XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Norme per il riconoscimento della qualifica di perseguitato politico e dei diritti previdenziali agli esuli istriani, fiumani e dalmati trattenuti in territorio jugoslavo - A.C. 619
Serie: Progetti di legge    Numero: 692
Data: 19/01/05
Abstract:    Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa; scheda di lettura; normativa nazionale.
Descrittori:
CITTADINI ITALIANI   IUGOSLAVIA
PERSEGUITATI POLITICI E RAZZIALI   STATI ESTERI
TRATTAMENTO PREVIDENZIALE     
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato
Riferimenti:
AC n.619/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Esuli istriani, fiumani e dalmati trattenuti in territorio jugoslavo

A.C. 619

 

n. 692

 


xiv legislatura

19 gennaio 2005

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Lavoro

 

SIWEB

 

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File: LA0471


INDICE

 

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

Elementi per l’istruttoria legislativa  5

§      Necessità dell’intervento con legge  5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  5

§      Rispetto degli altri principi costituzionali5

§      Coordinamento con la normativa vigente  5

§      Formulazione del testo  6

Scheda di lettura

§      Esame degli articoli9

Progetto di legge

§      A.C. 619, (on. Menia), Norme per il riconoscimento della qualifica di perseguitato politico e dei diritti previdenziali agli esuli istriani, fiumani e dalmati trattenuti in territorio jugoslavo  19

Normativa nazionale

§      D.P.R. 11 marzo 1955, n. 210. Esecuzione dell'Accordo tra l'1talia e la Jugoslavia per il regolamento definitivo di tutte le obbligazioni reciproche di carattere economico e finanziario derivanti dal Trattato di pace e dagli Accordi successivi conclusi a Belgrado il 18 dicembre 1954 e degli scambi di Note effettuati in pari data.25

§      Scambio di Note (5 febbraio 1959) aggiuntivo all’Accordo italo-iugoslavo del 18 dicembre 1954  33

§      L. 11 giugno 1960, n. 885. Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra l'Italia e la Jugoslavia in materia di assicurazioni sociali, con Protocollo generale, conclusa in Roma il 14 novembre 1957. (La presente legge è a disposizione presso il Servizio Studi)36

§      L. 30 marzo 1965, n. 226. Regolarizzazione della posizione assicurativa dei profughi giuliani provenienti dalla zona B dell'ex Territorio libero di Trieste per i periodi di lavoro posteriori al 1 maggio 1945.37

§      L. 30 aprile 1969, n. 153. Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale. (art. 49)40

§      Circolare n. 1501 Prs. Del 31 agosto 1970, ai Direttori di Sede e, per conoscenza, agli Ispettori compartimentali. Accordi italo-jugoslavi in materia di assicurazioni sociali. Norme di attuazione concernenti di pensioni. (La presente Circolare è a disposizione presso il Servizio Studi)42

§      L. 26 gennaio 1980, n. 16. Disposizioni concernenti la corresponsione di indennizzi, incentivi ed agevolazioni a cittadini ed imprese italiane che abbiano perduto beni, diritti ed interessi in territori già soggetti alla sovranità italiana e all'estero.43

§      L. 5 aprile 1985, n. 135. Disposizioni sulla corresponsione di indennizzi a cittadini ed imprese italiane per beni perduti in territori già soggetti alla sovranità italiana e all'estero.49

 


SIWEB

Scheda di sintesi
per l’istruttoria
legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 619

Titolo

Norme per il riconoscimento della qualifica di perseguitato politico e dei diritti previdenziali agli esuli istriani, fiumani e dalmati trattenuti in territorio jugoslavo

Iniziativa

On. Menia

Settore d’intervento

Previdenza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

5

Date

 

§      presentazione o trasmissione alla Camera

7 giugno 2001

§      annuncio

13 giugno 2001

§      assegnazione

3 luglio 2001

Commissione competente

11ª Lavoro pubblico e privato

Sede

Referente

Pareri previsti

 

 

1ª Affari costituzionali

 

3ª Affari esteri

 

4ª Difesa

 

5ª Bilancio

Struttura e oggetto

Contenuto

La pdl 619 (Menia) reca norme per il riconoscimento della qualifica di perseguitato politico e dei diritti previdenziali agli esuli istriani, fiumani e dalmati trattenuti in territorio jugoslavo.

In particolare, secondo la relazione illustrativa, la proposta in esame intende tutelare i cittadini italiani residenti alla fine del secondo conflitto mondiale nei territori italiani ceduti alla Jugoslavia che optarono per il mantenimento della cittadinanza italiana.

Gli articoli 1 e 2 riconoscono i diritti relativi al riscatto dell’assicurazione generale obbligatoria e al riconoscimento dei contributi versati all’Ente assicurativo jugoslavo, anche dopo il 18 dicembre 1954, ai profughi italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia, riconosciuti tali con decreto prefettizio e che hanno optato per la conservazione della cittadinanza italiana e ai cittadini italiani provenienti dalla zona B del territorio libero di Trieste per i periodi fino al 5 ottobre 1956.

L’articolo 3 prevede l’equiparazione al servizio prestato in Italia del servizio militare prestato coattivamente in Jugoslavia dai profughi di cui agli articoli precedenti, con estensione dei benefici previsti dalla normativa vigente.

Per questi cittadini, inoltre, l’articolo 5 prevede che il Governo avanzi una richiesta di totale riabilitazione ai Governi degli Stati subentrati alla ex Repubblica federativa di Jugoslavia.

L’articolo 4 equipara ai perseguitati politici i cittadini italiani rinchiusi nelle carceri jugoslave per motivi etnici, nazionali ed ideologici.

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

La materia trattata richiede senz’altro l’intervento di una norma di rango primario.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La materia trattata rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere a) («politica estera e rapporti internazionali dello Stato»), d) («difesa e Forze armate») ed o) («previdenza sociale»).

Rispetto degli altri principi costituzionali

Sotto il profilo del rispetto dell’obbligo di copertura finanziaria delle leggi, sancito dall’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, si rileva come le proposta di legge in esame non preveda una clausola di copertura finanziaria, pur recando disposizioni di carattere oneroso.

Coordinamento con la normativa vigente

L’articolo 1, comma 2¸ richiama la legge n. 135/85 in relazione alla riapertura dei termini per la ricostruzione della posizione assicurativa presso gli enti previdenziali. Tale richiamo non appare del tutto pertinente: la citata legge reca infatti disposizioni sulla corresponsione di indennizzi a cittadini ed imprese italiane per beni perduti in territori già soggetti alla sovranità italiana e all'estero e non fa riferimento a procedure da attivarsi presso gli enti previdenziali.

L’articolo 3 richiama inoltre in materia del tutto generica la legge n. 153 del 1969 – legge previdenziale di carattere generale - ai fini dell’estensione dei benefici ai profughi costretti a prestare servizio militare in Jugoslavia.

 

 

Formulazione del testo

Come già rilevato l’articolo 1, comma 2, richiama impropriamente la legge n. 135/85 in relazione alla riapertura dei termini per la ricostruzione della posizione assicurativa presso gli enti previdenziali.

Sarebbe dunque opportuno specificare le modalità di attuazione della disposizione di cui all’articolo 1, comma 1, non risultando chiaro in quale maniera debbano avvenire il riscatto e il riconoscimento dei contributi ivi previsti.

 

 


Scheda di lettura


Esame degli articoli

La pdl C. 619 (Menia) reca norme per il riconoscimento della qualifica di perseguitato politico e dei diritti previdenziali agli esuli istriani, fiumani e dalmati trattenuti in territorio jugoslavo.

In particolare, secondo la relazione illustrativa, la proposta in esame intende tutelare i cittadini italiani residenti alla fine del secondo conflitto mondiale nei territori italiani ceduti alla Jugoslavia che optarono per il mantenimento della cittadinanza italiana.

L’articolo 1, comma 1, riconosce, in deroga alle norme vigenti, i diritti relativi al riscatto dell’assicurazione generale obbligatoria e al riconoscimento dei contributi versati all’Ente assicurativo jugoslavo, anche dopo il 18 dicembre 1954, ai profughi italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia, riconosciuti tali con decreto prefettizio[1] e che hanno optato per la conservazione della cittadinanza italiana.

Si ricorda, al riguardo, che lo scambio di note del 5 febbraio 1959 aggiuntivo dell’Accordo italo-jugoslavo del 18 dicembre 1954 ha reso possibile il riconoscimento, a determinate condizioni, dei periodi di lavoro prestato fino al 18 dicembre 1954 dai cittadini italiani nei territori ceduti dall'Italia all'ex Iugoslavia (paragrafi 2, lettera a) e 3, lettera b)).

Il citato Scambio di note ha dato soluzione ai problemi concernenti le obbligazioni in materia di assicurazioni sociali verso gli abitanti dei territori ceduti dall’Italia alla Jugoslavia in forza del Trattato di pace del 1947.

Esso detta i criteri in base ai quali debbono essere presi in considerazione, ai fini del raggiungimento del diritto a prestazioni e della relativa liquidazione, i periodi di assicurazione compiuti nei predetti territori anteriormente al 19 dicembre 1954, attribuendone l’onere, a seconda dei casi, all’assicurazione italiana o all’assicurazione jugoslava.

Per un esame dettagliato della disciplina si rinvia alla parte seconda della circolare INPS 31 agosto 1970, n. 1501.

Il comma 2 prevede quindi la riapertura dei termini ai fini della ricostruzione della posizione assicurativa presso gli istituti di previdenza «ai sensi e con le procedure di cui alla L. 5 aprile 1985, n. 135».

Si osserva che il richiamo alla legge n. 135 del 1985 non appare del tutto pertinente. Essa reca infatti disposizioni sulla corresponsione di indennizzi a cittadini ed imprese italiane per beni perduti in territori già soggetti alla sovranità italiana e all'estero e non fa riferimento a procedure da attivarsi presso gli enti previdenziali.

In particolare, la legge n. 135/85, che ha in larga parte novellato la legge 26 gennaio 1980, n. 16[2], dispone un sistema di indennizzi a favore dei cittadini italiani, degli enti e delle società italiane titolari di beni, diritti e interessi perduti in territori già soggetti alla sovranità italiana, a seguito di confische o di provvedimenti limitativi od impeditivi della proprietà comunque adottati dalle autorità straniere esercenti la sovranità su quei territori.[3]

Per la fruizione degli indennizzi, la domanda doveva essere presentata, a pena di decadenza, al Ministero del tesoro entro il termine di 120 dalla data di entrata in vigore della L. 135 del 1985 dall'originario avente diritto all'indennizzo o dai suoi aventi causa, o, nel caso di più aventi diritto, anche da un solo di essi per sé e per gli altri ovvero da colui cui fosse stata ceduta in tutto o in parte la titolarità dell'indennizzo.

Sarebbe dunque opportuno specificare le modalità di attuazione della disposizione di cui al comma 1, non risultando chiaro in quale maniera debba avvenire il riscatto o il riconoscimento dei contributi.

L’articolo 2 prevede l’applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma anche ai cittadini italiani provenienti dalla zona B del Territorio Libero di Trieste fino al 5 ottobre 1956.

Al riguardo si ricorda che il punto 1) del Protocollo Generale allegato alla Convenzione in materia di assicurazioni sociali, siglata tra l’Italia e la Jugoslavia in data 14 novembre 1957 e ratificata con la L. n. 885 del 1960, specificava che le disposizioni della citata Convenzione non si applicavano ai diritti derivanti da periodi assicurativi compiuti prima del 5 ottobre 1956 nei territori ai quali era stata estesa l’amministrazione jugoslava (c.d. “Zona B” del Territorio di Trieste) ai sensi del Memorandum d’intesa firmato a Londra il 5 ottobre 1954 concernente il Territorio Libero di Trieste, e che tali diritti avrebbero formato oggetto di un apposito regolamento tra i due Governi.

Sul punto è comunque successivamente intervenuta la legge 30 marzo 1965, n. 226, ha riconosciuto ai lavoratori italiani, già residenti nella zona B del territorio di Trieste, che alla data del 24 aprile 1965 avevano definitivamente trasferito la loro residenza in altra parte del territorio italiano in qualità di profughi, ed ai loro superstiti, la facoltà di chiedere, entro il termine del 24 aprile 1967 – poi prorogato al 19 agosto 1977 -  la regolarizzazione assicurativa di tali periodi. La regolarizzazione richiedeva il versamento dei contributi nella misura determinata dall’art. 3 della legge medesima; l'importo dei contributi versati direttamente dai lavoratori potevano essere rimborsati, a richiesta, agli interessati.

Le problematiche del confine orientale italiano traggono origine dalle conseguenze del secondo conflitto mondiale: in base al Trattato di pace del 1947, il confine italiano veniva infatti retrocesso in direzione occidentale, in favore della Jugoslavia, che aveva subito l'aggressione nazifascista e figurava in quel momento tra i vincitori, grazie anche all'appoggio sovietico e al fortissimo movimento di resistenza guidato da Tito.

In particolare, l'articolo 19 del Trattato di pace stabiliva che i cittadini italiani che al 10 giugno 1940[4] erano domiciliati nei territori ora passati alla Jugoslavia, ossia l'Istria, Fiume, Zara e parte del Friuli, avrebbero dovuto optare, entro un anno, tra la cittadinanza jugoslavae quella italiana, con l'obbligo, nel secondo caso, di  trasferirsi in Italia.

Peraltro, l'articolo 21 dello stesso Trattato prevedeva la costituzione del Territorio Libero di Trieste (TLT), a cavallo del confine tra i due Stati. Tuttavia tale entità territoriale non vide mai la luce, poiché le Parti non trovarono l'accordo sulla designazione del Governatore che avrebbe dovuto amministrare quella zona. Venne quindi preferita una soluzione di compromesso, con la suddivisione del Territorio in due zone: la zona A, comprendente Trieste ed il territorio italiano circostante, sotto l'amministrazione alleata, e la zona B, comprendente i distretti di Capodistria (Slovenia) e Buie (Croazia) in territorio jugoslavo, sotto la sovranità della Jugoslavia. Con il Memorandum d'intesa firmato a Londra il 5 ottobre 1954 si determinò infine il passaggio della zona A, sotto amministrazione alleata, all'amministrazione italiana. Tale demarcazione dei confini [5]divenne poi definitiva con gli Accordi italo-jugoslavi di Osimo del 10 novembre 1975[6].

Con l’Accordo di Belgrado del 18 dicembre 1954, ratificato con il D.P.R. 11 marzo 1955, n. 210), sono state poi regolate tutte le obbligazioni di carattere economico e finanziario tra i due Paesi, con la previsione delle indennità dovute dalla Jugoslavia per i beni, i diritti e gli interessi situati anche nei territori ceduti dall’Italia.

Le problematiche derivanti all'Italia dalle vicende accennate si articolano dunque, da un lato, nel rapporto con l'esodo giuliano e lo stabilirsi di tanti italiani d'Istria e della Venezia Giulia nelle diverse Regioni italiane e nel resto del mondo; e dall'altro nella tutela e sostegno delle minoranze italiane in Slovenia e Croazia[7].

Al riguardo, si ricorda, infine, che con la L. 28 luglio 2004, n. 193, è stata disposta la proroga e il rifinanziamento della L. 16 marzo 2001, n. 72, recante interventi a tutela del patrimonio storico e culturale delle comunità degli esuli italiani dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, nonché della L. 21 marzo 2001, n. 73, recante interventi in favore della minoranza italiana in Slovenia e in Croazia.

L’articolo 3, comma 1, prevede che ai profughi richiamati nei commi precedenti, costretti a prestare servizio militare nella ex Jugoslavia siano estesi i benefici di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, concernente la revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale.

La L. 30 aprile 1969, n. 153, ha un contenuto molto ampio.

Sembrerebbe comunque che l’articolo in esame intenda richiamare in particolare l’articolo 49, relativo all’utilità dei periodi di servizio militare ai fini della determinazione delle posizione previdenziale.

In particolare, l’articolo 49 dispone che i periodi di servizio militare e quelli equiparati[8] sono considerati utili a richiesta dell'interessato ai fini del diritto e della determinazione della misura della pensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, anche se essi eccedano la durata del servizio di leva e gli assicurati anteriormente all'inizio dei servizi predetti non possano far valere periodi di iscrizione nell'assicurazione anzidetta. La richiamata disposizione non si applica nei confronti di coloro che abbiano prestato oprestino servizio militare come militare di carriera e nei confronti di coloro in cui favore il periodo di servizio militare o assimilato sia stato o possa venir riconosciuto ai fini di un altro trattamento pensionistico sostitutivo dell'assicurazione generale obbligatoria.

Sono altresì considerati utili ai fini del diritto alla pensione e della determinazione della misura di essa i contributi accreditati in favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti, ai sensi della legge n. 96/55.

Per gli stessi cittadini, inoltre, l’articolo 5 prevede che il Governo avanzi una richiesta di totale riabilitazione ai Governi degli Stati subentrati alla ex Repubblica federativa di Jugoslavia.

Il comma 2 dell’articolo 3 prevede l’equiparazione del servizio militare prestato coattivamente nella Repubblica federativa di Jugoslavia a quello prestato in Italia.

Si ricorda, al riguardo, che la L. 23 agosto 2004, n. 226, ha disposto la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva a decorrere dal 1° gennaio 2005.

L’articolo 4 equipara ai perseguitati politici i cittadini italiani rinchiusi nelle carceri jugoslave per motivi etnici, nazionali ed ideologici.

Al riguardo, la L. 10 marzo 1955, n. 96, così come modificata dalla L. 24 aprile 2003, n. 92, reca provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti. In particolare, tale legge ha disposto una serie di interventi a beneficio dei cittadini italiani:

a)    perseguitati a seguito dell’attività politica da loro svolta contro il fascismo anteriormente all’8 settembre 1943 ed abbiano subito una perdita della capacità lavorativa in misura non inferiore al 30 per cento;

b)   perseguitati dopo il 7 luglio 1938 per motivi di ordine razziale.

In particolare, si prevede:

§         la concessione di un assegno vitalizio di benemerenza, a carico del bilancio dello Stato, ai cittadini italiani, i quali siano stati perseguitati, a seguito dell'attività politica da loro svolta contro il fascismo anteriormente all'8 settembre 1943, e abbiano subito una perdita della capacità lavorativa in misura non inferiore al 30%, in misura pari a quello previsto dalla tabella C annessa alla L. 10 agosto 1950, n. 648, recante il riordino delle pensioni di guerra;

§         l’attribuzione di un assegno annuo a carico del bilancio dello Stato ai familiari dei cittadini italiani morti per effetto di persecuzioni politiche o razziali in circostanze identiche a quelle del precedente punto;

§         l’attribuzione del minimo di pensione previsto dalle leggi vigenti ai cittadini italiani vincitori di concorsi ad impieghi statali, espletati alla data di entrata in vigore della L. 96, e che siano riconosciuti perseguitati politici o razziali dalla apposita Commissione[9] preposta al riconoscimento del loro status, nonché ai vincitori dei concorsi riservati ai perseguitati politici o razziali, all'atto del collocamento a riposo per limiti di età, qualora non abbiano già titolo a migliore trattamento.

Successivamente, la citata L. 92 ha esteso l’ambito soggettivo di applicazione dell’articolo 4 della L. 96 del 55, che consente ai cittadini italiani, i quali siano riusciti vincitori di concorsi ad impieghi statali espletati alla data di entrata in vigore della legge stessa e siano riconosciuti perseguitati politici o razziali dalla richiamata Commissione ed ai vincitori dei concorsi riservati ai perseguitati politici o razziali, di rimanere in servizio fino al compimento del settantesimo anno di età se le disposizioni relative al loro stato giuridico prevedono, in via normale, il mantenimento in servizio fino a sessantacinque anni, e fino alsettantacinquesimo ano di età se il mantenimento in servizio è previsto fino a settanta anni.

La possibilità di proseguire l’attività lavorativa per cinque anni ulteriori è consentita alle persone interessate, se riconosciute fisicamente idonee, a loro richiesta e indipendentemente dalla data della loro assunzione (il testo originario del comma 4 dell’articolo 4 della L. 96 prevedeva che la possibilità di permanenza in servizio fosse riconosciuta ai cittadini italiani assunti fino alla data dell’11 aprile 1955).

Si segnala infine che la proposta di legge in esame, pur contenendo norme di carattere oneroso, non reca alcuna disposizione di copertura finanziaria.

 


Progetto di legge


 

N. 619

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato MENIA

¾

 

Norme per il riconoscimento della qualifica di perseguitato

politico e dei diritti previdenziali agli esuli istriani,

fiumani e dalmati trattenuti in territorio jugoslavo

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 7 giugno 2001

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge riguarda quei cittadini italiani che al termine degli eventi bellici della seconda guerra mondiale si trovavano a risiedere e lavorare nei territori italiani ceduti alla Jugoslavia e che, fedeli alle loro origini, avevano optato per il mantenimento della cittadinanza italiana, incontrando l'ostilità e gli impedimenti posti dalle autorità jugoslave.

        Questi italiani sono stati sottoposti in quegli anni ad una vera e propria persecuzione, con deportazioni e carcerazioni soprattutto nelle isole della Dalmazia, dove venivano sottoposti ad ogni tipo di vessazione e tortura. I più "fortunati" venivano arruolati coattamente nell'esercito jugoslavo e mandati nei posti più sperduti a compiere lavori particolarmente usuranti; di fatto, con la copertura del servizio militare venivano sottoposti a lavori forzati.

        Con questo provvedimento si pone un rimedio al blocco del riconoscimento dei legittimi diritti di questi italiani che, trattenuti con la forza da un esercito straniero, non hanno potuto fare subito rientro in Italia: si tratta di un riconoscimento sancito dalla Convenzione generale in materia di sicurezza sociale firmata con la Jugoslavia nel 1957 e che, proprio per il momento in cui è stata stipulata, non teneva conto di questi italiani "prigionieri" che il regime di Tito considerava dei nemici da perseguitare.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

 

        1. Ai profughi d'Istria, Fiume e Dalmazia, riconosciuti tali con decreto prefettizio, che hanno optato per la conservazione della cittadinanza italiana e sono stati trattenuti in territorio jugoslavo contro la loro volontà ed avviati al lavoro, sono riconosciuti, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, i diritti al riscatto dell'assicurazione obbligatoria ed al riconoscimento dei contributi versati all'Ente assicurativo jugoslavo anche dopo il 18 dicembre 1954.

        2. Al fine di cui al comma 1, sono riaperti i termini per la ricostruzione della posizione assicurativa presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale e gli altri istituti previdenziali ai sensi e con le procedure previste dalla legge 5 aprile 1985, n. 135.

 

Art. 2.

 

        1. Le disposizioni di cui all'articolo 1 si applicano altresì ai cittadini italiani provenienti dalla zona B del Territorio libero di Trieste fino al 5 ottobre 1956.

 

Art. 3.

 

        1. Ai profughi di cui agli articoli 1 e 2 che sono stati costretti a prestare servizio militare nella Repubblica federativa di Jugoslavia, sono estesi i benefici di cui alla legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni.

        2. Il servizio prestato coattivamente nella Repubblica federativa di Jugoslavia è equiparato a quello prestato in Italia.

 

Art. 4.

 

        1. I cittadini italiani che sono stati ristretti nelle carceri jugoslave per motivi etnici, politici, nazionali e ideologici sono equiparati ai perseguitati politici.

 

Art. 5.

 

        1. Il Governo è tenuto ad avanzare ai Governi degli Stati subentrati alla cessata Repubblica federativa di Jugoslavia la richiesta di totale riabilitazione dei cittadini italiani di cui all'articolo 3.

 




[1]     In materia di tutela per i soggetti con status di profugo, si ricorda che la L. 4 marzo 1952, n. 137, recante disposizioni in materia di assistenza a favore dei profughi, ha disposto che l’assistenza[1] ai citati soggetti è concessa, secondo specifiche modalità, ai cittadini italiani che si trovino in stato di bisogno e appartengano alle seguenti categorie:

§       profughi dalla Libia, dall'Eritrea, dall'Etiopia e dalla Somalia, per quest'ultima limitatamente ai rimpatriati fino al 31 marzo 1950;

§       profughi dai territori sui quali, in seguito al Trattato di pace, è cessata la sovranità dello Stato italiano;

§       profughi da territori esteri;

§       profughi da zone del territorio nazionale colpite dalla guerra.

Successivamente, con il D.P.R. 4 luglio 1956, n. 1117, sono state emanate le norme di attuazione per il riconoscimento della qualifica di profugo

In particolare, ai fini del riconoscimento della qualifica di profugo e ai fini dell'estensione dei benefici accordati per i concorsi ai reduci e per ogni altro fine previsto dall’ordinamento, i cittadini italiani che appartengano ad una delle categorie di profughi indicate in precedenza devono presentare domanda al prefetto della Provincia in cui risiedono, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore del D.P.R. in oggetto.  Sono dispensati dal presentare domanda coloro ai quali la qualifica di profugo sia stata riconosciuta ai fini dell'applicazione del D.Lgs. 3 settembre 1947, n. 885, con il quale sono stati estesi ai profughi dei territori di confine i benefici in favore dei reduci, e del D.Lgs. 26 febbraio 1948, n. 104, ai sensi del quale l’estensione dei benefici previsti per i reduci è stata disposta a favore dei profughi dell'Africa Italiana. In questo caso, infatti, conservano efficacia le attestazioni a quei fini già rilasciate.

Ricevuta la domanda, il prefetto dispone gli accertamenti che ritiene necessari e provvede comunque entro 60 giorni dalla presentazione della domanda. A coloro che vengono riconosciuti profughi è rilasciata una attestazione, in conformità ad un modello predisposto del Ministero dell'interno.

In caso di provvedimento negativo l'interessato, entro 30 giorni dalla comunicazione, può ricorrere al Ministro per l'interno. Quest’ultimo decide sul ricorso in base alle ulteriori prove addotte dall'interessato ed agli eventuali nuovi accertamenti che ritenga necessari disporre. Sui ricorsi prodotti dai profughi dai territori esteri, dovrà essere sentito il Ministero degli affari esteri.

 

[2]     “Disposizioni concernenti la corresponsione di indennizzi, incentivi ed agevolazioni a cittadini ed imprese italiane che abbiano perduto beni, diritti ed interessi in territori già soggetti alla sovranità italiana e all'estero”.

[3]     In particolare, le provvidenze della legge si estendono tra l’altro:

a)       in relazione alle clausole previste dall'accordo finanziario-patrimoniale italo-tunisino del 29 agosto 1967, ai cittadini italiani ed enti o società di nazionalità italiana rimpatriati dalla Tunisia, per i quali le leggi 5 giugno 1965, n. 718, e 25 marzo 1971, n. 212, prevedono la concessione di anticipazioni, liquidazioni percentuali dei contributi per beni, diritti ed interessi perduti ad opera di provvedimenti emanati dalle autorità tunisine a partire dal 12 maggio 1964;

b)       ai cittadini italiani ed enti o società di nazionalità italiana rimpatriati dalla Libia, per i quali la L. 6 dicembre 1971, n. 1066 prevede la concessione di anticipazioni per beni, diritti ed interessi perduti ad opera di provvedimenti emanati dalle autorità libiche a partire dal 1° gennaio 1969;

c)       ai cittadini italiani ed enti o società di nazionalità italiana rimpatriati dall'Etiopia, per i quali la L. 9 dicembre 1977, n. 961 prevede la concessione di anticipazioni per beni, diritti ed interessi perduti ad opera di provvedimenti emanati dalle autorità etiopiche a partire dal 1° agosto 1970, nonché per i diritti di credito riconosciuti e determinati da decisioni di qualunque foro anche internazionale di cui il Governo italiano assume l'onere della copertura in conseguenza di accordi internazionali.

 

[4]    Data dell'ingresso dell'Italia nella II Guerra Mondiale.

[5]     Il regolamento di pendenze finanziarie derivanti dall’Accordo di Belgrado del 18 dicembre 1954 fu poi definito con l’Accordo del 3 luglio 1965. Successivamente con l’Accordo di Roma del 18 febbraio 1983 furono definite tutte le obbligazioni reciproche derivanti dal Trattato di Osimo del 1975.

[6]    Le vicende del confine orientale, anche in ragione degli eventi tragici connessi al periodo dell'occupazione da parte dei partigiani jugoslavi di parti del territorio italiano (1943-1947), videro complessivamente circa 300 mila italiani abbandonare i territori passati sotto sovranità jugoslava. D'altro canto, una consistente minoranza italiana venne a trovarsi, dopo gli accordi di pace, a risiedere in territorio jugoslavo, ripartita tra le due entità federate croata e slovena. II mutamento degli assetti geopolitici conseguenti alla caduta del Muro di Berlino 1989 ha travolto anche l'insieme di Stati ed etnie che componevano la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia: la spinta delle varie nazionalità ha condotto la Croazia e la Slovenia alla dichiarazione d'indipendenza. Per effetto di questi cambiamenti la penisola istriana e la minoranza italiana sono state divise dal nuovo confine sul fiume Dragogna: la minoranza italiana a seguito della nascita dei due nuovi Stati è stata divisa in due componenti, una, numericamente più esigua, in Slovenia, e l'altra, più cospicua, nel territorio croato dell'Istria, del Quarnaro e della Dalmazia.

[7]    Le vicende della minoranza italiana in Croazia hanno conosciuto, dalla primavera 2001, nuovi momenti di tensione, quando il Governo di Zagabria ha decretato la sospensione temporanea di dieci articoli dello Statuto del Consiglio regionale istriano concernenti la piena attuazione del bilinguismo. Analoghe norme erano già state bocciate dalla Corte costituzionale croata nel 1995, ma l’adozione successiva di nuove norme sulle minoranze da parte dello Stato aveva indotto il Consiglio regionale dell’Istria a recuperare gli aspetti del bilinguismo. L’azione del Governo croato ha destato vive preoccupazioni della Farnesina: il presidente Ciampi, dal canto suo, in un discorso tenuto a Pola in occasione di una visita di Stato di due giorni in Croazia (ottobre 2001), ha auspicato per la locale minoranza italiana un modello di convivenza ispirato all’esperienza italiana dell’Alto Adige/Süd Tirol. Nel dicembre 2002 la minoranza italiana ha salutato con favore l'approvazione da parte del Parlamento di Zagabria di una legge costituzionale sui diritti delle minoranze, che ha mantenuto per esse la prerogativa di eleggere i propri rappresentanti in modo diretto, aggiuntivo rispetto al voto di lista per un partito. Qualche ulteriore preoccupazione è stata però suscitata dalla legge elettorale, che ha previsto la necessità dell’opzione tra le due possibilità di voto. In ogni modo, il clima nei rapporti tra la minoranza italiana e il Governo croato sembra decisamente migliorato da quando si è insediato il nuovo esecutivo di centro-destra guidato da Ivo Sanader, che nello scorso dicembre ha negoziato l'appoggio esterno del rappresentante parlamentare italiano Furio Radin, in cambio del quale Sanader si è impegnato a maggiori finanziamenti e concessioni ai diritti della minoranza italiana.

[8]     Trattasi dei periodi di servizio militare effettivo, sia volontario sia obbligatorio, di cui all’articolo 56 n. 1, del R.D.L. 1827 del 1935; i periodi di servizio militare nelle Forze armate dello Stato italiano e nel Corpo delle guardie di Pubblica Sicurezza nel periodo dal 10 giugno 1940 al 15 ottobre 1946, per i periodi prestati in qualità di partigiano combattente, quelli prestati come militarizzati da dipendenti di Amministrazioni dello Stato o di Enti pubblici, quelli prestati dai vigili del fuoco richiamati in servizio continuativo per esigenze di guerra, quelli prestati nelle formazioni mobilitate della Unione nazionale protezione antiaerea, quelli prestati nella Croce rossa italiana,  quelli prestati come agenti del soppresso corpo di polizia dell'Africa italiana, nonché i periodi di lavoro coatto o di cattività degli ex internati civili in Germania di cui agli articoli 7, 8 e 9 della L. 55 del 1958; i periodi di servizio militare ed equiparati svolti dai combattenti che durante la seconda guerra mondiale hanno prestato servizio nelle forze armate tedesche o nelle formazioni armate da esse organizzate, qualora abbiano conservato o riacquistato la cittadinanza italiana e non abbiano partecipato ad azioni, anche isolate, di terrorismo o di sevizie, di cui alla L. 364 del 1958.

[9]     La commissione, istituita dall’articolo 8 della legge, è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con i Ministri dell’interno, della giustizia, dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali. Essa è composta:

a)    di un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, con funzioni di presidente,  e di uno per ciascuno dei Ministeri sopra indicati;

b)    di tre rappresentanti dell’Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti.