attuale testo dell’art. 11, comma 3:
§ è previsto espressamente il diritto al riposo nei giorni festivi;
§ non è più previsto esplicitamente che i giorni di riposo non rientrano nel computo delle ferie;
§ non sono più fatte salve le disposizioni dei CCNL (sul punto si rinvia al comma 7).
Il comma 2, conforme al paragrafo 1 della clausola 5 dell’accordo recepito dalla direttiva n. 1999/63/CE, conferma il contenuto dell’attuale comma 4 dell’art. 11 d.lgs. n. 271/99, che prevede:
a) il numero massimo di ore di lavoro (14 ore su un periodo di 24 ore e 72 ore su un periodo di 7 giorni);
b) il numero minimo di ore di riposo (10 ore su un periodo di 24 ore e 77 ore su un periodo di 7 giorni).
Dal punto di vista della formulazione tecnica del testo, occorrerebbe esplicitare – come nell’attuale testo dell’art. 11 e nella clausola 5 dell’accordo - che le ipotesi sub a) e sub b) sono tra loro alternative: le due ipotesi non possono infatti essere applicate congiuntamente (in particolare l’ipotesi sub b) è più sfavorevole per il lavoratore, in quanto consente implicitamente 91 ore di lavoro su 7 giorni).
Il comma 3, conforme al paragrafo 2 della clausola 5 dell’accordo, conferma il contenuto dell’attuale comma 2 dell’art. 11, prevedendo che le ore di riposo possono essere ripartite in non più di due periodi distinti, uno dei quali deve essere almeno della durata di 6 ore consecutive e che l'intervallo tra periodi consecutivi di riposo non deve superare le 14 ore.
Il comma 4, conforme al paragrafo 3 della clausola 5 dell’accordo, dispone che gli appelli e le esercitazioni devono svolgersi in modo da non recare disturbo al riposo del lavoratore e da non provocare affaticamento.
Il comma 5, conforme al paragrafo 4 della clausola 5 dell’accordo, conferma il contenuto dell’attuale comma 7 dell’art. 11, prevedendo che il lavoratore ha diritto ad un adeguato periodo di riposo compensativo quando si trova in disponibilità alle chiamate ed il riposo è interrotto da una chiamata di lavoro.
Il comma 6 prevede per il personale di guardia l’applicazione delle disposizioni sui periodi di riposo previste dall’articolo 12 del D.P.R. n. 324 del 2001. Questo articolo dispone la fruizione ogni 24 ore di un periodo di riposo di almeno 10 ore (che può essere diviso in due periodi, uno dei quali di almeno 6 ore). Il periodo minimo di riposo può tuttavia essere ridotto a 6 ore, a condizione che tale riduzione non si protragga per più di due giorni consecutivi e siano fruite almeno settantasette ore complessive di riposo ogni sette giorni. Si tratta dunque di una disciplina più gravosa per il lavoratore.
Per gli addetti alla guardia, il paragrafo 6 della clausola 5 prevede la possibilità di deroghe alla disciplina generale sull’orario di lavoro. Tali deroghe sono però rimesse alla contrattazione collettiva, previa autorizzazione delle autorità competenti (sul punto v. il successivo comma 7).
Si valuti pertanto la compatibilità del comma 6 in esame con la clausola 5, paragrafo 6, dell’accordo europeo.
Si ricorda che la direttiva n. 2001/25/CE, attuata dal citato D.P.R. n. 324/2001, da una parte prevede all’art. 14 una disciplina identica a quella dell’art. 12 del D.P.R. n. 324/2001, dall’altra stabilisce, nei “considerando” iniziali (n. 12), che le disposizioni sui periodi minimi di riposo per il personale di guardia devono essere applicate fatte salve le disposizioni contenute nella direttiva 1999/63/CE. Quest’ultima clausola sembrerebbe da interpretarsi nel senso della necessità del ricorso alla contrattazione collettiva previamente autorizzata dalle autorità competenti.
Il comma 7 prevede la facoltà del Ministero del lavoro, di concerto con il Ministero delle infrastrutture, di autorizzare i contratti collettivi a derogare alle disposizioni sull’orario di lavoro di cui ai commi 2 e 3. Il ricorso alle deroghe deve essere limitato; esse devono consentire la fruizione di congedi più lunghi o più frequenti e di congedi compensativi a coloro che lavorano a bordo di navi impiegate in viaggi brevi.
Si osserva che non risulta chiaro se le deroghe debbano riguardare esclusivamente i lavoratori delle navi impiegate in viaggi brevi o possano riguardare anche altri lavoratori.
Tale norma si fonda sul paragrafo 6 della clausola 5 dell’accordo, ai sensi del quale gli Stati membri possono emanare normative che consentono alle autorità competenti di autorizzare contratti collettivi in deroga alle disposizioni generali sull’orario, con particolare riferimento (ma sul punto la direttiva non è chiarissima) agli addetti alla guardia e a coloro che operano a bordo di navi impiegate in viaggi brevi.
Il comma 8 stabilisce il divieto di lavoro a bordo in orario notturno dei minori di età compresa tra i 16 e i 18 anni (si ricorda infatti che l’art. 1, comma 3, vieta il lavoro a bordo dei minori di 16 anni). Per orario notturno si intende un periodo di almeno 9 ore consecutive che comprenda l’intervallo tra le ore 24 e le ore 5 del mattino.
Questa disposizione è conforme alla clausola 6 dell’accordo europeo, che consente inoltre deroghe quando il lavoro notturno è finalizzato alla formazione.
Si ricorda che la disciplina generale sul divieto di lavoro notturno dei minori prevede che con il termine «notte» si intende un periodo di almeno 12 ore consecutive comprendente l'intervallo tra le ore 22 e le ore 6, o tra le ore 23 e le ore 7[8]. Tale disciplina non si applica peraltro agli adolescenti occupati a bordo delle navi, per i quali sono fatte salve le specifiche disposizioni legislative o regolamentari.[9]
L’attuale disciplina sul lavoro a bordo dei minori concerne solo i minori di 16 anni, ai quali è vietato di effettuare turni di notte;per «notte» si intendono almeno nove ore consecutive comprese in un lasso di tempo che va da prima di mezzanotte a dopo mezzanotte, così come fissato dalla legge nazionale o dai contratti collettivi.[10]
Il comma 9 conferma il contenuto dell’attuale comma 7 dell’art. 11, relativo all’affissione a bordo di una tabella sull’organizzazione del servizio a bordo.
La disciplina è conforme ai paragrafi 7 e 8 della clausola 5 dell’accordo.
Si osserva peraltro che il comma 9 dell’art. 11 modificato dallo schema di decreto in esame prevede la redazione della suddetta tabella in italiano ed in inglese, mentre il paragrafo 8 della clausola 5 dell’accordo dispone che la tabella deve essere redatta, oltre che in inglese, «nella lingua o nelle lingue di lavoro della nave». Si potrebbe porre un problema di compatibilità nel caso in cui sulla nave siano adottate lingue di lavoro diverse dall’italiano.
Il comma 10 conferma il contenuto dell’attuale comma 10 dell’art. 11, relativo alla conservazione a bordo di una copia del contratto collettivo, per la consultazione di tutti.
Si osserva in proposito che il paragrafo 3 della clausola 8 dell’accordo europeo prevede la conservazione a bordo, oltre che dei contratti collettivi, di una copia delle pertinenti disposizioni della normativa nazionale.
I comma 11 e 12, conformi alla clausola 7 dell’accordo, prevedono che il comandante ha il diritto di sospendere il programma di ore di lavoro e di riposo per attività concernenti la sicurezza della navigazione e le operazioni di soccorso. In caso i lavoratori che hanno subito un’interruzione del riposo hanno diritto ad un adeguato periodo di riposo.
Disposizione analoga è attualmente contenuta, seppur implicitamente, nell’art. 11, comma 1, lettere b) ed e), del d.lgs. n. 271/99.
L’articolo 3 sostituisce dunque l’art. 11 del d.lgs. n. 271/99, relativo all’orario di lavoro a bordo delle navi mercantili. Ai fini della organicità del testo e della semplificazione normativa, si valuti l’opportunità di evitare la tecnica della novella e di mantenere la disposizione all’interno del provvedimento in esame – che contiene anche la disciplina sanzionatoria - sopprimendo contestualmente il citato art. 11. In tal modo il provvedimento in esame recherebbe una disciplina tendenzialmente completa sull’organizzazione dell’orario di lavoro a bordo delle navi mercantili.
In caso di mantenimento della novella, si segnala, dal punto di vista della formulazione tecnica, che il comma 9 dell’articolo 11 non dovrebbe rinviare al modello di tabella allegato «al presente decreto» (la norma è infatti inserita nel d.lgs. n. 271/99, privo di allegato).
Articoli 4,
5, 9 e 10
(Registro dell’orario di lavoro a
bordo, obblighi dell’armatore e del comandante e sanzioni)
L’articolo 4 dispone la tenuta del registro dell’orario di lavoro a bordo delle navi mercantili, conformemente alle disposizioni contenute nelle clausole 8 e 9 dell’accordo europeo.
L’articolo 9, comma 1, lettera b), prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 3.000 euro perl’armatore che violi alcune disposizioni inerenti la tenuta del registro dell’orario di lavoro a bordo. In particolare, la sanzione è comminata nel caso in cui l’armatore non tenga il richiamato registro, non lo presenti all’Autorità marittima competente o non ne consegni una copia al lavoratore marittimo.
L’articolo 5 definisce gli obblighi dell’armatore e del comandante, in conformità alla clausola 12 dell’accordo europeo.
In particolare, ai sensi del comma 1, l’armatore deve fornire al comandante tutte le risorse necessarie all’organizzazione del lavoro a bordo, in ottemperanza alle disposizioni del provvedimento in esame.
Nel caso di violazione di questa disposizione, l’articolo 9, comma 1, lettera a), prevede per l’armatore l’arresto da 2 a 4 mesi o l’ammenda da 500 euro a 2.500 euro.
Per quanto concerne gli obblighi del comandante della nave, il comma 2 prevede che esso debba adottare tutti i provvedimenti necessari al rispetto delle disposizioni del provvedimento in esame in merito all’orario di lavoro e ai periodi di riposo.
In caso di violazione di questa disposizione, l’articolo 9, comma 2, prevede, anche per il comandante, l’arresto da 2 a 4 mesi o l’ammenda da 500 euro a 2.500 euro.
In materia di sanzioni si ricorda che la legge comunitaria 2003 prevede i seguenti principi e criteri direttivi di delega concernenti le sanzioni (art. 2, comma 1, lettera c)):
§ «salva l'applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi.
§ Le sanzioni penali … sono previste … solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti.
§ La sanzione amministrativa … è prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli sopra indicati. …
§ In ogni caso sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi.»
Si valuti l’opportunità, alla luce del citati principi e criteri di delega, che prevedono l’adozione di una sanzione penale laddove siano lesi o esposti a pericolo interessi costituzionalmente protetti, di prevedere un illecito in caso di violazione del divieto di imbarcare lavoratori di età inferiore a 16 anni (divieto di cui all’art. 1, comma 3). La tutela dei minori e del lavoro dei minori rientra infatti sicuramente tra gli interessi costituzionalmente protetti ai sensi degli articoli 31, secondo comma, e 37, comma terzo, della Costituzione.
Si osserva inoltre che la fattispecie di reato di cui all’art. 9, comma 2, è formulata in maniera generica. Essa punisce infatti il comandante che non abbia adottato tutti i provvedimenti necessari al rispetto delle disposizioni concernenti l’orario di lavoro ed i periodi di riposo: non appare chiaro se il mancato rispetto di una singola disposizione sull’orario di lavoro sia sufficiente ad integrare la fattispecie di reato. Si valuti l’opportunità di articolare il sistema sanzionatorio con riferimento alla violazione delle singole disposizioni sull’orario, in considerazione anche della rilevanza costituzionale del diritto al riposo giornaliero e settimanale (art. 36, commi secondo e terzo, Cost.)
Si valuti infine l’opportunità di sanzionare l’inosservanza della disposizione sul diritto alle ferie (art. 8), anch’esso costituzionalmente rilevante (art. 36, comma terzo, Cost.). Il riferimento nell’art. 5, comma 2, alle «disposizioni relative all’orario di lavoro … ed ai periodi di riposo» non sembra possa essere esteso fino a comprendere la disposizione sulle ferie, in base al principio di tassatività e al divieto di analogia in materia penale.
L’articolo 10 prevede che l’Autorità marittima, nel caso in cui, in base ad un esame del registro dell’orario di lavoro a bordo, riscontri violazioni delle disposizioni di cui al provvedimento in esame sull’orario di lavoro e sui periodi di riposo, che comportino rischi per la sicurezza della nave e per la salute e la sicurezza del lavoratore:
o non conceda il rilascio delle spedizioni, a norma dell’articolo 181 del codice della navigazione;
Al riguardo, il citato articolo 181 stabilisce che la nave non può partire se non ha ricevuto le spedizioni da parte del comandante del porto o dell'autorità consolare. In particolare, le spedizioni non possono essere rilasciate qualora risulti che l'armatore o il comandante della nave non abbia adempiuto agli obblighi imposti dalle norme di polizia, da quelle per la sicurezza della navigazione, nonché agli obblighi relativi alle visite ed alle prescrizioni impartite dalle autorità competenti. Le spedizioni non possono essere altresì rilasciate qualora risulti che l'armatore o il comandante della nave non abbia compiuto gli adempimenti sanitari, fiscali e doganali ovvero non abbia provveduto al pagamento dei diritti portuali o consolari, al versamento delle cauzioni eventualmente richieste a norma delle vigenti disposizioni di legge o regolamentari, nonché in tutti gli altri casi previsti da disposizioni di legge.
o obblighi l’armatore alla revisione della tabella di armamento.
Articolo 6
(Definizione delle tabelle di
armamento in relazione all’orario di lavoro)
L’articolo 6, conforme alla clausola 10, paragrafi 1 e 3, dell’accordo,stabilisce i seguenti criteri ai fini della definizione delle tabelle di armamento di sicurezza delle navi mercantili:
· necessità di evitare o ridurre al minimo orari eccessivi di lavoro per i marittimi a bordo, in modo da garantire adeguati turni di riposo;
· necessità di prevedere a bordo un equipaggio sufficiente a garantire sicurezza ed efficienza in conformità con la tabella minima di equipaggio rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Si ricorda che la tabella di armamento è il documento di pertinenza di ogni singola nave che indica il numero e la qualifica dei componenti dell’equipaggio della nave.
Ogni armatore che intenda far navigare la propria nave deve richiedere la tabella provvisoria di armamento alla Capitaneria di porto competente, che la stila, in accordo con le parti sociali, sulla base della valutazione tecnica della nave e delle esigenze dell’armatore. La tabella provvisoria di armamento costituisce titolo valido per effettuare la navigazione.La tabella provvisoria deve essere mandata all’”Ispettorato tecnico per la valutazione” del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, in relazione a quella singola nave, emette un atto amministrativo recante la tabella minima di armamento (o forza minima di equipaggio), che contiene il numero minimo di persone componenti l’equipaggio distinte per categoria, in conformità ai criteri previsti nella risoluzione IMO A. 890 (21) del 25 novembre 1999[11]. Il numero dei componenti dell’equipaggio non può essere inferiore a quello recato dalla tabella minima di armamento.
Articolo 7
(Idoneità dei lavoratori marittimi
all’imbarco)
L’articolo 7, nel prevedere disposizioni atte a verificare l’idoneità al lavoro del personale marittimo come stabilito dalla clausola 13 dell’accordo, dispone (comma 1)che i marittimi siano sottoposti alle seguenti visite mediche presso le strutture sanitarie del Ministero della salute:
a) visita preventiva di imbarco, ai sensi dell’art. 323 cod. nav.;
b) visita periodica di idoneità con frequenza biennale, come già previsto dall’art. 4 della Legge n. 1602/1962.
Al riguardo si ricorda che l’art. 323 del Codice della navigazione stabilisce che l'arruolamento degli iscritti nelle matricole della gente di mare, destinati a far parte dell'equipaggio, deve essere preceduto da visita medica diretta ad accertare l'idoneità della persona da arruolare in rapporto al servizio cui deve essere adibita. La visita deveessere effettuata nei casi e con le modalità prescritte da leggi e regolamenti.
Nell’ordinamento vigente la materia è regolata dal R.D.L. 14-12-1933 n. 1773 “Accertamento dell'idoneità fisica della gente di mare di prima categoria e dalla legge n. 1602 del 1962[12].
In particolare l’art. 3 della legge n. 1602/62 prevede che gli iscritti nelle matricole della prima e della seconda categoria della gente di mare non possono essere arruolati se non producono un certificato attestante l’attitudine fisica al lavoro al quale debbono essere impiegati a bordo, rilasciato da un medico della competente Cassa marittima per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie della gente di mare. Il suddetto certificato ha validità per la durata di due anni dalla data del rilascio; se il periodo di validità scade in corso di viaggio, il certificato resta valido fino alla fine del viaggio (art. 4, legge n. 1602/62).
L’art. 7 della medesima legge n. 1602/62 dispone poi che la visita medica d'imbarco deve limitarsi a constatare l'esistenza di malattie contagiose o di malattie acute in atto; inoltre deve tener conto possibilmente dei particolari rischi e disagi soprattutto climatici, inerenti alla specifica destinazione della nave sulla quale il marittimo dovrà imbarcarsi.
Si ricorda inoltre che la normativa vigente già prevede che il medico generico effettui le visite preventive di imbarco, eventualmente anche a bordo della nave, nonché le visite periodiche di idoneità alla navigazione, e formuli il relativo giudizio medico-legale[13].
L’art. 23 del d.lgs. n. 271/1999 reca disposizioni riguardanti la sorveglianza sanitaria del lavoratore marittimo affidando al medico competente gli accertamenti riguardanti sia le condizioni di lavoro sia l’idoneità fisica alle specifiche mansioni a bordo. La norma prevede che il medico competente possa dipendere da una struttura sia pubblica sia privata convenzionata con l’armatore, ovvero possa essere un libero professionista o dipendente dell’armatore. Qualora il medico sia dipendente di una struttura pubblica non puo’ svolgere l’attività di medico competente qualora esplichi l’attività di sorveglianza (art. 23, comma 5).
I commi 2 e 3 dell’articolo 7 dello schema in esame dispongono in merito ai ricorsi avverso i giudizi di idoneità che possono essere presentati:
1) alla Commissione medica di I grado entro 30 giorni dalla data di comunicazione del giudizio di idoneità[14];
2) alla Commissione medica centrale di II grado, istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, avverso il risultato delle visite effettuate dalla Commissione di I grado.
Articolo 8
(Ferie)
L’articolo 8 prevede per i lavoratori marittimi il diritto ad avere almeno due settimane di ferie retribuite nel corso dell’anno, ovvero una parte corrispondente al periodo di attività prestata in caso di durata del servizio inferiore all’anno (comma 1).
Viene espressamente vietata la corresponsione di un’indennità sostitutiva del periodo minimo di ferie annuali, tranne nel caso in cui il rapporto di lavoro sia terminato (comma 2). Si segnala che, per un refuso, nel testo si legge “ferie annuali retributive” anziché “ferie annuali retribuite”.
Le previsioni riprendono quanto indicato nella clausola 16 dell’accordo, che inoltre rinvia alle condizioni previste dalla legislazione nazionale e/o dalla prassi ai fini ed a garanzia delle ferie.
Per i lavoratori marittimi la materia delle ferie è attualmente regolamentata dall’art. 3, comma 3, della Convenzione OIL n. 146 del 29 ottobre 1997, ratificata con la legge n. 159 del 1981[15], che stabilisce che la durata del congedo annuale retribuito non deve essere inferiore a 30 giorni per ogni anno di servizio[16].
Si ricorda che ai sensi dell’art. 2, comma 2, della direttiva n. 1999/63/CE, l’attuazione della direttiva medesima non costituisce in nessun caso motivo sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nell’ambito coperto dalla stessa. E’ fatto comunque salvo il diritto degli Stati membri e/o delle parti sociali di sviluppare, alla luce dell'evolversi della situazione, disposizioni diverse rispetto a quelle esistenti al momento dell'adozione della presente direttiva, a patto che i requisiti minimi previsti nella direttiva siano rispettati.
Si osserva che la riduzione del periodo minimo di ferie (da 30 giorni a due settimane) previsto a livello legislativo per il lavoratori marittimi appare in contrasto con l’art. 2, comma 2, della direttiva. Non sembrano esserci infatti mutamenti della situazione tali da giustificare un trattamento deteriore (la relazione illustrativa non vi fa cenno). Si ricorda inoltre che la disciplina generale sulle ferie (art. 10, d.lgs. n. 66/2003), applicabile anche ai lavoratori a bordo di navi da pesca (art. 18, d.lgs. n. 66/2003), prevede un periodo di ferie annuali di quattro settimane.
Articolo 11
(Disposizione finale)
L’articolo 11 dispone che dal provvedimento in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Recepimento della direttiva 1999/63/CE del 21 giugno 1999 del Consiglio relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare, concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e della Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione Europea (FST)
[1] Il D. Lgs. n. 626/1994, recante l’attuazione di direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, è stato emanato ai sensi e nei termini dell'art. 43 della legge comunitaria 1991 (L. 19 febbraio 1992, n. 142), e modificato dal D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Il Decreto 626, ai sensi dell'art. 1, comma 2, si applica nei riguardi dei mezzi di trasporto marittimo "tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato, individuate con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con quelli del lavoro, della sanità e della funzione pubblica”. Inoltre, sui mezzi di trasporto marittimo e da pesca non si applicano gli specifici requisiti di sicurezza ed igiene dei luoghi di lavoro, individuati dal Titolo II del decreto.
[2] La Legge n. 977/1967 è stata modificata dal D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 345, di attuazione della direttiva 94/33/CE, relativa alla protezione dei giovani sul lavoro, e dal successivo D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 262, recante disposizioni integrative e correttive del precedente.
[3] La Legge 977 specifica anche che prima del compimento del quindicesimo anno di età i minori (definiti bambini) possono svolgere, previa autorizzazione dell’autorità competente, attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purché si tratti di attività che non pregiudichino la sicurezza, l'integrità psicofisica e lo sviluppo del minore, la frequenza scolastica o la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale.
[4] Legge 6 dicembre 1991, n. 394, Legge quadro sulle aree protette.
[5] Tra gli altri divieti si ricordano:
a) la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali nonché l'asportazione di minerali e di reperti archeologici;
b) l'alterazione dell'ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e idrobiologiche delle acque;
c) lo svolgimento di attività pubblicitarie;
d) l'introduzione di armi, di esplosivi e ogni altro mezzo distruttivo e di cattura;
e) ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi.
[6] Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della L. 31 dicembre 1998, n. 485.
[7] Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro.
[8] Art. 15 della legge 17 ottobre 1967, n. 977, come modificato dall'art. 4 del d.lgs. 4 agosto 1999, n. 345. Gli adolescenti che hanno compiuto 16 anni possono essere, eccezionalmente e per il tempo strettamente necessario, adibiti al lavoro notturno quando si verifica un caso di forza maggiore che ostacola il funzionamento dell'azienda, purché tale lavoro sia temporaneo e non ammetta ritardi, non siano disponibili lavoratori adulti e siano concessi periodi equivalenti di riposo compensativo entro tre settimane. In tal caso, il datore di lavoro deve darne immediata comunicazione alla direzione provinciale del lavoro (art. 17, comma 2, della legge 17 ottobre 1967, n. 977, come modificato dall'art. 11 del d.lgs. 4 agosto 1999, n. 345).
[9] Art. 2, comma 3, della legge 17 ottobre 1967, n. 977, come modificato dall'art. 4 del d.lgs. 4 agosto 1999, n. 345.
[10] Art. 20 della Convenzione OIL n. 109, concernente i salari, la durata del lavoro a bordo e gli effettivi dell'equipaggio, adottata a Ginevra il 14 maggio 1958, ratificata dalla legge 10 aprile 1981, n. 157.
[11] Disposizioni per la composizione degli equipaggi delle navi ai fini della sicurezza della navigazione.
[12] “Modifiche ed integrazioni del regio decreto-legge 14 dicembre 1933, n. 1773, convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 244, concernente l'accertamento della idoneità fisica della gente di mare”.
[13] Art. 26 del D.M. 23 luglio 2002, n. 206 “Regolamento recante l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti tra il Ministero della salute ed i medici ambulatoriali, specialisti e generici, operanti negli ambulatori direttamente gestiti dal Ministero della salute per l’assistenza sanitaria e medico legale al personale navigante, marittimo e dell’aviazione civile”.
[14] La Commissione medica di I grado è costituita presso ciascuna capitaneria di porto sede di compartimento marittimo, ed è composta da:
1. il medico di porto di ruolo, che la presiede;
2. un medico designato dall‘INPS;
3. un medico designato dall’IPSEMA.
[15] Si segnala che la giurisprudenza riconosce a tale norma carattere programmatico e non precettivo: la norma è dunque applicabile solo nel momento in cui viene attuata da atti interni ulteriori rispetto alla legge di ratifica o dalla stipula di contratti collettivi (Cass. 6 febbraio 1999, n. 1062; Cass. 7 gennaio 2000, 90). Allo stato attuale, la norma risulta attuata a livello di contrattazione collettiva.
[16] Nell’ordinamento vigente la materia delle ferie è regolata – oltre al disposto dell’articolo 36, comma terzo, della Costituzione, che sancisce il diritto irrinunciabile del lavoratore a ferie annuali retribuite – dall’art. 10 del D. Lgs. n. 66/2003, emanato in attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, e di recente modificato dal D. Lgs. n. 213/2004. Tuttavia, per il disposto dell’art. 2, comma 1, del Decreto 66 le norme in esso contenute si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE.