XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Finanziaria 2006 - A.C. 6177-A - Schede di lettura (articolo 1, commi 252-399) - Tomo II
Serie: Progetti di legge    Numero: 835    Progressivo: 4
Data: 11/12/05
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Riferimenti:
AC n.6177-A/14     

Servizio studi

 

 

progetti di legge

Finanziaria 2006

A.C. 6177-A

Schede di lettura
(a
rticolo 1, commi 252-399)

n. 835/4
Tomo II

 


xiv legislatura

11 dicembre 2005

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica

 

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File: ID0048s2.doc

 


INDICE

 

 

Tomo I

 

TAVOLA DI RAFFRONTO.. 1

Schede di lettura (articolo 1, commi 1-251)

§      Articolo 1, commi 1-4 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato)17

§      Articolo 1, comma 4-bis (Destinazione dei maggiori proventi delle dismissioni immobiliari all’ammortamento del debito pubblico)24

§      Articolo 1, commi 5 e 9 (Riduzione degli stanziamenti di bilancio per consumi intermedi e investimenti fissi lordi)26

§      Articolo 1, commi 5-bis e 5-ter (Frazionamento della spesa per dodicesimi)34

§      Articolo 1, commi 6-8-bis (Contenimento delle spese per consulenze, di rappresentanza e per auto di servizio)37

§      Articolo 1, comma 10 (Contenimento spesa centri di accoglienza)45

§      Articolo 1, commi 11-12 (Fondo per i trasferimenti correnti alle imprese)47

§      Articolo 1, comma 12-bis (Finanziamento alle emittenti televisive locali)53

§      Articolo 1, comma 13 (Flessibilità del bilancio)55

§      Articolo 1, comma 13-bis (Sospensione di impegni di spesa e titoli di pagamento)74

§      Articolo 1, comma 14 (Fondo per consumi intermedi del Ministero dell’interno)77

§      Articolo 1, comma 15 (Fondo investimenti Forze dell’ordine)78

§      Articolo 1, comma 16 (Fondo funzionamento Arma dei carabinieri)79

§      Articolo 1, comma 17 (Soluzione crisi industriali - ex legge 181)81

§      Articolo 1, comma 18 (Convenzione Poste Italiane Spa per riduzione tasso di interesse sulle giacenze di tesoreria della raccolta postale)83

§      Articolo 1, comma 19 (Rinnovo seggi Consiglio sicurezza Nazioni Unite)86

§      Articolo 1, comma 20 (Personale in servizio MAE per missione IRAQ)88

§      Articolo 1, commi 21-23 (Limitazione dei pagamenti)89

§      Articolo 1, commi 24-26 (Limitazione dei pagamenti dei titolari di contabilità speciali di tesoreria)92

§      Articolo 1, commi 27-29 (Contabilità speciali e conti correnti di tesoreria non movimentati)95

§      Articolo 1, commi 30-32 (Finanziamento delle funzioni già esercitate dagli uffici metrici provinciali e trasferite alle Camere di commercio)99

§      Articolo 1, comma 33 (Limite alle riassegnazioni di entrate)104

§      Articolo 1, comma 34 (Assegnazione di risorse al Consiglio di Stato e ai TAR)106

§      Articolo 1, commi 35 e 36 (Versamento accantonamenti enti pubblici)107

§      Articolo 1, comma 37 (Debiti pregressi delle amministrazioni centrali dello Stato)111

§      Articolo 1, comma 37-bis(Trasferimento su supporto informatico degli invii di corrispondenza da e per le pubbliche amministrazioni; informatizzazione dei pagamenti postali)113

§      Articolo 1, commi 37-ter-37-novies (Parametri di prezzo-qualità e commissioni giudicatrici delle gare indette dalla Consip)116

§      Articolo 1, commi 38-48-bis (Riduzione dei costi della politica)125

§      Articolo 1, commi 49-55 (Autofinanziamento di alcune autorità amministrative)146

§      Articolo 1, commi 56-61 (Autofinanziamento delle Agenzie fiscali)162

§      Articolo 1, comma 62 (Rifinanziamento della legge 1° agosto 2002, n. 166, e di ulteriori interventi infrastrutturali)169

§      Articolo 1, commi 62-bis-62-sexies (Fusione della società Infrastrutture Spa nella Cassa depositi e prestiti Spa)175

§      Articolo1, comma 62-septies (Contributo per le fiere)181

§      Articolo 1, comma 63 (Contributi alla Guardia di finanza)182

§      Articolo 1, comma 64 (Immobili vicini all’aeroporto di Milano Malpensa)185

§      Articolo 1, comma 65 (Interventi nel settore ferroviario)188

§      Articolo 1, comma 66 (Sviluppo dell'industria per la difesa)193

§      Articolo 1, comma 67 (Contratto di programma Poste)197

§      Articolo 1, comma 68 (Missioni di pace)201

§      Articolo 1, commi 69 e 70-71 (Protezione civile)206

§      Articolo 69-bis (Finanziamento dei campionati mondiali di ciclismo)212

§      Articolo 1, commi 72-74 (Autotrasporto merci)213

§      Articolo 1, comma 75 (Contributo solidarietà regione Sicilia)216

§      Articolo 1, comma 76 (Proroga di agevolazioni in materia di accise per prodotti energetici)219

§      Articolo 1, comma 77 (Proroga di agevolazioni fiscali per la manutenzione e la salvaguardia dei boschi)234

§      Articolo 1, comma 78 (Proroga di agevolazioni IRAP nel settore agricolo e della pesca)236

§      Articolo 1, comma 79 (Proroga di agevolazioni fiscali e previdenziali per imprese che esercitano la pesca costiera e nelle acque interne e lagunari)239

§      Articolo 1, comma 80 (Proroga agevolazioni fiscali per la formazione e l'arrotondamento della proprietà contadina)242

§      Articolo 1, comma 80-bis (IVA agevolata per l’energia elettrica impiegata da consorzi di bonifica)244

§      Articolo 1, comma 81 (Proroga di termini per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio)245

§      Articolo 1, comma 82 (Proroga dell’esenzione IRPEF per i redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera)249

§      Articolo 1, comma 83 (Limite di deducibilità dei contributi di assistenza sanitaria dal reddito di lavoro dipendente)251

§      Articolo 1, comma 84 (Clausola di salvaguardia)253

§      Articolo 1, comma 85 (Proroga del regime di indetraibilità dell’IVA sugli acquisti di motoveicoli e autoveicoli)255

§      Articolo 1, comma 86 (Proroga esenzioni da imposte e tasse per gli atti relativi alla ricostruzione delle aree terremotate del Belice)258

§      Articolo 1, comma 87 (Proroga regime di esenzione fiscale delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza - IPAB)260

§      Articolo 1, comma 87-bis (Pubblicità nelle manifestazioni sportive dilettantistiche)262

§      Articolo 1, comma 88 (Proroga deduzione forfetaria per gli esercenti impianti di distribuzione di carburante)264

§      Articolo 1, comma 88-bis (Trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri)266

§      Articolo 1, comma 89 (Differimento termine TARSU)269

§      Articolo 1, comma 90 (Scambi culturali e scientifici)271

§      Articolo 1, comma 91 (Opere infrastrutturali fiera di Milano)276

§      Articolo 1, comma 92 (Limite minimo al versamento del debito e al rimborso del credito di imposta)278

§      Articolo 1, commi 93-103 (Patto di stabilità interno)280

§      Articolo 1, comma 104 (Retribuzione pensionabile dei componenti delle autorità indipendenti)305

§      Articolo 1, comma 105 (Compartecipazione provinciale e comunale al gettito IRPEF)307

§      Articolo 1, comma 105-bis (Proroga dei termini per la liquidazione e l’accertamento dell’ICI)310

§      Articolo 1, commi 106 e 107 (Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2006)312

§      Articolo 1, commi 107-bis-107-sexies (Acquisto di beni e servizi da parte degli enti decentrati di spesa)318

§      Articolo 1, comma 107-septies e 107-octies (Differimento del termine per l’approvazione dei bilanci di previsione degli enti locali e procedure di scioglimento dei consigli comunali)322

§      Articolo 1, comma 108 (Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici – SIOPE)327

§      Articolo 1, comma 108-bis (Finanziamento del Fondo nazionale per la montagna)331

§      Articolo 1, comma 109 (Regolamento finanziario sulle emissioni obbligazionarie dei comuni)333

§      Articolo 1, commi 109-bis-109-sexies (Attività di controllo della Corte dei conti sugli enti locali)337

§      Articolo 1, commi 109-septies-109-undecies (Funzioni di controllo della Corte dei conti)342

§      Articolo 1, comma 109-duodecies (Tutela dei crediti erariali)346

§      Articolo 1, commi 109-terdecies-109-duodevicies (Concordato preventivo per i tributi delle regioni, delle province e dei comuni)348

§      Articolo 1, comma 109-undevicies (Sospensione degli effetti delle addizionali regionali all’IRPEF e delle maggiorazioni di aliquota dell’IRAP)354

§      Articolo 1, comma 109-vicies (Esclusione dei comuni con meno di 3.000 abitanti dall’obbligo di redazione del conto economico)357

§      Articolo 1, commi 110 e 111-116 (Adeguamento delle risorse contrattuali per il biennio 2004-2005 a seguito del protocollo d’intesa del 27 maggio 2005)359

§      Articolo 1, commi 110-bis e 110-ter (Potenziamento della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale)365

§      Articolo 1, commi 117-120 (Risorse rinnovi contrattuali per il biennio 2006-2007)370

§      Articolo 1, commi 121 e 122 (Limiti all’utilizzo di personale a tempo determinato)374

§      Articolo 1, commi 123-131 (Interventi in materia di risorse destinate alla contrattazione integrativa e di lavoro straordinario)380

§      Articolo 1, commi 132-134 e 136-140 (Concorso delle regioni e degli enti locali al contenimento degli oneri di personale)391

§      Articolo 1, comma 135 (Riduzione dei costi di funzionamento degli organi istituzionali)400

§      Articolo 1, commi 141-149 e 150-154 (Disposizioni per il contenimento degli oneri di personale)401

§      Articolo 1, commi 149-bis e 149-ter (Rimborsi e indennità per missioni all’estero dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni)416

§      Articolo 1, comma 149-quater (Trasferimento personale ATA degli enti locali alle dipendenze dello Stato)418

§      Articolo 1, comma 154-bis (Interpretazione autentica dell’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001)421

§      Articolo 1, comma 154-ter (Trattamento economico del personale del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione)423

§      Articolo 1, comma 154-quater (Interpretazione autentica dell’articolo 3, comma 57, della legge n. 537 del 1993)425

§      Articolo 1, comma 155 (Vicedirigenza)427

§      Articolo 1, commi 156-158 (Mobilità)429

§      Articolo 1, commi 159-167 (Proroga contratti a tempo determinato)433

§      Articolo 1, commi 168-175 e 177 (Assunzioni di personale)443

§      Articolo 1, comma 175-bis e 175-ter (Alto Commissario per la prevenzione e contrasto della corruzione)452

§      Articolo 1, comma 175-quater (Definizione del contenzioso in materia di IVA per i servizi di vigilanza privata)457

§      Articolo 1, comma 176 (Organi di certificazione dei contratti di lavoro)462

§      Articolo 1, comma 177-bis (Modifiche all’articolo 8-bis del decreto-legge n. 203 del 2005)468

§      Articolo 1, commi 178-181 (Dirigenti e personale delle Forze di Polizia)470

§      Articolo 1, commi 182-186 (Gestioni previdenziali)477

§      Articolo 1, comma 187 (Lavoratori industria mineraria siciliana)482

§      Articolo 1, comma 188 (Indennizzo ai familiari delle vittime di Ustica)489

§      Articolo 1, comma 188-bis (Somme destinate alla copertura delle indennità di malattia per i lavoratori del trasporto pubblico locale)491

§      Articolo 1, commi 189-190 (Risorse finanziarie del Servizio sanitario nazionale e nuovi adempimenti a carico delle Regioni)495

§      Articolo 1, commi 191-195 (Concorso dello Stato al ripiano dei disavanzi regionali e norme sui tempi di attesa. Disposizioni per la razionalizzazione della spesa)503

§      Articolo 1, commi 196-210 (Completamento degli interventi sanitari e miglioramento dell’offerta sanitaria)511

§      Articolo 1, comma 210-bis (Esenzione dall’IRAP per le aziende pubbliche di servizi alla persona)526

§      Articolo 1, commi 210-ter e 210-quater (Medici specializzandi)528

§      Articolo 1, comma 210-quinquies (Aliquota IVA per alcune prestazioni socio-assistenziali)532

§      Articolo 1, comma 211 (Farmaci di automedicazione)535

§      Articolo 1, commi 212-213 (Norme concernenti l’Agenzia per i servizi sanitari regionali)536

§      Articolo 1, commi 214-216 (Programma edilizia sanitaria)539

§      Articolo 1, commi 217-221 (Ricerca farmaceutica)543

§      Articolo 1, commi 222-227 (Modificazioni alla disciplina recata dal decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56)547

§      Articolo 1, commi 228 e 229-231 (Ammortamento dei beni materiali strumentali per l’esercizio di alcune attività regolate. Controlli su versamenti di imposte)558

§      Articolo 1, comma 228-bis (Concessione di beni artistici e storici agli enti territoriali)576

§      Articolo 1, commi 231-bis-231-quater (Definizione agevolata nei giudizi di responsabilità della Corte dei conti)578

§      Articolo 1, comma 232 (Aggiornamento sanzioni)583

§      Articolo 1, comma 232-bis (Violazione delle disposizioni relative al settore oleario)585

§      Articolo 1, commi 233-237 e 238 (Fondo solidarietà e famiglia - Assegni per i figli nati o adottati)587

§      Articolo 1, comma 237-bis (Completamento del processo di trasformazione di Poste italiane Spa)591

§      Articolo 1, commi 239 e 239-bis (Agevolazioni fiscali per le spese sostenute dai genitori per le rette degli asili nido e per il pagamento di baby-sitter)594

§      Articolo 1, commi 239-ter e 239-quater (Modifica della legge n. 493 del 1999 in materia di infortuni domestici)598

§      Articolo 239-quinquies (Fondo garanzia mutui acquisto prima casa)605

§      Articolo 1, commi 240-243 (5 per mille per volontariato e ricerca)607

§      Articolo 1, comma 243-bis (Ricerca biotecnologica)613

§      Articolo 1, comma 243-ter (Contributo Istituto di geofisica)614

§      Articolo 1, commi 244-246 (Indennizzi per i risparmiatori vittime di frodi finanziarie)617

§      Articolo 1, comma 247 (Cessione del “quinto”)624

§      Articolo 1, comma 247-bis (Accesso dei pensionati alle prestazioni creditizie agevolate dell’INPDAP)633

§      Articolo 1, commi 248 e 249 (Fondo per le adozioni internazionali e contrasto dello sfruttamento sessuale e dell’abuso sessuale dei minori)635

§      Articolo 1, comma 249-bis (Fondo per l'innovazione tecnologica nel settore della sicurezza)637

§      Articolo 1, commi 250 e 251 (Eliminazione della tassa e dell’imposta di bollo sui brevetti)638

 

 

Tomo II

Schede di lettura (articolo 1, commi 252-399)

§      Articolo 1, commi 252-254 (Detassazione della ricerca)617

§      Articolo 1, commi 255-258 (Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione)625

§      Articolo 1, commi 259 e 260 (Riduzione del costo del lavoro)631

§      Articolo 1, comma 260-bis (Riapertura termini per la definizione automatica dei versamenti contributivi relativi al sisma del 1990 nella Sicilia orientale)634

§      Articolo 1, commi 261 e 262 (Rideterminazione dei premi assicurativi INAIL)637

§      Articolo 1, commi 263-265 e 266-268 (Distretti)640

§      Articolo 1, comma 265-bis (Rifinanziamento degli interventi a sostegno della ricerca avanzata nel settore della fisica)671

§      Articolo 1, comma 268-bis (Sovracanoni idroelelettrici)673

§      Articolo 1, comma 268-ter (Iscrizione ai fini previdenziali delle imprese artigiane e commerciali alle Camere di commercio)675

§      Articolo 1, comma 268-quater (Definizione dei criteri per le agevolazioni sulle tariffe elettriche)680

§      Articolo 1, comma 268-quinquies (Proroga del termine per l’applicazione dei limiti al possesso o alla gestione di reti di trasporto di energia e gas)683

§      Articolo 1, commi 269-271 (Banca del Sud)692

§      Articolo 1, commi 271-bis e 271-ter (Disposizioni in materia di strumenti del debito pubblico)699

§      Articolo 1, commi 272-276 e 277 (Categorie di azioni e strumenti finanziari partecipativi)702

§      Articolo 1, commi 276-bis e 276-ter (Destinazione dei proventi di sanzioni e attribuzione di altre risorse al Fondo per l’usura)714

§      Articolo 1, comma 276-quater (Delega di funzioni in materia di prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite)718

§      Articolo 1, comma 276-quinquies (Regime di transizione nell’attività di distribuzione di gas naturale)720

§      Articolo 1, commi 276-sexies-276-undecies (Disposizioni sul patrimonio degli enti soppressi e loro trasferimento)726

§      Articolo 1, commi 276-duodecies (Conversione o rinegoziazione dei mutui dello Stato, delle regioni e degli enti locali)732

§      Articolo 1, comma 276-terdecies (Obbligazioni bancarie garantite)734

§      Articolo 1, comma 278 (Convenzioni per la gestione di interventi a favore delle imprese artigiane)736

§      Articolo 1, commi 279-281 (Trasferimento di autoveicoli)737

§      Articolo 1, comma 281-bis (Proroga del termine per il mantenimento degli affidamenti di servizi di trasporto pubblico locale)741

§      Articolo 1, comma 281-ter (Proroga del regime transitorio per l’affidamento di servizi di trasporto regionale)743

§      Articolo 1, comma 282 (Confidi)749

§      Articolo 1, commi 283-284 (Promozione turistica all’estero)751

§      Articolo 1, comma 285 (Edilizia popolare e residenziale)753

§      Articolo 1, comma 285-bis (Effetti della cessione di immobili pubblici non adibiti ad uso abitativo)756

§      Articolo 1, commi 286-288 (Personale per le emergenze sanitarie)758

§      Articolo 1, comma 289 (Esclusione dalle limitazioni alla spesa pubblica dei progetti dell’Istituto Nazionale Fauna selvatica)762

§      Articolo 1, comma 290 (Finanziamento Fondo bieticolo nazionale)764

§      Articolo 1, commi 291 e 292 (Modernizzazione dei settori dell’agricoltura, pesca, acquicoltura alimentazione e foreste)766

§      Articolo 1, comma 293 (Nuove misure per il contenimento della spesa per l'assistenza farmaceutica)768

§      Articolo 1, comma 294 (Ammortizzatori sociali)770

§      Articolo 1, comma 294-bis (Utilizzazione delle risorse per cassa integrazione guadagni e proroga dei trattamenti straordinari)775

§      Articolo 1, comma 295 (Crediti d’imposta per gli investimenti e le assunzioni)778

§      Articolo 1, comma 295-bis (Credito di imposta per gli investimenti e le assunzioni nel Sud)783

§      Articolo 1, comma 295-ter (Interventi I.S.A. nel settore del commercio e della trasformazione di prodotti agricoli)785

§      Articolo 1, comma 296 (Interventi di ristrutturazione di imprese della filiera agroalimentare)787

§      Articolo 1, commi 297-299 (Concentrazione di imprese ed estensione del contributo alle imprese agricole)791

§      Articolo 1, comma 300 (Programma agevolato per la produzione di biodiesel)797

§      Articolo 1, comma 301 (Promozione filiere agro-energetiche)800

§      Articolo 1, comma 302 (Produzione di energia elettrica da biocombustibili agro-forestali)803

§      Articolo 1, comma 302-bis (Regime speciale IVA per gli imprenditori ittici)805

§      Articolo 1, comma 302-ter (Disciplina di giuochi e scommesse ippiche)808

§      Articolo 1, comma 302-quater (Utilizzazione delle immagini di gare ippiche da parte dell’UNIRE)810

§      Articolo 1, comma 302-quinquies (Partecipazione del Ministero delle politiche agricole alla diffusione della cultura gastronomica)812

§      Articolo 1, comma 303 (Agecontrol Spa)813

§      Articolo 1, comma 303-bis (Impiego di risorse attribuite all’ISMEA)814

§      Articolo 1, comma 304 (Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese)816

§      Articolo 1, commi 304-bis-304-quater (Tutela per maternità delle atlete)818

§      Articolo 1, comma 304-quinquies (Convenzioni per lo svolgimento di attività socialmente utili ‘ASU’)824

§      Articolo 1, comma 304-sexies (Contributo al Centro sperimentale di cinematografia)828

§      Articolo 1, comma 305 (Fondo per esigenze di tutela ambientale)831

§      Articolo 1, comma 306 (Protocollo di Kyoto)833

§      Articolo 1, commi 307-310 (Bonifica e ripristino ambientale)836

§      Articolo 1, commi 311-316 e 318-319 (Danni ambientali e sanzioni)845

§      Articolo 1, commi 316-bis-316-quinquies (Finanziamenti per la rilocalizzazione in condizioni di sicurezza di attività produttive collocate in aree a rischio di esondazione)853

§      Articolo 1, comma 319-bis (Finanziamento di infrastrutture dell’autorità portuale di Manfredonia)856

§      Articolo 1, comma 319-ter (Disposizioni in materia di subconcessioni da parte di ANAS Spa)858

§      Articolo 1, comma 319-quater (Interventi abitativi per agevolare la mobilità del personale della pubblica amministrazione)860

§      Articolo 1, commi 319-quinquies-319-octies (Semplificazioni in materia di alienazioni di immobili degli IACP)862

§      Articolo 1, commi 320-331 (Contributi per l’editoria)868

§      Articolo 1, comma 331-bis (Personale dei rami d’azienda ceduti dai concessionari della riscossione)879

§      Articolo 1, comma 331-ter (Imposta sul materiale pornografico)883

§      Articolo 1, comma 331-quater (Esclusione delle trasmissioni di carattere pornografico dall’IVA ridotta)887

§      Articolo 1, commi 331-quinquies-331-octies (Disposizioni in materia di atti catastali e introduzione del modello unico digitale per l’edilizia)888

§      Articolo 1, commi da 331-novies a 331-duodecies (Revisione della categoria catastale degli immobili a destinazione speciale)893

§      Articolo 1, commi 331-terdecies e 331-quaterdecies (Procedure telematiche per la presentazione di atti presso il catasto e i registri immobiliari)896

§      Articolo 1, commi 331-quinquiesdecies-331-duodevicies (Consultazione telematica di dati ipotecari e catastali Richiesta telematica di certificati catastali)904

§      Articolo 1, comma 331-undevicies (Esonero dalla dichiarazione e dalla comunicazione agli effetti dell’ICI)908

§      Articolo 1, comma 331-vicies (Determinazione del prezzo di immobili oggetto  di procedure di cartolarizzazione)911

§      Articolo 331-vicies semel (Apertura al pubblico delle Conservatorie dei registri immobiliari)913

§      Articolo 1, commi 332-339 (Rivalutazione di beni d’impresa e di aree edificabili)914

§      Articolo 1, comma 339-bis (Limiti all’attività di riscossione  dei tributi e delle entrate di comuni e province)925

§      Articolo 1, commi 340-341 (Demanio)928

§      Articolo 1, comma 341-bis (Regime tributario dei partecipanti a fondi comuni d’investimento immobiliare)931

§      Articolo 1, commi 341-ter (Dotazioni infrastrutturali finanziate con fondi INAIL)936

§      Articolo 1, commi 342-351 (Disciplina del giuoco legale con apparecchi da intrattenimento)939

§      Articolo 1, commi 352-367 (Contrasto del giuoco illegale e disposizioni varie in materia di giuochi e scommesse)952

§      Articolo 1, commi 368-369 (Disposizioni in materia di accisa sui tabacchi lavorati)973

§      Articolo 1, comma 369-bis (Capitale sociale dei concessionari della riscossione  dei tributi e di altre entrate dei comuni e delle province)977

§      Articolo 1, comma 370 (Contratti di collaborazione coordinata e continuativa presso enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole)979

§      Articolo 1, comma 371 (Documento unico di regolarità contributiva)982

§      Articolo 1, commi 372 e 373 (Fondo per spese sostenute dalle famiglie per le esigenze degli studenti universitari)984

§      Articolo 1, comma 374 (Istituzione Fondo nazionale per le comunità giovanili presso il Dipartimento politiche antidroga)987

§      Articolo 1, comma 375 (Monitoraggio spese ambientali)989

§      Articolo 1, comma 376 (Assunzioni effettuate da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste)992

§      Articolo 1, comma 377 (Emittenti radiofoniche locali)994

§      Articolo 1, comma 378 (Rete di telecomunicazione GSM per la sicurezza del traffico ferroviario)998

§      Articolo 1, comma 379 (Bonifica aree industriali)1003

§      Articolo 1, commi 380-383 (Vittime della criminalità e del terrorismo)1006

§      Articolo 1, comma 384 (Reti globali di monitoraggio climatico e ambientale)1016

§      Articolo 1, comma 385 (Lavoratori marittimi esposti all’amianto)1019

§      Articolo 1, comma 385-bis (Salvaguardia di disposizioni previgenti in materia di pensionamento)1023

§      Articolo 1, comma 386 (All-digital Sardegna e Valle d’Aosta)1026

§      Articolo 1, comma 386-bis (Interventi di protezione ambientale nel Gennargentu)1031

§      Articolo 1, comma 387 (Contributo alle imprese editrici)1034

§      Articolo 1, comma 387.2 (Tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti)1037

§      Articolo 1, comma 387.3 (Asseverazione doganale)1040

§      Articolo 1, comma 387.4 (Sportello unico per le attività produttive)1045

§      Articolo 1, commi 387.5 e 387.6 (Sanzioni in materia tributaria)1047

§      Articolo 1, comma 387.7 (Obbligo di denaturazione del gasolio per uso di riscaldamento)1058

§      Articolo 1, commi 387.8-387.10 (Autorizzazione alla costruzione e all’esercizio dei gasdotti)1061

§      Articolo 1, commi 387.11 e 387.12 (Servizio idrico integrato nel Mezzogiorno)1068

§      Articolo 1, commi 387.13–387.23 (Legge obiettivo per le città)1072

§      Articolo 1, comma 387.24 (Pubblicità dei servizi di trasporto pubblico locale)1078

§      Articolo 1, commi 387.25–387.30 (Fondo rotativo per l’innovazione tecnologica)1085

§      Articolo 1, commi 387.31–387.33 (Accesso delle cooperative ai finanziamenti per il Mezzogiorno)1097

§      Articolo 1, comma 387.34 (Confidi)1100

§      Articolo 1, commi 387.35–387.45 (Disposizioni per l’internazionalizzazione delle imprese)1104

§      Articolo 1, comma 387.46 (Reindustrializzazione e promozione industriale)1116

§      Articolo 1, comma 387.47 (Esenzione fiscale per cessioni di elaboratori elettronici)1119

§      Articolo 1, commi 387.48-387.52 (Trasmissione telematica di atti relativi a adempimenti amministrativi)1122

§      Articolo 1, comma 387.53 (Imposta di bollo per atti trasmessi in via telematica)1128

§      Articolo 1, comma 387.54 (Autorizzazione di spesa)1129

§      Articolo 1, comma 387.55 (Rimborso IVA per i soggetti operanti con regime monofase)1131

§      Articolo 1, commi 387.56-387.64 (Realizzazione di opere pubbliche mediante locazione finanziaria)1134

§      Articolo 1, commi 387.65–387.75. 1144

§      (Insediamenti turistici di qualità)1144

§      Articolo 1, comma 387.76 (Erogazioni liberali in materia di beni culturali)1157

§      Articolo 1, comma 387.77 (Finanziamento di interventi per la tutela dell’ambiente e dei beni culturali e soppressione del contributo per il Convegno internazionale interconfessionale)1168

§      Articolo 1, comma 388 (Fondi speciali)1171

§      Articolo 1, commi 389 (Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)1179

§      Articolo 1, comma 390 (Rifinanziamento di spese di conto capitale)1188

§      Articolo 1, commi 391 (Riduzione di autorizzazioni legislative di spesa)1192

§      Articolo 1, commi 392 (Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)1198

§      Articolo 1, commi 393 (Limiti all’assunzione degli impegni a valere sulle leggi di spesa)1214

§      Articolo 1, comma 394 (Eccedenze di spesa)1216

§      Articolo 1, comma 395 (Fondi unici investimenti)1226

§      Articolo 1, comma 396 (Copertura finanziaria)1232

§      Articolo 1, commi 397 e 398 (Applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome e coordinamento della finanza pubblica)1236

§      Articolo 1, comma 399 (Entrata in vigore)1238

 


Schede di lettura
(articolo 1, commi 252-399)


Articolo 1, commi 252-254
(Detassazione della ricerca)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

252. Sono integralmente deducibili dal reddito del soggetto erogante i fondi trasferiti per il finanziamento della ricerca, a titolo di contributo o liberalità, dalle società e dagli altri soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (IRES) in favore di università, fondazioni universitarie di cui all'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, delle fondazioni e delle associazioni regolarmente riconosciute a norma del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ivi compresi l'ISS e l'ISPESL, nonché degli enti parco regionali e nazionali.

252. Sono integralmente deducibili dal reddito del soggetto erogante i fondi trasferiti per il finanziamento della ricerca, a titolo di contributo o liberalità, dalle società e dagli altri soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (IRES) in favore di università, fondazioni universitarie di cui all'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, delle fondazioni e delle associazioni regolarmente riconosciute a norma del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro della salute, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ivi compresi l'ISS e l'ISPESL, nonché degli enti parco regionali e nazionali.

 

253. Gli atti relativi ai trasferimenti a titolo gratuito di cui al comma 252 sono esenti da tasse e imposte indirette diverse da quella sul valore aggiunto e da diritti dovuti a qualunque titolo e gli onorari notarili relativi agli atti di donazione effettuati ai sensi del comma 252 sono ridotti del 90 per cento.

253. Identico.

 

254. Al comma 2 dell'articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la lettera c) è abrogata. All'articolo 14 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, il comma 8 è abrogato.

254. Identico.

 


Le disposizioni dei commi da 252 a 254 sono volte a incentivare le erogazioni liberali nel campo della ricerca da parte delle società e di altri soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (IRES).

 

Si segnala, preliminarmente, che la scelta di modificare una disciplina contenuta in un testo unico senza intervenire espressamente su quest'ultimo, bensì collocando le disposizioni sostitutive in un diverso atto legislativo – per di più di struttura complessa e disomogenea, qual è la legge finanziaria – contrasta con le esigenze di organicità della legislazione e con le vigenti Regole sulla redazione tecnica dei testi legislativi.

 

In particolare, il comma 252, modificato nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, ridisciplina parte della materia trattata nel vigente articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, disponendo che sono totalmente deducibili dal reddito del soggetto erogante i fondi trasferiti per il finanziamento della ricerca a:

-        università;

-        fondazioni universitarie di cui all’articolo 59, comma 3, della legge n. 388 del 2000[1];

Il richiamato articolo 59, comma 3, della legge n. 388 del 2000 prevede che una o più università possano costituire fondazioni di diritto privato con la partecipazione di enti e amministrazioni pubbliche e di soggetti privati. I criteri e le modalità per la costituzione e il funzionamento delle predette fondazioni, con l’individuazione delle tipologie di attività e di beni che possono essere conferiti alle medesime nell'osservanza del criterio della strumentalità rispetto alle funzioni istituzionali, che rimangono comunque riservate all'università, sono stati stabiliti con il regolamento di cui al D.P.R. 24 maggio 2001, n. 254[2];

-       istituzioni universitarie pubbliche;

-       enti di ricerca pubblici;

-       fondazioni e associazioni regolarmente riconosciute ai sensi del D.P.R. n. 361 del 2000, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e, in seguito all’approvazione di un emendamento da parte della Commissione bilancio, del Ministro della salute;

Il citato regolamento emanato con il D.P.R. n. 361 del 2000 reca norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto, stabilendo, all'articolo 1, che le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento determinato dall'iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture;

-       enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, compresi l'Istituto superiore di sanità (ISS) e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL);

A norma dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419 (Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali), l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro sono sottoposti alla vigilanza del Ministro della sanità.

Non è pertanto formalmente esatto considerare questi enti “compresi” – come risulterebbe dalla disposizione qui illustrata – nel novero degli “enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca”.

-       enti parco regionali e nazionali.

 

L’articolo 100, comma 2, lettera c), del TUIR consentiva la deduzione delle erogazioni liberali in favore delle università e degli istituti d’istruzione universitaria, per un ammontare non superiore al 2 per cento del reddito di impresa dichiarato.

La lettera b) del comma 7 dell’articolo 14 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha modificato la predetta disposizione eliminando la limitazione relativa all’importo dell’erogazione e ha esteso la deducibilità anche alle erogazioni liberali effettuate in favore di fondazioni universitarie, istituzioni universitarie pubbliche, enti di ricerca pubblici, fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto la ricerca scientifica (da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri), nonché degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, compresi l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali.

 

Dal successivo comma 254 viene contestualmente prevista l'abrogazione della disposizione di cui alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, che prevede, in generale, la deducibilità delle erogazioni liberali a favore delle università ed istituzioni ad esse assimilate.

 

In proposito, si osserva che la disposizione abrogata non appare interamente ricompresa nella nuova agevolazione introdotta dal comma 252 qui illustrato, innanzitutto in relazione alla determinazione dei soggetti eroganti. L’articolo 100 del TUIR si applica infatti ai seguenti soggetti, ai sensi delle disposizioni indicate tra parentesi:

1.      persone fisiche titolari di reddito di impresa (art. 56 del TUIR);

2.      società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato (art. 73, co. 1, lett. a), e art. 81 del TUIR);

3.      enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali (art. 73, co. 1, lett. b), e art. 81 del TUIR);

4.      enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto (art. 73, co. 1, lett. c), e art. 146 del TUIR);

5.      società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, ma con stabile organizzazione nel suddetto territorio (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 1, del TUIR);

6.      società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato e senza stabile organizzazione nel suddetto territorio, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa posseduto (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 2, del TUIR);

7.      società ed enti non commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 154, co. 1, del TUIR).

Il nuovo comma 252 in esame invece si applica alle società e agli altri soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES)[3], cioè ai soggetti sopra indicati ai punti 2-7, indipendentemente dalla circostanza che l’erogazione sia stata effettuata nell’ambito dell’attività d’impresa. Le persone fisiche (sopra, punto 1) sono in ogni caso escluse dal campo di applicazione della norma in esame (né potrebbero valersi della deduzione attualmente consentita dalla lettera c) del comma 2 dell’art. 100 TUIR, abrogato dal successivo comma 254).

Si segnala inoltre che la nuova agevolazione introdotta dal comma 252 in esame dispone la deducibilità relativamente ai soli "fondi trasferiti per il finanziamento della ricerca": non appare certo che nella nozione di “fondi” possano rientrare anche le erogazioni diverse da quelle in denaro, che sarebbero invece deducibili secondo la vigente disciplina.

Si rileva altresì che nel medesimo articolo 100, comma 2, del TUIR sono contemplate ulteriori ipotesi di deducibilità parzialmente corrispondenti a quelle qui introdotte:

-        lettera n): le erogazioni liberali in denaro a favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali, terrestri e marittimi, statali e regionali, effettuate per sostenere attività di conservazione, valorizzazione, studio, ricerca e sviluppo;

-        lettera o): le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute, per la realizzazione di programmi di ricerca scientifica nel settore della sanità autorizzate dal Ministro della salute con apposito decreto.

 

Il comma 253 esenta da tasse, imposte indirette (ad eccezione dell'IVA, per la quale la relazione introduttiva specifica che esiste un vincolo comunitario) e da diritti dovuti a qualunque titolo, gli atti relativi ai trasferimenti a titolo gratuito indicati al comma 252, riducendo anche del 90 per cento gli onorari notarili relativi agli atti di donazione in parola.

Tale previsione agevolativa sostituisce quella dell'articolo 14, comma 8, del decreto-legge n. 35 del 2005[4], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005, che viene pertanto abrogato dal successivo comma 254. Il medesimo comma abroga inoltre, come già ricordato, la lettera c) del comma 2 dell'articolo 100 del TUIR.

 

Anche la disposizione introdotta dal presente comma 253 non appare del tutto sovrapponibile a quella del comma 8 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 35 del 2005, contestualmente abrogato, in quanto quest’ultimo non comprende le fondazioni e associazioni regolarmente riconosciute, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, tra i soggetti i cui atti di trasferimento a titolo gratuito sono esenti da tasse, imposte indirette (ad eccezione dell'IVA) e altri diritti.

 

La relazione tecnica afferma che le presenti disposizioni non comportano oneri aggiuntivi, in quanto si tratterebbe della riscrittura di norme già contenute nell'ordinamento tributario.

 

Si veda tuttavia quanto rilevato sopra, in particolare circa il diverso ambito soggettivo di applicazione delle nuove disposizioni dei commi 252 e 253.


Articolo 1, comma 254-bis
(Fatturazione dei beni ceduti in esenzione d’IVA
a soggetti extracomunitari
)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

254-bis. All'articolo 38-quater, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

a) nel secondo periodo, le parole: «, recante anche l'indicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente» sono soppresse;

 

 

b) nel terzo periodo, dopo le parole: «restituito al cedente» sono inserite le seguenti: «, recante anche l'indicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente da apporre prima di ottenere il visto doganale».

 

 

 

Il comma 254-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, reca modifiche all’articolo 38-quater del D.P.R. n. 633 del 1972, concernente l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto per le cessioni di beni destinati ad essere trasportati nel bagaglio personale dei viaggiatori residenti fuori dell’Unione europea.

 

L’articolo 38-quater[5] del D.P.R. n. 633 del 1972 esclude dall’imposta sul valore aggiunto gli acquisti di beni ad uso personale o familiare effettuati dai viaggiatori domiciliati o residenti fuori della Comunità europea. A tal fine, il domicilio o residenza abituale è quello risultante dal passaporto o dalla carta d’identità ovvero da altro documento idoneo quale titolo di riconoscimento nello Stato comunitario dove avviene l'acquisto, anche se non valido per l'espatrio.

Il beneficio è concesso qualora l'importo complessivo dei beni ceduti, compresa l'imposta sul valore aggiunto, sia superiore a 154,93 euro e purché i beni medesimi vengano trasportati nei bagagli personali.

Il mancato assoggettamento ad imposta viene conseguito:

-        attraverso una procedura di sgravio, che consiste nella non applicazione dell’IVA al momento della cessione (comma 1). In pratica, il cedente italiano emette la fattura senza IVA, indicando in essa gli estremi del passaporto o di altro documento equipollente, mentre l'acquirente extracomunitario è tenuto ad portare i beni al di fuori dell'Unione europea entro il terzo mese successivo a quello in cui l'operazione è stata effettuata. La copia della fattura emessa consegnata all'acquirente deve poi essere restituita al venditore italiano, vistata dall'ufficio doganale di uscita dall’Unione europea, entro il quarto mese successivo alla cessione stessa;

-        in alternativa alla procedura individuata al comma 1, il comma 2 del medesimo articolo 38-quater prevede la possibilità, per il cessionario, di ottenere il rimborso dell’IVA pagata. Anche in questa ipotesi i beni devono essere trasportati al di fuori dell'Unione europea entro il terzo mese successivo a quello dell'avvenuta cessione ed il cessionario extracomunitario deve restituire al venditore italiano l'esemplare della propria fattura, vistato dall'ufficio doganale, entro il quarto mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione. In questo caso, il cedente rimborsa all’acquirente l’importo dell’IVA e recupera l’imposta emettendo una nota di variazione in riduzione dell’imposta sul valore aggiunto relativa alla fattura emessa.

 

Le modifiche introdotte dal presente comma 254-bis riguardano l’obbligo di indicare nella fattura gli estremi del passaporto o di altro documento equipollente del cessionario, nell’ipotesi in cui si utilizzi la procedura prevista dal comma 1 dell’articolo 38-quater del D.P.R. n. 633 del 1972.

Infatti, mentre il testo vigente del richiamato comma 1 dispone che l’indicazione deve essere iscritta nella fattura al momento della sua emissione, la nuova formulazione proposta prevede che la medesima indicazione debba essere fornita al momento della restituzione della fattura da parte del cessionario.

In altre parole, l’obbligo di indicare gli estremi del documento risulta, in primo luogo, a carico del cessionario e non più del cedente e, in secondo luogo, viene ritardato anche il momento in cui tale indicazione dev’essere fornita, in quanto la restituzione della fattura da parte del cessionario deve avvenire entro il quarto mese dalla data della cessione.

 

Appare opportuno ricordare che nel caso in cui l'esemplare della fattura consegnata al cessionario non venga restituita, ovvero venga restituita con ritardo, il cedente italiano dovrà regolarizzare l'operazione a norma dell'articolo 26, comma 1, del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972. In particolare, il cedente è tenuto ad emettere e registrare una nota di addebito per la sola imposta nel termine di un mese dalla scadenza del termine stabilito per la restituzione.

 

Si osserva che la collocazione dell’inciso nel terzo periodo appare erronea: il testo della disposizione, risultante dalla novella, è infatti il seguente:

 

“Le cessioni a soggetti domiciliati o residenti fuori della Comunità europea di beni per un complessivo importo, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, superiore a lire 300 mila destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale della Comunità medesima, possono essere effettuate senza pagamento dell'imposta. Tale disposizione si applica a condizione che sia emessa fattura a norma dell'articolo 21 [...] e che i beni siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione. L'esemplare della fattura consegnato al cessionario deve essere restituito al cedente, recante anche l’indicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente da apporre prima di ottenere il visto doganale, vistato dall'ufficio doganale di uscita dalla Comunità, entro il quarto mese successivo all'effettuazione della operazione; in caso di mancata restituzione, il cedente deve procedere alla regolarizzazione della operazione a norma dell'articolo 26, primo comma, entro un mese dalla scadenza del suddetto termine”.

 

È evidente che l’inciso deve essere inserito dopo la parola: “cessionario”.

 


Articolo 1, commi 255-258
(Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

255. A decorrere dall'anno 2006 è istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il fondo per l'innovazione, la crescita e l'occupazione, di seguito denominato «fondo», destinato a finanziare i progetti individuati dal Piano per l'innovazione, la crescita e l'occupazione, elaborato nel quadro del rilancio della Strategia di Lisbona deciso dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005, nonché interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario.

255. A decorrere dall'anno 2007 è istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il fondo per l'innovazione, la crescita e l'occupazione, di seguito denominato «fondo», destinato a finanziare i progetti individuati dal Piano per l'innovazione, la crescita e l'occupazione, elaborato nel quadro del rilancio della Strategia di Lisbona deciso dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005, nonché interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario.

 

256. Le erogazioni effettuate dal fondo sono operate esclusivamente sul presupposto dei maggiori proventi rispetto alle previsioni di bilancio per l'anno 2006 derivanti da operazioni di dismissione o alienazione di beni dello Stato nel limite massimo di 3.000 milioni di euro per l'anno 2006.

256. La dotazione finanziaria del fondo di cui al comma 255 è stabilita, a decorrere dall'anno 2007, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468.

 

257. Il fondo è ripartito esclusivamente tra gli interventi individuati dal Piano di cui al comma 255, nonché tra gli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario, proposti dal Ministro della salute, con apposite delibere del CIPE, il quale stabilisce i criteri e le modalità di attuazione degli interventi in base alle risorse affluite al fondo, riservando il 15 per cento dell'importo da ripartire agli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario.

257. Identico.

 

258. Le risorse finanziarie assegnate dal CIPE costituiscono limiti massimi di spesa ai sensi del comma 6-bis dell'articolo 11-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468.

258. Identico.

 

 

 

Il comma 255 istituisce il Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri finalizzato a finanziare:

§      i progetti individuati dal Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione;

§      interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario, proposti dal Ministro della salute.

Il fondo è ripartito con delibere del CIPE, che stabilisce i criteri e le modalità di attuazione dei progetti sulla base delle risorse affluite al fondo medesimo, riservando – a seguito di una modifica introdotta dal maxiemendamento sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia al Senato - il 15% dell’importo agli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario (comma 257).

Le risorse assegnate dal CIPE costituiscono limiti massimi di spesa ai sensi dell’articolo 11-ter, comma 6-bis[6], della legge 5 agosto 1978, n. 468 (comma 258).

L’articolo 11-ter, comma 6-bis, della legge n. 468/1978 prevede che le disposizioni che comportano nuove o maggiori spese hanno effetto entro i limiti della spesa espressamente autorizzata nei relativi provvedimenti legislativi. Con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, è accertato l'avvenuto raggiungimento dei predetti limiti di spesa. Le disposizioni recanti espresse autorizzazioni di spesa cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto per l'anno in corso alla medesima data.

 

A seguito di una modifica apportata nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio della Camera, l’istituzione del Fondo è stata differita dal 2006 al 2007.

 

Nel testo originario del disegno di legge finanziaria, il fondo era finanziato nel 2006 con l’introito dei proventi da operazioni di dismissione o alienazione di beni dello Stato ulteriori rispetto a quelle previsti dal bilancio per il 2006, nel limite massimo di 3 miliardi di euro.

A seguito dell’approvazione nel corso dell’esame presso la Commissione Bilancio della Camera, del comma 4-bis, i maggiori proventi da dismissioni immobiliari sono stati invece destinati al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

 

Il nuovo comma 256 prevede che la dotazione finanziaria del Fondo è stabilita, a decorrere dal 2007, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468.

La disposizione rimette dunque la determinazione della dotazione alla legge finanziaria.

L’articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge n. 468/78, prevede infatti che fanno parte del contenuto proprio della legge finanziaria le norme che comportano aumenti di spesa o riduzioni di entrata ed il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con esclusione di interventi di carattere localistico o microsettoriale.

 

Si osserva che occorre verificare la correttezza del richiamo alla lettera i-ter) del comma 3.

 

Si ricorda che le risorse per il 2006 del Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione dovevano essere destinate all’attuazione del Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione (su cui v. infra), che prevede per il 2006 lo stanziamento di 3 miliardi di euro finalizzati al finanziamento dei progetti per l’attuazione della cd. strategia di Lisbona.

 

Il Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione

Il Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione (PICO) è stato definitivamente approvato dal Governo, nella riunione del 14 ottobre 2005, nel quadro del rilancio della strategia di Lisbona, deciso dal Consiglio europeo del 22 e 23 marzo, le cui modalità di intervento sono state precisate dal Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005.

Per quanto riguarda le conclusioni del Consiglio europeo del 22 e 23 marzo e del 16 e 17 giugno, si rinvia al paragrafo successivo.

Il Piano indica le riforme, le misure e gli interventi nazionali programmabili per perseguire gli obiettivi dell'Accordo di Lisbona del 2000, individuando cinque obiettivi prioritari:

§         l’ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese;

§         l’incentivazione della ricerca scientifica e tecnologica;

§         il rafforzamento dell’istruzione e della formazione;

§         l’adeguamento delle infrastrutture materiali e immateriali;

§         la tutela dell’ambiente.

 

In quest’ambito, due sono le categorie di interventi delineate dal Piano:

§      provvedimenti di carattere generale per il sistema economico, tra i quali i più significativi riguardano:

-       una più ampia liberalizzazione dell’offerta nel settore dei servizi, in linea con gli orientamenti europei;

-       una più libera espressione del mercato – nei settori indicati dall’Autorità garante della concorrenza e dalle altre Autorità – e dei prezzi;

-       una più efficace legislazione per prevenire le frodi in materia comunitaria e per contrastare le contraffazioni, in modo da ridurre le distorsioni che esse generano nel funzionamento dei mercati;

-       miglioramento delle prestazioni della pubblica amministrazione e un contenimento dei suoi costi;

-       creazione di un contesto normativo propizio agli investimenti, all’innovazione e allo sviluppo tramite una riduzione, semplificazione e miglioramento qualitativo della legislazione esistente;

-       miglioramento della normativa concernente le piccole imprese ed i distretti produttivi;

-       più efficace organizzazione del sistema di istruzione e della formazione professionale;

-       creazione o completamento di reti infrastrutturali per i collegamenti interni, intraeuropei e internazionali;

-       piena attuazione della “politica di coesione europea”, volta a ridurre le disparità economiche tra aree interne all’Unione, con particolare attenzione al Mezzogiorno;

-       una maggiore attenzione nei processi produttivi alla domanda di protezione ambientale.

§      progetti specifici con effetti positivi sulla produttività e competitività dell’economia italiana, tra cui si ricordano:

-       il completamento del progetto Galileo per la creazione di una rete satellitare europea;

-       la partecipazione alla realizzazione dei progetti europei Egnos e Sesame per la gestione del traffico aereo;

-       la realizzazione di piattaforme informatiche per la tutela della salute, lo sviluppo del turismo, l’infomobilità, la gestione delle banche dati pubbliche e territoriali;

-       l’attuazione di 12 programmi strategici di ricerca nei settori della salute, farmaceutico e bio-medicale, dei sistemi di manifattura, della motoristica, della cantieristica navale e aeronautica, della ceramica, delle telecomunicazioni, dell’agroalimentare, dei trasporti e della logistica avanzata, dell’ ICT e componentistica elettronica e della microgenerazione energetica;

-       la creazione di 12 laboratori di collaborazione pubblico-privata per lo sviluppo della ricerca nel Mezzogiorno nei settori della diagnostica medica, dell’energia solare, dei sistemi avanzati di produzione, dell’e-business, delle bio-tecnologie, della genomica, dei materiali per usi elettronici, della bioinformatica applicata alla genomica, dei nuovi materiali per la mobilità, dell'efficacia dei farmaci, dell’open source del software, dell’analisi della crosta terrestre;

-       lo sviluppo di 24 distretti tecnologici, che estendono l’esperienza dei distretti industriali italiani a settori ad alto contenuto tecnologico e potenziale innovativo;

-       l’ampliamento e l’uso razionale delle infrastrutture nel settore energetico e idrico;

-       settori di rilevanza strategica aventi ricadute tecnologiche nei processi produttivi e nel benessere dei cittadini e in condizione di garantire una migliore tutela ambientale, con particolare attenzione alle fonti energetiche alternative.

 

In base alle stime effettuate dal Governo, l’attuazione del Piano dovrebbe determinare:

-          un aumento delle spese in ricerca e sviluppo, in modo tale che esse si avvicinino all’obiettivo del 3% del PIL suggerito dalla Commissione;

-          un impatto macroeconomico in termini di innalzamento del reddito potenziale attuale nell’ordine dell’1%, con effetti disinflazionistici strutturali stimati in 30 centesimi di punto e conseguente rafforzamento del potere di acquisto salariale;

-          un incremento dell’occupazione, valutato in circa 200 mila posti di lavoro.

 

Si ricorda che le Commissioni riunite V Bilancio e XIV Politiche dell’Unione europea della Camera hanno avviato lo svolgimento dell’audizione del Ministro per le politiche comunitarie sul Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione. L’audizione, iniziata nella seduta del 13 ottobre 2005, è proseguita nella seduta del 9 novembre 2005.

 

Le risorse per il Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione

Per quanto riguarda l’individuazione delle risorse finanziarie assegnate in via generale al Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione - secondo le indicazioni del Piano e quelle fornite dal Ministro per le politiche comunitarie[7] – si è proceduto ad una ricognizione degli interventi già previsti a livello legislativo riferibili ai cinque obiettivi prioritari del Piano medesimo. Risultano al momento stanziati per questi interventi, precedenti all’approvazione del piano medesimo, 33,7 miliardi di euro, riferiti a risorse iscritte nel bilancio statale o da dotazioni aggiuntive per la politica di coesione comunitaria (si presume di provenienza comunitaria), di cui 29,9 relativi agli anni fino al 2005 e 3,8 miliardi di euro relativi al triennio 2006-2008.

Le risorse, secondo le indicazioni del Governo, sono imputabili ad interventi in materia di infrastrutture per 26,1 miliardi di euro (di cui 2,5 riferiti al triennio 2006-2008), di ricerca e sviluppo per 5,2 miliardi di euro (di cui 0,9 riferiti al triennio 2006-2008), di istruzione e formazione per 1,2 miliardi di euro (di cui 0,2 riferiti al triennio 2006-2008), di ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese per 0,8 miliardi di euro (di cui 0,2 riferiti al triennio 2006-2008), di ambiente per 0,4 miliardi di euro (interamente riferiti al periodo precedente al 2006).

 

Per quanto riguarda lo stanziamento di nuove risorse, sono ritenuti necessari per il triennio 2006-2008 circa 13 miliardi di euro - di cui 3 miliardi di euro nel 2006, 4 miliardi nel 2007, 7 miliardi nel 2008 - provenienti dalla cessione di attività reali dello Stato.

L’acquisizione delle predette risorse è peraltro subordinata al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.

Le risorse dovrebbero essere destinate, per l’intero triennio, ad interventi in materia di infrastrutture per 5,2 miliardi di euro, di ricerca e sviluppo per 4,1 miliardi di euro, di istruzione e formazione per 0,4 miliardi di euro, di ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese per 1,3 miliardi di euro e di ambiente per 1,7 miliardi di euro.

 


Articolo 1, commi 259 e 260
(Riduzione del costo del lavoro)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

259. Nell'ambito del processo di armonizzazione delle forme di contribuzione e della disciplina relativa alle prestazioni temporanee a carico della gestione di cui all'articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, nonché di riduzione del costo del lavoro, a decorrere dal 1o gennaio 2006 è riconosciuto ai datori di lavoro un esonero dal versamento dei contributi sociali alla predetta gestione nel limite massimo complessivo di un punto percentuale.

259. Identico.

 

260. L'esonero di cui al comma 259 opera prioritariamente a valere sull'aliquota contributiva per assegni per il nucleo familiare e, nei confronti dei datori di lavoro operanti nei settori per i quali l'aliquota contributiva per assegni per il nucleo familiare è dovuta, tenuto conto dell'esonero stabilito dall'articolo 120 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in misura inferiore a un punto percentuale, a valere anche sui versamenti di altri contributi sociali dovuti dai medesimi datori di lavoro alla gestione di cui al comma 259, prioritariamente considerando i contributi per maternità e per disoccupazione e in ogni caso escludendo il contributo al Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, e successive modificazioni, nonché il contributo di cui all'articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845.

260. Identico.

 

 

 

I commi in esame recano disposizioni in materia di riduzione del costo del lavoro.

In particolare, il comma 259, secondo anche quanto affermato nella relazione illustrativa al provvedimento originario, intervenendo sul c.d. cuneo contributivo, cioè il rapporto tra i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro e il costo del lavoro, dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2006, un esonero (al riguardo, si segnala che sarebbe più idoneo l’utilizzo del termine “riduzione) dal versamento dei contributi sociali alla gestione delle prestazioni temporanee presso l’INPS, di cui all’articolo 24 della L. 9 marzo 1989, n. 88, recante la ristrutturazione dell’INPS e dell’INAIL, nel limite massimo complessivo di un punto percentuale.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 24, a decorrere dal 1° gennaio 1989, ha fuso le gestioni per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria, ivi compreso il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto e per l'assicurazione contro la tubercolosi, la cassa per l'integrazione guadagni degli operai dell'industria, la cassa per l'integrazione guadagni dei lavoratori dell'edilizia, la cassa per l'integrazione salariale ai lavoratori agricoli, la cassa unica per gli assegni familiari, la cassa per il trattamento di richiamo alle armi degli impiegati ed operai privati, la gestione per i trattamenti economici di malattia di cui all'articolo 74 della L. 833 del 1978, il Fondo per il rimpatrio dei lavoratori extracomunitari, di cui all'articolo 13 della L. 943 del 1986, ed ogni altra forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni, in una unica gestione che assume la denominazione di «Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti». Tale gestione, alla quale affluiscono i contributi afferenti ai preesistenti fondi, casse e gestioni, ne assume le attività e le passività ed eroga le relative prestazioni.

 

Il successivo comma 260 prevede che tale esonero operi prioritariamente sull’aliquota contributiva per gli assegni per il nucleo familiare, e, nel caso in cui il datore di lavoro operai in settori per i quali tale aliquota è dovuta in misura inferiore ai predetti limiti, a valere anche su i versamenti di altri contributi sociali dovuti dai medesimi datori di lavoro alla predetta gestione, considerando in via prioritaria i contributi per maternità e per disoccupazione.

In ogni caso, si escludono da tali esoneri il contributo al fondo di garanzia per il TFR, di cui all’articolo 2 della L. 29 maggio 1982, n. 297, recante la disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica, e il contributo integrativo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria.

Si ricorda che il contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria è stato previsto dall’articolo 12 della legge n. 160 del 1975 nella misura dell’1,30 per cento della retribuzione. In seguito, a decorrere dal 1° gennaio 1979, l’articolo 25, comma 4 della legge n. 845 del 1978 ha previsto un aumento dell’aliquota di tale contributo in misura pari allo 0,30 per cento delle retribuzioni.

Andrebbe chiarito se l’esclusione dall’esonero contributivo riguarda l’intero importo del contributo integrativo o, al contrario, esclusivamente la maggiorazione del contributo introdotta dal richiamato comma 4 dell’articolo 25 della legge n. 845 del 1978.

 

Secondo la relazione tecnica originaria, sulla base di un monte retributivo stimato per l’anno 2006 pari a 236.000 mln di euro circa, su uno slittamento dei contributi pari a 2/13 e sull’esonero contributivo di 1 punto percentuale, derivano le seguenti minori entrate, esplicitate nella tabella seguente (dati in mln di euro).

 

Anni

2006

2007

2008

Al lordo effetti fiscali

1.996

2.429

2.518

Al netto effetti fiscali

1.996

1.556

1.829

 

Si ricorda che l'importo al lordo del fisco non tiene conto dell'effetto indotto sulle entrate fiscali prodotto dall'incremento dell'aliquota contributiva. Infatti, i maggiori contributi versati costituiscono voci deducibili dal reddito imponibile sia dei committenti sia dei beneficiari e comportano, pertanto, un minor carico fiscale per gli interessati. Tale importo è dipendente dall'aliquota marginale di colui che sostiene l'onere, in caso di imponibile IRPEF, ovvero dall'aliquota IRPEG (ora IRES) se il committente è una persona giuridica.

 


Articolo 1, comma 260-bis
(Riapertura termini per la definizione automatica dei versamenti contributivi relativi al sisma del 1990 nella Sicilia orientale)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

260-bis. Ai contributi previdenziali e ai premi assicurativi relativi al sisma del 1990 riguardanti le imprese delle province di Catania, Siracusa e Ragusa il cui termine è stato prorogato al 30 giugno 2006 dall'articolo 1, comma 142, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. A tale fine il termine di versamento di cui al secondo periodo del citato comma 17 è fissato al 30 settembre 2006 e il termine per la rateizzazione di cui al terzo periodo è fissato al 1o ottobre 2006.

 

 

 

Il comma 260-bis, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento presso la Commissione Bilancio della Camera, reca disposizioni in merito ai termini e modalità di pagamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi in favore soggetti interessati dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 138 della L 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) aveva differito i termini di pagamento dei tributi e dei contributi – compresi i contributi e premi dovuti agli enti previdenziali – dovuti dai soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 (Sicilia orientale), individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza 21 dicembre 1990, n. 2057/FPC. Con tale ordinanza il Ministro per il coordinamento della protezione civile aveva appunto provveduto a sospendere alcuni termini relativi a tributi e contributi dovuti dai cittadini colpiti dal sisma e residenti nei comuni delle province di Siracusa, Catania e Ragusa.[8]

I comuni interessati sono stati individuati con il D.P.C.M. del 15 gennaio 1991[9].

Il termine originario del 30 settembre 2001, fissato dal citato articolo 138 è stato differito al 30 giugno 2002 dal comma 24 dell'articolo 52 della L. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), e al 15 dicembre 2002 dall’art. 1, comma 7-bis,del D.L. n. 138 del 2002, recante interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate, convertito dalla L. 178 del 2002.

Successivamente, l’articolo 2, comma 66, della L. 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha disposto il differimento del termine per il pagamento dei contributi, dal 15 dicembre 2002, al 30 giugno 2005, per i citati soggetti. Da ultimo, l’articolo 1, comma 142, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004) ha disposto, sempre in favore dei soggetti richiamati, il differimento del termine per il pagamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi dal 30 giugno 2005 al 30 giugno 2006.

 

Va ricordato, inoltre, che il comma 17 dell'articolo 9 della legge n. 289 del 2002 ha concesso ai soggetti interessati dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha colpito le province di Catania, Ragusa e Siracusa, la facoltà di definire in maniera automatica la propria posizione in riferimento agli anni 1990, 1991 e 1992, con riferimento ai debiti per imposte[10].

La definizione automatica delle posizioni debitorie degli interessate si perfeziona versando – entro il 16 ottobre 2003 - l’ammontare dovuto per ogni tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 10%.

Il perfezionamento della definizione determina gli effetti previsti dal comma 10 dell’articolo 9 della legge n. 289/2002.

Nel caso in cui gli importi complessivi da versare siano superiori a 5.000 euro, è prevista la rateizzazione degli importi eccedenti in otto rate semestrali con l’applicazione degli interessi legali a decorrere dal 17 ottobre 2003[11].

L’omesso versamento delle eccedenze entro le scadenze delle rate semestrali non determina l’inefficacia della definizione automatica. Per il recupero delle somme non corrisposte si prevede l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo ai sensi dell’articolo 14 del D.P.R. n. 602/1973; sono inoltre dovuti una sanzione amministrativa, pari al 30% delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i 30 giorni successivi alla scadenza del 16 ottobre, nonché gli interessi legali.

Va tuttavia rilevato che, per quanto riguarda l'estensione delle misure di sanatoria previste dal comma 17 dell'articolo 9 in questione anche ai contributi, tale possibilità è stata più volte esclusa (vedi anche la risposta all'interrogazione parlamentare n. 5-01986 del 15 maggio 2003) in conformità all'orientamento manifestato dall'Agenzia delle entrate, facente leva, tra l'altro, sul tenore letterale della norma la quale disciplina la definizione automatica per gli anni pregressi relativamente a tutte le imposte, ma non anche ai contributi.

 

Il comma in esame dispone pertanto espressamente l’applicazione ai richiamati contributi delle modalità di definizione automatica prevista dall’articolo 9, comma 17, della L. 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003).

 

In sostanza, il comma in esame configurerebbe un doppio binario ai fini del versamento dei contributi e premi assicurativi dovuti agli enti previdenziali dai soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990.

 

Più specificamente, i soggetti interessati hanno facoltà di:

 

§      usufruire dell’istituto della sospensione termini di cui all’articolo 138 della legge finanziaria per il 2001, la cui scadenza, ai sensi del richiamato articolo 1, comma 142, della legge finanziaria per il 2005, è il 30 giugno 2006;

 

§      beneficiare dell’estensione ai debiti contributivi delle agevolazioni previste dalla definizione automatica di cui al richiamato articolo 9, comma 17, della legge finanziaria per il 2003 (L. 289 del 2002). In questo caso, i versamenti devono essere effettuati entro il 30 settembre 2006. E’ altresì prevista la possibilità di rateizzazione dei versamenti, secondo le modalità di cui al terzo periodo dell’articolo 9, comma 17, della legge 289 del 2002 più volte citata: in tal caso sugli importi rateizzati si applicano gli interessi legali a decorrere dal 1° ottobre 2006.

 


Articolo 1, commi 261 e 262
(Rideterminazione dei premi assicurativi INAIL)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

261. La misura dei premi assicurativi dovuti all'INAIL è rideterminata, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, in misura corrispondente al relativo rischio medio nazionale tenuto conto dell'andamento infortunistico e dell'attuazione della normativa in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, nonché degli oneri che concorrono alla determinazione dei tassi di premio, in maniera da garantire comunque l'equilibrio finanziario complessivo delle gestioni senza effetti sui saldi di finanza pubblica.

261. La misura dei premi assicurativi dovuti all'INAIL è rideterminata, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, in misura corri­spondente al relativo rischio medio nazionale tenuto conto dell'andamento infortunistico e dell'attuazione della nor­mativa in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, nonché degli oneri che concorrono alla determinazione dei tassi di premio, in maniera tale da garantire comunque l'equilibrio finanziario comples­sivo delle gestioni senza effetti sui saldi di finanza pubblica registratisi, per l'INAIL, nella legge di bilancio dell'anno precedente.

 

262. La rideterminazione di cui al comma 261 è disposta in presenza di variazioni dei parametri di riferimento rilevate entro il 30 giugno di ciascun anno. In sede di prima applicazione, si provvede ai sensi del comma 261 con delibera dell'istituto, approvata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 28 febbraio 2006.

262. Identico.

 

 

 

Secondo quanto affermato nella relazione illustrativa al d.d.l. originario, la norma in esame “mira, con cadenza annuale e nel rispetto complessivo delle gestioni INAIL, ad introdurre elementi di flessibilità nella rideterminazione dei premi assicurativi per la copertura dei rischi relativi ad infortuni e malattie professionali”. Tale rideterminazione, secondo quanto disposto dal comma 261, deve tener conto dell’andamento del rischio medio nazionale e dell’attuazione della normativa di prevenzione, nonché degli oneri concorrenti alla determinazione dei tassi di premio. In ogni caso, la rideterminazione deve essere tale da garantire l’equilibrio finanziario complessivo delle gestioni senza effetti sui saldi di finanza pubblica. In seguito all’approvazione di un emendamento (1.4554 nuova formulazione del relatore) nel corso dell’esame del provvedimento presso la V Commissione Bilancio della Camera dei deputati, è stato specificato che la rideterminazione debba essere tale da garantire il richiamato equilibrio senza effetto sui citati saldi “registratisi, per l’INAIL, nella legge di bilancio dell’anno precedente”.

Sembrerebbe che l’ultimo inciso intenda prevedere che, ai fini dell’invarianza sui saldi di finanza pubblica, si considerino i risultati finanziari dell’INAIL risultanti dalla legge di bilancio (consuntivo) dell’anno precedente. Sarebbe tuttavia opportuna una più chiara formulazione.

 

La richiamata rideterminazione si rende necessaria, ai sensi del comma 262, in presenza di variazioni dei parametri di riferimento rilevate entro il 30 giugno di ogni anno.

In sede di prima applicazione, infine, alla rideterminazione si provvede con delibera dell’INAIL, approvata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 28 febbraio 2006.

Si ricorda che già il vigente articolo 3 del D.Lgs. 38 del 2000 prevede, fermo restando l’equilibrio finanziario complessivo della gestione industria, l’approvazione per ciascuna delle quattro gestioni di cui al precedente articolo 1[12], con decreto ministeriale su delibera dell’istituto, di distinte tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, tenendo conto dell’andamento infortunistico aziendale e dell’attuazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché degli oneri che concorrono alla determinazione delle tariffe dei premi. Ogni tariffa stabilisce il tasso di premio nella misura corrispondente al relativo rischio medio nazionale. In sede di prima applicazione, le tariffe sono aggiornate entro il triennio successivo alla data di entrata in vigore delle stesse.

Con il D.M. 12 dicembre 2000 sono state determinate le nuove tariffe dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle 4 gestioni richiamate, nonché le relative modalità di applicazione.

Su ciascuna lavorazione è applicato il tasso medio previsto nella corrispondente voce della tariffa della gestione nella quale è inquadrato il datore di lavoro. Il tasso corrispondente ad ogni lavorazione è quello nazionale, risultante dal rapporto tra oneri diretti ed indiretti sostenuti dall’INAIL per le prestazioni e il monte retributivo imponibile di tutti i lavoratori alla lavorazione stessa. In ogni caso, il tasso non può eccedere il limite massimo del 130 per mille.

Al riguardo, il citato D.M. 12 dicembre 2000 ha stabilito che, dal momento che il tasso medio nazionale subisce variazioni, in aumento o in diminuzione, in relazione alla specifica situazione dell’azienda, attraverso le cd. oscillazioni, dovute:

-        nei primi due anni dalla data di inizio dell'attività, in relazione alla situazione dell'azienda per quanto riguarda il rispetto delle norme di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro, nel qual caso può essere applicata una riduzione o un aumento del tasso medio di tariffa in misura fissa del 15%, ed applicato con determinate modalità;

-        dopo i primi due anni di attività, in relazione all’effettivo andamento infortunistico aziendale. Più specificamente, l’oscillazione è determinata in base al tasso specifico aziendale ed al parametro dei lavoratori-anno. A tale oscillazione si aggiunge un’ulteriore variazione, pari al 5%, al 10% o al 15% del tasso medio nazionale, in relazione all’entità dello scarto tra tasso specifico aziendale e tasso medio nazionale, nonché alla dimensione dell’azienda espressa dal numero dei lavoratori-anno del periodo, determinata in ragione del loro numero.

 

Pertanto, rispetto alla vigente normativa, la novità più rilevante sarebbe costituita dall’obbligo per l’amministrazione di procedere annualmente alla rideterminazione delle tariffe in presenza di variazioni dei parametri di riferimento.

 

Si osserva che il comma non individua un termine per l’adozione dei decreti ministeriali (su delibera dell’istituto) di revisione delle tariffe, prevedendo esclusivamente l’obbligo di procedere a tale revisione nel caso di “scostamento” dei parametri di riferimento rilevato al 30 giugno.

Inoltre andrebbe precisato se resta ferma la misura massima dei tassi medi nazionali al 130 per mille, stabilita dal comma 6 dell’articolo 3 del D.Lgs. 38 del 2000.

Infine andrebbe precisato l’ambito di applicazione dell’articolo, in particolare se si riferisce esclusivamente alla gestione industria di cui all’articolo 1 del su citato decreto legislativo, con esclusione della gestione agricoltura[13].

 

Secondo la relazione tecnica originaria, dalla disposizione in esame, “in considerazione della circostanza che la rideterminazione dei premi INAIL è prevista in modo da garantire l’equilibrio finanziario delle gestioni e non alterare i saldi di finanza pubblica, non conseguono effetti per la finanza pubblica medesima”.


Articolo 1, commi 263-265 e 266-268
(Distretti)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

263. Ai fini dell'applicazione dei commi da 264 a 268, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sono definite le caratteristiche e le modalità di individuazione dei distretti produttivi, quali libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, con l'obiettivo di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori di riferimento, di migliorare l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione, secondo princìpi di sussidiarietà verticale ed orizzontale, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali.

263. Ai fini dell'applicazione dei commi da 264 a 268, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sono definite le caratteristiche e le modalità di individuazione dei distretti produttivi, quali libere aggregazioni di imprese dotate di personalità giuridica articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, con l'obiettivo di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori di riferimento, di migliorare l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione, secondo princìpi di sussidiarietà verticale ed orizzontale, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali. A tale fine è istituita una commissione di studio, senza oneri per la finanza pubblica, incaricata di indicare le modalità di attuazione dei commi da 264 a 267.

 

264. L'adesione da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche ed agricole è libera.

264. L'adesione da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche, agricole e della pesca è libera.

 

265. Ai distretti produttivi si applicano le seguenti disposizioni:

265. Identico:

 

a) fiscali:

a) identica;

 

1) le imprese appartenenti a distretti di cui al comma 263 possono congiuntamente esercitare l'opzione per la tassazione di distretto ai fini dell'applicazione dell'IRES;

 

 

2) si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute negli articoli 117 e seguenti del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, relative alla tassazione di gruppo delle imprese residenti;

 

 

3) tra i soggetti passivi dell'IRES di cui all'articolo 73, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono compresi i distretti di cui al comma 263, ove sia esercitata l'opzione per la tassazione unitaria di cui ai commi da 263 a 268;

 

 

4) il reddito imponibile del distretto comprende quello delle imprese che vi appartengono, che hanno contestualmente optato per la tassazione unitaria;

 

 

5) la determinazione del reddito unitario imponibile, nonché dei tributi, contributi ed altre somme dovute agli enti locali, viene operata su base concordataria per almeno un triennio, in base alle disposizioni dei numeri seguenti;

 

 

6) fermo il disposto dei numeri precedenti, ed anche indipendentemente dall'esercizio dell'opzione per la tassazione distrettuale o unitaria, i distretti di cui al comma 263 possono concordare in via preventiva e vincolante con l'Agenzia delle entrate per la durata di almeno un triennio il volume delle imposte dirette di competenza delle imprese appartenenti da versare in ciascun esercizio, avuto riguardo alla natura, tipologia ed entità delle imprese stesse, alla loro attitudine alla contribuzione e ad altri parametri oggettivi, determinati anche su base presuntiva;

 

 

7) la ripartizione del carico tributario tra le imprese interessate è rimessa al distretto, che vi provvede in base a criteri di trasparenza e parità di trattamento, sulla base di princìpi di mutualità;

 

 

8) non concorrono a formare la base imponibile in quanto escluse le somme percepite o versate tra le imprese appartenenti al distretto in contropartita dei vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti;

 

 

9) i parametri oggettivi per la determinazione delle imposte di cui al numero 6) vengono determinati dalla Agenzia delle entrate, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti;

 

 

10) resta fermo da parte delle imprese appartenenti al distretto l'assolvimento degli ordinari obblighi e adempimenti fiscali e l'applicazione delle disposizioni penali tributarie. In caso di osservanza del concordato, i controlli sono eseguiti unicamente a scopo di monitoraggio, prevenzione ed elaborazione dei dati necessari per la determinazione e l'aggiornamento degli elementi di cui al numero 6);

 

 

11) i distretti di cui al comma 263 possono concordare in via preventiva e vincolante con gli enti locali competenti per la durata di almeno un triennio il volume dei tributi, contributi ed altre somme da versare dalle imprese appartenenti in ciascun anno;

 

 

12) la determinazione di quanto dovuto è operata tenendo conto della attitudine alla contribuzione delle imprese, con l'obiettivo di stimolare la crescita economica e sociale dei territori interessati. In caso di opzione per la tassazione distrettuale unitaria, l'ammontare dovuto è determinato in cifra unica annuale per il distretto nel suo complesso;

 

 

13) criteri generali per la determinazione di quanto dovuto in base al concordato vengono determinati dagli enti locali interessati, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti;

 

 

14) la ripartizione del carico tributario derivante dall'attuazione del numero 7) tra le imprese interessate è rimessa al distretto, che vi provvede in base a criteri di trasparenza e parità di trattamento, sulla base di princìpi di mutualità;

 

 

15) in caso di osservanza del concordato, i controlli sono eseguiti unicamente a scopo di monitoraggio, prevenzione ed elaborazione dei dati necessari per la determinazione di quanto dovuto in base al concordato;

 

 

b) amministrative:

b) identico:

 

1) al fine di favorire la massima semplificazione ed economicità per le imprese che aderiscono ai distretti, le imprese aderenti possono intrattenere rapporti con le pubbliche amministrazioni e con gli enti pubblici, anche economici, ovvero dare avvio presso gli stessi a procedimenti amministrativi per il tramite del distretto di cui esse fanno parte. In tal caso, le domande, richieste, istanze ovvero qualunque altro atto idoneo ad avviare ed eseguire il rapporto ovvero il procedimento amministrativo, ivi incluse, relativamente a quest'ultimo, le fasi partecipative del procedimento, qualora espressamente formati dai distretti nell'interesse delle imprese aderenti si intendono senz'altro riferiti, quanto agli effetti, alle medesime imprese; qualora il distretto dichiari altresì di avere verificato, nei riguardi delle imprese aderenti, la sussistenza dei presupposti ovvero dei requisiti, anche di legittimazione, necessari, sulla base delle leggi vigenti, per l'avvio del procedimento amministrativo e per la partecipazione allo stesso, nonché per la sua conclusione con atto formale ovvero con effetto finale favorevole alle imprese aderenti, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici provvedono senza altro accertamento nei riguardi delle imprese aderenti. Nell'esercizio delle attività previste dal presente numero, i distretti comunicano anche in modalità telematica con le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che accettano di comunicare, a tutti gli effetti, con tale modalità. I distretti possono accedere, sulla base di apposita convenzione, alle banche dati formate e detenute dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti pubblici. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sono stabilite le modalità applicative delle disposizioni del presente numero;

1) identico;

 

2) al fine di facilitare l'accesso ai contributi erogati a qualunque titolo sulla base di leggi regionali, nazionali o di disposizioni comunitarie, le imprese che aderiscono ai distretti di cui al comma 263 possono presentare le relative istanze ed avviare i relativi procedimenti amministrativi, anche mediante un unico procedimento collettivo, per il tramite dei distretti medesimi che forniscono consulenza ed assistenza alle imprese stesse e che possono, qualora le imprese siano in possesso dei requisiti per l'accesso ai citati contributi, certificarne il diritto. I distretti possono altresì provvedere, ove necessario, a stipulare apposite convenzioni, anche di tipo collettivo con gli istituti di credito ed intermediari finanziari iscritti nell'elenco di cui all'articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, volte alla prestazione della garanzia per l'ammontare della quota dei contributi soggetti a rimborso. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità applicative della presente disposizione;

2) identico;

 

 

3) i distretti hanno la facoltà di stipulare, per conto delle imprese, negozi di diritto privato secondo le norme in materia di mandato di cui agli articoli 1703 e seguenti del codice civile;

 

c) finanziarie:

c) identico:

 

1) al fine di favorire il finanziamento dei distretti e delle relative imprese, con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle attività produttive e la CONSOB, sono individuate le semplificazioni, con le relative condizioni, alle disposizioni della legge 30 aprile 1999, n. 130, applicabili alle operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti concessi da una pluralità di banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto e ceduti ad un'unica società cessionaria;

1) identico;

 

2) con il regolamento di cui al numero 1) vengono individuate le condizioni e le garanzie a favore dei soggetti cedenti i crediti di cui al numero 1) in presenza delle quali tutto o parte del ricavato dell'emissione dei titoli possa essere destinato al finanziamento delle iniziative dei distretti e delle imprese dei distretti beneficiarie dei crediti oggetto di cessione;

2) identico;

 

3) le disposizioni di cui all'articolo 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, si applicano anche ai crediti delle banche nei confronti delle imprese facenti parte dei distretti, alle condizioni stabilite con il regolamento di cui al numero 1);

3) identico;

 

4) le banche e gli altri intermediari che hanno concesso crediti ai distretti o alle imprese facenti parte dei distretti e che non procedono alla relativa cartolarizzazione o alle altre operazioni di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130, possono, in aggiunta agli accantonamenti previsti dalle norme vigenti, effettuare accantonamenti alle condizioni stabilite con il regolamento di cui al numero 1);

4) identico;

 

5) al fine di favorire l'accesso al credito e il finanziamento dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, con particolare riferimento ai progetti di sviluppo e innovazione, il Ministro dell'economia e delle finanze adotta o propone le misure occorrenti per:

5) identico:

 

5.1) assicurare il riconoscimento della garanzia prestata dai confidi quale strumento di attenuazione del rischio di credito ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, in vista del recepimento del Nuovo accordo di Basilea;

5.1) identico;

 

5.2) favorire il rafforzamento patrimoniale dei confidi e la loro operatività;

5.2) favorire il rafforzamento patrimoniale dei confidi e la loro operatività; anche a tale fine i fondi di garanzia interconsortile di cui al comma 20 dell'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, possono essere destinati anche alla prestazione di servizi ai confidi soci ai fini dell'iscrizione nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385;

 

5.3) agevolare la costituzione di idonee agenzie esterne di valutazione del merito di credito dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche nell'ambito del metodo standardizzato di calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, in vista del recepimento del Nuovo accordo di Basilea;

5.3) identico;

 

5.4) favorire la costituzione, da parte dei distretti, con apporti di soggetti pubblici e privati, di fondi di investimento in capitale di rischio delle imprese che fanno parte del distretto;

5.4) identico;

 

d) per la ricerca e lo sviluppo:

d) identica.

 

1) al fine di accrescere la capacità competitiva delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali, attraverso la diffusione di nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali, è costituita l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, di seguito denominata «Agenzia»;

 

 

2) l'Agenzia promuove l'integrazione fra il sistema della ricerca ed il sistema produttivo attraverso l'individuazione, valorizzazione e diffusione di nuove conoscenze, tecnologie, brevetti ed applicazioni industriali prodotti su scala nazionale ed internazionale;

 

 

3) l'Agenzia stipula convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità;

 

 

4) l'Agenzia è soggetta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri che, con propri decreti di natura non regolamentare, sentiti il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero delle attività produttive, nonché il Ministro per lo sviluppo e la coesione territoriale ed il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, se nominati, definisce criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali. Lo statuto dell'Agenzia è soggetto all'approvazione della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

 

omissis

omissis

 

266. Le norme in favore dei distretti produttivi di cui al comma 263 si applicano anche ai distretti rurali e agro-alimentari di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, ai sistemi produttivi, ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale definiti ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, nonché ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 febbraio 1989, n. 83.

266. Le norme in favore dei distretti produttivi di cui al comma 263 si applicano anche ai distretti rurali e agro-alimentari di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, ai sistemi produttivi, ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale definiti ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, nonché ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 febbraio 1989, n. 83, nel caso di aggregazioni di imprese rivolte in via specifica all'internazionalizzazione, costituite sotto tale forma, e nel caso in cui un distretto industriale si avvalga, su base convenzionale o associativa, di uno o più di detti consorzi per l'esercizio delle funzioni relative all'internazionalizzazione delle imprese aggregate. Agli interventi finanziari disposti dalla legge 21 febbraio 1989, n. 83, provvede il Ministro delle attività produttive con riguardo ai consorzi costituiti da imprese aventi sede in più regioni e ai consorzi con sede nelle regioni che non prevedono la concessione dei relativi contributi.

 

267. Fatta salva la compatibilità con la normativa comunitaria, le disposizioni di cui ai commi da 263 a 268 trovano applicazione in via sperimentale nei riguardi di uno o più distretti individuati con il decreto di cui al comma 263. Ultimata la fase sperimentale, l'applicazione delle predette disposizioni è in ogni caso realizzata progressivamente.

267. Identico.

 

268. Dall'attuazione dei commi da 263 a 267 non devono derivare oneri superiori a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2006.

268. Identico.

 

 

 

I commi da 263 a 268 recano un’articolata disciplina in materia di distretti produttivi.

L’assunto di fondo dal quale muove l’intervento legislativo è la necessità di valorizzare le specificità del sistema produttivo italiano, composto in prevalenza da piccole e medie imprese (PMI) il cui tipico modello organizzativo è costituito dai distretti industriali. In particolare, considerata la connotazione del tessuto produttivo nazionale, caratterizzata da uno scarso numero di grandi imprese a fronte di una ricca costellazione di PMI, le presenti disposizioni sono dirette a conferire una sorta di soggettività giuridica al modello organizzativo dei distretti, trasformandoli in piattaforme di sviluppo organizzate secondo il concetto della filiera produttiva, in grado sia di surrogare l’assenza di grandi industrie, sia di promuovere una più intensa internazionalizzazione dell’economia italiana.

Nel suo complesso, l’intervento legislativo è diretto, segnatamente, a superare l’asimmetria tra la “struttura economica unitaria dei distretti e la “struttura giuridica molecolare” delle imprese che appartengono agli stessi.

Al fine di far convergere, almeno parzialmente, la sostanza economica (unitaria) dei distretti, con la forma giuridica (plurale) delle imprese ad essi sottostanti, l’intervento legislativo in esame è volto alla creazione di una “piattaforma comune” sul piano della fiscalità, della finanza, degli adempimenti amministrativi e delle attività di ricerca e sviluppo.

 

In tale prospettiva, il comma 263 dispone che ai fini dell’applicazione della nuova disciplina di cui ai commi da 264 a 268, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze siano precisate le caratteristiche e le modalità di individuazione dei distretti produttivi, qualificati come libere aggregazioni di imprese – “dotate di personalità giuridica”(come specificato a seguito di una modifica introdotta nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio) e articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, aventi le finalità, da perseguirsi "secondo principi di sussidiarietà orizzontale e verticale”, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali"[14], di :

§      accrescimento dello sviluppo delle aree e dei settori di riferimento;

§      miglioramento dell'efficienza nell'organizzazione e nella produzione.

 

Ai fini dell’adozione del decreto citato si richiede il concerto con i Ministri delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, dell'istruzione, università e ricerca e per l'innovazione e le tecnologie.

 

Il comma in esame prefigura dunque la definizione di due distinte tipologie di distretti: quelli territoriali e quelli funzionali.

I distretti territoriali, maggiormente ancorati all'esperienza maturata finora nel settore dei distretti produttivi, si caratterizzano per la comune appartenenza delle imprese che vi afferiscono ad un medesimo settore produttivo oltre che ad uno stesso ambito territoriale.

I distretti funzionali, che nella relazione governativa che accompagna il disegno di legge (A.S. 3613) sono definiti come "una libera aggregazione di imprese che cooperano in modo intersettoriale in una logica di mutual business; si prescinde così dalla sussistenza di legami con specifici territori, in funzione del perseguimento di sinergie fra imprese svolgenti attività complementari o comunque connesse, ai fini dell'accesso ad opportunità presenti sul mercato che presuppongono una integrazione dell'offerta produttiva ovvero ai fini dell'ammissione a determinati regimi particolari all'uopo previsti dalla legge".

 

A seguito di un’ulteriore modifica introdotta alla fine del comma nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, è stata prevista, per la definizione delle caratteristiche e delle modalità di individuazione dei distretti in oggetto, da eseguirsi con decreto, l’istituzione di un’apposita commissione di studio, senza oneri a carico della finanza pubblica, con l’incarico di individuare le modalità attuative delle disposizioni recate dai successivi commi 264-267.

 

A tale ultimo riguardo, si rileva l’opportunità di specificare le modalità di istituzione della citata commissione di studio e la sua composizione.

 

Ai sensi del successivo comma 264, l'adesione ai distretti da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche e agricole è libera.

Nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio è stato esteso l’ambito di applicazione della disciplina, prevedendosi che ai distretti possano aderire anche le imprese operanti nel settore della pesca.

 

Si ricorda che la normativa nazionale di riferimento in materia di distretti produttivi è contenuta nella legge 5 ottobre 1991, n. 317 (Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese), la quale, all'articolo 36, dopo averne enunciato la nozione (art. 36, co. 1: "Si definiscono distretti industriali le aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell'insieme delle imprese"), ha affidato alle regioni il compito di individuare i rispettivi ambiti territoriali. Lo stesso articolo 36, al comma 3 prevede per le aree così delimitate la possibilità di dar luogo al finanziamento, da parte delle regioni, di progetti innovativi concernenti più imprese, in base a un contratto di programma stipulato tra i consorzi e le regioni medesime, le quali definiscono altresì le priorità degli interventi.

Successivamente è intervenuta a modificare tale contesto normativo la legge 11 maggio 1999, n. 140 (Norme in materia di attività produttive), la quale, all'articolo 6, ha introdotto la definizione di sistema produttivo locale, inteso come contesto produttivo omogeneo, caratterizzato da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna, e ha altresì ridefinito i distretti industriali come quei sistemi produttivi locali che sono caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese. Sempre ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140/1999, le regioni sono chiamate a individuare i sistemi produttivi locali e provvedono al finanziamento di progetti innovativi e di sviluppo dei sistemi produttivi locali, predisposti da soggetti pubblici o privati.

In via generale, si osserva come i distretti industriali italiani rappresentino uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo italiano, configurandosi come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione e dall'elevata specializzazione produttiva. Nati per favorire, in zone con determinate caratteristiche economiche, la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi, i distretti italiani si sono sviluppati in maniera largamente autonoma durante gli ultimi decenni, concentrando le loro attività su settori specifici (tessile, abbigliamento, meccanica, cuoio) nei quali hanno acquisito e sviluppato vantaggi competitivi particolarmente rilevanti.

I distretti industriali sono in genere composti da aziende a forte tradizione artigianale e di dimensioni medio-piccole. L'azienda del distretto è quasi sempre a gestione familiare, e spesso gli stessi impianti sono fisicamente localizzati nelle vicinanze dalla residenza dell'imprenditore “capo-famiglia". Le piccole imprese indipendenti tra di loro sono integrate e specializzate in fasi diverse di uno stesso processo produttivo.

I distretti non sono tuttavia semplicemente un insieme, magari specializzato e localizzato in un territorio, di imprese, ma sono raggruppamenti che tendono a cogliere le possibili sinergie esistenti, mentre il territorio, che non costituisce un semplice sfondo all’interno del quale operano e producono tali imprese, rappresenta una vera infrastruttura di integrazione sociale, economica, verticale ed orizzontale dei cicli produttivi, il luogo nel quale si sono depositate le tradizioni produttive, le conoscenze pratiche, difficili da trasferire altrove.

Secondo dati aggiornati dell’IPI (Istituto per la promozione industriale), al 1° aprile 2005 le Regioni che, sulla base degli indirizzi contenuti nelle normative nazionali di riferimento (legge n. 317 del 1991 e legge n. 140 del 1999), hanno provveduto all’individuazione dei distretti industriali (DI), sono complessivamente 12, di cui 8 del Centro-Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Marche, Lazio) e 4 del Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Basilicata e Sardegna).

In complesso sono stati riconosciuti, allo stato attuale, 160 distretti industriali. Di questi 139 sono localizzati nel Centro-Nord e 21 nel Mezzogiorno. Le principali specializzazioni produttive sono, nell’ordine: Tessile e Abbigliamento (41 DI riconosciuti), Meccanica (31), Prodotti per l’arredamento e Lavorazione di minerali non metalliferi (29), Pelli, cuoio e calzature (20). Le quattro branche di attività menzionate costituiscono la specializzazione produttiva di 121 Distretti Industriali; questi ultimi rappresentano, nel loro insieme, il 76% dei complessivi Distretti individuati dalle Regioni.

In base ai più recenti dati dell’ISTAT, i distretti industriali sono invece in complesso 199, di cui 59 nel Nord-Ovest, 65 nel Nord-Est, 60 nel Centro e 15 nel Mezzogiorno. Nei 199 distretti risiedono circa 14 milioni di persone (25 per cento del totale Italia); al loro interno operano circa 239 mila unità locali manifatturiere (40per cento Italia) con 2,2 milioni di addetti (45 per cento Italia) e una dimensione media di 9 addetti per unità locale. Le specializzazioni produttive più rappresentate sono nell’ordine le seguenti: tessile e abbigliamento (70); prodotti per la casa (37); meccanica (33); pelli, cuoio e calzature (28); alimentari (17); carta e poligrafiche (6); altri 8 distretti presentano specializzazioni varie. Le prime quattro menzionate branche di attività coincidono con quelle che emergono per i distretti delle regioni; a esse fanno riferimento 168 distretti (l’84 per cento del totale).

 

Il comma 265 determina le disposizioni tributarie, amministrative, finanziarie e di promozione della ricerca e dello sviluppo, applicabili ai distretti produttivi. Con esse viene prevista, in sintesi, la possibilità, per le imprese appartenenti a distretti produttivi, di dare vita a un ambito comune per la fiscalità, gli adempimenti amministrativi e la finanza.

 

La lettera a) individua la disciplina tributaria.

Come risulta anche dall’illustrazione contenuta nella relazione governativa all’originario disegno di legge (A.S. 3616), viene prevista – su base comunque opzionale – la possibilità di due diverse aggregazioni, costituite rispettivamente dal consolidamento fiscale (secondo cui le società di capitali facenti parte di distretti verrebbero sostanzialmente equiparate ad un gruppo) e dalla tassazione unitaria (caratterizzata da un reddito imponibile di distretto che comprende quello delle imprese che hanno optato per la tassazione unitaria). A quest’ultima possono accedere anche le imprese non soggette all'imposta sul reddito delle società (IRES).

Tanto nella tassazione consolidata (riferita alle sole imposte sul reddito) quanto nella tassazione unitaria (applicabile sia alle imposte sul reddito, sia alle entrate locali) il distretto è individuato come unità fiscale di riferimento.

La tassazione consolidata (numeri 1 e 2) ricalca l'istituto del consolidato nazionale per la tassazione dei gruppi di imprese, le cui norme vengono espressamente richiamate in quanto applicabili. In luogo del gruppo di imprese controllate, l'unità fiscale di riferimento è il distretto, che provvede agli adempimenti dichiarativi e di pagamento, sulla base della somma algebrica dei redditi delle società partecipanti. Viene quindi consentita, ad esempio, la compensazione intradistrettuale delle perdite fiscali.

La tassazione unitaria (numeri da 3 a 15) individua il distretto quale soggetto passivo delle imposte sui redditi, dei tributi e delle altre somme dovute agli enti locali, sulla base di concordato preventivo di durata almeno triennale.

Il ricorso a tale forma di concordato preventivo è comunque ammesso anche indipendentemente dall’opzione per le suddette forme di tassazione.

 

Secondo il disposto del numero 1), le imprese appartenenti a distretti aventi le caratteristiche determinate a norma del comma 263 possono congiuntamente esercitare l'opzione per la tassazione (consolidata) di distretto ai fini dell'applicazione dell'imposta sul reddito delle società (IRES).

La tassazione di distretto si configura come estensione delle condizioni per l’applicazione del l’istituto del consolidato nazionale, previsto e disciplinato dal titolo II, capo II, sezione II (articolo da 117 a 129), del vigente testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per la tassazione di gruppo delle imprese residenti.

 

La facoltà di opzione per la tassazione di gruppo è stata introdotta dalla riforma dell’imposizione sul reddito delle società[15].

L’opzione è consentita congiuntamente alle società di capitali, cooperative, mutue assicuratrici o enti commerciali controllanti e a ciascuna società o ente controllato. Gli enti non residenti possono esercitare l'opzione solo in qualità di controllanti e a condizione che siano residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione ed esercitino nel territorio dello Stato un'attività d'impresa mediante una stabile organizzazione alla quale la partecipazione in ciascuna società controllata sia effettivamente connessa. L’opzione è ammessa a condizione che l'esercizio sociale di ciascuna società controllata sia identico a quello della società o ente controllante. Si considera controllata la società di capitali al cui capitale sociale la società o l'ente controllante partecipa direttamente o indirettamente per una percentuale superiore al 50 per cento, da determinarsi tenendo conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo, e al cui utile la società o l'ente controllante partecipa direttamente o indirettamente per una percentuale superiore al 50 per cento da determinarsi tenendo parimenti conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo. Non si considerano le azioni prive del diritto di voto.

A seguito dell'opzione per la tassazione di gruppo, per la società o ente controllante viene determinato un unico reddito complessivo globale imponibile, corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi di ciascuna entità appartenente al gruppo, indipendentemente dalla quota di partecipazione riferibile al soggetto controllante, rettificati secondo le disposizioni dell’articolo 122. Non concorrono alla formazione del reddito imponibile le somme percepite o versate tra le società del gruppo in contropartita di vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti.

Al soggetto controllante compete il riporto a nuovo dell’eventuale perdita risultante dalla somma algebrica degli imponibili, la liquidazione dell'unica imposta dovuta o dell'unica eccedenza rimborsabile o riportabile a nuovo e gli obblighi di versamento a saldo e in acconto. Le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione di gruppo possono essere utilizzate solo dalle società cui si riferiscono. Le eccedenze d'imposta riportate a nuovo relative agli stessi esercizi possono essere utilizzate dalla società o ente controllante o alternativamente dalle società cui competono.

I trasferimenti infragruppo beneficiano di un regime di neutralità fiscale.

 

A quest’effetto, il numero 2) dispone che si osservino, in quanto applicabili, le disposizioni contenute negli articoli 117 e seguenti del citato testo unico delle imposte sui redditi.

 

Il numero 3) stabilisce che i distretti, ove sia esercitata l'opzione per la tassazione unitaria, sono compresi tra i soggetti passivi dell'IRES indicati all'articolo 73, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi.

 

L’articolo 73, comma 1, lettera b), del TUIR dispone che sono soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.

 

Il numero 4) specifica quindi che il reddito imponibile del distretto comprende quello delle imprese che vi appartengono, che hanno contestualmente optato per la tassazione unitaria.

 

Il numero 5) prevede che, in caso di opzione contestuale per la tassazione unitaria, il reddito imponibile del distretto nonché i tributi, contributi e altre somme dovute da esso agli enti locali vengano determinati in base a uno speciale concordato di durata almeno triennale.

 

Il numero 6) introduce questa speciale forma di concordato preventivo, disciplinata dai numeri successivi, in favore dei distretti per la determinazione del reddito unitario imponibile, nonché dei tributi, contributi e altre somme dovute agli enti locali.

Il concordato ha durata almeno triennale e può essere esercitato anche indipendentemente dall'esercizio dell'opzione per la tassazione di distretto o per la tassazione unitaria, previste rispettivamente dai precedenti numeri 1) e 4).

 

Anche nell’eventualità che le imprese non optino per le speciali forme di tassazione introdotte, il soggetto facoltizzato a concordare la misura dell’imposizione con gli enti pubblici competenti è il distretto.

Sarebbe opportuno chiarire se, ove il distretto eserciti tale facoltà, la ripartizione del carico tributario da esso conseguentemente determinata secondo i numeri 7) e 14) obblighi le imprese partecipanti, indipendentemente dalla loro effettiva volontà di aderire al concordato stipulato.

 

In relazione alle imposte dirette, il distretto concorda con l’Agenzia delle entrate la misura del carico tributario di competenza delle imprese ad esso appartenenti per ciascuno degli esercizi compresi nel concordato, sulla base di elementi caratteristici relativi alla natura, tipologia ed entità delle imprese partecipanti, alla loro attitudine alla contribuzione (ossia alla rispettiva capacità contributiva) e ad altri parametri oggettivi, determinati anche su base presuntiva. Secondo il numero 9), questi elementi e parametri sono stabiliti dall'Agenzia delle entrate, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti.

Analogamente, il numero 11) consente ai distretti di concordare nei medesimi termini con gli enti locali competenti il volume dei tributi, contributi e altre somme da versare in ciascun anno da parte delle imprese ad essi appartenenti. Per la determinazione dei criteri generali in base ai quali stabilire quanto è dovuto a questi ultimi, il numero 13) riserva la competenza agli enti locali interessati, che debbono provvedervi previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti. A norma del numero 12), gli importi sono stabiliti tenendo conto dell’attitudine delle imprese alla contribuzione (capacità contributiva), con l'obiettivo di stimolare la crescita economica e sociale dei territori interessati. In caso di opzione per la tassazione distrettuale unitaria, l'ammontare dovuto agli enti locali è determinato in cifra unica annuale per il distretto nel suo complesso.

 

Il numero 7) prevede che la ripartizione del carico tributario concordato nell'ambito del distretto sia rimessa al distretto stesso, secondo criteri di trasparenza e parità di trattamento, e sulla base di principi di mutualità.

 

Il numero 14) ripete la medesima disposizione, facendo riferimento al “carico tributario derivante dall’attuazione del numero 7)”.

Verisimilmente, la norma deve intendersi riferita alla ripartizione dei tributi, contributi e altre somme dovuti agli enti locali, relativamente alla quale sono confermati i criteri di trasparenza, parità di trattamento e mutualità previsti dal numero 7) per la suddivisione degli oneri tributari erariali.

 

La formulazione dovrebbe essere rettificata in tal senso, ovvero riunita in un’unica disposizione avente riferimento ai carichi tributari concordati a norma dei numeri 6) e 11).

 

Il numero 8) esclude dalla base imponibile le somme percepite o versate tra le imprese appartenenti al distretto in contropartita dei vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti.

La disposizione riproduce quanto è previsto dall’articolo 118, comma 4, del TUIR per le società optanti per la tassazione di gruppo secondo il metodo del consolidato nazionale. Tale disposizione si riferisce la possibilità che, in via contrattuale, gli aderenti al consolidamento concordino compensi da corrispondersi fra loro a fronte dei vantaggi fiscali che ricaveranno dal consolidamento medesimo (ad esempio, il trasferimento di perdite utilizzate per abbattere il reddito globale) o dall'opzione per la tassazione di gruppo (ad esempio, la mancata applicazione di imposte sul reddito prodotto a seguito dell'utilizzo in compensazione di perdite trasferite da altri soggetti), ovvero degli svantaggi corrispondenti (ad esempio, per la rinunzia alla possibilità di utilizzare una perdita di esercizio). In base alla richiamata disposizione, le somme percepite o versate a questo titolo sono fiscalmente irrilevanti e pertanto non costituiscono componenti positivi o negativi di reddito[16].

 

Il numero 10) precisa che restano fermi da parte delle imprese appartenenti al distretto l'assolvimento degli ordinari obblighi e adempimenti fiscali e l'applicazione delle disposizioni penali tributarie.

È altresì previsto che, qualora siano rispettati gli obblighi derivanti dal concordato, i controlli tributari vengano eseguiti unicamente a scopo di monitoraggio, prevenzione ed elaborazione dei dati necessari per la determinazione e l'aggiornamento degli elementi e parametri per la determinazione della capacità contributiva, sui quali l’Agenzia delle entrate si fonda per la stipulazione del concordato secondo il disposto del precedente numero 6).

Analoga previsione è infine espressa nel numero 15) in relazione ai tributi, contributi e altri diritti degli enti locali, relativamente agli adempimenti di loro competenza.

 

La lettera b) del comma 265 individua alcune disposizioni amministrative applicabili ai distretti produttivi.

Ai fini della semplificazione degli adempimenti burocratici posti a carico delle imprese che aderiscono ai distretti, la norma prevede la facoltà per il distretto di svolgere talune funzioni quali l'esecuzione, in nome e per conto dell'impresa, degli adempimenti burocratici connessi con lo svolgimento dell'attività, nonché la "certificazione" dell’esattezza dell'iter procedurale seguìto; nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio è stato inoltre previsto il riconoscimento ai distretti della facoltà di stipulare negozi di diritto privato per conto delle imprese ad essi aderenti sulla base delle norme civilistiche che disciplinano il mandato (cfr.oltre).

A fronte di quest’attività amministrativa svolta dal distretto, la cui rispondenza alle norme di legge è dichiarata dal distretto stesso, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici interessati provvedono di conseguenza nei riguardi delle imprese senza esperire alcun altro controllo.

Viene altresì consentito ai distretti di accedere con apposita convenzione ai sistemi informativi e agli archivi informatici delle pubbliche amministrazioni, rimandando ad un successivo decreto l'individuazione delle concrete modalità applicative della disposizione.

 

Più in dettaglio, la lettera b) prevede che al fine di favorire la semplificazione e l'economicità per le imprese che aderiscono ai distretti, le imprese aderenti possano intrattenere rapporti con le pubbliche amministrazioni e con gli enti pubblici, anche economici (ovvero dare un impulso a procedimenti amministrativi) attraverso il distretto.

In questo caso, le domande, le richieste, le istanze etc., idonee ad avviare ed eseguire il rapporto ovvero il procedimento amministrativo (incluse le fasi partecipative), se espressamente formate dai distretti nell’interesse delle imprese aderenti, si intendono senz’altro riferite, quanto agli effetti, alle medesime imprese. Nel momento in cui il distretto dichiari inoltre di avere verificato, nei riguardi delle imprese aderenti, la sussistenza dei presupposti ovvero dei requisiti necessari per l’avvio, la partecipazione e la conclusione del procedimento amministrativo con atto formale ovvero con effetto finale favorevole alle imprese aderenti, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici sono tenuti a provvedere senza altro accertamento nei riguardi delle imprese aderenti.

Si prevede altresì per i distretti la possibilità di comunicare anche in modalità telematica con le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che accettano di comunicare, a tutti gli effetti, con tale modalità. I distretti possono accedere altresì, su base convenzionale, alle banche dati formate e detenute dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti pubblici. Viene quindi demandata al Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, l'individuazione delle modalità applicative delle disposizioni del presente numero, con decreto di natura non regolamentare.

La lettera b), numero 2) reca disposizioni in materia di semplificazione per l'accesso delle imprese appartenenti ai distretti ai contributi regionali, nazionali o comunitari. Viene infatti consentita la presentazione delle istanze mediante un unico procedimento realizzato tramite i distretti, che possono altresì fornire alle singole imprese consulenza ed assistenza, nonché certificare il loro diritto per l'accesso ai contributi.

In aggiunta, si prevede la facoltà per i distretti di procedere alla stipula di apposite convenzioni con aziende di credito ed intermediari finanziari iscritti nell'apposito elenco tenuto dall'UIC ai fini della prestazione della garanzia per l'ammontare della quota dei contributi soggetti a rimborso, rimandando ad un successivo decreto la determinazione delle specifiche modalità applicative.

 

Nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, è stato disposto l’inserimento, alla lettera b), di un nuovo numero 3), che riconosce ai distretti della facoltà di stipulare negozi di diritto privato – per conto delle imprese ad essi aderenti – secondo le norme degli articoli 1703 e seguentidel codice civile, che disciplinano il contratto di mandato.

 

Si rammenta che secondo la definizione del richiamato articolo 1703 del codice civile, il mandato è il contratto con il quale una parte (mandatario) si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra parte (mandante).Quando il mandatario agisce per conto e nel nome del mandante si tratta di un mandato con rappresentanza. In tale caso il mandato è collegato ad una procura che conferisce il relativo potere al mandatario, per cui gli effetti si verificano direttamente nella sfera giuridica del mandante (art. 1704 c.c.). Quando il mandatario agisce in nome proprio si tratta di un mandato senza rappresentanza. In questo casoil mandatario agisce in nome proprio e acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dal negozio, mentre i terzi non entrano in alcun rapporto col mandante. (art. 1705 c.c.).

 

La lettera c) individua una serie di disposizioni finanziarie applicabili ai distretti. Si tratta in particolare di interventi diretti ad agevolare l'accesso al credito, a promuovere contenimento dei rischi e a favorire la capitalizzazione delle imprese appartenenti al distretto.

A tale proposito, vengono anzitutto previste forme e condizioni semplificate per la cartolarizzazione dei crediti concessi da più banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto, agli effetti della cessione a un'unica società.

A questo fine, il numero 1) rimette a regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle attività produttive e la CONSOB, l'individuazione delle semplificazioni applicabili rispetto alla disciplina contenuta nella legge 30 aprile 1999, n. 130.

 

Si osserva che questo regolamento, ancorché riguardi la cartolarizzazione di crediti concessi da banche o intermediari finanziari, verrebbe emanato sentita la CONSOB e non anche la Banca d'Italia. Mentre per le operazioni di semplificazione previste dal numero 1) può rilevare la competenza della CONSOB, la materia trattata nel numero 2) sembra attenere a profili di stabilità, spettanti alla competenza della Banca d’Italia. La stessa osservazione vale a maggior ragione per il contenuto del successivo numero 4), che attiene specificamente alla disciplina dell’attività bancaria.

 

La legge 30 aprile 1999, n. 130, reca disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti.

Tale tecnica finanziaria consiste nella cessione di crediti o di altre attività finanziarie non negoziabili a una società qualificata, che ha per oggetto esclusivo la realizzazione di tali operazioni e provvede alla conversione di tali crediti o attività in titoli negoziabili su un mercato secondario. Questi titoli sono strumenti finanziari, il cui collocamento è sottoposto all’obbligo di predisposizione del prospetto per cura della società cessionaria o, se diversa, della società emittente. Nel caso in cui i titoli siano offerti ad investitori non professionali, l'operazione dev’essere inoltre sottoposta alla valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi.

La legge disciplina altresì le modalità della cessione e la sua efficacia, stabilendo che dalla data della pubblicazione della notizia dell'avvenuta cessione nella Gazzetta ufficiale, sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti incorporati nei titoli emessi e per il pagamento dei costi dell'operazione. Dalla stessa data la cessione è opponibile agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi in data anteriore, e ai creditori del cedente che non abbiano pignorato il credito prima della pubblicazione della cessione.

 

Con lo stesso regolamento, ai sensi del numero 2), possono essere stabilite le condizioni e le garanzie a favore dei soggetti cedenti i crediti di cui al numero 1), in presenza delle quali tutto o parte del ricavato dell'emissione dei titoli possa essere destinato al finanziamento delle iniziative dei distretti e delle imprese dei distretti già beneficiarie dei crediti che sono stati oggetto di cessione.

L’operazione comporta per i soggetti già beneficiari dei crediti ceduti la possibilità di ricevere ulteriore credito, da parte della società cessionaria, mediante destinazione del ricavato dell’emissione dei titoli il cui rimborso dovrebbe avvenire con le somme da essi medesimi corrisposte in qualità di debitori ceduti.

La disposizione comporta evidenti rischi finanziari, che possono risultare attenuati in ragione della qualità delle garanzie e del rigore delle condizioni che potranno essere stabilite con il previsto regolamento ministeriale.

 

Il numero 3) estende le disposizioni relative alle obbligazioni bancarie garantite, disciplinate dall’articolo 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, anche ai crediti delle banche nei confronti delle imprese facenti parte dei distretti. Le condizioni per l'estensione vengono stabilite con il predetto regolamento.

 

L’articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999 dispone, al comma 1, in tema di obbligazioni bancarie garantite, che le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 2 e 3 (relativo alle società di cartolarizzazione, in particolare alla separazione tra il patrimonio della società da quello di ogni singola operazione e delle operazioni fra loro), all'articolo 4 (relativo alle modalità ed all’efficacia della cessione) e all'articolo 6, comma 2 (relativo alle disposizioni fiscali e di bilancio, in particolare alle agevolazioni concesse a determinati soggetti e categorie) della stessa legge si applichino, salvo quanto specificato ai successivi commi 2 e 3 dello stesso articolo 7-bis, alle operazioni aventi ad oggetto le cessioni di crediti fondiari e ipotecari, di crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni o garantiti dalle medesime, anche individuabili in blocco, nonché di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti della medesima natura, effettuate da banche in favore di società il cui oggetto esclusivo sia l'acquisto di tali crediti e titoli, mediante l'assunzione di finanziamenti concessi o garantiti anche dalle banche cedenti, e la prestazione di garanzia per le obbligazioni emesse dalle stesse banche ovvero da altre.

Il comma 2 pone sui crediti e i titoli acquistati dalle società di cartolarizzazione e sulle somme corrisposte dai relativi debitori il vincolo di destinazione al soddisfacimento dei diritti, anche ai sensi dell'articolo 1180 del codice civile, dei portatori delle obbligazioni bancarie garantite di cui al comma 1 e delle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti e degli altri contratti accessori, nonché al pagamento degli altri costi dell'operazione, in via prioritaria rispetto al rimborso dei finanziamenti assunti dalle società cessionarie secondo quanto indicato al comma 1.

Il comma 3 prevede che le disposizioni degli articoli 3, comma 2 (esclusività del diritto di azione sul patrimonio separato), e 4, comma 2 (limiti al diritto di azione sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti) si applichino a beneficio dei portatori delle obbligazioni bancarie garantite e delle controparti dei contratti derivati di cui al precedente comma 2.

Secondo quanto stabilito nel comma 4, alle predette cessioni non si applicano gli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, numero 2440 (concernente “nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato”). Inoltre, dell'affidamento o trasferimento delle funzioni di cui all'articolo 2, comma 3, lettera c) della stessa legge a soggetti diversi dalla banca cedente, è dato avviso mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale nonché comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento alle pubbliche amministrazioni debitrici. Ai finanziamenti concessi alle società di cui al comma 1 e alla garanzia prestata dalle medesime società si applica l'articolo 67, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, numero 267, e successive modificazioni (riguardante “disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa”).

Il comma 5 rimette a regolamento emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, le disposizioni di attuazione aventi ad oggetto, in particolare, il rapporto massimo tra le obbligazioni oggetto di garanzia e le attività cedute, la tipologia di tali attività e di quelle, dagli equivalenti profili di rischio, utilizzabili per la loro successiva integrazione, nonché le caratteristiche della garanzia prestata dalla società cessionaria per le obbligazioni emesse ai sensi del comma 1.

Ulteriori disposizioni di attuazione sono emanate dalla Banca d’Italia, in conformità a deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR). Sono con esse disciplinati fra l’altro i requisiti delle banche emittenti, i criteri che le banche cedenti adottano per la valutazione dei crediti e dei titoli ceduti e le relative modalità di integrazione, nonché i controlli che le banche effettuano per il rispetto degli obblighi previsti dal presente articolo, anche per il tramite di società di revisione allo scopo incaricate.

Il comma 7 prevede che ogni imposta e tassa sia dovuta considerando le operazioni di cui al comma 1 come non effettuate e i crediti e i titoli che hanno formato oggetto di cessione come iscritti nel bilancio della banca cedente, se per le cessioni è pagato un corrispettivo pari all'ultimo valore di iscrizione in bilancio dei crediti e dei titoli, e il finanziamento di cui al comma 1 è concesso o garantito dalla medesima banca cedente.

 

Si osserva a questo proposito che l’articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999, aggiunto dal decreto-legge n. 35 del 2005, ha inteso introdurre nell’ordinamento italiano un titolo obbligazionario di elevata qualità e affidabilità in quanto garantito da attivi creditizi di specifiche categorie (crediti fondiari e ipotecari, crediti verso pubbliche amministrazioni o da esse garantiti).

L’emanando regolamento dovrebbe quindi assicurare che i crediti nei confronti delle imprese facenti parte dei distretti abbiano caratteristiche idonee per essere ammessi a costituire equivalente garanzia.

In ogni caso, i predetti crediti – essendo al di fuori del numerus clausus previsto dall’articolo 43 della direttiva n. 2000/12/CE – non rileverebbero per il conseguimento dei vantaggi previsti dalla normativa comunitaria agli effetti del calcolo dei coefficienti di solvibilità.

 

Per le banche e gli altri intermediari che concedono crediti ai distretti o alle imprese facenti parte dei distretti e che non procedono alla loro cartolarizzazione o all’emissione di obbligazioni bancarie garantite, il numero 4) prevede la facoltà di effettuare accantonamenti ulteriori (rispetto a quelli già previsti dalle norme vigenti) alle condizioni che saranno stabilite dal predetto regolamento.

 

Si ricorda che l’articolo 106 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) prevede norme in tema di svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti.

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi indicate nel comma 1 dell'articolo 85, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi. Nel computo del limite si tiene conto anche di accantonamenti per rischi su crediti. La deduzione non è più ammessa quando l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

Ai sensi del comma 2, le perdite sui crediti di cui al comma 1, determinate con riferimento al valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi, sono deducibili a norma dell'articolo 101, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti eccede il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso.

Secondo il comma 3, per gli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. n. 87 del 1992, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela, compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,40 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio. L'ammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,40 per cento è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi. Ai fini del presente comma le svalutazioni si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni è inferiore al limite dello 0,40 per cento, sono ammessi in deduzione, fino al predetto limite, accantonamenti per rischi su crediti. Gli accantonamenti non sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo ha raggiunto il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

Ai sensi del comma 4, per gli enti creditizi e finanziari nell'ammontare dei crediti si comprendono anche quelli impliciti nei contratti di locazione finanziaria nonché la rivalutazione delle operazioni «fuori bilancio» iscritte nell'attivo in applicazione dei criteri di cui all'articolo 112. Secondo il comma 5, infine, le perdite sui crediti di cui al comma 3, determinate con riferimento al valore di bilancio dei crediti, sono deducibili, ai sensi dell'articolo 101, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare dell'accantonamento per rischi su crediti dedotto nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare del predetto accantonamento eccede il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso.

 

Infine il numero 5), allo scopo di favorire l'accesso al credito e il finanziamento dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, con particolare riguardo ai progetti di sviluppo e innovazione, affida al Ministro dell'economia e delle finanze il compito di adottare o proporre misure volte a:

a)      assicurare che la garanzia che prestano i consorzi collettivi di garanzia dei fidi (confidi) sia riconosciuta come strumento idoneo per l'attenuazione del rischio di credito ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, previsti nel nuovo accordo di Basilea;

b)      favorire il rafforzamento patrimoniale e l'operatività dei confidi; con disposizione introdotta nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio si è stabilito a questo riguardo che i fondi di garanzia interconsortile possono essere destinati anche alla prestazione di servizi ai confidi soci, per l’iscrizione nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.

La costituzione di fondi di garanzia interconsortile è prevista dall’articolo 13, comma 20 e seguenti, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Esso prevede che i confidi i quali riuniscono complessivamente non meno di 15 mila imprese e garantiscono finanziamenti complessivamente non inferiori a 500 milioni di euro possono istituire, anche tramite le loro associazioni nazionali di rappresentanza, fondi di garanzia interconsortile destinati alla prestazione di controgaranzie e cogaranzie ai confidi. Per i confidi che riuniscono cooperative e loro consorzi, i requisiti predetti sono stabiliti rispettivamente nell’associazione di non meno di 5.000 imprese e nella garanzia di finanziamenti complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro. I predetti fondi sono gestiti da società consortili per azioni o a responsabilità limitata, il cui oggetto sociale preveda in via esclusiva lo svolgimento di tale attività, ovvero dalle società finanziarie costituite ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. In deroga all'articolo 2602 del codice civile, le società consortili possono essere costituite anche dalle associazioni di cui al comma 20.

A norma dell’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, l'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall'UIC. L’articolo 107 rimette al Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, la determinazione dei criteri oggettivi, riferibili all'attività svolta, alla dimensione e al rapporto tra indebitamento e patrimonio, in base ai quali sono individuati gli intermediari finanziari che si devono iscrivere in un elenco speciale tenuto dalla Banca d'Italia. Quest’ultima, in conformità delle deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), detta agli intermediari iscritti nell'elenco speciale disposizioni aventi ad oggetto l'adeguatezza patrimoniale e il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni nonché l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni.

 

c)      facilitare la costituzione di agenzie esterne di valutazione del merito di credito dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, a beneficio delle imprese stesse e delle banche che applicano il metodo normalizzato di calcolo dei requisiti previsto nel nuovo accordo di Basilea;

d)      favorire la costituzione, da parte dei distretti, di fondi d’investimento in capitale di rischio delle imprese che ne fanno parte; a tali fondi potranno conferire il loro apporto soggetti sia pubblici, sia privati.

 

Il nuovo accordo di Basilea (più noto come Basilea 2)[17] è un accordo sui requisiti patrimoniali delle banche approvato il 26 giugno 2004 dalle banche centrali e dalle autorità di vigilanza del Gruppo dei dieci. Si tratta di un testo, elaborato dal Comitato di Basilea[18], destinato a diventare operativo tra la fine del 2006 e il 2007 e che andrà a sostituire quello elaborato nel 1988.

Scopo dell'accordo è quello di aumentare la stabilità del sistema bancario internazionale rendendo le banche più sensibili al controllo dei rischi di credito, di mercato e operativi; per raggiungere tale obiettivo, sono state definite, in estrema sintesi, nuove regole fondate su tre "pilastri":

I)         il primo pilastro è quello dei requisiti patrimoniali minimi, che si traducono in vincoli all’operatività bancaria al fine di garantire la solidità economica e finanziaria delle banche;

II)       il secondo pilastro riguarda l'efficienza della vigilanza sulla gestione del rischio da parte delle banche, che implica per le Banche centrali la verifica sulla disponibilità, da parte delle banche, dei requisiti patrimoniali minimi e il controllo del rischio degli impieghi, al fine di prevenire la possibilità che il capitale scenda al di sotto della soglia minima;

III)      il terzo pilastro, infine, concerne la disciplina del mercato e la trasparenza, e si traduce in regole di trasparenza per l'informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione.

 

Per quanto riguarda il rischio di credito, Basilea 2 introduce la possibilità di scegliere fra più metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali, in particolare:

-        un metodo normalizzato (standardised approach) basato sull’utilizzo di valutazioni (rating) esterne forniti dalle agenzie specializzate, in base ai quali vengono applicati coefficienti prudenziali omogenei predefiniti dall’Autorità di vigilanza;

-        un metodo più sofisticato, il quale, utilizzando rating interni, permette di correlare meglio il capitale regolamentare al rischio effettivo; esso si suddivide a sua volta in un metodo di base (foundation approach) e un metodo avanzato (advanced approach), in relazione alla capacità delle banche di stimare direttamente alcuni parametri necessari alla valutazione del coefficiente prudenziale da applicare all’esposizione sottostante.

 

La lettera d) del comma 265, detta disposizioni in materia di ricerca e sviluppo,prevedendo, al punto 1), l'istituzione dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, che è chiamata a concorrere all'accrescimento della competitività delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione delle nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali.

Il sistema produttivo italiano presenta – com'è noto – aspetti fortemente peculiari rispetto a quelli rilevabili negli altri Paesi industrializzati, essendo caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di imprese di piccola dimensione specializzate nei settori a medio-bassa tecnologia, dall'agro-alimentare, al calzaturiero, al tessile-abbigliamento, all'arredamento.

La maggioranza di tali imprese, pur svolgendo in molti casi una intensa innovazione dei processi produttivi basata sull’acquisizione di tecnologie già disponibili, non possiede le risorse professionali e finanziarie per investire in ricerca e innovazione.

Per queste sue caratteristiche, il sistema produttivo italiano richiede ad avviso di molti osservatori l'individuazione di strumenti idonei ad assicurare l'accesso effettivo delle piccole e medie imprese a servizi tecnologici esterni qualificati, così da favorire l'acquisizione delle nuove tecnologie e lo sviluppo di nuovi prodotti.

Sul lato dell’offerta di servizi per l’innovazione, la realtà italiana presenta un vasto e articolato panorama composto di centri di servizio e di competenze tecniche e scientifiche diffuse all’interno dei centri di ricerca e delle università.

Tale offerta è alimentata innanzitutto dal sistema universitario e dalle principali istituzioni scientifiche nazionali. La ricerca industriale è inoltre sostenuta da alcuni grandi centri privati, emanazione delle più importanti aziende del paese.

Accanto a tali soggetti, operano inoltre un gran numero di strutture di servizio per l’innovazione e il trasferimento tecnologico alle imprese, promosse dalle associazioni imprenditoriali, dalle camere di commercio, dagli enti locali e dalle stesse università.

Se ricca e variegata appare la presenza di strutture legate al territorio, si manifestano però alcune criticità riconducibili alla frammentazione dell’offerta dei servizi per l'innovazione e alla ridotta specializzazione delle strutture che li erogano, fattori questi che secondo molti osservatori impediscono spesso alle imprese di sfruttare pienamente il potenziale innovativo disponibile.

 

Ai sensi del numero 2), in funzione dei predetti obiettivi, si assegna all'Agenzia il compito di promuove l'integrazione fra il sistema della ricerca e il sistema produttivo provvedendo ad individuare a valorizzare e a diffondere nuove conoscenze tecnologiche, brevetti ed applicazioni industriali su scala sia nazionale che internazionale;

Il numero 3) prevede la stipula, da parte dell’Agenzia, di convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità.

L'Agenzia, ai sensi delle indicazioni contenute nella relazione governativa che accompagna il disegno di legge, tende a rendere più agevole ed efficace per le piattaforme industriali l'accesso ai "fornitori di tecnologia" su scala nazionale ed internazionale (università, centri di ricerca, eccetera), assicurando così ad esse la possibilità di meglio corrispondere ai bisogni e alle strategie delle imprese di riferimento sul versante dell'innovazione tecnologica.

Compito dell'Agenzia è assistere le piattaforme industriali in ogni fase del percorso di ricerca, applicazione ed ingegnerizzazione di una nuova tecnologia, attraverso: la ricerca e il costante aggiornamento di nuove tecnologie di prodotto e/o processi industriali presso università e istituti di ricerca; lo sviluppo di nuovi processi/applicazioni industriali; la realizzazione di programmi di formazione; l'implementazione di nuovi processi/applicazioni industriali. A tal fine, l'Agenzia opera come:interfaccia fra le piattaforme industriali e il mondo della ricerca nazionale e internazionale (scouting); osservatorio delle piattaforme industriali, per l'analisi dei reali bisogni di ricerca e sviluppo e la conseguente proposta di nuove soluzioni tecnologiche (diffusione); struttura di supporto per la realizzazione delle iniziative selezionate (delivery), mediante l'offerta di programmi di formazione sulle nuove tecnologie, programmi di assistenza per l’applicazione delle nuove tecnologie, sostegno per l'analisi dei relativi impatti economici e eventuale assistenza nella fase di ricerca di fondi.

Con il punto 4) l’Agenzia viene sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale è rimessa anche l'approvazione dello statuto (si presume, nel testo adottato dai competenti organi dell'Agenzia stessa).

Attraverso decreti di natura non regolamentare, la Presidenza del Consiglio provvede, altresì, alla definizione di criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Agenzia, sentiti i Ministeri dell’istruzione, dell’economia e delle attività produttive, nonché i Ministri per lo sviluppo e la coesione territoriale e per l’innovazione e le tecnologie, se nominati.

 

Il comma 266 estende l'applicazione delle nuove disposizioni relative ai distretti introdotte dal comma 263:

§      ai distretti rurali ed agroalimentari, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228[19];

§      ai sistemi produttivi;

§      ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale definiti ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317[20];

§      ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 dicembre 1989, n. 83[21].

 

Una integrazione al comma 266, introdotta nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, specifica i termini per l’applicazione delle disposizioni in oggetto relative ai distretti ai suddetti consorzi per il commercio estero, precisando che tale applicazione è prevista:

§      in caso di imprese aggregate e costituite in tale forma (si presume in forma distrettuale), la cui attività sia rivolta in via specifica all’interna­zionalizzazione;

§      nel caso in cui un distretto industriale si avvalga di uno o più dei suddetti consorzi per l’export ai fini dell’esercizio delle funzioni relative all’attività di internazionalizzazione delle imprese in esso aggregate, mediante la stipula di convenzioni o si base associativa.

 

L’ultimo periodo della disposizione prevede l’attribuzione al Ministro delle attività produttive delle competenze in materia di interventi finanziari previsti dalla legge n. 83/1989 e riguardanti i consorzi costituiti da imprese aventi sede in più regioni, nonché i consorzi aventi sede nelle regioni nelle quali non è prevista la concessione dei relativi contributi.

 

Si rileva come la collocazione sistematica di tale ultima disposizione non sembri coerente con l’impianto normativo in oggetto.

 

Nel merito, si osserva come il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e successive modificazioni, abbia attribuito alle Regioni la gestione dei contributi destinati ai consorzi export, con esclusione di quelli multiregionali, che, pertanto, rimane di competenza del Ministero delle attività produttive.

A tale proposito, si ricorda che il sostegno ai consorzi all'esportazione, introdotto dapprima dalla legge 21 maggio 1981, n. 240 ("Provvidenze a favore dei consorzi e delle società consortili tra piccole e medie imprese nonché delle società consortili miste") è stato successivamente disciplinato dalla legge 21 febbraio 1989, n. 83 ("Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane"), che ha definito in modo più puntuale i requisiti necessari all'ammissione dei benefici per i consorzi e società consorziate per il commercio estero.

La legge concede contributi finanziari annuali a favore dei consorzi e società consortili che abbiano come scopi sociali esclusivi l'esportazione dei prodotti delle imprese consorziate e l’attività promozionale necessaria per realizzarla. A tali scopo si può aggiungere l'importazione di materie prime da utilizzarsi da parte delle imprese stesse. La legge ribadisce il principio che tali contributi non sono volti a sostenere le esportazioni, bensì al supporto finanziario delle strutture collettive, dotate di servizi e di personale, che caratterizzano queste associazioni tra esportatori.

Il DM 25 marzo 1992 ("Nuove direttive e nuovi criteri di valutazione delle domande di contributo a consorzi export") ha fissato le direttive e i criteri di valutazione delle domande di contributo finanziario dei consorzi per il commercio estero.

Criteri e modalità per l’applicazione per l’applicazione della L 83/89 sono dettati, con cadenza annuale, da circolari ministeriali. Con riferimento all’anno 2006 vi ha recentemente provveduto laCircolare n. 20050201188 del 31.10.2005

In particolare la circolare, che stabilisce le modalità riguardanti l’approvazione dei programmi da realizzare nel 2006 e la liquidazione dei contributi per i programmi realizzati nel 2005, nonché di quelli che saranno realizzati nel 2006, si applica ai consorzi export a carattere multiregionale, nonché a quelli destinati ai consorzi monoregionali delle regioni a statuto speciale fino a quando anche per essi non avverrà il relativo trasferimento di risorse ai sensi del DPCM 26 maggio 2000. Tale DPCM (GU 149 del 28.6.2000), infatti, ha stabilito che dal 1° luglio 2000 sono trasferite alle regioni a statuto ordinario le competenze concernenti gli incentivi a favore dei consorzi monoregionali e le relative risorse finanziarie. Per i consorzi monoregionali delle regioni a statuto speciale il DPCM ha rinviato ad altra data il trasferimento.

Pertanto, le richieste di contributo, secondo la circolare citata, saranno esaminate come segue:

§      per le richieste inoltrate da consorzi multiregionali l'istruttoria e l'erogazione saranno effettuate interamente dal Ministero;

§      per le richieste inoltrate dai consorzi monoregionali, aventi sede nelle Regioni a statuto speciale Sicilia e Valle d’Aosta, l’istruttoria e l’erogazione saranno effettuate dal Ministero, sempreché non intervenga il trasferimento alle stesse della gestione degli incentivi.

Ai sensi della circolare sono considerati multiregionali i consorzi di cui almeno il 25% delle imprese associate abbiano la sede legale in una o più regioni diverse da quella delle restanti imprese. Per i consorzi che abbiano più di 60 imprese associate, il requisito minimo è fissato in 15 imprese aventi sede legale in una o più regioni diverse da quelle in cui hanno sede le restanti imprese.

Il consorzio export deve essere costituito da un numero di imprese non inferiore a otto; ridotto a cinque qualora le imprese abbiano sede nelle regioni ob.1 (Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna) o rientrino in settori merceologici specializzati, oppure sia costituito da imprese artigiane (art.2, comma 3, della legge 83/89). Le imprese consorziate devono avere la natura di PMI, come definite dal DM 18 aprile 2005 (G.U. 238 del 12 ottobre 2005) con cui è stata recepita la RaccomandazioneCE del 6 maggio 2003.

Ai sensi del comma 267, l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 263-268, "fatta salva la compatibilità con la normativa comunitaria", avrà luogo in un primo tempo, in via sperimentale, limitatamente ad uno o più distretti che saranno individuati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze richiamato al comma 263. Una volta conclusa la fase sperimentale, si darà poi corso, progressivamente, all'applicazione delle disposizioni in questione ai rimanenti distretti. A questa fase sperimentale seguirà, comunque, una realizzazione progressiva dell’applicazione delle disposizioni in oggetto.

 

In relazione alla compatibilità con l’ordinamento comunitario, si osserva che le disposizioni sopra illustrate, in quanto recanti un regime differenziato sostanzialmente agevolativo – sul piano fiscale e, segnatamente, su quello finanziario – riservato alle imprese ricadenti nell’ambito dei distretti, dovrebbero essere valutate alla luce dell'articolo 87 del Trattato, il quale dichiara incompatibili con il mercato comune "nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza". È quindi considerato aiuto di Stato qualunque beneficio concesso dallo Stato, ovvero mediante risorse statali, quando concorrano le seguenti condizioni: conferisce un vantaggio economico al beneficiario; è selettivo, e dunque favorisce soltanto talune imprese o talune produzioni; rischia di falsare la concorrenza; incide sugli scambi fra gli Stati membri.

 

La Commissione e la Corte di Giustizia hanno dato un'interpretazione assai lata del concetto di "aiuto". Il testo del Trattato cita gli aiuti "concessi (...) sotto qualsiasi forma", e le autorità comunitarie vi fanno rientrare tutti gli aiuti pubblici ovvero concessi da un ente territoriale. L'aiuto può provenire anche da un organismo privato, quale un'impresa privata o un'impresa pubblica che operi in regime di diritto privato, o da un organismo soggetto all'influenza preponderante, diretta o indiretta, dello Stato, di un ente pubblico o di un ente locale. Il divieto colpisce moltissime forme di aiuto, dirette o indirette, indipendentemente dalla loro tipologia. Ai fini della disciplina comunitaria non rileva, infatti, quale sia la forma, la ragione o la finalità di un aiuto, in quanto assume rilievo soltanto il suo effetto sulla concorrenza. Pertanto costituiscono aiuto di Stato non solo le prestazioni positive quali le sovvenzioni, ma anche qualsiasi altra misura intesa a sollevare un'impresa degli oneri finanziari che sono normalmente a suo carico.

Peraltro, poiché è impossibile applicare un divieto assoluto degli aiuti di Stato, anche in ragione dell'articolo 2 del Trattato, che assegna alla Comunità il compito di "promuovere uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell'insieme della Comunità", l'articolo 87, paragrafi 2 e 3, del Trattato prevede una serie di eccezioni, compatibili con il mercato comune: gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti; gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; gli aiuti concessi alle regioni tedesche che risentono della divisione della Germania.

Possono inoltre considerarsi compatibili con il mercato comune: gli aiuti destinati a agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni; gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro; gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio; le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio. È compito della Commissione vigilare affinché gli Stati membri non concedano aiuti incompatibili con il mercato comune.

Richiamandosi all'articolo 88 del Trattato, il regolamento di procedura relativo agli aiuti di Stato dispone che prima di poter dare esecuzione ad un aiuto, questo deve essere notificato alla Commissione al fine della sua autorizzazione. L'obbligo di notificazione preliminare alla Commissione è mitigato dal regolamento relativo degli aiuti di Stato orizzontali, in forza del quale la Commissione può stabilire mediante regolamento l'esonero da tale obbligo per talune categorie di aiuti. Benché gli aiuti di Stato siano concessi nel rispetto della normativa comunitaria in materia di concorrenza, il Quadro di valutazione degli aiuti di Stato rileva che il loro importo complessivo può provocare “notevoli distorsioni “ della concorrenza nel mercato interno. La Commissione ha quindi avviato un processo di riforma a lungo termine volto a semplificare le procedure amministrative e a concentrare le proprie risorse sulle distorsioni più gravi della concorrenza. Tale processo si è concretato, da un lato, nell'elaborazione di regolamenti d'esenzione per categoria, quali, tra gli altri, quelli relativi agli aiuti alla formazione, agli aiuti de minimis, agli aiuti a favore dell'occupazione e delle PMI, e, dall'altro, nell'elaborazione di nuove linee direttrici e discipline comunitarie.

 

Il comma 268 pone un limite massimo di spesa per l’attuazione dei precedenti commi 263-267 pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2006.

 


Articolo 1, comma 265-bis
(Rifinanziamento degli interventi a sostegno della
ricerca avanzata nel settore della fisica)

 

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

265-bis. Per la prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 4, comma 160, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008.

 

 

 

Il comma 265-bis - introdotto dalla Commissione bilancio della Camera - finanzia anche per gli anni 2007 e 2008 le attività di ricerca avanzata nel settore della fisica, autorizzando una spesa di due milioni di euro per ciascuno dei succitati anni in favore dell'Istituto nazionale di astrofisica (INAF).

 

L'articolo 4, comma 160, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) ha autorizzato per l'anno 2004 la spesa di 2 milioni di euro in favore dell'INAF per la promozione e il sostegno delle attività di ricerca avanzata nel settore della fisica, realizzate in strutture specializzate per progetti innovativi riferiti alla cooperazione scientifica internazionale e per l'avviamento di strutture di recente istituzione.

Il comma 249 della legge 311/2004 (legge finanziaria 2005) ha rifinanziato tali interventi, autorizzando la spesa di due milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

Il comma in esame consente, quindi, la prosecuzione di detti interventi prevedendo un contributo di identico ammontare per gli anni 2007 e 2008.

 

Si ricorda che l’INAF è stato riordinato con il decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 138, che ha tra l’altro previsto la confluenza al suo interno degli istituti di radioastronomia, astrofisica spaziale e di fisica dello spazio interplanetario del CNR. Con deliberazione del 2 dicembre 2004 l’istituto ha emanato il regolamento di organizzazione e funzionamento in attuazione del riordino legislativo.

A partire dal 2004 il finanziamento ordinario all’INAF è interamente a carico del Fondo ordinario per gli enti di ricerca[22] poiché, secondo quanto previsto dalla tabella C della legge finanziaria per il 2004, sono confluite su tale fondo anche le risorse del Fondo ordinario degli osservatori, costituenti in precedenza un autonoma voce in tabella C.

La ripartizione del Fondo ordinario relativa all’anno 2005 assegna all’INAF la somma di quasi 82 milioni euro.

 


Articolo 1, comma 268-bis
(Sovracanoni idroelelettrici)

 

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

268-bis. I sovracanoni idroelettrici previsti ai sensi dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959, sono estesi a tutti gli impianti di produzione di energia idroelettrica superiori a 220 kw di potenza nominale media, le cui opere ricadono in tutto o in parte nei territori dei comuni compresi in un bacino imbrifero montano già delimitato.

 

 

 

Il comma 268-bis contiene una norma relativa al pagamento del sovracanone idroelettrico previsto dalla legge 27 dicembre 1953, n. 959, prevedendo l’estensione dell’obbligo del pagamento di tale canone a gli impianti di produzione di energia idroelettrica superiori a 220 kw di potenza nominale media, le cui opere ricadono in tutto o in parte nei territori dei comuni compresi in un bacino imbrifero montano già delimitato.

L’attuale disposizione prevede che i concessionari di grandi derivazioni d'acqua per produzione di forza motrice, anche se già in atto, le cui opere di presa siano situate in tutto o in parte, nell'ambito del perimetro imbrifero montano, sono tenuti in sostituzione degli oneri di cui all'art. 52 del testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, al pagamento di un sovracanone annuo di lire 1300 per ogni chilowatt di potenza nominale media, risultante dall'atto di concessione.

In base all’articolo 6del testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, sono concessionari di grandi derivazioni d’acqua per produzione di forza motrice gli impianti per produzione di forza motrice con potenza nominale media annua di Kw 3.000.

La legge n. 925 del 1980 ha peraltro stabilito che la misura del sovracanone annuo dovuto, ai sensi dell'ottavo comma dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959, dai concessionari di derivazioni d'acqua per produzioni di forza motrice, con potenza nominale media superiore a chilowatt 220, è rivalutata a lire 4.500 per chilowatt di potenza nominale a decorrere dal 1° gennaio 1980.

Si ricorda che l'art. 1 della legge 30 dicembre 1959, n. 1254 ha inoltre disposto che la norma di cui all’articolo 1 della legge n. 959 del 1953, deve essere interpretata in questo senso : Tutti i concessionari di grandi derivazioni d'acqua per produzione di forza motrice, quando le opere di presa o di prima presa, nel caso di impianti a catena o in serie, anche se appartenenti a più concessionari, o il massimo rigurgito a monte determinato dalla presa stessa ricadano in tutto o in parte nel perimetro dei bacini imbriferi montani, sono tenuti al pagamento del sovracanone annuo di lire 1300 per ogni Kw di potenza nominale media concessa. Il sovracanone è dovuto anche se sulla relativa concessione non gravino comunque oneri dipendenti dall'applicazione dell'art. 52 del testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775, ed anche se si tratti di concessione anteriore al decreto luogotenenziale 20 novembre 1916, n. 1664, o perpetua o gratuita o esente o esentata in tutto o in parte dal canone demaniale».

La disposizione introdotta non sembra quindi incidere sull’ambito soggettivo di applicazione della disposizione relativa al sovracanone, dato che gli impianti con potenza nominale superiore a 220 kw sono già tenuti al pagamento del sovracanone.

La norma incide invece sull’ambito oggettivo, visto che viene eliminato il riferimento al fatto che le “opere di presa” o il “massimo rigurgito” debbano ricadere nel territorio del bacino imbrifero. E’ infatti sufficiente che le opere degli impianti ricadano nell’ambito del bacino imbrifero.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 959 del 1953 il Ministro per i lavori pubblici, sentito quello per l'agricoltura e foreste, stabilisce, con proprio decreto, quali sono i «bacini imbriferi montani» nel territorio nazionale e determina il perimetro di ognuno. Tale determinazione dev'essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge per quei bacini ove già esistono concessioni di grandi derivazioni per produzione di forza motrice ed entro tre anni in ogni altro caso. I Comuni che in tutto o in parte sono compresi in ciascun bacino imbrifero montano sono costituiti in consorzio obbligatorio qualora ne facciano domanda non meno di tre quinti di essi. Se il bacino imbrifero è compreso in più Province, qualora ricorrano le modalità di cui al precedente comma, deve costituirsi un consorzio per ogni Provincia. Il Ministro per i lavori pubblici nel caso di consorzi tra Comuni di più province stabilirà la ripartizione dei proventi derivanti dal sovracanone di cui al comma 8 dello stesso articolo.


Articolo 1, comma 268-ter
(Iscrizione ai fini previdenziali delle imprese artigiane e commerciali alle Camere di commercio)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

268-ter. Il comma 8 dell'articolo 44 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è sostituito dai seguenti:

 

 

«8. A decorrere dal 1o gennaio 2006 le domande di iscrizione e annotazione nel registro delle imprese e nel REA presentate alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dalle imprese artigiane, nonché da quelle esercenti attività commerciali di cui all'articolo 1, commi 202 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, hanno effetto, sussistendo i presupposti di legge, anche ai fini dell'iscrizione agli enti previdenziali e del pagamento dei contributi agli stessi dovuti.

 

 

8-bis. Per le finalità di cui al comma 8 il Ministero delle attività produttive integra la modulistica in uso con gli elementi indispensabili per l'attivazione automatica dell'iscrizione agli enti previdenziali, secondo le indicazioni da essi fornite. Le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, attraverso il loro sistema informatico, trasmettono agli enti previdenziali le risultanze delle nuove iscrizioni, nonché le cancellazioni e le variazioni relative ai soggetti tenuti all'obbligo contributivo, secondo modalità di trasmissione dei dati concordate dalle parti. Entro trenta giorni dalla data della trasmissione, gli enti previdenziali notificano agli interessati l'avvenuta iscrizione e richiedono il pagamento dei contributi dovuti ovvero notificano agli interessati le cancellazioni e le variazioni intervenute. Entro il 30 giugno 2006 le procedure per tali iscrizioni ed annotazioni sono rese disponibili per il tramite della infrastruttura tecnologica del portale www.impresa.gov.it.

 

 

8-ter. A decorrere dal 1o gennaio 2006 i soggetti interessati dalle disposizioni del presente articolo, comunque obbligati al pagamento dei contributi, sono esonerati dall'obbligo di presentare apposita richiesta di iscrizione agli enti previdenziali. Entro l'anno 2007 gli enti previdenziali allineano i propri archivi alle risultanze del registro delle imprese anche in riferimento alle domande di iscrizione, cancellazione e variazione prodotte anteriormente al 1o gennaio 2006.

 

 

8-quater. Le disposizioni di cui ai commi 8, 8-bis e 8-ter non comportano oneri a carico del bilancio dello Stato».

 

 

 

Il comma 268-ter, aggiunto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, novella la disposizione recata dall’art. 44, comma 8, del DL 269/2003,[23]che haintrodotto una corrispondenza automatica tra l’iscrizione/cancellazione al Registro delle imprese e quella agli Enti previdenziali ai fini del versamento dei contributi obbligatorida parte degli assicurati.

 

Il comma 8 dell’articolo citato prevede, nel testo in vigore che, a decorrere dal 1° gennaio 2004, le domande di iscrizione al Registro delle imprese presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA), effettuate dalle imprese esercenti attività commerciali rientranti tra quelle assoggettate alla relativa gestione INPS, e dalle imprese artigiane, di cui all’articolo 1, commi 202 e seguenti, della L. 662 del 1996 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1997) abbiano effetto anche ai fini dell’iscrizione agli Enti previdenziali e del pagamento dei premi e contributi ad essi dovuti.

 

La disposizione in commento sostituisce il citato comma 8 e aggiunge i nuovi commi 8-bis, 8-ter e 8-quater .

In particolare, il comma 8, con riferimento all’iscrizione alle Camere di commercio, prende in considerazione non solo il Registro delle imprese ma anche il REA. Conseguentemente, stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, ai fini dell’iscrizione agli enti previdenziali e del pagamento dei contributi ad essi dovuti, abbiano effetto le domande di iscrizione e annotazione non solonel Registro delle imprese, ma anche nel REA, presentate dalle imprese artigiane e da quelle esercenti attività commerciali rientranti tra quelle assoggettate alla relativa gestione INPS di cui all’articolo 1, commi 202 e seguenti, della L. 662 del 1996.

 

Si ricorda che la L. 580 del 1993 all'articolo 8 ha avviato l'attuazione del dettato del codice civile (artt. 2188 e seguenti) relativo all'istituzione del Registro delle imprese, nel quale sono stati gradualmente unificati i registri e gli elenchi esistenti per le varie attività imprenditoriali, provvedendo ad istituire il relativo ufficio presso le camere di commercio. Alla concreta istituzione del Registro delle imprese si è provveduto successivamente con il DPR n. 581 del 1995. La tenuta del Registro, che è automatizzato, è affidata alla camera di commercio sotto la vigilanza di un Giudice delegato dal Presidente del Tribunale del capoluogo di Provincia; l'ufficio è retto da un "Conservatore", nominato dalla Giunta nella persona di un dirigente della Camera di commercio.

Funzioni proprie del Registro delle imprese, che costituisce una vera e propria anagrafe economica in cui sono registrati tutti i fatti salienti di un'impresa, dalla nascita alla cessazione, sono:

-        la predisposizione, tenuta, conservazione e gestione del registro stesso, secondo tecniche informatiche;

-        il rilascio di certificati relativi ad atti depositati;

-        il rilascio copie di atti depositati o iscritti;

-        la bollatura e numerazione dei libri e delle scritture sociali;

-        la tenuta del repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA);

-        il rilascio di elenchi merceologici e di iscritti in albi e ruoli o registri camerali.

 

L'assetto del Registro delle imprese, inizialmente costituito da una sezione ordinaria e quattro sezioni speciali riguardanti rispettivamente gli imprenditori agricoli, i piccoli imprenditori (ivi compresi i coltivatori diretti) e le società semplici (comma 3), nonché le imprese artigiane di cui alla L. n. 443/1985, è stato da ultimo modificato dal DPR 14 dicembre 1999, n. 558[24], che ha introdotto rilevanti semplificazioni procedimentali secondo i principi dell’art. 20, co. 8, della c.d. legge Bassanini[25].

Il sopra citato DPR 581/95, oltre a fissare le caratteristiche, le modalità di tenuta e il contenuto delle iscrizioni nel registro delle imprese, ha provveduto, all’articolo 9, alla istituzione, presso l’ufficio del Registro, a scopi esclusivamente documentali e statistici, del "Repertorio delle notizie economiche e amministrative" (REA), nel quale sono iscrivibili i soggetti non qualificabili come imprenditori ma che, tuttavia, esercitano attività economiche e professionali denunciabili alle camere di commercio. In sede di attuazione della legge 580/93 nel REA sono state fatte confluire tutte le informazione di carattere economico, non previste ai fini dell'iscrizione nel registro, in modo da dare continuità all'attività di raccolta di informazioni già svolta dalle camere di commercio attraverso il registro delle ditte.

Il Repertorio raccoglie, infatti, un insieme di dati di carattere economico, statistico e amministrativo che non vengono richiesti agli iscritti al Registro delle imprese all'atto dell'iscrizione (come l'attività economica svolta dalle società, il numero degli addetti, le unità locali, le iscrizioni in albi, ruoli, elenchi o registri, gli estremi delle autorizzazioni, licenze e simili, ecc.)

Le denunce al REA devono essere presentate da

-        tutti i soggetti iscritti al Registro Imprese;

-        gli imprenditori con sede legale all'estero che aprano una unità locale in provincia;

-         le associazioni, le fondazioni, i comitati e in generale altri enti non societari che - pur svolgendo un'attività economica commerciale e/o agricola - non abbiano come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di un'impresa (quali associazioni, fondazioni, circoli).

Anche il REA è gestito secondo tecniche informatiche nel rispetto delle norme vigenti.

 

Il comma 8-bis prevede che, al fine di realizzare tale integrazione, il Ministero delle attività produttive (anziché le camere di commercio come attualmente previsto)provveda all’integrazione della modulistica in uso con gli elementi necessari all’iscrizione agli enti previdenziali.

Ulteriori compiti di spettanza delle Camere di commercio e degli enti previdenziali rimangono sostanzialmente invariati. In particolare, alle Camere di commercio compete la trasmissione telematica agli enti previdenziali, attraverso il loro sistema informatico (nel testo vigente si fa riferimento alla struttura informatica di Unioncamere), delle nuove iscrizioni, nonché le cancellazioni e le variazioni relative ai soggetti tenuti agli obblighi contributivi, secondo modalità di trasmissione dei dati concordate dalle parti.

Gli enti previdenziali, a loro volta, devono notificare agli interessati, entro 30 giorni dalla trasmissione dei dati, l’avvenuta iscrizione, richiedendo contestualmente il pagamento dei contributi dovuti; devono inoltre notificare le eventuali cancellazioni o variazioni avvenute.

In aggiunta alla normativa vigente il comma precisa che entro il 30 giugno 2006, attraverso il portale www.impresa.gov.it, saranno rese disponibili le procedure di iscrizione e annotazione.

 

Il comma 8-ter prevede poi, a decorrere dal 1°gennaio 2006, l’esonero dall’obbligo di presentazione della richiesta di iscrizione agli enti previdenziali, per i soggetti interessati comunque obbligati al pagamento dei contributi. E' altresì sancito l’obbligo, a carico degli Enti previdenziali, di allineare i propri archivi, entro l’anno 2007 (ora 2004), alle risultanze del Registro delle imprese, anche in riferimento alle domande di iscrizione, cancellazione e variazione anteriori al 1° gennaio 2006 (anziché 2004).

Da ultimo, il comma 8-quaterprecisa che le disposizioni recate dai precedenti commi non comportano oneri a carico del bilancio dello Stato.


Articolo 1, comma 268-quater
(Definizione dei criteri per le agevolazioni sulle tariffe elettriche)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

268-quater. Al fine di completare il processo di revisione delle tariffe elettriche, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro delle attività produttive, adottato d'intesa con i Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, sono definiti i criteri per l'applicazione delle tariffe agevolate ai soli clienti eco­nomicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economica­mente disagiate.

 

 

 

Il comma 268-quater, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, prevede che al fine di completare il processo di revisione delle tariffe elettriche, con decreto del Ministro delle attività produttive, da adottare d’intesa con i Ministri dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, siano definiti i criteri per l’applicazione delle tariffe elettriche agevolate ai soli clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere (solo) le famiglie economicamente svantaggiate.

Il decreto citato, deve essere adottato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

 

In proposito, si osserva come la disposizione in commento sembri riconducibile a quanto previsto dal Capitolo V.4 del Documento di programmazione economico-finanziaria 2006-2009, laddove esso prevede il mantenimento del potere d’acquisto reale delle famiglie attraverso il contenimento di alcuni costi essenziali, tra i quali rientrano anche i costi dell’energia e per i quali il DPEF ipotizza l’adozione di specifiche misure volte ad alleviare la spesa energetica per le fasce di popolazione più esposte.

 

A questo riguardo, si ricorda come in una memoria presentata dai rappresentanti dell’Enel nel corso di una audizione informale svoltasi nel marzo 2005 presso la X Commissione attività produttive sulla possibile evoluzione del mercato energetico, sia stato evidenziato come una percentuale pari a circa il 20 % dei costi della bolletta elettrica (circa 7, 5 miliardi di euro l’anno), derivi da extra oneri che prescindono dai costi industriali, di cui quasi la metà sussidiano specifiche categorie, quali: i produttori da fonti rinnovabili, che possono cedere la propria energia a prezzi agevolati; i clienti energivori, soggetti a determinate tariffe speciali; i circa 15 milioni di clienti domestici, che beneficiano di prezzi particolarmente bassi dell’energia elettrica in quanto rientranti nella cosiddetta tariffa sociale.

A tale ultimo proposito, si segnala come l’Autorità per l’energia elettrica e il gas abbia diffuso, in data 20 febbraio 2003, un documento per la consultazione[26], relativo alle “Tariffe di fornitura dell’energia elettrica ai clienti domestici in bassa tensione economicamente disagiati”, recante le proprie proposte di riforma della c.d. “tariffa sociale”, ossia della tariffa agevolata riservata ai clienti economicamente disagiati.

Il documento illustra il metodo suggerito dall'Autorità per superare l'attuale sistema di agevolazioni, basato sui consumi e indipendente dal reddito e dal numero dei componenti del nucleo familiare. L'Autorità propone che l'agevolazione sia circoscritta alle famiglie in reali condizioni di disagio economico, da individuarsi attraverso l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE o c.d. "redditometro") già in uso per la fornitura agevolata di servizi essenziali. Poiché il regime delle tariffe agevolate si inquadra nel più ampio contesto della politica sociale, l'Autorità ha peraltro ritenuto necessario che fosse il Governo a indicare l'estensione e l'intensità dell'agevolazione da rimodulare.

In tale ambito, la disposizione in esame rimette ad un apposito decreto del Ministro delle attività produttive la definizione dei criteri che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas dovrà adottare per applicare la tariffa sussidiata. L'Autorità sarà dunque chiamata a definire una tariffa agevolata riservata solo ai clienti economicamente disagiati, in base alla quale il cliente ammesso al regime agevolato potrà utilizzare un certo quantitativo di energia elettrica con un costo agevolato.

 

La disposizione in esame tende pertanto a superare il sistema attuale, nel quale l'agevolazione del prezzo dell'energia (detta "fascia sociale") non è riservata a chi realmente è economicamente disagiato, ma è diffusa a tutti i clienti con bassi consumi. Pertanto le famiglie numerose, e con redditi bassi, superando la soglia di consumo determinata per lo sconto, perdono il diritto all'agevolazione, mentre famiglie composte da una o due persone, con bassi consumi, ne godono appieno.

 

La nuova tariffa agevolata dovrebbe quindi essere strutturata in maniera mirata e riservata ai clienti realmente bisognosi, sulla base di criteri che saranno determinati con il suddetto decreto. In tale ambito, dovrebbe essere precisata la soglia di disagio, nonché definite le modalità di finanziamento della tariffa sociale, il cui costo, secondo il citato documento di consultazione dell’Autorità, dovrebbe essere posto a carico della restante platea dei clienti domestici esclusi dall’agevolazione.


Articolo 1, comma 268-quinquies
(Proroga del termine per l’applicazione dei limiti al possesso o alla gestione di reti di trasporto di energia e gas)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

268-quinquies. Relativamente alla rete nazionale di trasporto del gas naturale, la scadenza di cui al comma 4 dell'articolo 1-ter del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, è prorogata al 31 dicembre 2010.

 

 

 

Il comma 268-quinquies, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, ha prorogato dal 1° luglio 2007 al 31 dicembre 2010 la data, attualmente fissata dall’articolo 1-ter, comma 4, del decreto legge n. 239/03[27], a decorrere dalla quale ciascuna società operante nel settore della produzione, importazione, distribuzione e vendita del gas naturale, anche attraverso le società controllate, controllanti, o controllate dalla medesima controllante, e ciascuna società a controllo pubblico, anche indiretto, operante direttamente nel medesimo settore, non può detenere, direttamente o indirettamente, quote superiori al 20 per cento del capitale delle società che sono proprietarie e che gestiscono reti nazionali di trasporto di gas naturale.

In sostanza, la disposizione in oggetto differisce alla fine dell’anno 2010 il termine entro il quale ENI SpA[28] è tenuta a dismettere, sino al citato limite del 20%, la propria partecipazione nel capitale di Snam Rete Gas, società controllata operante nel settore del trasporto del gas naturale.

Al riguardo, si ricorda che il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164[29] - che ha avviato il processo di liberalizzazione del settore del gas naturale – ha previsto, all’articolo 21, che a decorrere dal 1° gennaio 2002, l'attività di trasporto e dispacciamento di gas naturale è oggetto di separazione societaria da tutte le altre attività del settore del gas, ad eccezione dell'attività di stoccaggio, che è comunque oggetto di separazione contabile e gestionale dall'attività di trasporto e dispacciamento e di separazione societaria da tutte le altre attività del settore del gas. Entro il medesimo termine anche l'attività di distribuzione di gas naturale è oggetto di separazione societaria da tutte le altre attività del settore, mentre la vendita di gas naturale può essere effettuata unicamente da società che non svolgano alcuna altra attività nella filiera del gas naturale, salvo l'importazione, l'esportazione, la coltivazione e l'attività di cliente grossista. In adempimento al suddetto obbligo di separazione societaria delle attività nel settore del gas, il gruppo ENI ha provveduto alla costituzione di una società operativa solo nel trasporto nazionale del gas (Snam Rete Gas) e di una divisione della società capogruppo cui sono state affidate le attività di importazione e vendita di gas naturale (Eni Gas & Power), mentre la produzione dei giacimenti italiani è affidata a una divisione dell’Eni (Agip) e le attività di stoccaggio sono state affidate alla società Stogit, anch’essa di proprietà dell’ENI.

Successivamente, al fine di rafforzare il processo di liberalizzazione - che si fonda in primo luogo proprio sulla separazione fra le attività svolte in regime di monopolio e quelle potenzialmente concorrenziali e nell’ambito del quale assume una peculiare valenza la terzietà delle reti di trasporto - il citato articolo 1-ter, comma 4, del decreto legge n. 239/03[30], ha disposto che, a decorrere dal 1° luglio 2007, ciascuna società operante nel settore della produzione, importazione, distribuzione e vendita dell'energia elettrica e del gas naturale, anche attraverso le società controllate, controllanti, o controllate dalla medesima controllante, e ciascuna società a controllo pubblico, anche indiretto, solo qualora operi direttamente nei medesimi settori, non può detenere, direttamente o indirettamente, quote superiori al 20 per cento del capitale delle società che sono proprietarie e che gestiscono reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale. Per quanto concerne la rete di trasmissione dell’elettricità, si ricorda che il Gruppo Enel, anch’esso sottoposto al vincolo di possesso del 20%, ha già previsto la riduzione al 5% nella società che gestisce la rete di trasmissione nazionale.[31]

In relazione alla disposizione in esame, va ricordato come, in data 16 marzo 2005 , sia stato trasmesso al Parlamento uno schema di deliberazione del Consiglio dei ministri recante la definizione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di dismissione della partecipazione detenuta indirettamente dal Ministero dell’economia e delle finanze (tramite ENI SpA) nel capitale sociale di Snam Rete Gas SpA.

Secondo la relazione di accompagnamento al suddetto schema di deliberazione, il provvedimento, oltre a dare seguito alle indicazioni formulate in merito alla liberalizzazione del settore del gas dall’indagine congiunta svolta dall’Antitrust e dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (cfr.oltre), intendeva conciliare il citato obbligo legislativo di riduzione della quota di proprietà dell’Eni nel capitale di Snam Rete Gas con l’esigenza di consentire al contempo all’Eni medesima di effettuare le scelte di disimpegno dal capitale secondo la tempistica che risulterà più opportuna. A tal fine, lo schema di deliberazione disponeva che l’alienazione della partecipazione detenuta indirettamente dal Ministero dell’economia e delle finanze nel capitale sociale di Snam Rete Gas SpA dovesse essere effettuata mediante il ricorso, anche disgiunto, sia ad offerta pubblica di vendita, sia a trattativa diretta con potenziali acquirenti, anche al fine di pervenire alla costituzione di un azionariato stabile. Tale soluzione, secondo la relazione illustrativa, sarebbe stata ispirata alla finalità di realizzare obiettivi di azionariato diffuso e, al contempo, di stabilità dell’assetto proprietario di Snam Rete Gas, assicurando inoltre all’Eni una sufficiente flessibilità operativa nella fase di disimpegno dal capitale di Snam Rete Gas. Occorre inoltre ricordare come sullo schema di deliberazione citato sia stato espresso, in data 5 maggio 2005, il parere favorevole della X Commissione Attività produttive, recante una osservazione ed una condizione diretta, tra l’altro, a specificare come l'alienazione della partecipazione detenuta direttamente da ENI S.p.A. nel capitale di Snam Rete Gas S.p.A. debba assicurare il proseguimento effettivo del processo di liberalizzazione del mercato del gas naturale, individuando limiti che garantiscano, senza comprometterne la stabilità, la piena terzietà della società rispetto alle altre operanti nella filiera, nel perseguimento degli obiettivi di sicurezza e integrità del trasporto del gas naturale.

 

Per quanto concerne, più in generale, il processo di liberalizzazione del settore del gas, occorre rilevare come secondo una istruttoria conoscitiva congiunta dell’Autorità per l'energia elettrica e il Gas e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, conclusasi ne giugno 2004, il nostro Paese, nonostante una legislazione tra le più avanzate in Europa, sia ancora caratterizzato da insufficienti livelli di concorrenza, e da prezzi superiori a quelli dei principali mercati europei.

Secondo l’indagine citata, le norme adottate per favore della liberalizzazione del settore del gas, a partire dal citato D.Lgs. n. 164, non sono risultate sufficienti a garantire effetti concorrenziali di rilievo; tra le maggiori criticità che ancora persistono sotto il profilo concorrenziale nella varie fasi della filiera del gas sono state formulate alcune considerazioni conclusiveche segnalano come causa principale del fenomenola persistente posizione dominante di ENI, esercitata direttamente o attraverso le società controllate – in tutte le fasi della filiera del gas. L’ENI, infatti, detiene il controllo su tutte le infrastrutture di trasporto internazionali e sulla scelta delle modalità di cessione del gas ai fini del rispetto dei tetti antitrust, che in sostanza sono vanificati, secondo quanto riportato nell’indagine, attraverso la cessione da parte dell’ENI, poco prima della frontiera, di quote ad operatori di propria scelta, secondo quelle che vengono definite come le c.d. vendite innovative. Per quanto riguarda la fase di approvvigionamento di gas - con riferimento sia alle importazioni sia alla produzione nazionale – nelle conclusioni dell’indagine si osserva che i contratti di importazione take or pay sottoscritti da Eni nell’imminenza dell’approvazione della direttiva 98/30/CE, hanno consentito al gruppo di continuare ad occupare quote dell’incremento annuo di domanda di gas e che, nonostante un significativo aumento del numero di importatori, si tratta (con le eccezioni di Enel e, parzialmente, di Edison) di ingressi decisi dall’Eni stessa. La produzione nazionale continua pertanto ad essere quasi integralmente ( circa l’89% nel 2003) nelle mani dell’operatore dominante, che può usare strategicamente i volumi prodotti e giovarsi, in tal modo, di ulteriori notevoli flessibilità, sia in termini di quantità, sia di prezzo di approvvigionamento.

Anche le infrastrutture di trasporto internazionale utilizzate per l'importazione di gas in Italia - per la gran parte saturate dal gas proveniente dai contratti a lungo termine (take or pay) - sono interamente sottoposte al controllo da parte dell’ENI che, direttamente o attraverso società partecipate, è in grado di condizionarne la gestione.

Secondo il documento conclusivo dell’indagine, tale posizione conferisce all’operatore dominate il potere di influenzare le dinamiche concorrenziali sul mercato a valle della vendita; si osserva, tuttavia, che in una prospettiva dinamica la maggiore criticità concorrenziale risiede nella capacità dell’Eni di determinare se e come potenziare le infrastrutture estere esistenti in modo da consentire anche ad altri soggetti di accedere ai canali di importazione tradizionali (Algeria e Russia in primis).

Dall’analisi condotta emerge che la posizione dominante dell’ENI nell’approvvigionamento, nel controllo delle infrastrutture di trasporto internazionali e nella scelta delle modalità di cessione del gas per il rispetto dei tetti antitrust, determina a favore dell’Eni un costo di approvvigionamento del gas minore rispetto ai concorrenti.

Lo sviluppo di una effettiva concorrenza sarebbe dunque strettamente condizionato dall’ingresso di nuovi operatori indipendenti da Eni nell’approvvigionamento di gas a condizioni competitive, mentre la condizione necessaria per evitare una mera spartizione tra gli operatori del mercato della vendita, - in un contesto caratterizzato dall’utilizzo esclusivo di contratti take or pay - è costituita da una sufficiente flessibilità dell’offerta rispetto alle variazioni della domanda, garantita da un adeguato eccesso di capacità di trasporto, in grado di innescare una concorrenza per la conquista di quote di mercato.

Sul tema dell’accesso non discriminato e trasparente al sistema, il documento conclusivo sottolinea, inoltre, come l’’attività di regolazione svolta tra il 2001 e il 2005 si sia concentrata su tale obiettivo anche attraverso la definizione di norme volte a:

-       garantire condizioni favorevoli ai nuovi investimenti e allo sviluppo di modalità di utilizzo delle infrastrutture di sistema, atte a sostenere forme sempre più flessibili e concorrenziali di offerta di gas naturale;

-       limitare il potere di mercato dell’operatore dominante, stante la mancata previsione di una piena separazione proprietaria, in seno al gruppo Eni, tra fasi regolate (trasporto e stoccaggio) e fasi in concorrenza (approvvigionamento e vendita).

I principali esiti della regolazione per ciascuna attività del sistema gas sono sinteticamente illustrati nel documento.

Per quanto riguarda in particolare il trasporto, nell’indagine, oltre a ricordare la costituzione della società Snam Rete Gas e la sua successiva quotazione in borsa, si sottolinea come nonostante il limite alla proprietà di Snam, l’ENI mantenga, comunque, il controllo delle reti e sia, pertanto, in grado di condizionare lo sviluppo delle infrastrutture nazionali oltre a quelle internazionali. A parere delle Autorità solo un soggetto “terzo” rispetto alle fasi della filiera diverse dal trasporto, separato in termini proprietari, e non solo societari, potrebbe assicurare la totale trasparenza e la non discriminazione dei comportamenti dell’impresa di trasporto”.

Per quanto riguarda poi i prezzi, l’indagine, come anticipato, evidenzia come, al di là della modalità di definizione, i prezzi del gas naturale, anche successivamente all’avvio del processo di liberalizzazione, appaiano superiori a quelli prevalenti nei principali paesi europei, come emerge sulla base di dati di fonte Eurostat (gennaio 1997-luglio 2003), ciò nonostante il costo di approvvigionamento del gas appaia in linea con quello riscontrato nei principali paesi europei.

Tra i possibili interventi volti a potenziare la concorrenza nel mercato del gas, le due Autorità segnalano:

§      la realizzazione entro il 2008, dei progetti di nuove infrastrutture di rigassificazione di Brindisi e Rovigo ;

§      il potenziamento, da parte di ENI, dei gasdotti internazionali TAG e TTPC per consentire nuove opportunità di approvvigionamento di gas russo ed algerino da parte di nuovi operatori disposti a sottoscrivere contratti di trasporto ship or pay;

§      la creazione di un operatore indipendente del sistema (ISO - Indipendent System Operator), separato nella proprietà da ENI, che dovrebbe detenere e gestire le infrastrutture di trasporto e stoccaggio;

§      lo sviluppo di un mercato centralizzato (o Borsa del gas);

§      la cessione da parte dell'operatore ENI di quantitativi adeguati di gas ad un prezzo prossimo al costo di approvvigionamento e senza controllo sui destinatari (gas release);

§      lo smobilizzo di quantitativi di gas stoccato che si rende disponibile oltre a quello necessario per la sicurezza;

§      il trasferimento di contratti di approvvigionamento a lungo termine esistenti, che richiede tuttavia un intervento normativo, attuabile in sede di recepimento della nuova direttiva europea 2003/55/CE;

§      adeguate misure di sostegno alla ricerca e produzione di gas nel territorio nazionale.

 

Da ultimo, si ricorda come nell’ambito dell’esercizio della funzione consultiva e di segnalazione al Parlamento e al Governo nelle materie di propria competenza, di cui all’articolo 2, comma 6, della legge 14 novembre 1995, n. 481, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha presentato, in data 27 gennaio 2005, una segnalazione recante osservazioni e proposte in materia di sviluppo concorrenziale del mercato del gas naturale, con particolare riferimento alla terzietà della gestione della rete nazionale dei gasdotti e del sistema degli stoccaggi.

Si tratta di un documento di proposte per lo sviluppo concorrenziale del mercato del gas che si basano sulle conclusioni della citata istruttoria conoscitiva sul mercato del gas condotta congiuntamente dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato e dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

Anche nella citata segnalazione si sottolinea il perdurare di una posizione dominante da parte del Gruppo ENI in tutte le fasi della filiera - produzione e approvvigionamento, trasporto, stoccaggio e vendita - ciò nonostante le disposizioni adottate nel 2000 per la liberalizzazione del mercato.

A parere dell’Autorità, la limitata capacità delle infrastrutture di importazione e di stoccaggio e le congestioni sui metanodotti di importazione, controllati sempre dal Gruppo ENI, possono considerarsi funzionali al mantenimento della posizione dominante del Gruppo sul mercato nazionale.

Tale situazione impedisce infatti il formarsi di quel eccesso di offerta rispetto alla domanda, in grado di consentire una effettiva concorrenza e una adeguata possibilità di scelta da parte del consumatore fra fornitori alternativi.

Riprendendo sostanzialmente le conclusioni cui è pervenuta la suddetta indagine congiunta, l’Autorità sottolinea come l’esperienza dei primi cinque anni di liberalizzazione abbia mostrato come la separazione societaria sia uno strumento insufficiente per il raggiungimento dell’obiettivo della piena neutralità delle attività di rete e di stoccaggio rispetto a quelle di approvvigionamento e vendita su mercati potenzialmente concorrenziali.

L’uscita di Eni dal capitale di Snam Rete Gas viene pertanto considerato come un passo necessario per garantire la neutralità dell’operatore di rete, ma non sufficiente a garantire la pluralità degli operatori e il conseguente impulso allo sviluppo di flussi di gas non “controllati” dall’Eni medesimo per l’approvvigionamento del Paese.

A parere dell’Autorità, in assenza di adeguati provvedimenti che limitino la possibilità per l’operatore dominante di controllare – in proprio o in accordo con operatori internazionali – le infrastrutture di importazione situate in territorio estero alimentanti la rete italiana, il mercato nazionale rischia di restare sottoposto alla dominanza e alle strategie del gruppo Eni[32].

La promozione della concorrenza nel settore dovrebbe quindi passare necessariamente attraverso un processo di separazione che trovi la sua conclusione naturale nella piena separazione proprietaria delle società che gestiscono sia la rete di trasporto sia lo stoccaggio.

Per superare le oggettive difficoltà che ostacolano le iniziative di altri operatori l'Autorità auspica l'adozione, pertanto, di una serie di iniziative quali:

§      una riduzione della quota di proprietà della società Eni nel capitale delle controllate Snam Rete Gas e Stogit, fino a livelli residuali; per la rete di trasmissione dell’elettricità[33], si ricorda che il Gruppo dominante Enel, anch’esso sottoposto al vincolo di possesso del 20%, ha già previsto la riduzione al 5%, limite imposto ad ogni altro operatore terzo; si auspica pertanto un analogo assetto per il settore del gas, il quale determinerebbe condizioni di simmetria tra i due principali operatori nazionali del settore energetico;

§      l’evoluzione di Snam Rete Gas verso la condizione di operatore indipendente dovrebbe essere associata al conferimento ad essa della facoltà di operare anche all’estero e, per quanto direttamente funzionale all’approvvigionamento del Paese, al conferimento delle proprietà, delle concessioni e dei diritti di trasporto esistenti in capo ad Eni afferenti le infrastrutture di trasporto extranazionali di adduzione del gas ai punti di entrata nella rete nazionale, nel rispetto dei contratti di importazione esistenti; con tali misure si potrebbero impedire strategie di contenimento dei flussi verso il mercato italiano e l’operatore indipendente Snam Rete Gas potrebbe assumere l’opportuna rilevanza nel sistema infrastrutturale internazionale di diretto interesse per il Paese;

§      la riformulazione del limite quantitativo alle importazioni e il suo prolungamento oltre il 2010; in proposito l’Autorità rileva come l’esperienza della liberalizzazione del mercato del gas abbia dimostrato come l’Eni, grazie alla sua posizione dominante e al controllo delle infrastrutture di importazione, abbia potuto evitare gli effetti del limite quantitativo posto alle importazioni; tra 5 anni, a fine 2010, tale limite (61%) verrà infatti meno e nel frattempo, tenuto conto del contesto del mercato internazionale e dei tempi necessari per la realizzazione di nuove infrastrutture, difficilmente il sistema nazionale potrà disporre di un sufficiente eccesso di offerta per assicurare un mercato concorrenziale; per tali ragioni si auspica una riformulazione del limite citato, con suo prolungamento nel tempo;

§      la cessione a operatori terzi, attraverso opportune modalità competitive, di: a) parte dei contratti di importazione di lungo periodo nella disponibilità del Gruppo Eni; b) parte della produzione nazionale di gas, pari a circa il 18% dei consumi, anch’essa nella disponibilità esclusiva del Gruppo Eni;

Anche per quanto attiene la terzietà dell’attività di stoccaggio, l’Autorità, nel rilevare come la società Stogit, posseduta totalmente da Eni, operi oggi in monopolio di fatto, controllando quindi la principale fonte di modulazione dell’offerta di gas per tutte le imprese concorrenti di Eni Gas & Power, sottolinea l’esigenza di una sollecita separazione proprietaria, analoga a quella descritta per Snam Rete Gas[34].

Nel processo per la terzietà delle attività di trasporto e di stoccaggio, l’Autorità prospetta inoltre l’opportunità di prevedere il controllo della società Stogit da parte della società Snam Rete Gas, in quanto ciò consentirebbe anche una maggiore efficienza nella gestione complessiva di infrastrutture tra loro strettamente connesse, nonché un adeguato impulso per gli investimenti di sviluppo.

Si segnala, infine, che con lettera del 16 marzo 2005 il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha inviato alla Camera dei deputati, ai sensi dell’art. 2, comma 1, del DL n. 332/94, convertito con modificazioni dalla legge n. 474/94, una comunicazione relativa ad uno schema di DPCM con il quale si procede alla individuazione della Snam Rete Gas SpA quale società nel cui statuto deve essere inserita - prima di ogni atto che determini la perdita del controllo - una clausola che assicuri al Ministro dell’economia e delle finanze poteri speciali, come previsti dall’art. 2 del citato DL n. 332/94, cosi come novellato dall’art. 4, comma 277, della legge n. 350/03 (finanziaria 2004); il contenuto specifico della clausola che attribuisce i poteri speciali sarà individuato con un successivo decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro delle attività produttive.

Quanto ai profili comunitari, si ricorda come la normativa di riferimento sia attualmente la nuova direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, che stabilisce le nuove norme comuni per il mercato interno del gas naturale, abrogando esplicitamente, dal 1° luglio 2004, la direttiva 98/30/CE.

Per quanto attiene alle attività di trasporto, l’art. 9 della direttiva dispone che il gestore del sistema di trasporto deve agire in maniera indipendente, e ciò comporta la sua separazione giuridica, organizzativa e decisionale dalle attività non connesse al trasporto in una impresa verticalmente integrata, di cui possa eventualmente far parte. In particolare, la direttiva precisa che il gestore del sistema di trasporto, qualora faccia parte di un'impresa verticalmente integrata, deve essere indipendente, quantomeno sotto il profilo della forma giuridica, dell'organizzazione e del potere decisionale, dalle altre attività non connesse al trasporto. Tali norme non comportano, peraltro, l'obbligo di separare la proprietà dei mezzi del sistema di trasporto dall'impresa verticalmente integrata.

A garanzia dell’indipendenza del gestore del sistema di trasporto, la direttiva prevede che gli Stati membri applichino i seguenti criteri minimi:

§      i soggetti responsabili dell’amministrazione del sistema di trasmissione non possono far parte di strutture societarie dell'impresa di gas integrata, le quali siano responsabili, direttamente o indirettamente, della gestione ordinaria delle attività di produzione, distribuzione e fornitura di gas naturale;

§      devono essere adottate misure idonee ad assicurare che gli interessi professionali delle persone responsabili dell'amministrazione del gestore del sistema di trasporto siano presi in considerazione in modo da consentire loro di agire in maniera indipendente;

§      il gestore del sistema deve poter disporre di poteri decisionali indipendenti dall’impresa di gas integrata, in relazione alle installazioni necessarie alla gestione, manutenzione e sviluppo della rete;

§      deve essere predisposto da parte del gestore un programma di adempimenti contenente le misure adottate per escludere comportamenti discriminatori e garantire che ne sia adeguatamente controllata l'osservanza. L’organo responsabile del controllo del programma presenta, annualmente, all’autorità di regolamentazione una relazione sulle misure adottate.

 


Articolo 1, commi 269-271
(Banca del Sud)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

269. Con l'obiettivo di sostenere lo sviluppo economico del Mezzogiorno è costituita, in forma di società per azioni, la Banca del Mezzogiorno, di seguito denominata «Banca».

269. Con l'obiettivo di sostenere lo sviluppo economico del Mezzogiorno è costituita, in forma di società per azioni, la Banca del Mezzogiorno, di seguito denominata «Banca». Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con il decreto di cui al comma 270 è istituito il Comitato promotore con il compito di dare attuazione a quanto previsto dal presente comma.

 

270. In armonia con la normativa comunitaria e con il testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono disciplinati:

270. Identico.

 

a) lo statuto della Banca, ispirato ai princìpi già contenuti negli statuti dei banchi meridionali e insulari;

 

 

b) il capitale della Banca, in maggioranza privato e aperto, secondo le ordinarie procedure e con criteri di trasparenza, all'azionariato popolare diffuso, con previsione di un privilegio patrimoniale per i vecchi soci dei banchi meridionali. Stato, regioni, province, comuni, Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, altri enti e organismi hanno la funzione di soci fondatori;

 

 

c) le modalità per provvedere, attraverso trasparenti offerte pubbliche, all'acquisizione di marchi e di denominazioni, entro i limiti delle necessità operative della stessa Banca, di rami di azienda già appartenuti ai banchi meridionali e insulari;

 

 

d) le modalità di accesso della Banca ai fondi e ai finanziamenti internazionali, in particolare con riferimento alle risorse prestate da organismi sopranazionali per lo sviluppo delle aree geografiche sottoutilizzate.

 

 

271. È autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'apporto al capitale della Banca da parte dello Stato, quale soggetto fondatore.

271. Identico.

 

 

 

I commi da 269 a 271 dell’articolo 1 prevedono la costituzione della "Banca del Mezzogiorno", al cui capitale partecipa lo Stato, quale soggetto fondatore.

 

Si segnala che l'articolo in esame riproduce il contenuto della proposta di legge A.C. n. 5713 (Tremonti e altri) recante "Costituzione, in forma di società per azioni, della Banca del Mezzogiorno". Tale proposta, presentata in data 10 marzo 2005, è stata assegnata alla Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 1, comma 237, della legge finanziaria per il 2005 ha attribuito al Consiglio nazionale delle ricerche il compito di costituire un Osservatorio sul mercato creditizio regionale procedendo, d’intesa con le corrispondenti strutture di ricerca delle amministrazioni regionali, alla elaborazione di studi di fattibilità per favorire la creazione di banche a carattere regionale, autorizzando, a tale fine, la spesa di 500.000 euro a decorrere dal 2005.

L’Osservatorio, d’intesa con le corrispondenti strutture di ricerca delle amministrazioni regionali, dovrà elaborare studi di fattibilità per favorire la creazione di banche a carattere regionale. A tal fine è stata autorizzata una spesa di 500.000 euro annui a decorrere dall’anno 2005.

 

In particolare, il comma 269 prevede la costituzione della "Banca del Mezzogiorno", organizzata in forma di società per azioni, con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo economico del Sud d'Italia.

 

Come si legge nella relazione governativa al disegno di legge (A.S. 3613), la disposizione è diretta a creare una banca radicata nel territorio meridionale, espressione della classe imprenditoriale locale, che sia in grado di praticare "una politica selettiva del credito volta a incoraggiare le imprese meritevoli facendo così da volano per l'avvio di un circolo virtuoso che rilanci lo sviluppo del territorio stesso".

 

La costituenda banca sembrerebbe avere carattere sovra-regionale, con tendenziale operatività nell’intero ambito delle regioni del Mezzogiorno d’Italia. Qualora invece essa si configurasse come “banca regionale”, dovrebbe considerarsi che, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, la potestà legislativa in materia di casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale, enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale spetta alle Regioni, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 14 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, la Banca d'Italia autorizza l'attività bancaria quando ricorrano le seguenti condizioni: a) sia adottata la forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata; a-bis) la sede legale e la direzione generale siano situate nel territorio della Repubblica; b) il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato dalla Banca d'Italia; c) venga presentato un programma concernente l'attività iniziale, unitamente all'atto costitutivo e allo statuto; d) i titolari di partecipazioni rilevanti abbiano i requisiti di onorabilità stabiliti dall'articolo 25 del medesimo testo unico e sussistano i presupposti per il rilascio dell'autorizzazione prevista dall'articolo 19 dello stesso; e) i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo abbiano i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza indicati nell'articolo 26 del citato testo unico; f) non sussistano, tra la banca o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri soggetti, stretti legami che ostacolino l'effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza. La Banca d'Italia nega l'autorizzazione quando dalla verifica delle predette condizioni non risulti garantita la sana e prudente gestione.

Le “Istruzioni di vigilanza per le banche”, emanate dalla Banca d’Italia (Titolo I, cap. 1, pag. 6), specificano, fra l’altro, che nel programma iniziale debbano essere indicati i settori di intervento, le operazioni e i servizi che la banca intende svolgere, l’indicazione delle aree economiche e territoriali di intervento, della tipologia della clientela sia nell’attività di raccolta (mercato al dettaglio, mercato all’ingrosso, altro) sia in quella di impiego (finanziamento alle famiglie, alle imprese, altro), della struttura tecnica, organizzativa e gestionale.

La presentazione di tale programma consente alla Banca d’Italia di conoscere i progetti industriali e finanziari che la costituenda banca si ripromette di realizzare, anche in relazione al mercato di riferimento (v. così R. COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, 2001, pag. 298).

 

Al riguardo, si segnala che il generico riferimento al TUB dovrebbe essere specificato, chiarendo la relazione fra la presente disposizione di legge e l’applicazione delle autorizzazioni e dei controlli previsti dall’ordinamento creditizio. In particolare, la prevista attribuzione a regolamento ministeriale della competenza a disciplinare aspetti rilevanti per la sana e prudente gestione, quali le partecipazioni al capitale e lo statuto della banca, dovrebbe essere più puntualmente coordinata con i poteri di autorizzazione dell’attività bancaria da parte della Banca d’Italia, ai sensi dell’articolo 14 TUB sopra richiamato, e con gli altri controlli attribuiti all’autorità di vigilanza dagli articoli 19 ss. (assetti proprietari) e 56 (modificazioni statutarie) del medesimo TUB.

 

Con riguardo al nome della nuova banca, si rileva, fra l’altro, che anche sugli organi di stampa si utilizzano in modo equivalente le definizioni di “banca del Mezzogiorno” e di “banca del Sud”. Al riguardo, si segnala che è attualmente in corso un’iniziativa finalizzata, secondo il rituale procedimento previsto dal testo unico bancario, alla costituzione della “Banca del Sud s.p.a.[35].

 

Il comma 269, come modificato nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, stabilisce che con il decreto previsto al comma 270, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si proceda all’istituzione del Comitato promotore, cui viene affidato il compito di dare attuazione alle presenti disposizioni.

 

Si ricorda che, secondo le disposizioni dell’articolo 2333 del codice civile, una società può essere costituita anche per mezzo di pubblica sottoscrizione sulla base di un programma che ne indichi l'oggetto e il capitale, le principali disposizioni dell'atto costitutivo e dello statuto, l'eventuale partecipazione che i promotori si riservano agli utili e il termine entro il quale deve essere stipulato l'atto costitutivo (primo comma). Il programma con le firme autenticate dei promotori, prima di essere reso pubblico, deve essere depositato presso un notaio (secondo comma). Le sottoscrizioni delle azioni devono risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata. L'atto deve indicare il cognome e il nome o la denominazione, il domicilio o la sede del sottoscrittore, il numero delle azioni sottoscritte e la data della sottoscrizione (terzo comma).

L’articolo 2337 del codice civile precisa che si intendono per promotori coloro che nella costituzione per pubblica sottoscrizione hanno firmato il programma a norma del secondo comma dell'articolo 2333.

 

Il comma 270 rimette a successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l'individuazione degli elementi caratterizzanti la Banca.

 

Non è specificata la natura del decreto, che potrebbe connotarsi come regolamento ministeriale (ex articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988), ancorché il contenuto di esso riguardi la disciplina statutaria di una società e i modi della sua operatività sul mercato. Inoltre, non è previsto alcun termine per la sua emanazione.

 

È disposto, comunque che la futura disciplina dovrà essere coerente con la normativa comunitaria in materia, nonché con le disposizioni del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, recante il testo unico bancario (TUB).

 

Il comma 270 elenca poi le caratteristiche della futura Banca del Mezzogiorno.

Per quanto riguarda lo statuto della Banca, questo dovrà essere ispirato ai princìpi già contenuti negli statuti dei banchi meridionali e insulari.

 

Si rileva l’indeterminatezza delle previsioni riferite ai “principi contenuti negli statuti dei banchi meridionali e insulari”. Potrebbe trattarsi degli istituti – Banco di Napoli e Banco di Sicilia – che, unitamente alla Banca d’Italia, erano autorizzati all’emissione di biglietti di banca o altri titoli equivalenti, pagabili al portatore e a vista, e la cui attività era disciplinata dal testo unico delle leggi sugli istituti di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca, approvato con regio decreto 28 aprile 1910, n. 204.

 

Per quanto concerne il capitale della Banca, si prevede:

a)      che i soci fondatori saranno prevalentemente soggetti pubblici, e specificamente lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le camere di commercio. A questi si aggiungono altri enti e organismi (anche privati, si suppone);

b)      che, nonostante la natura pubblica dei principali soci fondatori, il capitale dovrà essere in maggioranza privato. Il capitale, inoltre, dovrà essere aperto, secondo le ordinarie procedure e con criteri di trasparenza, all’azionariato popolare diffuso;

Con riguardo al regime giuridico, non risulta chiara la natura – pubblica o privata – della costituenda banca. In ogni caso, a mente dell’articolo 151 del TUB, l'operatività, l'organizzazione e il funzionamento delle banche pubbliche residue sono disciplinati dallo stesso TUB, dagli statuti e dalle altre norme in questi richiamate.

Secondo il Governatore della Banca d'Italia, “se la Banca del Sud è una banca pubblica, ricadiamo nel sistema delle banche pubbliche; se la banca del Sud nasce da iniziativa di privati, il discorso cambia. Ma ce ne sono già abbastanza; credo che gli stessi banchieri che operano al Sud ritengano la possibilità di offerta che loro hanno sia elevata. Torno a ripetere: il rapporto impieghi-valore aggiunto è più alto al Sud che al Nord, perché è troppo basso il valore aggiunto” [audizione presso le Commissioni 5a (Bilancio) del Senato e V (Bilancio) della Camera, seduta del 18 ottobre 2005, pag. 18].

c)      che sia riservato un privilegio patrimoniale in favore dei vecchi soci dei banchi meridionali.

 

Le caratteristiche di tale privilegio non vengono precisate, così come non vengono meglio specificate le modalità per l'individuazione dei "vecchi soci dei banchi meridionali".

Si segnala altresì che l’attribuzione di tali “privilegi” su base legislativa potrebbe determinare squilibri negli assetti di governo societario, contrastanti con l’obiettivo di una sana e prudente gestione della banca.

 

La nuova Banca dovrà inoltre provvedere all’acquisizione di marchi e denominazioni di rami di azienda già appartenuti ai banchi meridionali e insulari. L'acquisizione, da realizzarsi ricorrendo a offerte pubbliche (che si prescrive debbano essere “trasparenti”), dovrà essere effettuata entro i limiti delle necessità operative della stessa Banca.

 

In proposito si rileva come appaia assai generico il riferimento alle necessità operative della Banca quale limite per l'acquisizione di marchi e denominazioni di rami di azienda già appartenuti ai banchi meridionali e insulari; tale acquisizione sembrerebbe un obiettivo di lungo periodo.

Non appare del tutto chiara la nozione di offerta pubblica, atteso che i marchi e le denominazioni dei preesistenti banchi meridionali sono nella disponibilità dei singoli soggetti che ne hanno assorbito l’attività, e che pertanto l’offerta non potrà che essere diretta ad essi.

 

Viene poi prefigurato un ruolo per la Banca del Mezzogiorno nelle politiche di sviluppo delle aree sottoutilizzate.

In particolare, si prevede che la Banca possa accedere, secondo le modalità dettate dal decreto ministeriale sopra citato, ai fondi e ai finanziamenti internazionali, con particolare riferimento alle risorse per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate prestate da organismi sopranazionali.

 

L’articolo 47 del TUB disciplina l’erogazione di finanziamenti agevolati e la gestione di fondi pubblici da parte delle banche.

In particolare, è previsto che tutte le banche possono erogare finanziamenti o prestare servizi previsti dalle vigenti leggi di agevolazione, purché essi siano regolati da contratto con l'amministrazione pubblica competente e rientrino tra le attività che le banche possono svolgere in via ordinaria.

L'assegnazione e la gestione di fondi pubblici di agevolazione creditizia previsti dalle leggi vigenti e la prestazione di servizi a essi inerenti sono disciplinate da contratti stipulati tra l'amministrazione pubblica competente e le banche scelte da questa. I contratti determinano altresì i compensi e i rimborsi ad esse spettanti, e possono prevedere che la banca alla quale è attribuita la gestione debba stipulare a sua volta contratti con altre banche per disciplinare la concessione delle agevolazioni relativamente a finanziamenti da queste erogati.

 

Il comma 271 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l'apporto al capitale della banca da parte dello Stato quale socio fondatore.

La seconda Nota di variazioni provvede a costituire nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze l’UPB 3.2.3.31 (Altri investimenti) ed il relativo capitolo 7285.

 


Articolo 1, commi 271-bis e 271-ter
(Disposizioni in materia di strumenti del debito pubblico)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

271-bis. All'articolo 2, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

a) alla lettera g), prima della parola: «strumenti» sono inserite le seguenti: «prodotti e»;

 

 

b) alla lettera h), dopo la parola: «titoli» sono inserite le seguenti: «e prodotti finanziari».

 

 

271-ter. All'articolo 3, comma 1, lettera a), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, prima della parola: «strumenti» sono inserite le seguenti: «prodotti e».

 

 

 

Il comma 271-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, modifica l’articolo 2 del D.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico.

Il suddetto articolo 2 contiene le definizioni rilevanti agli effetti dell’applicazione della relativa disciplina.

 

In particolare, secondo l’articolo 2, comma 1, si intendono per:

a) debito pubblico interno: strumenti finanziari a breve, medio e lungo termine emessi in euro (lettera g);

b) debito pubblico estero: titoli emessi in valuta e quelli emessi secondo le medesime modalità procedurali (lettera h);

 

Il presente comma 271-bis inserisce nelle lettere g) e h) del comma 1 dell’articolo 2 sopra citato il riferimento alla nozione di “prodotti finanziari”.

 

La nozione di strumenti finanziari adottata nel predetto testo unico è mutuata dal comma 2 dell’articolo 1 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria., emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

 

A norma del comma 2 dell’articolo 1 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, per «strumenti finanziari» si intendono:

a) le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali;

b) le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali;

b-bis) gli strumenti finanziari, negoziabili sul mercato dei capitali, previsti dal codice civile;

c) le quote di fondi comuni di investimento;

d) i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;

e) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici;

f) i contratti «futures» su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

g) i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

h) i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi di interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

i) i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

j) le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.

 

La nozione di prodotti finanziari è definita nella lettera o) dello stesso comma 1 dell’articolo 2 del testo unico delle disposizioni in materia di debito pubblico, qui modificato, ai sensi del quale per prodotti finanziari si intendono obbligazioni e titoli non negoziabili.

 

Si osserva che una più estesa nozione di prodotti finanziari è contenuta nel comma 1, lettera u), del citato testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, a tenore del quale sono «prodotti finanziari» gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria.

 

In conseguenza di tali modificazioni, per debito pubblico interno (lettera g) deve ora intendersi il complesso di prodotti e strumenti finanziari a breve, medio e lungo termine emessi in euro; per debito pubblico estero (lettera h) deve ora intendersi il complesso di titoli e prodotti finanziari emessi in valuta e quelli emessi secondo le medesime modalità procedurali.

 

Il comma 271-ter, approvato nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, modifica l’articolo 3, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 398 del 2003, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico.

 

La citata norma dispone autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze, nel limite annualmente stabilito dalla legge di approvazione del bilancio di previsione dello Stato, in ogni anno finanziario, ad emanare decreti cornice che consentano al Tesoro di effettuare operazioni di indebitamento sul mercato interno od estero nelle forme di strumenti finanziari a breve, medio e lungo termine, indicandone l'ammontare nominale, il tasso di interesse o i criteri per la sua determinazione, la durata, l'importo minimo sottoscrivibile, il sistema di collocamento ed ogni altra caratteristica e modalità, ivi compresa la facoltà di stipulare convenzioni con la Banca d'Italia, con le società di gestione accentrata dei titoli di Stato e con intermediari finanziari italiani ed esteri, nonché il foro competente e la legge applicabile nelle controversie derivanti dalle predette operazioni d'indebitamento.

 

Il comma 271-ter inserisce nella norma sopra richiamata, prima della parola “strumenti”, il riferimento alla nozione di “prodotti finanziari”.

In conseguenza di tale modifica, il riferimento effettuato dal comma 1, lettera a) dell’articolo 3 sarà alle operazioni di indebitamento sul mercato interno od estero nelle forme di prodotti e strumenti finanziari a breve, medio e lungo termine.

 


Articolo 1, commi 272-276 e 277
(Categorie di azioni e strumenti finanziari partecipativi)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

272. Ai fini del completamento del processo di privatizzazione, le società di interesse nazionale che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio nelle quali lo Stato abbia ancora una qualificata partecipazione azionaria possono emettere strumenti finanziari partecipativi, ai sensi dell'articolo 2346, sesto comma, del codice civile, ovvero creare categorie di azioni, ai sensi dell'articolo 2348 del codice civile, anche a seguito di conversione di parte delle azioni esistenti, che attribuiscono all'assemblea speciale dei relativi titolari il diritto di sottoscrivere aumenti di capitale riservati. Gli strumenti finanziari e le azioni di cui al presente comma e ai commi da 273 a 277 possono godere di un diritto limitato di partecipazione agli utili o alla suddivisione dell'attivo residuo in sede di liquidazione e possono essere emessi a titolo gratuito a favore di tutti gli azionisti ovvero, a pagamento, a favore di uno o più azionisti, individuati in base alla percentuale di azioni detenute; i criteri per la determinazione del corrispettivo sono determinati in via generale con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la CONSOB.

272. Al fine di favorire i processi di privatizzazione e la diffusione dell'investimento azionario, gli statuti delle società possono prevedere l'emissione di strumenti finanziari partecipativi, ai sensi dell'articolo 2346, sesto comma, del codice civile, ovvero creare categorie di azioni, ai sensi dell'articolo 2348 del codice civile, anche a seguito di conversione di parte delle azioni esistenti, che attribuiscono all'assemblea speciale dei relativi titolari il diritto di richiedere l'emissione, a favore dei medesimi, di nuove azioni, anche al valore nominale, o di nuovi strumenti finanziari partecipativi muniti di diritti di voto nell'assemblea ordinaria e straordinaria, nella misura determinata dallo statuto, anche in relazione alla quota di capitale detenuta all'atto dell'attribuzione del diritto. Gli strumenti finanziari e le azioni che attribuiscono i diritti previsti dal presente comma possono essere emessi a titolo gratuito a favore di tutti gli azionisti ovvero, a pagamento, a favore di uno o più azionisti, individuati anche in base all'ammontare della partecipazione detenuta; i criteri per la determinazione del prezzo di emissione sono determinati in via generale con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la CONSOB. Tutti gli strumenti finanziari e le azioni di cui al presente comma godono di un diritto limitato di partecipazione agli utili o alla suddivisione dell'attivo residuo in sede di liquidazione e la relativa emissione può essere fatta in deroga all'articolo 2441 del codice civile.

 

273. I diritti amministrativi relativi agli strumenti finanziari e alle azioni di cui ai commi da 272 a 277 si estinguono in caso di trasferimento degli stessi, di perdita della qualità di azionista, ovvero di adesione ad un'offerta pubblica di acquisto. In tal caso vengono meno le limitazioni al godimento dei diritti patrimoniali.

Soppresso.

 

274. La deliberazione dell'assemblea, che crea la categoria di azioni o di strumenti finanziari di cui ai commi da 272 a 277, e quella di cui al comma 276 non danno diritto al recesso.

274. Le deliberazioni dell'assemblea che creano le categorie di azioni o di strumenti finanziari di cui al comma 272, nonché quelle di cui al comma 276, non danno diritto al recesso.

 

275. Le clausole statutarie introdotte ai sensi dei commi da 272 a 277 sono modificabili con le maggioranze previste per l'approvazione delle modificazioni statutarie e sono inefficaci in mancanza di approvazione da parte dell'assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti finanziari di cui ai commi da 272 a 277.

275. Le clausole statutarie introdotte ai sensi dei commi 272 e 276 sono modificabili con le maggioranze previste per l'approvazione delle modificazioni statutarie e sono inefficaci in mancanza di approvazione da parte dell'assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti finanziari di cui al comma 272.

 

276. Lo statuto delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere, con le maggioranze previste per l'approvazione delle modificazioni statutarie, che l'efficacia delle deliberazioni di modifica delle clausole introdotte ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni, dopo il triennio previsto dal comma 3 del citato articolo, sia subordinata all'approvazione da parte dell'assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti finanziari di cui ai commi da 272 a 277. In tal caso non si applica il secondo periodo del citato comma 3.

276. Lo statuto delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere, con le maggioranze previste per l'approvazione delle modificazioni statutarie, che l'efficacia delle deliberazioni di modifica delle clausole introdotte ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, dopo il triennio previsto dal comma 3 del citato articolo, sia subordinata all'approvazione da parte dell'assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti finanziari di cui al comma 272. In tal caso non si applica il secondo periodo del citato comma 3.

 

277. Sono fatte salve le diverse disposizioni in materia di offerte pubbliche conseguenti al recepimento della relativa normativa comunitaria.

Soppresso.

 

 

 

Il comma 272, modificato nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, prevede che, al fine di favorire i processi di privatizzazione e la diffusione dell’investimento azionario, gli statuti delle società possono:

a)      prevedere l’emissione di strumenti finanziari partecipativi la cui emissione è consentita dall’articolo 2346, sesto comma, del codice civile (strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche amministrativi particolari); ovvero

b)      creare, anche a seguito di conversione di parte delle azioni esistenti, categorie di azioni sulla base dell’articolo 2348 del codice civile (azioni fornite di diritti diversi, anche relativamente all’incidenza delle perdite), che attribuiscano all’assemblea speciale dei loro titolari il diritto di richiedere, a favore di questi ultimi, l’emissione di nuove azioni, anche al valore nominale, o di nuovi strumenti finanziari partecipativi muniti di diritti di voto nell’assemblea ordinaria e straordinaria, nella misura determinata dallo statuto, anche in relazione alla quota di capitale detenuta all’atto dell’attribuzione del diritto.

 

Rispetto all’originaria formulazione, la quale limitava l’applicazione di queste disposizioni alle sole “società di interesse nazionale che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio nelle quali lo Stato abbia ancora una qualificata partecipazione azionaria”, il testo modificato dalla Commissione bilancio, facendo generico riferimento a “gli statuti delle società”, sembra attribuire a tutte le società per azioni le facoltà qui previste.

Diviene per conseguenza difficilmente comprensibile il contenuto prescrittivo della premessa, che ricollega le presenti norme “al fine di favorire i processi di privatizzazione e la diffusione dell’investimento azionario”.

 

È consentito che gli strumenti finanziari e le azioni cui si fa riferimento siano emessi:

a) a titolo gratuito a favore di tutti gli azionisti; ovvero

b) a pagamento, a favore di uno o più azionisti, individuati in base all’ammontare della partecipazione detenuta. In relazione a questa seconda ipotesi, si prevede che i criteri per la determinazione del prezzo di emissione siano stabiliti in via generale con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la CONSOB.

Si prevede che tutti gli strumenti finanziari e le azioni qui contemplate godano di un diritto limitato di partecipazione agli utili o alla suddivisione dell’attivo residuo in sede di liquidazione.

L’emissione può essere effettuata in deroga all’articolo 2441 del codice civile il quale, disciplinando il diritto di opzione, prevede in generale che le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni debbono essere offerte in opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute.

 

L'introduzione degli strumenti finanziari partecipativi e la concessione di ampia autonomia nella creazione di categorie di azioni diverse da quelle ordinarie costituiscono un aspetto significativo della riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, realizzata con il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.

In particolare, l'articolo 2346, sesto comma, del codice civile prevede che la società, a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, può emettere strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione.

 

In relazione a tali strumenti si ritiene che i diritti patrimoniali non possano mancare, mentre quelli amministrativi possono anche essere assenti; da ciò si deduce che questi strumenti non attribuiscono la qualità di azionista, ma possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati.

All’acquirente spettano i diritti amministrativi, anche di controllo, esercitati tramite gli strumenti finanziari, con l’obbligo di restituzione alla scadenza, salva la possibile decurtazione a seguito di perdite; gli spetta una partecipazione agli utili della società, determinati o rispetto all’intera attività, o rispetto ad un ramo, ovvero ancora, rispetto ad un singolo affare; l’apporto verrebbe iscritto fra i debiti nel bilancio della società emittente.

Per quanto riguarda l’apporto, inteso in senso generico e atecnico come prestazione sinallagmatica dovuta alla società in cambio dell’emissione dello strumento finanziario, il dato testuale dell’articolo 2346, sesto comma, ammette che possano formarne oggetto sia i beni conferibili ex art. 2342, c. c. (quindi denaro, beni in natura e crediti), sia altre prestazioni non conferibili, tra le quali sono espressamente menzionate le opere e i servizi, ma che potrebbero consistere anche in altre tipologie, quali obblighi di non fare, il consenso all’uso del nome, e simili.

La causa dell’apporto può essere un’operazione di finanziamento, con obbligo di restituzione a favore dell’investitore, come avviene per le obbligazioni, con la conseguenza della creazione di un ibrido, poiché in questo caso sussistono anche diritti amministrativi e patrimoniali, finora riservati alle sole azioni. Potrebbe altresì essere un rapporto di associazione in partecipazione, a fronte del quale all’associato spettano diritti amministrativi, anche di controllo, tramite gli strumenti stessi, oltre alla restituzione dell’apporto alla scadenza del contratto (decurtato da eventuali perdite) e la partecipazione agli utili della società. Similmente, si potrebbe parlare dei contratti previsti dall’art. 2554 c. c., cioè cointeressenza impropria e propria. Altra causa si potrebbe ravvisare, come già sottolineato, in una prestazione di opere e servizi (non iscrivibile, però, in bilancio), ovvero, ancora, in un’ulteriore combinazione di apporti con cause tipiche e atipiche, dei quali sarebbe difficile immaginare il contenuto.

La determinazione del contenuto patrimoniale degli strumenti è libera, non ancorata all’esigenza di individuare elementi essenziali. Peraltro, nel caso in cui la causa loro sottesa fosse soltanto un finanziamento, con il diritto alla restituzione di quanto apportato, oltre ad una remunerazione a titolo di interessi, dovrebbero incorporare anche uno o più dei diritti amministrativi consentiti dalla legge, con lo scopo di distinguerli da una mera obbligazione.

 

Con l’articolo 2348 del codice civile si è permesso alle società di creare categorie di azioni fornite di diritti e contenuti diversi dai tradizionali, anche per quanto concerne l’incidenza delle perdite. Se lo statuto lo consente, si possono emettere azioni poco sensibili alle perdite, azioni che attribuiscano diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore; si può differire la partecipazione alle perdite rispetto alle azioni ordinarie, in modo tale che le perdite aggrediscano prioritariamente le azioni ordinarie e soltanto in seconda battuta quelle speciali. Con queste ultime è dunque possibile diminuire il rischio derivante all’azionista dalla partecipazione alla società e garantire all’impresa i necessari finanziamenti, senza doverne incrementare oltre misura l’indebitamento.

 

Per quanto concerne in particolare l'attribuzione all'assemblea speciale del diritto di sottoscrivere aumenti di capitale riservato, si segnala che l’articolo 29 della direttiva n. 77/91/CEE del 13 dicembre 1976[36] ha previsto limitati casi di esclusione dal diritto di opzione (come avviene nel caso di un aumento di capitale riservato).

In particolare, la legge nazionale può non applicare l’obbligo di offerta in opzione a tutti gli azionisti alle azioni fornite di un diritto limitato di partecipazione alle distribuzioni degli utili o alla suddivisione del patrimonio sociale in caso di liquidazione, oppure permettere che quando il capitale sottoscritto di una società avente più categorie di azioni, per cui il diritto di voto o il diritto di partecipazione agli utili o al patrimonio sono diversi, viene aumentato mediante l'emissione di nuove azioni in una sola di tali categorie, gli azionisti delle altre categorie esercitino il diritto di opzione solo dopo gli azionisti della categoria in cui le azioni sono emesse.

Il diritto di opzione non può essere escluso o limitato dallo statuto o dall'atto costitutivo. L'esclusione o la limitazione possono essere tuttavia decise dall'assemblea, a maggioranza non inferiore ai due terzi del capitale rappresentato (ovvero, se la legge lo consente, a maggioranza semplice quando sia rappresentata almeno la metà del capitale).

 

La disposizione qui illustrata, specificando che gli strumenti e le azioni eventualmente emessi in applicazione della stessa debbono godere di un diritto limitato di partecipazione agli utili o alla suddivisione dell’attivo residuo in sede di liquidazione, prefigura un modo di partecipazione concentrato sulla gestione sociale e sul rischio ad essa connesso.

Questi strumenti e azioni, come già detto, possono essere emessi a titolo gratuito, in favore di tutti gli azionisti, oppure a pagamento, in favore di un solo o di un numero limitato di soggetti, che siano individuati sulla base dell’ammontare della partecipazione detenuta: in questo caso, il prezzo di emissione dovrà essere determinato secondo i criteri stabiliti in via generale dal Ministro della giustizia, con decreto emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentita la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).

 

Le disposizioni in esame – che, come già rilevato, nella nuova formulazione riguardano tutte le società per azioni – appaiono applicabili anche da parte delle società di interesse nazionale che ricorrono al mercato dei capitali di rischio, nelle quali lo Stato possieda una partecipazione azionaria qualificata.

In relazione a tale ipotesi, si è fatto riferimento sulla stampa alle nozioni, utilizzate nella prassi dei mercati finanziari, di “poison pill[37] ovvero di golden share “mascherata”, strumenti che permetterebbero, in caso di offerta pubblica di acquisto ostile, di deliberare un aumento di capitale nelle società partecipate dalla mano pubblica, grazie al quale l’azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione vanificando il tentativo di scalata.

 

Come è noto, nell’ambito dei processi di privatizzazione delle imprese pubbliche, il particolare rilievo strategico rivestito dalle società privatizzate nell’ambito delle economie nazionali ha indotto molti legislatori a riservare ai Governi determinate prerogative di intervento sulla struttura e sulla gestione di tali imprese.

Tali poteri di intervento, definiti nella prassi come golden shares, sebbene non necessariamente legati alla qualità di azionisti rivestita da enti pubblici, attribuiscono di norma allo Stato o ad altri enti pubblici il diritto di vietare alcuni trasferimenti nazionali ovvero il diritto di votare in modo determinante quando si deliberi sulla disponibilità di alcuni cespiti aziendali considerati strategici, ovvero nelle decisioni dell’assemblea o del consiglio di amministrazione considerate essenziali per l’interesse nazionale.

Come è noto, l’azione delle golden shares può ostacolare l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal trattato istitutivo delle Comunità europee: per questa ragione la Corte di giustizia europea è stata investita di controversie relative ad alcune norme di tal genere previste rispettivamente nel Portogallo, in Francia e in Belgio, da essa decise con sentenze del 4 giugno 2002 (cause C-367/98, C-483/99 e C-503/99)[38].

Per quanto concerne l’ordinamento italiano, si può ricordare che la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano in relazione all’articolo 1 del decreto-legge 25 maggio 2001, n. 192, convertito dalla legge 20 luglio 2001, n. 301, recante “Disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici”.

In particolare, in data 23 ottobre 2002, la Commissione ha emesso una lettera di costituzione in mora nei confronti dell’Italia, facendo valere l’incompatibilità della norma sopra citata con l’articolo 56 TCE, che sancisce il principio della libera circolazione dei capitali[39]. Il Governo italiano, con nota del 12 marzo 2003, ha presentato le proprie osservazioni. In data 9 luglio 2003, la Commissione ha emesso parere motivato nei confronti dello Stato italiano. Con ricorso notificato il 4 maggio 2004, la Commissione ha convenuto lo Stato italiano dinanzi alla Corte di giustizia. Nelle conclusioni del 3 marzo 2005, l’Avvocato generale ha chiesto la condanna dell’Italia.

In data 2 giugno 2005, la Corte di Giustizia[40], accogliendo nella sostanza le argomentazioni della Commissione e dell’Avvocato generale, ha emesso una sentenza di condanna dell’Italia, ritenendo che la legge italiana la quale dispone la sospensione automatica dei diritti di voto relativi a partecipazioni superiori al 2% del capitale sociale di imprese operanti nei settori dell'elettricità e del gas, quando tali partecipazioni sono acquisite da imprese pubbliche non quotate in borsa e titolari di una posizione dominante nel proprio mercato nazionale, vìoli le disposizioni del Trattato CE sulla libera circolazione dei capitali.

 

Il comma 273, è stato soppresso nel corso dell'esame da parte della Commissione bilancio.

 

Il comma 274 stabilisce che le deliberazioni assembleari relative alla creazione delle azioni o degli strumenti finanziari indicati al comma 272 e quelle previste al comma 276 non determinano il diritto al recesso.

Si ritiene che l'esclusione del diritto di recesso valga anche nel caso in cui le deliberazioni, per il loro oggetto, rientrino nel novero di quelle per le quali tale diritto è previsto dall’articolo 2437 del codice civile.

 

Si segnala l'opportunità di valutare attentamente gli effetti che potrebbero derivare da un’esclusione indiscriminata del diritto di recesso, in quanto si tratta di prerogativa posta a tutela del socio.

 

Si ricorda che l’articolo 2437 del codice civile stabilisce che hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle deliberazioni riguardanti:

a)       la modifica della clausola dell'oggetto sociale, quando consente un cambiamento significativo dell'attività della società;

b)      la trasformazione della società;

c)       il trasferimento della sede sociale all'estero;

d)       la revoca dello stato di liquidazione;

e)       l'eliminazione di una o più cause di recesso previste dal successivo comma ovvero dallo statuto;

f)        la modifica dei criteri di determinazione del valore dell'azione in caso di recesso;

g)       le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.

Salvo che lo statuto disponga diversamente, hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso all'approvazione delle deliberazioni riguardanti:

a)       la proroga del termine;

b)      l'introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.

Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato il socio può recedere con il preavviso di almeno centottanta giorni; lo statuto può prevedere un termine maggiore, non superiore a un anno.

Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere ulteriori cause di recesso.

Restano salve le disposizioni dettate in tema di recesso per le società soggette ad attività di direzione e coordinamento.

È nullo ogni patto volto ad escludere o rendere più gravoso l'esercizio del diritto di recesso nelle ipotesi previste dal primo comma del presente articolo

 

Il comma 275 conferma che le clausole inserite nello statuto in virtù dei commi 272 e 276 possono essere modificate con le maggioranze previste per le modifiche statutarie.

 

A norma dell’articolo 2368 del codice civile, l'assemblea straordinaria – cui spetta l’approvazione delle modificazioni statutarie – delibera in prima convocazione con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, essa è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale o la maggiore percentuale prevista dallo statuto e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea.

Nella seconda e nelle convocazioni successive, a norma dell’articolo 2369, l'assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato, salve le maggioranze più elevate richieste dallo statuto. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l'assemblea straordinaria è costituita, nelle convocazioni successive alla seconda, con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale, salvo che lo statuto richieda una quota di capitale più elevata.

 

Le suddette clausole sono altresì inefficaci se manca l’approvazione dell’assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti indicati al comma 272.

 

La disposizione, laddove fa riferimento alle clausole introdotte ai sensi del comma 272, non può che riguardare la loro modificazione (subordinata quindi all’assenso dell’assemblea speciale dei possessori di azioni e strumenti con diritti particolari), in quanto al momento in cui è deliberata per la prima volta l’emissione degli strumenti previsti dal comma 272 tale assemblea speciale non può esistere, mancandone i titolari.

 

Il comma 276 dispone che lo statuto delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può subordinare all’approvazione da parte dell’assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti sopra descritti l’efficacia delle deliberazioni di modifica delle clausole introdotte ai sensi dell’articolo 3 del D.L. n. 332 del 1994 (con le quali si pongono limiti massimi al possesso di partecipazioni da parte di singoli soci o categorie di soci), decorso il primo triennio di efficacia (previsto dal comma 3 dello stesso articolo). La deliberazione può essere adottata con la maggioranza richiesta per le modificazioni dello statuto.

Ove sia esercitata questa facoltà, viene meno la causa di decadenza stabilita dal comma 3 dell'articolo 3 citato, secondo cui la clausola che prevede un limite di possesso decade comunque allorché il limite sia superato per effetto di un'offerta pubblica di acquisto.

 

Si ricorda che l'articolo 3 del D.L. n. 332 del 1994 (Norme per l’accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni) ha previsto, al comma 1 – per le società operanti nei settori della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti di energia, e degli altri pubblici servizi, nonché per le banche e le imprese assicurative, direttamente o indirettamente controllate dallo Stato o da enti pubblici anche territoriali ed economici – la possibilità di introdurre nello statuto un limite massimo di possesso azionario non superiore al 5 per cento, riferito al singolo socio, al suo nucleo familiare (comprendente il socio stesso, il coniuge non separato legalmente e i figli minori) e al gruppo di appartenenza, intendendosi in esso compresi il soggetto, anche non avente forma societaria, che esercita il controllo, le società controllate e quelle controllate da uno stesso soggetto controllante, nonché le società collegate; il limite riguarda altresì i soggetti che, direttamente o indirettamente, anche tramite controllate, società fiduciarie o interposta persona aderiscono anche con terzi ad accordi relativi all'esercizio del diritto di voto o al trasferimento di azioni o quote di società terze o comunque ad accordi o patti di cui all'articolo 10, comma 4, della legge n. 149 del 1992, in relazione a società terze, qualora tali accordi o patti riguardino almeno il 10 per cento delle quote o delle azioni con diritto di voto se si tratta di società quotate, o il 20 per cento se si tratta di società non quotate.

Ai sensi del comma 2, con riferimento alle partecipazioni azionarie diverse da quelle detenute dallo Stato, da enti pubblici o da soggetti da questi controllati, il superamento del limite di cui al comma 1 comporta il divieto di esercitare il diritto di voto e comunque i diritti aventi contenuto diverso da quello patrimoniale, attinenti alle partecipazioni eccedenti il limite stesso. Alla partecipazione eccedente il limite alla data del 2 ottobre 1993 le disposizioni di cui al presente comma non si applicano per un periodo di tre anni dalla stessa data.

Il comma 3 prevede che le clausole statutarie introdotte ai sensi del comma 1, nonché quelle introdotte al fine di assicurare la tutela di minoranze azionarie, non possono essere modificate per un periodo di tre anni dall'iscrizione delle relative delibere assembleari. La clausola che prevede un limite di possesso decade comunque allorché il limite sia superato per effetto di un'offerta pubblica di acquisto (OPA) promossa ai sensi degli articoli 106 o 107 del D.Lgs. n. 58 del 1998, recante il testo unico della finanza (TUF).

 

Il comma 277, è stato soppresso nel corso dell'esame da parte della Commissione bilancio.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Poteri speciali nelle società privatizzate

Il 12 ottobre 2005 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato nell’ambito della procedura di infrazione relativa alla compatibilità con le legislazione comunitaria delle disposizioni nazionali concernenti l’esercizio di poteri speciali in società privatizzate.

Tali disposizioni erano già state oggetto di contestazione da parte delle autorità comunitarie. In particolare, con la sentenza del 23 maggio 2000 (causa C-58/99) la Corte di giustizia aveva dichiarato alcune disposizioni della legge 30 luglio 1994, n. 474, in materia di privatizzazioni contrarie alle norme del trattato CE sulla libera circolazione dei capitali e sul diritto di stabilimento (articoli 56 e 43).

Per ottemperare alla pronuncia, le norme della legge n. 474 del 1994 sono state modificate dalla legge 24 dicembre 2003 n. 350 (legge finanziaria 2004) e dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 giugno 2004, attuativo delle medesime disposizioni.

La legge n. 350 del 2003 ridefinisce i poteri speciali da esercitare a tutela degli interessi vitali dello Stato attribuendo alle autorità competenti la titolarità dei seguenti poteri:

-        opposizione all’assunzione da parte di investitori di partecipazioni rilevanti che rappresentano almeno il 5% dei diritti di voto o la percentuale minore fissata dal Ministro dell’economia e delle finanze con proprio decreto;

-        opposizione alla conclusione di accordi o patti tra azionisti che rappresentano almeno il 5% dei diritti di voto o la percentuale minore Ministro dell’economia e delle finanze con proprio decreto;

-        veto all’adozione delle delibere di scioglimento della società, di trasferimento dell’azienda, di fusione, di scissione, di trasferimento della sede sociale all’estero, di cambiamento dell’oggetto sociale, di modifica dello statuto che sopprimono o modificano i poteri speciali in oggetto;

-        nomina di un amministratore senza diritto di voto.

In base alle nuove norme, pertanto, il vecchio regime di autorizzazione ex-ante è stato sostituito da un regime di opposizione, e i poteri speciali sono esercitati esclusivamente ove ricorrano rilevanti e imprescindibili motivi di interesse generale, con particolare riferimento all’ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, alla sanità pubblica e alla difesa, in forma di misure idonee e proporzionali alla tutela di detti interessi. Infatti, l’esercizio dei poteri speciali da parte delle autorità competenti deve essere giustificato in termini di effettivo pericolo per gli interessi vitali dello Stato, le autorità medesime devono rispettare limiti di tempo rigorosi (10 giorni dalla data della comunicazione), e gli azionisti o le parti che sottoscrivono l’accordo dispongono di 60 giorni per impugnare la decisione delle autorità dinnanzi al tribunale.

Ad avviso della Commissione europea, le norme modificate e i nuovi criteri per l’esercizio dei poteri speciali non eliminano la violazione delle norme del Trattato sulla libertà di movimento dei capitali e sul diritto di stabilimento (artt. 56 e 43). Infatti, la Commissione ritiene che i criteri per l’esercizio di tali poteri speciali non sono sufficientemente specifici, dal momento che conferiscono ampi poteri discrezionali alle autorità nazionali nell’apprezzamento del pregiudizio per gli interessi vitali dello Stato[41].Essi, inoltre, non soddisfano le condizioni di proporzionalità necessarie per adempiere i requisiti superiori di interesse generale che potrebbero giustificare il controllo dell’assetto proprietario e della gestione dell’impresa. In altre parole, secondo la Commissione una restrizione della libera circolazione dei capitali - una delle libertà fondamentali del mercato interno – può essere giustificata solo come extrema ratio, vale a dire quando non sussistano altri mezzi per conseguire gli obiettivi di sicurezza nazionale. A questo riguardo, la Commissione ritiene che l’obiettivo della tutela degli interessi vitali dello Stato possa essere conseguito mediante l’adozione di misure meno restrittive, quali la regolamentazione dell’attività.

 

Partecipazioni al capitale sociale di imprese che operano nei settori dell’elettricità e del gas

Il 12 ottobre 2005 la Commissione europea ha deciso di inviare all’Italia una lettera di messa in mora, ai sensi dell’art. 228 del trattato CE[42], per la mancata esecuzione della sentenza della Corte di giustizia del 2 giugno 2005 nella causa C-174/04.

Nella sentenza in questione, la Corte ha dichiarato che mantenendo in vigore il decreto legge 25 maggio 2001, n. 192[43], recante disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici, l’Italia è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’articolo 56 del Trattato CE sulla libera circolazione dei capitali (articolo 56). La legge italiana, infatti, dispone la sospensione automatica dei diritti di voto inerenti a partecipazioni superiori al 2% del capitale sociale di imprese che operano nei settori dell’elettricità e del gas, quando tali partecipazioni siano acquisite da imprese pubbliche non quotate in mercati finanziari regolamentati e che beneficiano nel proprio mercato nazionale di una posizione dominante.

La Corte ha ritenuto che la sospensione dei diritti di voto impedisca la partecipazione effettiva degli investitori alla gestione e al controllo delle imprese italiane che operano nei mercati dell’elettricità e del gas, e che configuri pertanto una restrizione alla libera circolazione dei capitali. Il fatto che la normativa in oggetto riguardi unicamente la categoria delle imprese pubbliche che beneficiano nel proprio mercato nazionale di una posizione dominante non inficia questa conclusione. La Corte ha inoltre respinto l’argomentazione secondo la quale il rafforzamento della struttura concorrenziale del mercato in oggetto costituirebbe una valida giustificazione della restrizione alla libera circolazione dei capitali.

Con lettera del 27 maggio 2005 l’Italia ha informato la Commissione europea di aver adottato decreto legge 14 maggio 2005, n. 81[44], che modifica l’art. 1 del decreto legge 25 maggio 2001, n. 192.

La Commissione europea, pur accogliendo con favore lo sforzo delle autorità italiane di conformarsi alla sentenza della causa C-174/04, è del parere che la norma, così come emendata, non sia interamente conforme alla sentenza della Corte.

La Commissione, infatti, rileva che la nuova normativa esenta solo alcune imprese pubbliche dalla sospensione automatica dei diritti di voto, e precisamente le imprese pubbliche titolari nel proprio mercato nazionale di una posizione dominante, qualora lo Stato interessato:

-        abbia avviato le procedure per la privatizzazione di tali imprese;

-        abbia concluso accordi con il Governo italiano volti a tutelare la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e l’apertura del mercato, nonché a promuovere l’effettivo esercizio, a condizioni di reciprocità, delle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE ai mercati dell’energia e del gas naturale.

A questo riguardo, la Commissione osserva che, sebbene i requisiti di reciprocità siano previsti in alcune direttive comunitarie relative a norme comuni per il mercato interno nel settore dell’energia[45], essi si riferiscono esclusivamente alla fornitura del servizio interessato e non riguardano quindi la proprietà di imprese o l’esercizio di diritti derivanti da tale proprietà. Ad avviso della Commissione qualsiasi considerazione di reciprocità che possa determinare il condizionamento del diritto di investimento all’interno dell’Unione europea, non può giustificare restrizioni alle libertà fondamentali del Trattato e potrebbe condurre a un’applicazione discriminatoria di norme nazionali nei confronti di operatori economici di altri Stati membri.

 


Articolo 1, commi 276-bis e 276-ter
(Destinazione dei proventi di sanzioni e attribuzione di altre risorse al Fondo per l’usura)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

276-bis. Gli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, dell'articolo 7 del decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 56, nonché relative a violazioni valutarie previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, e gli importi delle sanzioni pecuniarie irrogate alle banche e agli intermediari finanziari ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108, eccedenti rispetto alla media dei medesimi importi riscossi nel biennio 2002-2003, attestati dal Ministero dell'economia e delle finanze, sono destinati al Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura di cui all'articolo 15 della citata legge n. 108 del 1996.

 

 

276-ter. Gli organismi assegnatari dei contributi erogati a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 276-bis, entro sei mesi dalla cessazione dell'attività, scioglimento, liquidazione o cancellazione dagli elenchi ovvero nel caso di mancato utilizzo per le finalità previste dei contributi assegnati per due esercizi consecutivi e senza giustificato motivo devono restituire il contributo non impegnato mediante versamento del relativo importo al bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnato al capitolo di gestione del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura per una successiva assegnazione in favore degli aventi diritto, in conformità alla disciplina vigente. Per le somme impegnate la restituzione dovrà avvenire entro sei mesi dal rimborso dei prestiti garantiti, al netto delle insolvenze. Anche dopo la scadenza di tale termine, devono essere restituite le somme eventualmente recuperate, dopo l'escussione delle garanzie.

 

 

 

I commi 276-bis e 272-ter, introdotti nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, destinano al Fondo per l’usura i proventi di talune sanzioni irrogate nell’ambito della funzione di vigilanza sull’intermediazione finanziaria e disciplinano la restituzione delle somme allo stesso Fondo in caso di cessazione dell’attività degli assegnatari.

 

In particolare, il comma 276-bis dispone che gli importi derivanti dall’irrogazione di una serie di sanzioni pecuniarie sono destinate al Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura, previsto dall’articolo 15 della legge n. 108 del 1996.

 

Il richiamato articolo 15 della legge 7 marzo 1996, n. 108, al comma 1, ha istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze il «Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura» di entità pari a lire 300 miliardi, da costituire con quote di 100 miliardi di lire per ciascuno degli anni finanziari 1996, 1997 e 1998. Il Fondo è utilizzato, quanto al 70 per cento, per l'erogazione di contributi a favore di appositi fondi speciali costituiti dai Confidi, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, e, quanto al 30 per cento, a favore delle fondazioni e associazioni riconosciute per la prevenzione del fenomeno dell'usura, di cui al comma 4 del citato articolo 15 della legge n. 108 del 1996.

Ai sensi del comma 2, i contributi di cui al comma 1 possono essere concessi ai Confidi alle seguenti condizioni:

a) che essi costituiscano speciali fondi antiusura, separati dai fondi rischi ordinari, destinati a garantire fino all'80 per cento le banche e gli istituti di credito che concedono finanziamenti a medio termine e all'incremento di linee di credito a breve termine a favore delle piccole e medie imprese a elevato rischio finanziario, intendendosi per tali le imprese cui sia stata rifiutata una domanda di finanziamento assistita da una garanzia pari ad almeno il 50 per cento dell'importo del finanziamento stesso pur in presenza della disponibilità dei Confidi al rilascio della garanzia;

b) che i contributi di cui al comma 1 siano cumulabili con eventuali contributi concessi dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Il comma 3 demanda al Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro delle attività produttive, il compito di determinare con decreto i requisiti patrimoniali dei fondi speciali antiusura di cui al comma 2 e i requisiti di onorabilità e di professionalità degli esponenti dei fondi medesimi.

Ai sensi del comma 4, le fondazioni e le associazioni riconosciute per la prevenzione del fenomeno dell'usura sono iscritte in apposito elenco tenuto dal Ministro dell’economia e delle finanze. Lo scopo della prevenzione del fenomeno dell'usura, anche attraverso forme di tutela, assistenza ed informazione, deve risultare dall'atto costitutivo e dallo statuto.

Secondo il comma 5, il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell'interno e il Ministro per gli affari sociali, determina con decreto i requisiti patrimoniali delle fondazioni e delle associazioni per la prevenzione del fenomeno dell'usura e i requisiti di onorabilità e di professionalità degli esponenti delle medesime fondazioni e associazioni.

Ai sensi del comma 6, le fondazioni e le associazioni per la prevenzione del fenomeno dell'usura prestano garanzie alle banche e agli intermediari finanziari al fine di favorire l'erogazione di finanziamenti a soggetti che, pur essendo meritevoli in base ai criteri fissati nei relativi statuti, incontrano difficoltà di accesso al credito. Secondo il comma 7, fatte salve le riserve di attività previste dalla legge, le fondazioni e le associazioni per la prevenzione del fenomeno dell'usura esercitano le altre attività previste dallo statuto.

Ai sensi del comma 8, per la gestione del Fondo di cui al comma 1 e l'assegnazione dei contributi, il Governo provvede, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, all'istituzione di una commissione, costituita da rappresentanti dei Ministeri dell’economia e delle finanze e delle attività produttive e del Dipartimento per gli affari sociali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché all'adozione del relativo regolamento di gestione. La partecipazione alla commissione è a titolo gratuito.

Secondo il comma 9, i contributi sono erogati nei limiti dello stanziamento previsto al comma 1.

 

Gli importi destinati dal comma 276-bis al Fondo per la prevenzione dell’usura si riferiscono alle sanzioni amministrative pecuniarie:

a)      irrogate ai sensi dell’articolo 5 del D.L. n. 143 del 1991;

Il D.L. 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, reca provvedimenti urgenti per limitare l'uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l'utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite.

 

b)     irrogate ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 56 del 2004;

Il D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56, ha recepito nell’ordinamento interno la direttiva 2001/97/CE, in materia di prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite.

 

c)      irrogate in relazione a violazioni valutarie previste dal testo unico di cui al D.P.R. n. 148 del 1988;

Il D.P.R. 31 marzo 1988, n. 148, reca l’approvazione del testo unico delle norme in materia valutaria.

 

d)     irrogate alle banche e agli intermediari finanziari ai sensi della legge n. 108 del 1996.

Come ricordato, la legge 7 marzo 1996, n. 108 prevede disposizioni in materia di usura.

 

Gli importi da destinare al Fondo per la prevenzione dell’usura sono quelli eccedenti rispetto alla media dei medesimi importi riscossi nel biennio 2002-2003, così come attestati dal Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 276-ter prevede che gli organismi assegnatari dei contributi erogati a valere sulle risorse del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura debbono restituire, mediante versamento del relativo importo al bilancio dello Stato, i contributi non impegnati a causa della cessazione dell’attività o per mancato utilizzo in due esercizi consecutivi senza giustificato motivo.

Tale importo dovrà essere riassegnato al capitolo di gestione del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura, di cui all’articolo 15 della legge n. 108 del 1996.

 


Articolo 1, comma 276-quater
(Delega di funzioni in materia di prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

276-quater. L'esercizio delle funzioni attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro in materia di sanzioni antiriciclaggio, riscossione delle medesime e contenzioso può essere delegato alle Direzioni provinciali dei servizi vari.

 

 

 

Il comma 276-quater, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, prevede che l’esercizio delle funzioni attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro in materia di sanzioni antiriciclaggio, riscossione delle medesime e contenzioso possa essere delegato alle Direzioni provinciali dei servizi vari.

 

Attualmente, l’opera di prevenzione svolta contro il riciclaggio dei proventi di attività illecite è svolta dalla Direzione V del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) mediante un’attività normativo-interpretativa e un’attività sanzionatoria.

 

Con riguardo, in particolare, all’attività sanzionatoria, si ricorda che il rispetto della normativa antiriciclaggio è assicurata da un articolato sistema di sanzioni pecuniarie. Le infrazioni amministrative della normativa antiriciclaggio sono segnalate al MEF da banche, uffici della pubblica amministrazione e in genere da organi di vigilanza e controllo.

Secondo la vigente normativa, le fattispecie illecite concernono:

a) l’inosservanza del divieto di effettuare tra soggetti diversi, senza il tramite degli intermediari abilitati, trasferimenti a qualsiasi titolo di denaro contante, di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore quando il valore da trasferire è complessivamente superiore ad euro 12.500;

b) l’inosservanza dell’obbligo di indicare il nome o la ragione sociale del beneficiario e/o di apporre la clausola di non trasferibilità sui vaglia postali e cambiari, sugli assegni postali, bancari e circolari emessi per importi superiori ad euro 12.500;

c) l’omessa comunicazione al MEF, da parte dei funzionari delle amministrazioni pubbliche, dei pubblici ufficiali e degli intermediari abilitati, delle sopraspecificate violazioni delle quali abbiano avuto notizia in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni. Tale segnalazione deve essere effettuata al MEF entro 30 giorni dalla data in cui se ne è avuta notizia;

d) l’omessa segnalazione di operazioni sospette da parte degli intermediari, salvo che il fatto costituisca reato.

 

Tutte le fasi del procedimento sanzionatorio si svolgono nell’ambito della Direzione V del Dipartimento del Tesoro e comprendono atti di contestazione, istruttorie, audizioni personali e relazioni illustrative, predisposizione dei decreti sanzionatorî, contenzioso, fase esecutiva, rappresentanza in giudizio dell’Amministrazione.


Articolo 1, comma 276-quinquies
(Regime di transizione nell’attività di distribuzione di gas naturale)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

276-quinquies. All'articolo 1, comma 69, della legge 23 agosto 2004, n. 239, le parole: «Il periodo transitorio di cui al citato articolo 15, comma 5, termina entro il 31 dicembre 2007,» sono sostituite dalle seguenti: «Il periodo transitorio di cui al citato articolo 15, commi 5 e 7, termina il 31 dicembre 2007,»; dopo le parole: «qualora vengano ravvisate motivazioni di pubblico interesse» sono inserite le seguenti: «Il periodo transitorio è ulteriormente incrementato, qualora ricorra almeno una delle condizioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 7 dell'articolo 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164».

 

 

 

Il comma 276-quinquies, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione Bilancio,novellail comma 69 dell’articolo unico della legge n. 239/04, di riordino del settore energetico, il quale ha apportato talune modifiche – che hanno dato luogo a diversi contenziosi ed incertezze di carattere interpretativo (cfr. oltre) - al regime di transizione nell’attività di distribuzione di gas naturale, disciplinato in precedenza dall'articolo 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164.

 

In particolare, la novella in esame specifica, da una parte, che il periodo transitorio degli affidamenti e delle concessioni nell’attività di distribuzione di gas naturale in essere al 21 giugno 2000 - decorso il quale l'ente locale deve procedere all'affidamento del servizio mediante gara - termina il 31 dicembre 2007; dall’altra, che tale periodo - ferma restando la facoltà per l'ente locale affidante o concedente di prorogarlo per un anno qualora vengano ravvisate motivazioni di pubblico interesse[46] - può essere ulteriormente incrementato, qualora (almeno un anno prima dello scadere del periodo, ossia entro il 31 dicembre 2006) ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

 

a) si realizzi una fusione societaria che consenta di servire un'utenza complessivamente non inferiore a due volte quella originariamente servita dalla maggiore delle società oggetto di fusione (in tal caso la proroga è di 1 anno);

b) l'utenza servita risulti superiore a centomila clienti finali, o il gas naturale distribuito superi i cento milioni di metri cubi all'anno, ovvero l'impresa operi in un ambito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale (in tal caso la proroga e di 2 anni);

c) il capitale privato costituisca almeno il 40% del capitale sociale (anche in tal caso la proroga è di due anni). [47]

 

La disposizione in oggetto appare diretta a meglio specificare la portata della norma introdotta dal citato articolo 1, comma 69, della legge n. 239/04, chiarendo che il termine del periodo transitorio a cui fa riferimento l’articolo 15, commi 5 e 7, del decreto legislativo n. 164/00, è ora il 31 dicembre 2007.

Ne deriva che le stesse concessioni e gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 164/00 proseguono per la loro originaria scadenza, se essa è compresa entro il 31 dicembre 2007 o, a seguito di decisione degli enti locali che a suo tempo hanno provveduto ad affidare o concedere il servizio di distribuzione, entro il 31 dicembre 2008.

Per quanto concerne le ulteriori estensioni del periodo transitorio di cui alle citate lettere a), b) e c), la disposizione in esame sembra chiarire la sussistenza del diritto ad usufruire di almeno una di tali estensioni e che, pertanto, nell’ipotesi più favorevole di estensione - (intervenuta proroga disposta dall’ente locale affidante o concedente per motivi di pubblico interesse e presenza di una delle condizioni di cui alle lettere b) e c ) ) - la durata complessiva del periodo transitorio possa giungere a conclusione entro il 31 dicembre 2010.[48]

 

Per meglio inquadrare la questione, si ricorda che il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164[49](c.d. decreto Letta) ha introdotto, in attuazione della direttiva 98/30/CE, la liberalizzazione del servizio gas per le attività di importazione, trasporto, dispacciamento e vendita di gas naturale in qualunque forma e comunque utilizzato.

In particolare, il decreto ha previsto che: a) l'attività di vendita all’utente finale e l’attività di distribuzione devono essere distinte; per la prima si stabilisce la concorrenza nel mercato ( fra più operatori), per la seconda, in presenza del monopolio naturale costituito dalle reti sotterranee, la concorrenza per il mercato: un solo operatore in una data area territoriale, di norma la circoscrizione comunale scelto con gara cui è affidato il servizio per una durata non superiore ai 12 anni); b) la vendita ( o fornitura) viene “liberalizzata” in senso proprio, essendo soggetta solo ad autorizzazione ministeriale; c) è imposto l’obbligo di separazione “societaria” tra le attività di distribuzione e quella della vendita; d) la distribuzione è definita nelle premesse al richiamato decreto 164/00 come trasporto di gas naturale attraverso reti di gasdotti locali per la consegna ai clienti, essa viene confermata come servizio pubblico di competenza degli enti locali; e) gli enti locali debbono affidare la gestione del servizio distribuzione solamente a mezzo gara, per cui l’unica forma di gestione è quella che viene definita in “concessione”.

Gli enti locali debbono avviare le gare almeno un anno prima della scadenza, fermo restando l’obbligo per il gestore uscente di proseguire la gestione del servizio fino al subentro del successore. Per quanto concerne il riscatto delle concessioni, dopo l’entrata in vigore del decreto 164/00 dottrina e giurisprudenza prevalenti erano concordi nel ritenere inammissibile il riscatto anticipato, dato che nel nuovo ordinamento l’unica modalità di affidamento della gestione distribuzione gas è quella della “gara”, mentre il riscatto è finalizzato alla gestione diretta da parte dell’ente locale (con la legge di riordino del settore energetico, L. 239/04, con la citata norma interpretativa, si è invece reintrodotta la facoltà di riscatto anticipato se prevista nei capitolati di concessione - cfr. oltre).

Per quanto attiene al periodo transitorio, le norme relative all’apertura al mercato di cui al D.Lgs. n. 164/00, riguardanti sia le gestioni in concessione, sia quelle in affidamento diretto a società pubbliche locali, stabiliscono l’anticipata cessazione rispetto alla scadenza naturale, prevedendo peraltro una salvaguardia delle gestioni esistenti per un periodo “transitorio”, in armonia l’esigenza di tener conto delle legittime aspettative sorte in base ad un quadro legislativo previdente.

Il c.d. decreto Letta ha dunque stabilito un periodo di cinque anni di “attesa” per l’avvio delle gare per cui, fatta salva la naturale scadenza, le gestioni di distribuzione gas cessano al 31.12.2005 e, nel contempo si prevedono dei “bonus” incentivanti per stimolare con adeguate dimensioni aziendali l’efficienza imprenditoriale.

In particolare, l’articolo 15 del D.lgs. 164, nel disciplinare il regime di transizione nell’attività di distribuzione di gas naturale - definita attività di servizio pubblico ed affidata esclusivamente mediante gara, per periodi non superiori a dodici anni – ha disposto che gli affidamenti e le concessioni in essere all'entrata in vigore del D.Lgs. (21 giugno 2000), nonché quelli alle società derivate dalla trasformazione delle gestioni, siano mantenuti per la durata originaria, purché la scadenza sia compresa entro il periodo transitorio fissato dal comma 7 del medesimo art. 15.

Le concessioni e gli affidamenti per i quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine che supera il periodo transitorio, possono essere mantenuti fino alla scadenza di detto periodo.

Ai sensi del citato comma 7 dell’art.15 il periodo transitoriodegli affidamenti e delle concessioni in essere al 21 giugno 2000, è fissato in cinque anni a decorrere dal 31 dicembre 2000 e può essere prorogato, alle condizioni sotto indicate, in misura non superiore a:

a) un anno nel caso in cui, almeno un anno prima dello scadere dei cinque anni, si realizzi una fusione societaria che consenta di servire un'utenza complessivamente non inferiore a due volte quella originariamente servita dalla maggiore delle società oggetto di fusione;

b) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), l'utenza servita risulti superiore a centomila clienti finali, o il gas naturale distribuito superi i cento milioni di metri cubi all'anno, ovvero l'impresa operi in un ambito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale;

c) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), il capitale privato costituisca almeno il 40% del capitale sociale.

Il successivo comma 8 dell’art.15 aveva inoltre previsto che qualora ricorressero più di una delle condizioni indicate al comma 7 i relativi incrementi potessero essere sommati.

 

Il citato comma 69 dell’articolo unico della legge di riordino del settore energetico, oggetto di novella da parte della disposizione in esame, nel fornire l’interpretazione del citato articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (concernente, come accennato, il regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere al 21 giugno 2000) ha:

a) fatto salva la facoltà di riscatto anticipato del servizio, durante il periodo transitorio, qualora tale facoltà sia stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione. La facoltà di riscatto dovrà essere esercitata secondo le norme stabilite nei suddetti atti di affidamento o concessione; lo stesso comma 69, rinvia, inoltre, all’art. 14 del D.Lgs 164 per quanto concerne lo svolgimento delle gare per l’affidamento a terzi del servizio riscattato;[50]

b) fissato al 31 dicembre 2007 il termine ultimo del periodo transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere al 21 giugno 2000;

c) previsto che l’ente locale affidante o concedente - qualora sussistano motivazioni di pubblico interesse può prorogare di un anno la durata del periodo transitorio; tale facoltà di proroga dovrà essere esercitata entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge;

d) confermato che il periodo transitorio per le concessioni in essere affidate con gara - di cui all’art.15, comma 9[51], del D.Lgs. 164 - non può prolungarsi oltre la data del 31 dicembre 2012;

e) disposto l’abolizione del cumulo delle proroghe del periodo transitorio previste dal citato articolo 15, comma 8, il quale, come accennato, stabiliva che qualora ricorressero più di una delle condizioni per la proroga del periodo transitorio fissate dal comma 7 del medesimo articolo 15, i relativi incrementi potessero essere sommati.

 

La normativa testè illustrata ha dato luogo a significative incertezze interpretative, oltre che a diversi contenziosi e pronunce giurisprudenziali[52].

In particolare, secondo una interpretazione restrittiva, con le modifiche introdotte dal citato comma 69 resterebbe fisso il termine del 31.12.05 stabilito dal decreto legislativo 164, mentre il prolungamento del periodo transitorio di cui al richiamato comma 7 dell’articolo 15 potrebbe giungere al massimo al 31.12.2007 ed esclusivamente in virtù di una delle proroghe sopra indicate (un anno se, attraverso fusioni, si raddoppia l'utenza e di due anni se l'utenza risulti superiore a 100.000 clienti finali o se se il capitale privato costituisca almeno il 40% del capitale sociale). Secondo tale interpretazione, la proroga non sarebbe quindi generalizzabile, ma riferita solamente ai casi previsti dal c.d. decreto Letta, ciò nel presupposto che lo spirito originario dell'intervento normativo sarebbe quello di avviare quanto prima le gare per l'affidamento del servizio. Di contro, secondo una interpretazione estensiva, la disciplina in oggetto implicherebbe il differimento di tutte le concessioni e gli affidamenti al 31.12.2007, termine “ordinario” cui potrebbero seguire un incremento di un anno per valutazione del Comune affidante sulla base di valutazioni dell'interesse generale e di uno o due anni nel caso si verificassero le condizioni previste dal comma 7 dell’art.15 del D.Lgs. 164.

Stante tali divergenze di carattere interpretativo, il Ministero delle attività produttive, in data 10 novembre 2004, ha ritenuto opportuno adottare una apposita Circolare, recante: “Chiarimenti in materia di affidamenti e concessioni di distribuzione di gas naturale di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, come modificato dall'articolo 1, comma 69, della legge 23 agosto 2004, n. 239.”

In tale circolare, il Ministero, in ordine alle norme sopra richiamate, ha precisato che:

a) l’innovazione introdotta dall’articolo 1, comma 69, della legge n. 239/04 stabilisce che il termine del periodo transitorio a cui fa riferimento l’articolo 15, comma 5, del decreto 2 legislativo n. 164/00, non è più quello stabilito dal successivo comma 7, ma è ora il 31 dicembre 2007 e che pertanto le stesse concessioni e gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 164/00 proseguono per la loro originaria scadenza, se essa è compresa entro il 31 dicembre 2007 o, a seguito di decisione degli enti locali che a suo tempo hanno provveduto ad affidare o concedere il servizio di distribuzione, entro il 31 dicembre 2008;

b) la non cumulabilità delle proroghe si applica ex nunc, per cui le società che alla data di entrata in vigore della legge di riordino (28 settembre 2004) erano già nella condizione per usufruire di qualche proroga possono farla valere come “diritto acquisito”;

c) il termine per poter realizzare una delle tre operazioni di cui alle lettere a), b), c) dell'articolo 15, comma 7 del decreto legislativo 164 è quello del 31.12.2006 (vale a dire un anno prima del 31.12.2007).

d) il termine di sei mesi concesso alle amministrazioni locali per l'ulteriore anno di proroga non è perentorio, anche se il Ministero ha ritenuto necessario che per tale decisione si rispettassero i termini di legge.


Articolo 1, commi 276-sexies-276-undecies
(Disposizioni sul patrimonio degli enti soppressi e loro trasferimento)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

276-sexies. Sono abrogati l'articolo 9, comma 1-bis, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, e l'articolo 1, commi 224, 225, 226 e 229, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge. Cessano conseguentemente gli effetti dei provvedimenti e delle convenzioni adottati ai sensi delle disposizioni medesime.

 

 

276-septies. Al fine di ridurre i costi operativi e di razionalizzare l'azione amministrativa, il Ministero dell'econo­mia e delle finanze può trasferire a titolo oneroso a società direttamente o indirettamente controllata dallo Stato, scelta in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato, attività e rapporti giuridici attivi e passivi degli enti soppressi ai sensi della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, attualmente facenti capo al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

 

 

276-octies. Le attività ed i rapporti giuridici attivi e passivi trasferiti ai sensi del comma 276-septies formeranno patrimonio autonomo e separato ad ogni effetto di legge della società acquirente.

 

 

276-nonies. Il corrispettivo del trasferimento di cui al comma 276-septies sarà determinato sulla base di una relazione di stima redatta da primaria società specializzata scelta di comune intesa tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la società di cui al medesimo comma 276-septies.

 

 

276-decies. In caso di mancato soddisfacimento da parte della società di cui al comma 276-septies dei creditori non rientranti nell'ambito delle liquidazioni gravemente deficitarie e delle liquidazioni coatte amministrative, come individuate dall'articolo 9, comma 1-ter, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, continua ad applicarsi la garanzia dello Stato già prevista dall'articolo 9, comma 1-bis, del medesimo decreto-legge n. 63 del 2002.

 

 

276-undecies. Il Ministero dell'econo­mia e delle finanze, con uno o più decreti aventi natura non regola­mentare, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, definisce le modalità di esecuzione dei commi da 276-septies a 276-decies, ivi compresi l'ambito delle attività e dei rapporti giuridici attivi e passivi da trasferire, nonché le eventuali ulteriori manleve da parte dello Stato necessarie per il trasferimento medesimo.

 

 

 

Le disposizioni in esame, introdottedalla Commissione bilancio della Camera, autorizzano il Ministero dell'economia e delle finanze a trasferire a titolo oneroso a società direttamente o indirettamente controllata dallo Stato attività e rapporti giuridici attivi e passivi degli enti soppressi ai sensi della legge n. 1404 del 1956, di cui è attualmente titolare il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.

La scelta della società avviene in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato (comma 276-septies).

 

Ai sensi del comma 276-octies le attività ed i rapporti giuridici attivi e passivi così trasferiti formeranno patrimonio autonomo e separato ad ogni effetto di legge della società acquirente.

Il corrispettivo del trasferimento sarà determinato sulla base di una relazione di stima redatta da primaria società specializzata scelta di comune intesa tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la società in oggetto (comma 276-novies).

 

Il comma 276-decies prevede che si continui ad applicare la garanzia dello Stato qualora la società acquirente non sia soddisfatta in merito a creditori che non siano ricompresi tra quelli già individuati con provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ai sensi dall'articolo 9, comma 1-ter, del DL n. 63 del 2002.

 

Il comma 1-ter dell’articolo 9 del DL n. 63 del 2002, ha previsto l’emanazione di un provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, per l’individuazione delle liquidazioni gravemente deficitarie per le quali si fa luogo alla liquidazione coatta amministrativa ovvero delle liquidazioni per le quali è comunque opportuno che la gestione liquidatoria resti distinta. Per queste liquidazioni lo Stato risponde delle passività nei limiti dell'attivo della singola liquidazione.

 

Infine il comma 276-undeciesprevede l’emanazione da parte deI Ministero dell'economia e delle finanze di uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale, per la definizione delle modalità di esecuzione delle disposizioni in esame, ivi compresi l’ambito delle attività e dei rapporti giuridici attivi e passivi da trasferire, nonché le eventuali ulteriori manleve da parte dello Stato necessarie per il trasferimento medesimo.

 

La legge 4 dicembre 1956, n. 1404 ha disposto la soppressione e la messa in liquidazione di numerosi enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale, i cui scopi fossero cessati o non più perseguibili, o che si trovassero in condizioni economiche di grave dissesto o fossero nell'impossibilità concreta di attuare i propri fini statutari.

Era previsto che i provvedimenti di soppressione, liquidazione o incorporazione degli enti medesimi e le relative norme di attuazione fossero promossi dal Ministro per il tesoro ed emanati con decreto presidenziale (art. 1, commi 1 e 2, della legge n. 1404).

Le operazioni di liquidazione sono state gestite dall’Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti (I.G.E.D.), ufficio di livello dirigenziale generale, inserito nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello stato, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. h), del D.P.R. 28 aprile 1998, n. 154, contenente il regolamento sulla nuova organizzazione dell'ex Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione.

 

Sulla materia è successivamente intervenuto l’articolo 9, comma da 1-bis a 1-sexies, del D.L. 15 aprile 2002, n. 63 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112/2002) che ha ribadito la definitiva soppressione degli enti pubblici di cui alla legge n. 1404/1956, disponendo altresì, al comma 1-bis:

-       la cedibilità degli immobili degli enti secondo le modalità previste dal D.L. 25 settembre 2001, n. 351 (lettera a)

-       la destinazione del personale adibito alle procedure di liquidazione previste dalla citata legge n. 1404 del 1956 ad altre attività istituzionali del Ministero dell'economia e delle finanze (lettera b);

-       la possibilità, ferma restando la titolarità, in capo al Ministero dell'economia e delle finanze, dei rapporti giuridici attivi e passivi, di affidare la gestione della liquidazione degli enti disciolti, nonché del relativo contenzioso, ad una società, direttamente o indirettamente controllata dallo Stato (lettera c).

 

A seguito di quanto stabilito dal D.L. n. 63/2002, con provvedimento del Ragioniere generale dello Stato, in data 12 dicembre 2002 è stato individuato nella Fintecna – Finanziaria per i settori industriali e dei servizi Spa, società interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze, il soggetto affidatario dei compiti individuati dall’articolo 9, comma 1-bis, facendo rinvio ad apposita convenzione per la disciplina dei rapporti della società con il Ministero dell'economia e delle finanze.

La convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la Fintecna Spa per l'affidamento della gestione della liquidazione e del contenzioso degli enti soppressi, ai sensi della legge n. 1404/1956, è stata approvata con decreto del Ministro dell’economia e finanze 27 settembre 2004 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2004, n. 306).

 

Sulla disciplina in materia di liquidazione degli enti soppressi è quindi intervenuta la legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004), commi 224-226, al fine di accelerare le relative procedure.

In particolare, il comma 224 interviene in merito alle modalità di dismissione degli immobili degli enti disciolti e stabilisce che gli immobili di cui all'articolo 9, comma 1-bis, lettera a), del D.L. n. 63/2002, ivi compresi quelli individuati dal decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, possono essere alienati anche nell'ambito dell'attività di gestione della liquidazione affidata, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto-legge medesimo, alla Fintecna Spa.

Il comma 224 ricomprende nelle procedure di alienazione anche gli immobili di cui al decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 150 del 1° luglio 2003, recante l’individuazione degli immobili di proprietà degli enti soppressi da sottoporre alla procedura della cartolarizzazione[53].

 

I commi 225 e 226 sonointervenuti in merito alla disciplina e ai poteri attribuiti alla società controllata dallo Stato di cui all’articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del D.L. n. 63/2002, cui è affidata la gestione della liquidazione degli enti disciolti.

In particolare, il comma 225 ha novellato la lettera c) del comma 1-bis dell'articolo 9 del decreto-legge n. 63/2002 prevedendo:

-         la facoltà, anziché l’obbligo, per la società cui è stata affidata la gestione della liquidazione degli enti disciolti, di avvalersi dell’Avvocatura dello Stato (lettera a).

Ne consegue la facoltà per la società di poter ricorrere all’assistenza, rappresentanza e difesa in giudizio da parte di soggetti privati.

Una analoga facoltà di ricorrere al patrocinio privato era stata prevista in favore dell’IGED dall’articolo 55, comma 11, della legge n. 449 del 1997, attraverso una novella dell’articolo 11, secondo comma, della legge n. 1404 del 1956;

-         la facoltà per la società di procedere alla revoca dei mandati già conferiti all’Avvocatura dello Stato (lettera b).

 

Il comma 226 dispone, inoltre, che la società controllata dallo Stato incaricata della gestione della liquidazione eserciti ogni potere finora attribuito all'Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti (IGED), nonché il potere di procedere alla revoca degli incarichi di Commissario liquidatore in essere, anche con riguardo a tutte le liquidazioni di cui al comma 1-ter dell’articolo 9 del D.L. n. 63/2002.

Si tratta delle liquidazioni gravemente deficitarie individuate dal Ministro dell’economia e finanze, per le quali il comma 1-ter prevede che si faccia luogo alla liquidazione coatta amministrativa, ovvero le liquidazioni per le quali è comunque opportuno che la gestione liquidatoria resti distinta.

Per esse, il comma 1-ter prevedeva che, nelle more della individuazione della società di cui alla lettera c) del comma 1-bis, l'I.G.E.D. proseguisse le procedure di liquidazione con i poteri previsti dalla medesima lettera c) del comma 1-bis.

 

Infine il comma 229 prescrive alla società controllata dallo Stato, alla quale è stata affidata la gestione delle liquidazioni, ai sensi del comma 1-bis, lettera c), dell'articolo 9 del D.L. n. 63/2002, vale a dire alla Fintecna Spa, e congiuntamente al Ministro dell'economia e delle finanze, di riferire annualmente al Parlamento sullo stato della liquidazione degli enti pubblici di cui è stata stabilita la soppressione ai sensi della legge n. 1404 del 1956, per i quali la liquidazione stessa non si sia ancora esaurita al 31 dicembre 2005.

 

Conseguentemente, il comma 276-sexies dispone l’abrogazione dell'articolo 9, comma 1-bis, del DL n. 63 del 2002, e dell'articolo 1, commi 224, 225, 226 e 229 della legge n. 311 del 2004, con effetto dal 1° gennaio 2006.

Cessano conseguentemente gli effetti dei provvedimenti e delle convenzioni adottati ai sensi delle leggi medesime.


Articolo 1, commi 276-duodecies
(Conversione o rinegoziazione dei mutui dello Stato, delle regioni e degli enti locali)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

276-duodecies. All'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dopo il comma 71, è inserito il seguente:

 

 

«71-bis. I soggetti di cui al comma 71 devono inoltre verificare che l'incremento del valore nominale delle nuove passività non superi di 5 punti percentuali il valore nominale di quella preesistente. In carenza di tale ulteriore condizione, il rifinanziamento non deve essere effettuato, fermo restando che all'atto della rinegoziazione dei mutui deve essere applicata la commissione onnicomprensiva sul debito residuo, in termini percentuali, secondo le condizioni previste dal sistema bancario».

 

 

 

Il comma 276-duodecies, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, interviene in materia di conversione e rinegoziazione dei mutui dello Stato, delle regioni e degli enti locali, così come prevista dall’articolo 1, comma 71, della legge n. 311 del 2004.

 

La legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), all’articolo 1, comma 71, ha previsto che lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali sono tenuti a provvedere, se consentito dalle clausole contrattuali, alla conversione dei mutui con oneri di ammortamento anche parzialmente a carico dello Stato in titoli obbligazionari di nuova emissione o alla rinegoziazione, anche con altri istituti, dei mutui stessi, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali. Nel valutare la convenienza dell'operazione di rifinanziamento si dovrà tenere conto anche delle commissioni. In caso di mutuo a tasso fisso, per la verifica delle condizioni di rifinanziamento, lo Stato o l'ente pubblico interessato osservano regolarmente i tassi di mercato e si attivano allorché il tasso swap con scadenza pari alla vita media residua del mutuo sia inferiore di almeno un punto percentuale al tasso del mutuo.

 

Il presente comma 276-duodecies introduce ora nell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 un nuovo comma 71-bis, a tenore del quale lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali devono verificare, prima di dar luogo al predetto rifinanziamento, che l’incremento del valore nominale delle nuove passività non superi di cinque punti percentuali il valore nominale di quelle preesistenti.

Ove sia constatato il superamento di tale soglia, il rifinanziamento non deve essere effettuato, fatta salva l’applicazione, al momento della rinegoziazione dei mutui, della commissione bancaria onnicomprensiva sul debito residuo.

 


Articolo 1, comma 276-terdecies
(Obbligazioni bancarie garantite)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

276-terdecies. All'articolo 7-bis, comma 4, della legge 30 aprile 1999, n. 130, e successive modificazioni, le parole: «67, terzo comma» sono sostituite dalle seguenti: «67, quarto comma».

 

 

 

Il comma 276-terdeciesinterviene sul comma 4 dell’articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999, recante la disciplina delle obbligazioni bancarie garantite, stabilendo che i finanziamenti concessi alle società che acquistano i crediti posti a garanzia di queste obbligazioni e le garanzie prestate dalle stesse società non sono assoggettabili ad azione revocatoria.

 

La legge 30 aprile 1999, n. 130, reca disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti.

Il richiamato articolo 7-bis, concernente la disciplina delle obbligazioni bancarie garantite, stabilisce, al comma 1, che le disposizioni dell'articolo 3, commi 2 e 3, dell'articolo 4 e dell'articolo 6, comma 2, della stessa legge si applicano, alle operazioni aventi ad oggetto le cessioni di crediti fondiari e ipotecari, di crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni o garantiti dalle medesime, anche individuabili in blocco, nonché di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti della medesima natura, effettuate da banche in favore di società il cui oggetto esclusivo sia l'acquisto di tali crediti e titoli, mediante l'assunzione di finanziamenti concessi o garantiti anche dalle banche cedenti, e la prestazione di garanzia per le obbligazioni emesse dalle stesse banche ovvero da altre.

Ai sensi del comma 2, i crediti e i titoli acquistati dalla società indicata al comma 1 e le somme corrisposte dai relativi debitori sono destinati al soddisfacimento dei diritti, anche ai sensi dell'articolo 1180 del codice civile, dei portatori delle obbligazioni di cui al comma 1 e delle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti e degli altri contratti accessori, nonché al pagamento degli altri costi dell'operazione, in via prioritaria rispetto al rimborso dei finanziamenti di cui al comma 1.

Il comma 3 prevede che le disposizioni degli articoli 3, comma 2, e 4, comma 2, della legge n. 130 del 1999 si applicano a beneficio dei soggetti indicati al comma 2. A tal fine, per portatori di titoli devono intendersi i portatori delle obbligazioni di cui al comma 1.

 

Il comma 4 dell’articolo 7-bis prevede, in particolare, che ai finanziamenti concessi alle società indicate al comma 1 e alla garanzia prestata dalle medesime società si applica l'articolo 67, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare).

 

Il presente comma 276-terdeciesmodifica il riferimento normativo contenuto nel testé descritto comma 4 dell’articolo 7-bis, stabilendo che ai finanziamenti concessi e alla garanzia prestata dalle società in discorso si applica non il terzo (come previsto attualmente), bensì il quarto comma dell’articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267: tali finanziamenti e garanzie sono quindi esclusi dall’assoggettabilità ad azione revocatoria.

 

Il terzo comma del richiamato articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, prevede che non sono soggetti all'azione revocatoria:

a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso;

b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;

c) le vendite a giusto prezzo d'immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado;

d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell'articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;

e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata, nonché dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo 182-bis;

f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;

g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo.

 

Il quarto comma dello stesso articolo 67, ora applicabile in conseguenza della modifica in commento, prevede invece che le disposizioni dello stesso articolo in tema di azione revocatoria non si applicano:

a) all'istituto di emissione;

b) alle operazioni di credito su pegno;

c) alle operazioni di credito fondiario.

Sono comunque fatte salve le disposizioni delle leggi speciali.

 


Articolo 1, comma 278
(Convenzioni per la gestione di interventi
a favore delle imprese artigiane)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

278. Le convenzioni di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 26 novembre 1993, n. 489, e successive modificazioni, ed all'articolo 15 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, possono essere prorogate, con atti integrativi delle convenzioni stesse, per una sola volta e per un periodo di tempo non superiore alla metà dell'originaria durata, con una riduzione di almeno il 5 per cento delle relative commissioni.

Soppresso.

 

 

Il comma 278, è stato soppresso nel corso dell'esame da parte della Commissione bilancio.


Articolo 1, commi 279-281
(Trasferimento di autoveicoli)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

279. L'autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione o la costituzione di diritti di garanzia sui veicoli è effettuata dai dirigenti del comune di residenza del venditore, ai sensi dell'articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dai funzionari di cancelleria in servizio presso gli uffici giudiziari appartenenti al distretto di corte d'appello di residenza del venditore, dai funzionari degli uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché dai funzionari del pubblico registro automobilistico gestito dall'Automobile Club d'Italia (ACI) o dai titolari delle agenzie automobilistiche autorizzate ai sensi della legge 8 agosto 1991, n. 264, presso le quali è stato attivato lo sportello telematico dell'automobilista di cui all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, gratuitamente, o da un notaio iscritto all'albo.

279. Identico.

 

280. Con decreto di natura non regolamentare adottato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'economia e delle finanze, con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell'interno, sono disciplinate le concrete modalità applicative dell'attività di cui al comma 279 da parte dei soggetti ivi elencati anche ai fini della progressiva attuazione delle disposizioni di cui al medesimo comma 279.

280. Identico.

 

281. All'articolo 3 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, i commi 4, 5 e 6 sono abrogati.

281. Identico.

 


I commi in esame - presenti nel disegno di legge finanziaria originario[54] - disciplinano l’autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi per oggetto l’alienazione o la costituzione di diritti di garanzia sui veicoli.

 

La disciplina vigente, dettata dall’articolo 3, commi 4-6 del DL 35/2005[55] (abrogati dal comma 281 in esame) prevede che l’autenticazione della sottoscrizione per gli atti e le dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione dei beni mobili registrati e rimorchi di valore non superiore a 25 mila euro o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi possa essere effettuata gratuitamente anche dai funzionari del Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, dai funzionari e titolari degli Sportelli Telematici dell'Automobilista, nonché dai funzionari dell'ACI. Con decreto di natura non regolamentare adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'economia e delle finanze, con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell'interno, sentita la Conferenza unificata, sono disciplinate le concrete modalità applicative dell'attività sopra descritte da parte dei soggetti ivi elencati anche ai fini della progressiva attuazione. L'eventuale estensione ad altre categorie della possibilità di svolgere l'attività suddetta 4 è demandata ad un regolamento, adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'interno, con cui sono altresì disciplinati i requisiti necessari, le modalità di esercizio dell'attività medesima da espletarsi nell'àmbito dei rispettivi compiti istituzionali, e senza oneri a carico della finanza pubblica.

 

In particolare il comma 279 prevede che l’autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi per oggetto l’alienazione o la costituzione di diritti di garanzia sui veicoli è effettuata:

§      da un notaio iscritto all’albo;

§      dai dirigenti del comune di residenza del venditore, ai sensi dell’articolo 107 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

L’articolo 107 del D.Lgs 267/2000 ha posto in capo ai dirigenti degli enti locali tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale. In particolare sono attribuiti ai dirigenti le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;

§      dai funzionari di cancelleria in servizio presso gli uffici giudiziari appartenenti al distretto di corte d’appello di residenza del venditore;

§      dai funzionari degli uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

§      dai funzionari del pubblico registro automobilistico gestito dall’Automobile Club d’Italia (ACI);

§      dai titolari delle agenzie automobilistiche autorizzate, presso le quali è stato attivato lo sportello telematico dell’automobilista.

La legge 8 agosto 1991, n. 264 ha disciplinato l'attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto, prevedendo che questa sia esercitata da imprese o da società autorizzate dalla provincia; l’autorizzazione è rilasciata al titolare dell'impresa che sia in possesso di specifici requisiti, tra cui il possesso di un attestato di idoneità professionale rilasciato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previo superamento di un esame di idoneità svolto davanti ad apposite commissioni.

 

Lo sportello telematico dell’automobilista (cd. “STA”) è stato istituito con DPR n. 358/2000[56] con lo scopo di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi.

Lo Sportello Telematico dell'Automobilista è attivato presso gli Uffici Provinciali dell'ACI, gli Uffici Provinciali della Motorizzazione Civile, le delegazioni ACI e le imprese di consulenza automobilistica abilitate al servizio che devono esporre un logo[57].

Lo Sportello Telematico dell'Automobilista è entrato a regime il 16 dicembre 2002 per i trasferimenti di proprietà (con data dell'atto di vendita posteriore al 15 dicembre 2002) e per le radiazioni. Per le prime immatricolazioni/iscrizioni di veicoli nuovi, invece, l'obbligo di utilizzo delle procedure attraverso lo STA è in vigore dal 1° giugno 2004.

Le pratiche gestite dallo Sportello Telematico dell'Automobilista, come previsto dal DPR 358/2000[58] come successivamente integrato e modificato sono:

§      l'immatricolazione e l'iscrizione di autoveicoli e motoveicoli nuovi (ad esclusione dei veicoli nuovi provenienti da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo tramite canali d'importazione non ufficiali e perciò privi del codice di antifalsificazione o del codice di omologazione nazionale; dei veicoli usati già in possesso della documentazione di circolazione rilasciata da uno Stato diverso da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo; dei veicoli che necessitano di particolari titoli autorizzativi oppure di collaudo o certificato di approvazione);

§      la reimmatricolazione o il rinnovo di iscrizione e il trasferimento di proprietà degli autoveicoli e dei motoveicoli (ad esclusione dei veicoli che necessitano di particolari titoli autorizzativi oppure di collaudo o certificato di approvazione);

§      la cessazione dalla circolazione (radiazione) per demolizione e per esportazione definitiva all'estero degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi.

 

L’autenticazione deve essere effettuata gratuitamente da tutti i soggetti sopra indicati, fatta eccezione per i notai.

Rispetto alla normativa vigente:

§      si fa riferimento ai veicoli e non più ai beni mobili registrati e ai rimorchi;

§      è stato eliminato il riferimento al valore massimo di 25.000 euro; conseguentemente le operazioni di autenticazione possono essere effettuate gratuitamente dai soggetti sopraindicati (ad eccezione dei notai) anche per veicoli di importo superiore;

§      è stata ampliata la platea dei soggetti abilitati ad effettuare gratuitamente l’autenticazione, con l’inclusione in essa dei dirigenti del comune di residenza del venditore, dei funzionari di cancelleria in servizio presso gli uffici giudiziari appartenenti al distretto di corte d’appello di residenza del venditore, nonché dei titolari delle agenzie automobilistiche autorizzate, presso le quali è stato attivato lo sportello telematico dell’automobilista.

 

Le concrete modalità applicative dell’attività di autenticazione sopra descritta sono demandate ad un decreto di natura non regolamentare, adottato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'economia, il Ministero della giustizia e il Ministero dell'interno. Il decreto è adottato – secondo una formulazione che non appare del tutto chiara - “anche ai fini della progressiva attuazione delle disposizioni di cui al comma 279 “(comma 280).

 

Il comma 281 reca l’abrogazione dei sopra illustrati commi 4, 5 e 6 dell’articolo 3 del DL 35/2005, che recano la vigente disciplina dell’attività di autenticazione oggetto delle disposizioni in esame.


Articolo 1, comma 281-bis
(Proroga del termine per il mantenimento degli affidamenti di servizi di trasporto pubblico locale)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

281-bis. Al comma 3-bis dell'articolo 18 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, le parole: «31 dicembre 2003» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2006».

 

 

 

Il comma 281-bis – introdotto dalla Commissione bilancio durante l’esame in sede referente[59] - interviene in materia di trasporto pubblico locale, in particolare prorogando al 31 dicembre 2006 il termine per la cessazione del periodo transitorio previsto dal comma 3-bis dell’articolo 18 del decreto legislativo 422/1997[60], in vista dell’affidamento dei relativi servizi mediante procedure concorsuali.

 

Ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 18 del D.Lgs. 422, le regioni prevedono un periodo transitorio, da concludersi comunque entro il 31 dicembre 2003[61], nel corso del quale vi è la possibilità di mantenere tutti gli affidamenti agli attuali concessionari e alle società derivanti dalla trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi, pur con l’obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali. Trascorso il periodo transitorio, tutti i servizi vengono affidati esclusivamente tramite le procedure concorsuali, come previste dal comma 2 del medesimo articolo.

Tale comma 2 prevede che, allo scopo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici e di introdurre regole di concorrenzialità nella gestione dei servizi di trasporto regionale e locale, per l'affidamento dei servizi le regioni e gli enti locali si attengono ai princìpi dell'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481[62], garantendo in particolare il ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio sulla base degli elementi del contratto di servizio e in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizio. Alle gare possono partecipare i soggetti in possesso dei requisiti di idoneità morale, finanziaria e professionale richiesti, ai sensi della normativa vigente, per il conseguimento della prescritta abilitazione all'autotrasporto di viaggiatori su strada, con esclusione delle società che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi in affidamento diretto o attraverso procedure non ad evidenza pubblica, e delle società dalle stesse controllate. Tale esclusione non opera limitatamente alle gare che hanno ad oggetto i servizi già espletati dai soggetti stessi. La gara è aggiudicata sulla base delle migliori condizioni economiche e di prestazione del servizio, nonché dei piani di sviluppo e potenziamento delle reti e degli impianti, oltre che della fissazione di un coefficiente minimo di utilizzazione per la istituzione o il mantenimento delle singole linee esercite.

L’articolo 11, comma 3 della legge n. 166 del 2002 (cd. “collegato infrastrutture e trasporti”) ha stabilito la prorogabilità (da parte delle regioni), per un biennio, e quindi fino al 31 dicembre 2005, di tale periodo transitorio, decorso il quale, come già detto, tutti i servizi devono essere affidati esclusivamente tramite le procedure concorsuali.

 


Articolo 1, comma 281-ter
(Proroga del regime transitorio per l’affidamento di servizi di trasporto regionale)

 

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

281-ter. Dopo il comma 3-bis dell'articolo 18 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, sono inseriti i seguenti:

 

 

«3-ter. Ferme restando le procedure di gara ad evidenza pubblica già avviate o concluse, le regioni possono disporre una eventuale proroga dell'affidamento, fino a un massimo di quattro anni, in favore di soggetti che, entro il termine del periodo transitorio di cui al comma 3-bis, soddisfino una delle seguenti condizioni:

 

 

a) per le aziende partecipate da regioni o enti locali, sia avvenuta la cessione, mediante procedure ad evidenza pubblica, di una quota di almeno il 20 per cento del capitale sociale ovvero di una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti a società di capitali, anche consortili, nonché a cooperative e consorti, purché non partecipati da regioni o da enti locali;

 

 

b) si sia dato luogo ad un nuovo soggetto societario mediante fusione di almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale ovvero alla costituzione di una società consortile, con predisposizione di un piano industriale unitario, di cui siano soci almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale. Le società interessate dalle operazioni di fusione o costituzione di società consortile devono operare all'interno della medesima regione ovvero in bacini di traffico uniti da contiguità territoriale in modo che tale nuovo soggetto unitario risulti affidatario di un maggiore livello di servizi di trasporto pubblico locale, secondo parametri di congruità definiti dalle regioni.

 

 

3-quater. Durante i periodi di cui ai commi 3-bis e 3-ter, i servizi di trasporto pubblico regionale e locale possono continuare ad essere prestati dagli attuali esercenti, comunque denominati. A tali soggetti gli enti locali affidanti possono integrare il contratto di servizio pubblico già in essere ai sensi dell'articolo 19 in modo da assicurare l'equilibrio economico e attraverso il sistema delle compensazioni economiche di cui al regolamento (CEE) n. 1191/69 del Consiglio, del 26 giugno 1969, e successive modificazioni, ai sensi e per gli effetti di quanto stabilito all'articolo 17. Nei medesimi periodi, gli affidatari dei servizi, sulla base degli indirizzi degli enti affidanti, provvedono, in particolare:

 

 

a) al miglioramento delle condizioni di sicurezza, economicità ed efficacia dei servizi offerti nonché della qualità dell'informazione resa all'utenza e dell'accessibilità ai servizi in termini di frequenza, velocità commerciale, puntualità ed affidabilità;

 

 

b) al miglioramento del servizio sul piano della sostenibilità ambientale;

 

 

c) alla razionalizzazione dell'offerta dei servizi di trasporto, attraverso integrazione modale in ottemperanza a quanto previsto al comma 3-quinquies.

 

 

3-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 3-bis e 3-quater si applicano anche ai servizi automobilistici di competenza regionale. Nello stesso periodo di cui ai citati commi, le regioni e gli enti locali promuovono la razionalizzazione delle reti anche attraverso l'integrazione dei servizi su gomma e su ferro individuando sistemi di tariffazione unificata volti ad integrare le diverse modalità di trasporto.

 

 

3-sexies. I soggetti titolari dell'affidamento dei servizi ai sensi dell'articolo 113, comma 5, lettera c) , del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dall'articolo 14, comma 1, lettera d), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, provvedono ad affidare, con procedure ad evidenza pubblica, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti a soggetti privati o a società, purché non partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali affidatari dei servizi.

 

 

3-septies. Le società che fruiscono della ulteriore proroga di cui ai commi 3-bis e 3-ter, per tutta la durata della proroga stessa non possono partecipare a procedure ad evidenza pubblica attivate sul resto del territorio nazionale per l'affidamento di servizi».

 

 

 

Il comma 281-ter – introdotto dalla Commissione bilancio durante l’esame in sede referente[63] - interviene in materia di trasporto pubblico locale, in particolare sul regime transitorio attualmente disciplinato dall’articolo 18, comma 3-bis, del decreto legislativo 422/1997[64] (per una ricostruzione della normativa vigente relativa al regime transitorio, in vista dell’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale mediante procedure concorsuali, si veda il comma 281-bis).

 

Si segnala che il comma in esame riproduce quasi integralmente il testo dell’articolo 2 dell’AC 3053-A ( Disposizioni in materia di tutela della concorrenza nel settore del trasporto pubblico locale), attualmente all’esame dell’Assemblea della Camera dei deputati.

 

In particolare, il comma introduce cinque commi dopo il comma 3-bis dell’articolo 18:

§         il comma 3-ter prevede che le regioni possono disporre un’eventuale proroga dell’affidamento, fino a un massimo di quattro anni, in favore dei soggetti che soddisfino – entro il termine del periodo transitorio di cui al comma 3-bis[65]- una delle seguenti condizioni:

-        per le aziende partecipate da regioni o enti locali, la cessione, mediante procedure ad evidenza pubblica, di una quota di almeno il 20 per cento del capitale sociale ovvero di una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti, a società di capitali, anche consortili, nonché a cooperative e consorzi, purché non partecipate da regioni o da enti locali.

Si fa presente che l’articolo 2 dell’AC 3053-A prevede, quale condizione della cessione a società di capitali, che tali società non siano partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali che risultino enti affidanti dei servizi;

-        creazione di un nuovo soggetto societario mediante fusione di almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale ovvero costituzione di una società consortile, con predisposizione di un piano industriale unitario, di cui siano soci almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale. Le società interessate dalle operazioni di fusione o costituzione di società consortile devono operare all'interno della medesima regione ovvero in bacini di traffico uniti da contiguità territoriale in modo tale che il nuovo soggetto unitario risulti affidatario di un maggiore livello di servizi di trasporto pubblico locale, secondo parametri di congruità definiti dalle regioni.

Il comma 3-ter prevede, inoltre, che restano fermele procedure di gara ad evidenza pubblica già avviate o concluse.

§         il comma 3-quaterprevede che, durante i periodi di cui ai commi 3-bis e 3-ter, i servizi di trasporto pubblico regionale e locale possono continuare ad essere prestati dagli attuali esercenti, comunque denominati.

Gli enti locali affidanti possono integrare il contratto di servizio pubblico già in essere ai sensi dell'articolo 19 in modo da assicurare l'equilibrio economico e attraverso il sistema delle compensazioni economiche di cui al regolamento (CEE) n. 1191/69 del Consiglio, del 26 giugno 1969, e successive modificazioni, ai sensi e per gli effetti di quanto stabilito all'articolo 17.

L’articolo 19 prevede che i contratti di servizio assicurano la completa corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari e sono stipulati prima dell'inizio del loro periodo di validità. I contratti di servizio, nel rispetto anche delle disposizioni dell'articolo 14, comma 2, del regolamento n. 1191/69/CEE, così come modificato dall'articolo 1 del regolamento 1893/91/CEE, nonché nel rispetto dei princìpi sull'erogazione dei servizi pubblici così come fissati dalla carta dei servizi del settore trasporti, definiscono:

a)  il periodo di validità;

b)  le caratteristiche dei servizi offerti ed il programma di esercizio;

c)  gli standard qualitativi minimi del servizio, in termini di età, manutenzione, confortevolezza e pulizia dei veicoli, e di regolarità delle corse;

d)  la struttura tariffaria adottata;

e)  l'importo eventualmente dovuto dall'ente pubblico all'azienda di trasporto per le prestazioni oggetto del contratto e le modalità di pagamento, nonché eventuali adeguamenti conseguenti a mutamenti della struttura tariffaria;

f)   le modalità di modificazione del contratto successivamente alla conclusione;

g)  le garanzie che devono essere prestate dall'azienda di trasporto;

h)  le sanzioni in caso di mancata osservanza del contratto;

i)   la ridefinizione dei rapporti, con riferimento ai lavoratori dipendenti e al capitale investito, dal soggetto esercente il servizio di trasporto pubblico, in caso di forti discontinuità nella quantità di servizi richiesti nel periodo di validità del contratto di servizio;

l)   l'obbligo dell'applicazione, per le singole tipologie del comparto dei trasporti, dei rispettivi contratti collettivi di lavoro, così come sottoscritti dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative e dalle associazioni datoriali di categoria

L’articolo 17 del decreto legislativo 422/1997 stabilisce che le regioni, le province e i comuni, allo scopo di assicurare la mobilità degli utenti, definiscono, ai sensi dell'articolo 2 del regolamento 1191/69/CEE, modificato dal regolamento 1893/91/CEE, obblighi di servizio pubblico, prevedendo nei contratti di servizio di cui all'articolo 19, le corrispondenti compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi stessi, tenendo conto, ai sensi della citata disposizione comunitaria, dei proventi derivanti dalle tariffe e di quelli derivanti anche dalla eventuale gestione di servizi complementari alla mobilità.

Il comma 3-quater prevede, inoltre, che nei medesimi periodi di cui ai commi 3-bis e 3-ter, gli affidatari dei servizi, sulla base degli indirizzi degli enti affidanti, provvedono, in particolare:

a)  al miglioramento delle condizioni di sicurezza, economicità ed efficacia dei servizi offerti nonché della qualità dell'informazione resa all'utenza e dell'accessibilità ai servizi in termini di frequenza, velocità commerciale, puntualità ed affidabilità;

b)  al miglioramento del servizio sul piano della sostenibilità ambientale;

c)  alla razionalizzazione dell'offerta dei servizi di trasporto, attraverso l'integrazione modale in ottemperanza a quanto previsto al comma 3-quinquies.

§      il comma 3-quinquies prevede che le disposizioni relative al periodo transitorio di cui ai commi 3-bis e 3-quater si applicano anche ai servizi automobilistici di competenza regionale. Durante tale periodo transitorio, le regioni e gli enti locali promuovono la razionalizzazione delle reti anche attraverso l’integrazione dei servizi su gomma e su ferro, individuando sistemi di tariffazione unificata volti ad integrare le diverse modalità di trasporto.

§      il comma 3-sexies stabilisce che i soggetti titolari dell’affidamento dei servizi “in house”,ai sensi dell'articolo 113, comma 5, lettera c), del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali[66], provvedono ad affidare, con procedure ad evidenza pubblica, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione, una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti, a soggetti privati o a società, purché non partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali affidatari dei servizi.

L’articolo 113, comma 5, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, prevede che l'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:

a)  a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;

b)  a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;

c)  a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (affidamento “in house”).

Si ricorda che gli affidamenti in house dei servizi di trasporto pubblico locale ai sensi del richiamato articolo 113, comma 5, lettera c) del testo unicodelle leggi sull’ordinamento degli enti locali sono stati disposti prima della introduzione della disposizione di cui al comma 1- bis dello stesso articolo 113 a norma del quale “Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni”[67].

§      il comma 3-septies precisa che le società che fruiscono dell’ulteriore proroga di cui ai commi 3-bis e 3-ternon possono partecipare a procedure ad evidenza pubblica attivate sul resto del territorio nazionale per l'affidamento di servizi.


Articolo 1, comma 282
(Confidi)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

282. Al comma 55 dell'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, le parole: «fino a non oltre tre anni dalla stessa data» sono sostituite dalle seguenti: «fino a non oltre cinque anni dalla stessa data».

282. Identico.

 

 

 

Il comma 282 interviene sulla disposizione transitoria dettata dal comma 55 dell'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, che ha consentito ai consorzi per la garanzia collettiva dei fidi (Confidi), già costituiti alla data di entrata in vigore del decreto stesso, di continuare a gestire fondi pubblici di incentivazione e di prestare garanzia a favore dell'amministrazione finanziaria al fine dell'esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate o socie.

Per effetto della presente disposizione, la durata di tale periodo transitorio, che il vigente articolo 13, comma 55, fissa in tre anni dall'entrata in vigore del decreto n. 269 del 2003 (ossia dal 1° ottobre 2003), viene prolungata a cinque anni.

 

Si ricorda che l’articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003 ha operato una riforma organica della normativa sui Confidi. In estrema sintesi, gli aspetti fondamentali di tale riforma sono stati i seguenti:

§      è stato previsto un rafforzamento patrimoniale dei Confidi, sia in termini di requisiti patrimoniali minimi, sia di incentivazione alle fusioni ed aggregazioni;

§      è stata prevista una complessiva riforma del Fondo di garanzia per le PMI [legge n. 662 del 1996, articolo 100, lettera a)] al fine di creare un sistema nazionale di garanzia articolato su due livelli: un primo livello (garanzia diretta) riservato ai Confidi e agli altri garanti operanti sul territorio, un secondo livello (controgaranzia) affidato al Fondo;

§      è stata favorita l'evoluzione dei Confidi consentendo, nel rispetto dei princìpi del vigente ordinamento bancario e creditizio, l'utilizzazione dei modelli di banca di credito cooperativo o di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario emanato con il decreto legislativo n. 385 del 1993. A tal fine, si è prevista la possibilità che l'attività di garanzia collettiva dei fidi venga svolta anche da parte di banche, secondo il modello delle banche cooperative;

§      ai fini dell'evoluzione dei Confidi verso il modello di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dallo stesso articolo 107 del testo unico bancario, sono state disciplinate due categorie di Confidi:

-       Confidi "minori", iscritti in un'apposita sezione dell'elenco previsto dall’articolo 106 del testo unico bancario e la cui operatività resterebbe sostanzialmente limitata a quella attuale (garanzia collettiva fidi);

-       intermediari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del testo unico bancario, che possono esercitare, prevalentemente in favore dei soci, oltre alla garanzia collettiva dei fidi (che rimarrebbe comunque l'attività prevalente) anche alcune attività di garanzia nei confronti dello Stato e di gestione di fondi pubblici di agevolazione.


Articolo 1, commi 283-284
(Promozione turistica all’estero)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

283. All'articolo 22, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, dopo le parole: «delle piccole e medie imprese», sono aggiunte le seguenti: «nonché le attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico al fine di incrementare i flussi turistici verso l'Italia».

283. Identico.

 

284. All'articolo 2, primo comma, del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché a fronte di attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico al fine di acquisire i flussi turistici verso l'Italia».

284. Identico.

 

 

 

Le disposizioni dei commi 283 e 284 sono dirette a includere la promozione all’estero del settore turistico tra le finalità attualmente contemplate da talune disposizioni di legge - il cui testo, a tal fine, viene opportunamente integrato - recanti interventi a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese italiane.

 

In particolare, il comma 283 novella l'articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143[68] , comma 1, aggiungendo alla finalità ivi prevista - ossia la concessione di contributi diretti ad incentivare lo svolgimento di specifiche attività promozionali di rilievo nazionale e la realizzazione di progetti volti a favorire, in particolare, l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese - anche quella di favorire le attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico, onde incrementare i flussi turistici verso l'Italia.

L’articolo 22 del D.Lgs (Disposizioni in materia di contributi e di finanziamenti per lo sviluppo delle esportazioni) al comma 1 prevede - nel testo vigente - l'ampliamento della concessione dei contributi a favore di enti e organismi vari di cui all'art. 1, co. 40, della legge 549/95[69] prevista per incentivare l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. I contributi, infatti, potranno essere concessi anche a soggetti diversi da quelli indicati nella tabella A della citata legge, previa individuazione mediante decreto ministeriale.

 

Il comma 284 provvede a sua volta a novellare l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251[70]. Anche in questo caso l’integrazione al testo in vigore comporta la previsione di una concessione dei finanziamenti che viene estesa anche ad attività di promozione commerciale all'estero del settore turistico "al fine di acquisire i flussi turistici verso l'Italia".

Si ricorda che l’articolo 2 del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251 ("Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane"), convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 1981, n 394, ha istituito, presso il Mediocredito centrale, un fondo a carattere rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale in paesi diversi da quelli delle Comunità europee. La gestione del fondo è passata alla SIMEST a seguito dell'entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 143/1998.


Articolo 1, comma 285
(Edilizia popolare e residenziale)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

285. Al testo unico di cui al regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, sono apportate le seguenti modificazioni:

285. Identico.

 

a) all'articolo 95, primo comma, alinea, dopo le parole: «da cooperative» sono inserite le seguenti: «, oltre quelli prescritti dall'articolo 31»;

 

 

b) all'articolo 95, primo comma, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

 

 

     «b) la residenza anagrafica o attività lavorativa esclusiva o principale nel comune o in uno dei comuni nell'ambito territoriale ove è localizzato l'alloggio, ove per ambito territoriale si prende a riferimento quello individuato dalle delibere regionali di programmazione».

 

 

 

 

Il comma 285 interviene sull’articolo 95 del testo unico sull’edilizia economica e popolare, ridefinendo i requisiti necessari per potere diventare proprietari di case costruite da cooperative mutuatarie della Cassa depositi e prestiti o fruenti del solo contributo erariale.

L’attuale formulazione del comma 95 prevede che i requisiti per l'attribuzione di case costruite da cooperative sono:

a)  l'appartenenza ad una delle categorie indicate nell'art. 91 e nel secondo comma dell'art. 90;

b)  la residenza nel comune nel quale sorgono le costruzioni.

 

Il requisito di cui alla lettera a) deve esistere sia al momento della prenotazione sia a quello dell'assegnazione, salvo che per gli appartenenti alla categoria indicata alla lettera a) del successivo art. 97 per i quali è sufficiente che esista al momento dell'iscrizione alla cooperativa. Le eventuali interruzioni nel possesso del requisito fra la data della prenotazione e quella dell'assegnazione non pregiudicano il diritto del socio.

Il requisito di cui alla lettera b) del primo comma deve esistere alla data di iscrizione alla cooperativa o da quella della prenotazione

Il comma 2 dell’articolo 90 prevede che possono tuttavia costruire od acquistare case popolari ed economiche a proprietà individuale le cooperative costituite da membri delle due Camere del Parlamento o da impiegati addetti alle istituzioni create in virtù di legge ed aventi funzioni essenzialmente statali.

Le categorie indicate dall’articolo 91 sono le seguenti:

a)  i dipendenti delle due Camere del Parlamento e della Corte costituzionale;

b)  gli impiegati civili di ruolo dello Stato;

c)  il personale militare e dei corpi armati dello Stato specificato dall'art. 156 del R.D. 11 novembre 1923, n. 2395, nonché il personale dei gradi corrispondenti del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza;

d)  i pensionati dello Stato godenti di assegno vitalizio;

e)  il personale di ruolo in servizio od in pensione delle ferrovie dello Stato;

f)   i pensionati dell'Opera di previdenza a favore degli impiegati dello Stato ed i loro superstiti non aventi diritto a pensione;

g)  i segretari comunali e provinciali, in servizio ed in pensione;

h)  il personale di ruolo in servizio ed in pensione dell'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato

 

Con la disposizione in commento si stabilisce adesso che oltre ai requisiti di cui alle lettere a e b (lettera che viene peraltro riformulata), è necessario che vi siano i requisiti previsti dall’articolo 31 del testo unico.

L’articolo 31 citato prevede che non possono essere assegnate in proprietà case economiche e popolari costruite col concorso od il contributo dello Stato;

a)  a chi sia proprietario nello stesso centro urbano di altra abitazione che risulti adeguata ai bisogni della propria famiglia. Si ritiene adeguata l'abitazione composta di un numero di vani, esclusi gli accessori, pari a quello dei componenti la famiglia, con un minimo di tre e un massimo di cinque vani;

b)  a chi abbia già ottenuto l'assegnazione in proprietà di altri alloggi costruiti con concorsi o contributi dello Stato, o con mutui di cui alla L. 10 agosto 1950, n. 715;

c)  a chi sia iscritto nei ruoli dell'imposta complementare per un reddito tassabile che, esclusa per intero la parte afferente a redditi di ricchezza mobile di categoria C-1 e C-2 e per metà quella di ricchezza mobile di categoria B, risulti superiore a lire 150.000.

Le stesse esclusioni sono stabilite per le persone il cui coniuge non separato legalmente si trovi nelle suddette condizioni.

 

La lettera b) viene invece riformulata nel senso di rendere meno stringente il requisito ivi previsto. Al fine dell’attribuzione dell’alloggio non è più necessario, infatti, avere la residenza (anagrafica) nel comune dove sorgono le costruzioni, ma può essere sufficiente avere la residenza anagrafica o svolgere attività lavorativa esclusiva o principale nel comune o in uno dei comuni dell’ambito territoriale ove è localizzato l’alloggio, ove per ambito territoriale si prende a riferimento quello individuato dalle delibere regionali di programmazione.

Si osserva al riguardo che il riferimento allo svolgimento di attività lavorativa esclusiva o principale sembra far riferimento al concetto di domicilio, che è definito dall’articolo 43 del codice civile come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari o interessi.

Per quel che riguarda invece le delibere regionali di programmazione, si osserva che occorrerebbe meglio precisare a quali delibere di programmazione regionali ci si riferisce

Si ricorda, al riguardo che in questi ultimi anni la materia dell’edilizia residenziale pubblica è stata oggetto di interventi legislativi con particolare riferimento ad un aspetto di notevole rilevanza, quale quello del conferimento di compiti e funzioni dallo Stato alle regioni.

In tale settore si è infatti avuta una rilevante ridefinizione di competenze amministrative ad opera del decreto legislativo n. 112 del 1998, in particolare degli articoli 59-64.

Le norme indicate, infatti, hanno completato il trasferimento dell'intera materia alla competenza regionale, prevedendo la soppressione del CER e la diretta attribuzione alle Regioni dei fondi destinati al finanziamento degli interventi (artt. 61 e 62). Inoltre è stata attribuita alle Regioni anche la competenza in ordine alla fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi e per la definizione dei canoni (art. 60). Allo Stato restano invece assegnati compiti di semplice determinazione di principi e finalità di carattere generale, di raccolta di informazioni, di impulso, di garanzia e di sostegno delle fasce economicamente più deboli (art. 59).


Articolo 1, comma 285-bis
(Effetti della cessione di immobili pubblici
non adibiti ad uso abitativo)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

285-bis. Ai fini del concorso al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica previsti nel patto di stabilità e crescita, favorendo la dismissione di immobili non adibiti ad uso abitativo attribuiti in forza di legge ad enti privati e fondazioni, compresi gli enti morali, e non più utili al perseguimento delle esigenze istituzionali, la cessione degli stessi comporta l'applicazione dell'arti­colo 29, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e fa venire meno l'eventuale vincolo di destinazione precedentemente previsto. Restano fermi in ogni caso l'osservanza delle prescrizioni urbanistiche vigenti, nonché gli eventuali vincoli storici, artistici, culturali, architettonici e paesaggistici sui predetti beni. A tale fine, all'atto della cessione, il cedente provvede all'istanza di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

 

 

Il comma 285-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, al dichiarato scopo di favorire la dismissione di immobili non adibiti ad uso abitativo attribuiti in forza di legge ad enti privati e fondazioni, compresi gli enti morali, e non più utili al perseguimento delle esigenze istituzionali, prevede che la cessione di tali immobili fa venire meno l'uso governativo, ovvero l'uso pubblico, e l'eventuale diritto di prelazione spettante ad enti pubblici anche in caso di rivendita, nonché gli eventuali vincoli di destinazione.

Restano fermi comunque gli obblighi derivanti dalle prescrizioni urbanistiche vigenti e dagli eventuali vincoli storici, artistici, culturali, architettonici e paesaggistici.

 

In particolare, si dispone che la cessione degli immobili suddetti comporta l'applicazione dell'articolo 29, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e fa venire meno l'eventuale vincolo di destinazione precedentemente previsto.

 

L’articolo 29 del predetto D.L. n. 269 del 2003 disciplina la cessione di immobili adibiti ad uffici pubblici. Il terzo periodo del comma 1 stabilisce che la vendita fa venire meno l'uso governativo, ovvero l'uso pubblico, e l'eventuale diritto di prelazione spettante ad enti pubblici anche in caso di rivendita.

 

Il successivo quarto periodo – non richiamato dalla presente disposizione – prevede che si applichino in tali casi il secondo periodo del comma 17 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410 (esclusione delle autorizzazioni previste in materia di beni culturali, del diritto di prelazione degli enti locali territoriali e della proposizione di progetti di valorizzazione e gestione di beni immobili statali), nonché il primo e il secondo periodo del comma 18 del medesimo articolo 3 (esonero dello Stato e degli altri enti pubblici dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà dei beni e alla regolarità urbanistica-edilizia e fiscale; mantenimento dei vincoli gravanti sui beni trasferiti).

 

È comunque prescritta l'osservanza delle prescrizioni urbanistiche vigenti, nonché gli eventuali vincoli storici, artistici, culturali, architettonici e paesaggistici sui predetti beni.

A tale fine, all'atto della cessione, il cedente presenta al Ministero per i beni e le attività culturali l’istanza per la verifica dell’interesse culturale, prevista dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

L’articolo 12 del codice dei beni culturali e del paesaggio, emanato con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, disciplina la procedura di verifica dell'interesse culturale delle cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente e istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentino interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquant’anni.

Il comma 2 prescrive che i competenti organi del Ministero per i beni e le attività culturali, d'ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, verificano la sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico nelle cose indicate al comma 1, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione.


Articolo 1, commi 286-288
(Personale per le emergenze sanitarie)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

286. La limitazione di cui al comma 121, non si applica al personale impiegato per far fronte alle emergenze sanitarie e, in particolare, a quello previsto dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1996, n. 532, e all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202.

286. La limitazione di cui al comma 121, non si applica al personale impiegato per far fronte alle emergenze sanitarie e, in particolare, a quello previsto dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1996, n. 532, e all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244.

 

287. Per garantire lo svolgimento dei compiti connessi alla prevenzione e alla lotta contro l'influenza aviaria e le emergenze connesse alle malattie degli animali, il Ministero della salute è autorizzato a convertire in rapporti di lavoro a tempo determinato di durata triennale gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, conferiti, ai sensi del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1996, n. 532, ai veterinari, chimici e farmacisti attualmente impegnati nei posti di ispezione frontaliera (PIF), negli uffici veterinari per gli adempimenti degli obblighi comunitari (UVAC) e presso gli uffici centrali del Ministero della salute, previo superamento di un'apposita prova per l'accertamento di idoneità.

287. Identico.

 

288. Per far fronte alle emergenze sanitarie connesse al controllo dell'influenza aviaria è consentita, per l'anno 2006, la deroga alle limitazioni di cui al comma 132 per l'assunzione nei servizi veterinari degli enti del Servizio sanitario nazionale di un numero complessivo massimo a livello nazionale di 300 unità di personale veterinario e tecnico a tempo determinato. Tale deroga è subordinata alla preventiva definizione di apposito accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per il riparto tra le regioni delle predette unità di personale e per la definizione delle misure compensative aggiuntive rispetto a quelle previste dai commi da 132 a 140 da adottare ai fini del rispetto del livello complessivo di spesa per il Servizio sanitario nazionale di cui al comma 190.

288. Identico.

 

 

 

Il comma 286 consente al Ministero della salute una deroga ai limiti all’impiego di personale a tempo determinato, con convenzioni ovvero con collaborazione coordinata e continuativa, disposti dal medesimo disegno di legge finanziaria; il comma 121 prevede a tale riguardo, per gli anni 2006 e seguenti, una limitazione del 60 per cento rispetto alla spesa sostenuta nel 2003 (confronta più diffusamente supra).

La deroga in esame concerne l’impiego di personale volto a fronteggiare le emergenze sanitarie, con particolare riferimento a quanto previsto dai provvedimenti per contrastare l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) [71] e la diffusione dell’influenza aviaria [72].

 

La relazione tecnica integrativa quantifica i maggiori oneri in 2,8 milioni di euro circa, con riferimento esclusivamente al personale assunto dal Ministero della salute per contrastare la BSE, senza fornire elementi sul numero dei soggetti coinvolti.

Per quanto concerne, invece, i contratti a tempo determinato di durata triennale previsti dal recente decreto legge in materia di influenza aviaria, la norma in esame non comporta oneri aggiuntivi in quanto gli oneri relativi risultano già coperti dal provvedimento in questione.

 

Il comma 287 autorizza il Ministero della salute, al fine di contrastare l’emergenza aviaria e le altre emergenze riguardanti le malattie animali, a convertire in contratti a tempo determinato, di durata triennale, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa di veterinari, farmacisti e chimici, impiegati presso i posti d’ispezione frontaliera (PIF)[73] e gli uffici veterinari per gli adempimenti comunitari (UVAC)[74], già stipulati in occasione dell’emergenza BSE[75]. E’ previsto lo svolgimento di un’apposita prova per l’accertamento di idoneità.

 

Nella relazione tecnica integrativa si sottolinea che tale disposizione “scongiura una ingiustificata disparità di trattamento tra i nuovi dirigenti veterinari di I livello, il cui reclutamento (con contratto a tempo determinato) è previsto dal citato decreto-legge n. 202/2005 ed i soggetti già in servizio (con contratti di collaborazione coordinata e continuativa) ai sensi del decreto-legge n. 429/1996”.

L’onere è quantificato in 6,7 milioni di euro annui; non sono forniti dati sul numero di soggetti interessati.

Si ricorda che nel corso della discussione al Senato sul decreto legge n. 2002/2005 sono stati presentati alcuni ordini del giorno volti a risolvere tale problematica[76].

 

Il comma 288 consente di effettuare nel 2006 assunzioni a tempo determinato nei servizi veterinari, in deroga alle disposizioni sul contenimento della spesa per il personale, di cui al medesimo disegno di legge finanziaria; il comma 132 prevede, a tale riguardo, che la spesa per il personale per gli anni 2006 e seguenti sia inferiore dell’1 per cento a quella sostenuta nel 2004 (cfr. più analiticamente supra).

La norma prevede la possibilità di assumere fino a 300 unità, tra veterinari e tecnici, previo Accordo in sede di Conferenza Stato - Regioni, al fine di ripartire tale personale tra le regioni e individuare le misure compensative dei relativi oneri, aggiuntive rispetto a quelle già previste dal disegno di legge finanziaria [77], e garantire il livello complessivo di spesa del Servizio Sanitario Nazionale [78]”.

 

La relazione tecnica integrativa si limita a sottolineare il carattere neutrale della disposizione in esame dal punto di vista finanziario.

 


Articolo 1, comma 289
(Esclusione dalle limitazioni alla spesa pubblica dei progetti dell’Istituto Nazionale Fauna selvatica)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

289. I progetti dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, finanziati con fondi non provenienti da contributi dello Stato, sono esclusi dalle limitazioni della spesa pubblica.

289. Identico.

 

 

 

Il comma 289 esclude dalle limitazioni poste alla spesa pubblica i progetti dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica che siano finanziati con contributi non statali.

 

La disposizione, facendo riferimento in modo generico alle “limitazioni della spesa pubblica”, sembrerebbe stabilire la non applicazione ai progetti con contributi non statali delle disposizioni previste dal comma 57 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311).

 

Il citato comma 57 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005 fissa per amministrazioni espressamente indicate in allegato, per il triennio 2005-2007, un limite all’incremento della spesa, al netto delle spese di personale, del 4,5% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003.

Per gli anni 2006 e 2007 per tali amministrazioni si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese determinate per l'anno precedente.

I suddetti limiti all’incremento della spesa non si applicano alle Casse di previdenza, alle altre associazioni e fondazioni di diritto privato; agli enti del sistema camerale.

L’ultimo periodo del comma 57 prevede inoltre che esse non si applicano neppure alle amministrazioni pubbliche per le quali è dettata una specifica disciplina, vale a dire:

§       alle regioni e agli enti locali cui si applica la disciplina del patto di stabilità interno prevista dai commi da 21 a 53;

§       agli enti del servizio sanitario nazionale interessati dalle disposizioni di cui ai commi da 164 a 188;

§       agli enti del sistema universitario e agli enti di ricerca, ai quali si applicano le disposizioni previste dall’articolo 3, commi 1 e 2 della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003), che fissano un limite all’incremento del fabbisogno degli enti in questione con riferimento al triennio 2004-2006.

 

Mentre per l’anno 2005 l’elenco 1 allegato alla legge finanziari 2005 indica le amministrazioni pubbliche che sono interessate dalla disposizione, per il 2006 le amministrazioni interessate sono state individuate dall’ISTAT nel comunicato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 2005, recante l’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, ai sensi dell’art. 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

In entrambi i casi è presente l’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS).

 

La legge n. 157/1992, recante “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” (nota come legge sulla caccia), intervenuta allo scopo di adeguare la legislazione sull’esercizio venatorio alle disposizioni comunitarie ed alla riveduta potestà legislativa regionale, ha anche disciplinato l’attività dell’Istituto nazionale di biologia della selvaggina, successivamente ridenominato Istituto nazionale per la fauna selvatica(INFS). Nell’operare tale trasformazione la legge n. 157 ha attribuito al nuovo Istituto la funzione di “organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province” (art. 7, co. 1).

Riconoscendo all’INFS un ruolo d’interesse generale, la medesima legge ha posto l’Istituto sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 7. co. 2), d’intesa con le regioni[79], ed ha attribuito al Presidente del Consiglio, sempre previa intesa con le regioni, di definire con le norme regolamentari dell’Istituto la creazione di sezioni decentrate denominate unità operative tecniche consultive, che fungono da organismi di supporto alle regioni nella predisposizione dei piani regionali. Pertanto, alla copertura delle spese di funzionamento dell'Istituto possono contribuire le regioni, sulla base di apposite convenzioni.

 

Si osserva che la disposizione, nell’escludere dalle limitazioni di spesa i progetti finanziati con fondi “non provenienti da contributi dello Stato”, potrebbe ricomprendere anche i contributi a progetti che siano finanziati da enti ricompresi nell’aggregato “Pubblica amministrazione”, quali, ad esempio, regioni, province o altri enti ricompresi nei sopracitati elenchi, che sono anch’essi sottoposti, magari con percentuali diverse, alle limitazioni di spesa.

Per escludere tale eventualità, potrebbe farsi riferimento ai “progetti finanziati con fondi privati”.


Articolo 1, comma 290
(Finanziamento Fondo bieticolo nazionale)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

290. Il Fondo bieticolo nazionale di cui all'articolo 3 del decreto-legge 21 dicembre 1990, n. 391, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1991, n. 48, è incrementato della somma di 10 milioni di euro per l'anno 2006.

290. Identico.

 

 

 

Il comma 290 trasferisce all’Associazione bieticolo-saccarifera italiana (ABSI) 10 milioni di euro per l’anno 2006, che andranno a riversarsi sul fondo dalla medesima gestito ai sensi dell’art. 3 del D.L. n. 391/1990 (che ha tra l’altro trasferito all’AGEA le risorse nazionali e comunitarie destinate al settore bieticolo saccarifero[80]).

Si ricorda che un analogo trasferimento di 10 milioni di euro è stato disposto per l’esercizio 2005 dal comma 479 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 (Legge finanziaria per il 2005), in conseguenza della quale è stato istituito presso il dicastero dell’economia, nella UPB 3.2.3.46, il cap. 7376.

L’articolo 3 del D.L. n. 391/90 ha autorizzato l’AIMA (ora AGEA) a versare al fondo bieticolo nazionale, istituito presso l’ABSI, una quota parte degli aiuti destinati al comparto. Le risorse così assegnate possono essere destinate agli interventi di perequazione delle bietole e dei relativi oneri comunitari, nonché ad ogni altra azione di interesse del settore bieticolo.

In proposito vale ricordare che lo zucchero è oggetto di una disciplina comunitaria ed è attualmente regolato dal Reg. (CE) n. 1260/2001 (“Organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero”), entrato in vigore il 1° luglio 2001. Detto provvedimento consente all’Italia, fino alla chiusura della campagna 2005/2006, di concedere un aiuto di adattamento il cui importo non può superare 5,43 EUR per 100 chilogrammi di zucchero bianco ai produttori di barbabietole da zucchero e, eventualmente, ai produttori di zucchero per la produzione della quantità di zucchero corrispondente effettuata entro i limiti delle quote A e B di ciascuna impresa produttrice di zucchero, per le regioni seguenti: Abruzzo, Molise, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.

Va rammentato che in linea generale è proprio la legge finanziaria che annualmente quantifica gli stanziamenti destinati alla realizzazione degli interventi autorizzati dall’Unione europea per il settore bieticolo saccarifero, attribuendo tuttavia dette risorse direttamente all’AGEA (così in tabella D della leggi finanziarie per il 2004 e il 2005). Sempre annualmente interviene una delibera del CIPE che, utilizzando le risorse assegnate, determina l’entità dell’aiuto da concedersi ai produttori. In proposito l’ultimo provvedimento oggetto di pubblicazione in Gazzetta è stata la Del. CIPE n. 53/05 del 4/11/2005, relativa alla campagna 2004/2005, che ha attribuito 8,428 mln ai bieticoltori tramite l’industria saccarifera e 1,372 mln al Fondo bieticolo nazionale. La quantità di prodotto che beneficia dell’aiuto ammonta approssimativamente a 2 milioni di quintali.

L’ABSI-Fondo Bieticolo è l’Ente Inteprofessionale del settore bieticolo saccarifero costituita da tutte le Associazioni dei bieticoltori e da tutte le Società saccarifere. Costituita sotto forma di Associazione nel 1982 con il compito principale di gestire il Fondo Bieticolo Nazionale, è stata trasformata in Società consortile il 30 ottobre 2001. Le disposizioni statutarie prevedono che le decisioni vengano assunte di comune accordo tra le parti, con maggioranze qualificate, mentre la rappresentanza è commisurata alla effettiva rappresentatività. Compito principale dell’ABSI-Fondo Bieticolo è quello di attuare gli Accordi Interprofessionali nonché gestire il Fondo Bieticolo Nazionale in merito al quale vige l’obbligo di rendicontazione al MIPAF.

 


Articolo 1, commi 291 e 292
(Modernizzazione dei settori dell’agricoltura, pesca, acquicoltura alimentazione e foreste)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

291. In considerazione dell'accresciuta complessità delle funzioni e del maggior numero di compiti di coordinamento delle attività regionali, individuati dai decreti legislativi emanati in attuazione dell'articolo 1 della legge 7 marzo 2003, n. 38, recante delega al Governo per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura, della pesca, dell'acquacoltura, agro-alimentare, dell'ali­mentazione e delle foreste, le risorse destinate al miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi istituzionali del Ministero delle politiche agricole e forestali sono incrementate di euro 1.550.000 a partire dall'anno 2006.

291. In considerazione dell'accresciuta complessità delle funzioni e del maggior numero di compiti di coordinamento delle attività regionali, individuati dai decreti legislativi emanati in attuazione dell'articolo 1 della legge 7 marzo 2003, n. 38, recante delega al Governo per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura, della pesca, dell'acquacoltura, agro-alimentare, dell'ali­mentazione e delle foreste, le risorse destinate al miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi istituzionali del Ministero delle politiche agricole e forestali, ivi compresi quelli inerenti l'attività dell'Ispettorato centrale repressione frodi, sono incrementate di euro 1.550.000 a partire dall'anno 2006.

 

292. All'onere derivante dall'attuazione del comma 291 si provvede, a decorrere dall'anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, per le finalità di cui all'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

292. Identico.

 

 

 

I commi 291 e 292 incrementano di 1,55 milioni di euro, a decorrere dal 2006, le risorse destinate al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi istituzionali del Ministero delle politiche agricole e forestali, al fine di far fronte ai nuovi compiti previsti per il Ministero medesimo dai decreti legislativi attuativi della legge delega n. 38 del 2003. Alla copertura dei relativi oneri si provvede a valere sulle risorse del D.Lgs. n. 228 del 2001 (recante “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo”).

Con un emendamento approvato dalla Commissione bilancio della Camera si è precisato che nell’ambito dei servizi istituzionali del Ministero vanno inclusi anche quelli forniti dall’Ispettorato centrale repressione frodi (ICRF)[81].

 

L’articolo 1 della legge n. 38 del 2003[82] ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per “completare il processo di modernizzazione dei settori agricolo, della pesca, dell’acquacoltura, agroalimentare, dell’alimentazione e delle foreste”. In attuazione di tale ampia delega (il cui termine, già prorogato, è ora scaduto) sono stati adottati i seguenti decreti legislativi:

§       D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99 (“Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

§       D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 102(“Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma articolo 1, comma 2, lettera i), della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

§       DLgs. 26 maggio 2004, n. 153 (“Attuazione della L. 7 marzo 2003, n. 38, in materia di pesca marittima”);

§       D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 154 (“Modernizzazione del settore pesca e dell'acquacoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

§       D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 100 (“Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori della pesca e dell'acquacoltura e per il potenziamento della vigilanza e del controllo della pesca marittima, a norma dell’articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

§       D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 101 (“Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura e delle foreste, a norma articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

§       D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102 (“Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e), della L. 7 marzo 2003, n. 38).

Tra i maggiori compiti di coordinamento previsti in capo al Ministero delle politiche agricole e forestali dai suddetti decreti legislativi si possono ricordare, in particolare, le funzioni connesse alla redazione e alla gestione del Piano assicurativo agricolo annuale (artt. 4-6 del D.Lgs. n. 102/2004) e del Programma assicurativo annuale della pesca e dell’acquacoltura (art. 14-bis del D.Lgs. n. 154/2004), all’istituzione del Fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell’acquacoltura (art. 14 del D.Lgs n. 154/2004) e alla nuova disciplina per il riconoscimento delle organizzazioni di produttori e delle loro forme associate (artt. 3-7 del D.Lgs. n. 102/2005).


Articolo 1, comma 293
(Nuove misure per il contenimento della spesa per l'assistenza farmaceutica)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

293. Al comma 5 dell'articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo la lettera f) è inserita la seguente:

293. Identico.

 

«f-bis) procedere, in caso di superamento del tetto di spesa di cui al comma 1, ad integrazione o in alternativa alle misure di cui alla lettera f), ad una temporanea riduzione del prezzo dei farmaci comunque dispensati o impiegati dal Servizio sanitario nazionale, nella misura del 60 per cento del superamento».

 

 

 

 

Il comma in esame,introdotto dal Senato, attribuisce nuovi poteri all’agenzia italiana del farmaco (AIFA) in caso di superamento dei livelli di spesa farmaceutica programmati.

 

Si ricorda che, ai sensi della normativa vigente, l’Agenzia ha a disposizione una serie di strumenti per intervenire in casi di sfondamento dei tetti di spesa[83].

In particolare l’Agenzia può provvedere, anche temporaneamente, ad una ripartizione della spesa eccedente secondo i seguenti criteri:

§         per il 60% ridefinendo le quote di spettanza del produttore (sul prezzo dei farmaci ammesso al rimborso);

§         per il 40% è ripianata dalle singole regioni attraverso l’adozione di specifiche misure in materia farmaceutica.

 

Il comma in esame prevede la possibilità da parte dell’AIFA di adottare misure che “in aggiunta, o in alternativa” agli interventi sopradescritti, determinino la temporanea riduzione del prezzo dei farmaci comunque dispensati o impiegati dal Servizio sanitario nazionale, nella misura del 60% del superamento del livello di spesa programmato.

 

La relazione tecnica integrativa non fornisce elementi sull’andamento previsto della spesa farmaceutica né sugli effetti attesi dalla norma.

 

Si segnala che per contrastare l’andamento della spesa farmaceutica nel 2004, superiore ai livelli massimi prefissati, il decreto-legge 24 giugno 2004, n. 156 [84] ha disposto, tra le altre, misure per la riduzione della percentuale spettante al produttore sul prezzo dei farmaci[85].


Articolo 1, comma 294
(Ammortizzatori sociali)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

294. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e nel limite complessivo di spesa di 505 milioni di euro a carico del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, e successive modificazioni, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può disporre entro il 31 dicembre 2006, in deroga alla vigente normativa, concessioni, anche senza soluzione di continuità, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi ed aree territoriali, ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi definiti in specifici accordi in sede governativa intervenuti entro il 30 giugno 2006 che recepiscono le intese già stipulate in sede istituzionale territoriale, ovvero nei confronti delle imprese agricole e agro-alimentari interessate dall'influenza aviaria. Nell'ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, i trattamenti concessi ai sensi dell'articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, possono essere prorogati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, qualora i piani di gestione delle eccedenze già definiti in specifici accordi in sede governativa abbiano comportato una riduzione nella misura almeno del 10 per cento del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2005. La misura dei trattamenti di cui al secondo periodo è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga, del 40 per cento per le proroghe successive. All'articolo 7-duodecies, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, le parole: «31 dicembre 2005» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2006».

294. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e nel limite complessivo di spesa di 480 milioni di euro a carico del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, e successive modificazioni, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può disporre entro il 31 dicembre 2006, in deroga alla vigente normativa, concessioni, anche senza soluzione di continuità, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi ed aree territoriali, ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi definiti in specifici accordi in sede governativa intervenuti entro il 30 giugno 2006 che recepiscono le intese già stipulate in sede istituzionale territoriale, ovvero nei confronti delle imprese agricole e agro-alimentari interessate dall'influenza aviaria. Nell'ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, i trattamenti concessi ai sensi dell'articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, possono essere prorogati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, qualora i piani di gestione delle eccedenze già definiti in specifici accordi in sede governativa abbiano comportato una riduzione nella misura almeno del 10 per cento del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2005. La misura dei trattamenti di cui al secondo periodo è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga, del 40 per cento per le proroghe successive. All'articolo 3, comma 137, quarto periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, come da ultimo modificato dall'articolo 7-duodecies, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, le parole: «31 dicembre 2005» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2006».

 

 

 

Il comma 294,riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) e nell’articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), prevede che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali[86] e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2006, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali - di concerto con quello dell'economia e delle finanze – possa - anche in deroga alla normativa ordinaria - concedere trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni:

§      la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi, “ovvero nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari interessate dall’influenza aviaria”;

§      i programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 30 giugno 2006.

 

Si evidenzia che, rispetto alla disciplina precedente su citata, si è aggiunta la possibilità di erogare i trattamenti di CIGS, mobilità e disoccupazione anche nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari che possono essere danneggiate dal fenomeno dell’influenza aviaria.

Sembra quindi che il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia possa concedere, anche in deroga alla vigente normativa, per tali aziende, i trattamenti su citati valutando discrezionalmente l’incidenza dell’influenza aviaria sulla situazione occupazionale.

Sembra pertanto che tali aziende, in considerazione della peculiarità della crisi da cui sono colpite, non siano tenute, per fruire dei trattamenti, a realizzare programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, definiti in specifici accordi in sede governativa.

 

Il secondo periodo del comma in esame autorizza la proroga dei trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina temporanea posta dal richiamato articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004.

Pertanto il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, può concedere una proroga o un'ulteriore proroga dei suddetti trattamenti, a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2005.

L’importo dei trattamenti corrisposti in base a tali provvedimenti ministeriali di proroga sarà ridotto nella misura del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nell'ipotesi di ulteriore proroga.

 

Si ricorda che il comma 155 dell’articolo 1 della legge n. 311/04 già prevede la possibilità di concedere i trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, in deroga alla normativa vigente, per l’anno 2006, ma con esclusivo riferimento agli accordi di settore (produttivo). Tuttavia anche in tal caso vale il termine del 30 giugno 2005 per la conclusione di accordi in sede governativa.

Tale previsione appare superata dal comma in esame.

 

Per l’attuazione delle disposizioni previste dal comma 294 – riguardanti pertanto sia i casi di concessione sia quelli di proroga - viene stanziato un importo complessivo di spesa, che, in seguito all’approvazione di un emendamento nel corso dell’esame del provvedimento presso la Commissione bilancio della Camera, risulta pari a 480 milioni di euro (il testo precedente prevedeva uno stanziamento pari a 505 milioni di euro) a carico del Fondo per l’occupazione, di cui all’art. 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236[87]).

 

L’ultimo periodo del comma in esame modificando l’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004,) concernente, come sopra visto, la proroga di alcuni trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali – proroga dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre 2006 il termine entro il quale il Ministro del lavoro, di concerto il Ministro dell'economia, può concedere e prorogare, anche in deroga alla normativa ordinaria, trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale.

Si ricorda, ai sensi del medesimo comma 137, devono essere rispettate le seguenti condizioni:

§       esistenza di programmi intesi alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti al reimpiego dei lavoratori;

§       per i casi di prima concessione dei trattamenti, conclusione, in sede governativa, di specifici accordi entro il 30 giugno 2004;

§       limite massimo complessivo di pari a 360 milioni di euro (a carico del summenzionato Fondo per l'occupazione);

 

Si evidenzia che il periodo in esame modifica testualmente l’articolo 7-duodecies del decreto legge n. 7/2005, che a sua volta aveva sostituito, all’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, il termine del “30 aprile 2005” con quello del “31 dicembre 2005”.

Si osserva inoltre che sarebbe opportuno un coordinamento tra i primi tre periodi del comma in esame e l’ultimo periodo dello stesso comma, prevedendo entrambe le norme autorizzazioni a concedere o prorogare i medesimi trattamenti (CIGS, mobilità e disoccupazione speciale) per l’anno 2006, in deroga alla normativa vigente.

 

Si ricorda che, ai sensi del quinto e sesto periodo dell'art. 3, comma 137, la misura dei trattamenti liquidati in base al quarto periodo del medesimo comma 137 è ridotta del 20%, ad esclusione dei casi di concessione e di prima proroga.

Poiché il comma 294 in esame, con l’ultimo periodo, differisce al 31 dicembre 2006 il termine per la concessione o la proroga dei trattamenti di CIGS, mobilità e disoccupazione speciale ai sensi della norma su citata, si evince che la disciplina di cui ai primi tre periodi dello stesso comma in esame sarebbe non sostitutiva, bensì aggiuntiva rispetto a quella recata dal citato art. 3, comma 137.

Si consideri che la disciplina di proroga di cui all’articolo 3, comma 137 è parzialmente differente da quella dei primi tre periodi del comma in esame: non viene posta, per beneficiarne, la condizione della riduzione (nella misura pari ad almeno il 10%) del numero dei destinatari e si prevedono criteri meno restrittivi di diminuzione dell'importo del trattamento.

 

Si ricorda inoltre che il decreto legge n. 203/2005, approvato dal Senato (C. 6176), attualmente all’esame della Camera, all’articolo 8, comma 3-ter provvede a prorogare, non oltre il 31 dicembre 2006, i trattamenti di CIGS e di mobilità alle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, alle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti ed alle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti.


Articolo 1, comma 294-bis
(Utilizzazione delle risorse per cassa integrazione guadagni e proroga dei trattamenti straordinari)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

294-bis. Le risorse finanziarie attribuite con accordo governativo nei casi di crisi di settori produttivi e di aree territoriali ai sensi del presente comma e ai sensi dell'articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e non completamente utilizzate, possono essere impiegate per trattamenti di cassa integrazione guadagni straor­dinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale in deroga alla vigente normativa ovvero possono essere destinate ad azioni di reimpiego dei lavoratori coinvolti nelle suddette crisi, sulla base di programmi predisposti dalle regioni interessate d'intesa con le province e con il supporto tecnico delle agenzie strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Nell'ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, i trattamenti concessi ai sensi dell'articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, posso­no essere prorogati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, qualora i piani di gestione delle eccedenze già definiti in specifici accordi in sede governativa abbiano comportato una riduzione nella misura almeno del 10 per cento del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2005. La misura dei trattamenti di cui al secondo periodo è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga in deroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga in deroga, del 40 per cento per le successive proroghe in deroga. Le risorse finanziarie attribuite con accordo governativo nei casi di crisi di settori produttivi e di aree territoriali possono essere utilizzate per tratta­menti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale in deroga alla vigente normativa ovvero possono essere destinate a programmi di reimpiego dei lavoratori coinvolti nelle suddette crisi, sulla base di programmi predisposti dalle regioni d'intesa con le province e con il supporto tecnico delle agenzie strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. La disposizione non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

 

 

 

Il comma in esame, introdotto in seguito all’approvazione di un emendamento (1. 2714) nel corso dell’esame del provvedimento presso la Commissione bilancio della Camera, dispone una finalizzazione per le risorse finanziarie “attribuite, con accordo governativo nei casi di crisi di settori produttivi e di aree territoriali”, ai sensi del comma precedente (per un errore materiale il testo riporta “presente”) e dell’articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005) se “non completamente utilizzate”.

Si osserva che la disposizione potrebbe prestarsi a dubbi interpretativi. Sembrerebbe che si voglia far riferimento alle risorse attribuite, ai sensi delle citate disposizioni, sulla base di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali e dei conseguenti accordi conclusi in sede governativa, e per qualsiasi motivo non utilizzate. Rimarrebbero escluse le risorse attribuite alle “imprese agricole e agroalimentari interessate dall’influenza aviaria”, ai sensi del comma 294.

Dal punto di vista della redazione formale, sarebbe opportuno sostituire le parole “attribuite con accordo governativo” con le seguenti “sulla base di accordo governativo”.

Le risorse di cui sopra possono essere utilizzate:

-       per trattamenti di CIGS, di mobilità e di disoccupazione speciale in deroga alla vigente normativa.

Sembrerebbe che la disposizione intenda destinare le risorse in questione, in maniera generale e senza particolari condizioni o requisiti, alla concessione dei trattamenti di CIGS, di mobilità e di disoccupazione speciale in deroga alla vigente normativa. Si ricorda che invece il comma 294 del testo in esame e l’articolo 1, comma 155 della legge n. 311/2005 pongono una serie di condizioni (realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali; conclusione di accordi in sede governativa).

 

-       per azioni miranti al reimpiego dei lavoratori coinvolti nelle crisi aziendali, sulla base di programmi predisposti dalle regioni d’intesa con le province interessate e “con il supporto tecnico delle agenzie strumentali del Ministero del lavoro”.

Si ricorda che le principali Agenzie strumentali del Ministero del lavoro sono rappresentate da Italia lavoro s.p.a. e dall’ISFOL.

L’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), è un ente pubblico di ricerca scientifica creato con D.P.R. 30 giugno 1973 n. 478, in base alla previsione del D.P.R. n. 10/72. Con tale ultimo atto, infatti, il legislatore statale, nel trasferire le funzioni amministrative in materia di istruzione professionale alle Regioni, prevedeva la creazione di un organismo di diritto pubblico, dotato di autonomia amministrativa e patrimoniale, al quale affidare le funzioni di cui era rimasto titolare lo Stato.

Italia lavoro, invece, è stata creata sulla base della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 maggio 1997 con cui si prevede la costituzione da parte di GEPI S.p.A., divenuta poi Itainvest S.p.A., di una società cui conferire le attività svolte dalla stessa GEPI in materia di mercato del lavoro. Oltre alla gestione dei progetti in materia di lavori socialmente utili e di pubblica utilità Italia Lavoro si occupa di fornire assistenza tecnica, oltre che al Ministero del Lavoro, alle Amministrazioni pubbliche e agli enti locali, alle società a totale o prevalente partecipazione pubblica, alle cooperative sociali ed in generale alle imprese, con lo scopo di assisterle nelle opportunità di creazione.

 

La successiva parte del testo del comma 294-bis (secondo e terzo periodo) riproduce in maniera identica una parte del comma 294 (vedi relativa scheda)

Sarebbe opportuno coordinare le disposizioni in esame, eventualmente sopprimendo il secondo e terzo periodo del comma in esame.

Si osserva inoltre che il penultimo periodo appare sostanzialmente identico al primo periodo e quindi andrebbe soppresso.

 

Infine l’ultimo periodo precisa che il comma non comporta oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.


Articolo 1, comma 295
(Crediti d’imposta per gli investimenti e le assunzioni)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

295. Al fine di rendere più efficiente l'utilizzo degli strumenti di incentivazione per gli investimenti e le assunzioni, alla legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono apportate le seguenti modificazioni:

295. Identico.

 

a) all'articolo 62, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

 

 

«1-bis. Le risorse derivanti da rinunce o da revoche di contributi di cui al comma 1, lettera c), sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per accogliere le richieste di ammissione all'agevolazione, secondo l'ordine cronologico di presentazione, non accolte per insufficienza di disponibilità.»;

 

 

b) all'articolo 63, comma 3, dopo il primo periodo, sono inseriti i seguenti: «Ove il datore di lavoro presenti l'istanza di accesso alle agevolazioni prima di aver disposto le relative assunzioni, le stesse sono effettuate entro trenta giorni dalla comunicazione dell'accoglimento dell'istanza da parte dell'Agenzia delle entrate. In tal caso l'istanza è completata, a pena di decadenza, con la comunicazione dell'identificativo del lavoratore, entro i successivi trenta giorni».

 

 

 

 

Il comma 295 dell’articolo 1 modifica gli articoli 62 e 63 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), relativamente ai crediti d’imposta per investimenti e per le nuove assunzioni, con l'obiettivo di accrescere l'efficienza nell'impiego dei suddetti strumenti d’incentivazione.

 

La lettera a) interviene circa il credito d’imposta per investimenti, introducendo un nuovo comma 1-bis nell'articolo 62 della legge n. 289 del 2002.

Con esso viene disposto che le risorse derivanti da rinunzie o da revoche dei contributi di cui al comma 1, lettera c), del suddetto articolo 62 sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per accogliere le richieste di ammissione all'agevolazione, non accolte per insufficienza di disponibilità, secondo l'ordine cronologico di presentazione.

 

L’articolo 62 della legge n. 289 del 2002 ha introdotto alcune specifiche modalità per la fruizione del credito d’imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, al fine di consentire all’amministrazione la pianificazione e un adeguato monitoraggio dei flussi di spesa. In particolare alla lettera c) del comma 1 viene disciplinata la procedura per la fruizione del contributo agli investimenti da parte dei soggetti che hanno presentano l'istanza per la prima volta relativamente agli investimenti da effettuare dopo il 1° gennaio 2003.

 

Il credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate è stato introdotto dall’articolo 8 della legge n. 388 del 2000, in favore delle imprese che, entro la chiusura del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2006, effettuano nuovi investimenti nelle predette aree, individuate nelle aree destinatarie degli aiuti a finalità regionale ammessi alle deroghe previste dall'articolo 87.3.a) e 87.3.c) del Trattato in materia di aiuti di Stato, individuate dalla Carta italiana degli aiuti per il periodo 2000-2006.

I soggetti beneficiari sono i titolari di reddito d’impresa, con esclusione degli enti non commerciali. L’articolo 60 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002), ha modificato l’ambito soggettivo dei beneficiari, estendendone l’applicazione anche alle imprese agricole operanti nell’intero territorio nazionale.

Sono nuovi investimenti agevolabili le acquisizioni, ivi comprese quelle in leasing, di beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive già esistenti o di nuova costituzione, ubicate nelle aree svantaggiate. I beni, che possono essere sia materiali che immateriali, devono possedere il requisito della novità.

I beni materiali, sia mobili che immobili, devono essere utilizzati durevolmente nell'attività dell'impresa. Quanto ai beni immobili, risultano agevolabili soltanto gli investimenti in immobili strumentali per destinazione.

I beni immateriali agevolabili sono quelli rappresentati da diritti suscettibili di tutela giuridica, vale a dire, i brevetti e le relative licenze di sfruttamento, i marchi e le relative licenze di sfruttamento; i diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno; i diritti di sfruttamento di conoscenze tecniche non brevettate (know-how).

L'agevolazione compete sugli investimenti effettuati a decorrere dal 14 marzo 2001, vale a dire dal giorno successivo alla data di approvazione da parte dell'Unione europea del regime agevolativo, e fino al 31 dicembre 2006.

L’entità del beneficio non può essere superiore alla misura massima consentita nel rispetto dei criteri e dei limiti di intensità di aiuto stabiliti dalla Commissione europea.

Per quanto concerne le modalità di fruizione del credito d’imposta, il comma 5 del citato articolo 8 della legge n. 388 del 2000 consente l’applicazione del beneficio in sede di dichiarazione dei redditi, disponendone l’utilizzo solo in compensazione con debiti tributari e contributivi, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997.

 

La lettera c) del comma 1 dell'articolo 62 della legge n. 289 del 2002 definisce l’ambito territoriale di applicazione della misura agevolativa sopra ricordata e le intensità di aiuto a decorrere dal 1° gennaio 2003.

In particolare, il primo periodo della lettera c) stabilisce che a decorrere da tale data il credito d'imposta sia attribuito esclusivamente per gli investimenti da effettuare nelle seguenti aree:

-        nelle aree ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del Trattato istitutivo della Comunità europea,

-        nelle sole aree delle regioni Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), dello stesso Trattato, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006.

Nelle altre aree 87.3.c) del Centro Nord è riconosciuto un credito d’imposta per gli investimenti più limitato, entro 30 milioni di euro annui fino al 2006, secondo le medesime modalità (terzo periodo della lettera c). L’efficacia di tale misura nelle aree del Centro Nord è tuttavia subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato.

Il secondo periodo della lettera c) precisa la misura dell’agevolazione applicabile:

-        nelle aree ammissibili alla deroga ai sensi dell’art. 87.3.a) il contributo spetta nella misura dell’85% dell’intensità fissata dalla Carta degli aiuti.

-        per le aree 87.3.c) delle regioni Abruzzo e Molise il contributo spetta nella intera misura dell’intensità fissata per tali aree dalla Carta degli aiuti 2000-2006.

Per le restanti aree 87.3.c) del Centro Nord non è, invece, prevista alcuna precisazione relativamente all’intensità di aiuto applicabile.

 

La lettera b) del presente comma riguarda il credito d’imposta per assunzioni, aggiungendo un periodo al comma 3 dell'articolo 63 della legge n. 289 del 2002.

Il periodo aggiunto interviene nell'ambito della procedura – prevista dal comma 3 dell'articolo 63 citato – necessaria per maturare il diritto al credito d’imposta per le nuove assunzioni, stabilendo che se il datore di lavoro presenta l’istanza di accesso alle agevolazioni prima di aver disposto le relative assunzioni di personale, queste devono essere effettuate entro trenta giorni dalla comunicazione dell’accoglimento dell’istanza da parte dell’Agenzia delle entrate. In tale ipotesi è necessario completare l’istanza con la comunicazione relativa all’identità del lavoratore entro trenta giorni, a pena di decadenza.

 

Si ricorda in proposito che l’articolo 63 della legge n. 289 del 2002 ha operato una revisione della disciplina del credito di imposta, introdotto dall’articolo 7 della legge n. 388 del 2000, in favore dei datori di lavoro per le nuove assunzioni effettuate, con contratto a tempo indeterminato, ad incremento dell'organico. Il regime agevolativo, come ridisciplinato, è stato prorogato fino al 31 dicembre 2006.

La lettera a) del comma 1 disciplina il credito d’imposta per le assunzioni effettuate nell’anno 2003 in favore dei datori di lavoro che abbiano acquisito il diritto all’agevolazione già nel 2002, nei cui riguardi trova applicazione l’articolo 2 del D.L. n. 209 del 2002. La lettera b) delinea la nuova disciplina del credito d’imposta per l’occupazione che sostituisce definitivamente - con cadenze temporali differenziate in base alla particolare posizione soggettiva del datore di lavoro - quello previsto dall’articolo 7 della legge n. 388 del 2000.

Il nuovo regime entra in vigore:

-        nell’anno 2003 in favore dei datori di lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a), vale a dire in favore di coloro i quali non hanno mai fruito in precedenza dell’agevolazione (né ai sensi dell’art. 7 della legge 388 del 2000 né valendosi dell’art. 2 del D.L. n. 209 del 2002);

-        a decorrere dal 1° gennaio 2004 in favore di tutti i datori di lavoro.

Il credito d’imposta è attribuito per ogni nuova assunzione che dia luogo ad un incremento della base occupazionale rispetto alla base occupazionale media riferita al periodo 1° agosto 2001-31 luglio 2002, nell’importo di:

-        100 euro mensili per ogni nuovo assunto;

-        150 euro mensili se il nuovo assunto è di età superiore ai 45 anni;

-        ulteriori 300 euro mensili se le assunzioni sono effettuate nelle aree indicate al comma 10 dell’articolo 7 della legge n. 388 del 2000, vale a dire nelle aree di cui all'obiettivo 1 dei Fondi strutturali (regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia), nelle regioni Abruzzo e Molise, nelle aree di crisi e nelle c.d. zone cuscinetto, individuate ai sensi dell’articolo 4, comma 3, della legge n. 448 del 1998.

Per il credito d’imposta così disciplinato, si stabilisce un limite finanziario complessivo di 125 milioni di euro per ciascun anno del periodo 2003-2006.

Il comma 2 dell'articolo 63 citato specifica i termini per l’attribuzione e la fruizione del credito d’imposta, ai sensi della disciplina dettata dal comma 1.

Per maturare il diritto al credito d’imposta il comma 3 dell’articolo 63 prevede una procedura specifica, che impone ai datori di lavoro di presentare una apposita istanza preventiva al Centro operativo di Pescara dell’Agenzia delle entrate, contenente tutte le informazioni occorrenti per stabilire la base occupazionale di riferimento e il numero, la tipologia, la decorrenza e la durata dell’assunzione.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 30 gennaio 2003 è stato approvato il modello di istanza preventiva per l’attribuzione del credito di imposta per l’incremento dell’occupazione, da inviare all’Agenzia delle entrate ai sensi del comma 3. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 20 giugno 2003 è stato stabilito il termine iniziale di presentazione delle istanze.

Il credito d’imposta può essere fruito solo dopo l’espresso atto di assenso adottato dall'Agenzia delle entrate entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell’istanza. L’Agenzia decide in funzione dei dati raccolti, anche in ordine alla proiezione degli effetti finanziari sugli anni successivi e in considerazione dei limiti di spesa progressivamente impegnati nel corso dell’anno in ragione dei contributi via via assegnati. Per la gestione delle istanze da parte dall'Agenzia delle entrate, il comma 3 rimanda alla disciplina dettata dal D.M. Finanze del 3 agosto 1998, n. 311.


Articolo 1, comma 295-bis
(Credito di imposta per gli investimenti e le assunzioni nel Sud)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

295-bis. Al comma 8 dell'articolo 10-ter del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo le parole: «legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modifi­cazioni,» sono inserite le seguenti: «in attuazione delle disposizioni dettate dall'articolo 66, comma 1, della citata legge n. 289 del 2002 e».

 

 

 

Il comma 295-bis, introdotto dalla Commissione bilancio della Camera, integra l’articolo 10-ter, comma 8, del decreto legge n. 203/05, al fine di prevedere che il finanziamento di interventi, previsti dalla legislazione vigente, nel settore bieticolo-saccarifero e nel settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, avvenga nell’ambito della disciplina sul sostegno alle filiere agroalimentari.

L’articolo 10-ter, comma 8, del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, dispone che gli interventi di cui alla legge n. 700 del 1983 (relativa al risanamento e al riordino produttivo e commerciale del settore bieticolo-saccarifero) e alla legge n. 266 del 1997 (relativa alla trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici) possono essere finanziati a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui agli art. 60 e 61 della legge 289/2002, secondo criteri stabiliti dal CIPE.

 

L’intero art. 66 della legge n. 289 è diretto ad assicurare un sostegno alle filiere agroalimentari, agevolando investimenti o favorendo la capitalizzazione delle imprese del comparto dell’agroindustria.

In particolare con il comma 1 è assegnato al Ministro delle politiche agricole di promuovere la definizione di contratti di filiera, in qualche modo assimilabili ai contratti di programma, attingendo alle risorse destinate alle cosiddette “aree sottoutilizzate”, coincidenti territorialmente con le aree depresse. Le finalità da perseguire sono quelle di favorire l’integrazione dei diversi soggetti partecipanti ad una medesima filiera del sistema agroalimentare e di rafforzare i distretti agroalimentari; gli operatori coinvolti potranno anche rivestire la forma associativa.

Per la conclusione dei contratti di filiera è richiesto che siano soddisfatti i seguenti requisiti:

-        sia rispettata la programmazione regionale;

-        i contratti abbiano una rilevanza nazionale;

-        abbiano carattere interprofessionale (cioè prevedano la partecipazione dei rappresentanti di due o più categorie professionali - produttori, trasformatori, distributori- di una medesima filiera produttiva);

-        siano coerenti con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura;

-        rientrino nel limite finanziario complessivo che sarà fissato con delibera del CIPE in sede di ripartizione del Fondo per le aree sottoutilizzate, in attuazione degli articoli 60 e 61 della stessa legge n. 289.

Relativamente a tale Fondo unico per il mezzogiorno di cui all'ultimo punto, l’articolo 61 dispone che le sue risorse siano ripartite dal CIPE esclusivamente tra gli interventi previsti da leggi sostanziali le cui risorse siano confluite nel fondo stesso: l'allegato 1 all'art. 61 include anche la Legge 208 del 1998 sullo sviluppo sociale ed economico delle aree depresse del territorio nazionale. Nel corso degli anni tali risorse sono state assegnate dal Cipe, per quanto qui rileva, anche al settore della programmazione negoziata. In sede di allocazione delle risorse inoltre il Cipe potrà decidere ai sensi dell’articolo 60 della finanziaria 2003, ovvero in base allo stato di attuazione degli interventi finanziati o alle esigenze espresse dal mercato.

Quanto al Fondo per le aree sottoutilizzate, trattasi del fondo istituito dalla legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), la quale ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, co. 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, co. 3, c.d. Fondo MAP).

Nel Fondo MEF, sono confluite le risorse relative all’intervento straordinario nel Mezzogiorno; all’intervento ordinario nelle aree depresse; al Fondo per l’imprenditoria giovanile e ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni. Nel Fondo MAP, sono confluite le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate specificamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate, vale a dire, le risorse relative alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area).

Al CIPE è attribuita la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione di ciascun Fondo tra gli interventi in esso compresi, nonché di modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi è deliberata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari, alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. L’articolo 4, comma 130, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) prevede, inoltre, che la diversa allocazione delle risorse effettuata dal CIPE tenga conto anche della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale.


Articolo 1, comma 295-ter
(Interventi I.S.A. nel settore del commercio e della trasformazione di prodotti agricoli)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

295-ter. Al comma 132-ter del­l'articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, introdotto dall'articolo 10-ter, comma 11, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, le parole da: «eventual­mente integrati» fino alla fine del comma sono soppresse.

 

 

 

Il comma 295-ter,approvato dalla Commissione bilancio della Camera, sopprime le disposizioni di cui all’art. 2, co. 132-ter della legge 662/96, introdotto dall’articolo 10-ter del D.L. n. 203/05, che prevedono la possibilità per l’Istituto sviluppo agroalimentare (I.S.A.) S.p.A. di avvalersi, per l’esercizio delle sue funzioni, anche delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate.

 

L’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) S.p.A. è una finanziaria per il settore agricolo, agro-industriale e agro-alimentare, istituita nell’ottobre 2004, partecipata al 60% da ISMEA e per il restante 40% da Sviluppo Italia. Secondo quanto dichiarato dal Ministro Alemanno in occasione della costituzione della società, essa “subentrerà nello svolgimento delle attività finanziarie finora svolte da Sviluppo Italia per il settore, con il compito di assumere partecipazioni in società operanti in agricoltura e nell’agro-alimentare e di erogare assistenza e consulenza nel settore finanziario ad aziende e enti pubblici e privati”. Gli interventi attualmente gestiti da Sviluppo Italia sono attuati attraverso un ingresso minoritario nel capitale sociale aziendale per un periodo di tempo limitato, e con la concessione di finanziamenti a tasso agevolato.

Il decreto-legge n. 35/2005 (Disposizioni urgenti nell’ambito del piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 80/2005, ha disciplinato l’attività e il funzionamento dell’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA). In particolare, l’art. 10-ter, commi 1 e 2 ha configurato un ruolo specifico per l’Istituto relativamente alla valutazione, ammissione e gestione dei contratti di filiera e dei contratti di programma, nei quali siano presenti iniziative specifiche per il settore agricolo e agroalimentare. In entrambi i casi restano comunque ferme le competenze attribuite al CIPE in merito all’approvazione di entrambi gli strumenti di programmazione negoziata.Il comma 9 dell’art. 10-ter ha quindi autorizzato il Ministero delle politiche agricole e forestali ad acquistare dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) e da Sviluppo Italia S.p.A. le partecipazioni da entrambi possedute nell’Istituto per lo Sviluppo Agroalimentare (ISA), allo scopo potendo utilizzare gli stanziamenti del Fondo unico per gli investimenti del Ministero medesimo.

Da ultimo, l’articolo 10-ter del decreto legge n. 203/05, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, hadisposto iltrasferimento di talune risorse patrimoniali, nella disponibilità della società per azioni Sviluppo Italia, alla societàper azioniIstituto sviluppo agroalimentare (ISA), con il contestuale passaggio al Ministero delle politiche agricole della quota di partecipazione attualmente detenuta da Sviluppo Italia in ISA. In particolare, il comma 11 (che ha sostituito con tre nuovi commi il comma 132 dell’articolo 2 della legge n. 662 del 1996) ha previsto che ISA SpA, nell'ambito delle operazioni di acquisizione delle partecipazioni azionarie e di erogazioni di finanziamenti a società ed organismi operanti nel settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, può definire condizioni compatibili con i princípi di economia di mercato e stipulare appositi accordi con i quali, tra l'altro, gli altri soci, o eventualmente terzi, si impegnano a riscattare al valore di mercato, nel termine stabilito dal relativo piano specifico di intervento, le azioni o le quote sociali acquisite (comma 132). Con le medesime modalità ISA Spa può partecipare ad iniziative promosse da società, enti, fiere ed altri organismi allo scopo di predisporre studi, ricerche, programmi di promozione e di potenziamento dei circuiti commerciali dei prodotti agricoli ed agroindustriali (comma 132-bis). Il comma 132-ter, infine, prevede che per le finalità di cui ai commi 132 e 132-bis, ISA Spa si avvale dei propri fondi, eventualmente integrati con le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate (di cui agli articoli 60 e 61 della legge n. 289 del 2002) secondo criteri stabiliti dal CIPE.

 


Articolo 1, comma 296
(Interventi di ristrutturazione di imprese della filiera agroalimentare)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

296. All'articolo 1, comma 3-ter, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A valere sulle risorse del fondo di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, sono individuati dal CIPE interventi per la ristrutturazione di imprese della filiera agro-alimentare, con particolare riguardo a quelle gestite o direttamente controllate dagli imprenditori agricoli».

296. Identico.

 

 

 

Il comma 296 novella l’articolo 1, comma 3-ter, del decreto legge n. 22/2005 (Interventi urgenti nel settore agroalimentare), assegnando al CIPE il compito di individuare interventi per la ristrutturazione di imprese appartenenti alle filiere agroalimentari. La norma sembra attribuire una preferenza, se non una priorità (“con particolare riguardo”), alle imprese controllate da imprenditori agricoli. Per la messa in atto delle operazioni di ristrutturazione il CIPE non si vede attribuire risorse aggiuntive, ma deve attingere alle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (di cui agli artt. 60 e 61 della legge n. 289/2002).

 

Il D.L. 22 febbraio 2005 n. 22 ha disposto, con il menzionato comma 3-ter, in merito ad un rifinanziamento del Fondo di solidarietànazionale – interventi indennizzatori. Al CIPE è stato attribuito il compito di provvedere alla destinazione delle risorse, che vanno individuate all’interno del fondo di cui all’art. 61, co. 1 della legge 289/2002 (cosiddetto Fondo per le aree sottoutilizzate), per la parte attribuita alla gestione del dicastero delle attività produttive.

Il Fondo per le aree sottoutilizzate è stato istituito dalla legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), che ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, co. 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, co. 3, c.d. Fondo MAP). Nel Fondo MEF sono confluite le risorse relative all’intervento straordinario nel Mezzogiorno, all’intervento ordinario nelle aree depresse, al Fondo per l’imprenditoria giovanile e ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni. NelFondo MAP,sono confluite le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate specificamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate, ossia le risorse relative alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area). Al CIPE è attribuita la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione di ciascun Fondo tra gli interventi in esso compresi, nonché di modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi è deliberata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari, alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. L’articolo 4, comma 130, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) prevede, inoltre, che la diversa allocazione delle risorse effettuata dal CIPE tenga conto anche della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale.

 

Per una valutazione della ammissibilità degli aiuti alla ristrutturazione con le disposizioni comunitarie, va fatto riferimento agli Orientamenti comunitari sugli aiuti si Stato finalizzati al salvataggio o ristrutturazione delle imprese, che la Commissione ha adottato a decorrere dal 1994, ma che si rivolgono anche al settore agricolo a partire dal 1997[88]. Detti Orientamenti sono stati peraltro sostituiti nel 1999 da una nuova disciplina in materia, più rigorosa e restrittiva della precedente; infine, anche tale versione, scaduta il 9 ottobre 2004, è stata sostituita con gli “Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà” (di cui alla Comunicazione pubblicata nella Gazzetta 2004/C244/02).

I nuovi orientamenti, entrati in vigore il 10 ottobre 2004, disciplinano orizzontalmente gli aiuti di Stato, prevedendo sia una disciplina generale applicabile alle imprese operanti in tutti i settori di attività[89], sia delle norme particolari da applicarsi alle sole piccole e medie imprese o per il settore agricolo, per il quale ultimo va fatto riferimento alla specifica sezione 5.

Alla luce dei menzionati Orientamenti, hanno titolo all’aiuto le imprese in difficoltà, e secondo la Commissione sono tali le imprese che non sono in grado - con le loro risorse o con quelle che possono ottenere da proprietari/azionisti o dai creditori - di contenere le perdite che, in assenza di un intervento esterno delle autorità pubbliche, potrebbero condurle quasi certamente al collasso economico a breve o a medio termine. In linea di principio, sono comunque considerate in difficoltà, a prescindere dalle dimensioni, le società:

-       a responsabilità limitata, qualora abbia perduto più della metà del capitale sociale e la perdita di più di un quarto di tale capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi;

-       in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società, qualora abbia perduto più della metà dei suoi fondi propri, quali indicati nei conti della società, e la perdita di più di un quarto del capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi;

-       di tutte le forme, qualora ricorrano le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti una procedura concorsuale per insolvenza.

In ogni caso, come si precisa nei nuovi orientamenti, una impresa in difficoltà può beneficiare degli aiuti solo previa verifica della sua incapacità di riprendersi con le proprie forze o con finanziamenti ottenuti dai suoi proprietari/azionisti o da altre fonti sul mercato.

Ai sensi degli orientamenti, presentano profili di incompatibilità con la disciplina comunitaria gli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese di nuova costituzione (in linea di principio si considera tale una impresa nei primi tre anni dall’avvio dell’attività nel settore interessato) o quelle che fanno parte di un gruppo più grande.

La Commissione disciplina con la medesima comunicazione sia gli aiuti per il salvataggio che gli aiuti alla ristrutturazione, in quanto, pur obbedendo a meccanismi diversi, in entrambi i casi la decisione in merito all’intervento pubblico ha per oggetto una valutazione di imprese in difficoltà.

Per quanto qui rileva, pertanto, gli aiuti per la ristrutturazione possono essere autorizzati in linea generale solo nei casi in cui la concessione non risulti contraria all’interesse comune, e ciò è possibile solo in caso di rispetto di criteri rigorosi e con misure compensativeche minimizzino gli eventuali effetti distorsivi della concorrenza.

Le condizioni da rispettare per la concessione degli aiuti per la ristrutturazione sono:

-       l'ammissibilità dell'impresa, che deve essere un'impresa in difficoltà;

-       la definizione e realizzazione di un piano di ristrutturazione di durata il più limitata possibile;

-       piano che consenta il ripristino della redditività a lungo termine e sulla base di ipotesi realistiche sulle condizioni operative future;

-       l'introduzione di misure compensative - per minimizzare il più possibile gli effetti negativi sui concorrenti -proporzionali all’effetto distorsivo dell’aiuto, alle dimensioni e al peso dell’impresa sui mercati. Peraltro, dette misure, la cui entità deve essere fissata dalla Commissione, di norma non si applicano alle piccole imprese; nel caso invece di imprese attive nel settore agricolo vale l’obbligo di adottare la maggior parte di tali misure, in ragione della maggiore sensibilità del comparto che amplifica gli effetti negativi degli aiuti concessi sugli scambi (cfr. punto 87 della sez. 5);

-       in caso di sovracapacità strutturale di una impresa operante nel comparto agricolo si applicano le specifiche misure di riduzione (di cui alla sez. 5.4);

-       l'importo e l'intensità dell'aiuto devono essere limitati allo stretto necessario. I beneficiari dovranno, pertanto contribuire in maniera significativa al piano di ristrutturazione sia con fondi propri che con finanziamenti esterni;

-       l'imposizione da parte della Commissione di condizioni ed obblighi specifici;

-       la piena attuazione del programma di ristrutturazione ;

-       il controllo che la Commissione deve potere effettuare sull'avanzamento del piano di ristrutturazione sulla base di relazioni regolari e particolareggiate, trasmesse dallo Stato membro.

Nei nuovi orientamenti viene, inoltre, ulteriormente rafforzato il principio dell’aiuto “una tantum” al fine di evitare che si ricorra alla concessione ripetuta di aiuti allo scopo di tenere in vita le imprese. Pertanto, gli aiuti sia per il salvataggio che per la ristrutturazione possono essere concessi una sola volta e lo Stato membro, all’atto della notifica alla Commissione di un progetto di aiuto è tenuto a precisare se l’impresa abbia ottenuto in passato aiuti. L’arco temporale cui fare riferimento è di norma 10 anni; tuttavia, per le imprese agricole tale periodo è ridotto a 5 anni.


Articolo 1, commi 297-299
(Concentrazione di imprese ed estensione
del contributo alle imprese agricole)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

297. All'articolo 9, comma 1, lettera b), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La concentrazione si considera realizzata anche attraverso il controllo di società di cui all'articolo 2359 del codice civile, la partecipazione finanziaria al fine di esercitare l'attività di direzione e coordinamento ai sensi degli articoli 2497 e seguenti del codice civile e la costituzione del gruppo cooperativo previsto dall'articolo 2545-septies del codice civile».

297. Identico.

 

298. All'articolo 9 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, dopo il comma 6 è inserito il seguente:

298. Identico.

 

«6-bis. Il contributo di cui al comma 1 è esteso agli imprenditori agricoli».

 

 

299. All'articolo 9 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

299. Identico.

 

a) al comma 1, dopo le parole: «giovani imprenditori agricoli,» sono inserite le seguenti: «anche organizzati in forma societaria,»;

 

 

b) al comma 2, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Le società subentranti, alla data di presentazione della domanda, devono avere la sede legale, amministrativa ed operativa nei territori di cui all'articolo 2».

 

 

 

 

Il comma 297, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, estende la nozione di concentrazione”, rilevante per l’attribuzione del relativo premio previsto dall’articolo 9 del D.L. n. 35 del 2005, ad altre fattispecie, espressamente indicate.

 

Il richiamato articolo 9 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, prevede infatti, in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese – definite secondo i criteri dell’Unione europea – che partecipino a processi di concentrazione, l'erogazione di un credito d’imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione, pari al 50 per cento delle spese sostenute per studi e consulenze relativi alle operazioni di concentrazione stesse.

 

Nel dettaglio, il citato articolo 9 attribuisce alle imprese rientranti nella definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese, di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CEdella Commissione, del 6 maggio 2003, che prendono parte a processi di concentrazione, nel rispetto delle condizioni previste nel regolamento (CE) n. 70/2001 del 12 gennaio 2001 della Commissione, un contributo nella forma di credito di imposta pari al cinquanta per cento delle spese sostenute per studi e consulenze, inerenti all'operazione di concentrazione e comunque in caso di effettiva realizzazione dell'operazione, secondo le condizioni che seguono:

a)  il processo di concentrazione deve essere ultimato, avuto riguardo agli effetti civili, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del presente decreto e i ventiquattro mesi successivi;

b)  l'impresa risultante dal processo di concentrazione, comunque operata, ovvero l'aggregazione fra singole imprese, deve rientrare nella definizione di piccola e media impresa di cui alla raccomandazione della Commissione europea del 6 maggio 2003;

c)  tutte le imprese che partecipano al processo di concentrazione devono aver esercitato attività omogenee nel periodo d'imposta precedente alla data in cui è ultimato il processo di concentrazione o aggregazione ed essere residenti in Stati membri dell'Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo.

 

Il comma 1-bis dell’articolo 9 è diretto a specificare la definizione di "concentrazione" ai fini dell'applicazione delle disposizioni previste dallo stesso articolo.

Viene pertanto precisato che, al fine della concessione del contributo suddetto, s’intendono per concentrazione:

§      l’aggregazione di più imprese che dà luogo alla costituzione di un’unica impresa;

§      l’incorporazione, da parte di un'impresa, di un'altra o di altre imprese;

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 2501 del codice civile, la fusione di più società può eseguirsi o mediante la costituzione di una nuova società, come nel caso di cui alla lettera a), o mediante l'incorporazione in una società di una o più altre, come nel caso di cui alla lettera b).

 

§      le aggregazioni di più imprese – su base contrattuale – per l'organizzazione in comune di attività imprenditoriali rilevanti;

§      la creazione di consorzi, con cui più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per lo svolgimento di fasi rilevanti dell’attività delle rispettive imprese.

Questa definizione di consorzio coincide con quella, di carattere più generale, dettata dall'articolo 2602 del codice civile, in base alla quale con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese;

§      le ulteriori forme che favoriscano la crescita dimensionale delle imprese.

 

Il comma 297 in esame aggiunge ora all'articolo 9, comma 1, lettera b), del D.L. n. 35 del 2005 un periodo a tenore del quale la concentrazione si considera realizzata anche:

a)      attraverso il controllo di società di cui all'articolo 2359 del codice civile;

 

Ai sensi del richiamato articolo 2359 del codice civile sono considerate società controllate:

1)  le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2)  le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3)  le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono invece considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

 

b)     la partecipazione finanziaria al fine di esercitare l'attività di direzione e coordinamento ai sensi degli articoli 2497 e seguenti del codice civile;

 

Il capo IX del libro quinto del codice civile (articoli 2497 e seguenti) prevede norme in tema di direzione e coordinamento di società. In particolare, l’articolo 2497-sexies stabilisce che si presume, salva prova contraria, che l'attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le controlla ai sensi dell'articolo 2359. Il successivo articolo 2497-septies prescrive l’applicazione delle disposizioni del medesimo capo alla società o all'ente che, fuori dalle ipotesi indicate all'articolo 2497-sexies, esercita attività di direzione e coordinamento di società sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti.

 

c)      la costituzione del gruppo cooperativo previsto dall'articolo 2545-septies del codice civile.

 

Ai sensi del richiamato articolo 2545-septies del codice civile, in tema di gruppo cooperativo paritetico, il contratto con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in forma consortile, la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese deve indicare:

1)  la durata;

2)  la cooperativa o le cooperative cui è attribuita direzione del gruppo, indicandone i relativi poteri;

3)  l'eventuale partecipazione di altri enti pubblici e privati;

4)  i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto;

5)  i criteri di compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall'attività comune.

La cooperativa può recedere dal contratto senza che ad essa possano essere imposti oneri di alcun tipo qualora, per effetto dell'adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci.

Le cooperative aderenti ad un gruppo sono tenute a depositare in forma scritta l'accordo di partecipazione presso l'albo delle società cooperative.

 

La disposizione introdotta dal comma 297 andrebbe meglio riferita al comma 1-bis dell’articolo 9 del D.L. n. 35 del 2005, che fornisce la nozione di partecipazione rilevante ai fini della normativa in esame.

 

Si ricorda che una classificazione delle diverse tipologie di concentrazione è rinvenibile nell'articolo 5 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato". Tale definizione, tuttavia, differisce da quella adottata dal comma 1-bis qui illustrato, anche perché dettata con diversa finalità (tutela della concorrenza).

In particolare, ai sensi del comma 1 dell'articolo 5 citato, l'operazione di concentrazione si realizza:

-        quando due o più imprese procedono a fusione;

-        quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente o indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese;

-        quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un'impresa comune.

Ai sensi del successivo comma 3, le operazioni aventi quale oggetto o effetto principale il coordinamento del comportamento di imprese indipendenti non danno luogo a una concentrazione.

 

Il comma 298 integra il medesimo articolo 9 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80), al fine di estendere anche agli imprenditori agricoli il credito d’imposta iviprevisto per le microimprese, le piccole e medie imprese che si impegnano in processi di concentrazione.

Per la individuazione della figura soggettiva dell’imprenditore agricolo, va richiamato l’art. 2135 del codice civile, recentemente modificato dall’art. 1, co. 1 del D.Lgs. n. 228 del 2001, in base al quale è tale chiunque eserciti una delle seguenti attività:

-       coltivazione del fondo;

-       selvicoltura:

-       allevamento di animali;

-       attività connesse.

Per coltivazione del fondo, selvicoltura, o allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, o di una fase necessaria al ciclo stesso, che utilizzino o possano utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci, salmastre o marine.

Per “attività connesse” si intendono le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti che l’imprenditore abbia ottenuto in prevalenza dalla coltivazione del fondo o del bosco, o dall'allevamento di animali. Sono parimenti “attività connesse” anche quelle dirette alla fornitura di beni o servizi, che siano svolte con il prevalente utilizzo di attrezzature o risorse aziendali normalmente impiegate nell'attività agricola; rientrano pertanto fra le attività connesse anche le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità.

Infine, si considerano imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori agricoli e i loro consorzi, quando utilizzino, per lo svolgimento delle attività sopra illustrate, prevalentemente prodotti dei soci, oppure ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico (comma 2).

 

Il comma 299 estende anche alle società di giovani imprenditori agricoli i benefici previsti dal decreto legislativo n. 185 del 2000 in favore dell’imprenditorialità giovanile in agricoltura.

Si tratta di contributi a fondo perduto e mutui agevolati per la realizzazione di investimenti, di contributi a fondo perduto relativi alla gestione, di interventi di assistenza tecnica e di attività di formazione e qualificazione. Contestualmente si precisa che le società, per poter beneficiare di tali contributi, dovranno avere la sede legale, amministrativa e operativa nei territori destinatari degli interventi a favore dell'imprenditorialità giovanile e dell'autoimpiego, vale a dire nelle regioni obiettivo 1, nelle aree del Centro-Nord comprese nell'obiettivo 2, nelle aree alle quali si applica la deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale e nelle aree svantaggiate.

 

Il D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 185, ha disciplinato i nuovi incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego nel Mezzogiorno, che hanno sostituito, rispettivamente, le precedenti forme di agevolazione all’imprenditorialità giovanile e il prestito d’onore. In particolare, nel titolo I sono state riunite le diverse forme di agevolazione in favore dell’imprenditorialità giovanile, nei diversi settori. Nel titolo II (autoimpiego), oltre al già esistente “prestito d’onore”, sono stati previsti incentivi per le nuove tipologie di autoimpiego in forma di microimpresa e in forma di franchising.

Per entrambe le forme di imprenditorialità, l’ambito territoriale di applicazione è stato ampliato rispetto alla disciplina precedente ed esteso a tutte le aree obiettivo 1 e 2 dei fondi comunitari (programmazione 2000-2006), alle aree ammesse alla deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale (art. 87.3.c. del Trattato), nonché alle c.d. “aree svantaggiate”, di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 14 marzo 1995, e successive modificazioni.

L’articolo 67 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) ha infine esteso le agevolazioni per la sola imprenditorialità giovanile ai comuni montani del Centro-Nord con meno di 5.000 abitanti.

L’articolo 9 del D.lgs. n. 185 del 2000, in particolare, definisce i soggetti beneficiari delle misure in favore della nuova imprenditorialità in agricoltura, e individua tali soggetti nei giovani agricoltori, che subentrino nella conduzione dell’azienda agricola ad un familiare e presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori della produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura. Precedentemente alla novella introdotta dal D.L. n. 35 del 2005 (noto come Decreto sulla competitività) l’età richiesta ai giovani era compresa fra i 18 e 35 anni; è ora sufficiente che, ai sensi dell’articolo 8 del regolamento CE n. 1357/00, il giovane agricoltore non abbia compiuto i 40 anni.

Quanto ai benefìci, le agevolazioni previste dal comma 1 dell’articolo 3 assumono la forma di:

-       contributi a fondo perduto e mutui agevolati per gli investimenti, secondo i limiti fissati dall’Unione europea;

-       contributi a fondo perduto in conto gestione, secondo i limiti fissati dall’Unione europea;

-       assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative;

-       attività di formazione e qualificazione dei profili imprenditoriali, funzionali alla realizzazione del progetto.

Vale segnalare che da ultimo il D.L. n. 35 del 2005 ha introdotto (con l’art. 8, co. 7) nell’articolo 3 del D.Lgs. n. 185 del 2000 un comma 1-bis, il quale dispone che alle indicate agevolazioni si applichino i massimali previsti dalla normativa comunitaria per gli investimenti operati da giovani imprenditori agricoli. Inoltre, per le iniziative nel settore della produzione agricola, viene precisato che il mutuo agevolato ha una durata, comprensiva del periodo di preammortamento, non superiore a quindici anni.


Articolo 1, comma 300
(Programma agevolato per la produzione di biodiesel)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

300. All'articolo 21, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, dopo le parole: «un contingente annuo di 200.000 tonnellate» sono inserite le seguenti: «; con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, possono essere individuate le percentuali di produzione di biocombustibili oggetto di appositi contratti di coltivazione o accordi di filiera».

300. All'articolo 21, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al terzo periodo, le parole: «un contingente annuo di 200.000 tonnel­late» sono sostituite dalle seguenti: «un contingente annuo di 200.000 tonnellate da utilizzare su autorizzazione del Ministro dell'economia e finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, a seguito della sottoscrizione di appositi contratti di coltivazione, realizzati nell'ambito di contratti quadro, o intese di filiera»;

 

 

b) dopo il quarto periodo, è inserito il seguente: «Con il medesimo decreto è altresì determinata la quota annua di biocarburanti di origine agricola da immettere al consumo sul mercato nazionale».

 

 

 

Il comma 300, modificato nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, interviene sull’articolo 21, comma 6, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, emanato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, riguardante l’accisa sul biodiesel.

Le modificazioni apportate prevedono:

a)      che il contingente annuo di biodiesel, puro o miscelato con olî minerali, esentato dall'accisa nell'ambito di un programma della durata di sei anni, dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, fino alla quantità di 200.000 tonnellate, sia utilizzato su autorizzazione del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, a seguito della sottoscrizione di appositi contratti di coltivazioni, realizzati nell'ambito di contratti quadro o intese di filiera.

La disposizione limita quindi a tale ambito la possibilità di partecipazione al programma di produzione del biodiesel esente da accisa;

b)      che con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, che determina i requisiti degli operatori e degli impianti ammessi a partecipare al suddetto programma, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto e le modalità di distribuzione e di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori, sia altresì determinata la quota annua di biocarburanti di origine agricola da immettere al consumo sul mercato nazionale.

L’articolo 21, comma 6, del decreto legislativo n. 504 del 1995 ("Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative")[90], nel disciplinare i prodotti sottoposti ad accisa, prevede, nell’ambito di uno specifico programma, un’esenzione dall’accisa per il biodiesel puro o miscelato con olî minerali a decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. L’esenzione si applica al prodotto utilizzato sia come carburante, sia come combustibile, come additivo, oppure anche solo per accrescere il volume finale dei carburanti o dei combustibili.

Il biodiesel, ottenuto da oli vegetali di colza, soia o girasole, è un carburante particolarmente versatile e di impiego immediato. Può essere utilizzato subito come sostituto del gasolio, puro o in miscela con quest’ultimo, come carburante nel settore dei trasporti e come combustibile per il riscaldamento senza modificare motori o caldaie.

Il biodiesel è definito dalle specifiche internazionali CEN con la sigla FAME (Fatty Acid Methyl Esters) con le due differenti caratteristiche di combustibile per uso trazione (prEN14214-UNI10946) e riscaldamento (prEN14213-UNI10947).

La produzione italiana di biodiesel, in costante aumento, dovrebbe raggiungere nel breve termine, secondo le valutazioni dell’Associazione italiana produttori biodiesel, le 300.000 tonnellate annue, a fronte di una produzione europea di circa un milione di tonnellate annue.

In particolare nel programma nazionale sui biocombustibili (Probio), approvato con la del CIPE n. 27/2000 in attuazione dell’art. 3 della legge n. 423/98, si precisa che il termine «biocombustibili» individua, nella sua accezione più ampia, l'insieme di quelle biomasse o prodotti derivanti dalle biomasse che presentano caratteristiche fisico-chimiche tali da renderli utilizzabili in processi di combustione od altra trasformazione termochimica.

I biocombustibili, in funzione del loro stato, possono essere classificati in: solidi (legno, paglie, pellets, ecc.), liquidi (oli vegetali, alcoli, eteri, esteri, ecc.), gassosi (biogas da digestione anaerobica ecc.). Un ulteriore metodo di classificazione divide i biocombustibili in biomasse tal quali (ad es. paglia) e in combustibili derivanti da una qualche trasformazione di biomasse tal quali (ad es. pellets).

Per biomassa, infine, in base al D.Lgs. n. 128/05[91], deve intendersi la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;

 

Si fa presente che l’uso del termine biocombustibile non è equivalente a quello di biocarburante, indicando il primo qualunque combustibile, per uso trazione o per uso riscaldamento, ricavato da biomassa.

 

Per quanto concerne i contratti di coltivazione e vendita, nonché gli accordi di filiera, si ricorda che l’intera disciplina della materia è stata ridefinita, da ultimo, dal D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102 (“Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e), della legge 7 marzo 2003, n. 38”).

Il Capo II detta norme sulle intese per l’integrazione di filiera. L’articolo 9 disciplina le intese di filiera, le quali possono essere stipulate, nell’ambito del Tavolo agroalimentare, dagli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale dei settori della produzione, trasformazione, commercio e distribuzione dei prodotti agricoli, nonché dalle organizzazioni interprofessionali riconosciute. Le intese sono approvate, previa verifica della compatibilità con la normativa nazionale e comunitaria, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali. La definizione delle modalità per la stipula delle filiere, nonché per la costituzione e il funzionamento dei tavoli di filiera, sono rimesse a un DPCM da adottare entro 3 mesi su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.

Il Capo III detta norme sulla regolazione di mercato. Gli articoli 10 e 11 disciplinano i contratti quadro, ciascuno dei quali deve riguardare un prodotto e un’area geografica specifici,. Gli accordi definiscono, in particolare, il contratto-tipo che deve essere adottato nella stipulazione dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura, valevole anche nei confronti dei soggetti non aderenti alle organizzazioni stipulanti. Si rimette, inoltre, a un DM del Ministro delle politiche agricole e forestali la possibilità di definire, per singole filiere, le modalità di stipula dei contratti quadro in mancanza di intesa di filiera, al fine di prevedere una rappresentatività specifica, determinata in base al volume di produzione commercializzata, da dei soggetti stipulanti.

 


Articolo 1, comma 301
(Promozione filiere agro-energetiche)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

301. L'importo previsto dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non utilizzato nel 2005, è destinato per l'anno 2006 alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agro-energetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione.

301. L'importo previsto dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non utilizzato nel 2005, è destinato per l'anno 2006, nella misura massima di 20 milioni di euro, per l'aumento fino a 40.000 tonnellate del contingente di cui al comma 300, da utilizzare con le modalità previste dal decreto di cui al comma 300, nonché fino a 5 milioni di euro per programmi di ricerca e sperimentazione del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico. Il restante importo è destinato alla costi­tuzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'isti­tuzione di certificati per l'incentivazio­ne, la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare tenuto conto delle linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili, di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

 

 

 

Il comma 301, modificato dalla Commissione bilancio della Camera, prevede che le risorse destinate al Progetto sperimentale «bioetanolo», che al termine del corrente anno risultino inutilizzate, siano destinate per l'anno 2006:

§      fino a 20 milioni di euro, per l’aumento fino a 40.000 tonnellate del contingente di cui al comma 300 (contingente annuo di biodiesel, puro o miscelato con olî minerali, esentato dall'accisa nell'ambito di un programma della durata di sei anni, dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, fino alla quantità di 200.000 tonnellate);

§      fino a 5 milioni di euro, per programmi di sperimentazione e ricerca del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico;

§      per il restante importo, alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare secondo le linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili.

 

Si osserva che la disposizione in esame non appare conforme alla vigente disciplina contabile, in quanto prevede l’utilizzo nel 2006 di risorse stanziate per il 2005 e introduce dunque una deroga rilevante al principio di annualità del bilancio.

 

Il Progetto sperimentale “bioetanolo” è stato previsto dall’articolo 22 della legge n. 388 del 2000, il quale ha disposto una riduzione dell’imposta gravante su alcuni prodotti petroliferi (bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola, etere etilterbutilitico derivato da alcole di origine agricola, additivi e riformulati prodotti da biomasse) al fine di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche a basso impatto ambientale. Da ultimo, l’articolo 1, comma 520 della legge 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), ha differito dal 1° gennaio 2003 al 1° gennaio 2005 la decorrenza dell’inizio del progetto, disponendo per esso uno stanziamento di 73 milioni di euro annui.

 

In merito ai certificati di cui la norma fa menzione, sembra doversi far riferimento ai certificati verdi che costituiscono il nuovo strumento di incentivazionedell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’art. 11 del il decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip6, ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Tale quota, inizialmente fissata nel 2% di quanto prodotto o importato dell’anno precedente, è incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete, godendo della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GRTN rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto. Per i soggetti che non rispettano all’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei certificati verdi è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offertaè rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

 

Si evidenzia l’opportunità di specificare che per “certificati” si intendono i certificati verdi di cui al decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999.

 

La Commissione biocombustibili è prevista dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 387/2003, il quale dispone che essa sia composta da un membro designato da ciascuno dei seguenti dicasteri: agricoltura, ambiente, attività produttive, interno, beni culturali. A tali componenti si devono aggiungere i cinque membri designati dal Presidente della conferenza unificata. Compito della Commissione è quello di redigere, entro un anno dal suo insediamento, una relazione sulla valorizzazione energetica delle biomasse, dei gas residuati dai processi di depurazione e del biogas.La Commissione, che avrebbe dovuto essere istituita, con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, entro due mesi dalla entrata in vigore del decreto legislativo, non risulta fin qui istituita.

 


Articolo 1, comma 302
(Produzione di energia elettrica da biocombustibili agro-forestali)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

302. La produzione di energia elettrica da biocombustibili agro-forestali effettuata dalle aziende agricole va ricompresa nelle attività di trasformazione e valorizzazione dei prodotti agricoli e quindi inquadrata nell'ambito del reddito agrario, così come definito dal decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

302. La produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agro-forestali effettuate dagli impren­ditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del codice civile, e si considerano produttive di reddito agrario.

 

 

 

Il comma 302, modificato dalla Commissione bilancio della Camera, ha lo scopo di fare rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale, l’attività svolta dalle aziende agricole diretta alla produzione di energia elettrica mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili agroforestali, qualificandola come attività connessa all’attività agricola.

Per la individuazione della figura soggettiva dell’imprenditore agricolo, va richiamato l’art. 2135 c.c., recentemente modificato dall’art. 1, co. 1 del D.lgs. n. 228/2001, in base al quale è tale chiunque eserciti una delle seguenti attività:

-        coltivazione del fondo,

-        selvicoltura,

-        allevamento di animali,

-        attività connesse.

Per coltivazione del fondo, selvicoltura, o allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, o di una fase necessaria al ciclo stesso, che utilizzino o possano utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci, salmastre o marine.

Per “attività connesse” si intendono le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti che l’imprenditore abbia ottenuto in prevalenza dalla coltivazione del fondo o del bosco, o dall'allevamento di animali. Sono parimenti “attività connesse” anche quelle dirette alla fornitura di beni o servizi, che siano svolte con il prevalente utilizzo di attrezzature o risorse aziendali normalmente impiegate nell'attività agricola; rientrano pertanto fra le attività connesse anche le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità.

Infine, si considerano imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi, quando utilizzino, per lo svolgimento delle attività sopra illustrate, prevalentemente prodotti dei soci, oppure ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico (comma 2).

 

In merito alla definizione di reddito agrario va richiamato l’articolo 32 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, che stabilisce che il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso.

Il reddito agrario è determinato catastalmente applicando le tariffe d’estimo fissate nella legge catastale e sottoposte a revisione periodica.

Ai fini dell’applicazione del citato articolo 32 del TUIR sono considerate attività agricole (comma 2):

a)       le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;

b)       l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno[92] e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;

c)       le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali[93].

Qualora le attività di cui alle sopra indicate lettere b) e c) superino i limiti stabiliti, la parte di reddito imputabile all’attività eccedente è da considerarsi reddito d’impresa e la sua determinazione segue le relative regole (articolo 56-bis del TUIR).

Qualora le attività agricole, indipendentemente dal fatto che rientrino o meno nei limiti stabili dalle lettere b) e c), siano esercitate da società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché da stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti, esercenti attività di impresa, il reddito conseguito da questi soggetti si considera sempre reddito di impresa ed è pertanto determinato secondo la relativa disciplina (articolo 55, comma 2, lettera b), del TUIR).

 

Per quanto concerne i biocombustibili si rinvia al commento del precedente comma 300.

 


Articolo 1, comma 302-bis
(Regime speciale IVA per gli imprenditori ittici)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

302-bis. In via sperimentale, per l'anno 2006 agli imprenditori ittici esercenti attività di pesca marittima di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, si applica il regime previsto dall'articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

 

 

Il comma 302-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, dispone che, in via sperimentale e limitatamente all'anno 2006, agli imprenditori ittici esercenti attività di pesca marittima, indicati all'articolo 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, si applichi il regime speciale forfetario per l’assolvimento dell’IVA previsto per i produttori agricoli dall'articolo 34, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

L’articolo 2 del decreto legislativo n. 226 del 2001 definisce come imprenditore ittico chi esercita, in forma singola o associata o societaria, l'attività di pesca professionale diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci e le attività connesse indicate all'articolo 3 (imbarco di persone a scopo di «pescaturismo»; attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi riconducibili all’«ittiturismo»; attività di prima lavorazione, conservazione, trasformazione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti del mare e dell'acquacoltura, nonché di promozione e valorizzazione).

Rientrano nella stessa nozione le cooperative di imprenditori ittici e i loro consorzi e gli esercenti attività commerciali relative a prodotti ittici derivanti prevalentemente dal diretto esercizio delle predette attività.

 

Il settore agricolo si è tradizionalmente avvalso di un regime IVA speciale, la cui disciplina è dettata dall'articolo 34 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, applicabile limitatamente ai produttori agricoli che nell’anno solare realizzino un volume di affari compreso tra 15 e 40 milioni di lire (pari rispettivamente a 7.746,85 euro e a 20.658,28 euro). La disposizione ha subìto significative modifiche, in particolare per effetto della riformulazione disposta dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 313 del 1997, che ha, inoltre, esteso con alcuni adattamenti, per gli anni 1998 e 1999, l’applicazione del regime agevolato in questione anche ai soggetti che realizzino un volume di affari superiore 40 milioni di lire (pari a 20.658,28 euro). Tale ultima previsione è stata successivamente prorogata, in considerazione delle difficoltà riscontrate dagli operatori del settore con riferimento agli adempimenti necessari al passaggio al regime ordinario, da ultimo, al 2005 dall’articolo 1, comma 506, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

Il regime speciale di cui al citato articolo 34 del D.P.R. n. 622 del 1972 si distingue, rispetto a quello ordinario, essenzialmente per i diversi criteri di detrazione e di applicazione dell'imposta. La detrazione dell’imposta, infatti, è forfetizzata in misura pari all'importo che risulta applicando all'ammontare delle cessioni stesse le percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole.

In sostanza, gli agricoltori non detraggono dall'IVA sulle vendite dei prodotti agricoli l’imposta effettivamente pagata per l'acquisto di beni e servizi, ma quella derivante dall'applicazione della percentuale di compensazione prevista per legge in base al tipo di attività o prodotto agricolo venduto.

Lo stesso articolo 11, comma 5, del D.Lgs. n. 313 del 1997 ha previsto altresì che per le cessioni di prodotti agricoli e ittici l'imposta si applichi con le aliquote proprie dei singoli prodotti, ferma restando la detrazione sulla base delle percentuali di compensazione. Per i passaggi dei suddetti prodotti agli enti, alle cooperative e agli altri organismi associativi che applicano il regime speciale, effettuati da parte di produttori agricoli, soci o associati che applicano lo stesso regime, l'imposta si applica con le aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione.

 

Si ricorda che l’applicazione di un regime IVA speciale per il settore agricolo, mediante la forfetizzazione della detrazione, è espressamente prevista dall’articolo 25 della direttiva 77/388/CEE (sesta direttiva IVA), subordinatamente alle condizioni e ai presupposti indicati nel medesimo articolo.

Le attività e i servizi agricoli per i quali è applicabile il regime speciale sono indicati rispettivamente negli allegati A e B alla medesima direttiva.

In particolare, l’allegato A (Elenco delle attività di produzione agricola) annovera le seguenti attività:

I.         COLTURA PROPRIAMENTE DETTA

1.       Agricoltura generale, compresa la viticoltura

2.       Arboricoltura frutticola (compresa l'olivicoltura) e orticoltura, floreale e ornamentale, anche in serra

3.       Produzione di funghi e di spezie, di sementi e di piantine; conduzione di vivai

II.       ALLEVAMENTO IN CONNESSIONE CON LA COLTURA DEL SUOLO

1.       Allevamento di animali

2.       Avicoltura

3.       Coniglicoltura

4.       Apicoltura

5.       Sericoltura

6.       Elicicoltura

III.      SILVICOLTURA

IV.    PESCA

1.       Pesca in acque dolci

2.       Piscicoltura

3.       Mitilicoltura, ostricoltura ed allevamento di altri molluschi e crostacei

4.       Allevamento di rane

Vengono parimenti considerate attività di produzione agricola le attività di trasformazione effettuate da un produttore agricolo sui prodotti provenienti essenzialmente dalla sua produzione agricola, con i mezzi normalmente usati nelle aziende agricole, silvicole e di pesca

 

Si segnala che l’attività di pesca marittima non è compresa nel predetto allegato, e che pertanto l’ammissione degli imprenditori che la esercitano al regime speciale potrebbe contrastare con la disciplina comunitaria del tributo.


Articolo 1, comma 302-ter
(Disciplina di giuochi e scommesse ippiche)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

302-ter. All'articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

a) al comma 1, dopo le parole: «sentite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative sul terri­torio nazionale dei soggetti operanti la raccolta dei giochi,» sono inserite le seguenti: «nonché l'UNIRE per le scommesse sulle corse dei cavalli»;

 

 

b) al comma 9, dopo le parole: «Ministero dell'economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato» sono aggiunte le seguenti: «, sentita l'UNIRE per le scommesse sulle corse dei cavalli».

 

 

 

Il comma 302-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, interviene sulla disciplina dei giuochi e delle scommesse ippiche, modificando l’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge dicembre 2005, n. 248, che reca disposizioni per il contrasto della diffusione del giuoco illegale.

 

In particolare, relativamente al comma 1, si prevede che, per la definizione delle regole di raccolta delle scommesse relative al lotto, ai concorsi pronostici e alle scommesse per via telematica, televisiva e telefonica, il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato acquisisca anche l’avviso dell’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE).

 

A norma del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 449, recante il riordino dell'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine, l’UNIRE è ente di diritto pubblico di primo livello, con sede in Roma, dotato di autonomia finanziaria, amministrativa e contabile, posto sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali.

L’articolo 2 determina le funzioni dell’UNIRE, attribuendo ad esso il compito di:

a)    promuovere l'incremento e il miglioramento qualitativo e quantitativo delle razze equine da competizione e da sella, con particolare riferimento al purosangue inglese e al trottatore italiano;

b)    organizzare le corse dei cavalli e provvedere alla valutazione delle strutture degli ippodromi e degli impianti di allevamento, di allenamento e di addestramento;

c)    favorire, con opportuni stanziamenti, lo sviluppo delle attività agricole volte al sorgere di nuovi allevamenti e al miglioramento di quelli esistenti;

d)    provvedere alla programmazione dello sviluppo del settore dell'ippicoltura in tutte le sue componenti tecniche, economiche, sociali, culturali e promozionali;

e)    concorre alla tutela dell'incolumità e al mantenimento dei cavalli sottoposti a trattamenti dopanti.

L’ente contribuisce al finanziamento degli ippodromi per la gestione dei servizi resi.

Per le suddette finalità, l'UNIRE definisce la programmazione tecnica ed economica delle corse e delle altre forme di competizione, predispone il calendario delle manifestazioni ippiche, coordina l'attività degli ippodromi e determina gli stanziamenti relativi ai premi e alle provvidenze. Promuove iniziative previdenziali e assistenziali in favore dei fantini, dei guidatori, degli allenatori e degli artieri. L'UNIRE svolge tutte le altre attività collaterali e derivate, a tutela della biodiversità della razza equina e predispone piani di sviluppo anche pluriennali.

Nell'esercizio delle proprie funzioni, l'UNIRE promuove e mantiene rapporti diretti con le organizzazioni nazionali di categoria, con la Federazione italiana sport equestri, con le istituzioni e le organizzazioni dell'ippica e dell'ippicoltura degli altri paesi e collabora alla realizzazione dei programmi di cooperazione a livello europeo e internazionale.

Infine l'UNIRE, quale concessionario esclusivo del segnale televisivo per la trasmissione delle corse, assicura la diffusione delle riprese televisive delle corse attraverso le reti nazionali e interregionali, con qualsiasi mezzo tecnico effettuate, a qualsiasi fine utilizzate e ovunque trasmesse.

 

Relativamente al comma 9 del predetto articolo 11-quinquiesdecies, si prevede analogamente che nel disporre la variazione della posta unitaria delle scommesse il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato debba acquisire l’avviso dell’UNIRE, limitatamente alle scommesse sulle corse dei cavalli.


Articolo 1, comma 302-quater
(Utilizzazione delle immagini di gare ippiche da parte dell’UNIRE)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

302-quater. L'articolo 12, comma 2, lettera d), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, si interpreta nel senso che la remunerazione per l'utilizzo delle immagini delle corse ai fini della raccolta delle scommesse ha ad oggetto i servizi di ripresa televisiva, con esclusione di ogni diritto relativo all'utilizzo delle immagini, che resta di titolarità dell'UNIRE.

 

 

 

Il comma 302-quater, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, interpreta l'articolo 12, comma 2, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, specificando che la remunerazione corrisposta per l'utilizzazione delle immagini delle corse ai fini della raccolta delle scommesse si riferisce ai servizi di ripresa televisiva e non ha per oggetto il diritto relativo all'utilizzazione delle immagini, la cui titolarità resta attribuita all'UNIRE.

 

Il decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi), all’articolo 12, comma 2, individua alcune attività per le quali l’UNIRE deve utilizzare quote dei proventi derivanti dalle scommesse. In particolare, la lettera d) dispone che con esse si provveda al finanziamento degli ippodromi per la gestione e il miglioramento degli impianti e per i servizi relativi alla organizzazione delle corse, nonché alla remunerazione per l'utilizzo delle immagini delle corse ai fini della raccolta esterna delle scommesse.

 

Sulla natura e sulle funzioni dell’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE) si rinvia alla scheda illustrativa del precedente comma 302-ter.

 

Il comma qui illustrato specifica che questa disposizione non implica il riconoscimento di un diritto sulle immagini delle corse in favore di soggetti diversi dall’UNIRE medesima, che, a norma dell’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 449, è concessionario esclusivo del segnale televisivo per la trasmissione delle corse e in tale funzione assicura la diffusione delle riprese televisive delle corse attraverso le reti nazionali e interregionali, con qualsiasi mezzo tecnico effettuate, a qualsiasi fine utilizzate e ovunque trasmesse.

 


Articolo 1, comma 302-quinquies
(Partecipazione del Ministero delle politiche agricole alla diffusione della cultura gastronomica)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

302-quinquies. Al fine di razio­nalizzare gli interventi a sostegno della promozione, dello sviluppo e della diffusione della cultura gastronomica e della tutela delle produzioni tipiche, il Ministero delle politiche agricole e forestali è autorizzato a partecipare, anche attraverso l'acquisto di quote azionarie, a enti pubblici o privati aventi tali finalità. A tale fine è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per l'anno 2006.

 

 

 

Il comma 302-quinquies, introdotto dalla Commissione bilancio della Camera, stanzia 3 milioni di euro per l’anno 2006 per consentire al Ministero delle politiche agricole e forestali di partecipare, anche attraverso l’acquisto di quote azionarie, a enti pubblici o privati aventi come finalità lo sviluppo e la diffusione della cultura gastronomica e la tutela delle produzioni tipiche, allo scopo di razionalizzare gli interventi nel settore.


Articolo 1, comma 303
(Agecontrol Spa)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

303. È autorizzata la spesa di 13 milioni di euro per l'anno 2006 per l'effettuazione dei controlli affidati ad Agecontrol Spa ai sensi dell'articolo 18, comma 1-bis, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99.

303. È autorizzata la spesa di 13 milioni di euro per l'anno 2006 per l'effettuazione dei controlli affidati ad Agecontrol Spa ai sensi dell'articolo 1, commi 4 e 5, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2005, n. 71.

 

 

 

Il comma 303, modificato dalla Commissione bilancio della Camera (la modifica ha peraltro carattere solo formale), autorizza una spesa di 13 milioni di euro per il 2006 per l’effettuazione dei controlli di qualità sui prodotti ortofrutticoli affidati ad Agecontrol Spa.

 

Il regolamento 1782/2003/CE stabilisce che l’autorità competente in materia di controlli e frodi alimentari per l’Italia sia l'AGEA. Ai sensi dell’articolo 18 del D.Lgs n. 99 del 2004, (Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38) l’AGEA svolge tale funzione attraverso la Agecontrol s.p.a.[94], società di cui è azionista in quanto detentrice delle quote già appartenute al Ministero delle politiche agricole e forestali e all'Istituto nazionale di economia agraria (INEA).

L’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, prevede che nell'espletamento dei propri compiti l'Agecontrol Spa si avvalga del supporto dell’Ispettorato centrale repressione frodi del Ministero delle Politiche agricole e forestali. Il comma 5 dispone, invece, che con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, siano trasferiti all'Agecontrol S.p.a. gli stanziamenti dello stato di previsione della spesa del Ministero delle politiche agricole e forestali relativi alle funzioni ad essa trasferite.


Articolo 1, comma 303-bis
(Impiego di risorse attribuite all’ISMEA)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

303-bis. All'articolo 1-quinquies, comma 1, del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, le parole: «anche per gli interventi di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102» sono sostituite dalle seguenti: «per le finalità di cui al comma 2».

 

 

 

L’articolo 303-bis, introdotto dalla Commissione bilancio della Camera, novella l’articolo 1-quinquies del decreto-legge n. 182 del 2005, al fine di consentire all’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) di utilizzare le risorse del Fondo per l’ampliamento delle aziende agricole montane, istituito presso ISMEA medesima, per tutte le sue attività istituzionali.

L’articolo 1-quinquies del decreto legge n. 182/05, ha autorizzato ISMEA ad utilizzare il Fondo per l’ampliamento delle aziende agricole montane, presso la stessa istituito e destinato alla concessione di mutui a coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale per l’acquisizione di terreni siti nelle comunità montane (art. 5-bis, co. 4 della legge n. 97/94), anche per la realizzazione degli interventi di cui all’art. 17 del D.Lgs. n. 102/04. Tale ultima disposizione, che ha peraltro dispostol’incorporazione in ISMEA della Sezione speciale del Fondo interbancario di garanzia, ha previsto che ISMEA possa:

-        concedere fideiussione, a fronte di finanziamenti bancari a medio e a lungo termine, in favore delle imprese agricole e ittiche;

-        concedere, direttamente a banche o altri intermediari finanziari, garanzia diretta a favore degli imprenditori agricoli e ittici nonché dei soggetti, organizzati in forma societaria, anche neo-costituiti, operanti nel settore agroalimentare, a fronte di prestiti partecipativi e partecipazioni nel capitale delle imprese medesime, che vengano assunti dagli stessi intermediari (banche, intermediari finanziari o Fondi chiusi di investimento mobiliare);

-        rilasciare controgaranzia e cogaranzia, in collaborazione con confidi e con altri fondi di garanzia pubblici e privati, anche a carattere regionale.

L'articolo 5-bis della legge 31 gennaio 1994, n. 97, introdotto dalla legge n. 448/2001 (art. 52, co. 21)(Leggefinanziaria per il 2002), ha introdotto norme per favorire l’ampliamento delle aziende agricole montane. A tal fine il comma 1 ha esentato da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere, i trasferimenti di terreni agricoli, situati nei territori delle comunità montane, a qualsiasi titolo avvenuti, disposti in favore di coltivatori diretti e imprenditori agricoli a titolo principale. Il comma 3 prevedeche al coltivatore diretto eall'imprenditore agricolo che decida di acquistare a qualsiasi titolo i terreni agricoli di cui al comma 1 possano essere concessi mutui decennali a tasso agevolato, con copertura degli interessi pari al 50 per cento a carico dello Stato. La concessione del mutuo è finalizzati sia alla copertura delle spese di ammortamento del capitale aziendale che all'indennizzo da corrispondere ad eventuali coeredi. I mutui possono essere concessi entro il limite delle disponibilità di cui all’apposito Fondo istituito presso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), per il quale è prevista una dotazione annuale pari a 2.320.000 euro (comma 4). Gli onorari notarili dovuti per le operazioni di acquisto della proprietà e di accensione dei mutui sono ridotti di un sesto (comma 5).

 


Articolo 1, comma 304
(Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale
delle imprese)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

304. Per lo svolgimento delle attività istituzionali della Fondazione di cui all'articolo 1, comma 160, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è assegnato un contributo di 3 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. A tal fine è corrispondentemente ridotta l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328.

304. Identico.

 

 

 

Il comma in esame prevede l’assegnazione di un contributo a favore della Fondazione per la responsabilità sociale d’impresa, istituita dall’articolo 1, comma 160, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004).

 

Il richiamato comma 160, oltre ad istituire la Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese, ha assegnato alla stessa un contributo di 1 milione di euro, per l'anno 2005, per lo svolgimento delle attività istituzionali.

Si ricorda che alla Fondazione partecipano quali soci fondatori il Ministero del lavoro e dello politiche sociali e altri soggetti pubblici e privati che ne condividano le finalità (non viene peraltro specificato quali). Viene altresì stabilito che la fondazione è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, redatto dai fondatori.

 

In particolare, si prevede un contributo pari a 3 milioni di euro annui per il triennio 2006-2008, ai fini delle attività istituzionali della Fondazione. Ai fini della copertura finanziaria, come affermato nella relazione tecnica originaria, si riduce l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 20, comma 8, della L. 8 novembre 2000, n. 328, relativa al Fondo nazionale per le politiche sociali.

 

Il tema della Responsabilità Sociale delle Imprese (CSR) è da tempo argomento di discussione in Europa. Al riguardo la Commissione Europea ha pubblicato nel 2001 il "Libro verde – Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese" e nel 2002 la "Comunicazione della Commissione relativa alla Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle Imprese allo Sviluppo Sostenibile". I due documenti espongono le linee-guida della Commissione Europea in materia di CSR. che nel Libro Verde viene definita come "l'integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate". Per responsabilità sociale dell'impresa si intende quindi l'impegno a comportarsi in modo etico e corretto che vada oltre il semplice rispetto della legge[95].

La CSR è una dimensione che dovrebbe appartenere all'orientamento strategico di fondo dell'impresa e quindi interagire con tutti gli ambiti della gestione aziendale: con gli aspetti finanziari, la produzione (rispetto delle leggi, riduzione dell'impatto ambientale, sicurezza dei lavoratori, non sfruttamento dei minori, attenzione alla qualità e alla sicurezza dei prodotti), il marketing, le risorse umane (la gestione dei percorsi di carriera, le politiche di formazione, la gestione degli esuberi ecc.) e, più in generale con le strategie e le politiche aziendali.

Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nel 2002 ha costituito un gruppo di lavoro interamente dedicato allo sviluppo e alla promozione della responsabilità sociale delle imprese per lo sviluppo del Progetto CSR-SC (Corporate Social Responsability – Social Comitment). Il Progetto ha come quadro di riferimento il Libro Verde della Commissione Europea e pone le proprie radici nella nozione di CSR.

La proposta italiana si basa su un approccio volontario alla CSR e ha l'obiettivo principale di promuovere la cultura della responsabilità sociale all'interno del sistema socio-economico e di accrescere il grado di consapevolezza delle imprese sullo sviluppo sostenibile.

Le attività legate allo sviluppo del progetto CSR-SC hanno comportato la stesura, il 23 marzo 2005, di un Protocollo d'intesa tra Federambiente (Federazione italiana servizi pubblici igiene ambientale) e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con validità triennale.

Più specificamente, con tale protocollo la Federambiente si è impegnata, in stretto coordinamento con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ad una serie di atti, quali, tra gli altri:

-        l’identificazione del livello di adozione e maturità della CSR tra le imprese associate e promozione delle azioni di sostegno alla diffusione della responsabilità sociale delle imprese e di valorizzazione delle best practices, in linea con il progetto CSR-SC;

-        la diffusione, nel settore del servizio pubblico locale, della cultura della CSR e il progetto CSR-SC;

-        la realizzazione, in accordo con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e nell’ambito delle proprie competenze, di un’attività di monitoraggio delle imprese che decideranno di aderire all’iniziativa del Ministero, attraverso la costituzione a livello nazionale di un apposito Osservatorio.


Articolo 1, commi 304-bis-304-quater
(Tutela per maternità delle atlete)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

304-bis. Alle atlete, che esercitano l'attività sportiva in modo esclusivo è assicurata una tutela per la maternità secondo quanto previsto dai commi 304-ter e 304-quater.

 

 

304-ter. Nel caso di rapporto di lavoro subordinato, si applicano le disposizioni previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, in materia di tutela e sostegno della maternità. Agli oneri derivanti dall'attu­azione del presente comma si provvede mediante il versamento obbligatorio da parte dei datori di lavoro del contributo per l'assicurazione per la maternità delle atlete, a valere sulle retribuzioni degli atleti di entrambi i sessi, nella misura prevista per i lavoratori dello spettacolo dall'articolo 79, comma 1, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

 

 

304-quater. Nel caso di rapporto di lavoro non subordinato, l'indennità di maternità, nei limiti delle risorse rivenienti dallo specifico gettito contributivo, è corrisposta con le modalità previste dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 4 aprile 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002, per le lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Per fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma, è posto a carico dei soggetti che erogano i compensi un contributo nella misura per­centuale dello 0,5 per cento degli stessi compensi, determinati con gli stessi criteri stabiliti ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, quale risul­ta dalla relativa dichiarazione annuale dei redditi e dagli accertamenti definitivi.

 

I commi 304-bis, 304-ter e 304-quater, introdotti in seguito all’approvazione di un emendamento approvato nel corso dell’esame del provvedimento presso la V Commissione bilancio della Camera dei deputati, prevedono una forma di tutela per la maternità delle atlete che esercitano l’attività sportiva in modo esclusivo, colmando una lacuna della normativa vigente. Si prevede una differente disciplina a seconda che l’atleta sia un lavoratore subordinato o un lavoratore non subordinato.

 

Si ricorda, infatti, che gli atleti sono assicurati dal punto di vista pensionistico presso l’ENPALS (Fondo speciale degli sportivi), ma, al contrario degli altri lavoratori dello spettacolo, non godono di una tutela per la maternità. Invece gli altri lavoratori dello spettacolo percepiscono una indennità di maternità a carico dell’INPS.

 

In sostanza il comma 304-ter, nel caso di rapporto di lavoro subordinato, dispone che si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53).

Si osserva che il riferimento in via generale al D.Lgs. 151 appare generico, risultando più opportuna l’espressa indicazione degli articoli relativi alla tutela previdenziale della maternità la cui applicazione viene estesa alle atlete, disciplinanti sia il trattamento economico sia quello contributivo relativo alla maternità. Dovrebbe farsi riferimento in particolare agli articoli 22 e 23 (astensione obbligatoria); 28 e 29 (estensione del diritto al padre lavoratore); 32, 33 e 34 (astensione facoltativa: congedi parentali) del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151.

Si ricorda che il D.Lgs. 151 del 2001, emanato in attuazione dell’articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53, recante disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città, successivamente modificato e integrato dal D.Lgs. 23 aprile 2003, n. 115, ha ridefinito in modo organico la disciplina dei riposi e dei permessi, nonché il trattamento economico erogato durante i periodi di congedo.

In particolare (articolo 22), alle lavoratrici è riconosciuto il diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80% della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità. Tale indennità comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia, è corrisposta con specifiche modalità e con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie. Si ricorda a tal proposito che l’articolo 16 del citato Testo Unico prevede l’obbligo di astenersi dal lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi al parto. Inoltre l’articolo 20 prevede la possibilità di “astensione flessibile”, cioè, ferma restando la durata complessiva dell’astensione, pari a 5 mesi, la lavoratrice madre può scegliere di posticipare il periodo, assentandosi dal mese precedente la data presunta del parto ai quattro mesi successivi ad esso, presentando apposita domanda al datore di lavoro ed all’INPS.

Si ricorda inoltre che gli articoli 28 e 29 del citato Testo Unico prevedono che il diritto all’astensione obbligatoria e il relativo trattamento economico si estendono al padre lavoratore nei seguenti casi: morte o grave infermità della madre; abbandono del bambino da parte della madre; affidamento del bambino in via esclusiva al padre.

Inoltre, per i periodi di congedo parentale usufruibili nei primi 8 anni di vita dei figli, alle lavoratrici e ai lavoratori è riconosciuta la possibilità di astenersi da lavoro, fino al terzo anno di vita del bambino, con un'indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi (articoli 32 e 34). Per i periodi di congedo parentale ulteriori rispetto a quanto previsto in precedenza, è dovuta un'indennità pari al 30% della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. Il reddito è determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo (articolo 34, comma 3).

 

Per quanto concerne gli obblighi contributivi, l’articolo 79 del citato D.Lgs. 151, ha disposto che, ai fini della copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni del provvedimento stesso e in attuazione della riduzione degli oneri di cui all'articolo 78, è dovuto dai datori di lavoro un contributo sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti, in percentuale sulla retribuzione, pari a:

-        0,46% per il settore dell'industria, dell'artigianato, marittimi, gente dell’aria, spettacolo, ex fondo autotrasportati;

-        0,24% per il settore del commercio, terziario e servizi, proprietari di fabbricati, servizi di culto, viaggiatori piazzisti;

-        0,13% per il settore del credito, assicurazione e servizi tributari appaltati;

-        0,08% per i giornalisti (0,65% per gli iscritti all’INPGI);

-        0,43% per il settore dell’agricoltura (impiegati e dirigenti, esclusa la L. 240 del 1984);

-        0,03% per gli operai agricoli;

-        0,01% per gli allievi dei cantieri scuola e lavoro, di cui alla L. 6 agosto 1975, n. 418;

-        1,03% per le aziende speciali[96] di cui alla L. 267 del 2000, T.U. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (per le attività industriali);

-        0,8% per le aziende speciali di cui alla richiamata L. 267 del 2000 (per le attività commerciali);

-        0,65% per i giornalisti (professionisti e pubblicisti.

Inoltre, per gli apprendisti è dovuto il contributo settimanale di 0,02 euro.

Il richiamato articolo 78 ha altresì stabilito una riduzione, dal 1° luglio 2000[97], degli oneri contributivi per maternità, a carico dei datori di lavoro, per 0,20 punti percentuali. Inoltre, è stata disposta una riduzione, pari allo 0,57%, degli oneri contributivi per maternità, a carico dei datori di lavoro del settore dei pubblici servizi di trasporto e nel settore elettrico.

 

Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma, si provvede mediante il versamento obbligatorio da parte dei datori di lavoro del contributo per l’assicurazione per la maternità delle atlete, a valere sulle retribuzioni degli atleti di entrambi i sessi, nella misura prevista per i lavoratori dello spettacolo dall’articolo 79, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 151/2001.

Si ricorda che tale aliquota è pari allo 0,46% (vedi amplius supra).

 

Il comma 304-quater prevede che, invece, nel caso di rapporto di lavoro non subordinato (quindi autonomo o parasubordinato), l’indennità di maternità, nei limiti delle risorse derivate dallo specifico gettito contributivo, è corrisposta con le modalità previste dal decreto ministeriale 4 aprile 2002, per le lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 (gestione separata INPS per i lavoratori autonomi o parasubordinati).

 

L'articolo 2, commi 26-33, della legge 8 agosto 1995, n. 335, recante la riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare (cd. legge Dini), ha previsto l'estensione dell'Assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ad alcune categorie di lavoratori autonomi o parasubordinati la cui attività non risultava coperta da assicurazione previdenziale. In relazione a ciò, a decorrere dal 1° gennaio 1996, è stata istituita presso l’INPS una apposita Gestione separata, cui sono tenute ad iscriversi le categorie di lavoratori di seguito indicati, con conseguente obbligo di versamento contributivo. Sono obbligati all'iscrizione alla Gestione separata, sulla base di disposizioni di carattere generale o particolare:

§       professionisti: si tratta dei soggetti che percepiscono redditi che derivano, come disposto dall'attuale articolo 53, comma 1, del TUIR, dall'esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di attività di lavoro autonomo. L'attività richiamata non deve, comunque, essere condotta in forma di impresa commerciale. Rientrano, pertanto, in tale categoria e sono tenuti al pagamento del contributo previdenziale:

-        professionisti iscritti in albi senza cassa di previdenza ma titolari di partita IVA;

-        professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza ma non iscritti a quest'ultima;

-        professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza, in relazione ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione presso la cassa stessa;

-        professionisti senza albo e senza cassa (si pensi alle professioni di consulente di informatica, esperto in marketing, traduttori o interpreti, ecc.);

collaboratori coordinati e continuativi: secondo quanto disposto dall'articolo 53, comma 2, del citato TUIR, si considerano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quei rapporti aventi per oggetto la prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata dal contribuente ai sensi del comma 1 dello stesso articolo 53, che, pur avendo contenuto intrinsecamente artistico o professionale, vengono svolte a favore di un soggetto, senza vincolo di subordinazione, e sono inserite in un rapporto unitario e continuativo, con retribuzione periodica prestabilita. Rientrano, ad esempio, in tale categoria le seguenti figure:

-        amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed altri enti;

-        membri di commissione e collegi;

-        soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e simili, tranne i casi in cui si rientri nel diritto d'autore;

-        amministratori di condominio.

§       venditori porta a porta: sono i soggetti incaricati delle vendite a domicilio (così come definiti dall'articolo 36 della L. 11 giugno 1971, n. 426, recante la Disciplina del commercio. Tali soggetti, ai sensi dell'articolo 44, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla L. 326 del 2003, dal 1° gennaio 2004 devono essere iscritti alla Gestione separata, come pure gli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, a condizione che il reddito annuo sia superiore a € 5.000[98];

§       titolari di borse di studio:

-        per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (L. 3 agosto 1998, n. 315, articolo 1);

-        per il sostegno della mobilità internazionale degli studenti ed assegni per attività di tutorato o didattico-integrative, propedeutiche o di recupero (D.L. 105 del 2003, convertito dalla L. 170 del 2003);

-        pensionati: coloro che, pur in quiescenza, svolgono le attività sopradescritte; sono tenuti alla contribuzione alla Gestione separata in relazione ai soli redditi percepiti a seguito dell'esercizio di dette attività;[99]

-        lavoratori dipendenti: sono naturalmente soggetti alla contribuzione in questione anche i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, che percepiscono compensi che non sono già assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria.

-        associati in partecipazione: per effetto del richiamato articolo 1, comma 157 della legge finanziaria per il 2005.

Il decreto ministeriale 4 aprile 2002 è stato emanato in attuazione dell’articolo 59, comma 16, della legge n. 449 del 1997. Tale articolo prevede che, da parte degli iscritti alla gestione separata INPS, è dovuta una ulteriore aliquota contributiva pari a 0,5 punti percentuali per il finanziamento dell'onere derivante dall'estensione agli stessi della tutela relativa alla maternità, agli assegni al nucleo familiare e alla malattia in caso di degenza ospedaliera. A tal fine, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, è disciplinata tale estensione nei limiti delle risorse rinvenienti dallo specifico gettito contributivo.

Pertanto, ai sensi dell’articolo 59, comma 16, legge n. 449 del 1997 e del citato D.M. 4 aprile 2002, le collaboratrici coordinate e continuativa iscritte alla gestione separata INPS, tenute al versamento della contribuzione dello 0,5%, hanno diritto ad una indennità di maternità per il periodo corrispondente ai due mesi antecedenti la data del parto ed ai tre mesi successivi alla data stessa. L’indennità giornaliera è fissata in misura pari all’80% di 1/365 del reddito derivante da attività di collaborazione coordinata e continuativa, utile ai fini contributivi e risultante dai versamenti effettuati , percepito nel periodo di riferimento (12 mesi precedenti l’evento).

 

Per far fronte all’onere derivante dall’attuazione del comma in esame, è posto a carico dei soggetti che erogano i compensi un contributo nella misura percentuale dello 0,5 per cento dei compensi medesimi, determinati con gli stessi criteri stabiliti ai fini dell’IRPEF, quale risulta dalla relativa dichiarazione dei rediti considerando anche eventuali accertamenti definitivi.


Articolo 1, comma 304-quinquies
(Convenzioni per lo svolgimento di attività socialmente utili ‘ASU’)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

304-quinquies. Nel limite comples­sivo di 35 milioni di euro, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a prorogare, limitatamente all'esercizio 2006, le convenzioni stipulate, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, direttamente con i comuni, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l'attuazione, nel limite complessivo di 13 milioni di euro, di misure di politica attiva del lavoro, riferite a lavoratori impiegati in ASU nella disponibilità degli stessi comuni da almeno un triennio, nonché ai soggetti, provenienti dal medesimo bacino, utilizzati attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1o dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni, e prorogate nelle more di una definitiva stabilizzazione occupazionale di tali soggetti. In presenza delle suddette convenzioni il termine di cui all'articolo 78, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è prorogato al 31 dicembre 2006. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a stipulare, nel limite complessivo di 1 milione di euro per l'esercizio 2006, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con i comuni, nuove convenzioni per lo svolgimento di attività socialmente utili e per l'attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori impiegati in ASU, nella disponibilità da almeno 7 anni di comuni con meno di 50.000 abitanti. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali adotta altresì analoga procedura per l'erogazione del contributo previsto all'articolo 3, comma 82, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e all'articolo 1, comma 263, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Ai fini di cui al presente comma il Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è rifinanziato per un importo pari a 49 milioni di euro per l'anno 2006.

 

 

 

Il comma in esame reca disposizioni in merito allo svolgimento di attività socialmente utili (ASU).

 

In particolare, il primo periodo, riproducendo analoghe disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 262, della Legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005), autorizza il Ministro del lavoro e delle politiche sociali a prorogare, limitatamente all’esercizio 2006, le convenzioni stipulate direttamente con i comuni, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, ai fini dello svolgimento delle attività socialmente utili (ASU), nonché per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro.

Più specificamente, le convenzioni sono state stipulate:

a)      direttamente con i comuni , per lo svolgimento di ASU;

b)       oppure al fine dell’attuazione di misure volte a garantire una definitiva stabilizzazione occupazionale sia dei lavoratori che siano nella disponibilità dei comuni stessi da almeno tre anni per le medesime attività, sia dei lavoratori che, provenienti dal medesimo bacino, siano già stati interessati dalle convenzioni di cui all’articolo 10, comma 3[100], del D.Lgs. n. 468 del 1997[101] e prorogate in attesa di una definitiva stabilizzazione dei soggetti interessati.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 41, comma 1, della L. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) aveva autorizzato il Ministro del lavoro a concedere, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, limitatamente all'esercizio 2003, proroghe delle convenzioni stipulate con i comuni per lo svolgimento di attività straordinarie riferite a lavoratori socialmente utili. I suddetti lavoratori dovevano essere nella disponibilità degli stessi comuni da almeno un triennio; le proroghe erano ammesse nel limite complessivo di 80 milioni di euro a valere sullo stanziamento complessivo recato dal comma richiamato. Tale proroga riguardava le convenzioni - concluse direttamente dai comuni e aventi gli altri requisiti sopra ricordati – che dovevano cessare entro il 31 dicembre 2002[102].

Successivamente, il citato articolo 3, comma 76, della L. 350 del 2003 e il citato nell’articolo 1, comma 262, della Legge n. 311/2004 hanno prorogato le suddette convenzioni relativamente, rispettivamente, all’anno 2004 e all’anno 2005.

 

Il limite complessivo di spesa viene fissato in 35 milioni di euro destinati alla realizzazione delle misure indicate alla lettera a), ed in 13 milioni di euro per le misure di cui alla lettera b) sopra illustrate.

Il termine (del 30 giugno 2001) stabilito dall’articolo 78, comma 2, della citata Legge n. 388 del 2000 - e prorogato al 31 dicembre 2004 dall’art. 3, comma 77, della Legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) ed al 31 dicembre 2005 dall’art. 1, comma 262 della Legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) – ai fini dell’utilizzo delle risorse del Fondo per l’occupazione impegnate per attività socialmente utili viene differito al 31 dicembre 2006.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 78, commi 1-6, della L. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) ha recato disposizioni in materia di lavori socialmente utili.

In particolare, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è stato autorizzato a stipulare convenzioni con le regioni in riferimento a situazioni straordinarie che non consentivano, entro il 30 giugno 2001, di esaurire il bacino regionale dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 81 del 2000[103]. Lo stesso articolo, inoltre, ha prorogato dal 30 aprile 2001 al 30 giugno 2001 la destinazione, di cui all'articolo 8, comma 3, del citato D.Lgs. 81, delle risorse del Fondo per l'occupazione al pagamento dei sussidi per lo svolgimento dei lavori socialmente utili. Sempre con riferimento alla durata dei LSU è stata prorogata di due mesi la durata complessiva degli stessi: sei mesi più rinnovo per otto, anziché sei mesi più rinnovo per sei (a decorrere dal 1° maggio 2000).

La norma ha previsto che le convenzioni, i cui contenuti sono disciplinati dallo stesso articolo 78 del D.Lgs. 388 del 2000, siano sottoscritte nei limiti delle risorse del Fondo per l'occupazione preordinate allo scopo e tenendo conto dei conguagli derivanti dall'applicazione dell'articolo 45, comma 6, L. n. 144 del 1999, che individua la destinazione delle risorse destinate alle attività progettuali di lavori socialmente utili e non utilizzate per tali finalità. Si è stabilito quindi che, a seguito dell'attivazione di tali convenzioni, siano trasferite alle regioni le responsabilità di programmazione e di destinazione delle risorse finanziarie, in conformità alle disposizioni precedentemente citate.

 

Il terzo periodo del comma autorizza il Ministero del lavoro, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, a stipulare nuove convenzioni direttamente con i comuni con meno di 50.000 abitanti, per lo svolgimento di attività socialmente utili e per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno sette anni. L’autorizzazione viene concessa limitatamente all'anno 2006 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro.

Il comma in esame prevede che sia adottata una procedura analoga ai fini dell’erogazione del contributo previsto dall’art. 3, comma 82, della Legge n. 350/2003, poi prorogato dall’art. 1, comma 263, della Legge n. 311/2004.

 

L'articolo 3, comma 82, della richiamata legge n. 350 ha disposto, limitatamente all’esercizio 2004 con un costo complessivo di 1 milione di euro, l’autorizzazione alla stipula diretta di nuove convenzioni tra il Ministero del lavoro ed i comuni con meno di 50.000 abitanti, sia per lo svolgimento di attività socialmente utili sia per l’attuazione di misure volte a garantire la stabilizzazione occupazionale dei lavoratori che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno cinque anni.

Successivamente l’articolo 1, comma 263, della legge n. 311 ha prorogato, limitatamente all'anno 2005 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro, le medesime convenzioni ed ha specificato, ai fini della proroga, l’obbligo di avvalersi della graduatoria allegata al decreto dirigenziale del 25 ottobre 2004[104].

 

La previsione relativa alla “analoga procedura” sembra voler fare riferimento alla necessità dell’intesa in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni, in modo da creare un meccanismo di coinvolgimento delle Regioni nella stipula delle convenzioni..

Si consideri infatti che la Corte costituzionale, con sentenza 6-8 giugno 2005, n. 219[105], ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dei commi 76 e 82 dell’articolo 3, comma 82, della richiamata legge n. 350, nella parte in cui non prevedono alcuno strumento idoneo a garantire una leale collaborazione fra Stato e Regioni.

In conseguenza delle misure sopra illustrate l’ultimo periodo del comma in esame provvede a rifinanziare il Fondo per l’occupazione per un importo pari a 49 milioni di euro.


Articolo 1, comma 304-sexies
(Contributo al Centro sperimentale di cinematografia)

 

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

304-sexies. Per assicurare la prosecuzione delle attività di rilevante valore sociale e culturale in atto, a valere sulle risorse del Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, è concesso un contributo di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2006 in favore della Fondazione Centro sperimentale di cinematografia.

 

 

 

Il comma 304-sexies - introdotto dalla Commissione bilancio della Camera - assegna a decorrere dal 2006 un contributo di 2 milioni di euro, a valere sulle risorse del FUS (Fondo unico dello spettacolo), alla Fondazione Centro sperimentale di cinematografia”.

 

Il sostegno dello Stato a favore dello spettacolo trova il suo fondamento nel titolo II della legge 14 agosto 1967, n. 800[106]. Successivamente, la legge 30 aprile 1985, n. 163[107], nell’intento di porre fine alla frammentazione dell'intervento statale e alla conseguente pressoché annuale approvazione di apposite leggi di finanziamento, creava uno strumento nuovo, il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), da ripartire annualmente tra i diversi settori (cinema, musica, teatro, danza, circhi e spettacolo viaggiante) con decreto dell'autorità di governo competente in materia di spettacolo. L’importo del FUS è stabilito annualmente in tabella C della legge finanziaria.

A seguito della modifica del Titolo V della Costituzione e in attesa di una ridefinizione normativa degli àmbiti di competenza dello Stato e delle regioni ai sensi del nuovo art. 117 Cost., l’art. 1 del D.L. 24/2003 (convertito con modificazioni dalla legge 82/2003) ha affidato a decreti del Ministro per i beni e le attivitàculturali non aventi natura regolamentare[108] la determinazione, con cadenza annuale, delle modalità di erogazione dei contributi allo spettacolo, previsti dalla legge 30 aprile 1985, n. 163 nonché le aliquote di riparto del F.U.S. tra i diversi settori. Al fine di assicurare continuità nell’erogazione dei contributi statali a tale settore, detta procedura è stata poi confermata per il 2005 dall’art. 6 del DL 30dicembre 2004 n. 314[109]

Il DL 24/2003 è stato quindi oggetto di una pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 255 del 2004) che, pur confermando la legittimità della norma in quanto introdotta in via transitoria, segnalava tuttavia l’esigenza di prevedere opportuni strumenti di collaborazione con il sistema delle autonomie regionali[110], in quanto lo spettacolo - assimilato dalla Corte alla “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali” (di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.) - rientra a tutti gli effetti nell’ambito della potestà legislativa concorrente.

La materia è stata poi oggetto di una nuova sentenza della Corte costituzionale (n. 285 del 2005); in tale circostanza, la Corte ha peraltro affermato la sussistenza, nel settore del sostegno alle attività culturali, di esigenze che rendono costituzionalmente legittima la allocazione allo Stato di alcune delle funzioni ad esso relative (secondo il principio, citato dalla Corte, della chiamata in sussidiarietà)[111].

Infine, la legge 15 novembre 2005, n. 239, recante "Disposizioni in materia di spettacolo", in linea con quanto previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 255 del 2004, ha introdotto l’intesa con la Conferenza unificata nella procedura di adozione dei decreti ministeriali concernenti i criteri e le modalità di erogazione dei contributi del Fondo unico dello spettacolo alle attività dello spettacolo previsti dall’articolo 1, comma 1, del citato DL 18 febbraio 2003, n. 24. I decreti possono comunque essere adottati qualora l’intesa non sia stata raggiunta entro sessanta giorni dalla loro trasmissione alla Conferenza unificata. E’ stata poi eliminata la cadenza annuale per l’adozione dei citati decreti ministeriali prevista dal medesimo DL n. 24 del 2003.

 

Si segnala pertanto l’opportunità di valutare la norma in esame alla luce della citata giurisprudenza costituzionale nonché della giurisprudenza in tema di contributi statali a destinazione vincolata in materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale per competenza esclusiva o concorrente ai sensi del terzo e quarto comma dell’articolo 117 della Costituzione (vedi le sentenze nn. 320 e 423 del 2004 e n. 77 del 2005[112]).

 

Per quanto riguarda la “Fondazione Centro sperimentale di cinematografia”, si ricorda che il D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 32[113], in attuazione dell’articolo 10 della legge 137/2002, ha recentemente ridefinito la “Scuola nazionale di cinema” trasformandola nella nuova “Fondazione Centro sperimentale di cinematografia”.

Il Centro sperimentale era nato ufficialmente il 13 aprile 1935, anche se già da qualche anno era in attività la Scuola Nazionale di Cinematografia; nel 1997 l’Ente Pubblico viene trasformato in Fondazione e denominato Scuola Nazionale di Cinema[114].

A seguito delle modifiche introdotte dal citato D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 32 la Fondazione svolge funzioni di centro di eccellenza nella formazione delle professionalità cinematografiche e nella conservazione del patrimonio culturale cinematografico che, grazie al deposito obbligatorio dei film di lungo e corto metraggio di produzione e coproduzione italiana, si arricchisce di anno in anno. Le due aree sono gestite, rispettivamente, dalla “Scuola nazionale di cinema” e dalla “Cineteca nazionale”.

Recentemente, con decreto interministeriale (adottato dal Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) del 2 agosto 2005 e' stato approvato lo statuto della Fondazione.

La struttura è finanziata con una quota del FUS (unitamente ad altri enti, quali Cinecittà Holding e Fondazione La Biennale di Venezia, che promuovono attività cinematografiche); secondo l’ultima relazione disponibile sul riparto del Fondo, la fondazione ha fruito nel 2004 di 11,5 milioni di euro[115] a valere sul Fondo e di 250 mila euro provenienti dal gioco del lotto.


Articolo 1, comma 305
(Fondo per esigenze di tutela ambientale)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

305. Il Fondo da ripartire per esigenze di tutela ambientale di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, è iscritto a decorrere dall'anno 2006 nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

305. Il Fondo da ripartire per esigenze di tutela ambientale di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, è iscritto a decorrere dall'anno 2006 nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, con riserva del 50 per cento da destinare per le finalità di cui al decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267. A tale scopo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le regioni o gli enti locali interessati, definisce e attiva programmi di interventi urgenti di difesa del suolo nelle aree a rischio idrogeologico.

 

 

 

Il comma in esamedispone che il Fondo da ripartire per esigenze di tutela ambientale, istituito con l’art. 1, comma 1, del decreto legge 21 febbraio 2005, n. 16, venga iscritto, a decorrere dall’anno 2006, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

Si ricorda che il Fondo per le esigenze di tutela ambientale - con una dotazione di 140 milioni di euro annui a partire dal 2006 - è stato istituito dall’art. 1, comma 1, del decreto legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58 nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

Lo stesso comma ha previsto, altresì, che con successivi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, si sarebbe provveduto alla ripartizione delle risorse del fondo tra le unità previsionali di base degli stati di previsione delle amministrazioni interessate.

La formulazione delle disposizioni recate dal citato comma del decreto legge ha suscitato più di una perplessità. La prima in relazione alla destinazione delle risorse del fondo che la norma citata prevede “per le esigenze di tutela ambientale connesse al miglioramento della qualità ambientale dell'aria e alla riduzione delle emissioni di polveri sottili in atmosfera nei centri urbani” e che sembrerebbe pertanto rivolta a un ambito estremamente ampio e differenziato di iniziative[116].La seconda in merito alla dizione usata per la ripartizione delle risorse del fondo tra le “unità previsionali di base degli stati di previsione delle amministrazioni interessate”, che sembrerebbe prevedere la ripartizione del fondo tra gli stati di previsione di altri ministeri, sebbene le finalità di tutela ambientale cui il Fondo è destinato sembrerebbero riconducibili all’esclusiva competenza del Ministero dell’ambiente.

Quest’ultima perplessità sembra invero superata dalla disposizione recata dal comma in esame, che colloca all’interno dello stato di previsione deputato alla tutela ambientale, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, l’istituzione e la gestione delle risorse di un Fondo le cui specifiche finalità sono appunto strettamente connesse alla tutela ambientale.

La relazione governativa al d.d.l. originario (AS 3613) relativa alle disposizioni in esame precisa che la norma è rivolta a disciplinare l’iscrizione nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio di tale Fondo, che verrà iscritto “tra le dotazioni del Fondo per la difesa del suolo e la tutela ambientale”[117].

 

Le modifiche apportate nel corso dell’iter alla Camera, hanno previsto che una quota pari al 50 per cento delle risorse insistenti fondo, venga destinata alle finalità previste dal decreto legge n. 180 del 1998 recante provvedimenti urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania.

Si ricorda, infatti, che il decreto legge n. 180 del 1998, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 1998, n. 367, prevede una serie di misure volte non solo all’adozione di piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e misure di prevenzione per le aree a rischio, ma anche misure per il potenziamento delle strutture tecniche per la difesa del suolo e la protezione dell'ambiente, nonché disposizioni specifiche a favore di alcuni comuni della regione Campania colpiti dai disastri franosi del 5 e 6 maggio 1998.

 


Articolo 1, comma 306
(Protocollo di Kyoto)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

306. Per l'attuazione delle misure previste dal Protocollo di Kyoto, ratificato ai sensi della legge 1o giugno 2002, n. 120, e ricomprese nella delibera CIPE n. 123 del 19 dicembre 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2003, è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2006.

306. Identico.

 

 

 

Il comma in esame dispone un finanziamento di 100 milioni di euro per l’anno 2006 per la realizzazione delle misure di attuazione del Protocollo di Kyoto e ricomprese nella delibera CIPE n. 123 del 19 dicembre 2002.

 

Si ricorda che il Protocollo firmato a Kyoto il 7 dicembre 1997, divenuto vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005, impegna i Paesi industrializzati ed i Paesi con economia in transizione a ridurre le emissioni di gas[118] in grado di alterare l’effetto serra del pianeta entro il 2012.

Gli impegni generali previsti dal Protocollo sono, tra gli altri, un miglioramento dell’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti, per addivenire ad una riduzione dei livelli di emissione rispetto a quelli del 1990. Tale onere, ripartito fra i vari Paesi in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito, dei livelli di efficienza energetica, grava sull’Italia nella misura del 6,5%.

Per quanto riguarda l’Italia, si ricorda che la ratifica del protocollo è avvenuta con la legge 1° giugno 2002, n. 120, la quale, tuttavia, non si è limitata alla mera ratifica, ma ha recato una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.

L’art. 2, comma 1, ha infatti previsto l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate:

1)       al raggiungimento dei migliori risultati in termini di riduzione delle emissioni mediante il miglioramento dell'efficienza energetica del sistema economico nazionale e un maggiore utilizzo delle fonti di energia rinnovabili;

2)       all'aumento degli assorbimenti di gas serra conseguente ad attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e forestali;

3)       alla piena utilizzazione dei meccanismi istituiti dal Protocollo di Kyoto per la realizzazione di iniziative congiunte con gli altri Paesi industrializzati (joint implementation), e con quelli in via di sviluppo (clean development mechanism);

4)       all'accelerazione delle iniziative di ricerca e sperimentazione per l'introduzione dell'idrogeno quale combustibile nei sistemi energetico e dei trasporti nazionali, nonché per la realizzazione di impianti per la produzione di energia con biomasse, di impianti per l'utilizzazione del solare termico, di impianti eolici e fotovoltaici per la produzione di energia e di impianti per la produzione di energia dal combustibile derivato dai rifiuti solidi urbani e dal biogas.

In attuazione del citato disposto il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio ha provveduto ad elaborare il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010, nonché la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, recante le “linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”.

Tali documenti, approvati con la delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123[119], contengono, secondo quanto previsto dalla legge di ratifica, l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Tali misure sono descritte in modo dettagliato nel Piano nazionale, che individua le misure che possono raggiungere il miglior risultato in termini di riduzione delle emissioni con il minor costo e i migliori effetti sulla modernizzazione e sull'efficienza dell'economia nazionale. Il Piano distingue tra misure già individuate alla data di approvazione del Piano e ulteriori misure di riduzione. Tali misure sono esposte sinteticamente anche nelle tabelle 3 e 7 della delibera.

Tra le misure del primo tipo si ricordano la crescita delle fonti rinnovabili per 2800 MW; i decreti di efficienza usi finali; la diffusione di autobus e veicoli privati con carburanti a minor densità di carbonio (Gpl, metano); i sistemi di ottimizzazione e collettivizzazione del trasporto privato; la rimodulazione dell’imposizione sugli oli minerali, “crediti di carbonio” derivanti da attività di afforestazione e riforestazione.

Tra le ulteriori misure si ricordano la sostituzione dei motori industriali con motori ad alta efficienza; la produzione di energia da biogas da rifiuti solidi urbani e da scarti delle lavorazioni agricole ed agroalimentari; il recupero rifiuti nei cementifici; un ulteriore crescita nella produzione di energia da fonti rinnovabili tra 500-1200 MW; il prolungamento dei decreti di efficienza usi finali; sostituzione auto circolanti con auto a bassi consumi ed emissioni; miscelazione del gasolio per autotrazione con biodiesel fino al 5%; promozione reti ferroviarie regionali e connessioni con parcheggi scambiatori; piani urbani della mobilità; riduzione di CH4 dagli stoccaggi delle deiezioni animali; impiego dei meccanismi di joint implementation e clean development mechanism[120].

 

Si ricorda, infine, che uno degli strumenti principali individuati dal Protocollo per la riduzione delle emissioni, adottato anche dall’Unione europea con l’emanazione della direttiva 2003/87/CE, è il cd. emission trading (commercio dei diritti di emissione) in base al quale i soggetti che riescono ad ottenere un surplus nella riduzione delle emissioni possono “vendere” tale surplus ad altri soggetti che – al contrario – non riescono a raggiungere gli obiettivi assegnati.

Per quanto riguarda l’Italia, i Ministeri delle attività produttive e dell'ambiente hanno elaborato il Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di emissione di anidride carbonica (secondo quanto previsto dalla direttiva 2003/87/CE) che illustra i principi per l'applicazione della direttiva nel contesto energetico e industriale dell'Italia ed il metodo da utilizzare per l'assegnazione delle quote a livello di attività e di impianto.

Si ricorda che in materia è intervenuto anche il D.L. 12 novembre 2004, n. 273, recante disposizioni urgenti per l’applicazione della direttiva 2003/87/CE, convertito con la legge n. 316/2004, che ha consentito – in attesa del recepimento della direttiva 2003/87[121] - l’avvio a partire già dal 2005 del sistema previsto dalla direttiva.


Articolo 1, commi 307-310
(Bonifica e ripristino ambientale)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

307. Al fine di consentire nei siti di bonifica di interesse nazionale la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza d'emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale delle aree inquinate per le quali sono in atto procedure fallimentari, sono sottoscritti accordi di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la regione, le province, i comuni interessati con i quali sono individuati la destinazione d'uso delle suddette aree, anche in variante allo strumento urbanistico, gli interventi da effettuare, il progetto di valorizzazione dell'area da bonificare, incluso il piano di sviluppo e di riconversione delle aree, e il piano economico e finanziario degli interventi, nonché le risorse finanziarie necessarie per ogni area, gli impegni di ciascun soggetto sottoscrittore e le modalità per individuare il soggetto incaricato di sviluppare l'iniziativa.

307. Identico.

 

308. Al finanziamento dell'accordo di programma di cui al comma 307 concorre il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio nei limiti delle risorse assegnate in materia di bonifiche, ivi comprese quelle dei programmi nazionali delle bonifiche di cui all'articolo 1 della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e successive modificazioni, nonché con le risorse di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 14 ottobre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 28 aprile 2004.

308. Identico.

 

309. L'accordo di programma di cui al comma 307 individua il soggetto pubblico al quale deve essere trasferita la proprietà dell'area. Il trasferimento della proprietà avviene trascorsi centottanta giorni dalla dichiarazione di fallimento qualora non sia stato avviato l'intervento di messa in sicurezza d'emergenza, caratterizzazione e bonifica.

309. Identico.

 

310. Ai fini di cui ai commi da 305 a 319, è in ogni caso fatta salva la vigente disciplina normativa in materia di responsabilità del soggetto che ha causato l'inquinamento nelle aree e nei siti di cui al comma 307.

310. Identico.

 

 

 

Le disposizioni in commento introducono una disciplina speciale riguardante siti da bonificare di interesse nazionale sottoposti a procedure fallimentari.

 

In primo luogo si ricorda che è pendente una delega disposta dalla legge n. 308 del 2004 per l’emanazione di uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nell’intera materia ambientale. La delega esplicita sette specifici ambiti in cui la materia ambientale viene suddivisa, fra cui uno viene espressamente indicato come “gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati”.

Gli schemi di decreti delegati attuativi della delega non sono stati ancora trasmessi al Parlamento, anche se i testi (provvisori) sono stati resi pubblici dal Ministero dell’ambiente[122].

Si ricorda, inoltre, che il Consiglio dei Ministri ha approvato – nella seduta del 18 novembre 2005, n. 31 - uno schema di decreto unico che raccoglierebbe – invece – in un unico provvedimento il complesso delle norme delegate (quest’ultimo testo non è invece ancora stato pubblicato sul citato sito Web).

Pur non essendo pertanto ancora disponibile il testo ufficiale delle nuove norme attuative della delega, in corso di elaborazione, è tuttavia possibile riscontrare che la materia delle bonifiche viene trattata dallo schema di decreto (o da uno degli schemi di decreti) in corso di elaborazione.

Sembrerebbe, pertanto opportuno verificare – durante l’esame parlamentare delle norme in commento – i termini di un eventuale raccordo con le norme delegate in via di elaborazione presso il Ministero dell’ambiente.(Titolo V dello schema di decreto in materia di rifiuti, artt. 63-77).

 

Si ricorda, inoltre, che la bonifica dei siti inquinati – e in particolare le norme relative al reperimento delle ingenti risorse finanziarie necessarie - è stata recentemente oggetto di interventi ripetuti da parte del legislatore, fra i quali particolare rilievo ha assunto l’art. 18 della legge n. 179 del 2002. Con quella norma – che non ha trovato ancora attuazione, non essendo intervenuti i decreti previsti dalla norma primaria – si prevedeva un nuovo meccanismo di finanziamento delle bonifiche dei siti inquinati, attraverso il ricorso ad una procedura alternativa (rispetto a quella ordinaria[123]) basata sull’affidamento con gara a soggetti privati delle attività di bonifica e riqualificazione delle aree inquinate, anche previo esproprio delle aree stesse (a spese, comunque, del soggetto privato affidatario della bonifica), e sulla previsione, quale corrispettivo, della disponibilità delle aree bonificate.

 

Le norme ora introdotte dai commi 307-310 – con finalità analoghe di introduzione di nuovi meccanismi finanziari che rendano meno onerose per la parte pubblica l’intervento di bonifica – intervengono ora, invece, sulla specifica ipotesi di concorso fra procedura fallimentare dell’impresa responsabile dell’inquinamento e di intervento di bonifica del sito.

 

Più in particolare, viene prevista dai commi 307- 310 la possibilità di stipulare accordi di programma tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, le regioni, le province e i comuni interessati relativamente a tali siti con il passaggio di proprietà del sito stesso ad un ente pubblico, ferme restando le disposizioni vigenti che riguardano la responsabilità del soggetto che ha causato l’inquinamento (si ricorda che il citato schema di decreto, pur non ufficialmente trasmesso alle Camere per il parere, ma tuttavia pubblicato sul citato sito Web a cura del Ministero dell’ambiente, reca una normativa specifica, all’art. 70, relativa agli accordi di programma per la bonifica dei siti inquinati).

 

Con gli accordi di programma – che dovranno consentire la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientali- sono individuati la destinazione d’uso delle aree da bonificare, anche in variante allo strumento urbanistico, gli interventi da effettuare, il progetto di valorizzazione dell’area da bonificare, incluso il piano di sviluppo e di riconversione delle aree e il piano economico e finanziario degli interventi, nonché le risorse finanziarie necessarie per ogni area, gli impegni di ciascun soggetto sottoscrittore e le modalità per individuare il soggetto incaricato di sviluppare l’iniziativa. Gli accordi di programma individuano anche il soggetto pubblico al quale deve essere trasferita la proprietà dell’opera. Il trasferimento della proprietà avviene trascorsi 180 giorni dalla dichiarazione di fallimento qualora non sia stato avviato l’intervento di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione e bonifica.

Le disposizioni riguardanti la responsabilità sono contenute - per quel che riguarda l’aspetto civilistico - nell’articolo 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997 e in particolare nel comma 2, il quale prevede una responsabilità di tipo oggettivo a carico del soggetto responsabile dell’inquinamento. Sempre per quel che riguarda le responsabilità, l’articolo 17 prevede inoltre obblighi a carico dei privati che hanno causato l’inquinamento di un sito di adottare idonee misure di sicurezza e riparazione, mentre l’articolo 51-bis del decreto legislativo n. 22 riguarda invece le sanzioni penali.

Per quel che riguarda invece l’aspetto del finanziamento dei siti da bonificare, si ricorda che, lo stesso decreto legislativo n. 22 già prevede la possibilità che gli interventi di bonifica siano cofinanziati dallo Stato.

Si ricorda che il comma 1 dell’articolo 17 prevede che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto n. 22 il Ministro dell'ambiente, avvalendosi dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, definisca:

a)       i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti;

b)      le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni;

c)       i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati, nonché per la redazione dei progetti di bonifica;

c-bis)   tutte le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere che facciano ricorso a batteri, a ceppi batterici mutanti, a stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo al fine di evitare i rischi di contaminazione del suolo e delle falde acquifere.

Il comma 2 prevede che chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento. A tal fine:

a)       deve essere data, entro 48 ore, notifica al Comune, alla Provincia ed alla Regione territorialmente competenti, nonché agli organi di controllo sanitario e ambientale, della situazione di inquinamento ovvero del pericolo concreto ed attuale di inquinamento del sito

b)      entro le quarantotto ore successive alla notifica di cui alla lettera a), deve essere data comunicazione al Comune ed alla Provincia ed alla Regione territorialmente competenti degli interventi di messa in sicurezza adottati per non aggravare la situazione di inquinamento o di pericolo di inquinamento, contenere gli effetti e ridurre il rischio sanitario ed ambientale;

c)       entro trenta giorni dall'evento che ha determinato l'inquinamento ovvero dalla individuazione della situazione di pericolo, deve essere presentato al Comune ed alla Regione il progetto di bonifica delle aree inquinate.

Ai sensi del comma 3 i soggetti e gli organi pubblici che nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali individuano siti nei quali i livelli di inquinamento sono superiori ai limiti previsti, ne danno comunicazione al Comune, che diffida il responsabile dell'inquinamento a provvedere ai sensi del comma 2, nonché alla Provincia ed alla Regione.

Il comma 4 prevede che il Comune approva il progetto di cui al comma 2 ed autorizza la realizzazione degli interventi previsti entro novanta giorni dalla data di presentazione del progetto medesimo e ne dà comunicazione alla Regione. L'autorizzazione indica le eventuali modifiche ed integrazioni del progetto presentato, ne fissa i tempi, anche intermedi, di esecuzione, e stabilisce le garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore della Regione per la realizzazione e l'esercizio degli impianti previsti dal progetto di bonifica medesimo. E’ previsto inoltre che se l'intervento di bonifica e di messa in sicurezza riguarda un'area compresa nel territorio di più comuni il progetto e gli interventi sono approvati ed autorizzati dalla Regione.

Il comma 5 prevede che entro sessanta giorni dalla data di presentazione del progetto di bonifica la Regione può richiedere al Comune che siano apportate modifiche ed integrazioni ovvero stabilite specifiche prescrizioni al progetto di bonifica.

Il comma 6 prevede che qualora la destinazione d'uso prevista dagli strumenti urbanistici in vigore imponga il rispetto di limiti di accettabilità di contaminazione che non possono essere raggiunti neppure con l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, l'autorizzazione di cui al comma 4 può prescrivere l'adozione di misure di sicurezza volte ad impedire danni derivanti dall'inquinamento residuo, da attuarsi in via prioritaria con l'impiego di tecniche e di ingegneria ambientale, nonché limitazioni temporanee o permanenti all'utilizzo dell'area bonificata rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, ovvero particolari modalità per l'utilizzo dell'area medesima. Tali prescrizioni comportano, ove occorra, variazione degli strumenti urbanistici e dei piani territoriali, mentre ai sensi del comma 6-bis gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributo pubblico entro il limite massimo del 50 per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 10 e 11

Il comma 7 prevede che l'autorizzazione di cui al comma 4 costituisce variante urbanistica, comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza e di indifferibilità dei lavori, e sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente per la realizzazione e l'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto di bonifica.

Ai sensi del comma 8, il completamento degli interventi previsti dai progetti di cui al comma 2, lettera c), è attestato da apposita certificazione rilasciata dalla Provincia competente per territorio.

Il comma 9 dispone che qualora i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale sono realizzati d'ufficio dal Comune territorialmente competente e ove questo non provveda dalla Regione, che si avvale anche di altri enti pubblici. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le Regioni possono istituire appositi fondi nell'àmbito delle proprie disponibilità di bilancio

Ai sensi del comma 10, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale nonché la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza costituiscono onere reale sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3. L'onere reale deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica ai sensi e per gli effetti dell'articolo 18, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

Il comma 11 prevede che le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate nonché per la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza, ai sensi dei commi 2 e 3, sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile. Le predette spese sono altresì assistite da privilegio generale mobiliare

Il comma 11-bis dispone che. nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorità giudiziaria che lo ha disposto autorizza l'accesso al sito per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale.

Ai sensi del comma 12, le Regioni predispongono sulla base delle notifiche dei soggetti interessati ovvero degli accertamenti degli organi di controllo un'anagrafe dei siti da bonificare che individui:

a)       gli ambiti interessati, la caratterizzazione ed il livello degli inquinanti presenti;

b)      i soggetti cui compete l'intervento di bonifica;

c)       gli enti di cui la Regione intende avvalersi per l'esecuzione d'ufficio in caso di inadempienza dei soggetti obbligati;

d)       la stima degli oneri finanziari.

Il comma 13 prevede che nel caso in cui il mutamento di destinazione d'uso di un'area comporti l'applicazione dei limiti di accettabilità di contaminazione più restrittivi, l'interessato deve procedere a proprie spese ai necessari interventi di bonifica sulla base di un apposito progetto che è approvato dal Comune ai sensi di cui ai commi 4 e 6. L'accertamento dell'avvenuta bonifica è effettuato, dalla Provincia ai sensi del comma 8.

Ai sensi del comma 13-bis. le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dall’articolo 17 possono essere comunque utilizzate ad iniziativa degli interessati, mentre il comma 13-ter prevede che. gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale previsti dall’articolo 17 vengono effettuati indipendentemente dalla tipologia, dalle dimensioni e dalle caratteristiche dei siti inquinati nonché dalla natura degli inquinamenti..

Il comma 14 prevede che i progetti relativi ad interventi di bonifica di interesse nazionale sono presentati al Ministero dell'ambiente ed approvati, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni che precedono, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, d'intesa con la Regione territorialmente competente. L'approvazione produce gli effetti di cui al comma 7 e, con esclusione degli impianti di incenerimento e di recupero energetico, sostituisce, ove prevista per legge, la pronuncia di valutazione di impatto ambientale degli impianti da realizzare nel sito inquinato per gli interventi di bonifica

Il comma 15 prevede che i limiti, le procedure, i criteri generali di cui al comma 1 ed i progetti di cui al comma 14 relativi ad aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento sono definiti ed approvati di concerto con il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali.

Ai sensi del comma 15-bis. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, emana un decreto recante indicazioni ed informazioni per le imprese industriali, consorzi di imprese, cooperative, consorzi tra imprese industriali ed artigiane che intendano accedere a incentivi e finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica previsti dalla vigente legislazione .

Il comma 15-terdispone infine che. Il Ministero dell'ambiente e le regioni rendono pubblica, rispettivamente, la lista di priorità nazionale e regionale dei siti contaminati da bonificare

L’articolo 51-bis. prevede che chiunque cagiona l'inquinamento o un pericolo concreto ed attuale di inquinamento, previsto dall'articolo 17, comma 2, è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno e con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni se non provvede alla bonifica secondo il procedimento di cui all'articolo 17. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da lire diecimilioni a lire centomilioni se l'inquinamento è provocato da rifiuti pericolosi. Con la sentenza di condanna per la contravvenzione di cui al presente comma, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale

 

In particolare, la legge n. 426 del 1998 ha previsto il concorso dello Stato al finanziamento delle opere di bonifica di interesse nazionale, rinviando a un successivo programma l’individuazione dei siti da considerare di interesse nazionale e ha altresì provveduto a individuare una serie di siti di interesse nazionale.

Il programma nazionale è stato adottato con il D.M. 18 settembre 2001, n. 468

Con il D.M. n. 471 del 1999 si è invece provveduto a definire in modo più specifico le procedure di messa in sicurezza, bonifica e ripristino previste dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 22.

 

Il decreto ministeriale n. 471 del 1999 si compone di 18 articoli e 5 allegati tecnici.

Sin dalle disposizioni introduttive viene chiarito l’ambito di applicazione (piuttosto ampio) della disciplina. Tale ambito comprende:

-        la determinazione di parametri tecnici necessari alla stessa individuazione dei siti inquinati, sia in termini di "valori limite di concentrazione delle sostanze inquinanti" , sia in termini di procedure per il prelievo e l'analisi dei campioni ;

-        la chiarificazione e delimitazione dell'ambito di applicazione della normativa sulla bonifica, attraverso definizioni ma anche attraverso esplicite esclusioni di fenomeni analoghi o contermini che il legislatore ha ritenuto di tenere al di fuori della disciplina , e infine attraverso la previsione di interventi a carattere speciale per i quali lo stesso DM detta specifiche norme procedimentali ;

-        la definizione di criteri guida per la progettazione e la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale ;

-        la procedimentalizzazione di tutte le fasi in cui l'intervento si articola;

-        la delimitazione di responsabilità e competenze dei vari soggetti - pubblici e privati - coinvolti nella progettazione e nella attuazione degli interventi;

-        le prescrizioni relative alla creazione dei necessari supporti conoscitivi, mediante l’aggiornamento, da parte delle regioni, del Censimento dei siti potenzialmente contaminati e la predisposizione dell’Anagrafe dei siti da bonificare ;

-        i criteri per l’individuazione dei siti inquinati di interesse nazionale .

Il D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 si apre con una serie di definizioni preliminari estremamente importanti in relazione alla applicazione pratica della procedura.

L'articolo 2 del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 definisce il "sito inquinato" come il sito che presenta livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o delle acque sotterranee tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l'ambiente naturale o costruito. Ai sensi di questa normativa, risulta essere inquinato il sito nel quale anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque sotterranee o nelle acque superficiali risulta superiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal regolamento .

Il Decreto definisce, infine, “interventi di interesse nazionale”, quelli individuabili in relazione alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti nel sito medesimo, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante, al sito inquinato in termini di rischio sanitario ed ecologico nonché di pregiudizio per i beni ambientali, nei casi in cui l'inquinamento risulti particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione e/o dell'estensione dell'area interessata.

Le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni sono invece contenute nell'allegato 2 dove vengono affrontati i problemi dell'ubicazione dei punti di campionamento, le modalità di prelievo, trasporto e conservazione dei campioni, i criteri per le analisi di laboratorio e per il controllo della qualità delle operazioni di campionamento e di analisi, l'elaborazione e interpretazione dei risultati.

Con il Decreto Ministeriale del 18 settembre 2001, n. 468, si è invece provveduto ad emanare il previsto Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, dopo aver acquisito l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ed i previsti pareri da parte delle Commissioni competenti presso i due rami del Parlamento, espressi, questi ultimi, nelle sedute del 14 marzo 2001 (Camera dei Deputati) e 21 marzo 2001 (Senato della Repubblica).

L'articolo 2 del Decreto n. 468 ha definito quindi i contenuti del Programma nazionale individuando gli ulteriori interventi di bonifica di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi, le modalità ed il trasferimento delle relative risorse, le modalità di monitoraggio e di controllo delle attività di realizzazione degli interventi previsti, i presupposti e le procedure di revoca dei finanziamenti con il relativo riutilizzo delle risorse resesi disponibili.

Nell'articolo 3 vengono infatti individuati come interventi di interesse nazionale, oltre quelli già previsti dalla legge n. 426 del 1998 (Allegati A e B) e dalla legge n. 388 del 2000 (Allegati C e D), ulteriori 23 nuovi interventi (Allegati E ed F), indicati tra quelli che le regioni ritengono prioritari e che possiedono requisiti tali da farli classificare come di interesse nazionale. Ai sensi del successivo articolo 5, il contributo pubblico nella realizzazione degli interventi di bonifica ambientale, è ammesso sia nei confronti delle pubbliche amministrazioni che dei soggetti privati, ma escludendo comunque quei soggetti privati che risultino a qualsiasi titolo responsabili del danno ambientale.

Per quanto riguarda i criteri di finanziamento, l’articolo 6 dispone direttamente la ripartizione dei finanziamenti in fase di prima applicazione, attribuendo le risorse indicate nella tabella G alle varie regioni interessate.

L'individuazione dei soggetti beneficiari nonché le modalità, le condizioni e i termini per l'erogazione dei finanziamenti sono invece direttamente demandate alle regioni, nel rispetto di specifici criteri di erogazione.

Il monitoraggio ed il controllo sull’attuazione del programma nazionale e sulla conformità degli interventi stessi vengono affidati alle Regioni, con il contributo delle ARPA.

Infine sono previste disposizioni per la revoca dei finanziamenti e la loro riassegnazione.

Le disposizioni sono quindi finalizzate ad accelerare la bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale sottoposti a procedure fallimentari dotando l’amministrazione pubblica di strumenti più incisivi nell’effettuazione complessiva dell’intervento e nella programmazione del finanziamento, fino a riconoscere a quest’ultima la stessa proprietà del sito.

Le disposizioni sembrano configurare infatti un trasferimento della proprietà del sito stesso - subordinatamente ad un’inerzia dello stesso soggetto responsabile protratta oltre il periodo di centottanta giorni – quale forma di adempimento dell’obbligo di risarcimento, già previsto dalla normativa vigente (art. 18, comma 1, della legge n. 349 del 1986).

Tuttavia, occorre chiarire l’ipotesi – che non sembrerebbe prevista dalla norma in commento – in cui il proprietario del sito, sottoposto a procedura fallimentare, non sia il soggetto responsabile dell’inquinamento. In tal caso il trasferimento della proprietà in capo alla amministrazione potrebbe configurarsi quale vera e propria espropriazione senza indennizzo, con profili di dubbia costituzionalità (art. 42, terzo comma Cost.).

Per quel che riguarda il finanziamento delle opere, si provvede nei limiti delle risorse assegnate in materia di bonifiche al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, comprese quelle dei programmi nazionali delle bonifiche di cui alla legge n,426 del 1998 e quelle di cui al decreto 14 ottobre 2003, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 99 del 28 aprile 2004.

 

Tale ultimo decreto contiene le modalità per la ripartizione del fondo istituito dall’articolo 18 della legge n. 349 per l’effettuazione di interventi di bonifica

 

Si osserva che occorrerebbe chiarire meglio quali sono le risorse assegnate e quali sono le priorità tra l’assegnazione di risorse agli accordi di programma in questione e gli altri interventi, dato che sia il programma nazionale delle bonifiche che il decreto da ultimo citato contengono dei criteri di priorità per l’assegnazione delle risorse. Occorrerebbe cioè chiarire se gli accordi di programma previsti dalle disposizioni in commento godono di una posizione di priorità nei confronti degli altri finanziamenti.

 


Articolo 1, commi 311-316 e 318-319
(Danni ambientali e sanzioni)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

311. Fermo quanto previsto dai commi 33 e 34, le somme versate in favore dello Stato a titolo di risarcimento del danno ambientale a seguito della sottoscrizione di accordi transattivi, contenenti condizioni specifiche relative al loro reimpiego, sono riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

311. Identico.

 

312. Le sanzioni amministrative provenienti da illeciti ambientali sono elevate di dieci volte nel minimo e di cinquanta volte nel massimo.

Soppresso.

 

313. Con ordinanza immediatamente esecutiva il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, accertato in via amministrativa un fatto che abbia provocato un danno ambientale, irroga nei confronti dell'autore le sanzioni amministrative di sua competenza ed ingiunge il ripristino della situazione ambientale antecedente a titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato. Quando il danno ambientale non risulti eliminabile mediante risarcimento in forma specifica, con la medesima o con successiva ordinanza è ingiunto il pagamento entro il termine di dieci giorni di una somma pari al valore economico del danno accertato. L'ordinanza è emessa nei confronti dell'autore materiale del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il fatto è stato commesso o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio.

313. Qualora i soggetti e gli organi pubblici preposti alla tutela dell'ambiente accertino un fatto che abbia provocato un danno ambientale come definito e disciplinato dalla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, e non siano avviate le procedure di ripristino ai sensi della normativa vigente, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con ordinanza immediatamente esecutiva ingiunge al responsabile il ripristino della situazione ambientale come definito dalla citata direttiva 2004/35/CE a titolo di risarcimento in forma specifica entro il termine fissato. Qualora il responsabile del fatto che ha provocato il danno ambientale non provveda al ripristino nel termine ingiunto, o il ripristino risulti in tutto o in parte impossibile, oppure eccessivamente oneroso, ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con successiva ordinanza ingiunge il pagamento entro il termine di sessanta giorni di una somma pari al valore economico del danno accertato. L'ordinanza è emessa nei confronti del responsabile del danno ambientale come definito e disciplinato dalla citata direttiva 2004/35/CE.

 

314. La quantificazione del danno di cui al comma 313 deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino ed è eseguita nel rispetto delle norme di cui alla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004. Ove non sia motivatamente possibile l'esatta quantificazione del danno non risarcibile in forma specifica, l'ordinanza ne determina l'ammontare, in tutto o in parte, in via equitativa, anche con riguardo al profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dell'ambiente.

315. Per la riscossione delle somme di cui è ingiunto il pagamento con l'ordinanza di cui ai commi 313 e 314, si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

314. La quantificazione del danno di cui al comma 313 è effettuata sulla base del pregiudizio arrecato alla situazione ambientale a seguito del fatto dannoso e del costo necessario per il ripristino nel rispetto delle norme di cui alla citata direttiva 2004/35/CE e degli allegati I e II annessi alla stessa. In caso di riparazione del danno ai sensi del presente comma e del comma 313 è esclusa la possibilità che si verifichi un aggravio dei costi in capo all'operatore come conseguenza di un azione concorrente; resta fermo il diritto dei soggetti proprietari di beni danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dell'interesse proprietario leso. Per la riscossione delle somme di cui è ingiunto il pagamento con l'ordinanza ministeriale, si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

 

316. Le disposizioni previste dai commi da 305 a 319 si applicano anche ai danni ambientali presi in considerazione in procedure transattive non ancora definite alla data del 30 settembre 2005.

315. Le disposizioni previste dai commi 313 e 314 non si applicano ai danni ambientali presi in consi­derazione nell'ambito di procedure transattive ancora in corso di perfezionamento alla data di entrata in vigore della presente legge, a condizione che esse trovino conclu­sione entro il 28 febbraio 2006, né alle situazioni di inquinamento per le quali sia effettivamente in corso o sia avviata la procedura per la bonifica ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471.

 

317. Avverso l'ordinanza di cui ai commi 313 e 314 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente per territorio o al Presidente della Repubblica.

316. Avverso l'ordinanza di cui ai commi 313 e 314 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale compe­tente per territorio entro il termine di sessanta giorni o, alternativamente, al Presidente della Repubblica entro il termine di centoventi giorni, in entrambi i casi decorrente dalla sua notifica­zione, comunicazione o piena cono­scenza.

 

 

omissis

 

318. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti di cui ai commi da 305 a 319, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fideiussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad un fondo istituito nell'ambito di apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al fine di finanziare, anche in via di anticipazione, interventi urgenti di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale, con particolare riferimento alle aree per le quali abbia avuto luogo il risarcimento del danno ambientale, nonché altri interventi per la protezione dell'ambiente e la tutela del territorio.

318. Identico.

 

319. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità di funzionamento e di accesso al fondo di cui al comma 318, ivi comprese le procedure per il recupero delle somme concesse a titolo di anticipazione.

319. Identico.

 

 

 

Il comma 311 prevede che fermo quanto previsto dai commi 33 e 34 dello stesso disegno di legge finanziaria, le somme versate in favore dello Stato a titolo di risarcimento del danno ambientale a seguito della sottoscrizione di accordi transattivi, contenenti condizioni specifiche relative al loro reimpiego, sono riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

 

E’ opportuno osservare che il primo di tali riferimenti (comma 33 dello stesso disegno di legge) è da intendersi nel senso che deve comunque essere rispettato il limite all’ammontare complessivo delle riassegnazioni alla spesa di somme versate all’entrata (il comma 33, infatti, prevede che l’ammontare complessivo delle riassegnazioni di entrate non potrà superare, per ciascuna amministrazione, a decorrere dal 2006, l’importo complessivo delle riassegnazioni effettuate nell’anno 2005).

 

Al contrario, non appare sufficientemente chiarito il riferimento al comma 34 che reca una novella all’art. 1, comma 309, della legge n. 311 del 2004, ove si stabilisce che il maggior gettito derivante dall’applicazione delle disposizioni relative al contributo unificato per le spese di giustizia è versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero della giustizia per il pagamento di debiti pregressi nonché per l’adeguamento delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari

 

Si ricorda che gli accordi transattivi sono contratti- previsti dal codice civile -attraverso i quali i privati risolvono liti, facendosi reciproche concessioni

 

Durante l’esame in sede referente è stato soppresso il comma 312 che elevava di dieci volte nel minimo e di cinquanta volte nel massimo le sanzioni amministrative provenienti da illeciti ambientali.

 

I commi da 313 a 319 prevedono invece una serie di norme in materia di danno ambientale, riformulate

Nelle sue linee generali, la disciplina prevede la doppia ipotesi del risarcimento in forma specifica o per equivalente patrimoniale. Soggetto attivo della richiesta di risarcimento è il solo Ministro dell’ambiente (tale dato rappresenta l’elemento maggiormente innovativo rispetto alla disciplina attuale recata dall’art. 18 della legge n. 349 del 1986).

La scelta fra le due forme non rientra fra le facoltà del Ministro. Infatti la procedura è attivata da un’ordinanza del Ministro dell’ambiente con la quale si ingiunge al responsabile il risarcimento in forma specifica, attraverso il ripristino della situazione ambientale preesistente; solo ove tale forma di risarcimento non sia possibile, con la medesima o successiva ordinanza lo stesso Ministro ingiunge il pagamento di una somma pari al valore economico del danno accertato. I commi 313-319 recano poi una serie di disposizioni integrative della disciplina di fondo sopra delineata.

 

In primo luogo si deve osservare che tali norme appaiono parzialmente sovrapposte ad alcune contenute nello schema di decreto legislativo trasmesso alle Camere per il parere in data 25 novembre (Atto del Governo 572) in attuazione della delega per il riordino della materia ambientale, di cui alla legge n. 308 del 2004[124]. In particolare, l’intera Parte VI dello schema di decreto è dedicata al risarcimento del danno ambientale e al recepimento della direttiva 2004/35/CE, mentre gli articoli 313 e 314 dello schema di decreto disciplinano specificamente l’ordinanza di cui ai commi in oggetto.

 

Fatta questa premessa, si osserva che dalle modifiche recate durante l’esame in sede referente, la disciplina risulta chiarita in alcuni punti ed integrata, rispetto al testo originario dei commi 313-317.

In particolare, viene specificato che l’ordinanza del Ministro è emanata qualora “non siano avviate le procedure di ripristino”. Tale punto non veniva chiarito nel testo originario, ma sembra recare un opportuno coordinamento con le disposizioni relative al ripristino (recate, oggi, dall’art. 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997, ma riportate anche, sia pure con significative modifiche, nello schema di decreto legislativo all’esame dell’VIII Commissione[125]).

Una seconda modifica riguarda il riferimento esplicito alle modalità di ripristino prescritte dalla direttiva 2004/35/CE[126].

Vengono poi meglio specificati i termini della subordinazione fra le due ipotesi del risarcimento (ripristino dello stato antecedente o pagamento di una somma equivalente al danno accertato). Il Ministro dell’ambiente potrà emettere l’ordinanza che ingiunge il pagamento solo ove si verifichi una delle seguenti ipotesi:

a)      qualora il soggetto responsabile non provveda al ripristino nel termine indicato nella prima ordinanza (ordinanza di ripristino);

b)      qualora il ripristino risulti in tutto o in parte impossibile;

c)      qualora il ripristino risulti eccessivamente oneroso.

 

A tale proposito, la disposizione (comma 313) fa riferimento all’art. 2058 c.c. Si ricorda – in proposito – che ai sensi della norma del codice citata, in via generale, il danneggiato può richiedere la reintegrazione in forma specifica, ma tale richiesta è ammissibile solo “qualora sia in tutto o in parte possibile”. Inoltre, il secondo comma dell’art. 2058 specifica che “il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore”.

Il pagamento deve essere effettuato entro il termine di sessanta giorni (che appare termine più realistico di quello di dieci giorni originariamente previsto dal comma 313). Rimane invece invariata il parametro di riferimento per la quantificazione del danno: una somma pari al valore economico del danno accertato.

Un ulteriore elemento di differenziazione fra il testo originario e quello risultante dall’emendamento riguarda l’indicazione del soggetto passivo dell’ordinanza. Secondo il vecchio testo l’ordinanza veniva emessa nei confronti dell’autore materiale del fatto dannoso “nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il fatto è stato commesso o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio”[127]. Nel nuovo testo, invece, soggetto passivo è il responsabile del danno ambientale così come definito dalla direttiva comunitaria.

 

Si osserva in proposito che la direttiva 2004/35/CE non reca in realtà una disposizione in tal senso. Al contrario, l’art. 9 della direttiva – proprio su tale punto - fa rinvio al diritto nazionale degli stati membri, in quanto esplicita che “la presente direttiva lascia impregiudicata qualsiasi disposizione del diritto nazionale riguardante l’imputazione dei costi nel caso di pluralità di autori del danno, in particolare per quanto concerne la ripartizione delle responsabilità tra produttore e utente del prodotto”. Sembrerebbe pertanto che una parte significativa del contenuto normativo della disposizione originaria possa perdersi nel passaggio alla riformulazione recata dall’emendamento.

 

Nulla viene invece sostanzialmente mutato in merito ai criteri per la quantificazione del danno, per i quali si fa rinvio alla direttiva. Più esattamente, il nuovo testo specifica che il richiamo comprende gli Allegati I e II della direttiva (comma 314).

 

Si osserva che apparirebbe più pertinente il richiamo del solo Allegato II, che – in realtà – contiene la disciplina di riferimento per la quantificazione del danno, mentre l’Allegato I reca i criteri per la definizione della nozione di danno ambientale.

 

Si osserva che nel nuovo testo non vengono riprodotte le disposizioni riguardanti la determinazione del danno in via equitativa, che invece erano presenti nel testo originario del comma 314.

 

Si osserva che il comma 3 dell’articolo 314 dello schema di decreto (Atto del Governo 572), all’esame dell’VIII Commissione, prevede – in proposito – che ove non sia “motivatamente possibile” l’esatta quantificazione del danno per equivalente patrimoniale, si presume – fino a prova contraria – di ammontare “non inferiore al triplo della somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, oppure alla sanzione penale, in concreto applicata”. La disposizione specifica poi che la pena detentiva – ai fini della quantificazione del danno – si calcola nella misura di quattrocento euro per ciascun giorno di pena detentiva.

 

Vengono poi aggiunte (sempre al comma 314) alcune disposizioni relative alla possibilità di un’azione concorrente in capo all’operatore. L’azione concorrente a cui tale disposizione fa riferimento non sembra essere quella del soggetto privato eventualmente danneggiato (infatti si specifica di seguito che resta fermo il diritto di tutti i soggetti danneggiati di agire nei confronti del responsabile con gli strumenti ordinari della giustizia civile e penale), ma piuttosto quella promossa da altra amministrazione pubblica. In tal caso, è escluso che si verifichi un aggravio di costi per l’operatore chiamato a rispondere dei danni. In sostanza, la norma sembra ribadire il carattere unificante, e riassuntivo dell’insieme degli interessi pubblici coinvolti, rivestito dall’azione promossa dal Ministro dell’ambiente.

Si osserva che disposizioni di identico contenuto sono rinvenibili al comma 7 dello schema di decreto legislativo all’esame dell’VIII Commissione.

Rimane invece invariata la disposizione che prevede che per la riscossione delle somme si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 112 del 1999[128].

 

Al comma 315 viene apportata invece una significativa modifica rispetto al testo originario (del comma 316), relativamente alla applicabilità della nuova normativa alle procedure transattive ancora in corso di definizione.

Mentre il testo originario prevedeva che le nuove norme si applicassero anche a tutte le procedure transattive non ancora definite alla data del 30 settembre 2005, la nuova formulazione esclude l’applicazione della nuova disciplina alle procedure in corso, e che risulteranno ancora non concluse alla data del 28 febbraio 2006. La norma – nel definire un periodo transitorio – sembra volta ad evitare il sovrapporsi di discipline diverse.

La modifica appare opportuna, soprattutto in quanto essa sembra da collegarsi alla disposizione - non presente nell’articolato in oggetto, ma inserita invece nello schema di decreto legislativo all’esame dell’VIII Commissione (all’art. 315) -secondo la quale il Ministro dell’ambiente che abbia adottato l’ordinanza non può proporre né procedere ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del danno ambientale, mentre resta comunque salva la possibilità dell’intervento in qualità di persona offesa dal reato nel giudizio penale.

Inoltre, vengono escluse dal campo di applicazione delle nuove norme tutte le situazioni di inquinamento per le quali sia già stato avviato un intervento di bonifica.

 

Si ricorda che tale seconda esclusione sarà resa superflua dall’eventuale entrata in vigore dello schema di decreto legislativo di riordino della materia ambientale, ove già è previsto - art. 303, comma 1, lettera i) - questo specifico caso di esclusione dall’ambito di applicazione della normativa.

 

Infine, al comma 316, si dispone (come già al comma 317 del testo originario) in merito al diritto di ricorso avverso l’ordinanza-ingiunzione. La modifica consiste nella indicazione dei termini per il ricorso che era stata omessa nel testo originario. I termini fissati sono – rispettivamente – di sessanta giorni per il ricorso al TAR e di centoventi giorni per il ricorso, alternativo, in via amministrativa al Presidente della Repubblica.

Si ricorda che disposizioni analoghe sono recate dall’art. 316 dello schema di decreto legislativo (Atto del Governo 572) all’esame dell’VIII Commissione.

 

Rimangono non modificati, rispetto al testo trasmesso dal Senato, i commi 318 e 319 (che si riconnettono ai precedenti 313-316) e disciplinano l’istituzione di un fondo rotativo al quale affluiscono le somme derivanti dalla riscossione dei risarcimenti per danno ambientale (fondo peraltro già esistente, in quanto istituito dai commi 9-bis e 9-ter dell’articolo 18 della legge n. 349 del 1986[129] e dal decreto del Ministro dell’ambiente 14 ottobre 2003.


Articolo 1, commi 316-bis-316-quinquies
(Finanziamenti per la rilocalizzazione in condizioni di sicurezza di attività produttive collocate in aree a rischio di esondazione)

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

Art. 1.

Art. 1.

 

316-bis. All'articolo 1-bis, comma 5, del decreto-legge 3 agosto 2004, n. 220, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 ottobre 2004, n. 257, la parola: «quindici» è sostituita dalla seguente: «venticinque».

 

316-ter. Restano fermi i criteri e le modalità applicati per l'articolo 1-bis, comma 5, del decreto-legge 3 agosto 2004, n. 220, convertito, con modi­ficazioni, dalla legge 19 ottobre 2004, n. 257.

 

316-quater. All'attuazione degli interventi previsti dal comma 316-bis si provvede nei limiti delle risorse disponibili di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35, e successive modificazioni.

 

316-quinquies. Ai fini dell'attuazione del comma 316-bis eventuali esigenze di trasferimento delle risorse disponibili di cui al comma 3 del citato articolo 1-bis del decreto-legge n. 220 del 2004, tra Mediocredito centrale Spa e Artigiancassa Spa, saranno preventi­vamente autorizzate dal Dipartimento del tesoro, previa adeguata docu­mentazione trasmessa dai predetti istituti di credito e verificata dallo stesso Dipartimento.

 

 

Il comma 316-bis novella l’art. 1-bis, comma 5, del decreto legge n. 3 agosto 2004, n. 220 estende a venticinque anni, invece degli attuali quindici, la durata dei finanziamenti disposti dall’art. 4-quinquies del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130, per la rilocalizzazione in condizioni di sicurezza di attività produttive collocate in aree a rischio di esondazione e concessi a favore dei soggetti danneggiati dalle avversità atmosferiche di cui al comma 1 dello stesso decreto n. 220 del 2004.

Si ricorda che con l’art. 1-bis del decreto legge n. 220 del 2004 sono state previste disposizioni a favore delle imprese danneggiate dagli eventi alluvionali verificatisi nel novembre 1994 in Piemonte, intervenendo sulla disciplina della concessione dei contributi per la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive nelle zone colpite dagli eventi stessi. Il comma 1, in particolare, ha provveduto ad aumentare il contributo in conto capitale a favore delle imprese industriali, commerciali, artigianali e di servizi aventi sede nei territori colpiti dagli eventi alluvionali della prima decade del mese di novembre 1994.

In relazione, poi, ai finanziamenti disposti dall’art. 4-quinquies del decreto-legge n. 130 del 1997, essi consistono in crediti agevolati per la rilocalizzazione di attività produttive alle condizioni indicate negli artt. 2 e 3 del decreto legge n. 691 del 1994, e cioè per un periodo complessivo di dieci anni, comprensivi di un periodo massimo di preammortamento di due anni.

La disposizione di tale comma è quindi rivolta unicamente a prolungare la durata dei finanziamenti concessi alle imprese di cui all’art. 4-quinquies del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130.

 

Nel comma 316-ter, viene, quindi, stabilita l’invarianza dei criteri e delle modalità di attuazione relativi all’art. 1-bis, comma 5, del decreto legge n. 220 del 2004.

Si ricorda, infatti, che il comma 6 dell’art. 1-bis del decreto legge n. 220 rinvia, per la determinazione dei criteri, condizioni e modalità di attuazione delle disposizioni previste dall’articolo stesso, ad un successivo decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze.

Con il comma 316-quater viene quindi disposto che per consentire l’attuazione degli interventi previsti dal comma 317-bis, si provveda nell’ambito delle risorse disponibili di cui agli artt. 2 e 3 del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691.

Si ricorda che con l’art. 4, comma 247, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004), è stato approvato l’allegato 2, nel quale sono esposte le autorizzazioni di spesa che confluiscono nei fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione della spesa, con riferimento a ciascun comparto omogeneo della spesa, nonché l’indicazione delle autorizzazioni legislative (e dei relativi importi) che confluiscono in detti fondi. Tra esse figura, all’interno dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, all’interno del comparto Incentivi alle imprese, il decreto legge n. 691 del 1994, art. 2, comma 1, con 281,985 milioni di euro.

Nel corso dell’esame parlamentare, la dotazione finanziaria di alcuni dei Fondi unici per gli investimenti è stata modificata e, tra essi, il Fondo unico investimenti per gli incentivi alle imprese del Ministero dell’economia e delle finanze è stato ridotto per il 2004 di 100 milioni di euro, a seguito della rimodulazione, in Tabella F, delle risorse relative al D.L. n. 691/1994, art. 2, comma 1 (Fondo per contributi conto interessi su finanziamenti concessi), che ha posticipato 100 milioni di euro dal 2004 al 2005. Pertanto la dotazione per il 2004 risulta pari a 181,985 milioni di euro.

Successivamente il D.L. 12 luglio 2004, n. 168, “Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica” (convertito, con modificazioni, nella legge n. 191/2004), che ha attuato una manovra correttiva volta a garantire il conseguimento degli obiettivi finanziari fissati dal Governo, ha disposto una riduzione del 50% delle autorizzazioni di spesa che costituiscono i Fondi unici investimenti del Ministero dell’economia e delle finanze, e tra essi anche del Fondo unico investimenti per gli incentivi alle imprese, che, a seguito di tale riduzione, riportava una disponibilità di 90,9 milioni di euro (DL 691/1994, art. 2, co. 1: Alluvioni novembre 1994 - Fondo contributi in conto interessi su finanziamenti concessi (UPB 1.2.3.4, cap. 7005).

Nell’attuale disegno di legge finanziaria in esame, come trasmesso dal Senato, il Fondo unico investimenti per gli incentivi alle imprese, reca una dotazione di 18,5 milioni di euro.

Il comma 316-quinquies prevede che, sempre ai fini dell’attuazione del comma 317-bis, eventuali esigenze di trasferimento di risorse disponibili, tra Mediocredito centrale Spa e Artigiancassa Spa, dovranno essere preventivamente autorizzate e verificate dal dipartimento del tesoro.


Articolo 1, comma 319-bis
(Finanziamento di infrastrutture dell’autorità portuale di Manfredonia)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

319-bis. Le risorse finanziarie previste dall'articolo 3, comma 2-ter, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, come riassegnate dall'articolo 1, comma 200, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, originariamente destinate alla dotazione infrastrutturale diportistica nelle aree ivi indicate, e per le quali alla data di entrata in vigore della presente legge non è stato adottato alcun provve­dimento di attuazione, sono destinate al finanziamento delle iniziative infrastrut­turali occorrenti per l'attuazione della disposizione di cui all'articolo 4, comma 65, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

 

 

 

Il comma 319-bisprevede che le risorse finanziarie stanziate dal DL 209/2002, come rifinanziate dall’articolo 1, comma 200 della legge finanziaria per il 205, originariamente destinate alle infrastrutture diportistiche nelle aree del Basso Adriatico, per le quali non è stato adottato alcun provvedimento di attuazione alla data di entrata in vigore della legge finanziaria in esame, siano destinate al finanziamento delle iniziative infrastrutturali dell’Autorità portuale di Manfredonia.

L’articolo 3, comma 2-ter secondo periodo, del DL 209/2002 ha autorizzato, tra le altre, la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2003 e di 10 milioni di euro per l'anno 2004 quale contributo al finanziamento per la realizzazione di programmi di dotazione infrastrutturale diportistica delle aree di cui all'articolo 52, comma 59, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ossia per le aree del basso Adriatico[130].

L’articolo 1, comma 200 della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004) ha autorizzato tra l’altro la prosecuzione di tali interventi, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a tali finalità rispettivamente appostate, che a tal fine vengono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate agli anni successivi, fino al completamento delle iniziative contemplate nelle citate disposizioni di legge.

L’articolo 4, comma 65 della legge finanziaria per il 2004 (L. 350/2003), modificando il disposto di cui all’articolo 1, comma 1 della legge 84/94, ha inserito - tra le sedi in cui istituire l’Autorità portuale - anche il porto di Manfredonia[131].


Articolo 1, comma 319-ter
(Disposizioni in materia di subconcessioni da parte di ANAS Spa)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

319-ter. Al comma 5-bis dell'articolo 7 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, introdotto dall'articolo 6-ter del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo le parole: «reale o figurativo» sono inserite le seguenti: «o corrispettivi di servizi».

 

 

 

L’articolo 6-ter del decreto legge n. 203 del 2005 (convertito, con modifiche, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248) ha introdotto una serie di modifiche alla normativa che ha disciplinato il processo di privatizzazione dell’ANAS Spa (art 7 del decreto legge n. 138 del 2002) prevedendo, fra l’altro, che L'ANAS S.p.a. - in conformità con un atto di indirizzo che sarà appositamente adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze – possa subconcedere ad una o più società da essa costituite alcuni dei compiti ad essa affidati dalle norme vigenti, e in particolare:

-        compiti di gestione di strade e autostrade di proprietà dello Stato;

-        loro manutenzione ordinaria e straordinaria;

-        realizzazione di interventi di progressivo miglioramento ed adeguamento della rete;

-        costruzione di nuove strade statali e nuove autostrade, sia direttamente che in concessione.

La norma specifica che tale subconcessione deve riguardare tratte stradali o autostradali assoggettate o assoggettabili a pedaggio reale o figurativo. Pertanto le subconcessioni garantiranno all’ANAS Spa un corrispettivo e dovranno consentire – nelle finalità della norma – di proseguire il processo di privatizzazione della Società e la sua fuoriuscita dal perimetro della pubblica amministrazione secondo la classificazione adottata dalle regole contabili europee (copertura di almeno il 50 per cento dei costi di produzione dalla vendita di beni e servizi sul mercato).

La proposta emendativa recata dal comma aggiuntivo 319-ter estende l’ambito di applicabilità delle nuove norme sulla subconcessione, comprendendovi non solo le strate o autostrade assogettabili a pedaggio, ma anche quelle che possono essere assoggettate a “corrispettivi di servizio”. La norma sembra doversi intendere nel senso che oggetto della subconcessione può anche essere una strada (o una tratta) non assoggettata a pedaggio (né reale, né figurativo), ma nella quale la società subconcessionaria – dietro corrispettivo - svolga dei servizi (ad esempio di manutenzione).


Articolo 1, comma 319-quater
(Interventi abitativi per agevolare la mobilità del personale
della pubblica amministrazione)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

319-quater. Allo scopo di facilitare la realizzazione degli interventi abitativi di cui all'articolo 1, comma 110, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e all'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, è abolito l'obbligo della contiguità delle aree e detti interventi possono essere localizzati in più ambiti all'interno della stessa regione.

 

 

 

Il comma 319-quater, allo scopo di facilitare la realizzazione degli interventi del programma straordinario di edilizia residenziale a favore dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, prevede l’abolizione dell’obbligo della contiguità delle aree di localizzazione degli interventi all’interno della stessa Regione.

Il comma in esame rinvia, più precisamente, agli interventi abitativi disciplinati dalle seguenti disposizioni:

-        art. 1, comma 110, della legge n. 311/2004 (finanziaria 2005);

Si ricorda, in proposito, che il citato comma 110, ha introdotto nell’ordinamento vigente una disposizione che consente la modifica in aumento del limite numerico degli alloggi da realizzare nell’ambito di programmi straordinari di edilizia residenziale pubblica previsti dall’art. 4, comma 150, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato. Viene altresì previsto che tale modifica debba lasciare invariato il limite volumetrico complessivo degli interventi oggetto dei programmi stessi.

L’articolo 4 comma 150 della legge n. 350 del 2003 non disciplina peraltro programmi straordinari di edilizia residenziale pubblica. Esso richiama i programmi straordinari di cui all'art. 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, prevedendo una procedura per la rilocalizzazione dei programmi stessi in una Regione diversa da quella in cui essi dovevano essere realizzati in origine, nel caso in cui la regione interessata non provveda all’attivazione dei necessari accordi di programma.

La disposizione in commento sembra, quindi, trovare applicazione limitatamente ai programmi oggetto di rilocalizzazione.

-        art. 18 della legge n. 203/1991

Si osserva, innanzitutto, che la legge n. 203/1991 ha provveduto a convertire in legge il DL n. 152/1991. Occorrerebbe pertanto riformulare il comma al fine di rinviare correttamente all’art. 18 di tale decreto legge.

Quanto ai contenuti della norma richiamata, si ricorda che l’art. 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa), ha dato avvio ad un programma straordinario di edilizia residenziale da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato “quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengano trasferiti per esigenze di servizio”.

Il medesimo articolo ha affidato la realizzazione degli interventi (tanto di recupero che di nuova costruzione) ai comuni, agli IACP, ad imprese di costruzione e loro consorzi e a cooperative e loro consorzi, disponendo, altresì, l’assegnazione di un finanziamento attraverso un limite di impegno di 50 miliardi di lire per l'edilizia agevolata, e un finanziamento di 900 miliardi di lire per l'edilizia sovvenzionata.

 

Si fa notare che l’obbligo di cui il comma in esame prevede l’abolizione non è previsto dalle disposizioni richiamate, bensì dalla delibera CIPE 20 dicembre 1991, n. 98[132] di attuazione dell’art. 18, comma 2, del DL n. 152/1991.

Il punto 2.1 di tale delibera dispone, infatti, che i programmi integrati da parte di comuni, IACP, imprese di costruzione e loro consorzi, cooperative e loro consorzi “debbono interessare esclusivamente porzioni contigue di territorio”.

 

Si ricorda, in proposito, che l’art. 18, comma 2, del DL n. 152 prevede che gli interventi per la realizzazione del programma “sono realizzati dai comuni, dagli IACP, da imprese di costruzione e loro consorzi e da cooperative e loro consorzi” Il successivo comma 3, secondo periodo, dispone poi che “Gli interventi possono far parte di programmi integrati”.

L’abolizione di tale obbligo sembra finalizzata a garantire maggiore elasticità nell’attuazione degli interventi previsti.


Articolo 1, commi 319-quinquies-319-octies
(Semplificazioni in materia di alienazioni di immobili degli IACP)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

319-quinquies. Ai fini della valo­rizzazione degli immobili costituenti il patrimonio degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono semplificate le norme in materia di alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti medesimi. Il decreto, da emanare previo accordo tra Governo e regioni, è predisposto sulla base della proposta dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti da presentare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

319-sexies. I princìpi fissati dall'ac­cordo tra Governo e regioni e regolati dal decreto di cui al comma 319-quinquies devono consentire che:
 a) il prezzo di vendita delle unità immobiliari sia determinato in pro­porzione al canone dovuto e computato ai sensi delle vigenti leggi regionali, ovvero, laddove non ancora approvate, ai sensi della legge 8 agosto 1977, n. 513;

 

 

b) per le unità ad uso residenziale sia riconosciuto il diritto all'esercizio del diritto di opzione all'acquisto per l'assegnatario unitamente al proprio coniuge, qualora risulti in regime di comunione dei beni; che in caso di rinunzia da parte dell'assegnatario, subentrino, con facoltà di rinunzia, nel diritto all'acquisto, nell'ordine, il coniuge in regime di separazione dei beni, il convivente more uxorio purché la convivenza duri da almeno cinque anni, i figli conviventi, i figli non conviventi;

 

 

c) i proventi delle alienazioni siano destinati alla realizzazione di nuovi alloggi, al contenimento degli oneri dei mutui sottoscritti da giovani coppie per l'acquisto della prima casa, a promuovere il recupero sociale dei quartieri degradati e ad azioni in favore di famiglie in particolare stato di bisogno.

 

 

319-septies. Agli immobili degli Istituti proprietari, che ne facciano richiesta attraverso le regioni, si applicano le disposizioni previste dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni.

 

 

319-octies. Al fine di consentire la corretta e puntuale realizzazione dei programmi di dismissione immobiliare, gli enti e gli Istituti proprietari possono affidare a società di comprovata professionalità ed esperienza in materia immobiliare e con specifiche compe­tenze nell'edilizia residenziale pubblica la gestione delle attività necessarie al censimento, alla regolarizzazione ed alla vendita dei singoli beni immobili.

 

 

 

I commi da 319-quinquies a 319-octies recanti disposizioni di semplificazione in materia di alienazioni di immobili di proprietà degli Istituti Autonomi Case Popolari. È altresì previsto che, al fine di consentire la corretta e puntuale realizzazione dei programmi di dismissione immobiliare, gli enti e gli Istituti proprietari possono affidare a società di comprovata professionalità ed esperienza in materia immobiliare e con specifiche competenze nell'edilizia residenziale pubblica, la gestione delle attività necessarie al censimento, alla regolarizzazione ed alla vendita dei singoli beni immobili.

Più in particolare, il comma 319-quinquies prevede che ai fini della valorizzazione degli immobili costituenti il patrimonio degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge, sono semplificate con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, le norme in materia di alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti medesimi.

Si prevede quindi una modifica delle procedure di alienazione previste dalla legge attraverso un decreto

Il decreto, da emanare previo accordo tra Governo e Regioni, è predisposto sulla base della proposta dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell’economia e delle finanze, delle infrastrutture e i trasporti. Tale proposta deve essere presentata in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Il comma 319-sexies detta i seguenti principi per l’emanazione del decreto:

a)      il prezzo di vendita delle unità immobiliari deve essere determinato in proporzione al canone dovuto e computato ai sensi delle vigenti leggi regionali, ovvero laddove non ancora varate, ai sensi della legge n. 513 del 1977.

L’articolo 27 della legge n. 513 del 1977 dispone l’abrogazione delle disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1959, n. 2 e nella legge 14 febbraio 1963, n. 60 e successive modificazioni e integrazioni, nonché in altre leggi che comunque disciplinino il trasferimento in proprietà agli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica già assegnati in locazione semplice. Le domande per le quali non sia stato stipulato il relativo contratto di cessione in proprietà, devono essere, a cura degli assegnatari, confermate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.. Alle domande confermate si applicano le norme stabilite dal successivo articolo 28. L’articolo 28 prevede che il prezzo di cessione degli alloggi di cui al precedente articolo 27 è dato dal valore venale degli alloggi stessi al momento dell'entrata in vigore della legge n. 513 del 1977, determinato dall'ufficio tecnico erariale, tenendo anche conto dello stato di conservazione dell'immobile e della sua ubicazione con la riduzione dell'1,5 per cento per ogni anno di effettiva occupazione da parte del richiedente dell'alloggio da cedersi, fino ad un limite massimo di venti anni e con l'ulteriore riduzione del 10 per cento da applicarsi nel caso in cui il richiedente fruisca di un reddito non superiore a quello determinato ai sensi dell’articolo 22 con la maggiorazione di cui alla lettera d) dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035. In sede di stipula del contratto di cessione in proprietà, gli istituti autonomi per le case popolari sono autorizzati a detrarre dal predetto valore le eventuali migliorie apportate dall'assegnatario Qualora l'assegnatario fruisca, secondo le risultanze dell'ultima dichiarazione dei redditi o dell'ultimo accertamento da parte dei competenti uffici fiscali, alla data della presentazione della domanda di conferma, di un reddito inferiore a quello di cui all'articolo 17, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035 , la cessione in proprietà, nel caso di pagamento in contanti, ha luogo con lo sconto del 30 per cento sul prezzo come sopra determinato; nel caso di pagamento rateale, per un periodo di 15 anni, è dovuta una quota in contanti del 15 per cento del prezzo stesso e sul residuo debito è corrisposto un interesse annuo del 5,50 per cento. Qualora invece l'assegnatario fruisca secondo le risultanze dell'ultima dichiarazione dei redditi o dell'ultimo accertamento da parte dei competenti uffici fiscali, di un reddito superiore a quello stabilito dall'articolo 17, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, alla data della presentazione della domanda di conferma, la cessione in proprietà, nel caso di pagamento in contanti, avviene con lo sconto del 20 per cento sul prezzo come sopra determinato; nel caso di pagamento rateale, per un periodo di 10 anni, è dovuta una quota in contanti pari al 30 per cento del prezzo stesso e sul residuo debito è corrisposto un interesse annuo del 6 per cento .

L’articolo 22 prevede che il canone di locazione determinato ai sensi dei commi precedenti è, a richiesta dell'assegnatario, ridotto del 25 per cento qualora:

a)       il reddito annuo complessivo relativo all'anno precedente quello della richiesta dell'assegnatario derivante esclusivamente da lavoro dipendente o da pensione, determinato ai sensi dell'articolo 10, primo comma, del decreto-legge 13 agosto 1975, n. 376 convertito, con modificazioni, nella legge 16 ottobre 1975, n. 492, non sia superiore all'importo di due pensioni minime INPS per la generalità dei lavoratori per nuclei familiari costituiti da 1 a 2 componenti;

b)       il reddito annuo, come sopra determinato, non superi il limite di cui alla precedente lettera a) aumentato di un quarto per ogni componente oltre i primi due fini ad un massimo di 4 componenti.

Si osserva in proposito che la procedura appena commentata prende come riferimento per la determinazione del prezzo dell’immobile il valore venale dell’immobile riferito al momento dell’entrata in vigore della legge n. 513 del 1977. Sembra quindi opportuno specificare che il riferimento deve essere inteso nel senso di considerare il valore venale dell’immobile riferito al periodo attuale

b)     per le unità ad uso residenziale è riconosciuto il diritto all’esercizio del diritto di opzione all’acquisto per l’assegnatario unitamente al proprio coniuge, qualora quest’ultimo risulti essere in comunione dei beni con l’assegnatario.

c)      I proventi delle alienazioni devono essere destinati alla realizzazione di nuovi alloggi, al contenimento degli oneri dei mutui sottoscritti da giovani coppie per l’acquisto della prima casa, a promuovere il recupero sociale dei quartieri degradati e per azioni in favore di famiglie in particolare stato di bisogno

 

Si osserva che, rientrando le disposizioni in commento nell’ambito di delega di poteri normativi all’autorità di governo, occorrerebbe meglio chiarire i principi per l’esercizio di tali poteri. In particolare, sembrerebbe opportuno specificare meglio i principi contenuti all’interno della lettera c)

I commi 319-septies e 319-octies dettano invece direttamente norme che si applicheranno alle nuove procedure.

Il comma 319-septies prevede infatti che agli immobili degli Istituti proprietari che facciano richiesta attraverso le Regioni, si applicano le disposizioni previste dal decreto legge n. 351 del 25 novembre 2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 410 del 23 novembre 2001 e successive modifiche e integrazioni.

Si ricorda che il decreto in questione prevede procedure per la dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e per lo sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.

In particolare, si da autorizzazione al Ministro dell'economia e delle finanze a costituire o a promuovere la costituzione, anche attraverso soggetti terzi, di più società a responsabilità limitata con capitale iniziale di 10.000 euro, aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli altri enti pubblici di cui all'articolo 1 dello stesso decreto. Le società possono essere costituite anche con atto unilaterale del Ministero dell'economia e delle finanze; non si applicano in tale caso le disposizioni previste dall'articolo 2497, secondo comma, del codice civile

Le società costituite effettuano le operazioni di cartolarizzazione, anche in più fasi, mediante l'emissione di titoli o l'assunzione di finanziamenti. Per ogni operazione sono individuati i beni immobili destinati al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli e dei concedenti i finanziamenti

Il comma 319-octies dispone invece che al fine di consentire la corretta e puntuale realizzazione dei programmi di dismissione immobiliare, gli enti e gli Istituti proprietari possono affidare a società di comprovata professionalità ed esperienza in materia immobiliare e con specifiche competenze nell’edilizia residenziale pubblica, la gestione delle attività necessarie al censimento, alla regolarizzazione ed alla vendita dei singoli immobili.

 

Si ricorda brevemente che le norme vigenti per l’alienazione degli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) sono quelle relative all’alienazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, contenute nella legge n. 560 del 1993.

Il comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 560 del 1993 dispone che sono alloggi di edilizia residenziale pubblica quelli acquisiti, realizzati o recuperati, ivi compresi quelli di cui alla legge 6 marzo 1976, n. 52, a totale carico o con concorso o con contributo dello Stato, della regione o di enti pubblici territoriali, nonché con i fondi derivanti da contributi dei lavoratori ai sensi della legge 14 febbraio 1963, n. 60 e successive modificazioni, dallo Stato, da enti pubblici territoriali, nonché dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) e dai loro consorzi comunque denominati e disciplinati con legge regionale.

Talelegge prevede chele regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa formulano, su proposta degli enti proprietari, sentiti i comuni ove non proprietari, piani di vendita al fine di rendere alienabili determinati immobili nella misura massima del 75 per cento del patrimonio abitativo vendibile nel territorio di ciascuna provincia fermo restando che gli alloggi di cui al comma 2, lettera a), possono essere venduti nella loro globalità. Trascorso tale termine, gli enti proprietari, nel rispetto dei predetti limiti, procedono alle alienazioni in favore dei soggetti aventi titolo a norma di legge

Hanno titolo all'acquisto degli alloggi gli assegnatari o i loro familiari conviventi, i quali conducano un alloggio a titolo di locazione da oltre un quinquennio e non siano in mora con il pagamento dei canoni e delle spese all'atto della presentazione della domanda di acquisto. In caso di acquisto da parte dei familiari conviventi è fatto inoltre salvo il diritto di abitazione in favore dell'assegnatario.

 

Il prezzo degli alloggi è invece determinato dal valore che risulta applicando un moltiplicatore pari a 100 alle rendite catastali determinate dalla Direzione generale del catasto e dei servizi tecnici erariali del Ministero delle finanze a seguito della revisione generale disposta con decreto del Ministro delle finanze del 20 gennaio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 1990, e di cui all'articolo 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (12), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, e delle successive revisioni. Al prezzo così determinato si applica la riduzione dell'1 per cento per ogni anno di anzianità di costruzione dell'immobile, fino al limite massimo del 20 per cento. Il pagamento del prezzo viene infine effettuato entro quindici giorni dal perfezionamento del contratto di alienazione.

 


Articolo 1, commi 320-331
(Contributi per l’editoria)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

320. A decorrere dai contributi relativi all'anno 2005, non è più corrisposta l'anticipazione di cui all'articolo 3, comma 15-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 250. I contributi sono comunque erogati in un'unica soluzione entro l'anno successivo a quello di riferimento.

320. Identico.

 

321. A decorrere dal 1o gennaio 2005, ai fini del calcolo dei contributi previsti dai commi 2, 8, 10 e 11 dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, i costi sostenuti per collaborazioni, ivi comprese quelle giornalistiche, sono ammessi fino ad un ammontare pari al 10 per cento dei costi complessivamente ammissibili.

321. Identico.

 

322. A decorrere dal 1o gennaio 2002, all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

322. Identico.

 

a) al comma 2, le lettere f) e h) sono abrogate;

 

 

b) al comma 2-ter, dopo le parole: «I contributi previsti dalla presente legge» sono inserite le seguenti: «, con esclusione di quelli previsti dal comma 11,»;

 

 

c) al comma 2-quater, dopo le parole: «della legge 5 agosto 1981, n. 416» sono aggiunte le seguenti: «, con il limite di 310.000 euro e di 207.000 euro rispettivamente per il contributo fisso e per il contributo variabile di cui al comma 10; a tali periodici non si applica l'aumento previsto dal comma 11».

 

 

323. A decorrere dai contributi relativi all'anno 2005, il requisito temporale previsto dall'articolo 3, comma 2, lettere a) e b), della legge 7 agosto 1990, n. 250, è elevato a cinque anni per le imprese editrici costituite dopo il 31 dicembre 2004. In caso di cambiamento della periodicità della testata successivo al 31 dicembre 2004, il requisito deve essere maturato con riferimento alla nuova periodicità.

323. Identico.

 

324. A decorrere dal 1o gennaio 2006, per l'accesso alle provvidenze di cui all'articolo 3, commi 2 e 2-quater, della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, le cooperative editrici devono essere composte esclusivamente da giornalisti professionisti, pubblicisti o poligrafici.

324. Identico.

 

325. Le disposizioni di cui al comma 2-bis dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, si applicano soltanto alle imprese editrici che abbiano già maturato, entro il 31 dicembre 2005, il diritto ai contributi di cui al medesimo comma 2-bis.

325. Identico.

 

326. A decorrere dal 1o gennaio 2006, i contributi previsti dai commi 2, 8, 10 e 11 dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, sono percepiti a condizione che:

326. Identico.

 

a) l'impresa editrice sia proprietaria della testata per la quale richiede i contributi;

 

 

b) l'impresa editrice sia una società cooperativa i cui soci non partecipino ad altre cooperative editrici che abbiano chiesto di ottenere i medesimi contributi. In caso contrario tutte le imprese editrici interessate decadono dalla possibilità di accedere ai contributi;

 

 

c) i requisiti di cui alle lettere a) e b) non si applicano alle imprese editrici che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano già maturato il diritto ai contributi. In tal caso nel calcolo del contributo non è ammesso l'affitto della testata.

 

 

327. Le imprese richiedenti i contributi di cui agli articoli 3, 4, 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, nonché all'articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, e all'articolo 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112, decadono dal diritto alla percezione delle provvidenze qualora non trasmettano l'intera documentazione entro un anno dalla richiesta.

327. Identico.

 

328. L'entità del contributo riservato all'editoria speciale periodica per non vedenti, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 542, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 649, è fissata in 1.000.000 di euro annui.

328. Identico.

 

329. Per le finalità di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 2001, n. 62, sono destinati 20 milioni di euro per l'anno 2006, 10 milioni di euro per l'anno 2007 e 5 milioni di euro per l'anno 2008.

329. Identico.

 

330. Il limite degli oneri finanziari previsto per gli anni 2003, 2004 e 2005, ai fini del riconoscimento del credito d'imposta di cui all'articolo 8 della citata legge n. 62 del 2001, per investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2004, è aumentato di 20 milioni di euro.

330. Identico.

 

 

 

I commi da 320 a 331 recano una serie di disposizioni che vanno ad incidere sulla normativa in materia di provvidenze all’editoria.

Il testo in esame riproduce l’articolo 63 del d.d.l. 3613 del Senato, tenendo conto delle modifiche – meramente formali - introdotte in Commissione, cui aggiunge il comma 320, la lettera c) del comma 322 e la lettera c) del comma 326. Si segnala, inoltre, in materia di editoria, che il comma 387 del provvedimento in esame reca norme in materia di contributi alle imprese editrici[133].

 

Secondo quanto affermato dal governo in sede di relazione illustrativa al d.d.l. 3613, l’articolo è volto a disciplinare in maniera più rigorosa l’erogazione dei contributi diretti all’editoria nonché a rifinanziare quei contributi indiretti (come il credito agevolato e il credito d’imposta) che hanno dimostrato di avere una particolare efficacia, riuscendo a sostenere il mercato senza alterarne le condizioni di base.

La relazione tecnica al d.d.l. valutava in 36 milioni di euro all’anno i risparmi di spesa, mentre quantificava l’onere derivante dall’articolo in 40,5 milioni di euro per il 2006, a 10,5 milioni di euro per il 2007 ed a 5 milioni di euro per il 2008.

 

In sintesi la norma, prevalentemente mediante modifiche o integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 250[134]:

-        modifica i requisiti per l’accesso ai contributi;

-        modifica le modalità di erogazione (attraverso l’eliminazione dell’anticipazione sui contributi; l’introduzione, ai fini del calcolo, di un limite del 10 per cento per i costi per le collaborazioni, anche giornalistiche, e di un tetto al contributo per i periodici editi da cooperative giornalistiche; la rideterminazione del contributo per copia stampata alle imprese editrici di periodiciesercitate da cooperative, fondazioni o enti morali);

-        estende la non cumulabilità tra i diversi tipi di contributi;

-        incrementa il contributo all'editoria speciale periodica per non vedenti;

-        introduce la decadenza dal diritto a percepire le provvidenze indicate dalla citata legge n. 250 del 90 nonché dalle leggi 6 agosto 1990, n. 223 e 3 maggio 2004, n. 112[135] - riguardanti i programmi informativi trasmessi delle TV locali e via satellite - per le imprese che non inviano la documentazione nei termini stabiliti;

-        rifinanzia il credito agevolato e il credito di imposta alle imprese editoriali introdotti dalla 7 marzo 2001, n. 62[136];

 

Ai fini di una più agevole comprensione dei commi in esame, si riepiloga di seguito la disciplina introdotta dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, relativa all’erogazione dei contributi diretti all’editoria[137].

La platea dei destinatari dei contributi comprende:

1.       le imprese editrici di giornali quotidiani (comma 2), costituite come cooperative giornalistiche da almeno tre anni (co. 2, lettera a)) subordinatamente al possesso di una serie di requisiti[138]:

2.       le imprese editrici di giornali quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni ed enti morali non aventi scopo di lucro (comma 2-bis), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti sopra citati, ad eccezione dell’obbligo di essere una cooperativa giornalistica (lettera a)) e di vendere la testata ad un prezzo non inferiore alla media del prezzo base degli altri quotidiani (lettera h));

3.       le imprese editrici che editino giornali quotidiani in una lingua delle minoranze francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome della Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, o quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (comma 2-ter), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti delle imprese non a scopo di lucro[139];

4.       le cooperative giornalistiche che editano periodici (comma 2-quater)[140].

Per le imprese sopra elencate, i contributi – che vengono corrisposti solo qualora gli introiti pubblicitari dell’anno precedente non superino il 40 dei costi complessivi (comma 7) e non possono comunque superare il 60 per cento della media dei costi (comma 9) - sono determinati nelle seguenti misure(comma 8):

a)       un contributo fisso annuo di importo pari al 30 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a lire 2 miliardi per ciascuna impresa;

b)      contributi variabilirapportati alla tiratura[141].

5.       imprese editrici di quotidiani o periodici organi o giornali di forze politiche (comma 10);

Ai sensi del medesimo comma 10, per tali imprese, i contributi sono determinati nelle seguenti misure:

a)  un contributo fisso annuo di importo pari al 40 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a lire 2 miliardi e 500 milioni per i quotidiani e lire 600 milioni per i periodici;

b)  un contributo variabile, calcolato secondo i parametri previsti dal comma 8, per i quotidiani, ridotto ad un sesto, un dodicesimo od un ventiquattresimo rispettivamente per i periodici settimanali, quindicinali o mensili; per i suddetti periodici viene comunque corrisposto un contributo fisso di lire 400 milioni nel caso di tirature medie superiori alle 10.000 copie.

Da ultimo, sono previsti ulteriori contributi integrativi pari al 50 per cento di quanto determinato dalle lettere a) e b) del predetto comma 10, qualora le entrate pubblicitarie siano inferiori al 30 per cento dei costi d'esercizio annuali (comma 11).

Tali contributi - così come quelli di cui al precedente comma 10 - sono concessi a condizione che le imprese non fruiscano, né direttamente né indirettamente, dei contributi previsti al comma 8 (comma 13). Si ricorda, infine, che la somma dei contributi previsti dai commi 10 e 11 non può comunque superare il 70 per cento dei costi (comma 12).

 

Il comma 320 stabilisce che, a decorrere dall’anno 2005, non sia più corrisposta l’anticipazione sui contributi alle imprese editrici di giornali quotidiani prevista dal comma 15-bis dell’articolo 3 della legge n. 250/90; i contributi sono quindi erogati in un’unica soluzione entro l’anno successivo a quello di riferimento.

 

Il predetto comma 15-bis prevede che entro il 31 marzo di ciascun anno sia corrisposto il 50 per cento dei contributi, mentre la liquidazione viene effettuata entro tre mesi dalla presentazione del bilancio dell’impresa editoriale, secondo le modalità previste dal medesimo comma e previa certificazione a cura di una società di revisione.

 

Si segnala - con riferimento al coordinamento con la normativa vigente - l’opportunità che la norma in esame sostituisca il comma 15-bis della legge n. 250/90, ovvero che tale comma sia abrogato nella parte in cui prevede la citata anticipazione e la liquidazione del contributo residuo.

 

Il comma 321 prevede che ai fini del calcolo dei contributi previsti dall'articolo 3, commi 2, 8, 10 e 11 della legge n. 250/90, i costi per le collaborazioni, anche giornalistiche, siano ammessi fino al 10 per cento dei costi complessivamente ammessi.

 

Il comma 322 apporta - a decorrere dal 1° gennaio 2002 - modifiche testuali all'articolo 3 della legge 250/90. In particolare:

-        la lettera a), introdotta al Senato dall’emendamento governativo, modifica i requisiti per accedere ai contributi, mediante l’abrogazione delle lettere f) e h) del comma 2 dell’articolo 3.

Tali lettere, come si è detto, nell’ambito dei requisiti prescritti dal comma 2 per accedere ai contributi, prevedono, rispettivamente, che le testate nazionali che usufruiscono dei contributi in questione non siano poste in vendita congiuntamente con altre testate (lettera f)) e chela testata edita sia posta in vendita a un prezzo non inferiore alla media dal prezzo base degli altri quotidiani, (lettera h)).

In proposito si ricorda, che è all’esame della VII Commissione Cultura, in sede referente, il disegno di legge di iniziativa governativa AC 4163 recante “Disposizioni in materia di editoria e di diffusione della stampa quotidiana e periodica”, contenente una serie di norme, di carattere eterogeneo, volte a modificare o integrare la normativa vigente, in materia di condizioni per l’esercizio dell’attività, contributi, contributi previdenziali, credito agevolato. In particolare, l’articolo 5 del ddl reca, al comma 1, alcune modifiche alla legge n. 250 del 1990 di analogo tenore a quelle previste dal presente comma[142].

 

Con riferimento al comma in esame, occorrerebbe valutare l’impatto sulle imprese interessate dell’inserimento di una modifica con una decorrenza ampiamente precedente all’entrata in vigore della legge;

-        la lettera b) esclude i quotidiani editi in lingua nelle regioni autonome ed i quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (di cui al comma 2-ter del citato articolo 3) dall'applicazione dei contributi integrativi previsti dal comma 11. In tal modo viene estesa la non cumulabilità tra i diversi tipi di contributi, già prevista dal predetto comma 13 dell’articolo 3 (vedi supra);

-        la lettera c) integra il comma 2-quater dell'art. 3 della legge n. 250, il quale estende l'applicazione delle norme dell'articolo stesso previste per i quotidiani ai periodici editi da cooperative giornalistiche, nel senso di prevedere un limite di 310.000 euro e di 207.000 euro rispettivamente per il contributo fisso e per quello variabile di cui al comma 10 dell'articolo 3. A tali soggetti, inoltre, come a quelli di cui alla precedente lettera a), non si applica l'aumento previsto dal comma 11.

 

Il comma 323, a decorrere dai contributi relativi all’anno 2005, eleva da tre a cinque anni il requisito temporale per accedere ai contributi della legge n. 250 previsto per le imprese editrici costituite dopo il 31 dicembre 2004. Inoltre, dispone che tale requisito debba essere maturato con riferimento alla nuova periodicità se questa è stata modificata dopo la suddetta data.

 

Si segnala che il citato articolo 5 del d.d.l. 4163 prevede, al comma 2, l’innalzamento del predetto requisito temporale a 5 anni per le imprese editrici costituite dopo il 31 dicembre 2002.

 

Il comma 324 impone alle cooperative editrici di quotidiani e periodici, per poter accedere ai contributi in esame, la condizione di essere composte solo da giornalisti professionisti, pubblicisti o poligrafici.

 

Il comma 325 dispone che i contributi destinati alle imprese editrici di giornali quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (di cui al comma 2-bis dell’art. 3 della legge n. 250) possano essere erogati solo alle imprese editrici che abbiano già maturato il diritto a tale contributi entro il 31 dicembre 2005.

 

Si segnala che il citato articolo 5 del d.d.l. 4163 prevede, al comma 3, che le imprese editrici in questione costituite dopo il 31 dicembre 2002 possano accedere al contributo solo a condizione che la maggioranza del capitale sia detenuto da cooperative, fondazioni o enti morali da almeno 5 anni e che i medesimi soggetti editino la testata da almeno 5 anni.

 

Con il comma 326 si stabilisce che i contributi di cui ai citati commi 2, 8, 10 e 11 dell'articolo 3 della legge n. 250 - a decorrere dal 1 gennaio 2006 - siano percepiti alle seguenti condizioni:

§      che l'impresa editrice sia proprietaria della testata per cui sono richiesti i contributi (lett. a));

§      che essa sia una società cooperativa i cui soci non partecipano ad altre cooperative editrici che abbiano chiesto di ottenere gli stessi contributi (lett. b));

§      i requisiti sopra richiamati non si applicano qualora le imprese abbiano già maturato il diritto ai contributi all’entrata in vigore della legge. In tal caso, tuttavia, l’affitto della testata no è ammesso nel calcolo del contributo (lett. c), introdotta al Senato dall’emendamento del governo).

 

Con riferimento alle disposizioni descritte, occorrerebbe valutare l’opportunità di intervenire con una novella alla legge n. 250 che, al comma 2 dell’articolo 3, reca l’elenco dei requisiti per accedere ai predetti contributi.

 

     Il comma 327 prevede la decadenza dal diritto a percepire le provvidenze indicate dalla legge n. 250/1990 nonché dalle leggi 6 agosto 1990, n. 223 e 3 maggio 2004, n. 112[143] - riguardanti i programmi informativi trasmessi delle TV locali e via satellite - per le imprese che non inviano l'intera documentazione entro un anno dalla relativa richiesta.

 

Si ricorda che l'articolo 23, comma 3, della legge n. 223 del 1990 reca i contributi per i concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, ovvero i soggetti autorizzati per la radiodiffusione televisiva locale, che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali;

L'art. 7, comma 13 della legge 3 maggio 2004, n. 112 prevede contributi per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, con esclusione di quelli ad accesso condizionato, come definiti dall'articolo 1, lettera c), del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, di cui alla Delibera dell'Autorità Garante delle comunicazioni n. 9/1999, che si impegnano a trasmettere programmi di informazione alle condizioni previste dall'articolo 7 del decreto-legge n. 323 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 422 del 1993[144].

 

     Con riferimento al termine per la documentazione, si ricorda che il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525[145], contiene vari termini per la procedura di presentazione delle domande di contributi e della relativa documentazione. In particolare, dispone che le domande per la concessione dei contributi di cui alla legge n. 250 siano presentate entro il termine perentorio del 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento dei contributi, e che la documentazione integrativa sia presentata entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta stessa e comunque non oltre il 30 settembre dello stesso anno.

 

Si ricorda, inoltre che il d.d.l. 4163, al comma 5 dell’articolo 5, prevede - per la presentazione della documentazione - un termine di due anni per le imprese richiedenti i contributi di cui alla legge n. 250.

 

     Il comma 328 fissa in 1.000.000 euro annui il contributo per l'editoria speciale periodica per non vedenti, previsto dal D.L. 23 ottobre 1996, n. 542[146].

L'art. 8 di tale decreto dispone che - a decorrere dall'anno 1994 - all'editoria speciale periodica per non vedenti, prodotta con caratteri tipografici normali, su nastro magnetico e in braille, è riservato un contributo annuo di lire 1.000 milioni (516.456 euro) per il 1994 e di lire 950 milioni (490.634 euro) a decorrere dal 1995[147].

 

I commi 329 e 330 prevedono il rifinanziamento del credito agevolato e del credito di imposta alle imprese editoriali introdotti dalla 7 marzo 2001, n. 62[148].

La legge 62/2001 reca un’ampia riforma della L. 416/1981[149] sull’editoria e, più in generale, introduce varie iniziative di sostegno del settore editoriale. Gli articoli 5-8, in particolare,relativi agli interventi per lo sviluppo del settore editoriale, raccolgono gli strumenti di sostegno indiretti attorno alle due figure del credito agevolato e del credito di imposta alle imprese editoriali che investano in beni strumentali e in nuovi prodotti.

Il primo dei due strumenti si realizza con l’istituzione di un Fondo per le agevolazioni di credito alle imprese del settore editoriale,destinato alla concessione di contributi in conto interessi su mutui bancari o contratti di locazione finanziaria per la realizzazione di progetti di ristrutturazione, realizzazione o ampliamento di impianti, miglioramento della distribuzione o formazione del personale (art. 5).

L’utilizzazione del secondo strumento è prevista in favore delle imprese produttrici di prodotti editoriali che effettuino determinate tipologie di investimenti entro il 31 dicembre 2004. Il credito d’imposta, di un ammontare pari al 3% del costo sostenuto, è fruibile nel periodo di imposta in cui l’investimento è stato effettuato ed in ciascuno dei quattro periodi di imposta successivi (art. 8). Alla legge n. 62/2001 è stata data attuazione con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 142 (credito agevolato) e con il D.P.C.M. 6 giugno 2002, n. 143 (credito d’imposta).

Si segnala, infine, che il d.d.l. 4163, all’articolo 9, modifica e integra le disposizioni in materia di credito agevolato e di credito d’imposta contenute nella legge n. 62/2001.

 

In particolare, il comma 329 destina 20 milioni di euro per l'anno 2006, 10 milioni per il 2007 e 5 milioni per il 2008 alle finalità indicate dall’articolo 5 della legge n. 62, mentre il comma 330 aumenta di 20 milioni di euro il limite degli oneri finanziari previsto per gli anni 2003-2005 ai fini del riconoscimento del credito di imposta previsto dall'articolo 8 della citata legge n. 62, per investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2004.

In proposito si ricorda che il D.M. 7 febbraio 2003, recante "Monitoraggio dei crediti d'imposta, da adottare ai sensi dell'art. 5 del D.L. 8 luglio 2002, n. 138", stabiliva il limite degli oneri finanziari previsti per il riconoscimento del credito d'imposta di cui al citato art. 8 in 28.405.129 euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005.

 

     Il comma 331 - che interviene sulla legge n. 250 - ridetermina in 0,20 euro l'importo di lire 200 indicato al comma 3 dell'art. 3 della legge n. 250 del 1990, come somma da corrispondersi annualmente - per copia stampata fino a 40 mila copie di tiratura media, indipendentemente dal numero delle testate - alle imprese editrici di periodici che risultino esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società la maggioranza del capitale sociale delle quali sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali che non abbiano scopo di lucro.

 

Si segnala al riguardo l’opportunità di spostare il comma in esame prima del comma 327, al fine di unificare tutti gli interventi relativi alla legge n. 250.

 

In linea generale, si osserva, inoltre, che le modifiche a tale legge – già di difficile comprensione per la notevole complessità della formulazione – non facilitano la lettura ma, semmai, rendono ancora più ardua la comprensibilità delle norme ivi contenute. Tale circostanza è accentuata dal fatto che alcune modifiche non intervengono con la tecnica della novella, ma con interventi che non toccano direttamente il testo vigente, modificandolo “dall’esterno”.


Articolo 1, comma 331-bis
(Personale dei rami d’azienda ceduti dai concessionari della riscossione)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

331-bis. All'articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo il comma 25-bis, è inserito il seguente:

 

 

«25-ter. Se la titolarità delle attività di cui al comma 24 non è trasferita alla Riscossione Spa o alle sue partecipate, il personale delle società concessio­narie addetto a tali attività è trasferito, con le stesse garanzie previste dai commi 16, 17 e 19-bis, ai soggetti che esercitano le medesime attività».

 

 

 

Il comma 331-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, inserisce un nuovo comma 25-ter nell’articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 2005, riguardante la riforma del sistema di riscossione.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del decreto-legge citato interviene riformando il sistema nazionale di riscossione dei tributi, tramite la soppressione del sistema di affidamento in concessione a privati e l'attribuzione del servizio ad una società di nuova costituzione comunque a maggioranza pubblica. In altri termini, viene realizzato il passaggio della titolarità dell'attività di riscossione coattiva dei tributi dai soggetti privati (che attualmente operano in regime di concessione) ad una società per azioni in mano a soggetti pubblici.

In estrema sintesi, con la riforma viene prevista:

-          la soppressione, dal 1° ottobre 2006, del vigente sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione dei tributi;

-          l'attribuzione delle funzioni relative alla riscossione nazionale all'Agenzia delle entrate, che le esercita tramite una nuova società, denominata "Riscossione Spa", costituita entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto in esame dall'Agenzia predetta insieme all'INPS, con un capitale di 150 milioni di euro;

-          l'effettuazione, da parte di Riscossione Spa, dell'attività di riscossione mediante ruolo e dell'attività di riscossione di cui all'articolo 4 del D.Lgs. n. 237/1997, con possibilità di svolgere ulteriori attività quali la riscossione spontanea, liquidazione e accertamento delle entrate degli enti pubblici, anche territoriali, e delle loro società partecipate, mediante procedure di gara ad evidenza pubblica;

-          la possibilità da parte di Riscossione Spa – la partecipazione pubblica al cui capitale non potrà comunque scendere al di sotto del 51 per cento – di acquistare una quota non inferiore al 51 per cento del capitale delle società concessionarie (o del ramo di azienda delle banche che hanno gestito direttamente l'attività di riscossione), a condizione che il cedente acquisti a sua volta una partecipazione al capitale sociale di Riscossione Spa;

-          il riacquisto da parte dei soci pubblici, entro il 31 dicembre 2010, delle azioni di Riscossione Spa cedute ai privati ex concessionari;

-          la facoltà di cessione delle azioni possedute dai soci pubblici a soci privati, scelti secondo regole di evidenza pubblica, successivamente al 31 dicembre 2010, comunque entro la misura massima del 49 per cento del capitale;

-          la trasformazione del Consorzio nazionale concessionari (CNC) in società per azioni, con decorrenza dal 1° ottobre 2006.

I commi 16-19-bis riguardano le condizioni normative, economiche, giuridiche e previdenziali previste per i lavoratori della costituenda Società Riscossione S.p.A.

In particolare il comma 16 prevede che i dipendenti delle società non partecipate dalla Riscossione S.p.A. siano trasferiti alla medesima società in base alla valutazione delle esigenze operative della Riscossione S.p.A., garantendo loro il mantenimento della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore del decreto legge in esame. Tali disposizioni operano a condizione che:

-          il personale fosse in servizio alla data del 21.12.2004 con contratto a tempo indeterminato;

-          il personale sia ancora in servizio alla data del 01.10.2006;

Il comma 17 riguarda i dipendenti delle società acquistate (ai sensi del precedente comma 7) dalla Riscossione S.p.A., per i quali viene fatta salva la posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge e si esclude l'applicazione della disciplina sulle procedure (relative al personale) per il trasferimento di azienda, di cui all'art. 47 della Legge n. 428/1990, che prevede l’obbligo di comunicazione alle rappresentanze sindacali in merito al trasferimento di azienda con più di 15 dipendenti, anche se afferente una parte dell’azienda.

Il comma 19-bis stabilisce le seguenti ulteriori norme di garanzia a favore del medesimo personale:

-        il divieto – sino al 31.12.2010 - di essere trasferito senza consenso in altra sede posta fuori dalla provincia in cui presta servizio alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame;

-        il riconoscimento dei benefici economici previsti dal rinnovo contrattuale in corso per il settore del credito alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Il comma 24 dispone in merito al trasferimento ad altre società, da parte delle aziende concessionarie, del ramo d'azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali e alle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e altre entrate delle province e dei comuni. Per effetto di tale trasferimento, consentito sino al momento della cessione anche parziale del proprio capitale a Riscossione Spa da parte delle aziende concessionarie, le società acquirenti potranno gestire le suddette attività sino al 31 dicembre 2010. Condizione affinché ciò avvenga è che tali società posseggano i requisiti per l'iscrizione all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, dove in tal caso vengono iscritte di diritto. In tal caso, inoltre, la riscossione coattiva delle entrate degli enti locali è effettuata con la procedura indicata dal R.D. 14 aprile 1910, n. 639 (testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato) salvo che per i ruoli consegnati fino alla data del trasferimento, per i quali il rapporto con l'ente locale viene regolato dal D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112.

Qualora la predetta attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali non sia stata trasferita dalla società concessionaria ad altra società, essa viene gestita - ai sensi del comma 25 - da Riscossione Spa o dalla sue società partecipate fino al 31 dicembre 2010 (fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica e fatta salva, comunque, la possibilità di una diversa decisione dell’ente locale). Si precisa inoltre che fino alla stessa data potranno essere prorogati i contratti intercorsi fra gli enti locali e le società di cui al richiamato articolo 53 del D.Lgs. n. 446 del 1997.

Il comma 25-bis stabilisce che, fermo restando quanto previsto al comma 25, le società cessionarie del ramo d’azienda di cui al comma 24, lettera a), la Riscossione S.p.A. e le società partecipate da quest’ultima possono svolgere l’attività di riscossione delle entrate degli enti pubblici territoriali soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica e dal 1º gennaio 2011.

 

Pertanto, con il nuovo comma 25-ter, si dispone che, nel caso in cui l’attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali non sia stata trasferita dalla società concessionaria alla Riscossione s.p.a. o alle sue società partecipate (ai sensi del comma 25), il personale delle società concessionarie è trasferito, con le stesse garanzie di cui ai commi 16, 17 e 19-bis, ai “soggetti che esercitano le medesime attività”, cioè ai soggetti a cui è stato trasferito, da parte delle aziende concessionarie, il ramo d’azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali e alle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e altre entrate delle province e dei comuni (comma 24).

A tale personale, dopo il trasferimento, dovrebbero applicarsi quindi le seguenti garanzie:

-        il mantenimento della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore del decreto legge (commi 16 e 17);

-        il divieto – sino al 31.12.2010 - di essere trasferito senza consenso in altra sede posta fuori dalla provincia in cui presta servizio alla data di entrata in vigore del decreto legge e il riconoscimento dei benefici economici previsti dal rinnovo contrattuale in corso per il settore del credito alla data di entrata in vigore del decreto legge (comma 19-bis).

Si osserva che comunque il rinvio alle garanzie di cui ai commi 16, 17 e 19-bis si presta a qualche dubbio interpretativo. Andrebbe in particolare chiarito se si applichi al personale considerato dal comma 25-ter la limitazione di cui al comma 16 , secondo cui viene fatta salva la posizione giuridica, economica e previdenziale, a condizione che il personale fosse in servizio alla data del 21.12.2004 con contratto a tempo indeterminato e sia ancora in servizio alla data del 01.10.2006.

Sembra invece che il rinvio al comma 17 non riguardi l’esclusione dall'applicazione della disciplina sulle procedure (relative al personale) per il trasferimento di azienda, di cui all'art. 47 della Legge n. 428/1990, che prevede l’obbligo di comunicazione alle rappresentanze sindacali in merito al trasferimento di azienda con più di 15 dipendenti, anche se afferente una parte dell’azienda.


Articolo 1, comma 331-ter
(Imposta sul materiale pornografico)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

331-ter. È istituita un'imposta speciale sulla vendita e sul noleggio di materiale pornografico. L'imposta si applica alle operazioni di vendita o di noleggio, inclusa la messa a disposizione tramite INTERNET o attra­verso canali televisivi a pagamento o comunque in via telematica o telefonica, effettuate nell'esercizio di un'attività commerciale, nei riguardi di soggetti la cui attività non sia a sua volta costituita dalla vendita o dal noleggio del medesimo materiale. La base imponibile è costituita dal cor­rispettivo dovuto per la vendita o per il noleggio, computato al netto del­l'imposta sul valore aggiunto. L'aliquota di imposta è fissata nella misura del 20 per cento. L'imposta è dovuta dal venditore o noleggiatore o comunque dal soggetto che percepisce il corrispettivo. La disciplina per la liquidazione, il versamento, l'accerta­mento e la riscossione dell'imposta è stabilita, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro per i beni e le attività culturali. In caso di violazione, si applicano le sanzioni previste dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. Ai fini del presente comma, per materiale porno­grafico si intendono i giornali quotidiani e periodici, con i relativi supporti integrativi, e ogni opera visiva, sonora, audiovisiva, multimediale, anche realizzata o riprodotta su supporto informatico o telematico, avente carat­tere pornografico, nonché ogni opera letteraria accompagnata da immagini pornografiche. Non costituisce mate­riale pornografico l'opera d'arte.

 

 


Il comma 331-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, istituisce un’imposta speciale sulla vendita e sul noleggio di materiale pornografico.

Il presupposto dell’imposta è costituito dalle operazioni di vendita o di noleggio di materiale pornografico effettuate, nell'esercizio di un'attività commerciale, nei riguardi di soggetti la cui attività non sia a sua volta costituita dalla vendita o dal noleggio del medesimo materiale. In tali operazioni è espressamente inclusa la messa a disposizione del predetto materiale tramite internet, attraverso canali televisivi a pagamento o comunque in via telematica o telefonica.

La base imponibile è costituita dal corrispettivo dovuto per la vendita o per il noleggio, computato al netto dell'imposta sul valore aggiunto.

L'aliquota dell’imposta è fissata nella misura del 20 per cento.

Il soggetto passivo dell’imposta è il venditore o noleggiatore o comunque dal soggetto che percepisce il corrispettivo.

La determinazione della disciplina per la liquidazione, il versamento, l'accertamento e la riscossione dell'imposta è rimessa a decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi, sentito il Ministro per i beni e le attività culturali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Stante la natura dell’atto, che si configura quale regolamento di attuazione della legge, sarebbe opportuno prevederne l’emanazione nella forma del regolamento governativo, da adottarsi mediante decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

In caso di violazione, si applicano le sanzioni previste dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

 

Il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, ha operato la riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi.

Il titolo I disciplina le sanzioni in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto.

Il capo I concerne in particolare le violazioni in materia di dichiarazione ai fini delle imposte dirette, mentre il capo II, riguardante le sanzioni in materia di imposta sul valore aggiunto, contempla fra l’altro le violazioni in materia di dichiarazioni, rimborsi e obblighi relativi alla documentazione, registrazione e individuazione delle operazioni. Il capo III, recante disposizioni comuni alle imposte dirette e all'imposta sul valore aggiunto, sanziona le violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni, agli obblighi contabili nonché a talune condotte omissive, e disciplina le relative sanzioni accessorie.

Il titolo II reca le sanzioni in materia di riscossione.

 

In relazione alla disciplina da adottarsi con il previsto decreto ministeriale, che dovrà prevedere le forme di documentazione delle operazioni e di dichiarazione dei corrispettivi, il riferimento potrebbe opportunamente specificarsi mediante richiamo del titolo I, capo II, del citato decreto legislativo. Sarebbe altresì da valutarsi l’opportunità di prevedere anche, per le fattispecie più gravi, l’applicabilità delle disposizioni del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, concernente i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

 

Infine, la disposizione definisce la nozione di materiale pornografico agli effetti del presente comma.

Per materiale pornografico s’intendono i giornali quotidiani e periodici, con i relativi supporti integrativi, e ogni opera visiva, sonora, audiovisiva, multimediale, anche realizzata o riprodotta su supporto informatico o telematico, avente carattere pornografico, nonché ogni opera letteraria accompagnata da immagini pornografiche.

 

La nozione di materiale o di prodotto editoriale pornografico è già utilizzata – ancorché senza espressa definizione – nella legislazione italiana, sia agli effetti penali, sia nell’ambito di disposizioni tributarie o relativamente alla definizione di tariffe. Si ricordano, in quest’ultimo ambito, le seguenti disposizioni:

-        l’articolo 74 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto sulla vendita di giornali, periodici e libri consente la forfettizzazione della resa per i giornali quotidiani e periodici, esclusi quelli pornografici e quelli ceduti unitamente a supporti integrativi o ad altri beni;

-        la tabella A, parte II, numero 18), del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, che assoggetta all’aliquota agevolata del 4 per cento i giornali e notiziari quotidiani, i dispacci delle agenzie di stampa, i libri e i periodici, ad esclusione, fra l’altro, dei giornali e periodici pornografici;

-        l’articolo 4, comma 181, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che, nell’attribuire un credito d’imposta alle imprese editrici di quotidiani e di periodici e alle imprese editrici di libri ha escluso dal beneficio le spese per l'acquisto di carta utilizzata fra l’altro per la stampa di prodotti editoriali pornografici;

-        l’articolo 2 del D.L. 24 dicembre 2003, n. 353, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46, che esclude i prodotti editoriali pornografici dalla fruizione delle tariffe postali agevolate per i prodotti editoriali.

 

Analogamente a quanto previsto dall’articolo 529 del codice penale[150], si specifica che l'opera d'arte non costituisce materiale pornografico.

 

L’imposta istituita dal presente comma si configura come un’imposta di consumo. Essa grava infatti sulla cessione del bene al suo acquirente finale, sul quale – per ordinario meccanismo economico – è destinata a venire traslata, ancorché il soggetto passivo sia il venditore.

Il tributo non appare suscettibile di configurarsi come imposta di produzione né come imposta sulla cifra d’affari, in quanto:

-        il fatto generatore dell’obbligazione tributaria non è rappresentato dalla produzione del bene, né l’imposta si applica al momento dell’immissione in consumo, bensì al momento della vendita al consumatore;

-        non colpisce l’incremento di valore del bene in ogni fase del procedimento di produzione e distribuzione, bensì all’atto della sola vendita al consumatore finale;

-        riguarda la singola operazione e non il complessivo volume d’affari del cedente finale;

-        non si applica alla generalità dei beni, ma soltanto a prodotti determinati.

 

A questo riguardo, la disposizione non appare suscettibile di contrastare con la normativa comunitaria in materia di accise e di imposte sulla cifra d’affari.

Si richiamano a questo riguardo:

-        l’articolo 3, par. 3, della direttiva 92/12/CEE (Regime generale, detenzione, circolazione e controlli dei prodotti soggetti ad accisa), a tenore del quale gli Stati membri conservano la facoltà di introdurre o mantenere imposizioni che colpiscono prodotti diversi da quelli di cui al paragrafo 1, a condizione tuttavia che dette imposte non diano luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse al passaggio di una frontiera;

-        l’articolo 33, par. 1, della direttiva 388/77/CEE (sesta direttiva IVA), secondo cui, fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle relative al regime generale per la detenzione, la circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della medesima direttiva 388/77/CEE non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d'affari, sempreché essa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

Per l’interpretazione delle richiamate disposizioni si rinvia, in senso conforme, alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 9 marzo 2000, resa nella causa C-437/97 (in particolare, nn. 20-25 e 44-50).

 


Articolo 1, comma 331-quater
(Esclusione delle trasmissioni di carattere pornografico
dall’IVA ridotta)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

331-quater. Nella parte III della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, al numero 123-ter), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, con esclusione dei corrispettivi dovuti per la ricezione di programmi di contenuto pornografico».

 

 

 

Il comma 331-quater, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, esclude i canoni per le radiodiffusioni codificate e le trasmissioni radiotelevisive con accesso condizionato riferiti a programmi di carattere pornografico dalla fruizione dell’aliquota IVA ridotta del 10 per cento.

 

A quest’effetto la disposizione interviene sulla tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, concernente i beni e i servizi soggetti all’aliquota ridotta del 10 per cento, modificando il numero 123-ter), il quale assoggetta a tale aliquota i canoni di abbonamento alle radiodiffusioni circolari trasmesse in forma codificata, nonché alla diffusione radiotelevisiva con accesso condizionato effettuata in forma digitale a mezzo di reti via cavo o via satellite ivi comprese le trasmissioni televisive punto - punto.

Viene stabilito a questo riguardo che dall’agevolazione siano esclusi i corrispettivi dovuti per la ricezione di programmi di contenuto pornografico, i quali saranno quindi assoggettati all’imposizione con l’aliquota ordinaria del 20 per cento.

 

Per quanto riguarda l’impiego della nozione di pubblicazione pornografica nella legislazione vigente si rinvia alla scheda illustrativa del precedente comma 331-ter.


Articolo 1, commi 331-quinquies-331-octies
(Disposizioni in materia di atti catastali e
introduzione del modello unico digitale per l’edilizia)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

331-quinquies. L'Agenzia del territorio invia ai comuni per via telematica le dichiarazioni di variazione e di nuova costruzione presentate a far data dal 1o gennaio 2006. I comuni verificano la coerenza delle caratte­ristiche dichiarate dell'unità immobiliare rispetto alle informazioni disponibili, sulla base degli atti in loro possesso. Eventuali incoerenze, riscontrate dai comuni, sono segnalate all'Agenzia del territorio che provvede agli adem­pimenti di competenza. Con decreto del direttore dell'Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono regolamentate le procedure attuative e sono stabiliti tipologia e termini per la trasmissione telematica dei dati ai comuni e per la segnalazione delle incongruenze all'Agenzia del territorio nonché le relative modalità d'interscambio.

 

 

331-sexies. Al primo comma dell'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, le parole: «31 gennaio dell'anno successivo a quello» sono sostituite dalle seguenti: «trenta giorni dal momento».

 

 

331-septies. Le dichiarazioni relative alle mutazioni nello stato dei beni delle unità immobiliari già censite, di cui all'articolo 17, comma l, lettera b), del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, devono essere presentate agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio entro trenta giorni dal momento in cui esse si sono verificate. In caso di inadempienza si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell'articolo 20 del predetto regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

 

 

331-octies. Al fine della semplifi­cazione dei procedimenti amministrativi catastali ed edilizi, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità tecniche ed operative per l'istituzione di un modello unico digitale per l'edilizia, da intro­durre gradualmente per la pre­sentazione in via telematica ai comuni di denunce di inizio attività, domande per il rilascio di permessi di costruire e di ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia. Il suddetto modello unico comprende anche le informazioni necessarie per le dichiarazioni di variazione catastale e di nuova costruzione, da redigere in conformità a quanto disposto dal regolamento di cui al Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, che perverranno all'Agenzia del territorio ai fini delle attività di censimento catastale.

 

 

 

Il comma 331-quinquies introduce una procedura di controllo delle dichiarazioni catastali presentate presso l’Agenzia del territorio, effettuata con la collaborazione dei comuni.

Si prevede a questo riguardo che l’Agenzia del territorio trasmetta ai comuni per via telematica tutte le dichiarazioni catastali di variazione[151] e di nuova costruzione presentate presso i suoi uffici, a decorrere dal 1° gennaio 2006. Ricevute le dichiarazioni, i comuni dovranno verificare la coerenza di quanto dichiarato nei suddetti atti con le informazioni disponibili, sulla base degli atti in loro possesso (non viene pertanto richiesto ai comuni di ispezionare l’immobile). Eventuali incoerenze riscontrate dai comuni dovranno essere segnalate all’Agenzia del territorio, la quale provvederà agli adempimenti di propria competenza.

Le procedure attuative del presente comma, la tipologia e i termini per la trasmissione telematica dei dati ai comuni e per la segnalazione delle incongruenze all’Agenzia del Territorio, nonché le modalità d’interscambio tra questi soggetti saranno disciplinate con decreto del Direttore dell’Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma 331-sexies riduce il termine, previsto dall’articolo 28, primo comma, del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, con legge 11 agosto 1939, n. 1249, entro il quale debbono essere denunziati agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio i fabbricati nuovi e tutte le altre stabili costruzioni nuove che debbono considerarsi immobili urbani.

Tale termine è attualmente fissato al 31 gennaio dell'anno successivo a quello in cui sono divenuti abitabili o servibili all'uso cui sono destinati; il presente comma prevede invece che la denunzia debba essere effettuata entro trenta giorni dal momento in cui sono divenuti abitabili o servibili all'uso.

 

Il comma 331-septies riduce il termine per la presentazione della dichiarazione relativa alle mutazioni nello stato dei beni delle unità immobiliari già censite, posto dall’articolo 17, comma 1, lettera b), del citato regio decreto-legge n. 652 del 1939.

 

A norma del sopra indicato articolo 17, comma 1, lettera b), del regio decreto-legge n. 652 del 1939, devono essere tenute in evidenza le mutazioni che avvengono nello stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe.

 

Si osserva che la disposizione dell’articolo 17 qui richiamata, nel suo letterale significato, prescrive un obbligo a carico dell’amministrazione del catasto.

La presente disposizione sembrerebbe doversi riferire invece all’obbligo di dichiarazione posto a carico del proprietario e degli altri soggetti dall’articolo 20 del medesimo regio decreto-legge n. 652 del 1939 (secondo cui “le persone e gli enti indicati nell'articolo 3 sono obbligati a denunciare, nei modi e nei termini da stabilirsi col regolamento[152], le variazioni nello stato e nel possesso dei rispettivi immobili, le quali comunque implichino mutazioni ai sensi dell'articolo 17”).

La presente disposizione potrebbe pertanto essere più opportunamente formulata come modificazione testuale all’articolo 20 del medesimo regio decreto-legge n. 652 del 1939.

 

Il termine per la presentazione della dichiarazione, in base al combinato disposto degli articoli 20 e 28 dello stesso regio decreto-legge, sembrerebbe attualmente fissato al 31 gennaio dell’anno successivo a quello nel quale si è verificata la modifica; il presente comma lo stabilisce nel trentesimo giorno successivo a quello nel quale si è verificata la modifica stessa.

In caso di inadempimento si applicano le sanzioni previste per la violazione dell'articolo 20 del citato regio decreto-legge n. 652 del 1939.

 

Il suddetto articolo 20 disciplina l’obbligo di denunziare le variazioni nello stato (per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe) e nel possesso degli immobili. Per l’inosservanza di tale obbligo, il successivo articolo 31 dello stesso regio decreto-legge prevede la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 (da euro 10,33 a euro 103,29), a meno che il fatto costituisca reato. Il comma 338 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), ha elevato le misure minima e massima della suddetta sanzione amministrativa, rispettivamente, a 258 e a 2.066 euro.

 

Il comma 331-octies, allo scopo di semplificare i procedimenti amministrativi catastali ed edilizi, dispone l’istituzione di un modello unico digitale per l’edilizia. Le modalità tecniche e operative per l’istituzione di tale modello saranno stabilite, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali. Il modello, che verrà introdotto gradualmente, dovrà essere utilizzato per la presentazione ai comuni, in via telematica, di:

-        denunzie di inizio attività;

-        domande per il rilascio di permessi di costruire;

-        qualsiasi atto di assenso, comunque denominato, in materia di attività edilizia.

Il modello stesso verrà inoltre utilizzato in sostituzione delle dichiarazioni di variazione catastale e di nuova costruzione. A tal fine si prevede che esso contenga le informazioni necessarie allo scopo, in conformità alle previsioni del D.M. 19 aprile 1994, n. 701.

 

Con il decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, è stato emanato il regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari. L’articolo 1 individua i documenti tecnici richiesti per la presentazione delle dichiarazioni per l'accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione e delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni e approva i modelli per la loro redazione. L’articolo 2 disciplina la documentazione e il procedimento per la trascrizione delle volture. L’articolo 3 disciplina la trasmissione telematica dei documenti indicati agli articoli 1 e 2. L’articolo 4 consente infine la presentazione di una dichiarazione sostitutiva nel caso in cui le unità immobiliari, oggetto di dichiarazioni di nuova costruzione o di variazione, risultino prive di rendita catastale e disciplina altresì l’aggiornamento della posizione catastale. Le suddette dichiarazioni e domande di voltura sono presentate su supporto informatico.

 


Articolo 1, commi da 331-novies a 331-duodecies
(Revisione della categoria catastale
degli immobili a destinazione speciale)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

331-nonies. Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale o ad ufficio privato.

 

 

331-decies. Le unità immobiliari che per effetto del criterio stabilito nel comma 331-nonies richiedono una revisione della qualificazione e quindi della rendita, devono essere dichiarate in catasto entro il 30 settembre 2006 da parte dei soggetti intestatari. In caso di inottemperanza, anche su segnalazione dei comuni, gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, agli adempimenti previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701; si rende applicabile la sanzione prevista dall'articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modi­ficazioni, per le violazioni degli articoli 20 e 28 dello stesso regio decreto-legge, nella misura aggiornata dal comma 338 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

 

331-undecies. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite le modalità tecniche e operative per l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 331-nonies e 331-decies, oltre agli oneri di cui al medesimo comma 331-decies.

 

 

 

331-duodecies. Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite ai sensi dei commi da 331-nonies a 331-undecies producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1o gennaio 2006.

 

 

 

I commi da 331-novies a 331-duodecies, introdotti nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, disciplinano, ai fini dell’individuazione della categoria catastale, la revisione degli immobili attualmente censiti nella categoria catastale E[153], che raccoglie gli immobili a destinazione particolare.

In particolare il comma 331-novies stabilisce che immobili o porzioni di immobili ad uso commerciale, industriale o ad ufficio privato non possono essere compresi nelle categorie catastali del gruppo E sotto indicate[154]:

categoria catastale E/1: stazione per servizi di trasporto terrestri, marittimi e aerei;

categoria catastale E/2: ponti comunali e provinciali soggetti a pedaggio;

categoria catastale E/3: costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche;

categoria catastale E/4: recinti chiusi per speciali esigenze pubbliche;

categoria catastale E/5: fabbricati costituenti fortificazioni e loro dipendenze;

categoria catastale E/6: fari, semafori, torri per rendere d’uso pubblico l’orologio comunale;

categoria catastale E/9: edifici a destinazione particolare non compresi nelle categorie precedenti.

 

Le unità immobiliari che, per effetto di quanto previsto dal precedente comma, necessitano di una revisione della categoria catastale, e della relativa rendita, devono essere dichiarate in catasto entro il 30 settembre 2006, a cura degli intestatari (comma 331-decies). In caso d’inottemperanza da parte di questi ultimi è previsto che gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio, anche su segnalazione dei comuni, provvedano, con oneri a carico dell’interessato, a presentare le relative dichiarazioni di variazione, secondo quanto previsto dal D.M. 19 aprile 1994, n. 701[155]. All’interessato inadempiente si rende inoltre applicabile la sanzione prevista dall’articolo 31 del citato regio decreto-legge n. 652 del 1939, per le violazioni agli articolo 20 e 28 dello stesso decreto-legge.

 

Il citato articolo 31 prevede la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 (da euro 10,33 a euro 103,29), a meno che il fatto costituisca reato. Il comma 338 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), richiamato anche dal comma qui illustrato, ha elevato le misure minima e massima della suddetta sanzione amministrativa, rispettivamente, a 258 e a 2.066 euro.

 

Il comma 331-undecies rimette a un provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio la fissazione delle modalità tecniche e operative per l’applicazione dei due commi precedenti e la determinazione della misura degli oneri da addebitare ai soggetti inadempienti per la presentazione della dichiarazione catastale di variazione, a cura degli uffici dell’Agenzia del territorio. Il provvedimento dovrà essere adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente disegno di legge dovrà essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale.

Le rendite catastali che verranno attribuite agli immobili indicati ai commi precedenti, in conseguenza della disposta revisione, indipendentemente dalla circostanza che l’interessato abbia provveduto direttamente o meno alla relativa dichiarazione, produrranno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2006 (comma 331-duodecies).

Tale previsione costituisce una deroga espressa alle vigenti disposizioni in materia.

A tal proposito si ricorda che l’articolo 74, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, prevede che gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci a decorrere dalla loro notificazione ai soggetti intestatari, a cura dell'ufficio competente.


Articolo 1, commi 331-terdecies e 331-quaterdecies
(Procedure telematiche per la presentazione di atti
presso il catasto e i registri immobiliari)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

331-terdecis. L'articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, è sostituito dal seguente:

«Art. 3-bis. (Procedure telematiche, modello unico informatico e autoliqui­dazione) 1. Alla registrazione di atti e denunce, alla presentazione di dichiarazioni di successione, nonché alla trascrizione, alla iscrizione ed alla annotazione nei registri immobiliari ed alla voltura catastale, si provvede con procedure telematiche. Con uno più decreti di natura non regolamentare, emanati dai direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, di concerto con il Ministero della giustizia, è fissata la progressiva attivazione del servizio, anche limitatamente a determinati soggetti, a specifiche aree geografiche e a particolari tipologie di atti. Con i medesimi decreti si provvede all'eventuale attribuzione di un codice unico immobiliare.

 

 

2. Le richieste di registrazione, le note di trascrizione e di iscrizione, le domande di annotazione e di voltura catastale, nonché le denunce, le dichiarazioni ed ogni altra formalità, relative ad atti o fattispecie per i quali è applicabile la procedura telematica, a seguito dell'emanazione dei decreti di cui al comma 1, sono presentate su modello unico informatico da tra­smettere per via telematica unitamente a tutta la documentazione necessaria. Con i medesimi decreti di cui al comma 1 può essere prevista la presentazione del predetto modello unico su supporto informatico.

 

 

3. In caso di presentazione del modello unico informatico per via telematica effettuata dai soggetti di cui all'articolo 10, comma 1, lettera b), del testo unico delle disposizioni concer­nenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, le formalità di cui al comma 2 sono eseguite previo pagamento dei tributi dovuti in base ad autoliquidazione. In caso di irregolare funzionamento del collegamento tele­matico, fermo restando il predetto obbligo di pagamento, la trasmissione per via telematica è sostituita dalla presentazione su supporto informatico.

 

 

4. In caso di presentazione del modello unico informatico per via telematica effettuata da soggetti diversi da quelli di cui all'articolo 10, comma 1, lettera b), del testo unico delle dispo­sizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, le formalità di cui al comma 2 sono eseguite previo pagamento dei tributi dovuti, con le modalità da stabilire con decreti dei direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio.

 

 

5. Per gli atti comportanti annotazione nei registri immobiliari, la presentazione del modello unico informatico può avere ad oggetto, oltre alla eventuale voltura catastale ad essi collegata: a) la richiesta di registra­zione; b) la domanda di annotazione; c) la richiesta di registrazione e la domanda di annotazione. La formalità di annotazione ed il pagamento dei relativi tributi e diritti vengono eseguiti con le modalità stabilite nei decreti di cui al comma 4.

 

 

6. Con decreto del direttore dell'Agenzia del territorio di concerto con il Ministero della giustizia, è stabilita la data a decorrere dalla quale anche la presentazione del titolo al conservatore dei registri immobiliari per l'esecuzione delle relative formalità, per singoli ambiti territoriali, avviene esclusivamente per via telematica. A partire da tale data le formalità ipotecarie si intendono presentate secondo l'ordine di ricezione telema­tica, con le modalità e i termini stabiliti con il medesimo decreto.

 

 

7. Con decreto del direttore dell'Agenzia del territorio, di concerto con il Ministero della giustizia, è stabilita la data a decorrere dalla quale viene avviato, a titolo sperimentale, un regime transitorio di facoltatività della trasmissione del titolo per via telematica, da parte di determinati soggetti, tenendo conto dell'oggettiva possibilità di utilizzo degli strumenti telematici da parte degli stessi, presso specifiche aree geografiche e per particolari tipologie di atti. Con lo stesso decreto sono approvate le connesse procedure e specifiche tecniche.

 

 

8. Durante il regime transitorio facoltativo di cui al comma 7, agli effetti di quanto previsto dall'articolo 2678 del codice civile, le formalità integralmente trasmesse per via telematica, nel loro ordine di ricezione telematica, s'intenderanno presentate:

a) nello stesso giorno di trasmissione, di seguito a tutte le formalità fisicamente presentate allo sportello di accettazione, se la trasmissione è stata effettuata fino al termine dell'orario di apertura al pubblico;

b) il giorno successivo, di seguito a tutte le formalità fisicamente presentate allo sportello di accettazione, se la trasmissione è stata effettuata dopo il termine dell'orario di apertura al pubblico.

 

 

9. Nell'ipotesi di formalità da eseguire con il sistema del libro fondiario di cui al regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, la presentazione del modello unico informatico può avere ad oggetto anche tutte le domande ed istanze finalizzate all'esecuzione di dette formalità, nonché la trasmissione della documentazione necessaria ai fini dell'intavolazione. In tale ipotesi il decreto di cui al comma 1 è emanato anche di concerto con gli enti pubblici territoriali responsabili della tenuta del libro fondiario».

 

 

331-quaterdecies. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono individuate, a parità di gettito, le nuove tariffe dell'imposta di bollo dovuta sugli atti di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, come sostituito dal comma 331-terdecies del presente articolo, il cui importo è determinato in misura forfettaria, nonché in proporzione ed in funzione degli adempimenti correlati.

 

 

 

Il comma 331-terdecies, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, sostituisce l’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997[156], recante disposizioni circa le procedure telematiche, il modello unico informatico e l’autoliquidazione.

 

La presente disposizione è parzialmente coincidente con l’articolo 20, comma 9, del disegno di legge recante Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (A.S. 3533), approvato dalla Camera dei deputati e attualmente all’esame del Senato.

 

Si ricorda che il vigente articolo 3-bis sopra citato stabilisce che alla registrazione di atti relativi a diritti sugli immobili, alla trascrizione, all'iscrizione e all'annotazione nei registri immobiliari, nonché alla voltura catastale, si provvede, a decorrere dal 30 giugno 2000, con procedure telematiche.

lI comma 1 ha previsto l’emanazione di un decreto del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia, per la progressiva attivazione del servizio, anche limitatamente a determinati soggetti, a specifiche aree geografiche, e a particolari tipologie di atti, nonché l'eventuale attribuzione di un codice unico immobiliare.

Il comma 2 dispone che le richieste di registrazione, le note di trascrizione e di iscrizione nonché le domande di annotazione e di voltura catastale, relative agli atti per i quali è attivata la procedura telematica, sono presentate su un modello unico informatico da trasmettere per via telematica unitamente a tutta la documentazione necessaria. Con lo stesso decreto può essere prevista la presentazione del predetto modello unico su supporto informatico, nonché determinata la data a decorrere dalla quale il titolo è trasmesso per via telematica.

In caso di presentazione del modello unico informatico per via telematica, le formalità sono eseguite previo pagamento dei tributi dovuti in base ad autoliquidazione. In caso di irregolare funzionamento del collegamento telematico, fermo il predetto obbligo di pagamento, la trasmissione per via telematica è sostituita dalla presentazione su supporto informatico (comma 3).

Infine il comma 4 dispone che nei comuni nei quali vige il sistema del libro fondiario di cui al regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, la presentazione del modello unico informatico rileva unicamente per gli adempimenti connessi alla registrazione e alla voltura catastale.

 

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto interdirigenziale 13 dicembre 2000 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale. n. 297 del 12 dicembre 2001), con cui è stato approvato il modello unico informatico e sono state disciplinate le modalità tecniche necessarie per la trasmissione dei dati per gli adempimenti in materia di atti immobiliari. Con successivi provvedimenti interdirigenziali del 1° agosto 2002, del 18 aprile 2003 e del 9 giugno 2004 sono state disposte la progressiva estensione del regime di obbligatorietà a tutti i distretti notarili relativamente agli atti di compravendita di immobili (registrazione, trascrizione e voltura) e l’estensione del regime di facoltatività del modello unico informatico ad ulteriori tipologie di atti.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 3-bis estende l’utilizzo delle procedure telematiche attraverso il modello unico informatico anche alla registrazione di denunzie e alla presentazione di dichiarazioni di successione. A tal fine è prevista l’emanazione di uno o più decreti di natura non regolamentare dei direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, di concerto con il Ministero della giustizia, che fisseranno la progressiva attivazione del servizio anche con riferimento a determinati soggetti, a specifiche aree geografiche e a particolari tipologie di atti o fattispecie. I medesimi decreti potranno anche provvedere all'eventuale attribuzione di un codice unico immobiliare.

 

Il comma 2 del nuovo articolo 3-bis estende l’utilizzazione del modello unico informatico, da trasmettere per via telematica (eventualmente anche su supporto informatico), unitamente a tutta la documentazione necessaria, alle denunzie, dichiarazioni e ogni altra formalità relative ad atti o fattispecie per i quali è applicabile, a seguito dell'adozione di tali decreti, la procedura telematica (in aggiunta alle richieste di registrazione, note di trascrizione e di iscrizione, domande di annotazione e di voltura catastale, per le quali è già prevista tale procedura).

 

Rispetto alla legislazione vigente, il successivo comma 3 prevede il pagamento dei tributi dovuti in base ad autoliquidazione in caso di presentazione del modello unico informatico per via telematica effettuata da notai, ufficiali giudiziari, segretari o delegati della pubblica amministrazione e altri pubblici ufficiali per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati (soggetti indicati all'articolo 10, comma 1, lettera b), del D.P.R. n. 131 del 1986). In caso di irregolare funzionamento del collegamento telematico, fermo il predetto obbligo di pagamento, la trasmissione per via telematica è sostituita dalla presentazione su supporto informatico.

 

Ai sensi del comma 4, qualora la presentazione del modello unico informatico per via telematica sia effettuata da altri soggetti, è prevista l’emanazione di decreti dei direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, che definiranno le modalità di pagamento dei tributi dovuti, anche mediante autoliquidazione.

 

Il comma 5 stabilisce che per gli atti comportanti annotazione nei registri immobiliari, la presentazione del modello unico informatico può avere ad oggetto, oltre alla eventuale voltura catastale ad essi collegata, la richiesta di registrazione, la domanda di annotazione ed entrambe congiuntamente. La formalità di annotazione e il pagamento dei relativi tributi e diritti vengono eseguiti con le modalità stabilite nei decreti previsti dal precedente comma 4.

 

I commi da 6 a 8, di nuova introduzione rispetto al testo del vigente articolo 3-bis, disciplinano la presentazione dei titoli per via telematica al Conservatore dei registri immobiliari per l’esecuzione delle relative formalità.

In particolare, il comma 6 prevede l’emanazione di un decreto del direttore dell’Agenzia del territorio, di concerto con il Ministero della giustizia, con il quale sarà stabilita la data a decorrere dalla quale la presentazione dei sopra indicati titoli dovrà avvenire esclusivamente per via telematica. A partire dalla stessa data le formalità ipotecarie si intendono presentate secondo l’ordine di ricezione telematica. Il suddetto decreto, per l’emanazione del quale non è fissato alcun termine, dovrà stabilire anche le modalità e i termini di applicazione della norma in esame.

 

I commi 7 e 8 prevedono invece l’introduzione di un regime transitorio (che si ritiene debba precedere cronologicamente quello previsto al comma 6), durante il quale la presentazione dei titoli avviene facoltativamente per via telematica, a titolo sperimentale. Anche in questo caso la data di avvio del sistema e le connesse procedure e specifiche tecniche saranno determinate con decreto del Direttore dell’Agenzia del territorio, di concerto con il Ministero della giustizia, per l’emanazione del quale non è previsto alcun termine. Il regime transitorio si riferirà a categorie di soggetti, individuati dal decreto stesso in relazione all’oggettiva possibilità di utilizzo degli strumenti telematici da parte degli stessi, a specifiche aree geografiche ed a particolari categorie di atti (comma 7).

Il comma 8 fissa l’ordine secondo il quale si intendono presentate le formalità integralmente trasmesse per via telematica, durante il regime transitorio, ovvero nel periodo durante il quale le formalità potranno essere presentate sia fisicamente, allo sportello di accettazione, che per via telematica. È stabilito che le formalità trasmesse per via telematica si intendono presentate successivamente a quelle presentate fisicamente nello stesso giorno, a condizione che la trasmissione sia avvenuta durante l’orario di apertura. Per le trasmissioni avvenute oltre tale orario, le formalità trasmesse per via telematica si intendono presentate successivamente a quelle presentate fisicamente il giorno successivo.

L’ordine di presentazione di cui al comma in esame è determinato agli effetti di quanto previsto dall’articolo 2678 del codice civile.

 

Quest’ultima disposizione prevede che il Conservatore dei registri immobiliari deve tenere un registro generale d'ordine in cui giornalmente deve annotare, secondo l'ordine di presentazione, ogni titolo che gli è rimesso perché sia trascritto, iscritto o annotato. Il registro deve indicare il numero d'ordine, il giorno della richiesta e il relativo numero di presentazione, la persona dell'esibitore e le persone per cui la richiesta è fatta, i titoli presentati con la nota, l'indicazione se la richiesta è fatta per trascrizione, per iscrizione o per annotazione, e le persone riguardo alle quali la trascrizione, la iscrizione o l'annotazione si deve eseguire. Appena avvenuta l'accettazione del titolo e della nota, il conservatore ne deve dare ricevuta all'esibitore, con indicazione del numero di presentazione.

 

Il comma 9 del nuovo articolo 3-bis, relativo alle formalità da eseguire con il sistema del libro fondiario[157] (regio decreto n. 499 del 1929), sostituisce le disposizioni contenute al comma 4 del testo vigente dello stesso articolo (il quale prevede l’utilizzazione del modello in esame unicamente per gli adempimenti connessi alla registrazione e alla voltura catastale). La nuova disposizione stabilisce che la presentazione del modello unico informatico può avere ad oggetto anche tutte le domande e istanze finalizzate all'esecuzione di dette formalità, nonché la trasmissione della documentazione necessaria ai fini dell'intavolazione. In tale ipotesi il decreto di cui al comma 1 è adottato anche di concerto con gli enti pubblici territoriali responsabili della tenuta del libro fondiario.

 

Il comma 331-quaterdecies prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che individua le voci di tariffa e determina in misura forfetaria gli importi dell'imposta di bollo dovuta sugli atti di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997, come sostituito dal precedente comma 331-terdecies. L’importo delle nuove tariffe dovrà essere determinato in proporzione e in funzione degli adempimenti correlati e dovrà garantire l'invarianza di gettito complessivo per l'erario. Non è fissato un termine per l’emanazione del decreto.

 

Si segnala che il presente comma è sostanzialmente identico all’articolo 20, comma 10 del sopra citato disegno di legge recante Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (A.S. 3533). Il presente comma è inoltre sostanzialmente identico al comma 387.53 del presente disegno di legge.


Articolo 1, commi 331-quinquiesdecies-331-duodevicies
(Consultazione telematica di dati ipotecari e catastali
Richiesta telematica di certificati catastali)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

331-quinquiesdecies. L'accesso ai servizi di consultazione telematica ipotecaria e catastale è consentito a chiunque, nel rispetto della normativa vigente in tema di riutilizzazione commerciale dei dati ipotecari e catastali, con le seguenti modalità:

 

 

a) su base convenzionale, obbligatorio per i soggetti esenti dal pagamento di tasse ipotecarie e tributi speciali catastali dovuti a fronte delle consultazioni;

 

 

b) senza stipula di convenzione, con pagamento telematico contestuale per ogni consultazione effettuata.

 

 

331-sexiesdecies. Le tasse ipote­carie, stabilite con la tabella allegata al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, e successive modificazioni, ed i tributi speciali catastali, stabiliti al titolo III della tabella A allegata al decreto-legge 31 luglio 1954, n. 533, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1954, n. 869, e successive modificazioni, dovuti per l'accesso telematico ai servizi senza convenzione, di cui alla lettera b) del comma 331-quinquiesdecies, sono aumentati del 50 per cento.

 

 

331-septiesdecies. Con decreto del direttore dell'Agenzia del territorio, da emanare sentito il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti termini, modalità e condizioni per l'accesso al servizio, sono approvati i nuovi schemi di convenzione per la concessione del collegamento telematico alle banche dati catastale ed ipotecaria e sono altresì stabiliti, ferma rimanendo la debenza delle tasse ipotecarie e dei tributi catastali, l'importo del canone, l'importo della cauzione, da graduare anche in relazione all'eventuale pagamento anticipato delle tasse ipotecarie e dei tributi speciali catastali dovuti, e le modalità di pagamento delle tasse ipotecarie e dei tributi catastali dovuti. Nel caso di pagamento con modalità telematiche o elettroniche, gli importi riscossi dovranno essere riversati alla sezione di Tesoreria provinciale dello Stato entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello di riscossione.

 

 

331-duodevicies. A decorrere dal 30 giugno 2006 i certificati catastali possono essere richiesti dagli interessati all'Agenzia del territorio avvalendosi di procedure telematiche, anche integrate con il servizio postale. I certificati catastali elaborati dall'Agen­zia del territorio avvalendosi di procedure automatizzate, richiesti con le modalità anzidette, possono essere trasmessi agli interessati avvalendosi di procedure telematiche, anche integrate con il servizio postale. In tale caso, la firma autografa del re­sponsabile è sostituita dall'indicazione a stampa del nominativo stesso. Con provvedimento dell'Agenzia del territorio sono stabilite:

 

 

a) le misure da adottare contro la duplicazione e la contraffazione dei certificati catastali;

 

 

b) le modalità tecniche necessarie per la trasmissione dei dati relativi alla procedura telematica di cui al presente comma;

 

 

c) specifiche ulteriori modalità per la fornitura del servizio presso gli sportelli catastali decentrati presso i comuni, previa intesa con l'ANCI;

d) le modalità di versamento dei tributi dovuti, d'intesa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

 

 

 

Il commi da 331-quinquiesdecies a 331-septiesdecies, introdotti nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, dettano disposizioni per i servizi di consultazione telematica dei dati ipotecari e catastali.

Il comma 331-quinquiesdecies consente a chiunque di accedere ai suddetti servizi, nel rispetto della normativa vigente in tema di riutilizzazione commerciale dei dati ipotecari e catastali.

 

Si ricorda che l’articolo 1, commi da 367 a 373, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), ha vietato la riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali e ipotecari, che risultino acquisiti, in via diretta o mediata, anche per via telematica, dagli archivi catastali o da pubblici registri immobiliari. La violazione è punita con sanzione amministrativa tributaria di ammontare compreso fra il triplo e il sestuplo dei tributi e delle tasse evase. Sono consentite attività di riutilizzazione commerciale esclusivamente se regolamentate da specifiche convenzioni stipulate con l’Agenzia del territorio con preventivo pagamento dei relativi tributi.

 

L’accesso ai servizi telematici avviene con una delle due seguenti modalità:

a)      su base convenzionale;

b)      senza stipula di convenzione, con pagamento telematico contestuale per ogni consultazione effettuata.

La stipula di una convenzione è obbligatoria per i soggetti esenti dal pagamento di tasse ipotecarie e tributi speciali catastali, dovuti a fronte delle consultazioni.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 19 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, per le operazioni inerenti al servizio ipotecario, eseguite nell’interesse dello Stato, non sono dovute le tasse ipotecarie. Per quanto riguarda l’esenzione dal pagamento dei tributi speciali catastali, l’allegato 2-quinquies al D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, stabilisce che essa viene applicata solo nei casi in cui è prevista da specifiche disposizioni di legge.

 

Il comma 331-sexiesdecies incrementa del 50 per cento le tasse ipotecarie, di cui alla tabella allegata al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, e i tributi speciali catastali, di cui al titolo III della tabella A allegata al D.L. 31 luglio 1954, n. 533, convertito, con modificazioni, nella legge 26 settembre 1954, n. 869, nelle ipotesi in cui l’accesso telematico ai servizi avvenga senza stipula di convenzione.

 

Il comma 331-septiesdecies demanda ad un decreto del Direttore dell’Agenzia del territorio, da emanare, sentita la Ragioneria generale dello Stato, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente disegno di legge:

§      la definizione di termini, modalità e condizioni per l’accesso al servizio di consultazione telematica;

§      l’approvazione dei nuovi schemi di convenzione per la concessione del collegamento telematico alle banche dati catastale e ipotecaria;

§      la determinazione l’importo del canone e della cauzione, da graduare anche in relazione all’eventuale pagamento anticipato delle tasse ipotecarie e dei tributi speciali catastali dovuti. La norma precisa che il pagamento del canone non sostituisce la debenza delle tasse ipotecarie e dei speciali tributi catastali;

§      l’individuazione delle modalità di pagamento delle tasse ipotecarie e dei tributi speciali catastali dovuti.

L’ultimo periodo del presente comma prevede che, nel caso di pagamento con modalità telematiche o elettroniche, gli importi riscossi dovranno essere riversati alla sezione di Tesoreria provinciale dello Stato, entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello di riscossione.

 

Il comma 331-duodevicies, anch’esso introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, demanda ad un provvedimento dell’Agenzia del territorio la disciplina della richiesta e successiva trasmissione di certificati catastali con procedure telematiche.

Sia la richiesta degli interessati, sia la trasmissione da parte dell’Agenzia del territorio sono effettuate avvalendosi di procedure telematiche, anche integrate con il servizio postale. I certificati sono elaborati dall’Agenzia avvalendosi di procedure automatizzate e, in tal caso, la firma autografa del responsabile è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo stesso.

Il provvedimento dell’Agenzia del territorio, per l’adozione del quale non è fissato alcun termine ancorché la norma preveda la possibilità di avvalersi di questa forma di richiesta a decorrere dal 30 giugno 2006, dovrà stabilire:

a)      le misure da adottare contro la duplicazione e la contraffazione dei certificati catastali;

b)      le modalità tecniche necessarie per la trasmissione dei dati;

c)      specifiche ulteriori modalità per la fornitura del servizio presso gli sportelli catastali decentrati presso i comuni, previa intesa con l’ANCI;

d)      le modalità di versamento dei tributi dovuti, d’intesa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.


Articolo 1, comma 331-undevicies
(Esonero dalla dichiarazione e dalla comunicazione
agli effetti dell’ICI)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

331-undevicies. Dopo il comma 6 dell'articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è aggiunto il seguente:

«6-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2006, nel caso in cui gli elementi rilevanti ai fini dell'imposta dipendano da atti che hanno dato luogo a registrazione, trascrizione e voltura con le procedure telematiche previste dall'articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, e successive modificazioni, ovvero dipendano da atti e dichiarazioni che hanno dato luogo a trascrizione e voltura automatica o a variazioni catastali nello stato dei beni, i soggetti passivi sono esonerati dall'obbligo di presentazione della dichiarazione o comunicazione. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabiliti tipologia, termini e modalità di trasmissione telematica dei dati ai comuni interessati, a cura dell'Agenzia del territorio. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità di rimborso da parte dei comuni dei costi sostenuti per la trasmissione telematica dei dati. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio sono stabilite, sentiti il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione e l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), le specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati ai comuni».

 

 


Il comma 331-undevicies, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, novellando l’articolo 10 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, prevede, con decorrenza dal 1° gennaio 2006, per i soggetti passivi (cittadini e imprese) l’esonero dall’obbligo della presentazione della dichiarazione o della comunicazione airispettivi comuni relativamente agli immobili posseduti, ai fini della determinazione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), nel caso in cui le variazioni dipendano da atti registrati con procedure telematiche ovvero che hanno dato luogo a trascrizione automatica o a variazioni catastali relative allo stato dei beni.

 

L’articolo 10 del D.Lgs. n. 504 del 1992, istituivo dell’ICI, stabilisce, al comma 4, che i soggetti passivi devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello Stato, con esclusione di quelli esenti dall'imposta, su apposito modulo, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno in cui il possesso ha avuto inizio. La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi sempreché non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell'imposta dovuta; in tal caso il soggetto interessato è tenuto a denunziare nelle forme sopra indicate le modificazioni intervenute, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno in cui le modificazioni si sono verificate.

 

Successivamente l’articolo 59 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446,ha stabilito che i comuni possono, con proprio regolamento, semplificare e razionalizzare il procedimento di accertamento dell’ICI anche al fine di ridurre gli adempimenti dei contribuenti e potenziare l'attività di controllo sostanziale, prevedendo, tra l’altro, l’eliminazione delle operazioni di controllo formale sulla base dei dati ed elementi dichiarati, con conseguente soppressione dell'obbligo di presentazione della dichiarazione o denunzia, e introduzione dell'obbligo della comunicazione, da parte del contribuente al comune competente, entro un termine prestabilito dal comune stesso, degli acquisti, cessazioni o modificazioni di soggettività passiva, con la sola individuazione dell'unità immobiliare interessata (comma 1, lettera l)).

In caso di omessa comunicazione è prevista una sanzione compresa tra 103,29 e 516,46 euro (da lire 200.000 a lire 1.000.000) per ciascuna unità immobiliare.

 

Il comma in esame prevede l’esonero dalla dichiarazione in caso di:

atti soggetti a registrazione, trascrizione e voltura con le procedure telematiche previste dall’articolo 3-bis[158] del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463 (c.d. adempimento unico);

atti e dichiarazioni che hanno dato luogo a trascrizione e voltura automatica o a variazioni catastali nello stato dei beni.

 

A tal fine è prevista l’emanazione di un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Città, da adottare entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, che dovrà stabilire tipologie, termini e modalità di trasmissione telematica dei dati da parte dell’Agenzia del territorio ai comuni interessati.

 

Un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Città, per l’emanazione del quale non è previsto alcun termine, stabilirà le modalità per il rimborso, da parte dei comuni, dei costi sostenuti per la trasmissione telematica dei dati.

Infine un provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio, sentiti il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) e l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), stabilirà le caratteristiche tecniche del sistema per la trasmissione dei dati ai comuni.


Articolo 1, comma 331-vicies
(Determinazione del prezzo di immobili oggetto
di procedure di cartolarizzazione)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

331-vicies. All'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 23 febbraio 2004, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2004, n. 104, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Qualora le offerte in opzione siano inviate dagli enti gestori agli eventi diritto, dopo un intervallo di tempo superiore a sei mesi rispetto alla valutazione dell'Agenzia del territorio, i coefficienti di abbattimento da applicare sono quelli pubblicati in epoca immediatamente successiva alla data di valutazione stessa, al fine di garantire che il prezzo delle unità immobiliari offerte in opzione sia effettivamente corrispondente ai valori di mercato del mese di ottobre 2001. I coefficienti di abbattimento sono calcolati e pubblicati fino a quelli relativi al primo semestre 2005».

 

 

 

Il comma 331-vicies, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, novella l’articolo 1, comma 2, del D.L. 23 febbraio 2004, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2004, n. 104, al fine di garantire agli acquirenti degli immobili da dismettere mediante le procedure di cartolarizzazione di cui al D.L. 23 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, che il prezzo delle unità immobiliari offerte in opzione sia effettivamente corrispondente ai valori di mercato del mese di ottobre 2001.

 

Il citato D.L. n. 41 del 2004 detta disposizioni per l’attuazione di quanto previsto dall’articolo 3, comma 20, secondo periodo, del citato D.L. n. 351 del 2001, secondo il quale le unità immobiliari non di pregio, per le quali i conduttori, in assenza di offerta in opzione, abbiano manifestato volontà di acquisto nel periodo compreso tra il 26 settembre 2001 e il 31 ottobre 2001 a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, sono vendute al prezzo e alle condizioni determinati in base alla normativa vigente alla data della predetta manifestazione di volontà di acquisto. L’articolo 1, comma 2, del D.L. n. 41 del 2004 definisce le modalità di determinazione prezzo di vendita delle unità immobiliari in questione. A tal fine, al prezzo attuale di mercato dell’unità immobiliare si applicano coefficienti aggregati di abbattimento, calcolati dall’Agenzia del territorio sulla base di eventuali aumenti di valore delle unità immobiliari tra la data di offerta in opzione e i valori medi di mercato del mese di ottobre 2001. I coefficienti di abbattimento sono comunicati semestralmente dall’Agenzia del territorio con riferimento ai semestri solari successivi al primo semestre 2001. Gli ultimi coefficienti comunicati sono relativi al secondo semestre 2004 (pubblicati nella Gazzetta ufficiale n. 128 del 4 giugno 2005).

 

Il presente comma 331-vicies stabilisce che, quando le offerte in opzione siano inviate agli aventi diritto dopo un intervallo di tempo superiore a sei mesi rispetto alla valutazione dell’Agenzia del territorio, i coefficienti di abbattimento da applicare sono quelli pubblicati in epoca immediatamente successiva alla data di valutazione stessa.

 

Si ritiene che con l’espressione “valutazione” si intenda la pubblicazione dei coefficienti di abbattimento e non la materiale operazione di valutazione che precede la suddetta pubblicazione, innanzitutto perché tale operazione non ha una data determinata e nota all’esterno, e inoltre perché i coefficienti pubblicati in epoca immediatamente successiva alla data di valutazione sono proprio quelli che rendono pubblici i risultati della valutazione stessa.

 

Il comma in esame dispone inoltre che i coefficienti di abbattimento relativi al primo semestre 2005 saranno gli ultimi ad essere calcolati e pubblicati. Ne consegue che tutte le vendite successive dovranno fare riferimento a tali coefficienti, indipendentemente dalla data nella quale le vendite stesse saranno concluse.

 


Articolo 331-vicies semel
(Apertura al pubblico delle Conservatorie dei registri immobiliari)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

331-vicies semel. L'articolo 24 della legge 27 febbraio 1985, n. 52, è sostituito dal seguente:

 

 

«Art. 24-1. Nelle conservatorie l'orario per il pubblico è fissato dalle ore 8 alle ore 12,30 dei giorni feriali, con esclusione del sabato. Nell'ultimo giorno lavorativo del mese esso è limitato fino alle ore 11».

 

 

 

Il comma 331-vicies semel, che novella l’articolo 24 della legge 27 febbraio 1985, n. 52, modifica l’orario di apertura al pubblico delle Conservatorie dei registri immobiliari, stabilendo la chiusura nel giorno di sabato e incrementando di mezz’ora (dalle ore 8 alle ore 12.30, anziché alle ore 12) l’orario dei giorni feriali. È confermata la chiusura alle ore 11 nell’ultimo giorno lavorativo del mese.


Articolo 1, commi 332-339
(Rivalutazione di beni d’impresa e di aree edificabili)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

Art. 1.

Art. 1.

332. La rivalutazione dei beni d'impresa e delle partecipazioni, di cui alla sezione II del capo I della legge 21 novembre 2000, n. 342, e successive modificazioni, ad esclusione delle aree fabbricabili di cui al comma 336, può essere eseguita con riferimento a beni risultanti dal bilancio relativo all'esercizio chiuso entro la data del 31 dicembre 2004, nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo per il quale il termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

332. Identico.

333. Il maggiore valore attribuito in sede di rivalutazione si considera fiscalmente riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita.

333. Identico.

334. L'imposta sostitutiva dovuta, nella misura del 12 per cento per i beni ammortizzabili e del 6 per cento per i beni non ammortizzabili, è versata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita.

334. Identico.

335. Il saldo di rivalutazione derivante dall'applicazione della disposizione di cui al comma 332 può essere assoggettato, in tutto o in parte, ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP, nella misura del 7 per cento. L'imposta sosti­tutiva deve essere obbligatoriamente ver­sata in tre rate annuali, senza pagamento di interessi, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente secondo i seguenti importi: 10 per cento nel 2006; 45 per cento nel 2007; 45 per cento nel 2008. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 475, 477 e 478, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

335. Identico.

 

336. Le disposizioni degli articoli da 10 a 15 della legge 21 novembre 2000, n. 342, si applicano, in quanto compatibili, limitatamente alle aree fabbricabili non ancora edificate, o risultanti tali a seguito della demolizione degli edifici esistenti, incluse quelle alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa. I predetti beni devono risultare dal bilancio relativo all'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004 ovvero, per i soggetti che fruiscono di regimi semplificati di contabilità, essere annotati alla medesima data nei registri di cui agli articoli 16 e 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. La rivalutazione deve riguardare tutte le aree fabbricabili appartenenti alla stessa categoria omoge­nea; a tal fine si considerano comprese in distinte categorie le aree edificabili aventi diversa destinazione urbanistica.

336. Identico.

337. La disposizione di cui al comma 336 si applica a condizione che l'utilizzazione edificatoria dell'area, ancorché previa demolizione del fabbricato esistente, avvenga entro i cinque anni successivi all'effettuazione della rivalutazione; trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 34, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. I termini di accertamento di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, decorrono dalla data di utilizzazione edificatoria dell'area.

337. Identico.

338. L'imposta sostitutiva dovuta, nella misura del 19 per cento, deve essere obbligatoriamente versata in tre rate annuali, senza pagamento di interessi, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente secondo i seguenti importi:

338. Identico.

a) 40 per cento nel 2006;

 

b) 35 per cento nel 2007;

 

c) 25 per cento nel 2008.

 

339. Ai fini dell'attuazione delle disposi­zioni di cui ai commi 332 e 336 si fa riferimento, per quanto compatibili, alle modalità stabilite dai regolamenti di cui al decreto del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 aprile 2002, n. 86.

339. Identico.


I commi da 332 a 339 dell’articolo 1 dispongono la riapertura dei termini per la rivalutazione dei beni e delle partecipazioni d’impresa e delle aree edificabili delle imprese, estendendo, in quest’ultimo caso, la facoltà di rivalutazione anche ai beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa(c.d. beni-merce).

La disciplina originaria relativa alla rivalutazione dei beni d’impresa è contenuta nellasezione II del capo I (articoli da 10 a 16) della legge 21 novembre 2000, n. 342, recante "Misure in materia fiscale".

 

Si ricorda che gli articoli da 10 a 16 della legge n. 342 del 2000 hanno concesso alle imprese la facoltà di effettuare la rivalutazione dei beni risultanti in bilancio attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto.

In particolare, ai sensi dell’articolo 10, potevano essere oggetto di rivalutazione i beni mobili e immobili e le partecipazioni in società controllate o collegate che risultassero iscritte tra le immobilizzazioni nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2002. Risultavano esclusi, invece, i beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa (c.d. “beni-merce”).

Quanto all’ambito soggettivo, potevano avvalersi delle disposizioni richiamate le società di capitali, gli enti commerciali, gli enti non commerciali, le imprese individuali, le società di persone, con la sola esclusione delle società semplici, nonché le società, gli enti e le persone fisiche non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione (articoli 10 e 15).

La rivalutazione in argomento, secondo quanto disposto dall’articolo 11, poteva essere eseguita nell’esercizio successivo a quello di cui all'articolo 10, per il quale il termine di approvazione del bilancio scadeva successivamente alla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, al fine di evitare sopravvalutazioni, venivano disposti criteri per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione.

L’articolo 12 prevedeva l’applicazione, sui maggiori valori emersi, di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura, rispettivamente, del 19 per cento per i beni ammortizzabili e del 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva essere versata in tre rate annuali di pari importo, anche mediante compensazione, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997.

Il maggior valore attribuito ai beni con la rivalutazione, in base all’articolo 12, comma 3, era comunque riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio in cui la rivalutazione era stata effettuata.

Ai sensi del successivo articolo 13, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione doveva essere destinato ad incremento di capitale sociale oppure iscritto in una apposita riserva in sospensione d’imposta[159], la cui denominazione doveva contenere il riferimento alle disposizioni relative alla rivalutazione eseguita. La norma ha la finalità di evitare che le somme relative alla rivalutazione, incrementative del patrimonio netto dell’impresa, potessero essere utilizzate senza essere tassate. Pertanto, il medesimo articolo 13 dispone che nel caso in cui tali riserve siano distribuite ai soci, le somme versate, incrementate dell’imposta sostitutiva pagata, concorrono a formare sia il reddito imponibile della società che quello dei soci; a tal fine è riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta sostitutiva pagata. Se, invece, la riserva è utilizzata per la copertura di perdite, non si può dar luogo a distribuzione di utili se prima non viene reintegrata la riserva medesima.

L'articolo 14 consentiva l'applicazione delle disposizioni dell’articolo 12 e della relativa imposta sostitutiva, per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni iscritti nel bilancio o rendiconto, anche singolarmente considerati, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo (c.d. riallineamento).

In entrambi i casi (rivalutazione o riallineamento), ai sensi dell’art. 14, l’importo corrispondente ai maggiori valori era imputato ad una riserva in sospensione di imposta.

L’articolo 16, infine, rimetteva a un decreto ministeriale la determinazione delle modalità di attuazione delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 15.

Rivalutazione dei beni d'impresa

I commi da 332 a 335 dell'articolo 1 riguardano la rivalutazione dei beni delle imprese e delle partecipazioni.

 

Ai sensi del comma 332 è possibile eseguire la rivalutazione dei beni materiali e immateriali (con l'eccezione delle aree fabbricabili, per le quali è prevista una disciplina specifica dai successivi commi 336-338, cui si rinvia). Detta rivalutazione può essere eseguita con riferimento ai beni risultanti dal bilancio relativo all'esercizio chiuso entro il 31 dicembre 2004.

La rivalutazione deve risultare nel bilancio dell'esercizio successivo il cui termine dì approvazione scade successivamente al 1° gennaio 2006.

In sostanza, con riferimento ai soggetti il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare, sono oggetto di rivalutazione i beni materiali e immateriali iscritti nel bilancio chiuso il 31 dicembre 2004; i maggiori valori iscritti devono risultare nel bilancio successivo, ossia quello chiuso il 31 dicembre 2005, il cui termine di approvazione scade, in via ordinaria, il 30 aprile 2006.

 

Il comma 333 stabilisce che il maggior valore attribuito con la rivalutazione è riconosciuto fiscalmente ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata eseguita.

In sostanza, per i soggetti il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare, il riconoscimento fiscale dei maggiori valori decorrerà dall'esercizio 2008.

 

Il comma 334 stabilisce che, sul maggior valore iscritto in bilancio, è dovuta una imposta sostitutiva nella misura del 12 per cento relativamente ai beni ammortizzabili e del 6 per cento relativamente ai beni non ammortizzabili.

L'imposta dovrà essere versata, in una unica soluzione, entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo di imposta nel corso del quale la rivalutazione è stata eseguita.

 

L’articolo 17 del D.P.R. n. 435 del 2001 stabilisce, al comma 1, che il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive è fissato al giorno 20 del sesto mese successivo alla data di chiusura dell’esercizio.

Il successivo comma 2 dispone che i richiamati versamenti possono essere effettuati entro il trentesimo giorno successivo ai termini ivi previsti, maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo.

 

In sostanza, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, l’imposta sostitutiva dovrà essere versata entro il 20 giugno 2006.

 

In proposito, si ricorda che l'aliquota dell'imposta sostitutiva stabilita dalla norma in esame è inferiore a quella fissata dall'articolo 12 della legge n. 342 del 2000, che era pari, rispettivamente, al 19 per cento per i beni ammortizzabili e al 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva inoltre essere versata in tre rate annuali di pari importo.

 

Sarebbe opportuno chiarire se, per quanto concerne il termine di versamento, sia applicabile anche il comma 2 dell’articolo 17 del D.P.R. n. 435 del 2001.

 

Il comma 335, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, reca disposizioni circa la riserva in sospensione d’imposta iscritta in bilancio a seguito della rivalutazione, prevedendo, in particolare, la possibilità di procedere al suo affrancamento.

 

Come già ricordato, l’articolo 13 della legge n. 342 del 2000, recante disposizioni in merito alla contabilizzazione della rivalutazione, dispone che il maggior valore attribuito ai beni d’impresa iscritti nell’attivo patrimoniale dev’essere imputato ad aumento del capitale sociale o ad un’apposita riserva dalla cui denominazione risulti l’applicazione delle disposizioni sulla rivalutazione eseguita. Con ciò si è inteso manifestare l’esistenza di un valore del patrimonio sociale non assoggettato a tassazione (c.d. riserva in sospensione d’imposta). Infatti, il medesimo articolo 13, dispone che:

-        se la riserva è utilizzata per coprire le perdite, non si può procedere ad una successiva distribuzione di utili senza aver prima reintegrato la riserva stessa;

-        se la riserva viene distribuita ai soci o partecipanti, le somme attribuite concorrono alla formazione del reddito imponibile della società (alla quale viene, corrispondentemente, riconosciuto un credito d’imposta di importo pari all’imposta sostitutiva pagata in sede di rivalutazione) e alla formazione del reddito imponibile del socio o partecipante.

 

Il presente comma 335 concede la facoltà alle imprese interessate di affrancare la riserva di rivalutazione attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 7 per cento della riserva medesima.

In conseguenza dell’affrancamento, la riserva di rivalutazione non è più considerata una riserva in sospensione d’imposta. Pertanto, non è più soggetta ai limiti di utilizzo indicati nell’articolo 13 della legge n. 342 del 2000 ed è liberamente distribuibile ai soci.

 

Il pagamento dell’imposta sostitutiva deve obbligatoriamente essere eseguito in tre rate, e in particolare:

1)      la prima rata, in misura pari al 10 per cento dell’imposta dovuta, deve essere versata nel 2006 entro il termine previsto per il saldo della dichiarazione dei redditi;

2)      la seconda rata, in misura pari al 45 per cento dell’imposta complessiva, deve essere versata nel 2007 entro il termine previsto per il saldo della dichiarazione dei redditi;

3)      la terza e ultima rata, in misura pari al restante 45 per cento, deve essere versata nel 2008 entro il termine previsto per il saldo della dichiarazione dei redditi.

 

Quindi, per quanto riguarda i soggetti il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare, i termini di scadenza fissati sono, rispettivamente, il 20 giugno 2006, il 20 giugno 2007 e il 20 giugno 2008.

 

Anche in questo caso, sarebbe opportuno chiarire se, per quanto concerne il termine di versamento, si intende applicabile anche il comma 2 dell’articolo 17 del D.P.R. n. 435 del 2001.

 

La norma in commento precisa che sulle rate non devono essere applicati interessi.

 

Ai sensi del comma in esame, infine, si applicano, ove compatibili, le disposizioni contenute nell’articolo 1, commi 475, 477 e 478, della legge n. 311 del 2005 (legge finanziaria per il 2005).

 

I commi da 473 a 478 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 recano disposizioni concernenti l’affrancamento di riserve e fondi in sospensione d’imposta.

In particolare, ai sensi del comma 475 le riserve affrancate mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva non concorrono a formare il reddito imponibile dell’impresa e, in caso di distribuzione ai soci, non spetta il corrispondente credito d’imposta.

Il comma 477 dispone l’indeducibilità dell’imposta sostitutiva. Pertanto, l'imputazione dell'imposta sostitutiva può essere fatta, in tutto o in parte, a carico delle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se, invece, l’imputazione è fatta al capitale sociale o fondo di dotazione, la norma precisa che la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga alle disposizioni contenute nell'articolo 2365 del codice civile, con le modalità di cui all'articolo 2445, secondo comma, del medesimo codice[160].

Infine, ai sensi del comma 478, ai fini della liquidazione, accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni e contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi.

 

In sostanza, in conseguenza del rinvio alle indicate disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2005:

-        le riserve di rivalutazione, se affrancate ai sensi del presente comma 335, non concorrono più alla formazione del reddito e, corrispondentemente, l’imposta sostitutiva pagata non costituisce più credito d’imposta;

-        l’imposta sostitutiva è indeducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive e può essere, in tutto o in parte, contabilizzata a conto economico o imputata a riduzione di riserve disponibili. Se l’imposta sostitutiva è imputata a capitale sociale, la corrispondente riduzione è effettuata ai sensi dell’articolo 2445 del codice civile, anche in deroga all’articolo 2365 del codice civile medesimo (ossia senza la necessaria deliberazione dell’assemblea straordinaria);

-        per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni, i rimborsi nonché per il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

Rivalutazione delle aree fabbricabili

I commi da 336 a 338 dell'articolo 1 dettano norme specifiche per la rivalutazione delle aree fabbricabili non ancora edificate possedute da imprese e iscritte nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2004.

 

Con riferimento all'ambito soggettivo, il comma 336 consente la rivalutazione ai soli soggetti esercenti attività d'impresa (imprese individuali e società), indipendentemente dal regime contabile adottato. Infatti, la rivalutazione viene consentita anche ai contribuenti in contabilità semplificata, per i quali i beni predetti devono risultare alla stessa data dai registri indicati agli articoli 16 e 18 del D.P.R. n. 600 del 1973 (ossia dal registro dei beni ammortizzabili e dai registri tenuti a fini IVA).

 

Con riferimento all’ambito oggettivo, è prevista per le imprese la possibilità di procedere alla rivalutazione delle aree fabbricabili non ancora edificate, o risultanti tali a seguito della demolizione degli edifici esistenti, incluse quelle alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa.

 

Pertanto, rispetto alla disciplina contenuta nella legge n. 342 del 2000, il presente comma 336 estende l’ambito di applicazione, in quanto vi include anche i cosiddetti beni-merce.

La disposizione potrebbe risultare assai favorevole per alcune attività quali, in particolare, le società che operano nell’edilizia. Attraverso la rivalutazione delle aree fabbricabili, considerate beni-merce, tali imprese, di fatto, aumentano i costi di esercizio, riducendo per conseguenza l’imponibile tributario annuo. In sostanza, con riferimento al periodo di imposta in cui avviene la rivalutazione, il maggior valore (che coincide con la riduzione del reddito d’impresa) viene tassato applicando l’aliquota di imposta sostitutiva (19%) in luogo della tassazione ordinaria.

 

Inoltre, a differenza di quanto previsto per la rivalutazione dei beni d’impresa, non sembrano essere individuati i criteri in base ai quali dovrà essere determinato il nuovo valore.

 

L’articolo 11 della legge n. 342 del 2000, infatti, al fine di evitare sopravvalutazioni, reca disposizioni in merito ai criteri da utilizzare per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione.

In particolare, il comma 2 del richiamato articolo 11 stabilisce che i valori rivalutati “non possono in nessun caso superare i valori effettivamente attribuibili ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all'effettiva possibilità di economica utilizzazione nell'impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri”. Inoltre, ai sensi del comma 3, gli amministratori e i sindaci sono tenuti a motivare nelle loro relazioni i criteri utilizzati attestando che la rivalutazione effettuata non eccede il limite di valore determinato ai sensi del comma 2.

 

Verisimilmente, in mancanza di criteri di riferimento per la rideterminazione del valore delle aree edificabili, le imprese tenderanno ad attribuire, agli effetti della successiva vendita, un valore elevato alle aree che faranno oggetto di rivalutazione.

 

Il comma 336 stabilisce, infine, che la rivalutazione è consentita per le aree considerate fabbricabili, a condizione che non siano state ancora edificate o che i fabbricati insistenti sopra di esse siano stati demoliti. La rivalutazione deve altresì riguardare tutte le aree fabbricabili appartenenti alla stessa categoria omogenea, a tal fine considerando comprese in distinte categorie le aree edificabili aventi diversa destinazione urbanistica.

 

In proposito, si ricorda che il D.M. 2 aprile 1968, n. 1444[161] ha stabilito, all'articolo 2, che sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765:

a)       le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

b)      le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;

c)       le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);

d)       le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;

e)       le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);

f)        le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.

 

Il comma 337 prescrive che la rivalutazione è ammessa a condizione che, entro i cinque anni successivi, l’impresa realizzi l’utilizzazione edificatoria dell'area.

Ai sensi del medesimo comma trovano, inoltre, applicazione le disposizioni di cui all’articolo 34, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) in materia di responsabilità solidale per l'imposta sui redditi delle persone fisiche.

 

Il terzo comma del richiamato articolo 34 dispone che ciascun coniuge, nel caso di comunione di beni, è solidalmente responsabile, limitatamente al valore dei beni ad essi ceduti a qualsiasi titolo dal soggetto passivo, per il pagamento delle imposte da questo dovute per l'anno in cui è avvenuta la cessione e per gli anni precedenti.

 

Infine, il comma in esame stabilisce che i termini di accertamento indicati nell’articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 decorrono dalla data di utilizzazione edificatoria dell’area.

 

L’articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 reca disposizioni in merito ai termini di accertamento delle dichiarazioni dei redditi. In particolare, il primo comma stabilisce che gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.

 

Pertanto, con riferimento alla rivalutazione in esame, gli avvisi di accertamento devono essere notificati entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui ha avuto inizio la utilizzazione edificatoria dell’area. Quest’ultima, come già esposto, deve avvenire entro cinque anni dalla rivalutazione dell’area edificabile.

 

Il comma 338 determina, in primo luogo, la misura dell'imposta sostitutiva per la rivalutazione delle aree fabbricabili, che è pari al 19 per cento dell'importo della rivalutazione.

In questo caso (a differenza di quanto previsto dal comma 334 per la rivalutazione dei beni e delle partecipazioni d'impresa), l'imposta sostitutiva non può essere versata in unica soluzione, bensì dev’essere obbligatoriamente versata in tre rate annuali, senza interessi. La misura delle tre rate, da versare entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, è la seguente:

a)     40 per cento nel 2006;

b)     35 per cento nel 2007;

c)     25 per cento nel 2008.

 

Analogamente a quanto indicato per la rivalutazione dei beni d’impresa, sarebbe opportuno chiarire se, per quanto concerne il termine di versamento, si intende applicabile anche il comma 2 dell’articolo 17 del DPR n. 435 del 2001.

 

Poiché dal tenore letterale della disposizione non risulta chiaramente che la misura dell'imposta sostitutiva disposta dal comma 338 sia riferita alla rivalutazione delle aree fabbricabili, si suggerisce di esplicitare nel testo il richiamo al comma 336.

 

Infine, per l’attuazione dei commi 332 e 336, il comma 339 rinvia, per quanto compatibili, alle modalità stabilite dal D.M. 13 aprile 2001, n. 162, e dal D.M. 19 aprile 2002, n. 86, concernenti le modalità di attuazione delle disposizioni tributarie in materia di rivalutazione dei beni delle imprese e del riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio.

 

Si ricorda, a tale proposito, che l'articolo 5 del citato D.M. n. 162 del 2001, quanto alle modalità della rivalutazione, precisa che essa può essere eseguita alternativamente:

-        rivalutando sia i costi storici sia i fondi di ammortamento in misura tale da mantenere invariata la durata del processo di ammortamento e la misura dei coefficienti;

-        rivalutando soltanto i valori dell'attivo lordo;

-        riducendo in tutto o in parte i fondi di ammortamento.

Come contropartita della rivalutazione deve essere iscritta una speciale riserva, regolata dall'articolo 13 della legge n. 342 del 2000.

Quanto agli effetti fiscali della rivalutazione, l'articolo 7 dello stesso D.M. n. 162 del 2001 prevede che la rivalutazione ha effetto dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita. Le quote di ammortamento, anche finanziario, possono essere commisurate al maggior valore dei beni fin dall'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita.

 


Articolo 1, comma 339-bis
(Limiti all’attività di riscossione
dei tributi e delle entrate di comuni e province)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

339-bis. Per il potenziamento dell'attività di riscossione delle entrate degli enti pubblici, con lo scopo del conseguimento effettivo degli obiettivi inclusi nel patto di stabilità interno, garantendo effettività e continuità alle forme di autofinanziamento degli enti soggetti allo stesso, le disposizioni dell'articolo 4, comma 2-decies , del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, si interpretano nel senso che fino all'adozione del regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previsto dal medesimo comma non possono essere esercitate esclusivamente le attività disciplinate ai sensi dei commi 2-octies e 2-nonies del medesimo articolo 4, ferma restando la possibilità esclusivamente per i concessionari iscritti all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, di continuare ad avvalersi delle facoltà previste dalla normativa vigente, compreso quanto previsto ai sensi dei commi 2-sexies e 2 -septies del citato articolo 4, nonché di procedere anche ad accertamento, liquidazione e riscossione, volontaria o coattiva, di tutte le entrate degli enti pubblici, comprese le sanzioni amministrative a qualsiasi titolo irrogate dall'ente medesimo, con le modalità ordina­riamente previste per la gestione e la riscossione di entrate tributarie e patrimoniali dell'ente.

 

 

 

Il comma 339-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, reca una disposizione interpretativa dell’articolo 4, comma 2-decies, del D.L. 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, diretta a individuare le attività consentite ai comuni e ai concessionari di cui all’articolo 53 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, nelle more dell’emanazione del regolamento di cui al citato comma 2-decies.

La finalità della disposizione è indicata nel potenziamento dell’attività di riscossione delle entrate degli enti pubblici, per assicurare il conseguimento effettivo degli obiettivi inclusi nel patto di stabilità interno, garantendo effettività e continuità alle forme di autofinanziamento degli enti soggetti al patto stesso[162].

 

Si ricorda che i commi da 2-sexies a 2-decies del citato articolo 4 dettano disposizioni relative ai procedimenti di accertamento, liquidazione e riscossione effettuati dai comuni e dai concessionari iscritti all’Albo, di cui all’articolo 53 del D.Lgs. n. 446 del 1997, dei soggetti privati che abilitati ad effettuare le attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.

In particolare il comma 2-sexies estende, nei limiti della compatibilità, l’applicazione della disciplina dettata dal titolo II del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (riscossione coattiva delle imposte sui redditi) alla riscossione coattiva effettuata dai comuni e dai concessionari iscritti all’Albo tramite le ingiunzioni, di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato. Il comma 2-septies, ai fini dell’applicazione del precedente comma 2-sexies, prevede la nomina, da parte del sindaco o del concessionario iscritto all’Albo, di uno o più funzionari responsabili per la riscossione i quali esercitano le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione e quelle attribuite al segretario comunale dall’articolo 11 del citato R.D. n. 639 del 1910 (assistere all’incanto dei beni mobili del debitore e stendere il relativo atto).

Il comma 2-octies consente ai comuni e ai concessionari iscritti all’Albo di esercitare, nei limiti e con le modalità stabiliti con decreto del Ministro dell’economia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, le facoltà[163] previste dall’articolo 18 del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112 (accedere a tutti i dati personali rilevanti ai fini della riscossione, anche se detenuti da uffici pubblici; accedere alle informazioni disponibili presso il sistema informativo del Ministero delle finanze e presso i sistemi informativi degli altri soggetti creditori).

Il comma 2-novies estende ai concessionari iscritti all’Albo la possibilità di esercitare l’attività di recupero di crediti secondo le ordinarie procedure civilistiche, con le modalità e alle condizioni definite dall’articolo 21 del già citato D.Lgs. n. 112 del 1999. Tale articolo richiede per questo tipo di riscossione una contabilità separata rispetto a quella relativa al servizio nazionale della riscossione nonché l’utilizzo di strutture e uffici distinti.

Il comma 2-decies prevede infine l’emanazione di un regolamento[164] per stabilire criteri e modalità con i quali il Ministero dell'economia e delle finanze, con il supporto dell'Agenzia delle entrate, vigila sulla regolarità, la tempestività, l'efficienza e l'efficacia dell'attività di riscossione esercitata dai concessionari ai sensi dello stesso articolo 4, oltre che sul corretto esercizio, da parte di questi ultimi, delle facoltà previste dai sopra indicati commi 2-octies e 2-novies dell’articolo 4. Il citato comma 2-decies non fissa termini per l’emanazione del regolamento, il quale non risulta essere stato ancora emanato.

 

Il presente comma prevede che nelle more dell’emanazione del regolamento previsto dal citato comma 2-decies dell’articolo 4, sono precluse ai comuni e ai concessionari iscritti nel sopra ricordato Albo solamente le attività indicate ai commi 2-octies (accesso ai dati personali) e 2-novies (recupero di crediti effettuato con procedure civilistiche)dello stesso articolo 4.

Il comma in esame conferma poi, esclusivamente per i concessionari iscritti all’Albo, la possibilità di:

-        continuare ad avvalersi delle facoltà previste dalla normativa vigente, comprese le previsioni dei sopra illustrati commi 2-sexies e 2-septies dell’articolo 4;

-        procedere ad accertamento, liquidazione e riscossione, volontaria o coattiva, di tutte le entrate degli enti pubblici, comprese le sanzioni amministrative irrogate dagli enti stessi, con applicazione della disciplina ordinariamente prevista per la gestione e la riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali dei suddetti enti.

 


Articolo 1, commi 340-341
(Demanio)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

340. A fini di contenimento della spesa pubblica, i contratti di locazione stipulati dalle amministrazioni dello Stato per proprie esigenze allocative con proprietari privati sono rinnovabili alla scadenza contrattuale, per la durata di sei anni a fronte di una riduzione, a far data dal 1o gennaio 2006, del 10 per cento del canone annuo corrisposto. In caso contrario le medesime amministrazioni procederanno, alla scadenza contrattuale, alla valutazione di ipotesi allocative meno onerose.

340. Identico.

 

341. Al fine di ottimizzare le attività istituzionali dell'Agenzia del demanio di cui all'articolo 65 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, è operante, nell'ambito del­l'Agenzia medesima, la Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa con riferi­mento a vendite, permute, locazioni e concessioni di immobili di proprietà dello Stato e ad acquisti di immobili per soddisfare le esigenze di amministrazioni pubbliche nonché ai fini del rilascio del nulla osta per locazioni passive riguardanti pubbliche amministrazioni nel rispetto della normativa vigente.

341. Al fine di ottimizzare le attività istituzionali dell'Agenzia del demanio di cui all'articolo 65 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, è operante, nell'ambito del­l'Agenzia medesima, la Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa con riferi­mento a vendite, permute, locazioni e concessioni di immobili di proprietà dello Stato e ad acquisti di immobili per soddisfare le esigenze di amministrazioni dello Stato, nonché ai fini del rilascio del nulla osta per locazioni passive riguardanti le stesse amministrazioni dello Stato nel rispetto della normativa vigente.

 

 

 

Il comma 340prevede la possibilità di rinnovare, alla scadenza contrattuale, i contratti di locazione stipulati con proprietari privatidalle amministrazioni dello Stato per proprie esigenze allocative. Tale rinnovo, della durata di sei anni, deve accompagnarsi ad una riduzione del 10 per cento del canone annuo corrisposto, a far data dal 1º gennaio 2006.

 

Non è chiaro come debba interpretarsi il termine, fissato al 1° gennaio 2006, per la decorrenza della riduzione dei canoni di locazione, nel caso di contratti di locazione che abbiano scadenza successiva a tale data. La disposizione sembrerebbe prescrivere che, in occasione del rinnovo del contratto di locazione, alle condizioni previste dal presente comma, le amministrazioni dello Stato debbano negoziare la restituzione del 10 per cento dei canoni versati dal 1° gennaio 2006 alla data di scadenza del contratto.

 

In caso contrario (cioè qualora i proprietari privati non accettassero la decurtazione del canone), le amministrazioni, alla scadenza contrattuale, procederanno alla valutazione di ipotesi allocative meno onerose.

 

Il fatto che le Amministrazioni debbano "valutare" l'esistenza di ipotesi allocative meno onerose non sembrerebbe escludere la possibilità di rinnovare il contratto scaduto pur in assenza della decurtazione del 10 per cento del canone. Nulla si dice infatti circa l'eventualità in cui non dovessero risultare ipotesi allocative più convenienti.

 

La disposizione mira al contenimento della spesa pubblica. La relazione tecnica stima un minore onere per 5 milioni di euro relativamente all’anno 2006 e per 10 milioni dall’anno 2007.

 

Il comma 341, modificato nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, stabilisce che nell’ambito dell’Agenzia del demanio, con lo scopo di accrescere l’efficacia nell’adempimento delle attività istituzionali[165], opera la Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa.

L'attività della Commissione si esplica con riferimento a:

-        vendite, permute, locazioni e concessioni di immobili di proprietà dello Stato;

-        acquisti di immobili per soddisfare le esigenze di amministrazioni dello Stato;

Si ricorda che il testo originario del disegno di legge, modificato nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio della Camera dei deputati, si riferiva alla più ampia categoria delle amministrazioni pubbliche[166].

-        rilascio del nulla osta per locazioni passive riguardanti amministrazioni dello Stato.

Anche questo punto è stato modificato nel senso sopra riferito.

 

Non è chiaro, in base alla lettera della norma, se essa abbia carattere meramente ricognitivo o sia diretta ad ampliare l'ambito di operatività della Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa che, secondo quanto si legge nella relazione tecnica allegata all’originario disegno di legge in esame (A.S. 3613), è organo tecnico dell'Agenzia del demanio. Dalla lettura della relazione risulta infatti che la Commissione è operante almeno dal 2001 (anno a partire dal quale sono stati presi in considerazione gli abbattimenti di valore effettuati dalla Commissione stessa).


Articolo 1, comma 341-bis
(Regime tributario dei partecipanti a fondi comuni d’investimento immobiliare)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

341-bis. All'articolo 7 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Qualora le quote dei fondi comuni di investimento immobiliare di cui all'articolo 6, comma 1, siano immesse in un sistema di deposito accentrato gestito da una società autorizzata ai sensi dell'articolo 80 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, la ritenuta di cui al comma 1 è applicata, alle medesime condizioni di cui ai commi precedenti, dai soggetti residenti presso i quali le quote sono state depositate, direttamente o indirettamente aderenti al suddetto sistema di deposito accentrato, nonché dai soggetti non residenti aderenti a detto sistema di deposito accentrato ovvero a sistemi esteri di deposito accentrato aderenti al medesimo sistema.

 

 

2-ter. I soggetti non residenti di cui al comma 2-bis nominano quale loro rappresentante fiscale in Italia una banca o una società di intermediazione mobiliare residente nel territorio dello Stato, una stabile organizzazione in Italia di banche o di imprese di investimento non residenti, ovvero una società di gestione accentrata di strumenti finanziari autorizzata ai sensi dell'articolo 80 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Il rappresentante fiscale risponde dell'adempimento dei propri compiti negli stessi termini e con le stesse responsabilità previste per i soggetti di cui al comma 2-bis, residenti in Italia, e provvede a:

 

 

a) versare la ritenuta di cui al comma 1;

 

 

b) fornire, entro quindici giorni dalla richiesta dell'amministrazione finanzia­ria, ogni notizia o documento utile per comprovare il corretto assolvimento degli obblighi riguardanti la suddetta ritenuta».

 

 

 

Il comma 341-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, interviene sulla disciplina del regime tributario dei fondi comuni d’investimento immobiliare.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera j), del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con D.Lgs. n. 58 del 1998, per «fondo comune di investimento» deve intendersi il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto che chiuso, può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote.

 

Il regime tributario dei fondi comuni di investimento immobiliare è previsto dal D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.

Nel dettaglio, l’articolo 6 del D.L. n. 351 del 2001 disciplina il regime tributario del fondo ai fini delle imposte sui redditi.

 

Esso prevede, al comma 1, che i fondi comuni d'investimento immobiliare istituiti ai sensi dell'articolo 37 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con D.Lgs. n. 58 del 1998, e dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, non sono soggetti alle imposte sui redditi e all'imposta regionale sulle attività produttive. Le ritenute operate sui redditi di capitale sono a titolo d'imposta. Non si applicano le ritenute previste dall'articolo 26, commi 2, 3, 3-bis e 5, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché le ritenute previste dall'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77.

Il comma 3-bis dell’articolo 6 stabilisce poi che alle cessioni e ai conferimenti ai fondi di investimento immobiliare istituiti ai sensi degli articoli 37 del TUF e 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, si applica l'articolo 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Ai conferimenti di beni ai medesimi fondi non si applicano, in ogni caso, le disposizioni del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358.

 

L’articolo 7 del D.L. n. 351 del 2001 disciplina invece il regime tributario dei partecipanti.

 

Esso prevede, al comma 1, che sui proventi di cui all'articolo 41, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, derivanti dalla partecipazione a fondi comuni d'investimento immobiliare di cui all'articolo 6, comma 1, la società di gestione del risparmio opera una ritenuta del 12,50 per cento. La ritenuta si applica sull'ammontare dei proventi riferibili a ciascuna quota risultanti dai rendiconti periodici redatti ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera c), numero 3), del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con D.Lgs. n. 58 del 1998, distribuiti in costanza di partecipazione nonché sulla differenza tra il valore di riscatto o di liquidazione delle quote e il costo di sottoscrizione o acquisto. Il costo di sottoscrizione o acquisto è documentato dal partecipante. In mancanza della documentazione il costo è documentato con una dichiarazione sostitutiva.

Il comma 2 prevede che la ritenuta di cui al comma 1 è applicata a titolo d'acconto nei confronti di: a) imprenditori individuali, se le partecipazioni sono relative all'impresa commerciale; b) società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate; società ed enti indicati nelle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 87 del TUIR, e stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società e degli enti di cui alla lettera d) del predetto articolo. Nei confronti di tutti gli altri soggetti, compresi quelli esenti o esclusi da imposta sul reddito delle società, la ritenuta è applicata a titolo d'imposta. La ritenuta non è operata sui proventi percepiti dalle forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e dagli organismi d'investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia e disciplinati dal TUF.

Ai sensi del comma 3 non sono assoggettati ad imposizione i proventi di cui al comma 1 percepiti dai soggetti non residenti come indicati nell'articolo 6 del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239.

 

Il presente comma 341-bis introduce nell’articolo 7 del D.L. n. 351 del 2001, dopo il comma 2, i nuovi commi 2-bis e 2-ter, volti a disciplinare il regime tributario nel caso in cui le quote dei fondi immobiliari siano immesse, ai fini della gestione, in un sistema di deposito accentrato di strumenti finanziari.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 80, comma 1, del TUF, l’attività di gestione accentrata di strumenti finanziari ha carattere di impresa ed è esercitata nella forma di società per azioni, anche senza fine di lucro.

Ai sensi del comma 2, le società di gestione accentrata hanno per oggetto esclusivo la prestazione del servizio di gestione accentrata di strumenti finanziari, ivi compresi quelli dematerializzati in attuazione di quanto disposto dall'articolo 10 della legge 17 dicembre 1997, n. 433. Esse possono svolgere attività connesse e strumentali.

Il comma 3 prevede che la CONSOB, d'intesa con la Banca d'Italia, determina con regolamento il capitale minimo della società e le attività connesse e strumentali. Ai sensi del comma 4, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, determina con regolamento i requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo nella società. Lo stesso regolamento, ai sensi del comma 5, stabilisce le cause che comportano la sospensione temporanea dalla carica e la sua durata. Ai sensi del comma 6, il Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento adottato sentite la CONSOB e la Banca d'Italia, determina i requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale, individuando la soglia partecipativa a tal fine rilevante.

Il comma 7 prevede che gli acquisti e le cessioni di partecipazioni rilevanti ai sensi del comma 6, effettuati direttamente o indirettamente, anche per il tramite di società controllate, di società fiduciarie o per interposta persona, devono essere comunicati entro ventiquattro ore dal soggetto acquirente alla CONSOB, alla Banca d'Italia e alla società di gestione unitamente alla documentazione attestante il possesso da parte degli acquirenti dei requisiti determinati ai sensi del comma 6. Ai sensi del comma 8, in assenza dei requisiti o in mancanza della comunicazione non può essere esercitato il diritto di voto inerente alle azioni eccedenti la soglia determinata ai sensi del comma 6. La CONSOB, secondo il comma 9, d'intesa con la Banca d'Italia, autorizza la società all'esercizio dell'attività di gestione accentrata di strumenti finanziari quando sussistono i requisiti previsti dai commi 3, 4, 5 e 6, e il sistema di gestione accentrata sia conforme al regolamento previsto dall'articolo 81, comma 1, del TUF.

 

Nel dettaglio, il nuovo comma 2-bis dell’articolo 7 del D.L. n. 351 del 2001 prevede che la ritenuta del 12,50 per cento deve essere operata, invece che dalla società di gestione del risparmio:

a)   dai soggetti residenti presso i quali le quote sono state depositate, direttamente o indirettamente aderenti al sistema di deposito accentrato;

b)   dai soggetti non residenti aderenti al sistema di deposito accentrato ovvero a sistemi esteri di deposito accentrato aderenti al medesimo sistema.

 

A quest’effetto, il nuovo comma 2-ter dell’articolo 7 del D.L. n. 351 del 2001 prevede che i soggetti non residenti richiamati sub lettera b) debbano nominare in Italia un rappresentante fiscale, scelto fra i seguenti soggetti:

a)      una banca;

b)      una società di intermediazione mobiliare residente nel territorio dello Stato;

c)      una stabile organizzazione in Italia di banche o di imprese di investimento non residenti;

d)      una società di gestione accentrata di strumenti finanziari autorizzata ai sensi del citato articolo 80 del TUF.

 

Il rappresentante così nominato provvede a versare la ritenuta fiscale e a fornire, nel termine di quindici giorni dalla ricezione della relativa richiesta da parte dell’amministrazione finanziaria, le notizie o i documenti utili a comprovare l’adempimento dell’obbligo di versamento della ritenuta.


Articolo 1, commi 341-ter
(Dotazioni infrastrutturali finanziate con fondi INAIL)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

341-ter. Per l'anno 2006, allo scopo di promuovere la realizzazione di investimenti e per il rafforzamento delle dotazioni infrastrutturali, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali, nonché gli enti inseriti nel conto economico conso­lidato della pubblica amministrazione, di cui all'elenco ISTAT pubblicato in attuazione del comma 5 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, possono presentare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, specifici progetti da finanziare anche a valere sulle risorse iscritte nel bilancio dell'INAIL che risultino disponibili per inve­stimenti. Nei successivi sessanta giorni, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono approvati i progetti ammissibili nel rispetto degli obiettivi stabiliti con riferimento al patto di stabilità e crescita.

 

 

 

Il comma 341-bis– aggiunto durante l’esame in sede referente - prevede che gli enti territoriali nonché tutti gli enti pubblici rientranti nel conto economico consolidato, possano presentare progetti infrastrutturali che possono essere finanziati anche a valere sulle risorse iscritte nel bilancio dell’INAIL.

 

Si osserva che la disposizione non sembra di immediata attuabilità, in quanto non disciplina le modalità di presentazione (ad esempio stadio di progettazione) e di selezione fra proposte concorrenti.

 

Si ricorda che annualmente l’INAIL, in sede di redazione del bilancio di previsione, determina i fondi eventualmente disponibili per investimenti, con particolare riferimento al settore immobiliare. Tali risorse sono poi ripartite secondo vincoli stabiliti da varie disposizioni legislative.

 

L’articolo 11 del D.Lgs. 104 del 1996 prevede che gli investimenti nel settore immobiliare degli enti previdenziali pubblici, fatti salvi i piani di investimento già stabiliti e gli acquisti di immobili adibiti a uso strumentale, siano realizzati esclusivamente in via indiretta, in particolare tramite la sottoscrizione di quote di fondi immobiliari e partecipazioni minoritarie in società immobiliari, nel rispetto delle disposizioni previste da specifiche norme in materia di impiego di parte dei fondi disponibili per finalità di pubblico interesse. Gli investimenti devono essere diversificati, in modo da minimizzare il rischio. In nessun caso la partecipazione può riguardare il capitale delle società indipendenti di gestione dei beni immobili e delle società di intermediazione immobiliare. L'individuazione dei fondi di investimento immobiliare e delle società immobiliari è motivata con le specifiche caratteristiche di solidità finanziaria, specializzazione e professionalità dei contraenti prescelti.

Il comma 4 del medesimo articolo 11, come modificato dall’articolo 38, comma 4, della Legge 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), prevede poi che gli enti previdenziali possano destinare una parte dei fondi disponibili, fino ad un tetto massimo del 15%, secondo le modalità definite dallo stesso Decreto, all’acquisto di immobili da destinare a finalità di interesse pubblico, con particolare riguardo per i settori della sanità, dell’istruzione e della ricerca. Nell'ambito della percentuale sopra indicata, l'INAIL deve destinare specificamente il 5% dei fondi ad asili per l'infanzia e ad altre strutture a tutela della famiglia.

Resta in ogni caso fermo il disposto dell'articolo 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per effetto del quale l’INAIL può impiegare, in via prioritaria, una quota fino al 15% dei fondi disponibili, su delibera del consiglio di amministrazione, per la realizzazione o per l’acquisto di immobili, anche tramite accensione di mutui, da destinare a strutture da locare al Servizio sanitario nazionale ovvero a centri per la riabilitazione riguardanti, in via prioritaria, gli infortunati sul lavoro e da gestire, previa intesa con le regioni, nei limiti degli standard vigenti di posti letto per abitanti.

 

In particolare si consideri che l’articolo 1, comma 449, della legge n. 311/2004 prevede l’approvazione, da parte del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, dei piani di investimento immobiliare deliberati dall’INAIL e l’emanazione di un apposito decreto annuale del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, previo parere dei Ministri della salute e dell’istruzione, volto ad individuare le finalità dei medesimi investimenti.

 

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto ministeriale 24-3-2005, che prevede che I piani di investimento dell'INAIL sono diretti all'acquisto e alla costruzione di strutture pubbliche o private destinate alle seguenti finalità:

a)       cura delle persone non autosufficienti in condizioni di cronicità, al fine di promuovere servizi personalizzati che integrino sanità e assistenza;

b)       attività di ricerca o erogazione di prestazioni di alta specializzazione;

c)       interventi di edilizia universitaria, in particolare per le residenze di studenti, per le piattaforme tecnologiche e per gli enti di ricerca;

d)       realizzazione di asili nido e di edifici scolastici, con particolare riguardo alle scuole materne, inseriti nei piani di programmazione regionale, ai fini di una migliore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare;

e)       riabilitazione fisico-motoria delle persone anziane;

f)         promozione del recupero professionale e inserimento lavorativo delle persone, con particolare riguardo a quello dei giovani;

g)       presidio dell'ordine pubblico, limitatamente a iniziative di assoluto rilievo nazionale e collocate in aree connotate da difficoltà socio-occupazionali e presenza di criminalità organizzata;

h)       realizzazione di infrastrutture con modalità di project financing.

 

La previsione di cui al comma 341-ter andrebbe coordinata con il citato articolo 1, comma 449, della legge n. 311/2004. Non è chiaro, infatti, secondo quali criteri e in che misura le risorse disponibili dell’INAIL possano essere utilizzate per la realizzazione degli investimenti infrastrutturali di cui al comma 341-bis.

 


Articolo 1, commi 342-351
(Disciplina del giuoco legale con apparecchi da intrattenimento)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

342. Il comma 6 dell'articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

342. Identico.

 

 

«6. Si considerano apparecchi idonei per il gioco lecito:

 

 

a) quelli che, obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali gli elementi di abilità o intrattenimento sono presenti insieme all'elemento aleatorio, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina in monete metalliche. Le vincite, computate dall'apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali;

 

 

b) quelli, facenti parte della rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa. Per tali apparecchi, con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell'interno, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato:

 

 

1) il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;

 

 

2) la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

 

 

3) l'importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;

 

 

4) le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

 

 

5) le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi;

 

 

6) le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera».

 

 

343. Agli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, si applica un prelievo erariale unico, fissato con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. L'aliquota del prelievo non può essere inferiore all'8 per cento né superiore al 12 per cento delle somme giocate.

343. Identico.

 

344. All'articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il comma 13-bis è sostituito dal seguente:

344. Identico.

 

«13-bis. Con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definiti i termini e le modalità di assolvimento del prelievo erariale unico relativo agli apparecchi da intrattenimento previsti dall'articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni».

 

 

345. All'articolo 38, commi 3 e 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, le parole: «commi 6 e 7» sono sostituite dalle seguenti: «commi 6, lettera a), e 7».

345. Identico.

 

346. All'articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, il comma 6 è sostituito dal seguente:

346. Identico.

 

«6. Ai fini del rilascio dei nulla osta di cui ai precedenti commi, è necessario il possesso delle licenze previste dall'articolo 86, terzo comma, lettera a) o b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni».

 

 

347. Entro il 1o luglio 2006 e secondo modalità definite con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato:

347. Identico.

 

a) gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, sono installati esclusivamente in esercizi pubblici, commerciali o punti di raccolta di altri giochi autorizzati dotati di apparati per la connessione alla rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, che garantiscano la sicurezza e l'immodificabilità della registrazione e della trasmissione dei dati di funzionamento e di gioco. I requisiti dei suddetti apparati sono definiti entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge;

 

 

b) il canone di concessione previsto dalla convenzione di concessione per la conduzione operativa della rete telematica di cui all'articolo 14-bis del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972, è fissato nella misura dello 0,8 per cento delle somme giocate;

 

 

c) l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato riconosce ai concessionari della rete telematica un compenso, fino ad un importo massimo dello 0,5 per cento delle somme giocate, definito in relazione:

 

 

1) agli investimenti effettuati in ragione di quanto previsto dalla lettera a);

 

 

2) ai livelli di servizio conseguiti nella raccolta dei dati di funzionamento degli apparecchi di gioco.

 

 

348. A partire dal 1o luglio 2006, il prelievo erariale unico sulle somme giocate con apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è fissato nella misura del 12 per cento delle somme giocate.

348. Identico.

 

349. In relazione agli interventi previsti dal comma 347, necessari ad adeguare la rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972, e successive modificazioni, il termine della concessione per la conduzione operativa della rete telematica è prorogato al 31 ottobre 2010.

349. Identico.

 

350. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1, comma 497, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce, entro il 31 gennaio 2006, i requisiti che devono possedere i terzi eventualmente incaricati della raccolta delle giocate dai concessionari della rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972, e successive modificazioni. Entro il 31 marzo 2006, i concessionari presentano all'Amministrazione l'elenco dei soggetti incaricati.

350. Identico.

 

351. Il terzo comma dell'articolo 86 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

351. Identico.

 

«Relativamente agli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici di cui all'articolo 110, commi 6 e 7, la licenza è altresì necessaria:

 

 

a) per l'attività di produzione o di importazione;

 

 

b) per l'attività di distribuzione e di gestione, anche indiretta;

 

 

c) per l'installazione in esercizi commerciali o pubblici diversi da quelli già in possesso di altre licenze di cui al primo o secondo comma o di cui all'articolo 88 ovvero per l'installazione in altre aree aperte al pubblico od in circoli privati».

 

 

 

 

I commi 342-351 dell’articolo 1 modificano alcuni aspetti della vigente disciplina relativa agli apparecchi da giuoco lecito con vincite in denaro.

Le modifiche proposte, secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa del Governo all’originario disegno di legge (A.S. 3613), nascono anche dall’analisi e dalla valutazione delle esperienze maturate nei primi mesi di operatività di questo comparto del giuoco e sono finalizzate prioritariamente all’incremento dell’offerta di giuoco legale (aumento del numero di apparecchi con vincite in denaro conformi a modelli certificati) e ad evitare l’erosione della base imponibile, attraverso il perpetuarsi di comportamenti illeciti.

 

Il comma 342 novella l’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773[167], il quale individua le caratteristiche degli apparecchi da giuoco lecito con vincite in denaro.

I suddetti apparecchi, ai sensi del vigente articolo 110, comma 6, devono avere le seguenti caratteristiche:

-       preponderanza degli elementi di abilità e di intrattenimento, rispetto all’elemento aleatorio;

-       attivazione del giuoco con moneta metallica di valore non superiore a 50 centesimi;

-       durata della partita compresa tra 7 e 13 secondi;

-       distribuzione di vincite in denaro di importo non superiore a 50 euro; erogazione della vincita subito dopo la conclusione della partita, esclusivamente mediante monete metalliche;

-       vincite non inferiori al 75 per cento delle somme giocate, su un ciclo complessivo di 14.000 partite;

-       divieto di riprodurre il giuoco del poker o comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali.

Ai sensi dell’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972[168], gli apparecchi sono gestiti telematicamente, mediante attrezzature videoterminali, da uno o più soggetti concessionari della rete o delle reti dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Con il D.M. 12 marzo 2004, n. 86, sono state dettate disposizioni per la gestione telematica di tali apparecchi.

Il comma in esame sostituisce interamente il citato comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, individuando due tipologie di apparecchi idonei al giuoco lecito, con vincite in denaro.

La lettera a) del nuovo comma 6 si riferisce agli stessi apparecchi contemplati nell’attuale versione dello stesso comma 6[169], modificandone i parametri di funzionamento, allo scopo – dichiarato nella citata relazione illustrativa – di avvicinare l’offerta di giuoco lecito alle caratteristiche della domanda.

Gli apparecchi in questione, ai sensi della nuova disciplina:

-        sono obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui al ricordato articolo 14-bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972;

-        si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico[170];

-        presentano elementi di abilità o intrattenimento, insieme all'elemento aleatorio;

-        hanno un costo per partita non superiore a 1 euro;

-        offrono partite con durata minima non inferiore a 4 secondi;

-        distribuiscono vincite in denaro, di valore unitario non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina in monete metalliche[171];

-        distribuiscono vincite non inferiori al 75 per cento delle somme giocate, su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite;

-        non possono riprodurre il giuoco del poker o comunque le sue regole fondamentali.

Come si può osservare, la nuova disciplina consente la permanenza sul mercato degli apparecchi rispondenti alle prescrizioni della versione attualmente vigente del citato articolo 110, comma 6, del TULPS.

 

La lettera b) del nuovo comma 6 introduce un nuovo tipo di apparecchi (VLT: Video Lottery Terminal) facenti parte della rete telematica di cui al citato articolo 14-bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972 e attivabili esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa.

Le caratteristiche di questa tipologia di apparecchi non sono ulteriormente determinate, rinviandosi a tal fine ad un regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno[172], che dovrà tenere conto delle specifiche condizioni di mercato, la definizione:

1)      del costo e delle modalità di pagamento di ciascuna partita;

2)      della percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

3)      dell'importo massimo e delle modalità di riscossione delle vincite;

4)      delle specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

5)      delle modalità di informazione e responsabilizzazione del giocatore, da adottare sugli apparecchi (secondo la relazione governativa, ciò ha il fine di prevenire l’insorgenza di ludopatie);

6)      delle tipologie e delle caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giuochi, nei quali possono essere installati gli apparecchi.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge chiarisce che la scelta di definire i parametri di funzionamento dei nuovi apparecchi mediante regolamento è da ricondurre alla complessità e flessibilità della tecnologia di funzionamento degli apparecchi stessi; caratteristiche che rischiano di rendere rapidamente obsoleta qualsiasi definizione di parametri operata da norme di rango legislativo.

 

Il comma 343 rinvia ad un regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze[173] la fissazione del prelievo erariale unico (PREU) applicabile agli apparecchi di cui alla sopra illustrata lettera b) del novellato comma 6 dell’articolo 110 del TULPS. In ogni caso l’aliquota del prelievo dovrà essere compresa tra l’8 e il 12 per cento delle somme giocate.

Si ricorda che, per gli apparecchi di cui al vigente articolo 110, comma 6, del TULPS, il prelievo erariale unico si applica nella misura del 13,50 per cento delle somme giocate, ai sensi dell’articolo 39, comma 13, dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Il decreto direttoriale 14 luglio 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 26 luglio 2004, n. 173) ha individuato le modalità di determinazione della base imponibile del PREU, costituita dalle somme giocate, in maniera differenziata a seconda che l’apparecchio sia collegato o meno alla rete telematica. La misura del 13,50 per cento continuerà ad applicarsi, agli apparecchi di cui alla lettera a) del nuovo comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, sino al 30 giugno 2006. A partire dal 1° luglio 2006, sempre per questi apparecchi, l’aliquota sarà applicata nella misura del 12 per cento, ai sensi del successivo comma 348 dell’articolo 1 in esame.

Secondo quanto riportato dalla citata Relazione illustrativa, “le analisi di mercato effettuate all'estero dimostrano che, in misura sensibilmente maggiore rispetto agli apparecchi AWP attualmente in esercizio, la domanda è fortemente influenzata dalle somme restituite (pay out) al giocatore. Tale caratteristica del prodotto VLT impone una gestione oculata della leva fiscale (la cui entità influenza direttamente il pay out) subordinata ad attente analisi del mercato italiano e del profilo del giocatore che utilizza questa particolare tipologia di apparecchi. Anche il contenuto dell'offerta di gioco mediante VLT, inoltre, può variare sensibilmente al mutare della componente erariale”. Per questo motivo si è previsto di rimettere alla normativa secondaria l'individuazione puntuale dell'aliquota.

 

Il comma 344 sostituisce il comma 13-bis dell’articolo 39 del citato D.L. n. 269 del 2003.

Il vigente comma 13-bis dell’articolo 39 stabilisce che, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definiti i termini e le modalità di assolvimento del prelievo erariale unico e dell'acconto di cui al precedente comma 13[174]. Tale ultimo comma, oltre a fissare nella sopra citata misura del 13,50 per cento il prelievo erariale unico relativo agli apparecchi di cui al comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, detta disposizioni relative a quanto dovuto per l’anno 2004.

Il nuovo comma 13-bis stabilisce invece, in senso più generale, che i termini e le modalità di assolvimento del prelievo erariale unico relativo agli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS sono definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

 

Il comma 345 novella i commi 3 e 4 dell’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001)[175], in modo da escludere dalle previsioni degli stessi gli apparecchi di cui alla lettera b) del nuovo comma 6 del citato articolo 110 del TULPS (per la disciplina dei quali il precedente comma 342 dell’articolo in esame prevede l’emanazione di un apposito regolamento).

Si ricorda che il citato comma 3 dell’articolo 38 stabilisce che gli importatori e i produttori degli apparecchi e congegni di cui ai commi 6 e 7[176] (in base alla novella: di cui ai commi 6, lettera a), e 7) dell’articolo 110 del TULPS, prima dell’importazione o dell’avvio della produzione di tali apparecchi e congegni, devono presentarne un esemplare al Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, che procederà, direttamente o tramite soggetti convenzionati, alla verifica tecnica, secondo quanto disposto dallo stesso comma 3.

Il successivo comma 4 detta disposizioni relative al nulla osta rilasciato dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato agli importatori e produttori degli apparecchi e congegni che hanno superato la verifica tecnica.

La citata relazione illustrativa al disegno di legge in esame sottolinea a tal proposito l'appartenenza degli apparecchi di cui alla lettera b) del nuovo comma 6 alla rete di gestione del giuoco affidata ai concessionari e la necessità di valutare le caratteristiche e il funzionamento di tali apparecchi in maniera strettamente correlata al funzionamento del sistema di giuoco complessivo.

 

Il comma 346, sostituendo il comma 6 del citato articolo 38 della legge n. 388 del 2000, interviene sulla disciplina autorizzatoria degli apparecchi di cui alla lettera a) del nuovo comma 6 e al comma 7 del citato articolo 110 del TULPS, richiedendo, ai fini del rilascio del nulla osta, che i soggetti importatori e produttori dei suddetti apparecchi siano in possesso delle licenze previste dalle lettere a) o b) del terzo comma dell’articolo 86 del TULPS. Il comma in esame fa riferimento al testo dell’articolo 86 del TULPS risultante dalle modifiche introdotte dal successivo comma 351 del presente articolo 1.

 

Il vigente comma 6 dell’articolo 38 della legge n. 388 del 2000 (sostituito dalla disposizione qui illustrata) prevede che il nulla osta di cui allo stesso articolo (per il quale si veda il commento al precedente comma 345) valga anche ai fini del nulla osta di cui al terzo comma (versione vigente) dell’articolo 86 del TULPS.

Il terzo comma (versione vigente) dell’articolo 86 del TULPS richiede la licenza del questore per l'attività di distribuzione di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici di cui al quinto comma[177] dell'articolo 110 del TULPS, e di gestione, anche indiretta, dei medesimi apparecchi per i giuochi consentiti. Si prevede inoltre che la licenza per l'esercizio di sale pubbliche da giuoco in cui sono installati i suddetti apparecchi e la licenza per lo svolgimento delle attività di distribuzione o di gestione, anche indiretta, di tali apparecchi, sono rilasciate previo nulla osta dell'Amministrazione finanziaria, necessario comunque anche per l'installazione degli stessi nei circoli privati.

 

Il comma 347 disciplina le condizioni di concessione della rete telematica e il collegamento obbligatorio ad essa degli apparecchi di giuoco indicati alla lettera a) del nuovo comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, disponendo che, entro il 1° luglio 2006, siano emanati appositi provvedimenti del Ministero dell'economia e finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per disciplinare alcuni aspetti, espressamente indicati, della materia.

In particolare la lettera a) del comma 347 prevede che gli apparecchi sopra indicati siano installati esclusivamente in luoghi[178] dotati di apparati per la connessione alla rete telematica, di cui all’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972, i quali possano garantire la sicurezza e l'immodificabilità della registrazione e della trasmissione dei dati di funzionamento e di giuoco. La stessa lettera a) dispone altresì che i requisiti dei suddetti apparati siano definiti entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge (si ritiene con i provvedimenti sopra indicati).

La più volte citata relazione illustrativa osserva che le specifiche tecniche degli apparati per la connessione alla rete telematica presuppongono continui aggiornamenti per far fronte alle attività illecite di manomissione. L'esperienza operativa avrebbe rivelato, infatti, che i sistemi di connessione, così come previsti dalle attuali specifiche tecniche, sono un punto di vulnerabilità della rete telematica, sfruttato da alcuni operatori irregolari.

La lettera b) del comma 347 prevede un incremento del canone di concessione, per la conduzione operativa della rete telematica di cui all’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972, in favore dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato dallo 0,3[179] allo 0,8 per cento delle somme giocate.

La relazione illustrativa nota che l’incremento del canone consente di costituire una disponibilità finanziaria, gestita dall’Amministrazione dei monopoli, da destinare ai concessionari della rete telematica a fronte degli investimenti che questi sono tenuti ad eseguire ai sensi della successiva lettera c). Tale lettera prevede che l’Amministrazione dei monopoli riconosca ai concessionari un compenso, fino ad un importo massimo dello 0,5 per cento delle somme giocate, da definire in relazione agli investimenti effettuati per adeguare gli apparati di connessione ai requisiti previsti dalla lettera a) del presente comma, nonché ai livelli di servizio conseguiti nella raccolta dei dati di funzionamento degli apparecchi di giuoco.

 

Il comma 348 fissa nella misura del 12 per cento, a partire dal 1° luglio 2006, il prelievo erariale unico sulle somme giocate con gli apparecchi di cui alla lettera a) del nuovo comma 6 dell’articolo 110 del TULPS.

Attualmente tale prelievo è fissato nella misura del 13,50 per cento dal comma 13 dell’articolo 39 del D.L. n. 269 del 2003.

Secondo quanto riportato dalla Relazione illustrativa, il combinato disposto dei commi 347 e 348 “ridefinisce la distribuzione dell'importo residuo destinato alla filiera, attivando, da un lato, un meccanismo incentivante per i concessionari che assicurino gli investimenti necessari al continuo adeguamento delle tecnologie ed i più elevati livelli di servizio nell'operatività della rete telematica ed aumentando, dall'altro lato, le disponibilità per gli esercenti e per i gestori di apparecchi. La formulazione del comma (348) consente, peraltro, agli operatori del settore di destinare al giocatore, se ritenuto opportuno, un rendimento anche superiore al 75 per cento delle somme giocate”.

 

Il comma 349, in relazione agli investimenti, necessari ad adeguare la rete telematica, di cui al precedente comma 347, proroga di un anno (dal 31 ottobre 2009 al 31 ottobre 2010) il termine della concessione per la conduzione operativa della stessa rete telematica.

 

La scadenza del 31 ottobre 2009 per la concessione è stata stabilita dal primo comma dell'articolo 13 dello schema di convenzione di concessione per l'affidamento dell'attivazione e della conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da intrattenimento predisposto dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

Il secondo comma dello stesso articolo attribuisce alla stessa Amministrazione la facoltà di prorogare, per evitare interruzioni nel servizio e nella riscossione delle entrate erariali, la durata della concessione fino ad un ulteriore anno agli stessi patti e condizioni previsti dalla convenzione di concessione medesima; l’Amministrazione è tenuta a comunicare al concessionario tale intenzione entro il 30 aprile 2009.

 

Il comma 350 detta disposizioni per l’applicazione dell’articolo 1, comma 497, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), il quale prevede che la raccolta delle giocate mediante gli apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS, è esente da IVA, ai sensi dell’articolo 10, primo comma, numero 6), del D.P.R. n. 633 del 1972[180], anche relativamente ai rapporti tra i concessionari della rete per la gestione telematica e i terzi incaricati della raccolta stessa.

Il comma in esame dispone che, entro il 31 gennaio 2006, ai fini sopra indicati, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti che devono possedere i terzi eventualmente incaricati della raccolta delle giocate dai concessionari della rete telematica di cui all’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972. Entro il 31 marzo 2006, tenendo conto di tale definizione, i concessionari devono presentare alla suddetta Amministrazione l’elenco dei soggetti incaricati.

 

Il comma 351 novella infine il terzo comma[181] dell’articolo 86 del TULPS, individuando come segue i tipi di licenza necessari in relazione agli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110, commi 6 e 7, del TULPS:

a)      licenza per l’attività di produzione o di importazione dei suddetti apparecchi;

b)      licenza per l’attività di distribuzione e di gestione, anche indiretta;

c)      licenza per l'installazione in esercizi commerciali o pubblici diversi da quelli già in possesso di altre licenze di cui al primo o secondo comma dello stesso articolo 86[182] o di cui all'articolo 88[183] del TULPS ovvero per l'installazione in altre aree aperte al pubblico od in circoli privati.

Rispetto all’attuale versione dell’articolo 86 del TULPS, la possibilità di ottenere licenza per l’installazione di apparecchi da intrattenimento viene estesa agli esercizi commerciali diversi da quelli di cui ai citati commi primo e secondo dell’articolo 86 del TULPS e da quelli di cui all’articolo 88 dello stesso testo unico.

Tale estensione, secondo la relazione illustrativa al disegno di legge, ha l’obiettivo di ampliare le tipologie di esercizi commerciali nei quali è possibile installare apparecchi legali, riducendo, così, la possibilità di installazioni irregolari.

Il presente comma si ricollega inoltre a quanto stabilito dal precedente comma 346, al quale si rinvia.

 

Si osserva che la materia trattata nei commi qui illustrati potrebbe essere più opportunamente ripartita, in particolare, collocando in sequenza i commi 348, 343 e 344, che disciplinano il prelievo erariale unico per i diversi tipi di apparecchi da giuoco, e coordinandone le disposizioni con la disciplina vigente, contenuta nell’articolo 39, comma 13, del decreto-legge n. 269 del 2003, eventualmente anche attraverso la sua espressa novellazione.


Articolo 1, commi 352-367
(Contrasto del giuoco illegale e disposizioni varie in materia di giuochi e scommesse)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

352. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, fermi i poteri dell'autorità e della polizia giudiziaria ove il fatto costituisca reato, comunica ai fornitori di connettività alla rete Internet ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che in relazione ad esse forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, i casi di offerta, attraverso le predette reti, di giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro in difetto di concessione, autorizzazione, licenza od altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o dei limiti o delle prescrizioni definiti dall'Amministrazione stessa.

352. Identico.

 

353. I destinatari delle comunicazioni hanno l'obbligo di inibire l'utilizzazione delle reti, delle quali sono gestori o in relazione alle quali forniscono servizi, per lo svolgimento dei giochi, delle scommesse o dei concorsi pronostici, di cui al comma 352, adottando a tal fine misure tecniche idonee in conformità a quanto stabilito con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

353. Identico.

 

354. In caso di violazione dell'obbligo di cui al comma 353, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ciascuna violazione accertata. L'autorità competente è l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

354. Identico.

 

355. La Polizia postale e delle telecomunicazioni ed il Corpo della guardia di finanza, avvalendosi dei poteri ad esso riconosciuti dal decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, cooperano con il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 353 e 354, secondo i criteri e le modalità individuati dall'Amministrazione stessa d'intesa con il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza.

355. Identico.

 

356. All'articolo 4, comma 4-ter, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, dopo le parole: «apposita autorizzazione», sono inserite le seguenti: «del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato».

356. Identico.

 

357. Il comma 1 dell'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

357. Identico.

 

«1. In tutte le sale da biliardo o da gioco e negli altri esercizi, compresi i circoli privati, autorizzati alla pratica del gioco o all'installazione di apparecchi da gioco, è esposta in luogo visibile una tabella, predisposta ed approvata dal questore e vidimata dalle autorità competenti al rilascio della licenza, nella quale sono indicati, oltre ai giochi d'azzardo, anche quelli che lo stesso questore ritenga di vietare nel pubblico interesse, nonché le prescrizioni ed i divieti specifici che ritenga di disporre. Nelle sale da biliardo deve essere, altresì, esposto in modo visibile il costo della singola partita ovvero quello orario».

 

 

358. Il comma 3 dell'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

358. Identico:

 

«3. L'installazione degli apparecchi di cui ai commi 6 e 7 è consentita esclusivamente negli esercizi commerciali o pubblici o nelle aree aperte al pubblico ovvero nei circoli privati ed associazioni autorizzati ai sensi degli articoli 86 o 88, nel rispetto delle prescrizioni tecniche ed amministrative vigenti».

«3. L'installazione degli apparecchi di cui ai commi 6 e 7 è consentita esclusiva­mente negli esercizi commerciali o pubblici o nelle aree aperte al pubblico ovvero nei circoli privati ed associazioni autorizzati ai sensi degli articoli 86 o 88, ovvero, limitatamente agli apparecchi di cui al comma 7, alle attività di spettacolo viaggiante autorizzate ai sensi del­l'articolo 69, nel rispetto delle prescrizioni tecniche ed amministrative vigenti».

 

359. All'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, dopo il comma 8 è inserito il seguente:

359. Identico.

 

«8-bis. Con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro e con la chiusura dell'esercizio per un periodo non superiore a quindici giorni è punito chiunque, gestendo apparecchi di cui al comma 6, ne consente l'uso in violazione del divieto posto dal comma 8».

 

 

360. Il comma 9 dell'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

360. Identico.

 

«9. Ferme restando le sanzioni previste per il gioco d'azzardo dal codice penale:

 

 

a) chiunque produce od importa, per destinarli all'uso sul territorio nazionale, apparecchi e congegni di cui ai commi 6 e 7 non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio;

 

 

b) chiunque produce od importa, per destinarli all'uso sul territorio nazionale, apparecchi e congegni di cui ai commi 6 e 7 sprovvisti dei titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

 

 

c) chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce od installa o comunque consente l'uso in luoghi pubblici od aperti al pubblico od in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi o congegni non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio. La stessa sanzione si applica nei confronti di chiunque, consentendo l'uso in luoghi pubblici od aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni conformi alle caratteristiche e prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, corrisponde a fronte delle vincite premi, in danaro o di altra specie, diversi da quelli ammessi;

 

 

d) chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce od installa o comunque consente l'uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni per i quali non siano stati rilasciati i titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

 

 

e) nei casi di accertamento di una delle violazioni di cui alle lettere a), b), c) e d) è preclusa all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la possibilità di rilasciare all'autore della violazione titoli autorizzatori concernenti la distribuzione o l'installazione di apparecchi da intrattenimento, per un periodo di cinque anni;

 

 

f) nei casi in cui i titoli autorizzatori per gli apparecchi o i congegni non siano apposti su ogni apparecchio, si applica la sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio».

 

 

361. All'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, dopo il comma 9 sono inseriti i seguenti:

361. Identico.

 

«9-bis. Per gli apparecchi per i quali non siano stati rilasciati i titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti ovvero che non siano rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è disposta la confisca ai sensi dell'articolo 20, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689. Nel provvedimento di confisca è disposta la distruzione degli apparecchi e dei congegni, con le modalità stabilite dal provvedimento stesso.

 

 

9-ter. Per la violazione del divieto di cui al comma 8 il rapporto è presentato al prefetto territorialmente competente in relazione al luogo in cui è stata commessa la violazione. Per le violazioni previste dal comma 9 il rapporto è presentato al direttore dell'ufficio regionale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato competente per territorio.

 

 

9-quater. Ai fini della ripartizione delle somme riscosse per le pene pecuniarie di cui al comma 9 si applicano i criteri stabiliti dalla legge 7 febbraio 1951, n. 168».

 

 

362. Il comma 10 dell'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

362. Identico.

 

«10. Se l'autore degli illeciti di cui al comma 9 è titolare di licenza ai sensi dell'articolo 86, ovvero di autorizzazione ai sensi dell'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287, le licenze o autorizzazioni sono sospese per un periodo da uno a trenta giorni e, in caso di reiterazione delle violazioni ai sensi dell'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono revocate dal sindaco competente, con ordinanza motivata e con le modalità previste dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni. I medesimi provvedimenti sono disposti dal questore nei confronti dei titolari della licenza di cui all'articolo 88».

 

 

363. Il comma 11 dell'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

363. Identico.

 

«11. Oltre a quanto previsto dall'articolo 100, il questore, quando sono riscontrate violazioni di rilevante gravità in relazione al numero degli apparecchi installati ed alla reiterazione delle violazioni, sospende la licenza dell'autore degli illeciti per un periodo non superiore a quindici giorni, informandone l'autorità competente al rilascio. Il periodo di sospensione, disposto a norma del presente comma, è computato nell'esecuzione della sanzione accessoria».

 

 

364. Per le violazioni di cui all'articolo 110, comma 9, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, commesse in data antecedente alla data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni vigenti al tempo delle violazioni stesse.

364. Identico.

 

365. Dopo l'articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, sono inseriti i seguenti:

365. Identico.

 

«Art. 14-ter. - (Controllo dei versamenti di imposte relative ad apparecchi e congegni per il gioco lecito). - 1. Avvalendosi di procedure automatizzate, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato esegue, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di scadenza del termine per il pagamento dell'imposta, il controllo dei versamenti effettuati dai contribuenti per gli apparecchi e congegni previsti all'articolo 110, comma 7, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, nonché per gli apparecchi meccanici od elettromeccanici.

 

 

2. Nel caso in cui risultino omessi, carenti o intempestivi i versamenti dovuti, l'esito del controllo automatizzato è comunicato al contribuente per evitare la reiterazione di errori. Il contribuente può fornire i chiarimenti necessari all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.

 

 

3. Con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definite le modalità di effettuazione dei controlli automatici di cui al comma 1.

 

 

Art. 14-quater. - (Iscrizione a ruolo delle somme dovute a seguito dei controlli automatici). - 1. Le somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi dell'articolo 14-ter, comma 1, risultano dovute a titolo d'imposta sugli intrattenimenti, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato od omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli, resi esecutivi a titolo definitivo nel termine di decadenza fissato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza del termine per il pagamento delle imposte. Per la determinazione del contenuto del ruolo, delle procedure, delle modalità della sua formazione e dei tempi di consegna, si applica il regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 3 settembre 1999, n. 321.

 

 

2. Le cartelle di pagamento recanti i ruoli di cui al comma 1 devono essere notificate, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di scadenza del termine per il pagamento dell'imposta.

 

 

3. L'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente provvede a pagare, con le modalità indicate nell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le somme dovute, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dall'articolo 14-ter, comma 2, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione, in sede di autotutela, delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente. In questi casi, l'ammontare delle sanzioni amministrative previste è ridotto ad un terzo e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione.

 

 

Art. 14-quinquies. - (Disposizioni in materia di recupero dell'IVA sugli intrattenimenti). - 1. Le disposizioni di cui agli articoli 14-ter e 14-quater possono essere applicate anche dagli uffici dell'Agenzia delle entrate per il recupero dell'IVA connessa con l'imposta sugli intrattenimenti. A tal fine, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato comunica all'Agenzia delle entrate le violazioni constatate in sede di controllo dell'imposta sugli intrattenimenti. Per quanto non previsto dagli articoli 14-ter e 14-quater si applicano le disposizioni in materia di IVA».

 

 

366. All'articolo 8, comma 14, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2003, n. 200, sono apportate le seguenti modificazioni:

366. Identico.

 

a) nel primo periodo le parole: «31 dicembre 2005» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2007»;

 

 

b) dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «La disposizione di cui al primo periodo non si applica nei trecentosessantacinque giorni antecedenti la scadenza della convenzione di concessione»;

 

 

c) al quarto periodo le parole: «di cui al secondo e terzo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al terzo e quarto periodo».

 

 

367. Ciascun affidatario delle concessioni previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, o dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174, non può esercitare la propria attività mediante l'apertura di sportelli distaccati presso sedi diverse dai locali nei quali si effettua già la raccolta delle scommesse.

367. Identico.

 

 

 

I commi da 352 a 356 dell’articolo 1 contengono misure per il contrasto del giuoco illegale.

 

Secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa del Governo (A.S. 3613), lo scopo di tali disposizioni sarebbe quello di

-        contrastare fenomeni di illegalità connessi all’offerta di giuoco mediante la rete informatica;

-        disincentivare la convenienza dell'accesso a distanza al giuoco illecito proposto su diversi mezzi di comunicazione, creando inoltre le condizioni economiche per la costruzione e il consolidamento di una rete di raccolta a distanza, legale, in grado di proporre un’offerta italiana competitiva.

 

Il comma 352, in particolare, stabilisce che il Ministero dell'economia e finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) segnali ai fornitori di connettività alla rete internet, ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che mediante esse forniscono servizi telematici, i casi di offerta, attraverso dette reti, di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro che siano illegali, mancando delle concessioni, autorizzazioni, licenze o altri titoli previsti dalla legge.

Qualora il fatto costituisca reato, permangono naturalmente i poteri dell'autorità giudiziaria.

 

Con riferimento ai destinatari della disposizione del provvedimento in esame (fornitori di connettività), si segnala che in ambito normativo i soggetti e le attività riguardanti il settore delle comunicazioni telematiche non sono indicati in modo univoco dal punto di vista terminologico.

 

Alcune indicazioni sono rinvenibili nei documenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni: la dizione “fornitori di connettività” è utilizzata nella Relazione annuale dell’Autorità per l’anno 2003, con riguardo al mercato della telefonia fissa.

Altre definizioni si rinvengono nella delibera dell'Autorità del 15 novembre 2001, n. 435/01/CONS[184] in materia di radiodiffusione terrestre in tecnica digitale, che - pur intervenendo in un ambito diverso, che tuttavia presenta analogie col settore delle telecomunicazioni, specialmente nella prospettiva della convergenza tecnologica - all’articolo 1, ha dettato le seguenti definizioni:

-        «operatore di rete»: il soggetto titolare del diritto di installazione, esercizio e fornitura di una rete di comunicazioni elettroniche e di impianti di messa in onda, multiplazione, distribuzione e diffusione e delle risorse frequenziali che consentono la trasmissione agli utenti dei blocchi di diffusione(comma 1, lett. g));

-        «fornitore di contenuti»: il soggetto che ha la responsabilità editoriale nella predisposizione dei programmi destinati alla radiodiffusione televisiva e sonora(comma 1, lett. h));

-        «fornitore di servizi»: il soggetto che fornisce, attraverso l'operatore di rete, servizi al pubblico di accesso condizionato mediante distribuzione agli utenti di chiavi numeriche per l'abilitazione alla visione dei programmi, alla fatturazione dei servizi, ed eventualmente alla fornitura di apparati, ovvero che fornisce servizi della società dell'informazione ai sensi dell'articolo 1, punto 2, della direttiva n. 98/34/CE, come modificata dalla direttiva n. 98/48/CE, ovvero fornisce una guida elettronica ai programmi (comma 1, lett. i))

Una definizione puntuale di tali espressioni non è invece contenuta nel recente Codice delle comunicazioni elettroniche che, all’articolo 1, reca le definizioni dei soggetti e delle attività afferenti a tale materia[185].

 

Ai sensi del comma 353, i destinatari delle segnalazioni sono obbligati ad adottare misure tecniche, che verranno stabilite con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, atte a impedire l'utilizzazione delle reti di cui sono gestori, o in relazione alle quali forniscono servizi, per lo svolgimento di giuochi, scommesse o concorsi pronostici illeciti.

In caso di violazione dell'obbligo suddetto, è prevista dal comma 354 una sanzione amministrative pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ogni violazione accertata. L'autorità competente è l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.

Per l'applicazione delle disposizioni testé esaminate, il comma 355 prescrive la collaborazione tra il Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, la Polizia postale e delle telecomunicazioni e il Corpo della Guardia di finanza. Quest'ultimo si avvale dei poteri ad esso riconosciuti ai sensi del D.Lgs. n. 68 del 2001 (Adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza, a norma dell'articolo 4 della legge 31 marzo 2000, n. 78).

 

Il Corpo della Guardia di finanza è forza di polizia ad ordinamento militare con competenza generale in materia economica e finanziaria sulla base delle peculiari prerogative ad esso conferite dalla legge. Esso, ai sensi D.Lgs n. 68 del 2001 (articolo 3, primo comma), "in relazione alle proprie competenze in materia economica e finanziaria, collabora con gli organi costituzionali. La stessa collaborazione, previe intese con il Comando generale, può essere fornita agli organi istituzionali, alle Autorità indipendenti e agli enti di pubblico interesse che ne facciano richiesta". Nell'espletamento di tali attività, i militari del Corpo agiscono con le facoltà e i poteri previsti dalle leggi e regolamenti vigenti.

Inoltre, a norma dell'articolo 6 del medesimo decreto n. 68 del 2001 il Corpo della Guardia di finanza esercita funzioni di polizia giudiziaria secondo le leggi e i regolamenti vigenti e funzioni di ordine e sicurezza pubblica, a titolo di concorso, ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 121 del 1981 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza).Nell'espletamento di tale attività di concorso al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica, il Corpo dipende funzionalmente dal Ministro dell'interno.

 

Tale cooperazione avverrà secondo i criteri e le modalità individuati dall'AAMS d'intesa con il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.

 

Il Dipartimento della pubblica sicurezza, ai sensi del regolamento di organizzazione del Ministero dell’interno approvato con D.P.R. 398/2001[186], costituisce una delle quattro articolazioni centrali del Ministero. Quanto a funzioni e modalità organizzative, il Dipartimento è tuttora disciplinato dalla L. 121/1981[187], che ha riordinato l’Amministrazione della pubblica sicurezza – la struttura cioè attraverso la quale il Ministro espleta i compiti relativi alla tutela dell’ordine pubblico – e riorganizzato le strutture del Ministero per quanto concerne tali funzioni.

Il Dipartimento della pubblica sicurezza (articolo 4, D.P.R. 398/2001) si articola in 14 tra Direzioni centrali e Uffici di pari livello, anche interforze. Da esso dipendono la Direzione investigativa antimafia e i due Istituti di formazione per le Forze di polizia. A capo del Dipartimento è posto un prefetto, che assume le funzioni di Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza; sono previsti tre vice direttori generali, con funzioni specifiche.

 

Il comma 356 interviene, "sulla base dell'esperienza operativa degli ultimi anni", modificando il comma 4-ter dell'articolo 4 della legge n. 401 del 1989 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive), in modo da specificare che l'organo competente a rilasciare l'autorizzazione all'esercizio di attività di giuoco o di scommessa è il Ministero delle Finanze - Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.

 

I commi da 357 a 364 introducono ulteriori modifiche all'articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, finalizzate al recupero dell'evasione fiscale nel settore dei giochi attraverso una vasta revisione dell'apparato sanzionatorio, anche in relazione al maggior numero di apparecchi cui tale sistema sanzionatorio risulta applicabile.

 

Come rilevato nella relazione al disegno di legge (A.S. 3613), le modifiche sono volte in generale alla depenalizzazione, finalizzata ad assicurare una maggiore celerità nella definizione del procedimento amministrativo rispetto alla sede penale. La più dettagliata definizione e l'inasprimento delle sanzioni, che in alcuni casi risultano quintuplicate, permetterebbero, secondo la relazione tecnica, un maggior gettito pari a circa 75 milioni di euro. Considerando, però, un periodo iniziale di lentezza nell'applicazione delle nuove norme, tale cifra dovrebbe essere prudenzialmente abbassata a 25 milioni per il primo anno.

 

Il comma 357, sostituendo il comma 1 dell'articolo 110 del TULPS, stabilisce che in tutti gli esercizi e circoli privati autorizzati alla pratica del gioco venga esposta una tabella con l'indicazione dei giuochi d'azzardo, dei giochi comunque vietati e di tutte le prescrizioni e i divieti stabiliti dal questore nel pubblico interesse. La tabella viene predisposta e approvata dal questore e deve essere vidimata dalle autorità competenti al rilascio delle licenze necessarie per lo svolgimento delle attività.

Tale intervento si rende opportuno per chiarire il rapporto tra la norma che si intende modificare, che attualmente prescrive che la tabella venga vidimata dal questore, e l'articolo 195 del regolamento di attuazione del TULPS (R.D. 6 maggio 1940, n. 635), che prescrive che la stessa tabella venga vidimata dal sindaco o da suo delegato.

Con la nuova formulazione del comma 1 si stabilisce, poi, che nelle sale da biliardo deve essere esposto il costo della singola partita ovvero quello orario.

 

Il comma 358, modificato nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, sostituendo il comma 3 dell'articolo 110 del TULPS, estende le tipologie di macchine per il giuoco che possono venire installate negli esercizi autorizzati ai sensi degli articoli 86 e 88 dello stesso testo unico e presso le attività di spettacolo viaggiante autorizzate ai sensi dell’articolo 69 del medesimo testo unico.

 

In particolare gli esercizi autorizzati qui contemplati sono i seguenti:

-        alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcooliche, né sale pubbliche per biliardi o per altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni, ovvero locali di stallaggio e simili (art. 86, comma 1);

-        esercizi ove si effettua lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcoolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci (art. 86, comma 2);

-        gli esercizi che ottengono la licenza per le scommesse e per l'attività di distribuzione e gestione anche indiretta di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il gioco d'azzardo, vale a dire quelli che hanno insita la scommessa, o che consentono vincite puramente aleatorie di un qualsiasi premio in denaro o in natura, o vincite di valore superiore a limiti fissati, escluse le macchine vidimatrici per i giochi gestiti dallo Stato (art. 86, comma 3);

-        infine, tutti gli esercizi che ottengono la licenza per le scommesse (art. 88).

Le attività di spettacolo viaggiante sono quelle che consistono nell’offerta professionale, anche temporanea, di pubblici trattenimenti, audizioni all'aperto o pubblica esposizione di rarità, persone, animali, gabinetti ottici o altri oggetti di curiosità (art. 69).

 

Per quanto riguarda l'estensione del tipo di macchinari, nella formulazione vigente gli apparecchi sono quelli indicati dal comma 6 del medesimo articolo 110 (ora sostituito dal precedente comma 342) e dal comma 7, lettera b), abrogata dall'articolo 1, comma 495, della legge finanziaria del 2005.

L'estensione quindi si concreta nell'ampliamento delle categorie previste dal comma 6 (si veda, sopra, l’illustrazione del comma 342) e nel riferimento agli apparecchi previsti dal comma 7, lettere a) e c). Per le attività di spettacolo viaggiante è ammessa la sola installazione degli apparecchi indicati al comma 7.

 

Questi ultimi sono:

1)       apparecchi elettromeccanici privi di schermo (gru, ruspe e redemption), attraverso cui si esprime l’abilità del giocatore (lettera a), i quali:

-        sono attivabili soltanto con l’introduzione di una moneta;

-        hanno un costo per partita non superiore a 1 euro;

-        consentono, immediatamente e direttamente dopo la partita, vincite di piccoli oggetti, non convertibili in denaro, di valore complessivo non superiore a 20 volte la giocata;

2)       apparecchi basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica che non distribuiscono premi, per i quali il costo della singola partita può essere superiore a 50 centesimi (lettera c).

 

Il comma 359, in particolare, introducendo il nuovo comma 8-bis nell'articolo 110 del TULPS, fissa la sanzione amministrativa per i gestori che permettono l'uso di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da giuoco di abilità, non di azzardo, come definiti dal comma 6 dell'articolo 110 del TULPS, ai minori di 18 anni. Tale limite è imposto dal comma 8 dello stesso articolo 110.

La sanzione consiste nel pagamento di una somma da 500 a 3.000 euro e nella chiusura dell'esercizio per un massimo di 15 giorni. Si deve tenere presente che un'ammenda da 500 a 1.000 euro viene attualmente prevista dal successivo comma 9 dell’articolo 110 del TULPS, oggetto di modifica da parte del comma 360.

Il comma in esame, dunque, inasprisce la sanzione pecuniaria ma ne cambia la natura, da penale ad amministrativa.

 

Il comma 360, modificando il comma 9 dell’articolo 110 del TULPS, introduce nuove fattispecie sanzionabili e ne modifica altre già esistenti, cambiandone comunque la natura da penale ad amministrativa. Si deve comunque sottolineare che rimangono ferme le sanzioni previste dal codice penale per il giuoco d'azzardo.

Come sopra detto, la sanzione riferita all'uso di macchine da giuoco, non di azzardo, ai minori di 18 anni, presente nel vigente comma 9, viene estrapolata, modificata e inserita nel nuovo comma 8-bis dalla novella proposta.

Le altre sanzioni, sempre di tipo amministrativo pecuniario, previste dal nuovo comma 9 si riferiscono alle tipologie di apparecchi di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 110 del TULPS (cfr. supra il commento al comma 358 per una breve descrizione di tali tipologie).

In particolare:

-        la produzione e l'importazione di apparecchi non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni stabilite dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio;

-        la produzione e l'importazione di apparecchi sprovvisti dei titoli autorizzatorî previsti dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

-        la distribuzione, l'installazione e comunque la messa in uso in qualsiasi sede di apparecchi non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni stabilite dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio; tale sanzione si applica anche a chi, pur gestendo apparecchi in regola, corrisponde, a fronte delle vincite, premi, in danaro o di altra specie, diversi da quelli ammessi;

-        la distribuzione, l'installazione e comunque la messa in uso in qualsiasi sede di apparecchi sprovvisti dei titoli autorizzatorî previsti dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio.

Nei casi di accertamento di una delle violazioni sopra elencate, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato non può rilasciare all’autore della violazione titoli autorizzatorî concernenti la distribuzione o l’installazione di apparecchi da intrattenimento, per un periodo di cinque anni.

La sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio si applica quando i titoli autorizzatorî non sono apposti sugli apparecchi stessi.

 

Il comma 361 aggiunge tre commi dopo il comma 9 dell'articolo 110 del TULPS.

Il primo comma aggiunto (nuovo comma 9-bis) dispone la confisca e la distruzione degli apparecchi non rispondenti alle norme vigenti. Il procedimento è soggetto alla disciplina recata dall'articolo 20, comma 4, della legge 24 novembre 1981, n. 689 ("Modifiche al sistema penale") il quale stabilisce che la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, dev’essere comunque disposta, anche se non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento.

Il secondo (nuovo comma 9-ter) dispone che il rapporto relativo alle violazioni di cui al comma 8 dell'articolo 110 TULPS (divieto di uso di apparecchi da trattenimento o da gioco di abilità da parte dei minori di 18 anni) deve essere inviato al prefetto territorialmente competente in relazione al luogo della violazione; il rapporto relativo alle violazioni di cui al comma 9 dell'articolo 110 TULPS (novellato dal comma 360, al cui commento si rimanda) viene inviato all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato competente per territorio.

 

Tale disposizione si renderebbe opportuna, secondo la relazione, per demandare l'irrogazione della sanzione amministrativa all'organo tecnicamente più competente nel settore.

 

Il terzo (nuovo comma 9-quater) dispone che le somme riscosse per le pene pecuniarie sono ripartite secondo i criteri stabiliti dalla legge 7 febbraio 1951, n. 168, recante "Ripartizione dei proventi delle sanzioni pecuniarie dovute per violazioni alle leggi tributarie".

 

Si ricorda brevemente che la legge n. 168 del 1951 stabilisce che la ripartizione, detratto il 10 per cento per le spese inerenti alla riscossione, viene effettuata come segue:

a)       il 60 per cento all'Erario;

b)       il 20 per cento ai fondi di previdenza o assistenza delle Amministrazioni civili e dei Corpi di polizia cui appartengono gli accertatori;

c)       il 10 per cento da dividersi in eguale misura fra gli accertatori, fino all'assegnazione a ciascuno di essi di un massimo di lire 50.000 per ogni accertamento;

d)       il 10 per cento da devolversi a speciali fondi, costituiti presso le Amministrazioni civili ed i Corpi di polizia cui appartengono i funzionari, ufficiali ed agenti partecipanti all'accertamento, per la distribuzione di premi al personale delle Amministrazioni e dei Corpi medesimi che si sia distinto per particolari meriti.

Se gli accertatori sono militari della Guardia di finanza, parte delle quote sono versate al Fondo massa della Guardia di finanza stessa.

 

Il comma 362 modifica il comma 10 dell'articolo 110 TULPS.

Esso dispone la sospensione della licenza o dell'autorizzazione per gli autori degli illeciti di cui al comma 9 dello stesso articolo 110 del TULPS (per una breve descrizione di tali illeciti cfr. supra il commento al comma 360) e la revoca delle stesse in caso di reiterazione dello stesso. Nel testo vigente il periodo massimo di sospensione è di sei mesi: con la modifica qui proposta lo stesso limite viene abbassato a trenta giorni e viene mantenuta la sanzione della revoca per la reiterazione.

La modifica, inoltre, specifica che le licenze a cui si applica la norma sono quelle previste dagli articoli 86 e 88 del TULPS (cfr. supra commento al comma 358), nonché quelle previste dall'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287 ("Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi"), vale a dire le licenze per attività di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione.

Non viene modificata la previsione secondo la quale il sindaco è l’autorità competente a revocare la licenza con provvedimento motivato e con le procedure previste dall'articolo 19 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

 

A tale proposito, si ricorda che l'articolo 19 del D.P.R. n. 616 del 1977 (recante attuazione della delega prevista dall'art. 1 della legge n. 382 del 1975, "Norme sull'ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione") attribuisce ai comuni la concessione della licenza per taluni esercizi, tra cui esercizi contemplati dall'articolo 86 TULPS. Lo stesso articolo dispone che il diniego del provvedimento di concessione delle licenze è adottato previa comunicazione al prefetto. La sospensione, l'annullamento e la revoca della licenza devono essere adottati su motivata richiesta del prefetto stesso. Il diniego dei provvedimenti è efficace solo se il prefetto esprime parere conforme.

 

Il comma 363 introduce modifiche al comma 11 dell'articolo 110 del TULPS.

Il comma 11 citato attribuisce al questore la facoltà di sospendere la licenza in caso di illecito informando l'autorità competente al rilascio. La durata della sospensione è computata ai fini dell'esecuzione della sanzione accessoria. Tale sospensione, nel testo vigente, può avere una durata massima di tre mesi. Con la modifica proposta tale durata massima è abbassata a quindici giorni e la facoltà del questore di sospendere la licenza è esercitabile solo quando sono riscontrate violazioni di rilevante gravità in relazione al numero degli apparecchi installati e alla reiterazione delle violazioni.

Sono comunque fatte salve, nel testo vigente come nel testo modificato, le norme recate dall'articolo 100 del TULPS, che attribuiscono al questore la facoltà di sospendere le licenze di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini.

 

Il comma 364 precisa che in caso di violazioni delle disposizioni del comma 9 dell'articolo 110 del TULPS antecedenti alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, si applicano le disposizioni vigenti al momento delle violazioni.

 

Il comma 365 modifica il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 ("Imposta sugli spettacoli"), introducendo tre nuovi articoli dopo l'articolo 14-bis in materia di disciplina fiscale degli apparecchi e congegni da intrattenimento.

 

Giova ricordare che l'articolo 14-bis citato è stato aggiunto dall'art. 9 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60, con la decorrenza indicata nell'art. 22 dello stesso decreto, e poi sostituito dal comma 4 dell'art. 22 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, indi modificato dal D.L. 30 settembre 2003 n. 269.

In base al testo del citato articolo 14-bis, per gli apparecchi e congegni per il gioco lecito di cui al comma 7 del novellato articolo 110 del TULPS, il pagamento dell’imposta sugli intrattenimenti e dell’IVA viene determinato sulla base di un imponibile medio forfetario annuo e deve essere effettuato in unica soluzione, secondo le disposizioni in materia di versamento unitario e compensazione di cui all’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, entro il 16 marzo di ogni anno ovvero entro il giorno 16 del mese successivo a quello di prima installazione per gli apparecchi e congegni installati dopo il 1º marzo.

Con specifico riguardo agli apparecchi e congegni “automatici, semiautomatici e elettronici”, di cui al richiamato articolo 110, comma 7, del TULPS, installati prima del 1° gennaio 2003, l’articolo 14-bis, prevede l’obbligo di denuncia, entro il 15 febbraio 2003, all’Amministrazione dei monopoli la quale rilascia un apposito nulla osta per ciascun apparecchio, a condizione del contestuale pagamento delle imposte dovute.

Il pagamento entro la predetta data degli importi dovuti per il 2003 estingue le imposte per gli anni precedenti, sebbene non si faccia al luogo al rimborso delle somme già pagate a tale titolo.

In mancanza della denuncia e del pagamento delle imposte in parola, gli apparecchi sono confiscati, ovvero, se i proprietari o gestori sono concessionari dell’Amministrazione dei monopoli, la concessione è revocata.

Per quanto riguarda la misura degli imponibili forfetari, il comma 2 dell’articolo 14-bis, fino alla attivazione della rete per la gestione telematica, per gli apparecchi e congegni per il gioco lecito indicati all’articolo 110, comma 6, del TULPS, fissa, ai fini dell’imposta sugli intrattenimenti, un imponibile medio forfetario annuo di 10.000 euro per l’anno 2003.

Il comma 3 dell’articolo 14-bis determina la misura dell’imponibile medio forfetario degli apparecchi di cui al comma 7 dell’articolo 110, limitatamente al periodo 2001-2003.

A decorrere dal 2004, il successivo comma 3-bis fissa la misura dell’imponibile medio forfetario annuo per gli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110, comma 7, del T.U.L.P.S in:

a)       1.800 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera a) del comma 7 dell’articolo 110 (+300 euro rispetto agli anni precedenti);

b)       2.500 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera b) del comma 7 dell’articolo 110 (-1.600 euro);

c)       1.800 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera c) del comma 7 dell’articolo 110 (+1.000 euro).

Peraltro, il comma 5 dell'articolo 14-bis consente di stabilire, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 gennaio dell’anno cui gli stessi si riferiscono, variazioni degli imponibili medi forfetari sopra indicati e di definire forfetariamente la base imponibile per gli apparecchi meccanici, in relazione alle caratteristiche tecniche degli apparecchi medesimi. Per l’anno 2005 è stato emanato il decreto 28 gennaio 2005 (G.U. n. 55 del 8 marzo 2005).

 

Secondo il nuovo articolo 14-ter introdotto dalla norma qui illustrata, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato esegue, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di scadenza dei termini di pagamento, il controllo automatizzato dei versamenti dovuti. In caso di versamenti carenti, omessi o intempestivi, viene data comunicazione al contribuente che può fornire chiarimenti entro trenta giorni da tale comunicazione. Le modalità con cui vengono effettuati tali controlli vengono stabilite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS.

Il nuovo articolo 14-quater stabilisce che le somme che risultino dovute in seguito all'attività di controllo sono iscritte direttamente nei ruoli, resi esecutivi definitivamente entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza per il pagamento. Trova applicazione il decreto del Ministro delle finanze 3 settembre 1999, n. 321, recante il regolamento sulle norme per la determinazione del contenuto del ruolo e dei tempi, procedure e modalità della sua formazione e consegna.

 

Si ricorda brevemente che, ai sensi del citato decreto n. 321 del 1999, i ruoli sono formati direttamente dall'ente creditore e recano un numero identificativo univoco a livello nazionale. Essi sono costituiti ognuno da un prospetto conforme al modello da approvare con decreto dirigenziale, adottato dalle Amministrazioni delle finanze e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il prospetto è redatto in conformità al modello di cui all'allegato 1 del decreto 11 novembre 1999. Il ruolo deve comunque necessariamente riportare:

a)       l'ente creditore;

b)       la specie del ruolo;

c)       il codice fiscale e i dati anagrafici dei debitori;

d)       il codice di ogni componente del credito, di seguito denominata articolo di ruolo;

e)       il codice dell'ambito;

f)         l'anno o il periodo di riferimento del credito;

g)       l'importo di ogni articolo di ruolo;

h)       il totale degli importi iscritti nel ruolo;

i)         il numero delle rate in cui il ruolo deve essere riscosso, l'importo di ciascuna di esse e la cadenza delle stesse;

l)         la data di consegna al concessionario.

 

L'articolo 14-quater stabilisce inoltre che le cartelle di pagamento devono essere notificate entro il 31 dicembre del quarto anno successivo alla scadenza del termine di pagamento.

 

A tale proposito, giova ricordare come la Corte costituzionale, con sentenza n. 280 del 2005, abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 ("Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito"), nella parte in cui non prevede un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ("Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi"). La mancata individuazione di un termine comprometterebbe «il diritto del contribuente all’effettiva conoscenza dell’iscrizione a ruolo, procrastinandola a tempo indeterminato e ledendo, in tal modo, il diritto di difesa del contribuente».

 

L'iscrizione a ruolo, ai sensi del comma 3, non viene eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente provvede a pagare quanto dovuto entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui sopra o della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione delle somme dovute in seguito ai chiarimenti del contribuente. In tal caso le sanzioni amministrative sono ridotte ad un terzo.

 

Tale norma applica l’istituto del cosiddetto "avviso bonario" alle fattispecie qui considerate.

In base alle disposizioni riguardanti la liquidazione delle dichiarazioni inserite dal D.Lgs n. 241 del 1997, come modificate dal D.Lgs n. 32 del 2001, la formazione del ruolo deve essere letta unitamente alle disposizioni previste dagli articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e il nuovo articolo 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 nonché dell'articolo 2 del D.Lgs n. 462 del 1997. Gli articoli da ultimo citati prevedono, infatti, che entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, l’amministrazione finanziaria procede alla liquidazione delle dichiarazioni. Il risultato della liquidazione, sia in senso positivo che negativo, è comunicato al contribuente attraverso una comunicazione inviata direttamente dall’amministrazione finanziaria prima di formare il ruolo: il c.d. "avviso bonario".

 

Il nuovo articolo 14-quinquies stabilisce che quanto previsto nei due articoli precedenti (14-ter e 14-quater) può essere applicato anche per il recupero dell'IVA connessa all'imposta sugli intrattenimenti. A tal fine l'AAMS comunica le risultanze dei controlli operati all'Agenzia delle entrate, alla quale sono attribuiti gli adempimenti legati al recupero dell'IVA.

 

Il comma 366 proroga fino al 31 dicembre 2007 la disciplina fiscale relativa al prelievo erariale e alla cauzione per i concessionari del gioco del Bingo, prevista fino al 31 dicembre 2005 dal comma 14 dell'articolo 8 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, modificato dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 200.

 

Si ricorda che l'articolo 5 del regolamento sul gioco del Bingo, recato dal decreto del Ministero delle finanze del 31 gennaio 2000, n. 29, prevede un "prelievo erariale", in misura pari al 20% del prezzo di vendita delle cartelle, da versarsi a cura del concessionario all'affidatario del controllo centralizzato che provvede al successivo riversamento alla Tesoreria provinciale dello Stato.

L'articolo 8 del decreto-legge n. 147, come modificato dalla legge di conversione, introduce un'agevolazione per i concessionari del Bingo stabilendo che il prelievo erariale sulle cartelle dovuto da questi ultimi può essere effettuato entro novanta giorni dal ritiro delle stesse cartelle, a condizione che siano corrisposti gli interessi per i giorni di dilazione e previa maggiorazione del 3 per cento della cauzione prevista. L'omesso o il ritardato pagamento di quanto dovuto comporta la decadenza automatica del beneficio concesso agli operatori del bingo che, in futuro, dovranno provvedere al pagamento anticipato del corrispondente prelievo erariale e compenso centralizzato del gioco. Chi non avesse adempiuto a tale obbligo inoltre si vedrà incamerare la cauzione prestata a garanzia del pagamento differito del prelievo erariale e dei relativi interessi.

 

Secondo la modifica proposta, tale disposizione non è tuttavia applicabile nei 365 giorni antecedenti la scadenza della convenzione di concessione.

 

Il comma 367, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, vieta agli affidatari delle concessioni per l’accettazione di scommesse, previste dal regolamento di cui al D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169, o dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174, di esercitare l’attività mediante l'apertura di sportelli distaccati presso sedi diverse dai locali nei quali si effettua già la raccolta delle scommesse.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2 del citato D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi), il Ministero dell’economia e delle finanze attribuisce, d'intesa con il Ministero per le politiche agricole, con gara da espletare secondo la normativa comunitaria, le concessioni per l'esercizio delle scommesse sulle corse dei cavalli, a totalizzatore e a quota fissa, a persone fisiche e società con idonei e comprovati requisiti anche in ordine alla solidità finanziaria, sulla base dei seguenti criteri:

a)       trasparenza dell'assetto proprietario ed efficienza della gestione dei singoli punti di accettazione delle scommesse;

b)      potenziamento della rete di raccolta ed accettazione delle scommesse; razionale e bilanciata distribuzione sul territorio secondo parametri programmati e controllabili;

c)       omogeneità ed equilibrio della remunerazione stabilita per le varie categorie di concessionari;

d)       eventuale previsione di scaglioni retributivi decrescenti che consentano maggiori ricavi iniziali per il concessionario in funzione dei costi di avviamento;

e)       garanzia della libertà di concorrenza e di mercato mediante la previsione di parametri volti ad impedire l'abuso di posizioni dominanti, determinati tenendo anche conto del numero delle concessioni attribuite a ciascuna persona fisica o società e del volume di scommesse raccoglibili da ciascun concessionario;

f)         previsione di modalità di controllo centralizzato ed in tempo reale delle scommesse e dei relativi flussi finanziari, anche mediante l'imposizione ai concessionari di obblighi di segnalazione all'Amministrazione finanziaria di scommesse anomale per entità economica e ripetizione del medesimo pronostico. I concessionari adottano per la gestione delle scommesse strumenti informatici conformi alle specifiche tecniche stabilite con decreto del Ministro delle finanze al fine di assicurarne la compatibilità con il sistema informativo dell'anagrafe tributaria;

g)       riserva, nel primo piano di potenziamento della rete di accettazione, di una quota pari al 5 per cento delle concessioni da attribuire con gara in favore di soggetti iscritti all'albo degli allibratori, che abbiano esercitato tale attività per un periodo non inferiore a dieci anni;

h)       durata di sei anni.

L’articolo 2 del citato decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 giugno 1998, n. 174 (Regolamento recante norme per l'organizzazione e l'esercizio delle scommesse a totalizzatore ed a quota fissa su competizioni sportive organizzate dal CONI) prevede che il CONI può attribuire, con gara da espletare secondo la normativa nazionale e comunitaria, le concessioni per l'esercizio delle scommesse sportive al totalizzatore nazionale e a quota fissa a persone fisiche, società ed altri enti con idonei e comprovati requisiti anche in ordine alla solidità finanziaria, sulla base dei seguenti criteri:

a)       trasparenza dell'assetto proprietario ed efficienza della gestione dei singoli punti di accettazione delle scommesse;

b)      potenziamento della rete di raccolta ed accettazione delle scommesse; razionale e bilanciata distribuzione sul territorio secondo parametri programmati e controllabili;

c)       omogeneità ed equilibrio della remunerazione stabilita per le varie categorie di concessionari;

d)       eventuale previsione di scaglioni retributivi decrescenti che consentano maggiori ricavi iniziali per il concessionario in funzione dei costi di avviamento;

e)       garanzia della libertà di concorrenza e di mercato mediante la previsione di parametri volti ad impedire l'abuso di posizioni dominanti, determinati tenendo anche conto del numero delle concessioni attribuite a ciascuna persona fisica, società o altri enti e del volume di scommesse raccoglibili da ciascun concessionario;

f)         previsione di modalità di controllo centralizzato ed in tempo reale delle scommesse e dei relativi flussi finanziari, anche mediante l'imposizione ai concessionari di obblighi di segnalazione all'amministrazione finanziaria di scommesse anomale per entità economica e ripetizione del medesimo pronostico. I concessionari adottano per la gestione delle scommesse strumenti informatici conformi alle specifiche tecniche stabilite con decreto del Ministero delle finanze;

g)       durata non inferiore a sei anni;

h)       l'accettazione delle scommesse avviene nei locali nei quali non si svolgono attività diverse dalla accettazione di scommesse.

 

Si ricorda che il comma 5 dell’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, al dichiarato fine di garantire la concorrenza e la competitività nel settore del giuoco e delle scommesse, vieta ai concessionari delle scommesse ippiche e sportive di essere titolari di oltre cento agenzie sul territorio nazionale, considerandosi nel computo del numero delle agenzie anche i soggetti controllanti o controllati ovvero sottoposti, anche per interposta persona.

 


Articolo 1, commi 368-369
(Disposizioni in materia di accisa sui tabacchi lavorati)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

368. Il secondo comma dell'articolo 9 della legge 7 marzo 1985, n. 76, e successive modificazioni, in materia di imposizione fiscale sui tabacchi lavorati, è sostituito dal seguente:

368. Identico.

 

«Per le sigarette, le tabelle di cui al primo comma sono stabilite con riferimento alle sigarette della classe di prezzo più richiesta, determinate ogni tre mesi, secondo i dati rilevati al primo giorno di ciascun trimestre solare».

 

 

369. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, tenuto anche conto dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, e successive modificazioni, può essere aumentata l'aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, di cui all'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, al fine di assicurare il mantenimento del gettito per l'anno 2006 e per gli anni successivi.

369. Identico.

 

 

 

 

Il comma 368 dell’articolo 1, sostituendo il secondo comma dell’articolo 9 della legge 7 marzo 1985, n. 76, stabilisce che la rilevazione delle sigarette della classe di prezzo più richiesta deve essere effettuata trimestralmente (il 1° gennaio, il 1° aprile, il 1° luglio e il 1° ottobre di ogni anno) anziché semestralmente[188](il 1° gennaio e il 1° luglio di ogni anno) come attualmente previsto. La rilevazione di tale classe di prezzo, che ha effetto sulla determinazione dell’imposta di consumo sulle sigarette, è contenuta nei decreti del Ministro delle finanze che fissano le tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita delle sigarette al pubblico[189].

 

Si ricorda che il meccanismo di determinazione dell’imposta di consumo sulle sigarette è disciplinato dall’articolo 6 della citata legge n. 76 del 1985. A tal fine si individua innanzitutto il c.d. importo di base (secondo comma dell’articolo 6), che corrisponde all’imposta di consumo sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta ed è determinato dall’applicazione dell’aliquota di base, attualmente fissata al 58,50%[190], al prezzo di vendita al pubblico delle sigarette appartenenti alla suddetta classe di prezzo. L’imposta sulle altre sigarette è costituita dalla somma dei seguenti due elementi (terzo comma dell’articolo 6):

§       un importo specifico fisso corrispondente al 5% della somma di:

-        importo di base,

-        ammontare dell’IVA sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta;

§       un importo risultante dall’applicazione di un’aliquota proporzionale al prezzo di vendita al pubblico. Tale aliquota proporzionale corrisponde all’incidenza percentuale dell’importo di base, diminuito dell’importo specifico fisso, sul prezzo di vendita al pubblico delle sigarette della classe di prezzo più richiesta.

Con la modifica introdotta dal D.L. n. 24 del 2004[191], l’ammontare dell’imposta di consumo, dovuta per le sigarette vendute ad un prezzo inferiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta, è direttamente rapportato all’importo di base (come è già previsto per le sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta), mentre il sopra illustrato meccanismo di cui al terzo comma dell’articolo 6 della legge n. 76 del 1985 continua ad essere applicato solo alle sigarette vendute ad un prezzo superiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta.

Si segnala infine che, ai sensi del comma 2-bis del citato articolo 4 del D.L. n. 24 del 2004, l’importo di base non può comunque essere inferiore a 60 euro per 1.000 sigarette. A decorrere dal 1° luglio 2006, tale importo minimo è elevato a 64 euro.

 

Il comma 369 prevede la possibilità di aumentare, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, l’aliquota di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati in misura tale da assicurare il mantenimento del gettito per l’anno 2006 e per gli anni successivi.

Nel determinare l' aumento dell'aliquota sarà necessario tenere conto anche dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, recante norme in tema di regime di imposizione fiscale sui prodotti oggetto di monopolio di Stato.

 

Il citato articolo 2 della legge n. 825 del 1965 prevede che l’inserimento di ciascun prodotto soggetto a monopolio fiscale nelle tariffe, contenute nelle diverse tabelle allegate alla stessa legge n. 825 del 1965, è disposto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. I prezzi di vendita al pubblico e le relative variazioni sono stabiliti in conformità a quelli richiesti dai fabbricanti e dagli importatori. Le richieste per l’inserimento in tariffa presentate dagli interessati devono essere corredate, in relazione ai volumi di vendita di ciascun prodotto, da una scheda rappresentativa degli effetti economico-finanziari conseguenti alla variazione proposta.

 

Si ricorda che attualmente, in virtù dell’articolo 28, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni, le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati sono stabilite nelle seguenti misure:

 

sigarette

58,50%;

sigari e sigaretti

23%;

tabacco da fumo

56%;

tabacco da masticare

24,78%;

tabacco da fiuto

24,78%.

 

Si segnala inoltre che l’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), aveva attribuito al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di disporre, con propri decreti, l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sole sigarette, prevista dalla lettera a) del citato articolo 28, comma 1, del D.L. n. 331 del 1993. Tale potere avrebbe dovuto essere esercitato entro il 30 aprile 2003 e, ai sensi del successivo comma 9 dello stesso articolo 21, avrebbe dovuto assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 435 milioni di euro a decorrere dall’anno 2003.

Successivamente l’articolo 39, comma 4, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha riaperto il termine per l’esercizio del suddetto potere, consentendo l’emanazione dei decreti entro il 31 dicembre 2003.

In materia è poi intervenuto l’articolo 1, commi 7 e 8, del D.L. 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, che ha sospeso il potere di disporre l’aumento dell’aliquota in oggetto per l’anno 2003 e ha nel contempo prorogato il potere stesso al 31 dicembre 2004. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che il potere di emanare i decreti con i quali è disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette rientra nell’attività gestionale di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (testo unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche)[192]. In tal modo è stato attribuito all’autorità amministrativa di settore, ovvero al direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, il potere che in precedenza spettava al Ministro dell’economia e delle finanze.

Si ricorda inoltre che l’articolo 2, comma 62, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), ha stabilito che i decreti con i quali può essere disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette, ai sensi dell’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modifiche e integrazioni, devono assicurare, a decorrere dal 2004, ulteriori maggiori entrate annue per 650 milioni di euro. In attuazione di questa norma è stato emanato il decreto direttoriale 15 ottobre 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 262 dell’8 novembre 2004), con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione delle sigarette dal 58 per cento al 58,50 per cento.

Infine, l’articolo 1, comma 485, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) ha previsto che, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avrebbe potuto essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, al fine di assicurare un maggior gettito complessivo pari a 500 milioni di euro per l’anno 2005 e a 1.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006. In attuazione di questa norma è stato emanato il decreto direttoriale 25 ottobre 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 255 del 2 novembre 2005), con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione del tabacco da fumo dal 54 per cento al 56 per cento.


Articolo 1, comma 369-bis
(Capitale sociale dei concessionari della riscossione
dei tributi e di altre entrate dei comuni e delle province)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

369-bis. In deroga al comma 1 dell'articolo 6 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 11 settembre 2000, n. 289, la misura minima di capitale sociale, interamente versato, richiesto per l'iscrizione all'albo disciplinato con il medesimo regolamento è determinata in modo uniforme per tutti i soggetti iscritti in euro 5.000.000. L'adeguamento del capitale sociale all'importo suddetto dovrà essere effettuato entro il 31 marzo 2006, fermo restando che la mancata applicazione di quanto disposto dal presente comma nei predetti termini comporta l'immediata decadenza del concessionario dai contratti in corso.

 

 

 

Il comma 369-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, eleva la misura minima di capitale sociale richiesto per l’iscrizione nell’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare le attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, fissando unitariamente tale misura in 5 milioni di euro di capitale sociale interamente versato, per tutti i soggetti iscritti nel suddetto Albo.

Il secondo periodo del presente comma stabilisce che l’adeguamento della misura del capitale sociale dovrà essere effettuato entro il 31 marzo 2006 e che il mancato adeguamento nel termine comporterà l’immediata decadenza del concessionario dai contratti in corso.

 

L’articolo 6, comma 1, del D.M. 11 novembre 2000, n. 289, in attuazione dell’articolo 53 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, ha fissato le seguenti misure minime di capitale sociale (da versare interamente) per l’iscrizione nel ricordato Albo:

a)       1 miliardo di lire (pari a 516.456,90 euro), per i soggetti che effettuano le relative attività nei comuni fino a 10.000 abitanti, con un numero di comuni contemporaneamente gestiti che, in ogni caso, non superino complessivamente i 100.000 abitanti;

b)       3 miliardi di lire (pari a 1.549.370,70 euro), per i soggetti diversi dai precedenti che effettuano le suddette attività.

Il comma 2 dello stesso articolo 6 prevede che l’ammontare minimo del capitale richiesto per l'iscrizione nell'Albo possa essere aumentato, all’inizio di ogni triennio, con decreto del Ministero delle finanze, su proposta della commissione[193] di cui all’articolo 53, comma 2, del D.Lgs. n. 446 del 1997. In attuazione di questa disposizione è stato emanato il D.M. 13 luglio 2004 con il quale le misure minime di capitale sociale sopra riportate sono state elevate, per il triennio 2005-2007, rispettivamente a 775.000 euro e 2.500.000 euro.

 

Si osserva che con il comma in esame si interviene su disciplina dettata da norme di rango secondario e che questo intervento, attraendo la materia nell’ambito di competenza della legge, rende inoltre inoperante la previsione del comma 2 dell’articolo 6 del D.M. n. 289 del 2000, che consentiva di aumentare con decreti ministeriali l’importo minimo del capitale sociale in questione.

 


Articolo 1, comma 370
(Contratti di collaborazione coordinata e continuativa presso enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

370. Per gli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole e forestali, l'autorizzazione alla stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa di cui al comma 122 è estesa anche ad altre tipologie di contratti di lavoro autonomo, nel limite di autorizzazione alle spese delle medesime amministrazioni e nel rispetto dei vincoli statuiti dal citato comma 122.

370. Identico.

 

 

 

Il comma 370, per la veritàformulato in maniera poco perspicua, estende agli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole e forestali l’autorizzazione alla stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa di cui al comma 122, prevedendo inoltre la possibilità di ricorrere ad “altre tipologie di lavoro autonomo”.

 

Si ricorda, in proposito, che tra gli enti vigilati del Ministero delle politiche agricole e forestali, rientrano i seguenti istituti sperimentali ed enti, ai sensi della Tabella A allegata al decreto 25 luglio 2000 del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio della programmazione economica (attualmente dell’economia e delle finanze) e del Ministro delle politiche agricole e forestali.

1)      Ente nazionale sementi elette (ENSE);

2)      Istituto sperimentale agronomica (ISA);

3)      Istituto sperimentale agrumicoltura;

4)      Istituto sperimentale assestamento forestale e alpicoltura;

5)      Istituto nazionale di economia agraria (INEA);

6)      Istituto sperimentale cerealicoltura;

7)      Istituto sperimentale floricoltura;

8)      Istituto sperimentale lattiero caseario;

9)      Istituto sperimentale meccanizzazione agricola;

10)  Istituto sperimentale nutrizione delle piante;

11)  Istituto sperimentale per l'enologia;

12)  Istituto sperimentale per la selvicoltura;

13)  Istituto sperimentale colture foraggere;

14)  Istituto sperimentale colture industriali;

15)  Istituto sperimentale elaiotecnica;

16)  Istituto sperimentale olivicoltura;

17)  Istituto sperimentale orticoltura;

18)  Istituto sperimentale per il tabacco;

19)  Istituto sperimentale zoologia agraria[194];

20)  Istituto sperimentale zootecnica;

21)  Istituto di patologia vegetale;

22)  Istituto sperimentale per la valorizzazione tecnologica dei prodotti agricoli;

23)  Istituto sperimentale studio e difesa del suolo;

24)  Istituto sperimentale viticultura;

25)  Istituto sperimentale frutticoltura.

 

Oltre a ciò, in data 20 febbraio 2002, il Ministero delle politiche agricole ha indicato, mediante comunicazione al Servizio Studi della Camera dei deputati, i seguenti enti (al riguardo, la richiamata comunicazione non ne ha specificato lo status di ente vigilato).

-        Ente irriguo umbro toscano (EIUT);

-        Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania;

-        Istituto nazionale di economia agraria (INEA);

-        Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN);

-        Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE);

-        Istituto di diritto agrario internazionale e comparato;

-        Centro per la formazione in economia e politica;

-        Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA);

-        Ente nazionale risi;

-        Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA).

 

Sarebbe opportuno chiarire quali siano le ulteriori tipologie di lavoro autonomo.

Si pongono i seguenti vincoli:

-        “limite delle autorizzazioni alle spese delle medesime amministrazioni”;

-        “rispetto dei vincoli statuiti dal citato comma 122”.

 

Il primo dei vincoli su elencati sembra volto a prevedere che si possano stipulare contratti di lavoro autonomo solamente nei limiti degli stanziamenti di bilancio degli stessi enti.

 

Si osserva inoltre che non appare chiaro il rinvio ai “vincoli statuiti dal citato comma 122”.

Si ricorda che il comma 122 prevede che possano stipularsi, tra l’altro, contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l’attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al miglioramento dei servizi per gli studenti.


Articolo 1, comma 371
(Documento unico di regolarità contributiva)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

371. Per accedere ai benefìci ed alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti, le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266.

371. Identico.

 

 

 

Ai sensi del comma in esame, per accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitari per la realizzazione di investimenti, le imprese sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 210/2002.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 210/02 reca disposizioni che traspongono sostanzialmente sul piano normativo i contenuti dell’avviso comune tra le parti sociali siglato il 24 luglio 2002, con lo scopo di favorire l’emersione dell’economia sommersa, anche attraverso modifiche ed integrazioni alla normativa vigente in materia di emersione progressiva, dettata dal capo I della legge 18 ottobre 2001, n. 383.

L’articolo 2, comma 1, prevede che le imprese le quali risultino affidatarie di un appalto pubblico siano tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva, a pena di revoca dell'affidamento. Il comma 1-bis aggiunge che la certificazione di regolarità deve essere presentata anche dalle imprese che gestiscono sevizi ed attività in convenzione o concessione con l’ente pubblico.

Il comma 2 del medesimo articolo 2 reca invece una misura di semplificazione procedurale, con la previsione della stipula di una convenzione da parte di INPS e INAIL ai fini del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva (d.u.r.c.).

 

In sostanza il comma in esame intende introdurre l’onere di certificare la regolarità contributiva, per le imprese di tutti i settori, al fine di beneficiare delle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti.

 

Si ricorda che una disposizione simile è contenuta all’articolo 10, comma 7 del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Tale disposizione tuttavia presenta una formulazione più ampia, richiedendo la presentazione del d.u.r.c. per “accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitari”, mentre il comma 371 in esame limita l’onere di certificazione ai benefici e alle sovvenzioni comunitari “per la realizzazione di investimenti”.

 

Poiché il comma in esame sembra volto a modificare l’articolo 10, comma 7, del decreto-legge n. 203 del 2005, restringendone l’ambito di applicazione, andrebbe valutata l’opportunità di formularlo come novella allo stesso articolo del decreto-legge.


Articolo 1, commi 372 e 373
(Fondo per spese sostenute dalle famiglie per le esigenze degli studenti universitari)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

372. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito, in via sperimentale, un Fondo per le spese sostenute dalle famiglie per le esigenze abitative degli studenti universitari la cui dotazione, per l'anno 2006, è fissata nel limite di 25 milioni di euro.

372. Identico.

 

373. Le risorse assegnate al Fondo di cui al comma 372 sono successivamente ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che ne fissa i criteri e le modalità.

373. Identico.

 

 

 

Il comma 372 istituisce, in via sperimentale, un Fondo per le spese sostenute dalle famiglie per le esigenze abitative degli studenti universitari. Tale misura si inserisce, secondo quanto emerge dalla relazione tecnica allegata all’emendamento del governo, nel quadro della realizzazione di interventi volti al sostegno delle famiglie.

A tale scopo, per l’anno 2006 è destinata la somma di 25 milioni di euro nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 373 disciplina la procedura di ripartizione del Fondo tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, che viene demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che ne fissa i criteri e le modalità, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni.

 

Con riferimento al diritto agli studi universitari, si segnalano i seguenti provvedimenti:

-          la legge 2 dicembre 1991, n. 390[195], ha istituito, all’articolo 16, comma 4 - ad integrazione delle disponibilità finanziarie destinate dalle regioni agli interventi per i prestiti agli studenti - per gli anni 1991 e 1992, presso il MIUR, un Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d'onore, ripartito fra le regioni che abbiano attivato le procedure per la concessione dei prestiti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro, sentita la Conferenza Stato-regioni. La legge 11 febbraio 1992, n. 147[196] ha poi prorogato gli interventi agli anni successivi[197];

-          la legge 14 novembre 2000, n. 338[198], all’articolo 1, comma 1, ha autorizzato la spesa di lire 60 miliardi (pari a circa 31 milioni di euro) per ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002 per contribuire alla realizzazione di diverse tipologie di interventi, riguardanti immobili adibiti o da adibire ad alloggi o residenze per gli studenti universitari, da parte delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché di altri enti operanti nel settore del diritto allo studio. E’ inoltre previsto che a decorrere dal 2003 l'ammontare della spesa sia determinato dalla legge finanziaria.

-          la legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) ha previsto, all'articolo 4, commi da 99 a 103, che agli studenti capaci e meritevoli iscritti ai corsi universitari possono essere concessi prestiti fiduciari per il finanziamento degli studi (comma 99); che a tal fine viene istituito un fondo finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti concessi dalle banche e dagli altri intermediari finanziari e che tale fondo può essere utilizzato anche per corrispondere contributi in conto interessi agli studenti privi di mezzi e agli studenti nelle stesse condizioni residenti nelle aree sottoutilizzate di cui all'art. 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289[199] (comma 100)[200];

 

Si segnala l’opportunità di valutare la norma in esame alla luce della recente giurisprudenza costituzionale in tema di contributi statali a destinazione vincolata in materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale per competenza esclusiva o concorrente ai sensi del terzo e quarto comma dell’articolo 117 della Costituzione (vedi le sentenze nn. 320 e 423 del 2004 e n. 77 del 2005[201]).


Articolo 1, comma 374
(Istituzione Fondo nazionale per le comunità giovanili presso il Dipartimento politiche antidroga)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

374. Al fine di prevenire fenomeni di disagio giovanile e di contrastare l'uso di sostanze stupefacenti favorendo la partecipazione dei giovani alla vita sociale, civile e culturale del Paese, anche mediante il sostegno a nuove realtà associative, è istituito presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri il «Fondo nazionale per le comunità giovanili». La dotazione finanziaria del Fondo per l'anno 2006 è fissata in 5 milioni di euro. Con decreto di natura non regolamentare adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, vengono determinati i criteri per l'accesso al Fondo nonché le modalità di presentazione delle istanze.

374. Al fine di prevenire fenomeni di disagio giovanile e di contrastare l'uso di sostanze stupefacenti favorendo la partecipazione dei giovani alla vita sociale, civile e culturale del Paese, anche mediante il sostegno a nuove realtà associative, è istituito presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri il «Fondo nazionale per le comunità giovanili». La dotazione finanziaria del Fondo per l'anno 2006 è fissata in 10 milioni di euro. Con decreto di natura non regolamentare adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, vengono determinati i criteri per l'accesso al Fondo nonché le modalità di presentazione delle istanze.

 

 

 

Il comma in esame istituisce, presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il “Fondo nazionale per le politiche giovanili”.

Nel testo approvato dal Senato, era previsto uno stanziamento pari a 5 milioni di euro per il 2006. Un emendamento approvato dalla V Commissione bilancio ha disposto l’incrementodel predetto importo a 10 milioni di euro per il 2006.

Il fondo è volto a contrastare e prevenire le situazioni di disagio giovanile ed il ricorso all’uso di sostanze stupefacenti.

 

Un apposito decreto di natura non regolamentare, adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, definirà i criteri e modalità per l’accesso al Fondo.

 

Si ricorda chel’articolo 3, commi 83-86, della legge finanziaria per il 2004[202] ha istituito presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, con compiti di prevenzione, monitoraggio e contrasto della diffusione delle dipendenze da sostanze stupefacenti o psicotrope e da alcool, in collaborazione con le associazioni e le cooperative sociali[203] che operano nel settore[204]. Ad esso sono trasferite le risorse (finanziarie, strumentali ed umane) relative alle competenze in materia esercitate in passato dal Dipartimento per le politiche sociali e previdenziali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali[205]. Il Dipartimento opera sulla base degli indirizzi del Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga[206].

Si ricorda inoltre che l’articolo 1, comma 106, della legge finanziaria per il 2005[207] ha autorizzato l’ulteriore spesa di 6 milioni di euro annui dal 2005, per l’operatività del Dipartimento.


Articolo 1, comma 375
(Monitoraggio spese ambientali)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

375. Per la raccolta ed elaborazione dei dati occorrenti al monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale fruibili anche per mantenere aggiornata e confrontabile l'informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, in conformità ai princìpi e criteri di cui all'articolo 1, comma 8, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, è disposta la prosecuzione delle attività già con­venzionalmente assicurate dall'Associa­zione nazionale dei comuni italiani a favore del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per le proprie finalità istituzionali. Con regolamento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformità alla con­venzione in essere, criteri e modalità di funzionamento per regolamentare la prosecuzione delle suddette attività. Per l'attuazione delle suddette finalità viene annualmente destinata, a valere sul capitolo 7090 «Fondo da ripartire per la difesa del suolo e tutela ambientale», una somma non inferiore all'1 per cento e non superiore al 2 per cento, calcolata sui fondi del predetto capitolo di spesa e determinata nel suo ammontare annuo con le modalità ed i criteri definiti con il predetto regolamento.

375. Identico.

 

 

 

Il comma in esame prevede che venga disposta la prosecuzione delle attività già convenzionalmente assicurate dall'Associazione dei Comuni italiani (ANCI) a favore del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, ai fini del monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale.

Si ricorda, infatti, che lo svolgimento di tali attività è stato già disciplinato attraverso la sottoscrizione, in data 24 luglio 2003, di un accordo quadro triennale tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e l’ANCI, per la realizzazione di una forma permanente di cooperazione in tema di politica ambientale. La convenzione, che ha previsto rilevazioni sullo stato dell'ambiente a livello locale, interventi tecnici ed il monitoraggio della spesa ambientale, riguarda sostanzialmente dieci settori di intervento: inquinamento dell'aria; inquinamento delle acque; inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso; tutela della "risorsa territorio"; sviluppo sostenibile; ciclo integrato dei rifiuti, recupero energetico e riduzione della produzione alla fonte; energia da fonti rinnovabili; modalità di ristoro del danno ambientale; parchi ed aree protette; finanziamenti. Il monitoraggio della spesa ambientale è previsto specificatamente dall’art. 6 dell’accordo, che dispone che ”il Ministero e l'ANCI si impegnano a monitorare la spesa ambientale dei Comuni sostenuta e finanziata dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni stessi ai fini di verificare l'efficacia delle azioni e degli interventi in campo ambientale dei vari livelli istituzionali”. L’accordo quadro, ai sensi dell’art. 9 dello stesso, avrà una durata di tre anni a decorrere dalla data della sottoscrizione (24 luglio 2003). Sul piano finanziario, l'accordo prevede un contributo annuale da parte del Ministero e dell'Anci rispettivamente di euro 50.000 che andrà ad aggiungersi alla spesa sostenuta dai Comuni, dalle Regioni e dalle Province. L’accordo, nelle dichiarazioni rilasciate dal Ministro dell’ambiente quando venne siglato, rappresentava l’avvio di “una collaborazione fattiva tra Governo centrale e il sistema dei Comuni italiani in un settore prioritario quale è l'ambiente. E' la prima volta che si instaura un rapporto organico e continuativo tra Ministero e Comuni e questo potrà servire ad avvicinare sempre più il tema dell'ambiente ai cittadini”[208].

La norma in esame dispone, inoltre, che la raccolta e l’elaborazione dei dati necessari al monitoraggio sarà finalizzata a mantenere aggiornata e confrontabile l’informazione ambientale ai sensi delle recenti disposizioni contenute negli artt. 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, nonché in conformità ai principi indicati nell’art. 1, comma 8, della legge 15 dicembre 2004, n. 308.

Si ricorda, sinteticamente, che il decreto legislativo n. 195 del 2005 che ha recentemente recepito la direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, ha previsto, all’art. 8, una serie di obblighi a carico dell’autorità pubblica in materia di diffusione informazione ambientale, da adempiersi attraverso l’uso delle tecnologie di telecomunicazione in informatica e delle tecnologie elettroniche disponibili e in particolare attraverso la creazione di banche dati elettroniche ed il successivo art. 9 ha assegnato all’APAT il compito di garantire la qualità dell’informazione ambientale.

Si ricorda, poi, che l’art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004 ha previsto che i decreti delegati che il Governo dovrà emanare in attuazione della delega ambientale, dovranno conformarsi, nel rispetto dei principi e delle norme comunitarie e delle competenze per materia delle amministrazioni statali, delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali e del principio di sussidiarietà, ad una serie di princìpi e di criteri direttivi generali tra cui la previsione di misure che assicurino l'efficacia dei controlli e dei monitoraggi ambientali.

Il comma in esame prevede, da ultimo, che un successivo decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, dovrà definire, in conformità alla convenzione già in essere, i criteri e le modalità per regolamentare la prosecuzione delle attività di raccolta ed elaborazioni dati necessari per il monitoraggio. Per l’attuazione di tali attività verrà destinata annualmente, a valere sul capitolo 7090 “Fondo da ripartire per la difesa del suolo e tutela ambientale”[209], una somma non inferiore all'un per cento e non superiore al due per cento di tale Fondo, il cui ammontare annuo dovrà essere determinato con il decreto previsto dal comma in esame.

Si fa presente che sul capitolo 7090, riportato nello stato di previsione del Ministero dell’Ambiente (Tab. n. 9) allegato al bilancio 2006, e recante gli stanziamenti di parte capitale (U.P.B. 1.2.3.6), insistono circa 511,4 milioni di euro in termini di competenza e di cassa. Pertanto la somma da destinare alle finalità previste dalla disposizione in esame dovrebbe essere compresa tra 5,1 e 10,2 milioni di euro.

Si segnala, infine, che analoga disposizione relativa alle modalità di regolamentazione della convenzione tra ANCI e Ministero dell’ambiente è contenuta nell’art. 55 dello schema di decreto legislativo recante il testo unico in materia ambientale, in corso di emanazione ai sensi della legge n. 305 del 2005.


Articolo 1, comma 376
(Assunzioni effettuate da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

376. All'articolo 2 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

376. Identico.

 

«1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando l'assunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dell'organico aziendale, riferito al 1o gennaio dell'anno cui le assunzioni si riferiscono. Le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente comma».

 

 

 

Il comma in esamedisciplina la possibilità di ricorrere a rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato nel settore dei servizi postali.

 

In sostanza, si estende a tale settore quanto previsto dall’attuale articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 368 del 2001 con riferimento al settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali.

Si ricorda che tale articolo consente di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato alle aziende del trasporto aereo o esercenti i servizi aeroportuali, ai fini dello svolgimento di servizi operativi di terra, di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e alle merci, per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell’organico aziendale. Si prevede che tale percentuale possa essere aumentata per gli aeroporti minori, previa autorizzazione della direzione provinciale del lavoro.

In ogni caso le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione da parte delle aziende delle richieste di assunzione in questione.

Pertanto l’articolo in esame prevede che le imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste possano stipulare contratti di lavoro a tempo determinato per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell’organico aziendale.

Si osserva che, dal punto di vista della formulazione, sarebbe opportuno sostituire le parole “Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano anche….” con le seguenti “E’ consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato…”.

Si ricorda che il decreto legislativo n. 368 del 2001 è stato predisposto ai sensi degli artt. 1 e 2 e del relativo allegato B della L. 29 dicembre 2000, n. 422 (legge comunitaria 2000), che delegano il Governo al recepimento della direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999. Quest'ultima, ha dato attuazione all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale CES, UNICE e CEEP.

In concreto, la disciplina proposta rende sotto molti aspetti più agevole il ricorso ai contratti a termine, al fine di rispondere alle esigenze di "flessibilità" nell'impiego della manodopera. In particolare l'articolo 1 definisce condizioni oggettive e requisiti di forma in presenza dei quali è consentita l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato. La stipulazione dei contratti a termine è ammessa per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. La norma, integrandosi con l'espressa individuazione dei casi in cui il ricorso al lavoro a termine è vietato (articolo 3) e con la nuova disciplina dei limiti quantitativi di utilizzo (articolo 10, commi 7 e 8), delinea un cambiamento di impostazione che inverte la logica posta a base della normativa vigente (che vieta i contratti a termine, salvo nei casi espressamente ammessi). In sostanza - come sottolinea la relazione governativa -, si trasforma in regola quella che è stata finora un'eccezione (peraltro, in progressivo ampliamento). Pertanto, viene soppresso anche il principio secondo cui il rapporto di lavoro "si reputa" a tempo indeterminato, dando, come indicato ancora dalla relazione, parità di status giuridico alle due forme contrattuali.


Articolo 1, comma 377
(Emittenti radiofoniche locali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

377. All'articolo 145, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dopo le parole: «servizi radiotelevisivi» sono inserite le seguenti: «nonché alle singole emittenti radiofoniche locali risultanti dalla graduatoria formata dal Ministero delle comunicazioni».

377. Identico.

 

 

Il comma 377 modifica il comma 19 dell’articolo 145 della legge finanziaria per il 2001 (L. 388/2000), estendendo anche alle emittenti radiofoniche locali risultanti dalla graduatoria formata dal Ministero delle comunicazioni la previsione - attualmente disposta in favore delle emittenti televisive locali - della erogazione di un acconto sui contributi, in caso di ritardi procedurali.

 

I contributi per l’emittenza locale sono stati introdotti dall’art. 45, co. 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento “collegato” alla manovra finanziaria 1999), che ha disposto uno stanziamento per il solo triennio 1999-2001 pari a 24 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000; 33 miliardi per l’anno 2001.

Successivamente, l’art. 27, co. 10, (sesto periodo) della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000) ha reso permanente lo stanziamento, destinando a tale finalità 40 miliardi di lire annue a decorrere dal 2000.

L’art. 145, co. 18, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha incrementato lo stanziamento da 40 a 82 miliardi annui a partire dal 2001.

Il comma 19 del medesimo articolo ha stabilito che l’erogazione delle somme alle emittenti locali avvenga entro il 30 settembre di ciascun anno e che - in caso di ritardi procedurali - alle singole emittenti risultanti dalla graduatoria formata dai comitati regionali per le comunicazioni, ovvero, se non ancora costituiti, dei comitati regionali per i servizi radiotelevisivi, venga erogato, entro il termine del 30 settembre, un acconto, salvo conguaglio, pari al 90 per cento del totale al quale avrebbero diritto, calcolato sul totale di competenza dell'anno di erogazione. Il medesimo comma ha stabilito altresì che il bando di concorso per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefìci - previsto dall'articolo 1, comma 1, del regolamento adottato con D.M. 21 settembre 1999, n. 378, del Ministro delle comunicazioni [210] - sia emanato entro il 31 gennaio di ciascun anno

Con l’articolo 52, comma 18, della legge 448/2001 (legge finanziaria 2002) è stato incrementato lo stanziamento di 20 milioni di euro in ragione d’anno, a decorrere dal 2002. Si ricorda che l’articolo 52 citato ha ammesso a beneficiare del contributo previsto per le emittenti locali anche le emittenti radiofoniche locali legittimamente esercenti alla data di entrata in vigore della legge, prevedendo, peraltro, che lo stanziamento complessivo a favore della radiofonia locale non possa superare il 10% del totale.

Con DM 1° ottobre 2002, n. 225 sono state definite le modalità e i criteri di attribuzione del contributo previsto per le emittenti radiofoniche locali. In particolare l’articolo 1 del decreto ha ammesso al beneficio le emittenti radiofoniche locali legittimamente esercenti ossia in possesso dei requisiti prescritti che abbiano inoltrato al Ministero delle comunicazioni, nei termini previsti, la domanda di verifica del possesso dei requisiti alla data del 30 settembre 2001.

L'ammontare annuo dello stanziamento è attribuito per tre dodicesimi alle emittenti radiofoniche a carattere commerciale e per tre dodicesimi alle emittenti radiofoniche a carattere comunitario. I sei dodicesimi dello stanziamento annuo sono attribuiti sulla base di una graduatoria predisposta tenendo conto di una serie di condizioni e di elementi, in maniera proporzionale al punteggio ottenuto da ciascuna emittente. Quanto all’assegnazione dei contributi il decreto prevede che il Ministero delle comunicazioni li assegni su base nazionale nei limiti dello stanziamento annuo, in misura proporzionale al punteggio ottenuto. Il contributo deve essere erogato entro i sei mesi successivi alla presentazione della domanda per l'ottenimento dello stesso.

La domanda di richiesta dei contributi deve essere fatta dalle emittenti entro il 30 ottobre di ciascun anno a cui il contributo si riferisce.

 

L’articolo 80, comma 35 della legge 289/2002 ha incrementato il finanziamento annuale di ulteriori 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2003, prevedendo - limitatamente all’anno 2003 – che l’incremento fosse pari a 10 milioni di euro in luogo di cinque.

L'articolo 4, comma 5, della legge 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) ha previsto l’ulteriore incremento di 27 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004 del finanziamento annuale previsto dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dall'articolo 80, comma 35, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Per il solo anno 2004 il predetto finanziamento è stato incrementato di ulteriori 10 milioni di euro.

Il successivo comma 190 ha disposto che le emittenti radiofoniche nazionali a carattere comunitario possano beneficiare in misura paritaria per una quota pari al 10% dei contributi per le emittenti locali già riservati alle emittenti radiofoniche (cui a loro volta era stato riservato il 10% del plafond complessivo dei contributi per l’emittenza locale); a tali emittenti è quindi destinato l’1% del totale dei contributi stanziati per l’emittenza locale. Le emittenti comunitarie dovevano presentare la domanda per la concessione del beneficio entro il 31 gennaio 2004.

Il comma 213 della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004) ha previsto - allo scopo di promuovere il potenziamento e l'aggiornamento tecnologico nel settore della radiofonia - che a decorrere dall'anno 2005 la quota dell’1% dei contributi per l’emittenza locale, destinati dall'articolo 4, comma 190, della legge n. 350 del 2003 alle emittenti radiofoniche nazionali a carattere comunitario, non possa essere inferiore a 1 milione di euro all'anno. A tal fine è autorizzata la spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dall’anno 2005.. Resta ferma la misura del 10% stabilita dal citato comma 190.

L'accesso ai contributi per le emittenti in questione è subordinato alla presentazione da parte dei soggetti interessati della relativa domanda entro il 31 gennaio di ciascun anno.

Il successivo comma 214 ha ulteriormente incrementato di 5 milioni di euro per il solo anno 2005 il finanziamento annuale a favore delle emittenti locali titolari di concessione.

 

Con riferimento all’emittenza locale, si fa presente che il disegno di legge finanziaria in esame prevede, tra l’altro, disposizioni concernenti il finanziamento delle Authorities - tra le quali rientra l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - attraverso i mercati di competenza (cfr. commi 49-52). Inoltre, si ricorda che il disegno di legge finanziaria originario aveva disposto una decurtazione ai benefici a favore delle emittenti locali pari a 29,17 milioni di euro per gli anni 2006 e 2007 e pari a 28,54 milioni di euro per il 2008[211]: a seguito dell’approvazione al Senato dell’ emendamento 1.200 su cui il Governo ha posto la questione di fiducia, interamente sostitutivo degli articoli del disegno di legge finanziaria originario ed annessi elenchi 1, 2, 3 e 4, allegati 1 e 2, e tabelle A, B, C, D, E e F, la decurtazione suddetta è stata soppressa[212] (circa l’emittenza televisiva locale, si veda il comma 11 del provvedimento in esame).


 

Legge 388/2000, articolo 145, comma 19 testo vigente

Legge 388/2000, articolo 145, comma 19 (come modificato dal comma 377 dell’art. 1 dell’AC 6177)

19. L'erogazione delle somme di cui al comma 10, sesto periodo, dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, come modificato dal comma 18 del presente articolo, avviene entro il 30 settembre di ciascun anno. In caso di ritardi procedurali, alle singole emittenti risultanti dalla graduatoria formata dai comitati regionali per le comunicazioni, ovvero, se non ancora costituiti, dai comitati regionali per i servizi radio­televisivi, è erogato, entro il predetto termine del 30 settembre, un acconto, salvo conguaglio, pari al 90 per cento del totale al quale avrebbero diritto, calcolato sul totale di competenza dell'anno di erogazione. Il bando di concorso previsto dall'articolo 1, comma 1, del regolamento adottato con D.M. 21 settembre 1999, n. 378, del Ministro delle comunicazioni, per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefìci previsti dall'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è emanato entro il 31 gennaio di ciascun anno. È abrogata la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 del citato regolamento adottato con D.M. n. 378 del 1999, del Ministro delle comunicazioni.

 

19. L'erogazione delle somme di cui al comma 10, sesto periodo, dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, come modificato dal comma 18 del presente articolo, avviene entro il 30 settembre di ciascun anno. In caso di ritardi procedurali, alle singole emittenti risultanti dalla graduatoria formata dai comitati regionali per le comunicazioni, ovvero, se non ancora costituiti, dai comitati regionali per i servizi radio­televisivi nonché alle singole emittenti radiofoniche locali risultanti dalla graduatoria formata dal Ministero delle comunicazioni è erogato, entro il predetto termine del 30 settembre, un acconto, salvo conguaglio, pari al 90 per cento del totale al quale avrebbero diritto, calcolato sul totale di competenza dell'anno di erogazione. Il bando di concorso previsto dall'articolo 1, comma 1, del regolamento adottato con D.M. 21 settembre 1999, n. 378, del Ministro delle comunicazioni, per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefìci previsti dall'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è emanato entro il 31 gennaio di ciascun anno. È abrogata la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 del citato regolamento adottato con D.M. n. 378 del 1999, del Ministro delle comunicazioni.

 

 


Articolo 1, comma 378
(Rete di telecomunicazione GSM per la sicurezza del traffico ferroviario)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

378. Il comma 3-bis dell'articolo 87 del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, è sostituito dal seguente:

378. Identico.

 

«3-bis. Al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di telecomunicazione GSM-R dedicata esclusivamente alla sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, nonché al fine di contenere i costi di realizzazione della rete stessa, all'installazione sul sedime ferroviario ovvero in area immediatamente limitrofa dei relativi impianti ed apparati si procede con le modalità proprie degli impianti di sicurezza e segnalamento ferroviario, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione». Le disposizioni del comma 3-bis dell'articolo 87 del decreto legislativo n. 259 del 2003, come sostituito dal presente comma, si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, riguardanti sia le installazioni già realizzate, sia quelle in corso di realizzazione ovvero non ancora attivate, comunque avviati ai sensi della previgente normativa.

 

 

 

Il comma 378 modifica il comma 3-bis dell’articolo 87 del codice della comunicazioni elettroniche[213], prevedendo una semplificazione amministrativa della procedura di installazione della rete di telecomunicazioni su aree ferroviarie.

 

L'art. 87 del codice del comunicazioni elettroniche disciplina i procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, subordinandone l'installazione e la modifica delle caratteristiche di emissione ad una autorizzazione che deve essere rilasciata dagli enti locali, previo accertamento, da parte dell'organismo competente ad effettuare i controlli della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, relativamente alle emissioni elettromagnetiche, stabiliti uniformemente a livello nazionale.

L’articolo 87 prevede, inoltre, una procedura abbreviata consistente in una semplice denuncia di inizio attività nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS o di altro genere, con potenza in singola antenna uguale o inferiore ai 20 watt.

Il comma 3-bis, nella formulazione vigente, subordina l’installazione della rete di telecomunicazioni su aree ferroviarie alla procedura semplificata della denuncia di inizio attività sopra descritta, fermo restando - come già previsto in via generale dal codice stesso - il rispetto dei limiti di esposizione elettromagnetica, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità indicati. La rete di telecomunicazioni, finalizzata a garantire un maggiore livello di sicurezza e di affidabilità alla rete ferroviaria italiana, deve essere ad uso esclusivo interno della società RFI (Rete ferroviaria italiana Spa)[214], attualmente gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale[215].

 

La nuova formulazione del comma 3-bis prevede l’installazione degli impianti e degli apparati della rete di telecomunicazione GSM-R sul sedime ferroviario ovvero in area immediatamente limitrofa:

-        secondo le modalità proprie degli impianti di sicurezza e segnalamento ferroviario;

-        fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità alle esposizioni elettromagnetiche stabiliti dalla legge 36/2001, già richiamato in via generale dall’articolo 87, comma 1, del codice della comunicazioni elettroniche.

Si ricorda che legge n. 36 del 22 febbraio 2001, Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, oltre a dettare una disciplina unitaria, applicabile a tutte le fonti di inquinamento elettrico e magnetico, si è proposta di fissare - attraverso rinvii a specifici DPCM - nuovi limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità[216], nonché le tecniche di misurazione e di rilevamento dell'inquinamento elettromagnetico (art. 4). A tale dettato normativo si è data recentemente attuazione attraverso l’emanazione del DPCM 8 luglio 2003 che ha provveduto a fissare i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz. In relazione alla fissazione dei limiti di esposizione, il DPCM fa quindi rinvio ai valori contenuti nella tabella 1 dell’allegato B dello stesso DPCM, per i valori di attenzione si rinvia alla tabella 2 dell’allegato B e, infine, per gli obiettivi di qualità il rinvio è alla tabella 3 dell’allegato B.

 

La disposizione illustrata risulta finalizzata ad “accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di comunicazione GSM-R dedicata esclusivamente alla sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, nonché [a] contenere i costi di realizzazione della rete”

 

Il comma in esame precisa inoltre che la procedura indicata si applica anche ai procedimenti già in corso alla data di entrata in vigore della disposizione e comunque avviati ai sensi della normativa attualmente vigente, riguardanti sia le installazioni già realizzate sia quelle in corso di realizzazione ovvero non ancora attivate.

Si ricorda che il tema del potenziamento della sicurezza in ambito ferroviario è da tempo all’attenzione della Unione europea, nonché della legislazione nazionale. In particolare si segnala che con il D.Lgs 188/2003 è stato recepito il “pacchetto ferroviario” costituito dalle direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE, 2001/14/CE (cd. pacchetto “infrastruttura”), che ha ridefinito il quadro regolamentare del settore, sia al fine di una maggiore apertura del mercato alla concorrenza, sia al fine di garantire una maggiore sicurezza del trasporto ferroviario, secondo standard e criteri di controllo comuni in ambito europeo. Tra i numerosi contenuti, per quanto attiene al tema in esame, si ricordano in particolare la previsione della necessaria costituzione in ogni Stato membro di un organismo di regolazione (che può essere anche individuato nel Ministero, come è accaduto con il D.Lgs. di recepimento n. 188), con requisiti di indipendenza rispetto alle imprese ferroviarie, ai “richiedenti” ed al gestore dell’infrastruttura[217], la certificazione di sicurezza dell’impresa ferroviaria, che deve essere rilasciata da un organismo indipendente da enti o imprese che prestano servizi di trasporto ferroviario (con il D.Lgs. di recepimento n. 188, tale soggetto è stato individuato nel gestore dell’infrastruttura).

Il quadro regolamentare comunitario è peraltro ancora in evoluzione in considerazione dei successivi pacchetti ferroviari.

In particolare nel “secondo pacchetto ferroviario” figurano:

-        la direttiva (2004/49/CE) relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie (il cui termine di recepimento da parte degli stati membri è stato fissato al 30 aprile 2006);

-        Il regolamento n. 881/2004 relativo all’istituzione di un'Agenzia ferroviaria europea per la sicurezza.

Il terzo pacchetto ferroviario, volto a completare il quadro legislativo comunitario in materia, si richiama agli orientamenti fissati sul Libro bianco sulla politica dei trasporti e comprende:

-        una comunicazione (COM (2004) 140) che traccia il quadro delle nuove azioni proposte dalla Commissione in merito;

-        quattro proposte relative ad alcuni specifici settori di intervento[218]


 

D.Lgs. 259/2003 - Art. 87, co. 3-bis

(testo vigente)

D.Lgs. 259/2003 - Art. 87, co. 3-bis,

(come modificato dal comma 378 dell’articolo 1 dell’A.C. 6177)

3-bis. Ad uso esclusivo interno della Società Rete Ferroviaria Italiana (RFI) Spa ed al fine di garantire un maggiore livello di sicurezza e di affidabilità della rete ferro­viaria italiana, è sufficiente la denuncia di inizio attività di cui al comma 3 per l'istallazione, su aree ferroviarie, di una rete di telecomunicazioni, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di atten­zione e degli obiettivi di qualità indicati al comma 1

3-bis. Al fine di accelerare la realiz­zazione degli investimenti per il completamento della rete di teleco­municazione GSM-R dedicata esclusi­vamente alla sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, nonché al fine di contenere i costi di realizzazione della rete stessa, all'installazione sul sedime ferroviario ovvero in area immedia­tamente limitrofa dei relativi impianti ed apparati si procede con le modalità proprie degli impianti di sicurezza e segnalamento ferroviario, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di atten­zione e degli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provve­dimenti di attuazione

 


Articolo 1, comma 379
(Bonifica aree industriali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

379. All'articolo 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e successive modificazioni, dopo la lettera p-terdecies), sono aggiunte le seguenti:

379. Identico.

 

«p-quaterdecies) area industriale del comune di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1994, n. 679;

 

 

p-quinquiesdecies) aree di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 aprile 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile 1995».

 

 

 

Il comma 379 inserisce tra i siti di interesse nazionale da bonificare che usufruiscono del finanziamento pubblico previsto dalla legge n. 426 del 1998 l’area industriale del comune di cui all’articolo 3 del D.P.R. 5 ottobre 1994, n. 679, cioè del comune di Milazzo e le aree di cui al D.P.C.M 14 aprile 1995, ovvero sia l'area del bacino idrografico del fiume Sarno, compresa nelle province di Avellino, Salerno e Napoli.

Si ricorda che l’articolo 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997 ha previsto una disciplina molto articolata degli obblighi che gravano in capo ai soggetti che si rendano responsabili (anche senza colpa) dell’inquinamento di determinati siti. Uno degli obblighi previsti è relativo al finanziamento delle spese occorrenti a eliminare il danno prodotto

L’articolo 17 prevede peraltro che vi possa essere il concorso del finanziamento pubblico per quel che riguarda gli oneri connessi alle operazioni di bonifica.

In applicazione di tale disposto normativo la legge n. 426 del 1998 ha previsto lo stanziamento di somme in favore di interventi di bonifica riguardanti siti di interesse nazionale, rinviando a tal proposito all’elaborazione di un programma nazionale da adottare con apposito decreto, avente il compito di individuare tali siti. Tale programma è stato adottato con il decreto ministeriale 18 settembre 2001 n. 168.

Il comma 4 dell’articolo 1 della legge n. 426 del 1998 ha inoltre indicato una serie di aree da considerare di interesse nazionale e che beneficiano quindi di finanziamenti pubblici.

La disposizione in commento provvede quindi ad inserire tra i siti di interesse nazionale anche le aree sopra specificate.

Il comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 426 del 1998 prevede che al fine di consentire il concorso pubblico nella realizzazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, ivi compresi aree e specchi d'acqua marittimi, lacuali, fluviali e lagunari in concessione, anche in caso di loro dismissioni, nei limiti e con i presupposti di cui all'articolo 17, comma 6-bis, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, nonché per gli impegni attuativi del protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici di cui alla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 3 dicembre 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1998, del piano straordinario di completamento e razionalizzazione dei sistemi di collettamento e depurazione di cui all'articolo 6 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e degli accordi e contratti di programma di cui all'articolo 25 del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, sono autorizzati limiti di impegno ventennali di lire 27.000 milioni a decorrere dall'anno 1998, di lire 5.600 milioni a decorrere dall'anno 1999 e di lire 16.200 milioni a decorrere dall'anno 2000. Per le medesime finalità è altresì autorizzata la spesa di lire 130.000 milioni per l'anno 2000; per gli anni successivi, al finanziamento degli interventi si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni.

Il comma 2 dispone che alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1 possono concorrere le ulteriori risorse destinate dal CIPE al finanziamento di progetti di risanamento ambientale, nonché quelle attribuite al Ministero dell'ambiente in sede di riprogrammazione dei fondi disponibili nell'àmbito del quadro comunitario di sostegno 1994-1999.

Il comma 3 prevede che per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1 e per la utilizzazione delle relative risorse finanziarie il Ministero dell'ambiente adotta, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, che individua gli interventi di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi e le modalità di trasferimento delle relative risorse. Il programma tiene conto dei limiti di accettabilità, delle procedure di riferimento e dei criteri definiti dal decreto ministeriale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.

Con il Decreto Ministeriale del 18 settembre 2001, n. 468, si è provveduto ad emanare il previsto Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, dopo aver acquisito l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ed i previsti pareri da parte delle Commissioni competenti presso i due rami del Parlamento, espressi, questi ultimi, nelle sedute del 14 marzo 2001 (Camera dei Deputati) e 21 marzo 2001 (Senato della Repubblica).

 

L'articolo 2 del Decreto n. 468 ha definito quindi i contenuti del Programma nazionale individuando gli ulteriori interventi di bonifica di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi, le modalità ed il trasferimento delle relative risorse, le modalità di monitoraggio e di controllo delle attività di realizzazione degli interventi previsti, i presupposti e le procedure di revoca dei finanziamenti con il relativo riutilizzo delle risorse resesi disponibili.

Nell'articolo 3 vengono infatti individuati come interventi di interesse nazionale, oltre quelli già previsti dalla legge n. 426 del 1998 (Allegati A e B) e dalla legge n. 388 del 2000 (Allegati C e D), ulteriori 23 nuovi interventi (Allegati E ed F), indicati tra quelli che le regioni ritengono prioritari e che possiedono requisiti tali da farli classificare come di interesse nazionale.

Ai sensi del successivo articolo 5, il contributo pubblico nella realizzazione degli interventi di bonifica ambientale, è ammesso sia nei confronti delle pubbliche amministrazioni che dei soggetti privati, ma escludendo comunque quei soggetti privati che risultino a qualsiasi titolo responsabili del danno ambientale.

Per quanto riguarda i criteri di finanziamento, l’articolo 6 dispone direttamente la ripartizione dei finanziamenti in fase di prima applicazione, attribuendo le risorse indicate nella tabella G alle varie regioni interessate.

L'individuazione dei soggetti beneficiari nonché le modalità, le condizioni e i termini per l'erogazione dei finanziamenti sono invece direttamente demandate alle regioni, nel rispetto di specifici criteri di erogazione.

Il monitoraggio ed il controllo sull’attuazione del programma nazionale e sulla conformità degli interventi stessi vengono affidati alle Regioni, con il contributo delle ARPA.

Infine sono previste disposizioni per la revoca dei finanziamenti e la loro riassegnazione.

 


Articolo 1, commi 380-383
(Vittime della criminalità e del terrorismo)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

380. Al fine della progressiva estensione dei benefìci già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte le vittime del dovere individuate ai sensi dei commi 381 e 382, è autorizzata la spesa annua nel limite massimo di 10 milioni di euro a decorrere dal 2006.

380. Identico.

 

381. Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un'invalidità permanente in attività di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:

381. Identico.

a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;

 

 

b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;

 

 

c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;

 

 

d) in operazioni di soccorso;

 

 

e) in attività di tutela della pubblica incolumità;

 

 

f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.

 

 

382. Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 381 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.

382. Identico.

 

383. Con regolamento da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinati i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze, entro il limite massimo di spesa stabilito al comma 380, ai soggetti di cui ai commi 381 e 382 ovvero ai familiari superstiti.

383. Identico.

 

 

 

I commi 380-383 disciplinano l’estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, anche alle vittime del dovere, comprendendo in questa definizione tutti i dipendenti pubblici.

 

A tal fine, il comma 380 reca l’autorizzazione alla spesa annua della cifra massima di 10 milioni di euro, a partire dal 2006, al fine appunto della “progressiva” estensione dei benefici di cui sopra a tutte le vittime del dovere, secondo alcune condizioni indicate nei commi seguenti.

 

Il comma 381 individua le categorie che devono essere considerate tra le vittime del dovere.

Innanzitutto, vengono indicati (attraverso il richiamo all’art. 3 della L. 466/1980[219]) i soggetti con i quali la normativa vigente normalmente identifica le vittime del dovere. Si tratta, infatti, di persone che per il loro tipo di attività lavorativa sono più esposti ai rischi nei confronti della propria incolumità: in primo luogo, dunque, le forze dell’ordine e i militari, ma anche i magistrati, vigili del fuoco ecc.

Inoltre, il comma in esame ricomprende tra le vittime del dovere tutti gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito una invalidità permanente a due condizioni: che il fatto avvenga in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto e che la causa dell’evento sia compresa in una delle seguenti:

§      contrasto ad ogni tipo di criminalità (non solamente, dunque, di tipo organizzato e mafioso);

§      servizi di ordine pubblico;

§      vigilanza ad infrastrutture civili e militari;

§      operazioni di soccorso;

§      attività di tutela della pubblica incolumità;

§      azioni avvenute “in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”.

Si tratta, come appare evidente, di attività tipiche delle categorie sopra richiamate, e non appare agevole individuare quali altri dipendenti pubblici potrebbero essere interessati (tra questi potrebbe individuarsi il personale della Protezione civile). Tanto più che è previsto espressamente che la speciale elargizione dovuta alle vittime del dovere sia concessa a qualsiasi persona (non necessariamente dipendente pubblico) che, legalmente richiesta, presti assistenza alle forze di polizia (L. 466/1980, art. 4).

Tuttavia, l’inclusione di tutti i dipendenti pubblici (e quindi non solo degli appartenenti a determinate categorie a rischio) costituisce indubbiamente una novità nella disciplina vigente in materia.

 

Si ricorda che ai sensi della legislazione vigente sono definite vittime del dovere gli appartenenti alle forze dell’ordine (Arma dei carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di finanza, Corpo degli agenti di custodia e Corpo forestale dello Stato) caduti in attività di servizio a causa di azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico, e più in generale in conseguenza di eventi connessi all’espletamento di funzioni di istituto e dipendenti da rischi specifici dovuti a operazioni di polizia preventiva, repressiva, o di soccorso (L. 629/1973, art. 1 e 3, co. 2). Assimilabili alle categorie sopra citate sono anche i magistrati, il personale civile dell’Amministrazione penitenziaria, i vigili del fuoco, i militari (in servizio di ordine pubblico o di soccorso) e i vigili urbani (L. 466/80, art. 3 e 4). Rientrano tra le vittime del dovere, come si è accennato, anche i privati cittadini che su richiesta prestano assistenza alle forze dell’ordine (L. 466/80, art. 4).

 

Il comma 382 reca una disposizione che equipara ai soggetti di cui al comma precedente anche le vittime di “missioni di qualunque natura”, sia in Italia che all’estero, che “per le particolari condizioni ambientali od operative”, non meglio specificate, siano riconosciute dipendenti da causa di servizio. Si tratta di una norma volta ad estendere i benefici per le vittime anche a personale presumibilmente non dipendente da pubbliche amministrazioni, dal momento che vengono definiti “equiparati” ad essi.

 

Il comma 383 fa rinvio, per quanto riguarda la definizione dei termini e delle modalità per la concessione dei benefici, ad un regolamento di esecuzione (ex art. 17, comma 1, della legge 400/1988[220]) da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento di esame (entro marzo 2006). Si tratta di un decreto del ministro dell’interno, adottato di concerto con il ministro della difesa e con il ministro dell’economia e delle finanze.

 

La legislazione in materia di provvidenze a favore delle vittime del dovere risulta oggi strettamente intrecciata con quella concernente le vittime del terrorismo e, più in generale, le vittime di azioni criminose.

Per un esame analitico della disciplina vigente si rinvia al paragrafo posto in calce alla scheda. In questa sede è opportuno rilevare le eventuali differenze di trattamento tra le due categorie che giustifichino l’intervento normativo in oggetto.

Effettivamente, l’ultimo atto normativo intervenuto in materia, la legge 206/2004, introduce alcune disposizioni dirette a beneficiare esclusivamente le vittime del terrorismo, come si evince dallo stesso titolo della legge: Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

Innanzitutto, la legge 206 porta a 200.000 euro la speciale elargizione una tantum, definita da provvedimenti precedenti, che costituisce uno (e per molto tempo l’unico) dei principali benefici per le vittime. Si tratta di una provvidenza, corrisposta in proporzione alla percentuale di invalidità, disciplinata da ultimo dall’articolo 1 della legge 302/1990, che la legge 206 ha modificato per quanto riguarda l’importo. Tale elargizione è dovuta oltre alle vittime del terrorismo, anche, ai sensi del citato art. 1 della legge 302 anche a chiunque subisca danni a causa di atti di eversione dell’ordine democratico e di delitti di mafia.

Una elargizione di pari importo, ma attribuita con differenti modalità, è prevista anche per le vittime del dovere ai sensi dell’art. 3 della legge 466/1980 (l’importo fissato a 100 milioni è stato elevato a 200.000 euro ad opera del DL 337/2003, art. 2).

Altre provvidenze, disciplinate dalla legge 206, non trovano riscontro tra i benefici per le vittime del dovere; tra le principali di esse si ricordano:

-        la concessione, in aggiunta della speciale elargizione, di un assegno vitalizio, pari a 1.033 euro rivalutati automaticamente (art. 5, comma 3)[221];

-        la maggiorazione dello stipendio finale ai fini pensionistici e di trattamento di fine rapporto (art. 2);

-        l’aumento figurativo di 10 anni di versamenti contributivi per chi ha subito una invalidità al di sotto dell’80% (art. 3);

-        l’equiparazione ai grandi invalidi di guerra e il diritto immediato alla pensione diretta per coloro che hanno subito una invalidità superiore all’80% (art. 4);

-        l’assistenza psicologica a carico dello Stato (art. 6, co. 2);

-        l’esenzione della partecipazione alla spesa per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica (art. 9).

 

Nella tabella che segue sono confrontati alcuni tipi di provvidenze in favore delle vittime del terrorismo e del dovere secondo la legislazione vigente.

Tipo di beneficio

Vittime del terrorismo

Vittime del dovere

Elargizione una tantum per invalidità

200.000 (L. 206/2004 art. 5, L. 302/90 art. 1)

200.000 (L. 466/80 art. 3, DL 337/2003 art. 2)

Elargizione una tantum ai superstiti

L 150 milioni (L. 302/90 art. 4)

200.000 (L. 629/73 art. 3, DL 337/2003 art. 2)

Vitalizio

1.033 mensili (L. 302/90 art. 5, co 3)

L 500.000 mensili (L. 407/98 art. 2, L. 388/2000, art. 82, co. 1)

Diritto al collocamento obbligatorio

Vittime e familiari (L. 407/98 art. 1, co. 2)

Familiari forze armate e polizia (L. 3/2003 art. 34)

 

La legislazione vigente

Basata inizialmente su una disposizione del R.D.L. 261/1921[222], che riguardava il corpo di polizia e i carabinieri, la disciplina generale in materia ha subìto nel tempo numerose integrazioni e modifiche[223] dirette soprattutto a:

-       adeguare la misura dell’elargizione una tantum che, almeno inizialmente, costituiva la principale provvidenza;

-       estendere le categorie ammesse a fruire dei benefici previsti dalla legge;

-       diversificare i tipi di provvidenze, affiancando alla elargizione una tantum la concessione di pensioni privilegiate, l’attribuzione del diritto all’assunzione obbligatoria e l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari;

-       ampliare le condizioni per la concessione dei benefici, sia per ciò che riguarda gli eventi considerati (morte, invalidità permanente) sia per ciò che riguarda le circostanze in cui l’evento si verifica.

La vigente disciplina di ordine generale fa principalmente capo alle seguenti leggi:

-       Legge 13 agosto 1980, n. 466, Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche;

-       Legge 20 ottobre 1990, n. 302, Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

-       Legge 23 novembre 1998, n. 407, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

-       Legge 23 dicembre 2000, n. 388, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001);

-       Legge 3 agosto 2004, n. 206, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

 

Le leggi 302/1990 e 407/1998 sono state da ultimo modificate in alcuni punti dal D.L. 13/2003[224].

Il regolamento approvato con D.P.R. 510/2000[225] ha disciplinato in modo unitario e coordinato le modalità di attuazione delle leggi testé citate.

 

La legge 13 agosto 1980, n. 466 ha mirato ad una riorganizzazione della materia, prevedendo:

-       l’estensione della già prevista elargizione una tantum (aumentata a 100 milioni di lire) a nuove categorie di soggetti, in caso di morte o di grave invalidità: la misura interessa, oltre agli appartenenti alle Forze di polizia, i vigili del fuoco, i militari delle Forze armate, i vigili urbani, i magistrati ordinari, qualsiasi persona legalmente richiesta di prestare assistenza alle Forze di polizia, nonché tutti i cittadini italiani quando la morte o la grave invalidità consegua ad azioni terroristiche;

-       il diritto all’assunzione obbligatoria, secondo le disposizioni sul collocamento, al coniuge superstite ed ai figli dei soggetti appartenenti alle categorie destinatarie delle provvidenze, con precedenza su ogni altra categoria prevista dalle leggi vigenti;

-       l’ulteriore precisazione della definizione di “vittime del dovere”, comprendendo nelle circostanze legittimanti la corresponsione dei benefici – indicate nell’art. 1 della L. 629/1973 – anche gli eventi connessi all’espletamento delle funzioni di istituto, proprie delle categorie considerate, e, più specificamente, all’attività di soccorso ed alle operazioni di polizia preventiva e repressiva.

 

La legge 3 giugno 1981, n. 308 ha introdotto norme in favore dei militari di leva e di carriera appartenenti alle Forze armate, feriti o caduti in servizio e dei loro superstiti.

Essa dispone la concessione della pensione privilegiata ordinaria nonché dei benefici, relativi anch’essi al trattamento pensionistico, previsti dagli articoli 15 e 16 della L. 9/1980[226], ai militari, di carriera o di leva, ed ai loro congiunti, che subiscano, per causa di servizio o durante il periodo di servizio, un evento dannoso che ne provochi la morte o che comporti una menomazione dell’integrità fisica ascrivibile ad una delle categorie di cui alla tabella A o alla tabella B, del testo unico sulle pensioni di guerra (L. 313/1968[227]).

Ai soggetti sopraindicati si applicano, inoltre, le norme sull’equo indennizzo, di cui alla L. 1094/1970[228].

Ai superstiti dei militari caduti nell’adempimento del dovere in servizio di ordine pubblico o di vigilanza ad infrastrutture civili e militari, ovvero in operazioni di soccorso, è corrisposta una speciale elargizione di 200.000 euro pari quella prevista per i superstiti delle vittime del dovere (tale importo è stato così fissato da ultimo con il D.L. 337/2003).

 

La legge 20 ottobre 1990, n. 302, recante norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, ha disposto:

-        l’elevazione fino a 150 milioni di lire delle elargizioni di cui alla L. 466/1980 citata;

-        un ampliamento delle categorie dei beneficiari, prevedendo la corresponsione di un’elargizione, anch’essa pari a 150 milioni, a chiunque[229] subisca un’invalidità permanente per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di vari accadimenti e, in particolare:

-        di atti di terrorismo o eversione dell’ordine democratico;

-        di fatti delittuosi commessi per il perseguimento delle finalità delle associazioni mafiose;

-        di operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi previsti dai punti precedenti;

-        di assistenza prestata ad ufficiali e agenti di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, nel corso di operazioni di lotta al terrorismo ed alla criminalità organizzata;

-        la corresponsione della elargizione anche ai superstiti, compresi:

-        i componenti la famiglia della vittima;

-        i soggetti non parenti né affini, né legati da rapporto di coniugio, che risultino conviventi a carico della vittima negli ultimi tre anni precedenti l’evento;

-        i conviventi more uxorio;

-          l’introduzione della possibilità, per i beneficiari che abbiano riportato una invalidità pari ad almeno due terzi della capacità lavorativa e per i superstiti, di ottenere un assegno vitalizio, in luogo dell’elargizione in unica soluzione;

-          il diritto all’assunzione obbligatoria presso le pubbliche amministrazioni dei coniugi superstiti, figli e genitori dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi in misura non inferiore all’80% della capacità lavorativa (tale disposizione è stata poi abrogata dall’art. 22 della L. 68/1999);

-          l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari per ogni tipo di prestazione conseguente agli eventi che legittimano la corresponsione dei benefici[230].

 

È quindi intervenuta la legge 23 novembre 1998, n. 407, che – nel testo modificato dal citato D.L. 13/2003 – apporta, tra le altre, le seguenti innovazioni:

-          diritto al collocamento obbligatorio ai soggetti di cui all’art. 1 della L. 302/1990 (si tratta di coloro che hanno subito un’invalidità permanente a causa di atti di terrorismo) e ai superstiti dei deceduti;

-          corresponsione di un vitalizio, oltre alla elargizione una tantum, di 500 mila lire mensili a chiunque subisca un’invalidità permanente non inferiore a un quarto della capacità lavorativa e ai superstiti delle vittime;

-          attribuzione di due annualità della pensione di reversibilità ai congiunti degli invalidi di cui all’art. 1 della L. 302/1990, in caso di decesso di questi ultimi;

-          istituzione di borse di studio riservate agli invalidi di cui sopra e agli orfani e ai figli delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

-          riliquidazione degli importi già corrisposti a titolo di speciale elargizione sulla base della rivalutazione operata dalla L. 302/1990, che, si ricorda, aveva elevato l’importo a 150 milioni di lire[231].

 

Un ulteriore assestamento di questa disciplina è stato operato dall’art. 82 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), che, tra l’altro:

-          riliquida gli importi già corrisposti a titolo di speciale elargizione di cui alla citata L. 466/1980 ai “superstiti di atti di terrorismo”, colpiti da grave invalidità permanente, tenendo conto dell’aumento (a 150 milioni) disposto dalla successiva L. 302/1990. Precisa inoltre a quali familiari delle vittime di atti di terrorismo – e in quale ordine – spettino le provvidenze ex L. 302/1990 in assenza dei familiari più prossimi in grado;

-          prevede che i benefìci previsti dalla L. 302/1990 e dalla L. 407/1998 si applichino a decorrere dal 1º gennaio 1967[232];

-          introduce un principio di ordine generale, in base al quale per la concessione di benefici alle vittime della criminalità organizzata si applicano le norme vigenti in materia per le vittime del terrorismo, qualora più favorevoli;

-          attraverso due modifiche alla L. 407/1998, tende ad equiparare, dal punto di vista dei benefici, le vittime della criminalità organizzata a quelle del terrorismo.

 

Ulteriori misure, specificamente rivolte ad ampliare la portata delle disposizioni vigenti in favore dei congiunti del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, sono state introdotte ad opera degli artt. 34 e 37 della L. 16 gennaio 2003, n. 3[233]. In particolare, viene esteso ai familiari del personale delle forze armate e delle forze di polizia caduti o feriti in attività operative il diritto al collocamento obbligatorio, già disposto per le vittime del terrorismo ai sensi della L. 407/98.

 

Il D.L. 28 novembre 2003, n. 337[234]ha introdotto specifiche provvidenze per le famiglie delle vittime civili italiane decedute in conseguenza degli attentati terroristici a Nassiriya e Istanbul[235] avvenuti nel novembre 2003, estendendo loro i benefici previsti, per analoghi eventi verificatisi sul territorio nazionale, dalle leggi 302/1990 e 407/1998, ovvero una speciale elargizione e un assegno vitalizio mensile, e ha reso possibile l’applicazione ai militari delle Forze armate e alle Forze di polizia[236], caduti o feriti a causa di eventi accaduti anche all’estero, dei benefici disposti dalle due leggi citate. In assenza di quest’ultimo provvedimento, le provvidenze previste dalle leggi citate non sarebbero risultate applicabili agli eventi di Nassiriya e di Istanbul, in quanto espressamente riferite ad eventi criminosi verificatisi nel territorio dello Stato.

Il provvedimento dispone inoltre l’esenzione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) dei benefici corrisposti ed eleva a 200.000 euro, per gli eventi successivi alla data del 1° gennaio 2003, le elargizioni dalle leggi 302/1990, 629/1973, 466/1980 e 308/1981.

 

In proposito è successivamente intervenuto il D.L. 20 gennaio 2004, n. 9, convertito dalla legge 12 marzo 2004, n. 68[237],il cui art. 1-bis estende ai familiari il diritto al collocamento obbligatorio e il beneficio delle borse di studio previsti dalla L. 407/1998.

 

La legge 3 agosto 2004, n. 206, infine, ha dettato norme in favore dei cittadini italiani vittime di atti di terrorismo e di stragi, compiute sul territorio nazionale o all’estero, e dei loro familiari superstiti. Tale legge si innesta sulla stratificata disciplina preesistente: l’art. 1 infatti prevede in via generale che, per quanto da legge stessa non espressamente previsto, si applicano le disposizioni contenute nelle leggi 302/1990 e 407/1998 e l’art. 82 della L. 388/2000. Le altre misure stabiliscono:

-          la ridefinizione a 200.000 euro dell’entità massima delle elargizioni, già disposte dalla normativa previgente, in favore di chiunque subisca una invalidità permanente (o dei familiari in caso di morte) a causa di atti di terrorismo;

-          la concessione, oltre all’elargizione, di uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica;

-          la rivalutazione delle percentuali di invalidità già riconosciute e indennizzate in base alla normativa preesistente, tenendo conto dell’eventuale intercorso aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale;

-          la prestazione, a carico dello Stato, dell’assistenza psicologica alle vittime e ai loro familiari;

-          alcuni benefici che incidono sui trattamenti pensionistici (aumento figurativo di 10 anni dei versamenti contributivi utili ad aumentare l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione e il trattamento di fine rapporto; equiparazione, per le vittime che hanno subìto danni più gravi, ai grandi invalidi di guerra e riconoscimento del diritto immediato alla pensione diretta; adeguamento costante, al trattamento in godimento dei lavoratori in attività, delle pensioni delle vittime);

-          il diritto al patrocinio legale gratuito, a carico dello Stato, nei procedimenti penali, civili, amministrativi e contabili per le vittime e i loro superstiti;

-          la garanzia di tempi certi per le procedure in sede amministrativa e giurisdizionale relative al riconoscimento e alla valutazione dell’invalidità e all’attribuzione di provvidenze alle vittime del terrorismo;

-          l’applicazione dei benefici della L. 206/2004 a decorrere dal 1° gennaio 1961, per gli eventi verificatisi in Italia, e dal 1° gennaio 2003, per quelli all’estero.

 


Articolo 1, comma 384
(Reti globali di monitoraggio climatico e ambientale)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

384. Per assicurare la partecipazione alle reti globali di monitoraggio climatico e ambientale nell'ambito del programma promosso dall'Organizzazione delle Nazioni Unite «Atmospheric Brown Cloud» e «SHARE-Asia», anche ai fini delle ricadute sul sistema produttivo agricolo mondiale e del supporto ai progetti collegati per lo sviluppo sostenibile nelle regioni montane nel quadro del Partenariato internazionale delle Nazioni Unite, è assegnato al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) un contributo annuo di 1,8 milioni di euro per l'anno 2006. Il Comitato di cui al decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1182, assicura il collegamento e lo scambio di informazioni tra il CNR e il Ministero delle politiche agricole e forestali per quanto riguarda l'attuazione del programma SHARE-Asia.

384. Identico.

 

 

 

Il comma 384 assegna al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) per il 2006 un contributo di 1,8 milioni di euro: il contributo è finalizzato alla partecipazione italiana alle reti globali di monitoraggio climatico e ambientale, e in particolare sia al Programma delle Nazioni Unite intitolato “Atmospheric Brown Cloud”, che al progetto SHARE-Asia. La partecipazione italiana avviene anche avendo riguardo alle ricadute dei progetti in questione sull’agricoltura mondiale e sullo sviluppo sostenibile nelle regioni montane del pianeta.

Per quanto concerne il solo programma SHARE-Asia, il Comitato nazionale italiano per il collegamento tra il Governo italiano e la FAO, istituito con il Decreto Legislativo 7 maggio 1948, n. 1182, cura la connessione e lo scambio di informazioni tra il CNR e il Ministero delle politiche agricole e forestali.

 

Il programma «SHARE-Asia» (Stations at High Altitude for Research on the Environment) è un progetto integrato di monitoraggio climatico, ambientale e geofisico. Esso è diretto a creare una rete di stazioni di monitoraggio, nella catena montuosa dell'Himalaya-Karakorum, per la determinazione di parametri meteo-climatici e di misure sulla chimica dell'atmosfera, che consentano di migliorare le conoscenze nel campo ambientale e delle scienze della terra nella regione, nonché di valutare l'impatto dell'uomo sulle varie componenti che caratterizzano gli ecosistemi e di comprendere le loro interazioni, al fine di identificare le attività di intervento nazionale ed internazionale più idonee.

Il progetto SHARE Asia, recentemente avviato dal Comitato Ev-K²-CNR ("Everest - K2 - CNR), include anche il Pyramid Meteo Network (PMN), una rete di monitoraggio climatico fondata dal Comitato nel 1990 e costituita da sei stazioni installate nel territorio del Sagarmatha (Nepal), e una stazione in Pakistan sul ghiacciaio di Baltoro.

 

Il Progetto Atmospheric Brown Cloud (ABC), promosso dall’UNEP (United Nations Environment Programme) si propone di analizzare l’impatto degli inquinanti nella troposfera delle regioni asiatiche sul sistema fisico climatico regionale e globale, sull’agricoltura, sul ciclo dell’acqua e sulla salute umana.

 

Il Consiglio nazionale delle ricerche è stato recentemente riordinato con D.Lgs 127/2003[238]; ai sensi di quest’ultimo Il C.N.R. ha personalità giuridica di diritto pubblico e gode di autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa, patrimoniale e contabile.

Tra le finalità del CNR, per quanto qui interessa, oltre alla promozione della ricerca con obiettivi di eccellenza in ambito nazionale e internazionale- anche in collaborazione con università e soggetti pubblici o privati- figura la partecipazione a programmi internazionali di ricerca nell’ ambito del Piano triennale delle attività (previsto dall’art. 16 del D.Lgs.).

Con riguardo allo stanziamento disposto dal comma 384 in esame, si ricorda che tra le entrate del CNR (art. 17 del D.Dlgs), oltre ad una quota del fondo ordinario per il finanziamento degli enti pubblici di ricerca (di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204[239]) e ad eventuali risorse a carico dei fondi previsti dal Programma nazionale della ricerca, figuranocontributi delle pubbliche amministrazioni, dell'unione europea o di altri organismi internazionali per l’esecuzione o partecipazione a programmi e progetti specifici;

 

Con il D.Lgs. 1182/1948 è stato costituito (art. 1) il Comitato nazionale italiano per il collegamento tra il Governo italiano e la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), ed eventualmente con altri analoghi Istituti internazionali.

Compito del Comitato – che ha sede presso il Ministero delle politiche agricole e forestali – è quello del coordinamento fra i vari dicasteri ed enti interessati, nelle loro relazioni con gli Istituti predetti, nonché quello di esprimere pareri preventivi su provvedimenti ad esso sottoposti, che riguardino i settori dell’agricoltura e dell'alimentazione. Inoltre, al Comitato vanno in ogni caso inviati i provvedimenti su tali materie, pur se non soggetti al parere di esso, a scopo informativo e di studio. Il Comitato può anche (art. 5) nominare – senza oneri per il bilancio dello Stato – sottocomitati e commissioni e chiedere il parere di esperti su questioni particolari: in base a tale previsione, il 20 Dicembre 2001 il Comitato ha dato mandato al Segretario Generale di provvedere alla costituzione delle seguenti sei Commissioni:

-        Agricoltura e povertà nei paesi in via di sviluppo del Mediterraneo – Ipotesi di progetti integrati di sviluppo agricolo e forestale;

-        Sicurezza alimentare e accesso al cibo – Educazione e solidarietà;

-        Polo alimentare ONU Roma - Logistica ed organizzazione;

-        Ricerca scientifica per l'agricoltura e l'alimentazione nei paesi in via di sviluppo;

-        Promozione e diffusione delle finalità della FAO;

-        Elaborazione di proposte per un Codice di condotta internazionale sul diritto all'alimentazione.

Il Comitato (art. 2) è presieduto dal Ministro per l'agricoltura e le foreste[240], che ne ha altresì la legale rappresentanza, ed è composto (art. 3) da rappresentanti del Ministero delle politiche agricole e forestali, del Ministeri degli affari esteri, del Ministero dell'interno, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero delle attività produttive, del Ministero della sanità, dell'ICE, dell'ISTAT, dell'Istituto Nazionale di Economia Agraria e dell'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione.


Articolo 1, comma 385
(Lavoratori marittimi esposti all’amianto)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

385. Per i lavoratori marittimi assicurati presso l'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), la sussistenza e la durata dell'esposizione all'amianto sono accertate e certificate dall'IPSEMA. Per i predetti lavoratori, restano valide le domande di certificazione già presentate all'INAIL, in ottemperanza al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 27 ottobre 2004, emanato in attuazione dell'articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17 dicembre 2004.

385. Identico.

 

 

Il comma in esamedetta una disciplina particolare per quanto riguarda le competenze alla certificazione dell’esposizione all’amianto per i lavoratori marittimi assicurati presso l’IPSEMA.

L'IPSEMA, istituito con il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, emanato in attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, per il riordino e la soppressione degli enti pubblici di previdenza e assistenza, ha unificato in un nuovo soggetto, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, le competenze in precedenza attribuite a tre distinte Casse: la Cassa marittima adriatica, la Cassa marittima tirrenica e la Cassa marittima meridionale.

L’IPSEMA è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; svolge compiti in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ed eroga prestazioni previdenziali di malattia e maternità nel campo marittimo.

Si ricorda, infatti, che l’INAIL ha competenza esclusiva per quanto riguarda la gestione della tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, salvo alcune eccezioni (articolo 127 del D.P.R. 1124/1965):

-        i dirigenti e gli impiegati tecnici ed amministrativi, di concetto e d’ordine, di aziende agricole e forestali, a cui provvede l’ENPAIA;

-        i giornalisti, per i quali l’istituto assicuratore è l’INPGI;

-        i detenuti addetti a lavori condotti direttamente dallo Stato;

-        gli addetti alla navigazione marittima, alla pesca marittima e i radiotelegrafisti di bordo, che sono iscritti obbligatoriamente all’istituto di previdenza per il settore marittimo, IPSEMA.

Si prevede quindi che, per i lavoratori marittimi, la sussistenza e la durata dell’esposizione all’amianto siano accertate e certificate dall’IPSEMA e non più, come prevede la normativa vigente[241], dall’INAIL.

Si osserva che sarebbe opportuno, dopo le parole “presso l’IPSEMA”, aggiungere le seguenti “ai sensi dell’articolo 127, numero 1, del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124”, in modo da precisare che ci si riferisce a tutti i lavoratori marittimi indicati da tale disposizione (addetti alla navigazione marittima, alla pesca marittima e radiotelegrafisti di bordo).

 

Si prevede, inoltre, che restano valide le domande di certificazione già presentate all’INAIL, secondo quanto previsto dal decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia del 27 ottobre 2004, in attuazione dell’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003.

Si osserva, dal punto di vista formale, che non si tratta di decreto interministeriale, ma di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Si ricorda che l’articolo 13, comma 8, della Legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, concede un beneficio previdenziale a determinate categoria di lavoratori (senza specificare se dipendenti pubblici o privati) che durante l’attività lavorativa siano stati esposti all’amianto. Il comma 8 prevedeva che l’intero periodo di esposizione all’amianto soggetto all’assicurazione presso l’INAIL, purché di durata superiore a 10 anni, fosse moltiplicato per un coefficiente pari a 1,5 ai fini della prestazione pensionistica.

L’articolo 47 del decreto legge 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla Legge 326 del 2003, ha modificato in pejus la disciplina concernente i benefici previdenziali, riducendo la misura del coefficiente di moltiplicazione dei periodi contributivi a favore dei lavoratori esposti all’amianto da 1,5 a 1,25, con decorrenza dal 1° ottobre 2003.

Peraltro, lo stesso articolo, superando la preclusione presente nella previgente disciplina, estende ai lavoratori non coperti da assicurazione gestita dall’INAIL il beneficio consistente nella rivalutazione a fini pensionistici del periodo di esposizione all’amianto.

Il nuovo coefficiente inoltre deve applicarsi, con la medesima decorrenza, soltanto per la determinazione della misura del trattamento previdenziale e non anche per la maturazione dei requisiti di accesso alla pensione (i cosiddetti requisiti minimi contributivi).

Era previsto che le nuove misure si applicassero anche ai lavoratori a cui fossero state rilasciate le certificazioni dall'INAIL relative all'esposizione all'amianto sulla base degli atti di indirizzo emanati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali prima dell'entrata in vigore del decreto legge 269, ovvero prima del 1° ottobre 2003[242].

Inoltre il beneficio viene riconosciuto solo in favore dei lavoratori che siano stati esposti (per un periodo superiore a 10 anni) all'amianto "in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno". Resta fermo che tali limiti non concernono i soggetti per i quali sia stata accertata una malattia professionale a causa dell’esposizione all’amianto, secondo quanto previsto dal testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al DPR 30 giugno 1965, n. 1124.

La sussistenza dell'esposizione all'amianto e la sua durata devono essere accertate e certificate dall'INAIL.

Successivamente, l’articolo 3, comma 132, della Legge 350/2003 (Legge finanziaria 2004), ha previsto una deroga alle disposizioni dell’art. 47 del D.L. 269/2003; conseguentemente le disposizioni previgenti al decreto legge 269 vengono ripristinate solo in favore dei lavoratori che, alla data del 2 ottobre 2003, alternativamente,:

-        abbiano già ottenuto il riconoscimento, in sede giudiziaria o amministrativa, del beneficio previdenziale in oggetto;

-        abbiano già presentato domanda all’INAIL per il rilascio del certificato attestante lo svolgimento di attività lavorative con esposizione ultradecennale all’amianto;

-        abbiano già maturato il diritto alla pensione anche con contributi riconosciuti per lavorazioni esposte all’amianto[243];

-        abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento;

-        siano percettori di trattamenti di mobilità.

In questi casi la misura del coefficiente di moltiplicazione per il periodo di esposizione all’amianto è ancora pari a 1,5 e vale sia per il raggiungimento del diritto sia per la determinazione della misura della pensione.

 

Le modalità di attuazione delle disposizioni recate dal decreto legge 269 sono state stabilite con il D.M. 27 ottobre 2004 che ha previsto una disciplina a doppio binario, distinguendo tra i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 sono stati esposti all’amianto per periodi lavorativi nonsoggetti all’assicurazione obbligatoria gestita dall’INAIL e quelli che, invece, sono stati esposti all’amianto per periodi lavorativi soggetti all’assicurazione INAIL e che hanno maturato, sempre alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali[244] (articolo 1).

Per i lavoratori non soggetti all’assicurazione INAIL si applica il disposto dell’art. 47 del citato D.L. n. 269/2003 e, pertanto, la maggiorazione di un anno di contribuzione si verifica ogni quattro anni di contribuzione anziché ogni due (coefficiente pari a 1,25 anziché 1,50: articolo 2).

Ai sensi dell’articolo 3, l’esistenza e la durata dell’esposizione devono essere accertate e certificate dall’INAIL. La domanda di certificazione di esposizione all’amianto doveva esser presentata all’INAIL entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto (quindi entro il 15 giugno 2005), a pena di decadenza dai benefici pensionistici[245].

Il decreto ministeriale precisa infine (articolo 4) che l’anzianità complessiva utile ai fini pensionistici, conseguita con l’attribuzione dei benefici previdenziali derivanti dall’esposizione all’amianto, non può comunque risultare superiore a 40 anni, ovvero al limite massimo stabilito dai regimi pensionistici di appartenenza (qualora sia inferiore a 40 anni).

 

Sarebbe opportuno precisare che anche per l’accertamento e la certificazione da parte dell’IPSEMA valgono le disposizioni procedurali di cui all’articolo 3 del su citato D.M. 27 ottobre 2004, ora riferite all’INAIL.

Si ricorda, in particolare, che l’articolo 3 di tale decreto prevede che l’avvio del procedimento di accertamento dell’INAIL è subordinato alla presentazione, da parte del lavoratore interessato, del curriculum lavorativo, rilasciato dal datore di lavoro, dal quale risulti l’adibizione, in modo diretto ed abituale, ad una delle attività lavorative comportanti l’esposizione all’amianto (comma 3).

Inoltre, ai fini dell’accertamento dell’esposizione all’amianto, il datore di lavoro è tenuto

A fornire all’INAIL tutte le notizie e i documenti utili richiesti dall’istituto.

Nel corso dell'accertamento, l'INAIL esegue i sopralluoghi ed effettua gli incontri tecnici che ritiene necessari per l'acquisizione di elementi di valutazione, ivi compresi quelli con i rappresentanti dell'azienda e con le organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'azienda stessa (comma 6).

Per lo svolgimento dei suoi compiti, l'INAIL si avvale dei dati delle indagini mirate di igiene industriale, di quelli della letteratura scientifica, delle informazioni tecniche, ricavabili da situazioni di lavoro con caratteristiche analoghe, nonché di ogni altra documentazione e conoscenza utile a formulare un giudizio sull'esposizione all'amianto fondato su criteri di ragionevole verosimiglianza (comma 7).

La certificazione della sussistenza e della durata dell'esposizione all'amianto deve essere rilasciata dall'INAIL entro un anno dalla conclusione dell'accertamento tecnico (comma 8).


Articolo 1, comma 385-bis
(Salvaguardia di disposizioni previgenti in materia di pensionamento)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

385-bis. Nei limiti di 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008 è finanziato un piano diretto a prevedere il beneficio del mantenimento delle disposizioni in materia di pensio­namenti di anzianità vigenti prima della data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 243, nei confronti di coloro che siano stati collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria ovvero in mobilità ovvero siano stati già dipendenti da imprese operanti nei settori dell'elettronica e delle tele­comunicazioni. Nel predetto piano, da approvare con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, saranno definite le modalità selettive ed applicative.

 

 

Il comma in esame prevede la predisposizione di un apposito Piano, da approvarsi con decreto del Ministro del lavoro emanato di concerto con i Ministri dell’economia e delle attività produttive, che preveda il mantenimento del regime previdenziale ora vigente, ai soli fini delle pensioni di anzianità, in favore dei lavoratori collocati in cassa integrazione straordinaria (CIGS) o in mobilità o che comunque siano stati dipendenti da imprese operanti nei settori dell’elettronica o delle telecomunicazioni.

Nel Piano saranno definite le modalità “selettive ed applicative”. Si rinvia quindi al decreto ministeriale che predispone il Piano la fissazione dei criteri per individuare i soggetti che potranno beneficiare della previsione e le modalità attuative.

La norma sembra diretta esclusivamente ai lavoratori dei settori dell’elettronica e delle telecomunicazioni. Per evitare dubbi interpretativi, sarebbe opportuno inserire, dopo le parole “siano stati” la seguente “comunque”.

Per tale finalità viene stanziato l’importo di 10 milioni di euro a decorrere dal 2008, anno di entrata in vigore della riforma previdenziale prevista dalla Legge 23 agosto 2004, n. 243.

 

La legge n. 243/2004 ha lasciato immutato il sistema previdenziale fino al 2008 per quanto attiene ai requisiti di accesso al pensionamento.

Pertanto fino a tale data i requisiti della maturazione del diritto alle prestazioni pensionistiche di anzianità e di vecchiaia restano quelli definiti dalla legge n. 335 del 1995 e dalla legge n. 449 del 1997, siano esse calcolate con il metodo retributivo, con quello contributivo o con quello misto. Per i lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato che maturano i requisiti per la pensione entro la fine del 2007, il diritto alla pensione di anzianità è riconosciuto in presenza di 57 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, qualora ricorra un requisito contributivo più elevato (39 anni per il biennio 2006-2007).

Per i lavoratori dipendenti è confermato il regime anagrafico ridotto per gli operai ed i “lavoratori precoci”, essendo richiesti 56 anni di età per il 2004-2005 e 57 per il 2006-2007.

Per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS sono attualmente richiesti 58 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, 40 anni di contributi.

Pertanto i lavoratori che fino al 2007 conseguiranno i requisiti sopra indicati potranno accedere al relativo trattamento pensionistico secondo la normativa e le stesse decorrenze vigenti anteriormente alle innovazioni della riforma.[246]

Questi stessi lavoratori, inoltre, potranno esercitare il diritto alla prestazione in un qualsiasi momento successivo alla maturazione dei predetti requisiti, indipendentemente da ogni modifica normativa, grazie all’istituto della “certificazione del diritto alla pensione”. Tale certificazione assume valenza garantistica dei diritti quesiti, consentendo agli interessati di pensionarsi in base alle regole del previgente regime anche laddove sia intervenuta una revisione della normativa in materia.

Dal 2008 si assisterà alla riforma strutturale, con i seguenti requisiti per accedere al pensionamento:

§       per la pensione di anzianità nel sistema retributivo e misto i requisiti per l'accesso alla pensione sono: 35 anni di contributi e 60 anni di età (61 per gli autonomi), con incremento di 1 anno nel 2010 e poi ancora di uno nel 2014, salvo verifica degli effetti finanziari; 40 anni di anzianità contributiva a prescindere dal requisito anagrafico;

§       per la pensione nel sistema contributivo: si può accedere alla pensione con 65 anni per gli uomini e 60 per le donne e un quinquennio di contributi; 40 anni di contributi a prescindere dall'età; 35 anni di contributi e 60 anni di età (61 per gli autonomi) con gli incrementi anagrafici di cui al precedente punto.

Come eccezione è consentito, in via sperimentale fino al 2015, alle lavoratrici che optano per la liquidazione della pensione con il sistema contributivo, di conseguire la pensione di anzianità ancora con 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 anni per le lavoratrici autonome).

Si ricorda inoltre che l’articolo 1, commi 18 e 19 della legge n. 243/2004 prevede una eccezione all’applicazione delle nuove disposizioni in materia di pensioni di anzianità, che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2008..

Continua infatti ad applicarsi la normativa previgente – nei limiti peraltro del numero di 10.000 lavoratori beneficiari – ai:

a) lavoratori collocati in mobilità in base ad accordi sindacali siglati entro la data del 1° marzo 2004, a condizione che maturino i requisiti richiesti dalla normativa vigente per la pensione di anzianità entro il periodo in cui ancora usufruiscono dell’indennità di mobilità prevista dall’articolo 7, comma 2, della legge 223 del 1991 (trattasi della c.d. mobilità “lunga” che consiste nella proroga dell’indennità di mobilità oltre i termini della sua naturale scadenza e fino al momento in cui lavoratore consegue il diritto alla pensione);

b)  lavoratori che abbiano usufruito dei fondi di solidarietà di settore, previsti dalla legge n. 662 del 1996 (articolo 2, comma 28) in favore delle aziende sprovviste di un sistema pubblico di ammortizzatori sociali, a condizione che i relativi accordi sindacali siano già stati firmati alla data del 1° marzo 2004.

Il comma 19 detta i criteri per l’individuazione dei 10.000 lavoratori che potranno fruire del beneficio: si tratta dei primi 10.000 lavoratori che presenteranno domanda di pensionamento all’INPS dopo il 1° gennaio 2008, intendendosi avvalere del beneficio medesimo.

A tal fine l’INPS provvede ad un apposito monitoraggio delle predette domande, senza prendere in esame quelle che perverranno successivamente al raggiungimento del numero di 10.000.

 

In conseguenza del finanziamento del Piano per 10 milioni di euro previsto dalla disposizione in esame, viene ridotto per il medesimo importo e con la medesima decorrenza lo stanziamento iscritto nella Tabella C allegata al disegno di legge finanziaria in esame relativamente alla voce “U.P.B. – cap. 2280 Contributi ad enti ed altri organismi” del Ministero delle attività produttive.


Articolo 1, comma 386
(All-digital Sardegna e Valle d’Aosta)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

386. Per l'anno 2006 nei confronti degli abbonati al servizio di radiodiffusione delle aree all digital Sardegna e Valle d'Aosta e di quattro ulteriori aree all digital da individuare con decreto del Ministro delle comunicazioni nonché degli abbonati che dimostrino di essere titolari di abitazione nelle medesime aree attraverso il pagamento dell'imposta comunale sugli immobili, in regola per l'anno in corso con il pagamento del relativo canone di abbonamento, che non abbiano beneficiato del contributo previsto dall'articolo 4, comma 1, legge 24 dicembre 2003, n. 350, e dall'articolo 1, comma 211, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, che acquistino o noleggino un apparato idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale, è riconosciuto un contributo pari a 90 euro per i casi di acquisto o noleggio effettuati dal 1o al 31 dicembre 2005 e di 70 euro per quelli effettuati dal 1o gennaio 2006. Il contributo è riconosciuto a condizione che sia garantita la fruizione diretta e senza restrizione dei contenuti e servizi in chiaro e che siano fornite prestazioni di interattività, anche da remoto, attraverso interfacce di programmi (API) aperte e riconosciute tali, conformi alle norme pubblicate nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee ai sensi dell'articolo 18 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), nonché a condizione che il canale di interazione, attivato su linea telefonica analogica commutata, sia supportato da un modem abilitato a sostenere, per tale tipo di accesso, la classe di velocità V90/V92, fino a 56 Kbits ovvero una velocità almeno equivalente per le altre tecnologie trasmissive di collegamento alle reti pubbliche di telecomunicazioni. Ai titolari di alberghi, strutture ricettive, campeggi ed esercizi pubblici situati nelle aree all digital, il contributo è riconosciuto per ogni apparecchio televisivo messo a dispo­sizione del pubblico. La concessione del contributo è disposta entro il limite di 10 milioni di euro.

386. Identico.

 

 

 

Il comma in esame riconosce un contributo in caso di acquisto o noleggio di un apparato idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l’utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale.

Il contributo è previsto:

§      per l’anno 2006;

§      nei confronti :

-       degli abbonati al servizio di radiodiffusione delle aree all digital Sardegna e Valle d'Aosta

Il 16 aprile 2005 sono stati sottoscritti. – al fine della definitiva transizione alla televisione digitale terrestre (switch-off) nel territorio delle regioni autonome Valle d'Aosta e Sardegna - protocolli d’intesa dal Ministero delle comunicazioni, dalle predette regioni e dall'Associazione DGTVi, con cui le parti si sono impegnate a mettere in atto tutte le attività necessarie per rendere possibile entro il 31 gennaio 2006 la transizione al digitale terrestre nelle aree principali delle due regioni.

-       degli abbonati al servizio di radiodiffusione di quattro ulteriori aree all digitalda individuare con decreto del Ministro delle comunicazioni;

-       degli abbonati che dimostrino di essere titolari di abitazione nelle aree suddette attraverso il pagamento dell'imposta comunale sugli immobili.

I soggetti sopra elencati devono :

§       essere in regola per l'anno in corso con il pagamento del relativo canone di abbonamento;

§      non aver beneficiato del contributo previsto dall'articolo 4, comma 1, legge 350/2003 (legge finanziaria 2004), e dall'articolo 1, comma 211, della legge 311/2004 (legge finanziaria 2005).

Il comma 1 dell’articolo 4 della legge 350/2003 prevede, per l’anno 2004, un contributo statale pari a 150 euro da corrispondere a ciascun utente del servizio radiodiffusione, in regola, per l’anno in corso, con il pagamento del relativo canone di abbonamento, che acquisti o noleggi un apparato idoneo a ricevere i segnali televisivi in tecnica digitale terrestre e la conseguente interattività. Il limite di spesa per tali incentivi è fissato in 110 milioni di euro[247]. La ricezione del segnale televisivo deve avvenire in chiaro e senza alcun costo per l’utente e per il fornitore dei contenuti, e lo standard per le trasmissioni digitali può essere anche quello via cavo (C-DVB), oltre a quello via terra (si intende, via etere). Per la determinazione dei criteri e delle modalità di attribuzione del contributo statale è poi intervenuto, sulla base del medesimo articolo 4 (comma 4), il D.M. 30 dicembre 2003[248]

Il comma 211 dell’articolo 1 della legge 311/2004 rifinanzia l’ intervento già previsto dalla legge finanziaria 2004 prevedendo, per l’anno 2005, un contributo statale pari a 70 euro da corrispondere a ciascun utente del servizio di radiodiffusione che acquisti o noleggi un apparato idoneo a ricevere i segnali televisivi in tecnica digitale terrestre e la conseguente interattività. Il contributo è corrisposto a condizione che l’utente sia in regola, per l’anno in corso, con il pagamento del relativo canone di abbonamento. La misura si applica ai contratti stipulati a decorrere dal 1° dicembre 2004. Per le procedure di assegnazione dei contributi la disposizione rinvia a quanto stabilito, relativamente all’anno 2004, dagli articoli 1, 2, 3 e 7 del decreto del Ministro delle comunicazioni 30 dicembre 2003, in quanto compatibili. Il limite di spesa per tali incentivi è fissato in 110 milioni di euro.

Il decreto ministeriale 1° settembre 2005 - al fine di favorire la definitiva transizione delle trasmissioni televisive su frequenze terrestri dalla tecnologia analogica a quella digitale entro il 31 gennaio 2006 nelle principali aree territoriali, omogenee dal punto di vista dei bacini, delle regioni autonome della Valle d'Aosta e della Sardegna – ha riservato una quota pari a 14 milioni di euro, ovvero alla minor somma residua rispetto allo stanziamento iniziale di cui all'art. 1, comma 211, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in relazione alle erogazioni effettuate alla data del decreto, contributi per l'acquisto o noleggio, anche con possibilità finale di acquisto, di apparecchi idonei a consentire la ricezione in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti dei segnali televisivi in tecnica digitale terrestre (T-DVB/C-DVB) e la conseguente interattività in favore di abbonati al servizio di radiodiffusione delle regioni Sardegna e Valle d'Aosta, in regola con il pagamento del canone di abbonamento per l'anno in corso.

Il decreto ministeriale 2 settembre 2005 ha poi riconosciuto agli abbonati al servizio di radiodiffusione televisiva, in regola con il pagamento del canone di abbonamento per l'anno in corso, delle regioni autonome della Sardegna e della Valle d'Aosta, un contributo di 20 euro per l'acquisto od il noleggio di un apparecchio idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale e una elevata interattività da remoto. Alla erogazione del contributo suddetto si è provvede attingendo, entro il limite di 6 milioni di euro, alle disponibilità del Fondo - istituito con il comma 250 dell'art. 1 della legge finanziaria 2005, per l’anno 2005, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero delle comunicazioni - per la promozione e la realizzazione di aree all digital e servizi di T-Government sulla piattaforma della televisione digitale terrestre, con una dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro.

 

L’ammontare del contributo è pari a:

§      90 euro per i casi di acquisto o noleggio effettuati dal 1° al 31 dicembre 2005;

§      70 euro per i casi di acquisto o noleggio effettuati dal 1° gennaio 2006.

 

Il contributo è riconosciuto a condizione che:

§      sia garantita la fruizione diretta e senza restrizione dei contenuti e servizi in chiaro;

§      siano fornite prestazioni di interattività, anche da remoto, attraverso interfacce di programmi (API) aperte e riconosciute tali, conformi alle norme pubblicate nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee ai sensi dell'articolo 18 della direttiva 2002/21/CE[249]

L’articolo 18 richiamato prevede che, al fine di assicurare il libero flusso di informazioni, il pluralismo dei mezzi d'informazione e la diversità culturale, gli Stati membri incoraggiano:

a)       i fornitori dei servizi di televisione digitale interattiva da rendere disponibile al pubblico nella Comunità su piattaforme di televisione digitale interattiva, a prescindere dalle modalità di trasmissione, a usare un'API aperta;

b)       i fornitori di tutte le apparecchiature digitali televisive avanzate destinate a ricevere i servizi di televisione digitale interattiva su piattaforme di televisione digitale interattiva, a rispettare l'API aperta in conformità con: requisiti minimi dei relativi standard o specifiche.

§      il canale di interazione, attivato su linea telefonica analogica commutata, sia supportato da un modem abilitato a sostenere, per tale tipo di accesso, la classe di velocità V90/V92, fino a 56 Kbits ovvero una velocità almeno equivalente per le altre tecnologie trasmissive di collegamento alle reti pubbliche di telecomunicazioni.

 

Per i titolari di alberghi, strutture ricettive, campeggi ed esercizi pubblici situati nelle aree all digital, il contributo è riconosciuto per ogni apparecchio televisivo messo a disposizione del pubblico.

 

La concessione del contributo è disposta entro il limite di 10 milioni di euro.

 

Si segnala che la disposizione non esame non prevede alcunché circa la determinazione delle modalità di attribuzione del contributo statale ivi previsto.


Articolo 1, comma 386-bis
(Interventi di protezione ambientale nel Gennargentu)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

386-bis. Per la realizzazione di interventi di protezione ambientale dell'area montana del Gennargentu sono destinati ai comuni 3,5 milioni di euro nell'anno 2006, a valere sul Fondo unico per gli investimenti a difesa del suolo e della tutela ambientale di cui all'unità previsionale di base 1.2.3.6 dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, che viene conseguentemente integrato della medesima somma. Al comma 2 dell'articolo 34 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, le parole: «È istituito, d'intesa con la regione Sardegna ai sensi dell'articolo 2, comma 7, il Parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu. Qualora l'intesa con la regione Sardegna non si perfezioni entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge» sono soppresse; è altresì abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 14 maggio 1998, relativo all'istituzione del Parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu. Il riparto dello stan­ziamento tra i comuni è effettuato sulla base dell'estensione delle aree precedentemente vincolate. La costi­tuzione di un'area parco è definita attraverso apposita intesa tra lo Stato e la regione Sardegna. I comuni ricadenti nell'area individuata potranno aderire all'intesa e fare parte dell'area parco attraverso apposita deliberazione dei propri consigli.

 

 

 

Il comma 386-bis introduce norme con le quali:

 

a)      vengono destinate ai comuni dell’area montana del Gennargentu risorse per 3,5 milioni di euro nell’anno 2006 per la realizzazione di interventi di protezione ambientale nell’area montana stessa, a valere sul Fondo unico per gli investimenti a difesa del suolo e della tutela ambientale, che viene conseguentemente integrato della medesima somma. Si dispone inoltre che il riparto dello stanziamento di 3,5 milioni di euro tra i comuni è effettuato sulla base dell’estensione delle aree precedentemente vincolate;

b)      vengono soppresse le disposizioni che prevedono l’istituzione del Parco nazionale del Golfo di Orosei del Gennargentu. La norma prevede peraltro l’istituzione di un’area parco nella zona del Gennargentu sulla base di una intesa Stato-Regione Sardegna.. E’ inoltre previsto che i comuni ricadenti nell’area della nuova area parco possono aderire all’intesa e far parte dell’area parco attraverso apposita deliberazione dei propri consigli;

Per quel che riguarda le disposizioni sub lettera b) si ricorda che le disposizioni che prevedono l’istituzione dell’Ente parco, che vengono soppresse sono una parte del comma 2 dell’articolo 34 della legge 6 dicembre 1991,n. 394 (che prevede l’istituzione d’intesa con la Regione entro sei mesi dell’ente parco del Gennargentu o in alternativa quello della Val d’Agri) e il D.P.R. 30 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 110 del 14 maggio 1998 relativo -a seguito del perfezionamento dell’intesa con la Regione- alla istituzione del parco in questione.

Si ricorda che la proposta di legge n. 5544 in corso di esame presso l’VIII Commissione della Camera reca disposizioni pressoché identiche a quelle poc’anzi citate. La proposta di legge prevede infatti anch’essa la soppressione dell’ente parco nazionale del Gennargentu attraverso la soppressione del comma 2 dell’articolo 34 della legge n. 394 del 1991 e del D.P.R. citato. Le uniche differenze consistono nel fatto che tale proposta abroga tutto il comma 2, eliminando quindi anche la disposizione che prevede in alternativa all’istituzione dell’ente parco del Gennargentu l’istituzione del Parco della Val d’Agri e nel fatto che la proposta provvede altresì ad apportare opportune modifiche ai riferimenti interni contenuti nei commi 3 e 5 dell’articolo 34 derivanti dalla soppressione del comma 2 dello stesso articolo.

Viene infatti prevista la sostituzione ai comma 3 e 5 delle parole “ di cui ai commi 1 e 2” con quelle “di cui al comma 1”

Si osserva quindi che ai fini di un migliore coordinamento formale dei testi, sarebbe opportuno prevedere la soppressione dell’intero comma 2 dell’articolo 34 della legge n. 394 del 1991, inserendo inoltre le disposizioni di coordinamento formale del testo appena citate

Per quel che riguarda l’istituzione di una nuova area parco nella medesima zona in cui insiste il parco del Gennargentu, si osserva che la procedura prevista potrebbe creare qualche problema di carattere organizzativo. Infatti,s e si lascia ai singoli comuni ricadenti nell’area l’alternativa se aderire o meno al parco potrebbe verificarsi la circostanza che nessun Comune aderisca al parco e che quindi il parco non si costituisce.


Articolo 1, comma 387
(Contributo alle imprese editrici)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

387. Nei casi di cui all'articolo 3, comma 11-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 250, qualora siano presentate più domande, tutte le imprese editrici interessate decadono dal diritto di accedere ai contributi. I costi ammissibili per il calcolo dei contributi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250, all'articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, e all'articolo 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112, non possono aumentare su base annua di una percentuale superiore a quella del tasso programmato di inflazione per l'anno di riferimento dei contributi.

387. Identico.

 

 

Il comma 387 modifica, al primo periodo, la disciplina della non cumulabilità dei contributi alle imprese editrici previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 250[250], stabilendo che qualora siano presentate più domande da parte di imprese tra loro collegate, tutte le imprese interessate decadano dal diritto di accedere ai contributi.

Si segnala che i commi 320-331 del provvedimento in esame recano una serie di disposizioni che vanno ad incidere sulla normativa in materia di provvidenze all’editoria, prevalentemente mediante modifiche o integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 250.

 

L’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, in parte sostituito dall'articolo 18 della legge n. 62 del 2001, disciplina i contributi diretti previsti per le testate edite da cooperative giornalistiche e di altre specifiche categorie di imprese editoriali (quali imprese editrici di quotidiani ove la maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro, o che editino giornali in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome della Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, o quotidiani italiani editi e diffusi all’estero nonché imprese editrici di quotidiani o periodici organi o giornali di forze politiche). Ai fini dell’accesso ai contributi la disposizione, in particolare, richiede, oltre a requisiti di trasparenza e diffusione, che i proventi pubblicitari non superino una certa percentuale dei costi. I contributi sono di due tipi: fissi e variabili. Per entrambi è stabilito un limite massimo definito in termini percentuali rispetto ai costi complessivi. Fermo restando questo elemento comune, i primi sono erogati a prescindere dalla tiratura; i secondi sono invece rapportati alla tiratura[251].

In particolare, per quanto qui interessa, il comma 11-ter ha previsto che i contributi siano concessi a condizione che non fruiscono dei medesimi contributi imprese collegate con l'impresa richiedente, o controllate da essa, o che la controllano, o che siano controllate dalle stesse imprese, o dagli stessi soggetti che la controllano.

 

Si segnala - con riferimento al coordinamento con la normativa vigente - l’opportunità che la norma in esame modifichi il comma 11-ter della legge n. 250/90.

 

Il secondo periodo del comma 387 prevede, inoltre, che i costi ammissibili per il calcolo del contributo previsto dalla citata legge n. 250 nonché dalle leggi 6 agosto 1990, n. 223 e 3 maggio 2004, n. 112[252]- riguardanti i programmi informativi trasmessi delle TV locali e via satellite - non possano aumentare su base annua di una percentuale superiore a quella del tasso programmato di inflazione per l’anno di riferimento dei contributi.

 

Si ricorda che il comma 327 del provvedimento in esame prevede la decadenza dal diritto a percepire le provvidenze indicate dalle medesime leggi per le imprese che non trasmettano l'intera documentazione entro un anno dalla relativa richiesta.

 

L’articolo 23, comma 3, della legge n. 223 del 1990 reca i contributi per i concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, ovvero i soggetti autorizzati per la radiodiffusione televisiva locale, che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali;

L'art. 7, comma 13 della legge 3 maggio 2004, n. 112 prevede contributi per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, con esclusione di quelli ad accesso condizionato, come definiti dall'articolo 1, lettera c), del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, di cui alla Delibera dell'Autorità Garante delle comunicazioni n. 9/1999, che si impegnano a trasmettere programmi di informazione alle condizioni previste dall'articolo 7 del decreto-legge n. 323 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 422 del 1993[253].

 

In linea generale, si segnala l’opportunità di spostare il comma in esame prima del comma 327, al fine di unificare tutti gli interventi in materia di editoria.


Articolo 1, comma 387.2
(Tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.2. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4 numerata e vidimata.

 

 

Il comma 387.2 prevede che gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4 numerata e vidimata.

 

Ai sensi degli articoli 11, comma 3, e 12 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio – cosiddetto “decreto Ronchi”), tutti i soggetti che effettuano a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, ovvero svolgono le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti che producono rifiuti non pericolosi, di cui all’articolo 7, comma 3, lettere c), d), e g) del medesimo decreto, hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico, con fogli numerati e vidimati dall'Ufficio del registro, su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto .

In particolare, secondo la normativa vigente (art. 11 del medesimo decreto), i soggetti obbligati alla tenuta dei registri di carico e scarico sono:

-       coloro che effettuano a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, compresi i commercianti e gli intermediari di rifiuti;

-       enti e imprese che effettuano attività di smaltimento e di recupero di rifiuti;

-       enti e imprese che producono rifiuti pericolosi;

-       enti e imprese che producono rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali (comma 3, lettera c) dell’articolo 7) e artigianali (comma 3, lettera d) dello stesso articolo 7);

-       enti e imprese che producono rifiuti non pericolosi derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi (comma 3, lettera g) dell’articolo 7);

-       soggetti che effettuano il deposito temporaneo di rifiuti, cioè il raggruppamento, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti i rifiuti stessi, secondo modalità definite dall’art. 6, comma 1, lettera m), del decreto legislativo n. 22 (art. 28, comma 5);

-       soggetti che comunque utilizzano i rifiuti non pericolosi in operazioni diverse da quelle di recupero (elencate nell’allegato C), da individuarsi con “apposite norme tecniche” (art. 33, comma 10).

Sempre secondo la normativa vigente, sono invece esonerati dall’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico:

-       gli imprenditori agricoli con un volume di affari annuo non superiore a 15 milioni di lire (art. 11, comma 3);

-       i piccoli imprenditori artigiani, che producono rifiuti non pericolosi e che non hanno più di tre dipendenti (art. 11, comma 3);

-       i soggetti che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti, abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio (art. 58, comma 7 quater);

-       i rivenditori, i produttori, gli importatori ed i distributori, e le loro associazioni di categoria, che abbiano stipulato accordi e contratti di programma per le attività di ritiro, trasporto e stoccaggio dei beni durevoli (art. 44, comma 3).

Si ricorda, inoltre, che le informazioni contenute nel registro sono rese in qualunque momento all'autorità di controllo che ne fa richiesta. La disciplina recata dall’art. 12 specifica, inoltre, i tempi in cui devono essere effettuate le annotazioni, le modalità di tenuta dei registri e il loro contenuto necessario, mentre, con il DM 1.4.1998, n. 148, è stato adottato il Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti ai sensi degli articoli 12, 18, comma 2, lettera m), e 18, comma 4, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.

 

Il comma 1 dell’articolo 1 del D.M n. 148 del 1998 prevede che sono approvati i modelli di registro di carico e scarico dei rifiuti riportati negli allegati A e B. Il comma 2 dispone che il registro di carico e scarico è composto da fogli numerati e vidimati dall'ufficio del registro e deve essere compilato secondo le modalità indicate nell'allegato C - Descrizione tecnica. Il comma 3 prevede che i registri di carico e scarico tenuti mediante strumenti informatici devono utilizzare carta a modulo continuo. La stampa di tali registri deve essere effettuata con la cadenza prevista per le diverse categorie di operatori dall'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche ed integrazioni, e comunque in sede di verifica da parte degli organi di controllo. Il comma 4 in sostituzione dei modelli di cui al comma 1, i produttori di rifiuti non pericolosi hanno la facoltà di adempiere all'obbligo della tenuta del registro di carico e scarico anche con i seguenti registri, scritture e documentazione contabili: a) registri IVA di acquisto e vendite; b) scritture ausiliarie di magazzino di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni; c) altri registri o documentazione contabile la cui tenuta sia prevista da disposizioni di legge. Il comma 5 prevede che i registri, la documentazione e le scritture contabili di cui alle lettere a), b) e c) del comma 4 possono sostituire i registri di carico e scarico a condizione che siano numerati e vidimati, siano integrati dal formulario di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e contengano i seguenti elementi, da annotarsi con la cadenza stabilita dall'articolo 12, comma 1, del citato decreto legislativo e secondo le modalità indicate nell'allegato C: a) data di produzione o di presa in carico e di scarico del rifiuto, il numero progressivo della registrazione e la data in cui il movimento viene effettuato; b) le caratteristiche del rifiuto; c) le quantità dei rifiuti prodotti all'interno dell'unità locale o presi in carico; d) l'eventuale ulteriore descrizione del rifiuto; e) il numero del formulario che accompagna il trasporto dei rifiuti presi in carico o avviati ad operazioni di recupero o di smaltimento; f) l'eventuale intermediario o commerciante di cui ci si avvale. Il comma 6 prevede infine I registri tenuti dalle associazioni di categoria ai sensi dell'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ed i registri sostitutivi di cui al comma 4 possono essere vidimati con la procedura prevista dalla normativa vigente per le scritture contabili.

Il comma 2 dell’articolo 52 del decreto legislativo n. 22 del 1997 prevede che “chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all'articolo 12, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinque milioni a lire trenta milioni. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire trenta milioni a lire centottanta milioni, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese ad un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell'infrazione e dall'amministratore. Le sanzioni di cui sopra sono ridotte rispettivamente da lire duemilioni a lire dodicimilioni per i rifiuti non pericolosi, da lire quattromilioni a lire ventiquattromilioni per i rifiuti pericolosi, nel caso di imprese che occupano un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti calcolate con riferimento al numero di dipendenti occupati a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato”

 

La norma sembra quindi chiarire che, ai sensi dei commi 2 e 3 dell’articolo 1 del D.M. n. 148 del 1998, può essere usata carta A4 numerata e vidimata.


Articolo 1, comma 387.3
(Asseverazione doganale)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.3. Ferma restando la facoltà della dogana di effettuare comunque i controlli ritenuti necessari, il comma 1 dell'articolo 2 della legge 25 luglio 2000, n. 213, si interpreta nel senso che il potere di asseverazione attribuito agli spedizionieri doganali e agli altri soggetti abilitati può essere esercitato anche successivamente all'espleta­mento dell'operazione doganale. Il comma 5 del medesimo articolo si interpreta nel senso che l'attestazione contenuta nell'asseverazione riguarda sia la completezza documentale e la regolarità formale, sia tutti gli aspetti di regolarità sostanziale dell'operazione doganale. I soggetti che esercitano il potere di asseverazione di cui al medesimo articolo 2 della citata legge n. 213 del 2000 assumono la veste di persona incaricata di pubblico servizio ai sensi dell'articolo 358 del codice penale.

 

 

Il comma 387.3, inserito nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, reca l’interpretazione autentica dell’articolo 2 della legge 25 luglio 2000, n. 213, relativo all’asseverazione dei dati operata, agli effetti delle procedure doganali, dagli spedizionieri doganali[254], dai centri di assistenza doganali (CAD)[255] e dagli altri soggetti a ciò abilitati[256].

 

L’asseverazione di cui al citato articolo 2 consiste in un’attestazione richiesta dall’operatore economico che intende presentare una dichiarazione agli uffici finanziari.

L’asseverazione attesta la corrispondenza dei dati contenuti nelle dichiarazioni presentate con i documenti sui quali le stesse si fondano. In particolare, per quanto riguarda le dichiarazioni doganali, l’asseverazione attesta anche che l'operazione doganale richiesta è regolare, completa dei documenti necessari e risponde a tutti i requisiti prescritti per il suo compimento dalla normativa vigente (articolo 2, comma 5).

L’asseverazione viene rilasciata dagli spedizionieri doganali, da eventuali altri soggetti a ciò abilitati, nonché dai centri di assistenza doganale (CAD) (articolo 2, commi 1 e 2, e articolo 3, comma 2 della legge n. 231 del 2000). In particolare, il comma 1 dispone che “gli spedizionieri doganali possono asseverare i dati contenuti nelle dichiarazioni da presentare agli uffici finanziari”.

L’Amministrazione finanziaria, nell’esecuzione dei controlli in sede di accertamento, di norma assume i dati asseverati dagli spedizionieri doganali e dagli altri soggetti abilitati, e compie ulteriori verifiche dei dati stessi solo qualora vi siano fondati motivi per procedervi (articolo 2, comma 4).

L’asseverazione comporta la responsabilità solidale dei soggetti abilitati per il pagamento del tributo, se questi erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza dell’erroneità dei fatti asseverati (articolo 2, comma 6), e, in caso di asseverazione falsa e mendace, la responsabilità, anche patrimoniale, per i danni procurati all’erario (articolo 2, comma 7).

 

Il primo periodo del comma in esame interpreta il comma 1 del sopra illustrato articolo 2 della legge n. 213 del 2000 nel senso che il potere di asseverazione, spettante agli spedizionieri doganali e agli altri soggetti a ciò abilitati, può essere esercitato anche successivamente all’espletamento dell’operazione doganale.

L’asseverazione, in quest’ipotesi, non sarebbe utilizzata dall’operatore economico per l’espletamento dell’operazione doganale, ma sarebbe conservata dall’operatore stesso per essere esibita all’Amministrazione finanziaria, nel caso in cui questa, entro il termine triennale di prescrizione[257], intendesse effettuare ulteriori accertamenti sull’operazione doganale effettuata.

Viene fatta salva la facoltà della dogana di effettuare, anche in presenza di asseverazione successiva, i controlli che dovessero essere ritenuti necessari, tenendo però presente che, ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge n. 213 del 2000, l’Amministrazione finanziaria compie ulteriori verifiche solo nel caso in cui vi siano fondati motivi per procedere.

 

Il primo periodo del comma in esame parrebbe estendere il campo di applicazione della norma interpretata (articolo 2, comma 1, della legge n. 213 del 2000), la quale, utilizzando l’espressione: “dichiarazioni da presentare agli uffici finanziari”, sembra riferire l’asseverazione ai dati contenuti nelle dichiarazioni non ancora presentate agli uffici finanziari. L’espressione potrebbe tuttavia intendersi anche nel senso che le parole: “da presentare” individuino non già una circostanza temporale futura, bensì l’obbligo normativo della presentazione: in tal caso, la previsione del rilascio dell’asseverazione in un momento successivo all’esecuzione delle operazioni doganali espliciterebbe una possibilità implicita nel dettato della disposizione originaria.

 

Il secondo periodo del comma in esame interpreta il comma 5 del citato articolo 2 della legge n. 213 del 2000, relativo al contenuto dell’attività di asseverazione.

 

Il comma 5 dell’articolo 2 della legge n. 213 del 2000 prevede che l’asseverazione delle dichiarazioni doganali attesti, oltre alla corrispondenza tra i dati contenuti nelle dichiarazioni presentate e i documenti sulle quali le stesse si basano, la regolarità dell’operazione doganale, la completezza della documentazione necessaria e la rispondenza dell’operazione stessa a tutti i requisiti previsti per la sua esecuzione dalla normativa vigente.

 

Il periodo qui illustrato dispone che l’attestazione relativa alle operazioni doganali sia riferita, oltre che alla completezza documentale e alla regolarità formale, anche a tutti gli aspetti di regolarità sostanziale, compresa anche, ad esempio, l’ispezione delle merci che sono oggetto dell’operazione.

In applicazione di questa norma, la limitazione del potere di controllo dell’amministrazione finanziaria, prevista dall’articolo 2, comma 4, della legge n. 213 del 2000, come effetto dell’asseverazione, sarà efficace esclusivamente in presenza di asseverazioni attestanti la regolarità formale e sostanziale delle operazioni doganali.

 

Al riguardo si osserva che, avendo l’interpretazione autentica carattere retroattivo, potrebbe porsi il problema della validità delle asseverazioni meramente formali già rilasciate alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Attesane la possibile innovatività, potrebbe quindi essere opportuno riformularla come modificazione del testo legislativo vigente.

 

Il terzo periodo del comma in esame stabilisce che i soggetti, i quali esercitano il potere di asseverazione [spedizionieri doganali, centri di assistenza doganale (CAD) e altri soggetti a ciò abilitati] a norma degli articoli 2, commi 1 e 2, e 3, comma 2, della citata legge n. 213 del 2000, assumono la veste di incaricati di pubblico servizio, ai sensi dell’articolo 358 del codice penale, con conseguente applicabilità delle norme penali concernenti i reati che possono essere commessi esclusivamente dai soggetti così qualificati.

 

L’articolo 358 del codice penale definisce, ai fini della legge penale, la nozione di persona incaricata di un pubblico servizio[258].

Si tratta di colui che, a qualunque titolo, presti un pubblico servizio, inteso come un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione (definita dall’art. 357 c.p.), e dunque da norme di diritto pubblico, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e dunque dalla assenza di poteri autoritativi o certificativi, fatta eccezione per lo svolgimento di semplici mansioni d’ordine e per la prestazione di opera meramente materiale.

Il pubblico servizio è dunque, dal punto di vista oggettivo, un’attività disciplinata da norme di diritto pubblico, indipendentemente dal fatto che il suo esercizio sia affidato allo Stato o ad altri soggetti, pubblici o privati[259]. Quanto al contenuto, il pubblico servizio è quindi attività di carattere intellettivo, caratterizzata dalla mancanza dei poteri autoritativi e certificativi propri della pubblica funzione, con la quale è solo in rapporto di accessorietà o complementarità[260].

Per comprendere appieno la nozione di incaricato di pubblico servizio occorre dunque individuare preliminarmente la nozione di pubblica funzione. Per pubblica funzione s’intende la funzione disciplinata da norme di diritto pubblico e caratterizzata dal fatto che colui che la esercita manifesta la volontà della pubblica amministrazione attraverso poteri autoritativi o di certificazione. Occorre pertanto che la funzione sia regolata da norme di diritto pubblico, cioè dalla Costituzione o dal diritto amministrativo, non da quello privato; in secondo luogo, occorre che coloro che la esercitano abbiano il potere di manifestare la volontà della pubblica amministrazione, e ciò avviene qualora essi abbiano in tale campo poteri autoritativi o certificativi. I poteri autoritativi esprimono un'autorità nei confronti dei cittadini: sono quindi pubblici ufficiali gli agenti di polizia, i controllori ferroviari etc.; i poteri certificativi si hanno quando colui che li esercita può redigere documenti che, in base alla legge, valgono come prove: sono quindi pubblici ufficiali i notai, gli agenti di cambio, etc.

Per quanto riguarda i poteri di certificazione, preclusi agli incaricati di pubblico servizio, si ritiene che non rientri tra questi, non avendo valore di prova, l’asseverazione di cui all’articolo 2 della legge n. 213 del 2000.

 

Le nozioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio assumono estrema rilevanza in campo penale, in quanto alcuni reati possono essere commessi solo da soggetti che rivestono tali qualifiche. Si tratta in particolare dei reati contro la pubblica amministrazione: peculato (artt. 314-316), concussione (art. 317 c.p.), corruzione (artt. 318-322), abuso d’ufficio (art. 323 c.p.), utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione d'ufficio (art. 325 c.p.), rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio (art. 326 c.p.), rifiuto o omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.), interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità (art. 331 c.p.).

 

Si segnala infine che il testo del presente comma corrisponde alla proposta di legge A.C. 5815, d’iniziativa dell’on. Benvenuto, attualmente all’esame della Commissione finanze della Camera dei deputati, nonché all’articolo 2, comma 3, del disegno di legge A.S. 3533 (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale - cosiddetto disegno di legge “competitività”) già approvato dalla Camera (A.C. 5736) e attualmente all’esame del Senato.

 


Articolo 1, comma 387.4
(Sportello unico per le attività produttive)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.4. Al comma 3 dell'articolo 23 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale di cui all'articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317».

 

 

Il comma 387.4,aggiunto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, novella il comma 3 dell’articolo 23 del D.Lgs. n 112 del 31 marzo 1998, disponendo che le funzioni di assistenza alle imprese, esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, possano essere svolte “anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei Consorzi di sviluppo industriale”, di cui all’art. 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317.

 

Si ricorda che la previsione dell’istituzione di uno sportello unico per le attività produttive presso ogni comune è stata introdotta dal decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59", agli artt. 23, 24 e 25.

L'articolo 23 del D.Lgs. 112 ha attribuito ai comuni le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie (comma 1). Le regioni, nell’ambito delle funzioni conferite in materia di industria dall’art. 19 del medesimo D.Lgs., provvedono, nella propria autonomia organizzativa e finanziaria, anche attraverso le province, al coordinamento e al miglioramento dei servizi e dell'assistenza alle imprese, con particolare riferimento alla localizzazione ed alla autorizzazione degli impianti produttivi e alla creazione di aree industriali. L'assistenza consiste, in particolare, nella raccolta e diffusione, anche in via telematica, delle informazioni concernenti l'insediamento e lo svolgimento delle attività produttive nel territorio regionale, con particolare riferimento alle normative applicabili, agli strumenti agevolativi e all'attività degli sportelli unici, nonché nella raccolta e diffusione delle informazioni concernenti gli strumenti di agevolazione contributiva e fiscale a favore dell'occupazione dei lavoratori dipendenti e del lavoro autonomo (comma 2). Le funzioni di assistenza sono esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive (comma 3).

 

Per quanto concerne i consorzi di sviluppo industriale, si ricorda che il citato articolo 36 della legge n. 317 del 5 ottobre 1991, al comma 4, qualifica tali consorzi, costituiti ai sensi della vigente legislazione nazionale e regionale [261], come enti pubblici economici e demanda alle regioni il controllo sui piani economici e finanziari degli stessi.

Il comma 5 ne disciplina invece l’attività, prevedendo che i consorzi promuovano, nell'ambito degli agglomerati industriali da essi attrezzati, le condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi. A tale fine, i consorzi realizzano e gestiscono, in collaborazione con le associazioni imprenditoriali e con le camere di commercio, infrastrutture per l'industria, rustici industriali, servizi reali alle imprese, iniziative per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi e intermedi e dei giovani imprenditori, e ogni altro servizio sociale connesso alla produzione industriale.


Articolo 1, commi 387.5 e 387.6
(Sanzioni in materia tributaria)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

387.5 All'articolo 39 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

a) al comma 1:

 

 

1) alla lettera a), primo periodo, le parole: «da lire cinquecentomila a lire cinque milioni» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 258 ad euro 2.582», e il secondo periodo è sostituito dai seguenti «La violazione è punibile solamente in caso di rettifica della dichiarazione ai sensi dell'articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e, comunque, a condizione che non debba trovare applicazione l'articolo 12-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. In caso di ripetute violazioni, ovvero di violazioni particolarmente gravi, è disposta a carico dei predetti soggetti la sospensione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità e l'asseverazione, per un periodo da uno a tre anni; si considera violazione particolarmente grave il mancato pagamento della suddetta sanzione»;

 

 

2) alla lettera b), le parole: «da lire un milione a lire dieci milioni» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 516 ad euro 5.165»;

 

 

b) dopo il comma 1, è inserito il seguente:

 

 

«1-bis. Nei casi di violazioni commesse ai sensi del comma 1, del comma 3 e dell'articolo 7-bis, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. In ogni caso, alle violazioni della stessa natura commesse ai sensi delle disposizioni di cui al precedente periodo, si applica una sanzione calcolata con le modalità previste dall'articolo 12 del citato decreto legislativo n. 472 del 1997. Il centro di assistenza fiscale per il quale abbia operato il trasgressore è obbligato solidalmente con il trasgressore stesso al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata»;

 

 

c) il comma 2 è sostituito dal seguente:

 

 

«2. Le sanzioni per le violazioni dei commi 1 e 3 del presente articolo e dell'articolo 7-bis sono irrogate dalla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore, sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia. L'atto di contestazione è unico per ogni anno solare di riferimento ma, fino al compimento dei termini di decadenza, può essere integrato o modificato dalla direzione regionale in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. I provvedimenti ivi previsti sono trasmessi agli Ordini di appartenenza dei soggetti che hanno commesso la violazione per l'eventuale adozione di ulteriori provvedimenti»;

 

 

d) al comma 3, le parole: «da lire cinquecentomila a lire cinque milioni» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 258 ad euro 2.582».

 

 

387.6. Salva l'applicazione dell'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, le disposizioni del comma 387.5 si applicano alle violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia ancora stata irrogata alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

 

Il comma 387.5, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, modifica la disciplina sanzionatoria prevista dall’articolo 39 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per il rilascio di visti di conformità, asseverazioni ovvero di certificazioni tributarie infedeli da parte, rispettivamente, dei responsabili dell’assistenza fiscale dei centri di assistenza fiscale e dei professionisti abilitati a quest’effetto.

 

L’articolo 39 del predetto decreto, in particolare, detta norme in tema di sanzioni.

 

Esso stabilisce, al comma 1, che, salvo che il fatto costituisca reato e ferma restando l'irrogazione delle sanzioni per le violazioni di norme tributarie:

a) ai soggetti indicati nell'articolo 35 (i.e., i responsabili dell'assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all'articolo 32 dello stesso decreto)che rilasciano il visto di conformità, ovvero l'asseverazione infedele si applica la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire cinque milioni. In caso di ripetute violazioni ovvero di violazioni particolarmente gravi ai predetti soggetti è inibita la facoltà di rilasciare il visto di conformità ovvero l'asseverazione; si considera violazione particolarmente grave il mancato pagamento della suddetta sanzione;

b) al professionista che rilascia, ai sensi dell'articolo 36, una certificazione tributaria infedele, si applica la sanzione amministrativa da lire un milione a lire dieci milioni. In caso di accertamento di tre distinte violazioni commesse nel corso di un biennio, è disposta la sospensione dalla facoltà di rilasciare la certificazione tributaria per un periodo da uno a tre anni. La medesima facoltà è inibita in caso di accertamento di ulteriori violazioni ovvero di violazioni di particolare gravità; si considera violazione particolarmente grave il mancato pagamento della suddetta sanzione.

Il comma 2 prevede che le sanzioni previste dalle lettere a) e b) del comma 1 sono irrogate con provvedimento della direzione regionale delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore. I provvedimenti ivi previsti sono trasmessi agli ordini di appartenenza dei soggetti che hanno commesso la violazione per l'eventuale adozione di ulteriori provvedimenti.

Ai sensi del comma 3, in caso di inosservanza delle disposizioni di cui all'articolo 37, commi 2 e 4, ai sostituti d’imposta si applica la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire cinque milioni.

Il comma 4 dispone la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di assistenza fiscale di cui all'articolo 33, comma 3, quando sono commesse gravi e ripetute violazioni di norme tributarie e delle disposizioni di cui agli articoli 34 e 35, nonché quando gli elementi forniti all'amministrazione finanziaria risultano falsi o incompleti rispetto alla documentazione fornita dal contribuente; nei casi di particolare gravità è disposta la sospensione cautelare.

 

L’articolo 35 del medesimo decreto legislativo n. 241 del 1997 conferisce:

1)  al responsabile dell'assistenza fiscale dei centri costituiti da associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, istituite da almeno dieci anni, ovvero riconosciute con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, o da organizzazioni aderenti alle predette associazioni il potere di rilasciare, su richiesta del contribuente:

a)  un visto di conformità dei dati delle dichiarazioni predisposte dal centro alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile;

b)  l’asseverazione della corrispondenza tra gli elementi contabili ed extracontabili comunicati all'amministrazione finanziaria e rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore e quelli risultanti dalle scritture contabili e da altra documentazione idonea.

2)  al responsabile dell'assistenza fiscale dei centri costituiti da organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti e pensionati od organizzazioni territoriali da esse delegate, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti, ovvero da sostituti d’imposta di cui all'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, aventi complessivamente almeno cinquantamila dipendenti, o da associazioni di lavoratori promotrici di istituti di patronato riconosciuti ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti il potere di rilasciare:

a)  su richiesta del contribuente, un visto di conformità dei dati delle dichiarazioni unificate alla relativa documentazione;

b)  a seguito della attività di verifica della conformità tra i dati esposti nelle dichiarazioni e la relativa documentazione, un visto di conformità dei medesimi.

3)  agli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro e ai periti ed esperti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria, abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, il potere di rilasciare, su richiesta dei contribuenti, il visto di conformità e l'asseverazione relativamente alle dichiarazioni da loro predisposte.

 

In particolare, la lettera a), numero 1), del presente comma 387.5 esprime in euro la misura della sanzione amministrativa attualmente prevista dal comma 1, lettera a), del suddetto articolo 39 per i soggetti indicati nell’articolo 35 (le parole: «da lire cinquecentomila a lire cinque milioni» sono sostituite dalle parole: «da euro 258 ad euro 2.582»).

Inoltre, esclude la punibilità delle violazioni che non abbiano comportato rettifica della dichiarazione ai sensi dell'articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e, comunque, a condizione che non debba trovare applicazione l'articolo 12-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (ossia che il maggiore importo risultante sia inferiore a euro 10,33).

 

L’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) disciplina il controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta, cui gli uffici periferici dell'amministrazione finanziaria debbono procedere, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, sulla base dei criteri selettivi fissati dal Ministro delle finanze tenendo anche conto delle capacità operative dei medesimi uffici.

Attraverso tale controllo, senza pregiudizio dell'azione accertatrice a norma degli articoli 37 e seguenti, gli uffici possono:

a) escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d'acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d'imposta o dalle certificazioni richieste ai contribuenti, ovvero delle ritenute risultanti in misura inferiore a quella indicata nelle dichiarazioni dei contribuenti stessi;

b) escludere in tutto o in parte le detrazioni d'imposta non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi trasmessi all’anagrafe tributaria dai soggetti che erogano mutui agrari e fondiari, dalle imprese assicuratrici e dagli enti previdenziali a norma dell'articolo 78, comma 25, della legge 30 dicembre 1991, n. 413;

c) escludere in tutto o in parte le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi menzionati nella lettera b);

d) determinare i crediti d'imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti;

e) liquidare la maggiore imposta sul reddito delle persone fisiche e i maggiori contributi dovuti sull'ammontare complessivo dei redditi risultanti da più dichiarazioni o certificati presentati per lo stesso anno dal medesimo contribuente;

f) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nelle dichiarazioni dei sostituti d'imposta.

L'esito del controllo formale può dar luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla fonte, dei contributi e dei premi dichiarati. La rettifica operata è comunicata al contribuente o al sostituto d'imposta con l'indicazione dei motivi, che, entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione, può segnalare eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale.

 

L’articolo 12-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) dispone che non si proceda ad iscrizione a ruolo per somme inferiori a lire ventimila (pari a euro 10,33).

 

La formulazione della disposizione – ferme restando l’eventuale responsabilità penale e le sanzioni per violazioni tributarie – esclude l’applicabilità della sanzione amministrativa pecuniaria quando la rettifica della dichiarazione consegua agli accertamenti operati a norma degli articoli da 37 a 40 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.

Si segnala in particolare l’ipotesi in cui, a norma dell’articolo 39 del medesimo decreto n. 600 del 1973, la rettifica sia disposta per difformità tra gli elementi indicati nella dichiarazione e quelli del bilancio, del conto dei profitti e delle perdite, che dovrebbero costituire oggetto del visto di conformità. In tal caso, per altro, dovrebbe applicarsi la disposizione del comma 4 dell’articolo 39 del decreto legislativo n. 241 del 1997 qui novellato, che prevede la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’assistenza fiscale qualora gli elementi forniti all’amministrazione finanziaria risultino falsi o incompleti rispetto alla documentazione fornita dal contribuente.

 

È altresì stabilito che in caso di violazioni ripetute o particolarmente gravi venga disposta la sospensione della facoltà di rilasciare il visto di conformità o l’asseverazione per un periodo da uno a tre anni.

 

La disposizione vigente stabilisce che in tali casi sia “inibita” la facoltà di rilasciare il visto o l’asseverazione. Non essendo stabilito un termine, sembra doversi ritenere che la sanzione abbia carattere definitivo.

 

Rimane confermato – come nel testo attualmente in vigore – che il mancato pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalla medesima lettera a) costituisce violazione particolarmente grave agli effetti della sospensione dall’esercizio della facoltà di rilasciare il visto o l’asseverazione.

 

La lettera a), numero 2), del medesimo comma 387.5 esprime in euro la misura della sanzione amministrativa attualmente prevista dal comma 1, lettera b), del suddetto articolo 39 a carico dei professionisti indicati nell’articolo 36 che rilascino una certificazione tributaria infedele (le parole: «da lire un milione a lire dieci milioni» sono sostituite dalle parole: «da euro 516 ad euro 5.165»).

 

L’articolo 36 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, facoltizza i revisori contabili iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali e dei consulenti del lavoro che hanno esercitato la professione per almeno cinque anni a rilasciare ai contribuenti titolari di redditi d'impresa in regime di contabilità ordinaria, per i soli fini fiscali, la certificazione relativa all'esatta applicazione delle norme tributarie sostanziali e all’esecuzione degli adempimenti, dei controlli e delle attività indicati annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. La certificazione può essere rilasciata dal professionista che abbia tenuto le scritture contabili del contribuente nel corso del periodo d'imposta cui essa si riferisce, a condizione che nei confronti del contribuente stesso siano stati altresì rilasciati il visto di conformità e, qualora siano applicabili le disposizioni concernenti gli studi di settore, l'asseverazione.

La certificazione tributaria regolare esclude fra l’altro l’applicabilità delle disposizioni in materia di accertamenti induttivi, impone che gli accertamenti basati sugli studi di settore debbano essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui le dichiarazioni sono state presentate.

 

La lettera b) del comma 387.5 inserisce nell’articolo 39 del decreto legislativo n. 241 del 1997 un nuovo comma 1-bis, il quale prevede, per i casi di violazione contemplati dai commi 1 e 3 dello stesso articolo 39 e dall'articolo 7-bis, l’applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, contenente le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, in quanto compatibili.

 

Il comma 1 dell’articolo 39, come esposto sopra, sanziona il rilascio del visto di conformità, dell’asseverazione o della certificazione tributaria infedele.

Il comma 3 sanziona la violazione degli obblighi spettanti ai sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale a norma dell’articolo 37, comma 2 (ricevere le dichiarazioni e le schede per la scelta della destinazione del quattro e dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche; elaborare le dichiarazioni, consegnare al contribuente copia della dichiarazione elaborata e del prospetto di liquidazione delle imposte, effettuare le operazioni di conguaglio e inviare le dichiarazioni dei redditi e le schede relative alle scelte) e comma 4 (tenere conto del risultato contabile delle dichiarazioni dei redditi elaborate dai centri per il calcolo delle ritenute d'acconto).

L’articolo 7-bis punisce con la sanzione amministrativa da lire un milione a lire dieci milioni la tardiva od omessa trasmissione telematica delle dichiarazioni da parte dei soggetti di essa incaricati a norma del comma 3 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

 

Viene stabilito inoltre che per più violazioni delle suddette disposizioni [nel testo: “violazioni (....) commesse ai sensi delle disposizioni”], quando siano della stessa natura, si applica una sanzione calcolata con le modalità previste dall'articolo 12 del medesimo decreto legislativo.

 

L’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, disciplina le ipotesi di concorso di violazioni e di continuazione.

A norma del comma 1 è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, vìola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione. Il comma 2 sottopone alla stessa sanzione chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell'imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo. In tutti questi casi, a norma del comma 3, se le violazioni rilevano ai fini di più tributi, si considera quale sanzione base cui riferire l'aumento la sanzione più grave, aumentata di un quinto. Il comma 4 dispone che le previsioni dei commi 1, 2 e 3 si applicano separatamente rispetto ai tributi erariali e ai tributi di ciascun altro ente impositore e, tra i tributi erariali, alle imposte doganali e alle imposte sulla produzione e sui consumi.

Il comma 5 disciplina l’ipotesi di più violazioni della stessa indole commesse in periodi d’imposta diversi: in questi casi si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo.

Il comma 6 precisa che il concorso e la continuazione sono interrotti dalla constatazione della violazione.

Il comma 7 dispone comunque che nei casi previsti dal presente articolo la sanzione non possa superare a quella risultante dal cumulo delle sanzioni previste per le singole violazioni.

Il comma 8 riguarda i casi di accertamento con adesione.

 

La disposizione qui commentata prescrive infine che il centro di assistenza fiscale per il quale abbia operato il trasgressore è obbligato solidalmente con quest’ultimo al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata.

 

La lettera c) del comma 387.5 sostituisce il comma 2 del medesimo articolo 39 del decreto legislativo n. 241 del 1997, estendendo la disciplina relativa all’irrogazione delle sanzioni, ivi contenuta, alle sanzioni previste, oltre che dal comma 1, anche dal comma 3 dello stesso articolo 39 e dall’articolo 7-bis [il cui contenuto è esposto sopra, nel commento alla lettera b)], e aggiornando la determinazione della competenza a seguito dell’istituzione delle Agenzie fiscali.

Viene pertanto previsto che le sanzioni siano irrogate dalla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore, sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia. L'atto di contestazione è unico per ogni anno solare di riferimento, ma, fino al compimento dei termini di decadenza, può essere integrato o modificato dalla direzione regionale, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.

Rimane ferma la disposizione, già contenuta nel testo vigente, secondo cui i provvedimenti ivi previsti sono trasmessi agli ordini professionali cui appartengono i soggetti che hanno commesso la violazione, per l'eventuale adozione di ulteriori provvedimenti.

 

A seguito dell’inserimento di un secondo periodo, non risulta del tutto perspicuo, nel successivo, il riferimento ai “provvedimenti ivi previsti”, che richiama i provvedimenti sanzionatorî contemplati dalle disposizioni citate nel primo periodo.

 

La lettera d) del comma 387.5 esprime in euro la misura della sanzione amministrativa attualmente prevista dal comma 3 del suddetto articolo 39 per la violazione degli obblighi spettanti ai sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale [secondo quanto esposto sopra, nell’illustrazione della lettera b), capoverso 1-bis]. Le parole: «da lire cinquecentomila a lire cinque milioni» sono quindi sostituite dalle parole: «da euro 258 ad euro 2.582».

 

D.Lgs. 241/1997
Testo vigente

Proposta di modificazione

Art. 39
(Sanzioni)

 

1. Salvo che il fatto costituisca reato e ferma restando l'irrogazione delle sanzioni per le violazioni di norme tributarie:

1. Identico.

a) ai soggetti indicati nell'articolo 35 che rilasciano il visto di conformità, ovvero l'asseverazione, infedele si applica, la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire cinque milioni. In caso di ripetute violazioni ovvero di violazioni particolarmente gravi ai predetti soggetti è inibita la facoltà di rilasciare il visto di conformità ovvero l'asseverazione; si considera violazione particolarmente grave il mancato pagamento della suddetta sanzione;

a) ai soggetti indicati nell'articolo 35 che rilasciano il visto di conformità, ovvero l'asseverazione, infedele si applica, la sanzione amministrativa da euro 258 ad euro 2.582. La violazione è punibile solamente in caso di rettifica della dichiarazione ai sensi dell'articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e, comunque, a condizione che non debba trovare applicazione l'articolo 12-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. In caso di ripetute violazioni, ovvero di violazioni particolarmente gravi, è disposta a carico dei predetti soggetti la sospensione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità e l'asseverazione, per un periodo da uno a tre anni; si considera violazione particolarmente grave il mancato pagamento della suddetta sanzione;

b) al professionista che rilascia una certificazione tributaria di cui all'articolo 36 infedele, si applica la sanzione amministrativa da lire un milione a lire dieci milioni. In caso di accertamento di tre distinte violazioni commesse nel corso di un biennio, è disposta la sospensione dalla facoltà di rilasciare la certificazione tributaria per un periodo da uno a tre anni. La medesima facoltà è inibita in caso di accertamento di ulteriori violazioni ovvero di violazioni di particolare gravità; si considera violazione particolarmente grave il mancato pagamento della suddetta sanzione.

b) al professionista che rilascia una certificazione tributaria di cui all'articolo 36 infedele, si applica la sanzione amministrativa da euro 516 ad euro 5.165. In caso di accertamento di tre distinte violazioni commesse nel corso di un biennio, è disposta la sospensione dalla facoltà di rilasciare la certificazione tributaria per un periodo da uno a tre anni. La medesima facoltà è inibita in caso di accertamento di ulteriori violazioni ovvero di violazioni di particolare gravità; si considera violazione particolarmente grave il mancato pagamento della suddetta sanzione.

 

1-bis. Nei casi di violazioni com­messe ai sensi del comma 1, del comma 3 e dell'articolo 7-bis, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. In ogni caso, alle violazioni della stessa natura com­messe ai sensi delle disposizioni di cui al precedente periodo si applica una sanzione calcolata con le modalità previste dall'articolo 12 del citato decreto legislativo n. 472 del 1997. Il centro di assistenza fiscale per il quale abbia operato il trasgressore è obbli­gato solidalmente con il trasgressore stesso al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata.

2. Le sanzioni previste dalle lettere a) e b) del comma 1 sono irrogate con provvedimento della direzione regionale delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore. I provvedimenti ivi previsti sono trasmessi agli ordini di appartenenza dei soggetti che hanno commesso la violazione per l'eventuale adozione di ulteriori provvedimenti.

2. Le sanzioni per le violazioni dei commi 1 e 3 del presente articolo e dell'articolo 7-bis sono irrogate dalla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore, sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia. L'atto di contestazione è unico per ogni anno solare di riferimento, ma, fino al compimento dei termini di decadenza, può essere integrato o modificato dalla direzione regionale, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. I provvedimenti ivi previsti sono trasmessi agli ordini di appartenenza dei soggetti che hanno commesso la violazione per l'eventuale adozione di ulteriori provvedimenti.

3. In caso di inosservanza delle disposizioni di cui all'articolo 37, commi 2 e 4, ai sostituti di imposta si applica la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire cinque milioni.

3. In caso di inosservanza delle disposizioni di cui all'articolo 37, commi 2 e 4, ai sostituti di imposta si applica la sanzione amministrativa da euro 258 ad euro 2.582.

4. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di assistenza fiscale di cui all'articolo 33, comma 3, è revocata quando sono commesse gravi e ripetute violazioni di norme tributarie e delle disposizioni di cui agli articoli 34 e 35, nonché quando gli elementi forniti all'amministrazione finanziaria risultano falsi o incompleti rispetto alla documentazione fornita dal contribuente; nei casi di particolare gravità è disposta la sospensione cautelare.

4. Identico.

 

 

Il comma 387.6 stabilisce che, salva l’applicazione dell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre1997, n. 472, le disposizioni del comma 387.5 si applicano alle violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata ancora irrogata alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

L’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre1997, n. 472, prescrive che, se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo.

 

Si segnala che i due commi illustrati riproducono l’articolo 2, commi 6 e 7, del disegno di legge A.S. 3533 (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), approvato dalla Camera dei deputati (A.C. 5736) e attualmente all’esame del Senato.


Articolo 1, comma 387.7
(Obbligo di denaturazione del gasolio per uso di riscaldamento)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.7. La denaturazione di cui al comma 4 dell'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2000, n. 268, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2000, n. 354, si effettua solo a seguito di specifica determinazione del direttore dell'Agen­zia delle dogane, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, che attesta la vigenza di un'aliquota di accisa per il gasolio usato come combustibile per riscaldamento inferiore nella misura percentuale di almeno il 10 per cento rispetto a quella prevista per il gasolio usato come carburante. Con la medesima determinazione sono fissati i tempi, la formula e le modalità della denaturazione.

 

 

Il comma 387.7, inserito nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, stabilisce che la denaturazione del gasolio da riscaldamento mediante aggiunta di colorante, prescritta dall’articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 268 del 2000 ogniqualvolta l'aliquota d'accisa per esso vigente sia inferiore a quella prevista per il gasolio usato come carburante, è obbligatoria soltanto qualora la differenza tra le aliquote sia almeno pari al 10 per cento.

La circostanza dev’essere accertata mediante determinazione del direttore dell’Agenzia delle dogane, pubblicata nella Gazzetta ufficiale, che stabilisce altresì tempi, formula e modalità della denaturazione.

 

Il decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 15 aprile 1997 (Disposizioni in materia di colorazione del gasolio per riscaldamento)[262] ha prescritto che al gasolio per uso di riscaldamento, con tenore di zolfo uguale o inferiore allo 0,2% ma superiore allo 0,05% in peso, sia aggiunto, prima dell'immissione in consumo, un colorante rosso avente le caratteristiche stabilite dall’articolo 1 del decreto medesimo, in misura compresa fra 2 e 4 grammi per quintale. A norma dell’articolo 2, le operazioni di colorazione possono essere effettuate all'interno dei depositi fiscali di produzione o di stoccaggio, ovvero anche nei depositi liberi collegati mediante oleodotto ai suddetti depositi fiscali, secondo modalità stabilite d'intesa con gli uffici tecnici di finanza territorialmente competenti.

Secondo quanto dichiarato nelle premessa del decreto, la disposizione è stata adottata, su richiesta di alcune associazioni di categoria del settore petrolifero, a seguito dell’introduzione del divieto di immettere sul mercato gasolio con contenuto di zolfo superiore a 0,2% in peso e di gasolio per autotrazione con contenuto di zolfo superiore a 0,05% in peso, secondo quanto previsto dall’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1995, con il quale è stata recepita la direttiva 93/12/CEE relativa al tenore dello zolfo in taluni combustibili liquidi. La colorazione ha lo scopo di differenziare il gasolio per autotrazione da quello per riscaldamento a tutela dei consumatori e per la prevenzione delle frodi, senza alcuna implicazione di carattere fiscale e senza alterazione delle caratteristiche merceologiche del prodotto.

 

L’articolo 5, comma 4, primo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2000, n. 268 (Misure urgenti in materia di imposta sui redditi delle persone fisiche e di accise), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2000, n. 3, ha determinato la misura dell’addizione di colorante in 4 grammi per quintale.

Esso ha altresì prescritto, al secondo periodo, che, quando per il gasolio usato come combustibile per riscaldamento sia in vigore un'aliquota d'accisa inferiore a quella prevista per il gasolio usato come carburante, oltre al suddetto colorante vengano aggiunti al gasolio per riscaldamento 3 grammi di 2-etil-antrachinone (tracciante RS) per quintale di prodotto (secondo periodo). Agli effetti fiscali, quest’addizione è equiparata ad un’operazione di denaturazione ed è praticata indipendentemente dal tenore di zolfo del gasolio, secondo modalità stabilite dall'amministrazione finanziaria. Con decreto dirigenziale del Ministero delle finanze può essere stabilita una diversa formula di denaturazione. Resta ferma la possibilità di effettuare la denaturazione, oltre che nei depositi fiscali, anche nei depositi liberi collegati agli stessi mediante oleodotto.

 

L'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, ha aumentato l'aliquota di accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo e l'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante rispettivamente a euro 564 e a euro 413 per mille litri. Essendosi così realizzata la differenza di aliquota rispetto al gasolio per riscaldamento (rimasta fissata in euro 403,21 per mille litri), la stessa disposizione ha prescritto che, a decorrere dal novantesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore del decreto-legge medesimo, il gasolio usato come combustibile per il riscaldamento, indipendentemente dal tenore di zolfo, sia denaturato secondo la formula e le modalità stabilite dall’Agenzia delle dogane.

 

L’Agenzia delle dogane, con provvedimento del 13 maggio 2005[263] ha previsto, in conformità con le normative europee per la marcatura di tutti i gasoli di cui ai codici NC 27100066, 27100067 e 27100068 impiegati negli usi diversi dalla carburazione, che, oltre all’aggiunta di 4 grammi di solvent red 161, a norma del decreto ministeriale 15 aprile 1997, si dia luogo all’aggiunta di 0,95 grammi di solvent yellow 124 per quintale, unitamente a 0,51 grammi di nafta solvente da petrolio.

 

La disposizione qui commentata, in considerazione dell’onere derivante agli operatori dall’obbligo di denaturazione e del conseguente incremento del costo del prodotto, limita l’applicazione dell’obbligo ai soli casi in cui, sussistendo rilevante differenza fra l’aliquota applicata al gasolio da riscaldamento e quella cui è soggetto il gasolio per autotrazione, possano fondatamente paventarsi rischi di frode e quindi appaia giustificato imporre l’aggiunta di colorante per distinguere i prodotti aventi natura e destinazione diversa.

 

La disposizione potrebbe essere più opportunamente formulata come modificazione testuale dell’articolo 5, comma 4, del decreto-legge 30 settembre 2000, n. 268.

In ogni caso, deve osservarsi che l’articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 268 del 2000, richiamato nella disposizione qui illustrata, fa riferimento a due diverse pratiche di aggiunta di sostanze denaturanti al gasolio per riscaldamento: il primo periodo reca infatti determinazioni relative all’aggiunta prescritta, in via generale, dal decreto ministeriale 15 aprile 1997; il secondo periodo dispone invece una nuova formula di denaturazione da applicarsi soltanto in presenza di aliquote diverse. Poiché la disposizione qui illustrata riguarda quest’ultima, sarebbe opportuno specificare il richiamo con l’indicazione del “secondo periodo”.

 

Si segnala, infine, che il testo del presente comma corrisponde all’articolo 7 del disegno di legge A.S. 3533 (disegno di legge “competitività”) già approvato dalla Camera (A.C. 5736) e attualmente all’esame del Senato.


Articolo 1, commi 387.8-387.10
(Autorizzazione alla costruzione e all’esercizio dei gasdotti)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.8. Al fine di garantire la sicurezza del sistema energetico e di promuovere la concorrenza nei mercati del gas naturale, la costruzione e l'esercizio dei gasdotti facenti parte della rete nazionale di trasporto del gas e dei nuovi gasdotti di inter­connessione con l'estero sono attività di preminente interesse statale e sono soggetti a un'autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, previa intesa con la regione o le regioni interessate, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalla normativa vigente, costituendo titolo a costruire e ad esercire tali infrastrutture in conformità al progetto approvato.

 

 

387.9. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio provvede alla valutazione di impatto ambientale e alla verifica della conformità delle opere al progetto autorizzato. Restano ferme, nell'ambito del procedimento unico di cui ai commi da 387.8 a 387.10, le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in merito all'accertamento della conformità delle opere alle prescrizioni delle norme di settore e dei piani urbanistici ed edilizi.

 

 

387.10. Il Ministro delle attività produttive adotta, con proprio decreto, entro il termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le norme atte a regolare il procedimento per il rilascio dell'auto­rizzazione unica di cui ai commi 387.8 e 387.9, nel rispetto del principio di semplificazione, e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

 

I commi da 387.8 a 387.10 - analogamente a quanto previsto dalla legge n. 239/04 di riordino del settore energetico (cfr. oltre)in materia di costruzione ed esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell’energia elettrica - prevedono un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dei gasdotti facenti parte della rete nazionale di trasporto del gas e dei nuovi gasdotti di interconnessione con l’estero.

 

Si ricorda, come accennato, che i commi da 24 a 27, dell’articolo unico della legge 23 agosto 2004, n. 239, recante "Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia" recano modifiche al decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, mediante le quali si novellano, tra l’altro, le disposizioni in materia di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell’energia elettrica, attraverso l’introduzione di un procedimento unico, svolto entro il termine di 180 giorni dalla domanda, a seguito del quale è rilasciata - dal Ministero delle attività produttive, di concerto con il Ministero dell’ambiente, previa intesa con la regione o le regioni interessate - un’autorizzazione unica che sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dall’ordinamento vigente, comprendendo altresì la dichiarazione di pubblica utilità e l’eventuale effetto di variante urbanistica.

L’autorizzazione in oggetto è rilasciata dal Ministero delle attività produttive, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, previa intesa con la regione o le regioni interessate. Essa sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalle norme vigenti, e costituisce titolo a costruire ed esercitare tali infrastrutture conformemente al progetto approvato (comma 387.8).

Il Ministero dell’ambiente provvede alla valutazione di impatto ambientale e alla verifica di conformità delle opere al progetto autorizzato. Sono mantenute ferme, nell’ambito di tale procedimento unico, le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in merito all’accertamento di conformità delle opere alle prescrizioni delle norme di settore e dei piani urbanistici ed edilizi (comma 387.9).

Al Ministero delle attività produttive è demandata l’emanazione, con proprio decreto, di norme regolanti il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica di cui sopra, nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (comma 387.10). Tale decreto deve essere emanato entro 90 giorni a decorrere dall’entrata in vigore della legge finanziaria.

In relazione alla semplificazione procedurale delineata dalle disposizioni in oggetto, si osserva come nelle considerazioni contenute nel documento conclusivo dell’istruttoria conoscitiva congiunta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, sullo stato della liberalizzazione del settore del gas, conclusasi il 17 giugno 2004, nonché nella segnalazione del 27 gennaio 2005 dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas al Parlamento e al Governo in materia di terzietà della rete nazionale, degli stoccaggi e di sviluppo concorrenziale del mercato del gas naturale, si sottolinei come, in tutte le fasi della filiera del gas, ed in particolare nell’approvvigionamento (importazioni e produzione nazionale) nel trasporto, nello stoccaggio, nonché nella vendita, permanga la posizione dominante dell’ENI, rilevandosi in particolare come l’attuale limitata capacità di importazione e di stoccaggio, così come la dichiarata congestione dei metanodotti di importazione, risulterebbero funzionali al mantenimento di tale posizione dominante complessiva nel mercato nazionale. Lo sviluppo della concorrenza nel settore del gas è, infatti, condizionato dall’ingresso di nuovi operatori indipendenti dall’ENI nell’approvvigionamento di gas a condizioni competitive e il presupposto per evitare una mera spartizione del mercato tra i diversi operatori è rinvenibile nella presenza di una sufficiente abbondanza e flessibilità dell’offerta rispetto alle variazioni della domanda, garantita da una adeguata disponibilità di capacità di approvvigionamento e trasporto e, quindi, da un maggior numero di imprese dal lato dell’offerta in grado di innescare una effettiva concorrenza.

In tale contesto, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ritiene pertanto che la realizzazione di nuovi investimenti infrastrutturali idonei ad attivare nuove fonti di gas sia una condizione da cui non è possibile prescindere per favorire la creazione di quel “fisiologico” eccesso di offerta tipico di tutti i mercati concorrenziali e in grado di contenere gli aumenti dei prezzi del gas.

E’ in questa prospettiva che si collocano le disposizioni in esame, le quali, attraverso semplificazioni procedurali analoghe a quelle già previste in materia di costruzione ed esercizio degli elettrodotti (cfr. sopra), sembrano dirette proprio all’obiettivo di rendere più spedito l’iter autorizzativo per la realizzazione di nuovi investimenti infrastrutturali nel settore del gas naturale, ivi compresi quelli relativi ai gasdotti di interconnessione con l’estero, che assumono un peculiare rilievo ai fini del completamento del processo di liberalizzazione del settore[264].

Si ricorda che l’articolo 9 del D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164, “Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144” definisce rete nazionale di gasdotti la rete costituita dai gasdotti ricadenti in mare, dai gasdotti di importazione ed esportazione e le relative linee collegate necessarie al loro funzionamento, dai gasdotti interregionali, dai gasdotti collegati agli stoccaggi, nonché dai gasdotti funzionali direttamente e indirettamente al sistema nazionale del gas[265].

Con D.M. 22 dicembre 2000, modificato da ultimo dal D.M. 30 giugno 2004, è stata individuata la Rete nazionale dei gasdotti[266].

L’articolo 52 quinquies del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, D.P.R. 327 dell’8 giugno 2001, come introdotto dall’ art. 1, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 330 del 27 dicembre 2004 [267], prevede disposizioni particolari concernenti l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio delle infrastrutture lineari energetiche facenti parte delle reti energetiche nazionali (e degli oleodotti facenti parte delle reti nazionali di trasporto).

Tale articolo dispone, nello specifico, per le sopra citate infrastrutture, che l'autorizzazione alla costruzione delle stesse e al loro esercizio rilasciata dalla stessa amministrazione, sia comprensiva della dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, della valutazione di impatto ambientale, ove prevista dalla normativa vigente, ovvero della valutazione di incidenza naturalistico - ambientale di cui al D.P.R 8 settembre 1997, n. 357[268], dell'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi e della variazione degli strumenti urbanistici. L'autorizzazione inoltre sostituisce, anche ai fini urbanistici ed edilizi, ogni altra autorizzazione, concessione, approvazione, parere, atto di assenso e nulla osta comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire tutte le opere e tutte le attività previste nel progetto approvato, fatti salvi gli adempimenti previsti dalle norme di sicurezza vigenti. Per il rilascio dell'autorizzazione, ai fini della verifica della conformità urbanistica dell'opera, e' fatto obbligo di richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui territorio ricadano le opere da realizzare. Il rilascio del parere non può incidere sul rispetto del termine entro il quale e' prevista la conclusione del procedimento. Al procedimento partecipano i soggetti preposti ad esprimersi in relazione a eventuali interferenze con altre infrastrutture esistenti. Il procedimento si conclude, in ogni caso, entro il termine di nove mesi dalla data di presentazione della richiesta, o di sei mesi dalla stessa data, ove non sia prescritta la procedura di valutazione di impatto ambientale. Il provvedimento finale comprende anche l'approvazione del progetto definitivo e determina l'inizio del procedimento di esproprio di cui al Capo IV del titolo II del D.P.R n. 327.

Si ricorda, inoltre, che il D.Lgs. 164/2000, all’articolo 30 [269] dispone in via generale che le opere necessarie per l'importazione, il trasporto, lo stoccaggio di gas naturale, e per i terminali di GNL, compresi gli impianti di rigassificazione, con esclusione di quelle da realizzare nelle zone di demanio marittimo e nelle zone indicate nell'articolo 55 del Codice della navigazione[270], sono dichiarate, con provvedimento del Ministero delle attività produttive o, per i gasdotti di distribuzione, della competente Autorità della regione interessata, ed a seguito dell'approvazione del relativo progetto, di pubblica utilità, nonché urgenti e indifferibili agli effetti della legge 25 giugno 1865, n. 2359, e successive modifiche e integrazioni[271].

L’articolo 31 del sopra citato D.Lgs. n. 164 prevede, per le opere necessarie al trasporto e alla distribuzione del gas, che la dichiarazione di pubblica utilità di cui all'articolo 30, sopra commentato, è disposta nel caso in cui non sia possibile effettuare l'attività di trasporto e di distribuzione a mezzo delle reti di trasporto e distribuzione esistenti a causa di mancanza di capacità delle stesse o, nel caso l'opera sia necessaria per rifornire un cliente idoneo, a causa di intervenuto rifiuto di accesso al sistema. Negli altri il Ministero delle attività produttive, ovvero, per i gasdotti di distribuzione, la regione competente possono comunque disporre con atto motivato la dichiarazione di pubblica utilità ove ritengano la realizzazione delle opere necessaria alla sicurezza del sistema del gas[272]. Il proponente la realizzazione delle opere di trasporto e distribuzione, ai fini dell'approvazione del progetto, trasmette all'Autorità competente una dichiarazione, firmata dal legale rappresentante, attestante le condizioni sopra indicate, corredata da idonea documentazione.

Si rileva l’opportunità di coordinare le disposizioni in esame con quanto attualmente previsto dall’art. 52-quinquies del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità.

 

Per ciò che concerne la disciplina relativa alla valutazione di impatto ambientale (VIA), si ricorda innanzitutto che gli oleodotti e gasdotti di lunghezza superiore a 40 km e diametro superiore o uguale a 800 mm, rientrano tra le categorie di opere sottoposte a procedura di VIA nazionale obbligatoria ai sensi della lett. n)[273] dell’art. 1, comma 1, del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377.

I gasdotti, gli oleodotti o conduttore per prodotti chimici, di diametro superiore a 800 mm e di lunghezza superiore a 40 km rientrano, infatti, tra le opere dell’Allegato 1 della direttiva 85/337/CEE, come modificata dalla direttiva 97/11/CE, per le quali è prevista la procedura obbligatoria di VIA a livello nazionale.

 

Ai fini di un sintetico richiamo alla normativa vigente che prescrive quali siano gli interventi sottoposti a valutazione di impatto ambientale, si ricorda in primo luogo che nell’attuale contesto normativo italiano si presentano sostanzialmente due livelli:

§       procedura di VIA a livello nazionale per opere/interventi a rilevante impatto e/o di interesse nazionale;

§       procedura di VIA a livello di Enti Locali per opere/interventi di minore rilevanza[274].

Nel primo caso l’Autorità competente è il Ministero dell’Ambiente, nel secondo caso gli Enti Locali.

I progetti sottoposti a procedura statale di V.I.A. sono individuati dal D.P.C.M. 377/1988 integrato del D.P.R. 11/02/1998. La valutazione di compatibilità ambientale è compiuta dal Ministero dell'Ambiente in applicazione del D.P.R. sopracitato e sulla base delle norme tecniche contenute nel D.P.C.M. 27/12/1988 integrate dal DPR 2/9/1999 n. 348.

Decorso tale termine la procedura di approvazione del progetto riprende il suo corso, salvo proroga deliberata dal Consiglio dei ministri in casi di particolare rilevanza. Si ricorda che il termine è considerato ordinatorio, sia in virtù del principio generale di non applicabilità del silenzio-assenso in caso di pareri che debbano essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini (art. 16, comma 3, della legge n. 241 del 1990), sia a seguito di convergenti pronunce giurisprudenziali[275].


Articolo 1, commi 387.11 e 387.12
(Servizio idrico integrato nel Mezzogiorno)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.11. Al fine di promuovere l'attuazione di investimenti e la gestione unitaria del servizio idrico integrato sul complesso del territorio di ciascun ambito territoriale ottimale nelle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno, il CIPE, in sede di riparto della dotazione aggiuntiva del fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, accantona un'apposita riserva premiale, pari a 300 milioni di euro, da riconoscere per spese in conto capitale, proporzionalmente alla popolazione, ai comuni e alle province che, consorziati o associati per la gestione degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 8 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, risultino avere affidato e reso operativo il servizio idrico integrato a un soggetto gestore individuato in conformità alle disposizioni dell'articolo 113 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

 

 

387.12. Il CIPE, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con successiva delibera, su proposta dei Ministri dell'economia e delle finanze e dell'ambiente e della tutela del territorio, determina i criteri di riparto e di assegnazione della riserva premiale ai comuni e alle province le cui gestioni risultino affidate entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge secondo le disposizioni di cui al comma 387.11, favorendo criteri di mercato e tempestività.

 

 

I due commi 387.11 e 387.12 autorizzano il CIPE ad accantonare – nell’ambito delle risorse aggiuntive del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 - una quota pari a 300 milioni di euro, destinata a “premiare” i comuni e le province che, consorziati o associati per la gestione degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 8 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, risultino avere affidato entro 9 mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria in esame il servizio idrico integrato a un soggetto gestore individuato in conformità alle disposizioni dell'articolo 113 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

Non è peraltro sufficiente che il servizio sia stato affidato secondo le modalità appena citate, per poter concorrere al riparto delle risorse premiali previste, ma è necessario altresì che il servizio sia anche operativo.

La finalità delle disposizioni è quella di promuovere l'attuazione di investimenti e la gestione unitaria del servizio idrico integrato nelle aree sottoutilizzate[276] del Mezzogiorno.

La quota prevista dovrà riguardare spese in conto capitale e dovrà essere assegnata dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) in sede di riparto della dotazione aggiuntiva del Fondo per le aree sottoutilizzate.

Secondo quanto stabilito dal comma 387.12, i criteri per il riparto e l’assegnazione della riserva premiale sono fissati dal CIPE, su proposta dei Ministri dell’economia e finanze e dell’ambiente, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame.

Un criterio è peraltro già indicato dal comma 1 e riguarda la necessità di assegnare i contributi in proporzione alla popolazione dei comuni e delle province.

Si osserva che i due commi riproducono il contenuto dell’art. 9, commi 1 e 2, del disegno di legge competitività, trasmesso al Senato per il relativo esame (AS 3533). L’unica differenza riguarda il termine relativo all’affidamento del servizio idrico che nel disegno di legge è pari a sei mesi.

L’articolo 8 della legge n. 36 del 1994 dispone al comma 1 che i servizi idrici siano riorganizzati sulla base di ambiti territoriali ottimali (ATO) delimitati secondo i seguenti criteri: rispetto dell'unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto delle previsioni e dei vincoli contenuti nei piani regionali di risanamento delle acque di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modificazioni, e nel piano regolatore generale degli acquedotti, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati; superamento della frammentazione delle gestioni; conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative Il comma 2 prevede che le regioni, sentite le province interessate, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione previste dagli articoli 3 e 17 della legge 18 maggio 1989, n. 183 e successive modificazioni, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali. L’articolo 9 della legge n. 36 del 1994 dispone invece che i comuni e le province di ciascun ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 8, entro il termine perentorio di sei mesi dalla delimitazione dell'ambito medesimo, organizzano il servizio idrico integrato, come definito dall'articolo 4, comma 1, lettera f), al fine di garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità. I comuni e le province provvedono alla gestione del servizio idrico integrato mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 .Gli articoli 25 e 26-bis della legge 8 giugno 1990, n. 142 prevedono la possibilità per i comuni e le province di esercitare loro funzione attraverso consorzi o associati tra loro.

Per quanto riguarda poi i soggetti beneficiari delle disposizioni in commento, occorre chiarire che l’articolo 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000 prevede che i servizi pubblici siano affidati tendenzialmente attraverso gare ad evidenza pubblica. A ciò è collegata la previsione della cessazione delle concessioni che non sono state rilasciate attraverso gare ad evidenza pubblica. Sono peraltro fatte salve una serie di ipotesi di concessioni.

In ogni caso, ciò che appare fondamentale, ai fini dell’assegnazione di una quota della riserva premiale, è che i comuni e le province abbiano affidato ad un unico soggetto gestore il servizio idrico.

Si segnala che nell’ultima relazione del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche (per l’anno 2003) , trasmessa alla Presidenza della Camere il 21 luglio 2004, emerge che gli ATO che hanno affidato il servizio idrico integrato sono 38. Di questi 38, sottolinea la relazione, la gran maggioranza(25) ha scelto la formula del partenariato pubblico-privato, affidando il servizio a una s.p.a mista. Dei 13 ATO restanti, 12 hanno optato per un affidamento a s.p.a pubblica e solo l’ATO di Frosinone, che ha proceduto all’affidamento da anni, ha aggiudicato il servizio sulla base di una gara

Per quel che riguarda il Fondo per le aree sottoutilizzate, la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, co. 1) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, co. 3)[277].

In particolare, ai sensi dell’Allegato 1 della legge n. 289/2002, il Fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia, di cui all’art. 61 della legge n. 289/2002 (c.d. Fondo MEF), è costituito dall’insieme delle risorse relative alle seguenti leggi:

-          legge n. 64 /1986, Intervento straordinario nel Mezzogiorno;

-          legge n. 208/1998, art. 1, co. 1, Intervento ordinario nelle aree depresse (istitutiva del Fondo aree depresse);

-          legge n. 488/1999, art. 27, co. 11, Fondo per l’imprenditoria giovanile;

-          legge n. 388/2000, art. 8, Credito di imposta per investimenti;

-          legge n. 388/2000, art. 7, Credito di imposta per nuovi assunti.

Ai sensi del comma 217 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004, l’elenco degli strumenti che confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’Allegato 1 della legge n. 289/2002, è stato esteso anche:

-        alle agevolazioni concesse ai sensi dei commi 215-216 dell’art. 1 della medesima legge n. 311/2004, per favorire l’attrazione degli investimenti nelle aree sottoutilizzate;

-        agli interventi previsti dai commi da 219-220 della legge n. 311/2004, che dispongono finanziamenti all'Istituto italiano per gli studi storici e all'Istituto italiano per gli studi filosofici per attività di ricerca e formazione per la promozione dell'integrazione europea e mediterranea del Mezzogiorno

Il Fondo per le aree sottoutilizzate, allocato nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, nella U.P.B. 4.2.3.27, capitolo 7576, è annualmente rifinanziato dalla Tabella D della legge finanziaria.

La disciplina in materia di Fondi per le aree sottoutilizzate attribuisce al CIPE la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione aggiuntiva annuale di ciascuno dei due Fondi tra gli interventi in essi compresi[278].

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 61 della legge n. 289/2002, le risorse assegnate dal CIPE ai diversi settori di intervento costituiscono limiti massimi di spesa, come previsto dall’articolo 11-ter, comma 6-bis, della legge n. 468/1978.

Il CIPE può altresì modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi deve essere deliberata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari e alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione, tenendo, altresì conto, ai sensi dell’articolo 4, comma 130, lettera a), della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003), della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale.

Per quanto concerne le risorse allocate sul Fondo dal disegno di legge finanziaria in esame, esse sono pari a 6 miliardi di euro.


Articolo 1, commi 387.13–387.23
(Legge obiettivo per le città)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.13. Il Governo, per promuovere lo sviluppo economico, individua gli ambiti urbani e territoriali di area vasta, strategici e di preminente interesse nazionale, ove attuare un programma di interventi in grado di accrescerne le potenzialità competitive a livello nazionale e internazionale, con partico­lare riferimento al sistema europeo delle città.

 

 

387.14. In sede di predisposizione del programma di cui al comma 387.13, il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, perseguendo i seguenti obiettivi:

 

 

a) sostenere iniziative di valorizzazione degli ambiti urbani e territoriali di area vasta, anche attraverso l'incremento della dotazione di infrastrutture anche immateriali e servizi, ottimizzando le esternalità generate dai processi di potenziamento infrastrutturali del territorio;

 

 

b) rafforzare i sistemi urbani e territoriali di area vasta anche attraverso la risoluzione dei problemi di mobilità conseguenti al traffico urbano e di attraversamento di merci e passeggeri;

 

 

c) ottimizzare le opportunità offerte dalla presenza di assi infrastrutturali transnazionali per caratterizzare gli ambiti territoriali come elementi di connessione transfrontaliera;

 

 

d) configurare un insieme di interventi, di funzioni e di attrezzature capaci di assicurare processi economici di sviluppo sostenibile e coniugare una molteplicità di soggetti pubblici e privati, attese sociali e interessi economici anche differenziati, assegnando priorità ai progetti di miglioramento della mobilità urbana ad alto contenuto tecnologico e di minore impatto ambientale;

 

 

e) perseguire, secondo il principio di sussidiarietà, l'efficienza allocativa delle risorse statali investite attraverso l'implementazione delle fonti finanziarie dei soggetti che partecipano alla realizzazione degli interventi.

 

 

387.15. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti elabora le linee guida per la predisposizione del piano degli interventi di cui al comma 387.16, acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Le linee guida sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

387.16. Al fine della predisposizione del programma, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle linee guida di cui al comma 387.15, d'intesa con ogni singola regione ovvero con le regioni interessate, individua gli ambiti urbani e territoriali di area vasta, strategici e di preminente interesse nazionale. L'elenco dei comuni abilitati a presentare proposte di piano è pubblicato, nei successivi trenta giorni, nella Gazzetta Ufficiale. Entro i successivi centoventi giorni i comuni abilitati trasmettono le proposte di piano al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e alla regione ovvero alle regioni competenti. Qualora il piano di interventi riguardi più comuni, gli stessi si impegnano ad attivare ogni utile forma di coordinamento, individuando un soggetto promotore dell'iniziativa. Nella fase di attuazione del piano, i comuni si associano ai sensi di quanto previsto dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ovvero possono costituire una società ai sensi del comma 387.20.

 

 

387.17. Il piano degli interventi, al fine del perseguimento degli obiettivi di cui al comma 387.14, può anche prevedere l'adozione dei seguenti strumenti:

 

 

a) trasferimento di diritti edificatori e istituzione di apposito registro;

 

 

b) incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi, spazi pubblici e di miglioramento della qualità urbana, previa valutazione del rapporto costo-benefici;

 

 

c) misure fiscali di competenza comunale sugli immobili e strumenti di incentivazione del mercato della locazione;

 

 

d) costituzione delle società di cui al comma 387.20.

 

 

387.18. Ai piani trasmessi, entro sessanta giorni, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al CIPE che li approva nei successivi sessanta giorni, è assicurata ogni idonea forma di pubblicità al fine di consentire la formulazione di osservazioni e pareri finalizzati al miglioramento dei piani medesimi. Le forme di pubblicità e i soggetti legittimati alla formulazione di osservazioni e pareri sono indicati nelle linee guida di cui al comma 387.15.

 

 

387.19. I comuni, individuati ai sensi del comma 387.16, predispongono il piano definitivo degli interventi, anche attivando la partecipazione di proposte private e secondo l'intesa sottoscritta dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Il piano è trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che ne verifica le conformità rispetto al piano approvato dal CIPE.

 

 

387.20. Per progettare, realizzare e gestire i piani di cui ai commi da 387.2 a 387.75, i comuni possono costituire società per azioni anche con la partecipazione della provincia, della regione, di altri enti ed amministrazioni pubblici e di soggetti privati secondo le disposizioni recate dal titolo V della parte I del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

 

387.21. I piani si attuano con la sottoscrizione di un accordo di programma quadro da parte dei soggetti competenti per l'attuazione.

 

 

387.22. Le attività di accompagnamento, controllo e monitoraggio relative all'avanzamento fisico, finanziario e procedurale dei piani sono assicurate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che predispone una relazione annuale al Parlamento.

 

 

387.23. All'attuazione delle disposi­zioni di cui ai commi da 387.13 a 387.24 si fa fronte mediante parziale utilizzo delle risorse per le infrastrutture stra­tegiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443. Con la legge finanziaria, in coerenza con quanto previsto dal Documento di programmazione econo­mico-finanziaria, è individuata la quota parte delle risorse di cui alla citata legge n. 443 del 2001, da destinare agli interventi di cui ai commi da 387.13 a 387.24.

 

 

I commi da 387.13 a 387.23 riproducono esattamente il contenuto dell’art. 11 (Legge obiettivo per le città), commi 1-11, del cd. disegno di legge competitività - approvato dalla Camera dei deputati il 5 luglio 2005 (A.S. 3533) – che disciplina una procedura volta a definire l’attuazione di interventi di riqualificazione in ambiti urbani e territoriali di area vasta, strategici e di preminente interesse nazionale attraverso l’approvazione di piani presentati dai Comuni. La finalità è quella di aumentare le potenzialità competitive a livello nazionale ed internazionale degli ambiti stessi (comma 387.13).

Tale procedura, che deve avere come punto di riferimento il sistema europeo delle città, prevede come primo passo, la definizione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di linee guida da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le competenti commissioni parlamentari. Tali linee guida sono pubblicate nella Gazzette ufficiale (comma 387.15).

Il secondo momento della procedura è invece individuato dal comma 387.16, che prevede che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione delle citate linee guida, individui d’intesa con le regioni interessate gli ambiti di cui al comma 387.13. Il Ministero, d’intesa con le regioni, individua, inoltre, all’interno di tali ambiti, i comuni abilitati a presentare proposte di piano. L’elenco di tali comuni è pubblicato nella Gazzetta ufficiale nei successivi trenta giorni. Entro i centoventi giorni successivi a tale pubblicazione, i comuni abilitati trasmettono quindi le proposte di piano al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e alle regioni interessate. Qualora il piano di interventi riguardi più comuni, gli stessi si impegnano ad attivare ogni utile forma di coordinamento, individuando un soggetto promotore dell’iniziativa.

 

Con riferimento al comma 387.16, si osserva che sembrerebbe opportuno prevedere un meccanismo decisionale alternativo nel caso in cui la Regione interessata non concordi con il Ministero riguardo l’individuazione di un comune.

Potrebbe, inoltre, essere utile prevedere il meccanismo in base al quale più comuni presentatori di un piano individuano il soggetto promotore dell’iniziativa.

 

L’iter procedurale prevede, quindi, al comma 387.18, che le proposte di piano siano trasmesse nei sessanta giorni successivi dal Ministero delle infrastrutture e trasporti al CIPE, che le approva entro sessanta giorni. Lo stesso comma dispone inoltre, che ai piani è assicurata ogni idonea forma di pubblicità al fine di consentire la formulazioni di osservazioni e pareri finalizzati al miglioramento dei piani medesimi. Le forme di pubblicità e i soggetti legittimati alla formulazione di osservazioni e pareri sono indicati nelle linee guida di cui al comma 387.15.

Successivamente all’approvazione dei piani da parte del CIPE, i comuni, presentatori dei piani, predispongono, ai sensi del comma 387.19, un piano definitivo di attuazione degli interventi, anche attivando la partecipazione di proposte private e secondo l’intesa sottoscritta dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Il piano definitivo è trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che ne verifica la conformità rispetto al piano approvato dal CIPE.

 

I commi 387.20 e 387.21 prevedono altre disposizioni di carattere procedurale.

Il comma 387.20 prevede che per progettare, realizzare e gestire i piani, i comuni possono costituire società per azioni anche con la partecipazione della provincia, della regione, di altri enti ed amministrazione pubbliche e di soggetti privati secondo le disposizioni recate dal Titolo V del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Tale disposizione sembra quindi fare riferimento sia alla fase di predisposizione da parte dei comuni dei piani ai sensi del comma 387.16 sia alla fase in cui i comuni, successivamente all’approvazione da parte delCIPE, formano il piano definitivo. Si ricorda, inoltre, che l’ultimo periodo del comma 387.16, con riferimento alla fase attuativa del piano, prevede che i comuni possano “associarsi” ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Il comma 387.21 si riferisce invece alla sola fase dell’attuazione e prevede che i piani si attuino con la sottoscrizione da parte dei soggetti competenti per l’attuazione di un accordo di programma quadro.

Il riferimento sembra richiamare gli accordi di programma previsti dall’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Per quel che riguarda invece il monitoraggio dell’esecuzione dei piani, il comma 387.22 prevede che le attività di accompagnamento, controllo e monitoraggio relative all’avanzamento fisico, finanziario e procedurale dei piani sono assicurate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che predispone una relazione annuale al Parlamento.

Si osserva che sembrerebbe opportuno specificare meglio i contenuti della relazione ministeriale

Per quel che riguarda i contenuti dei piani, essi sono esplicitati dal comma 387.14, che elenca gli obiettivi chei piani sono destinati a perseguire, e dal comma 387.17 che elenca gli strumenti che il piano degli interventi può prevedere al fine del perseguimento degli obiettivi di cui al comma 387.14.

Si osserva che sarebbe opportuno meglio definire gli strumenti di cui alle lettere a) e b).

 

Il comma 387.23 prevede l’attuazione delle disposizioni citate avvenga mediante parziale utilizzo delle risorse per le infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443. Si prevede inoltre che con la legge finanziaria, in coerenza con quanto previsto dal documento di programmazione economico-finanziaria, è individuata la quota delle risorse di cui alla legge n. 443 del 2001 da destinare agli interventi previsti dai commi in esame.

 

Si osserva che il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” contiene ai commi 2 e 3 dell’articolo 5 disposizioni che riguardano la stessa materia trattata dall’articolo in commento.

Sembrerebbe pertanto opportuno coordinare tali disposizioni con quelle dei commi in esame.

Si osserva infine che sarebbe opportuno coordinare le disposizioni contenute nei commi in esame con quelle dettate dall’articolo 11 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398 e dall’articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179, che prevedono l’adozione da parte dei comuni rispettivamente di programmi integrati di intervento e di programmi di recupero urbano e con gli articoli da 27 a 34 della legge n. 457 del 1978 che disciplinano l’adozione di piani di recupero. Si tratta infatti di strumenti normativi attraverso i quali è possibile porre in essere opere pubbliche e che quindi si presentano come strettamente collegati alle disposizioni in commento.


Articolo 1, comma 387.24
(Pubblicità dei servizi di trasporto pubblico locale)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.24. Per il perseguimento degli obiettivi di cui al comma 387.14, lettera b), e al fine di incentivare modalità di trasporto alternative a quella privata, gli enti locali possono escludere dall'imposta comunale sulla pubblicità e dal diritto sulle pubbliche affissioni di cui al decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, i manifesti collocati sui mezzi di trasporto pubblici volti a pubblicizzare esclusivamente i servizi e l'offerta delle medesime imprese di trasporto pubblico locale.

 

 

Il comma 387.24, inserito nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio,facoltizza gli enti locali a escludere dall’imposta comunale sulla pubblicità e dal diritto sulle pubbliche affissioni di cui al decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, i manifesti collocati sui mezzi di trasporto pubblici volti a pubblicizzare i servizi e l’offerta delle medesime imprese di trasporto pubblico locale.

La finalità della norma è espressamente individuata nell’intendimento di rafforzare i sistemi urbani e territoriali di area vasta anche attraverso la risoluzione dei problemi di mobilità conseguenti al traffico urbano e di attraversamento di merci e passeggeri – secondo quanto indicato dal disposto del comma 387.14, lettera b), del presente articolo – e di incentivare modalità di trasporto alternative a quella privata.

La disciplina vigente

La disciplina dell'imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni è contenuta nel capo I (articoli 1-37: Imposta comunale sulla pubblicità e diritto sulle pubbliche affissioni) del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, recante revisione e armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.

Pubblicità e pubbliche affissioni

L’articolo 1 del citato decreto legislativo n. 507 del 1993 stabilisce che la pubblicità esterna e le pubbliche affissioni sono soggette rispettivamente a un’imposta ovvero a un diritto a favore del comune nel cui territorio sono effettuate.

 

L’articolo 11, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, consente agli enti locali di aumentare le tariffe e i diritti fino ad un massimo del 20 per cento a decorrere dal 1° gennaio 1998 e fino ad un massimo del 50 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2000 per le superficie superiori al metro quadrato, con arrotondamento delle frazioni di esso al mezzo metro quadrato.

 

Per l’applicazione del tributo, l’articolo 2 ripartisce i comuni in cinque classi di popolazione. I comuni capoluogo di provincia non possono comunque essere collocati in una classe inferiore alla terza.

L’articolo 3 prescrive l’adozione di apposito regolamento comunale per l'applicazione dell'imposta sulla pubblicità e per l'effettuazione del servizio delle pubbliche affissioni, indicandone il contenuto.

Il regolamento disciplina le modalità di effettuazione della pubblicità (tipologia e quantità degli impianti pubblicitari, emanazione del provvedimento per l'installazione, criteri per la realizzazione del piano generale degli impianti, ripartizione delle superficie da destinare alle affissioni di natura istituzionale, sociale o comunque prive di rilevanza economica e alle affissioni di natura commerciale, e superficie degli impianti da attribuire a soggetti privati per l'effettuazione di affissioni dirette). Può inoltre stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione a esigenze di pubblico interesse.

Sono ammesse maggiorazioni di tariffa in relazione a rilevanti flussi turistici, per un periodo complessivo nel corso dell'anno non superiore a quattro mesi.

L’articolo 4 consente inoltre ai comuni di suddividere le località del proprio territorio in due categorie in relazione alla loro importanza, applicando alla categoria speciale una maggiorazione fino al 150 per cento della tariffa normale, limitatamente alle affissioni di carattere commerciale.

a)  L’imposta sulla pubblicità

A norma dell’articolo 5 del citato decreto legislativo n. 507 del 1993, è soggetta all'imposta sulla pubblicità la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile. Si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell'esercizio di una attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l'immagine del soggetto pubblicizzato.

L’articolo 6 individua il soggetto passivo dell'imposta sulla pubblicità in colui che dispone a qualsiasi titolo del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso. Al pagamento è solidalmente obbligato colui che produce o vende la merce o fornisce i servizi oggetto della pubblicità.

Non sono comunque soggetti all'imposta lo Stato e gli enti pubblici territoriali, comitati, le associazioni, fondazioni ed enti che non abbiano scopo di lucro, i soggetti che organizzano attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali, gli organizzatori di festeggiamenti patriottici, religiosi, a spettacoli viaggianti e di beneficenza, né i soggetti che affiggono annunzi mortuari.

L’articolo 7 disciplina l’applicazione dell'imposta, determinata in base alla superficie del mezzo pubblicitario, con maggiorazione per la pubblicità effettuata in forma luminosa o illuminata.

È previsto che siano cumulabili le maggiorazioni d’imposta, non le riduzioni.

A norma dell’articolo 8, il soggetto passivo, prima di iniziare la pubblicità e in caso di variazione o di cessazione, è tenuto a presentare al comune apposita dichiarazione, anche cumulativa.

L’articolo 9 prevede il pagamento dell'imposta per anno solare, salvi i casi in cui sia stabilito un diverso periodo d’imposta. Il pagamento deve essere effettuato mediante versamento a mezzo di conto corrente postale intestato al comune ovvero direttamente presso le tesorerie comunali o, in caso di affidamento in concessione, al concessionario. Il comune, per particolari esigenze organizzative, può consentire il pagamento diretto del diritto relativo ad affissioni non aventi carattere commerciale. La riscossione coattiva è effettuata mediante ruoli.

L’articolo 10 disciplina le forme di rettifica delle dichiarazioni e di accertamento d'ufficio.

L’articolo 12 stabilisce la tariffa per la pubblicità ordinaria effettuata mediante insegne, cartelli, locandine, targhe, stendardi o qualsiasi altro mezzo non previsto dai successivi articoli. La tariffa è determinata per ogni metro quadrato di superficie del mezzo pubblicitario e per anno solare, con importi diversi per i comuni appartenenti alle diverse classi di popolazione. Sono previste maggiorazioni per gli impianti di grandi dimensioni.

L’articolo 13 stabilisce la tariffa per la pubblicità effettuata all'interno e all'esterno di veicoli, in ragione della loro natura e portata. Non è dovuta l'imposta per l'indicazione del marchio, della ragione sociale e dell'indirizzo dell'impresa, purché sia apposta sul veicolo non più di due volte e ciascuna iscrizione non sia di superficie superiore a mezzo metro quadrato[279].

L’articolo 14 stabilisce la tariffa per la pubblicità effettuata con insegne o pannelli luminosi e per quella realizzata con diapositive o proiezioni.

L’articolo 15 determina la tariffa per le forme di pubblicità varia effettuate mediante strumenti particolari (striscioni, aeromobili, palloni frenati, distribuzione di manifestini o persone circolanti con cartelli, apparecchi amplificatori).

L’articolo 16 prevede riduzioni dell'imposta per la pubblicità effettuata da comitati, associazioni, fondazioni ed enti che non abbiano scopo di lucro, per la pubblicità relativa a manifestazioni politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose, da chiunque realizzate, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali, e per la pubblicità relativa a festeggiamenti patriottici, religiosi, a spettacoli viaggianti e di beneficenza.

L’articolo 17. dichiara esenti dall'imposta alcune forme di pubblicità realizzata nei locali commerciali e nelle vetrine degli stessi quando si riferisca all'attività negli stessi esercitata, escluse le insegne; gli avvisi riguardanti la localizzazione e l'utilizzazione dei servizi di pubblica utilità, e quelli riguardanti la locazione o la compravendita degli immobili sui quali sono affissi; la pubblicità effettuata all'interno o all’esterno dei locali di pubblico spettacolo qualora si riferisca alle rappresentazioni in programmazione; la pubblicità relativa ai giornali e alle pubblicazioni periodiche, esposta nei punti di vendita; alcuni tipi di pubblicità e avvisi relativi ai servizi di trasporto pubblico; la pubblicità esposta all'interno delle vetture ferroviarie, degli aerei e delle navi; la pubblicità comunque effettuata in via esclusiva dallo Stato e dagli enti pubblici territoriali; le insegne delle sedi di comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non persegua scopo di lucro; le insegne la cui esposizione sia obbligatoria per legge o regolamento.

L'imposta non è altresì dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l'attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati (o anche superiore, se previsto dal regolamento comunale).

 

 

 

b)  Il diritto sulle pubbliche affissioni

L’articolo 18 del medesimo decreto legislativo n. 507 del 1993 disciplina il servizio delle pubbliche affissioni, obbligatoriamente istituito nei comuni che abbiano una popolazione residente superiore a tremila abitanti.

L’articolo 19 regola il diritto sulle pubbliche affissioni. Esso comprende l’imposta sulla pubblicità ed è dovuto, in solido, da chi richiede il servizio e da colui nell'interesse del quale il servizio stesso è richiesto, a favore del comune che provvede alla loro esecuzione.

La misura del diritto è determinata per ciascun foglio in ragione delle dimensioni e della durata dell’affissione. Maggiorazioni sono previste per i manifesti composti da più di otto fogli e per l'affissione in spazi determinati prescelti dal committente.

L’articolo 20 disciplina le ipotesi di riduzione del diritto.

L’articolo 20-bis dispone la riserva del 10 per cento degli spazi totali per l'affissione di manifesti effettuata direttamente da determinati soggetti, previa richiesta, con esenzione dal diritto.

L’articolo 21 disciplina gli altri casi di esenzione dal diritto per particolari manifesti di pubblico interesse.

L’articolo 22 regola le modalità per le pubbliche affissioni, rimettendo al regolamento comunale il potere di dettare disposizioni integrative.

Gli articoli 23 e 24 determinano le sanzioni e gli interessi per le violazioni della disciplina delle affissioni e prescrivono l’adozione di un piano di repressione dell'abusivismo.

L’articolo 35 attribuisce alla direzione centrale per la fiscalità locale del Ministero delle finanze la funzione di vigilanza sulle gestioni dirette o in concessione dell'imposta sulla pubblicità e del servizio delle pubbliche affissioni, disciplinandone l’esercizio e rimettendo a decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’emanazione delle disposizioni riguardanti la gestione contabile dell'imposta sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni.

 

L’articolo 62 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), modificato dall’articolo 10, comma 5, lettera b), della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), ha consentito ai comuni di escludere, mediante regolamento[280], l’applicazione, nel proprio territorio, dell’imposta comunale sulla pubblicità, sottoponendo le iniziative pubblicitarie che incidono sull’arredo urbano o sull’ambiente a un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa.

Il regolamento comunale deve:

a)       individuare la tipologia dei mezzi di effettuazione della pubblicità esterna che incidono sull’arredo urbano o sull’ambiente;

b)       prevedere le procedure per il rilascio e per il rinnovo dell’autorizzazione;

c)       indicare le modalità d’impiego dei mezzi pubblicitari nonché le modalità e i termini di pagamento del canone;

d)       determinare la tariffa con criteri di ragionevolezza e gradualità tenendo conto della popolazione residente, della rilevanza dei flussi turistici presenti nel comune, delle caratteristiche urbanistiche delle diverse zone del territorio comunale e dell’impatto ambientale, in modo che la tariffa stessa, comprensiva dell’eventuale uso di aree comunali, non ecceda di oltre il 25 per cento le corrispondenti tariffe stabilite ai sensi del decreto legislativo n. 507 del 1993 per l’imposta comunale sulla pubblicità e deliberate dall’amministrazione comunale nell’anno solare antecedente l’adozione della delibera di sostituzione dell’imposta comunale sulla pubblicità con il canone;

e)       equiparare, ai soli fini del pagamento del canone, i mezzi pubblicitari installati senza la preventiva autorizzazione a quelli autorizzati, e prevedere sanzioni amministrative pecuniarie per l’installazione dei mezzi pubblicitari non autorizzati, determinandole in misura non inferiore all’importo della relativa tariffa, né superiore al doppio della stessa tariffa;

f)         determinare la tariffa per i mezzi pubblicitari installati su beni privati in misura inferiore di almeno un terzo rispetto agli analoghi mezzi pubblicitari installati su beni pubblici.

Il regolamento può anche prevedere divieti, limitazioni e agevolazioni di carattere generale.

 

Da ultimo, l’articolo 7-octies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, ha previsto che, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge di conversione e con effetto per l'esercizio 2005, i comuni con proprie deliberazioni rideterminino, ove occorra, la misura del canone per l'installazione di mezzi pubblicitari secondo le disposizioni contenute nel citato articolo 62 del decreto legislativo n. 446 del 1997, e in base ai criteri ivi stabiliti. A decorrere dall'esercizio di bilancio 2006 la determinazione dovrà altresì tener conto della rivalutazione annuale sulla base dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall'ISTAT.

 

Si segnala, infine, che il testo del presente comma corrisponde al comma 12 dell’articolo 11 del disegno di legge A.S. 3533 (disegno di legge “competitività”) già approvato dalla Camera (A.C. 5736) e attualmente all’esame del Senato.


Articolo 1, commi 387.25–387.30
(Fondo rotativo per l’innovazione tecnologica)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.25. Al fine di favorire lo sviluppo di idee innovative realizzate da aggregazioni di piccole e medie imprese, una quota delle risorse del Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica di cui all'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, è destinata alla realizzazione di nuovi prodotti e servizi nei settori del tessile, dell'alimentare, delle nanotecnologie, delle tecnologie dell'idrogeno applicate al trasporto e alla produzione di energia, delle biotecnologie in ambito farmaceutico e sanitario, delle tecnologie della comunicazione e delle tecnologie spaziali, anche mediante interazione e collaborazione tra il settore pubblico e quello privato della ricerca. Con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie e con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), sono stabiliti i criteri per la selezione dei progetti, le modalità di presentazione della relativa relazione tecnica, dello studio di fattibilità dell'eventuale prototipo, le forme dell'eventuale revoca dei contributi assegnati e le modalità di costituzione di dette aggregazioni. Entro il 31 dicembre di ogni anno, il Ministro delle attività produttive, con proprio decreto, emanato di concerto con i Ministri per l'innovazione e le tecnologie e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita la CRUI, e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede alla ripartizione delle risorse di cui al presente comma tra le regioni, sulla base di indicatori demografici e socioeconomici, nel pieno rispetto della potestà regolamentare delle regioni, delle province, dei comuni e delle città metropolitane in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite in materia di ricerca scientifica e tecnologica e di sostegno all'innovazione per i settori produttivi. In fase di prima applicazione il decreto è emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

387.26. Una quota delle risorse del Fondo di cui al comma 387.25 è destinata alla concessione di agevolazioni alle imprese, nei limiti consentiti dalla vigente normativa comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e allo sviluppo, volti alla copertura dei costi, non superiori a 500.000 euro, sostenuti per lo studio e la valorizzazione di brevetti commissionati ad università o enti di ricerca pubblici e privati senza scopo di lucro. Con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sono determinate le modalità di attuazione dell'intervento e le tipologie di aiuto che devono prevedere una quota di contributo non superiore al 50 per cento dei costi sostenuti dall'impresa.

 

 

387.27. Le domande di finanziamento a valere sul Fondo di cui al comma 387.25 sono valutate entro tre mesi dalla presentazione e i contributi sono erogati entro i tre mesi successivi alla data di approvazione.

 

 

387.28. Una quota non inferiore al 30 per cento delle risorse del Fondo di cui al comma 387.25 è destinata alla concessione di agevolazioni a favore dei programmi finalizzati allo svolgimento di attività di sviluppo precompetitivo svolti dalle piccole e medie imprese localizzate nelle aree ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del Trattato che istituisce la Comunità europea, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006 e da quella che verrà approvata per il successivo periodo.

 

 

387.29. Con decreto del Ministro delle attività produttive sono determinate annualmente le quote di risorse del Fondo di cui al comma 387.25 da destinare agli interventi di cui ai commi 387.25 e 387.26, nonché al comma 270 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

 

387.30. Una quota, pari a 10 milioni di euro, delle risorse del Fondo di cui al comma 387.25 è destinata alla concessione di agevolazioni alle imprese, nei limiti consentiti dalla vigente normativa comunitaria per gli aiuti di Stato, nelle aree sottoutilizzate determinate con le indagini conoscitive di cui all'articolo 1-ter del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, e individuate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 31 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 26 luglio 1999, di cui alla convenzione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 30 luglio 2001.

 

 

Il comma 387.25, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione Bilancio, destina una quota delle risorse del Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica (FIT) alla realizzazione di nuovi prodotti e servizi nei seguenti settori: tessile, alimentare, nanotecnologie, tecnologie dell’idrogeno (applicate al trasporto e alla produzione energetica), biotecnologie in ambito farmaceutico e sanitario, tecnologie della comunicazione e tecnologie spaziali.

A tal fine, la disposizione in esame prevede la possibilità di interazione e di collaborazione tra il settore pubblico e quello privato della ricerca.

L’intervento è volto a favorire lo sviluppo di idee innovative realizzate da parte di aggregazioni di PMI.

 

Si ricorda che il «Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica» è stato istituito dalla legge n. 46/1982 (“Interventi per i settori dell’economia di rilevanza nazionale”), all’articolo 14 (successivamente sostituito dall'articolo 2 della legge 273/2002), presso il Ministero dell’industria (ora delle attività produttive). Le direttive per la concessione delle agevolazioni del FIT sono state definite con la Dir.Min. 16 gennaio 2001 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato ("Direttive per la concessione delle agevolazioni del fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica di cui all'art. 14 della L. 17 febbraio 1982, n. 46") che ha introdotto un nuovo regime di aiuto (approvato dalla Commissione dell’UE con decisione del 21 dicembre 2000, comunicata con nota del 18-1-2001), in sostituzione del precedente regime previsto dall’ art. 14 e seguenti della legge 46/82 cit. In tale contesto, le disponibilità del fondo sono state destinate al sostegno di programmi relativi ad attività di sviluppo precompetitivo, che possono comprendere anche attività non preponderanti di ricerca industriale. Gli interventi del Fondo hanno attualmente ad oggetto programmi di imprese destinati ad introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi o al miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto. Tali programmi riguardano le attività di progettazione, sperimentazione, sviluppo, preindustrializzazione e i processi realizzativi di campionatura innovativa, unitariamente considerati. Il Ministro delle attività produttive provvede con proprio decreto, adottato previo parere delle regioni interessate, a stabilire annualmente la percentuale delle risorse riservata in via prioritaria ai programmi di sviluppo precompetitivo presentati dalle piccole e medie imprese, quota che non può essere inferiore al 25 per cento delle riserve annuali disponibili. Recentemente, la legge n. 311/04 (finanziaria per il 2005) all’art. 1 comma 270, ha disposto che gli interventi del FIT siano destinati anche ai programmi di investimenti delle imprese commerciali, turistiche e di servizi, aventi determinate finalità (cfr. oltre).

 

La definizione dei criteri per la selezione dei progetti, delle modalità di presentazione della relativa relazione tecnica, dello studio di fattibilità e dell’eventuale attività do prototipazione, delle forme di eventuale revoca del contributo, nonché delle modalità di costituzione delle suddette aggregazione di PMI, sono demandate ad un decreto del Ministro delle attività produttive, da adottarsi di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI).

 

Al Ministro delle attività produttive è assegnato il compito di ripartire tra le regioni le risorse previste dal presente comma.

La ripartizione, cui il Ministro provvederà annualmente con proprio decreto entro il 31 dicembre, sarà effettuata sulla base di indicatori demografici e socioeconomici, nel rispetto della potestà regolamentare di regioni e province, comuni ed e città metropolitane in materia di ricerca scientifica e tecnologica e di sostegno all’innovazione.

A tale ultimo riguardo si segnala che l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione", include la materia della “ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivitra quelle di legislazione concorrente.

In proposto, si ricorda che l’art. 117 Cost., al terzo comma, ultimo periodo, dispone che nelle materie di legislazione concorrente spetti alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata allo Stato. La riserva allo Stato dei soli principi fondamentali determina, inoltre, l’attribuzione della potestà regolamentare in materia alle regioni. Infatti, ai sensi del quinto comma dell’art. 117 Cost, la potestà regolamentare spetta allo Stato solo nelle materie di legislazione esclusiva, risultando rimessa alle regioni in ogni altra materia.

 

Quanto poi agli strumenti agevolativi a favore della ricerca e dell’innovazione, si ricorda che in base all'art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 112/98, continuano ad essere gestiti dallo Stato i seguenti strumenti agevolativi:

-          le agevolazioni per attività di ricerca nelle aree depresse (lett. p);

-          i fondi speciali per la ricerca applicata (FRA) (ora Fondo per le agevolazioni alla ricerca, ex D.Lgs. n. 279/99) e quello in oggetto per l'innovazione tecnologica (FIT), ex legge n. 46/82 (lett. q);

Risulta meno agevole la ricostruzione degli strumenti agevolativi conferiti alle regioni, dato che la formulazione adottata dall’art. 19 del D.Lgs. 112/98 non può essere considerata esaustiva (pur rinviando implicitamente ad alcune importanti leggi di sostegno pubblico alle imprese, tra le quali rientra la L. n. 317/91, per l’innovazione tecnologica nelle PMI e la legge Sabatini - L. 1329/65 - per l’acquisto di macchine utensili), in quanto stabilisce che siano conferite alle regioni le funzioni relative alla concessione di agevolazioni non espressamente riservate allo Stato ai sensi dell’articolo 18 (comma 2).

 

L’ultimo periodo del comma stabilisce che, in fase di prima applicazione, il citato decreto di riparto, per la cui emanazione si richiede il concerto con i Ministri per l’innovazione e le tecnologie e dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e d’intesa con la Conferenza unificata Stato città ed autonomie locali, di cui all’art. 8 del D.Lgs. 281/1997, venga emanato entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente provvedimento.

 

Il comma 387.26 destina una quota del FIT alla concessione di agevolazione a copertura dei costi sostenuti dalle imprese per lo studio e valorizzazione di brevetti commissionati a università o enti di ricerca, sia pubblici che privati, senza fini di lucro.

Per quanto concerne l’entità dell’agevolazione, essa non dovrà superare il tetto di 500 mila euro e dovrà essere concessa nel rispetto dei limiti fissati dalla normativa comunitaria vigente in materia di aiuti di Stato alla ricerca e allo sviluppo.

Con apposito decreto del Ministro delle attività produttive, da emanarsi di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, saranno determinate nel dettaglio le modalità attuative dell’intervento e le tipologie di aiuto, le quali dovranno comunque prevedere una quota di contributo non superiore al 50% dei costi sostenuti dall’impresa.

 

La disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore della ricerca e dello sviluppo è contenuta nella Comunicazione della Commissione UE 96/C, del 27 febbraio 1996, successivamente modificata dalla comunicazione 98/C 48/02. In data 28 febbraio 2001, la Commissione ha deciso di prorogare il periodo di validità dell'applicazione dell'attuale disciplina degli aiuti destinati alla ricerca e allo sviluppo fino al 30 giugno 2002 (GU C 78 del 10 marzo 2001). Infine, in data 8 maggio 2002, la Commissione ha disposto una ulteriore proroga della disciplina suddetta al 31 dicembre 2005 (GU C 111 dell'8 maggio 2002).

Ai sensi di detta disciplina non rientrano tra gli aiuti di Stato:

a)       gli aiuti alle attività di R&S da parte di istituti di istruzione superiore e di enti pubblici di ricerca non aventi scopo di lucro;

b)       le attività di R&S commissionate alle imprese da autorità pubbliche a condizioni di mercato. Disposizioni particolari si applicano a: costruzioni navali, industria siderurgica e automobilistica.

La comunicazione fissa anche le definizioni relative a: ricerca fondamentale (attività che mira all'ampliamento delle conoscenze non connesse ad obiettivi industriali e commerciali); ricerca industriale (ricerca pianificata mirante ad acquisire nuove conoscenze utili per la messa a punto di nuovi prodotti, processi produttivi o servizi e comportare in miglioramento di essi); attività di sviluppo precompetitivo (concretizzazione dei risultati della ricerca industriale in un piano o progetto o disegno per prodotti nuovi, modificati o migliorati).

Tra i costi ammissibili sono compresi: le spese per il personale adibito esclusivamente all'attività di ricerca; i costi di attrezzature, strumenti, terreni, edifici, utilizzati esclusivamente e permanentemente per l'attività di ricerca; costi di servizi di consulenza esterni; spese supplementari e altri costi d'esercizio imputabili direttamente all'attività di ricerca. La comunicazione fissa anche il massimale d'aiuto, e stabilisce che in caso di aiuti alle grandi imprese occorre dimostrare che esso ha un reale effetto di incentivazione sull'attività di ricerca e sviluppo dell'impresa. Infine, per ciascun regime di aiuto si richiede una relazione annuale di attuazione.

Da ultimo, si segnala che il regolamento (CE) n. 364/2004 (pubblicato in GUCE L 63 del 28 febbraio 2004), recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001 (relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore delle pmi) ha disposto l'estensione del campo d'applicazione di tale regolamento agli aiuti alla ricerca e sviluppo.

Il provvedimento si colloca nel quadro fissato dal Consiglio europeo di Barcellona, volto a raggiungere entro il 2010 l'obiettivo del 3% del PIL in investimenti in Ricerca e Sviluppo, a fine di rendere l'economia europea la più competitiva e dinamica del mondo.

Con il regolamento in oggetto si è provveduto pertanto ad estendere l'esenzione dell'obbligo di notifica a tutti gli aiuti di Stato disposti a favore delle PMI che investano in ricerca. Tale esenzione è giustificata dalle caratteristiche peculiari del settore e dalle disparità strutturali esistenti tra le varie Regioni in seno all'UE, nonché dall'esigenza di apportare gli opportuni adeguamenti in direzione di uno sviluppo improntato al progresso dell'economia nel suo complesso. Nella vigente disciplina comunitaria, quindi, la Commissione, ritenendo che gli aiuti alla ricerca e sviluppo incentivino le PMI ad investire maggiormente nella R&S, ha deciso di esentare, a talune condizioni, tali aiuti di Stato dall’obbligo di notifica preventiva, tenuto anche conto del fatto che tali sussidi comportano effetti negativi trascurabili in termini di effetti concorrenziali distorsivi. Ciò vale anche per gli aiuti a favore degli studi di fattibilità e per gli aiuti a copertura dei costi di brevetto, nonché per i singoli aiuti che non superano determinati massimali.

Non tutti gli aiuti alla ricerca e sviluppo a favore delle PMI possono tuttavia essere esentati a norma del regolamento (CE) n. 70/2001.

 

L’art. 5 bis, dispone, in particolare, che gli aiuti alla ricerca e sviluppo sono compatibili con il mercato comune e non sono soggetti all'obbligo di notificazione quando soddisfano le seguenti condizioni:

a)       il progetto sovvenzionato deve rientrare interamente nelle fasi della ricerca e sviluppo definite dal citato articolo 2, lettere h), i) e j).;

b)       l'intensità lorda dell'aiuto, calcolata sulla base dei costi ammissibili del progetto, non deve superare: il 100% per la ricerca fondamentale; il 60% per la ricerca industriale; il 35% per l'attività di sviluppo precompetitivo.

Peraltro, qualora un progetto comprenda diverse fasi di ricerca e sviluppo, l'intensità consentita dell'aiuto è stabilita sulla base della media ponderata delle rispettive intensità di aiuto consentite, calcolate sulla base dei costi ammissibili sostenuti. In caso di progetti di collaborazione, l'importo massimo degli aiuti per ciascun beneficiario non deve superare l'intensità consentita calcolata in base ai costi ammissibili sostenuti dal beneficiario in questione.

I citati massimali possono essere aumentati, a concorrenza massima di un'intensità lorda dell'aiuto del 75% per la ricerca industriale e del 50% per l'attività di sviluppo precompetitivo, nei seguenti casi:

a)       quando il progetto è realizzato in una regione che, all'epoca della concessione dell'aiuto, è ammessa a beneficiare degli aiuti a finalità regionale;

b)       quando il progetto è finalizzato alla realizzazione di ricerche aventi possibili applicazioni multisettoriali ed è centrato su un approccio multidisciplinare conformemente agli obiettivi di un progetto o di un programma specifici avviati in conformità al sesto programma quadro di azioni comunitarie di ricerca e sviluppo tecnologico, di cui alla decisione n. 1513/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

L’intensità massima dell'aiuto può essere aumentata di 10 punti percentuali purché il progetto comporti una collaborazione transfrontaliera effettiva tra almeno due partner indipendenti di due Stati membri, oppure qualora il progetto comporti una collaborazione effettiva tra un'impresa ed un ente pubblico di ricerca, in particolare nel contesto del coordinamento delle politiche nazionali in materia di R & S, laddove l'ente pubblico di ricerca sostiene almeno il 10% dei costi ammissibili del progetto e ha il diritto di pubblicare i risultati nella misura in cui derivino dall'attività di ricerca effettuata da tale ente; oppure i risultati del progetto sono oggetto di ampia diffusione o sono pubblicati in riviste scientifiche e tecniche specializzate.

I costi del progetto considerati ammissibili sono definiti dal comma 5 del citato art. 5 bis, e tra essi rientrano le spese di personale, i costi della strumentazione e dei fabbricati e dei terreni utilizzati per il progetto di ricerca, nonché i costi dei servizi di consulenza e i costi d'esercizio, inclusi quelli dei materiali, delle forniture e di prodotti analoghi, direttamente imputabili all'attività di ricerca.

L’articolo 5-ter reca la specifica disciplina degli aiuti per gli studi di fattibilità tecnica, disponendo che tali studi, compiuti in preparazione delle attività di ricerca industriale o delle attività di sviluppo precompetitivo, sono compatibili con il mercato comune e non sono soggetti all'obbligo di notificazione quando l'intensità lorda dell'aiuto, calcolata sulla base dei costi degli studi, non supera il 75%.

 

Il comma 387.27 fissa in tre mesi dalla presentazione la data ultima per la valutazione delle domande di finanziamento relative al FIT, mentre prevede che i relativi contributi siano erogati entro tre mesi dalla data di approvazione.

 

Il comma 387.28 destina una quota non inferiore al 30% delle risorse del FIT alla concessione di agevolazione a favore di programmi per lo svolgimento di attività di sviluppo precompetitivo[281]svolti da PMI localizzate nelle aree in ritardo di sviluppo ammissibili alla deroga di cui all’art. 87, par. 3, lett. a) del Trattato istitutivo della Comunità europea, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006 e dalla Carta che sarà approvata per il periodo successivo.

 

Fermo restando quanto evidenziato in ordine agli aiuti di stato alle PMI per le attività di ricerca e sviluppo, si ricorda, in via generale, che l'art. 87, paragrafo 1, del Trattato ritiene "incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza". Rispetto a tale divieto generale, sono tuttavia ammesse alcune deroghe di pieno diritto (paragrafo 2) ovvero deroghe eventuali (paragrafo 3). Queste ultime possono riguardare in particolare: regioni in ritardo di sviluppo (lett. a) e lo sviluppo di talune attività o regioni (lett. c).

Segnatamente, l’art. 87, paragrafo 3, lettera a), riguarda “gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione”.

Per quanto riguarda l'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), la deroga si applica a regioni del livello II della NUTS[282] con un Prodotto Interno Lordo (PIL) pro capite calcolato in standard di potere d'acquisto inferiore al 75% della media UE. Si tratta quindi di regioni svantaggiate rispetto alla media europea. In questo senso, esse corrispondono alle regioni individuate dall'Obiettivo 1 dei Fondi strutturali.

Per quanto riguarda l’Italia, la Carta degli aiuti a finalità regionale relativa alle regioni meridionali ammesse alla deroga di cui all’articolo 87.3.a) (Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia) è stata approvata dalla Commissione con la decisione del 13 marzo 2000 (GUCE 24 giugno 2000, C 175).

 

Il comma 387.29 rinvia ad un decreto del Ministro delle attività produttive la determinazione, con cadenza annuale, delle quote del FIT da destinare agli interventi previsti dai commi 387.25 e 387.26. Lo stesso decreto provvederà, altresì, a determinare la quota da destinare agli interventi previsti dal comma 270, art. 1, della legge 311/04 (legge finanziaria 2005) il quale estende il campo d’intervento del FIT alle imprese operanti nel settore del commercio, del turismo e dei servizi, a sostegno dei relativi processi di innovazione.

 

In particolare, si ricorda che ai sensi del citato comma 270, i programmi di investimento delle imprese dei settori del commercio, del turismo e dei servizi, cui possono essere destinate le risorse del FIT, sono rivolti: a) alla ricerca e progettazione di nuove formule e processi distributivi o aziendali innovativi ed agli investimenti materiali connessi con la loro attivazione, alla formazione e consulenza necessarie all'avvio dei processi innovativi; b) all'accesso ai mercati elettronici e strumentazione connessa; c) alla progettazione ed alla realizzazione di investimenti connessi all'adozione di moderne tecniche di vendita e di offerta dei servizi (software per la gestione automatica di spazi espositivi); d) all'acquisizione di servizi di connessione a larga banda; e) al check-up sulla struttura aziendale per rilevare la situazione presente in azienda concernente gli approvvigionamenti, il lavoro, la commercializzazione, il personale, le risorse strumentali; f) alla progettazione e realizzazione di interventi di assistenza tecnica intesa quale elaborazione ed applicazione di tecniche innovative volte all'innovazione dell'assetto e dell'offerta dell'impresa commerciale; g) alla realizzazione di innovazione tecnologica intesa quale acquisizione di sistemi informatici integrati, per la gestione aziendale ed interaziendale, per la realizzazione di impianti automatizzati per la movimentazione delle merci nel magazzino e per operazioni di allestimento degli ordini e per la distribuzione commerciale

 

Il comma 387.30 destinauna quota delle risorse del «Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica» (FIT) - pari a 10 milioni di euro - alla concessione di agevolazioni di imprese ubicate in aree sottoutilizzate.

La disposizione identifica le suddette aree sottoutilizzate come quelledeterminate con le indagini conoscitive di cui all’articolo 1-ter del DL 148/93 (conv. con modif. dalla legge n. 236/93) e individuate con decreto del Ministro del lavoro del 31 maggio 1999, di cui alla convenzione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 30 luglio 2001.

Il comma precisa, inoltre, che le agevolazioni saranno concesse entro i limiti consentiti dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato.

 

Per quanto riguarda il FIT, si ricorda che è stato istituito dalla legge n. 46/1982 (“Interventi per i settori dell’economia di rilevanza nazionale”), all’articolo 14 (successivamente sostituito dall'articolo 2 della legge 273/2002), presso il Ministero dell’industria (ora delle attività produttive). Le direttive per la concessione delle agevolazioni del FIT sono state definite con la Dir.Min. 16 gennaio 2001 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato ("Direttive per la concessione delle agevolazioni del fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica di cui all'art. 14 della L. 17 febbraio 1982, n. 46") che ha introdotto un nuovo regime di aiuto (approvato dalla Commissione dell’UE con decisione del 21 dicembre 2000, comunicata con nota del 18-1-2001), in sostituzione del precedente regime previsto dall’ art. 14 e seguenti della legge 46/82 cit. In tale contesto, le disponibilità del fondo sono state destinate al sostegno di programmi relativi ad attività di sviluppo precompetitivo, che possono comprendere anche attività non preponderanti di ricerca industriale. Gli interventi del Fondo hanno attualmente ad oggetto programmi di imprese destinati ad introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi o al miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto. Tali programmi riguardano le attività di progettazione, sperimentazione, sviluppo, preindustrializzazione e i processi realizzativi di campionatura innovativa, unitariamente considerati. Il Ministro delle attività produttive provvede con proprio decreto, adottato previo parere delle regioni interessate, a stabilire annualmente la percentuale delle risorse riservata in via prioritaria ai programmi di sviluppo precompetitivo presentati dalle piccole e medie imprese, quota che non può essere inferiore al 25 per cento delle riserve annuali disponibili. Recentemente, la legge n. 311/04 (finanziaria per il 2005) all’art. 1 comma 270, ha disposto che gli interventi del FIT siano destinati anche ai programmi di investimenti delle imprese commerciali, turistiche e di servizi, aventi determinate finalità.

 

Quanto alla individuazione delle aree sottoutilizzate si ricorda che il richiamato D.L. 148 del 1993, recante interventi urgenti a sostegno dell'occupazione ha istituito, tra gli altri, il fondo per l’occupazione (articolo 1) e il fondo per lo sviluppo (articolo 1-ter). Quest’ultimo, in particolare, è destinato alla realizzazione di nuovi programmi di reindustrializzazione, di interventi per la creazione di nuove iniziative produttive e di riconversione dell'apparato produttivo esistente, “con priorità per l'attuazione dei programmi di riordino delle partecipazioni statali, nonché per promuovere azioni di sviluppo a livello locale, ivi comprese quelle dirette alla promozione dell'efficienza complessiva dell'area anche attraverso interventi volti alla creazione di infrastrutture tecnologiche, in relazione ai connessi effetti occupazionali”.

Le aree di intervento, secondo l’articolo 1-ter, sono quelle individuate ai sensi dell’articolo 1 dello stesso DL 148. Si tratta, segnatamente, delle aree di cui agli obiettivi 1 e 2 del reg.CEE 2052 del 1988 o del reg. 328/88 (programma resider), così individuate ai sensi del DL 120/89, conv, con modif. dalla legge n. 181/89 (sostegno e reindustrializzazione aree di crisi siderurgica) e nelle aree di rilevante squilibrio locale tra domanda e offerta di lavoro secondo quanto previsto dall’art. 36, secondo comma, del DPR 24 luglio 1977, n. 616.

Per quanto concerne, in particolare, le aree sottoutilizzate individuate dal D.M. 31 maggio 1999, richiamato nella norma in esame, si rileva come questo disponga l’approvazione dei programmi di sviluppo di cui alla citata legge n. 236/93, e nel relativo allegato contempli le seguenti aree: Provincia di Foggia/Manfredonia, Gioia Tauro (RC), Provincia di Vercelli, Provincia di La Spezia, Legnano e Asse del Sempione (MI), Valdarno Superiore (AR e FI), Area del Calatino (CT), Provincia di Vibo Valentia, Camaiore (LU), Massa, Pietrasanta (LU), Montalto di Castro (VT), Provincia di Gorizia, Trieste, Livorno e Collesalvetti, Sesto San Giovanni (MI), Marghera (VE), Sparanise (CE), Province di Avellino, Benevento e Salerno,Area di Gela (CL), Area di Ottana (NU), Provincia di Lecce, Provincia di Grosseto, di Brescia e di Savona.

 

Si segnala l’esigenza di meglio specificare l’ambito territoriale di applicazione delle norme in esame, anche al fine di chiarire la portata del riferimento, contenuto nel testo, alle “indagini conoscitive” di cui all’art. 1-ter del D.L. n. 148/93.


Articolo 1, commi 387.31–387.33
(Accesso delle cooperative ai finanziamenti per il Mezzogiorno)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.31. Con decreto del Ministro delle attività produttive sono determinate le modalità per l'accesso delle società cooperative e loro consorzi agli interventi di cui all'articolo 1 del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488.

 

 

387.32. Al fine di cui al comma 387.31, una quota delle risorse annualmente destinate agli interventi di cui al decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, è utilizzata per la concessione degli incentivi e dei finanziamenti per le società cooperative e loro consorzi.

 

 

387.33. Il Ministro delle attività produttive provvede, con il decreto di cui al comma 387.31, a disciplinare la concessione, l'erogazione e le modalità applicative relative agli incentivi pubblici concessi alle società cooperative e loro consorzi, fatta salva la verifica del rispetto dell'intensità degli aiuti e del divieto di cumulo delle agevolazioni, ai sensi della normativa nazionale e comunitaria.

 

 

Il comma 387.31, demanda ad un decreto del Ministro delle attività produttive la determinazione delle modalità di accesso agli interventi previsti dal DL 415 del 1992 (convertito con modificazioni dalla legge n. 488 del 1992) da parte delle società cooperative e loro consorzi.

 

Brevemente, si ricorda che la legge n. 488 del 1992ha rappresentato il principale intervento di agevolazione a favore delle imprese previsto nell’ambito dell’intervento ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale.

L’articolo 1, comma 2, del D.L. n. 415/1992, convertito con modificazioni dalla legge n. 488/1992, ha affidato al CIPE ed al CIPI (ora soppresso), nell'ambito delle rispettive competenze, la definizione delle disposizioni per la concessione delle agevolazioni alle nuove iniziative relative ad attività produttive nelle aree depresse del territorio nazionale, sulla base di specifici criteri. Inizialmente la materia era stata disciplinata da diverse deliberazioni del CIPI e del CIPE. Con il D.M. Industria 3 luglio 2000 sono state raccolte in un testo unico tutte le disposizioni adottate a livello ministeriale che disciplinano la concessione e l’erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse.

Le agevolazioni della legge n. 488 possono essere concesse alle imprese situate nei territori considerati ammissibili agli interventi dei Fondi Strutturali comunitari (aree obiettivo 1, aree obiettivo 2 e aree "phasing out"), nonché nelle aree individuate in base alle deroghe previste dall’art. 87.3.a e 87.3.c. del Trattato in relazione agli aiuti di Stato a finalità regionale, individuate nella c.d. Carta degli aiuti.

Le agevolazioni sono concesse ai programmi di investimento relativi alle attività estrattive e manifatturiere, alle attività di produzione e distribuzione di energia elettrica, di vapore e acqua calda, alle attività di costruzioni e, nei limiti del 5% delle risorse, alle attività dei servizi reali alle imprese nel settore dell'informatica (e dei servizi connessi di formazione professionale), del trasferimento tecnologico e intermediazione dell'informazione, di consulenza tecnico-economica.

Le agevolazioni sono state inoltre estese alle imprese, localizzate nelle aree depresse, operanti nel settore turistico-alberghiero con l’articolo 9 della legge n. 449/1997, e alle imprese operanti nel settore del commercio dall’articolo 54, comma 2, della legge n. 448/1998.

Oggetto delle agevolazioni sono gli investimenti finalizzati alla costruzione, all'ampliamento, all'ammodernamento, alla ristrutturazione, alla riconversione, alla riattivazione e alla delocalizzazione degli impianti produttivi.

 

Si ricorda che l'articolo 8 del DL n. 35 del 2005 (convertito con modificazioni dalla legge n. 80 del 2005) ai commi 1-6 ha rivisto la disciplina relativa alla concessione degli incentivi alle imprese nelle aree sottoutilizzate, come definiti dalla legge n. 488/1992 o come disposti nell’ambito di patti territoriali, contratti di programma e contratti d’area, in modo da favorire la sostituzione dei finanziamenti a fondo perduto con prestiti agevolati, promuovendo al tempo stesso il coinvolgimento degli istituti bancari nel finanziamento degli investimenti oggetto di agevolazioni. Il decreto di attuazione di tale normativa risulta attualmente in via d’adozione.

 

Il comma 387.32, allo scopo di consentire l’accesso delle cooperativeagli interventi previsti dal citato DL 415/92, riserva una quota (non quantificata) delle risorse - che annualmente vengono destinate ai predetti interventi – per la concessione di incentivi e di finanziamenti alle suddette società cooperative.

 

Il comma 387.33 prevede che - fatta salva la verifica del rispetto dell’intensità degli aiuti, nonché il divieto di cumulo delle agevolazioni, così come previsto dalla normativa nazionale e comunitaria - con il medesimo decreto di cui al precedente comma 387.31,il Ministro delle attività produttive disciplini i profili inerenti la concessione, l’erogazione e le modalità di applicazione degli incentivi pubblici che sono destinati alle cooperative.


Articolo 1, comma 387.34
(Confidi)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.34. All'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

a) al comma 9, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai confidi costituiti come società cooperative possono partecipare, in qualità di soci sovventori, i fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, di cui all'articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59»;

 

 

b) il comma 19 è abrogato;

 

 

c) il comma 43 è abrogato.

 

 

Il comma 387.34, inserito nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, novella l’articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, con il quale è stata operata una riforma organica della normativa sui consorzi per la garanzia collettiva dei fidi (Confidi).

 

In estrema sintesi, i ricorda che gli aspetti fondamentali della riforma dei consorzi per la garanzia collettiva dei fidi (Confidi), attuata dal suddetto articolo 13, sono stati i seguenti:

-          è stato previsto un rafforzamento patrimoniale dei Confidi, sia in termini di requisiti patrimoniali minimi, sia di incentivazione alle fusioni ed aggregazioni;

-          è stata prevista una complessiva riforma del Fondo di Garanzia per le PMI [legge 662del 1996, articolo 100, lettera a)]al fine di creare un sistema nazionale di garanzia articolato su due livelli: un primo livello (garanzia diretta) riservato ai Confidi e agli altri garanti operanti sul territorio, un secondo livello (controgaranzia) affidato al Fondo;

-          è stata favorita l'evoluzione dei confidi consentendo, nel rispetto dei princìpi del vigente ordinamento bancario e creditizio, l'utilizzazione dei modelli di banca di credito cooperativo o di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario emanato con il decreto legislativo n. 385 del 1993. A tal fine, si è prevista la possibilità che l'attività di garanzia collettiva dei fidi venga svolta anche da parte di banche, secondo il modello delle banche cooperative;

-          ai fini dell'evoluzione dei confidi verso il modello di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dallo stesso articolo 107 del testo unico bancario, sono state disciplinate due categorie di confidi:

a)       confidi "minori", iscritti in un'apposita sezione dell'elenco previsto dall’articolo 106 del testo unico bancario e la cui operatività resterebbe sostanzialmente limitata a quella attuale (garanzia collettiva fidi);

b)       intermediari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del testo unico bancario, che possono esercitare, prevalentemente in favore dei soci, oltre alla garanzia collettiva dei fidi (che rimarrebbe comunque l'attività prevalente) anche alcune attività di garanzia nei confronti dello Stato e di gestione di fondi pubblici di agevolazione.

 

Sulla medesima materia è intervenuto, successivamente, il decreto legge n. 35 del 2005 (c.d. decreto-legge “competitività”) convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005, il cui articolo 11, comma 7, modificando l’articolo 13 del D.L. n. 269/03, ha innovato la disciplina relativa al Fondo di garanzia per le imprese artigiane di cui all’articolo 2, comma 100, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, apportando alcune modifiche all’articolo 13 del decreto legge n. 269 del 2003. In particolare:

-          ha soppresso i limiti posti alle modalità d’intervento del Fondo di garanzia dell'Artigiancassa;

-          ha rimesso ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione delle caratteristiche delle garanzie prestate a prima richiesta dal medesimo Fondo;

-          ha esteso ai fondi di garanzia per i confidi non aderenti a un fondo di garanzia interconsortile l’obbligo di devoluzione del patrimonio sociale ai fondi mutualistici, in caso di scioglimento della società;

-          ha precisato che il prescritto versamento annuale dell’0,5 per mille dei finanziamenti complessivamente garantiti è riferito alle garanzie concesse nell’anno a fronte di finanziamenti effettivamente erogati;

-          ha stabilito che le disposizioni relative ai predetti versamenti annuali hanno effetto a decorrere dall’anno 2004.

 

Il comma in esame apporta modifiche al richiamato articolo 13 del decreto legge n. 269 del 2003.

La lettera a), inserendo un nuovo periodo al comma 9 dell’articolo 13, stabilisce che i fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, di cui all’articolo 11 della legge n. 59 del 1992, possono partecipare in qualità di soci sovventori nei confidi costituiti sotto forma di società cooperativa.

 

L’articolo 2548 del codice civile, in materia di conferimenti per la costituzione di fondi di garanzia, stabilisce che l’atto costitutivo delle società di mutua assicurazione può prevedere la costituzione di fondi di garanzia per il pagamento delle indennità, mediante speciali conferimenti da parte di assicurati o di terzi. A questi ultimi (c.d. soci sovventori) l’atto costitutivo può attribuire, rispetto al valore del conferimento, un numero maggiore di voti ma non oltre cinque. In ogni caso, il numero dei voti attribuiti ai soci sovventori devono essere inferiori a quelli spettanti ai soci assicurati. I soci sovventori, infine, possono essere nominati amministratori purché la maggioranza degli amministratori sia costituita da soci assicurati.

 

L’articolo 11, comma 1, della legge n. 59 del 1992[283] stabilisce che “le associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e quelle riconosciute in base a leggi emanate da regioni a statuto speciale possono costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. I fondi possono essere gestiti senza scopo di lucro da società per azioni o da associazioni”. I commi 2 e 3 dell’articolo 11 recano disposizioni in merito all’oggetto sociale e alle finalità dei fondi mutualistici. I commi da 4 a 7 dispongono in merito alla tutela del patrimonio dei fondi prevedendo, tra l’altro, l’obbligo di costituire una riserva di utili. Ai sensi del comma 8 i fondi possono essere finanziati sia dallo Stato o da enti pubblici, sia da privati. Le erogazioni effettuati dai soggetti passivi IRES sono deducibili, ai sensi del comma 9, nel limite del 3% della base imponibile dichiarata dal soggetto erogante. Infine, il comma 10 dispone che, nel caso di non ottemperanza alle presenti disposizioni, le società cooperative e i loro consorzi decadono dai benefìci fiscali e di altra natura concessi.

 

La lettera b) abroga il comma 19 dell’articolo 13 del decreto legge n. 269 del 2003, che esclude i confidi costituiti in forma di società cooperativa dall’obbligo di versare una quota degli utili netti annuali ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

 

Il comma 19 esclude l’applicabilità del secondo comma dell'articolo 2545-quater del codice civile[284] e degli articoli 11 e 20 della legge 31 gennaio 1992, n. 59[285], ai confidi costituiti sotto forma di società cooperativa. L'obbligo di devoluzione previsto dall'articolo 2514, comma 1, lettera d), del codice civile si intende riferito al Fondo di garanzia interconsortile al quale il confidi aderisca o, in mancanza, ai Fondi di garanzia di cui ai commi 20, 21, 23, 25 e 28.

 

La lettera c) abroga il comma 43 dell’articolo 13 del decreto legge n. 269 del 2003.

 

Il comma 43 stabilisce che le società cooperative che si trasformano in confidi sotto un diverso tipo associativo non sono soggette all'obbligo di devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici per lo sviluppo e la promozione della cooperazione. Inoltre la norma prevede una disposizione antielusiva, per cui il beneficio citato viene mantenuto a condizione che nello statuto del confidi risultante dalla trasformazione sia previsto l'obbligo di devoluzione in caso di successiva trasformazione in un ente di natura diversa: in altre parole, fintantoché il confidi rimane nel circuito cooperativistico l'obbligo non sussiste.

 

Si ricorda che la disciplina dei confidi è toccata anche dal precedente comma 265, lettera c), numero 5.2), limitatamente all’attività dei fondi di garanzia interconsortile.

Si segnala, infine, che il testo del presente comma corrisponde al comma 4 dell’articolo 14 del disegno di legge A.S. 3533 (disegno di legge “competitività”) già approvato dalla Camera (A.C. 5736) e attualmente all’esame del Senato.


Articolo 1, commi 387.35–387.45
(Disposizioni per l’internazionalizzazione delle imprese)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.35. Il fondo rotativo di cui all'articolo 2 del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, può essere, a cura dell'ente gestore, garantito contro i rischi di mancato rimborso presso una compagnia di assicurazione o istituto di credito. I costi della garanzia o assicurazione sono dall'ente gestore addebitati agli operatori beneficiari dei finanziamenti a valere sul fondo. Le condizioni e le modalità del contratto di assicurazione o garanzia sono sottoposte all'approvazione del Comi­tato di gestione del fondo e non devono comportare oneri a carico del fondo medesimo.

 

 

387.36. A valere sul fondo rotativo di cui al comma 387.35, una quota fino a 30 milioni di euro è destinata alla concessione di finanziamenti a piccole imprese, anche artigiane, e loro consorzi, come definite dalla normativa comunitaria in vigore. Le tipologie delle iniziative, volte a sostenere l'interna­zionalizzazione delle imprese senza prevedere la presenza stabile all'estero con strutture o personale, sono stabilite con delibera del CIPE. I finanziamenti sono concessi per importi fino al 50 per cento del valore dell'iniziativa finanziata e comunque per un valore unitario non superiore a 50.000 euro. Le condizioni dei finanziamenti sono quelle applicate alle operazioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), del regolamento di cui al decreto del Ministro del commercio con l'estero 23 marzo 2000, n. 136. Il CIPE può modificare l'importo complessivo desti­nato al finanziamento delle operazioni di cui al presente comma, in funzione dell'operatività dello strumento.

 

 

387.37. In attesa della unificazione dei fondi rotativi destinati ad operazioni di venture capital di cui all'articolo 9, comma 1-ter, lettera d), della legge 29 luglio 2003, n. 229, introdotto dall'ar­ticolo 6 della legge 31 marzo 2005, n. 56, il Comitato di indirizzo e rendicontazione di cui all'articolo 5 del decreto del vice Ministro delle attività produttive 3 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 26 giugno 2003, può, in caso di esaurimento dei fondi destinati ad un'area geografica o a determinate categorie di imprese, autorizzare l'imputazione di singole operazioni su fondi destinati ad altra area geografica o ad altra categoria di imprese.

 

 

387.38. Al fine di sostenere le piccole e medie imprese esportatrici italiane o loro consorzi nella competizione internazionale mediante il rinnovo della loro produzione, le disponibilità finanziarie del fondo rotativo di cui al comma 387.35 possono essere utilizzate anche per la concessione a dette imprese e consorzi di finanziamenti per attività da svolgere per l'innovazione, quali la progetta­zione, sperimentazione, prototipizza­zione, ingegnerizzazione, collaudo e brevettazione di nuovi prodotti o modelli per il mercato internazionale.

 

 

387.39. Ai fini di quanto previsto al comma 387.38 per piccole e medie imprese si intendono le imprese definite tali dal Ministro delle attività produttive, con i decreti in vigore emanati in conformità con le disposizioni dell'Unione europea, e la cui quota di ricavi esteri risulti congruente con le finalità di internazionalizzazione del progetto presentato.

 

 

387.40. L'importo massimo del finanziamento concedibile ai sensi del comma 387.36 è pari al 100 per cento dell'importo complessivo delle spese ammissibili, ancora da sostenere. Il limite massimo dell'importo del finanziamento concedibile è pari ad euro 500.000 per ciascun programma di innovazione. Tale importo è elevabile fino ad euro 1.000.000 qualora il soggetto beneficiario sia un consorzio.

 

 

387.41. Il tasso di interesse fisso del finanziamento di cui al comma 387.36 è pari al 15 per cento del tasso di riferimento vigente alla data di stipula del relativo contratto, applicabile alle operazioni di credito agevolato alle esportazioni a tasso variabile effettuate con raccolta sul mercato interno, stabilito con decreto del Ministro del tesoro 21 dicembre 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30 dicembre 1994. Il finanziamento può essere concesso per una durata non superiore a sei anni, di cui due di preammortamento, durante il quale sono corrisposti solo gli interessi, e quattro di ammortamento.

 

 

387.42. A totale copertura del rimborso del capitale, dei relativi interessi e degli altri oneri accessori, le imprese beneficiarie devono prestare idonee garanzie. Le imprese possono essere ammesse al beneficio della garanzia integrativa e sussidiaria di cui all'articolo 22, comma 6-bis, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, introdotto dall'articolo 21, comma 5, della legge 5 marzo 2001, n. 57.

 

 

387.43. Le condizioni, le modalità e i limiti per la concessione e l'erogazione del finanziamento, nonché le tipologie e le modalità delle garanzie sono determinate dal Comitato di cui alla convenzione del 16 ottobre 1998 tra il Ministero del commercio con l'estero e la SIMEST Spa, stipulata ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, nel rispetto delle disposizioni emanate in materia dal­l'Unione europea. Il Comitato stabilisce altresì i tempi e le condizioni, anche di tasso, da applicare nel caso in cui l'impresa beneficiaria non realizzi le finalità di cui al comma 387.36.

 

 

387.44. Il Ministero delle attività produttive, anche mediante ispezioni in loco, può accertare la realizzazione del programma finanziato e verificarne il relativo stato di attuazione. A tale fine il Ministero può avvalersi della collaborazione di propri uffici, enti e società ad esso collegate. Le spese relative all'effettuazione dei controlli sono a carico del fondo rotativo di cui al comma 387.35.

 

 

387.45. Per la gestione degli interventi di cui ai commi 387.38 e 387.44 e di tutti gli interventi effettuati a valere sul fondo rotativo di cui al comma 387.35, si applicano gli stessi parametri per la determinazione delle commissioni e quanto altro stabilito dalla convenzione sottoscritta tra la SIMEST Spa e il Ministero delle attività produttive per la gestione di detto fondo, ad eccezione di quanto previsto per la quantificazione complessiva delle commissioni. La revisione della citata convenzione dovrà essere effettuata limitatamente all'introduzione del pieno criterio di proporzionalità tra le commissioni da corrispondere alla SIMEST Spa e l'attività da essa svolta per la gestione di tutti gli interventi effettuati a valere sul predetto fondo in ciascun anno di riferimento.

 

 

I commi da 387.35 a 387.45 recano disposizioni in materia di internazionalizzazione.

 

In particolare, il comma 387.35, prevede che il fondo rotativo di cui all’articolo 2 del DL n. 251/81, conv. con modif. dalla legge n. 394/81 - destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatricipossa essere garantito dall’ente gestore (Simest spa) contro i rischi di mancato rimborso presso una compagnia di assicurazioni o un istituto di credito. Lo stesso ente gestore provvederà ad addebitare i relativi costi ai soggetti beneficiari delle agevolazioni concesse a valere sul citato Fondo.

La disposizione in commento prevede, inoltre, che le condizioni e le modalità del contratto di assicurazione o di garanzia – che, peraltro, non deve comportare oneri a carico del Fondo – sia sottoposto all’approvazione da parte del Comitato di gestione del Fondo stesso.

 

Si segnala che il Comitato di gestione del Fondo, inizialmente previsto dal citato DL n. 251, è stato soppresso dall’art. 25 del D.Lgs. 143/98. Pertanto, la disposizione dovrebbe riferirsi, verosimilmente, al Comitato agevolazioni istituito presso la Simest spa - cui è attualmente affidata la gestione del Fondo ai sensi della Convenzione tra la società e il MAP del 18 ottobre 1998 (cfr. oltre).

 

Si ricorda che l’articolo 2 del D.L. 251/81, recante provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane (convertito in legge con modificazioni, dalla L. 29 luglio 1981, n. 394) ha istituito presso il Mediocredito centrale un fondo a carattere rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale in Paesi diversi da quelli delle Comunità europee

Il fondo era originariamente amministrato da un comitato di nomina ministeriale, successivamente soppresso dal comma 7 dell’art. 25 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143, il quale ha disposto, tra l’altro, che a decorrere dal 1° gennaio 1999, la gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema produttivo di cui al suddetto decreto-legge n. 251 fosse attribuita alla SIMEST S.p.a.

Per quanto concerne le tipologie e le modalità delle garanzie a copertura dei rimborsi del capitale, dei relativi interessi e di altri oneri accessori relativi ai finanziamenti, è intervenuto di recente il comma 6 dell'art. 7, della legge 31 marzo 2005, n. 56, il quale, novellando l’articolo 2, terzo comma, del decreto-legge n. 251/81 in oggetto, ha stabilito che tali tipologie e modalità di garanzia siano determinate dal comitato di cui alla convenzione del 16 ottobre 1998 tra il Ministero del commercio con l'estero e la SIMEST Spa, stipulata ai sensi del citato articolo 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143. Le condizioni per la concessione dei finanziamenti a valere sul Fondo sono state stabilite con DM 22 settembre 1999, n. 467. Ai sensi dell’articolo 11 del citato DM n. 467, per garantire il rimborso del capitale, dei relativi interessi e di altri oneri accessori, l'impresa beneficiaria del finanziamento, a copertura dei singoli importi da erogare, deve prestare al soggetto gestore una o più delle seguenti tipologie di garanzia, da sottoporre, unitamente alla richiesta di finanziamento, all'approvazione del comitato: fideiussione bancaria, assicurativa, pegno su titoli, o fideiussione dei consorzi di garanzia collettiva fidi convenzionati con il soggetto gestore.

 

Il comma 387.36 dispone che una quota, fino a 30 milioni di euro, a valere sul fondo rotativo di cui all’articolo 2 del DL 28 maggio 1981, n. 251 cit., sia destinata alla concessione di finanziamenti a piccole imprese, anche artigiane e loro consorzi, così come definite dalla normativa comunitaria.

 

Ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del DL 251/81, così come modificato dall’art. 7, comma 6, della legge 56/05 (Misure per l'internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore ) sono ammesse con priorità ai benefici del fondo rotativo le richieste relative alle piccole e medie imprese comprese quelle agricole, ai consorzi e raggruppamenti fra le stesse costituiti, e alle società a prevalente capitale pubblico che operano per la commercializzazione all'estero dei prodotti delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno. La disposizione dell’articolo si applicano peraltro anche alle imprese alberghiere e turistiche limitatamente alle attività volte ad incrementare la domanda estera del settore.

 

Per quanto concerne la definizione di piccole e medie imprese, si ricorda come a livello comunitario, a decorrere dal 1º gennaio 2005, sono entrate in vigore le nuove definizioni fissate con la Raccomandazione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003, la quale ha sostituito la previgente Raccomandazione 96/280/CE, recepita nel nostro ordinamento con il DM 18 settembre 1997. La nuova raccomandazione comunitaria estende il concetto d’impresa ad ogni entità che svolga attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, incluse dunque le entità che svolgono attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che svolgono con regolarità un’attività economica.

La raccomandazione conferma i precedenti limiti dimensionali per quanto riguarda il numero dei dipendenti, provvedendo, invece, a modificare la soglia del fatturato e del totale di bilancio che, per la prima volta, viene indicata anche per le aziende più piccole.

Per essere riconosciuta come PMI l'impresa deve rispettare le soglie relative agli effettivi e quelle relative al totale di bilancio fissate dalla raccomandazione. I nuovi effettivi e soglie finanziarie che definiscono PMI e microimprese sono i seguenti:

-        media impresa: occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro;

-        piccola impresa: occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro;

-        microimpresa: occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro

L’art. 2 della raccomandazione consente agli Stati membri di stabilire, in alcuni casi, soglie inferiori rispetto ai valori massimi fissati dalla raccomandazione.

Il DM del 18 aprile 2005 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005, ha provveduto ad adeguare i criteri di individuazione delle piccole e medie imprese, ai fini della concessione di aiuti alle attività produttive, in accordo con la citata raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE.

 

Le tipologie delle iniziative volte a sostenere l’internazionalizzazione delle imprese senza la previsione di una presenza stabile all’estero con strutture o personale, sono stabilite con una delibera del CIPE.

I finanziamenti sono concessi per importi fino al 50% del valore dell’iniziativa finanziata e comunque per un valore unitario non superiore a € 50.000.

Le condizioni dei finanziamenti sono quelle applicate alle operazioni di cui all’articolo 2, lettere b) e c), del DM 136 del 23 marzo 2000, recante il regolamento in ordine ai criteri e alle modalità per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato per la realizzazione di studi di prefattibilità e di assistenza tecnica, ai sensi dell'articolo 22, comma 5, lettere a) e b), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143.

 

Il regolamento citato, adottato in attuazione dell'articolo 22, comma 6, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, fissa la disciplina relativa al finanziamento agevolato delle spese derivanti dalla realizzazione:

a)       di studi di prefattibilità e di fattibilità connessi all'aggiudicazione di commesse, comunque denominate, ed eventualmente comprensive delle operazioni di finanziamento, in cui il corrispettivo è costituito, in tutto o in parte, dal diritto di gestire l'opera;

b)       di programmi di assistenza tecnica e di studi di fattibilità, collegati ad esportazioni o ad investimenti italiani all'estero.

L’articolo 2 del citato DM n. 136/00 reca le definizioni; in particolare, la richiamata lettera b) definisce gli studi di prefattibilità, quali valutazioni e analisi i cui costi sono sostenuti dalle imprese allo scopo di definire e selezionare preliminarmente progetti di investimento in Paesi non appartenenti all'Unione europea connessi all'aggiudicazione di commesse, comunque denominate, in cui il corrispettivo è costituito, in tutto o in parte, dal diritto di gestire l'opera; la successiva lettera c) definisce invece gli studi di fattibilità, quali analisi, indagini e valutazioni, i cui costi sono sostenuti dalle imprese allo scopo di elaborare un progetto di esportazione di beni o di servizi, un piano di investimento o di trasferimento di tecnologia, ovvero in relazione all'aggiudicazione di commesse in Paesi non appartenenti all'Unione europea, il cui corrispettivo consiste in tutto o in parte nel diritto di gestire l'opera.

Si ricorda pertanto come ai sensi dell’articolo 4 del citato DM. 136, per quanto riguarda gli studi di prefattibilità e di fattibilità connessi all'aggiudicazione di commesse, sono ammissibili al finanziamento agevolato, nei limiti del cinquanta per cento dell'importo, le spese a carico dell'impresa, inserite nel preventivo, sottoscritto dal legale rappresentante ed allegato alla domanda di finanziamento. Sono in particolare ammissibili al finanziamento agevolato le spese relative a salari, emolumenti dovuti a consulenti od esperti, viaggi, studi di supporto, test, altre spese di natura tecnica che risultino strettamente collegate allo studio da effettuare. Eventuali spese derivanti dalle operazioni di finanziamento della commessa sono ammissibili se relative alla fase di acquisizione del finanziamento stesso. Sono ammissibili le spese sostenute nel periodo di sei mesi che decorre dalla data della delibera di concessione del finanziamento.

Ai sensi del successivo articolo 8 del medesimo DM il tasso di interesse agevolato da applicare ai finanziamenti è pari, per tutta la durata del finanziamento, al 25 per cento del tasso di riferimento vigente alla data di stipula del contratto di finanziamento stabilito dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ai sensi del decreto ministeriale 21 dicembre 1994.

In ordine alle modalità di rimborso dei finanziamenti, si ricorda, infine, come l’articolo 12 del medesimo DM n. 136 preveda che questi siano rimborsati a tasso agevolato in sei rate semestrali posticipate, a quote costanti di capitale, più gli interessi sul debito residuo. La prima rata scade dodici mesi dopo la data di stipula del contratto di finanziamento per gli studi di prefattibilità e di fattibilità. Dalla data di ciascuna erogazione e fino all'inizio del periodo di rimborso del capitale, sono dovuti interessi di preammortamento, a tasso agevolato, da corrispondere in rate semestrali posticipate.

 

Con riferimento alle condizioni applicabili ai finanziamenti alle piccole imprese e loro consorzi si segnala l’esigenza di coordinare quanto previsto dal presente comma con le disposizioni vertenti nel medesimo ambito di cui dal comma 387.41 (cfr. oltre).

 

L’ultimo periodo del comma in esame autorizza il CIPE a modificare l’importo complessivo destinato al finanziamento delle operazioni in funzione dell’operatività dello strumento.

 

Il comma 387.37 dispone che, in attesa della unificazione dei fondi rotativi destinati ad operazioni di venture capital di cui all’articolo 6, comma 1, lettera d) della legge n. 56 del 31 marzo 2005, il Comitato di indirizzo e rendicontazione, di cui all’articolo 5 del DM 3 giugno 2003[286] - costituito presso il Ministero delle attività produttive e avente il compito di definire i criteri generali per l’operatività del fondo rotativo, gestito dalla Simest S.p.a., per il sostegno degli interventi delle piccole e medie imprese italiane nella Repubblica federale di Jugoslavia (ora Stato di Serbia e Montenegro), in Albania, Bosnia e Macedonia - possa, in caso di esaurimento dei fondi destinati ad un’area geografica o a determinate categorie di imprese, autorizzare l’imputazione di singole operazioni su fondi destinati ad altra area geografica o ad altra categoria di imprese.

 

Si ricorda che il D.M. 31 gennaio 2001 – il quale, ai sensi del citato articolo 5 del D.M. 3 giugno 2003, rimante operante in attesa dell’adozione di un apposito decreto regolante la composizione e i compiti del suddetto comitato - ha previsto, all’articolo 6, la costituzione, presso il Ministero delle attività produttive, di un comitato di indirizzo e rendicontazione, di cui fanno parte un Dirigente del Servizio coordinamento strumenti e studi del Ministero delle attività produttive, che lo presiede, ed altri due dirigenti del Ministero designati dal Ministro e al quale sono invitati a partecipare ai lavori un rappresentante della Simest S.p.a. ed un rappresentante della Finest S.p.a.

Tale comitato, con proprie direttive indirizzate al soggetto gestore (la Simest S.p.a.), definisce i criteri generali per l'operatività del Fondo rotativo destinato alle piccole e medie imprese italiane - ovvero PMI aventi stabile organizzazione in uno Stato dell'Unione europea, controllate da imprese italiane - che acquisiscono quote di capitale di rischio in società o imprese costituite o da costituire nella Repubblica Federale Jugoslava (ora Stato di Serbia e Montenegro), in Albania, Bosnia e Macedonia. Il comitato, inoltre, valuta, e se del caso approva, le proposte del soggetto gestore in merito agli interventi; questi ultimi consistono nell’acquisizione, da parte della Simest S.p.a., a valere sul fondo rotativo, in nome e per conto del Ministero, Dipartimento per l'internazionalizzazione, di una quota fino al ventiquattro per cento del capitale di rischio dell'investimento.

Si ricorda, inoltre, che la citata legge n. 56/05 reca, all’articolo 6, una delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel settore dell'internazionalizzazione delle imprese; il comma 1, lettera d) di tale articolo, richiamato dalla disposizione in esame, prevede, tra l’altro, quale criterio direttivo per il suddetto riordino, che tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST S.p.a., destinati ad operazioni di venture capital in Paesi non aderenti all'Unione europea, siano unificati in un unico fondo e disciplinati in analogia ai fondi mobiliari chiusi. In attesa dell’esercizio della delega, il comma in esame reca pertanto una disciplina a carattere transitorio, in base alla quale il suddetto Comitato di rendicontazione, in caso di esaurimento dei fondi destinati ad un’area geografica o a determinate categorie di imprese, può autorizzare l’imputazione di singole operazioni su fondi destinati ad altra area geografica o ad altra categoria di imprese.

 

Il comma 387.38 estende l’utilizzazione delle risorse del Fondo rotativo di cui al DL 251/81 cit. al sostegno, nell’ambito della competizione internazionale, delle piccole e medie imprese anche consorziate, che svolgono attività di export, mediante il rinnovo della loro produzione.

Le disponibilità del Fondo possono essere destinate, altresì, alla concessione – sempre con riferimento alla suddetta tipologia di imprese - di finanziamenti a sostegno di attività finalizzate all’innovazione quali: progettazione,. sperimentazione, creazione di prototipi, ingegnerizzazione, collaudo e brevettazione di nuovi prodotti o modelli destinati al mercato internazionale.

 

Il successivo comma 387.39, ai fini dell’utilizzo delle risorse del predetto fondo rotativo, richiede che :

§         le piccole e medie imprese esportatrici corrispondano a quelle individuate come tali da decreti adottati dal Ministro delle attività produttive in recepimento delle disposizioni comunitarie (cfr. sopra);

§         la quota di ricavi esteri di dette piccole e medie imprese deve risultare congruente con le finalità di internazionalizzazione del progetto presentato.

 

Per quanto riguarda l’individuazione delle PMI si segnala il già citato Il DM del 18 aprile 2005 (Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005), che ha provveduto ad adeguare i criteri di individuazione delle piccole e medie imprese alla citata raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003

 

Il comma 387.40 definisce l’importo massimo di finanziamento che può essere concesso alle imprese a valere sul fondo di cui al DL 251/81, ai sensi del comma 387.36 che, si ricorda, destina una quota fino a 30 milioni di euro del fondo per il finanziamenti a piccole imprese.

Detto importo massimo viene fissato dalla disposizione in esame al 100 per cento dell’importo complessivo delle spese ammissibili, non ancora sostenute.

L’importo massimo del finanziamento che può essere concesso a ciascuno programmi di innovazione delle piccole imprese è, invece, fissato in 500.000 euro e può essere elevato a 1.000.000 euro qualora il soggetto beneficiario sia un consorzio.

 

Si segnala come gli importi massimi dei finanziamenti concedibili alle piccole imprese e loro consorzi ai sensi del comma 387.36 (50% del valore dell’iniziativa e valore unitario non superiore ad euro 50.000) differiscano da quanto disposto dal comma 387.40 in oggetto (100% delle spese ammissibili e limite massimo pari ad euro 500.000 per ciascun programma di innovazione, elevabile ad 1 milione di euro nel caso di consorzi).

Si rileva pertanto l’esigenza di coordinare le disposizioni testè richiamate.

 

Ai sensi del comma 387.41, il tasso di interesse fisso del finanziamento a alle piccole imprese e loro consorzi, a valere su una quota fino a 30 milioni di euro del fondo di cui al DL 251/81, è fissato in misura pari al 15% del tasso di riferimento in vigore alla data di stipula del relativo contratto che si applica alle operazioni di credito agevolato alle esportazioni a tasso variabile effettuate con raccolta sul mercato interno. Il tasso di riferimento viene determinato sulla base dei criteri stabiliti dal decreto del Ministro del tesoro del 21 dicembre 1994[287].

La durata del finanziamento non può superare i sei anni, di cui due di preammortamento e quattro di ammortamento.

Nei due anni di preammortamento vengono corrisposti solo gli interessi.

 

In relazione alle condizioni dei finanziamenti in oggetto si segnala l’esigenza di coordinare il disposto del comma 387.41 in esame con quanto previsto dal penultimo periodo del comma 387.36.

 

Il comma 387.42prevede che le imprese che beneficiano dei finanziamenti a valere sul citato fondo rotativo, prestino idonee garanzie a copertura totale del rimborso dei capitali, dei relativi interessi e degli altri oneri accessori.

La stessa disposizione consente, inoltre, alle suddette imprese, l’accesso alla garanzia integrativa e sussidiaria di cui al comma 6-bis dell’art. 22 del D.Lgs. n. 143 del 1998, prevista a valere sulle disponibilità finanziarie del medesimo fondo rotativo.

 

Il comma 6-bis dell’art. 22 del D.Lgs. n. 143 del 1998, recante "Disposizioni in materia di commercio coi l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59", introdotto dal comma 5 dell’articolo 21 della legge “ 5 marzo 2001, n. 57 (“Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”),consente l'utilizzazione di una quota delle disponibilità finanziarie sul fondo rotativo, di cui al DL 251/81, per la concessione di una garanzia integrativa e sussidiaria destinata ai soggetti beneficiari dei finanziamenti. Per la determinazione della quota massima di disponibilità da destinare a tale fine e della percentuale massima della garanzia rispetto all'ammontare del finanziamento, il comma rinvia a decreti del ministro del commercio con l’estero, di concerto con quello del tesoro (il riferimento espresso è ai decreti previsti dal comma 7 dello stesso articolo 22 del D.Lgs. n. 143, che a sua volta fa riferimento ai decreti previsti per la propria attuazione dall’art. 2, co. 3, dello stesso decreto-legge 251/81). Si ricorda che, in attuazione dell’art. 2, è stato adottato il DM 22 settembre 1999, n. 467 recante “Regolamento recante criteri e modalità per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato per la realizzazione di programmi di penetrazione commerciale in Paesi diversi da quelli membri dell'Unione europea di cui al D.L. 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 1981, n. 394”.

 

Il comma 387.43demanda la determinazione delle modalità e dei limiti per la concessione ed erogazione dei finanziamenti, nonché delle tipologie e delle modalità delle garanzie - nel rispetto delle disposizione emanate dall’Unione europea - al Comitato agevolazioni della Simest spa, di cui dalla Convenzione 16 ottobre 1998 stipulata tra l’ex Ministero del commercio con l’estero e la Simest spa in attuazione dell’art. 25 del D.Lgs. n. 143/98.

Allo stesso Comitato compete la fissazione dei tempi e delle condizioni, anche in riferimento al tasso d’interesse, da applicare alle imprese beneficiarie nei casi di mancata realizzazione delle finalità di internazionalizzazione indicate nel comma 387.36, il quale, si ricorda, dispone l’individuazione, con delibera CIPE, delle tipologie di iniziative delle piccole imprese e loro consorzi volte a sostenere l’internazionalizzazione senza prevedere la presenza stabile all’estero con strutture o personale.

 

Si ricorda che l'articolo 25del D.Lgs. n. 143/98 ha disposto il passaggio alla SIMEST spa della gestione degli interventi a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese - previsti dalle varie leggi di settore (legge 24 maggio 1977, n. 227; decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394; legge 20 ottobre 1990, n. 304; legge 24 aprile 1990, n. 100; articolo 14 della legge 5 ottobre 1991, n. 317) che in precedenza era affidata al Mediocredito centrale. Il comma 2 dell'art. 25 ha previsto, altresì, che per la gestione degli interventi di cui al comma 1 la SIMEST stipuli apposite convenzioni con il Ministero del commercio con l'estero.

A tale scopo la SIMEST, subentrata al Mediocredito a partire dal 1° gennaio 1999, ha stipulato un'apposita convenzione con il Ministero del commercio con l'estero, nella quale vengono stabiliti i compensi e i rimborsi spettanti per la gestione degli interventi. Il Comitato delle agevolazioni della SIMEST spa è stato istituito dall’art. 2 della convenzione stipulata tra il Ministero del commercio con l’estero e la Simest S.p.a. in data 16 ottobre 1998.

 

Il comma 387.44 assegna al Ministero delle attività produttive la competenza in materia di:

§         accertamento - anche a mezzo di verifiche in loco - della realizzazione del programma che beneficia dei finanziamenti;

§         verifica dello stato di attuazione dello programma medesimo.

 

Per lo svolgimento dei suddetti compiti il Ministero ha facoltà di avvalersi della collaborazione dei propri uffici, nonché di enti o società ad esso collegate. Le spese per i controlli sono poste a carico delle risorse del Fondo rotativo di cui al citato DL 251/81.

 

Il comma 387.45 stabilisce che – ai fini della gestione degli interventi previsti dai precedenti commi 387.38 (sostegno innovazione Pmi esportatrici) e 387.44 (controllo Map attuazione interventi) e, più in generale, di tutti gli interventi effettuati a valere sulle risorse del Fondo rotativo di cui al citato DL. 251/81 – siano applicati gli stessi parametri di determinazione delle commissioni e quant’altro previsto dalla convenzione stipulata tra Simest spa e MAP per la gestione del suddetto Fondo, ad esclusione di quantoprevisto in merito alla quantificazione complessiva delle commissioni.

La stessa disposizione prevede, inoltre, la revisione della suddetta convenzione, limitata esclusivamente alla introduzione del pieno criterio di proporzionalità tra le commissioni che devono essere corrisposte alla Simest spa e l’attività di gestione di tutti gli interventi effettuati a valere sul predetto fondo, in ciascun anno di riferimento, svolta dalla stessa società.


Articolo 1, comma 387.46
(Reindustrializzazione e promozione industriale)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.46. Le disposizioni in materia di reindustrializzazione e di promozione industriale, di cui al decreto-legge 1o aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, e al comma 8 dell'articolo 11 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, trovano applicazione nei comuni nei cui territori hanno sede gli stabilimenti industriali interessati e nei comuni confinanti, fermo restando che, in ogni caso, gli ambiti territoriali non possono eccedere il territorio della provincia di appar­tenenza.

 

 

Il comma 387.46 precisa l’ambito territoriale di applicazione delle disposizioni in materia di reindustrializzazione e di promozione industriale recate dal DL n. 120/89[288], convertito con modificazioni dalla legge n. 181/89, e dall’art. 11, comma 8, del DL. n. 35/05 (conv. con modif. dalla L. n. 80/05).

La disposizione in commento stabilisce, in particolare, che l’ambito di applicazione delle citate disposizioni del D.L. n. 120/89 e del D.L. n. 35/05 è circoscritto ai comuni nel cui territorio si trova la sede degli stabilimenti industriali interessati, nonché ai comuni che con essi confinano, purché questi rientrino nella medesima provincia. La disposizione precisa, infatti, che in ogni caso, l’ambito di applicazione degli interventi illustrati non può eccedere il territorio della provincia di appartenenza (dei comuni in cui ha sede lo

 

Si ricorda che il DL 1° aprile 1989, n. 120 ("Misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia")., agli artt. 5-8, ha previsto la realizzazione di un programma speciale di reindustrializzazione delle aree di crisi siderurgica, attuato dalle aziende del gruppo IRI e specificamente rivolto alle zone di Napoli, Taranto, Genova e Terni (aree prioritarie), nonché un programma di promozione industriale esteso anche ad altre aree di crisi siderurgica (Massa, Piombino, Trieste, Lovere, Villadossola), predisposto dalla SPI, società di promozione imprenditoriale controllata dall’IRI, ora confluita in Sviluppo Italia S.p.A. e relativo ad iniziative imprenditoriali nei settori dell'industria e dei servizi, con particolare riferimento a quelle da realizzare in collaborazione con imprenditori privati e con cooperative o loro consorzi[289].

Con l'articolo 73, comma 1, della legge finanziaria 2003 (L. 289/02), si è prevista la possibilità di estendere le misure di cui all'art. 5 del DL 120/89 anche ad aree diverse da quelle individuate dallo stesso decreto-legge, nonché alle aree industriali comprese nei territori per i quali sia stato dichiarato o prorogato lo stato di emergenza con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.

In tale contesto, il comma 265 della legge n. 311/04 cit. (legge finanziaria 2005) ha esteso le misure di reindustrializzazione e di promozione industriale previste dal DL n. 120/89, anche ai territori dei comuni di Arese, Rho, Garbagnate Milanese e Lainate (limitatamente, tuttavia, alle aree individuate nell’accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area Fiat-Alfa Romeo richiamato nel testo con il rinvio ad un decreto del Presidente della Giunta regionale della Lombardia), nonché al comune di Marcianise (Caserta) e al distretto di Brindisi.

Il comma 266 della legge n. 311 cit., ha previsto inoltre che il programma di reindustrializzazione di cui al precedente comma 265 sia proposto e attuato dal Sviluppo Italia S.p.a., in accordo con le rispettive regioni. Lo stesso comma ha, inoltre, individuato ulteriori tipologie di interventi che dovranno essere ricomprese nel programma. Si tratta di interventi di acquisizione, bonifica e infrastrutture di aree industriali dimesse. (Per quanto concerne Sviluppo Italia Spa, si rinvia alla scheda di commento al precedente comma 5). Ai sensi del successivo comma 267, il programma di reindustrializzazione deve prevedere interventi per la promozione imprenditoriale e per l’attrazione degli investimenti nel settore delle industrie e dei servizi, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5 del decreto-legge n. 120/89[290]. Si ricorda infine che il comma 268 la legge n. 311/04 ha disposto la concessione di un contributo straordinario per gli interventi di cui ai citati commi da 265 a 267, di 32 milioni di euro per il 2005, 52 milioni per il 2006 e 72 milioni per il 2007.

Il DL 14 marzo 2005, n. 35 (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 all’articolo 11, comma 8, richiamato dalla norma in esame, ha previsto l’estensione dell’ambito di applicazione degli interventi di reindustrializzazione e di promozione industriale per le aree in crisi del settore siderurgico, di cui al dal decreto-legge n. 120/89, alle aziende operanti nelle aree di crisi del comparto degli elettrodomestici, nonché ai territori dei comuni individuati con DPCM. L’ampliamento della platea dei soggetti destinatari dei suddetti interventi – volto a concorrere alla soluzione delle crisi industriali - viene effettua entro i limiti del contributo straordinario previsto dal comma 9 dello stesso articolo (50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, di 85 milioni di euro per il 2007 e di 65 milioni di euro per il 2008), mentre l’estensione ad altri ambiti territoriali dovrà avvenire nel rispetto delle procedure stabilite all'articolo 1, commi 266 e 267, della legge n. 311/04 (L. finanziaria 2005), che hanno affidato a Sviluppo Italia, in accordo con le regioni, la promozione e l’attuazione dei programmi di reindustrializzazione. Ai fini dell'adozione del DPCM si dovrà tener conto degli accordi intervenuti tra Governo, enti territoriali interessati e parti economiche e sociali.

Si ricorda, infine, che disposizioni inerenti la medesima materia della reindustrializzazione e promozione industriale sono contenute anche nel comma 17 del provvedimento in commento, alla cui scheda di lettura si rinvia per ogni approfondimento.

 


Articolo 1, comma 387.47
(Esenzione fiscale per cessioni di elaboratori elettronici)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.47. Le cessioni a titolo gratuito da parte delle imprese di personal computer con eventuali relativi programmi di funzionamento, già interamente ammortizzati e utilizzati da non più di cinque anni come beni strumentali, se effettuate in favore di associazioni e altre organizzazioni non lucrative con scopi solidaristici o sociali, non danno luogo ai fini delle imposte sul reddito a destinazione dei beni a finalità estranee all'esercizio dell'impresa. Possono beneficiare delle donazioni previste dal presente comma, alle condizioni previste, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, le società cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, le fondazioni e le associazioni riconosciute aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica e le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri previsti dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383, nonché le associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349.

 

 

Il comma 387.47, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, reca agevolazioni fiscaliin favore delle imprese che donano elaboratori elettronici (personal computer)alle associazioni e organizzazioni non lucrative.

 

In particolare, viene disposta, in favore delle imprese, l’esenzione dalle imposte sui redditi delle cessioni a titolo gratuiti di elaboratori elettronici (personal computer) effettuate in favore dei seguenti soggetti:

§      organizzazioni non lucrative di utilità sociale, di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;

§      organizzazioni di volontariato, di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266;

§      organizzazioni non governative, riconosciute idonee ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49;

§      società cooperative sociali, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381;

§      fondazioni e le associazioni riconosciute, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica;

§      associazioni di promozione sociale, iscritte nei registri previsti dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383;

§      associazioni di protezione ambientale, riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349.

 

Rientrano nell’ambito oggettivo del beneficio gli elaboratori e i relativi programmi di funzionamento che risultano in possesso dei seguenti requisiti:

-          devono essere interamente ammortizzati.

L’ammortamento è una procedura contabile attraverso la quale il costo sostenuto per l’acquisto di beni strumentali viene fiscalmente ripartito in più esercizi. Un bene strumentale interamente ammortizzato ha un valore fiscale pari a zero; pertanto, nel caso di cessione del bene, il prezzo di vendita concorre interamente a formare il reddito di esercizio in qualità di plusvalenza.

Ai sensi dell’articolo 86, comma 1, lettera c), e comma 3, del tasto unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, le plusvalenze dei beni relativi all'impresa, diversi da quelli al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, concorrono alla formazione del reddito se i beni vengono destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa. In tale ipotesi la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il valore normale e il costo non ammortizzato dei beni. Pertanto la cessione di un bene già interamente ammortizzato dà luogo ad una plusvalenza pari al valore di mercato del bene al momento della cessione, anche se questa avviene a titolo gratuito.;

-          devono essere stati utilizzati come beni strumentali per un periodo non superiore a cinque anni. Il presente requisito sembrerebbe diretto ad evitare che, al fine di fruire del presente beneficio fiscale, le imprese provvedano a cedere gratuitamente apparecchi ormai obsoleti.

 

Questa disposizione potrebbe essere più opportunamente collocata nel testo unico delle imposte sui redditi, trattandosi disposizione non transitoria ma destinata a operare permanentemente.

 

Si segnala, infine, che il testo del presente comma corrisponde all’articolo 20, comma 1 del disegno di legge A.S. 3533 (disegno di legge “competitività”), già approvato dalla Camera (A.C. 5736) e attualmente all’esame del Senato.


Articolo 1, commi 387.48-387.52
(Trasmissione telematica di atti relativi a adempimenti amministrativi)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.48. Le pubbliche amministrazioni statali, nei rapporti con i cittadini e con le imprese, sono tenute a ricevere, nonché inviare se richiesto, anche in via telematica, nel rispetto della normativa vigente, la corrispondenza, i documenti e tutti gli atti relativi ad ogni adempimento amministrativo che non sia già oggetto di specifica e dedicata procedura informatizzata. A tale fine le pubbliche amministrazioni si avvalgono di beni e servizi informatici e telematici che assicurino l'integrità del messaggio nella fase di trasmissione informatica attraverso la certificazione tramite firma digitale, e la conformità dello stesso all'originale mediante tecnologie che conferiscono validità legale al processo di trasferimento da un supporto all'altro nel rispetto delle vigenti regole tecniche. Le copie su supporto cartaceo, generate mediante l'impiego di mezzi informatici, sostituiscono ad ogni effetto di legge l'originale da cui sono tratte se la conformità all'originale è assicurata dal soggetto incaricato del trasferimento da un supporto all'altro mediante l'utilizzazione di tecnologie che conferiscono validità legale al processo di trasferimento nel rispetto delle regole tecniche di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

 

 

387.49. L'obbligo di cui al comma 387.48 decorre, per ciascuna pubblica amministrazione centrale, dalla data stabilita con decreto del Ministro per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro interessato.

 

 

387.50. Le concessioni di pubblici servizi sono integrate con quanto previsto dalle disposizioni contenute nei commi 387.48 e 387.49 a decorrere dalla data stabilita con decreto del Ministro per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

 

387.51. Le pubbliche amministrazioni statali, che ancora non ne dispongono, attivano tempestivamente il servizio di ricezione delle trasmissioni telema­tiche, utilizzando allo scopo le risorse finanziarie già disponibili per le esigenze informatiche.

 

 

387.52. Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano disposizioni coerenti con quanto previsto nei commi da 387.48 a 387.51 nel rispetto di quanto previsto dall'artico 29, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Dalle disposizioni dei predetti commi non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

I commi da 387.48 a 387.52 intervengono su quegli aspetti della politica d’innovazione digitale propugnata dal Governo più strettamente connessi all’attività delle pubbliche amministrazioni, con l’obiettivo di semplificare e accelerare le comunicazioni tra le stesse e i soggetti privati (in particolare: cittadini e imprese).

Introdotti ad opera di un emendamento approvato nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio[291], essi riproducono testualmente alcune parti (art. 20, co. da 2 a 6) del disegno di legge A.S. 3533, recante Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (c.d. “disegno di legge sulla competitività”), nel testo approvato dalla Camera il 5 luglio scorso (A.C. 5736) e trasmesso al Senato, che non ne ha ancora iniziato l’esame.

Si ricorda inoltre che parte di quanto disposto nei commi che seguono è già, sostanzialmente, presente nel comma 3-quater dell’art. 7 del D.L. 35/2005[292] (convertito in L. 80/2005).

 

Ai fini del necessario coordinamento normativo, si segnala che disposizioni analoghe a talune tra quelle recate dal comma 387.48 sono altresì riprodotte, con formulazione tuttavia in parte diversa, nel precedente comma 37-bis (vedi supra la relativa scheda di lettura), frutto dell’approvazione di un distinto emendamento[293] nel corso dell’esame in sede referente.

 

Il comma 387.48 dispone che le pubbliche amministrazioni statali intraprendano lo scambio telematico di documenti e atti amministrativi con cittadini e imprese.

Tale previsione si sostanzia in un obbligo di ricevere – e, se richiesto, di inviare – anche per via telematica la corrispondenza, i documenti e tutti gli atti relativi ad ogni adempimento amministrativo.

La disposizione, invero, ribadisce quanto già previsto nel recente D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante il “Codice dell’amministrazione digitale”, adottato sulla base della norma di delega contenuta nell’art. 10 della legge di semplificazione 2001[294] e destinato ad entrare in vigore il 1° gennaio 2006.

 

Finalità del Codice è il coordinamento e il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di società dell’informazione[295]. Suo oggetto primario è l’uso appropriato, da parte delle pubbliche amministrazioni centrali e locali, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione al fine di assicurare “la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale”.

In particolare, nel capo I, sezioneII (Diritti dei cittadini e delle imprese), si pone in capo a cittadini e imprese il diritto soggettivo a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori di pubblici servizi statali, entro i limiti posti dal codice. Il concetto è ribadito con particolare riguardo alla partecipazione al procedimento amministrativo e al diritto di accesso ai documenti amministrativi, sanciti dalla L. 241/1990, nonché all’invio di atti e documenti: a tale ultimo riguardo si stabilisce che “ogni atto e documento può essere trasmesso alle pubbliche amministrazioni con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione se formato ed inviato nel rispetto della vigente normativa”(art. 4, co. 2).

Si rinviene dunque un’analogia di disposti normativi tra quest’ultima norma e il testo in commento; va peraltro evidenziato che il Codice non contempla vincoli o adempimenti ulteriori cui subordinare l’efficacia della previsione di comunicazione telematica con i privati, laddove nel testo in esame essa è condizionata all’adozione di successivi decreti ministeriali (vedi infra).

Si ricorda inoltre che, seppur più genericamente, anche l’art. 3-bis della L. 241/1990[296], recentemente introdotto dalla legge di novella n. 15 del 2005[297], prevede che per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivino l’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati.

 

Il comma in esame fa salve le normative speciali che già prevedano, per determinati adempimenti, una “specifica e dedicata procedura informatizzata” (come avviene, ad es., in materia di adempimenti fiscali).

Esso dispone inoltre che le pubbliche amministrazioni si avvalgano, al fine di adempiere all’obbligo di comunicazione per via telematica, di beni e servizi informatici e telematici che assicurino, nella fase di trasmissione informatica:

§         l’integrità del messaggio, attraverso la certificazione tramite firma digitale;

§         la conformità del messaggio all’originale, mediante “tecnologie che conferiscono validità legale” al processo di trasferimento da un supporto all’altro nel rispetto delle vigenti regole tecniche.

 

La definizione di firma digitale è contenuta nell’art. 1, co. 1, lett. s), del citato Codice dell’amministrazione digitale: si tratta di “un particolare tipo di firma elettronica qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici”.

 

Si aggiunge infine che le copie su supporto cartaceo, generate mediante l’impegno di mezzi informatici, sostituiscono ad ogni effetto di legge l’originale da cui sono tratte se la conformità all’originale è assicurata dal soggetto incaricato del trasferimento da un supporto all’altro mediante l’utilizzazione di “tecnologie che conferiscono validità legale” al processo di trasferimento, nel rispetto delle regole tecniche di cui all’art. 71 del Codice dell’amministrazione digitale di cui al citato D.Lgs. 82/2005.

Dalla formulazione del comma non emerge con immediatezza se la disposizione è riferita alle sole copie di documenti generate dalle pubbliche amministrazioni o anche a quelle prodotte da privati.

Si pone in ogni caso un’esigenza di coordinamento con quanto già oggi prevede sul punto la disciplina vigente o destinata ad entrare in vigore in materia (v. anche sul punto quanto detto nella scheda relativa al comma 37-bis).

Si ricorda al riguardo che il Codice dell’amministrazione digitale già dispone che “gli atti formati con strumenti informatici, i dati e i documenti informatici delle pubbliche amministrazioni costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge” (art. 22, co. 1), e che “i duplicati, le copie, gli estratti del documento informatico, anche se riprodotti su diversi tipi di supporto, sono validi a tutti gli effetti di legge, se conformi alle vigenti regole tecniche” (art. 23, co. 2)[298].

Ai fini della miglior formulazione del testo, sembra infine opportuno un approfondimento in ordine al significato da attribuire all’espressione “tecnologie che conferiscono validità legale”, considerato che la validità ai fini di legge di un documento non è conferita dal ricorso ad una particolare tecnologia, bensì dal rispetto di requisiti (concernenti la certezza in ordine all’integrità ed alla provenienza del documento) che spetta alla legge medesima fissare, eventualmente anche mediante rinvio all’adozione di determinate regole tecniche.

 

Quanto al rinvio alle regole tecniche di cui all’art. 71 del Codice dell’amministrazione digitale, si segnala che il co. 1 di tale articolo prevede l’adozione di tali regole con decreti del Presidente del Consiglio o del ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il ministro per la funzione pubblica e con le amministrazioni di volta in volta interessate, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali ed il Garante per la protezione dei dati personali. Il comma 2 dell’articolo dispone in via transitoria che, in attesa dell’adozione delle regole tecniche di cui al co. 1, restano in vigore quelle in precedenza adottate nelle materie oggetto del codice.

 

Ai sensi del comma 387.49, l’obbligo di trasmissione telematica dei documenti relativi ad adempimenti amministrativi decorrerà, per ciascuna amministrazione centrale, dalla data che sarà fissata dal Ministro per l’innovazione e le tecnologie con proprio decreto, adottato di concerto con il ministro per la funzione pubblica, il ministro dell’economia e delle finanze e il ministro di volta in volta interessato, il quale evidentemente dovrà dar conto dell’effettiva adeguatezza alle trasmissioni telematiche della struttura amministrativa cui è preposto.

 

Il medesimo obbligo si estende anche ai soggetti concessionari di servizi pubblici: il comma 387.50 prevede infatti un’integrazione in tal senso delle concessioni di pubblico servizio, a decorrere dalla data che sarà fissata con decreto del ministro per l’innovazione di concerto con quello dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 387.51 impone alle amministrazioni statali ancora non attrezzate di attivare celermente il servizio di trasmissione telematica; tale adempimento dovrà essere soddisfatto con le risorse finanziarie già disponibiliper le esigenze informatiche.

 

Il comma 387.52stabilisce che anche le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, dispongano in coerenza con il contenuto dei commi appena esposti, dalle cui disposizioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Tale disposizione potrebbe giustificarsi – ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione – qualora fosse intesa quale espressione della competenza statale a determinare i livelli essenziali delle prestazioni pubbliche atti a garantire un adeguato soddisfacimento dei diritti civili e sociali dei cittadini, indipendentemente dal livello di governo territoriale di riferimento.

Lo stesso comma 6, inoltre, richiama espressamente quanto previsto nell’art. 29, co. 2, della L. 241/1990, ovvero l’indicazione che regioni ed enti locali regolino le materie disciplinate dalla L. 241/1990 nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa.


Articolo 1, comma 387.53
(Imposta di bollo per atti trasmessi in via telematica)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.53. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare sono individuate le voci di tariffa e sono determinati in misura forfettaria gli importi dell'imposta di bollo dovuta sugli atti di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, anche tenuto conto degli adempimenti correlati. Il decreto di cui al presente comma deve garantire l'invarianza di gettito complessiva per l'erario.

 

 

Il comma 387.53, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di natura non regolamentare, con il quale sono individuate le voci di tariffa e determinati in misura forfetaria gli importi dell'imposta di bollo, dovuta sugli atti di cui all'articolo 3-bis del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463. L’importo delle nuove tariffe dovrà essere determinato anche tenendo conto degli adempimenti correlati e dovrà garantire l'invarianza di gettito complessivo per l'erario. Non è fissato un termine per l’emanazione del decreto.

 

Il citato articolo 3-bis del D.Lgs. n. 463 del 1997, integralmente sostituito dal comma 331-terdecies del presente articolo 1, alla cui illustrazione si rinvia, disciplina le procedure telematiche per la registrazione di atti e denunzie, per la presentazione di dichiarazioni di successione, per la trascrizione, iscrizione e annotazione nei registri immobiliari e per la voltura catastale.

 

Si segnala che il presente comma riproduce in gran parte l’articolo 20, comma 10, del disegno di legge A. S. 3533 (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), approvato dalla Camera dei deputati (A.C. 5736) e attualmente all’esame del Senato.

Il contenuto di questo comma è inoltre sostanzialmente identico a quello del precedente comma 331-terdecies del presente disegno di legge.


Articolo 1, comma 387.54
(Autorizzazione di spesa)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.54. Per l'attuazione dei commi da 387.47 a 387.55 è autorizzata la spesa di 3,4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, e 1,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.

 

 

Il comma 387.54 autorizza la spesa di 3,4 milioni di euro per il 2006, di 3,4 milioni di euro per il 2007 e di 1,8 milioni di euro per il 2008 per l’attuazione degli interventi previsti dai precedenti commi da 387.47 a 387.55. Si tratta in particolare:

 

§      agevolazioni fiscaliin favore delleimprese che donano personal computeralle associazioni e organizzazioni non lucrative (comma 387.47)

§      della trasmissione telematica di atti relativi a adempimenti amministrativi (commi da 387-48 a 387.52);

§      del rimborso IVA per i soggetti operanti con regime monofase (comma 387.55).

 

Non dovrebbero essere invece considerate le disposizioni recate dal comma 387.53 in quanto relative all’imposta di bollo per gli atti trasmessi in via telematica, in quanto il comma reca la clausola di invarianza del gettito.

 

Si ricorda che il comma 387.54 risulta identico al comma 11 dell’articolo 20 del disegno di legge “competitività” approvato dalla Camera dei deputati (A.S. 3533), che, tuttavia, conteneva nel testo anche quelle disposizioni relative alla trasmissione telematica dei dati catastali e immobiliari ai comuni ai fini ICI e dell’imposta di bollo (commi 8 e 9 del citato articolo 20), ora non presenti tra i commi aggiuntivi introdotti dall’emendamento 1.4285.

Le disposizioni richiamate erano già presenti nel testo iniziale del disegno di legge “competitività (articolo 12, commi 9 e 10 dell’A.C. 5736) e la relazione tecnica allegata quantificava un onere di 3,4 milioni sia per il 2006 che per il 2007 e di 1,8 milioni per il 2008, riferendolo esclusivamente agli effetti determinati dal comma 10 (vedi A.C. 5736, pagg. 33-35).

 

Le norme relative al rimborso IVA per i soggetti operanti con regime monofase di cui al comma 387.55 non erano presenti nel testo iniziale (A.C. 5736), ma sono state introdotte nel corso dell’esame presso le Commissione riunite I e V della Camera dei deputati. Poiché non era stata presentata alcuna relazione tecnica, non è possibile quantificarne gli eventuali oneri.


Articolo 1, comma 387.55
(Rimborso IVA per i soggetti operanti con regime monofase)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.55. Ai fini di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, i soggetti operanti con regime monofase si intendono ricompresi nell'ambito di cui alla lettera a) del secondo comma del predetto articolo 30.

 

 

Il comma 387.55 riguarda il campo di applicazione dell’articolo 30, secondo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il quale individua le fattispecie nelle quali il contribuente può chiedere, in tutto o in parte, il rimborso dell’eccedenza di IVA detraibile, anziché computare l’importo in detrazione per l’anno successivo, come previsto in via generale dal primo comma dello stesso articolo 30.

Ai sensi del citato articolo 30, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, il rimborso dell’IVA risultante a credito può essere richiesto, all’atto di presentazione della dichiarazione annuale, solamente se di ammontare superiore a 5 milioni di lire (pari a 2.582,28 euro) e se derivante da una delle seguenti situazioni:

a)       esercizio, esclusivo o prevalente, di attività che comportano l'effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni[299]. L’articolo 3, comma 6, del D.L. 28 giugno 1995, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 349, ha specificato che il rimborso può essere richiesto se l'aliquota mediamente applicata su tutti gli acquisti e su tutte le importazioni, supera quella mediamente applicata su tutte le operazioni effettuate, maggiorata del 10 per cento;

b)       effettuazione di operazioni non imponibili, di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 del D.P.R. n. 633 del 1972, per un ammontare superiore al 25 per cento dell'ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate;

c)       acquisto o importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche, limitatamente all’imposta relativa a tali acquisti;

d)       effettuazione prevalente di operazioni non soggette all’imposta per mancanza del requisito della territorialità di cui all’articolo 7 del D.P.R. n. 633 del 1972;

e)       nomina, ai sensi dell’articolo 17, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, da parte di un soggetto non residente, di un proprio rappresentante fiscale residente nello Stato, per l’assolvimento di tutti gli adempimenti in materia di IVA

Al di fuori delle ipotesi sopra elencate, il contribuente può chiedere il rimborso se dalle dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenze detraibili; in tal caso il rimborso può essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi delle predette eccedenze.

Il rimborso può infine essere richiesto, senza limiti di importo, in caso di cessazione dell’attività (articolo 30, comma primo, del D.P.R. n. 633 del 1972).

 

La norma qui illustrata ammette comunque al rimborso dell’eccedenza di IVA detraibile, se di importo superiore a 5 milioni di lire (pari a 2.582,28 euro), i soggetti nei confronti dei quali l'applicazione dell'IVA avviene con regime monofase.

 

Il regime c.d. monofase[300] è disciplinato dai primi tre commi dell’articolo 74 del D.P.R. n. 633 del 1972, che prevedono l’assolvimento dell’IVA direttamente alla fonte, sul prezzo di vendita al pubblico del bene e servizio, senza ulteriore applicazione dell’imposta stessa nelle fasi successive, le quali sono pertanto equiparate (secondo comma) alle operazioni non imponibili[301] di cui all’articolo 3, secondo comma, dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972.

Il suddetto regime si applica in alcuni specifici settori, elencati al primo comma del citato articolo 74:

a)       sali e tabacchi;

b)       fiammiferi;

c)       editoria;

d)       servizi di telecomunicazione;

e)       vendita al pubblico di biglietti dei trasporti pubblici urbani e di documenti di sosta relativi ai parcheggi veicolari.

L’applicazione di questo regime è stata disciplinata, per gli specifici settori indicati, da atti normativi subordinati:

§         D.M. 6 luglio 1993 (Disciplina, agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, del commercio dei generi da parte dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 14 agosto 1993);

§         D.M. 28 dicembre 1972 (Disciplina agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto del commercio dei fiammiferi - pubblicato nel suppl. ord. alla Gazzetta Ufficiale n. 337 del 30 dicembre 1972), e D.M. 4 luglio 1994(Condizioni e modalità di applicazione dell'imposta di fabbricazione sui fiammiferi di provenienza comunitaria – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 216 del 15 settembre 1994);

§         D.M. 9 aprile 1993 (Modalità applicative dell'imposta sul valore aggiunto per il commercio di quotidiani, di periodici, di supporti integrativi e di libri – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 del 14 aprile 1993);

§         D.M. 24 ottobre 2000, n. 366 (Applicazione dell'imposta sul valore aggiunto relativa alle operazioni effettuate nel settore delle telecomunicazioni);

§         D.M. 5 maggio 1980 (Particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto per la vendita al pubblico, da parte di rivenditori autorizzati, di documenti di viaggio relativi a trasporti pubblici urbani di persone – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 123 del 7 maggio 1980).

 

Le predette operazioni non soggette all'imposta sono equiparate agli effetti della disciplina dell’IVA alle operazioni non imponibili [rectius: "non soggette"] ai sensi del terzo comma dell'articolo 2.

Le operazioni non imponibili non rilevano per il computo dell'aliquota media agli effetti della domanda di rimborso, in quanto a tali operazioni non viene applicata alcuna aliquota IVA, mancando alle stesse uno dei presupposti per l'applicazione dell'imposta[302]

 

Una formulazione più chiara e organica della disposizione potrebbe ottenersi mediante la diretta modificazione del citato articolo 30 del D.P.R. n. 633 del 1972.

 

Si segnala, infine, che il testo del presente comma corrisponde all’articolo 20, comma 12, del disegno di legge A.S. 3533 (disegno di legge “competitività”), già approvato dalla Camera (A.C. 5736) e attualmente all’esame del Senato.


Articolo 1, commi 387.56-387.64
(Realizzazione di opere pubbliche mediante locazione finanziaria)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.56. Per la realizzazione, l'acquisizione e l'adeguamento di opere pubbliche, le amministrazioni pubbliche possono sottoscrivere contratti di locazione finanziaria (leasing), previo espletamento di procedura ad evidenza pubblica ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e successive modificazioni.

 

 

387.57. Le attività di progettazione, esecuzione e collaudo delle opere acquisite dalle amministrazioni pubbliche mediante contratti di locazione finanziaria sono realizzate, in deroga alle disposizioni di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, e al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, e successive modificazioni, ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e successive modificazioni, fatta eccezione per quanto espressamente disposto dai commi da 387.56 a 387.64.

 

 

387.58. Ai fini di quanto disposto dai commi da 387.56 a 387.64, si intendono per opere pubbliche gli edifici, gli impianti, le infrastrutture e qualsiasi altro tipo di costruzione di cui le amministrazioni necessitino per lo svolgimento delle proprie funzioni.

 

 

387.59. Ai fini di quanto disposto dai commi da 387.56 a 387.64, si intendono per amministrazioni aggiudicatrici i soggetti individuati dall'articolo 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e successive modificazioni.

 

 

387.60. Le opere pubbliche da realizzare mediante ricorso allo strumento della locazione finanziaria sono inserite nell'elenco delle opere pubbliche predisposto dalle amministrazioni aggiudicatrici ai sensi dell'articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni.

 

 

387.61. Le opere pubbliche sono realizzate a cura e spese di un soggetto finanziatore iscritto nell'elenco degli intermediari finanziari previsto dal testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, e dal decreto del Ministro del tesoro 6 luglio 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 22 luglio 1994.

 

 

387.62. La progettazione definitiva delle opere pubbliche è a cura e spese delle amministrazioni aggiudicatrici, che vi provvedono secondo le modalità previste dall'articolo 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, e successive modificazioni, nonché in conformità al capitolato di gara e alle prescrizioni della normativa vigente in materia.

 

 

387.63. Il soggetto finanziatore, in sede di partecipazione alla gara ai sensi del comma 387.56, indica le imprese in possesso dei requisiti di qualificazione di cui all'articolo 8 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34, e successive modificazioni, alle quali intende affidare l'esecuzione dei lavori. In sede di partecipazione alla gara, il soggetto finanziatore indica altresì il direttore dei lavori in possesso dei requisiti richiesti dalla citata legge n. 109 del 1994, e, nei casi previsti dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e successive modificazioni, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori.

 

 

387.64. L'amministrazione aggiudica­trice, ferme restando le competenze del direttore dei lavori di cui al comma 387.63, nomina uno o più verificatori delle opere con il potere di accedere al cantiere senza limitazioni e senza preavviso. Il verificatore è competente all'accertamento della regolare e tempestiva esecuzione delle opere in relazione a ciascun singolo stato di avanzamento dei lavori.

 

 

I commi da 387.56 a 387.64 riproducono esattamente il contenuto dell’art. 28 del cd. ddl competitività - approvato dalla Camera dei deputati il 5 luglio 2005 (AS 3533) – che autorizza l’utilizzo, da parte delle pubbliche amministrazioni, di contratti di locazione finanziaria (leasing) ai fini della realizzazione, acquisizione od adeguamento di opere pubbliche.

 

 

Il contratto di leasing

Il contratto di leasing è un negozio giuridico non disciplinato da una normativa specifica che riunisce in sé elementi propri della locazione e dell’acquisto.

La tipologia più nota del negozio è il leasing finanziario[303] alla base del quale stanno le note ragioni di carattere economico consistenti nella necessità di disporre di beni strumentali all’attività d’impresa (impianti, immobili, autoveicoli, ecc.). Con il termine leasing finanziario si intende la cessione d’uso per un certo periodo di tempo (generalmente medio-lungo) di beni strumentali e di beni di consumo durevoli, a fronte del pagamento di una rata periodica. Per tutta la durata del contratto (la cui qualificazione giuridica è, quindi, essenzialmente di locazione finanziaria) l’oggetto rimane di proprietà della società di leasing mentre l’utilizzatore del bene è il locatario, sul quale, a differenza delle forme “tradizionali” di affitto, incombono però gli obblighi tipici del proprietario, quali la manutenzione o i rischi legati al bene e al suo utilizzo. Per godere del bene, l’utilizzatore del leasing corrisponde, come accennato, le rate di leasing che, oltre al canone, comprendono anche una quota di ammortamento del capitale, calcolata in funzione della durata del contratto. Allo scadere del periodo contrattuale concordato, normalmente la società di leasing offre al cliente di acquistare l’oggetto contro il pagamento del valore residuo calcolato; ulteriori possibilità sono la restituzione del bene, la sua sostituzione, la prosecuzione del leasing, ovvero le altre eventuali possibilità previste dal contratto.

Con il termine di leasing pubblico viene delineato un ambito disciplinare dato dall’incrocio della normativa di stampo privatistico propria del contratto di leasing e di quella pubblicistica derivante dal contesto in cui il leasing viene utilizzato.

Il suo utilizzo, infatti, si inquadra nell’ambito della recente tendenza volta a trasporre gli strumenti contrattuali e organizzativi di stampo privatistico nel settore pubblico.

Una particolare categoria di leasing pubblico è rappresentata dal leasing dei beni immobili da costruire (locazione finanziaria in costruendo).In tale fattispecie la P.A. sposta l’onere della realizzazione dell’opera sull’intermediario finanziario. In questa ipotesi l’ente pubblico stipula, con l’impresa di leasing, un contratto avente ad oggetto la cessione in godimento di un immobile ancora da costruire; l’impresa di leasing si assume l’obbligo di finanziare la costruzione dell’immobile, di costruirlo e di consegnarlo all’ente che da parte sua si obbliga ad utilizzarlo per un certo periodo di tempo (dai cinque ai novantanove anni) pagando un canone e con la possibilità di riscattarlo scaduto il termine previsto dal contratto. Il locatario ha in genere l’iniziativa dell’operazione; quindi si procura il terreno adatto alla costruzione dell’immobile oppure lo indica alla società di leasing e spesso predispone il progetto dell’intervento edilizio, si incarica del controllo dei lavori ed espleta le formalità burocratiche necessarie.

 

Le disposizioni del comma 387.56 sembrano riferirsi alla locazione finanziaria in costruendo, anche se il riferimento all’adeguamento oltre che alla realizzazione e all’acquisizione, può far pensare che ci si riferisca anche ad un altro tipo di leasing, dato che nel caso dell’adeguamento non ci si trova in presenza di un immobile da costruire.

Si osserva quindi, che data la natura atipica del contratto di leasing e considerate l’esistenza di molte clausole diverse a seconda del tipo di leasing prescelto, sembrerebbe opportuno specificare a quale tipo di leasing ci si riferisce con le disposizioni in commento.

Il comma 387.58, prevede, inoltre, che la sottoscrizione dei citati contratti di leasing da parte delle amministrazioni pubbliche, debba avvenire previo espletamento di procedura ad evidenza pubblica ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157.

Si ricorda che il leasing finanziario va ricondotto alla categoria dei servizi finanziari di cui all’Allegato II-A della recente direttiva unica in tema di appalti 2004/18/CE, che sul punto nulla innova rispetto alla direttiva 97/52. Fino al recepimento della direttiva 2004/18, che dovrà avvenire entro il 31 gennaio 2006, il quadro normativo di riferimento rimane quindi quello delineato dal decreto legislativo n. 157 del 1995, di attuazione della direttiva 97/52 che, riportando anche i servizi finanziari nel novero degli appalti di servizi di rilevanza comunitaria, ha sgombrato il campo da ogni dubbio circa l’applicazione delle norme ad evidenza pubblica.

 

Il comma 387.57 dispone che le attività di progettazione, esecuzione e collaudo delle opere acquisite dalle amministrazioni pubbliche mediante contratti di leasing siano realizzate, in deroga alle disposizioni di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109 e al DPR 21 dicembre 1999, n. 554[304], ed ai sensi del decreto legislativo n. 157 del 1995, fatta eccezione per quanto espressamente disposto dal presente articolo.

Si fa notare in proposito che da più parti[305] sono state sollevate delle perplessità circa la possibilità di derogare alle procedure previste dalla legge n. 109 del 1994: «Nel caso del leasing pubblico […] l’Autorità di vigilanza dei lavori pubblici nella deliberazione n. 337 del 4 dicembre 2002, ha ribadito l’obbligatorietà del ricorso alle procedure previste dalla L. 109/94 (L. Merloni). […] Quando l’oggetto del leasing in concreto non è costituito da servizi finanziari bensì da veri e propri lavori pubblici, ovvero qualora lavori dedotti nel rapporto PA privato non abbiano una valenza meramente strumentale o indiretta o accessoria, ma rappresentino l’interesse concreto che la PA intende conseguire dal rapporto, si impone il rispetto della Merloni: sotto questo profilo concordano l’Autorità di vigilanza e l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato e ben pochi spazi di intervento alternativo residuano. Diversamente, laddove il profilo economicamente e qualitativamente prevalente consiste nella prestazione di servizi finanziari, troverà applicazione sic et simpliciter il D.Lgs. 157/95 per la scelta della società di leasing».

 

I commi 387.58 e 387.59 definiscono l’ambito oggettivo (attraverso la definizione di opere pubbliche) e soggettivo (specifcando cosa si intenda per amministrazioni aggiudicatici) delle disposizioni in esame.

 

Il comma 387.60 prevede l’inserimento delle opere pubbliche in leasing nell'elenco delle opere pubblichepredisposto dalle amministrazioni aggiudicatrici ai sensi dell’art. 14 della legge n. 109 del 1994 relativo alla programmazione dei lavori pubblici.

Si ricorda che, secondo l’art. 14, comma 1, della legge quadro, l’attività di realizzazione dei lavori pubblici, di singolo importo superiore a 100.000 euro, si svolge sulla base di una programmazione obbligatoria e vincolante, cioè sulla base di un programma triennale, aggiornato annualmente, che viene approvato nei modi di legge, unitamente all’elenco dei lavori da realizzare nell’anno stesso.

Ai sensi del dell’art. 14, comma 9, le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute a predisporre un elenco annuale delle opere da realizzare che deve essere approvato unitamente al bilancio preventivo, e di cui costituisce parte integrante.

Si ricorda, infine, che l’entrata a regime di tali disposizioni sulla programmazione è avvenuta solo recentemente con l’emanazione del D.M. 22 giugno 2004 “Procedura e schemi-tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale, dei suoi aggiornamenti annuali e dell'elenco annuale dei lavori pubblici, ai sensi dell'art. 14, comma 11, della L. 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni ed integrazioni”.

 

Il comma 387.61 prevede che le opere pubbliche inserite nell’elenco dei lavori da realizzare siano realizzate a cure e spese di un soggetto finanziatore che dovrà essere iscritto nell'elenco degli intermediari finanziari di cui al decreto legislativo 14 settembre 1993, n. 385 e successive modificazioni e integrazioni, e al D.M. 6 luglio 1994.

Si ricorda, infatti, che il decreto legislativo n. 385 del 1993 (come modificato dai decreti legislativi n. 342 del 1999 e n. 6 del 2003), ove viene nominato espressamente il leasing finanziario annoverandolo tra le attività finanziarie ammesse al mutuo riconoscimento, ha previsto, all’art. 106, l'obbligo dell'iscrizione nell'«elenco generale» dei soggetti operanti nel settore finanziario. Ai sensi di tale articolo, l'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall'UIC. L'iscrizione nell'elenco è inoltre subordinata al ricorrere di determinate condizioni.

Con successivo D.M. 6 luglio 1994 sono state quindi determinale le modalità di iscrizione dei soggetti che operano nel settore finanziario di cui agli articoli 106, 113 e 155, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 385 del 1993.

Ciò premesso, si osserva che sembrerebbe opportuno riformulare l’articolo riferendosi esattamente all’articolo del decreto legislativo n. 385 del 1993 relativo alla disciplina dell’elenco degli intermediari finanziari, vale a dire l’art. 106.

 

Il comma 387.62 dispone che la progettazione definitiva delle opere pubbliche sia a cura e spese delle Amministrazioni aggiudicatrici, che vi provvedono secondo le modalità previste dall’art. 17 della legge n. 109 del 1994 e dal relativo regolamento di attuazione, D.P.R. n. 554 del 1999, nonché in conformità al capitolato di gara e alle prescrizioni della normativa vigente in materia.

 

I livelli di progettazione

Per quanto riguarda le norme poste in via generale dalla legge quadro per le attività di progettazione, si ricorda innanzitutto che l’art. 16 distingue tre livelli di progettazione preliminare, definitiva, esecutiva. In particolare, il successivo comma 4, in merito alla progettazione definitiva, stabilisce le caratteristiche peculiari del progetto definitivo, quali l’individuazione compiuta dei lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e l’inclusione di tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni ed approvazioni.

Le norme della legge devono essere quindi lette congiuntamente con quelle del D.P.R. n. 554 del 1999 sulla progettazione (dall’art. 15 al 49) e, in particolare, a quelle sulla progettazione definitiva (Titolo III, Capo II, Sezione terza, artt. da 25 a 34). Il progetto definitivo, ai sensi dell’art. 25, dovrà essere redatto sulla base delle indicazioni del progetto preliminare approvato e di quanto emerso in sede di eventuale conferenza di servizi, e contenere tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio della concessione edilizia, dell'accertamento di conformità urbanistica o di altro atto equivalente. Esso dovrà comprendere una serie di specifici documenti, le cui caratteristiche sono analiticamente elencate negli art. 26 e segg. dello stesso D.P.R:

 

Gli oneri della progettazione

Sempre l’art. 16, al comma 7 prevede, quindi, che gli oneri inerenti alla progettazione, alla direzione dei lavori, alla vigilanza e ai collaudi, nonché … gli oneri relativi alle prestazioni professionali e specialistiche atte a definire gli elementi necessari a fornire il progetto esecutivo completo in ogni dettaglio… fanno carico agli stanziamenti previsti per la realizzazione dei singoli lavori negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle amministrazioni aggiudicatrici, nonché degli altri enti aggiudicatori o realizzatori.

 

La progettazione interna alla P.A.

E’ nel successivo art. 17, comma 1, che sono quindi indicate le diverse modalità di redazione dei progetti (preliminare, definitiva ed esecutiva), vale a dire progettazione "interna" ed "esterna".

I progettisti "pubblici" (progettazione interna) sono quindi:

§       gli uffici tecnici delle stazioni appaltanti;

§       gli uffici consortili per la progettazione e la direzione dei lavori appositamente costituiti da amministrazioni locali ai sensi degli artt. 24-26 della legge n. 142 del 1990;

§       gli organismi di altre pubbliche amministrazioni di cui le amministrazioni aggiudicatrici possono avvalersi per legge. In quest'ultimo caso la norma concerne i cosiddetti affidamenti "infra-amministrazioni"[306].

 


La progettazione esterna alla P.A.

Tornando all'elencazione di cui all'art. 17, comma 1[307], la norma, dopo avere indicato i soggetti pubblici che possono svolgere le attività tecniche previste dalla legge, passa ai soggetti che, nei casi previsti dall'art. 17, comma 4, - cioè in caso di accertata carenza di organico specializzato nella pubblica amministrazione…, nonché di difficoltà di rispettare i tempi della programmazione o di svolgere le funzioni di istituto, o ancora in caso di complessità delle opere o di loro particolare rilevanza architettonica o ambientale o per progetti "integrali" - possono risultare affidatari di incarichi a (in questo caso si parla di "progettazione esterna"):

§       liberi professionisti, singoli o associati nelle forme previste dalla legge 1815 del 1939, e, come precisa la legge 166 del 2002, limitatamente agli interventi nel settore dei beni culturali, anche a soggetti con qualifica di restauratore dei beni culturali;

§       società di professionisti;

§       società di ingegneria;

§       raggruppamenti temporanei fra i predetti soggetti cui si applicano, "in quanto compatibili" le norme di cui all'art. 13 della legge quadro (riunioni di concorrenti);

§       consorzi stabili di società professionali e di società di ingegneria.

 

Ciò premesso, si osserva che sembrerebbe opportuno richiamare, nel comma in esame, oltre all’art. 17 della legge 109, anche l’art. 16. Andrebbero, inoltre, indicati, eventualmente, anche gli articoli dal 25 al 34 del D.P.R. n. 554 del 1999 relativi alla progettazione definitiva.

 

Si fa notare che la formulazione del comma in esame consente di evitare eventuali problemi che potrebbero insorgere qualora la progettazione definitiva fosse affidata alla società di leasing. In tal caso, infatti, si porrebbe il problema del “coinvolgimento dell’ente pubblico, che dev’essere sempre garantito attraverso la previsione che la società di leasing deve sottoporre all’approvazione dell’amministrazione stessa il progetto e il contratto con la ditta appaltatrice (la mancata approvazione comporta la risoluzione del contratto)”[308].

Il comma 387.63 dispone che il soggetto finanziatore, in sede di partecipazione alla gara, indichi:

§      le imprese alle quali affidare l’esecuzione dei lavori;

§      il direttore dei lavori;

§      il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, nei casi previsti dal decreto legislativo n. 494 del 1996.

 

Le imprese alle quali intende affidare l'esecuzione dei lavori dovranno essere in possesso dei requisiti di qualificazione ai sensi dell'art. 8 della legge n. 109 del 1994 e al relativo D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34,.

Si ricorda, infatti, che l’art. 8 della legge n. 109 del 1994 ha istituito un nuovo sistema di qualificazione e di certificazione delle imprese ai fini della loro partecipazione alle procedure per l'affidamento dei lavori pubblici attuato da specifici organismi di diritto privato di attestazione (SOA) con il compito di attestare i requisiti richiesti. Lo stesso art. 8 ha demandato quindi allo strumento regolamentare il compito di stabilire la disciplina completa del nuovo sistema di qualificazione delle imprese sia sotto il profilo oggettivo che sotto il profilo soggettivo, con particolare riguardo alla fissazione dei requisiti che devono avere i soggetti privati cui è demandata l'attestazione della qualificazione in capo alle imprese, alla previsione delle modalità dell'accertamento dei requisiti di qualificazione, al contenuto e all'estensione dei requisiti stessi e alla determinazione dei criteri di gradualità per l'entrata in vigore della certificazione obbligatoria di qualità. Una volta definite le linee generali del previsto sistema di qualificazione dall’art. 8 è stato quindi emanato il regolamento n. 34 del 25 gennaio 2000 con il quale è stato istituito il sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, recentemente modificato dal D.P.R. 10 marzo 2004, n. 93.

 

Il direttore dei lavori indicato dal soggetto finanziatore dovrà essere in possesso dei requisiti richiesti dalla legge n. 109 del 1994.

Si ricorda, innanzitutto, che ai sensi dell’art. 17 della legge quadro le funzioni di direzione dei lavori possono essere svolte sia da un soggetto interno alla stazione appaltante che esterno. In tale ultimo caso, il comma 14, prevede che l’attività di direzione venga affidata con priorità al progettista incaricato. Il successivo art. 27prevede che, per l'esecuzione di lavori pubblici affidati in appalto, le amministrazioni aggiudicatrici sono obbligate ad istituire un ufficio di direzione dei lavori costituito da un direttore dei lavori ed eventualmente da assistenti. Le funzioni dell’ufficio di direzione dei lavori e del direttore dei lavori sono quindi indicate nel Titolo IX, Capo I, artt. dal 123 al 127) del D.P.R. n. 554 del 1999.

 

Infine il soggetto finanziatore dovrà nominare, nei casi previsti dal decreto legislativo 14 agosto del 1996, n. 494, anche il coordinatore per l'esecuzione dei lavori.

Il decreto legislativo n. 494 del 1996 “Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili”, come modificato dal decreto legislativo 19 novembre 1999, n. 528, ha previsto, all’art. 3, comma 3, che il committente o il responsabile dei lavori, designi -prima dell'affidamento dei lavori - nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, i cui obblighi sono elencati nell’art. 5, ed in possesso dei requisiti indicati nel successivo art. 10.

Il principio sotteso alla scelta legislativa del D.Lgs. n. 494 del 1996 è stato quindi quello di ricondurre l'obbligo di gestione dei fattori di rischio "aggiuntivi" ed "interferenziali" presenti nel cantiere all'area funzionale della committenza: l'unica che avrebbe potuto prenderli su di sé, in ragione della titolarità di un interesse economico alla realizzazione dell'opera.

Si ricorda, inoltre, che l’art. 127 del DPR n. 554 del 1999 dispone che, in materia di appalti di opere pubbliche, le funzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori in materia di sicurezza nei cantieri, previste dal decreto legislativo n. 494 del 1996, sono svolte dal direttore lavori, e che, ove questi sia sprovvisto dei requisiti previsti dalla legge, il committente deve prevedere la presenza di almeno un direttore operativo qualificato per l'esercizio delle funzioni di coordinatore. Si fa osservare che tale previsione normativa di una figura unica (DL/CSE) prevista dall’art. 127 del DPR n. 554 del 1999 ha suscitato problemi di identità funzionale, ritenendosi necessarie due figure ben distinte per la gestione sicura di un cantiere[309].

 

Il comma 387.64 prevede, infine, chel’amministrazione aggiudicatrice, ferme restando le competenze dei Direttore dei lavori di cui al precedente comma, nomini uno o più verificatori delle opere con il potere di accedere al cantiere senza limitazioni e senza preavviso.

Il verificatore è altresì competente all'accertamento della regolare e tempestiva esecuzione delle opere in relazione a ciascun singolo stato di avanzamento dei lavori.

 


Articolo 1, commi 387.65–387.75

(Insediamenti turistici di qualità)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.65. Al fine di promuovere lo sviluppo del turismo di qualità, i soggetti di cui al comma 387.68, di seguito denominati «promotori», possono presentare alla regione interessata proposte relative alla realizzazione di insediamenti turistici di qualità di interesse nazionale, anche tramite concessione di beni demaniali marittimi, esclusi quelli sui quali sussistono concessioni con finalità turistico-ricreative già operanti ai sensi dell'articolo 03, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e anche mediante la riqualificazione di insediamenti e impianti preesistenti.

 

 

387.66. Ai canoni di concessione per gli insediamenti di cui al comma 387.65 non si applicano le disposizioni di cui al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. La misura del canone è determinata dall'atto di concessione. Una quota degli introiti dei canoni è attribuita nella misura del 20 per cento alla regione interessata e nella misura del 20 per cento al comune o ai comuni interessati, proporzionalmente al territorio compreso nell'insediamento. Per quanto non determinato dai commi da 387.65 a 387.75, si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 36 a 49 del codice della navigazione.

 

 

387.67 Gli insediamenti turistici di qualità di cui ai commi da 387.65 a 387.75 sono caratterizzati dalla compatibilità ambientale, dalla capacità di tutela e di valorizzazione culturale del tessuto circostante e dei beni presenti sul territorio, dall'elevato livello dei servizi erogati e dalla idoneità ad attrarre flussi turistici anche inter­nazionali. In ogni caso gli insediamenti turistici di cui ai commi da 387.65 a 387.75 devono assicurare un amplia­mento della base occupazionale mediante l'assunzione di un numero di addetti non inferiore a 250 unità. La realizzazione e la gestione degli insediamenti per il turismo di qualità sono effettuate secondo le procedure di cui ai commi da 387.68 a 387.75 e ferme restando le disposizioni di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

 

387.68. Possono presentare le proposte di cui al comma 387.65 gli enti locali territorialmente competenti, anche associati, i soggetti di cui all'articolo 10 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, associati con gestori di servizi ed eventualmente consorziati e associati con enti finanziatori, nonché i soggetti dotati di idonei requisiti tecnici, organizzativi e finanziari, definiti da apposito regolamento da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

 

 

387.69 Le proposte devono comprendere lo studio di fattibilità ambientale, il piano finanziario degli investimenti, l'adeguamento del sistema complessivo dei servizi che interessano l'area, in particolare nel settore della mobilità, nonché la previsione di eventuali infrastrutture e opere pubbliche connesse, e sono redatte secondo modelli definiti dal regolamento di cui al comma 387.68. La realizzazione di infrastrutture e di servizi connessi può essere affidata allo stesso soggetto realizzatore dell'insediamento turistico. In tale caso si applicano le disposizioni stabilite dall'articolo 104, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

 

 

387.70. Le proposte sono valutate dalla regione sotto il profilo della fattibilità e della qualità costruttiva, urbanistica e ambientale, nonché della qualità progettuale, della funzionalità, del costo di gestione e di manu­tenzione, dei tempi di ultimazione dei lavori per la realizzazione degli impianti e delle infrastrutture e opere pubbliche connesse. Sono comunque valutate in via prioritaria le proposte che prevedono il recupero e la bonifica di aree compromesse sotto il profilo ambientale e di impianti industriali dismessi.

 

 

387.71. La regione, entro trenta giorni dalla presentazione, verifica l'assenza di elementi ostativi e, esaminate le proposte stesse, anche comparativamente, e sentiti i promotori che ne facciano richiesta, provvede, entro i successivi sessanta giorni, ad individuare quelle che ritiene di pubblico interesse e a trasmettere documentazione ai comuni e alle province competenti per territorio, al Ministero dell'economia e delle finanze, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministero delle attività produttive, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministero per i beni e le attività culturali e a tutte le altre amministrazioni competenti a rilasciare permessi e autorizzazioni di ogni genere e tipo.

 

 

387.72. Le amministrazioni inte­ressate rimettono le proprie valutazioni alla regione entro il termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione della documentazione relativa alla proposta, ovvero, in caso di procedura ad evidenza pubblica ai sensi del comma 387.74, entro trenta giorni dalla aggiudicazione. Entro lo stesso termine le amministrazioni interessate possono presentare motivate proposte di adeguamento o richieste di prescri­zioni. La mancata presentazione, entro il termine previsto, di osservazioni o richieste di prescrizioni ha l'effetto di assenso alla proposta. La regione promuove, entro i successivi qua­rantacinque giorni, la stipula fra le am­ministrazioni interessate di un accordo di programma, ai sensi dell'articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

 

387.73. La stipula dell'accordo di programma sostituisce ogni altra autorizzazione, approvazione e parere comunque denominato, consente la realizzazione e l'esercizio di tutte le opere, prestazioni e attività previste nella proposta approvata, e ha l'effetto di determinare le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e di sostituire le concessioni edilizie, nel rispetto delle condizioni di cui al citato articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. Restano comunque ferme le disposizioni di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

 

387.74. Nel caso di più proposte relative alla stessa concessione di beni demaniali la regione, prima della stipula dell'accordo di programma, indice una gara da svolgere con il criterio dell'offerta economicamente più van­taggiosa, ponendo a base di gara la proposta presentata dal promotore, secondo le procedure di cui all'articolo 37-quater della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni.

 

 

387.75. Per promuovere la realizzazione degli insediamenti di cui ai commi da 387.65 a 387.74, i comuni interessati possono prevedere l'appli­cazione di regimi agevolati ai fini del contributo di cui all'articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché l'esenzione, ovvero l'appli­cazione di riduzioni o detrazioni, dall'imposta comunale sugli immobili di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

 

 

Gli undici commi in commento vengono ripresi testualmente, con due sole modifiche, dall’art. 30 del cd “ddl competitività” (A.S. 3533, approvato dalla Camera nel luglio 2005 e attualmente all’esame del Senato).

Le norme prevedono una procedura per l’esecuzione di progetti volti alla realizzazione di insediamenti turistici di qualità di interesse nazionale. Tali progetti possono prevedere anche la riqualificazione di insediamenti e impianti preesistenti e godono di una concessione di beni demaniali marittimi(comma 387.65). La norma introduce (rispetto all’art. 30 del “ddl competitività”) una esplicita esclusione dal proprio ambito di applicazione dei territori già dati in concessione ai sensi dell’art. 03, comma 1, del decreto legge n. 400 del 1993 (vedi infra). Tale esclusione era tuttavia implicitamente ricavabile anche dal testo originario dell’art. 30 del ddl competitività.

Infatti, il successivo comma 387.66 prevede che ai canoni di concessione per gli insediamenti di cui al comma387.65 non si applicano le disposizioni di cui al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400. La misura del canone è infatti determinata dall'atto di concessione. Una quota degli introiti dei canoni è attribuita, nella misura del 20 per cento alla regione interessata e nella misura del 20 per cento al comune o ai comuni interessati, proporzionalmente al territorio compreso nell'insediamento. Lo stesso comma 378.68 prevede inoltre che per quanto non determinato dalla presente legge, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 36 a 49 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327.

 

Si ricorda che Il decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, ha articolato la misura dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime aventi finalità turistico-ricreative in relazione alla classificazione delle aree, che sono suddivise in tre categorie (A, B e C) in base alla diversa valenza turistica, e ha demandato alle regioni la loro collocazione all'interno di tali categorie.

Lo stesso decreto ha quindi fissato per ogni categoria la misura base del canone e ha stabilito, all’articolo 03, che i canoni annui sono determinati, a decorrere dal 1° gennaio 1994, con decreto del Ministro della marina mercantile, emanato sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei criteri direttivi fissati dal comma 1 del medesimo articolo 03. Il regolamento per la determinazione dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime per le finalità turistico-ricreative è stato quindi approvato con D.M. 5 agosto 1998, n. 342.

Con l’articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, inizia una lunga vicenda normativa – ancora in corso – relativa alla rivalutazione dei suddetti canoni. Infatti, il suddetto art. 32 del decreto, al comma 21, ha stabilito che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo, vengano rideterminati i canoni annui per concessioni con finalità turistico-ricreative di aree demaniali marittime, loro pertinenze e specchi acquei, disciplinati dall'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494.

Il successivo comma 22 dello stesso articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 disponeva altresì che dal 1° gennaio 2004 i suddetti canoni per la concessione d'uso fossero rideterminati nella misura prevista dalle tabelle allegate al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 5 agosto 1998, n. 342, rivalutate del 300 per cento.

L'articolo 2, comma 53, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha sostituito il testé illustrato comma 22, stabilendo che con decreto interministeriale, da emanare entro il 30 giugno 2004, venissero assicurate maggiori entrate non inferiori a 140 milioni di euro, a decorrere dal 1° gennaio 2004; qualora il decreto non fosse stato adottato entro il predetto termine, i canoni per la concessione d'uso avrebbero dovuto essere rideterminati, con effetto dal 1° gennaio 2004, con la suddetta rivalutazione del 300 per cento.

Il termine del 30 giugno 2004 è stato differito, dapprima al 30 ottobre 2004 dall’articolo 5, comma 2-quinquies, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, al dichiarato fine di “consentire il completamento degli accertamenti tecnici in corso, d'intesa con le regioni interessate, relativamente alla rideterminazione dei canoni demaniali marittimi anche in relazione al numero, all'estensione, alle tipologie, alle caratteristiche economiche delle concessioni e delle attività economiche ivi esercitate, e all'abusivismo”, indi al 15 dicembre 2004 dall’articolo 16 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306.

L’articolo 14-quinquies del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, introdotto nel corso dell’esame presso l’Assemblea del Senato, ha differito il medesimo termine al 31 ottobre 2005.

Da ultimo, l’articolo 3-ter del decreto legge n. 203 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 248 del 2005, è intervenuto sull’articolo 14-quinquies del testé citato decreto-legge n. 115 del 2005, sostituendo la data del 31 ottobre 2005, ivi indicata, con il nuovo termine del 15 dicembre 2005.

 

Gli articoli 36 e seguenti del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (codice della navigazione) contengono norme riguardanti l’uso del demanio marittimo.

Ai sensi del comma 87.67, gli insediamenti turistici di qualità sono caratterizzati dalla compatibilità ambientale, dalla capacità di tutela e di valorizzazione culturale del tessuto circostante, nonché dei beni presenti sul territorio, dall’elevato livello dei servizi erogati, dalla idoneità ad attrarre flussi turistici internazionali. E’ inoltre specificato che gli insediamenti turistici di cui all’articolo in commento devono assicurare un ampliamento della base occupazionale mediante l’assunzione di un numero di addetti non inferiore a 250 unità.

La realizzazione e la gestione degli insediamenti per il turismo di qualità è effettuata secondo la seguente procedura:

Presentazione della proposta e contenuto della stessa

Possono presentare proposte ai sensi i “promotori”, cioè gli enti locali territorialmente competenti, anche associati, nonché i soggetti di cui all’articolo 10 della legge n. 109 del 1994 associati con gestori di servizi ed eventualmente consorziati e associati con enti finanziatori, nonché i soggetti dotati di idonei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari, definiti da apposito regolamento da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge dal Ministro delle attività produttive di concerto Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio

 

L’articolo 10 della legge n. 109 del 1994 prevede al comma 1 che sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei lavori pubblici i seguenti soggetti:

a) le imprese individuali, anche artigiane, le società commerciali, le società cooperative, secondo le disposizioni di cui agli articoli 8 e 9;

b) i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, e successive modificazioni, e i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 8 e 9 della stessa legge n. 109;

c) i consorzi stabili costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, tra imprese individuali, anche artigiane, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 della presente legge;

d) le associazioni temporanee di concorrenti, costituite dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c), i quali, prima della presentazione dell'offerta, abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, qualificato capogruppo, il quale esprime l'offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti;

e) i consorzi di concorrenti di cui all'articolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma anche in forma di società ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile;

e-bis) i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240;

Ai sensi del comma 1-bis non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile.

 

Con riferimento al comma 387.68 si osserva che sembrerebbe opportuno assegnare al regolamento il compito di individuare altresì le nozioni di “gestori di servizi” ed “enti finanziatori”.

 

Per quel che riguarda il contenuto delle proposte, le disposizioni in commento prevedono che le proposte sono redatte secondo modelli definiti da apposito regolamento di cui al comma 387.68. Esse devono inoltre comprendere lo studio di fattibilità ambientale, il piano finanziario degli investimenti, l'adeguamento del sistema complessivo dei servizi che interessano l'area, in particolare nel settore della mobilità, nonché la previsione di eventuali infrastrutture ed opere pubbliche connesse.

 

Il comma 387.69 prevede inoltre che la realizzazione di infrastrutture e servizi connessi può essere affidata allo stesso soggetto realizzatore dell'insediamento turistico. In tal caso si applicano le disposizioni di cui all'articolo 104, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

 

L’articolo 104 comma 4 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, prevede che per le concessioni relative alla costruzione e all'esercizio di opere pubbliche sono ammesse in deduzione quote di ammortamento finanziario differenziate da calcolare sull'investimento complessivo realizzato. Le quote di ammortamento sono determinate nei singoli casi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in rapporto proporzionale alle quote previste nel piano economico-finanziario della concessione, includendo nel costo ammortizzabile gli interessi passivi anche in deroga alle disposizioni del comma 1 dell'articolo 110.

 

Ai sensi del comma 387.65 la proposta va presentata alla regione interessata.

Valutazione delle proposte

Come già accennato, le proposte non devono essere necessariamente collegate ad una domanda di concessione demaniale. Di conseguenza, sono previste due procedure di valutazione delle proposte: una, quella normale, si applica nel caso in cui non vi siano domande di concessione demaniale o nel caso in cui vi sia una sola domanda di concessione demaniale, l’altra si applica nel caso in cui vi siano più domande di concessione demaniale.

La prima procedura prevede - come fase iniziale - che la regione, entro trenta giorni dalla presentazione delle proposte, verifichi l'assenza di elementi ostativi e, esaminate le proposte stesse anche comparativamente, sentiti i promotori che ne facciano richiesta, provveda, entro i successivi sessanta giorni, ad individuare quelle che ritiene di pubblico interesse e a trasmetterne documentazione ai comuni e alle province competenti per territorio, al Ministero dell'economia e delle finanze, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministero delle attività produttive, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, al Ministero per i beni e le attività culturali e a tutte le altre amministrazioni competenti a rilasciare permessi ed autorizzazioni di ogni genere e tipo (comma 387.71).

Il comma 387.70 prevede che le proposte siano valutate dalla regione sotto il profilo della fattibilità e della qualità costruttiva, urbanistica ed ambientale, nonché della qualità progettuale, della funzionalità, del costo di gestione e di manutenzione, dei tempi di ultimazione dei lavori per la realizzazione degli impianti e delle infrastrutture e opere pubbliche connesse E’ inoltre previsto che sono comunque valutate in via prioritaria le proposte che prevedono il recupero e la bonifica di aree compromesse sotto il profilo ambientale e di impianti industriali dismessi.

La fase successiva prevede che le amministrazioni interessate rimettano le proprie valutazioni, motivate proposte di adeguamento o richieste di prescrizione alla regione entro il termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione della documentazione relativa alla proposta. La mancata presentazione, entro il termine previsto, di osservazioni o richieste di prescrizione ha l'effetto di assenso alla proposta. La proposta quindi acquista carattere di esecutività nel caso in cui non vi siano osservazioni o richieste di prescrizione.

Qualora invece vi siano proposte o richieste, esse sono acquisite dalla regione che promuove entro i successivi quarantacinque giorni la stipula fra le amministrazioni interessate di un accordo di programma, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.(comma 387.72).

 

Si ricorda che l’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 prevede che per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento. L'accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti. Per verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate. L'accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della Regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della Regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione. L'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della Regione, produce gli effetti della intesa di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune interessato. Allorché l'intervento o il programma di intervento comporti il concorso di due o più regioni finitime, la conclusione dell'accordo di programma è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio di vigilanza di cui al comma 7 è in tal caso presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato all'accordo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esercita le funzioni attribuite dal comma 7 al commissario del Governo ed al prefetto.

 

Nel caso in cui, invece, vi siano più proposte relative a una stessa concessione demaniale, la regione, ai sensi del comma 387.74, indice una gara da svolgere con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ponendo a base di gara la proposta presentata dal promotore, secondo le procedure di cui all'articolo 37-quater della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (procedura del project financing).

 

Si ricorda che la disciplina del project financing, introdotta nel nostro ordinamento nel 1998 (legge n. 415/1998, cd “Merloni-ter” che ha introdotto gli artt. 37-bis–37-quater della legge n. 109/1994), ha lo scopo di favorire il ricorso alla particolare forma di realizzazione di lavori pubblici denominata concessione di costruzione e gestione di lavori pubblici quale strumento attraverso cui convogliare capitali privati nella realizzazione di opere pubbliche[310].

Le disposizioni sulla finanza di progetto, in particolare, intervengono sulla fase dell’iniziativa del procedimento (prima dell’innovazione normativa introdotta dalla legge n. 415 era infatti solo l’amministrazione aggiudicatrice che dava avvio alla procedura che si concludeva con il contratto di concessione di costruzione e gestione).

Le nuove regole sul project financing hanno attribuito al privato – che nello schema del contratto di concessione di costruzione e gestione copre i costi di realizzazione dell’opera - anche una funzione decisiva di individuazione e di proposta di opere pubbliche (o di pubblica utilità) realizzabili attraverso il ricorso alla concessione di costruzione e gestione. L’articolo 37-bis disciplina, infatti, la figura del “promotore”, quale soggetto privato che presenta alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità (che comunque devono essere stati previamente inseriti nella programmazione triennale delle opere effettuata dalla stessa amministrazione). Le proposte devono contenere uno studio di inquadramento territoriale e ambientale, uno studio di fattibilità, un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da un istituto di credito. Tale presentazione non determina, in capo alle amministrazioni, alcun obbligo di esame e valutazione, né (ovviamente) di realizzazione dell’opera. Le amministrazioni – tuttavia - possono adottare, nell'ambito dei propri programmi, le proposte di intervento e gli studi ritenuti di pubblico interesse. Per le proposte valutate di pubblico interessel’amministrazione procede all’avvio di una procedura di aggiudicazione in concessione di costruzione e gestione mediante gara (art. 37-quater), con il solo obbligo (nei confronti del promotore) di porre la proposta dello stesso a base di gara.

 

Il comma 387.73 prevede che la stipula dell'accordo di programma, sostituisce ogni altra autorizzazione, approvazione e parere comunque denominato e consente la realizzazione e l'esercizio di tutte le opere, prestazioni e attività previste nella proposta approvata ed ha l’effetto di determinare le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e di sostituire le concessioni edilizie, nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Viene comunque fatte salve dal comma stesso le disposizioni di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

Il comma 387.75 prevede inoltre che, per promuovere la realizzazione degli insediamenti in questione, i comuni interessati possono prevedere l’applicazione di regimi agevolati ai fini del contributo di cui all’articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al DPR 6 giugno 2001, n. 380, nonché l’esenzione, ovvero l’applicazione di riduzioni o detrazioni dall’imposta comunale sugli immobili di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

 

L’articolo 16 del D.P.R . 6 giugno 2001, n. 380 prevede al comma 1 che il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate nel presente articolo. Il comma 2 prevede che la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune. Il comma 3 prevede che la quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all'atto del rilascio, è corrisposta in corso d'opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione. Il comma 4 prevede che l'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni in relazione:

a) all'ampiezza ed all'andamento demografico dei comuni; b) alle caratteristiche geografiche dei comuni; c) alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti; d) ai limiti e rapporti minimi inderogabili fissati in applicazione dall'articolo 41-quinquies, penultimo e ultimo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modifiche e integrazioni, nonché delle leggi regionali. Il comma 5 prevede che nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione e fino alla definizione delle tabelle stesse, i comuni provvedono, in via provvisoria, con deliberazione del consiglio comunale. Il comma 6 prevede che ogni cinque anni i comuni provvedono ad aggiornare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, in conformità alle relative disposizioni regionali, in relazione ai riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale.

I commi 7, 7-bis e 8 stabiliscono quali sono gli oneri di urbanizzazione. Il comma 9 prevede che il costo di costruzione per i nuovi edifici è determinato periodicamente dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni a norma della lettera g) del primo comma dell'articolo 4 della legge 5 agosto 1978, n. 457. Con lo stesso provvedimento le regioni identificano classi di edifici con caratteristiche superiori a quelle considerate nelle vigenti disposizioni di legge per l'edilizia agevolata, per le quali sono determinate maggiorazioni del detto costo di costruzione in misura non superiore al 50 per cento. Nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione è adeguato annualmente, ed autonomamente, in ragione dell'intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Il contributo afferente al permesso di costruire comprende una quota di detto costo, variabile dal 5 per cento al 20 per cento, che viene determinata dalle regioni in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione. Il comma 10 prevede che nel caso di interventi su edifici esistenti il costo di costruzione è determinato in relazione al costo degli interventi stessi, così come individuati dal comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso di costruire. Al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), i comuni hanno comunque la facoltà di deliberare che i costi di costruzione ad essi relativi non superino i valori determinati per le nuove costruzioni ai sensi del comma 6

 

L’articolo 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, che istituisce l’ICI, prevede che l'aliquota è stabilita dal comune, con deliberazione da adottare entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetto per l'anno successivo. Se la delibera non è adottata entro tale termine, si applica l'aliquota del 4 per mille, ferma restando la disposizione di cui all'articolo 84 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, come modificato dal decreto legislativo 11 giugno 1996, n. 336. L'aliquota deve essere deliberata in misura non inferiore al 4 per mille, né superiore al 7 per mille e può essere diversificata entro tale limite, con riferimento ai casi di immobili diversi dalle abitazioni, o posseduti in aggiunta all'abitazione principale, o di alloggi non locati; l'aliquota può essere agevolata in rapporto alle diverse tipologie degli enti senza scopi di lucro . L'imposta è determinata applicando alla base imponibile l'aliquota vigente nel comune di cui all'articolo 4. Restano inoltre ferme le disposizioni dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 ottobre 1996, n. 556.

L’articolo 7 dello stesso decreto legislativo disciplina le ipotesi di esenzione dall’imposta. L’articolo 8 disciplina le riduzioni d’imposta e le detrazioni, prevedendo, per talune di esse, l’esercizio di un potere discrezionale da parte dei comuni.

 

La disposizione qui illustrata interviene sulla disciplina di diritti o tributi la cui regolazione è contenuta unitariamente in specifici atti normativi (testo unico delle disposizioni in materia edilizia e decreto legislativo n. 504 del 1992). Per mantenere l’unitarietà della materia, sarebbe opportuno collocare le norme pertinenti nei medesimi corpora normativi mediante apposite novelle.

 

Non viene invece riproposto, nella presente formulazione, il contenuto del comma 12 dell’articolo 30 del “ddl competitività”, ove si prevedeva che - con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa intesa in sede di Conferenza unificata - fossero individuati tre siti di preminente interesse paesaggistico in cui fossero ubicati insediamenti industriali dimessi, nei quali effettuare un intervento integrato di recupero e bonifica ambientale e di realizzazione di un insediamento turistico di qualità, secondo le nuove modalità e si stanziavano – a tal fine – 10 milioni di euro per l’anno 2005.

 


Articolo 1, comma 387.76
(Erogazioni liberali in materia di beni culturali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

 

387.76. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

a) all'articolo 10, comma 1, dopo la lettera l-quater) è aggiunta la seguente:

 

 

«l-quinquies) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, per il perseguimento dei loro scopi istituzionali concernenti lo svolgimento o la promozione di attività culturali, nonché per la realizzazione di interventi specifici nei settori dei beni culturali e dello spettacolo. Qualora siano fatte a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori oppure fondazioni e associazioni, costituite o partecipate in misura prevalente dal Ministero per i beni e le attività culturali, le erogazioni liberali possono assumere la forma dell'accollo di debito, con le modalità stabilite con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze. Negli altri casi il Ministro per i beni e le attività culturali individua a cadenza biennale, con proprio decreto, le categorie dei soggetti che possono beneficiare delle erogazioni, sulla base dei criteri stabiliti previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; stabilisce i tempi necessari affinché le erogazioni siano utilizzate per gli scopi previsti e vigila sull'impiego dei fondi erogati. Detti termini possono, per causa non imputabile al beneficiario, essere prorogati per una sola volta. Le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato. Il Ministero per i beni e le attività culturali certifica, a richiesta del soggetto erogante e sulla base delle informazioni acquisite al riguardo dal beneficiario, l'ammontare dell'eroga­zione e la sua utilizzazione; entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento comunica al Ministero dell'economia e delle finanze le informazioni acquisite in merito alle erogazioni effettuate entro il 31 dicembre dell'anno precedente»;

 

 

b) all'articolo 100, comma 1, dopo le parole: «per specifiche finalità di» è inserita la seguente: «cultura,»;

 

 

c) all'articolo 100, comma 2, lettera a), dopo le parole: «perseguono esclusivamente» sono inserite le seguenti: «o prevalentemente»;

 

 

d) all'articolo 100, comma 2, le lettere f) e g) sono abrogate;

 

 

e) all'articolo 100, comma 2, la lettera m) è sostituita dalla seguente:

 

 

«m) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, per il perseguimento dei loro scopi istitu­zionali concernenti lo svolgimento o la promozione di attività culturali, nonché per la realizzazione di interventi specifici nei settori dei beni culturali e dello spettacolo. Qualora siano fatte a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori oppure di fondazioni e associazioni, costituite o partecipate in misura prevalente dal Ministero per i beni e le attività culturali, le erogazioni liberali possono assumere la forma dell'accollo di debito, con le modalità stabilite con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze. Negli altri casi, il Ministro per i beni e le attività culturali individua a cadenza biennale, con proprio decreto, le categorie dei soggetti che possono beneficiare delle erogazioni, sulla base dei criteri stabiliti previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; stabilisce i tempi necessari affinché le erogazioni siano utilizzate per gli scopi previsti e vigila sull'impiego dei fondi erogati. Detti termini possono, per causa non imputabile al beneficiario, essere prorogati per una sola volta. Le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato. Il Ministero per i beni e le attività culturali certifica, a richiesta del soggetto erogante e sulla base delle informazioni acquisite al riguardo dal beneficiario, l'ammontare dell'eroga­zione e la sua utilizzazione; entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento comunica al Ministero dell'economia e delle finanze le informazioni acquisite in merito alle erogazioni effettuate entro il 31 dicembre dell'anno precedente»;

 

 

f) all'articolo 146, comma 1, le parole: «gli oneri indicati alle lettere a), f) e g)» sono sostituite dalle seguenti: «gli oneri indicati alle lettere a), f), g) e l-quinquies)».

 

 

Il comma 387.76, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, ridefinisce il trattamento fiscale delle erogazioni liberali per lo svolgimento o la promozione di attività culturali e per la realizzazione di interventi specifici nei settori dei beni culturali e dello spettacolo. La norma si applica sia alle erogazioni effettuate da persone fisiche, sia a quelle effettuate da soggetti all’imposta sul reddito delle società (IRES).

 

Il presente comma riproduce la disposizione recata dall’articolo 33 dell’A.C. 5736 (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), approvato dalla Camera dei deputati il 5 luglio 2005 e trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza del Senato il 7 luglio 2005 (A.S. 3533).

 

La lettera a) del comma 387.76 novella l’articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, relativo agli oneri deducibili dal reddito complessivo delle persone fisiche, inserendo un’ulteriore ipotesi di deducibilità relativa alle erogazioni liberali per attività culturali e per lo spettacolo.

 

Si ricorda che il riconoscimento della deducibilità di determinati oneri ha la funzione di ridurre il carico fiscale gravante sul contribuente. Gli oneri deducibili, di cui all’articolo 10 del TUIR, sono rappresentati da fattispecie, non aventi un denominatore comune (vi sono infatti ricompresi, fra l’altro, alcune tipologie di spese mediche, i contributi previdenziali e assistenziali, gli assegni di mantenimento), le quali possono essere portate in diminuzione dal reddito complessivo del soggetto, operando una riduzione della base imponibile, sulla quale si applica l’imposta.

 

La nuova lettera l-quinquies) dell’articolo 10, comma 1, del TUIR, introdotta dalla lettera a) in esame, consente la deducibilità delle erogazioni liberali in denaro effettuate in favore dei seguenti soggetti:

§      Stato;

§      regioni;

§      enti locali territoriali;

§      enti o istituzioni pubbliche;

§      comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali;

§      fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro.

Le erogazioni devono inoltre essere dirette alle seguenti finalità:

§      perseguimento degli scopi istituzionali dei soggetti beneficiari concernenti lo svolgimento o la promozione di attività culturali;

§      realizzazione di interventi specifici nei settori dei beni culturali e dello spettacolo.

 

Con cadenza biennale, il Ministro per i beni e le attività culturali, con proprio decreto, individua, sulla base dei criteri stabiliti previo parere della Conferenza Stato - città ed autonomie locali, di cui all’articolo 8 del D.Lgs. n. 281 del 1997, le categorie di fondazioni e associazioni, non costituite o non partecipate in misura prevalente dal Ministero stesso, che possono beneficiare delle erogazioni, nonché i tempi entro i quali le erogazioni devono essere utilizzate per gli scopi previsti. Tali termini possono essere prorogati una sola volta, per causa non imputabile al beneficiario. Le erogazioni liberali non interamente utilizzate nei termini assegnati affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato.

Qualora le erogazioni liberali siano effettuate in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori o di fondazioni e associazioni, costituite o partecipate in misura prevalente dal Ministero per i beni e le attività culturali, possono assumere la forma dell’accollo di debito. Le modalità di utilizzazione di questo strumento saranno definite con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Ai sensi dell’articolo 1273 del codice civile, l’accollo è una convenzione tra il debitore e un terzo, con la quale il terzo assume a suo carico l’obbligo nei confronti del creditore. Tale convenzione è resa irrevocabile dall’eventuale adesione del creditore. Quest’ultima comporta la liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo. Qualora ciò non avvenga, il debitore rimane obbligato in solido con il terzo.

 

L’introduzione dell’accollo quale sistema di erogazione di liberalità dovrebbe consentire di indirizzare puntualmente l’erogazione a favore del bene o dell’attività prescelta e di rapportare con esattezza lo sforzo economico del soggetto all’entità del fabbisogno necessario.

 

Si prevede infine che, su richiesta da parte del soggetto erogante, il Ministero per i beni e le attività culturali, sulla base delle informazioni acquisite al riguardo dal beneficiario, certifichi l’ammontare dell’erogazione e la sua utilizzazione. Inoltre, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento, il Ministero per i beni e le attività culturali comunica al Ministero dell’economia e delle finanze le informazioni acquisite in merito alle erogazioni effettuate entro il 31 dicembre dell’anno precedente.

 

La disciplina contenuta nella sopra illustrata lettera l-quinquies), relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche, è identica a quella contenuta nella lettera m) dell’articolo 100, comma 2, del TUIR, come modificata dalla successiva lettera e) del presente comma, relativa all’imposta sul reddito delle società.

 

Si segnala che l’articolo 15, comma 1, del TUIR già prevede, parimenti per le persone fisiche, la detraibilità dall’imposta lorda, nella misura del 19 per cento, per gli oneri riferiti a erogazioni liberali in favore di soggetti e per finalità parzialmente coincidenti con quelli per i quali la nuova lettera l-quinquies) prevede la deducibilità.

 

In particolare la lettera h) dell’articolo 15, comma 1, del TUIR si applica alle erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, che svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che organizzano e realizzano attività culturali, effettuate in base ad apposita convenzione, per l'acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro dei beni culturali, ivi comprese le erogazioni effettuate per l'organizzazione in Italia e all'estero di mostre ed esposizioni di rilevante interesse scientifico-culturale delle cose anzidette, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari, nonché per ogni altra manifestazione di rilevante interesse scientifico-culturale anche ai fini didattico-promozionali, ivi compresi gli studi, le ricerche, la documentazione e la catalogazione, e le pubblicazioni relative ai beni culturali.

La successiva lettera i) dello stesso articolo si applica invece alle erogazioni liberali in denaro a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo.

 

Per prevenire dubbi interpretativi, sarebbe, quindi, opportuno prevedere espressamente l’alternatività dei due benefici relativamente alle fattispecie cui risultino applicabili entrambi.

 

Le lettere da b) a e)del comma 387.76 novellano l’articolo 100 del TUIR, relativo agli oneri deducibili dal reddito dei seguenti soggetti:

§      persone fisiche titolari di reddito di impresa (art. 56 del TUIR);

§      società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato (art. 73, co. 1, lett. a), e art. 81 del TUIR);

§      enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali (art. 73, co. 1, lett. b), e art. 81 del TUIR);

§      enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto (art. 73, co. 1, lett. c), e art. 146 del TUIR)[311];

§      società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, ma con stabile organizzazione nel suddetto territorio (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 1, del TUIR);

§      società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato e senza stabile organizzazione nel suddetto territorio, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa posseduto (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 2, del TUIR);

§      società ed enti non commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 154, co. 1, del TUIR).

 

La lettera b) novella il comma 1 dell’articolo 100 del TUIR. Tale comma prevede che le spese relative a opere e servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti, o da specifiche categorie, sostenute volontariamente e volte alle finalità espressamente indicate dalla norma stessa, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi del soggetto IRES. Attualmente le spese in esame sono deducibili se volte alle seguenti finalità:

-        educazione;

-        istruzione;

-        ricreazione;

-        assistenza sociale e sanitaria;

-        culto.

La lettera b) del presente comma aggiunge alle sopra indicate finalità anche quelle di cultura, ferme restando le altre condizioni alle quali è subordinata la deducibilità delle spese.

 

La lettera c) novella la lettera a) del comma 2 del citato articolo 100 del TUIR. Tale lettera a) prevede attualmente la deducibilità, tra le altre, delle erogazioni liberali in favore di persone giuridiche che perseguono esclusivamente finalità comprese fra quelle indicate nel comma 1 dello stesso articolo 100 (per l’elenco delle quali si rinvia al commento alla precedente lettera b) del presente comma 399-duodeoctogies.

La modifica proposta dalla lettera c) in esame estende la deducibilità anche alle erogazioni liberali in favore di persone giuridiche che perseguono prevalentemente tali finalità.

 

La lettera d) abroga le lettere f) e g) del comma 2 del citato articolo 100 del TUIR, mentre la successiva lettera e) sostituisce la lettera m) del comma 2 dello stesso articolo 100.

Le ipotesi di deducibilità contenute nelle citate lettere f), g) e m) confluiscono ora, con alcune modifiche, nella nuova lettera m) dell’articolo 100, comma 2, del TUIR. Per l’illustrazione delle modifiche si ritiene opportuno mettere a confronto la disciplina attuale e quella proposta.

 

I soggetti menzionati dalla normativa vigente, in favore dei quali possono essere effettuate le erogazioni liberali, rientrano tra quelli indicati nella nuova versione della lettera m), la quale si applica anche a comitati organizzatori, appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali.

La nuova determinazione dei soggetti beneficiari è la seguente:

§      Stato, regioni, enti locali territoriali, enti o istituzioni pubbliche, comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro. Il Ministro per i beni e le attività culturali individua a cadenza biennale, con proprio decreto, le categorie di fondazioni e associazioni non costituite o non partecipate in misura prevalente dal Ministero stesso che possono beneficiare delle erogazioni, sulla base dei criteri stabiliti previo parere della Conferenza Stato - Città ed autonomie locali, di cui all’articolo 8 del D.Lgs. n. 281 del 1997. Lo stesso decreto determina inoltre i tempi entro i quali le erogazioni devono essere utilizzate per gli scopi previsti. Tali termini possono essere prorogati una sola volta, per causa non imputabile al beneficiario (nuova lett. m).

Pertanto, la nuova disciplina limita la necessità di individuazione, mediante un decreto ministeriale, dei soggetti beneficiari delle erogazioni liberali alle fondazioni e associazioni non costituite o non partecipate in misura prevalente dal Ministero per i beni e le attività culturali.

 

Possono attualmente beneficiare delle erogazioni liberali, secondo le lettere f), g) e m) dell’articolo 100, comma 2, del TUIR:

§       Stato, enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che, senza scopo di lucro, svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico (lett. f);

§       enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo (lett. g);

§       Stato, regioni, enti locali territoriali, enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute. Il Ministro per i beni e le attività culturali individua periodicamente con proprio decreto, sulla base di criteri definiti sentita la Conferenza Stato - città ed autonomie locali, di cui all'articolo 8 del D.Lgs. n. 281 del 1997, i soggetti e le categorie di soggetti che possono beneficiare delle erogazioni liberali. Con lo stesso decreto determina inoltre, a valere sulla somma allo scopo indicata, le quote assegnate a ciascun ente o soggetto beneficiario, e definisce gli obblighi di informazione da parte dei soggetti erogatori e dei soggetti beneficiari (lett. m), nel testo vigente).

Anche per quanto riguarda le finalità dell’erogazione liberale, la versione proposta della lettera m) comprende le ipotesi precedentemente disciplinate dalle lettere f), g) e m), nella formulazione attualmente vigente:

§      destinazione dell’erogazione al perseguimento degli scopi istituzionali dei beneficiari concernenti lo svolgimento o la promozione di attività culturali, nonché realizzazione di interventi specifici nei settori dei beni culturali e dello spettacolo (nuova lett. m).

 

Le finalità alle quali devono essere dirette le erogazioni liberali ai sensi delle lettere f), g) e m) dell’articolo 100, comma 2, del TUIR sono:

§       acquisto, manutenzione, protezione o restauro delle cose indicate nell'articolo 2 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490[312], e nel D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409[313], comprese l'organizzazione di mostre e di esposizioni, di rilevante interesse scientifico o culturale, delle cose anzidette, e gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari. Le mostre, le esposizioni, gli studi e le ricerche devono essere autorizzati, previo parere del competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, dal Ministero per i beni e le attività culturali, che dovrà approvare la previsione di spesa e il conto consuntivo (lett. f);

§       realizzazione di nuove strutture nel campo dello spettacolo, restauro e potenziamento delle strutture esistenti, nonché produzione nei vari settori dello spettacolo (lett. g);

§       svolgimento dei compiti istituzionali dei beneficiari e realizzazione di programmi culturali nei settori dei beni culturali e dello spettacolo (lett. m), nel testo vigente).

 

Ulteriore elemento comune alle varie ipotesi di deducibilità è il controllo, da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, sull’effettiva utilizzazione delle erogazioni liberali da parte dei beneficiari, con la previsione del loro afflusso all’entrata del bilancio dello Stato in caso di mancato utilizzo nei tempi previsti o in conformità allo loro destinazione.

 

La vigente lettera f) del comma 2 dell’articolo 100 del TUIR prevede che il Ministero stabilisca, limitatamente alle erogazioni in favore delle associazioni legalmente riconosciute, delle istituzioni e delle fondazioni, i tempi necessari affinché le erogazioni stesse siano utilizzate per gli scopi indicati, e controlla l'impiego delle erogazioni stesse. Le erogazioni non integralmente utilizzate nei termini assegnati ovvero utilizzate in difformità dalla destinazione affluiscono, nella loro totalità, all'entrata dello Stato.

La vigente lettera g) del comma 2 dell’articolo 100 del TUIR prevede che le erogazioni non utilizzate per le finalità alle quali sono destinate entro il termine di due anni dalla data del ricevimento affluiscono, nella loro totalità, all'entrata dello Stato.

La formulazione attualmente vigente della lettera m) del comma 2 dell’articolo 100 del TUIR detta una disciplina piuttosto complessa in base alla quale il Ministero per i beni e le attività culturali vigila sull'impiego delle erogazioni e comunica all'Agenzia delle entrate, entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, l'elenco dei soggetti erogatori e l'ammontare delle erogazioni liberali da essi effettuate. Nel caso che, in un dato anno, le somme complessivamente erogate abbiano superato la somma allo scopo indicata o determinata, i singoli soggetti beneficiari che abbiano ricevuto somme di importo maggiore della quota assegnata dal Ministero per i beni e le attività culturali versano all'entrata dello Stato un importo pari al 37 per cento della differenza.

 

Ferma restando la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali sull’impiego dei fondi erogati, la nuova versione della lettera m) del comma 2 dell’articolo 100 del TUIR – semplificando la procedura indicata dalla stessa lettera m), nel testo attualmente vigente – si limita a prevedere che le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati dal decreto ministeriale previsto dalla norma stessa affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato.

 

La nuova formulazione della lettera m) del comma 2 dell’articolo 100 del TUIR contiene inoltre due previsioni innovative rispetto alla disposizione che sostituisce.

Il secondo periodo consente infatti che le erogazioni liberali in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori o di fondazioni e associazioni, costituite o partecipate in misura prevalente dal Ministero per i beni e le attività culturali, assumano la forma dell’accollo di debito (per cui si veda, sopra, l’illustrazione della lettera a). Le modalità di utilizzazione di questo strumento saranno definite con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze.

L’ultimo periodo stabilisce che il Ministero per i beni e le attività culturali certifichi, a richiesta del soggetto erogante e sulla base delle informazioni acquisite presso il beneficiario, l’ammontare dell’erogazione liberale e la sua utilizzazione. Entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento il Ministero per i beni e le attività culturali deve infine comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze le informazioni acquisite in merito alle erogazioni effettuate entro il 31 dicembre dell’anno precedente.

 

La lettera f) del comma 387.76 in esame novella l’articolo 146 del TUIR, relativo alla deducibilità degli oneri sostenuti dagli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale.

 

Poiché per la determinazione del reddito complessivo di tali enti l’articolo 143 del TUIR rinvia alle disposizioni relative alla determinazione dei singoli redditi (fondiari, di capitale, d’impresa e diversi) che lo compongono, gli oneri sostenuti nell’esercizio d’impresa sono deducibili ai sensi dell’articolo 100 del TUIR, come novellato dalle precedenti lettere da b) a e) del comma 399-duodeoctogies.

Il citato articolo 146 del TUIR consente inoltre la deducibilità dei seguenti oneri, anche se gli stessi non sono deducibili nella determinazione del reddito d’impresa, che concorre a formare il reddito complessivo dell’ente:

§       canoni, livelli, censi e altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo, compresi i contributi ai consorzi obbligatori per legge o in dipendenza di provvedimenti della pubblica amministrazione, esclusi i contributi agricoli unificati (articolo 10, comma 1, lett. a), del TUIR);

§       somme corrisposte ai dipendenti, chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali (articolo 10, comma 1, lett. f), del TUIR);

§       contributi, donazioni ed oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative (ONG) idonee ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49[314], per un importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato (articolo 10, comma 1, lett. g), del TUIR).

La somme rimborsate ai sensi dell’articolo 146 del TUIR concorrono a formare il reddito complessivo del periodo di imposta nel quale l'ente ha conseguito il rimborso.

 

Ferme restando le sopra illustrate ipotesi di deducibilità disciplinate dall’articolo 146 del TUIR, la lettera f) in esame consente inoltre la deducibilità degli oneri di cui all’articolo 10, comma 1, lettera l-quinquies).

 

Per quanto riguarda la parziale identità fra gli oneri deducibili a norma della lettera l-quinquies) del comma 1 dell’articolo 10, e gli oneri relativamente ai quali è ammessa la detrazione a norma dell’articolo 15, comma 1, lettere h) e i), richiamate per gli enti non commerciali dall’articolo 147, comma 1, si veda, sopra, il commento alla lettera a) del presente comma.

 

Si ricorda che sul medesimo articolo 100 del TUIR interviene anche il precedente comma 254, che ne abroga la lettera c) in correlazione con la nuova disciplina delle erogazioni per il finanziamento della ricerca, dettata dal comma 252 del presente articolo 1.


Articolo 1, comma 387.77
(Finanziamento di interventi per la tutela dell’ambiente e dei beni culturali e soppressione del contributo per il Convegno internazionale interconfessionale)

 

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

387.77. All'articolo 11-bis, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo le parole: «222 milioni per l'anno 2005» sono inserite le seguenti: «e di euro 5 milioni per l'anno 2006». Il comma 2 dell'articolo 11-quaterdecies del medesimo decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, è abrogato.

 

 

 

Il comma 387.77 reca due modifiche al decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005 (provvedimento fiscale collegato alla legge finanziaria 2006).

 

In particolare il primo periodo modifica il comma 1 dell’articolo 11-bis, disponendo una autorizzazione di spesa di 5 milioni di euro per il 2006 per la concessione di ulteriori contributi statali per il finanziamento di interventi rivolti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio, di cui all’articolo 1, comma 28, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005).

Tale autorizzazione si affianca ai 222 milioni di euro per il 2005 dalla disposizione richiamata.

 

Il citato articolo 1, comma 28, della legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311) ha autorizzato la spesa di 201,5 milioni di euro per il 2005, di 176,5 milioni per il 2006 e di 170,5 milioni per il 2007 per la realizzazione di interventi rivolti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio[315].

Si segnala che per effetto del disegno di legge finanziaria in esame, come approvato dalla V Commissione bilancio della Camera, per effetto dei definanziamenti disposti dalla tabella E e delle rimodulazioni della tabella F, le autorizzazioni pluriennali di spesa relative al comma 28 della legge n. 311/2004 ammontano a 80 milioni per il 2006, a 100 milioni per il 2007 e a 96 milioni per il 2008.

 

Ulteriori finanziamenti per gli interventi sopra richiamati sono stati autorizzati dall’articolo 2-bis del D.L n. 7/2005 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43/2005).

In particolare, la disposizione ha autorizzato la spesa di 65 milioni per l'anno 2004, di 10,230 milioni per l'anno 2005, di 23,755 milioni per l'anno 2006 e di 2,6 milioni per l'anno 2007 per la concessione di ulteriori contributi statali al finanziamento degli interventi di cui all'articolo 1, comma 28, della legge n. 311 del 2004, secondo le modalità previste dal comma 29.

Analogamente, per effetto del definanziamento previsto dalla tabella E del disegno di legge finanziaria in esame le autorizzazioni pluriennali di spesa relative all’articolo 2-bis del D.L. n. 7/2007 ammontano a 14,2 milioni per il 2006 e a 1,6 milioni per il 2007.

 

Per quanto concerne l’erogazione dei contributi, l’articolo 2-bis richiama le disposizioni del comma 29, primo e secondo periodo, dell’articolo 1 della medesima legge n. 311 del 2004.

E’ previsto inoltre il parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia di bilancio, programmazione e lavori pubblici.

 

Il richiamato comma 29, primo periodo, della legge n. 311/2004 (come successivamente modificato dall’articolo 1-ter del D.L. n. 314/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005) prevede che l’individuazione degli interventi e degli enti destinatari dei contributi sia effettuata con decreto del Ministro dell’economia e finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo parlamentare.

Il secondo periodo del comma 29 prevede che all'attribuzione dei contributi provveda il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 12, del D.L. 20 giugno 1996, n. 323 (legge n. 425/1996)[316].

 

Per quanto concerne le risorse autorizzate ai sensi del comma 28 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004), in attuazione della citata procedura, le Commissioni bilancio della Camera e del Senato hanno approvato due risoluzioni (risoluzione 7-00543 Giudice ed altri, approvata dalla Commissione bilancio della Camera il 18 gennaio 2005, e risoluzione 7-00034 Tarolli, approvata dalla Commissione bilancio del Senato nella seduta del 19 gennaio 2005), con le quali il Governo è stato impegnato ad attenersi alle priorità ivi indicate, ai fini dell’adozione del decreto di individuazione degli interventi e degli enti destinatari dei contributi[317].

Il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze con l’indicazione degli enti beneficiari dei contributi autorizzati dalla legge finanziaria per il 2005 è stato emanato il 18 marzo 2005.

Per quanto concerne le risorse autorizzate ai sensi dall’articolo 2-bis del D.L. n. 7 del 2005, la Commissione bilancio della Camera e la Commissione istruzione e beni culturali del Senato, nelle sedute del 31 maggio 2005, hanno approvato due identiche risoluzioni (Risoluzione 7-00640 Alberto Giorgetti ed altri, approvata dalla Commissione bilancio della Camera e risoluzione 7-00043 Asciutti, approvata dalla Commissione istruzione del Senato) che hanno impegnato il Governo ad attenersi, ai fini dell’adozione del decreto per l’individuazione degli interventi e degli enti destinatari dei contributi, alle priorità indicate nelle risoluzioni medesime.

Il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze è stato emanato l’8 luglio 2005.

 

Il secondo periodo del comma 387.77 abroga il comma 2 dell’articolo 11-quaterdecies del D.L. n. 203 del 2005, che autorizza una spesa pari a 5 milioni di euro per l’anno 2006 per l’organizzazione e l’adeguamento degli impianti necessari allo svolgimento del Convegno internazionale interconfessionale.

 


Articolo 1, comma 388
(Fondi speciali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

388. Gli importi da iscrivere nei fondi speciali di cui all'articolo 11-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall'articolo 6 della legge 23 agosto 1988, n. 362, per il finanziamento dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio 2006-2008, restano determinati, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, nelle misure indicate nelle Tabelle A e B, allegate alla presente legge, rispettivamente per il Fondo speciale destinato alle spese correnti e per il Fondo speciale destinato alle spese in conto capitale.

388. Identico.

 

 

Il comma 388 stabilisce l’entità dei fondi speciali. I fondi speciali sono lo strumento contabile mediante il quale si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.

La disciplina di questo istituto è contenuta nell'articolo 11-bis della legge n. 468/1978. Il comma 1 dell'articolo 11-bis stabilisce che la legge finanziaria deve indicare distintamente per la parte corrente (Tabella A) e per quella in conto capitale (Tabella B) le somme destinate alla copertura dei progetti di legge, ripartiti per ministeri.

 

In sede di relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria sono indicare le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante.

Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.

 

L’articolo 11 bis, comma 2, della legge n. 468/1978 prevede anche la possibilità di inserire nelle tabelle A e B accantonamenti di segno negativo, relativi a provvedimenti di minore spesa o di maggiore entrate da approvare in corso d’anno. Gli accantonamenti negativi sono collegati (mediante lettere alfabetiche) agli accantonamenti positivi alla cui copertura sono preordinati.

La disciplina dei fondi speciali prevede, infine, che le quote relative a spese correnti non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio. Gli accantonamenti relativi a spese in conto capitale possono essere utilizzati anche nell’anno successivo (“slittamento”) se il provvedimento in questione è stato approvato da almeno una delle due Camere.

Per particolari tipologie di spese (spese corrispondenti ad obblighi internazionali, obbligazioni contrattuali o provvedimenti relativi al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed al trattamento economico e normativo dei dipendenti di pubbliche amministrazioni non compresi nel regime contrattuale) lo slittamento è consentito purché il provvedimento risulti presentato alle Camere entro l’anno ed entri in vigore entro il termine di scadenza dell’anno successivo.

 

Nel disegno di legge finanziaria per il 2006 gli importi della Tabella A ammontavano, nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613) complessivamente a 452,5 milioni per il 2006, a 489,5 milioni per il 2007 e a 505,4 milioni per il 2008.

A seguito delle modifiche apportate durante l’esame al Senato, gli importi della Tabella A sono stati rideterminati in 526,535 milioni di euro per il 2006, in 436,526 milioni di euro per il 2007 e in 449,422 milioni di euro per il 2008.

 

Per effetto delle modifiche introdotte dalla V Commissione bilancio gli importi della Tabella A sono stati rideterminati in 160,470 milioni di euro per il 2006, in 105.871 milioni di euro per il 2007 e in 91.767milioni di euro per il 2008

 

Nel prospetto successivo sono riportati gli importi complessivi della Tabella A come indicati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), nel disegno di legge finanziaria per il 2006 presentato dal Governo (A.S. 3613), e nel testo approvato dal Senato (A.C. 6177). Gli importi sono espressi in migliaia di euro.

 


Tabella A (migliaia di euro)

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

137.536

184.527

180.423

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

452.535

458.526

505.422

Testo 5a Commissione Senato (A.S. 3613-A)

452.535

489.526

475.422

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

526.535

463.526

449.422

Testo V Commissione Camera (A.C. 6177-A)

160.470

105.871

91.767

 

Per quanto riguarda la Tabella B, il disegno di legge finanziaria per il 2006 prevedeva nel testo iniziale (A.S. 3613) accantonamenti pari a 474 milioni di euro per il 2006, a 385 milioni per il 2007 e a 356 milioni per il 2008.

A seguito delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare al Senato, gli importi della Tabella B sono stati rideterminati in 496,6 milioni di euro per il 2006, in 490 milioni per il 2007 e in 251milioni per il 2008.

La V Commissione bilancio della Camera dei deputati ha ulteriormente modificato gli importi, che sono stati fissati in 467,1 milioni di euro per il 2006, in 407 milioni per il 2007 e in 251 milioni per il 2008.

 

Anche per la Tabella B vengono di seguito riportati gli importi complessivi come indicati nelle fasi dell’esame parlamentare. Gli importi sono espressi in migliaia di euro.

 

Tabella B (migliaia di euro)

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

423.959

385.044

356.044

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

473.959

385.044

356.044

Testo 5a Commissione Senato (A.S. 3613-A)

503.959

385.044

251.044

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

496.559

490.044

251.044

Testo V Commissione Camera (A.C. 6177-A)

467.059

407.044

251.044

 

 

Nei seguenti progetti sono riportati, con riferimento a ciascun Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 3613) e, se variati, nelle successive fasi dell’esame parlamentare. Sono indicate, altresì, le finalizzazioni previste nel testo iniziale (A.S. 3613).

 


TABELLA A – FONDO SPECIALE DI PARTE CORRENTE

(migliaia di euro)

 

 

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

3.437

6.847

3.247

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

13.437

36.847

53.247

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3613-A)

13.437

36.847

23.247

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

3.437

26.847

13.247

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

-3.400

-2.353

-1.800

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per le modifiche all’articolo 288 del codice di procedura civile, per la disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante e di morte inaspettata del feto, per disposizioni in materia di cambiali finanziarie, per le pensioni FF.SS., per misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane, inserite nella lista del patrimonio mondiale poste sotto la tutela dell’UNESCO, per norme per la concessione di contributi statali alle associazioni combattentistiche, per le misure di natura patrimoniale per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo internazionale e l’attività dei paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, per l’abbandono del recupero delle prestazioni pensionistiche indebite, per le modifiche al regime di cumulo tra pensione di inabilità assegno ordinario di invalidità e rendita INAIL, per i profughi Giuliano-Dalmati e per interenti vari.

 

 

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

9.570

31.950

31.950

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

9.570

31.950

31.950

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

109.570

31.950

31.950

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

60.597

12.750

197

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è finalizzato agli incentivi all’occupazione, a misure di sostegno dell’occupazione e di assunzioni a tempo indeterminato, a contributi in favore dei minorati della vista, alla disciplina previdenziale per gli spedizionieri doganali, per l’abbandono del recupero delle prestazioni pensionistiche indebite, per i principi in materia di governo del territorio.

 

 


MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

31.228

39.859

39.859

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

31.228

39.859

39.859

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

25.228

33.859

33.859

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato per far fronte agli oneri derivanti dalla programmata ratifica ed applicazione di accordi internazionali.

 

 

MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

3.859

9.859

9.859

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

3.859

9.859

9.859

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per le disposizioni in materia di società e associazioni sportive dilettantistiche, per l’istituzione del profilo di docente presso la scuola di lingue estere dell’esercito e per un contributo all’Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili.

 

 

MINISTERO DELL'INTERNO

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

-

5.000

5.000

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

40.000

15.000

15.000

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

30.000

5.000

5.000

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

25.000

1.000

0

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per le modifiche alla legge n. 752/1985 in materia di coltivazione e commercio dei tartufi, per le vittime del dovere e per lo scrutinio elettronico.

 

 


MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

710

986

2.482

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

710

986

2.482

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato alla ratifica ed esecuzione della convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici e pesticidi, all’istituzione del Parco Nazionale del subappennino Dauno.

 

 

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

-

-

-

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

500

500

500

 

 

MINISTERO DELLA DIFESA

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

417

417

417

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

417

417

417

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per l’istituzione del profilo di docente della scuola di lingue estere dell’esercito nell’ambito delle dotazioni organiche del personale civile del Ministero della difesa, nonché per la revisione delle leggi penali militari di pace di guerra e per l’adeguamento dell’ordinamento giuridico.

 

 

MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

10.568

11.600

9.600

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

10.568

11.600

9.600

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario, per la valorizzazione dei territori montani, per la disciplina dell’apicoltura, per la promozione, la tutela e la valorizzazione dell’agriturismo e delle risorse culturali e naturali nei territori rurali collinosi e montani, per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, per la concessione di contributi alle associazioni combattentistiche e per i principi in materia di governo del territorio.

 

 

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

783

45

45

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

783

45

45

 

Finalizzazioni

L’Accantonamento è preordinato alla legge quadro sulla qualità architettonica, alle misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane inserite nella lista del patrimonio mondiale, poste sotto la tutela dell’Unesco e ad interventi in materia di beni e attività culturali e di sport.

 

 

MINISTERO DELLA SALUTE

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

76.963

77.963

77.963

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

341.963

342.963

342.963

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

36.963

37.963

37.963

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per la nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione di emoderivati, per borse di studio per i medici specializzandi, per le disposizioni concernenti il divieto delle pratiche di mutilazione sessuale e per indennizzi a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie.

 

 

Analogamente a quanto esposto per gli accantonamenti di Tabella A, nei seguenti prospetti sono riportati, con riferimento a ciascun Ministero, gli importi degli accantonamenti di conto capitale, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 3613) e, se variati, nelle successive fasi dell’esame parlamentare.


TABELLA B - FONDO SPECIALE DI CONTO CAPITALE

(migliaia di euro)

 

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

409.059

377.144

348.144

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

459.059

377.144

348.144

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3613-A)

489.059

377.144

243.144

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

481.659

482.144

243.144

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

452.159

399.144

243.144

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è rivolto a consentire la partecipazione finanziaria dell’Italia alla ricostituzione delle risorse di Fondi internazionali, le misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane inserite nella lista del patrimonio mondiale, poste sotto la tutela dell’UNESCO, la sicurezza della navigazione per favorire l’uso di navi a doppio scafo, per l’ammodernamento della flotta, nonché il piano di azione per lo sviluppo economico sociale e territoriale, interventi nel sistema fieristico nazionale, la realizzazione di un centro polifunzionale di alta specializzazione per l’integrazione sociale dei ciechi plurimenomati, la stabilizzazione dell’area balcanica e interventi vari.

 

 

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

7.000

-

-

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

7.000

-

-

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato agli interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale e per il finanziamento di interventi per opere pubbliche.

 

 

MINISTERO DEI BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

7.900

7.900

7.900

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

7.900

7.900

7.900

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato alla legge quadro sulla qualità architettonica.


Articolo 1, commi 389
(Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

389. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del bilancio 2006 e triennio 2006-2008, in relazione a leggi di spesa permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sono indicate nella Tabella C allegata alla presente legge.

389. Identico.

 

 

L'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468 - nel testo sostituito dall'articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 362 e da ultimo modificato dall’articolo 2, comma 15, della legge n. 208 del 1999 - prevede tra i contenuti propri della legge finanziaria la "determinazione", in apposita tabella, degli stanziamenti annui (per il triennio finanziario di riferimento) delle leggi di spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria (Tabella C).

 

L’articolo 2, comma 18, della legge n. 208/1999 - che ha riformulato l’art. 11, comma 3, lett. d), della legge n. 468 nel senso sopra indicato - ha stabilito inoltre che, in sede di prima applicazione, fosse la stessa legge finanziaria per il 2000 ad indicare quali erano le leggi vigenti la cui quantificazione poteva essere effettuata dalla Tabella C, “intendendosi come soppresse quelle norme recanti autorizzazioni di spesa permanenti già contenenti il riferimento alla predetta lettera d) e non indicate nella legge finanziaria medesima”.

Tale disposizione era confermata dall’articolo 70, comma 7, della legge finanziaria 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488), il quale precisava che “le leggi vigenti la cui quantificazione è effettuata dalla tabella di cui all’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, (…) sono indicate (…) dalla Tabella C (…)” della legge finanziaria medesima.

 

Rispetto alla finanziaria dello scorso anno, nella legge finanziaria per il 2006 la Tabella C prevede il finanziamento di ulteriori disposizioni di legge. In particolare:

-        Legge n. 448 del 2001, art. 14, co. 2: Restituzione e rimborsi di imposte ai territori del centro-nord per accise gas metano (nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze);

-        Legge n. 91 del 2005: Contributo al Fondo di cooperazione tecnica dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica – AIEA (nell’ambito del Ministero degli affari esteri).

 

Non è invece più previsto nella Tabella C il finanziamento relativo alle seguenti leggi del Ministero dell’economia e delle finanze:

-        Legge n. 195 del 1958: Consiglio superiore magistratura;

-        Legge n. 17 del 1973: Aumento assegnazione annua al CNEL;

-        Legge n. 20 del 1994, art. 4: Autonomia finanziaria Corte dei conti;

-        D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 70, co. 2, lett. b): Agenzia del territorio;

-        D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 70, co. 2, lett. c): Agenzia delle dogane;

-        D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 70, co. 2: Agenzia delle entrate;

-        Legge n. 205 del 2000, art. 20: Autonomia amministrativa del Consiglio di Stato e dei TAR.

 

La Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2006 prevedeva, nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613), un ammontare pari a 16.786,3 milioni di euro per il 2006, 15.583 milioni di euro per il 2007 e di 15.576,6 milioni di euro per il 2008.

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame al Senato, l’ammontare complessivo degli stanziamenti previsti dalla Tabella C del disegno di legge finanziaria 2006 (A.C. 6177) è stato rideterminato in 16.860,7 milioni di euro per il 2006, 15.591,1 milioni per il 2007 e 15.584,7 milioni per il 2008.

 

La V Commissione bilancio ha rideterminato gli stanziamenti della tabella C in 16.885,6 milioni per il 2006, in 15.612,4 milioni per il 2007 e in 15.696 milioni per il 2008.

In particolare le variazioni hanno interessato le Autorità indipendenti indicate al comma 49 del d.d.l. in esame, che sono state finanziate anche per il 2007 e 2008, la legge sul diritto allo studio (legge n. 147 del 1992) che risulta incrementata di 30 milioni per il 2006, mentre i contributi agli enti vigilati dal Ministero delle attività produttive sono stati decurtati di 0,5 milioni nel 2006 e nel 2007, e di 10,5 milioni nel 2008.

 

Nella tabella che segue sono esposti gli stanziamenti delle singole voci di Tabella C, contenute nel disegno di legge finanziaria per il 2006.

Per ciascuna voce, sono indicati gli importi del bilancio a legislazione vigente per il 2006 (A.S. 3614), gli importi di Tabella C del disegno di legge iniziale (A.S. 3613) e come determinati nel testo approvato dal Senato (A.C. 6177).

L’ultima colonna evidenzia la variazione tra la dotazione della Tabella C come definita dalla Commissione Bilancio della Camera dei deputati e il bilancio a legislazione vigente

Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.

 

 

BLV
2006

Ddl iniziale (AS 3613)

Testo
Comm.
 Bilancio

Variaz. su BLV

Ministero dell’economia e delle finanze

 

 

 

 

D.L. 95/1974: Disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari (CONSOB) (U.P.B. 3.1.2.11 – cap. 1560)

24.686

7.410

13.410

-11.276

D.P.R. 701/1977: Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (U.P.B. 12.1.2.15 – cap. 5217)

9.526

15.000

15.000

5.474

L. 385/1978: Compensi per lavoro straordinario ai dipendenti dello Stato (U.P.B. 4.1.5.4 - cap. 3026)

43.940

43.500

43.500

-440

L. 468/1978, art. 9-ter: Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente (U.P.B. 4.1.5.2 - cap. 3003)

500

94.400

400

-100

L. 16/1980 e L. 137/2001: Indennizzi incentivi e agevolazioni per cittadini ed imprese italiane che abbiano perduto beni, diritti ed interessi in territori già soggetti alla sovranità italiana e all’estero (U.P.B. 3.2.3.29 – cap. 7256)

26.076

26.000

26.000

-76

L. 146/1980, art. 36: Assegnazione all’Istituto nazionale di statistica (U.P.B. 3.1.2.27 – cap. 1680)

130.977

160.000

160.000

29.023

L. 67/1987: Editoria (U.P.B. 3.1.5.14 – cap. 2183; U.P.B. 3.2.10.2 – cap. 7442)

425.335

426.000

426.000

665

L. 440/1989: Utilizzazione del porto franco di Trieste (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 1539)

286

286

286

0

D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Reintegro Fondo protezione civile (U.P.B 3.2.10.3 – cap. 7446/p)

202.888

203.000

203.000

112

D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Provvedimenti per le popolazioni di Siracusa, Catania e Ragusa (U.P.B. 3.2.10.3 – cap. 7446/p)

80.405

80.405

80.405

0

L. 225/1992, art. 1: Istituzione del servizio della protezione civile (U.P.B. 3.1.5.15 – cap. 2184)

40.552

41.000

41.000

448

L. 225/1992, art. 3: Attività e compiti della protezione civile (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7447)

550.325

550.000

550.000

-325

D.Lgs. 39/1993, art. 4: Istituzione Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (U.P.B. 3.1.2.33 – cap. 1707/p)

16.384

17.000

17.000

616

L. 109/1994, art. 4: Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (U.P.B. 3.1.2.32 – cap. 1702)

18.019

5.700

7.500

-10.519

L. 549/1995, art. 1 co. 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.17 – cap. 1613)

1.903

1.900

1.900

-3

L. 675/1996: Tutela delle persone e altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali (U.P.B. 3.1.2.42 – cap. 1733)

8.621

20.000

20.000

11.379

L. 94/1997, art. 7, co. 6: Contributo in favore dell’ISAE (U.P.B. 2.1.2.4 – cap. 1321)

8.691

10.000

10.000

1.309

L. 249/1997: Istituzione dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (U.P.B. 3.1.2.14 – cap. 1575)

20.903

6.600

4.000

-16.903

D.Lgs. 446/1997, art. 39, comma 3: Integrazione Fondo sanitario nazionale, minori entrate IRAP, ecc. (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 2701)

-

1.102.000

1.102.000

1.102.000

L. 128/1998, art. 23: Istituzione Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (U.P.B. 3.1.2.37 – cap. 1723)

3.920

3.920

3.920

0

L. 230/1998, art. 19: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (U.P.B. 3.1.5.16 – cap. 2185)

211.122

212.000

212.000

878

L. 144/1999, art. 51: Contributo dello Stato in favore della SVIMEZ (U.P.B. 3.2.3.38 – cap. 7330)

1.735

1.735

1.735

0

D.Lgs. 165/1999 e D.Lgs. 188/2000: Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) (U.P.B. 3.1.2.7 – cap. 1525)

215.381

216.000

216.000

619

D.Lgs. 285/1999: Riordino del FORMEZ (U.P.B. 12.1.2.12 – cap. 5200)

12.044

22.000

22.000

9.956

D.Lgs. 287/1999: Riordino della SSPA-Scuola superiore della pubblica amministrazione (U.P.B. 6.1.2.13 – cap. 3935)

15.101

15.100

15.100

-1

D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2: Finanziamento Agenzia del demanio (U.P.B. 6.1.2.9 - cap. 3901)

112.069

113.000

113.000

931

D.Lgs. 303/1999: Ordinamento Presidenza del Consiglio dei Ministri a norma dell’art. 11, della L. n. 59/1997 (U.P.B. 3.1.5.2 – cap. 2115)

308.455

315.000

280.400

-28.055

L. 353/2000: Legge quadro in materia di incendi boschivi (U.P.B. 4.1.2.14 – cap. 2820)

8.891

9.000

9.000

109

L. 388/2000, art. 74 co. 1: Previdenza complementare (U.P.B. 3.1.5.9 – cap. 2156)

135.368

136.000

136.000

632

L. 38/2001, art. 16 co. 2: Tutela della minoranza linguistica slovena - contributo alla regione Friuli Venezia Giulia (U.P.B. 4.2.3.12 – cap. 7513/p)

4.950

4.950

4.950

0

D.Lgs 165/2001, art. 46: Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (U.P.B. 12.1.2.16 – cap. 5233)

3.497

3.500

3.500

3

L. 448/2001, art. 14, comma 1: Finanziaria 2002 – accise gas metano (U.P.B. 6.1.2.2 – cap. 3823)

-

100.000

100.000

+100.000

Ministero delle attività produttive

 

 

 

 

L. 287/1990, art. 10, co. 7: Autorità garante della concorrenza e del mercato (U.P.B. 3.1.2.3 – cap. 2275)

21.293

22.000

22.000

707

L. 292/1990: Ente nazionale italiano per il turismo (U.P.B. 3.1.2.2 – cap. 2270)

21.656

21.700

21.700

44

L. 282/1991, D.L. 496/1993 e D.L. 26/1995: Riforma dell'ENEA (U.P.B. 4.2.3.4 – cap. 7630)

198.053

200.000

200.000

1.947

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 cap. 2280)

28.331

28.400

27.900

-431

L. 68/1997, art. 8, co. 1, lett. a): Spese di funzionamento ICE (U.P.B. 5.1.2.2 - cap. 5101)

97.801

98.000

98.000

199

L. 68/1997, art. 8, co. 1, lett. b): Attività promozionale delle esportazioni italiane (U.P.B. 5.1.2.2 - cap. 5102)

62.182

62.200

62.200

18

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

 

 

 

 

L. 335/1995, art. 13: Riforma del sistema pensionistico - Vigilanza sui fondi pensione (U.P.B. 11.1.2.2 – cap. 4332)

1.960

600

800

-1.160

L. 448/1998, art. 80, co. 4: Formazione professionale – contributi a organismi vari (U.P.B. 10.1.2.1 – cap. 4161)

1.960

2.000

2.000

40

L. 328/2000: art. 20, co. 8: Fondo da ripartire per le politiche sociali (U.P.B. 7.1.5.2 - cap. 3671)

1.159.492

1.157.000

1.157.000

-2.492

Ministero della giustizia

 

 

 

 

D.P.R. 309/1990, art. 135: Programmi di prevenzione e cura dell'AIDS, di recupero e reinserimento dei detenuti tossicodipendenti (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 1768)

4.990

5.000

5.000

10

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 1.1.2.1 – cap. 1160)

120

120

120

0

Ministero degli esteri

 

 

 

 

L. 1612/1962, art. 12: Mezzi finanziari per il funzionamento dell’Istituto agronomico per l'Oltremare (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2201)

2.752

2.800

2.800

48

L. 794/1966: Costituzione dell’istituto italo-latino-americano (U.P.B. 16.1.2.2 – cap. 4131)

2.508

2.500

2.500

-8

DPR 200/1967: Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari (U.P.B. 11.1.2.3 - cap. 3105)

2.361

2.400

2.400

39

L. 883/1977: Accordo relativo a un programma internazionale per l'energia (U.P.B. 13.1.2.2 - cap. 3749)

944

1.000

1.000

56

L. 140/1980: Partecipazione italiana al Fondo europeo per la gioventù (U.P.B. 15.1.2.5 - cap. 4052)

273

280

280

7

L. 7/1981 e L. 49/1987: Stanziamenti aggiuntivi per l'aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo (U.P.B. 9.1.1.0 e 9.1.2.2 - capitoli vari)

 

552.631

400.000

400.000

-152.631

L. 960/1982: Rifinanziamento legge di ratifica degli accordi di Osimo tra Italia e Jugoslavia (U.P.B. 15.1.2.2 – capp. 4061 e 4063)

2.733

2.800

2.800

67

L. 549/1995, art. 1, co 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.2 – cap. 1163)

6.217

6.200

6.200

-17

L. 299/1998: Finanziamento italiano della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'UE) (U.P.B. 20.1.2.1 – cap. 4534)

4.968

5.000

5.000

32

L. 58/2001: Istituzione del fondo per lo sminamento umanitario (Paesi in via di sviluppo) (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2210)

2.269

2.300

2.300

31

L. 91/2005, art. 1, co. 1: Contributo volontario al Fondo di cooperazione tecnica dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica-AIEA (U.P.B. 12.1.2.2 – cap. 3421)

-

-

-

-

Ministero dell’istruzione

 

 

 

 

L. 407/1974: Programma europeo di cooperazione scientifica e tecnologica (U.P.B. 4.2.3.7 - cap. 7291)

4.694

4.700

4.700

6

L. 394/1977: Potenziamento dell'attività sportiva universitaria (U.P.B. 4.1.2.14 - cap. 1709)

7.928

8.000

8.000

72

L. 181/1990: Funzionamento della scuola europea di Ispra (U.P.B. 7.1.2.3 - cap. 2193)

370

370

370

0

L. 245/1990: Piano triennale di sviluppo dell'Università e attuazione Piano quadriennale 1986-1990 (U.P.B. 4.1.2.9 - cap. 1690)

121.669

122.000

122.000

331

L. 243/1991: Università non statali legalmente riconosciute (U.P.B. 4.1.2.10 - cap. 1692)

132.167

133.000

133.000

833

L. 147/1992: Norme sul diritto agli studi universitari (U.P.B. 4.1.2.12 - cap. 1695)

146.025

147.000

177.000

30.975

L. 537/1993, art. 5, comma 1, lett. a): Spese finanziamento ordinario delle università statali (U.P.B. 4.1.2.11 - cap. 1694)

6.919.291

6.920.500

6.920.500

1.209

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti e altri organismi (U.P.B. 4.1.2.7 - cap. 1679)

18.494

18.500

18.500

6

L. 440/1997 e L. 144/1999, art. 68, co. 4, lett. b): Fondo per l’ampliamento dell’offerta formativa (U.P.B. 2.1.5.2 - cap. 1270/p)

180.425

181.000

181.000

575

D.Lgs. 204/1998: Programmazione e valutazione della politica nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica (U.P.B. 4.2.3.4 - cap. 7236)

1.626.104

1.630.000

1.630.000

3.896

Legge 338/2000, art. 1 co. 1: Alloggi e residenze per studenti universitari (U.P.B. 4.2.3.6 - cap. 7273/p)

31.291

32.000

32.000

709

Ministero dell’interno

 

 

 

 

L. 451/1959: Istituzione del Fondo scorta personale Polizia di Stato (U.P.B. 5.1.1.1 - cap. 2674)

22.554

22.600

30.600

8.046

L. 968/1969 e D.L. 361/1995, art. 4: Fondo scorta Corpo nazionale Vigili del Fuoco (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1916)

18.042

18.100

18.100

58

D.P.R. 309/1990, art. 101: Prevenzione e repressione traffico illecito sostanze stupefacenti (U.P.B. 5.1.1.1 – cap. 2668; U.P.B. 5.1.1.4 – cap. 2815)

 

2.967

3.000

3.000

33

Legge 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.1 – cap. 1286)

 

107

110

110

3

Ministero dell’ambiente

 

 

 

 

L. 979/1982, art. 7: Difesa del mare (U.P.B. 2.1.2.5 - capp. 1644,1646/p)

41.406

41.500

41.500

94

D.L. n. 2/1993: Commercio e detenzione di esemplari di fauna e flora minacciati di estinzione (U.P.B. 2.1.1.0 – capp. 1388, 1389)

218

220

220

2

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.3 - cap. 1551)

50.685

51.000

51.000

315

D.Lgs. 300/1999, art. 38: Agenzia protezione ambiente e servizi tecnici (U.P.B. 7.1.2.1 – cap. 3621 – U.P.B. 7.2.3.2 – cap. 8831)

84.323

85.000

85.000

677

Ministero delle infrastrutture e trasporti

 

 

 

 

L. 721/1954: Fondo scorta per le Capitanerie di porto (U.P.B. 6.1.1.1 - cap. 2661)

4.510

4.510

4.510

0


L. 267/1991, art. 1, co. 1 : Piano nazionale della pesca – Mezzi operativi e strumentali (U.P.B. 6.1.1.5 – cap. 2719)

802

800

800

-2


L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 4.1.2.18 – cap. 2032)

348

350

350

2

D.L. 535/1996: Contributo al centro internazionale radio medico CIRM (U.P.B. 4.1.2.7 - cap. 2098)

639

640

640

1


D.Lgs. 250/1997, art. 7: Istituzione dell'ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) (U.P.B. 4.1.2.13 – cap. 2161)

63.836

64.000

64.000

164

L. 431/1998, art. 11, co. 1: Disciplina delle locazioni e rilascio degli immobili ad uso abitativo (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 1690)

216.194

217.000

317.000

100.806

Ministero della difesa

 

 

 

 

R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità dei Corpi dell'Esercito, Marina ed Aeronautica (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1253)

41.272

42.000

42.000

728

R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità del Corpo dell’Arma dei Carabinieri (U.P.B. 7.1.1.1 – cap. 4840)

14.660

25.000

25.000

10.340

L. 549/1995, art. 1, comma 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 – cap. 1352)

 

779

800

800

21

D.Lgs. 300/1999, art. 22, co. 1: Finanziamento Agenzia industrie difesa (U.P.B. 3.1.2.8 - cap. 1360; U.P.B. 3.2.3.6 - cap. 7145)

13.284

13.300

13.300

16

L. 267/2002, art. 1, co. 2: Contributi dello Stato all'INSEAN (U.P.B. 3.1.2.4 - cap. 1354)

3.879

4.000

4.000

121

L. 267/2002, art. 1, co. 3: Contributi dello Stato in favore dell'IHO (U.P.B. 3.1.2.2 - cap. 1345)

68

70

70

2

Ministero delle politiche agricole e forestali

 

 

 

 

L. 267/1991, art. 1, co. 1: Attuazione del piano nazionale per la pesca marittima (U.P.B. 2.1.1.0 e 2.1.2.7 – capitoli vari)

16.902

17.000

17.000

98

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 2200)

5.442

5.450

5.450

8

D.Lgs. 454/1999: Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura (U.P.B. 3.1.2.10 – cap. 2083)

92.853

93.000

93.000

147

Ministero per i beni e le attività culturali

 

 

 

 

L. 190/1975: Biblioteca nazionale centrale "Vittorio Emanuele II" di Roma (U.P.B. 3.1.1.0 – cap. 1941)

2.401

2.400

2.400

-1

D.P.R. 805/1975: Assegnazioni per il funzionamento degli istituti centrali del Ministero (U.P.B. 2.1.1.0 - capp. 1261, 1262, 1263; U.P.B. 3.1.1.0 – capp. 1942)

5.323

5.400

5.400

77

L. 163/1985: Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo (U.P.B. 5.1.2.2 e 5.2.3.9 – capitoli vari)

442.183

300.000

385.000

-57.183

L. 118/1987: Norme relative alla Scuola archeologica italiana in Atene (U.P.B. 4.1.2.1 – cap. 2363)

850

850

850

0

L. 466/1988: Contributo Accademia nazionale dei Lincei (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 2052)

2.741

2.750

2.750

9

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.3 - cap. 2100)

30.653

30.700

30.700

47

Ministero della salute

 

 

 

 

D.L.C.P.S. 1068/1947: Contributo all’organizzazione mondiale della sanità (U.P.B. 4.1.2.10 – cap. 4320)

20.024

20.050

20.050

26

DPR 613/1980: Contributo alla Croce Rossa Italiana (U.P.B. 3.1.2.20 - cap. 3453)

30.895

31.000

31.000

105

D.Lgs. 502/1992, art. 12: Fondo sanitario nazionale - Fondo da destinare ad attività di ricerca e sperimentazione (U.P.B. 3.1.2.10 - cap. 3392)

185.379

285.000

285.000

99.621

D.Lgs. 267/1993: Riordinamento Istituto superiore di sanità (U.P.B. 3.1.2.16 - cap. 3443)

84.531

90.000

90.000

5.469

D.Lgs. 268/1993: Riordinamento dell’Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro (U.P.B. 3.1.2.17 - cap. 3447)

65.445

66.000

66.000

555

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.11 - cap. 3412)

5.686

5.700

5.700

14

L. 434/1998: Finanziamento interventi prevenzione del randagismo (U.P.B. 4.1.2.9 - cap. 4340)

4.073

4.100

4.100

27

D.L. 17/2001, art. 2, co. 4: Agenzia servizi sanitari regionali (U.P.B. 3.1.2.21 - cap. 3457)

5.019

5.100

5.100

81

D.L. 269/2003, art. 48, co. 9: Agenzia Italiana del Farmaco (U.P.B. 3.1.2.22 - capp. 3458, 3459; U.P.B. 3.2.3.5 - cap. 7230)

45.759

46.000

46.000

241


Articolo 1, comma 390
(Rifinanziamento di spese di conto capitale)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

390. Ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme che prevedono interventi di sostegno dell'economia classificati fra le spese di conto capitale restano determinati, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, nelle misure indicate nella Tabella D allegata alla presente legge.

390. Identico.

 

 

Il comma 390 approva l’entità degli stanziamenti di cui alla Tabella D, nella quale vengono rifinanziate alcune leggi di spesa di conto capitale recanti interventi di sostegno dell’economia.

 

L’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge n. 468 del 1978 (come modificato dall’articolo 2, comma 16, della legge n. 208 del 1999) prevede che la Tabella D della legge finanziaria disponga:

-        il rifinanziamento per un solo anno di interventi di conto capitale per i quali nell’ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza;

-        il rifinanziamento per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti (indipendentemente dal fatto che abbiano una dotazione finanziaria) che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale.

Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale.

 

In sede di prima applicazione, il comma 18 dell’articolo 2 della legge n. 208/1999 ha previsto che fosse la legge finanziaria per il 2000 a indicare l’elenco delle leggi vigenti recanti interventi di parte capitale, che potevano essere incluse nella Tabella D e rifinanziate per un periodo pluriennale. L’elenco è riportato nell’Allegato 1 alla legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999).

Ai sensi dell’articolo 70, comma 7, di detta legge, infatti, è stato precisato che “(…) le leggi vigenti rifinanziabili per un periodo pluriennale ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della medesima legge, sono indicate (…) dall’allegato 1” della legge finanziaria medesima.

 

In base a tale normativa, le leggi vigenti possono, dunque, essere rifinanziate pluriennalmente in Tabella D soltanto se sono state incluse nell’allegato 1 della legge finanziaria 2000 o, nel caso di leggi entrate in vigore successivamente alla legge finanziaria per il 2000, se la norma sostanziale ne prevede l’inserimento in Tabella D.

 

Il totale dei rifinanziamenti previsti in Tabella D dal disegno di legge finanziaria nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613) ammontava a 4.757,1 milioni euro per il 2006, a 1.220 milioni per il 2007 e a 9.480 milioni per il 2008.

 

A seguito degli emendamenti approvati nel corso dell’esame al Senato, gli stanziamenti di Tabella D per l’anno 2006 risultano pari a 4.842,1 milioni di euro.

 

La Commissione bilancio ha disposto ulteriori finanziamenti in tabella D determinando l’ammontare complessivo in 4.886 milioni per il 2006, in 1.260 milioni per il 2007 e in 9.480 milioni per il 2008.

In particolare sono stati previsti i rifinanziamenti del Fondo per Trieste e del Fondo per Gorizia, delle risorse per il trasferimento di opere infrastrutturali alle regioni Basilicata e Campania, del Fondo per l’edilizia universitaria. Inoltre il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale (incentivi assicurativi) è stato disposto a valere sulla corrispondente quota del Fondo destinata agli incentivi indennizzatori, che è stato contestualmente eliminato dalla tabella D.

 

La Tabella D della legge finanziaria per il 2006 dispone i seguenti rifinanziamenti:

 

Ministero dell’economia e delle finanze

§      6 milioni nel 2006 del Fondo per Trieste (legge n. 26 del 1986, art. 6) (Tab. F – Settore 6);

§      3.767 milioni nel 2006 del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (legge n. 183 del 1987, art. 5) (Tab. F - Settore 27);

§      160 milioni nel 2006, quale contributo alla Regione Calabria per le opere di forestazione (legge n. 236 del 1993, art. 3, co. 9) (Tab. F – Settore 19);

§      850 milioni nel 2007 e nel 2008quale apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 14) (Tab. F - Settore 11);

§      100 milioni nel 2006, 100 milioni nel 2007 e 8.300 milioni nel 2008 quali risorse aggiuntive destinate al Fondo per le aree sottoutilizzate (legge n. 289 del 2002, art. 61) (Tab. F - Settore 4);

 

Ministero delle attività produttive

§      4 milioni nel 2006 del Fondo per Gorizia (legge n. 26 del 1986, art. 6) (Tab. F – Settore 6);

§      4 milioni nel 2006 delle risorse da trasferirealle regioni Basilicata e Campania per opere infrastrutturali (legge n. 350 del 2003, art. 4, co. 86) (Tab. F – Settore 4);

 

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

§      500 milioni nel 2006a favore del Fondo per l’occupazione (D.L. n. 148 del 1993, art. 1, co. 7) (Tab. F - Settore 27);

 

Ministero della giustizia

§      20 milioni nel 2006, 20 milioni nel 2007 e 30 milioni nel 2008 a favore del Fondo investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria(Legge n. 448 del 2001, art. 46, co. 4) (Tab. F – Settore 27);

 

Ministero dell’istruzione, università e ricerca

§      40 milioninel 2007 per l’edilizia universitaria(legge n. 910 del 1986, art. 7, co. 8) (Tab. F - Settore 23);

§      85 milioni nel 2006 per la ricerca di base (legge n. 388 del 2000, art. 104, co. 4) (Tab. F - Settore 13);

§      10 milioni nel 2006, di 50 milioni nel 2007 e di 100 milioni nel 2008 destinati al Fondo per le aree sottoutilizzate - settore ricerca applicata (legge n. 289 del 2002, art. 61 comma 1 (Tab. F - Settore 4);

 

Ministero dell’interno

§      100 milioni sia per il 2006 quali contributi per spese pubbliche nei comuni di Napoli e Palermo (legge n. 67 del 1997, art. 3) (Tab. F - Settore 27);

 


Ministero delle politiche agricole e forestali

§      di 130 milioni nel 2006, di 200 milioni nel 2007 e di 200 milioni nel 2008 per il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionaleincentivi assicurativi (D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2) (Tab. F –Settore 21).

 

Tutte le autorizzazioni legislative che vengono rifinanziate, annualmente o pluriennalmente, in Tabella D sono esposte nella Tabella F, nei settori sopra segnalati, con l’indicazione delle effettive disponibilità finanziarie per gli anni 2006, 2007, 2008 e per l’anno 2009 e successivi.

 

Per una analisi delle disponibilità finanziarie di ciascuna autorizzazione di spesa di cui al precedente elenco (come previste a legislazione vigente e come modificate dal disegno di legge finanziaria per effetto di eventuali rifinanziamenti o definanziamenti disposti dalle Tabella D o E e di eventuali rimodulazioni disposte dalla Tabella F), si rinvia, pertanto, alla scheda di lettura relativa alla Tabella F (comma 392).


Articolo 1, commi 391
(Riduzione di autorizzazioni legislative di spesa)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

391. Ai termini dell'articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi indicate nella Tabella E allegata alla presente legge sono ridotte degli importi determinati nella medesima Tabella.

391. Identico.

 

 

Il comma 391 dispone, in attuazione dell’articolo 11, commi 3, lettera e), della legge n. 468/1978 (come sostituito dall'articolo 5 della legge n. 362/1988), in ordine alla riduzione di autorizzazioni legislative di spesa (definanziamenti) per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale (Tabella E).

 

La riduzione delle spese mediante definanziamento permette tra l’altro di reperire risorse ai fini della copertura dei maggiori oneri recati dalla finanziaria stessa.

Gli effetti riduttivi della Tabella E sono computati negli importi esposti nella Tabella F del disegno di legge finanziaria.

Il codice 1 indicato nell’ultima colonna della tabella (la colonna “definanziamento”) significa che la riduzione viene disposta in via permanente, sino all’anno di scadenza dell’autorizzazione di spesa.

 

Il totale dei definanziamenti previsti in Tabella E dal disegno di legge finanziaria nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613) ammontava a 2.209,1 milioni euro per il 2006, a 1.040,5 milioni per il 2007 e a 646,3 milioni per il 2008.

 

A seguito degli emendamenti approvati nel corso dell’esame al Senato, i definanziamenti di Tabella E risultano pari a 3.769,1 milioni di euro per il 2006,a 2.405,5 milioni per il 2007 e a 1.846,3 milioni per il 2008.

 

L’esame presso la V Commissione bilancio ha fissato i definanziamenti di Tabella E in 3.769,1 milioni di euro per il 2006,in 2.365,5 milioni per il 2007 e a 1.846,3 milioni per il 2008

 

Le modifiche disposte dalla Commissione bilancio riguardano il Fondo di solidarietà nazionale (incentivi assicurativi) di cui al D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2 il cui definanziamento è stato aumentato da 20 a 50 milioni. Inoltre sono stati ridotti i definanziamenti relativi al Fondo per gli interventi degli enti locali previsti dal comma 28 della legge n. 311 del 2004 (20 milioni nel 2006 e 40 milioni nel 2007), nonché il Fondo unico per l’edilizia universitaria (10 milioni nel 2006)

 

Le riduzioni delle autorizzazioni di spesa interessate dalla Tabella E sono:

Ministero dell’economia e delle finanze

§      riduzione di 20 milioni nel 2006 del Fondo rotativo per il finanziamento delle imprese (D.L. n. 251 del 1981) (Tab. F - Settore 9);

§      riduzione di 8 milioni nel 2006 e di 8 milioni nel 2007 del Fondo per il concorso statale nel pagamento degli interessi (legge n. 67 del 1988, art. 15, co. 3) (Tab. F - Settore 10);

§      riduzione di 40 milioni nel 2006 del Fondo di protezione civile (D.L. n. 142 del 1991, art. 6, co. 1) (Tab. F - Settore 3);

§      riduzione permanente di 1,2 miliardi dell’apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 14) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 15,4 milioni nel 2006 e nel 2007 dei contributi per l’acquisto di macchine utensili(legge n. 266 del 1997, art. 12, co. 1) (Tab. F - Settore 9);

§      riduzione di 10,3 milioni per ogni annualità del triennio 2006-2008 del finanziamento di esportazioni a pagamento differito (legge n. 266 del 1997, art. 12, co. 2) (Tab. F - Settore 9);

§      riduzione di 22,7 milioni nel 2006 e nel 2007 del piano triennale di soppressione dei passaggi a livello (legge n. 354 del 1998, art. 1, co. 3) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 51,6 milioni nel 2006 e di 91,6 milioni nel 2007 relativa all’ammodernamento degli itinerari ferroviari(legge n. 354 del 1998, art. 1, co. 3) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 256 milioni per ciascun anno nel triennio delle risorse per l’edilizia sanitaria pubblica(legge n. 488 del 1998, art. 50, co. 1) (Tab. F - Settore 17);

§      riduzione di 2 milioni per ciascun anno del finanziamento per la metanizzazione dei comuni montani del Centro-Nord(legge n. 144 del 1999, art. 28) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 400 milioni nel 2006 dell’apporto al capitale sociale di ANAS Spa(legge n. 138 del 2002, art. 7) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 75 milioni nel 2006 dei rimborsi IVA per trasporti pubblici locali (legge n. 350 del 2003, art. 3, co. 25);

§      riduzione di 24 milioni nel 2006 e di 6 milioni nel 2007 per il risanamento Policlinico Umberto I di Roma(legge n. 350 del 2003, art. 3, co. 144) (Tab. F – Settore 17);

§      riduzione di 50 milioni nel 2006 del finanziamento del Fondo di solidarietà nazionaleincentivi assicurativi (D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2) (Tab. F – Settore 21);

§      riduzione di 50 milioni nel 2006 e di 20 milioni nel 2007 dei contributi agli enti locali(legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 28) (Tab. F – Settore 19);

§      riduzione di 9,5 milioni nel 2006 e di 1 milione nel 2007 dei contributi agli enti locali(D.L. n. 7 del 2005, art. 2-bis, co. 1) (Tab. F – Settore 19);

§      riduzione di 8 milioni nel 2006 e di 0,45 milioni nel 2007del Fondo per il sistema d’informazione visti (D.L. n. 35 del 2005, art. 1, co. 5) (Tab. F – Settore 27);

§      riduzione di 4 milioni nel 2006, e di 12 milioni nel 2007 dei contributial TOROC (Olimpiadi invernali Torino 2006) (D.L. n. 35 del 2005, art. 8-bis, co. 1) (Tab. F – Settore 24).

 

Ministero delle attività produttive

§      riduzione di 20 milioni nel 2006delFondo Incentivi alle attività produttive (legge 488)(D.L. n. 415 del 1992, art. 1, co. 2) (Tab. F - Settore 4);

§      riduzione di 560 milioni nel 2006per la prosecuzione degli interventi nelle aree depresse (legge 488 e programmazione negoziata) (legge n. 208 del 1998, art. 1, co. 1) (Tab. F - Settore 4);

§      riduzione di 40 milioni nel 2006del Fondo unico per le imprese (legge n. 448 del 1998, art. 52) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 2 milioni nel 2006per gli interventi di Risparmio energetico (legge n. 239 del 2004, art. 1, co. 119) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 2 milioni nel 2006per gli Accordi di cooperazione per il carbone(legge n. 239 del 2004, art. 1, co. 119) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 12 milioni nel 2006 e nel 2007per il settore aeronautico (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 251) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 20,8 milioni nel 2006 e nel 2007per la reindustrializzazione area Fiat- Alfa Romeo (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 268) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 100 milioni nel 2006 e di 275 milioni nel 2007per lo sviluppo dell’industria della difesa (D.L. n. 35 del 2005, art. 6-bis, co. 1) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 20 milioni nel 2006, di 34 milioni nel 2007 e di 26 milioni nel 2008 per gli interventi di reindustrializzazione e promozione industriale (D.L. n. 35 del 2005, art. 11, co. 9) (Tab. F - Settore 2).

 

Ministero della giustizia

§      riduzione di 46,6 milioni per ciascun anno del triennio del Fondo unico investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria(Regio decreto n. 787 del 1931);

§      riduzione di 8,2 milioni nel 2006 del Fondo unico investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria(D.L. n. 201 del 2002, art. 9).

 

Ministero dell’istruzione, università e ricerca

§      riduzione di 50 milioninel 2006 per l’edilizia universitaria(legge n. 910 del 1986, art. 7, co. 8) (Tab. F - Settore 23);

§      riduzione di 40 milioninel 2006 del Fondo per le aree sottoutilizzate - settore ricerca applicata (legge n. 289 del 2002, art. 61 comma 1 (Tab. F - Settore 4).

 

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio

§      riduzione di 80 milioninel 2006 del Fondo investimenti per la difesa del suolo (legge n. 183 del 1989) (Tab. F - Settore 19);

§      riduzione di 20 milioninel 2006 delle misure di prevenzione delle aree a rischio idrogeologico (legge n. 180 del 1998 , art. 1, co. 2) (Tab. F - Settore 3);

§      riduzione di 5,7 milioninel 2006 per la bonifica dei siti inquinati (legge n. 426 del 1998 , art. 1, co. 1) (Tab. F - Settore 19);

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

§      riduzione di 20 milioninel 2006 per completamento opere per l’edilizia penitenziaria (legge n. 910 del 1986, art. 7, co. 6) (Tab. F - Settore 17);

§      riduzione di 4 milioni per ciascun anno del triennio per il raddoppio autostrada Torino – Savona(legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 86) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 4 milioni per ciascun anno del triennio per la Variante di valico Firenze-Bologna(legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 87) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 15,4 milioni per ciascun anno del triennio per il potenziamento autostrade (legge n. 67 del 1997, art. 19, co. 1) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 40,2 milioni per ciascun anno del triennio per l’acquisto di autobus(legge n. 194 del 1998, art. 2, co. 5) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 10,3 milioni nel 2006, di 10,3 milioni nel 2007 e di 7,2 milioni nel 2008 per i Passanti ferroviari di Milano e Torino (legge n. 194 del 1998, art. 3, co. 1) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 0,8 milioni nel 2006 e nel 2007 per la campagna di sicurezza stradale (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 280) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 2 milioni per ciascun anno del triennio per interventi viabilità Italia-Francia (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 452) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 2 milioni nel 2006 per Fondo per la viabilità(legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 455) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 4 milioni nel 2006 e nel 2007 per la realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 456) (Tab. F - Settore 16);

 

Ministero delle comunicazioni

§      riduzione di 13,9 milioni nel 2006, di 20 milioni nel 2007 e di 20 milioni nel 2008per la prosecuzione degli interventi nelle aree depresse - Reti di comunicazione(legge n. 208 del 1998, art. 1, co. 1) (Tab. F - Settore 4).

 

Ministero della difesa

§      riduzione di 46 milioni per ciascun anno del triennio del Fondo unico investimenti della difesa(D.Lgs. n. 264 del 1997, art. 1, co. 1);

§      riduzione di 41,3 milioni per ciascun anno del Programma interforze ad alto contenuto tecnologico(legge n. 388 del 2000, art. 145, co. 4) (Tab. F - Settore 27);

 

Ministero delle politiche agricole e forestali

§      riduzione di 82,1 milioni nel 2006 e di 10,4 milioni nel 2007del Fondo unico investimenti in agricoltura(legge n. 448 del 2001, art. 46, co. 4) (Tab. F –Settore 27);

§      riduzione di 20 milioni nel 2006del Fondo di solidarietà nazionaleincentivi assicurativi (D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2) (Tab. F – Settore 21).

 

Ministero per i beni e le attività culturali

§      riduzione di 30,9 milioni per ciascun anno del triennio della quota dei proventi del gioco del lotto che sono devoluti ai beni culturali (legge n. 662 del 1996, art. 3, co. 83);

§      riduzione di 2 milioni per ciascun anno del triennio del Piano per l’arte contemporanea(legge n. 29 del 2001, art. 3, co. 1);

§      riduzione di 92,2 milioni per ciascun anno del triennio del Fondo unico investimenti per il patrimonio culturale(legge n. 448 del 2001, art. 46, co. 1);

§      riduzione di 0,2 milioni per ciascun anno del triennio del finanziamento al CNR(D.Lgs. n. 127 del 2003).

 

Ministero della salute

§      riduzione di 60 milioni per il 2006del finanziamento degli interventi sanitari nei grandi centri urbani(legge n. 448 del 1998, art. 71, co. 1)(Tab. F –Settore 25).

 

Le autorizzazioni legislative definanziate dalla Tabella E sono esposte nella Tabella F, ai settori indicati, con l’indicazione delle effettive disponibilità finanziarie per gli anni 2006, 20067 2008 e per l’anno 2009 e successivi.

Anche per una analisi delle disponibilità finanziarie delle autorizzazione di spesa definanziate dalla Tabella E (come previste a legislazione vigente e come modificate dal disegni di legge finanziaria), si rinvia, pertanto, alla scheda di lettura relativa alla Tabella F (comma 392).


Articolo 1, commi 392
(Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

392. Gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi a carattere pluriennale restano determinati, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, nelle misure indicate nella Tabella F allegata alla presente legge.

392. Identico.

 

 

Il comma 392 dispone in ordine agli stanziamenti iscritti nella Tabella F. La Tabella Frimodula le quote per il triennio finanziario di riferimento delle leggi di spesa in conto capitale pluriennali, senza tuttavia poter variare lo stanziamento complessivo di ciascuna legge (art. 11, comma 3, lettera e) e art. 11-quater, comma 1,della legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni).

Il disegno di legge finanziaria deve inoltre indicare in apposito allegato per ciascuna legge di spesa pluriennale i residui di stanziamento e le giacenze di tesoreria eventualmente in essere al 30 giugno dell'anno in corso.

Quest'ultima prescrizione ha fini meramente conoscitivi; essa consente peraltro di avere indicazioni sulla capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni: i residui di stanziamento si formano infatti allorché, rispetto agli stanziamenti di competenza, non siano stati assunti impegni di spesa; le giacenze di tesoreria si formano invece alla fine della procedura di spesa del bilancio (qualora le somme relative debbano transitare in conti correnti o contabilità speciali di tesoreria) in relazione al loro mancato utilizzo da parte dei soggetti destinatari.

In attuazione di quanto disposto dall'articolo 11-quater, lettera d) della legge n. 468 del 1978, l'allegato 6 al disegno di legge finanziaria (A.C. 5310) indica i residui di stanziamento in essere al 30 giugno dell'anno in corso e le giacenze in essere alla medesima data.

 

La Tabella F ha la funzione di rimodulare le quote annue dello stanziamento complessivo di ciascuna legge. Tale stanziamento, peraltro, può essere modificato mediante rifinanziamenti disposti nella Tabella D o definanziamenti disposti nella Tabella E. Qualora le leggi interessate siano esposte in Tabella F, l’importo indicato tiene conto anche di dette variazioni.

La Tabella F sconta, quindi, anche i rifinanziamenti esposti nella Tabella D e i definanziamenti previsti dalla Tabella E.

 

Nel testo del disegno di legge finanziaria 2006 (A.S. 3613) gli importi iscritti in Tabella F ammontavano complessivamente a 15.997 milioni per il 2006, 10.641,9 milioni per il 2007, a 9.931,2 milioni per il 2008 e a 50.536,2 milioni per il 2009 e gli anni successivi.

Tali importi scontavano già i nuovi rifinanziamenti disposti dalla Tabella D e i definanziamenti di Tabella E.

 

Rispetto al bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), le rimodulazioni proposte dalla Tabella F del disegno di legge finanziaria 2006 determinano una riduzione delle autorizzazioni di spesa di 9.396,2 milioni per il 2006, di 7.167,8 milioni di euro per il 2007, di 30.343,9 milioni per il 2008, con incrementi compensativi delle autorizzazioni di spesa per 46.908 milioni nel 2009 e negli anni successivi.

 

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame al Senato (A.C. 6177), l’ammontare complessivo delle autorizzazioni pluriennali di spesa riportato in Tabella F è pari a 14.398 milioni per il 2006, a 9.257,9 milioni per il 2007, a 8.502,2 milioni per il 2008 e a 49.336,2 milioni per il 2009 e anni successivi.

 

Per effetto dei rifinanziamenti e dei definanziamenti disposti dalla V Commissione bilancio della Camera dei deputati l’ammontare complessivo delle autorizzazioni pluriennali di spesa riportato in Tabella F è pari a 14.442,5 milioni per il 2006, a 9.337,9 milioni per il 2007, a 8.502,2 milioni per il 2008 e a 49.336,2 milioni per il 2009 e anni successivi

 

Le variazioni determinate direttamente dalla tabella F attraverso lo spostamento negli anni delle risorse già disponibili hanno interessato le seguenti autorizzazioni di spesa:

§      L. 448/1998, art. 52 – Fondo unico per le imprese: slittamento di 30 milioni dal 2006 al 2007;

§      DL 142/1991, art. 6, co. 1 - Fondo protezione civile: slittamento di 30 milioni dal 2006 al 2007;

§      L. 289/2002, art. 61 comma 1: Fondo per le aree sottoutilizzate: riduzioni di 1.532,9 milioni nel 2006, di 63 milioni nel 2007 e di 9.035 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (10.630,9 milioni);

§      L. 662/1996, art. 2, comma 14: Apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato Spa: riduzioni di 1.757,6 milioni nel 2006, di 2.950 milioni nel 2007 e di 14.050 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (18.757,6 milioni);

§      L. 448/1998, art. 50, co 1, p. c) – Edilizia sanitaria pubblica: riduzioni di 60 milioni nel 2007 e di 2.460 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (2.520 milioni);

§      L. 311/2004, art. 1, co. 28 – contributi agli enti locali (c.d. milleopere 1): riduzioni di 46,2 milioni nel 2006 e di 49,85 nel 2007, che slittano al 2008 (96.05 milioni);

§      L. 183/1987 art. 5: Fondo di rotazione per le politiche comunitarie: riduzioni di 5.999,5 milioni nel 2006, di 4.000 milioni nel 2007 e di 5.000 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (14.999,5 milioni).

 

 

Si analizzano, di seguito, le autorizzazioni pluriennali di spesa esposte nella Tabella F che hanno subito variazioni, rispetto al bilancio a legislazione vigente (BLV), per effetto:

-        di rifinanziamenti di Tabella D;

-        di definanziamenti di Tabella E;

-        di rimodulazioni di Tabella F.

 

Nelle tabelle che seguono, ripartite per settore, sono indicate, per ciascuna legge pluriennale di spesa, le disponibilità finanziarie previste a legislazione vigente e le variazioni determinate dalla legge finanziaria (eventuali rifinanziamenti di Tabella D, definanziamenti di Tabella E, rimodulazioni di Tabella F, eventuali variazioni determinate da disposizioni contenute nell’articolato).

L’ultima riga di ciascuna tabella indica l’importo esposto nella Tabella F che rappresenta l’effettiva entità delle risorse disponibili per il triennio 2006-2008 e negli anni 2009 e successivi di ciascuna autorizzazione di spesa.

 


Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.

 

Settore 2 - Interventi a favore delle imprese

Ministero attività produttive

L. n. 448/1998, art. 52, co. 1 – Fondo unico per gli incentivi alle imprese (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

 

-

-

Tabella E

-40.000

 

 

 

Tabella F

-30.000

+30.000

-

-

Disponibilità

30.000

30.000

-

-

*     La dotazione del Fondo unico per gli incentivi alle impresenel d.d.l. di bilancio per il 2006 ammonta a 1.423 milioni, in quanto in esso sono ricomprese le risorse destinate al settore commerciale, all’industria aeronautica, all’innovazione tecnologica, all’imprenditorialità femminile, agli interventi nelle aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive.

 

L. n. 448/1998, art. 52, co. 1 – Fondo unico per gli incentivi alle imprese (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

 

-

-

Tabella E

-40.000

 

 

 

Tabella F

-30.000

+30.000

-

-

Disponibilità

30.000

30.000

-

-

 

L. n. 311/2004, art. 1, co. 251 – Interventi agevolativi nel settore aeronautico (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7421)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

30.000

30.000

-

-

Tabella E

-12.000

-12.000

-

-

Disponibilità

18.000

18.000

-

-

 

L. n. 311/2004, art. 1, co. 265 – Deindustrializzazione dell’area Fiat-Alfa Romeo (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

52.000

72.000

-

-

Tabella E

-20.800

-28.800

-

-

Disponibilità

31.200

43.200

-

-

 


 

DL. n. 35/2005, art. 6bis, co. 1 – Industrie della difesa (U.P.B. 3.2.3.16 - cap. 7485)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

275.000

-

-

Tabella E

-100.000

-275.000

-

-

Disponibilità

-

-

-

-

 

DL. n. 35/2005, art. 11, co. 9 – Interventi di deindustrializzazione e promozione industriale (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

85.000

65.000

-

Tabella E

-20.000

-34.000

-26.000

-

Disponibilità

30.000

51.000

39.000

-

 

 

Settore 3 - Interventi per calamità naturali

Ministero economia e finanze

D.L. n. 142/1991, art. 6, co. 1 – Fondo protezione civile (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7446/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

-

-

-

Tabella E

-40.000

-

-

-

Tabella F

-30.000

+30.000

-

-

Disponibilità

30.000

30.000

-

-

Ministero ambiente e territorio

D.L. n. 180/1998, art. 1, co. 2 - Rischio idrogeologico nella Regione Campania, misure di prevenzione per le aree a rischio (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

 

-

-

Tabella E

-20.000

 

-

-

Disponibilità

30.000

 

-

-

*     Nella legge di bilancio per il 2005 la dotazione del capitolo 7090 (Fondo unico investimenti, sul quale confluiscono le risorse relative a diverse autorizzazioni legislative di spesa (cfr. scheda di lettura relativa al comma 395).

 

 


Settore 4 - Interventi nelle aree sottoutilizzate

Ministero economia e finanze

L. 289/2002, art. 61, co. 1: Fondo per le aree sottoutilizzate (U.P.B. 4.2.3.27 - cap. 7576/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

7.207.900

6.778.000

6.800.000

-

Tagli ex D.L. 35/05 (competitività)

-75.000

-115.000

-65.000

-

Trasferimento risorse per progetti finalizzati Ministero Interno

-98.000

-4.000

-

-

Tabella D

+100.000

+100.000

+8.300.000

-

Tabella F

-1.532.900

-63.000

-9.035.000

+10.630.900

Disponibilità

5.702.000

6.796.000

6.000.000

10.630.900

Ministero attività produttive

DL 415/1992, art. 1, co. 2 – Agevolazioni alle attività produttive (U.P.B. 3.2.3.8 – cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

30.000

-

-

-

 

L 208/1998, art. 1, co. 1 – Agevolazioni alle attività produttive (U.P.B. 3.2.3.8 – cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

1.400.000

-

-

-

Tabella E

-560.000

-

-

-

Disponibilità

840.000

-

-

-

 

L. 350/2003, art. 4, co. 86 – Trasferimento di opere infrastruuturali alle rigioni Basilicata e Campania (U.P.B. 3.2.3.15– cap. 7382)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

3.500

-

-

-

Tabella D

4.000

-

-

-

Disponibilità

7.500

-

-

-

 


Ministero istruzione, università e ricerca

L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime (U.P.B. 4.2.3.5 – cap. 7254/p e U.P.B. 4.2.3.11 - cap. 7308/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

-

-

-

Tabella D

+10.000

+50.000

+100.000

-

Tabella E

-40.000

-

-

-

Disponibilità

70.000

50.000

100.000-

-

Ministero comunicazioni

L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime: Reti di comunicazione (U.P.B. 2.2.3.4 - cap. 7230)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

34.780

50.000

50.000

 

Tabella E

-13.900

-20.000

-20.000

 

Disponibilità

20.880

30.000

30.000

 

 

 

Settore 6 – Interventi per il Friuli Venezia Giulia e Venezia

Ministero economia e finanze

L. 26/1986, art. 6 - Fondo per Trieste (U.P.B. 4.2.3.7– cap. 7490)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

6.000

-

-

-

Disponibilità

6.000

-

-

-

 

Ministero attività produttive

L. 26/1986, art. 6 - Fondo per Gorizia (U.P.B. 3.2.3.15– cap. 7380)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

4.000

-

-

-

Disponibilità

4.000

-

-

-

 

 

 


Settore 9 - Mediocredito Centrale

Ministero economia e finanze

D.L. 251/1981, art. 2 - Fondo rotativo finanziamento imprese esportatrici (U.P.B. 3.2.3.33 – cap. 7301)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

30.000

-

-

-

 

L. 266/1997 art. 12, co. 1: Contributi per l’acquisto di nuove macchine utensili (U.P.B. 3.2.3.33 – cap. 7299/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

38.734

38.734

-

-

Tabella E

-15.400

-15.400

-

-

Disponibilità

23.334

23.334

-

-

 

L. 266/1997 art. 128, co. 2: Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito (U.P.B. 1.2.3.4 – cap. 7005/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

25.823

25.823

25.823

154.936

Tabella E

-10.300

-10.300

-10.300

-

Disponibilità

15.523

15.523

15.523

154.936

 

 

Settore 10 - Artigiancassa

Ministero economia e finanze

L. 67/1988, art. 15, co. 43: Artigiancassa (U.P.B. 3.2.3.19 - cap. 7165)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

20.000

10.000

-

-

Tabella E

-8.000

-8.000

-

-

Disponibilità

12.000

2.000

-

-

 

 


Settore 11 - Interventi nel settore dei trasporti

Ministero economia e finanze

L. 662/1996, art. 2, co. 14: Apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (U.P.B. 3.2.3.15. – cap. 7122)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

3.257.596

3.600.000

14.700.000

 

DL 203/2005, art. 12

-124.000

-124.000

-124.000

 

Tabella D

-

+850.000

+850.000

 

Tabella E

-1.200.000

-1.200.000

-1.200.000

-1.200.000

Tabella F

-1.757.596

-2.950.000

-14.050.000

+18.757.596

Esposto in Tab. F

176.000

176.000

176.000

17.557.596

Articolato, co. 65

100.000

200.000

200.000

+2.500.000

Disponibilità

276.000

376.000

376.000

21.257.596

 

L. 354/1998, art. 1, co. 3: Soppressione passaggi a livello (U.P.B. 3.2.3.15 - cap. 7123/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

56.810

56.810

-

-

Tabella E

-22.700

-22.700

-

-

Disponibilità

34.110

34.110

-

-

 

L. 354/1998, art. 3: Potenziamento itinerari ferroviari (U.P.B. 3.2.3.15 - cap. 7123/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

129.114

229.114

-

-

Tabella E

-51.600

-91.600

-

-

Disponibilità

77.514

137.514

-

-

Ministero infrastrutture e trasporti

L. 194/1998, art.2 , co. 5: Acquisto autobus ( U.P.B. 5.2.3.8 - cap. 8151/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.709

100.709

100.709

302.128

Tabella E

-40.200

-40.200

-40.200

 

Disponibilità

60.509

60.509

60.509

302.128

 

L. 194/1998, art. 3, co. 1: Passanti ferroviari di Milano e Torino (U.P.B. 5.2.3.9 - cap. 8164)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

25.823

25.823

18.076

18.076

Tabella E

-10.300

-10.300

-7.200

-

Disponibilità

15.523

15.523

10.876

18.076


Settore 13 – Interventi nel settore della ricerca

Ministero istruzione, università e ricerca

L. 388/2000, art. 104, co. 4: Ricerca di base (U.P.B. 4.2.3.8 - cap. 7302/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

85.000

-

-

-

Disponibilità

85.000

-

-

-

 

 

Settore 16 - Interventi per la viabilità ordinaria, speciale e di grande comunicazione

Ministero economia e finanze

D.L. 138/2002, art. 7: Apporto al capitale sociale di ANAS Spa (U.P.B. 3.2.3.48– cap. 7372)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

500.000

-

-

-

Tabella E

-400.000

-

-

-

Disponibilità

100.000

-

-

-

Ministero infrastrutture e trasporti

L. 662/1996, art. 2, co. 86: Raddoppio autostrada A6 Torino-Savona ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7142)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.329

10.329

10.329

82.634

Tabella E

-4.000

-4.000

-4.000

-

Disponibilità

6.329

6.329

6.329

82.634

 

L. 662/1996, art. 2, co. 87: Variante di valico Firenze-Bologna ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7143)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.329

10.329

10.329

82.634

Tabella E

-4.000

-4.000

-4.000

-

Disponibilità

6.329

6.329

6.329

82.634

 

DL. 67/1997, art. 19, co. 1: Realizzazione di tratte autostradali ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7144)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

38.734

38.734

38.734

413.168

Tabella E

-15.400

-15.400

-15.400

-

Disponibilità

23.334

23.334

23.334

413.168

 

L. 311/2005, art.1, co. 452: Viabilità Italia Francia ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7481)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

5.000

5.000

40.000

Tabella E

-2.000

-2.000

-2.000

-

Disponibilità

3.000

3.000

3.000

40.000

 

L. 311/2005, art.1, co. 455: Interventi tutela ambientale ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7482)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

-

-

-

Tabella E

-2.000

-

-

-

Disponibilità

3.000

-

-

-

 

L. 311/2005, art.1, co. 456: Realizzazione infrastrutture a elevata automazione e a ridotto impatto ambientale ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7514)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.000

10.000

-

-

Tabella E

-4.000

-4.000

-

-

Disponibilità

6.000

6.000

-

-

 

 

Settore 17 - Edilizia penitenziaria, giudiziaria, sanitaria, di servizio

Ministero economia e finanze

L. 448/1998, art. 50, co. 1, lett. c) – Edilizia sanitaria pubblica (U.P.B. 4.2.3.3 – cap. 7464)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

640.000

700.000

3.100.000

-

Tabella E

-256.000

-256.000

-256.000

 

Tabella F

-

-60.000

-2.460.000

+2.520.000

Disponibilità

384.000

384.000

384.000

2.520.000

 

L. 350/2003, art. 3 , co. 144 – Risanamento Policlinico Umberto I di Roma (U.P.B. 4.2.3.21 – cap. 7560)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

60.000

15.000

-

-

Tabella E

-24.000

-6.000

-

-

Disponibilità

36.000

9.000

-

-

 


Ministero infrastrutture e trasporti

L. 910/1986, art. 7, co. 6 - Completamento delle opere per immobili da destinare agli istituti di prevenzione e pena (U.P.B. 3.2.3.7 – cap. 7473)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

30.000

-

-

-

 

 

Settore 19 - Difesa del suolo e tutela ambientale

Ministero economia e finanze

L. 236/1993, mart. 3, co. 9: Contributo alla regione Calabria per le opere di forestazione (U.P.B. 4.2.3.10 - cap. 7499)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

160.102

-

-

-

Disponibilità

160.102

-

-

-

 

L. 311/2004, art. 1, co. 28: Contributi agli enti locali per interventi vari (U.P.B. 4.2.3.17- cap. 7536/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

176.200

169.850

-

-

Tabella E

-50.000

-20.000

-

 

Tabella F

-46.200

-49.850

+96.050

-

Disponibilità

80.000

100.000

96.050

-

 

DL. 7/2005, art. 2bis, co. 1: Contributi agli enti locali per interventi vari (U.P.B. 4.2.3.17- cap. 7536/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

23.755

2.600

-

-

Tabella E

9.500

-1.000

-

-

Disponibilità

14.255

1.600

-

-

Ministero Ambiente

L. 183/1989: Difesa del suolo (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

200.000

-

-

-

Tabella E

-80.000

-

-

-

Disponibilità

120.000

-

-

-

 

L. 426/1998, art. 1, co. 1: Interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

14.307

-

-

-

Tabella E

-5.700

-

-

-

Disponibilità

8.607

-

-

-

 

 

Settore 21 – Interventi in agricoltura

Ministero economia e finanze

D.Lgs. 102/2004, art. 15 co. 2, p. 2: Fondo di solidarietà interventi indennizzatori (U.P.B. 3.2.4.3 - cap. 7411)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella E

-50.000

-

-

-

Disponibilità

-

-

-

-

Ministero politiche agricole

D.Lgs. 102/2004, art. 15 co. 2, p. 1: Fondo di solidarietà incentivi assicurativi (U.P.B. 3.2.3.3 - cap. 7439)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella D

130.000

200.000

2000.

 

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

160.000

200.000

200.000

-

 

 

Settore 23 – Università

Ministero Istruzione, università e ricerca

L. 910/1986, art. 7, co. 8: Edilizia universitaria (U.P.B. 4.2.3.9 - cap. 7304)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

150.000

-

-

-

Tabella D

-

40.000

 

 

Tabella E

-50.000

-

-

-

Disponibilità

100.000

40.000

-

-

 

 


Settore 24 – Impiantistica sportiva

Ministero economia e finanze

DL. 35/2005, art. 8 bis, co. 1: Olimpiadi Torino 2006 (U.P.B. 3.2.3.44- cap. 7364)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.000

30.000

-

-

Tabella E

-4.000

-12.000

-

-

Disponibilità

6.000

18.000

-

-

 

 

Settore 25 – Sistemazione aree urbane

Ministero salute

L. 448/1998, art. 71, co. 1: Interventi sanitari nei grandi centri urbani (U.P.B. 2.2.3.3 - cap. 7111)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

160.000

-

-

-

Tabella E

-64.000

-

-

-

Disponibilità

96.000

-

-

-

 

 

Settore 27 - Interventi diversi

Ministero economia e finanze

L. n. 183/1987 art. 5: Coordinamento politiche comunitarie - Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (U.P.B. 4.2.3.8 – cap. 7493/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

4.232.500

4.204.000

5.600.000

 

Tabella D

+3.767.000

-

-

 

Tabella F

-5.999.500

-4.000.000

-5.000.000

+14.999.500

Disponibilità Tab. F

2.000.000

204.000

600.000

14.999.500

 

L..n. 144/1999, art. 28: Metanizzazione comuni montani del Centro-Nord (U.P.B. 3.2.3.17- cap. 7151)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.165

5.165

5.165

5.165

Tabella E

-2.000

-2.000

-2.000

-

Disponibilità

3.165

3.165

3.165

5.165

 


 

DL. 35/2005, art. 1, co. 5: Istituzione del sistema di informazione visti (U.P.B. 4.2.3.35- cap. 7589)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

20.498

1.130

-

-

Tabella E

-8.000

-450

-

-

Disponibilità

12.498

680

-

-

Ministero Attività produttive

L. 239/2004, art. 1, co. 119, p. 2: Risparmio e contenimento consumi energetici (U.P.B. 4.2.3.3- cap. 7621)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

-

-

-

Tabella E

-2.000

-

-

-

Disponibilità

3.000

-

-

-

 

L. 239/2004, art. 1, co. 119, p. 4: Accordi di cooperazione sul carbone (U.P.B. 4.2.3.3- cap. 7622)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

-

-

-

Tabella E

-2.000

-

-

-

Disponibilità

3.000

-

-

-

Ministero lavoro e politiche sociali

D.L. 148/1993, art. 1, comma 7: Interventi a sostegno dell'occupazione - Fondo per l’occupazione (U.P.B. 3.2.3.1 - cap. 7202)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

110.000

-

-

-

Tabella D

+500.000

-

-

-

Disponibilità

610.000

-

-

-

Ministero Giustizia

L. 448/2001, art. 46, comma 4: Fondo unico investimenti edilizia penitenziaria (U.P.B. 1.2.3.3 - cap. 7020)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

+20.000

+20.000

+30.000

-

Disponibilità

20.000

20.000-

30.000

-

 


Ministero dell’interno

D.L. 67/1997, art. 3: Contribuiti ai comuni di Napoli e Palermo (U.P.B. 2.2.3.6 - cap. 7239)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

+100.000

-

-

-

Disponibilità

100.000

-

-

-

Ministero infrastrutture e trasporti

L. n. 311/2004, art. 1, co. 280: Campagna di sicurezza stradale (U.P.B. 5.2.3.14 – cap. 8223)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

2.000

2.000

-

-

Tabella E

-800

-800

-

-

Disponibilità

1.200

1.200

-

-

Ministero Difesa

L. n. 388/2000, art. 145, co. 4: Programmi interforze ad alto contenuto tecnologico (U.P.B. 1.2.1.10 – cap. 7003/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

103.292

103.292

103.292

103.292-

Tabella E

-41.300

-41.300

-41.300

-

Disponibilità

61.992

61.992

61.992

103.292

Ministero politiche agricole

L. 448/2001, art. 46, comma 4: Fondo unico investimenti (U.P.B. 1.2.10.2 - cap. 7003/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

205.308

26.000

-

-

Tabella E

-82.100

-10.400

-

-

Disponibilità

123.208

15.600

-

-

 


Articolo 1, commi 393
(Limiti all’assunzione degli impegni a valere sulle leggi di spesa)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

393. A valere sulle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a carattere pluriennale, riportate nella Tabella F, le amministrazioni e gli enti pubblici possono assumere impegni nell'anno 2006, a carico di esercizi futuri nei limiti massimi di impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita colonna della stessa Tabella, ivi compresi gli impegni già assunti nei precedenti esercizi a valere sulle autorizzazioni medesime.

393. Identico.

 

 

Ai sensi dell'articolo 11-quater, comma 2, della legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni, le amministrazioni e gli enti pubblici possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma stanziata con leggi pluriennali di spesa in conto capitale.

La disposizione demanda tuttavia alla legge finanziaria la possibilità di indicare limiti di impegnabilità più ristretti, tenuto conto dello stato di attuazione delle procedure di spesa.

In ogni caso, i pagamenti devono essere contenuti entro i limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.

 

Come già le leggi finanziarie precedenti, il disegno di legge finanziaria per il 2006 si avvale della predetta facoltà di limitare la impegnabilità dei fondi stanziati con le leggi pluriennali, esposte in Tabella F, contrassegnando le disposizioni legislative esposte nella tabella con i numeri 1, 2 o 3 che stanno ad indicare:

-        n. 1, che le quote degli anni 2007 ed esercizi successivi non sono impegnabili;

-        n. 2, che le quote degli anni 2007 e successivi sono impegnabili al 50%;

-        n. 3, che le quote degli anni 2007 e successivi sono interamente impegnabili nell’esercizio 2006.

 

Sono comunque fatti salvi gli impegni assunti entro il 31 dicembre 2004 e quelli derivanti da spese in annualità.

 

Analogamente alle precedenti leggi finanziarie, nella tabella F si prospetta una pressoché generalizzata facoltà ad impegnare nel 2006 le risorse relative agli anni successivi, con due eccezioni, per le quali le quote relative agli anni 2007 e successivi non sono impegnabili:

-        legge n. 354/1998, articolo 3, per quanto concerne il potenziamento degli itinerari ferroviari (settore 11);

-        legge n. 398/1998, disposizioni finanziarie a favore dell’Ente autonomo acquedotto pugliese (settore 27).


Articolo 1, comma 394
(Eccedenze di spesa)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

394. In applicazione dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le misure correttive degli effetti finanziari di legge di spesa sono indicate nell'allegato 1 alla presente legge.

394. Identico.

 

 

Analogamente a quanto previsto a decorrere dalla legge finanziaria per il 2004, il comma 394 dispone l’approvazione dell’allegato 1, nel quale sono stabiliti gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri, rispetto alle previsioni, che si sono determinati in relazione a specifiche voci di bilancio (cd. eccedenze di spesa).

 

Il finanziamento di tali oneri viene disposto in attuazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge n. 468/1978, introdotto dal decreto-legge n. 194/2002 (c.d. decreto-legge “tagliaspese”), ai sensi del quale nella legge finanziaria possono essere inserite misure correttive degli effetti finanziari di leggi in relazione alle quali, in fase di attuazione, si sono verificati scostamenti rispetto alle previsioni.

La formulazione della legge n. 468/1978 fa peraltro riferimento a “misure correttive”, che potrebbero anche configurarsi come interventi di revisione delle disposizioni che hanno dato luogo a maggiori oneri, in modo da evitare l’emersione di ulteriori scostamenti, piuttosto che come la semplice attribuzione di finanziamenti aggiuntivi.

 

Il decreto legge 6 settembre 2002 n. 194, "Misure urgenti per il controllo, la trasparenza ed il contenimento della spesa pubblica", (cosiddetto decreto "tagliaspese"), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 ottobre 2002, n. 246, ha previsto che ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indichi espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime (articolo 1, comma 1, lett. a), che novella l’articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468/1978).

Nel caso in cui, in fase di attuazione, si determinino oneri superiori ai limiti della spesa espressamente autorizzata, il D.L. n. 194/2002 ha introdotto una specifica procedura che determina la cessazione dell’efficacia delle disposizioni onerose (lett. b) dell’articolo 1, comma 1.

In ogni caso, qualora dall’attuazione di disposizioni di legge si determinino, sotto il profilo finanziario, scostamenti rispetto agli oneri previsti, il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a riferire al Parlamento e ad assumere le conseguenti iniziative legislative (art. 1, comma 2 del D.L. n. 194/2002, che novella l’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978).

Il D.L. n. 194/2002 ha, tuttavia, stabilito che misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni, dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori a quelli previsti, possano essere inserite anche nella legge finanziaria (articolo 11, comma 3, lett. i-quater, della legge n. 468/1978, inserita dall’articolo 1, comma 01, lett. a) del decreto legge).

Ha inoltre disposto che in allegato alla relazione al disegno di legge finanziaria siano indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari peggiorativi rispetto alle previsioni, e le misure correttive inserite nella legge finanziaria medesima (articolo 11, comma 6-bis, della legge n. 468/1978, inserito dall’articolo 1, comma 01, lett. b) del decreto legge).

 

Le eccedenze di spesa di cui l’allegato 1 dispone il finanziamento ammontano a 2.712 milioni di euro per il 2006, a 696 milioni di euro per il 2007 e a 756 milioni di euro per il 2008.

Peraltro, negli stanziamenti riferiti al 2006 è compreso anche il finanziamento di oneri riferite ad esigenze degli anni pregressi, per un importo complessivo di 2.016 milioni di euro.

La copertura di una quota di tali oneri, pari a 403 milioni di euro e riferita a spese di giustizia, viene effettuata nella forma di regolazioni debitorie.

 

Si segnala, altresì, che l’incidenza sull’indebitamento netto delle eccedenze di spesa risulta notevolmente inferiore all’ammontare dei finanziamenti aggiuntivi iscritti nel bilancio dello Stato.

In particolare, per il 2006, a fronte di nuovi finanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato per 2.712 milioni di euro, viene computato un incremento delle spese rilevanti ai fini della determinazione dell’indebitamento netto per 589 milioni di euro.

 

Le disposizioni di legge per le quali l’allegato 1 prevede il finanziamento dei maggiori oneri, sono riconducibili a tipologie di autorizzazioni di spesa assai differenziate.

 

 


Ministero dell’Economia e delle finanze

 

Legge 157/1999, L. 156/2002 – Fondo spese elettorali partiti politici (UPB 3.1.2.23- cap. 1638)

2006

2007

2008

Anno terminale

40.000

40.000

40.000

P

 

Secondo la relazione tecnica, lo stanziamento del fondo per le spese elettorali dei partiti e movimenti politici, pari a euro 160.819.045, risulta fissato ai sensi delle leggi n. 157/1999 e n. 156/2002, che hanno determinato l'onere complessivo annuo per i rimborsi delle spese elettorali sostenute da movimenti o partiti politici per le campagne per il rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali. Il rimborso delle predette spese avviene ripartendo annualmente, tra i movimenti o partiti politici aventi diritto, i diversi fondi per il rinnovo di ciascuno degli organi sopracitati.

L'ammontare di ciascuno dei quattro fondi relativi agli organi in parola viene fissato, per ciascun anno di legislatura degli organi stessi, in base all'ammontare risultante dalla moltiplicazione dell'importo di euro 1,00 per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati. Per effetto delle richiamate disposizioni, pertanto, l'ammontare annuo del suddetto onere complessivo è da considerare variabile, dipendendo, rispettivamente, dal numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali per ciascuna consultazione, nonché dalla cadenza dei rinnovi degli organi in questione.

In tale situazione, il presumibile onere effettivo a regime, stimando in 50 milioni il numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali per ciascun fondo, senza considerare eventuali elezioni anticipate, referendum, ed elezioni suppletive, si attesta a circa 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2005.

Pertanto, il citato importo di euro 160.819.045 è da intendersi una previsione di spesa, ai sensi dell'articolo l11-ter della legge n. 468/1978, tenuto conto anche della circostanza che nel corso dell'anno 2005, mediante prelevamento dal fondo spese obbligatorie, si è dovuto provvedere ad una integrazione del fondo per l'importo di 39 milioni di euro circa, a seguito dell'insufficienza dello stanziamento complessivo per sostenere la maggiore spesa a decorrere dal 2005 derivante dal rinnovo dei consigli regionali.

Tenuto conto che la richiamata eccedenza di spesa, quantificabile a regime in circa 40 milioni di euro, presenta carattere di continuità nel tempo, è stata ritenuta necessaria l'inclusione della stessa, a decorrere dall'anno 2006, tra le ecccedenze di spesa.

 

 

D.P.R. n. 915/1978 – Pensioni di guerra (UPB 2.1.2.3 – cap. 1316)

2006

2007

2008

Anno terminale

65.000

65.000

65.000

P

 

 

Legge n. 335/1995, art. 2 – Assegni e medaglie al valor militare (UPB 3.1.6.1 – cap. 2198)

2006

2007

2008

Anno terminale

120.000

120.000

120.000

P

 

Secondo la relazione tecnica, ai sensi del testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra di cui al DPR n. 915/1978 e della riforma pensionistica di cui alla legge n. 335/1995, i pagamenti relativi a pensioni e assegni di guerra, a assegni di medaglia e a pensioni privilegiate tabellari vengono complessivamente effettuati dalle strutture periferiche del Ministero dell'economia e delle finanze attraverso l'emissione di ruoli di spesa fissa, predisposti dal Servizio Centrale per il Sistema Informativo Integrato SCSII del medesimo Ministero e della Banca d'Italia.

Tali modalità di pagamento, peraltro, determinano la difficoltà di conoscere presuntivamente l'effettivo andamento della spesa.

In tale situazione, rispetto agli stanziamenti di bilancio, che costituiscono il limite di spesa ai sensi delle vigenti disposizioni di cui al decreto legge n. 194 del 2002, emergenti sulla base dei dati di consuntivo, che è presumibile potranno riproporsi anche per l' anno in corso.

Tali maggiori esigenze presunte, stimate sulla scorta dei dati di consuntivo dell'anno 2004, si ritiene debbano essere incluse, a decorrere dal prossimo esercizio, nell'ambito delle misure correttive del disegno di legge finanziaria 2006.

 

 

Legge n. 515/1993 – Agevolazioni tariffarie elettorali Poste (3.1.2.4 – cap. 1496)

2006

2007

2008

Anno terminale

22.500

-

-

2006

 

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 39,5 milioni di euro per il 2005.

 

 

Legge n. 67/1988, – Fondo editoria – agevolazioni tariffarie postali(3.1.2.43 – cap. 1850)

2006

2007

2008

Anno terminale

10.700

-

-

2006

 

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 80,5 milioni di euro per il 2005 e di 46 milioni di euro a decorrere dal 2006.

 

Secondo la relazione tecnica, le risorse da assegnare a Poste italiane Spa per il rimborso delle spese sostenute in relazione ad obblighi tariffari disciplinati dalla normativa vigente derivano dalle agevolazioni concesse, rispettivamente, in favore delle imprese editrici e delle organizzazioni non profit, nonché a seguito di consultazioni elettorali (iscritte sul cap. 14961Economia.

Per quanto riguarda le agevolazioni all'editoria, in applicazione dell'articolo 3 del decreto legge n. 353/2003 (convertito dalla legge n. 46/2004), la Presidenza del Consiglio dei Ministri provvede al rimborso in favore della menzionata società della somma corrispondente all'ammontare delle riduzioni tariffarie complessivamente applicate, nei limiti dei fondi stanziati sugli appositi capitoli del bilancio autonomo della Presidenza medesima.

La citata normativa, fissando espressamente un limite di spesa alle agevolazioni tariffarie editoriali, determina l'impossibilità dell'insorgenza di nuovi oneri per il bilancio dello Stato derivanti dalla concessione delle agevolazioni. Lo stesso avviene per le agevolazioni tariffarie elettorali, per le quali lo stanziamento di bilancio costituisce un tetto di spesa, ai sensi delle vigenti disposizioni di cui al decreto-legge n. 194 del 2002, convertito dalla legge n. 246 del 2002.

In tale contesto normativo, sono pervenute le segnalazioni del competente Dipartimento del Tesoro in ordine a maggiori oneri sostenuti da Poste Italiane per le predette agevolazioni, rispetto ai corrispondenti rimborsi statali, iscritti a credito nel proprio bilancio.

Tali maggiori esigenze si ritiene debbano essere incluse nell'ambito delle misure correttive del disegno di legge finanziaria 2006.

 

 

 

 

Legge n. 416/1981 – Telecom agevolazioni editoria anni ’97-’99 (3.1.2.4 – cap. 1501)

2006

2007

2008

Anno terminale

18.069

-

-

2006

 

Secondo la relazione tecnica, le risorse da assegnare ai gestori telefonici per il rimborso delle spese sostenute in relazione ad obblighi tariffari disciplinati dalla normativa vigente, rientrano nell'ambito delle agevolazioni concesse in favore dell'editoria ai sensi della legge n. 416/1991

Le predette spese conseguono al complesso delle riduzioni tariffarie applicate e consuntivate negli anni precedenti dai gestori telefonici. Al rimborso si provvede con i fondi stanziati costituiscono limite di spesa.

In relazione a tale contesto normativo, il competente Dipartimento del Tesoro ha segnalato che negli anni 1997 e 1999 i gestori hanno sostenuto per le predette agevolazioni un maggior onere, pari complessivamente ai 18 milioni di euro, rispetto ai corrispondenti rimborsi statali e, pertanto, tale importo è da considerare quale eccedenza di spesa rispetto ai citati stanziamenti di bilancio.

 

 

D.L. n. 487/1993, art. 6, comma 5 – IPOST (3.1.2.19 – cap. 1620)

2006

2007

2008

Anno terminale

10.000

-

60.000

P

 

Secondo la relazione tecnica, l'articolo 6, comma 7, della legge n. 71 del 1994, ha attribuito all'IPOST la gestione relativa al trattamento di quiescenza dei dipendenti di Poste italiane andati in pensione a decorrere dal 1° agosto 1994, ponendo l’onere in parte a carico dello stesso IPOST e in parte a carico dello Stato in misura proporzionale alla durata del servizio prestato presso l'Ente Poste Italiane e l'Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni.

Per tali finalità, in aggiunta alle risorse stanziate in bilancio sono state successivamente destinate nel corso degli anni, ai sensi dell' art. 1, comma 1, lett. i-quater, della legge 468/1978, ulteriori risorse, tenuto conto dell'andamento crescente della spesa.

Tuttavia, tenuto conto del maggior fabbisogno comunicato dal Commissario liquidatore dell'IPOST per l'anno 2005, pari a circa 700 milioni di euro complessivi, e dell'ulteriore crescita dell'onere a regime, fissato in 870 milioni di euro a decorrere dal 2008, si è ritenuto di dover includere le relative eccedenze rispetto ai predetti stanziamenti di bilancio nell'ambito delle misure correttive previste dal disegno di legge finanziaria.

 

 

Legge n. 81/1986 – Accordo Lome (3.1.2.24 – cap. 1647)

2006

2007

2008

Anno terminale

112.000

-

-

2006

 

Secondo la relazione tecnica, le risorse destinate ad assicurare la partecipazione italiana alla ricostituzione del Fondo Europeo di Sviluppo risultano in bilancio per l'importo annuo di 350 milioni di euro, e concernono la concessione di contributi a fondo perduto a sostegno di programmi di sviluppo del Paesi ACP (Africa, Carabi, Pacifico), ai sensi della legge n. 81 del 1986 e successive modifiche.

La citata normativa non fissa espressamente un limite ai suddetti contributi, concernenti l'esecuzione di accordi internazionali, e pertanto lo stanziamento costituisce un tetto di spesa.

Peraltro, tenuto conto della maggior capacità di assorbimento dei Paesi beneficiari e della prevista attivazione di molti progetti già approvati in occasione di precedenti ricostituzioni del fondo in parola, è da ritenere che le erogazioni del FES avranno tendenzialmente un profilo ascendente.

 

 

Decreto legislativo n. 56/2000– Federalismo fiscale – Compartecipazione IVA(4.1.2.18 – cap. 2862)

2006

2007

2008

Anno terminale

767.829

-

-

2006

 

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 740 milioni di euro per il 2005.

 

 

Legge n. 59/1997 – Federalismo amministrativo(4.1.2.17 – cap. 2856)

2006

2007

2008

Anno terminale

116.611

100.000

100.000

2008

 

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 77 milioni di euro per il 2005.

 

Secondo la relazione tecnica, il decreto legislativo n. 56 del 2000, che ha istituito la compartecipazione delle regioni a statuto ordinario all'IVA, ha previsto, al comma 2 dell'articolo 2, la rideterminazione della compartecipazione medesima per ciascun anno sulla base del gettito IVA complessivo realizzato nel penultimo anno precedente a quello in considerazione, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE.

In applicazione della predetta normativa, si rende necessario l'adeguamento della compartecipazione regionale calcolata sulla base del gettito IVA per l'anno 2003, già determinata in via presuntiva in sede di quantificazione delle previsioni iniziali per il corrente esercizio, che comporterà un maggior onere di euro 767.829.165 rispetto alle assegnazioni di bilancio per le medesime finalità, in conseguenza di quanto deliberato dal CIPE in sede di riparto del fabbisogno sanitario per l'anno 2005.

Inoltre, per quanto concerne le risorse del federalismo amministrativo non transitate nell'ambito della compartecipazione IVA, si è verificato per l'anno 2005 un fabbisogno aggiuntivo di 116.610.368,66 euro complessivi, da includere anch'esso nell'ambito delle misure correttive, relativo alle risorse da trasferire alle regioni in materia di salute umana ai sensi del decreto legislativo n. 112/1998.

 

 

Ministero del Lavoro e delle politiche sociali

 

Legge n. 53/2000, artt. 19 e 20, e legge n. 104/1992, art. 33 – Agevolazioni a familiari di persone con handicap(7.1.2.3 – cap. 3525)

2006

2007

2008

Anno terminale

37.829

-

-

2006

 

 

D.L. n. 546/1996, art. 1, e legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 43, comma 1 – Oneri per pensionamenti anticipati (11.1.2.7 – cap. 4354)

2006

2007

2008

Anno terminale

9.004

-

-

2006

D.L. n. 267/1972, art. 23-bis - Rivalutazione delle pensioni riguardanti i cittadini italiani rimpatriati dalla Libia(11.1.2.7 – cap. 4356)

2006

2007

2008

Anno terminale

2.090

-

-

2006

 

 

Legge n. 88/1989, art. 37 – Sgravi contributivi (11.1.2.9 – cap. 4363)

2006

2007

2008

Anno terminale

266.032

-

-

2006

 

 

D.L. n. 103/1991, art. 4 – Ricostituzione dell’assicurazione generale obbligatoria dei periodi di lavoro effettuati in Libia (11.1.2.10 – cap. 4367)

2006

2007

2008

Anno terminale

3.355

-

-

2006

 

 

Legge n. 449/1997, art. 4, commi 17 e 21, e legge n. 448/1998, art. 3, comma 5 – Oneri per contributi sotto forma capitaria per imprese operanti in particolari territori (11.2.3.1 – cap. 7762)

2006

2007

2008

Anno terminale

19.590

-

-

2006

 

Secondo la relazione tecnica, per quanto riguarda i trasferimenti dal bilancio dello Stato all'INPS, sono state individuate, sulla base del rendiconto del predetto Istituto per l'anno 2003, alcune autorizzazioni di spesa per le quali è necessario, limitatamente alle agevolazioni contributive e alle prestazioni erogate nel 2003, integrare le relative autorizzazioni di spesa.

La disposizione costituisce di fatto una regolazione di effetti contabili, riferita ai risultati del bilancio consuntivo INPS per il 2003; pertanto, riferendosi a agevolazioni e prestazioni già erogate nel 2003, essa non ha alcun effetto sul conto delle pubbliche amministrazioni, in quanto tutte le eccedenze di spesa interessate sono già state considerate, nel medesimo conto, secondo il loro effettivo ammontare.

 

 

Ministero della Giustizia

 

D.P.R. n. 115/2002, art. 64 – Spese di giustizia(2.1.2.1 – capp. 1360 e 1364 n.i.)

2006

2007

2008

Anno terminale

603.000

200.000

200.000

2008

 

Il finanziamento per il 2006 avviene, per un importo di 403 milioni di euro, a titolo di regolazione debitoria.

La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 214 milioni di euro per il 2004 e di 40 milioni di euro per il 2005 e per il 2006; la legge finanziaria per il 2005 stanziava per il 2005 ulteriori 373,5 milioni di euro.

 

Secondo la relazione tecnica, ai dati comunicati dai funzionari delegati alla gestione delle spese di giustizia e relativi sia al rimborso delle anticipazioni effettuate da Poste Italiane S.p.a. sia alle ritenute ed alle imposte da versare (artt. 183-186 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, D.P.R. n. 115/2002) è emerso un debito pari a 203 milioni di euro così costituito:

162 milioni di euro per consentire l’estinzione delle anticipazioni effettuate per spese di giustizia da Poste Italiane Spa e il versamento delle ritenute ed imposte dell'esercizio 2004;

17 milioni di euro per consentire l’estinzione delle anticipazioni effettuate per compensi alla magistratura onoraria e il versamento delle ritenute ed imposte dell'esercizio 2004;

24 milioni di euro quali maggiori esigenze connesse alle anticipazioni effettuate per spese di giustizia da Poste Italiane Spa nonché per imposte relative all'esercizio 2003.

In relazione alla suddetta situazione debitoria e tenendo presente le effettive esigenze che si stanno manifestando nel corso del corrente esercizio, viene previsto un aumento delle risorse finanziarie riguardanti le spese di giustizia pari a 200 milioni di euro per l'anno 2005 e confermato tale aumento a decorrere dall'anno 2006.

 

 

Ministero dell'Interno

 

Legge n. 388/2000, art. 64 – Fondo ordinario enti locali (ristoro minori entrate ICl)(2.1.2.6 – cap. 1316)

2006

2007

2008

Anno terminale

377.808

90.939

90.939

P

 

In base alla relazione tecnica, l'articolo 64 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ha disposto, con decorrenza dall'anno 2001, che i minori introiti ICI registrati dai comuni per effetto dei minori imponibili derivanti dall'autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D sono compensati con corrispondente aumento dei trasferimenti erariali.

Per l'attuazione di detta disposizione, a partire dall'anno 2001, la dotazione del cap. 1316 del Ministero dell'interno é stato incrementata dell'importo di 12.911.420 euro.

La norma non ha proceduto ad una quantificazione dell'onere, per cui gli stanziamenti sono iscritti in bilancio sulla base delle certificazioni acquisite dal Ministero dell'interno.

A seguito delle richieste a tal fine formulate dal predetto Dicastero, si rende necessario provvedere integrare la dotazione del citato cap. 1316 del complessivo importo di euro 377.808.000 per l'anno 2006, di cui euro 286.870.000 per gli anni 2005 e precedenti ed euro 90.939.000 per gli anni 2006 e successivi.

AI riguardo, secondo la relazione tecnica, i rimborsi statali in esame non hanno effetto sull'indebitamento netto, in quanto le spese degli enti locali sono regolate dal Patto di stabilità interno e non hanno alcuna correlazione con il volume delle entrate.

 

 


Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio

 

Legge n. 488/1988 – Convenzione sulla sorveglianza continua e la valutazione del trasporto a lunga distanza di inquinanti atmosferici in Europa (EMEP)(4.1.2.2 – cap. 2225)

2006

2007

2008

Anno terminale

294

147

147

P

 

Secondo la relazione tecnica, la Convenzione EMEP stabilisce tra l’altro il pagamento di una quota associativa al Segretariato della Convenzione sulla sorveglianza continua e di valutazione del trasporto a lunga distanza di inquinanti atmosferici in Europa. Poiché, dall'anno 2005 tale quota é stata aumentata, si rende necessario provvedere all'integrazione dello stanziamento della relativa autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 488 del 1988.

 

 

Legge n. 743/1980 – Accordo italo-franco–monegasco RA.MO.GE (4.1.2.2 – cap. 2226)

2006

2007

2008

Anno terminale

33

15

15

P

 

Secondo la relazione tecnica, l'accordo italo franco monegasco di cui alla legge n. 743 del 1980, in materia di protezione delle acque del litorale mediterraneo, prevede tra l'altro il pagamento di un contributo obbligatorio al Segretariato Generale della Commissione dell'accordo italo franco monegasco RA.MO.GE. Dall'anno 2005 è aumentato il fabbisogno finanziario per la corresponsione del predetto contributo.

 

 

Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti

 

Legge n. 169/1975, art. 2 – Sovvenzioni società di navigazione (4.1.2.2 – cap. 2041)

2006

2007

2008

Anno terminale

29.900

-

-

2006

 

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 81 milioni di euro per il 2005 e di 27 milioni di euro a decorrere dal 2006.

Si segnala che il comma 11 prevede una riduzione dello stanziamento in bilancio relativo alla eccedenza di spesa disposta dalla legge finanziaria per il 2005.

 

Secondo la relazione tecnica, la stima aggiornata del fabbisogno di sovvenzione per l'anno 2005 delle Società del Gruppo Tirrenia ammonta a circa euro 211.800.000 a fronte di uno stanziamento iscritto in bilancio di euro 181.900.000.

Tale scostamento é da ascrivere all'aumento del costo del combustibile, a cui si é aggiunto il deprezzamento dell' euro rispetto al dollaro (valuta di riferimento nelle quotazioni dei combustibili) e all'andamento negativo del traffico.

L'incremento di spesa é calcolato per il solo anno 2005 in considerazione del fatto che, a decorrere dall'anno 2006, alle Società del Gruppo Tirrenia dovrebbe essere applicato un nuovo regime di convenzioni dal quale conseguirebbe un fabbisogno finanziario complessivo minore rispetto allo stanziamento di euro 211.800.000.

 

 

Ministero della salute

 

Legge n. 210/1992 – Indennizzo vittime trasfusioni e somministrazione emoderivati (2.1.2.12 – cap. 2400)

2006

2007

2008

Anno terminale

80.000

80.000

80.000

P

 

Secondo la relazione tecnica, la legge 25 febbraio 1992, n. 210, ha stabilito che chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità plico fisica, ha diritto a un indennizzo da parte dello Stato.

Nel corso degli anni, lo stanziamento previsto, pari a euro 27.191.084, si é dimostrato insufficiente a coprire il totale degli indennizzi e risarcimenti richiesti.

In particolare, nell'ultimo triennio 2003-2005, si é verificata la necessità di integrare lo stanziamento con conseguente ricorso al prelevamento delle predette somme dal fondo speciale per le spese obbligatorie e d'ordine.

Al fine di evitare ritardi nelle erogazioni delle somme dovute ai soggetti danneggiati, a causa delle lungaggini derivanti dall'applicazione delle procedure amministrativo-contabili, si è ritenuto necessario l'inserimento della predetta norma tra le eccedenze di spesa del disegno di legge finanziaria per il 2006.

 


Articolo 1, comma 395
(Fondi unici investimenti)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

395. In applicazione dell'articolo 46, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le autorizzazioni di spesa e i relativi stanziamenti confluiti nei fondi per gli investimenti dello stato di previsione di ciascun Ministero interessato sono indicati nell'allegato 2 alla presente legge.

395. Identico.

 

 

Con il comma 395 viene approvato l’allegato 2 al disegno di legge finanziaria, nel quale sono esposte le autorizzazioni di spesa che confluiscono nei fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione della spesa, in applicazione dell’articolo 46, comma 4, della legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001).

 

L’articolo 46 della legge finanziaria 2002 (legge n. 448/2001) ha disposto l’istituzione, nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero, di un fondo per gli investimenti per ogni comparto omogeneo di spesa. Nel fondo confluiscono le risorse relative ad autorizzazioni di spesa per nuovi investimenti, nonché gli stanziamenti disposti in bilancio relativamente ad investimenti già autorizzati[318].

Le nuove autorizzazioni di spesa per investimenti, che confluiscono nei Fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione di ciascun Ministero, devono mantenere una autonoma evidenziazione contabile in allegato delle corrispondenti autorizzazioni legislative.

A decorrere dal 2003, i fondi per gli investimenti possono essere rifinanziati nella Tabella D della legge finanziaria per i tre anni del bilancio pluriennale.

Il comma 4 dell’articolo 46 ha, inoltre, stabilito che in apposito allegato al disegno di legge finanziaria siano analiticamente evidenziate le autorizzazioni di spesa e gli stanziamenti che confluiscono in ciascuno dei fondi per gli investimenti da istituire nei singoli stati di previsione.

I fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione sono stati esposti, per la prima volta, nell’allegato 2 della legge finanziaria 2003, con l’indicazione delle singole autorizzazioni legislative (ed i relativi importi) che sono in essi confluite, per ciascun comparto omogeneo di spesa.

 

Nel disegno di legge finanziaria per l’anno 2006, in applicazione del comma 4 dell’articolo 46 della legge finanziaria 2002, è pertanto inserito l’allegato n. 2, di cui il comma in esame dispone l’approvazione.

 

L’allegato 2 reca l’indicazione dei fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione, con riferimento a ciascun comparto omogeneo della spesa, nonché l’indicazione delle autorizzazioni legislative (e dei relativi importi) che confluiscono in detti fondi.

Come già nella legge finanziaria dello scorso anno, nell’allegato 2 del disegno di legge finanziaria per il 2006 viene esposta la proiezione triennale delle dotazioni dei Fondi e delle singole autorizzazioni di spesa che li compongono, anziché la dotazione relativa soltanto al primo anno del triennio.

 

Si segnala che gli importi indicati nell’Allegato 2 del disegno di legge iniziale (A.S. 3613) non coincidono con quelli del bilancio a legislazione vigente.

Nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 3613), i Fondi unici per gli investimenti risultano determinati nei seguenti importi (importi in euro):

 

Ministero

UPB

Settore

2006

2007

2008

Leggi

Economia[319]

1.2.3.4

Incentivi alle imprese

18.523.000

18.523.000

15.523.000

2

Giustizia

1.2.3.3

Edilizia penitenziaria e giudiziaria

82.566.931

70.108.931

70.108.931

2

Istruzione

4.2.3.8

Università e ricerca

94.175.915

94.175.915

94.175.915

3

4.2.3.9

Edilizia universitaria

90.000.000

-

-

1

Ambiente

1.2.3.6

Difesa del suolo e tutela ambientale

271.438.772

77.331.772

77.331.772

15

Difesa

1.2.3.1

Ricerca scientifica

69.000.000

69.000.000

69.000.000

1

Pol. Agricole

1.2.10.2

Agricoltura, foreste e pesca

136.310.995

28.702.995

13.102.995

6

Beni culturali

2.2.10.3

Patrimonio culturale

188.742.376

188.742.376

188.742.376

5

 

 

TOTALE

950.757.989

546.584.989

527.984.989

35

 

Tali importi tuttavia risultano divergenti rispetto alle dotazioni delle U.P.B. del disegno di legge di bilancio a legislazione vigente


Nel disegno di legge di bilancio a legislazione per il 2006 (A.S. 3614), infatti, gli stanziamenti iscritti nelle U.P.B. relative ai singoli Fondi unici per gli investimenti risultano i seguenti:

 

Ministero

UPB

Settore

BLV 2006

Economia

1.2.3.4

Incentivi alle imprese

28.822.845

Giustizia

1.2.3.3

Edilizia penitenziaria e giudiziaria

137.366.931

Istruzione

4.2.3.8

Università e ricerca

94.175.915

4.2.3.9

Edilizia universitaria

150.000.000

Ambiente

1.2.3.6

Difesa del suolo e tutela ambientale

377.138.772

Difesa

1.2.3.1

Ricerca scientifica

115.000.000

Pol. Agricole

1.2.10.2

Agricoltura, foreste e pesca

218.410.994

Beni culturali

2.2.10.3

Patrimonio culturale

314.042.376

 

 

TOTALE STANZIAMENTI

1.434.957.833

 

 

Rispetto alle disponibilità a legislazione vigente, il disegno di legge finanziaria come modificato dal Senato (A.S. 6177) determina alcune variazioni nella dotazione finanziaria dei singoli Fondi unici investimenti, per effetto di quanto disposto dalle tabelle D (rifinanziamenti), E (definanziamenti), nonché dalle disposizioni dell’articolato.

 

In particolare, con particolare riferimento all’anno 2006, si segnala quanto segue:

 

Ministero dell’economia e delle finanze:

§      Il Fondo investimenti incentivi alle imprese è stato ridotto di 10,3 milioni per ciascuna annualità del triennio, per effetto del definanziamento, in Tabella E, della legge n. 266/1997, art. 12, co. 2 (Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito);

 

Ministero della giustizia:

§      Il Fondo investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria è stato ridotto di complessivi 34,8 milioni. La variazione è determinata dai definanziamenti disposti in Tabella E, della legge n. 787/1931 (Istituti di previdenza e di pena) di 46,6 milioni, per ciascuna annualità del triennio, e del D.L. n. 201/2002 (Strutture amministrazione penitenziaria) di 8,2 milioni per il 2006, in parte compensati dal rifinanziamento disposto in Tabella D del Fondo per 20 milioni nel 2006, 20 milioni nel 2007 e 30 milioni nel 2008;

 

Ministero dell’istruzione, università e ricerca:

§      Il Fondo investimenti università e ricerca è stato incrementato di 85 milioni di euro per il 2006, per effetto del rifinanziamento, in Tabella D, di della legge n. 388/2000, art. 104, co. 4 (ricerca di base);

§      Il Fondo investimenti edilizia universitaria è stato ridotto di 60 milioni di euro per il 2006, quale definanziamento, in Tabella E, dell’unica autorizzazione legislativa di spesa indicata nel Fondo (legge n. 910/1986, art. 7, co. 8).

 

Ministero dell’ambiente:

§      Il Fondo investimenti difesa del suolo e tutela ambientale è stato incrementato di complessivi 134,3 milioni per il 2006.La variazione è determinata dai definanziamenti, in Tabella E,di 80 milioni della legge n. 183/1989 (Difesa del suolo), di 20 milioni del D.L. n. 180/1998, art. 1, co. 2 (Rischio idrogeologico nella Regione Campania e misure di prevenzione per le aree a rischio), e di 5,7 milioni della legge n. 426/1998, art. 1, co. 1 (Interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati). Sul Fondo sono altresì confluite le seguenti risorse: 140 milioni di euro, ai sensi del comma 305 del disegno di legge finanziaria, quale trasferimento delle risorse provenienti dal Fondo per le esigenze di tutela ambientale, che è stato inglobato nel Fondo unico, e ulteriori 100 milioni ai sensi del comma 306 del disegno di legge finanziaria, quale finanziamento per il 2006 delle misure previste per l’attuazione del Protocollo di Kyoto;

 

Ministero della difesa:

§         Il Fondo per la ricerca scientifica: la dotazione del Fondo a legislazione vigente, pari nel ddl di bilancio (A.S. 3614) a 115 milioni di euro, è stata ridotta a 69,469 milioni, ai sensi dell’elenco 2 allegato al comma 9 del disegno di legge finanziaria, che reca la rideterminazione della dotazione delle UPB del bilancio dello Stato relative agli investimenti fissi lordi. A tale diminuzione dello stanziamento ai sensi dell’elenco 2 (-45,5 milioni) si è aggiunto il definanziamento in Tabella E di 46 milioni di euro per ciascuna annualità del triennio del D.Lgs. n. 264/1997 (Riorganizzazione dell’area centrale del Ministero della difesa);

 

Ministero delle politiche agricole:

§      Il Fondo investimenti agricoltura, foreste e pesca è stato ridotto di 82,1 milioni di euro per il 2006 e di 10,4 milioni per il 2007 a seguito del definanziamento del Fondo disposto in Tabella E;

 

Ministero per i beni culturali:

§      Il Fondo investimenti relativo al patrimonio culturale è stato ridotto di 126 milioni di euro per ciascuna annualità del triennio a seguito dei definanziamenti disposti in Tabella E di 30,9 milioni di euro della legge n. 662/1996, art. 1, co. 83 (Devoluzione degli utili del lotto ai beni culturali), di 2 milioni di euro della legge n. 29/2001, art. 3, co. 1 (Piano per l’arte contemporanea); 0,2 milioni di euro del D.Lgs. n.. 127/2003 (Riordino del CNR) e di 92,2 milioni del Fondo stesso.

 

Come emerge dalle indicazioni sopra riportate, nella maggior parte dei casi i rifinanziamenti disposti dalla Tabella D (nonché i definanziamenti di Tabella E non si riferiscono ai Fondi unici, come sembrerebbe richiedere la disciplina dettata dall’articolo 46 della legge n. 448/2002, ma continuano ad essere operate con riferimento alle distinte autorizzazioni di spesa comprese in ciascun Fondo.

 

Conseguentemente, la dotazione dei Fondi unici per gli investimenti nel 2006 per effetto delle modifiche apportate dal disegno di legge finanziaria sopra richiamate, come approvato dal Senato, risulterebbe così rideterminata (sono indicati in grassetto i fondi per i quali lo stanziamento risulta modificato rispetto a quello previsto nel bilancio a legislazione vigente):

 

Ministero

UPB

Settore

Dotazione 2006

Economia

1.2.3.4

Incentivi alle imprese

18.522.845

Giustizia

1.2.3.3

Edilizia penitenziaria e giudiziaria

102.566.931

Istruzione

4.2.3.8

Università e ricerca

179.175.915

4.2.3.9

Edilizia universitaria

90.000.000

Ambiente

1.2.3.6

Difesa del suolo e tutela ambientale

511.438.772

Difesa

1.2.3.1

Ricerca scientifica

23.469.200

Pol. Agricole

1.2.10.2

Agricoltura, foreste e pesca

136.310.995

Beni culturali

2.2.10.3

Patrimonio culturale

188.742.376

 

 

TOTALE STANZIAMENTI

1.250.227.034

 

 

Per quanto concerne la procedura di ripartizione dei Fondi per gli investimenti, l'articolo 46, comma 5, della legge n. 448/2001 ha disposto che i Ministri competenti presentino annualmente al Parlamento, per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni, una relazione nella quale siano individuate le destinazioni delle disponibilità di ciascun fondo.

In assenza di una specifica disposizione di legge si applica il termine di 20 giorni dalla data dell’assegnazione, fissato in generale per l’espressione del parere sugli atti del Governo, dall’articolo 143, comma 4, del Regolamento della Camera dei Deputati.

 

Successivamente all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari, gli stanziamenti iscritti nei fondi unici sono trasferiti ai capitoli di spesa relativi ai singoli interventi.

Nell’ambito della legge di bilancio, infatti, gli stanziamenti relativi ai fondi unici per gli investimenti sono allocati in un’unica unità previsionale di base e, all’interno di essa, in un unico capitolo.

Nella legge di bilancio sono comunque mantenuti i capitoli corrispondenti alle singole autorizzazioni di spesa confluite nei fondi. Relativamente a tali capitoli, nella voce di competenza è riportata l’indicazione “per memoria”; per la cassa, invece, si trova iscritta una autorizzazioni di spesa, che è correlata alla presenza di residui.

Con la ripartizione delle disponibilità di ciascun fondo per gli investimenti, i capitoli relativi ai singoli interventi saranno dotati, in conto competenza, delle risorse indicate nella relazione concernente la ripartizione del fondo, come eventualmente modificata a seguito delle indicazioni delle competenti Commissioni parlamentari; conseguentemente saranno adeguate anche le autorizzazioni di cassa.


Articolo 1, comma 396
(Copertura finanziaria)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

396. La copertura della presente legge per le nuove o maggiori spese correnti, per le riduzioni di entrata e per le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel Fondo speciale di parte corrente viene assicurata, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, secondo il prospetto allegato.

396. Identico.

 

 

Il comma 396 dispone, ai fini del rispetto delle regole di copertura della legge finanziaria, di cui all’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978 e successive modificazioni, l’approvazione del prospetto di copertura degli oneri di natura corrente.

 

L’articolo 11, comma 5 della legge n. 468/1978, e successive modificazioni, prevede che la legge finanziaria possa disporre, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, nuove o maggiori spese correnti, riduzioni di entrata e nuove finalizzazioni nette da iscrivere, ai sensi del successivo articolo 11-bis, nel fondo speciale di parte corrente di cui alla Tabella A, nei limiti delle nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive e delle riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.

 

La disposizione comporta che le nuove o maggiori spese correnti previste nel disegno di legge finanziaria (compresi gli accantonamenti di tabella A), nonché le riduzioni di entrata debbano trovare copertura in nuove o maggiori entrate di parte corrente, vale a dire entrate da iscriversi nei titoli I e II (rispettivamente entrate tributarie ed entrate extratributarie), e in riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.

Ne consegue il divieto di ricorrere, per la copertura finanziaria di oneri correnti, a risorse (maggiori entrate o riduzioni di spesa) di conto capitale.

 

Nell’ambito di una lettura sistematica delle disposizioni dell’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978, formulata nelle risoluzioni di approvazione del DPEF 1990-92 di Camera e Senato, è stata ammessa l’interpretazione secondo la quale gli oneri correnti introdotti dalla legge finanziaria possono essere coperti anche ricorrendo all’eventuale miglioramento del risparmio pubblico[320] risultante dal progetto di bilancio a legislazione vigente rispetto all’analogo saldo come determinato nell’assestamento di bilancio relativo all’esercizio in corso.

In conformità all’interpretazione richiamata, pertanto, il vincolo di copertura degli oneri correnti derivanti dalla legge finanziaria va inteso nel senso che la legge finanziaria non può determinare un peggioramento del risparmio pubblico rispetto alla più recente previsione assestata (o al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo evidenzi un saldo peggiore di quello dell’assestamento relativo all’anno precedente).

 

Il prospetto di copertura del disegno di legge finanziaria, a seguito delle modifiche apportate dal Senato (A.C. 6177) evidenzia oneri di natura corrente pari a 11.669 milioni di euro per il 2006, 7.317 milioni di euro per il 2007 e 6.942 milioni di euro per il 2006.

Gli oneri indicati nel prospetto sono riconducibili a:

-        nuove o maggiori spese correnti determinate dall’articolato (10.465 milioni di euro per il 2006, 6.491 milioni di euro per il 2007 e 6.374 milioni di euro per il 2008);

-        accantonamenti nel fondo speciale di parte corrente di cui alla Tabella A, per i quali viene indicato il valore corrispondente alla differenza rispetto allo stanziamento a legislazione vigente, al netto delle regolazioni debitorie (389 milioni di euro per il 2006, 279 milioni di euro per il 2007 e 269 milioni di euro per il 2008);

-        stanziamenti di parte corrente di Tabella C; anche in questo caso il prospetto di copertura reca, relativamente alle voci della tabella di parte corrente, la differenza rispetto allo stanziamento a legislazione vigente (136 milioni di euro per il 2006);

-        minori entrate correnti determinate dall’articolato (679 milioni di euro per il 2006, 548 milioni di euro per il 2007 e 299 milioni di euro per il 2008).

 

A fronte degli oneri correnti sopra indicati, il prospetto evidenzia mezzi di copertura per 15.479 milioni di euro per il 2006, 14.144 milioni di euro per il 2007 e 14.212 milioni di euro per il 2008.

Rispetto all’ammontare complessivo degli oneri da coprire risulta disponibile un ulteriore margine di copertura per 3.810 milioni di euro per il 2006, 6.826 milioni di euro per il 2007 e 7.270 milioni di euro per il 2008.

 

Non risulta, pertanto, utilizzato nel prospetto di copertura del disegno di legge finanziaria per il 2006, il miglioramento del risparmio pubblico risultante dal bilancio a legislazione vigente del 2006 rispetto all’assestamento per il 2005 (pari a 3.730 milioni di euro per il 2006, a 9.290 milioni di euro per il 2007 e a 18.625 milioni di euro per il 2008).

 

Come emerge dal prospetto, gli oneri di parte corrente derivanti dalle disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria sono in massima parte coperti a valere sulle maggiori entrate nette derivanti dal decreto-legge n. 203/2005, “Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”.

Le maggiori entrate nette derivanti dal decreto-legge n. 203/2005 vengono, infatti, utilizzate a copertura degli oneri del disegno di legge finanziaria per 7.293 milioni di euro per il 2006 (su un totale dei mezzi di copertura pari a 15.479 milioni di euro), per 7.620 milioni di euro per il 2007 e per 7.808 milioni di euro per il 2008 (su un totale dei mezzi di copertura pari, rispettivamente, a 14.144 e 14.212 milioni di euro).

 


PROSPETTO DI COPERTURA

(Articolo 1, comma 396)

copertura legge finanziaria

2006

2007

2008

 

 

(importi in milioni di euro)

 

1)   ONERI DI NATURA CORRENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nuove o maggiori spese correnti

 

 

 

 

Articolato:

10.465

6.491

6.374

 

Pubblico impiego

1.213

1.210

1.211

 

Eccedenze di spesa

2.289

696

756

 

Missioni di pace

1.000

0

0

 

Spesa sociale

1.483

1.027

1.030

 

Riduzione costo lavoro

1.996

2.429

2.518

 

Bonus figli

788

0

0

 

Autotrasporto

475

0

0

 

LSU Scuola

370

370

370

 

Altri interventi

850

756

487

 

Effetti indotti

2

2

2

 

Tabella “A”

389

279

269

 

Tabella “C”

136

0

0

 

Minori entrate correnti

 

 

 

 

Articolato:

679

548

299

 

Sgravi fiscali

679

548

299

 

Totale oneri da coprire

11.669

7.317

6.942

 

 

 

 

 

 

2)   MEZZI DI COPERTURA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nuove o maggiori entrate

 

 

 

 

Articolato:

5.083

3.038

2.910

 

Interventi vari

2.614

208

208

 

Giochi

690

970

1.023

 

Rivalutazioni

912

34

37

 

Ammortamenti energia

970

877

877

 

Effetti indotti

76

949

765

 

Riduzione spese correnti

 

 

 

 

Articolato:

3.104

3.291

3.294

 

Pubblico impiego

7

7

7

 

Spese PA

1.570

1.575

1.578

 

Disposizioni per enti locali

50

35

35

 

Trasferimenti imprese

964

1.150

1.150

 

Altri interventi

365

376

377

 

Effetti indotti (effetto netto)

148

148

148

 

Tabella “C”

0

195

200

 

Decreto-legge 203/2005

7.293

7.620

7.808

 

Quota D.L. utilizzata a copertura spesa c/capitale

47

277

402

 

Totale mezzi di copertura

15.479

14.144

14.212

 

 

Differenza

3.810

6.826

7.270

 

Miglioramento risparmio pubblico a L V

3.730

9.290

18.625

Margine

7.540

16.116

25.895

 


Articolo 1, commi 397 e 398
(Applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome e coordinamento della finanza pubblica)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

397. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

397. Identico.

 

398. Le disposizioni della presente legge costituiscono norme di coordi­namento della finanza pubblica per gli enti territoriali.

398. Identico.

 

 

Il comma 397 introduce nel disegno di legge – con riferimento a tutte le sue disposizioni - la clausola di “compatibilità” con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

Le disposizioni del disegno di legge finanziaria non modificano, in effetti, il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. L’esplicitazione di questo principio – che discende peraltro dall’ordinario rapporto tra le due fonti – è stata introdotta per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale.

 

Il comma 398 stabilisce che le disposizioni del disegno di legge finanziaria per il 2006 costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.

 

Tale previsione sembra rivolta a giustificare la competenza legislativa dello Stato, con specifico riferimento alle disposizioni che interessano le regioni e gli enti locali.

Ai sensi dell’articolo 117, comma terzo della Costituzione, il coordinamento della finanza pubblica è materia di legislazione concorrente. Anche l’articolo 119, comma secondo della Costituzione prevede che le regioni e gli enti locali stabiliscano e applichino tributi ed entrate propri “secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”.

Dal momento che si tratta di materia di legislazione concorrente, è riservata alla legislazione dello Stato la determinazione dei principi fondamentali.


Articolo 1, comma 399
(Entrata in vigore)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

Art. 1.

Art. 1.

 

 

399. La presente legge entra in vigore il 1o gennaio 2006.

399. Identico.

 

 

Il comma 399 fissa al 1° gennaio 2006 l’entrata in vigore della legge finanziaria, in coincidenza con l’inizio dell’esercizio di bilancio.

 



[1]     Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001).

[2]     Regolamento recante criteri e modalità per la costituzione di fondazioni universitarie di diritto privato, a norma dell'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

[3]     I soggetti all’imposta sul reddito delle società - IRES sono individuati dall’articolo 73 del TUIR.

[4]     Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.

[5]     L’articolo 38-quater del DPR n. 633/1972 è stato emanato in recepimento dell’articolo 15 della Direttiva CEE n. 388 del 1977 (c.d. sesta direttiva). Ai sensi del richiamato articolo 15, concernente l’applicabilità dell'esenzione IVA alle operazioni di esportazione ed assimilate, ha previsto che, relativamente alle cessioni di beni destinati ad essere trasportati nel bagaglio personale dei viaggiatori, il beneficio può essere concesso in presenza, oltre che dei requisiti soggettivi ed oggettivi, della fattura o di un documento sostitutivo su cui sia apposto il visto dell’ufficio doganale di uscita dalla Comunità. Ciò in quanto, da un lato si vogliono introdurre agevolazioni in favore dei turisti stranieri e, dall’altro lato, si intende fornire adeguate garanzie affinché i beni in questione realmente lascino il territorio comunitario e non vengano commercializzati.

[6]     Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

[7]     Cfr. audizione del ministro sul piano italiano per la crescita e lo sviluppo (PICO), svolta il 13 ottobre 2005 davanti alla XIV Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera dei deputati.

[8]    L’ordinanza 21 dicembre 1990, n. 2057 stabiliva che potevano beneficiare delle sospensioni e delle agevolazioni previste dall’ordinanza stessa i soggetti residenti, da data anteriore al 13 dicembre 1990, nei comuni individuati mediante l’emanazione di un successivo D.P.C.M. Avrebbero altresì potuto beneficiare delle disposizioni previste i soggetti che svolgevano, nell'area dei comuni individuati nel richiamato D.P.C.M., la loro attività industriale, commerciale, artigiana ed agricola, ancorché residenti altrove, limitatamente alle obbligazioni nascenti dalle attività stesse.

[9]     Si tratta: per la provincia di Siracusa dei comuni di Augusta, Avola, Buccheri, Carlentini, Cassaro, Ferla, Floridia, Francofonte, Lentini, Melilli, Noto, Pachino, Palazzolo Acreide, Priolo Gargallo, Rosolini, Siracusa, Solarino, Sortino; per la provincia di Catania dei comuni di Aci Catena, Caltagirone, Catania, Grammichele, Licodia Eubea, Militello in Val di Catania, Mineo, Motta Sant'Anastasia, Palagonia, Ramacca, Scordia, San Giovanni La Punta, Tremestieri Etneo, Valverde, Vizzini; per la provincia di Ragusa dei comuni di Chiaramonte Gulfi, Giarratana, Ispica, Modica, Pozzallo, Ragusa, Scicli, Vittoria.

[10]   I richiamati soggetti, secondo quanto disposto dall'articolo 138, comma 1, della legge n. 388/2000, avevano già beneficiato della possibilità di regolarizzare la propria posizione relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, versando l'ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale – al netto dei versamenti già effettuati a titolo di capitale ed interessi – in unica soluzione entro il 30 giugno 2002, ovvero fino ad un massimo di dodici rate.

[11]   Termine prorogato al 17 maggio 2003 dall'art. 1, Decr. 7 aprile 2003, emanato in attuazione del D.L. 7 aprile 2003, n. 59, non convertito in legge e al 17 ottobre 2003 dall'art. 1, Decr. 3 settembre 2003, emanato in attuazione dell'art. 1, comma 2, D.L. 24 giugno 2003, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla L. 1° agosto 2003, n. 212.

      Il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, emanato ai sensi dell’art. 1, co. 2, del D.L. n. 143/2003 ha fissato al 17 ottobre 2003 la data di decorrenza degli interessi, come aveva già fatto il DM 7 aprile 2003 (emanato ai sensi del D.L. n. 59/2003, non convertito), il quale aveva differito tale termine dal 17 aprile al 17 maggio 2003. La data originaria di decorrenza degli interessi (legge n. 289/2002) era il 17 marzo 2003.

[12]    Le 4 gestioni sono:

a)   industria, per le attività: manifatturiere, estrattive, impiantistiche; di produzione e distribuzione dell'energia, gas ed acqua; dell'edilizia; dei trasporti e comunicazioni; della pesca; dello spettacolo; per le relative attività ausiliarie;

b)   artigianato, per le attività di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443;

c)   terziario, per le attività: commerciali, ivi comprese quelle turistiche; di produzione, intermediazione e prestazione dei servizi anche finanziari; per le attività professionali ed artistiche: per le relative attività ausiliarie;

d)   altre attività, per le attività non rientranti fra quelle di cui alle lettere a), b) e c), fra le quali quelle svolte dagli enti pubblici, compresi lo Stato e gli enti locali, e quelle di cui all'articolo 49, comma 1, lettera e), della legge 9 marzo 1989, n. 88.

[13]    Il settore dell’agricoltura presenta una disciplina peculiare ai sensi degli articoli 205 e seguenti del DPR 1124/65.

[14]    Il principio di sussidiarietà orizzontale attiene alla regolazione dell'esercizio delle competenze fra singoli e formazioni sociali intermedie, da un lato, e poteri pubblici dall'altro. La sussidiarietà verticale viene invece in considerazione quale criterio di riparto delle competenze: "verso il basso", fra lo Stato e le sue articolazioni territoriali; "verso l'alto", fra lo Stato e l'Unione europea. Il principio di sussidiarietà trova oggi come è noto espressa menzione nella Costituzione, che all'articolo 118, quarto comma, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, prevede che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. La nozione era già richiamata dall’articolo 4, comma 3, lettera a) della legge n. 15 marzo 1997, n. 59 (prima “legge Bassanini”), secondo il quale il conferimento di funzioni agli enti territoriali deve osservare, tra gli altri, “il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati”.

      Si ricorda infine che, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), “I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della Regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”.

[15]    La disciplina applicativa dell’istituto è stata emanata con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 9 giugno 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 138 del 15 giugno 2004), recante disposizioni applicative del regime di tassazione del consolidato nazionale.

[16]    L’Agenzia delle entrate, con Circ. n. 53/E del 20 dicembre 2004, par. 4.2.5, rilevato che la disposizione citata non fissa alcun limite quantitativo entro il quale debba applicarsi la prevista esclusione, ha ritenuto “che l'irrilevanza reddituale debba riferirsi alle somme corrisposte o ricevute in contropartita nel limite massimo dell'imposta teorica cui le stesse somme siano commisurate (calcolata, ad esempio, sugli imponibili negativi o positivi trasferiti risultanti dalla dichiarazione di ciascuna società partecipante)”; in altri termini, poiché le posizioni di vantaggio e di mancato beneficio che danno origine al trasferimento delle somme in esame tra le società partecipanti al consolidato sono misurabili economicamente in termini commisurati all'imposta teorica riferibile al predetto vantaggio o mancato beneficio, “ne consegue che la norma in commento trova applicazione nel limite massimo delle somme pattuite con riguardo all'imposta teorica calcolata sul vantaggio/mancato beneficio trasferito”.

[17]    Il testo del nuovo accordo di Basilea può rinvenirsi, anche in traduzione italiana, nel sito internet della Banca dei regolamenti internazionali, all’indirizzo: http://www.bis.org/publ/bcbs107ita.htm.

[18]    Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è un comitato di autorità di vigilanza bancaria istituito nel 1975 dai Governatori delle banche centrali dei paesi del Gruppo dei dieci. Esso è formato da alti funzionari delle autorità di vigilanza bancaria e delle banche centrali di Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Svizzera. Il Comitato si riunisce solitamente presso la Banca dei regolamenti internazionali in Basilea, dove ha sede il suo Segretariato permanente.

[19]    Il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57) all'articolo 13 reca la definizione dei "distretti rurali e agroalimentari di qualità", affidandone peraltro la concreta individuazione alle regioni. I primi sono i sistemi produttivi locali di cui all'articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 caratterizzati dalla sussistenza di un'identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali. I distretti agroalimentari di qualità sono invece i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche.

[20]    Sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale trovano la loro definizione e la relativa disciplina nell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317. Ai sensi delle disposizioni in esso contenute, si definiscono: sistemi produttivi locali i contesti produttivi omogenei, caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna; distretti industriali quelli fra i sistemi produttivi locali testé menzionati caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese; consorzi di sviluppo industriale, quelle strutture consortili, alle quali è riconosciuto il carattere di enti pubblici economici, costituiti ai sensi della vigente legislazione nazionale e regionale, aventi finalità promozionali orientate alla creazione e sviluppo nell'ambito degli agglomerati industriali attrezzati dai consorzi medesimi di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi (finalità perseguite attraverso la realizzazione e gestione, in collaborazione con le associazioni imprenditoriali e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di infrastrutture per l'industria, rustici industriali, servizi reali alle imprese, iniziative per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi e intermedi e dei giovani imprenditori, e ogni altro servizio sociale connesso alla produzione industriale.

[21]    Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane.

[22]    Previsto dal D.Lgs n. 204 del 5 giugno 1998, recante Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[23]   Decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[24]    DPR 14 dicembre 1999, n. 558 "Regolamento recante norme per la semplificazione della disciplina in materia di registro delle imprese, nonché per la semplificazione dei procedimenti relativi alla denuncia di inizio di attività e per la domanda di iscrizione all'albo delle imprese artigiane o al registro delle imprese per particolari categorie di attività soggette alla verifica di determinati requisiti tecnici”.

[25]    In particolare il citato DPR 558, all'art. 2, ha disposto l'iscrizione delle categorie imprenditoriali e delle società comprese nelle quattro sezioni speciali, in un'unica sezione speciale e ha abrogato (art. 14) le norme legislative e regolamentari che prevedono le quattro sezioni speciali (art. 4, co. 8, L. 580/9 e art. 7, commi 3, 4 e 6 del DPR 581/95).Tra i punti qualificanti del DPR di semplificazione si segnala anche la previsione di collegamenti telematici tra le camere di commercio e le pubbliche amministrazioni a partire dal 2000, per permetterne l'accesso agli atti iscritti o depositati e consentire lo scambio di informazioni (art. 5).

[26]   Sul documento è stato svolto un ampio processo pubblico di consultazione e audizioni aperto alle associazioni dei consumatori e ambientaliste, alle imprese che dovranno applicare il nuovo metodo, ai sindacati dei lavoratori e delle imprese e agli altri soggetti istituzionali coinvolti.

[27]   Recante “Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica”, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290; la disposizione è stata poi novellata dall’art. 1 co. 24, lett. b) della legge n. 239/04 recante riordino del settore energetico.

[28]   Si ricorda come attualmente ENI SpA risulta titolare di n. 978.843.070 azioni di Snam Rete Gas SpA, pari a circa il 50,07% del capitale sociale, mentre il residuo 49,93% costituisce flottante di borsa a seguito dell’offerta globale di azioni realizzata il 6 dicembre 2001; le azioni di Snam Rete Gas sono quotate sul Mercato Telematico Azionario di Milano della Borsa Italiana SpA.

A sua vota, il Ministero dell’economia e delle finanze detiene direttamente n. 813.443.277 azioni di Eni SpA, corrispondenti a circa il 20,32% del capitale sociale e, indirettamente, tramite la Cassa Depositi e Prestiti SpA, n. 400.288.388 azioni di ENI SpA, pari al 10% del capitale sociale.

[29]   Recante “Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144”.

[30]   Recante “Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica”, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290; la disposizione è stata poi novellata dall’art. 1 co. 24, lett. b) della legge n. 239/04 recante riordino del settore energetico.

[31]   Si veda il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2004 -adottato ai sensi dell’art. 1-ter, c. 1, del citato decreto legge n. 239 - recante “Criteri, modalità e condizioni per l’unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione”, in base al quale è in seguito avvenuta la quotazione delle azioni mediante offerta pubblica di vendita della società Terna spa - che detiene la proprietà di circa il 94 per cento della rete di trasmissione nazionale - approdata in Borsa il 23 giugno 2004.

[32]   Nella segnalazione in oggetto l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha in particolare evidenziato come la società Snam Rete Gas - oltre a non partecipare alla proprietà o alla gestione delle infrastrutture di adduzione al territorio nazionale esistenti - non sia impegnata in alcuno dei nuovi progetti per gasdotti di interconnessione internazionale o terminali di rigassificazione, ricordando inoltre come attualmente gli approvvigionamenti da parte di nuovi soggetti attivi nel commercio del gas in Italia dipendano nella maggioranza dei casi, per quantità e prezzi, dalle cessioni di gas e capacità di trasporto effettuate dall’Eni all’estero, attraverso la vendita di gas e di capacità di trasporto. In tal modo l’Eni ha la possibilità di scegliere i propri principali “competitori”. Le quantità di gas importate e totalmente fuori dal controllo di Eni sono inferiori al 10% e sono state spesso acquistate a prezzi più alti rispetto a quelli del soggetto dominante. L’Eni ha quindi nella sostanza eluso il tetto antitrust posto dalla legge di liberalizzazione (69% delle importazioni nel 2005, che si riduce al 61% nel 2010).

[33]   Si veda il D.P.C.M. 11 maggio 2004 -adottato ai sensi dell’art. 1-ter, c. 1, del citato decreto legge n. 239 - recante “Criteri, modalità e condizioni per l’unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione”, in base al quale è in seguito avvenuta la quotazione delle azioni mediante offerta pubblica di vendita della società Terna spa - che detiene la proprietà di circa il 94 per cento della rete di trasmissione nazionale - approdata in Borsa il 23 giugno 2004.

[34]   Nella Segnalazione in commento l’Autorità ricorda altresì come la legge 23 agosto 2004, n. 239 di riordino del settore energetico, abbia garantito alla Stogit il rinnovo delle concessioni in scadenza per almeno 20 anni, per cui il potere di mercato nell’offerta di stoccaggio sarebbe destinato a procrastinarsi ancora molto a lungo attraverso il perpetuarsi del monopolio di fatto di detta società.

[35]    Cfr. il prospetto informativo depositato presso la CONSOB il 27 giugno 2005, consultabile sul sito Internet www.comitatopromotorebancadelsud.it.

[36]    Seconda direttiva del Consiglio intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all'articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa.

[37]    È così chiamata la tecnica di difesa di una società oggetto di scalata ostile – mediante offerta pubblica di acquisto (OPA) – per mezzo della quale la società rende il proprio capitale meno attraente per l'attaccante, magari mediante l'emissione di titoli che offrano rendimenti elevati nel caso di insuccesso dell'offerta di acquisto.

[38]    In tema v. E. BOSCOLO, Le golden shares di fronte al giudice comunitario, in Foro it., 2002, IV, 480 ss.; L. SALERNO, Golden shares, interessi pubblici e modelli societari tra diritto interno e disciplina comunitaria, in Dir. comm. int., 2002, 671 ss.; E. SCHIANO, Golden shares: Francia e Portogallo violano il Trattato CE, valida la normativa belga, in Dir. pubbl. comp. eur., 2002, 1782 ss.; E. FRENI, Golden share e principio di proporzionalità: quando il fine non giustifica i mezzi, in Giorn. dir. amm., 2002, 1049 ss.; G. COLANGELO, Golden shares e privatizzazioni incompiute. La lunga vecchiaia dello Stato imprenditore, in Enti pubblici, 2003, 6, 328 ss.

[39]    L’articolo 56 del Trattato dispone che "sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri". Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia europea, ogni provvedimento che renda più gravoso o meno attraente il trasferimento transfrontaliero di capitali e sia pertanto tale da distogliere da questo l’investitore costituisce una restrizione della libera circolazione dei capitali (cfr. sentenza del 16/03/1999, causa C-222/97).

[40]    Causa C-170/04, Commissione contro Repubblica italiana.

[41]    Nelle osservazioni inviate alla Commissione europea a seguito della lettera di costituzione in mora complementare, il Governo italiano ha ulteriormente precisato che i nuovi criteri per l’esercizio dei poteri speciali eliminano l’immagine di discrezionalità dello Stato, poiché qualsiasi decisione deve essere debitamente motivata e sottoposta ad un efficace controllo giurisdizionale.

[42]    L’art 228 del TCE stabilisce che, qualora la Corte di giustizia riconosca che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del Trattato medesimo, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta. Se ritiene che lo Stato membro in questione non abbia preso detti provvedimenti, la Commissione, dopo aver dato al medesimo Stato la possibilità di presentare le sue osservazioni, formula un parere motivato che precisa i punti sui quali non è stata data attuazione alla sentenza della Corte di giustizia; qualora lo Stato in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza comporta, la Commissione può adire la Corte di giustizia. Nel ricorso essa precisa l'importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze. La Corte di giustizia, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità

[43]    Convertito nella legge 20 luglio 2001, n. 301.

[44]    Convertito nella legge 13 luglio 2005, n. 131.

[45]    Direttiva 2003/54/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE, e direttiva 2003/55/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE.

[46]   Per quanto riguarda la facoltà degli enti locali di prorogare l’estensione del periodo transitorio al 31 dicembre 2008, si ricorda che in una Circolare interpretativa del Ministero delle attività produttive (cfr. oltre) sia stato sottolineato come il termine di sei mesi dall’entrata in vigore della l.239/04 per l’adozione della decisione dell’ente locale si possa ritenere non perentorio.

[47]   Resta invece fermo il termine del periodo transitorio al 31 dicembre 2012 per gli affidamenti e le concessioni in essere al 21 giugno 2000 che sono stati attribuiti mediante gara.

[48]   Cfr., al riguardo, la Circolare del Ministero delle Attività produttive adottata in data 10 Novembre 2004, recante: “Chiarimenti in materia di affidamenti e concessioni di distribuzione di gas naturale di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, come modificato dall'articolo 1, comma 69, della legge 23 agosto 2004, n. 239.”.

[49]   Recante “Attuazione della direttiva n. 98/30/CE, recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144”)

[50]   L’articolo 14 del D.Lgs. 164 stabilisce, al comma 1, che il servizio di distribuzione di gas naturale è affidato esclusivamente mediante gara, per periodi non superiori a dodici anni. L’ammissione alle gare avviene sulla base di requisiti oggettivi e non discriminatori (unica esclusione le società che in Italia o all’estero gestiscono servizi pubblici per affidamento diretto o con procedura non ad evidenza pubblica). La gara viene aggiudicata sulla base delle migliori condizioni economiche, dei piani di sviluppo e potenziamento delle reti e degli impianti, nel rispetto degli standard qualitativi, e ambientali e di sicurezza. Gli enti locali avviano la procedura di gara non oltre un anno prima della scadenza dell'affidamento, in modo da evitare soluzioni di continuità nella gestione del servizio.

[51]   Il citato comma 9 stabilisce che gli affidamenti e le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 164, sono mantenuti per la durata in essi stabilita ove questi siano stati attribuiti mediante gara, e comunque per un periodo non superiore a dodici anni a partire dal 31 dicembre 2000.

[52]   Tra le recenti pronunce della giurisprudenza amministrativa, si richiama quella del TAR di Brescia, Ordinanza n. 792/05 del 24 giugno 2005. In tale ambito, il Comune concedente deliberava l’indizione della gara per l’affidamento del servizio, considerando la data del 31.12.05 quale termine finale per la cessazione anticipata della concessione ai sensi della Legge 164/00. Il Comune stesso, dato che non percepiva alcun canone, riteneva insussistenti i motivi di interesse pubblico per concedere la proroga di 1 anno prevista dalla richiamata legge n. 239/04. La società concessionaria riteneva invece che ai sensi della Legge 239/04 tale termine fosse differito al 31.12.07 e che per far cessare anticipatamente la gestione il Comune avrebbe dovuto ricorrere al riscatto anticipato. Il TAR ha respinto la richiesta di sospensione cautelare del provvedimento ritenendo che: a) la data del 31.12.07 costituisce il termine massimo del periodo transitorio tenuto conto delle eventuali proroghe; b) le proroghe non sono automatiche ma richiedono l’assenso dei Comuni interessati. Contro l’ordinanza la società presentava appello che veniva esaminato dal Consiglio di Stato, sezione V, il quale a sua volta con ordinanza 11 ottobre 2005, n. 4850/05, respingeva l’appello, statuendo tre principi: 1) il termine del 31.12.05 stabilito dall’articolo 15 comma 7 del decreto 164/00 resta confermato; 2) la cessazione definitiva del periodo transitorio entro il 31.12.07 è da considerarsi coerente data la contestuale abrogazione del cumulo delle proroghe, per cui le stesse potranno avere la durata di uno o due anni: 3) gli incrementi aziendali, quand’anche concessi, non potranno mai sortire l’effetto di differire la durata del periodo transitorio oltre il biennio, fatta salva l’ulteriore ed eccezionale proroga annuale per motivazioni di pubblico interesse.

[53]   Si tratta degli immobili dei seguenti enti soppressi: Associazione nazionale per il controllo della combustione (A.N.C.C); Cassa mutua provinciale di malattia per gli artigiani di: Udine, Imperia, Pistoia e Federazione nazionale; Cassa mutua per gli esercenti le attività commerciali di: Chieti, Firenze, Forlì, Salerno, Latina, L'Aquila e Varese; Cassa mutua provinciale di malattia per i coltivatori diretti di: Chieti, Pescara, Penne (Pescara), Massa-Carrara, Torino, Caserta e Federazione nazionale; Cassa mutua nazionale lavoratori giornali quotidiani (C.M.N.L.G.Q.); Ente nazionale lavoratori ciechi (E.N.L.C.); Istituto nazionale gestione imposte di consumo (I.N.G.I.C.); Istituto nazionale istruzione e addestramento nel settore artigiano (I.N.I.A.S.A.); Ente nazionale previdenza dipendenti da enti di diritto pubblico (E.N.P.D.E.D.P); Opera nazionale invalidi di guerra (O.N.I.G.); Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie (I.N.A.M.), Ente nazionale prevenzione infortuni (E.N.P.I.), Opera nazionale maternità e infanzia (O.N.M.I.), Ente nazionale per la previdenza e assistenza per le ostetriche (E.N.P.A.O.).

[54]   Cfr. art. 56, co. 1-3 dell’AS 3613.

[55]    D.L. 14 marzo 2005 n. 35, recante Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 14 maggio 2005, n. 80.

[56]    D.P.R. 19 settembre 2000, n. 358 recante Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, emanato in attuazione della legge di semplificazione 8 marzo 1999, n. 50, allegato 1, punto 29.

[57]    Il logo è stato definito con decreto del Ministero dei Trasporti e della Navigazione del 21 febbraio 2001.

[58]   Decreto del presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358 Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi (n. 29, allegato 1, della L. 8 marzo 1999, n. 50).

[59]   Cfr. emendamento 1. 1074 approvato nella seduta del 7 dicembre 2005.

[60]   Decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59

[61]   Termine di cui già la normativa vigente, successiva al D.Lgs. 422, ha previsto la prorogabilità per un biennio (v. infra).

[62]   Recante "Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità" .

[63]   Cfr. emendamento 1. 1075 approvato nella seduta del 7 dicembre 2005.

[64]   Decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59

[65]   Circa il termine del periodo transitorio, si veda il comma 281bis.

[66]   Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. L’articolo 113, comma 5, sopra richiamato è stato modificato dall’articolo 14, comma, 5, lettera e) del DL 269/2003 recante Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell’andamento dei conti pubblici

[67]   Il comma sopra riportato è stato introdotto dall’articolo 1, comma 48, della legge 15 dicembre 2004 n. 308 recante Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione.

[68]   Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lett. c), e dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[69]    L'articolo 1, commi da 40 a 44, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, collegata alla manovra di finanza pubblica per il 1996, ha ridisciplinato il sistema di assegnazione e riparto, da parte dei singoli ministeri, dei contributi a favore di enti ed organismi vari, indicati nell'allegato A alla legge medesima.

      Il comma 40 dell'art. 1 della legge n. 549 del 1995, in particolare, dispone che i contributi siano iscritti in un unico capitolo nello stato di previsione di ciascun Ministero interessato. Entro trenta giorni dall'approvazione della legge di bilancio, i ministri competenti, di concerto con il Ministro del tesoro, provvedono con propri decreti a ripartire l'importo complessivo loro assegnato tra le varie finalità. Le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi sostanziali si intendono pertanto rideterminate in corrispondente ammontare.

[70]    Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane.

[71]   In base all’art. 1, comma 1, lettera a), del D.L. n. 429/1996, convertito nella legge n. 532 del 1996, il Ministero della salute, qualora non sia possibile provvedere con dipendenti di ruolo, utilizza veterinari, farmacisti e chimici con incarichi individuali a tempo determinato e revocabili, secondo la normativa vigente.

[72]   Come previsto dall’articolo 1, comma 4, del D.L n. 202/2005 sulle misure urgenti per la prevenzione dell'influenza aviaria, per garantire lo svolgimento dei compiti connessi alla prevenzione e alla lotta contro l'influenza aviaria, le malattie degli animali e le relative emergenze, il Ministero della salute è autorizzato a indire, concorsi pubblici mediante quiz preselettivi e successivi colloqui per il reclutamento, con contratti a tempo determinato di durata triennale, di sessanta dirigenti veterinari di I livello e di cinquanta operatori del settore della prevenzione, dell'assistenza e del controllo sanitario (sulle misure previste dal D.L. 202/2005, vedi più diffusamente il dossier decreti legge n. 201 del Servizio Studi).

[73]   I Posti di Ispezione Frontaliera (P.I.F.) sono Uffici veterinari periferici del Ministero della Salute riconosciuti ed abilitati, secondo procedure comunitarie, ad effettuare i controlli veterinari su animali vivi e prodotti di origine animale provenienti da Paesi terzi e destinati al mercato comunitario o in transito verso altri Paesi terzi con le modalità di cui alle direttive n. 97/78/CE e n. 91/496/CEE, recepite rispettivamente con decreto legislativo 25 febbraio 2000, n°80 e decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 93. Complessivamente l'attività dei P.I.F. viene svolta, in relazione alle esigenze geografiche e commerciali, presso i principali confini stradali, ferroviari, aeroportuali e portuali. Alcuni Uffici veterinari periferici risultano essere contemporaneamente posti di ispezione frontalieri portuale e aeroportuale oppure stradale e ferroviario.

[74]   Gli Uffici Veterinari per gli Adempimenti degli obblighi Comunitari (U.V.A.C.) sono uffici periferici del Ministero della Salute istituiti con il decreto legislativo 30 dicembre 1993, n. 27, recante attuazione della direttiva 89/608/CEE relativa alla mutua assistenza tra autorità amministrative per assicurare la corretta applicazione della legislazione veterinaria e zootecnica. Nati a seguito dell'abolizione dei controlli alle frontiere fra i Paesi membri della Comunità Europea, conseguente all'attuazione del Mercato Unico, essi mantengono al livello statale la responsabilità dei controlli a destino sulle merci di provenienza comunitaria.

Le funzioni ed i compiti degli U.V.A.C. sono stati determinati con decreto del Ministro della Salute 18 febbraio 1993. Ciascuno dei 17 U.V.A.C. operanti ha una competenza territoriale che copre generalmente il territorio di una Regione e, in taluni casi, di due Regioni.

[75]   Cfr. il citato D.L. n. 429/1996.

[76]   Cfr. gli ordini del giorno 1.103 e 1.106, accolti dal Governo nella seduta 886 (pomeridiana) del Senato del 19 ottobre 2005.

[77]   Cfr. commi da 132 a 140.

[78]   Cfr. commi da 189 a 195.

[79]    L’intesa con le regioni, e la possibilità per le stesse di contribuire alle spese dell’ente è stata disposta con l’art. 6, co. 2 del D.Lgs. n. 419/1999 di Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[80]    D.L. 21 dicembre 1990, n. 391, recante “Trasferimento all'AIMA della gestione delle risorse proprie della CEE e degli aiuti nazionali nel settore dello zucchero, nonché modifica delle norme per la ristrutturazione del settore bieticolo-saccarifero”.

[81]   Per quanto concerne struttura e funzioni dell’Ispettorato centrale repressione frodi si rinvia alla scheda di commento relativa al comma 131 nel presente dossier.

[82]    Legge 7 marzo 2003, n. 38 “Disposizioni in materia di agricoltura” (c.d. “collegato agricolo”).

[83]   Cfr. articolo 48, comma 5, del Decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[84]   Convertito in legge, con modificazioni dall’articolo 1 della legge 2 agosto 2004, n. 202.

[85]   La percentuale spettante al produttore sul prezzo dei farmaci è stata ridotta dal 66,6% al 58,8% (-6,8%), pari al 4,12 del prezzo al pubblico. Tale riduzione è stata applicata a tutti i farmaci comunque rimborsabili dal SSN con eccezione dei prodotti dispensati in ospedale, degli emoderivati e dei c.d. medicinali di riferimento nelle liste di trasparenza. Le altre quote di spettanza dei grossisti (6,65%) e farmacisti (di norma il 26,7%) sono rimaste invariate.

[86]    La riforma degli ammortizzatori è prevista – con il ricorso allo strumento della delega – dall’articolo 2 del disegno di legge A. S. 848-bis, recante delega al Governo in materia di incentivi all'occupazione, di ammortizzatori sociali, di misure sperimentali a sostegno dell'occupazione regolare e delle assunzioni a tempo indeterminato, nonché di arbitrato nelle controversie individuali di lavoro, attualmente all’esame della Commissione Lavoro del Senato.

[87]    Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 8, del suddetto D.L. n. 148 del 1993, le somme del Fondo per l'occupazione non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo.

[88]   Anche negli Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo (2000/C28/02) si rimanda al documento approvato in generale dalla Commissione sul salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà (cfr. sez. 20).

[89]   Sono esclusi i settori del carbone e dell’acciaio, nonché quello dell’aviazione in quanto oggetto di norme specifiche.

[90]    Modificato, da ultimo, dal comma 521 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

[91]    Decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128 Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell’uso di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

[92]    Il successivo comma 3 dello stesso art. 32 dispone che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, è stabilito, per ciascuna specie animale, il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lett. b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggiere occorrenti a seconda della specie allevata.

[93]    I beni prodotti e le attività agricole di cui alla lettera c) sono individuati ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.

[94]    La Agecontrol s.p.a., creata nel 1985 sotto forma di società per azioni avente personalità giuridica pubblica, attualmente esercita pubbliche funzioni di controllo con strumenti gestionali di tipo privatistico. La sua organizzazione e la sua gestione sono sottoposti alla vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e della Commissione Europea, e conseguentemente la copertura delle spese è garantita per metà dallo Stato italiano e per metà dall’Unione Europea. Soggetti similari sono stati costituiti in ciascuno degli Stati membri dell’Unione.

[95]    Occorre ricordare, in merito alla responsabilità sociale delle imprese, che alcuni provvedimenti comunitari hanno trattato il problema “indirettamente”: pur trattando argomenti diversi, infatti, tali provvedimenti hanno toccato tematiche “adiacenti” alla CSR. In particolare, si possono citare la direttiva n. 94/45 sui Comitati Aziendali Europei, il regolamento n. 2157/2001 e la direttiva n. 2001/86, sullo statuto di società europea, e la direttiva n. 2002/14, sull’informazione e consultazione dei lavoratori nella Comunità europea.

[96]    Ai sensi dell’articolo 114 della richiamata L. 267 stabilisce che l'azienda speciale è un ente strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale.

[97]    Tale data, originariamente prevista dall’articolo 49 della legge finanziaria per il 2000 (L. 488 del 1999), le cui disposizioni sono state trasposte nel richiamato articolo 78, è stata confermata, a decorrere dall'anno 2002, dal comma 1 dell'articolo 43 della legge finanziaria per il 202 ( L. 448 del 2001).

[98]    Vedi in proposito la circolare INPS del 22 gennaio 2004, n. 9.

[99]    Si ricorda che nei confronti dei soggetti pensionati ultrasessantacinquenni che svolgono attività rientranti tra quelle per le quali è previsto il versamento del contributo in parola, vige la sola facoltà e non l'obbligo di versamento. L'obbligo sussiste, invece, per coloro che hanno un'età compresa fra i 60 e i 65 anni, i quali possono, comunque, chiedere il rimborso dei contributi versati, qualora, al compimento del 65° anno di età, non abbiano maturato il diritto ad alcuna prestazione pensionistica (D.M. 2 maggio 1996, n. 282, articolo 4).

[100]  Il citato comma 3 prevede che gli enti interessati possano, per l'affidamento a terzi dello svolgimento di attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto di progetti di lavori socialmente utili da essi promossi e nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti, stipulare convenzioni di durata non superiore a 60 mesi con società di capitale, cooperative di produzione e lavoro, consorzi di artigiani, a condizione che la forza lavoro in esse occupata sia costituita nella misura non inferiore al 40% da lavoratori già impegnati nei progetti stessi, ovvero in progetti di contenuti analoghi ancorché promossi da altri enti e nella misura non superiore al 30% da soggetti aventi titolo ad esservi impegnati, in qualità di dipendenti a tempo indeterminato, o di soci lavoratori, o di partecipanti al consorzio.

[101]  Recante la revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196,

[102]  Il termine è stato così prorogato dall'art. 52, comma 71, della L. 28 dicembre 2001, n. 448.

[103]  L'articolo 2, comma 1, in particolare, fa riferimento ai soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili e che abbiano effettivamente maturato dodici mesi di permanenza in tali attività nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999.

[104]  Ai sensi del richiamato decreto sono rientrati nella graduatoria, ai fini della stipulazione delle convenzioni, i seguenti comuni: Caltabellotta (provincia di Agrigento); Capranica (provincia di Viterbo); Cianciana (provincia di Agrigento); Cigognola (provincia di Pavia); Cipriano Po (provincia di Pavia); Fragneto Monforte (provincia di Benevento); Latronico (provincia di Potenza); Lirio (provincia di Pavia); Melilli (provincia di Siracusa); Orta di Atella (provincia di Caserta); Ostra (provincia di Ancona); Pesco Sannita (provincia di Benevento); Porto Torres (provincia di Sassari); Samo (provincia di Reggio Calabria); Sant’Arsenio (provincia di Salerno); Sciacca (provincia di Agrigento); Scilla (provincia di Reggio Calabria); Termoli (provincia di Campobasso). Si ricorda, inoltre, che i criteri e le modalità per la definizione delle graduatorie e l'assegnazione delle risorse sono stati stabiliti dal decreto direttoriale del 31 marzo 2004.

[105]  Gazz. Uff. 15 giugno 2005, n. 24 - Prima Serie speciale

[106]Legge 14 agosto 1967, n. 800, recante Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività musicali.

[107]Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo

[108]  Il provvedimento abrogava contestualmente il DM 470/1999 recante modalità di assegnazione dei contributi alle attività teatrali; quest’ultimo, di natura regolamentare, era stato oggetto di modifiche da parte del Ministero per i beni e le attività culturali ma il nuovo schema di regolamento aveva ricevuto un parere sfavorevole dal Consiglio di Stato (20 dicembre 2002) anche in relazione l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’attività regolamentare su materia di legislazione concorrente (quale ad avviso del giudice amministrativo si configurava lo spettacolo ai sensi del nuovo art. 117 della Costituzione). Il D.L. citato sembra pertanto riconducibile ai rilievi formulati dal Consiglio di Stato ed ai ricorsi per conflitto di attribuzione proposti dalla Regione Toscana avverso i regolamenti 47/2002 e 188/2002 (vedi supra, sent. C.Cost. 256/2004).

[109]Proroga di termini, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 marzo 2005, n. 26

[110]In particolare, la Corte ha affermato che «almeno per i profili per i quali occorra necessariamente una considerazione complessiva a livello nazionale dei fenomeni e delle iniziative … dovranno essere elaborate procedure che continuino a svilupparsi a livello nazionale, con l’attribuzione sostanziale di poteri deliberativi alle Regioni od eventualmente riservandole allo stesso Stato, seppur attraverso modalità caratterizzate dalla leale collaborazione con le Regioni».

[111]In tale ottica, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 28, recante Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137, nella parte in cui non prevedono l’intesa o il parere della Conferenza Stato- regioni per l’adozione dei decreti e degli atti in essi previsti dal d.lgs. stesso.

[112]  Nella medesima direzione muove anche la recente sentenza n. 160 del 2005.

[113]Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 18 novembre 1997, n. 426, concernenti i compiti e l'organizzazione della Fondazione «Centro sperimentale di cinematografia».

[114]Tali informazioni sono tratte dal sito www.snc.it/fondazione/storia.asp

[115]Ministero per i beni e le attività culturali, Relazione sulla utilizzazione del Fondo Unico per lo Spettacolo e sull’andamento complessivo dello spettacolo, relativa all’anno 2004 (Doc. LVI, n. 5). Annunciato all’Assemblea il 26 settembre 2005.

[116]  Si ricorda altresì che in dichiarazioni rilasciate alla stampa alla vigilia dell’emanazione del decreto legge n. 16 del 2005, il Ministro per l’ambiente e la tutela del territorio aveva chiarito che le misure che avrebbero beneficiato dei fondi messi a disposizione dal Governo per fronteggiare l’emergenza smog saranno state le seguenti: il rinnovo degli incentivi per l’acquisto dei motorini verdi, la conferma dell’accordo con Fiat e Unione petrolifera per riconvertire i mezzi di trasporto merci leggeri, la promozione della riconversione delle auto dal gpl al metano, l’estensione del car-sharing.

[117]  Si fa presente che nella tabella n. 9 al ddl di bilancio per il 2006 relativa allo Stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (AS 3525/III), il Fondo per la difesa del suolo insiste sull’U.P.B. 1.2.3.6 – Fondo unico da ripartire - Investimenti difesa del suolo e tutela ambientale, con uno stanziamento di circa 377,1 milioni di euro in termini di competenza e di cassa (capitolo 7090). Si ricorda, inoltre, che, per quanto disposto dalla tabella E del d.d.l. finanziaria 2006 in esame, per tale capitolo è previsto un definanziamento di 105,7 milioni di euro. Il capitolo è altresì esposto in tabella F della legge finanziaria.

[118]  Si tratta dei gas seguenti: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ossido di azoto (N2O), esafluoruro di zolfo (SF6), idrofluorocarburi (HFCs) e perfluorocarburi (PFCs).

[119]  G.U. n. 68 del 22 marzo 2003.

[120]  Insieme all’emission trading, rappresentano gli strumenti previsti dal Protocollo per garantire un’attuazione flessibile del protocollo stesso riducendo i costi gravanti complessivamente sui sistemi economici dei paesi soggetti al vincolo. La joint implementation è volta ad una ridistribuzione degli obblighi rispetto a quanto sancito dal Protocollo, mentre i clean development mechanisms, sono finalizzati all’ottenimento di crediti di emissione in cambio dell’assistenza fornita alle Parti non obbligate dal Protocollo (i Paesi in via di sviluppo) negli sforzi per la riduzione delle emissioni.

[121]  Previsto dall’art. 14 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004) che ha delegato il Governo al recepimento della direttiva 2003/87 nella legislazione nazionale entro il termine di diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge (vale a dire entro il 12 novembre 2006).

[122]  Vedi il sito Web: www.comdel.it

[123]  Delineata dalla legge n. 426 del 1998 e dal DM Ambiente e tutela del territorio 18 settembre 2001, n. 468 Regolamento recante “programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale”.

[124]  Assegnato all’VIII Commissione per il parere.

[125]  In particolare, agli artt. 305 e 306.

[126]  La direttiva definisce le “azioni di riparazione” (art. 6) e le determina (art. 7), prescrivendone la conformità ad uno specifico allegato (allegato II della direttiva).

[127]  La stessa definizione è recata anche dall’art. 313, comma 2, dello schema di decreto legislativo (AC 572).

[128]  Il decreto legislativo n. 112 del 1999 ha riordinato il servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337.

[129]  Inseriti dall’art. 114 della legge n. 388 del 2000.

[130]  L’articolo 52, comma 59 della legge finanziaria per il 2002 (L 448/2001) ha autorizzato la spesa di 5 milioni di euro per il 2002 - a valere sui fondi della legge n. 426 del 1998 Nuovi interventi in campo ambientale - per la realizzazione di un piano di risanamento ambientale delle aree portuali del Basso Adriatico. Tale piano avrebbe dovuto essere definito d’intesa con le Regioni interessate, individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, da adottare entro venti giorni dall’entrata in vigore della legge. Tale decreto ministeriale, tuttavia, non è stato emanato.

[131]  Si ricorda che la legge 28 gennaio 1994 n. 84 che ha provveduto al riordino della legislazione in materia portuale, ha previsto l'istituzione dell'autorità portuale negli scali già sede di ente o consorzio portuale (Bari, Brindisi, Civitavecchia, Genova, Napoli, Palermo, Savona, Trieste e Venezia), nonché nei porti di Ancona, Cagliari, Catania, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Ravenna e Taranto.: E' prevista inoltre la possibilità di istituire nuove Autorità in porti con un significativo traffico di merci, nonché nei porti di Olbia, Piombino e Salerno (a decorrere dal 1° gennaio 1995). Successivamente sono state istituite altre autorità portuali: con DPR 20 marzo 1996 quella di Piombino, con D.P.R. 18 luglio 1998 quella di Gioia Tauro, con DPR 23 giugno 2000 quella di Salerno, con D.P.R. 29 dicembre 2000 quella di Olbia e Golfo Aranci, con D.P.R. 12 aprile 2001 l’autorità portuale di Augusta e con D.P.R. 2 aprile 2003 di Trapani.

[132]  Pubblicata nella GU n. 15 del 20 gennaio 1992 e disponibile anche sul sito internet del Comitato all’indirizzo www.cipecomitato.it/delibere/E910098.doc.

[133]  Si segnala, infine, che dalle disposizioni in esame è stato espunto il comma 1 dell’articolo 63 del d.d.l. 3613, che subordinava l’erogazione dei contributi all’editoria previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 250, dalla legge 6 agosto 1990, n. 223, e dalla legge 3 maggio 2004, n. 112 (vedi oltre) alla disponibilità dello stanziamento. La norma prevedeva inoltre che qualora le risorse finanziarie iscritte in bilancio non fossero sufficienti all’erogazione integrale, i contributi spettanti sarebbero stati proporzionalmente ridotti fra tutti gli aventi diritto.

[134]  Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67

[135]  Legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" e legge 3 maggio 2004, n. 112 (c.d. Legge Gasparri), contenente "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione"

[136]  Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416

[137]  Alla legge n. 250 del 1990 è stata data attuazione con il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525 “Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della L. 7 agosto 1990, n. 250 , e successive modificazioni” (modificato dal DPR n. 460 del 1997).

[138]  Gli altri requisiti prevedono che le imprese editrici:

a)    editino la testata stessa da almeno tre anni;

b)    abbiano acquisito, nell'anno precedente a quello di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie che non superino il 30 per cento dei costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno medesimo;

c)     abbiano adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell'esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi;

d)    la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali[138];

e)    le testate nazionali che usufruiscono di contributi di cui al presente articolo non siano poste in vendita congiuntamente con altre testate;

f)      abbiano sottoposto l'intero bilancio di esercizio cui si riferiscono i contributi alla certificazione di una società di revisione scelta tra quelle di cui all'elenco apposito previsto dalla CONSOB;

g)    la testata edita sia posta in vendita a un prezzo non inferiore alla media dal prezzo base degli altri quotidiani, senza inserti e supplementi, di cui viene accertata la tiratura, prendendo a riferimento il primo giorno di pubblicazione dall'anno di riferimento dei contributi.

[139]  Per i giornali diffusi all’estero, non è richiesto il requisito di cui alla lettera f) del comma 2, vale a dire che essi non siano posti in vendita con altre testate.

[140]  Tra le cooperative giornalistiche sono comprese anche quelle di cui all'art. 52 della legge 5 agosto 1981, n. 416. L'art. 52 definisce cooperative giornalistiche anche quelle che entro il 31 dicembre 1980 risultano già costituite tra giornalisti e poligrafici nonché le cooperative femminili aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo anche se costituite da non giornalisti professionisti, editrici di giornali regolarmente registrati presso la cancelleria del tribunale entro la stessa data.

[141]  In particolare si tratta di lire 500 milioni all'anno da 10.000 a 30.000 copie di tiratura media giornaliera e lire 300 milioni all'anno, ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera, dalle 30.000 alle 150.000 copie; lire 200 milioni all'anno, ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera, oltre le 150.000 copie e fino alle 250.000 copie; lire 100 milioni all'anno, ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera, oltre le 250.000 copie.

[142]  Si segnala che nel corso della seduta del 26 luglio 2005 il Sottosegretario all’Editoria, on. Bonaiuti, aveva preannunciato il trasferimento di alcune norme del ddl 4163 nella legge finanziaria.

[143]  Legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" e legge 3 maggio 2004, n. 112 (c.d. Legge Gasparri), contenente "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione"

[144]  Ovvero che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali.

      Si segnala che la Deliberazione dell'Autorità Garante 16 marzo 1999, n. 9, recante "Approvazione del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee", definisce "canale tematico", il canale che dedica almeno il 70% della programmazione ad un tema specifico. Si ricorda, inoltre che il D. Lgs. 15 novembre 2000, n. 373, recante "Attuazione della direttiva 98/84/CE sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato" definisce accesso condizionato, "ogni misura e sistema tecnico in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva ed individuale autorizzazione da parte del fornitore del servizio". L'art. 2 della legge n. 122 riprende testualmente tale definizione.

[145]  Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni

[146]  D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, recante " Differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi in campo economico e sociale", convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 649

[147]  Si ricorda, a proposito dell'editoria speciale per i non vedenti, che l'art. 1, comma 1, della legge 16 ottobre 2003, n. 291, ha istituito, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, il fondo di euro 1.500.000,00 annui, per il triennio 2003-2005, finalizzato alla concessione di contributi in favore dell'editoria per ipovedenti e non vedenti. Detti contributi sono volti all'adeguamento delle strutture delle case editrici che svolgono in particolare attività di stampa di testi in caratteri idonei alla lettura degli ipovedenti e per lo sviluppo di pubblicazioni a stampa integrate con altre tecnologie idonee per non vedenti e ipovedenti.

[148]  Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416

[149]  Legge 5 agosto 1981, n. 416, “Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria”. La legge ha dato per la prima volta carattere organico agli interventi a sostegno dell’editoria, e costituisce tuttora il principale provvedimento legislativo in materia. Essa è stata peraltro modificata ed integrata da numerosi interventi successivi, che hanno dato luogo a un sistema normativo frammentario ed assai poco organico. I principali tra questi sono la legge 25 febbraio 1987, n. 67, “Rinnovo della legge 5 agosto 1981, n. 416, recante disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria”, e la legge 7 agosto 1990, n. 250, “Provvidenze per l’editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all’articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67, per l’accesso ai benefici di cui all’articolo 11 della legge stessa”, anch’esse più volte modificate e integrate.

[150]  L’articolo 529 del codice penale definisce la nozione di atti e oggetti osceni agli effetti della legge penale, considerando tali gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore. Il secondo comma precisa che non si considera oscena l'opera d'arte o l'opera di scienza, salvo che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto.

[151]  Le dichiarazioni di variazione possono riguardare:

a)    la persona del proprietario o del possessore dei beni nonché la persona che gode di diritti reali sui beni stessi;

b)    lo stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe catastale.

[152]  Il regolamento di attuazione previsto dall’articolo 35 del regio decreto-legge n. 652 del 1939 non è stato mai emanato. Con D.P.R. 1° dicembre 1949, n. 1142, è stato approvato il Regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, che tuttavia non disciplina quest’aspetto.

[153]  Per gli immobili classificati nel gruppo E l’ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio attribuisce singolarmente il reddito catastale ritraibile da ciascun immobile appartenente a tale categoria, in relazione al valore stimato dell’immobile stesso.

[154]  Restano escluse dall’applicazione della disposizione in commento le seguenti categorie di immobili a destinazione particolare:

-        categoria catastale E/7: fabbricati destinati all’uso pubblico dei culti;

-        categoria catastale E/8: fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe.

[155]  Con il decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, è stato emanato il regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari. L’articolo 1 individua i documenti tecnici richiesti per la presentazione delle dichiarazioni per l'accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione e delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni e approva i modelli per la loro redazione. L’articolo 2 disciplina la documentazione e il procedimento per la trascrizione delle volture. L’articolo 3 disciplina la trasmissione telematica dei documenti indicati agli articoli 1 e 2. L’articolo 4 consente infine la presentazione di una dichiarazione sostitutiva nel caso in cui le unità immobiliari, oggetto di dichiarazioni di nuova costruzione o di variazione, risultino prive di rendita catastale e disciplina altresì l’aggiornamento della posizione catastale. Le suddette dichiarazioni e domande di voltura sono presentate su supporto informatico.

[156]  Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, recante “Semplificazione in materia di versamenti unitari per tributi determinati dagli enti impositori e di adempimenti connessi agli uffici del registro, a norma dell'articolo 3, comma 134, lettere f) e g), della legge 23 dicembre 1996, n. 662”. L’articolo 3-bis è stato aggiunto dall'articolo 1 del D.Lgs. 18 gennaio 2000, n. 9.

[157]  Il sistema tavolare è una forma di pubblicità degli atti aventi ad oggetto beni immobili utilizzato in alcuni territori dello Stato italiano già assoggettati alla dominazione austriaca. L’iscrizione nei libri fondiari, per gli atti tra vivi, ha anche effetti costitutivi.

[158]  Si evidenzia che il sopra citato articolo 3-bis del D.Lgs. n. 463 del 1997, è novellato dal comma 331-terdecies del presente articolo 1.

[159]  Le riserve in sospensione d’imposta costituiscono fiscalmente delle poste per le quali la tassazione è rinviata al momento del loro utilizzo.

[160]  L’articolo 2365 del codice civile prevede che l'assemblea straordinaria delibera, tra l’altro, sulle modificazioni dello statuto. In base all’articolo 2445, primo comma, la riduzione del capitale, quando questo risulta esuberante per il conseguimento dell'oggetto sociale, può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci. Il secondo comma del medesimo articolo stabilisce che l'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione, la quale deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la decima parte del capitale sociale.

[161]  Recante "Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765".

[162]  La disciplina del patto di stabilità interno per il triennio 2006-2008, recata dal disegno di legge in esame, interessa i seguenti enti:

a)   le regioni a statuto ordinario;

b)   le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano;

c)   le province, i comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti.

[163]  Il citato articolo 18 si applica ai concessionari del servizio nazionale della riscossione, ai soli fini della riscossione mediante ruolo.

[164]  Il regolamento dovrà essere emanato, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro della giustizia, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

[165]  Il presente comma, per l’individuazione delle attività istituzionali dell’Agenzia del demanio, cita l’articolo 65 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300. Ai sensi di tale articolo, all'Agenzia del demanio è attribuita l'amministrazione dei beni immobili dello Stato, con il compito di razionalizzarne e valorizzarne l'impiego, di sviluppare il sistema informativo sui beni del demanio e del patrimonio, utilizzando in ogni caso, nella valutazione dei beni a fini conoscitivi e operativi, criteri di mercato, di gestire con criteri imprenditoriali i programmi di vendita, di provvista, anche mediante l'acquisizione sul mercato, di utilizzo e di manutenzione ordinaria e straordinaria di tali immobili. All'Agenzia è altresì attribuita la gestione dei beni confiscati.

[166]  Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, per amministrazioni pubbliche si intendono, oltre a tutte le amministrazioni dello Stato, compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende e amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

[167]  Il comma 6 dell’articolo 110 del TULPS è stato modificato, da ultimo, dall’articolo 39, comma 6, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[168]  Anche il citato articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972 è stato modificato dall’articolo 39 del D.L. n. 269 del 2003.

[169]  La relazione illustrativa citata nel testo individua questi apparecchi come appartenenti alla categoria AWP (Amusement With Price).

[170]  Gli strumenti di pagamento elettronico con i quali si possono attivare gli apparecchi in oggetto dovranno essere definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. La predisposizione di questi strumenti, secondo quanto riportato nella citata relazione illustrativa, è in corso da parte dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in quanto essi sono già previsti, seppure per diverse finalità (partecipazione al gioco a distanza), dall’articolo 1, commi 290 e 291, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

[171]  Non è più prevista l’erogazione della vincita subito dopo la conclusione della partita. In tal modo il giocatore può scegliere se ricevere immediatamente la vincita dall’apparecchio o rigiuocarla.

[172]  Il regolamento dovrà essere adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, ovvero con decreto interministeriale. Il regolamento non potrà dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo e dovrà essere comunicato al Presidente del Consiglio dei ministri prima della sua emanazione.

[173]  Anche questo regolamento, come quello di cui al precedente comma dell’articolo in esame, dovrà essere adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

[174]  In attuazione di tale disposizione sono stati emanati i decreti Direttoriali 8 aprile 2004 e 14 luglio 2004.

[175]  Si ricorda che i citati commi 3 e 4 dell’articolo 38 sono stati modificati, da ultimo, dall’articolo 1, comma 500, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

[176]  Gli apparecchi di cui al comma 7 dell’articolo 110 del TULPS possono essere di due tipi:

-        apparecchi elettromeccanici, privi di monitor, attraverso i quali il giocatore esprime la sua abilità fisica, mentale o strategica e che distribuiscono premi consistenti in piccola oggettistica, di valore non superiore a venti volte il costo della partita;

-        apparecchi basati sulla abilità fisica, mentale o strategica che non distribuiscono premi.

[177]  Il riferimento al quinto comma dell’articolo 110 deve intendersi superato in quanto attualmente (l’articolo 110 essendo stato integralmente sostituito dall’articolo 22 della legge n. 289 del 2002) tale comma si riferisce agli apparecchi per il giuoco d’azzardo, che sono vietati.

[178]  Esercizi pubblici e commerciali e punti di raccolta di altri giuochi autorizzati.

[179]  La misura attualmente vigente del canone di concessione è prevista dall’articolo 8 dello schema di convenzione di concessione per l'affidamento dell'attivazione e della conduzione operativa della rete per la gestione telematica del giuoco lecito mediante apparecchi da intrattenimento predisposto dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

[180]  Il citato numero 6) dell’articolo 10, primo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, prevede che sono esenti da IVA le operazioni relative all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e agli enti indicati nel D.Lgs. n. 496 del 1948, nonché quelle relative all'esercizio dei totalizzatori e delle scommesse di cui al regolamento approvato con D.M. 16 novembre 1955 e alla legge 24 marzo 1942, n. 315, ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate.

[181]  Il terzo comma dell’articolo 86 del TULPS è stato introdotto dall’articolo 37, comma 2, della legge n. 388 del 2000.

[182]  Il primo comma dell’articolo 86 del TULPS stabilisce la necessità della licenza per l’esercizio di alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcoliche, di sale pubbliche per bigliardi o per altri giuochi leciti e di stabilimenti di bagni, ovvero di locali di stallaggio e simili.

      Il secondo comma dello stesso articolo 86 riguarda la licenza per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci.

[183]  L’articolo 88 del TULPS disciplina la licenza per l’esercizio delle scommesse.

[184]  Approvazione del regolamento relativo alla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale.

[185]  D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259, che ha provveduto a dare attuazione a un complesso di direttive comunitarie in materia di comunicazione elettronica (con riguardo al settore delle telecomunicazioni).

[186]  D.P.R. 7 settembre 2001, n. 398, Regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'interno.

[187]  Legge 1 aprile 1981, n. 121, Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza.

[188]  La periodicità semestrale nella rilevazione della classe di prezzo più richiesta delle sigarette è stata introdotta dall’articolo 2, comma 6, del D.L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191. In precedenza tale rilevazione veniva effettuata annualmente, il 1° gennaio di ogni anno.

[189]  Tali tabelle indicano, per ciascuna fascia di prezzo di vendita al pubblico delle sigarette, l’importo richiesto dal fornitore, l’aggio spettante al rivenditore, l’importo dell’IVA e dell’imposta di consumo.

[190]  La misura del 58,50% per l’aliquota di base sulle sigarette è stata determinata dal decreto direttoriale 15 ottobre 2004 (pubblicato sulla G.U. n. 262 dell’8 novembre 2004).

[191]  L’articolo 4, comma 1, del D.L. 30 gennaio 2004, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2004, n. 87, ricollega il proprio intervento alla finalità di dare urgente attuazione della direttiva 2002/10/CE del 12 febbraio 2002, recante disposizioni concernenti la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati.

      In particolare, per quanto riguarda le sigarette vendute ad un prezzo inferiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta, il punto 2 dell’articolo 3 della citata direttiva (che sostituisce il paragrafo 5 dell’articolo 16 della direttiva 95/59/CE) prevede che gli Stati membri possano applicare un’accisa minima alle sigarette vendute ad un prezzo inferiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta, a condizione che tale accisa non superi l’importo dell’accisa gravante sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta.

[192]  Il citato articolo 4 del D.Lgs. n. 165 del 2001 distingue infatti le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, attribuite agli organi di governo, dalla gestione finanziaria, tecnica e amministrativa e dall’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, che spettano ai dirigenti.

[193]  Nella commissione di cui all’articolo 53, comma 2, del D.Lgs. n. 446 del 1997 deve essere prevista una adeguata rappresentanza dell'ANCI - Associazione nazionale comuni italiani e dell'UPI - Unione delle province d'Italia.

[194]  Di questo ente non c’è riscontro nell’elenco inviato dal Ministero delle politiche agricole e forestali alla Camera dei deputati in data 20 febbraio 2002.

[195]  Norme sul diritto agli studi universitari.

[196]  Modifiche ed integrazioni alla legge 2 dicembre 1991, n. 390, recante norme sul diritto agli studi universitari.

[197]  Si segnala in proposito che, da ultimo, il DPCM 15 febbraio 2005 ha provveduto a ripartire il Fondo per l’anno 2004.

[198]  Disposizioni in materia di alloggi e residenze per studenti universitari.

[199]  Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003); l'articolo 61 riguarda il Fondo per le aree sottoutilizzate e gli interventi nelle medesime aree.

[200]  Il fondo è gestito da Sviluppo Italia S.p.a., sulla base di criteri e indirizzi stabiliti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR), di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni (comma 101); che la dotazione del fondo è pari a 10 milioni di euro per l'anno 2004 (comma 102); che sono abrogati i commi 1, 2 e 3 dell'art. 16 della legge 2 dicembre 1991, n. 390, riguardanti il prestito d'onore (comma 103). La Corte costituzionale, con sentenza 13 ottobre 2004, n. 308, ha dichiarato l'illegittimità del comma 101, in considerazione del fatto che la procedura di ripartizione delle risorse ivi prevista non coinvolge le regioni, nonché del comma 103, nella parte in cui non prevede che l'abrogazione delle norme ivi indicate decorra dalla data di entrata in vigore della disciplina attuativa del prestito fiduciario. Conseguentemente, il comma 7 dell’articolo 6 del DL 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha ridisciplinato la procedura di ripartizione del fondo prevedendo che esso sia ripartito tra le regioni e le province autonome con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla base di criteri e di indirizzi definiti d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

[201]  Nella medesima direzione muove anche la recente sentenza n. 160 del 2005.

[202]  Legge 24 dicembre, n. 350

[203]  Di cui alla legge n. 381 del 1991 (Disciplina delle cooperative sociali).

[204]  Presso il nuovo Dipartimento nazionale per le politiche antidroga opererà anche l’Osservatorio permanente sul fenomeno della tossicodipendenza (comma 84).

[205]  Cfr. in materia, l'art. 10, comma 4, del D.Lgs. n. 303 del 1999, ai sensi del quale erano stati trasferiti al Ministero del lavoro i compiti precedentemente esercitati dal Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio.

[206]  Il Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga ha il compito di promuovere la politica generale di intervento contro la illecita diffusione e produzione di sostanze stupefacenti. Il Comitato è composto dal Presidente del Consiglio dei ministri, dai ministri degli affari esteri, dell’interno, della giustizia, dell’economia, della difesa dell’istruzione, dell’università e della ricerca, della salute, del lavoro e delle politiche sociali (DPCM 5 aprile 2002).

[207]  Legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[208]  Comunicato stampa tratto dal sito del Ministero dell’ambiente http://www.minambiente.it/Sito/ai/02/news.htm.

[209]  Tale Fondo, istituito ai sensi dell’art. 46 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002), raccoglie tutte le risorse attribuite annualmente al Ministero per spese di investimento, che vengono poi ripartite in base alle reali esigenze che si manifestano nel corso dell’esercizio e in base alla programmazione degli investimenti dei singoli centri di responsabilità. In tale fondo, quindi, confluiscono annualmente risorse per investimenti della più disparata finalizzazione, derivanti da oltre venti diverse leggi di spesa.

[210]  Vedi ora DM 5 novembre 2004, n. 292

[211]  Vedi A.S. 3613, elenco n. 3 , Ministero delle comunicazioni, UPB 4125 Radiodiffusione televisiva locale, la cui dotazione risulta pari a 69,568 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007 e di 70,141 milioni di euro per il 2008

[212]  Pertanto, lo stanziamento della UPB 4125 del Ministero delle comunicazioni nell’elenco n. 3 dell’AC 6177 risulta pari a 98,678 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.

[213]D.Lgs. 1° agosto 2003 n. 259, recante Codice delle comunicazioni elettroniche.Il comma 3-bis è stato introdotto dall’articolo 4 del DL 14 novembre 2003 n. 315, recante Disposizioni urgenti in tema di composizione delle commissioni per la valutazione di impatto ambientale e di procedimenti autorizzatori per le infrastrutture di comunicazione elettronica, come integrato dalla legge di conversione (L. 16 gennaio 2004, n. 5).

[214]Si ricorda che per motivare l’inserimento di tale disposizione, nel corso del dibattito parlamentare presso il Senato , è stato precisato che “l’installazione della rete di telecomunicazione in tecnica di GSM-R è già oggetto di concessione, ma la rete ferroviaria italiana deve chiedere agli enti locali le necessarie autorizzazioni per la localizzazione di siffatta rete sul territorio. Tuttavia, a fronte di oltre 400 richieste, soltanto pochi comuni hanno fornito una risposta; pertanto, occorre semplificare il quadro procedimentale necessario per avviare in tempi rapidi l’installazione della predetta rete” (cfr. seduta delle Commissioni 8a e 13a riunite del Senato del 9 dicembre 2003)

Riguardo alla rete di telecomunicazioni su aree ferroviarie, si ricorda che dal 25 ottobre 2004 RFI, la società dell’infrastruttura del Gruppo Ferrovie dello Stato (vedi infra),ha attivato la rete di telefonia cellulare GSM-R, un sistema radiomobile proprietario dedicato alle attività ferroviarie.

Con la rete GSM-R, RFI dota l’infrastruttura ferroviaria, ed il suo personale, di un sistema di radiocomunicazione mobile in grado di soddisfare su scala nazionale, tutte le esigenze di comunicazione voce e di trasmissione dati connesse con l'esercizio ferroviario, compreso il controllo, in sicurezza, della marcia dei treni.

Il GSM-R trasmette su una banda di frequenze in gamma 900 MHz riservata in Europa per le attività ferroviarie. Il sistema risulta interconnesso con le reti GSM degli operatori pubblici per disporre di risorse alternative di comunicazione sulle aree non coperte dal sistema GSM-R.

[215]Si ricorda che a seguito di un processo, dapprima, di divisionalizzazione e, quindi, di separazione societaria, dal 2001 è stata costituita la società RFI, gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale, controllata del gruppo FS Spa, totalmente partecipato dal Tesoro. Nell’ambito del medesimo processo, dal 2000 opera la società Trenitalia, che svolge i servizi di trasporto ferroviario precedentemente svolti da FS. Si ricorda inoltre che la società RFI opera sulla base dell’ ultimo atto di concessione (D.M 138/T del 31 ottobre 2000, ancora formalmente intestato ad FS Spa, della durata di sessanta anni) e del contratto di programma 2001-2005 (integrato da quattro addendum), stipulato tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il Gestore dell’infrastruttura ferroviaria.

[216]  Si richiamano alcune delle definizioni recate dall’art. 3 della legge n. 36 del 2001:

a)   esposizione: è la condizione di una persona soggetta a campi elettrici, magnetici, elettromagnetici, o a correnti di contatto, di origine artificiale;

b)   limite di esposizione: è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori ;

c)   valore di attenzione: è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, che non deve essere, superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate. Esso costituisce misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine e deve essere raggiunto nei tempi e nei modi previsti dalla legge;

d)   obiettivi di qualità sono:

1)   i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, indicati dalle leggi regionali;

2)   i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo Stato, ai fini della progressiva miticizzazione dell'esposizione ai campi medesimi.

[217]Comunque, all’organismo preposto alla definizione dei canoni di accesso e all’assegnazione della capacità.

[218]  Si tratta in particolare della proposta di direttiva COM(2004)139) che modifica la direttiva 91/4440/CE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie; la proposta di direttiva COM (2204)142 relativa alla certificazione del personale viaggiante addetto alla guida delle locomotive e dei treni sulla rete ferroviaria della Comunità; una proposta di regolamento COM (2004)143 relativa ai diritti e agli obblighi dei passeggeri del trasporto ferroviario internazionale; una proposta di regolamento COM(2004)144 relativo alle compensazioni in caso di mancato rispetto dei requisiti di qualità contrattuale applicabili servizi di trasporto merci per ferrovia.

[219]  L. 13 agosto 1980, n. 466, Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche.

[220]  L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[221]  Alle forze dell’ordine e alle altre categorie equiparate (magistrati, vigili del fuoco ecc.) feriti (e in caso di decesso ai familiari) a causa di azioni criminose spetta il vitalizio di 500.000 lire aggiuntivo alla elargizione una tantum. Si tratta di un beneficio introdotto dalla L. 407/98 in favore delle vittime del terrorismo e poi esteso anche alle vittime del dovere ad opera dell’art. 32 della legge 388/2000.

[222]  Il R.D.L. 13 marzo 1921, n. 261, Contenente provvedimenti a favore del corpo degli agenti di investigazione (istituito col R.D. 14 agosto 1919, n. 1422), prevedeva (art. 14) l’istituzione di “un fondo di lire 500.000 nel bilancio del Ministero dell’interno per elargizioni non inferiori alle lire ottomila alle famiglie dei funzionari di pubblica sicurezza, ufficiali della Regia guardia e Reali carabinieri vittime del dovere”.

[223]  Tra le misure meno recenti si ricordano:

-          la L. 22 gennaio 1942, n. 181, il D.Lgs. 22 luglio 1947, n. 836 e la L. 22 febbraio 1968, n. 101, in esito alle quali l’elargizione fu incrementata ed estesa alle famiglie degli altri agenti di pubblica sicurezza (un ulteriore incremento fu disposto con la L. 28 novembre 1975, n. 624);

-          la L. 27 ottobre 1973, n. 629, che precisò la definizione di “vittime del dovere”, facendo esplicito riferimento alle circostanze (“azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico”) che legittimano la corresponsione dei benefici, e stabilì che le pensioni privilegiate ordinarie spettanti alla vedova ed agli orfani fossero corrisposte in misura pari al trattamento complessivo di attività, percepito dal congiunto al momento del decesso;

-          l’art. 12 della L. 27 maggio 1977, n. 284, che estese le provvidenze di cui alla L. 629/1973 alle famiglie degli appartenenti al personale civile dell’Amministrazione degli istituti di prevenzione e pena;

-          la L. 1 agosto 1978, n. 437, che attribuì analoghe provvidenze ai familiari dei magistrati ordinari (nonché dei vice pretori onorari e dei giudici popolari) deceduti nel corso di azioni terroristiche o criminose comunque connesse con le funzioni esercitate (sulla materia è intervenuta altresì la L. 12 agosto 1982, n. 570);

-          la L. 21 dicembre 1978, n. 862, che attribuì una indennità una tantum ai dipendenti dell’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni e dell’Azienda di Stato per i servizi telefonici in caso di decesso o grave invalidità conseguente ad azioni criminose perpetrate contro uffici, mezzi di trasporto ed impianti delle suddette aziende.

[224]  Decreto-legge 4 febbraio 2003, n. 13, Disposizioni urgenti in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, convertito, con modificazioni, in legge 2 aprile 2003, n. 56.

[225]  D.P.R. 28 luglio 1999, n. 510, Regolamento recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[226]  Legge 26 gennaio 1980 n. 9, Adeguamento delle pensioni dei mutilati ed invalidi per servizio alla nuova normativa prevista per le pensioni di guerra dalla L. 29 novembre 1977, numero 875, e dal D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915.

[227]  Legge 18 marzo 1968, n. 313, Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra.

[228]  Legge 23 dicembre 1970, n. 1094, Estensione dell'equo indennizzo al personale militare.

[229]La legge 302/1990 pone come condizioni che il soggetto leso sia totalmente estraneo rispetto all’azione criminosa lesiva e che i fatti si siano svolti nel territorio italiano.

[230]  Sul modello della normativa introdotta con la legge 302/1990, sono stati approvati in seguito provvedimenti in favore delle vittime di specifici atti criminosi, quali:

-        la L. 9 novembre 1994, n. 628, recante disposizioni urgenti in favore delle famiglie dei marittimi italiani vittime dell’eccidio in Algeria del 7 luglio 1994;

-        la L. 8 agosto 1995, n. 340, che ha disposto l’estensione dei benefici previsti dalla citata L. 302/1990 ai componenti delle famiglie di coloro che hanno perso la vita nel disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980;

-        la L. 31 marzo 1998, n. 70, che prevede l’estensione delle disposizioni di cui alla L. 302/90 alle vittime della cosiddetta banda della “Uno bianca”.

[231]  L’art. 12-sexies del D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356), al co. 4-ter (introdotto dalla L. 13 febbraio 2001, n. 45), destina alle elargizioni di cui alla L. 302/1990 una quota dei beni confiscati nell’ambito di procedimenti contro la criminalità organizzata.

[232]  Il comma 1 dell’art. 5 della legge 407/1998 prevedeva in precedenza come data di riferimento quella del 1 gennaio 1969.

[233]  Legge 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.

[234]  D.L. 28 novembre 2003, n. 337, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 369, Disposizioni urgenti in favore delle vittime militari e civili di attentati terroristici all’estero

[235]  L’art. 10 della legge 30 luglio 2004, n. 208, Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, ha in seguito disposto che, fino all’entrata in vigore di una nuova disciplina in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi, le disposizioni illustrate (previste dal D.L. 337/2003 per le sole vittime di Nassiriya e Istanbul) si applicano in via generale alle famiglie delle vittime civili italiane, decedute a causa di attentati terroristici verificatisi all’estero.

[236]  Occorre precisare che la platea dei beneficiari è più ampia. L’art. 3 del decreto-legge fa riferimento al personale (e ai superstiti dello stesso personale) di cui all’art. 3 della legge 466/1980, cioè: gli appartenenti alle Forze di polizia, i vigili del fuoco, i militari delle Forze armate, i vigili urbani, i magistrati ordinari, qualsiasi persona legalmente richiesta di prestare assistenza alle Forze di polizia, nonché tutti i cittadini italiani quando la morte o la grave invalidità consegua ad azioni terroristiche. Con una novella introdotta dal D.L. 20 gennaio 2004, n. 9 (conv. legge 12 marzo 2004, n. 68), è stato incluso tra i destinatari di tale disposizione anche il personale appartenente agli organismi di informazione e sicurezza.

[237]  Legge 12 marzo 2004, n. 68, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 gennaio 2004, n. 9, recante proroga della partecipazione italiana a operazioni internazionali. Disposizioni in favore delle vittime militari e civili di attentati terroristici all’estero.

[238]  Decreto Legislativo 4 giugno 2003, n. 127 "Riordino del Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.)"

[239]  Il decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204 (recante disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale della ricerca scientifica e tecnologica) ha unificato (art. 7) in un unico fondo (denominato Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca finanziati dal MURST, ora MIUR) gli stanziamenti a favore di singoli enti – quali il Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.), l’Agenzia spaziale italiana (A.S.I.), l’Osservatorio geofisico sperimentale di Trieste ; l’Istituto nazionale per la fisica della materia (I.N.F.M.) – disposti in tempi diversi da numerose leggi, oltre a quelli (relativi ad enti di ricerca di minori dimensioni) che erano stati già accorpati in unico capitolo in virtù delle disposizioni di cui all’art. 1, co. 40-44, della L. 549/1995 . Analogamente a quanto già previsto da quest’ultima norma, l’ammontare del Fondo è determinato in tabella C della legge finanziaria e ripartito tra gli enti interessati con decreto ministeriale, emanato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

[240]  Attualmente, Ministro delle politiche agricole e forestali.

[241]  Articolo 3 del D.M. 27 ottobre 2004.

[242]  Il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, è stato pubblicato nella G.U. del 2 ottobre 2003.

[243]  In questo caso la data di presentazione della domanda di pensione e la relativa decorrenza può risultare anche successiva al 2 ottobre 2003.

[244]  Il Decreto precisa anche che per “periodo di esposizione all’amianto” si intende il periodo di attività effettivamente svolta ed indica anche tutte le attività lavorative che comportano esposizione all’amianto.

[245]  Circolare INAIL n. 90/2004.

[246] Nel regime ora vigente ai fini della pensione di vecchiaia i requisiti per le pensioni retributive e miste sono rappresentati da almeno 20 anni di contributi e 60 anni d’età, per le donne, e 65 per gli uomini.

      Con l’entrata in vigore della Legge n. 243/2004 per la nuova pensione di vecchiaia, calcolata esclusivamente con il sistema contributivo, valgono invece le seguenti condizioni di accesso: almeno 5 anni di contributi, 57 anni di età ed una pensione da liquidare di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. Si prescinde dal requisito legato all’importo della pensione al compimento dei 65 anni di età.

[247]Si segnala che la Corte costituzionale, con sentenza 151/2005, si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale della previsione di cui all’articolo 4, comma 1, sopra riportato con riferimento alla ripartizione delle competenze legislative secondo il nuovo Titolo V. Sul punto, la Corte ha precisato che la finalità della norma impugnata è, con ogni evidenza, “quella di favorire la diffusione della tecnica digitale terrestre di trasmissione televisiva, quale strumento di attuazione del principio del pluralismo informativo esterno, che rappresenta uno degli imperativi ineludibili emergenti dalla giurisprudenza costituzionale in materia di emittenza televisiva (sentenza n. 466 del 2002), esprimendo l'informazione una condizione preliminare per l'attuazione dei principi propri dello Stato democratico (così le sentenze n. 312 del 2003 e n. 29 del 1996)”. Ne deriva, pertanto, che le disposizioni impugnate attingono sicuramente pluralità di materie e di interessi (tutela della concorrenza, sviluppo tecnologico, tutela del pluralismo di informazione), appartenenti alla competenza legislativa esclusiva o concorrente dello Stato, senza che alcuna tra esse possa dirsi prevalente così da attrarre l'intera disciplina. Ciò posto, la Corte chiarisce che, “avuto anche riguardo all'eccezionalità della situazione caratterizzata dal passaggio alla tecnica digitale terrestre, l'assunzione diretta di una funzione amministrativa da parte dello Stato, nella forma dell'erogazione di un contributo economico in favore degli utenti, previa adozione di un regolamento che stabilisca criteri e modalità di attribuzione di tale contributo, appare nella specie giustificata – alla stregua del principio di sussidiarietà sancito dall'art. 118, primo comma, della Costituzione – da una evidente esigenza di esercizio unitario della funzione stessa, non potendo un siffatto intervento a sostegno del pluralismo informativo non essere uniforme sull'intero territorio nazionale”.

[248]  Il citato DM ha stabilito, al comma 1, le procedure per l'assegnazione dei contributi per i ricevitori per la televisione digitale terrestre e la conseguente interattività, disponendo che il contributo fosse dato alle condizioni disposte dalla legge, per i contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2004, a condizione che la consegna dell'apparecchio avvenga contestualmente alla vendita ovvero al noleggio. Per ciascun cliente non può essere corrisposto più di un contributo. Ai fini dell'ammissibilità al contributo, l'apparecchio deve consentire una prestazione di piena interattività in chiaro anche da remoto. Le tipologie di apparecchi immessi sul mercato dai produttori ai fini della corresponsione del contributo devono essere comunicati al Ministero delle comunicazioni, che provvede a fornire un codice informatico identificativo per ciascuna tipologia di apparecchio, nonché a rendere nota e aggiornata la lista dei codici degli apparecchi tramite il proprio sito Internet. Il contributo è costituito da una riduzione di importo pari a 150 euro (così come stabilito dalla legge finanziaria per il 2004) del prezzo complessivo di acquisto o di noleggio, IVA inclusa, al netto di ogni eventuale sconto commerciale. Il contributo non può in alcun caso superare il prezzo di vendita o di noleggio. Lo sconto sui canoni di noleggio è riconosciuto imputandolo a partire dalla prima bolletta.

L’articolo 2 del DM stabilisce gli adempimenti a carico del distributore al fine del rimborso dello sconto effettuato sull’apparecchio. L’articolo 3 prevede che il Ministero si avvalga, previa stipula di apposita convenzione, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, della collaborazione a titolo oneroso di Poste italiane S.p.a., di un «centro di contatto » per alcune operazioni connesse al rilascio del contributo. In capo al Ministero è posto inoltre l’obbligo di assicurare la massima conoscenza dell'iniziativa e di effettuare il controllo sistematico ed il monitoraggio dell'andamento dell'erogazione dei contributi.

L’articolo 7 stabilisce i casi di revoca del contributo, in relazione a dichiarazioni mendaci o a false attestazioni.

[249]  Dir. 7-3-2002 n. 2002/21/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro).

[250]  Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67

[251]  Alla legge n. 250 del 1990 è stata data attuazione con il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525 “Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della L. 7 agosto 1990, n. 250 , e successive modificazioni” (modificato dal DPR n. 460 del 1997). Per un commento più dettagliato alle norme della legge n. 250 vedi le schede relative ai commi 320-321.

[252]  Legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" e legge 3 maggio 2004, n. 112 (c.d. Legge Gasparri), contenente "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione"

[253]  Ovvero che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali.

      Si segnala che la Deliberazione dell'Autorità Garante 16 marzo 1999, n. 9, recante "Approvazione del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee", definisce "canale tematico", il canale che dedica almeno il 70% della programmazione ad un tema specifico. Si ricorda, inoltre che il D.Lgs. 15 novembre 2000, n. 373, recante "Attuazione della direttiva 98/84/CE sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato" definisce accesso condizionato, "ogni misura e sistema tecnico in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva ed individuale autorizzazione da parte del fornitore del servizio". L'art. 2 della legge n. 122 riprende testualmente tale definizione.

[254]  Gli spedizionieri doganali svolgono attività di rappresentanza per il compimento di operazioni doganali riguardanti le materie fiscale, merceologica, valutaria, e quante altre si riferiscano al campo doganale (art. 1 della legge n. 1612 del 1960 e art. 40 del D.P.R. n. 43 del 1973).

      La nomina a spedizioniere doganale è conferita mediante il rilascio di apposita patente, di validità illimitata, previo superamento di un esame (articoli 47-48 del D.P.R. n. 43 del 1973). L'acquisto della patente di spedizioniere doganale dà diritto all'iscrizione nell'albo professionale (art. 2, comma 2, della legge n. 1612 del 1960) la quale costituisce a sua volta condizione per l'esercizio dell’attività.

[255]  I CAD (centri di assistenza doganale), istituiti dal D.L. n. 417 del 1991, convertito dalla legge n. 66 del 1992, hanno il potere di riscuotere i diritti portuali e di svolgere attività ispettive per conto delle autorità comunitarie; hanno la facoltà di presentare le merci, oltre che negli spazi doganali e nei luoghi destinati all’esecuzione delle operazioni doganali, anche presso i magazzini e i depositi dei soggetti per conto dei quali essi operano e presso i quali le merci sono giacenti.

[256]  Ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge n. 213 del 2000, il direttore generale del dipartimento delle dogane e delle imposte dirette (attualmente il direttore generale dell’Agenzia delle dogane) può abilitare altri soggetti, in possesso dei necessari requisiti professionali, all’asseverazione dei dati disciplinata dallo stesso articolo 2.

[257]  L'azione dello Stato per la riscossione dei diritti doganali si prescrive nel termine di tre anni, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.

[258]  L’attuale testo degli articoli 357 e 358 del codice penale risulta dalla legge 26 aprile 1990, n. 86, che, agli articoli 17 e 18, ha riformulato le disposizioni del codice. In realtà, tale intervento normativo non ha introdotto sostanziali cambiamenti in relazione alle qualificazioni soggettive di "pubblico ufficiale" e di "incaricato di pubblico servizio", ma ha soltanto precisato i requisiti necessari ad integrare, secondo la concezione funzionale-oggettiva, le menzionate qualifiche soggettive, in maniera da fornire concrete indicazioni che consentano di rilevare, in primo luogo, la natura pubblica o privata di una determinata attività, e quindi, nell'ambito di attività sicuramente pubblica, di distinguere tra la figura del pubblico ufficiale e quella dell'incaricato di pubblico servizio.

[259]  La Corte di cassazione ha stabilito: “Né ai fini della qualificazione come pubblico servizio di un'attività esercitata da soggetto privato è necessario che la stessa costituisca oggetto di un provvedimento amministrativo (es. concessione) che legittimi l'esercizio dell'attività stessa. È soltanto necessaria l'esistenza di un atto (normativo, ma anche di rango inferiore, quali i regolamenti e i provvedimenti amministrativi a contenuto generale o particolare) dello Stato o dell'ente pubblico, con il quale l'attività viene assunta come propria dagli stessi. È pertanto pubblico servizio l'attività, riconosciuta come funzionale ad uno specifico interesse pubblico, per il cui esercizio la legge prevede la costituzione di un apposito soggetto privato, quale ad esempio una società per azioni”. (Nella specie, la Corte ha riconosciuto che costituisce pubblico servizio, ai sensi dell'art. 358 cod. pen., l'attività della G.E.P.I. S.p.A. - Società di gestione e partecipazioni industriali) (cfr. Sez. VI, sent. n. 138 del 18 gennaio 1994, Salvatori).

[260]  Cfr. Cass., S.U., sent. n. 7958 dell’11 luglio 1992, Delogu.

[261]  Si ricorda brevemente che i consorzi di sviluppo industriale sono stati previsti in origine dall'art. 21 della L. 634/1957, recante interventi per il Mezzogiorno. In seguito, tutte le competenze esercitate dallo Stato nei confronti dei consorzi sono state trasferite alle regioni, ai sensi dell'articolo 65 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Essi sono stati poi ridefiniti dall’art. 36, comma 4, della legge n. 317/1991.

[262]  Pubblicato nella Gazzetta ufficiale 26 aprile 1997, n. 96.

[263]  Pubblicato nella Gazzetta ufficiale 20 maggio 2005, n. 116.

[264]  Per un approfondimento della materia si rinvia al dossier Pareri al Governo n. 398, predisposto dal Servizio Studi, Dipartimento Attività produttive, in occasione dell’esame parlamentare dello schema di deliberazione del Consiglio dei Ministri in materia di definizione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di dismissione della partecipazione detenuta da ENI S.p.A. nel capitale di Snam Rete Gas, società operante nell’ambito dell’attività di trasporto e dispacciamento del gas naturale.

[265]  Tale definizione, per espressa previsione della norma in commento, vale anche ai fini di quanto previsto dall’articolo 29, comma 2, lett. g) del D.Lgs.112/1998, che riserva allo Stato le funzioni amministrative concernenti le reti di interesse nazionale di gasdotti ed oleodotti.

[266]  Tale D.M è stato emanato in attuazione di quanto previsto dal sopra citato art. 9 del D.Lgs.164, il quale demanda ad un decreto del Ministero delle attività produttive, da adottarsi sentita la Conferenza unificata e l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 164, l’individuazione della rete nazionale di gasdotti, inclusi i servizi accessori connessi. All’aggiornamento della rete si provvede con decreto, con cadenza annuale ovvero su richiesta di un'impresa che svolge attività di trasporto.

[267]  D.Lgs. n. 330/2004, recante “Integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, in materia di espropriazione per la realizzazione di infrastrutture lineari energetiche”.

[268]  D.P.R 357/2997, “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”.

[269]  I commi 2, 3 e 5 dell'articolo 30 e il comma 2 dell'articolo 32 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 sono stati abrogati dall’art. 30 del D.P.R 327/2001, come modificato dall’art. 1 del D.Lgs.330/2004.

[270]  L’articolo 55 del codice della navigazione, rubricato nuove opere in prossimità del demanio marittimo, prevede, al comma 1, che l’esecuzione di nuove opere entro una zona di trenta metri dal demanio marittimo o dal ciglio dei terreni elevati sul mare sia sottoposta all'autorizzazione del capo del compartimento. Per ragioni speciali, secondo il comma 2, in determinate località , la estensione della zona entro la quale l'esecuzione di nuove opere è sottoposta alla predetta autorizzazione può essere determinata in misura superiore ai trenta metri, con decreto del presidente della Repubblica, previo parere del Consiglio di Stato. Ai sensi del comma 3, l'autorizzazione si intende negata se entro novanta giorni l'amministrazione non ha accolta la domanda dell'interessato. Il comma 4 dispone che l'autorizzazione non è richiesta quando le costruzioni sui terreni prossimi al mare sono previste in piani regolatori o di ampliamento già approvati dall'autorità marittima. Quando siano abusivamente eseguite nuove opere entro la zona indicata dai primi due commi dell’articolo in commento, l'autorità marittima ingiunge la rimessione in pristino, ai senti di quanto previsto dall’art. 54 cod. nav.

[271]  Si ricorda che la legge 2359/1965 è stata abrogata dall’art. 58 del D.P.R 327/2001.

[272]  Per ciò che concerne le infrastrutture lineari energetiche, l’articolo 52 quinquies del D.P.R. 327/2001, come introdotto dal D.Lgs. n. 330/2004, dispone che entro il perimetro della concessione di coltivazione, le opere necessarie per il trasporto e la trasmissione dell’energia sono considerate di pubblica utilità.

[273]  Lettera introdotta dall’art. 1 del D.P.R. 11 febbraio 1998.

[274]  Quanto alla seconda tipologia di interventi, si ricorda che il DPR 12/4/96, recante: "Atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione d'impatto ambientale", ha conferito alle regioni ed alle province autonome il compito di attuare la direttiva 337/85/CEE in materia di VIA per tutte quelle categorie di opere, elencate in due allegati, A e B della direttiva stessa, non comprese nella normativa statale, ma previste dalla direttiva comunitaria. Le opere dell'allegato A sono sottoposte a VIA regionale obbligatoria (se queste sono localizzate in un parco, ai sensi della Legge 394/91, la soglia dimensionale è dimezzata); le opere dell'allegato B sono sottoposte a VIA regionale obbligatoria, con soglie dimezzate, solo nelle aree a parco, al di fuori dei parchi sono sottoposte ad una fase di verifica per stabilire se sia necessario effettuare la procedura di VIA. Si ricorda, infine, il DPCM 3 settembre 1999 in tema di VIA Regionale che introduce nuove opere (e ne modifica altre) da sottoporre alla procedura valutativa locale. Il provvedimento ha modificato gli allegati A e B del DPR 12 aprile 1996 introducendo 12 nuove categorie di opere e, tra esse, rientra anche l’installazione di oleodotti e gasdotti con la lunghezza complessiva superiore ai 20 km (allegato B).

      Si ricorda, infatti, che la direttiva 85/337/CEE prevedeva, all’allegato II, alcune opere, tra le quali figura anche l’istallazione di oleodotti e gasdotti (progetti non compresi nell'allegato I), per le quali ai sensi dell’art. 4, par. 2, della direttiva stessa, spetta alla discrezionalità del singolo Stato decidere se e quale procedura di VIA applicare.

      Quanto al termine entro il quale la procedura di VIA nazionale deve essere conclusa, si ricorda che, ai sensi dell’art. 6, comma 4, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il Ministro dell'ambiente, sentita la regione interessata, di concerto con il Ministro per i beni culturali e ambientali, si pronuncia sulla compatibilità ambientale nei successivi novanta giorni. Le singole leggi regionali disciplinano, invece, i termini per la conclusione della VIA di competenza regionale.

[275]  Cfr. in particolare: TAR Lazio, sez. I, 4 dicembre 1997, n. 2041; TAR Veneto, 22 giugno 2000, n. 1350; TAR Lazio, sez. II bis, 10 ottobre 2001, n. 8416.

[276]  Con il termine aree sottoutilizzate viene indicato un ambito territoriale coincidente con quello delle aree depresse. Più precisamente sono comprese nelle aree sottoutilizzate:

1)       le aree ammissibili agli interventi degli obiettivi 1 e 2 dei fondi strutturali;

2)       le aree ammesse al sostegno transitorio per gli obiettivi 1 e 2;

3)       le aree rientranti nelle fattispecie dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE, vale a dire le aree ammesse al regime di deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale.

[277]  Il Fondo per le aree sottoutilizzate (articolo 60, comma 3, legge n. 289/2002) di competenza del Ministero delle attività produttive (c.d. Fondo MAP), è costituito dalle risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate alle aree sottoutilizzate, relative:

-        alle legge n. 488/1992, recante interventi di agevolazione alle attività produttive;

-        agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area), finanziati a valere sulle risorse della legge n. 208/1998 (ex Fondo aree depresse).

[278]  Da ultimo, con la delibera n. 19 del 29 settembre 2004 il CIPE ha stabilito il riparto per il periodo 2004-2007 delle risorse aggiuntive del Fondo per le aree sottoutilizzate come determinate dalla legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003).

[279]  Nel dettaglio, l’articolo 13 stabilisce, al comma 1, che per la pubblicità visiva effettuata per conto proprio o altrui all'interno e all'esterno di veicoli in genere, di vetture autofilotranviarie, battelli, barche e simili, di uso pubblico o privato, è dovuta l'imposta sulla pubblicità in base alla superficie complessiva dei mezzi pubblicitari installati su ciascun veicolo nella misura e con le modalità previste dall'art. 12, comma 1; per la pubblicità effettuata all'esterno dei veicoli suddetti sono dovute le maggiorazioni di cui all'art. 12, comma 4. Ai sensi del comma 2, per i veicoli adibiti ad uso pubblico l'imposta è dovuta al comune che ha rilasciato la licenza di esercizio; per i veicoli adibiti a servizi di linea interurbana l'imposta è dovuta nella misura della metà a ciascuno dei comuni in cui ha inizio e fine la corsa; per i veicoli adibiti ad uso privato l'imposta è dovuta al comune in cui il proprietario del veicolo ha la residenza anagrafica o la sede. Secondo il comma 3, per la pubblicità effettuata per conto proprio su veicoli di proprietà dell'impresa o adibiti ai trasporti per suo conto, l'imposta è dovuta per anno solare al comune ove ha sede l'impresa stessa o qualsiasi altra sua dipendenza, ovvero al comune ove sono domiciliati i suoi agenti o mandatari che alla data del primo gennaio di ciascun anno, o a quella successiva di immatricolazione, hanno in dotazione detti veicoli, secondo la seguente tariffa:

a)   per autoveicoli con portata superiore a 3.000 kg: L. 144.000;

b)   per autoveicoli con portata inferiore a 3.000 kg: 96.000;

c)   per motoveicoli e veicoli non ricompresi nelle due precedenti categorie: 48.000. Per i veicoli circolanti con rimorchio la tariffa di cui al presente comma è raddoppiata.

Il comma 4 precisa che per i veicoli di cui al comma 3 non è dovuta l'imposta per l'indicazione del marchio, della ragione sociale e dell'indirizzo dell'impresa, purché sia apposta non più di due volte e ciascuna iscrizione non sia di superficie superiore a mezzo metro quadrato. Ai sensi del comma 4-bis, l'imposta non è dovuta altresì per l'indicazione, sui veicoli utilizzati per il trasporto, della ditta e dell'indirizzo dell'impresa che effettua l'attività di trasporto, anche per conto terzi, limitatamente alla sola superficie utile occupata da tali indicazioni. Il comma 5 fa obbligo di conservare l'attestazione dell'avvenuto pagamento dell'imposta e di esibirla a richiesta degli agenti autorizzati.

[280]  L’esercizio della potestà regolamentare generale delle province e dei comuni relativamente alle loro entrate è disciplinato dall’articolo 52 del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997. Esso stabilisce che le province e i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, ad eccezione di ciò che attiene all’individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti. I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune o della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell’anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati al Ministero delle finanze, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale, entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi, e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta ufficiale. Nelle province autonome di Trento e di Bolzano, i regolamenti sono adottati in conformità alle disposizioni dello statuto e delle relative norme di attuazione. Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie, per vizi di legittimità, avanti gli organi di giustizia amministrativa. Sono infine stabiliti criteri cui i regolamenti debbono attenersi nel disciplinare l’accertamento e la riscossione dei tributi e delle altre entrate.

[281]Si ricorda che con tale espressione il citato Reg.70/01 intende la concretizzazione dei risultati della ricerca industriale in un piano, un progetto o un disegno per prodotti, processi produttivi o servizi nuovi, modificati o migliorati, siano essi destinati alla vendita o all'utilizzazione, compresa la creazione di un primo prototipo non idoneo a fini commerciali. Tale attività può inoltre comprendere la formulazione teorica e la progettazione di altri prodotti, processi produttivi o servizi nonché progetti di dimostrazione iniziale o progetti pilota, a condizione che tali progetti non siano né convertibili né utilizzabili a fini di applicazione industriale o sfruttamento commerciale. Essa non comprende le modifiche di routine o le modifiche periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche se tali modifiche possono rappresentare miglioramenti.

[282]  La Nuts (Nomenclature of territorial units for statistics) è una classificazione secondo la quale ogni Stato membro della UE viene ripartito in macroregioni di livello Nuts-1, a loro volta suddivise in un maggiore numero di aree di livello Nuts-2 e - ad un livello territoriale ancora più disaggregato - Nuts-3. L’ultima suddivisione Nuts (risalente al 2003) ha ripartito il territorio dell’Unione in 72 regioni al livello NUTS 1, in 213 regioni al livello NUTS 2 e in 1091 regioni al livello NUTS 3.

[283]Nuove norme in materia di società cooperative.

[284]Il secondo comma dell’articolo 2545-quater del codice civile stabilisce che una quota degli utili netti annuali realizzati dalle società deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le modalità previste dalla legge.

[285]L’articolo 20 della legge n. 59 del 1992 reca disposizioni concernenti la soppressione della gestione fuori bilancio del Ministero del lavoro e della previdenza sociale preordinata all'attività di ispezione delle cooperative.

[286]  D.M. 3 giugno 2003, recante “Utilizzo dello stanziamento di € 10.329.137,98 (lire venti miliardi), di cui alla legge n. 266 del 1999, per il sostegno degli interventi delle piccole e medie imprese italiane nella Repubblica federale di Jugoslavia”; cfr, anche l'art. 1 del D.M. 27 gennaio 2004 e l'art. 1 del D.M. 9 giugno 2004.

[287]Nuovi criteri per la determinazione dei tassi di riferimento da applicare alle operazioni di credito agevolato ai sensi di varie disposizioni legislative.

[288]"Misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia".

[289]  Gli oneri derivanti dall'applicazione del D.L. n. 120/89 gravano su una apposita sezione del Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica (FIT) istituita dall’articolo 1, comma 9, del D.L. n. 396 del 20 giugno 1994, recante “Disposizioni urgenti per l'attuazione del piano di ristrutturazione del comparto siderurgico”, sulla quale venivano fatte affluire le somme iscritte al capitolo 7063 dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’industria (ora delle attività produttive) intestato al "Fondo speciale di reindustrializzazione", istituito dall’art. 7 del D.L., nonché le somme che a detto capitolo affluivano ai sensi del D.L. n. 410/93 ("Interventi a sostegno dell'occupazione nelle aree di crisi siderurgica"), conv. con modif. dalla legge 481 del 1994.

[290]  Il citato articolo 5 del D.L. n. 120/89 contiene la previsione dei programmi di reindustrializzazione e promozione industriale nelle aree di crisi siderurgica e relative integrazioni e aggiornamenti (commi 1 e 2). Il comma 3 dell’articolo prevede che, ai fini dell'attribuzione delle agevolazioni, il programma speciale di reindustrializzazione indichi, con riferimento a ciascuna iniziativa produttiva da localizzare nei comuni interessati, la misura minima del personale siderurgico esuberante da assumere, pena la decadenza dal beneficio dell'incentivazione aggiuntiva di cui all'articolo. Infine, al comma 3-bis stabilisce che le opere occorrenti per il primo impianto e per l'ampliamento degli immobili aziendali relativi all'insediamento delle iniziative di cui al comma 1 siano dichiarate di pubblica utilità, urgenti e indifferibili.

[291]  Emendamento 1. 4285 (nuova formulazione).

[292]  D.L. 14 marzo 2005, n. 35, Disposizioni urgenti nell’àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[293]  Emendamento 1.3384.

[294]  Legge 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione 2001.

[295]  Sullo schema di decreto legislativo recante il Codice dell’amministrazione digitale, La 1ª Commissione del Senato ha espresso parere favorevole condizionato, con osservazioni e raccomandazioni, il 23 febbraio 2005; la I Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con osservazioni il 1° marzo 2005. Per approfondimenti sul contenuto dello schema si può consultare il Dossier pareri al Governo del Servizio studi n. 383 del 14 febbraio 2005. NeI dossier si rinviene anche un’ampia scheda sui contenuti e gli strumenti delle politiche di e-government e di sviluppo della società dell’informazione perseguite dal Governo nel corso della legislatura.

[296]  Legge 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[297]  Legge 11 febbraio 2005, n. 15, Modifiche ed integrazioni alla L. 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa.

[298]  Analogamente dispongono l’art. 9, co. 1, e l’art. 20, co. 1, del Testo unico in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445), le cui norme in materia sono destinate a rimanere in vigore sino all’entrata in vigore del Codice.

[299]  A tal fine devono essere computate anche le cessioni di oro, di cui all’articolo 17, quinto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, mentre non si tiene conto degli acquisti, delle importazioni e delle cessioni di beni ammortizzabili (articolo 3, comma 6, del D.L. n. 250 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 349 del 1995).

[300]  Si rileva che il testo normativo non impiega mai l’espressione “monofase” con riferimento all’IVA. Tale espressione è invece utilizzata dalla dottrina, e particolarmente dalla scienza delle finanze. In tale ambito le imposte sui consumi sono definite monofase quando l’imposta si commisura al prodotto o servizio in una sola fase del processo produttivo, sull’intero suo valore. Sono invece plurifase le imposte pagate da tutte le imprese che partecipano al ciclo di produzione e distribuzione del bene e assolte ogni volta che il bene viene ceduto.

[301]  Le operazioni non imponibili, rientrando nel campo di applicazione dell’imposta ed essendo soggette agli obblighi di fatturazione e registrazione, concorrono alla formazione del volume d’affari, ma non sono assoggettate all’imposta.

[302]Ministero delle finanze, Dir. AA.GG. e cont. trib., Ris. n. 17/E-12-19106 del 19 marzo 1998. Soluzioni diverse erano state prospettate dalla stessa direzione generale nella nota n. 1467 del 26 aprile 1994.

[303]  Altre forme contrattuali sono il cd. leasing operativo (destinato a porre per lo più il locatario in condizione di utilizzare per un periodo generalmente breve, beni strumentali o di consumo durevoli prodotti in serie, evitando i rischi connessi alla proprietà del bene medesimo), e il recente (nella prassi contrattuale) lease-back (con cui il proprietario di un bene, mobile o immobile, aliena il medesimo ad un soggetto, normalmente un operatore di leasing che concede lo stesso bene ad un terzo in locazione finanziaria).

[304]  Si ricorda che, per quanto riguarda le norme poste in via generale dalla legge quadro per le attività di progettazione, esecuzione e collaudo, gli articoli dal 16 al 28 disciplinano sia le varie fasi della progettazione (preliminare, definitiva ed esecutiva), che i sistemi di realizzazione dei lavori pubblici (contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici) con le loro forme di affidamento, fino alle norme sul collaudo. Ad integrazione di tale disciplina generale soccorrono poi le specifiche disposizioni del regolamento di attuazione, D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554: le norme sulla progettazione nel Titolo III, Capo II (artt. 15-49), quelle relative all’esecuzione dei lavori nel Titolo IX, Capo II (artt. 128-141) e le norme sul collaudo nel Titolo XII, Capi I (artt. 187-191) e II (artt. 192-210).

[305]  In particolare si rinvia all’articolo di S. Sambri “La procedura di scelta del contraente nel leasing pubblico alla luce della nuova direttiva 2004/18”, in Giustizia amministrativa n. 5/2005.

[306]Si tratta di incarichi che, sottratti al libero confronto concorrenziale, sono consentiti anche dal D.Lgs. 157/95 che, all'art. 5, comma 2, lettera h), ne prevede l'esclusione dall'ambito applicativo nel caso in cui l'appalto di servizi di ingegneria sia aggiudicato "ad un ente che sia esso stesso un'amministrazione aggiudicatrice ai sensi dell'art. 2, in base ad un diritto a esclusiva di cui beneficia in virtù di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, purché siano compatibili con il Trattato".

[307]  Si ricorda che sulla G.U. del 10 dicembre 2002 n. 289 è stata pubblicata la determinazione dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici del 13 novembre 2002 che stabilisce che le modifiche introdotte nella legge 109/1994 dalla legge 166/2002 comportano una suddivisione degli affidamenti delle prestazioni di cui all’art. 17, comma 1, della legge 109/94 (progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva nonché alla direzione dei lavori ed agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile unico del procedimento e del dirigente competente alla formazione del programma triennale) in tre nuove fasce di importi. La prima fascia riguarda gli affidamenti i cui corrispettivi sono inferiore a 100.000 euro; la seconda fascia gli affidamenti i cui corrispettivi sono pari o superiori a 100.000 euro ed inferiori alla soglia di applicazione della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici di servizi; la terza fascia gli affidamenti pari o superiori alla suddetta soglia. Va osservato che la attuale soglia comunitaria è pari all’equivalente in euro di 200.000 DSP (diritti speciale di prelievo) e cioè 249.681 euro pari a 483.449.829 di vecchie lire (D. M. Economia e Finanza, G.U. 3 gennaio 2002, n. 2).

[308]  S. Sambri “La procedura di scelta del contraente nel leasing pubblico alla luce della nuova direttiva 2004/18”, in Giustizia amministrativa n. 5/2005.

[309]  Si veda l’articolo di P. Soprani, “Direttore pubblico dei lavori e coordinatore per l'esecuzione: cumulo irrazionale o civile convivenza?”, in “Ambiente e sicurezza”, n. 12/2004.

[310]La normativa sul project financing è stata, successivamente, modificata dall’articolo 7 della legge n. 166 del 2002.

[311]  Per la deducibilità degli oneri sostenuti da tali enti al di fuori dell’attività produttiva di reddito di impresa si applica l’articolo 146 del TUIR, come novellato dalla successiva lettera f) del comma 399-duodeoctogies.

[312]  L’articolo 2 del D.Lgs. n. 490 del 1999, reca una definizione dei beni del patrimonio storico, artistico, demo-etno-antropologico, archeologico, archivistico e librario.

      Si segnala che il D.Lgs. n. 490 del 1999 è stato abrogato dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137. La definizione di beni culturali è ora inserita nell’articolo 10 del D.Lgs. n. 42 del 2004.

[313]  Il D.P.R. n. 1409 del 1963, che reca Norme relative all'ordinamento ed al personale degli Archivi di Stato, è stato parzialmente abrogato e le disposizioni relative ai beni archivistici sono confluite nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

[314]  Il citato articolo 28 disciplina il riconoscimento di idoneità delle organizzazioni non governative che operano nel campo della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo.

[315]  La disposizione precisa che gli interventi di recupero ambientale e di tutela di beni culturali finanziati ai sensi del comma 28, non derogano a quanto previsto dai commi 26 e 27 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005, che definiscono i limiti entro i quali gli enti locali possono effettuare spese di investimento eccedenti i limiti di spesa di conto capitale stabiliti dal patto di stabilità interno per il 2005.

[316]  La disposizione citata prevede che gli impegni sui capitoli del bilancio dello Stato, relativi a erogazioni a favore di soggetti ed enti pubblici o privati, siano assunti con cadenza trimestrale per quote di pari importo. Per effettive, motivate e documentate esigenze, il Ministro dell’economia, su proposta dei Ministri interessati, può autorizzare l'assunzione di impegni per importi superiori al predetto limite trimestrale.

[317]  Le risorse autorizzate per l’anno 2005 sono state così ripartite tra i diversi interventi: 111,9 milioni di euro per il finanziamento di interventi di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, 32,5 milioni per gli interventi di tutela dei beni culturali, 37,6 milioni per gli interventi di promozione dello sviluppo economico e 19,5 milioni per gli interventi di promozione dello sviluppo e coesione sociali.

[318]  Ai sensi dell’articolo 1-quater, comma 4, del D.L. n. 50/2003 (legge n. 116/2003), è stato soppresso il Fondo unico investimenti, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno, che risultava costituito interamente dagli stanziamenti relativi a trasferimenti erariali di conto capitale in favore degli enti locali. La disposizione citata ha previsto, infatti, che la disciplina relativa ai fondi unici per gli investimenti non si applicasse ai trasferimenti suddetti.

[319]  Nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze non è più presente il Fondo per gli interventi nel settore della difesa del suolo e tutela ambientale (U.P.B. 1.2.3.6/Economia), che per l’anno 2005 era dotato di 131 milioni di euro, per cessazione dell’onere recato dalla legge n. 183/1999, art. 12 (difesa del suolo) e dalla legge n. 97/1994 (fondo per la montagna).

[320]  Il risparmio pubblico indica il saldo corrispondente alla differenza tra il totale delle entrate iscritte nei primi due titoli (entrate tributarie e entrate extratributarie, che costituiscono il complesso delle entrate correnti) e il totale delle spese correnti.